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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo *** Capitolo 2: *** If happy ever after did exist... *** Capitolo 3: *** I'm holding on by a thin threat ... *** Capitolo 4: *** If it’s only a fantasy, then why is it killing me? *** Capitolo 5: *** I really want to love somebody *** Capitolo 6: *** When the daylight comes *** Capitolo 7: *** Goodnight, goodnight. *** Capitolo 8: *** Ci siamo solo noi... (parte 1) *** Capitolo 9: *** Ci siamo solo noi... (parte 2) ***
"Peter su fai il bravo!"
Peter continua a piangere, non vuole calmarsi e lo capisco.
Con il rumore che c'è non riesco nemmeno io a stare
tranquillo, povero il mio piccino.
Lo avvicino al petto e riparandolo nel mio abbraccio lo cullo e cerco
di tranquillizzarlo, maledetta Alice e le sue feste.
Doveva proprio organizzarsi una festa di compleanno così
sfarzosa e rumorosa? Cazzo ha 25 anni non 5. E doveva costringermi a
venire e a portare Peter con me, certe volte non la capisco e lei non
capisce me.
Sposto la mia attenzione a mio figlio ,lo osservo e non piange
più, il mio calore, il mio abbraccio lo ha tranquillizzato.
Bravo piccolino. Avvicino il viso al suo e lo bacio sul nasino, lui
sorride e cerca di dirmi qualcosa nel suo modo.
Il mio piccolo. La gioia della mia vita.
Alice si avvicina e ci stringe in un abbraccio caloroso come sa fare
lei, mi chiede di abbassarmi al suo livello e mi ringrazia per essere
venuto, che è importante per lei e poi in un secondo il mio
cuore smette di battere.
Quella sensazione, due volte l'ho già provata. Quel brivido
nella schiena che arriva al cuore e mi lascia senza fiato.
Questa volta è ancora più forte.
Due occhi nocciola entrano nei miei e non riesco più a
vedere niente altro che un viso a cuore, con le guance arrossate che si
avvicina ad Alice e mi sorride, sorride a mia sorella e al mio bambino.
E' bellissima. Piega la testa e mi chiede come si chiama e se
può accarezzare mio figlio, annuisco incapace di parlare e
Alice mi aiuta spiegando a questa stupenda donna che è il
suo nipotino e si chiama Peter. La ragazza allunga un dito verso mio
figlio che lo stringe tra la sua piccola manina e sorride.
E il mio cuore si ferma nuovamente. Sono immobile, bloccato e
spaventato. Chi è questa donna, che nome hanno questi occhi
che hanno stregato me e mio figlio? Tante domande, forse troppe e la
paura di soffrire ancora prende il sopravvento.
Stringo a me Peter in modo che molli la presa della sconosciuta e
scappo, scappo via da quegli occhi.
Non posso, non voglio più stare male, non ci riuscirei.
Sento Alice alle mie spalle chiamarmi, ma non mi volto, mi rifugio in
garage e mi chiudo la porta alle spalle come ha fatto la madre di mio
figlio,chiudo la porta e vi lascio dietro le mie paure.
Lego Peter nel suo seggiolino e salgo al volante.
"Piccolino andiamo a casa, io e te da soli, noi non abbiamo bisogno di
nessuno, noi non dobbiamo più soffrire".
Una lacrima scorre sulle mie guance mentre metto in moto e mi allontano
da lei, chiunque sia, mentre il mio bambino si addormenta cullato dalla
mia voce che canta la sua canzone.
Buonasera.
Non dico niente che è meglio.
Questa storia è nella mia testa da troppissimo tempo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Bacione
Giu
Guardo la
sveglia e un’imprecazione
nasce nella mia gola, è presto, troppo presto, Peter, cazzo,
sono le 3 di
notte, torna a dormire bimbo mio. Le parole non escono e si nascondono
nella mia
bocca serrata dal sonno, stendo le braccia nel letto, per poi potarmele
sul
volto e cercare di stropicciarmi gli occhi ancora troppo chiusi, e la
sinfonia
nella sua cameretta non cessa. Dovrei prendere appunti, sarebbe
decisamente un
successo nelle hit parade di tutto il mondo:il canto del bambino alle 3
di
notte. Il peggior incubo di ogni genitore, il peggior incubo di ogni
genitore
single. Come ogni notte prima di andare dal piccolo mi avvicino allo
stereo e
accendo l’Ipod collegato, la sua canzone preferita delle mie,
quella in grado
di calmarlo si disperde per la casa. La nostra casa, ormai sono mia e
di Peter,
sei chili scarsi di bimbetto vispo e attento, l’amore della
mia vita, l’unica
cosa bella insieme alla musica che mi è rimasta. La sua
voce, di sicuro ne ha
più di me, copre le casse e le mie distrutte membra si
dirigono verso la sua
stanza, inciampo in un orsetto, trattengo un’altra
imprecazione e, con ancora
gli occhi semi chiusi, raggiungo la culla e prendo il braccio il mio
piccolo
tesoro. I suoi occhietti al contrario dei miei sono spalancati e
segnati dalle
lacrime.
”Pete
ma anche le lacrimucce? Ma no,
fai un sorriso a papà!” .
Mi lancio su di
lui e con il naso
gli asciugo il visino dalle lacrime, lo cullo e appena passano i
singhiozzi mi
avvio in cucina alla ricerca del latte. Devo stare attento a dove
cammino,
peluche, giochini di ogni genere sono sparsi a terra, ieri sera, no,
poche ore
fa, sono tornato tardi dalle registrazioni del mio nuovo album e non ho
avuto
le forze per far tornare dignitoso il soggiorno del mio appartamento.
In cucina
apro il frigo e un sorriso segna il mio volto, un biberon carico di
latte e un
biglietto; prendo tutto e mi avvicino al bancone che divide la cucina
dalla
zona soggiorno, lo ha scelto lei, lei lo ha voluto così.
Scaccio via i brutti
pensieri e leggo il biglietto.
“Tesori
della mamma e della nonna,
ho preparato il
biberon, Edward
mettilo in un pentola con dell’acqua calda, fallo scaldare e
dallo al mio
Peterino piccino della nonna.
Vivoglio bene.
Esme”
Non riesco
nemmeno a immaginare la
mia vita senza di lei, senza mia madre. È lei che ha
appoggiato la mia voglia
di diventare padre contro tutti, anche contro la madre di Pete,
è lei che ha
rinunciato alla sua carriera per fare la nonna a tempo pieno, ed
è a lei che
non dirò mai grazie abbastanza.
Svolgo le
azioni che mi ha suggerito
mia madre sotto il controllo del piccolo che non perde nemmeno una mia
mossa,ma
come diavolo fa? È impossibile essere così
piccini, ma così interessati e
soprattutto così svegli, cazzo sono le 3 di notte, nemmeno
quando avevo 20 anni
ci riuscivo. Sorrido e nel baciarlo sulla fronte, lo sistemo sul suo
seggiolino
che dondola sopra il bancone, Peter accenna ad un lamento, ma il mio
sorriso lo
tranquillizza e si lascia cullare dalla sua seggiola, la seggiola che
gli ha
comprato sua madre prima di salutarci e partire per non so dove.
Lei mi aveva
avvertito, l’ho
costretta a farlo, ci ha provato, non ci è riuscita e se ne
è andata. Facile,
assurdo ma dannatamente facile, ma per Jessica tutto è
sempre stato
maledettamente facile: la sua carriera, il modo in cui mi sono
innamorato di
lei, come è rimasta incinta e il modo in cui se ne
è andata.
Ci siamo
conosciuti poco più di un
anno fa, ad un mio concerto, quando l’ho vista il mio cuore
si è fermato, non
ho più capito niente, e addirittura mi sono fermato e Jacob
il mio
arrangiatore/salvatore ha fatto partire il cd per evitarmi la figura di
merda.
Lei era in prima fila che cantava e ballava, bionda, alta, bella e
l’ho
riconosciuta subito lei era la testimonial di quell’anno di
Sport Illustrated,
uno degli angeli di Victoria’s Secret, il mio angelo. I suoi
occhi sono entrati
dentro i miei ed io non ho più visto niente oltre che lei,
ma evidentemente non
era affatto reciproco. Lei mi amava ne sono sicuro, ma non nel modo in
cui la
amavo io.
Dopo il
concerto a Los
Angeles l’ho fatta entrare nel camerino,
abbiamo parlato e non ho ascoltato una parola di quello che avesse da
dirmi, lo
so, non è stato da gentiluomo, ma ero annebbiato ,
incredibile quanto mi avesse
stregato. Prima di uscire dal teatro l’ho invitata a
rivederci, lei ha
accettato e abbiamo iniziato a frequentarci dapprima in incognito per
evitare
paparazzi e fotografi e poi quando le cose hanno cominciato a farsi
serie alla
luce del sole. Facilissimo no?Io dormivo da lei, lei da me, facevamo
l’amore,
ho scritto diverse canzoni per lei, ero felice, ma dopo 3 mesi
d’amore tutto si
è incrinato. Una sera dopo un live, una sfilata a New York ,
lei sfilava e io
cantavo, come da rito, ormai eravamo il cantante e la modella, gli
organizzatori ci portarono in un locale per l’after party e
tutto accadde in
pochissimo tempo.
Io avevo bevuto, lei non si era
tirata indietro a qualche Martini e, tornando in camera ubriachi, a
tutto
stavamo pensando tranne che alle precauzioni, abbiamo fatto
l’amore e dopo
alcuni giorni la notizia.
Jessica era incinta, incinta di mio
figlio. Lo shock iniziale per me divenne subito gioia, un motivo in
più su cui
scrivere canzoni ma lei non era della stessa idea. La sua vita, secondo
lei,
era rovinata, la sua carriera, persa tutto per colpa mia. E la
felicità a mano
a mano diventava paura, paura di perdere qualcosa che ancora non avevo
ma che
sentivo già importantissimo nella mia vita, mio figlio.
Cercai di convincerla a
tenerlo, le dissi che con la pancia sarebbe stata ancora più
bella e avrebbe
ottenuto altre copertine, e che di sicuro appena nato il bimbo
l’avrebbe
smaltita in poco tempo ma niente, la sua idea era l’aborto e
sembrava non ci
fosse via di scampo fino a quando una sera Jasper il
fotografo/schiavo/fidanzato di mia sorella Alice, le disse che
c’èra in zona il
“famoso” Mike Newton che a quanto scoprii era
solito fotografare donne incinte.
Gli occhi di Jessica si animarono e, contattando subito il fotografo,
annunciò
di aver deciso di tenere il bambino, tutti felici e contenti, ma io
sapevo che
non sarebbe stato per sempre, anzi.
La gravidanza di Jessica fu un
tormento, sempre a lamentarsi e io cercavo con regali, canzoni e
complimenti di
renderle il tutto più facile, ma in cambio avevo urla e
continue imprecazioni
per averla messa in questo stato. L’unico stimolo che avevo
era vedere quel
pancione che mese dopo mese cresceva, andare da mio padre
all’ospedale e
sentire il suo cuoricino crescere e battere, vedere per la prima volta
il suo
nasino, emozioni che mai dimenticherò ma che purtroppo non
erano condivise con
la madre di mio figlio. E 4 mesi fa il parto, Jessica non mi ha voluto
in sala
parto, ero in uno stato terribile, agitato come non mai , con mia
sorella Alice
e mia madre a farmi compagnia ed a evitare di consumare il pavimento
della sala
parto e poi dopo 8
ore di travaglio un
rumore, un vagito, il pianto di un bambino, del mio bambino. Non
avevamo voluto
sapere il sesso, beh non ho voluto, a Jessica non interessava ed ora
curiosità
mi stava torturando. Ed in pochi secondi tutto, Carlisle, mio padre,
esce con
un sorriso, mi abbraccia e mi sussurra che è un maschietto,
mi fa entrare ed
ecco i suoi occhi grigi, piccoli ma già attenti dentro i
miei, ed è una gioia
immensa, una lacrima scorre sul mio volto, e la stretta di mano di
Alice mi fa
tornare sulla terra, con timore miavvicino alla culla dove il bimbo è adagiato e
lo sfioro con un dito, è
così morbido, così piccolo, così mio.
Mia sorella urla per la saletta
esprimendo la sua felicità nell’essere diventata
zia e io mi volto verso
Jessica, osservo il suo viso ed è tutto tranne che felice,
mi avvicino per
accarezzarle il volto, ma si scansa prima di farsi toccare, e senza
dire una
parola si volta dall’altra parte. I tre giorni
d’ospedale successivi sono stati
un via vai di gente e in tutto ciò nemmeno una parola di
Jessica, non allattava
Peter, ho deciso da solo il nome, e non lo voleva nemmeno in braccio.
Siamo
tornati a casa, nella casa che durante la gravidanza ho comprato e le
ho fatto
arredare a suo gusto e ancora mutismo, avanti così per quasi
un mese intero
fino a quando una sera Jessica si avvicina e da la lieta notizia. Se ne
va.
Parte. Va via con il fotografo delle donne incinte Mike e non sa quando
torna,
anzi non ha intenzione di tornare né di rivedere Peter, che
mi ha amato, ma non
è nulla di quello che sognava per la sua vita, ha 26 anni e
non è quello che
vuole per la sua età. Io ne ho 28 e non sono
d’accordo. Provo a dirle di non
farlo, piango, la imploro quasi ma Peter comincia a piangere e lei
raccoglie la
sua valigia e si chiude la porta dietro insieme a me e alle urla di suo
figlio.
Sono passati
quasi 3 mesi e ora sto
meglio,o almeno ho assunto una maschera per i miei familiari, non
voglio
rendere le cose ancora più difficili di quanto
già siano; la vita da genitore
single non è facile, tanto meno quella di un cantante che
deve fare le tournée,
ma è quello che ho scelto e non tornerei indietro, tanto
meno in momenti come
questi , con il mio piccolo che finisce di bere il suo latte e con il
pancino
pieno mi sorride e si lascia coccolare per digerire. Ho scelto questa
vita e
non ho alcun dubbio anche se sono le 3 di notte, sto camminando per
casa con il
bimbo che ride e non ha la minima intenzione di dormire, come ogni sera
da
quattro mesi a questa parte. Dopo
vari
tentativi metto a dormire Peter e mi siedo sulla poltrona nella sua
stanza, non
ho voglia di andare nel mio letto, lo osservo portare le manine in alto
sulla
testa e i miei occhi sempre più pesanti si chiudono insieme
a quelli di mio
figlio.
No, ancora no!
Mi alzo di scatto
dalla poltronamentre
Peter ricomincia
la sua lamentela notturna, mi sento ancora più esausto e
indolenzito, non è
stato geniale dormire su questa seduta scomoda, mi avvicino alla culla
e prendo
in braccio mio figlio. Carlisle mi avrà detto mille volte di
lasciarlo
piangere, che gli fa bene, tutto ciò è molto
interessante ma sinceramente io
temprerei così il carattere di un altro bambino, mio figlio
non riesco a
farlo piangere anche al costo di restare sveglio tutta la notte.
“Piccolo
mio stanotte proprio non
vuoi far dormire il tuo papino!”gli dico alzandolo dalla sua
culla.
In risposta ho
una risatina e un
sorriso capace di farmi scivolare addosso tutta la stanchezza.
Come posso non amarlo.
“Eh
tu sai come prendermi piccolo
criminale!”gli
solletico il pancino e
Peter continua a sorridere, lo divorerei di baci ma cerco di farlo
riaddormentare ancora un'oretta. Mi sposto in camera mia e ci
corichiamo
entrambi sul lettone, ma di dormire non se ne parla proprio. Peter mi
osserva
ed è ancora più sveglio di prima alle 3,
controllo l’orologio, sono le 6, la
giornata è decisamente iniziata.
“Dovresti
riposarti un po’ di più
sai” provo con la tattica del dormi tu così dormo
anche io, ma niente da fare,
un’altra risatina come risposta. Ma può essere
tanto intelligente così piccino?
Mi appoggio su un lato sorreggendomi la testa con il braccio e a
vederlo
scalciare nel letto, nel letto di mamma e papà, una lacrima
vorrebbe segnare il
mio volto e questa volta la fermo. Ho già pianto abbastanza,
non roviniamo
anche questa giornata.
“
Sai, la tua mamma se ti vedesse
così bello e tranquillo, se ci vedesse così non
se ne andrebbe, non ci
lascerebbe più” Peter mi risponde qualcosa di
incomprensibile, chiudo gli
occhi, respiro profondamente, li riapro e lei non è
più nei miei pensieri.
“Dai
piccolo campione iniziamo la
giornata!”
Come da copione
mattiniero svolgo le
operazioni con velocità e tranquillità.
Tolgo il pannolino, lavo il
sederino, rimetto il pannolino, cerco un vestitino tra i mille che gli
ha comprato
Alice e lo vesto per bene, bavaglino e lo siedo sul suo dondolino,
mentre
preparo il biberon con il latte in polvere. Scaldo il tutto e provo
sulla mano
mi ustiono quasi, apro il rubinetto dell’acqua fredda e cerco
di raffreddare il
contenuto della bottiglietta di vetro faccio altre prove ed eccolo
pronto,
prendo Peter in braccio e gli tengo il biberon, il mio campione che ha
voglia
di crescere, come ogni mattina, finisce il suo latte in pochi minuti e,
dopo
aver fatto il ruttino e il vomitino sulla mia T-shirt, si lascia sedere tranquillo
mentre mi preparo
per andare in casa discografica. Per fortuna sto incidendo il mio nuovo
album e
quindi, da Malibù, devo solo arrivare a Los Angeles. I miei
live, per ora,
sono tutti in zona, ci penserò quando dovrò
promuovere il nuovo disco. Cerco
nell’armadio i vestiti adatti per una giornata di
registrazione e li porto in
soggiorno per non perdere di vista il piccolo che fa le bolle con la
saliva e
si guarda in giro.
Sorrido e sfilo
il pigiama per
indossare un paio di jeans scuri e una camicia, prendo il mio cappello,
e la
sciarpa per la gola, non ho voglia di preparami il cafe, lo
prenderò a Los
Angeles. Pochi minuti per sistemare pannolino
sporco e cucina e alle 8, puntuale come un orologio svizzero, eccononna Esme, la mia tata.
Sono un uomo davvero
fortunato. Prendo in braccio Peter e canticchiando ci avviamo alla
porta ed vedo
mia madre che ci osserva sorridente come sempre.
“Buongiorno
miei adorati!” abbraccia
entrambi e schiocca un sonoro bacio sulla manina di Peter
“Edward, tesoro, che
viso stanco, non hai dormito?” annuisco e le sorrido. Mi
accarezza un braccio e
sorride anche lei.
“Sei
un padre speciale, ricordatelo!
Forza piccolo andiamo a divertirci”. Mi sfila tra le braccia
Peter e si dirige
in soggiorno, lo sistema sul suo piccolo trono e inizia a riporre in
ordine
tutti i giochi sparsi per terra.
Quando Jessica
non voleva tenere il
bambino mia madre è stata la prima persona a cui mi sono
rivolto, l’unica che
potesse capire i miei sentimenti, prima di riuscire ad avere Emmett,
mio
fratello più grande, ha provato per alcuni anni a restare
incinta senza
riuscirci, poi è arrivato il primo, poco dopo io e
inaspettatamente Alice. Da
non riuscire ad avere figli ad averne addirittura tre: gli scherzi
della vita.
Esme, ha ascoltato i miei dubbi e le
mie intenzioni di voler portare avanti la gravidanza, ha parlato con
me, con
Jessica e si è offerta volontaria di abbandonare il suo
incarico, è la
dirigente dell’impresa più famosa della west coast
di fiori e alberi da frutto,
e aiutarci con il bambino. Jessica in un primo momento sembrava
infastidita,
come per ogni cosa riguardasse il bambino che aveva in grembo, ma con
il tempo,
accettando la gravidanza, ha accettato anche l’aiuto di mia
madre. Ed ora è
qui, in casa mia, che gioca con mio figlio, vestita di tutto punto come
nel suo
stile, ma pronta a sporcarsi come una vera nonna, e non posso che
adorarla
ancora di più.
“Mamma,
io vado. Torno per pranzo”
mi avvicino a salutarla.
“Edward,
non preoccuparti, se devi
lavorare stai tranquillo!” mi sorride.
“No,
mamma, voglio tornare a casa. Mi
fa piacere mangiare con voi” do un bacio ad entrambi , saluto
il mio
campioncino e mi avvio verso il portone
“Edward
…” mi volto e mia madre si
sta avvicinando, ha lasciato Peter seduto e si muove nella mia
direzione. Mi
raggiunge e mi abbraccia forte. Oh, mamma.
“Ti
voglio bene. Passerà,
ricomincerà la tua vita e sarà ancora meglio di
prima” ricambio l’abbraccio e
le accarezzo la schiena.
“Lo
so mamma, ma per me così è
perfetto, ho il tuo aiuto che è speciale e ho la mia piccola
sveglia umana che…
ti sta chiamando” Peter lancia degli urletti, lo so, sta per
iniziare a
piangere, devo uscire se no non ne sarò più in
grado.
“Ciao
mamma, a dopo” esco e salgo in
macchina in direzione Los Angeles.
******
“Edward
tutto bene? Aspetta, come è
che lo chiama Emmett? Vitellino?Maialino?” Jacob per piacere.
“Peter,
si chiama Peter” dico
entrando in sala di registrazioni seguito dal mio arrangiatore che ha
intenzione di farmi innervosire ancora un po’ questa mattina.
“Ma
va? Dai! Tuo fratello gli ha
dato quel nomignolo tropo simpatico! Aiutami no!” . Odio
Jake, odio mio
fratello e odio quello stupido nome, ma se non lo dico la giornata non
inizia.
“Jake, Paperotto,
mio fratello lo chiama così
ma sai che lo odio.”
Quando
è nato Peter Emmett non era a
Los Angeles era in missione per la mamma in Italia penso, lui
è l’amministratore
delegato dell’impresa di mia madre, e quando Alice lo ha
chiamato che era nato
il suo nipotino, non mi ha più parlato per due settimane:
era offeso perché non
lo avessimo aspettato, come se si potesse aspettare. Non parlava a me,
ma
veniva ogni giorno a trovare il suo nipotino e ogni volta che si
lanciava sul
mio povero piccolo, Peter cominciava a arricciare le labbrine e Emmett
ha
iniziato a chiamarlo Paperotto perché diceva che le labbra
arricciate
assomigliavano al becco di un papero. Mio fratello è strano,
l’ho sempre
pensato. E da quel momento tutti, non in mia presenza, lo chiamano
così. Quante
volte sento dire ‘Pap … Peter’ Emmett e
i suoi nomignoli per tutti. Alice , per
la sua piccola fisicità ma il suo carattere esuberante,
è soprannominata Zanzarina,
si noiosa come una zanzara, mentre io beh con me non è stato
tanto fantasioso,
i miei capelli ramati evidentemente non gli hanno dato altra scelta, da
quando
avevo pochi anni di chiamarmi Carotino e continua a farlo anche a 28
anni. Ma
nonostante sia fastidioso è prezioso così come
è, mi ha aiutato in questi mesi, come tutta la mia famiglia
del resto.
“Quindi,
Pap … ops … Peter ha
cantato anche stanotte?”
Come non detto.
Jacob, la persona
più eccentrica che conosca, un ragazzone alto, scuro, bello
ma talmente
infantile da far invidia a mio fratello. Ottimo arrangiatore e
musicista e
grande amico, ma con zero voglia di crescere. Ha 25 anni, era un
compagno di scuola
di Alice, suonava in una band e ho sentito subito il suo talento; non
appena si
è diplomato lo ho arruolato nella mia equipe ed è
stato un gran colpo. Mi ha
aiutato nell’ultimo album, e in quello che sto registrando
ora, a scrivere i
pezzi arrangiandoli con grande stile. È merito anche suo, se
ho fatto tutto
questo successo. E anche merito suo se non ho lasciato tutto,
è stato lui a
convincermi a continuare il mio lavoro,devo tanto anche a lui. Devo
qualcosa a
tutti, non è una situazione facile, so che nessuno mi chiede
nulla in cambio,
ma per una persona orgogliosa come me, dipendere dagli altri non
è facile,
tanto meno accettare aiuti di qualsiasi genere, ma o decidevo di
sprofondare
nell’abisso da solo o accettavo gli aiuti delle persone a me
care e risalivo in
superficie per mio figlio e così ho fatto.
“
Domani lo porto con me e
registriamo lui, ha una voce grandiosa” sorrido, Jake mi da
un pacca sulla
spalla e si sposta nella sala ‘comandi’ dove
è già pronto a registrarmi.
Si siede e mi
parla dalle casse.
“Ed,
oggi proviamo ancora Payphone,
quella di ieri era grandiosa, ma ho in mente una cosina
diversa”
Annuisco,
saluto i ragazzi che mi
accompagnano, indosso le cuffie e iniziamo a lavorare.
******
“Ed,
perfetta, direi che il primo
singolo è andato! Complimenti amico!”
Seduti in sala
ad ascoltare il
lavoro di questa mattina Jacob mi stringe calorosamente la mano, il
primo
singolo è finito, pronto per essere consegnato alla casa
discografica ed essere
lanciato sul mercato. C’è così tanto di
me in questa canzone che quasi mi viene
da storcere il naso a condividerlo con tutti i miei fan, ma
è il mio lavoro e
non c’è niente di meglio di scrivere canzoni con
il cuore.
Jacob fa ripartire ancora una volta
la canzone e canticchiandola sorrido. Sarà un successo, se
sono sicuro!
Ne faccio una copia, estraggo il cd
e lo metto in tasca, devo farlo ascoltare a Peter, sarà
fiero del suo papà.
Saluto tutti, esco e torno a casa,
torno dal mio piccolo.
Il traffico a
quest’ora per uscire
da LA è devastante, forse mia madre aveva ragione, ma non ho
voglia di vedere
nessuno, la mia tranquillità è a casa, infilo nel
lettore il cd con la mia
nuova canzone e la faccio partire, si mi convince. L’ho
scritta pochi mesi fa,
pochi giorni dopo che Jessica se ne è andata,
è un lamento, ma in chiave pop, niente
nenia, solo tristezza velata e tanta rabbia. Stringo il volante,
ingrano la
marcia e raggiungo l’autostrada per Malibù, non
voglio pensarci, non voglio
soffrire, voglio tornare nella mia isola, la mia isola felice con Peter.
La mia voce
viaggia nell’abitacoloe
in mezz'ora sono a casa, ma non posso
parcheggiare nel mio garage, una 500 rosa, fatta arrivare direttamente
dall’Italia
è qui. Viziata che non è altra, doveva volere
proprio una macchina dall’altra
parte del mondo? Un ridicolo scatolino rosa per di più.
Rabbrividisco, lascio
la mia macchina sul ciglio della strada e mi dirigo verso la porta,
sento una
grande confusione e mi viene voglia di tornare dove ero. Alice cosa
diavolo sta
facendo li dentro? Cerco le chiavi e prontamente non le ho in tasca,
meraviglioso, stamattina le ho lasciate in casa. Suono il campanello e
nessuno
si degna di venirmi ad aprire. Suono ancora, busso ma in tutta
risposta,
qualcuno, può essere solo lei, alza la musica a tutto
volume, ma in tutto ciò
non sento lamentele, Peter non sta piangendo. Sorrido e scendo dalla
scaletta
in spiaggia, la mia casa, la solita casa a schiera di Malibù
sulla spiaggia. Mi
levo le scarpe, il cappello e mi lascio accarezzare i capelli dal vento
di
mare, che meraviglia, il sole di Marzo mi scalda il cuore.
“Bellissimo,
stai immobile” chiudo e
gli occhi e faccio come mi ha detto quella Zanzarina maledetta.
La sento
correre e tornare verso di
me, poi il click della sua macchina fotografica.
“Ali,
quella non andrà sul tuo blog,
chiaro?” lei e la sua mania dello shopping convogliata nel
suo blog, va di moda tra
le ragazze, ma Alice, che ha sempre tutto quello che vuole,
è riuscita a farlo
diventare il suo lavoro. È invitata alle sfilate, le case di
moda richiedono i
suoi pareri, e sta pensando di disegnare i suoi modelli, un vulcano.
“Fratellone,
come sei. Con il tuo
nuovo album e le mie foto, sai che successo?” ride.
“Correrò
il rischio di fare successo
solo con la mia musica, comunque grazie. Posso sapere cosa era quel
casino? Peter?”
chiedo con preoccupazione.
“Che
noioso, era la tua musica, stavo
ballando con il mio pap… nipotino” le lancio
un’occhiata e sorridendo continua “
noioso, è in casa con la mamma, sta mangiando, tu hai
mangiato?” mi chiede
prendendomi sotto braccio.
“No,
andiamo Zanz…Alice”mi pizzica
il braccio e entriamo in casa.
“Tesoro,perché
passi dalla spiaggia?
Potevi bussare no?” mia madre mi guarda come se fossi un
alieno, Alice ride e
alzo le braccia al cielo in segno di resa.
“Dove
è il mio piccolo? C’è papà
Pete”
Ed eccolo bello
come sempre, deve appena finito di
mangiare ed è sul suo dondolino che si riposa, dura la vita
per lui.
Lo prendo in
braccio e lo coccolo,
baci e carezze e lui sorride.
“Come
è fortunato questo bimbo, a me
coccole non me ne da nessuno” Alice si intromette e si
lamenta.
“Povero
Jasper” mia madre parla per
entrambi, fingo un inchino e ci avviciniamo al tavolo con il mio bimbo
in
braccio per il pranzo.
Racconto di
aver finito la canzone
oggi, insieme al mio agente Alec, porterò il singolo al mio
produttore Aro per
iniziare la distribuzione. La copertina del cd è
già pronta, anche quella per
il singolo, ho scelto un disegno, un disegno di un bambino di schiena
con un
pupazzo di paperino in mano. Ok, forse piace anche a me quel
soprannome. Finito
il pranzo, aiuto mia madre a sparecchiare, carico la lavastoviglie,
gioco con
il mio piccolo mentre ascoltiamo la canzone. Peter ascolta in silenzio,
gli
piace. Piace anche alle mie due donne, mi abbracciano e sono contente,
sono
contente sia di nuovo a lavoro, che la mia vita abbia ripreso il solito
ritmo,
ma non sanno che non è così, non sanno che ogni
tanto, almeno una volta alla
settimana, torno in automobile davanti al teatro dove ho conosciuto
Jessica.
Parcheggio la macchina, inserisco la canzone che stavo contando quando
l’ho
vista, appoggio la testa sul volante e piango. Loro non sanno che il
mio cuore è
ancora distrutto, che non ho più intenzione di riaprirlo con
nessuno escluso il
mio bambino. Ed è giusto che non lo sappiano, è
giusto che almeno la loro vita
continui nei migliori dei modi, sono io quello che deve soffrire, sono
io
quello che è stato accusato di aver rovinato la vita alla
donna che amava, sono
io quello che è stato abbandonato, non loro.
“Tutto
bene Ed?” Alice mi osserva e
mi stringe la mano.
“Si,
ero solo sovra pensiero” mi
stringe ancora e mi sorride.
“Quella
canzone è stupenda, e tu sei
il miglior fratello che potessi avere,ah e la tua foto online ha
già avuto
centomila visite e non ti dico i commenti alcuni da censura, sai che
alcune
fans venerano i tuoi piedi? Cosaci
sarà
di interessante di un paio di piedi di un cantante, ora vado a scrivere
che
quando eri piccolo avevi avuto un unghia incarnita, vediamo se venerano
anche l’unghia
incarnita del fighissimo-Edward-fai-sesso-con-me-Cullen” la
lascio finire la
sua storiella e non riesco a non ridere.
“Come
ogni volta, fai sempre quello
che vuoi è Ali? Fiato sprecato con te, mi associo alla
mamma, povero Jasper” le
bacio la testa e cedo mio figlio a mia madre e saluto prima di uscire.
“Ah,
sorellina, la prossima volta
che parcheggi quella scatola al mio posto, sappi che non
avrò pietà e la schiaccerò
con la mia Volvo, che auto di merda Ali” la prendo in giro,
so quanto ci tenga
alla sua 500.
“Prova
a toccarla e pubblico le tue
foto nudo che ho nel mio archivio” sgrano gli occhi nella sua
direzione.
“Scusa?
Hai delle mie foto nudo? E
per quale diavolo di motivo? No, non voglio saperlo, mi hai sconvolto,
parcheggia dove vuoi , ora devo scappare a vomitare. Ciao
famiglia.” ed esco.
Dovrò
trovare quelle foto, non posso
fidarmi di lei, salgo in macchina e parto ancora shockato verso Los
Angeles,
quando il mio cellulare squilla, è un sms.
Sei
proprio un credulone , le uniche foto di un uomo nudo che posseggo sono
quelle
del mio nipotino, ma sono mie private. Potrei farle a Jasper
però, grazie dell’idea!
Ti voglio bene. Ali
Oddio, sempre
peggio.
Povero
Jaz (siamo a tre). Ti voglio bene anche io.
Il pomeriggio
procede nel migliore
dei modi, l’incontro con Aro è stato perfetto. Ha
ascoltato il brano, mi ha
fatto i complimenti e ha programmato per la prossima settimana il
lancio e le
interviste di rito.
La mia vita va avanti ma tu non ci
sei. Nessuna chiamata, nessun messaggio, nemmeno una mail.
Ma come cazzo si può lasciare una
vita così? Un ragazzo innamorato, un bambino.
Pensavo di aver trovato l’amore ma
evidentemente mi sbagliavo, mi sbagliavo eccome.
Torno in sala di registrazione e con
Alec e Jacob mettiamo in scaletta gli altri brani, alcuni sono solo da
ultimare, alcuni da registrare da zero. Tanto lavoro per me, tanto
lavoro per
non farmi pensare. No, non è vero, le canzoni sono tutte per
lei e per Peter,
non riuscirò mai più a scrivere una canzone per
qualcun'altra. Non riuscirò mai
più a innamorarmi di qualcun'altra.
Il mio telefono squilla e attira la
mia attenzione, portandomi a galla dall’abisso dei miei
pensieri.
Un sms.
Stasera
cenetta intima io e te e Peter, non dirmi di no. Sono già da
te. XX Emmett
Addirittura due
baci? Mio fratello è
da ricovero ma io sono peggio di lui.
Non
vedo l’ora di mettere a letto Peter. XXXXXXXXXXX Ed
La sua risposta
è immediata, lo
sapevo.
Fratellino.
Non spaventarmi. Sai cosa ho in mente io.
Pizza,
birra e Xbox?
Complimenti,
tu si che mi conosci! E ho in mente Rosalie, Alice non vuole aiutarmi,
devi
fare qualcosa ti prego!
Ancora
Emmett? Alice ha ragione. B.A.S.T.A!
Rosalie, la
sorella di Jasper, l’incubo
di mio fratello. Ne è innamorato da quando Jaz ce
l’ha presentata una sera. Anche
Jessica la conosceva, sono colleghe, Rosalie è una delle
modelle più in voga
del momento e beh diciamo che non ha intenzione di crearsi una storia
seria. Ha
24 anni, e vuole vivere la sua vita in giro per il mondo. Con Emmett
sono
usciti insieme, penso siano anche andati a letto insieme, ma per lei
è finita
li. È partita per le settimane della moda in Europa e Emmett
voleva partire a
rincorrerla per il mondo.
Con calma io e Alice lo abbiamo
convinto a dimenticarla, ma niente da fare. Le
manda fiori, regali, penso che la denuncia
di stalking sia già partita. È innamorato, non
c’è niente da fare, e io lo
capisco.
Siete
due infami. A dopo tesorino XX
Basta
con questi baci.(XXXX)
Sorrido e con
la mente più libera
grazie agli sms di Emmett torno a casa, dal mio bambino e pronto per la
serata
con mio fratello. Pronto per non pensare a niente. Se solo fosse
possibile.
Buon
giorno!
Grazie a chi è passato, chi ha messo la storia tra le liste
e chi ha recensito.
Conosciamo un po' meglio la storia del nostro cantante papà.
L'album a cui faccio riferimento è l'ultimo dei Maroon 5 la
mia droga e Payphone è il loro primo singolo.
La copertina invece me la sono inventata:)
La casa a Malibù ora cerco nelle rivesti di archiettura la
mia idea poi vi faccio vedere:)
Per quanto riguarda il cantante beh lo immagino come la via di mezzo
tra i miei amori: Robertino e Adamo( il cantante dei Maroon5) vi lascio
due foto che mi hanno ispirata! (Foto1
- Foto2)
Bon , ah! Se qualcuna di voi ha una 500 rosa non prendetela, io la
adoro, ma Edoardo no!XD
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Bacione
Giu
“Puoi
fare piano per piacere” Emmett
sul mio divano urla come un matto, sta perdendo al videogioco
ovviamente,“se lo
svegli poi stai tu qui stanotte e io vado a casa tua, ti
avverto” cerco di
minacciarlo.
Si porta l’indice alle labbra e
continua la sua rappresaglia contro il videogame in silenzio. Ma
è convinto che
lo avrei mai fatto? Piccolo ragazzo ingenuo in una scatola di 100 kili.
“Vuoi un’altra birra?” chiedo e lui
annuisce sempre in silenzio. Oddio ci ha creduto davvero.
Mi alzo e vado in cucina, apro il
frigo e estraggo altre due birre. La serata è stata
piacevole, come quelle che
mi costringe a trascorre in sua compagnia. Almeno una volta a settimana
me lo
ritrovo in casa, con pizza al seguito, è il modo che ha per
farmi sapere di
starmi vicino e lo apprezzo.
Torno al divano con la birra, gliela
porgo e mi rilasso guardandomi in giro.
La casa è ancora come la ha voluta
lei, i suoi mobili, i suoi quadri e in camera mia ci sono ancora le sue
foto.
Perché te ne sei andata Jessica …
“Em, pensavo che dovrei cambiare
qualcosa in questa casa …” confesso a mio fratello.
“Va bene tutto, ma non questo
divano, è così comodo, se lo cambi lo compro
io” sempre il solito.
“No, divano escluso, davvero, vorrei
riuscire a cambiare qualcosa di questa casa, mi segui?” non
voglio dirgli di
voler cancellare Jessica su, scimmione arrivaci da solo.
“Aspetta …” ecco, grazie signore,
“nemmeno la tv, è l’ultima generazioni,
non ne troveresti di meglio.” Ok. Non
ha capito niente.
“Fa lo stesso, lasciamo stare” porto
l’attenzione al gioco nello schermo.
“Ed, su, stavo scherzando, è un
ottima idea, se vuoi domani ti chiamo la mia arredatrice” no,
di nuovo lei no.
“Emmett ci hai già provato, non
voglio Angela, me l’hai portata il mese scorso in casa, mi
aveva chiesto di
uscire e non l’ho più chiamata, direi che non
è il caso.” Non cambia mai.
“Certo che sei difficile” Senti chi
parla.
“Ti dico solo un nome: Rosalie” Ti
sta bene.
“Lei è diverso”
Emmett abbandona il joystick sul
divano e appoggia le braccia alle ginocchia e si tiene la testa tra le
mani,
sembra disperato e mi dispiace, ma proprio io devo sfotterlo?
“Em, ne vuoi parlare?” chiedo con
tono sommesso.
“Ed, lei è perfetta, è
l’unica che
voglio, perché deve fare così la difficile, lo so
che le piaccio, me lo ha
detto” povero il mio fratellone.
“Ti ha anche detto che per ora non
ha intenzione di impegnarsi, rispetta il suo volere Emmett,
è meglio per
entrambi, fidati” Dio che sfigati che siamo.
“Penso che dovremmo abbracciarci” mi
dice ammiccando.
“Direi proprio di no, non ti
offendere, ma con tutti i baci che mi hai mandato oggi, non me la sento
di
abbracciarti, senza rancore fratello” rispondo ammiccando.
Ma perché dobbiamo sempre fare i
cretini a questo modo?
“Che fratello insensibile” e mi
regala un pugno sulla spalla come faceva da ragazzino, cazzo che male!
“Il solito stronzo” e mi strofino la
spalla con la mano per non sentire dolore.
“Carotino, scherzi a parte, è una
grande idea quella di cambiare qualcosa in casa, io comincerei da
camera tua,
letto nuovo, figa nuova.” Oddio ma che animale è?
“Che eleganza Em. Comunque si, parto
da camera mia, domani chiamo Alice e mi faccio accompagnare da
lei.” È la
soluzione migliore.
“Edward, ti ricordo che tra dieci
giorni è il compleanno della Zanzara, hai qualche idea tu?
Cazzo. Cosa regalare
a chi ha già tutto? E a dire il vero non me lo ricordavo.
“No, non ne ho idea, anzi me ne sono
dimenticato” confermo a mio fratello.
“Ovvio, sentivo da papà, che ha
intenzione di fare una festa in grande per i suoi 25 anni, a casa loro,
con
festa prima nel pomeriggio e poi avanti tutta la notte; quella
è pazza.” Non
sono mai stato così d’accordo con mio fratello.
“é consapevole che io ho un figlio
vero?” mi trovo a dire.
“Da come ho capito io, e ti dico
tutto, fa questo compleanno lunghissimo per avere di pomeriggio te ePeter”vista
così ha il suo senso.
“Beh dai ma allora è carina,
comunque non penso di riuscire a venire, tra il lavoro e Peter non so
se me la
sento” provo a dire.
“Non avrai scampo bello.” Ha
ragione.
“Potremmo comprarle qualcosa per
quella scatola rosa!”Grande idea Edward!
“Io non ci penso nemmeno, odio
quella cosa rosa, occupatene te!” Grazie mille fratello.
“Ci penseremo.” Affermo mentre Emmett
riprende in mano il joystick e lo seguo riprendendo la birra e facendo
continuare la serata tra urla sommesse e calci per intimare mio
fratello di non
far rumore e svegliare Peter.
*********
No, non anche
stanotte. Ti prego
Peter.
Solito copione. Solita storia:
piange, mi alzo, coccole, musica, latte, coccole, letto.
Così alle 2 e cosi
alle 6. E si ricomincia la giornata, arriva mia madre, vado a lavorare,
finisco
un'altra canzone, fisso appuntamenti, torno a casa, latte, coccole,
letto. La
mia vita un elenco di azioni, intervallate solo dai sorrisi di mio
figlio.
Azioni una di seguito all’altra, mi trascino avanti. Ho
cambiato la camera da
letto, Alice mi ha aiutato ed è stato bello, come una
liberazione, come se una
parte di me si fosse svegliata.Ho
scelto
nuovi mobili, un letto di legno bianco e un grande armadio
anch’esso bianco, ho
fatto installare le casse anche in camera, sono un musicista
d’altronde. Ho
avuto anche l’idea per il regalo di Alice, mi ha sempre detto
di non fidarmi di
lei e di non lasciarle mai Peter, bene, le ho comprato un seggiolino
d’auto per
la sua 500. L’ho comprato blu però, non potevo
permettere che fosse rosa anche
quello. All’altra parte del regalo ha detto che ci stava
pensando Emmett e ho
davvero paura. Non oso immaginare. Alice , super organizzata come
sempre ha
chiamato oggi per confermare la mia presenza e quella di Peter, sono
stato duro
le ho detto di no, ma che poteva passare prima a prendere il regalo, ma
ha
cominciato a lamentarsi ed è arrivata quasi al punto di
pregarla per venire, la
odio quando fa così ma non posso fare niente che assecondare
ogni suo
desiderio.
Oggi sono felice, c’è il lancio del mio
nuovo singolo e con me a Los Angeles vengono anche Peter e mia madre,
sono euforico,
è la prima volta che esco in modo ufficiale con mio figlio,
i paparazzi ci
hanno già fotografato mille volte senza il mio consenso ma
questa volta è
diverso.
Sto guidando la mia macchina con i
due passeggeri dietro che giocano e ridono, mia madre sembra
più piccola di
Peter, ci stiamo avvicinando all’ Apple Store di Beverly
Hills ed è li che
canterò il brano e mi fermerò per veloci
intervistee
autografi con i fans. È da parecchio tempo
che nonfaccio un
live e l’adrenalina si
sta facendo sentire, non c’è nulla di meglio per
un cantante che mettersi alla
prova dal vivo, davanti ai propri sostenitori. Canticchio in auto per
scaldarmi
la voce quando la mano di mia madre raggiunge la mia spalle e la
stringe per
cercare di darmi anche la sua forza e canticchia la canzone con me.
“Ma allora ti piacciono davvero le
mie canzoni”sorrido.
Quando le avevo detto, dopo essermi
diplomato, di non aver intenzione di andare al college ma di voler
provare la
carriera del cantante, beh, non l’aveva presa molto bene. Mio
padre, grande
sostenitore dei sogni nei cassetti, non ha fatto una piega al contrario
di mia
madre; lei non mi ha mai detto di no, ma non è stata di
certo la mia prima fan.
Per quello c’è Alice.
“Mamma, sabato per la festa di
Alice, quanto mi devo spaventare?” la osservo dallo
specchietto retrovisore.
“Edward, caro, vorrei dirti di no,
ma non posso. La conosci tua sorella.” Oh no.
Sbatto la testa sul volante, mia
madre ride e in un secondo siamo arrivati, la aiuto a scendere e prendo
in
braccio il mio bambino e uno sciame di fotografi ci segue, questa volta
non mi
tiro indietro, nascondo il visino del mio bimbo per la sua sicurezza e
lascio
che scattino delle foto. Entriamo nel centro commerciale e tra le urla
lascio
mio figlio, stranamente tranquillo, in braccio a mia madre e mi dirigo
verso
Jacob e Alec.
Cambio la camicia, un parrucchiere
cerca di calmare i miei indomabili capelli e sono pronto.
Dopo tutti i riti scaramantici, come
volta che canto live, due guardie mi scortano tra le persone presenti e
mi
accompagnano su un palco. Saluto i presenti e inizio a cantare; con
piacere
scopro che i miei fan conoscono già la canzone che passa
nelle radio da due
giorni. Chiedono altre canzoni e decidiamo con Jacob di cantare due dei
miei
successi e mi sento vivo come non mai. Che sia la musica la mia droga,
che sia
lei in grado di tirarmi fuori da tutto questo casino che è
la mia vita. Canto e
guardo la gente che balla e canta con me, guardo mia madre che sorride
e mio
figlio che spalanca gli occhi nella mia direzione. Canto e sto bene.
Nonostante altre richieste scendo
dal palco e mi catapultano nelle zone private del centro seguito da mia
madre e
Peter.
“Edward è stato grandioso! Cantavano
tutti!” Jake mi stringe la mano e sorrido.
“Davvero, tutto l’album sarà un
successo”anche Alec si unisce al coro.
E poi arriva lui, la gioia della mia
vita che ride, ma come fa ad essere così vigile a quattro
mesi! Lo prendo in
braccio e mi godo questa stupenda giornata che ancora non è
finita: è il
momento delle interviste e agli autografi.
Per prima si presenta una
giornalista di MTV che mi fa alcune domande sull’album per
poi passare al
personale ma è subito bloccata dal vigile Alec che arriva in
mio soccorso; poi
altre TV e giornali e poi lei. Alice. Ma che cazzo ci fa qui?
“Spiegami perché dovrei rilasciarti
un’intervista” le chiedo.
“Si da il caso, che tu abbia davanti
la nuova giornalista free lance di Vogue. Rispondi alle mie domande su,
ho da
fare io!” Free lance? Vogue?
“Ma il tuo blog? Alice, è
fantastico! Ma come hai fatto?” La abbraccio forte.
“Ehi, ehi! Tranquillo il blog va
alla grande, così bene che la redattrice di Vogue ha voluto
conoscermi e mi ha
offerto questa opportunità. Tratterò gli eventi e
le mode di Los Angeles.”
E complimenti alla Zanzarina!
“Sono felicissimo per te! Non sai
quanto!”
“Fratellino! Si è stato un colpo
anche per me. Isabella ha creduto in me! La conoscerai viene alla mia
festa
sabato.”La festa.
“Alice, io, ecco non so ...” Provo a
dire ma si avvicina troppo.
“Senti Edward, non ci provare. Ho
detto tutto.” Ok. E io non posso dire altro.
“E ora fammi il piacere di farmi
lavorare.”
Annuisco e mi fa le sue domande,
chiede del nuovo disco e niente altro. Brava sorellina. Le accarezzo la
testa e
mi faccio scortare verso i fan lanciandoocchiate a Peter sempre in braccio a sua nonna.Ritorno dai miei
spettatori e inizio a
autografare i cd che hanno appena comprato, che emozione.
Alcune ragazze più disinibite chiedono
delle dediche forse troppo audaci anche per me, sorrido e mi limito a
scrivere
il loro nome e firmare.Le
guardie dello
Store incanalano le persone nella mia direzione e in poco tempo riesco
a
ringraziare tutti sempre con lo sguardo a mia mamma, a distanza di
sicurezza,
con Peter in braccio.
Manca solo un’ultima ragazzina,
molto giovane.
“Ciao! Dimmi il tuo nome”sorrido e
prendo il cd.
La sua mano prende la mia, la
guardia è già sull’attenti ma in un
secondo, la gira mano e vi lascia un
biglietto dentro per scappare in un secondo.
Ma che diavolo?prendo il bigliettino
e lo apro; è la scrittura di una donna, non di quella
ragazzina.
È un numero di telefono con un
messaggio. ‘Ho
mandato mia figlia, so che ti piacciono i bambini. Ti voglio,
chiamami’ Sgrano
gli occhi, ma che cazzo
succede alla gente? Adesso si usano anche i bambini? Ne ho ricevute
parecchie
di avance da fans ma una cosa del genere mai, è al limite
del credibile. Tengo
il biglietto come prova della pazzia umana, ringrazio guardie e addetti
ai
lavori, e torno dai miei due accompagnatori.
“Piccolo! Andiamo a casa forza!”
prendo in braccio Peter mentre Esme mi accarezza la schiena.
Le racconto del biglietto e
sconvolta si lascia andare in una risata sarcastica.
Torniamo scortati all’automobile
sotto la luce dei fotografi, mi fermo, copro il volto a Peter e lascio
che
scattino qualche foto per poi lasciare il bimbo alla nonna e mettermi
subito al
volante verso casa.
Impieghiamo più di un’ora grazie al
traffico e alle strade bloccate per qualche film. Questo mi ricordo che
presto
dovrò registrare il video musicale della canzone, ho chiesto
che sia in zona,
non voglio ancora partire, non me la sento di lasciare Peter per un
giorno
intero, è ancora troppo piccolo e non voglio pesare troppo
sui miei che già
fanno tantissimo per me. Devo ricordarmi di insistere sulla location,
Los
Angeles andrà benissimo, ci gireranno duemila film e video
musicali, non vedo
perché non si possa girare qui anche il mio.
Imbocco l’uscita autostradale di Malibù mentre
Peter si è addormentato, Dio
benedica l’influsso del movimento sul sonno dei bambini.
Qualche sera fa, dopo
gli ennesimi strilli, ho caricato mio figlio sulla Volvo e ci siamo
concessi un
giretto sul lungo mare di Malibù , avanti e indietro fino
allo sfinimento,
avanti e indietro fino che le palpebre di Peter si sono chiuse.
Arrivati a casa è una lotta contro
ogni genere di rumore, mia madre lo slega dal seggiolino , lo prende in
braccio
e scende dall’auto con grande attenzione, nel frattempo io
apro ogni porta e li
accompagno in avanscoperta fino alla cameretta. Esme lo accomoda nel
lettino,
prendo il monitor per sentirlo e ci avviamo in soggiorno. Che squadra.
Che
ritmo. Se solo ci fossi anche tu Jessica.
“Edward, eri così felice oggi, cosa
succede?” Mia madre e la sua empatia.
Sin da quando io e i miei fratelli
eravamo piccoli, ogni cambiamento d’umore, ogni problema a
scuola o in generale
lei lo capiva senza alcuna parola, solo osservando i volti, i nostri
occhi.
Chissà se quando sarà grande sarà
così anche per me con Peter. Dubito, deve
essere un legame molto più profondo, quel legame che si
instaura nei 9 mesi di
vita insieme, il legame che ha solo la mamma con il suo bambino, quel
legame
che Jessica ha strappato così violentemente.
“Mamma, niente. Mangi con noi
stasera?” Provo a cambiare discorso.
“Oh tesoro, grazie ma tuo padre mi
porta fuori a cena stasera, mi dispiace, vuoi venire anche tu?
Chiamiamo Alice
per Peter!” Per l’amor del cielo. Cena con mamma e
papà da solo, rovinargli la
serata e lasciare l’uragano da solo in casa mia con Peter?
No. No.
“Mamma tranquilla, un’altra sera” sorrido.
“Edward, devi fidarti di Alice, su,
hai visto cosa ha organizzato per avere il suo nipotino alla sua
festa!”Ma
riuscirò mai a non farmi leggere nella mente da mia madre?
“Se non mi fidassi non le avrei
fatto quel regalo” in effetti me ne pento “e poi
lei più c’è da festeggiare
meglio è, lo sai come è tua figlia, ha
sicuramente un’idea sotto,non ho capito
cosa, ma sta tramando qualcosa.” Sherlock Holmes che
è in me dovrà indagare.
“Sei troppo complicato Edward, vuole
solo suo nipote e suo fratello vicini per il suo venticinquesimo
compleanno” Se
lo dice lei.
“Ci sarà la stampa?” Dimmi di no,
dimmi di no.
“Lei ormai è di Vogue, ci sarà solo
un fotografo, no forse due se contiamo anche Jasper,poi la nuova
giornalista,
ovvero tua sorella e la sua redattrice, Isabella se non
sbaglio” Isabella…
“Ah già Alice mi aveva parlato di
questa Isabella, mamma però io non voglio foto, e
soprattutto Peter” provo
ancora.
“Sei esasperante figlio mio, Alice
lo sa, non dubitare di lei.”Cuore di mamma.
Esme controlla l’orologio e
sussulta, mi saluta e mi da il solito appuntamento al giorno successivo.
E rimaniamo come quasi ogni sera io
e Peter, mi avvicino alla camera di mio figlio e lo osservo riposarsi,
ha perso
il ciuccio e con la bocca semiaperta respira e sembra sorridere; le
braccia
alzate vicino al visino e il petto che si alza e si abbassa, una
piccola vita
che cresce.
La stessa vita che era dentro al
ventre di Jessica, e ripenso a quella volta che ho sentito Peter
muoversi, le
notti che guardavo Jessica dormire e vedevo il pancione respirare:
emozioni
così forti che non dimenticherò mai. Come
può invece una madre dimenticarle?
Socchiudo la porta e torno in cucina, prendo una birra e mi appoggio al
bancone. Dovrei mangiare ma non ne ho voglia, la bellissima giornata di
oggi mi
ha già lasciato per far ritornare quel senso di stanchezza
cronica che mi
prende ogni sera. Cerco di pensare a Peter e mi tranquillizzo, ma
stasera è una
di quelle sere che non basta; lui è la mia vita, ma
è una vita a metà. Penso di
stare bene, di stare meglio, oggi mi sentivo meglio, ma non
è vero, è solo una
sensazione momentanea. Non posso passare la vita, le mie intere
giornate a
cantare live con mio figlio che mi osserva, sarebbe stupendo ma non
è la
realtà. Bevo un sorso di birra e appoggio la testa al
bancone, vorrei solo
dormire, e non pensarci, non pensare altro che al mio futuro insieme a
Peter,
io e lui.
Finisco di bere controllo il
cellulare, nessuna chiamata, e chi dovrebbe farlo se non i miei
parenti? Sono
solo, gli unici amici sono i miei collaboratori e di certo oggi non
hanno nulla
da dirmi. Chi dovrebbe mai chiamarmi? Lei non lo farà.
Edward se ne è andata.
Non ti chiamerà. Getto nel cestino la bottiglia e do un
calcio al muro appoggio
la testa e vorrei piangere, vorrei piangere fino a perdere i sensi, ma
il mio
angelo me lo impedisce. Dalla radiolina lo sento piangere, a gran voce.
Lui è
la mia luce. Peter è la mia speranza per ricominciare.
“Piccolo sto arrivando” e il sorriso
torna sul mio volto “paperotto” si alla fine mi
piace come nome “ non piangere
arriva papà”.
******
“Ma
cosa sei imbecille? Ma ti sembra
un regalo da fare a tua sorella?” Sono incredulo e incazzato.
“Carotino non esagerare su!” Mai
fidarsi di Emmett. La sua parte del regalo è decisamente
fuori luogo e inappropriata.
E, come se non bastasse, si diverte a prendermi per il culo e a darmi
del
vecchio. Si, perché è normale regalare ad una
sorella, ripeto ad una sorella,
minore per di più, ad una festa con parenti, mamma e
papà in primis, un, non
saprei neanche come chiamarlo senza essere volgare.
“Ma va di moda, l’ho letto sul suo
blog” continua Emmett “lo ha scritto lei che un
must di questo periodo sono i
vibratori” ecco l’ha detto.
“Sai quante cazzate scrive Alice? Ti
sembra il caso di assecondarla? Che faccia faranno mamma e
papà?” Un vibratore.
Le ha comprato un vibratore fucsia con dei brillantini. Non metto in
dubbio che
potrebbe essere un attrezzo divertente, ma non un regalo per tua
sorella, non
un regalo alla sua festa di compleanno.
“E dove lo avresti comprato?” almeno
questo voglio saperlo, voglio preparami a morire dal ridere.
“Internet fratello, il buon caro
internet. Scelto, ordinato e spedito a casa” Uno a zero per
Emmett.
“Già che sei tanto sveglio, spiegami
come le diamo questo … “
“Vibratore, Edward, forza sciogli i
tuoi tabù” ma che tabù!
“Emmett, per cortesia, come vuoi
darle questo v i b r a t o r e,” scandisco le lettere una ad
una”magari davanti
a Jasper, con un biglietto con scritto ‘Fatene buon uso
’?” trattengo a stento
la rabbia che si tramuta in risata.
“Carotino, hai bisogno di una donna,
subito, sei acido” e ridiamo insieme.
Emmett ha ragione. Sono acido.
“Mi sento peggio di nonna Elisabeth,
lei era più giovanile, Emmett sono un vecchio in un corpo di
un 28
enne!”Continuiamoa
ridere e mio
fratello mi regala una pacca sulla spalla.
“Acidello andiamo, ci penseremo dopo
al regalo.”
Sabato è arrivato e Emmet è da me da
questa mattina per controllarmi, non vogliono rischiare che gli faccia
una
bella sorpresa all’ultimo minuto come ho quasi sempre fatto
in questi tre mesi.
Peter è più vispo e bello del
solito, ci ha pensato la zia a conciarlo per le feste.
Non so dove abbia comprato quei
vestitini ma lo ha veramente vestito benissimo: una magliettina a righe
bianca
e blu e un paio di pantaloni di tuta blu. Un piccolo ometto. Lo alzo
dal suo
seggiolino e riempiendolo di baci lo affido alle cure dello zio per
andare a
preparami.
Camicia azzurra, pantalone scuro questo
è il mio abbigliamento con la mia immancabile sciarpa; la
mia voce è sacra in
questo momento. Impiego pochi minuti a vestirmi e a far finta di
pettinarmi i
capelli e torno dai due ragazzi in cucina.
“Paperotto, oggi devi stare
buonissimo!” cerca di convincerlo Emmett.
“Zio Emmett, Peter è sempre
bravissimo, e poi fidati il convincimento vocale con lui non
funziona.” Li
lascio ancora parlottare e preparo la valigetta di Peter. Pannolini,
salviette,
cremine , maglietta e pantaloni in caso di disastri fuori portata
pannolino,
ciuccio, biberon e latte in polvere Ricontrollo scrupolosamente tutto e
ci
siamo!
Il regalo per Alice è già sulla mia
Volvo, mi sono portato avanti.
“Ragazzo sono pronto!” annuncio a
gran voce.
“Bene Mammino, andiamo!” Emmett si
stringe Peter e usciamo di casa.
Nonostante la festa inizi alle 4 ho
deciso di andare prima per far mangiare Peter e riuscire a farlo
dormire un po’
prima dell’arrivo degli invitati. Casa dei miei è
a Santa Monica una villa sul
mare anche quella ma beh decisamente più grande della mia.
Mamma ha lasciato camera mia, quella
di Alice e di Emmett, sebbene nessuno dei tre abiti più li,
come ai tempi del
liceo, dice che è un modo per ricordare i bei tempi. Da casa
mia, senza
traffico, dista una mezzoretta ed è abbastanza comoda anche
per gli spostamenti
quotidiani di mia madre.
Osservo nello specchietto
retrovisore Peter legato nel suo seggiolino e piano piano inizia a
chiudere gli
occhi.
“Se siamo fortunati la belva non si
sveglia prima della festa” Emmett incrociando il mio sguardo
mi toglie le
parole di bocca.
“Si, solo che chiedere del silenzio
in casa mentre Alice sta organizzando la festa del secolo mi sembra
improbabile”
rispondo amaramente.
Raggiungiamo la casa e mio fratello
aziona il cancello, ha il telecomando che io distrattamente avevo
dimenticato.
“Eh se non ci fossi io Carotino”
sorrido e l’automobile percorre la stradina privata
costeggiata da alberi che
ci conduce a Villa Cullen, un’enorme tenuta con giardino, e
spiaggia privata.
Parcheggio l’auto affianco a quella
di Alice e con i soliti movimenti studiati facciamo scendere Peter
senza
svegliarlo. Bravo il mio bambino.
Mamma e papà ci vengono incontro e capiscono
immediatamente che il loro nipotino sta riposando, mia madre mi cinge
la vita
con un braccio ed entriamo in casa.
Il salone d’ingresso è addobbato
all’inverosimile
ed è ovviamente tutto rosa.
Guardo sconcertato mia madre che mi
sorride e saliamo la grande scalinata per accedere alle camere. Porto
Peter in
camera mia e lo adagio sulla piccola culla che è stata
sistemata qui in caso di
necessità, accendo il monitor e chiudo la porta.
“Mamma ma cosa è? Papà di qualcosa
almeno tu” Emmett ride sommessamente alle mie spalle.
“Tesoro su, è tua sorella” mia madre
cerca di trattenere le risate anche lei.
“Edward, lasciamo stare e andiamo a
bere qualcosa.” Bravo Carlisle, è
l’unica soluzione. Il gruppetto Cullen
scende la scalinata e ogni
scalino controllo che dalla radiolina non provenga rumore, sono un
padre
ansioso, non ci posso fare niente.
Passiamo l’ingresso e ci dirigiamo
in soggiorno dove sono stati posizionati dei tavoli al lato della
opposto della
grande parete finestrata che da sul parco. I tavoli sono fasciati da
una
tovaglia bianca, morbidissima al tacco, e decisamente
l’addobbo è meno
accecante e infantile rispetto all’ingresso. Vi sono sedute
sparse per la sala
e in fondo vicino alla vetrata c’è una specie di
box pieno di giocattoli, Alice
è consapevole che Peter ha 4 mesi e non 4 anni?
“Ci sono altri bambini Edward” mia
madre e le sue alle mie domande mentali.
Mi accorgo davvero di essere
intollerante e mi dispiace, le persone che mi vogliono più
bene cercano di fare
tutto per me ed io l’unica cosa che riesco a fare
è trovare ogni difetto,
riuscirò a tornare quello di prima, un uomo felice? Mi avvio
verso la finestra
ed esco in giardino dove anche qui sono posizionati tavolini,
l’aria di marzo è
tiepida, si sta bene. Socchiudo gli occhi e ricordo i tempi da bambini
ai
nostri bagni in piscina a quanto era bello essere a casa con i genitori
al
sicuro, sospiro e ritorno in casa.
“Alice è efficiente come sempre,
dove è quella piccola pazza?”chiedo a
mia madre, mentre osservo Emmett gironzolare intorno alle ragazze del
catering.
E Rosalie?
“è in cucina! Vai a farle gli auguri”
mi sorride Esme.
“Agli ordini signora”torno nell’atrio
e continuo dritto verso la cucina, l’enorme cucina di marmo e
legno che Esme si
è fatta arrivare dall’Italia, le donne Cullen e la
mania per l’Italia.
Il profumo di cibo è fortissimo e
invitante,apro la porta e dentro vi saranno una decina di persone
intente a
lavorare. Mi appoggio alla porta ed eccola che arriva saltellando tra
uno chef
e l’altro.
“Fratellone! Sei solo? Peter?” la
stringo e la bacio.
“Auguri sorellina!” la stritolo per
bene e lei si lascia andare al mio abbraccio.
“Peter?” chiede preoccupata Alice.
Estraggo dalla tasca la radiolina e
alzo un dito verso il soffitto mimando un bimbo che dorme.
“Bravo il mio nipotino, si ricarica
prima della grande festa! Fratellone, tu rimani anche la sera poi, ho
chiamato
una baby sitter, puoi fidarti è bravissima”
Anche no Alice.
“Vedremo” rispondo sorridendo, non voglio
rovinarle il suo giorno di gloria.
“Allora lo vuoi il tuo regalo
piccola?” le parlo come parlo a Peter.
“Nooo!” urla Alice di rimando.
“Non è il momento, lascialo
all’ingresso,
voglio vedere tutti i pacchetti insieme” una bambina.
“Jaz è qui?” voglio cambiare
discorso per non offenderla.
“Non ancora, sta ultimando un
servizio, arriverà per le 2, ancora non mi ha detto cosa mi
ha regalato” Alice,
se solo sapesse cosa ti hanno regalato i tuoi fratelli!
Emmett fa l’ingresso trionfale in
cucina e chiedendo con modi da orso del cibo si accorge di Alice e la
stritola
anche lui in un abbraccio. Li osservo e sorriso, rubo qual cosina da
mangiare e
mi ritiro in camera a controllare il mio bambino.
Salgo le scale sgranocchiando quello
che penso sia una verdura ripiena di non so cosa ma dal sapore ottimo,
entro in
camera e lui è li dorme, sulle labbra è segnato
un sorriso e un po’ di bavetta.
Prendo il bavaglino e stando attento lo pulisco. Starei ore a guardarlo
dormire, ma per una volta voglio rendermi utile. Gli lascio un delicato
bacio
sulla guancia e scendo a chiedere ad Alice se ha bisogno di me.
E non lo avessi mai fatto. Io e Emmett
stiamo spostando sedie da due ore. Alice ha ordinato non so quante
sedute e le
stiamo disponendo nel salone. Il cibo, quello freddo, è
già stato sistemato,
coperto sui tavoli e Emmett, senza farsi vedere ha quasi finito una
piatto
contente dei sandwich. Non commento. Peter è ancora
tranquillo, ma so bene che
non durerà molto, la sveglia pappa è imminente.
Controllo l’orologio e manca
poco all’inizio della festa, qualcuno comincia ad arrivare e
io e Emmett
stanchi del nostro ingrato lavoro ci sediamo e Peter comincia a
lamentarsi.
“Tempismo perfetto piccolo Cullen”
sospiro e mi alzo per andare dal mio campioncino.
Il tempo di salire le scale e il
piccolo baritono sta urlando come un pazzo, aumento il passo e mi
fiondo in
camera.
Il piccolo disperato non si calma
nemmeno quando lo prendo in braccio, comincio allora a canticchiargli
la sua
canzone e tra i singhiozzi riesce a trovare un po’ di pace.
“Ci cambiamo e andiamo a fare la
pappa” prendo la borsa e lo corico sul letto, estratto tutto
quello che mi
serve e cambio il pannolino.
Fino a 4 mesi fa non pensavo di
esserne in grado, non pensavo di essere in grado di essere un padre, ma
ora i
sono diventato il campione olimpico di cambio del pannolino; lo
rivesto, prendo
con me la borsa con il latte in polvere e scendo in cucina.
Una ragazza del catering, che mi
guarda come se fossi dio sceso in terra e mi fa tenerezza, mi aiuta a
scaldare
il biberon che ho preparato; le sorrido, la ringrazio e mi siedo per
far
mangiare il paperotto. In pochi minuti trangugia tutto il latte, vuole
crescere
lui, e mi sposto in soggiorno per farlo camminare e farlo digerire.
L’intera
famiglia Cullen ci accoglie come le guest star di un programma
televisivo e tra
bacini a manine, piedini e fronte non lasciano nemmeno il tempo di
digerire in
pace al mio povero bambino che si guarda intorno. Lo so piccolo, fa
paura anche
a me.
“Nipotino mio, ma io ti riempio di
bacini ora” solo a sentire la voce di Alice, un sorriso
riempie il suo piccolo
volto, ogni volta che vede Alice è una festa, faccio male a
non fidarmi, Peter
le vuole bene, lui si fida della zia, dovrei farlo anche io. Le cedo
Peter in
braccio senza dire niente e la vedo gioire in silenzio, le accarezzo la
testa e
mi sposto a salutare Jasper, parliamo del lavoro, mi dice di aver
comprato il
mio singolo e lo ringrazio. È un bravo ragazzo, non so come
faccia a sopportare
mia sorella e i lavori che gli fa fare.Quando
pubblica un nuovo post di foto dei suoi vestiti sul blog, il lavoro di
Jasper
dura tutta una giornata, fai la foto così, falla da li, fai
questo, come se lui
non lo sapesse da solo. Ma loro stanno bene così, e gli
auguro di esserlo per
sempre.
La festa inizia e la marea di ospiti
di Alice è quasi arrivata.
Delle sue amiche/blogger mi
raggiungono con il cd in mano e mi metto ad autografare mentre Peter
passa in
braccio dal nonno alla nonna ad Emmett che fa il grande uomo con mio
figlio in
mano per far colpo sulle ragazze. Ma è mai possibile?
Osservo il viso di mio
figlio e vedo che si sta piano piano incrinando, il suo bel sorriso si
sta
oscurano. Ahia, siamo vicini.
Edward Cullen per te la festa finisce qui.
Tempo pochi secondi ed ecco il primo
versetto, Emmett lo dondola ma non basta caro fratellone.
Mi avvicino e prendo mio figlio tra
le braccia mentre si lascia andare in un pianto disperato. Il rumore
ora è
forte, la gente parla, chiacchiera e lui è davvero piccino
per sopportarlo.
Mi sposto nella piccola saletta affianco, dove c’è
meno gente e sembra calmarsi
un pochino.
Mi accorgo che Jacob è arrivato ed è
accompagnato da una splendida ragazza dai capelli scuri e sguardo
ancora più
profondo.
Gli faccio un cenno con la mano e si
avvicina cautamente capendo la situazione.
“Edward, Peter” gli sfiora la manina
e le urla riprendono il tono di prima.
“Ehi piccolo, sei davvero meglio di
tuo padre con la voce” alzo gli occhi al cielo e inizio a
canticchiare per
calmarlo e ci riesco.
“Edward, bisogna dirlo ad Alec, del
potere della tua voce, le mamme comprerebbero tutti il tuo
cd!” Jacob sorride.
“Funziona sono con lui, fidati. E
comunque sei un gran maleducato. Piacere io sono Edward, ti darei la
mano ma
sono un po’ impegnato” e mi rivolgo alla sua
accompagnatrice.
“Io sono Leah, piacere mio Edward,
adoro la tua musica e tuo figlio è stupendo”
Sorrido e li lascio andare a
divertirsi dopo aver scambiato qualche battutina a Jacob.
Passa qualche minuto e Peter sembra
aver trovato la calma, quando il rumore si fa ancora più
forte, continua ad
arrivare gente, Alice ma quanta gente hai invitato?
Peter inizia di nuovo a urlare e
questa volta non ce n’è per nessuno.
Non è più il posto per me e per mo
figlio, non è più il posto per un bambino
così piccolo, Alice ha fatto del suo
meglio ma ora non va più bene per noi, lei non capisce che
per me le cose sono
cambiate, ora sono di troppo. Lei e le sue feste megalomane non fanno
bene per
noi, non voglio incazzarmi con lei ha fatto così tanto per
me, ma sentire il
mio bambino così disperato mi fa impazzire e pensare cose
che non vorrei.
La situazione non cambia, dovrei andarmene ma non riuscirei nemmeno a
farlo
salire in auto così disperato.
"Peter su fai il bravo!" Peter
continua a piangere, non vuole calmarsi e lo
capisco. Con
il rumore che c'è adesso non riuscirei nemmeno
io a stare tranquillo, povero il mio piccino. Lo
avvicino al petto e riparandolo nel mio
abbraccio lo cullo e cerco di tranquillizzarlo, maledetta Alice e le
sue feste. Doveva
proprio organizzarsi una festa di
compleanno così sfarzosa e rumorosa? Cazzo ha 25 anni non 5.
E doveva
costringermi a venire e a portare Peter con me, certe volte non la
capisco e
lei non capisce me. Sposto
la mia attenzione a mio figlio, lo osservo
e per fortuna non piange più, il mio calore, il mio
abbraccio lo ha
tranquillizzato. Bravo piccolino. Avvicino il viso al suo e lo bacio
sul nasino,
lui sorride e cerca di dirmi qualcosa nel suo modo. Il mio piccolo. La gioia
della mia vita. Alice,
deve aver sentito le urla scatenate di suo
nipote, si avvicina e ci stringe in un abbraccio caloroso come sa fare
lei, mi
chiede di abbassarmi al suo livello e mi ringrazia per essere venuto,
che è importante
per lei, mi dispiace di aver pensato quelle cose prima, ma in un
secondo il mio
cuore smette di battere. Quella
sensazione, due volte l'ho già provata.
Quel brivido nella schiena che arriva al cuore e mi lascia senza fiato. Questa
volta è ancora più forte. Due
occhi nocciola entrano nei miei e non riesco
più a vedere niente altro che un viso a cuore, con le guance
arrossate che si
avvicina ad Alice e mi sorride, sorride a mia sorella e al mio bambino. E'
bellissima. Piega la testa e mi chiede come si
chiama e se può accarezzare mio figlio, annuisco incapace di
parlare e Alice mi
aiuta spiegando a questa stupenda donna che è il suo
nipotino e si chiama
Peter. La ragazza allunga un dito verso mio figlio che lo stringe tra
la sua
piccola manina e sorride. E il mio cuore si ferma
nuovamente. Sono immobile,
bloccato e spaventato. Chi è questa donna, che nome hanno
questi occhi che
hanno stregato me e mio figlio? Tante domande, forse troppe e la paura
di
soffrire ancora prende il sopravvento. Non so cosa mi succeda,
mi sento
strano, ho troppa paura. Stringo
a me Peter in modo che molli la presa
della sconosciuta e scappo, scappo via da quegli occhi. Non
posso, non voglio più stare male, non ci
riuscirei. Sento
Alice alle mie spalle chiamarmi, ma non mi
volto, mi rifugio in garage e mi chiudo la porta alle spalle come ha
fatto la
madre di mio figlio, chiudo la porta e vi lascio dietro le mie paure. Lego
Peter nel suo seggiolino e salgo al volante. "Piccolino
andiamo a casa, io e te da soli,
noi non abbiamo bisogno di nessuno, noi non dobbiamo più
soffrire". Una
lacrima scorre sulle mie guance mentre metto
in moto e mi allontano da lei, chiunque sia, mentre il mio bambino si
addormenta cullato dalla mia voce che canta la sua canzone.
************
È
mercoledì e Alice ha provato a
chiamarmi diverse volte, mi ha lasciato messaggi in segreteria ed
è passata a
trovarmi ma non le ho aperto. È un comportamento infantile
lo so, non ce l’ho
con lei, ma non saprei cosa dirle, non saprei come spiegarle il mio
comportamento. Sono strano ecco cosa sono. Non sono più
andato a lavorare e
nessuno ha fatto domande, forse Jacob ha raccontato la mia fuga di
sabato, ho
chiamato mia madre le ho detto di stare tranquilla ma di non venire che
stavo
con Peter. Anche Emmett miha
minacciato
di venire a tirarmi fuori di casa con la forza ma non lo ha ancora
fatto. Voglio
solo stare per conto mio, con mio figlio per qualche giorno,
è sbagliato? No,
ma è sbagliato il modo in cui lo faccio. Non posso esiliarmi
dal mondo e
pretendere che tutti capiscano se non spiego, il problema è
che se parlo
soffro, se parlo ricordo, rivivo e sto ancora più male di
adesso.
Peter è sulla sua sedia e si
dondola, mi guarda e non posso pensare altro che quanto sono stato
fortunato ad
averlo con me per farmi stare un po’ meglio.
Il cellulare squilla ancora, un sms,
mi alzo e controllo. È Alice.
Ed,
volevo solo dirti che su Vogue ci sono i miei primi articoli. La tua
intervista
e la mia festa. Sono anche online. Leggili è importante per
me. Ti voglio bene.
Ali.
Sono
proprio uno stronzo in balia
dei suoi cambiamenti di umore, uno stronzo che non sa cosa vuole.
Accendo il
portatile e carico la pagina di Vogue ed ecco nella home i due articoli
firmati
Alice Cullen. Che emozione. Leggo
il
primo e rimango senza parole dall’affetto e dalla passione
che ha riversato
nello scrivere la mia intervista. L’ennesima lacrima di
questi giorni scorre
sul mio viso. Sono stato così ingiusto con lei.
Scorro le domande e mi fermo alla
sua conclusione.
Ha tolto la maschera dell’intervistatrice
e parla la sorella.
“Non so se mio fratello apprezzerà,
ma ho voluto che lui fosse il mio primo articolo per fargli capire
quanto è
importante per me, e per dirgli che io ci sarò sempre, anche
se sono una
macchina di problemi” leggo ad alta voce.
Devo chiamarla e chiederle scusa per
sabato.Prima però decido di leggere
anche
il secondo articolo.
C’è un racconto di come è stata la
festa, i nomi degli invitati più in vista di Los Angeles e
poi le foto, una
carrellata di foto, c’è la mia, senza Peter, ci
sono i miei, c’è Emmett con due
ragazze, se la vede Rosalie, e Alice con vari invitati, con amiche ,
con Jasper
con i miei e con lei. Con quei due occhi cioccolato. Scorro
immediatamente la
pagina alla ricerca della didascalia ed eccola.
Isabella Swan, caporedattore Vogue.
Lei è il capo di Alice, quell’Isabella
di cui tutti parlano, la donna che ha voluto e ha creduto in mio
sorella, la
donna che mi è entrata nel cervello solo con
un’occhiata.
Apro un’altra pagina di internet e
mi metto a cercare qualcosa su di lei, trovo foto e notizie varie, ma
mi fermo
sulle foto. È bella, non bella come Jessica, una bellezza
vera, è una donna,
non una modella. La forma del suo viso, i capelli lunghi e castani
nocciola e
quegli occhi.
Sospiro e chiudo il pc. Edward non è
il caso. Non ho bisogno di nessuno. Alzo gli occhi e incontro quelli di
Peter.
“Piccolo, andiamo in spiaggia”
prendo il braccio mio figlio e scendo in spiaggia. Il vento smuove i
miei capelli
e spero porti via i pensieri dalla mia testa. Devo chiedere scusa ad
Alice,
dopo però ora voglio solo dimenticare due occhi e un nome.
Voglio far finta di
non averla mai vista. Isabella Swan, non può entrare nella
mia vita, è troppo
incasinata.
Buon
giorno!
Per chi non fosse esperto nell'inglese traduco il titolo : " sono aggrappato
ad un filo sottile" Grazie
a chi è passato, chi ha messo la storia tra le liste
e chi ha recensito.
Ed eccoci qua, non so cosa dire, ne avrei tantissime ma aspetto le
vostre di parole, sono molto più utili!
La canzone del live è sempre Payphone ma quella del capitolo
è un'altra. Triste, molto molto triste..:(
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Bacione
Giu
“Saluta
papà, Peter! Fai ciao ciao”Alice alza la mano di
mio figlio
e, come se fosse un pupazzo, muove la sua mano verso di me per
salutarmi. Mi
pento di averglielo affidato per una giornata intera ma dovevo
rimediare alla
mia fuga e al mio casino di sabato scorso.
È
passata più di una settimana e finalmente ho trovato le mie
palle, nascoste non so dove e ho chiamato Alice, le ho chiesto scusa,
abbiamo
parlato della festa, mi ha parlato dei regali e mi ha ringraziato
moltissimo
per il passeggino. Mi dispiace essermi perso la scena del vibratore e
infatti
di quello Alice non ha fatto parola: deve essere stato particolarmente
divertente.
E
oggi è arrivato il giorno di farle capire quanto ci tengo a
lei e
quanto apprezzo il suo aiuto; devo stare in sala di registrazione tutto
il
giorno per incidere da zero un pezzo e le ho chiesto di tenere lei
Peter e di
usare per la prima volta il suo passeggino. Al telefono, mentre le
parlavo, mi
sarei ingoiato decisamente la lingua, ma dovevo farlo, devo avere
fiducia in
mia sorella, che, nonostante sia un po’ superficiale a volte,
ha un cuore molto
più grande del mio.
Mi
avvicino a mio figlio e gli stringo la piccola mano, lo bacio
sulla fronte e con la mano scompiglio la perfetta piega nei capelli di
Alice.
“Zia
Alice, buona giornata”sorrido mentre mia sorella lega nel
passeggino blu della sua 500 Peter, chiude la portiera, sale al volante
e
parte; non ho chiesto la meta, non ho chiesto nulla, va bene
così.
Entro
in casa e ho ancora un’ora prima di partire per Los Angeles,
bene. Da buon mammo/ casalingo disperato inizio da camera mia a
riordinare.
Cambio le lenzuola del letto, stendo le nuove, scopo per terra,
così anche per
la stanza di Peter. Mi porto in bagno e pulisco sanitari e pavimenti,
in cucina
invece raccolgo solo i giochi di mio figlio, pulisco i fuochi e sistemo
i
biberon.
Sono
veramente efficiente.
Torno
in camera scelgo i vestiti per la giornata, felpa nera comoda
e jeans, prendo gli occhiali da sole data la bellissima giornata e mipreparo ad uscire.
Chiavi
di casa, dell’automobile, cellulare e si parte.
“Jake,
ma se in questo passaggio amplificassimo un po’ il suono,
non sarebbe meglio?” indico con il dito il display dove vi
sono le onde sonore
del pezzo appena inciso.
“Dai
provo” con pochi comandi, Jacob fa quello che gli ho chiesto
e
annuisco ascoltando il risultato.
“Ci
siamo! Pausa pranzo epoi ascoltiamo il secondo inciso!” Jacob
annuisce e ci diamo
appuntamento tra un’ora per continuare il nostro lavoro.
Esco
dalla sala di registrazione e accendo il cellulare che avevo
spento prima di iniziare a lavorare. Devo chiamare Alice, magari se
sono in
zona li raggiungo per mangiare insieme.
Il
cellulare in pochi secondi si accende, ma c’è
qualcosa di
diverso dal solito: come sfondo c’è una foto di
Alice. Cosa fa, si mette anche
a toccarmi il telefono? Senza pensare ad altro compongo il numero di
Alice ma
risulta essere impegnato in un’altra conversazione. Tipico.
Esco dallo studio
con il cellulare in mano e mi porto il cappuccio sulla testa, non ho
voglia di
essere fotografato oggi. Cammino a passo spedito verso l’auto
quando dei
fotografi mi raggiungono e il cellulare inizia a squillare. Ottimo.
Tempismo
perfetto. Raggiungo l’auto e metto in moto rispondendo al
telefono.
“Alice,
un secondo e sono da te, stai in linea”
Inserisco
la marcia e mi dirigo verso Hollywood; lì posso stare
tranquillo mischiato tra gente più famosa di me.
“Zanzarina,
scusa! Allora cosa fate di bello?”
Ma
dall’altra parte del telefono un silenzio strano inizia a
insospettirmi.
Parcheggio
l’auto e mi fermo un secondo a pensare. Cazzo.
“Ehm,
salve … Sono Isabella Swan, potrei
parlare con Alice?” Cazzo. Cazzo.
Cazzo.
Cosa
faccio, cosa dico. Ma perché sul mio cellulare.
“Sono
suo fratello, questo è il mio numero”dico con tono burbero.
“No,
veramente questo è il numero di sua sorella” mi da del lei?
Ansia.
Aspetta,
numero di mia sorella? Stacco il telefono dall’orecchio ed
è il mio, ne sono sicuro!La foto però
,la chiamata per
Alice.
“Aspetti
un secondo in linea” cerco di dire con tono più
garbato.
Apro
la rubrica, e i numeri non sono i miei, tanto meno gli sms.
Alice
ha il cellulare uguale al mio e per sbaglio mi ha lasciato il
suo; posso essere più stupido?
“Mi
scusi signorina Swan, c’è stato uno
scambio, non mi sono accorto di aver per sbaglio il telefono di mia
sorella e
lei ha il mio, mi scusi per il tono” cerco di porre
rimedio alla mia maleducazione.
“Ma
si figuri! È con sua sorella?” la sua voce ora
è più rilassata,
ed è una bella voce. Edward non tergiversare.
“No,
le ho lasciato mio figlio, infatti stavo cercando di
contattarla senza accorgermi che mi stavo auto chiamando” e
mi scappa una
risata.
Isabella
ride con me. Ed è un brivido, un brivido piacevole ma
doloroso.
Cerco
di ricompormi ma la situazione è davvero così
incredibile.
“La
voce dell’operatore le diceva che il
numeroera
impegnato in un’altra
conversazione?”
Isabella
mi chiede tra le risate.
“Si,
che figura di merda. Non lo usi contro di me per un articolo,
lei è della stampa” ho smesso di ridere ma sorrido
da solo come un imbecille.
“Potrebbe
essere un’ottima idea! No, stia
tranquillo. Senta, avrei bisogno urgente di sua sorella, sa mica come
potrei
fare per contattarla? Potrei chiamare sul suo cellulare?”
C’è timidezza nelle sue
parole, lo sento.
“Mi
sta chiedendo il numero? Non do il mio numero privato alla
stampa.”sorrido e aspetto la sua risposta.
“Oh
certo, sono inopportuna, mi dispiace!” il tono
scherzoso è
decisamente cambiato.
“Stavo
scherzando, le mando un sms con il numero. Mi dispiace
dell’inconveniente.”
Rido ancora.
“Ok.
Grazie! Buona giornata”
E
conclude la chiamata senza farmi ricambiare il saluto. Sono stato
un coglione a prenderla in giro.
Scendo
dall’auto e mi infilo nella mi pasticceria preferita: ho
bisogno di dolci in questo momento.
Al
bancone scelgo una fetta di torta al cioccolato e mi siedo in
disparte a mangiarla; qualche ragazza si avvicina, mi nota e mi chiede
unautografo, il
solito.
Che
sensazione strana, un misto di agitazione e tranquillità.
Come
faccio ad essere agitato e tranquillo non mi è per niente
chiaro
Tra
un morso e l’altro ripenso alla voce di Isabella, alla sua
risata e il brivido ritorna prepotente, ma lo scaccio. Allontano ogni
pensiero
come sabato scorso e prendo il telefono di mia sorella per chiamare il
mio.
Al
terzo squillo Alice risponde e per fortuna non sento pianti
disperati in sottofondo.
“Edward
so già tutto. Non so come sia successo,
devo aver lasciato il telefono vicino al tuo e
nell’agitazione ho preso quello
sbagliato! Dovrò comprarmi una di quelle cover bellissime
con le orecchie da
coniglio, magari rosa, e potrei comprarla verde a te cosa dici? Forse
anche a
Emmett che poi si offende anche se ancora me la deve pagare per quel
regalo.
Dobbiamo parlarne Edward, tu non ne sapevi niente?”
Alice
spara a raffica e penso di essermi perso a metà della prima
frase.
“Peter?”
le chiedo.
“Sei
noioso fratellino! Il mio nipotino è qui
che dorme come un sasso, abbiamo mangiato, giocato e ora siamo stanchi
mortissimi. Tra poco arriva Jas e noi proviamo…” oddio no
davanti a Peter..
“Non
proverai il vibratore con Peter in casa spero!”
“Allora
sei coinvolto anche tu in quel regalo!
Lo sapevo, razza di stronzo”
Ecco
mi ha fregato.
“Alice,
l’hai presa così male?” chiedo con
timore.
“ Ma
no, cioè devo ancora provare poi ti farò
sapere, è solo che dovevi vedere la faccia di
papà. Emmett ha rischiato grosso” quel pazzo di
mio fratello
le ha dato un vibratore in regalo davanti a Carlisle. Che problemi
gravi ha! “se solo tu non fossi
scappato” Alice abbassa
il tono, è ancora dispiaciuta.
“Mi
dispiace piccola, mi dispiace tanto.” Le dico con il cuore in
mano.
“Fa lo
stesso, ti stavo dicendo che Jaz sta
arrivando a prendere il tuo cellulare, lo riporta al suo proprietario e
prende
il mio, ok?”
“Benissimo,
grazie Ali, davvero.”
“Figuratifratellone, ho comprato delle cosine carine a Peter
stasera ti porto
tutto! Dovrei aprire la sezione bambini nel mio blog
…” ecco ci risiamo
con la sua
diarrea verbale, devo fermarla prima che sia troppo tardi.
“Alice,
mi chiamano in sala di registrazione, bacia Peter per me, a
dopo” e stacco.
Pago
il dolce, e scappo da Hollywood boulevard per tornare allo
studio in pochi minuti.
La
mia testa è ancora altrove, la sua voce, quella di Isabella,
non
ha smesso di tormentarmi, continuo a dirmi di non pensarci, ma la mia
testa fa
quello che vuole e mi riporta a lei.
Non
ho più alcun dubbio sul fatto che il mio esaurimento nervoso
stia prendendo una piega preoccupante, dovrei parlarne con Carlisle,
forse lui
ha qualche amico in grado di aiutarmi.
Scrollo
la testa e sorridendo ritorno a cantare, forse l’unica
cosa, insieme a fare il papà, che mi fa stare sereno in
questo periodo, a
quanto pare anche rispondere al telefono mi mette ansia.
E
invece mi sbagliavo.
Nemmeno
le canzoni servono a distrarmi.
Jasper
è venuto a portarmi il cellulare, ho finito la canzone di
stamattina ma con la testa continuo ad essere altrove. Devo lavorare,
non posso
continuare così.
“Jacob,
oggi non è giornata, direi di chiudere qui, posso provare
quell’altra canzone?Non
registrarmi,
solo per relax!”
Dal
microfono dell’altra stanza Jacob mi dà
l’ok e fa partire la
base.
Infatuation.
Il titolo della canzone dice tutto.
Canto
e cerco di non pensare, quando il cellulare nella mia tasca
vibra, continuo a cantare ma penso a Isabella e alla nostra
conversazione. Come
è possibile non riuscire a levarsi dalla testa una
telefonata di cinque minuti?
Sarà solo un pensiero, una fantasia, ma mi sta uccidendo.
La
canzone finisce e mi sento peggio di prima.
“Edward
era perfetta, io l’ho registrata per sicurezza! Ti faccio
una copia”
Esco
dalla sala registrazione e prendo il cellulare dalla tasca. Un
sms da un numero sconosciuto.
Apro
, leggo e mi si ferma il cuore ancora una volta. Sempre per
lei.
Edward sono
Isabella Swan. Mi
scusi per oggi. Ho comprato il suo singolo, adoro quella canzone. Non
lo dica a
Alice, ma sono una sua fan! Scusi ancora. Bella
E
io cosa dovrei rispondere? Ansia da adolescente. Ansia e paura.
Mi sento come un ragazzino e non voglio sentirmi così; mi
sento nudo, in
pericolo. Non ho difese e non voglio rischiare di farmi male. Stringo
il
cellulare tra le mani e l’impulso è quello di non
scrivere, ma sarei un
maleducato. Che fare allora? È la datrice di lavoro di mia
sorella, non posso
farle questo, che poi cosa sto facendo? Mi sto rovinando il cervello a
pensare
a ripensare. Mi ha scritto un sms. Cosa vuoi che sia. Prendo il
telefono in
mano e le rispondo.
Isabella, poteva
dirlo a
Alice e le mandavo un cd autografato. Non si scusi, non è
successo niente.
Premo
invio e scrollo la testa, i ciuffi si muovono e si
posizionano in modi assurdi come al solito. Ho scritto proprio un gran
bel sms.
Sono un ragazzino, forse peggio perché a 28 anni ci vorrebbe
un po’ di maturità
che io, a quanto pare, non ho. Era meglio se non rispondevo, avrei
fatto una
figura decisamente più dignitosa.
Saluto
tutti e mi dirigo verso casa, ho bisogno dell’altra mia
droga oltre che la musica, ho bisogno di mio figlio per stare bene.
In
automobile, fermo in coda, continuo a pensare a quegli sms, mi
sta per scoppiare la testa quando alla radio passano una mia canzone,
è sempre
un’emozione anche ora che è passato tempo dalla
prima volta. E la canzone è
l’unica che non voglio più ascoltare, che non
voglio più cantare, la canzone
che ho scritto per Jessica. I pensieri mutano, dalla conversazione di
Isabella
alla prima mia e di Jessica, alle parole urlate durante il concerto, ai
primi
sguardi e alla velocità in cui siamo finito insieme,
così inaspettato ma così
bello. Non penso che riuscirò mai a chiudere gli occhi e
lanciarmi in
un’esperienza travolgente come la storia mia e di Jessica.
Inserisco
il cd e ascolto l’incisione di oggi e cerco di calmarmi
mentre il traffico di Los Angeles comincia a muoversi.
In
una mezz'ora arrivo a casa e la 500 è ovviamente
parcheggiata
nel mio garage, un sorriso riempie il mio volto e impiego un secondo
per
parcheggiare nel vialetto, lanciarmi fuori dalla macchina e entrare in
casa. I
miei occhi cercano subito i due ed eccoli sul divano a giocare. Li
adoro, non
posso farci niente.
“Paperotto,
eccomi”
Alice si volta e mi sorride.
“Ma
allora ti piace il soprannome di Emmett” sorrido anche io e
la
bacio su una guancia per poi prendere in braccio Peter e coccolarlo.
Non so
quanto tempo sia passato e non mi interessa. Non vederlo per una
giornata
intera mi fa stare male, ancora non sono abituato a distacchi lunghi.
Sono
morboso, una mamma chioccia, lo so.
Alice
mi racconta della loro giornata e sorrido alle sue parole. È
felice, raggiante, bellissima.
Indossa
un abitino a fiori e fa vedere le macchie che si è fatta
con il latte, come se fossero ferite di guerra. Ho sbagliato a non
fidarmi di
lei. Mi fa vedere i giochi e i vestiti che ha comprato a Peter e li
ammucchiamo
nel suo armadio che è più grande del mio.
Mi
chiede scusa anche per il telefono e dice che Isabella, Bella
come la chiama lei e come si è firmata nel sms, le ha detto
di aver avuto una
simpatica conversazione con me. Vedo il luccichio nei suoi occhi e le
intimo di
fermarsi ancora prima di far partire il suo cervello che corre a 200
kilometri
all’ora.
Passiamo
ancora un po’ di tempo insieme e mi chiede della mia
giornata, le faccio sentire il demo della canzone di oggi pomeriggio e
le
piace, e le pongo la domanda che mi viaggia nella testa da quando ho
ricevuto
l’sms di Isabella.
“Ali,
ma il tuo capo, è una mia fan?”dico tutto d’un fiato con il viso nel collo
di Peter.
“Edward,
se ho intuito giustamente quello che hai detto la mia
risposta è si. Quando Bella mi ha chiesto se ero Cullen come
Edward e le ho
detto di si, ha sgranato gli occhi, che coincidenze no?”
Coincidenze.
Bah.
Tutto
ciò è ancora più complicato. Anche
Jessica era una mia fan ed
ecco come è finita.
Un’altra
motivazione per far finta che Isabella Swan non esista.
“Edward
ci sei?”la mano di Alice oscilla davanti al mio viso mentre
Peter mi regala dei versetti divertiti. Mi riprendo dal mare di
pensieri e
sorridendo le dò un colpetto sulla spalla.
“Forza
campione, è ora del bagnetto, zia ci dai una
mano?” Chiedo a
mia sorella.
“Molto
volentieri, vado a scegliere la tutina di ricambio”
Alice,
non cambierà mai.
Posiziono
Peter nel suo dondolo, lo bacio e vado in bagno a
preparare il bagno. Nella vasca inserisco la vaschetta piccola apposita
per
lavare i più piccini. Apro l’acqua e torno in
cucina. Alice con in mano 4
tutine, tutte simili, è davanti a Peter e lo fa sorridere
mentre lei cerca di
fargliene scegliere una. Mi accosto alla porta e rido, sono uno
spettacolo. Con
Peter sotto osservazione torno in bagno, prendo dal ripiano il
pesciolino
termometro e controllo la temperatura dell’acqua. Perfetta.
Vado in camera e
tolgo i vestiti della giornata, prendo un paio di pantaloni della tuta
e una
t-shirt bianca, mi specchio e schiaccio i capelli con le mani.
“Andiamo
in bagno?” Alice prende in braccio Peter e mi segue.
Distraendolo,
lo spogliamo e Alice lo porta nella vaschetta mentre
le dico di tenerlo stretto. L’acqua è poca, non
c’è pericolo, ma sono morboso,
ormai è pauroso.
Peter
stranamente non piange, è merito di Alice e del suo porre
sempre tutto nell’ottica del gioco, io non sono in grado.
Lavato
e asciugato, riempito di crema e indossato il pannolino,
Peter, profumato come non mai, è pronto per pappa e ninna,
mentre io sono
pronto per la solita serata di noia.
“Grazie
Alice, sei stata gentilissima. Saresti una buona mamma”
Alice si volta e mi osserva.
“Oddio
no!Mi basta Peterino” sorride, ci saluta, bacia il nipotino
ed esce di casa.
“Piccolo
facciamo la pappa” Peter sorride e preparo il biberon per
poi prendere in braccio mio figlio e dargli da mangiare. Ogni volta
è una
sensazione impareggiabile, i suoi occhi così vigili, le sue
piccole labbra che
tirano il ciuccio del biberon, e il mio cuore si scalda.
Dentro
di me stasera qualcosa non va. La voglia sarebbe quella di
mettere a letto Peter, prendere la bottiglia di gin e iniziare a berla
tutta
fino a stare male, ma non posso farlo, non posso permettermi di fare
stronzate
con un piccolino in casa, il mio piccolino.
Coccolo
Peter che si rilassa dopo aver fatto il ruttino e vorrei
rilassarmi anche io. Lo lascio addormentarsi piano piano tra le mie
braccia e
come ogni sera il sonno lo coglie in pochi minuti, per farlo
risvegliare in
piena notte.
Ma
questa è la mia vita e non voglio nulla di diverso.
******
Aprile
2012
“Edward
complimenti, il cd sarà un successo come il singolo, mi
dispiace per la tua sfera privata, ma ti ha fatto lavorare
divinamente” Aro, il
mio produttore, dopo aver ascoltato il mio album intero si congratula
con me
per il mio lavoro. È passato più di un mese dal
lancio del primo singolo e
questa era la riunione definitiva per stabilire le date di lancio del
disco.
Sono emozionato come sempre e le parole di Aro mi toccano senza
smuovermi come
avrebbero fatto solo poche settimane fa. Piano piano sto migliorando,
sto
elaborando l’abbandono di Jessica e mi sento meglio, ho
voglia di suonare, di
cantare e di uscire anche. Due sere fa con Emmett siamo andati in un
locale a
sentire un gruppo suonare e alla fine sono finito sul palco anche io e
sì, mi
sono divertito. Il pensiero andava ogni tre minuti a Peter, ma lo
sapevo al
sicuro a casa con Alice e Jasper. Sì ora mi aiutano in
coppia, penso che il
dire ad Alice che sarebbe un’ottima madre le abbia fatto
smuovere qualcosa e
ora con Jaz fanno le prove con mio figlio.
A
quanto neso (non che volessi saperlo, ma Alice è tremenda)
hanno
fatto anche le prove con il regalo di Emmett, ancora non mi hanno
raccontato
dell’espressione di Carlisle, ma domenica io e Peter saremo a
pranzo da loro e
glielo chiederò io. Sì, sono più
bastardo di Emmett.
La
mia vita procede un po’ più veloce, ma ancora non
riesco a stare
al ritmo di quella di Peter.
Il
mio piccolo bimbo sta seduto da solo e quando lo si prende in
braccio punta i piedini. Vuole iniziare a camminare il mio campione. Le
sue
mani sono ancora più curiose, afferra e prende ogni cosa che
gli capita sotto
mano, portandosela poi alla bocca. Il pediatra mi ha detto che sta
crescendo
bene e insieme ai primi due dentini che cominciano a fargli gonfiare le
gengive
stanno spuntando anche i primi capelli, ramati come i miei, ovviamente.
Alcune
riviste, ma non Vogue, hanno contattato Alec per avere un
servizio fotografico mio e di Peter, ma non mi va, sicuramente per il
lancio
del nuovo cd mi toccheranno i photoshoot ma non voglio coinvolgere mio
figlio.
Qualche foto scattata in giro va bene, ma l’agitazione di un
vero servizio
fotografico no. E le mie agitazioni ancora non sono finite; sempre
secondo il
pediatra, tra massimo due settimane devo iniziare a svezzare Peter. La
lotta
con pappina e minestrine sta per iniziare e ne sono completamente
spaventato.
Dovrò chiedere a mia madre un aiuto e a mio padre una
medicina per stare calmo.
Con
il cd concluso il mio lavoro si fa meno rigido e il tempo per
Peter è aumentato. Siamo già andati parecchie
volte, coperti da strati di crema
e magliette, in spiaggia a giocare con i secchielli e le palette, ma
con il
caldo alle porte potrò fargli fare anche dei piccoli
bagnetti in mare e la cosa
mi fa sorridere. Il primo periodo sarà quello della
pubblicità del mio lavoro
ma potrò benissimo farla a Los Angeles, al massimo mi
toccherà andare a New
York ma cercherò di svolgere il tutto in giornata. Del tour
ancora non abbiamo
parlato seriamente con Alec, ma so che manca decisamente poco e ancora
non so
come fare.
Con
Jacob ci regaliamo un momento di pace con un birra del pub di
fronte all’ufficio di Aro e il mio arrangiatore continua a
elencare le novità
che piaceranno del nostro nuovo lavoro. Il disco è mio
quanto suo, e lui lo sa
benissimo. Parliamo delle canzoni che secondo noi avranno
più successo e dopo
un'ora gli dò appuntamento con la sua ragazza per venirmi a
trovare a Malibù un
giorno di questi, e poi mi viene l’idea del secolo.
“Jake,
ma se organizzassi un barbecue da me?” Lo so, non
è l’idea
del secolo, ma mi sembra strano che un invito del genere esca dalla mia
bocca.
Prima non ero così, ma da cinque mesi a questa parte
sì “ho già tutto, manca
solo carne e invitati, dai una cosa in intimità per
festeggiare il nostro
grande lavoro, potremmo fare ascoltare l’album in anteprima
ai nostri amici”
diarrea verbale di Alice esci dal mio corpo.
“Frena
Edward! Sembri tua sorella” esatto Jake “mi sembra
un’ottima
idea! Io penso al cibo, tu agli invitati” Io che faccio gli
inviti? Ai miei
verrà un colpo.
Ma
sono felice e per una volta voglio rendere felici anche i miei
parenti, loro che mi sono sempre stati vicino anche quando non li
volevo
intorno.
“Dai
ci sto! Sabato?” Chiedo speranzoso che dica di si. E'
martedì,
c’è tutto il tempo per organizzare.
“Perfetto
amico” e mi batte una pacca sulla spalla. Devo chiamare
Alice, sarà euforica.
“Cosa?
Stai scherzando vero?” No. Mi sbagliavo.
Invece
che chiamarla ho pensato di passare direttamente da Alice, e
non ha preso bene, non so per quale motivo il mio invito.
“Ali,
ma cosa c’è scusa?” Jaz mi guarda e alza
le spalle in segno
che nemmeno lui sa cosa sta succedendo.
“Ma
così tutto all’ultimo, ma come faccio ad
organizzarmi. E poi
c’è Bella.”
Isabella,
è da quel giorno con i messaggi che non sentivo
più il
suo nome.
“Ali,
ma è martedì, hai tutto il tempo per scegliere il
vestito” e
rido, ma l’occhiata di Alice mi blocca immediatamente.
“Eddy”
odio quando mi chiama così, forse è peggio di
carotino “io
ho una vita impegnata, comunque il problema è che il
prossimo fine settimana
torna Bella, Isabella Swan, da New York e le avevo promesso di stare
insieme.
Come faccio a dirle che non ci sono sabato, già domenica
siamo da mamma e papà”
e non penso nemmeno prima di aprire la bocca.
“Portala
al barbecue, che problema c’è” sono
stupido?
Alice
mi osserva di sottecchi; non è per niente convinta.
“Ma
ti sei drogato?” scoppio a ridere e lei e Jasper si guardano
sconvolti.
“No,
Ali, sono solo felice, finalmente” Alice si avvicina e mi
abbraccia.
“E
allora conta me e Jaz, chiedo a Bella e ti faccio sapere”
sorrido e li saluto per tornare a casa.
Sono
sicuro di essere così felice? L’ultima volta che
sono andato
ad una festa, è andata come è andata, di merda. E
la goccia è stata Isabella,
questa volta altra festa e ancora Isabella. Sono masochista o sto
davvero
meglio? A Jessica penso ancora ma sempre meno, casa mia è
cambiata, tutti gli
oggetti legati a lei, tranne divano e tv , hanno ceduto il posto a
nuovi arredi
e ora mi sento a casa, a casa mia e di Peter.
Dovrei
passare anche da Emmett ma è tardi per il cambio di guardia
con Esme e opto per dirglielo via sms.
Fratello,
sabato barbecue da me per pranzo.
La
risposta è immediata. Ovviamente.
Conta
due persone. Ho delle novità.
Sono
curioso, devo sapere chi è la sua
accompagnatrice.
Chi
devo contare? Novità? Passi da me dopo?
Rosalie.
È tornata. Xbox stasera?
Emmett
no. Ho paura che ci sbatta la testa, ho
paura che soffra più di quanto sta già facendo.
Ti
aspetto. Devi dirmi tutto.
Ok. Carotino
curioso.
Continuo
a guidare verso casa con un sorriso ma tanta
preoccupazione. Non voglio che Emmett passi quello che ho passato io.
Ok, di
sicuro non ci sarà in ballo un bambino ma Rose è
una modella, e per di più, la più
bella modella in circolazione. Emmett sarà abbastanza per
lei o scapperà con un
fotografo? Non mi piace questa cosa, stasera dovrò parlarne
a lungo con il
diretto interessato.
Apro
il finestrino dell’auto e la brezza di mare entra
nell'abitacolo e sospiro, ho bisogno di questa festa, ho bisogno di
riprendere
in mano la mia vita.
Parcheggio
nel garage ed entro in casa, corro da mia madre e la
saluto con un lungo abbraccio. Stessa sorte per Peter seduto nel suo
box.
Vederlo da solo che gioca è meraviglioso, riuscirei a
guardarlo per ore.
“Miei
cari, ho una notizia da darvi, sabato barbecue da me per il
lancio del nuovo disco. Siete entrambi invitati, anche tu
Peter” Esme ride e si
avvicina.
“Edward
che splendida notizia, sei sicuro? “ Ha paura che succeda
come per la festa di Alice.
“Si
mamma. Sono sicuro, andrà alla grande, ne ho
bisogno” mi
sorride e mi abbraccialei.
“Hai
bisogno di qualcosa?” sempre la solita.
“No.
Sei mia ospite! Mi aiuta Jacob, lui è il re del barbecue, o
almeno così dice” ridiamo ancora e mi sento
davvero bene. Sento che la mia vita
sta tornando sulla giusta carreggiata ed è giusto farlo
insieme alle persone
che contano e che non mi hanno mai lasciato.
“Piccolo,
sei contento? Ci divertiamo”
Peter
mi sorride e alza le mani nella mia direzione, mi piego e lo
alzo in braccio. Il mio naso sul suo collo ispira tutto il suo odore di
bimbo e
sono felice. Gli lascio un bacio sulla fronte e lo alzo sopra la mia
testa, per
muoverlo. Sorride e fa versetti di divertimento. Tutto sta tornando
normale, lo
ripeto come un mantra, ma questa volta non per autoconvincermene ma
perché ci
credo davvero, sono convinto di uscire dalla scatola che mi sono
costruito
intorno, che ho costruito intorno a me e al mio piccolo.
Il
telefono squilla ed è un sms.
Ed, Bella ha
detto che ha
paura di disturbare. Non so come convincerla, scrivile tu. Ti pregooo!
Ali.
E
cosa cazzo le scrivo.Ciao
sono Edward Cullen, nonostante all’ultima festa sia scappato
a gambe levate
quando ti ho vista, volevo sapere se ti andava di venire alla mia
festa. Un
pazzo. No. Non posso scrivere così. Ed eccolo
l’adolescente che torna in
velocità.
“Edward,
preoccupazioni?” Esme guarda il telefono e notando il mio
viso si è spaventata.
“
No! È tua figlia. Devo scrivere al suo capo di venire con
lei
alla festa di sabato. Alice mi ha detto che erano già
d’accordo ma lei si sente
in imbarazzo. Mamma, non so cosa scriverle.” Abbasso lo
sguardo come se mi
vergognassi di parlare con mia madre. Sono un adolescente.
“Ma
parli di Isabella?” Continua mia mamma.
“Sì,
proprio lei.” Lo sguardo si abbassa ancora di più,
sto
arrossendo. Cazzo.
“E
allora tranquillo, è una così cara ragazza, dille
di venire e
basta, quanti problemi figlio mio!”
E si fosse facile. Sorrido e
comincio a scrivere l’sms, lo cancello dieci volte e alla
fine lo invio.
Facile, diretto, come voleva mia madre.
Ciao, lei non
è di troppo.
Assolutamente. La prego, accetti il mio invito. Edward.
Accetto, solo se
ci diamo del
tu. Bella.
Molto
volentieri. Alloca ci
vediamo sabato. E
Va bene, grazie!
Bella.
“Allora?”
mia madre mi osserva mentre ripongo il cellulare.
“Allora
avevi ragione, viene” abbasso sempre più il volto.
Penso di
essere più rosso delle punte dei miei capelli.
“Bene.
Sono contenta, tu?” Mamma, ti prego.
“Per
me è uguale. Faccio la doccia, mi aspetti con Peter 5
minuti?”
Sento
mia madre dirmi di sì, ma sono già in bagno. Ho
bisogno di
una doccia ghiacciata, devo calmare questo rossore in viso. Devo
calmarmi in
generale.
Sto
bene, ne sono sicuro. Niente può rovinare tutto, o almeno lo
spero.
E
invece no. Dal soggiorno rumori molesti disturbano la mia quasi
doccia, rumori molesti che sono sempre più vicini, rumori
molesti che entrano
nel mio bagno.
“Fratello,
sono un po’ in anticipo. Disturbo?”
Emmett.
“No,
però lasciarmi fare la doccia ti prego”
Alza
le braccia ed esce, chiudo a chiave la porta e mi concedo il
relax della doccia; troppe emozioni oggi, soprattutto per uno come me
che ha
nascosto ogni tipo di emozione, tranne quelle riguardanti Peter, nel
più
profondo del mio essere.
Dopo qualche minuto esco dalla doccia con l’asciugamano in
vita e sento un
rumore infernale provenire dalla cucina. Emmett che cazzo stai facendo.
Giro la
chiave e esco di corsa.
Entro
in soggiorno e vedo il mio bambino seduto sul dondolo sul
piano del tavolo intento ad osservare e sorridere dei movimenti
maldestri dello
zio Emmett in cucina.
Apre
sportelli a caso, li fa sbattere e ne apre altri. Prende le
pentole le appoggia a caso, cadono, fanno rumore e Peter ride. Non
vorrei
interrompere la scena, ma lo devo fare.
“Fratello,
hai bisogno di una mano?” Emmett si volta e mi regala
un’espressione schifata vedendomi in asciugamano.
“Non
voglio nessuna mano da te fino a quando rimarrai nudo. Poi
vorrei sapere dove sono le pentole per fare la pasta in questa
casa.” Rido e mi
avvicino, mi attacco alla sua schiena e mi appoggio.
Emmett
fa un salto e si lancia dall’altra parte della stanza.
“Edward
ma che cazzo fai?” continuo a ridere e Peter mi segue.
“Ma
sei proprio stupido, le pentole sono nell’anta in basso a
destra. Come mai pasta? La pizza no?” Emmett alza gli occhi
al cielo.
“Non
ti rispondo nemmeno” si volta e trovata la pentola inizia a
spignattare seriamente.
“Peter
lo zione non sa scherzare con noi” lo bacio e mi avvio in
camera per vestirmi.
Tuta
e t-shirt il solito. Mi guardo allo specchio che Alice mi ha
convinto a comprare e mi osservo. Le occhiaie stanno piano piano
regredendo,
Peter ha iniziato a dormire quasi tutta la notte ma non è
solo quello a calmare
le mie occhiaie. I pensieri non mi affliggono più come
prima, il peso sulle
spalle mi sta finalmente lasciando libero di respirare e di vivere.
Torno
in cucina e ritrovo i due ragazzi affaccendati. Emmett sta
preparando un sugo da condire la pasta, mentre Peter ha in mano un
giochino e
lo sta scrollando con velocità per sentirne il rumore; tra
poco lo prenderà in
testa e inizierà a piangere. Detto fatto. Mi avvio a
prenderlo in braccio e a
calmarlo.
“Peter,
ma devi stare attento. Sei grande ormai” non è
vero. È il
mio piccolino. Lo coccolo e il profumo di pomodoro ci racchiude in un
stupendo
clima familiare. E non penso più a lei che non
c’è, penso solo a me e mio
figlio che stiamo creando la nostra piccola famiglia.
“Papino,
ma allora, raccontami di questa improvvisata” Emmett mi fa
ritornare alla realtà non appena Peter cessa di lamentarsi.
Mi
avvicino con il bimbo in braccio per farlo sedere sul dondolo e
questa volta dandogli un peluche con cui giocare.
“Ho
finito il disco, settimana prossima c’è il lancio,
mi andava di
festeggiare” sorrido.
“Bella
notizia Ed! Ce lo farai ascoltare in anteprima?” chiede
mentre scola la pasta.
“Quella
è l’idea. Ma dimmi, Rose?”chiedo mentre
faccio le linguacce
a mio figlio per farlo ridere.
“E'
tornata ieri. Mi ha scritto subito, ci siamo visti da me,
abbiamo parlato e sai come finiscono quelle serate.” Sposto
lo sguardo su
Emmett che ammicca come un idiota.
“Sì,
ma state insieme allora?” sono di vecchio stampo io.
“Non
proprio, ma ci vediamo, ha deciso di provarci, di provare ad
avere una storia e vuole farlo come me” sorride ed
è felice, sembra anche più
maturo “serve a qualcosa fare lo stalker” ok, mi
sbagliavo.
Ridiamo
insieme mentre mi sposto da Peter per preparare il solito
tavolo da uomini: piatto, forchetta e bicchiere di vino, niente
tovaglia,
niente fazzoletti. Se ci vedesse Esme impazzirebbe, e iniziamo a
cenare. La
pasta con la salsa al pomodoro che ha preparato è squisita,
e mi elettrizza il
fatto che tra meno di un mese potrò farla assaggiare a
Peter. No forse no, il
pomodoro è acido. Sarà un delirio lo svezzamento,
ne sono certo.
Mangiamo
e parliamo di tutto, racconto a Emmett dell’invito per
Isabella e le battutine partono alla velocità della luce,
ridiamo e mi racconta
ancora di Rosalie, del loro ‘patto’ di provarci e
vedere come fa a finire. Lei
starà per qualche mese a Los Angeles e avranno il tempo per
organizzare le loro
vite insieme. Sono felice per loro. Ancora non so se fidarmi di
Rosalie, ma se
ha fatto questo passo, penso che sia diversa dal genere a cui
appartiene,
diversa da Jessica.
Emmett
mi suggerisce di invitare altre persone e insieme stiliamo
la lista degli invitati: io, Peter, Emmett, Rosalie, Alice, Jasper,
Isabella, e
Emmett mi interrompe facendo allusioni alle coppie come un bambino ci
due anni.
Continuamo con Esme, Carlisle, Jacob e la sua fidanzata, Alec e la sua
fidanzata, i ragazzi che hanno suonato con me per la registrazione e
nonostante
le richieste di donne da parte di Emmett, mi fermo qui, siamo un bel
numero.
La
serata procede con normalità, mio fratello sparecchia e
pulisce
mentre dò da mangiare a Peter, lo faccio digerire e
coccolandolo in braccio si
addormenta. Lo porto a letto e con la radiolina in mano torno in
soggiorno per
discutere le ultime cose con Emmett e distruggerci davanti alla tv con
l’xbox.
Non siamo uomini, siamo più piccoli di mio figlio.
Non
so quanto tempo passa ma decidiamo che è ora di andare a
dormire, saluto Emmett, lo ringrazio e ci diamo appuntamento a sabato,
ma so
benissimo che lo rivedrò prima.
Chiudo
la porta dietro alle sue spalle e spengo tutte le luci. Mi avvicino
alla vetrata del soggiorno e mi fermo ad osservare il mare di aprile,
di notte:
calmo, tranquillo, la luna illumina la spiaggia bianca ed è
una atmosfera
stupenda, degna di essere vissuta, non solo osservata dalla finestra
come sto
facendo io. Ma non è ancora tempo per me. Torno in camera di
Peter e lo copro
con la copertina che si è tolto. Ha imparato a rotolare e
non è un bene per le
coperte, lo bacio e, radiolina alla mano, mi sposto in camera mia. Sono
stanco,
ho sonno, ma c’è qualcosa che mi impedisce di
andare a riposare, una sensazione
strana, non è ansia, ma è qualcosa che non mi fa
sciogliere la tensione e
lasciarmi andare. Mi siedo sul letto e non ho voglia di coricarmi, mi
alzo,
torno in soggiorno e la luce del telefono colpisce la mia attenzione.
Un
sms, Emmett deve avere dimenticato qualcosa. E invece non è
di
Emmett.
Edward,
è tardissimo a LA,
non voglio disturbarti, ma non riesco a smettere di ascoltare il tuo
singolo, è
la mia pace qui a New York. Non vedo l’ora esca
l’album. La tua fan Bella.
Il
mio cuore batte all’impazzata, mi ha scritto lei, Bella. Sta
ascoltando il mio singolo, e non vede l’ora di ascoltare
l’album. Leggo l’sms,
lo rileggo e me lo ripeto mentalmente. Sono felice, ma ho paura. Ho
già vissuto
momenti simili a questo e non sono andati nel migliore dei modi. Non so
se ne
sono capace ancora, non so se sono più capace di lasciarmi
andare con un’altra
persona.
Ma
questo sms mi ha fatto stare bene, ha placato quell’ansia che
mi
ha fatto alzare dal letto pochi minuti fa. Sorrido e rileggo ancora.
Decido di
rispondere.
L’album
è finito. Sabato lo
potrai ascoltare. Si, è tardissimo, ma non disturbi. Buona
giornata Bella. E.
Sorrido
compiaciuto dalla mia risposta ed è tutto così
strano.
Bella mi ha stregato con lo sguardo alla festa di Alice, mi ha fatto
spaventare, ha fatto venire a galla tutte quelle sensazioni forti che
non
provavo da tanto tempo, ma ora con il suo sms, sapendo che
verrà sabato mi fa
stare bene.
È
mai possibile che una persona che non conosco sia in grado di
farmi tutto ciò? Non lo so, so solo che il telefono squilla
ancora e mi sento
sempre più un adolescente.
Spero di
sentirti anche dal
vivo. Buona notte Edward. Bella
Se è
questo quello che vuole posso cantare anche dal vivo. Ma cosa
sto dicendo? Sono a questo livello? Scrollo la testa, e ancora
più incasinato
di prima, ma molto più tranquillo mi sposto in camera da
letto e il sonno
arriva prepotente per trascinarmi, come Peter nell’altra
stanza, nel buio della
notte.
Buon
pomeriggio! Per
chi non fosse esperto nell'inglese traduco il titolo : " Se è
solo una fantasia, perchè mi sta uccidendo?" Grazie
a chi è passato, chi ha messo la storia tra le liste
e chi ha recensito. Ancora
una volta non so cosa dirvi, le mie parole sono inutili, solo
ringraziare la mia Beta Veronica! Grazie,
grazie e grazie! Fatemi
sapere qualcosa, qualunque cosa, che ne so, adorate i bambini?? Bacione Giu
4.I really want to love
somebody
Love Somebody_Maroon 5_link
“Piccolo
mio, sei proprio carino oggi” Bacio Peter e lo sistemo sul suo
seggiolino già posizionato in giardino in attesa dei nostri ospiti.
Oggi è una giornata
importante per noi, per la nostra famiglia e così abbiamo scelto dei vestiti
nuovi per l’occasione.
Peter indossa un completino nuovo sui toni dell’azzurro che gli ha comprato
Alice nella loro giornata insieme della settimana scorsa, e io un paio di jeans
chiari e una camicia azzurra, tono su tono, Alice sarà fiera di noi.
Controllo il barbecue
che ho già accesso in attesa di Jacob e di Emmett,
torno da Peter e gli do da mangiare per portarmi già avanti, il piano è quello di fargli aspettare sveglio gli invitati e poi
portarlo a riposare, so benissimo che la giornata non andrà così. Io, però,
sono tranquillo, sono consapevole che non sarà facile, sarà una lunga
impegnativa serata, ma sono anche convinto che sarà piacevole, e potrò tornare ad essere me stesso, togliendo questa maledetta maschera.
Peter mi sorride
vedendo il biberon colmo di latte e glielo scrollo davanti al nasino.
“Pappa, pappa, pappa!” mi trovo a urlare facendolo ridere ancora di
più.
Questi sono i momenti
che adoro. Mio figlio, felice. Sorrido con lui e lo prendo in braccio per
iniziare il suo pasto. Si, sono felice: Peter, una
giornata con gli amici, la carne, il mare, il profumo della salsedine, il
tiepido sole di aprile. Quel buio interno che mi sono portato dietro per cinque
mesi, è schiacciato, soffocato dentro di me. So benissimo che c’è ancora, ogni
tanto senza pensarci ritorna prepotente e mi fa male, ma sto migliorando, so
come calmarlo, come reprimerlo come fare finta che non esista.
Osservo il mare: ci
sono persone che corrono, coppie con cani che passeggiano, bambini che scappano
dall’acqua urlando. È un momento felice e voglio viverlo appieno.
Con il mio
campioncino sulla spalla concentratissimo nel suo ruttino post pappa, mi dirigo
in casa e inserisco il mio nuovo cd nel lettore. Uscirà la prossima settimana,
mercoledì prossimo, ma oggi ne darò un anteprima alle
persone a me più care. Sono elettrizzato, spaventato ma consapevole di aver
fatto un gran lavoro. Spaventato per la fan che sta per arrivare con mia sorella,
a quando pare Alice non era a conoscenza di ciò e quando le ho parlato ha iniziato a sogghignare. La odio quando fa così.
Chissà se l’album piacerà a tutti, chissà se piacerà
anche a Isabella, Bella.
Come devo chiamarla?
Bella, Isabella, Signorina Swan? Abbiamo deciso di
darci del tu, si, ma via sms,dal vivo è la stessa
cosa? Niente panico Edward.
Cullo Peter e
sorrido: sono un coglione.
La musica si diffonde
per tutto il primo piano del mio appartamento, raggiunge la cucina, il
soggiorno e, grazie alle casse per esterni anche la terrazza
dove ho sistemato il grande tavolo per oggi. Avrei voluto posizionare un’altra cassa anche nelle scalette che portano
alla spiaggia, ma poi mi è sembrato troppo da megalomani, deve essere una
giornata informale, tra amici continuo a ripetermi.
Controllo l’orologio,
bene ho ancora un po’ di tempo, ma ovviamente il campanello squilla già.
“Paperottoooo!”
Emmett. Non avevo dubbi.
“Cosa
fai già qui?” Mi trovo a chiedergli.
“Ciao fratello,
anticipo no?” mi da una pacca sul braccio e stringe
nel suo super abbraccio Peter che sghignazza, ha sempre avuto un debole fin da
neonato per lo zio Emmett.
“Me ne sono accorto,
Rosalie?” strano che non sia qui con lui.
“Arriva con Alice e
Jasper, non ti preoccupare fratello, va tutto benissimo, stanotte …” mi
allontano alzando le braccia al cielo.
“Non voglio sapere
niente”
Emmett ride e si sposta in giardino per
controllare il barbecue, gli dico di non toccare niente in attesa dell’arrivo
di Jacob, ma ovviamente, fa come vuole lui e accende il fuoco. Come non detto
fratello.
Senza richiedere
niente mi parla ancora di Rosalie e di come siano felici, o almeno di quanto
lui lo sia, mi parla del lavoro e che in settimana dovrà partire per l’Italia,
ovviamente. Beviamo una birra e ci sediamo al sole in giardino, Peter ci
osserva sul suo dondolino con il dito in bocca.
Squilla di nuovo il
campanello. È Jacob.
Mi alzo e vado ad
aprire ed ecco il mio amico insieme alla sua bellissima ragazza. Ci salutiamo e
li accompagno in giardino, Emmett saluta Jake e fa lo stupido con Leah. Le
occhiate di Jacob non sono proprio rassicuranti, ma anche lui conosce Emmett e sa che è solo molesto, niente di più.
Offro da bere agli
ospiti e Jake, con una birra in mano, inizia ad
armeggiare con fuoco e barbecue mentre Leah, si è
seduta davantia Peter e sta giocando
con lui. Sorrido, chiudo gli occhi e mi lascio accarezzare dal sole, no,
aspetta non è il sole, è una manina piccolina. Apro
gli occhi e la manina di mio figlio raggiunge il mio naso e si
infila negli occhi, Emmett lo ha preso in
braccio e lo ha appoggiato al mio viso, sento Leah
ridere e rido anche io.
“Piccolo, ma fai la
bua a papà” ridiamo ancora e squilla il campanello. Emmett
mi lascia Peter e corre ad aprire, deve essere Rosalie, non sarebbe andato se
no.
Alzo Peter e appoggio
la sua pancia sulla bocca e faccio finta di soffiare e fargli il solletico,
sento passi giungere dal soggiorno, ma Peter pretende
la mia attenzione. Continuo a farlo divertire quando la voce di Alice diventa
l’unica cosa udibile nel giro di dieci kilometri.
“Ciao Ali” la saluto
mentre mi prende Peter tra le braccia e comincia a sbaciucchiarlo facendolo
ridere, si avvicina e mi lascia un bacio veloce sulla guancia, mi volto verso
di lei e vedo Emmett con Rose, Jasper e Isabella.
È appoggiata al muro
di casa, indossa un paio di jeans e una camicia a quadretti aperta con sotto
una t-shirt bianca, i capelli sciolti, lunghi, si muovono al vento e non posso
non perdermi ancora una volta nei suoi occhi, così profondi.
Mi avvicino e da buon
padrone di casa le vado a dare il benvenuto.
Oddio cosa le dico?
Benvenuta, no? Edward per piacere.
Bella mi vede mentre
mi avvicino e abbassa lo sguardo, è intimorita anche lei.
“Ciao” no ma sei
bravo!
“Ciao Edward” lei
almeno ha aggiunto il nome.
Silenzio
imbarazzante: eccolo. Sono peggio di un quindicenne.
“è il tuo cd nuovo?”
indica la cassa e la musica che ne esce.
Per fortuna ha
parlato lei. Vorrei scappare ma non riesco a muovermi.
“Ehm, si... questa volta non comprarlo, te ne regalerà una copia!”
bravo Edward! “ehm, accomodati, vuoi da bere?” mi sto calmando.
“Grazie, sei stato
gentilissimo ad invitarmi”abbassa ancora il viso e vorrei alzargli il
mento con le mani e godere ogni secondo dei suoi occhi.
“è un piacere!” la
accompagno al tavolo e le porgo una birra, la accetta, mi sorride e ne beve un
sorso. Edward non guardarla, abbassa lo sguardo! Ma
non riesco, è una visione celestiale.
“Papino,
abbiamo tanto sonno” Alice e Peter mi raggiungono.
Peter in braccio alla
zia, con la testa a penzoloni, ha sonno, ma non vuole cedere il mio campione,
ha sentito aria diversa in casa, è incuriosito ma il sonno sta decisamente vincendo sulle sue povere piccolemembra.
Lo prendo in braccio
e lo coccolo per farlo addormentare, suonano alla porta e Alice va ad aprire,
Alec e il resto degli invitati, comprese mia madre e mio padre sono arrivati.
Sento Jake urlare e , dato chetutti gli invitati sono presenti, inizia a
cuocere e tra le urla e gli applausi; mi sposto in ingresso per trovare un po’
di calma con Peter. Esme si avvicina mi bacia, bacia Peter e torna in giardino. Mi siedo sul divano, alzo
la musica con il telecomando e la mia canzone arriva diretta nelle orecchie di
Peter che cede e si addormenta in pochi minuti.
“Che ninna nanna!”
Isabella è vicino al divano e mi osserva divertita.
“Si,
le mie canzoni lo fanno dormire, non è bello da dire ma è così” sorrido e mi
alzo, accarezzo il
viso di mio figlio e lo porto nella sua
cameretta, mi volto verso Belle e le sorrido.
“Vuoi venire anche tu
con noi?” Bella sorride e mi accompagna.
Entro e posiziono Peter nel suo lettino, spengo le luci e chiudo le
tende per rendere la stanza buia, Isabella osserva attenta i miei movimenti,
torno al lettino accarezzo e copro il mio campione e mi abbasso per lasciarli
un piccolo bacio, prendo il monitor e mi volto verso la mia accompagnatrice.
“Vuoi salutarlo?”
Chiedo con imbarazzo.
Bella arrossisce e si
avvicina al lettino, accarezza Peter sulla guancia e gli tocca la manina, lui
la apre e stringe le sue dita intorno al pollice di Bella, sorride e continua a
dormire. E il mio cuore impazzisce. Sorrido per cercare di calmarmi e mi sposto
verso la porta.
“Andiamo a mangiare!”
Sorrido ancora e le porgo la mano, lei stringe il mio pollice come prima Peter
la sua mano, ridiamo sommessamente per non svegliare mio figlio e torniamo alla
festa.
“Dai
Ed, metti più alta la musica” cerco il telecomando, lo trovo vicino a alla
finestra, alzo di un po’ il volume, ma non troppo per Peter e tutti i presenti
ascoltano rapiti la mia voce.
È tutto il giorno che
il cd scorre nelle casse, ma questo è il primo vero ascolto; mia madre
annuisce, mio padre muove in piede a tempo, Jake si
guarda in giro come me e Alec mi fa segno che sta andando alla grande. Ma con loro è facile, sono la mia famiglia, non mi direbbero
mai che il mio lavoro fa pena. Tutti tranne una, Isabella,
lei è una mia fan, devo sapere cosa ne pensa.
Dopo l’intimo momento
in camera con Peter non si siamo parlati molto, Alice l’ha monopolizzata e non
c’è stato più modo di fare due chiacchiere e sono ancora più confuso. Una parte
di me sarebbe voluta andare da lei e parlarle, l’altra il contrario, sarebbe
voluta scappare il più lontano possibile. Non sono normale, non ne ho più
dubbi.
In questo momento
però sta vincendo la prima. Mi avvio verso di lei e la trovo seduta con gli
occhi socchiusi intenta ad ascoltare la canzone dallo stereo, muove la testa. È
stupenda.
Mi fermo e la
osservo, la miabocca
si apre e l’espressione da imbecille che si disegna sul mio volto è sintomo di
quanto sono fuori di testa. Forza Edward.
Riprendo a camminare
e le sono vicino, ma sono proprio convinto? Edward non devi baciarla, non devi dirle niente, solo ‘Ti piace la canzone?’ non è
difficile.
Si, invece lo è.
Sto per appoggiare la
mano sulla sua spalla per farle aprire gli occhi e sto sudando, le mani
gocciolano quasi; e se dicesse le non le piace? Dubbi,
sempre dubbi. Chiudo gli occhi e inspiro, basta, ora
le parlo. No, ora no: un urlo attira la mia attenzione. Peter.
Scappo in casa e mi
rifugio nella sua camera. Come posso pensare di stare tranquillo a parlare con
una donna, quando nella stanza vicina c’è mio figlio? Il mio piccolo bimbo che
sta urlando come un matto, rosso in viso.
“Ehi, piccolo c’è
papà, calma” lo alzo e si tranquillizza immediatamente.
Lo avvicino al petto
e coccolandolo cerco di calmare i singhiozzi che ancora provengono dal suo
petto. Il mio bambino. Lo porto sul fasciatoio e lo libero dal pannolino
sporco, lo pulisco e lo rivesto.
“Torniamo dai nostri
ospiti Peter” controllo l’orologio e sono contento, ha dormito per 3 ore, un po’ si è riposato.
Entriamo in soggiorno
e trovo Bella vicino allo stereo, si accorge di me e mi sorride. Il mio povero
cuore.
“Scusa, stavo
ascoltando meglio, questa canzone è meravigliosa”
Annuisco e non so
cosa dirle, è la mia canzone preferita, è nata per caso un mese fa, è la
canzone della speranza di innamorarmi ancora.
“Vuoi
che la canti? Ti dovevo un live mi sembra” sono impazzito!
“Sarebbe
stupendo! “ Isabella sorride luminosa.
Si avvicina e accarezza
Peter sul viso, che ride e sporge le braccia nella sua direzione, lui si che sa
come fare! Bella prende Peter in braccio e raggiungiamo la terrazza.
“Miei cari, a grande
richiesta vi canterò questa canzone, Jake hai la base?”
Il mio arrangiatore
annuisce e scatta sull’attenti, va in soggiorno e inserisce la base nello
stereo, però mi viene un’altra idea. Corro in casa e prendo due chitarre della
mia collezione, ebbene si, colleziono chitarre e ne do
una a Jake, la musica riparte da capo e ci mettiamo a
suonare.
Inizio a cantare e i
miei ospiti ascoltano ancora più presi. Mi sposto a osservare Peter che, in
braccio a Bella, mi sorride e scalcia. Lo amo.
“But I fall for you, i'll
never recover If I fall for you, i'll
never be the same”
Ma se mi innamoro
di te, non mi riprenderò, se mi innamoro di te, non sarò più lo stesso.
Le parole colpiscono immediatamente
Bella che alza il viso nella mia direzione, c’è qualcosa in lei, qualcosa che
non conosco e che la fa stare male; le mie parole la colpiscono e i suoi occhi
si oscurano, sta pensando, forse troppo. Alzoiltonodella voce e canto il ritornello.
“I really want to love somebody
I really want to dance the night away
I know we're only half way there
But you take me all the way, you take me all the way
I really want to touch somebody
I think about you every single day
I know we're only half way there
But you take me all the way, you take me all the way “
Non so se sia la foga
con cui sto cantando, se siano le parole di speranza della canzone
ma la paura nel volto di Isabella vola via e ritorna il sorriso, si muove
insieme a Peter e lo fa sorride ancora più di quanto faccia da solo. Voglio
davvero amare qualcuno, non so se sia Bella, non ne sarò ancora in grado ma
voglio farlo. Voglio davvero toccare qualcuno, voglio
essere toccato, baciato, abbracciato, voglio essere amato. Non so se sia Bella
quella persona giusta per me, non la conosco, non so niente di lei, ma so che il suo sguardo mi agita, mi emoziona. Non siamo
nemmeno a metà strada ma tu, mi prendi, mi prendi già.
Chissà se canterò
ancora questa canzone in sua presenza e proverò altre emozioni.Sposto l’attenzione su mia madre, su Alice e
continuo a cantare, vedo la gioia e la speranza nei loro volti, sto bene,
finalmente e lascio che la canzone continui attraverso la mia voce.
“Edward, grazie di
tutto, noi andiamo” abbraccio Alec, i ragazzi della mia band di sostegno e
saluto le rispettive accompagnatrici. Stessa sorte per Jacob e Leah, che ragazza simpatica e carina, sono davvero felice
per Jake, ed eccoci, il clan Cullen
al completo, con rispettivi fidanzati/fidanzate e la povera Isabella che si
guarda in giro con fare imbarazzato. È venuta con Alice che è intenta a giocare
con Peter e non sembra essere intenzionata ad andarsene. Dovrei dirleche se vuole andare
l’accompagno? No, la farei sentire di troppo. Ma perché cavolo devo farmi tutti questi problemi con lei. Scrollo la testa e
mi siedo sul divanetto a caccia del sole. È pomeriggio inoltrato ma ancora si
sta bene, abbiamo mangiato veramente tanto e bene, Emmett
e Jake al barbecue sono un’ottima coppia. Osservo mio
fratello seduto vicino a Rosalie, la guarda, le tocca le mani, è completamente
soggiogato da lei, fa il furbo, l’arrogante ma è solo un ragazzo innamorato
perso, e come dargli torto, lei è incredibile, ma non è il mio genere, o
almeno, non lo è più.
Ed ecco che il
ricordo di Jessica arriva prepotente anche oggi; ma non mi chiedo perché se ne
sia andata, non più; ora il mio pensiero e a quanto di stia perdendo, a questi
momenti incredibili che lei non vivrà mai più con noi. La risata di mio figlio
alle prese con Alice mi riscalda il cuore e mi fa tornare con la mente a casa,
basta seghe mentali, voglio solo pensare a quello che ho: una famiglia stupenda
e un bambino incredibile.
Ma la
tranquillità dura poco, Peter si lamenta, ha fame. Vedo mia madre pronta
ad alzarsi ma le dico di non farlo e lo faccio io.
“Posso
aiutarti? Stai andando a preparare il latte a Peter?” è Bella, e la sua è una
richiesta più che d’aiuto nei miei confronti e aiuto per lei, per la situazione
imbarazzante.Annuisco e mi segue
in cucina le faccio prendere biberon nel cassetto e i pochi minuti è tutto pronto; si, in due è molto più facile, le sorrido
ancora una volta e lei ricambia provando la temperatura del latte sul dorso del
suo polso. La gocciolina bianca si deposita sulla sua pelle chiara e Bella
avvicina lingua e labbra e si pulisce il polpo: potrebbe venirmi un infarto,
ora. Sono un maiale, un pervertito, ma cioè ho i miei bisogni anche io, e questo è stata decisamente la cosa più erotica
che ho visto fare ad una donna da troppo tempo. Si
perché con Jessica nonostante fossimo in crisi facevamo sesso, ma era solo
quello, puro atto sessuale, da parte sua non c’era più passione, sensualità e
io facevo finta di non accorgermene. La stringevo nuda tra le mie braccia e le
giuravo il mio amore ottenendo come riposta un mugugno, un‘anche io’ stretto tra i denti che non
aveva niente a che fare con il cuore. Scaccio via i brutti pensieri e mi
concentro su Isabella ancora intenta a raffreddare il latte per mio figlio.
“Allora non mi hai
più detto niente della canzone” provo a dirle.
“Oh, ecco, beh …
Edward era magnifica, grazie per aver cantato dal
vivo” è felice e sono felice anche io.
“Per
così poco. Ma,
sai, tu da mia fan sai parecchie cose di me, cosa ne dici di raccontarmi
qualcosa di te?” dove ho trovato questa intraprendenza
non lo so. Ma è così, sono confuso e mi sento un
lunatico con lei: o parlo a monosillabi o faccio queste domande. Riuscirà a
starmi dietro?
“Molto
volentieri, però prima Peter” sei perfetta Isabella.
La accompagno fuori e
sfilo dalle braccia di Alice Peter e mi siedo, Bella mi passa il biberon e si
siede di fronte a me e Peter, che trangugia il suo latte come se fosse una
prelibatezza.
“Allora, mi chiamo
Isabella, Bella, Swan e vengo da Forks
nello stato di Washington, sono laureata in lettere, specializzazione in
letteratura inglese, sono il caporedattore di Vogue LA ma continuo anche il mio
lavoro di free lance per altre testate giornalistiche
a New York, è per questo che faccio spola tra NY e LA. Vuoi
sapere il mio voto di laurea?” sorride e mi prende il biberon mentre alzo Peter
per farlo digerire.
Sono rimasto indietro
a ‘spola NY e LA’ , decido di soprassedere e le chiedo
dell’altro.
“Come mai Vogue?”
questa domanda devono avergliela posta in molti.
“A dir
la verità è stato un colpo di fortuna, stavo cercando lavoro post laurea è ho
provato un po’ ovunque, anche a Vogue, mi hanno presa e ora eccomi qui” da come
parla percepisco una grande tenacia e consapevolezza di se stessa, la invidio.
“E come hai
conosciuto Alice?” chiedo ancora sempre più curioso.
“ Signor Cullen, potrei arruolarla a Vogue, ci sa fare con le
interviste” mi sorride e continua “ mi serviva una voce nuova, per dare un nuovo volto a Vogue LA e curiosando tra le fashion blogger
ho trovato tua sorella, beh, poi puoi immaginare, la sua vitalità è
travolgente, non ho potuto non prenderla nel mio staff e soprattutto non
diventarle amica” sorride ancora e annuisco.
“Quella piccola
zanzara sa quello che vuole.”
Peter richiama la
nostra attenzione mollando la presa del biberon vuoto e facendo le bolle con il
latte che ha ancora in bocca.
“Piccolo, c’è una
signora, manteniamo un certo tono” sorrido al mio bambino mentre Bella avvicina
il bavaglino a mio figlio e gli pulisce il viso con attenzione. Potrei stare a
guardare questa scena per l’eternità, la cura del suo gesto, il lasciarsi
pulire e accarezzare di mio figlio; potrei impazzire.
“Ehm, meglio tornare
in terrazza” l’unica cosa che riesco a dire.
Bella annuisce e
usciamo ancora una volta insieme, il viso si è oscurato, sono un povero
coglione; nascondo il viso nel collo di Peter e ritorno agli schiamazzi di Emmett.
Bella raggiunge
Alice, le sussurra qualcosa e la bacia, si rivolge a tutti e saluta; se ne sta
andando. Perché? Cosa ho combinato? Dovrei dirle
qualcosa? Dovrei dirle di restare ancora un po’? Non so, non so
cosa fare e ovviamente non faccioniente. Mi limito ad alzare un braccio meccanicamente e a salutarla
mentre spiega di aver chiamato un taxi, ci ringrazia e se ne va. Tutto in pochi
minuti, tutto così veloce, e non so cosa mi stia succedendo, mi sento immobile,
impotente, è una sensazione che ho già vissuto. Mi sento solo.
Alice si avvicina e
mi sfila Peter dalle braccia, lo porta a mia madre e mi porta
sulla spiaggia, mi trascina come se fossi bloccato, come se non riuscissi a
muovermi.
“Edward, cosa succede?”
Alice si siede sulla soffice spiaggia bianca e mi accomodo vicino a lei, mi
corico e mi copro il viso con l’avambraccio sinistro.
"Ali non lo so ..." vorrei solo urlare o piangere.
"La giornata è stata lunga per tutti" e senza dire altro appoggia la
sua testa sul mio petto e accarezza il mio braccio teso affianco a lei. Non
servono altre parole; recupero un po' di calma e sposto il braccio che avevo
sul volto sulla testa di Alice. Questo è il mio
grazie.
La serata procede e Peter si é di nuovo addormentato, con la mia famiglia si
parla e si scherza ma io sono ancora confuso come prima in spiaggia con Alice.
I miei sono felici: mio padre che stringe con affetto la mano di mia madre, Emmett che si scambia effusioni al
limite del consentito davanti ai miei con Rosalie e Jasper che annuisce davanti
alle mille idee di Alice. Loro sono felici e io sono
felice di vederli stare bene. La giornata è stata soddisfacente anche per ne, sono
riuscito a non scappare come un malato di mente ma ho intrattenuto i miei
ospiti e mi sono divertito fino al momento in cui Isabella se ne è andata. Forse è il mio inconscio che ha mollato gli
ormeggi e ora si riposa, o forse Bella mi attira, mi tiene sull'attenti, mi fa
avere la speranza di ricominciare. Scrollo la testa da tutti questi assurdi e
frettolosi pensieri e torno in camera a controllare il mio bambino che dorme
come un angioletto. Ripenso ai suoi sorrisi per tutti di oggi e a quelli per
Bella; il mio paperotto speciale.
Sento dei passi e li collego a Esme, entra in camera,
mi volto ed eccola.
"Edward stiamo per andare, va tutto bene?"
mi chiede titubante. Ha colto qualcosa ma non chiede nulla di preciso, la
solita Esme.
" Si mamma, grazie di essere venuti" la abbraccio e ricambia con la
sua solita stretta. Esco in soggiorno e saluto il resto del gruppo Emmett mi bisbiglia che tornerà a trovarmi domani perché
dobbiamo finire di parlare. Sicuramente mi riferirà la sua notte con Rosalie,
no. Chiudo la porta e rimaniamo solo io, Peter che dorme sereno e i miei
maledetti pensieri che corrono veloci. Mi appoggio al bancone della cucina e
chiudo gli occhi, respiro ma niente, non riesco a calmarmi, non ce la faccio.
Forse sono solo stanco, per la mia condizione di quasi sociopatico questa
giornata é stata parecchio intensa. Cerco il cellulare per spegnerlo e andare a
dormire e mi accorgo che c'è un sms.
Grazie per la giornata. Mi ha fatto
piacere venire. Bella.
Ma allora non se ne è andata per colpa mia? Cazzo, non
ci capisco niente. Il panico da adolescente mi riporta nel delirio insieme a lui e provo a scrivete e riscrivere il sms di risposta.
Scrivo cancello e riscrivo. Dai Edward!
È
stato un piace anche per me. Dobbiamo continuare la
nostra chiacchierata.
Suona un tantino da maniaco, ma
ormai lo ho inviato. Tengo il cellulare in mano e mi
sposto in bagno, mi lavo i denti e lancio occhiate al
telefono, sono da ricovero lo so.Un
sorriso compare sul mio volto e mi sposto in camera di Peter lo
saluto con il solito bacio,lo copro per
bene con il lenzuolo e monitor nella mano libera dal cellulare mi sposo in
camera mia. Mi corico vestito sul letto ma il sonno di poco fa è scomparso,
guardo l’orologio e mi accorgo che sono le undici. Tardissimo proprio, sbuffo
mi alzo in piedi e torno in soggiorno, accendo la televisione e dopo aver fatto
zapping, mi fermo su un canale di rotazioni di video musicali. E il mio
cellulare suona.
Mi lancio sul divano per raggiungere
il tavolino affianco e apro l’sms. Sono veramente un ragazzino.
Quando
vuoi. Dovevo dirti il mio voto di laurea se non sbaglio :)
La faccina sorridente. Sorrido anche io e rispondo, questa volta senza problemi.
Numeri, non mi interessano.
Quanto ti fermi a LA?
Tutta
la settimana. :)
Ancora la faccina.
E
quando potresti avere tempo per due chiacchiere?
L’ho fatto veramente? Sono impazzito
del tutto. Le ho chiesto un appuntamento.
Rispondi Bella, rispondi
su!
Giovedì pomeriggio così c’è anche Peter?
Vuole vedere anche il mio piccolo,
sto per impazzire. Calma Edward, calma. Lei mi piace,
non riesco più a nascondermelo, ma non posso cacciarmi in un altro casino, non
posso solo pensare a me e ai miei istinti, devo pensare a Peter e cosa è meglio
per lui, è ancora piccino, ma è in grado di affezionarsi già alle persone, non
voglio fargli del male, non voglio che subisca un
altro abbandono, come non voglio subirlo io. Ma ho voglia di ricominciare, l’ho
cantato oggi, ho voglia di amare qualcuno, ho voglia di riprovare ad innamorarmi ancora.
Perfetto!
Ti va di venire da me?
Sicuro!
A presto. Un bacio. Bella.
Spengo definitivamente il telefono e
mi lascio andare sul divano, sorrido e sono felice, dal monitor sento i rumori
di Peter che si lamenta, lo sento e sono felice.Mi sento vivo, e non vedo l’ora sia giovedì. Mercoledì il lancio del cd, e giovedì il pomeriggio con Bella e
Peter, settimana impegnativa. No, l’impegno più grande sarà domani al
pranzo con i miei, Alice, mi ha visto in crisi e oggi è stata
comprensiva, ma domani sarà diversa, lo so bene.
Sarà un’altra lunga e difficile
giornata.
Buon
pomeriggio!
Nonostante la
crisi del fandom per il fattaccio Robsten
ecco il nuovo capitolo! Per chi non fosse esperto nell'inglese traduco il testo della canzone :
“Ma se mi innamoro di te,
non mi riprenderò mai Se mi innamoro di te, non
sarò mai più lo stesso
Voglio davvero amare qualcuno Voglio davvero ballare tutta la notte So che non siamo nemmeno a metà strada Ma tu mi prendi troppo, tu mi prendi troppo Voglio davvero toccare qualcuno CI penso
tutti i giorni So che non siamo nemmeno a metà strada Ma tu mi prendi troppo, tu mi prendi troppo”
Grazie a chi è
passato, chi ha messo la storia tra le liste e chi ha recensito. Se avete Pinterest passate qui, ho creato
una board con immagini della storia! Grazie, grazie e grazie!
Parlando di
gossip, voi cosa ne pensate del presunto tradimento di Kristen??? Bacione Giu
“Fattiifattituoi non è una risposta
che accetto. Ora ti siedi per bene sul divano, lasci
Peter alla mamma e mi racconti cosa è successo, cosa sta succedendo
e cosa succederà! Forza fratellone”
Cosa
avevo detto? Alice in casa dei miei senza nemmeno salutare,
con solito sguardo da criminale mi minaccia e non posso fare altro che
assecondare i suoi voleri. Lascio Peter a mia madre che sorride
annuisce, si dispiace per me, e lo credo bene. La seguo e
entriamo nel soggiorno ci sistemiamo su un divano accavallo le gambe e porto il
braccio dietro la testa,socchiudo gli occhi e sento Alice muoversi come una
disperata. Ma un corpo così esile non può essere in
grado di fare tanto casino! Riapro gli occhi e i suoi sono fissi nei miei.
“Allora?
Le tue pose da SonoUnCantanteTroppoFigo le puoi
tenere per le tue fans. Per me sei soloCarotino” Ma io sono
ancora qui con questa?
“E
non provare ad alzarti ora” fantastico, legge anche nel pensiero come quel
vampiro che le piace tanto.
Le
racconto della mia crisi, le racconto del mio sentirmi
solo ogni volta che qualcuno senza un motivo apparente se ne va, come ieri sera
Bella. Le racconto delle nostre chiacchiere delle nostre parole, dei sms e dell’appuntamento, ma in Alice non trovo la
reazione che mi aspettavo, è felice, sorride ma non urla, non salta sul divano.
“Ali,
stai diventando una persona normale o c’è qualcosa che non va?”
Scrolla
immediatamente la testa e continua.
“Ma figurati, Carotino, non dire idiozie.Stai attento ok? Solo
questo”
Piccola.
Sorrido, la abbraccio e inizio a stuzzicarla.
“Ehi! Non sono Peter io!” Alice inizia a scalciare e scappa dalla mia
presa.
Mi
alzo dal divano e rincorrendola raggiungiamo la famiglia.
“Piccolo
saluta i nonni “ Sporgo Peter verso Esme e Carlisle, si scambiano coccole e risatine. Siamo rimasti
solo noi, Emmett e Alice sono scappati
dai rispettivi impegni sentimentali, mentre io sono qui a salutare i miei con
il mio più grande amore che inizia a lamentarsi. È il segnale, bisogna tornare
alla Caverna. Saliamo in auto, lego il piccolo e saluto ancora i miei. Esme mi chiede ancora, l’età avanza, è la terza volta oggi,
del lancio dell’album di mercoledì prossimo e mi
conferma per la terza volta la sua presenza.
Sento
il mio nome per tutta la sala del cinema dove Alec ha
organizzatoil Question
& Answer per il lancio del nuovo album. Come ogni
volta, il pubblico che dovrebbe essere solo di giornalisti o addetti ai lavori
è praticamente composto da fans.
Una massa urlante capace di destabilizzarmi, di farmi perdere
il contatto con il mondo, e di fami desiderare di tornare a casa dal mio bambino.
Avrei voluto portarlo con me come al lancio del singolo, ma non avrei potuto
fare un buon lavoro con il pensiero di Peter a pochi metri; lo
ho lasciato nelle mani di zia Alice, ok, sono un pazzo, ma so che nel
ruolo della zietta lei è perfetta. Esme è qui, mi ha
scritto un SMS poco fa, la ritroverà sicuramente in prima fila urlante anche
lei, è mia madre d'altronde. Per il penultimo disco è riuscita a comprarne tre,
come se io non potessi regalarglieli; uno per casa, uno per l’ufficio e l’altro
per l’automobile. Sorrido e mi lascio trasportare dalle urla sempre più vicine,
i miei bodyguard mi stanno accompagnando all’ingresso dove
mi aspetta il mio pubblico. Non sono amante di questi momenti, anzi, li
detesto, ma è parte del mio lavoro e devo farlo. Chiudo gli occhi e continuando
a camminare, isolo le urla cercando di ascoltare solo la base che sta partendo
per concedermi il grande ingresso da star, sono un cazzone.
Il
pubblico riconosce il singolo e le urla crescono diventando un coro, un pazzo coro, ed è così che mi piace. Avanzo verso l’ingresso e sono
nella sala.Flash, rumori, musica, urla,
ancora loro, ci sarebbe da impazzire, ma come mi hanno
insegnanti i grandi di questo mestiere sfoggio un enorme sorriso e mi rivolgo
ai fotografi che chiamano a gran voce il mio nome.
Le
ragazze infondo alla sala cercano la mia attenzione, alzo il braccio e faccio
un cenno nella loro direzione per indicare che ci sarà tempo dopo anche per
loro.
Con
Alec prendiamo posto sulle poltroncine che ci hanno
sistemato sul palco rivolte verso la platea e i giornalisti iniziano le loro
domande; rispondo con velocità e competenza, lascio tutti contenti dalle mie
risposte. Chiedono delle canzone, dei testi, della
musica, dell’ispirazione; c’è qualcun che chiede del tour e solo pensarci mi
sento male.
Intanto in platea il microfono passa ad un uomo, un
ragazzo anzi, non più grande di me che si alza per pormi la sua domanda.
“Salve, James Nomads, di
People magazine. Signor Cullen, ha più notizie della
madre di suo figlio? Sta cercando di ottenere qualcosa con il suo disco?é un
urlo disperato il suo, o c’è qualcosa altro?” Ma cosa sta dicendo? Mi sembrava strano mancasse all’ appello la super domanda. Guardo Alecche scuote la testa e elimina il
problema in pochi secondi liquidando la domanda con un “No Comment,
niente domande personali”.
Il
mio umore è compromesso, se non rovinato, doveva essere il giorno di festa, il giorno della svolta, non il solito dramma del ricordo. Ho
già fatto la scena del povero abbandonato e cornuto, ora basta. Sto per
andarmene quando un altro urlo si alza dal fondo con prepotenza.
“Ed, voglio essere io la madre dei tuoi figli”
Ritorno
a sorridere e mi alzo in direzione delle urlatrici, delle mie fans, della forza con cui ho di nuovo
iniziato a scrivere e cantare. Poco
Poco
più tardi, fatte le altre foto di rito, i giornalisti, a gran voce, richiedono
un assaggio del disco e non posso tirarmi indietro. Per la verità ho una
disperata voglia di cantare da questa mattina, non avrei voluto fare altro, ma
le regole per la promozione esistono e non si possono aggirare. Dall’auricolare
Jacob mi chiede che base far partire e non ho alcun dubbio su cosa cantare.
Lancio un’occhiata in platea e James Nomads è ancora
presente: “LoveSomebody”
dico a Jacob. La canzone che ho subdolamente dedicato a Bella l’altra sera da
me. Jessica sarà sempre la madre di mio figlio , negli
occhi di Peter vedrò sempre quelli della donna che ho amato e che mi ha fatto
perdutamente innamorare di lei, ma mi sento disilluso, sento che nella mia vita
c’è spazio per altro; è finita e il suo ricordo e i pettegolezzi che ancora mi
rincorrono non devono più inserirsi così violentemente nella mia vita. Inizio a
cantare e la folla urla il mio nome,osservo Esme in piedi applaudirmi come solo lei può fare, la mia
più grande fan, il mio più grande sostegno. L’album sarà un successo, sentendo
il calore dei presenti oggi non ho alcun dubbio.
Passano
i minuti , le ore, ho perso la cognizione del tempo.
Foto, autografi, sorrisi, foto, saluti con Esme e ancora foto. Finalmente mi stanno portando fuori
dalla sala , per venire sballottato in una grande
stanza con tavolo addobbati , cibo, vedo molto cibo, non che mi dispiaccia. A
mano a mano entrano Alec, Jacob, i miei musicisti, i produttori, i dirigenti
della casa discografica e altri addetti ai lavori. Hanno organizzato, ovviamente
a mia insaputa una specie di after party; mi avvicino
ad Alec quando un urletto attira la mia attenzione.
Riconoscerei ogni suo lamento, in questi mesi insieme ho imparato ad ascoltarlo
sempre, e anche da lontano, riesco a capire che è qui anche lui; al mio party
c’è anche il mio bambino.
Ed
eccolo entrare, vestito come un duca inglese, Alice deve aver fatto di tutto
questa mattina con la mia piccola creatura al seguito. È uscito di casa vestito con una tuta come ogni bimbo e ritorna dal
suo papà con una giacchettina e un paio di pantaloni eleganti. Alice, è un bambino.
Peter
si lamenta e si guarda in giro, è incuriosito ,
sorrido e mi avvicino.
“Cosa fare qui mostriciattoli” accarezzo il viso di mia
sorella e prendo in braccio mio figli.
“Sorpresa
a papà”
“Ben
riuscita ragazzi!”
Appoggio
il viso sul suo collo e Peter si lascia coccolare, non solo da me, il furbetto
si fa tenere in braccio e riempire di attenzioni da tutti i presenti. Lui si
che ci sa fare. Ringrazio Alice del tempo che ha dedicato al nipotino e per i
nuovi acquisti, ma sembra distratta. Annuisce e sorride a stento, guarda fisso
fuori dalla finestra, nella corte del complesso dove
ci troviamo; sembra preoccupata.
“Ali,
tutto bene?”
“Fermo
li” mi intima mentre una ragazza della casa
discografica mi sta ridando in braccio Peter; in poco tempo Alice esce dalla
stanza e sparisce dalla mia vista. Da fuori, nel giardino, arrivano urla, è
Alice. Mi avvicino alla finestra e Jacob è al mio fianco anche lui incredulo.
“Ma
tua sorella assume qualcosa? Perché
è scappata e sta urlando?”
“Jake, io non so cosa stia succedendo”
Mi
avvicino ancora più alla finestra, sento altre urla ma non riesco a scorgere
nulla. Finalmente sento sbattere una porta e vedo Alice tornare trafelata alla
festa, tutti i presenti, compreso io, la osserviamo come se fosse da ricovero:
è rossa in viso, i capelli scompigliati e una smorfia sul volto che non si
addice al suo solito sorriso.
“Posso
sapere cosa ti è successo?” il mio tono è leggermente irritato e spaventato.
“Uno
stronzo stava facendo delle foto, me ne sono accorta appena sono arrivata con
Peter, sono uscita con i bodyguard e gli ho dato quello che si merita.
Veramente sono stati i tuoi gorilla, ma io sono stata il capo. Mi piace, potrei
formare una gang e io sarò il capo”
“Alice,
che cazzo dici?”
“Ma sto scherzando no? C’era uno che faceva le foto e lo ho fatto allontanare.”
Paparazzi,
tipico.
“Ali,
sono paparazzi, è normale”
“No
Ed. Questo mi segue, segue tutti noi, è davvero ossessionante, hai visto come
mi manda fuori di testa”
C’è
una persona che segue la mia famiglia e io non so
niente? Ovvio, sono sempre fuori dal mondo io, sempre impegnato a pensare solo
ai miei problemi fino a non vedere che ne causo a chi mi è più vicino.
“Da
quanto va avanti questa storia?”
“Da
qualche settimana, ma non preoccuparti, sappiamo tutto su di lui; Bella lo
conosce, ha detto che è un giornalista free lance
senza scrupoli, capace di tutto pur di far notizia. E ora è interessato a te e
alla tua storia privata. Pensa sia impossibile che la tua carriera non abbia
avuto un crollo con la storia di Jessica, anzi pensa tu abbia calcolato tutto,
compreso Peter per ritornare ai vertici della musica. Chi è quel pazzo che
userebbe un bambino per lavorare?”
Sono
allibito. Raggiungo un divanetto e mi metto a sedere. È possibile che anche il
mondo della musica come quello dello spettacolo faccia così schifo? È possibile
diventare persone famose pur essendo normali? Come si può solo pensare di usare
un bambino in quel modo! Sono stato abbandonato con un bimbo di pochi mesi;
sono stato lasciato come accade ad altri uomini nel mondo.
“Ed, non te la prendere è questo mondo che fa schifo”
Alice
cerca invano di interrompere i miei pensieri.
“Come
hai detto che si chiama?”
“James
Nomads, attualmente lavora
per People Magazine, e sai bene che genere di articoli sono capaci di
pubblicare.”
Lo
stronzo della domanda di poco fa alla conferenza.
“Bella
cosa sa?” mi trovo a chiedere.
“Ed, sai come vanno le cose”
Ok.
Sa tutto, che si sia avvicinata a me per pena? No, non può essere, cancello il
pensiero dalla mente e decido di mettere fine a questa storia prima che diventi
ancora più pericolosa e assurda di quanto già sia, per ora l’unico pensiero è
la sicurezza dei miei cari.
Chiamo
Alec e gli racconto la storia dicendogli di fare il possibile per far accadere eventi spiacevoli ancora, annuisce e si mette
immediatamente al lavoro.
Il
cellulare squilla ed è la millesima volta oggi. Tutta la mia rubrica, tutti i
miei contatti sembrano aver comprato il cd, ci credo poco, è tutta gente che
non aspetta altro che un invito a qualche serata evento, è così che funziona a
Los Angeles, e inizio a non volere più che la mia vita sua così.
Fotografi,
giornalisti spietati, finti amici, donne pronte a tutto pur di diventare
famose, non è più vita per me. Lanciato l’album, penserò al tour e poi vedrò;
ora sono un padre, c’è un meraviglioso duca inglese che sorride verso di me,
lui dipende da me, voglio che non si debba mai vergognare di suo padre e che sia
sempre fiero di ogni sua scelta e se devo scegliere di abbandonare la musica,
lo farò. Peter prima di tutto, prima di me, prima della mia vita.
Il
sole pomeridiano di Los Angeles entra con forza attraverso il vetro della
finestra dell’ufficio del presidente della casa
discografica che mi produce. Ci siamo dati
appuntamento questa mattina per discutere alcune cose riguardo la promozione,
il contratto e il tour. Non pensavo di dover decidere così presto a dire la verità, pensavo di potermi prendere un po’ di tempo.
No, non volevo pensarci.I tour sono
lunghi, faticosi, divertenti e il vero modo di fare musica live, ma sono in
grado di farti stare fuori casa per troppo tempo, è
una decisione da prendere con molta calma e con i miei.
CarlisleeEsme si sono offerti di aiutarmi
con Peter , ma non mi sembra corretto, il figlio è il mio, non posso decidere
di partire per un mese e lasciarlo a loro, più che non posso, non voglio.
Nell’ufficio
dall’arredo pacchiano vi sono grandi cornici dorate con i dischi di maggior
successo prodotti dalla casa discografica e c’è anche il mio primo album. Ogni
volta che lo vedo li, con sotto i dischi di platino sopra la scrivania è sempre
un’ emozione. È segno che il mio lavoro è servito, che
se sono prodotto dalla casa discografica più importante del paese, la mia
musica vale.
Sorrido
e cammino per lo studio e il mio telefono squilla ancora; è un messaggio con
una foto allegata, è di Bella. Con le mani tremanti premo su apri,
la mia mente viaggia, troppo veloce, anche dove non dovrebbe andare. Ed, ma secondo te ti invia una sua foto nuda?Ma la foto che si
sta caricando è ancora meglio di quanto la mia mente malata potesse pensare.
È un
primo piano del suo viso tondo e sorridente, con in
mano il mio CD; la didascalia legata alla foto è
ancora meglio.
Volevo arrivare preparata domani.
Baci. Bella
Mi
siedo su una poltrona di pelle che trovo alle mie spalle e cerco di respirare
continuando a guardare la foto. Potrei rispondere mille cose ma le mie dita
scorrono sulla tastiera isolandosi dalla mia mente intenta a elaborare troppi
pensieri.
And
when the daylight comes and I’ll have to go, but tonight I’m gonna hold you so close.
Una
parte del testo del nuovo singolo che uscirà tra pochi giorni. Non so bene cosa
centri, ma mi andava di scriverlo. Non la vedo stasera, domani sera, ho fatto
il solito casino.
Il
telefono squilla di nuovo.
Cause
in the daylight we’ll be on our own, but tonight I need to hold you so close.
La
conosce già. Ha continuato il ritornello della mia canzone. Mi sento emozionato
come se avessi dovuto affrontare un esame, una commissione e fosse riuscito alla grande. Vorrei dirle di anticipare, vorrei che
il tonight ci fosse davvero e che come nel mio testo
vorrei passare la notte ad abbracciarla, vorrei dirle molte cose ma è troppo
presto per me e liquido i pensieri con un
Ti aspettodomani.Voglio sapere cosa ne pensi. Ed.
Il
solito cuor di leone, ma Bella non molla e continua a
rispondere.
Sto prendendo appunti Signor Cullen, si ricordi che sono una giornalista.
Sorrido ancora una volta da solo nel rileggere
gli sms ma non mi sento stupido, mi sento vivo.
“Ti
piace che papà ti prepara il latte, paperotto”
Peter
mi guarda divertito sul suo seggiolino mentre preparo facendo finta di fare il
barman giocoliere il suo biberon, tra poche settimane
si inizia lo svezzamento e ci sarà da divertirsi; è anche per questo motivo che
ho chiesto di iniziare il tour tra più di un mese, in modo da iniziare a
cimentarmi con i cibi da bimbi. Non mi ci vedo a
preparare pappine, cremine; non penso di essere in
grado di preparare nulla che finisca in –ine. L’unica
cosa che so cucinare finisce in –za e a mettere una
pizza nel forno non è che ci vuole proprio uno chef. Non
so come farò con Peter ma non ho possibilità, devo
imparare a cucinare, Esme sarà entusiasta di
aiutarmi,come sempre.
Per
questa sera sono riuscito a far perdere le mie tracce e a evitare un altro
invito per il disco, voglio stare tranquillo con mio figlio, metterlo a dormire
e passare la serata aguardarlo
riposare e pensare a quanto sono fortunato; pensiero strano per chi fino a
pochi mesi fa pensava fosse finita la sua vita.
Raggiungo
Peter e lo prendo in braccio per farlo mangiare. Si attacca immediatamente al
biberon e inizia a tirare, pulisco il visino dal latte e coda e ogni tanto
stacco il biberon per fagli
riprendere fiato, è ingordo come suo zio Emmett, si
annegherebbe nel latte il mio papero.
Finita
la pappa, fatto il ruttino e via nella sua palestrina,
come ogni sera resiste dieci minuti e lo ritrovo in
coma con il ditino in bocca. Il mio cucciolo stanco morto, per quello ha decisamente preso da me, pigrezza uno stile di vita. Lo porto
nel lettino, accendo il monitor e torno in soggiorno. La luce del tramonto
ancora illumina la stanza, mi avvicino alla vetratache da sulla spiaggia e il sole è
ormai andato lasciando alle sue spalle un rossore nel cielo. Vago verso lo
stereo e premo su play, sono un drogato di musica. Dovrebbe partire il mio
nuovo disco ma invece per casa di espande il suono
della mia voce di qualche anno fa, una voce più giovane e meno studiata, è il
mio primo album. E poi ricordo. Non ho più acceso lo stereo dal barbecue e l’ultima
ad essersi avvicinata è stata Bella, ha inserito lei
il cd, ha scelto lei la canzone.
“I wake up, thoughts of you, tattooed on my mind…”
Vola
basso Edward, questo non vuol dire niente.
“If you only what I went through just to get to you...”
Calma
Ed. Hai scritto tu questo testo, non vogliono dire nulla.
“I’m hanging from you, and I’ll hold on if you want me
to…” So
come è il finale e non voglio andare avanti.
“I'm swinging
from you, and there's nothing I would rather do”
No.
no.
Estraggo
il cellulare dalla tasca del jeans e compongo un sms.
L’sms
più pazzo e stupido della mia vita.
Spero
di non pentirmene.
Buon giorno!
Non
dico niente, mi sembra doveroso nei vostri confronti.
Dico solo che ho visto BreakingDawn
part 2 e penso sia il più bello della saga, ho urlato,
pianto, riso.
Grazie
alla saga ho conosciuto persone FAVOLOSE, come tutte voi, che mi scrivete anche
con mesi di lontananza da EFP. Grazie di cuore.
Il
capitolo non è lunghissimo e non è betato, quindi non
uccidetemi.
Per chi
non fosse esperto nell'inglese il testo
con traduzione della prima canzone Daylight( quella
degli sms ) lo trovate qui,
mentre qui
c’è la seconda.
Grazie
a chi è passato, chi ha messo la storia tra le liste e chi ha recensito. Se
avetePinterestpassate qui, ho creato unaboardcon immagini
della storia! Grazie, grazie e grazie!
6. Goodnight, goodnight
Get back in my life_Maroon5_
Goodnight, goodnight_Maroon5_
“Ed,
hai spento il telefono? È da ieri sera che provo a chiamarti ma trovo sempre la
segreteria”
Già. L’ho spento e non ho intenzione di accenderlo, ho fatto una cazzata e ho
paura delle conseguenze, faccio il grande uomo, ma sono un povero stupido.
Alice è arrivata questa mattina presto, e nonostante non abbia impegni, ha
deciso di farmi compagnia con Peter, lo ha cambiato, e lo sta coccolando senza
sosta da quando è arrivata, quanti vizi al mio paperotto.
“Edward, accendi il telefono, Bella ha scritto a me, dai non fare il coglione,
le hai scritto un sms bene, non mi vuoi dire cosa hai scritto, male, ma ora fai
l’uomo”
Alice, hai ragione. Mi avvio verso il cassetto di camera mia dove ieri sera
preso da un momento di rabbia ho riposto il cellulare spento. Premo sul tasto
dell’accensione con poca convinzione, e il telefono rimante spento.
“Guarda che puoi spingere un po’ di più, non si rompe “ Mia sorella mi ha
raggiunto e con Peter in braccio, mi osservano mentre premo con più forza il
tasto ed ecco che lo schermo si illumina.
Dovevo buttarlo in mare ieri, non nel cassetto, mi tremano le mani, non ho il
coraggio e Alice continua a piantonarmi.Uno squillo.
“Leggi
quel sms, ora”
Il
viso di Alice è serio, non ho scampo. Peter sorride e fa le bolle con la
saliva, hai ragione piccolo mio. Apro l’sms edè di Bella, ovviamente. Ho paura, paura di cosa leggerò, ieri sera ho
esagerato, non dovevo scriverle quell’sms. Alice più veloce di me e
disinteressata alla mia privacy, ha già letto il messaggio e mi osserva senza
capire.
“Ma cosa le hai scritto?”
Ecco,
doppia figura di merda.
“Lascia
stare” e ritorno a leggere l’sms di Bella.
Please
don’t resist anymore, I’ll never leave you alone.
Un’altra
citazione di una mia canzone, e questa volta Bella si è spinta molto più oltre
di quanto ho fatto io.
“Fratello,
cosa le hai scritto?” Alice continua, non molla, come sempre.
“Sorella,
Bella ha lasciato intenzionalmente una canzone nel mio stereo, e l’ultima frase
diceva ‘ I’m swingingfromyou’ e le ho scritto se stava succedendo davvero, è strano
a parlarne, non la conosco, so pochissimo di lei, ma mi sono spaventato” e ora
sarà contenta, maledetta Zanzarina.
“Ed,
non so che dire, ti piace proprio?” Si avvicina e mi accarezza una spalla,
Peter continua a parlottare da solo ignaro di tutto, lo invidio, per lui così
piccino tutto è semplice.
“Penso
di si” l’unica cosa semi furba che riesco a dire.
E Alice diventa incontenibile; le prendo Peter dalle mani mentre saltella nella
stanza. Il mio piccolo guarda la zia e inizia a sorridere, tranquillo tesoro,
imparerai ad avere a che fare anche tu con i momenti di pazzia della zia.
“Lo sapevo, lei è una tua super fan, lo sapevo che poteva nascere qualcosa” mia
sorella riprende l’uso della parola e quello che dice è capace di spaventarmi
ancora più di quanto non lo sia già di mio.
“Ehi, non corriamo. Non può nascere niente, o almeno non ancora. Vola basso
Ali”.
Cerco di troncarle le ali immediatamente, ma
il luccichio nei suoi occhi mi fa capire che la sua mente sta macchinando già
troppo.
“Ed…” Basta non voglio altre domande.
“Ali,
basta così, ne abbiamo già parlato anche troppo, oggi Bella verrà qui,
parleremo, ci conosceremo, ma se il tuo cervello sta pensando che ci lanceremo
in camera da letto, la risposta è no.”
Alice
annuisce, ma capisco benissimo che non ha smesso di pensare, ma non voglio
sapere altro.
La verità l’ho detta a voce alta per la prima volta da alcune settimane, da
quando ho visto Bella, lei mi piace, mi è entrata dentro, i suoi occhi, i suoi
modi pacati, mi piace e tanto, ma non ho le forze per iniziare nulla; sono un
padre, mio figlio prima di tutto.
Mio figlio che mia sorella mi ha strappato dalle mani, mio figlio che sorride
ed è felice, non voglio rischiare che mi veda come quando sua madre se ne è
andata, non voglio rischiare di cadere in un abisso ancora più profondo e non
riuscire più a rialzarmi, una volta si può fare, due no.
“Papino, andiamo in spiaggia noi”
Osservo
i due piccoli Cullen uscire in spiaggia e i brutti
pensieri lasciano spazio alle solite faccende casalinghe; cerco di sistemare il
meglio che posso il caos che si lascia dietro Alice, preparo il biberon per
Peter e miriporto sulla veranda, l’aria
di mare mi calma, speriamo riesca a farlo anche più tardi con Bella.
“Pete, dove è papà?” Nascondo il viso dietro alle mani e
sento il piccolo ridere.
“Ecco papà” apro le mani e Peter si lascia andare in un’altra risata
spalancando la bocca e tirando fuori la lingua. Sta sbavando e si sta bagnando
tutto, mi alzo e cerco il suo bavaglino e glielo appunto al collo, evitiamo di
sporcare duecento magliette al giorno, grazie.
Torniamo
al nostro consueto gioco che lo fa divertire più di tutte quelle cosine che gli
portano Emmett e Alice quando suonano alla porta: è
lei, è arrivata.
“Forza
piccolo, andiamo ad aprire, abbiamo compagnia oggi”
Mi avvio con il piccolo in braccio e con una mano apro la porta.
Per calmarmi oggi ci vuole molto più che aria di mare, ci vuole un getto di
aria fredda puntato in faccia e non solo. Lei è bellissima. Bella è magnifica;
fasciata in un paio di jeans scuri, scarpe da ginnastica, t shirt
bianca e un gilet grigio, si è fatta una coda alta e porta un paio di grandi
occhiali da vista, penso siano di scena, come Alice, mode stupide, ma la
rendono ancora più sexy di quanto sia normalmente.
Peter, in braccio, si accorge del mio irrigidimento e inizia a lamentarsi,
Bella sorride e gli prende una manina per dargli un tenero bacio sulle dita.
Vorrei farlo anche io, ma non sulle dita di mio figlio. Edward, calma.
“Accomodati! Benvenuta a casa nostra!”
Ma
che cazzo dico? Mi drogo forse?
“Grazie
Edward e grazie Peter”
Penso
di non sentirmi così imbarazzato dai tempi del liceo, e delle prime uscite con
le ragazze, che poi questa non è un’uscita ‘galante’ per dirla alla Carlisle, è una giornata per conoscere una nuova amica,
continuare a ripetermelo, mi aiuterà a crederci, forse.
Bella avanza e la accompagno in soggiorno, siedo Peter nel suo posticino e la
faccio sedere sul divano.
“Scusa
per il messaggio di ieri sera, diciamo che non è stato un bel momento”
Finalmente riesco a dire una cosa sensata; Bella sorride ed è ancora più bella,
come immaginavo si è tolta gli occhiali e li ha appuntati sul collo della
maglietta.
“Tranquillo, non voglio chiederti niente, la canzone l’ho lasciata perché, beh,
è la mia preferita”
Si
stringe le mani in una morsa e non alza lo sguardo su di me, è imbarazzata
forse più di me e non me ne sono nemmeno accorto, troppo impegnato a pensare a
me e ai miei innumerevoli problemi mentali.
“Bella, lascia stare quelle povere mani” le sfioro le dita e una scossa mi
raggiunge dritto fino al cervello, Bella alza lo sguardo e i suoi occhi
incontrano i miei ancora una volta. Voglio baciarla, ho voglia di avvicinarmi,
prenderle le mani e posare le mie labbra, che stanno diventando sempre più
secche sulle sue. È arrivata da nemmeno dieci minuti e l’atmosfera in casa è
già insostenibile, non sono per niente un buon padrone di casa.
Restiamo
immobili, senza fiatare, le mie mani sono ancora pericolosamente vicine alle
sue, ma cerco la forza e mi allontano, mi rifugio sul seggiolino di Peter e lo
prendo in braccio, non sarà corretto, ma uso il mio bambino come scudo, invece
che difenderlo è lui che difende me.
Bella
senza aggiungere niente altro inizia a parlottare con Peter, gli stringe le
mani, lo fa sorridere e lui, come il padre, sembra pendere dalle sue labbra; le
faccio vedere il nostro gioco, passo Peter in braccio a Bella e mi nascondo
dietro le mani, Peter sorride ma Bella no. Cosa è successo? Cosa ho combinato
di nuovo?
“Ehi, tutto ok?” Provo a dire, Bella annuisce e maschera un finto sorriso sul
volto.
“Bella, cosa succede?”
“Allora è proprio vero che gli uomini con figli diventano più sensibili”.
Sorrido
e la vedo accarezzare il piccolo.
“Sai vederti così con tuo figlio, mi fa venire in mente quanto non ho vissuto
questi bei momenti io da bambina; i miei genitori si separarono quando avevo
circa l’età di Peter e la mia vita è stata sempre un movimento, non che mi sia
dispiaciuto, ho avuto la possibilità di crescere con entrambi i genitori, ma
diciamo che forse è colpa della mia infanzia che anche ora non ho una casa. Fin
da bimba mi sono sentita una nomade, e ancora oggi la mia vita funziona così”.
“Alice
mi ha detto che ti dividi tra New York e Los Angeles” .
“Non
solo, Chicago, Miami e ogni settimana i direttori della rivista mi aggiungono
altre mete, amo il mio lavoro ma inizio a non riuscire più a tollerare questo
mio essere sempre in giro, conosco persone, mi affeziono, ma devo ripartire, è
stressante”.
Ci sono anche io dentro a queste ‘Persone’?
“Penso
di capirti, almeno in parte, ieri al lancio del disco, parlavo con i dirigenti
della mia casa discografica e si parlava del tour; una parte di me non vede
l’ora di iniziare, l’altra non vuole, non vuole lasciare Peter”.
Continuo
a parlare e lei mi ascolta rapita.
“Il pensiero di essere solo a pochi chilometri da lui mi fa stare male,
immaginati dall’altra parte del mondo, ho accettato il tour del paese, ma
l’internazionale ancora no, sono un padre, single, non posso affidarmi così
tanto alla mia famiglia, ho scelto io la mia vita e non posso far finta che
Peter non ci sia e continuare la mia vita di prima. Se ne risentirà il mio
lavoro sarà giusto così.”
“Che
concerti farai allora?”
“Per adesso ho accettato serate intorno a LA e una a New York, da viziato quale
sono, mi hanno gentilmente concesso un volo privato così da tornare il prima
possibile da mio figlio, non prenda appunti Signorina Swan
per un articolo su ‘Quanto sono viziati i cantanti americani’” rido e lei con
me, ma c’è qualcosa che la tortura e penso sia la stessa cosa che infastidisce
me.
Lei non vive a Los Angeles, vuole fermarsi, magari con una di quelle persone a
cui si è affezionata e io non so cosa voglio, o almeno in questo momento mentre
è ritornata a giocare con Peter so decisamente quello che voglio.
Peter
le ha preso una ciocca di capelli dalla coda e ha iniziato a tirare.
“Piccolo, molla la presa” Sfilo i capelli dalle manine di mio figlio e
trattengo la ciocca tra le mie.
I suoi capelli sono morbidi, li passo tra un dito e l’altro, i suoi occhi sono
di nuovo nei miei, la voglia di baciarla è ancora più forte, mi avvicino e la
coda si è allentata, i capelli sono usciti e le cadono disordinatamente sulle
spalle, le porto la ciocca dietro l’orecchio e le sfioro il collo. Bella
socchiude gli occhi, e capisco che anche lei vuole quello che voglio io. Peter
è immobile e osserva senza capire cosa sta succedendo tra di noi. Bella allunga
una mano e incontra il mio braccio, lo stringe, mi sorride ancora: mi sta dando
il via libera, e sto per cedere. Non c’è nulla che ho desiderato nella mia vita
che questo bacio, mi avvicino e Peter si lamenta, non lo ascolto e sono sempre
più vicino, la mia fronte contro la sua, il mio naso sfiora il suo, chiudo gli
occhi e mi riempio del suo profumo, è fruttato, dolce, mischiato all’odore di
latte del mio piccolo che ha in braccio.
Peter. Non posso farlo. Un bacio, non riuscirei a fermarmi, non posso farlo.
Mi allontano con la scusa di andare a preparare il latte a Peter e la lascio
sul divano, non mi volto ad osservare il suo viso, guardo il mio dallo specchio
in cucina e mi basta per immaginare il suo.
“Il
piccolo ci sta lasciando”.
Peter finalmente ha deciso di chiudere gli occhi, è stato tutto il pomeriggio
in braccio a Bella, lui ha fatto tutto, nelle possibilità di un bimbo di cinque
mesi, che suo padre non ha saputo fare.
La giornata è andata avanti tra chiacchiere e musica.
Bella
mi ha raccontato del suo lavoro e delle difficoltà che incontra ogni giorno nel
essere un capo redattore giovane, ha grinta, farà carriera sicuramente.
In
quanto a me, beh ho avuto altri momenti di crisi, c’è stato un momento che se
non fosse stato per la chiamata di quella curiosa di Alice, l’avrei baciata
sicuramente; non so nemmeno io perché mi sto trattenendo a questo modo, un
bacio non ha mai ucciso nessuno.
Le ho raccontato della mia routine di padre single, ma non ho accennato a
Jessica, arriverà il momento che le racconterò la nostra storia, ma non il
primo appuntamento. Sì, perché questo è decisamente il nostro primo
appuntamento.
Bella
mi accompagna a portare a letto Peter e come l’altra sera la vedo e il mio
cuore salta nel petto.
I suoi gesti sono gentili, Peter si lascia mettere nel suo lettino senza fare
nemmeno un versetto, lo accarezza e lo copre con il lenzuolo. Osservo la scena
appoggiato allo stipite della porta, lei è così tenera, così gentile, i suoi
gestii sono così speciali e beh vederla china sul lettino spinge via ogni
pensiero romantico, sono un uomo, un uomo che non vede una donna da troppo
tempo. Calma Edward, respiro e respiro ancora.
“Edward
hai caldo?” Bella si è voltata e ha notato il mio rossore.
Piccola
sapessi quanto ho caldo.
“Ehm
… si, tu no?” Un’altra ottima risposta, Edward sei un idiota.
Bella
sorride, si avvicina, mi accarezza un braccio e il mio viso penso possa
prendere fuoco.
Lo
sta facendo di proposito.
“Così non vale però”
Le
blocco una mano e la trascino verso di me, porto una mano sulla sua schiena e
con l’altra tengo ancora imprigionata la sua mano, la spingo verso di me, non
tanto vicino, non vorrei che percepisse qualcuno che non dovrebbe esserci e
invece ci ha raggiunto. Ancora una volta in questo lunghissimo pomeriggio il
mio fiato è corto, chiudo gli occhi. E avvicino le mie labbra, la sento
fremere, vuole un contatto più di me. Ma ancora non sono pronto, porto le labbra
sul suo collo e le lascio un piccolo bacio. Per me è già una conquista.
La libero e Bella si allontana, è scossa, ma l’ennesimo sorriso della giornata
segna il suo viso.
Mi prende per mano e ci riportiamo in soggiorno, ha capito e non sta cercando
di insistere, è perfetta, Bella mi sta stregando.
Sulla
mia terrazza, l’aria di mare ancora tiepida ci riscalda, è fine aprile ma si
può stare ancora. Abbiamo ordinato una pizza e l’abbiamo mangiata con il salino
che ci scompiglia i capelli e il pomeriggio si è trasformato in serata insieme,
sto bene e non ho intenzione di privarmi della sua compagnia.
“Mi
dica, Signorina Swan, ma è davvero una mia fan
scatenata come dice Alice?”
Chiedo
ammiccando, sto facendo il divo; Bella alza un sopracciglio e arriccia le labbra.
“ Beh, diciamo che non sono mai stata di quelle fan urlanti, ma conosco molto
bene le tue canzoni, ho i tuoi album, ho sempre letto le tue interviste, ho un
comprato lo speciale di RollingStones
dove sei in copertina, ho un poster gigante in camera mia, e ho il cuscino con
il tuo viso … “
“Ehi
frena, basta, meglio se non mi dici altro”.
Scoppiamo a ridere, bevo un altro sorso di birra e ripenso a quello che ha
detto.
“Il
poster e il cuscino stavi scherzando vero?”
“Beh,
il poster l’ho comprato per davvero, era in una rivista per ragazzine e l’ho
preso, con la scusa di un’indagine tipologica per Vogue”
“Geniale”
Ridiamo ancora e non riesco a ricordare una giornata dove mi sono divertito
così tanto, con una donna, che non sia un membro della mia famiglia.
“E
dove lo tieni?”
“Signor
Cullen lei è troppo curioso”
“Ha
ragione, Signorina Swan. Parliamo d’altro, perché hai
comprato il disco, te ne potevo dare una copia io”
Ripenso
alla foto di ieri, l’ho salvata sul telefono, come un ragazzino.
“Ma
volevo sentirlo assolutamente, non potevo aspettare”
“Grazie,
mi fa piacere”
“Fa
più piacere a me se me lo autografi”
“Ma
Bella, ma dai”
“No,
dai!”
Ma
che imbarazzo!
Bella si alza, entra in cara, raggiunge la borsa e estrae il cd e un
pennarello.
“Eri
pronta”
“Certo,
sono sempre pronta io”
Non
dirmi così Bella, camera mia è troppo vicina, non dirlo più.
“Puoi
scrivere ‘A Bella’ anche? Grazie”
La
guardo e muovo la testa in segno di disapprovazione.
“Guarda
te cosa mi tocca fare anche a casa mia”
Apro
il cd, prendo il pennarello e mi nascondo dalla vista di Bella.
Scrivo
un pensiero, ma non voglio che lo legga ora.
“Fatto,
ma non aprire il cd prima di arrivare a casa, prometti!”
“Promesso!”
Si
risiede e finiamo di bere rilassandoci con altri mille discorsi. Non voglio che
questa serata finisca.
“Hai
preso tutto?” le chiedo accompagnandola
alla porta.
È
tardi e sfortunatamente lei domani deve andare a lavorare.
La
vedo intrufolarsi in camera di Peter, la seguo e si sporge per fargli una
carezza, è così tenera, sempre un pensiero per mio figlio.
“Beh,
grazie di tutto Edward”
Grazie
a te piccola, mi hai regalato una giornata stupenda.
“Grazie
a te Bella”
Quello
che riesco a dirle.
“Domani
torni a New York?”
“Sì,
ho il volo in serata, ci sentiamo se ti va”
“Mi
farebbe piacere”
La
conversazione più strana della mia vita, tutta la confidenza di pochi minuti
fa, ha lasciato spazio a una finta freddezza tipica di un arrivederci.
“Leggi la dedica,quando arrivi a casa” .
Le
sussurro avvicinandomi al suo orecchio, chiudo gli occhi, e respiro ancora il
suo profumo, la sua mano raggiunge la mia schiena, mi stringe in un abbraccio
che ricambio; Bella appoggia la testa sul mio petto e potrei morire ora.
“Buonanotte,
Bella”
“Buonanotte,
Edward”
Con
rapidità sale sulle punte dei piedi raggiunge la mia guancia e mi lascia un
bacio, la stringo io questa volta e non vorrei più lasciarla andare, ma un
rumore dal monitor ci interrompe per la milionesima volta oggi, è Peter, ha
bisogno di me e devo andare.
“Vai
da lui”
Sorride e apre la porta, il taxi che abbiamo chiamato è già arrivato, le ho
detto che caricavo Peter in auto e la accompagnavamo noi, ma non ha voluto
disturbare il sonno di mio figlio.
La
osservo salire sul taxi, la saluto ancora e mentre parte torno dal mio piccino
che si è decisamente svegliato.
“Arrivo
Paperotto, papà è qui”.
Finalmente
Peter è di nuovo tranquillo nel lettino e posso concedermi di andare a dormire
anche io. La serata è stata bellissima ma ho dovuto usare gran parte del mio
autocontrollo per cercare di evitare che con Bella la situazione degenerasse.
Continuo a pensare a come sarebbe stato baciarla veramente, che mi sia fissato
di non riuscirci e di non poterlo fare quando sarebbe stata la scelta più
facile? Non so, sono confuso, tutto è così complicato, non riesco a capire cosa
sia facile e cosa no. Credo di non sapere cosa voglio, ma invece lo so bene e
cerco di negarlo alla mia mente: voglio Bella dal primo momento che l’ho vista
e la giornata di oggi ne è la prova.
Ho
sbagliato tutto, dovevo lasciarmi andare un pochino di più.
Tolgo il cellulare dalla tasca e non mi sono accorto del messaggio in arrivo, è
di Bella, deve aver letto la mia dedica.
“A
Bella,
I
know we're only half way there
But you take me all the way, you take me all the way.
Edward.”
Le
ho citato ancora una volta la canzone che ho cantata per lei al barbecue, quella
che ho scritto dopo averla incontrata, la canzone che più segna la mia voglia
di riniziare.
Adoro quella canzone. Non potevi
scrivere nulla di meglio. Ti penso. B.
Che
giornata.
Ti penso anche io, non lo scrivo, ma sappi che ti penso, troppo.
***********
“Edward allora
avremmo deciso per la promozione dell’album di fare un piccolo live a New York
settimana prossima, ti va? Il tour lo iniziamo il mese prossimo, come abbiamo
concordato, con date solo in Usa”
Aro mi spiega le novità decise dalla casa discografica e annuisco.
Il
momento è arrivato, devo parlare con Esme e chiederle
se è sempre d’accordo sull’aiutarmi con Peter in questi momenti nei quali dovrò
lavorare.
Il pensiero di andare a New York non mi spaventa, anzi, sarà la scusa per
andare a incontrare Bella; non ci siamo più visti dal nostro appuntamento, non
è più tornata a Los Angeles ma, come ci eravamo promessi, ci scriviamo
praticamente tutti i giorni.
Esco
dall’ufficio e i paparazzi mi sorprendono, scappo e mi infilo in macchina, in
direzione casa; mia madre è con Peter, le potrò parlare subito del viaggio di
settimana prossima a New York.
Ma
prima voglio dirlo a Bella, prendo il telefono e compongo l’sms.
Ciao. Settimana prossima sono a NY.
Spero di poterti salutare. E
La
risposta è immediata.
Ciaoo, vieni a cantare? Dammi dettagli! B.
Sono
le 7 di mattina a New York e Bella è già sveglia.
Le nostre piccole conversazioni via cellulare sono stati dei momenti di sorriso
e anche di tenerezza in questi giorni, ho cercato di sbottonarmi anche io, le
ho scritto che mi mancava, e che non smettevo di pensare al nostro appuntamento
e Bella ha risposto con un messaggio pieno di baci; quel bacioche ancora non c’è stato e che voglio più che
mai.
Sarai la prima. Buona giornata, un
bacio. E
Alice
ha voluto sapere tutto della giornata passata ed era felice per me e per Bella,
mi ha rassicurato di aver fatto bene ad aver aspettato, che il nostro bacio
sarà ancora più intenso di quanto pensiamo. Lo penso anche io.
Buona giornata anche a te. Bacione. B
In
alcuni minuti sono a casa e Esme mi apre la porta con
Peter in braccio.
“Paperotto,
sei sempre in braccio, quanti vizietti al mi bimbo”
Lo prendo in braccio e lo alzo al soffitto, Peter ride e io con lui.
Oggi
iniziamo lo svezzamento, il pediatra ha deciso di iniziare con un po’ di
anticipo vista la continua crescita di Peter, lui è un campione è bravo in
tutto.
“Oggi
facciamo la pappa nuova!” Lo faccio saltellare in braccio.
“Vieni
Edward, lezione di cucina numero 1 per il papà del anno!” mia madre ha voglia
di prendermi in giro.
“Mamma,
Aro mi ha detto che si inizia con la promozione, settimana prossima dovrò
andare a New York, sei sempre disponibile per aiutarmi con Peter? “
“Ma
certo tesoro, che bella notizia! New York, incontrerai Bella?”
Alice
ha parlato.
“Penso
di sì. Grazie mamma.”.
Esme
si allontana sorridendo, le donne Cullen, sono tutte
uguali.
La
cucina è un disastro. Pentole, pentolini, piatti, è decisamente la cosa più
difficile che ho fatto nella mia vita, mia madre si è divertita parecchio, mi
ha aiutato, ma in disparte.
L’aspetto positivo di questo delirio è che Peter sembra gradire, ha cercato il
biberon, ha pianto un po’ ma si è fidato e ha assaggiato la pappa e non ha più
smesso di mangiare. Abbiamo fatto aeroplanini ,
trenini, si è divertito e ha mangiato. Ora è seduto in attesa di digerire,
mentre io e Esme cerchiamo di rimettere in ordine il
campo di battaglia.
“Edward, non voglio fare la pettegola, ma Bella è davvero una cara ragazza”
Eccola
ancora.
“Lo
so, ma non voglio dire niente, è troppo presto, capisci?”
“Certo
tesoro, hai ragione”
Continuiamo
a pulire e mi accorgo che Peter si è addormentato con il viso che ciondola da
una parte all’altra; lo indico a mia madre e lo porto nel suo lettino per il
consueto riposino post pappa.
“è
stato bravo oggi, non pensavo si facesse convincere a mangiare”
Dico,
tornando ad aiutare Esme in cucina.
“Il
mio nipotino è un tipo tosto, proprio come il suo papà”
Mamma.
“Grazie
per aiutarmi, i mesi che verranno saranno più complicati”
“Io
e tuo padre siamo pronti per aiutarvi”
Ed
è la verità. Non avrei potuto fare nulla nella mia vita senza il loro aiuto.
Esme
dopo aver finito di pulire con me la cucina mi saluta e mi da appuntamento
all’indomani.
E
mi concedo un po’ di relax, accendo lo stereo, scelgo la canzone e ho voglia di
sentire Bella, non posso chiamarla però, non so cosa stia facendo potrei
disturbarla e come consuetudine le invio un sms.
Oggi Peter ha mangiato per la prima
volta la pappina. È stato bravissimo. Dovresti vederlo. E.
Non vedo l’ora, dagli un bacio e
fattene dare uno a te.B.
Non
vedo l’ora sia tu a darmelo, Bella.
*******
“Jake, la scaletta è questa allora?”
“Esatto,
4 canzoni!”
Il
volo privato per New York è appena atterrato al JFK, accendo il telefono e
scrivo ad Alice, mi risponde immediatamente di non stare a preoccuparmi, Peter
sta bene e di godermi la serata.
Rileggo ancora una volta il programma, ci sarà uno shooting
fotografico con il cd e poi il mini concerto in un teatro sulla Fifth Avenue. Adoro New York, la vitalità che c’è nell’aria
non si trova in nessun altra città del mondo. L’auto ci fa salire e in un’ora
grazie al traffico newyorkese siamo in centro, mi fanno scendere nel retro e
entro nel teatro senza la solita calca dei paparazzi , i fotografi di NY sono
meno invasivi di quelli di Los Angeles.
Mi accoglie una ragazza e mi fa vedere la sala, è grande, iniziamo le prove
audio ed è perfetto, Jake dall’ear-monitor
mi conferma che la prova è stata ottima, ringrazio tutti e mi faccio trascinare
in sala trucco per la preparazione per le foto; odio questa parte del mio
lavoro ma devo farlo.
Sono
seduto in sala trucco e invio un sms a Bella, sono nella sua stessa città, è da
quando ho saputo di dover venire a New York che fremo per rivederla.
Siamo nella stessa città, NY è magica. Riesci a passare? E
Il
parrucchiere cerca, invano di sistemare i miei ciuffi ma la risposta di Bella
non arriva, controllo il telefono ogni minuto ma nessun messaggio, starà
lavorando, lo spero.
Jacob entra nel mio camerino e mi da alcuni consigli per il live, ma non
ascolto praticamente nulla, ho la mano in tasca sul telefono in attesa che
squilli , vibri, in attesa di Bella.
“Ed, tutto ok?”
“Si,
scusa, stavo pensando ad una cosa”
“Stai
tranquillo, Peter è con i tuoi no?”
E
le parole di Jacob mi fanno sentire ancora peggio, dovrei essere in ansia per
mio figlio, e invece lo sono perché ho paura di non riuscire ad incontrare una
donna, non è giusto, per mio figlio.
“Hai
ragione Jake, dai andiamo a fare queste foto”.
E come ogni volta mi sento il più ridicolo dell’universo; il fotografo mi dice
dove mettermi, come sorridere, mi dice qualunque cosa e io mi sento un salame.
Sono in piedi con una chitarra in mezzo alle gambe e sono duro come un legno,
come possono dire di farmi foto per vendere, dovrebbero usarle per ricattarmi.
Per
fortuna la tortura dura poco e in poco tempo mi ritrovo nel salone, sento le
urla della folla in sala, ancora sai che ci doveva essere poca gente, Jake mi da segno di entrare e la platea si ammutolisce per
scoppiare in un urlo ancora più fragoroso.
Mi
guardo in giro e la gente è davvero tanta stipata nel teatro. Sorrido al
pubblico e inizio a cantare la prima canzone, la band mi segue, amo cantare dal
vivo con la musica dal vivo. Jake mi fa segno che sto
andando benone quando il fiato si blocca, la testa vola sulla prima fila;
continuo a cantare ma sono scollegato, il cervello mi ha abbandonato per andare
di nuovo sulla prima fila.
E
lei è li, che mi guarda, mi sorride e si muove per la mia musica, Bella è in
prima fila, e il ricordo di queste scene già vissute con un’altra persona
ritorna a galla e quasi mi fa venire la nausea.
Continuo
a cantare con Jake che mi fa segnali, ha capito che c’è
qualcosa che non va, ma non voglio interrompermi, voglio continuare, lo devo a
tutti i miei fan.
Bella
mi osserva, canta con me e in lei rivedo Jessica, rivedo il nostro primo
incontro , solo che io sono diverso, non ho voglia di flirtare, non ho voglia
di fare lo scemo, ho paura.
Un brivido mi sale lungo la schiena, la canzone finisce, ringrazio e attacco la
seconda. Mi muovo sul palcoscenico come un matto, lancio occhiate a Bella e non
sta sorridendo, anzi, dovrei guardarla, dovrei sorriderle, la volevo prima,
cosa è cambiato in pochi secondi.
Continuo
a cantare e finisco anche la seconda canzone, ringrazio ancora una volta e
inizio la terza, è “Love Somebody” , la canzone di
Bella, guardo la prima fila e lei non c’è più.
Sono un coglione, ho rovinato tutto, sono venuto a New York per lei e la paura
di un ricordo è riuscito a rovinare ogni cosa. Concludo il live, mi chiedono un
bis, canto un'altra canzone, sorrido, ringrazio e scappo. Scappare ormai è l’unica
cosa che riesco a fare.
Mi
rifugio in camerino e senza dire niente a nessuno, nemmeno a Jake, chiamo un taxi, devo rimediare al casino che ho
fatto, devo raccontarle la verità, devo dirle che sono un sociopatico, che ho
paura di soffrire, devo raccontarla di come ho conosciuto Jessica, devo trovare
Bella.
Bella, sono un coglione. Mi sono
spaventato, devo raccontarti cosa mi è successo. Devo raccontarti il mio
passato. Sono in taxi, dove sei? Scusami. E
Ovviamente
non arriva nessuna risposta.
Cazzo ho fatto un bel casino, ma me lo merito. Dovevo raccontarle tutto a casa
mia, ne ho avuto l’opportunità e magari lei avrebbe capito la mia confusione.
Sono
sul taxi e non so dove sto andando, ho detto al taxista di partire che mi
informavo sulla via, ma Bella non risponde, so a chi chiedere aiuto.
“Ali,
sono io, non fare domande, sai l’indirizzo di Bella?”
“Edward
cosa hai combinato? Aspetta”.Per
fortuna le ho detto di non fare domande.
E
chiudo la chiamata, non le ho chiesto niente di Peter, non è giusto, ma voglio
pensare a rimediare a quello che ho fatto; dico al taxista l’indirizzo e in
alcuni minuti mi lascia fuori dal palazzo, mi sento osservato, ma forse è solo
la mia solita abitudine di avere i paparazzi al seguito; mi infilo nel palazzo
e chiamo l’ascensore, fa che sia in casa, fa che ci sia, mi ritrovo a dire
salendo.
Arrivo
alla porta e le gambe sono pesanti come se fossi salito dalle scale, ho paura,
ma è arrivato il momento.
Busso,
busso ancora, busso e chiamo Bella, niente, non è in casa.
La
chiamo, non risponde, le mando un altro sms, non risponde.
Ha
ragione, è la fine giusta che dobbiamo dare a questa pseudo storia, ma voglio
dargli ancora un tocco di mio. Busso alla porta vicina e una signora mi apre,
mi scuso per l’orario, mi riconosce e sorride, le chiedo se può darmi un foglio
e una penna e corre in casa, ritorna con un block notes intero e un astuccio
probabilmente rubato a qualche figlia.
Scelgo
la penna e ringrazio, la signora mi dice di tenerla e mi saluta.
Mi
siedo per terra e scrivo il biglietto.
Bella,
sono stato uno stronzo, ma se non ti
spiego come sono andate le cose nella mia mente, rischio di impazzire e di
perderti se non l’ho già fatto.
È ad un mio concerto, in prima fila,
che ho conosciuto la madre di Peter, mi sono spaventato, il ricordo dell’abbandono
è ancora troppo fresco, ho avuto paura di riprovarlo di nuovo, e ho fatto un
casino. Ho pensato che non guardandoti fosse più facile e invece sono qui, sul
tuo pianerottolo con un foglio e una penna della tua vicina a scriverti che non
voglio perderti; ti conosco da poco, ma sei la cosa più bella che mi è capitata
in questo periodo.
Scusami.
I'm sorry, I did not mean
To hurt my little girl
It's beyond me, I cannot carry
The weight of a heavy world
So goodnight, goodnight, goodnight Goodnight, hopethat things work out all right
Edward.
Infilo
la lettera sotto la porta e scendo, l’ascensore è occupato, prendo le scale,
devo andare via da qua il prima possibile. In strada chiamo al volo un altro
taxi, e mi faccio riportare al teatro, il cellulare è ancora muto. Bella chiamami.
“Scusami
Jake, è successo un casino, ti spiego sul volo”.
Prendo
la mia sacca dal camerino e mi infilo nell’auto che ci porta al nostro volo per
tornare a Malibù, la mia mente è ancora sul
pianerottolo di Bella, e su quel foglio, ma evidentemente solo la mia,Bella non
mi ha scritto, è passata più di un’ora ma niente.
Arriviamo in aeroporto, non serve il check-in, ma il nostro aereo privato non è
ancora pronto, ci dicono di aspettare prima del controllo passaporti e ne
approfitto per sedermi al bar e ordinare da bere, ordino una birra; appoggio la
testa, sulle braccia, la sento pesantissima.
Non
so quanto tempo passi, ma dei passi di corsa attirano la mia attenzione, una
voce, mi fa alzare dal mio torpore, è lei, è qui; è impossibile, è la mia
immaginazione.
Alzo
la testa e non credo ai miei occhi: Bella, con in mano il mio foglio che si
guarda in giro, mi cerca, sta cercando me.
“Bella”
Si volta e mi vede, ha il viso rigato di
lacrime, sono stato io, sono uno stronzo.
“Bella,
stai piangendo”
Si
avvicina e vorrei allontanarmi ancora, non voglio che lei pianga per me.
“Non
devi piangere per colpa mia”
“Edward”
Si
avvicina e non so cosa sto facendo, ma la attiro a me e la stringo.
“Andiamo
via di qui, mi sento osservato”
La
prendo per mano e la porto nel locale riservato alla mia band, Jake ci vede entraree capisce al volo, esce e si porta dietro i ragazzi.
E
finalmente siamo solo io e lei.
“Bella,
mi dispiace …”
“Non
ora, ci sarà tempo per spiegare”
La
stringo forte e le mie labbra finalmente raggiungono le sue, e Alice aveva
ragione è la sensazione più forte che abbia mai provato in vita mia. Le mie
mani accarezzano il suo viso, i suoi capelli, scendono sui suoi fianchi, la
stringo e lei mi lascia fare, mentre le sue mani si incastrano a perfezione
dietro il mio collo.
Non
voglio staccarmi da qui, non voglio che questo momento magico finisca.
Le
nostre bocche sono ancora legate, il suo respiro entra caldo dentro di me e si
mischia con il mio.
“Bella,
scusami”
“Edward,
ne parleremo, fine settimana torno a Los Angeles, avremo tempo per parlare,
spero”
“Tutto
il tempo che vuoi”
Ci
baciamo ancora, questa volta con più irruenza, la voglio, la desidero, ora; ma
il bussare alla porta è segno che è ora di andare.
“Vorrei
restare qui, ma Peter mi aspetta”
“Vola
da tuo figlio, ci vediamo quando torno”
Ancora
un bacio e usciamo dalla sala d’attesa, ci salutiamo ancora e non vorrei
partire davvero, ma il visetto di mio figlio torna prepotente nella mia mente, ha
ragione Bella, ci sarà tempo per parlare, le faccio un cenno con il braccio e
vado a prendere l’aereo che mi riporta da Peter.
Buonasera!
Ecco a voi il capitolo non èbetato, quindi se ci sono errori è colpa mia XD.
Grazie a chi è passato,
chi ha messo la storia tra le liste e chi ha recensito. Se avetePinterestpassatequi
, ho creato unaboardcon immagini della storia! Grazie, grazie e grazie!
Due giorni, solo due, non pensavo fossero così lunghi
da far passare. Due giorni, due infiniti giorni, e
avrei rivisto Bella, e il solo pensiero mi fa impazzire. Sto cercando di
preparare un discorso, di cercare di spiegarle ancora
e con parole giuste il casino che ho combinato a New York, ma il tempo non è
dalla mia parte e questi due dannati giorni si ostinano a non passare. Due
giorni, cazzo.
Tutti, Alice e mia madre, mi ripetono la stessa storia
da due 48 ore, di stare tranquillo e che anche se non
guardo mille volte l’orologio il tempo non passa più veloce. Ma le lascio parlare, ormai anche loro sanno come sono fatto,
sanno che sono paranoico, un pazzo, sul bordo della follia più acuta.
Mi giro nel letto e il solo delle prime ore del mattino
colpisce il mio volto; Peter riposa tranquillo al contrario mio, e lo invidio.
Peter mi ha aiutato con le sue risatine con le sue lacrime a non pensare solo a
Bella e mi sento un padrefallito se uso il mio piccolo come terapia per il mal di cuore.
Controllo ancora una volta la sveglia sul comodino e
finalmente il giorno cambia, finalmente questi due giorni
sono passati ma ora non sono più sicuro di quello che devo fare; Bella arriverà
tra poche ore e tutti i miei pensieri, i miei piani, i miei discorsi, mi
sembrano solo aria fritta. Insieme a Bella l’unica cosa che dovrebbe arrivare
sono le mie scuse .Ho già detto molto in quella specie di lettera che le ho lasciato a New York ma le devo le mie spiegazioni di persone e sarà
complicato.
Il discorso che sono riuscito a partorire poche ore fa dopo
aver messo a dormire Peter mi sembrava così valido, solo a ripensarci mi sembra
stupido. Ha ragione Alice , ho quasi 30 ani non posso
affogare dentro a questi problemi adolescenziali, facile a dirsi per una come
lei, io non sono Alice, anzi. Solo il pensiero di dover raccontare di Jessica,
di dover rivivere con qualcuno, anche con Bella, quei momenti mi fa venire
voglia di scappare dove nessuno possa raggiungermi, ma sono un padre e , soprattutto, un fifone e sono qui alle due di notte a
struggermi nel letto. Controllo l’earmonitor, ma Peter non si lamenta, oggi, quando
incontrerò Bella, Peter non sarà con noi, Alice ha deciso che abbiamo solo
bisogno di stare soli, ammiccando e facendo battute squallide del calibro di Emmett, e si è offerta volontaria di far compagnia al
piccolo Cullen.Ho cercato di insistere dicendole che Peter sarebbe stato un motivo in
più per essere sincero con Bella, ma quella piccola stronzetta non ha voluto sentire ragioni. Il solo pensiero
di ritrovarmi ancora in casa mia con Bella e non avere alcun tipo didolcissima
distrazione come il nostro primo incontro mi fa agitare. Ansia da prestazione,
ecco cosa è, sono senza speranze.
Sarebbe manna per i giornalisti sapere che Il famoso Edward Cullen
in realtà, tolta la maschera da cantante è un uomo che
fa castelli in aria e seghe mentali peggio di una delle sue giovanissime fans; la verità è che ho ancora paura, pensavo di averla
sconfitta a New York,ma mi sbagliavo, non ho superato nulla, la lettera è stata
un passo aventi ma non la vera liberazione da quella gabbia mentale in cui sono
caduto sei mesi fa. La chiave per uscire è vicina però, la vedo, ma ho ancora
paura di allungare il braccio, di stenderlo definitivamente, sento che oltre
alla gabbia c’è un mondo intero di cui ancora non riesco a fidarmi.
Nonostante Bella sia stata dolcissima in questi due giorni
c’è ancora qualcosa che mi tiene ancora con i piedi ben saldi per terra.
Ritorno a pancia in su e sospiro, Bella dovrebbe
atterrare alle 11 e Alice per quell’ora verrà a prendere Peter; mi sono offerto
di andare in aeroporto a prenderla, ma come l’altra volta ha voluto prendere un
taxi, deve passare nel suo appartamento, un salto in redazione e poi diretta da
me e spero passi più di un minuto qui.Alice
mi ha già detto di non farmi problemi , che lei è
disposta a stare con Peter anche tutta la notte se è necessario me lo ha detto
al telefono e la immaginavo a digrignare i denti e sorridere come una pazza
sclerotica, le ho detto di no, ma in questo momento ci sto davvero pensando;
sto pensandoa Bella coricata qui vicino
a me, sto pensando a cosa vorrebbe dire avere un rapporto più intimo con lei,
sto pensando a lei come un uomo e non più come un ragazzino pieno di paure. Ma sarà già arrivato il momento giusto? Non voglio
rischiare di rovinare nulla, voglio andare piano,
forse ancora più piano di come sto andando, anche se più piano di così penso
sia impossibile.
L’unica cosa che posso fare è lasciare che gli avvenimento
vadano da soli, cercare di essere me stesso e finalmente di essere felice con
un’altra donna.
“Carotino, molla il fanciullo
e stai buono”
Alice ha capito tutto. È arrivata con anticipo e si è lamentata per aver
trovato Peter già pronto e con la colazione fatta, voleva fare tutto lei, e
potevo immaginarmelo?
“Ma Ali, non ho detto niente!”
“Tu non parli,tu pensi. Pensi troppo. E oggi Peter
viene con me, ne abbiamo già parlato, fine dei giochi!”
alzo le mani in segno di resa e mi lascio andare ancora una volta ai miei
pensieri, se stanotte ero agitato alle ore 10.30 penso
di essere in preda ad una crisi di nervi; sono uno sfigato.
“Fratellino, dai, andrà benone, starete bene”
Alice mi sorride e ricambio, ma nemmeno lei sa che sono convinto. “Carotino, sei pronto? Mi raccomando,
onore alla famiglia Cullen” Ma cosa succede oggi? Emmett
al telefono, continua a regalarmi commenti indicibili su come potrei far
passare una bella giornata a Bella. Io prima o poi
uccido i miei fratelli e nessuno potrà dirmi niente, ne ho tutto il diritto.
“Edward
volevo sapere se… ecco … hai
… “ “Mamma, no. Bella non è ancora arrivata, la sto
aspettando, va tutto bene, non farmi chiamare anche da papà ti prego. Ci sentiamo dopo.”
Anche mia madre no! I fratelli già sono imbarazzanti ma Esme
no!
Giro per il soggiorno, sono un disperato. Controllo l’orologio,
lo controllo ancora, sono le 11.30 potrebbe arrivare
in ogni momento. Mi avvicino allo specchio e scompiglio i capelli, poi li
rischiaccio con le mani per spostarli ancora, se continuo così quando arriverà Bella non avrò più capelli. Ho provato ad accendermi la
televisione ma non mi distrae per niente, mi infastidisce
solo. Camminare con in sottofondo la mia canzone, la
sua preferita mi fa stare meglio, credo. Mi fermo e inizio a canticchiare, prendo
in mano il telecomando, chiudo gli occhi e canto seriamente, faccio le mie
tipiche mossette da live e mi esalto fino a salire
sul tavolo e far finta di avere un pubblico, la canzone finisce con il mio
acuto e un applauso di fa riaprire gli occhi.
Figura di merda.
Mi volto ed eccola, con gli occhiali come l’altra volta, indossa un completo
grigio con una camicetta bianca, molto, troppo, trasparente sotto e benedico la
camicia svolazzante sopra il mio rigonfiamento inguinale; è bellissima e mi
sorride, si avvicina e mentre scendo dal mio palco è
in un attimo tra le mie braccia, tra le mie labbra.
E tutte i problemi mentali spariscono, ogni mia crisi
lascia spazio al desiderio, alla voglia di stringerla tra le mie braccia e no
lasciarla andare più via, a portarla nel mio letto e incatenarla a me in ogni
modo possibile come lei ha già fatto con me.
“Ciao Edward” mi sussurra sulle labbra.
“Ciao Bella” provo a dire con la voce rotta dall’emozione
e dell’eccitazione.
Bella prova ad allentare la presa, ma sorrido e stringo ancora di più, lei
ricambia la mia stretta e capiamo insieme che almeno per la mattinata non ci
sarà tempo per parlare.
Il bacio che ci scambiamo è un consenso da parte di entrambi, è la conclusione
che volevamo dare alla serata di New York e finalmente ora ne abbiamo la
possibilità. Le mie mani scorrono veloci e bramose sotto la sua giacca e gliela
sfilo lanciandola sul divano, apro gli occhi e la osservo completamente persa
nella nostra bolla, le sfilo anche gli occhiali e li appoggio sul tavolo dove prima cantavo e dove ora vorrei fare altre cose.
Bella porta le mani sul mio torace e mi accarezza, segue il bordo e si infila sotto, riprendendo il segno dei miei muscoli
tesissimi al suo tocco. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso anche mentre
mi accarezza e cerco di toglierle la camicetta che prima mi ha quasi fatto
svenire. Scorgo il suo intimo con del pizzo bianco, e vorrei strapparlo, non mi
sembra vero di riuscire ad avere questi pensieri, non mi sembra vero di stare
per fare l’amore con una donna, di farlo con Bella.
E infatti mi sembrava strano.
Il telefono inizia a squillare, continuo a baciare e toccarla ma è infastidita
come me da quel suono.
“Adesso parte la segreteria” le dico slacciandole la gonna.
Dopo pochi secondi parte la segreteria. Se è Emmett
con un suo commento idiota lo uccido.
invece è la cosa più dolce che le mie orecchie abbiano mai sentito.
“Ed, scusami, non voglio disturbare e so che lo sto
facendo, ma lo devi sentire” Alice è in auto e sento la mia musica in
sottofondo, poi dei rumori del telefonino che si sposta e una vocina che cerca
con difficoltà di canticchiare. È mio figlio. Peter sta mugolando la mia
canzone!
Guardo Bella e i suoi occhi si sgranano come i miei, sorride e inizia a
saltellare tappandosi la bocca per non coprire il vocino del mio piccolino. Una
lacrima scorre sul mio viso e non me ne vergogno, non mi interessa,
sono felice, ho un figlio stupendo, che canta e una donna mezza nuda che salta
dall’emozione.
La ristringo in un abbraccio e ci avviciniamo al telefono, ricompongo il numero
di Alice e risponde immediatamente.
“L’hai sentito??” urla anche lei.
“Alice, è meraviglioso” l’unica cosa che riesco a
dirle.
“Vuoi che lo riporti da te?” dovrei dire di si, ma
questa volta faccio l’egoista, il mio bambino è in buonissime mani ora, le mie
sono momentaneamente impegnate in altri abbracci, non adatti ad un pubblico
minorenne.
“No, Ali, fate il vostro giretto, il cantante lo abbraccio dopo,grazie” dico tutto d’un fiato.
“Ok capo. Passo e chiudo”
Alice, non ho altro da dire.
Chiudo la conversazione e trascino Bella in camera da letto,
chiudo la porta e lascio fuori ogni belo brutto pensiero, ora ci siamo solo noi.
“Avevo fatto una scaletta per la giornata, e al primo punto avevo deciso di
parlarti e di raccontarti tutto di me, ma penso che non ci sia modo migliore di
farti capire quanto sei importante e ci come mi hai
cambiato la vita così”
Un altro bacio, dolce, lungo, intenso.
“Mi ci potrei abituare”
E ci siamo solo noi due, niente parole, solo un
qualcosa a cui non voglio dare un nome ma che mi fa
stare bene.???
“Ma se ci alzassimo dal letto
non sarebbe meglio?”
Mi volto e guardo Bella coperta solo dal mio lenzuolo i capelli tirati su in
una coda scombinata, la trovo ancora più bella del solito, forse perché ora è
nuda, nel mio letto, mia.
Mi avvicino e la prendo tra le mie braccia, strofino in naso sul suo collo e mi
metto a mugolare come un bambino. In risposta ricevo delle risate e il ricambio del mio
abbraccio e non riesco a crederci che la seconda possibilità che tutti mi
dicevano toccare anche a me sia arrivata e sia stata così incredibile; il fatto
è che Bella è incredibile, in ogni cosa che fa, nel modo in cui mi ha salvato.
E non parliamo del sesso, penso di dover dare per una volta ragione a Emmett, l’astinenza non fa bene, almeno per me.
“Vogliamo fare i ragazzi o facciamo le persone
mature?”
Quel piglio da maestrina invece che irritarmi mi eccita ancora di più e in un
secondo prendo Bella sotto di me , voglio fare ancora
per un po’ il ragazzino.
“Io sono un adolescente con gli ormoni impazziti” le dico sorridendo tra un
bacio e l’altro.
“E allora cerchiamo di calmarli poverini” Sorride anche lei.
“Edward il caffè si fredda”.
L’odore inebriante della caffeina si sparge per tutta la mia casa, ebbene si, alla fine ha vinto lei e mi ha fatto alzare, e ora è in
cucina intenta a preparami il caffè. Sono ancora un po’ scosso ed eccitato a
dire il vero, ma devo fare l’uomo, ho tante, troppe cose da dirle, ci sarà
ancora tempo per altro. La raggiungo in cucina; potrei abituarmi a vederla
armeggiare con i miei mobili.
“Come è che hai detto stamattina? Ah
si mi ci potrei abituare” dico scimmiottando la sua voce.
Mi avvicino mentre mi alza gli occhi al cielo, prendo le tazze e la invito a
seguirmi sul divano, ora tocca a me.
“Bella, per prima cosa devo chiederti scusa” le dico mentre si accomoda sul
divano a gambe incrociate, indossa una mia maglia del tour, mi sorride tenendo
la tazza con due mani e soffiando per raffreddare il caffè bollente.
“Sono stato uno stronzo, ma lo avrai capito,non ho voluto farti del male a New
York, sono venuto per cantare ma soprattutto per vederti e ho rovinato tutto. Per
farti capire cosa mi passa nella mente ti ho lasciato quella lettera, ma devo
parlarti dal vivo con il cuore in mano. Il mio passato è complicato; è di
dominio pubblico come siano andate le cose tra me e la mia ex, ma nessuno,
fortunatamente ,sa che ho passato dei bruttissimi
momenti. Sono stato depresso, lo sono ancora ma tu hai fatto diventare più
potente quella luce che il mio piccolo Peter teneva su da solo. Sono stato
chiuso in casa per parecchio, vivevo solo per Peter, scrivevo, cantavo e mi
occupavo di mio figlio, i miei genitori, i miei amici hanno cercato di aiutarmi
in ogni modo, ma mi sono chiuso in me stesso. Mi dispiace dirtelo così, nessuna
ragazza vuole sentire parlare della ex del compagno,devo
farlo: ma ho amato Jessica con tutto me
stesso, pensavo di aver trovato la donna per me, ero arrivato a non essere più
me stesso per lei, a ridurmi ad una altra persona per farla felice e tanto meno
a immaginare che la vita che volevo io fosse la stessa che voleva lei, ma non è
andata così.Con l’arrivo di Peter le cose
si sono incasinate ancora di più fino alla conclusione che sai anche tu. Ti
dico queste cose perché non voglio più segreti tra di noi, non voglio più cose
non dette, voglio essere sincero. Ho avuto una vita
impegnativa fino ad ora, ma con te voglio iniziare da zero, ovviamente con il
mio piccolo paperotto, siamo in due noi.”
La osservo e sembra pensierosa, appoggia la tazza sul poggiapiedi davanti al
divano e si accoccola vicino a me.
“Pensi ancora a lei?” Domandone, eccolo, lo aspettavo
“Ogni tanto si, ma penso a lei come la mia illusione
più grande, cerco di capire cosa ho sbagliato per non accorgermi che lei con me
non era felice” “L’hai più sentita? E Peter?” “No, non si è più fatta sentire, è sparita nel nulla. Peter
non la conosce quasi, i primi periodi gli parlavo di lei, ma ora non lo faccio
più, perché dovrei parlargli di una donna che non lo ha mai voluto?”
“Edward è sempre la madre di tuo figlio però”
“Ha deciso di andarsene, di non interessarsene, per me non ha alcun diritto su
Peter, e non lo dico per cattiveria, non uso mio figlio contro di lei, dico
solo che lei non è la famiglia di Peter”
“Tornerà?”
“Spero di no, ma se dovesse tornare ci sarai tu ad aiutarmi a mandarla via come
ha fatto da sola”
Le sorrido e la stringo ancora più a me.
“Quella donna è pazza, te lo dico io”mi sussurra all’orecchio.
“E io sono pazzo di te” ribatto guardandola negli
occhi.
Un altro bacio, le mani sotto le maglie pronte ad accarezzare ogni centimetro
di pelle libera, aveva ragione Emmett, l’astinenza
non fa per me.
“Ali, tutto bene?Quando tornate?”
“Allora?” Alice urla al telefono, la solita impaziente. “Ma cosa urli? Stai buona, va tutto benissimo,
volevamo sapere solo quando torna il piccolo cantante, avrei un premio per lui” “VOLEVAMO???” Ma cosa fa controlla ogni mia parola? Il plurale
l’ha sconvolta evidentemente.
“La smetti?”
sto cercando di mantenere la calma con Bella che ha ascoltato tutto e se la
ride di gusto.
“Dato che una ride e l’altra non si vuole fare i cazzi
proprio, cosa ne dite di parlarvi tra di voi? No
almeno io mi salvo da voi due”
Lancio il telefono a Bella, lo prende al volo e inizia a parlare con Alice; le
sento ridacchiare, fortuna che ero io il ragazzino a letto poco fa.
Alzo gli occhi al cielo e mi sposto in cucina, troppo movimento il mio stomaco
chiede pietà. Mi metto a preparare dei sandwich mentre sento Bella
chiacchierare amabilmente con Alice, e involontariamente mi viene in mente il
ricordo di Alice e le poche volte che chiamava Jessica, sempre scorbutica, e poco interessata ad avere unrapporto con mia sorella, quante volte mi aveva detto di trovarla
fastidiosa e io annuivo per non darle contro, è incinta, sarà l’umore
altalenante pensavo. Si, come no.
“Ed, Alice ti vuole parlare, dice che è tranquilla
ora”
Bella interrompe i miei pensieri e mi rilancia il cellulare.
“T’ammazzo”
“Ti voglio bene anche io
fratellone, comunque, io e Peterino siamo dalla mamma,
mi è stato detto di arrivare tra due ore. A dopo.” E chiude la
conversazione, non poteva dirmi così anche prima senza quella solita scenetta?
“Ma che le hai detto?” chiedo a Bella che mi ha raggiunto
in cucina ed è appoggiata al bancone.
“Cosa da donne”mi risponde facendo la vaga.
Spero per me e per lei che le cose da donne non siano nulla di troppo
dettagliato, per me perché se lo sa Alice in telepatia
quasi, lo sa anche Emmett e non la smetterebbe di
commentare. Faccio finta di niente e continuo la mia opera culinariacon
Bella che fa partire il mio cd vecchio, non l’ultimo uscito. Never Gonna LeaveThisBed è la prima traccia.
“Direi azzeccato no?” mi lancia uno sguardo e in un secondo si
infila in camera mia.
“Perfetto” le urlo mentre salto gli ostacoli della mia cucina e la seguo, il
mio stomaco si può arrangiare ancora per due ore!
“Non farmi ripetere la scenetta di prima”
Mi sussurra Bella.
“Ti ricordo che sei stata tu a lanciarti nel mio letto, io stavo preparando il
pranzo che ormai potrebbe diventare cena” non riesco nemmeno più a trattenermi
con lei e la invito a fermarsi a cenare con me e Peter.
Bella si stacca dal mio abbraccio e volta il viso dell’altra parte.
“Ehm, mi dispiace ma ho una cena di lavoro, vorrei rimanere con voi ma non
posso rimandare”
“Ehi, non preoccuparti”
Cerco di trattenerla ma in un secondo è già in piedi intenta a rivestirsi.
“Bella, che succede?”
Mi sorride e mi lancia la maglietta.
“Succede che Peter sta arrivando, e con lei Alice, vestiti!” Non ho il tempo di pensare allo strano
comportamento di Bella che suonano alla porta, mi vesto in due secondi e andiamo,
insieme, ad aprire la porta. Peter è in braccio alla zia che sorride, il mio
piccolo. Non appena mi vede si lancia tra le mie
braccia e lo riempio di baci mentre le due donne ci osservano ridendo. “Eccolo qui il mio cantante! Ma
allora ti piace la musica di papino!”
Lo alzo verso il soffitto e lo faccio ridacchiare, ma qualcosa attira la mia
attenzione.
“Alice, ma cosa avete fatto oggi?”
Alice abbassa lo sguardo e inizia a divagare su giri, compere e altre attività.
“Ali, cosa avete fatto?”
“Fratello su non fare il noioso, l’ho portato ad aggiustare i capelli che
stavano crescendo disordinati e già che c’ero ed era così carino abbiamo fatto
un po’ di foto” Ma si può? Alice non cambia mai.
“Si ma prima di pubblicarle ti avrei chiesto il
permesso!”
Pubblicarle??
“Nel blog no, te l’ho già detto, pubblica le mie ma non Peter”
Su questo sono sempre stato inamovibile, osservo Bella che sorride
ma ha lo sguardo nel vuoto, sta pensando a qualcosa altro, e non mi sembra un
pensiero felice.
“Alice ne parliamo dopo, comunque niente foto.”
La sento sbuffare mentre mi avvicino a Bella con Peter in braccio e lei ritorna
tra di noi e si mette a giocare con mio figlio che la riconosce, le do Peter e
li lascio giocare mentre mi avvicino a Alice. “Fratellone allora, come procede? Dai vostri visi
rilassati direi che funzioni ancora” Ma sto parlando con Emmett o
con Alice?
“Emmettesci da questo
corpo!”
“Se, divertente, guarda che ne so forse più io di voi due
insieme”
“Strappatemi le orecchie vi prego”
C’è un limite a tutto, e sentire mia sorella più piccola che mi parla di sesso,
proprio non riesco.
“Ed sei proprio antico. Comunque ragazzi e paperotto,
vi saluto. Bella ci vediamo domani in redazione!”
Alice lancia baci e fa la sua uscita da super star, strano, non ha fatto molte
domande, niente interrogatorio per me.
“Carotino, ti chiamo dopo”
Come non detto.
“Ed, anche io devo proprio andare”
Bella sistema Peter nel suo seggiolino e si avvicina, mi bacia con una passione
che quasi mi travolge, le sue mani strette sul mio viso, il desiderio che torna
forte tra di noi. La stringo forte a me e vorrei non lasciarla andare.
“Se devi proprio, fosse per me non ti lascerei andare”
Sorride e appoggio la testa alla mia spalla, mentre Peter ride.
“Lo divertiamo”
Mi sussurra con tenerezza, sorrido anche io e mi volto
verso mio figlio facendogli una faccia buffa.
“Carotino, ti chiamo dopo”
Bella, anche tu no.
“Signorina Swan, per piacere, evitiamo
nomignoli idioti”
Mi lascia un veloce bacio sulle labbra, prende le sue cose e
esce dalla porta, mi viene in mente che è venuta in taxi e non ha chiamato per
farsi venire a prendere, alzo Peter dal passeggino e corriamo alla porta ma
Bella è già sparita. Esco dal vialetto e guardo verso la strada ma di lei
nemmeno l’ombra, sarà venuta con un auto a noleggio,
non posso essere sicuro sia venuta in taxi, non ne abbiamo parlato; mi convinco
e rientro in casa con il mio piccolo.
“Canterino, facciamo la pappa”
Peter mi guarda e fa le bolle con la saliva.
“Lo prendo come un si”