Caro Diario... di NiagaraFalls (/viewuser.php?uid=190036)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa ***
Capitolo 2: *** Cinque domande ***
Capitolo 3: *** È... ***
Capitolo 4: *** Incontro al municipio ***
Capitolo 5: *** 5. Cinema ***
Capitolo 1 *** La festa ***
Mary. Dear diary
Questa
è una storia molto adolescenziale e senza pretese, leggera. Non
penso di fare tanti capitoli, però chi lo sa!
Spero
di pubblicare presto il prossimo. Allora, qui si parla (tanto per darvi
un'idea; non spoilero troppo, promesso!) della cotta per il solito
tipo ammiccante. Di amicizia e forse di amore. Da brava adolescente
quale è la protagonista, è un po' tanto persa per un
ragazzo. Ma forse quello che crediamo di volere non è quello di
cui abbiamo bisogno. Vi prego, datemi la vostra opinione! Buona lettura!
1. La festa
Non ci voleva proprio andare a quella festa.
Le
piaceva ballare ma non le andava di vedere gente ubriaca e appartata in
luoghi e posizioni assurde. Voleva semplicemente passare quel sabato
sera estivo a casa, guardando Harry Potter e mangiando tanta, tanta
cioccolata. Mary era, come tutte le adolescenti, un'amante del
cioccolato - soprattutto quello fondente. Ma solo una ragione poteva
portare a un elevato consumo di quest'ultimo: un ragazzo.
A
diciassette anni, poi, il non riuscire a conquistarlo la faceva sentire
inadeguata. Vederlo ridere con un'altra la faceva sentire inferiore.
Sentirlo vicino fisicamente ma lontano sul piano spirituale la faceva
sentire sola.
In
alcuni momenti lui sembrava ricambiare i suoi sentimenti, ma poi si
allontanava nuovamente e lei si richiudeva inevitabilmente a riccio.
Immaginava scene mai vissute e si riprometteva di essere indifferente
davanti a lui, di fare finta che non le ne importasse nulla. Ovviamente, quando gli occhi incrociavano i suoi, i buoni propositi svanivano al vento. Guance imporporate, mani sudate, sorriso perenne e occhi adoranti.
Quel
pomeriggio il telefono suonò insistentemente per ben tre volte
in casa Nolla, risvegliando Mary da quello che riusciva a rilassarla:
affondare la testa in un bel libro, con il suo cantante preferito nelle
orecchie, sdraiata sul letto di camera sua. Si tolse per un attimo la
cuffia destra, sentendo degli squilli acuti provenire dal piano di
sotto. Sfilò anche l'altra e scese le scale di corsa,
rispondendo all'ultimo squillo.
- Pronto?
- Mary,
porca miseria, che fine ha fatto il tuo cellulare? - la voce di Lisa la
aggredì dall'altra parte dell'apparecchio. Mary si guardò
attorno. Aveva la brutta abitudine di lasciarlo nel primo posto che le
capitava (sul ripiano della cucina, nel bagno, sulla tavola da
stiro...), e di ignorarlo bellamente fino a quando sua madre le
annunciava di averlo visto.
- Ehm, non so.
La sentì sbuffare.
- Sempre la solita. Comunque, volevo obbligarti a venire alla festa di questa sera.
- Obbligarmi? - rise Mary. - Dove?
-
Giù a casa di Genny. Niente di che, non ci sarà tanta
gente. Ma visto che oggi non ci siamo viste, questa sera è
d'obbligo. - Genny era una loro compagna di classe. Non erano molto amiche, ma andavano d'accordo.
Mary si morse un'unghia. Non se la sentiva, si sarebbe annoiata - Lisa, non ho voglia...
- Cosa?! Quanti anni hai, diciassette o settanta? Dai. Ci sarà anche Daniel - disse maliziosa. Mary si irrigidì e cercò di regolare il tono di voce.
- Ah. E
perché me lo stai dicendo? - disse, tentando di essere ironica.
Restò col fiato sospeso, in attesa di risposta.
- Oh, lo sai perché.
- No - ribatté decisa.
-
Andiamo, lo vediamo tutti i giorni, secondo te nessuno se n'è
accorto? Ha notato movimenti sospetti anche Jessica. Jessica, per
l'amor di Dio!
Il loro
gruppo di amici si vedeva di frequente, abitando vicini. E, visto che
non dovevano andare a scuola, molto più spesso. Il numero
variava sempre, ma lei, Lisa, lui,
Michele, Laura e un'altra ragazza e un altro ragazzo con cui non
riusciva a stabilire un rapporto definibile erano gli abituali.
Mary si morse il labbro, sperando che non fosse vero. Nessuno lo sapeva, certo che no! Optò per la finta tonta.
- Movimenti sospetti?
Lisa restò in silenzio per alcuni secondi, ma Mary se la immaginò alzare gli occhi al cielo.
- Sì. Ne riparliamo stasera, perché tu verrai. Vengo a casa tua o vieni a casa mia? Così ci prepariamo.
- Lisa... - mugolò Mary.
- Che c'è?
- Non... voglio.
Perché non voleva? Non voleva vederlo. Sapeva di non avere nessuna opportunità con lui. Lui
era il tipico ragazzo carino e attraente, consapevole di esserlo e
quindi molto sicuro di sé. Certo, lei aveva una marcia in
più rispetto alle altre (così come Lisa e Laura)
poiché lo conosceva da molto tempo e faceva parte del gruppo.
Ma, proprio per questo, lo sentiva parlare delle sue nuove conquiste e
di momenti intimi con queste, come se le importasse. Le importava, ma
lo rimproverava per la sua poca serietà. Grazie al suo
disinteresse per le lunghe relazioni riusciva a contenere la gelosia.
Sapeva che da lì a due mesi ne avrebbe trovato un'altra e
un'altra ancora. Quindi, poteva ritenersi una costante stabile nella sua vita, a differenza delle altre.
- Dai,
niente pazzi scatenati. Solo una serata, ci mettiamo in un angolino con
gli altri, come al solito. Non è mica una discoteca!
Mary sospirò e sorrise. - Va bene. Casa mia. A che ora è?
- Le nove e mezzo. Vengo alle otto, ok?
- Ok.
Prima che riuscisse a riattaccare, sentì Lisa ridacchiare: - Mi occupo io di te, lo farai sbavare!
*
“Farlo sbavare”,
nel vocabolario di Lisa, significava gonna più o meno corta, o
vestitino; top scollato, capelli perfetti e trucco ammiccante. E,
diciamocelo, Mary sarebbe anche stata d'accordo (voleva sentirsi
desiderata, per una volta), ma non voleva rendere troppo evidente il
fatto di essersi messa in tiro proprio per lui,
quindi scelse dei jeans stretti, una canottiera bianca (con le proteste
di Lisa: “Stai scherzando? Vai a una festa o a giocare a
pallavolo?”)
e un leggero cardigan sopra. Era giugno, ma la sera, dove abitava lei,
non faceva né caldo né freddo. Si stava bene.
Indossò un paio di tacchi e si fece truccare e poi acconciare da
Lisa, la quale portava un delizioso vestitino verde.
- Da quanto ti piace?
Ed eccola che ricominciava, mentre le infilava delle pinze nei capelli mossi e mori.
- Chi?
- Ehm, Daniel? - disse sarcastica.
Mary incrociò le dita in grembo. A Lisa non sfuggì quel gesto.
- Non mi piace Daniel! - esclamò, ma suonò così
finto anche a lei che Lisa mollò tutti gli accessori sulla
scrivania e le si mise di fronte con l'espressione da bulldog.
Mary cercò di spiegare: - Lo sai che non mi è mai piaciuto nessuno.
- Ed ora invece sì.
Mary aprì la bocca per ribattere, ma Lisa parlò prima. -
Senti. L'ho notato da un bel po' come lo guardi, e mi sento offesa dal
fatto che tu non me l'abbia detto. Siamo amiche. Io ti racconto!
Se la metteva su quel piano, era davvero scorretto. L'amicizia non
doveva essere tirata in ballo. Abbassò gli occhi sulle sue mani.
- Lo so che tu ti fidi, ma io... Non riesco davvero a dirlo, insomma.
- Di che cavolo stai parlando?
- Ok, mi piace! - e quando lo disse sentì la faccia andare a fuoco.
- Finalmente! - esclamò l'altra, ridendo.
Alzò gli occhi decisa e li puntò in quelli di Lisa. - Ma
se ci guardi in modo malizioso o fai qualcosa per farlo intendere anche
agli altri...
- Tanto lo sanno già!
- ... giuro che ti taglio i capelli.
Lisa sembrò colpita a morte. - Quanto sei cattiva - fece un finto broncio, ma poi tornarono a sorridere entrambe.
Lisa finì di sistemarle i capelli e si guardarono allo specchio. Non era alla sua altezza, ma si piaceva, più o meno. Sì, stava bene. Sperò di passare una bella serata.
*
Andarono
a piedi fino a casa di Genny. Non era molto lontana, ci impiegarono
venti minuti. Bussarono ridendo alla porta ed entrarono, quando
sentirono urlare
“avanti!” sopra la musica. In effetti, non c'era troppa
genta. La maggior parte era seduta in soggiorno o in cucina o
appoggiata ai muri. Alcuni ragazzi flirtavano con alcune ragazze, le
canzoni non erano troppo alte e nessuno sembrava esageratamente
ubriaco. Andarono da Genny e la salutarono, poi cercarono da bere in
cucina e parlarono tranquille. Lisa prese una birra e Mary un tè.
- Eccovi - Mary sobbalzò e arrossì quando una mano le
toccò la spalla. E quella voce le sfiorò l'orecchio. Si
girò di scatto.
- Ciao, Daniel.
- Ti ho spaventata? - chiese lui divertito.
- No, mi hai solo presa alla sprovvista - disse, dandogli un piccolo
pugno sulla spalla. Sentiva lo sguardo perforante di Lisa addosso.
Daniel indossava una normalissima maglietta nera che aderiva al corpo e
un paio di jeans. Aveva le mani in tasca e portamento fiero. Mary smise
di fargli la radiografia e si concentrò sul suo bicchiere.
- Michele è qui? - chiese Lisa.
Daniel annuì. - Sì, da qualche parte...
Lisa afferrò la sua birra e lanciò un'occhiata di intesa
a Mary. - Devo andare a dirgli una cosa. - E si defilò,
lasciandoli lì. Mary ricambiò con uno sguardo adirato e
allarmato. Si accorse che Daniel la guardava divertito e fece finta di
niente.
- Sei diversa, stasera - le disse, appoggiandosi al piano in marmo e
facendosi più vicino. Mary cominciò a sentire caldo,
mentre Daniel guardava come era vestita. - Stai...
Mentre il cuore le batteva forte, si chiese cosa le avrebbe detto. Stai bene?
Ma non lo seppe, poiché una voce li interruppe.
- Daniel! - chiamò una voce che Mary riuscì solo a
classificare come fastidiosa. Ma forse era di parte. Genny si
avvicinò a loro e sorrise a Daniel, ignorando Mary.
- Come stai? - chiese con voce lasciva.
Daniel, da bravo sciupa femmina quale era, non si lasciò
sfuggire l'occasione e si girò verso di lei, ricambiando il
sorriso, e quindi dando le spalle a Mary.
- Bene. Tu come stai?
- Benissimo.
Le
veniva la nausea, a vederli spogliarsi segretamente e volgarmente con
gli occhi. C'era lì anche lei, e pensò di farlo
presente.
- Bella festa, Genny - disse, anche se le sue parole facevano a pugni col tono.
- Oh, grazie - rispose, irritata per essere stata interrotta. - Vi conoscete?
Non si
era mai fatta delle nemiche, Mary, e si dispiacque per quella specie di
sfida tutta femminile. Quindi cercò di abbandonare il tono
guerriero, nonostante non fossero mai state realmente amiche.
-
Sì, siamo amici - rispose Mary. Ma siccome Genny la
calcolò per un millesimo di secondo e poi tornò con gli
occhi su Daniel, decise di cambiare aria prima di strappare i capelli a
entrambi.
-
Senti, Daniel, vado a cercare Michele e Lisa - gli disse. Lui la
ringraziò con gli occhi e le diede definitivamente le spalle.
Mary prese il suo bicchiere di normalissimo tè e se ne
andò delusa e stizzita. Raggiunse l'angolo dove intravide
Michele.
- Ehi! - la salutò Michele, un ragazzo sulla sedia a rotelle. - Qualcosa non va?
- No, tutto bene, perché? - disse.
- Mah, sembri uno yogurt scaduto - rispose lui.
- Simpatico. Dov'è Lisa? - gli chiese, sempre più inacidita.
- Se n'è andata un momento con Jessica.
- Com'è che non sei già ubriaco? - gli chiese. Michele era un vero festaiolo, nonostante la sua condizione.
- Non è molto facile farsi spazio in questa casa - disse, dando
un colpetto alla ruota destra. - Mi prenderesti una birra?
Doveva tornare in cucina? Orgogliosa com'era, non
comunicò a Michele il motivo del suo cipiglio irritato e gli
mise in mano il suo bicchiere, per andare a prendere la birra. Si
diresse in cucina, ma sulla soglia vide proprio quello che si
aspettava. Daniel, con la bocca su quella di Genny e le mani ovunque.
Lo sapeva, che sarebbe andata così, ma non l'aveva mai davvero
visto all'opera, e pensava che si sarebbero spostati in un luogo
più consono. Sentì il cuore in gola e la mente le
urlò di muoversi e prendere la birra come se niente fosse. Ma il
suo corpo non l'ascoltò e si ritrovò a salire le scale
frettolosamente. Di tornare da Michele non le era neanche venuto in
mente, e stare lì con loro era come restare svegli in sala
operatoria.
Entrò nella prima stanza che trovò,
asciugandosi la prima e unica lacrima che le era scesa. Aprì la
porta e si bloccò con la maniglia in mano, mentre davanti a lei
trovò un ragazzo seduto sulla finestra con una chitarra tra le
braccia.
- Oh, scusa - balbettò e fece per richiudere la porta.
Lui alzò la testa sorpreso. - No, vieni pure.
No, non voleva farsi vedere in quello stato da qualcuno. Stava per ribattere, ma lui la interruppe.
- Tutte le altre sono occupate.
Una risata le arrivò alle orecchie. Era la
risata di Genny, acuta e giuliva. Entrò nella stanza prima di
sentire anche la sua. Mentre
scuoteva la testa per scacciare quell'orribile immagine che aveva
stampata nella retina, il ragazzo la guardava curioso.
- Posso stare qui? - chiese, cercando di non
guardarlo negli occhi. Nessuno doveva sapere che aveva quasi pianto.
Non piangeva mai!
Il ragazzo abbozzò un sorriso gentile e le
indicò il letto matrimoniale. Era nella camera dei genitori di
Genny. - Accomodati pure.
Mary si sedette in terra, sul tappetto, appoggiata
al muro con la schiena e con il letto che la sfiorava a destra.
Portò le gambe al petto e le circondò con le
braccia.
- Ehm, posso...? - chiese il ragazzo, indicando la
chitarra. Aveva i capelli rossicci e portava una felpa arancione. - Se
ti dà fastidio smetto - disse subito dopo.
Mary cercò di sorridergli. - Certo.
Appoggiò la testa alle ginocchia e il
ragazzo cominciò a accarezzare le corde senza mai comporre una
vera e lunga melodia. Lo sentiva strimpellare degli accordi e imprecare
silenziosamente quando una nota non diventava o quando non gli sembrava
una bella sequenza. Passarono dieci minuti calmi e tranquilli. Mary si
sentiva bene, in quella stanza semibuia e con uno sconosciuto che
suonava la chitarra. Riuscì pure a non pensare a lui per cinque secondi di fila.
- Io sono Nicola, comunque. Detto Nic.
Mary alzò la testa come risvegliata da un
sogno. Vide che lui aveva smesso di suonare e le porgeva una mano. Si
alzò e allungò il braccio fino a incontrare la sua mano.
Le due mani si strinsero sopra il letto. - Marina, detta Mary.
Si sedette sul letto, già che era in piedi.
- Come mai piangevi?
Mary spalancò la bocca. Allora se n'era accorto. Cavolo...
- Non lo dirò a nessuno, se è quello che temi.
- Io non stavo piangendo - ribatté. Negare, negare fino alla fine.
- Ah no?
Mary scosse la testa. Nic sorrise, come se si
fosse aspettato quella reazione. - Fa bene parlare di quello che ci fa
stare male, sai?
- Non mi va di parlarne.
- E' come scrivere un diario segreto. Il dolore poi si affievolisce.
Mary lo guardò con le sopracciglia inarcate. Lui annuiva sicuro, come a sottolineare la sua teoria.
- Non ho mai avuto un diario - ammise.
- Fai finta che io sia il tuo diario.
- Come?
- Fai finta che io sia il tuo diario segreto.
- No! - esclamò. - Non dirò perché lui... perché piango - disse, cambiando frase.
- Quindi c'entra un ragazzo? - chiese. Mary arrossì.
- Facciamo un gioco - le propose il ragazzo, senza muoversi dalla finestra.
- Un gioco? - chiese insicura.
Lui posizionò meglio la chitarra tra le sue
braccia. - Io ti faccio cinque domande, tu pure. Cinque domande sulla
tua vita, cinque sulla mia. Fin qui ci sei?
Mary annuì circospetta e incrociò le gambe sul letto.
- Bisogna essere sinceri. E, se alla fine di
questa serie di domande, ti fidi di me, io sarò il tuo diario e
tu sarai il mio. Così siamo pari.
Mary lo guardò incredula. Ci aveva messo
anni per fidarsi di Lisa e ora uno sconosciuto le chiedeva di fidarsi
dopo quanto? Un quarto d'ora?
- Stai scherzando?
- No.
Nic scese dalla finestra, lasciando lì la
chitarra e si sedette dall'altro lato del letto, rivolto verso Mary.
Alzò la mano verso di lei, come per darle il cinque. Poi le fece
segno di darle la sua mano. Mary allungò la mano destra
titubante. Nic gliela prese e, con calma estenuante, fece
incrociare il suo pollice con quello di Mary. La ragazza aveva il
fiato sospeso e teneva gli occhi sulle loro mani.
- Adesso allunga bene le altre dita - sussurrò.
Mary obbedì e lui fece lo stesso. Lei aveva
le dita stese in alto verso sinistra, lui verso destra. I pollici si
intrecciavano.
- Vedi? Sembra un'aquila. Nella mia famiglia usiamo questo segno per dirci che ci fidiamo. Vuoi giocare?
Mary si arrese con un sorriso e un sospiro. Annuì.
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Capitolo 2 *** Cinque domande ***
Dear d. 2
Allora.
Non so mai cosa dire. Ringrazio le persone che mi stanno seguendo e
spero che questo capitolo vi piaccia, sul serio! Se avete domande o
critiche da fare, no problem. Se volete darmi la vostra opinione,
ancora meglio! Buona lettura, mie care!
2. Cinque domande.
Appena sciolsero le dita, entrambi si posizionarono a gambe incrociate
sulle lenzuola, uno di fronte all'altro. Mary era ancora indecisa e
diffidente. E poi, avrebbe sempre potuto mentire se la domanda era
troppo personale. Mentre lui si toglieva le scarpe e le metteva ai
piedi del letto, Mary valutò il ragazzo. Non sembrava avere
cattive intenzioni, ma meglio essere attenti. La musica arrivava
attutita e leggera dal piano terra. Se l'aggrediva, avrebbe sempre
potuto urlare e l'avrebbero sentita senza troppi problemi.
- Chi comincia? - chiese Mary.
Nic si
slacciò la felpa e la appoggiò accanto a loro. Fece
spallucce e poi la invitò a iniziare con un gesto della mano.
Mary non aveva mai fatto quella specie di gioco prima, ovviamente. Cosa avrebbe dovuto domandare?
Si morse il labbro ed espose i suoi dubbi: - Ehm, non so cosa chiedere.
- Quello che vuoi.
Cominciò a torturarsi le mani e abbassò lo sguardo. - Ok. Qual è il tuo colore preferito?
E poi,
siccome non ottenne alcuna risposta, lanciò un'occhiata a Nic.
La guardava con un sopracciglio alzato e una risata nascosta.
- Cinque domande, Mary. Cinque, e ne sprechi una per chiedermi il mio colore preferito?
Mary si indignò. Non aveva idee, nessuna.
- E poi, ci puoi benissimo arrivare da sola - disse ridacchiando e indicandosi i capelli e poi l'indumento steso vicino a lui.
- L'arancione?
Nic annuì. - Sono strano, lo so.
Non era
strano. Lei cambiava colore quasi ogni giorno, un paio di settimane
prima era stato il marrone. Il marrone non piaceva nessuno.
- Non esageratamente - rispose lei, abbozzando un sorriso imbarazzato. - Qualche consiglio? - chiese timida.
- Domande un po' più profonde. Dobbiamo stabilire un rapporto di fiducia, ricordi? Quindi, domande da psicologo.
Mary ridacchiò. - Tipo "cosa hai provato quando i tuoi genitori si sono lasciati"? Quel genere?
Lui annuì tranquillo.
- Sicuro? Non è un po' troppo... personale? - domandò a disagio.
- È proprio quello il punto.
Mary fece
cenno d'aver capito e prese un respiro profondo guardandolo negli
occhi. Occhi verdi. - Che rapporto hai con la tua famiglia?
Nic sorrise.
- Ho due fratelli piccoli e una sorella grande. Si chiamano Marco,
David e Caterina. Marco e David sono gemelli e hanno tredici anni.
Caterina ne ha venti, io diciotto. I miei genitori si chiamano Arianna
e Matteo. Siamo una famiglia molto unita, forse perché una volta
al mese organizziamo questa "serata film". Guardiamo un film scelto da
un membro della famiglia e poi commentiamo tutti insieme. Va sempre a
finire che Caterina litiga con mio padre e che i gemelli commentano
ogni singola ragazza che appare sullo schermo. Io do loro corda. Mia
madre semplicemente cerca di farci andare d'accordo. Nonostante tutto,
ci raccontiamo molte cose e siamo felici. Sono molto fortunato, so che
avere una famiglia unita e allegra non è una cosa proprio
scontata.
Raccontava
tutto con un sorriso sulle labbra e lo sguardo perso. Voleva loro molto
bene, si vedeva. Trasmise un senso di sicurezza anche a Mary, che
sorrise con lui.
- Avrei dovuto avere un'altra sorella, due anni dopo i gemelli, ma è nata morta.
- Oh - disse. Era senza parole.
Nic alzò le spalle amaramente. - Già.
- Poverino - mormorò.
Capì
di aver detto la cosa sbagliata quando Nic la guardò negli occhi
con divertimento sotto il velo di tristezza. Arrossì di vergogna.
- No, cioè, non volevo... Oddio - nascose la faccia tra le mani. Che figura.
- Di solito si dice "mi dispiace" - disse lui.
- Oh, lo so, ma "mi dispiace" è troppo poco. "Mi dispiace" si dice anche quando versi un po' d'acqua addosso a qualcuno.
- "Poverino" invece è perfetto.
Mary sbirciò tra le dita. La stava prendendo in giro.
- Scusa - biascicò.
Lui scoppiò a ridere. - Dillo pure, ti faccio pena. Tranquilla, ho capito cosa intendi...
- Grazie.
- ... più o meno.
Nic era rilassato e di nuovo a proprio agio, il contrario di Mary.
- Cambiamo discorso. Tocca a me, giusto?
Mary annuì e squadrò Nic che, pensieroso, si grattava la nuca. Poi sembrò avere un'illuminazione.
- Hai mai avuto rapporti sessuali con qualcuno?
Adesso
sì, che era davvero senza parole. Spalancò la bocca e lo
guardò scandalizzata. Lui se ne stava lì ad aspettare,
innocente.
- Cosa?!
- Hai capito.
- Sì, ma... Questa sarebbe una domanda profonda?! - chiese, imbarazzata come non mai.
Lui
sembrò davvero calibrare la serietà della domanda fin
troppo intima che aveva appena posto. - Be', scommetto che tu non
l'abbia detto a molte persone, quindi vale. Insomma, è una
domanda personale.
- Scherzi?!
- Mai stato più serio di così.
Lei scosse la testa, sempre più rossa. - Nicola... No.
- No, non hai mai avuto rapporti con nessuno?
- No nel senso che non voglio rispondere!
Nic la
guardò risentito. Poi improvvisamente Mary si ricordò del
dettaglio famigliare e doloroso che le aveva appena rivelato.
Sospirò stizzita.
- Me lo stai davvero chiedendo? - domandò arrendevole.
Nic sentì la vittoria avvicinarsi e annuì malizioso.
- No - ammise irritata. Vide qualcosa di indefinito passare negli occhi di Nic. Qualcosa che non voleva sapere.
- E avresti voluto?
- Sai cos'è il pudore?
Lui la ignorò. - Avresti voluto?
La mente
volò subito a Daniel. Daniel, che l'attraeva.
Daniel, che se ne stava di sotto avvinghiato a Genny.
- No - disse deglutendo.
- La tua faccia dice qualcos'altro. Devi dire la verità, Mary.
- ... Forse, ok? Non ne sono sicura - quando la mettevano alle strette finiva sempre per dare alle persone quello che volevano.
Nic sembrò soddisfatto da quella risposta.
- Hai già usato due domande - disse Mary.
- No - disse Nic dubbioso.
- Sì. Erano entrambe personali.
Una piccola rivincita.
- Va bene - alzò gli occhi al cielo. - Tocca a te.
- Hai mai avuto rapporti sessuali con qualcuno?
- Che copiona.
Mary arricciò il naso e poi sorrise. - Rispondi.
- Sì.
Due volte, con due ragazze diverse. La mia prima volta avevo quindici
anni. Stavamo insieme da cinque o sei mesi, non ricordo... Ci siamo
lasciati un paio di settimane dopo.
Mary fece un
finto broncio. - Non eri molto bravo? - suggerì, trattenendo a stento
una risata quando Nic fece una faccia buffissima e si offese.
- Per tua informazione, la seconda ragazza è rimasta molto soddisfatta - disse, cercando di riprendere il suo ego maschile.
Mary scoppiò a ridere. - Siete tutti uguali. Guai a sminuire le vostre prestazioni.
- Forse dovresti provare, prima di giudicare.
Le guance di
Mary diventarono bollenti. Spalancò gli occhi. Nic la guardava,
contento di aver avuto l'ultima parola in quella battaglia
verbale.
- Ok, faccio la prossima domanda. Mi sembri un po' accaldata.
Mary
colpì leggermente il ginocchio di Nic con il piede. - Sono solo
un po' sensibile sull'argomento - sbuffò, senza perdere un solo
tono di rosso.
- Ho notato - disse lui, cercando di nascondere una risata e continuando ad osservarla malizioso. - Perché piangevi?
Mary stava
per dire che non era vero, lei non stava piangendo affatto!, quando lui
l'ammonì con lo sguardo. - Era comunque l'inizio di un pianto,
Mary. Perché eri triste?
Non se la
sentiva per niente di parlare di Daniel, perciò trovò un
compromesso: - Te lo dirò alla fine delle domande, se mi fido.
Lui sembrò accettare facilmente. - Ok. Quindi... Qual è stata la peggiore figuraccia della tua vita?
Ecco, questa
andava già meglio, anche se ricordare momenti imbarazzanti non
era certamente il suo hobby preferito. Ci pensò su per un minuto.
- Hm.
È accaduta un mese fa. Era pomeriggio, pensavo di essere a casa
da sola e quindi ho preso l'MP3 e ho alzato il volume al massimo.
Quando ho tempo o quando sono un po'... triste, mi diverte ballare.
Quindi ho cominciato a ballare come una pazza in giro per casa, mentre
pulivo i mobili e passavo l'aspirapolvere. Mi sono girata un secondo
verso la porta di casa, mentre mettevo a posto in soggiorno e BAM! Ecco
mio padre con tre amici che mi guardano scandalizzati.
Nic scoppiò a ridere. - E che hai fatto?
Mary fece
una smorfia d'imbarazzo. - Non è neanche questa la parte
peggiore. Visto che avevo caldo stavo ballando... mezza nuda, diciamo.
Nic spense la risata così in fretta che Mary pensò fosse svenuto. - Ah - disse lui senza voce. - In che senso?
- Be', avevo solo una canottiera. Niente pantaloni.
Visto che
Nic sembrava letteralmente perso nella sua fantasia, Mary gli
diede un pugno sulla gamba. - Non azzardare ad immaginarti la
scena!
Nic alzò le mani in alto. - Scusa. Figuraccia per te, forse. Gli amici di tuo padre devono aver apprezzato.
Mary
inclinò la testa e arcuò le sopracciglia. - Ne dubito.
Mio padre era più imbarazzato di me. Non mi sono fatta vedere
per il resto della giornata.
- Potevi stare più attenta.
- Basta, non
ne parliamo - decise, visto che Nic sembrava ancora pensarci. - Qual
è la cosa che ti piace fare di più al mondo? -
domandò.
Nic si
posizionò meglio sul letto e poi indicò la chitarra alle
sue spalle. - Suonare. Me la porto sempre dietro.
Mary sorrise sincera. - Componi musica?
Lui annuì. - Ci provo.
- Sembri bravo. Da quanto suoni?
- Da quando avevo sei anni. Mi piace davvero. Quando ho una chitarra in mano, mi sento come a casa.
Si guardarono negli occhi. Mary accentuò il sorriso, intriso di tenerezza.
- Tocca a me. Qual è stato il momento più triste della tua vita? - disse Nic, distogliendola.
Mary abbassò gli occhi. - Quando è morta la mia cuginetta di cinque anni.
Nic
annuì leggermente. Lui poteva capire. - Aveva un tumore ai
polmoni. Non la vedevo moltissimo, però mi è
sembrato così crudele. Insomma, perché una bambina di cinque anni? Non è giusto.
Nic
appoggiò una mano su quelle di Mary, strette in grembo. Mary le
sfilò dalla sua presa. Si schiarì la voce.
- Quante domande mancano?
Nic fece finta di non aver dato peso a quel gesto. - Io te ne ho fatte quattro. Tu tre.
- Ok. Mmmh... Ti sei mai innamorato?
- No.
Mary aggrottò la fronte. - E...?
- E cosa?
- Be', per le altre domande hai cominciato a spiegare. Qui solo un "no"?
Nic la guardò sarcastico. - Che altro c'è da dire?
- Be', non so... qualche cotta vicina all'innamoramento?
Nic
scosse la testa, sempre più divertito. - Non so. Attrazione, per
la maggior parte delle volte. Sono un maschio, non arrivo a definire
qualcosa di più complesso.
Mary sbuffò, vacendo volteggiare un ciuffo di capelli. - Bella scusa.
Lui si strofinò le mani e sorrise. - Ecco l'ultima: cosa deve avere un ragazzo per farti innamorare?
Wow.
Questa sì che era una domanda complicata. Cominciò a
torturarsi il labbro inferiore. Nic la osservava paziente.
- Deve rispettarmi.
Nic ponderò la risposta. - E poi?
- E...
deve capire chi sono e cosa voglio. Un complice, ma anche un migliore
amico. Deve riuscire a farmi battere il cuore. E deve trattarmi alla
pari.
Nic non rideva, non ammiccava, non la prendeva in giro. Semplicemente la guardava.
- Presumo che il fantomatico ragazzo di cui tu non vuoi parlare abbia queste qualità.
Daniel
aveva quelle qualità? Un fulmine la colpì a ciel sereno.
No. Non tutte, per lo meno. Quella scoperta fu semplice quanto
scombussolante. Non si era mai davvero soffermata su quello che voleva
in un uomo e, ora che l'aveva fatto, si rese conto che Daniel non
rispecchiava pienamente ciò che lei desiderava. La bocca le si
asciugò.
- Non... non esattamente.
Nic non disse niente. La lasciò pensare.
- Quante persone sanno il segno dell'aquila, oltre alla tua famiglia? - chiese decisa, alzando la testa.
Lui si sorprese per il cambiamento improvviso. - Questa sarebbe la tua ultima domanda?
Mary annuì.
- Il mio migliore amico. E te.
Mary gli sorrise sincera. Nic la studiò confuso, poi fece una domanda: - Sei ancora triste?
Non poteva dire di stare alla perfezione, dopo aver visto Daniel appolipato a Genny. Ma non stava male come prima.
- Non così tanto - disse, cercando di sminuire la questione.
Nic
cercò qualcosa nella sua espressione. Socchiuse gli occhi,
attento. Poi si alzò fluidamente dal letto e le porse
galantemente una mano.
- Vieni.
- Dove? - chiese Mary, presa alla sprovvista.
- Sei ancora triste. Hai detto che ballare ti rende felice. Vieni.
Mary
appoggiò la mano in quella di Nic, che la fece alzare e la
portò al centro della stanza. Dal piano di sotto arrivava una
canzone tranquilla, né da discoteca né un lento. Nic
guidò la mano che non era stretta nella sua sulla schiena di
Mary, in basso ma non troppo. Mary portò timidamente la sua
sulla spalla di Nic, dove appoggiò anche la testa. Sentiva Nic
respirare a due centimetri da lei. Cominciarono a ondeggiare e girare
lentamente sul posto. Nic non forzava troppo i movimenti, lei si
abbandonò e chiuse gli occhi. I loro respiri erano calmi. La
mano di Nic era calda e accogliente. Mary si sentiva leggera come una
piuma, fluttuante. Si sentì in pace e svuotò la mente di tutti i pensieri.
Mary
non sentiva più la musica, non sentiva nient'altro, solo il
battito del suo cuore. Aprì lentamente gli occhi dopo un paio di
minuti, alzò la testa e si stupì della vicinanza con il
viso di Nic. Nic, che non fece nulla se non ricambiare il suo sguardo.
E, sull'onda della loro danza, sussurrò: - Mi fido.
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Capitolo 3 *** È... ***
e...
Lo
so, lo so... Sono in ritardo! Ma ho un milione di ragioni, che non
starò qui a spiegare. Avrei voluto pubblicare giorni fa, ma la
tecnologia e il tempo si sono alleati contro di me. Quando
l'ispirazione mi fa visita, tutto il resto si mette a crearmi problemi.
Bah, sarà il karma. Comunque sia, spero che vi piaccia (:D) e
spero di aggiornare presto!
Bacialsaporedipioggia!
3. È...
Appena
pronunciò quelle due parole, nacque un sorriso quasi invisibile sulle
labbra di Nic. Smisero di ondeggiare ma mantennero la stessa posizione.
- Sul serio?
Lei
annuì e senza realmente accorgersene scaricò la tensione stringendo la mano del ragazzo.
- Sei
sicura? Non pensavo di ricevere un 'sì' tanto presto, onestamente - disse
calmo, senza smettere di osservarla a quella misera distanza.
Neanche
lei lo pensava. Ma percepiva qualcosa di indefinito... L'istinto le
diceva che poteva affidarsi a lui. E poi, sarebbe stata una cosa da
poco. Insomma, poteva aprirsi con uno sconosciuto/nuovo amico fidato,
scaricare quelle spiacevoli sensazioni che l'avvolgevano e sentirsi
meglio, per una sera.
Lei
fece spallucce, sfuggendo al suo sguardo e sentendo quella mano sulla
schiena sempre più presente. Aveva detto di fidarsi, ma l'imbarazzo in
certe occasioni non spariva. Gli occhi di Nic, sempre diretti verso il
suo viso, non miglioravano la situazione. Lui se ne stava impeccabilmente
immobile, sicuramente studiando qualcosa nella sua espressione, mentre
lei era un fascio di nervi. Ecco cosa le provocavano i ragazzi,
tremolii continui e rossore diffuso.
Le
sembrò di scorgere un ghigno divertito sul volto di Nic, velocemente
nascosto appena riportò l'attenzione su di lui.
- Ti senti a disagio? - domandò.
Mary scosse la testa rapidamente. - No.
Nic
rimase in silenzio per alcuni istanti, poi la lasciò gentilmente
e alzò le mani in alto, in segno di resa. Sembrava aver capito
alla perfezione e accettato ciò che Mary non aveva detto. Fece
un passo indietro, sotto lo sguardo perplesso di Mary.
- Mi sembravi di nuovo accaldata - spiegò.
Lei
arrossì maggiormente e non disse nulla. Lui sollevò
teatralmente le braccia ai lati del corpo e proferì: - Aprimi la tua
anima.
Mary ridacchiò. Alzò un sopracciglio. - Che dovrei fare? Rivelarti i miei segreti più intimi?
- Rivelarmi perché piangevi è un buon inizio.
Mary chiuse la bocca di scatto e deglutì.
Nic si
sedette sul letto, facendole segno di mettersi accanto a lui. Lo raggiunse in
pochi passi e si accomodò al suo fianco, voltando la testa verso
di lui.
Prese
un respiro profondo e fece vagare lo sguardo per la camera, evitando
accuratamente il viso di Nic. - Penso che mi piaccia qualcuno.
Nic aggrottò la fronte, inclinò il capo e chiese: - Pensi?
Mary sbuffò. - Non ne sono del tutto certa. Non riesco a capire davvero cosa... provo.
Incrociò
le mani in grembo. Si sentiva così in imbarazzo a confessare
delle cose che non aveva mai ammesso nemmeno a se stessa.
- Mia
madre dice che quando una donna si innamora diventa acida e
insopportabile - disse Nic, annuendo, come se si trattasse di una
verità inconfutabile.
Mary cercò di trattenere una risata. La mente volò a tanti minuti prima, quando Michele le aveva detto che 'sembrava uno yogurt scaduto'.
Arricciò le labbra pensierosa. - Solo inacidita?
- Dice anche che ha un sorriso perenne sulle labbra, il che è un controsenso.
Mary cominciò a pensare a Daniel. Acidità e sorriso. Finì i suoi ragionamenti ancora più confusa.
- Penso ancora che mi piaccia qualcuno.
- E non ne sei innamorata.
- Non lo so - disse, irrigidendosi.
- Mi hai detto che non ha le caratteristiche del tuo prototipo di uomo perfetto, quindi no.
La ragazza incrociò le braccia al petto, sentendosi presa in contropiede.
- Non
puoi sminuire così ciò che provo per Daniel -
esclamò, stizzita. Si rese conto della gaffe commessa quando era
ormai troppo tardi per rimediare.
Nic sembrò soddisfatto. - Quindi si chiama Daniel, eh?
Il rossore sulle guance di Mary fece capolino. Nic scoppiò a ridere.
- Sembra che farti arrabbiare sia l'unico modo di farti parlare.
- Sei scorretto - disse sbuffando.
- Io,
scorretto? Sei tu quella che dice di fidarsi e poi si chiude a riccio -
ribatté deciso, fissandola negli occhi.
Mary
non sopportava le provocazioni, quindi esclamò: - Va bene.
Piangevo perché lui non mi noterà mai.
- Solo per questo?
- 'Solo'?! - disse sconcertata.
- Qualcosa deve aver scatenato il pianto.
Genny e Daniel. Genny e Daniel che si mangiavano
al piano di sotto. Che si parlavano complici e lascivi. Che l'avevano
esclusa, per dedicarsi a loro stessi. Più ci pensava e
più si sentiva stupida, per aver pensato di essere un po'
più importante di una qualsiasi bella ragazza nella sua vita.
Aveva
lo sguardo perso nel vuoto e si morse il labbro inferiore. Sentiva la
tristezza bruciarle gli occhi e il naso pizzicare.
- Mary... - sussurrò Nic sorpeso e fece un movimento impacciato in avanti, come per stringerla.
- Non
abbracciarmi - lo avvertì lei immediatamente, cercando di non versare neanche una lacrima mentre torturava le labbra
con i denti. Si odiava, perché stava mostrando la sua
vulnerabilità. - Se lo fai, scoppierò
definitivamente a piangere.
Era
vero. Gli abbracci simboleggiavano una casa sicura dove sfogare le
proprie emozioni. Una volta circondata da un paio di braccia, le
risultava impossibile non lasciarsi andare. Nic accettò quella
condizione, bloccandosi e osservandola. Mary spostò lo sguardo a
terra e lo tenne fisso sul pavimento anche quando sentì Nic
alzarsi e passarle accanto. Tornò un paio di secondi dopo. Mary
alzò gli occhi a lui.
- E se suonassi un po', ti sentiresti meglio?
Chitarra in grembo ed espressione indecifrabile.
- Perché sei così gentile? - domandò Mary.
- Educazione, presumo. E poi, ti ho fatta piangere io.
No. Non
era stato lui, era stato Daniel. Fece per dirglielo, ma ormai Nic era
concentrato sullo strumento e stava cominciando ad accarezzare le
corde. Si schiarì la voce e si posizionò meglio sul
materasso. Una melodia tenue invase l'ambiente. Nic teneva il tempo con
un piede, l'attenzione sulle sue mani e il corpo voltato verso Mary.
Quando la musica si fece più decisa, alzò gli occhi a
Mary, le sorrise e cominciò a cantare.
Mary,
dal canto suo, aveva quasi smesso di respirare. Non riusciva a
muoversi. Non era semplicemente bravo, era come un balsamo per le sue
orecchie e acqua fresca per i suoi pensieri.
Nic
possedeva una voce eccezionale. L'aveva composta lui quella
canzone? Ora capiva cosa intendesse quando diceva di sentirsi a
casa, suonando. Quello era il suo mondo. Non era come prima, quando lui
si limitava a canticchiare e lei se ne stava seduta a terra. In quel
momento cantava con passione, dedicandosi e affidandosi alla sua
chitarra. Mary sentiva di poter stare lì per tutta la
notte, ad ascoltarlo e perdersi con lui nel vortice di note.
Fece
segno a Nic di non smettere. Si formò un cipiglio confuso tra le
sue sopracciglia, ma continuò. Mary si alzò e si
chinò accanto al comodino. Aprì il primo cassetto.
Trovò quello che cercava e tornò a sedersi. Stappò
la penna rossa, strappò un foglio da un piccolo block notes e
iniziò a scrivere.
Passarono
più o meno cinque minuti. Lei se ne stava leggermente chinata,
Nic cantava. Quando la musica nella stanza cessò e quella al
piano di sotto tornò alle sue orecchie, aveva appena alzato la
penna dalla carta. Notò Nic che cercava di sbirciare.
- Oh, Mary andiamo! - esclamò.
- Che ho fatto? - chiese spaesata.
- Almeno la lettera maiuscola! Sono pur sempre una persona. Quindi scrivi "Diario", non "diario" - spiegò, imitando una D nell'aria e facendo un'espressione eloquente.
Lei corresse velocemente ed esitò alcuni secondi, prima di ripiegare il foglio. Nic la contemplava curioso.
- Ora tocca a...
- Mary!
Un urlo
aveva interrotto la frase della ragazza. Si voltarono entrambi verso la
porta, oltre la quale una voce femminile chiamava il suo nome.
- Marina! - chiamò Jessica allarmata, questa volta più vicina.
Mary si girò verso Nic. - Devo andare - gli afferrò la mano e ci ficcò in mezzo il foglio.
Si
alzò di scatto e uscì veloce come un fulmine, lasciandosi
un Nic perplesso alle spalle. Sbatté la porta e si
scontrò con Jessica.
- Eccoti! Ti stavo cercando - esclamò sollevata quest'ultima.
- Sì, ero...
- Laura
ci riporta a casa, sta piovendo - disse, prendendola per mano e
trascinandola giù per le scale. Mary inciampò, ma l'altra
non se ne curò. - In più, Daniel è ubriaco e Lisa
sta male.
Si fermarono sull'ultimo scalino. - Cos'ha Lisa? - domandò preoccupata.
Jessica, come al solito, cadde dalle nuvole. - Non so, piangeva.
- Cosa? Perché?
Jessica
fece spallucce. - Ho cercato di chiederglielo, non me lo dice. Abbiamo
parlato un secondo, prima. Poi se n'è andata e Laura l'ha
beccata in bagno. Loro due sono già in macchina. Io sono venuta
a cercarti, manca solo... - si guardò intorno e puntò il
dito verso il soggiorno. - Daniel - disse, dopo averlo trovato.
Corse verso di lui con Mary alle calcagna. Lo afferrò per un orecchio. - Laura ti aveva detto di non bere, imbecille!
Daniel la guardò un paio di secondi, poi passò gli occhi a Mary e ghignò.
- E
adesso che hai da sorridere? Lo so che Mary è carina,
però alzati - lo fece sollevare, mentre lui si lamentava.
- Mi fai male!
- Ti sta bene. Laura si incazza se bevi quando lei ti dà un passaggio.
Lui fece un gesto noncurante con la mano e si liberò da Jessica. La superò e si affiancò a Mary.
- Genny non ci è stata - sussurrò. Non era ubriaco, solo brillo.
Mary si
morse l'unghia del pollice. Non le importava di
ciò che aveva e non aveva fatto con Genny. La sua preoccupazione
più importante era Lisa, in quel momento.
- Tu dov'eri? - chiese Daniel.
Mary
arrossì, ricordando la voce di Nic. Fortunatamente Jessica li
spinse all'esterno della casa. Corsero sotto la pioggia fino ad una macchina nera
parcheggiata dall'altra parte del marciapiede. Si infilarono tutti e tre nei sedili posteriori.
-
Finalmente - disse Laura, una ragazza con i capelli a caschetto mori,
avviando il motore e controllandosi il trucco nello specchietto
retrovisore.
- Mary era sparita - si giustificò Jessica.
Mary
sentì gli occhi curiosi di Daniel che la fissavano. Fece finta di nulla
ed ignorò la gamba del ragazzo accanto alla sua. Lisa era
rannichiata davanti a lei e contemplava le gocce d'acqua rigare il
finestrino. Le toccò una spalla e quando Lisa voltò
appena la testa le chiese sottovoce cosa fosse successo.
- Ti spiego domani - rispose. Notò che non piangeva più.
Mary annuì, mentre il calore di Daniel la invadeva.
*
-
E dai, che hai fatto ieri sera? - domandò un ragazzo minuto sui
diciassette anni con i capelli neri, gli occhiali quadrati e spessi e
un accento tedesco appena presente. Si trovava in un caffè con
altri due ragazzi, mentre all'esterno i contorni dei passanti erano
confusi dal temporale estivo. Era un bar tranquillo, una specie di
tavola calda.
Nic
alzò le spalle. - Niente di che - mormorò, rubando una
patatina fritta a Trullo, un ragazzo con la stazza di un guardaroba e
la loquacità più o meno lì.
Sven
socchiuse gli occhi e si rivolse al ragazzone accanto a lui: - Ha o non
ha la faccia di uno che è andato a letto con una modella
norvegese?
Trullo
alzò il mento in un piccolo cenno positivo e tornò a
dedicarsi al suo hamburger. Sven si girò nuovamente verso Nic,
il quale commentò: - Da dove le tiri fuori queste similitudini?
Sven
sventolò una mano come per scacciare una mosca. - La nostra vita
sessuale è pari a zero in questo momento, quindi se hai cose
interessanti da dire, dille. So che c'entra una ragazza. L'hai
conosciuta alla festa?
E poi, siccome Nic se ne restò buono a fissarlo e continuò a tacere, disse: - Da quando sei così riservato?
- Non c'è niente da dire.
- Certo, è carina?
Nic alzò le sopracciglia.
-
È intelligente? - e poi: - Ha le tette grandi? - ed infine: - Ho
visto una faccia interessata quando ho parlato delle sue forme. Ne
deduco che non le hai viste. Quindi non te la sei fatta! - concluse,
soddisfatto di sé.
- Per chi mi hai preso?
- Sì, in effetti sei troppo gentiluomo per anche solo sfiorare una donna senza prima chiedere il permesso a suo padre.
- Simpatico.
Sven
si allungò sul tavolo, come un uomo in fin di vita, e
alzò gli occhi supplicanti a Nic. - Ti prego! Sono o non sono il
tuo migliore amico?
Sobbalzò quando Trullo gli mollò una pacca poco gentile sulla schiena.
- Oh, lo sei anche tu. Ma hai storie di ragazze da raccontare?
Trullo scosse la testa, spargendo maionese dappertutto.
- Visto? Quindi Nic, parla.
- Questo tuo interessamento morboso mi preoccupa.
Sven sbuffò e venne distratto da una voce che lo chiamava dall'ingresso.
- Ehi Sven!
Un ragazzo alto e sorridente si avvicinò al loro tavolo.
- Daniel! - esclamò Sven, raddrizzandosi. - Come va?
- Bene. A te?
-
Bene. Ti presento i miei amici. Lui è Nic - disse indicando il
rosso, che alzò la mano e lo salutò - ... e questo
è Trullo.
Trullo bofonchiò un "ciao".
- Sei solo? Vuoi sederti con noi? - chiese Sven, indicando un posto libero accanto a Nic.
-
No, aspetto degli amici - disse, poi la sua attenzione venne attirata
da una biondina che lo guardava interessata da un tavolo all'angolo. -
È stato bello vederti. Stammi bene!
E si defilò veloce come un razzo, andando a salutare la ragazza.
-
E quello era Daniel, casanova per professione e gigolò per
hobby. Non so come faccia, ma le conquista tutte - commentò
Sven, con un sospiro invidioso.
Alzò
gli occhi a Nic, che era improvvisamente incuriosito da qualcosa. Stava
guardando oltre le spalle di Sven, il quale si girò verso
l'ingresso, dove due ragazze salutavano sorridenti la cameriera e si
toglievano la pioggia dai capelli.
Sven
spostò lo sguardo da Nic alla ragazza mora e snella che era
appena entrata. Avanti e indietro, da Nic a lei. Poi si
illuminò, come se avesse scoperto il segreto dell'universo.
Infranse l'occhiata sognante di Nic esclamando: - È lei!
*
-
È lui! - sussurrò Mary, sobbalzando sul posto e sentendo
il cuore battere all'impazzata contro le costole. Afferrò Lisa
per un braccio e si catapultò nei bagni femminili, accanto
all'entrata. - Oddio!
L'amica
non ebbe neanche il tempo di realizzare il tutto, un secondo prima
stava parlando con Eva la cameriera e un secondo dopo una Mary rossa e
scossa le stritolava il polso davanti ai lavandini.
- Cosa?
- È lui! Il ragazzo di ieri sera, è di là!
- Chi? Quello della chitarra?
Mary annuì nervosa. Affondò il viso nelle mani mentre Lisa la osservava perplessa.
- Mary, calmati.
La mora rialzò il capo.
- Come faccio a calmarmi? Pensavo di non rivederlo mai più. Dio, mi ha vista piangere...
- Non è niente di grave, perché ti agiti?
Perché si stava agitando in quel modo? Non lo sapeva neanche lei.
- Non lo so, è solo che... Insomma, mi ha colta di sorpresa!
- Lui ti ha vista entrare?
- No, non credo.
Mary
cominciò a torturarsi le dita. Ripensò al foglio che
aveva scritto e sentì le guance infiammarsi. Di quello non ne
aveva parlato con Lisa. Aveva solo detto di aver pianto per Daniel e
che un ragazzo l'aveva beccata. L'aveva sentito suonare la chitarra e
avevano parlato del più e del meno. Non aveva menzionato le
cinque domande, o il ballo, o l'aquila.
- Stai calma. Adesso torniamo di là, lo saluti e andiamo al tavolo. Piuttosto, sei pronta per vedere Daniel?
Mary annuì amaramente. - E tu sei pronta per vedere Andrea?
Lisa fece una smorfia. - Lui non è ancora arrivato. L'importante è non vedere Jessica.
Mary le accarezzò e strinse un braccio, cercando di confortarla. - Andiamo.
Quando
uscirono, però, Mary rimase delusa quando voltò la testa
verso il tavolo dove aveva visto Nic e non lo trovò. Il sorriso
di finta sorpresa che si era preparata svanì. I due ragazzi
seduti con lui erano ancora lì, che la fissavano. Distolse
imbarazzata lo sguardo e analizzò velocemente il locale, alla
ricerca segreta del rosso. Non lo scorse da nessuna parte, quindi si
sedette ad un tavolo con Lisa.
Daniel,
poco lontano da loro, salutò una ragazza bionda, che uscì
dal bar. Si accomodò accanto a loro e ancora prima di salutarle
annunciò: - Ho il suo numero.
Mary alzò gli occhi al cielo insieme a Lisa.
- Hai già ordinato? - chiese a Daniel, fingendo indifferenza mentre si toglieva la giacca.
Prima
ancora che lui potesse rispondere, una mano pesante le batté
sulla spalla. Si voltò. Un ragazzo enorme le porgeva un foglio
piegato.
- Per me? - chiese sorpresa, indicandosi.
Lui annuì con un grugnito e se ne andò quando Mary prese il biglietto.
- Cos'è? - domandò Daniel.
- Non lo so - rispose Mary. Ma lo scoprì non appena lesse le prime parole.
Caro Diario,
mi piace la pioggia. Ti va di condividerla con me?
Raggiungimi alla statua davanti al municipio,
Nic.
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Capitolo 4 *** Incontro al municipio ***
dear diary 4
Io spero ci sia ancora qualcuno
disponibile a leggere questa storia, anche dopo un anno che non
aggiorno. Mi dispiace, davvero, ma io e l'ispirazione non andiamo
d'accordo. Però i personaggi mi stavano pregando, supplicando di
continuare a scrivere di loro. Questa è forse una delle storie
(pubblicate e non) a cui sono più affezionata, se non la mia
preferita. Quindi spero vi piaccia questo nuovo capitolo e spero anche
in una vostra opinione! Ora, basta parlare, vi lascio a Mary e Nic,
buona lettura ragazze!
4. Incontro al municipio
Mary
finì di leggere il biglietto con un sorriso. Uno simile a quelli
che ti fanno ridacchiare perennemente quando il fidanzatino delle medie
ti invia il primo messaggio della giornata. Sentì le guance
imporporarsi leggermente e la curiosità dei suoi amici si fece
palese: - Allora, cos'è? - domandò Lisa, cercando di
sbirciare.
Mary richiuse frettolosamente il foglietto. - Niente.
Daniel alzò un sopracciglio.
- Sul serio, non è niente.
- Fammi vedere - disse Daniel, allungandosi sul tavolo.
- No! - sussultò, ritraendosi e alzando il braccio.
Daniel
si risistemò perplesso sulla sedia. Lisa si voltò
discretamente verso il tavolo a cui si stava sedendo quello strano ed
enorme ragazzo. Toccò la gamba di Mary e fece per chiederle
delle spiegazioni, quando scorse un'espressione emozionata sul viso della
sua migliore amica, nonostante cercasse di nasconderlo. Incrociò
i suoi occhi e parve capire chi fosse l'autore del biglietto.
Mary
riabbassò la mano e si accorse di stare stropicciando il
foglio. Cercò di mantenere la calma, a dispetto degli sguardi
dei suoi amici puntati su di lei e della sorpresa che provava.
- Mary, potresti... - cominciò Lisa, ma Mary la interruppe.
-
Vi dispiace se me ne vado per un po'? - chiese. Afferrò la
giacca dallo schienale e nascose il messaggio cartaceo nella tasca dei
jeans.
- Adesso?
- Sì, Daniel. Devo recuperare alcune carte in comune per mia madre. Me ne sono scordata.
Lisa
si batté la mano in fronte e ridacchiò. - Dovevi
andarci ieri, Mary. Come fai ad essere così sbadata? Vai, prima
di dimenticartelo di nuovo - e la aiutò a infilarsi la giacca.
Mary
sorrise e rigraziò la sua amica con un cenno della testa per
essere stata una complice così abile ad improvvisare. Si
alzò con calma e attraversò il locale, lanciando
un'occhiata al ragazzone che le aveva portato il biglietto. Accanto a
lui, un ragazzo decisamente più minuto e con gli occhiali la
scrutava sorridente; alzò il pollice e il mento in un ammicco
malizioso, facendo addirittura un occhiolino sfacciato. Mary
ricambiò
timidamente il sorriso e aprì la porta del locale.
Quando
si ritrovò all'esterno, ancora al riparo dalla pioggia che
cadeva violentemente, si maledì per non aver portato un
ombrello. Di solito lo aveva Lisa, ma quel giorno si erano ritrovate
entrambe senza protezione contro l'acqua. Alzò il cappuccio in
testa e allungò il collo in direzione del municipio, abbastanza
vicino per vederne la forma ma troppo lontano per arrivarci senza avere
l'aria di un pulcino bagnato. Scosse la testa e si disse di smettere
di pensare al suo aspetto. Non stava andando ad un appuntamento, certo
che no. Prese un respiro profondo, afferrò il cappuccio con le
dita per evitare di farlo scivolare e uscì dal rifugio asciutto.
Puntò
lo sguardo a terra per non bagnarsi il viso e cominciò a correre
sotto il temporale, finché si scontrò contro il petto di
qualcuno e schiacciò il piede di quello stesso qualcuno.
- Scusa! - esclamò desolata, indietreggiando e alzando la testa.
Ancora
prima di rendersi conto che quello che stava fissando altro non era che
il sorriso candido di Nic, lui allungò un braccio e le agguantò la vita, riportandola a scontrarsi contro il suo
torace.
Nic ridacchiò e disse: - Figurati.
Mary
realizzò di non essere più esposta alla pioggia,
poiché lui l'aveva portata sotto il suo ombrello. Proprio
perché l'ombrello era uno solo, e loro erano in due, si
ritrovò appiccicata a Nic a causa, o grazie, alla mano di
quest'ultimo. Non che non fossero mai stati così vicini o in una posizione simile, ma
erano situazioni inabituali per Mary.
Cercò
di allontanare il viso il più possibile, per riuscire ad
inquadrare meglio il ragazzo.
La sera prima, in quella stanza semibuia,
non aveva notato la strana sfumatura di verde dei suoi occhi, o una
piccola cicatrice appena sotto il sopracciglio sinistro, o di quanto
risaltassero bianchi i suoi denti in contrasto ai capelli ramati.
Si accorse di essersi imbambolata, quindi domandò incerta: - Non dovevamo incontrarci davanti al cavallo grasso?
Nic
annuì. - Sì, ma poi ti ho vista arrivare in balìa
della tempesta e ho deciso di accorrere in tuo soccorso.
- Grazie, milord - scherzò Mary.
- È il minimo. Sono io che ti ho fatta uscire così.
-
In effetti, potevi dirmi di incontrarci all'entrata. Avrei evitato di correre
e non ti avrei mai pestato il piede - disse, facendo una smorfia
dispiaciuta.
Nic
la guardò negli occhi. - Volevo
scrivere qualcosa di... - fece una pausa riflessiva - ... poetico
- e così dicendo, premette appena la mano alla base della
schiena di Mary. Forse non se n'era nemmeno reso conto, ma Mary la
percepì eccome. Realizzò che i loro corpi si toccavano in
molte parti e che si stava bene così. Sentì una scossa
di calore e il cuore le
balzò in gola, facendole dimenticare ciò che stava per
dire.
Strinse ancora di più le dita che ancora sostenevano il cappuccio e sorrise appena, destabilizzata. - Ci sei riuscito.
Nic
sembrò soddisfatto. - Vieni - disse, togliendo quella dannata
mano e indicando il municipio con un cenno del capo. - Ti voglio
mostrare una cosa.
Camminarono l'uno affianco all'altra fino alla statua di bronzo raffigurante un quadrupede decisamente massiccio.
- Volevi mostrarmi il cavallo? - domandò Mary.
- No, voglio entrare in municipio.
- Lì dentro? Perché?
- C'è una mostra sotterranea.
Mary
si voltò stupefatta. Pur abitando lì da sempre, non era mai
entrata per puro diletto e di certo non sapeva ci fosse un'esposizione
artistica. Ignorava anche la presenza dei sotterranei.
- Vuoi mostrarmi un quadro?
- Una foto - rispose Nic, avvicinandosi maggiormente così da coprirla bene con l'ombrello.
La
prima cosa che Mary pensò fu che Nic aveva un accento strano. Fu
un pensiero bizzarro, ma lo creò appena realizzò che lui
sembrava venire da un altro pianeta, se non da un'altra galassia. Quale
ragazzo che conosceva sarebbe andato di sua spontanea volontà a
vedere una mostra? Quanti ragazzi avrebbero mai potuto immaginare che
lei adorava l'arte e gli edifici antichi?
- Una foto di cosa?
- Vedrai - disse, mentre la conduceva verso l'ingresso dell'edificio beige e la aiutava ad entrare senza bagnarsi.
Nic
lasciò l'ombrello nel mobile apposito e Mary osservò i
suoi movimenti. La sera prima era sembrata un sogno, e vederlo
camminare e muoversi in contesti e situazioni normali come richiudere
un ombrello le fece uno strano effetto. L'aria lì dentro era
fresca e le luci illuminavano bene il lungo corridoio. Nic
indicò una porta socchiusa sul lato destro, a un metro dall'entrata. C'era un cartello con su scritto Mostra fotografica, ingresso libero e una freccia che puntava in basso.
L'aprì e videro due lunghe rampe di scale che si immergevano nel
sottosuolo.
- Sei sicuro che lì sotto ci sia una mostra? - domandò insicura.
Nic, dietro di lei, scosse la testa. - No, Mary. In realtà sono un maniaco sessuale che cerca di attirarti e incastrarti.
Mary
si girò perplessa, abbozzando una risata. - Non saresti un
maniaco molto furbo, se scegli il comune come scena del crimine.
- Mary, se avessi voluto incastrarti ed averti, ti avrei già avuta - disse in maniera elegante, ammiccando.
Lei sollevò le sopracciglia. - Mi sembri davvero molto sicuro di te, Nic.
Lui fece spallucce. - Sei tu quella che si è incantata a guardarmi - sorrise, e la superò per scendere le scale.
Mary spalancò la bocca e arrossì.
- Tranquilla - continuò la voce di Nic, un metro più sotto - so che non sei una conquista facile.
Mary deglutì e lo seguì, tracciando la ringhiera con le dita. - Lo prenderò come un complimento.
- Lo era.
Nic
l'aspettò alla fine della prima rampa e Mary si fermò due
scalini più in alto. Si trovavano alla stessa altezza, ora.
- Quindi... quello era Daniel - disse di punto in bianco Nic.
- Sì, era lui.
- Non sapevo foste amici stretti.
Mary scosse la testa con un sorriso amaro. - Non lo siamo.
- Sì, che lo siete - perseverò Nic, avvicinandosi.
Mary
percepì il suo profumo, come una ventata d'aria tiepida.
Lì, su quelle scale, dove gli unici rumori erano i suoni delle
loro voci e dei loro respiri, tutto sembrava amplificato. I suoi occhi
sembravano più luminosi, i capelli più soffici. Era una
situazione paradossale; stavano parlando di un altro ragazzo e
lei si lasciava deconcentrare dal suo odore.
- Hai un buon profumo - disse, senza staccare il collegamento diretto pensieri-parole.
Nic
sembrò preso alla sprovvista. Sbatté le palpebre,
spiazzato. Sorrise tra il sorpreso e il divertito. - Stai cercando di
distrarmi?
- Oddio. Non l'ho detto davvero - mormorò Mary, impallidendo.
- Oh, sì che l'hai detto - continuò Nic, ingrandendo il sorriso.
-
Ti prego, dimmi che non è vero - balbettò lei,
nascondendo il viso bollente nelle mani. Ma che le stava accadendo?
Nic rise e Mary pregò perché il terreno si aprisse sotto di lei e la inghiotisse.
Poi sentì delle dita calde scostare le sue. Rivolse lo sguardo sul
soffitto in pietra, e si domandò quante volte fosse arrossita
nel giro di ventiquattro ore. Doveva aver battuto il suo record
personale.
- Fai finta che non abbia...
- Vieni, Mary - la bloccò Nic, prendendo la sua mano e stringendola. Aveva riassunto un'espressione indecifrabile.
Il contatto tra palmo e palmo destabilizzò Mary e peggiorò la situazione imbarazzo.
Nic
si girò e, continuando a tenere la mano di Mary nella sua,
percorse l'ultima rampa di scale. Arrivarono in una stanza circolare
che ospitava un paio di tavoli coperti da cartoline riproducenti le
decine di foto in bianco e nero appese alla parete. Nic la
trascinò fino all'ultima colonna di foto e le mollò la
mano.
-
Sono tutte foto scattate dal sindaco al tempo della seconda guerra
mondiale. È lo stesso che ha commissionato la statua del cavallo
- spiegò.
- Il cavallo grasso?
-
Esatto - ridacchiò Nic. - Sono state ritrovate una decina di
anni fa. Come vedi raffigurano momenti semplici della vita quotidiana -
additò una foto di una donna indaffarata in cucina e un'altra di un uomo in
giardino. - Dava molta importanza all'arte e alla creatività,
soprattutto in un periodo drastico come quello. Hanno deciso di esporle
qui come ringraziamento, e anche perché sono tutte molto
interessanti.
Mary
era felicemente sorpresa. Le piaceva molto il suono della voce di Nic,
che stesse cantando, che stesse spiegando qualcosa. Le sarebbe piaciuto
sentirlo leggere la lista della spesa.
Si avvicinò ad una foto e rise davanti alla smorfia di un neonato. Lo indicò a Nic: - Guarda che carino.
Nic annuì cortese e le poggiò due dita sotto il
gomito. - Ma noi siamo venuti per quella - bisbigliò, sollevando
il braccio di Mary finché il dito mostrò una foto in
particolare.
Indicava due mani con i pollici incrociati e le altre dita allargate verso l'esterno.
- Il segno dell'aquila - sussurrò Mary meravigliata.
- Sì.
Sorrise emozionata e si voltò verso Nic in cerca di spiegazioni.
- Hai un bel sorriso - disse lui nella calma più assoluta.
Mary
sentì la gola seccarsi. - Nic... - balbettò. E subito
dopo si insultò mentalmente per non aver detto semplicemente
'grazie', nonostante non sapesse accettare gli apprezzamenti.
Lui la guardò confuso. - Che c'è?
- Stavo per chiederti di chiarirmi il significato di questa foto e tu te ne esci con un... - si fermò, titubante.
- Complimento?
- Sì.
- Non ti piacciono i complimenti? - domandò serio e curioso.
- Non è questo - si difese, roteando gli occhi.
- Avvicinati - disse Nic, afferrandole gentilmente la manica della giacca ancora umida e attirandola a lui.
Mary
si irrigidì appena risentì i loro vestiti sfiorarsi. Nic
allungò l'indice e le fece segno di venire ancora più
vicina. Ora Mary aveva gli occhi all'altezza del mento di Nic e lo
guardava a disagio. Lui sorrise rassicurante, scostò il bavero
della giacca e girò la testa, esponendo la gola a Mary.
- Senti - la incoraggiò il ragazzo.
Mary
si allungò leggermente, in imbarazzo, verso il collo di lui ed
inspirò ad occhi chiusi. Forse era la vicinanza, o il calore
emesso dal corpo di Nic, o il suo buon odore, o l'atmosfera soffusa del
sotterraneo e le vecchie foto sbiadite, ma sentì le gambe molli
e i polmoni intossicati da quella deliziosa fragranza e solo per pura
resistenza non permise al suo corpo di abbandonarsi contro quello di
Nic.
Riaprì
gli occhi e incrociò quelli del ragazzo, ora meno impavidi e
quasi scuri. - Ho un buon profumo? - mormorò roco.
Mary
annuì, a corto di parole. Lui si schiarì la voce e fece
un passo indietro, risvegliando Mary dalla bolla profumata e incantata
in cui era finita. Nic assunse una strana espressione disorientata, ma
tempo due secondi e riacquistò la sua solita sicurezza.
-
Ecco. Tu mi hai detto che ho un buon profumo perché è
ciò che pensi. Io ti dico che hai un bel sorriso perché
è la verità. Non devi essere imbarazzata da qualcosa di
semplice come un complimento.
Mary
si morse un labbro e annuì; aveva ascoltato solo metà
delle parole pronunciate da Nic. Era ancora persa in un mondo fatto di
odori maschili e sguardi liquidi.
-
È solo che non sono abituata a riceverne - si giustificò
Mary, inrociando le braccia al petto e sperando di non aver aspettato
troppo prima di replicare.
Nic alzò un sopracciglio, scettico. - Ne dubito.
- Mi sopravvaluti.
- Forse sei tu che ti sottovaluti.
Mary distolse lo sguardo, sulla difensiva. Non le piaceva la piega che stava prendendo la conversazione.
Visto
che Nic non smetteva di guardarla, cambiò abilmente discorso: -
Qual è la storia che si cela dietro al segno dell'aquila?
Nic guardò la fotografia alla sua destra. Sembrava aspettarsi una reazione evasiva da parte della ragazza.
-
Non lo so. So solo che mia madre è venuta qui anni fa ed
è stata folgorata da questa foto. La trova affascinante. Da
allora ha cominciato ad usare questo segno con noi come simbolo di
fiducia e non ha più smesso.
Mary sorrise teneramente. - Capisco.
Lui si strinse nelle spalle. - Non è granché come storia. Volevo condividerla con te lo stesso.
- Grazie, Nic.
-
Non c'è di che - disse. Poi estrasse un cellulare dalla tasca e
guardò lo schermo, agrottando le sopracciglia. - Siamo stati qui
un bel po'. Devi tornare dai tuoi amici?
Mary sentì l'entusiasmo svanire. - Temo di sì.
- Andiamo, allora - sorrise Nic. - Non voglio trattenerti.
Mentre
lui le passava accanto per tornare al piano superiore, Mary
pensò che Nic poteva rubarle tutto il tempo del mondo e che lei
sarebbe stata felice di concederglielo.
Arrivati
di sopra, Mary sentì il telefono vibrare nella tasca dei jeans.
Una chiamata persa e un messaggio di Lisa. Nic si era girato per
prendere l'ombrello e non notò l'espressione scioccata e
combattuta di Mary quando lesse il messaggio della sua migliore amica:
Noi andiamo a casa di Michele, raggiungici appena hai finito di ripassarti il rosso. ;)
Sarai contenta di sapere che Daniel sembrava alquanto interessato al biglietto.
Io e te dobbiamo fare una bella chiacchierata. Tu non me la racconti giusta.
- Piove ancora molto? - chiese lei, rimettendo il cellulare in tasca.
Nic aprì il portone e il rumore causato dalla pioggia che cadeva contro il suolo li raggiunse violento.
- Tu che dici? - domandò Nic ironico.
Lasciò
il portone aperto, fece uscire metà corpo per aprire l'ombrello
e ci si ficcò sotto. Tese una mano verso Mary. - Forza, vieni.
Lei si infilò velocemente sotto l'ombrello, ignorando l'invito corporale.
Nic la fissava compiaciuto. - Puoi tenerti al mio braccio, se vuoi. Non mordo.
Lei
sorrise e afferrò timida l'avambraccio del ragazzo con entrambe
le mani, per bagnarsi il meno possibile. Si allontanarono dall'edificio
di alcuni metri.
- Devo andare da un'altra parte - lo informò Mary.
Nic sembrò non capire.
- Dobbiamo dividerci qui.
- Oh. Va bene.
Mary staccò le dite dalla giacca del ragazzo e disse: - Allora, ciao. E grazie.
- Figurati. Grazie a te.
Mary fece per andarsene quando lui l'afferrò per il cappuccio e la riportò sotto l'ombrello.
- Ehi, ferma, ferma. Pensi di andartene così?
Mary lo fissò smarrita.
- Sta diluviando - spiegò il ragazzo.
- Ho notato - rise lei.
- Ti presto l'ombrello - si offrì Nic.
Mary fece di no con la testa, risoluta. - No, Nic. Non se ne parla. E tu come fai?
- Tu mi accompagni fino al caffè, così poi entro e tu puoi tenerlo.
- Sei davvero gentile, ma...
- Niente 'ma'. Sei uscita scoperta anche prima. Voglio evitarti una polmonite a causa mia.
Mary vacillò. - In effetti, mi hai fatta bagnare. Però... come faccio a ridartelo?
Nic
sollevò le sopracciglia in un espressione fin troppo rallegrata.
- Farò finta di non aver sentito il doppio senso.
Lei si accorse di ciò che aveva appena detto e gli rivolse un'occhiata di rimprovero.
- Tranquilla, è solo un ombrello - la rassicurò. - Puoi tenerlo - disse, con un luccichio negli occhi.
Mary
aveva ponderato un'altra possibilità. Aveva sperato in uno
scambio di numeri di telefono, ma lui non l'aveva nemmeno pensato... O
forse sperava ed attendeva una mossa da parte di Mary?
Ma
Mary era troppo insicura, aveva troppa poca fiducia in sé stessa
per fare il primo passo. Quindi si rintanò nel suo angolo di
timidezza e annuì riconoscente: - Va bene, grazie infinite, Nic.
E si avviò verso la tavola calda camminando accanto a Nic, sotto un ombrello troppo piccolo.
*
Quando
la porta del locale si aprì con un tintinnio, Sven scattò
ritto sulla sedia e diede una gomitata a Trullo, il quale si era
bellamente appoggiato sul tavolo per fare un sonnellino.
-
Ecco che arriva il nostro Don Giovanni - annunciò Sven
allargando le braccia appena Nic fu abbastanza vicino per sentirlo.
Nic si sedette accanto a Trullo. I due amici lo guardavano, gli occhi pieni di aspettative e curiosità.
-
Smettetela di fissar... - cominciò Nic, finché Trullo gli
afferrò malamente la mandibola per tenergli ferma la testa e
mostrò la faccia di Nic a Sven con un grugnito.
-
Cos'è quello sguardo? - domandò Sven malizioso,
avvicinandosi per vedere meglio. - Il nostro Nic si è forse
preso una bella cotta?
Nic scacciò la mano di Trullo con un gesto infastidito.
-
Sì, Trullo, hai proprio ragione. È perso - esclamò
Sven, punzecchiando Nic. - Chi l'avrebbe mai detto che sei un
romanticone!
Nic alzò gli occhi al cielo. - Io non...
- Non hai pensato che forse, e dico forse,
avresti dovuto informare i tuoi amici su chi fosse la tua bella? E io
che pensavo ti fossi preso una sbandata per una qualunque ad una festa
qualsiasi! - esclamò Sven teatralmente.
Nic
si strinse nelle spalle e cominciò a mangiucchiare le patatine
ormai dure che Trullo non aveva finito di mangiare.
-
Eh no, caro mio! Come minimo ci devi spiegare che avete fatto! - disse
Sven, spostando il contenitore delle patatine e facendolo quasi finire
per terra. Visto che Nic gli lanciò un'occhiata di traverso,
accentuò il broncio: - Ti prego, Nicolino caro.
- Lo sai vero che chiamarmi 'Nicolino caro' non mi incoraggia a parlartene?
-
No, ma lo farai comunque, perché io sono andato in avanscoperta
al suo tavolo mentre non c'eravate e ho raccolto un paio di
informazioni.
- Che hai fatto? - domandò Nic divertito.
- Una chiacchierata con Daniel e la migliore amica di Marina, tale Lisa.
- E ovviamente l'hai fatto per me e non per parlare con Daniel - disse Nic, calcando il tono sull'ultima parola.
Sven arrossì. - Parla.
- Dovevo farle vedere una cosa in municipio e abbiamo chiacchierato un po'. Le ho prestato l'ombrello.
- Che le hai fatto vedere?
Nic se ne rimase zitto, e di conseguenza Sven si rivolse frustrato a Trullo: - Trullo, fa qualcosa!
Il
ragazzo diede uno scappellotto a Nic. Doveva essere leggero, ma vista
la mole e la delicatezza di Trullo, Nic rischiò di sbattere la
testa sul tavolo. Emise un gemito di dolore e si massaggiò la
nuca.
- Trullo, amico mio, evita di ucciderlo entro stasera - disse Sven.
- Perché? Che facciamo stasera?
Sven si abbassò cospiratorio e lanciò occhiate a destra e a sinistra, sotto lo sguardo stralunato di Nic.
- Tu avrai un appuntamento con la tua bella - sussurrò Sven eccitato.
Nic scosse la testa scettico. - Non ho neanche il suo numero. E, per inciso, a lei piace un altro.
Sven balzò sulla sedia come se gli avessero sparato, portandosi una mano al cuore. - Non può essere!
- È.
- Allora la nostra missione diventa ancora più importante! Non è vero, Trullo?
Trullo borbottò affermativamente.
- Missione? - domandò Nic, sempre più preoccupato.
Sven
si guardò le unghie fiero di sé. - Ho scoperto, e ti
prego non ringraziarmi, che Marina e i suoi amici andranno a vedere un
film questa sera.
Nic sembrò genuinamente sorpreso. - E tu vorresti comprare i biglietti per vedere lo stesso film, scommetto.
- Togli il condizionale, Nicola - disse Sven con un sorriso astuto. - Li ho già comprati.
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Capitolo 5 *** 5. Cinema ***
diario cap 5
5. Cinema
-
Quanto la odio - borbottò Lisa. Si sedette stizzita sul letto e
incrociò le braccia al petto. - Perché doveva esserci
anche Jessica? Baciare Michele una volta sola non è abbastanza?
Vuole replicare?
Mary
si tolse la giacca e la appoggiò sulla sedia. - Lui non mi
è sembrato tanto interessato a lei, gelosona. Non le ha rivolto
la parola. Ha parlato tutto il pomeriggio con te.
- Forse ti confondi con Andrea. Indovina che ha fatto?
-
Cosa? - domandò Mary sedendosi a gambe incrociate sulle
lenzuola. Diede un colpetto sul ginocchio di Lisa, che sciolse la posa
rigida, si tolse le scarpe e assunse la stessa posizione di Mary, di
fronte a lei.
- Mi ha chiesto se stasera può venire a prendermi lui per andare al cinema.
Mary alzò gli occhi al cielo. - Non è niente, Lisa. Ci dà sempre un passaggio.
-
Ho rifiutato, ma ha fatto finta di non sentirmi. Tu vieni con me. Non
mi lasci da sola con lui in macchina - disse, puntandole addosso
l'indice.
Mary ridacchiò. - Va bene. Non ti preoccupare, c'è la tua prode guardia del corpo, sempre a tuo servizio.
-
Grazie. Ora tocca a te. Daniel ha continuato a chiedermi chi ti manda
biglietti. Non si è bevuto la scusa di tua madre. Quando sei
arrivata da Michele, per poco non ti faceva la radiografia per scoprire
se avevi succhiotti.
Mary scosse la testa e rise. Si sentiva quasi lusingata.
- Quindi, ne hai? - chiese Lisa, allungadosi verso Mary e spostandole i capelli dietro la spalla, per controllare.
- Lisa! - trillò l'altra, scacciando la mano dell'amica e sbilanciandosi all'indietro.
Lisa
l'afferrò, per evitare che cadesse dal materasso. Mary la
fulminò con lo sguardo. - No che non ne ho, cretina.
- Ah.
- Sembri quasi delusa! - disse Mary, sorpresa.
- Be', voglio dire... pensavo... che ha scritto sul biglietto?
Mary
esitò. Non sapeva se raccontare i suoi pensieri, le sensazioni
provate e i dubbi a Lisa, o se tenere tutto per sé, come un
segreto prezioso. Poi realizzò che avrebbe potuto non vederlo
mai più, e ciò le stringeva il petto in una morsa. Quindi
infilò la mano nella tasca dei jeans e tirò fuori il
biglietto stropicciato. Lo porse a Lisa. Quest'ultima emise un verso
simile all'ululato di un lupo, ma che nel codice Lisa significava...
- Ma... è dolcissimo!
Ecco, appunto.
Mary sorrise, cercando di nascondere l'emozione. - Sì. Molto.
Lisa scrutò attentamente la sua migliore amica. - A lui piaci. Mi sembra ovvio.
Mary
aprì la bocca per ribattere, la chiuse e riaprì un paio
di volte e poi sbuffò frustrata. - Non lo so. Forse.
- Che avete fatto?
-
Niente. Mi ha fatto vedere una cosa. Poi lui è tornato dai suoi
amici e io sono venuta da voi. Mi ha dato il suo ombrello.
Lisa fece per sparare una raffica di domande, che Mary già conosceva e a cui rispose prima ancora di sentirle:
-
Sì, è quello blu. No, non mi ha chiesto di uscire di
nuovo. No, non gliel'ho chiesto neanch'io. No, non ci siamo
baciati.
- Perché?!
Mary la guardò stralunata. - In che senso "perché"!
- Lui ti piace Mary. Lo vedo da come ne parli. Non hai quella faccia neanche quando parli di Daniel!
Oh. Daniel. Le piaceva ancora? Non lo sapeva. Pensare a Nic le causava confusione e la faceva sentire bene.
- Non... è diverso. Conosco Nic da quanto, venti ore?
- Hai pianto davanti a lui. Io non ti ho mai vista piangere.
Mary rimase spiazzata. Era vero.
- Abbiamo ballato insieme - ammise. - E... ha un buon profumo. Mi ha detto che ho un bel sorriso.
Lisa
spalancò la bocca. Non per il complimento, ma per la prima
parte. Non aveva mai visto Mary corpo a corpo con un ragazzo,
figuriamoci a ballare.
- Lisa... - mugugnò Mary, coprendo il volto arrossato. - Non guardarmi così!
- Oh sì, eccome se ti piace! - esclamò Lisa soddisfatta.
Mary
scosse energicamente la testa, abbassando le braccia. - Non importa...
- mormorò, guardandosi le unghie. - Probabilmente non lo
vedrò mai più - sospirò.
*
- Guarda guarda! Qualcuno si è fatto bello! - esclamò
Sven, vedendo Nic avvicinarsi a loro, all'entrata del cinema.
Nic
lo ignorò. - Siamo in anticipo, Sven - disse, strofinando le
suole sul tappeto. Fuori era ancora bagnato, ma aveva smesso di piovere.
- Lo so benissimo. Ma so anche che tu sei sempre in ritardo e volevo evitarti figuracce.
- Non sono in ritardo.
Sven
finse di togliersi una lacrima dall'angolo dell'occhio. - Ah, i
miracoli dell'amore... Il mio Nicolino sta diventando responsabile.
- Io mi chiedo come faccio ancora a sopportarti.
- Sono passati solo dieci anni. Aspetta di arrivare ai cinquanta.
-
Quando arriverà il nostro cinquantesimo anniversario
pagherò Trullo per farti fuori. Sai, per finirla in grande.
Trullo, che aveva una manciata di popcorn in mano, bofonchiò positivamente.
Nic si guardò intorno, ma a parte un gruppetto di ragazzi e gli impiegati del cinema non vide nessuno.
-
No, non è ancora arrivata - disse Sven. Poi sembrò
trasalire ed emise un sospiro emozionato. - Immaginati la scena. Voi
due, seduti vicini davanti ad un film horror. Lei impaurita e tu, da
bravo macho, le metterai una mano intorno alle spalle, lei si
avvicinerà a te e chiuderete la serata limonando duro in fondo
alla sala.
- E io ripeto che a lei piace...
- Daniel! - sussurrò Sven, rizzando la testa e la postura.
I
tre osservarono il ragazzo entrare insieme a due ragazze, passare
accanto a loro senza vederli e dirigersi verso la biglietteria.
-
Non sbavare, mi raccomando - disse Nic, rivolgendosi all'amico. - Sei
sicuro che questa serata l'hai organizzata per me e non per te?
Sven
arrossì e si mosse a disagio sul posto. Vide Daniel e le due
ragazze comprare degli snacks ed entrare nella sala, al che disse: -
Entriamo anche noi. Vediamo dove si siedono loro e ci mettiamo nei
paraggi. Quando arriva Marina, ti siederai vicino a lei.
*
-
Ma guarda questo! - borbottò Lisa, salutando Andrea con un finto
sorriso, mentre quest'ultimo entrava nella sala del cinema opposta alla
loro. - Ci ha fatti arrivare in ritardo! - si lamentò, entrando
nella sala buia con Mary.
I
posti erano occupati da bambini accompagnati da genitori, ma
soprattutto da adolescenti. Pensò che i film Disney attiravano
sempre tanta folla, di tutte le età ed etnie. Si sedettero in
due posti liberi alla fine di una fila al centro. La pellicola era
già iniziata da una decina di minuti.
Mary
si sporse verso Lisa: - Sei fortunata che siamo sole, Michele non ti
vedrà piangere come una bambina quando muore Mufasa - la prese
in giro, facendo una linguaccia.
Lisa
ridacchiò e si alzò con il portafoglio in mano. - Vado a
prendere i popcorn. Piccolo, medio, o grande e facciamo in due?
Mary le lanciò un'occhiata ovvia. Lisa si rispose da sola: - Grande e facciamo in due. Torno subito.
La
ragazza camminò frettolosamente verso l'uscita. Quando la luce
dell'entrata la colpì, impiegò un paio di secondi a
capire chi stesse ordinando alla cassa. Un ragazzo di media altezza,
vestito di scuro, dei capelli rossicci scompigliati da una mano
pallida. Si mise in coda dietro di lui, non certa che si trattasse
davvero di Nic. Decise dunque di battergli una mano sulla spalla.
Lui si girò.
- Scusa, non vorrei disturbarti, ma sei... Nic?
Lui allargò gli occhi sorpreso. - Sì, sono io.
-
Ecco qua i popcorn - disse la donna dietro il bancone. Nic
ringraziò e pagò. Lisa pensò che fosse davvero una
fortuita coincidenza.
Uscirono entrambi dalla fila. - Io sono Lisa. Un'amica di Marina.
Lui sembrò improvvisamente molto più interessato. - Mary? Lei è qui?
Lisa annuì. - Sì. Stiamo guardando Il Re Leone. Tu stai guardando quell'horror, immagino - concluse, facendo una smorfia.
- Sì. Sono con dei miei amici...
Lisa lo bloccò. Non le interessava. - Senti, non ci giro intorno.
Agguantò
i popcorn dalla mano di Nic. - Siamo sedute negli ultimi due posti a
destra, a metà della sala circa. Lei è lì.
Comprale dei Bounty, le piacciono un sacco.
Il
rosso sembrò interdetto, tant'è che ancora non aveva
abbassato le mani dove prima era presente il cestino di popcorn. Poi,
non sapendo come replicare, sorrise semplicemente. - Nient'altro?
Lisa
strinse i popcorn al petto, compiaciuta. - No - disse, andando verso
l'altra sala. Ne prese una manciata e li portò alla bocca. Ad un
passo dall'ingresso si girò, illuminata. - Anzi, sì:
baciala.
Nic camminava al buio, un cestino medio in una mano, tre bounty
nell'altra. Non ci mise molto a trovare Mary. La vide lì,
seduta, la borsa ai suoi piedi, le gambe accavallate e il volto
rischiarato dallo schermo cinematografico. Si avvicinò e le mise
in grembo i popcorn.
-
Non avevi detto gran... - cominciò Mary, ma le parole le
morirono in gola. Non ci poteva credere. Guardò Nic sedersi
accanto a lei, mentre il suo profumo la schiaffeggiò come una
ventata di aria calda. Il cuore cominciò a battere. Il ragazzo
si posizionò meglio e poi la guardò.
- Ciao - balbettò Mary, incredula. Sorridente.
- Ciao - rispose Nic.
- Come... Cosa ci fai qua? - domandò lei, abbassando la voce per non disturbare gli altri.
Lui
si avvicinò ancora di più. Si appoggiò sul
bracciolo. - Lisa - spiegò. Gli occhi sembravano smeraldi
liquidi.
Mary si morse l'interno della guancia e alzò gli occhi al cielo. - Che traditrice.
- Non dirlo a me, mi ha rubato i popcorn - disse Nic.
Mary
ridacchiò sottovoce e abbassò gli occhi a quelli sulle
sue gambe. Strinse il cestino con entrambe le mani e cercò di
scaricare tutta la tensione. Mantenne lo sguardo sullo schermo, dove
dei colori vivaci accompagnavano una canzone allegra, ma lei era sorda
a tutto ciò che non fosse il suo battito e i movimenti del
ragazzo al suo fianco. Cercò di calmarsi. Nic era bello.
Ringraziò il fatto di essere in una stanza semibuia, così
lui non avrebbe visto l'effetto che faceva alle sue guance.
-
Ho anche questi - aggiunse il ragazzo, costringendola a guardarlo per
capire a cosa si riferisse. Quando vide gli snack al cioccolato e
cocco, sentì un calore indefinito aprirsi in mezzo al
petto.
Ne afferrò uno, ma Nic non abbandonò la presa. - Grazie, Nic - disse, grata.
- Prego, Mary - rispose lui, guardandola negli occhi.
- Sssshhh! - li intimò qualcuno da dietro, costringendoli a staccarsi l'uno dall'altra.
Mary
si sedette compostamente, mortificata. - Contenta? Lisa mi ha detto che
sono i tuoi preferiti - sussurrò piano Nic, vicino al suo
orecchio, incurante dell'avvertimento.
Il
suo fiato le sfiorava il lobo e lei si ritrovò a pensare, per
l'ennesima volta, che stare con Nic era piacevole. Molto più che
piacevole, la riscaldava.
- Sì - rispose lei, continuando a guardare il film. - Sono anche... - si fermò, indecisa.
- Sssshhh!! - sibilò qualcuno, più forte di prima.
Mary
decise allora di prendere un popcorn e mangiarlo, per evitare di dire
qualcos'altro e per tenersi occupata. Lo infilò in bocca e
cominciò a masticare piano. Nic ebbe la stessa idea,
poiché immerse due dita nel cestino, che stava ancora nel grembo
di Mary. La ragazza sentì il peso e la vicinanza di Nic e per
poco non sussultò, facendo rovinare i popcorn a terra.
Nic ritirò la mano un secondo dopo, apparentemente ignaro di ciò che stava succedendo a Mary a causa sua.
Mary
masticava, ma le orecchie le fischiavano. Non riusciva a deglutire,
riusciva solo a pensare a Nic. Voleva sentire il suo calore, vedere i
suoi occhi verdi, la cicatrice sotto il sopracciglio, il suo sorriso
scaltro e onesto allo stesso tempo. Voleva sentirsi più
vicina a lui. Si concentrò e riuscì a sentire il respiro
di Nic, fievole e tenue. Niente a che fare con il suo, che era
accellerato ed irregolare. Cosa le stava accadendo?
Spostò
il cestino di popcorn e lo incastrò tra il bracciolo e la sua
coscia, si abbassò, trovò la sua borsa e cominciò
a frugarci dentro. Sapeva che Nic la stava osservando. Trovò uno
scontrino di alcuni giorni prima ed una penna, che si portava sempre
appresso. Appoggiò il foglio sulla gamba e scrisse
frettolosamente sul retro dello scontrino, cercando di vedere il meglio
possibile per non rischiare di accavallare le lettere.
Si allontanò per controllare il risultato.
Caro Diario,
sono felice che tu sia qui con me
Fece scivolare il biglietto verso Nic, che lo prese immediatamente. Lo
intravide tirare fuori qualcosa dalla sua giacca e una luce bianca e
quadrata si accese per un istante, per poi spegnersi quando Nic rimise
a posto il telefono. Lo aveva letto. Passarono alcuni secondi
interminabili, nei quali Mary si aspettava una risposta, una risata, un
qualcosa.
Poi sentì delle dita accarezzare il dorso della sua mano,
appoggiata sul bracciolo. Con la punta delle dita, Nic stava
delicatamente tracciando il contorno delle sue nocche, una dopo
l'altra. Dalle nocche passò al mignolo, per poi tornare indietro
e sfiorare il polso in movimenti regolari. Quando arrivò
all'anulare, Mary alzò lievemente la mano e la voltò. Nic
colse il segnale e Mary sentì il palmo caldo del ragazzo
scivolare sul suo, fino ad incastrare morbidamente le dita delle due
mani. Nic la stringeva in maniera salda ma leggera. Mary
ricambiò la stretta e si abbandonò più rilassata
sul sedile, con la spalla di Nic a riscaldare la sua.
Passarono il resto della serata così, a stringersi la mano a
vicenda, l'uno accanto all'altra, a ridacchiare quando una scena si
faceva particolarmente divertente e a mangiare popcorn. Quando
arrivò la scena romantica, accompagnata dalla canzone "L'Amore
è Nell'Aria Stasera", Mary si sentì avvampare e Nic
usò il pollice per accarezzarla con più intenzione e
più calore, a movimenti circolari, facendo trovare a Mary il
coraggio di appoggiare la testa sulla sua spalla. Inspirò
discretamente l'odore di Nic, per conservarlo.
Quando la scritta "Fine" apparve sullo schermo, si sentirono delle voci
di disappunto spargersi per la sala illuminata. Nic fece scivolare via
la mano, per la tristezza di Mary, la quale però lo
ringraziò per averla salvata da un eventuale imbarazzo.
- Era da anni che non lo vedevo - disse Nic, stiracchiandosi.
- Anch'io. Da piccola mi era piaciuto poco, ora mi è piaciuto molto di più. Lo vedo da un altro punto di vista.
A Nic si illuminarono gli occhi. - Oh, sì. Ora mi è piaciuto decisamente di più.
Mary emise una risata imbarazzata e lo colpì leggermente sulla spalla. - Grazie - disse.
- E di cosa? - domandò Nic.
Mary si alzò e raccolse la borsa e gli snack, più per
evitare di guardarlo che altro. - Di avermi fatto compagnia - rispose,
prendendo la giacca.
Nic si alzò a sua volte e si posizionò dietro di lei, per
aiutarla ad infilare l'indumento. - Dovresti ringraziare Lisa. E Sven.
- Sven?
- Il mio migliore amico. Sta guardando il film horror.
- Oh. Ecco perché sei qui - Mary si guardò intorno, mentre la sala si svuotava velocemente.
Nic si vestì e si avviarono insieme verso l'uscita. Scosse la
testa. - Sì e no. Lui... - si fermò e si grattò la
nuca. Sembrava quasi imbarazzato.
- Lui...?
- Sapeva che saresti venuta qui. Mi ha portato apposta. Pensava che volessi rivederti - si giustificò.
Mary assunse un'espressione delusa. Quando Nic se ne accorse, si
corresse subito: - Cioè, io volevo rivederti.Voglio rivederti.
"Voglio rivederti". Al presente. Voleva rivederla. Lo voleva anche lei. Con tutto il cuore.
- Anch'io, Nic.
Nic sorrise sghembo e fece perdere un battito a Mary.
- Allora forse questa volta sarà meglio scambiarsi i numeri - suggerì.
Mary annuì, estrasse il suo cellulare dalla borsa e lo porse a
Nic, il quale memorizzò velocemente il suo numero. Rimise a
posto il telefono e allungò la mano, che venne guardata con
curiosità da Nic.
- Che c'è? - chiese lui.
Mary arrossì. - Il mio numero. Non lo vuoi?
Nic scosse la testa. - No. Così sarai costretta a scrivermi tu, per prima.
- Oh. Bella mossa.
- Lo so. Sono bravo, eh?
Mary rise. - Non esagerare.
Un movimento alla sua destra la distrasse. Vide Lisa sporgere la testa
dall'entrata per poi ritrarsi velocemente. E non era sola.
- Nic... Il tuo amico Sven, ha per caso gli occhiali?
Nic aggrottò le sopracciglia. - Come fai a saperlo?
Mary indicò il punto in cui erano sbucate e sparite le due teste. - Ci stava spiando. Con Lisa.
Nic alzò gli occhi al cielo e si massaggiò la base del naso. - Prevedibile.
- Ci stanno aspettando. Forse... sarà meglio andare - disse
Mary, anche se il cuore la stava insultando per quelle parole.
Nic sembrò sorpreso, ma nascose velocemente la delusione. - Sì. Andiamo. Grazie della serata, Diario.
- Grazie a te - replicò Mary e, con un ultimo impeto di
coraggio, si alzò sulle punte e lo baciò sulla guancia,
prima di dirigersi verso l'uscita.
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