A Green Cinderella and a Blond Romeo

di ruruCRISIS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO - Quei petali rosa ciliegio ~ ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO I - Quelle pagine mai lette ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II - Quell'odio sempre vivo ~ ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III - Quel rifugio semi nuovo ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Quella chiamata innaspettata ~ ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO V - Quella decisione presa di fretta ~ ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VI - Quel dubbio passeggero ~ ***



Capitolo 1
*** PROLOGO - Quei petali rosa ciliegio ~ ***


PrologoQuei petali rosa ciliegio.

 

I ricordi sono essenze.

 

Scese le scale alla velocità della luce, circondata dall'azzurro del cielo di primavera. La cartella le dondolava nella mano destra, che teneva la maniglia in modo sciolto, quasi rilassato, anche se lei non lo era. La mano sinistra era impegnata a tenere una ciambella spolverata di zucchero a velo, avvolta da un piccolo fazzoletto di carta. Lei la mangiò a grandi bocconi, cercando di finirla in fretta ma cercando di non strozzarsi. Continuò a correre lungo il viale, mentre il vento le si insinuava tra i capelli.

 

Essenze dell'anima, della mente.

 

Molti petali di ciliegio caddero sull'asfalto, quasi come fossero ballerine. Lei li chiamava 'le dolci ninfe'. Già, lei li vedeva come messaggeri, quei petali rosa tenue; prima di adagiarsi a terra, sembravano danzare come possono fare solo le ninfe sull'acqua, con incantevoli piroette e una grazia inimitabile. Lei non ci fece molto caso, come invece faceva spesso, ma continuò a correre a perdifiato sotto i sakura in fiore. La ciambella ormai l'aveva finita tutta, e si pulì lo zucchero che le aveva sporcato le labbra con la mano, senza pensarci su.

 

Sono semplicemente bellissimi.

 

Quell'edificio color giallo sbiadito dal tempo cominciò a vedersi appena prese la curva a sinistra; appena uscita sulla nuova stradina, cominciò a correre ancora più veloce, richiedendo alle sue gambe uno sforzo immane. Mancava poco, ma le sembrava ancora troppo lontano da raggiungere, quel traguardo. Da lontano, appariva come un semplice edificio giallino sfigato, con qualche crepa molto visibile e finestre un po' sporche incorniciate dal legno. A occhio e croce, mancavano ancora una cinquantina di metri: lei li percorse a gran velocità, come faceva solo nelle lezioni di educazione fisica e dava il meglio di sé. Il cancello nero smaltato dell'edificio era aperto, e lei ci entrò correndo, con un poco di fiatone. Sopra il portone, si poteva distinguere la scritta a kanji di “scuola”.

 

Sono semplicemente nostri.

 

Salì le scale che portavano al primo piano di corsa, saltandone di due in due. Era di nuovo in ritardo, anche se non le capitava spesso: l'ultima volta, era restata fuori dalla porta per tutta la prima ora, e non voleva che adesso le capitasse di nuovo. Corse per il corridoio tempestato da quadri realizzati da una classe dell'ultimo anno, conscia del fatto che era contro le regole: ma lì non c'era nessuno che ci potesse fare caso. La sua aula era la penultima di tutto il corridoio, e ci si piombò in tutta fretta. Appoggiò la cartella sul suo banco, posizionato in terza fila a destra, e prese un grande respiro. Non aveva corso così tanto in vita sua, nemmeno ad educazione fisica. « Professoressa, mi scusi del ritardo! » si scusò, facendo un inchino d'educazione. Restò così per circa una decina di secondi, per poi rialzare lentamente il capo: seduto alla cattedra non c'era nessuno, ma la classe era piena di ragazze.

« Ehi, Megpoidchan! » la salutò con la mano una di esse. Questa ricambiò, sorridendo. Si sedette poi al suo banco, lentamente, come per recuperare le energie di quella folle corsa.

« Buongiorno. »

 

Non potremo vivere senza di essi.

 

La ragazza vicino a lei la salutò sorridendo teneramente, e lei ricambiò il gesto. « Buongiorno, Rinchan! » La sua compagna di banco era una ragazza minuta e graziosa, dai capelli corti e un po' spettinati, che riusciva a domare solo grazie all'aiuto delle mollette; questi erano di un biondo irreale, quasi come ogni ciocca fosse stata disegnata col giallo dei colori a pastello: erano di una lucentezza incredibile, desiderabile. Gli occhi erano dal taglio gentile e colorati dell'azzurro più bello che esista, il tutto completato da delle guance che arrossivano spesso e dalle labbra rosee e perfette. Si chiamava Rin, che sta a significare “severa”, anche se lei era tutt'altro: aveva un carattere un poco timido, ma lei sapeva che era solo una corazza per paura che gli altri potessero arrivare al suo cuore e di conseguenza spezzarglielo; ma soprattutto, era scorbutica con chi disprezzava e allo stesso tempo gentile con chi le stava cuore. Una ragazza d'oro, lei era la sua migliore amica: si confidavano spesso, anche se lei aveva un buon rapporto anche con le altre. Ma Rin occupava sempre un posto speciale nel suo cuore.

 

Io, per esempio, vivo di ricordi: tengo più a loro che alle persone.

 

 

Aprì la cartella, tirando fuori tutto il necessario per la prima lezione di quel lunedì di primavera: il libro di testo, quaderno, un astuccio contente poche penne mangiucchiate. Aprì velocemente il libro d'inglese per controllare gli esercizi e se aveva fatto i compiti; per fortuna era tutto a posto e non vide nessun errore mentre scorreva con gli occhi color smeraldo tra le righe. Aveva fatto un buon lavoro anche stavolta: in fondo, lei e l'inglese erano una cosa sola.

« Hai visto i sakura in fiore? » le chiese all'improvviso Rin, guardando fuori dalla finestra; ogni tanto si vedeva passare qualche piccolo gruppo di uccelli, ma in questo periodo si vedevano soprattutto i petali dei sakura danzare in armonia.

« Sì. » rispose lei, ripensando a quello spettacolo dipinto di rosa.

« Mi piacerebbe dipingerli, un giorno. » disse Rin sorridendo. « E tu sarai la prima persona a cui mostrerò il mio capolavoro, Gumi. »

 

I ricordi sono preziosi. Non dobbiamo lasciarli in un cassetto.

Loro devono avere la libertà di volare e danzare, proprio come i petali dei sakura.
 


 
Angolo dell'autrice:

Macciaaaaaau amici ♥ Questa è la prima fanfic che posto qui, ma non la prima che scrivo eheh no, non le posterò, perché fanno leggermente schifo C: E' la mia prima fanfiction che scrivo sui Vocaloid e l'ho voluta centralizzare sul mio pairing preferito, ossia... NON VE LO DIRO' MAI LO SCOPRIRETE DA SOLI, MUAHAHAH. Che dire? Spero sia di vostro gradimento e che il prologo - il più lungo che abbia mai scritto, lol - vi invogli a leggere anche il seguito ^^
With love,


Rurucchì <3



 

Macciaaaaaau amici ♥ Questa è la prima fanfic che posto qui, ma non la prima che scrivo eheh no, non le posterò, perché fanno leggermente schifo C: E' la mia prima fanfiction che scrivo sui Vocaloid e l'ho voluta centralizzare sul mio pairing preferito, ossia... NON VE LO DIRO' MAI LO SCOPRIRETE DA SOL

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Capitolo 2
*** CAPITOLO I - Quelle pagine mai lette ***


Capitolo IQuelle pagine mai lette.

 

La prima ora andò via velocemente; la professoressa entrò cinque minuti dopo l'arrivo di Gumi, e subito fece sentire la sua presenza con urla e rimproveri. Alla ragazza non le andava molto a genio la professoressa, ma amava alla follia l'inglese: era un genio in quella materia, se si poteva dire così. Come chi lo era in matematica, o in storia, lei lo era in lingue, ginnastica e persino in musica. Quando giungevano queste ore di lezione, cominciava a tirar fuori tutto l'occorrente con un'energia pazzesca, e stava attenta a tutte le parole che uscivano dalle bocche degli insegnanti; lei le prendeva e le memorizzava, come un computer. Fece così anche in quei sessanta minuti e la lezione finì col trillo della campanella.

Gumi mise via a malincuore tutto l'occorrente per inglese nella cartella, per tirare fuori quello di giapponese per l'ora successiva; anche questa era una materia che l'appassionava, soprattutto la letteratura del suo paese.

« Hai studiato per oggi? » le chiese Rin, indaffarata anche lei a fare il cambio di materiale.

« Certo, che domande. » le rispose Gumi ammiccando l'occhio destro, e la bionda le sorrise di rimando.

 

La porta si aprì piano, lasciando entrare una donna poco più alta di un metro e mezzo, dai capelli corti e le mani occupate da libri grandi e piccoli, che appoggiò sulla cattedra. Si sedette con visibile difficoltà sulla sedia, e guardò le ragazze una per una. Gumi restò sorpresa alla vista della donna: lei non era la professoressa Yukishiro.

« Sono qui per sostituire la professoressa Yukishiro, che per queste due ore e l'ultima dovrebbe essere stata con voi. » disse con tono austero, sistemandosi gli occhiali spessi quanto due fondi di bottiglia.

« Scusi se mi permetto. » una delle studentesse si alzò dalla propria sedia. « Come mai la professoressa Yukishiro non è presente, quest'oggi? » domandò, con una punta di sfida nella voce.

« È all'ospedale. » rispose freddamente la donna, senza trasparire nessuna emozione da quegli occhietti piccoli. La ragazza che si era alzata si risedette lentamente e con gli occhi spalancati dalla sorpresa, non riuscendo a dire nient'altro se non un flebile “Mi scusi”.

Gumi aveva dipinta in viso la stessa espressione incredula di tutte le sue compagne, un misto di preoccupazione e sorpresa. Che cosa le era successo? Era una donna così energica e piena di vita, che le era preso così all'improvviso?

« Non perdiamo tempo: se avete compiti fateli ora, sennò trovatevi un altro passatempo. » ordinò duramente la supplente, mettendosi a sedere e cominciando a sfogliare uno dei suoi libri. Gumi le imprecò contro: certo, perché parlare di qualcuno che stava male era una perdita di tempo, no?! Cercò di non pensarci, ed aprì a caso il libro di letteratura giapponese.

 

Non aveva ancora letto nemmeno una poesia, eppure era passata una buona mezz'ora. Se ne stava lì con il mento appoggiato sulla mano con il capo rivolto verso le pagine scritte fittamente: la posizione del corpo, piegata come un ramo sul ramo, faceva pensare che la ragazza stesse leggendo, ma si sa, l'apparenza inganna a volte. I suoi occhi erano quasi vuoti, non scorrevano veloci le righe ma fissavano un punto non identificato. Si poteva dire che Gumi era caduta in uno stato di trance, più o meno. Era così quando si ritrovava a pensare incosciamente a nulla di preciso: prima le viene in mente qualcosa, poi i pensieri cominciano a correre incessantemente nella mente, tant'è che non si riesce più a controllarli e, quando magari riesci a risvegliarti, ti chiedi “Oddio, a cosa stavo pensando?” Ecco, a Gumi succedeva esattamente questo.

« ..i-Chan? »

Gumi si stropicciò gli occhi. « Eh? » chiese, girandosi verso Rin.

« Gumi-Chan..? » ripeté la bionda, mettendole la mano davanti agli occhi e cominciando a muoverla freneticamente.

« Sono viva, Rin. » disse, scostando la mano dell'amica da davanti al viso. « Grazie. »

« Ma che stavi facendo? E' da almeno quaranta minuti che te ne stavi lì a fissare il vuoto... » cominciò a chiedere Rin.

« Naah, pensieri a ruota libera. » rispose Gumi, appoggiandosi al banco con ambo le mani. « Pensieri senza senso. »

« Come sempre insomma. » commentò la bionda, non dopo aver scosso la testa. « Sei un caso perso. »

« Beh, se penso tanto è positivo. » ribatté la verde con fare offeso.

« Se pensi tanto addio cervello, vedrai. » la zittì Rin, colpendole la testa con un pugno leggero.

« Non sono d'accordo, cara. » Gumi scostò la mano dell'amica dal suo capo. « Tanti pensieri uguale persona intelligente. »

« E tanti pensieri stupidi uguale persona con qualche rotella in meno. » sussurrò Rin rassegnata, ma Gumi sembrò sentirla, tant'è che disse: « Può ripetere, signorina Kagamine? »

« Gumi cara, ma lo sai che ti voglio taaaanto bene? » ironizzò la biondina, facendo finta di nulla e accarezzandole i capelli.

« Sì, come l'acqua lo vuole al fuoco, uguale. » disse ironicamente l'altra, annuendo con un sorriso stupido stampato in volto.

« No, come la carta igienica lo vuole a quella cosa marrone, uguale. » e l'abbracciò.




Angolo dell'autrice:
Salve cari lettori - che a dir laverità per adesso è solo una, ma vabbuò - sono lietissima di farvi leggere il primo capitolo c: Le protagoniste, come avrete capito, sono la mia amata Gumichan ♥ e Rin, che ho inserito nella fanfic come migliore amica della protagonista (: Sono convinta che queste due sono un'accoppiata vincente! *-* E come avrete sempre capito, la storia si ambienta in un liceo; lo scopo principale della fanfiction è infatti rappresentare la vita noiosa bellissima di noi liceali (: Spero possiate ritrovarvici almeno un po' ^-^
Ci rivediamo al prossimo capitolo e se leggerete e recensirete subito dopo mi renderete la ragazza più felice del mondo * A *
With love,

Rurucchì

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO II - Quell'odio sempre vivo ~ ***


Capitolo IIQuell'odio sempre vivo.

 

 

La campanella trillò liberatoria, risuonando in tutto l'edificio, e con lei se ne andò la prima ora, insieme a quella donna che fino a poco fa era seduta alla cattedra. La classe si scompose per qualche istante, tempo il cambio dell'ora. Mentre tirava fuori dalla cartella l'occorrente per l'ora successiva – matematica -, vide avvicinarsi una figura femminile che conosceva alquanto bene.

« Kagaminechan, Megpoidchan! » le salutò subito con un sorriso, facendo risplendere le iridi cerulee. « Salve, Miku. » rispose posatamente Rin, con un lieve sorriso. « Sapete suonare qualche strumento? » chiese a bruciapelo la ragazza davanti a loro, ossia Miku Hatsune, una delle persone più chiacchierone e frizzanti che Gumi abbia mai conosciuto. « Chitarra. » ammise Rin, alquanto sbigottita dalla domanda dell'azzurra; Miku era solita andare da loro ad ogni cambio dell'ora per chiedere di farle copiare i compiti,, e non se ne era mai uscita con domande di questo tipo. Da dove era scappata fuori una richiesta del genere? « Io pianoforte. » rispose Gumi, mentre apriva una caramella e se la infilava in bocca. « Mh.. » se ne uscì Miku, portandosi il dito indice sotto il mento, facendo una smorfia con le labbra e rivolgendo gli occhi verso il soffitto. « Sapete cantare bene? » un'altra domanda scappata fuori da chissà dove. Che senso avevano tutte quelle domande? « Creeeedo di sì. » disse Gumi dopo aver ingoiato la caramella a nome di tutte e due. « Ma si può sapere che- » la domanda della verde venne interrotta dall'entrata del professore di turno, il professor Hyuga, e dall'ordine della rappresentante, seduta immancabilmente in prima fila, che disse a gran voce: “In piedi!” e tutti si alzarono tra il fragore delle sedie. “Seduti!” e tutti si sedettero, aprendo i libri e i quaderni, mentre nell'aula brulicava un leggero eco di risatine e il rumore delle pagine che venivano sfogliate.

 

E ti pareva che non mi veniva” si disse Gumi stanca, lanciando la penna sul banco. L'ennesima espressione non le tornava. Quel dannato '-3x2' non compariva sul suo quaderno, dove invece spiccava un bel '-397xy3'. Sbuffò, attirando così l'attenzione della sua compagna di banco. « Meno trecentonovantasette ics ipsilon alla terza?! » lesse incredula, sebbene fosse abituata agli sbagli della sua amica che non stravedeva affatto per la matematica. « Ma come hia fatto a- »

« Non lo so. » la interruppe minatoria Gumi, stiracchiandosi all'indetro, alquanto irritata. Perché, perché quel dannato insieme di lettere e numeri non voleva stare ai suoi ordini? Odiava le espressioni, anche se quelle erano di una facilità assurda, perché dopo sapeva che venivano quelle più complicate, sempre più impossibili. Le avrebbe proibite se fosse stato per lei, le trovava una delle cose più complicate che esistessero nel mondo della matematica. Anzi, correggiamo: per lei, tutto è complicato nel regno della matematica. Rin sospirò, prendendole il quaderno e spostandolo sul suo banco, sotto i suoi occhi che, veloci, volavano da una linea a un'altra dell'espressione. Dopo pochi istanti, questione di sei, sette secondi, la bionda sbarrò almeno metà dell'espressione, riscrivendola nel modo corretto. « Ecco, così è giusto. » annunciò, ridandole il quaderno dove in fondo alla pagina si poteva notare lo scarabocchio di Rin e la conseguente correzione. « Avevi sbagliato il quarto passaggio. » e ritornò ai suoi esercizi. Gumi non si preoccupò tanto dell'espressione, anzi, a dirla tutta non gliene importava proprio nulla. Si sporse verso Rin, schioccandole un veloce bacio sulla guancia. « Signorina Kagamine, lei è un g-e-n-i-o! » Rin sorrise imbarazzata. « Signorina Megpoid, la invito a tornare gentilmente ai suoi doveri scolastici. »

 

Tutti si alzarono contemporaneamente strisciando le sedie al suono della campanella che annunciava la fine della seconda ora e l'inizio della ricreazione. Come tutti gli altri, Gumi si alzò non preoccupandosi affatto della sedia che strisciava sul pavimento. « Mi accompagneresti un attimo al bar per prendere la merenda? » le propose Rin, tutta indaffarata a tirare fuori dalla cartella il portafoglio con dentro qualche yen. « Come vuoi. » disse, avviandosi verso la porta affiancata dalla bionda, alta almeno dieci centimetri in meno di lei. Gumi non era molto alta, sfiorava appena un metro e sessantacinque, ma Rin non arrivava nemmeno a un metro e sessanta, e se stavano vicine la sua altezza si notava ancora di più. Ma cosa poteva farci? Gumi era la sua migliore amica; non doveva starle accanto solo per il fatto che questo accentuava ancora di più la sua non molto sviluppata altezza? Il bar era al secondo piano dell'edificio, e siccome loro erano al primo, salirono le scale, incrociando per la strada una loro compagna di classe, Meiko Sakine, che le salutò con un veloce sorriso, in questo modo accentuando ancora di più le gote arrossate. Le due ragazze sorrisero di rimando, per poi tornare con gli occhi sulla loro strada. Varcato l'ingresso, si ritrovarono davanti il corridoio che brulicava di ragazze e ragazzi. Il bar era subito alla loro sinistra, dopo i bagni. La fila che si doveva fare era lunga e infinita. Gumi sbuffò. « Qualcosa alle macchinette no, eh? » Rin scosse la testa con convinzione. Nell'aria alleggiava un leggero profumo di cioccolata e di crema, unito a quello del pane fresco. Gumi lo inspirò a fondo, quanto le piaceva quel profumo! « Ma.. Ehi! » la lamentela di Rin la riportarono alla realtà: senza nemmeno accorgersene, aveva iniziato a pensare a ruota libera. La bionda si voltò verso di lei, con un'espressione corrucciata dipinta in volto – e che la rendeva estremamente buffa -, per poi rigirarsi, parlando con un ragazzo che aveva davanti, molto più alto di lei. Si sporse, intravedendo un codino biondo difficilmente irriconoscibile. « Insomma, Len! C'eravamo prima noi! » Len Kagamine si girò verso la gemella, fissandola con uno sguardo del tipo 'Io? Io non ho fatto assolutamente nulla.' « Eravamo, indicativo imperfetto.» si rigirò, era oramai quasi il suo turno. O meglio, il loro. A quanto pare, aveva saltato un bel po' di fila e aveva avuto la brillante idea di appostarsi di fronte alla sorella. « E' da un po' che aspettiamo, non sarebbe giusto nei nostri confronti. » Gumi cercò di darle man forte, ma il ragazzo rimase sulle sue, avanzando e ordinando ciò che voleva. Quando ebbe ciò che aveva ordinato nelle sue mani, si voltò, pronto a tornare in classe. « L'importante è che sia giusto nei miei. » sibilò, quando passò accanto a Gumi.

Len Kagamine, il ragazzo più popolare della scuola, fratello gemello della sua migliore amica, dotato di una bellezza fuori dai canoni, per lei era solamente uno strafottente a cui piaceva giocare al gioco del 'io sono il re, voi i miei sudditi'. E la ragazza dai capelli smeraldini non poteva far altro che odiarlo dal più profondo del cuore. Non c'era un fatto passato che la costringeva ad odiare il biondino, semplicemente lo trovava odioso: si credeva chissà chi, prendeva in giro chiunque gli capitava a tiro, scontroso, giocava con i sentimenti delle ragazze che gli si dichiaravano... Si poteva scrivere un libro intero sui suoi difetti e i suoi comportamenti. Fortunatamente, Rin era tutta di un'altra pasta: gentile, simpatica, paziente, sempre sorridente e disponibile. Non sembravano neanche gemelli.

Nel frattempo, non si era accorta che Rin aveva già ordinato un bel ciambellone imbottito di cioccolato. « Riuscirà la nostra Rin a finirsi quel bombolotto gigante? » annunciò subito dopo essere uscita dal bar, comparendo dietro la sua amica e pronunciando quest'ultima frase come si fa alla fine di un anime. « Lo scopriremo nella prossima avvincente puntata! »

« … Ma anche subito. » la corresse Rin, addentando la sua merenda, mentre un rivolo di cioccolato scappò fuori da essa e cadde sul tovagliolino che la ragazza teneva in mano. Gumi sorrise. « Me ne dai un pezzooo..? » chiese petulante Gumi, mentre le due scendevano le scale per tornare in classe; mancava poco al trillare della campanella e all'inizio della terza ora, e le due amiche avevano passato la maggior parte della ricreazione al bar, tra la fila chilometrica e quella barista che ci metteva cent'anni per prendere la merenda giusta, in quel momento ordinata da un qualunque ragazzo. Rin sospirò. « Ti preeego... » continuò la verdina, sapendo che se avesse continuato così sarebbe riuscita a scroccare un pezzo della merenda dell'amica. Era facile convincerla: un paio di occhioni dolci, un 'ti prego' melenso ed era fatta. « No. » sentenziò Rin, scendendo l'ultimo scalino e sorpassandola, entrando in classe. Gumi ci rimase alquanto male, mentre lo stomaco brontolava: stavolta non era riuscita ad ottenere nulla. La raggiunse, e appena mise un piede nell'aula, la campanella suonò. Sospirò: succedeva sempre così. Entrava, ed era finita la ricreazione. Sempre, ma oramai non ci faceva più nemmeno tanto caso a quella buffa coincidenza che, dall'inizio del liceo a quel giorno, la accompagnava come fosse una scherzosa amica.



Angolino dell'autrice:
Eccoci arrivati anche al secondo capitolo *v* Il prologo e il primo l'avevo già postati su un forum - quindi la mia unica quanto amata recensionista (?) sapeva già tutto u.u - ma questo è completamente inedito, eheh! Devo dire che sono abbastanza soddisfatta, sì. Spero possa piacere anche voi e che la storia v'incalzi a seguirla c:
Un bacione a tutti, ai passanti e a chi recensisce, a chi vorrebbe leggere ma non ha il tempo e a chi non mi degna di uno sguardo cattivi ç.ç

Rurucchì ♥

NAndsk

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Capitolo 4
*** CAPITOLO III - Quel rifugio semi nuovo ***


Capitolo IIIQuel rifugio semi nuovo

 

Gumi si portò la cartella sulla spalla, mentre la mano libera se la infilò in tasca. I suoi piedi avanzavano uno davanti all'altro oramai automaticamente, lo sguardo rivolto alla strada ricoperta dai petali di sakura che avrebbe calcato fino a casa. Le ultime due ore le erano sembrate così pesanti, se fosse stato per lei si sarebbe alzata nel bel mezzo della lezione, avrebbe preso in mano la cartella e via, fuori dalla scuola, libera. Peccato non fosse possibile, già. Alzò gli occhi al cielo e le sue iridi color prato incontrarono l'azzurro vivo del firmamento chiazzato di soffici nuvole color panna dalle forme più strambe. “Quello sembra il fiocco di Rin.” si disse, attribuendo la figura decorativa del cerchietto della sua amica a una nuvola passante. Quel giorno Rin non aveva fatto il tratto di strada scuola-casa insieme a lei per tornare a casa insieme a suo fratello; sarebbe sopravvissuta, ma da sola era così noioso. La compagnia di Rin le era diventata necessaria quanto l'aria, oramai; senza di lei si annoiava, si sentiva sperduta. Anche se sarebbe meglio dire che in generale odiava stare da sola e la compagnia che preferiva era proprio quella della Kagamine.

Mentre la sua mente si affollava dei suoi soliti pensieri nosense, i petali dei sakura continuavano a scendere lenti, volteggiando nell'aria come a volersi gustare quell'attimo nel modo più assoluto e profondo, creando piroette tra lo stupore dei bambini e il loro tentativo di afferrare uno di quei fiori delicati. Alla sua sinistra, poco più avanti di lei, notò una donna dai capelli argentei e qualche ruga in più sul viso tenere per mano un bimbo di appena due anni, che rideva, rideva di cuore. Quella risata le rimase nella mente, echeggiando cristallina nelle pareti della sua testa.

 

Richiuse la porta alle spalle, per poi infilarsi le ciabattine ai piedi e lasciare i mocassini davanti all'ingresso. « Sono a casa. » annunciò Gumi. Casa sua non era altro che un piccolo appartamento arredato alla bell'e meglio ma dall'aria accogliente e molto luminoso grazie alle numerose finestre sparpagliate in tutte le stanze che davano proprio sul sole a mezzogiorno. La ragazza percorse a grandi passi l'ingresso per poi arrivare in soggiorno, una stanza spaziosa e occupata da un soffice divano color crema, una vetrina di legno scuro e un soprammobile bianco dove vi era appoggiato il televisore. Si affacciò sulla sala da pranzo, collegata alla cucina, e subito un buonissimo odore di cibo la mandò in tilt. « Cosa c'è da mangiare oggi? » chiese subito Gumi, avanzando verso il piano cottura con l'acquolina e consapevole che non stava parlando da sola. Sui fornelli, una pentola stava sbuffando, emanando un buonissimo sapore di pomodoro. Gumi, cauta, cercò di tirare su il coperchio e sbriciare senza farsi vedere, ma manco fosse uno scherzo, alle sue spalle apparì una figura maschile che presentava lunghi capelli di un bellissimo viola intenso legati in una coda alta. « Attenta. » disse questo, tirando via la mano birichina della ragazza e rimettendola lungo i fianchi. « Via le mani dal mio operato. » la ammonì lui. Il tono serio che aveva appena usato contrastava con il dolce sorriso che si era disegnato sulle sue labbra. Il ragazzo mosse appena il capo in direzione della pentola, e si udì un lieve suono di campanellini. « Perdonami Gakupo. » si scusò subito lei abbracciandolo. Già, Gakupo era suo fratello. Vivevano insieme da oramai quattro anni, ovvero da quando Gakupo era diventato adulto. Quattro anni prima – Gumi aveva dieci anni, Gakupo diciotto – avevano perso i loro genitori in un incidente stradale e il ragazzo aveva deciso di comprare una casa al centro di Tokyo, in un quartiere poco affollato. Lo aveva fatto principalmente per evitare di strazirsi l'anima con il proprio dolore, siccome, nella loro vecchia casa dove abitavano con i loro genitori, non avrebbe resistito un giorno di più. Si era preso cura della casa e di sua sorella per quattro lunghi anni, e forse era quasi il caso di smettere dato che Gumi era oramai in grado di cavarsela da sola, ma non si sarebbe mai stancato di farlo, molto probabilmente. Accarezzò la testa della sorella. « Non preoccuparti, Megumi. » questa lo guardò storto: Gakupo sapeva che odiava il suo nome e osava chiamarla in quel modo così spesso, era una cosa che non sopportava. « GU – MI. » ribatté lei, sciogliendo l'abbraccio e fulminandolo con lo sguardo. Si allontanò da lui e mise le mani sui fianchi, per conferirsi un'idea un po' più autoritaria, cercando di sostenere lo sguardo divertito del fratello. « Va bene, va bene.. Scusami! » esclamò, osservando divertito la reazione della ragazza. « Scusami un corno! Quante volte ti ho detto che non devi chiamarmi così, eh?! » infine sbuffò, scuotendo leggermente la testa. Megumi Megpoid Nakajima; questo era il suo nome intero. Nakajima era il suo secondo cognome, preso dalla nonna materna, che non usava mai. Si faceva chiamare Megumi Megpoid, ma era oramai un obbligo chiamarla Gumi. Gakupo Megpoid Kamui era invece il nome completo di suo fratello. Il suo secondo cognome, Kamui, era quello di sua madre, e per tutti lui era Gakupo Kamui. “Kamui, non Megpoid. Con la K.” ripeteva sempre con calma e sorridendo a chi gli chiedeva come bisognasse chiamarlo. Sul campanello di casa loro però, c'erano scritti i loro due nomi per intero, ovviamente. « Piuttosto, vai a lavarti le mani, è pronto. » avvisò lui, rimettendosi ai fornelli per gli ultimi dettagli del pranzo. Gumi, senza proferir parola, aprì la porta che dava sul corridoio, fiondandosi poi in bagno, una stanza pitturata di un grigio chiaro con un mobile rosso incontrasto a sostenere il lavandino candido; a fianco di questo c'era la lavatrice con sopra una trousse di Gumi, che per giunta non aveva mai usato, e tutti i sanitari sulla parete opposta, affiancati dalla doccia. Aprì il rubinetto, facendo scorrere l'acqua affinché diventasse leggermente più calda; dopodiché, cominciò a lavarsi le mani. Chiuse poi il rubinetto, si asciugò le mani e alzò lo sguardo sullo specchio.

Questo dava il riflesso di una ragazza qualunque, alle prese con il primo anno di liceo e i classici problemi adolescenziali. Posò una mano sul vetro, che al contatto con la sua pelle risultò freddo. Si rese conto che lei conoseva ogni angolo della sua casa, anche il più socuro e nascosto; conosceva ogni sfumatura della personalità di Gakupo e di Rin; conosceva le sue compagne, con cui aveva condiviso qualche avventura; conosceva il suo passato. Ma non conosceva sé stessa, la cosa che bisogna conoscere meglio di qualsiasi altra.

« Me... Ehm.. GUMI! » la richiamò suo fratello dalla cucina. Quell'improvvisa riflessione l'aveva trattenuta per un po'. Forse un po' troppo.



Angolo dell'autrice:
Buondì *-* Sono lieta di presentarvi il terzo capitolo c: Non sono però molto soddisfatta ç^ç Mi rifarò nel prossimo, dai u.u Ne approfitto per ringraziare infinitamente Sakura tan, la mia seconda recensionista * A * Mi hai reso l'autrice più felice del mondo con la tua recensione, graziegraziegrazie ♥ AHEM, ciemmequ. Godetevi il capitolo uwu
With love,


Rurucchì ♥
 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - Quella chiamata innaspettata ~ ***


Capitolo IV – Quella chiamata innaspettata

 

Il pranzo si era concluso con una rilassante tisana fatta da suo fratello; l'aveva bevuta tutta d'un sorso, riscaldandosi non solo le mani. In qualche modo, si sentì più calda anche... dentro, diciamo. Non sapeva bene come definire quella sensazione, fatto stava che c'era e lei cominciava a sentirsi meglio. Appena avevano finito di mangiare, Gakupo e Gumi avevano parlato un po', della scuola di lei, del lavoro di lui e qualche pettegolezzo di quartiere. Niente di nuovo, insomma. Con il solito “Vado a fare i compiti”, la verdina si era rifugiata in camera sua, mentre Gakupo, sospirando, riassettava la cucina.

Ora la si poteva vedere seduta alla scrivania, china sul libro di biologia, intenta a memorizzare quella moltitudine di parole e concetti; tutto però lo ripeteva e subito se lo dimenticava e fu costretta a ripetere ogni pagina per un minimo di quattro volte. E poteva giurare che la testa le stava per scoppiare.

La sua camera era dipinta interamente di verde, di un tono molto chiaro, ed era abbastanza grande e spaziosa, con un armadio, uno scaffale dove riponeva libri e manga in quantità, un letto disfatto, un comodino con sopra un'enorme quantità di orecchini e braccialetti multicolori, ma anche la scrivania non scherzava: vi regnava il caos, foglietti, libri, penne, cd, collane, matite... C'era a malapena uno spazietto dove poteva appoggiare i libri per studiare. Gakupo, al contrario suo, era un tipo ordinato e preciso, e non sopportava affatto tutto quel disordine che regnava nella camera della sorella, ma non diceva nulla riguardo a questo, sapendo perfettamente che la ragazza non amava affatto che qualcuno mettesse il naso nei suoi 'stili di vita'. Delle sue amiche, solo Rin, quando veniva a casa sua, si offriva di ritagliare una ventina di minuti per mettere a posto, giusto un poco, ciò che bastava per rendere un po' più guardabile la camera. Potevano metterci quanto impegno volevano, tutto il pomeriggio. Tanto la stanza ritornava come prima in meno di mezz'ora.

 

Gumi afferrò il cellullare che squillava sopra il suo letto e premette il tasto verde per rispondere, non prima di aver letto il nome che era apparso sullo schermo.

« Pronto? » rispose, restando in piedi al centro della stanza.

« Gumi, sono io! »

Sospirò. « Io chi? »

Silenzio. Dall'altra parte non si sentiva nulla, tutto ciò che Gumi riusciva a percepire era il suo flebile respiro.

« Pron- »

« Sto cazzooo! » gridò la voce squillante dall'altra parte della cornetta.

Tasto rosso.

Non ci volle molto che il telefono ricominciò a squillare.

« E va bene, scusami Megpoidchan. Scusami. »

« Non ho sentito, Miku. » sottolineò bene il nome dell'amica, assumendo un tono quasi dominante misto a ironico.

Si sentì la giovane Hatsune sbuffare. « Imploro perdono. »

Gumi sorrise soddisfatta. « Ti concedo le mie scuse, Hatsu. »

La ragazza si immaginò Miku scattare come una molla, dato che ricominciò subito a chiacchierare, come suo solito del resto. Miku era la ragazza più vivace e loquace che Gumi avesse mai visto e conosciuto sulla faccia della terra: non riusciva a star ferma e nemmeno a chiudere la bocca. Potevi legarla come un salame alla sedia e tapparle la bocca con lo scotch, tanto riusciva a parlare e a muoversi senza tregua. Erano insieme fin dai tempi delle medie, e si erano ritrovate anche a frequentare lo stesso liceo, e durante i tre anni di scuola media erano affiatatissime, stavano sempre insieme. Gumi infatti, non aveva legato molto alle medie, solamente con Miku, appunto, e Luka Megurine, che ora studiava in un prestigioso liceo privato poco distante da Tokyo. E Rin, vi chiederete? Non erano migliori amiche? La biondina non era in classe con lei, alle medie. I suoi genitori avevano preferito iscriverla, insieme al fratello, in una scuola più vicina a casa loro per comodità; ma nonostante frequentassero scuole diverse, le due ragazze continuavano a vedersi e la loro amicizia non si era affievolita per niente. Anche perché, ci voleva per dividerle quelle due, e una scuola diversa non sarebbe certo bastata.

« Megpoidchan, oggi sei libera? » chiese ad un tratto la giovane Hatsune, interrompendo il discorso della nuova studentessa di una classe del terzo anno.

« Beh, sì, avrei da studiare biologia... »

« Al diavolo le rane! »

Chissà perché, ma quando si parlava di biologia, Miku associava questa materia alle rane. Il motivo rimaneva ancora del tutto ignoto.

« Al diavolo le rane?! » sbottò Gumi. « Se domani quella lì mi interroga e mi becco un tre, poi è colpa tua, chiaro?! »

« Sì, sì, va bene. Comunque. » riprese Miku, non dando peso all'interrogazione dell'indomani. « Tra mezz'ora alla base. Non mancare, ok? »

Tuh. Tuh. Tuh.

Gumi si staccò il telefono dall'orecchio alquanto perplessa. Che dovevano fare al vecchio garage? Istintivamente si guardò l'orologio che aveva al polso: erano le tre e tre quarti. Come mai quella chiamata innaspettata? Ma sopratutto, come mai quell'incontro? Guardò il libro di biologia: doveva studiare, assolutamente. La professoressa l'avrebbe sicura mente interrogata l'indomani, non poteva farsi cogliere impreparata. Si sedette, abbassandosi sul libro e ricominciando a studiare.

Ma non ci volle molto per vederla rialzarsi, prendere la prima giacche che trovava, salutare il fratello e chiudersi la porta alle spalle.

 

La base – come la chiamava 'affettuosamente' Miku – non era altro che un vecchio spiazzo dimenticato dal mondo, che si trovava poco dopo casa sua, vicino ad un parco. Ci arrivò praticamente in un attimo, dieci minuti ed era già là. Attraversò il piccolo parco, deserto, e saltò un muretto di pietra abbastanza rovinato. Lì, dopo aver percorso un breve vialetto ombroso, c'era uno spiazzo di terra enorme, dove vi erano rimaste delle colonne, rassomiglianti a quelle dei tempi grechi, ma rovinate e a pezzi, di cui rimanevano soltanto la base e qualcosa di più. Intorno, gli alberi li proteggevano da sguardi e suoni estranei. Non gli assomigliava per nulla, ma Gumi lo paragonava a un vecchio garage, ma non era l'unico soprannome.

La ragazza dai capelli verdi, spostatosi dal viso l'ennesimo ramo ribelle, avanzò a grandi passi verso il centro del grande forum – eccone un altro! - mentre altre figure si delineavano davanti ai suoi occhi, diventando sempre più nitide.

Gumi faceva parte di una compagnia, unita da chissà quanto tempo, ed erano tutti ragazzi dello stesso quartiere e anche, più o meno, della stessa età. I suoi occhi focalizzarono la figura snella di Miku, quella minuta di Rin, Meiko, Kaito, Iroha, Seeu, Lapis. Tutti si girarono contemporaneamente quando sentirono i passi di Gumi infrangere il leggero silenzio che alleggiava tra i ragazzi.

« Megpoidchan! » la chiamò Miku, facendo un gran sorriso.

« Salve a tutti. » salutò la ragazza con un cenno della mano. I suoi occhi finirono su Rin, che le sorrise di rimando.

« Ma... Sei ancora in divisa? » la rimproverò scherzosamente Meiko, una sua compagna di classe.

« Non avevavo voglia di cambiarmi. » si giustificò Gumi. A dirla tutta, se n'era completamente dimenticata di avere la divisa scolastica addosso.

Iroha e Seeu risero all'unisono, senza farsi sentire troppo: la prima andava era del primo anno proprio come Gumi, Rin, Meiko e Miku, ma era in un'altra sezione, mentre la seconda era di un anno più grande di loro ed era una compagna di classe di Kaito, anche lui sedicenne.

« Come tuo solito, Gumi. » commentò Luka, fredda, ma con una vaga ombra di sorriso.

Questa si mise la mano dietro alla testa, alquanto imbarazzata.

« Anyway, anyway, anyway. » Miku prese parola, tossicchiando, per attirare l'attenzione di tutti.

« Siamo tutti qui riuniti perché ho da comunicarvi un qualcosa che sono certa vi piacerà molto. » continuò lei, mentre un sorriso d'orgoglio si disegnava piano sulle sue labbra.

« Ossia? » la esortò Lapis, con la sua solita vocina flebile e bassa, appena udibile.

« Formeremo una band! » annunciò la turchina, mentre gli occhi le cominciavano a scintillare.

Una... Band? Cosa signicava? E perché? Che le era saltato in mente alla giovane Hatsune? Gumi riuscì solo a sollevare un sopracciglio, scettica: la musica era la sua vita, ma non era molto convinta riguardo quest'idea scappata fuori da chissà dove.

« Stamattina ho chiesto a tutti voi se sapesse cantare o suonare uno strumento, ricordate? »

Ricollegò tutto. Ecco, ecco dove voleva arrivare Miku quella mattina facendo loro quelle domande assurde.

« Ma che scopo avrebbe...? » chiese Rin, anche lei un po' dubbiosa.

« Cantare. Semplicemente, cantare. Per comunicare, per uscire fuori dalla realtà. » Miku assunse improvvisamente un'aria seria, che mai Gumi le aveva visto indossare. L'azzurra strinse i pugni. « Io vorrei riuscire a scrivere delle canzoni mie, dando voce ai miei pensieri e alle mie opinioni. Per riuscire a farmi capire da tutti e farmi apprezzare. » si morse le labbra. « Per continuare a sognare. » poi si guardò intorno, soffermandosi su ognuno di loro. « So che siete alquanto scettici al riguardo, ma vi prego... »

Silenzio. Nessuno osava muoversi o parlare.

« Io ci sto. »


Angolino dell'autrice: Ma salve, piccoli (?) adorati lettori *^* Eheh, avete visto? Nonostante sia occupata un sacco con la scuola sono riuscita a postare il nuovo capitolo, YAY! Volevo intanto ringraziare Claud10107 e Suzume Yuzuka, le mie nuove lettrici ♥ Vi adoro <3 Ho messo anche in pratica i consigli di Claus, cercando di allungare un po' i capitoli e il fatto dei dialoghi (: Spero possa piacervi e possiate apprezzare anche questo capitolo, proprio come avete fatto con gli altri <3 A presto! *-*
With love,

Rurucchì ~

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Capitolo 6
*** CAPITOLO V - Quella decisione presa di fretta ~ ***


Capitolo V Quella decisione presa di fretta

 

Tutti i presenti si voltarono verso Rin, all'unisono. La bionda li osservò stranita.

« Che c'è? » domandò poi, alzando le mani. « Non sono stata io! »

Eppure, se qualcuno avesse chiesto da dove era provenuta la voce, tutti avrebbero risposto “da lì”, indicando magari la giovane Kagamine.

Ma quella voce non era la sua.

Tutti sapevano che non era stata Rin a parlare, dato che il suo timbro era abbastanza acuta, ma non per questo stridula, anzi, aveva sempre un tono dolce e rassicurante; quando dava voce ai suoi pensieri sembrava che stesse cantando, tanto la sua voce era melodiosa. Ma quella che poco fa avevano tutti sentito era abbastanza grave, una voce che si stava trasformando, diventando così più matura. Era una voce da uomo.

Gumi sforzò la vista – Mannaggia, avrei dovuto mettere gli occhiali! - per riuscire a focalizzare un qualcosa che si stava muovendo dietro la biondina. Le foglie si muovevano sommessamente.

Sarà un animale..?” ipotizzò Gumi, ma sicuramente questo era il pensiero che tutti i presenti avevano formulato nella loro mente in cui un dubbio fra tutti spuntava: “chi era stato a parlare?”

D'un tratto, Rin sobbalzò, emettendo un debole “Ahi!”.

« Buh. » fece la stessa voce di prima, mentre una figura maschile si tirava su, scoprendosi mano a mano dietro le spalle di Rin. Questa si rivelò essere un ragazzo che sembrava avere all'incirca diciassette anni, almeno una quindicina di centimetri più alto di Rin, che il ragazzo aveva circondato il collo con le braccia, sorridendo, poggiandole un leggero bacio sulla guancia. Rialzò poi lo sguardo su i ragazzi presenti, alquanto sorpresi. Quello posò le iridi di un azzurro che avrebbero fatto invidia ai mari del sud su tutti i presenti, con un sorrisino quasi sarcastico dipinto in viso, e con un cenno della testa, gettò indietro la frangetta bionda che gli stava ricadendo davanti al viso.

Len Kagamine.

Per un attimo, nessuno disse nulla.

« Non avevi detto che non potevi venire? » disse subito Rin, voltandosi verso di lui, come risvegliatasi da un sogno. « Dovevi studiare storia! »

Il biondo sorrise sarcasticamente, ancora. « Non pensavo fossi così ingenua, sorellina. »

Si videro le guance della ragazza diventare rosse dalla rabbia, e a Len scappò una risata. Era troppo divertente farla arrabbiare!

« Ichan..? » a parlare stavolta fu Miku, che appena aveva scoperto che a parlare era stato il gemello di Rin, era rimasta a bocca aperta. Ma non solo per lo stupore, anche per la felicità: aveva approvato la sua idea! La graziosa ragazza dai capelli turchesi aveva la fissa di chiamare gli altri per cognome aggiungendo il suffisso 'chan', oppure 'san' o ancora 'kun', 'sama, 'senpai', a seconda dei casi. Siccome Rin e Len erano gemelli, di conseguenza avevano lo stesso cognome; quindi, per evitare qualche “Ma a chi ti riferisci?” aveva deciso di chiamare, quando tutti e due erano presenti, “Ichan” il ragazzo, ossia 'ichi', uno, e “Nichan” l'altra, poiché 'ni' significa due.

« Come mai non ti sei fatto vedere fino ad adesso? » continuò Miku.

« Volevo fare una sorpresa a Rin. » e le scompigliò i capelli. Si stava divertendo un mondo.

« E questa la chiami sorpresa, Len? » sbottò lei, togliendosi le mollettine e rimettendosele.

Len annuì, con un sorriso idiota stampato in faccia.

« Non per interrompervi, ma sbaglio, o hai detto che sei d'accordo con me, Ichan? » continuò entusiasta la giovane Hatsune, con gli occhi che le brillavano.

« Non sbagli, Hatsune. » rispose quello, smettendo di stuzzicare la sorella.

Miku sembrò quasi paralizzata per una decina di secondi – record! - mentre sul suo viso si disegnava, pian piano, un sorriso di quelli che arriva fino alle orecchie.

« ICHAN, TI ADOROOO! » Miku scattò verso Len a braccia aperte, quasi piangendo e ridendo allo stesso tempo.

Len fece una smorfia, spostandosi poi di lato, in modo che questa cadde nel cespuglio invece di finire tra le braccia del ragazzo. Miku però si rialzò quasi subito, e qualche foglia le era rimasta impigliata nei capelli.

« Il primo passo è fatto! » si mise in posa con una mano sul fianco e l'altra stretta in un pugno, come quando negli anime il protagonista è determinato a portare a termine un qualcosa e dietro gli si vedono una miriade di fiamme, avete presente? Ecco, si può dire che Miku, in quel momento, era proprio in quello stato.

« … Voi invece? » chiese infine Miku, con la voce quasi tremolante.

Il silenzio, già calato precedentemente, divenne incredibilmente pesante.

« Potete alemno spiegarmi perché non volete...? » disse ancora Miku.

« Non è che non vogliamo, non abbiamo mai detto una cosa del genere, Miku! » fu Kaito a rispondere. « Siamo solo scettici al riguardo! »

« Quindi non volete. » concluse Miku, facendo una smorfia e rivolgendo lo sguardo alle sue scarpe.

« Allora hai qualche problema di comprendonio, Hatsu. » sbottò Gumi. « Fino ad ora, hai mai sentito volare la parola “scordatelo” o qualsiasi altro termine che voleva intendere che noi non eravamo d'accordo con te? »

Il tono di Gumi era leggermente più alto del solito. Quando le persone si comportavano in quel modo era capace di andare su di giri. Anche perché non era da Miku comportarsi in quel modo.

Questa scosse la testa.

« Bene. Quindi smettila di fare la depressa e combatti per far sì che tutti accettino la tua proposta! Non è da te demordere così facilmente, dannazione! »

Miku sbarrò gli occhi per la sorpresa.

« Per questo, io- »

« Ci sto. »

Rin. Stavolta era stata Rin a parlare. Gumi sorrise nella sua direzione.

« Rin mi ha preceduto. » osservò lei, facendole l'occhiolino. « Io ci sto. »

 

Forse era stata un po' troppo precipitosa.

Già, giusto un poco.

Doveva rifletterci su.

E invece aveva agito per l'amicizia che provava nei confronti della giovane dalla chioma color cielo.

Ne avrebbe risentito.

Non era molto sicura della sua scelta, anzi, non ne era affatto sicura.

Ma dentro di sé, sentiva che era la cosa più giusta da fare.

Sacrificare sé stessi per gli altri era la cosa migliore, in quei casi. E Gumi ci aveva sempre rimesso.

Magari stavolta sarebbe stato diverso. O magari si sarebbe ripetuta la solita storia.

Si sarebbe pentita.

O forse no.

Beh, lei sperava ardemente in quest'ultima opzione, mentre decretava la sua scelta, schierandosi dalla parte dell'amica.

 

Ora erano in quattro. Lei, Rin, Miku, e l'odioso Len, che stava a guardarsi attorno con un'aria da superiore, in stile “Io sono tutto, e voi niente, in confronto a me. Ma sto comunque qui perché non ho alcuna voglia di tornare a casa a studiare storia.”

Ma certo, resta pure qui ad infangarci con le tue battutine ironiche.”

Non c'era un motivo ben preciso per odiarlo, ma le bastava pensare che era per causa sua che moltissime volte non poteva incontrare Rin al parchetto o semplicemente chiacchierare mentre tornavano a casa dopo una giornata a scuola. C'era sempre lui in mezzo. Ci si voleva prendere un gelato? No. Lui voleva mangiare a casa, quindi si doveva rinunciare a quel ben di dio ghiacciato. Lo stesso se volevano uscire insieme: dopo Len rimaneva da solo, povero. E quindi Gumi era costretta a cambiare interamente programma. Ma non solo. Quando gli pareva – ossia sempre – lanciava certe frecciatine sarcastiche molto dure; Gumi non poteva far altro che ignorarlo o rispondergli a tono, ma molte volte l'avrebbe preso volentieri a pugni.

« Come ti è venuta quest'idea improvvisa? » chiese Iroha all'improvviso, stoppando i pensieri a ruota libera della smeraldina.

Miku sembrò pensarci su, inclinando leggermente la testa da un lato. « Non lo so... Mi è venuta e basta. » constatò alla fine, seguita a ruota da un 'oh' degli altri ragazzi.

« Però come idea non è affatto male! » intervenne poi Seeu, alquanto entusiasta. « Ci ho pensato bene, e la mia risposta è sì! »

« Mi aggiungo anch'io. » disse piano Lapis, sorridendo timidamente.

Le due vennero verso il gruppetto formatosi, e Miku corse ad abbracciarle. « Vi ringrazio! Aokichan, Nekomimisan! »

« E di che, Miku? Ci divertiremo come matti! » fece Seeu, togliendole qualche foglia dai capelli.

L'azzurra sentì poi qualcuno abbracciarla da dietro, quindi d'istinto si giro, trovandosi davanti il volto sorridente di Kaito.

« Grazie, Isaminesan... » la ragazza gli sorrise di rimando.

Gumi non poté far altro che sorridere guardando quella tenera scena.

« Mi vedo costretta ad aggiungermi, vedo. » constatò poi Meiko, sospirando, venendo poi verso Gumi, Rin e Len, che stavano in disparte ad osservare la scena.

L'unica che ancora non aveva espresso un parere era Luka.

Chissà cosa avrebbe risposto lei. Sembrava tanto sulle sue, e traspirava l'idea di non voler partecipare a quest'iniziativa. Questa sospirò, tenendo le braccia incrociate sul petto.

« Megurinesan... » sussurrò Miku, alquanto preoccupata.

« Luka... » Gumi sentì mormorare il nome della ragazza da parte della sua migliore amica, che la guardava trepidante, in attesa della fatidica risposta.

« E' banale. » disse alla fine la rosa. « Avete quindici, sedici anni, non tre o quattro. »

A Miku crollò il mondo addosso. E pensare che ce l'aveva quasi fatta.

 

« Ma cantare mi piace, e solo per questo mi unirò a voi. »

Miku quasi scoppiò per la felicità, ma si trattenne ad avvinghiarsi al collo della diciassettenne dallo sguardo di ghiaccio. Riuscì solo a dire “Grazie infinite”, per poi cominciare a ridere e piangere insieme.

 

Era ormai pomeriggio inoltrato quando tutti si congedarono, e a Gumi le brontolava lo stomaco. Quindi era ora di cena. O forse no, dato che a Gumi brontolava sempre lo stomaco.

Erano mancate un paio di ragazze, alla 'riunione'. Una era Miki Furukawa, quindicenne anche lei, andava in classe con Iroha, Lapis e Len; non era potuta venire perché era in vacanza dalla nonna, che abitava a Kyoto. La seconda era Izumi Asumata, soprannominata IA per via delle iniziali del suo nome e cognome, rinchiusa in casa per via del troppo studio. Si era presa la briga di avvisarle la dolce Meiko.

Il cielo cominciava a tingersi dei colori del tramonto: rosso, arancione, un velo di rosa e un vago blu notte.

D'un tratto sobbalzò, girandosi poi di scatto, pronta a dare uno schiaffone a chiunque aveva avuto il coraggio di pizzicarle i fianchi. La mano però finì nel vuoto.

« Ehi ehi ehi ehi! Piano con quella mano! »

Per un attimo non credette alle sue orecchie. “Eh ma no.”

« Len, smettila! » sentì la voce di Rin, e un po' di tranquillizzò. Almeno non era sola insieme a quel dongiovanni. « Scusalo, Gumi. »

« Non preoccuparti, non fa nulla. » cercò di ricomporsi Gumi.

« Non fa nulla?! » si lamentò il biondino. « Se mi colpiva, finivo a terra stecchito! »

Gumi si sentì addosso lo sguardo truce del ragazzo. Questa storse il naso.

« Neanche i bambini di tre anni si comportano come te. » ribatté lei. « Autodifesa. »

Questo sbuffò.

« Avete già qualche idea per quello che ha detto Miku...? » Rin cercò di allentare la tensione con la prima domanda che le balenò in mente. “E anche la più stupida, yay!”

« Non ancora... Non ci ho nemmeno pensato, a dire il vero. » rispose Gumi. Rin alludeva al discorso fatto poco prima dalla frizzante Hatsune, che aveva detto che bisognava cominciare a cercare qualche idea per le canzoni che avrebbero interpretato. Le cover no, assolutamente, Miku voleva fare qualcosa di suo. Ma non voleva cantare solo lei, no, per carità, facciamo cantare anche gli altri! Ma che si scrivano le canzoni da soli, eheh.

« Voi? » parlò al plurale.

« Sono nella tua stessa situazione. » rispose la gemella, mentre l'altro si limitò a borbottare un annoiato “no”.

 

In un batter d'occhio si erano ritrovati tutti e tre davanti a casa di Gumi. Avevano parlato un po' durante il tragitto: dall'iniziativa improvvisa di Miku alla scuola, dalla scuola ai compiti per l'indomani, le interrogazioni, che Rin voleva fare un po' di sano shopping ma non aveva tempo, la squadra di calcetto di Gumi, la nuova cotta di Len, qualche pettegolezzo di quartiere... Avevano parlato, sì. Si era sciolta anche a lei, anche se qualche battibecco tra Gumi e Len non mancava, ma tempo una risposta da ogni parte e via, si ricominciava a chiacchierare come se niente fosse.

I tre si salutarono, Gumi stette un po' sulla porta giusto per vedere i due gemelli sparire all'orizzonte. “E se scrivessi una canzone su quanto odio quel dannato biondino? Non è una brutta idea, dai.”

Girò la chiave nella toppa ed entrò a casa, finendo tra le braccia del fratello maggiore.





Angolino dell'autrice: Miei carissimi lettori, ma saaaalve <3 Con tanto un po' dir itardo, ecco a voi il quinto capitolo, usicto or ora dalla mia contorta e sadica mente v.v Questo capitolo mi ha consumato ben quattro fogli di open office, quindi se dite che è corto vi stacco le manine, perché è il capitolo più lungo che abbia mai scritto ewe Spero che questo capitolo vi piaccia, mi sono impegnata a fondo per scriverlo. <3 Ah, dimenticavo! Grazie a i love penguin per aver recensito, graziegraziegrazie *w* Ah, e ho una domanda per voi. Dato che non ho idee *si affloscia a terra* Cosa vi piacerebbe succedesse in seguito? Per favore è importante c: Con l'augurio di vederci presto, vi lascio <3
With love,

Rurucchì ♥

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VI - Quel dubbio passeggero ~ ***


Capitolo VI Quel dubbio passeggero

 

La prima cosa che Gumi fece appena tornata a casa fu una doccia. Una calda, rilassante, liberatoria doccia. Entrò in bagno e aprendo l'acqua della doccia, cominciando a farla scorrere affinché diventasse calda. Si tolse poi la divisa – Avrei dovuto lavarla l'altro ieri... Lo farò domani, se me lo ricordo... - appoggiandola sulla sedia che aveva in camera, che funzionava come un secondo armadio, dato che su di essa erano sempre ammassati un sacco di vestiti. Lo specchio a figura intera appostato in un angolo della camera le rimandò l'immagine di una quindicenne sottile e dall'aria infelice nonostante dalla vita aveva avuto tutto. Ma secondo lei non era così: la vita era sempre stata ironica nei suoi confronti. Si era divertita a privarla dell'affetto dei genitori quando era appena una bambina, quando suo fratello aveva sacrificato la sua vita a curarsi di lei quando invece poteva andare a divertirsi senza tanti problemi; quando i bulli l'avevano presa di mira per tutti gli anni delle medie, quando tutti i ragazzi che le erano piaciuti – due, a dirla tutta – l'avevano sgarbatamente rifiutata, quando le sue amiche che aveva creduto tali l'avevano abbandonata nei momenti peggiori. Chissà come si era divertita, come si stava divertendo e come si divertirà, perché sicuramente si sarebbe divertita ancora un sacco a vederla soffrire.

Ma perché farlo con lei?

Con Megumi Megpoid Nakajima?

Voleva forse farla dannare, convincerla che in fondo vivere non è nulla di che? Che vivere è una sporca illusione, che i momenti felici durano come un battito di ciglia? Ebbene, se ne era resa conto.

La sua vita sociale non era stata mai nulla di che: tutti la evitavano, nonostante lei si desse da fare per trovare qualcuno su cui contare e considerare “amico”. Ma era difficile. Per fortuna alle superiori era migliorato tutto, le sembrava un sogno aver trovato così tante amiche dopo quattordici anni passati in solitudine. Anche se avrebbe voluto passarne un po' di meno.

Si risvegliò dalla sua improvvisa marea di pensieri, chiudendosi in bagno. Si spogliò poi completamente, entrando nel box doccia, facendo scorrere l'acqua calda sul suo corpo. Era una bella sensazione: le dava l'impressione che con l'acqua, scorressero via anche i suoi problemi, per un attimo smetteva di pensare a tutto per non pensare a niente. Percepiva solo un piacevole calore.

O forse, voleva solo percepire quello. Perché in verità, la sua mente correva in un prato di pensieri senza senso, nati senza motivo, senza inizio e senza fine. Pensieri incompleti.

 

Uscì dal bagno più o meno una mezz'ora dopo; si era asciugata i capelli di getto, e ora aveva una massa verde informe sulla testa, un cespuglio. Aveva anche provato a pettinarli, ma i suoi capelli, appena lavati, non si facevano dominare da nulla: una battaglia persa fin dal principio. Si infilò il pigiama, e se ne andò in camera, pronta a ricominciare a studiare biologia, interrotta poco prima per via dell'incontro. Non seppe quanto tempo restò lì, seduta alla sua scrivania, a rileggere almeno decine e decine di volte la stessa riga per cercarne di capirne il senso.

« Hai finito di studiare? » dalla porta si affacciò Gakupo, con indosso un grembiule alquanto sporco, evidentemente molto usato.

« Mi manca poco... Una pagina, su per giù. » rispose Gumi, restando china sul libro.

« Va bene... La cena è pronta, comunque. » e se ne andò, socchiudendo la porta della camera.

Gumi alzò la testa di scatto, andando alla finestra. Il cielo si era colorato di rosso, arancione e giallo e cominciavano a intravedersi diverse pennellate di blu scuro, segno che la notte stava per calare; il sole cominciava a nascondersi dietro le colline, come ogni sera. Non si era resa conto che fosse già così tardi: ma quanto aveva studiato? Non aveva nemmeno guardato l'orologio prima di immergersi nel fantastico e attraente – MA QUANDO? MA DOVE? - mondo dello studio. Chiuse il libro di scatto. Non sapeva per quanto tempo era rimasta lì, ma sicuramente più del necessario.

 

Raggiunse suo fratello, che era già a tavola e stava aspettando lei, e quando la vide le rivolse un sorriso amichevole. Gumi prese posto, inginocchiandosi. Dopo qualche secondo di silenzio, i due fratelli batterono le mani due volte, contemporaneamente.

« Itadakimasu! » fecero, sempre in contemporanea. La ragazza afferrò prontamente la sua ciotola di riso, portandoselo un po' alle labbra.

« Squisito! » si congratulò: suo fratello era un cuoco provetto, tutto ciò che cucinava era degno di un ristorante di lusso. Lei gli aveva ripetuto più volte di studiare per diventare cuoco, ma lui le rispondeva sempre dicendo che si accontentava del lavoro part-time come fruttivendolo nel negozio vicino casa. Ma si meritava di più, molto di più!

La cena durò poco: Gakupo doveva prepararsi per uscire con un gruppo di amici, e Gumi rimané sola ben presto. Mentre lavava i piatti, si chiese se era il caso di confidare a Gakupo ciò che si erano detti lei e il suo gruppetto quel pomeriggio: in fondo, gli diceva tutto, nulla era estraneo a Gakupo della vita di sua sorella. Eppure, sentì che era una cosa che doveva rimanere segreta. Non era nulla di che: non si trattava di quei segreti immani e inpronunciabili, però decise di non farne parola.

Quando si mise a letto, questo dubbio le ronzava ancora in testa, indecisa sul da farsi. Fu il cellulare che vibrò a rasserenarla.

 

Oyasumi nasai, Gumichan.”

 

Non poté fare a meno di sorridere, leggendo che il messaggio era da parte della biondina del suo cuore.



Angolino dell'autrice: I'M STILL ALIVE, DON'T YOU WORRY! I'M STILL ALIVE! Mi scuso per questa lunghissima e imperdonabile assenza, GOMENASAI! >.< Ma purtroppo, quelle bastarde delle prof di italiano e spagnolo non mi hanno lasciato un attimo di pace scritto alla cavolo. Beh vi saluto, mi sono connessa solo per caricare il capitolo, torno a studiare -w-
With love,

Rurucchi ~
 

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