Il gioco della pallina

di Sokew86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 ***
Capitolo 2: *** 02 ***
Capitolo 3: *** 03 ***
Capitolo 4: *** 04 ***
Capitolo 5: *** 05 ***
Capitolo 6: *** 06 ***
Capitolo 7: *** 07 ***



Capitolo 1
*** 01 ***


01

Spiegazione rapida.

Questa raccolta si basa su quello che sto imparando dal libro “ Scrivere idee”- Zanichelli.

In pratica mi sono impegnata di scrivere dal 22 dicembre 2012 fino al 22 gennaio 2013 un mini racconto su una qualunque cosa che mi avesse colpito.

Prendere piccole note su un qualcosa che mi colpisse per poi farne un  racconto, non è ovviamente forse tra le miglior raccolte ma solo un esercitazione a riprendere a scrivere storie originali.

Sokew86

22/12/2012

Il giocatore

Si comportava come un bambino, ogni volta che perdeva a carte si alzava e se andava con visibile disappunto sul volto.

Esattamente come un bambino.

Perché?

Era un adulto, lo sapeva anche lui … allora perché non aveva mai imparato a perdere?

Forse perché era stato sempre il numero uno da giovane, il figlio prediletto, il genietto della scuola e il più amato dalle donne.

Aveva sempre vinto in cose che altre persone impiegano sudore e lacrime.

Però … nei giochi di carte non vinceva mai … sembravano che sfuggivano alla sua fortuna o abilità.

E allora, mentre per l’ennesima volta perdeva contro i vecchierelli del bar, si domandava “ Se non vinco, che gioco a fare?”

 

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Capitolo 2
*** 02 ***


01

24/12/2012

Paranoia per uno scontrino

 

Un semplice scontrino può rivelare che tipo sei,  ho guardato improvvisamente con interesse lo scontrino che mi era stato rilasciato.

C’era il nome del bar in cui mi ero fermata, la sua strada, la città con il cap e la partita Iva in alto dello scontrino.

Nella parte inferiore era segnato cosa aveva comprato in sigla.

Una lattina di coca cola da 90 centesimi che avevo pagato con cinque euro, mi era  stato dato 4 euro e 10 centesimi di resto.

C’era anche la data di quando avevo fatto questo acquisto il 18-09-12 con addirittura l’ora 12.13!

Mi sentivo improvvisamente spiata, controllata.

Chiunque entri in possesso di questo scontrino potrebbe sapere tutto di me!

Capirebbe che ho in tasca almeno 4 euro e 10 centesimi in tasca.

Saprebbe che preferisco la coca-cola alla pepsi.

Saprebbe che sono stata in quel bar, in quel giorno, in quell’ora …

Per carità, tutto questo sarebbe utile se avessi bisogno di un alibi.

Strappai lo scontrino velocemente e ho buttato separatamente le parti in vari cestini.

Così nessuno potrebbe mai ricomporre quel dannato e traballante pezzo della mia vita.

Non sono pazza, siete voi che non capite che ci spiano in ogni minima cosa.

 



N.A: assolutamente no sense questa storia e non ascolterò mai  più la canzone Get insane mentre scrivo.

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Capitolo 3
*** 03 ***


01

27/12/2012

Il bancone del cane

 

Il bambino guardò il cane e il cane lo imitò.

Si guardarono con interesse,con curiosità.

<< Ciao! >> fece il bambino ma il cane non fece nulla, sembrava di nuovo visibilmente annoiato e appoggiò di nuovo il muso sul bancone delle riviste dell’edicola del suo padrone.

Poteva sembrare una statua  per la sua immobilità.

Il cane e il bambino non era diversi, entrambi erano costretti a seguire  qualcuno di più grosso.

Il bambino era insieme alla madre ad aspettare qualcuno, alla entrata della stazione, senza potersi allontanare.

Il cane era costretto a fare il bravo dietro al bancone dell’edicola, costretto a far compagnia al padrone.

Erano due anime affini, entrambe annoiate e si scrutarono di nuovo.

Questa volta il cane scodinzolò e il bambino prese il gesto come un segno positivo e osò, allora, avvicinarsi al suo affine peloso.

Prontamente la madre  ordinò con voce stizzita: << Stai fermo! >>

Quasi in contemporanea, come si fosse creata una affinità anche tra il padrone e la madre, l’uomo sgridò il cane: << Scendi da lì! >>

Il cane scese dal bancone e si distese nel suo spazio consentito mentre il bambino incrociò  le braccia e si appoggiò al muro sporco della stazione.

Quei gesti furono gli unici consentiti ad entrambi.

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Capitolo 4
*** 04 ***


01

31/12/2012

Due coppie a caso

 

Sembrava quasi uno scherzo del destino, vedere quelle due coppie camminare in simultanea nella stessa direzione, attraverso quella galleria. Una coppia era anziana e l’altra  no, ma non erano diverse tra loro.

L’anziana signora camminava accanto al compagno con aria stanca e distratta, l’unica cosa a cui dimostrava affetto era la borsa che teneva a sé quasi come la stesse abbracciando.

Il suo compagno, presubilmenete il marito di lei, era sulle sue … totalmente disinteressato alla sua donna.

L’altra coppia era formata da due giovani, lei era carina con grandi occhi azzurri che non splendevano d’amore.

Era arrabbiata e discuteva animatamente con il suo ragazzo che la ignorava.

La sensazione che trasmettevano entrambe coppie non era amore ma solo squallore: sembrava che non fossero legate tra loro  solo dal caso e  da nessuna volontà.

Le coppie erano triste solo a guardarle.

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Capitolo 5
*** 05 ***


01

02/01/2013

 

Pinocchio

 

Osservavo sott’occhi quella bambina straniera, probabilmente olandese, che era seduta nel corridoio opposto al mio sedile nel treno.

La madre ogni tanto gettava un’occhiata sospettosa, facendomi ben intendere che non vedeva di buon occhio quegli sguardi.

Non ero interessata alla bambina ma  quello che stava facendo.

Giocava con un burattino di Pinocchio, che probabilmente le era stato comprato da qualche negozio di souvenir.

Sembrava quasi paradossale, una bambina che giocava con un personaggio di una favola che voleva diventare un bambino ma era soltanto un giocattolo manovrato da qualcun altro.

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Capitolo 6
*** 06 ***


01

05/01/2013

La pallina e il suo gioco

 

Ho nascosto la pallina,

non si vede

eppure c’è

dov’è?

 

Cavolo, aveva sentito quella cantilena un paio di giorni prima e gli era rimasta in testa, anche perché gli aveva invocato ricordi lontani: ricordi di quando anche lui cantava  amabilmente filastrocche con quella vocina, che appartiene solo ai bambini.

Era sempre stato bravo in quel gioco, cioè a nascondere una pallina, una noce o qualunque cosa con tre contenitori uguali.

Quel gioco era diventato il suo lavoro!

Qualcuno poteva obbiettare, quello che faceva non era lavorare ma truffare.

Stronzate.

La verità era che i turisti che visitavano la sua città sapevano benissimo come funzionava il gioco della pallina.

Si nascondeva velocemente la pallina sotto i campanellini (dopo aver pagato una piccolo somma per giocare) ma abbastanza chiaramente da permettere di vincere gli scommettitori il primo giro.

Poi i successivi giri si aumentava l’abilità di nascondere la pallina e magari con qualche trucco, gli scommettitori non riuscivano più a scegliere il campanellino giusto, quello che nascondeva la pallina.

E quelli come lui si portavano a casa un bel gruzzoletto.

Ma i turisti sapevano tutto ciò, esattamente come i cittadini: lo scrivevano sulle quelle dannate riviste turistiche di stare attenti a quelle come lui, no?

Dunque non era un imbroglio ma un intrattenimento e come tale meritava di essere pagato.

A volte se lo domandava perché i turisti venissero comunque a giocare, se lo sapevano, ma le sue probabili risposte avevano solo aumentato la sua rabbia.

Forse lo facevano per compiangersi della perdita o forse lo facevano perché credevano di essere più furbi di uno che sta in strada.

Con quel parlare strano, con quelle grandi macchine fotografiche e con i loro soldi da spendere, pensavano d’essere migliori di lui.

Vide una turista avvicinarsi, era anche piuttosto carina:

<< Ehi, ciao bella. >>

La turista si voltò e sorrise.

<< Do you wanna play? >> il ragazzo indicò la bancarella.

<< Sì,per favore. Spiegare in italien. Io parlo italiano. >>

Egli le fece un sorriso affabile anche se aveva voglia di schernirla mentre pensava << Nei tuoi sogni,bella. >>

I turisti parlavano due parole di italiano e si sentivano tutti Dante Alighieri, una cosa che detestava.

Il cliente però ha sempre ragione, no?

<< Va bene. >> spiegò lentamente e soprattutto mimando come funzionasse il gioco.

La ragazza sorrideva e sembrava entusiasta d’iniziare e allora lui iniziò  e le cantò:

 

Ho nascosto la pallina,

non si vede

eppure c’è,

dov’è?

 

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Capitolo 7
*** 07 ***


01

11/01/2013

Bacchette di metallo

 

Non  doveva finire così.

L’uomo che aveva pensato a questa frase, aveva all’incirca una cinquantina d’anni e ormai i capelli ingrigiti, solo i baffi gli erano rimasti neri come quando era stato giovane.

 Il signore appariva nervoso e agitato e la sua agitazione aumentò quando prese in mano delle piccole asticelle di metallo: erano delle bacchette, di quelle che gli orientali usano per mangiare.

Non si manda una figlia a studiare all’estero per ritrovarsi un genero dagli occhi a mandorla pensò l’uomo.

No, lui l’aveva insegnato che il detto “ Moglie e buoi dei paesi  tuoi” era sacrosanto ma era evidente che non l’avesse ascoltato.

<< Ma io lo amo . >> gli aveva detto la figlia piangendo. – Ti prego non rifiutare il tuo permesso.-

E sì, il permesso: il tipo era venuto a chiedere il permesso di sposarla, cose da altri tempi.

Per lo meno, l’orientale era stato educato e alla fine il padre aveva accettato.

Ed eccolo lì ad esercitarsi a mangiare con quelle stupide bacchette nel locale del cugino del suo futuro genero.

Il signore si guardò attorno, il locale era scarno e non cercava ipocriticamente di ricreare atmosfere finte orientali come altri locali del genere.

Un altro punto a favore, forse …

<< Comunque sia. >> bofonchiò l’uomo: << Moglie e buoi dei paesi tuoi. >> e fece un brindisi a quella che a lui sembrava la sacrosanta verità alzando il bicchiere davanti a sé.

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