Leave to me

di Luna_R
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


šťźLeave to me źťš

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Silvia. Silvia č pazzesca. Silvia fa ridere, č dolce, ha la freschezza della sua etŕ.

Silvia vive da sola, č giovane, ha un lavoro, ma č insoddisfatta. Piů che insoddisfatta, non crede piů. Nell’amore.

Claudio č maturo. Troppo. Claudio veste bene, vive nella Roma bene, ha amici per bene.

Claudio č quadrato. Ed ha un figlio di diciassette anni.

Quando le cose non succedono mai per caso, quando a volte si ricomincia a sperare e a credere in qualcosa, ecco mondi che si fondono, punti di vista che si abbracciano, dapprima scogli insormontabili ma poi, naturalezza infinita.

Quando si dice, il passato č passato.

Quando si dice, vivi come se dovessi morire domani. Lascia indietro il superfluo.

 

 “Perché abbandonarsi agli altri č la sfida piů difficile.

“La tua sfida, l’hai vinta in partenza.”

 

Quando si dice, “Leave to me.”

 

Chap n.Ś

 

Notte.

Notte silenziosa.

Notte che ti avvolge.

Notte, amica e compagna.

Giŕ notte.

Silvia č in terrazzo, fuma pensierosa la sua Marlboro.

L’ultima della giornata, ma anche l’ultima del pacchetto.

Sbuffa un po’, all’idea di doverle giŕ ricomprare.

Ma il pensiero svanisce in fretta, aspira bene un altro tiro, socchiudendo gli occhi.

Quegli occhi marcati, non da polveroso trucco disfatto, bensě da sofferenza rimasta stampata sul volto e da chissŕ quanto tempo, ormai di casa sui suoi tratti; e non se ne via, nemmeno se ti sforzi di ridere.

 

Ma che ci faccio io qui, ancora a pensare a te?!

Chissŕ dove sei, e con chi.

Con chi stai, cazzo!

Io sempre qua, che se non la smetto di pensarti, muoio dentro.

Perché mi hai lasciata?!

Che bisogno c’era?!

Ed io perché, lo voglio ancora sapere. Che bisogno c’č?!

Ma l’amore non č forza?! Non č unione?!

Non si diceva fosse sorreggersi, guardare avanti, provarci?!

Io non credo piů all’amore. E nemmeno a te.

Ti vorrei dire questo, se mai ti incontrassi, un giorno.

Mi sono convertita all’odio.

Si, ti odio. Anche questo ti direi.

Perň mi manchi. E questo, sě questo, l’ometterei.

 

Una schicchera, secca e leggera, sussulta nel buio; la sigaretta vola giů, roteando su se stessa.

Non ha ancora voglia di rientrare. E piů nulla da fumare.

I suoi ricordi, forse.

Ma c’č giŕ chi li ha mandati in fumo per lei.

 

“Parto, vado a Londra. Non chiamarmi piů. Non cercarmi, fra noi č finita.”

“Ma non dobbiamo sposarci?!

“Silvia, parlo sul serio.”

“Eh, io pure..

 

Guardarla avere voglia di scherzare, guardarla e non capire se stia fingendo di non ascoltare.

Ma lui Silvia, non l’hai mai capita affondo.

Si sente un perdente anche per questo. Ma da domani, Silvia non sarŕ piů problema suo.

E poi via, aprire un portone, uscire di scena, con delle valige preparate chissŕ quando.

Lontano dai suoi occhi, dal suo amore folle, dalle sue urla magari.

O dalle sue lacrime.

Lasciarla nel momento in cui č ancora lě, imbambolata a mangiare aria.

E scappare via, prima che sia troppo tardi.

E di Matteo, piů nulla.

Male, fanno ancora male quei momenti.

Lei lo sa, ma li lascia scivolare negli occhi e nel cuore.

E’ tremendo, quando sei triste, quando vedi tutto nero, vuoi esserlo sempre di piů, vuoi vedere nero che piů nero non si potrebbe, perché il dolore, quando ti prende, ti soggioga, ti fa diventare dipendente e non chiedi altro, se non questa droga.

Come anfetamina.

Senza assuefazione. Solo conforto.

 

Ed apre gli occhi, stesa sul lettino bianco.

L’aria č dolce. La luna č ancora sfocata.

Se solo riuscissi ad odiarti.

Sarebbe tutto piů facile.

L’odio diventa indifferenza, e l’indifferenza, svanisce.

L’amore, no.

Si accozza al cuore, torturandolo. E quando se ne va. Chi lo sa?!

Da qualche parte ha letto che l’amore rende liberi, ed ora, ci sta pensando.

Ma liberi da cosa?!

E da chi?!

Soprattutto, chi l’ha sparata ‘sta stronzata

E ridere per un attimo, di sé.

Ma tornare seria subito, quando si riaffaccia lui. Fra i ricordi.

Lui, lui non c’č piů. Eppure io, mi sento ancora sua. Sono intrappola! Altroché libera!

E tornare a sorridere.

Da quanto tempo č, che non  esco con un uomo?!

Oggi ho accompagnato Flavio a calcetto.

Ma Flavio č suo fratello, ha sedici anni.

Non vale. Lo so. So che č mio fratello!

Ride, poi si alza, scorre la portafinestra ed entra in casa.

Il portafoglio č sul tavolo, le chiavi dell’auto poco piů lontane.

Prende tutto e mentre tiene a mente che dovrebbe portare con se anche il sacco della spazzatura, č giŕ fuori casa.

E il sacco della spazzatura č ancora lě. Dove lo ha lasciato.

Ed anche i suoi pensieri.

Aleggiano in terrazza, in attesa del suo ritorno.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Ringrazio tutti coloro, abbiano messo piedi qui, nella mia ficcina.

Dopo qualche tempo, sono tornata a scrivere.

Bello, per me č sempre un piacere!

Purtroppo, per mancanza d’ispirazione, ho tolto dalle mie storie “A.P.S” e colgo l’occasione per chiedere scusa a chiunque stesse aspettando un aggiornamento. Non č detto che non la posterň in futuro. Non lo so

Intanto ringrazio  GrEeNgIrL per la sua toccante recensione.

Grazie cara, spero continuerai a seguirmi!

Intanto, un saluto affettuoso.

LuNaDrEaMy

 

 

Chap n.Ť

 

Claudio č ancora al cellulare con Eliana.

Come al solito, discutono.

 

“Eliana riusciremo mai a vederci ad un orario decente per questo benedetto affido?!

“Lo so, perdonami. Eravamo in montagna da Giorgio. Sai c’era molto traffico.”

 

Ecco, ma ti pare giusto?!

Il compagno della mia ex moglie, vede mio figlio piů di me.

E quel che č peggio, č che ha la precedenza fra tutti.

Claudio, sposta da sé il telefono, piegando la testa fra le mani.

 

“Sě, ma sono le dieci e mezza, Eliana.”

 

Tenta di riprendersi, ma č incazzato nero.

 

“Claudio scusami. Sarŕ l’ultima volta, dai non farne un dramma.

 

Sě, sě. L’ultima volta.

Quante ne ho sentite di ultime volte.

Una, ne fosse mai stata rispettata una. Una!

Che tipo mia moglie. Anzi no, la mia ex moglie ormai. Carta, canta.

Egoista. Sacrosanta egoista.

Ma sě, chi ne fa un dramma, cosa vuole che me ne importi di mio figlio.

No dico, se lo ricorderŕ che quello č anche mio figlio?!

O si ricorderŕ di me solo alla fine del mese?!

 

“L’assegno Claudio. Ancora non č arrivato.”

 “Claudio, visto che passi di lě, me lo riscuoti tu l’assegno?!

 

Ma certo Eliana, certo tutto quello che vuoi.

Infondo č per nostro figlio.

Sě, ma io ho ancora le nostre foto, lě sul comodino, di quando eravamo felici.

Non ne ho fatto scatoloni, pregando mia madre di togliermele di torno.

Claudio ma che ti metti a ripensarci, adesso?!

Dai il vostro matrimonio č finito da un pezzo. Un po’ di dignitŕ. E che cazzo!

Perň fa male, oh.

Uno si sposa, fa figli e poi?!

Poi niente, ti ritrovi a girare banche per riscuotere il prezzo del valore del tuo matrimonio finito nel cesso, o a cenare da solo, o vedere crescere tuo figlio chiedendosi da quanto tempo si č bucato i lobi e soprattutto cosa ci trova di “figo” nel girare con uno spillo conficcato nella pelle.

Oddio Claudio, basta eh, stai diventando patetico.

Ma da quanto tempo, non esci con una donna?!

 

“Sono lě fra venti minuti.”

“Ah, bene! Senti Claudio?!

“Dimmi.”

“Potresti comprarmi un litro di latte, ora che passi?!

“Niente altro?!

 

Ma non le  da il tempo di rispondere, attacca infilandosi il cellulare nel taschino della giacca.

Un mazzo di chiavi sono lě ad attenderlo e una serranda un po’ impolverata, non aspetta altro che essere tirata su.

Probabilmente preferirŕ dimenticare che Niccolň č anche mio figlio, visto non fa altro che lamentarsi di quanto mi somigli.

Ride un po’ piů soddisfatto, apre la portiera della sua Bmw m5, nera, bella, morbida.

Si mette alla guida, ma prima l’accarezza, in preda ad un raptus d’amore improvviso.

Lei, la mia meravigliosa auto, goccia che ha fatto traboccare il vaso; quanto si incazzň Eliana quando la presi, ancora me la ricordo quella scena pazzesca. Che goduria!

L’acquisto e la firma piů azzeccata che abbia mai fatto nella vita.

Pura classe, pura finezza.

Altro che quel sě di quasi venti anni fa. Altro che firma davanti all’altissimo.

Ride. Mette in moto ed esce dal garage.

 

La strada č vuota, tutta sua.

La doma, una curva a destra stretta, ma senza mollare mai l’acceleratore, un’altra a sinistra, frenando di botto, per poi ripartire cosě, nel rumore di gomme strigliate e odore forte di bruciato.

Mio figlio, chissŕ cosa penserŕ mai di me. Di sua madre. Di noi tutti.

Diciassette anni. Non ricordo cosa pensavo io alla sua etŕ.

Di certo so che č un adolescente indomabile, sempre in giro “ a cazzaggiare” come dice lui.

Sempre su di un motorino. No, non il suo, il suo č ancora allo sfascio, sulla Togliatti, dopo quel volo fatto sulla rampa di Viale Libia. Che colpo quella sera.

Adesso si fa scarrozzare in giro da un certo Pablo di Viale Jonio, sempre con tutto il resto del loro gruppo al seguito; gli adolescenti, guai a non avere un gruppo!

Il sabato va a ballare, a scuola non č eccellente ma almeno ci va.

Non ci ha mai dato problemi, non ha mai fatto storie.

Eppure alle volte lo guardo, ed č come se mi sfuggisse dalle mani.

Vorrei vederlo di piů, questo sě.

 

“A scemo, guarda che č verde! Che famo?!

 

Claudio controlla lo specchietto retrovisore; un boro dentro una Fiesta, agita la mano in sua direzione.

Decide di non rispondere, mette in prima e sgasa via.

Uno non puň neanche piů pensare, cavolo!

Poco piů in lŕ scorge un bar.

Bene, č ancora aperto.

Accosta ed entra.

 

***

 

Ma un bar aperto, dici che lo trovo io a quest’ora?!

Beh, devo trovarlo per forza, sono senza sigarette!

E’ in giro da quasi venti minuti; il suo amico Giangi, quello del bar degli artisti, ha chiuso da un pezzo, lasciandola a secco.

Fa il giro del quartiere, quando si imbatte in un insegna blu traballante; Blu bar.

Non ci pensa su due minuti, parcheggia ed entra.

 

“Sera! Del fumo per questa disperata?!

 

Due commessi la guardano divertiti.

Ma stanno al gioco.

 

Dipende da cosa fuma, signorě.”

“A quest’ora solo un pacchetto di Marlboro light, grazie!”

 

Si guardano sorridendo, il commesso piů giovane abbozza un occhiolino, porgendole il pacchetto.

 

Lei desidera altro, signore?!

 

Quello piů anziano dei due, si sofferma sull’altro cliente, in piedi a godersi la scena di quella simpatica signorina; ma lo vede trasalire, non appena la sua voce rauca lo raggiunge.

 

No grazie, solo questo. Quanto le devo?!

“Due euri in cassa, grazie.”

 

Nel frattempo Silvia, si č fatta fare anche una vaschetta di gelato, si gira al volo prendendo possesso della cassa.

Scambia un occhiata fugace con l’altro unico cliente del locale, abbozzando un sorriso fugace.

Lui ricambia, distratto da un portafoglio che non riesce a trovare all’interno della sua giacca.

Ma.. questo č proprio fesso, esce di casa alle undici per un litro di latte?!

Se ha figli, č un padre snaturato, se non li ha č proprio matto.

E sorride ancora.

Perň, č davvero un gran bel matto.

 

Arrivederci.”

 

Poi lascia tutti cosě, afferra il suo sacchetto, prima di sparire e portare via con sé, quel meraviglioso sorriso che ha donato arrivando.

Ma nessuno sa, quanto le costa quel sorriso.

Non lo da a vedere.

Ma Silvia č cosě.

Bellissima anche nella sofferenza.

 

Carina eh?! E’ la prima volta che la vedo, sennň gli davo una mano.

 

Claudio si volta alzando il sopracciglio, guarda il commesso con fare sarcastico e mentre afferra il suo sacchetto borbotta qualcosa.

 

“Sono sposato.”

“Saluti alla signora, allora.”

 

L’uomo gli fa una specie di inchino, prima di congedarsi del tutto.

Esce fuori, ancora divertito dalla scena.

Perň, simpatici in questo bar; certo un po’ bori, ma simpatici.

Cosě, un po’ piů rilassato, si dirige verso la sua ex moglie e la sua ex casa.

 

P.zza Trento, n. 9.

Claudio č sceso dall’auto, ha messo la sicura e con fare un po’ scocciato suona al citofono.

Poco dopo, qualcuno si degna di rispondere.

 

“Claudio, sei tu?!

“Sě, apri.”

 

Non prende l’ascensore, sale le scale di corsa tanto –pensa- sono solo due piani.

E si ricorda, a fine corsa, che non ha piů l’etŕ per fare certe cose.

E soprattutto non ha piů la testa, visto che dal suo sacchetto esce di tutto tranne che il cartone del latte.

Intanto Eliana apre alla porta, lo abbraccia affettuosamente facendolo accomodare nel soggiorno.

Giorgio č ancora lě. Si salutano freddamente.

 

“Il latte era finito. Spero vi vada del gelato!”

“Gelato?!”

 

La donna gli sfila il sacco dalle mani, vagamente divertita.

 

“Beh, sempre latte č.”

“Uhm, cioccolato, vaniglia e stracciatella. Strano trio.” La voce di Eliana arriva lontana dalla cucina.

“Claudio, ma che sei depresso?!

“Io?! Io sto benissimo.”

“E queste?!

“Scusa Eliana, adesso se uno si mette a fumare, significa che č depresso?!

 

 

Cerca di mantenere la calma, Giorgio lo sta fissando e la cosa lo innervosisce.

Ma chi glie le mette certe idee per la testa?!

Colpa di quelle riviste di psicologia da quattro soldi che legge, certo.

 

“Vecchio! Sei arrivato finalmente! Dico č una vita che sono pronto!”

 

A salvarlo in corner č suo figlio.

Gli da una pacca sulla spalla e a momenti glie la lussa.

Ma stringe i denti, suo figlio sa che ha un padre forte. Una roccia!

Mica come Giorgio, quella specie di mollusco inerme.

 

“Allora, andiamo?!

“Ma come, e il gelato?!

“Credo farŕ piů bene a voi.”

 

Sorride sornione, caricandosi sulle spalle la sacca di Niccolň.

 

***

 

Sigaretta, sigaretta, sigaretta. Dove sei sigarettina?!

Silvia č ancora in macchina, sta frugando come una gatta nella busta adagiata sul sedile.

Oh, ma che c’č dentro questa cosa?!

E per un attimo toglie lo sguardo dalla strada, sfilando quel qualcosa di umidiccio che gli ha bagnato la mano.

Latte fresco.

 

“Oddio no! Ho scambiato busta!!

 

No, no, no. Che serata! No dico, senza sigarette fino domani!

Impossibile. Non esiste.

Fa un inversione a U di quelle da 10 punti in meno sulla patente, e sgasando torna al bar.

Stavolta l’insegna non traballa piů; č proprio spenta.

 

“Ma no, cazzo!”

 

E cosě, vola lontano verso casa, dove i pensieri ancora l’attendono.

E stavolta, senza sigarette.

 

***

 

“Senti Niccolň, a te sta simpatico Giorgio?!

“Perché me lo chiedi ?!

“Cosě niente… curiositŕ.”

“A , c’ha ragione mamma. Sei depresso.”

“Oh basta con questa storia eh! Il gelato non era mio e  questa č solo una domanda!”

 

Niccolň lo guarda incuriosito, sedendogli accanto, sul divano.

 

“E di chi era ?!

“Mah… di una ragazza.”

“Forte! Fai ancora conquiste eh ?!

 

E ridono.

E’ quell’ancora, che non gli garba piů di tanto.

Claudio, devi assolutamente uscire con qualcuna. Trovarti una donna.

Sě, ma chi?!

 

“Comunque no. Giorgio č un gran rompicoglioni.

 

Si alza Niccolň, andando verso la sua camera.

Claudio solo allora, spegne la tv soddisfatto.

Si guarda intorno, compiaciuto.

Mio figlio; gran bel tipo!

Sě, sě. Mio figlio, tutto suo padre!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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Ringrazio di cuore Amantha per la curiosa recensione che mi ha lasciato.

Ha fatto uno strano effetto anche a me leggerla! ^^

Bacio,

Luana.

 

 

Chap n. Ž

 

 

“Oh, forte questo pezzo!”

 

Una ragazza con una tutina rosa aderente, comincia a sculettare a destra e sinistra, su un pezzo di Robbie Williams; č felice, almeno sembra, mentre arrotola un asciugamano e lo tira sul sedere dell’amica.

 

Paola! Ma sei fuori?!

“No baby, sono semplicemente felice.”

“Beata te…”

 

Silvia pensa per un istante, a quanto tempo č passato dall’ultima volta che si č sentita davvero felice. Tanto, troppo tempo.

Cosě tanto, che non lo ricorda piů.

 

What am i supposed to do
to keep from goin under?
now you're making holes in my heart …

 

Cosa cerco di fare, trattenendomi dallo sprofondare?!

 

Non lo so signor Williams, me lo domando anche io, da tempo immemorabile.

 

Adesso tu … mi stai trafiggendo il cuore.

 

Trafiggere, ecco, la parola piů azzeccata.

Chi lo sa se Matteo andandosene, si č reso conto di avermelo spappolato questo povero cuore di pezza.

Cuore di pezza. Sono un fenomeno, ma dove li vado a pescare questi sinonimi?!

Non lo so Silvia, ma tu intanto ci stai ancora ripensando. Fanculo!

 

“Oh!”

 

La ragazza con la tuta, molla a Silvia un’altra pacca sul sedere.

 

“Eh! Che c’č?! Ho una chiappa atrofizzata, la finisci con quel coso?!

“Senti, allora ci vieni da Martolina?!

Martolina … ma non avete niente di meglio da fare che darvi questi soprannomi tu e la tua amica?! Comunque no, non ne ho voglia.”

“Su non fare la musona.”

“Sul serio , non ne ho voglia.”

“Ma che stai pensando a Matteo?!

“No.”

“Sě invece, quando pensi a lui diventi musona.

“Oddio Paola, spostati non ho tempo di sostenere questa conversazione infantile con te!”

 

E si fa spazio, schizzando via.

Si spazzola i capelli dinnanzi un grosso specchio e pensa quanto vorrebbe non pensare piů a lui.

Ma il vetro s’appanna, fa troppo caldo lě dentro. E s’appanna pure la certezza che non smetterŕ di pensarlo tanto presto.

 

“Guarda che stasera lŕ č pieno di fighi!”

“Ah sě?! Ecco perché sei cosě contenta!”

Stronza! Io lo dico per te! Fattene un altro! Anzi fattene piů di uno!!!

 

Alcune ragazze lě vicino, ridono divertite.

Paola allora gonfia il petto, soffiandosi sulle unghie.

Ma Silvia la guarda disgustata, con un sopracciglio inarcato.

 

Hai finito?!

“Veramente … devo ancora cominciare!”

“Oddio, sei un disastro! Il tuo appetito sessuale č una cosa scandalosa!”

“Non si puň dire lo stesso del tuo eh Sě…”

Ok, ok. Fortuna che ho finito. Ci si vede eh! Ciao!”

 

Afferra la sua sacca, e in cinque secondi č fuori dallo spogliatoio, lasciandosi alle spalle la sua amica divertita dallo show e dalle risate delle altre ragazze ancora bagnate di doccia.

Paola č un caso disperato davvero, si va bene divertirsi, ma non posso trombarmi mezza Roma per dimenticarmi di Matteo.

Non ha logica!

O forse sě?! Avrŕ ragione lei?!

Decide di non pensarci, monta in sella al suo SH nero e mette in moto. Sicura e decisa.

Il motore fischietta un po’. Silvia non gli da peso.

Almeno fino a quando, con un ultima starnazzata, il suo moto mezzo si spegne inesorabilmente.

Oh cazzo, e mo che c’hai?!

Scende, fa il giro su stessa, cerca di capire.

L’olio c’č, la benza pure… perché non parte?!

Non demorde, gli da due leggere scossarelle, prima di rimontarvi in sella.

Gira la chiave speranzosa, ma il suo SH sbuffa prima di morire cosě.

Con le luci di posizione ancora accese e la speranza di una biondina di ritornare a casa presto.

E adesso che faccio, che mi invento?!

Lo porto a spinta fino a casa?!

Silvia stai a due isolati da qui, a meno che tu non voglia farti venire un ernia del disco,ti conviene lasciarlo qui.

Oddio no, ma io non l’ho mai lasciato solo il mio “motorello”. Solo, solo e al buio.

Sospira animatamente, prima d’allargare le braccia in segno di remissione; scende e prende la  catena dal bauletto.

Qualcuno passa di lě e le suona.

Il solito coglione. Guarda se si ferma e mi dice mezza parola lo picchio!

Ma quel clacson č insistente.

Si gira con fare piuttosto incazzato, intenzionata a prendere a catenate il simpaticone di turno, ma con immenso stupore e gioia si accorge che il simpaticone č proprio la sua amica Paola.

 

“Paola! Menomale che ci sei tu guarda!”

 

Saltella come una bambina, intorno alla macchina della sua amica.

Quest’ultima tira giů il finestrino, sorridendole maliziosa.

 

Mi porti a casa?! Questo coso non parte.”

 

Sbatte le sopracciglia proprio come un enfant prodige, sorridendo divertita.

Paola la squadra da cima a fondo, prima di lasciarsi andare in un sě.

 

“A casa eh?!

“Sě, sě. Tanto sai dove abito.”

 

E si stende lungo il sedile, a peso morto, esausta ma sollevata.

Guarda fuori dal finestrino, il centro si sta riempiendo di macchine; giovani e famiglie, usciti fuori dal letargo per godersi queste prime e fresche serate d’aprile.
Sorride. Lei no. Lei sta ancora in letargo.

 

Oh! Ma dove vai!? Dovevi girare all’angolo!”

“Eh lo so. Ma so anche che tu stasera non ti chiuderai in casa come una povera vedovella! Tu stasera vieni con me da Marta!”

 

Ride Paola, ride soddisfatta e compiaciuta, guardandola divertita; poi si sistema i capelli, ritornando con lo sguardo sulla strada.

 

“Maledetta! Mi hai fregata! Mi hai presa in castagna! Tu… Tu…”

“Tu. Tu. Tu. Occupato!”

“Cretina! Non ti sei regolata! Questa me la paghi! E poi guarda  come sono conciata! Un disastro!”

 

Paola inchioda. La guarda esterrefatta.

 

“Oh, rilassati eh, ti fai prendere un infarto! Dai, aspetta, ti sistemo un po’.”

 

E le salta addosso, quasi.

E’ forte Paola, č geniale, una vera canaglia, ma le voglio bene per questo.

Anche se adesso mi sta conciando come una battona, con tutto questo rossetto e sto bottone della camicetta che mi vuole tenere sbottonato a forza.

 

“E basta Paola, su! Sto bene, no?! Andiamo dai.. m’č presa una fame!”

“Oh sempre a mangiare pensi. Ma dove te la metti tutta quella roba?!

“E secondo te, che ci vengo a fare in palestra?!

“Io pensavo a rimorchiare… no eh?! Silvia! Tu mi preoccupi fattelo dire…”

 

E giů di risate. Ancora, tante, irripetibili.

Sfrecciando su una smart nera.

Nera come la notte.

Una notte fresca e libera. Frizzante.

A cuor leggero. Persino quello di Silvia!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Chap n. Ź

 

 

C’č un’altra auto, che sfreccia nella notte fresca romana.

E’ l’auto di Claudio. Con a bordo, i piů cari amici di infanzia; Gianni e Sandro.

Conoscenze di un tempo immemorabile, degli anni della maturitŕ di quell’ottantasei cosě lontano, e compagni della vita folle e scanzonata dell’universitŕ.

Stessi percorsi, stesse storie, ma inevitabilmente caratteri diversi, e poi con il tempo, altro tipo di maturitŕ prese ognuno come ha dettato il destino.

Gianni ha una bella moglie e molti figli; l’ultimo arrivo ha un anno ormai, ed č un bellissimo bambino cambogiano.

Un uomo dagli alti valori morali, lo vede cosě Claudio.

Legato alla famiglia, alle sue cose, piů di qualunque altra distrazione.

E parlando di distrazioni, viene il turno di Sandro.

Eh, Sandro.

Single incallito, fino allo stremo. Fino ai suoi quaranta anni. Incalliti, come lui!

 

Il problema č che non so scegliere. Le donne di oggi sono tutte belle, cazzo!”

 

Insomma, un indeciso, certo.

O uno che ha deciso benissimo di spartirsi la vita da solo, senza troppe rotture di coglioni, come le chiama lui, le donne.

Fa ridere, č goliardico. E’ un insieme di difetti, eppure di perfezione nell’imperfezione.

Lui la vita la prende cosě, di petto, senza troppi giri di parole.

E poi ci sono io.

Io e la mia bella BMW, io la mia vita da papŕ single. Io, io. Io e la mia solitudine.

 

Gira a destra e fermati. Il palazzo dovrebbe essere quello.”

“Sei sicuro Sandro?!

“Eh, ma non le vedi quelle fighe lě, quelle che stanno entrando?! Saranno amiche di Marta, sicuro.”

“Oh basta che son fighe lui… non capisce piů niente!”

“Eh magari stasera te ne fai pure una di quelle e ti toccherŕ ringraziarmi.

“Io ho Serena. Per me č la piů figa del mondo.”

“Oddio questo ‘mo riattacca con la moglie. Fatemi scendere che č meglio. Ah, stasera sto in acchiappo, fate finta di non conoscermi per favore.”

 

E si butta quasi giů dall’auto.

Fa una specie di corsetta e in un attimo ha giŕ raggiunto le prossime prede.

Che ovviamente giŕ sorridono. Cosa gli farŕ mai alle donne…

Gianni e Claudio si guardano divertiti.

Un occhiata complice, qualche gesto di rituale e si portano fuori anch’essi.

 

Ci sono proprio tutti.

I perbene del circolo dei canottieri. Qualche avvocato in libera uscita e svariati nomi blasonati che a forza di blasonarli te li dimentichi sempre.

Claudio si divincola subito. Da quelle facce troppo note, da quelle chiacchiere sempre uguali. Stasera no, stasera non ha proprio voglia di mescolarsi al qualunquismo.

Afferra dello champagne e si dilegua.

 

awawawa

 

Ma che ci faccio io qua?!

Oh, ne conoscessi uno. Uno!

Colpa di Paola, che mi va sempre a ficcare in questi suoi casini. Non mi piace la vita mondana, si respira sempre un aria rarefatta, di bugie e ostentazioni cosě stupide.

Perché una persona deve passare una vita a dimostrare di essere ciň che non č?!

Ma soprattutto siamo davvero soltanto ciň che possediamo?!

Mah.

Si stringe nelle  spalle Silvia, mentre cerca di trovare l’ennesimo perché alle sue domande.

Non esiste nessuna risposta. E forse deve smettere di farsi domande.

E lo sguardo vola nel cielo infinito; perché quando č cosě insopportabile tenere i piedi per terra, si tende a guardare sempre il cielo?!

Silvia. Silvia lascia stare dai. Ti fai solo male.

Semplice, perché nel cielo sconfinato si ritrova libertŕ.

Quella libertŕ che ti č stata tolta. Ed io, non sono piů libera. Ma prigioniera. Schiava.

 

“Silvia! Sei qui!”

 

Sobbalza, non appena sente chiamarsi. E si volta.

Paola agita una mano. Un po’ troppo.

Cammina goffa, e ride sguaiatamente.

Le va in contro, quasi raccogliendola in un abbraccio. Paola si lascia andare.

 

Non puoi capire! Non puoi capire!”

“Cosa?! Cosa?!”

“Ho conosciuto uno troppo forte. Guarda č qui. E qui. E qui.”

 

Silvia ride. Si guarda intorno.

Ok, č ubriaca persa!

 

Sě. Sě. Bel tipo. Un po’ silenzioso. Trasparente direi.”

 

E ride ancora, sorreggendo una Paola quasi stramazzata in terra dalle risate.

 

Ti dico che era qui!”

 

Un tipo, poco piů in lŕ, le guarda preoccupato. Si avvicina piano, ma si ferma non appena Paola comincia a rantolare. Silvia lo guarda.

 

Senta al posto di fissarci, si dia da fare!”

 

Quello le avvicina, non appena Silvia apre bocca.

 

“Come posso aiutarla?!

Ce l’ha una coperta?!”

“Senta non giro con delle coperte solitamente.

“Bene! Allora non stia lě impalato, se ne faccia dare subito una! E alla svelta!”

 

E non se lo fa ripetere due volte, schizzando in casa alla ricerca di Marta.

Poi improvvisamente si sente stupido. E rallenta.

Ma guarda questa, anche gli ordini mi da!

Ma chi č?! Ma chi la conosce!

 

“Ma lei ancora qua sta?!

“Eh, non č che volo!”

“Giusto, perň č troppo lento, se lo faccia dire. Ah, guardi, Marta č lě.”

 

Claudio la fissa per un attimo. Resta un po’ interdetto.

Non sa dove l’ha giŕ vista, ma per la seconda volta si ritrova a darsi dello stupido.

Specie perché quella specie di mezza cartuccia, lo sta tirando come un disperato per mezza casa.

 

“Vorrei tornare a casa tutto intero sa?!

“Mamma mia come č noioso!”

“E lei č un incosciente! Ha lasciato la sua amica tutta sola fuori in terrazzo.

“Oddio Paola! La colpa č sua, che non si č sbrigato a tornare!”

 

E molla tutto -coperta e compresse- in mano al tipo, schizzando via come una furia.

Sperando che sia ancora viva.

Sperando che improvvisamente non le sia venuta la voglia di fare un bel salto giů dal terrazzo.

Ma Paola č ancora lě. Che ride, con il suo amico immaginario.

Silvia si batte la fronte, scuotendo il capo.

Poco dopo arriva anche l’uomo, accompagnato dall’espressione schifata di Marta.

 

“Non fatela vomitare in terrazzo per cortesia!”

“Marta ma come sei! Guarda che sta male!”

No.No. In terrazzo non se ne parla!”

“Aiutatemi a tirarla su almeno.”

 

Marta rimane impalata, guardando altrove.

L’uomo scuote il capo e si china a raccogliere i resti della poveretta.

E non l’avesse mai fatto, perché proprio nel momento in cui le ha alzato le braccia, Paola ha deciso di lasciargli un ricordino poco simpatico sulla manica della giacca.

Anzi, piů di uno.

Silvia scoppia a ridere.

Marta per cortesia altrui cerca di evitare, poi prende Paola per un braccio e la porta in bagno.

 

“Ha finito di ridere?!  Io non capisco che ci trova di tanto divertente!”

“Lei! Ha una faccia vedesse…”

“Senta, si č fatto tardi, meglio che vada!”

“No!”

“No?!”

“Cioč volevo dirle, no mi aspetti. Io vengo con lei.”

“Che cosa?! Dopo tutto questo?! Non se ne parla.”

 

E la lascia lě, impalata come una mummia.

Fa per allontanarsi, ma Silvia non si da per vinta, lo segue, attaccandosi alla manica della sua giacca.

 

“Senta, siamo partiti con il piede sbagliato č vero, ma la prego non puň lasciarmi qui. La mia amica non č certo in grado di riaccompagnarmi.

“Beh, non č certo un mio problema.”

 

E nell’attimo in cui finisce di parlare, Silvia molla la presa.

Ma guarda questo che modi. Che cafone!

Cosa gli costa riaccompagnarmi a casa, dopotutto?!

Uomini. Maledetti uomini. Io vi detesto! Vi detesto!

Imbroncia il muso come una bimba; le braccia conserte e quei suoi occhi cosě spiritosi, fanno capitolare il tipo in una risata.

Silvia lo fissa. Quel sorriso le č familiare. E anche quello sguardo.

Non batte ciglio, bene attenta al minimo ricordo che possa ricondurla a quell’uomo.

Niente. Zero totale.

E lui, smette di ridere.

 

“Ora č lei a fissarmi.”

 

Ma non le risponde. Poi d’un tratto, s’accende come carta al fuoco.

 

“ECCO DOVE L’HO GIA’ VISTA! Lei č il ladro di sigarette!”

 

L’uomo ride, piuttosto imbarazzato; delle persone accanto a loro li stanno fissando, mimando strane facce buffe. Le si avvicina giusto quel che basta, a rendere la conversazione piů intima.

 

“Le ricordo, che non stiamo al mercato. E per caso, devo ricordarle che fine ha fatto il mio latte?!

 

Silvia arrossisce, ripensa alla scena al bar dell’altro giorno, si lascia andare e ritrova il sorriso.

 

“Allora, lo vuole o no?!

“Cosa?!”

“Quel passaggio.”

 

Sorride entusiasta, prima di seguirlo, a passo svelto, come un ombra.

Poi ci ripensa, quasi come se se lo sentisse. Potrŕ fidarsi di quell’uomo?!

Infondo comincia tutto cosě.

Comincia. Scuote la testa, afferra la sua giacca e si porta fuori.

Lui č ancora dentro, lo vede chiacchierare con due tipi, abbastanza svegli e un po’ troppo sorridenti.

Poi saluti, convenevoli e la raggiunge sfoggiando uno dei sorrisi piů belli che abbia mai visto negli ultimi tempi.

 

“Comunque il latte non mi piace.”

“Ed io non fumo. Siamo pari, vede?!

“Sě, ma il gelato se l’č mangiato.”

“No, mi dispiace, non l’ho nemmeno toccato.

“Non dica bugie. Si vede.”

“E da cosa?!

“Da questo!”

 

Bum!

Silvia molla al poveretto un’energica botta sulla pancia; e schizza via, non appena le porte dell’ascensore si aprono.

L’uomo grida un po’, prima di tuffarsi alla rincorsa di quella piccola scheggia bionda.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


šťźLeave to me źťš

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Ringrazio di cuore stella per la recensione che mi ha lasciato.

Mi ha dato il coraggio di continuare a postare questa storia, ricordandomi che č sempre bello regalare un emozione.

Un bacio grande a tutti,

LuNaDrEaMy

 

 

Chap n.

 

Il cortile č ormai desolato.

Le urla distorte di due folli svegliano la quiete di una strada ormai assopita.

 

“Finalmente l’ho presa!”

“Guardi che mi sono fatta prendere di proposito. Non so qual č la sua macchina.”

 

E la guarda un po’ cosě, indeciso se ridere oppure scoppiare a piangere.

Questa donna č un mistero.

Donna.

Forse donna no.

Bambina.

No, non č nemmeno una bambina. Ha gli occhi troppo furbi. Troppo grandi.

 

“E’ quella nera, in fondo al viale.”

 

La vede scappare di nuovo, via cosě, lasciandosi dietro quella nuvola di profumo zuccherosa e il suo umore preso alla sprovvista, da quella piccola creatura.

 

Perň… devi essere uno importante tu eh?! Guarda qua che roba!”

 

Silvia č giŕ alla macchina, l’uomo arranca un po’.

La guarda, la tocca, la osserva. Sembra le stia facendo una perizia.

D’improvviso lui si preoccupa di quel giudizio, ma lascia correre.

Non c’č niente di piů bello della sua auto.

 

“Io invece, non so nemmeno il tuo nome.”

“Mi chiamo Silvia.”

 

E gli porge la mano distrattamente, senza staccare gli occhi dall’auto.

La guarda ora piů fiero, ora piů tranquillo.

 

“Claudio.”

 

E lo sussurra piano, tanto che Silvia stacca gli occhi dal bolide per tuffarsi nei suoi.

Restano un po’ cosě, in silenzio, coperti da un timido lampione e da qualche clacson lontano.

 

Claudio č stranamente silenzioso, parla poco, ma ascolta rapito i racconti di quella ragazza. Gli piace starla a sentire.

Ha una vivace parlantina, un accento particolarmente marcato, ma irresistibile.

Ride. E lo fa al pensiero del tempo passato dall’ultima volta che ha avuto il piacere di sentir parlare una donna.

Questa Silvia ha un bel carattere, mi parla della sua vita come fossi il suo confessore, con semplicitŕ, onestŕ.

Scrive pezzi per un giornale per adolescenti, “Sedicianni” ha detto che si chiama, sembra insoddisfatta, ma scrivere č la sua piů grande passione.

Gli parlo della mia invece, per le fotografie.

 

“Sei diretto re della fotografia?! Figo! E dimmi sono vere le cose che si dicono sul mondo dello spettacolo?!

 

Muove le mani, appiccica parole l’una sull’altra, ogni tanto ride; č davvero incantevole.

Sě, ma č giovane.

Ha ventidue anni. Almeno cosě dice.

E per un attimo si ritrova a pensare ai suoi di ventidue; Niccolo in arrivo e quella bellissima donna da sposare.

Eliana.

Sospira piano, perdendosi con lo sguardo nell’infinito del un rosso di un semaforo, che come i ricordi ci mette sempre troppo tempo a diventare verde.

 

Le distanze ci informano … che siamo fragili ..
e guardando le foto ti ricorderai … di quei giorni di quiete sapendo che te ne andrai ..

 

Quante volte guardo quella foto, incapace di darmi una qualsiasi risposta.

Quante volte ti ho guardata pensando che ti avrei persa da un momento all’altro.

Finché non ti ho persa sul serio.

Ma io ti amavo Eliana, volevo soltanto vivere tutta la mia vita con te.

Tu, no. Volevi i tuoi spazi, il tuo lavoro, la tua libertŕ.

Quella libertŕ che ti ho “tolto” sposandoti che eri poco piů che una ragazzina.

Come questa Silvia qui, che adesso č in silenzio, mi guarda e ogni tanto muove la testa a ritmo di musica. Su quel pezzo delle Vibrazioni. E’ bella. Come te Eliana.

Ma quel semaforo prima o poi scatta, i ricordi invece, i maledetti ricordi rimangono appesi lě dov’erano.

 

“Ma insomma, mi stai ascoltando?!

“No scusa, ero distratto. Dicevi?!”

“Sicuramente stavi pensando al sesso.”

 

Claudio la guarda, scoppiando a ridere.

Eh, magari Silvia, magari pensassi al sesso.

 

“No, guarda mi dispiace ma ti sbagli di grosso.”

“Sě, sě come no. Non lo sai, il 70 % degli uomini quando č in macchina pensa al sesso.”

“E il restante 30%?!

“E’ a casa che lo sta facendo!”

 

Si guardano complici, lasciandosi andare in una risata rigogliosa ed estremamente distensiva.

 

“Vieni! Ti porto da una parte!”

 

Silvia si butta a peso morto su Claudio, rubandogli il controllo del volante.

 

“Gira di qua!”

“Ma che fai?! Sei matta?! Andiamo a sbattere!”

“Oddio come sei tragico! Al massimo abbozziamo un po’ la carrozzeria. Vieni, il posto č questo! Scendiamo!”

 

E non gli da nemmeno il tempo di finire un perfetto parcheggio,  che si butta fuori dall’auto.

Claudio esce di fretta, or ora un po’ preoccupato, infila la sicura e la segue.

Ma rimane indietro. Come al solito; Silvia se ne accorge, torna indietro, lo afferra per un braccio e lo porta lontano.

Via. Verso il buio. E poi la luce.

 

“Ma dove stiamo andando?!

“A prenderci qualcosa da bere. Laggiů.”

 

Ed indica un piccolo chioso a ridosso del Tevere.

E’ pieno di gente, di tutti i tipi e di tutti colori.

Claudio si sfila la giacca, non appena prendono posto al bancone.

Silvia si siede scomposta, attorcigliando i piedi alla sedia.

Un po’ donna. E un po’ bambina.

 

“Allora cosa ti prendi?!

“Qui cosa servono?!

“Tu cosa vorresti?!

 

E lo guarda maliziosa, adesso donna piů che mai.

 

“Non lo so.”

“Facciamo cosě” -Chiama al volo il barista- “Due rum e pera!”

Il ragazzo glie li fa al volo, giocando deciso con lo shaker alcolici.

Poi guarda Silvia, le sorride e le versa quel succo dorato in un bicchiere gigante.

 

“Vieni spesso qui?!

“Spessissimo. Soprattutto quando voglio stare sola.”

“Vieni qui sola?!”

“Sě. Perché ti fai tutte queste domande?!

“Non so, forse perché tu mi sembri cosě impossibile?!

“Forse lo sei tu. Cosě convenzionale. Quadrato.”

 

E lo guarda imitando una strana faccia schifata, tirando dalla cannuccia il suo primo sorso.

Claudio resta a fissarla un po’, mescola con il cucchiaino il ghiaccio sul fondo del bicchiere e poi le risponde. Fermo. Sicuro. Deciso.

 

“Ti sbagli. Non mi conosci sai?!

“Ah sě?! Ma se l’ultima pazzia  che avrai fatto sarŕ flirtare con la tua segretaria…”

 

Rotea gli occhi all’insů, maliziosa. Spiritosa.

Mordicchia la sua cannuccia, improvvisamente persa in qualcosa di tutto suo.

Ed io?! L’ultima pazzia che ho fatto?!

Forse venire qui con questo tipo, conosciuto due minuti fa, eppure cosě simile a me.

Poi scuote la testa. Sa di cosa parla.

E non č certo prendersi un cocktail a Ponte Milvio.

 

“Io parlo di pazzia vera. Di brividi, di follia, di buttarsi in qualcosa e non guardarsi mai indietro.

 

Claudio non le risponde. Ma la guarda. Negli occhi, neri, profondissimi.

 

“Che hai?! Perché mi fissi sempre?!

“Sono colpito dalle tue parole.”

“Ecco vedi. Tu sei tutto sbagliato! Se hai una bella donna davanti, non puoi dirle che sei colpito dalle sue parole.

“E perché mai?! Sentiamo!”

“Perché non saresti sincero.”

“Ah no. E cosa starei pensando, secondo te?!

“Che vuoi venire a letto con me.”

 

Fredda. Diretta. Sincera.

Claudio a momenti si strozza. Allontana da sé il bicchiere, ridendo vagamente arrossito.

 

“C’ho preso eh?!

“No! Rido perché sei diretta. Niente mezze misure eh?!

 

Silvia alza gli occhi al cielo, tirandosi giů dallo sgabello.

 

“Sei proprio un caso disperato! Dai, vieni con me!”

 

E lo prende per mano, trascinandoselo dietro.

 

“Non correre! Mi fai inciampare! Ma si puň sapere ora dove stiamo andando?!

“Sul ponte, devo fare una cosa.”

 

E ci sono su.

Il Tevere sotto di loro, scorre lento.

Canta. Una melodia romantica che solo pochi eletti, sanno udire.

Silvia si appoggia di peso al parapetto, butta gli occhi nel buio, nascondendo uno sguardo improvvisamente triste, ora un po’ piů lucido.

 

“Io non la sento piů…”

“Che cosa?!

“La melodia dell’amore. Il canto del Tevere. Io non lo sento piů…”

“Io sento solo una gran confusione, e si chiama traffico! Sembra proprio che questa cittŕ non si riposi mai!”

 

Silvia ride, tira su con il naso, e lo guarda.

Finalmente un sorriso. Lui č contento. Quando ride, č ancora piů bella.

 

“Hai una macchinetta fotografica?!

 

Claudio strabuzza gli occhi. Ha sentito proprio bene.

Ma questa ragazza č pazza da legare.

Senza limiti.

 

“Certo che no!”

“Uffa, ma che razza di direttore della fotografia sei!”

“Non mi porto il lavoro dietro, sai com’č!”

“Beh, io sě.”

 

E non gli dŕ il tempo di controbattere, fruga nella sua borsetta finché non la trova;una kodak usa e getta.

Gli sorride, poi lo supera, correndo.

 

“Aspetta! A forza di correrti dietro quel gelato l’ho bello che smaltito!”

“Allora te lo sei mangiato eh! LADRO DI GELATI!”

 

Gli urla da lontano, libera, pazza e selvaggia.

Poi si ferma. Comincia a scattare foto al dritto e al rovescio, di sbieco, mettendo su mille facce buffe, tutte divertenti, ipotizzando ogni riuscita della foto.

La gente intorno la guarda, curiosa e divertita.

Allarga le braccia Claudio, impotente di fronte a tutta quella vivacitŕ.

Splendida vivacitŕ.

 

“E adesso si puň sapere che stai facendo?!

“Lo vedi questo?!

“Sě.”

“E questi li vedi?!

“Sě, sono lucchetti.”

“Questi non sono semplici lucchetti. Queste sono promesse.”

“Promesse?! A me sembra solo un mucchio di ferraglia.

 

Silvia alza lo sguardo, smettendo di fotografare; lo guarda di traverso, allucinata.

 

Shh! Vuoi farci picchiare da tutto il ponte?!

“E’ un mucchio di ferraglia Silvia. Appesa ad un lampione. Bah…”

 

Lei lo guarda divertita, poi sposta lo sguardo su una coppietta timida, nei pressi per attaccare il loro lucchetto. Li avvicina, sfoderando un sorriso bellissimo.

 

“Fattelo dire da loro cosa significa questo lucchetto” -Claudio li raggiunge incuriosito- “Ah, ragazzi posso farvi una foto?! E’ per un pezzo che sto scrivendo.”

 

E quelli raggianti e felici se la fanno fare, raccontando con gli occhi dell’amore e con voce sognante, cosa rappresenta oggi un mucchio di ferraglia appesa ad un palo a Ponte Milvio.

 

“Ah sě! Ci hanno fatto anche un film vero?! Con quell’attore lě, Scamoscio!”

 

Silvia scoppia ridere, sotto l’espressione allibita di Claudio.

 

Scamarcio!”

 

Risponde la ragazza, ancora con il lucchetto stretto fra le mani.

 

“Ah sě, Scamarcio!”

 

E Silvia ride ancora, ed č cosě coinvolgente che si ritrovano a ridere tutti e quattro senza un motivo e senza un reale perché.

Ma cosa puň valere un perché, dinnanzi a un momento di felicitŕ?!

Alle volte č sempre meglio non chiedersi perché si č felici, perché nel momento in cui si perde tempo a scavare un fondo neanche troppo profondo, la felicitŕ scappa via.

Come Silvia.

Come Claudio e il suo non volersi domandare perché d’improvviso, si senta felice d’aver scoperto quella piccola storia del ponte e dei lucchetti.

 



 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


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Ringrazio di cuore Stella per la sua recensione e per le sue parole.

Sai, non ho paura delle recensioni che non ricevo, il fatto č che mi fa troppo piacere sapere di aver regalato un emozione a chi legge e spesso forse mi preoccupo piů di ciň che arriva, piuttosto di chi o a quanti.

Se scrivo, scrivo principalmente per me! E’ uno sfogo!

Comunque ti ringrazio ancora per le bella parole!

Baci,

LuNaDrEaMy

 

 

Chap n.

 

 

Notte di silenzi.

Notte di pensieri.

Notte di ombre scure che giocano sui volti di chi č in machina, ed č perso con lo sguardo nell’infinito blu perso.

Claudio č al volante della sua auto. L’ha appena lasciata sotto casa.

Via Nomentana. C’č traffico, nonostante sia tardi.

Infila un cd dei “Police”, lasciandosi cullare fra musica e pensieri.

Pensa a lei, a quella ragazza simpatica, estroversa e gioviale.

Poi pensa che pensarla, lo fa stare allegro.

E un po’ se ne preoccupa.

La conosce da due minuti e mezzo, ma č come se fosse sempre stata lě, nella sua vita.

 

awawawa

 

Ma questo Claudio?!

Da dove č spuntato fuori dico io!

Cioč č un bono da far mettere ad urlare anche la piů suora fra le suore… ma č di un vecchio dentro cavolo!

E’ troppo perfettino, lui la sua auto del piffero nera e immacolata, i suoi modi di fare… sembra troppo perfetto, ecco.

E uno cosě, mi spaventa parecchio.

Forse la colpa č mia, non sono mai uscita con uno “uomo” dentro e fuori.

Ma uomo- uomo, eh.

Che mi sia sempre e solo accontentata dei ragazzini immaturi della mia etŕ?!

Certo perň, ha venti anni piů di me! Dico pazzesco!

Addio scenate di gelosia.

Addio litigate idiote.

Addio serate in una Micra di sconda mano.

Oddio Matteo… ti sto pensando ancora.

 

“Oh ma mi senti?!”

“Sě, ti sento! Stai urlando da un ora!”

“No dico, ti sei beccata il piů figo di tutta la festa! E per di piů quarantenne! Non sai come ti invidio!”

“Eh, se avessi evitato di scolarti tutta una bottiglia di rosso… capace te lo beccavi tu!”

“Oh, non infierire eh! E poi č tutta colpa di quel tipo lŕ … oddio non ricordo nemmeno come si chiama!”

“Sě, sě. Il tuo amico immaginario!”

“Ma quale immaginario! Aveva un culo da paura, sodo e moooolto vero!”

Eddai Paola, smettila!”

“Smettila tu. Se non fosse stato per quel cretino che mi versava sempre da bere, adesso con il tuo quarantenne ci stavo io. Sě, ma sotto le coperte! Fidati! Mica come te!, che magari stai pensando anche di fartelo scappare! Con la testa che hai.. capace!”

 

Silvia ride, scorrendo la porta finestra.

Un passo e ancora un altro, ed č fuori in terrazzo.

Paola continua a parlarle del suo amico immaginario, di quanto le giri la testa e di come Michela abbia insistito che restasse a dormire da lei.

Sono le quattro del mattino. La cittŕ č calma.

Qualche luce qua e lŕ nel palazzo di fronte al suo, sancisce l’esistenza di qualche altro sonnambulo.

 

“Silvia, ora vado a dormire. Mi gira troppo la testa.”

“Ci sentiamo domani. E non fare sogni strani…”

“Impossibile.”

“Appunto.”

“Notte.”

“Notte.”

 

Il telefono scivola sulla sdraio.

Silvia fa ancora qualche passo e si affaccia sulla strada.

Che profumo dolce, arriva da quell’aria fresca.

E’ primavera. La si sente giŕ.

Dovrei farmelo scappare?!

Lo conosco da cosě poco. Cioč, non lo conosco affatto!

Forse ha ragione Paola.

Ma Paola non ha mai ragione… Silvia!

E su quell’ultima risata, decide di lasciare il terrazzo, l’aria dolce e il telefono, per andare a dormire.

 

E non sa, quanto Paola avesse ragione.

 

awawawa

 

“Dimmi che non sei a lavoro, ti prego!”

 

Claudio fissa il display, incerto. Non conosce quel numero.

Ma la voce le sembra familiare.

 

“Ma chi č?!”

“Come chi č! Sono silvia!”

“Oh, ciao Silvia! Come stai?!”

 

Resta sospeso per aria.

Con un sorriso leggermente accennato.

Non pensava dicesse sul serio quando, stringendo il suo biglietto da visita l’altra sera, gli disse che l’avrebbe chiamato presto.

Ma oggi, č molto piů che presto.

 

“Bene. Senti, mi devi aiutare! Sei a lavoro?!”

“Sto uscendo ora per la pausa pranzo.”

“Perfetto! Vienimi a prendere voglio andare a recuperare il mio motorino!”

“Ma io veramente…”

“Dai Claudio, non fare il pesante! Mi serve un favore e non sapevo a chi altro chiederlo…”

 

Fa una vocina piccola. Tenera. E resta in silenzio un po’, sussurrando qualche altro dai…

 

“Devo passare per casa tua?!”

 

Silvia ride, chiudendo il pugno in segno di vittoria.

 

“Sě, Via nomentana 153. Te la ricordi tanto la strada vero?!”

“Sě, sono da te fra venti minuti.”

“Troppi.”

“Silvia, non posso volare!”

“Quindici?!”

“Forse.”

“Sarebbero meglio dieci, sai com’č tempo di passare al motorino per poi accompagnarmi a Via del Corso, ti salta tutto il pranzo!”

“Ma noi non abbiamo parlato di Via del Corso.”

 

Uhm, pesante… ma perché č cosě pesante quest’uomo?!

 

“Adesso sě, dai! Cerca di sbrigarti, hai quel bolide sotto al sedere, fammi vedere se č vera la fama che ha!”

 

E sa giŕ che lo sta invitando a nozze.

Uomini e macchine. Macchine e uomini.

Ormai č un legame che conosce troppo bene. E lui č troppo morboso con la sua.

Qualche chilometro dopo, e qualche sgasata dopo, Claudio si ritrova a pensare.

Cioč, mi sono fatto incastrare cosě. Per l’ennesima volta!

E non si tratta nemmeno di Eliana stavolta!

Ma di questa Silvia.

Che poi, ma chi č?! Ma chi la conosce!

Sě, ma stai correndo Clŕ. E le prestazioni del bolide le conosci bene.

Ti va di vederla, quindi.

Premi forte, e forse… forse non saranno sul serio venti minuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


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Questo grazie va a Tallis!

La tua recensione mi ha lasciata completamente di stucco! Ti giuro!

E il motivo č presto detto; hai colto nel segno, intuendo quanto ci credo in questa storia!

Mi hanno fatto piacere le tue parole, davvero, non scontate, oneste.

Grazie!

Ti saluto

LuNaDrEaMy

 

 

Chap n.

 

 

Sono sotto casa tua. Scendi.”

 

Digita brevemente qualche tasto e memorizza il suo numero, quasi automaticamente.

Ha paura di perderlo, scritto di fretta e malamente, su quel tovagliolo di carta che Silvia ha rubato al chiosco a Ponte Milvio.

Poi sorride; lei č appena uscita da un cancello cosě piccolo, ma con un sorriso giŕ grandissimo.

 

“Claudio grazie! Mi hai salvato la vita!”

 

Apre la portiera e non dice nemmeno ciao.

Gli bacia velocemente una guancia, parla in fretta, poi si ferma puntandogli un dito contro.

 

“Anche se ti sei fatto pregare un po’ troppo per i miei gusti!”

“Ah sě certo, perché č anormale il mio comportamento, d'altronde chi ti conosce… ”

“Se devi farmi un favore scendo subito eh?! Tu non hai idea di quanti pagherebbero per stare al tuo posto!”

“E dove sono tutti questi spasimanti?!

 

Silvia si morde il labbro, ma non si lascia scappare l’ultima.

 

“Beh sě, devo dirti la veritŕ. Ti ho visto un po’ disperato l’altra sera e ho pensato di darti un opportunitŕ! Perň niente da fare, sei proprio un caso disperato! Allora che facciamo, andiamo?!

 

E gira le chiavi, prepotente e padrona.

E nel farlo, urta la gamba di Claudio, strusciandola.

Arrossiscono entrambi, ma Silvia accende la radio e si mette a cantare, smorzando il tutto.

 

“Tu non sai che idea mi č venuta!”

“Per il tuo pezzo?!

“Sě, sě!”

“Illuminami ti prego.”

 

Silvia lo guarda storto. Claudio le sorride a di schernirla, ma ha un sorriso cosě affascinante, che lei lascia correre.

 

L’idea č questa: mi faccio raccontare altre storie tipo quella dei due piccioncini sul ponte e ci scrivo su il pezzo! E’ perfetto! Le ragazzine si scioglieranno in lacrime, e la rivista andrŕ a ruba! E quell’imbecille del mio capo magari mi promuove pure…”

“Sě, sě. Certo.”

“Mi stai prendendo in giro?!

“No, pensavo.”

“A cosa?!

“Perché una ragazza di talento come te, scrive su una rivista di ragazzine.

“Ma se nemmeno lo sai come scrivo! Lo vedi come sei scontato!”

 

E gli molla un pugno sulla spalla, mentre con l’altra mano alza il volume su Madonna.

Claudio protesta un po’, poi con la mano si massaggia ancora dolorante, la spalla colpita.

Silvia si agita sul sedile, “Hung up” sembra stargli a pennello, con quei capelli biondi che volano dappertutto e a momenti le si appiccicano al viso, con quei leggeri movimenti del capo e delle mani, che flessuose disegnano giravolte nell’aria.

E’ pazzesca. E’ bella. E’ davvero esplosiva. E la sente sua.

 

aawwaa

Time goes by so slowly ..

Il tempo scorre cosě lentamente ..

 

Time goes by so slowly for those who wait

Il tempo scorre cosě lentamente per coloro che aspettano

 

Waiting for your call baby night and day

I’m fed up! I’m tired waiting you ..

Sto aspettando una tua chiamata giorno e notte baby .. sono stufa! Sono stanca di aspettarti ..

 

aawwaa

 

“Gira di qua! Claudio sei distratto!”

 

E gli si butta addosso, su una curva stretta e forzata. Ridendo.

Lui la sposta di peso, riprendendo il controllo dell’auto, giŕ per i fatti suoi!

 

“Silvia, cerca di calmarti eh! Non voglio morire!”

“Va bene papŕ. Ma tu sei sempre cosě noioso?!

“Abbastanza.”

“Lo sapevo! Dai fermati qui!”

 

E come di consueto si butta in strada, ma stavolta Claudio se lo aspetta, cosě si ferma ed aspetta di vederla schizzare via.

Poco dopo la raggiunge e la trova piegata su un Sh nero mal concio.

 

“Bastardi! Ma ti rendi conto, hanno cercarto di farmi il motorino!”

 

E si mette le mani sulla faccia, sporcandosi un po’ di grasso.

E’ buffa. E Claudio non capisce se č una perfetta attrice drammatica, o se davvero č cosě disperata.

 

“Ma non ci sono riusciti! Mitica catena dello zio Fester! Mi ha salvata anche stavolta! Ladri vaffanculo!!!

 

E ride a piů non posso, agitando quel pezzo di ferro circolare in mano.

Poi passa in perlustrazione la carrozzeria del suo moto mezzo.

Lo accarezza, sbuffa, ride. Non si capisce. Non la capisce. Che tipa!

 

“Se urli cosě, ti fermano per tentato furto, fidati. Allora che dobbiamo fare  con questo catorcio?!”

“Ehi! Non ti permettere sai?! Questo č l’Sh piů truccato di tutto il quartiere, nonché mio, voglio dire… una garanzia ciccio!”

“Ah, č pure truccato?! Allora lo lasciamo qui, non se ne parla se poi ci fermano…”

“Oddio come sei tragico! Guarda Zio Fester č proprio dietro l’angolo, andiamo lo portiamo a spinta!”

“Zio Fester?!

“Sta zitto e andiamo!”

 

Dopo qualche metro, si fermano davanti ad un officina; un tipo piuttosto basso, calvo e con una faccia da film horror, li raggiunge.

Claudio guarda Silvia che ride, allora ride anch’egli.

Ecco Zio Fester!

Silvia parla piano, spiega come puň, ciň che non va e cosa non va sulla carrozzeria, ride, contratta prezzi, fa battute, e dopo un quarto d’ora per settanta euro rimedia una riverniciatura della carena.

Claudio resta a bocca aperta.

 

“Sembra convenga tenerti a portata di mano per queste cose…”

“Non solo per queste caro. Sono una donna dalle mille risorse…”

 

E lo guarda malizioso, prima di risalire sull’auto e ripartire.

 

“Adesso come farai senza motorino… voglio dire, come ci andrai a lavoro?!

“E secondo te, tu che ci stai a fare?!

“Ah sě certo! Stupido io che te lo chiedo pure…”

 

E si avvicina lento, guardandola negli occhi; Silvia resta immobile, spiaccicata con la schiena contro il finestrino. Trattiene il respiro, chiude un po’ gli occhi.

Un clic fastidioso, la riporta alla realtŕ.

Claudio č piegato sul suo lato, intento a chiudere la chiusura dello sportello; poi con una mano, trascina giů la cintura e la salda al sedile.

 

“Ho notato che hai il brutto vizio di non metterla mai…”

 

E rimane sospesa cosě, leggermente colorata di rosso sulle guance fresche.

E quasi si vergogna del pensiero.

E quasi trema a quella voce cosě matura e fioca.

Lui le sorride.

Chissŕ se mi ha vista.

 

aawwaa

 

“Allora, non č pazzesco?! Guarda quanta gente!”

 

Sono a Via del Corso.

Neanche a dirlo, gremita di gente.

Ma Roma č cosě, si riempie e ti riempie. Di vita. Di calore. Di colori.

Niente č scontato, tutto č messo con un filo logico, in questo spettacolo di arte, turismo e cultura.

La gente ride, passeggia, gusta un gelato, trascinata lenta dal fluire del tempo che impassibile, sembra non voglia proprio deturpare la bellezza di questa cittŕ.

Eterna. Sě, eterna.

 

“Molto bella. Ma non capisco, non ti conveniva tornare a Ponte Milvio?!

“Claudio?!”

“Sě?!”

“Ma tu hai mai fatto sega a scuola?!

“Sě, ma che centra!”

“Ecco, si vede che non sei mai venuto a farla in Via del Corso! I giovani a quest’ora sono tutti qui!”

 

E Claudio per un attimo pensa a Niccolň.

Poi sorride, scuotendo la testa, raggiungendo Silvia, immersa giŕ nel caos.

Senza paura. Non le importa di essere inghiottita, anche se, persa in quella confusione sembra ancora piů piccola, di quello che non sia giŕ.

Un puntino di luce in uno scorrimento di volti anonimi.

E’ sicura di se. Sa dove andare.

E’ davvero speciale, parla in modo tutto suo, cammina che sembra sfili, accentuando un passo felpato e sicuro.

Sa che la sto guardando. Ed ostenta la sua femminilitŕ. Senza strafare. Senza esagerare.

Ma da dove č spuntata una cosě?!

D’un tratto ferma la sua corsa, agli scalini della chiesa S. Carlo, quella a metŕ via, che s’infrange imponente, in uno scorcio di cielo appena azzurro.

I suoi gradini, meta preferita delle cosě dette “comitive di corso”.

Luogo di ritrovo, di cult, must per chi vuole fare le vasche, farsi notare o acchiappare.

E’ gremita anche oggi.

Ragazzi con i loro zaini pesanti e le loro carriere scolastiche pure, con i loro sorrisi, le facce tranquille, ammazzano il tempo ridendo di stronzate senza senso o di chissŕ che cosa.

Il bello d’essere giovani č che si sa ancora ridere del niente.

Silvia si butta fra loro, afferra un taccuino e comincia a far muovere la fantasia.

Mi viene in mente quella canzone di Vasco Rossi lě, “Silvia”.

E’ perfetta. E’ sua.

Si perde e la perdo, io uomo che ha smesso di sorridere del niente.

Ma lei č cosě bella, perfetta in quel caos di voci, maglie colorate, cerchietti e farfalle con i brillantini.

Oddio Claudio, potrebbe avere sul serio la loro etŕ.

 

“Claudio! Ma che fai lě impalato, vieni!”

 

Gli sorride, agitando la mano. Vicino a lei, un gruppo di ragazzi.

Scaccia via i pensieri, raggiungendola con un bel sorriso.

 

“Loro sono Mary e Christian!” Indica soddisfatta due ragazzi seduti al suo fianco “hanno attaccato il lucchetto… e lei aspetta un bambino! Piů per sempre di cosě! Ma non la trovi romantica questa cosa?!e ride.

 

Claudio li guarda stralunati. Sě, sě romanticissima proprio.

Quanto puň avere lei, sedici anni?! E lui?! Guarda che faccia da bambino che ha…

Oddio. Mi sento male. E se Niccolň mi si presenta con un nipotino?!

Mamma che pensieri vai a fare Claudio… dai l’unica cosa a cui va dietro tuo figlio č il suo motorino… figurati se ha il tempo di farti un nipote!

Perň non mi sento tranquillo. Mi sto auto convincendo.

Ma sarŕ davvero questo il nuovo mondo dei giovani?!

 

Oi che hai?! Ti senti male?!

“No, no.”

 

Si allenta il colletto della camicia, respirando forte. Un po’ troppo forte.

Per un attimo, si rende conto di non conoscere affatto suo figlio.

 

“Secondo me stai male! Dai andiamo a farci qualcosa da mangiare! Conosco un posto qui vicino che fa dei tramezzini spettacolari!”

 

Claudio la segue, buono e zitto.

Ma Silvia corre, e nel starle dietro, urta lo zaino di un ragazzo.

Questo non si gira nemmeno. Ma lui lo guarda bene.

A un che di familiare, quella testa rasata.

Si ferma, tirando a sua volta Silvia, per una manica.

 

“Ehi che tiri! Mi fai male!”

 

La guarda ridendo nervoso.

 

“Ma tu non stai bene sul serio Claudio! Vuoi che ti prendo un bicchiere d’acqua?!

“Ma quale bicchiere d’acqua! Vieni con me piuttosto!”

 

E se la tira dietro. Ridendo. Per la prima volta č lui a trascinarsela via.

 

“Ma chi hai visto?! Il Papa?! Non tirarmi cosě!”

“Allora cammina svelta!”

“Ma si puň sapere chi stiamo seguendo?!

“Mio figlio!”

 

Silvia frena.

Lega le braccia al petto, appoggiandosi su un fianco.

 

“Tuo figlio?! Hai un figlio?!

“Sě, ma adesso muoviti, non voglio perderlo!”

 

Torna indietro, per riprenderla e proseguire.

 

“Cioč io dovrei inseguire uno, cosě a caso?! Non fai prima a chiamarlo?!

“Voglio vedere dove va! Ora sei tu che sei pesante, eh! Aspetta! Si č girato! Mettiti qui!”

 

E la spinge dietro una colonna, accucciandosi con lei in basso.

Silvia ride divertita.

 

“Guarda che č meglio se lo chiami, anche perché se ci trova cosě, non so quanto sia meglio…”

 

Lo guarda.

Sono mano per mano, accucciati sulla strada, rossi per la corsa.

Claudio ci pensa, e le lascia la mano. Poi si alza, sistemandosi i vestiti.

 

“Se vado lě, non potrei rispondere di me…”

“Esagerato… per aver bigiato scuola?! Claudio sei antico, i guai seri sono altri!”

“Ah sě, quali?!

“Mai sentito parlare di hashih?! Coca?! Lsd?! Quelli sono problemi!”

“Ecco appunto. Io vado lě!”

“Ma no aspetta!”

 

Silvia lo tira per la manica.

 

“Davvero Claudio, magari ti stai facendo paranoie da solo, e se vai lě affrontandolo a muso duro, non otterrai proprio un gran bel niente. Fidati!”

“E cosa dovrei fare secondo te?!

“Trattarlo da uomo.”

“Ma non č un uomo!”

“Nemmeno un ragazzino!”

“Silvia, ma č un ragazzino!”

“Certo come no! Voi genitori vi costringete a non guardare la realtŕ delle cose, i vostri piccoletti crescono, fanno esperienze e vivono la vita, oltre alla loro altezza dovreste far crescere anche la vostra veduta delle cose!”

“Non lo so.”

“Sě che lo sai! Fidati di me! Andiamo!”

 

E il gioco torna lo stesso, Silvia trascina Claudio con sé.

Si fermano, quando Niccolň entra in un bar.

Silvia fa cenno a Claudio di aspettarlo fuori, poi entra.

La vede avvicinarsi al tavolo di suo figlio e della ragazza che sta con lui.

Parlottano un po’, poi sorridente Silvia fa cenno a Claudio di entrare, “che č tutto ok” mima con una mano.

 

“Cosa gli hai detto?!

“Che non volevi disturbarlo visto che era in compagnia, ma se gli faceva piacere potevamo stare con lui!”

“Cosa?! E che ti ha detto!”

“Che sei suo padre e non lo disturbi mai! Poi ha detto una cosa tipo, “forte mi padre ”!”

 

E Claudio ride. E Silvia ha fatto centro. Lo ha ammorbidito.

Finalmente arrivano al tavolo e Niccolň vedendoli arrivare si alza. Con educazione.

 

“Vecchio!”

 

Saluta il papŕ, dandogli una spallata.

 

“Te l’avevo detto che oggi c’era sciopero a scuola vero?! No io specifico, perché rinco come sei magari ti č passato per la testa che ho fatto pure sega! Comunque questa č Valentina” poi piů piano, quasi a sussurrarlo “ č la mia ragazza.

 

E Claudio ride. E’ in gamba sua figlio. E adesso si ricorda pure che glie lo aveva accennato dello sciopero. Guarda Silvia e le sorride, sussurrando un “grazie”.

 

“Allora li avete assaggiati i tramezzini di questo posto?! Sono ottimi! Io vi consiglio quelli al pollo! Noi andiamo a sederci laggiů, vi lasciamo soli…”

“Ma veramente…”

 

Silvia dŕ una gomitata a Claudio, dritta nel fianco.

 

Ahhh … sě vi lasciamo soli, certo!”

 

E senza che Silvia debba aggiungere altro, Claudio tira fuori un biglietto da venti euro e lo passa di nascosto a Niccolň. Silvia annuisce, poi li salutano e vanno ad accomodarsi lontano. Molto lontano.

 

“Hai visto?! Non avevi niente da temere! E’ in gamba tuo figlio!”

“Sě, e mi č venuta anche fame! Sono buoni sul serio i tramezzini al pollo?!

“Claudio! Io non parlo mai tanto per parlare…”

“Lo so. Ne ho avuto modo di scoprirlo…”

“Ecco bravo! Tienilo a mente!”

 

E sulla risata di Silvia, ordinano una quantitŕ di cibo industriale.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


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Ciao ragazze!Vi ringrazio come al solito, per essere passate di qua!

Greengirl, flori e soprattutto ale93 nuova recensitrice!

Grazie per le belle parole che avete nei riguardi della mia storia, e ancora grazie per tutto il supporto!

Baci e alla prossima,

LuNaDrEaMy

 

 

Chap n.

 

 

Ed eccomi qui.

Seduta al tavolo, con questa specie di sconosciuto bellissimo.

Mangia in modo assurdo, Dio mio!

Tutto composto, con questa maledetta perfezione dei movimenti della bocca.

Non so nemmeno se l’ho mai visto un tipo cosě.

Guarda come muove le mani… č scandaloso! E’ uno snob del cavolo!

Perň mi fa ridere. E’ uno snob simpatico. Tutto sommato.

 E poi, ha un figlio.

E’ seduto lě, infondo alla sala, di questo bar in pieno centro turistico.

Non hanno niente in comune.

A parte lo stesso sorriso da canaglia. Particolari, ovvio.

Chissŕ com’era lui a diciassette anni.

Io me lo immagino sul tipo “Pariolino”, con il capello composto e la vespa blu.

Ah, e un odioso maglioncino di lana giallo.

Che darei per non essermelo perso!

E ride fra se e se, mentre Claudio stacca gli occhi dalla vetrina.

 

“Perché ridi?!

“Sei tu.”

“Ti faccio ridere?!

“Abbastanza! Perché ti dispiace?! Io adoro gli uomini simpatici!”

 

E lo guarda, ridendo ora piů imbarazzata. E nascosta, da quei folti capelli biondi.

Voglia di perdersi in quel sorriso ancora un po’.

Voglia di accarezzarla. Voglia di crederci, se non fosse che lo sta schernendo ancora una volta, e per quei suoi vent’anni e poco piů, che pesano di brutto.

 

“Sai, non riesco a capire, quando mi prendi in giro, oppure no.

“Ma sě che hai capito. Tu mi piaci Claudio…”

 

Sibila maliziosa. E il gioco si fa intenso.

Claudio sorride. Silvia maliziosa, succhia dalla cannuccia la sua bevanda alle bollicine.

 

“Hai venti due anni, Silvia…”

“E tu hai un figlio. Per me non č un problema.”

“Neanche se fossi sposato?!

“Se fossi sposato, adesso saresti a lavoro, probabilmente al telefono con lei, che si starebbe consigliando con te su cosa preparare per cena! Non ti conosco, ma non sei uno di quei tipi che tradisce la moglie con la ragazzina. Lo sento.”

 

Claudio guarda nuovamente fuori.

E’ ammutolito. E pensa ad Eliana.

Alle telefonate sulla sua linea privata. A quando rideva, facendogli desiderare l’impossibile e oltre, attraverso quel maledetto filo telefonico.

E i mucchi di fogli da firmare crescevano sempre piů. Uno, due, tre, pronti alla diretta!

Ballerine semi-spogliate che corrono da una parte all’altra, luci e microfoni da sistemare.

Ogni giorno lo stesso tram-tram eppure ogni giorno di piů, voglia di lei, solo e soltanto stramaledetta voglia di lei. Eliana. Amore di una vita. Vita che non c’č piů.

 

“Mi vedi sul serio cosě?!

“Vedo tante altre cose, che preferirei non vedere.

“Ad esempio?!

“Sento qualcosa. Inquietudine, forse?! Sento dispiacere, sento paura. Sě, paura.”

“La sento anche io in te.”

“Ma io non ho paura!”

“Sě che ne hai. Lo hai detto tu; non senti piů quella melodia…”

 

E Silvia si rabbuia. E il sole si spegne. E una nuvola improvvisa, copre un bel cielo di agosto.

Claudio appoggia le mani sul tavolo, le incrocia e la guarda.

Non voglio che mi guardi. Ora sono vulnerabile, sono piccola e tu, tu sei troppo grande.

Volta lo sguardo e senza piů sorrisi, senza piů luce rompe il silenzio.

 

“Senti, mi dispiace per ieri. Non volevo fare quella scenetta assurda lě, sul ponte.

 

Claudio annuisce, alzando le spalle. Un sorriso fermo, sicuro.

Sa a cosa si riferisce, ma non le dice niente, limitandosi a guardarla ancora un po’.

E’ tenera. E’ bambina. Ed ha paura. Perché ha sofferto. E forse soffre ancora. Come lui.

Ecco perché si somigliano cosě tanto. Ecco perché si capiscono.

 

“E no, in realtŕ non mi va neanche di parlarne. Scusa eh…”

 

Claudio a quel punto, strabuzza gli occhi.

Non č certo di aver udito bene. Slega le mani, portandole di peso al petto.

 

“Ma io veramente non ti ho chiesto nulla!”

“Sě, sě. Come no. Lo so che vuoi sapere, dai non fare quello che…”

“Quello che?!

“Ma sě, quello che fa sempre finta di nulla! Allora, vuoi sapere se č per colpa di un uomo?! Ebbene sě. Vuoi sapere se mi ha lasciata?! Altro sě!”

 

Claudio non le risponde, ma un po’ sorride.

Il volto le č tornato rilassato. Non č piů triste.

Anzi, sembra sorrida, dall’alto delle sue parole dirette e acute.

 

“Perché voi uomini siete fatti cosě. Non parlate mai, poi preparate una valigia e ve ne andate via!”

“Ah, se č per quello, capita anche a noi uomini con voi donne…”

 

Claudio č vagamente serio.

Silvia anche. E’ persa nel suo mondo, si morde il labbro cosě violentemente che sembra si stia per mettere a piangere; provocarsi dolore, per non sentire l’inferno che si ha dentro.

E lui se ne accorge, sposta la sedia, avvicinandola alla sua.

 

“Su, su. Ora non fare cosě, eh!” Gli prende una mano, poi con l’altra avvicina anche il piatto”tieni, mangia anche il mio se vuoi…”

 

Silvia alza la testa, lo guarda incerta, guardinga, poi afferra il tramezzino con reticenza e una vaga sveltezza, infilandoselo in bocca di prepotenza, prima che il tizio cambi idea.

Gli occhi le luccicano. Ha il viso buio, ma piů tranquillo.

 

“Sei gentile” Borbotta, masticando malamente l’ultimo pezzetto di tramezzino”questi al pollo sono i miei preferiti!”

“Me ne sono accorto…” fa lui, con una punta di ironia. Poi si riprende, quando Silvia lo fulmina con gli occhi “cioč, ho notato che ti piacciono particolarmente. E fai bene eh, sono ottimi…”

 

Silvia lo guarda di traverso. Un sopracciglio inarcato, spiega la sua faccia buffa.

 

“Ah sě?! E da cosa lo hai notato?! Lo mette in difficoltŕ, perfetta canaglia.

“Da come… da come li mangi!” Le risponde lui, perfetto ed abile paroliere.

“Guarda che puoi dirlo che mangio come un maiale… non mi offendo mica!”

 

Claudio ride. Mai vista tanta, bellissima, sfacciataggine.

Silvia butta giů un sorso d’acqua dal bicchiere di lui, fissandolo per bene negli occhi; sta cercando di capire a cosa stia pensando, ma il pensiero le sfugge subito, su una genialata balenatagli nella mente.

 

“Insomma anche tua moglie č scappata di casa?!

 

Sorride sarcastica.

Dolce e vendicativa. Giovane e ribelle. Perfetta.

Claudio fa finta di strozzarsi; ormai cose di questo genere se le aspetta, da una come lei.

 

“Piů o meno.”

“E’ molto piů, o č molto meno?!

“Cosa significa?!

“Dimmi tu, cosa significa piů o meno, piuttosto! E’ scappata o no?!

 

E batte le mani sul tavolo. E ride. Bella e senza regole. Senza barriere.

 

“Sě e no.”

“Ho capito vŕ, non ti va di parlarne…”

 

Claudio cela un sorriso.

Dio se č simpatica questa Silvia.

Poi, quasi con naturalezza, le ruba la Fanta dalle mani, sorseggiandone ciň che resta.

E ritorna bambino in un attimo. E non si vergogna neanche un po’.

 

“Non molto infatti. Brava!”

“Eh grazie eh… non ci voleva mica la laurea per capirlo. Vabbč fa niente, č un gran peccato perň, perché’ io a differenza tua, voglio sapere tutto! Tutto! Tutto! Altrimenti, come ci conosciamo?!

“Perché, dobbiamo conoscerci?!

 

La fissa serio.

Stai giocando mio bel quarantenne?!

Guarda che io non perdo mai.

Magari qualche cicatrice. Qualche ferita.

Ma io non perdo mai.

 

“Mah, non lo so. Devi decidere tu a questo punto, visto che stai facendo tanto il prezioso. Poi senza dire nulla, gli si avvicina e lenta le sfiora le labbra “Cattivo. Non si fa cosě eh… Mi hai rubato la parte di prima donna… cattivo! Cattivo!”

 

E senza che Claudio possa fare il minimo gesto o dire anche solo la minima cosa, si alza e va a pagare il conto.

Su una risata fresca e cristallina.

Sulla scia della sua semplicitŕ innata.

Sullo stordimento di quell’ uomo, che adesso come adesso, non sa davvero cosa pensare.

 

Eh sě. Proprio sě. Mai vista, tanta, bellissima, sfacciataggine.

 

aawwaa

 

“Al volo, tieni! E insomma, questo č quanto.”

“Cioč, fammi capire bene, non avete ancora quagliato?!”

 

Otto di mattina, di una agitata e dispettosa giornata di aprile.

Una spillatrice vola da un banco all’altro, in una redazione di un giornaletto per ragazze.

Due ragazze, sistemano gli appunti della mattinata ancora troppo pigra e al rilento.

In sottofondo, una leggera musica targata Radio Dimensione Suono Roma. La radio della capitale.

 

“Oddio Paola sei un disastro! Mi hai dato gli appunti sbagliati! La smetti di parlare di sesso?! Vedi poi che succede!”

“Tu mi hai dato un brutto colpo cara Silvia… e anche il tuo quarantenne lě. Una delusione. Una vera delusione.”

“Ma smettila…”

 

E le passa accanto, colpendola con un plico di fogli arrotolati.

Poi siede scomposta a gambe incrociate, sulla sua scrivania; guarda fuori, morde una penna, fantastica chissŕ che cosa.

 

“Tu dici che voglia solo portarmi a letto?!

“Probabilmente no, da quanto racconti. Magari gli interessi davvero.”

 

E sorride. Certa di quella risposta. Certa di nessun altra risposta.

 

“Perfetto, proprio quello che volevo sentirmi dire…”

“Tu piuttosto. Che intenzioni hai?! Spero almeno tu stia prendendo in considerazione l’idea di quagliare… altrimenti la vedo proprio dura eh…”

“Beh. Bello č bello. Anzi no. E’ proprio un bonone esagerato. Magari una botta di vita mi serve proprio…”

“Lo so io che botta ti serve…” E chiude il pugno spingendolo in avanti, due, tre volte.

“Paola! Io parlo d’altro…” Silvia ride, ma non vuole ammetterlo.

“Sě, ci manca solo che ti innamori… poi sě, che siamo a cavallo!”

“Innamorarmi?! Io?! Io e l’amore abbiamo chiuso i rapporti tempo fa.

 

E si rimette a lavoro, sedendo alla sedia, come tutti i normali esseri umani.

Paola alza un sopracciglio. Sembra stia parlando seriamente. Sospira.

Il prossimo che la farŕ soffrire, lo strozzerŕ con le sue stesse mani.

Poi sorride e sparisce in un’altra stanza.

 

aawwaa

 

“Ma insomma ancora non te l’ha data?!

“Sandro come sei diretto, dio mio!”

“Perché che ho detto di male?! Te l’ha data, si o no?!”

“No io con te non ci parlo. Basta che si parli d’ammucchiate per andare d’accordo con te…”

 

Nove e mezza di mattina.

Altro ufficio. Anzi no, altro studio.

Qui non ci sono appunti, o meglio non ci sono principalmente carte da sistemare, ma vestiti succinti da rifinire su corpi flessuosi e avidi di telecamere, luci e ultimi ritocchi da riguardare.

Claudio cammina nervoso, per lo studio. Ha dormito poco e male. E la pensa troppo.

Non la sente da qualche giorno ormai. Nessuna pazzia da condividere insieme.

Nessun motorino da riprendere o controllare.

Nessun posto alternativo da scoprire.

Nessuna corsa per starle dietro.

D’improvviso su quest’ultima, riflette che forse, sia un bene.

E sorride. E per un attimo si distende.

 

“O ma che te la sei presa?!

“Ma no, figurati! E’ che non abbiamo ancora… toccato quel discorso.

“E’ questo il punto Claudio. Tu devi parlare meno, ed agire di piů. Quella c’ha ventidue anni, sai quanti ne trova. Svegliati! Fai come me… ho conosciuto una a quella festa, una tipa tutta matta, affamata come poche… con le donne di quella etŕ amico mio, devi agire, agire capito?!

 

E batte tre colpetti nell’aria anche lui.

Claudio scuote la testa. Ma ride.

Silvia non le sa di ninfomane, perň lo ammette, č maliziosa da morire, e desiderabile nella sua finta ingenuitŕ e in quei suoi modi da donna che sa troppe cose, che ha visto tanto. Tutto.

E per un momento le parole di Sandro lo sfiorano.

E in quel pensiero un po’ indecente, torna al suo lavoro con un sorriso nuovo.

 

aawwaa

 

“Silvia, questo č la bozza per il pezzo nuovo.

 

La segretaria d’ufficio del suo capo, le appoggia un plico sul tavolo.

Le sorride di consueto, restando in attesa di una pronta risposta.

 

“Ma come, ho appena consegnato il mio finito, al boss.

“Lo so, e gli č piaciuto molto. Proprio per questo, ha deciso di spremerti ancora un po’, con una bella buona uscita.

“Sarebbe?!”

“Ti manda a Riccione con gli altri, per il Radio Dejey Day. Sů ai piani alti si sta prendendo in considerazione la tua forte creativitŕ degli ultimi tempi. Stai facendo un ottimo lavoro, nonché un ottima impressione.”

 

Sorride, parlando lenta.

Sta cercando di deliziarla. Ma non sono tutte frottole. Entrare nella cerchia dei “giornalisti vaganti”, significa davvero entrare nelle grazie del suo capo.

Tutti cederebbero e si sbrodolerebbero in un secondo; ma Silvia ormai capisce perfettamente il meccanismo, e quel posto lei se l’č sudato di brutto.

 

“Ah ecco. Io pensavo ad un aumento di stipendio…”

“Silvia, sai che non manda mai fuori se non i migliori… dovresti prenderla come una gratificazione!”

 

Altra sviolinata.

E su questa, sventola la sua lunga coda bionda, librando nell’aria un odore forte vanigliato.

 

“Sě. Sě. Come a dire, ti mando in vacanza ma con la fregatura…”

“Ecco, allora sei ingrata!”

“No, non sono scema…”

“Allora cosa devo dirgli. Accetti o no?!

“L’aumento ci sarŕ o no?!

“Cercherň di lavorarmelo. Intanto ti ritrovi il viaggio spesato, divertimenti e quant’altro tutto by Riccione. Che te ne pare?! Si puň fare, no?!

 

Socchiude gli occhi, e per un attimo le viene in mente Claudio.

Poi un sorriso malizioso si infrange sulle sue labbra.

 

“Posso portare un amico con me?!

 

Quella la guarda sfinita.

Lo sapeva che fosse un osso duro, ma davanti a una proposta del genere, tutti sarebbero crollati d’istante! E non puň certo tornare dal boss con un rifiuto…

 

“Tutto! Chi vuoi! Pur che tu parta!”

“Affare fatto allora.”

 

E ridono soddisfatte entrambe.

L’una, per un futuro aumento e una futura pazzia in vista, e l’altra per le sviolinate e i complimenti che riceverŕ per il buon lavoro svolto.

A ognuno il suo.

 

Una volta tornata la tranquillitŕ, decide di aprire il plico.

IL SOGNO GIOVANE DELLA RIBALTA: VELINE O BAMBINE?!

Legge il titolo d’un fiato. Lo appunta su un foglio lě a caso.

Riflette un po’. Le piace l’idea.

Il suo capo ha sempre delle buone trovate. Ci sa fare. E per un attimo pensa se sia solo intuitivo oppure un pedofilo. Sorride. Decisamente la prima.

Si abbandona sulla sua sedia.

Con un clic accede in internet.

Appunta ancora qualcosa da articoli presi qua e lŕ, scribacchiando sul solito foglio.

Poi un idea geniale.

Afferra la sua borsa, il suo foglio e schizza via dall’ufficio.

Con in mente Riccione, il suo pezzo, e il suo -non ancora- direttore della fotografia.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


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Chap n.

 

Schizza forte su un taxi bianco, nella baraonda di Roma appena svegliata.

Il conducente la guarda e ride, mostrando denti gialli da troppi caffč e –pensandoci bene- da troppe stronzate dette in una vita passata nel traffico, a sdrammatizzare.

Lo ascolta a metŕ, persa nei suoi pensieri.

Ogni tanto sorride, fingendo interesse. Annuendo con il capo.

Con una mano scrive qualcosa, osserva il panorama dal vetro del suo finestrino.

E’ distesa, intensa e concentrata, ma distesa.

 

“Si fermi qui, grazie.”

“Ma sta scrivendo il nuovo “Zanichelli?!

“Peggio, mi creda.”

 

Scuote la testa, prende venti euro e li appoggia sulla mano del tipo.

Quello va per frugare in un bossolo ai suoi piedi, ma la ragazza nega con il capo.

 

“Tenga pure il resto.”

 

Venti euro. Impagabili al prezzo della felicitŕ. E’ proprio vero. La felicitŕ non ha prezzo.

 

aawwaa

 

Stop. Motore. Azione.

Prova. Stacca. Rifacciamo daccapo.

Niente. Non riesce a concentrarsi.

E quelli luci bianche sono troppo smorte. E quella ballerina non centra l’obiettivo.

Dove hai la testa Claudio?! Eh, te lo sta chiedendo anche Sandro, abituato a non averla mai attaccata alle spalle. Sandro, Claudio! Su, su torna in te.

Ma io non lo so mica.

Non starŕ mica viaggiando su quel sorriso?!

Ma che ti manca?! Dai, l’hai vista due giorni. Sě, ma per due giorni interi.

Forse non č nemmeno questo. Ti ha addomesticato. Non č difficile scordarsela.

E’ invadente, č completamente fuori dal normale. E’ elettrica. E parla come un oca.

 

“Ma insomma, quelli luci… le avevo chieste viola! Viola santo cielo!”

Claudio rilassati. Sono solo pannelli provvisori, giusto per le prove, dai! Per la diretta avrai le tue luci viola.”

 

Il regista gli gira intorno, lo squadra scuotendo la testa. Poi fa un fischio ad uno dei tecnici, quello arriva correndo, agita il capo e servile sparisce chissŕ dove.

 

“Facciamo una pausa. Vi voglio qui fra un quarto d’ora. E staccate quei maledetti pannelli bianchi per favore.

 

Claudio va via, sbattendo la porta alle sue spalle.

Entra nel suo ufficio, si sdraia di peso sulla sedia. Il suo cellulare, corre sulla scrivania vibrando, lo guarda sporgendosi in avanti.

E’ Eliana. Preme il rifiuto.

E che cazzo! Ci manca solo lei.

Squilla di nuovo all’improvviso, senza nemmeno guardare chi sia, lo spenge malamente.

 

aawwaa

 

Spento.

Riprova a comporre il numero. Sempre spento.

Ma che davvero spenge il cellulare sul lavoro?! Allora č proprio un uomo serio.

Uno schifoso perfettino del cavolo! Adesso io come faccio!

E’ in crisi. Cammina su se stessa, con il cellulare ancora stretto nella mano.

Ma non si perde d’animo. Pensa qualcosa.Gioca la sua carta migliore. Forse anche l’unica.

 

“Sono qui per un pezzo informativo sul programma.

 

Mostra il suo badge “distintivo”, all’uomo della sicurezza.

Quello la guarda da capo a piedi.

 

“Per “Sedici anni” ?! Ma le ragazzine di quell’etŕ,  meglio se ne stiano a casa. Questo mondo č contorto.”

“Le ragazzine di sedici anni non possono restare a casa, perché sono tutte qui.

 

Sorride riprendendo il suo badge.

Quello la fissa, fa il giro dalla sua postazione e le va vicino.

 

“Lei chi cerca?!

“Claudio.”

“Claudio…?”

“Non so dirle altro. Anzi no, aspetti!”

 

Fruga nella sua borsetta.

Il suo biglietto da visita č ancora tutto stropicciato, lě dove lo aveva lasciato l’ultima volta.

Lo passa all’uomo.

Quello pensa un attimo, poi con un braccio le indica un punto lontano.

 

“Il dottor Mei stamattina č allo studio n. 5”

“La ringrazio.”

“Faccia presto. Sa com’č, in genere ci avvertono quando abbiamo giornalisti fra i piedi.”

 

E sorride sornione.

Silvia non se lo fa ripetere due volte, si incammina nei verdi viali della DEAR alla ricerca del dottor Mei.

 

aawwaa

 

“Claudio, ti cercano sulla linea privata.

“Dě che sono in pausa e non voglio rotture di coglioni.

 

Sandro lo guarda perplesso.

Poi guarda il telefono e la luce verde lampeggiante del leed.

 

“Ma č tua moglie.”

“Ecco! Lei, č una rottura di coglioni.”

 

E ritorna serio fra alcune carte.

Sandro gli va vicino. Lo studia un po’. Poi parla.

 

“Sei sicuro che vada tutto bene, sě?!

“Sě, Sandro. Sto benissimo.”

“Ma non č che te la sei presa per prima no?! Guarda io ti sono amico, se parlo č per il tuo bene.

 

Claudio alza gli occhi; sorride appena, se dovessi ascoltare tutti i tuoi consigli, adesso come adesso dovrei purgare mezza Roma. E saresti capace anche di rinfacciarmelo, dicendomi che ti rubo la piazza.

 

“Sě, sě. Certo, guarda che lo so.” 

“Mi prendi per il culo?!

“No Sandro.”

“Ho capito. Mi prendi per culo. Ma non venire a piangere poi se la ventenne scappa.

 

Non ci mette molto tempo ad afferrare il pacco delle puntine e a tirarglielo contro.

Intanto il leed si spenge. Non lampeggia piů.

 

“Vai a lavorare! Ti paghiamo per questo!”

“Certo capo, ai suoi ordini!”

 

Sandro si inchina mimando uno sguattero.

Ride e Claudio non puň fare a meno di seguirlo.

Poi si gira, fa per andarsene, ma l’amico lo trattiene.

 

“Ah, Sandro! Anche tu sei una rottura di coglioni.”

“Sempre piů gentile capo.”

 

Si inchina ancora e puntuale, gli arriva contro il secondo pacco di puntine, ma stavolta fa in tempo ad evitarlo, e quello schizza via dalla porta semi-aperta sul corridoio.

 

“Oh! Ma che siamo matti?!

 

Sandro si alza, affacciandosi sul corridoio.

Si porta definitivamente fuori; un’avvenente ragazza bionda lo guarda stralunata.

 

“Si č fatta male?!

“No per fortuna! E non mi tocchi per piacere… le ho detto che sto bene!”

 

Abbassa le mani, avvampando forse per la prima volta in vita sua.

Che buon profumo ha questa ragazza.

Il pensiero lo eccita.

 

“Lei č …?!

“Stia buono, le domande qui, le faccio io.

 

Sandro diventa improvvisamente bianco. Che sia uno sbirro?!

Che “Vallettopoli” stia investendo anche l’innocuo studio 5 della DEAR?!

Dopo un po’, diventa ancora piů bianco. Riflette su i suoi peccati. Suda freddo.

Poi pensa che un innocente strusciatina nei camerini, con qualche valletta consenziente, non č da considerarsi favoreggiamento alla prostituzione.

E’ il “qualche valletta”, che lo lascia interdetto.

Del corpo di ballo, non gli manca proprio nessuna alla sua collezione.

E d’improvviso si ritrova a ridere.

Riacquista sicurezza, ridandosi tono.

 

“Perché chi č?! La nipote della signora Fletcher?! Guardi non abbiamo il morto, ma un direttore esaurito. Puň andare bene lo stesso?!

“E lo dice a me?! Io sono solo una giornalista.”

 

E a quella parola, sente sciogliersi… il… il cuore.

Giŕ se la immagina spogliata, coperta solo di un quotidiano.

Preferibilmente “La Gazzetta dello sport”. E sente sciogliersi ancora di piů.

 

“Una giornalista… e sono tutte carine come lei nella sua redazione?!

 

Le si avvicina, viscido. Ride.

 

“Anche meglio. Ma dubito combinerebbe qualcosa lei nella mia redazione.

“Perché?!”

“Perché ha una simpatia “contagiosa”… e un intelletto pari a quello della rana saltatrice.

 

Sandro resta un po’ cosě. E la ragazza va via sculettando. Fiera. Stronza. Libera.

La guarda ancora un po’. Ha pure un bel sedere. Stronza, ma con un bel culo.

Tutte le fortune le ha Claudio! Ride, scuotendo la testa.

Poi si ferma.  Giovane, bella e bionda. Giornalista, acida ma simpatica.

Questa descrizione l’ha giŕ udita da qualcuno.

E se ne va via cosě, con quel dubbio amletico.

 

aawwaa

 

Ma guarda te che tipi strani girano qui.

Che poi i matti, tutti io li vado a incrociare eh… com’č?!

Oddio, dovrebbe essere questa.

C’č una targhetta dorata con sfondo marrone, che riporta proprio il suo cognome.

Busso?! Non busso?!

 

“Ciao… posso?!

 

Lui č lě, disteso sulla sua poltrona, con l’ i-pod negli orecchi.

Gli occhi socchiusi, perso chissŕ dove. Non si č nemmeno accorto di lei.

Allora gli va vicino, si piega leggermente, e delicata, gli sfiora le labbra.

Per la seconda volta.

 

“Ciao…”

 

Imprime quel saluto, a fior di labbra.

Claudio ha aperto gli occhi. Resta a guardarla, in silenzio.

Poi sorride. Stava sognando.

Prati verdi e colline in fiore.  Giardini di Marzo e gote come arance rosse.

E lei, lei che non č Francesca ma Silvia.

Silvia. In fondo a quei sogni, sempre presente. E le sue gote, pizzicate da quel fard ambrato che le ricordano tanto quella giovane fanciulla, “che troppe braccia hanno stretto” per farla diventare ciň che č.

Si alza di scatto. Si sveglia dal suo tenero inconscio. Ferma tutto. Blocca tutto.

Il suo lettore mp3 e Battisti riposano ora sul tavolo.

 

“Silvia!”

 

Le stringe le spalle, e istintivamente la tira a sé.

L’istinto di baciarla non si domina. E lo fa, la butta di peso, su quelle labbra che non vogliono piů stare in silenzio e neanche piů parlare.

Ma solo baciarla. Parlare con un bacio. Dieci. Mille.

Che lasciano interdetta persino lei, che dolce e sognatrice, si fa condurre, in un gioco di lingue accordato alla passione.

 

“Mi stavi aspettando forse?!

“Ti sognavo.”

 

Ma si pente di averlo detto. Si sente stupido.

Odia sbottonarsi. Odia sentirsi vulnerabile. E quel sorriso lo rende piccolo e innocuo.

Guarda altrove, si stacca da quell’abbraccio.

 

“Come mai da queste parti?!

“Sono qui per farti un favore…”

“Ossia?!”

“Ti offro una vacanza… se tu mi offri la possibilitŕ di intervistare le tue ballerine!”

 

Si volta, la guarda e sorride.

Ha i capelli raccolti, lo sguardo vivace del solito e la parlantina svelta.

E’ intelligente. E’ astuta.

 

“Spiegati meglio.”

“Non puoi solo accettare?! Sei noioso e prevedibile! Troppo scontato! Buttati per una volta! Fai una pazzia senza porti troppe domande!”

“Ma la sto giŕ facendo: ti sto ad ascoltare.

“Ne crei dei vantaggi, fidati.”

“Certo, sono un uomo molto fortunato.”

“Molto.”

 

Si guarda in giro, mentre vaga per lo studio. Osserva tutto, tocca tutto, poi si ferma sulla vetrata che da sullo studio. Rimane senza parole.

Giochi di luce si infrangono su un palco di compensato, ballerine fasciate da abiti leggeri provano il loro pezzo e cameraman annoiati studiano le posizioni piů giuste.

 

“Perň… bella vista qui dalla tua “suite”!”

“Ti piace?!

 

Le va vicino, rimanendo a debita distanza dal vetro. Silvia lo guarda perplesso.

 

“Soffro di vertigini.” Quasi si scusa.

“Buono a sapersi! Mi farň dare una doppia piano terra.”

“Mi spieghi cos’č questa storia?!

“Non fare il noioso. Dimmi solo sě o no, al resto ci penso io!”

“Ma…”

“Niente ma. Sě o no. Ti fidi di me?!

 

Vorrei dirle di sě.

Mi piacerebbe molto. Ma fidarsi di una donna… cosě bella, cosě giovane… fa paura.

 

Din din! Tempo scaduto! Ci hai pensato troppo! Scendo a fare la mia intervista va…” Prende le sue cose e si avvia alla porta “che tanto qui, non si batte chiodo. Peccato, volevo regalarti una botta di vita, ma tu sei troppo chiuso in te stesso, per godere di certi benefici! Adios…!”

 

Ed esce, di fretta ma non troppo, cosě come era entrata.

Claudio la segue. Non sa bene perché. Ma d’un tratto le parole di Silvia e le parole di Sandro, lo schiaffeggiano costringendolo a reagire.

 

“Ma no! Aspetta!”

 

Le cammina di fianco, lei aumenta il passo. Dispettosa. Divertita.

Lui le sfiora le spalle, le apre le porte, la conduce verso l’ignoto nel quale stanno camminando.

 

“Siamo arrivati?!

“Sě. Oltre questa porta c’č lo studio.”

“Quanto tempo ho?!

“Dieci minuti.”

“Facciamo quindici va.”

“Silvia…?!”

“Cosa c’č?! Cambiato idea?!

“Forse.”

“Troppo tardi tesoro. Il treno passa una volta sola.”

“Io prendo il taxi allora.”

“Carina questa.” Gli molla un cazzotto sulla spalla, guardandosi in giro ansiosa.” Perň davvero Claudio, sei insopportabile. Fai il prezioso e in genere lo fa soltanto una donna, ti fai pregare e in genere lo fa soltanto una donna. Ora basta. Devi decidere! Chi fa l’uomo e chi la donna in questa coppia?!

“Coppia?!”

“Lo sapevo! Con te č una partita persa… sicuro che posso entrare?!

 

Silvia sta per aprire la porta, ma viene preceduta.

Un’orda di ragazze sudate e succinte la investono. Corrono. Sempre in corsa.

Qualcuna sorride. Qualcun’altra parla di improbabili smagliature, altre ancora guardano Claudio ammiccando sorrisi strani, sperando chissŕ in quale avvenente carriera televisiva.

 

“Ho capito! Vado con loro!”

 

Claudio sorride, e la vede sparire mentre mima la corsetta da prima donna, delle ballerine passate di lŕ.

Fa ridere. Con quella testa ciondolante e la coda che sventola da una parte all’altra.

Potrebbe benissimo fare la ballerina.

E mentre pensa a ciň, si rituffa nel suo lavoro.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


šťźLeave to me źťš

šťźLeave to me źťš

 

 

 

Mi scuso per l’eccessivo ritardo. Baci a tutti.

LuNaDrEaMy

 

 

 

Chap n.

 

 

Non posso dire che non mi sono persa
e che la colpa non č mia
non posso dire che non amo la luce e il buio
non posso dire che non so di essere viva
e che potrei mostrare tutto quel che sento
a te, stanotte, a te, stanotte…

w Nelly Furtado _ “Say it right”w

 

E’ passata poco piů di una settimana, da quel sě biascicato di Claudio, ed ora, con un  trolley color Magenta, Silvia gli viene incontro, e vedendola avanzare, si ricorda quanto costino al cuore certi benedetti sě.

Negli orecchi, il suo inseparabile “creative” bianco.

Alcune note, rimbombano selvagge dalle cuffiette, scalpitanti, proprio come la sua verve.

Insiste nel voler guidare, lo prende in giro accusandolo di essere un malfidato, e senza nemmeno rendersene conto, sale per la prima volta da passeggero sulla sua M5.

Una cuffietta per uno, a dispetto dell’impianto stereo che Claudio ha fatto montare appositamente dai migliori sul mercato, qualche sorriso complice e via cosě, ad imboccare strade e mangiare chilometri in assoluta, reciproca, semplicitŕ e intimitŕ.

Gli batte il cuore. No, non č lei. O almeno, non solo.

Le sue curve strette gli regalano sussulti, le sue mani piccole e bianche sul cambio, lo rendono festoso e ben presto, si ritrova persino ad apprezzare la sua guida; ripensa alle battute da bar sulla guida delle donne, alle parole di Sandro e alla sua teoria del “quando ti lasci guidare da una donna, stai pur sicuro che non c’č piů via di ritorno”.

Capire solo adesso, che infondo- infondo č proprio cosě.

E che una donna, puň stupirti sempre.

Ridere e guardarla guidare, con quelle strane espressioni del volto, non capire se sia solamente concentrata oppure persa nella piů lontana dimensione temporale.

Avere paura di saperlo.

Avere il timore che sia altrove, con la tua BMW sotto al sedere.

 

“A cosa pensi?! Perché mi guardi?!

“Pensavo. Niente di importante.”

“A cosa?! Sě che č importante!”

“Perché hai scelto proprio me. Per questo viaggio intendo…”

“Te l’ho detto! Tu mi piaci Claudio.”

“Silvia smettila dai…”

“Perché pensi che stia mentendo?! Cosa ci guadagno, considerando anche che in vacanza ti ci sto portando io?! Guarda un po’ che mi tocca fare… ”

 

Sorridere della sua simpatia, di queste sue battutine sempre un po’ speciali.

E tornare alla realtŕ, allo spavento di piacere ad una ragazzina di ventidue anni, domandarsi se si č ancora giovani e desiderabili, preoccuparsi di quella ruga che domani sarŕ accompagnata da un’altra e quando ne verrŕ un’altra ancora, chiedersi se a lei, piacerai comunque.

E forse ha proprio ragione Sandro, quando a condurre il gioco č una donna, quando ti senti soggiogato, quando cominci a contare le tue rughe per lei, allora sě che non c’č piů via di ritorno.

 

“E il tuo amore?! Giŕ dimenticato?!

“Perché chi ha parlato d’amore fra noi due?! Giŕ corri cosě avanti?! Ma allora ti piaccio! Ammettilo!” E gli si butta al collo, stampandogli dolci baci ”Oddio non č che mi chiedi di sposarti vero?! Non č che in me vedi il bastone della tua vecchia eh?! Perché se č cosě, scendi pure subito sai!”

“Ma questa č la mia macchina! Scendi tu magari…”

“Ecco, vedi quanto sei palloso, sono solo stupidi particolari! Un domani quello che č tuo č mio… no?!

“Ora chi č che corre?!

“Guarda che mollo il volante eh…”

“Ed io non ti sposo…”

“Ah! Se č per quello, lo mollo uguale!! Non credo mi sposerň mai…”

“Non puoi sapere cosa ne sarŕ del tuo futuro, Silvia!”

“So che non mi interessa vivere una vita d’amore. E questo basta.”

 

Si riappropria del volante abbastanza decisa, guardando avanti a se, nell’infinito di un punto estraneo agli occhi del mondo.

Rituffarsi nel ricordo di quella Domenica mattina, dove l’aria sapeva di agrumi e il sole settembrino di Roma era ancora caldo come se fosse estate; Matteo di fronte a lei, in ginocchio, mentre le fasciava il dito con quel brillante da far invidia perfino al sole.

Chiederle di sposarlo e tremare d’emozione.

Ascoltare i cuori battere all’unisono, nell’attesa di una risposta. Gridare un sě, e ridere di folle gioia, farsi cullare da lui, che pazzo piů di te ti ha presa in braccio, facendoti balzare per aria. Promettersi l’amore. E non riuscire a mantenerlo.

Tre mesi dopo. Solo tre mesi dopo.

No, Silvia non ha proprio voglia di gridare felicitŕ, in nome dell’amore.

Lei č scavata dentro, si č cibata di solitudine ingoiando bocconi amari, lacrime silenziose e veleno che non lasciano davvero piů spazio per quello “stupido” sentimento.

 

“E’ incredibile come ti irrigidisci, al solo nominare l’amore.

“Tu dovresti capirmi. Sei stato sposato, no?!

“Sě, ma tu hai ventidue anni; troppo giovane per odiare l’amore.

“E’ lui che odia me! E basta con questa storia dell’etŕ! Perché ne fai sempre una questione d’anagrafe?! I sentimenti non hanno etŕ!”

“Ecco, cosě mi piaci. Quando tiri fuori questo caratterino, sei piů carina!”

“Ci stai provando?!

“Ora sei tu la pallosa!”

“”Non sono pallosa. Sono realista!”

“Sě, sě miss realista. Accosta al primo Autogrill, ho bisogno di un buon caffč!”

 

Da brava ragazza rallenta, incanalandosi nella corsia piů prossima nelle vicinanze di quell’ autogrill, che non tarda a farsi notare.

Fuori l’aria č fredda. Si copre con il suo giubbetto jeans, piccola e rannicchiata.

Claudio sorride. La prende a se, sfregandole le mani sulle spalle.

Non dice una parola. Il suo viso č perso nella sua camicia. Si č nascosta, sul suo petto.

Ha un buon profumo questo Claudio.

Poi non dice nulla, alza il viso e con un leggero cenno del capo fa segno d’entrare.

 

“Ho voglia di cioccolata!”

“Due minuti fa era di patatine fritte. Decidi!”

 

Una commessa ride sguaiata.

Avrŕ la stessa etŕ di Silvia, ma quell’ ombretto viola la fa sembrare molto piů grande.

Lei senza un filo di trucco. Lei dagli occhi puliti e il volto fresco.

 

“Non lo so… e tu non mettermi fretta! Nella vita bisogna scegliere bene. Non si pesca mai a caso!”

 

Si guarda intorno, scorrendo ancora fra quegli scaffali colorati.

Indecisa, o forse, troppo sicura del fatto che intorno a lei non c’č ancora niente di buono che valga la pena scegliere.

Claudio ci pensa e un po’ se ne dispiace, poi senza dire nulla, ordina due caffč e mentre lei č girata prende anche uno di quegli ovetti famosi con piů latte e meno cacao…

 

“Spero questo vada bene a sua signoria!”

 

Lo tira fuori, sul finire dei caffč.

Ride Silvia, contenta come una bambina.

 

“E c’č anche la sorpresa…”

“Come nella vita! Visto, ho scelto bene!”

 

Lo guarda incerta.

Poi annuisce, ha detto proprio bene! Bravo Claudio!

E feroce e bambina, addenta la famosa e desiderata cioccolata.

Ha gli occhi sorridenti, vagamente lucidi.

Bene, ha giŕ dimenticato.

Dovrň stare bene attento a trattarla bene questa piccola e speciale creatura, cosě forte e indipendente, ma cosě fragile all’interno del suo guscio di metallo.

Claudio dovrai adoperare il maggior tatto possibile con lei cosě sensibile, ancora cosě indifesa, proprio dinnanzi alla grandezza di quel sentimento, che ha giŕ conosciuto e che le ha strappato tutte le sicurezze.

Ma cos’č?! Cos’č questo bruciore alla bocca dello stomaco?!

Che c’č?! Stai pensando a come sarebbe stato se fossi stato tu il suo primo amore?!

E’ giovane sě, ma se ci pensi bene anche tu, l’amore si impara molto presto.

Ed ora smettila di pensarci Claudio.

Non sai quale sarŕ il tuo passaggio nella sua vita, e non sai quale sarŕ il suo nella tua.

Ci sono le sorprese. Lo ha detto anche lei!

 

Oh you don't mean nothing at all to me

No you don't mean nothing at all to me
Do you got what it takes to set me free?!
Oh you could mean everything to me

 

 wwaaww

 

Oh non sei proprio niente per me.
no non sei proprio niente per me.
hai quel che ci vuole per liberarmi?
oh potresti essere tutto per me.

 

Muove la testa leggermente, sulle note di quella canzone che dal sottofondo riempie la sala; č distratta da qualcosa che non la lascia andare. Pensieri.

Certo, devo essere proprio andata di brutto.

Io che seguo i consigli di Paola e mi porto dietro questa specie di padre di famiglia, perbenista e schifoso per quanto perfetto; pensaci bene Silvia, pensaci bene.

Te lo faresti davvero uno cosě?!

Hai voglia! Me lo farei anche di corsa!

Un po’ di contegno, Silvia!

Ok. Cioč, volevo dire, sě puň darsi.

Ma tu non sei mai stata una sostenuta. Se ti piace uno, ti piace e basta.

Il problema č proprio questo, mi piace questo Claudio?!

Sto indubbiamente molto bene in sua compagnia, il sesso č l’ultimo dei miei problemi, ed anche questo č un bel problema.

Cioč se esci con un uomo e pensi solo a stare bene, fra caffč, cocktail a Ponte Milvio e pizze all’ultimo minuto, stai male senza recupero!

O ti piace troppo stare con lui che non pensi ad altro, o proprio ti rimbalza come una pallina da pin pong.

Paola ora mi direbbe… fattela questa rimbalzata Silvia!

Oddio, Paola… il sesso fatto persona.

Ed io?! Io cosa voglio?! Chi sono adesso?!

 

I can't say that I'm not lost

E non posso dire che non mi sono persa …

 

Una cosa č certa, di questo passo, certo arriveremo domani mattina a Riccione!

 

“Allora, andiamo?!

“Ti sei decisa eh! Pensavo che miss realista si fosse incollata a quella sedia!”

“Smettila cretino! Dammi le chiavi piuttosto!”

“Non se ne parla, adesso guido io!”

“Allora io scelgo i cd.”

 

Claudio ci pensa un po’. Lei sorride.

Annuisce, accompagnandola fuori dall’Autogrill.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


šťźLeave to me źťš

šťźLeave to me źťš

 

 

 

 

Chap n.ŚŚ

 

 

“Silvia, non mettere i piedi nella sabbia!”

“Dai monotonia, vieni qui! E’ bellissimo!”

 

Duecento chilometri dopo.

 Silvia e Claudio accostano di fianco a una spiaggia.

Silvia č schizzata fuori, senza dare nemmeno il tempo a Claudio di dire Mah.

E i suoi riflessi ricadono in depressione, proprio ora che avevano imparato ad evitare queste sue pazzie!

Corre sulla sabbia, allargando le braccia. La spiaggia č deserta. Molta foschia.

Sembra un oasi. Ogni tanto qualche passante.

E qualcuno la guarda, da lontano, curioso.

Cosŕ avrŕ fatto mai quella ragazza, per sentirsi cosě libera, in un mondo che.. prigionieri ha.

Ma nessuno sa dare una risposta, perché alla libertŕ non ci sono risposte, ci sono solo corse folli sulla sabbia, o urla disperate al cielo, sorrisi muti ed occhi che parlano invece.

La leggi sui volti dalle mille espressioni, ma si coglie appena, non per timidezza, ma per ripararsi, da un dispettoso alito di vento che come mostro cattivo puň portarsela via con se in un attimo. Un solo attimo.

 

“Non č fantastico qui?! Guarda queste spiagge. Sono immense.”

“Perfette per correre, giusto?!”

 

Ride. E’ bella. E guarda il mare. Annusa l’aria, si riempie il cuore.

 

“Adoro il mare.”

“Io detesto la sabbia invece.”

“Beh sě che disgrazia, ti si rovineranno le tue belle scarpe nuove…”

“Finiscila…”

“Finiscila tu di fare tutte queste storie… sei praticamente impossibile da stupire!”

 

E si lascia cadere in terra, affondando il sedere nella sabbia.

Lo guarda dal basso. Forse lo sta schernendo.

Lui si guarda intorno, indeciso, poi abbandona la guardia e si siede anch’egli.

Sono perfettamente paralleli. Entrambi fissano le onde.

 

“Mi fai troppo superficiale. Non č vero che sono impossibile da stupire.”

“Ah sě?! Ma se per farti reagire bisogna stuzzicarti! Claudio sei davvero un disastro della natura!”

“Silvia!”

 

Si spingono un po’, e sul vacillare di lei dalla sua parte, Claudio l’avvolge e la porta al petto. La tiene a se come una bambina, ma la stringe forte, come una donna da amare.

Un po’ di tutto. Come le miste sensazioni che il suo cuore prova ogni volta che quella ragazza apre gli occhi e guarda nel profondo, curiosa, a voler leggere l’anima tua.

 

“Silvia cosa…”

 

Sussurra, fissandolo profondamente.

E’ un gemito. E ne č eccitato. Gli dŕ allegria, forza.

 

“Tu per esempio mi stupisci ogni giorno.”

 

Rimane in silenzio. Non dice una parola. Poi la sente dimenarsi, sotto di se.

E’ rannicchiata, piegata quasi, a trattenere una risata di cuore, rigogliosa.

La fissa stupito. Lei si lascia andare.

Ride, ride a piů non posso, poi si divincola tirandosi su.

 

“Certo che sei davvero patetico!”

 

E corre via, saltellando o ballando quasi una specie di danza, su alcune note lontane di uno stereo in quella comitiva parcheggiata sul muretto del lungomare.

Claudio si alza di getto, la insegue, ridendo al pensiero di non riuscire a fare di meglio con lei, da quando la conosce.

Non arranca, sta sempre al passo, e questo ha sempre creduto di sapere, ma l’enigma Silvia č piů forte di ogni sua convinzione sulla vita, su quello che ha sempre chiamato amore e soprattutto e non meno importante, sulle donne.

E’ la prima volta che la chiama donna. O la considera tale. Sorride, affrettando il passo.

 

“Vuoi arrivare in albergo a piedi per caso?!”

 

La tira per un braccio, portandola verso se.

La stringe non troppo forte, ma neanche troppo morbida. La tiene cosě. Sospesa.

Ha un sorriso innocente, con la mano libera tira la manica della felpa un po’ piů giů, a coprirsi, un po’ vergognosa di essere stata ripresa come una bambina.

Non sa darsi una spiegazione, ma d’improvviso le viene in mente la strofa di quella poesia lontana: E c’č differenza, lo capirai con il tempo, tra tenersi per mano ed incatenare un anima.

Claudio, l’ha appena toccata nel profondo. Silvia rabbrividisce.

Il suo corpo affonda nella sabbia ancora una volta, quasi arreso al volere divino.

Segue il suo gesto. Come una falena sul lampione d’estate. Soggiogato e ingenuo.

Non parlano. Il silenzio diventa complice di una magia tessuta fra sguardi e parole sorde.

Silvia getta un dito fra la sabbia, scura, appena umida.

Disegna cerchi che non finisce mai di completare. Claudio la osserva perplesso.

Li chiude lui i suoi cerchi, bloccandole la mano con la sua. Piů grande. Piů forte.

Silvia la ritrae. Veloce. Una saetta nel buio.

Non č infastidita. Il calore non č mai fastidio.

Ma il calore umano fa paura, soprattutto quando ha gli occhi verdi di quell’uomo.

Ebbene sě, le duole ammettere, che adesso, ha davvero paura di Claudio.

 

“Hai paura di me?!”

“No!”

“Perché scappi sempre allora?!”

“Perché sono libera. E mi piace dimostrarlo.”

“E’ questo che fai allora?! Dimostrare sempre qualcosa a qualcuno?! Cosě ti rendi schiava da sola! Sai che siamo i peggiori inibitori di noi stessi?!”

 

Aggrotta un sopracciglio piuttosto scocciata.

Sembra aver udito i suoi stessi pensieri. Svia lo sguardo altrove.

Si morde un labbro. E lo fa sempre, quando viene messa nel sacco.

 

“Ma dove l’hai letta questa cavolata?! E poi che fai, mi psicanalizzi?!”

 

Si alza. Ora č infastidita.

Fa qualche passo in avanti, si ferma giusto un po’, prima di tornare su i suoi passi.

Le mani sui fianchi. Pronta alla guerra piů sanguinolenta.

 

“…che poi parli proprio tu di inibizioni, capito…”

“Che c’č?! Cosa ti da tanto fastidio?!”

“Non illuderti, tu mi scivoli proprio, ma non venire a parlare di inibizioni con me…”

“Ahi. Ahi. Qui qualcuno ha preso d’acido. Fortuna che ti scivolo…”

 

Ride Claudio, sarcastico, ancora seduto fra la sabbia che improvvisamente sente cosě amica. Si stende, quasi rilassato, almeno fino a quando viene investito da un ciclone, da una bufera pronta a disintegrarlo; Silvia! Che, con tanto di rincorsa gli si č gettata addosso di peso.

Non fa in tempo ad alzare il busto di riflesso, che la peste lo blocca a colpi di smanacciate; seduta a cavalcioni sul suo ventre, dimenandosi impazzita, lo colpisce  con le mani piccole e veloci. Ripetutamente. Meccanicamente. Dapprima sorridendo, poi senza piů il sorriso.

Sempre piů violenta. Rossa in volto. Accompagnata da gridolini esausti.

Una tempesta che solo quando sembra acquietata, finisce col tradirti, colpendoti alle spalle.

 

“Ridi ancora adesso?! Dimmi, ridi ancora?!”

 

Claudio non le risponde. La lascia fare. Non le importa del fastidio.

Quel che conta adesso č soltanto lei.

Non la sfiora, immobile, la lascia lě dov’č.

E lei si ferma. Interdetta. Paonazza. Compagna di respiri affannosi e occhi lucidi.

La guarda, impassibile. Non compiaciuto, non cattivo, non severo.

Quel che conta adesso č solo lei. Farle capire che non deve avere paura del mondo.

Dolce, timido fiore appena sbocciato, che hai mostrato la tua corolla di vulnerabilitŕ, tu non puoi permetterti di avere paura, perché chi ti guarda, chi ti ammira ha la fortuna di carpire da te il coraggio di vivere e buttarsi in cose mai dette, in pensieri mai fatti.

Le stringe forte le spalle, forse un po’ spaventato anche lui. Dai suoi pensieri.

Dal fatto che non ha mai desiderato, come in questo momento, possedere una donna.

Tenerla a se per delle ore. Guardarla. Toccarla.

Accarezzarle il volto, i capelli e perdersi in quel profumo buono, di balsamo ai mille frutti, per scendere lungo il collo bianco, bagnato da fresche note d’iris vaporizzato in acqua di profumo. Fresco e dolce, proprio come lei.

Borotalco rosa, in cui l’accarezzerebbe tutta, facendole dimenticare per un attimo d’esistere.

E poi svegliarsi, quando ormai č giŕ l’alba, guardare se lei ancora c’č, e ridere, non trovarla lě fra le tue braccia, perché č stato solo un bellissimo sogno.

La realtŕ delle cose č ben diversa amico mio.

E tu non puoi certo sognare d’innamorarti di una donna come Silvia.

 

“Claudio?!”

“Sě, dimmi.”

“Non innamorarti di me. Ti prego.”

 

Guarda lontano Claudio. Sospirando nel silenzio di una veritŕ appena taciuta.

Sorride come ha sempre fatto in certi momenti, pizzicandole la guancia.

 

“Non sia mai! Preferisco la peste a te!”

 

Silvia ridacchia divertita.

Si abbandona, accucciandosi come una gattina sul suo petto.

Lui ha il respiro lento. Lo segue a ritmo, perdendosi milioni di volte.

 

“Sai di cosa ho voglia d’innamorarmi?!”

 

Silvia alza la testa. Claudio si inumidisce le labbra.

 

“Di una bella piada prosciutto e stracchino!”

 

Gli molla uno sbuffettino, poi guarda in lontananza, giŕ divertita.

Scivola piano, passandogli di fianco.

 

“Facciamo cosě…”

 

Si tira su, molto lentamente, per non dare nell’occhio.

 

“chi arriva per ultimo al chiosco paga!”

 

Parla veloce, come lo scatto in cui si č persa.

Claudio si alza di fretta, cercando come meglio puň di riprenderla.

Ma non c’č niente da fare, lei č piů veloce di tutto.

Del vento, di quella spiaggia, di quella piadina divorata in due con le sue dita piccole che le rubano lo stracchino che trasborda, di quella piccola e innocente cotta che forse nella realtŕ, Claudio non si prenderebbe mai.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


L’Alexsandra Palace Hotel, troneggia nel buio con la sua scritta al neon blu

šťźLeave to me źťš

 

Chap n. ŚŤ

 

 

L’Alexsandra Palace Hotel, troneggia nel buio con la sua scritta al neon blu.

E’ maestoso. 

E sveglia una Silvia appena- appena assopita sul sedile di una comoda macchina nera.

 

“Dio, hai visto che roba?!

 

Non riesce a trattenersi, č un vero fiume in piena di entusiasmo e vita.

Lascia scivolare la sacca in terra divertita, tutta presa dal granito rosa della vasca idromassaggio, nel bagno infondo alla stanza.

Le tende leggere, di un color panna delicato, ondeggiano un po’, tralasciando passare, in un piccolo spiraglio di buio, l’odore forte del mare.

Claudio ne č rapito.

Segue la scia e si ritrova in terrazza.

Una vista mozzafiato si apre dinnanzi ai suoi occhi.

Il cielo č colorato di strisce variopinte all’orizzonte, vele ubbidienti stanno facendo ritorno a casa, il tutto su un tripudio di sfumature arancione, rosa e poi azzurro scuro e sporco.

C’č poca umiditŕ. Sospira. E si perde, nell’immensa quiete del mare di sera.

Silvia gli arriva alle spalle.

Lo sfiora appena. Si gira.

 

“E’ d’obbligo un brindisi!”

 

Le sorride, prendendo per sé, uno dei due calici che la ragazza stringe fra le mani.

Bollicine dorate colorano le pareti di quel vetro immacolato.

Lo alza al cielo, compiaciuto.

 

“A cosa brindiamo?!

“A noi, e alla nostra piccola vacanza, direi! No?!”

“A noi allora. E a questa vacanza.”

 

Plin.I bicchieri si toccano veloci nell’aria.

Lei sorride serena, porgendo il bicchiere su labbra rosa naturali.

Assapora enfatizzando quel piccolo gesto, che in quel momento, non appare piů come una semplice sorsata; l’ha osservata a lungo in quel poco tempo che le č stato accanto, e di lei ha capito che č personale e particolare in ogni movimento che fa, ogni piccola cosa, anche la piů sciocca e insignificante porta la sua firma d’originalitŕ.

Come se fosse di un altro pianeta.

Come se quella sua sicurezza, non fosse altro che la consapevolezza d’essere speciale. Diversa. Unica.

Manda giů il suo ultimo sorso dolce amaro. La guarda.

Silenziosamente le sfila il bicchiere dalla mano, appoggiandolo poco piů in lŕ alle sue spalle. Lei lo lascia fare. Curiosa. Divertita.

Le scosta i capelli, arricciati dall’ umiditŕ nell’aria.

La stringe forte. E la bacia appassionatamente.

Silvia spalanca gli occhi, il corpo le s’irrigidisce, stretto in quella morsa cosě dannatamente impetuosa. Poi, sempre piů crescente. Un delirio di passione e trasporto, che piano scioglie i suoi freni e le sue riserve.

 

Battiti, battiti, sempre piů forti.

Il suo cuore č un orchestra sinfonica, accordata perfettamente con il pubblico intorno.

E quando c’č sintonia, c’č perfezione. Affiatamento.

Ne rimane stupita. Incantata.

Memorabile fu, l’ultima volta passata da quando un uomo l’ha fatta sentire  cosě a suo agio. Ma quei tempi sono andati ormai.

Ci pensa, e sorride, mentre si guarda allo specchio piů tardi, bagnata di doccia al profumo di miele. Si spazzola serena i capelli lasciati un po’ umidi sulle punte, sperimentando mille modi per acconciarli, sciolti e fluenti, raccolti e morbidi, qualsiasi cosa, per sentirsi ancora piů bella.

Ma il segreto di ogni donna, si nasconde nei suoi occhi; e quelli di Silvia, dopo quel bacio, brillano di una luce sconosciuta.

Nella sua testa scorrono felici pensieri, una speranza nuova dimenticata a seicento chilometri da lě.

Si ricorda di quella canzone ascoltata sul cd nel suo ufficio, lasciato lě, da qualche proprietario distratto e d’un tratto pensa a Claudio e quanto si sposi bene con lui e il resto.

 

 wwaaww

 

Certe sere spengo la luce e rimango per ore da solo con me

e sto lě con la radio accesa a guardare nel buio

perché faccio i conti con la mia vita e poi dico a me stesso adesso o mai piů..
cerco le intenzioni migliori, piango tutti gli errori perché..
ho bisogno d'amore e di aprire il mio cuore
in un mondo che corre piů veloce di me
di cercare un mio senso delle cose a cui penso
ho bisogno di te dimmi dove sei

resto lě a guardarmi allo specchio e mi chiedo se un giorno..

IO TI INCONTRERO’..

 

wwaaww

 

 

Sei davvero bella.”

“Grazie.”

“Vieni, ti faccio strada.”

 

Poche ore dopo, viale Ceccarini.

Una ragazza vestita d’un elegante abito color champagne, e il suo accompagnatore in tiro, entrano in uno dei ristoranti piů trendy del vicinato.

Si sorridono a vicenda, prendendo posto al loro tavolo, infondo alla sala, intimo e riservato vicino alle cucine.

Lui, da perfetto cavaliere di film della serie uomo-perfetto-quindi introvabile, l’aiuta a farla accomodare, scostandole la sedia con gesto di classe.

E resta fermo in piedi, finchč ella non si porge la salvietta sulle ginocchia candide.

Appena scoperte.

 

Siamo in vena stasera…”

“Perché?!”

Ristorantino di grido, vino di prima scelta. Guarda che non te la do eh…”

“Silvia…”

“Cosa?!”

“Come sei venale. Cosě poco bon ton!”

“Mi scusi lord, cercherň di essere piů bon ton. Alza le spalle, impettita, piegando una mano all’altezza del petto”Cosě va meglio?! Sei cosě odiosamente preciso! Brrr…!”

“E tu sembri proprio una bambina. Una bella bambina.”

 

Lo guarda, sbattendo le ciglia a tempo record, poi sorride chiudendosi nelle spalle.

Leggermente arrossita.

Perché talvolta, i suoi giochi maliziosi, la mettono davvero nei guai.

 

“Allora, cosa prendiamo?!

 

Ed eccoli tuffarsi divertiti, con la testa nel menů lasciando al bon ton il tempo che trova.

Lei con il suo indice piccolo, che indica qualsiasi piatto abbia nome altisonante, e lui che la prende in giro sulla pronuncia, facendo quel baccano delizioso tipico di due piccioni in amore. E via cosě. Parlando del piů e del meno.

Ogni tanto passarsi una forchettata di questo o di quello, brindare alle occasioni della vita, all’imprevedibilitŕ del tempo che scorre intorno e non regala bis, momenti migliori.

Afferrarlo, condirlo con una semplice spaghettata di vongole e zucchine, mischiarlo al piů buono dei vini rossi e perderlo cosě negli occhi sinceri e puliti di una donna di ventidue anni e d’un uomo di quaranta.

Finirlo in bellezza, con una buona e dolcissima crema catalana, divorata di fretta, troppa, per restare soli, in silenzio a guardare il mare, lungo il viale non ancora addormentato, ma vivo.

Di gente che ha ancora qualcosa da fare. Da dirsi.

Di ragazzi pronti per andare a ballare. E li vedi lě, a ripassare qualche passo. A improvvisare movenze nuove. A offrirti omaggi compresi di drink e molto spesso, non solo quello…

Ragazze scollate passeggiano ridendo, con i loro jeans stretti, le loro gonne cortissime, le immancabili ballerine, rosse, nere, bianche o dorate…che importa?!

La loro vita passa di lě, per quel caos di luce e colore.

Silvia si guarda attorno curiosa.

Non perde un attimo, né un istante, segue veloce con lo sguardo la vita che c’č.

Precisa, metodica, fissa tutto nella mente, come un grande libro mentale che sta scrivendo.

Prende appunti. Con gli occhi.

E tutto intorno č come se stia cantando ancora quella canzone.

Perché infondo č un po’ ciň di cui tutto abbiamo bisogno.

L’amore. E’ ovunque. C’č.

 

wHo bisogno d'amore e di aprire il mio cuore
in un mondo che corre piů veloce di me
di cercare un mio senso delle cose a cui penso
ho bisogno di te.. Dimmi dove sei.
w

 

awawawa

 

“Sono distrutta.”

 

Entra nella sua stanza, abbandona le scarpe in un angolo e non perde tempo, a gettarsi sul letto. Claudio si sveste della giacca, le č accanto.

Restano un po’ in silenzio, stanchi e ubriachi da quell’ aria di mare. O dal troppo vino rosso.

Abbandonati sul letto, l’uno con un braccio sugli occhi, l’altra rannicchiata su se stessa.

Lascia scivolare il braccio, lui. E si volta nella sua direzione; č lě, che ride di lui.

 

“Non ridere, sciocchina!”

“Perché no?! Sei cosě buffo.” Si alza con il busto, tirando le gambe al corpo.”Magari ti sembro poco bon-ton anche adesso?! E  ride, portandosi una mano alle labbra.

“Finiscila! Sai invece cosa mi piace di te?!

“Non ne ho idea.”

“Che sei spontanea. Ti lasci andare e stai bene in mezzo alla gente.

“E’ il mio lavoro, Claudio.”

“Non fare la modesta. So che lo sai…”

“Cosa?! Che cosa dovrei sapere?!

“Che sei cosě!”

“Cosě?!”

“La smetti di giocare?! Lo sai come sei!”

“Certo che lo so! E tu lo sai?!

“Silvia mi stai incasinando le idee!!

 

E ride Silvia. Ama confondere le idee.

Ama deviare. Ama disorientare. Ama scompigliare tutto.

Le certezze in primis. Non si scopre. E se lo fa, due minuti dopo č giŕ un’altra Silvia.

Non la conosci mai veramente per quello che č.

E se ci riesci, lei č tua.

Lei che dirige. Architetta e distrugge.

Lei che č la regia. Inquadra e sposta in base alla sua idea.

 

“Sono stato davvero troppo bene con te, stasera. E’ da tanto che non stavo bene cosě, sai?!

“Ah, allora non ti confondo! Vedi che lo sai cosa vuoi…”

“Silvia tu sei speciale. So che lo sai. E lo so anche io. Smettila di giocare.”

“E quindi adesso?! Che si fa?!

 

Si porta verso di lui, maliziosa. Non ha finito per niente di giocare.

Le gira un po’ la testa. Si butta su Claudio, di peso.

Lui resta a fissarla. Poi, la scosta un po’ da se.

 

“Tu cosa vuoi fare?!

 

Sta per rispondergli. Ma un cellulare squilla lontano da loro.

Claudio trasale; si alza di getto, lasciando scivolare Silvia lungo il letto.

Si gira un attimo. Sembra non si sia accorta di nulla, allora corre a rispondere.

 

“Sandro! Provvidenziale come sempre…”

Noooo! Non dirmi che stavi quagliando?!

“Falla finita! Cosa vuoi?!

“Quagliavi sě o no?!

“Se magari non ti fossi messo in mezzo…”

“Eh, magari… una bella cosa a tre č da un po’ che mi manca farla!”

“T’avverto. Sto per attaccare!”

“Dai no! Aspetta! Volevo dirti che tua moglie…”

“La mia ex moglie…”

“Si vabbč quello che č… oh ma ti interessa sapere o no?!”

“Devo dirti al veritŕ?!”

“La immagino giŕ di mio… comunque ti sta cercando per mari e monti, oggi č anche venuta in studio. Io non gli ho detto niente, né dove eri né con chi stavi, ma fattelo dire mi sembrava incazzata di brutto.

“E quindi?! Arriva al sodo! Non ti stai disturbando solo per dirmi di Eliana. Dimmi che c’č e facciamola finita!”

No stavo pensando… magari con il tuo consenso eh… poi lo sai a me Eliana č sempre piaciuta…”

“Sandro taglia!”

“Insomma Clŕ, una, due botte glie le posso dare alla tua ex moglie?!”

 

Claudio rimane in silenzio per un po’.

E come se niente fosse, come una manna mandata dal cielo, scoppia a ridere come un bambino divertito dalla sconceria che l’amico sporcaccione ha appena detto.

Sandro allontana un po’ il telefono da se. Fissa perplesso lo strumento.

Poi ride sornione.

 

“Perché, non č giŕ li con te?!”

“Eh no.”

“Ahia Sandro perdi colpi…”

“Claudio dici sul serio?!

“Serissimo!”

 

E giů ancora a ridere. E non se lo spiega neanche lui perché. Ma si diverte.

E Sandro con lui.

E’ tornato il Claudio di sempre. Quello con la battuta pronta. Quello che ride.

E pensa che č proprio vero; siano benedette queste ventenni!

Poi le viene in mente quella che ha rimorchiato alla festa da Marta; fa velocemente mente locale sulla probabile fine del numero che le aveva lasciato.

E non si accorge, che Claudio ha giŕ riattaccato da un po’.

Fissa il vuoto ancora piů perplesso, con un grande enigma.

Se chiamare la quarantenne ex del suo migliore amico, o la ventenne della festa.

O tutte e due insieme magari.

Ed eccitato e vagamente divertito opta per la seconda.

La seconda scelta.

 

Claudio non ha perso il sorriso.

Tutto felice torna in camera. La chiama, dolcemente.

Lei č sempre rannicchiata, non risponde.

Allora, le va vicino, accarezzandola piano.

Dorme. Si č addormentata come la piů dolce delle bimbe. Sorride, intenerito.

Cosa stavi rispondendo, mia dolce e splendida ragazza dagli occhi grandi?!

Io, che avevo voglia di parlare un po’ con te. Anzi non un po’. Tutta la notte.

Perché mi piace ascoltarti. Mi piace come mi fai sentire.

E non mi innamorerň di te, ma solo di ciň che sei. Io te lo prometto. Non rovinerň tutto.

Resta a guardarla. Immobile, ammutolito. Rapito da tanta serenitŕ.

Chiude gli occhi, per un attimo, vuole raggiungerla, ovunque essa stia andando.

 

wForse questa notte anche te vuoi parlare con me..

Perché hai bisogno d'amore e di aprire il tuo cuore

In un mondo che corre piů veloce di te
di cercare un tuo senso delle cose a cui pensi
hai bisogno di me..
DIMMI DOVE SEI..
w

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


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Che bello aver ritrovato le mie care recensitrici.

Non ho nessuna intenzione di abbandonare questa storia, anzi tutto il contrario, ma mi capirete bene; si va sempre troppo di fretta!

Il lavoro, gli amici, quell’ispirazione che avvolte si rintana chissŕ dove, possono soltanto rallentare il tutto, ma non fermarlo

Do il benvenuto a Pinzyna e la ringrazio per la sua recensione; cara non sai, avevo il sorriso fin dietro gli orecchi!!

Vi saluto con affetto.

LuNaDrEaMy

 

 

Chap n. ŚŽ

 

 

E’ incredibile, come siano affollati gli aeroporti.

Quanta gente che vŕ, quanta altra viene. Ritorna. Dal lungo viaggio.

Quanti umori, quante espressioni.

C’č chi torna per amore, c’č chi va per dovere, c’č chi si trascina e basta.

Senza sapere dove andare. Come lui.

Che adesso stringe forte quel biglietto per Roma, fra le mani sudate d’emozione.

Siede composto, guardando un punto incerto davanti a se. Aspetta impaziente che venga annunciato il suo volo, con il cuore che vibra nel petto e una sola grande domanda:

Lei sarŕ lě ad aspettarlo?!

Ma sa che dovrebbe domandarsi se lo avrŕ mai perdonato, se avrŕ dimenticato.

Come se il dolore si potesse cancellare solo con la volontŕ.

Con una bella magia. Dire basta, e il cuore torna a vivere.

Sa che sta sbagliando tutto quanto. Sa che sono solo congetture che la mente partorisce, per non pensare che quella ragazza sicuramente ce l’ha fatta, forte com’č, come se la ricorda, a dimenticarlo. A rialzarsi.

E non avrŕ nessuna recriminazione da fare. Lo sa.

Non č suo il diritto di poter opporsi al male che le ha fatto.

Ma prova ugualmente a non pensarci.

Anche se non riesce giŕ da adesso a trovare parole adatte per la sua dipartita, e ancora di piů per il suo ritorno.

Imprevisto. Sognato. Atteso. Ma questo lui non lo sa.

E non sa nemmeno quanto ha ragione, parlando di lei. E’ tosta. Tocca il fondo e si rialza.

Perché a quel fondo c’č una risalita.

Ed il suo invece, si sta inesorabilmente aprendo.

 

Una voce arriva dagli altoparlanti; il suo volo č in partenza.

Si alza di scatto. Infila l’i-pod nelle tasche dei jeans e si dirige all’imbarco.

Una valigia semi vuota lo segue. Lenta. Ubbidiente.

Un unico pensiero nella testa.

Lei.

 

 

wContemplare un addio non basterŕ..
Il bisogno di un viaggio č paura e coraggio
E sto qui.. ancora io ci penso a te.
w

(Tiziano Ferro_ “Salutandotiaffogo”)

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


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Chap n. ŚŹ

 

 

 

“Dai, sbrigati! Mamma come sei lento! Di qua, presto!”

 

Ma ieri sera non era distrutta?!

Dove la troverŕ mai la forza questa specie mezza cartuccia?!

 

“Silvia non tirare cosě! Ti sono dietro!”

“Scherzi?! Sembri una lumaca! Dai! Dai!”

 

Silvia saltella tutta contenta, dinnanzi l’entrata dell’Acquafan. Riccione.

Il Deejay Day, sole e tanto divertimento, sono lě che li aspettano.

E’ troppo carina, con i suoi short militari a palloncino e quel berretto nero di strass.

Gli occhialoni grandi anni cinquanta le coprono il viso, ma un sorriso di porcellana l’illumina di immenso. E se la merita proprio una poesia, pensa.

 

“Silvia! Finalmente siete arrivati!”

 

Un tizio mingherlino, li aspetta all’entrata.

Le sorride da lontano, alzando una mano per essere riconosciuto, ma sarebbe pressoché impossibile il contrario, visto le troppe lampade che si č fatto per arrivare a maggio con quel colorito acceso. Claudio ride, pensando alla brutta finaccia che fanno alcuni suoi coetanei per camuffare l’etŕ e per ostentare ancora quella freschezza e spontaneitŕ, che solo a ventenni puň risultare vera. Non impostata.

Poi ci pensa, si da una veloce occhiata nello specchio di una vetrata, sistema di fretta i capelli e si ritrova a sorridere di nuovo.

 

Tommy! Tu non puoi capire che delirio c’č in giro!”

“Sě, lo vedo, lo vedo…”E il tipo si gira verso due biondine, che ridendo fra loro, si avviano verso le piscine”E’ pieno di gnocche!”

Nooo! Io non vi reggo eh, non cominciamo per piacere!” E gli tira un pugno sulla spalla. Secco e preciso. Claudio, ride ancora. Stavolta soddisfatto.”Vedi come si rubano i soldi allo Stato, Claudio?! Questo tipo vuole farmi credere che siamo qui per lavorare…”

 

I due ridono, quel tanto che basta a sciogliere le prime occhiate ingessate, per fare le presentazioni. Tommaso č uno dei superiori di Silvia, accanto a loro c’č Flavio il fotoreporter del giornale; un tipo silenzioso, circondato dalla sua aurea di fumo, di una Lucky Strike sul finire.

 

“Vedi perché l’ho scelta?! Ci riporta sempre alla realtŕ! Ah proposito questi sono i vostri pass. Silvia tu sai quello che devi fare.

“Perfetto capo. Intanto, prendi questo.” Silvia allunga una cartellina gialla a Tommaso, che curioso la scarta. “E’ una piccola bozza iniziale del lavoro. Ieri sera ho fatto un giro in cittŕ e raccolto qualche idee su questa giornata.

“Ottimo direi. Allora lo sai anche tu che non siamo qui solo per lavorare…” rimette i fogli in busta e le porge una mano sulla spalla”Sei sempre stata una delle migliori. Non mi hai mai deluso, brava!”

“Mai!”

 

Silvia ride soddisfatta.

Il suo posto, č suo. Le spetta di diritto.

Nessuno le ha mai regalato niente. Nessuno gli ha concesso sconti. Proroghe.

Niente. Nada.

Si č fatta da sola, con la volontŕ di una ragazza cresciuta da zero, ma con la passione per la penna, il sociale e la comunicazione.

Prende in consegna i suoi pass, stringe per mano Claudio ed entra finalmente soddisfatta.

 

“Brava, se continui cosě, avrai la promozione…”

“Figurati! Per cosě poco?! A me basta rimanere nell’Olimpo Claudio, vivere una vita degnamente con i miei piccoli lussi e vizi e continuare a fare ciň che amo. Tutto qua!”

“Perché dovresti accontentarti?! Puoi pretendere il meglio. Adesso lo posso dire no?! Ti conosco un .’”

 

Silvia ride.

Sembrano passati anni, da quella loro chiacchierata, in macchina di lui.

Da quella festa.

Da quelle prime corse. Da Ponte Milvio.

Da lei. Che non voleva pensare ad uomo se non come un contorno nella vita di tutti i giorni.

Da quelle lacrime silenziose fuori ad una terrazza. Al buio. Sotto alla luce della luna. Con il sole o con il vento.

 

Eppure, č passato pochissimo tempo da allora.

Ma piů niente č come č stato.

Tutto cresce. Tutto passa. Tutto evolve. Meglio o peggio č solo il tempo a dirlo.

Il benedetto tempo. Amico o traditore.

 

“Io non mi accontento. Io voglio sempre di piů. Ma con calma, prenderlo e colpire quando č veramente mio.

“E se ti proponessero di andare a lavorare altrove?!

“Ci penserei solo a conti fatti. Perché?!”

“No… niente pensavo. Cosě!”

“Tu ami il tuo lavoro Claudio?!

“Mi piace parecchio.”

“Lavoreresti altrove?!

Ci pensa un po’, poi si morde un labbro e risponde “Solo a conti fatti.

 

Risponde sincero, e con estrema sinceritŕ e bellezza si guardano intensamente, figli di epoche lontane fra di loro, ma pragmatici ora, nello stesso tempo.

Silvia accomoda il suo asciugamano sulla sdraio, si sfila gli occhiali da sole e con la mano libera scioglie i capelli.

 

“Andiamo a fare il bagno?!

 

Non gli lascia il tempo di rispondere, piano si sfila i vestiti, in modo cosě grazioso da fargli sussultare il cuore. Piccola e candida proprio come se la immaginava.

Con le gambe flessuose e lisci di pesca, la pancina arrotondata ma compatta, le spalle larghe.E quel costume che le sta alla perfezione.

Che non tira, che la fascia e la slega allo stesso tempo.

E’ bella da ogni prospettiva la si guardi. Ed ora lo prende per mano, lo conduce con se. Piccola, dolce, sensuale nella sua camminata spavalda e sicura.

E’ un felino. E lo sa. Questo, sě questo lo fa impazzire.

 

“Vuoi farmi buttare giů da questo coso?! No! Non se ne parla!”

Infatti non se ne parla! Si fa e basta! Dai non fare il pappamolle… il solito quarantenne calcolato. Uff!!”

“Ma se mi butto da lassů… tu poi me lo dai un bacio?!

“Facciamo cosě…”Gli si avvicina maliziosamente e lo bacia con passione, strusciandosi addosso come una gattina”Te ne do uno adesso e cento dopo!”

 

Le persone dietro loro borbottano un po’, al che Silvia, senza dire niente, da una spinta a Claudio e lo fa scivolare giů dallo scivolo.

A sua insaputa. Preso alle spalle. Allo stomaco, in subbuglio, che pulsa adrenalina allo stato puro. Come lei, nella sua vita.

E ritorna ragazzino. Con la sua scommessa vinta. E cento baci da ricevere.

Giocare nell’acqua, baciarsi appoggiati al bordo di quella piscina affollata.

Con passione. Senza ritegno. Senza freni. Senza mondo intorno che li possa disturbare.

E lei giocosa. Vivace. Pazza. Speciale.

E quanti di questi aggettivi ancora vorrebbe incollarle addosso, ma se che se continuerebbe dovrebbe solo ammettere che non puň piů fare a meno di lei.

Della sua folle allegria.

Della sua assurda voglia di tenerla fra le braccia ore ed ore.

E non chiamarlo amore. Sarebbe un peccato.

Ma amore non č. Allora cos’č?!

Cos’č questo laccio al cuore?! Cos’č questa frenesia che sale dallo stomaco?!

Amore, no. Non chiamiamolo amore.

 

awawawa

 

“Ehi! Finalmente ti sei svegliato!”

“Silvia, ciao! Dove vai?!

“Ho un intervista con lo staff della radio, lě a bordo piscina! Resta pure qui se vuoi, ti raggiungo fra un po’.

 

E va via cosě. Fasciata in un pareo color turchese.

Resta a guardarla, finchč non sparisce.

Poi si alza. Si guarda intorno. Confuso.

Da tutti quei baci, quelle carezze proibite dietro le cabine. Come faceva da ragazzino, al solito stabilimento di una vita sul lungomare di Ostia.

Si domanda se č stato un sogno.

Ma il suo sapore lo sente ancora impresso sulle sue labbra.

E le mani che cercavano l’impossibile, le sente ancora piene di lei.

E’ stato folle. Ora se lo ricorda bene. Non ha sognato.

Lei scatenata. I suoi baci irruenti. Accalorato desiderio. Fuoco intenso.

E lui in balia di quel vento forte, di quel fermento furioso, violento.

Un brivido freddo lungo la schiena; guardarla in lontananza e volere ancora cento baci tutti per se.

Non puň staccarle gli occhi da dosso, la vede ridere, piegarsi, agitarsi, gesticolare in quel modo cosě infantile, eppure cosě adorabile, che solo lei ha.

E salta in braccio ad un ragazzo passato di lŕ. Ed io resto a guardare. Colpito. E’ un amico penso.

Saluta una bionda un po’ troppo tinta che le č affianco, e i due spariscono nella bolgia umana.

Avevo ragione. Sospiro. Sospiro?! Ma che mi prende?! Ancora questo antipatico bruciore allo stomaco…

Chissŕ se mi abituerň mai a lei. A questo suo modo di fare.

Abitudine.

Dovrei chiedermi se davvero voglio abituarmi a lei.

Mi piace. Da impazzire.

E confondo me stesso ogni giorno di piů, ma lei con il suo turbinio mi sta trascinando forte verso qualcosa di ignoto, che cambia aspetto, colore e dimensione, alla velocitŕ della luce.

 

awaawa

 

Questi due sono troppo forti.

Mai fatta in vita mia un’intervista piů pazza!

Sto proprio bene qui. Sono serena, a posto, non so come spiegare questo mio senso positivo.

Sarŕ il buon cibo, la bella gente. L’estate alle porte.

O forse, solo Claudio. Claudio?!

Alle volte, si puň cambiare il cielo, ma non si cambia l’umore che ci portiamo dietro.

Questa frase mi č sempre piaciuta. E chissŕ com’č ci penso proprio ora, che di umori ne ho vestiti a mille, da quando sono qui.

Claudio mi sta regalando la sua spensieratezza. Il suo tempo. E’ giusto che contraccambi.

Sto bene santo Cielo! Posso gridarlo forte e scoppiare in un boato immenso!

Ma tutto questo conduce da una sola parte cara Silvia, ed ora, non puoi certo piů tirarti indietro.

Innegabili sentieri sta tracciando il tuo cuore, ti invita a percorrere strade sterrate abbandonate da tempo in quantificabile ormai; che fai, ci stai?!

E’ tutto da scrivere piccola Silvia e la penna l’hai solo tu.

Apri il tuo cuore. Lo senti, vibra nel petto. Salta di gioia.

E senti le ragioni. Le ragioni del cuore. Che fai, CI STAI?!

 

Ti raggiungo subito, gli sibila da lontano. Lui sorride. Poi si infila la mano nel pareo, lŕ dove tiene legato il suo cellulare, fissa lo schermo e risponde alla suoneria impazzita.

 

“Paola, sto lavorando…”

“Ah! Buonasera eh! Felice di sentirti anche io…”

“Fai la sarcastica?!

“No la realista. Dai, dove sei a far danni?! Come stai?!

“Stavo lavorando, te l’ho detto!”

“Sul quarantenne?! O sul D-Day?!

Ah-ah. Simpatica…”

“No, non dirmelo; ancora non te lo sei lavorato?! Il quarantenne ovvio…io ti uccido!”

“Bah… qualcosina… ma non voglio dirti di piů! C’č un casino di gente intorno…”

“Ah ma sai quanto glie ne frega a loro delle porcate di Silvia Grazioso?! Dai spara! Non fare la stronza!”

“Top secret. Non mi ripeto!”

“Ma allora sei proprio stronza!”

“Eh… che novita!”

“Bastarda dentro la ragazza… comunque, come stai?! Tutto bene?! Lui com’č?! Come ti ci trovi?!

“Ma cos’č?! Un terzo grado?!

“Piů o meno. Allora?!”

“Con lui sto bene, non so dirti perché, ma sto veramente bene. A meraviglia.”

“Bene, sono felice.”

“Parliamo di te. Piuttosto. Perché tutte queste  domande?! Che cosa č successo Paolč?!

“A me?! A me niente.”

“A chi č successo cosa, allora?!

“Ma che vai a pensare Silvia! Volevo solo sapere come stavi. Sei sparita da che sei lŕ. No si fa cosě eh!”

“Non ti conoscessi Paola… me la berrei pure sta’ stronzata, ma vabbč mettiamo il caso ci creda, quando torno mi racconti tutto eh.”

“Tu non pensare a me. Pensa a portare la coppa a casa, piuttosto…”

Paola sei incorreggibile! Ti lascio dai, stavo finendo l’intervista.

“Che invidia! Vorrei essere lě!”

“Eh non ci pensare. Di coppe ne hai tante sul comodino…”

“Giusto. Ma sai una rispolveratina…”

“Paola sto attaccando…”

Un bacio bionda! Mi raccomando!”

“Bacio a te. Ciao ciao…”

 

awawawa

 

 

Paola resta cosě, perplessa. Appesa ad un filo con un grande fardello nel cuore.

Non le ha detto niente. Non ne ha avuto il coraggio.

Per tutte le volte che l’ha vista piangere. Per tutte le volte che l’ha vista rabbuiarsi e farsi sempre piů piccola, dietro a quintali di gelato al cioccolato che non finivano mai e le sigarette che tiravano via come ciliegie.

Ora, la sente felice. Serena, almeno. Non vuole essere il suo boia. Proprio non se la sente.

E ci pensa su, mentre si abbandona sul sofŕ.

Lascia scivolare le braccia lungo il corpo e il telefono sul tavolo ai suoi piedi; fissa il vuoto con aria preoccupata e colpevole. Pensa a Silvia.

 

Eh no Mattč, stavolta te la vedi da solo. Io non scrivo destini a nessuno.

 

Proprio mentre decide di abbandonare i pensieri il suo cellulare squilla nella penombra della stanza, riportandola alla realtŕ.

 

“Pronto?!”

“Sě, parlo con Paola vero?!”

“Sě. Con chi ho il piacere di parlare io…?!

“Sono Sandro, Paola. Il tipo della festa. Ricordi?!”

 

Le iridi verdi di Paola, si allargano come fanali.

 

Cazzo, sě! Ehm… volevo dire sě, benissimo! Caro! Qual buon vento ti porta qui…”

 

Parla ridendo. Di quella voce buffa.

Si guarda allo specchio, mentre si arricciola un boccolo mimando smorfie a non finire.

Sě. Sě. Parla bello mio. Parla quanto vuoi.

Ma sě, che occhi belli che ho. Sě, sono simpatica lo so.

Toh! Lo so da me di avere un fisico mozzafiato. Tutte curve, come il gran premio, sě- sě.

Quarantenne, ma scontato eh?! Guarda che non devi faticare tanto. A che serve tanta fatica, sudare per ottenerla. Io sono libera cocco. Libera da ogni pregiudizio. E anche da ogni sorta di vestito!

Stasera ti distruggo quarantenne. Ti disintegro.

 

E passa ancora distratta di fonte allo specchio e non la smette di ridere al pensiero della prossima preda da scuoiare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


šťźLeave to me źťš

šťźLeave to me źťš

 

 

 

Chap n.Ś

 

 

 

wTook a right to the end of the line
Where no one ever goes.
Ended up on a broken train with nobody I know
. w

 

wPreso proprio alla fine del limite
dove nessuno va mai
finito su un treno rotto con nessuno che conosco
w

 

wRelax, take it easy!

For there is nothing that we can do.

Rilassati, prendila come viene!

Perchč non c’č niente, che possiamo fare.w

rMika_Relax (take it easy)r

 

 

 

Una musica leggera inonda la stanza, colorandola d’allegria; Claudio e Silvia, tacciono nel loro silenzio, entrambi presi dalla routine di valige da sistemare e una serata ancora da costruire.

L’una balla divertita intorno alle sue cose, con il ritmo giusto, muovendo i fianchi.

L’altro battendo leggero un piede sul pavimento, quasi ad esorcizzare la concentrazione, catturandola e facendola sua, senza permetterle di scappare via.

 

“Ehi! Sei tutta in tiro, dove si vŕ?!

 

Claudio fa un po’ di pausa, sporgendosi sull’uscio della stanza.

Non l’ha sentita canticchiare o anche solo parlottare e si č preoccupato; sono giorni che la sua voce, riempie il mondo intorno. E’ forte, anche perchč ha sempre qualcosa da dire.

Lei non si accorge della sua presenza, continua a dimenarsi, giocando con i capelli a tempo di musica; fa le facce buffe nello specchio, atteggiandosi a modella, ogni tanto prova questo o quello, sempre splendida. Sempre bella. Come č. E lo č davvero.

Perché č semplice Silvia, in tanti anni che la conosco non l’ho mai vista senza un filo di trucco, ma se ti avvicini a lei giureresti che il suo viso sia fresco e pulito come una pesca.

Ma questa.. č tutta un’altra storia…

Claudio le va dietro piano, non vuole spaventarla; le sfiora le spalle, poggiandoci delicatamente le labbra.

Lei, si gira lenta, eccitata; le č sobbalzato il cuore nel petto, come quando al buio ti prendono alle spalle. Ma passa in fretta e si mette a ridere divertita.

 

“Stasera c’č una seratona al Baia. Noi, non possiamo di certo mancare!”

 

Claudio l’ascolta curioso. Si guarda un po’ intorno, accarezzandosi il mento.

 

“Si va a ballare quindi.”

“Obbligato mister…”

 

Gli piace quella espressione. Lo diverte, e con il sorriso torna alla sua stanza, senza prima ricordarsi il motivo per  cui era passato di lŕ.

 

“Camicia, o tengo la giacca?!

“Via la giacca seria e corri ad infilarti un paio di jeans!”

“Obbligato mister…”

 

Le fa il verso, Silvia si lascia andare in un sorriso timido.

Odia vergognarsi delle sue stranezze.

 

“Claudio?!”

“Sě?! La voce di Claudio arriva strozzata dal corridoio che li separa.

“Sicuro di stare bene?!

“No, mi hai detto di cambiarmi infatti…” E riesce a sfotterla come desiderava da tanto tempo fare. Con quel suo modo originale e bizzarro. Ride soddisfatto, d’esserci riuscito.

“Non mi fai ridere sai?!

“Ah no?! E quel sorrisetto di prima?!

“L’ho fatto per farti contento cosa credi!”

 

Alza le spalle Claudio, arreso da tanta sfacciataggine; con un espressione perplessa, torna poi alle sue cose.

 

E di nuovo, la musica si perde fra le stanze.

 

awaawa

 

Qualche ora dopo. Qualche valigia dopo, Silvia č sul corridoio. Immobile. Curiosa.

 

“No, non ci posso credere. Sei il primo uomo sulla terra, a cui vedo fare questo genere di cose…”

 

E’ appoggiata allo stipite, sorride dolcemente. Adesso sembra una donna.

Claudio č nella stanza, che riordina le sue cose. Ordinato e preciso.

Affascinante, nella routine dei suoi gesti puliti, perfetti.

Silvia tace e ride. E’ in questi momenti che nota la netta differenza tra uomo e ragazzino.

Un po’ le batte il cuore. Dalla paura perché no, di aver confuso il suo mondo con un mondo che mai le č appartenuto.

 

“Sai silvia… un uomo sconvolge il corso della propria vita se lo vuole, ma le abitudini, sai le abitudini restano…”

 

Non gli risponde, sorride serena, prima di avvicinarlo.

 

“Ma scusa…” Parla piano, sensuale “Non č piů bello cosě…” E di getto, afferra alcuni vestiti piegati da mani meticolose, gettandoli alla rinfusa, nell’aria.

 

“Libertŕ Claudio. Sai cosa significa?! Sai che sono proprio i nostri difetti a limitarci?! Siamo i peggiori inibitori di noi stessi.. non lo sai Claudio?!”

 

E torna bambina, mimandolo alla perfezione.

E su nel cielo, altri vestiti. Non contenta.

Ridendo, di quel piccolo, sciocco gioco.

 

“Liberi… cosě?!

 

Claudio afferra della biancheria nelle sue vicinanze, lanciandosela alle spalle.

 

“Sě, proprio cosě!”

 

E allora Claudio si fa prendere da un raptus di pazzia e gioia, afferrando tutto quello che puň per lanciarlo su al cielo.

E Silvia ride aiutandolo, e non si sa com’č si ritrovano a correre per tutta la stanza, con un arcobaleno di calzini e maglie che svolazzando in aria li accompagnano.

Poi, arriva il momento delle cucinate. Quelle a cuor leggero, quelle che solo i bambini continuano a fare, quelle che in un solo attimo, anche solo per un attimo, ti fanno afferrare il vero senso di libertŕ.

 

“Tu sei pazzo! Pazzo! Pazzo!”

 

 Lei dolce, cucciola, gli salta al collo fra il delirio di piume bianche che annegano l’aria, portandoselo giů, alla deriva, su quel letto morbido, grande, cimitero di abiti ora dimessi, coperte arrotolate e confusione, come quella dei loro cuori, che dispersi si toccano, si guardano.

Che suonano quella melodia lontana.

Quella che ora, Silvia, riesce ad udire di nuovo nel suo cuore.

 

Che bello farsi portare.

Che bello lasciarsi andare.

Che bello lasciare fare agli altri ciň che vogliono della tua anima.

Che bello correre nella nebbia, denudati delle proprie catene, degli alibi che troppe volte ci costringono, solo per il gusto di scoprire se sarŕ la corsa a terminare o semplicemente la nebbia.

 

 

wIt's as if I'm scared.
It's as if I'm terrified.
It's as if I scared.
It's as if I'm playing with fire.
Scared.
It's as if I'm terrified.
Are you scared?
Are we playing with fire?
Relax

Relaxw

wč come se fossi spaventato
č come se fossi terrificato
č come se fossi spaventato
č come se stessi giocando col fuoco
spaventato. E'come se fossi terrificato
sei spaventato? stiamo giocando col fuoco?


rilassati, rilassati
w

 

(Mika Relax_”Take it easy”)

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


šťźLeave to me źťš

šťźLeave to me źťš

 

 

 

Chap n. Ś

 

 

 

Via Nomentana 153.

Una ragazza scende dalla propria auto, spengendo in silenzio il motore e le luci che le illuminavano il viale.

Scende scomposta, forse un po’ brilla per i vari cocktail che ha bevuto.

Ride, richiudendosi alle spalle la portiera, che rimbomba fragorosamente nella notte ormai addormentata. Questo, la diverte ancora di piů.

Fruga nella borsa incamminandosi, cercando il mazzo di chiavi dell’appartamento della sua migliore amica. Non ha voglia di tornare a casa e d’improvviso si č ricordata di raccoglierle la posta.

Certe sere vanno cosě. Sono cosě speciali, che vorresti non finissero mai.

Ed allora ti cerchi da fare. Ma non dormire. Non chiudere gli occhi. Non terminare.

 

Sta per aprire il portone, quando vede un ombra sospetta avvicinarla alla sua destra; č un attimo, si volta di scatto, piombandosi addosso al malcapitato immobilizzandogli un braccio, poi senza troppi giri di valzer chiude il tutto con un bel calcio nei gingilli.

Talmente forte, che il tipo stramazza in terra, fra grida sorde.

 

“E allora?! Cosa sei?! Un ladruncolo di serie b?! Un pervertito?! Un barbone?!

 

Saltella su se stessa, pronta a colpirlo di nuovo, cosě, tanto per accettarsi che non la segua.

Come se il poveraccio ne avesse la forza.

Raggomitolato su se stesso, riesce solo ad allungare il braccio in segno d’arresa; ed č proprio in quel momento, che il ragazzo alza il viso, e il faro di un motorino lontano, scoprono la sua identitŕ.

 

“Oddio! Matteo!”

 

Si porta una mano alla bocca, accasciandosi su di lui, tentando quanto meno, di aiutarlo a rialzarsi.

 

“Oddio sei proprio tu…”

“Sě, rambo, sono proprio io…”

 

Il ragazzo č in piedi, ma resta piegato su se stesso ancora un po’.

Pensa che non avrŕ mai eredi.

 

“Certo che sei proprio uno stronzo! Arrivare cosě alle spalle della gente… co-come un ladro! Dě ma sei fuori!”

“Ah, grazie se sono piegato in due tumefatto dal dolore eh… magari anche impotente ci resto.

“Ma tu sei tutto matto! Vieni ti aiuto, appoggiati. Ce la fai a fare due passi?!

 

Paola gli prende il braccio e se lo porta sulle spalle.

E’ preoccupata, anche se trattiene a stento le risate.

Se restasse davvero impotente, Silvia le farebbe una statua d’oro.

E giů di risate, ma senza farsi beccare dallo sfortunato sterile.

 

“Ma poi, che cavolo ci fai tu sotto casa di Silvia?!

“Io eh?! Tu invece?!

“Fatti i cazzi tuoi Mattč! Io sono giustificata almeno! Tu no! E poi guardati, certo t’ha fatto male questa Londra, sembri un barbone e per giunta ti insinui a casa della gente senza precisi scopi… bah.

“Volevo solo vedere se rientrava. Sono giorni che passo, ma qui sembra disabitato. Persino la pettegola della sua vicina, non sa niente.

 

Matteo guarda in basso, vagamente arrossito.

Si giustifica. Almeno ci prova.

Paola scuote energicamente la testa, prima di rispondergli.

 

“Silvia č fuori per lavoro. Ricordi?! Ne avevamo parlato.”

“Tu ne dici tante di stronzate.”

“Vuoi anche l’occhio nero per caso?!Paola gli si avvicina minacciosa, con il pugno chiuso.

“No. Mi basta l’impotenza.”

 

Paola ride, apre definitivamente il portone, raccoglie la posta e raggiunge Matteo, appoggiato malamente ai citofoni.

 

“Allora che si fa?! Dove alloggi?!

“A piazza Indipendenza.”

“Non sei tornato dai i tuoi?!

“No, voglio stare da solo per un po’.”

“Ho capito, ti vergogni di tornare al nido a mani vuote. Ma dov’č che precisamente stai ora?!

 “Dalle suore. E non ridere stronza!”

“Oh mio Dio! Ma non andavi a Londra per fare carriera?!

 

E stavolta non riesce piů a trattenere le risate.

Non sa cosa pagherebbe, per chiamare Silvia in video conferenza e fargli vedere la brutta fine, che ha fatto questa specie di coniglio- ora anche sterile- da quando l’ha lasciata.

Ed ora, ride anche piů soddisfatta.

 

“Certo che mi mancava la tua stronzaggine, davvero eh Paolč! Sě, sono partito per Londra per sfondare, ma mi mancava troppo la mia Silvia. Lě č un casino. Non si vive che di tram- tram, ed io solo non ci sto bene. Ho avuto modo di riflettere ed ho deciso di tornare, ho deciso che me la sposo e la porto via con me! E se lei non vorrŕ venire, rimarremo qui. Ricomincerň da qui.”

 

Paola non ride piů.

Lo fissa con occhi piccoli.

Sembra seria. Preoccupata. Anche e decisamente arrabbiata.

Lo ha fermo dinnanzi a lei e tutto ciň che vorrebbe fare adesso, č prenderlo a calci per tutta la notte, malmenarlo se possibile, ma non gli dice nulla.

Non puň confezionare un destino non suo.

Sarŕ Silvia con la sua testa a decidere. A fare le sue scelte.

A privarsi di un verme, o sposarsi il grande amore della sua vita.

Sa solo che lei ci sarŕ nelle sue scelte. Ma come spalla, come supporto.

Non come mentore.

Cosě, ostenta un sorriso e lo invita a casa sua per un drink.

 

“Perché non parli?! Ha un altro vero?!

“Sarŕ lei a dirti tutto. Non voglio entrare nelle vostre cose.”

“E da quando in qua?! Lo so che non potevi soffrirmi…”

“E sbagliavo Matteo?! Non mi sembra.”

Dai Paola, la nostra č sempre stata una storia fuori dal normale…”

“Normale o no, non mi interessa piů. Conta solo la felicitŕ di silvia, capisci?! Lei ora č felice…”

“Ah.”

 

Matteo guarda fuori dal finestrino, attraversato da piccole lame che gli fracassano il cuore.

 

“Pensavi l’avessi lasciata da sola a suicidarsi?! Per te poi…”

“Grazie, molto gentile.” Matteo si morde un labbro, sempre piů convinto di non avere mai piů indietro la sua Silvia “Ho sbagliato tutto con lei č vero. Non posso che ammetterlo. Ma non sono tornato per giocare. Fra qualche giorno tornerň a lavorare con mio padre. Ho anche dei soldi da parte. Io Silvia me la sposo. Sul serio.”

 

Paola č rapita dalle sue parole.

Sembra sincero, nonostante tutto.

Nonostante ce l’abbia a morte con lui, s’ammorbidisce un po’.

 

“Sě, ma stavolta firmate un accordo prematrimoniale…”

 

Matteo distende il corpo lungo il sedile, ora, certo piů rilassato.

Paola lo osserva. Si morde un labbro, ora pentita.

Ma torna a guardare avanti a se.

Torna presto silvia, torna presto.

 

E la serata finisce quasi subito, fra chiacchiere mojito e marlboro rosse.

 

aawwaa

 

Una sveglia suona impazzita.

Paola si sveglia di soprassalto; qualcuno le impedisce di muovere le gambe.

E’ nuda, in dosso solo una maglietta piů grande di almeno due taglie.

Scosta le lenzuola dal fondo del divano, scorgendo ciocche di riccioli neri.

Tira di stizza le gambe a se, urlando.

 

“Oddio no eh.. oddio! Oddio!”

 

Matteo ignaro, apre gli occhi, turbato dal trambusto.

Alza il busto e trova Paola in preda a una crisi isterica, che saltella come una pazza su se stessa con il lenzuolo stretto al petto.

 

“Oh! Calmati! Che cosa č successo!”

“Oddio Matteo! Alzati!”

 

Non volendo, gli pesta i piedi.

Il poveraccio urla, alzandosi come se avesse preso la scossa.

 

“Sono in piedi! Sono in piedi! Adesso calmati! Non voglio altri pestaggi da te!”

“Rivestiti cretino! Ti sei addormentato qui santo cielo!”

“Ehm… pare di sě.” Matteo si gratta il capo, guardandosi attorno divertito.

“Ma cosa ridi… oddio Matteo, con te no eh… proprio no! Oddio dove ho la testa!”

“Oh, ma stai tranquilla! Non č successo niente. Non sei il mio tipo…”

 

Paola si calma un attimo. Poi ripensa al tutto.

Alla maglietta che indossa- e Matteo allarga le braccia a mo di non chiederlo a me- i mojito che ha bevuto, una partita a carte non finita, quattro chiacchiere e poi… il buio.

Poi squadra Matteo dall’alto al basso, schifata.

 

“Magari tu, non sei il mio tipo. Te la saresti fatta volentieri una come eh… ma adesso togliti di mezzo! E’ tardi!

 

E schizza in bagno, mentre Matteo va in cucina.

 

“C’č qualcosa di commestibile qua dentro?!

 

Non ottiene risposta, cosě decide di fare da se.

Poco dopo la ragazza torna in sala, vestita di tutto punto e con la cartella delle bozze sotto braccio.

 

“Caffč?!”

“Oh, grazie Mattč!”

“Prego.”

“Perň non mi copri eh… non basta un caffč bello mio!”

“Stupida. Sai, tra due giorni č il compleanno di Silvia.

“E con questo?!

“Pensavo… di farle una sorpresa.”

Paola appoggia la tazzina sul tavolo. “Non mi compri. E non ci siamo capiti: IO SONO FUORI DALLE VOSTRE COSE! CHIARO?! Ora ti saluto. Ah, fatti una bella doccia Mattč, che puzzi come una discarica! Poi quando hai fatto chiudi bene porte e finestre. Da un morso ad una fetta biscottata “In bocca al lupo per tutto. Ciao!”

 

E lo lascia solo nelle sue perplessitŕ.

Una cosa č certa: la puzza c’č.

Cosě fa per andare in bagno, ma il telefono di casa squilla; Paola č uscita da un po’.

Lo ignora. Insiste, e scatta la segreteria telefonica.

 

Bip. Bip.

 

“Paola sono Sandro!

Ti ricordi di me, o mi hai giŕ scordato?!

Sě, sě lo so Bambola č praticamente impossibile scordarsi di me, ma non fare quella faccia pervertituccia…”

 

Matteo dal bagno, se la ride.

Pensa che per andare d’accordo con quella pazza isterica di Paola, bisogna essere proprio come lei. E questo tipo non sembra poi cosě normale.

 

“Non parliamo di questo adesso… ho sentito Claudio e dice che per lui va bene. Ci vediamo tutti e quattro per una cenetta, ma dice di non dire nulla alla tua amica, tanto per farle una sorpresa. Allora ci vediamo sabato sera all’Archetto, in centro. Ti passerei a prendere ma stacco tardi. Ma il regalo lo facciamo insieme?! Chiamami quando puoi. Un bacio dove vuoi tu…”

 

Matteo poggia la testa sul vetro.

Dovrebbe capire molte cose. Vorrebbe. Ma si ripete che non č niente.

Questo Claudio potrebbe essere un amico.

Potrebbe anche non esserlo.

Ma tutto va bene. Deve andare bene.

Poi per un attimo ha quasi paura.

E pensa se Silvia in questo momento č con Claudio.

Claudio. Claudio. Claudio.

Che poi.. non sa proprio chi cazzo sia questo Claudio…

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


šťźLeave to me źťš

šťźLeave to me źťš

 

 

Torno, dopo mesi di silenzio.

E con me, l’ispirazione.

Questa storia merita una fine, per cui mi ci dedicherň anima e corpo.

Un grazie a tutti quelli che decideranno di accompagnarmi ancora una volta.

Saluti.

LuNaDrEAmY

 

 

Chap n. Ś

 

 

“Lascia, ti aiuto io.”

 

Claudio, aiuta Silvia a scaricare le ultime valigie sul viale; il viaggio di ritorno č stato estenuante ma divertente.

Per la testa, ancora aleggiano le dolci parole, e gli scherzi, che Silvia gli ha riservato.

Cosě, come i bellissimi giorni che ha trascorso con lei, lontano da tutto il resto.

Non sa dirsi come, ma la sente piů vicino.

Cosě vicino, da non volersene privare piů. E quasi gli manca il fiato a doversene staccare.

Quasi mancano le parole in gola al pensiero, che Silvia non sarŕ piů lě. Fra le sue cose.

Spontanea. Immediata. Come chiamarla da una stanza lontana, con lei che ti arriva ciabattando e sbattendo le sopracciglia a di bambina.

Gridarle di abbassare la voce. Mentre la senti cantare sotto la doccia. O in macchina.

Stonata, ma simpatica.

Non smettere mai di guardarla, mentre si colora le guance di pastello e gli occhi d’oro, immaginarsela tela bianca sulla quale sta operando la sua arte.

Semplice, ma bella.

Bella come lei. Bella come non lo č nessuna.

 

“Sicura che non vuoi restare?! Ho voglia di tenerti qui con me.”

 

Gli sorride tenera; non sa quanto vorrebbe anch’ella, la stessa cosa.

Ma purtroppo non puň, c’č un lavoro da mandare avanti, organizzare e mettere in sesto.

La sua casa l’attende. Le sue cose. La sua routine.

Ed ha paura forse un po’. D’essersi abituata a lui. D’essere stata anche felice.

Si gratta il capo un po’ pensierosa, guarda distratta delle macchine che corrono via.

E ci ripensa.

 

“Se mi offri una birra, resto altri dieci minuti!”

“Opportunista che non sei altro!”

“Ah, bella ghiacciata, grazie.”

 

Claudio scuote la testa, poi divertito, l’aiuta a caricare la sua auto, una vecchia ipsilon prestatale da non sa chi bene e rimasta parcheggiata sotto casa sua per il ritorno.

Apre il portone, e lungo le scale le spiana la strada per casa sua.

Un’elegante porta in ciliegio si apre dinnanzi a loro.

Il buio penetra le loro pupille; soltanto la sottile luce che filtra dalle tapparelle serrate, adorna una stanza che ha tutta l’aria, di essere un soggiorno.

L’ invita a mettersi comoda, a spogliarsi, mentre frettoloso si reca in cucina.

Silvia ne approfitta e fa un giretto dell’appartamento.

Bello. Ben rifinito. E vivace. Pieno di gigantografie di volti sconosciuti, sorrisi rubati.

Foto stupende. Foto di viaggi lontani. Tramonti a morire sull’acqua.

E ancora foto moderne, foto espressive.

Pensa che una sua foto ci starebbe bene, fra quel mare di pixel e pellicola.

 

“Un giorno devi promettermi che mi fotograferai tu. Cosě. Con queste luci e ombre. In bianco e nero o a colori.”

“Dimmi solo quando.”

“Domani?!”

“Domani!”

 

E brindare. E mandare giu’ birra fredda per sancire la promessa.

E beve sorridendo e guardandolo, senza smettere di mandare giů l’amaro, l’amaro di una bibita e non piu’ d’altro.

 

“Mi dici dov’č il bagno?!

 

Poggia il bicchiere sul tavolo. Claudio le indica un punto oltre un corridoio stretto.

Cammina curiosa. Timida, fra quei muri alti e bianchi. Fra quelle porte grandi.

E finisce distrattamente nella sua stanza.

La riconosce, per l’ordine maniacale.

Resta sospesa. Senza tempo. Indecisa sul da farsi.

Non ha tempo di scrutare intorno, c’č giŕ qualcosa che ha attirato la sua attenzione.

Una foto sul comodino. Abbassata di prepotenza.

La tentazione d’avvicinarsi ed alzarla č tanta.

Desiste. Non sarebbe conveniente.

Non capisce perché tanta curiositŕ.

Ma come ogni brava donna, non perde tempo a chiederselo troppo; si avvicina guardinga, e proprio nell’attimo in cui sta per sfiorarla, Claudio le compare alle spalle.

 

“Ti sei persa?!

 

Sussulta, poi ridendo si porta una mano lungo il collo.

 

“Credevo avessi il bagno di servizio.”

Ce l’ho infatti.”

 

La guarda fisso, indicando un punto con il dito proteso in avanti.

Silvia annuisce, piuttosto imbarazzata; gli passa dinnanzi, senza staccare gli occhi dal pavimento. Claudio le sorride. Poi incuriosito si guarda attorno.

Tutto gli sembra in ordine. Tutto gli sembra com’č.

Poi quella foto. Sorride nervoso. Gli va contro di forza; il sorriso felice di Eliana finisce nei meandri oscuri di un cassetto da biancheria, che nessuno apre piů da una vita.

 

“Chiamami quando arrivi.”

“Claudio, stai diventando paranoico.”

“No ma che dici! E’ che se ti succede qualcosa, l’ultimo che ti ha vista sono io… vorrei evitare casini…”

 

Silvia s’indispettisce e gli molla un pugno secco sulla spalla.

 

“Come sei violenta…”

 

La guarda languido e prima di concederle un qualsiasi bis, la cinge forte a se; la tiene stretta sui fianchi, strappandole un bacio appassionato. Che diventa improvvisamente voglia di passione. Che d’improvviso č un brivido violento lungo la schiena.

Lei spalanca i suoi bellissimi occhi neri, nell’attimo in cui Claudio sta per aprire i suoi.

E continuare cosě.

Senza dare voce alle parole di quegli occhi che cosa non si stanno dicendo.

 

“Meglio che vada”

 

Silvia si slega dalla morsa, arretrando di qualche passo.

Afferra la borsetta e prima d’uscire gli ruba un’altro bacio, stavolta piccolo e delicato.

Sorride maliziosa, prima di gettarsi alla prenotazione dell’ascensore.

 

aawwaa

 

“Tenga pure il resto.”

 

Quel taxi sgomma via. Ormai alle sue spalle. Ormai lontano.

Lei, sale le scale dell’elegante palazzo di Viale Libia, in perfetto stile fascista.

Andato. Antico. Ma maestoso.

Apre il portone di fretta, le sue Gucci nuove, sfregano sul pavimento dell’atrio lucido di cera. C’č un buon odore. Quello di sempre. Di limone, dolce e avvolgente.

Occhi distratti, frugano ancora nella cassetta della posta.

Ordinatamente per venti anni, vi č passata accanto, oggi ridente, oggi distratta, oggi arrabbiata; mani troppo scrupolose e ordinate, l’hanno raccolta prima del suo arrivo.

Si mette in fila per l’ascensore, ravvivandosi i capelli allo specchio.

 

“Davvero! Chiamami quando arrivi!”

“Va bene… va bene!”

 

Tende un orecchio, fra quelle parole.

Una voce le č molto familiare.

Gli angoli della bocca si aprono in un sorriso nervoso. Maligno.

Fa un passo avanti; č proprio la sua risata. La voce č esattamente quella di Claudio.

Si appoggia titubante alla ringhiera delle scale, persa in congetture della mente.

Poi passi veloci e la porta dell’ascensore sbattere fra il vano scale la riportano in vita.

Si porta veloce dinnanzi la porta del suo piano, si sistema i vestiti, i capelli, con isterismo.

 

“Eliana?!”

 

Non sente chiamarsi.

Pregusta giŕ il momento in cui vedrŕ materializzarsi quella piccola, fastidiosa voce femminile cosě confidenziale con suo marito.

Ex marito. Ma questo, ultimamente, lo dimentica un po’ spesso…

 

“Eliana, sei proprio tu?!

 

Ma quella voce arriva a farsi sentire molto piů vicina.

E non solo con essa.

Qualcuno la sta scuotendo per un braccio.

 

“Oh! Giulia! Non t’avevo vista. Scusami!”

“Ho notato. Come mai qui?! Sei sola?! Non c’č tuo figlio?!

 

La pettegola del quinto piano torna alla carica.

Ma non ha proprio voglia di disquisire sui perché si trova lě.

Sola. Senza suo figlio.

 

“Sono pur sempre la signora Mei.”

 

Taglia secca il discorso.

Quella si indispettisce, squadrandola da capo a piedi.

 

“Sembra  che da un po’ di tempo il tuo ex marito apprezzi di piů le signorine,perň.”

 

E sorride beffarda, salutandola energicamente.

Proprio in quel momento, Silvia spalanca la porta dell’ascensore, trovandosi dinnanzi alle due donne; arresta di botto la corsa, ormai protesa in avanti, guardandosi attorno spaesata. Quelle la osservano.

Le disarma con uno dei suoi sorrisi migliori.

Fresca. Giovane. Bella.

Eliana sente come uno schiaffo dritto- dritto sulla guancia.

La pettegola sorride, salutandola.

Eliana divampa.

 

“Giulia s’č fatto tardi. Ti chiude il mercato.”

“C’č tempo. C’č tempo.”

 

E gli occhi tornano su di lei, al giovane ragazza dell’ascensore.

Silvia prova a districarsi dalla stramba situazione, ma Eliana la blocca ostruendole il passaggio.

Oddio č lei.

La guarda bene, dai capelli alle scarpe.

No, non puň essere lei. E’ cosě… cosě… giovane?!

Peggio!

E’ una ragazzina!

 

“Scusi, mi fa passare?! Non mi chiude il mercato, ma avrei fretta.

 

La pettegola ride. Eliana sbruffa.

Ma non schioda da lě.

Non si perde un particolare di quella figura minuta ed eccentrica.

Silvia allora si inalbera, facendosi largo con una mezza spallata; poi scocciata, accentua il passo verso l’uscita.

La donna la segue con lo sguardo, finchč non sparisce fra le cassette postali; la vede infilare qualcosa di cartaceo nella cassetta di Claudio e poi aprire il portone.

Sta per andarsene, ma si volta di scatto, sentendosi osservata.

Quella donna la sta ancora guardando.

Allora sorride, alza il dito medio, mimando un elegantissimo “’Fanculo!”, prima di sparire ridendo, della faccia da scema di quella donna cosě strana.

 

Piccola stronzetta che non sei altro, ride bene chi ride ultimo!

 

“Ma tu non hai da fare?! E vai…”

 

Spinge la pettegola un po’ piů in lŕ, apre la porta dell’ascensore e la richiude violentemente alle sue spalle.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


šťźLeave to me źťš

šťźLeave to me źťš

 

 

Chap n. Ś

 

 

 

E’ andata via da poco, e giŕ gli manca.

Piccola strega senza cuore, mi hai fatto cosa?! Innamorare?!

Non lo so. Perň ci sto.

Gli risponde, un vecchio Grignani dalle casse dello stereo in filodiffusione.

Sorride, annusando l’aria dal terrazzo della sua bella casa.

Lassů, dove Roma sembra incartata con tanto di fiocco, in una nicchia verde incontaminata.

Ora che si concentra, puň distinguere bene quell’odore.

Che ha scoperto da poco, ma che conosce giŕ alla perfezione.

Profumo di Iris. La sua fragranza preferita.

Quella che l’avvolge tutta, che lascia scia, dolcissima ad ogni gesto o movimento che fa.

Silvia.

Ti penso giŕ!

La porta suona.

Torna alla realtŕ.

La mia bimba distratta, avrŕ dimenticato di certo qualcosa!

Apre ridendo. Al solo pensiero.

E perché no, alla ancora estenuante voglia di stringerla un po’ fra le braccia.

 

“Ah… ma allora non vuoi propr….”

 

Il sorriso, gli muore sulle labbra.

La persona che ha davanti, non č la sua Silvia.

No, non lo č proprio.

 

“Che c’č?! Sorpreso di vedermi?!

“E’ che non ti spettavo. Le tue improvvisate sono tutto altro che sorprese.

“Beh?! Non mi fai entrare?!

 

La lascia entrare, controvoglia.

Non riesce a capire perché va cosě da un po’ di tempo, insomma sono entrambi persone adulte, civili, eppure mai come adesso desidererebbe vederla sparire dalla sua vista.

La sua Eliana.

Ormai piů non sua. Nemmeno nei pensieri piů nascosti. O introvabili.

Lo capisce, mentre la vede allontanarsi e raggiungere il sofŕ.

Accavalla le gambe, poi da lontano lo invita a prendere posto accanto a lei.

 

“Che poi, chi aspetterai con tanta premura…”

“Non credo siano affari tuoi, no?!

“Come sei scorbutico Claudio… dovresti trovarti una donna…”

“Magari aspettavo proprio lei. La mia donna.”

“Difficile da credere, visto che l’ho incrociata proprio mentre andava via… hai del vino?!”

 

Claudio ride nervosamente.

Eliana si alza dal divano ancheggiando in direzione della cucina.

Poco dopo riappare con del rosato fra le mani e due calici a coppa.

Gli si avvicina. Languida nei movimenti, gli versa da bere.

 

“Complimenti. Davvero graziosa. Quanti anni ha?! Quindici?! Sai che imbarazzo se fosse piů piccola di nostro figlio.”

“Perché sei qui?!

“Quanta fretta… giŕ vuoi mandarmi via?! In un certo senso sono qui anche per questo, sai?!

 

Manda giů provocante l’ultimo sorso di vino e sorride.

Lenta gli si avvicina. Il suo Dior la precede. Andava matto per il suo profumo.

Gli sfila il bicchiere fra le mani, poggiandolo sul pavimento.

 

“Sai Claudio č un periodo stressante per me…”

“Ah sě?! Non mi dire… la collezione Prada di quest’anno ti ha delusa?!

“Non scherzare. E’ che mi sento cosě sola… tuo figlio ormai fa coppia fissa con quella lŕ, come si chiama…”

“Valentina. Ed č una brava ragazza.”

“A me non l’ha fatta conoscere.”

“E ti chiedi il perché?!

“A dire il vero, non mi interessa molto. Sai come vanno queste storie alla loro etŕ…”

 

Claudio l’ascolta distratto.

Non č piů la donna di cui si innamorň venti anni prima.

Le sembra un disco rotto, inutile e fastidioso.

Quando la conobbe aveva sě e no ventimila lire nel portafoglio, gli occhi limpidi, un’allegra e sana voglia di vivere.

Oggi, donna manager in carriera, nel suo completo Armani impeccabile, con la piega perfetta e le parole sporche di rossetto rosso fuoco, le sembra soltanto la brutta caricatura di quella semplice ragazza che tanto le piaceva.

Pensa a Silvia.

Lei č semplice, vivace, spontanea.

Per un po’ l’accarezza il pensiero di ciň che potrebbe diventare, ma quel brutto pensiero sparisce in fretta; Silvia č uno spirito libero.

Non se la vede a scendere a compromessi, non sarŕ certo una di quelle che venderanno la propria libertŕ per degli schemi.

Sarŕ la solita bellissima ragazza anche fra venti anni.

Perchč lei ha rispetto di sé. Della sua vita.

Sorride sereno.

 

“Ancora non mi č ben chiaro perché sei qui”

“Te l’ho detto. E’ un brutto momento. Mi sento molto sola.”

“Prenditi un cane. Magari un chiwawa. Vanno di moda.”

Si alza, mettendo su uno dei suoi sorrisi migliori.

Lei lo guarda perplessa. Non sa se controbattere, certo, questo nuovo Claudio la fa sentire molto in soggezione.

 

“Tu hai il dovere di starmi vicino. Sono la madre di tuo figlio. Chissŕ cosa penserebbe lui di te, se mi abbandonassi…”

“Ah, adesso č anche mio figlio. Fammi capire, te ne ricordi solo quando ti fa comodo?! Fortuna che č abbastanza intelligente da prendere una posizione da solo. A ragionare con la sua testa.”

“Claudio, so che abbiamo avuto dei problemi. Ma… ma vorrei rimediare.”

 

Si alza anch’ella dal divano e lo raggiunge.

Gli accarezza una spalla, lo fa voltare.

Lo guarda con gli occhi lucidi. Preme forte le dita sul braccio.

 

“Come?! Ricattandomi?!”

“Tu proprio  non vuoi capire eh…”

“Eh no. A quanto pare no. Mi sono stancato delle tue lagne, Eliana. Hai tutto nella vita, eppure passi un mucchio di tempo a lamentarti. Certe volte mi sembri una bambina viziata. Hai dei problemi?! Parlane con il tuo uomo. O č vero che di lui ti interessa solo il conto in banca?!

 

Eliana sussulta.

Si volta di scatto, prende a piangere.

Claudio sospira, senza malizia le cinge le spalle con le braccia.

Si tranquillizza; voltandosi, l’abbraccia.

 

“Non č facile… č sempre via, mi trascura. Tu pensi che sa facile vivere accanto ad un uomo con un tenore di vita cosě?! Pensi sia facile per me, tenere la testa alta?! Fare finta che vada tutto bene, che tutto č perfetto, senza crepe, meraviglioso?!”

“Lo hai scelto tu di vivere cosě.”

“Sě e ne sono pentita.”

 

Alza lo sguardo e come niente cerca le labbra di Claudio.

Non le trova.

Perché Claudio si č giŕ voltato da tempo. Infastidito.

Indignato.

Per tutte le volte che si č ritrovato ad immaginarla fra le braccia di un altro e non piů fra le sue.

Per averlo lasciato, dandogli della nullitŕ. Del maschilista egoista, quando l’unica cosa che voleva piů di tutte č che lei facesse una vita dignitosa senza sbattersi dietro orari d’ufficio estenuanti, chiedendogli di lasciare il lavoro.

Per il dolore che piano- piano – e grazie ad un angelo sceso dal cielo- č riuscito a colmare.

 

“Volevi i tuoi spazi e te li ho dati. E’ un po’ tardi per tornare indietro, non ti pare?!

Ma lei non risponde, lo prende per il bavero della camicia e lo stende di peso sul divano.

Disinibita come non mai, si mette a cavalcioni sulle sue gambe.

Si sbottona la giacca, meticolosamente, mentre con l’altra mano cerca la cerniera dei pantaloni di Claudio.

E’ bella. E sporca. Sporca come non l’aveva mai sentita.

Dovrebbe arrendersi, prenderla con violenza e poi mandarla al diavolo.

Magari dovrebbe anche pagarla.

Ma non fa nulla di tutto ciň; la prende sě, ma per spostarla, pregarle di rivestirsi e di sparire il prima possibile da lě.

 

“E’ per quella?!

“Lo faccio per te. Rivestiti dai, facciamo finta di niente.”

“No non ci credo, lo fai davvero per quella ragazzina?!

 

Claudio non le risponde, se non prima d’alzarsi ed andare a versarsi un buon bicchiere freddo di rosato.

 

“Io la amo”

 

Resta in piedi a fissarla, mentre ride sornione.

Eliana lo guarda disgustato.

Prende le sue cose e sparisce di tutta fretta.

 

Ed č proprio quando vengono umiliate, che le bambine danno il peggio di sé…

Ed Eliana, si ricorda di avere ancora le chiavi della cassetta postale…

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


“Tanti auguri a te

ťaLeave to meať

 

Chap n.ur

 

“Tanti auguri a te.. tanti auguri a te.. tanti auguri Silvietta.. tanti auguri a te!”

 

La segreteria  si attiva automaticamente al terzo squillo, inondando la stanza della voce squillante di Paola.

Silvia sorride, fa spallucce, tornando a dove era.

Una vasca fumante riempie il bagno di caldo vapore.

Proprio l’ideale in una giornata stressante come quella.

Il suo compleanno!              

Mai amato troppo festeggiare.

Le ricorrenze gli mettono addosso malinconia, un senso di pesantezza che non riesce a mitigare nemmeno con la migliore delle feste.

E di certo Paola negli anni non si era fatta scappare nemmeno un idea pur di renderla felice ma.. niente, niente la rendeva felice il giorno del suo compleanno se non l’idea di fuggire a coriandoli, trombette (feste mosce) guepiere, bustini, abiti di pelle (feste ridicole).

Forse qualcosa che riusciva a rallegrarla era l’idea di un viaggio.

Quando Paola aveva la mente occupata (e non solo) da l’ennesima vittima era riuscita ad organizzare qualche fuga in cui si era sentita veramente contenta, appagata, distratta da tutto ciň che le ricordava la fine e un nuovo inizio.

Era lě il problema. Odiava la parola fine.

 

 “Sě, lo so che questo giorno non ti č particolarmente simpatico ma.. io sono la tua migliore amica e ho il diritto di romperti le palle quanto voglio! Inoltre avrei un favore da chiederti…rispondi o devo parlare alla tua segreteria tutto il tempo?!”

 

Non avrebbe avuto pace se non l’avesse fatto.

Si tira su ed alza il telefono controvoglia.

 

“Mi sembrava strano non ricavassi qualche beneficio da questo giorno..”

“Oh Silvia hai risposto!”

“No sono il mio ologramma…”

“Bene, anche quest’anno vedo che sei felice di festeggiare… credevo ti fossi impiccata  all’asta della doccia, mi hai fatto preoccupare.”

“Il pensiero mi č sfiorato, ma poi sai ho pensato, come farŕ la mia cara Paola senza la sua cavia preferita?! Dimmi cosa c’č.”

“Mi chiedevo, visto che il burlesque party dell’anno scorso non ti č andato molto a genio.. dal momento che con il tuo vecchio le cose vanno bene.. che ne dici se organizzassi una cosa tranquilla in quattro?!”

 

Ok forse era il caso di preoccuparsi.

Paola  ha reazioni urticanti alla parola “uscita in quattro” o “uscita a sei” e tutti i numeri pari che comprendessero uscite di coppia in cui lei- visibilmente single e accanita sostenitrice del scopare č bello- uscisse irrimediabilmente come la zitella sfigo/solitaria, ed ora, come se niente fosse, ne aveva non solo pronunciato la parola con un candore tipico da fata turchina ma si era proposta persino di organizzare la cosa.. l’uscita in quattro.

 

“Mi sono persa qualcosa mentre ero via?!”

“Oh mia cara il kamasutra non ha segreti per me.. certo che ti sei persa qualcosa!!”

“Oddio Paola! Non mi riferivo a quello, i dettagli sessuali te li puoi tenere per te.. dicevo, cosa č questa storia dell’uscita a quattro?! E non mi intortare con questa storia del burlesque party perché se vederti vomitare sulla torta mi sarebbe andato a genio sarei una completa pazza.”

“Riesci a ricordarmi cose della quale non vado nulla affatto fiera! Sei tremenda!”

“Allora?! Che fai tergiversi?! Siamo amiche no?! Tu puoi informarti della mia relazione a tuo piacimento ed io devo restare all’oscuro della tua?!”

 

Che uscisse con Sandro, l’amico di Claudio lo sapeva bene.

A che livello fosse la loro relazione un po’ meno.

E’ che parlare di relazioni con Paola…

 

Ma perché č passato cosě tanto?!”

“Una settimana. Che nel tuo caso č un sacco di tempo. Ah, e stiamo entrando nella seconda visto che oggi č lunedě.”

“Silvia, il tuo scetticismo mi spaventa. Sono davvero cosě incostante?!”

“Sě. Continui a non rispondere perň..”

“Ok, ok! Beh il sesso č da favola, mi fa ridere cosa che tu sai č un po’ complicata quando si tratta di uomini, nel mio caso, a meno che fra le gambe tu non abbia una nocciolina e allora sě sai che risate.. comunque, č bello, fa il suo dovere, ha i soldi che non guasta e.. sě, ci esco insieme!”

“E ti piace. Fine della storia.”

 

Paola ride al di lŕ della cornetta. Poi sospira.

Tamburella su quella che sembra una superficie solida e aspetta bene prima di rispondere.

Ma non č che poi servano tutte queste parole.

Quando ti piace una persona perdi tempo ad elencare cosa ti piace di lei.

Riempi di silenzi la domanda che ti ci fa riflettere su.

Quado ti piace una persona, ed č la prima volta, non bastano mille parole per parlare di lei.

Ma due, forse, per cominciare, possono anche andar bene.

 

“Sě.”

 

*

“Claudio dove mi stai portando?!”

“Aspetta.. manca ancora poco..”

“Ecco proprio quě, puoi aprire gli occhi.”

 

Il nastro rosso che le copre gli occhi come niente cade.

Sono in garage. Claudio le č di fianco con la faccia sorniona di chi ha azzeccato il regalo.

Una cinquecento rossa infiocchettata, difatti, puň risultare regalo gradito.

E Silvia non prende respiro da un po’.

 

“Mi hai regalato una macchina?!” Sembra avvilita o sorpresa. Confusa.

“Sě.”

 

Claudio per un attimo, lontano dal suo ego smisurato, prova il terrore di aver esagerato.

Comincia a smaniare nel voler sentire la sua vocina isterica, i suoi baci soffocanti e di vederla saltargli al collo come al suo solito, tutto pur di non vederla impalata e boccheggiante.

 

“Ehm, grazie! Ma tu non dovevi regalarmi una macchina. Un mazzo di fiori bastava.”

“Ho anche quello.” Apre il box e distesi sulla sella di una moto scopre un mazzo di tulipani, i suoi fiori preferiti. “E’ di seconda mano, un affare, la proprietaria l’ha tenuta quasi sempre in garage. Ma comunque tu non devi preoccuparti di queste cose. E’ un regalo.”

“Ti rendi conto che non potrň mai.. competere?!”

“Ho giŕ una macchina, grazie.”

“Claudio..”

“Silvia..”

“Ti piace, almeno?”

 

Cazzomipiacesě!!”

 

E saltella contenta. La notizia č arrivata finalmente ai neuroni.

Parla sommessa, tutta d’un fiato e Claudio si lascia andare in una risata.

Finalmente la reazione che cercava.

Le passa accanto, consegnandole le chiavi e quella non se lo fa ripetere due volte prendendo posto sul sedile guidatore. E’ felice. Annusa l’aria. Tocca lo stereo, accende il motore. Strimpella il clacson e Claudio ride portandosi un indice sul labbro. Shh.. ma non si puň star zitti!

Non aveva mai posseduto veramente una macchina.

C’era stata quella di sua madre.

Poi quella di Matteo.

 

“Sul serio, non dovevi.” Scende e con un ancheggiata chiude lo sportello.

”Volevo, non dovevo.”

“Sě ma non ti pensare che adesso mi possiedi, capito?! Non abbiamo nessun contratto!”

 

Claudio sta per ribattere, ma si ammutolisce vedendola raccogliere i tulipani dalla moto.

 

“E questa?!”

“Era mia.” Getta lě. “Sarŕ una vita che non la prendo.”

 

Silvia le gira intorno, con un dito scosta un po’ di polvere, soffia e sorride.

 

“Allora nascondi anche tu qualcosa.. che fossi un centauro perň..” E ride, sbattendo energicamente la sella con la mano libera, facendo volare via il resto.

Balza su afferrando i manubri.   

 

”E’ che ti sei fatta un idea sbagliata del sottoscritto..”

“Sbagliatissima..” Risponde provocatoria. Piegandosi e strusciandosi quasi come a voler dominarla, mimando una corsa al vento. Poi torna seria. “Perché non la usi piů?!”

“Ho smesso, quando č nato Niccolň. Non ho mai avuto il coraggio di venderla.”

 

“E ho messo via un po’ di cose, ma chissŕ perché io non riesca a metter via te.”

 

Un Ligabue dipinge sul sorriso di Claudio una crepa.

Silvia se ne accorge, gira il corpo verso la sua direzione allargando braccia e gambe.

 

”Vieni Claudio. Vieni da me. Portiamola nel vento. Cavalchiamo quel sogno ancora una volta.”

 

La guarda estasiato; ha la testa leggermente piegata all’indietro, le gambe divaricate e accoglienti.

E’ eccitato. Le va vicino, vergognandosi quasi di quell’istinto primordiale.

Si lascia abbracciare forte, sempre piů forte.

Silvia apre gli occhi lucidi di desiderio e trova le labbra di Claudio sulle sue.

Senza invadenza, senza prepotenza, sigillate delicatamente.

Ma non basta. Perché in un momento diventa tutto un groviglio di braccia e mani che si cercano, che si toccano, che si vogliono. Due cuori impauriti che si trovano un giorno di sole, dopo nera tempesta. Occhi, occhi intensi si specchiano e si tengono legati, scandendo la passione e ripercorrendola come fili, in quelle iridi verdi e nere e ancora scure e poi chiare.

 

Eppure sentire un fiore nel cemento.

Eppure sentire, dei sogni infondo a un pianto.

Eppure sentire, un senso di te.

 

Una macchina passa di lŕ, con lo stereo a palla.

 

Un senso di te.. un senso di te.

 

Claudio ci pensa. Che sia tu il mio senso?! Il mio brivido?!

Oddio Silvia, ma come bacia questo? E le sue mani?! Dio che mani!

Ma.. dove stiamo andando?!

Qua č tutto bello, non c’č sofferenza. Ed io, io sto ridendo.

Dove stiamo andando?!

 

E piano e metodicamente e come sempre da una vita, la serranda del garage si chiude, ovattando quel viaggio cosě intimo, cosě speciale, distaccandolo in un mondo che solo chi lo vive sa.

 

 

“Dai Claudio, fammi correre nel vento!”

 

Qualche ora dopo, in un caos di vestiti, baci, carezze, quella serranda si riapre.

E sono a cavalcioni entrambi, sul rombo arrugginito e voglioso di tornare a respirare la sua libertŕ.

Come Claudio che brilla di una luce speciale, come i suoi occhi chiari sotto a quel casco.

 

“Sei pronta?!”

“Pronta.”

 

Uno scatto del motore e la moto di Claudio sparisce sulla rampa che fuoriesce dal garage.

Una donna, arrivata dal senso contrario lo guarda bene al di sotto del casco.

Quinto piano. Un marito giovane e due figli piccoli.

Scuote la testa e con un click riapre la serranda del cancello.

 

Poi piů niente. Solo la risata di lei. Gaia, cristallina, innocente come i suoi anni.

Il suo abbraccio saldo, la sua voglia di condividere la liberta, senza paura, verso l’ignoto che fa sempre un po’ paura, ma insieme un po’ meno.

Condividere, scambiarsi la pelle, senza piů terrore.

Neanche dopo quella sgommata sulla stradina sterrata che va verso la campagna.

 

”Stupendo! Dai ora tocca a me, scendi!”

 

E lo tira per una manica e lui arrendevole si fa trascinare e baciare un po’, prima di ripartire.

Con il cuore in gola. Saprŕ portarla?!

E lei che dallo specchietto gli sorride. Fidati di me. Abbandonati a me.

Tranquillizzarsi. Mi fido di te.

E via cosě, senza esitazioni, senza strappi al motore.

E’ forte, sa anche guidare una moto.

Che bel vento. Brava Silvia, bella curva. Come ridi Silvia. Che bel sorriso.

E che buon odore Silvia. Dolce e muschiato. D’amore e di sesso.

Ed ora profumi anche di me, Silvia.

 

*

“Mettiti lŕ. Inclina la testa. Fissa gli occhi su di me.”

 

Uno, due, tre, scatto. Occhi da favola. Occhi sognanti.

Ora una modella. Ora la ragazza della porta accanto.

Mani sui fianchi, mani aperte sulla testa verso il cielo.

Lei che ride e si lascia andare. Una sciarpa colorata.

Il volto dipinto incrociato al tramonto delle campagne romane in lontananza.

Spighe di grano e lei che le accarezza con le spalle nude e bianche scoperte.

Quella sua figura perfetta e irraggiungibile ora sua.

Avere voglia di gettare via la reflex e buttarsi su quelle spalle senza ritegno.

Una smorfia maliziosa e dirle basta. Sei stupenda cosě, non farmi altro male.

E le sue di dita che scorrono veloci su quel pulsante.

Click. Click. Click.

E poi sull’orlo della sua canottiera, fra il reggiseno e la pelle.

Il suo calore. Il suo colore.

 

”Silvia penso di essermi seriamente innamorato di te.”

 

Scivola dal suo corpo e torna al suo posto, abbandonandosi sull’erba.

Il volto girato verso quello di lei, alla ricerca di un segnale.

E lei che fruga nelle tasche alla ricerca delle sigarette.

Le sfila lui dai sui jeans, porgendogliele.

Sorridono impacciati.

Aveva promesso che non sarebbe accaduto.

Cerca di spezzare l’imbarazzo e il pensiero parlando.

 

”Questa scommetto che non la sai. Vedi, devi prendere la prima sigaretta, esprimere un desiderio e tenerla rigirata nel pacchetto. La fumerai per ultima, la tua sigaretta del desiderio.”

 

“Mi sembra piů un buon espediente anti scrocco. Ma effettivamente abbiamo tutti bisogno di desiderare qualcosa, no?!”

 

Prende la sigaretta, strizza gli occhi e la mette rigirata nel pacchetto.

 

”Un desiderio veloce!”

“Ho tutto quello che mi serve, qui con te.”

“Lo so. E sarŕ sempre cosě, se tu vuoi.”

“Lo voglio.”

 

Quelle poche parole gli bastano per rialzare il busto e rubarle un bacio intenso.

Ma non č abbastanza. Vuole molto di piů, adesso.

 

“Amami Silvia. Non avere paura.”

“Non ho paura di te. Ho paura di me. Perché abbandonarsi agli altri č la sfida piů difficile.”

“Tu la tua l’hai vinta in partenza. Ero perso e ho trovato te. Infondo, non avrebbe avuto senso in un altro momento, pensaci bene, č successo quando doveva succedere. Non abbiamo nulla che ci impedisca di stare insieme, a parte la volontŕ ovvio, ma tu vuoi me come io voglio te. ”

 

Passa un dito veloce sulle labbra di Silvia.

Composto e calmo anche nell’esternare i suoi sentimenti.

Lo guarda decisamente attonita, non per mancanza di parole quanto per la serietŕ del momento.

Capisce, sa, che non si puň piů tornare indietro.

 

”Quando non ci sei mi manchi. E fare l’amore č stato bellissimo! Ti ho permesso di regalarmi una macchina e ho diviso con te un letto quando ancora dovevamo condividere i nostri pensieri. Sei salito sul mio motorino e nessuno puň salire sul mio motorino. Abbiamo condiviso seicento chilometri di musica e parole. Abbiamo ascoltato insieme la melodia del Tevere e non te l’ho mai detto, ma da quando ti conosco riesco a sentirla di nuovo. Ecco, a mio modo penso di amarti giŕ, tantissimo.”  

 

E vederla tirarsi su e correre sull’erba agitando le braccia verso di te.

Tu che la guardi impalato senza sapere cosa fare, cosa dire.

Ha detto che ti ama, a suo modo.

Ed č un bellissimo modo. Non vorrebbe fosse diverso.

Per un attimo che dura un eterno i ricordi inondano il cervello.

Dio come ami Silvia.

 

”Ma dove stiamo andando?!”

“C’č il chiosco dei paninari laggiů! Corri che sennň ti tocca offrire!”

 

Dove stiamo andando? Claudio non se l’era mai chiesto prima.

Che importanza puň avere d'altronde, qualunque posto va bene se c’č lei.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


ťaLeave to meať

 

Chap n.kt

 

“Ti passo a prendere piů tardi.”

 

Claudio accosta la moto sotto al cancello di Silvia. Il sole č calato, l’aria comincia ad odorare di brezza umida.

La ragazza accosta l’auto, infilandola fra due Smart quasi avesse un righello.

 

“E invece no. Stasera si cambia! Passo io.. ho la macchina adesso, ricordi?”

 

E gli butta le braccia al collo baciandolo con foga.

Gli riempie la faccia di schiocchi umidi e risolini ai quali č impossibile trattenersi dal ridere.

 

“Va bene.” Inutile opporsi sapendo che avrebbe comunque vinto lei. Lei e la sua spontaneitŕ.

“Ti senti bene?” Allontana il viso guardandolo accigliata.

“Veramente non bene. Vorrei tenerti con me.”

 

Si chiude nelle spalle come se il medesimo pensiero le fosse stato letto nella mente.

Lo bacia ancora e i loro occhi per un attimo aperti si incontrano in un altro pensiero comune.

Sarebbe tutto piů facile se vivessero sotto lo stesso tetto. Arrossiscono.

Solo che Silvia affonda il viso nel collo di Claudio e li vi resta finchč non sospira e si porta verso casa.

 

“Silvia mi chiedevo…”

“Sě…”

“Resti a dormire da me, stanotte?!”

 

Lo sguardo di Claudio č fermo, deciso. Quasi perentorio nella richiesta, smorza la serietŕ con un bel sorriso.

La vuole. E adesso che sembra averla, che i suoi pensieri non sembrano piů cosě distanti e quella fottuta paura di soffrire meno marcata, vuole godere del suo tempo, di lei, per tutto il tempo che c’č.

Silvia si lascia andare e gli corre addosso come volesse buttarlo giů da quella moto che lo tiene legato.

Lo soffoca con un bacio violento e brutale. “Sě…” Gli soffia sulle labbra prima di mordicchiarle e stampargli un ultimo bacio.

 

*

Le otto arrivano in un soffio.

Si infila il vestito rosa cipria comprato in una boutique del centro in un impeto di follia da shopping, ballerine dorate semplici, un velo di gloss ed č pronta. Si guarda soddisfatta. Ha la faccia serena, non si vedeva cosě bella da tempo immemore.

Afferra la cluch rosa di Valentino, il mazzo di chiavi e scende per le scale canticchiando allegramente.

E’ una bella serata di fine agosto.

Ed č il suo compleanno, dopotutto, indimenticabile.

Ha fatto l’amore con Claudio per la prima volta e i brividi gli increspano la pelle al pensiero.

Lui le ha regalato una giornata di foto come le aveva promesso e addirittura una macchina.

Per non prendere sempre freddo.. perché i germogli vanno tenuti al riparo dalle tempeste. Le aveva detto. Ed era stata bella come giustificazione.

Sě.. poteva ammetterlo almeno a se stessa, era felice.

 

Claudio č puntuale come al solito. Elegante nella sua giacca di lino chiara e i pantaloni scuri.

Ha una rosa e la tiene al petto come fosse un segreto da custodire.

Quando la vede arrivare, le apre la portiera e la gliela porge.

 

“Spero mi lascerai almeno guidare.”

“Grazie.” La prende e si sposta dal sedile senza controbattere.

“Sei molto carina.” Getta un occhiata alla scollatura del vestito e sente di nuovo l’ardore pulsare.

Smettila Claudio ma che ti prende?! Sembri un adolescente arrapato, cazzo!

Ma per lui č stato sempre cosě. Il sesso non gli č mai sembrato una cosa tanto speciale o almeno non il punto fisso di una vita.

Salvo ricredersi quando arriva quel momento che.. la persona diventa tua, stabilisci con lei un legame che va al di lŕ della semplice carne o del sangue, come un patto, che una volta stretto ti lega e non vuoi dissolverlo. Non vuoi venire meno a quelle promesse, perché tradiresti te stesso, rinnegheresti ciň che sei e quello che hai fatto. Beh, un po’ esagerato forse, ma per Claudio il sesso era questo. Non era un atto. Era qualcosa di piů.

 

“Ecco lo sapevo. Per te adesso esisteranno solo le gemelle! Beh certo, sono proporzionalmente perfette e morbide e..”

Claudio la bacia, soffocando le parole. Silvia sussulta come sorpresa da un gesto cosě naturale.

Ci si abitua mai ad un bacio spontaneo?

Poi cala il silenzio. Quello altrettanto naturale, di due persone che sanno tutto, che hanno visto, fatto, che conoscono le movenze e le espressioni dell’altro; quel silenzio che sa di vittoria anche se muta, quel silenzio come a voler dire ora so. E ti senti rilassato in quel silenzio, senza aver piů paura di sopprimere il vuoto con parole vuote. E quasi te o godi. Sa di piacere. Di conquista.

 

“Dio mio! Sono gambe quelle che vedo?!” Paola strabuzza gli occhi quando la vede scendere dall’auto e venirle incontro fuori al locale. Da una generosa gomitata al costato di Claudio. “Allora č vero che ci sai fare..”

“Claudio ti presento Paola..” Silvia la incendia con lo sguardo. “Paola, ti sei giŕ presentata da sola..”

I due uomini ridono. Solo sentendo la risata generosa e accorata di Sandro, Silvia si accorge della sua presenza.

E si da della pazza. Un uomo con quella faccia non passa inosservato.

In realtŕ non ricordava fosse tanto bello quando lo aveva visto la prima volta, agli studi della Dear.

Le era sembrato una specie di cosa parlante viscida e melliflua, ma vederlo in tiro e sorridere di cuore gli aveva fatto cambiare idea.

O forse era semplicemente lei.

La serenitŕ colora il mondo della stessa sfumatura.

 

“Carino.. non sembra poi il mostro assatanato che descrivi.” Bisbiglia nell’orecchio dell’amica tenendosi in disparte mentre i due iniziano a discutere di lavoro. Sandro si accende una sigaretta e gesticola, Claudio lo ascolta in ligio silenzio.

”Perché non sai che numeri fa!!!”

Silvia ignorando le sue parole, la trascina piů vicina. “Abbiamo fatto l’amore.”

“Ma qui ci vuole dello champagne allora!”

Shh.. non voglio appendere i manifesti. Che c’č di strano, doveva succedere prima o poi, no?!”

“Io avevo perso ogni speranza a dire il vero..”

“Paola ti odio! Sei una sabotatrice dell’amore!”

“Amore?! Siamo giŕ cosě avanti?!”!

“Se vabbč, ci rinuncio! Parlare d’amore con te č come parlare d’amore a una comitiva di stripper.”

Sta per andarsene, ma quella l’afferra per le spalle. “Vieni al dunque. Come č stato?!”

“Incredibile.”

 

Incredibile. Paola sorride.

Beh infondo per chi fa l’amore implicando anche l’uso del cuore, l’esperienza č cosě che deve sembrare.

Aggrotta un sopracciglio, applicando il valore di quell’incredibile ai suoi standard.

Beh incredibile č avere un orgasmo ogni due minuti. Un tipo che ti tiene al molleggio tutto la notte. Sentirsi esausta ma completa.

Sě forse l’ultima cosa suona piů come una sdolcinata frase ripetuta da ragazzini alla loro prima volta.

Ma per lei il sesso č sempre stato questo. Fame, assoluta fame e assoluto bisogno di placare la richiesta.

Non si č mai giudicata troppo, ed odia i perbenisti pensieri cattolici. La sua č fame. Fame da sesso.

Se uno ha fame, si procura cibo.

Se Paola ha fame, si procura un uomo.

 

“Ti prego! I dettagli romantici da film spazzatura tienili per te!” Finge di ficcarsi due dita in gola. “La battuta degli stripper perň era carina.”

“Eh ti pare. Dove ci sono addominali e chiappe sode in bella mostra ci sei tu!”

“Ovvio e ti faccio presente che devi ringraziare il pennellone con la faccia da figo che hai lě difronte se ti ho risparmiato una serata in club pullulante di chiappe sode in bella mostra.. cominciavo a pensare che te l’eri persa da qualche parte, che Matteo oltre a quell’orribile quadro finta pop-art si era portato via anche la bernarda.”

“Tu sei una donna di indubbio gusto!”

 

E si era allontanata blaterando alla volta di Claudio e il suo amico incitandoli ad entrare ed evitare cosě che le parole di Paola gli rovinassero la cena.

Paola rimane dietro un po’ interdetta.

Cazzo. Matteo. Quel nome accende nella testa un campanello. Ma non č solo quello.

La sua micra grigia sfreccia su via Trionfale come una scheggia.

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Hai promesso Paola, non ti saresti immischiata nelle loro cose.

Perň adesso č diverso. Silvia sembra realmente appagata. Forse č giunto il momento che sappia, prima che sia troppo tardi.

E poi, che male puň fare sapere che.. č tornato il peggior incubo della tua vita?

L’uomo che in un sol colpo ha cancellato per sempre anni di felicitŕ che tu credevi vera?

Le tremano le gambe. E d’improvviso non sembra piů una bella idea.

Si č cacciata in un guaio senza ritorno e comunque la metta, corre il rischio di incrinare l’amicizia con Silvia.

Parlare, non parlare? Cosa sarebbe peggio, o meglio?!

Matteo ti odio dal profondo del cuore!

Che vada al diavolo, non sarŕ il momento adatto, ma decide di dirglielo.

Fa un passo in avanti, il trio č fermo dinnanzi alla porta d’entrata del locale. ”Silvia asp..”. Poi si ferma.

Claudio fa passare lentamente la mano sotto al mento si Silvia che ride bella come non lo č mai stata e la bacia.

E Paola non se la sente. Passa.

Cede.

Vaffanculo Matteo.

 

La cena scorre piacevolmente fra flute di champagne e le battute di Paola, con Sandro a fargli da capospalla.

Quest’ultimo parla della sua vita e Claudio leggermente brillo lo incalza con la sua, a colpi di “ma ti ricordi” tirano fuori un revival degli anni ottanta che li vedeva con improbabili bomber supercolorati e i jeans slavati rigirati alle caviglie, i maglioncini da fighetti e capelli- ancora tutti saldamente al loro posto- gelatinati con lo stucco.

Silvia li sfotte canticchiando i motivetti pop di Madonna con il cucchiaio usato come microfono e l’amica che le da il lŕ dall’altro lato del tavolo agitando le mani; piů che una cena, un concerto. E scoppiano a ridere all’unisono, generazioni diverse che si incrociano, diverse ma vicine, perché il vintage č sempre bello, č sempre di moda.

 

*

”Quindi io sarei vintage?!” Claudio le fa strada, aprendole il portone.

“Decisamente” Bisbiglia lei dal fondo dell’androne addormentato e buio.

Non č la prima volta che mette piede in casa sua, ma mai cosě formalmente e questo le mette un po’ di agitazione. ”E poi cosa ti lamenti? Sono decisamente i miei anni preferiti.”

”Lo so.” Claudio le sfila la giacca e la spinge affettuosamente nell’appartamento.

 

Tutto č come l’ultima volta. Candele, arredamento moderno e perfettamente bianco. Scioccamente si sente sollevata.

Le foto sulle pareti, schizzi di arte pubblicitaria, le sorridono che sembrano darle il ben ritrovata; poi sussulta, voltando lo sguardo sulla parete del divano in pelle scura. La sua immagine, sfocata in una luce innaturale e stupenda, campeggia nel bianco della pittura attorno facendo risaltare le spighe di grano che le sue mani sfiorano nella foto.

 

”Doveva rientrare anche lui nell’ultimo regalo ma era troppo bello e l’ho tenuto per me.”

 

Claudio l’avvicina sfiorandole la pelle con qualcosa di morbido.

Un plico di tessuto grezzo č nelle sue mani.

Lo apre avida. Sa, immagina.

Decine di sue foto le sorridono, poi ammiccano, la guardano seria. Alberi, campi, spighe. E tramonto.

E’ senza parole. Anche meglio di come aveva creduto.

 

”Sono meravigliose.”

“Sono contento ti piacciano.”

 

Silvia sorride, alzando ancora una volta gli occhi sulla stampa. “Ehi, quella č mia!” Claudio la rimbrotta. “E’ perfetta.”

“Modesto. E comunque.. ci sta decisamente bene. Meglio di quell’orrida foto astratta finta new age di prima.”

La guarda stupito della sua vorace curiositŕ. Della sua vivida memoria, dell’insaziabile sapere. Riesce a stupirlo come sempre.

Non sa che dire č un vortice di emozioni ogni volta. Lo lascia avvinto e distrutto.

Come ora che l’avvicina e le bacia la spalla e la sente sussurrare fra le labbra strette il suo nome.

 

“Sei nervosa?!”

“Un po’.” Snuda denti perfetti nel sorriso da bambina che ama alla follia. Poi si divincola dalla presa e prende a gironzolare per l’appartamento ,come se averlo ammesso le avesse dato un po’ di coraggio. Prende un cd dimenticato sulla mensola, lo accarezza annuendo con il capo. ”Questo sě che č vintage! 1980, Bruce Springsteen al suo quinto album “The river”. Lo sai che Hungry Heart č stata decretata best song niente popň di meno che da John Lennon?!”

 

Preme il tasto play della consolle ultra moderna e note graffiate dal tempo, irrompono dal fascio blu del led dell’aggeggio costoso di Claudio.

La sua testa si muove a ritmo di musica, ondeggiando da una parte all’altra.

Occhi chiusi e la bocca schiusa cuore.

 

Everybody’s got a hungry heart. Everybody’s got a hungry heart.

Lay down your money and you play your part.

Everybody’s got a hungry heart.

 

Tutti abbiamo un cuore affamato. Fai la tua puntata e gioca la tua carta. Tutti abbiamo un cuore affamato.

Ha ragione Bruce. L’amore va preso a morsi perché il cuore si sazi.

E’ cosě e Claudio ci pensa un po’, prima di buttarsi in quella mischia di capelli svolazzanti e occhi che ridono allegri.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


ťaLeave to meať

 

Chap n.vj

 

Non č facile misurare lo scorrere del tempo quando si č felici.

Le ore passano e si accavallano ai minuti, ai secondi, agli istanti lasciandoti in apnea senza bisogno di riprender fiato.

Silvia lo sa bene.

Per questo quando la sveglia isterica del suo cellulare suona, le da una manata stile wrestling.

Ci mette un po’ prima di capire dove si trova, dove sono le ciabatte e soprattutto i suoi vestiti.

Stropicciando un po’ gli occhi scorge gli slip appesi alla abat jour e il vestito in un quasi suicidio sul bordo del davanzale.

Wow. Qualcuno qui ci ha dato dentro, pensa.

Effettivamente si sente intorpidita, ma č una sensazione piacevolissima. Leggera, si sente leggera.

Come se tutte le fatiche del mondo, il costante pensare l’avessero abbandonata e lasciata cosě.

Leggera.

Si infila l’intimo, acchiappa la camicia di Claudio dal pavimento e ciondolando si porta in cucina.

Apre diversi cassetti. Sbuffa. Poi canta. Sculetta e mischia cose a caso.

Morde un biscotto e quando decide che č pronta, porta la colazione al suo uomo.

Lo sveglia con un bacio e un morso all’orecchio. Quello protesta infilando la testa sotto al cuscino.

 

”Perché sei giŕ in piedi..” Sembra un martire mentre riemerge dalla coltre di piume e lenzuola.

“Perché vorrei fosse ancora il mio compleanno..” Gli salta in grembo “ma č tardi e ho mille cose da fare!”

“Ti accompagno io, fammi alzare..”

“Claudio io e te dobbiamo fare un discorso serio.” Tossicchia, “sě, siamo una coppia ma io resto sempre Silvia, ok?!”

La guarda accigliato. “E questo ti sembra un discorso?” In realtŕ sa benissimo cosa intende dire, ma ama punzecchiarla.

”Non fare il furbo con me fotografo da strapazzo!” Lo solletica agitandosi tutta, poi si china in avanti e melliflua gli soffia in un orecchio “Per quanto bello, dolce, disponibile tu sia.. so ancora muovere un passo da sola.”

“Non ti cambierei mai.” Ribatte lui adesso un po’ eccitato. “Mi piaci cosě come sei.. dolce, lunatica, stronza!” E la butta a capofitto sul lato del letto libero e a disposizione per tutte le varianti del sesso che di mattina, appena svegli, ti possono passar per la mente.

 

*

Non č facile pensare alla felicitŕ in termini di misura.

Nessuno si chiede quanto posso essere felice?!

Gli umani sognatori immaginano la loro vita come una spugna sempre pronta a raccogliere felicitŕ.

Gli umani pragmatici si danno un tetto. Per non sforare. Per non rischiare di morire di allegria stessa.

A volte i pragmatici diventano sognatori, ma quasi mai un sognatore diventa pragmatico.

Chi si bagna nella felicitŕ č a quella che aspira, sempre.

Perché la felicitŕ ti incastra. Ti porta lontano. Ti cancella dalla realtŕ.

Ma la realtŕ a volte č un cane rabbioso.

E attende paziente.

Ti ulula addosso e ringhia alla vita di riaverti con se.

 

Silvia cammina veloce verso il portone di casa sua.

E nonostante la musica dalle cuffiette copra benissimo il rumore, quel ringhio riesce a farsi sentire anche senza parole.

Lui č lŕ, appoggiato ai citofoni e con lo sguardo basso, come uno di quei venditori porta a porta.

Non lo riconosce dapprima, ma quando il ragazzo alza gli occhi rimane folgorata dalla potenza di quella visione.

 

”Matteo.” Non č una domanda. Nemmeno una costatazione. E’ piů un lamento, un suono distorto. Affettato.

”Ciao.. Silvia.” Alza una mano, imbarazzato.

“Sei proprio tu.” Lo guarda fissa con occhi piccoli e asciutti. Non ha bevuto eppure avverte un senso di sbornia totale.

Vorrebbe reagire ma le gambe sono molli, cedevoli.

Cazzo cervello riprenditi.

Ma quello non le risponde. Lo fa una voce interna. Chiedi al cuore č affare suo.

No. Nessun sentimento. Come un automa si sposta e cerca di infilare le chiavi nella toppa. Si accorge troppo tardi che la chiave della cassetta postale č un milione di volte piů piccola per riuscire a combinare qualcosa in un buco grande quasi il doppio.

Fottuta. Sono fottuta. Si gira di scatto verso lui e lascia cadere le chiavi in terra ormai in balia del suo corpo.

”Ma cosa ci fai tu, qui?!” Almeno, l’uso della parola č ancora stabile, anche se non č sicura del suono che abbiano i suoi pensieri.

”Se mi dai cinque minuti ti spiego tutto.” Poi quasi a giustificarsi allarga le braccia, “sono giorni che.. aspetto.”

 

Avrebbe dovuto dire… che ti faccio le poste sotto casa. Ma forse era meglio sorvolare su certi dettagli.

E’ confusa. Forse dovrebbe essere una cosa positiva. La guarda perplesso e il silenzio lo manda in paranoia.

Cazzo quanto č bella.

Salterebbe volentieri tre-quattro scene solo per poterla baciare. Se ancora fosse lecito. ”Ti prego.”

“Ti prego?!”

“Voglio solo parlarti.” Altra bugia. Ma che differenza fa? Poi il castello autoritario crolla e se ne esce come mai se ne sarebbe dovuto uscire. ”Mi sei mancata.” La coordinazione lingua-corpo poi non va tanto meglio, perché quasi scatta nel tentativo di allungare una mano verso la sua spalla.

Quanto mi sei mancata. Un moto di nausea l’afferra per lo stomaco.

 

”Ti prego io.” D’improvviso la lingua riprende sostanza. “Non toccarmi, non parlarmi, non fare nulla che mi faccia sentire cosě.”

“Ti do fastidio?!” Arretra la mano.

“Matteo te ne sei andato lasciandomi come un imbecille.” Sorride sarcastica. ”Per mesi non ho sentito parlare di te. Mesi di merda, ovvio. Adesso torni e vuoi parlare? Tu e il tuo fottutissimo tempismo potete andarvene a fanculo per quanto mi riguarda. Non ho nulla da dirti.”

Si piega a riprendere le chiavi. Con decisione gira quella giusta.

Matteo blocca la porta con un piede e le č dietro. “I miei sentimenti non sono mai cambiati. Ho sbagliato. Se mi lasciassi spiegare. Se potessi solo per un istante vedermi come il Matteo che ero. Quello che ti faceva ridere e che non ti ha mai fatto mancare niente forse…”

“Mi hai fatto mancare tutto invece. Sei mancato tu. Ho capito solo dopo quanto ti sei nascosto quando stavamo insieme.”

 

L’ascensore arriva al piano. Silvia ci entra decisa e richiude la porta alle sue spalle.

Ma il ragazzo non demorde, l’arresta un attimo prima che si chiuda e una volta dentro preme il tasto dei piani piů alti.

“Oddio ma che fai! Spostati!” Cerca di allontanarlo dall’invisibile e minuscolo perimetro che divide i loro spazi vitali, ma quello sembra irremovibile. Una roccia. Riesce perlomeno ad arrestare la corsa premendo il tasto T prima di guardarlo sconvolta.

Sente le lacrime pizzicarle gli occhi; lui la prende per le spalle e di prepotenza la porta alla sua bocca.

Un bacio innocente. Da bambini di seconda elementare. Che restano fermi. Che basta il contatto.

Silvia č un caos a cielo aperto. Un uragano. Il cratere di un vulcano.

Diversi sfumature dal rosso al viola le colorano il volto, magma incandescente su guance di pesca.

“Ricordati di respirare.” Matteo sospira ridendo sulle sue labbra, prima di lasciarla.

Si stupisce del suono che esce dal suo corpo ma.. sta ridendo. Lei sta ridendo.

E va avanti cosě, con lui che si piega sul pavimento assieme a lei, ridendo senza motivo. Come se servisse.

 

“Sei il pessimo baciatore che la storia ricordi.”

“E tu la stronza colossale che tutto il mondo conosce.”

 

Si guardano senza dire altro, poi con un sussulto l’ascensore riprende a salire sotto le urla del pinco pallino capitato a tiro che li credeva bloccati dentro; quando il tizio apre li trova piegati in due sul pavimento con le lacrime agli occhi e le mani che si stringono.

 

*

Quando si č felici si fanno cose senza senso.

Come Claudio che per la terza volta cerca di placcare Paloma, la colf, e la sua voglia di cambiare le lenzuola a tutti i costi.

 

“Sporche.”

“No, oggi no.”

 

E il motivo č presto detto.

Le federe sanno di Silvia. Del suo profumo. Dei suoi umori.

Ormai č al livello massimo di tossicologia, non puň aumentare e probabilmente neanche diminuire, visto la portata della sbandata, e si č arreso all'evidenza.

E' il mondo che deve accettarlo.

E lui non vuole separarsi da quelle lenzuola.

Paloma cede e con la cesta sottobraccio si dirige alla lavatrice.

 

“Eh l’amor! L’amor!”

 

Si gode la spremuta che le ha preparato Silvia e prova a chiamarla.

Quella testolina fusa si sarŕ dimenticata di dirmi dove č. Che fa. Perchč.

E non gli importa di sembrare pesante, asfissiante, gli importa solo di farsi riempire la testa dalle sue risate e dalla sua voce squillante.

Aggancia. Non raggiungibile.

 

Credo abbia detto che sarebbe andata in palestra.

Fa spallucce, lasciando il bicchiere sul lavandino.

Prende i vestiti che aveva preparato per la giornata e si prepara.

Paloma dal corridoio canticchia canzonette messicane e lo sfotte; lui ride, sistemandosi il nodo alla cravatta.

 

Quando si č felici ci si dimentica del resto, d'altronde a chi importa del traffico, del lavoro, delle code interminabili.

E quel semaforo rosso č solo un pretesto per alzare il volume della radio e picchiettare il piede al ritmo di una canzone.

Magari afferrare il cellulare e provare distrattamente a comporre un numero.

Volare con il pensiero da lei. Di nuovo.

Libero. Uno, due, tre squilli.

Aggancia.

 

Quando si č felici non si dŕ peso alle cose. Si sorvola.

Claudio imbocca il viale della Dear alzando la mano in cenno si saluto al gabbiotto.

Sgasa verso i parcheggi e prima di riporre il cellulare nel taschino il display lampeggia.

Nuovo messaggio.

 

“Non adesso. Mi faccio viva io.”

 

Quando si č felici.. ci vuole niente a tornar tristi.

 

*

La familiaritŕ di un luogo č come il limbo per i dannati.

Un passo dal paradiso e uno dall’inferno.

Questo pensa Matteo, mentre Silvia gli fa strada in quello che una volta era il loro appartamento.

C’era voluta mezzora buona di risate, prima che si convincesse ad ascoltarlo.

Ed ora era lě, con i suoi dubbi, le frasi mezze articolate e perlopiů sconnesse, le mani ansiose che si torturano.

E lei lo ascolta silenziosa, non sa se credergli perché nella sua testa le risposte se l’era date da un pezzo.

E si era convinta.

Paura. Aveva avuto paura ed era scappato.

Fa dei giri lunghi di parole che portano tutti al medesimo punto. Era stato un codardo, nulla piů.

Non c’erano altre e non c’erano state prima che sparisse. Non aveva smesso d’amarla.

Solo paura. Ingestibile e incalcolabile.

Londra si era rivelata piů ardua del previsto. Seguiva dei corsi utili per l’attivitŕ gestita da suo padre ed era tornato.

Forse quello le aveva fatto davvero male. Il fatto che non si fosse confidato.

Erano sempre stati una cosa sola. Amici e dopo amanti.

Il pensiero che avesse avuto un segreto con lei la dilania davvero.

Ma non fiata. Aspetta paziente che lui finisca e quando Matteo accenna al silenzio si alza ed apre uno dei cassetti.

 

“Te lo ricordi, questo?!” Prende una scatolina di velluto e gliela porge.

“Era il tuo anello.”

“Era, hai detto bene. Non sapevo dove mandartelo.” Non vuole piangere ma una lacrima si incastra fra le ciglia. “Vedi Matteo per quanto io ti abbia strappato via da me, tu resti sempre, da qualche parte, a ricordarmi che ci sei. Non importa quanti sforzi io faccia, tu sei lě. Purtroppo perň ciň che č stato fatto in pezzi, seppur messo insieme, non tornerŕ mai a esser splendente come prima. E io non voglio i resti. Dopo la luce. Voglio tutto.” Spinge la scatola nelle sue mani e si ritira.

Matteo prende il respiro. Ha un nodo in gola, adesso. “Io ci credo ancora, anche se sembra impossibile. Non sono un coglione, so che non č facile e che adesso tu non hai la minima intenzione di vedere la mia faccia perň ti dico aspetta, pensaci un po’ di piů. Io aspetterň, non rinuncio proprio adesso.. voglio dire sono ancora vivo, no? Si beh forse per colpa di Paola impotente.. ma almeno tu hai ascoltato.”

 

Silvia ha un lampo negli occhi e una smorfia sulle labbra.

Paola certo. Sospira calando il capo.

Lui vorrebbe abbracciarla.

Prova ad avvicinarla, prima impacciato ma quando non incontra resistenza, sicuro e forte.

Quel contatto fa paura. Si sente cosě splendidamente a proprio agio.

Qualcosa dalle sue tasche continua a vibrare. Gli occhi verdi di Claudio le bucano le tenebre e la riportano alla realtŕ.

 

“Adesso vai.”

 

Lo sguardo accorato di Matteo č l’ultima immagine che ricorda.

Compone un sms prima di abbandonarsi a lugubri pensieri e a un mutismo figlio di una madre non sua.

 

*

Quando si č assaggiata la felicitŕ, per quanto breve, inaspettata essa sia, la sensazione del dopo sembra assomigli a un buco nel petto.

Dalla quale filtra aria rarefatta. E un eco stonato del bel canto che vi era prima.

Quando si č assaggiata la felicitŕ si resta senza fame.

L’unico sostegno sembrino essere i ma.. e se.. poi piů nulla.

Quando si č assaggiata la felicitŕ si ha voglia della felicitŕ stessa e non sostituti insapori e incolori.

 

Claudio esce dagli studi e inconsapevolmente il suo sguardo scruta l’orizzonte.

Come se aspettasse qualcuno. Come se non fosse possibile che lei sia lě.

E invece niente.

”Mi faccio viva io.” Quattro parole che non significano nulla, ma che in realtŕ vogliono dire tutto.

Inevitabilmente, senza cercare di cadere in paranoia, si aprono i cassetti della memoria –a volti veri e proprio baratri se mal gestiti- e vi si scruta dentro, cercando quel qualcosa che possa essere andato non nel verso giusto o quantomeno una giustificazione apparente, plausibile, efficace che ammetta un mi faccio viva io. Difficilmente si trovano giustificazioni, questo va detto.

Il miglior muro che una persona possa mettere fra voi e la vostra intenzione di fare qualunque cosa č proprio un mi faccio viva io.

Come a dire ti sego le gambe da subito e poi prova a camminare.

E’ che non se lo aspettava. Non adesso. Non dopo aver avuto l’illusione di averci capito qualcosa.

Chiaramente si sbagliava. E tutta questa incertezza, doveva ammetterlo, lo rendeva frustrato e incapace.

 

Sandro gli dŕ una pacca sulla spalla, passando di lŕ. Gli sorride e con un passo svelto si porta nell’area riservata ai motorini.

Ricambia il saluto e si affretta anche egli alla macchina, anche se nessun impegno lo aspetta.

O quasi.

Eliana lo aspetta ritta in piedi con i suoi tacchi vertiginosi e una lounguette che le fascia le gambe lunghe.

 

 

”Non sono qui per angosciarti, tranquillo.” Getta via la sigaretta stretta fra le mani laccate.

“Sei sola?!”

Annuisce. “Sono venuta in taxi.”

Le fa cenno d’entrare, poi la guarda curioso. “Lo sai vero che le carte del divorzio viaggiano via posta?!”

“Hai sempre voglia di scherzare.. ti fa bene l’amore.”

 

Tin tin tin. Campanello d’allarme. Scivola un po’ dal sedile sbuffando. “Sei venuta a parlare di questo?”

“Sei il padre di mio figlio e comunque non ci sarebbe nulla di male.” Poi mette la mani avanti come a volerlo zittire. “Sul serio dico, stai bene.. sembri rilassato.” Agita un piede, si schiarisce la voce e riprende. “E’ una brava ragazza. Il mio studio collabora con la sua famiglia da diversi anni. Buffo vero?! Non mi sono messa a pedinarla tranquillo, il suo nome č scivolato fra alcune carte che avevo davanti, tutto qua.” Claudio la guarda sbigottito e prima d’avere il tempo di formulare qualsiasi domanda Eliana tira fuori dalla borsa una busta bianca un po’ stropicciata.

”Ok, non sono una santa, lo ammetto. Ma č per difendere certi interessi.. capisci, no?!” Gli porge la busta divertita. “Questa l’ho.. presa.. dalla tua cassetta postale. C’č il suo indirizzo dentro, poi mi č bastato fare due piů due.” Si da una rapida occhiata allo specchietto, “non mi fa piacere che te la fai con una ragazzina che ha poco piů della metŕ dei tuoi anni sia chiaro, dovrebbero vietarla come cosa č uno smacco morale considerando che la controparte, cioč io, ne ha giusto il doppio.. perň se ti fa felice, se ti ama come credo lei faccia, potrei anche sopportarlo.”

 

“Ah, beh grazie.” Claudio non sa se essere turbato, sbigottito o incazzato per quello che le ha sentito dire.

Si limita ad un grazie, un po’ sarcastico, ma sempre un grazie.

Adesso il suo pensiero gira intorno alla busta e a cosa puň contenere.

La apre. E’ una lettera, la sua calligrafia tonda e piena č riconoscibile fra mille. Sorride, il cuore piů leggero.

Poi guarda la sua ex moglie e si sente un po’ devoto. Un po’ meno incazzato.

L’ha sempre considerata una donna frivola, leggera, priva di qualsiasi slancio emotivo eppure.. lo slancio lo ha dato a lui.

 

”..il doppio degli anni ma sempre bella, direi.” Lascia scivolare la busta nella giacca e le sorride.

“.. ho detto potrei, quindi niente arruffianate!” E finalmente la vede ricambiare il sorriso dopo anni di tensione.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


ťaLeave to meať

 

 

Ok, dopo tre capitoli posso scocciarvi un po’!

Ho postato questa storia sei anni fa e converrete con me dopo sei anni ne passa di acqua sotto i ponti..

.. io sono decisamente un'altra persona e mi diverte molto leggere i capitoli antecedenti a questi tre e fare i confronti; all’inizio ero molto impacciata nello scrivere ancora di questi due (che amo tantissimo) non sapendo dove avevo lasciato l’ispirazione.

Poi č stato come quando impari ad andare in bicicletta dopo qualche caduta.. e l’ispirazione č arrivata.

Insieme ad alcuni appunti sconnessi che avevo seminato qua e lŕ.

Sono contenta perché il riscontro č stato subito positivo e ringrazio di cuore quei lettori che hanno messo la storia in preferite/seguite/ricordate.

E sono anche contenta di chi non lo ha fatto ma magari ci ha fatto un giro su.. J

A questo punto sono le recensioni che mancano e lo sapete l’opera non č completa se non ci sono le vostre parole.

Spero di cuore che possiate esaudirmi, commentando queste mie righe al fine di premiare la mia caparbietŕ, il mio amore per questa storia e la passione che ci metto nello scriverla.

Grazie e un abbraccio affettuoso.

Lunadreamy.

 

Chap n.vk

 

 

Una giornata di settembre puň non avere nulla di speciale e alcun che di interessante se non fosse che a Roma č prevista la piena del Tevere.

Un evento piů unico che raro, negli ultimi disastrosi anni di mal politica e crisi globale.

Ma comunque un qualcosa di spettacolare.

Le piogge incessanti ingrossano il livello del fiume a tal punto da coprire tutto ciň che incontra ed arrivare quasi ad altezza strada sui ponti.

Un’eventualitŕ degna di nota e addirittura prevista.

E Silvia lo sa.

Per questo fra le mille righe incasinate della sua lettera č lě che da appuntamento a Claudio, il giorno su detto, a Ponte Milvio.

Maggiore č la sua portata, maggiore č la possibilitŕ di sentirlo cantare. Questo ha scritto.

E Claudio ci crede, a dispetto di tutto, dei due giorni che Roma č una cappa d’acqua coperta e dei due giorni che il suo cellulare č muto.

 

*

Due giorni dopo, due giorni di chiamate, messaggi e poi il silenzio profondo dell’arresa, Silvia č in terrazzo.

Una Corona giace ai piedi della sua sdraio e un pacco di fazzoletti con l’ala aperta supplicano di essere usati.

Ma lacrime non ce ne sono piů. Andate via per sempre.

Ed č per questo motivo che č fuori al terrazzo, perché la pioggia copra il suo pianto assente e faccia il suo dovere.

E’ una giornata settembrina poco romana. Il vento č calato e il cielo č cupo e oscuro.

Come il suo umore.

Sulle spalle un golf largo e traforato la copre da zampillanti schizzi d’acqua del soffitto alla pozza formatasi sul pavimento.

Riesce ad essere quasi felice.

Se non fosse che dentro si sente una vera merda.

 

”Ah, sei qui.” Paola compare sull’uscio della porta a vetri tutta trafelata. “Quel poveraccio di Claudio mi ha lasciato almeno cinque messaggi in segreteria per sapere dove fossi finita. In effetti sei sparita. Si puň sapere che č successo?!”

Quella non risponde dapprima, poi si volta e fa un sorriso sarcastico. “Dovresti saperlo, visto che non mi hai detto nulla di Matteo.”

Paola sussulta. “Ok..” Fa cadere la borsa in terra ed esce sul terrazzo. Richiude la porta e si mette a cavalcioni sulla sdraio accanto alla sua.

”Ero a un passo dal dirtelo, ma non ce l’ho fatta.”

Silvia sbotta. “Paola, tu avevi il dovere di farcela!” Si alza e prende a camminare avanti e indietro. “Dovevi provare tutti i giorni a dirmelo, cazzo!”

“Che poi ti rendi conto se lo incontravo con lui cosa sarebbe successo?!”

L’amica la incalza, mettendola a tacere. “Ma č di questo che ti preoccupi?!”

Lei non risponde. D’improvviso capisce. E un po’ sta male.

La guarda consapevole e sospettosa, come se quegli occhi rossi potessero confermare.

Il suo aspetto trasandato, la birra, i fazzoletti dimenticati.

Non sono scene nuove.

Quando Matteo la lasciň, piů o meno venti giorni su trenta se ne stava rinchiusa in quello stato pietoso.

Ed ora Matteo era tornato. E lei stava di nuovo cosě.

Come poteva esser stata tanto stupida da credere che lo avesse dimenticato?

Che non avrebbe avuto importanza?!

Si morde il labbro sconfitta.

Io non so nulla dell’amore.

E’ tutto ciň che il suo cervello le risponde.

E le sembra abbastanza come scusa.

 

”Non cambiare discorso č di te che stiamo parlando. Di che amica sei.” Puntualizza.

“Perché che amica sono?! Non sono abbastanza perfetta, sua grazia?!” Paola ha i lampi nelle pupille.

 

Non erano mai state cosě vicine alla tempesta. Silvia non risponde, si morde il labbro pentita.

Non l’ha mai giudicata una pessima amica. Paola č tante cose, ma pessima no.

 

”No.”

“Ah bene, per un attimo ho pensato a dieci modi con cui ucciderti.”

“Solo che.. al tuo posto avrei preferito dirtelo.”

 

Ora deve spiegare. O meglio, cercare di spiegare, alla tua migliore amica perché sei stata tanto codarda senza ferirla.

Dare al caos che hai dentro una forma e far sě che a lei stia bene.

Mentalmente un ennesimo vaffanculo a Matteo non glielo toglie nessuno.

Ma poi sorride, non ci sono bisogno di giustificazioni. Deve semplicemente essere se stessa.

 

“Beh io no, a quanto pare conta molto di piů la tua felicitŕ per me. E ho creduto che lo fossi, con Claudio.” Alza lo sguardo. Silvia sospira. “Cioč Silvia tu puoi chiedermi anatomicamente come č fatto un uomo ed io ti sciorino l’ABC del suo corpo, puoi chiedermi cosa da piacere ad un uomo ed io ti elenco i diversi punti erogeni in ordine alfabetico ma.. tu non puoi chiedermi di gestire faccende d’amore. Non ne sono in grado. L’ho visto, gli ho dato un bel calcio nelle palle e gli ho detto di lasciarti stare, che eri felice davvero. Ecco io sono fatta cosě, mi dispiace, anche se non credo mi debba sentire in colpa per quello che sono ma.. mi dispiace per come sono io per te.” Prende un sorso dalla sua Corona ormai calda e si alza. “Il resto non mi riguarda. Sono cose vostre.”

 

Le passa la bottiglia e un bacio veloce sulla guancia.

Fa cadere le chiavi di emergenza sulla sdraio, supera la porta a vetri ed č in casa.

Silvia č immobile. La guarda andare via.

Perfetto, cazzo.

Svegliati Silvia. Svegliati!

E’ la tua Paola che se ne sta andando. L’amica delle mille cazzate. Delle mille risate.

Uno scossone la rianima. Supera la grondaia e si butta sul parapetto.

”Che devo fare?!” Le urla, quando vede la sua testolina fare capolino nel cortile.

“E che ne so io?!” Pesca nella borsa le chiavi della macchina, mentre con il mento tiene fermo l’ombrello. “Ma posso dirti una cosa. Io ti amerň sempre, nel bene e nel male!” E schizza via veloce, saltando da una pozzanghera all’altra.

 

 

Un’ora dopo, con la sua immagine riflessa allo specchio, cerca di elencare mentalmente tutti i difetti di Claudio.

Ed č buffo, ciň che prima non sopporti di una persona, un tic, un aspetto del carattere, l’odore perfino, secoli dopo diventa amore.

Ed č cosě naturale che quasi ti dai della sciocca per averlo notato.

C’č solo una cosa perň che puň spazzare via l’amore.

L’amore stesso.

E mentre si tortura i capelli con la spazzola, capisce che sě.. č innamorata di Claudio.

Ma anche di Matteo.

E non si tratta di decidere chi si ama di piů. Ma chi ha preso il posto di chi.

Matteo tornando a casa č tornato lě, dove prima c’era il fosso.

Nel suo cuore.

 

Si infila dei jeans e una maglietta bianca, afferra il trench con le chiavi e corre all’appuntamento.

Non puň indugiare oltre.

 

*

”Sapevo che eri qui.”

 

Un raggio di sole fa capolino dalla coltre di nuvole e gli illumina il viso. Bellissimo.

Guardandolo il cuore un po’ protesta ma lo mette a tacere subito, come ha imparato a fare.

 

”Ancora niente?!” Mira al biondo Tevere gorgoglione, sorridendo.

 

Si avvicina, lei resta immobile. Il sorriso diventa una linea orizzontale chiusa, poi una smorfia.

Si sente come il ragazzino di quattordici anni alla prima batosta d’amore.

Se la ricorda ancora la dolce bastarda; Carolina, stessa etŕ, due occhi azzurro-verdi da far impallidire le montagne di Marcella Bella, alta una spanna piů di lui e un sorriso perfetto. ”Dobbiamo parlare” gli aveva detto. Si era innamorata di Giulio, il di lui compagno di banco, nonché migliore amico nello scambio di figurine che non aveva capito che lo scambio era limitato solo a quello e che la sua ragazza era sua e basta.

Beh una delusione mostruosa. E a quattordici anni una delusione d’amore era una cosa bruttissima.

 

”Allora, mi vuoi dire che succede?!”

”E’ tornato.”

 

Otto lettere piů un accento. Otto brividi.

 

“E ci siamo baciati.”

 

Parla sciolta, come se l’uomo che avesse difronte fosse un perfetto estraneo.

Non riesce a provare rabbia. La stima troppo forse, ha imparato a conoscerla, sa che non gli avrebbe mentito.

Eppure una parte di se vorrebbe urlare, esplodere, forse č quel ragazzino di quattordici anni con i capelli spettinati che č rimasto sepolto in lui.

Chissŕ. Non č mai stato un uomo verbalmente violento. Quindi mette a tacere i suoi fantasmi, quel ragazzino quattordicenne e la Carolina, Giulio e si limita a guardare avanti, verso il fluire impetuoso del fiume ai suoi piedi.

Lei č lŕ che lo guarda. Che aspetta qualcosa.

 

”Ti prego, di qualcosa.”

Vorrei sparissi come vento. E vorrei non averti qui. Il cervello non suggerisce nulla di buono. Opta per uno standard. ”Cosa posso dire?!”

”Non so, che sei incazzato. Oh deluso. Il perché.. insomma, qualsiasi cosa ma non questo fottuto silenzio.”

 

Poi le sente arrivare come un moto d’onda.

Le parole, calde, avvolgenti, sicure.

E ci mette un po’, non vuole soppesarle, vuole essere sincero.

 

“Il perché lo so. Anche se ho fatto finta di nulla, lo ammetto. Tutti abbiamo un passato con il quale fare i conti, forse ti sei accorta che non possiamo guardare al futuro se la sua ombra č ancora presente. Mi piace pensare che sia cosě. Chiamami illuso.” Sorride, ma torna serio subito. “Deluso? Incazzato? Sě indubbiamente, ma non cambierebbe lo stato delle cose, no? Ti voglio bene Silvia, mi sono perfino innamorato di te, mi hai detto buttati e mi sono buttato. Mi hai dato tantissimo ed č a questo che io penserň.. pensandoti.” Inspira profondamente, piano l’avvicina a se, l’abbraccia e con le labbra le sfiora la fronte. “Ora devi dare anche tu qualcosa a te stessa. Che sia l’amore, che non lo sia, che sia diverso da ciň che ci aspettavamo, non importa. Buttati e sii felice finalmente. Io sono felice di averti incontrato. Non fare che non sia cosě anche per te. Mai.””

 

E non dice piů nulla.

La culla fra le sue braccia e si sente per la prima volta dopo tanto tempo il quarantenne con in braccio la ventitreenne.

Questo pensiero gli basta a scostarla, sorriderle stringendola forte per le spalle, imprimendo un istante, l’ultimo.

Ultimo flash dei suoi occhi grandi e neri.

Ultimo flash di quei capelli arruffati e del suo modo d’essere originale.

Ultimo contatto. Ultimo breve, intenso scambio d’anime.

Le sfiora la mano con un bacio e si sente idiota come sempre.

Idiota, ma per l’ultima volta.

 

*

Il contachilometri sfiora i centotrenta sulla tangenziale sgombra.

E nel silenzio dell’abitacolo il suo vaso di pandora puň essere riaperto.

Giulio, Carolina, il ragazzino sfigato quattordicenne aleggiano nell’aria sulle sue urla sconnesse.

Un canto a squarciagola puň bastare a lenire le tue ferite, almeno per un po'.

E anche se gli Strani amori della Pausini che stanno passando in radio, un po’ ti fanno ridere e un po’ ti fanno piangere, ti sembrano perfetti e non ti vergogni di essere solo tu, la tua voce e le tue emozioni.

 

Mi dispiace devo andare via.

Questa volta l'ho promesso a me.

Perchč ho bisogno di un amore vero. Senza te.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


ťaLeave to meať

 

Grazie a Maryesse per la recensione privata.

Un abbraccio.

Lunadreamy.

Chap n.vl

 

 

”Mancano venti giorni a Natale e Roma č giŕ un delirio!”

 

Paola appare in ufficio con la sua solita irriverenza.

Getta il cappotto sull'appendiabiti e si accascia di peso sulla sedia girevole.

Guarda la scrivania e sorride a trentadue denti.

Silvia le ha fatto trovare il suo cupcake preferito, quelli di Bakery house in Corso Trieste.

Guarda l'amica al di lŕ del pc e sogghigna.

 

”E tu e Matteo cosa farete di bello? Cenetta con i tuoi, Pasqua con chi vuoi?!”

 

Da quando sono tornati a vivere insieme non fa altro che sfotterla.

Beh vivere insieme č un termine esagerato. Diciamo che ha permesso al poveretto di lasciare almeno lo spazzolino in bagno.

E che quattro giorni su sette condividono lo stesso letto.

Chissŕ come le č presa una certa allergia alla presenza maschile nelle sue cose.

”Invece tu anche stavolta allo scoccare della mezzanotte infilerai la tua bella testa nella bottiglia del rum? E fammi indovinare.. quest’anno il motivo si chiamerŕ Sandro per caso?!”

”Ma che fai insisti? Ti ho detto che me lo sono levato dalla testa. Non eravamo compatibili.”

”Sě come no! Diciamo che tu eri poco compatibile con lui. Anzi lo sei con il resto del mondo! Giusto io riesco a sopportarti.."

”Ah.. carina. Ricordami queste parole la prossima volta che hai una crisi esistenziale, ok?!”"

 

Silvia si alza dalla scrivania e le si butta addosso.

 

”Ti amo, lo sai!”

”Anche io.. mi amo!”

 

E ridacchiano insieme, per quei segreti sussurrati che solo i loro cuori possono capire.

Il rumore di nocche contro il legno della porta le conduce alla realtŕ.

Si guardano di sottecchi, trattenendo il respiro.

Il capo č sull'uscio che le guarda severo.

Silvia scivola al suo posto che sembra un anguilla.

 

”I miei complimenti signorina Mancini. ” Le va incontro, una busta bianca a mezza aria.

”Sě, davvero i miei piů sentiti complimenti” Gliela consegna. Lo guarda cianotica.

 

Non riesce a scorgere la figura di Paola oltre le sue spalle ma conoscendola avrŕ due dita ficcate in gola.

 

”Devo preoccuparmi?!” Ride un civettuola, se ne accorge concentrandosi sul contenuto della lettera.

 

In realtŕ le parole si accavallano, riesce solo a scorgere il logo della testata del Messaggero

E frasi del tipo saremmo lieti se volesse collaborare con noi, i suoi testi sono ottimi e bla bla bla.

Istintivamente la mette giů, alza le spalle e guarda il capo stralunata.

 

”Non ne so nulla.”

”Ma certo. Il dott. Padovan in persona mi ha pregato di farti avere questa. Ha ricevuto i suoi scritti da un suo conoscente, un certo dott. Mei.. e li ha trovati interessanti. Le concedono la possibilitŕ di uno stage della durata di quattro mesi.”

 

A questo punto, uno si aspetta, non so se non un urlo, almeno un gemito di gioia.

Ma Silvia, ancor piů cianotica biascica borbottii fra se e se come i pazzi.

Riemerge dalla nebbia.

 

”C’č scritto proprio dott. Mei?!”

”Sveglia Mancini! Puoi leggerlo lei stessa. ” Si gira verso Paola tirandole la cartelletta con le bozze corrette e torna su di lei.

”Ma č ancora qua? Cosa aspetta! Passi in segreteria e si faccia dare i pass stampati. Questa č un opportunitŕ che non deve farsi scappare, se č vero che vuol fare questo lavoro!”

 

Si alza dalla sedia come avesse preso la scossa.

Quello ride allisciandosi i baffi. ”Terlizzi non scimmiotti alle mie spalle e torni al lavoro. Ci aspettiamo grandi cose anche da lei.”

Si gira e va via.

Rimaste sole e finalmente sulla stessa visuale scoppiano a ridere.

 

”Cioč ti rendi conto che carino? Ti ha raccomandata!”

”Hanno detto che i pezzi sono buoni. Questo non mi fa apparire meno raccomandata?!”

”Come sei ingenua Silvia..”

”E tu rosicona!”

”E poi dicono che scopare non porta a nulla..”

”Questa te la potevi risparmiare eh!”

 

Silvia le lancia la leva punti che va a schiantarsi contro la stampa di Indro Montanelli alle sue spalle.

Poi si guardano per un , Paola tentenna ma alla fine sputa il rospo.

 

”Lo chiamerai per ringraziarlo?!”

 

Una domanda che rimane lě sospesa per un .

Claudio. Il solo ripensarlo le mette agitazione.

Alza le spalle e l’amica borbotta qualcosa. Fa finta di nulla, si alza e va verso i suoi pass.

E il futuro.

 

*

L’inverno non č la stagione ideale per mantenersi in forma correndo al parco.

Secondo Claudio č invece un toccasana.

Ama la sensazione di vento freddo sul viso, di aria che ti congela il respiro e ti fa sembrare pulito.

Per questo si infila le scarpe e la felpa di pile e scende di fretta i gradini delle scale.

La sua stagione preferita č in pieno regime. La cittŕ si riempie di luci e caos, bambini festanti e adulti in crisi di nervi.

Ha bisogno di scaricare il patos creatosi durante l’ ultima trasmissione televisiva per la quale ha lavorato; un successone.

E per un successo sul lavoro, corrisponde un insuccesso in amore.

E’ sempre single.

Non che se ne preoccupi piů di tanto, nella sua monotonia e vita a uno ci sta benissimo, ma ogni tanto sente la mancanza.

 

Di cose proibite.

Di baci fugaci.

Di fame e risate.

.. di Silvia.

Non l’ha dimenticata, sebbene il cuore si addomestichi con il tempo.

 

Uno scatto tira l’altro.

Sente i muscoli rinvigorirsi e i polmoni allargarsi mentre vola sotto la cascata di alberi che adombrano il parco.

Risale su per quella collina, Monte Mario, che č un po’ la terrazza di Roma, sente il battito del cuore negli orecchi , chiude gli occhi e si concentra. Li riapre, un gruppo di ragazze su una panchina lo guardano passare e parlottano fra di loro. La biondina, quella piů timida del gruppo, agli estremi, raggomitolata in se stessa, gli sorride e per un attimo pensa di avere le allucinazioni; sorriso di porcellana, occhi belli. Ricambia il sorriso.

Il cuore si addomestica. I ricordi un po’ meno.

 

*

Fa abbastanza freddo in questo tardo pomeriggio dicembrino.

Silvia aggiusta il colletto del cappotto stringendosi nelle spalle.

E’ po’ su di giri.

Lo stage, i pass, tutti a farle i complimenti… Claudio.

Non č che ha smesso di pensarlo da un giorno all’altro. Anzi, la sua esistenza č un cassetto della memoria ricco di preziosi che non si ha il coraggio di guardare. Ma di certo, non si sarebbe aspettata la valanga si sensazioni che adesso prova, al pensiero che in qualche modo č riuscito a ricongiungersi a lei. A far tornare il pensiero prepotente su di lui. E un po’ ride e un po’ č nervosa. L’ultimo ricordo sono le sue spalle larghe defilate lungo il ponte che li ha visti conoscersi, con il fiume roboante sotto ai loro piedi come le loro anime, dentro.

Non lo avrebbe piů rivisto, aveva pensato. Vite diverse, orari diversi.. una cittŕ troppo grande.

Per due che come noi non sperano pero'.. si stan cercando. Il Battisti nella sua testa e per i momenti critici, le risponde.

Cosě come quando č il cuore a comandare e la testa resta in pausa, apre la macchina, da gas e sfreccia verso la collina che controlla Roma.

 

Via Cortina D’Ampezzo č sempre la stessa; comprensori nascosti dal verde, ovattati nella loro amata solitudine.

La macchina sa dove andare, i pensieri di Silvia, anche.

Parcheggia difronte al portone che l’ha vista andare via e non voltarsi piů.

Chissŕ se c’č.

Citofona una e due volte prima di abbassare le spalle e sbuffare.

Il silenzio che esce dall’apparecchio indica che lui non c’č.

Avrebbe dovuto chiamarlo, ovvio.

Ma non voleva chiudere il cerchio senza guardarlo in faccia, dirgli per l’ennesima volta che non doveva fare ciň che aveva fatto.

Non doveva comprarle una macchina. Perché separarsene era stato molto piů duro di ciň che avesse ipotizzato- quando l’aveva venduta e devoluto il ricavato alla parrocchia di quartiere aveva addirittura pianto- e non era certo per il possesso del mezzo, no, quella macchina le ricordava uno dei giorni piů belli della sua vita. E questo bastava piů di tutte le lacrime.

Non doveva fare da tramite per una delle testate giornalistiche piů importanti del Paese. No, perché se avesse avuto successo, quel successo le avrebbe per sempre ricordato chi c’era dietro. Una persona splendida.

Non doveva farla innamorare. Perché amarlo l’aveva guarita, ma come tutte le ferite profonde quando č cattivo tempo bruciano. E adesso il suo cuore bruciava e non riusciva a capacitarsi di ciň. Aveva fatto una scelta.

Era il giorno perfetto per ridere, stappare bottiglie, fare l’amore e pensare addirittura a metter su famiglia.

Era il giorno in cui avrebbe dovuto urlare di gioia e ubriacarsi se ne aveva voglia.

Non c’erano nuvole sul cielo. Era sereno, dentro e fuori.

 

.. ma allora perché? Perché me ne sto appoggiata a un muro a fissare il nulla, con una lacrima dispettosa che scivola giů e sparisce sul collo?

 

”Signorina cerca qualcuno?!” Riconosciuto il signore anziano del gabbiotto, si asciuga la guancia con una manica, svelta.

Lo guarda cercando di capire se ricorda anche egli il suo volto. “Cercavo il dott. Mei.” Strano chiamarlo cosě. Innaturale.

“Il dottore č uscito. Puň chiedere a me.”

“No.. nulla..” Fa per andarsene, ma si blocca. “Anzi.. ha mica un post-it?!”

“Un post-it, signorina?!”

Annuisce, le fa cenno con il dito di aspettare e quando ritorna ha un quadratino giallo fluo in mano.

“E’ un po’ stropicciato..”

“Non si preoccupi.” Scava nella borsa alla ricerca di una penna ed esce fuori un pennarello. “Meglio di niente..”

Il portiere č la che la guarda curioso togliere il tappo coi denti e accigliarsi nel trovare qualcosa da scrivere; quando riapre gli occhi lei lo guarda talmente male che il nonnino torna dentro. Le scappa una risata.

Dopo qualche minuto passato a pensare decide che la semplicitŕ č la miglior soluzione.

 

Grazie.. ma non dovevi! J

 

Sa che almeno lo farŕ ridere. E che se potesse le avrebbe risposto che voleva, non doveva.

Senza rimuginarci su lo appiccica sulla targhetta con il suo nome, lo guarda soddisfatta e si allontana.

Un ultima occhiata fugace intorno, ricordando i momenti in cui era entrata e uscita da quel portone felice.

Aveva fatto una scelta.

E doveva essere felice, glielo aveva promesso.

 

Ora devi dare anche tu qualcosa a te stessa. Che sia l’amore, che non lo sia, che sia diverso da ciň che ci aspettavamo, non importa.

Buttati e sii felice finalmente. Io sono felice di averti incontrato. Non fare che non sia cosě anche per te. Mai.

 

Ha ragione lui. Ha sempre avuto ragione lui.

Quanto sei cretina Silvia. Sei diventata una sentimentalista del cavolo!

Colpa di Matteo e le sue commedie strappalacrime. Devo dirglielo!

Ora vai a casa, ti fai bella e festeggi i tuoi successi come tutte le persone normali farebbero.

Non puoi piangere in un giorno cosě. Devi dare qualcosa a te stessa, te lo meriti e lo sai.

Lui lo ha sempre saputo, infondo. Ti ha scoperta. Ti ha guardata dentro. Senza rinunce. Si č buttato.

Non fare che il vostro amore sia stato inutile.

 

Non lo farň.

 

Infila le mani in tasca e prende le chiavi della Micra sgangherata di Matteo.

Stringe forte il pugno, agguantando la forza di schiodarsi di lŕ.

Noi donne siamo strane. Aggiustiamo, disfiamo, sistemiamo e poi buttiamo tutto all’aria; lasciamo uomini che pensiamo non siano alla nostra altezza e ci mettiamo con chi magari č alto ma solo in questione di centimetri.

Uccidiamo i secondari e sposiamo i principi che per principio non sono nobili.

Voltiamo le spalle a un amore grande perché un grande amore (passato) ci reclama.

Eh sě.. a volte siamo strane. E Silvia adesso fa parte della categoria “a volte” perché prima di dare gas guarda quel portone e si immagina ancora una volta uscire di lŕ con il suo bel sorriso come accessorio migliore.

 

 

Intanto, dall’altra parte della strada Claudio sopraggiunge con il fiatone e i capelli neri lucidi di sudore.

Arriva svelto e nota subito quella macchia grigia infondo al viale e la folta chioma bionda dallo specchietto retrovisore.

Basta Claudio per oggi hai avuto giŕ la tua dose… ride, staccando le chiavi dal moschettone.

Un post-it giallo fluo cattura la sua attenzione.

Ancora quella calligrafia. Scordarla č impossibile.

Emozionato lo tira via di fretta.

Sorride ancora per quel messaggio diretto e stupendo nella sua semplicitŕ.

Istintivamente si affaccia ancora sulla strada, ma della macchina non v’č piů traccia.

Era lei. Sospira. A volte il destino fa brutti scherzi.

O magari aiuta. Perché in questo preciso istante il cuore č un battito d’ali impazzito.

 

”Ah, bentornato dottore. E’ passata una signorina che mi ha chiesto di lei.”

“Grazie Arturo, l’ho vista. E’ Silvia se la ricorda?!”

“Era Silvia? Oh sono diventato bacucco o proprio č cambiata tanto.”

“Dice?!”

“Sembrava molto triste.”

 

Un altro tuffo al cuore. E dai Claudio smettila o ti farai venire un infarto.

Non sei il suo eroe e nemmeno il suo salvatore. C’č stato un tempo, forse, in cui ti ha permesso di esserlo, ma quel tempo č scaduto e lei č l’adulta-ragazzina piů in gamba che conosci. Sa badare a sé. Ma il problema č.. chi le č accanto sa fare altrettanto?!

Il pensiero gli brucia lo stomaco. Inspira, scuote la testa e si ordina di non pensarci. Non sono affari suoi.

Se fossi un eroe, non l’avrei lasciata andare via.

 

*

”Ah, questo č perfetto.”

“Lo č davvero. Un pezzo unico nel suo genere. Vede come sono intarsiati i diamanti?!”

 

Il commesso č impaziente di chiudere la vendita.

Il suo piede tremola al di sotto del banco. E’ quasi ora di chiusura e questo cliente esigente rischia di far saltare tutto.

Muove sinuosamente le mani attorno al gioiello invocando la luminescenza dei suoi intagli perfetti.

Dirige con maestria leziosa la luce e ci gioca come un incantatore con il serpente.

Il cliente ci casca irrimediabilmente.

Pochi preamboli, il ragazzo annuisce soddisfatto e sparisce nel retro con carta, nastri e un cofanetto rosso porpora.

 

In amore il gioco vale la candela.

E a volte rischiare fa parte di esso.

Per questo č piů che soddisfatto guardando il pacchetto pomposo che stringe fra le mani.

Non c’č ancora una proposta. E chissŕ forse nemmeno un sě.

Ma sa che deve rischiare.

Ha giŕ perso tutto una volta.

Cosa potrebbe esserci di tanto peggio?!

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


ťaLeave to meať

 

 

Ringrazio davvero tanto Maryesse e Alice_Evans.

Ragazze mi avete fatta felice!

Maryesse: Tu sei stata la prima a lasciarmi una recensione e io ti adoro per questo! ;) Ho ascoltato la canzone. Bellissima e perfetta, hai ragione!

Alice_Evans: mi piace molto scrivere in prima persona e sono contenta che ti piaccia il modo in cui lo faccio :D Non ho intenzione di mollare questa storia fino alla fine, ora che l’ispirazione č una valanga aggiornerň prestissimo! Grazie per le due ore e un quarto che ti ho rubato ;)

Un abbraccio forte ragazze.

E uno ai miei lettori silenziosi.

Lunadreamy.

 

Chap n.vm

 

 

”Che ne dici di questo?!”

 

Sandro con un sorriso sornione sventola sotto al naso di Claudio due inviti per un rinomato club.

Ne ha approfittato del buonumore dell’amico per sgattaiolare nel suo studio e prenderlo in castagna.

In realtŕ Claudio č un enigma.

Non si capisce bene come sta, ma immaginandolo fra le tette di qualche tardona del circolo, se non felice, almeno appagato!

 

”Dai mi sono lavorato per bene un hostess del ricevimento.. dice che ci sono anche delle sue amiche diciamo.. disponibili.”

“Escort?!”

“Mamma mia Claudio come sei preciso! Intrattenitrici, escort, che te frega basta che ci stanno, no?!”

 

Eh beh certo, avrebbe dovuto rispondere.

Alza le spalle e fa finta di niente. Torna alle sue carte e alla proposta di nuovo show da preparare.

Ma Sandro non demorde, gli va accanto poggiandogli una mano su una spalla.

 

”Vabbč dai al limite tu fai il guardone..”

“Ma che fai t’appoggi?! Guarda ti stupirň, vengo con piacere ok?!”

“Sai che piacere con quella faccia…”

“Ma perché che c’ha la mia faccia che non va?!”

 

Guarda Sandro in attesa di risposta.

Quello guarda verso il corridoio con il sorriso sornione e gli occhi a fessura; un’avvenente ragazza mora in tailleur passa ancheggiando e accortasi della sua presenza lo saluta con un risolino lascivo.

 

”Vedrai che mi ringrazierai!” Gli urla, sparendo dietro la mora infondo al corridoio.

 

Eh giŕ come l’ultima volta.

Quella volta lě, che ha conosciuto Silvia.

 

*

Olive, prosciutto e capperi. Mi sembra ci sia tutto.

Matteo č in cucina che spignatta con la farina e il resto delle cose che ha trafugato dal frigo.

Anni prima č stato anche cuoco. Nel periodo anarchico della sua vita, quando il padre lo ha sbattuto via di casa perché le sue filosofie zen, peace&love, non lo convincevano piů di tanto anzi si era convinto che suo figlio fosse un fattone hippie della peggior specie, si era visto costretto a cercarsi un lavoretto per mantenersi uno squallido monolocale in zona San Lorenzo. E lě, in una pizzeria dall’indubbio gusto e pulizia aveva imparato a spadellare e infornare. Per buona pace della donna che ha accanto che non sa cucinare nemmeno un uovo alla coque.

Silvia č in salone che spolvera a tempo di musica.

Lady Gaga sa lenire anche i dolori delle faccende domestiche, pensa, mentre balla con lo straccio e lo spruzzino in mano.

Ha i capelli legati che si agitano ai movimenti della testa, Matteo la guarda da lontano divertito.

Potrebbe essere questo il momento giusto.

Le va vicino con il mestolo stretto sotto al mento intonando il ritornello di “Edge of glory”, Silvia lo sente, si gira e sgranando gli occhi divertita prende a cantare anche lei, con le braccia alzate muovendole a destra e sinistra.

 

I’m on the edge of glory
And I’m hanging on a moment with you.

 

Sono sul baratro della gloria.

E sto aspettando un momento con te.

Ed č cosě infondo l’animo di Matteo.

Non puň piů voltarsi indietro. Non lo farebbe mai comunque.

E’ tempo di decisioni. Di svolte. Di portare la loro storia ad un livello successivo.

Ha paura, lo ammette.

Silvia č un mare di incertezze che trapelano dagli occhi vacui.

E infondo quegli occhi lo spettro di qualcosa perduto che l’anima vuole tenere attaccata a sé persempre.

 

 

”No! Non ti azzardare a toccarmi con quelle mani luride!”

“Oh, ma sta zitta!”

 

La prende di peso e si buttano sul divano.

Ride a crepapelle ed č bellissima, sudata e accaldata.

Poi la risata scema nel silenzio. Assordante. Lo guarda, sfinita ma sempre incerta.

Non hanno mai fatto l’amore.

Ed č sciocco pensarci solo adesso. E’ tornato da lei, fra le sue cose, ma non hanno mai fatto l’amore.

Hanno pianto. Hanno riso. Hanno passato interi pomeriggi in un abbraccio. Ma non hanno mai fatto l’amore.

 

”E se ci sposassimo?!”

 

Avrebbe dovuto trovare qualcosa di piů originale, lo ammette.

Ma un tempo tutto questo bastava per loro due; film, abbracci, risate… non voleva stravolgere la loro natura.

Erano giŕ troppo eccentrici. Sempre sull’orlo della follia. Perfetta, bellissima, loro.

 

 

”Mi sembra che il tentativo disastroso dell’ultima volta ammette che forse non siamo fatti per questo.”

D’un tratto la musica č un coro stonato.

Matteo si alza e mette fine alla verve di Lady G. non consona al momento.

Il silenzio perň.. fa piů rumore.

Silvia tortura con le dita il bordo del divano, gli occhi abbassati e il sorriso ricurvo.

Poi il grill del forno suona magicamente e si toglie da quella situazione di impasse, sparendo in cucina.

Apre il forno e con pazienza mette il cibo a riposare.

Spilucca un po’ di crosta da uno dei calzoni e lo guarda.

Matteo ha le spalle tese ma si affretta a parlare.

 

“Andava tutto bene..”

“.. finchč non te ne sei andato.”

 

Il ragazzo annuisce sconfitto, come aspettasse d’essere pugnalato.

Sono proprio un coglione. Chiederle di sposarmi. Che mi č saltato in mente?

Cioč.. č tutto sbagliato. Non č cosě che doveva andare.

Mi sarebbe volata in braccio, poco ma sicuro. E avrebbe riso di quel sorriso che solo lei ha.

Chissŕ, forse avrebbe versato anche qualche lacrima.

Ma non questo. Sě č tutto sbagliato.

 

Ok Silvia.. che hai?! Non ti sembra di esserci andata giů pesante?!

E’ che Matteo ha una percezione della realtŕ cosě incantata. E non lo sopporto.

Lo so io quello che ho passato. E’ un dolore che non si cancella.

Ma forse.. non č nemmeno quello.

Qualcosa, all’altezza del cuore, comincia a far male.

Una terribile sensazione, un tappo volato via dalla bottiglia e il liquido che si sparge ovunque.

Oddio Silvia.. guardalo bene.

Un tempo avresti saltato di gioia sentendolo pronunciare quelle parole.

Avresti chiamato Paola.. e poi tua madre.. e saresti giŕ andata in paranoia per il vestito e la data.

Un tempo ci sarebbero stati balli, coriandoli, fischi e risate.

Cosě come era stata la prima volta che ti aveva chiesto di sposarlo.

Tu e lui e la gente che guardava con ammirazione i due ventenni sicuri del loro destino, insieme.

Un tempo… che non c’č piů. Quei due sono andati via e al loro posto solo un pavimento di coriandoli ingialliti.

 

“Scusami. Non volevo. Scusami, non sei tu.. sono io.”

 

Esce dalla stanza trafelata e va in camera da letto.

Sigaretta. Adesso avrei bisogno di una bella sigaretta.

Di quelle che ti fanno calmare i pensieri.

Ma č una vita che non ne tocca una.

 

Da quando Claudio… Ehi aspetta un attimo! Vuoi vedere che…

 

Apre il cassetto con tutte le sue cose e sepolto fra rossetti, diari, fazzoletti eccolo lŕ.. il pacchetto di sigarette mezzo ammaccato del giorno della gita.. del giorno del suo compleanno. E’ in estasi, non ricordava di averlo custodito. Solo di aver promesso a se stessa che dopo il desiderio quella sarebbe stata la sua ultima sigaretta. Ma quel desiderio non c’era mai stato. Era stata cosě felice da non aver desiderato altro.

Tantomeno il suo veleno preferito.

Lo apre.

Matteo appare sull’uscio.

 

”Ehi.. č tutto ok, tranquilla.”

 

Lo ascolta appena.

La sigaretta del desiderio č lě che la guarda, fedele e immobile dal giorno che si erano incontrate.

Non č mai stata cosě felice di avere una sigaretta fra le mani.

Piega leggermente il capo verso Matteo… niente. Non sente niente.

Cosa ho che non va?!

E’ davvero la sigaretta? O soltanto.. Claudio? Puň essere lui?

 

Ok Matteo, non puoi piů tirarti indietro.

Non fare il codardo amico, falle questa benedetta domanda.

 

”Non mi vuoi sposare adesso.. o non mi vuoi sposare mai?”

 

A volte certe risposte arrivano chiare e tonde cosě come sono state formulate le domande.

 

”Matteo io non ti amo piů.”

 

*

Paola č intenta a rifarsi la manicure quando il cordless trilla dispettoso.

Sbuffa abbandonando la bottiglia di lacca rossa sul tavolo per accingersi a rispondere.

 

”Spero tu abbia un buon motivo per scocciarmi.. ho uno Chanel rosso che mi aspetta!”

“Parli in codice?!”

 

Decisamente dall’altro capo della cornetta non c’č Silvia, ma il timbro roco e sensuale di un uomo.

Quell’uomo.

Sandro.

 

”Ah.. tu.”

“Non mi aspetto chissŕ quali fusa, ma almeno ciao..”

“Ciao.. tu. Cosě va meglio?!”

“Sě. Ho una notizia buona e una cattiva.”

“Sentiamo quella cattiva.”

 

Mentalmente ripassa tutti i peccati capitali da lei commessi che lo includessero nella lista, convenendo che tutto ciň di immorale e poco etico avessero commesso insieme nullo sarebbe stato il confronto con una brutta notizia.

 

“Sono sotto casa tua.”

“Questa č decisamente quella buona..”

 

Ho giusto un completino nuovo impaziente d’essere usato. Usato e.. strappato.

 

”Non sono passato per “quello” che tu ci creda o no. Che fai mi apri?!”

 

Dopo qualche minuto Sandro appare alla porta piů bello che mai. Addirittura piů giovane.

I suoi occhi azzurro cielo spiccano sul volto leggermente abbronzato rendendolo oltremodo sexy.

Si inumidisce le labbra.. decisamente affamata.

 

”Devo preoccuparmi? La cattiva notizia riguarda i tuoi gusti sessuali?!”

“Paola resisterti č un peccato.”

“Mi piace il peccato.. vuoi da bere?”

 

Va in cucina ancheggiando vistosamente. Lei e il suo metro e sessanta.. rotondo e perfetto.

Sandro allenta la cravatta. Questa ragazza ha un che di selvaggio e misterioso che lo ha sempre affascinato.

Ritorna con due Ceres aperte.

 

”Insisto. Prima la cattiva.”

“La cattiva notizia č che voglio parlare appunto.. di Claudio e di Silvia.”

 

Le bottiglie entrano in collisione a mezza aria. Alla salute.

Sandro sorride e Paola lo ascolta; č tutto un fiume di parole, preoccupato che Claudio non sia piů lo stesso, che ride e si destreggia con le vittime che puntualmente gli rifila- per non fargli perdere l’allenamento ovviamente- ma che non lo vede entusiasta.

Di come si rintana nel lavoro, che ha addirittura riappacificato con la ex moglie, che da lě al monastero la via č breve.

Lei gusta la sua birra in assoluto silenzio e si ritrova a volergli bene.

Sarŕ anche un coglione. Ma č un coglione bellissimo e per di piů in pena per il suo amico.

Ecco, per un momento pensa proprio che si assomigliano.

A parte la coglionaggine, ovvio.

 

”Io dico che dobbiamo aiutarli. Quei due non sanno perdersi.”

“Ma perché anche Silvia..”

“Oh sě-sě. E’ proprio palese.”

“Beh se č cosě.. ho ancora la bella notizia.”

 

Infondo č giusto cosě.

Non si puň essere ragazzini a quaranta anni.

Quando il tuo migliore amico si innamora e magari l’etŕ non č proprio quella del primo amore.. se puoi aiutarlo, beh rinunci a qualcosa.

E rinunciare a delle mignotte autenticate, a tutte quelle tette e quei culi.. nel caso di Sandro č un gran sacrificio, ma ben disposto a farlo se di mezzo ci scappa che Claudio torni ad essere quello di sempre. Toh.. felice.

Per questo lo ha convinto a venire alla festa.

Perché sapeva che Paola non gli avrebbe detto di no, se avesse potuto.

Ed ora che il piano č in porto puň ritenersi soddisfatto.

Col senno di poi si sarebbe raccontato che almeno ci aveva provato.

..nel peggiore dei casi le escort avrebbero fatto il loro lavoro!

 

 

Dopo due birre, un fiume di parole e una maratona di sesso, Paola riemerge dalla doccia.

Il telefono suona distante; scava fra le lenzuola, i capelli di Sandro e lo trova sotto ai cuscini.

 

”Dobbiamo parlare!”

“No, io ti devo parlare.. ho fatto un casino. Vediamoci appena puoi!”

 

Guarda l’uomo abbandonato sulle coperte e ride.

Ci siamo, mima con le labbra.

 

*

”Ti prego, non dirmi che avevi ragione!”

 

L’appuntamento č da Mizzica, il siciliano piů buono di tutta Roma; urge la dolcezza di un cannolo piů del solito.

L’aspetta in uno dei tavoli appartati, stretta in una sciarpa multicolor e gli occhialoni piů grandi del viso.

Quando la vede la saluta con la mano. Un vassoio č giŕ pronto che l’aspetta.

Si sfila gli occhiali, gli occhi sono rossi e gonfi, sull’orlo del pianto.

Non le serve intuire che Matteo centri qualcosa.. il nocciolo della questione č un’altra.

E spera tanto di non sbagliarsi.

Se sull’amore non č ferrata, sui tradimenti, ripensamenti, chi ama chi.. sa tutto.

E la questione che non avevano mai fatto sesso poi… per lei, il campanello dall’allarme piů chiaro di tutto.

 

”E a che servirebbe? Tanto non mi ascolti comunque.”

“Mi sa che quella che non sa nulla dell’amore sono io. Tu ci hai visto sempre bene.”

“Uhm, dovrei sbrodolare nelle tue lusinghe ma… non avere mai avuto un uomo per piů di due settimane puň fare di me una che sa tutto dell’amore? Na.. č che tu ci metti il cuore, io ci metto il resto. Abbiamo punti di vista differenti.”

 

Era ovvio, ma non sbagliato.

Chi ama con il cuore č con quello che ragiona.

Chi non č direttamente invischiato, chi ama con il corpo o la testa č pronto a farsi domande e non accetta nessuna ragione che non ponga cervello e corpo al primo posto; le crociate dell’amore.. Paola le ha sempre chiamate cosě, non erano roba che l’appartenessero.

Per lei si riduceva tutto alla matematica. Io piů te uguale sesso. L’incognita? Forse amore. E cosě come per la matematica non vi sono opinioni, nemmeno per Paola, solo fatti.. e il fatto č che certamente per lei č cosě.

 

”Il mio cuore č multitasking.”

“Sě e la tua testa č mono neurone! Ma che dici! Come ti ho vista con Claudio, non ti avevo vista mai. Tu lo ami.”

“Sě.. lo amo. Ma forse č troppo tardi.”

“Non puoi dirlo se non tenti almeno una volta.” Sfila dei biglietti dalle tasche, li appoggia sul tavolo e le sorride. “Domani parteciperŕ ad una festa ed io sono come San Pietro, ho le chiavi per il Paradiso!”

 

Silvia la guarda sbigottita.

Paola ammicca e tira un agguato alla brioche che l’amica ha rimasto a penzolare nell’aria.

Senza nemmeno rendersene conto, comincia a piangere e ridere allo stesso tempo.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


ťaLeave to meať

 

 

Maryesse: piccola sorpresa per te ;) Grazie. Grazie. Grazie.

Alice_Evans: La tua recensione mi ha fatta ammazzare dalle risate XD

Niente fantasmi perň eh.. c’ho giŕ a che fare nella vita normale con morti viventi :D

 

Mie care ragazzuole e lettori silenziosi eccomi giunta al termine. Che faticaccia!!! XD

In realtŕ avrei voluto buttare giů una specie di epilogo ma.. credo di aver detto tutto il necessario e non vorrei annoiare nessuno.

Spero di non avervi deluso e che la storia alla fine vi sia piaciuta cosě come č venuta fuori.

Semplice. Forse con una trama giŕ vista. Ma spontanea. Dal cuore.

Ciao!

Lunadreamy.

 

Chap n.vn

 

Guarda a quello spazzolino divertito, come se infondo al baratro ci fosse almeno un po’ di speranza.

Il cimelio del loro rapporto č lě, l’anello di congiunzione tra l’avere una storia e.. “lo lascio qui, non si sa mai”.

Deve averlo sempre saputo. Ma la testa sente ragioni che il cuore non puň udire.

Per questo finisce nel cestino, insieme ai suoi sentimenti.

 

Si incrociano nel vialetto sotto casa, due ore dopo passate a fissare quel dannato aggeggio per denti.

E si maledice.

Forse qualche Dio non ha finito con noi. E’ cosě che risponderebbe Luciano Ligabue.

Ma l’amore conta, davvero. Conta eccome.

Silvia lo ha capito un po’ prima di lui che adesso non puň far piů nulla per rimediare ai suoi errori, ma puň lasciarla e lasciarsi andare, in memore di un passato che per quanto felice possa esser stato č passato. E non si replica. Questo viaggio in cui non si ripassa dal via.

 

Gli viene incontro sorridente, nemmeno lontanamente la maschera di cera del giorno in cui si erano rivisti dopo Londra.

Sembra sicura e forse lo č davvero.

Si ferma dinnanzi ai suoi occhi, pochi centimetri dal suo petto. Sa di buono.

Gli allunga una mano sulla sua e la incrocia, dita dentro dita.

 

”Mi dispiace.”

 

L’istinto di abbracciarla prevale sul buonsenso del.. ti farai solo male. “Hai ragione tu, se non me ne fossi andato, forse da questo vialetto entreremmo insieme. Ma la vita č adesso.. perciň niente scuse.” Le parla nell’orecchio come quando per farla divertire le raccontava le favole a modo suo, inventando i finali, sconvolgendo i personaggi. Tutto questo sembra familiare eppur terribilmente estraneo. Le mani passano sulle spalle e delicatamente l’allontana un po’. ”Giurami solo che si prenderŕ cura di te.”

 

Annuisce con il capo. Non ha parole per descrivere quel momento.

Matteo era stato qualcosa di piů. Sempre. Un ragazzo speciale. Un amico. Poi un amante.

E aveva giŕ capito tutto.

Forse č vero, alcune anime non sono predestinate.

Fanno un giro nella tua vita, deviano percorsi, cambiano strade, ma non ti appartengono per l’eternitŕ.

L’eternitŕ, appartiene all’amore.

 

*

Entra in macchina e le sorride ancora una volta.

E’ lontana, ma č ferma sui ciottoli lě dove l’ha lasciata, che lo saluta con la mano.

Accende la radio e da una stazione a caso rimbombano note che subito lo catturano.

Resta appeso a un filo, poi si volta ancora verso la sua direzione.

Flash di foto, occhi, sorrisi e baci si accavallano nella sua testa.

 

Riesco a sentirle dire ti amo come se fosse ieri.
Un giorno ho pensato di poterla vedere con il suo papŕ al suo fianco. E i violini avrebbero suonato arrivando la sposa.

 

Mette in moto di fretta. Sente che arriva. Saluta anche egli ma con il viso girato dall’altra parte.

Sfreccia su via Nomentana e gira al primo vicolo senza pensare, incanalandosi nello sterrato fuori strada.

Spegne i motori, tira indietro il sedile finchč i suoi occhi non mirano al tettuccio.

Qualcosa di caldo, umido e appiccicoso gli bacia la guancia.

 

Qui arriva l'addio, qui arriva l'ultimo momento. Qui arriva l'inizio di ogni notte insonne.
La prima di ogni lacrima che verserň.

Rascal Flatts, “Here comes goodbye”.

 

*

Ci sono notti che vorresti non finissero mai.

E ci sono notti invece che piů supplichi Morfeo di abbracciarti, piů ti ritrovi a contorcerti nei pensieri.

E a guardare delle pareti che sono sempre le stesse.

A stringere lenzuola, forse piů fredde.. dato che dormi sola.

Sua nonna, da piccola, le raccontava delle storie talmente vivide che la sua fantasia ne usciva stanca e assonnata e adesso- ci pensa bene- vorrebbe indietro quelle favole, perché la realtŕ ha tutto un altro sapore. E fa schifo.

Una notte di due settimane prima aveva stilato una lettera di presentazione per la nuova testata- qualcosa tipo da questo dipende il tuo futuro- e una volta spento il pc aveva dormito per otto ore filate come un neonato, senza uno scossone, una domanda, alcun turbamento.

Pensava a Claudio. E non aveva fatto altro per tutto il giorno.

La notte.. era solo una scusa.

 

Non riesco a dormire, scrive in un sms a Paola. Ma la pazza non le risponde; guarda l’orologio, nel mentre scoccano le due.

Conta le pecore.

Infila la testa sotto al cuscino.

Canticchia una ninna nanna con la speranza di auto addormentarsi.

Niente. Allora si mette sdraiata di schiena ed apre i cassetti dei ricordi “Claudio”; lentamente, come in un film in bianco e nero scorrono dagli occhi le immagini della festa a casa di Marta, la mattinata in Via del Corso, l’improvvisata al suo ufficio dove lo ha baciato per la seconda volta, Riccione e le cene romantiche, il suo compleanno.. fare l’amore.

Il suo cellulare si illumina nel buio.

Ma Silvia con gli occhi umidi di lacrime.. dorme. A volte la serenitŕ non va cercata tanto lontano.

 

*

“Non avere paura sorella. Ci sono io con te! Anche se a volte mi faccio paura da sola.. puoi usarmi come salvagente. Di nuovo! Ho deciso, devo farmi un uomo! Devo portare la nostra relazione ad una situazione di equilibrio, non č giusto che sia solo tu ad angosciarmi! Ok sulla seconda sono poco seria.. ma sulla prima seria senza ombra di dubbio. Sono con te. Buonanotte e dormi!”

 

Sorride leggendo la risposta di Paola.

Resta accoccolata fra le lenzuola tergiversando sul da farsi.

Deve lavarsi, vestirsi ed andare a lavoro.

Dopo aver lavorato deve passare in tintoria a ritirare delle cose dimenticate lě da secoli, tornare a casa e prepararsi di nuovo.

Scegliere un vestito- se necessario accorrerebbe anche in pigiama- truccarsi quanto basta a cancellare la notte semi-insonne e.. cercare di infilare fra tutto ciň il coraggio ora misto alla paura e un po’ meno il pensiero acuto di Claudio.

Una passeggiata… e che ci vuole?!

 

*

Claudio ha la giornata libera.

Pensa a New York e a quella proposta per un lavoro teatrale.

Quattro mesi nella lontana America e la possibilitŕ di lavorare con artisti emergenti č un esperienza che comincia a solleticarlo e non poco considerando che per la prima volta dopo tanto tempo si sente con la coscienza serena, libero da ogni impedimento e in certo senso risolto come uomo; Niccolň č ormai un uomo indipendente dai suoi genitori ed Eliana dopo un po’ di autocoscienza- e una condanna di lui per frode fiscale ai danni dello stato- ha mollato per direttissima Giorgio l’invertebrato-mica-tanto.

Fra loro le cose vanno molto meglio, adesso.

Quella chiacchierata a cuore aperto dopo avergli riconsegnato la lettera, ha fatto di Eliana una donna nuova ai suoi occhi.

Per cui diciamo che non ha nulla altro di irrisolto. A.. parte lei.

Ma lei č lontana col pensiero. Ed appartiene ad un uomo che non č lui.

 

”Sono quattromiladuecento euro adesso, piů spese.”

 

Clara, sua grande amica non che segretaria delle risorse umane, gli sventola sotto al naso alcuni preventivi.

Fa spallucce portandosi la tazzina del caffč alle labbra.

 

”Passa tutto alle note/spese e dě che resto a disposizione.”

“Quindi accetterai?!”

Annuisce guardando lontano. “La grande mela.. deve essere proprio eccitante.”

Lei infila tutto in un faldone grigio sorridendogli. ”Mi chiedevo.. chi prenderŕ il tuo posto mentre sarai via?!”

“Qualcuno di estroverso. Poi vediamo.. ovviamente geniale, simpatico spero per voi e..”

“.. nessuno sarŕ come te, Claudio.”

“.. lo so!”

 

E ridono insieme complici, mettendo da parte il lavoro per un po’, concedendosi quattro chiacchiere da amici.

Poi si scusa per i mille impegni, la saluta e se ne va.

In macchina prende il cellulare e compone il numero di Sandro.

 

“Tieniti forte.. ma sei solo?!”

”La parte superiore del mio corpo sě.. quella inferiore…”

“Ok, ok lascia stare, scemo io che te le chiedo ancora certe cose! Devi essere per mezzogiorno in direzione. Mezzogiorno, hai capito? Sii puntuale e fammi fare bella figura.”

“Dovrei capire di cosa parli?! Che vogliono da me in direzione?!”

“Conoscere il nuovo direttore per la fotografia.”

 

E non gli lascia il tempo per controbattere, aggancia e sfreccia via verso il futuro. Verso New York.

 

*

“Ma sei sicura che sia questo il palazzo?!”

 

Dopo aver passato tre quarti d’ora imbottigliate nel traffico del lungo Tevere, parcheggiano la macchina in un viale sterrato poco lontano dall’Olimpico; Paola lotta con il navigatore e “la voce da stronzo” che gli ha impostato mentre Silvia si tortura le mani nell’impazienza.

Alla fine di tutto ha optato per la semplicitŕ.

Non avrebbe voluto odiare un bel vestito solo perché questo era stato indossato nella peggior serata della sua vita.

In caso contrario.. avrebbe riso, ciň che contava era l’amore. Era Claudio.

E i suoi sentimenti. Ecco č con quelli che andava vestita. E si sentiva benissimo.

 

“Sei tu che non sei voluta passare per ponte Milvio! Se vi rimettete insieme, giuro che sparisco!”

“E se non fosse cosě?!”

“Mi suiciderň con te, tranquilla…”

“Ah grazie tante.”

“Di niente. Allora, come sto?! Sto bene vero.. questo vestito mi fa un sedere da urlo!”

 

Alza gli occhi al cielo e la trascina dentro.

Dalle scale proviene della musica, seguono quella e finiscono ad un quinto piano poco illuminato.

La luce dal soffitto traballa e oltre alla musica non proviene alcun rumore tipico da chiacchiericcio.

Ansia…

Un uomo alla porta le riceve prendendo i cappotti, indica loro una sala principale, il tavolo con i cocktail e sparisce.

La sala č piena di gente che vocifera fitto. Gente composta. Troppo…

Cercano subito fra la folla visi familiari ma a dire il vero fra gli attempati che attendevano di questi non ne riconoscono nemmeno uno.

 

“C’č qualcosa che non va...”

“Sono tutti vestiti di scuro…”

 

Un ragazzo biondo nel passare le urta. Paola sfoggia un sorriso a trentadue denti e gli si piazza davanti.

Silvia la tira in malo modo. “Ti prego fa la seria e vedi di trovare Sandro!”

Non se lo fa ripetere due volte, si gira verso il biondo guardandolo con occhi da cerbiatta.

 

“Perdonami, cercavamo Sandro. Lo conosci?! Dovrebbe aver in mano lui l’organizzazione della cosa, io sono Paola.”

Il ragazzo le sorride. “Un organizzazione imprevista.. a quanto pare. Comunque č di lŕ, nell’altra sala. Non siete del giro, non č cosě?”

“Ehm non proprio, ci ha imbucate lui.” Da una gomitata al tipo e prosegue. “Perň se vuoi introdurmi tu.. ti lascio il mio numero.”

Gli fa l’occhiolino ma Silvia la tira via in malo modo decisa ad attraversare a grandi passi il salone principale per andare a controllare l’altra sala, dalla quale arriva la musica udita per le scale.

Ha il cuore che č un tamburo impazzito.

Una sola parete e lo rivedrŕ…

 

Restarci stecchite forse sembrerŕ inopportuno e poco carino.. dinnanzi al feretro aperto che campeggia al centro esatto della sala.

Sono ad una veglia funebre. E disteso fra candido tulle bianco a mani giunte se ne sta un certo Alessandro Moreschi.

E non hanno la ben che minima idea di chi sia.

Si volta lentamente verso l’amica; non sa dire se ha piů voglia di piangere, mettersi ad urlare, ammazzarla o magari fare tutte e tre le cose insieme, perciň diciamo che se ne resta impalata come un ebete.

La loro presenza non passa inosservata e quella che ha tutta l’aria di essere la vedova Moreschi le avvicina confortandole.

 

“Temo di non conoscervi mie care.”

“Siamo.. nuove nel giro.” Paola si affretta a rispondere mettendo su una maschera di sconforto perfetta. “Una persona squisita.”

Silvia annuisce energicamente con il capo, allora la signora le invita ad unirsi al cordoglio e ai canti; quando si volta, le due si stringono vicine.

 

“Io lo trovo macabro.. cantano i morti. Ti prego andiamo via..”

“Le intrattengo, tu trova una via di fuga.”

”C’č un terrazzo, lŕ.” Silvia indica con il mento una porta finestra. “Ti prego mi viene da vomitare…”

 

A passi lenti e incerti si avvicinano alla bara, ma pochi istanti prima del confine Paola scoppia in un chiassosissimo pianto, accompagnato da pacca sulla spalla della vedova ed energici no con il capo, tanto che la donna visibilmente dispiaciuta ed in imbarazzo le congeda; le ragazze sgattaiolano via in tempo record attraversando la porta a vetri per il terrazzo, gettandosi a capofitto nella notte buia di Roma.

Una volta fuori boccheggiano a pieni polmoni e riprese le funzioni vitali Silvia si butta sull’amica, fumante di rabbia.

 

“Dove cazzo mi hai portato! Ti odio! Ti odio!”

 

L’altra ancora in debito di ossigeno si copre la testa dalle smanacciate dell’amica.

Purtroppo perň, trovando del comico in praticamente tutto ciň che la circonda, scoppia a ridere a crepapelle; Silvia la guarda seria, poi piano-piano inizia a sciogliersi e si sente male al pensiero che una scena cosě tragi-comica poteva viverla solo con lei e che era felice ci fosse nella sua vita, perché era speciale, era la sua migliore amica. E bisognava ridere per questo.

 

“Paola sei tu?!”

 

Una voce familiare le raggiunge dal terrazzo affianco; si voltano di scatto, Sandro č la che le guarda divertito.

Ancora piů pallide si guardano e si ridono di nuovo.

Poi degli occhi verdi sbucano dal nulla della visuale di Silvia.

Gli occhi verdi piů belli e intensi che avesse mai visto.

Claudio.

Ed č esattamente a poche spanne da Sandro con una bionda e una rossa che lo tengono avvinghiato; Silvia ringhia, con lo stomaco in fermento, le gambe improvvisamente molli, ha l’impressione di sprofondare pur essendo ancora in piedi e rigida. Lui la guarda stupefatto, quasi sussulta. Slega le mani intorno ai fianchi delle due e abbassa leggermente lo sguardo, colpito e imbarazzato.

La situazione di per se ha un che di comico, ma Silvia si sente come un peperoncino nella puttanesca.

E a proposito di puttanesche…

 

”Chi sarebbero queste?!”

 

Si porta la mano al fianco e fissa il trio con aria sardonica.

Paola ringhia alle sue spalle tipo mastino pre-incontro, Sandro dalla sua sogghigna come un ragazzino che ha rubato le figurine all’amico.

Le stangone risentite guardano subito Claudio, che per un attimo ha tutta l’attenzione catturata su di sé.

 

”Come vi chiamate? Ero preso da altro.. che scortese non ve l’ho neanche chiesto.”

 

Le due si guardano fra loro lascive, poi tornano su di lui. “Monica e Ludovica.” Poi la bionda osa. “Ma questa chi č la tua ragazza?!”

 

”Sě sono la sua ragazza.”

 

E accade l’inimmaginabile. Silvia si arrampica sulla ringhiera per le piante rampicanti che separa le due terrazze cercando di passare dall’altra parte sui gridolini eccitati di Paola e le preghiere di Sandro perché non si spezzi le ossa del collo. “Saluta le due veline amore, prima che la tua ragazza venga a fargli il culo..” Claudio divertito annuisce alle due che sbuffando lo spingono. “Si ciao..” E vanno via puntando il prossimo pollo.

”La tua ragazza eh.” La cinge per i fianchi, aiutandola a ridiscendere; si ritrovano occhi negli occhi con le mani ancora saldamente su di lei.

”Ti ho salvato da una prestazione costosa.. se non te ne fossi accorto.”

“Oh no, me ne ero accorto eccome.”

 

Ride e Silvia gli molla una gomitata nello stomaco.

Dio quanto č bello. E quanto mi č mancato.

Annusa l’aria intorno e ritrova il suo odore cosě familiare, sicuro.

Sembrano passati dei secoli dall’ultima volta che si erano visti.

Poi perň.. ci sono odori che ti ricordi persino dopo un'altra vita.

E gesti che nemmeno il tempo puň impedire di essere compiuti, per questo Silvia si abbandona alle sue braccia senza pensare.

 

”Mi sei mancato.”

“Anche.. tu.”

 

Claudio č un vortice di emozioni; gioia, paura, felicitŕ, paura.. paura, che non sia vero.

L’abbraccia forte saldando le braccia contro la sua schiena.

E si rende conto che i mesi passati a scorticare l’anima per mandarla via, sono valsi a niente.. per un momento come questo.

 

”Posso sapere cosa ci fai appesa a una ringhiera?! Ovvio, oltre molestare il sottoscritto..”

“E dai, come se non lo sapessi.”

“Ti giuro che non so nulla.”

 

Silvia torna con lo sguardo fisso al suo; non ci crede neanche un po’, ma ammette che gli ha reso le cose semplici, fornendogli un assist perfetto.

Mentalmente aveva tutto un discorso preparato, ma avvio, quando suona il campanello chissŕ com’č la memoria va all’aria.

Cosě tossicchia per schiarirsi la voce e allaccia le mani nelle sue.

 

”Io ti devo chiedere scusa. Ma non scusa una volta sola.. tante. Scusa per non aver creduto in noi. Scusa per essere scappata via. Scusa per averti spinto al limite e poi lasciato solo. Scusa se non ti ho piů richiamato. Scusa.. non ti ho neanche ringraziato come si deve. Scusa se ho capito tardi che stavo sbagliando e scusa se ti amo e te lo sto dicendo solo adesso. Io ti amo Claudio.”

 

My love, leave yourself behind. Beat inside me.

Amore mio abbandonati. Batti dentro me.

 

La cosa positiva di certi circoli abbienti č.. niente.

Qualche volta perň c’č un eccezione. La musica. Sempre molto soft, ma di buon gusto.

Come Siae che in questo momento dalla filodiffusione espande le note di My love e Claudio non ha altre parole se non quelle.

Sente il calore pulsare nelle mani, un tremolio, una scossa che lo rende vivo.

Stavolta ha capito bene.

Lo ama.

 

”Io ho sempre creduto in te.”

 

My love, look what you can do. You took my hand added a plan.

Amore mio, guarda cosa puoi fare. Hai preso la mia mano, avevi un piano.

 

”Spero solo non sia troppo tardi.”

“Io.. ti aspettavo, sai?! Ma non ti aspettavo come si aspetta qualcosa di scritto. Guardati Silvia, sei incredibile, sei la persona piů imprevedibile e incredibilmente incasinata ma.. ero certo che saresti arrivata. Non so come, non so quando. Sapevo. Ma stavolta ho fatto qualcosa di piů, sono andato avanti e non intendo piů guardarmi indietro, mi sono abbandonato. Come mi hai insegnato tu. Ora te lo chiedo io.. vuoi abbandonarti a me, senza ritegno, senza contegno, senza.. piů paura?!

”Si!”

“Alle mie condizioni?!”

“Sě!”

“Preparati allora… si va a New York.”

 

Lo guarda stralunata. Ma come sempre da quando la conosce gli balza fra le braccia e si fa baciare.

Un bacio appassionato. Voluto. Fremente d’amore.

Un bacio che significa eccomi. Ci sono. Andiamo.

Andiamo…

 

 

L’amore fa paura.

Ed č giusto che sia cosě.

Non bisogna mai accontentarsi del vivere. Bisogna cercarlo ovunque. Ovunque si trovi.

L’amore non ha barriere impossibili da superare.

L’etŕ, il colore della pelle, la lingua… l’amore parla una sola lingua e ha un solo colore, in piů č sempre giovane!

L’amore č qualcosa di prezioso che tutti noi abbiamo dentro.

A volte ci sembra abbia una combinazione criptica.. ma a questo mondo esiste chi ha la chiave per noi.

Non si č mai soli quando si ama.

Chi ama si abbandona. Abbandonarsi č vivere l’uno dentro l’altro.

Tutto muore. Ma l’amore no. E chi ama vive in eterno.

 

Fine.

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