Drunk of love

di sunnymargot
(/viewuser.php?uid=244101)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oops Hi ***
Capitolo 2: *** Punti interrogativi ***
Capitolo 3: *** Gira a sinistra ***
Capitolo 4: *** Amici ***
Capitolo 5: *** Momenti d'impatto ***
Capitolo 6: *** Fuori controllo ***
Capitolo 7: *** L'arrivo del freddo. ***
Capitolo 8: *** Tu sei mio, Harry Styles. ***
Capitolo 9: *** E' bello averti qua. ***
Capitolo 10: *** Sole e tempesta. ***
Capitolo 11: *** E se fosse amore? ***
Capitolo 12: *** Felice anno nuovo. ***
Capitolo 13: *** Parole non dette e verità scomode. ***
Capitolo 14: *** Resisti e persisti. ***
Capitolo 15: *** Ti amo perchè. ***
Capitolo 16: *** Promesse e nuovi incontri. ***
Capitolo 17: *** (In)comprensioni ***
Capitolo 18: *** Spiegazioni. ***
Capitolo 19: *** Buon compleanno Harreh. ***
Capitolo 20: *** Brividi. ***
Capitolo 21: *** Mesi. ***
Capitolo 22: *** Casa. ***
Capitolo 23: *** Mille volte sì. ***



Capitolo 1
*** Oops Hi ***


Innanzi tutto, ciao a tutti! Questa è la mia prima ff e sono davvero emozionata. Spero che vi piaccia e di ricevere recensioni, accetto consigli e critiche (basta che siano costruttive). Se ci sono errori di grammatica segnalate pure, mi fate sono un favore :)
Ho ambientato la storia ad Harlow perchè è un nome che mi ricordo bene xD
Allora buona lettura, spero che vi piaccia xxx

“Oops” “Hi”

Pioveva, ad Harlow pioveva sempre, anche quella mattina che Harry perse il pullman e arrivò a scuola tutto bagnato per aver corso sotto la pioggia. Aveva un compito di Chimica e doveva prenderci almeno la sufficienza, lo doveva a sua madre, lei ci teneva così tanto che andasse bene scuola e lui l’aveva delusa troppe volte. Così si ritrovò a correre per il corridoio e con lo zaino colpì un ragazzo che finì contro il muro. Harry si volto velocemente e si lasciò sfuggire un “oops” mentre i suoi occhi verdi venivano ingoiati da quelli blu dell’altro ragazzo. Un millesimo di secondo e i cuori dei ragazzi persero un battito.  Mentre Harry riprendeva la sua corsa verso il compito imminente, Louis, paralizzato contro la parete fece uscire un flebile “ciao” dalla sua bocca.

“Lou? Lou!”. La voce dell’amico lo riportò alla realtà “Lou, ma ti sei fatto? Cosa ci fai spiaccicato contro il muro?”. Louis, cercando di ricomporsi, disse “Io, ehm.. ma non abbiamo lezione?” “Se ti muovi, magari riusciamo anche ad arrivare in tempo!”. Louis seguì Zayn in aula e si accasciò sul banco. “Lou, mi dici che è successo, sei sconvolto!” “Zayn, non rompere le palle, sto bene!”. In realtà non stava proprio bene, era ancora scombussolato da quello che era successo, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era il verde degli occhi del ragazzo riccio. Sì, aveva notato anche i suoi perfetti capelli ricci oltre ai suoi occhi profondi. E.. perché continuava a pensarci?
“Lou, è ricreazione!” “Usciamo, voglio fumare.” “Ok, però ascoltami, te ora mi dici che diavolo è successo, mi devo preoccupare?”.  Allora Louis gli raccontò quello che era successo poco prima e Zayn scoppiò in una fragorosa risata. “Che c’è da ridere?” chiese Louis un po’ scocciato. L’altro cercando di trattenersi, disse “E tu sei così sconvolto dagli occhi di un ragazzo?”. Louis si stava innervosendo e lo riprese “So già dove vuoi andare a parare e pensavo che i tuoi dubbi sul fatto che io fossi gay fossero stati smentiti quando mi sono messo con Eleanor!”. Zayn non poté trattenersi dal sorridere “Giusto la modella con cui stai da tre mesi e non ti sei ancora scopato”. Louis arrossì leggermente mentre mentiva “E’ solo che mi piace e voglio andarci piano..”, ma l’amico lo conosceva troppo bene e non si era bevuto una sola parola e in tono ironico disse “Sì, certo..”.
 
Finito il compito Harry si sentì sollevato, era andato bene ed era quasi sicuro di essere riuscito a recuperare l’insufficienza. Il tempo di un paio di minuti e i suoi pensieri si rivolsero a quello che era successo appena arrivato a scuola, agli occhi blu che l’avevano distolto dalla realtà per qualche millesimo di secondo. Scacciò il pensiero dalla sua testa, anche se più cercava di non pensarci più l’accaduto si faceva vivo nella sua mente. Alla fine delle lezioni cercò i suoi due migliori amici, Liam e Niall. Li conosceva da una vita, loro sapevano tutto di lui e lui di loro. Non lo avevano mai abbandonato, neanche quando gli aveva confessato di essere attratto non solo dalle ragazze, ma anche dalle persone del suo stesso sesso. Loro lo avevano abbracciato, Liam gli aveva scompigliato i capelli dicendo “Noi ci saremo sempre, ok?” e Niall era intervenuto ridendo “Basta che non ti innamori di me!”. Avevano riso e la cosa non aveva mai creato problemi. Quando pensava a loro Harry si sentiva la persona più fortunata al mondo, nessuno avrebbe mai avuto amici migliori.
Li trovò fuori dal cancello che lo aspettavano sorridenti.
“Allora Haz, com’è andato il compito?” esordì Liam, Harry sorrise compiaciuto e, gettando le braccia intorno al collo degli amici, disse “Alla grande”. Niall propose di andare a bere qualcosa per festeggiare, ma Liam lo riprese “Niall! Sono solo le tre del pomeriggio! Sei proprio un ubriacone!”. Harry rise e disse “Va bene, allora stasera ci ritroviamo dopo cena al Twenty One e festeggiamo!”. Niall fece la linguaccia a Liam e scoppiarono tutti a ridere.
 
Come tutti i giorni all’uscita di scuola, Louis accompagnava Zayn a casa perché era l’unico provvisto di macchina. “Allora Lou, stasera Twenty One? Ho voglia di divertirmi un po’”. Louis non aveva molta voglia di uscire ma acconsenti per far felice l’amico che disse poi “Ah, e non portare El per favore, diventi noioso quando c’è lei”. Louis rise e disse che non c’era problema visto che lei era con la sua famiglia.
 
“Maaammaaaaa! Dov’è la maglia bianca, quella con quelle che sembrano righe ma non sono? Insomma hai capito!” urlava Harry dalla sua camera in piedi davanti all’armadio. Anne arrivò e gli lanciò la maglia in faccia “L’avevi lasciata sulla poltrona in sala!”, Harry la baciò su una guancia e disse “Grazie mamma, stasera esco coi ragazzi” “Va bene ma stai attento”. Harry l’abbracciò e come risposta gli stampò un altro bacio sulla guancia, si infilò la maglia e uscì.
L’aria era umida e fresca, tipica di Ottobre. Si sentiva le goccioline d’acqua appiccicarsi sulla pelle provocandogli un brivido. In quel momento un pensiero gli passò per la mente e lo fece bloccare per qualche secondo. Chissà se incontrerà il ragazzo dagli occhi blu stasera. Cacciò il pensiero dalla sua testa come aveva fatto la mattina stessa e si diresse all’interno del locale.
Quando entrò trovò i suoi amici già seduti a un tavolo centrale, li raggiunse e li salutò anche troppo allegramente, Liam se ne accorse e con fare indagatore gli chiese se era successo qualcosa di eccitante, ma Harry si limitò a scuotere la testa e si propose di andare a prendere qualcosa da bere.
 
Louis e Zayn erano seduti al bancone ed erano già al secondo girò di birre quando il primo intravide alla sua sinistra una chioma riccioluta che chiedeva tre birre alla barista. Louis si voltò in un modo un po’ brusco mentre Harry si girava con le bibite in mano e in un secondo queste finirono sulla maglia di Louis che per poco non venne preso da una attacco isterico. Harry iniziò a balbettare una serie di scuse che Louis non ascoltava nemmeno, si era incantato a guardare gli occhi verdi dell’altro che stava arrossendo sempre di più e in quel momento notò anche le fossette che si formavano sulle sue guance e sorrise, dicendo “Non fa niente, ma dovremmo smettere di incontrarci sempre perché tu mi vieni addosso”. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Punti interrogativi ***




Punti interrogativi

 
Harry avrebbe voluto sotterrarsi dall’imbarazzo, si sentiva andare a fuoco e non smetteva di balbettare cose senza senso. Louis lo trovava adorabile. Poi si alzò e si avviò verso il bagno per vedere in che modo poteva rimediare a quel macello. Harry lo seguì, imperterrito a scusarsi farfugliando, così Louis lo fermò e disse “Ti sei scusato abbastanza, ora pensiamo a qualcosa per salvare una delle mie maglie preferite.”
Harry si zittì ed entrò in bagno. C’era uno specchio enorme che prendeva tutta la parete sopra tre lavandini in fila. Louis si guardò allo specchio e si rese conto che la macchia non era grande come immaginava, perciò prese della carta, la bagnò e iniziò a strofinarsi la maglia.
Harry gli si avvicinò e si presentò “Comunque io sono Harry”, sfoderò un sorriso a trentadue denti. Louis sollevo il viso per guardarlo e si rese conto che Harry si era avvicinato molto, troppo, ma non si spostò e si limitò a dire “Louis” e si concentrò nuovamente sul pezzo di stoffa. Harry rise dicendo “Stai solo peggiorando le cose”. Louis lo guardò confuso, così Harry gli levò quel pezzo di carta dalle mani e ne prese uno nuovo, lo passò leggermente sotto l’acqua per inumidirlo e poi prese ad accarezzargli la maglia. Louis guardava ogni suo più piccolo gesto, il modo in cui muoveva le mani, rapide e decise. Arrossì quando queste sfiorarono la sua pelle.
Al contatto con il corpo di Louis, Harry sentì un brivido corrergli su per la schiena, alzò lo sguardo e si trovò a pochi centimetri dal viso sudato dell’altro ragazzo, le labbra sottili e rosse in cui il ragazzo affondò i denti. Harry si allontanò di scatto respirando in modo irregolare. Louis lo ringraziò mentalmente perché non sapeva che cosa stesse succedendo, era solo stordito, aveva caldo e stava sudando nonostante la temperatura del bagno arrivasse al massimo ai 10 gradi.
Posò lo sguardo sulla maglia, bagnata solo d’acqua, la macchia di birra sembrava sparita. Sorrise al riccio “Grazie” “Di niente, sono dovuto intervenire o da lì a poco ci si sarebbe formato un buco immenso! Ma non hai freddo con quella magliettina? E’ leggerissima!”.
Louis non sapeva cosa fare, se lui e Harry fossero stati amici avrebbe fatto qualche battuta maliziosa su come riscaldarsi e poi gli avrebbe offerto da bere. Ma questa situazione gli sembrava già troppo strana di suo, così tagliò il discorso con un “No, comunque grazie per la maglia.” e uscì dal bagno lasciando il riccio da solo.
Harry si sciacquò il viso per riprendersi, poi si guardò allo specchio e sorrise. L’aveva rivisto. Ad Harry era già successo di essere attratto da un ragazzo, ma non ne aveva mai avuto uno. In quel momento Harry decise che avrebbe avuto Louis, senza un motivo preciso. Harry lo voleva e se lo sarebbe preso.
 
Mentre Harry aveva ormai le idee chiare, Louis era nella più completa e totale confusione. Che gli stava prendendo? Perché si era soffermato così tanto ad osservare ogni suo movimento? Perché stava correndo fuori dal locale? Non se ne rese nemmeno conto, finché Zayn non lo afferrò per la maglia “Lou, dove diavolo stai andando?”, questo si guardò intorno spiazzato, neanche lui sapeva dove stava andando, ma forse la domanda giusta era da cosa stava scappando? Zayn lo guardava in attesa di una risposta che non arrivava così continuò “C’entra il riccio? A proposito come si chiama?”. Louis arrossì violentemente e incespicò nelle parole “Lui, no, si chiama Harry, io..”. Il suo tentativo di spiegazione fu interrotto dal cellulare che iniziò a vibrargli in tasca, se lo portò all’orecchio e rispose. Era Eleanor che squittiva “Ciao amore!”  “Ehm.. ciao, tutto bene?” “Si, va benissimo, anche se mi manchi..” e quello che disse dopo, Louis, non lo ascoltò nemmeno.
 
Harry tornò al tavolo dei suoi amici e Niall sbuffò “Harry, dov’eri finito? E dove sono le nostre birre?”. Harry sapeva che mentire non sarebbe servito a nulla, lo smascheravano ogni volta che ci provava, così optò per raccontare quello che era successo la mattina a scuola e pochi minuti prima. Ma Liam non gli dette il tempo di spiegare quali fossero i suoi piani che lo interruppe “Louis? Stai parlando di Louis Tomlinson? Una ragazza in classe mia è pazza di lui, che però è fidanzato con una modella mozzafiato”. Harry si lasciò andare contro lo schienale della sedia soffiando un “Oh..” deluso. Che poi non sapeva nemmeno lui perché, non lo conosceva nemmeno, ma c’era qualcosa negli occhi di quel ragazzo che lo avevano fatto sussultare come nessuno mai e sentiva la curiosità espandersi ogni secondo di più dentro di lui. Sapeva che la cosa giusta sarebbe stata lasciar perdere sin dal principio, ma Harry era imprevedibile ed impulsivo, non sempre conscio delle sua azioni.
Si accorse di essersi imbambolato quando Niall lo prese per un braccio e disse “Ho voglia di ballare!”. Da questa frase Harry capì che era ubriaco, Niall non proponeva mai di ballare se non in balia dell’alcool, ma lui e Liam decisero di assecondarlo per farsi due risate. Niall iniziò a sgomitare in mezzo alla folla e loro lo seguirono fino al centro della pista dove l’amico dette il meglio di sé muovendosi in modo scoordinato e pestando i piedi alle persone circostanti. Harry e Liam si guardarono sorridendo e decisero di ballare un po’ anche loro.
Grondava di sudore, si sentiva le labbra secche, doveva bere. Prese una birra, poi un’altra e un’altra ancora. Ballava. Sentiva corpi sudati strusciarsi a lui a ritmo, la musica gli pulsava nelle orecchie e lui chiuse gli occhi. Era rilassante lasciarsi andare ogni tanto, non preoccuparsi delle conseguenze delle proprie azioni e probabilmente fu per questo che la mattina dopo Harry non si trovò nel suo letto.
Si trovava in un letto rosa, in una stanza rosa con tende rosa e mobili rosa. Tutto quel rosa gli faceva venire il mal di testa. Mentre cercava di orientarsi e capire perché si trovasse in quella maledetta camera rosa, iniziò a vestirsi e cercò il cellulare dove trovò dieci chiamate di sua madre e un sms di Liam “Tua madre mi ha chiamato e gli ho detto che sei rimasto a dormire da me, chiamala!”. Harry sentì un groppo in gola e decise che appena fosse riuscito a uscire di lì l’avrebbe chiamata.
Mise il naso fuori dalla camera e sentì due voci femminili provenire da una stanza vicina, così prese coraggio e si avviò lungo il corridoio. Avrebbe voluto uscire di casa senza farsi vedere ma non fu possibile poiché una ragazza alta con lunghi capelli mori gli si piantò davanti “Ciao, io sono Eleanor e non sei venuto a letto con me perché sono fidanzata!”. Harry sbiancò, incredulo per la frase appena sentita, di certo non era una presentazione abituale. Sbucò un’altra ragazza, un po’ più bassa con capelli riccioluti biondi che quando lo vide diventò tutta rossa e “Ciao io, non so se ti ricordi, sono Clare e.. vuoi un caffè?”. Harry si sentiva decisamente in imbarazzo e no, non ricordava niente, ma non voleva essere scortese, così accettò il caffè. Entrò in cucina e si sedette su uno sgabello. “Dormito bene?” gli chiese la ragazza, non riuscendo a guardarlo negli occhi, “Sì, grazie.” “Ecco il tuo caffè” gli porse una tazza bollente con quella bevanda calda che sperò gli facesse passare il mal di testa. Mentre sorseggiava più velocemente possibile il suo caffè sentì suonare alla porta.
 
Louis quella mattina decise di andare a trovare El perché erano già tre giorni che non si vedevano e lei non faceva che rinfacciarglielo ad ogni telefonata. “Non hai voglia di vedermi?” “Non ti manco?” “Quand’è che stiamo un po’ da soli?”.
Insofferente a tutte le sue lamentele le aveva mandato un sms la mattina “Passo da te (:”
Louis salì in macchina e si diresse verso Hare Street, la via dove la sua ragazza e la coinquilina avevano preso una casa in affitto. Parcheggiò lungo il vialetto e arrivato alla porta suonò. Ad aprirgli fu El che gli buttò le braccia al collo e lo baciò come se fosse appena tornato da una guerra durata anni. Louis ricambiò il bacio in modo passivo. Voleva sicuramente un gran bene ad Eleanor, ma a volte i suoi atteggiamenti egocentrici e appiccicosi lo innervosivano. “Hai già preso il caffè?” gli chiese, sbattendo i suoi occhioni a cerbiatta, “No, ma lo prendo volentieri. C’è anche Clare?” “Sì ed è di là con un ragazzo che si è portata a letto la scorsa notte”. Louis rimase un po’ sorpreso da quell’affermazione, Clare le era sempre sembrata una ragazza timida ed introversa, ma non era un problema suo quello che facesse coi ragazzi. E Louis la pensava davvero così finché non entrò in cucina e si trovò davanti Harry con i capelli ancora spettinati e le gote arrossate.
L’unica parola che gli uscì dalle labbra fu “Harry”.
 
Harry alzò leggermente lo sguardo dalla tazza e venne inchiodato dagli occhi ghiacciati di Louis, per poco non si strozzò con il caffè e sputacchiò “Louis”.

 
 

Ciao a tutti ed eccomi qua con un nuovo capitolo che spero vi sia piaciuto :)
Volevo precisare che ho chiesto a mamma come si può mandare via la birra da una maglia e lei ha detto che l’acqua non basta, ma ormai avevo scritto quel pezzo della storia e quindi noi facciamo finta che l’acqua basti e avanzi xD
Come vedete Louis tiene ad El, ma fino ad un certo punto e sicuramente quello che prova per lei non è amore.
Harry sembra sapere quello che vuole, ma il fatto che Louis sia fidanzato con El potrebbe provocargli dubbi non indifferenti.
 
Il prossimo capitolo non arriverà presto come questo perché, finiti i giorni da malata, mi tocca tornare a scuola c.c, ma cercherò di aggiornare lo stesso il prima possibile :)
Per qualsiasi cosa mi trovate su twitter @sunnymargot
Ringrazio chi ha recensito, chi ha aggiunto la storia alle preferite e chi alle seguite.
Se recensite e mi fate sapere cosa pensate mi fareste davvero molto felice,
un bacio a tutti xx
-sonia

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Gira a sinistra ***




Gira a sinistra

Nella stanza calò il silenzio. Louis aveva fissato il suo sguardo negli occhi di Harry che involontariamente cadevano sulla mano di Eleanor che stringeva in vita il suo ragazzo, mentre Clare cercava di capire il rapporto esistente tra i presenti.
A intervenire fu Eleanor “Lou, tu ed Harry vi conoscete?” “In un certo senso” rispose il ragazzo senza distogliere lo sguardo dal riccio. “Oh, e come vi siete..” “Io devo andare a casa” la interruppe Harry alzandosi e dirigendosi verso la porta. “Non mi lasci il tuo numero?” la voce imbarazzata della ragazza bionda risuonò nella stanza, “Io, ehm, non penso sia il caso” rispose Harry completamente indifferente al suo sguardo supplichevole. Sentiva gli occhi di tutti bruciargli sulla pelle, voleva uscire e scaricare la tensione. Non gli interessava passare per il ragazzo bastardo, voleva andare a casa, farsi una doccia e scacciare via tutte le sue fisime mentali.
“Harry sai come tornare a casa tua da qui?”, la voce di Louis si insinuò nelle sue orecchie facendolo sussultare e portando a galla un altro problema. Harry non sapeva nemmeno dove si trovava “In che via siamo?” “Hare Street”. Hare Street. Che diavolo di via è Hare Street?
“Ti accompagno a casa” disse Louis notando il riccio totalmente spiazzato. Prese le chiavi della macchina e Harry lo seguì fuori dalla porta che il ragazzo fece sbattere con il sottofondo della voce squillante e irritante della sua ragazza “Tu cosa? Avevi detto che saresti stato con me, è tantissimo che non ci si vede, Lou! Lou?!”.
Saliti in macchina Harry scoppiò a ridere “Come fai a stare con quell’isterica?” “Io non lo so, le voglio bene, comunque..” disse Louis ridendo. “Ah, è per questo che le hai sbattuto la porta in faccia!” “A volte ammetto che è fastidiosa”. Mentre ridevano si rilassarono sul sedile della macchina e calmatosi Louis gli chiese dove abitava “Vicino al Twenty One, quando ci arriviamo ti faccio vedere”. Louis mise in moto, accese la radio e finalmente Harry cominciò a sentirsi a suo agio.
 
“Gira a sinistra”. Così Louis fece, accostò lungo il vialetto e spense la macchina. “Ti va di entrare?” le parole uscirono come un sussurrò dalle labbra di Harry, ma arrivarono forti a Louis che non poté fare a meno di accettare “Tanto non ho niente di meglio da fare”. In realtà aveva tante cose da fare, ma in quel momento non gli sembravano poi così importanti.
Harry abitava in un quartiere appena fuori città, casa sua spiccava per i mattoncini rossi sulle pareti in mezzo alle case bianche, alcune coperte di fiori, vicine. Il vialetto per entrare in casa era affiancato da vasi contenenti fiori gialli splendenti uguali a quelli che sbucavano dal parapetto del terrazzo.
Harry gli aprì la porta “Entra pure, io devo chiamare mia madre un attimo”.
Louis entrò senza farselo ripetere due volte e si trovò in un corridoio alla cui destra un arco si apriva su un salotto dai colori caldi e accoglienti. Così si addentrò nella luce soffusa e si sedette sul divano e Harry rientrò in casa “Io mi faccio una doccia veloce, nel frattempo puoi salire in camera, lì il televisore è più grande” disse sorridendo. Louis sorrise di rimando e lo seguì su per le scale che portavano alle camere e al bagno.
Entrarono nella camera di Harry che accese la tv “non sono un bambino che puoi tenere a bada facendogli guardare un cartone animato” disse Louis. Harry arrossì “Allora fai quello che vuoi, ma io mi devo lavare” “Sì, non hai un buon odore”, il più piccolo uscì facendogli la linguaccia e si diresse in bagno.
Louis si sdraiò sul letto e iniziò a guardarsi attentamente attorno. Notò un libro sul comodino, Hunger Games, e altri libri sparsi sulla scrivania vicino al televisore, si alzò per vederli meglio. Libri di scuola, ovunque, come se volesse sempre studiare qualcosa, ma non fosse abbastanza organizzato per farlo.
Harry rientrò in camera con solo un asciugamano intorno alla vita e i ricci bagnati appiccicati alla fronte “Mi ero dimenticato di prendere i vestiti”. Louis non poté fare a meno di notare il fisico perfetto che gli si mostrava davanti, le spalle larghe, la pelle chiara che fasciava i muscoli tonici, ma non gonfi, e le vene sottili leggermente in rilievo sul collo.
Nel momento in cui Harry alzò il braccio sinistro per prendere una maglietta nell’armadio, Louis notò una stella a cinque punte vuota tatuata sulla sua pelle liscia e senza nemmeno accorgersene si trovò a un palmo dal tatuaggio “Bella! Ha qualche significato?” disse accarezzandone i contorni. Harry si immobilizzò sotto il tocco caldo del più grande “No, ma mi piaceva tanto e magari un giorno diventerò una star!” “Che tipo di star?” “Magari un giorno sarò un cantante” disse ridendo in modo isterico.
Louis lo guardò negli occhi e si lanciò sul letto “Allora cantami qualcosa, così un giorno potrò vantarmi per aver assistito a un tuo concerto privato” “Non penso sia il caso, ma potremmo giocare alla play, così racconterai di come ti ho stracciato! Ma prima è meglio che io vada a vestirmi” si girò e uscì dalla porta.
Louis si distese sul letto. Che gli prendeva? Non era mai, mai stato attratto da un ragazzo, ma trovava Harry decisamente affascinante con quei ricci che scuoteva in continuazione perché gli andavano davanti sugli occhi. Le sue fossette, Louis adorava quei due buchini che gli si formavano sulle guance ogni volta che sorrideva. Ma Louis era etero e aveva una ragazza bellissima. Quando era accanto ad Harry doveva pensare a questo. Sono etero, ho una ragazza bellissima. 
Harry rientrò in camera con in una mano un vassoio contenente pane e nutella e nell’altra un dvd “Ho trovato questo film e non l’ho ancora visto, ti va di guardarlo?” disse, esponendo un sorriso a trentadue denti, “Cos’è?” “Amici di letto” “Sembra interessante”, risero e si sistemarono uno accanto all’altro sul letto a due piazze, con i cuscini dietro la schiena e il vassoio sulle gambe di Harry.
Prima di iniziare a vedere il film mangiarono e parlarono del più e del meno per un’ora e mezza. Si raccontarono piccoli episodi della loro vita, Louis gli raccontò della sua forte amicizia con Zayn, Harry gli parlò di Liam e Niall, dei problemi a scuola, Louis si offrì di aiutarlo e il riccio con un po’ di imbarazzo accettò l’offerta.
Non è con chi vuoi passare il venerdì sera, ma con chi vuoi passare tutta la giornata di sabato. [cit. “Amici di letto”]
Dopo circa mezz’ora di film Harry si era addormentato e si era abbandonato contro la spalla di Louis che si distese meglio per far appoggiare la testa del più piccolo nell’incavo del suo collo e la sua concentrazione passò dal film ai lineamenti dolci del riccio. Sono etero, ho una ragazza bellissima. Fissò il suo sguardo nella tv. Conosceva quel ragazzo da due giorni e ora si trovavano accoccolati sul letto a guardare un film. In tutto questo Louis percepiva un’intimità che non aveva mai raggiunto con Eleanor. Una tranquillità che la sua ragazza non gli permetteva di vivere. Un calore che lei non riusciva a dargli.
Louis si trovò nel bel mezzo di una guerra interiore, una guerra a cui ogni adolescente partecipa, quella tra razionalità e irrazionalità, testa e cuore.
Passò una mano in mezzo ai ricci di Harry, arrotolandosene uno intorno al dito per poi farlo ricadere sulla sua fronte. Ripeté quest’azione fino a che Harry non aprì gli occhi che inchiodarono quelli blu di Louis.
Louis trattenne il respiro sentendo il fiato caldo di Harry accarezzargli le labbra come una leggere brezza estiva. Chiuse gli occhi per assaporare quell’attimo di intensa intimità che si andava creando e sentì il calore di Harry avvicinarsi sempre di più.
 

Ciao a tutti c:
Nonostante la scuola sono riuscita a pubblicare prima del previsto.
So che mi odierete per questa fine, ma è stata un’idea di una mia amica :P
Allora, come avrete capito, Louis si trova molto in difficoltà in questa situazione. Da un lato cerca di autoconvincersi della sua eterosessualità e pensa che a rassicurarlo basti stare con una ragazza bellissima. D’altro canto quando è con Harry le sue muraglie cadono e si lascia andare perché si accanto a lui si sente veramente bene.
Harry d’altronde non si lascia scappare nessuna opportunità per passarci un po’ di tempo insieme.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi piacerebbe ricevere qualche recensione e magari anche qualche consiglio o critica costruttiva se ne avete c:
per qualsiasi cosa potete cercarmi su twitter, sono @sunnymargot c:
 
Un bacio, alla prossima,
-Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Amici ***




Amici

Harry si svegliò sentendo le mani di Louis tra i suoi capelli, aprì gli occhi e si trovò ad un palmo dalle labbra del più grande, il suo respiro si fece più veloce quando questo chiuse gli occhi. In un attimo appoggiò le sue labbra calde su quelle sottili di Louis che sussultò appena. Harry passò la lingua sul suo labbro inferiore come per chiedere il permesso. Louis dischiuse appena le labbra e il riccio cominciò a muovere le sue su quelle del più grande stringendolo per la vita. Louis fece stendere Harry sulla schiena e si mise a cavalcioni su di lui, rimase a guardarlo per un attimo, poi il riccio lo prese per il colletto della maglietta e con uno strattone riportò le labbra sulle sue che questa volta si mossero con più sicurezza per poi spostarsi sul collo del riccio che si sentì percorre la schiena da un brivido che lo fece fremere sotto il corpo di Louis. Harry infilò la mano sotto la sua maglia e iniziò ad accarezzargli la pelle liscia. Si accorse che il più grande si stava eccitando quando sentì il rigonfiamento nei pantaloni strusciare sul suo.
Fu in quel momento che sentì suonare il campanello della porta che fece fare un salto a Louis che per poco non cadde dal letto. Harry si fiondò subito alla porta e prima di uscire si girò verso il ragazzo “Aspettami qui”, sorrise e si precipitò ad aprire. Gemma, sua sorella era tornata a casa decisamente presto. “Alleluya! Cos’eri a fa..?”
 
Louis si sedette sul letto e si sfregò gli occhi. Che cosa stava facendo? Non era la prima volta che si faceva la domanda in questi giorni. Lui non doveva nemmeno essere lì, doveva dedicare la giornata ad Eleanor, si stava comportando malissimo con lei e gli dispiaceva perché nonostante tutto era affezionato alla ragazza.
Era un errore, tutto questo era sbagliato. Baciare un altro ragazzo quando si è fidanzati è sbagliato.
Senza aspettare il ritorno di Harry, corse giù per le scale quando si trovò davanti una ragazza di poco più bassa di lui, che intuì essere sua sorella dai lineamenti dolci del viso e le labbra rosse a cuore.
“Ehm, scusatemi, devo andare..” fece per oltrepassare la porta quando Harry lo fermò “Louis..”, non sapeva nemmeno cosa dire, era stato preso alla sprovvista, pensava che lo avrebbe trovato di sopra e che si sarebbe potuto di nuovo appropriare di quelle labbra dolcissime. Louis scrollò il braccio e senza guardarlo soffiò un “Ciao Harry..” e si incamminò con passo svelto alla macchina. Doveva andare da Eleanor e scusarsi con lei.
 
Harry rimase immobile davanti alla porta chiusa. Non capiva. Aveva sbagliato qualcosa? L’aveva baciato lui è vero, ma poi Louis aveva ribaltato i ruoli. Perché se n’era andato in quel modo? A Harry non importava, o almeno cercava di convincersi fosse così. Non lo conosceva, alla fine era quasi un estraneo per cui aveva provato una forte attrazione fisica. Per Harry poteva anche andarsene a fanculo. Salì in camera e si rinchiuse lì per il resto della giornata. Rimise il film da capo e questa volta riuscì a guardarlo senza addormentarsi.
Niente complicazioni, niente storie d'amore, solo sesso. [cit. Amici di Letto]
 
Eleanor era seduta sulla panchina in giardino con una tazza di tè in mano, Louis le si sedette a fianco e gli sussurrò “scusa” all’orecchio.
“Fanculo Louis!”
“Mi dispiace” disse Louis divorato dai sensi di colpa, stavolta era davvero arrabbiata e non poteva darle torto.
“Anche a me, mi dispiace averti sempre permesso di comportarti in questo modo con me. Mi dispiace averti concesso di usarmi quando volevi. Mi dispiace averti perdonato ogni volta”, si fermò un attimo per ricacciare le lacrime che minacciavano di rigarle il viso, “So di non essere una fidanzata perfetta e che molte volte mi comporto da isterica, ma io ti amo Louis e so anche che non possiamo andare avanti così. O mi dimostri qualcosa, o la nostra storia finisce qui.” non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, teneva gli occhi fissi sul suo tè. Louis si sentiva morire dentro, se solo glielo avrebbe permesso lei gli avrebbe dato tutto l’amore del mondo, il problema era quello che lui aveva da dare a lei. E lui a lei poteva dare qualche carezza, qualche regalo, ma non amore, non quello di cui lei aveva bisogno.
La sentiva respirare profondamente per cercare di mantenere il controllo delle sue emozioni, ma quando Louis l’abbracciò lei scoppiò a piangere. La strinse forte a se come se così potesse ricompensare l’amore mancato.
L’aveva fatta soffrire abbastanza, non sarebbe riuscito a lasciarla, non ora, non così.
Passarono la serata sul divano a guardare la televisione. Eleanor sdraiata con le gambe su quelle di Louis che era perso nei suoi pensieri. Era stata una giornata carica di emozioni belle e brutte. Harry, il bacio, Eleanor, le lacrime. Con Harry si era lasciato trasportare dagli ormoni sballati di un adolescente. Con Eleanor si era fatto corrodere dai sensi di colpa. Quando questa si addormentò le mise una coperta addosso e le lasciò un bigliettino. Ci vediamo lunedì a scuola, domani sono con Zayn. Buongiorno, amore. xx –Louis
 
Harry venne svegliato dalla suoneria del proprio cellulare. Liam.
“Buongioooorno dolcezza!”
“Payne! Che diavolo urli di prima mattina?!”
“Su che sono già le 10!” rise. Liam era sempre stato un tipo mattutino, al contrario di Harry che avrebbe dormito per almeno altre quattro ore.
“Che vuoi?” sbiascicò Harry stiracchiandosi.
“Oggi io, te e Niall. Tutti a casa mia. Play station, patatine e quel che volete. Ci stai?”
“Sì certo, tanto non ho voglia di studiare.”
“Come se di solito ne avessi voglia. Ma stai bene?” chiese Liam un po’ dubbioso.
“Tralasciando il fatto che stavo dormendo e tu mi hai svegliato, sì Leeyum, sto bene”
“Ok, allora ci vediamo oggi Haz”.
 
Louis la domenica, come tutte le mattine, si alzava dal letto controvoglia nella sua piccola casa vuota e si faceva un caffè per mettere in moto i neuroni. Anche se solo diciottenne aveva convinto i suoi a trasferirsi, voleva bene alla sua famiglia ma vivere in quella casa nell’ultimo periodo lo trovava soffocante. Così aveva preso un appartamento in affitto, non era il massimo, ma ci si trovava bene anche se a volte si sentiva un po’ solo.
Prese in mano il telefono e iniziò a scorrere la rubrica. Zayn.
“Hey Loulou, come stai?”
“Zayn ho combinato un casino!” e inevitabilmente scoppiò a piangere perché, ne era consapevole, aveva davvero combinato un casino.
“Tra dieci minuti sono lì”.
Poco dopo Louis sentì suonare il campanello, si strascicò fino alla porta e aprì al suo amico che lo abbracciò stretto come per dire “Andrà tutto bene, ci sono io ora.”
Si sedettero sul divano e rimasero in silenzio. Zayn sapeva che quando sarebbe stato pronto, Louis gli avrebbe raccontato tutto. Dopo circa venti minuti Louis sospirò “Io e Harry ci siamo baciati, poi sono scappato e sono andato da Eleanor. Lei ha pianto, mi ha detto che mi ama, ma non riesce più ad andare avanti così e io le ho risposto che ci avremmo riprovato.”
Zayn spalancò gli occhi “Cazzo amico, tutto questo in una sola giornata!”
“Non sei d’aiuto Zayn.”
“Scusa. Però non capisco una cosa.. Perché non ne hai approfittato per lasciare El?”
“Pensavo tu mi chiedessi perché ho baciato Harry”, rise amaramente, “Non lo so Zay, l’ho già fatta soffrire tanto e nonostante tutto le voglio bene.”
“Sì, ma hai baciato Harry..”
“Lui ha baciato me!”
“E tu cos’hai fatto?”
“L’ho ribaltato sul letto..” ammise arrossendo un po’ al ricordo.
“Ah allora.. Lou, ma che ti prende?! Per una volta non preoccuparti dei sentimenti degli altri e pensa a quello che provi tu.”
Forse Zayn aveva ragione, ma ormai aveva preso una decisione, avrebbe provato a far felice Eleanor perché se lo meritava. Ma riguardo ad Harry, cosa doveva fare?
“Io ed Harry potremmo essere amici, gli ho anche offerto ripetizioni per aiutarlo a scuola..”
“Tu cosa?” Zayn non poté trattenersi dalle risate “Ok, ma non studiate in camera, sai.. visti i precedenti..”
Louis gli tirò una cuscinata in faccia “Non succederà più.”
 
Harry sapeva che passare una giornata coi suoi amici gli avrebbe fatto bene quanto sapeva che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero capito che qualcosa non andava e lui gli avrebbe raccontato tutto. Quel momento arrivò prima di quanto si immaginasse.
“Andiamo Harry, non crederai mica che ci beviamo la scusa del ‘sono solo stanco’” lo rimproverò Niall.
Harry rinunciò ai suoi tentavi di cambiare discorso e raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo.
“Oh..” sospirò Liam.
“Già, ed ora io non so come comportarmi se lo incontro, anche se cercherò di non trovarmelo davanti..”
“Forse dovreste parlarne.. non so..”
“No, infatti non sai. Non ne voglio parlare” si imbronciò Harry.
Liam gli si avvicinò e lo coccolò un po’ come non faceva da tempo, mentre Niall cercava di tirarlo un po’ su di morale con qualche battuta stupida che fece sorridere il riccio.
 
Lunedì mattina Louis non aveva la minima voglia di andare a scuola, ma si trascinò lo stesso fuori dal letto e si diresse verso la sua fonte di vita, santo caffè.
Non voleva vedere Harry, ma sapeva che non si può scappare per sempre da ciò che ci fa paura. Infatti quando si rinchiuse in bagno, per saltare la prima ora, la porta scattò ed Harry entrò bagnato dalla testa ai piedi. I riccioli umidi appiccicati alla fronte come quando sabato era uscito dalla doccia. La maglia aderente al fisico asciutto e gli occhi sgranati.
“Louis.. non hai lezione?”
“Non sono io quello che va male a scuola..”
“Touché”
Si studiarono da capo a piedi prima di spiccicare di nuovo parola. Louis stava appoggiato alla finestra e osservava il riccio che si strofinava i capelli in un asciugamano.
“Che ci fai con un asciugamano nello zaino?”
“Città in cui piove sempre e abitudine di perdere il pullman..”
“Oh..hai anche dei vestiti di ricambio?”
“No, ma ora tu ti sposti e mi lasci il posto al termosifone così io mi asciugo un po’” disse Harry avvicinandosi.
Louis non se lo fece ripetere due volte e si spostò “Harry riguardo a quello che è successo..”
“Non ne voglio parlare!” quasi urlò, ma nessuno dei due gli dette importanza.
“Volevo solo dire che potremmo essere amici..”
“Amici..” Harry ci pensò un po’. Amici. Magari avrebbe funzionato, sicuramente non sarebbe diventato il suo migliore amico, ma “amici” ci poteva stare.
“E se hai bisogno di ripetizioni o di un aiuto per lo studio sono sempre disponibile..”
“Sì, grazie.. dopotutto siamo amici, no?”
“Amici..” ripeté Louis, come se il fatto di continuare a dirlo lo rendesse più vero. 



Ciao belle!
Ecco qui il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto e mi farebbe piacere una racensione :3

Allora finalmente c'è stato il bacio Larry, che abbiamo visto portare molta confusione soprattutto a Louis che non sapendo cosa fare si dirige verso un porto sicuro, Eleanor.
Harry c'è ovviamente rimasto male per la reazione di Louis e non vuole affrontare l'argomento. 
Ora non ci resta che vedere cosa succederà ai due nuovi amici c:

Per qualsiasi cosa cercatemi pure su twitter, sono @sunnymargot
e vorrei ringraziare chi ha aggiunto la mia ff alle preferite, chi nelle ricordate e chi nelle seguite.
Un grazie speciale a "Niall is Perfect" che mi ha aggiunta agli autori preferiti e a chiunque recensirà c:
Un bacio, 
Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Momenti d'impatto ***




Momenti d’impatto

 Martedì pomeriggio alle quattro in punto, Louis parcheggiò lungo il vialetto di casa Styles. Sarebbe stato il primo pomeriggio di ripetizioni, Harry avrebbe avuto il compito di filosofia una settimana più tardi. Louis suonò al campanello e ad aprirgli fu un viso sorridente incorniciato da ricci perfetti “Ciao Louis! Entra.”
Harry lo fece accomodare in cucina e si sedettero uno di fronte all’altro. Louis tirò fuori il libro di filosofia e degli schemi che aveva fatto “Questi sono per ripassare.. allora iniziamo, innanzi tutto è importante partire dalla vita del filosofo..”.
Harry si era incantato ad ascoltarlo, Louis era così sicuro di sé che il riccio non avrebbe mai messo in dubbio nemmeno una parola uscita da quelle labbra.
“Per oggi è tutto.. domani, o dopodomani, o quando vuoi ti spiego anche il resto.”
“Per me puoi venire anche domani e dopodomani. Vuoi qualcosa da bere?”
“Sì grazie, penso di non aver mai parlato così tanto” rise Louis e il suono cristallino della sua risata era uno dei più belli che Harry avesse mai sentito.
Si spostarono sul divano e chiacchierarono del più e del meno, giocarono alla play dove Louis vinse ripetutamente fino a far arrabbiare Harry che decise di non giocare più. Così passarono tutti i giorni della seguente settimana. Louis andava a casa di Harry alle quattro precise, gli spiegava filosofia e poi giocavano, si studiavano e si stuzzicavano. Non parlavano del bacio che c’era stato. Louis non nominava Eleanor e Harry ne era ben contento.
Dopo una settimana a contatto intenso l’uno con l’altro Louis aveva capito che Harry si toccava i capelli ogni volta che era nervoso, che arrossiva facilmente e faceva battute su tutto. Harry aveva capito che a Louis non piacciono i carciofi, è il tipico inglese che alle cinque richiede il thè con i biscotti e che si inumidisce spesso le labbra passandoci lentamente la lingua sopra.
Il martedì del compito Louis era agitato quanto Harry, così gli mandò un sms per tranquillizzarlo: Andrà tutto bene Haz :) xx. Solo dopo averlo inviato si rese conto di aver inserito le due “xx” che stanno per due bacini, ma sperava che Harry, preso dall’ansia del compito, non se ne fosse accorto.
Speranza vana, dopo nemmeno un minuto Harry rispose: Lo spero xx.
Baci baci.
Non ci pensare Louis.
 
Finito il compito Harry si diresse saltellando e sorridendo verso la mensa dove ad aspettarlo c’erano i suoi due migliori amici.
Liam rise “Il sorriso è dovuto al compito o a Louis?”
“Tutt’e due” arrossì Harry “Il compito è andato benissimo ed è solo grazie a Louis”
Niall ingoiò l’ultimo boccone “A proposito è là che ti sta fissando”
Harry si girò e incontrò gli occhi blu di Louis, tirò fuori il cellulare e gli scrisse: E’ andato benone! Grazie di tutto :)
Risposta: E’ stato un piacere :)
Harry avrebbe voluto vederlo, ma sapeva che quel pomeriggio Louis sarebbe stato con Eleanor, glielo aveva detto il giorno prima e lui ci era persino rimasto male. Ma dopotutto quella settimana si erano visti tutti i giorni solo per studiare, no?
Harry voleva continuare a vederlo, avrebbe trovato una scusa, un altro compito magari, o un’interrogazione.
“Harry a che pensi?” lo scosse dai propri pensieri Liam.
“Pensavo che Louis potrebbe aiutarmi per l’interrogazione di letteratura di venerdì”.
Liam e Niall scoppiarono a ridere.
“Che c’è da ridere tanto?”
“Harry, in primis non hai un’interrogazione venerdì e secondo non puoi capire perché non ti vedi! Sei cotto di Louis Tomlinson! Accettalo!”
“Fanculo.”
 
Il pomeriggio Louis andò a casa di Eleanor, si fecero un thè e parlarono di quello che avevano fatto durante la settimana.
Louis si annoiava a morte e non poté non rimpiangere le giornate passate con il riccio. Lui ed Eleanor sembravano un coppia sposata da sessant’anni che non ha più nulla da dirsi.
Si stesero sul divano a guardare la tv, come facevano sempre ultimamente quando stavano insieme, ma questa routine fu interrotta da Eleanor che spense la tv “Lou, guardami Lou” questo si girò verso di lei “non ci vediamo da una settimana, mi hai dato un solo bacio quando sei entrato e ora nemmeno ci consideriamo. Sai questa settimana ho pensato tanto, ci saremo sentiti al massimo una volta al giorno e ho capito che possiamo stare bene anche da soli. So che anche tu la pensi così, ti conosco abbastanza bene da capire che non vedi l’ora di andartene di qui. Dimmi se mi sbaglio.”
Louis ci penso un po’, questa volta non era arrabbiata, non stava nemmeno piangendo, era seria, lo sguardo rassegnato. Aveva parlato con calma come se si fosse preparata quel discorso da un po’. Louis capì che era arrivato il momento, il momento giusto per finirla.
“Hai ragione El. Io ti voglio bene, ma non sono innamorato di te e tu questo l’hai già capito. Per questo vorrei che ci lasciassimo senza rancore.”
“Stammi bene Louis, ma per favore non mi cercare più” gli lasciò un bacio sulla guancia prima che uscisse di casa.
Louis salì in macchina e si lasciò andare sul sedile, si sentiva leggero e rilassato. Finalmente si era levato un peso enorme dallo stomaco. Fu scosso dai suoi pensieri dalla vibrazione del cellulare. Harry. Venerdì ho l’interrogazione di letteratura, mi aiuti? :)
Louis sorrise come un idiota. Domani sono da te :)
 
Il giorno dopo alle quattro, Louis si trovava davanti casa di Harry. Aveva le mani sudate ed era molto agitato, ma  non capiva perché. Non era la prima volta che andava da lui, ma questa volta era diverso, non doveva essere fedele a nessun legame, aveva paura, tanta paura. Cercò un po’ di coraggio e suonò alla porta, dalla quale sbucò fuori una testolina riccia.
Louis entrò in cucina come sempre e tirò fuori i libri non trovando però sul tavolo quelli di Harry “I tuoi l’ha mangiati il gatto?”
“Sai che non ho un gatto, anche se lo vorrei..”
“Quindi?” Louis lo guardava in modo interrogativo.
“Quindi devo dirti una cosa.. io.. ehm.. non ho un’interrogazione venerdì” Harry si morse il labbro, non doveva dirlo, assolutamente, doveva stare zitto, far finta di avere davvero un’interrogazione, doveva..
“Allora passiamo subito al thè con i biscotti” sorrise Louis divertito dall’espressione tormentata di Harry.
Presero da bere, il cibo e andarono su in camera, come la prima volta si sdraiarono di fianco, il vassoio sulle gambe di Harry.
“Io e El ci siamo lasciati”.
Harry quasi si strozzò. Non poteva crederci. Louis ed Eleanor si erano lasciati ed ora lui era sdraiatogli di fianco, le braccia e le gambe che si sfioravano appena.
Harry posò il vassoio per terra, si accoccolò contro Louis e accese la tv.
“Ho freddo” si lamentò Louis.
“Aspetta che prendo il plaid”, Harry si alzò, prese la copertina e si risistemò accanto al più grande.
“Ora va molto meglio” sorrise Louis, si tirò il plaid fino al mento e sfiorò la mano del riccio che stava facendo lo stesso. Arrossirono entrambi come due ragazzini alla prima cotta.
Rimasero a fissarsi negli occhi per alcuni minuti infiniti, i nasi che si sfioravano, i respiri caldi che si fondevano.
Harry tirò la coperta fin sopra le loro teste. Piano piano i loro occhi si abituarono al buio e quando riuscirono a mettersi a fuoco Louis trattenne il respiro.
“Se devi scappare, Lou, fallo ora, ti do questa possibilità.”
Louis si avvicinò lentamente alle sue labbra finché queste non si toccarono e il suo cuore perse un battito, lui non lo sapeva ma così fece anche quello del riccio.
Ho anche io una teoria. La mia teoria dice che i momenti d'impatto, lampi di elevata intensità che cambiano la nostra vita completamente, finiscono con il definire chi siamo.[Cit.The vow]
Harry dischiuse leggermente le labbra e sentì un calore indescrivibile espandersi dentro di lui. Fu un bacio dolce, diverso dal primo, più intenso. La prima volta Harry aveva baciato Louis attratto dal suo aspetto fisico, ora lo baciava per il modo in cui arricciava le labbra quando qualcosa non gli piaceva, lo baciava perché si arrabbiava quando vedeva qualcun altro con una maglia a righe, lo baciava perché lo faceva stare bene.
Louis poteva anche morirci su quelle labbra, erano il paradiso, soffici e calde. Capiva che questo bacio era diverso da qualsiasi bacio avesse mai dato. Era la prima volta che baciava qualcuno per le smorfie che faceva quando si bruciava con il thè troppo caldo, per il modo in cui si teneva la pancia quando rideva forte, per i brividi al cuore ogni volta che lo sfiorava.
Harry approfondì il bacio facendo scivolare la mano sotto il maglione di Louis e accarezzandogli la pelle liscia, su è giù lungo la schiena.
Il più grande lo strinse forte a se in modo da far aderire bene il petto al suo, sentiva il cuore del riccio battere contro il suo.
Si staccarono un attimo per riprendere fiato. Harry aveva paura che Louis sarebbe scappato di nuovo, ma questo non lo fece, rimase a fissarlo negli occhi e se qualcuno gli avesse chiesto qual era il suo colore preferito avrebbe risposto verde, sicuramente verde. Infilò una mano nei ricci del più piccolo e riportò le labbra sulle sue. Trovò in lui la dolcezza che non aveva mai avuto.
Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai, ma lo sanno tutti, le cose belle hanno sempre una fine.
 

Ciao a tutte c:
Ho aggiornato un po’ tardi, ma sono stata molto impegnata. L’inizio di questo capitolo è stato scritto in ben tre modi diversi, nessuno mi andava bene e alla fine ho tirato fuori questo.
 
Allora innanzitutto abbiamo una conoscenza un po’ più approfondita dei due ragazzi che vanno oltre l’aspetto fisico.
Louis finalmente ha capito che la cosa giusta è lasciare Eleanor.
E poi abbiamo i due piccioncini in atteggiamenti molto fluff, più scrivo più mi rendo conto di quanto io sia dolce e questa cosa è strana lol
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, una recensione mi farebbe tanto tanto piacere *fa gli occhioni dolci*
Per qualsiasi cosa cercatemi anche su twitter, sono @sunnymargot c:
Un bacio, alla prossima,
Sonia xx.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fuori controllo ***




Fuori controllo

La mattina seguente Louis si svegliò sudato e nervoso. L’incubo che aveva fatto durante la notte lo aveva scosso e non poco. Gli sguardi schifati, le risate di derisione, gli insulti urlati per strada. Tutto questo perché Harry lo aveva baciato davanti a tutti, si era avvicinato e con uno schiocco gli aveva lasciato il suo sapore sulle labbra. Le persone circostanti facevano il segno del vomito, gli indicavano e sghignazzavano malignamente. Scosse la testa per mandar via il ricordo dell’incubo. Non sarebbe dovuto succedere, non davanti a tutti, quando erano in pubblico dovevano mantenere le distanze. Le altre persone non avrebbero capito, le altre persone non capiscono mai. La maggior parte delle volte non ci provano nemmeno, se vedono due ragazzi baciarsi non pensano ai sentimenti che ci sono dietro, all’amore, ai sacrifici, alle lotte, alle lacrime, a tutto quello che hanno dovuto passare per arrivare fin lì, al coraggio che hanno avuto per mostrarsi al mondo. No, alla gente non interessa capire, si bloccano all’aspetto superficiale ed è per questo che qualsiasi cosa ci fosse tra lui ed Harry sarebbe dovuto rimanere tra loro.
 
Harry si alzò dal letto felice come non lo era da tanto tempo, si sorrise anche allo specchio ripensando a quello che era successo il giorno prima, al bacio a fior di labbra che Louis gli aveva lasciato prima di uscire e alle coperte impregnate del suo odore.
Quella mattina Harry non perse nemmeno il pullman e arrivò quasi in anticipo a scuola, così pensò di aspettare il più grande al suo armadietto.
 
Louis arrivò a scuola puntuale come sempre dopo esser passato a prendere Zayn e si diresse al suo armadietto dove vi trovò il riccio tutto sorridente.
Lo salutò nervoso “Buongiorno Harry.”
“Buongiorno” rispose il più piccolo posandogli una mano sul braccio, ma Harry non avrebbe mai pensato di scatenare quella reazione in Louis. Questo ritirò il braccio con uno strattone e sbottò “Che cazzo fai?!”.
Harry si immobilizzò spaesato, non capiva cosa avesse sbagliato questa volta “Io, non capisco, ti ho salutato e appoggiato la mano sul braccio e..”
“Non lo fare più Harry, cazzo, non davanti a tutti!”
“Louis, ti ho appena toccato, non ho fatto niente di più!”
“La gente sa che tu sei bisex, se dovesse vederci in atteggiamenti troppo espliciti penserebbe male e cazzo, Harry, ti chiedo solo di non starmi addosso.”
Harry non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito, non era possibile che lo stesso ragazzo che lo stringeva tra le sue braccia la sera prima fosse lo stesso che lo stava allontanando per essersi a malapena avvicinato.
“Volevo solo salutarti e smettila di dire ‘cazzo’, hai scoperto che ti piace?” Harry quasi urlò ma nessuno gli prestò attenzione.
“Vaffanculo Harry”
“Vaffanculo Tomlinson”.
 
Harry si rinchiuse in bagno per la prima ora, per poi decidere che era meglio rimanerci tutta la mattina. Fanculo la scuola. Fanculo Louis. Sentiva gli occhi pesanti e le guance bruciargli per le troppe lacrime che le avevano corrose.
Harry si sentiva usato, umiliato e ferito. Louis aveva giocato con lui e gli aveva fatto male. Harry non permetteva mai a nessuno di avvicinarsi così tanto al suo cuore da farlo soffrire, Louis non sarebbe dovuto essere un’eccezione. Harry, però, non sapeva cosa provava. Troppe emozioni, nessun controllo.
Finita l’ora di pranzo, quando ormai tutti erano tornati in classe, cercò di ricomporsi per quanto fosse possibile e finalmente di uscire dal bagno. Aprì la porta che inevitabilmente andò asbattere contro un ragazzo che,di vista, conosceva fin troppo bene, il miglior amico di Louis, Zayn Malik.
“Oddio, scusa Zayn!”
“Allora è proprio un vizio quello di sbattere contro le persone” rise Zayn, probabilmente Louis non gli aveva raccontato quello che era successo, infatti disse poco dopo “Hai mica visto Louis? Perché io è da quando mi ha accompagnato che non lo vedo, non è venuto a lezione, ma la sua macchina è sempre nel parcheggio e.. Harry è successo qualcosa?”
Sì, Zayn, è successo che il tuo migliore amico è uno stronzo. “Io devo andare, scusa..”
 
Louis era infuriato, non sapeva se più con se stesso o con Harry, ma sicuramente oggi non avrebbe retto nemmeno un’ora di lezione, così prese la sua roba, uscì e iniziò a camminare diretto non sapeva dove. Senza nemmeno accorgersene stava scappando di nuovo, come dopo il loro primo bacio, solo che questa volta aveva aspettato il giorno seguente.
Louis è fatto così, lui scappa. Quando è spaventato dai suoi sentimenti, scappa. Quando non si sente in grado di affrontare le persone, scappa. Quando non trova il coraggio per agire, scappa.
Per lui essere attratto e provare sentimenti indefiniti nei confronti di un altro ragazzo era una cosa totalmente nuova. Louis non aveva mai pensato di essere gay, non aveva nulla contro di loro ovviamente, ma non sapeva cosa stessesuccedendo, lui non era attratto dagli altri ragazzi, lui era attratto da Harry e non poteva nascondere il fatto che tutto ciò andasse oltre l’aspetto fisico. Harry non poteva pretendere baci e sentimenti sbandierati ai quattro venti.
Camminò per circa due ore prima di sedersi su una panchina ecalmarsi. Piano piano riprese lucidità e si rese conto di quanto avesse esagerato, Harry non aveva preteso proprio nulla e lui aveva travisato i suoi piccoli gesti. La rabbia cedette lentamente il posto ai sensi di colpa per aver fatto soffrire Harry, per aver fatto siche i suoi occhi bellissimi si riempissero ancora di lacrime.
Si alzò e si incamminò verso scuola, avrebbe portato a casa Zayn, si sarebbe fatto una doccia perché era in condizioni pietose e poi sarebbe andato dal suo riccio, gli avrebbe detto quanto gli dispiaceva e quanto fosse stato stupido, che aveva solo bisogno di un po’ di tempo per abituarsi alla situazione, ma che non lo voleva allontanare per nessuna ragione al mondo.
Stava giusto per uscire quando qualcuno suonò alla porta, corse ad aprire e si trovò davanti Eleanor.
“Oh El, che ci fai qui?”
“Quanta galanteria” disse, facendo un gesto con la mano molto teatrale che innervosì Louis, “tranquillo,ti ho solo portato delle cose che avevi lasciato a casa mia.”
“Oh grazie, allora entra un attimo e porta tutto dentro così faccio prima che sono di fretta. Non pensavo di riuscire a seminare così tante cianfrusaglie a giro.”
Louis prese delle cose e le portò in soffitta perché era consapevole che non le avrebbe usate, ma non gli andava di buttarle via. Mentre cercava un posto allo scatolone sentì di nuovo suonare il campanello.
“Eleanor puoi aprire te? Grazie!”
 
Harry odiava i momenti di stallo, non sopportava essere divoratoda dubbi e incertezze. Per questo dopo essere passato da casa si diresse verso quella di Louis, aveva bisogno di chiarimenti, anche se questi lo avrebbero fatto soffrire, non voleva illudersi. Dopo tutto non avevano mai parlato di quello che c’era stato tra loro né dei sentimenti che provavano e forse lui aveva frainteso tutto.
Era già andato a casa di Louis una volta, per studiare filosofia. Era andato da lui perché a casa sua c’erano suamadre e sua sorella che stavano litigando e non gli sembrava il caso che Louis assistesse alle loro urla.
Arrivato alla porta esitò qualche secondo e poibussò, la maniglia si abbassò,la porta si spalancò e i suoi occhi si fecero subito lucidi alla vista della ragazza con lunghi capelli castani. Perché Eleanor era a casa di Louis? Perché era stata lei ad aprirgli la porta?
“Harry?” la voce della ragazza gli martellò in testa e gli fece male.
Non poteva mettersi a piangere davanti a lei, si girò e iniziò a correre.
Io ed El ci siamo lasciati. Era questo che gli aveva detto, non se lo era sognato né immaginato. Louis aveva detto che lui ed El si erano lasciati. Perché era da lui allora? Perché proprio oggi che avevano litigato? Perché oggi che lo aveva allontanato? Si era forse reso conto di aver fatto uno sbaglio ed era tornato da lei? Di sicuro con lei sarebbe stato tutto più semplice, da lei si sarebbe potuto far toccare davanti a tutti senza che nessuno giudicasse. Eleanor era di sicuro la scelta più facile, ma era anche la più sentita?
 
Eleanor richiuse la porta.
“Chi era?” chiese Louis scendendo dalla soffitta.
“Nessuno, avevano sbagliato indirizzo” mentì Eleanor, non amavapiù Louis, ma dagli occhi di Harry aveva capito che tra i due c’era qualcosa e non voleva certamente rendergli le cose facili. Anche lei era stata ferita.
“Ok, io però ora devo andare, grazie di aver portato qui le mie cose” gli sorrise Louis, Eleanor si sentì quasi in colpa, ma non voleva essere la sola a soffrire.
Louis la salutò e poi, in macchina, si diresse a casa di Harry. In un modo o nell’altro si sarebbe fatto perdonare, ne aveva bisogno, anzi, necessitava di Harry, del suo calore, della sua dolcezza, della sua risata roca.
Suonò alla sua porta innumerevoli volte, alzò gli occhi, le luci in casa erano tutte spente, nessun rumore proveniva da dentro, non c’era nessuno. Provò a chiamare Harry, ma non ne voleva sapere di rispondere al cellulare, gli lasciò un messaggio in segreteria telefonica. Harry, sono Lou, mi dispiace tantissimo per oggi, ti devo parlare.
 
Dopo un tempo indefinito Harry si ritrovò davanti casa di Liam.
“Harry che è successo?” chiese Liam preoccupato, voleva bene ad Harry e vederlo in quello stato con gli occhi gonfi per le troppe lacrime che non riusciva a contenere e le gote arrossate per l’affanno lo facevano stare male.
Harry gli raccontò tutto accoccolato contro di lui sul divano. Liam non sapeva se essere più dispiaciuto per lui o incazzato con Louis, come aveva potuto trattarlo in quel modo?
“Senti Haz, che ne dici di rimanere a dormire qui? Chiamo anche Niall, stiamo tutti insieme e domani niente scuola, così ci distraiamo un po’ tutti, soprattutto tu..”
“Liam, tu e le tue idee siete la mia salvezza” sorrise il riccio facendo ricomparire piano piano le fossette sulle guance umide.
Passarono la serata davanti la tv, Niall, come sempre, non smetteva un attimo di mangiare e Harry ritrovò un po’ di serenità.
Il giorno dopo, come deciso, non andarono a scuola, ma passarono la giornata al parco giochi che frequentavano da quand’erano piccoli. Ormai quel posto era andato in rovina, ma a loro piaceva, gli ricordava il loro primo incontro, avevano su per giù cinque anni e Harry colpì i due bambini con un pallone, Niall scoppiò a piangere e Liam rise. Da quel giorno divennero inseparabili.
“Stasera Twenty One?” chiese Niall, aveva voglia di bere, Niall ha sempre voglia di bere.
“Sì, ci sto” asserì Harry, aveva visto le molteplici chiamate di Louis e aveva sentito anche il suo messaggio in segreteria. Perché lo voleva vedere? Per dirgli che aveva scelto Eleanor? Sapeva che la sera anche Louis sarebbe andato al Twenty One con Zayn, magari si sarebbe sbattuto un ragazzo proprio davanti ai suoi occhi, così, giusto per fargli capire cosa si stava perdendo.
 
Louis il giorno dopo andò a scuola inutilmente visto che stette tutto il tempo a pensare dove diavolo fosse finito Harry. Lo aveva cercato per tutta la scuola e non c’era, come aveva notato l’assenza di Liam e Niall, probabilmente era con loro.
Aspettò Zayn all’uscita di scuola “Lo stai ancora cercando?”
“Sì, non risponde alle chiamate, né ai messaggi, a casa non c’è e io non so dove trovarlo e..”
Zayn lo strinse a sé “Tommo stai calmo, quasi sicuramente lo troviamo stasera al Twenty One, ok?”
“Ok” annuì Louis poco convinto.
 
La sera Harry si mise la sua solita maglietta bianca e un paio di jeans molto aderenti, per poi avviarsi con i suoi amici al pub. All’inizio l’unica cosa che faceva era guardarsi intorno agitato cercando gli occhi di Louis in ogni angolo del locale, alla fine rinunciò e iniziò a bere la prima birra, poi passò alla seconda. Non c’era traccia di Louis, passò alla terza.
“Hei Haz, vacci piano con quelle birre, siamo qui per divertirci non per farti andare in coma etilico” gli disse Liam guardandolo con rimprovero.
Per tutta risposta Harry si alzò e si mise a ballare in mezzo alle altre persone, tutte sudate e ubriache. Vari ragazzi e ragazze si avvicinavano a lui, era uno dei più bei ragazzi di Harlow e ne era consapevole. Guardava chi gli si avvicinava, anche se in modo sfuocato riusciva a vedere che nessuno di loro aveva gli occhi blu di Louis, nessuno aveva le stesse labbra sottili e rosa, nessuno aveva il suo profumo dolce.
Un ragazzo quasi poggiò le labbra al suo orecchio “Come ti chiami?”.
Harry si voltò di scatto, non riusciva a mettere a fuoco la figura davanti a lui, ma che gliene importava? Era ubriaco e Louis stava entrando dalla porta principale, era il momento, il momento per cui si sarebbe odiato per molto tempo.
“Come se davvero t’importasse come mi chiamo”.
 
Louis e Zayn entrarono nel locale già affollato e non fecero in tempo a guardarsi intorno che Louis lo vide subito, vide Harry, il suo Harry, avvinghiato a un altro ragazzo che gli stava infilando schifosamente la lingua in gola.
“Louis, vuoi andare via?” la mano di Zayn cercava di scuoterlo, ma lui non si mosse, incastonò il suo sguardo ghiacciato in quello verde del riccio.
Harry prese mano il ragazzo e si avvicinò ad un Louis pietrificato “Vedi Loulou, c’è chi non si vergogna a farsi vedere con me.”
Fu in quel momento, un attimo soltanto, un millesimo di secondo, giusto il tempo che ci misero le parole ad arrivare come lame affilate al suo cuore e Louis Tomlinson perse totalmente il controllo delle sue azioni.
 

Ciao bella gente!
Allora, so che mi odiate per questo capitolo perché anche io mi odio perché mi faccio stare male da sola, sono masochista skst.
Allora Louis è sempre il ragazzo confuso ed ha fatto un bel casino. Harry ci tiene davvero tanto a lui, tanto da starci male ed è quel tipo di ragazzo che quando soffre si deprime e poi cerca una sottospecie di sollievo ferendo la persona causa del suo dolore (mi rivedo tanto in Harry e forse è per questo che sto particolarmente giù in questo periodo).
Eleanor, non ne voglio nemmeno parlare la detesto skst.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, aspetto tante recensioni please *occhioni dolci*
Scusatemi gli errori di grammatica, ma non ho tempo per ricontrollarlo dettagliatamente.
Per qualsiasi cosa potete contattarmi anche su twitter, sono @sunnymargot
Un bacio, alla prossima,
Sonia xx
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L'arrivo del freddo. ***




L'arrivo del freddo.
 
Louis è un ragazzo impulsivo, agisce senza pensare e per questo molte volte cade in contraddizione. 
Vedi Loulou, c’è chi non si vergogna a farsi vedere con me.
Quella frase gli rimbombava in testa, sentiva ogni vena del suo corpo pulsare e i muscoli contrarsi presi dagli spasmi. Stringeva i denti, la mascella serrata e dolorante.
Vedi Loulou, c’è chi non si vergogna a farsi vedere con me.
Louis non si vergognava, aveva paura, soprattutto in quel momento, quando la mano del riccio era intrecciata a quella di un ragazzo che non era lui.
Afferrò bruscamente il braccio di Harry e lo strattonò verso di se, poi si rivolse all’altro ragazzo troppo ubriaco per capire davvero quello che stava succedendo “Sparisci immediatamente se non vuoi che ti spacchi la faccia”, questo si avvicinò leggermente al riccio e Louis con uno spintone lo allontanò “Ho detto che devi sparire immediatamente!”, allora il ragazzo, arreso, si avviò verso la pista da ballo.
Trascinò Harry fuori dal locale senza dire una parola, era troppo incazzato per parlare, oppure aveva solo paura di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
“Louis, che fai? Non hai paura che ci vedano? Anche loro sanno che sono bisex visto che mi sono fatto mezzo pub.”
Louis si girò a guardarlo con gli occhi che gli bruciavano dalla rabbia e dalle lacrime trattenute. “Mi fai schifo Harry.”
Il riccio si staccò di scatto da Louis barcollando e quasi non finì per terra “Beh anche tu mi fai schifo! Prima mi baci, poi torni dalla pazza isterica!”
Louis sentiva un peso nello stomaco espandersi sempre di più “Non so di cosa tu stia parlando, sei ubriaco.”
“Io sarò anche ubriaco, ma domani starò bene, tu invece sei uno stronzo e uno stronzo rimani.” Harry si appoggiò al muro esterno del locale per non cadere.
“E’ inutile parlare con te, che poi non ho nemmeno voglia di parlare con te, fai schifo, cazzo. Tu e quel viscido che ti ha appena fatto una lavanda gastrica.” Louis rabbrividì, dava la colpa al freddo, ma in fondo sapeva che i brividi che ghiacciavano ogni parte del suo corpo erano dovuti a quel ricordo disgustoso.
“Mi fai venire il vomito Tomlinson. Tu e quella sgualdrina da quattro soldi.”
Louis non ci vide più dalla rabbia, lo prese per la maglia e lo appiccicò al muro “Che cazzo c’entra El in tutto questo?”.
“C’entra che mi ha abbandonato per tornare con lei” lacrime calde e salate iniziarono a sgorgare dagli occhi verdi del più piccolo e Louis lasciò andare la presa.
Cercando di trattenere i singhiozzi Harry parlò di nuovo “L’ho trovata a casa tua, ero venuto per chiarire”.
Louis indietreggiò, ora capiva, ricollegò velocemente gli eventi degli ultimi due giorni tra loro, ora tornava tutto. Un’incomprensione dopo l’altra. Sbagli ad allacciare il primo bottone e di conseguenza tutti gli altri sono sbagliati. Sì, perché tutto quello che stava succedendo era sbagliato. Louis aveva allacciato il primo bottone, aveva allontanato Harry e poi una concatenazione di dannate incomprensioni avevano preso il via. 
Il più piccolo si era accasciato sul marciapiede e stringeva le ginocchia tra le braccia contro il petto affondandoci il volto bagnato dalle lacrime, ormai silenziose, che gli rigavano le guance.
Louis è una contraddizione vivente.
Vorrebbe sedersi accanto al riccio, ma lo tira per un braccio e lo fa alzare. 
Vorrebbe abbracciarlo per dirgli che avrebbero risolto tutto, ma lo fa salire in macchina e “Ti porto a casa sei troppo ubriaco”.
Vorrebbe baciargli ogni lacrima che li violenta il viso, ma si limita a non guardarlo.
Vorrebbe allungare la mano e stringere quella di Harry, ma fa forza per non staccarla dal volante.
“Ce la fai a entrare in casa senza farti del male?”
“Come se t’importasse” Harry uscì di macchina e sbatté la portiera dirigendosi verso casa sua.
M’importa più di quanto pensi. 
 
Louis si sdraiò sul letto consapevole che non avrebbe dormito, ogni volta che chiudeva gli occhi gli passava davanti l’immagine di Harry tra le braccia del ragazzo sconosciuto.
Harry era ubriaco, altrimenti non lo avrebbe fatto.
Harry l’ha fatto perché voleva.
Harry non voleva ferirlo.
Ad Harry non importava nulla di lui e dei suoi sentimenti.
Mise la testa sotto il cuscino, pensieri contrastanti avevano intrapreso una guerra nella sua testa, pensieri che si rincorrono, che si scontrano, che si feriscono, che sanguinano.
Harry aveva baciato un altro, davanti a lui. Non è una di quelle cose che uno riesce a digerire bene, soprattutto uno come Louis.
Louis è uno che scappa da ciò che lo spaventa, da ciò che lo ferisce.
Harry lo aveva ferito, sapeva di aver sbagliato in primis, ma questo non bastava a giustificarlo, non bastava a perdonarlo, non bastava punto.
Louis sarebbe voluto tornare indietro, avrebbe voluto abbracciare Harry due giorni prima, che ormai erano tre giorni prima, guardò l’orologio. Le tre di notte, o mattina, dipendeva dai punti di vista. 
Riuscì ad addormentarsi per qualche ora per poi risvegliarsi alle otto e mezza. 
Il programma del giorno era stare a letto, sotto le coperte in pigiama mangiando schifezze di ogni genere.
E così fece, soffocò i suoi pensieri sotto il piumone. Non sarebbe più voluto uscire da lì, si sentiva quasi coccolato da quel torpore, si sentiva protetto, come i bambini che hanno paura dei mostri e si nascondo sotto il lenzuolo pensando così di essere intoccabili.
Driiiiiiiiin.
 
Harry si svegliò con un forte mal di testa e senza ricordi, almeno lì per lì. Scese in cucina dove trovò la madre con uno sguardo teso e preoccupato “Che è successo ieri sera Harry?”
Sì, Harry, che è successo ieri sera?
Prese il caffè che era sul tavolo, sua madre controllava ogni sua mossa, come se questo potesse aiutarla a capire.
Mentre beveva i ricordi venivano a galla, un po’ sfuocati, ma c’erano ed erano uno più doloroso dell’altro.
“Mamma ho fatto un casino” scoppiò a piangere tra le braccia della madre che da troppo tempo non lo stringevano.
“Si può sempre rimediare”
“E' troppo tardi..”
“Hai 16 anni, non può essere troppo tardi”.
Harry guardò sua madre negli occhi, era bellissima e lui l'amava per come si era fatta in quattro per crescere lui e sua sorella da quando suo padre se n'era andato. Quella donna era una forza della natura.
Harry si diresse verso il bagno per fare una doccia, aveva bisogno di pensare.
Non riusciva a capire bene quello che era successo, perché Louis lo aveva portato via dal ragazzo sconosciuto? Forse era ancora interessato a lui, un barlume di speranza si accese, ma aveva paura di illudersi, non ricordava di aver mai visto Louis così freddo come la sera precedente. Lo aveva visto felice, preoccupato, sereno, arrabbiato, ma mai così freddo, come se l’oceano dei suoi occhi si fosse congelato, iceberg indistruttibili.
Uscì dalla doccia, si vestì e uscì dirigendosi verso casa di Louis.
Harry aveva paura, una paura terribile che gli seccava la gola, che gli corrodeva lo stomaco, la paura che Louis lo avrebbe respinto di nuovo.
Arrivò davanti a casa sua, gli ci vollero ben cinque minuti prima di suonare il campanello, ma alla fine ci riuscì. La porta si aprì e davanti a lui gli sembrò di vedere un fantasma, o meglio, il fantasma di Louis.
Capelli spettinati, ciuffo appiccicato alla fronte, occhiaie nere sotto gli occhi spenti e le labbra tese e pallide. 
“Harry, cosa ci fai qui?”
“Dobbiamo parlare”
Louis non avrebbe voluto farlo entrare, ma ormai era lì e che avevano delle cose da chiarire era palese “Entra”.
Harry varcò la soglia di casa e seguì il più grande in sala che si accomodò sulla poltrona, così da costringerlo a sedersi sul divano, evitando qualsiasi contatto fisico.
“Allora Harry, parla”. Louis poteva sembrare la persona più calma del mondo, ma Harry lo aveva imparato a conoscere almeno un po’ e sapeva che era nervoso per il modo in cui tendeva gli angoli della bocca cercando di non mordersi il labbro inferiore.
“Sei tornato con Eleanor?”
“Ti sei bevuto il cervello?”
Harry fece un’espressione più disperata di quella che già aveva “L’ho trovata a casa tua il giorno in cui mi hai allontanato da te e..”
“Sei un idiota” lo interruppe Louis, “Io ed Eleanor ci siamo lasciati per due motivi. In primis non l’amavo. Secondo, beh, tu”.
Harry si sentiva un imbecille, un cretino per il casino che aveva creato, se solo avesse visto Louis, se solo avessero chiarito prima, ma la storia non è fatta di ‘se’. Le cose ormai erano andate così, indietro non si torna.
“Louis..” Harry si alzò dal divano per avvicinarsi al più grande che però si alzò di scatto.
“Ora che hai avuto i tuoi chiarimenti, puoi andartene per favore?”
“Mi dispiace per quello che è successo ieri sera, io non..”
“Tu non cosa, Harry?” sbottò Louis allontanandolo “Tu non volevi infilare la lingua in gola ad un ragazzo che non ero io? Non volevi ubriacarti?”
Harry indietreggiò lentamente a testa bassa, gli occhi iniziavano a riempirsi di lacrime che era stanco di versare “Io non volevo fare tutto quello che ho fatto ieri sera. L’unico che voglio baciare sei tu Louis, sei l’unico con cui io voglia stare, l’unico che io voglia abbracciare, l’unico con cui passerei una giornata intera a letto a guardare la tv, l’unico che riesce a farmi stare bene e a farmi soffrire come un cane.”
 
Louis voleva mandare via Harry, ma voleva affondare le mani nei suoi ricci.
Voleva mandare via Harry, ma avrebbe passato la giornata tra le sue braccia.
Voleva mandare via Harry, ma avrebbe morso le sue labbra fino a farle sanguinare.
Voleva mandare via Harry, ma gli mancava già tantissimo.
E gli mancava già tantissimo perché lo stava abbandonando di nuovo.
“Harry”, prese un grosso respiro, “ogni volta che ti guardo, ogni volta che sbatto le palpebre, io vedo te e quell’essere viscido che vi strusciate in mezzo a tutti. Sento le parole ‘vedi Loulou, c’è chi non si vergogna a farsi vedere con me’ rimbombarmi nella testa e tutto questo fa male, fa un male atroce.”
Harry piangeva in silenzio, la testa china e lo sguardo, appannato dalle lacrime, cercava di concentrarsi sulla punta delle sue scarpe. “Louis, è stato un terribilissimo errore, non succederà mai più, io..”
“Non posso Harry, io non ce la faccio, per favore esci dalla mia casa, esci dalla mia vita.”
Esci dalla mia vita. Se Louis voleva davvero questo, lo avrebbe fatto, solo per lui. Senza nemmeno guardarlo uscì di casa e sotto quella stramaledetta pioggia che cadeva ogni santo giorno su Harlow iniziò a camminare a vuoto e, come ogni volta che lo faceva, si trovò sotto casa di Liam, l’amico sempre pronto a consolarlo.
“Oh, Harry..” appena lo vide lo abbracciò forte “andrà tutto bene” disse, anche se non credeva molto alle sue parole.
“Ehm, ciao Harry..” Harry alzò lo sguardo e vide Zayn sbucare dalla porta della cucina “Forse è meglio che me ne vada, ciao ragazzi”.
Harry non capiva perché Zayn fosse lì, ma non aveva voglia di parlare, perché con Liam non ne aveva bisogno, Liam capiva e lo coccolava e questo gli bastava.
 
Louis, una volta che Harry se ne fu andato, tornò in camera sua, si infilò sotto le coperte e lì resto tutto il giorno e quello successivo. Usciva dalla sua tana solo per andare in bagno, aveva preso due bottiglie d’acqua e qualcosa da mangiare, per ridurre al minimo i suoi spostamenti. Cercava di dormire il più possibile, ma quando lo faceva era tormentato dagli incubi nei quali era sempre presente Harry, anche se nelle forme più varie, a volte era il suo assassino, a volte lo rivedeva col tipo del Twenty One, a volte erano persino felici insieme, allora si svegliava e piangeva lacrime amare.
Zayn lo aveva chiamato, voleva vederlo, ma Louis rifiutava testardamente, voleva stare solo. Zayn sapeva che in questi casi pressare l’amico non sarebbe servito a nulla, lo avrebbe allontanato e basta. Zayn si sentiva un po’ inutile e anche triste, avrebbe voluto davvero aiutare Louis, ma l’unico modo era lasciargli i suoi spazi.
Louis non sapeva cosa fare, ma ormai non doveva più fare nulla se non stare lontano dal riccio, gli aveva chiesto di uscire dalla sua vita e lui se n’era andato, portandosi via, però, anche il calore di Louis, che ora sentiva solo freddo. 
Era quel tipo di freddo che non puoi riscaldare con una coperta, con una bella cioccolata calda. Era quel tipo di freddo che ti gelava il sangue nelle vene, che ti congelava le lacrime che non riuscivano più ad uscire. Era quel tipo di freddo che ti fa cadere a pezzi, ti fa crollare le ginocchia che non reggono più quel blocco di ghiaccio che si trova al posto del cuore.
E ora Louis Tomlinson aveva freddo, quel freddo.
Ma non sapeva che quel freddo ora attanagliava anche Harry Styles.
 
Ciao c:
Innanzi tutto devo dire che scrivere questo capitolo mi ha fatto stare davvero male e non volevo che andasse così, ma purtroppo o  per fortuna mi immedesimo totalmente nei personaggi.
So che tutto questo può sembrare esagerato, ma questa sono io. Io sono Harry e Louis, e, se loro possono sembrarvi strani, pensate a me che sono entrambi. 
Mi sono immedesimata in Harry e capisco il motivo per cui ha baciato un altro, oltre all'effetto dell'alcol, voleva ferire Louis perchè lo aveva fatto stare male.
Mi sono immedesimata in Louis che non riesce a perdonare una cosa del genere, nonostante le parole di Harry, perchè è più forte di lui, è più forte di me, perchè mi dispiace ma ancora io non riesco a perdonare Harry.
Ripeto so che forse tutto questo può sembrare esagerato, ma per me è così e ci sto persino male.

Piccola precisazione, so di aver detto nel primo capitolo che Harry non ha mai avuto un ragazzo maschio ed è così. Qui dice di essersi fatto mezzo locale solo per far arrabbiare Louis, spero si sia capito.
 
Comunque spero che, nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto.
Mi farebbe piacere una recensione, ne ho un bisogno psicologico, vi prego recensite ç___ç
Per qualsiasi cosa sono anche su twitter, @sunnymargot
Un bacio, alla prossima,
Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tu sei mio, Harry Styles. ***




Tu sei mio, Harry Styles.

 
Colpi costanti alla porta.
“Louis apri questa cazzo di porta prima che la butti giù a calci!”
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva visto qualcuno? La sera prima aveva aperto la porta al fattorino, aveva finito il cibo in casa e aveva ordinato cinese, amava mangiare cinese, involtini primavera e riso alla cantonese erano i suoi piatti cinesi preferiti.
Un’altra botta contro la porta “Louis! Aprimi immediatamente! Non li hai i soldi per farti fare una porta nuova!”.
E’ vero, i suoi non gli avrebbero passato i soldi per rimetterla a posto, glieli passavano giusto per l’affitto, le bollette e il cibo, ma doveva stare attento con le spese.
Louis si decise ad aprire la porta facendo entrare Zayn “Ce l’hai fatta eh!?”, lo sguardo serio, arrabbiato e preoccupato.
Zayn si guardò intorno, bottiglie di alcolici ovunque, cartoni di pizza e cinese lasciate dove capitavano. Finestre chiuse, aria viziata e soffocante.
Louis sembrava invecchiato di dieci anni nel suo pigiama stropicciato, i capelli scompigliati, le labbra bianchissime, le borse sotto gli occhi e lo sguardo perso nel vuoto.
Zayn si fiondò verso le finestre e le spalancò, era tanto che Louis non vedeva la luce e non sentiva l’aria fresca pizzicargli il naso, si sentiva stordito.
“Louis, non puoi lasciarti marcire qui dentro. Non me ne fotte se hai il cuore spezzato, è venerdì e io e te andiamo al Twenty One. Sono le quattro, ora tu ti vai a fare una doccia perché puzzi di pesce andato a male e poi hai tutto il tempo che vuoi per prepararti, anche psicologicamente. Io non mi muovo di qua fino a che te non esci da questa stramaledetta casa”.
Louis lo guardava con gli occhi sgranati, non disse nulla, si avviò verso il bagno e aprì l’acqua aspettando che diventasse calda. Si fece una doccia di circa un’ora, poi uscì e si guardò allo specchio. Era venerdì e lui, Louis Tomlinson era una settimana che non usciva dalla sua tana, non si riconosceva più, quel ragazzo riflesso nello specchio non poteva essere lui, era così sciupato. Zayn aveva ragione, non poteva rimanere lì, o sarebbe morto di apatia. Provò a sorridere allo specchio, ma quella che venne fuori fu solo una smorfia di dolore, non sorrideva dall’ultima volta che era stato a casa di Harry.
 
Harry, chissà come stava Harry.
Sarà andato a scuola in questi giorni?
Avrà bevuto il the senza di lui?
Avrà sorriso?
Harry deve sorridere, il suo sorriso fa stare bene le persone.
 
Uscì dal bagno e trovò Zayn sdraiato sul suo divano “Metti giù i piedi”
Zayn si sollevò e sorrise “Vedo che hai ritrovato l’uso della parola”.
Louis si sedette accanto all’amico con lo sguardo basso.
“Lou, lo so che Harry ha sbagliato, ma era ubriaco e ferito. Lui ci tiene davvero a te..”
Louis lo guardò perplesso e anche un po’ scocciato “E tu che ne sai? Nemmeno lo conosci!”
“Io ehm, no, ma.. ti ricordi venerdì? Quando hai accompagnato Harry a casa e mi hai lasciato da solo al Twenty?”, Louis annuì, “Ecco, lì ho conosciuto Liam e Niall, non potevo mica stare da solo! Liam è particolarmente simpatico e abbiamo parlato un po’ in questi giorni” disse arrossendo leggermente.
“Quindi ti senti con Payne?”
“Non cambiare discorso! Volevo dire che Liam mi ha detto quanto Harry stia male per questa situazione, che gli manchi tanto e..”
“Smetti Zayn, per favore, è già difficile senza che tu mi dica tutte queste cose”.
Restarono un silenzio per un po’. Louis era in confusione, passare una settimana rinchiuso in casa lo aveva così isolato dal mondo che pensava non si sarebbe più dovuto preoccupare di quello che succedeva al di fuori, le uniche cose essenziali a cui pensare erano diventate l’acqua, l’alcol e il cibo. Ora invece sarebbe dovuto uscire da quel buco e non era pronto ad affrontare il caos esterno, quello nella sua mente gli era sufficiente.
“Zayn io ho paura, ho paura di quello che provo quando sono vicino a lui, non mi sono mai sentito così con nessuno”, prese un grosso respiro, “Non posso essere gay” scoppiò a piangere mentre l’amico gli cingeva le spalle con un braccio.
“Non c’è niente di male nell’esserlo, non c’è niente di male ad amare una persona, non c’è niente di male nell’essere felice. Hai capito, Lou? Tu meriti di essere felice e di essere amato”.
Louis voleva essere felice, era il modo che lo spaventava, non sapeva se era davvero pronto a tutto questo. La felicità è una sensazione passeggiera, come un dolce raggio di sole che ti scalda la pelle, ma prima o poi ti ritrovi nel bel mezzo di una tempesta senza avere l’ombrello.
“Mi devi per forza portare al Twenty One stasera?” chiese in tono supplichevole, come per dire ‘ti prego non ci andiamo’.
Zayn sospirò “Fidati, lo faccio per te”.
 
Venerdì mattina la presenza di Harry a scuola fu inutile come durante tutte le altre. Se ne stava lì, seduto al suo banco con un mal di testa allucinante dovuto alla sbronza della notte precedente cercando di riordinare i pensieri che tanto erano sempre gli stessi. Tutte le sere, da quando Louis gli aveva chiesto di uscire dalla sua vita, andava al Twenty One, a volte da solo, a volte con i suoi migliori amici che cercavano di tenerlo sotto controllo invano. Si metteva al solito tavolino e iniziava con una birra per poi passare agli alcolici un po’ più pesanti. Almeno quando aveva la mente annebbiata riusciva a non pensare a Louis, o almeno anche se ci pensava non se lo ricordava. Non ballava, non ci provava con ragazze o ragazzi, nessuno era all’altezza del suo Louis, che poi ora non era nemmeno più suo. Se ne stava lì, aspettando che lo buttassero fuori all’ora di chiusura.
Quella sera non sarebbe stata un’eccezione. Alle dieci in punto uscì di casa senza fare rumore e si diresse al locale dove i suoi amici lo stavano già aspettando.
“Haz, per favore, per stasera puoi moderarti nel bere?”
Harry guardò Liam in modo torvo “Stasera non è diversa dalle altre”.
Niall e Liam si scambiarono uno sguardo rassegnato, ma quest’ultimo sapeva che questa sera sarebbe stata diversa, perché sapeva che Zayn avrebbe trascinato Louis, anche contro la sua volontà se ce ne fosse stato bisogno, al Twenty.
Dopo circa un’ora, e dopo che Harry stava già collassando sul tavolino inebetito dall’alcol, Zayn fece capolino nel locale seguito da un Louis con lo sguardo basso per evitare di guardare la gente in faccia. Liam li seguiva con lo sguardo, si sedettero a un tavolino in disparte ma dal quale potevano benissimo vedere il loro.
 
“Allora ordiniamo da bere?” chiese Louis speranzoso, era il motivo per cui non aveva opposto troppa resistenza ad uscire, l’alcol.
“Io ordino da bere, te sarebbe meglio restassi sobrio” lo ammonì Zayn abbastanza serio.
“Chi guardi Zayn?” Louis seguì lo sguardo dell’amico che si posò sul tavolo di Liam, Niall e quella chioma riccia doveva appartenere per forza ad Harry.
Louis sentì un groppo in gola, rimase qualche minuto a fissare il riccio che teneva il viso nascosto in mezzo alle braccia poggiate sul tavolo.
“Probabilmente è già ubriaco” disse ad un certo punto Zayn con indifferenza.
“Come?”
“Sì, mi sa che è ubriaco, di solito a quest’ora s’è già scolato qualche drink di troppo”, la naturalezza di Zayn nel pronunciare quelle parole infastidivano Louis, “Sai è una settimana che tutti i giorni si inchioda a quel tavolino solo per bere e..”
“Zayn, arriva al punto” lo interruppe Louis che avrebbe potuto dare di matto da un momento all’altro.
“Il punto è che siete due coglioni, tu un po’ di più, che potrebbero stare bene insieme e decidono di stare male da soli. Anche stare male insieme sarebbe una scelta più saggia ora” sbottò l’amico alzandosi dal tavolo.
“Dove vai?” chiese Louis un po’ nel panico sia per quello che gli aveva detto, sia perché non voleva più stare solo.
“Vado da Liam e Niall, ora come ora sono più divertenti di te”
“Ed io?”
“E tu sei libero di fare quello che vuoi, puoi anche tornare a casa visto che hai la macchina, mi può accompagnare Liam al ritorno” e così Zayn si diresse al tavolo dei suoi nuovi amici li salutò e poi andarono a ballare lasciando Harry da solo.
E ora Louis? 
 
Harry si sentiva stordito dall’alcol e si teneva la testa tra le braccia. Aveva sentito la voce di Zayn salutarlo e le sedie degli amici strusciare sul pavimento prima che lo lasciassero solo. Cazzo, voglio bere. Ne ho tutto il diritto. 
Alzò la testa e la prima persona che mise a fuoco si trovava seduta davanti a lui, dove prima era accomodato Niall. Il suo cuore fece una capriola e in quel momento pensò che la cassa toracica doveva essere davvero molto resistente se è riuscita a non farglielo esplodere fuori dal petto.
Louis lo fissava torturandosi con i denti il labbro inferiore, se non avesse smesso probabilmente avrebbe cominciato a sanguinare.
Riuscì a sbiascicare un debole “Louis” prima che le lacrime cominciassero a scorrere sulle guance arrossate.
“Harry” sospirò il più grande avvicinando la sedia alla sua.
Si guardarono e fu di nuovo blu nel verde, un blu che a Harry dava tanta tranquillità e un verde che a Louis dava tanta speranza.
Il più grande portò una mano sul viso del riccio e iniziò ad asciugargli ogni lacrima che scendeva accarezzandogli il viso.
“Qualsiasi cosa io dica ora non la capirai perché sei troppo ubriaco?”
Harry sorrise “Forse, ma tu prova..”
“Mi dispiace, per tutto, io mi sento un completo idiota. Ma tu mi fai paura e mi manchi Harry, mi manchi tanto. Mi mancano i tuoi ricci, mi piace così tanto toccarli. Mi mancano i tuoi occhi che si fissano su di me, mi manca poterci affogare dentro. Mi mancano le tue labbra soffici e calde, mi manca morderle e baciarle fino a farle diventare gonfie di baci. Mi mancano le tue fossette, mi manca farti ridere, hai una risata meravigliosa, Harry, per non parlare della tua voce, mi manca anche quella” Louis prese un grosso respiro interrotto dalle labbra del riccio che si erano posate sulle sue.
Harry non si sarebbe mai scordato quelle parole perché erano state incise sul suo cuore e si sa, il cuore non dimentica.
Louis si sciolse completamente in quel bacio dolce e alcolico, un bacio dato per necessità, per il bisogno di sentire i respiri caldi mescolarsi ancora. Di essere in mezzo ad un mare di gente, a Louis non interessava più, l’unica cosa importante in quel momento erano i suoi sentimenti, aveva deciso di dargli la priorità.
“Harry, ti va di dormire a casa mia stanotte?” le labbra del riccio si aprirono in un sorriso affermativo che illuminò il cuore di Louis, era inutile nasconderlo o evitarlo, voleva Harry e nessun altro.
Louis portò Harry in camera e lo fece sdraiare sul letto “Ti gira ancora la testa?”
“Un po’, ma passerà, vieni qui?” lo guardò con gli occhi ancora un po’ lucidi dalle lacrime e dall’alcol, ma Harry era felice, sentiva di nuovo quelle dannate farfalline nello stomaco, che poi più che farfalline gli sembravano degli elefanti, ma poco importava, solo Louis riusciva a farlo sentire così.
“Mi metto il pigiama e vengo” disse Louis dirigendosi verso il bagno.
Harry si levò i vestiti sudati e si mise sotto le coperte, tempo pochi minuti fu accolto nelle braccia di Morfeo.
Quando Louis tornò in camera trovò il più piccolo già addormentato, si sdraiò accanto a lui e lo strinse tra le sue braccia. Il calore di Harry contagiò Louis, ora non sentiva più freddo, sentiva il corpo percorso da fremiti, come quando metti le mani congelate sotto l’acqua calda. Solo Harry era in grado di scaldargli il cuore.
Prima di chiudere gli occhi portò le labbra all’orecchio del riccio e sussurrò semplicemente cinque parole.
Tu sei mio, Harry Styles.

 

Eccomi di nuovo qui!
Allora spero che ora mi amerete data la riconciliazione dei nostri due amori coccolosi (sono diabetica, lo so ahahah)
Non penso ci sia molto da dire, a parte che ogni tanto mi piace infilarci un po’ di Ziam asdfghjkl, spero che non vi dispiaccia c:
 
Spero che il capitolo vi si piaciuto e per farmelo sapere recensite please ç_ç
Ve lo chiedo in ginocchio, fatemi sapere cosa ne pensate con una piccola recensione ç_ç
 
Per qualsiasi cosa sono anche su twitter @sunnymargot
Un bacio,
Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** E' bello averti qua. ***



ATTENZIONE: il capitolo contiene una scena rossa, quasi all'inizio, quindi se non vi piace il genere saltate pure quella parte. E' la prima volta che ne scrivo una, quindi abbiate pietà ahaha
Buona lettura c:


E’ bello averti qua.

 
La mattina seguente Louis si svegliò con la testa del riccio sul petto che respirava regolarmente e cercò di scivolare fuori dal letto senza fare rumore.
Andò in cucina per preparare la colazione, non l’aveva mai fatto per nessuno, ma c’è sempre una prima volta. Louis di solito beveva solo un caffè, ma non aveva idea di quello che mangiava Harry, e l’altra gente normale. Aprì gli sportelli della cucina che però si erano quasi totalmente svuotati durante la settimana.
Tornò in camera con due caffè e dei biscotti che al cioccolato che gli erano rimasti.
“Oh, pensavo tu fossi scappato di nuovo, ma poi ho pensato che questa fosse casa tua e che saresti dovuto tornare per forza” Harry era seduto sul bordo del letto e gli dava le spalle.
“Non ho più voglia di scappare da quello che sono, Harry” sussurrò in risposta, forse più a lui stesso che al più piccolo.
Il riccio si girò scostandosi i capelli dagli occhi, era bellissimo, e lo invitò a sedersi accanto a lui.
“Prometti di non scappare più?” chiese con la voce tremante.
“Te lo prometto” rispose appoggiandogli un bacio leggero sulla spalla e accarezzandogli la schiena nuda. Lo sentì rilassarsi sotto il suo tocco e lo vide sorridere nel modo più sincero al mondo, solo come Harry Styles sa sorridere e far nascere quelle sue fossette adorabili.
“E questi?” disse indicando il vassoio che Louis aveva sulle gambe.
“E’ una sottospecie di colazione” rispose mescolando la sua risata a quella del riccio che lo mise a terra.
“Allora dopo mangiamo, ora voglio stare un altro po’ a letto” disse il più piccolo fiondandosi sotto le coperte, Louis lo seguì divertito.
Harry tirò la coperta fin sopra le loro teste e si distesero uno di fronte all’altro, i respiri caldi che si univano, sguardi profondi e il loro odore.
“Harry, sto morendo dal caldo.”
“Ci credo, quel pigiama terrebbe caldo anche se fossimo in mezzo alla neve. Forse dovresti toglierlo” sorrise malizioso e Louis si sentì avvampare quando le mani del riccio iniziarono a scorrere sulla sua spina dorsale per poi fermarsi in fondo alla schiena e afferrare i bordi della maglia del pigiama per sfilargliela.
Louis mise una mano nei capelli del più piccolo per avvicinarlo e premere le labbra sulle sue e poi iniziò a lasciargli piccoli baci sulla mascella “Il tuo odore mi fa impazzire” gli sussurrò scendendo sul collo.
Incise piccoli morsi sul lembo di pelle che successivamente cominciò a succhiare con l’intento di lasciargli il segno, il segno che voleva dire ‘ora sei mio’.
Harry sentiva ogni singolo centimetro di pelle andargli a fuoco, le mani avvinghiate ai fianchi di Louis cercando di tenerlo il più vicino possibile. Sentiva la sua erezione formarsi sempre di più contro l’eccitazione del più grande che gli lasciava baci umidi sulle spalle, sul petto. Sarebbe potuto impazzire da un momento all’altro.
“Louis” bisbigliò con un filo di voce.
Questo per tutta risposta gli addentò un pezzo di pelle facendolo gemere più forte.
Continuò a scendere fino all’elastico dei boxer che prese tra i denti e poi lasciò andare, sentiva il più piccolo ansimare e questo lo faceva eccitare ancora di più.
Sfiorò tutta l’erezione del riccio, ormai formata, con la punta del naso sopra la stoffa dei boxer e sentì la mano di Harry stringergli ancora più forte i capelli. Iniziò a sfiorargli le anche e lentamente gli abbasso i boxer finendo per sfilarglieli. Ora la sua bocca si trovava davanti all’eccitazione dura del riccio e sorrise pensando all’effetto che aveva su di lui. Poggiò tanti piccoli baci all’interno delle cosce morbide.
“Louis, ti prego..” sussurrò supplichevole.
Louis passò la lingua lungo tutto il suo membro pulsante e ne baciò la punta facendo sussultare il riccio. Prese a massaggiargli i testicoli mentre lo prendeva tutto in bocca.
Harry sentiva la cappella sbattere contro il palato di Louis e guardò le sue guance succhiargli anche l’anima, sarebbe potuto venire anche solo per quella visione paradisiaca.
Louis incavava le guance e stringeva le labbra facendo su e giù accompagnato dalla mano di Harry tra i suoi capelli, passò la lingua su una vena particolarmente sporgente e a quel punto il più piccolo non riuscì più a trattenersi e venne nella sua bocca, ingoiò tutto come se nulla fosse e tornò su a godersi la faccia estasiata del riccio. Sorrise, Harry notò il suo seme raccolto agli angoli delle sue labbra e lo baciò con passione sentendo il suo sapore nella bocca del più grande.
Il riccio prese Louis per le spalle, lo girò con il petto contro il letto e ci si sdraiò sopra.
Mentre Harry gli mordeva il lobo dell’orecchio sentiva che la sua erezione si stava riformando contro il suo sedere e si lasciò sfuggire un gemito, che ad Harry sembrava più un miagolio. Il più piccolo cominciò a strusciarsi contro le sue natiche sode spingendovi contro il bacino. Sfilò i boxer al più grande e gli allargò il più possibile le gambe. Si mise tre dita in bocca per lubrificarle con la saliva e ne inserì una nella carne di Louis che morse il cuscino pe non urlare. Harry iniziò a muovere il dito dentro di lui per farlo abituare, poi ne inserì un altro e un altro ancora baciandogli ogni centimetro di schiena. Quando i gemiti di dolore si trasformarono in piacere Harry sfilò le dita “Sei pronto Lou?”, il più grande annuì, il riccio entrò dentro di lui con un colpo secco e gli afferrò le mani intrecciandole alle sue. Stettero fermi in quella posizione per quasi un minuto per abituarsi alla nuova sensazione. Louis si sentiva spaccato in due, non aveva mai provato così tanto male, ma dopo un po’ il dolore si trasformò in piacere.
Prese Louis per i fianchi, iniziò ad affondare sempre di più e quando toccò il suo puntò si fece scappare un urlo di piacere, forse un po’ troppo acuto per essere maschile.
Harry ansimava nell’orecchio di Louis e con la mano faceva su e giù sul suo membro con lo stesso ritmo con cui si muoveva dentro di lui.
“Dio Harry, mi sa che sto per..”
“Anch’io” e così venne con un gemito strozzato dentro Louis che a sua volta si svuotò nella sua mano.
Si lasciarono andare sfiniti, Harry disteso sopra Louis che gli accarezzava i ricci.
“Sai Harry, non avrei mai pensato che la mia prima volta sarebbe stata con un ragazzo..”
Il riccio lo guardò sorpreso “Tu ed Eleanor non avete mai..”
“No”.
Harry sorrise compiaciuto e strusciò il viso contro il collo di Louis “Beh come prima volta non poteva andare meglio direi”
“Ma tu non eri quello che si era fatto mezzo Twenty One?”
Harry arrossì, ma Louis non lo notò perché aveva già le gote rosse, “Volevo farti arrabbiare” ammise.
Il più grande lo strinse più forte di quanto facesse già e affondò il viso nei suoi ricci “E’ bello averti qua”.
 
Erano le due del pomeriggio, avevano ordinato una pizza ed erano ancora accoccolati a letto.
“Lou, facciamo un gioco?”
“E in cosa consisterebbe?” chiese Louis un po’ dubbioso.
“Allora io ti faccio una domanda, anche stupida e tu rispondi.”
Il più grande scoppiò a ridere “Non facevi prima a farmi una domanda diretta?”
Il riccio fece finta di arrabbiarsi “Sei polemico”
“No”
“Non era una domanda”.
Si misero a ridere tutt’e due e Louis propose “Allora facciamo una domanda per uno?”
“Va bene, inizio io” Harry si sollevò sul gomito per poterlo guardare meglio “Colore preferito?”
“Verde” disse guardandolo negli occhi, il riccio arrossì, “Canzone preferita?”
“Mmh, in questo periodo Won’t stop till we surrender. Primo concerto?”
“Quello dei The Fray..”
“Oddio è stato anche il mio” lo interruppe il più piccolo con un sorriso a trentadue denti. Quel sorriso lo stordiva, gli riempiva il cuore, che in sua presenza non riusciva ad avere un battito regolare. Louis sapeva che Harry sarebbe diventato una presenza costante nei suoi pensieri, nel suo cuore, sulla sua pelle, nelle sue ossa. Faceva quasi male, ma mai dolore fu più piacevole e inebriante. Louis era ubriaco di Harry Styles e questo lo spaventava.
 
“Lou, sono già le otto, se non torno a casa mia madre mi uccide”
“Va bene, ti accompagno a casa”.
Salirono in macchina e accesero la radio.
“Lou?”
Il più grande si voltò verso di lui sorridendo “dimmi”
“Come mi devo comportare a scuola?”
Sapeva che prima o poi ne avrebbero dovuto parlare, Louis si irrigidì, ma disse con calma “Comportiamoci come amici, io non sono ancora pronto..”
Harry gli posò una mano sulla gamba “Ok, stai tranquillo..” e lui si rilassò.
Won’t stop till we surrender. Alzarono il volume, “vedi Lou, questo è il destino!” ed Harry iniziò a cantare.
Il tragitto in auto fu breve e prima di scendere Harry posò un bacio sulle labbra di Louis “Domani che fai?”
“Ehm, sarei con Zayn, di solito la domenica sto con lui..”
Il più piccolo parve un po’ deluso, ma nascose ciò dietro il suo solito sorriso “Non importa anch’io domani starò coi ragazzi, ci vediamo Lunedì a scuola?”
“Certo, piccolo” lo tirò verso di sé e lo baciò con passione prima di lasciarlo andare.
Piccolo,lo aveva chiamato piccolo. Louis da dove ti vengono fuori tutte queste sdolcinatezze? Si batté una mano sulla fronte. Si faceva venire il diabete da solo, ma non poteva che sorridere di questo, di tutto quello che era successo in sole ventiquattr’ore, di come la sua vita stava prendendo una piega decisamente migliore.
 
La mattina seguente Liam stava ancora facendo colazione quando sentì sbattere insistentemente alla porta. Erano le nove e mezza e non aveva idea di chi potesse essere dato che tutti i suoi amici erano dei gran dormiglioni, Harry in particolare, per questo quando aprì la porta e se lo trovò davanti spalancò la bocca in segno di sorpresa.
Harry lo abbracciò con forza e un sorriso stampato sul viso, gli raccontò più volte tutto quello che era successo con Louis.
Nel pomeriggio chiamarono Niall e anche lui ascoltò la storia ripetitivamente. Ogni volta che Harry cominciava da capo, per paura di essersi scordato qualche dettaglio importante, non perdeva un briciolo di entusiasmo ed energia. Il sorriso perenne che gli faceva male alle guance e gli occhi lucidi di emozione. I suoi amici non l’avevano mai visto così, il loro piccolo Hazza era davvero felice e loro lo erano con lui.
 


Alloooora, buona festa delle donne :D
Su questo capitolo no ho tanto da dire, spero che vi sia piaciuto e che la scena rossa non faccia tanto schifo ahaha
I nostri due patati sono stracotti e sono dolcissimi asdgkl
 
Grazie mille delle bellissime recensioni  per il capitolo precedente, spero che anche questo ne riceva tante c:
Quindi, ritorno alle suppliche:
Vi prego lasciatemi una piccola recensione ç_ç
 
Per qualsiasi cosa sono anche su twitter @sunnymargot
Un bacio,
Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Sole e tempesta. ***




Sole e tempesta.

 
Erano le tre del pomeriggio ed era già mezz’ora che Louis e Zayn facevano su e giù per il piccolo centro di Harlow. C’erano bambini che scorrazzavano ovunque, ragazze che si fermavano davanti alle vetrine dei negozi e famiglie riunite a chiacchierare. Nessuno si lasciava sfuggire il sole che raramente faceva capolino in quella piccola città sempre al centro di piogge e venti freddi.
Si sedettero su una panchina, il sole a illuminargli il viso “Louis, tutto bene?”
“Sì certo” sorriso falso, Zayn lo conosceva così bene “Mmh, cos’è cambiato da ieri sera quando mi hai chiamato tutto eccitato per il riccio ad ora?”
Louis lo guardò sconcertato “Ho detto di stare bene” e l’amico sbuffò “Ma io so quando menti, quindi sputa il rospo”.
Louis fece una smorfia “Ecco da quel che ha detto Harry ieri io avevo capito che era la sua prima volta”, cercò lo sguardo dell’amico per vedere se stava seguendo il discorso, “però poi ho ripensato a Clare, ricordi?”.
Il moro annuì guardando dietro le sue spalle “Parli del diavolo e spuntano le corna”, Louis si girò e se la trovò a pochi metri di distanza che parlava con un’amica, sentiva lo stomaco bruciargli.
“Claaaare!”, Louis si girò terrorizzato verso Zayn che aveva appena urlato, “Che diavolo fai?”
“Risolvo i tuoi problemi”, fece un segno alla ragazza di avvicinarsi.
“Che vuoi Malik?”, si erano già incontrati qualche volta e non si erano mai stati molto simpatici.
“Ti sei scopata Harry il ricciolino?” chiese con aria strafottente Zayn, Louis abbassò lo sguardo e Clare spalancò la bocca in modo poco elegante.
“Ascolta, Malik, non sono cazzi tuoi chi mi scopo”, fece una pausa e si voltò verso Louis che aveva sollevato lo sguardo “Comunque, Tomlinson, il tuo amichetto era così ubriaco da riuscire a malapena a stare in piedi, quindi la risposta è no, non me lo sono scopato.
Andate a fanculo, ciao.”
Trattennero le risate finché Clare non si fu allontanata e poi scoppiarono a ridere.
“Vedo che ti è tornato il buon umore, eh Loulou?”
 
Lunedì mattina Harry fu svegliato da un profumo, muffin al cioccolato sicuramente, lui amava i muffin al cioccolato.
Si stiracchiò per bene nel letto annusando l’aria dolce e piano piano aprì gli occhi, quello che si trovò davanti fece perdere un battito al suo debole cuore.
Louis gli sventolava un sacchettino sotto il naso con un sorriso che illuminava tutta la stanza “Buongiorno Harreh”. Il riccio se lo tirò addosso per poterlo stringere a sé, Louis affondò il viso nell’incavo del suo collo e rimasero abbracciati finché non si tirò su “Muoviti che facciamo tardi a scuola!”
“Lou, come mai sei qui?”, il più grande lo guardò titubante, “nel senso, non fraintendermi, non hai idea di quanto io sia felice di averti qui”, gli si avvicino posando le mani sulle sue anche.
“Mi mancavi” lo sguardo serio, occhi dentro occhi “e pensavo ti avrebbe fatto piacere mangiare dei muffin a colazione”, sorrise teso, non era da lui fare queste cose ed essere così sincero con i suoi sentimenti, forse aveva esagerato, si era lasciato prendere dalle emozioni, stupida irrazionalità.
Harry si rese conto della tensione che si stava creando e cercò di smorzarla un po’ strappandogli il sacchetto di mano “Io amo i muffin!” ne tirò fuori uno e gli dette un morso “Mmh, davvero buono!”.
Louis sorrise un po’ più rilassato sotto il toccò della mano di Harry che gli accarezzava il viso “Stai tranquillo, Lou”, per risposta gli baciò la mano e sorrise.
 
Una volta arrivati a scuola si salutarono velocemente ed Harry non ebbe il coraggio di avvicinarsi, visti i precedenti non avrebbe portato a nulla di buono, si limitò a sorridergli “Ci vediamo a mensa?”, Louis aveva annuito e si era avviato verso l’aula di matematica senza passare dall’armadietto, Zayn era già seduto al suo banco.
“Ehi com’è andata la visita al tuo riccio?”
“Dipende dai punti di vista, ama i muffin e io devo ancora abituarmi a tutto questo”
Zayn sospirò “Dovresti preoccuparti di meno e goderti ogni istante con lui, perché vedi Lou, ho visto come lo guardi e lui ti fa sorridere come non è mai riuscito nessuno”
Louis lo abbracciò veloce “Ultimamente stai diventando più saggio, ti senti bene?”
L’amico si limitò a sbuffare con gli occhi al cielo.
Louis prese il cellulare e scorse la rubrica, Hazza.
Dove sei? xx
 
Harry dopo circa dieci minuti di lezione era già stanco di sentire il professore parlare e quindi chiese di uscire giustificandosi con un forte mal di testa. Gli era preso un po’ di freddo, ovviamente andare a scuola con una semplice maglia a maniche lunghe all’inizi di Dicembre non era stata una buona idea, quindi si spalmò contrò il termosifone del bagno.
Louis si era comportato in modo strano la mattina, probabilmente doveva abituarsi ai suoi sbalzi di umore, ma aveva sempre paura di fare qualcosa che lo allontanasse da lui di nuovo e questa era l’ultima cosa che desiderava.
La vibrazione del cellulare lo distrasse dai suoi pensieri, Louis.
Dove sei? xx
Sorrise.
In bagno (: x
Dopo nemmeno due minuti Louis entrò dalla porta che si richiuse attentamente alle spalle. Harry rimase immobile non sapendo bene cosa fare, lo sguardo basso perché sostenere quello dell’altro era impossibile e guardarlo gli faceva venire un’assurda voglia di baciarlo.
Louis si avvicinò cautamente al riccio e gli prese il volto tra le mani, occhi dentro occhi.
“Scusa se stamattina sono stato un po’ freddo, volevo solo farti una bella sorpresa e ho rovinato tutto”, il riccio sorrise “svegliarmi e trovarti lì, con dei muffin oltretutto, è stata una delle più belle sorprese che io abbia mai ricevuto, capito?”, annuì “Devo imparare a gestire questa nostra situazione”.
Harry sorrise e strofinò il naso contro il suo finché Louis non si impossessò delle sue labbra. Si staccarono solo per la necessità di respirare, si fissarono qualche secondo e poi scoppiarono a ridere, una risata forte e sincera rimbalzava all’interno di quelle quattro pareti.
Ridevano perché erano felici, perché li faceva stare bene, perché in quel momento sembrava tutto così dannatamente semplice.
“Che poi, curly, che ci fai sempre in bagno?”
“Aspetto te”
Scoppiarono a ridere di nuovo, “Sei diabetico, mai più muffin se ti fanno questo effetto”.
Si scambiarono un bacio, come saluto, prima che la campanella della seconda ora suonasse e una mandria di ragazzini si riversasse nei bagni e nei corridoi.
 
“Haaaaaaaaaaaarry!”, il riccio fece una smorfia di disappunto.
“Liam devi smetterla di urlare al telefono!”
“Come sei noioso, ti volevo chiedere se stasera tu e Louis avevate intenzione di venire al Twenty con me, Niall e Zayn, che passo a prendere io”.
Harry sospirò “Non avevo dubbi, comunque non lo so, glielo chiedo e ti faccio sapere”
“Va bene Haz, a dopo”.
Era venerdì, andare al Twenty One ormai era abitudine, il problema era, come comportarsi? Ormai se lo chiedeva ovunque, a scuola, in macchina, in centro, in pasticceria, al cinema.
L’altro giorno erano andati a vedere Hunger Games, il riccio aveva letto tutti i libri della saga ed era curioso di vedere com’era il film. Si erano seduti nei posti più in alto, il ginocchio di Louis a contatto col suo ed Harry cercava davvero di concentrarsi sul film, ma poi il più grande gli mise una mano sulla gamba e lui avrebbe voluto girarsi e baciarlo. Non voleva interrompere il loro contatto, ma stava impazzendo, a Louis il film sembrava interessare abbastanza, anche se ogni tanto si girava verso il riccio e si mordeva il labbro.
Alla fine del film, mentre la gente si alzava e piano piano scorreva verso l’uscita facendo un gran chiasso, loro erano ancora seduti e per essere sicuro che lo sentisse, Louis avvicinò la bocca all’orecchio del riccio “Ti è piaciuto il film, curly?” sussurrò con voce roca e a quel punto Harry non ce la fece più e piagnucolò “Louis, non ce la faccio più a non toccarti”. Dopo due minuti la schiena di Louis combaciava con la parete fredda del bagno, ovviamente chiuso a chiave, e le labbra di Harry scorrevano sul suo collo.
 
La sera decisero di raggiungere gli amici al Twenty One e passarono una serata tranquilla, ballarono tra loro ed Harry stava bene attento ad allontanare ogni “puttanella”, come le chiamava Louis, che si avvicinava troppo a lui.
Adorava vedere Louis geloso, assottigliava gli occhi e serrava la mascella, mostrando uno sguardo minaccioso a chi cercava un contatto troppo diretto con lui. Il riccio trovava comunque la sua espressione adorabile.
Harry rimase a dormire da Louis e pensava che sua madre ormai avesse capito che c’era qualcosa che andava molto oltre l’amicizia, ma non aveva ancora avuto il coraggio di parlargliene apertamente.
 
 
 
 
Tre settimane dopo, lunedì mattina, fu svegliato dall’odore dolce che aleggiava nella sua stanza. Sorrise ancora prima di aprire gli occhi perché sapeva cosa avrebbe visto e infatti Louis era lì, davanti a lui col sacchetto verde dei muffin al cioccolato.
Ormai era diventata un’abitudine, ogni lunedì Louis si presentava a casa sua con la colazione e andavano a scuola insieme. Harry trovava tutto questo tremendamente dolce e si ritrovava a ridere come un ebete. Louis adorava far ridere il suo ricciolino e il lunedì non era più il giorno palloso che segnava l’inizio di una lunga settimana scolastica, ma era diventato il giorno dei muffin e delle coccole.
Harry aveva trascinato Louis sul letto perché di alzarsi non ne aveva per niente voglia.
“Faremo tardi, curly”
Il riccio alzò gli occhi al cielo “Tanto non ho voglia di fare lezione alla prima ora”
“Come se di solito ne avessi voglia” , sorrise, “senti, se mi fai arrivare a scuola in tempo, ti vengo a trovare in bagno verso la fine dell’ora, ok?”
“Va bene, ci sto”.
 
Come promesso, quando ormai l’ora stava per finire, Harry sentì la porta del bagno aprirsi “Pensavo non saresti più venuto” disse facendo il finto offeso.
“Quella stronza della Mitch non mi faceva più uscire”, labbrino sporgente, sapeva che il riccio si scioglieva ogni volta.
“Te lo stacco a morsi quel labbro”
“Mmh aggressivo, Styles”, lo baciò sul collo per poi risalire all’orecchio “mi piace”.
Harry sorrise malizioso portando le braccia intorno al suo collo e poi iniziò a mordicchiargli il labbro inferiore facendo sì che si gonfiasse leggermente.
Erano così presi, dedicati a loro stessi che non si accorsero che la campanella suonò e la porta si aprì con uno scatto “Oh-oh allora è vero che quel frocetto di Styles s’è trovato il ragazzo.”
Louis sentì il sangue raggelarsi nelle vene e non riusciva a muovere un muscolo, era paralizzato e iniziavano a fischiargli le orecchie mentre la vista si appannava. Sentì soltanto Harry allontanarlo un po’ e ringhiare “Vaffanculo Stan!”, poi lo prese per un braccio e lo trascinò fuori dal bagno, fuori dalla scuola.
 
“Louis!”, Harry lo scosse per le spalle, “Louis, cazzo riprenditi!”.
“Lo sapranno tutti entro domani, ne sei consapevole, vero Harry?”
Il riccio abbassò lo sguardo “Sì”, sospirò, “Cosa vuoi fare, Lou?”





Allora, innanzi tutto scusa scusa scusa per il ritardo.
Alla fine questo capitolo non mi piace nemmeno tanto, ci ho messo tantissimo a scriverlo e nonostante questo lo trovo parecchio bruttino.
Spero che a voi non faccia così schifo, quindi vi prego di cuore di lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate ç_ç

Questo è più o meno un capitolo di passaggio per far capire come il rapporto tra i due di stia rafforzando, ma alla fine succede qualcosa che può alterare, forse distruggere(?) l'armonia raggiunta.

Per qualsiasi cosa sono su twitter @sunnymargot
E ne approfitto per ringraziere di cuore chi segue questa storia e chi mi lascia sempre anche una piccola recensione, sappiate che mi aiuta tanto psicologicamente, mi fa sentire capita e mi fate stare bene.

Un bacio, Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** E se fosse amore? ***




E se fosse amore?


“Lo sapranno tutti entro domani, ne sei consapevole, vero Harry?”
Il riccio abbassò lo sguardo “Sì”, sospirò, “Cosa vuoi fare, Lou?”
 
Il tempo è relativo, è una dimensione soggettiva. Ognuno lo percepisce in modo diverso. Quando una persona ti dice “Ho bisogno di tempo”, non saprai mai se intende cinque minuti, cinque giorni o cinque mesi.
Per questo Harry si ritrovava in camera sua, seduto sul letto a mangiucchiarsi le unghie con la testa che gli scoppiava dai troppi pensieri che lo tormentavano.
Louis aveva bisogno di tempo, era spaventato.
Harry capiva perché ricordava.
Ricordava gli sguardi schifati delle persone quando lo vennero a sapere.
Ricordava il gruppo di Stan che ogni qual volta passava lo spintonava contro il muro, i sussurri cattivi, viscidi, che gli penetravano le orecchie e gli rimbombavano nella testa, le scritte poco carine sull’anta dell’armadietto che non andavano via.
Si sdraiò sul letto cercando di non far uscire le lacrime che si accumulavano agli angoli degli occhi. Non voleva rivivere quell’esperienza, non poteva permettere che qualcuno facesse del male al suo Louis, così fragile e insicuro.
Doveva fare qualcosa, non riusciva a starsene lì impalato a deprimersi, a lasciare che le cose andassero e basta. Iniziò a camminare velocemente, su e giù per la stanza, la fronte corrugata in segno di concentrazione finché non si fermò davanti al calendario appeso al muro.
Data odierna: 22 Dicembre.
Due giorni e Louis sarebbe diventato diciannovenne, come aveva fatto a dimenticarsene?
Stupido, stupido Harry!
Corse giù per le scale e si fiondò in cucina dove sua madre stava cucinando dei biscotti.
“Harry, tutto bene?”
“Mamma ho bisogno della casa al lago per tre giorni”
Anne era bellissima, i capelli legati e il viso sporco di farina, Harry non poté che sorridere nel vedere l’espressione sorpresa di sua madre “E perché?”
Harry le spostò un ciuffo di capelli dal viso “Tra due giorni è il compleanno di Lou, volevo portarlo via da qui, è successo un casino, mamma” gli occhi iniziavano a farsi lucidi.
“Se mi racconti tutto, ti do le chiavi dell’appartamento”.
Fu così che con le lacrime silenziose che scendevano dagli occhi di entrambi venne fuori tutto il dolore che Harry aveva sopportato e che non voleva far subire a Louis.
“Perché non me l’hai mai raccontato?”
“Avevi già tante cose di cui preoccuparti”.
Anne lo abbracciò forte singhiozzando “Mi dispiace così tanto”
“E’ passato”
“Ma potrebbe ripetersi”, quella dura verità, espressa ad alta voce, gli arrivò come un pugno nello stomaco, ma strinse i denti “Posso andare allora?”
“Certo amore”.
 
Louis era a casa sua, da solo, al buio perché non aveva voglia di aprire le finestre, camminava ininterrottamente non sapendo dove stare.
Non poteva andare in camera perché le lenzuola erano impregnate dell’odore di Harry.
Non poteva andare in sala perché c’era il plaid che si mettevano addosso ogni volta che guardavano un film.
Non poteva andare in bagno perché sapeva che ci avrebbe trovato lo shampoo e l’asciugamano che Harry lasciava lì per quando era a dormire da lui.
Non poteva andare in cucina perché sul tavolo c’erano i suoi biscotti preferiti, Louis li comprava apposta per lui.
Harry era ovunque, era sempre presente, nella testa, nel sangue, nelle ossa, in ogni respiro e lacrima, nelle fitte lancinanti allo stomaco.
Non riusciva a stare in quella casa che sapeva troppo di loro, doveva uscire un po’ per pensare nel modo più irrazionale possibile.
Aprì la porta di casa e si trovò davanti due pozzi verdi che illuminavano il viso circondato da quei stramaledetti ricci perfetti, così soffici, Louis aveva sempre voglia di toccarli. Per non parlare di quelle labbra morbide che Harry si stava mordendo freneticamente a causa dell’ansia, come si faceva a non aver voglia di baciarle? Impossibile.
Louis, per quanto potesse sforzarsi, non poteva stare senza di lui e per questo si fiondò sulle sue labbra senza dire una parola.
Perché Harry era lì, nonostante Louis fosse scappato per l’ennesima volta chiedendogli del tempo, Harry era lì, era sempre, costantemente, inevitabilmente, lì. Ed ogni dubbio, ogni incertezza svaniva quando il blu ricadeva nel verde.
Harry si staccò delicatamente da lui “Louis, so che sei spaventato, insomma, ci sono passato anch’io e quello che è successo non è stato per niente piacevole, ho dovuto sopportare tante di quelle cose che tu nemmeno sai”, prese un grosso respiro, “ma tra due giorni è il tuo compleanno e voglio, pretendo, che tu non pensi a quello che è successo, che tu vada in camera e prenda un paio di magliette e pantaloni puliti e salga in macchina”, Louis lo guardava stranito perché non capiva cosa avesse in mente, “perché io, Harold Edward Styles, ti sequestrerò per ben tre giorni e non sento obiezioni”.
Le labbra di Louis si aprirono in un grosso sorriso e si precipitò in camera, seguito dal riccio, per prendere ciò che gli era stato ordinato.
“E dove andiamo di bello?”
“Sorpresa”
 
Il viaggio in macchina procedette tranquillo, più di quanto Harry avesse sperato.
Ascoltarono un po’ di musica alla radio e il riccio dava le indicazioni a Louis che guidava concentrato.
“Ora prendi quella stradina sterrata e poi siamo arrivati”
Louis scese dalla macchina a bocca aperta e con gli occhi sgranati “Cavolo Harry, è bellissimo qua”, prese il più piccolo per un braccio e lo tirò a sé per abbracciarlo forte.
Il lago era enormemente blu e la casa a due piani, rifinita in legno, si affacciava su esso.
Entrarono in casa, era proprio come Harry se la ricordava, quell’odore familiare e i colori accoglienti. Louis saltellava come un bambino che aveva appena scartato un regalo fantastico e posò con poca delicatezza lo zaino sul letto, per poi scaraventarcisi sopra.
“Questo letto è comodo” ed Harry lesse tutta la malizia che poteva esserci in quella frase, ma lo tirò per un braccio “Prima andiamo a fare un giro”.
Ed era bello camminare lungo il lago, mano nella mano, senza troppi problemi. Lì c’erano solo loro, il resto del mondo non esisteva, sarebbe potuta anche scoppiare una guerra e loro avrebbero continuato a baciarsi come se non ci fosse un domani.
Si sdraiarono su una striscia di prato che si allungava sul lago e, nonostante fosse Dicembre, il sole che riscaldava il loro viso, l’erba gli solleticava la pelle scoperta delle caviglie.
Si guardarono in silenzio, un silenzio che urlava l’amore che avevano paura di esprimere, ma quella tranquillità fu interrotta dalla suoneria di Louis che prese a squillare fastidiosamente.
“Mamma, ehm, ciao”
“Louis, piccolo mio”, Harry scoppiò a ridere, “per il tuo compleanno torni a casa vero?”, il sorriso sparì dal volto del riccio.
“Io, veramente, non ci sono, mi dispiace”
“Oh, e perché?” si percepiva il tono irritato di sua madre
“Sono con degli amici fuori città, ma per Natale sono a casa, promesso”.
Riattaccò.
L’atmosfera ormai era rovinata e così Harry chiese “Gli dirai mai di te? Di noi?”
Louis si irrigidì leggermente, gli occhi duri, “Harry, non è facile”, si girò verso di lui e notò la sua espressione affranta che aveva appena abbandonato ogni speranza.
Louis avrebbe voluto dirlo ai suoi, ma aveva paura, come sempre, di non essere accettato e la sola idea di perdere i suoi genitori gli procurava una fitta dolorosa allo stomaco.
Sei un codardo Louis.
“Sono i tuoi genitori, ti vorranno sempre bene”, a volte aveva paura che Harry riuscisse a leggergli nel pensiero.
Sii coraggioso, Louis.
“Lo farò, te lo prometto, dopo le vacanze, va bene?” ed era vero, lo avrebbe fatto perché mantenere il segreto e mentire era altrettanto doloroso.
Gli occhi di Harry si illuminarono di nuovo e si rotolò sopra Louis che gli baciava le guance rosee cercando di mordergliele. Il riccio si trovava disteso sul più grande “Sei una di quelle persone che si incontrano quando la vita decide di farti un regalo, Harry”.
Il riccio scoppiò a ridere “Questa l’hai letta su facebook”, anche Louis rise per poi tornare serio “Sì, ma lo penso davvero. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata e cazzo, mi faccio venire il diabete da solo.”
Per tutta risposta Harry baciò dolcemente le sue labbra, la mandibola, il collo, mentre Louis passava la mano sotto la sua maglia e tracciava figure immaginarie sulla sua schiena.
“Non inizi a sentire un po’ caldo, Lou?”
“H-Harry”, il riccio aveva iniziato a spingere leggermente il bacino contro il suo, “sta iniziando”, ansimò, “a piovere”.
Harry sollevò un attimo lo sguardo e vide come il cielo si era annuvolato e le gocce d’acqua avevano cominciato a cadere. Si alzò e, preso Louis per mano, iniziarono a correre verso casa ridendo.
Aprirono la porta e, una volta rifugiati in casa, Harry prese Louis per le spalle e lo scaraventò contro il muro “Quando sei così aggressivo mi ecciti ancora di più” gli sussurrò il castano leccandogli il collo. Si staccarono leggermente per sfilarsi le maglie e il riccio prese in braccio Louis che si avvinghiò con le gambe alle sua vita sentendo la sua erezione che premeva contro i jeans che iniziavano a fargli male.
Harry fece sdraiare Louis sul letto ed iniziò a lasciargli baci umidi sulle spalle, sul petto, e con la lingua tracciò dei cerchi attorno l’ombelico, mentre con la mano massaggiava l’eccitazione del più grande. Piano piano sbottonò il primo bottone e abbassò la cerniera dei jeans togliendoglieli con una lentezza estenuante. Una volta privato Louis dei pantaloni e dei boxer si levò velocemente anche i suoi che liberarono il suo membro già duro e caldo.
Harry si sdraio nuovamente sul più grande, ma questo senza pensarci due volte ribaltò la situazione e si trovò sopra al riccio, le pupille dilatate dall’eccitazione, sorrise malizioso prima di scendere all’altezza dell’asta del più piccolo e senza nessun preavviso la avvolse totalmente tra le sue labbra facendogli inarcare la schiena.
Vedere Harry totalmente annebbiato dal piacere lo faceva davvero impazzire e quando sentì che il riccio era ormai vicino all’orgasmo si sollevò e tornò a baciare le labbra rosse del più piccolo. Louis si teneva sulle braccia per non pesare troppo su Harry, le mani ai lati del suo viso stringevano il lenzuolo e l’erezione a contatto con la sua, spingeva il bacino contro il suo e il riccio ansimava facendo scorrere le mani sulla schiena del castano graffiandola leggermente. Harry venne gemendo nell’orecchio di Louis che si svuotò sulla sua pancia subito dopo lasciandosi andare su un fianco.
“Dio Louis, sei fantastico” gli prese il viso tra le mani e lo baciò con passione mettendosi a cavalcioni su di lui.
“E tu sei instancabile” soffiò Louis sul suo collo facendolo fremere.
Harry aveva ripreso a baciarlo, a morderlo, a toccarlo ovunque, voleva sentirlo suo, ancora suo, per sempre suo. Ci volle poco e le due eccitazione pulsarono di nuovo una contro l’altra. Harry divaricò quanto possibile le gambe di Louis e gli portò due dita alla bocca perché le bagnasse con la sua saliva, era provocante, Louis era veramente troppo provocante. Harry ansimava solo guardando il più grande leccargli le dita.
Il riccio gli morse l’interno coscia e iniziò a muovere un dito sulla sua apertura “Cristo, Harry, voglio sentirti” e così Harry lo penetrò con un dito e con l’altro subito dopo, muovendoli sempre più veloce mentre Louis gemeva sempre più forte.
Così sfilò le dita e si infilò in lui dolcemente, sempre più affondo, con sempre più passione, più amore, più desiderio, più tutto.
Vennero quasi contemporaneamente per poi rilassarsi, abbracciati nel loro odore.
 
Passarono i due giorni seguenti scherzando, correndo lungo il lago, mangiando quel che c’era e amandosi tra baci e gemiti.
Louis ne era sicuro, quello fu il compleanno più bello della sua vita.
 
Il 25 Dicembre Louis riportò Harry a casa e passò il pranzo di Natale con i suoi genitori, non dedicandogli però l’attenzione dovuta, rispondeva alle domande nel modo più vago possibile.
“Louis, come va con la tua ragazza? Eleanor, giusto?”
Gli veniva la nausea solo a sentire il suo nome “In realtà ci siamo lasciati”
“Oh, e come mai?”
 
Bhè vediamo, mi sono innamorato di un ragazzo, si chiama Harry, è bellissimo.
Aspetta, innamorato?
Lou, tu cosa?
No.
Questo non è amore, non può essere amore.
E se fosse amore?
 
“Allora?”, suo padre lo scosse dai suoi pensieri, si era imbambolato senza nemmeno accorgersene, “c’è qualcun altro nel tuo cuore?”
Louis arrossì, ma cercò di nasconderlo portandosi un tovagliolo alla bocca facendo finta di tossire, “No, no, solo che le cose non funzionavano”.
Voleva interrompere al più presto quel discorso “Comunque mamma, è molto buono il pollo, hai aggiunto qualcosa di nuovo?”.
Così sua madre, entusiasta, si perse nella spiegazione della sua nuova ricetta.
Louis non vedeva l’ora di tornare a casa, da Harry.
Perché ormai ogni cosa girava intorno ad Harry.
 
Harry è aria dopo una corsa.
Harry è baci rubati dietro ad una tenda.
Harry è casa dove tornare ogni sera.




Allora, so che molti si aspettavano il dramma, visto come ho lasciato l'ultimo capitolo.
Ma è arrivato il compleanno di Louis e volevo che almeno per qualche giorno le cose continuassero ad andare bene u.u
Dico già che nel prossimo capitolo la situazione inizierà a cambiare, ma non spoilero nulla.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e sblocchiamoci da queste 5 recensioni, dai che siete arrivate anche a 10 precedentemente **
Quindi vi supplicò, ancora lol, so di essere una rompipalle, ma ho bisogno di sapere cosa ne pensate, di lasciarmi una recensione.

Cercatemi anche su twitter se volete, @sunnymargot
un bacio, Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Felice anno nuovo. ***




Felice anno nuovo.
 

“Miao”
“Harry?”
“Miao”
“Haaarry?”
“Miao”
“Tu non sei normale”
“Miao”
“Ok, ci rinuncio”
“Miao”
Harry voleva un gatto e in realtà lo ha sempre voluto, ma quel giorno si era particolarmente puntato sulla questione ed erano circa venti minuti che strofinava il naso nell’incavo del collo di Louis miagolando.
“Harry le tue fusa sono dolci per i primi due minuti, poi iniziano ad essere snervanti”
Il riccio soffiò come un gatto offeso facendo ridere il più grande che lo strinse un altro po’ a sé su quel divano forse un po’ troppo piccolo perché ci stessero comodi entrambi.
“Comunque volevo dirti che ho sentito Zayn per sapere cosa faranno lui e i ragazzi per l’ultimo dell’anno”, Harry alzò lo sguardo per fargli segno di continuare, “hanno detto che andranno alla festa organizzata al Kaboom, presente?”, annuì.
“Per me va bene” sorrise il riccio prima di mordergli il collo.
 
 
31 dicembre.
“Harry ti sei cambiato almeno dieci volte e Liam passa a prenderci tra un quarto d’ora, muoviti!”
Liam non poteva bere e per questo avevano deciso di andare in macchina con lui, molto più affidabile di Louis in questi casi.
Il riccio fece capolino in camera per fissarsi davanti allo specchio dell’armadio, “Secondo te è meglio questa o quella di prima?”.
Era l’ennesima camicia che si provava, quel ragazzo aveva decisamente troppi vestiti. Louis lo abbraccio da dietro poggiando il mento sulla sua spalla e gli sussurrò “Curly, ti sta bene tutto, lo sai”.
Harry prima sorrise compiaciuto e poi sbuffò “Non vale, tu sei di parte. Geeeemmaaa!” e si fiondò fuori dalla stanza.
Per fortuna, pensò Louis, quando Liam suonò il clacson della macchina per avvisarli di scendere Harry era vestito e profumato con tanto di sorriso ad illuminargli il viso.
 
Il locale si trovava leggermente fuori città e nonostante il parcheggio fosse enorme, trovare un posto per la macchina risultò abbastanza difficoltoso.
Il Kaboom è sempre stato molto frequentato ed Harry, abituato al piccolo Twenty One, si ritrovò leggermente spiazzato in mezzo a quel mare di gente che spingeva a destra e a manca per farsi strada.
“Hey tranquillizzati”, sentì stringersi un fianco, si voltò a guardare il viso sorridente di Louis e per un attimo si perse nel cielo che contenevano i suoi occhi.
Il locale all’interno era bellissimo, passavano da una stanza all’altra, musiche diverse che si infrangevano nelle loro orecchie e le risate che illuminavano più delle luci fluorescenti.
Erano le undici e mezza e Louis iniziava ad avere veramente sete “Curly vado a prendere da bere, te stai coi ragazzi, ti raggiungo dopo”, un bacio veloce e impercettibile sulla guancia prima di avviarsi verso il bancone delle bevute.
Si sedette su uno sgabello aspettando che qualcuno lo degnasse un attimo di attenzione, ma in tutta quella confusione avrebbe dovuto aspettare un po’.
Finalmente gli stavano portando da bere quando sentì una mano troppo prepotente, troppo dura per essere dei suoi amici, afferrarlo per la spalla.
“Guardate chi c’è! Quello che se lo fa mettere nel culo da Styles”.
Louis si sentì morire nel momento in cui si girò e si trovò davanti il ghigno di Stan, deglutì raschiandosi la gola secca, privata della saliva dalla paura.
Stan lo teneva fermo per i polsi mentre Andy, uno del gruppo, gli si avvicinava all’orecchio “Sai che fate proprio schifo voi checche?”.
Un altro ragazzo di cui non conosceva il nome si unì alle risate viscide degli altri due “Bhè abbiamo trovato un giocattolino, ora giochiamo”.
Louis era immobilizzato, pietrificato, non aveva voce in gola né aria nei polmoni. Si lasciò trascinare nei bagni deserti senza opporre troppa resistenza.
“Inginocchiati” ringhiò Stan.
“No” Louis trovò il coraggio di pronunciare quelle due lettere che gli provocarono una steccata alle ginocchia facendolo crollare a terra, le gambe tremavano insieme alle labbra.
Stan si sfilò la cintura e si abbassò pantaloni e boxer davanti al viso di Louis, tenuto fermo dagli altri due, “Ora fai quello che sai fare meglio, troia”.
Afferrò Louis per i capelli avvicinandolo bruscamente al suo membro, ma questo serrò la mascella, lo stomaco si contorceva e la nausea saliva fino in gola. L’odore di quell’uomo, che di umano aveva poco, si intrufolava fastidiosamente nelle sue narici disgustandolo, sputò l’amaro per terra.
“Non vuoi fare il tuo lavoro, eh? Peccato.”
Ginocchiata nello stomaco, un’altra, un’altra ancora. Pugno dritto al naso, un altro in bocca, labbra spaccate, sangue amaro, lacrime salate.
“Basta così Stan. Non lo dobbiamo uccidere.”
Louis sentì quelle parole ovattate, stava per perdere i sensi, vista appannata, testa che gira, muro freddo.
 
“Zayn! Hai mica visto Louis?”, Harry iniziava a preoccuparsi, il tempo passava e Louis non tornava.
“L’ultimo che l’ha visto sei stato tu”.
Dieci minuti alla mezzanotte.
Louis dove sei?
Harry iniziò a sgomitare tra la folla per arrivare al bancone delle bevute, lì non era. Passò  con fatica nelle altre stanze, strizzava gli occhi per individuare la camicia celeste di Louis che tanto si intonava ai suoi occhi, ma niente.
Cinque minuti alla mezzanotte.
Louis dove sei?
Uscì dal locale, magari era andato a fumarsi una sigaretta o a prendere una boccata d’aria perché in effetti là dentro si sudava veramente troppo e la gente era appiccicosa. Niente Louis, cazzo, cazzo, cazzo.
Due minuti a mezzanotte.
Louis dove sei?
“Styles stai cercando la tua puttanella?”
Harry si voltò di scatto e si trovò il viso di Stan a pochi centimetri dal suo. D’istinto lo prese per il colletto ringhiandogli “Dove cazzo è?”
Rabbia, dolore, preoccupazione, ansia. Lo voleva uccidere, lo avrebbe ucciso, ma doveva trovare Louis.
“Io controllerei nei bagni” rise, rise di gusto, quasi felice, fiero di quello che aveva fatto.
Cosa aveva fatto?
Harry mollò la presa e corse, corse veloce, con tutto il fiato che aveva nei polmoni e anche con quello che non aveva.
Mancava poco alla mezzanotte.
Dieci
Rientrò nel locale.
Nove 
Afferrò con poco garbo il braccio di un ragazzo.
Otto 
“Dove sono i bagni?” riuscì a chiedere nonostante il fiatone.
Sette 
“In fondo a quel corridoio a destra” rispose un po’ perplesso.
Sei
Corse verso il corridoio.
Cinque
Il corridoio sembrava non finire più.
Quattro
Le gambe che tremano, stava per cedere ma non poteva, doveva trovare Louis.
Tre
Due porte.
Due
Spalancò la prima, niente.
Uno
Aprì la seconda.
Harry ne era sicuro, il tempo si era fermato nell’esatto momento in cui aveva ritrovato Louis steso per terra, con gli occhi socchiusi e il sangue secco sul labbro inferiore.
Felice anno nuovo.
Harry si accucciò al fianco di Louis, le lacrime che scendevano ininterrottamente appannandogli la vista e le mani tremanti che lo scuotevano piano per non fargli male, ma abbastanza forte per farlo tornare in sé.
“Louis, ti prego svegliati.”
“H-Harry?” riuscì a sbiascicare sollevando lentamente le palpebre lasciando intravedere il celeste dei suoi occhi, un celeste trasparente, spento, privo di emozioni che non fossero dolore e delusione.
Harry lo strinse forte a sé cercando però di non fargli male “Andrà tutto bene Lou, te lo prometto”, singhiozzò,“io lo uccido, giuro che lo uccido, lo voglio morto quel figlio di puttana”
“H-Harry?”
“Dimmi Lou” la voce si fece subito dolce e vellutata come se avesse paura di fargli male.
Le lacrime continuavano a uscire silenziose dai suoi occhi e le mani stringevano con quanta più forza possibile la maglietta di Harry.
“Andiamo a casa.”
 
 
Il respiro di Louis iniziava a farsi più regolare e aveva smesso di piangere da un po’, tra le braccia del riccio si sentiva un po’ più al sicuro. Harry aveva chiamato i ragazzi perché li portassero a casa e aveva fatto stendere Louis sul suo letto, gli aveva disinfettato il labbro spaccato e poggiato un po’ di ghiaccio sul naso. Per fortuna Anne dormiva profondamente e Gemma non era ancora tornata, non ce l’avrebbe fatta a spiegarli tutto.
Una volta che Louis si fu addormento, Harry si fece una doccia calda e lunga, doveva calmarsi, era nel panico, non sapeva cosa fare. L’aria iniziava a farsi pesante, soffocante.
Respira, Harry, respira.
Le lacrime troppo pesanti per essere trattenute, e allora lasciale uscire.
Lacrime che straripano, che corrono, fanno a gara a chi scende più velocemente e i singhiozzi non trovano pace, uno dopo l’altro sempre più frequentemente rimbalzano in gola.
Calmati, Harry, calmati.
Louis ha bisogno di te, non puoi perdere il senno.
Dopo essersi asciugato tornò in camera dove Louis stava dormendo scosso da leggeri tremiti, così prese una coperta e ci si rifugiò sotto abbracciandolo.
 
La mattina seguente Louis si svegliò tra le braccia calde e protettive di Harry, gli scoppiava la testa e aveva dolorose fitte allo stomaco, gli faceva male persino respirare e si sentiva il viso gonfio.
Non voleva pensare a quello che era successo, faceva troppo male, si sentiva così umiliato che gli occhi ripresero a farsi lucidi e le lacrime a scendere silenziose.
Solo quando fu scosso da un singhiozzo, Harry si svegliò di soprassalto e gli si spezzò il cuore nel vederlo così “Ci sono io ora, tranquillo, ci sono io”.
Il problema era che nemmeno Harry era tranquillo, cercava di mascherarlo, ma dentro di lui c’era una tempesta.
“Harry, non voglio più uscire di qui”.
“Devi essere forte, Lou, anche se è difficile, anche se fa male, devi essere forte e io lo sarò per te.”
 

Louis trascorse quasi una settimana a casa di Harry senza mettere il naso fuori dalla porta, passava la maggior parte del tempo a letto e il riccio lo coccolava, cercava di farlo sentire bene e di trasmettergli tutto l’amore possibile, quello necessario a curargli le ferite del cuore.
Ma Louis si stava allontanando, quasi in modo impercettibile, non se ne accorgeva nemmeno, sentiva solo che il freddo stava tornando ad avvolgerlo per fargli da scudo.
Quando Harry cercava di fare conversazione rispondeva in modo sincero, ma meccanico, quasi distaccato e i monosillabi regnavano nella discussione.
Quando Harry lo abbracciava lui rispondeva automaticamente portano le braccia intorno al suo busto.
Quando Harry lo baciava dischiudeva le labbra come d’abitudine e faceva entrare la sua lingua.
I baci si facevano sempre più corti, sempre più flebili, sempre più rari.
Le lacrime scendevano sui loro visi sempre più abbondanti, sempre più violente, sempre più spesso.
 
Louis, il cuore che si allontana, si protegge, dalla persona sbagliata, ma si protegge.
Harry, il cuore che si spezza, cerca riparo in un altro corpo e non lo trova, si sbriciola, non batte più.

 
 


Ehm, ciao a tutte e non uccidetemi ç__ç
So che è tristissimo e deprimente, ma capitemi si avvicina il diciottesimo del mio ex ragazzo e mi hanno chiesto se avevo delle foto buffe per fare un video. Quindi ho scavato nei ricordi e non è stato per niente piacevole, ho ritrovato anche una lettera che mi scrisse e insomma è cambiato tantissimo. Mi manca una persona che praticamente non c’è più.
E voi direte, ma che ce ne frega?
Eh, magari niente, ma io mi sfogo lo stesso ahaha.
 
Allora, non so che dire, mi sento in colpa per quello che ho fatto a Louis.
Io non voglio spoilerare nulla, ma voglio ricordarvi che quando si trova l’anima gemella, l’altra metà, l’amore della propria vita o chiamatelo come vi pare, si supera tutto, ogni tempesta, ogni battaglia, ogni dolore.
Alla fine se due persone si amano e sono fatte per stare insieme troveranno sempre un modo.

E con questo vi ho più o meno detto tutto visto che sono una Larry shipper (ma và? Ahah)

E nonostante tutto questo capitolo mi piace perchè pieno di emozioni che spero di avervi trasmesso.
 
Comunque visto che le recensioni sono salite (grazie, grazie, grazie) non facciamole scendere di nuovo e lasciatemi, vi prego, una recensione, anche piccola per farmi sapere cosa ne pensate o anche per insultarmi
Please ç___ç

 
Ah, pensavo di scrivere una OS durante le vacanze, in tal caso, la leggereste? **
 
Twitter @sunnymargot
Un bacio, Sonia xx 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Parole non dette e verità scomode. ***




Parole non dette e verità scomode.

 
Mattina grigia, vuota come le altre. Harry uscì per comprare alcune cose al discount e Louis prese il coraggio di chiamare sua madre.
“Sì mamma, stavo pensando di tornare a casa per un po’ di tempo”
“Certo tesoro, quando pensi di arrivare?”
Louis si morse il labbro “Per cena, sarò lì per cena”.
Riattaccò sentendo un grosso peso sullo stomaco.
“Quando pensavi di dirmelo?”, la voce rotta da un singhiozzo, Louis si girò di scatto e trovò Harry sulla soglia della porta con le lacrime agli occhi, di nuovo.
Ultimamente sembrava facessero a gara a chi piangeva di più.
Louis fece per avvicinarsi, ma Harry lo riallontanò con uno spintone facendogli male “Quando Louis?”
“Appena saresti tornato a casa” rispose freddamente, autocontrollo, si basava tutto sull’autocontrollo, quello che Harry non aveva.
“Vaffanculo Louis! Me lo avevi promesso”, si accasciò a terra impotente, sapendo che ormai il più grande aveva preso una decisione e non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea perché Louis era ottuso, quando di metteva in testa una cosa la portava a termine nonostante ferisse anche lui.
“Me lo avevi promesso”, continuò a singhiozzare stringendosi le gambe al petto, “che non saresti più scappato da me, da noi”.
“Harry io..”
“Sei un codardo Louis! Esci dalla mia stanza!”
Il più grande non se lo fece ripetere due volte e uscendo si chiuse la porta alle spalle che però non attutiva i singhiozzi del riccio.
Harry aveva ragione, era un vigliacco, ma proprio non ce la faceva. Il pensiero di tornare a scuola, di rivedere Stan, di essere succube di nuovo, perché lui non riusciva a farsi valere, almeno non fisicamente.
Louis, però si sentiva dannatamente in colpa e aveva quasi deciso di rimanere quando la paura prese il sopravvento e lo portò a chiamare sua madre. Scese in cucina e si fece un tè cercando di attutire un po’ del mal di testa che lo tormentava incessantemente.
E non pensi ad Harry?
Harry se la caverà anche senza di me.
Sai che non è così.
Ha Liam e Niall.
Ma non ha te.
Non lo sto abbandonando.
Sì, invece.
 
Harry si raggomitolò sul letto mentre tutto gli crollava addosso, mentre il buio si avvicinava e lui si lasciava sprofondare. Aveva paura che Louis conoscesse altri ragazzi, che magari qualcun altro potesse catturare il suo interesse. Forse Harry era egoista, ma voleva Louis tutto per sé, voleva che fosse suo, suo e solo suo, suo e solo suo per sempre.
Con Louis il sole era più luminoso,
l’acqua più dissetante,
le coperte più morbide.
Harry rimase lì steso sul letto a cercare risposte che non aveva a domande insistenti ed era così preso dai suoi pensieri che non si rese conto di Louis che era entrato nella stanza finché non sentì il materasso abbassarsi nel punto in cui il più grande si era seduto.
“Harry, tu non hai idea di quanto sei importante per me”, prese un grosso respiro, “ma ora come ora io non so cosa provo per te”, lo sguardo basso.
Lo sai.
Hai paura di ammetterlo e lo nascondi a te stesso, è diverso.
No!”, Louis si prese la testa tra le mani.
Harry lo guardava con gli occhi sgranati “Io non ho detto niente”, anche se avrebbe voluto urlargli che lo sapeva cosa sentiva per lui, ne era così consapevole che faceva male, perché l’amore fa male e lui amava Louis.
“Scusa, io non..”, si morse il labbro che tremava, “capisci perché ho bisogno di staccare un po’? sto impazzendo, Harry”.
Il riccio annuì, più per fargli un piacere che perché aveva capito davvero.
“Ti accompagno alla macchina”, Louis si lasciò andare in un sorriso lievemente accennato e fece cenno di “sì” col capo prendendo la valigia.
Il più grande caricò la sua roba in macchina e si riavvicinò al riccio che era rimasto in disparte a fissarlo “Ti chiamo appena arrivo, ok?”
Harry annuì e non sopportando più quel distacco si lanciò in un abbraccio che prese Louis un po’ alla sprovvista, ma non poté fare a meno che ricambiarlo affondando il viso nei suoi ricci, profumavano di miele, constatò mentre una lacrima gli rigava il viso. Harry gli sarebbe mancato, ma aveva davvero bisogno di far pace con se stesso, prima di dedicarsi completamente ad Harry, a una vita con Harry.
Louis prese il viso del più piccolo tra le mani “Stai attento, nessuno, e dico nessuno, può sfiorarti, toccarti, baciarti”, incastrò i suoi occhi in quelli verdi, “tu sei mio e solo io posso fare questo”, e lo baciò.
Un bacio sincero, dolce, bagnato dalle lacrime che scendevano su entrambi i visi.
A contrasto con la situazione era un bel bacio, uno di quelli che era tanto che non si davano, era profondo, pieno dei sentimenti che nessuno dei due era pronto ad esternare.
Quello non era un bacio d’addio.
Tornerò.
Ti aspetto.
 
Louis arrivò a destinazione per l’ora di cena come aveva programmato. Nemmeno il tempo di suonare alla porta che le due gemelline gli saltarono in braccio.
“Boo! Sei tornato!” gli urlava Phoebe nell’orecchio e Louis schioccò un bacio sulle guance di entrambe.
“Ragazze lasciatelo almeno entrare in casa” urlava sua madre probabilmente dalla cucina.
Louis salutò tutti affettuosamente e portò la valigia in quella che per tanto tempo era stata la sua camera, non era cambiata di una virgola.
Si sedette sul letto prendendo il cellulare in mano e scorse la rubrica. Hazza.
 
Due ore, erano passate due ore da quando Louis se n’era andato.
Anne era tornata quasi in contemporanea con Gemma e aveva dovuto spiegargli a grandi linee cosa era successo per poi rinchiudersi in camera a gesticolare col cellulare aspettando la telefonata di Louis. Sentiva già così tanto la sua mancanza, un mattone nello stomaco, un vuoto nel petto.
Appena appoggiò il cellulare sulla scrivania questo iniziò a vibrare insistentemente.
Louissul display.
Harry sorrise, l’aveva chiamato. Gli ci volle qualche secondo per riprendersi e rispondere.
“Ciao”, la voce forse un po’ troppo allegra per la situazione, ma ad Harry ormai bastava poco per essere felice, bastava la sua voce.
“Ehi, sono arrivato”
“Com’è lì?” parla Louis, ti prego, ho bisogno di sentirti.
“Come sempre, le mie sorelle erano molto contente di vedermi, Phoebe e Daisy mi sono saltate subito al collo”, Louis sorrise, tristemente, ma sorrise. Il problema è che non si sentiva a casa. Harry è casa. Forse non era stata la cosa giusta andare via, era stato impulsivo, come sempre, Louis Tomlinson ha paura e quindi scappa il più lontano possibile.
“Invece lì com’è? Mi dispiace non aver salutato Anne e Gemma..”
“Tranquillo, le ho parlato io”, sospirò, “e qui è come l’hai lasciato, il letto sfatto, luce spenta e tende tirate”.
“Sei al buio?”, rise lievemente, “anch’io, mi fa strano stare nella mia vecchia camera, è così grande e così..”
“Vuota, già so come ci si sente”, non c’è più la tua risata a riempire queste quattro mura, a far fremere il mio cuore.
“Harry..”, le urla di sua madre che lo chiamavano per la cena lo interruppero.
“E’ tua madre? Ha una voce potente!” e questo fece ridere Louis, il suono migliore che il riccio avesse mai sentito, avrebbe dovuto registrarlo.
“Già, mi sa che devo andare”, la voce un po’ incrinata da una smorfia di dissenso.
“Va bene Lou, ma torna presto”, perché se il tuo odore svanisce da questa stanza io non so come fare.
 
Louis scese in cucina, il tavolo era già apparecchiato e la sua famiglia era seduta ad aspettarlo.
“Finalmente Lou, con chi eri al telefono?”
“Ehm, un amico” o meglio, quello che probabilmente è l’amore della mia vita, ma io sono troppo codardo e coglione per ammetterlo e l’ho lasciato di nuovo.
“Cosa hai fatto al labbro?”, chiese suo padre dubbioso, “hai fatto a botte con qualcuno? Hai anche un livido sullo zigomo”.
Louis si irrigidì immediatamente sulla sedia, pensava che non se ne sarebbero accorti, dopotutto i segni di quell’incubo gli sembravano abbastanza svaniti, almeno in superficie.
“Mi hanno picchiato, in tre”. Oddio, sono pazzo, non l’ho detto davvero, sono pazzo. O forse sono stanco di mentire a tutti, a me stesso. Pensò Louis mentre suo padre stringeva i pugni sul tavolo, sua madre cercava di non strozzarsi con gli spaghetti e le sue sorelle lo guardavano con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata.
“Già, mi sa che è perché sono gay”. Ok, sono totalmente pazzo, non c’era più nessun dubbio, ma almeno con la mia famiglia potevo essere me stesso, no?
Rimasero tutti pietrificati per quelle parole finché Jay non scoppiò in una risata isterica “Stai scherzando vero?”.
“Ehm no e comunque prima ero al cellulare con il mio ragazzo” rispose tranquillamente, autocontrollo, anche se dentro c’è una tempesta.
Suo padre si alzò di scatto “Sapevo che non avremmo dovuto mandarti in quel paese sperduto a vivere da solo! Ti hanno traviato, eri un così bravo ragazzo, ti eri perfino trovato una fidanzata e poi cos’è successo?”
Louis ripensò alla prima volta che aveva visto Harry, o che meglio, era stato scontrato dal riccio, da come quegli occhi verdi lo avevano inchiodato all’armadietto, e sorrise “E poi ho conosciuto Harry”.
Sua madre divenne rossa in viso e suo padre impallidì “Bene, devi dire a quel finocchio che non tornerai da lui, che non tornerai ad Harlow. Mi sono spiegato?”
Louis si alzò così velocemente che la sedia si rovesciò per terra con un tonfo “Tu non puoi dirmi cosa devo fare” urlò, gli occhi che gli lampeggiavano di rabbia e le budella che si contorcevano disperatamente.
“Bhè, visto che senza i miei soldi non hai una casa, non hai da mangiare, non hai niente, io posso dirti cosa devi fare. Devi rimanere qui con la tua famiglia, noi vogliamo il tuo bene, vogliamo che tu rinsanisca.”
Louis corse in camera suo con gli occhi che già pizzicavano per le lacrime che spingevano contro le palpebre per uscire. Si lasciò cadere sul letto freddo, per niente accogliente, così estraneo. Non come quello di Harry, pensò, Harry.
Suo padre aveva ragione, senza i suoi soldi non era nulla, non poteva nemmeno pagarsi la benzina per andarsene, per andare da Harry, per tornare a casa.
Le lacrime iniziarono a inzuppare il cuscino dove si era sprofondato per attutire i singhiozzi. Lacrime di dolore, delusione, frustrazione. Aveva passato molto tempo ad osservare Anne, come abbracciava il figlio, come lo cercava appena tornata dal lavoro solo per chiedergli se stava bene, e a lei interessava davvero come stava. Eppure lei sapeva che suo figlio era gay, ma lo aveva accettato e forse, per quanto possibile, l’aveva amato più di prima. Perché i suoi genitori non capivano? Perché volevano tenerlo rinchiuso lì? Perché volevano curarlo? In lui non c’era niente che non andava, gli c’era voluto tanto tempo per capirlo, ma alla fine si era accettato per quello che era. L’unica cosa che doveva ancora affrontare erano i sentimenti per Harry, si facevano sempre più forti, più prepotenti, quasi dolorosi quanto piacevoli. Si era chiesto più volte se quello poteva essere amore, la risposta lo terrorizzava, per questo era scappato.
Che cosa stupida, che cosa inutile.
 
Se è amore non si scappa, puoi nasconderti, anche per anni se vuoi, ma appena abbasserai le difese lui sarà lì a ricordati quanto tu sia stato idiota per il solo pensiero di riuscire a salvarti.
 
 

Allora ehm, partendo dal fatto che questo capitolo non mi piace e che è decisamente più corto degli altri, chiedo scusa, ma è stato un periodo un po’ così-così.
 
Penso non ci sia molto da dire sul capitolo, solo non offendete il mio Louis perché io spaco botilia amazo familia.
È un ragazzo complicato, nemmeno lui riesce a capirsi e si odia per quello che fa ad Harry ogni volta che se ne va.
In più ora ci sono anche i suoi genitori che non lo accettano e non lo supportano.
 
Spero nonostante tutto che a voi il capitolo sia piaciuto e vi prego lasciatemi una recensione che sennò mi deprimo e intanto vi ringrazio perché negli ultimi due capitoli le recensioni sono aumentate e ve ne sono grata.
 
Come ben vedete ho aggiunto il banner alla storia, me l’ha fatto una ragazza che ho trovato su twitter @stylesjuliet non è bellissimo? **
Ah, passate dalla mia OS Larry? Ci tengo molto :’) 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1729193&i=1
Per qualsiasi cosa cercatemi su twitter @sunnymargot

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Resisti e persisti. ***





Resisti e persisti.

 
La mattina seguente alla partenza di Louis, la voglia di vivere di Harry era paragonabile a quella che poteva avere un bradipo di correre.
Infatti quando la sveglia suonò per ricordargli di andare a scuola la lanciò contro il muro e si nascose sotto il piumone. Quella sveglia gliel’aveva regalata Louis. Il suo ragazzo trovava improponibile svegliarsi con il trillo snervante del cellulare e quindi gli aveva regalato quella sveglia a forma di gatto che miagolava ogni mattina.
Mise il naso fuori dalle coperte solo quando sentì qualcuno bussare alla sua porta “Che c’è?”
Quel qualcuno si rivelò essere sua madre quando parlò “Amore posso entrare?” abbassando la maniglia.
In quel momento fu come se una scarica elettrica avesse attraversato il riccio che balzò fuori dal letto per precipitarsi fuori dalla porta e richiudersela subito alle spalle.
Sua madre lo guardava con un’espressione interrogativa e lui dovette giustificare quell’azione poco carina.
“Ehm mamma devo chiederti un favore”, Anne gli fece cenno di continuare, “non entrare in camera mia, ti prego”.
Sua madre continuava a non capire e iniziava a preoccuparsi pensando al peggio guardando quegli occhi arrossati, “Harry mi nascondi qualche cosa? Fumo? Droga?”.
Harry la guardava perplesso, “Droga? Bhè se così si può definire l’odore di Louis, bhè sappi che ti sto nascondendo la droga peggiore di tutte”, disse serio, “e non voglio che l’unica cosa che m’è rimasta di lui svanisca, se non posso sentire nemmeno più il suo odore, come faccio?”.
Sua madre lo abbracciò forte, “Scusa è che sono così preoccupata per te, non fare stupidaggini”, Harry lasciava che le ennesime lacrime scorressero sul suo viso e bagnassero la camicia di sua madre, “Andrà tutto bene, tornerà”. 
Harry si fece cullare dalle parole rassicuranti che sua madre gli sussurrava all’orecchio e per qualche secondo ci credette anche a quel ‘andrà tutto bene’.
 
 
Louis si addormentò vestito e fu svegliato la mattina dopo dalle gemelline che saltavano sul letto “Boo! Boo!”, aprì leggermente gli occhi e fu invaso dalla luce mattutina che entrava dalla finestra, “Ci prepari la colazione? Mamma e papà sono usciti presto e Lottie e Felicitè sono a scuola”.
“Va bene se vi porto a fare colazione fuori?”
“Sì!” urlarono all’unisono riprendendo a saltellare sul letto.
“Su andatevi a vestire, che andiamo”.
Louis si sistemò un po’ i vestiti e si passò una mano nei capelli, la testa gli scoppiava per tutti i pensieri che lo assillavano, ma non aveva intenzione di arrendersi. Doveva trovare la forza per uscire da quella situazione, doveva riuscire a riavere la sua vita, la sua indipendenza, il suo Harry.
Harry. Controllò il cellulare, nessuna chiamata, nessun messaggio, non poteva biasimarlo.
“Boo, siamo pronte”, lo avvertì Daisy con un sorriso a trentadue denti sbattendo gli occhioni blu, così simili ai suoi.
 
Louis le portò al bar dove passava sempre lui prima di andare a scuola quando ancora abitava con i suoi genitori e ordinò tre cappuccini con molta schiuma.
Era contento di essere uscito con Daisy e Phoebe, lo mettevano sempre di buon umore e lo adoravano al contrario di Lottie che si era sempre dimostrata abbastanza fredda con lui e anche con Felicitè non aveva un rapporto bellissimo, ma a lui importava il giusto di loro, nonostante fossero le sue sorelle.
Quando andò a pagare i tre cappuccini un volantino attirò la sua attenzione.
Cercasi commesso presso il negozio Hollister, Prince’s Street.
Una luce di speranza attraversò il suo sguardo e le sue labbra si aprirono in un sorriso mentre afferrava quel pezzo di carta.
Prese le gemelle per mano, “Ora andiamo a casa, ma prima passiamo in un negozio che devo fare una cosa”.
 
Entrarono nel negozio della Hollister e furono invasi da un profumo dolciastro molto forte che fece storcere il naso alle gemelline.
Louis si diresse immediatamente alla cassa dove una ragazza, doveva ammettere, molto bella, con lunghi capelli ricci biondi gli sorrideva “Hai bisogno di qualcosa?”.
“So che cercate un commesso nuovo, volevo fare un colloquio”, la ragazza lo squadrò, gli cadde l’occhio sulle due bambine che si stringevano ai suoi vestiti.
Louis, vedendo lo sguardo addolcito della ragazza, ne approfittò subito “Ho bisogno di questo lavoro”.
La ragazza non gli rispose, ma prese il telefono e chiamò probabilmente il suo capo “C’è un ragazzo per il colloquio qui, è molto bello, attirerebbe molte clienti”.
Louis sentiva una voce profonda dall’altro capo del telefono, ma non riusciva a capire cosa stesse dicendo, vide solo la ragazza annuire “ok, te lo mando subito” e riattaccare.
Poi si rivolse a lui “Vai nell’ufficio qui accanto, esci dal negozio, la prima porta a destra.”
Louis le dedicò un sorriso riconoscente “Grazie mille”, prese le bambine per mano e dopo nemmeno un’ora aveva trovato un lavoro ben pagato.
Louis era cos’ entusiasta che non appena rientrò in casa prese il cellulare e chiamò Harry.
 
 
Harry era rimasto tutta la mattina a letto e, siccome era in casa da solo, decise di non scendere nemmeno per mangiare qualcosa a pranzo, ma di accoccolarsi sotto il piumone, unica fonte di calore.
Si trovava in uno stato di dormiveglia, quando qualcosa lo risvegliò, era la vibrazione del cellulare che aveva messo sotto il cuscino nel caso Louis l’avesse cercato.
Rispose al telefono con un flebile “Lou” per poi essere scosso dalla voce allegra del più grande “Haz, ho trovato lavoro!”
Harry, un sussulto, il cuore che si spezza, ancora.
Non tornerà.
“Quindi non torni”, non era una domanda, era una semplice constatazione.
Solo in quel momento Louis si rese conto di non aver raccontato al riccio quello che era successo e di averlo appena mandato nel panico.
“Harry, è successo un casino. Ho detto ai miei che sono gay, perché hanno visto i segni di-di quella n-notte”, si fermò un attimo per non scoppiare a piangere come tutte le volte che ricordava, “mio padre ha detto che non mi sborserà più nemmeno un centesimo e io ho bisogno di quei soldi, per tornare, capisci?”.
Harry era sconvolto, non riusciva a credere a tutto quello che aveva sentito. Louis aveva davvero detto ai suoi genitori di lui, di loro, ma non l’avevano presa come pensava ed ora non poteva più tornare a meno che.. “Vieni a vivere con noi” disse speranzoso.
“Harry”, quel tono, più leggere, delicato, per non fare più male di quanto non facesse già, “Anne si fa già in quattro per te e Gemma, sarei solo un peso”, sospirò, “devo imparare a cavarmela da solo”.
Harry sentiva gli occhi farsi lucidi nella consapevolezza che Louis non sarebbe tornato per molto tempo, se non per sempre.
E se la vita là gli piace di più?
La prima lacrima che scende e si raccoglie all’angolo della bocca.
E se dovesse trovare qualcun altro?
E se dovesse innamorarsi di qualcun altro?
Iniziò a mordersi il labbro convulsamente, faceva male, non abbastanza, affondava i denti, il sapore metallico del sangue in bocca.
E se qualcun altro lo avesse sfiorato, toccato, baciato?
Un singhiozzo che non era riuscito a trattenere arrivò all’orecchio di Louis trafiggendoglielo, come una coltellata nello stomaco.
“Perché stai piangendo?”
E allora Harry decise di sfogarsi una volta per tutte, perché non ce la faceva più a tenersi tutto quel dolore, tutto quell’amore dentro.
“Perché piango? Davvero Louis?”, la voce più acuta e disperata di quanto pensasse, sperasse, “i-io, ehm, t-tu mi manchi tantissimo Lou e sento che il tuo odore in camera mia si sta affievolendo nonostante io non ci abbia fatto entrare nessuno. E-e io ho così paura d-di perderti, che tu conosca q-qualcuno e magari t-ti in-innamori di lui e io? Io co-come faccio, Lou? I-io che ti amo? E sì, L-Louis William Tomlinson, hai capito bene, i-io ti amo. Ma no-non dire nulla, devo andare” e riattaccò velocemente, prima che il più grande riuscisse a proferir parola. Aveva paura della risposta che avrebbe potuto avere e non era psicologicamente pronto, non era abbastanza forte per sopportare il peso di altre parole che lo avrebbero ferito. Spense il cellulare e lo lasciò sul comodino rigirandosi nel letto, avrebbe voluto sprofondare in quelle coperte, voleva soffocare ogni dolore, ogni lacrima e ogni singhiozzo di troppo.
Prima o poi finirà quest’agonia.
 
Louis rimase immobile, non si era ancora levato il cappotto lungo. Doveva sedersi, le gambe non avrebbero retto ancora per molto. Si guardò velocemente intorno individuando il divano come appoggio più vicino e ci si lasciò cadere.
Harry gli aveva detto piangendo che lo amava ed era terrorizzato all’idea che lui si innamorasse di qualcun altro. Come aveva potuto farlo soffrire di nuovo così?
Si prese la testa tra le mani tirandosi leggermente i capelli.
“Boo, sono già le due, non mangiamo?”, Phoebe lo guardava un po’ perplessa.
“Sì, certo, ma Lottie e Felicitè?”
“Loro mangiano sempre a scuola e di solito anche noi, ma oggi mamma ha detto che potevamo stare con te tutto il giorno” sorrise.
Louis cercò di tendere le labbra in sorriso, ma vista l’espressione di Phoebe gli doveva essere uscita fuori solo una smorfia.
Louis passò la giornata con le gemelline e quando i suoi genitori tornarono a casa si rinchiuse in camera, non aveva alcuna voglia di vederli. Ma questo non fu possibile quando sua madre prese a bussare insistentemente.
“Entra” disse Louis, freddo, glaciale.
“Oggi sono andata alla tua vecchia scuola per iscriverti, domattina vai in segreteria e consegna questo” disse porgendogli un foglio pieno di dati.
“Ho trovato un lavoro, inizio domani pomeriggio” rispose, la voce irritata, “quando avrò abbastanza soldi me ne andrò”.
“Quello che non capisci è che lo facciamo per il tuo bene”, sua madre uscì di camera con uno sguardo triste, accompagnata dalla risata sarcastica di Louis.
Il ragazzo non scese per cena e rimase chiuso in camera fino alla mattina dopo a pensare ad Harry, alla scuola, ad Harry, al lavoro, ad Harry.
 
 

Così fece anche nelle due settimane successive. Pensava ad Harry quasi costantemente, la mattina andava a scuola cercando di memorizzare più cose possibili in modo da mantenere una media decente. Quando usciva da scuola mangiava un panino e si fiondava al lavoro alla Hollister dove quasi tutti i giorni era in turno con Josh, avevano fatto amicizia in fretta e ogni tanto la sera lo passava a trovare al pub dove aveva trovato un secondo lavoro.
Josh era un ragazzo alto, moro, aveva un bel fisico ed era simpatico, ma soprattutto era gay e Louis si sentiva libero di essere se stesso quando era con lui, gli aveva anche parlato di Harry qualche volta, con lo sguardo basso e gli occhi lucidi.
 
“E tu avevi anche dei dubbi sui sentimenti che provi per lui?”, gli chiese ironicamente ridendo una volta, “no perché, io non ho mai visto nessuno con quegli occhi innamorati mentre parla di qualcuno”.
Louis rise amaramente, quella frase lo fece pensare molto.
 
Quel sabato erano passate due settimane da quando aveva sentito Harry l’ultima volta. Appena aveva un po’ di tempo libero provava a chiamarlo, ma il telefono era sempre spento, così lo tempestava di messaggi che non ricevano nessuna risposta.
Non capiva il comportamento di Harry, dopotutto gli aveva detto che lo amava.
Perché sparire così allora?
Si era forse pentito di quello che gli aveva detto?
Aveva deciso di lasciarlo perdere?
Anche quel pomeriggio mentre piegava le magliette lasciate malamente sugli scaffali le sue mille domande e paranoie lo tormentavano facendogli rivoltare lo stomaco.
A volte si immaginava così tanto di essere ancora con lui che la mattina allungava la mano nel letto cercando il suo corpo niveo e quando trovava solo il vuoto una grande delusione gli riempiva il cuore.
A volte sentiva quasi il suo odore. Harry non lo sapeva, ma forse se n’era accorto in queste settimane che quando Louis era partito gli aveva preso una maglietta infilandola furtivamente nella valigia.
Ora era passato alle allucinazioni, perché mentre sistemava un paio di jeans udì perfino la suo voce roca e profonda in lontananza, sorrise di se stesso, sto diventando pazzo.
Harry.
I suoi occhi incredibilmente verdi.
Il suo odore, la sua pelle candida che profuma di miele.
I suoi ricci morbidi da arrotolarsi tra le dita.
Le sue labbra carnose, rosse, da baciare, da mordere.
Le sue mani grandi, le mani sul suo corpo.
Quanto amo quegli occhi, quella pelle, quei ricci, quelle labbra, quelle mani.
Quanto amo Harry.

 
 

 
Eccomi qua con un nuovo capitolo in anticipo, sono stata brava, eh?
Comunque in questo capitolo di vede un Louis che decide di lottare, vuole essere indipendente, vuole prendere le redini della situazione in mano, si fa in quattro per guadagnare e con quei soldi farsi una vita non dovendo niente ai suoi genitori che nemmeno l’accettano.
Il carattere di Louis è molto complesso e volubile, sta crescendo e sta cambiando.
Io lo amo.
 
Le recensioni sono calate di nuovo, sinceramente ci sono rimasta male perché vedo che è seguita, preferita e ricordata da sempre più persone e questo mi fa davvero felice, però poi quando le recensioni calano e sono così poche ci rimango un po’ male.
Se il capitolo non vi piace o ce qualcosa che non vi convince, se avete delle critiche, lasciatemi una recensione e ditemelo, così posso migliorare.
Se il capitolo invece vi è piaciuto sarebbe altrettanto carino farmelo sapere, io ci tengo molto alle vostre opinioni.

 
Se vi va leggete anche la mia OS Larry, ci tengo molto :’) 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1729193&i=1
 
Detto questo, mi dileguo, vi dico anche che il prossimo capitolo potrebbe arrivare con un po’ di ritardo causa scuola.
 
Un bacio, Sonia xx.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Ti amo perchè. ***





Ti amo perchè.

La prima settimana senza Louis, Harry la passò recluso in camera sua, usciva per andare in bagno e ogni tanto per mangiare, ma la maggior parte delle volte lasciava quasi tutto nel piatto.
Aveva tenuto il cellulare spento e aveva chiesto a sua madre di non far entrare nessuno dei suoi amici, perché voleva stare un po’ di tempo da solo, per quanto sapesse che non fosse una cosa salutare.
Il suo programma giornaliero consisteva in “Trova il miglior modo per deprimerti” e riusciva sempre a portarlo a termine con successo.
C’erano giorni in cui doveva mettere a posto tutte le loro foto, altri in cui doveva ascoltare le loro canzoni miste a quelle più tristi che conosceva e altri giorni ancora in cui si limitava a vedere film strappalacrime ricoprendo il letto di fazzoletti.
Se c’è una cosa che Harry Styles ha capito in quei giorni è che odiava i film d’amore a lieto fine, ogni volta che finiva di vederne uno si ritrovava in lacrime e in preda alle peggio elucubrazioni mentali.
Nei film l’amore è sempre così semplice, insomma te lo fanno sembrare quasi complicato e poi in dieci minuti ti risolvono una vita in intera.
Sono incoerenti, i film sono incoerenti.
Non puoi pensare di lasciare una persona da sola nel suo dolore e di riprendertela con un banalissimo “Ti amo”, che magari non è nemmeno sentito e che quindi non richiederebbe nessuno sforzo fisico e psicologico.
Non come quello che ho dovuto affrontare io per dire a quello stronzo cronico che lo amo, perché io Louis lo amo davvero, non come fanno le persone nei film, perché alla fine quella è solo recitazione e forse è  perché le persone guardano troppi film che credono di potersi comportare come se ne fossero i protagonisti.
Il punto è che l’amore non è per niente semplice, non come dice quel cantante italiano, credo, che ha scritto persino una canzone che si chiama “L’amore è una cosa semplice”
La gente non sa nemmeno definire l’amore, come può pensare che sia semplice?
Per me l’amore è Louis, le sua passione per le maglie a righe, i suo capelli dall’aspetto sempre spettinati. Le sue manie, i suoi pregi e i suoi difetti. Tutto quello che è Louis è amore e di conseguenza non è per niente semplice.
 
 

Erano passate due settimane da quando Louis se n’era andato ed Harry aveva ripreso la routine scuola-casa, casa-scuola, dopo la sua settimana dedicata al “Trova il miglior modo per deprimerti”, perché non voleva far preoccupare troppo sua madre.
Liam e Niall cercavano di tirarlo su in tutti i modi, anche se non riuscivano a strappargli più di una risata momentanea. Zayn ogni tanto andava a trovarlo insieme ai ragazzi e il riccio per distrarsi si concentrava sul rapporto non ben precisato che c’era tra lui e Liam, li trovava divertenti, il modo in cui si stuzzicavano e si lanciavano frecciatine gli faceva pensare che ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, il loro sembrava più un flirt continuo.
Durante quest’ultima settimana aveva acceso il cellulare solo qualche minuto la notte per cancellare le chiamate di Louis e i suoi innumerevoli messaggi dove non diceva niente, solo che voleva parlargli, ma Harry no, aveva paura.
Harry gli aveva ingenuamente aperto il suo cuore, gli aveva detto che l’amava, si era reso ancora più vulnerabile e lui era così stanco di tutta quella situazione.
Harry dava quasi per scontato che Louis non l’amasse, perché l’aveva lasciato, l’aveva abbandonato, l’aveva fatto soffrire e quando ami una persona non vuoi che stia male, giusto?
Ma ad Harry mancava così tanto Louis, gli mancava tutto di lui, perché Louis è l’amore e “una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti”  *
 
Gli mancava la sua risata cristallina,
i suoi sorrisi dolci e gli sguardi maliziosi.
Gli mancava la sua gelosia,
le suo smorfie di disapprovazione quando qualcuno gli si avvicinava troppo.
Gli mancava quando faceva il finto offeso,
quando lo schiaffeggiava leggero per non fargli male.
Gli mancava quando, per ottenere ciò che voleva, faceva il labbrino sporgente con l’espressione da cucciolo.
 
Harry sorrise di quei ricordi un sabato mattina e, mentre era a fare colazione fuori con i suoi amici, si lasciò sfuggire un “mi manca”.
I ragazzi presi da un’accesa chiacchierata si zittirono subito rivolgendo lo sguardo al riccio.
Harry non aveva più voluto parlare di Louis, nonostante i loro tentativi di farlo sfogare, quando loro provavano a nominarlo andava subito in escandescenza, quindi rimasero un po’ sorpresi.
“Ehm, Harry, cosa hai detto?”, gli chiese Liam in un sussurro, non sapendo bene se voleva farsi sentire o no.
Harry lo guardava con gli occhi spalancati come se non avesse detto niente e non rispose, così Zayn gli si avvicinò “Ti manca Louis” e sorrise.
Harry non capì perché gli rivolse quel sorriso dolce, quasi rassicurante e disse “Liam prendi le chiavi della macchina!” con un entusiasmo che spaventò il più piccolo che capendo quello che volevano fare, o meglio, dove lo volevano portare, fu preso dal panico.
“Cosa? No, dico, cosa?” urlò nel bel mezzo del bar.
“Harry stai calmo ed andrà tutto bene” gli disse tranquillo Niall passandogli un braccio intorno alla vita per condurlo alla macchina di Liam.
 

Liam guidava con gli occhi fissi sulla strada e Zayn gli lanciava degli sguardi allegri dallo specchietto retrovisore mentre Niall gli toccava i capelli perché sapeva quanto quel gesto lo calmasse.
Harry si torturava le mani e si mordicchiava freneticamente il labbro inferiore che cominciava a gonfiarsi. Non si sentiva decisamente pronto a rivedere Louis, non dopo tutte le chiamate e i messaggi che aveva ignorato, perché tutti sanno che Louis è un ragazzo abbastanza permaloso e suscettibile.
“Harry andrà tutto bene”, di solito niente come la voce calda di Liam riusciva a calmarlo, ma questa volta non fu abbastanza.
“Lì, tutti continuate a dirmi che andrà tutto bene, ma voi non potete saperlo”, fece un grosso respiro, “secondo me andrà tutto fottutamente a puttane, come minimo mi caccerà via, mi urlerà contro, non lo so cosa succederà, ma niente di buono”.
Liam fermò di botto la macchina posteggiandola sul lato della strada, si levò la cintura e uscì dell’auto aprendo la portiera posteriore e tirò il riccio per il colletto per farlo uscire e spingerlo contro la carrozzeria.
“Ora tu, Harold Edward Styles, mi ascolti bene perché non ho intenzione di ripeterlo due volte. Tu e il tuo pessimismo mi avete rotto il cazzo, perché questo è immotivato visto che ti stiamo portando dalla persona che ami e che ti ama”, Harry stava per controbattere, ma si bloccò non appena vide l’espressione contrariata crescere sul volto dell’amico, “e probabilmente  se tu non avessi evitato tutte le sue chiamate e messaggi te l’avrebbe anche detto. Perché io non sto facendo non so quanti chilometri per nulla. Quindi ora sali in macchina e tieni la bocca chiusa.”
Harry aveva visto poche volte l’amico arrabbiarsi in quel modo, quando la vena sulla tempia inizia a pulsare in evidenza, e lo conosceva da quando erano bambini.
Forse Liam un po’ di ragione ce l’aveva, doveva calmarsi e così gli chiese di mettere il cd dei Coldplay dopo, ovviamente, avergli chiesto scusa.
Il viaggio, che per Harry fu il più lungo di tutta la sua vita, procedette abbastanza tranquillo finché non oltrepassarono il grosso cartello verde con su scritto ‘Doncaster’.
I Coldplay riuscirono a calmare anche Liam che “Haz, so che sei agitato, sono due settimane che non vi vedete e sentite, ma”, si bloccò un attimo per guardare il riccio negli occhi “ti voglio bene”.
“Anch’io ti voglio bene”, gli sorrise.
Per Harry, Liam era il padre che non aveva mai avuto, quello che ti sgrida quando fa qualcosa di sbagliato ed è sempre pronto ad aiutarti e supportarti, quello che ti fa montare sulla bicicletta dopo che sei caduto la prima volta.
 
“Ok, fermati Lì, questo è il negozio dove lavora”, disse Zayn voltandosi poi verso Harry, “vuoi che veniamo con te o ci facciamo un giro”.
“Venite con me, anche voi è tanto che non lo vedete, vi vorrà sicuramente salutare”, rispose il riccio cercando di guardare all’interno della Hollister e mentre scendeva di macchina lo vide, nei pantaloni della tuta grigi e la maglietta blu che si intonava sicuramente al colore dei suoi occhi.
Quello è un angelo, è bellissimo, pensò mentre mille farfalle si svegliavano e iniziavano a svolazzargli nello stomaco.
Mille emozioni gli inumidirono gli occhi, perché troppo tempo che non contemplavano tale splendore.
“Haz, ce la puoi fare”, sentì la stretta forte di Liam intorno alle spalle mentre un sorriso si apriva sul suo viso.
“Liam, io, e se è così arrabbiato da respingermi?”, l’amico lo fulminò con lo sguardo, “ok, la smetto, io vado, io ci provo, io lo amo.”
 
 

Josh aspettò che la cliente di Louis pagasse le canottiere, che aveva passato ben venti minuti a scegliere, per avvicinarsi al collega “All’entrata c’è un biondino per niente male”.
Louis rise, non sapendo che quel suono cristallino fece sussultare un ragazzo riccio poco distante da lui, “Quindi sarà la tua nuova preda?”
Josh lo guardò malizioso “Magari non riesce bene a sfilarsi i jeans che gli farò provare e gli servirà una mano” disse mischiandosi alla risata dell’amico.
E poi fu un attimo, un millesimo di secondo, proprio come la prima volta, e un paio di occhi verdi si scontrarono con quelli blu cielo incatenandoli in quell’istante e per sempre.
Louis sentì il cuore fermarsi per poi riprendere a battere velocemente contro il petto.
Harry.
Harry è qui.
Harry è venuto da me.
Louis iniziò a muovere le gambe nonostante si sentisse paralizzato, doveva essere una forza superiore a farlo spostare perché lui non se ne se rese nemmeno conto.
Harry mi ha ignorato per ben due settimane.
Mi ha detto che mi ama e poi è sparito.
Ora mi guarda, quasi sorride e io ho solo voglia di strappargli quel sorriso dal viso.
Voglio che soffra quanto ho sofferto io in queste due settimane.
Voglio che si senta in colpa, quanto mi sono sentito io quando sono partito.
Ma Louis non è mai stato un ragazzo coerente.
Vorrebbe mandarlo via e cacciarlo, ma si avvicina a lui con un sorriso.
Vorrebbe prenderlo a pugni, ma gli accarezza la guancia su cui sta scendendo una lacrima.
Vorrebbe urlargli contro gli insulti peggiori, ma lo bacia, lo bacia con forza, con prepotenza, perché ha bisogno di quel contatto, ha bisogno di Harry.
Lo spinge contro la vetrata del negozio in cui lavora, fregandosene della gente che li sta guardando, intersecando le mani in quei ricci che si sogna ogni santa notte.
Fa pressione su quelle labbra carnose e soffici per chiedere l’accesso al paradiso ed Harry lo accontenta, dischiude le labbra mentre con le mani sulle sue anche lo tiene il più vicino possibile che sembrano quasi una cosa unica.
Louis vorrebbe sputargli addosso quanto lo odia, ma riesce solo a sussurrargli all’orecchio “Anch’io ti amo”.
 

“Anch’io ti amo”
Harry, le spalle contro la vetrina di quel negozio in cui hanno decisamente spuzzato troppo profumo alla ciliegia, ha perso la cognizione del tempo e dello spazio, non sa come si chiama, quanti anni ha, chi sono i suoi genitori, se ha fratelli o sorelle o se gli è andato male l’ultimo compito di matematica.
L’unica cosa che Harry sa in quel momento è che Louis, una mano nei suoi ricci e l’altra che gli solletica il collo, gli ha appena detto all’orecchio che lo ama e allora il sole è un po’ più luminoso, il cielo un po’ più azzurro perché rispecchia il colore dei suoi occhi e quell’odore nauseante di ciliegia non è poi così male.
 

“Louis, andate da un’altra parte, non penso Paul apprezzerebbe, qui ci penso io” gli disse con tono pacato Josh e Louis annuì perché sapeva che uno dei motivi, il principale, per cui il suo capo Paul l’aveva assunto era perché era un bel ragazzo e attirava all’interno del negozio molte ragazze che ci provano squallidamente con lui.
Louis salutò i suoi amici e prendendo delicatamente Harry per mano lo condusse fuori mentre questo, con ancora un sorriso ebete stampato in faccia che faceva riaffiorare quelle dannatissime fossette che tanto gli erano mancate, era ancora piacevolmente sotto shock.
Ha detto che mi ama.
Louis mi ama.
Louis mi ama?
Panico.
E se l’ha detto perché si sentiva in dovere di dirmelo?
E se l’ha detto perché era solo preso dall’entusiasmo?
E se si dovesse pentire di avermelo detto?
 
Louis vide come il sorriso sul viso del riccio piano piano scompariva per lasciare il posto ad un espressione corrucciata.
“Harry?”, lo guardò negli occhi ed il più piccolo si sentiva nudo sotto quello sguardo profondo, “Che c’è che non va?”
“T-tu mi ami davvero?” gli chiese con gli occhi sgranati.
Louis si fermò, prese il viso di Harry tra le mani accarezzandogli le gote arrossate con i pollici e “Sì, Harry, ti amo davvero, ti amo perché quando hai la febbre diventi un rompipalle, ti amo perché batti i piedi per terra se non ti compro le caramelle gommose quando ne hai voglia, ti amo perché giri quasi sempre nudo per casa, ti amo perché mi fai le coccole dopo aver fatto l’amore e non ti addormenti subito, ti amo perché mi ascolti quando sono nervoso e divento logorroico, ti amo perché mi fai sentire protetto e al sicuro con un solo abbraccio, ti amo perché pensi prima ad asciugare le mie lacrime e poi le tue, ti amo perché sei forte e non ti arrendi mai, ti amo perché non mi hai risposto al cellulare per due settimane prima di venirmi a trovare. Quindi sì, Harry, ti amo davvero.”
 
 
 

Ed eccomi qua, perfino in anticipo, yo!
Questo perché la scorsa settimana l’ho passata a casa e quindi ho potuto scrivere questo capitolo che bhè, mi piace davvero tanto.
So che è molto, molto fluff, ma siccome ultimamente le cose non mi stanno andando molto bene per vari motivi avevo bisogno di distrarmi e di scrivere cose belle e dolci.
 
La frase * è una citazione di Oscar Wilde.
 
Poi abbiamo innanzi tutto Harry che povero cucciolo sta malissimo e si deprime, i suoi pensieri che bhè, sono ragionamenti forse un po’ strani e contorti ma mi sono venuti di getto lol.
Poi abbiamo Liam che mi sa tanto di papà orso e alla fine farei un applauso a Louis William Tomlinson che con queste uscite fluff guadagna 10 punti.
 
Le recensioni sono aumentate *ballalaconga*
Grazie mille a chi recensisce, alle 95 seguite, 19 ricordate e 41 preferite *piange*
Ora siccome a questo capitolo ci tengo tanto, lasciatemela una recensione dai *occhidolci*
Mi piacerebbe davvero sapere cosa pensate di questo capitolo, perché per me è bello, ma magari per voi non lo so, quindi fatemi sapere.

 
Un bacio, Sonia xx
Twitter: @sunnymargot

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Promesse e nuovi incontri. ***




Promesse e nuovi incontri.

 
“Dove mi porti Lou?”
“In un posto che per me è speciale” rispose intrecciando le dite con quelle fredde di Harry.
Così dopo circa un quarto d’ora si ritrovarono di fronte ad un muro d’alberi alla periferia di Doncaster.
“Mi stai portando in un bosco?”, chiese il riccio con uno sguardo perplesso, “vuoi farmi mangiare da un orso o animali simili?”
Louis scoppiò a ridergli in faccia, “Andiamo ma secondo te?”
Il più piccolo lo seguì un po’ riluttante all’interno della vegetazione abbastanza fitta,  “Non so, non ti ho risposto per due settimane al cellulare e..”, il riccio rimase senza parole dallo spettacolo che gli si parava davanti. Dopo qualche passo davanti a loro si era aperta una radura circolare costeggiata da alberi alti e robusti, tanti fiorellini lilla e altri gialli decoravano quel prato verde che era un invito a sdraiarcisi, proprio come fece quasi subito Louis, munito di un sorriso rilassato che lo rendeva ancora più bello.
Harry si sedette vicino a Louis facendogli appoggiare la testa sulle sue gambe “Comunque, seriamente, come mai non sei arrabbiato con me?”
Il più grande aspettò qualche secondo prima di rispondere, in realtà non lo sapeva bene neanche lui, era solo così felice di rivederlo che qualsiasi altra cosa era passata in secondo piano.
“Mmh, ecco, diciamo che il non sentirti, la tua mancanza, mi ha fatto andare quasi fuori di testa e mi ha fatto riflettere. Diciamo che mi ha aiutato a capire quello che provo per te, insomma che”, sorrise, “ti amo”, e si abbandonò ad una risata leggera e dolce, “fa così strano dirlo ad alta voce”.
 
Quello che aveva detto era vero, si ricordava benissimo il quinto giorno in cui durante una pausa al lavoro provò a chiamare Harry per l’ennesima volta e questo non rispose. Era così incazzato con il più piccolo che lanciò le scatole di cartone che erano nello sgabuzzino contro la porta. Quando Josh si accorse degli strani rumori provenienti dalla stanza sul retro e spalancò la porta allarmato si beccò perfino uno scatolone in testa.
 
“Sono felice di essere qui” disse ad un tratto Harry interrompendo il silenzio che si era creato, “mi mancavi tanto”, gli sussurrò mentre si chinava sul suo viso spostandogli i capelli dalla fronte, “ti amo”, e lo baciò dolcemente per poi sorridere contro le sue labbra.
 
“Sdraiati accanto a me” gli sospirò sulla bocca il più grande portando le mani nei suoi ricci per arrotolarseli intorno alle dita.
Harry obbedì, ma dopo pochi secondi si trovava già sopra Louis reggendosi sui gomiti per non pesargli troppo addosso. Il più grande si sollevò leggermente facendo scontrare i loro bacini.
“Louis”, si lamentò, “non ce la faccio a resistere, non ti tocco da così tanto”
Il più grande prese a mordergli il collo, “E allora lasciati andare, non ci vedrà nessuno qui”.
Così fece, si lasciò andare, decise di arrendersi all’amore mentre Louis con ogni bacio ne prendeva un po’ da lui, quel miele dolce e appiccicoso che non va più via dalle labbra.
Si amarono diventando un tutt’uno, c’erano solo i loro cuori che battevano l’uno contro l’altro, la loro pelle che sudava ed ogni goccia era miele che si incollava alle labbra, le mani vagavano sui loro corpi in cerca di un'ancora a cui appigliarsi, l’uno era la salvezza dell’altro.
 
 
“E ora cosa facciamo?”, stavano camminando mano nella mano, il sole stava per tramontare e Louis doveva andare a lavorare al pub.
“Io vado al lavoro e tu mi mandi un messaggio quando siete arrivati a casa”, rispose il più grande come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Non intendevo in un futuro vicino, ma domani? Tra una settimana?”, chiese il riccio strattonandolo leggermente.
“Tra due settimane è il tuo compleanno Haz, sarò con te, lo giuro”, gli sorrise rassicurante.
Harry lo abbracciò forte sussurrandogli ‘grazie’ all’orecchio. Aveva bisogno di Louis e il pensiero di non poterlo vedere per altre due settimane gli provocava delle dolorose fitte al petto e allo stomaco, ma ci sarebbe stato per il suo compleanno, glielo aveva appena giurato e non poteva non essere felice in quel momento, tra le sue braccia con una promessa sul cuore. Il compleanno senza Louis sarebbe stato come non avere le candeline sulla torta, non avrebbe avuto senso.
“Non me lo perderei per niente al mondo lo sai” e Louis avrebbe davvero fatto di tutto per non perderselo, sapeva quanto Harry ci teneva a queste cose, in realtà Harry teneva a qualsiasi festività, figuriamoci al suo compleanno.
 
 
“Oh, eccovi finalmente!” esclamò Niall vedendoli svoltare l’angolo del negozio.
“Sì, Niall, è bello vederti” rispose ironico Louis avvolgendo un braccio intorno alla vita di Harry per voltarlo verso di sé.
“Ora devi andare vero?” chiese il riccio abbassando lo sguardo.
“Sì”, con il dito sotto il mento fece alzare lo sguardo al più piccolo, “e accendi il cellulare per favore”, sorrise vedendo le labbra di Harry stendersi leggermente.
“Sì lo farò”.
Il riccio lo strinse forte a sé affondando il viso nell’incavo del suo collo, “Non so se voglio lasciarti andare”.
“Hei, ce la possiamo fare ok?”, Louis cercò di infonderli un po’ di quella forza che nemmeno lui aveva e gli prese il viso tra le mani, “ok?”.
Harry annuì e lo baciò dolcemente, era il suo modo per comunicare con Louis, invece di muovere le labbra per parlare, le muoveva per baciarlo.
 
 
 
“Come ti senti?”, Niall era rimasto a cena da Harry perché questo non voleva rimanere solo e Liam e Zayn erano andati da Nandos.
“Mmh bene” rispose il riccio tirando le gambe ad aderire ancora più forte al petto, era seduto sul divano accanto al suo amico e cercava di concentrarsi su quel film di cui non sapeva nemmeno il nome, ma a quanto pare il biondo non era altrettanto interessato alla vicenda.
“Harry?”, Niall non era per niente interessato al film.
“Vuoto, mi sento vuoto e Louis mi manca di già, ora sei contento?” sbottò infastidito continuando a puntare gli occhi sul televisore.
“Scusa”, sospirò rumorosamente, “senti, Liam mi ha mandato un messaggio, raggiungiamo lui e Zayn al Twenty?”
“Ok, va bene”, rispose senza pensarci troppo, in realtà non aveva voglia di uscire, ma non voleva nemmeno essere tempestato di domande su come si sentisse, visto che ne avrebbe avute abbastanza nelle seguenti due settimane.
 
 
 
Louis stava servendo innumerevoli drink quella sera, non c’era da stupirsi, era sabato, e sapeva che presto sarebbe arrivato anche Josh con qualche suo amico e gli avrebbe fatto un po’ di compagnia. Louis non lo voleva ammettere, ma la solitudine gli faceva male, il freddo che si creava intorno a lui quando non c’era nessuno vicino al suo cuore era insopportabile. Dopo un po’ di tempo ci si abituava, ma dopo una giornata passata con Harry, dopo aver sentito di nuovo il fuoco dentro di sé, quella sensazione del nulla intorno era intollerabile.
“Hei Louis!”, come previsto Josh si sedette al solito sgabello mentre i suoi amici ordinavano da bere all’altro barista, “è da quando te ne sei andato con Harry che non abbiamo più parlato. Allora com’è andata? Cosa avete fatto?”
Louis sorrise malizioso “Non penso tu voglia sapere i particolari”.
“Uhuh, dove?”
“Non sono affari tuoi!”
Josh stava per controbattere ma una voce coprì la sua “Louis prepara un Long Island” disse Daniel, l’altro barista.
“Scusa, stasera non ho tempo per chiacchierare, ci vediamo lunedì al lavoro, ok?”
“Va bene amico, ma poi sì, voglio i particolari”, Josh gli fece l’occhiolino allontanandosi e raggiungendo gli altri suoi amici.
Da quel momento cercò di concentrarsi solo sulle bevute che doveva preparare, si prese solo due minuti per leggere il messaggio che Harry gli aveva mandato.
‘Siamo arrivati sani e salvi,
mi manchi già xx’
Louis sospirò, ma non rispose al messaggio, aveva fatto capire al ricco quanto lo amava, quel pomeriggio si era esposto, si era aperto e reso vulnerabile più di quanto in realtà desiderasse. In quel momento non riusciva a capire se era davvero stata la cosa giusta, forse certe cose andrebbero tenute per sé.
Anche tu mi manchi amore mio
 
 
Harry entrò nel locale accanto a Niall e individuò subito Liam e Zayn seduti al loro solito tavolino che scherzavano animatamente, si unirono a loro e il riccio fu contento di essere uscito quella sera perché si stava divertendo con i suoi amici come non faceva da tanto tempo. Questo nonostante Louis non gli avesse risposto al messaggio, ma probabilmente era troppo occupato al lavoro e appena sarebbe arrivato a casa gli avrebbe scritto qualcosa, o almeno sperava. Dopo tutto avevano passato un bel pomeriggio, non c’era motivo di allarmarsi, giusto?
Si morse il labbro preoccupato, doveva trovare un modo per controllare la sua ansia
“Terra chiama Styles, terra chiama Styles”, Liam gli stava sventolando una mano davanti al viso e lui non se n’era nemmeno accorto.
“Sì scusate, cosa stavate dicendo?” chiese cercando di interessarsi davvero alla conversazione.
“Che l’amico di Louis ci ha provato tutto il tempo con Niall!” scherzò Zayn seguito dalla loro risata, tranne quella del biondo che arrossì violentemente.
“Non è vero”, protestò generando un’altra risata.
“Ma che begli occhi che hai, rispecchiano il colore del cielo”, riprese Zayn facendo il verso a Josh.
“Non ha detto così, Harry non credergli”, ribatté alzando il tono della voce in modo decisamente poco virile che li fece ridere ancora di più, “ho bisogno di bere”.
“Vado e prendere delle birre” si offrì il riccio alzandosi dal tavolo.
 
“Hei, curly, cosa ti porto?” , un ragazzo che Harry non aveva mai visto, con un sorriso sfacciatissimo stampato in faccia gli si parò davanti.
“Come mi hai chiamato?” chiese visibilmente irritato, solo Louis lo chiamava in quel modo e quando lo faceva con quella voce dolce, a volte roca e sensuale, lo rendeva ancora più bello. Sentito dire da uno sconosciuto con quel tono ammiccante era decisamente fastidioso.
“Hei, calma, come ti chiami?” gli domando il ragazzo sulla difensiva, che doveva essere sicuramente più grande dii lui di almeno cinque o sei anni.
Harry ci pensò un po’ ma alla fine cedette e cercò di rilassarsi “Harry”.
“Ok, Harry, cosa ti porto?” ritentò sorridendo.
“Quattro birre”
Il ragazzo, che Harry notò avere un ciuffo castano davvero alto, molto più di quello di Zayn, alzò un sopracciglio sorpreso e non si mosse.
“Non sono tutte per me, là ci sono i miei amici” si giustificò Harry indicando i tre ragazzi seduti al tavolino nell’angolo.
Mentre il barista gli passava le bibite ad Harry venne spontaneo chiedere “Ma tu chi sei? Non ti ho mai visto lavorare qui e io qui ci sono quasi sempre”.
“Nick, Nick Grimshaw”.

 
 

Eccomi qua, sono in ritardo, lo so, scusate c.c
Ma questo capitolo non mi veniva proprio fuori e alla fine è venuto fuori questo troiaio assurdo che boh.
 
Nuovo personaggio: Nick Grimshaw, sappiate che io non lo sopporto e che quindi, di conseguenza, il personaggio rispecchierà quello che un po’ penso di lui.
 
Comunque, ricordatevi della promessa che ha fatto Louis in questo capitolo u.u

Ringrazio di cuore chi mi lascia sempre anche una piccola recensione per farmi sapere cosa pensa dei miei capitoli, per me è molto importante.
Quindi, me la lasciate una recensione? *occhidolci*
 
Vi linko anche la mia OS Larry, mi farebbe piacere se mi diceste se vi piace  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1729193&i=1
 
Ora devo scappare, un bacio, Sonia xx
Twitter @sunnymargot

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** (In)comprensioni ***




(In)Comprensioni

 
“Louis posso parlarti?”, Jay era entrata in camera senza nemmeno bussare infastidendolo.
“Se ti dicessi di no parleresti uguale, giusto?”
“Sì, è importante”, Louis scrollò le spalle e le fece cenno di sedersi sulla sedia di fronte a lui che era seduto sul bordo del letto a gambe incrociate e posò il laptop di fianco a lui.
“Quindi?” chiese spazientito, insomma era venuta lì per parlare, che parlasse.
“Mi dispiace Louis”, gli occhi le si fecero lucidi e le labbra tremavano appena così come la sua voce, “qui non sei felice, finché non diventi indipendente economicamente non puoi andartene, ma mi dispiace così tanto non vederti più sorridere in questa casa”.
Louis si morse il labbro inferiore, “Non mi accetterete mai per quello che sono”, non era una domanda, la loro reazione era stata una risposta più che esauriente.
“Ci hai preso alla sprovvista, conosci tuo padre, è inutile illuderti, no, non ti accetterà. Ma sei anche mio figlio e per quanto sia difficile per me comprendere tutto questo, io ci voglio provare davvero”.
Louis la guardò con gli occhi sgranati, non se lo aspettava questo sforzo da parte di sua madre, ma se aveva anche una sola opportunità per riavvicinarsi a lei voleva provarci.
“Uhm, non so che dire” disse abbassando lo sguardo, quello di Jay era troppo penetrante e lui non era pronto a farsi scavare dentro, non ancora.
“Parlami di lui”, bisbigliò velocemente sua madre, forse non troppo convinta.
Parlami di lui.
Ok, questa è facile.
“Allora, lui si chiama Harry, ma questo già lo sai”, spostò lo sguardo fuori dalla finestra, “ha la testa piena di ricci, sono morbidi e mori, se li scuote sempre”, sorrise, “i suoi occhi non hanno un colore definito, cambiano tonalità in base al tempo, passano dal verde più accesso, all’azzurro che sfiora il grigio e le sue labbra sono perfette” quando sono sulle mie, quando percorrono il mio corpo baciando ogni centimetro della mia pelle, quando mi lasciano i segni dell’amore, pensò, ma non poté dirlo a sua madre, sarebbe stato imbarazzante per entrambi.
“L’ho conosciuto perché m’è venuto addosso per ben due volte nella stessa giornata”, rise, “diciamo che è abbastanza distratto ed è molto ansioso e quando è preoccupato si morde il labbro inferiore, come me. E’ un ragazzo molto dolce e divertente, ha sempre la battuta pronta e ha una bellissima risata, chiunque starebbe in silenzio per sentirlo ridere, è qualcosa di magico. Inoltre mangia veramente tanto e ha una passione per i muffin al cioccolato e le caramelle gommose, è inquietante la dose che riesce a mandare giù di quei troiai.”
Louis continuò a parlare di Harry per quasi un’ora intera, tra un sorriso e l’altro, mentre sua madre lo ascoltava e ad ogni parola il cuore un po’ s’alleggeriva, perché come poteva essere sbagliata la felicità di qualcuno?
Jay non aveva mai visto suo figlio parlare così di qualcuno, non aveva mai visto quegli occhi azzurri brillare per amore.
Forse è vero che l’amore non ha sesso.
“Grazie Louis”, sospirò dolcemente fiondandosi tra le sue braccia, quanto gli era mancato suo figlio.
Louis rimase un po’ perplesso, in realtà non capiva bene cosa stesse succedendo, ma sentendo le lacrime di sua madre bagnargli la guancia ricambiò l’abbraccio e dopo tanto tempo la sentì un po’ più vicina al cuore.
 
 
 
“Harry?”, il riccio si voltò di scatto trovandosi a pochi centimetri dal barista con cui aveva parlato due giorni prima, non se lo ricordava così alto, ma forse la sua figura era slanciata da quel ciuffo che sfidava le leggi di gravità.
“Ma tu sei uno stalker o cosa?” chiese tra i divertito e lo spaventato.
“In realtà abito qui”, sorrise facendo un cenno al palazzo dietro di lui, “ e stavo andando a compare le sigarette, mi accompagni?”
Il riccio alzò il sopracciglio in segno di sorpresa, forse avrebbe dovuto rifiutare, soprattutto sapendo quanto Louis fosse geloso, ma non c’era e lui si stava annoiando a morte perché i suoi amici erano tutti impegnati, a fare cosa non lo sapeva.
Forse rimase un po’ troppo a pensare a cosa rispondere perché Nick riparlò “Non voglio provarci con te, ok? Voglio solo farmi qualche amico, non è semplice quando arrivi in una nuova città.”
Harry ci pensò qualche secondo, non c’era niente di male a farsi un nuovo amico, dopotutto se era costretto a passare una giornata da solo voleva dire che non ne aveva abbastanza.
“Mmh, ok, anch’io devo comprare le sigarette” rispose stringendosi nel giacchetto.
 
“Quindi vai ancora a scuola, eh, ricciolino?”, rise portandosi la tazza bianca alle labbra. Dopo essere passati dal tabacchino, Nick aveva proposto al riccio di prendere una cioccolata calda al bar in centro. Harry andava sempre lì con Louis, gli sembrava un motivo stupido per rifiutare così aveva accettato e si era beccato anche una scottatura sulla lingua a causa della cioccolata bollente.
“Già, ne ho ancora per due anni in realtà” disse sconsolato, la sua voglia di andare a scuola, soprattutto ora senza Louis, era inesistente. Si chiedeva dove trovasse la forza di alzarsi ogni mattina dal letto prima di conoscere Louis. Certo, c’erano i suoi amici, ma non erano comunque un buon motivo per andare a scuola, gli avrebbe visti il pomeriggio. Invece il bisogno di vedere Louis il più presto possibile lo portava a entrare addirittura in orario, sorrise, non vedeva l’ora di rivederlo.
“Con quel sorriso devi avere una mandria di ragazzine che ti vengono dietro”.
Harry arrossì violentemente “Io, ehm, ecco”, si morse il labbro.
Nick scoppiò in una fragorosa risata “Calmati, stavo scherzando”, si sporse in avanti arrivando a pochi centimetri dal riccio immobilizzato dall’imbarazzo, “si vede lontano un miglio che sei gay”.
Se possibile, Harry arrossì ancora di più affondando il mento nel cappotto e abbassando lo sguardo.
Nick sembrò sorpreso di quella reazione e dopo averlo osservato per qualche secondo continuò, “Guarda che non c’è niente di male, anch’io lo sono e penso che lo sia anche quel ragazzo seduto là a chiacchierare col barista”.
Harry sorrise agitato “Qui non lo sa nessuno di me, o quasi”, ripensò a quel giorno nel bagno della scuola, a Stan, a capodanno.
Louis.
Serrò la mascella, aveva tenuto quei ricordi così lontani da lui, li aveva appallottolati e nascosti in un cassetto della mente sperando di non trovarlo più, di dimenticare.
Ma come scordarsi tale orrore?
Louis.
In quel bagno.
Il sangue.
I lividi.
Andiamo a casa.
Le gambe molli, le mani tremanti, strinse gli occhi, non voleva pensare a tutto quello che Louis aveva dovuto sopportare, il dolore, l’umiliazione.
Louis.
Voglio abbracciare Louis.
Non pensare, Harry, non pensare.
Gli occhi umidi e il respiro accelerato.
“Harry?”, Nick lo guardava confuso, con un senso di impotenza.
Il riccio si alzò di scatto con il fiatone, come se avesse corso, ma in realtà erano stati i ricordi a correre, arrivando dritti al traguardo, al suo cuore.
“Io, scusa, devo andare”, così dicendo si dileguò veloce fuori dal bar e si diresse a casa sua, lasciandosi poi scivolare con le spalle lungo la porta chiusa nel buio del corridoio.
Ogni singola scena di quella sera riaffiorava senza pietà e lo distruggeva, doveva essere forte per Louis, ma ora questo non c’era e tutta quella scorza dura si stava sgretolando. Probabilmente se tutto questo fosse successo a lui non avrebbe fatto tanto male, ma come si poteva ferire una creatura così perfetta, dolce e indifesa? Louis, così fragile.
 
Harry sentiva fortemente il bisogno di spaccare qualcosa, qualunque cosa. Per questo, la mattina seguente, ciò che venne rotto fu il naso di Stan preso violentemente a pugni dal riccio.
Harry non era riuscito a dormire la notte, ogni volta che chiudeva gli occhi l’immagine di Louis steso sul pavimento freddo si faceva sempre più nitida. Aveva mandato dei messaggi a Louis e lui gli rispondeva che stava bene, anche se era un po’ stanco, ma almeno da Hollister poteva scherzare un po’ con Josh. Ma la cosa più bella che gli disse era che sua madre voleva capirlo e che forse ci stava riuscendo davvero.
La mattina si era alzato dal letto con due occhiaie profonde e nere, come il suo umore, come la maglia che indossò. Harry vedeva nero e aveva deciso che anche qualcos’altro sarebbe diventato nero quella mattina.
E così fu, il naso di Stan, il suo occhio destro e la mascella gonfia, il labbro spaccato. Ed Harry vedeva nero mentre lo gonfiava di botte, mentre nessuno cercava di fermarlo, la gente si era limitata a disporsi intorno a loro per godersi la scena.
Alla fine fu Liam a dividerli, appena uscito di classe, si diresse verso la massa e trovò Harry così incazzato che un po’  gli fece paura, ma prese subito in mano la situazione strattonandolo violentemente per un braccio e sbattendolo contro l’armadietto dietro di lui.
“Harry!”, lo smosse un po’ finché i suoi occhi non si schiarirono e lo sguardo si rilassasse insieme al volto, “Harry andiamo a casa”.
 
Harry dopo quel giorno ne rimase a casa altri tre, era abbastanza soddisfatto di quello che aveva fatto, non poteva nasconderlo, ma preferiva comunque stare a casa per tranquillizzarsi un altro po’.
Inoltre sentiva molto spesso Louis e sembrava che le cose gli stessero andando bene, con il lavoro, con sua madre, e questo lo rilassava.
Sentiva sempre di più il bisogno di parlare con Louis, gli mancava tantissimo e nei momenti in cui sentiva la sua voce, la sua risata, tutto sembrava migliore. Non riusciva ancora a capire come facesse a rendere tutto più bello, era assurdo, ogni cosa valeva la pena di essere vista, ascoltata, vissuta se eri con Louis.
Ecco perché Harry amava Louis, perché dava un senso alle cose, dava un senso alla vita.
 
 
 
“Haz, ti va di venire al Twenty stasera?” gli chiese Niall mentre giocavano a Fifa.
“Mmh, va bene, dai”, Niall sorrise e tornò a concentrarsi sulla palla, ma niente da fare, rimaneva una schiappa in quel gioco.
Ultimamente Niall passava molto tempo a casa del riccio, cercava di distrarlo e farlo divertire, anche se a volte con scarsi risultati, ma apprezzava lo sforzo.
Liam invece, non si vedeva molto, Harry pensava fosse per Zayn, anzi, ne era abbastanza convinto. Gli dispiaceva non vederlo più come prima, ma se questo lo rendeva felice, lo sarebbe stato per lui. Aveva sempre avuto dei dubbi su quell’amicizia troppo attenta ai particolari e questi venivano confermati ogni volta che si guardavano o si accarezzavano la mano di nascosto.
 
Quando Harry entrò nel locale la prima persona che vide fu Nick, si sentiva tremendamente in colpa per come l’aveva lasciato da solo in quel bar, così si diresse verso di lui.
“Allora sei sempre vivo, ricciolino” gli fece il moro sorridendogli.
“Io,ehm, mi dispiace, non dovevo scappare così” disse Harry abbassando lo sguardo, per non incrociare quello del barista, aveva paura di essere giudicato.
“Tranquillo, tutti abbiamo dei momenti no”, scrollò le spalle e gli mise un drink trasparente sotto gli occhi, “ma se vuoi farti perdonare puoi farmi un po’ di compagnia".
Ed Harry rimase, dopo un paio di drink iniziò a sciogliersi e a scherzare animatamente, dopotutto non era male quel Nick o forse lui era un po’ ubriaco.
Fatto sta che senza rendersene conto butto giù più bevute di quelle che una persona normale avrebbe retto ed è per questo che senza nemmeno accorgersene la mattina seguente si trovò disteso nel suo letto con la testa pesante che sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro e un bigliettino sul comodino.
Non dovresti bere così tanto ricciolino,
Nick :)
 
 
Louis, come tutti i venerdì sera, era sommerso di ordini, sembrava che la gente non desiderasse altro che bere, mentre lui non desiderava altro che andare a casa e chiamare Harry. Sapeva che era uscito perché l’aveva sentito qualche ora prima, ma era ormai diventato dipendente dalla sua voce, avessero trasmesso quella invece di quel rumore che non si poteva nemmeno definire “musica” ci sarebbe stato più volentieri al lavoro.
Così si prese dieci minuti di pausa e uscì dal locale col cellulare in mano digitando il numero di Harry che ormai aveva imparato a memoria.
Uno squillo, due squilli.
“Pronto?”
Colpo al cuore. Erano le quattro di notte e quella non era la voce di Harry.
“Scusa ma chi sei?” chiese Louis cercando di non lasciare trapelare il panico dalla sua voce.
“Nick Grimshaw”.
Louis riattaccò preso da una spasmo.
Nick?
Harry gli aveva parlato una volta di lui, era il nuovo barista del Twenty One e avevano chiacchierato un paio di volte, aveva detto.
Perché aveva risposto al cellulare di Harry, del suo Harry?
Louis mantieni la calma, non arrivare a conclusioni affrettate.
Harry ti ama.
Non ti tradirebbe mai, nemmeno da ubriaco, nemmeno se non ci sei.
Tu lo conosci, tu ti fidi, vero Louis?
 

 

 
 
Eccomi qua, credo puntuale lol
Allora, questo capitolo è ok, niente di che, ma nemmeno malaccio dai, poi ora vi lascio con un po’ di suspense u.u
Come vediamo la madre di Louis cerca di capirlo e ci sta riuscendo, credo, e questo mi rende felice.
So che ad alcune di voi Nick, nella realtà, sta simpatico, ma a me no perché è un essere umano, non una cozza e quindi può anche non stare attaccato ad Harry ogni volta che può. Peace and love and Larry :)

Se ci sono errori o ripetizioni scusatemi tantissimo, ma non ho avuto il tempo di ricontrollarlo c.c
 
Comunque sono arrivata a più di 100 seguite e più di 100 recensioni totali.
Quindi grazie a tutti voi che seguite, preferite, ricordate e recensite, mi rendete felice.
Sapete che ci tengo tantissimo alle recensioni quindi vi prego lasciatemene una per esprimere il vostro parere, daaai c.c
 
E passate dalla mia OS Larry -> 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1729193&i=1
 
Inoltre volevo dirvi che mi sono innamorata dei 5 Seconds Of Summer e che shippo as a romance i Mashton sjkahfaljsfha
C’è qualcuno di voi che li ascolta? :)
 
Ora vi lascio e vado a studiare latino,
un bacio, Sonia xx
 
Twitter: @sunnymargot

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Spiegazioni. ***




Spiegazioni.
 

Non dovresti bere così tanto ricciolino,
Nick :)
 
Harry rabbrividì nel leggere quelle parole scritte sul bianco pezzo di carta. Non si ricordava nemmeno come avesse fatto a bere tutti quei drink, non sapeva quanti ne aveva bevuti e sinceramente non ci teneva nemmeno a saperlo.
L’unica cosa che gli interessava era sapere cosa aveva fatto da ubriaco, come era arrivato a casa e perché sul suo comodino c’era quel bigliettino firmato da Nick.
Prese in mano il cellulare per vedere se in stato di  incoscienza avesse mandato strani messaggi alle persone in rubrica, ma l’unica cosa che trovò fu una chiamata di Louis durata pochi secondi alle quattro di notte. Sbatté i suoi occhioni confuso, le telefonate con il suo ragazzo non duravano mai così poco, mai. Harry aveva paura di averlo fatto arrabbiare perché aveva bevuto troppo, a Louis non piaceva quando succedeva e si innervosiva sempre, ma comunque sapeva che si poteva fidare di lui, lo aveva sempre fatto e continuava a farlo, giusto?
Per togliersi ogni dubbio decise di chiamare il castano, ma questo non rispose, forse dormiva ancora, sapeva che ultimamente era molto stanco, tra la scuola e i due lavori, lo ammirava molto per tutto quello che faceva, per lui, per loro.
Dopo qualche minuto capì che se voleva davvero delle risposte, l’unica persona che a quanto pareva poteva dargliele era Nick, ma non aveva il suo numero e quindi avrebbe dovuto aspettare la sera per parlargli.
Panico.
Come avrebbe fatto ad arrivare alla sera senza risposte?
Harry è sempre stato un tipo ansioso, ma questa volta non aveva nulla di cui preoccuparsi, non aveva fatto niente di male, vero?
No, di una cosa era sicuro, mai avrebbe tradito Louis, né sotto l’effetto dell’alcol, né sotto ricatto, né sotto droga, se mai qualcuno dovesse drogarlo, né sotto niente.
Louis era tutto quello che aveva, era diventato il suo mondo, la sua casa, il suo luogo sicuro, quello dove cerchi un riparo da un temporale.
 
 
 
Louis quella notte non chiuse occhio, non avrebbe dovuto buttare giù a quel Nick, avrebbe dovuto chiedergli che cazzo ci faceva a casa del suo ragazzo alle quattro di notte.
Malediceva la sua impulsività che ormai aveva capito, non portava mai a nulla di buono.
Quando la mattina sorprese il suo cellulare a vibrare con la scritta “Hazza” che lampeggiava era rimasto troppo tempo a pensare se rispondere o no, tanto che l’altro aveva riattaccato. L’indecisione era data dalla voglia e dalla paura di sapere, che comunque continuavano a logorarlo. Insomma era ovvio che volesse sapere quello che era successo, ma aveva anche paura, paura di cosa poi? Harry non lo avrebbe mai tradito, mai, Harry lo amava. Eppure nonostante questo aveva paura, perché nel caso in cui lo avesse tradito, non aveva idea di come avrebbe reagito, non si sarebbe frantumato solo il cuore, ma anche l’anima, sarebbe diventato un automa, senza vita, Harry era vita.
 
Il pomeriggio decise di chiamare Josh, visto che era anche il suo giorno di riposo, e di uscire un po’ con lui, così magari si distraeva un po’ dai tutti quei pensieri contrastanti che lottando gli facevano venire il mal di testa.
Josh era il suo unico amico e in poco tempo ci si era affezionato molto, forse perché un po’ gli ricordava Zayn, anche se era più estroverso, lo faceva sentire capito, giusto.
 
“Comunque, quando hai detto che è il compleanno del riccio?”
Louis e Josh dopo varie innocenti discussioni avevano optato per prendere un pezzo di pizza, anche perché Louis continuava ostinatamente ad opporsi al gelato, insomma gennaio stava finendo e il freddo gli stringeva le viscere.
“Tra cinque giorni, venerdì primo febbraio” rispose abbassando lo sguardo, Josh lo notò subito ed “Hei, è successo qualcosa?” disse apprensivo posando il pezzo di pizza sul cartone.
Louis annuì e strinse gli occhi che sentiva farsi umidi perché era stupido piangere, era stupido passare a conclusioni affrettate.
Così, invece di distrarsi, passò il pomeriggio a sfogarsi con Josh riuscendo con una grande forza di volontà a non piangere, o almeno non troppo.
 
Dopo la chiacchierata e lo sfogo, Louis si sentì un po’ più leggero ma ugualmente preoccupato, nonostante i tentativi di Josh di calmarlo perché lui pensava, anzi era convinto, che Harry gli sarebbe sempre stato fedele perché era troppo innamorato, “si vede dagli occhi”, gli aveva detto.
Camminavano in silenzio in mezzo ai negozi, finché Louis non si immobilizzò davanti alla vetrina dell’unica gioielleria nel centro di Doncaster, Josh si fermò si fianco a lui.
“Ad Harry piacerebbe tantissimo” disse Louis indicando una catenina con un aeroplanino .
“Beh tra cinque giorni è il suo compleanno” sorrise l’amico per incitarlo a comprarlo.
Louis si morse il labbro inferiore che ormai chiedeva pietà, non ne poteva più di essere martoriato ogni qual volta fosse nervoso e Louis lo era molto spesso. Di sicuro il riccio gli doveva delle spiegazioni, ma si fidava, o almeno doveva fidarsi, perché le relazioni, quelle serie, si devono basare sulla fiducia reciproca. Inoltre presto ci sarebbe stato il suo compleanno, per questo entrò nel negozio e comprò quella catenina, facendovi però incidere “H&L” sotto l’ala sinistra, la parte del cuore, il suo cuore.
 
 
 
Dopo un pomeriggio speso a calmare ansia e nervi arrivò la sera ed Harry si fiondò al Twenty One appena aperto con un solo obbiettivo, trovare quel dannatissimo Nick Grimshaw che sapeva avrebbe portato solo guai.
Ed era là, dietro il solito bancone in legno con il grembiulino bianco legato in vita e una maglia nera troppo scollata per essere definita maschile.
“Vedo che ti sei ripreso” gli sorrise strafottente ed Harry ebbe come un improvvisa voglia di prenderlo a pugni, sarà stata la lontananza di Louis, i nervi sempre in tensione, ma nell’ultimo periodo aveva voglia di spaccare la faccia a sette persone su dieci.
“Che è successo ieri sera?” chiese subito, non era lì per una chiacchierata amichevole.
Nick rise di gusto ed Harry non capiva cosa ci trovasse di tanto divertente nella situazione.
“Hai bevuto un po’ in effetti, abbiamo riso e scherzato, ti ho dovuto portare a casa perché non ti reggevi in piedi e non trovavo i tuoi amici, poi mi hai baciato, saresti voluto andare oltre, ma io ti ho sgridato dicendoti ‘non si fa piccolo Harry’” e si lasciò andare ad un’altra risata.
Harry fece un passo indietro e sbiancò, il respiro iniziò ad accelerare e le gambe si fecero molli. Louis.
“No. Non è possibile. Non lo farei mai, non a Louis!” e urlò per farsi sentire bene, perché lui lo sapeva che non poteva essere davvero successo, perché stava lottando così tanto per quell’amore che non poteva aver mandato tutto a puttane per un idiota del genere.
Nick annuì “Mmh quindi è importante questo Louis, eh?”, non gli dette il tempo di rispondere che continuò “L’avrei dovuto capire quando ieri sera non hai smesso un secondo di parlare di lui e dei suoi occhi ‘così azzurri come il cielo d’estate’. Dio, il diabete sei Styles”, calcò sull’ultima frase con un’espressione schifata dipinta sul volto.
“Io non ti ho baciato” ripeté Harry, quasi più calmo forse, consapevole, c’era qualcosa dentro di lui che continuava a ripetergli che non l’aveva baciato, come se tale opzione fosse una brutta utopia.
Nick sbuffò, non più divertito come prima, “E infatti non mi hai baciato, sei soltanto un ragazzino innamorato”, Harry sorrise, sollevato, lo sapeva, “Io però c’ho provato a baciarti, hai mai visto le tua labbra? Sembrano una macchina per pompini”, il riccio arrossì violentemente, irritato, “ma comunque mi hai respinto e me ne farò una ragione, forse. Inoltre ha chiamato quella checca di Louis e io ho risposto”.
Harry sospirò tra il sollevato e lo sgomento e si lasciò cadere sullo sgabello accanto a lui liberandosi in un sorriso che di allegro aveva poco, “Sei uno stronzo Grimshaw”.
Ora capiva la chiamata di soli pochi secondi con Louis, ma se aveva davvero risposto Nick al suo cellulare avrebbe dovuto spiegare tutto al suo ragazzo il prima possibile perché sicuramente si era fatto più paranoie di lui.
Nick annuì, “Comunque sei sicuro che lui ti ami quanto lo ami tu? Insomma se tu fossi il mio ragazzo non ti lascerei andare a giro per locali ad ubriacarti, ma forse a lui non interessa se tu dovessi scoparti qualcun altro”.
Harry lo guardò sbigottito, non perché pensava che quelle parole fossero vere, ma per il coraggio che aveva avuto a giudicare qualcosa di suo a cui era totalmente estraneo.
“Sai che penso? Che se non riesci a farti nuovi amici, non è perché sei in una nuova città, ma perché sei un figlio di puttana”.
 
 
 
Louis seduto sul letto fissava il pacchetto regalo per Harry sulla scrivania di fronte a lui. Louis doveva sapere quello che era successo la notte precedente e si odiava per non fidarsi completamente del suo ragazzo, ma il ricordo di Harry che baciava uno sconosciuto davanti ai suoi occhi gli tornava alla mente esasperandolo, anche se la situazione era completamente diversa, visto che non stavano ancora insieme e l’intento di Harry era quello di farlo ingelosire e di fargliela pagare per il suo errore.
Erano quasi le undici e il suo cellulare non smetteva un attimo di vibrare con la scritta “Hazza” lampeggiante e lui avrebbe davvero voluto rispondere se non fosse stato immobilizzato dalla paura. Fatto sta che verso le undici e mezzo, dopo l’ennesima chiamata, qualcosa nel suo cervello si attivò facendogli premere il tastino verde.
“Louis grazie a Dio hai risposto!” esclamò Harry distante chilometri da lui.
Harry.
Quante notti passate insonni pensando a cosa stesse facendo su quel letto.
Quante lacrime e pensieri rivolti a lui erano rimaste intrappolate tra quelle lenzuola.
Quante volte il suo sudore vi era rimasto appiccicato pensando alle sue mani sul suo corpo.
“Cos’è successo ieri sera?” chiese con voce tremante.
Paura.
“E’ successo che sono uscito con i ragazzi e mi sono fermato a chiacchierare con Nick e mi ha offerto un po’ troppi drink, siccome non mi reggevo in piedi mi ha accompagnato a casa e quando tu hai chiamato, lui ha risposto, io ero già in coma” rispose tutto d’un fiato, ansioso di spiegargli che andava tutto bene.
Louis sentì i muscoli pian piano rilassarsi e il respiro regolarizzarsi, “Non è successo nient’altro?”
Harry ci pensò un po’, ma poi optò per l’intera verità, “Ha provato a baciarmi, ma l’ho respinto te lo giuro, l’ha detto anche lui che l’ho rifiutato, non t’avrei mai tradito Louis, mai, lo sai”.
Lo sai.
Lo so, amore.
In quel momento si sentì uno stupido per aver dubitato anche un solo un secondo di lui.
Louis sospirò, a quel Nick gli avrebbe spaccato la faccia, questo era poco ma sicuro, nessuno doveva anche solo lontanamente toccare Harry, nemmeno col pensiero.
“Non vedo l’ora di essere lì per il tuo compleanno” disse Louis dopo una piccola pausa.
Mi manchi così tanto amore mio.
Mi manca il tuo respiro sulla pelle, i tuoi capelli tra le dita.
“Anch’io, la notte resti da me, vero?” la voce calda e quasi supplichevole di Harry lo fece sorridere.
“Certo che resto”.
Io resto tutta la vita.
 
 

Eccomi finalmente, un pochino di ritardo, ma niente di grave.
Mi dispiace di non aver risposto alle recensioni, ma è stata una settimana infernale a causa della scuola e non solo. Vi ringrazio qui perché siete sempre così carini e gentili con me e mi rendete felice :)
A proposito di scuola a causa sua non so quando riaggiornerò, ma spero di essere abbastanza puntuale.
 
Venendo al capitolo, molti di voi pensavano che Harry avesse tradito Louis, anch’io ci avevo pensato, ma la storia sarebbe sicuramente finita male in tal caso perché io non sono una che perdona i tradimenti.
Se uno ama non tradisce, né da sobrio né da ubriaco.
 
Spero comunque che questo capitolo, anche se un po’ più corto vi sia piaciuto :)
 
Le recensioni sono calate di nuovo D:
Ma io ringrazio comunque le 117 seguite, 22 ricordate e 54 preferite :)
Se il capitolo vi è piaciuto o vi ha fatto schifo di prego fatemelo sapere con una recensione *piange*
 
Vi linko la mia OS Larry 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1729193&i=1
 
Per farmi perdonare del ritardo e del capitolo più corto vi pubblico una foto Larry ajslgfa

 
Un bacio, Sonia xx
Twitter @sunnymargot

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Buon compleanno Harreh. ***




Buon Compleanno Harreh.

 
Il cellulare di Harry squillava ininterrottamente la mattina del suo compleanno e la maggior parte delle chiamate erano di Louis che, oltre ad averlo svegliato la mattina prestissimo per cantargli gli auguri di buon compleanno, lo avvisava appena faceva qualcosa.
“Harry, ho fatto colazione, oggi sono lì”.
“Harry, mi sono lavato i denti, non vedo l’ora di vederti”.
“Harry, ho messo i jeans che piacciono tanto a te, ma immagino che stasera preferirai levarmeli”.
“Harry, Josh ti augura un buon compleanno, quando ho finito il turno prendo la macchina e arrivo”.
 
Probabilmente qualsiasi persona normale si sarebbe sentita oppressa, ma questo non era il caso di Harry, forse più entusiasta di lui. Infatti tutti i messaggi che gli mandava non erano da meno.
 
“Loulou mi sono svegliato e sono felice, oggi ti vedo”
“Loulou a colazione ho mangiato i pancake, domattina li faccio anche a te”
“Loulou per stasera ho comprato una camicia bellissima, quando me la strapperai di dosso fallo delicatamente”
“Loulou tra poco sei qui, non sto più nella pelle”.
 
 
La mattina Niall si era presentato a casa di Harry e ogni volta che il riccio proponeva di uscire il biondo trovava una scusa per stare in casa ed Harry sapeva che era stato mandato lì da Liam per avere il tempo necessario di preparagli qualcosa.
Tutti gli anni era la stessa storia, ad ogni compleanno c’era quello che teneva occupato il festeggiato tutto il giorno e l’altro insieme ad altri amici preparava una festa o comunque qualcosa di divertente da fare.
Ma nonostante lo sapesse, il riccio trovava estremamente divertente far esasperare il suo amico e quel giorno si sentiva particolarmente pieno di energie.
“Niall voglio solo andare a prendere qualcosa da mangiare” lo guardò supplichevole.
Il biondo gli lanciò un’occhiataccia “No, scordatelo”.
E allora Harry iniziava a stuzzicarlo, gli tirava la manica del maglione “Dai, dai, dai”.
“Ho detto di no” rispose girandosi dall’altra parte.
Il riccio si alzò, andò in cucina e tornò con delle noccioline, “Apri la bocca”
Niall non ebbe il tempo di chiedere perché che una nocciolina gli colpì il naso.
“Harry ma che..”, non poté finire la frase che una nocciolina gli finì direttamente in bocca.
“Quando arriva Louis?!” urlò esasperato guardando l’orologio.
Il riccio rise tirandogli una nocciolina nei capelli, “Tra più o meno tre ore”.
“Oh cristo” sospirò l’amico, voleva davvero bene ad Harry, ma quando ci si metteva d’impegno era veramente esauriente.
 
 
 
“Allora Josh, quelle magliette le ho già sistemate io, l’altro scatolone l’ho messo sotto lo scaffale, dentro c’è solo qualche paio di jeans, ok?” gli ripeté Louis per l’ennesima volta, mentre controllava di aver preso tutto.
Chiavi della macchina, cambio di vestiti, cellulare, regalo per Harry, doveva essere tutto.
“Sì, Lou, vai tranquillo e divertiti e fagli godere la notte del suo compleanno” disse sorridendo maliziosamente.
Louis scosse la testa ridendo ed entrò in macchina mandando l’ennesimo messaggio ad Harry, “Allora ci vediamo lunedì mattina, non fare casini e non provarci con troppi clienti Joshy”.
“Signor sì, signor capitano” rispose imitando la sigla di Spongebob.
 
Louis non stava più nella pelle, l’unica cosa che desiderava era rivedere il suo riccio, aveva dannatamente bisogno di lui e mentre salì in macchina rise al pensiero di come all’inizio non riusciva ad accettare i suoi sentimenti, come se fosse possibile nascondere l’amore, ma che era amore, dopotutto, ancora non lo sapeva.
 
A sua madre aveva chiaramente detto che andava da Harry per il suo compleanno, aveva corso un rischio lo sapeva, perché per quanto sua madre cercasse di capirlo, non era sicuro che ci fosse riuscita davvero, ma nonostante quello che lei avrebbe detto lui sarebbe comunque partito. Jay, per sua fortuna e sorpresa, aveva acconsentito con un sorriso, forse un po’ tirato, sulle labbra e lo aveva anche appoggiato quando aveva deciso di dire a suo padre che trascorreva il fine settimana da un suo amico con cui frequentava le lezioni di biologia a scuola. Con suo padre non era ancora pronto a rischiare, quello che diceva, i suoi pensieri e le parole taglienti come lame continuavano a ferirlo nonostante tutto.
 
Autostrada.
Louis aveva sempre amato le autostrade, gli permettevano di raggiungere molteplici luoghi in poco tempo e poteva sfrecciare con la sua piccola macchinina, per quanto questa potesse andare veloce.
Musica a palla e qualche canzone cantata al vento e gli ci volle un po’ per realizzare che quello ad un centinaio di metri da lui era un camion fermo in mezzo alla strada di traverso, posizionato in modo che nessuno potesse passare.
Frenò giusto in tempo per non andare a sbattere davanti all’orribile panda verde marcio che gli aveva inchiodato davanti e per la prima volta nella sua vita bestemmio.
Louis non era un tipo religioso, ma al massimo diceva qualche parolaccia, non aveva mai bestemmiato, forse perché non ne aveva mai avuto una ragione. Ma in quel momento, quando abbassò il volume delle musica e realizzò che quell’incidente l’avrebbe bloccato per un bel po’ e che quindi non solo avrebbe visto Harry da lì a più di un’ora, ma avrebbe di conseguenza passato meno tempo con lui, bestemmio battendo i pugni sul volante.
 
 
 
Harry era felice mentre si strofinava i capelli con l’asciugamano e mentre si sorrideva allo specchio e tutta questa felicità aveva persino un nome, Louis.
Fremeva come un bambino davanti al regalo più desiderato, si mordeva freneticamente il labbro aspettando che fosse qualcun altro a farlo, Louis.
 
Niall si era già vestito e preparato nonostante mancasse quasi un’ora alla festa organizzata da Liam al Lime On, un locale leggermente fuori città, ma che era sempre piaciuto ad Harry e ai suoi amici. Il riccio era riuscito ad estrapolare quest’informazione dopo aver procurato una serie di piccoli lividi sul braccio del biondo con quelli che aveva definiti “innocenti pizzicotti”.
 
“Harry il tuo cellulare sono cinque minuti che non smette di illuminarsi e vibrare”, urlò il biondo per farsi sentire dal riccio che si era chiuso in bagno da tre quarti d’ora.
Harry uscì velocemente da quello che sembrava un bagno turco dal vapore che ne fuoriusciva, e con solo un asciugamano intorno alla vita, si precipitò sul cellulare sul quale aveva ricevuto cinque messaggi da Louis.
 
“Incidente, arriverò in ritardo :( “
“Se non si muovono a risolvere tutto, spacco qualcosa, o qualcuno.“
“Vorrei arrivare lì il più presto possibile, perché non si muovono?”
“Inizio ad odiare le autostrade!”
“Appena si sblocca ti scrivo, piccolo.”
 
Harry si accasciò sul divano non curante delle goccioline d’acqua che venivano assorbite dal tessuto.
Una mano sulla spalla, “Che succede?”
“Farà tardi. Incidente”, rispose prima di rinchiudersi in bagno portandosi dietro il cellulare.
Forse la stava prendendo troppo male, ma Louis gli mancava così tanto e aveva voglia di stringerlo forte e baciarlo e affondare le mani nei suoi ricci e fargli sentire il suo respiro sulla pelle che quel piccolo ritardo lo fece un po’ rattristare.
Ma sarebbe comunque arrivato, doveva solo aspettare un altro po’, ancora.
Si asciugò i capelli e si vestì, si passò un’ultima volta la mano tra i ricci per dargli un verso decente e tornò in salotto da Niall con un bel sorriso ad ornargli il viso, non voleva di certo far preoccupare l’amico.
Il biondo ne fu rassicurato e “Sei pronto amico? Ci sei stato una vita in bagno!”
Harry stava per rispondere quando il cellulare che aveva in mano vibrò.
 
Louis.
“La fila si è sbloccata, tra un’ora sono lì, se dovete andare andate, vi raggiungo là :) x”
 
Il riccio si sentì più rilassato, ovviamente Zayn lo aveva informato sul luogo dove si sarebbe tenuta la festa, quindi doveva aspettare ancora poco, sorrise, stavolta in modo sincero.
“Sono nato pronto!”, esclamò con fare vittorioso facendo scoppiare a ridere Niall.
“Smettila idiota, immagino che Lou stia arrivando”, Harry arrossì impercettibilmente, era incredibile che dopo tutto quel tempo parlare di Louis lo facesse ancora arrossire, si sentiva una quattordicenne innamorata e innamorato lo era davvero.
 
Il locale era totalmente prenotato solo per loro e il parcheggio era pieno di macchine.
“Nialler, quanta gente avete invitato?” chiese Harry leggermente sorpreso, convinto di non conoscere davvero tutte quelle persone, forse ne conosceva la metà.
“Un po’, sai amici stretti, amici di scuola, amici d’infanzia”, rispose vago il biondo.
“Forse la cosa vi è un pochino sfuggita di mano” rise il riccio.
 
Appena entrarono all’interno del Lime On, Liam e Zayn gli si lanciarono addosso in un abbraccio e dopo gli auguri dovuti il moro gli chiese subito dove fosse Louis e il riccio rispose che stava arrivando e non lo aggiunse, ma questo era il suo unico pensiero, tra quanto arriva Lou?
 
Il locale era illuminato da luci calde e soffuse che lo facevano sentire a suo agio e al bancone servivano ogni tipo d’alcolico esistente e ne ebbe la conferma quando più volte le stesse persone gli fecero gli auguri come fosse la prima e inoltre ebbe anche la conferma che la maggior parte di quelle persone nemmeno le conosceva.
Come festa, doveva ammettere, non era male, nonostante, a quanto pareva, i suoi amici lo avevano abbandonato, Niall si trovava su un tavolo a sculettare nemmeno a tempo e Zayn e Liam erano spariti insieme.
Louis non arrivava ed Harry si preoccupava, così decise di trovare un posto tranquillo per chiamarlo. Uscì dal Lime On e cercò un punto dove la musica si sentisse meno avvicinandosi ad una siepe, girò l’angolo, e la situazione che gli si presentò davanti gli fece spalancare la mascella. Non doveva essere così sorpreso, nonostante tutto, una cosa del genere l’aveva sospettata, ma trovarsela spudoratamente davanti lo aveva leggermente spiazzato.
Liam, le spalle al muro e la testa leggermente all’indietro, la bocca spalancata da cui si liberavano gemiti e ansimi, le mani tra i capelli scuri di Zayn che si dedicava alla sua pelle, alla mascella, al collo, mordendolo, leccandolo, mentre con le mani sui fianchi di Liam spingeva il bacino contro il suo. Il castano tirò Zayn per i capelli per riappropriarsi delle sue labbra e fece scivolare le mani sul suo sedere palpandolo con foga mentre le loro erezioni erano ben evidenti strette nei jeans.
Harry capì di aver visto abbastanza quando una mano di Zayn andò a sganciare il primo bottone dei pantaloni del suo migliore amico e silenziosamente rigirò l’angolo riavvicinandosi all’entrata del locale. Per fortuna, pensò, non se ne erano accorti, troppo presi l’uno dall’altro, altrimenti la situazione sarebbe diventata ancora più imbarazzante e sicuramente avrebbero cercato delle giustificazione o delle spiegazioni.
Invece così, Harry avrebbe potuto metabolizzare il tutto e poi ne avrebbero potuto parlare, anche se in un certo senso si sentiva un po’ deluso e offeso dal suo migliore amico che non gli aveva raccontato nulla.
Ogni pensiero di Harry fu però interrotto da una figura longilinea appoggiata al muretto vicino all’entrata del locale che tranquillamente fumava una sigaretta.
Nick.
La prima sensazione che Harry provò fu sgomento, non era possibile che fosse anche lì, se Louis fosse arrivato e l’avrebbe visto sarebbe andato su tutte le furie e il riccio voleva assolutamente evitare che la situazione degenerasse. Per questo si avvicinò al ragazzo e apparentemente tranquillo gli chiese che ci faceva lì.
Nick, nei suoi pantaloni stretti e la maglietta un po’ sgualcita, lo squadrò con quel sorrisino strafottente e gli soffiò troppo vicino al viso il fumo delle sigaretta, “Non potevo certo perdermi il tuo compleanno”.
Harry fece un paio di passi indietro e guardandolo schifato gli rispose a tono “ Nick sparisci, non ti voglio qui, non ti voglio e basta, mettitelo in testa!”
 
 
 
Dopo più tempo del previsto, finalmente, Louis riuscì ad arrivare al locale, ci aveva messo un po’ a trovarlo, ma ora era lì ed era felice, avrebbe finalmente riabbracciato il suo piccolo e dolce riccio.
Scese dalla macchina sistemandosi la camicia azzurra e si diresse verso l’entrata notando subito da lontano la chioma riccioluta di Harry e sorrise notando la sua camicia blu a cuoricini bianchi, di sicuro dopo questa serata nessuno avrebbe più avuto dubbi sulla sua sessualità.
Harry stava parlando con un ragazzo che oltre ad essere decisamente alto sembrava anche molto più grande, non aveva idea di chi fosse finché non sentì il suo ragazzo urlargli contro “Nick sparisci, non ti voglio qui, non ti voglio e basta, mettitelo in testa!”
Quindi quello era Nick, quello che aveva provato ad approfittarsi del suo Harry.
Una stretta allo stomaco e molta rabbia stava montando dentro di lui ad ogni passo, più si avvicinava più aveva voglia di spaccargli quella faccia a cavallo che si ritrovava.
Si avvicinò ai due poggiando una mano sul fianco di Harry e voltandolo verso di sé, quegli occhi, quegli smeraldi, quanto gli erano mancati. La fronte corrucciata del riccio si rilassò e Louis ebbe un tuffo al cuore quando sentì le sue labbra calde e soffici infrangersi sulle sue e sussurrò su quella bocca “Buon compleanno Harreh” sorridendo.
Il loro paradiso fu interrotto da un sonoro “Bleah” uscito dalle labbra secche del ragazzo di fronte a loro e Louis non se ne accorse nemmeno, gli venne meccanico, era quello che doveva fare.
“Quindi tu sei quella testa di cazzo di Nick Grimshaw”, gli bastò un sorriso come conferma per far si che il suo pugno si schiantasse su quella mascella troppo grossa, “Non sei benvenuto al compleanno del mio ragazzo”.
Louis, piccolino nel suo metro e sessantotto pieno di amore e gelosia, riuscì a rovinare la faccia ad un metro e novanta di arroganza, che esteriormente indifferente se ne andò senza fiatare.
 
“Mi sei mancato Loueh”
“Ti amo Harreh”

 
 


Okay, sono qui, ce l’ho fatta!
Mamma ha dimenticato il pc acceso e io ho scritto e aggiornato.
Ora devo scappare e non so quando potrò continuare la storia, ma avrà una fine lo giuro e non sarà tra molti capitoli.
 
Spero che il capitolo via sia piaciuto, ringrazio tutti quelli che leggono, preferiscono, ricordano e seguono, siete davvero tantissimi e vi amo.
Mi dispiace se ci sono errorri, ma non ho avuto il tempo di ricontrollare c.c

 
Vi prego, vi scongiuro, lasciatemela una recensione, ci tengo tantissimo.
 
Mia OS Larry -> 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1729193&i=1

Twitter @sunnymargot
Un bacio, Sonia xx :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Brividi. ***


Attenzione! In questo capitolo è presente una scena rossa.




Brividi.
 
Notte buia senza stelle, ma ad Harry non importava quando la sua fonte di luce e calore lo abbracciava sussurrandogli quanto era bello sulle labbra per poi baciarle e morderle e baciarle ancora.
Nick se n’era andato da quasi un’ora e Louis si era rilassato con il suo drink in mano su un divanetto a chiacchierare con degli amici, Harry lo raggiunse subito e lo tirò per un braccio, “Scusatemi ma stasera è mio”. Louis scoppiò a ridere beccandosi un’occhiataccia da parte del riccio “Sei appena arrivato e già mi scarichi” e il più grande lo trovò adorabile.
“Mi hanno fermato solo per cinque minuti” gli sorrise accarezzandogli il viso con i pollici, quanto gli era mancato toccarlo.
“Si possono fare tante cosa in cinque minuti” constatò Harry con un sorriso malizioso.
Brividi lungo la schiena di Louis, “Abbiamo tutta la notte Harreh, e anche quella successiva” e anche tutta la vita, amore mio.
Il riccio gli sorrise sincero mentre con i pensieri era già altrove e lo prese per mano portandolo sulla pista da ballo, “Vado un attimo a prendere da bere, tu resta qui”.
Louis annuì “Non prendere niente di forte, ti voglio cosciente stasera”.
 
Tre minuti.
Il tempo che Harry ci aveva messo per andare a prendere da bere e Louis era già su un tavolino che muoveva a tempo quel ben di dio del suo fondoschiena fasciato dai jeans blu.
Brividi.
Harry si morse il labbro e rimase imbambolato a fissarlo finché non si accorse che non era l’unico a guardarlo in quel modo, una fitta di gelosia lo spinse a riprendersi immediatamente il suo ragazzo e lo trascinò giù dal palco.
“Che c’è curly?” chiese sorridendo.
“Lo sai benissimo, non puoi salire sul palco e muoverti in quella maniera”, lo prese per i fianchi e lo avvicinò a sé, “dovresti ballare così solo con me, per me”.
Louis rise tirandolo verso il centro della pista da ballo, in mezzo alle persone, forse per dare meno nell’occhio, “Allora balla con me”.
Brividi.
Harry sapeva che non sarebbe resistito a lungo in quello stato, Louis che ondeggiava muovendo i fianchi sotto le sue mani e le labbra sul suo collo che lasciavano baci umidi alternati a piccoli morsi. Il riccio cercava di tenerselo sempre più vicino, aveva bisogno di sentirlo.
“Lou, non ce la faccio più, voglio fare l’amore con te” ansimò prima di leccargli il lobo dell’orecchio.
“Possiamo andare quando vuoi, piccolo.”
 
Tre minuti.
Il tempo di salutare velocemente gli amici più stretti ed Harry era già a sedere in macchina accanto a Louis e lo guardava, lo ammirava, analizzava ogni piccolo dettaglio del suo viso.
I capelli spettinati e un po’ sudaticci che gli ricadevano gentilmente sulla fronte. Gli occhi azzurri resi lucidi dall’eccitazione concentrati sulla strada per arrivare il prima possibile a casa. Il naso fine, leggermente all’insù. La mascella ben delineata, ma delicata, ricoperta da una leggera barbetta che gli dava un aspetto più maturo. La bocca, le labbra, sottili, rosse e un poco dischiuse, non riusciva a smettere di fissare quelle labbra capaci di dire le parole più dolci e di dare i baci più lussuriosi.
Brividi.
“Sei bellissimo”.
Louis si sentiva osservato e a quelle parole arrossì, “Siamo arrivati, babe.”
 
Tre minuti.
Per scendere dalla macchina, entrare in casa, constatare che Anne quando diceva “Io e Gemma andiamo via un paio di giorni” facendo l’occhiolino al figlio non stesse scherzando e salire in camera.
Harry prese Louis in braccio facendolo avvinghiare con le gambe alla sua vita mentre il castano affondava le dita nei suoi ricci e iniziava a succhiare un lembo di pelle sotto l’orecchio lasciandovi un segno violaceo.
Brividi.
Harry fece sdraiare delicatamente Louis sul letto, ma questo ridendo ribaltò subito le posizioni sedendosi a cavalcioni su di lui, “E’ il tuo compleanno, curly, te lo devi godere al meglio” disse sbottonandosi la camicia per poi farla volare da qualche parte insieme a quella del riccio.
Il più piccolo arrossì passando le mani sul petto di Louis e, una volta arrivato all’altezza dei jeans, fece uscire dall’asola il bottone e il castano si alzò levandosi velocemente pantaloni e boxer e con velocità sfilò anche quelli del riccio che si era immobilizzato a guardarlo, ancora. Harry avrebbe voluto urlargli in faccia quanto era incredibilmente bello, che non era possibile che un essere umano possedesse tutta quella bellezza, ma aveva il fiato corto e la gola secca per la mancata salivazione.
Louis si posizionò sopra di lui e iniziò a baciarlo dolcemente, muovendo le labbra sopra le sue come un ballerino accompagna la sua compagna in un ballo. Baciò la sua bocca, la mascella sporgente, il collo, il petto bianco, mentre con le mani gli accarezzava dolcemente il ventre. Ed ogni bacio era un messaggio d’amore, un “non posso stare senza di te”. Le cosce, ne baciò ogni centimetro, quelle gambe che Harry tanto odiava perché “Sono da donna” diceva, Louis ogni volta rispondeva “Sono perfette” e ora glielo faceva capire con tutti quei piccoli baci.
Harry non riusciva a spiccicare parola, troppo sopraffatto dall’eccitazione, dal piacere, dall’amore.
Louis passò il pollici sulla punta del suo membro eretto per poi lasciare un bacio anche lì facendo mugolare il riccio che, per fargli capire che voleva, necessitava, di più, gli tirò leggermente i capelli. Così Louis lasciò una scia di baci lungo tutta la sua erezione per poi prenderla tutta in bocca mentre con una mano solleticava i testicoli e con l’altra gli accarezzava il fianco sinistro. Harry si lasciò andare con la testa contro il cuscino nonostante il desiderio di guardarlo perché sentiva le sue guance incavarsi, lo sentiva ingoiare quando con la punta gli arrivava il più in fondo possibile in gola, sentiva la sua lingua premere contro la vena più sporgente e girare intorno alla punta soffermandosi sul buchino.
Brividi lungo la schiena, calore fino al basso ventre prima di sentire l’orgasmo arrivare e riversarsi tra quelle labbra sottili e perfette allungate in un sorriso.
“Sai di buono” e lo baciò per fargli sentire quanto tutto di lui fosse perfetto, la mani a solleticargli il collo. Ad Harry bastò quel bacio, così dolce e sporco al medesimo tempo, per eccitarsi di nuovo, “Lou tu”, Louis prese la sua mano e si portò l’indice e il medio sulle labbra, “Shh”.
Harry non poté che rimanere in silenzio, con le labbra dischiuse, respirando forte, mentre Louis baciava le sue dita, ci passava la lingua e le mordicchiava.
“Ti voglio sentire dentro di me” gli sussurrò Louis all’orecchio con voce calda e roca portando le sue dita alla sua apertura. Harry infilò il primo dito dentro di lui, poi il secondo e il terzo. Louis aveva iniziato a muoversi lentamente contro le sue dita fissandolo negli occhi, il riccio si sentiva immobilizzato contro il materasso e spingeva le dita sempre più a fondo beandosi delle sue espressioni di piacere.
“Voglio di più” aveva ansimato Louis con il membro duro e pulsante dell’altro in mano. Harry sfilò le dita e si mise a sedere con la schiena contro il cuscino rialzato e Louis sulle cosce, lasciò che fosse quest’ultimo a posizionarsi sulla sua erezione. Appena Harry sentì il glande entrare prese il castano per i fianchi e si spinse completamente dentro di lui facendolo gemere di dolore e piacere contemporaneamente. Il riccio strinse i suoi fianchi con le dita e cominciò a baciargli il petto, aspettando che il suo ragazzo si abituasse. Appena Louis iniziò a sentire la presenza dentro di sé più piacevole che fastidiosa, con le mani ancorate alle spalle del riccio, si sollevò fino quasi a farlo uscire e poi si spinse in giù mentre Harry iniziava ad ansimare sempre di più contro il suo petto.
Louis mise una mano tra i suoi ricci sollevandogli il volto per poterlo baciare ancora e ancora.
 
Baci ovunque, 
baci sulla pelle, 
baci sui capelli, 
baci nell'aria, 
baci che soffocavano i gemiti,
baci che donavano ossigeno.
 
Dopo una spinta più forte delle altre Louis si riversò sul petto del riccio che sentendolo urlare e sentendo i muscoli del più grande stringersi intorno a lui venne a sua volta dentro di lui ed entrambi si lasciarono andare, tra un bacio e un “Ti amo”, sdraiati sul letto.
“Resta dentro di me, almeno per un po’” gli aveva bisbigliato Louis stretto tra le sue braccia, la schiena contro il suo petto e un lenzuolo sopra di loro, nudi, spogliati di ogni timore, paura e segreto, solo loro e il resto del mondo fuori.
 
 
La mattina seguente Harry si svegliò con accanto una margherita e un foglietto “Come to me” sorrise, Louis sapeva essere fin troppo romantico a volte, ma lo amava anche per questo. Si alzò, si infilò un paio di boxer puliti e all’inizio nemmeno si accorse dei bigliettini per terra a forma di cuore che tracciavano, probabilmente, il tragitto per arrivare dal suo ragazzo. Prese il primo biglietto, “Buongiorno amore”, il secondo, “Buon compleanno, curly”, il terzo, “Sei bellissimo, babe”. Li lesse tutti, uno alla volta, su ognuno c’erano scritte frasi dolci o divertenti ed Harry non riusciva a credere a quanto la sua vita fosse cambiata dopo aver conosciuto Louis e che quel ragazzo fantastico fosse solo suo, magari, sperava, per sempre suo.
Seguì la scia formata dai bigliettini e arrivò in cucina dove trovò Louis, con tanto di cuffie e uno dei suoi maglioni extra large dove quasi scompariva, che intonava una canzone di Madonna e sculettava davanti ai fornelli. Non poteva esserci visione più bella ed adorabile.
 
Louis si era svegliato presto e, nonostante avrebbe preferito rimanere a crogiolarsi tra le braccia del più piccolo, decise di preparargli la sorpresa.
Scese in giardino e prese dalla macchina i bigliettini, preparati la notte precedente nella sua casa a Doncaster, ed il regalo, poi strappò una margherita dal giardino. Cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare Harry risalì in camera per posizionare tutto come aveva pensato e poi si era diretto in cucina a preparare i pancake, che erano forse l’unica cosa che sapeva cucinare decentemente.
 
“Give it to me, now!”, cantava Louis quando si sentì afferrare per i fianchi, baci caldi sul collo e una matassa di ricci solleticargli la guancia, Harreh.
“Pensavo avresti dormito di più, ti avrei fatto trovare la colazione pronta” disse Louis un po’ deluso per non aver portato completamente a termine la sua sorpresa.
“Trovarti a ballare nella mia cucina è stato molto meglio” sussurrò strofinando il naso lungo la sua mascella e iniziando a fare le fusa.
Brividi.
Louis spense il fuoco sotto la padelle e mise il quarto pancake nel piatto prima di girarsi e di lasciare un bacio sulle labbra ancora gonfie per i baci della sera precedente del riccio.
 
“Allora quando torni?” aveva chiesto il riccio addentando il suo secondo pancake cosparso di nutella.
“Secondo i miei calcoli subito dopo la fine della scuola”, Harry aveva storto il naso.
“Sono solo quattro mesi, ce la possiamo fare” disse convinto, sono solo quattro mesi e noi abbiamo una vita intera davanti.
“Sì, ma mi mancherai” Harry aveva abbassato lo sguardo, sapeva di star facendo il melodrammatico e che probabilmente non era nemmeno il caso di reagire così, ma era più forte di lui.
“Ehi babe, non ci pensare, ora sono qui con te e poi ti prometto che tornerò a trovarti il più spesso possibile, ok?”, Louis gli aveva preso la mano e l’accarezzò con il pollice, Harry sorrise, aveva ragione, doveva pensare che ora erano insieme, da soli.
 
Avevano finito di mangiare e Harry si era seduto a gambe incrociate sul tappeto in salotto, Louis era entrato con le mani dietro la schiena “E adesso il vero regalo” esclamò con un sorriso capace di illuminare l’intera stanza.
Harry lo aveva guardato sorridendo, consapevole di avere un’espressione ebete, quando Louis, messosi seduto di fronte a lui, gli aveva messo tra le mani un cofanetto verde quadrato. Harry lo aprì e ne estrasse una collanina con un aeroplanino, “E’ bellissima!”.
“Girala”, il riccio la girò e sentì gli occhi inumidirsi un poco, H&L, era così dolce, bello, perfetto, tutto quello che Louis aveva fatto per lui, non poteva desiderare di più, tutto quello era già troppo, nemmeno pensava di meritarselo tutto quell’amore.
“Louis, io, ehm”, balbettò, “è perfetto davvero”, si era sporto per baciarlo e “Ti amo” aveva sussurrato sulle sue labbra.
Brividi.
 
 
Avevano passato la mattinata a coccolarsi e a pranzo avevano ordinato cinese, era un’altra cosa che avevano in comune, la passione per il cibo cinese.
“Harry, non ne abbiamo più parlato, ma ci sono stati altri problemi? Dico, a scuola”, Louis aveva paura di quell’argomento, ma alla fine si era deciso ad affrontarlo.
“No, niente di niente, sai Stan dopo essersi ritrovato in infermeria con il naso rotto ha capito che era meglio darsi una regolata” aveva risposto tranquillamente.
“Stan? Infermeria? Cosa?” aveva chiesto con gli occhi sbarrati.
“Una mattina ho perso la testa e se non ci fosse stato Liam a separarci sarebbe potuta finire peggio”, l’aveva guardato dritto negli occhi, “Nessuno può toccarti, nemmeno sfiorarti, tu sei mio”.
 
Sì, sono tuo.
Ora.
Domani.
Tutta la vita.
Per sempre tuo.
Solo tuo.
 
“Non amerò mai nessuno come amo te”, aveva sussurrato Louis prima di baciarlo, ancora.
 
Brividi.
 



 
Hola!
Allora sono abbastanza di fretta, ma devo dirvi un po’ di cose:
1. Papà mi ha portato il suo pc portatile e io lo posso usare solo quando mamma e suo marito (che mi ha cresciuta da quando ero piccola ed è quindi anche lui come un padre) non ci sono perché non sanno che io ho questo pc.
2. Di conseguenza non so quando aggiornerò, ma cercherò di farlo il più presto possibile.
3. Non manca tanto alla fine della storia, anche se il compleanno di Harry sta durando più di quanto avessi pensato ahahahaha.
4. Secondo voi dovrei mettere il rating rosso? Secondo me, sinceramente no, ci sono solo due scene di sesso in questa ff e non sono nemmeno descritte chissà come. Fatemi sapere comunque!
 
Mi lasciate una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate? Vi prego, quando metto scene rosse vado sempre in crisi ahaha
quindi fatemi sapere cosa ne pensate :)
 
Ok, detto questo, quando questa storia sarà finita ho già in mente un’altra long larry e delle OS sui 5 Seconds Of Summer e Larry.
 
Intanto questa è la mia OS Larry -> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1729193&i=1
 
Mio twitter @sunnymargot
 
Un bacio, Sonia :) x

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Mesi. ***




Mesi.
 
La sera successiva Louis dovette tornare alla sua casa a Doncaster lasciando ad Harry il calore dei suoi baci sulle labbra gonfie, la sensazione delicata delle sue carezze sulla pelle e la promessa che sarebbe tornato il prima possibile da lui.

 
Febbraio.
 
Febbraio era passato tranquillo per Louis, la mattina andava a scuola, il pomeriggio e la sera andava al lavoro e la notte, se riusciva, dormiva. I rapporti con i suoi genitori era ridotto allo stretto necessario, solo con sua madre parlava un po’ di più, ma c’erano giorni che era talmente stanco che parlare gli faceva fatica.
Lui ed Harry si sentivano tutti i giorni, ecco, anche se era stanco e parlare era solo un lavoro più, per Louis era necessario stare anche ore, la notte, al telefono con il riccio. La chiacchierata iniziava sempre con il racconto della giornata di Louis, continuava con quella di Harry e finiva con tanti progetti, “ti amo” e altre cose sdolcinate che andavano bene dette di notte.
 
“Casa a due piani o uno?” aveva chiesto Harry verso metà Febbraio alle due di notte.
“Cosa?” Louis non aveva capito bene a cosa si riferisse la domanda del più piccolo.
“Quando tornerai qui, dovrai prendere una casa e a me piacciono quelle a due piani, magari con un piccolo giardino” aveva allora spiegato il riccio.
Louis faceva finta di non capire, gli piaceva mettere Harry un po’ in difficoltà, in modo che poi dicesse le cose in modo limpido, in modo da fargli esplodere il cuore.
“Mmh, quindi immagino tu voglia passare del tempo nella mia futura casa”.
Harry aveva sorriso capendo il suo gioco, “Ehm, sai, in realtà pensavo che..”, aveva lasciato la frase in sospeso.
“Che?” lo aveva incitato.
“Che mi piacerebbe persino viverci in casa tua, potrei trovarmi un lavorino estivo e contribuire alle spese”, aveva detto tutto d’un fiato, gli sudavano le mani, forse era stato troppo affrettato, era troppo presto, non era nemmeno così tanto che stavano insieme, però lo amava.
“Sarebbe bello” aveva risposto Louis dondolandosi sul letto a gambe incrociate.
Harry si era rilassato lasciandosi andare sdraiato sul materasso, gli occhi al soffitto, si morse il labbro, “Non pensi, ecco, che magari è una decisione avventata, non è che potresti ripensarci?”
Louis era rimasto qualche secondo in silenzio “Ogni decisione che prendo con te, per te, mi sembra sempre giusta, perfetta”.
Harry non sapeva cosa dire, era felice, pensò che forse Louis sarebbe davvero stato quello giusto, che per trovare l’anima gemella non c’è un età e quando la trovi non devi lasciartela sfuggire. 
Il riccio non rispondeva, si era perso nei suoi pensieri di zucchero, così Louis pensò di dover smorzare il silenzio, “E poi mi serve qualcuno che cucini, non posso sopravvivere con cibi pronti o surgelati”.
Harry non l’aveva nemmeno ascoltato, “Penso che siamo fatti per stare insieme, io e te”.
 
 
 
Marzo.
 
A marzo Harry e Louis si erano visti un paio di fine settimana e una volta avevano anche litigato perché “Devi smetterla di farti strusciare addosso da tutte quelle zoccole” aveva urlato Louis nel bel mezzo del Twenty One all’una di notte quando si erano decisi a ballare un po’ e una ragazza aveva provato a infilare la lingua in gola al suo Harry mentre lui si era un attimo girato. Harry era andato in escandescenza perché odiava stare al centro dell’attenzione in quel modo e non sopportava l’idea che il suo ragazzo non si fidasse di lui. 
Erano andati subito alla macchina e Louis aveva guidato fino a casa del riccio senza però volerci entrare.
“Dormo qui” si era impuntato facendo quasi scoppiare a ridere il riccio.
“In macchina?”, chiese Harry non riuscendo a trattenere un sorriso per quell’espressione imbronciata e tenerissima, era sicuro che non fosse più tanto incazzato, “Non credo”.
Il riccio passò dal suo lato, aprì la portiera e lo prese in braccio.
“Sono sempre arrabbiato con te” disse il più grande mentre però allacciava le gambe alla sua vita e infilava le mani tra i suoi capelli, ma tutti sanno che Louis Tomlinson non è mai stato un ragazzo coerente.
 
 
 
Aprile.
 
Era l’ultimo sabato di Aprile e il sole iniziava a farsi più caldo facendo capolino dalle nuvole bianche sparse per il cielo di Harlow mentre Harry usciva da scuola e si avviava stancamente alla piccola stazione dei pullman per tornare a casa, sarebbe anche potuto andare a piedi, ma non aveva voglia di camminare.
Due braccia intorno alla vita, solide, sicure.
“Ehi curly”, la sua voce dolce, leggera come l’aria e fresca come il vento primaverile, il suo profumo delicato, vaniglia. 
Harry sorrise lasciando andare indietro la testa sulla sua spalla, “Louis”.
Nasi che si sfiorano e labbra che si cercano, contatto.
Harry rimase ad osservarlo per un po’ sorridendo, con le fossette che gli scavavano le guance e gli occhi lucidi per l’emozione, per l’amore. Louis in quegli occhi ci si perdeva ancora ogni volta, con una mano spostò un ciuffo di capelli dalla sua fronte e lo sguardo gli cadde sulla collanina sul petto, quella che gli aveva regalato lui, quella che non si era più tolto, quella che era diventata il suo portafortuna.
“Pensavo saresti arrivato questa sera” disse tirando il più grande per i fianchi.
“Sorpresa” aveva risposto orgoglioso.
“Anch’io ho una sorpresa per te” ribatté il riccio sicuro.
Louis aveva alzato un sopracciglio inconsciamente in segno di incomprensione “Ovvero?”
“Sei troppo impaziente, è un tuo difetto” disse Harry abbracciandolo.
“Oh babe, non farmi elencare i tuoi”, Louis cercò di svincolarsi dalla presa del suo ragazzo, ma questo, oggettivamente, era più alto e forte di lui e quindi fu tutto inutile.
“Mmh, sei un po’ acido, hai bisogno di zucchero”, Louis lo aveva guardato torvo, “Andiamo a casa”.
Louis allora si era rilassato tra le sue braccia ed era scoppiato a ridere “A casa mmh?”
Harry arrossì, “Non per quello idiota! Non pensi ad altro?”.
Il più grande aveva cinto la sua vita con un braccio per condurlo alla macchina, “Penso a te”, fece una piccola pausa, “a te sul letto, sul divano, sul tavolo di sala e su quello della cucina e sai una cosa? Mi piacerebbe farlo sulla lavatrice”, disse per poi scoppiare a ridere.
Il riccio spalancò la bocca e lo guardò stralunato, gli ci volle qualche secondo a ricomporsi e Louis ricominciò a parlare, “Ma a parte questo, penso a te quando ridi e alle fossette che si scavano sulle tue guance, penso a te quando dormi e ai tuoi lineamenti quasi da bambino, penso a te quando cucini i pancake e ti sporchi il naso di farina, penso a te quando..” ed Harry lo baciò perché era giusto, era bello, era perfetto.
 
Arrivati a casa Harry si addentrò subito nella cucina per tirare fuori dal frigo la sorpresa che aveva preparato per il suo ragazzo, ovvero una torta al cioccolato con sopra scritto “I love you” e un cuore di panna. Appena si parò davanti al frigorifero trovò un biglietto lasciato da sua madre.
Tesoro non ho fatto in tempo a fare la lavatrice, puoi pensarci tu? :)
E allora Harry capì che forse anche quello poteva essere interpretato come un segno del destino.
“Lou? Mamma mi ha lasciato un biglietto con scritto che devo fare la lavatrice, vieni anche tu?” chiese ridendo.
Louis nemmeno rispose, passò di fianco a lui afferrandolo per il braccio e si catapultarono nella piccola lavanderia.
 
Quella sera Harry capì che dove facessero l’amore, come facessero l’amore, non aveva molta importanza, il ritmo era sempre quello di due cuori che battono insieme, che fanno l’amore insieme, due cuori, due corpi che si fondono, per un’ora, un giorno, una vita intera.
 
 
 
Maggio.
 
Mancava un mese alla fine della scuola, Louis era in pari con tutte le materie e non aveva nemmeno un insufficienza, ma l’ansia per gli esami di quinta cominciava a farsi sentire. Louis aveva sempre studiato diligentemente anche se nell’ultimo periodo aveva anche tante, troppe, altre cose a cui pensare e sentiva di dover passare ogni minuto del suo tempo libero a studiare, per questo motivo durante maggio si recò solo una volta ad Harlow a trovare Harry
 
“Lou, tutto ok?” gli aveva chiesto il riccio un venerdì pomeriggio di metà maggio.
Il più grande, accoccolato sul divano tra le sue gambe, la schiena contro il suo petto, aveva annuito quasi impercettibilmente.
Harry si era sporto in avanti per guardarlo meglio, le labbra contorte in una smorfia, segno di ansia, “Cosa ti preoccupa?”.
Louis si era girato e aveva incontrato i suoi occhi verdi, dovette lottare per non perdercisi dentro, ancora, e formulare una frase decente.
“Tra un mese ho la maturità, non vedo l’ora che finisca”.
Harry strofinò il naso sulla sua guancia sorridendo, voleva distrarlo un po’, almeno per quel paio di giorni che potevano passare insieme.
“E dopo che è tutto finito cosa vuoi fare?”, chiese sorridendo.
Louis si era lasciato cullare dalle sue braccia e aveva inclinato la testa sulla sua spalla.
“Voglio trovare una casa in affitto con tutti i soldi che ho messo da parte e mamma ha detto di essere disposta persino ad aiutarmi”, sorrise, “penso che abbia capito davvero”.
Louis si stiracchiò un po’ indolenzito per la posizione in cui era da quasi un’oretta e si girò spalmandosi completamente sul riccio, si tirò sui gomiti al lati del suo collo e appoggiò la testa sui palmi delle mani in modo da poterlo guardare negli occhi.
“Poi vorrei trovare un lavoretto che mi consenta di pagarmi l’università, mi piacerebbe tantissimo andare a psicologia”.
Harry rise, “Sì, lo so”, ultimamente Louis gli parlava spesso di quanto aspirasse a intraprendere la carriera da psicologo.
Il più grande gli morse una guancia, “Stavo dicendo, pensando a cose più imminenti, voglio fare un abbonamento in piscina, l’altro giorno ho visto i costi e non sono molto alti, non voglio passare l’estate davanti ad un ventilatore”, spiegò.
“Va bene, ma io voglio un gatto” asserì Harry per poi iniziare a miagolare e a fare le fusa strusciandosi contro la spalla del castano facendolo ridere.
“E poi voglio dirti che ti amo, che ti amo all’infinito, come l’odore dei dolci appena sfornati, come l’odore delle pagine di un libro nuovo che chiede di essere letto. Voglio dirti che ti amo, che ti amo all’infinito, perché io ho bisogno di sussurrartelo, di dirtelo, di urlartelo. Voglio scrivere che ti amo, che ti amo all’infinito, su ogni pezzo di carta, quaderno, quadro e muro. Voglio dirti che ti amo, che ti amo all’infinito perché sei la cosa più bella che mi potesse capitare”.
Ed Harry lo baciò, perché lui per esprimersi non aveva tutte quelle parole, mostrare i suoi sentimenti non era mai stato il suo forte, ma lo baciò, un bacio che sapeva di infinito.
 
 
 
Prima metà di Giugno.
 
Esami, tutto ciò a cui Louis riusciva a pensare erano quei stramaledetti esami, passava ogni momento libero a ripassare sui libri e la cosa che più lo faceva innervosire era il poco tempo che dedicava ad Harry, ma questo per fortuna capiva la situazione e aveva tirato fuori una pazienza che Louis non pensava avesse.
 
“Harry ci sei sempre?” chiese ad un tratto Louis interrompendo il silenzio che si era creato dall’altra parte del cellulare.
“Stavo pensando” rispose vagamente il riccio mordicchiandosi il labbro inferiore.
Louis rise, “Non potresti pensare quando non hai nulla da fare invece che quando dovresti parlare con me?”
“Nono, ascoltami, stavo pensando che, dato che tu non puoi venire qua finché non hai finito gli esami, potrei venire io” disse velocemente attutendo l’ultima frase.
Louis era rimasto un po’ perplesso “Non penso che per mia madre ci siano problemi, ma, vedi, mio padre..”
“Come non detto, scusa, non dovevo nemmeno chiederlo” lo interruppe Harry un po’ deluso.
“Harry?”
“Facciamo che io ti vengo a vedere all’orale e poi ti porto qui, ok? Mi faccio accompagnare da Gemma” chiese il riccio speranzoso.
“Sì, sì, sì, sì”, rispose felice Louis, “ed ecco cosa ti volevo dire!”, rise, “ho già guardato un po’ di annunci per le case e ce n’è una in Fire Street che mi ispira tanto, ho già chiamato, quando vengo lì, l’andiamo a vedere insieme?”
Harry non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito, una casa, è vero ne avevano parlato e anche tante volte, ma il fatto che Louis avesse chiamato e che la sarebbero andata a vedere insieme, il fatto che tutto si stava facendo concreto, reale, che forse la vita l’avrebbero davvero passata insieme gli faceva esplodere il cuore di gioia, di felicità, di speranza, di amore, di Louis.
“Certo che l’andiamo a vedere insieme! Dio, non vedo l’ora Lou, ti amo”.
Louis sorrise, “Anch’io e ti amo, tanto, ma ora devo finire di studiare e poi cercare di dormire per qualche ora.”
“Ok, buonanotte amore”.
“Buonanotte piccolo”.
 
Quella sera Harry si addormentò col sorriso sulle labbra e Louis sorridendo contro il libro di storia.
 
 
Il periodo degli esami passò più velocemente di quanto Louis si aspettasse e nemmeno se ne accorse che era già arrivato il giorno dell’orale.
La sera prima aveva preparato la valigia con tutte le sue cose per tornare ad Harlow con Harry ed aveva spiegato tutto a sua madre e più o meno anche alle sue sorelline, suo padre si sarebbe limitato a non trovarlo più in casa, non avevano più parlato.
 
Louis, la tesina sulla tolleranza sotto braccio, si diresse velocemente verso l’entrata di scuola, ma due mani grandi lo afferrarono per la vita facendolo voltare, 
Harry, il sorriso smagliante, le fossette dolci e i ricci al vento, cercava di rassicurarlo e prima che Louis entrasse in aula gli stampo un bacio veloce sulle labbra cercando di trasmettergli un po’ di sicurezza e coraggio in più.
L’esame durò poco, ma andò bene, Louis uscì dalla classe sorridente e i lineamenti rilassati per poi lasciarsi andare tra le braccia del riccio.
 
“Pronto per tornare a casa?” 
“Pronto per cercare casa?” 
 
 


Hoooola!
Sono qui e sono puntuale, ma come sempre devo scappare lol
Vi ringrazio tutti per il sostegno, per le recensioni e per chi mi scrive sempre cose dolci su twitter (@sunnymargot)
 
Mancheranno su per giù due capitoli alla fine (?)
 
Vi prego lasciatemela una piccola recensione perché ho seriamente bisogno di sapere cosa ne pensate :)
 
Un bacio, Sonia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Casa. ***




Casa.

“Harry muoviti!”, Louis urlava dalla soglia della porta mentre gesticolava con le chiavi della macchina passandole da una mano all’altra.
Il riccio invece stava correndo come un pazzo attraverso le stanze perché come sempre non si ricordava dove avesse lasciato il cellulare, Louis si era anche proposto di farglielo squillare, ma ovviamente Harry aveva lasciato il silenzioso.

“Harry cazzo! Non voglio fare tardi”, il più grande continuava a lamentarsi sbuffando perché quel giorno dovevano andare a vedere la casa che gli piaceva tante con l’agente immobiliare e lui, essendo un ragazzo assurdamente puntuale, non voleva assolutamente arrivare in ritardo. 
Harry corse verso il salotto, ma, distratto dal tono impaziente del castano, inciampò nel tappeto finendo spiattellato sul divano e trovandosi davanti il cellulare che si era infilato nel solco tra i cuscini. 
“Trovato!” urlò il riccio precipitandosi fuori dalla porta insieme a Louis che in pochissimi secondi era salito al posto di guida, aveva messo in moto l’auto e acceso la radio che stava trasmettendo una canzone che nemmeno conoscevano ma li incitava a dondolare la testa a tempo.
Harry nemmeno riusciva a stare fermo sul sedile per l’eccitazione, sentiva che quella era la casa giusta, se lo sentiva fin dentro le ossa, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, quella sarebbe diventata la loro casa.
 
Louis guidò abbastanza veloce per le strade di Harlow e per le 15:00 in punto riuscirono a parcheggiare lungo il marciapiede di Fire Street a tre metri dal diciassettesimo edificio, quello che erano venuti a vedere.
Louis riusciva a vedere l’emozione trapelare dal viso del riccio, dalle sue espressioni buffe perché cercava di trattenere il sorriso e di sembrare impassibile. 
Scesero di macchina e mentre Harry si sistemava i pantaloni chiari due mani lo afferrarono da dietro, “Sembra un bel posto”, gli sussurrò Louis tra i capelli, Harry annuì, sì, era un bel posto.
Subito dopo una macchina nera parcheggiò vicino a loro e ne uscì una donna con lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo che sarà stata sulla quarantina e sorrise gentilmente ad entrambi.
“Chi di voi è Louis Tomlinson?”
“Io”, disse porgendole la mano il castano, “e lui è il mio ragazzo Harry”.
“Piacere di conoscervi”, rispose stringendo la mano anche al ragazzo riccio che si trovava di fronte, “potete chiamarmi Julie”.
 
Lui è il mio ragazzo.
Quella frase non smetteva di girare nella testa di Harry facendogli nascere un sorriso ebete sulle labbra mentre Louis lo prendeva per mano.
Harry sapeva di essere il suo ragazzo e ultimamente si tenevano spesso per mano anche in pubblico, c’erano stati addirittura un paio di baci a stampo, ma mai Louis lo aveva presentato a qualcuno come il suo ragazzo.
Harry era felice perché sapeva che questo era un ulteriore dimostrazione che Louis voleva dare a lui e a se stesso perché stava iniziando ad aprirsi al mondo, ad avere meno paura.
 
Julie aprì il cancelletto rosso che si apriva su un piccolo giardino e le mattonelle da esterno li conducevano al portone di casa in legno massiccio.
Appena entrati si ritrovarono nel soggiorno, alla cucina ci si giungeva tramite un piccolo arco in mattoni rustici che collegava le due stanze. Delle scale a chiocciola in ferro battuto salivano al piano superiore dove erano situati il bagno, la lavanderia e la camera matrimoniale grande quasi quanto il salotto.
La casa in sé per sé non era molto grande, anzi, ma era accogliente, graziosa e molto luminosa grazie alle numerose e ampie finestre.
 
Louis ci si immaginava già in quella casa. 
Ci si immaginava steso sul divano, la schiena contro il petto del riccio, mentre mangiavano un pacchetto di patatine e guardavano un film trasmesso alla tv. 
Ci si immaginava in cucina, seduto sullo sgabello, ad osservare il più piccolo cucinare con indosso solo un paio di boxer e il grembiule.
Ci si immaginava in bagno a litigare con Harry per chi avesse occupato troppo spazio con i propri shampoo e dopobarba. 
Ci si immaginava in lavanderia a fare l’amore su quella lavatrice mentre i loro vestiti vi vorticavano dentro. 
Ci si immaginava su quel letto a due piazze già posizionato al centro della stanza prima di addormentarsi tra le braccia del riccio appoggiato al suo petto mentre gli accarezzava il ventre perché sapeva che lo rilassava.
Louis ci si immaginava già in quella casa, con Harry.
 
Finito il giro della casa salutarono Julie con la promessa che l’avrebbero chiamata la sera stessa per farle avere notizia della loro decisione.
Louis salì in macchina e si lasciò andare contro lo schienale con un sospiro profondo chiudendo gli occhi per un lungo attimo, quando li riaprì e si voltò scontrò lo sguardo acceso di Harry che sorrideva scavando in profondità le fossette, sorrise.
“Mi piace” disse il riccio mantenendo il sorriso che illuminava il cuore del maggiore.
Louis si lasciò andare ad una risata liberatoria, “Anche a me piace, tanto, mi piace tanto”.
Harry lo abbracciò forte facendo rilassare il castano tra le sue braccia.
Dopo un paio di minuti si liberarono dall’abbraccio e si dettero un bacio a fior di labbra.
Louis mise in moto, “E’ quella giusta”.
 
 
 
Una settimana dopo i vestiti di Louis occupavano la maggior parte dell’armadio color cioccolato della camera ed Harry era sbiancato quando si era trovato di fronte a quell’immensa quantità di indumenti, aveva sempre notato il vario vestiario del suo ragazzo, ma non aveva ben realizzato quanti fossero quantitativamente i suoi vestiti.
“Amore?”, lo aveva chiamato dolcemente ma con gli occhi ancora spalancati dallo stupore e la mascella leggermente cadente.
“Dimmi”, Louis lo aveva abbracciato da dietro e aveva appoggiato il mento sulla spalla del riccio strofinando la guancia contro quella dell’altro.
“Pensavo che magari, per un po’, dovresti evitare lo shopping”, spiegò cautamente con un filo di voce.
Il castano lo guardava con gli occhi leggermente sgranati, “Oh”.
“Potresti darti alla pittura, o alla musica, hai mai pensato di recitare?”, continuò Harry sempre con lo sguardo fisso sull’armadio, ma la risata di Louis gli arrivò dolcemente all’orecchio.
“Ho sempre voluto imparare a suonare il pianoforte”, gli baciò una guancia, “E, ci tenevo a sottolineare, tanti di quei vestiti li ho comprati insieme a te perché ‘Lou quei pantaloni ti fanno un culo da favola’ e ‘quella maglia ti fascia le braccia in modo troppo’ e poi siamo finiti nel camerino, insieme e me l’hai levata”.
Harry arrossì mentre l’altro usciva dalla stanza sculettando, solo dopo però avergli fatto l’occhiolino.
 
La prima sera che passarono in quella casa Harry cucinò e mangiarono sul tappeto verde della sala a gambe incrociate uno di fronte all’altro mentre la televisione trasmetteva Friends per l’ennesima volta. I due masticavano e si sorridevano tra un boccone e l’altro consapevoli che quella sarebbe stata solo la prima cena di tante altre.
“Ti amo”, aveva detto ad un certo punto Louis mentre l’altro masticava, “Nel senso, renditi conto, ti conosco da nemmeno un anno e ho appena comprato una casa per noi, per vivere con te, o sono pazzo o ti amo”, prese un’altra forchettata infilandosi la pasta in bocca, “e anche tu devi essere pazzo o mi ami, perché insomma tu ci sei persino venuto a vivere con me, è vero che sei sempre in tempo ad andartene, ma ora sei qui e domattina ti sveglierai accanto a me e sarò spettinato e nervoso e il mio alito non profumerà di rose, ma tu sarai lì, o forse ti sveglierai prima per preparare la colazione, sarebbe da te in effetti”, sorrise, Harry lo ascoltava senza fiatare, gli piaceva quando Louis iniziava a parlare da un momento all’altro, “ah e sappi che se non vuoi lavare i piatti a vita dobbiamo mettere da parte i soldi per una lavastoviglie, io odio lavare i piatti, sono sporchi”, il riccio rise e avrebbe voluto rispondere ‘sai com’è ci hai mangiato’, ma si trattenne, “comunque il punto è che ti amo e boh, saranno i tuoi ricci, sono morbidi e profumano di miele di castagno che è il mio miele preferito”, spostò il piatto vuoto di lato e si sdraiò con la schiena sul tappeto che ancora sapeva di nuovo, “sono pieno”.
Harry pensò ‘Dio quanto lo amo’ prima di lasciarsi andare a peso morto su Louis e baciarlo, “Tu sei pazzo e io ti amo”.
Si baciarono, si spogliarono e fecero l’amore sul tappeto verde, fecero l’amore e fu come la prima volta perché loro il sesso non l’avevano mai fatto, era sempre stato amore.
Era stato amore la prima volta che i loro occhi si scontrarono, era stato amore ogni volta che si erano scontrati per sbaglio e amore era la prima volta che si parlarono, amore fu il loro primo bacio e anche il secondo e anche ogni loro bacio, ogni carezza, ogni abbraccio, era amore quando si prendevano per mano e quando si trascinavano in una stradina vuota per baciarsi contro un muro, accecati dal sole o accompagnati dalla pioggia, fermi o coccolati dal vento, era amore ogni cosa intorno a loro, erano amore loro.
 
 
 
 
Un anno dopo Louis studiava all’università di psicologia la mattina e il pomeriggio lavorava in un bar insieme ad Harry che ancora frequentava il liceo. Trovarono lavoro in quel bar al centro di Harlow un paio di settimane dopo aver completato il trasferimento nella casa nuova. All’inizio lavorare insieme non era stato semplice, soprattutto per Louis che si doveva sorbire tutte quelle ragazzette in calore che ci provavano con il suo ragazzo non rendendosi conto di quelle che ci provavano con lui. Dopo un po’ di tempo e qualche litigata perché “Te Harry le dai anche corda” avevano trovato un equilibrio e il lavoro era diventato anche divertente in un certo qual modo. Passavano del tempo insieme e si stuzzicavano fino allo sfinimento, fino alla chiusura, fino a chiudersi per nello sgabuzzino perché il tragitto per arrivare a casa era troppo lungo per loro, quei quindici minuti erano troppi per loro, per come di desideravano, ma lo sanno tutti che il tempo è relativo.
 
 
Una volta a settimana spegnevano le luci di casa, chiudevano il portone a chiave e andavano in macchina a casa di Anne che preparava anche troppo da mangiare per quattro persone. Gemma, per Harry, era sempre più bella ed era sicuro che questo fosse l’effetto che l’amore, che da poco l’aveva travolta, aveva su di lei. Una volta era andato a cena anche il ragazzo di Gemma e sia ad Harry che a Louis era piaciuto molto, sembrava un ragazzo semplice e soprattutto rispettoso nei confronti della sorella del riccio.
Anne ormai viveva della felicità dei suoi figli, le si illuminavano gli occhi ogni volta che vedeva Harry sorridere a Louis e ogni volta che Gemma arrossiva parlando del suo ragazzo.
 
Una volta al mese Jay arrivava a casa loro con tanto di sorelle al seguito. Cucinando il pranzo per tutti insieme ad Harry, la donna, aveva imparato a conoscerlo e a volergli bene, si era resa conto che quando Louis lo descriveva non esagerava affatto, era un ragazzo fantastico e amava vederlo giocare con le sorelline più piccole che andavano pazze per i suoi ricci castani. 
Il padre di Louis, invece, di andarlo a trovare non ne voleva proprio sapere. Jay aveva provato tante volte a convincerlo, a fargli capire che era sempre suo figlio e non era cambiato niente, aveva anche provato a parlargli anche di Harry, ma quell’uomo quando prendeva una decisione era quella ed era irremovibile.
 
 
Zayn e Liam, dopo qualche mese avevano capito che la loro era stata solo attrazione fisica e che no, non erano etero, ma non provavano nessun sentimento che andasse oltre all’amicizia. 
Dopo un anno Zayn frequentava una ragazza bionda e graziosa che si chiamava Perrie e Liam vagava di locale gay in locale gay senza la voglia di impegnarsi. I due erano rimasti in ottimi rapporti e si incontravano quasi tutti i giorni con Niall e spesso andavano a trovare Harry e Louis al bar.
Harry, Niall e Liam si vedevano tutte le domeniche mattine per stare un po’ insieme, andavano a fare colazione fuori e si raccontavano le ultime vicende.
 
Louis era felice di riavere Zayn che gli girava intorno perché nell’ultimo periodo gli era mancato molto e qualche sera si fermavano a bere qualcosa solo loro due per aggiornarsi e cazzeggiare un po’ come ai vecchi tempi.
 
“Un’altra birra per me e il mio amico” aveva richiesto Zayn al barista.
Era un venerdì sera molto caldo e Louis e il suo migliore amico erano alla seconda birra.
“Questa però è l’ultima Zay, devo tornare a casa in uno stato decente altrimenti Harry mi ammazza”, Louis rise insieme al moro.
“Sembrate già una coppia sposata”, lo prese un po’ in giro l’amico.
“Magari tra qualche anno”, bisbigliò soprappensiero Louis pensando di non essere sentito. 
Zayn quasi si strozzò con la birra, “Wow, cavolo wow”.
Louis arrossì, un po’ per l’alcol in circolo, un po’ per l’affermazione di Zayn.
“Wow, cavolo wow, cosa?” chiese flebilmente perché non era sicuro di voler sentire una risposta.
“Wow, cavolo wow, voi vi amate così tanto che nemmeno mi sembra possibile un amore così grande e forte e non lo so fa strano, non so se riuscirò mai ad amare così tanto”.
Louis lo guardò un po’ di sbieco “Riuscirai ad amare così solo la persona giusta, la tua anima gemella, la tua altra metà, l’amore della tua vita o come la vuoi chiamare. Io amo Harry in questo modo che nemmeno credo sia definibile perché è la mia persona, quella a cui sono destinato e Zayn, tutti siamo destinati a qualcuno”.
 
 
 
 
 
Eccomi qui, non odiatemi vi prego.
Allora so che sto aggiornando dopo più di due settimane, ma posso spiegare, la prima settimana ho avuto un “non so bene cosa” con un ragazzo e sono stata davvero bene, ma questo “non so bene cosa” è finito nella stessa settimana.
Avevo iniziato a scrivere il capito durante la settimana dopo, ma ero parecchio giù ed era venuto uno schifo. 
Fatto sta che domenica sono tornata al mare da nonna e non ho più trovato la chiavina, indi per cui ho dovuto riscrivere il capitolo in questi giorni che ho avuto pochissimo tempo tra mare, amici e luna park c.c
 
Spero che il penultimo capitolo vi sia comunque piaciuto e vi prego lasciatemi una recensione per farmi sapere che ne pensate :)
 
 
 
Un bacio, Sonia xx
(twitter: @sunnymargot

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Mille volte sì. ***




Mille volte sì.

Sei anni dopo Louis aveva finito l’università, faceva lo psicologo di professione e in testa aveva altri mille progetti.

Harry invece frequentava giurisprudenza e in testa aveva esami, Louis, esami. 
 
Tra i mille progetti che Louis aveva in testa, uno continuava a rimbalzargli insistentemente nella mente, soprattutto dopo che l’Inghilterra aveva approvato i matrimoni gay nel paese, ricordava perfettamente quel giorno.
 
Era domenica ed Harry faceva su e giù per la cucina per preparare il pranzo, Louis aveva apparecchiato e si era seduto al tavolino facendo saettare gli occhi dalla televisione al riccio. 
Harry prese una zucchina, la passò sotto l’acqua e la tagliò a rondelle per poi sbatterle in padella. Louis osservava ogni suo movimento fluido con un’espressione sognante. Il riccio ogni tanto si girava a sorridergli, si risistemava la fascia rossa che gli teneva indietro i capelli e si asciugava le mani sul grembiule bianco che Louis gli aveva regalato.
Harry e Louis si stavano sorridendo mentre la notizia passava al telegiornale.
“Matrimoni gay legalizzati in Inghilterra” diceva la donna in tv che ogni sera elencava le principali notizie mentre lo sguardo di Louis si accendeva, mentre i suoi occhi blu diventavano liquidi per nuotare nelle praterie splendenti di Harry che si era immobilizzato al suono di quelle parole che continuavano a rimbombargli nella testa e nel cuore. 
Louis per primo ebbe la reazione di scoppiare a ridere seguito a ruota dal riccio che con le lacrime agli occhi si sedette su di lui a cavalcioni e portò le braccia a cingergli il collo.
“Hai sentito?” chiese Louis ancora incredulo perché non poteva essere vero, aveva fantasticato così tanto su un loro possibile matrimonio, su una possibile legge che approvasse il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, che non riusciva a crederci davvero, probabilmente era solo un altro dei suoi sogni e da lì a poco si sarebbe svegliato con accanto il più piccolo che dormiva rilassato.
Harry non rispose, appoggiò la fronte leggermente sudata alla sua e strinse i capelli lisci del castano tra le mani inspirando il loro odore. Strofinò il naso contro quello a punta del più grande e baciò le sue labbra fini dolcemente, con calma, come se il tempo intorno a loro si fosse fermato e per Louis quella fu come la conferma di essere in un sogno, ma Harry lo morse, strinse tra i denti il suo labbro superiore fino a farlo sanguinare e poi lo leccò.
Louis spalancò gli occhi e un po’ sorpreso si accorse che stava davvero sanguinando, che il suo ragazzo era fisicamente sopra di lui con un’erezione leggermente accennata e che dalle sue labbra carnose stavano davvero uscendo quelle parole, “Noi ci sposeremo”.
Louis sorrise nonostante le labbra gli facessero male e rispose “Sì, ci sposeremo”.
Harry prese a baciarlo con più foga, labbra contro labbra, denti contro denti e mani che vagano sul corpo dell’altro spogliandolo con fatica, cuori che battono ed erezioni che si scontrano in cerca di sollievo. 
Due corpi che si incastrano, che si mescolano, che si amano, sempre in cerca di sicurezze.
Due corpi, l’uno la salvezza dell’altro.
 
 
Louis ci pensava ogni giorno al matrimonio, ogni giorno si chiedeva “Harry è davvero la persona con cui vuoi passare il resto della tua vita?” ed ogni giorno la risposta era sempre “Sì, mille volte sì”.
 
Sì, quando si baciavano i respiri.
Sì, quando si mordevano le paure.
Sì, quando si abbracciavano l’anima.
Sì, quando si leccavano le ferite.
Sì, quando si asciugavano le lacrime e il dolore.
Sì, quando si annusavano i sentimenti.
Sì, quando si urlavano la rabbia.
Sì, mille volte sì.
 
 
Per questo motivo quella mattina camminava per le strade del centro accanto a Zayn sbirciando dentro le vetrine di ogni gioielleria che incontravano mentre Harry era all’università.
“Zaynie, io non so se ce la faccio”, confessò Louis preso dall’ansia.
L’amico lo guardò confuso, “Cosa?”
“E se, e se dicesse di no? Cosa ne sarebbe di noi? Io, noi, non credo tornerebbe tutto come prima”, spiegò il castano passandosi una mano tra i capelli lisci.
Zayn si fermò e lo osservò per un attimo “Sei serio?”
Louis stava per avere un esaurimento nervoso, che domanda era? Certo che era serio. Se Harry avesse detto di no sarebbe potuta essere la fine della loro storia perché era impossibile cancellare quel piccolo dettaglio che lui gli aveva chiesto di sposarlo e l’altro si era rifiutato, quel “no” avrebbe significato “ti amo, ma non abbastanza”.
Zayn, non ricevendo risposta, continuò, “Louis, guardami”, alzò gli occhi su di lui, “Harry ti ama e dovresti smetterla con tutte queste seghe mentali, non ho mai visto due persone amarsi così, siete destinati a stare insieme e tu lo sai meglio di me”.
Louis annuì con forza, spinse la porta della gioielleria davanti la quale si erano fermati e si fece mostrare gli anelli da uomo. Ce ne erano tantissimi e tutti simili, ma uno attirò maggiormente la sua attenzione, era in argento con delle rifiniture intrecciate, come due corde che si legano, che si stringono per non lasciarsi, come loro due.
 
“Dio sono emozionato per te!” esclamò Zayn mentre Louis pagava l’anello.
Il castano sorrise, “Glielo chiederò tra una settimana, voglio organizzare qualcosa di speciale, qualcosa a cui non potrà dire no”.
L’amico rise, “Lui ti direbbe di sì anche se tu glielo chiedessi di prima mattina, in pigiama e con l’alito puzzolente”.
Louis fece una smorfia di disgusto mentre l’altro scoppiava a ridere, ma forse aveva ragione, forse Harry lo amava abbastanza.
 
 
Una settimana dopo Harry si era rinchiuso in biblioteca per studiare perché Louis gli aveva chiesto di uscire di casa senza fare domande e lui, troppo preso dall’esame che avrebbe dovuto affrontare da lì a due settimane, era uscito senza nemmeno fiatare, leggermente offeso. 
Era quasi ora di cena quando Harry decise di tornare a casa, la tracolla piena di libri gli pesava sulla spalla destra e mentre camminava verso casa si fermò a riflettere sul comportamento di Louis. Il suo ragazzo non lo aveva mai sbattuto fuori di casa, anzi. Forse, pensò, era arrabbiato per qualcosa, era un po’ di giorni che si comportava in modo strano, come se gli stesse nascondendo qualcosa.
Oh mio Dio, mi tradisce.
Harry si bloccò e per poco non gli scivolò la borsa lungo il braccio finendo per terra, si appoggiò al muro e ripensò agli eventi dell’ultima settimana.
“Esco con Zayn, a dopo”
“E’ arrivato Zaynie, dobbiamo fare dei giri, non aspettarmi sveglio”
“Oggi potresti studiare in biblioteca? Mi servirebbe casa libera e non fare domande”
Harry sentì le gambe molli che stavano per cedere e si accucciò a terra.
Oh mio Dio, mi tradisce con Zayn.
Sono stato così impegnato con l’università e concentrato sui libri che nemmeno me ne sono accorto, oggi voleva casa libera per stare solo con Zayn.
Harry sentì lo stomaco stringersi e contorcersi dallo sgomento ed era sicuro che il mattone che si sentiva al livello del petto era il suo cuore che stava per implodere.
Si alzò di scatto e pensò che se avesse corso probabilmente li avrebbe trovati ancora insieme, strinse la tracolla al petto e iniziò a correre veloce, così veloce da non riuscire nemmeno a pensare, non voleva pensare, ogni pensiero era una lama che gli trafiggeva la testa, il cuore, i polmoni, non riusciva a respirare.
 
Dopo poco arrivò davanti casa, dalle finestre si intravedeva una luce soffusa forse provocata dalle stesse candele che affiancavano il vialetto. Il tutto conferiva un’atmosfera romantica, che avesse organizzato tutto quello per Zayn?
Aprì il cancelletto trovò un foglietto per terra, lo raccolse e lesse la scritta nella calligrafia di Louis.
“Ciao Harry”.
Ciao Harry? 
Quindi quello, tutto quello, era per lui?
E Zayn? 
Voleva farsi perdonare per averlo tradito?
O Forse non lo aveva mai tradito e quelle erano state solo sue inutili seghe mentali?
Fece un paio di passi e si trovò davanti ai piedi un altro bigliettino seguito da dei petali bianchi.
“Vieni da me”.
Arrivò alla porta di casa e la aprì, ogni angolo della casa era illuminato dalle candele. Seguì i petali nel salotto e un altro pezzo di carta troneggiava sul divano.
“Sei pronto a rischiare?”
Harry guardò la domanda stranito non capendo a cosa si riferisse, ma era decisamente curioso di scoprirlo. Continuò a seguire i petali in cucina e su per le scale. Sull’ultimo scalino trovò l’ennesimo fogliettino.
“Sei pronto ad amare per sempre?”
Che io voglia o no, ti amerò per sempre.
Aprì la porta di camera trovandola ricoperta di petali bianchi, Louis era in piedi appoggiato alla finestra chiusa e lo guardava, sembrava, preoccupato?
Accanto a lui era posizionato un carrellino con sopra due bicchieri, dello spumante e del cibo cucinato che aveva un aspetto delizioso.
Harry non capiva davvero cosa stesse succedendo, era agitato e nervoso, strofinò le mani sudate sui pantaloni, “Ehm, hai cucinato tu?”
Louis annuì sedendosi sul letto, “Ti va di mangiare qualcosa?”.
Per tutta risposta il riccio posò la tracolla per terra e si sedette di fronte a lui sul letto portandosi il piatto sulle ginocchia. 
Louis aveva cucinato, doveva essere successo qualcosa di grave o di importante. Louis non cucinava mai, Harry ormai aveva perso le speranze, eppure in quel preciso istante si trovava a portarsi in bocca una fetta di arrosto cotta al punto giusto e gustosa preparata dal suo ragazzo.
“Mi hai tradito?”, Harry interruppe il silenzio.
Louis quasi non si strozzò, “Come scusa?”.
Harry sbuffò spazientito con le lacrime agli occhi, “Hai capito benissimo, tu e Zayn, sono stato così stupido da non accorgermene, ma nelle ultime due settimane ti sei comportato in modo strano, eri sempre con lui e ora questo? Cos’è questo?”, Louis lo fissava immobile, incredulo, “Poi nell’ultima settimana, dio, noi viviamo insieme e ti ho visto così poco e voglio morire, ti giuro, se mi hai tradito con lui o con qualcun altro, voglio morire perché io ti amo e non ce la faccio”.
Harry aveva il fiatone e Louis di aria per parlare non ne trovava così come le parole, era come se ogni cosa gli stesse sfuggendo, stesse scappando, anche Harry stava scappando?
 
Louis cercò di ricomporsi, le cose non stavano andando come aveva immaginato e doveva riprendere la situazione in mano. Bevve un sorso d’acqua, spostò i piatti sul tavolino e si avvicinò al riccio prendendogli le mani che tremavano.
“Harry”, cominciò cercando il suo sguardo che trovò preoccupato e inquieto, “io ti amo”, si fermò e prese un lungo respiro, “io ti amo e non ti tradirei mai, né con Zayn che è il mio migliore amico, né con nessun altro sulla faccia della terra perché io amo te, voglio te e nessun altro.”, Harry smise di tremare e si concentrò sulle sue parole, “All’università la professoressa di filosofia ci ha fatto studiare il mito dell’androgino tratto dal dialogo platonico ‘Simposio’. Con questo mito Platone vuole spiegare l’eros, l’amore. All’inizio esistevano il genere maschile, quello femminile e l’androgino. Solo quest’ultimo era felice poiché era composto da due persone complementari. Gli Dèi gelosi di questa felicità divisero l’androgino in due persone, queste passano la vita a cercarsi, a cercare l’amore, a cercare l’unica persona che davvero può renderle felici. Se una metà dell’androgino muore, l’altra passa la vita alla ricerca di qualcuno capace di completarla, ma muore da sola, perché ad ognuno corrisponde una sola metà.”
Harry lo guardava incantato mentre parlava e non aveva il coraggio di interromperlo, voleva solo continuare ad ascoltare la sua voce. 
“Con questo, Harry, volevo dirti che io ti ho trovato, o meglio, tu mi hai trovato quella mattina a scuola, quando mi sei venuto a sbattere contro e io ti ho guardato negli occhi e mi sono sentito, mmh, confuso perché ancora non avevo idea di quello che sarebbe successo, non avevo capito che nei tuoi occhi avrei trovato il mio mondo, che in te era nascosto tutto quello di cui ho bisogno, che sei tu la mia metà, la mia persona. Tutto quello che ho fatto, ogni successo, ogni sbaglio, tutto era giusto perché mi ha portato a te e io mi sento così fortunato perché tu sei qua e io ti amo e là fuori c’è gente che prova odio, desiderio di vendetta e tante brutte cose, mentre io sono qua davanti a te e tutto quello che riesco a provare è amore”.
Harry sorrise e si avvicinò un altro po’ a Louis per baciarlo, ma questo si allontanò.
“Scusa, scusa, scusa, ma io devo finire questo discorso perché vedi, io ho cucinato e ho cosparso la casa di petali bianchi e candele e ho quasi dato fuoco alla nostra casa. Dio, sta andando tutto storto, perché mi sto perdendo nei miei discorsi?”.
Harry gli accarezzò la guancia con il pollice per rassicurarlo.
“Il punto è che tu sei la mia persona, non ti voglio perdere e voglio passare il resto della mia vita con te”, Louis si inginocchiò ai piedi del letto ed estrasse un cofanetto blu di velluto dalla tasca, lo aprì lasciando che la luce soffusa delle candele illuminasse l’anello d’argento sotto lo sguardo lucido del riccio, “per questo Harold Edward Styles, vuoi sposarmi?”.
Harry semplicemente si lasciò cadere tra le sue braccia e iniziò a piangere di felicità, di gioia, di amore. Si sollevò dal suo petto, gli prese il viso tra le mani e lo baciò con forza premendo le labbra sulle sue, “Sì, mille volte sì”.
 
 
 
Oddio sono in un mare di lacrime, let me cry alone.
Non riesco a credere che sia finita, cioè omg, non riesco a smettere di piangere perché è finita, perché i miei Larry si sposano, perché ho sempre amato Platone e sono sensibile.
 
Detto questo spero che quest’ultimo capitolo vi sia piaciuto e spero di non avervi deluso.
 
Mi sento in dovere di ringraziare tutti voi, chi recensisce, chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, chi mi supporta su twitter e mi scrive cose davvero troppo belle e dolci.
Vi ringrazio perché avete condiviso questa avventura con me e mi avete dato la forza di portarla a termine.
 
Ora me ne vado nel mio angolino a piangere.
 
Twitter: @sunnymargot
Un bacio, Sonia xx
 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1559004