The heart is a lonely hunter

di Athenryl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The heart is a lonely hunter ***
Capitolo 2: *** Lost ***



Capitolo 1
*** The heart is a lonely hunter ***



Bonsoir :) Flashfic che in realtà è un pezzo del vecchio romanzo che stavo scrivendo e che, per un motivo o per l'altro, mi sono trovata costretta ad abbandonare. Ma siccome mi è venuta un po' di nostalgia, ho pensato di pubblicarne un frammento piccolo piccolo. Piccola parentesi, ci tenevo a specificare che il nome della protagonista di questo frammento è preso dalle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (il buon Martin non manca mai!) Be', buona lettura. Baci, Athenryl :*
 

The heart
is a lonely hunter

 

 
"La vita si libra come una stella tra due mondi.
Tra notte e mattino, sull'orlo dell'orizzonte.
Quanto poco sappiamo di cosa siamo!
Ancor meno di cosa potremmo essere!"

 
 
Il grosso corvo nero zampettò nella neve, a pochi passi dell'imboccatura nella grotta.
Tysha lo osservò avvicinarsi e rimase immobile, gli occhi violetti che non perdevano un solo movimento. L'uccello arruffò le penne per il freddo e lanciò un grido rauco, forse rivolto alla sua compagna rimasta appollaiata su uno sperone di roccia; non emise un suono mentre saltellava in circolo alla ricerca di cibo sepolto sotto lo strato di ghiaccio. Aveva un piumaggio di un lucido nero carbone, dello stesso colore dei capelli di Tysha. Aveva sempre amato i corvi, ma quello in particolare era magnifico, con un'apertura alare più larga di quella delle sue braccia.
Poi il corvo drizzò la testa e la girò nella sua direzione. Un paio di occhi più neri del peccato si fissarono nei suoi…
… e all'improvviso era Tysha a osservare quell'involucro che un secondo prima era stato il suo corpo, anche se ora erano molto più interessanti gli odori che la circondavano. Distolse l'attenzione da se stessa – o meglio, quello che era stato fino a un istante prima – per concentrarsi sul profumo del gelo, un misto di foglie e ossa morte e terra assopita, e il sapore che aveva il vento del nord tra le sue piume.
Sbatté con forza le ali, sollevando una spolverata di neve, e saltò nel vento, lasciandosi sollevare in alto, sempre più in alto, a rincorrere i raggi dell'ultimo sole. Qual era il suo nome? Corvo o Tysha? Tysha o corvo?
Le piaceva sfrecciare nel vuoto del cielo, ridere del ruggito selvaggio del vento e assaporare l'aria gelida come un pugnale dritto al cuore. Le piaceva la sinuosità con cui si librava sopra gli alberi più alti, e ancora più su, fino a raggiungere la vetta di quella montagna che, nel corpo di elfa, le era sembrata irraggiungibile quanto il cielo.
Roteò fuori dal vento e poi ancora dentro, quasi a sfidare lo spazio smisurato intorno a sé. Lassù il mondo era infinito, senza confini. A nord i profili dei monti Loluyu si stagliavano scuri e imponenti contro il cobalto del cielo, stemperando nella foschia che si alzava dai loro picchi; a est il sole tramontava, una palla di fuoco che veniva ingoiata da un gigantesco mostro color zaffiro; a sud una volpe arrancava nella neve seguendo la traccia di uno scoiattolo; a ovest vide delle ombre, sagome scure che sfrecciavano tra gli alberi spettrali di una foresta di pini.
Si sentì gelare il sangue. Sagome? Erano forse uomini? Nemici? Si lasciò condurre dal vento girando su se stessa, le enormi ali strette intorno al corpo. Un colpo d'ali. Pausa. Un altro colpo. Un mezzo giro per scivolare in una corrente d'aria calda. La foresta di pini si avvicinava. Volò così rasente alle chiome degli alberi che i suoi grossi artigli fendettero i rami. Scrutò con i suoi occhi da corvo le ombre ammassate sotto le fronde e fiutò qualcosa, un odore estraneo, diverso. Sbagliato. Lanciò un altro grido rauco, mentre il vento riprendeva a ululare con più ferocia.
Tysha.






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Capitolo 2
*** Lost ***


 

Altro frammento della mia storia, stavolta dal punto di vista di un altro personaggio: Mel Aneesh.
Qualche indizio per capire meglio la lettura: è un elfo, è stato esiliato anni prima dalla sua tribù perchè accusato di aver ucciso suo padre, in seguito è diventato un assassino al servizio del re.
Avvertimento: rating arancio-rosso soprattutto per l'ultima parte. Se vi disturba la violenza sconsiglio la lettura.
Sayonara :)

Lost
 
"Mormora il vento tra il fogliame,
e chiede la quercia:
cosa vuoi, o folle cavaliere,
con questo tuo folle sognare?"

 
 
Sognò un sogno antico: era tornato a casa.
Pallidi raggi di luna tracciavano sentieri remoti sull'erba alta della brughiera, agitata dalle invisibili dita del vento. Inspirò profondamente l'effluvio familiare della terra bagnata, del muschio, delle radici, quello più acre del sottosuolo in putrefazione e delle foglie morte: odori discordanti tra loro, che tuttavia andavano ad incastrarsi in un mosaico più grande e, nella sua testa come nei ricordi, perfetto. Erano gli odori della notte, che per lui prendeva il nome di casa. Ma forse non aveva mai avuto una casa.
Il vento spinse tentacoli di nebbia opalescente intorno a lui, oscurando per qualche istante la falce di luna che brillava in un cielo profondo come una ferita. Una figura iniziò a prendere forma dentro alla foschia, dalla foschia stessa, turbinando nell'acquistare i contorni, delineandosi via via con più chiarezza, finché Mel non ebbe più alcun dubbio.
La consapevolezza e il dolore lo fecero cadere in ginocchio, a stringere l’erba secca tra le dita, mentre il vento urlava sulla sua testa, facendosi beffe di lui.
Il vento. C’era sempre stato, il vento, nella Terra delle Piogge. Quando non riusciva ad addormentarsi, gli bastava uscire al chiaro di luna e ascoltare il rumore della brezza che agitava i giunchi della prateria e gli ululati lontani dei lupi.
La figura si era avvicinata, e Mel poteva vederla bene in viso: Aseldor era esattamente come lo ricordava. Il tempo non aveva alterato i suoi lineamenti: duri, spigolosi e aspri come le rocce spazzate da quel vento selvaggio.
Da quando era diventato capo della sua tribù – molti inverni prima che Mel nascesse – non aveva mai perso una battaglia, e i suoi capelli lo testimoniavano: lunghi, lisci e lucenti, gli arrivavano alla vita. Mel aveva sempre voluto diventare come lui: forte, coraggioso e veloce. Eppure suo padre non l’aveva mai accettato.
Quando parlò, la sua voce era come un coltello che gli affondava nel cranio. «Tu hai il mio stesso sangue, sei cresciuto sotto il mio tetto, hai mangiato le prede che io cacciavo per te. Come hai potuto farlo, Meliorn? Come?» Il suo era lo sguardo che nessun padre dovrebbe mai riservare ad un figlio, per nessun motivo. Uno sguardo di delusione e di accusa, che bruciava sulla pelle come veleno.
Mel non aveva bisogno di chiedergli a che cosa si riferisse.
Non ti ho ucciso io, avrebbe voluto dirgli, è stato Arek, è stato tuo fratello! Ma gli sembrava di aver dimenticato come si facesse a parlare. Fu il suo corpo a rispondere, prima ancora che potesse capire come fermarsi: le mani di Mel si serrarono sull'elsa del suo pugnale d'osso, dono di Aseldor, lo sguainarono e, con un unico affondo, lo piantarono a fondo nel petto di suo padre.
Uno spruzzo di sangue caldo gli macchiò il viso mentre suo padre, stupefatto, fissava la lama spuntargli dal petto. Afferrò la spada debolmente e Mel la sfilò in un gesto deciso, osservando come il metallo lasciasse solchi sanguinolenti tra le dita di Aseldor. Il corpo si accasciò a terra e una chiazza scarlatta iniziò ad allargarsi tra l’erba.
Il vento continuava a flagellare i lembi del suo mantello. Si esaminò le mani: alla luce della luna, il sangue di suo padre sembrava nero.









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