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Lista capitoli: Capitolo 1: *** I parte - Ritorno a casa *** Capitolo 2: *** I parte - Prime (?) incomprensioni *** Capitolo 3: *** I parte - Distrarre in che modo? *** Capitolo 4: *** I parte - Di ex psicopatiche e messaggi nascosti ***
A tutte le meravigliose e pazienti lettrici di Tra l’odio e
l’amore…spero che Lore e Ali riescano ancora a strapparvi qualche sorriso e
qualche emozione
A tutte le meravigliose e pazienti
lettrici di Tra l’odio e l’amore…spero che Lore e Ali riescano ancora a
strapparvi qualche sorriso e qualche emozione. Spero che vi sembrino ancora gli
stessi (:
Tornare
nella grigia, triste e inquinata Milano, dopo essersi abituati allo stile di
vita e al fuso orario dell’Inghilterra, fu un vero e proprio trauma.
Non
potevo più tirare gomitate a Mel per sparlare ad alta voce e in italiano degli
ignari inglesi intorno a noi, se avessi fatto una cosa del genere a Milano mi
avrebbero capita.
Appena
uscita dalle porte scorrevoli degli arrivi, mia madre mi aveva abbracciata così
forte da rischiare di farmi uscire gli occhi dalle orbite, mentre il suo
profumo nauseante aveva violentemente invaso le mie narici.
-Come è
andata? Ti sei divertita? Cosa mi racconti? Dai, dai racconta!-
Non le
avevo detto nulla, ovviamente.
Le avevo
raccontato della bellissima Exeter, di Bath, di Tintagel, Stonehenge, Londra.
Le avevo detto di Susan e Rod e di quanto fossero stati meravigliosi con noi,
una vera e propria famiglia, ma...non le avevo detto nulla. Nulla di quello che
realmente contava, nulla di quello che mi rendeva così stupidamente felice.
Non aveva
capito che quel sorriso non era per i posti che avevo visitato, né per le
persone che avevo incontrato.
Era solo
per una persona. Una persona che mi aveva fatto dannare per mesi e mesi e a cui
era bastata una dichiarazione farneticante per farmi innamorare più di quanto
già non lo fossi.
Una
dichiarazione fuori da ogni standard, per nulla simile a quella che mi sarei aspettata
di ricevere dall’uomo dei miei sogni, dal mio principe azzurro.
Quanti
principi, del resto, se ne sarebbero usciti con un “Sono fottutamente innamorato di te”? Solo lui, quello degli
Stronzi.
Non ero
ancora pronta per condividere con lei tutto quello, glielo avrei raccontato con
più calma nei giorni successivi.
Con la
coda dell’occhio, mentre mio padre mi aveva sfilato la valigia dalle mani, mi
ero voltata a guardare il mio ragazzo: i capelli scarmigliati -che
soddisfazione sapere di essere stata l’artefice di quel dettaglio fuori posto!-
e le labbra gonfie dei miei ultimi morsi e baci dati in aereo, stava ridendo e
alzando gli occhi al cielo per qualcosa che doveva aver appena detto sua
sorella Glenda.
Chissà se,
come e quando le avrebbe raccontato di noi due…probabilmente, conoscendolo, non
lo avrebbe proprio fatto. Se anche lei gli avesse chiesto qualcosa di me, lui
avrebbe risposto con un secco “Fatti i cazzi tuoi”.
Però, in
quanto amica, confidente e sostenitrice del partito “L’Oréal”, Glenda meritava
di sapere, glielo avrei detto io stessa. Sentivo l’irrefrenabile impulso di
farlo, con tanto di urletto isterico ad accompagnare le mie parole…lo stesso
che aveva seguito il mio precedente annuncio, quello al telefono con Ilaria,
Angelica e Daniela.
-Tesoro?-
Il richiamo
di mia madre mi aveva distratto bruscamente dalla contemplazione di tutto quel
ben di Dio.
-Andiamo?
O devi salutare qualcuno?-
Quella
donna era una fottutissima veggente, ero quasi certa che avesse già intuito
tutto. Il modo in cui aveva detto “qualcuno” lasciava ben poco
all’immaginazione, avevamo capito entrambe chi fosse il soggetto.
-No, possiamo
andare.- Dopo un’indifferente scrollata di spalle, avevo sorriso a mio padre
leggermente confuso. Fortunatamente lui non ci sarebbe mai arrivato,
momentaneamente sarebbe stato all’oscuro di tutto…avevo ancora tempo per
prepararlo allo shock.
************************
Il lunedì
mattino seguente ero esausta, distrutta, a pezzi.
Faticavo
a tenere gli occhi aperti, eppure, nonostante tutto, la prima cosa che feci fu
controllare il cellulare con il cuore in gola.
Nessun
messaggio, niente di niente.
Sbuffai e
lo rimisi a posto. Ero troppo abituata ai messaggi del buongiorno e della
buonanotte che mi mandava Matteo quando stavamo insieme, Lore non era proprio
tipo da fare una cosa del genere.
Se Matteo
era il ragazzo che scriveva quasi ogni ora “Amore cosa fai?”, “Amore dove
sei?”, “Principessa ti sto pensando, mi manchi”, Lore era…l’esatto opposto.
Diedi
un’occhiata svelta alla radiosveglia: era probabile oltretutto che stesse
ancora dormendo, si alzava sempre all’ultimo ed era sempre in ritardo.
Lasciai
ricadere le palpebre sugli occhi annebbiati dal sonno e sospirai: pretendere
che ci alzassimo per andare a scuola il giorno dopo il ritorno dallo stage in Inghilterra
era a dir poco sadico. Non avevo, comunque, un valido motivo per rimanere a
casa, mi sarei persa la spiegazione di geografia e non avevo alcuna intenzione
di restare indietro con il programma.
Feci
forza su me stessa e mi alzai, barcollando come uno zombie fino alla cucina per
mangiare qualcosa.
Ero
troppo stanca anche solo per mettere il tè a scaldare, così mi limitai a
sgranocchiare qualche biscotto al cioccolato davanti alla tv.
-Ti sei
già svegliata?- Mia madre mi accarezzò dolcemente i capelli da dietro,
facendomi sobbalzare spaventata come una vittima in un film horror.
Inquietante
il fatto che a volte fosse così silenziosa da non far percepire la sua
presenza.
-Già.-
Borbottai prendendo un altro biscotto.
-Sei
stanca? Vuoi stare a casa oggi?-
Ecco le
famose parole che praticamente ogni adolescente avrebbe voluto sentirsi dire
dalla propria madre, chi non avrebbe voluto restare a casa ad oziare e dormire?
Io.
-Stai
scherzando? Mamma non chiedermelo neanche, lo sai che non voglio perdere
inutilmente un giorno di scuola.- Sbottai irritata. Poi mi sarebbe toccato
mettermi in pari e io odiavo fotocopiare le pagine di quaderno degli altri, non
riuscivo a studiare degli appunti non miei.
Finita
quella misera colazione, mi diressi al bagno strascicando i piedi, dove provai,
con un bel po’ d’acqua fresca, tanto dentifricio e una bella spazzolata ai
capelli, di rendermi un tantino più decente alla vista.
Finii di
prepararmi alle sette e mezza esatte, avevo impiegato più tempo per truccarmi e
cercare di rendermi ancora più carina che per vestirmi.
Il
motivo? Facilmente intuibile.
Osservai
nuovamente il cellulare e mi morsi il labbro nervosa. Come funzionava?
Cioè…avremmo fatto la strada insieme? Avrei dovuto suonare al suo campanello?
Fargli uno squillo? O lo avrebbe fatto lui a me? Magari lui se n’era già andato
per conto suo…o magari non aveva nemmeno intenzione di andare a scuola quel
giorno.
Gemetti
affranta; porca miseria, stare con Lore era così complicato! Quando si trattava
di lui regredivo allo stato infantile, mi sentivo una stupida bimbetta timida
che non sapeva come comportarsi con un bambino che le piaceva!
Che poi
alla fine erano tutte inutili paranoie mie, quando lui mi era vicino, nonostante
l’emozione e il battito cardiaco a mille, mi veniva abbastanza spontaneo
stuzzicarlo e baciarlo, ma…quando non era con me, non facevo che chiedermi come
avrebbe reagito, cosa avrebbe potuto pensare di me se, ad esempio, gli avessi
mandato un messaggio un po’…sdolcinato. Ero abbastanza certa del fatto che a
lui una cosa del genere avrebbe dato fastidio, immaginavo di vederlo storcere
il naso contrariato nel leggere troppe smancerie, così mettevo via il cellulare
e lo spegnevo ogni volta che la tentazione di assillarlo con messaggi zuccherosi
era troppo forte. Non volevo essere appiccicosa, non volevo che si stufasse di
me.
In
Inghilterra era stato tutto più semplice: la mattina lo incontravo già al
college e la sera mi riaccompagnava a casa di Susan e Rod dopo molte, molte,
molte ore passate insieme a fare di tutto; passeggiare per le strade
punzecchiandoci, mangiare fuori, baciarci, fare l’amore. Avevamo battezzato un
po’ tutti i banchi di quel povero college…
Ma ora?
Sarebbe cambiato qualcosa? Non gli avevo chiesto nulla il giorno prima
all’aeroporto, ero ancora troppo rimbambita nella mia bolla personale di
felicità per riuscire a ragionare lucidamente. Seriamente, lui mandava il mio
cervello a farsi le pippe.
-Mamma,
io vado!- Gridai infine, dopo aver constatato che alle 7.35 lui ancora non si
fosse deciso a scrivermi nulla. Che cavolo, non potevo aspettarlo in eterno, avrei
perso l’autobus e fatto tardi a scuola altrimenti!
Sarei
andata per conto mio a quel punto, si sbagliava di grosso se pensava che sarei
corsa io alla sua porta a chiedergli
di fare la strada insieme!
Stavo
ancora ripetendolo con rabbia nella mia mente, quando, uscita di casa, quasi
rischiai di avere un infarto nel vederlo bello tranquillo appoggiato con un
braccio alla porta dell’ascensore.
Gli
insulti nella mia testa cessarono all’istante e riuscii solo a pensare a come
cavolo facesse quel ragazzo ad essere così schifosamente…-e dai Alice, l’hai pensato, su, non rimangiartelo-…arrapante anche
di prima mattina, porco cazzo.
Alzò appena
un sopracciglio e ghignò divertito, se aveva capito i miei pensieri era solo
l’ennesima volta che facevo la figura della ninfomane pervertita, -Alla buon’ora.
Non vorrei allarmarti Puccio, ma sai,
sei in ritardo.-
Bastardo.
Odio
profondo per lui che mi sfotteva in quel modo –sapeva benissimo quanto non
sopportassi l’idea di fare tardi a scuola!- e per me stessa che, nonostante
tutto, stavo morendo dalla voglia di farmelo nel modo più selvaggio possibile.
Oh no,
non dovevo cedere, non gli sarei saltata al collo per riempirlo di baci, mi
sarei comportata da stronza indifferente come lui. Com’era? Chi andava con lo
zoppo imparava a zoppicare.
Richiusi
la bocca –rimasta tristemente spalancata per la sorpresa tutto quel tempo- e
sollevai il mento con fare altezzoso, -Cose che capitano, ero stanca e ho fatto
fatica ad alzarmi.-
Non sono in ritardo per colpa tua,
no. Non stavo aspettando un tuo messaggio, non stavo pensando a te prima di
uscire. E non sto morendo dalla voglia di baciarti…
L’importante
era ripeterselo, poi magari ci avrei creduto.
Il suo
ghigno si accentuò; si vedeva chiaramente quanto poco credesse a quell’acida
risposta elaborata in due secondi esatti, sembrava quasi essere consapevole dei
miei pensieri.
-E ora
scusami Latini, ma come hai detto tu sono
in ritardo e devo correre per non perdere l’autobus.- Ringhiai fra i denti,
avanzando con fare intimidatorio per spingerlo a spostarsi di lì. Cosa che non
fece, purtroppo per i miei nervi.
Sbuffai
ed allungai una mano con l’intento di afferrare il suo ingombrante arto
superiore e toglierlo dalla porta dell’ascensore, ma lui fu più svelto ed
utilizzò quello stesso braccio per bloccare il mio a mezz’aria.
Gli
lanciai un’occhiata indignata e cercai, con scarsi risultati, di
liberarmi.
-Nervosetta
di prima mattina? Come mai?-
I suoi
occhi si animarono di malizia, mentre con l’altra mano mi attirava
completamente a sé.
-Lore…-
Socchiusi le palpebre nel vano tentativo di essere minacciosa, -Sei veramente
uno stronzo.-
Sorrise
compiaciuto a due centimetri dal mio viso, -Dovresti imparare ad insultarmi con
più cattiveria, sembrava quasi un complimento.-
Aveva
ragione in effetti. Ma finché mi teneva così stretta a sé col cavolo che sarei
riuscita ad insultarlo come si doveva!
-Vorrà
dire che mi eserciterò.- Mantenni lo sguardo fisso nel suo e soffiai peggio di
un felino dal pelo ritto.
Feci in
tempo solo a sentire un suo “Brava” sussurrato sulle mie labbra, poi la sua
bocca sfiorò la mia ed il mio cervello non riuscì più ad elaborare pensieri
coerenti.
Stronzo,
schifoso, bastardo, bellissimo e meraviglioso Lorenzo, lo odiavo con tutta me
stessa quando faceva così. Eppure, se si fosse comportato diversamente, non
sarebbe stato lui e non lo avrei amato così tanto.
Alla fine
fui io a bloccare la porta dell’ascensore con la mia schiena, ma sinceramente
non ero intenzionata a togliermi tanto presto.
Mi aggrappai
a lui e lo strinsi talmente forte da chiedermi come diavolo facesse a
respirare. Buffo che fossi io a chiedermi una cosa del genere, visto che ero la
prima ad ansimare impudicamente e a fatica fra un bacio e l’altro.
-Lore…-
Volevo dirlo in tono autoritario, invece mi uscì un gemito che lo invitò a
continuare e ad alzarmi la felpa per accarezzarmi la pelle nuda della schiena.
Infilai
le dita fra i suoi capelli e sospirai, -Lore…la scuola…- Gemetti nella sua
bocca quando mi scostò il reggiseno.
-Si
fotta.- Fu la sua risposta.
Grandioso.
La
situazione stava decisamente degenerando. Sentivo l’eccitazione di entrambi
crescere e delle fitte sempre più frequenti e insostenibili tra le mie gambe.
Poggiai
le mani sul suo petto per allontanarlo, provocandomi un brivido lungo tutta la
spina dorsale, -Se esce tua madre da quella porta mi farai fare la peggiore…-
Mi baciò di nuovo per zittirmi, sorridendo sulle mie labbra, -Figura di
merda…della mia vita.- Continuai ansante.
Per non
parlare del fatto che ci avrebbe potuto sentire chiunque sulle scale, non
eravamo propriamente…silenziosi. E se
ci avesse visto mia madre dallo spioncino della porta? O Glenda, o Rossella…
Anche se era
il pensiero che fosse Amelié a vedermi avvinghiata a suo figlio a terrorizzarmi
maggiormente.
Per
carità, mi era sembrata una donna molto gentile, disponibile e comprensiva,
ma…seriamente, che figura ci avrei fatto se ci avesse scoperti in quel momento?
Mi sarei giocata definitivamente l’opportunità di star simpatica a mia suocera come fidanzata di suo figlio. Mi
avrebbe visto come la troietta che lo aveva sedotto e costretto a saltare la…
-La
scuola!- Sbottai, questa volta a voce più acuta e stridula. Forse il fatto che
avesse infilato una mano dentro ai miei jeans aveva contribuito ad alterare il
mio tono…
Lui fece
un profondo respiro per cercare di calmarsi e si scostò per guardarmi bene in
viso, -Fammi capire…- Socchiuse gli occhi infastidito, -Sono eccitato da
morire, riesco solo a pensare a quanto cazzo ti voglio, e tu invece che gridare
il mio nome ti metti a pensare e a gridare “La scuola”?- Imitò il mio strillo
d’aquila precedente, aggiungendoci un’eloquente smorfia irritata.
Sorrisi
sotto i baffi che non avevo: era un amore. Se glielo avessi detto si sarebbe
sicuramente incazzato, ma con quel broncio offeso era…un amore.
Non immagini nemmeno quanto vorrei
lasciar perdere tutto, scuola compresa…
-Esatto.-
Trattenni a fatica una risatina isterica, -La scuola Lore…- A differenza sua
stavo ancora ansimando fra una parola e l’altra, complice il fatto che le sue
mani mi stessero mandando a fuoco la pelle fino ad un attimo prima, -Siamo in
ritardo.-
-E credi
che me ne freghi qualcosa?- Fece ironico, -Oggi possiamo pure bigiarcela, non
ci andrà nessuno, siamo rientrati ieri dallo stage!-
-Scherzi?-
Misi discretamente al loro posto il reggiseno ed il maglione, -Ci sarà la
spiegazione di geografia oggi, non voglio perderla!-
-Ma che cazzo…?- Avrebbe sicuramente continuato con un “te
ne fotte”, ma si interruppe all’ultimo e si passò una mano fra i capelli
incredulo, -Sei una secchiona di merda, lo sai?-
Socchiusi
gli occhi stizzita, -E tu uno stronzo. Ricordati di dirmi che sarò una
“secchiona di merda” anche quando sarò laureata, ok?- Schiacciai il tasto per
chiamare l’ascensore.
-Come no,
me lo segno come promemoria sul cellulare.-
Sbuffai e
cercai di sistemarmi alla bell’è meglio, dovevo essere in uno stato a dir poco
pietoso; le labbra gonfie di baci, gli occhi lucidi, i capelli per aria e le
guance rosse e bollenti. Facevo pena ed ero pure in ritardo, un rientro a
scuola in grande stile.
L’ascensore
arrivò ed io aprii la porta esterna, voltandomi verso di lui in attesa.
Storse
appena la bocca contrariato, -Dammi almeno un buon motivo per non bigiarmela e
per venire a scuola con te.-
Perché altrimenti ti prendo a
calci? Perché mi incazzo?
Nah,
quelle frasi non avrebbero funzionato con Lore, ci voleva qualcosa di
più…stimolante per lui.
Finsi di
pensarci su, poggiandomi l’indice sul mento, -Non te ne sei accorto?- Mi sforzai
di sorridere furbescamente, nonostante stessi avvampando per l’imbarazzo, -Ho
messo il reggiseno nero di pizzo che ti piace tanto.- Se non altro il mio
sorriso imbarazzato lasciava sottintendere qualcosa di particolarmente…malizioso.
Alzò
appena un sopracciglio, poi sospirò e le sue labbra si piegarono in un ghigno,
-Andata.-
La strada
in autobus fu relativamente tranquilla; lui si sedette al suo solito posto in
fondo ed io rimasi in piedi lì accanto.
Non si
poteva proprio dire che fosse un gentiluomo, ma anche se avesse provato a
cedermi il posto gli avrei risposto di no, non mi piaceva sedermi sui mezzi
pubblici.
Parlammo
del più e del meno come non eravamo mai riusciti a fare prima di Exeter, almeno
finché io non spezzai il discorso con una domanda cretina del tutto fuori
luogo, -Intendi dirlo a tua madre e alle tue sorelle?- Mi morsi la lingua un
secondo troppo tardi, ormai avevo appena reso la conversazione imbarazzante.
Sapevamo
entrambi di cosa stavo parlando, non c’era bisogno di specificare nulla.
Mi
sentivo come una bambinetta piccola che portava un disegno alla madre e la
assillava con un “Ti piace? Ti piace?”.
Allora? Glielo dici? Glielo dici?
Ero
identica.
Sfoggiò
un irritante sorrisetto compiaciuto che mi fece distogliere lo sguardo a
disagio, -No, perché dovrei? Non parlo di queste cose con loro.- Con la coda
dell’occhio lo vidi fare una smorfia.
Traduzione: “non voglio parlare di
te con loro”. O “non voglio che sappiano di
te”, ancora peggio.
Ma certo,
che mi aspettavo? Che mi invitasse a cena e mi presentasse a loro come la sua
ragazza? Stavamo insieme da pochissimo, eravamo giovani, non dovevamo mica
sposarci! Non potevo rimanerci così male per così poco, non era una tragedia se
nessuno della sua famiglia sapeva di noi…
-Se lo
dicessi a Glenda non la smetterebbe più di rompermi i coglioni.- Aggiunse,
forse dopo aver visto la mia espressione delusa, -Lei e quella storia del
“L’Oréal”.- Alzò gli occhi al cielo innervosito al solo ricordo.
Lo sapeva
quindi...dimenticavo sempre che anche lui aveva letto il diario di Glenda.
Arrossii
involontariamente al pensiero che lo avesse fatto quando ancora per lui non ero
che una buona scopata, chissà cosa aveva pensato.
-E mia
madre...- Riportai lo sguardo su di lui.
-Ho
dovuto sopportare per anni le sue minchia di domandine curiose sulla
“fidanzatina”, ora che ha finalmente smesso di chiedermi se ce l’ho…- Schioccò
la lingua e fece un’espressione così contrariata che non ridere fu impossibile.
-Va bene,
non fa niente.- Dissi fra una risata e l’altra, più sollevata, -Non sono così
cattiva da volere che tua madre e Glenda ti assillino.-
Sorrise e
mi passò una mano intorno alla schiena per attirarmi a sé, facendomi cadere…sulle
sue gambe.
Merda.
-No,
che…? Lore!- Cercai inutilmente di richiamarlo a disagio e di rialzarmi: che
cavolo, ero spiaccicata al vetro del finestrino e stavo praticamente in braccio
a lui in un luogo pubblico!
Lui non
spostò comunque la mano dalla mia schiena di un millimetro e riprese il
discorso come se nulla fosse.
-Perché,
tu…?- Mi guardò di sbieco e attese impaziente una risposta che non arrivò.
Dove
voleva andare a parare? Io cosa?
Provai di
nuovo ad alzarmi approfittando di quella sua distrazione, ma la mia posizione
non migliorò affatto, anzi. Agitandomi così finii solo per finire a cavalcioni
su di lui.
Ok,
meglio star ferma, prima che qualcuno ci denunciasse per atti osceni in luogo
pubblico. O peggio, che il conducente ci facesse scendere dall’autobus, come
cavolo ci sarei arrivata a scuola?
-Tu l’hai
detto a tua madre?- Mi chiese con un tono di voce indecifrabile.
-Eh?- Lo
guardai in faccia nonostante l’imbarazzante vicinanza; era stranamente serio
e…nervoso? -No, io…no, non ne ho avuto il tempo, sono arrivata solo ieri e…- Scossi
la testa, -No.- Ignorai a fatica le occhiate di rimprovero dell’anziana signora
seduta dietro di noi e mi concentrai nuovamente sul mio ragazzo.
-Ah.-
Un
momento. Il mio cuore ebbe un sussulto quando mi accorsi di quel qualcosa che
stonava nella sua risposta.
-Cos’era
quello?- Sgranai gli occhi allibita.
-Quello
cosa?- Era già sulla difensiva, decisamente sospettoso.
-Quell’“ah”,
cos’era?-
Alzò un
sopracciglio, guardandomi come se fossi scema, -Solo un “ah”?- Chiese in tono
ovvio e vagamente annoiato. E per nulla credibile.
-Non era
un semplice “ah”!-
-Ma
perché cazzo devi per forza vedere qualcosa dietro a quello che dico?-
Mi venne
quasi da ridere e la cosa lo stizzì non poco, -Sei deluso! Ti dispiace che non
l’abbia detto a mia madre?- Non ci avrei creduto nemmeno io a momenti, non
avessi visto con che faccia aveva pronunciato quelle due lettere.
-E
l’avresti dedotto da un semplice “ah”, genio? Tua madre poi mi sta pure sul
cazzo.- Si stava arrabbiando, ergo avevo indovinato.
-L’avevo
immaginato, ma non cambiare discorso, non mi depisti.- Mi avvicinai al suo viso
senza smettere di sorridere gongolante.
Porca
puttana, bastava un niente per rendermi felice quando si trattava di lui,
bastava una sua parola (che poi non lo era nemmeno una parola) a stravolgermi,
a scombussolarmi, a farmi scoppiare di gioia.
Nemmeno
un dieci in matematica mi avrebbe reso così leggera e su di giri.
Mi alzai
quando mi resi conto che eravamo arrivati, ma non prima di avergli riservato
un’occhiata soddisfatta, -Mia madre ti adorerà.- Dissi con voce carezzevole,
con il chiaro intento di sfotterlo.
Mi lanciò un’occhiata omicida dal basso che mi fece ridere di gusto, -Non me ne fotte un
cazzo.-
-Ti trova
già carino.- Ricordavo bene il discorso che mi aveva fatto mesi prima, sul
fatto che il mio vicino di casa fosse un bel ragazzo.
-La mia
autostima sta raggiungendo livelli inimmaginabili.- Rispose ironico, alzandosi
a sua volta.
-Sei più
simpatico del solito oggi.- Gli diedi una leggera spinta e osservai incantata gli
angoli delle sue labbra piegarsi all’insù, nonostante cercasse di non farlo
vedere e di mantenere l’aria scazzata di poco prima.
Arrivati
davanti all’ingresso, Lore cercò ancora, inutilmente, di convincermi a tornare
indietro e andare da un’altra parte. In altre parole cercò di convincermi a
bigiare.
-No,
prendi esempio da…Vergata?- Mi sfregai gli occhi convinta di aver visto male.
Vergata era davvero davanti al cancello della scuola, puntuale, ma soprattutto presente? La cosa aveva
dell’incredibile, pensavo sarebbe stato il primo ad assentarsi.
Ci venne
in contro e salutò Lore con la classica e stupida stretta di mano stile hip
hop; poi, dopo avermi sorriso contento come un bambino davanti ad una
caramella, alzò il braccio.
-We,
bella Puccio!-
Fissai
per un po’ il suo arto fermo a mezz’aria, prima di capire che fosse in attesa
di una mia stretta.
-Mmm…yo?- Azzardai, stringendogli la mano e
aggrottando la fronte perplessa.
O forse dovevo rispondere “Bella!”
anche io?
Ero contenta
che Vergata mi avesse salutata come una sua pari, amica, o quel che diavolo
pensava, ma non avevo la minima idea di quello che dovessi rispondere, nessuno
dei ragazzi che avevo conosciuto mi aveva mai stretto la mano in quel modo.
Ebbi la
conferma di aver detto una stronzata quando li vidi piegarsi in due dalle
risate un attimo dopo, mentre mi indicavano come se fossi un fenomeno da
baraccone divertente. Idioti.
Socchiusi
gli occhi irritata, -Andate a cagare tutti e due.- Mi sforzai di sorridere e di
trattenere un broncio offeso per non dar loro ulteriore soddisfazione.
-Com’è?-
Lore mi mise un braccio intorno alla spalla, gli occhi lucidi per il troppo
ridere, -Yo?- Mi imitò, sul volto l’evidente – e inutile – tentativo di non
scoppiare nuovamente a ridere.
Casualmente il mio gomito colpì il suo
stomaco. Così imparava a sfottere.
Indietreggiò
di poco, ma non mollò comunque la presa. Si avvicinò con il viso al mio
orecchio, solo per sussurrarmi divertito fra i capelli un “Permalosa” che mi
fece rabbrividire.
Cazzo.
Non era
nemmeno iniziata la prima ora…quanto avrei resistito se solo sentire le sue
labbra così vicine mi provocava una reazione del genere?
Fortunatamente
non sembrava averlo notato…
-Puccio
non ti eccitare troppo, eh.-
Un’arma. Mi serve qualcosa di
appuntito e tagliente.
Dimenticavo
di essere circondata da due cretini.
Se una considerazione stupida non arrivava da uno, era logico che arrivasse
dall’altro.
Avevo già
detto comunque che Vergata sarebbe morto molto presto? Restava solo da decidere
se prolungare la sua sofferenza o se farlo fuori subito, con un colpo solo.
Quanto non sopportavo i suoi commenti del cavolo e quelle risate sguaiate da
scimmia stupida.
-Ammazzati
Vergata.-
Se c’era
anche una sola possibilità che Lore non se ne fosse accorto era andata a farsi
benedire ormai.
Lo
guardai e, quando notai il sorrisetto compiaciuto che aveva sulla bocca, scossi
la testa rassegnata; se n’era accorto eccome lo stronzo!
Così come
praticamente mezza scuola si era accorta di noi, del fatto che fossimo
abbracciati.
Era
indubbiamente bello avere il braccio di Lore sulla spalla, ma era decisamente
imbarazzante il modo in cui alcuni tizi che conoscevo di vista si soffermavano
a guardarci sorpresi.
Una buona dose di cazzi loro?
Neanche
il tempo di borbottare qualcosa contrariata che il mio viso venne bruscamente
attirato alla mia destra da una mano; la mia protesta venne stroncata sul
nascere dalla bocca esigente del mio ragazzo, che mi strinse a lui incurante
degli sguardi curiosi.
E tanti
cari saluti alla regola del “niente cose a
scuola”.
Dopo un
primo attimo di smarrimento, mi avvinghiai letteralmente a lui, circondandogli
il collo con le braccia e fregandomene a mia volta del pubblico.
-Puccio,
Latini, quando avete finito di giocare a Via Col Vento…-
Mi
staccai immediatamente da lui, ansante e imbarazzata, portandomi una mano alle
labbra.
Lore si
riprese decisamente più in fretta e sfoggiò il suo miglior sorriso da ruffiano,
-Salve prof.-
Essere
beccati dalla prof di matematica che appena il primo giorno ci aveva messo
insieme per delle ripetizioni era proprio…il massimo.
Non seppi
dove trovai il coraggio di guardarla; nascondeva bene il suo stupore, ma dal
tono di voce leggermente stridulo si era capito che quella era l’ultima cosa che
si aspettava.
-In
classe, forza. O vi segno assenti.- Ci minacciò, dopo averci lanciato
un’occhiata di rimprovero.
Bella
figura di merda. Persino i ragazzi delle altre classi e i nostri compagni ci
stavano fissando. E tutto per colpa di…
Chiusi le
dita a pugno e colpii Lore con forza sulla spalla, -Idiota!-
Che
diavolo gli era preso? Cos’era quell’improvviso sfoggio di…affettuosità? Così,
davanti a tutti, era impazzito…?!
Lui rise
soddisfatto, bloccandomi i polsi con le mani un secondo dopo, -Sentito cosa ha
detto la prof?- Si protese verso di me con il viso, il labbro inferiore sporto
all’infuori a mo’ di presa in giro, -Non vorrai prenderti una nota sul registro
Puccio…Basta “giocare a Via col Vento”, un po’ di serietà.-
In
risposta gli arrivò un colpo sull’altro braccio, -Quello che stava giocando eri tu. Cosa della frase
“niente cose a scuola” non ti è chiaro?- Lo guardai in cagnesco, pronta ad
insultarlo di nuovo, quando una voce conosciuta mi fece desiderare di
sprofondare lì, seduta stante, sotto le luride piastrelle del pavimento del
corridoio.
-Ali!-
Ecco la risposta a tutto.
L’espressione
di Lore ricordava tanto quella di un bambino beccato con il dito nel barattolo
della marmellata, pienamente appagato per il suo misfatto. Un gatto con un topolino
fra le zampe.
Stronzo.
-Teo!-
Quasi mi strozzai con la saliva nel pronunciare quel nome. Ci aveva visti, ci
aveva sicuramente visti. Merda.
Mi
staccai da Lore e cercai di non arrossire nuovamente. Impresa titanica.
Teo mi
sorrise come sempre e si sporse per baciarmi la guancia, senza fare commenti su
di noi fortunatamente.
Vidi nitidamente
Lore irrigidirsi, ma non fece nulla che potesse far trapelare la sua
irritazione. A parte una smorfia impercettibile.
Avevo già
il timore che dopo il nostro saluto sarebbe calato uno sgradevole silenzio,
invece Teo mi stupì quando spostò lo sguardo su Lore e si sforzò –cosa che
apprezzai veramente tanto – di non storpiare nemmeno di un millimetro il suo
sorriso.
-Lore.-
Salutò, un lieve cenno con la testa.
Non si
erano più parlati da…beh, da quella volta
al cinema. A Exeter, senza farlo di proposito, stavo con Lore quando non c’era
Teo e parlavo con Teo quando non ero con Lore.
A Lore
non andava proprio giù il fatto che Teo mi avesse baciata, il fatto che fosse un
semplice bacetto a stampo e che per me non avesse significato nulla non era
abbastanza per lui. L’intolleranza nei confronti del mio/suo ex-migliore amico
restava.
-Valenti.-
Gli
lanciai un’occhiata ammonitrice dal basso; ok, non aveva usato il solito tono
sprezzante, ma…poteva almeno sforzarsi di chiamarlo per nome, no? Cosa gli
costava?
Ad ogni
modo il tanto temuto silenzio era stato semplicemente posticipato, visto che
calò dopo quella sottospecie di saluto.
Mi mossi
sul posto a disagio; non riuscivo a trovare nessun argomento che potesse
coinvolgere entrambi e se anche lo avessi fatto, ero sicura al cento per cento
che Lore non mi avrebbe assecondata. Si sarebbe limitato a stare zitto e a
guardarlo male.
Mi
schiarii la voce e scrocchiai le dita nervosa, -Allora…ci vediamo dopo in
classe?- Proposi esitante.
La faccia
di Teo riprese vita, -Sì, certo! A dopo.- Si vedeva chiaramente che non vedeva
l’ora di svignarsela, doveva essere tremenda anche per lui quella situazione.
Sarebbe
stato tutto molto più semplice se il mio ragazzo non si fosse comportato da
idiota.
Rimasta
sola con lui, mi ritrovai a sbuffare come una teiera, -Dovevi proprio chiamarlo
per cognome?- Lo accusai, gli occhi socchiusi in un’espressione infastidita.
Si voltò
a guardarmi sorpreso, come se gli avessi appena detto chissà quale cavolata, -E
come dovevo chiamarlo scusa? È il suo cognome, eh. Non l’ho mica insultato.-
Fece spallucce indifferente, -Anche se non mi sarebbe dispiaciuto.-
Ignorai
volutamente la seconda parte della frase, -Teo?- Proposi. Dopotutto lui lo
aveva chiamato “Lore”.
Sfoggiò
un ghigno così odioso che la voglia di mettergli le mani addosso tornò, -Ah-ah,
no.- Mi rispose sarcastico.
Sbuffai e
feci per aggiungere qualcosa, quando lui mi interruppe, -E il suo nome per
intero non è che mi ispiri troppa simpatia, sai.- S’incamminò verso la nostra
classe, piegando le labbra in un’espressione dispiaciuta molto poco
convincente.
Matteo.
Corrugai
la fronte e lo seguii, -Cosa c’entra Teo con il mio ex? Sono due persone diverse.-
Aggrottò
le sopracciglia scettico, -Davvero? Mi irritano allo stesso modo.-
Entrammo
in classe proprio in quel momento e notai con una punta di sollievo che la prof
non avesse ancora fatto l’appello e riportato l’ordine.
Esitai
per un attimo sull’uscio, occhieggiando il mio banco in prima fila e sotto la
finestra.
Avrei
dovuto rinunciarci? Sedermi in fondo con lui? O sarebbe stato lui a sedersi…
Tutte
seghe mentali inutili e da donna, lui non si fece nessun problema di quel tipo.
Mi superò impassibile e si diresse al suo solito banco, vicino ai soliti Lele e
Andrea.
Ok, niente broncio.
Stavamo
insieme, ma non potevamo mica stare sempre appiccicati come una di quelle
coppiette sdolcinate “Pucci pucci”.
A te piacerebbe Alice.
Sì, ma a
lui no. Non era proprio il tipo. E si sarebbe stancato subito di me se gli
fossi stata troppo addosso.
Niente cose a scuola.
Fingendo
di non esserci rimasta male, presi posto ed aspettai tamburellando le dita sul
banco l’arrivo di Mel.
Imprecai
a bassa voce e più volte quando, un quarto d’ora dopo, compresi che la mia
amica quel giorno non si sarebbe fatta vedere, era rimasta a casa come metà
della classe.
Stappai
la penna ed incominciai a mordicchiarla nervosa; sei ore sarebbero passate in
fretta se fossi rimasta concentrata sulla spiegazione. Niente distrazioni.
Nemmeno una. Non importava se, umettandomi le labbra, riuscivo ancora a sentire
il sapore di Lore, non importava se sentivo il suo odore addosso…non importava,
soprattutto, se sentivo il suo
sguardo su di me.
Non mi
dovevo girare. Non dovevo girarmi per nessuna ragione al mondo. Sapevo che mi
stava guardando, lo sentivo su ogni centimetro di pelle, ero più che
certa che se mi fossi voltata avrei incontrato i suoi occhi.
Per
qualche stupido ed involontario motivo, il respiro accelerò ed il cuore prese a
tamburellare freneticamente nel petto.
Mi mossi
nervosa sulla sedia ed accavallai le gambe, cercando di prestare attenzione
solo ed esclusivamente alle parole della prof. Il teorema degli zeri in quel
momento era il centro del mio mondo, la cosa più importante, non doveva
esistere altro.
Sospirai
e mi passai una mano fra i capelli, scoprendo di avere la fronte ed il collo
sudati ed appiccicaticci. Già non capivo nulla di matematica quando non avevo Lore
a distrarmi, figuriamoci ora! Ma come diavolo avevo fatto quel primo pomeriggio
di ripetizioni a concentrarmi su quello che mi diceva e non su di lui?!
Compresi
presto di non poter andare avanti per sei ore così; come potevo prendere
appunti e studiare se lui mi faceva quell’effetto solo guardandomi? Come potevo
scrivere qualcosa sul quaderno, se la mano tremava e la penna mi scivolava
dalle dita sudaticce? Ed il respiro affrettato, il cuore impazzito? Neanche
stessi avendo un attacco di qualcosa!
Repressi
più volte l’istinto di voltarmi per fulminarlo con lo sguardo ed intimargli di
smetterla. Qualcosa mi diceva che lui fosse perfettamente
consapevole dell’effetto che aveva su di me e che lo stesse facendo di
proposito. Maledetto.
Ruotai di
pochissimo la testa, giusto per accertarmi che mi stesse davvero guardando e
non fossero solo paranoie mie.
Era
seduto scomposto –come sempre-, appoggiato al muro con la schiena e voltato
–come avevo previsto – verso di me. Quando incrociai i suoi occhi, si umettò
lievemente le labbra e sorrise malizioso, rischiando quasi di farmi strozzare
con la saliva.
-Puccio
girati.-
Desiderai
di poter sparire con un “puff” quando la voce della prof mi portò nuovamente
alla realtà.
Perché,
perché dovevo sempre fare figure di merda?
Suonata
la campanella che decretava la fine di quella tortura, mi alzai e mi diressi a
passo spedito verso il suo banco.
-La
smetti?- Non diedi nemmeno il tempo a Lele di congedarsi per lasciarci soli,
piombai su di loro con quella frase, ringhiata fra i denti come una minaccia –o
una preghiera?
Lui
sbatté le palpebre in una perfetta espressione meravigliata, -Di fare cosa?- La
sua bocca chiedeva una cosa, i suoi occhi maliziosi ne dicevano un’altra.
-Lo sai
benissimo.- Incrociai le braccia al petto intimidatoria, mentre Lele si alzava
un po’ impacciato dal suo posto per andarsene.
Si
stravaccò sullo schienale della sedia e sfoggiò uno dei suoi consueti e
fastidiosi sorrisetti, -Qual è il problema?-
Feci un
respiro profondo per cercare di calmarmi, -Non riesco a concentrarmi sulla
lezione d’accordo? Mi distrai.- Sputai fuori tutto d’un fiato. Pazienza se
dirlo così, ad alta voce, fosse a dir poco imbarazzante, volevo sfogare su di
lui la mia frustrazione.
-Guarda
che lo so cosa stai facendo…- Poggiai le mani sul banco e mi inchinai verso di
lui con aria torva, -Ma non attacca. Quella regola non si cambia.-
Niente cose a scuola.
Poteva
spogliarmi quanto voleva con lo sguardo, poteva farmi sudare ed eccitare,
poteva distrarmi e farmi innervosire, ma non mi sarei mai chiusa con lui in uno
sgabuzzino o in bagno per fare…quello!Non qui! Avevamo i pomeriggi, i week
end, ma a scuola…no!
-Ma se
non ho fatto niente, sei paranoica!- Ridacchiò fra una parola e l’altra,
alzando le gambe anteriori della sedia e sorreggendosi solo su quelle
posteriori.
Si alzò
in piedi di scatto poco dopo, proprio mentre stavo valutando quanto male si
sarebbe fatto se lo avessi spinto a terra.
Fece una
smorfia, -A parte baciarti davanti a quelle teste di cazzo in corridoio per far
capire loro di chi sei.- Precisò, in tono calmo e studiato.
-Tu
cosa?!- Non c’entrava nulla Teo allora! L’aveva fatto per…per marcare il territorio, lì, davanti a
tutti, per far capire che fossi proprietà
privata.
-Brutto…!-
Era in momenti come quelli che mi pentivo di non avere muscoli nelle braccia e
di non saper tirare un Signor Pugno.
-E
comunque…- Ammiccò a due centimetri dalla mia faccia, offrendomi una buona
possibilità per colpirlo, -Se decidessi di eliminare quella inutile imposizione
probabilmente non avresti questo genere di problemi.- Passò oltre il banco per
avvicinarsi di più e poggiare una mano sul mio fianco per attirarmi a sé,
-Saresti più…rilassata durante le
lezioni.- Il modo in cui le sue labbra pronunciarono la parola “rilassata” nel
mio orecchio mi fece tremare le gambe.
Non saltargli addosso, non
saltargli addosso.
L’avrebbe
avuta vinta lui di quel passo, era dannatamente bravo.
Mi sfiorò
con nonchalance la guancia quando si allontanò ed un’ondata del suo profumo mi
stordì, -Ma dato che non vuoi cambiare idea…non lo farò nemmeno io. Faccio solo
quello che voglio, lo sai. Non infrango nessuna inutile regola delle tue.- Si
morse maliziosamente il labbro, superandomi e lasciandomi lì, a bocca aperta
come un’idiota.
Ok, la
faccenda andava chiarita e risolta. Non gli avrei dato la soddisfazione di
infrangere quella regola, ma dovevo trovare un modo per non impazzire durante
le lezioni, dovevo trovare un modo per concentrarmi su quello che ascoltavo
durante le lezioni e non su di lui.
Faccio quello che voglio.
Era solo
un capriccio il suo. Odioso, irritante, stronzissimo. Avrei fatto anche io
quello che volevo –e con questo non intendevo cedere e farmelo selvaggiamente,
ma tenere duro e mantenere un atteggiamento consono all’ambiente scolastico.
Mi
serviva tutto l’aiuto delle mie amiche per riuscirci, quello era solo il primo
giorno di scuola dopo lo stage, avevo tempo per lavorarci su.
*Note dell’autrice*
Mi ero scritta tutto un bel
discorsetto da farvi, una serie infinita di scuse per il ritardo mostruoso,
dovuto alla mancanza di tempo e di ispirazione, ma alla fine, visto che vi ho
fatto attendere anche troppo per questo capitolo, ho deciso di postarlo ora,
nonostante l’ora.
Non so come sia venuto, non so se
Lore e Ali vi siano sembrati diversi o sempre gli stessi. Ho cercato di
renderli come sempre, sono sempre Lo Stronzo e la Nanerottola isterica,
lui è sempre scostante, scazzato –e innamorato. Lei è sempre isterica,
romantica –e innamorata.
Non sono una coppia “pucci pucci”,
Lore non è tipo da messaggi dolci o da alzarsi in autobus per lasciarle il
posto a sedere. Lore è il tipo che la stringe a sé per far vedere agli altri
che è sua, è il tipo che la punzecchia e prende in giro.
Sono sempre, costantemente, a
punzecchiarsi questi due. A litigare su
tutto, si troveranno mai d’accordo su qualcosa? XD
Mi divertirò parecchio a
sviluppare il loro rapporto, ci saranno anche momenti di crisi, momenti di
serietà e momenti, nonostante Lore non li sopporti :P, di dolcezza.
Questa è più una raccolta, ci
saranno dei salti temporali ogni tanto (ovviamente vi avvertirò quando
capiterà.)
Ora che mi sono sbloccata (avevo
paura di non riuscire a rendere bene Lore e Ali, di deludervi dopo Tra l’odio e
l’amore), spero di riuscire a scrivere molto più in fretta gli altri extra.
Che altro dire? Spero vi siano
piaciuti e vi ringrazio, davvero, di cuore per il calore dimostratomi fino ad
ora! Siete meravigliose (:
E mi scuso se il fatto che io non
abbia ancora risposto alle recensioni possa esser visto come una mancanza di
rispetto nei vostri confronti…giuro che non è mia intenzione, apprezzo davvero
tantissimo i vostri commenti, li leggo e li rileggo quando l’ispirazione manca
e di tanto in tanto rispondo a qualcuno, molto lentamente, ma lo faccio.
Capitolo 2 *** I parte - Prime (?) incomprensioni ***
-Allora, che ne…pensi
Parte I: Prime (?) incomprensioni
-Allora,
che ne…pensi?- L’ultima parola la mormorai a voce bassa, impacciata, mentre
Vergata prendeva letteralmente d’assalto il corpo della mia amica.
Mi ero
fiondata a casa di Angelica nel pomeriggio, in cerca di una confidente,
liquidando il mio ragazzo con una scusa che lo aveva reso piuttosto imbronciato
durante tutto il tragitto in autobus.
Il
problema era che la mia stessa idea l’aveva avuta quel cretino di Andrea, che
da quando avevo iniziato a confidarmi con Angie non
aveva smesso un attimo di tormentarle il collo, l’orecchio,
la bocca, qualsiasi cosa, davanti a
me.
Mi
schiarii la gola a disagio, sforzandomi di guardare da un’altra parte. Quando
avevo visto in che condizioni versavano i due al mio
arrivo, ero arrossita fino alla punta dei capelli e mi ero subito offerta di
ripassare più tardi se disturbavo.
-Assolutamente
no, entra! Ho sempre tempo per te!- Mi aveva risposto Angie,
la voce stridula, i capelli scarmigliati e le guance del mio medesimo colore,
infilandosi svelta una maglietta e obbligando Vergata a fare altrettanto.
Inutile
dire che quel poco di simpatia che avevo guadagnato agli occhi della Scimmia
era andata immediatamente perduta nel momento in cui
avevo interrotto il suo pomeriggio di sesso sfrenato. Non ero tanto sicura che
mi avrebbe salutato di nuovo con un entusiasta “Bella!” il giorno dopo.
Dopo un
attimo di titubanza dovuta alla presenza di Andrea, che avrebbe quasi
sicuramente riferito il tutto allo Stronzo, avevo raccontato ad Angie quanto successo quella mattina a scuola con Lore.
Lei, dopo
avermi assicurato che Vergata non ci avrebbe disturbato –minacciandolo
subdolamente ed esplicitamente di non dargliela più –, si era seduta sul letto
a gambe incrociate e mi aveva ascoltata attentamente,
pur avendo una piovra dietro di sé.
Scrollò
le spalle per l’ennesima volta con l’intento di allontanarlo, probabilmente per
restare il più lucida e concentrata possibile sulle
mie parole, -Che se lui fa lo stronzo e marca il territorio devi farlo anche tu
tesoro.- Mi rispose, la fronte aggrottata e gli occhi insistentemente puntati
su di me.
Vergata non si lasciò scoraggiare e, dopo aver strattonato
il tessuto della sua maglietta, incominciò a scendere con la bocca verso la sua
scapola.
Mi morsi il labbro e mi spostai i capelli sulla spalla per
far prendere un po’ d’aria al collo sudato, -In che senso?- Mi sentivo una terza incomoda rompiballe, ma avevo davvero bisogno
della consulenza di Angelica, in materia di stronzaggine era molto più esperta
di me.
Fece una smorfia e con una manata non troppo gentile
spinse via la faccia di Vergata, -Comportati come si è comportato
lui. Bacialo selvaggiamente davanti a delle ragazze per far capire loro di chi
è, fallo eccitare ben bene e poi lascialo a bocca asciutta.- Si lasciò sfuggire
un risolino imbarazzato – Angieimbarazzata? – e si morse il labbro
quando Vergata le sussurrò qualcosa di chiaramente malizioso all’orecchio.
Qualcosa che fortunatamente non riuscii a sentire.
-E secondo te funzionerà?- Avrei voluto essere padrona del
mio corpo come lei, avrei davvero voluto riuscire a
comportarmi da stronza e tenergli testa. Se avessi baciato Lore, però, sarei stata la prima a sciogliermi come burro, altro che
staccarsi e far finta di nulla. Non avevo un minimo di forza di volontà, ecco
qual era il problema.
Vergata sbuffò e si staccò da Angie,
precedendola nella risposta, -Puccio, senza offesa,
ma che due coglioni eh!- Alzò gli occhi al cielo esasperato, -A meno che tu non
voglia unirti a noi in un’eccitante ménage à trois, posso chiederti di piantarla con queste
noiose seghe mentali della quale non ce ne fotte nulla?-
Sorprendente il fatto che avesse definito una scopata a
tre “ménage à trois”, non pensavo nemmeno che sapesse
pronunciarlo.
Aprii la bocca con l’intenzione di rispondergli per le
rime, ma la richiusi di scatto quando mi resi conto di
non aver nulla da dire in mia difesa.
Stranamente mi ritrovai persino a dargli ragione, potevo
comprendere il suo fastidio, ero una rompipalle terza incomoda bella e buona.
Angie gli lanciò un’occhiata truce e
gli diede un colpo sul petto, -Ignoralo.- Borbottò,
ritornando in fretta a me, -Certo che funzionerà tesoro. Tu rimani concentrata
sul piano, pensa ad altro mentre te lo fai, devi restare lucida.-
Annuii rinfrancata dalle sue parole, sfregandomi le mani
impaziente di mettermi “all’opera”.
Anche se…puntai il mio sguardo su Vergata, tutto intento a
fissarmi ad occhi socchiusi; per una volta sembrava
avere un’espressione vagamente intelligente.
-Dovrai comprare il mio silenzio Puccio…- Sfoggiò un
ghigno soddisfatto, come un bambino che si aspettava un gioco dal papà per tenere nascosto qualcosa alla mamma, -Lore è mio amico e tu
hai detto parecchie cosine interessanti su di lui, il prezzo sarà alto.- Sollevò
le spalle fintamente dispiaciuto, quasi per lui il
pensiero di non riferire di quella chiacchierata fosse davvero insopportabile.
Sbuffai scocciata, incrociando con foga le braccia al
petto, -Che vuoi Vergata? Spara.-
Fece un respiro profondo e strofinò le mani sui jeans concentrato, -Visto che Lore è mio amico,
purtroppo non posso proprio chiederti di farmi un…-
-NO! Ma sei scemo?!- Lo
interruppi furibonda. Ormai capivo e interrompevo le sue frasi a metà, mi stavo
Vergatizzando.
-Mi dispiace Puccio…- Annuì fra sé e sé rammaricato, la
cosa assurda era che sembrava realmente convinto di quello che diceva. Si stava
scusando come se potessi davvero rattristarmene. Quel ragazzo era fuori di testa.
-Sopravvivrò.- Arcuai un
sopracciglio sarcastica, esortandolo con un cenno del capo a continuare. Ero
pronta a tutto a quel punto, mi aspettavo il peggio.
-E neanche una…-
-No.-
Angie seguì quel dibattito come se
fosse una partita di pingpong,
spostando lo sguardo divertita da uno all’altro. Non riuscivo a capire come – in apparenza almeno – potesse essere
sempre così calma e non mostrare nemmeno un pizzico di gelosia. Eppure la
conoscevo abbastanza bene da poter affermare con certezza che Vergata le
piacesse…e parecchio. Il motivo a me restava tuttora oscuro.
-Immagino che una palpatina alle…-
-Nemmeno. A tuo rischio e pericolo, ti ammazzerei di botte
io, lo farebbe Angie…- Diedi uno sguardo alla mia
amica che alzò le mani indifferente, come a volersene tirar fuori, -E in ultimo…ti ammazzerebbe Lore. Non penso tu voglia passare le
vacanze di Pasqua in ospedale.- Gli lanciai un’eloquente occhiata obliqua. Mai
dire mai, magari avrebbe persino rischiato idiota com’era.
-Naaa, come non detto.- Arricciò il naso e si passò una
mano fra i capelli, -Anche se ti sarebbe piaciuto, lo dicevo
per te eh.-
Altro sguardo supplicante al soffitto; parlare con Vergata
era estenuante, -Non ne dubito.- Sperai che la mia voce suonasse
abbondantemente ironica e che non travisasse le mie parole, -Ti decidi a farmi una richiesta seria che non comprenda il
contatto fisico?- Sbottai, lasciando ricadere le mani sulle mie ginocchia.
-Ok, ci sono.- Si guardò intorno con aria cospiratoria,
prima di mormorare tremendamente serio, -Voglio vincere almeno una partita alla
Play contro di lui.-
Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva nel tentativo
di trattenere una risata, -Cosa? E io che c’entro?-
Andrea fece una smorfia e mosse la mano in aria, come per
scacciare un insetto, -Devi distrarlo, ovviamente. Mentre gioca. Sii sleale
come solo una donna può esserlo.-
Non credevo a quello che stavo sentendo, ma si poteva
essere più bambini di così?
-Questo si chiama barare. Non vinceresti onestamente.- Gli
feci presente, sporgendomi verso di lui e assottigliando lo sguardo.
Lui non parve turbato dalla mia insinuazione, -Embé?
Almeno la pianterebbe di sfottere.-
Mi stavo davvero lamentando? Quello tutto sommato era
fattibile rispetto alle proposte precedenti, distrarre Lore per un po’ mentre
giocava alla Play non sarebbe stato un problema, anche
se…
Un momento.
-Distrarre…in che modo?- Quel suo parlare della slealtà
delle donne fece correre i miei pensieri in un’unica direzione.
-Puccio…- Mosse le sopracciglia
eloquentemente e la cosa non mi piacque per nulla, -Lascia che ti spieghi una
cosa…-
-No, scordatelo.- Avevo già capito dove
voleva andare a parare.
Arrossii vistosamente: fare la
gatta morta con Lore per far vincere Vergata…sarebbe stato imbarazzante da
morire. Senza contare che mi avrebbe scoperta subito,
ero una pessima attrice.
-Oh andiamo! Cederà subito, ci cascherà in un secondo e lo
sai anche tu!-
Affondai i denti nel labbro inferiore e mi mossi sul posto
a disagio. Sì, sapevo che se ci avessi provato si sarebbe distratto, ma…mi sarei
sentita goffa e sciocca.
-Devi farlo con discrezione però, senza che io ti veda,
così lui non potrà tirarla fuori come scusa in caso di perdita. O di persona o
per messaggio; gli mandi magari qualche sms stuzzicante mentre stiamo giocando,
del tipo che lo aspetti nuda o…-
-Tu sei fuori di testa!-
Si era già fatto tutto un suo film! E solo per vincere una
stupida partita alla Playstation!
Mi coprii il viso con le mani, troppo rossa, sconvolta e
desiderosa di sparire per potergli sbraitare qualcos’altro contro. Quel ragazzo
aveva dei seri problemi mentali, ne ero sempre più convinta.
-Angie è molto brava in questo.- Si
complimentò con lei tranquillamente, con un sorriso ebete, prima di riprendere
il discorso, -E il gioco sarebbe fatto! Figurati se si concentra sulla nostra
partita poi!- Concluse, incurante della mia reazione.
Non fossi stata troppo bollente e a disagio per togliermi
le mani dal volto lo avrei preso per il collo e
strozzato, come diavolo gli veniva in mente di dire certe cose ad alta voce?!
Non aveva un minimo di pudore!
Mi aspettavo almeno il supporto e la comprensione della
mia amica, che invece sbatté il pugno della mano destra sul palmo della mano sinistra con aria compiaciuta, -Non è una cattiva
idea…Potrebbe essere un altro modo per vendicarti del suo modo di fare.-
Di male in peggio. Cos’altro
potevo aspettarmi da Vergata e Angelica? Erano più simili di quanto, ahimè,
volessi credere.
-Allora Puccio? Ci stai?-
Avevo scelta? Se non l’avessi fatto
sarebbe davvero andato a riferirgli tutto quello che avevo detto di lui quel
pomeriggio, la mia chiacchierata segreta con Angie
non sarebbe stata più tale.
Ma che avevo fatto di male per
meritarmi tutto quello?
-Va bene. Ci proverò, ma non ti prometto un esito
positivo.- Precisai. Se non riuscivo a distrarlo o se perdeva comunque non sarebbe stato di certo colpa mia.
-Grandioso! Questo pomeriggio passato ad ascoltare le tue
stronzate non si è rivelato completamente inutile!- Si alzò in piedi e fece un
inquietante quanto primitivo ballo per tutta la stanza.
-Sicura che non sia pericoloso? Voglio dire, è sano di
mente?- Domandai ad Angie, sporgendomi leggermente
verso di lei.
Storse la bocca e socchiuse gli occhi
pensierosa, -Non te lo so dire. Quel che è certo è che un animale
selvaggio, come lo fa lui… -
-Va bene, va bene.- La interruppi, -Non voglio essere
messa a conoscenza di questi particolari.- Avrei ascoltato i suoi racconti su
qualsiasi altro ragazzo, non su Vergata, non li avrei decisamente
retti.
Fu un sollievo andarmene di lì e tornare a casa, fu una
delusione trovare mia madre davanti alla tv della sala.
-Già a casa?- Chiesi amareggiata, dando
un’occhiata all’orologio.
Cazzo, erano solo le cinque! Contavo di poter invitare
Lore e stare un po’ con lui prima dell’arrivo dei miei, visto
che a casa sua non potevo andarci per la presenza di Glenda e Rossella.
Non aver detto ancora a nessuno di noi era una vera
seccatura.
-Grazie eh! Vedo che sei contenta di vedermi.-
Fece lei ironica, roteando gli occhi per la stanza.
Incassai la testa nelle spalle per farmi più piccola, -Scusa.- Accennai un piccolo sorriso dispiaciuto e me ne
andai nella mia stanza con un solo proposito in testa, quella di dirle la verità.
Dovevo solo prepararmi un discorso per farlo, una
scaletta, ma nei prossimi giorni le avrei detto di me e Lore, non potevo
continuare a tenerglielo nascosto.
C’era da mettere in conto la certezza che gli avrebbe
rotto le scatole per averlo a cena e conoscerlo meglio – già immaginavo la disperazione
del mio ragazzo –, ma non mi piaceva tenere un segreto del genere con lei,
volevo essere libera di poter parlare di lui se volevo. E di poterlo invitare a
casa mia.
Mi buttai sul letto esausta, in
attesa della cena, e presi il mio cellulare per entrare su facebook
e leggere le notifiche.
Lo strinsi con forza fra le dita quando, dopo aver cliccato l’icona delle amicizie, comparve sullo schermo la scritta “non ci sono nuove
richieste”.
Nessuna richiesta, nessun
messaggio. Di nuovo. Andavamo proprio bene.
Dovevo mettere in chiaro anche questo con lui; non
pretendevo che mi scrivesse ogni due secondi quanto mi amava e quanto gli
mancavo, ma almeno un...
Non lo so, uno
squillo?
Sbuffai; non sapevo nemmeno io cosa avrei potuto
aspettarmi da lui.
Stavamo insieme da poco più di una settimana e già mi
sentivo trascurata, una storia d’amore proprio epica.
Altro che piano di Angelica, lui era così stronzo e
indifferente con me?
BENE. Lo sarei stata anche io, ma molto di più. Non avrebbe mai potuto battere una ragazza ferita in
quanto a stronzaggine.
****
La mattina dopo mi svegliai con il cosiddetto piede
sbagliato. Un tremendo mal di testa mi accompagnò per tutta la durata della
colazione, della doccia e della scelta dell’abbigliamento.
Sapevo che, per quanto mi riguardava, poteva significare
solo una cosa: quel simpatico periodo
del mese era quasi giunto a farmi nuovamente visita.
Sbuffai e mi vestii in fretta, mettendoci, come al solito, più tempo per truccarmi e sistemarmi i capelli.
Ero pronta a salutarlo con freddezza e ad
evitare qualsiasi suo tentativo di baciarmi, avrebbe finalmente capito che cosa
si provava ad essere ignorati dalla propria ragazza!
Quando ebbi finito di prepararmi uscii sulle scale,
convinta di trovarlo come la mattina precedente ad aspettarmi.
Il non vederlo non fece che peggiorare ulteriormente il
mio umore. Perché cavolo non c’era? Non era ancora pronto? Non sarebbe venuto a
scuola? Poteva farsi sentire almeno per
avvisarmi!
Lo aspettai per dieci minuti, digrignando i denti come una
belva rabbiosa, poi, dopo aver dato un’occhiata al mio
bellissimo orologio Hip Hop rosso dal profumo
fruttato, mi decisi a tirar fuori il cellulare per chiamarlo.
Mugolai fra me e me i peggiori
insulti mentre portavo il telefono all’orecchio, rischiavo di arrivare pure in
ritardo per colpa sua, dannazione!
La porta di fronte si spalancò proprio in quel momento,
così chiusi la chiamata decisamente scocciata e pronta
ad aggredirlo nel peggiore dei modi.
Una parolina nella mia testa mi bloccò prima che mi
mettessi all’opera.
Indifferenza.
Giusto, dovevo essere fredda e controllata, non mi sarei
fatta vedere nuovamente arrabbiata per colpa sua.
-Alla buon’ora. Sempre in ritardo.- Alzai un sopracciglio,
il tono di voce calmo e velatamente sprezzante.
Sembravo tanto un’aristocratica altezzosa che, con occhio
critico, valutava un gioiello di poco valore.
Lui socchiuse gli occhi irritato
e aprì la bocca per ribattere, ma fu un’altra persona a parlare. Persona che
non mi aspettavo minimamente di vedere. Trasalii.
Merda.
-Ali!- Fece Glenda sorpresa, sorridendomi gentile come
sempre.
Deglutii a vuoto e mi schiarii la voce: tutta la mia
spavalderia sembrava essere scomparsa nel giro di un
secondo, -Ah, ciao Glenda!- Perché il mio sembrava il verso di un gatto a cui
avevano appena schiacciato la coda?
-Come mai qui fuori? Chi
stavi aspettando?- Mi domandò allargando vistosamente
il suo sorriso.
-C-Chi? Ahehm…io…-
Molto intelligente,
vai così Alice.
-Stavo…- Lanciai un’occhiataccia a Lore; che cavolo, avrebbe
potuto informarmi della presenza della sorella, avrei potuto prepararmi una
scusa intelligente!
Lui fece un quarto
di sorriso vagamente infastidito, -Lascia stare, non serve.-
Sbattei le palpebre confusa. Cosa
non serviva? Spostai nuovamente l’attenzione su Glenda
e capii.
Era fin troppo palese che lei sapesse, un sorriso così sornione sarebbe dovuto risultare
sospetto fin da subito.
-Gliel’hai
detto?- Sentii gli angoli delle mie labbra piegarsi istintivamente all’insù ed
il cuore riempirsi di gioia.
Oh, che me ne importava se non mi aveva chiamata
o aggiunta su facebook? Era così bello pensare che
Lore le avesse detto di noi, che avesse parlato a sua sorella di me…e che finalmente potessimo
comportarci come sempre, senza fingere anche davanti a lei.
Aggrottò la fronte inorridito,
come se avessi pronunciato chissà quale terribile bestemmia, -Io? Ti pare?-
Come non detto. Entusiasmo smorzato nel giro di un
secondo. In effetti era strano che Lore di sua
spontanea volontà, senza essere stato drogato o minacciato, si fosse messo a
parlare con lei di un argomento del genere.
Glenda fece un piccolo passo in avanti, più simile ad un
saltello che poco conteneva la sua eccitazione, -L’ho capito da sola. Non che
ci volesse un genio.- Si vantò ridendo.
Avvertii un fastidioso e mortificante calore espandersi
sulle guance, -Ah.- Fu tutto quello che riuscii a
dire, guardandomi intorno per evitare accuratamente il suo sguardo.
Cosa si diceva in casi del genere? Perché mi sentivo
terribilmente idiota e non riuscivo a spiccicare parola?
Cavolo, se ero a disagio con Glenda, che era un’amica e
una sostenitrice di noi come coppia, non osavo immaginare quanto lo sarei stata
con Rossella o con sua madre.
Allungai le maniche del mio dolcevita
e mi dondolai sul posto agitata.
Con un altro salto – cos’era, un canguro? – Glenda si
avvicinò per prendermi le mani fra le sue, gli occhi quasi commossi.
-Lo sapevo che sarebbe successo, lo sapevo!
Da quel famoso pomeriggio di confidenze!-
Mi umettai le labbra e trattenni a stento un sorriso a
quel ricordo. Il pomeriggio in cui avevo visto Lore mezzo
nudo leccare quel caspita di gelato, il pomeriggio in cui avevo detto a
Glenda di essere interessata a Matteo e Lore mi aveva sentita.
-Oh, che bello!- Lore le fece il verso e sorrise sarcastico,
prima di tornare alla sua solita aria scazzata, -Abbiamo finito con le
stronzate? Andiamo?-
Mister Simpatia si sarebbe meritato un bel pugno sul naso.
Forte. Dovevo lavorarci su.
Glenda gli lanciò un’occhiata assassina, infastidita
quanto me dal commento del fratello, -Vieni in macchina con noi, vero? Non
sento storie.-
Mi spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e feci
spallucce.
-Se non è un problema.-
-Scherzi? Non pensarlo nemmeno.-
Che “cognata” adorabile che avevo! Era una ragazza
deliziosa, se solo non avesse avuto un fratello stronzo e una sorella gemella
psicolabile…beh, ognuno aveva i suoi difetti.
-Lui non mi ha detto niente, come sempre, poi voglio
sapere tutto da te!-
Mi disse all’orecchio, quando Lore fu abbastanza lontano
da non sentirci, -Come vi siete messi insieme, cosa vi siete detti…tralasciando
la parte sul sesso selvaggio, quella mi fa un po’ senso, non riuscirei ad immaginare mio fratello…ecco.- Rabbrividì disgustata.
Ridacchiai divertita e più tranquilla, -D’accordo, ti
risparmierò quella parte, ma…toglimi una curiosità…- Anche se Lore era già andato sufficientemente avanti e stava aprendo il cancello
per uscire in strada, porsi quella domanda a bassa voce, -Come hai fatto a
capirlo?-
Ero veramente curiosa di saperlo. Lore si era lasciato
sfuggire qualcosa? O si era comportato in modo diverso dal solito?
Glenda si fermò, mise una mano sulla mia spalla e sospirò,
-Tesoro…se tuo fratello prima di partire per uno stage in Inghilterra è sempre
nervoso,irascibile
e soprattutto suscettibile quando sente nominare una ragazza te ne accorgi.-
Sente nominare…una
ragazza? Me?
Glenda mi aveva nominata spesso
prima che partissimo per l’Inghilterra? E lui…si era indispettito?
In effetti le cose tra di noi non andavano
troppo bene prima di quella partenza…a dire il vero non erano proprio mai
andate bene.
-Così come ti accorgi che ha i capelli in uno stato
pietoso, un’espressione particolarmente appagata
e gli occhi che guizzano come…- Si bloccò e portò
l’indice alle labbra, probabilmente in cerca di un paragone che calzasse con il
verbo appena usato, -Pesci in
direzione di quella stessa ragazza in aeroporto quando torna. E magicamente è di buon umore, quasi
sopportabile.-
Deglutii un gigantesco ed
ingombrante nodo incastratosi in gola, rischiando di strozzarmi.
Maledetto stronzo. Riusciva sempre, anche
involontariamente, a far rammollire le mie gambe.
Le parole di Glenda mi avevano fatto piacere, inutile
negarlo. Mi avevano fatto avvampare come un’idiota, tanto che per un attimo mi
dimenticai perfino di avercela con lui.
Dovevo restare concentrata. Ero ancora offesa: lui non mi
aveva scritto niente il giorno prima, non si era fatto sentire neanche con un
“ciao” su facebook. O una richiesta d’amicizia.
Motivo per cui in macchina lo ignorai e mi dedicai
completamente alla mia “cognatina” preferita, che mi
stava raccontando di un ragazzo molto carino che aveva conosciuto
all’università.
Ero contenta di sapere che stesse davvero cercando di
lasciarsi Domenico alle spalle, quel verme non meritava nemmeno un briciolo dei
pensieri di Glenda.
Speravo solo che il suo nuovo interesse amoroso non fosse
un altro stronzo violento mascherato da principe azzurro.
Una volta scesa dall’auto, dopo averla ringraziata e
salutata calorosamente, mi diressi a passo svelto verso l’ingresso senza
girarmi per accertarmi della presenza di Lore.
Lui non parve risentito, né disse nulla per il mio
comportamento, cosa che mi fece letteralmente rizzare i capelli dalla rabbia.
L’aveva sicuramente capito che ero arrabbiata con lui, ma
non faceva domande, probabilmente perché sapeva che come risposta avrebbe
ottenuto una sfuriata in piena regola.
Di tanto in tanto lo sentivo in corridoio alle mie spalle
mentre salutava ragazzi di altre classi che non conoscevo, ma non mi soffermai ad origliare cosa si dicessero, feci finta di niente e
proseguii spedita fino alla porta della mia aula.
Notando tre ragazze che chiacchieravano tranquille sul
calorifero lì di fronte, però, mi ricordai improvvisamente delle parole di
Angelica il pomeriggio prima.
Comportati come si è
comportato lui. Bacialo selvaggiamente davanti a delle
ragazze per far capire loro di chi è, fallo eccitare ben bene e poi lascialo a
bocca asciutta.
Sentendosi osservate, le ragazze ricambiarono la mia occhiata
con delle smorfie altezzose e si dissero qualcosa a
bassa voce.
Simpatiche.
Mi umettai le labbra indecisa e
mi torsi le mani con evidente nervosismo. Vendicarmi non sarebbe stata una
cattiva idea, ma come potevo baciarlo e far finta di nulla dopo che gli avevo
chiaramente fatto capire, fino ad un attimo prima, di
avercela con lui ignorandolo? Oh, al diavolo.
Con il cuore letteralmente in gola, presi coraggio e feci
dietrofront fino ad arrivare ad un palmo dal naso del
mio ragazzo.
Lui arrestò la camminata sorpreso per non venirmi addosso ed aprii la bocca stranito con l’intento di dirmi qualcosa.
Non seppi mai cosa, perché ne approfittai per alzarmi sulle punte e baciarlo
con foga, le braccia gettate dietro al suo collo ed il
mio corpo fatto aderire perfettamente al suo.
Rabbrividii quando, dopo un primo attimo di smarrimento,
un suo braccio mi circondò il fianco e mi strinse con forza a lui, facendomi
desiderare che non ci fosse nessun inutile indumento fra noi.
Gemetti contro le sue labbra e lo tirai indietro con me,
contro il muro alle mie spalle.
Torna sul pianeta
Terra Alice, ora.
Sollevai le palpebre di scatto e costrinsi le mie dita
fastidiosamente intorpidite a staccarsi dai suoi capelli. Feci scivolare le mie
mani sul suo petto per fare pressione e allontanarlo.
Maledizione! Ero a scuola e mezzo corridoio ci stava
fissando, ragazze smorfiose comprese, che cavolo mi era preso?!
Lore mi guardò con un misto di confusione e risentimento,
anche se nei suoi occhi era ancora visibile una punta di eccitazione, -Che
cazzo…?-
-Mi andava così.-
Mi andava così?
L’avevo davvero interrotto con una frase del genere? Io?
Avvampai ed abbassai lo sguardo,
scansandolo per correre – scappare –
il più veloce possibile in classe.
Non ero riuscita a rimanere indifferente come avrei
voluto, ma lo avevo comunque lasciato a bocca asciutta dopo essermi strusciata
contro di lui e averlo provocato. Mi scappò un sorrisino: ero fiera di me.
Anche se…restava il fatto che
quello stronzo non si era minimamente fatto sentire il giorno prima e non mi
aveva chiesto nulla quando mi aveva visto più fredda nei suoi confronti.
Iniziai a torturarmi le unghie con i denti dal nervoso e presi posto vicino a Mel.
Lo odiavo, lo odiavo, lo odiavo.
Lui non mi chiese nessuna spiegazione, niente di niente. Si era messo a parlare
con Vergata e Lele come se non lo avessi prima palesemente ignorato e poi
baciato, come se non se ne fosse nemmeno accorto. Un dubbio mi colse; e se era
davvero così? Se gli interessava così poco di me da non far caso ai miei stati
d’animi e al mio modo di comportarmi con lui?
-Ali, piantala.-
Mi voltai sorpresa verso Mel; aveva un cipiglio piuttosto
serio in volto.
-Di fare cosa?- Domandai stupidamente.
Lei sospirò e, dopo avermi afferrato il polso con delicatezza,
abbassò il mio braccio sul banco.
-Di tartassare quelle povere unghie. Che è successo?-
Come avrei fatto in quella classe di menomati mentali
senza Melanie? Non sarei sopravvissuta un giorno.
-Niente.- Brontolai stizzita, -Non è successo niente, è
questo il problema. Mai una chiamata, mai un messaggio. Quando non ci vediamo è come se non esistessi.- Raccontai.
E il pomeriggio prima ci eravamo
salutati dopo la scuola, quindi avevo passato l’intera giornata a patire la sua
mancanza, senza neanche sentirlo per telefono.
Non potevo sopportarlo, non ero abituata a non sentire il
mio ragazzo per così tanto tempo, con Matteo al
telefono…
Smettila di fare
paragoni, lui non è Matteo.
Mel sorrise di sbieco, il naso leggermente arricciato in
una smorfia divertita, reazione che mi stizzì un po’.
-Ma Lore è fatto così. Se aspetti
che si stacchi dalla Play o che abbia soldi nel cellulare…- Scrollò le spalle e
si appoggiò al suo banco con entrambe le braccia, -Hai
provato a parlargliene?-
Se mi ero un attimo rilassata dopo la sua prima
affermazione, la seconda frase mi fece nuovamente rizzare il pelo come un gatto
pronto ad attaccare.
-No. Non voglio dargli questa
soddisfazione.-
Mel parve non capire, così, dopo aver lanciato di sfuggita
un’occhiataccia al diretto interessato, mi spiegai meglio, -Non voglio essere
io a dirgli quanto mi fa stare male
il fatto che non si faccia sentire…deve arrivarci da solo. Per questo sto
cercando di essere fredda con lui, aspetto che sia lui a capirlo. O a chiedermi
perché sono arrabbiata.-
Aspetta e spera
Alice.
Aveva senso quello che stavo cercando di dire? O di fare?
-Dimmi che ho ragione, che non sto esagerando e che non ti
sembro una pazza.- La supplicai, aggrappandomi al suo braccio come una
scimmietta.
Esitò troppo nel darmi una risposta e la cosa non mi
piacque.
-Beh…personalmente- Calcò
parecchio su quella parola; brutto segno, stava per dare un’opinione diversa
dalla mia, -io non reagirei così solo perché il mio ragazzo non mi ha chiamata
per un giorno dopo solo…una settimana- Si morse il labbro e mi guardò
dispiaciuta, -Che stiamo insieme…-
Le mie mani lasciarono andare la presa su di lei e
ricaddero con un tonfo sul banco.
-Soprattutto sapendo che è un tipo come Lore, allergico ai
messaggini e alle telefonate sdolcinate.- Concluse, cercando di addolcire il
tutto con un altro sorriso.
Mi sentivo incompresa e sciocca, perché nemmeno lei mi
capiva? Non volevo messaggini dolci o
telefonate romantiche, volevo semplicemente dei messaggi e delle telefonate, volevo
essere considerata, mi sentivo…trascurata.
Mi spostai i capelli all’indietro e arrossii, -Ok.- Feci un respiro profondo, -Quindi secondo te sono io
che esagero.- Chissà, forse aveva davvero ragione lei. Sarebbe bastato parlarne
con lui, dirgli di farsi sentire, senza bisogno di tenergli bronci infantili ed
evitarlo dopo solo…una settimana che stavamo insieme.
Magari era stato impegnato, magari non aveva avuto il
tempo di chiamarmi.
-Lo so che ti aspetti il messaggio del risveglio, quello
della buonanotte, la chiamata per ricordarti che ti ama e il “riattacca prima
tu”.-
-Non è vero.- Sporsi il labbro inferiore come una bambina
piccola.
Sì, mi sarebbe piaciuto, ma non me lo aspettavo, non da
Lore; non avrebbe mai fatto una cosa del genere e lo sapevo, non era nel suo
carattere.
Lo sguardo scettico di Mel bastò a farmi chiudere in un
dignitoso mutismo, -Ma non sarebbe da lui e lo sai anche tu. Cercate di trovare
un compromesso.-
Un compromesso. Quella parola mi piaceva, era da persone
mature.
Emessi un versetto stupido, molto simile a quello di una bimbaminkia in procinto di coccolare la sua “best” o
“socia” del cuore, -Mel, come farei senza di te?- La abbracciai di slancio ed il prof, entrato in classe in quel momento, si schiarì la
voce infastidito.
Mel ridacchiò e mi diede delle affettuose pacche sulla
spalla, -Lo so, saresti persa senza i miei preziosi
consigli.-
Decisamente. Fortuna che potevo contare sul
suo saggio punto di vista.
Nell’intervallo, dopo le due ore di educazione fisica, ero
decisa a parlargli della cosa con calma e senza aggredirlo. Magari sarei
riuscita a strappargli la promessa di una telefonata al
giorno e qualche messaggio di buonanotte. Avremmo trovato un compromesso, ne
ero certa.
Peccato che prima ci fossero quelle due maledette ore di
ginnastica che, alla seconda e alla terza ora del martedì, erano un vero e
proprio massacro.
E non serviva applicarsi troppo per indovinare che cosa ci
avrebbe fatto fare il solito adorabile e maschilista professore.
Non ascoltò le suppliche mie e di Mel sul poter, almeno
per una volta, giocare a pallavolo.
-La settimana prossima, ragazze.- Ci
liquidò in fretta con un cenno di mano per allontanarci, quasi temesse che la
nostra vicinanza potesse infettarlo, -Latini, Vergata, formate le squadre.-
Mel mi posò una mano sulla spalla affranta ed io annuii
con aria rassegnata.
Facciamoci forza
sorella.
La settimana dopo avremmo sempre e comunque giocato a
calcio, ne eravamo consapevoli, ormai non credevamo più alle parole del prof.
Se non altro, per la prima volta avrei giocato in squadra
con il mio ragazzo.
Mi dondolai sul posto, contenta come una bimba la mattina
di Natale; per la prima volta avrei dato il meglio di me a calcio, sarebbe
stato un giorno epico quello, da segnare sul calendario.
Non volevo far perdere la squadra di Lore, non volevo che
pensasse che fossi un peso o un’incapace, gli avrei dato modo di pensare che
ero in gamba nonostante fossi una ragazza.
-Latini inizia.-
Fu difficile non pettinarsi i capelli con le mani,
gonfiare il petto e sorridere raggiante quando Lore disse, ovviamente, il
mio...
-Mancini.-
Cosa?
La mascella doveva essersi schiantata al suolo, non la
sentivo più visto quanto avevo spalancato la bocca.
Ok, voleva Lele in squadra, era un suo amico e giocava bene,
ma…io ero la sua ragazza! Cos’ero, l’ultima scelta?
Sbuffai e mi misi a sedere sul pavimento, incrociando le
gambe. Potevo pure mettermi comoda, sospettavo che Lore avrebbe snocciolato una
decina di nomi prima del mio.
Non è giusto!
Avrei giocato peggio del solito per vendicarmi, avrei
fatto un autogol, ecco.
-Puccio.-
Cosa? Chi? Dove? Quando?
Alzai lo sguardo sorpresa: non era stato il mio ragazzo a chiamarmi,
ma Vergata, uno sfrontato e soddisfatto ghigno stampato sul volto.
Lore sbatté le palpebre incredulo,
schiuse la bocca e si voltò a guardarlo decisamente infastidito; probabilmente
non immaginava che la scelta di Vergata ricadesse su di me.
E chi lo
immaginava…?
Ben gli stava! Così imparava a preferire Lele, ero quasi
contenta di essere in squadra con la scimmia.
-Puccio, cosa aspetti, una richiesta
scritta?!- Si spazientì il professore, dopo aver visto
che non accennavo ad alzarmi.
Quanto odiavo quell’uomo. Fossi stata un cane gli avrei fatto pipì direttamente sulle scarpe.
Raggiunsi Vergata – che mi aspettava compiaciuto ed ignorava volutamente lo sguardo omicida di Lore –
spavalda, carica di energia e pronta a far vincere la mia squadra e a
stracciare quella avversaria.
-Daje
Puccio che vinciamo. Mi servi per distrarre Lore tu.-
Mi diede un colpetto sulla spalla, forse un pelino troppo forte visto che mi sbilanciai in avanti.
Di nuovo con la faccenda del “distrarre”, che si aspettava
che facessi, uno spogliarello nel bel mezzo del campo? Se lo poteva pure
scordare.
Preferii comunque non indagare sulla questione ed attesi la fine delle formazioni in silenzio.
Ero in squadra con Mel e Teo, non potevo chiedere di
meglio, la nostra era a tutti gli effetti la “squadra
dei buoni”. Fatta eccezione per Lele, l’altra squadra era il male e andava annientata.
Non appena fischiato l’inizio della partita, cercai con
tutta me stessa di bloccare i miei avversari, in particolar modo Lore, stando
ben attenta a non aggrapparmi di nuovo alla sua maglietta e a non
deconcentrarmi vedendolo così vicino, affaticato e sudato…più facile a dirsi –
o meglio pensarsi – che a farsi, di
certo il battito del mio cuore non era impazzito solo
per la fatica della corsa.
Ad ogni mio tentativo di rubargli la
palla riusciva sempre a dribblarmi senza problemi e mi riservava, ogni volta,
un sorrisino compiaciuto alla “ritenta e sarai più fortunata”. Che nervoso.
Avessi potuto mettergli le mani addosso cosa
gli avrei fatto…
Ok, messo in quei termini quel pensiero poteva essere
equivocabile ed io non volevo affatto intendere che…sì, lo intendevo eccome.
Mi diedi dei colpetti sulle guance bollenti e scossi la
testa; dovevo calmare i bollenti spiriti, subito.
Non devo pensare a
Lore (nudo), non devo pensare a Lore (nudo).
Dovevo riuscire a far segnare un gol alla mia squadra, così
da far pentire amaramente il mio ragazzo di non avermi scelta per prima.
Marchesi stava correndo verso di
me, la palla ai suoi piedi e l’espressione soddisfatta di chi era convinto di
segnare.
Illuso. Non aveva fatto i conti con me.
Feci uno scatto felino in sua direzione, trattenendomi a
stento dallo sbuffare dal naso come un toro e ruggire come una leonessa.
Peccato che, nel momento in cui gli arrivai davanti, fui letteralmente scaraventata indietro con forza e mi
ritrovai a terra come un sacco di patate. Altro che leonessa, non c’era animale
abbastanza debole e patetico per definirmi.
Il mio braccio sinistro sfregò contro l’asfalto duro del
campetto ed avvertii una fitta lancinante al polso su
cui ero praticamente caduta.
Era stato come andare in contro ad un
muro, anzi, contro ad un tir.
-Cazzo!- Imprecò il “tir”.
Mossi a fatica il polso e gemetti dal dolore, contenta
comunque di non essermelo rotto per colpa di quel bisonte di Giulio Marchesi.
-Scusami Puccio!- Se non altro ebbe la decenza di fermarsi
e di chinarsi per guardare come stavo.
-Mi sono lasciato prendere dalla foga, non pensavo facessi
un volo del genere…- Si giustificò grattandosi la testa.
“Un volo” era esattamente il modo in cui avrei definito la
mia caduta, un volo molto doloroso.
Ci raggiunsero gli altri compagni e diventai nel giro di un secondo l’attrazione principale del momento, quasi
fossi un fenomeno da baraccone.
-Cazzo, Giu, stai
attento. Minchia l’hai quasi ammazzata.-
Il rimprovero di Lore, invece che farmi piacere, mi fece storcere il naso.
La voce era leggera, divertita, stava chiaramente
scherzando…e mi stava velatamente prendendo in giro.
-Sì Giu, cazzo ci metti così tanta forza con una ragazza?- Vergata rise e con
lui anche gli altri.
Una ragazza.
Perché mi sentivo improvvisamente in imbarazzo ad essere una ragazza? E perché nessuno mi chiedeva come
stavo?
Strizzai le palpebre per il male e diedi
un’occhiata al polso; dal punto in cui mi ero graffiata stavano uscendo
tanti piccoli puntini di sangue.
-Ti sei fatta male?-
Quasi piansi come una poppante quando Lele me lo chiese
con aria seria.
Sì, dannazione, sì. Mi ero fatta male. Non era nulla di
grave, ma bruciava ed essere sfottuta in quel modo non era piacevole per
niente.
-Ma sì dai, ti sarai spezzata un’unghia se è tanto. Fa
vedere.- Lore trattenne male una risata e si inchinò
per afferrarmi la mano ed esaminarla.
Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso,
l’aria in eccesso che mi fece scoppiare come un palloncino gonfiato troppo.
Sicuramente il fatto che il mio ciclo fosse in dirittura
di arrivo contribuì parecchio a condizionare le mie emozioni e a farmi
appannare la vista.
No, no e no. Non
piangerò, non darò loro un motivo per prendermi ancora in giro.
Ritrassi la mano con rabbia e cercai di trasmettergli con
gli occhi tutto il rancore che stavo provando per lui in quel momento.
Volevo solo un po’ di comprensione, volevo
solo essere viziata e…coccolata dal
mio ragazzo dopo lo spavento per la caduta. Avrebbe dovuto
preoccuparsi, chiedermi come stavo, darmi un bacio o una carezza magari...
E invece cosa faceva quello stronzo? Mi rideva in faccia
insieme ai suoi amici del cazzo.
Pretendevo troppo io? Non era forse così che avrebbe
dovuto comportarsi un ragazzo con la sua ragazza?
Lui inarcò un sopracciglio confuso e mi osservò in
silenzio mentre facevo leva sul braccio destro per alzarmi.
-Allora? Ci muoviamo o vogliamo interrompere la partita solo
perché la
Puccio è caduta?- La voce sprezzante e canzonatoria
del prof mi irritò peggio delle ortiche sull’ epidermide, se non fossi stata
sull’orlo delle lacrime l’avrei volentieri strozzato.
Ero circondata da un branco di stronzi maschilisti,
nessuno di loro, a parte Lele, si era realmente preoccupato per me o aveva
chiesto come stessi, avevano iniziato subito a ridere.
Cercai Mel con gli occhi per avere un po’ di conforto e,
prima che potessi individuarla, Teo mi si avvicinò per chiedermi con aria
preoccupata:
-Ali, piccola, come stai?-
Piccola?
Da quando Teo mi chiamava piccola? Sorvolai su quel
nomignolo e piegai gli angoli della bocca all’ingiù.
-Male.- Piagnucolai, in cerca di attenzioni che finalmente
qualcuno mi stava dando.
Era sbagliato, lo sapevo, la mia
era solo un’immatura ripicca, ma fare la voce da bambina con Teo e accettare che
mi chiamasse “piccola” davanti a Lore era…stuzzicante.
Non mi ero voltata a guardarlo, ma ero sicura al cento per
cento che stesse seguendo la scena – come tutti i nostri compagni del resto – e
che non ne fosse contento.
Mi uscì un altro lamento infantile quando il mio amico mi
prese con delicatezza la mano sinistra e se la portò al viso.
-Ti fa male?-
Annuii, i lineamenti distesi in un broncio forse un po’
troppo pronunciato.
Non avevo la minima idea di quello che stesse per
fare, se lo avessi saputo lo avrei fermato per il suo
bene. Avvertii le sue labbra fresche poggiarsi sulla
pelle escoriata del mio polso ed arrossii involontariamente. Le schiuse
imprudentemente e mi guardò con una dolcezza tale da farmi sciogliere.
Oh merda.
E ora?
Non mi ero scordata di avere addosso lo sguardo di
Lore, non mi aveva lasciata andare nemmeno per un
secondo, lo sentivo bruciare dannatamente sulla mia pelle.
Che cosa avrebbe pensato? E soprattutto, che
diavolo avrebbe fatto a Teo?
Ok, ora sfilo
la mano con nonchalance…piano…
Completamente nel pallone, balbettai qualcosa di incomprensibile persino per me e mi ripresi bruscamente
la mano.
Meno male che
dovevo far piano.
Non volevo che il mio amico si facesse male per
causa mia e sapevo che sarebbe bastato un secondo di più perché Lore si facesse
largo tra me e lui per colpirlo.
Ma perché Matteo doveva
sempre complicare tutto? Sapeva che stava rischiando grosso, prevedevo comunque
una prossima e negativa reazione da parte del mio odioso ragazzo.
Il fischio del prof, per una volta, si rivelò
utile e spezzò l’imbarazzante silenzio creatosi fra me e il mio amico dopo il
mio allontanamento.
Non osai girarmi verso di lui, finsi di non essermi accorta delle sue attenzioni e mi dedicai
nuovamente a Teo. Perché era più semplice, perché non avevo paura di quello che
vedevo nei suoi occhi.
-Va meglio, grazie.- Mormorai con un impacciato
sorriso, -Ora però…cioè…non ti conviene giocare. Sai che Lore…- Avrebbe
sicuramente trovato un modo per vendicarsi, conclusi
mentalmente.
Teo scrollò le spalle con noncuranza,
-Tranquilla. Non mi fa di certo paura.- Sembrava rilassato, compiaciuto o
forse…possibile che fosse impaziente?
Impaziente?
Perché mai dovrebbe esserlo?
Provai a ribattere qualcosa ma non me ne diede il
tempo, riprese a correre verso la palla lasciandomi ferma ed
impalata come una statua.
Respirai appieno per scaricare la tensione e feci
ruotare lentamente il polso, tastandolo piano con l’altra mano; era ancora
arrossato e faceva male, contavo di andare in infermeria a farmi mettere del
ghiaccio dopo la fine della lezione, quando l’odioso prof di ginnastica non
avrebbe avuto più nulla da dire.
La restante mezz’ora di gioco fu un vero e
proprio massacro…per Teo.
Come avevo previsto il suo gesto non restò
impunito, a meno che non fosse un caso che tutti i ragazzi della squadra avversaria
si avventassero su di lui con decisamente troppa violenza ogni volta che aveva
la palla.
-Ragazzi piano…- Disse il prof ad
un certo punto, fischiando e aggrottando la fronte confuso. Sembrava non
riuscisse a capire il perché tutti improvvisamente fossero propensi a far falli
su Teo.
Scossi la testa e mi portai una mano alla bocca
quando Teo fu di nuovo scaraventato a terra prima da Marchesi, poi da Radaelli, Stoppini, Lore…
Io ammazzo
quella testa di cazzo del mio ragazzo…
A dieci minuti dalla fine dell’ora, Lore non finse più nemmeno di mirare alla palla
e si scagliò direttamente addosso a Teo. Lo afferrò per il colletto della
maglietta e lo spinse con forza all’indietro, facendogli quasi perdere
l’equilibrio. Disse anche qualcosa che non riuscii a cogliere, ma a giudicare
da quanto era incazzato doveva essere stato un insulto.
Quello
che mi lasciò completamente interdetta, però, fu la reazione del mio amico: non
diede più il tempo a Lore di fare altro, alzò velocemente il braccio e ne
approfittò per colpirlo in pieno viso.
Spalancai
la bocca allibita e rimasi per una buona manciata di secondi immobile. Lo aveva
davvero colpito. Non era possibile! Teo era il ragazzo più dolce che conoscessi
e…non immaginavo nemmeno che sapesse come si tirasse un pugno! Porco cazzo, invece
gliene aveva tirato uno dritto in faccia. Ma era impazzito?!
Fui
abbastanza vicina da sentire le sue di parole, un “Questo te lo dovevo da un
po’, ora siamo pari” mormorato fra i denti.
-Valenti!-
Sbraitò
il prof incredulo, quasi avesse appena visto l’animale più pacifico del mondo
trasformarsi in un mostro carnivoro.
Lore
sembrava persino più sorpreso di lui, evidentemente non immaginava che Teo
potesse reagire; si rialzò e si portò una mano al mento, gli occhi sgranati e
furiosi.
Un
moto d’angoscia mi assalì ed il mio labbro inferiore
prese a tremare.
Si sarà fatto male?
Ero
già pronta ad avvicinarmi e chiederglielo – io
a differenza sua mi preoccupavo per lui –, quando il mio ragazzo decise che
i conti con Teo non erano stati affatto pareggiati
come aveva sostenuto il mio amico; Lele fece un passo avanti per cercare di
fermarlo, ma né lui né il professore riuscirono ad evitare che si avventasse
nuovamente su Teo per ricambiare il colpo di poco prima.
E tanti cari saluti alla partita di calcio
e all’ora di educazione fisica.
Mi
portai una mano al viso disperata, vergognandomi come una ladra nel sentire i
miei compagni ridere e scommettere su chi avrebbe battuto chi e, soprattutto,
su chi avrebbe vinto la – parole (censurate) di Vergata – “f” della Puccio.
Non
fosse stata tragica la situazione sarei scoppiata a
ridere. Era tutto talmente surreale da sembrare la scena di un film, uno stupido
e senza senso. Ci sarebbe stata bene qualche canzoncina divertente e
velocizzata in sottofondo.
Perché
avevo sempre a che fare con trogloditi che discutevano in quel modo?!
Quella
scena mi ricordava tremendamente la prima rissa a cui
avevo assistito, quella fra il mio ex Matteo e Lore.
Evidentemente
il mio ragazzo aveva dei problemi a relazionarsi con i
Matteo, dovevo evitare che incontrasse altri poveri innocenti che avevano la
sfortuna di chiamarsi così.
-Latini,
Valenti!- Il prof era più disperato di me, si mise in mezzo per cercare di
separarli e solo con l’aiuto di Lele e di un riluttante Vergata ci riuscì.
-Voi…voi…-
La voce gli tremava mentre squadrava prima uno, poi
l’altro, -Voi siete fuori di testa! Mai vista tanta maleducazione e
indisciplina e di classi ne ho avute parecchie!-
Li
osservai a mia volta, affaticati e arruffati; non smisero neppure in quel momento
di guardarsi con odio puro, se fra di loro non ci
fossero stati i nostri compagni di classe e il professore sarebbero sicuramente
andati avanti.
Mi
strinsi le braccia al petto amareggiata e calciai un
insignificante sassolino con un piede. Come avevo anche solo potuto credere che
potessero andare d’accordo e diventare amici in futuro? Come potevano esserlo
stati in passato?
Forse
era anche stupido da parte mia sperare in quella riappacificazione, finché
entrambi continuavano ad essere innamorati di me le
prospettive di poter avere un rapporto civile non erano delle più rosee.
Teo
mi guardò con aria colpevole e da cucciolo bastonato, un chiaro ed evidente
tentativo di chiedermi scusa e farsi perdonare.
Quel
cretino del mio ragazzo, invece, non mi degnò proprio della benché minima
considerazione, teneva la testa voltata dall’altra parte, ma riuscivo comunque
a vedere di sfuggita i tratti del suo viso tesi in una smorfia di irritazione pura.
Assurdo! Fa pure l’arrabbiato!
Io
avrei dovuto esserlo! Ne avevo fin sopra i capelli del suo modo di fare da
bambino, non mi ero mai sentita tanto in imbarazzo in vita mia, tutta la classe
ne avrebbe parlato per mesi.
-State
certi che ne parlerò con la coordinatrice e prenderemo provvedimenti, non è
nemmeno la prima volta che succede Latini!- Il prof indicò Lore con l’indice,
ricordandosi del precedente “incidente” e successivo infortunio di Teo sempre
durante le sue ore.
-Se
avete problemi fra di voi siete pregati di risolverli
fuori dall’ambiente scolastico e civilmente,
sono stato chiaro?!-
Bravo prof sudicio e maschilista,
così si parla.
Peccato
che, nel riascoltare nella mia testa le sue parole, analizzai
più attentamente quel “se avete problemi”, fino ad arrivare a valutarlo a dir
poco avvilente. Ero io il problema
che avrebbero dovuto risolvere in maniera civile,
porca miseria.
La
seconda ed ultima ora di ginnastica era finita –
finalmente –, così, dopo quella strigliata di capo, il prof ci congedò e ci
permise di tornare negli spogliatoi.
Lore
non se lo fece ripetere due volte e, a passo
abbastanza veloce, si diresse insieme a quelle teste di cazzo dei suoi amici
verso la palestra per rientrare.
Non così in fretta.
Gli
fui subito dietro, una piccola corsetta per poterlo raggiungere ed impedirgli di farla franca. Stavo già per pregustare la
liberazione che avrei provato nel sfogare la mia ira su di lui, quando la
sagoma di Teo mi si parò davanti, -Ali, mi dispiace…- Si tamponò il naso
sanguinante con il palmo della mano, gli occhi lucidi e la fronte corrugata,
-Non avrei dovuto, lo so, ma…-
Sospirai,
cercando di alzarmi sulle punte e sporgermi oltre la sua spalla e vedere che
fine avesse fatto Lore. Non mi sarebbe scappato, quello era certo. Avevo troppe
cose da gridargli contro.
-Non
importa Teo.- Non ero
arrabbiata con lui, ero solo…non lo sapevo neppure io, semplicemente il suo
modo di fare non riusciva a toccarmi e a condizionare il mio umore come quello
di Lore.
-Beh…ho
colpito il tuo ragazzo.- Spiegò apparentemente mortificato, ma con una punta di
soddisfazione nella voce.
Sorrisi
a mezza bocca e rilassai la fronte, -Direi che se lo è meritato.- Dopo tutto quello che aveva subìto Teo, a partire dalla caviglia…
Si
lasciò sfuggire una risatina appagata e tirò su col
naso, -Già. Peccato che quello che ne esce sempre messo peggio sonoio.- Con una mano indicò le
narici leggermente incrostate di sangue ed il suo sorriso si tramutò in una
smorfia.
Oddio mi fa un po’ impressione...
Cercai
di contenere la mia repulsione e gli feci una leggera carezza d’incoraggiamento
sulla spalla, -Vai subito in infermeria per farti mettere del ghiaccio.- Non
sarebbe stato carino da parte mia fargli intuire quanto vedere quel sangue mi
stesse nauseando, contando anche che lui una mezz’oretta prima era stato un
tesoro quando mi ero fatta male io.
Lasciai
scivolare le mie dita fino al suo braccio e gli diedi due pacche amichevoli,
-Scusa, vado a cambiarmi, altrimenti chi la sente la Zerbato.- Ogni
tanto la prof di matematica serviva a qualcosa, come scusa per lasciare Teo al
suo sangue rappreso e andare a prendere Lore a calci ad esempio.
Ero
più che certa del fatto che si stesse già cambiando negli spogliatoi per
tornare in fretta in classe ed evitare di incontrarmi. Se pensava di farmi
desistere dai miei propositi con quella sceneggiata da maschio ferito si
sbagliava di grosso.
Completamente
accecata dalla rabbia, dal risentimento e dalla foga del momento, feci la cosa
più sciocca che potesse venirmi in mente di fare.
Eppure,
quando c’era la voglia di inveire contro una persona, quando si era furiosi, si
arrivava sempre ad agire d’istinto, senza pensarci. Quello che feci io.
Mi
portai una mano agli occhi per oscurarmi la vista e spalancai la porta dello
spogliatoio maschile di botto, facendo – ne ero certa, pur non riuscendo a
vederli – sussultare più di un mio compagno di classe.
-Oh,
Puccio!-
-Che
cazzo…?!-
-Sbagliato
porta?-
-Venuta
a dare un’occhiata?-
Ignorai
i loro commenti inutili e a tentoni, con la mano
libera protesa in avanti, avanzai fino ad arrivare al centro della stanza.
Ricordavo
più o meno com’era fatta, ci ero già stata una
volta…chissà per quale motivo lo
ricordavo bene.
-Non
credere di cavartela così signorino!- Non avevo la minima idea di dove fosse,
così inveii contro il vuoto davanti a me, gesticolando come una pazza.
Fu
una liberazione. Mi ero tenuta dentro troppi insulti che avrei voluto
rivolgergli.
Non
mi importava dei commenti idioti dei suoi amici, non
mi importava di farlo incazzare ancora di più – io ero incazzata perdindirindina! –, volevo che capisse
una buona volta che non poteva comportarsi così, che ero furibonda, che era una
grandissima, immensa, stratosferica, fantasmagorica
testa di cazzo.
E
iniziavo pure a delirare e ad usare parole cretine nei
miei pensieri per colpa sua.
Un
boato si levò intorno a me: davanti, dietro, a destra, a sinistra, le risate e
le voci dei miei compagni di classe mi stordirono e bloccarono per i successivi
secondi.
-Oh
oh, sentito Lore? Non credere di cavartela così!-
-E
mo’ so’ cazzi!-
-T’aspetta
la frusta!-
-Vai
Puccio, ci piaci violenta!-
Bene.
Cioè, no, bene un cavolo, era imbarazzante da morire sentire quei commenti, ma
se non altro grazie a quelli avevo capito che Lore era ancora lì nello
spogliatoio e non già uscito lasciandomi in completa balìa della mia pazzia.
Allungai
la mano libera dall’arduo compito di coprirmi gli occhi e la tenni all’altezza
della mia vita per assicurarmi che non ci fosse nessuno davanti a me e fare
altri due passi.
-Vieni
un po’ più avanti con quella mano Alice Puccio e
troverai il Paese delle Meraviglie.-
La
voce di Vergata, proveniente proprio dalla direzione intrapresa dalle mie dita,
mi fece sussultare e rannicchiare su me stessa nauseata.
Che schifo, cosa mi tocca sentire.
Qualche
spiritosone, dopo aver riso della mia reazione, ebbe
pure il coraggio di rinominare il famoso gioco per bambini
“mosca cieca” come “sega cieca”.
Schifosi pervertiti senza senso del
pudore, credete di essere divertenti?
Borbottai
fra me e me insulti della peggior specie e decisi di
restar ferma dove ero; non ci tenevo proprio a toccare nulla, né tantomeno a giocare.
Sbuffai
per scaricare la tensione e ricominciai il discorso precedentemente
interrotto, -Ti sei comportato da emerito idiota prima e…non mi sta bene!-
Strinsi la mano libera a pugno, sentendo dolere il polso per quel gesto
impulsivo.
-Ma
chi, io?-
Se
avessi avuto gli occhi aperti li avrei fatti roteare
per la stanza indispettita.
-No
Vergata, quel cretino del tuo amico.- In risposta mi
arrivarono solo altri mormorii e risatine, ma non riconobbi quella giusta fra
nessuna di quelle, -So benissimo che è qui e che sta ascoltando, è inutile che
faccia finta di niente!-
Sicuramente
era furioso e potei solo ipotizzare che il mio comportamento davanti ai suoi
amici lo stesse facendo arrabbiare ancora di più, ma
non sarebbe bastato quello a fermarmi.
Mi
ero stufata del suo modo di fare e avremmo chiarito, che lo volesse o no!
-Bene,
continua pure a stare zitto, non importa.- Mi sentivo un’idiota a sbraitare
contro il vuoto, senza sapere nemmeno da che parte guardare. Non era stata una
buona idea per niente quella di infilarsi lì dentro, cosa mi aveva detto la
testa?
Qualcuno
dovette leggermi nel pensiero perché, passandomi accanto, ebbe pietà di me e mi
suggerì: -È alla tua destra.-
Riconobbi
la voce di Lele e le mie labbra si piegarono in un sorriso colmo di
gratitudine, -Grazie.- Mormorai seguendo il suo consiglio.
Rinvigorita
da quella consapevolezza e dalla presenza di un alleato, ripresi a parlare più
decisa, -Non pensare minimamente di scappartene in
classe, dobbiamo parlare.-
-Ahia,
non è mai un buon segno.-
Alzai
un dito e lo puntai verso la voce di Stefano Radaelli,
annuendo fra me e me soddisfatta del suo commento,
-Esatto. Non è un buon segno.-
Devi temermi stronzo, perché sono
incazzata come una iena.
-Ti
aspetto qui fuori.- Sì, forse era il caso di congedarsi finché avevo ancora una
dignità – ce l’avevo ancora, vero?
E
detto quello, non senza aver sbattuto contro il corpo sudato e appiccicoso di
un mio compagno di classe – Che schifo, che schifo! – ed una panchinetta, uscii da
quella stanza in fretta e furia.
*Note
dell’autrice*
Lo
so, è un capitolo del cavolo, lunghissimo e noioso, un polpettone illeggibile.
L’ho persino tagliato (sul più bello, scusate), era di 28
pagine, da spararsi veramente.
Comunque,
del prossimo ho scritto 7 pagine e posso dirvi già da
ora che sarà più interessante.
In
questo non succede nulla di importante, è più di
passaggio/introduzione al prossimo dove ci sarà IL discorso fra i due che
personalmente adoro xD
In
questo capitolo già iniziano i primi battibecchi, come era
prevedibile del resto. Sono ancora i soliti Lore e Ali,
sono completamente diversi e cretini.
Alice
forse esagera un po’ a prendersela così con Lore – che tra parentesi è un
deficiente –, però a sua difesa posso dire che, oltre ad essere in un certo
periodo del mese (XD), si sente un po’…trascurata e quindi sbotta. Non ha tutti
i torti, mi incavolerei pure io ad essere sincera.
A
difesa di Lore, invece, posso dire che non ha capito niente, non sa come
comportarsi in una relazione, è convinto che le cose possano andare avanti come
prima; sesso, qualche bacio di tanto in tanto e stop.
Mentre
lei vuole gli appuntamenti, le telefonate e, soprattutto, le coccole.
Sono
un disastro in poche parole, chi li ha fatti mettere insieme? -.-
Nel
prossimo comunque affronteranno questo punto e Alice metterà in chiaro le cose
–con non poco imbarazzo. E ci sarà nuovamente un pov
Lore.
Concludo dicendo che gli extra saranno divisi in tre parti e che ognuna avrà più
o meni dieci capitoli.
Detto
questo spero abbiate passato un bellissimo Natale e vi auguro, in anticipo di
qualche giorno, un felicissima anno nuovo ;)
Grazie infinite di essere ancora qui, un
bacione grandissimo!
Bec
PS:
Ringrazio Sharon per la copertina che vedete in
cima ;)
Ho
deciso, dal momento che non ho ancora deciso un titolo
decente per questi extra, di riutilizzare una per ogni capitolo tutte le immagini che avete fatto voi
(e che adoro) per la storia originale :)
Piccolo
spoiler del prossimo capitolo per farmi perdonare:
“[…]
-Lo
so che non è grave, non mi sono fatta così male, ma…avrei semplicemente voluto
che tu…- Mi morsi il labbro e distolsi lo sguardo a disagio, in cerca di parole
che avrebbero potuto aiutarmi a non rendere imbarazzante la situazione. Più di
quanto già non lo fosse almeno.
-Che
tu mi…- Mi torsi le mani e annaspai accaldata.
Coccolassi.
Non
potevo davvero dirlo, non ad alta voce, non a lui, sarei morta di vergogna.
Lore
aggrottò la fronte confuso e cercò invano di guardarmi
di nuovo negli occhi, -Consolassi?- Azzardò.
Scossi
la testa e diventai, se possibile, ancora più rossa. Non era quella la parola
che doveva cogliere, non era quello che intendevo.”
Capitolo 3 *** I parte - Distrarre in che modo? ***
I parte:Distrarre in che modo?
Il cuore
in gola, il respiro affannoso, le mani dietro la schiena appoggiate al muro, mi
dondolavo sul posto in attesa di vedere uscire il mio ragazzo dallo spogliatoio
maschile.
Sarebbe
per forza dovuto passare di lì, non aveva via di scampo, eppure, man mano che
vedevo i miei compagni di classe sfilarmi davanti – e ammiccare in mia
direzione divertiti – il dubbio che lui potesse già essersene andato senza che
me ne fossi accorta si instillò in me.
Non era
possibile, lo sapevo, sarebbe dovuto diventare invisibile per passare
inosservato, ciononostante continuai a restare in ansia fino a quando non lo
vidi mettere fuori piede – visibilmente controvoglia – dallo spogliatoio.
Il volto
contratto in una smorfia di disappunto e le mani nelle tasche dei jeans, alzò
impercettibilmente il mento, come a dirmi di muovermi che non aveva tempo da
perdere. Stronzo.
-Vergata.-
Dissi in tono solenne, dopo aver visto la Scimmia chiudere alle sue spalle la porta dello
stanzino. Probabilmente era l’ultimo, dietro di lui non c’era più nessuno, -Se
la prof arriva e chiede di noi dille che non sono stata bene, che ho avuto un
calo di pressione e che Lore mi ha accompagnata al bar a prendere qualcosa di
zuccherato.-
Entrambi
mi guardarono stupiti, quasi avessi appena detto una madornale cazzata.
Sapevo
che come scusa faceva acqua da tutte le parti, ma se non altro ci avrebbe fatto
risparmiare un po’ di tempo. Non volevo che la prof mi segnasse assente in
classe senza una motivazione o scusa valida, né volevo che pensasse che fossi
fuori a fumare come la maggior parte dei compagni all’inizio dell’ora.
Lore
inarcò un sopracciglio, -Non ci crederà mai.- Considerò scettico.
Vergata
annuì serio, nonostante si vedesse chiaramente quanto fosse sul punto di
scoppiare a ridere, -Lore che aiuta qualcuno? Che addirittura lo accompagna al
bar?- Lo indicò con un cenno sbrigativo della mano, -Non ci crederà mai.-
Ripeté le sue parole prima di sghignazzare, -Al massimo crederà che sia fuori a
fumare…o che vi siate appartati da qualche parte per…-
-Limitati
a dirle quello che ti ho detto.- Lo interruppi secca, già nervosa di mio
all’idea di confrontarmi con Lore. Ci mancava solo Vergata con le sue stupide
osservazioni!
Lo
scrutai in cagnesco fino a quando, capendo di essere indesiderato, non sparì
dietro al muro in fondo al corridoio, non prima di averci fatto l’occhiolino ed
aver alzato entrambi i pollici da bravo cretino.
Santo
cielo. Io un ragazzo del genere non riuscivo a sopportarlo le poche ore che lo
vedevo a scuola, non invidiavo per nulla Angelica.
Certo
c’era da dire che anche Lore la maggior parte delle volte era insopportabile,
ma Vergata era senz’altro peggio, la loro amicizia doveva essere fatta di
reciproca condiscendenza.
Quando la
sua ingombrante presenza non fu più un problema, calò su di noi un imbarazzante
e teso silenzio. Sentivo lo stomaco in subbuglio come prima di
un’interrogazione importante o, peggio ancora, come appena scesa dal Blu
Tornado a Gardaland. Ricordavo ancora quanto ero stata male quando Ilaria e
Angelica mi avevano costretta a salire su quelle dannatissime montagne russe su
cui avevo giurato di non rimettere più piede.
Inspirai
ed espirai profondamente. E va bene. Via
il dente via il dolore.
Quando
tornai a guardarlo in volto e lo vidi alzare un sopracciglio annoiato, il
coraggio di parlare mi investì come un treno in corsa e sputai fuori le parole
successive con invidiabile calma…più o meno, -Primo: levati subito
quell’espressione dalla faccia, come se avessi motivo di essere tu arrabbiato poi.- Socchiusi appena gli
occhi ed incrociai le braccia al petto con il suo stesso fare arrogante,
-Secondo.- Lo bloccai prima che, evidentemente infastidito, potesse replicare,
-Posso sapere che diavolo ti è preso?- Quella domanda non era proprio in cima
alla lista delle cose che avrei voluto dirgli – tra cui una lunghissima serie
di insulti –, ma ebbe l’effetto di un fiammifero acceso accanto ad una miccia.
-Che
diavolo è preso a me?!- Sbottò gesticolandomi contro, -Che diavolo è preso a te!-
Uoh,
stavamo insieme da due settimane e avevamo iniziato a litigare alla grande.
Incoraggiante!
-Prima
sei incazzata per non so cosa e non mi rivolgi nemmeno la parola, mi baci in corridoio
e poi ritorni ad ignorarmi quasi ti avessi fatto chissà quale torto! Oh chiariamoci,
hai le tue cazzo di cose?!-
Arrossii
di botto e gonfiai le guance oltraggiata. Ma erano domande da fare, così, ad
alta voce, nel bel mezzo del corridoio? Non avrei risposto nemmeno se me
l’avesse chiesto con più delicatezza e se fossimo stati in un luogo più
appartato, figuriamoci!
Mi
schiarii la voce e mi sforzai di non morire per autocombustione.
Si era
pure accorto del mio comportamento scostante quello stronzo, eppure non mi
aveva chiesto nulla, aveva volutamente finto di non notarlo!
-Non…- La
mia brillante protesta fu malamente interrotta.
-Perché
se hai intenzione di farmi andare fuori di testa una volta al mese facendo la
stronza vorrei saperlo, sai…-
Un
momento. Calma.
Mettersi
a ridere sarebbe stato del tutto fuori luogo, giusto? Giusto.
Era
ridicolo che lui stesse dando a me
della stronza! Per cosa di preciso, poi?
Era stato
lui il primo ad ignorarmi e a non farsi sentire per un giorno intero! E non
aveva alcun diritto di fare quelle sceneggiate da maschio ferito!
Avrei
voluto mantenere il controllo e dare una risposta ponderata, invece sbraitai
semplicemente un -Facendo la stronza? Io?!- che non migliorò la situazione. Era
come rilanciarsi una palla, uno accusava e l’altro riceveva rispondendo con un
“io? E tu allora?”. Di quel passo non avremmo risolto nulla.
-Ti sei
fatta baciare da Valenti davanti a me, cazzo!- Disse fra i denti, facendo un
passo in avanti mosso dalla rabbia, -Tu come lo chiami questo?!-
-Sulla
mano!- E la mia era un’immensa precisazione, un asterisco grande quanto una
casa posto accanto alla sua affermazione, -Era un bacetto del cavolo sulla mano
dopo che tu mi avevi preso per il
culo con quei coglioni dei tuoi amici!- Per enfatizzare la cosa indicai il mio
povero e malandato polso con la mano buona.
Ora,
chiunque con un po’ di buon senso mi avrebbe dato ragione, giusto? Lui non ne
aveva di buon senso evidentemente.
-Questo
non c’entra un cazzo e non cambiare discorso! Si è praticamente slinguazzato la
tua mano ed era parecchio compiaciuto, credevo avessi capito quello che in
realtà vuole da te!- Ringhiò adirato, le braccia tese verso il basso e le mani
strette a pugno lungo i fianchi.
Scossi la
testa sconvolta; stava divagando alla grande, non era quello il punto.
-Ma chi
cazzo se ne frega!- L’avrei preso a pugni più che volentieri, mi faceva salire
il sangue al cervello!
Mi aveva
quasi incastrata al muro, ma non avevo alcuna intenzione di fargli guadagnare
altro terreno, così avanzai verso di lui fino ad arrivargli ad un palmo dal
naso per puntargli un dito al petto con aria minacciosa. O forse solo ridicola:
dettagli.
-Chi se
ne frega di quello che vuole Teo, non mi importa nulla di quello che vuole da
me!- Provai un incommensurabile senso di appagamento quando vidi la rabbia
lasciar posto alla confusione sul suo viso; non era la risposta che si
aspettava, probabilmente pensava che mi mettessi a difendere ancora una volta e
a spada tratta Teo. Avrebbe saputo come rispondermi a modo in quel caso –
ovvero insultando pesantemente il mio amico –, invece lo stavo sorprendendo con
una risposta che tirava completamente fuori dal discorso il suo bersaglio.
Gli diedi
una spinta e provai un brivido di eccitazione lungo tutta la spina dorsale nel
toccarlo – maledizione! –, specie nel toccarlo con l’intento di fargli del
male, cosa che ovviamente non feci. Dettagli.
-So solo
quello che io volevo da te!-
Era bello
spiazzare Lore, perché quando aggrottava la fronte e sbatteva le palpebre
perplesso era, se possibile, ancora più stupendo.
Come
diavolo faceva? Perché io con quella stessa espressione in faccia sarei
sembrata un pesce lesso?
-E cioè?-
Non
riuscivo a capire se me lo avesse chiesto perché davvero non ci era ancora
arrivato o perché lo immaginava ma preferiva sentirselo dire da me. Forse
entrambe le cose.
Ed io mi
ero appena messa nei casini urlando quella frase, me ne resi conto quando mi
ritrovai a boccheggiare in cerca delle parole esatte da dire, sempre che ce ne
fossero.
Cosa
volevo da lui? Praticamente tutto.
-Magari un
po’ di considerazione dopo che sono caduta come un salame e mi sono fatta male per
colpa di quel bisonte del tuo amico? Avrei voluto che tu ti comportassi come Teo, d’accordo?!- Ammisi stringendo la
mascella, il viso chiazzato di rosso per l’imbarazzo.
Avrei
voluto che fosse stato lui a trattarmi in quel modo, a me del conforto di Teo e
del suo baciamano non fregava assolutamente nulla, quel bacio lo avrei voluto
da Lore.
Si
rabbuiò quando dalle mie labbra uscì nuovamente il nome del mio amico. Come
poteva infastidirsi per quello, quando gli stavo confessando di volere più
attenzioni da lui?
-Ah,
certo, scusami se non mi sono
comportato come Valenti! Magari cercherò di prenderlo come modello da seguire
la prossima volta!- Disse tra i denti palesemente sarcastico, calando appena le
palpebre furioso.
Era ad un
soffio da me e concentrarsi sui suoi occhi e non sulla sua bocca era un’impresa
quasi impossibile. Per un secondo, il pensiero di baciarlo e di mandare al
diavolo tutto il resto si impossessò della mia mente, ma venne presto cacciato
con forza dalla ragione.
Dovevo
restare concentrata e cercare di risolvere quella situazione.
Inspirai
ed espirai lentamente per rilassare i muscoli e mi massaggiai le tempie, -No, non
hai capito niente, non voglio che tu prenda Teo come esempio.- Cercai di
abbassare il tono di voce: continuare a gridargli contro in corridoio non mi
sembrava una buona idea, -Non saresti più tu ed io non voglio cambiarti.-
Ti amo così come sei, idiota.
Mi ero
innamorata del ragazzo stronzo, presuntuoso e antipatico, non di Teo.
Quell’ultima
frase parve tranquillizzarlo un po’, ma era ancora arrabbiato, lo vedevo dallo
sguardo e dalla postura rigida.
-Sto solo
dicendo che sono caduta e che tu non hai perso tempo a prendermi in giro con i
tuoi amici!- Tornai a dimenare il mio fidato indice, in qualche modo mi faceva
sentire più sicura e minacciosa. Anche se in fondo non lo ero neanche un po’,
-E hai anche malmenato Teo per…solo perché io
sono andata da lui a reclamare le attenzioni che tu non mi hai dato! Se proprio vuoi picchiare qualcuno, dovresti
picchiare me!- Strinsi i pugni e li alzai come un lottatore di boxe pronto a
colpire, mi mancavano solo i guantoni, almeno trenta centimetri di altezza e trenta
chili in più di muscoli per risultare credibile.
Lui mi
fissò incerto per qualche secondo, palesemente combattuto tra la voglia di
scoppiarmi a ridere in faccia e l’idea di rispondermi seriamente.
-Non dire
cazzate.- Disse infine, scuotendo la testa infastidito, -E comunque ti ho
chiesto di farmi vedere la mano, se non sbaglio. Sei tu che sei andata subito
da quel coglione.- Precisò guardandomi di traverso, un sopracciglio inarcato a
mo’ di sfida. Figuriamoci se dal suo contorto punto di vista non aveva ragione
lui.
Mi passai
con rabbia una mano fra i capelli per tirarli indietro, il nervosismo ormai la
stava facendo da padrone in me. Di quel passo sarei diventata calva!
Non mi
sembrava di parlare in cinese, cosa c’era di complicato in quello che stavo
dicendo?
-Sì,
ma...dopo! E l’hai chiesto in tono ironico…- La voce si affievolì quando lo
sguardo mi cadde sulla sua bocca. Oh merda, no! Dovevo restare concentrata, concentrata. Fissare le sue labbra ed
immaginare di tracciarne il contorno con la lingua e mordicchiarle non era
restare concentrata.
-Che cazzo!-
Imprecai rialzando gli occhi ed incrociando di nuovo i suoi, questa volta accesi
di divertimento: se n’era accorto, maledizione. -Lo so che non era una caduta grave, anche se sono permalosa
sono capace di ridere per delle sciocchezze, ma le vostre risate mi sono
sembrate comunque fuori luogo, la tua
soprattutto! Mi sono fatta piuttosto male e avrei semplicemente voluto che tu…-
Affondai i denti nel labbro inferiore e voltai la testa a disagio, in cerca di
parole che avrebbero potuto aiutarmi a non rendere imbarazzante la situazione.
Più di quanto già non lo fosse almeno.
-Che tumi…- Mi torsi le mani e annaspai accaldata.
Coccolassi.
Non potevo davvero dirlo, non ad alta voce, non a
lui, sarei morta di vergogna.
Lore aggrottòla fronte confusoe
cercò invano di guardarmi di nuovo negli occhi, -Consolassi?- Azzardò.
Più o meno il senso era quello, no? Mi gonfiai
come un pesce palla, -Qualcosa del genere.- Soffiai infine, sgonfiando le
guance lentamente, benché la voglia di usare quell’altro verbo restasse. Ma non potevo: quanto mi avrebbe preso
in giro se lo avessi detto? Non ero una bambina, le coccole potevo chiederle senza vergognarmi a mia mamma o a mio
papà, non di certo a lui che probabilmente neanche conosceva l’esistenza di
quella parola. Anche se, con un pizzico di coraggio in più, lo avrei fatto
ugualmente, gliele avrei chieste perché le volevo.
Mi
raschiai la gola e ripresi a parlare, -Avrei voluto le attenzioni che un
ragazzo dovrebbe dare alla sua ragazza.- Con qualsiasi altro
ragazzo non avrei sentito le guance andare a fuoco in quel modo, come riusciva
lui a farmi quell’effetto? La mia sicurezza, la mia spavalderia, la mia
superbia erano andate a farsi un viaggetto alle Hawaii dalla prima volta che lo
avevo baciato in quel benedetto ascensore.
Gettai
una rapida occhiata al suo viso e notai che mi stava fissando seriamente ed
intensamente, troppo intensamente. Era
a dir poco destabilizzante.
-E non
parlo solo di oggi.-
Assottigliò
lo sguardo, ma non disse nulla, stranamente rimase in ascolto.
Ricordai
le parole di Mel e decisi che, se non l’avessi fatto in quel preciso istante,
non avrei più trovato il coraggio di dire certe cose e di chiarire la
situazione, -Lo so che non sei il tipo, ma…vorrei le telefonate, anche solo una
al giorno e di due minuti, anche se non mi ascolti perché stai giocando alla
Playstation, solo per sentirti.-
Qualcuno mi fermi, ora.
Si passò
una mano dietro il collo e si umettò le labbra, accennando un sorriso
indecifrabile; mi sembrava compiaciuto, ma poteva anche essere teso o…intenerito,
anche se quest’ultima ipotesi mi sembrava altamente improbabile.
Sapevo
che mi stavo mettendo in ridicolo con quelle frasette sdolcinate da romanzetto
rosa, ma ormai avevo fatto trenta, tanto valeva fare trentuno, no?
-Vorrei i
messaggi, su facebook o sul cellulare, vorrei sentirti anche al di fuori della
scuola...-
Mi sentii
incredibilmente piccola e stupida, mi sarei voluta nascondere dietro la gonna
di mamma come una bambina impaurita. O sparire inghiottita dal terreno.
Sbatté le
palpebre improvvisamente consapevole, -Quindi tutto il teatrino di stamattina
era per quello?- Domandò, pur conoscendo già la mia risposta.
Incrociai
le braccia al petto e sbuffai dalle narici, -Secondo te?- Chiesi retoricamente.
Fece un
passo in avanti e un altro ancora, fino ad intrappolarmi con la schiena al
muro. Non che mi sentissi davvero in trappola, né avevo alcuna intenzione di
andarmene.
Appoggiò
una mano accanto alla mia spalla, ogni traccia della rabbia di poco prima
sembrava essere svanita dal suo volto, -Avresti potuto dirmelo subito.-
-Avresti
potuto immaginarlo.- Replicai a tono. Non era una cosa così strana che una
ragazza volesse sentire il suo ragazzo, no? Ma in che mondo viveva lui?
Piegò la
bocca in un mezzo sorriso e si passò una mano sulla fronte, -Ci ho pensato, in
realtà.-
Strabuzzai
gli occhi perplessa: a cosa aveva pensato? Aveva intuito il motivo per cui mi
ero comportata così? Perché non aveva detto nulla allora?!
-Di
mandarti un messaggio, intendo. Ieri sera.-
Oh. Ci
aveva pensato. Un coro soave si levò nella mia testa, allora aveva pensato a me
la sera prima! Magari anche solo per quindici secondi, ma lo aveva fatto! Era
già qualcosa.
-E…?-
Sollecitai impaziente.
-E non sono
portato per queste stronzate.- Borbottò contrariato, aggrottando le
sopracciglia e arricciando il naso in una smorfia, -Così come tu sai che io non
sono il tipo da messaggi sdolcinati, io so che lo sei tu.- Schioccò la lingua e
mi negò lo sguardo, -Non sapevo che cazzo scriverti.-
Avvertii
una forte ma tuttavia piacevole morsa allo stomaco ed il cuore schizzò dritto
in testa. Ci aveva pensato a scrivermi, aveva pensato a cosa scrivermi. Magari aveva persino provato a scrivermi qualcosa
di…carino? Altrimenti perché dire che non era portato per quel genere di cose
se non aveva almeno fatto un tentativo?
Liquefarsi
davanti a lui non mi sembrava un’opzione possibile, né dare di matto ed
iniziare ad urlare frasi sconnesse.
Tentai di
riprendermi e di ricollegare il mio cervello, che al momento stava ripetendo a
manetta solo una parola, come impazzito.
Amore, amore, amore.
Quanto
avrei voluto chiamarlo così…
-Qualsiasi
cosa.- Risposi flebilmente, cercando di parlare come una persona normale e di
non fare versi come un Tamagotchi, -Avresti potuto anche scrivermi “come va”,
idiota, mi avrebbe fatto piacere!- Insultarlo mi faceva recuperare il senno,
quello lo avevo imparato da un bel po’.
Sbuffò
risentito, appoggiandosi anche con l’altra mano al muro dietro di me, -Sì,
certo, ti pare che ti scrivo “ciao, come va” come un perfetto coglione?-
Lui era
sarcastico, io no: -Guarda che a me va bene sul serio, eh.- Mi sarei
accontentata davvero di un messaggio così banale, a me bastava sentirlo.
Mi scrutò
con attenzione e, quando vide che non stavo scherzando, mormorò secco un: –Sei
strana Puccio. E sdolcinata da far schifo.- Tuttavia, nella voce era ben
udibile una nota scherzosa e lo vidi lottare inutilmente per reprimere un
sorriso.
-Mai
strana quanto te Latini.- Io non mi trattenni affatto, il mio sorriso arrivava
quasi da un orecchio all’altro, -E comunque almeno uno dei due dovrebbe
esserlo, non credi? Per fortuna l’altro è uno stronzo e compensa bene.-
Affermai ironica, guadagnandomi un’occhiata divertita in risposta.
Mi ero
tolta di dosso un peso enorme, era una liberazione averne finalmente parlato…speravo
che fosse almeno servito a qualcosa.
Restammo
in silenzio per un po’, semplicemente fermi in quella posizione, io attaccata
al muro e lui quasi attaccato a me.
Non
sopportando più il forte rumore del mio battito accelerato, interruppi quella
quiete ponendo una domanda forse un po’ sciocca, -Questa era un specie di…prima
litigata?-
Fu
tremendamente bello sentirlo ridere, mi piaceva da morire la sua risata. Mi
piaceva da morire tutto di lui, come era possibile che amassi anche i suoi
difetti? E dire che, prima di finirci in classe insieme, evitavo accuratamente
di andare in ascensore con lui, lo trovavo insignificante, antipatico e
insopportabile. Oddio, era ancora antipatico e insopportabile, solo che era adorabilmente antipatico e insopportabile.
-Mica
tanto “prima”, quante volte ci siamo già mandati a fanculo a vicenda?-
Annuii
con un finto cipiglio serio, -Ho perso il conto.-
In
effetti non era certo la prima volta che succedeva… però era la prima volta che
litigavamo come coppia.
Sussultai
quando, con un gesto straordinariamente delicato considerando i suoi standard,
mi prese la mano sinistra su cui ero caduta.
Mi
strozzai con la saliva e sentii il battito del cuore pulsare ritmicamente in ogni
singola vena sulla fronte, sul collo e nel petto.
Sospirò
con finto rammarico, -La prossima volta che vorrai essere consolata cercherò di capirlo.- Sorrise malizioso a due centimetri
dalla mia faccia e alzò il mio braccio per interporlo tra noi e portarlo
all’altezza del suo viso.
Non vorrà mica…?
-E di
comportarmi di conseguenza.- Sussurrò sulla mia pelle, poggiando poi le labbra
nell’incavo del mio polso e schiudendole senza smettere di guardarmi.
Oh.Cazzo.
Le mie gambe diventarono immediatamente di gelatina – mi chiesi per quanto
tempo ancora mi avrebbero retto – e la gola iniziò ad ardere, lasciandomi senza
fiato e saliva.
Il suo
sguardo era completamente diverso da
quello di Teo: era eccitante, provocante, invogliante. Molto invogliante.
Così come
era completamente diverso il tocco: quello di Teo era stato dolce, casto e
gentile, in quello di Lore non c’era nulla di tutto ciò, lasciava ben intendere
altri significati.
Respirai
affannosamente e mi lasciai sfuggire un basso gemito quando mi sfiorò con la
punta della lingua, promettendomi con gli occhi di farmi di quello e altro.
Si
ritrasse fin troppo presto, sogghignando soddisfatto per la mia reazione.
Brutto stronzo…!
Non gli
diedi il tempo di parlare, non gli diedi il tempo di fare altro, lo afferrai
per la maglietta e lo attirai di nuovo a me con tutta la forza di cui ero
capace per baciarlo.
Avevo
resistito anche più del dovuto, mi aveva già torturata abbastanza quello
stronzo.
La
risposta non tardò ad arrivare, Lore si lasciò sfuggire un basso verso gutturale
che s’infranse sulla mia bocca e fece combaciare completamente i nostri corpi,
tenendosi sempre appoggiato con un braccio al muro dietro per non pesare troppo
su di me.
Al
diavolo, io lo volevo tutto addosso, poco mi importava di essere schiacciata
come una sardina.
Feci
pressione con le braccia sulle sue spalle per avvicinarlo ancora di più ed
avvertii le sue labbra distendersi in un sorriso.
Mi si
mozzò il respiro quando mi gravò ulteriormente addosso, ma non feci nulla per
allontanarlo, né gli diedi modo di farlo avvinghiata com’ero al suo collo.
Sciolsi
la presa solo per far scorrere le mie mani fino ai lembi della sua maglietta ed
infilare le dita sotto il tessuto.
Quando
sentii i suoi addominali contrarsi al mio passaggio, gli morsi il labbro ed
inclinai la testa indietro ed il corpo in avanti, desiderosa di avere un
contatto più diretto con lui, desiderosa di sentirlo eccitato contro di me.
Il mio
cervello mi ripeteva a manetta una parola che non faceva che farmi ansimare ancora
di più.
Mio, mio, mio.
Era solo
mio, cazzo. Mio e di nessun’altra. Io potevo toccarlo come, dove, quanto e
quando volevo.
E non ne
avrei mai avuto abbastanza, era una dannatissima droga, dava dipendenza.
Lore
scese a baciarmi e mordicchiarmi il collo, mentre con la mano libera
strattonava l’orlo dei miei jeans per insinuare le dita ed accarezzarmi.
Gemetti
ormai al limite, vogliosa di sentirlo dentro di me e dimentica del fatto che
fossi nel corridoio deserto accanto alla palestra.
Gli
graffiai la pancia con le unghie per la fretta e l’urgenza con cui scesi ad
afferrare la sua cintura per slacciarla, le mani tremanti e sudaticce che
cercavano frenetiche di liberarlo di quell’impiccio.
-Oh sì,
Lorenzo, prendimi, sbattimi al muro e fammi tua, così…-
Mi si
gelò il sangue nelle vene quando il dubbio che potessi davvero averlo detto io
ad alta voce si fece strada in me.
In
effetti era proprio quello che stavo pensando, solo che non potevo essere stata
così sciocca da esternarlo, me ne sarei vergognata troppo.
Sgranai
gli occhi e mi bloccai – purtroppo – a metà dell’opera, mentre sia io che il
mio ragazzo ci voltavamo verso il proprietario di quella voce.
Andrea
Vergata sarebbe morto, morto. Aveva
imitato sarcasticamente la mia voce, rendendola molto più…da chat erotica di
quanto non lo fosse.
Il volto
visibilmente contratto nel tentativo di non ridere e una postura disinvolta, ci
stava squadrando con evidente interesse e divertimento, -No, ma…prego,
continuate pure. Puccio non immaginavo fossi così porca, mi stavo quasi eccitando.-
Solo in
quel momento mi accorsi del fatto che Lore avesse ancora una mano…ecco,
insomma, lì. Deglutii ed avvampai, mentre lui, con nonchalance, la sfilava lentamente
senza farsi troppi problemi.
-Cristo Andre…-
Oddio, la sua voce roca era da orgasmo, se non ci fosse stato Vergata gli sarei
saltata nuovamente addosso, -Guardati un porno piuttosto, che cazzo ci fai
qui?- Si lamentò irritato, l’affanno ancora presente per via di quanto successo
pochi secondi prima.
Vergata
scrollò le spalle e schioccò la lingua, -Bel ringraziamento per essere venuto
ad avvisarvi al posto della prof. O filate subito in classe o vi mette una
nota. Non scherza, è già parecchio incazzata.-
A poco a
poco, la mia mente riprese a ragionare come doveva e connesse il tutto: classe,
prof, nota. Oh Santo Cielo, stavo per far l’amore con il mio ragazzo durante
l’ora di lezione! E meno male che dovevamo solo chiarire!
Che fine
aveva fatto poi il “niente cose a scuola”?
Tentai di
ricompormi e di trattenere un piagnucolio frustrato per tutta la situazione
creatasi, -Da quanto tempo sei qui Vergata?- Temevo la risposta.
Lui
sorrise sornione, -Quanto bastava per dire quello che ho detto. Porca troia
Puccio, ti sei avvinghiata a lui e ti contorcevi come se fossi posseduta…ma
riuscivi a respirare Lore?-
La
temperatura era aumentata di duecento gradi o era solo una mia impressione?
Qualcosa andava a fuoco? Sì, io.
Dio, che
vergogna…
-Andre
saresti da prendere a calci sui denti.- Borbottò Lore, gli occhi ridotti a due
fessure.
-E perché
mai?- Vergata sfoderò l’espressione più ingenua del mondo, -Vi ho interrotto
prima che la situazione diventasse imbarazzante…e prima che diventassi zio.-
Ah, per
lui quindi la situazione non era imbarazzante? Che diavolo di criteri aveva?
Non osavo immaginare a che livelli si dovesse arrivare perché potesse pensare
che lo fosse.
-Sparisci
va’. Dì a quella rompicazzo che arriviamo.-
Era una
fortuna che stesse parlando Lore, io non avevo più il coraggio di dire altro,
mi ero pietrificata sul posto.
Quando
Vergata fece come gli era stato caldamente suggerito, il mio ragazzo tornò a
guardarmi e sospirò, -Ci vediamo oggi pomeriggio?- Fece aderire la sua fronte
alla mia e la gola mi si seccò di nuovo.
Annuii,
incapace di parlare, mentre stropicciavo tra le dita la sua t-shirt.
-Casa mia
o tua?-
Stavo per
rispondere, ma lui mi precedette con un’imprecazione, -Ah cazzo, no, oggi
pomeriggio deve venire quel coglione a casa mia, gli ho promesso una rivincita
a Fifa.-
Quella
frase permise ad un ricordo di farsi strada nella mia mente annebbiata.
Non avevo
la minima idea di cosa fosse quel “Fifa”, ma la parola “rivincita” lo collegava
ad un qualcosa che avesse a che fare con la Playstation. Ed
io avevo promesso a Vergata che avrei cercato di farlo vincere a calcio contro
Lore in cambio del suo silenzio.
Si staccò
da me – un vero trauma – ed iniziò a camminare in direzione delle scale e,
quindi, della nostra aula, -Gli dico di non passare e di restarsene a casa
sua.- Scrollò le spalle noncurante.
Normalmente
il suo sorriso e quella precisazione mi avrebbero lusingata parecchio…come non
essere contenta del fatto che il mio ragazzo fosse disposto a dar buca al suo
migliore amico per me? Peccato che avessi altri progetti.
-No!-
Dissi con troppa enfasi, insospettendolo, -Voglio dire…puoi passare da me dopo,
non serve che rinunci a…Fifa.-
Inarcò il
sopracciglio in attesa di sentirmi aggiungere altro, sapevo che il mio
tentativo di sembrare disinvolta era miseramente fallito.
-Ok,
Vergata mi ha chiesto aiuto per batterti alla Play, vuole che tu lo lasci
vincere.- Spiegai in poche parole, tralasciando tutta la questione del
“distrarre”.
Lore mi
squadrò pensieroso, meno convinto di prima se possibile, -Non sarebbe da Andre.
Che senso avrebbe farlo sapere a me? E chiederlo a te, poi? Quando te lo ha
chiesto?-
Come
diavolo riusciva a ragionare così lucidamente? Io stavo ancora pensando alle
mie mani sotto la sua maglietta e alla sua dentro ai miei jeans…
Affranta,
mi lasciai sfuggire un basso mugolio: le mie bugie non stavano in piedi, tanto
valeva dirgli la verità, -Ho parlato di te con Angelica ieri, Vergata ha
sentito tutto ed in cambio del suo silenzio voleva che ti…distraessi mentre
giocavi alla Play cosicché lui potesse vincere.- Avevo buttato fuori le parole
tutte d’un fiato, constatando quanto, man mano che parlassi, Lore sembrasse sempre
più divertito.
-Distrarmi
in che modo?-
Lo sapevo
che sarebbe andato a parare lì e con quel tono insinuante. Erano proprio amici
lui e quell’altro.
-Per
messaggio, ma cancella quell’espressione maliziosa dalla faccia.- Mormorai a
braccia conserte, -Non lo farò, perdi e basta. E poi vieni da me.- Semplice,
no?
Lore fece
una smorfia contrariata, -Scusa io non solo non vengo a sapere cosa hai detto
di tanto tremendo su di me alla tua amica…- Mi lanciò un’occhiata eloquente
dall’alto, per ricordarmi che non si era perso quella parte del mio discorso,
-Ma mi viene tolta anche la possibilità di vederti intenta a distrarmi, cosa che sarebbe molto
interessante. Che ci guadagno a perdere di proposito contro Andre?- Se non
avesse saputo che così facendo mi sarei incazzata ancora di più, sicuramente
sarebbe scoppiato a ridere.
-Mmm,
vediamo…la mia gratitudine? Il mio perdono per quanto successo oggi?- Elencai
sarcastica, aprendo conseguentemente prima il pollice e poi l’indice, -E non
dimentichiamo l’invito a casa mia.- Conclusi appagata.
Il
coltello dalla parte del manico ce l’avevo io e una risata diabolica riecheggiò
nella mia testa a quel pensiero. Ci sarebbe stato bene lo sfregamento di mani e
l’“eccellente” del signor Burns dei Simpson. Sì, ogni tanto guardavo quegli
stupidi omini gialli, ma meglio che non si sapesse in giro, o la mia immagine
di ragazza perfetta e intelligente ne sarebbe stata intaccata.
-Uhm…-
Lore piegò la bocca pensieroso, gesto che non mi piacque per nulla. Stava passando
al contrattacco, cavolo, -Quindi se facessi perdere Andre, lui potrebbe dirmi
cosa hai riferito di me alla tua amica, giusto?-
Si passò
la lingua sul labbro – gesto che, maledizione, seguii ipnotizzata – e sorrise maleficamente, -Dipende tutto da te
Puccio: distraimi e potrei decidere
di farlo vincere.- E non potei ribattere, perché aprì la porta della nostra
aula e sparì al suo interno lasciandomi lì ferma e inebetita.
Merda.
*****
Mi morsi
il labbro e camminai nervosamente per la stanza, il cellulare nella mano destra
che sembrava scottare.
Non
riuscivo a credere di essere stata fregata così. Certo, avrei potuto non
scrivergli nulla e lasciare che Vergata perdesse come sempre contro di lui, ma
in quel caso tutto quello che avevo detto ad Angelica sul mio ragazzo non
sarebbe più stato un segreto.
Lo amo Angie, ma quando fa così mi
fa impazzire!
Impazzire
in tutti i sensi.
Certo che gli salterei addosso a
scuola, ma, che cavolo, non si può!
Non mi
ero fatta troppi scrupoli davanti agli spogliatoi quella mattina…
Quella dannata cattedra è una
continua tentazione…
Troppo
spesso durante le lezioni mi distraevo e fantasticavo con la mente.
Involontariamente, giuro che non
lo faccio apposta, a volte mi capita che l’occhio mi cada sul suo sedere o sul
cavallo dei suoi pantaloni…
Involontariamente,
certo…
Le ultime
due frasi le avevo dette a bassa voce quando Vergata era andato in bagno, ma
ero abbastanza certa che mi avesse comunque sentita dal momento che era
rientrato in camera di Angie due secondi dopo… ghignando. Dannato Andrea
Vergata!
Mannaggia
ad Angelica e al suo “parla pure, fai come se lui non ci fosse”!
E
mannaggia a me che mi ero lasciata scappare più di quanto avrei dovuto con la
mia amica, convinta che Vergata fosse troppo distratto da lei per badare a
quello che dicevo! Se avesse riferito tutto a Lore… non ci volevo nemmeno
pensare, sarei morta di vergogna.
Sbloccai
la tastiera del mio telefono ed incominciai a scrivere un nuovo messaggio.
Non ti costa nulla farlo vincere.
Perdi in fretta e poi vieni da me, ok?
Poteva
andare, no? Inviai a “Latini” – ogni volta mi veniva da sorridere quando lo
trovavo in rubrica, non lo avevo più modificato – e attesi impaziente ed
agitata una risposta che non tardò ad arrivare.
Messaggio
da Latini:
Dammi un motivo per perdere. Puoi
essere molto più convincente di così.
-Vaffanculo!-
Sbottai ad alta voce, paonazza in volto. Deficiente.
Lo odiai
con tutta me stessa, ma non potei fare a meno di immaginarlo con quel
sorrisetto eccitante sulle labbra.
Avrei
potuto lasciare che vincesse e basta, del resto a me non importava nulla di
quel gioco della Play, ma avevo comunque il timore che Vergata vuotasse il
sacco se non lo avessi aiutato a vincere.
Sbuffai e
ricominciai a muovere le mie dita tremanti sui tasti.
Stronzo. Non ti conviene tirare
troppo la corda, potrei arrabbiarmi e decidere di non farti entrare, sai?
Ok,
sapevo che con quel messaggio avrei ottenuto ben poco, ma tanto valeva provarci
lo stesso, no?
Messaggio
da Latini:
Questo è il massimo che sai fare?
Mi deludi Puccio. Due a zero per me comunque, Andre mi sembra incazzato. Magari
è in vena di chiacchiere come te ieri.
Lanciare
il cellulare a terra e calpestarlo non mi parve una buona idea, anche se al
momento quel pensiero ronzava allettante nella mia testa.
Deglutii
lava bollente – o almeno, quello mi sembrava la mia saliva – e mi diedi un
colpetto sulla guancia. Forza e coraggio, non poteva essere tanto terribile
scrivere messaggi stuzzicanti al proprio ragazzo. Imbarazzante forse, ma non
terribile.
Certo io
ero il tipo di ragazza romantica che scriveva solo messaggi dolci come “Mi
manchi” e “Ti amo”, ma c’era una prima volta per tutto.
Ma cosa
diavolo avrei potuto scrivergli? Mi vergognavo davvero a scrivere quel genere di messaggio.
Quella
però era una provocazione bella e buona. Probabilmente mi avrebbe dato
ironicamente della “santarellina” se non lo avessi fatto, già lo immaginavo.
Era una specie
di sfida la sua? Bene. Peggio per lui che si era messo contro di me.
E se ti dicessi che sono nuda – Oddio, oddio! Non potevo credere
di averlo davvero scritto – e che mi sto
facendo la doccia?
Un
classico quello della doccia. Chiaramente una balla, dal momento che ero
vestita.
Avevo
scritto e cancellato un “pensando a te” dopo la parola “doccia” che mi sembrava
un po’ troppo prima di trovare il coraggio di inviarlo.
Mi chiesi
se il mio cuore potesse esplodere visto quanto forte stava battendo. E se fosse
davvero esploso? E se fossi morta per autocombustione? Quando arrivò la risposta,
fissai la bustina in alto per ben dodici secondi prima di aprirla.
Messaggio
da Latini:
Va già meglio, facciamo progressi.
Sarei quasi tentato di scriverti cosa ti farei se fossi lì con te, ma purtroppo
ho una partita da giocare…
Il
calore, dalle guance e dal petto, si espanse in tutto il resto del corpo e
diventò sempre più insopportabile. Non mi importava più nulla della partita,
dei messaggi imbarazzanti o dei miei goffi tentativi di essere maliziosa e
provocante, sapevo solo che lo volevo lì, subito. Volevo fare l’amore con lui.
Così non
resistetti oltre e il resto venne da sé.
Cosa mi faresti? Vieni qui da me
ora e dimostramelo, o potrei pensare che le tue siano solo parole.
Sgranai
gli occhi sconvolta quando mi resi conto di quello che ero riuscita a tirar
fuori e scriverlo era stato…elettrizzante. Cazzo se lo era stato.
Con il
cuore in gola e le gambe molli, aprii l’ultimo messaggio arrivato e lo lessi
avidamente, sorridendo come un’idiota l’attimo dopo.
Messaggio
da Latini:
‘Fanculo la partita. Ora vedrai.
Oh-oh,
forse l’avevo provocato un po’ troppo?
A Matteo
non avevo mai avuto il coraggio di scrivere niente del genere, mi sarei sentita
una specie di depravata. Con Lore invece… beh, messaggi del genere sembravano
avere un piacevole effetto su di lui – e su di me di riflesso – e la cosa mi
piaceva decisamente tanto.
Con ancora
un sorriso da parte a parte e il cuore in gola, corsi in camera mia a darmi una
sistemata. Mi strizzai le guance per renderle più rosee e mi tolsi il fermaglio
da casalinga disperata dai capelli, cercando di lisciarli e pettinarli con le
dita, pur sapendo che di lì a poco sarebbero comunque diventati un totale
disastro.
Un
momento… che reggiseno indossavo? Tuffai la faccia nella maglietta e storsi il
naso: era il caso di cambiarsi e di mettersi un completo più carino? Qualcosa
di pizzo?
Suonò il
campanello proprio in quel momento, non una, ma almeno una decina di volte di
seguito. E probabilmente sarebbe andato avanti così ancora per molto se non mi
fossi sbrigata ad andare ad aprire.
Al
diavolo, tanto lui non aveva mai fatto caso alla mia biancheria, non aveva
senso farsi tutti quei problemi.
Attraversai
la casa su gambe incerte e traballanti, i muscoli così tesi da far male ed il
respiro affrettato.
Che
cavolo, perché non avevo messo il reggiseno con il pizzo blu scuro? Sbuffai;
era troppo tardi per i ripensamenti sciocchi e non avevo alcuna intenzione di
spiegare a mia madre i motivi di un eventuale morte precoce del campanello.
Feci
girare la chiave nella serratura ed aprii con estrema lentezza, stampandomi in
faccia un’espressione sicura di me che riuscii a mostrare per appena un
secondo. Forse meno.
Non feci
in tempo a vederlo bene in volto, non feci nemmeno in tempo a tirare un altro
respiro, mi ritrovai subito le sue labbra incollate alle mie ed il suo corpo – tutto il suo corpo – premuto contro.
Gemetti
per la sorpresa ed incrociai le braccia dietro al suo collo per ricambiare con
più trasporto. Mi accorsi solo di sfuggita del fatto che la porta fosse stata
richiusa alle sue spalle da un suo calcio, se non ci avesse pensato lui sarebbe
rimasta completamente spalancata.
-Com’è
che non sei nuda e bagnata?- Ansimò tra un bacio e l’altro, infilando una mano
sotto la mia orrenda maglietta per stare in casa.
Ci misi
un po’ a comprendere il significato di quella frase, in un breve momento di
lucidità mi ricordai del messaggio che io stessa gli avevo mandato poco prima.
“E se ti dicessi che sono nuda e
che mi sto facendo la doccia?”
Non ero
nuda, ma sul secondo punto avrei avuto un paio di cosette da ridire.
Ci pensò
lui per me, -Non ancora almeno.- Avvertii le sue labbra distendersi in un
sorriso. Cretino.
Rischiai
quasi di inciampare e cadere per la frenesia con cui ci trascinammo fino alla
mia stanza, il fatto che io lo stessi tirando con urgenza verso di me e che lui
mi stesse spingendo indietro non aiutava il mio precario equilibrio.
-Pensavo
fossi…- Mi afferrò un seno con foga ed io singhiozzai per la sorpresa ed il
piacere, -troppo impegnato...- Spinsi la porta della mia camera con la schiena,
-a giocare alla Play…- insinuò l’altra mano sotto l’elastico dei miei pantaloni
e sussultai nel sentire nitidamente le sue dita calde sopra la stoffa delle mie
mutandine, -per accorgertene.- Conclusi con voce strozzata.
Mi pentii
di non essermi messa della biancheria più carina quando mi spinse i pantaloni verso
il basso, fino alle ginocchia, con un gesto deciso.
Agitai le
gambe e li scalciai con i piedi, alzando impaziente le braccia per farmi
sfilare anche la maglia in un lampo.
Scese a
baciarmi e mordicchiarmi il mento, il collo, la spalla… -Non ero per niente concentrato
su quello che stavo facendo.- Affermò con voce roca sul mio seno, sfilando la coppa
del reggiseno per raggiungere con la bocca e la lingua il capezzolo.
Chiusi
gli occhi ed il corpo venne scosso violentemente da più brividi. Stavo
impazzendo, non avevo neanche capito cosa mi avesse appena detto.
Avevo un
bisogno disperato di fare l’amore con lui, un bisogno disperato di lui. Avrebbe dovuto spaventarmi il fatto
che mi sentissi così legata e quasi dipendente da lui, avrebbe dovuto
spaventarmi l’idea che avessimo solo diciotto anni, che fossimo molto diversi
e, sicuramente, volessimo anche cose diverse. Forse quella storia non era
destinata a durare molto, forse sì. Sapevo solo che lo amavo come non avevo mai
amato e come non avrei mai più amato nessun altro.
Inquietata
da quell’ultimo pensiero fatalista, attirai il suo viso al mio e lo baciai
nuovamente con passione per cercare di distrarmi.
Lui era
lì con me e mi amava, così come io amavo lui. Solo questo contava.
Armeggiai
nervosamente con la sua cintura e tirai piano il suo labbro inferiore tra i
denti, -La odio.- Bofonchiai frustrata, facendolo ridere sommessamente sulla
mia bocca.
Non stavo
ottenendo alcun risultato soddisfacente con quella maledetta e non era neanche la
prima volta che mi dava problemi. -Non metterla più quando dobbiamo…- Mi
lamentai con voce bassa ed infantile. Non serviva continuare la frase, il resto
era facilmente intuibile.
Sentivo i
suoi occhi divertiti puntati addosso, così abbassai lo sguardo sull’oggetto della
mia collera, credendo ingenuamente che la visuale mi avrebbe favorita nel mio
intento. Errore. Vedere quanto il mio
ragazzo mi stesse desiderando non fece che peggiorare la mia situazione.
Mi passai
involontariamente la punta della lingua sulle labbra per umettarle, sentendo il
sangue affluire a fiotti sulle guance e scaldarle.
Quasi
guidata da una forza invisibile – anche detta brama – riuscii finalmente a
slacciare la cintura e, con dita tremanti, feci scivolare il bottone fuori
dall’asola, strappando un ansito strozzato ad entrambi quando con il polso toccai
la sua erezione.
L’avevo
fatto più volte, eppure ogni volta riuscivo a sentirmi una completa imbranata,
ogni volta sentivo di andare a fuoco quando lo spogliavo e al pensiero di poterlo
vedere nudo.
Si liberò
svelto di quell’ingombrante indumento ed io gli sfilai la maglietta, sospirando
di piacere quando non ci fu più alcuna stoffa tra di noi, a parte le mie
mutande ed i suoi boxer.
Mi spinse
indietro sul materasso e fu di nuovo su di me famelico, insaziabile, le mani e
le labbra che vagavano su ogni parte
del mio corpo.
Una parte
del mio cervello registrò la sua presenza sul mio letto. Era la prima volta che facevamo l’amore lì. Avrebbero
avuto il suo odore le mie lenzuola? Il nostro
odore? Lo speravo.
Un
assordante rumore stridulo interruppe bruscamente quella fantasia: il telefono.
Perché diavolo non lo avevo staccato?
Lore fece
leva sulle braccia per guardarmi bene in viso, a metà fra l’incazzato,
l’esasperato e l’implorante, -Non…-
Non lo
lasciai continuare: mi avventai sulla sua bocca e ripresi a muovere il mio
bacino contro il suo, per fargli capire cosa
volessi e stessi aspettando.
Non avevo
assolutamente intenzione di rispondere, poteva andare a quel paese chiunque
stesse rompendo dall’altra parte.
Si staccò
da me e sorrise palesemente compiaciuto e malizioso, sfilandomi con un dito le
mutande senza smettere di guardarmi.
-Lore.- Il suo nome scivolò
tra le mie labbra come una preghiera. Quella era una subdola tortura,
sospettavo che me la stesse facendo pagare per il mio ultimo messaggio.
Si dedicò nuovamente ai miei
seni, alternando lingua e denti sadicamente, a seconda della mia reazione. A
rendere il tutto ancora più eccitante era il contatto visivo, i suoi occhi
scuri e bramosi continuavano ad inchiodare i miei.
Poi scese ancora, arrivando
all'ombelico ed osservandomi attentamente quando infilò la lingua in quella
piccola cavità.
Oh.Dio.
Mugolai eccitata e mi inarcai
contro di lui, disperata in modo imbarazzante. Quanto ci sarebbe voluto perché
cedessi e lo implorassi di farmi sua subito?
Il sorrisetto che sfoggiò mi
fece intuire le sue intenzioni ancor prima che tuffasse la sua faccia in mezzo
alle mie gambe e... fu la mia fine.
Mi persi completamente, persi
la ragione, persi il controllo, persi ogni capacità di riflettere e agire.
Urlai in preda al piacere ed istintivamente cercai di infilare le dita tra i
suoi capelli per spingerlo ancora più contro di me.
Intuendo le mie intenzioni,
Lore mi bloccò i polsi al materasso ed io sgranai gli occhi per quello che era
evidentemente un altro modo per mettermi in difficoltà. Una crudeltà vera e
propria.
Fui costretta ad artigliare
il lenzuolo e a stringere i denti per trattenere altri gemiti, mentre lui
continuava, continuava, continuava.
Ed io non potevo nemmeno
toccarlo, non potevo nemmeno afferrarlo per quei dannati capelli, tirare le sue
ciocche tra le dita.
Cercai di liberarmi i polsi
senza successo, -Lore, ti prego...- piagnucolai frustrata, con voce incerta e
ormai al limite.
Volevo toccarlo, lo volevo
disperatamente.
Lui allora mi lasciò andare,
non solo per la mia docile preghiera, ma anche per mandare definitivamente a
quel paese la mia sanità mentale.
Non utilizzò più solo la
lingua, ma iniziò ad usare anche le dita, stuzzicandomi celermente con i
polpastrelli.
Boccheggiai senza fiato e
gridai nuovamente, inarcandomi fino all'inverosimile e affondando, finalmente,
le mani tra i suoi capelli.
Fissai gli occhi al soffitto
e mormorai il nome di Dio così tante volte che sarebbe stato impossibile
contarle.
Sapevo che Lore mi stava
ancora guardando dal basso, non aveva mai smesso di farlo, ma non riuscivo
proprio ad incontrare quegli occhi, non quando mi stavo sgretolando come pasta
frolla a causa sua.
Avrei potuto dire qualsiasi
cosa in quel momento, avrei potuto dirgli che lo amavo, che lo avrei amato per
sempre e addirittura sposato, che gli avrei dato tutti i figli che avrebbe
voluto, che gli avrei fatto tutto quello che desiderava. Qualsiasi cosa. E sarebbe stata la pura, preoccupante e semplice verità.
Il mio corpo fu scosso da un
tremito più violento degli altri, una scarica di piacere più potente mi
attraversò da parte a parte e, reclinando la testa indietro sul cuscino, mi
protesi verso di lui un'ultima volta, prima di accasciarmi sul materasso.
Dio, era stato qualcosa di...
animalesco, selvaggio, meraviglioso, eccitante.
Abbassai la testa per
guardarlo: pensavo di vederlo con un sorriso vittorioso o di sentirgli dire
qualche frasetta sarcastica, invece quando incrociai il suo sguardo vidi che
era tremendamente serio.
-Che c'è?- Domandai col fiato
corto, la paura di aver fatto – o detto – qualcosa di sbagliato che prendeva
forma dentro di me.
Scosse la testa e riprese a
fissarmi con un'intensità tale da farmi contorcere lo stomaco, -Mi piace
vederti venire.-
Ah.
Deglutii ed avvampai, senza
saper bene cosa rispondere. Non si poteva proprio dire che fosse portato per le
frasi romantiche e di circostanza, nessun banale “sei bellissima” o “ti amo”.
Che genere di risposta sarebbe potuta andar bene in quel caso?
-Uhm… grazie.- Abbassai lo
sguardo sui nostri corpi a disagio e mi accorsi del suo ancora evidente... problema.
Rise per
la mia uscita cretina e poggiò la fronte sulla mia, -Anche se sarebbe stato
ancora più eccitante se mi avessi guardato.-
Oddio, di
male in peggio, potevo essere più imbarazzata di così? Raschiai la gola ed
allungai le mani fino all’elastico dei suoi boxer per evitare di rispondere e per
cercare di distrarlo.
Alzò un sopracciglio a mo’ di sfida, una sfida che fui ben lieta
di accettare.
Senza ulteriori esitazioni,
feci scivolare la mano nei suoi boxer e lo sentii irrigidirsi e trattenere il
respiro.
Fu il mio turno di sorridere,
più sicura e padrona della situazione. Un suono roco provenne dal fondo della
sua gola quando incominciai a muovermi e, per quanto cercasse di mantenere la
sua espressione spavalda, il suo viso lasciava trapelare molto bene quello che
il mio tocco gli stava facendo provare.
Sentii, come sempre, un senso
di potere inspiegabile, mi piaceva vederlo in balìa delle emozioni che le mie
carezze gli provocavano.
Ricordavo che farlo a Matteo mi
aveva infastidiva, farlo a Lore era appagante, eccitante ed era anche e
soprattutto... un gesto d'amore.
Non mi diede modo di
continuare per molto, tolse troppo presto la mia mano e si sfilò i boxer
rabbiosamente, quasi stessero andando a fuoco e volesse strapparseli di dosso.
Fece un respiro profondo e si
posizionò meglio tra le mie cosce, affondando dentro di me con una spinta che
mi fece strabuzzare gli occhi ed ansimare oscenamente.
Gli allacciai le braccia
attorno al collo e le gambe intorno ai fianchi per spingerlo più in profondità,
assecondando il suo ritmo con il bacino.
Lore nascose il viso
nell'incavo tra la mia spalla e la base del collo, risalendo con la bocca fino
al lobo dell’orecchio, -Doccia o cattedra domani?- Sussurrò. Avrei giurato che
stesse sorridendo nonostante l’affanno.
Gli conficcai le unghie nelle
spalle irritata quando compresi cosa volessero dire le sue parole, -Stronzo.- Annaspai,
completamente persa nel vortice di emozioni che stavo provando.
Avevo confidato solo ad
Angelica quella specie di mio sogno erotico di farlo con lui sulla cattedra e,
oltre a me e lei, c’era solo un’altra persona che avrebbe potuto parlare. Avrei
dovuto sospettare che Vergata non sarebbe stato comunque di parola.
In risposta mi arrivò una
risata rauca, -Lo prendo per un “tutti e due”.-
******
Il sole stava iniziando a tramontare fuori: non avevo idea di che
ore fossero e non avevo la minima intenzione di controllare l’orologio per
saperlo.
Avrei voluto restare così per sempre, abbracciata a lui e con la
sua mano tra i capelli, avrei voluto che il tempo si fermasse.
Quando ero con lui mi sentivo completa come non mi ero mai sentita
in vita mia, mi sentivo felice, spensierata, stupida e innamorata.
Eravamo entrambi svegli, eppure nessuno parlò per un po’, cosa che
mi andò più che bene. Mi piaceva lanciargli qualche occhiata di sottecchi di
tanto in tanto ed osservarlo di profilo; avrei dato qualsiasi cosa per sapere a
cosa stesse pensando.
Era stupendo, ancora nudo nel mio letto, i capelli scarmigliati e
il volto rilassato. Se avessi avuto in mano una macchina fotografica o il mio
telefonino gli avrei fatto volentieri una foto; l’avrei poi custodita gelosamente
e guardata fino ad impararne a memoria i tratti, le sfumature, i colori.
Non osavo immaginare in che condizioni pietose fossi io invece.
Preferii non scoprirlo.
-Vergata ha parlato comunque, vero?- Dissi infine, interrompendo
quella quiete al solo scopo di sentire di nuovo il suono della sua voce.
Senza smettere di fissare il soffitto, piegò un angolo delle
labbra, -Credevi davvero che non lo avrebbe fatto?- Mi studiò, gli occhi accesi
di divertimento.
Sbuffai e appoggiai di nuovo la guancia al suo petto, -Non è giusto.-
Borbottai imbarazzata. Maledetta scimmia!
Lo sentii ridere, -Che cosa non volevi che sapessi?-
Mi ostinai a non guardarlo, imprecando mentalmente in dieci lingue
diverse.
Non importava se erano lingue inventate, erano comunque
imprecazioni.
-Dei sogni erotici sulla cattedra? Delle occhiate al cavallo dei
miei jeans? O del fatto che mi ami e che ti faccio impazzire?-
Argh, maledizione, ma
gli ha detto proprio tutto?
Un momento… aveva davvero detto l’ultima frase o l’avevo
immaginata? Il mio cuore ebbe un sussulto nel sentire le parole “mi ami”
pronunciate da lui.
La curiosità vinse sulla vergogna, così mi appoggiai sul dorso
della mano e lo esaminai.
Aveva un sopracciglio inarcato e un sorriso soddisfatto sulle
labbra. Odioso. E dannatamente attraente.
Socchiusi gli occhi, -Nessuna di queste cose dovrebbe
sorprenderti, no?- Mi finsi tranquilla e per nulla scossa al pensiero di
Vergata che gli riferiva tutto quanto.
Lore piegò la testa pensieroso, -Non più di tanto, in effetti.
Quello che non capisco è perché ti vergogni di farmi sapere le tue fantasie, io
le apprezzo, sai?- Ghignò e mi prese il mento con la mano, sfregandomi il
labbro inferiore con il pollice.
Rabbrividii al suo tocco, ma mi sforzai di incenerirlo con lo
sguardo, -Perché sono solo fantasie e fantasie resteranno.- Non c’era nessuna possibilità che io potessi fare
una cosa del genere a scuola, non ci tenevo proprio a finire in presidenza e ad
essere sospesa! Il fatto che avessi rischiato di finirci appena quella mattina
era irrilevante, ovviamente.
Fece spallucce per nulla convinto dalla mia affermazione,
-Vedremo. Ho i miei metodi per farti cambiare idea.-
Purtroppo non potevo metterlo in dubbio, erano metodi molto
persuasivi.
Toccò a me sorridere, -Vedremo.- Replicai vaga, sollevandomi sugli
avambracci per baciarlo dolcemente.
Ben presto, quello che era solo un innocente bacetto diventò un
incontro piuttosto passionale di lingue: Lore mi circondò i fianchi e mi
strinse con più forza a lui. Ansimai il suo nome e lo accarezzai lentamente tra
i capelli.
-Credo sia meglio…- Ripresi fiato, prima di ritornare affamata
sulle sue labbra, -Che tu ti vesta.- Conclusi rammaricata, appellandomi a tutta
la mia forza di volontà per allontanarmi da lui. Non era semplice farlo, non
quando ci stavamo entrambi… risvegliando.
Tamburellò le dita sulla mia schiena e sorrise arrogante, -Perché
dovrei?-
Risi e lo baciai di nuovo a stampo, prima di ritrarmi, -Perché a
mia madre potrebbe venire un colpo se ti vedesse… non parliamo di mio padre.-
Fece roteare gli occhi annoiato, -Secondo me tua madre
approverebbe. Hai detto te che le piaccio, no? E a tuo padre sto simpatico.-
Affermò convinto.
-Non gli staresti più così simpatico se ti vedesse nudo nel mio
letto.- Per quanto volessi farlo scendere di lì e buttargli addosso i vestiti,
proprio non riuscivo a staccarmi da lui e a smettere di baciarlo.
Gli mordicchiai il labbro inferiore e sospirai, -Credimi, se fosse
per me ti terrei qui per sempre.- Il sorriso mi si congelò sulle labbra quando
mi resi conto di cosa avessi appena detto. In tono dolce, deciso, senza la
minima esitazione. Che cretina.
Sbuffai: perché non ero capace di trattenermi e continuavo a dire
cose così sdolcinate? Era più forte di me, non potevo farne a meno.
Sapevo che lui non era tipo da smancerie, sapevo che lo
irritavano, eppure ogni volta me ne uscivo con quelle frasette stucchevoli.
Fortunatamente per me lui la buttò sullo scherzo, -Non hai la
Play. Non potrei vivere senza la Play, mi spiace.- Fece una
smorfia e il tono leggero e sarcastico di voce mi tranquillizzarono.
Aggrottai la fronte per fingermi corrucciata, -Mi organizzerò
allora.-
Mi alzai da lui – e fu un dolore fisico – e gli passai i vestiti. Farsi
beccare dai miei sarebbe stato a dir poco imbarazzante… senza contare che
volevo che si facessero una bella opinione di Lore, cosa che sarebbe stata
impossibile se lo avessero visto in quel momento.
Sbuffando rumorosamente, scese dal letto e si vestì. Cercai di non
guardarlo per non cadere di nuovo in tentazione, mentre voltata di spalle lo
imitavo.
Una volta infilata la maglietta, sistemai il letto e nascosi le
prove di quanto successo.
Quando ritornai a guardarlo, lo vidi tentennare un po’ prima di
parlare. A che stava pensando?
-Che fai sabato sera? Hai impegni?-
Oh. Oddio! Mi stava per invitare ad uscire? Un appuntamento? Il
nostro primo appuntamento? Dove
saremmo andati? Come mi sarei dovuta vestire?
Dovevo mantenere un certo contegno, non potevo urlargli contro
“No, non ho niente da fare, fai di me ciò che vuoi!”
-Uhm… non credo.- Mi tirai indietro i capelli con l’intento di
sistemarli e sembrare più carina, -Perché?-
Scrollò le spalle con indifferenza, -C’è la festa di compleanno di
un mio amico, se vuoi venire…-
Ah.
-Ah.-
Lo pensai e lo dissi nello stesso momento. Il sogno di un
appuntamento romantico sparì con un sonoro “puff” nella mia testa. La festa di
compleanno del suo amico. Cosa mi importava di andare alla festa di un tizio
che non conoscevo nemmeno?! Quella era la nostra prima uscita!
-Ok.- Ero solo un pelino sorpresa e spiazzata. E delusa, ma non lo
dimostrai.
In fondo era comunque un bel gesto il suo, no? Invitarmi alla
festa di un suo amico. Mi avrebbe introdotta nel suo… gruppo di amici come la
sua ragazza.
Bello. Dovevo essere contenta.
Meglio sorridere.
Detto – o meglio pensato
– fatto.
-Ok.- Ripeté lui annuendo impercettibilmente, -Ti faccio sapere
poi l’ora e tutto il resto allora.- Sorrise e mi baciò velocemente a stampo,
proprio mentre udii il rumore di una chiave infilata nella serratura della
porta di casa. Merda.
Contai i giri nella toppa con il battito a mille, poi, quando
sentii la maniglia abbassarsi, trattenni il respiro.
Lore mi guardò di sbieco e non capii se stesse studiando la mia
reazione o se mi stesse silenziosamente chiedendo cosa fare.
-Vuoi che mi nasconda nell’armadio?- Ironizzò.
Bastò quella battuta a farmi risvegliare dal mio stato di terrore;
gli poggiai le mani sul petto per spingerlo verso la sedia della scrivania –
facendolo protestare neanche tanto a bassa voce – ed iniziai a tirar fuori
volumi a casaccio dalla mia libreria.
-Che stai facendo?- Lore lo domandò nell’esatto momento in cui la
voce di mio padre mi raggiunse dal corridoio, -Alice?-
Buttai gli odiosi testi di matematica sulla scrivania e li aprii
su una pagina a caso, per poi lanciare un’occhiata eloquente al mio ragazzo che
lo invitava ad assecondarmi.
-Sono qui papà.- Risposi sedendomi sul letto con il mio quaderno
in grembo.
Mi tremavano giusto un po’ le mani, ma nient’altro avrebbe potuto
far trapelare il mio nervosismo.
Mio padre si affacciò nella stanza con aria stranita,
probabilmente chiedendosi con chi fossi visto che aveva già udito la voce di
Lore poco prima.
-Oh.- Fece sorpreso esaminandoci per qualche secondo.
Il mio ragazzo sfoggiò un sorrisone compiaciuto che diceva
chiaramente “Sì, ho scopato con sua figlia e sì, mi è piaciuto”. Avrei voluto
prenderlo a calci.
-Salve.- Fece con finta nonchalance.
-Lorenzo, ciao.- Mio padre strabuzzò gli occhi quasi dubitando
della sua stessa vista.
Sperai con tutta me stessa che la mia voce non risultasse
isterica, -Mi stava aiutando con matematica. Ripetizioni.- Se avessi visto la
scena dall’esterno sarei scoppiata a ridere. Poco credibile, sembravamo proprio
due adolescenti colti in fallo.
Mio padre annuì, sempre piuttosto scettico, ma meno confuso,
-Capisco.-
Con uno slancio un po’ troppo energico e sospetto, Lore si alzò
dalla sedia e si diresse verso di lui, -Beh io allora vado…- Si schiarì la voce
e si voltò verso di me per lanciarmi un’occhiata maliziosa che fortunatamente
mio padre non vide, -Ci vediamo domani.-
Feci cenno di sì più volte con la testa, come uno di quegli
stupidi pupazzetti che annuivano in continuazione non appena toccavi loro il
capo.
-Sì, a domani. Ciao.-
Ero pronta a scommettere che Lore avesse già tirato mentalmente un
sospiro di sollievo dopo aver superato mio padre, ma il suo -No, aspetta un
attimo- lo fece bloccare sul posto con l’aria di un ladro colto in flagrante.
Un ladro che aveva appena fatto scattare l’allarme.
Aveva la scritta “sgamato” stampata in fronte quando si girò,
-Cosa?- Chiese aspettandosi il peggio.
Mio padre sorrise, -Perché non ti fermi a cena? Mia moglie si
arrabbierebbe se sapesse che avevamo ospiti e che sono stato così maleducato da
non invitarti.-
Oh, mio padre era così tenero! Mi sentivo in colpa a mentirgli su
Lore, avrei voluto essere fin da subito onesta con lui e dirgli la verità su
tutto, ma quello non mi sembrava proprio il momento più adatto.
Mi sfregai le mani tesa, mentre aspettavo che Lore rispondesse.
Non mi sarebbe dispiaciuto che accettasse, onestamente. Mi sarebbe piaciuto
restare ancora un po’ con lui, vederlo seduto a tavola con noi, guardarlo
mentre parlava con mio padre e mia madre.
No, correzione, mi ritrovai a desiderare
ardentemente che accettasse.
-No, grazie, ho già un impegno stasera.-
Un impegno? Contenni un’occhiata raggelante e sospettosa. E con
chi? Perché non ne sapevo niente? Non mi aveva detto nulla…
-Va bene, sarà per un’altra volta.- Mio padre gli diede un colpetto
amichevole sulla spalla che mi fece stringere lo stomaco in una morsa. Lo
avrebbe colpito così pacificamente anche se avesse saputo che era il mio
ragazzo? Ne dubitavo.
Forzai un altro sorriso ed alzai la mano per salutarlo, mentre
dentro venivo corrosa dalla gelosia e dalla curiosità al pensiero del suo
“impegno”.
*Note dell’autrice*
Ci sono parecchie cose da dire prima delle solite scuse per il
ritardo e tutto il resto e vi prego di leggere.
La prima è che quasi sicuramente cambierò il nome alla storia
(questo è proprio orrendo xD) e, forse, anche il mio nick – che non ho ancora
deciso.
Quindi se trovate nomi sconosciuti/orrendi tra i
preferiti/seguiti/da ricordare… ebbene sì, probabilmente sarò io.
La seconda riguarda la scena a rating un po’… tanto arancione tra
i due.
Il regolamento di EFP cita: Arancione= adatto a storie in
cui sono trattate tematiche sessuali o violente, laddove però le descrizioni
delle scene ad esse riferite non si soffermino sui particolari.
Premetto che ho cercato di rileggere e modificare non so quante
volte e di togliere particolari, alcuni termini usati precedentemente e pezzi
troppo espliciti. Se la scena dovesse comunque risultare troppo forte per voi,
vi prego di avvisarmi e provvederò subito a modificarla.
Sono un po’ arrugginita poi, quindi sicuramente non sarà venuta
fuori un granché, ma…ci ho provato, ecco XD
Come vedete tutto il capitolo è incentrato su Lore e Ali. Nello
scorso Lore non si è quasi visto, in questo direi che si è visto anche troppo
:P
Purtroppo non sono riuscita ad aggiungere il suo pov, non ci è
stato. Avrei dovuto aggiungerlo dopo l’ultima scena con il padre di Ali,
invece, ho deciso di metterlo all’inizio del prossimo. Ventidue pagine di
capitolo sono abbastanza, sono sicura che finiranno con l’annoiarvi XD
Poi… riguardo Lore e Ali come coppia, ribadisco che sono un
disastro totale! Lei vuole l’appuntamento, lui ovviamente le chiede di andare
alla festa del suo amico – è stato comunque carino a modo suo, no? Non
dimentichiamoci che parliamo di Lore.
E lei è gelosa. Non sapere cosa fa lui le dà parecchio fastidio e
lui non ne parla, non la coinvolge più di tanto.
Se non altro ora hanno più o meno chiarito alcune cose nella prima
parte… ma per due cose che si chiariscono, ci sono altre incomprensioni e
casini dietro l’angolo. Come sono sadica, eh? xD
Mi dispiace infinitamente per il ritardo e mi dispiace per il pov
di Lore.
Ogni volta giuro che non ci metterò tanto ad aggiornare e ogni
volta vi deludo. Nonostante faccia davvero l’impossibile per non farvi
aspettare troppo.
Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo, spero ne sia
valsa la pena.
Vi ringrazio per il calore che mi dimostrate sempre, per tutte le
letture, i preferiti, i messaggi, le recensioni. Ve ne sono infinitamente grata,
paranoica ed insicura come sono penserei che la storia sia pietosa se non ci
foste voi. (Anche se è nella mia natura di rompiballe pensarlo comunque xD)
Ho già iniziato a rispondere ai vostri commenti e man mano andrò
avanti stasera e nei prossimi giorni :)
Credo di aver detto tutto… vi lascio con il link al mio gruppo spoiler nel
caso voleste avere anticipazioni sul prossimo capitolo, accetto tutti senza
chiedere il nick!
Capitolo 4 *** I parte - Di ex psicopatiche e messaggi nascosti ***
Ricompaio dopo questo vergognoso ritardo con un capitolo che
probabilmente non sarà come lo aspettavate, ma non potevo più farvi aspettare,
non dopo che è passato più di un anno
Ricompaio dopo questo
vergognoso ritardo con un capitolo che probabilmente non sarà come lo
aspettavate, ma non potevo più farvi aspettare, non dopo che è passato più di
un anno. Vi ricordo brevemente cosa è successo nello scorso capitolo, nel caso
in cui – comprensibilmente – ve lo siate dimenticato.
Lore e Ali si sono
chiariti (più o meno; lei continua a sentirsi “trascurata” da lui e lui
continua ad essere geloso marcio di Teo e a “trascurarla”) e si sono accoppiati
come due conigli in calore – yahoooo. Lui poi da bravo deficiente ha rifiutato
l’invito del padre di Ali di restare per cena perché “aveva da fare” e le ha
chiesto di uscire il sabato seguente per andare alla festa di un suo amico. Lei
che sperava in un appuntamento romantico ci è rimasta di cacca ma ha accettato
comunque. Fine del bellissimo riassunto. Vi lascio al capitolo sperando che non
vi faccia troppo schifo… buona lettura! (: E grazie di essere qui.
I parte: Di ex psicopatiche e messaggi
nascosti
Lorenzo.
-Le
hai chiesto di venire con te alla festa di Ricky? Di sabato sera? Ma sei
idiota?!- Il tono di Lele era incredulo, gli occhi e la
bocca spalancati, sembrava persino più deficiente del solito. -State insieme da due settimane!- Mi sbraitò
contro, gesticolando come una persona con degli evidenti disturbi mentali. Mi passai una mano fra i capelli e feci una
smorfia infastidito; che cazzo di bisogno c'era di gridare come una fottuta
ragazza in sindrome premestruale? -Lo so da solo, quindi?- Forse aveva ragione. Due settimane erano poche,
non era stata una buona idea dirle di venire con me alla festa di un mio amico,
troppo... impegnativo.
Poi forse avrebbe iniziato a pretendere di uscire sempre con me ed i miei amici, cosa che poteva pure scordarsi.
Cazzo, avrei dovuto pensarci prima. -Non ti passa in mente l'idea che lei possa voler
stare da sola con te? Che possa aspettarsi un appuntamento romantico? Il vostro
PRIMO appuntamento?-
Aggrottai
la fronte e mi voltai a guardarlo contrariato. Primo appuntamento? Ma che
stronzate di libri per ragazze si leggeva?
-Siamo già stati da
soli. Ieri pomeriggio. E posso affermare con una certa sicurezza che le sia
piaciuto- Ribattei con una non indifferente dose di compiacimento.
Quello che diceva
Lele non aveva senso, come sempre. Lei sapeva benissimo che non ero tipo da
uscite a due a lume di candela – solo il pensiero mi faceva morire dalle risate
–, non poteva davvero aspettarsi un appuntamento romantico. Di sabato sera poi.
Come se buttassi al cesso così una serata per annoiarmi a guardare una
puttanata di film svenevole al cinema.
Lele si tolse gli
occhiali per pulirli con la maglietta e mi osservò – per quanto riuscisse a
vedermi senza lenti – con un cipiglio serio sul volto. -Non è la stessa cosa e
lo sai anche tu. A volte mi sembra di parlare con un bambino.-
Schioccai la lingua e
sbuffai. Sì, lo sapevo che per una ragazza non era la stessa cosa e
sinceramente non ne capivo proprio il motivo. Eravamo stati bene il pomeriggio
prima a casa sua, che bisogno c’era di uscire solo noi due da soli? Il sabato
sera era sacro e l’ultima cosa che volevo fare era mettere da parte gli amici e
trasformarlo nel giorno dedicato alla mia ragazza. Per quello c’erano i
pomeriggi in settimana, e che cazzo!
-Lore, mi stai
ascoltando?-
-Figa, che rompicoglioni
sei?!- Mi stravaccai meglio sul suo divano e alzai gli occhi al cielo. -Ma
neanche mia madre oh.-
Aveva seriamente
bisogno di trovarsi una ragazza che lo facesse scopare di più. Sempre che con
quella vegetariana facesse qualcosa al di fuori dell’andare alle fiere canine.
-Terrò sicuramente
conto delle tue cazzate, ora possiamo parlare d’altro?-
Ero ancora un po’
rincoglionito per via della sera prima, rientrare alle due del mattino mezzo
ubriaco non era stata una buona idea, tanto per cambiare. Non avevo nemmeno
potuto bigiare quella mattina, Alice mi aveva rotto le scatole peggio del mio
amico per ricordarmi che non potevo saltare la verifica di Storia e che, se lo
avessi fatto, non avrei più potuto recuperarla. Proprio quando stavo per
risponderle che quella materia inutile e la sua prof di minchia potevano pure
andare a farsi fottere per quanto mi importava, la sopraccitata prof di minchia
ci era passata davanti tutta sorridente per dirci “Buongiorno ragazzi! Pronti
per la verifica di oggi?”. Per un cazzo.
Avevo scritto quello
che ricordavo delle lezioni precedenti e scopiazzato da Lele il resto. Forse
potevo evitare di essere così stronzo con il mio amico, visto che, se non fosse
stato per lui, sicuramente il compito sarebbe andato molto peggio. Naaa, troppo
sbatti essere gentile.
Lui s’incupì. -Okay.
Che avete fatto ieri sera al Lime?-
La discoteca Lime
Light era praticamente il paradiso per Andre, dal momento che si poteva fumare
sulla pista da ballo senza che nessuno dicesse niente. Ultimamente avevamo
preso l’abitudine di andare sempre lì.
Scrollai le spalle. -Se
fossi venuto l’avresti saputo.- Lele e le sue tristi serate in pantofole, mai
una volta che usciva con noi in settimana.
-C’era anche la Levrieri?- Pronunciò con
una certa ostilità quel cognome, non simpatizzava molto per Anna, l’amica di
Karolina.
-Ovvio che c’era, sta
sempre attaccata al culo della Kar.- Mi allungai sul tavolino di fronte a me e
presi il telecomando della tv.
-Più che al suo direi
al tuo.- Insinuò, spingendosi meglio gli occhiali sul naso.
In effetti aveva
ragione, Anna mi si era incollata addosso come una cozza da tempo ormai.
Iniziai a fare
distrattamente zapping, in cerca dei canali del calcio. -Vero. L’ho cagata una
volta l’anno scorso e ora non mi si stacca più di dosso.- Ricordavo vagamente
la festa di compleanno di Bìa, ma ricordavo molto bene di aver bevuto e di aver
lasciato che Anna facesse un discreto lavoretto di bocca. Non l’avessi mai
fatto; se prima era appiccicosa, negli ultimi mesi lo era diventata ancora di
più, forse sperando di diventare la mia ragazza.
Lele annuì
pensieroso. -Ma lo sa che stai con Ali adesso?-
Feci una smorfia
quando beccai la replica della partita Inter-Juventus che avevamo miseramente
perso il giorno prima. -Ma va, ci parlo il meno possibile.-
-Oh, lascia- Protestò
quando provai a cambiare canale. Non si poteva dire che non fossimo un gruppo
di amici ben assortito; io interista, Andre milanista e Lele juventino.
-Comunque,- Cercò di
riprendere il filo del discorso, sforzandosi visibilmente di non fare commenti
sulla disfatta della mia squadra, -L’hai detto ad Ali?-
Mi voltai a guardarlo
stranito. -Detto cosa?- Allarmato, frugai nella mia mente in cerca di una
possibile risposta. Che avevo fatto? Merda, magari qualche cazzata che non
ricordavo…
-Beh che esci in
gruppo con Anna. E che è successo qualcosa con lei.- Mi disse in tono ovvio.
Mi rilassai nel
comodo schienale in pelle – chissà che avrebbe detto la sua ragazza animalista
se lo avesse visto –; quanto non lo sopportavo quando tirava fuori
quell’espressione da professore del cazzo. E quando mi faceva venire dei mezzi
infarti.
-Perché dovrei?
Dovrei dirle anche di Karolina allora. Di Bìa. Delle due tizie di capodanno.
Che faccio, mi metto a fare una lista? Sono cose irrilevanti.-
Non aveva senso
mettersi a parlare di ogni tizia con cui ero stato. Chiacchiere inutili, spreco
di tempo. Meglio impiegarlo per scopare.
-E che mi dici di Erika?-
Scandì bene e lentamente quel nome, come se stesse parlando con un idiota, le sopracciglia
arcuate e una ruga in mezzo alla fronte. -Non le dirai nemmeno di lei?-
-Chi?- Feci
sarcastico. Seriamente, se non l’avesse nominata lui non l’avrei nemmeno
ricordata.
-Oh andiamo! È stata
la ragazza più seria che hai avuto.-
-Minchia davvero,
siamo stati insieme ben tre mesi. Non
riesco più ad immaginare la mia vita senza di lei.- Alzai gli occhi al cielo
divertito e portai le mani dietro la testa per stare più comodo.
-Piantala di fare il
cretino. Sei stato costretto a lasciarla, magari a quest’ora stareste ancora
insieme se le cose fossero andate diversamente.- Mi fece presente vagamente
stizzito, dandomi un calcio sul polpaccio quando poggiai le scarpe sul tavolino
da caffè in vetro di fronte a me.
Piegai la testa
indietro e risi, senza muovere di un millimetro i piedi. -Ma figurati! Mi stava
già stufando, ho solo trovato la scusa perfetta per mollarla.-
Erika era poco
appiccicosa, divertente, appassionata di calcio ed estremamente scopabile: in
altre parole la donna perfetta. Non ne ero innamorato però. Non lo ero mai
stato prima di… quella nanerottola irritante.
Che cazzo, da dove
uscivano quei pensieri sdolcinati? Meglio concentrarsi su altro. -Ma con ‘sto
abbonamento hai anche i canali porno?-
-Non cambiare
discorso. Comunque no.- Precisò, tentando di darsi inutilmente un certo
contegno.
-Che fregatura-
Commentai annoiato.
-Ah-ah- Sbuffò
scocciato, -Allora? Mi rispondi?-
Sospirai. Un paio di
tiri di sigaretta non mi sarebbero dispiaciuti in quel momento. -Te l’ho detto.
Non era importante. E no, non lo dirò ad Alice se non sarà lei a chiedermelo.-
L’idea di parlare con
la mia attuale ragazza della mia ex non mi allettava per niente, Erika era il
passato e non mi aveva influenzato in alcun modo, era stata più una scopamica
come Bìa che altro. L’avevo lasciata per la mia amicizia con Andre; il mio
amico stava con la sua migliore amica Stefania e, quando l’aveva lasciata, ci
aveva rimesso quasi la vita per quella stronza. Erika aveva difeso a spada
tratta quella pazza dell’amica e così avevo trovato solo un ulteriore pretesto
per mettere fine alla nostra storia. Sempre che storia si potesse chiamare.
-E se dovesse
chiedertelo?-
Ecco perché preferivo
passare i pomeriggi fuori con Andre e Giu piuttosto che a parlare con Lele. Con
loro non c’era bisogno di sforzarsi troppo per sostenere una conversazione,
bastavano i grugniti, mentre Lele era esasperante e stancante.
-Ci penserò al momento.
Certo sarebbe masochista, a me non frega un cazzo di sapere quanti prima di me
se la sono scopata. Né voglio saper nulla del suo ex di merda.- Ogni volta che
ripensavo al fatto che quel Matteo fosse stato con lei prima di me mi andava il
sangue al cervello. Era una fortuna per lui che Milano fosse una città
abbastanza grande da impedirmi di incontrarlo in giro, dato che avrei
seriamente potuto considerare l’idea di prenderlo nuovamente a pugni, così,
perché mi andava. Non gliene avevo dati a sufficienza, una volta non mi era
bastata.
-Tu sei tu e non vuoi
saperlo perché li ammazzeresti di botte.-
-Esattamente.-
Scosse la testa, si alzò
in piedi e prese in mano il telefono di casa che aveva iniziato a squillare.
Quando lesse il numero sul display, l’espressione sul suo volto cambiò
completamente. -Ciao Pussola!-
Pussola? E che
minchia di soprannome era? Non osavo immaginare come lo chiamasse lei.
-Shì, sono a casa.-
Mi portai le mani al
viso e alzai gli occhi al cielo, intrecciando poi le dita tra loro a mo’ di
preghiera. Dio Santissimo, il mio amico era imbarazzante da ascoltare. Era
umiliante per un ragazzo ridursi così, mi sentivo davvero male per lui.
-Ma sì, sei sholo mia, Pussolina?-
Ma che cazzo mi
toccava sentire. Non poteva andare in un’altra stanza o parlare a bassa voce
come le persone con un minimo di discrezione? Non si vergognava poi di parlare
come un menomato mentale? Stava peggio di quanto pensassi, il mio amico era un bimbominchia in piena regola. Non che non lo sapessi già, i sintomi
c’erano da anni; su msn si chiamava “LeLuCciO StRoNzEttO”. Ero rimasto
traumatizzato a vita, non sarei più riuscito a rimuovere il ricordo di tutte
quelle stelline messe accanto a quel nickname da deficiente. Decisamente in
contrasto con il secchione so-tutto-io che era.
“Stronzetto” dove,
poi? La bastardata più grossa che doveva aver fatto probabilmente risaliva
all’asilo.
Mentre stavo
valutando l’ipotesi di barrare il nome di Lele dalla mia lista di amici, il mio
possibile ex-amico decise di porre fine a quel supplizio salutandola con un “Shì, ci vediamo stasera. Tanti ‘cini.”
Tanti.Cini. Dai, un
ragazzo che parlava così era seriamente ridicolo! Non c’era un minimo di
dignità in tutto quello!
-Evita di fare
commenti.- Mi puntò l’indice contro e tornò a sedersi sul divano.
La mia faccia già diceva
tutto, la mia espressione era parecchio eloquente.
Sollevai le mani e le
sopracciglia. -Chi ha detto niente? Se non ti senti tu un coglione a parlare
così.-
-No, mi piace parlare
così con la mia ragazza. L’anormale sei tu.-
Annuii
impercettibilmente. -Sicuramente. Il non essere in grado di sostenere una
conversazione brillante come la tua mi creerà dei problemi nella vita.- Il
sarcasmo abbondava nelle mie parole.
-E non fare il
presuntuoso. Dici così perché ti vergogni all’idea di parlare in questo modo con
Alice e non dovresti, è la tua ragazza.- Affermò con sicurezza.
Sì, mi ci vedevo proprio
ad usare quel tono con Alice. Il giorno in cui avrei iniziato a parlare così a
qualsiasi ragazza avrei chiesto ad Andre di porre fine alla mia miserabile
esistenza dandomi un colpo in testa.
Ero un ragazzo, era ovvio che mi vergognassi e che mi
sentissi un cretino al solo pensiero di parlare in quel modo, specie con la mia
ragazza. E la virilità dove andava a finire, al cesso?
Per forza Lele non
aveva mai avuto uno straccio di ragazza prima di Daniela, le tipe finivano col
trovarlo dolce e tenero, aggettivi che portavano inevitabilmente a frasi come “ti
vedo solo come un amico” o “sei come un fratello per me”. Una tragedia.
Di certo a loro non
veniva voglia di farsi sbattere selvaggiamente al muro da uno che diceva “shì,
sei sholo mia”.
Mi schiaffai una mano
in fronte e sospirai. E credeva pure di saperci fare con le ragazze!
-Certo che mi
vergogno, non ho tre anni e non vedo perché dovrei parlare come un coglione,
che sia con la mia ragazza o con chiunque altro non fa differenza. Non userei
quel tono di voce nemmeno con la mia cuginetta che di anni ne ha cinque.- Mi
fermai un attimo a riflettere. -Anzi, scommetto che se le parlassi così mi
risponderebbe “mi prendi per il culo?”-
Forse non avrebbe
proprio usato quelle parole, avendo solo cinque anni, ma si sarebbe ugualmente
indignata. O avrebbe riso di me chiedendomi perché parlassi come un cartone
animato. Era una bambina sveglia, Elisa, una parente di cui andare fieri. Tutta
sua cugino, naturalmente, da qualcuno doveva aver preso l’intelligenza.
-Hai dei parenti
curiosi.- Sostenne stranito.
Annuii pensieroso,
senza replicare. Nemmeno io, ad essere sincero, avrei sopportato che qualcuno
mi si rivolgesse in quel modo. Le ragazze che usavano nomignoli stupidi o che
imitavano la voce di una bambina mi irritavano da morire, sembravano delle
decerebrate.
Fortunatamente Alice
non aveva mai fatto niente di tutto quello; un miracolo visto quanto era
romantica e sdolcinata. A volte lo era anche involontariamente, ma come aveva
detto lei fortunatamente c’ero io a compensare con la mia stronzaggine.
Nascosi un sorriso
dietro alla mano e camuffai il tutto con un colpo di tosse. Avevo ancora un po’
di orgoglio io, a differenza di Lele.
O forse no.
Il cellulare vibrò
proprio in quel momento e lo tirai fuori con una sospettosa fretta. Lo avevo
letteralmente strappato dalla tasca dei jeans, con talmente tanta impazienza da
rischiare di farlo cadere. Merda.
Diedi un’occhiata al
display ed insultai mentalmente me stesso per la mia stupidità e Andre per
avermi scritto. Quello stava sempre o a scopare o a scrivermi, mai una volta
che accendeva un neurone per studiare.
-Fai poco il
superiore, comunque, non sei messo tanto meglio.- Lele storse la bocca in un
sorrisetto indisponente, mentre indicava il mio telefono con il mento.-Chi è, la tua bella?- Sporse il labbro in
fuori per sfottermi.
-Vaffanculo.-
Okay, ero un po’
risentito, inutile negarlo. Sia perché Lele aveva sgamato la mia reazione, sia
perché non era di Alice quel messaggio.
Non mi sarebbe
dispiaciuto sentirla in quel momento. Era assurdo, imbarazzante ed
inspiegabile… eppure avevo voglia di sentire la sua voce. Io.
Avevo sempre odiato
stare al telefono, quando squillava a casa lo tenevo in mano come se fosse una
bomba pronta ad esplodere e lo passavo alla prima sorella nelle immediate
vicinanze, borbottando secco un “rispondi tu. Se è la nonna dille che ho
mangiato e che non sono in casa”.
La cosa più strana
era che mi importava sapere cosa
stesse facendo Alice, probabilmente l’avrei persino ascoltata, magari
rispondendole solo con dei “ah-ah” che le avrebbero fatto credere che non fossi
attento.
Di solito ascoltare
le chiacchiere di una ragazza era in cima alla lista delle mie priorità tanto
quanto dar da mangiare ai criceti di mia sorella (che finivano per crepare
sempre quando lei era in vacanza, pace all’anima loro) o annaffiare le piante
di mia madre (che facevano la stessa fine dei criceti). Forse persino più in
basso.
Mi avevano fatto
piacere le sue parole il giorno prima, non potevo negarlo. Non aveva cagato
neanche di striscio Valenti dopo quanto successo in campo ed era subito corsa
dietro a me. Per gridarmi contro, certo, ma anche per dirmi che avrebbe voluto
sentirmi al telefono quando non ci vedevamo. Ero passato dall’idea iniziale di
fare una scenata per il fatto che mi avesse messo in ridicolo davanti ai miei
amici entrando in quello spogliatoio, alla voglia di saltarle nuovamente
addosso e chiuderle la bocca con la mia, tanto per cambiare. Quando si
arrabbiava era ancora più arrapante, porca merda.
E i messaggi stuzzicanti
che mi aveva mandato il pomeriggio… Deglutii a vuoto e mi tirai con nonchalance
il colletto della maglietta sentendo improvvisamente caldo. Non ero davvero
messo meglio di Lele. Ma almeno avevo ancora una certa reputazione, un minimo
di facciata.
-Eh Lore. Puoi
negarlo quanto vuoi, ma siamo entrambi fottuti. Noi- fece una pausa enfatica e
il suo sorriso si accentuò, -ma anche Andre.-
Rimisi il cellulare
al suo posto e ghignai, felice di cambiare il soggetto del discorso. -Andre è
quello messo peggio.- Il che era preoccupante e un bene al tempo stesso.
-Speriamo non si
metta di nuovo nei casini. Non se le sceglie bene le tipe a cui interessarsi.-
Decisamente no,
Stefania ne era la prova. -Quell’Angelica mi sembra a posto.- Feci spallucce.
Se fosse stata una pazza, Alice lo avrebbe sicuramente detto.
-Se sta uscendo con
Andre qualche rotella fuori posto deve averla per forza.- Ridacchiò.
Meditai per un attimo
sulle sue parole, le braccia incrociate al petto e le scarpe ancora – per la
sua gioia – sul tavolino.
Se Angelica avesse
mostrato anche solo per un secondo di essere gelosa… Andre si sarebbe
sicuramente allontanato. O forse no, visto quanto sembrava preso da lei. Ma
lei? Difficile dirlo, non la conoscevo affatto.
-Birra e partita alla
Play?- Proposi, dopo aver deciso che per oggi avevo fatto funzionare anche
troppo il cervello per i miei gusti. Avevo bisogno di fotterlo un po’ giocando
alla Play.
-Ci sta.-
Per una birra e una
partita alla Play avrei anche potuto decidere di perdonargli la conversazione
di poco prima.
Alice.
Ero fottuta. Sul
serio, ero fottuta. La mia carriera scolastica stava andando a farsi benedire,
la mia media dei voti si sarebbe inevitabilmente abbassata, era la fine di
tutto.
La verifica di Storia
di quella mattina era stata un totale disastro, e tutto perché il pomeriggio
precedente, invece di ricordarmi di ripassare, mi ero lasciata distrarre dal
mio ragazzo. Io! Come avevo potuto permettere che succedesse?
Solo quando Lore se
n’era andato da casa mia mi ero ricordata di quel maledetto compito il giorno
dopo. E non ero nemmeno riuscita a concentrarmi troppo mentre leggevo, in testa
avevo il pensiero di quel deficiente che se ne usciva con gli amici a fare il
cretino e a bere. Lui e il suo cavolo di “impegno”!
Lo avevo praticamente
obbligato ad entrare in classe quella mattina. Voleva bigiare, il signorino, ma
poteva pure scordarselo! Se prendevo un voto del cavolo io, lo avrebbe preso
anche lui e giustizia sarebbe stata fatta. Di sicuro non aveva ripassato nulla.
Ciò non cambiava comunque le cose: la verifica era andata male. E io ero
fottuta.
Appoggiai il gomito
sulla scrivania e il mento sul palmo della mano, lasciandomi andare ad un
sonoro sbuffo. Eppure… non avrei rinunciato al ricordo del pomeriggio
precedente nemmeno per un dieci in Storia. Il modo in cui avevamo fatto
l’amore, il modo in cui lui mi aveva guardata… arrossii come una deficiente e
mi arruffai i capelli mugolando disperata.
Perché dovevano
andare così le cose? Una brava, intelligente e bella ragazza come me cercava di
andare bene a scuola e all’improvviso arrivava il deficiente di turno che mandava
a quel paese tutti i buoni propositi di studio. E i bei voti.
Presi il cellulare e
scrissi veloce un messaggio, un broncio da bambina sul volto.
Ti odio.
Accesi il pc e mi
connessi su facebook, giusto per distrarmi nell’attesa di una risposta. Di
tanto in tanto sbloccavo la tastiera solo per vedere se mi ero persa un suo
messaggio. Come mi ero ridotta. E quanto ero patetica.
Quando il cellulare
vibrò, una decina di minuti dopo, lessi le parole sullo schermo con il cuore in
gola.
Tanto per cambiare insomma. C’è almeno un motivo sensato
stavolta?
Le mani sudate, il
battito accelerato, un sorriso da cretina sulla faccia. Oh, perché non poteva
essermi indifferente? Perché doveva farmi quell’effetto ogni volta?
Avrei voluto
rispondergli “Sì, c’è un motivo. Ti odio perché mi manchi di già”, ma non ero
troppo sicura che avrebbe apprezzato, conoscendolo. Niente messaggi sdolcinati,
dovevo contenermi. E poi, tecnicamente, ero arrabbiata.
Sì che c’è, come sempre naturalmente. Non sono
riuscita a studiare quasi niente di storia ieri per colpa tua.
Iniziai a mangiarmi
le unghie e a ticchettare con le dita dell’altra mano sulla superficie liscia
della scrivania. Quella mattina ero troppo nervosa per via della verifica per
fargli capire che ce l’avevo con lui, ma potevo sempre rifarmi in quel momento.
Oltretutto avevo voglia di sentirlo, quella era un’ottima scusa per farlo.
Non mi sembrava che ti dispiacesse troppo…
Avvertii
un’imbarazzante sensazione di calore nello stomaco al ricordo. La mia risposta
fu facile e veloce da scrivere.
Stronzo.
Ci avevo preso gusto
ormai a scriverlo, il t9 ce l’aveva salvato in automatico. E dire che prima di
iniziare a messaggiare con lui non lo usavo quasi mai.
Sei poco originale con gli insulti.
Sbuffai e riportai lo
sguardo sullo schermo del pc, sul suo profilo facebook. Non aveva più la foto
con quella Bìa in braccio, ma una foto in cui fumava di profilo. Era
chiaramente sera ed era in strada, illuminato da un lampione che metteva in
risalto i suoi lineamenti ed il fumo bianco davanti al suo viso.
Porco cavolo, come
faceva ad essere così… così? Così
maledettamente figo?
Ed è mio.
Non mi sforzai di
trattenere un largo sorriso inquietante a quel pensiero.
Non lo avevo ancora
aggiunto agli amici, ma stavo morendo dalla curiosità di sbirciare le sue foto
e i suoi stati, quindi abbandonai l’orgoglio e cliccai sul tasto “aggiungi agli
amici”. Per il suo bene gli conveniva accettarmi. O forse non gli andava di
avermi tra i contatti perché non voleva che lo controllassi?
Non riesco a trovare un insulto più azzeccato.
Accettami su facebook
Mi stava persino
passando la rabbia, porca miseria. Non riuscivo quasi mai a restare arrabbiata
per molto con lui.
Mi morsi il labbro
inferiore incerta quando mi arrivò la sua risposta.
Perché dovrei?
Sapevo che stava
scherzando e che mi stava provocando, ma per un attimo il dubbio che non
volesse davvero accettarmi mi sfiorò la mente.
Facebook: la
distruzione dei rapporti. Quel social network sarebbe stato la mia rovina.
Perché voglio pubblicarti tanti cuori in bacheca,
no? :D Scemo. Accettami e basta, dai.
Rilessi il messaggio
dopo averlo inviato e, deglutendo accaldata, mi accorsi del fatto che sarebbe
potuto benissimo essere fraintendibile. Magari avrebbe davvero creduto che
volevo mettermi a fare la fidanzatina appiccicosa che gli piazzava i cuori in
bacheca.
Meglio precisare, non
si sapeva mai:
Nel caso non l’avessi capito, stavo scherzando
per la storia dei cuori.
Alzai lo sguardo
sullo schermo del pc e la notifica “Lorenzo Latini ha accettato la tua
richiesta di amicizia” apparve in quel momento.
Grazie al cielo.
Sarebbe stato imbarazzante essere rifiutata su facebook dal proprio ragazzo. E
avrei inevitabilmente pensato che avesse qualcosa da nascondere, tipo uno stato
“impegnato” con Tizia, Caia o Sempronia.
Cazzo e io che ci speravo. Sei una stronza Puccio.
Ridacchiai come una
povera deficiente con degli evidenti problemi mentali. Perché sorridevo e avevo
il battito del cuore a mille? Il mio ragazzo mi aveva appena dato della
stronza, non era molto lusinghiero. Eppure tra di noi sembrava un modo quasi
affettuoso di chiamarci.
Bella roba, tu insulti lui e lui insulta te, una
storia d’amore epica.
Mi sfuggì un
gridolino scemo, mentre mi buttavo sul letto a pancia in su. Nemmeno la mia
parte più acida poteva smontarmi in quel momento.
Mi dispiace di averti illuso :(
Qualcuno avrebbe
seriamente dovuto aiutarmi a rinsavire. Dovevo rimettermi a cercare la mia
sanità mentale, la mia dignità, la mia concentrazione, la mia responsabilità,
la mia voglia di studiare.
Dovrai farti perdonare…
Oddio. Perché il mio
cervello era partito in quarta con pensieri tutt’altro che casti? Merda.
Mi rialzai e tornai
al pc, poiché stare sdraiata sul letto dove il pomeriggio prima ci eravamo dati
alla pazza gioia non aiutava a farmi ragionare lucidamente.
Vedremo.
Decisi di restare sul
vago, non avevo ancora del tutto deciso di perdonarlo per avermi distratta dallo
studio il pomeriggio precedente. E non avevo ancora imparato a flirtare in modo
decente.
Tornai sul suo
profilo facebook e cliccai sul mouse per far scorrere le sue foto, trattenendo
il ridicolo impulso di salvarle sul pc o di metterle sul cellulare.
Beh, una potevo anche
salvarla magari… e metterla come sfondo del telefono. Non avevo nessuna sua
foto e non era affatto giusto.
Scossi la testa. No,
pessima idea: sarei morta di vergogna se lui si fosse accorto del fatto che
tenevo una sua foto come sfondo. Avrei raggiunto un livello di pateticità
estremo e, se possibile, preferivo tenermi su livelli più bassi.
Guardai tutte le sue
foto profilo con un sorriso idiota in faccia, le unghie in bocca da
mangiucchiare e le guance accaldate. Se mi fossi vista dall’esterno mi sarei
vergognata: sembravo una bimbetta scema. O una psicopatica. Pazienza. Nessuno
avrebbe mai saputo quanto ero assurda.
Il sorriso morì di
colpo sulle mie labbra quando arrivai alla successiva foto. Lore era seduto su
quello che mi sembrava il divanetto di una discoteca e aveva una ragazza mora
sulle sue ginocchia, praticamente stravaccatagli addosso.
E mo’ questa chi diavolo è?
Lui era venuto
indubbiamente bene, era schifosamente fotogenico, anche se aveva la solita aria
scazzata. Aveva il mento sulla spalla di lei e le mani sulla sua pancia; il
solo vederle mi fece venire la nausea. Cos’era, un gesto possessivo?
Affettuoso?
Lei era venuta male,
invece, cosa di cui ero decisamente contenta. Era appoggiata a Lore con la
testa e aveva allungato un braccio all’indietro per passarlo dietro al suo
collo. Era una foto della fine del dicembre 2008, ergo più di un anno prima. Io
ero finita nella classe di Lore nel settembre 2009, quindi era un sollievo
sapere che non l’avesse frequentata nel periodo in cui aveva iniziato a stare
con me.
Lessi svelta i
commenti, tutti complimenti per la foto, e mi soffermai in particolare su
quello di una certa Erika Roncato.
“Sembro una drogata”,
diceva con tanto di faccina a bocca aperta accanto. Sì, lo sembrava.
Io ero molto più
carina, onestamente parlando. E avevo anche più stile, mi vestivo molto meglio.
Comunque quello era nulla in confronto all’irritazione che mi causava il commento
appena sotto, quello di Stefania Bassetti:
“Che belli siete?
<3”
Della sabbia in un
occhio mi avrebbe seriamente dato meno fastidio. Non erano belli per niente
insieme, stonavano alla grande.
Ad ogni modo quel
commento poteva voler dire solo una cosa: erano stati insieme. Per quanto
tempo? Perché si erano lasciati e quando?
Oltretutto quello
stronzo aveva messo un’immagine del profilo con quella, come minimo ne esigevo una anche con me.
Avvertii un forte
senso di calore e fastidio alla bocca dello stomaco, molto diverso da quello
provato prima. Era sciocco essere arrabbiata per una ex, era acqua passata e
dovevo immaginare che non fossi la sua prima ragazza. Restava il fatto che
sentivo di odiare con tutta me stessa quella tizia, la trovavo una stronza, una
troia della peggior specie, pur non avendoci mai parlato.
Non sei giusta Alice, non ti ha fatto nulla. Sii
obiettiva e pensa razionalmente.
Giusto. Ero
intelligente e razionale, ero un essere umano in grado di pensare, non ero una scimmia senza cervello come Vergata. Non aveva
senso odiare una ragazza che non sapeva nemmeno che esistessi.
Decisi di chiudere
facebook e di guardarmi un po’ di televisione, notare tutti i commenti e i “mi
piace” che lasciavano ragazze a me sconosciute sulla sua bacheca non mi aiutava
a far scemare il fastidio.
Tuttavia, anche
mentre guardavo un film sdolcinato, non potevo fare a meno di chiedermi quante
ragazze avesse avuto prima di me. C’erano state altre ragazze serie? Anche a
loro aveva detto di essere “fottutamente innamorato”? Dopotutto sarebbe stato
sciocco credere di essere l’unica “speciale”.
Io, prima di Lore,
non potevo vantare chissà quante altre esperienze. Avevo avuto un fidanzatino
alle elementari, mi ero presa una cotta per un certo Francesco in prima media e
poi mi ero innamorata di Matteo in seconda. Ero stata solo con lui, un continuo
tira e molla fino alla terza superiore.
Che cavolo, in
diciotto anni di vita con quante ragazze poteva essere stato? Era
matematicamente impossibile che fossero così tante, avrebbe dovuto iniziare a
frequentarne quando ancora beveva dal biberon e portava il pannolino!
Alzai un dito senza
nemmeno rendermene pienamente conto: Bìa – alzai il secondo –, quella Erika –
alzai il medio – e quella Elisabetta. Almeno tre erano sicure.
Per avere notizie su
quelle o su altre sapevo a chi chiedere.
******
La campanella
dell’intervallo suonò, ed io mi fiondai ad inseguire il mio obiettivo fino al
cortile, benché si fosse riempito di fumatori come sempre. Difficile vedere la
sua faccia, vista la nuvola bianca di fumo in cui eravamo avvolte.
-Ti prego, ti prego,
ti prego!- Congiunsi le mani e sporsi il labbro nel tentativo di impietosire la
mia interlocutrice. Di solito ero brava con le suppliche, ma Mel era un osso
duro.
Melanie sbuffò e alzò
gli occhi al cielo. -Ma perché non lo chiedi a lui, scusa?- Si accese un’altra sigaretta
senza badare alla mia smorfia. Non sopportavo l’odore del fumo, se c’era una
cosa che odiavo era sentirlo sui miei vestiti e capelli. Lore era una cavolo di
eccezione, tanto per cambiare, lui mi avrebbe fatto sesso anche se puzzava di
fumo o di sudore dopo aver giocato a calcio. Questo particolare evidenziava
ulteriormente il mio disperato stato mentale.
-Scordatelo. Ti pare
che gli chieda delle sue ex? Mi scoccia. E mi vergogno.- Lui a quel punto
avrebbe potuto chiedermi dei miei e sarebbe stato mortificante dire che c’era
stato solo Matteo. -E poi non deve capire che sono gelosa. Voglio sembrare
indifferente e completamente a mio agio, sicura di me stessa e non paranoica. Allora?-
Sollecitai impaziente.
Sospirò sconfitta e
diede un calcetto ad un sassolino con la punta della scarpa. -Che cosa vuoi
sapere?-
La fissai con aria
seria e grave, quasi le stessi per comunicare che le restavano soltanto pochi
giorni di vita. -Erika Roncato.- Quel nome gravò su di noi come una spada di
Damocle e l’aria si fece più tesa di quanto già non fosse.
Lei spalancò la bocca
e la richiuse. Poi la riaprì. Una reazione incoraggiante.
-È una storia lunga,
Ali. Che non credo tu voglia sapere proprio in questo momento.-
-Certo che…-
Interruppi la mia risposta quando mi indicò qualcosa alle mie spalle con un
cenno della testa. Mi voltai e vidi Lore, Marchesi e Vergata non troppo
distanti da noi, intenti a fumare e a parlare vicino ad una delle finestre del
Natta, il liceo accanto al nostro.
Avrei anche potuto
ignorarli e tornare a guardare Mel per riprendere la conversazione, se non mi
fossi accorta di un piccolo, insignificante, ma tremendamente irritante
dettaglio: c’erano delle ragazze affacciate alla finestra sopra di loro. Almeno
una decina, tutte accalcate contro il vetro come degli animali in gabbia. Più
che ragazze le avrei chiamate ragazzine, visto che non dovevano avere più di
quindici anni. Cercavano in tutti i modi di attirare l’attenzione del mio ragazzo e degli altri due,
spintonandosi tra di loro per farsi spazio.
Strabuzzai gli occhi
incredula quando una ebbe il coraggio di appiccicare un foglio al vetro, con
scritto a caratteri cubitali la parola “stupratemi”. Un’altra, con un pelo in
più di dignità, si limitò ad attaccare un altro foglio con scritto il suo nome
ed il suo numero di telefono. Santo Dio, quelle erano davvero le ragazze delle
nuove generazioni?
Né Lore – per il suo
bene –, né Vergata, né Marchesi si degnarono di guardarle grazie al cielo, sebbene
si fossero accorti di aver suscitato un certo interesse dall’altra parte del
vetro. La risata che stava trattenendo Vergata mentre continuava a
chiacchierare e a fumare con nonchalance ne era la prova.
Una bimba più
coraggiosa delle altre aprì la finestra per sporgersi e gridare, con mio
immenso imbarazzo, “complimenti alla mamma!”. Ero abbastanza certa, tra
l’altro, del fatto che la stronzetta si stesse rivolgendo a Lore, poiché stava
puntando lui con lo sguardo.
I tentativi di
Vergata di non ridere andarono a farsi benedire, mentre Lore sembrava essere un
misto tra il divertito e l’irritato.
Mi sforzai di
mantenere la calma, dal momento che non potevo di certo essere gelosa di un
gruppo di ragazzine senza un briciolo di cervello e amor proprio. Inoltre erano
state bellamente ignorat… un momento. Vergata ghignò in un modo che non mi
piacque per nulla e si diresse a passo lento e studiato verso di loro. Quelle
iniziarono subito a starnazzare quasi avessero avuto Brad Pitt, Johnny Depp o
chi altri sotto la finestra.
Dopo un primo momento
di incertezza, Lore e Marchesi scrollarono le spalle e lo imitarono, tenendosi
comunque a debita distanza dalle piccole psicopatiche.
-Non vai a marcare il
territorio?- Mi chiese Mel dandomi un leggero colpetto sul braccio per
richiamare la mia attenzione.
-Perché dovrei?-
Dissi tra i denti, osservando come quei tre avevano iniziato a parlare con
quelle tizie. Qualcosa mi diceva che le stessero prendendo in giro fingendosi
interessati a loro, restava il fatto che mi stava dando un fastidio tremendo
vederle mentre ci provavano con Lore. Non ero tanto diversa da lui, tutto
sommato. L’unica differenza era che lui la sua dannata gelosia la mostrava
senza problemi, io non ne ero capace. Non ero tipo da fare sceneggiate, ero il
tipo che gli avrebbe messo il muso e non gli avrebbe rivolto la parola per
almeno un giorno.
-Torniamo in classe?-
La implorai con impazienza, staccando a fatica lo sguardo dalla biondina che
aveva riso e sbattuto le ciglia al mio ragazzo. -Così continuiamo il discorso
di prima.- Il discorso su quella Erika-come-cavolo-si-chiamava, che ora non mi
pareva più così interessante rispetto al resto. Non avrei mai dato a quello
stronzo la soddisfazione di vedermi gelosa, non avrei fatto la fidanzatina
possessiva che lo andava a prendere per i capelli e gli impediva di parlare con
le altre ragazze.
Dopo un attimo di
perplessità, Mel annuì comprensiva e buttò a terra la sigaretta per spegnerla. -Andiamo.-
Mentre cercavo di
ripetermi che non dovevo arrabbiarmi per quello che avevo visto, digrignai i
denti e mi sforzai di ascoltare le successive parole della mia amica.
Non ero abituata ad
essere così gelosa di un ragazzo, mi
era capitato di esserlo solo delle mie amiche, quando magari facevano nuove
amicizie. Avevo sempre avuto la tendenza ad attaccarmi molto alle persone a cui
volevo bene e ad ingelosirmi nel momento in cui qualcuno ‘minacciava’ di
portarmele via.
-Dunque… all’inizio
della terza Andre stava con una ragazza, Stefania.-
Mi voltai a guardare
Mel perplessa, senza capire cosa c’entrasse quello con Lore e la sua ex
ragazza. La lasciai proseguire senza fare domande, ricordandomi improvvisamente
di quel commento che tanto mi aveva irritata su facebook, scritto proprio da
una certa Stefania.
-E visto che Erika,
la migliore amica di Stefania, era carina e single, Andre ha deciso di
presentarla a Lore.- Si sedette sul calorifero in corridoio, gettando una
rapida occhiata all’orologio analogico del suo cellulare.
-Era qualcosa di
serio?- Non riuscii a trattenermi, chiederlo fu più forte di me. Ebbi una paura
tremenda della risposta, non avevo la certezza che Lore non si fosse innamorato
seriamente altre volte prima di me.
Mel mi lanciò di
sottecchi un’occhiata divertita. -Ho appena iniziato, le domande alla fine.-
Ridacchiò e sospirò. -Comunque no, non lo era. Né per Andre, né per Lore.-
Sentire uscire dalla
sua bocca quelle parole mi fece affrontare il resto della storia con uno
spirito diverso, decisamente più ottimista e rilassato. Se avessi scoperto che
quella Erika fosse stata in qualche modo importante per Lore… l’avrei presa
sicuramente male.
Mel tirò su una gamba
e poggiò la caviglia sopra il ginocchio dell’altra, giocando distrattamente con
i lacci delle scarpe. -Infatti, dopo appena due mesi Andre si è scocciato e ha
lasciato Stefania.- Attorcigliò un laccio con un dito ed increspò le labbra.
-Lei era molto presa e non ha reagito bene.-
Ahia. A giudicare
dalla sua espressione le cose non erano andate molto bene.
Probabilmente c’era
stato un brutto litigio tra i due e Lore doveva aver preso le parti di Vergata,
mentre Erika della sua amica. Tutto tornava.
-Stefania non è
proprio riuscita a farsene una ragione, ha iniziato a perseguitarlo, a chiamare
a casa sua anche ad orari improponibili, a tempestare di messaggi lui, Lore e
Lele per sapere dove fosse o cosa facesse, a seguirlo, a minacciare le ragazze
con cui parlava…- Mel s’interruppe e non fu necessario che lo disse
esplicitamente a voce, intuii subito che anche lei doveva esser stata
infastidita da quella tizia.
-Gli scriveva anche messaggi
piuttosto preoccupanti, del tipo “ti rovinerò la vita” o “me la pagherai”.-
Porca miseria. Mi
sedetti accanto a lei, sempre più inquietata da quanto stavo ascoltando. Quella
tizia era una mezza pazza insomma, con chi cavolo si era andato a mettere
Vergata?
Lei si grattò la
fronte pensierosa ed inclinò di poco la testa. Alcuni capelli castani le
ricaddero scompostamente sul viso angosciato a quel gesto. -All’inizio Andre l’aveva presa sul ridere,
sai come è fatto, difficilmente prende qualcosa sul serio. La lasciava fare,
era infastidito, ma credeva che se ne sarebbe fatta una ragione e prima o poi avrebbe
smesso.-
Così non era stato.
Non c’era bisogno che lo dicesse per capirlo, il silenzio che seguì fu
sufficientemente eloquente.
-Poi però Stefania ha
iniziato a perseguitare anche la sorellina di Andre, Elena, perché voleva che
l’aiutasse a rimettersi con lui.-
-Oddio.- Strabuzzai
gli occhi sconvolta, cercando di immaginarmi quanto doveva essere stato brutto
per la sorella di Vergata trovarsi coinvolta in una faccenda del genere.
-Elena all’inizio non
l’ha detto al fratello per non farlo preoccupare, ma era seriamente spaventata
e alla fine è scoppiata a piangere davanti a lui e gli ha raccontato tutto.
Andre si è incazzato tantissimo, non credo di averlo mai visto così furioso.
Vuole un casino di bene alla sorella.-
Un vero e proprio
caso di stalking, santo cielo. Quella ragazza poteva essere seriamente disturbata,
ossessionata da lui, Vergata avrebbe dovuto senza alcun dubbio denunciarla.
Mi morsi il labbro e
sfregai nervosamente i palmi delle mani sui jeans, chiedendomi fino a che punto
si sarebbe spinto quel racconto e in che modo c’entrassero Lore ed Erika.
-L’ha chiamata e le
ha intimato di smetterla, altrimenti l’avrebbe denunciata.-
Non era la fine, il viso
scuro di Mel lasciava presagire qualcosa di ben peggiore.
-L’ha lasciato in
pace per un po’. Dopo qualche settimana, però, si è messa con un altro, a cui
deve aver raccontato un sacco di stronzate su Andre e sul fatto che fosse lui a
perseguitarla.-
Sbattei le palpebre
allibita, convinta di aver capito male. Più speranzosa che convinta, quella
Stefania non poteva essere davvero così folle.
-Così Andre è stato
chiamato da questo tizio, il ragazzo di Stefania, che ha minacciato di
ammazzarlo se non avesse smesso di dar fastidio alla sua ragazza.-
Oh cavolo. Se non
fosse stata una storia vera sarei scoppiata a ridere per l’assurdità della
cosa, tutto quello non aveva senso! Stefania aveva perseguitato Vergata ed era
andata a raccontare il contrario al suo nuovo ragazzo? Ma che problemi aveva?!
Rabbrividii al
pensiero che quella tizia fosse libera di scrivere su facebook “ma che belli
siete?” sotto una foto di Lore e non chiusa in qualche clinica psichiatrica.
La campanella suonò,
ma sia io che Mel la ignorammo. Lei era talmente presa dal ricordo di quanto
successo che non sembrava essersi nemmeno accorta del rumore.
Scrollò le spalle e
sospirò. -Per farla breve Andre è stato pestato a sangue da lui e da altri tizi
che lo accompagnavano.-
Mi portai una mano
alla bocca, sconvolta. Con un pizzico di cattiveria del tutto fuori luogo mi
chiesi se per caso fosse quello il motivo dell’idiozia di Vergata, forse
qualche botta in testa… Deglutii e mi rimproverai mentalmente per la mia
mancanza di delicatezza: quanto era successo a Vergata era terribile, non avrei
mai potuto immaginare niente del genere.
Certo, conoscendolo,
doveva aver trattato di merda quella Stefania, forse l’aveva scaricata dopo
averla illusa, ma nulla giustificava quel comportamento da psicopatica, né la
violenza.
-Lo hanno preso un
sabato sera di un anno e mezzo fa, da solo, quando stava tornando a casa ed
erano in quattro. A scuola l’anno scorso non si è parlato d’altro per giorni e
giorni, tra professori e genitori. È stato in ospedale per un po’.-
-Ma… li ha
denunciati, no?- Domandai con un filo di voce, arricciando il naso in direzione
di due rumorosi ragazzi davanti a noi nel corridoio.
-Sì, li ha
denunciati.- Mel rilassò le spalle. -Comunque, tornando al discorso Erika
Roncato, Erika ha dato ragione all’amica, sostenendo che fosse innocente e non
c’entrasse con il pestaggio di Andre. Puoi immaginare come siano andate poi le
cose; Lore l’ha lasciata senza pensarci due volte, non risparmiandosi qualche
bell’insulto a quanto ne so.-
Spostai la mia
attenzione su alcuni ragazzi che si accalcavano per rientrare nella classe
accanto alla nostra, senza vederli davvero. Era terribile quanto successo a
Vergata. E quella Erika era folle almeno tanto quanto la sua amica, come poteva
giustificarla e difenderla in quel modo?
Mi chiesi cosa avrei
fatto io al posto suo, se a fare una cosa del genere a Vergata fosse stata
Angelica. Rabbrividii e scossi la testa; non volevo nemmeno prendere in
considerazione un’idea del genere.
Istintivamente mi
chiesi se Angie fosse a conoscenza di quella storia e se fosse il caso di
raccontargliela. Dubitavo lo sapesse. Vergata non sembrava il tipo da farle discorsi
tanto lunghi, seri e personali. Era più il tipo che al massimo le avrebbe detto
“io uomo, tu donna: scopiamo”. Probabilmente voleva dimenticare quella brutta
faccenda, o forse l’aveva già fatto.
-Per un certo periodo
Andre e Lele hanno avuto paura che Erika reagisse come Stefania dopo che Lore
l’aveva mollata. Fortunatamente non si è più fatta sentire- Proseguì Mel con
calma, scendendo dal calorifero con un piccolo saltello.
Mi morsi il labbro e
strinsi le mani sul freddo bordo del termosifone. Se fosse successa una cosa
del genere a Lore… mandai giù un nodo fastidioso alla gola, sentendomi male al
solo pensiero. Pur essendo totalmente contraria alla violenza, se mi fossi trovata
davanti quella Erika l’avrei presa a calci sui denti, senza alcun tentennamento.
-Quindi… ora è tutto
a posto? Voglio dire, Vergata sta bene, non ha subito danni permanenti? E
quelle due tizie sono sparite?- Abbassai la voce quando vidi sbucare Lore,
Vergata e Marchesi in fondo al corridoio. L’ultima cosa che volevo era essere beccata
a parlare di loro con Mel.
-Direi di sì, che io
sappia le cose sono tornate a posto.-
Seguì un breve
momento di silenzio, spezzato solo dal rumore dei passi dei nostri compagni di
classe. In qualche modo mi pentii di aver chiesto alla mia amica di raccontarmi
quella storia, avrei preferito che fosse Lore a parlarmene, anche se dubitavo
che di sua iniziativa mi avrebbe mai raccontato qualcosa di sé.
Ad interrompere il
corso dei miei pensieri fu il prof di Diritto che, neanche tanto gentilmente,
ci esortò a rientrare in classe minacciandoci di segnarci assenti sul registro.
Un amore d’uomo.
Sospirai e ripresi
posto al mio banco; la rabbia provata poco prima in cortile per via di quelle
ragazzine era solo un lontano ricordo, la mia mente era stata rapidamente
assorbita da altro.
Lore aveva lasciato
Erika per via della sua amicizia con Vergata, ma se tutta quella faccenda con
Stefania non fosse successa, sarebbe stato ancora con lei?
Affondai i denti
nell’estremità della matita e mi sforzai di concentrarmi su quanto il prof
stava scrivendo alla lavagna. Farsi domande del genere non aveva senso, le cose
erano andate così e basta. Mel, inoltre, aveva detto che per lui non era stata
una storia importante, preoccuparsi era inutile e deleterio.
Piuttosto avrei
dovuto pensare a cosa mettermi quel sabato sera, per la festa dell’amico di
Lore. Volevo fare una buona impressione sui suoi amici ed essere bella per lui,
ma non intendevo certo assomigliare ad una, come dire, passeggiatrice notturna.
Avevo un paio di abitini perfetti per l’occasione, quella sera avrei dovuto far
le prove sia per il vestito che per il trucco, le scarpe e i capelli.
Al cambio d’ora mi
alzai con un’espressione pensierosa stampata in faccia. Era difficile non
focalizzare i miei pensieri sul racconto di Melanie e non potevo negare che
quello che aveva detto aveva reso Vergata più tollerabile ai miei occhi. Chissà
come sarebbero andate le cose tra lui e Angelica; la mia amica sembrava
veramente presa da lui, forse anche troppo, ma era ricambiata?
Feci un respiro
profondo e tornai a concentrarmi sulla serata che mi aspettava sabato. Non vedevo
l’ora che arrivasse, non vedevo l’ora di uscire finalmente con lui. Certo, ci
sarebbero stati i suoi amici, ma quello era comunque a tutti gli effetti il
nostro primo appuntamento.
Senza pensarci,
dimentica di quanto successo in cortile poco prima e di quanto raccontatomi da
Mel, feci spontaneamente scivolare le mie braccia sulle spalle e sul petto del
mio ragazzo, abbracciandolo da dietro mentre era ancora seduto al suo posto. Bellissimo. Avevo un bisogno quasi
disperato e doloroso di toccarlo.
Fu come se tutti i
problemi del mondo sparissero in quell’esatto istante; sentire il suo corpo
contro il mio, il suo profumo, la sua presenza, mi fece girare la testa,
battere all’impazzata il cuore e sospirare felice al tempo stesso.
Lo sentii sussultare
un po’ sorpreso al contatto, ma miracolosamente non si ritrasse. Si voltò e
piegò le labbra in un mezzo sorriso. -Ehi.- Inarcò un sopracciglio
interrogativo, -Com’è che non sei incazzata ora?-
Arrossii quando mi
resi pienamente conto del mio gesto. Mi sentivo sempre così quando azzardavo un
gesto affettuoso nei suoi confronti, come se stessi sbagliando qualcosa.
-In realtà sto
meditando di strozzarti.- Ne approfittai per stringerlo più forte, avvertendo
una dolorosa fitta di piacere allo stomaco. Oh Dio, non in quel momento, non a
scuola.
Rise e percepii il
suo petto e le sue spalle sussultare. -Ora ha più senso.- Mi afferrò le braccia
con le mani, attirandomi di più a lui con l’intenzione di baciarmi, la testa
inclinata verso di me ed un sorrisetto odioso sul viso.
Quanto cazzo lo
odiavo e amavo, come era possibile? Avrei voluto baciarlo, ma sapevo che, se lo
avessi fatto, inevitabilmente mi sarebbe venuta anche la voglia di scendere con
le labbra sul suo mento, sul suo collo, sul suo petto… non mi sembrava
decisamente il caso, non davanti a tutti.
Mi strozzai con la
mia stessa saliva, come un’idiota, e mi ritrassi in fretta e goffamente
all’ultimo, cercando con quel poco di dignità che mi restava di non fargli
capire quanta voglia avessi di lui. Tentativo fallito, visto che stava
nuovamente ridendo. Oh, ma che bastardo!
Mi raschiai la gola
con un colpo di tosse. -Avete fatto qualche conoscenza interessante prima?- Ero
riuscita a non balbettare e ad usare un tono di voce neutro, ero fiera di me.
Il suo sorriso si
spense e lasciò posto ad un’espressione interrogativa. Merda. Lore non mi aveva
vista prima in cortile con Mel, non sapeva che io avevo assistito al tutto. Figura
della patetica fidanzatina gelosa: la stavo facendo alla grande!
Quando comprese a
cosa stessi alludendo, non trattenne un ghigno ben poco promettente. -Le
stavamo prendendo per il culo. Non ti avrà mica dato fastidio?-
Sì, pezzo di idiota, certo che mi ha dato
fastidio, sei il mio ragazzo e non voglio che delle ochette ci provino con te,
va bene?
Abbassai lo sguardo e
mi controllai le unghie con nonchalance, non mostrando alcun tipo di
coinvolgimento emotivo. -Assolutamente no. Perché avrebbe dovuto darmi fastidio?-
Storse le labbra
verso il basso, in una smorfia pensierosa, ed alzò lievemente le spalle. -Che
ne so, chiedevo. Meglio così, una di loro voleva il mio numero e, dato che non
mi sembrava particolarmente male, gliel’ho lasciato.-
Sollevai la testa
così di scatto che fu impossibile continuare la mia recita. Non potevo sembrare
indifferente alla cosa, non quando un’evidente furia omicida aveva preso
possesso del mio volto. -Tu cosa?!- Strillai senza accorgermene.
Ora,
io ero una persona estremamente comprensiva (magari anche no, va beh), ma non
poteva assolutamente pretendere che non mi arrabbiassi per una cosa del genere!
Che diavolo, volevo vedere come avrebbe reagito lui se avessi iniziato a dare il
mio numero a perfetti sconosciuti interessati a me.
-Qual è il problema?
Hai detto che non ti dava fastidio.- Gli riusciva bene la parte dell’ingenuo,
peccato che i suoi occhi diabolicamente divertiti lo tradissero.
-Vaffanculo.- Strinsi
le mani a pugno e socchiusi gli occhi.
-Stavo scherzando.-
-Vaffanculo
comunque!-
Fece roteare gli
occhi divertito. -Cazzo se sei permalosa.-
Permalosa io? Per
tutta risposta presi l’astuccio di Lele dal banco vicino e glielo tirai amichevolmente addosso. Gli era andata
pure di lusso, contando il fatto che fosse chiuso e non si fossero sparse in
giro le penne al suo interno.
-Quanto amore-
Scherzò Lele, arrivato giusto in tempo per assistere al mio gesto affettuoso e
non protestando per il modo in cui era stato trattato il suo astuccio. -Che hai
fatto stavolta, Lore?-
Senza abbassare le
braccia che aveva saggiamente utilizzato per difendersi, Lore alzò un
sopracciglio risentito. -Perché parti sempre dal presupposto che sia stato io a
sbagliare? È lei che è pazza! Mi ha lanciato un fottuto astuccio addosso!-
-Oh, poverino!- Lo
presi in giro, afferrando il pesante libro di storia dal banco di Vergata –
sorprendente il fatto che la
Scimmia lo avesse portato a scuola! – e rigirandomelo tra le
mani con aria diabolica. A chi aveva detto pazza?
Lele non riuscì a
trattenere una risata. -Perché Ali non farebbe male ad una mosca, attacca solo
se provocata.-
Amore immenso per
Lele, quell’uomo aveva capito tutto della vita, avrebbe dovuto scrivere un
manuale su come trattare una donna. Commossa e con due cuori al posto degli
occhi, misi giù il libro-arma e allargai le braccia per buttarmi su di lui ed
abbracciarlo. -Oh, grazie Lele, tu sì che mi capisci! Scappiamo a Las Vegas e
sposiamoci!-
Lui si schiarì la
voce a disagio e, probabilmente, un pelino preoccupato per via dell’occhiata
assassina che ricevette da Lore.
-Uhm, sì.- Mi diede
una goffa pacchetta sulla spalla e tossì di nuovo. -Ah, ho saputo che verrai
anche tu sabato, Ali.- Disperato ed evidente tentativo di cambiare argomento e
di farmi allontanare per evitare di essere ucciso dal suo migliore amico.
Sciolsi l’abbraccio ed annuii.
-Già. Posso almeno
sapere qualcosa del festeggiato? Devo prendergli un regalo?- Guardai prima
Lele, poi Lore, aggrottando la fronte pensierosa. Non avevo affatto pensato a
quell’inconveniente, non era mia abitudine imbucarmi alle feste a mani vuote.
-Ma va, ma che cazzo
te ne frega, manco lo conosci.-
Riservai
un’occhiataccia al mio ragazzo e attesi la risposta più saggia ed esplicativa
di Lele.
-No, tranquilla, non
serve. Al massimo aggiungiamo il tuo nome sul biglietto del regalo se vuoi, ma
non devi comunque dar nulla.-
Ci pensai su e decisi
che non mi sembrava affatto il caso di far aggiungere il mio nome su un
biglietto per uno sconosciuto, tantomeno di spacciare per mio un regalo che non
avevo contribuito ad acquistare. Mi sarei pagata io l’ingresso e il drink e non
avrei mangiato la torta, fine della storia.
Scrollai le spalle ed
appoggiai le mani sul banco davanti a me. -Non importa.- Sentii qualcosa
vibrare sotto i miei palmi ed abbassai istintivamente gli occhi sullo schermo
del telefono di Lore. Prima che potessi osservare con attenzione cosa ci fosse
scritto, una mano lo spostò via dal mio campo visivo.
-Chi è Giorgia?-
Chiesi di getto, incapace ancora una volta di contenere la curiosità – e la
gelosia.
Lore sbloccò
distrattamente la tastiera e lesse di sfuggita quello che doveva essere un
messaggio. -Un’amica- Rispose semplicemente, infilando il cellulare nella tasca
anteriore dei jeans.
-Uh, quella Giorgia?- S’intromise Vergata, sbucato
dal nulla, dopo essersi buttato sulla sua sedia con la grazia di un gorilla.
Quel commento non piacque né a me, né a Lore, che socchiuse gli occhi con aria
minacciosa e si protese verso di lui. -Finiscila, cretino.-
Lo ignorai e mi rivolsi
a Vergata. -Quale Giorgia?- Avvertii una spiacevole e dolorosa fitta di
fastidio al pensiero di quante ragazze scrivessero al mio ragazzo e fossero sue
“amiche”.
-Sta facendo il
coglione- Commentò ancora Lore infastidito, fissando con insistenza il proprio
amico.
Vergata rise ed
incollò – che essere disgustoso! – la sua cicca* sotto il banco dopo averla
tolta di bocca. -Oh e fattela una risata Lore, non hai più senso dell’umorismo!
Ti stavo prendendo per il culo, Puccio. Volevo vedere come avresti reagito, non
ho idea di chi sia Giorgia- Spiegò scrollando le spalle ed appoggiando le
scarpe sul banco.
Cazzate, non ero
ingenua fino a quel punto. Si era corretto all’ultimo, aveva inventato quella
scemenza dopo aver visto la reazione di Lore e credeva che non me ne sarei
accorta.
Rimasi in silenzio
per una manciata di secondi, desiderosa di sbottare e chiedere spiegazioni, ma
consapevole del fatto che, se lo avessi fatto, sarei sembrata una patetica
fidanzata insicura e gelosa. Senza contare che lo avrei fatto arrabbiare.
La campanella suonò e
decisi di lasciar correre per il momento, ma la faccenda non era chiusa e avevo
tutta l’intenzione di far luce sulla cosa.
*Note dell’autrice più ritardataria del mondo*
Alloooora. Prima che vi venga voglia di lanciarmi pomodori – o astucci e
libri come nel caso di Ali con Lore – lasciate che vi dica che è stato davvero
un anno stancante per me, tra alti e bassi, studio e lavoro, casini a casa e
casini con amici. Ho avuto poco tempo per scrivere, poca ispirazione e troppi
problemi personali. È brutto dovermi giustificare ogni volta, lo so, ma sento
di doverlo fare perché mi dispiace farvi attendere. Purtroppo non posso fare
diversamente, mi piacerebbe poter scrivere e pubblicare sempre, ma questo non è
il mio lavoro e devo pensare prima di tutto alla vita vera.
Sono sincera quando dico che mi dispiace avervi fatto attendere tanto e
che mi siete mancate. Mi è mancato pubblicare su efp in generale e mi sono
mancati anche Lore e Ali, che sono sempre i due soliti idioti che conoscete –
spero.
Fatta questa premessa, ci sono un paio di cose che vorrei dire su questo
capitolo, prima fra tutte la storia di Vergata che, attenzione, è vera.
È stato difficile parlarne perché è una cosa che mi ha toccato
personalmente dal momento che ad un ragazzo che conosco è successo realmente
quello che ha “raccontato” Mel. Perché l’ho scritto? Perché penso che questa
brutta storia meritasse di avere un po’ di “attenzione”, perché purtroppo non
esistono solo stalker uomini che non si rassegnano alla fine di una relazione,
spesso capitano anche queste situazioni inverse.
Chiusa questa parentesi, questa storia ha influito ovviamente su Vergata
e, di conseguenza, influenza il suo rapporto con Angelica che, ve lo dico io,
non sa nulla di Stefania.
La seconda cosa “vera” è la storia delle tizie che scrivono “stuprami”
su un foglio di carta alla finestra per attirare l’attenzione di un ragazzo.
Quando ho visto fare questa cosa nella mia vecchia scuola da delle ragazzine di
prima mi sono sentita veramente a disagio per loro.
Nel prossimo capitolo ci sarà questa benedetta festa – perdonatemi ho
dovuto tagliarlo perché quel pezzo è da riscrivere e sistemare – e, come molte
sanno per via dello spoiler letto nel mio gruppo facebook,
Lore e Ali litigheranno.
Perché? Vedrete (:
Nel frattempo accetto ipotesi, a chi indovina potrei inviare uno spoiler
in privato ;)
Ah e potete provare ad indovinare anche chi sia Giorgia. È la persona
più insospettabile del mondo, molto probabilmente quando lo scoprirete
penserete il classico “WTF?!” :D
Ultime due parole e poi la smetto di blaterare, vorrei linkarvi due cose
a cui tengo molto, la prima il FORUM
che tempo fa due mie carissime amiche, Dids e Bea, hanno creato per le mie
storie. Stiamo pensando di rianimarlo, ci aggiungerò spoiler e tante curiosità
sui personaggi. Per ora è un “work in progress”, ma se vorrete visitarlo e
iscrivervi per fare quattro chiacchiere ne saremo più che liete :)
La seconda è una OS qui su EFP
che mi è piaciuta tantissimo e di cui sto aspettando il seguito che, forse,
arriverà. Ci tengo a linkarvela perché credo meriti molto, è scritta bene ed
emoziona, anche se l’autrice, una broccola di nome Beatrice, non lo pensa (:
Beeene, ho finito! Non dico “farò il possibile per aggiornare presto”
perché credo porti sfiga, voi che dite? Facciamo che non dico nulla! :D
Un bacione grande e un GRAZIE di cuore, davvero. Mi sembra di non dirlo
mai abbastanza, ma vi sono infinitamente grata per il vostro sostegno e
affetto. Colgo l’occasione per ringraziarvi anche dei messaggi che mi avete
mandato, sia qui che su facebook, prima o poi spero di riuscire a rispondere a
tutte! (e anche alle recensioni, non perdete la speranza!)