Worlds collide, colors fade and a man and wife brought their little girl home today

di Noelle_
(/viewuser.php?uid=103205)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Somebody reaches into the darkness ***
Capitolo 2: *** Let your life, be the miracle today! ***



Capitolo 1
*** Somebody reaches into the darkness ***


Emily era seduta sul suo letto, erano disposti uno accanto all'altro nell'ampia camerata dell'orfanotrofio.
Era il giorno delle visite, molte coppie di potenziali genitori erano arrivate la mattina presto in cerca di un bambino che avrebbe dovuto soddisfare tutte le loro aspettative.
Erano tutti così quei genitori, quanto avrebbe voluto comportarsi come tutte le altre bambine dell'istituto che la mattina presto avevano preparato le valigie confidando in una nuova mamma e un nuovo papà.
Lei no.
Non lo aveva fatto, era rimasta seduta su quel letto anonimo in una stanza anonima a fissare le gocce che, in quel giorno di pioggia, si stavano rincorrendo mentre scivolavano veloce sulla superficie di quell'unica e grande finestra in fondo allo stanzone.
Lei non la voleva più una famiglia. Non ne aveva bisogno.
O almeno lo credeva.
"Bambine scendete di corsa le famiglie sono qui!"
Alcuni strilli eccitati e il vociare di quelle bimbe invase la stanza ma tutti quei suoni seppur allegri non riuscivano a contagiarla in nessun modo.
Nonostante ciò dovette ugualmente scendere con le sue compagne, fino all'anno scorso ogni volta che percorreva quei corridoi per incontrare gli aspiranti genitori si immaginava che sarebbe stata l'ultima.
Guardava quel vecchio stanzone grigio, attraversava i lunghi e stretti corridoi dove c'era costantemente quel cattivo odore proveniente dalla cucina per poi scendere le scale e ritrovarsi nell'atrio dove qualcuno sarebbe stato adottato.
E ogni singola volta fissava quelle stanze come se fosse stata sicura di andarsene da li per sempre.
Non fu mai così, ogni volta doveva tornare indietro per riporre il vestito della festa nell'armadio e indossare quella divisa spenta.

Delusione dopo delusione, famiglia dopo famiglia, Emily collezionò così tante sconfitte decidendo che non valeva la pena di soffrire così per qualcuno che non sarebbe mai arrivato.







Gianni, questa notte, aveva deciso che la disposizione dei libri che si trovavano in soggiorno non era di suo gusto e aveva cominciato a toglierli dai ripiani della nostra libreria in legno.
Con tutto il rumore che faceva io non ero riuscita a chiudere occhio e intorno alle quattro mi ero ritrovata seduta sul tappeto del soggiorno con la schiena appoggiata al divano mentre passavo pesanti volumi rilegati al mio strano marito.
In realtà eravamo disperatamente alla ricerca di qualcosa in grado di tenerci occupati per le prossime sei ore, infatti la mattina dopo avremmo fatto visita all'oranotrofio dove i nostri amici avevano adottato qualche mese fa il piccolo Tod.
Quando il pavimento del salotto fu nuovamente visibile decidemmo di prepararci in anticipo per la prima volta in vita nostra.
Quando stavamo per uscire di casa mi accorsi di aver dimenticato la macchina fotografica e corsi al piano di sopra.
Dal mio studio sentì mio marito imprecare, afferrai la macchina e in pochi secondi arrivai davanti alla porta d'ingresso.
Gianni era intento a cercare qualcosa nelle tasche.
"Amore che succede?" gli domandai respirando in modo affannoso per la corsa appena fatta.
"Le chiavi, non so dove le ho messe"
Eravamo tesi, tra poche ore saremmo diventati un papà e una mamma, infatti non eravamo capaci nemmeno di portare avanti un discorso articolato.
In un momento di totale follia riuscì a mormorare poco convinta "Prenderemo un autobus..."
"Ma tu odi gli autobus!" ribatte lui preoccupato.
"L'orsetto!" Lo bloccai io.

Gianni mi guardò sconsolato, eravamo due adulti irrecuperabili chi mai ci avrebbe affidato una bambina, e soprattutto esisteva una bambina così temeraria che ci avrebbe voluti come genitori?

 





 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Let your life, be the miracle today! ***


Le bambine saltellavano mentre scendevano le scale per raggiungere il salone dove si erano riunite tutte le coppie.

Emily rimase dietro alle dodici compagne che appena giunsero in fondo alla scalinata entrarono nella grande stanza ridendo.

La bambina rimase fuori appoggiata allo stipite della porta osservando tutti quegli adulti.

Le future mamme erano molto simili tra loro, avevano circa una quarantina d'anni a testa, la maggior parte portava i capelli raccolti in un complicato chignon ed erano tutte molto eleganti, una di loro per l'occasione portava una lunga collana di perle e dei bracciali dello stesso tipo.

Una sensazione di malinconia e tristezza le avvolse lo stomaco, nessuna di loro era la sua mamma, ne era sicura.

Tutte le coppie erano intente ad osservare le bimbe più piccole e carine.

Lei non era carina, non aveva nulla di particolare, non aveva capelli biondi e soffici da spazzolare la sera e non aveva dei grandi occhi azzurri, o meglio aveva degli occhi enormi ma erano verdi, un verde anonimo proprio come lei.

Le lacrime le offuscavano gli occhi, senza accorgersi ci aveva sperato anche questa volta e ora stava di nuovo male.

Indietreggiò diretta al cortile sul retro, il suo posto preferito, appena fu abbastanza lontana da non essere vista si voltò pronta a correre verso il suo nascondiglio appena lo fece andò a sbattere contro qualcosa di morbido.

Cadde a terra e asciugandosi in fretta le lacrime riuscì a vedere una bellissima donna, abbastaza giovane che aveva l'aria sfinita e un po' smarrita ma che le sorrideva.

I lunghi capelli castani le ricadevano scomposti sulle spalle coperte da un bizzarro scialle colorato realizzato da pezze di stoffe diverse cucite assieme.

Indossava un semplice vestito azzurro stretto in vita che terminava sopra il ginocchio ma qello che colpì maggiormente Emily erano dei lunghi orecchini composti da tante perline dello stesso colore del vestito.

La donna le porse la mano per aiutarla ad alzarsi, una parte di lei voleva afferrarla ma dentro di se sapeva di non potersi concedere l'ennesima delusione.

Così, dopo averla fissata per una manciata di secondi, la rifiutò e scappò via.

 

 

 

 

 

Gianni arrivò qualche secondo dopo Siria, quando entrò spingendo la pesante porta principale dell'oranotrofio trovò sua moglie che fissava il vuoto, un mezzo sorriso era spuntato sul suo volto.

"Cosa succede tesoro?" domandò stringendole delicatamente l'esile polso.

"Ho appena visto nostra figlia" rispose in un modo così naturale che a Gianni fece quasi tenerezza.

 

Dalla stanza attigua uscì una signora di mezza età abbastanza alta e dall'aria austera.

Portava i capelli biondi raccolti in un'acconciatura ben articolata e indossava un taieur grigio topo.

Li squadrò dalla testa ai piedi, quanto bastava per sottolineare come quei due individui dall'abbigliamento eccentrico stonassero in quel luogo così anonimo e ordinato.

"Siete i signori West, dico bene?" disse con un tono abbastanza acido da dimostrare la sua superiorità.

"Si siamo noi" rispose Siria poco convinta mentre fissava ancora un punto indefinito sul pavimento in marmo.

La donna rientrò nella stanza accanto continuando a parlare "Seguitemi, troverete sicuramente una bambina che soddisfi le vostre aspettative"

Gianni cominciava ad odiare quella donna.

"La piccola dovrà soddisfarci? Non siamo sicuri di soddisfare nemmeno la bambina!" ribattè l'uomo cercando di alleggerire la tensione che si era creata attorno a loro.

Guardò la moglie.

Cominciava seriamente a preoccuparsi.

"Amore riprenditi, forza" le sussurrò scuotendola leggermente in modo da attirare la sua attenzione.

"Manca una bambina vero?" domandò Siria in modo del tutto naturale rivolgendosi alla donna che cominciò a guardarsi attorno contando mentalmente tutte le bambine che giocavano tra loro mentre dieci adulti le osservavano bevendo del te.

La donna uscì velocemente dalla stanza.

 

 

 

 

 

 

La donna era una delle direttrici dell'istituto.

"Emily!" urlò, mentre percorreva velocemente il lungo corridoio.

"Torna qua immediatamente!"

 

Anna, così si chiamava la donna, uscì dalla porta della cucina che si affacciava sul retro per ritrovarsi nel cortile, a due metri da lei Emily se ne stava rannicchiata sul grande dondolo in ferro con un grosso libro tra le mani.

"Eccoti brutta insolente!"

Era così immersa nella lettura che non sentì la donna che la richiamava, si accorse che la sua assenza era stata notata solo quando Anna afferrò una ciocca di capelli neri e, dopo averla costretta ad alzarsi, la trascinò dentro.

La bambina cercava di liberarsi e non ascoltava la direttrice che blaterava ormai da una decina di minuti.

La donna però riuscì ad attirare l'attenzione della piccola.

"E poi ti lamenti se non ti adottano, sei una maleducata, sei cattiva, sei disubbediente e nessun genitore sarà mai tanto volenteroso da portarti via da qua"

Quelle parole facevano male, gli occhi le si riempirono di lacrime ma in quel momento non poteva piangere, tentò di ricacciarle indietro ma quelle goccie salate insistevano prepotentemente.

La donna si abbassò fino a guardarla dritta nei grandi occhi verdi e umidi.

"Stai piangendo?"

Emily scosse le testa in modo poco convinto per dire di no.

"Hai la lingua potresti usarla qualche volta" ribattè la donna seccata.

La bambina continuava a fissare le scarpette di vernice nera cercando di non piangere, quelle parole bruciavano ancora, ma una lacrima dispettosa abbandonò le altre e rotolò sulla guancia di Emily fino a infrangersi sul pavimento freddo.

Uno schiaffo.

E un altro ancora.

Anna l'afferrò in modo brusco e la rimise in piedi.

Poi si riabassò fino a raggiungere la sua altezza "Qua non si piange" le sussurrò facendo una pausa tra una parola e l'altra dopo averle scostato una ciocca di capelli neri dall'orecchio.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1512121