Homo Homini Lupus -l'uomo è un lupo per l'uomo- di The Cactus Incident (/viewuser.php?uid=124153)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Homo Homini Lupus -l'uomo è un lupo per l'uomo- ***
Capitolo 2: *** Pt 2 ***
Capitolo 1 *** Homo Homini Lupus -l'uomo è un lupo per l'uomo- ***
Teen wolf OS
*eh-ehm… Unoduetre… prova prova*
Popolo di efp, mi sono intrufolata anche in questo fandom.
No, non vi libererete mai di me.
Non aspettatevi
chissà cosa da questa OS, ma mi era venuta voglia di provare una
Sterek con fem!Derek che per l’occasione si chiamerà
Kendra (era la cosa più vicina che sono riuscita a
pensare….. visto che DerekA suonava proprio di merda, mi sono
tuffata su un anagramma un po’ “appezzottato”) e io
me la immagino COSI' (cliccate)
Ambientato dopo l’attacco degli alpha.
Buona lettura
Homo Homini Lupus
-l'uomo è un lupo per l'uomo-
They can keep me out
‘Til i tear the walls
‘Til I save your heart
And to take your soul
For what has been done
Cannot be undone
In the evil’s heart
In the evil’s soul
Ero nella mia Camaro, e aspettavo.
Mi ero pulita
gli occhiali da sole fino a consumare le lenti, controllata le unghie
fino allo schifo. Continuavo a smaltarle anche se poi finiva sempre per
rovinarsi in men che non si dica. Non so, magari era un modo come un
altro per falsare normalità, credo.
Anche per quello mi presentavo sempre molto presto davanti scuola, anche due-tre ore di anticipo.
Lo smalto, un po’ di tempo per pensare a quello che ne stavo facendo della mia assurda esistenza.
In effetti ero una creatura che ufficialmente non esisteva.
Una roba da filmetto splatter o per giovani adolescenti arrapati, cose da leggende e film horror….
Eppure esisto, strano ma vero.
E ho stravolto la vita di parecchie persone, un po’ trascinata dagli eventi, un po’ per mia volontà.
Il cammino della santità proprio non è proprio per me, ammettiamolo.
Sono una creatura dannata, una macchina per uccidere, un predatore……
Eppure eccomi
lì, ad aspettare davanti a un liceo mentre guardavo lo smalto
appena asciutto di una bella tonalità di nero intenso con i
riflessi viola.
Si, Kendra Hale mette lo smalto, qualche problema?
Ho una
collezione di giacche di pelle, una Camaro e lo smalto, non credo sia
un reato. Di tutto quello che ho combinato, proprio non mi si deve
rinfacciare questo.
Beh, almeno la
minaccia degli alpha era stata tolta di mezzo e la vita a Beacon Hills
aveva ripreso un corso apparentemente tranquillo, cosa che non avveniva
da quando il caro zio Peter aveva fatto fuori mia sorella.
Diedi anche una controllata alla mia chioma corvina, per controllare eventuali doppie punte che non avevo.
Mi stavo annoiando, come al solito, eppure mi ostinavo a presentarmi con largo anticipo.
Insomma, adesso lo andavo anche a prendere a scuola.
Già era perverso il fatto che fosse più piccolo di me, adesso lo andavo a prendere anche a scuola.
Che caduta di stile Kendra, davvero.
Adesso dovrebbe vedermi Laura, mi avrebbe come minimo aperto la gola con i denti.
“Dee Dee
Dee, che brutta fine che hai fatto” avrebbe bofonchiato con la
sua voce canzonaria, chiamandomi col nomignolo che più odiavo.
Mio Dio, ero imputabile per pedofilia! Come se lo sceriffo Stilinski non mi avesse già inquadrato abbastanza male…
Insomma,
arrestata tre volte (ma poi sempre scagionata) per omicidio… ci
manca solo una denuncia per pedofilia e circuizione di minore,
dannazione.
Eppure eccomi qua, ero andata a prenderlo. Di nuovo. E Stiles sarebbe uscito fra un’ora e mezza.
La nostra storia non era una buona cosa, per nessuno dei due.
Lui era un umano
petulante, minorenne, fragile, con frequenti istinti suicidi e
completamente privo dell’istinto di sopravvivenza.
Ed era minorenne, dannatamente minorenne.
Dio, come se non avessi già fatto abbastanza danni in tutta la mia vita….
Ma, dannazione,
lui mi ricordava tutto quello che mi era stato strappato via:
l’adolescenza, quel pizzico d’ingenuità avanzata
dall’infanzia e la classica idiozia adolescenziale.
A me era stato tolto tutto questo quando Kyle Argent mi aveva fregato.
E mi aveva fregato per bene, davvero.
Lo sapete bene, cosa era successo, non c’è bisogno che io ve lo ricordi.
E, fra
l’altro, non credete che essere un mannaro in un posto come New
York sia semplice. Ogni volta che io o Laura perdevamo le staffe
bisognava spiegare a tutto il vicinato che il nostro cane era andato
fuori di testa.
Avevamo comprato
un cane solo per questo, pure bello grosso, si chiamava Derek. Era un
alano blu bavoso e tranquillo e sinceramente non so il perché di
quel nome, ma a me piaceva.
Mi buttai i
capelli dietro una spalla e accesi lo stereo. Partì un cd
orribile che aveva fatto Stiles, ma non avevo nemmeno voglia di tirarlo
fuori.
Era tutta roba stupida, io ero per un genere un po’ più….. massiccio, diciamo così.
Quando
arrivò a una strana canzone di Bon Iver, mi scocciai e lo tirai
fuori, mettendone dentro uno dei Five Finger Death Punch.
Frugando nel cruscotto ne uscì anche un cd di musica francese.
Buon Dio, quanti anni erano che quel reperto stava lì?
Doveva essere un
avanzo del mio ex, Alain. Francese, gran pezzo di figo, il problema era
che aveva l’aria tenebrosa e scocciata quasi quanto me e insieme
sembravamo due cadaveri che camminavano.
In più
aveva una detestabile “R” moscia (e non francese, proprio
moscia) e quando pronunciava il mio nome sembrava un rantolo orribile.
E poi era troppo pieno di sé.
Aprii il finestrino e lanciai fuori il cd con molta nonchalance.
Continuai ad ispezionare il vano portaoggetti ma non saltò niente di eclatante.
Altri cd, un
pacco di preservativi mezzo vuoto, qualche penna, un blocchetto,
fazzoletti di carta, i documenti dell’auto… roba da
cruscotto, per intenderci.
C’era anche un apribottiglie, ma sono dettagli. Che poi come ci era finito un apribottiglie?
Stesi le gambe sul sedile del passeggero e col dito lisciai un graffio sulla pelle del seggiolino.
Ero lì, per Stiles e mi sentivo dannatamente stupida e vulnerabile.
Era un punto debole, quel ragazzino logorroico.
Quel ragazzino speranzoso, pronto a tutto per gli amici e per un branco a cui nemmeno apparteneva, ma di cui ormai faceva parte.
Lo ammetto, lo
avrei ucciso diverse volte in più e più modi. In alcuni
casi davvero ero stata a tanto così dal farlo secco….. ma
poi era successo qualcosa.
E’ sempre difficile spiegare l’esatto momento in cui una rottura di coglioni, smettere di essere solo quello.
Sarà
stata la dedizione con cui si dedicava a una causa non sua,
l’avermi tenuto a galla in una cazzo di piscina o forse prima,
col cazzotto che mi tirò quando Kyle mi sparò con quella
schifezza, non saprei, ma qualcosa cominciò a cambiare. In me,
fra di noi.
La tensione era più di prima, diversa e dannatamente palpabile.
La vera
incrinatura pesante ci fu quando Gerard lo picchiò. Dopo un
iniziale moto ilare durato un decimo di secondo (perché andiamo,
un adolescente in pieno sviluppo che si fa picchiare da un ottantenne
è ridicolo), era partita un’ansia spaventosa.
Gerard Argent
poteva essere capace di tutto. Se era stato in grado di far ammattire
suo figlio e sua nipote, non si sarebbe fatto troppi scrupoli a far
fuori il banalissimo figlio dello sceriffo della contea.
Se solo
l’avesse fatto, però, i miei denti si sarebbero conficcati
ben più in profondità che nel braccio.
Se ne erano resi
conto tutti che c’era qualcosa fra me e Stiles, ma nel bel mezzo
dei casini dovuti al branco di alpha, metterlo in un pericolo di questa
maniera, non mi sembrava proprio il caso. Come se non ci pensasse
già da solo a mettersi nei guai.
Non sapevo
quanto sarebbe durata, quanto lui avrebbe potuto sopportare il mio
carattere… lunatico e tutta questa roba da lupi.
Lui alla fine
era un umano, poteva anche volere una vita normale… anche se
sapevo bene che lui ci godeva come un dannato a esser invischiato nella
nostra vita senza farne parte del tutto.
Era come se la
sua arma segreta fosse proprio la sua umanità. Forse aveva
qualche complesso d’inferiorità, ma su lui faceva
affidamento il branco più di quanto io stessa non dimostrassi.
E poi era importante per me.
E’
difficile da spiegare a parole. Era come se lui fosse la
personificazione di tutto quello che io non avrei mai potuto più
essere.
Umanità? Non c’era mai stata.
Adolescenza? Bruciata. In tutti i sensi.
Gioia? ….. servono spiegazioni? Davvero? Sarei troppo infelice anche per un Dissennatore.
Si, so cos’è un Dissennatore, non infierite su quel poco che è stato della mia adolescenza.
Ma Stiles era lì, giovane e allegro…. Anche se sua madre era morta e suo padre non c’era praticamente mai.
Ma lui andava avanti, senza diventare un pezzo di ghiaccio, senza essere un mostro….
Credevo di aver
messo completamente da parte il mio lato umano quando mi era toccato
seppellire Laura. Non credevo che avrei più potuto qualche
emozione positiva, davvero.
Voi non sapete cosa vuol dire perdere il controllo di se stessi, diventare un animale.
Credo sia
paragonabile a una dipendenza, ma impossibile da combattere, con cui si
può solo convivere, imparare a domare, al massimo.
E’ come
essere una bomba a orologeria a cui mancano due secondi per esplodere e
che alla minima pressione esagerata rischia di esplodere.
E le bombe non sono mai una cosa buona, per nessuno.
Pensateci, nemmeno per la bomba stessa è una buona cosa. Che ne rimane dopo che è esplosa?
Schegge, qualche avanzo bruciacchiato. Oltre a tutti i morti che si è tirata dietro.
Essere un mutaforma è così.
Avere Stiles è come avere altri quattro secondi per riassopire l’ordigno prima che esploda.
Quattro secondi, ma bastano per tagliare il cavo giusto, posso assicurarvelo.
I miei quattro secondi. Un respiro e torno un po’….. umana, lucida.
Era questo il
maggior dono che mi faceva sempre. Bastava uno sguardo, un sorriso o
uno dei suoi infiniti sproloqui e ricordavo di essere umana anche io.
Di avere ancora
un cuore, da qualche parte, che oltre ad accelerare i battiti per la
rabbia, ogni tanto ne perdeva qualcuno per quell’umano strano che
in fin dei conti era il più normale di tutta la compagnia.
Stiles, il più normale. Già, vedi tu che razza di situazione.
Non sarei stata capace di dire se l’amavo, ma probabilmente vi ero molto vicina.
Come facesse lui a provare qualcosa per me, non mi era molto chiaro.
Ero
tutt’altro che brutta e di questo ne ero abbastanza consapevole,
ma partendo dal fatto che quando mi arrabbio mi spuntano le zanne fino
ad arrivare al fatto che è come se avessi il ciclo due volte al
mese, non riesco a concepire come un umano possa amare una come me.
E a quanto mi era parso di capire, nemmeno lui riusciva a spiegarselo poi tanto.
Ma adoravo il modo in cui mi guardava, che spesso riusciva anche a zittirlo, finalmente.
Il piccolo
ragazzo senza nome: non aveva voluto dire nemmeno a me come si
chiamasse sul serio. Inizialmente ero tentata dall’intrufolarmi
nella scuola o recuperare la sua patente e scoprirlo. Ero stata davvero
ad un tanto così dal farlo, ma poi avevo preferito rispettare la
sua scelta.
Almeno una, cosa che lui non faceva praticamente mai.
E a me andava bene, il mio ragazzo senza nome, l’ometto della ragazza-lupo.
Non suonava troppo male.
Buttai un occhio all’orologio sul cruscotto e tolsi le gambe dal seggiolino, rimettendomi seduta.
Per un po’ guardai lo stereo. Stiles odiava i Five Finger.
Motivo in più per tenere dentro il cd.
Tre… Due… Uno…
DREEEEEEEEEEEEEEEN.
Dio, quanto odio il suono della campanella.
Come al solito mi ero fermata esattamente davanti all’ingresso e come sempre tutto mi guardavano.
Mi piacevano gli ingressi in grande stile, che volete che vi dica.
Dopo un
po’ che stavo cominciando a sbuffare, riaccesi la Camaro e poco
dopo vidi arrivare Stiles e Scott e due si scambiarono due frasi
davanti alle porte.
“Allora pensi tu alla jeep?”
“Si, tranquillo”
“Grazie
Scottino” Stiles mollò le chiavi della sua auto in mano
all’amico e corse a infilarsi nella Camaro, scansando diversi
idioti che continuavano ad appiccicarsi alla mia auto.
“Dì ai tuoi amichetti che se trovo un solo graffio, levigherò la vernice con le loro lingue”
“Mi sei mancata anche tu”
Si
allacciò la cintura e aumentai i giri del motore di colpo, in
modo da terrorizzare tutti quelli che ancora non si spostavano.
Subito sgommarono tutti via e un ghigno beffardo si aprì sulle mie labbra.
“Certo che sarai una vecchietta acida che buca i palloni dei ragazzini davvero formidabile”
“Collezionerò
palle da baseball evidentemente. Adesso vuoi un bacio o preferisci
continuare a occuparti di quanto diventerò acida con
l’età?” dissi avvicinando il viso al suo, mentre
facevo un’inversione a U semplicemente perfetta.
“Beh, rimani comunque una dannatissima sour-she-wolf…. Però, Mio Dio guarda la strada!”
“Ssssh, sei noioso” dissi incollando le labbra alle sue.
“Se mio padre ti vede siamo morti” sospirò contro le mie labbra.
“Oggi non
è un buon giorno per morire, magari domani” bofonchiai
dopo avergli mordicchiato il labbro inferiore. Il ragazzo
mugugnò contro le mie labbra e infilò una mano dietro la
mia nuca.
“Stiles se proprio vuoi posso continuare, ma ci toccherebbe accostare, sai?”
“Non sembra essere una cattiva idea” sorrisi sulle sue labbra e mi allontanai.
“Fai il
bravo, ragazzino, non ho intenzione di essere arrestata ancora.
T’immagini poi se tuo padre ci beccasse in una situazione del
genere?”
“Dovrei
solo seppellirmi, probabilmente. Seppellirmi o fuggire in Perù.
O magari in Colombia, sotto il nome di Carlos”
“Non sai parlare spagnolo”
“E chi te
lo dice?” inarcai un sopracciglio e lo guardai. “Ho fame.
Ti va di mangiare qualcosa?” proposi preferendo cambiare
argomento.
“Si! Ho
voglia di waffles!” si mise a cercare nello zaino e alla fine si
lasciò sfuggire una bestemmia fra i denti mollando il povero
JanSport per terra.
“Ok, ho scherzato, niente waffles”
“Ok, pago io, spilorcio….”
“Non sono
spilorcio ho solo scordato il portafogli nella jeep. E se tu non
insistessi tanto a voler andare in giro con la tua auto, potremmo anche
usare la jeep”
“Mi rifiuto di farmi vedere su quella cosa. Ho ancora una dignità”
“Chi l’avrebbe mai detto” sospirai e accelerai leggermente. Lui guardò lo stereo e sbuffò.
“Ancora quei cosi? Davvero?”
“A me quei
cosi piacciono ok? E i tuoi cd sono una palla” sbuffò e
estrasse il cd dallo stereo. Alzai gli occhi al cielo, ma lo feci fare
ugualmente.
Inserì di nuovo quella palla che aveva masterizzato lui e andò alla numero nove.
Ok, questa era bella, mi toccava ammetterlo.
Non ricordavo
mai il nome del gruppo, ma la cantante aveva una voce pazzesca e la
canzone parlava di sette diavoli e di acqua santa.
“Abbassa, mi stai uccidendo” sospirai e lui sbuffò.
“Sei sempre la solita acida”
“Per questo andiamo a mangiare waffles, magari mi addolcisco”
“La vedo
difficile, avresti più bisogno della casa di pan di zenzero di
Hansel e Gretel affogata nello sciroppo d’acero e che galleggia
nel fiume della fabbrica di cioccolato con Augustus…”
“Ho capito ho capito! E poi a me quella favola non mi è mai piaciuta. Ho sempre preferito Cappuccetto Rosso”
“Sei
dannatamente banale. Perché non la Bella e la Bestia?”
bofonchiò e gli lanciai un sorriso lascivo.
“Perché
io sono entrambi, bellezza” lui fece la sua solita faccia tonta
che emtteva su quando mi guardava per davvero.
“Ah, lo so bene, non preoccuparti”
Rimase per un po’ in silenzio e la cosa mi preoccupò.
Se Stiles sta in silenzio non può di certo essere una cosa buona.
“Che succede?” chiesi abbastanza prevenuta.
“Siamo in primavera” cominciò. Non aveva molto voglia di parlare.
Brutto segno Kendra, brutto segno. Batti la ritirata ora che sei in tempo. Apri lo sportello e rotola.
“Quindi?” chiesi invece di fuggire fuori dal finestrino.
“Quindi a breve si concluderà l’anno”
“E allora?”
“E a breve ci sarà il ballo”
Dannazione.
“Bella merda” sbottai, felice come sempre.
“No, dico sul serio”
“In bocca al lupo, Stiles, visto com’è andata l’ultima volta” dissi facendo finta di non capire.
“Oh, piantala, hai capito dove voglio andare a parare”
“Oh, certo che no”
“Che non hai capito o che non vuoi venire?”
“Per quale motivo dovrei venire? E poi non posso, non frequento la scuola”
“Ma
l’hai frequentata, il ché ti permette di venire al
ballo” disse aprendosi in un enorme sorriso e guardandomi con i
suoi migliori occhioni da cucciolo.
Inclinai il viso di lato, affogando nella dolce tonalità ambrata dei suoi occhi….
“No” emisi secca e tornai a guardare la strada.
“Oh perché?”
“Perché
è al liceo, è pieno di adolescenti ubriachi e molesti, la
musica fa schifo e non ho un vestito”
“Si può rimediare”
“Stiles, per favore”
“Oh, andiamo, ho già preso i biglietti!”
“Tu cosa?! E quanto avresti speso?” mi liquidò con un gesto della mano.
“Non ha
importanza. Dai, ci sarà tutto il branco e saranno tutti in
coppia tranne me. E’ odioso fare il reggi moccolo, sai?”
“Vacci con Danny” dissi sarcastica.
“Gliel’ho chiesto, è impegnato pure lui” rispose il castano facendo finta di essere serio.
“Oh,
questo si che è un dramma. E non c’è nessuno dei
tuoi numerosissimi amici pronto ad andare con te?” dissi mettendo
in fuori il labbrino.
“Dee, ti
prego! Ti lavo la Camaro fino al diploma! Perfavoreperfavoreperfavore!
Giuro che la smetterò di farti cd mosci, come li chiami tu e
butterò la felpa rossa, ma ai la brava e vieni”
Rimasi a lungo in silenzio, godendomi la sua faccia supplichevole.
“Se la smetti una volta per tutte di chiamarmi Dee e magari aggiungi anche la lucidatura, ne possiamo parlare”
Mi
afferrò il viso e baciò, rischiando anche di mandarci
fuori strada quando approfondì facendosi strada fra le mie
labbra con la lingua.
Dio benedica i miei sensi da mutaforma, altrimenti adesso saremmo carne macinata.
“Grazie” sospirò a due millimetri dalle mie labbra. Annuii e sorrisi.
“E non la
buttare la felpa, mi piace” sorrise a sua volta e dopo avermi
baciato ancora un po’, tornò a sedersi correttamente.
“Passo a prenderti alle otto?” chiese convinto e io gli quasi scoppiai a ridere.
“Adesso
non esagerare, al massimo passo io” la sua mascella
scricchiolò per quanto si era spalancata e mi guardò
allibito.
“Io non andrò al ballo di primavera con quella catapecchia di jeep” affermai convita.
“Ma ciò vuol dire che mio padre ci vedrà”
“Lo so”
“E ti sparerà”
“Probabile”
dissi alzando le spalle e facendo finta di non importarmene. Non che me
ne fregasse tanto, in effetti, ma un po’ doveva interessarmi.
“Tutto per evitare di andare in jeep?” chiese sconvolto e trattenni un sorriso.
“Stiles, hai visto la tua macchina? Davvero….”
“Ma…. Ma…. Ma….” Balbettò mentre parcheggiavo davanti alla tavola calda.
“Ma ci
penserò io allo sceriffo, adesso datti una mossa, ho fame”
uscii dall’auto e aspettai che si desse una mossa e fui tentata
dal chiudercelo dentro, ma desistetti.
Mi venne vicino e mi prese distrattamente la mano.
Lo lasciai fare.
“Sei molto permissiva oggi” disse sarcasticamente.
“Tu ricorda sempre che la tua gola è dannatamente fragile… a differenza dei miei denti”
“Lo
terrò a mente” mi schioccò un bacio sulla guancia.
“Non sei male quando non sei completamente acida”
“Grazie” dissi sorridendo mentre camminavo spedita verso l’ingresso.
ALLOOOOOOOOOOOORA V.v
Prima non mi sono presentata.
Ciao, mi chiamo Cactus *parte il coro degli AA “Ciaaaaao Cactuuuus”*
E se siete arrivate fin qui meritate tutta la mia stima
Non so perchè ho scritto questa OS….
Se ha riscontro positivo credo di voler aggiungere un secondo capitolo (che non ho ancora scritto, ma a cui sto pensando)
Spero abbiate apprezzato il mio piccolo sclero e magari me lo facciate
sapere :D pure se mi dovete dire che fa schifo, non mi offendo (non
è vero)
Ps: la magnifica donna che io ho utilizzato come prestavolto è Frances Bean Cobain,
niente po’ po’ di meno che la figlia di Kurt Cobain e
Courtney Love. Mi sembrava molto gettonata in giro Megan Fox, ma
Frances mi era sembrata più…. Incazzata, ecco.
Se ci sono degli errori perdonatemi.
La canzone all’inizio sarebbe la “numero nove”, ovvero “Seven Devils” di Florence and the Machine.
Alla prossima! (spero)
The Cactus Incident
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Capitolo 2 *** Pt 2 ***
kendra hale 2
Come richiesto da quelle anime buone che hanno recensito, ecco a voi il secondo e ultimo capitolo! :D
Grazie tante per l’accoglienza, davvero :)
Buona lettura
“Si, Stiles, ho capito, alle otto, non sono un’idiota”
“Se fossi intelligente andremmo con la mia macchina” bofonchiai e la sentii ringhiare nella cornetta.
“Se continui così ci vai da solo, intesi?”
“Scherzavo scherzavo! Alla fine il vestito?”
“Ti ho già detto, sul rame- terra bruciata e non provare a
comprare quei dannatissimi affari da polso e se vuoi prendere un fiore
per il tuo bavero vai sul panna”
Dodici dollari non sprecati. Avevo fatto bene a seguire il consiglio di Lydia e non prendere l’orchidea da polso.
“Panna, capito. Allora ci vediamo dopo”
“Va benissimo” e mi attaccò il telefono in faccia.
Noi proprio non rischiavamo quelle menate alla “Attacca tu, No tu”. No, proprio non era il nostro caso.
Kendra Hale, ah, croce e delizia.
Era bellissima, forte, una vera leader. Certo, se perde le staffe si
salvi chi può, e nel vero senso della parola, ma mi ero trovato
ad avere a che fare con un lato di lei decisamente diverso rispetto a
quello da stronza acida con cui avevo avuto inizialmente dovuto fare i
conti.
Strano a dirsi, ma Kendra aveva un cuore. O meglio, i residui di quello che era una volta.
Stare con lei era una scommessa e alla fine non ci si poteva nemmeno
definire una coppia a tutti gli effetti, ma di certo non eravamo due
amici.
Noi in effetti non siamo mai stati amici. Insomma, il nostro era una
sorta di rapporto di convenienza: Tu salvi me, io aiuto/salvo te.
Ok, forse non siamo partiti con delle grandi basi come ad esempio
Allison e Scott…. ma almeno Kendra non mi ha mai infilzato con
una freccia o colpito con un taser.
Mi ha minacciato fino allo sfinimento e quasi vomitato addosso, questo è vero, ma ehi, stava morendo!
E poi, mio Dio, ma vi siete resi conto degli occhi di quella donna?
Sono il paradiso in un inferno di dolore. Guardandola negli occhi
è come avere uno spiraglio di tutto quello che l’ha resa
quella che è.
Io non posso immaginare cosa Dee abbia passato, l’unica cosa che
mi riesce e fare un confronto con quello che ho dovuto sopportare
io…. e perdere mia madre non fu per niente piacevole, figurarsi
moltiplicarlo per undici e aggiungere anche una sorella uccisa dal
proprio zio.
In effetti non c’era da sorprendersi se l’alpha bruna non era propriamente uno zucchero.
Delle volte però mi sarebbe davvero piaciuto sapere com’era prima dell’incidente.
Ero riuscito a fare un paio di ricerche sui suoi tempi del liceo. Avevo
trovato diversi annuari e qualche dossier e il cambiamento fra il prima
e il dopo, era spaventoso.
Si, ok, quello che ho fatto è un reato, ma visto che Kendra non
spifferava niente nemmeno sotto tortura…… sono curioso,
non guardatemi così!
Durante i primi due anni, Kendra Hale si era distinta nel liceo di
Beacon Hills per tutti i meriti che una sola persona potesse
raggiungere.
Spiccava nello sport, nella didattica e negli impegni di tipo sociale.
Viene sempre descritta come una persona alquanto irascibile e a tratti
scontrosa ma ciò non toglie che fosse una delle ragazze
più popolari della scuola. Già dal secondo anno aveva
ricevuto diverse borse di studio per alcuni dei college più
prestigiosi del paese.
Anche le foto dell’annuario…. bisogna dire che le sue
erano le più scure. Evidentemente i suoi occhi rendevano
impossibile farle una foto col flash.
Un folto e perfetto frangettone che calava sulle sopracciglia, lo
sguardo sveglio e luminoso e un sorriso appena accennato sulle labbra
piene e un aria di sfida che sembrava essere sparita dal suo viso,
sostituita da quello da pericolo ambulante. I lineamenti più
pieni e acerbi di come la conoscevo io, l’aria con una punta
d’innocenza che era sparita del tutto.
Questa era la sua descrizione fino al secondo trimestre del terzo anno. Dopo di ché, l’oblio.
Basti pensare che nell’annuario del terzo anno non compare
affatto. Il curriculum scolastico pieno di sospensioni, i voti che
vanno giù in picchiata e una bocciatura evitata per 29 e 30.
Per quanto riguarda il suo comportamento la descrivono come una persona
con frequenti scatti d’ira e crisi di nervi, completamente
isolata nei rapporti sociali, che ha abbandonato sport, studio e
qualsiasi altra cosa. Le borse di studio annullate, cacciata dalla
squadra di nuoto e atletica.
L’unica persona che sembrava riuscire a gestirla era la sorella,
Laura che sembrava aver metabolizzato meglio l’accaduto.
Trovare i documenti relativi al quarto anno era stato un po’
più impegnativo, visto che lei e la sorella si erano trasferite,
ma grazie a un paio di amici di papà che sapevano tenere la
bocca chiusa col mio genitore, ero riuscito lo stesso nel mio intento.
Kendra a New York ha ripetuto due volte l’ultimo anno.
Non ero riuscito a trovare l’annuario, ma al suo fascicolo erano allegate un paio di foto ugualmente.
Sempre senza flash, ma non c’era paragone con quelle degli anni precedenti.
La pelle una volta sulle tonalità ambrate era diventata lattea,
quasi perlacea, gli occhi verdi e grandi mostravano un abisso di
disperazione mentre guardava l’obbiettivo con odio e con la
mascella serrata. I capelli avevano un bell’aspetto probabilmente
solo perché era un mutaforma, ma non sembrava più
curarsene in alcun modo, lunghi fino a dove la foto mostrava, senza
più ciuffi o frange.
Dal suo visto si leggeva solo odio, disperazione e il vuoto più totale.
Era come svuotata, rispetto alla ragazza delle foto precedenti.
Viene descritta come nel curriculum precedente, con l’aggiunta di
un paio di denunce e di un arresto. Infatti c’era anche la sua
foto segnaletica, sempre senza flash.
Aveva picchiato un professore e mandato all’ospedale il
quaterback della squadra di football che veniva descritto come un
elemento “di due metri e due dal peso che superava il
quintale”.
A differenza dell’ultimo periodo al liceo di Beacon Hills
però, Kendra dimostrava una spiccata intelligenza matematica e
una considerevole quantità d’incontri con lo psicologo
scolastico che su di lei scriveva che si rifiutava di parlare in alcun
modo.
Quando Dee aveva scoperto le mie ricerche, era ovviamente andata su tutte le furie.
In effetti glielo dissi io. Si, volevo proprio vedere come morire. Non
mi parlò per una settimana, ma una mattina mi svegliai con lei
nel letto che dormiva placidamente.
Quando me ne ero accorto, lei senza un solo movimento aveva dischiuso le labbra e detto.
“Riprova a fare una cosa del genere e tuo padre dovrà raccoglierti con la pala”
Da allora non avevo più riprovato, però i fascicoli ce li avevo ancora.
Era terribile come una persona brillante come lei fosse stata completamente distrutta dalla cattiveria di Kyle Argent.
La Kendra che conoscevamo noi era quello che lei stessa era riuscita a
rimettere insieme da sola. Si era portata una colpa così pesante
che continuava a trascinarsi dietro e che non l’avrebbe mai
abbandonata.
Tutta la sua famiglia (o quasi) era morta per causa sua. Quante persone avrebbero potuto sopravvivere a un peso del genere?
Infatti lei ne portava cicatrici profonde e terribili.
Poteva anche essere in grado di rigenerarsi e avere la pelle libera da
qualsiasi segno, ma lo stesso non valeva per la sua anima, per la sua
mente.
Mi ero trovato in un paio di situazioni che davvero avevano cambiato il
mio modo di vederla. Kendra soffriva di terribili attacchi di terrore
notturno e di un sonnambulismo non indifferente e quando avevo avuto a
che fare con lei in quelle situazioni ero stato davvero pietrificato
dalla paura.
Eravamo sotto attacco degli alpha e a quanto pareva il punto dove più preferivano colpire, ero io.
Per questo i ragazzi avevano preso a fare a turni a tenermi d’occhio.
Non ero per niente felice di questa situazione, ma o questo o la morte, quindi non mi dovevo lamentare.
Era la prima volta che Kendra mi teneva d’occhio e visto che mio
padre lavorava di notte e fuori diluviava, l’avevo quanto meno
fatta entrare in camera.
In effetti le avevo anche offerto il mio letto, ma lei mi aveva
scoccato un’occhiata in tralice, aveva mollato la giacca di pelle
sulla scrivania e si era buttata sulla poltrona, poggiando le gambe su
una sedia e incrociato le mani dietro la testa.
La situazione era davvero imbarazzante.
Insomma, io dovevo dormire e quella che avrebbe fatto? Mi avrebbe guardato tutta la notte?
Fra l’altro da qualche tempo avevo preso a fare… strani
sogni su di lei, ecco, e l’ultima cosa che volevo era che lei
venisse a saperlo da qualche bofonchio di troppo.
Per convincermi a dormire ce ne era voluto parecchio, ma alla fine ero crollato e verso le tre si era appisolata anche lei.
Poco dopo però fui svegliato dalle sue urla. Era rotolata sul
pavimento e gridava come preda di una tortura terribile. Si dimenava
preda degli spasmi che le inarcavano la schiena e dagli occhi
continuavano a scendere lacrime senza che lei nemmeno se ne rendesse
conto, impegnata com’era ad artigliarsi le braccia.
Rimasi due minuti buoni a guardarla mentre gridava strana roba in francese e a quel punto mi avvicinai a lei.
Le mani con i lunghi artigli erano piene di residui della sua stessa
pelle e del sangue raggrumato, le maniche della maglietta anonima che
indossava ridotte a brandelli e il suo sangue macchiava anche in parte
il pavimento.
Per prima cosa provai a prenderle i polsi provando ad allontanarli
dalle braccia e poi spinsi la sua schiena contro il mio petto, in
modo da stare fuori dalla portata di calci, artigli e zanne.
Rimase ancora parecchio a muoversi i gridare, ma sempre di meno e a
volume sempre più basso. Dopo più o meno in quarto
d’ora che mi era sembrato una vita e mezza, si rilassò del
tutto e riprese a dormire, tranquilla.
Preso dallo sconforto e anche dal terrore che quella scena avrebbe
potuto ripetersi, ero rimasto lì senza avere il coraggio di
riaddormentami, fino alle sei e mezzo di mattino, fino a quando lei si
era svegliata e mi aveva guardato con la faccia più confusa che
avessi mai visto su una persona.
“Prima che tu arrivi a una qualsiasi conclusione affrettata che
già ti frulla per il cervello, sappi che hai avuto una strana
crisi in cui hai preso ad urlare in francese e dimenarti sul pavimento
mentre ti spellavi viva le braccia e ti sei calmata solo così.
Quindi, ti prego, non uccidermi se non ho voluto il tuo sangue sul mio
pavimento”
Lei mi aveva guardato con la sua solita faccia torva, ma senza un
particolare odio. Si era alzata, aveva guardato distrattamente le
maniche fatte a pezzi, poi si era infilata la giacca di pelle ed era
uscita dalla finestra senza dire una sola parola.
E mi era toccato ripulire le tracce di sangue dal pavimento, alle prime luci dell’alba, prima che mio padre tornasse.
Non l’avevo rivista per tre giorni, poi me l’ero ritrovata in camera quando ero entrato per andare a letto.
Se ne stava con le mani in tasca e gocciolava sul pavimento.
Pioveva di nuovo.
“Che ci fai qui?” chiesi stranito.
“Copro il turno di Erica”
“Perché?”
“Non t’interessa”
“Invece m’interessa se mi aspetta un’altra nottata in
bianco” La sua mascella si era indurita maggiormente, ma non
sembrava essersi incazzata…. più del solito, intendo.
“Non preoccuparti, starò fuori” mi disse secca.
“Ma piove…”
“Non voglio macchiarti il pavimento… e poi c’è tuo padre” ed era uscita dalla finestra.
Mi sarei fatto un’altra nottata in bianco, al pensiero che lei fosse sul tetto, sotto l’acqua.
Verso le due si era affacciata.
“Dormi, idiota” mi aveva ordinato con gli occhi rossi,
mentre dietro di lei infuriava il temporale e un fulmine squarciava il
cielo.
“Non ci riesco”
“Senti, già mi tocca stare qui tutta la notte per salvarti il culo, almeno dormi”
“E tu almeno entra dentro, per favore” Si voltò a
guardare di nuovo il cielo e poi entrò, andando a sedersi mentre
si districava i capelli.
Mi alzai, recuperai gli abiti più piccoli che avevo e le aprii la porta del mio bagno.
“Vuoi davvero chiudermi lì?” chiese stranita mentre
si sfilava la giacca che le si era completamente incollata addosso.
“No, è un invito ad asciugarti. Nel mobiletto ci sono
tutti gli asciugamani che possono servirti, se vuoi puoi farti anche
una doccia. O quanto meno metterti qualcosa di asciutto”
Si alzò e mi guardò circospetta, ma prese gli abiti che avevo in mano, annuì ed entrò nel bagno.
Asciugai le macchie d’acqua che aveva lasciato nella stanza e poi mi rimisi a letto, mentre lei si faceva una doccia.
Quando ne uscì aveva la maglietta arancione e blu che usavo alle
medie per andare alle partite dei Mets (o più frequentemente
quando c’era qualche partita in tv) e che le andava comunque
grande e un paio di pantaloni di tuta neri, decisamente larghi. Si
arrotolò i capelli neri e ancora umidi in una mano e
recuperò una penna dalla mia scrivania per usarla come
bastoncino per fermarli in una crocchia non esattamente perfetta
“Vedi di non ridere, perchè altrimenti ti sgozzo”
“Il blu e l’arancio non sono i tuoi colori” dissi e lei si tirò sopra l’elastico dei pantaloni.
“I Mets non avranno di certo da ridire se li indosso per una
nottata” e andò a sedersi a gambe incrociate sulla
poltrona, scalza.
“Tifi per i Mets?”
“No, ma mio padre si. Adesso dormi” Qualche tempo dopo, con
le mie ricerche, venni a sapere che suo padre era stato allenatore dei
Mets per qualche anno, ma non ebbi mai il coraggio di chiederle
delucidazioni.
Tornando a quella nottata, la passammo a parlare.
“Ma davvero, non hai sonno? Dannazione perché non dormi?” chiese esasperata ad un certo punto.
“Non ci riesco”
“Per colpa mia?” scrollai le spalle e mi grattai la testa.
“Capita che soffra d’insonnia, me ne stanno succedendo troppe per passare le nottate a fare sogni tranquilli”
“Tu non fai mai sonni tranquilli”
“E tu che ne sai?”
“Cosa non ti è chiaro del fatto che il branco ti tiene
d’occhio e che gli altri mi riferiscono tutto quello che ti
succede durante la notte? Ti agiti, bofonchi, rotoli per terra, mandi
all’aria le coperte, sbavi, piagnucoli…”
“Piagnucolo?” chiesi stranito e lei annuì con un leggero sorriso.
“Tu non sei tanto meglio di me” Per un secondo s’irrigidì, ma poi falsò scrollando le spalle.
“Adesso dormi” Rimasi parecchio in silenzio, scrutando il soffitto.
“Ti capitano spesso?” chiesi dopo un po’ e lei inizialmente non rispose.
Sospirai e mi sistemai meglio sotto le coperte. Forse pensava che stessi dormendo, quando rispose.
“Praticamente ogni volta che dormo per più di due ore” disse più a se stessa che a me.
Rimasi ancora in silenzio, prima di bofonchiare un “Sono così brutte come sembrano?”
Rimase ancora parecchio a soppesare se rispondermi o no.
“Non so, ma da dentro sono orribili”
“E perché quando sono intervenuto ti sei calmata?”
“Non lo so, ma adesso dormi”
“Tanto lo sai che non ci riesco”
“Secondo me se resti in silenzio e la pianti di fare domande, ti
riesce. Poi se preferisci ti do una mano” disse mostrandomi il
pugno.
“Ho la strana sensazione di non voler provare…”
“Allora dormi” sbuffai pesantemente e mi rilassai quanto più possibile.
Non so se fu un eco dei miei pensieri, ma mi sembrò di sentire un sospiro che somigliava a una frase.
“Davvero non lo so, Stiles, ma questo mi spaventa”
Tornando a noi…. stavo combattendo con una cravatta e a essere sinceri era una lotta dannatamente impari.
Cosa si fa nelle situazioni in cui qualcuno prevarica su di te?
Semplice, si chiamano le forse dell’odine.
“Papààààà!”
“Che c’è?” arrivò di corsa su per le scale.
“Come si fa questo dannatissimo nodo?” Mio padre mi guardò e le sue spalle si afflosciarono.
“Saresti capace di risolvere i casi al posto mio, ma non sai fare un nodo decente alla cravatta”
“E combatto con la morte ogni volta che provo a farmi la barba, adesso aiutami”
Mi
sfilò le cravatta grigia e fece il nodo, poi me lo
sistemò per bene sotto al colletto della camicia e lo strinse.
“Perfetto e non toccarlo più, intesi?”
“Intesi” dissi mentre infilavo la giacca e sistemavo il fiore sul bavero.
Mi passai una mano fra i capelli, un po’ più lunghi rispetto a com’ero abituato a portarli e sospirai.
Si, ero pronto.
“Non mi hai più detto con chi vai al ballo….” Chiese distrattamente mio padre.
Aia.
“Uhm, non si tratta di una vera andata al ballo… è più un appuntamento amichevole, diciamo”
“La conosco?” chiese sempre meno distratto. Meglio non mentire, Stiles.
“Si”
“E
chi è?” suonarono alla porta e, sul serio, mi sorpresi.
Probabilmente era la prima volta che Kendra faceva una cosa così
umana come suonare alla porta per entrare.
Davvero, non credevo ne fosse capace.
“E’ arrivata” dissi scendendo di corsa dalle scale e mio padre mi seguì, allibito.
“Vuoi dire che viene a prenderti lei?”
“Uhm,
la sua macchina è meglio della mia, quindi…..”
prima che potesse fare altre domande, mi precipitai ad aprire la porta
e mi raggelai, come un coglione.
Me ne
stavo lì impalato e Kendra, guardando la mia espressione si
aprì in un sorriso divertito e alquanto imbarazzato.
“Non fare quella faccia, non sono tanto strabiliante”
Dalle mie labbra scaturì solo un brutto verso inumano e mi scansai per farla entrare.
I capelli
neri di solito liscissimi avevano delle morbide curve che in alcuni
casi diventavano boccoli, il fisico sottile ma muscoloso era fasciato
da un abito corto con delle stampe di lupi.
Si, lupi. Lupi rossicci e grigi su tutta la stoffa del vestito.
Ovviamente
aveva una giacca di pelle ma invece del solito chiodo che la faceva
sembrare una metallara indossava una strana giacca corta con alcune
trasparenze e nastri neri e con la zip dorata.
Le gambe
perfette erano fasciate da calze sottili e ai piedi un paio di tacchi
neri e borchiati. In mano aveva addirittura una pochette con la
bandiera dell’Inghilterra nera e un teschio dorato come chiusura.
Al collo
aveva uno strano ciondolo a cammeo in cui si vedeva uno scheletro di
profilo su uno sfondo grigio e ai lati c’erano due ali. Aveva
anche una seconda collana, più lunga con due teschi…
siamesi.
Mentre io ero ancora in piena contemplazione, arrivò mio padre.
Quando la vide anche lui si raggelò, ma per ben altri motivi.
“Signorina Hale”
“Sceriffo” Mi ripresi e guardai mio padre.
“Beh, pà….”
“Quindi andate insieme?”
“Si, Sceriffo, per lei è un problema?” chiese la bruna, quasi con aria di sfida.
“Farò
finta che tu non mi abbia posto questa domanda….. solo una cosa,
Kendra, devo ricordarti io quanti anni hai?”
“No, signore”
“E immagino che non serva nemmeno ricordarti che io conosco bene la legge”
“La conosco abbastanza anche io”
“Questo è l’importante. Adesso in posa”
Mi
avvicinai a Kendra e lei mi guardò male, ma alla fine non fece
troppe storie quando le misi una mano in vita e mio padre scattò
la foto. Col flash.
Ne fece una seconda, senza flash e allora uscimmo di casa.
Stavo per aprire la portiera del passeggero, quando Kendra mi chiamò.
“Stiles?” alzai la testa giusto in tempo per vedere le chiavi che volavano nella mia direzione.
Sorrisi estasiato guardando le chiavi nella mia mano e le aprii la portiera del passeggero per farla sedere.
Mio padre ci guardava dall’uscio della porta, senza fiatare.
Uscii dal vialetto e Kendra rideva divertita.
Davvero, rideva ed era bellissima.
“Beh, non è andata poi tanto male” decreto e sorrisi.
“Infatti,
ti ha solo fatto capire che potrebbe denunciarti da un momento
all’altro” si limitò a scrollare le spalle.
“Potrebbero farlo in molti, eppure nessuno si è ancora azzardato”
“Forse perché una parte di queste persone dipende da te, visto che è il tuo branco?”
“Forse si. Non tirare il collo alla mia auto, se vuoi andare più veloce cambia marcia”
“Scusa, la forza dell’abitudine”
“Se la tua va a spinta, lo stesso non vale per la mia povera Camaro” sbuffai esasperato e lei sorrise.
Era di buon umore, strano, visto che stavamo andando a un ballo di fine anno.
“Comunque….. sei bellissima” le dissi voltandomi a guardarla negli occhi. Lei sorrise genuinamente.
“Grazie… ma adesso guarda la strada, non voglio che mi distruggi la auto per farmi complimenti”
“Sul,
serio, hai mai pensato di fare una flebo di caramello o cioccolata al
latte?! Perché non credo che i tuoi livelli di acidità
siano normali. Probabilmente hai troppi pochi zuccheri nel sangue,
sempre se ci sono”
“Ma se per colpa tua rischio di diventare diabetica”
“Cosa?!
Diabetica tu? Forse potrebbe succedere quando spediranno la Statua
della Libertà sulla luna con una mia dedica per te scritta a
lettere cubitali”
Kendra si ravvivò i capelli e alzò gli occhi al cielo.
“Stiles,
sto andando a un ballo di fine anno, per te. Ho rischiato che tuo padre
mi sparasse addosso o che mi arrestasse, mi sono ficcata in un abito e
ho un paio di tacchi molto appuntiti. Io non romperei troppo
l’anima, ok?”
“Ok, la pianto, ma dove hai preso quella giacca? E quel vestito? Insomma, non ti facevo tipa da…”
“Da
cose carine? Il fatto che di solito vada in giro con jeans, canotte e
giacche di pelle non pregiudica che io sappia indossare anche qualcosa
di meglio. E comunque sono entrambi di Alexander McQueen”
“Economica”
Non ne so granché di moda, ma so che se una ragazza specifica il
nome di un qualche capo, vuol dire che costa più di uno
stipendio medio.
“Li ho rubati”
“Tu cosa?!” lei mi guardò sorpresa.
“Andiamo Stiles, con tutto quello che posso aver fatto, ti stupisci di questo?”
Rimasi un po’ in silenzio, poi continuai.
“E…. che altro avresti fatto?” Kendra mi guardò e sorrise mentre scuoteva la testa.
“Non credo ti piacerebbe saperlo, sai?”
“Andiamo,
che mai avrai potuto…” Poi la guardai. E ingoiai a vuoto.
“Magari me lo racconti un’altra volta”
“Magari è meglio”
Poco dopo
arrivammo a scuola e parcheggiai. Lei uscì dalla Camaro con
tutta la noncuranza di questo mondo e le toccò aspettarmi visto
che non riuscivo a chiudere l’auto col telecomando.
“Buon dio Stiles, il tasto del lucchetto! Credevo fossi intelligente”
“Se riuscissi a vederlo questo dannato lucchetto…. Ok, fatto”
Mi avvicinai a lei e camminavamo spalla a spalla, quando mi prese la mano.
Qualche secondo dopo, nel parcheggio arrivò anche la Porche grigia dalla quale scesero Jackson e Lydia.
La rossa guardò stupita l’alpha, studiando tutto quello che aveva a dosso e poi andando avanti con Jackson.
Kendra rise e affrettò leggermente il passo.
“Ok
Stiles, patti chiari: io vedrò di non essere acida e tu non
pretendere di ballare tutte le canzoni che faranno, intesi?”
“Capito,
però almeno un paio di balli me li concedi?”
sospirò afflitta e continuò verso l’entrata.
Devo
essere onesto? Fu una bella serata. Ci divertimmo tutti, anche Kendra,
o quanto meno ne dava abbastanza bene l’impressione.
Guardandola
sorridere in quel modo però, mi resi conto che se avessi voluto
una ragazza comune, non i sarei mai messo con lei. Quello non sembrava
proprio essere il suo posto, anche se ci si muoveva tranquillamente.
E ballammo
anche! Lei guardava schifata o divertita ogni mia singola mossa, ma
almeno ballammo. Il lento fu decisamente più tranquillo anche se
più che ballare dondolavamo sui talloni.
Ogni tanto
spariva e la trovavo a parlare con qualcuno dei branco o a bere
qualcosa di “annacquato e ridicolmente analcolico”, ma non
sembrava annoiarsi.
Facemmo
anche diverse foto tutti insieme. Sempre senza flash perché
altrimenti non si sarebbe visto niente con tutti quegli occhi gialli.
Erano quasi le due, quando tornammo alla Camaro.
Sprofondò nel seggiolino e sospirò, guardandomi mentre giocava con la collana più lunga.
“Che succede?” chiesi con un sorriso e lei scrollò le spalle.
Sembrava rilassata, tranquilla.
“Era parecchio che non avevo una serata così….”
“Umana?”
“Esatto…. Non ero mai stata a un ballo di fine anno” ammise e rimasi seriamente sconvolto.
“Come?! Davvero? E perché non me lo hai detto?”
“Perché saresti andato in fermento inutilmente e ti saresti messo a fare mille progetti assurdi”
“Hai ragione! Non puoi andare al tuo primo ballo di fine anno a ventitre anni!”
“Stiles, se non la pianti ti mollo nel parcheggio e me ne torno a casa, intesi?”
“E
se la pianto quali sono i progetti?” chiesi maliziosamente e
Kendra mi mostrò un sorriso tutto fuorché raccomandabile.
“Potrebbero virare su pratiche molto più interessanti in cui magari riuscirei anche a zittirti”
“Ok, allora la pianto”
“Bene,
ti toccherà fare una tappa a casa mia, evidentemente”
Sorrisi e misi in moto la Camaro, mentre la bruna al mio fianco
decideva di darsi alla tortura del mio povero lobo.
“Di questo passo, ci arriverò morto a casa tua”
“Allora
ti conviene darti una mossa” soffiò direttamente nel mio
orecchio e non potei essere che d’accordo.
Si, tutto sommato era stata davvero una gran bella serata, conclusa in bellezza.
Ed eccoci qua con la seconda ed ultima parte v.v
Come una quasi consuetudine aggiorno ad orari indecenti e ho ancora addosso un rossetto che dovrebbe essere dichiarato illegale.
Non
l’ho nemmeno riletto, ho giusto aggiunto il finale e adesso
pubblico. Quindi, vi preog, perdonatemi incongruente e tutti gli schifi
vari che avrete di certo trovato.
Ringrazio
davvero tanto le donzelle che hanno recensito: _diable_ che mi
accompagna dagli albori, Ceinwein19 e incasinata per aver recensito lo
scorso capitolo e avermi chiesto di continuarla.
Giusto perchè sono fissata, ecco cosa indossava Kendra QUA
Adesso è finita davvero v.v
Ma non credete che la mia avventura in questo fandom si concluda qui *muhauhauhauah*
Baci
The Cactus Incident
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