Vi presento Harry Styles.

di Lou_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Chapter 4. ***
Capitolo 6: *** Chapter 5. ***
Capitolo 7: *** Chapter 6. ***
Capitolo 8: *** Chapter 7. ***
Capitolo 9: *** Chapter 8. ***
Capitolo 10: *** Chapter 9. ***
Capitolo 11: *** Chapter 10. ***
Capitolo 12: *** Chapter 11. ***
Capitolo 13: *** Chapter 12. ***
Capitolo 14: *** Epilogo? ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***







Prologue.

 

Quando mi stufo di tutto, della solita routine, della gente che ho attorno, mi piace chiudermi nella mia camera da letto e suonare, con la chitarra in mano, qualsiasi cosa mi venga in mente.
E' un qualcosa che mi rilassa, mi isola dal mondo intero; e in questo periodo lo faccio spesso, ne ho fin troppo bisogno. Mia madre mi ha lasciato da anni e mio padre, beh mio padre non l'ha presa bene, e in certi periodi si riempie di lavoro il più possibile pur di starmi lontano; assomiglio troppo a mia madre, si giustifica. Così, colpevole di assomigliare a mia madre, rimango sola, o almeno apparentemente, perchè ho la mia chitarra e le note che produce a farmi compagnia.
E' stato il regalo di compleanno di quando ho compiuto sei anni, lo ricordo ancora bene; ero tutta orgogliosa dei regali ricevuti e stavo per addentare la mia fetta di torta al cioccolato insieme ai miei amici quando sbuca mia mamma da un lato della porta con un enorme scatola in mano; subito ho lasciato a terra il mio piatto e sono corsa da lei, presa dalla gioia. Mia mamma ha riso e mi ha porso la scatola, che non ho indugiato a scartare. Alla vista di quell'oggetto in legno, con corde perfettamente tirate, ho corrucciato la fronte e mia mamma, Elise, si è seduta con me sul divano circondata dai miei amichetti e si è messa a suonare 'Happy Birthday'. E' l'unico ricordo nitido che ho di lei, e ancora adesso fa male.
Di certo però non mi riduco come mio padre, io tento di reagire.
Ho diciannove anni, compiuti da poco, una chioma liscia di capelli biondi e gli occhi marrone chiaro; non sono la tipica ragazza che vuole apparire tra la folla, cerco di starmene in disparte, per i fatti miei, e ad Holmes Chapel è quello che ognuno fa. E' una cittadina tranquilla, poco affollata, e mi piace.
Non ho un'orda di amici, quei pochi che bastano per divertirsi ogni tanto, quelli che chiamerei 'amici di sempre', ed è proprio quello che sono, mi conoscono in tutto e per tutto, con loro sono me stessa.
Ora è proprio uno di quei momenti di comporre musica, ma voglio cambiare, non riesco a stare in camera; è una giornata piuttosto soleggiata, con una brezza leggera che muove appena le foglie degli alberi per le strade, voglio godermela; prendo così la mia chitarra ed esco di casa, chiudendo la porta a chiave. Inspiro e scendo i gradini del vialetto a due a due, più per abitudine che per allegria improvvisa. Controllo la casella della posta, poi mi avvio verso il centro della cittadina, quello con una piazzetta dotata di fontana, qualche negozio e una caffetteria, Coffee Coffee; un nome che mi fa sempre sorridere.
Adoro quel locale, profuma di cacao e caffè, c'è sempre qualcuno da servire ai tavoli e la dirigente, Bessy, una donna sulla cinquantina, mi conosce praticamente da sempre, è una seconda mamma.
Mi accomodo su una seggiolina di fronte alla vetrata della caffetteria, saluto Bessy con un cenno e inizio ad accordare la chitarra. La mia attenzione viene però attirata da una voce, un ragazzo credo, seduto al tavolino dietro di me; una voce roca e piacevole.
-''Piccola tranquilla, appena posso sai che faccio i sarti mortali per venirti a trovare. Lo so lo so, è che sono un ragazzo impegnato" ride, una risata cristallina, ti libera la mente.
-''Beh ora bella ti saluto, sono al Coffee Coffe, un bacio" mi scuoto, stavo origliando e non me ne ero neanche accorta, e torno alla mia chitarra. Sento però la sensazione di essere osservata, così mi volto, lentamente.
Il ragazzo dietro di me, quello della telefonata, si è alzato dal suo tavolino, guardandomi intensamente.
Devo riconoscere che è di bell'aspetto, con dei graziosi ricci marroni che ricadono sulla sua fronte; occhi verde chiaro, fisico asciutto.
Sorrido amaramente e torno a me, dovevo vivere uno dei miei momenti e sto pensando ai ragazzi, non ci siamo proprio.
-''Ecco a lei, buon appetito" alzo la testa, quasi scocciata, verso il cameriere che ha appoggiato sul tavolino una brioches e un cappuccio; ma io non ho ordinato nulla.
-''Scusi, deve aver sbagliato, non ho chiesto nulla" dico ovvia, rassegnandomi e lasciando a terra la chitarra.
Il cameriere scuote la testa divertito.
-''Gli offre la colazione un ragazzo, ora ho altre ordinazioni se non le spiace" e si allontana con grazia.
Io cerco intorno il ragazzo riccio, per chiedere spiegazioni; quando poi, quasi irritata, volto la testa verso il mio tavolino me lo ritrovo in piedi, davanti a me.
-''Ho pensato potessi gradire una colazione" mi dice sorridendo.
Ha delle fossette graziose, ai lati della bocca. Io sorrido, stupita.
-''Beh grazie, come mai questo riguardo?"
-''Una bella ragazza ha sempre bisogno di riguardi" risponde lui, quasi la cosa fosse ovvia. Mi sento avvampare, io, bella?
-''Beh, davvero non so che dire..."
-''Mi sembri anche sola, cosa poco giusta per una bella ragazza, posso farti compagnia o ti sembro troppo sfrontato?" 
-''Uhm..." inizio io, titubante.
-''Scusa, sono un vero idiota, mi hai sentito prima al telefono? Era la mia sorellina, Gemma, le voglio davvero un gran bene, senza di lei sarei perso, e pensa stia facendo colazione..." io, quasi tranquillizzata, gli faccio un cenno, e lo faccio sedere, di fronte a me.
-''Allora, cosa ci fa una bella ragazza come te, con una chitarra, in una caffetteria, se posso saperlo?" mi chiede ancora, sorridendo. Io ricambio il sorriso, gli porgo la brioches e mi prendo il cappuccio, iniziando a mescolare lo zucchero.
-''Amo suonare, sono quelle passioni che ti prendono quando sei piccola e che non ti mollano più..."
-''Io adoro la musica, mi piacerebbe fare qualcosa in quel campo, mi dicono che ho una bella voce. Potremmo fare un duetto, poi andare in tour, non lasciarci più..." io sgrano gli occhi, lui arretra il busto, scuotendo la testa.
-''Scusami, hai ragione, sto esagerando, sono troppo invadente eh? Rifacciamo tutto da capo." si alza dalla sedia, mettendosi in piedi di fronte a me. Io lo guardo, ormai ridendo.
-''Scusa, per caso posso accomodarmi qui da te? La caffetteria è piena, non c'è più posto..." inizia lui, ammiccando.
-''E poi hai già addentato il mio cornetto..." continuo io divertita, sventolandogli la brioches morsicata davanti. Lui scoppia a ridere divertito, rimanendo però in piedi.
Sta aspettando davvero il mio permesso?
Gli faccio cenno di si con la testa, e lui si risiede, con un sorriso perenne stampato sul viso.
Iniziamo a parlare, dopo la rottura del ghiaccio iniziale; tocchiamo diversi argomenti, facendo colazione insieme. E' un ragazzo dolce, non c'è che dire, e mi fa stare bene, come non stavo da tempo.
Ordiniamo nuovamente due caffè, non stancadoci di parlare. Io arrivo persino a parlare di mia madre.
I momenti belli devono però finire, perchè dato uno sguardo veloce all'orologio mi accorgo dell'ora e, siccome dovevo tornare a casa per pranzo, per dei parenti, guardo sconsolata quel ragazzo tanto gentile, accennando al fatto che devo andare.
Lui sembra deluso, ma si trattiene, sorridendo debolmente.
-''Beh devo dire che sei anche davvero brava a tenere compagnia" afferma sorridendo.
-''Altrettanto tu" abbasso lo sguardo, sorridendo.
-''Sai, - afferma lui, inizando a far scorrere la sedia lontano dal tavolino - ti confesso che, non riuscirei a mettere su un duetto con te, non riuscirei a cantare e mi verrebbe un groppo in gola perchè mi piaci tantissimo" arrossisce, non distogliendo lo sguardo da me.
Io faccio lo stesso movimento con la sedia, arrossendo. Inspiro.
-''E io non riuscirei a suonare, sbaglierei molte note e farei andare il nostro duetto a picco, perchè anche tu mi piaci tantissimo" ci alziamo entrambi, sorridendo.
Lui scontra il fianco contro il tavolino, distratto, provando a salutarmi con una stretta di mano.
Io gli porgo la mia mano, non cedendo al desiderio di non mollargliela più.
-''Allora ci vediamo presto, Susan" inizia lui, alzando le nostre mani su e giù.
-''A presto" affermo io triste, stavolta lasciandogli la mano.
Lui lascia degli spiccioli al tavolo, poi si allontana con me dalla caffetteria, rimanendo a guardarmi.
Io poi mi volto, muovendo la mano in segno di saluto.
Noto che lui fa lo stesso, voltandosi dall'altra parte del marciapiede.
Continuo a ripensare a quell'assurdo incontro, e non resisto dal voltarmi di nuovo verso di lui, rimanendo delusa nel notare la sua schiena lontana.
Riprendo a camminare, sentendo però nuovamente la sensazione di essere osservata, così mi rivolto; di nuovo la schiena. Accelero il passo verso casa mia, voltandomi una ultima volta: di nuovo la sua schiena.


La gente attorno all'incidente appena avvenuto sulla strada si muove freneticamente, sforzandosi di osservare il più possibile: un ragazzo, troppo intento ad osservare qualcuno, si è fermato in mezzo alla strada ed è stato investito da un'auto in corsa, che ovviamente non si è fermata, davanti la caffetteria Coffee Coffee; è circondato dal sangue, è morto sul colpo.




Alors, buonasera a tutti! Ecco la mia nuova storia, che ve ne pare? VI piace? Fatemelo sapere che ci tengo, se no la posso cancellare...
Siete voi che dovete apprezzarla, non io ;)
Non posso darvi spiegazioni sul capitolo, le avrete tutte nel corso della storia! Vi dico solo che il pezzetto finale è esterno dalla visuale di Susan ;)
Un bacione e buona serata, forse domani aggiorno, malgrado sia l'ultimo dell'anno, se no auguri a tutti e un bacione!
Lou_

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***







Capitolo 1.

 


Avevo rinunciato ad approfondire con quel ragazzo così dolce, gentile, simpatico per, per, per un noioso brunch con dei parenti con la puzza sotto il naso. Falchi predatori che non vedono l'ora che mio padre tiri le cuoia per prendere la sua enorme eredità; odio l'ipocrisia. Se solo ci fosse stata mia mamma Elise... me lo ricordo appena, ma me lo ricordo; ogni volta che venivano i parenti lei con la scusa di una visita improvvisa dal dottore mi portava al lunapark fuori città, mangiavamo zucchero filato, andavamo sulla ruota panoramica e sugli autoscontri, poi, solo verso sera, tornavamo, sforzandoci di nascondere tutto quello che avevamo fatto. Ricordi, solo ricordi, darei qualsiasi cosa pur di ripetere tutto ciò, e rendere queste immagini sfocate della mia mente reali, per non soffrire più. 
Istintivamente cerco per la mia camera la chitarra; dovevo suonare un po'. Frugo sotto il letto, nell'armadio, sotto una pila di vestiti in un angolo, nulla. Inizio ad agitarmi e a correre per tutta la casa; vado persino in bagno a cercare, ma nulla. Provo a fare mente locale, ripercorrendo gli eventi della mattinata. Mi lascio scappare un gridolino di gioia, ricordandomi di averla appoggiata su una sedia al Coffee Coffee di Bessy; scendo di fretta i gradini del vialetto, chiudendo velocemente a chiave la porta dietro di me. Le mie Converse sfregano sul cemento della strada, facendomi barcollare. Non curo molto quello che sto facendo però, ne va della mia vita recuperare quella chitarra, è l'unica cosa capace di farmi star bene dopo la morte di mamma, non posso dimenticarla in giro, non posso. Sento gli occhi farsi lucidi, il mio cuore accelerare di battito quando scorgo la caffetteria nella piazzetta cittadina. Aumento la mia andatura e raggiungo l'ingresso del locale; la stanza è quasi deserta, per via dell'ora. Scorgo Bessy dietro al bancone che lucida bicchieri e le faccio un cenno col capo distratto, tornando alla mia ricerca.
Non la vedo da nessuna parte, e la tristezza mi assale; mi accascio sul bordo del marciapiede, la testa tra le mani, l'umore sotto terra.
Sento la campanella della porta d'ingresso della caffetteria suonare, e Bessy mi si avvicina sospirando, poggiandomi una mano sulla spalla. Alzo appena il capo, scorgendo il suo sguardo saccente e il suo sorrisetto accennato sul volto.
-''Cosa c'è, bambolina?" io sospiro, voltandomi definitivamente verso di lei.
-''Non trovo più la mia chitarra Bessy, è sparita."
-''Oh ma se è per quello! L'hai lasciata qui cara, stamattina! Eri troppo distratta dal bellino riccio. Ora l'ha presa lui, non so dove sia al momento, ma penso nei paraggi...qui intorno" La felicità mi invade, mi alzo di scatto dal marciapiede e abbraccio la donna, ringraziandola per molteplici volte.
-''Ti adoro, Bessy, anzi no ti amo! Grazie e buona giornata" non mi volto neanche a controllare la sua espressione, troppo presa a correre per la zona pedonale, cercando per ogni angolo il ragazzo dolce di oggi. Continuo a sorridere, finalmente lo rivedrò e troverò anche la mia chitarra. Raggiungo il parco di Holmes Chapel, un enorme spiazzo verde circondato da un cancello in ferro battuto, con molti alberi e qualche gioco per bambini.
Mi soffermo un attimo all'entrata del parco, provando a scorgere la gente al suo interno.
Sento però un suono inconfondibile, il suono della mia chitarra, provenire da dietro qualche cespuglio, così, presa da troppe e mozioni, corro dentro al parco.
Sussulto, notando il riccio, seduto su una panchina, con il mio strumento in mano; sta suonando una melodia triste, ma orecchiabile. Non sapevo suonasse, pensavo cantasse e basta. Mi avvicino a lui, sorridendo.
-''Ehi, ci si rivede finalmente!" lui però non alza lo sguardo, lo tiene sulla mia chitarra, continua a pizzicare le corde.
-''Sto dicendo a te! Ehi!" finalmente alza lo sguardo, ma mi lascia perplessa; non ha più la gioia di stamattina, sembra triste, spento. E' anche più pallido. Solo allora mi rendo conto di non sapere il suo nome.
-''Cosa c'è?" mi chiede, tono spento.
-''Cosa c'è? Cosa c'è? C'è che quella è la mia chitarra, che oggi volevo disperatamente approfondire la nostra conoscienza, e che non so il tuo nome. Rimedia." lui corruga la fronte, poi alleggerisce lo sguardo, lasciandosi scappare un 'oh'.
-''Questa è tua? E' davvero bella, ho imparato a suonarla anni fa, mi rilassa. Stamattina che abbiamo fatto, se posso chiedertelo?" chiede lui, semplicemente, lasciandomi attonita.
-''Come che abbiamo fatto, abbiamo passato la mattinata insieme alla caffetteria, non ricordi? E la chitarra l'hai vista stamattina..." sento li occhi pungere, il cuore fermarsi; mi sono illusa, innamorata di un ragazzo che non esiste.
Lui si alza dalla panca, stiracchiandosi e aggiustandosi i ricci con una mano; mi porge poi la chitarra, io quasi gliela strappo di mano.
-''Vedi, ragazzina, io....diciamo che non sono più quello di stamattina, sono un altro, va bene? E' meglio se ti dimentichi di me, potresti rimanerci male." mi guarda, ha degli occhi spietati, crudi, mi mettono a disagio.
-''Mi fai schifo, schifo. E io che pensavo fossi un ragazzo dolce...vai al diavolo va. Addio." mi volto, irritata, verso l'uscita del parco. La zona ora è deserta, i bambini saranno a mangiare coi loro genitori, io spreco il mio tempo a conoscere gente bipolare. Inizio a camminare.
-''Buffo" mi volto, con un desiderio ardente di prenderlo a schiaffi.
-''Hai anche il coraggio di commentare? Ma, stai ridendo?" il ragazzo riccio stava ridendo, tenendosi la pancia con le braccia; io lo guardo, alquanto confusa.
-''Beh, sai - dice asciugandosi una lacrima dagli occhi - è buffo mandare al diavolo la morte in persona." Io corrugo la fronte, chiedendomi se ho capito bene.
-''Si hai capito bene, ragazzina, sono la morte in persona. Mi spiace se questa mattina è successo qualcosa con questo ragazzo, credo si chiamasse Harry comunque, è che mi serviva un corpo. Ho fatto succedere un leggero incidente stradale in questa cittadina, sai, voglio vedere il mondo, conoscere i vostri sentimenti, quello che provate, vedete, e chi meglio di qualcuno di giovane come te può insegnarmelo?" io inizio ad arretrare lentamente, quasi spaventata da quello che sta dicendo.
-''T-tu come fai ad essere la morte, t-tu hai la mia età....stamattina, incidente?" scuoto la testa, sempre più presa dal terrore.
-''Ehi calmati, non devi temere nulla. La tua ora è molto lontana, sono qui, in vacanza si, chiamiamola così, anche se il mio lavoro continua"
Io inizio a correre lontano da quel ragazzo, con la chitarra in mano che sbatte ripetutamente contro la mia gamba; in giro non c'è nessuno, nessuno che possa aiutarmi.
-''Ehi, per favore non mi complicare la cosa Susan, per favore torna qui!"
Sa il mio nome! Come può, come può un ragazzo così dolce essere la morte, come. Corro, usando tutto il fiato che possiedo, raggiungo quindi una panchina, esterna al parco ed isolata, nella zona pedonale della cittadina; qualche albero attorno, un cane che abbaia in lontananza.
Sola, inizio a piangere.
Sola, sola voglio rimanere; prendo la chitarra e me la appoggio accanto.
Sola, ma sento lo sguardo di Harry addosso.




Ehilà belle come va? Contente che ho aggiornato prima? Spero di si ;)
Sapete poi parto e fin dopo il sei non posso aggiornare, così vi ho fatto questo regalino.
Beh, ceh ve ne pare, vi sta interessando? E siamo solo all'inizio!
Provate ad immedesimarvi in Susan, che fareste? Io mi dispererei cazzo, incontro Harry Styles alla caffetteria e poi muore, c'è!
Comunque, vi auguro un buon anno, ringrazio chi sta leggendo questi due capitoli e chi recensisce, vi adoro!
Un bacione,
Lou_

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***







Capitolo 2.

 

-''Scusa se ti ho trattato un po' male, non deve essere facile per te la tua situazione ora."
Mi volto lentamente, sapendo ormai chi ho davvero accanto; lui si siede sulla panca lentamente, spostando di poco la chitarra, poi sospira, rimanendo a guardare la zona davanti a noi, incolta di alberi.
Io tengo la testa alta sorreggendola con le mani, ogni tanto sposto lo sguardo su di lui, a volte mi lascio incantare dal cielo che si sta oscurando, lasciando il posto alla sera.
-''E' tutto così irreale, cerca di capirmi. Perchè proprio quel ragazzo, Harry, hai dovuto sostituire? Non potevi sostituire mio padre? O qualcuno che spreca la sua vita? Perchè quella di un ragazzo così bello?" il mio tono è ormai privo di emozioni.
-''Vuoi così male a tuo padre?" sospira, passandosi una mano sui ricci.
-''Sta sprecando la sua vita. Non ci vediamo più, cerca solo di lavorare e lavorare. Soffre dalla morte di mia madre. Sarebbe solo stato felice di raggiungerla."
Di nuovo silenzio, un silenzio che mi preme, rotto ogni tanto da qualche fischiettio lontano di uccelli.
-"Sai? Vi ho sempre osservati, voi umani intendo. Mi ha sempre affascinato il fatto che vi innamoriate; lo fate così spesso. Una mamma col proprio figlio, un ragazzo e una sua coetanea, un'amicizia profonda... sentimenti. Io non sono mai stato capace di assaporarli, di sentire il cuore battere, di dipendere da qualcuno. Io esisto da sempre, lavoro sempre, mi piacerebbe però essere... umano ecco. Per una volta! Vorrei provare anche a mangiare qualcosa, vedo certa gente felice quando lo fa; mi affascina soprattutto una specie di cosa rotonda, bianca e rossa, non so se hai capito..."
Io sorrido e mi volto verso di lui, notando che sta mimando con le mani un cerchio.
La Morte che vuole mangiare la pizza, questa è bella.
-''Si, credo tu intenda la pizza, è molto buona, te la farò provare, non sono male a cucinare. Per i sentimenti vedremo, io non sono un granchè esperta..."
Si alza sorridendo gioioso, stiracchiando le braccia; mi prende poi per una mano, tirandomi su dalla panca e iniziando a tirarmi.
Io lo guardo, perplessa.
-''Su che stiamo aspettando? Voglio cucinare la pizza!" e riprende a tirarmi, poi inizia a correre verso la cittadina. Io lo lascio andare per un po' avanti, poi, prendendo la mia chitarra, lo rincorro.
Ormai non mi sorprendo più di nulla.


-''Allora, come ti sembra?"
-''E'...qualcosa di spettacolare... ci credo che l'amate così tanto."
Lo osservo mangiare una fetta di pizza dopo l'altra, ingordo, con occhi luminosi, e mi scappa da sorridere.
La pizza ci è venuta davvero bene, senza contare i vari fallimenti prima di cucinarla giusta. Non sposto il mio sguardo per la cucina, il disastro che c'è in giro lo pulirò poi. Sospiro, poi, tirando indietro la sedia, mi alzo dal tavolo, iniziando a raccogliere i piatti e ad ammucchiarli nel lavello.
-''Cosha shtai facendo?"
Mi volto, scoppiando a ridere.
Ha la faccia tutta sporca di rosso.
-''Ehi, non si parla con la bocca piena!"
Lui rotea gli occhi verso l'alto, iniziando a pulirsi la bocca con un pezzo di carta trovato sulla tavola.
-''Lascia, faccio io se vuoi!"
Corrugo la fronte, con aria divertita.
-''Grazie, ma non voglio rompere l'unico servizio di piatti che ho in casa, vai pure in sala, ti raggiungo dopo. Sai cos'è una tv?"
Mi guarda, sgranando gli occhi.
-''Ok aspetta, vai a sederti dopo ti faccio vedere un bel film"
Lui stringe le spalle, poi scompare dietro la porta della cucina. Io sospiro ancora, iniziando a pulire i piatti e le varie macchie di farina e sugo che ricoprono le pareti.


-''Allora scegli! Horror o strappalacrime?" chiedo curiosa dall'etrata della sala.
Lui è stravaccato sul mio divano in ecopelle, le mani dietro la nuca, che mi osserva eccitato.
-''Un qualcosa di lungo, la notte io non dormo come voi" e mi sorride. Ha ancora quelle bellissime fossette, un po' pallide, ma sempre perfette.
-''Oh, va bene, tanto non ho sonno. Preparati." Prendo quindi il dvd di Titanic, un film che amo ma che dura ben tre ore e mezza, e lo inserisco nella tv, sotto lo sguardo attento del ragazzo. Prendo quindi il telecomando dal ripiano a muro, e mi accomodo accanto a lui.
-''Senti ma, mi stavo chiedendo, come preferisci che ti chiami? Anche in pubblico, non è che posso chiamarti Morte..."
Lui non distoglie lo sguardo dallo schermo, dove inizia la presentazione del film.
-''Harry. Il nome del ragazzo che ho preso. Mi piace!"
-Sorrido e annuisco, iniziando a seguire il film, con 'Harry' accanto.




Sera belle! Come va? Vi avevo avvisato del mio straritardo giusto? c:
Tendo a precisare che questo capitolo non mi piace, è uscito male, è uno sgorbio ed è corto, il prossimo verrà bene, giuro.
Ringrazio chi ha iniziato a leggere la mia storia, chi ha recensito/messo tra preferiti/seguiti/ricordate, vi adorro <3
Alla prossima, dove inizierà la parte interessante! 
Bacione,
Lou_

(No ma vi siete viste il video di Kiss You? E' asgdfdhfgshd *.* ok orra vado davvero ahaha byee)


 Twitter  Ricambio se chiedete <3

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***







Capitolo 3.

 

Mi sveglio di soprassalto da un incubo, avendo la sensazione di cadere. Sbatto le palpebre ripetutamente, sentiendo di aver sudato freddo. Il  mio respiro torna regolare, decido quindi di alzarmi dal letto per bere dell'acqua.
Sbadiglio e, stiracchiandomi, mi infilo le ciabatte.
Mi trascino quindi verso la cucina, sentendo però diverse voci, basse e irriconoscibili, provenire dalla sala. Inspiro, iniziando ad avvicinarmi alla stanza rumorosa.
Se fosse un ladro? Se fossero più ladri?
Mi stringo di più nel pigiama e, preso coraggio, senza fare troppo rumore, mi affaccio dalla parete; tiro quindi un sospiro di sollievo.
La Morte, cioè Harry, è stravaccato alla meglio sul divano, concentrato a guardare un film alla tv.
Mi avvicino di poco e noto che sulle sue guance scorre qualche lacrima; alzo poi lo sguardo verso lo schermo della tv, riconoscendo Titanic.
Sorrido, intenerita dalla scena, e mi avvio nuovamente verso la cucina.
-''Susan, sei sveglia già a quest'ora? Il sole non è ancora sorto" sento tirare su col naso Harry; ha una voce tremolante, dovuta al pianto. Mi fermo, voltandomi verso il divano.
-''Si ma, ho fatto un incubo, così volevo prendermi da bere. Tu piuttosto, che ti guardi Titanic nel mezzo della notte?"
chiedo, sbadigliando nuovamente e andandomi a sedere sul divano con lui.
-''E' che...non so, questo film è fantastico, e mi ha fatto intristire, il ragazzo, Jack, muore e non rivede più Rose..." tira nuovamente su con il naso, e io sorrido nuovamente, osservandolo.
-''Non pensavo potessi piangere"
-''Ah si chiama piangere questo? Neanche io pensavo di poterlo fare a dire il vero, sarà il corpo di questo Harry... ma vuoi che spenga? Ti da fastidio se mi riguardo ancora il film?"
Io sospiro, accomodandomi meglio contro lo schienale.
-''Beh, credo che starò qui con te, il sonno mi è passato. ma vuoi cambiare film? Ne ho molti di commoventi..."
-''Abbiamo tutto il tempo per vedere ancora Titanic e questi tuoi altri film, no?"
Si volta verso di me, sorridendo; le fossette gli circondano le labbra, i ricci, scompigliati e ribelli, ondeggiano ai movimenti della sua testa. Potrei benissimo dimanticarmi chi ho di fronte, ma i suoi occhi, verdi, freddi, piatti, mi ricordano costantemente la realtà dei fatti.
Mi scuoto, risvegliandomi dai miei pensieri, notando che mi osserva curioso; annuisco, accennando un sorriso.
-''A che stavi pensando?"
Noto che sposta la mano sul divando, trovando il telecomando con le dita e bloccando il dvd.
-''A volte penso semplicemente troppo, Harry. Tutto qua." rispondo atona, abbassando lo sguardo.
-''Magari ti posso aiutare, se hai voglia di parlarne" risponde, incoraggiante.
-''Prova ad immaginare, mi manca quel ragazzo a cui hai preso il posto. A volte potrei confondermi e pensare che tu sia ancora lui."
Harry storce la bocca, mantenendo il suo sguardo su di me; lo sento premere sulla pelle.
-''Sai che non posso farci più niente Susan...sapendo quanto avresti sofferto avrei preso il posto di qualcun altro, credimi. Se c'è una cosa che ho imparato, da quello che faccio da una vita, è che non si può tornare indietro dalle proprie azioni.
Ce ne sono molti di ragazzi come lui nel mondo, sento la natura di anime uguali a lui...anche adesso"
Alzai lo sguardo, corrucciando la fronte.
-''Che intendi con 'sento le anime'?" chiedo, confusa e curiosa.
Lui schiocca la lingua contro il palato, passandosi una mano tra i ricci.
-''Sto parlando troppo, ma non ce la faccio neanche a vederti così, dopotutto mi stai aiutando. Vedi, se io andassi davvero in 'vacanza', la morte non esisterebbe più in questo mondo, giusto?"
Io annuisco, vedendo che sta cercando le parole giuste.
-''Ecco, io anche adesso svolgo il mio compito. Pensa ad un numero, mltiplicalo per mille più infinito. Il numero che ottieni al secondo, sono le anime che percepisco."
Ride, notando la mia espressione confusa.
-''Scusa, non sono mai stata un genio in matematica" mi gratto la testa, imbarazzata.
Ha una risata semplice, allegra.
-''Beh, è un concetto un po' complesso..."
-''Ma riesci a percepire anche la mia di anima?" chiedo curiosa.
-''Certo, e fidati se ti dico che è rara; è buona, positiva."
-''Suppongo che sia bene"
Ci guardiamo entrambi, ridendo. Portiamo poi la testa verso lo schermo della tv; il dvd si è fermato sul finale, una parte che so a memoria.
-''Beh, abbiamo un bel po' di film da guardare, fallo partire o non finiamo più" commento sorridendo. Lui annuisce, facendo ripartire la pellicola.


Sento la mia suoneria a massimo volume penetrarmi nella testa; mi alzo di scatto, portando lo sguardo ovunque e cercando il mio telefono.
-''Credo tu l'abbia lasciato in cucina" commenta calmo Harry, accanto a me, sempre sul divano.
Arrosisco imbarazzata, pensando a come devo aver dormito appoggiata alla sua spalla, con una coperta sulle gambe, che non avevo portato io.
Annuisco, ancora intontita, precipitandomi verso la cucina.
Scivolo inciampando nelle mie calze, prendendo al volo il mio telefono appena in tempo; prima che riattaccassero.
Leggo sullo schermo 'Papà', scuoto quindi la testa e riappoggio il telefono sulla mensola, sentendo le lacrime pungere e un tonfo al cuore.
Non ho intenzione di sentirmi dire le solite cose: 'amore mio potrai mai perdonarmi? Il lavoro mi fa stare qui a Doncaster ancora un mesetto'; 'Tesoro sai quanto mi farebbe piacere rivederti, ma il dovere chiama'.
Sbuffo, non riuscendo più a fermare le lacrime, che rigao il mio volto.
Lavoro, lavoro, lavoro, tutte puttanate.
Mi raccolgo sul pavimento, prendendo le gambe con le braccia e scorrendo i messaggi appena arrivati sul cellulare.
-''Ehi, ho sentito un tonfo, tutto bene?" alzo appena lo sguardo, notando Harry sulla soglia della cucina, sorridente come sempre.
Ritorno al mio telefono, non ho voglia di dare spiegazioni.
-''Ehi, ma tu stai piangendo! Hai visto qualcosa di commovente sul telefono?" mi chiede ingenuamente, avvicinandosi a me e mettendosi in ginocchio.
Sorrido amaramente, di fronte a tanta ingenuità.
-''Diciamo che si può piangere anche per altro; cose che ti mancano o cose tristi e basta. Ma non ti preoccupare" mi passo una mano sugli occhi, cercando di asciugarmi.
Sento però lo stomaco premere, le guance rigarsi nuovamente e nuove lacrime pronte a formarsi; mi mordo il labbro.
-''Perchè soffri così tanto? Tuo padre vero?"
Io alzo lo sguardo definitivamente dal telefono, rimanendo sorpresa.
-''C-come, c-come hai fatto a...?"
Lui si stringe nelle spalle.
-''Sesto senso, mettiamola così. Vi siete parlati?"
Io faccio segno di no con la testa, buttando il cellulare lontano da me.
Inaspettatamente Harry mi abbraccia, e rimaniamo a terra, lui in ginocchio, io con le lacrime agli occhi che mi stringo a lui.
Ha ancora l'odore dell'Harry precedente.
Dopo poco lui si stacca da me, quasi imbarazzato, guardando qualsiasi cosa tranne me; io sorrido intimidita, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-''Grazie, Harry." dico semplicemente, sentendomi più leggera. Allungo quindi le braccia verso il mio cellulare, tornando a scorrere i messaggi arrivati.
Ci alziamo entrambi dal pavimento.
-''Figurati io...non so perchè l'ho fatto ecco. Nel film lo facevano anche, li vedevo sorridere così...beh, niente." Alzo lo sguardo dal mio telefono, notando segni rosei sulle sue guance.
La Morte che arrosisce, altra cosa da segnarsi.
Accenno un sorriso, tornando poi al mio cel.
-''Harry, hai dei vestiti con te?" camibio argomento, rompendo il silenzio imbarazzante.
Lui sembra spaesato, corrucciando la fronte.
-''No, solo questi, perchè?"
-''Perchè almeno ogni due giorni dovrai cambiarti, soprattutto per domani; vengono qui dei miei parenti e qualche amico!
-''Oh" dice lui semplicemente.
-''Ci sono qua io, tranquillo, oggi ti mostrerò cosa vuol dire fare 'shopping sfrenato'"





Ciornoo C:
Scusate per l'orribile ritardo, ho avuto delle cose da sbrigare, pardon.
Che ve ne pare? La storia prosegue lentamente, lo so, ma Harry quello nuovo come vi sembra? Non è asgdgfhdgd?!
Beh, detto ciò ahaha
Vorrei sapere che ne pensate, mi fa sempre piacere, sapete?
Ringrazio chi ha visto lo scorso capitolo, permettendosi addirittura di recensirlo. Ve amo <3
Ma che tipo Zayn ha 20 anni? :,)
Beh, allora, spero di riuscire ad aggiornare presto; farò di tutto, promesso.
Recensite nèèè
Bene, vado a giocare a Ruzzle ahaha sono troppo in fissa con quel gioco, i'm the bosss
Bacione,
Lou_


 Twitter   Se mi seguite e chiedete, ricambio ;))

Ah e poi ho scoperto Instagram! Se ce lo avete e volete che ricambi, avvisate! Io mi chiamo
giadii_    c:
 

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Capitolo 5
*** Chapter 4. ***







Capitolo 4.

 

Io ed Harry per ore avevamo vagato per le strade affollate del centro londinese.
Ero riuscita a convincerlo a provare diversi abiti e scarpe, spiegandogli che non poteva andare fuori dal negozio senza avere prima pagato; ci avevano scambiato per due ladri le prime volte. Aveva dei gusti piuttosto semplici: All Stars, maglioni larghi, jeans. Diverse ragazze mi avevano squadrata male, quasi rodessero di invidia a vedermi girare con un così bel ragazzo... se solo sapessero.
Scrollai la testa divertita, dandomi una veloce aggiustata al trucco leggero sugli occhi e voltandomi poi verso la porta socchiusa del bagno, dove mi trovavo.
-''Ehi, come sei messo? Dai che voglio vederti con i nuovi aquisti addosso!"
gridai, non smettendo di sorridere. Poggiai il mascara nella mia trousse, uscendo quindi dal bagno e andando a bussare alla stanza da letto di mio padre, chiusa da diversi minuti.
Mi morsi il labbro, ripensando a quando ancora bussavo alla sua porta, magari per qualche incubo notturno, solo per vedere mio padre sbucare dal nulla, sorridente, che mi abbracciava e mi portava con sè nel suo letto.
-''Harry?... sei morto?" commentai ridendo.
Mi strinsi nelle spalle, spingendo piano la porta; mi stavo quasi preoccupando.
Davanti a me, il caos.
L'armadio era spalancato, il letto era sparpagliato dei vestiti di questa mattina e, ciò mi fece quasi trattenere il respiro, Harry era a torso nudo davanti l'enorme specchio a parete della stanza, che tentava a fatica di infilarsi i jeans, ansimando e roteando continuamente gli occhi. 
Aveva un fisico scolpito.
Non potei evitare di arrossire leggermente; qui Harry, notando il mio riflesso nello specchio, sorrise sinceramente, tornando poi ai suoi pantaloni.
-''Susan, ma è davvero necessario infilarsi questi...questi cosi?" commentò, piuttosto irritato.
Fece dei saltelli, senza ottenere risultato e lasciandosi accasciare sul letto dietro di sè, finendo a pancia in su. I jeans si sfilarono dai suoi polpacci, cadendo ai suoi piedi. Scoppiai a ridere, sistemandomi i capelli dietro l'orecchio e avvicinandomi a lui.
-''E' necessario, si. Gli umani sudano, sporcano, puzzano e tante altre belle cose, non puoi avere addosso la stessa roba. Ah, tra pochi minuti dovrebbero venire i miei parenti, quindi vedi di accelerare la 'vestizione'." conclusi ammiccandogli.
Lui alzò leggermente la testa, in modo da poter incrociare i suoi occhi verdi coi miei; si scosse delicatamente, socchiudendo gli occhi e alzandosi, facendo leva con le braccia.
-''Susan non riesco a metterli... mi puoi aiutare per favore?" chiese con tono lamentoso.
Io sorrisi, sentendomi leggermente in imbarazzo.
-''Va bene, solo per stavolta però, poi impari da solo." risposi decisa, abbassando lo sguardo sui jeans e i vestiti sparsi.
Lui saltò in piedi guardandomi eccitato, regalandomi poi la visione delle sue fossette.


Non la smettevo di osservare l'orologio a parete della sala, pregando con tutta me stessa che quell'estenuante attesa finisse.
All'ultimo minuto avevo dovuto disdire la visita dei miei amici, scusandomi più e più volte.
Il punto è che io non volevo disdire, non per una scusa così stupida.
Avevo riletto quel messaggio così tante volte che potevo mettermi a recitarlo a memoria, mettendo anche enfasi nelle parole.

''Cara, piccola mia. Deduco dal fatto che non mi rispondi mai che sei arrabbiata con me, e mi si stringe il cuore. Alle 20 ti verrà a trovare il mio assistente di affari, Mr. Tomlinson. E' un professionista, garbato e alla mano. Ti spiegerà la mia situazione lavorativa e sociale, stando da tè tutto il tempo necessario. Un bacio, sei sempre la mia bambina :) xx'

Sentivo come se avessero trattato il mio cuore come un tirapugni; non sapevo bene per cosa arrabbiarmi, dallo sconosciuto che mi veniva a trovare al posto di mio padre, al fatto che stesse da me per quanto cazzo avesse voluto, o per le 'xx' finali.
Scossi la testa, spostando il mio sguardo dall'orologio, a Harry, seduto accanto a me sul divano, vestito con  i jeans e un maglione blu scuro, gambe divaricate, telecomando in mano. Mi dispiaceva avergli dato fastidio per l'abito, per poi aver annullato tutto.
Ancora di più mi dispiaceva per questo Mr. Tomlinson.
Non lo volevo vedere.
Ne avevo parlato anche con Harry, che aveva semplicemente scrollato le spalle, sorridendomi e dandomi una leggera pacca sulla spalla.
Il brusio in sottofondo della tv rendeva solo più confusi i miei pensieri; iniziai a massaggiarmi le tempie, sentendo diverse parole bloccate in gola, pronte ad essere pronunciate. Sentivo il bisogno di sfogarmi con qualcuno.
La tv si spense di colpo; Harry sospirò, voltandosi verso di me e guardandomi con interesse; incorciò le gambe sul sedile del mobile e passandosi una mano in modo confusionario tra i ricci.
-''Parla, cosa ti affligge?" chiese con ovvietà.
Mi accasciai completamente al divano, togliendomi in malo modo le scarpe e lanciandole da una parte della stanza; un tonfo sordo.
-''Harry, tutto. Mio padre riesce a sconvolgermi la vita anche da lontano, renditi conto. Dovremo condividere la casa con uno sconosciuto, che saprà parlare solo come mio padre di affari e affari. Non voglio, non voglio questo dalla mia vita." gli occhi iniziarono a farsi lucidi; istintivamente pensai alla mia chitarra, stesa sotto al letto di camera mia.
-''Ehi, va tutto bene.'' -  si protese verso di me, prendendo le mie mani e sorridendo in modo rassicurante - ''Non sei sola ad affrontare questo. Certo, di relazioni tra umani non ci capisco ancora niente, ma so tenere lontano le persone brutte. Vedrai che questo Tonno..."
-''Tomlinson" corressi io, sorridendo debolmente; il tocco di Harry ribolliva sulla mia pelle.
Lui roteò gli occhi, gesticolando con una mano.
-''Quello che è. Ripeto, vedila dal lato positivo, grazie a lui sarai in contatto con tuo padre! Poi magari ti porterà suoi messaggi, regali, che ne so..." staccò le sue mani enormi dalle mie, risistemandosi i ricci ribelli e attendendo una mia reazione.
Abbassai un attimo lo sguardo, mordendomi poi il labbro e tornando a guardarlo: aveva ragione.
-''Hai ragione. Grazie, davvero.... tu non hai un leggero languore però?" chiesi maliziosa.
Gli si illuminò lo sguardo.
-''Pizza?"
Annuii, scoppiando a ridere nel vederlo saltare giù dal divano e correre verso la cucina.



Quel ragazzo mi scioccava ogni volta, aveva lo stomaco senza fondo; avevamo preparato diverse teglie, questa volta però una era riuscita a prepararla anche lui da solo, e non ero riuscita a mangiare praticamente nulla.
In compenso ammiravo il segno lasciato da quella voglia improvvisa: avrei dovuto pulire per ore.
Mi alzai delicatamente dalla sedia, dirigendomi al lavabo per sciacquarmi le mani; Harry era ancora seduto comodamente a tavola, finendo di mangiare quello che era rimasto. 
Sorrisi, osservandolo di spalle; un campanello mi scosse dai miei pensieri e istintivamente guardai l'orario.
Mezz'ora di ritardo, iniziavamo bene.
Harry aveva sussultato a quel suono, biascicando a bocca piena.
Risi, avviandomi poi verso l'ingresso.
-''Credo sia lui Harry, stai lì, tra poco ti raggiungo. Non essere nervoso, comportati come questa mattina e andrà tutto bene" gli ammiccai, ricevendo una sua espressione agitata in risposta.
Scrollai le spalle, aprendo lentamente la porta.
Davanti a me un ragazzo alto, moro, occhi azzurri ed espressione gentile dipinta in volto.
Abiti casual e valigetta ventiquattr'ore in mano; avrà si e no la mia età.
-''Ciao, tu devi essere Susan" un sorriso caloroso si fece largo sulle sue labbra; io provai a ricambiare, rimanendo seminascosta dalla porta.
-''Si, si sono io, piacere. Lei è Mister Tomlinson giusto?" mi spostai per farlo accomodare; lui si fece avanti, sicuuro di sè ed iniziando a guardarsi intorno, con sguardo curioso.
Non sembrava male, per lavorare come dipendente di mio padre.
Appoggiò la ventiquattr'ore a terra, iniziandosi a sbottonare la giacca.
-''Susan, com'è il tipo?" una voce curiosa aveva urlato dalla cucina.
Io strinsi le labbra, sospirando imbarazzata verso il nuovo arrivato, che si guardava intorno spaesato.
-''Si, è un amico, mio padre non gliene avrà parlato. Si chiama..." iniziai vaga, guardandomi intorno.
-''Ciao" disse gentilmente Harry, avvicinandosi a Tomlinson e abbracciandolo goffamente; io mi coprii il volto con le mani. 
I due si staccarono; lo sguardo del dipendente di mio padre era stralunato e comico.
-''Ciao..." rispose attonito lui.
-''Si, Mr. Tomlinson, vi presento Harry Styles" mi intromisi nella coppia, tirando una leggera gomitata negli stinchi di Harry, sforzandomi di sorridere.
-''Piacere Harry. Ah Susan, per piacere, dammi del tu, mi chiamo Louis!" rispose sorridendo, guardando prima il riccio, poi me.






Sera bellissime! Come vi va la vita? Scusate per l'enorme ritardo, le idee scarseggiavano e pensavo pure di cancellare la storia, ma non l'ho fatto! Contente? In compenso vi rivelo che ho un finale che fa venire i brividi, è fantastico c:
Allora, ve lo aspettavate che Louis lavorava per il padre di Susan? Il suo arrivo è solo l'inizio di tante cose, ve lo assicuro...
Beh, basta ahaha se no qui :)
Comunque, davvero spero di aggiornare presto, anche se è un po' un periodo così.
Spero recensiate la storia, ho adorato tutte quelle che lo hanno fatto precedentemente. Anche chi ha messo tra seguite, preferite e ricordate, siete stupende ashfgdhgshgd
Un bacione e buona serata,
Lou_

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Capitolo 6
*** Chapter 5. ***








Capitolo 5.

 

Ci fu qualche attimo di silenzio imbarazzante, mentre io cercavo di rispolverare nella memoria come trattare ospiti sconosciuti.
Mi passai una mano tra i capelli, inspirando e sfoderando uno dei miei migliori sorrisi.
-''Si accomodi... ehm volevo dire, accomodati pure Louis! Lì di fronte a te c'è la sala, lì alla tua sinistra la cucina e al piano di sopra le camere da letto e un bagno." iniziai vaga, gesticolando con le mani e muovendo un poco i piedi.
Sentivo lo sguardo di Harry sulla schiena.
Louis rimase ad osservarmi, interessato; ogni tanto annuiva o sorrideva alle miei pause.
-''Grazie Susan. Come tuo padre ti avrà avvisato, dovrò stare da te diversi giorni... dove mi posso sistemare per la notte?"
Mi morsi il labbro, guardando per un attimo il riccio, che aveva uno strano sguardo verso Louis.
-''Dunque...si! In camera di mio padre penso vada benissimo! Sai, non la usiamo praticamente più..." risposi con un filo di tristezza nella voce; tossii.
-''Beh, allora vado a sistemarmi, a dopo Susan e.... - si voltò imbarazzato verso il riccio - a dopo Harry"
Girò i tacchi e scomparve lungo le scale, portandosi dietro la sua valigia.
Sospirai, portandomi una mano al petto; chiusi gli occhi e poi tornai vicino ad Harry, rimasto immobile in piedi nella sala.
-''Tu...perchè lo hai abbracciato? Dovevi comportarti come stamattina!" mi sofrzai di non gridargli contro; lui strabuzzò gli occhi, sorpreso.
-''E' che pensavo di dover essere amichevole... tu... continuavi a pensare in modo agitato di essere carina con lui, allora io..." rispose imbarazzato, scompigliandosi i capelli con un movimento della mano.
Corrugai la fronte, perplessa.
-''Tu...cosa centrano i miei pensieri?"
-''Cazzo, parlo troppo. Dimentica quello che ho detto, se vuoi non abbraccio più nessuno..." rispose in fretta Harry, iniziando a guardare le sue Converse.
Stortai la bocca, pensierosa.
-''Ehi no, puoi abbracciare chi vuoi, ma solo se lo conosci da un po'...non è normale subito la prima volta" commentai sincera.
Lui alzò la testa, spostando lo sguardo su di me e sorridendomi timidamente.



Mi girai svogliatamente sotto le coperte, corrucciando gli occhi per un raggio di sole che filtrava dalla mia finestra.
Sbuffai sonoramente, alzandomi a fatica dal materasso e dirigendomi verso le tende.
Volevo tornare a dormire, la scorsa sera ero andata a letto molto tardi per pulire la cucina.
Iniziarono a riaffiorare i ricordi: immagini confuse di Harry e...Louis!
Mi battei una mano sulla fronte, scrollando la testa e iniziando a cercare forsennatamente qualcosa da mettermi.
Avevo ospiti in casa, non potevo dormire fino a tardi, almeno il primo giorno.
Buttai un occhio sulla radiosveglia sul mio comodino e a tratti mi sentii mancare: era mezzogiorno passato.
-''Calma" iniziai a ripetere, respirando ed espirando lentamente.
Sorrisi, ragionando sul fatto che non ero miimamente agitata per avere la Morte che girava per casa, ma per il fatto di Louis.
Un bussare leggero mi fece sussultare e cadere a peso morto sul pavimento; ero inciampata nei miei jeans.
Un dolore atroce invase il mio busto.
Imprecai mentalmente e cercai di parlare con voce calma.
-''Si un attimo!"
Mi alzai da terra, finendo di infilarmi una maglietta e legandomi i capelli biondi in una crocchia.
Aprii la porta velocemente, trovandomi due occhi azzurri davanti.
-''Buongiorno Louis! Dormito bene?" chiesi, sbadigliando.
-''Si si, perfettamente, grazie. Scusa se ti ho svegliato ma volevo solo avvisarti che se non avevi fame potevo benissimo andarmi a comprare qualcosa in città... solo che poi mi sono anche ricordato che non sono più a Doncaster, e che non conosco la città, quindi io..." iniziò lui imbarazzato, grattandosi la testa con lo sguardo basso.
-''Scusa! Io, io non ho puntato la sveglia e, mi sono dimenticata. Scusa davvero. Ricominciamo da capo, vuoi che ti prepari qualcosa?" chiesi con tono agitato.
Louis si morse il labbro, ancora più imbarazzato.
-''Ecco, c'è anche dell'altro: il tuo amico, Harry, gironzolava per casa, io gli ho chiesto se conosceva in zona qualche caffetteria ma...non so è un po' strano il tuo amico - rise in modo imbarazzato; imprecai ancora mentalmente - e alla fine si è offerto di cucinarmi della pizza e beh, io ho accettato, e.... scusa non pensavo non sapesse usare gli utensili e..."
Chiusi gli occhi, portando una mano davanti a me per fermarlo.
-Tranquillo, ci sono abituata." sospirai, iniziando a scendere le scale seguita da Louis.



Mi massaggiai gli occhi: ero distrutta ed ero solo sveglia da poche ore.
Harry era un disastro, un dolce grande impacciato disastro.
Mi appuntai mentalmente di insegnargli a pulire.
Ora eravamo in sala, io e Harry seduti sul divano, Louis sulla poltrona accanto: sul tavolino in vetro al centro della stanza residui di cibo take away, che il riccio non aveva completamente ingurgitato ma masticato con sguardo schifato, facendomi sorridere tutto il tempo.
L'assistente di mio padre devo dire che era davvero una brava persona: educata, composta, ma alla mano e simpatica.
Mi piaceva, non era affatto come mio padre.
Harry spostò lo sguardo curioso da me a Louis: quest'ultimo mi aveva chiesto di raggiungerlo in sala per poter parlare liberamente dello scopo della sua visita e, con il mio permesso e riluttanza, aveva permesso anche a Harry di assistere al discorso.
Sospirai, incitando con un cenno del capo Louis a parlare.
Aveva lo sguardo perso, sembrava cercasse le parole giuste da usare.
-''Vedi - iniziò dopo qualche attimo, le mani tesse sui jeans - come tu ben sai, tuo padre mi ha mandato per parlare della sua situazione"
Annuii, incerta.
Louis sospirò, appoggiandosi allo schienale della poltrona.
Spostò i suoi occhi azzurro cielo su di me, facendomi quasi rabbrividire.
-''Susan, la situazione di tuo padre non è delle migliori"
Rimasi basita a quelle parole, continuandole a ripetere mentalmente.
-''Come...che intendi con 'non è delle migliori'?" inghiottii a fatica della saliva, cercando con lo sguardo Harry.
-''Economicamente tuo padre va a gonfie vele, davvero. E'...diciamo di salute, che non va tanto bene..." quasi sussurrò; io continuavo a non capire, oppure non lo volevo fare.
-''Che cos...cos'ha?" quasi balbettai per l'agitazione.
-''Susan io..." iniziò Louis, con sguardo preoccupato.
-''Cos'ha." chiesi freddamente.
Le mie mani si strinsero al tessuto del divano.
-''Un tumore, un grave tumore ai reni." disse di getto, quasi liberandosi da un peso.
Io sbarrai gli occhi.
Avevo sempre augurato di morire a mio padre, ma, ora che stava per accadere davvero mi sentivo un mostro.
Prima mia madre, ora lui.
I miei genitori, coloro che un tempo mi donarono la vita...
Sentii la gola farmisi secca.
Louis si agitò sulla poltrona, io lo fermai con una mano.
-''Puoi lasciarmi sola un secondo? Poi torniamo a parlare del resto, scusami" sibilai.
Il moro annui duramente, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso la cucina.
Notai uno spostamento dietro di me.
-''Harry fermo per favore" dissi con tono supplicante, facendogli spazio sul divano.
Il riccio si morse il labbro, sedendosi accanto a me e poggiando una mano sulla spalla.
-''Io...avevo pensato che tuo padre te ne avesse già parlato..." commentò timidamente.
Io scossi la testa, sentendo gli occhi farsi lucidi.
La vista mi si appannò, la pelle iniziò a bagnarsi; senza ragionare troppo mi strinsi nel maglione di Harry, stringendo i lembi di tessuto contro di me.
Lui rimase rigido per qualche attimo, poi mi strinse più a sè, quasi dolcemente, iniziando a carezzarmi ciocche di capelli biondi.
Stava in silenzio, e lo ringraziai mentalmente.
Dopo poco il mio respiro si spezzò e, calmata, alzai di poco il viso, guardando dritto nelle sue iridi verdi.
-''L'ho...l'ho ucciso io" sputai con disprezzo, tirando su col naso e non mollando il maglione di Harry.
-''Ma cosa stai dicendo" sussurrò lui dolcemente, carezzandomi la guancia con due dita; mi fece venire i brividi.
-''Ho sempre sperato che morisse, l'ho odiato fino allo stremo, gli ho negato il mio affetto...e ora... sono orribile."
Sentivo il mio cuore quasi fuoriuscire dal petto; una sensazione di colpa mi opprimeva.
Harry ancora una volta stette in silenzio.
Mi abbracciò stretta a sè, e questa volta, non lo rimproverai, abbandonandomi completamente a tale gesto.




Sera belle! Come va la vita? c:
Io non lo so dire semplicemente, quando mi va bene una cosa da una parte, mi va male dall'altra. Vabbeh.
La cosa positiva è che vi ho scritto il capitolo! Contente?
Vi dirò, a me questa parte non piace; è confusionaria, scritta male, non mi soddisfa *sguardo critico*
Voglio i vostri pareri, li apprezzo davvero tanto, sapete? :)
Ringrazio infatti chi ha recensito precedentemente, sprecando il suo tempo per una ca**ta del genere :)
Ringrazio anche chi mette tra preferiti/seguite/ricordate codesta storia, fantastiche come sempre.
Saluto le lettrici silenziose ahaha c:
Beh, spero di aggiornare presto, come sapete mi manca un po' il tempo di stare al pc,
Un bacione,
Lou_

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Capitolo 7
*** Chapter 6. ***








Chapter 6.

 

-''Sai, penso tu debba fare una telefonata a tuo padre" disse semplicemente il riccio, dandomi una leggera carezza sulla schiena.
Mi morsi il labbro; ovviamente aveva ragione, ma non era facile da fare.
Da sempre lo avevo evitato, da anni non avevamo più dialogo, proprio ora che la sua vita finiva dovevo recuperare un rapporto naufragato?
-''Meglio tardi che mai" commentò Harry sussurrando.
Io mi staccai da lui di scatto, sgranando gli occhi.
-''Dillo che leggi i pensieri della gente, a-ammettilo!" alzai la voce di un'ottava, puntandogli l'indice contro, tremante.
Harry fece una smorfia, poi, dando una rapida occhiata al soffitto, chiuse gli occhi, annuendo lentamente.
-''Bene, non farlo più per favore, la mia mente è l'unica cosa invalicabile che mi rimane ormai. Ma hai letto ogni mio singolo pensiero da quando ti conosco?" chiesi, meno sicura e abbassando la mano sul divano.
Lui sorrise leggermente, segnando le sue guance con le due fossette.
Sbuffai, chiaramente irritata, e mi alzai dal divano, correndo verso camera mia a recuperare il telefono.
Salii le scale, senza voltarmi minimamente verso il riccio.
Avevo le guance in fiamme, lo sentivo.
Cosa assai giustificabile se Harry fin'ora aveva letto tutti i miei pensieri.


Ero seduta sul mio letto, gambe incrociate.
La luce filtrava leggera dal vetro della mia finestra, rendendo la stanza cupamente luminosa.
Rimasi incantata nei miei pensieri a contare le palline di pulviscolo; da piccola le adoravo.
Sorrisi, al ricordo di me da piccola che muoveva freneticamente le manine per recuperare quei 'moscerini'; ora non ero più bambina però.
Ero cresciuta, ero pronta a tutto.
O meglio, dovevo esserlo, e nella lista vi era il fatto di chiamare mio padre in punto di morte.
Sospirai, rigirandomi per l'ennesima volta il telefono tra le mani; ormai era da molto che ero lì, a divagare con la mente, a fare i pro e i contro del mio rapporto con mio padre.
Mi inumidii le labbra, diedi una veloce occhiata alla sveglia sul mio comodino e avviai la chiamata.
Uno squillo, due squilli, tre squilli... un colpo di tosse, che mi fece stringere il cuore.
-''Bambina mia" una voce stanca, con un filo di gioia. Mi premetti meglio il cellulare all'orecchio, non volevo perdermi una sua parola.
-''Papà" dissi quasi tra le lacrime; iniziai a girare le mie dita in una ciocca i capelli.
-''Non sai quanto mi faccia piacere la tua chiamata, come stai?" ennesima pugnalata al cuore; mi morsi il labbro, nervosamente.
-''Io bene papà... ma tu? Louis, m-mi ha spiegato della tua...malattia" quasi sussurrai, la mia voce scendeva di tono involontariamente.
Qualche attimo di silenzio dall'altro capo dell'apparecchio.
-''Amore mio, ti voglio e ti vorrò per sempre bene, ricordatelo"
-''Non concludere la telefonata con queste puttanate da cioccolatini solo perchè si tocca un argomento scomodo! Non scappare come tua abitudine! Parliamo cazzo, parliamo! Non voglio pensare di salutarti senza aver chiarito!" stavo gridando, ma certe cose mi facevano perdere le staffe.
Ennesimo momento di silenzio, dove presi fiato.
Mi alzai dal materasso, iniziando a camminare velocemente per la stanza.
-''Non sono forte come te Susan, non tutti lo sono. Se pensi che io sia scappato per scelta...beh, ti sbagli. Io ti ho sempre amato, come tua madre. Il mio lavoro... non farmi dire cose che non voglio dire. Grazie per avere chiamato, ci sentiamo presto"
Uno squillo acustico conclusivo, mi aveva attaccato il telefono in faccia.
Scagliai con tutta la mia forza il telefono contro il letto, mettendomi le mani tra i capeli e gridando, per sbollire la rabbia, il rancore, il senso di colpa che provavo verso mio padre.
Mi inginocchiai poi a terra, massaggiandomi il bracci con delicatezza, lo sguardo perso.
Mi sentivo senza una guida, dopo un confronto che non c'era veramente stato con mio padre.
Le mani iniziarono a formicolare, volevo, dovevo suonare qualcosa, era proprio un momento no.
Mi chinai verso il sotto del mio letto, tirandone fuori il mio strumento.
Lo appoggiai con cura sul letto, come fosse un bebè; mi avviai alla mia scrivania, tirando fuori da un cassetto uno dei miei innumerevoli plettri multicolore.
Al mio passaggio davanti la finestra scostai le tende; la luce non aiutava.
Mi accomodai sul materasso, stringendo la chitarra tra le mie mani e, liberando la mente da tutti i pensieri, iniziai a strimpellare una melodia lenta, con note basse.
Sentii un leggero bussare alla porta chiusa, che ignorai.
Il bussare si fece più intenso così, sospirando, smisi di solleticare le mie corde e gridai un svogliato 'avanti'.
La porta si aprì e si affacciò Louis, con un'espressione dolce dipinta in viso.
-''Tutto bene?" chiese atono, sorridendomi dolcemente.
Io abbassai lo sguardo sul pavimento, poi sulla mia chitarra, poi su di lui.
Scossi la testa, stringendo più a me lo strumento.
-''Ti va di...parlarne?" chiese ancora, timidamente.
Annuii, incerta, facendogli spazio sul mio letto.
Era un dipendente di mio padre, più o meno della mia età, chi meglio di lui poteva capirmi?
-''Ecco io - iniziò, accomodandosi in modo educato accanto a me e grattandosi il capo - ti ho sentita gridare e, mi sono preoccupato sinceramente, forse era colpa della notizia che ti ho dato..." 
Scossi la testa, provando a sorridere.
-''No tu non centri, è mio padre la causa di tutto. Troppo codardo per confrontarsi con sua figlia, la sua unica figlia. Io, non ce la faccio ad avere un padre come lui, il suo lavoro è fin troppo invadente...tu come fai? Sei giovane no?"
-''Si, beh comunque non faccio tutte le attività come tuo padre...riesco a gestire meglio tutta la situazione, anche se ciò mi evita di stabilire contatti stabili con le persone. Sai, mi sposto spesso, qui da te è l'unica eccezione" disse semplicemente, non staccando lo sguardo da me.
Annui, leggermete più tranquilla.
Lui spostò lo sguardo per la stanza, sorridendo e poggiando poi lo sguardo sulla mia chitarra; gli si illuminarono gli occhi.
-''E' bellissima! Suoni?" chiese con eccitazione.
Io sorrisi, sentendomi in imbarazzo e prendendo la mia chitarra.
-''Si beh ogni tanto...nei momenti no aiuta..."
-''Fantastico. Anche io suono sai? Ho una passione per il pianoforte, ho imparato a suonare a Doncaster, il mio paese d'orgine, suonare mi fa sentire a casa ecco."
-''Davvero? Potremmo provare a fare un duetto" iniziai a scherzare; lui rise.
Aveva una risata leggera, contagiosa.
-''Beh, saremmo un duetto un po' depresso non credi?"
Scoppiai a ridere nuovamente con lui.


-"...allora Stan mi comprò davvero una parrucca da marinaio!" guardai Louis, scoppiando nuovamente a ridere dopo un suo aneddoto dei tempi del liceo.
Scendemmo le scale insieme, passando per la sala; Harry stava disteso sul divano, con una smorfia annoiata dipinta in volto.
Io e Tomlinson avevamo passato il pomeriggio insieme a conoscerci, mi aveva consolata, era proprio un tipo a posto e carino, ma mi ero dimenticata completamente di Harry.
Doveva essersi sentito trascurato, poichè mi guardò in cagnesco per vari secondi.
Louis si era offerto di cucinare la cena, così lo lasciai raggiungere la cucina e mi accomodai accanto al riccio, sul divano.
Spostai lo sguardo sulla tv: un quiz di scarso interesse per tutti.
Mi allungai verso il telecomando sul tavolino, spegnendo la televisione e voltandomi verso il riccio, che al momento mi ignorava, fingendosi interessato al paesaggio esterno della casa, attraverso la portafinestra del salotto.
-''Harry..." iniziai, muovendo avanti e indietro il suo sguardo la mia mano.
Lui si voltò verso di me, irritato, incrociando le braccia al petto e sedendosi ritto.
-''Cos'hai" chiesi esasperata.
-''Nulla, perchè dovrei avere qualcosa"
Roteai lo sguardo, carezzandogli il braccio leggermente.
-''Non mi sembra che tu non abbia nulla..."
Lui scostò il braccio al mio tocco, piantando il suo sguardo glaciale su di me; mi fece rabbrividire e mi irrigidii sul posto.
-''Da quando ti interessi tanto di me?" sputò acido.
-''Da quando fai la persona gelosa" commentai.
-''Questo sentimento...non mi piace provarlo" il suo tono mi fece sorridere.
Lui lo notò e addolcì lo sguardo.
-''E' una cosa divertente?" continuò, curioso.
-''Non so se te lo hanno mai detto, ma sei una morte molto dolce" risposi, non smettendo di sorridergli.
-''Suppongo di doverti dire grazie... ma la situazione non cambia. Quel tipo non mi piace!" si impuntò.
Sbuffai.
-''Harry! E' una brava persona!"
-''La sua anima non mi convince..." continuò lui.
-''Secondo me il tuo radar in questa situazione ha fatto cilecca..." iniziai ridendo.
Lui fece una smorfia contrariata, scostandosi dei ricci dallo sguardo e riaccendendo la tv.
-''La cena è quasi pronta! Se volete accomodarvi..." gridò Louis lontano, dalla cucina, facendo sussultare me e Harry, che roteò gli occhi annoiato.




Sera! c:
Come state?
La storia vi piace?
Harry è gelosooo agsfshdsg è figo anche in questo caso ahahah :)
E da qui iniziamo la parte *action* della storia ;)
Ma avete sentito la cosa che han detto tra lui e Taylor Swift?
Beh ve la racconto:
Ai Grammy mi sembra Taylor lo ha preso in giro dicendo che quando bacia sembra una lumaca, allora ill nostro ricciolino ha detto che lei invece gridava come una cagna a letto ahahaha HARRY WIN <3
Oh, poi non so se è vero eh? Però mi ha divertito assai sta cosa :')
E niente direi che vi ho annoiate abbastanza.
Se siete arrivate fin qua vi meritate un premio!
Un ringraziamento speciale a chi recensisce, segue, ricorda, preferisce la mia storia, come sempre siete uniche, giuro!
Anche tu che leggi, un parere al mio capitolo, sempre apprezzato! Anche cose negative, cosicchè io possa migliorare c:
Allora buona serata belle, al prossimo aggiornamento!
Un bacione,
Lou_




 

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Capitolo 8
*** Chapter 7. ***








Chapter 7.

 

-''Louis hai davvero preparato una cena squisita" commentai con un sorriso a trentadue denti, lasciandomi accasciare sulla sedia e massaggiandomi lentamente la pancia.
Lui mi guardò gioioso, regalandomi uno dei suoi tanti sorrisi sbarazzini.
-''Non sai quanto mi rendi felice! Non ho mai davvero l'occasione per cucinare a qualcuno..."
Sentii un profondo sospiro alla mia destra; fulminai Harry col mio sguardo.
Che caspita gli succedeva?
Non poteva avere ragione....Louis era così, perfetto!
Rimasi ad osservare il moro mentre raccoglieva i vari piatti sporchi in silenzio.
Sparecchiava pure la tavola! Harry doveva essere impazzito, stava diventando proprio umano.
Rabbrividii al mio ultimo pensiero e, scrollate leggermente le spalle, mi alzai di fretta.
-''Lascia faccio io Lou..." lo fermai carezzandoglio un braccio.
-''Sicura? Se vuoi ti dò una mano, sono tanti i piatti!" aveva un tono dolce.
Sentii un tremolio di stoviglie alle mie spalle, mi voltai di scatto notando Louis irrigidito in piedi sul posto accanto a me.
Harry, di fronte a noi, si era alzato in piedi, un pugno chiuso stretto sulla tavola, uno sguardo gelido, quasi cattivo,che mi scandalizzò.
-''Devi lasciarla stare va bene? Non ti darà mai quello che cerchi e che vuoi. Te ne stai approfittando ma torcile un capello e io...." si mosse a una velocità moderata verso il dipendente di mio padre, calcando il passo sul pavimento.
Si fermò a pochi centimetri dal suo viso, Louis era impassibile e si mordeva il labbro nervosamente.
Il riccio gli puntò un dito contro.
-''...ricambierò il favore." concluse freddo, dandoci quindi le spalle e dirigendosi verso l'esterno della casa, sbattendo dietro di sè rumorosamente la porta.
Temetti per un attimo che l'avesse scardinata.
Con mio stupore notai che avevo trattenuto fin'ora il fiato, ripresi quindi a inspirare; il mio cuore tornò a un battito regolare.
L'atmosfera iniziò a tornare calma, ma, preoccupata per il mio ospite, mi voltai verso di lui, stringendogli le braccia.
Non aveva smesso di torturarsi il labbro, tenendo lo sguardo fermo sulla porta appena sbattuta.
Al mio tocco abbassò lo sguardo su di me.
-''...direi che al tuo amico non piace la cucina casalinga."
Senza pensarci troppo mi strinsi a lui, nel suo maglione, al suo corpo.
Sapeva fare spirito anche in momenti del genere, ma io mi ero veramente spaventata.
Non sapevo che cosa intendeva Harry, ma ero decisa a scoprirlo e dopo sarei andata a cercarlo.
Lui poggiò i piatti che aveva tenuto stretto in mano e mi strinse a sè, con leggerezza.



Chiusi la porta alle mie spalle delicatamente e subito venni accolta dalla fresca atmosfera serale.
Il cielo, oscurato, era limpido tanto da riuscire a vedere piccoli gruppi di stelle.
La stradina in cemento davanti a me era a tratti illuminata da qualche rado lampione; non c'era nessuno che passeggiava, neanche una macchina di passaggio.
Mi strinsi di più nella mia felpa, infilandomi goffamente il cappuccio sul capo e iniziando a camminare a passo svelto per Holmes Chapel.
Non sapevo esattamente dove andare, avrei provato nelle zone pubbliche e più abitate della cittadina.
Sorrisi istintivamente ai raccomandamenti di Louis sulla mia uscita notturna, era in pensiero per me.
Ragazzo affettuoso, dolce, simpatico, cuoco... se non era gay, era il mio principe azzurro.
Risi sommessamente, inspirando e godendomi il nuovo paesaggio comparso davanti a me: la piazza di Holmes Chapel notturna.
Poteva sembrare il posto più triste del mondo, deserto, privo di vita e antico.
A me invece sembrava semplicemente...magico.
Forse per i vari ricordi infantili che avevo della zona, forse perchè in fondo apprezzavo la solitudine.
Assottigliai lo sguardo, cercando qua e là una folta chioma riccia.
Storsi la bocca, delusa, avvicinandomi alle varie viette buie e sinistre della zona.
Poco raccomandabili, sinistre, oscure.
Forse l'habitat perfetto per la Morte.
Mi infilai le mani in tasca e corsi verso l'imbocco di una di quelle viette, situata vicino la caffetteria e un condominio malmesso.



-"Ciao femminuccia!" un girdo lontano, provocatorio, seguita da qualche grossa risata.
Storsi il naso, certi gruppi di ubriaconi non mi ispiravano proprio simpatia ma, stavamo parlando di Harry! Un amico, un convivente un.... deglutii al pensiero di cosa poteva diventare se non fosse stato quello che era davvero.
-''Ehi ricciolina, dico a te!" un'altra voce, più impastata e roca.
Iniziai a correre verso la direzione del suono, piuttosto agitata.
Cazzo, Harry era una calamita per i guai.
Il vicolo si faceva sempre più stretto e buio, quando finalmente svoltai l'angolo e mi ritrovai davanti un enorme prato, di quelli non ancora contaminati da edifici o fattorie.
Mi portai una mano alla bocca, vedendo Harry non molto lontano da me che correva nella mia direzione, forse non sapendo come comportarsi con certa gente violenta.
Bravo, commentai mentalmente, sorridendo leggermente.
Si fermò poi di scatto, e lo vidi serrare con mio terrore i pugni e voltarsi di scatto.
Decisamente, a tratti non aveva comportamenti molto umani.
Stava andando verso il gruppo di ragazzi molto brilli, più o meno della mia età, suscitando continue risate e fischi da quest'ultimi.
Merda.
Non riuscii a trattenermi.
-'''Harry! Torna qui ti prego!" gridai con quanto fiato avevo in gola.
Silenzio.
Harry si voltò nuovamente verso di me, lentamente.
Lo vidi incerto sul da farsi, così per incoraggiarlo feci dei passi veloci verso di lui.
Il gruppo di ubriachi riiniziò a ridere fragorosamente, commentando la mia figura con aggettivi poco casti.
Raggiunsi il riccio, che rimase a guardarmi fisso.
Scossi la testa con sguardo provato e lo strinsi a me.
Tremava leggermente.
Lo sentivo quasi come un bambino, un piccolo bambino isolato dal mondo, ricco di affetto da donare senza conoscere il modo per esprimersi.
-''Chi è quella, una tua troietta?" ennesimo grido provocatorio, molto più vicino degli altri.
Harry si irrigidì tra le mie braccia, io lo strinsi di più a me.
-''Ignorali, mantieni la calma e ignorali" gli sussurrai all'orecchio.
-''Ho una voglia di fracassargli i denti che tu non hai idea, mi sto indebolendo" sussurrò lui di rimando.
Serrai le labbra con forza, trascinandolo non senza sforzo lontano da quella possibile rissa.



-''Sai, è una fortuna che tu non sia umano in tutto e per tutto, a quest'ora staresti morendo di freddo" iniziai, sorridendo, osservando la sua canottiera bianca in tela, profondamente in contrasto col clima notturno.
Lu inon rispose, continuando a camminare accanto a me sul marciapiede verso casa.
-''Tu credi che sia divertente?" iniziò lui, indispettito.
-''Cosa?" chiesi perplessa, alzando le sopracciglia, rallentando l'andatura dei miei passi.
Harry si fermò poco più avanti a me, sotto uno dei pochi lampioni accesi.
Riconobbi la zona, pochi isolati e avrei stretto a me il migliore amante al mondo: il mio letto.
Lui si strinse nelle spalle, posando il suo sguardo gelido su di me.
Alla luce artificiale sempraba ancora più cereo.
Mi avvicinai a lui con cautela.
-''Tutto. Tutto questo. I vostri sentimenti... finiranno per ammazzarmi, nel vero senso della parola" la sua voce era sussurrata e notai con dispiacere i suoi occhi lucidi.
Stava soffrendo, e non per scelta sua.
Un essere così potente, piegato in ginocchio dalla natura umana, la cosa più debole esistente al mondo.
-''Andiamo a casa...si è fatto tardi, ne riparliamo domattina. Louis poi sarà in pensi..." mi morsi la lingua, avevo detto troppo infatti lui mi guardò intensamente con una strana luce negli occhi.
-''Perchè non mi ascolti! Lui non è quello che sembra!" aveva alzato la voce e io iniziai ad agitare le mani per farlo smettere, temendo svegliasse qualcuno.
-''Per adesso mi piace quello che è, va bene? Sono stufa Harry, ok? Stufa, stanca, e terribilmente in pensiero per te. Mio padre sta morendo, Louis mi consola." dissi troppo freddamente involontariamente, abbassando lo sguardo sulle mie Converse usurate.
Harry si rilassò, perdendo il suo impeto.
-''Anche io ti consolo, non ti basto?" sussurrò a denti stretti; ennesima pugnalata al cuore.
-''Tu Harry....tu lo sai perchè non mi basti davvero. Ora andiamo." sussurrai anche io con frustrazione.
Avevo un blocco al petto, delle lacrime che ancora non erano pronte a sciogliersi.
Mi odiai per le parole pronunciate, ma era la cruda realtà.
Harry non era umano, prima o poi se ne sarebbe andato.
Sconsolata, lo presi per mano con fermezza, iniziando a camminare verso casa con lui accanto, mogio.
Aumentai la mia stretta sulla sue dita, alla disperata ricerca di un suo possibile calore umano che, non contro le mie aspettative, non trovai.





Sera c:
Come state dolcezze?
Io sto dormendo in piedi ahahah non sono abituata ad aggiornare dopo le dieci, sono ancora piccina ahahaha
Allora, il capitolo?
Non so esattamente come è venuto, spero di aver dato l'idea.
Chiedo scusa per i possibili errori di battitura.
Invece per il contenuto dovrei chiedere molto più delle scuse ahaha bah spero vi piaccia.
Ora per pura curiosità, cosa pensate accadrà più avanti? C:
Poi un dettaglio tecnico, il banner vi piace?
Non li so creare ahahah e quello che uso adesso è una specie di aborto spontaneo della mia creatività (quanti paroloni)
Basta ahaha
Infine, per ultimo ma non meno importante, ringrazio voi care lettrici.
Chi in silenzio, chi con dettagli indelebili come recensioni, mi sostiene, e lo ringrazio infinitamente.
Come direbbe Harry adesso:
'A massive thank youu" ahaha
Un bacione and alla prossima babes, <3
Lou_





 

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Capitolo 9
*** Chapter 8. ***







Chapter  8.





 

"Ehi"
Mi voltai verso il suono appena udito, riconoscendo Louis e sorridendo dolcemente.
Mi stiracchiai le braccia, prendendo poi una postura più contenuta sul divano, lasciando dello spazio sul mobile.
Louis ne approfittó per accomodarsi accanto a me; portó quindi il suo sguardo sullo schermo della tv accesa.
Io non riuscii a non contenere un risolino: stavo guardando i programmi più stupidi che si potessero creare e, imbarazzata, gli porsi il telecomando. Lui si voltó, sorridendo timidamente come suo solito e, prendendo il telecomando, spense la televisione. Si voltó poi verso di me, io non potei fare a meno di perdermi nei suoi occhi azzurro cielo.
Lo vidi tentennare un attimo, incerto sul da farsi, poi inspirando, inizió a parlarmi a bassa voce.
"Harry?"
Io mi morsi il labbro, ricordandomi poi che, preso da una tristezza interiore, si era rifugiato in camera mia a suonare la mia chitarra.
"Si è di là in camera mia, credo stia ancora suonando..." Rimanemmo un attimo in silenzio, rotto solo da una leggera melodia lontana.
Sorridemmo entrambi davanti la conferma della mia ipotesi; vidi il mio ospite rilassarsi, quasi avesse paura del riccio. Come dargli torto?
"Non so perchè si comporti così con te, ma non badarci troppo" provai a rassicurarlo, carezzandogli una spalla.
Sorrise nuovamente, abbassando il suo sguardo e poi tornando a me.
"L'importante è che tu non mi tratti così" rispose dolcemente, non staccandomi gli occhi di dosso.
Sorrisi, scrollando le spalle.
"Non potrei mai, direi quasi che sei l'ospite perfetto: cucini, pulisci... Che altro?" Scoppiammo entrambi a ridere, per poi fermarci e tornare al silenzio imbarazzante di prima.
Avrei provato a continuare la conversazione, ma ero spossata dagli avvenimenti precedenti, così, lentamente, iniziai ad alzarmi in piedi. Sentii una mano tirarmi leggermente il polso; abbassai lo sguardo, notando la mano di Louis e sentendo terribilmente un'ansia premermi nel petto.
"Aspetta" sussurró lui, non smettendo di sorridermi.
Io mi fermai, curiosa di quello che poteva accadere da un momento all'altro. Si mise in piedi anche lui, la sua altezza mi sovrastava, non incutendomi soggezione, per via del suo aspetto giovanile. Mi irrigidii, incrociando il suo sguardo e sentendo le mie guance arrossarsi. Lui si fece più vicino a me, chinando il suo volto verso il mio. Chiusi gli occhi e sentii le sue labbra premere insistentemente sulle mie, quasi volesse da tempo farlo. Le sue braccia mi strinsero al suo busto, facendomi sentire i suoi addominali in rilievo. Ricambiai quel gesto, approfondendo il bacio e portando le mie mani dietro il suo capo, spingendolo quasi con foga verso di me. Sentivo che dovevo farlo, la mia timidezza scompariva con lui; aveva superato i muri che mi ero costruita attorno. Lo sentii poi sorridere sulle mie labbra, aprii quindi gli occhi e Louis poggió la sua fronte sulla mia.
In quel momento non pensavo a nulla, ero senza preoccupazioni, solo felice e circondata dal suo profumo maschile. Mi ci volle qualche attimo per ritornare alla realtà: avevo baciato un dipendente di mio padre. Subito mi staccai da lui, quasi con riluttanza, arretrando fino al divano e sedendomi su di esso, confusa e spaesata. Mi portai istintivamente le dita sulle labbra: quel bacio fremeva ancora sulla mia pelle. Louis rimase in piedi davanti a me per qualche secondo, stupito del mio cambio d'umore.
"Scusa...io, ho agito di impulso, pensavo ricambiassi..." Inizió impacciato, grattandosi un braccio e rimanendo sul posto.
Io scossi la testa, sorridendo amaramente.
"Infatti io ricambio, solo che è sbagliato, tu... Lavori per mio padre!" La mia testa girava, cercavo disperatamente una uscita da quella confusione, cercando le parole più adeguate da usare.
"Cosa centra?" Provó lui, confuso, mettendosi di fornte a me.
Io alzai il viso, scuotendo ancora piano la testa.
"Evitiamo, scusami, non è il momento." Detto ció fu un attimo, ma pensai ad Harry, di sopra, che suonava.
Lo sentii irrigidirsi sul posto; vidi i suoi pugni stringersi con forza. Corrugai la fronte, davanti a tale reazione.
"Nessuna" sibiló tra i denti.
Mi accigliai ancora di più, tendendo la testa verso l'alto.
"Nessuna cosa?" Chiesi.
"Nessuna mi ha mai rifiutato" sputó acido.
Mi sentii inquieta davanti a tale affermazione, provando a tranquillizzare l'atmosfera sempre più tesa con qualche parola.
"Beh, si sei un bel ragazzo peró capisci che...." Provai, timidamente.
"Non capisco!" Alzó il suo tono di voce, facendomi leggermente tremare.
Scattai in piedi, pronta a correre di sopra a chiamare Harry. Il suono di chitarra faceva da sottofondo, malgrado fosse in contrasto con la scena che avevo davanti. Due braccia mi strinsero con forza, facendomi male e tenendomi ferma.
"Mi fai male...Louis mi fai male così" provai, lottando contro il dolore, sempre più acuto.
Louis rise, una risata leggera, che mi turbó profondamente.
"È per il tuo Harry vero? Quel disadattato ti ha rubato il cuore? Beh, se non ti posso avere io, non ti avrà nemmeno lui" parló con un tono duro, che mi fece solo agitare di più.
Provai a gridare, ma Louis capì la mia intenzione, portandomi una mano alla bocca e soffocando la mia voce. Ero bloccata; aveva una forza inaudita e notai i suoi muscoli gonfiarsi per lo sforzo. Mi lanció con rabbia contro il tessuto del divano, dove caddi di schiena, sentendo un dolore acuto alla testa. La mia vista si inumidì, sentendo le prime lacrime scendere. Louis non cercó di consolarmi, si mise a cavalcioni su di me, con uno scatto, tenendomi ferma sotto di lui. Avevo paura, tremendamente paura di quel ragazzo, così dolce fino a poco prima. 
Deglutii a fatica, non riuscendo a smettere di singhiozzare.
Non riuscivo a ragionare razionalmente, la paura mi bloccava qualsiasi movimento.
Sentii la mano di Louis scendere lungo la mia pancia, scaturendo in me brividi di paura; si fermó poi sulla cerniera dei miei jeans, tirandola verso il basso e scoprendo il mio intimo.
Feci uno sforzo sovrumano, agitando le mie gambe sotto il suo peso, senza risultato.
Lui sorrise nuovamente, faceva il tutto con inquietante tranquillità.
Notai la sua mano che, lentamente, si apprestava ad entrare nelle mie intimità, ció mi fece strabuzzare gli occhi e, presa dal terrore, gridai, gridai con tutta la forza che avevo, pregando che Harry mi sentisse, che qualcuno là fuori mi sentisse, che Dio avesse pietà di me. Ricevetti in risposta uno schiaffo in faccia, che mi fece gemere dal dolore.
Lui scosse la testa, chinandola poi verso il mio viso.
"Shh, Susan cara poi mi fai arrabbiare, e io non voglio, lo hai detto anche tu che sono un ospite modello..." Mi sussurró all'orecchio, per poi tornare alle mie nudità.
Deglutii, chiudendo gli occhi ormai bagnati e preparandomi mentalmente a quello che sarebbe successo.
 
 
Un rumore di passi ruppe il mio pianto; sorrisi quando vidi una chioma riccia affacciarsi dalle scale.
Lo guardai supplichevole, sentendomi così debole, vulnerabile.
Harry non perse tempo, correndo verso il divano, accecato dalla rabbia.
Louis inudugió per qualche attimo la sua violenza su di me, sorridendo ancora e iniziando a tirare fuori un oggetto luccicante in metallo dalla tasca dei suoi jeans.
Tremai di paura, aveva una pistola.
Gridai con quanto fiato avevo in gola, cercando di avvisare Harry di quell'arma; lui peró si avventó contro Louis con rabbia, scagliandolo al di là della stanza sfruttando le sue capacità anomale.
Sospirai di sollievo, riprendendo a piangere sotto lo sguardo disperato di Harry. Rimase in piedi davanti a me, vedendo i suoi occhi farsi lucidi.
Non avevo la forza di alzarmi, ancora scossa, ma allungai una mano verso la sua guancia e gli pulii una lacrima; sorrisi e lui fece lo stesso timidamente. Mi prese la mano e me la bació.
"Scusa" sussurró debolmente.
Io scossi la testa, mordendomi poi il labbro e provando a sedermi. Harry mi guardava preoccupato, sorreggendomi con le braccia per aiutarmi. Lo guardai riconosciente, per poi spostare il mio guardo alle sue spalle e notare Louis che si rialzava e sfoderava la sua arma.
-"Harry cazzo attento!"
Lui si voltó di scatto, spostando lo sguardo sull'arma di Louis e irrigidendosi.
Si sentì un fischio sopra le nostre teste, poi il lampadario ebbe un fremito e crolló a terra in tutta la sua imponenza.
Non stetti troppo a controllare i danni, dovevo proteggermi da quel pazzo, dovevo proteggere Harry.
Il riccio mi prese per mano, trascinandomi in una corsa verso la cucina.
Altri fischi, altri proiettili.
Pregavo, non riuscivo a fare altro.
Sentivo Harry ansimare; il mio cuore scoppiava in petto.
Raggiungemmo la stanza e chiusi con disperazione la porta dietro di noi, sperando che Louis non riuscisse a sfondarla.
Altri spari, altri rumori sordi e confusi.
"Susan, dolcezza dove ti ha portato il tuo principino? Venite fuori dai" la sua voce era più alta di un'ottava.
Sospirai, accasciandomi a terra lungo la porta; non ci aveva visti.
Portai le mie mani tremanti al petto, per poi aprire gli occhi di scatto e cercare Harry.
Non lo vedevo, la cucina era deserta nel suo maniacale ordine.
Mi alzai a fatica, camminando per la stanza e scrutando ogni angolo.
Cercavo in ogni modo di non fare rumore.
Un colpo di tosse accanto a me; scattai sul posto notando il riccio seduto a terra con una gamba tesa e una piegata, la canottiera bianca sporca di sangue. Aveva un'espressione sofferente in viso, tutti i ricci scompigliati, le mani premute contro il petto. Respirava a fatica, gemendo.
Corsi come potei verso di lui, inginocchiandomi accanto.
Scoppiai nuovamente a piangere, spostando le sue mani lentamente dalla sua ferita e rabbrividendo.
Lui mi guardó, sfoggiando uno di quei sorrisi che facevano invidia al sole, mostrandomi le sue fossette.
"Harry, cazzo Harry cazzo! Sono una cogliona dovevo ascoltarti dall'inizio io..." Iniziai sussurrando parole confuse.
"Shhh" mi sussurró interrompendomi, chiudendomi le labbra col pollice.
Quel gesto aumentó solo il mio dolore.
"Tu, tu non puoi morire vero?" Chiesi disperata, guardandolo negli occhi; più verdi, ma via via più spenti.
Lui tossì, facendo fremere il suo busto e sputando del sangue.
"Non sarebbe buffo? Io, la Morte in persona, morire? È anche...vero peró che grazie a te...sono tornato in parte umano, mi hai fatto...provare di tutto, anche l'amore. E ti ringra..." Sussurró a fatica.
Si interruppe, sentendo le mie mani carezzargli il viso.
Spostó il suo busto lentamente verso di me, poggiando le sue labbra sulle mie, leggermente, quasi avesse paura di un gesto del genere. Si accasció poi nuovamente contro la parete, socchiudendo gli occhi per il dolore.
Io abbassai lo sguardo, asciugandomi le lacrime e alzandomi in piedi.
-"No Harry, tu non morirai va bene? Morirà lui." Sputai con odio.
Lui rimase a guardarmi, a seguire i miei movimenti con lo sguardo mentre cercavo con foga per la cucina dei tovaglioli e qualche arma. Raggiunsi poi in fretta il riccio, poggiandogli i panni trovati contro il petto.
Harry sorrise riconosciente, tirandomi poi a sè per sussurrarmi un 'non andare'.
Lo guardai intensamente, baciandolo, per poi alzarmi e avviarmi verso l'esterno della stanza.





Sera dolcezze c:
Come va?
Non so come abbia fatto a partorire tale schifo, davvero, odio questo capitolo, doveva essere tutto tenero e perfetto nella mia mente ma una volta su pc...
Bah lasciamo sta' ;)
Scusate inanzitutto per il ritardo, sapete,è un periodo un po' così, ma non voglio stare ad annoiarvi coi miei problemi come una vecchia sola e decrepita, qvindiii niente, vi dico solo che tra poco finisce la storia, ma che stavo pensando di fare un continuo, voi che ne pensate? Fatemi sapere con una recensione!
Voglio critiche, pareri, all things!
Un bacione,
Lou_

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Capitolo 10
*** Chapter 9. ***







Chapter 9.


 

Ragionare, dovevo solo ragionare. Come cazzo potevo farlo, Harry stava morendo!
Mi voltai solo un attimo verso il riccio steso a terra, con gli occhi chiusi e un’espressione sofferente.
Deglutii a fatica, inspirando ed espirando più volte.
Strinsi al mio petto il coltello che avevo tra le mani, ben sapendo di non poter competere con un’arma da fuoco.
Inorridii alla domanda di come se la fosse procurata.
Forse non era la prima volta che sparava a qualcuno.
Mi serviva aiuto.
Disperatamente.
Potevo chiamare la polizia, sperando che fossero veloci nell’arrivare e soprattutto svegli.
Già ma il mio cellulare dove cazzo era finito? Nella mia camera.
Deglutii nuovamente, mettendomi in ascolto dei possibili rumori esterni; silenzio.
Allungai la mano tremante verso la porta della cucina, spingendola delicatamente e catapultandomi fuori, terrorizzata all’idea di trovarmi Louis davanti, con quel suo sorriso così bello e alcontempo inquietante.
Nessuna traccia di un ragazzo con la pistola. Trattenni il fiato davanti l’evidente distruzione del mio salotto: il lampadario, un tempo elegante, molto costoso, in mille pezzi sul tappeto sottostante.
Mi morsi il labbro nel notare il divano, su cui Louis aveva provato a violentarmi.
Scossi la testa, scacciandomi quei ricordi momentanei dalla testa e correndo ansiosa verso la scala, verso la mia camera, verso il mio cellulare.
Il legno scricchiolò sotto i miei passi; la tensione era palpabile nell’aria e mi opprimeva i polmoni.
Strinsi maggiormente le dite attorno alla lama che stringevo in mano, rallentando la mia andatura per evitare di farmi sentire troppo.
 


 
L’ambiente era buio, tetro, nessuna fonte di luce mi schiariva la strada e camminavo a tentoni con la punta del coltello verso lo spazio vuoto che avevo davanti.
Di Louis ancora nessuna traccia e non sapevo se rallegrarmene o preoccuparmene.
Forse era semplicemente scappato, magari per paura dei miei possibili avvocati, le varie accuse che potevo lanciargli contro, gli anni in prigione che avrebbe potuto passare.
Oppure era proprio dietro di me, pronto a ghermirmi con le braccia e continuare quello che Harry aveva interrotto.
Rabbrividii nuovamente.
La mia vista iniziò ad abituarsi all’oscurità e distinsi la porta che dava al bagno, la camera di mio padre e….la mia camera.
Mi trattenni dall’urlare di gioia, sorridendo e correndo verso di essa.
La porta era socchiusa; la spinsi lentamente, pronta a colpire qualsiasi cosa in movimento con la mia arma.
Tirai un sospiro di sollievo nel notare l’ambiente vuoto, illuminato fiocamente dalla pallida luce della luna, che filtrava dalla mia finestra sul pavimento.
Il mio letto era disfatto, diversi vestiti sparsi negli angoli e la mia chitarra appoggiata precariamente alla testata del letto.
Spostai lo sguardo ovunque, cercando disperatamente il mio cellulare.
Mi avvicinai alla scrivania, spostando convulsamente gli oggetti sparsi in modo disordinato: il mio cellulare non c’era.
Imprecai mentalmente, sentendo l’ansia crescere nuovamente dentro me e con essa la disperazione di non potere aiutare Harry.
Quel ragazzo… quel ragazzo fantastico, che mi aveva fatta innamorare di lui ben due volte.
Mi portai una mano alla bocca, sentendo nuovamente le lacrime farsi strada sulle mie guance.
-"Cercavi questo?” una voce, quella voce.
Mi voltai di scatto, portandomi una mano al petto mentre con l’altra recuperavo il coltello sulla scrivania.
Louis, Louis Tomlinson, all’ingresso della mia stanza, sempre con la sua arma in mano e in quella alzata davanti a sé il mio cellulare.
Gridai dalla frustrazione, facendolo ridere leggermente.
-‘’Non puoi vincere contro di me, bellissima” sussurrò minaccioso, smettendo di sorridere e avvicinandosi lentamente a me.
Non distolsi lo sguardo dal mio telefono, farsi sempre più vicino.
-‘’Perchè fai tutto questo, si può sapere” sussurrai tra i denti, impaurita, con tono lamentoso.
Lui scosse la testa con ovvietà, ormai ad un passo da me.
-‘’Perché io posso ottenere tutto quello che voglio. Regola numero uno del mio lavoro, rinfacciala a tuo padre, appena lo andrai a trovare nell’altro mondo” sputò con odio, pronto ad avventarsi su di me.
Non aspettai un attimo di più e, tenendo tesa l’arma davanti a me, mi buttai contro di lui, recuperando disperatamente il mio telefono sfruttando la sua sorpresa.
Lo strinsi tra le mani, non allentando la presa per un secondo, mentre sentii imprecare Louis al mio contatto.
Mi tirai in piedi da lui, ancora steso a terra che si teneva con le mani una parte dolorante del viso.
Accelerai il passo, pronta a scendere le scale, pronta a chiamare aiuto, ma qualcosa mi trattenne con forza, scagliandomi di nuovo sul pavimento.
Un dolore acuto mi pervase la gamba.
Mi voltai verso la mano che mi stringeva il polpaccio, scalciando come potei.
Louis si mise in piedi, minaccioso su di me, stesa ai suoi piedi.
Avevo il telefono in mano, ma non la forza di comporre numeri: le mani mi tremavano troppo.
Trattenni il fiato, sentendo la sua figura imponente farsi sempre più vicina.
Potevo morire in quel momento, potevo abbandonare la realtà che stavo vivendo, tutto per aver rifiutato un ragazzo, tutto per essermi innamorata di un altro.
Pensai a mia mamma.
Probabilmente un qualcosa dopo la morte c’era, la prova inconfutabile era Harry.
Chiusi gli occhi, coprendomi il volto con le mani.
Sentii un peso morto accasciarsi su di me.
Sussultai spaventata, notando Louis steso a pancia in giù su di me, privo di sensi.
Mi guardai intorno, interdetta, fermandomi poi su una folta chioma riccia e degli occhi smeraldo.
Mi scansai velocemente dal mio aggressore, non riuscendo a smettere di sorridere dalla gioia.
Harry, Harry era vivo, davanti a me.
Non si reggeva bene in piedi e aveva ancora la maglia sporca di sangue, ma se aveva recuperato i sensi per raggiungermi fin lì vuol dire che non era messo tanto male.
Lui mi rivolse un debole sorriso, per poi accasciarsi nuovamente a terra, esanime.
Gli corsi incontro, abbracciandolo e tenendolo stretto a me, non curandomi delle macchie rossastre che lasciava sulla mia maglia.
-‘’Harry” sussurrai disperata.
Lui aprì leggermente le palpebre e rimasi stupita dall’intensità del suo sguardo.
Comparvero leggere fossette sulle sue guance.
-‘’Ti posso assicurare che è morto” sussurrò con sforzo, emettendo poi un conato di dolore.
Sorrisi leggermente, malgrado tutto.
-“Com…com’è che si chiama, quel…quella sens…quella sensazione, quando ti senti libero…malgrado stai stretto tra le braccia di qualcuno”
-‘’Credo…credo tu intenda l’amore Harry” conclusi, sopraffatta, sentendo la vista appannarsi.






Seeeeeera sera :)
Todo bien? <3
Lo so, questo ritardo è inammissibile, prometto che la prossima volta eviterò.
Che dire, il capitolo, come vi sembra?
A me è piaciuto creare suspance (se l'ho creata, so bene di non essere Hitchock)
E poi boh, amo Harry, non è dolcissimo? ahjhdjhjdkjdf c'è la frase finale è la mia preferita, non so da dove mi sia uscita ahaha 
Okkey, beh, come sempre, accetto critiche, pareri, scleri (vero Dory?)
E ringrazio infinitamente chi è arrivato fin qua, chi ha apprezzato e chi lo fa tutt'ora. Non lo dico tanto per leccare il cosiddetto o robe varie, lo penso davvero.
Ehhh niente, tra poco care la storia si conclude qui T.T
Devo ancora definire bene il finale, molte di voi (ma chi mi caga?)  vorranno uccidermi, già lo so ahaha
Mi impegno ad aggiornare al più presto, buona serata, buona notte, sogni d'Horan (?)
ahahah
Bacione,
Lou_

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Capitolo 11
*** Chapter 10. ***





Chapter 10.


 

Dopo aver gridato contro l’ennesima infermiera che mi ripeteva di stare calma e andare a riposare, decisi di uscire dalla stanza provvisoria in cui mi avevano ricoverata e andare a cercare Harry. Da qualche parte doveva pur essere, ed ero immensamente preoccupata per lui.
Scesi lentamente dal lettino duro e ruvido dove mi avevano fatta stendere e, constatando che la stanza fosse deserta, uscii verso il corridoio principale dell’ospedale pubblico di Holmes Chapel, accelerando il passo verso le camere delle persone operate da poco.
Scansai due o tre infermieri, che mi fulminarono con lo sguardo, e raggiunsi febbricitante la scrivania del capo reparto, apparentemente vuota.
Sbuffai esasperata, guardandomi intorno con agitazione.
Mi sporsi oltre la scrivania per vedere se ci fossero dei movimenti, ma era tutto deserto.
Sospirai rumorosamente, passando uno sguardo sugli oggetti sparsi per il bancone che avevo di fronte. Mi morsi il labbro, storcendo poi il naso alla vista dell’orologio appeso la parete; erano le 3.15 di mattina, probabilmente il capo reparto a quell’ ora dormiva.
- ‘’Scusa, ragazzina, che cerchi?” una voce squillante alle mie spalle.
Mi voltai esasperata, leggermente irritata dal tono confidenziale dell’infermiera che avevo di fronte.
Dalle occhiaie marcate sotto gli occhi, potei intuire che era sfinita quanto me, e che sarebbe stata poco consona all’educazione verso gli estranei.
Mi schiarii la voce.
- ‘’Scusi ma, io starei cercando un ragazzo ricoverato insieme a me questa notte, credo intorno l’1, Harry Styles, può aiutarmi?” decisi di mantenere un occhio di riguardo, se mi mostravo gentile forse lei si sarebbe dimostrata più disponibile.
Sentii i nervi a fior di pelle nel notare la sua fronte corrucciata.
Iniziò a gesticolare, passandosi una mano sul volto energicamente.
- ‘’Senti, non pretenderai davvero che io conosca ogni singolo paziente a memoria? Probabilmente il capo reparto…” iniziò con tono saccente, mettendosi le mani nelle tasche della sua tenuta.
- ‘’Ma non c’è! Per favore, ho urgente bisogno di vederlo!” la interruppi. Cercando di non alzare il tono di voce.
La vista iniziava ad appannarsi, la testa a girare, ero spossata dagli eventi accaduti solo qualche ora prima, e stavo solo perdendo tempo.
Lei fece una smorfia di disappunto, sporgendo la testa leggermente oltre le mie spalle e, scuotendo la testa, si dirise vero il retro del bancone.
Un sorriso stanco mi attraversò il volto.
- ‘’Larry deve essere in pausa….” La sentii borbottare dietro il mobile; spuntò dopo poco, con una cartellina plastificata aperta davanti a sé, dove si poteva leggere a chiare lettere ‘Harry Styles’
- ‘’Grazie, grazie mille davvero, io…” lei mi interruppe con un gesto scocciato della mano, leggendo poi a voce alta.
- ‘’Harry Styles, 18 anni, residente di Holmes Chapel… sei una parente?”
Chiusi gli occhi per un istante, maledicendo la sfortuna che mi perseguitava. Potevo mentire, ma in che guai mi sarei cacciata?
La donna mi guardò per qualche attimo,interminabile, portandosi poi una mano a sorreggere il mento e, con un gesto veloce, rimise al suo posto la cartellina di Harry.
- ‘’Scusa, siamo tutti stanchi, avrai visto che non sono le quattro di pomeriggio, vai per stavolta chiudo un occhio, siete stai ricoverati insieme, vi conoscerete sicuramente.”
Quasi risi dalla gioia, non smettendo di contorcermi le mani.
- ‘’G-grazie mille, davvero. Dove lo posso trovare?”
- ‘’Stanza 696, reparto c, segui le indicazioni” concluse con tono freddo, per poi allontanarsi dalla zona verso un altro reparto.
Osservai la sua schiena dirigersi lontano facendosi strada tra vari carrelli spinti da medici o pazienti. Sentii un terribile nodo allo stomaco; gli ospedali non mi erano mai piaciuti.
Le poche volte che avevo visitato un ospedale, era sempre per visite a malati gravi, tra cui mia madre. Non era stato per niente bello, anche se mio padre mi ci aveva portato solo due o tre volte, quando mamma era ormai pallida come un cencio e incapace persino di parlare.
Morte, quel posto era sinonimo di morte.
Sorrisi amaramente, pensando al viso di Harry; quello dunque era il suo posto.
Mi sentii la schiena percossa da un brivido e, quasi risvegliandomi, iniziai a correre seguendo le innumerevoli indicazioni appese ai muri.
 
 


692…695…698…696!
Mi fermai, appoggiandomi alla parete asettica affianco a me e prendendo fiato.
I medici da quelle parti erano meno frequenti, e la porta della stanza che mi interessava era socchiusa per cui, con delicatezza, la spinsi.
Era una stanza singola, basata su un colore azzurro chiaro, che rivestiva pareti, lettino, tende.
Le finestre di fronte a me erano sprangate, creando una marcata oscurità, alleggerita solo da qualche lampadina a muro.
Harry era disteso supino, con una coperta in cotone tirata fin sopra il busto.
Una flebo era posizionata accanto al letto, e il filo raggiungeva lo spazio sotto le coperte del lettino.
Mi si strinse il cuore a vederlo in quello stato, ma di certo era migliorato da quando era a casa mia, incosciente.
Iniziai a torturarmi il labbro coi denti, con foga, passandomi ripetutamente una mano tra i capelli.
Il mio cuore non smetteva di mostrare la sua agitazione.
Un lampo. Poi i suoi occhi si aprirono, mostrando quel suo caratteristico verde smeraldo.
Riconobbi una vitalità maggiore rispetto le altre volte, e questo mi rese felice.
Sorrisi incerta, accomodandomi su una sedia in plastica lì vicino per gli ospiti.
Lui rimase a guardarmi, con aria confusa e una espressione indecifrabile sul volto.
Mi schiarii la voce, sentendo la gola prudere.
- ‘’Come stai?” chiesi sussurrando, tenendo lo sguardo basso, le mani in grembo che mi torturavano i jeans.
- ‘’Bene…” rispose lui, con voce roca, sforzandosi di mettersi a sedere.
Io mi agitai sulla sedia a quei movimenti.
- ‘’Non sai quanto mi sono preoccupata in queste ultime ore, mi avevano comunicato che fossi in sala operatoria, ricoverato con urgenza, non capivo più nulla, volevo vederti e pregavo Dio che andasse tutto bene. E ora sei qui, ancora, accanto a me. Te lo giuro Harry, d’ora in poi ascolterò ogni tuo cazzo di possibile sesto senso, cercherò di aiutarti in quello che sei venuto a fare sulla terra, tutto, ma non farmi più preoccupare così… io…ti amo.” Ecco, lo avevo detto. Tutto quello che mi passava per la testa di dirgli, in sintesi, era stato sputato fuori; non come volessi davvero, ma era successo.
Inspirai, sentendo l’agitazione iniziale abbandonarmi, e una nuova stanchezza per tutto il corpo.
La cosa che mi lasciava perplessa, era che non mi aveva risposto, neanche un sospiro, una parola, nulla. Mi guardava come se fossi un alieno, dal lettino, ormai seduto sul materasso.
Boccheggiò per qualche attimo, passandosi poi una mano tra i ricci con il braccio libero dalla flebo.
Rimasi ad osservarlo, interdetta; quel silenzio mi opprimeva.
Che avessi sbagliato a ripetergli che lo amavo?
Ma me lo aveva ribadito più volte anche lui.
Che si fosse dimenticato tutto come in quei film drammatici, dove il protagonista deve recuperare poi faticosamente la memoria?
Allora la mia era proprio sfortuna.
- ‘’Ehm, guarda non prendertela ma, di che parli? Voglio dire, da quello che so, io sono sempre stato ‘sulla terra come dici te” parlò con tono imbarazzato, tenendo lo sguardo basso verso le sue mani.
Aveva parlato a velocità normale, ma mi sembrò un parto quella risposta.
Chiusi gli occhi, non volendo crederci.
- ‘’Simpatico, davvero, ora però torna serio.” Provai, ridendo nervosamente e fissandolo negli occhi per vedere se mentiva.
- ‘’Io non sto scherzando, a dire il vero. Mi ricordo solo di averti incontrato alla caffetteria e di essere stato investito, poi il buio. Puoi aiutarmi a ricordare?” era serio, serio da far paura, e questo mi fece male, male dentro, nel cuore.
Tutto quello che avevo vissuto fino ad ora, era una menzogna, solo una stupida menzogna.
Sapevo che prima o poi sarebbe successo.
Il mio dubbio ora era un altro: e se avessi sognato tutto? Se mi fossi immaginata tutta quella storia?
E allora le mie cicatrici?
I miei graffi?
La mia ansia nel sapere di averlo accanto, a pochi passi da me?
Troppe domande, e così poche risposte.
E l’Harry della caffetteria nel lettino dell’ospedale, non aiutava certo a diminuire tutti quei dubbi.




I'm sorry,
I'm sorry sorry sorry.
Ho avuto enormi problemi con la chiavetta internet, ho dovuto spendere soldi per prendermi il wi-fi, che tra l'altro non andava bene così altra settimana spesa a scrivere su word senza pubblicare na c**pa.
Spero siate comprensive, che mi perdoniate, che recensiate (si lo so, che coraggio eh?)
Ehhh nulla,
Ah, ovviamente voglio i vostri saperi su come finisce questo capitolo.
Si accettano scommesse, secondo voi adesso cosa accadrà?
Non mi uccidete per favooore *labbruccio*
(In compenso posso dirvi che ho in cantiere come 'work in progress' l'idea di fare un continuo.... bah, chi lo sa)
Buona serata e, non preoccupatevi che con le vacanze scriverò di più!
Buona serata,
bacione,
Lou_ <3

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Capitolo 12
*** Chapter 11. ***








Chapter 11.





Ero a casa, finalmente.
Avevo bisogno di stare un po’ da sola, a psicoanalizzarmi, a sistemare il disastro che ora incombeva per casa, a piangere.
E di tutte quelle cose che dovevo fare, feci l’ultima di cui avevo bisogno.
Mi accasciai al suolo, sul tappeto vicino l’ingresso, e piansi, piansi come mai avevo fatti prima.
Mio padre probabilmente deceduto in quelle mie poche ore di caos.
Le violenze di Louis.
La polizia.
L’ospedale.
Harry.
Mamma.
Mi bloccai tra i singhiozzi quando sentii di non avere neanche più la forza di autocommiserarmi, con gli occhi che bruciavano, il respiro irregolare, un male pungente al petto.
Chiusi per un attimo gli occhi, poi, facendomi forza, mi tirai su in piedi, mi legai i capelli con una coda e, sistemate le mie poche fasciature che avevo sulla pelle, iniziai a guardarmi intorno.
Se dovevo mettere ordine in me stessa, dovevo anzitutto sistemare quello che mi circondava.
Lo sguardo cadde sul lampadario a pezzi al centro del salotto, sui fori di proiettili nel muro.
Non potevo farcela da sola, mi serviva una guida.
E malgrado confidassi poco in lui, a malincuore era l’unica guida rimasta.
Dopotutto mi aveva cresciuta, a modo suo ma lo aveva fatto.
E mi aveva voluto bene.
Controllai quindi la linea sul telefono fisso e, sforzandomi mentalmente, composi a memoria il numero di mio padre.
Il mio cuore aveva un battito accelerato.
Temevo che la persona che mi avrebbe risposto mi avrebbe detto che fosse troppo tardi, che il mio papà era già partito, senza un possibile ritorno.
Strinsi la mano libera contro il petto, strizzando gli occhi per l’agitazione.
 
- ‘’Pronto?’’
Quasi feci cadere il telefono dalla mano.
Scoppiai a ridere dalla gioia.
- ‘’Papà, papà sei davvero tu!’’
- ‘’Bambina mia! Speravo chiamassi. Mi hanno avvisato di ogni cosa riguardo il mio assistente. Dire che è morto, legalmente o non, è dire poco.”
Sorrisi.
- ‘’Papà ho avuto tanta paura. E ho avuto anche paura….di averti chiamato troppo tardi.La mia voce allegra si spezzò.
Silenzio.
- ‘’Tesoro, tuo padre è forte, riesce a vincere anche la morte!” affermò giocoso, anche se la frase appena detta mi inquietò.
La Morte.
Io l’avevo conosciuta di persona.
Deglutii a fatica, scacciando i vari ricordi che lentamente riaffioravano.
- ‘’Quindi papà… mi vuoi dire che per adesso sei fuori pericolo?” avevo paura della risposta, ma avevo bisogno di sapere.
- ‘’Il mio medico personale ha detto così, e io non lo pago per sentirmi dire bugie, quindi…”
Sorrisi nuovamente.
Lentamente riuscivo a vedere uno spiraglio di luce davanti a me, un possibile nuovo inizio.
Mi ricordai poi delle condizioni della mia casa.
Mi morsi il labbro nervosamente.
- ‘’Papà, casa mia è ridotta peggio di una discarica…sapevi anche questo?” mormorai incerta, arrotolando l’indice contro il filo del telefono.
- ‘’Mi avevano accennato qualcosa quelli del distretto di Holmes Chapel…. E a proposito di questo, ho una proposta indecente da farti”
Corrugai la fronte, incuriosita.
- ‘’Sono tutt’orecchie”
- ‘’Che ne dici di tornare a passare un po’ di tempo col tuo vecchio?”
Un lieve sorriso mi si dipinse in volto.
 

 
 
Quella notte alloggiai in un albergo poco fuori città.
Ne avevo sentito parlare, ed era un edificio semplice, con decorazioni tradizionali.
Il buio non mi permise di notare molto l’esterno, e l’orario indecente al quale mi presentai alla reception non mi permise di essere accolta come di dovere, ma ignorai la cosa.
Ero spensierata, mi sentivo così viva.
Finalmente sarebbe accaduto quello in cui speravo da una vita: recuperare quel rapporto ormai scomparso che un tempo avevo con mio padre.
E forse non sarebbe successo davvero se non avessi conosciuto Harry, se non fosse successo con Louis quello che poi era successo.
Mi strinsi nelle spalle, lasciandomi poi cadere sul letto a due piazze sotto di me.
Aveva un materasso morbido, profumato di lavanda.
Chiusi gli occhi, immersa in quel silenzio surreale.
Solo qualche clacson lontano, e pochi grilli nella zona verde accanto l’albergo.
Sospirai.
E fu lì che sentii un brivido percorrermi la schiena.
Un freddo leggero invase la stanza.
Raccolsi le braccia sul mio busto, nel disperato tentativo di riscaldarmi.
Alzai lo sguardo, le finestre erano chiuse, le tende accostate.
Un altro brivido mi travolse, non sapevo cosa stava accadendo e ciò mi stava spaventando.
Il materasso accanto a me si piegò sotto un peso leggero, non mio, così, con uno scatto, mi misi a sedere, voltandomi.
Ebbi un tuffo al cuore, sentii le lacrime pronte a scendere.
Davanti a me, in tutto il suo splendore, c’era Harry, ma non quello dell’ospedale.
Lo avevo capito dal suo leggero pallore in viso, dal suo sguardo glaciale e profondo, dal freddo improvviso che aveva invaso la stanza.
Poi però mi ricordai anche dell’Harry ricoverato, realizzai la situazione e, perplessa, corrugai la fronte, allontanandomi il più possibile dal letto.
Se quella era un’allucinazione?
Se ero veramente pazza?
Ero così confusa.
Mi sentii debole, fragile.
Mi vergognai di me stessa.
Mi lasciai scivolare contro il muro dietro di me, sedendomi poi con le gambe contro il petto sul pavimento.
Harry aveva seguito con lo sguardo tutte le mie reazioni, con una espressione indecifrabile; quindi si alzò dal divano e in secondo fu davanti a me, seduto sul pavimento a gambe piegate, sempre in silenzio.
Lessi però nei suoi occhi un velo di tristezza, e ciò mi strinse il cuore.
Lui si inumidì le labbra, poi con fare incerto, mi guardò dritta negli occhi, avvicinando lentamente una sua mano al mio viso.
Io provai a schiacciarmi il più possibile contro il muro.
Avevo paura di ciò che avevo davanti.
Avevo paura di scoprirmi ancora innamorata di lui.
Perché sapevo di esserlo.
Ma sapevo anche di doverlo dimenticare.
 
 

 
Harry scosse piano la testa, ritirando la mano.
Rimase a guardarmi: io trattenni il respiro.
- ‘’Susan… tu sai che tutto è questo è vero. So che lo sai. Fidati del tuo istinto” sussurrò a denti stretti, quasi ogni parola gli costasse fatica.
Io sgranai gli occhi, ricordandomi poi che sapeva leggermi nel pensiero.
- ‘’Sai perché ora ho paura. Spiegamelo. Spiegami del ragazzo riccio ricoverato in ospedale, spiegami….perchè mi hai abbandonato.”risposi decisa.
Harry storse la bocca, cercando forse le parole più adatte.
- ‘’Tu… ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?”
Provai a ricordare.
- ‘’Il parco, con la mia chitarra”
Lui scosse piano la testa, facendo ondeggiare i ricci scomposti.
- ‘’La caffetteria. Tu mi hai incontrato lì, la vera prima volta. Vedi, vi è una legge che dura da secoli tra gli esseri viventi: mantenere l’equilibrio tra morte e vita. Come tu ben sai, io, realmente sono incorporeo, per cui ho bisogno di rimpiazzare il corpo di qualche altro essere. In questo caso il tuo amico riccio, che infatti ha avuto un incidente proprio davanti la piazza della città. Un incidente mortale. Io ho preso il suo posto”
Mentre parlava sentivo i pezzi del puzzle ricomporsi, ora tutto aveva più o meno un senso, iniziavo a capire davvero.
Ma allora, perché ora lui era lì davanti a me?
Abbassai un attimo lo sguardo, non riuscivo a reggere il confronto con i suoi occhi.
- ‘’Harry, ma allora come fai a essere qui, davanti a me, ora? C-come è possibile, voglio dire?” balbettai per l’agitazione che aveva invaso il mio corpo.
Lui storse il naso.
- ‘’Sono venuto da te per questo, speravo che rincontrandoti avrei capito la situazione, invece sono più confuso di prima. Inoltre sento di non avere più i miei poteri… ci sono cose che non posso spiegarti in dettaglio, tu sei un umana dopotutto, solo che…credo di non essere più ‘La Morte’ ”
Mi ritrovai a sorridere amaramente.
- ‘’Sai, pensavo che alla tua scomparsa la mia vita non avrebbe più avuto complicazioni, mentre ora sono più sorpresa di prima”
Harry rise leggermente.
Sussultai alla vista delle sue leggere fossette attorno le sue labbra pallide.
Ritornò a guardarmi intensamente.
- ‘’Sei bellissima” affermò con voce roca e, dolcemente, portò due dita alla mia guancia, carezzandomi lentamente.
Io tremai a quel contatto freddo.
Arrossii leggermente, sentivo il sangue affluire al mio viso.
Harry sorrise alla mia reazione, poi abbassò lo sguardo sulle mie fasciature.
- ‘’Si, non è nulla, tu eri ridotto peggio…” mormorai, rattristandomi al ricordo di lui steso a terra che perdeva sangue copiosamente.
- ‘’Ehi ehi, ora stiamo bene no? E stiamo insieme, è questo che conta” mi disse tranquillo, toccando la mia fronte con la sua.
Avrei potuto sentire il suo respiro, il suo profumo, ma sapevo quanto fosse fottutamente irreale.
Sapevo che il sentimento che provavo per lui era ingiusto.
Sentivo anche quella terribile sensazione che chiamano ‘farfalle nello stomaco’ alla sola vicinanza dei nostri visi.
Me ne fregai altamente dei valori morali, se la cosa fosse giusta o sbagliata e, preso coraggio, portai le mie mani tra i suoi ricci e, stringendole, lo baciaci con foga.
Lui sorrise sulle mie labbra e avvicinò il suo busto al mio.
Era tornato da me, era tornato per me, incasinandomi ancora di più la vita.
Ma chi se ne importava?





Sera sera seera :D
'Con le vacanze scriverò di più' quante cazzate posso sparare?
Pensavo bene di scrivere di più. ma ovviamente la frenesia di parenti e uova di cioccolato ha occupato gran parte del mio tempo.
Chiedo umilmente perdono.
In compenso ho fatto il capitolo lunghetto, vi piace?
A me sembrano dolcissimi :3
Lo so che la cosa si fa incasinata, am ho calcolato tutto e ogni cosa si spiegherà tra poco, non temete :)
L'unica cosa è che non vi stufiate di leggere, e spero proprio di no, perchè siete delle lettrici fantastiche.
Non so quanto manca alla fine, non molto comunque.
Sempre che non abbia un'ispirazione imporvvisa e scriva pergamene su pergamene (?)
Bah, manco io so dirlo, sono troppo imprevedibile.
Vi ringrazio del tempo che dedicate a questa storia, ognuna di voi, nessuna esclusa ok? Ok.
Un bacione,
Lou_

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Capitolo 13
*** Chapter 12. ***








Chapter 12.

 



Harry mi prese tra le sue braccia e, con poca fatica, mi stese sul letto sotto di lui.
Io continuavo a baciarlo, capendo cosa aveva intenzione di fare, senza preoccuparmene davvero.
Avevo bisogno di sentire che tutto quello che stava accadendo fosse reale.
Ne avevo un bisogno di sperato.
Sentii la sua eccitazione premere sui miei jeans, e in quell’attimo smisi di baciarlo, guardandolo intensamente negli occhi.
Aveva le iridi più scure, che mi guardavano imploranti, desiderose.
Mi morsi il labbro, agitata, sentendo lui che si stendeva su di me con leggerezza, passando le sue mani morbide sul mio busto, i miei seni, i miei fianchi.
Non riuscivo molto a ragionare, nella mia testa sentivo che stava per accadere qualcosa di sbagliato, lo sentivo davvero.
Lui intercettò le mie preoccupazioni e, iniziando a sfiorarmi con le labbra il petto, sussurrò tra un respiro affannato e l’altro.
- ‘’Fidati di me, Susan.”
La sua voce roca mi fece rabbrividire di piacere.
Quando sentii poi le sue mani tiepide sul mio inguine, il ricordo di Louis si fece sentire, e mi irrigidii al suo tocco.
Lui sospirò, baciandomi la fronte con dolcezza e stendendosi accanto a me.
Io chiusi gli occhi, sentendomi sbagliata, un ostacolo. Una sensazione di delusione mi invase.
Harry però passò una mano sulla mia guancia, facendomi quindi voltare verso di lui.
Era su un fianco, rivolto verso di me.
Per la prima volta da quando lo avevo conosciuto, lo vidi come essere umano, ma soprattutto come protezione. Respirai e, quasi singhiozzando, mi fiondai tra le sue braccia, rannicchiandomi contro il suo busto e stringendo le mani contro la sua maglia.
Lo sentii sorridere contro la mia testa, e, in poco tempo, mi addormentai.
 
 
 

Un sospiro pesante mi fece aprire gli occhi: la stanza era immersa ancora nell’oscurità, ma dalla finestra socchiusa trasparivano piccoli fasci di luce.
Doveva essere quasi l’alba.
Sbadigliai e, con fatica, mi misi a sedere. Le ferite lungo il corpo di pochi giorni prima non si facevano più sentire, segno della mia guarigione.
Il letto sotto di me era sfatto, le coperte piegate malamente.
In un attimo realizzai che mancava il ragazzo riccio.
Ricordai anche della paura irrazionale dell’altra sera, del mio rifiuto, e me ne vergognai.
Lui era venuto per me, e io lo avevo rifiutato.
Sospirai, imprecando contro me stessa.
Non riuscivo a metabolizzare l’idea che Harry era venuto da me, non riuscivo a capire come avesse fatto. Ormai tutta la mia vita era un continuo punto di domanda; anche adesso del resto.


Se Harry mi aveva abbandonata nuovamente?

Magari per il mio rifiuto?

Magari si era pentito?

E se non lo avessi più rivisto?



Mi rannicchiai su me stessa, sempre più impaurita dalla realtà che mi stava sfuggendo di mano.
Sentii un freddo leggero invadere la stanza, ma non era vento, e riconobbi la cosa come familiare.
Passi strascicati dal balcone poco distante mi risvegliarono dal torpore di poco prima, e sorrisi istintivamente alla vista di due occhi verdi, lucenti, nel buio, quasi come quelli di un gatto.
Quegli occhi si incrociarono ai miei, e li vidi sorridere.
Sentii improvvisamente caldo attorno a me, realizzando quanto fossi stupida a sentirmi così, per lui.
Harry arrossì leggermente, quindi io mi lasciai andare contro il letto, imprecando questa volta a voce alta, ricordandomi della sua abilità di leggermi nel pensiero.
- ‘’Al diavolo’’ sussurrai tra i denti.
Lui alzò invece un sopracciglio e, con sguardo furbo, si stese accanto a me, poggiandosi su un braccio e passandosi la mano libera tra i ricci ribelli.
- ‘’Devi smetterla di usare questa curiosa espressione contro di me” mi rinfacciò lui, non perdendo l’aria sbarazzina.
Io sbuffai, sempre più imbarazzata, nascondendomi il volto contro il cuscino.
- ‘’La notte non dormi?” provai a chiedere, cambiando discorso.
- ‘’No, non ne sento il bisogno, anche se mi sento più stanco. Devo anche capire il perché non ho più le mie facoltà…. E perché mi sento sempre più simile a te, a voi.”
Di nuovo quei discorsi complessi e irreali, che mi scatenavano sempre una forte emicrania per le troppe domande.
- ‘’Te ne andrai ancora?” chiesi titubante, mordendomi quindi la lingua per le mie parole di troppo.
Ci fu un attimo di silenzio preoccupante, che mi fece distogliere la faccia dal cuscino e cercare il suo volto: stava sorridendo, mostrando ancora quelle dannate fossette.
Mi morsi il labbro, frenando la voglia di toccargliele.
Lui distolse lo sguardo da me, imbarazzato e, arrossendo leggermente avvicinò il suo viso pericolosamente al mio.
Il mio respiro si fece affannoso, tutto quello che mi circondava perse importanza, c’ero solo io, lui, e le sue labbra… così rosse. Invitanti.
Sentii il mio viso infiammarsi quando lui strusciò il suo naso delicatamente contro la mia guancia, per poi posarmi baci veloci lungo tutto il mio profilo.
Le mie mani si mossero da sole, infilandosi tra i suoi capelli e tirandoli leggermente.
Harry mugolò di piacere.
Sorrisi, soddisfatta di aver trovato un suo punto debole.
Solo dopo realizzai la situazione, e evidentemente anche lui, che si scansò velocemente da me, quasi scottassi troppo.
Si mise quindi in piedi, allontanandosi dal letto, iniziando a torturarsi le mani.
Nei suoi occhi per la prima volta lessi paura, se non terrore.
Ancora una volta mi sentii inadatta a lui, quasi un errore.
- ‘’Harry…” provai, soffocando le parole in gola, anche io stupita.
- ‘’Zitta!” gridò lui, mostrandomi le spalle.
Io mi portai una mano al volto, spaventata dalla sua reazione.
La tensione nell’aria era palpabile; provai a controllare i miei respiri, sempre meno irregolari.
Attimi di silenzio, quindi lui, passandosi una mano sul viso, si voltò verso di me, serio.
- ‘’S-scusa, i-io sono un idiota, va bene? Mi devo solo abituare a queste sensazioni fisiche che mi fai provare.” Il suo tono era basso, quasi timido.
Mi sentii in un certo senso lusingata dalle sue parole, ricordando l’eccitazione che aveva provato la sera precedente mentre si stendeva su di me.
Lo vidi camminare per la stanza, freneticamente, poi, quasi con un’illuminazione, tornò ad osservarmi, curioso.
- ‘’Come mai sei in questo posto?”
Io scossi la testa, sorpresa dalla sua domanda, e ricordandomi solo allora di mio padre, della sua salute precaria, della sua proposta.
Sospirai, alzandomi quindi dal letto.
- ‘’Dovrei andare a trasferirmi da mio padre per un po’, sai… sta meglio ora” dissi con ovvietà, quasi lo sapesse.
Lo vidi sbiancare davanti a me, di nuovo quello sguardo di terrore in volto.
Si portò una mano alla fronte, appoggiandosi con l’altra al muro accanto a lui.
Corsi in suo aiuto, preoccupata, ma lui mi fece cenno di no con la testa.
Mi bloccai all’istante dov’ero, per paura di disturbarlo.
Di nuovo quel silenzio fastidioso ci avvolse.
Sentii poi un rumore sommesso, leggero.
Un rumore sentito molte volte, troppe in quel periodo.
Un rumore che mi fece stringere il cuore.
Harry stava piangendo davanti a me.
Senza trattenersi, senza nascondersi il viso con le mani.
Piangeva, e io non sapevo come aiutarlo, tanto per cambiare.
 
 
 

 
Lui si sedette sul pavimento, poggiando la schiena contro il muro dietro di sé.
MI sentii triste nel vederlo così, quindi mi avvicinai a lui, non resistendo all’idea di abbracciarlo.
Racchiusi quindi il suo busto, ora tiepido, quasi umano, tra le mie braccia, provando a calmare i suoi singhiozzi, provando a dargli un conforto, anche se non sapevo per cosa.
Finalmente mi guardò, e mi sentii trafiggere il petto da tutta quella intensità.
Allentai il mio tocco su di lui, fissandolo interdetta.
- ‘’…sono stato importante per te, Susan?” chiese dopo qualche attimo lui, di punto in bianco.
Mi morsi il labbro, chiedendomi il perché di quella domanda, temendo ancora di più la mia risposta.
- “certo che si, ma lo sei anche adesso se è per quest…” la mia frase si interruppe contro le sue labbra, avide, morbide, calde.
Sentii la sua bocca aprirsi, cercando un accesso nella mia.
La sua lingua iniziò a muoversi contro la mia, togliendomi il fiato e facendomi rabbrividire: entrambi volevamo quel contatto.
Chiusi gli occhi quando anche le sue mani si spostarono su di me, carezzandomi, tirandomi contro di lui.
Poi, come tutto era iniziato, finì.
In modo improvviso, senza spiegazione, lasciando tutte le emozioni che provai con quel bacio come unico segno del suo passaggio.
Mi sentii quasi usata.
Lui riaprì gli occhi, che notai lucidi, tristi.
Non seppi mai per quanto tempo rimanemmo a guardarci, quella mattina.
O in quanto tempo lui scomparve alla mia vista, lasciandomi sola, seduta a terra, con le ormai familiari lacrime agli occhi. 





Giorno :)
Scusate davvero per questo orribile ritardo.
La scuola adesso sta diventando ingestibile, non so come sia per voi.
Mi raccomando, se dovete fare delle pause dallo studio, fatelo per leggere le mie storie ahahaha scherzo ovviamente c:
Comunque, passiamo al capitolo: come vi sembra?
Probabilmente, confuso, e anche molto.
Ma sapete che vi dico io?
Attendete, che nel prossimo ogni cosa, qualsiasi dubbio, verrà svelato *musicheta decisiva*
No vabbeh comunque, sta storia ve gusta o no?
Sapete che adoro i vostri pareri.
Beh, non smetterò mai di ringraziarvi per ogni cosa, lo giuro.
Mi sento quasi in colpa per il finale ahahah
Fooorse ci sarà un continuo, proprio per i miei sensi di colpa c:
Beh vi lascio, tra un po' aggiorno Reflection, per chi la segue (?)
Bacione,
Lou_

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Capitolo 14
*** Epilogo? ***



 



Epilogo?
 




Sto suonando la mia chitarra ora, la mia compagna di vita, e posso dire di essere abbastanza felice.
Sono nella mia nuova stanza, nella mia nuova casa, con mio padre, in cucina al piano di sotto, che prepara le sue imbattibili frittelle con lo sciroppo d’acero e, si, sono spensierata.
Sono passati giorni da quando sono qui.
Sembra assurdo ma, non smetto di sperare che questo mio periodo di pace continui.
Dopo tutto quello che ho passato, ben più di quello che un essere umano comune dovrebbe passare, me lo merito, credo.
Sono qui, sul mio letto, pizzico le corde con delicatezza, quasi a non volermi far sentire.
E in effetti è quello che voglio.
E’ una melodia lenta, triste e familiare quella che sto suonando.
Lo faccio per tenerne viva la memoria.
Lo faccio per attaccarmi ai ricordi.
Lo faccio per non dimenticarmi di lui.
Del resto, io ormai vivo di ricordi: mamma, i miei amici lasciati a Holmes Chapel, Harry.
Posso considerare questo soggiorno col mio vecchio come un lungo periodo di vacanza.
Una vacanza costretta.
Devo per forza specificare quanto io voglia tornare a Holmes Chapel, vederlo, stringerlo tra le mie braccia, sentirne il profumo, toccarne i capelli?
Perdermi nei suoi occhi verdi, glaciali, e alcoltempo capaci di scaldarti l’animo?
Sono qui, e suono.
Suono per distrarmi, lasciarmi andare.
Pizzico le corde ad occhi chiusi, non voglio tornare a piangere, non qui.
 
 
 
Che poi, non sono neanche sicura di dove sia ora.
Probabilmente non è a Holmes Chapel.
Non dopo tutto quello che è successo in quella cittadina.
 
 
 
Alle volte mi sveglio nel cuore della notte, dopo aver sudato freddo, con un respiro affannoso e la pelle d’oca.
Sento un freddo glaciale avvolgermi, quasi mi abbracciasse stretta, ma la finestra è sempre chiusa.
Il mio cuore perde sempre un battito.
 
 
 
Ogni giorno invece, ogni sfottuto giorno, spero che torni.
Quando il telefono squilla sussulto, mi agito, e corro sempre a rispondere, lasciando mio padre sorpreso del mio entusiasmo; non mi fa mai domande e per questo gliene sono infinitamente grata.
Quando citofonano mi do sempre della stupida a pensare di trovarmelo davanti, col suo sorriso sincero e malizioso dipinto sulle labbra, le fossette profonde agli angoli della bocca, i jeans sfatti e le maglie a collo a v.
 
 


Mi sento patetica, incompresa e abbandonata.
Ma io nascondo tutto dietro ad un sorriso, perché così vorrebbe mio papà, lo faccio soprattutto per lui.
Non voglio che mi lasci col terrore che io sia infelice: perché so che prima o poi se ne andrà. Lo fanno tutti.
Oggi è una giornata piuttosto ventosa, sento dei rami sbattere contro il mio vetro, il lenzuolo che non mi scalda più, varie porte della casa sbattere.
Si avvicina l’autunno, e a me è sempre piaciuto l’autunno, ha dei colori spettacolari.
E’ una stagione di passaggio, non troppo fredda, non troppo calda.
Mi dà un senso di pace.
Corro a chiudere l’ennesima porta che sbatte pesantemente contro lo stipite, quindi mi abbandono sul divano di pelle del salotto.
L’arredamento è moderno, costoso, tipico di mio padre.
E’ pomeriggio inoltrato, fuori sta iniziando a piovere; piccole gocce iniziano a picchiettare insistentemente contro i vetri di casa.
Sbadiglio, annoiata, quindi accendo la televisione per passare il tempo.
Mio papà è uscito per delle commissioni, non tornerà prima di cena.
 
 

 
Apro gli occhi, intontita, stiracchiandomi dal divano e sbadigliando.
Devo essermi addormentata.
La televisione è ancora accesa e mi affretto a spegnerla, quindi mi metto in piedi e inizio a girare senza meta per casa.
Passo davanti l’ingresso di casa e qualcosa di diverso attira la mia attenzione.
Strizzo gli occhi più volte, per abituarmi alla leggera oscurità che mi avvolge, quindi mi chino a prendere una busta.
Corrugo la fronte e me la rigiro tra le mani: è marroncina, profuma di lavanda, sopra, in corsivo piccolo, c’è scritto qualcosa.
Alzo lo sguardo: la porta di ingresso è ancora chiusa a chiave, e prima questa lettera non c’era.
Forse sto impazzendo davvero.
Stringo la busta tra le mani, quindi mi sforzo di decifrare la scrittura.
 

A Susan’
 
 
Sono sempre più curiosa.
Alo lo sguardo attorno a me, quasi per paura che spunti un’altra Susan e che mi strappi la busta di mano.
Scuoto la testa e inizio ad aprirla con poca delicatezza.
Oh che sorpresa, una lettera.
E’ spiegazzata, vi sono molti segni di cancellature, ma è scritta a mano, a penna, sempre in corsivo.
Profuma ancora di lavanda.
Stringo gli occhi e mi sforzo di leggere.
 
 


Cara,
Carissima,
Ti amo.

Ciao Susan, come stai?
 
Mi manchi tanto, in un modo che non credevo possibile a dire il vero. Ti sto anche scrivendo questa stupida lettera, quando vorrei correre da te e abbracciarti.
Credimi, lo farei con tutto me stesso, ma non posso.
Probabilmente mi odierai perché ti ho lasciata sola in quell’hotel, ma per favore, frena l’istinto di bruciare questa lettera e leggi fino alla fine, poi ti do il permesso di farne quello che vuoi.
Scrivendoti sto un po’ infrangendo le regole.
Mi sento così trasgressivo.
Diciamo che mi hanno detto che non posso parlarti delle cose in cui sono coinvolto.
Ma infatti io te le sto scrivendo.
Immaginami che sorrido come un idiota mentre scrivo questo.
Sai quante volte ti immagino accanto a me durante il giorno? No, non ne hai idea.
Tu sai chi sono, te l’ho detto più volte.
Ti ricordi anche che molto tempo fa, in quell’hotel, ti ho detto che non avevo più i miei poteri?
Beh, ne ho scoperto il motivo.
Ho così paura a dirtelo.
Louis. Quel ragazzo…. È riuscito a prendere il mio posto Susan. Per colpa tua sono diventato troppo ‘umano’ e non potevo continuare a fare quello che facevo. Stavo anche iniziando a provare compassione verso chi moriva. E a nessuno andava bene.
Ora sono una via di mezzo, non completamente umano credo, ma nemmeno un essere superiore.
E mi sento così vivo Susan, che tu non ne hai idea.
Mi è stato ordinato di non avvicinarmi più a te, ma sai cosa ti dico? Sarà la prima cosa che farò.
Solo se lo vuoi te ovviamente.
Quando lo vorrai davvero sarò lì da te, ti starò accanto, come ho sempre fatto e farò.
 
P.s. (Mi emozionano queste caratteristiche curiose delle lettere, ad esempio, sapevi che P.s. sta per post scriptum?) il ragazzo che hai conosciuto della caffetteria, beh, non esiste più. Dopo che è stato ricoverato con te se ne è andato. Ora ho il suo aspetto.
 
Un abbraccio   un bacio  ti amo a presto.                                                           
                                                                                                                       Harry.
 
 
 
Le mie mani tremano.
Sento la vista offuscarsi nel leggere quelle parole.
Sorrido, arrossendo come una stupida nel leggere i ‘ti amo’ cancellati.
Sorprendentemente non ne sono sconvolta, o arrabbiata, o triste perché mi ha scritto.
Mi sento leggera, libera, pronta per qualcosa di nuovo.
Posso dire di essere più confusa di prima riguardo il suo mondo, soprattutto la parte su Louis, e sento un dispiacere profondo per la morte dell’altro Harry.
Ma ora, quello che ho conosciuto, quello di cui mi sono innamorata, è vivo, e mi ha scritto una lettera.
Posso dire che ancora una volta la mia vita verrà stravolta.
Piacevolmente stravolta.
Il mio periodo di vacanza si può definire concluso. 







Sera :)
Allora?
Non mi ammazzate vi prego ahahah
Lo so che vi lascio al momento più faigo, ma è la vita ahahah
Che dite, lo volete il continuo? Con Louis morte, Harry metà demone e altri personaggi?
Se si fatemelo sapere, se no lascio stare ;)
E con questo si può dire conclusa la mia storia. Sono soddisfatta un pochino ahahah c'è mi piace finire quello che inizio.
Vi ringrazio per aver letto i miei vecchi capitoli, per esserci sempre state.
Per tutto.
Grazie di cuore.
Vi aspetto nelle recensioni o nelle mie altre storie,
Vi mando un grosso bacio c:
Lou_

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