Il Drago Custode

di Sinnheim
(/viewuser.php?uid=132828)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Equilibrio precario ***
Capitolo 2: *** Figlia della tempesta ***
Capitolo 3: *** Speranza dal futuro ***
Capitolo 4: *** Il drago custode ***
Capitolo 5: *** Giorno 1 ***
Capitolo 6: *** Giorno 30 ***
Capitolo 7: *** Giorno 85 ***
Capitolo 8: *** Verso la guerra ***
Capitolo 9: *** Come fenici ***
Capitolo 10: *** Quando la storia si ripete ***
Capitolo 11: *** Epilogo: Nata per vivere ***



Capitolo 1
*** Equilibrio precario ***


NOTE DELL’AUTRICE: ed eccomi qua di nuovo! Se nella prima storia di questa serie vi siete fatti un sacco di domande, ho una bella notizia per voi: troveranno tutte – o quasi tutte- risposta! Spero che anche questo mio lavoro vi piaccia e buona lettura :)

 

 

CAPITOLO 1: EQUILIBRIO PRECARIO

 

Era passata una settimana da quella notte: Haruka continuava a vivere la sua vita con la sua amorevole famiglia, era tutto perfetto. O quasi. Infatti la guerriera era costantemente assalita dalle domande senza riuscire a darsi una risposta: per quale motivo aveva ricordato la sua vita precedente? Non era una prerogativa esclusiva solo di Setsuna quello di ricordare le vite passate? Cosa era successo? La bionda escluse a priori di chiedere alla guardiana del Tempo: ora che finalmente stava vivendo una vita felice Haruka non aveva il coraggio di riaprire vecchie ferite. “Andrò da lei.” 

Di buon ora, mentre le altre si preparavano ad uscire, la guerriera di Urano uscì sul balcone con passo felpato impugnando il suo cellulare; senza farsi notare compose un numero e aspettò che il destinatario della telefonata rispondesse. “Pronto Haru? Che bello sentirti!” Disse una voce squillante dall’altra parte. “Ciao Usagi. Sono felice anche io di sentirti.” Sorrise appena, poi continuò: “Ascoltami: mi è successa una cosa strana e ho bisogno di informazioni. Domani posso passare da te? Magari te e Luna ne sapete qualcosa...” Si appoggiò al balcone e scrutò il bellissimo panorama: il loro appartamento infatti offriva la vista della città di Tokyo in tutto il suo splendore, e in lontananza proprio dritto ai suoi occhi c’era il mare; persa in questa vastità attese una risposta dall’amica. “Ma certo Haruka, sei sempre la benvenuta! E dimmi... Michiru e Setsuna non hanno saputo darti risposta riguardo a questa cosa strana?” Il tono di voce della principessa della Luna divenne incerto ed imbarazzato. “Veramente loro non lo sanno... preferisco non coinvolgerle.” Disse la bionda con tono serio, e Usagi sembrò quasi turbata dalle sue parole. “Ehm ok... ci vediamo domani allora. Ciao Haru!” La telefonata finì, e il senso di tensione che provava la ragazza si allentò. 

“E anche questa è fatta...” Sussultò al rumore della finestra che veniva aperta e si girò di scatto: Michiru la stava cercando.

“Amore che fai qua fuori? Dobbiamo andare.” Disse la violinista scocciata, causando una risatina nella compagna. “Si, si, ho capito, non ti arrabbiare. Anche perché ho promesso di non farlo mai...” Haruka abbassò gli occhi amareggiata, tormentata da flash di memorie lontane, lontanissime, ma mai così vivide nella sua mente.  “Come scusa? Comunque no, non sono arrabbiata.” La guerriera di Nettuno si avvicinò e la baciò sulle labbra. “Ma se facciamo tardi al pranzo con i miei quelli ci uccidono chiaro? E quando ci avranno ucciso torniamo in vita e ti uccido io.” Disse calma e pacata la ragazza, tanto che Haruka iniziò a sudare freddo. “Sei terrificante quando fai così.”

La mattina dopo erano tutte in cucina per la colazione: Setsuna e Michiru chiacchieravano mentre Hotaru guardava i cartoni alla tv; accanto alla piccola, Haruka rimuginava in preda all’ansia e all’angoscia  all’appuntamento che aveva preso con Usagi. “Papà Haruka stai bene? Hai una faccia tutta pensierosa.” Incredibile come una bambina così piccola potesse capire al volo una donna criptica come la guerriera di Urano; guardò la bambina come se avesse visto un fantasma e le venne da ridere: Michiru e Setsuna le stavano insegnando proprio bene, pensò che era davvero adorabile. 

“No piccola, sto bene davvero. Ti preoccupi sempre per il papà vero?” Le rispose dandole un buffetto sul nasino e la figlia scoppiò a ridere annuendo col capo. Ad un certo punto le Outer sentirono bussare alla porta e Setsuna andò ad aprire, la bionda sentì una voce famigliare. “Pu! Sono così felice di rivederti!” Una voce squillante e allegra riempì la stanza, dando finalmente tregua ai pensieri turbinosi di Haruka che non le lasciavano respiro. “Small lady! Che bella sorpresa!” La guardiana del Tempo abbracciò forte Chibiusa e Hotaru corse a salutarla.

“Hota, ciao!” “Chibiusa!” La piccola guerriera di Saturno si gettò letteralmente tra le sue braccia, sorridendo felice come non mai; Haruka e Michiru rimasero a guardare per un momento quel bel quadretto allegro, poi salutarono anche loro l’ospite appena arrivata. Dopo tutti i convenevoli, Setsuna le chiese il motivo della sua visita. “Suna, la mamma mi ha mandato a chiamarti. Devi tornare con me nel XXX secolo.” Quella notizia lasciarono le ragazze perplesse e la bambina continuò: “Ha detto che dobbiamo andare subito. Sembrava preoccupata...” Setsuna annuì lentamente e disse a Chibiusa che sarebbe partita subito non appena avesse preparato le sue cose. “Allora ragazze. Sto via qualche tempo, ce la fate a non distruggere casa?” Disse la ragazza scatenando una risatina generale. “Ma si tranquilla. Finalmente un po’ di pace!” Disse Haruka beccandosi un’occhiataccia da tutte le presenti, ma non ci diede peso. 

“Ci vediamo!” Creò un portale dimensionale e prese per mano la bambina dai capelli rosa, sparendo davanti alle ragazze. “Chissà cosa è successo.” Si chiese Michiru preoccupata e Haruka la guardò perplessa: prima di qualunque cosa doveva assolutamente andare da Usagi quel giorno, poi avrebbe pensato al resto. “Vedrai che non è niente.” Era diretto più a sé stessa che alla compagna.

Stava camminando nel palazzo per incontrare la regina: quella chiamata improvvisa la inquietò non poco e si sentiva tesa come un bambino alla prima recita. “Oh Chronos, ti prego, fa’ che vada tutto bene.” Neo Queen Serenity stava guardando fuori da una finestra in tutta la sua bellezza: il suo vestito candido e scintillante si sposavano benissimo con i suoi capelli biondi, sembrava quasi eterea. Quando vide arrivare Setsuna abbozzò un sorriso, ma era in uno stato d’ansia in modo evidente. “Setsuna, è un piacere vederti.” Disse la regina cordiale. “Mia regina.” La guardiana del Tempo si inginocchiò per poi tornare in piedi; corrosa dalle domande le chiese cosa desiderava Neo Queen Serenity da lei. “Ascolta Setsuna... sono successe delle cose. Devi essere informata... e mi servirà il tuo aiuto.” Il cuore tremò: ogni parola pronunciata dalla regina era una pugnalata, ogni ‘mi dispiace’ era un colpo all’anima, tutta quella disgrazia inaudita era pesante da sopportare, forse troppo. “… farò il mio dovere. Come sempre.” Disse la guardiana del Tempo emotivamente distrutta alla fine della conversazione, la regina in lacrime. “Se ci fosse un altro modo Setsuna... Credimi... Io...” Disse con voce rotta Serenity, ma sapeva che niente poteva risollevare la ragazza in quel momento. “Lo so.”

Stava aspettando da mezz’ora e ancora non si era presentata. “Li starà salutando...” Pensò Setsuna abbattuta, poi vide una figura avvicinarsi. “Ciao Suna.” La ragazzina le sorrise. “Ciao tesoro. Ce l’hai fatta allora, eh?” Si sforzò di sorridere, ma davanti a quegli occhi così innocenti poteva solo star male. “Già. Ma devo ammettere che ho avuto paura.” Setsuna l’abbracciò forte e le baciò la fronte. “Come stanno?...” La guardò dritta negli occhi e la piccola si rattristò subito. “Piangevano. Come la prima volta... ma non si sono opposti. Ti salutano.” La ragazzina abbassò lo sguardo ma si sforzò di continuare a sorridere; la guardiana del Tempo la guardò con la dolcezza che soltanto una madre o una sorella posso dare e cercò di trattenersi dal singhiozzare.“Ok. Stai tranquilla, ce la faremo. Te lo prometto.” La bambina annuì pietosamente, come un agnellino rassegnato al suo destino; Setsuna aprì il portale dimensionale e sparirono nel silenzio del mattino.

Con la scusa di voler fare un giro in moto, Haruka uscì quel pomeriggio e andò dritta da Usagi: forse non la ragazza, ma Luna poteva saper qualcosa di quello che le era accaduto. Bussò alla porta di casa Tsukino e subito la ragazza dai capelli dorati le aprì sorridente. “Ehi Haru! Vieni accomodati.” La bionda ringraziò ed entrò in casa, per poi sedersi sul divano di fronte la sua amica; Luna corse dal piano di sopra e si sistemò vicino ad Usagi salutando la guerriera di Urano e preparandosi alla domanda che Haruka aveva da esporre. “Allora... circa una settimana fa ho fatto una specie di sogno. Non di quelli che facevo di solito, sulla fine del mondo. Era più una visione… e ho visto la mia vita precedente. Di quando ero principessa e vivevo su Urano.” Usagi e Luna la guardarono perplesse, poi la bionda continuò: “Sapete benissimo che non possiamo ricordare le nostre vite precedenti a parte Setsuna. Avete idea del come sia potuto accadere?”

Guerriera e gatto sembravano totalmente spiazzate da quella domanda; dopo qualche minuto di silenzio fu Luna a rompere il silenzio. “Mi dispiace Haruka... ma non sappiamo cosa pensare. Una cosa del genere non è mai accaduta.” La bionda abbassò lo sguardo delusa: doveva continuare a sopportare quella situazione così scomoda, e la cosa la fece innervosire. “Va bene... fa niente, grazie lo stesso.” Fece per alzarsi quando il suo cellulare iniziò a squillare, il suo come quello di Usagi; presero i loro telefonini quasi simultaneamente e videro il messaggio: era Setsuna. Diceva che era una cosa della massima importanza, e che Inner e Outer dovevano recarsi immediatamente al tempio di Rei. Il vento iniziò a ululare furioso nella sua mente. “Haru, ci penseremo dopo, dobbiamo andare.” La bionda annuì in silenzio e si precipitò alla sua moto.

“Mamma Michiru... sento che sta per accadere una cosa brutta...” La piccola Hotaru si era recata in camera della violinista assalita dal malessere e, quando entrò, la vide che fissava il suo cellulare.

Guardò la figlia angosciata. “Il mare è in tempesta.”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Figlia della tempesta ***


CAPITOLO 2: FIGLIA DELLA TEMPESTA

 

Haruka inforcò la sua moto e partì velocemente: Usagi sarebbe venuta in macchina con Mamoru che aveva chiamato subito dopo il messaggio di Setsuna; diede mano pesante all’acceleratore e raggiunse il tempio nel giro di dieci minuti. “Tutta questa storia non mi piace...” Pensò la bionda mentre parcheggiò la moto proprio davanti alla scalinata che tante volte aveva salito con le altre guerriere: le evocava ricordi di battaglie ormai passate, facendola rabbrividire ogni volta. “Tutte le volte che sono venuta qui era sempre successa una disgrazia.” 

Si incamminò verso i gradini con fare ansioso, e notò una macchina che si stava avvicinando velocemente. “Michiru.” Trovò parcheggio poco distante, poi la violinista scese e prese per mano Hotaru per attraversare la strada; quando furono vicine si guardarono negli occhi e si dissero tutto quello che c’era da dire: il mare era in tempesta, il vento era impetuoso. La piccola era pallida e nauseabonda: quando un pericolo si avvicinava Hotaru era in grado di percepirlo, ma non l’avevano mai vista così sofferente, Haruka iniziò a preoccuparsi sul serio.
“Vieni nanerottola, ti porto io fino in cima.” 

Si fece prendere in braccio senza nessun sforzo e senza lamentarsi; lentamente le tre salirono le scale e arrivarono al tempio: ad attenderle c’erano già Rei, Ami e Makoto, all’appello mancavano loro, Minako, Artemis, Usagi, Luna e Mamoru. Le salutarono con ritrovato entusiasmo, dopotutto non erano sole in quella situazione scomoda e sapere ciò le faceva stare meglio; dopo alcuni minuti arrivò anche il gruppo mancante e rimasero in attesa. “Dov’è Setsuna?” Chiese Rei impaziente alle Outer, ma ovviamente non potevano saperlo. “Stai calma Rei. Se lo sapevano ce lo avrebbero detto.” Disse Ami pacata e tranquilla, ma l’amica continuò a borbottare. Improvvisamente una figura fece capolino dalle scale accompagnata da quella che sembrava essere proprio la guerriera di Plutone: era poco più alta della vita della guardiana del Tempo, portava un paio di jeans e una felpa blu con cappuccio che teneva calato sul viso nascondendolo; Setsuna le teneva una mano sulla spalla, quasi per darle forza e confortarla e si avvicinarono al gruppo. 

“Salve a tutti. E’ bello vedervi.” I presenti le rivolsero il loro saluto, ma l’attenzione era rivolta tutta verso quell’ospite che non conoscevano. “Ehm, ciao anche te!” Provò ad allacciare discorso Minako, ma la figura incappucciata ostentò il suo silenzio, tanto che la guerriera di Venere si sentì parecchio a disagio; Haruka continuava a fissarla con curiosità mista a prudenza: sentiva che era proprio quella persona la causa delle sue percezioni di pericolo e sicuramente Michiru pensava la stessa cosa; Hotaru strattonò un poco la mano della violinista e le sussurrò a bassa voce poche parole cariche di paura. “Mamma Michiru... quella ragazza che sta vicino a mamma Setsuna mi fa stare male...”

Le due guerriere incrociarono lo sguardo ed ebbero la loro conferma. “Tranquilla tesoro, se c’è mamma Setsuna vuol dire che non è una persona cattiva, ok?” La bambina annuì poco convinta, la guerriera di Plutone ricominciò infine a parlare. “Allora... vi starete chiedendo chi è la nostra ospite.” Tutti le rivolsero lo sguardo con interesse. “Si chiama Noa, viene dal XXX secolo come Chibiusa. Ha tredici anni ed è qui perché... beh, ci serve il suo aiuto.” I presenti la guardarono incuriositi, poi Makoto prese parola. “Aiutarci a far cosa?” Setsuna si avvicinò ancora con Noa al seguito e cominciò a fornire le dovute spiegazioni. “Dunque... mettetevi comodi. Sarà una storia lunga da raccontare.” Sempre più perplessi e preoccupati, il gruppo trovò la postazione che meglio trovavano comoda, poi la guerriera di Plutone ricominciò a parlare. “Questa storia riguarda noi... e lei.” Indicò la ragazzina che restava nel suo muto silenzio. 

“Dovete sapere che all’alba dei tempi vi erano due forze in eterno conflitto: Caos e Bene. Lo sappiamo bene, visto che fortunatamente siamo riusciti a sconfiggere Caos di recente. E sappiamo benissimo anche che Caos non può essere mai del tutto sconfitto, così come il Bene non può del tutto scomparire.” Annuirono tutti: i ricordi erano ancora vivi nei loro cuori. “Noi abbiamo solo ‘attenuato’ quello che era Caos, in realtà egli è ancora vivo e potente. Non possiamo alterare il suo stato d’esistenza. L’unico che può farlo è il Bene nella sua essenza, poiché è il suo opposto; è nella loro natura, nella loro stessa esistenza lo scontro per la supremazia di uno o dell’altro. Ma stiamo comunque parlando di soggetti astratti, che fisicamente sono inconsistenti. Come potevano combattersi allora?” Tutti la fissarono in attesa di sapere di più, erano come rapiti. “Dovevano creare esseri materiali, che potessero incarnare il loro potere, e questi esseri si sarebbero battuti per l’una o l’altra fazione. Nacquero così due pianeti gemelli: uno negli antri più bui dell’universo, l’altro proprio qui, nel nostro sistema solare, nascosto poi agli occhi di tutti per azione delle prime guerriere Sailor. Avevano infatti intuito che l’ubicazione di questo pianeta doveva essere a tutti i costi celato all’umanità, proprio perché custode dell’essenza del Bene. Ogni mille anni questi pianeti si risvegliano: le essenze prendono consistenza e generano un campione: nel nostro caso, solo la guerriera Sailor più adatta può essere scelta come emissario del Bene, la più forte e la più pura. La figlia della tempesta.” A quel punto della storia, Haruka e Michiru stavano iniziando a capire e iniziarono a sudare freddo. “Si narra che il Bene si presenti alla prescelta assumendo le sembianze di un drago etereo di cristallo: per questo negli antichi testi viene chiamato il ‘Drago Custode’. Dovete sapere che chi vince lo scontro, determina lo stato in cui vivrà l’Universo nei successivi mille anni: se vince il Bene, si vivrà un esistenza serena e pacifica, come quella che sta vivendo il XXX secolo. Se vince Caos... tutto cade nelle tenebre, i malvagi sottomettono le masse, ogni cosa viene dominata dal male. Questo Haruka lo sa bene... vero sorella?”

Si girarono tutti di scatto verso la guerriera di Urano con aria interrogativa: la ragazza aveva sgranato letteralmente gli occhi e non riusciva a capire come faceva a sapere. Improvvisamente Noa si alzò in piedi, e per la prima volta parlò. 

“Haruka ha ricordato la sua vita precedente. Ha visto cosa successe mille anni fa.” Michiru guardò la compagna sbigottita, tanto che la bionda abbassò lo sguardo. “Demoni nomadi attaccarono le allora principesse del sistema solare esterno. Ti sei mai chiesta perché nel giro di sedici anni diventarono così forti da costringere te e le tue compagne a compiere quel sacrificio così estremo?” Haruka la guardò non più con curiosità ma con odio: quei ricordi erano come un frutto velenoso, ogni morso la portava pian piano a perdere conoscenza, a perdere la vita. “In quel periodo cadeva la battaglia tra Caos e Bene. I loro figli, come le sostanze che li ha generati, potevano e possono generare a loro volta esseri malvagi o benevoli al loro servizio. Ora capisci Haruka? Quei tre demoni furono reclutati dal campione di Caos, che li rese fortissimi.” 

La guerriera di Urano iniziò a tremare: detestava farsi vedere da tutti in quello stato, ma il dolore era troppo da sopportare: anche le fortezze crollano. “Perché non mi hai detto niente?” Chiese Michiru in pena per l’amata, ma la ragazza non ripose, il resto del gruppo non aveva opinioni da esprimere, era tutto terribilmente assurdo. Noa continuò: “Tutti i nemici che avete affrontato. Nehellenia, Galaxia... tutti nello stesso periodo, uno dopo l’altro. Perché? Perché nella battaglia avvenuta nel tempo che Haruka ha ricordato, il campione del Bene perse. Il Silver Millennium fu distrutto, e voi sconfitte.” Tutto divenne chiaro, Setsuna riprese il discorso. “Ed ora siamo qui. Il ciclo tra poco si ripeterà, ma c’è un problema: qualcosa, o qualcuno, ha alterato gli eventi. Come mille anni fa, anche questa volta Caos si è svegliato prima del Bene. Questo significa che il campione del male è già sul piede di guerra mentre il campione del Bene non è ancora nato. Nel XXX secolo, questo combattimento è già avvenuto e per nostra fortuna il Bene ha vinto. Il campione del futuro è venuto qui per salvarci da Caos. Sto parlando di Noa.” Tutti si voltarono verso la ragazzina che non si scompose minimamente davanti a tutti quegli sguardi; Haruka era rimasta in silenzio in preda ai ricordi e alle domande, così prese parola. “Ma come ho fatto a ricordare? Perché proprio io?” Noa si voltò verso di lei e abbozzò una sottospecie di sorriso. 

“Sono stata io. In questo modo sei consapevole di quello che potrebbe succedere se non vi preparerete a dovere e puoi preparare le altre a ciò che vi aspetta.” Ami rimase in silenzio tutto il tempo, ma c’era qualcosa che le sfuggiva in tutta quella storia. “Ehm, chiedo scusa...” Il gruppo le prestò attenzione. “Setsuna ha detto che solo la Sailor più forte e pura poteva diventare il campione del Bene, poi l’ha chiamata ‘figlia della tempesta’. Che cosa intendeva? E poi, la qui presente Noa è solo una bambina, come può essere tanto potente?” Annuirono tutti alla sua domanda ben ragionata, dopotutto Ami prima di parlare rifletteva molto. Fu Noa a risponderle. “Domanda giustissima. Sono piccola è vero... ma ho gloriosi natali per così dire. Sapete dove si trova Empireo, il mio pianeta? Tra i pianeti di coloro che mi hanno fatta nascere, di coloro che tra voi esseri viventi dotati di semi di stella sono alcuni dei più forti dell’Universo. Io sono figlia della tempesta.” Si girò verso Haruka e Michiru mentre lo diceva, scatenando un reazione di incredulità generale. “Oh no, ehi, non vorrai mica dire che...” Disse Haruka con un filo di voce. Noa si tolse il cappuccio e tutti smisero di respirare. 

“Io nasco dalla furia del vento e del mare. Voi che avete il cuore puro, voi custodi dei talismani, voi che siete cadute sul campo di battaglia in passato, siete morte nel presente e siete pronte a morire per il futuro. Io sono vostra figlia guerriere di Urano e Nettuno.”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Speranza dal futuro ***


CAPITOLO 3: SPERANZA DAL FUTURO

 

Nel momento in cui Noa si tolse il cappuccio della felpa scoprendo il suo volto, l’elemento che più colpì i presenti in un primo momento fu proprio il suo viso: identico a quello di Michiru, praticamente due gocce d’acqua; la forma degli occhi era senza dubbio quella di Haruka: taglienti e penetranti come una lama, tanto che era impossibile non sentirsene rapiti. Il colore delle iridi invece era strano: non ricordavano quelle dei genitori, erano di un celeste chiarissimo, quasi inesistente, così fluido e liquido che ricordavano i colori eterei del cristallo; si potevano notare dei riflessi verde acqua intorno alla pupilla. Aveva dei capelli biondissimi come quelli della guerriera di Urano, portati leggermente mossi e lunghi fino a sotto le spalle; il color oro era ogni tanto interrotto da delle sfumature acquamarina, potevano quasi assomigliare a dei colpi di sole. Rimasero tutti a bocca aperta vedendola per la prima volta e perfino i più scettici si convinsero che la ragazzina era effettivamente figlia di Haruka e Michiru, le due guerriere non riuscivano a darsi una spiegazione coerente. 

“Aspettate un secondo, cioè vi rendete conto che la cosa è… assurda? Non può essere figlia di due ragazze, è biologicamente impossibile!” Disse sconcertata Rei rivolgendosi prima a Setsuna e poi ai presunti genitori e il gruppo non fece altro che darle ragione. Di tutta risposta Noa scoppiò a ridere di gusto beccandosi tante occhiatacce nervose; Haruka notò con sgomento che aveva la sua stessa risata, le fece accapponare la pelle. “Non è possibile tutto questo, è veramente troppo. Assurdo. No,no,no, non ce la posso fare.” Disse amareggiata Haruka girando intorno ad Hotaru e Michiru come un leone in gabbia; la guerriera di Nettuno teneva stretta la mano della figlioletta e cercò di calmare la fidanzata, anche se calmare prima sé stessa era davvero un’impresa titanica. “Haruka, ti prego, smettila di camminare avanti e indietro come un ossessa, mi fai venire il mal di testa. Calmati un secondo e guardala: è praticamente la nostra fotocopia, non ti emoziona neanche un po’? Ci sarà un spiegazione su come sia stata concepita da noi.” Come sempre la guerriera dei mari era riuscita a mantenere il suo leggendario sangue freddo ed era riuscita a restare lucida pur sapendo che quella che rideva vicino alla sorella era sua figlia. Il suo sangue scorreva in lei. “Ok ,ok, mi fermo. Ma ci deve delle spiegazioni.” Disse allora la bionda, poi si rivolse a Noa. “Ragazzina, smettila di ridere e spiegami come sei venuta al mondo perché non è divertente.” Il suo tono era tra il nervoso e il minaccioso; Noa smise di ridere e la guardò con una tale intensità che Haruka si riconobbe benissimo in quei occhi vitrei: le venne quasi da sorridere. 

“Quanta ostilità, papà.”

Papà: fu come ricevere una bastonata dietro la nuca; Setsuna, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, fermò Noa e iniziò a parlare. “Ogni mille anni succede un evento astronomico unico nel suo genere: Urano e Nettuno uniscono la loro orbita nel cui centro vi è Empireo; il pianeta viene irradiato della loro energia e la invia nel luogo in cui vi sono le guerriere di Urano e Nettuno. Questa nuova energia è in grado di estrarre temporaneamente il seme di stella delle Sailor; successivamente questi si dividono in due parti ciascuno: una metà rientra nel corpo delle ragazze, mentre l’altra si unisce formando un nuovo seme di stella, che andrà ad unirsi al corpo di una delle due guerriere. Per farla breve, la ragazza che custodirà il seme di stella della prescelta porterà avanti una ‘normale’ gravidanza. Quindi sì Haruka, sei a tutti gli effetti suo padre, visto che è toccato a Michiru rimanere incinta.” E quello fu il colpo di grazia; prese dall’imbarazzo più totale, le due Sailor diventarono rosse come peperoni e la guerriera dei mari cercò di nascondere il suo viso dietro la sua mano. 

“A casa mia non si fanno così i bambini.” Disse sarcastica Minako ricevendo di tutta risposta un pizzicotto da Makoto.

La violinista provava un misto di commozione e di inquietudine allo stesso tempo: l’idea di diventare madre dal punto di vista biologico la emozionava tantissimo, ma il pensiero che sua figlia dovesse andare a combattere e forse poteva morire le strinse il cuore come in una morsa gelida; Haruka invece non sapeva che pensare, forse per paura o forse per la sorpresa e per l’assurdità della situazione le si bloccavano i pensieri sul nascere, aveva bisogno di metabolizzare il tutto. Si mise una mano nei capelli e si rivolse a Noa. “Ma... mille anni fa. Non sei nata da me e Michiru, ne sono certa.” La ragazzina le sorrise dolcemente come solo la figlia della guerriera di Nettuno poteva fare e completò finalmente quel puzzle così complicato e difficile da accettare. 


“Si, infatti. Mille anni fa sono nata dalle guerriere che vi sono precedute... erano molto avanti con l’età e non hanno retto la divisione dei semi di stella. Morirono subito dopo la mia nascita... mi sono sempre sentita in colpa per questo. Volevo onorare la loro memoria sconfiggendo Caos, ma ero troppo debole e immatura.” Abbassò lo sguardo tristemente. “... non voglio che accada di nuovo. Non morirete tutti di nuovo per causa mia.”

L’istinto materno prese il sopravvento: Michiru corse da lei e la strinse forte a sé cercando di trattenere qualche lacrima ribelle. “Non moriremo piccola ok? Né io, né te, te lo prometto.” La piccola Sailor rimase piacevolmente stupita da quell’azione improvvisa e rimase impietrita nella sua commozione. Tutti i presenti furono inteneriti da quella scena e Haruka fu quasi tentata di raggiungere la figlia: ammirò il suo coraggio e i suoi ideali, non poteva fare a meno di provare puro e semplice orgoglio; Setsuna fece cenno alla sorella di tornare al suo posto, evidentemente non avevano ancora finito. 


“Detto ciò, ecco cosa faremo: Caos si è svegliato con tredici anni di anticipo, Noa dovrebbe nascere tra circa un anno. Di conseguenza, il campione di Caos sta già venendo qui a distruggerci tutti.” Il gruppo ascoltò in silenzio. “Come vi ho detto, entrambi i campioni possono generare o reclutare esseri al loro servizio, quindi non mi stupirei se, mentre il nemico è in viaggio, qui sulla Terra i suoi scagnozzi iniziassero a causare danni. Dobbiamo essere tutti preparati a respingere i demoni fino all’arrivo del campione di Caos, dovrebbe essere qui tra circa tre mesi. Noa verrà a stare da noi Outer ma quando inizieranno i tumulti lei non verrà con noi: non possiamo rischiare che venga ferita o uccisa, ce la dovremo cavare da soli. Riprendete i vostri Sailor trasmettitori, dovremo rimanere sempre in contatto tra di noi. Ci sono domande?” Setsuna era stata chiarissima e infatti nessuno disse nulla, poi Ami prese parola. “Se il campione di Caos può creare demoni al suo servizio, Noa non può fare lo stesso?” La ragazzina le rispose prontamente. “Si, certo. Infatti siete tutte qui.” Il gruppo pareva non capire. “Voi esistete a causa mia. Siete voi guerriere i miei ‘soldati’. Le mie compagne.” Ami annuì piano col capo assorta nei suoi pensieri, poi ci fu silenzio per qualche istante. “Se non c’è niente da dire, direi che la riunione è finita. Ci sentiremo più tardi, guerriere.” Disse Setsuna solenne: si salutarono tutti affettuosamente, poi ognuno prese la strada di casa, tutti assorti nei loro cupi pensieri; Noa si unì alle Outer e notò la piccola Hotaru che la scrutava con diffidenza, si accucciò davanti a lei e le sfoderò un sorriso luminoso. “Ciao, sorellona! Mi fa impressione vederti così piccola.” La guerriera di Saturno la guardò male. “Io non sono piccola.” Le fece la linguaccia, poi la esaminò da vicino. “Tu... sei mia sorella?” Chiese infine la piccola. 

“Si, sono tua sorella minore. Anche se non sembra in questo momento. Pensa che nel futuro mi chiami pulce.” La famiglia scoppiò a ridere, poi Noa si rabbuiò improvvisamente. “Ti faccio ancora male, principessa?” Il suo tono era carico di sensi di colpa, sapeva benissimo che la sorella stava soffrendo a causa sua. “No, ora sto bene!” Disse allegra la bambina, si allungò sulle punte dei piedi e le diede un bacio sulla guancia, Noa arrossì leggermente. Haruka era venuta in moto, così accompagnò le altre alla macchina di Michiru parcheggiata lì davanti; nel tragitto parlarono ancora un po’. “Allora, Noa.” Disse raggiante la violinista ansiosa di sapere tutto della figlia. “Come siamo nel futuro? Ti trovi bene?” Haruka ascoltava attentamente rimanendo in silenzio.”Oh si, mi trovo benissimo, sono molto felice. Beh, siete uguali ad ora suppongo.” Rise leggermente. “Te e papà mi avete insegnato a suonare il pianoforte e il violino, adoro la musica. Ah papà, quando vengo in moto con te la mamma si arrabbia da morire! Dice che sono troppo piccola ma non è vero. Oh, te e Makoto mi avete anche insegnato le arti marziali, ormai nessuno è in grado battermi!” La sua voce assunse una piccola nota di orgoglio e fierezza, di qualcuno che è ben consapevole delle proprie capacità. “Accidenti! E dimmi, ti porto a nuotare con me in piscina?” Chiese allegra la guerriera dei mari. “Si mamma! Mi hai insegnato tutti gli stili, sono un fulmine!” Mamma: sentirlo faceva sempre uno stano effetto per Michiru; ascoltando il racconto della figlia, Haruka non riusciva a non ridere. “E’ una teppistella come il padre, altroché.” Disse Setsuna sarcastica e la bionda decise di tirarsela alla grande.

“Ehi. Parliamo di mia figlia, è degna erede di suo padre.” La guerriera di Urano iniziò a sciogliersi un poco dalla tensione che la affliggeva; stare accanto a quella ragazzina in qualche modo la faceva rilassare come quando si trovava da sola con Michiru e il suo umore ne risentiva. “Mi diverto da morire a fare scherzi a mamma Suna con Hotaru. È una vera specialista sapete? Prima di partire mi stava insegnando a manipolare la mia energia per far cadere le cose con il vento.” Tutte si girarono a fissare la piccola che nel frattempo se la rideva di gusto; per qualche minuto si dimenticarono della gravissima minaccia che incombeva sulle loro teste, poi la domanda fu inevitabile. “Come sei riuscita a sconfiggere Caos?” Chiese Setsuna apprensiva. 

“Devo ammettere che è stata molto dura. Ho temuto di non farcela. Dovete sapere che la parte perdente, quando Bene e Caos si scontrano di nuovo, è sempre un po’ più debole della parte che ha vinto in precedenza. Non è l’elemento essenziale per vincere... ma sicuramente aiuta. La prima volta avete pianto tanto.” Si rattristò insieme alla sua famiglia. “Eravate al settimo cielo quando tornai vincitrice. Eravamo tutti convinti che finalmente era tutto finito. Poi abbiamo saputo della situazione in cui eravate... Avete pianto tanto di nuovo. Io ero decisa a tornare nel passato per aiutarvi e voi non vi siete opposte. Anzi... mi avete guardata negli occhi e mi avete detto...” Tappò le orecchie alla piccola Hotaru che non capiva cosa stava facendo. “ ...Rompi il culo a quello stronzo. E sono determinata a seguire alla lettera il vostro consiglio!” Le presenti risero tristemente; lasciare che una figlia rischi la vita non una, ma ben due volte era una responsabilità enorme, oltre ad essere uno strazio lancinante per il cuore . 

Scesero le scale e arrivarono al parcheggio: un semplice pavimento d’asfalto che formava una distesa deserta. Improvvisamente Hotaru si sentì male: il vento ululò, il mare divenne impetuoso. Nemici. “Di già?” Urlò Haruka prendendo la sua penna di trasformazione; le guerriere si misero in guardia e attesero: dei demoni ripugnanti dalla carnagione rossiccia e dal corpo scheletrico uscirono dall’asfalto, col viso putrido e i denti aguzzi, grossi e lunghi artigli al posto delle mani.

Erano senza occhi. Noa si nascose dietro una macchina: erano venuti lì per lei, non poteva farsi vedere. La prima cosa che le insegnarono fu proprio quello di non esporsi mai: da lei dipendevano le sorti dell’Universo e doveva rimanere in vita a tutti i costi, anche se intorno a lei le persone morivano, anche se le atrocità erano impossibili da sopportare. Le guerriere si trasformarono: al combattimento partecipò anche Hotaru; il suo corpicino fu preso dallo spirito di Sailor Saturn e traboccava di potere. Iniziato il combattimento, le Sailor si accorsero subito che non erano demoni qualunque: il loro potere era di molto superiore alla norma ed erano molto difficili da uccidere. Furono messe subito in difficoltà ma non si arresero; Haruka e Hotaru brandivano le loro lame con estrema maestria: alternavano insieme fendenti che miravano ad attaccare e a proteggersi allo stesso tempo; la spada della bionda era adatta ad abbattere nemici vicini, mentre la lunga falce della guerriera di Saturno falcidiava quelli più lontani.

Setsuna e Michiru invece puntavano di più sugli attacchi a distanza: a turno, una rallentava ed impediva i movimenti dei nemici, mentre l’altra le sferrava il colpo fatale. Sembravano orde infinite; Noa sbirciò da dietro la macchina e teneva sott’occhio lo scontro, improvvisamente sentì un ruggito dietro di lei: un demone l’aveva individuata. 

Haruka la vide con la coda dell’occhio e Hotaru le fece cenno di andare ad aiutarla. La ragazzina, ormai vista dalla creatura, decise di trasformarsi e combattere, tanto ormai la sua copertura era saltata. “Empireo Crystal Power, Make Up!” Urlò Noa tenendo stretta in pugno la sua penna: un globo di cristallo avvolto da un drago dagli occhi blu zaffiro. Il demone si fermò impaurito, ma non successe nulla; la ragazza si guardò incredula. “Che diavolo succede? Perché non funziona?!” Alzò lo sguardo e si trovò subito il demone addosso che la fece cadere a terra: fissò le sue orbite vuote e sentì gli artigli puntati sul suo collo che graffiavano la sua pelle candida. 

Tutti si girarono e sentirono il rumore della carne trafitta.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il drago custode ***


CAPITOLO 4: IL DRAGO CUSTODE

 

Noa continuava a fissare quelle orbite vuote: pietrificata da tale orrore non riusciva a muovere un muscolo; erano entrambi immobili, gli artigli puntati alla gola, il terrore nel cuore. La ragazza sentiva qualcosa di caldo scendere sotto il mento, sicuramente il demone doveva aver graffiato la pelle, il calore si fece più intenso e lo avvertì anche su tutto il corpo, ma stranamente non sentiva dolore. “Mi ha trafitta?...” Pensò Noa disperandosi; non voleva e non poteva morire: doveva salvare l’Universo e tutte le persone che amava, doveva onorare la morte dei suoi genitori avvenuta mille anni fa, doveva… doveva...

Improvvisamente l’occhio riuscì ad andare oltre la vista di quel corpo putrido che la stava schiacciando sotto il suo peso e vide Haruka che stava infilzando il mostro: il sangue caldo che sentiva addosso fortunatamente non era il suo. Con un calcio poderoso la bionda scaraventò lontano dalla figlia il cadavere del demone, la aiutò a rialzarsi in piedi e si accertò delle sue condizioni: effettivamente Noa aveva riportato tre lunghi graffi poco profondi sul collo; non avevano reciso nessuna arteria ma il sangue usciva lo stesso copioso. La ragazzina era completamente sporca di sangue e aveva qualche contusione riportate in seguito alla caduta: stava bene, ma dovevano portarla in fretta a casa Outer. “Accidenti... copriti la ferita come puoi e resta nascosta, cercheremo di sbrigarci.”

Dolorante, Noa si teneva il collo stretto con la mano e faceva fatica a rimanere lucida: annuì ad Haruka che scattò fulminea ad abbattere più nemici possibile. La ragazzina notò che la stavano guardando tutte con aria preoccupata, la guerriera di Urano doveva aver informato le presenti. “Cosa diavolo è successo?... perché non mi trasformo, dannazione...” Faceva più male la frustrazione che la ferita. 

“Ragazze dobbiamo sbrigarci! Questi qui sono troppi e noi non abbiamo tempo!” Urlò Setsuna alle compagne mentre schivava colpi su colpi; non sapevano come risolvere la faccenda in fretta e iniziarono a subire. “Guerriere, a questo punto non vedo soluzioni.” Disse Sailor Saturn falciando di netto uno dei demoni: le altre capirono cosa aveva in mente ma era estremamente pericoloso. “Hotaru è meglio di no! Se non ti controlli chissà quanti danni causeresti!” Le parole di Michiru erano cariche d’angoscia: ricorrere al terribile potere della figlia significava rischiare grosso. “Sailor Neptune, lo vedi anche tu che qui non risolviamo nulla! Saprò controllarmi, io e Hotaru ci siamo allenate molto per questo. Fidatevi di noi!” Era questione di secondi: dovevano decidere in fretta e non c’era tempo per valutare i pro e i contro, annuirono all’unisono.

“Ok va bene! Ragazze corriamo da Noa presto!” Urlò Haruka unendosi a Michiru e Setsuna; la loro corsa non fu per niente facile: tre demoni avevano sbarrato la strada al gruppo e altri due le braccavano dal fianco; le guerriere attinsero alla loro forza residua e riuscirono a spazzarli via con i loro attacchi speciali. “Via, via, via!” Veloci come un fulmine quasi caddero a terra quando si sistemarono intorno a Noa; insieme alzarono una barriera, seppur debole, per proteggere la ragazza e loro stesse e poi urlarono forte: 

“Ora Hotaru!” Non facendoselo ridire due volte, la piccola alzò la falce e cadde in profondissima concentrazione per alcuni istanti; nel momento in cui sentì la propria energia traboccare strinse a fondo la sua arma e la calò verso il basso con decisione. “Silence Glaive, Surprise!” Una bolla di potere iniziò a formarsi ai suoi piedi, poi come un’onda si espanse con estrema violenza travolgendo ogni cosa: la barriera delle guerriere resse a fatica quell’attacco devastante e smorfie di dolore e sforzo rigarono i volti delle Sailor; l’onda d’urto divenne incandescente e tutto ciò che si trovava nel raggio di dieci metri fu letteralmente disintegrato. Sciolta la barriera le ragazze si accasciarono a terra esauste, così come si accasciò la piccola Hotaru stremata dallo sforzo; un cratere enorme sprofondava sotto i loro piedi. 

“Cavolo Hotaru! Non ti farò mai più arrabbiare lo prometto!” Disse ironica Noa scatenando una risatina sommessa generale. “Ma sentila... dice anche le mie stesse battute...” Pensò rassegnata Haruka, poi le quattro sciolsero la trasformazione; ancora col fiatone e confuse sul perché Noa non si era potuta trasformare corsero in fretta alla macchina di Michiru che si trovava oltre il raggio d’azione dell’attacco della pargoletta e partirono immediatamente. “Haruka ti porto alla tua moto, almeno facciamo più in fretta.” Nel giro di una buona mezz’ora erano tutte a casa: come arrivarono portarono subito Noa in bagno per essere medicata: fortunatamente i graffi non erano tali da dover mettere dei punti; con cautela aiutarono la ragazzina a lavare via il sangue e a cambiarsi d’abito. Prima di andare al tempio di Rei, Setsuna aveva portato le valigie della piccola Sailor a casa loro con vestiti e tutto l’occorrente per una lunga permanenza, la guerriera di Plutone si ringraziò di essere così previdente. Dopo che tutte ebbero superato il momento d’agitazione, si radunarono tutte intorno a Noa che giaceva dolorante sul suo letto sistemato in pochissimo tempo accanto a quello di Hotaru nel quale stava dormendo esausta, e iniziarono a ragionare sui fatti accaduti.

“Ti è mai successa una cosa del genere?” Chiese Michiru accarezzandole la fronte. “Ahm no... quando si manifestò il mio potere per la prima volta, comparve il simbolo del mio pianeta sulla mia fronte. In seguito Setsuna mi portò su Empireo a incontrare il drago... sapete no, io e lui siamo la stessa cosa, siamo la stessa entità in due corpi diversi... di conseguenza i nostri poteri devono essere ‘sincronizzati’ per così dire. Io non sono nulla senza di lui, è la mia fonte di potere.” Le cose iniziarono a farsi più chiare; dopo alcuni minuti di ragionamenti fu Haruka la prima a parlare. “Se siete la stessa cosa... e nel nostro tempo tu non sei ancora nata... il drago lo sa che tu sei qui? Che sei venuta nel passato?” 

Un lampo d’illuminazione balenò nelle presenti e Setsuna si diede un colpetto sulla testa. “Ma certo! Haru sei un genio.” La bionda la guardò stranita. “Detto da te sembra una presa in giro.” Michiru e Noa quasi scoppiarono a ridere, ma la piccola non osava muovere un muscolo per paura che la ferita si riaprisse, la guardiana delle porte del Tempo sospirò. “Sorella, sei la solita. Comunque... ecco cosa dobbiamo fare: io, te e Noa dobbiamo andare su Empireo. Michiru, se per te va bene resterai qui con Hotaru.” La violinista non era entusiasta di rimanere a casa ad aspettare ma accettò lo stesso. “Il drago è un tipo rigido sulle regole: in teoria dovrebbe andare solo Noa, ma viste le sue condizioni e vista la situazione credo che non ci sia altra scelta. Inoltre...” Disse amareggiata Setsuna abbassando lo sguardo. “... se il drago non sa che sei qui, non sa neanche chi sei. Se vai lì credo proprio che non ti riconoscerà e ti attaccherà. Per questo Haruka deve venire con noi... e non possiamo lasciare le altre guerriere a combattere da sole contro i demoni. Ora è chiaro?” Annuirono tutte in silenzio, poi Noa chiese quando sarebbero partite. “Partiremo quando le tue ferite staranno meglio. Dobbiamo fare in fretta è vero, ma non possiamo rischiare la tua incolumità. Ora riposiamoci un po’, io nel frattempo informo le altre guerriere su quanto è successo.” Fecero per andare via e lasciare Noa riposare, ma la ragazzina afferrò la mano di Haruka e la trattenne un istante; la bionda si risedette e abbozzò un sorriso. “Grazie per avermi salvata papà...” Quei occhi così strani e così belli sembrarono fulminare quelli di Haruka: non si era mai abituata a certi atti di dolcezza, da parte di Michiru, di Setsuna o di Hotaru, e quella creatura così innocente, così uguale a lei, che incarnava il Bene stesso la guardava con quei occhi... quella era dolcezza pura. Qualcosa di indescrivibile. “Non mi devi ringraziare. Sei mia figlia no?” Le avvicinò il pugno sorridendo e Noa la guardò con gli occhi lucidi, alzò piano la mano e batté il suo pugno contro quello della bionda. 

“Ora riposati... ci aspetta una gita fuori porta nello spazio.”

Passò una settimana e le ferite si erano quasi rimarginate: come si era detto Haruka, Noa e Setsuna sarebbero partite alla volta di Empireo, mentre Michiru e Hotaru sarebbero rimaste a casa a vigilare sulla città; si svegliarono di buon’ora e si riunirono nel salotto di casa. “Fate attenzione, per favore...” Disse preoccupata Michiru, le altre annuirono. Diede un bacio ad Haruka, abbracciò Setsuna e accarezzò Noa sulla guancia. Aveva ormai imparato che il futuro è incerto e che qualsiasi atto mancato potrebbe diventare un rimorso per tutta la vita se fosse successo qualcosa, così non dimenticava mai di far sentire il suo amore per le persone che amava. La piccola Hotaru la imitò e salutò affettuosamente le ragazze in partenza. “Andrà tutto bene mamma.” Disse Noa sorridendo, poi Setsuna attivò il suo potere: un istante prima di sparire, Haruka fece l’occhiolino alla sua amata, poi il silenzio. 

Per evitare problemi, le guerriere di Urano e Plutone erano già trasformate e il paesaggio che si trovarono davanti era meraviglioso: era una pianura immensa, con cieli stellati maestosi ed erba scintillante al suolo; fu proprio quella che destò la curiosità di Haruka, la quale strappò qualche stelo e se lo passò tra le dita. Avevano un colore strano, ricordavano gli occhi di Noa: né verdi né blu, un colore vitreo e cristallino, sembrava una distesa di cristalli. In lontananza si ergeva un castello immenso dello stesso colore. “Dobbiamo andare lì vero?” Chiese Haruka alle due compagne. “Già. Dobbiamo essere prudenti.” Poiché Noa era indifesa, procedettero in fila indiana: in testa c’era Setsuna, al centro Noa e infine Haruka a chiudere la fila; camminarono per circa un quarto d’ora e arrivarono all’entrata.

Sguardi fugaci carichi di tensione si facevano largo sui loro visi. Entrarono piano senza far rumore: quell’edificio era talmente mastodontico e silenzioso che si poteva sentire benissimo il battito dei loro cuori, perfino il loro respiro sembrava rimbombare pesantemente tra le mura. Continuarono ad addentrarsi adagio: per qualche ragione si sentivano osservate. Improvvisamente un ruggito feroce squarciò il silenzio e le guerriere trasalirono per lo spavento: una sorta di fluido cristallino iniziò a fluttuare a pochi passi da loro, poi si ammassò velocemente. Una coda. Delle ali. Delle zampe. Una testa. Occhi vitrei e talmente profondi da poterci annegare, squame luminosissime. Era veramente bellissimo. Lo stupore divenne terrore quando il drago iniziò a tirare zampate alle guerriere: Haruka riuscì ad agguantare al volo Noa e a schivare il colpo poderoso, ma un colpo di coda successivo le colpì in pieno scaraventandole lontano. Setsuna provò a parlare al drago senza successo. “Non siamo tuoi nemici! Ti prego ascoltaci!” 

Di tutta risposta il maestoso animale le scagliò addosso dei cristalli acuminati che la guerriera di Plutone schivò per un soffio; sordo alle loro parole il drago continuava ad attaccarle senza sosta. In breve tempo le guerriere furono messe alle strette, e Noa non aveva più protezioni: approfittando del momentaneo stato di incoscienza delle due Sailor, l’animale si avvicinò rabbioso alla ragazza promettendo solo minacce.

“Non posso più scappare...” Pensò Noa malmessa fisicamente, ormai poteva solo affrontarlo: si mise dritta in piedi e lo guardò dritto negli occhi, uguali ai suoi. Cristallo su cristallo, due facce della stessa medaglia, si trovarono uno di fronte all’altro; il drago lanciò il suo terribile ruggito e si scagliò sulla piccola Sailor inerme.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Giorno 1 ***


CAPITOLO 5: GIORNO 1

 

Mangiata da un drago furioso: non era proprio quella la fine che Noa si sarebbe aspettata in quella vita; nonostante tutto era consapevole che anche davanti alla morte in persona doveva far qualcosa, doveva combattere. Andarsene con stile diceva Haruka, perché, essendo figlia di due donne che di stile ne avevano da vendere diceva lei, lei che era loro figlia ne aveva a palate. “Certo che si fanno pensieri strani in punto di morte.” Pensò Noa mentre guardava inerme l’animale scagliarsi contro di lei; Setsuna e Haruka si erano riprese ma erano tanto deboli per i colpi subiti che non riuscivano neanche a rimettersi in piedi. Le venne da sorridere. “Uccisa dalla mia stessa essenza, che paradosso...” E improvvisamente ebbe l’illuminazione: che il drago la riconoscesse o no, lei rimaneva comunque una parte di lui, e lui una parte di lei. Doveva solo urlare più forte dell’animale e farsi ascoltare con la forza.

Chiuse gli occhi e raccolse in sé tutta l’energia che le era rimasta: doveva fare in fretta e le venne in mente l’immagine dei suoi genitori in lacrime al momento della sua partenza, non poteva morire in un modo tanto barbaro. I suoi occhi chiarissimi divennero luminosi come se avessero vita propria, sulla sua fronte comparve il simbolo di Empireo: era il simbolo di Urano, colorato come gli occhi della ragazzina, dove alle estremità di ogni linea vi era una punta, come nel tridente di Nettuno. Si erse in tutta la sua esile figura per mostrare quel segno che ha segnato la sua breve esistenza fino a quel momento e urlò con tutta la forza dei suoi polmoni. “FERMATI!! ADESSO BASTA!!” Il simbolo emanò una luce accecante e il drago, alla vista del bagliore, si fermò bruscamente per poi osservare la ragazza con un ringhio minaccioso. “Io sono Noa Ten’ō, sono la figlia delle guerriere di Urano e Nettuno, sono la guerriera di Empireo, la TUA guerriera! Io sono colei che incarna il bene e immola sé stessa contro il male!” Urlò tanto forte che si sentì l’eco della sua voce parecchie volte; Haruka e Setsuna faticavano a rimanere lucide ma cercavano in ogni modo di mettersi in piedi. Il drago, sentite quelle parole, iniziò a parlare con voce profondissima. 

“TU NON PUOI ESSERE LA MIA GUERRIERA. COLEI CHE E’ NATA DALLA TEMPESTA VERRA’ AL MONDO TRA UN ANNO, SEI UN IMPOSTORE!” Spalancò le fauci per sputare fuoco ma Noa urlò di nuovo. “Io vengo dal futuro! “ L’animale si arrestò immediatamente.

“QUESTO AVREBBE UN SENSO. NONOSTANTE NON TI HO MAI VISTA HAI I MIEI OCCHI, PICCOLO DRAGO.” 

“Ora placati ti prego! Sono venuta qui per chiedere il tuo aiuto e per spiegarti cosa sta succedendo! Tu devi sapere!” Il drago sbuffò muovendo leggermente la coda: ogni suo movimento produceva un suono simile al vetro infranto, prova che il suo corpo era veramente fatto di cristallo; guardò rabbioso le guerriere ferite. “E QUELLE CHI SONO ALLORA? NESSUNO OLTRE ALLA FIGLIA DELLA TEMPESTA PUO’ STARE QUI!” Noa le guardò allarmata e si affrettò a fare le presentazioni. “Sono le guerriere di Urano e Plutone! Sailor Pluto ha la facoltà di muoversi nella struttura spazio-tempo e ci ha portate qui. Sailor Uranus è colei che ha donato metà del suo seme di stella per farmi nascere. Non far loro del male!” Il drago annuì impaziente e fece cenno a Noa di andare ad aiutarle. Una volta che furono tutte e tre di fronte al grande rettile, con grande fatica delle due Sailor,  iniziarono a informare il drago dei fatti accaduti: ne rimase estremamente perplesso. 

“TUTTO CIO’ E’ ASSURDO, BEN PIU’ GRAVE DEGLI EVENTI ACCADUTI MILLE ANNI FA. CREDO CHE LA CAUSA DI QUESTO TRAMBUSTO RISIEDA IN UN TRAUMA SUBITO DALLA STRUTTURA DEL TEMPO STESSO. IO NON HO LA FACOLTA’ DI PORVI RIMEDIO E COMUNQUE ADESSO NON C’E’ TEMPO. FIGLIA DI CHRONOS, QUANDO QUESTA STORIA SARA’ FINITA, SE SOPRAVVIVERETE DOVRAI ANDARE DA TUO PADRE A FAR PRESENTE QUESTO INCRESCIOSO EVENTO.” Setsuna annuì piano col capo, poi Haruka prese la parola. “Adesso cosa dobbiamo fare?” “NOA DEVE RIATTIVARE I SUOI POTERI. NON E’ UNA COSA VELOCE VISTO IL FATTO CHE VIENE DAL FUTURO E IO NON CONOSCO LA PORTATA DEL SUO POTERE. DOBBIAMO CALIBRARCI A VICENDA, SE SBAGLIAMO RISCHIO DI DISTRUGGERE IL CORPO DEL PICCOLO DRAGO, INOLTRE DEVE ALLENARSI A CONTROLLARE LA SUA FORZA. CI VORRANNO OTTANTACINQUE DEI VOSTRI GIORNI TERRESTRI.”

Le guerriere si guardarono amareggiate, poi Setsuna iniziò a parlare. “Il campione di Caos sarà qui tra novanta giorni. Quindi ci assicuri che per allora la piccola sarà pronta?” Il drago schioccò le labbra. “PRONTA NEI LIMITI DEL POSSIBILE. DOVREMO LAVORARE TANTISSIMO E IN FRETTA, NON VI ASSICURO CHE RIUSCIRA’ A VINCERE.” Noa abbassò lo sguardo triste e Haruka le prese la mano per confortarla. “Ok, va bene. Noi sulla Terra ci organizzeremo alla meglio per respingere i seguaci di quel mostro mentre Noa si allena. Saranno novanta giorni infernali ma dobbiamo resistere.” Disse la bionda decisa, le altre annuirono. “E se... e se non ci riesco a vincere? E se vi accade qualcosa mentre io non ci sono?” Disse Noa quasi in lacrime, Haruka e Setsuna la guardarono con dolcezza. “Non succederà piccola, ok? Devi pensare a diventare fortissima, noi ce la caveremo.” Disse la guerriera di Plutone, la ragazzina annuì poco convinta. “COSI’ E’ DECISO. VIENI CON ME PICCOLO DRAGO, DOBBIAMO INIZIARE FIN DA SUBITO. SALUTA LE TUE COMPAGNE.” 

Il rettile si alzò con un tonfo e si inoltrò nel castello, mentre Noa si accingeva a salutare la sua famiglia: si abbracciarono forte, come per voler rimanere unite per sempre. “State attente vi prego...” Ormai le lacrime scendevano copiose. “E tu impegnati come si deve ok?” “Ok papà...” Un ultimo sguardo carico d’amore, poi Setsuna e Haruka tornarono a casa. Noa fissò il punto dove un secondo prima c’erano le sue compagne, poi si voltò verso l’interno del castello in cerca del drago.

La notizia non fu presa benissimo da Michiru: l’aveva conosciuta così poco e già era andata via, ma si rendeva conto che era necessario, si rattristò parecchio. “E adesso che si fa?” Disse senza emozioni la violinista mentre curava le ferite di Setsuna e Haruka aiutata dalla piccola Hotaru altrettanto triste. “Ahi amore fai piano...” Si lamentò la bionda, la guerriera di Nettuno sembrò tornare in sé.

“Oh... scusa tesoro. Faccio più piano.” La guardiana del Tempo aveva già un piano in mente. “Ora agiremo così: prima di tutto dobbiamo informare gli altri su quanto accaduto. Poi dobbiamo organizzare dei turni di ronda... i demoni non verranno a trovarci in casa, dobbiamo cercarli noi. E preghiamo di riuscire a sopravvivere per i prossimi novanta giorni.” Novanta giorni. Sembrava quasi un eternità di tempo dal loro punto di vista. Quello stesso giorno Setsuna organizzò una riunione a casa Outer con le altre guerriere; dopo ore di discussioni carichi di paura, angoscia e speranza, furono tutte informate e decisero come muoversi. “Direi di formare gruppi misti. Più è grande la varietà di poteri all’interno del gruppo di ronda, maggiore sarà la possibilità di vincere.” Disse Ami consultando il suo palmare. “Ami non ti smentisci mai, sei un genio.” Disse Minako sorridente, poi Usagi prese parola.

“Pensavo una cosa... se nemmeno io sono stata in grado di fermare tutto questo, come riusciremo a fermarli?” Il suo tono era veramente triste ed abbattuto.

“Usa, coraggio, non sta a noi risolvere la situazione stavolta. Dobbiamo solo resistere fino al ritorno di Noa, poi toccherà a lei.” Disse calma Makoto rassicurando un poco la principessa dai capelli dorati, poi Ami riprese a parlare. “Da quanto le Outer ci hanno riferito questi demoni sono veramente forti, tanto che in quattro a malapena sono riuscite a tenergli testa. Dobbiamo limitare il più possibile il dispendio energetico, quindi proporrei di formare ronde di quattro elementi. Chi inserire nelle ronde sarà deciso in base al vantaggio che potremmo ricavare da ogni singolo potere e in base alla disponibilità o meno dei componenti. Dopotutto è una guerra, e alcune di noi potrebbero venire ferite in modo grave...” Annuirono silenti. 

“Visto che siamo qui...” Disse ad un tratto Rei ferma. “... potremmo fare una prima ronda di prova tutte insieme. Anche perché, in questo modo, possiamo individuare possibili nascondigli e zone tattiche.” Il gruppo sorrise e approvarono l’idea della guerriera di Marte, così si prepararono e uscirono di casa alla volta della città.

Passeggiarono come vecchie amiche di scuola comportandosi nel modo più naturale possibile, ma tenevano sempre lo sguardo vigile; passò qualche ora e dei demoni ancora nessuna traccia: setacciarono tutto il centro urbano, fino ad arrivare al parco cittadino, dove molte famiglie si stavano godendo la giornata di sole con i loro figli. Improvvisamente un boato squarciò l’aria strozzando le risate dei bambini che giocavano in sicurezza e un’orda di demoni iniziò a seminare il terrore: i genitori scapparono con i figli come poterono, alcuni non ce la fecero e furono brutalmente uccisi davanti agli occhi terrorizzati dei piccoli che, agghiacciati e pietrificati, venivano facilmente fatti fuori dai demoni.

Alcuni bambini non si rassegnavano a vedere le loro madri e i loro padri sventrati da quei mostri e cercavano di salvarli con le loro piccole forze, lanciando sassi, urlando. Qualcuno piangeva sul corpo del genitore fatto a pezzi, un lago di sangue bagnava il verde di quel bel parco dove un tempo quelle creature così innocenti erano felici: uno spettacolo macabro e terribile, tanto che ad Haruka tornò in mente l’immagine della guardia di Urano fatta a pezzi nel suo giardino. 

“Dobbiamo farli fuori SUBITO! Non si fermeranno davanti a niente!” Urlò furiosa la guerriera di Urano e tutte si trasformarono pronte alla battaglia: le ragazze dovettero combattere tra i cadaveri di bambini e di genitori in una landa di morte, il potere di quei mostri era sempre una spanna sopra quello delle Sailor, tanto che accusarono duramente il colpo. Dopo quasi dieci minuti di combattimento incessante, le guerriere riuscirono spuntarla proprio per un pelo; ferite nel corpo e nell’anima guardarono ammutolite quei corpi privi di vita, martoriati, mutilati. 

“Tutto questo è folle… tutto questo è assurdo...” Disse in lacrime Michiru con un filo di voce: troppa la disperazione, troppo l’orrore di quel campo di battaglia. Non potevano far altro che piangere. Le sirene delle ambulanze le risvegliarono dal loro torpore paralizzante e si dileguarono in fretta; sciolta la trasformazione rimasero in muto silenzio con la mente ferita a morte da tali immagini.

“E siamo al primo giorno…” Disse Haruka in preda alla nausea.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Giorno 30 ***


CAPITOLO 6: GIORNO 30

 

“…sento la vita scorrere via dagli esseri umani...” Noa se ne stava seduta con gli occhi chiusi in profondissima concentrazione: riusciva a percepire la linfa vitale luminosa delle persone sulla Terra nonostante fosse distante milioni di chilometri. “E’ INEVITABILE, PICCOLO DRAGO.” Una lacrima rigò il suo viso e una muta preghiera si levò in quell’aria carica di potere che faceva tremare ogni angolo del pianeta.

Passarono trenta giorni. Trenta, infernali giorni. La città era stata abbandonata circa al ventesimo giorno di assedio di quei mostri: in principio non erano molti e attaccavano raramente, poi divennero tanti, troppi, e mietevano ogni giorno sempre più vite. Le guerriere non riuscirono a contrastarli pur combattendo con tutte le loro risorse e le ronde di guardia furono un fallimento, così fecero l’unica cosa che potevano fare: con la morte e la vergogna nel cuore dovettero nascondersi per sopravvivere; se fossero morte avrebbero lasciato Noa a combattere da sola e tutto sarebbe stato inutile.

Ben presto infatti capirono un’atroce verità: i demoni non volevano gli abitanti, volevano loro, volevano eliminare ogni alleato della piccola Noa per poterla annientare più facilmente e questo non potevano permetterlo. Guardarono inermi le persone abbandonare le loro case per salvarsi e i demoni che puntualmente si prendevano le loro vite; i sopravvissuti probabilmente non sarebbero più tornati, ma almeno le ragazze erano sicure che i mostri non li avrebbero inseguiti: se rimanevano in città i demoni avrebbero continuato a cercarle lasciando in pace i poveri cittadini e così, infatti, fecero; decisero di rimanere separate per dare meno nell’occhio e, nonostante le loro case erano malridotte, erano ancora abitabili, quindi per il momento non dovevano cercare una nuova sistemazione. Il problema era procurarsi i beni di prima necessità: vicino a casa Outer c’era un supermercato ormai abbandonato; dovevano resistere altri trenta giorni e le strade erano invase da orde di demoni che volevano la loro testa, e ogni volta che dovevano uscire per prendere da mangiare dovevano studiare a tavolino i percorsi migliori e i migliori nascondigli per non farsi scoprire.

E ogni volta poteva essere l’ultima, potevano morire in ogni momento: quando i demoni le scoprivano iniziava una guerra disperata per sopravvivere; erano troppi e troppo forti, l’unica possibilità era fuggire e pregare di seminarli, ma fuggire voleva dire anche soffrire la fame per un altro giorno. Le strade puzzavano di morte: centinaia erano i cadaveri sparsi per la città di coloro che non erano riusciti a fuggire in tempo; corpi mutilati invasi da vermi e ratti, sangue a pozzanghere bagnavano l’asfalto e un panorama di desolazione riempiva gli occhi e il cuore delle Sailor. Ogni giorno ad attenderle c’era una macabra provocazione, un ultimatum tanto terrificante che spesso non aprivano neanche le finestre per far entrare un raggio di sole pur di non vederlo: i demoni avevano decapitato le teste di molti cittadini e le avevano piantate su delle picche in giro per la città; corpi di uomini, donne e bambini erano impiccati agli edifici e lasciati lì appesi come messaggio di sfida per le guerriere, l’odore poi era insopportabile nelle giornate di sole.

Quella mattina le Outer si svegliarono presto per controllare la scorta di provviste e si accorsero che stavano finendo, così si riunirono intorno al tavolo per pianificare la strategia migliore per uscire di casa: Hotaru dormiva inquieta nel suo lettino, mentre le altre apparivano distrutte fisicamente e mentalmente. Setsuna aveva contusioni un po’ ovunque sul corpo e se ne stava spesso da sola a contemplare le cartine della città: tutto l’orrore che aveva visto in quei giorni che sembravano eterni la stava uccidendo tanto lentamente quanto dolorosamente e doveva tenere la mente occupata per non impazzire; qualche volta si lasciava andare a pianti tanto convulsi che Haruka e Michiru erano costrette a darle dei calmanti molto potenti che fortunatamente avevano in casa. 

Le guerriere di Urano e Nettuno non se la cavavano meglio: avevano ferite superficiali di poco conto, ma ciò che le distruggeva era la mancanza di sonno: infatti erano circa dieci giorni che praticamente non dormivano, quando una riusciva ad addormentarsi era puntualmente perseguitata dagli incubi terribili di ciò che avevano visto in quei giorni e l’altra, che non se la sentiva di lasciare l’amata in balia di quei sogni terrificanti, le stava accanto e cercava di calmarla, di conseguenza non dormivano nessuna delle due. La piccola Hotaru aveva smesso di parlare e pareva come morta, Setsuna credeva che sicuramente era dovuto allo shock.

Col viso smorto e gli occhi assenti, le tre guardarono la cartina e discutevano: il senso di colpa le divorava ogni giorno e si sentivano delle codarde; le Inner non se la cavavano meglio, ma dovevano rimanere separate. Quella volta sarebbe toccato ad Haruka e Michiru uscire, così si recarono in camera loro a cambiarsi di abito; una volta pronte si guardarono profondamente in quei occhi così stanchi e doloranti che non sembravano quelli di persone vive. 

Si baciarono forse per l’ultima volta e si accarezzarono dolcemente. Improvvisamente Hotaru fece irruzione nella stanza e si buttò addosso alle due piangendo disperata: anche se non parlava le due sapevano benissimo cosa voleva dire e la abbracciarono forte; le diedero un bacio sulla fronte e la guardarono sorridendo. “Dobbiamo andare amore... torniamo presto ok?” Disse Michiru trattenendo le lacrime e Haruka si mise in ginocchio davanti alla bambina. “Tu devi rimanere qui con mamma Setsuna, ha bisogno di te.” Hotaru annuì singhiozzando e la portarono in cucina dove la guerriera di Plutone le stava aspettando.

Non parlarono: si abbracciarono tutte e tre con la speranza di rivedersi ancora, poi le ragazze uscirono. Passi felpati e occhi sempre vigili: avevano scelto un percorso tortuoso tra le case dei vecchi vicini; superavano veloci siepi, giardini e piscine, a volte i padroni di casa erano ancora dentro le loro dimore trucidati nei loro letti. Arrivarono all’incrocio dove si trovava la vecchia sala giochi tanto adorata da Usagi e ormai semi distrutta; avvicinandosi caute intravidero due figure: si nascosero pensando che fossero demoni, poi guardando meglio e riconobbero Rei e Makoto. Haruka attirò la loro attenzione con piccoli suoni e, nascoste dietro una casa, si abbracciarono teneramente. 

“Che ci fate qui? Non avete il centro commerciale vicino il tempio?” Chiese a bassa voce Michiru e Rei spiegò la situazione. “Ci hanno beccate tre giorni fa; nel casino il centro commerciale è andato distrutto, così siamo costrette a venire fino a quaggiù.” “Beh allora venite con noi. Se volete possiamo individuare una sistemazione per voi che sia più vicina al supermercato.” Haruka sorrise leggermente e Makoto ricambiò il sorriso.

“Magari ragazze! Ci salvereste la vita. Letteralmente.” Annuirono, poi si mossero insieme per raggiungere la meta. “Come stanno le altre?” Chiese la bionda mentre avanzavano silenziose. “Stanno bene, più o meno. Qualche ferita di poco conto e tanta paura.” Rispose Makoto seguendo il gruppo, poi intravidero l’edificio. “Ci siamo quasi.” Si divisero ed avanzarono su due lati: testa bassa e passi leggeri come piume riuscirono ad arrivare all’entrata quando sentirono un rumore dietro di loro. Si girarono di scatto tutte e quattro ma non videro nulla. I loro cuori battevano all’impazzata nei loro petti, il sudore imperlava la loro fronte. Decisero di trasformarsi anche se era abbastanza pericoloso perché potevano essere viste ed esplorarono la zona: i dintorni sembravano sgombri, così aprirono la porta per entrare con Michiru in cima al gruppo. Un ruggito ruppe il silenzio e un demone schizzò fuori dalla porta con lame al posto delle mani: la violinista non fece in tempo ad urlare che quello le squarciò il viso trafiggendo l’occhio sinistro.

Agonizzante e grondante di sangue cadde a terra in preda al dolore con le mani sul volto e ben presto arrivarono altri demoni urlando come furie cieche. Haruka fece rimettere in piedi Michiru che dovette far conto sull’unico occhio che ancora vedeva e iniziarono a combattere disperatamente: la bionda schivava a fatica i loro fendenti; evitò uno di quelli e tranciò di netto un demone con la sua fidata spada. Mentre sangue e viscere uscivano copiose da quel corpo infame, altri sopraggiungevano come orde infinite; Makoto ne aveva folgorati un bel po’ giocando molto di arti marziali nelle quali era molto portata: parava e colpiva, schivava e contrattaccava con abile maestria, mentre Rei si era posta in una zona sopraelevata per poter fare il cecchino con il suo arco infuocato. Un dardo fiammeggiante colpì dritto in testa un demone squagliandoli la scatola cranica e tutto ciò che c’era dentro; Michiru era in estrema difficoltà visto che aveva un occhio fuori uso e infatti presto fu messa con le spalle al muro: uno dei nemici la stava per trapassare da parte a parte quando Haruka fu miracolosamente più rapida e lo trafisse per prima; la situazione stava degenerando, così Rei ordinò la ritirata.

La bionda usò l’energia rimasta per sfoderare un World Shaking abbastanza forte da stordire i nemici e permettere la fuga, ma mentre cercavano di scappare Rei fu afferrata e fu trafitta al ventre; la ragazza urlò con voce strozzata e il sangue sembrò un fiume in piena. Haruka, che si trovava più vicina delle altre, corse in suo aiuto e decapitò con un colpo il mostro afferrando la guerriera di Marte al volo: Makoto la prese in braccio e la bionda le fece segno di fuggire il più in fretta possibile mentre lei li distraeva con Michiru. Esprimendo eterna gratitudine con lo sguardo la guerriera di Giove fuggì via mentre le due Outer continuavano a combattere. Dopo alcuni minuti un demone afferrò Haruka per il braccio destro e la strinse finché la ragazza non fu costretta a lasciare cadere la lama a terra; il dolore era atroce e urlò forte quando il demone, godendo delle grida della guerriera, fece leva sulle gambe e le spezzò di netto il braccio provocando tanto dolore che la bionda quasi perse i sensi.

Michiru, sentendo quelle urla terrificanti, diede fondo a tutte le energie rimaste e creò uno tsunami che travolse tutti i nemici insieme: non era certo sufficiente ad ucciderli, ma almeno avrebbe avuto un po’ di tempo per recuperare Haruka e fuggire via. “Amore lo so che fa male ma dobbiamo correre, muoviti!” Con le lacrime agli occhi la bionda si alzò urlando la sua agonia e iniziò a correre trascinata dall’amata: il braccio a penzoloni che cadeva sul fianco della ragazza era segno che l’articolazione era completamente andata e il braccio era tenuto insieme solo dai muscoli e dai tendini, difficilmente lo avrebbe salvato. Sciolsero la trasformazione per non far percepire la loro energia ai demoni e corsero, corsero, corsero.

Michiru era consapevole che forse avrebbe perso l’occhio e che sarebbe rimasta sfigurata ma doveva continuare a vivere, doveva farlo per la donna che amava e per la sua famiglia; il sangue grondava copioso e sentiva le forze abbandonarla, ma continuò a correre. Quando arrivarono a casa non ebbero neanche la forza di controllare se qualcuno le avesse seguite ed entrarono nell’edificio cadendo rovinosamente a terra, il terrore di Setsuna e Hotaru negli occhi. La guerriera di Plutone portò Michiru immediatamente in bagno per cercare di curarla: nonostante le sue conoscenze mediche era una situazione critica e gli strumenti che aveva in casa erano inadeguati, iniziò a sudare freddo dalla paura. Haruka si trascinò sul divano aiutata da Hotaru che piangeva a dirotto non sapendo cosa fare.

Il dolore fu troppo intenso per la povera guerriera di Urano e perse i sensi con un solo pensiero in testa: mancavano altri venticinque fottutissimi giorni e Noa sarebbe tornata.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Giorno 85 ***


CAPITOLO 7: GIORNO 85

 

Era arrivata la mattina dell’ottantacinquesimo giorno: una debole luce fioca penetrava dalla finestra ormai semi distrutta e l’aria era insolitamente fresca; Michiru, come ogni mattina, si accingeva a preparare la colazione, mentre Haruka si intratteneva con la piccola Hotaru in attesa di mangiare. Ormai vivere era diventata una routine senza emozioni: ferite nel corpo e nella mente le guerriere arrancavano giorno dopo giorno per inerzia, come burattini in balia dei fili del destino. L’occhio candido della violinista spiccava prepotente sul suo bellissimo viso: ormai la cicatrice quasi non si notava più nonostante il leggero gonfiore rosso intorno ai suoi lembi; doveva ancora fare l’abitudine alla cecità, tanto che si offriva di fare tutte le faccende domestiche per prendere confidenza con le sue nuove percezioni spaziali degli ambienti. Dopo l’incidente Michiru non si perse d’animo, anche perché un occhio era niente in confronto a quello che i demoni avrebbero potuto farle; tutta la sua famiglia le restò vicino e la sua condizione disagiata non le pesò più di tanto.

E poi, in un clima di inerzia e insofferenza come quello che era costretta a vivere, qualsiasi disgrazia accadeva ormai scivolava via dalla sua mente come l’acqua di un fiume; non era insensibilità, semplicemente il suo corpo cercava di proteggersi da tutto quell’orrore.

Haruka invece era diventata inattiva: dopo l’aggressione si era come persa nelle tenebre, logorata dal senso di impotenza che la divorava ogni giorno. Il suo braccio purtroppo non poteva guarire senza un intervento chirurgico: quella frattura scomposta aveva completamente isolato la spalla dall’articolazione; in quelle condizioni l’arto non poteva calcificare e ricongiungersi al resto del corpo, rendendolo completamente inservibile. Con un braccio fuori uso Haruka non poteva combattere: le missioni al supermercato erano sempre effettuate da Setsuna e Michiru, mentre lei rimaneva a casa con Hotaru che ancora non proferiva parola.

Ogni piccola cosa divenne all’improvviso difficile, non tanto perché doveva usare un solo braccio, ma per il dolore che provava: il dolore delle ossa rotte era forse il più terribile che abbia mai provato e la guerriera di Urano praticamente non aveva più il braccio attaccato al corpo, cosa pericolosissima poiché non fluiva più il sangue né il midollo osseo. Setsuna quella volta fece l’impossibile per curarlo e la piccola Hotaru le infondeva ogni giorno tutta l’energia vitale che riusciva a donare per mantenere vivo l’arto, ma se non si rimediava al danno l’avrebbe perso. Così la bionda ,ogni mattina, si ritrovò a fissare l’occhio bianco dell’amata in un muto silenzio di dolore.

“... vuoi una mano?” La voce di Haruka era fredda e senza emozioni, propria solo di chi ha perso ogni barlume di speranza. “No amore, tranquilla. Ce la faccio.” Ormai in quella casa le parole erano ancora più rare della gioia. Setsuna entrò in casa con un tonfo e col fiatone: uscire da sola significava correre più veloce di un fulmine per non essere uccisi. Appena riprese fiato si avvicinò alle compagne e bevve un sorso d’acqua. “Come sta Rei?” Chiese Michiru con tono preoccupato e la guerriera di Plutone si drizzò mostrando tutto il pallore del suo volto. 

“Ho fatto il possibile. E’ un miracolo che sia sopravvissuta tanto a lungo, un vero miracolo.” Si interruppe un momento per respirare, poi ricominciò. “Ma credo che sia arrivata al capolinea. Non supererà la notte. Gli organi hanno iniziato a collassare.” Nella casa non volava una mosca: dopo mesi di guerra disperata era arrivata la prima vittima; dolore e amarezza serpeggiò nei loro cuori e, quasi d’istinto, nelle loro menti si levò una silenziosa preghiera per la loro compagna. Passarono alcuni minuti, poi Haruka prese la parola per la seconda volta in quella cupa mattina. “... oggi è l’ultimo giorno. Oggi torna Noa.” Le guerriere la guardarono stanche e annuirono: al suo arrivo avrebbe trovato morte ovunque, talmente tanta morte che le ragazze non erano affatto sicure che la piccola avrebbe retto. “Allora... sarà meglio che mi metta in viaggio. Vado a prendere la bambina su Empireo. Fate attenzione.” Setsuna si mise al centro della stanza e si trasformò; con un sorriso triste sparì davanti agli occhi di tutti e ci fu di nuovo silenzio.

Passò un ora. La guardiana del tempo ancora non si mostrava e in strada c’era un gran tumulto: orde di demoni si stavano radunando proprio davanti a casa Outer, e certamente non era un buon segno. Le ragazze rimasero immobili e in silenzio per non farsi vedere.

Passarono due ore.

I mostri iniziarono a distruggere tutte le case nei dintorni, evidentemente si erano stancati di cercare le guerriere. “E’ ora di andarsene. Veloci.” Sussurrò Michiru alle ragazze e silenziosamente si recarono alla porta secondaria uscendo con prudenza. Tenevano giù la testa camminando rasenti il muro; tempo prima avevano ideato quel piano di fuga proprio in caso i demoni le avessero trovate, il loro obbiettivo era raggiungere una cantina che le avrebbe condotte nelle fogne. Orripilante, ma necessario. Mancava ormai poco all’entrata sotterranea e le ragazze strisciavano furtive nascoste da un muretto; ogni movimento era un dolore inimmaginabile per Haruka, ma si costrinse ad andare avanti. Improvvisamente un rumore secco le pietrificò: qualcosa era proprio sopra le loro teste. Congelate nella loro posizione, le guerriere smisero perfino di respirare, mentre il demone senza occhi sopra il muretto saggiava l’aria alla loro ricerca. Quei pochi secondi sembrarono un’eternità; i loro cuori battevano tanto forte che temevano di essere sentite.

Con uno sbuffo, il mostro si allontanò. Michiru, in testa al gruppo, ammiccò alle altre incitandole a continuare a muoversi, quando una porzione di muro a pochi centimetri dalla violinista saltò letteralmente in aria atterrando le ragazze. Orde di demoni le circondarono e le guerriere furono costrette a trasformarsi e iniziò una battaglia disperatissima per sopravvivere: Haruka non era mancina e non era abile a usare la sua lama con la mano sinistra; Michiru non aveva una visuale completa dell’azione a causa dell’occhio cieco mentre Hotaru era sempre stanca a causa dell’infusione giornaliera di energia al braccio della bionda. Le loro possibilità di spuntarla erano pari a zero. La guerriera di Saturno parava e falciava non più con la fredda calma che la contraddistingueva ma con atroce disperazione negli occhi; la violinista subiva colpi su colpi poiché i mostri avevano capito qual’era il suo punto cieco, mentre Haruka si proteggeva come poteva ma sarebbe stata sconfitta entro breve. Dopo alcuni minuti di combattimento le guerriere si riunirono in formazione di guardia, ferite e doloranti. 

“Dobbiamo scappare!” Urlò Haruka in preda all’agonia mentre le altre non sapevano proprio che fare. I demoni ruggirono rabbiosi e si scagliarono contro le ragazze quando improvvisamente un bagliore di incredibile luminosità si pose tra loro e i mostri, poi si sentì un urlo.

“DRAGON CLAW!” Un rumore acuto si fece largo tra i presenti e si alzò una leggera brezza, nel giro di pochi secondi tutti i demoni stramazzarono al suolo falciati a metà. Quando la luce si dissolse, le ragazze videro Noa in compagnia di Setsuna: la ragazzina era trasformata in Senshi; le sfumature acqua marina dei suoi capelli erano state sostituite da dei veri e propri cristalli che ondeggiavano insieme ai suoi capelli e la sua fuku era di un colore cristallino. Ciò che lasciò interdette le guerriere fu la sua statura: se prima non arrivava alla vita di Setsuna, in quel momento era alta almeno quanto Michiru; in più i suoi capelli erano ben più lunghi di prima. Con viso smorto le guerriere non proferirono parola e si limitarono a fissarla; Noa le notò e si soffermò a guardarle. “La forza vitale del drago mi ha fatta crescere un po’.” Stava per sorridere quando vide la brutta ferita di Michiru e il braccio fasciato alla meglio di Haruka. Sentì la morte nel cuore. “Oh no, cosa è successo mentre ero via?”

Noa pensò che non aveva mai pianto tanto. Il racconto dei genitori fu terribile: tutta quella desolazione e quella morte intorno a lei era terrificante e, in parte, si sentiva responsabile di quelle atrocità; la famiglia cercava di confortarla come poteva, ma neanche loro erano nelle condizioni di consolare. Dopo qualche minuto la ragazzina calmò i singhiozzi e cercò di ragionare: la prima mossa da fare era curare le sue guerriere. Si avvicinò a Michiru e le mise le mani sul viso. “Il campione di Caos può rendere più forti i suoi soldati... beh io posso curarli. Siete parte della mia stessa essenza.” Una luce calda lambì la carne ferita della violinista: sentì un bruciore intenso, come un ferro rovente che brucia la pelle; cercò di resistere al dolore senza urlare e, dopo alcuni minuti, sparì a poco a poco. L’occhio tornò a vedere. “I-io... io ci vedo...” Incredula, Michiru si guardò le mani, poi strinse la figlia in un abbraccio carico d’amore. 

Quando si lasciò dalla madre corse da Haruka che implorava con gli occhi di aiutarla, Setsuna la informò delle condizioni del padre e sul suo voltò calò la paura. “Non posso guarirti qui.” Disse con voce tremante. “Papà... le tue condizioni sono critiche. Alla mamma è bastato poco ma per te... ci vorrà più tempo. E farà molto male.” Alla prospettiva di soffrire dolori atroci Haruka diventò bianca come un lenzuolo, ma se voleva tornare a combattere doveva farlo. “Torniamo in casa allora. Ora i demoni non ci sono, saremo al sicuro.” Disse la bionda con voce eccessivamente ferma, di una che voleva nascondere a tutti i costi la paura, così il gruppo tornò alla loro dimora. Sistemata la guerriera di Urano sul letto, Noa iniziò a dare direttive alle altre. “Mamma Suna, vai a prendere un panno per favore.” La guerriera di Plutone obbedì e le portò quello che aveva chiesto. 

“Ora... prendi Hotaru e portala di là. E falle sentire la musica dalle cuffiette.” Inizialmente Setsuna non capì cosa aveva in mente la figliola, poi comprese le sue intenzioni dall’utilizzo del panno e annuì. “Haruka. Resisti, ti prego.” Disse piano alla compagna, la quale le sorrise amaramente; presa in braccio la bambina la portò in cucina e, anche se la piccola protestava animatamente, le mise le cuffiette con tutte le sue canzoni preferite dell’ipod e diede l’ok a Noa.

“Mamma... prendi la sua mano e stringi forte. Ne avrà bisogno.” Detto ciò la ragazzina prese il panno e la mise in bocca al padre. “E tu mordi.” La guardò decisa e spaventata allo stesso tempo. “Iniziamo.”

Le ossa cominciarono a ricomporsi, e con esse il dolore divenne insopportabile. Haruka urlò come non aveva mai urlato in vita sua, in un modo tanto terribile che sia Noa che Michiru non poterono far altro che piangere. Setsuna aveva lo sguardo smorto e fisso sul pavimento mentre sentiva quegli urli disumani provenienti dall’altra stanza e pregò che la sorella perdesse i sensi. “Svieni, svieni, svieni, ti prego, svieni...” I tendini si rinsaldavano, la cartilagine tornò a rivestire l’articolazione e ben presto Noa si trovò davanti l’ostacolo più arduo da superare: nel momento in cui avrebbe riparato i nervi e il sangue iniziato a circolare nel braccio morente, il dolore sarebbe stato ben oltre la soglia del sopportabile. In quei minuti in cui Noa si fermò, Michiru capì e strinse ancora di più la mano di Haruka. “Amore mio ti prego non mi lasciare è quasi finita.” La bionda piangeva e urlava, tanto che ormai non aveva più voce. La ragazzina sospirò forte e chiuse gli occhi: riversò tutta l’energia vitale che serviva e il sangue riprese a fluire, portando con sé un dolore tanto forte che la mente di Haruka non lo tollerò, per la guerriera di Urano tutto divenne buio.

Il cielo era vermiglio al suo risveglio: Michiru era accanto a lei che dormiva; conoscendola doveva essergli rimasta accanto per delle ore, immobile, a guardare il suo viso sofferente. Non voleva svegliarla ma moriva dalla voglia di guardare negli occhi la donna che le aveva rapito il cuore e dirle quanto la amava. Quasi le avesse letto nella mente, la violinista si svegliò: vide Haruka sveglia che sorrideva un po’ stanca e scoppiò in lacrime; la bionda alzò lentamente il braccio ferito e le accarezzò i capelli. La vita era tornata a fiorire in quella casa. “Amore non piangere... sto bene, vedi?” Cercava di rassicurarla ma Michiru non accennava a fermarsi; improvvisamente la violinista mollò un vigoroso pizzicotto al fianco dell’amata e le venne quasi da ridere: “Haruka Ten’o, non farlo mai più chiaro? Mi hai quasi fatta morire!” La guerriera di Nettuno piangeva e rideva insieme creando un mix alquanto buffo e scatenando una risatina generale. “Ti amo lo sai?” Disse Haruka abbandonandosi al calore di quell’improvvisa allegria.

“Certo che lo so. Ti amo più della mia vita.” Michiru baciò delicatamente le labbra della guerriera di Urano con tutto l’amore che, in quei giorni infernali, non era stato concesso. Haruka la guardò negli occhi e, per un istante, vide quelli della figlia. “Noa dov’è?” Il suo tono era preoccupato ma Michiru continuava a sorridere. “E’ andata a casa delle Inner a curare Rei con Setsuna, sarà di ritorno tra poco. Hotaru sta dormendo, quindi... pensavo...” Il suo sguardo divenne quello di una volpe tentatrice pronta a divorare la preda. 

“Cos- Amore dai, per quanto mi piacerebbe sono tutta un dolore non...” Al contrario di quello che si aspettava, Michiru entrò veloce e silenziosa nel letto accanto a lei: la prese tra le braccia e iniziò a baciarla piano e a coccolarla accarezzandole la chioma dorata. “Che ti aspettavi? Che nelle tue condizioni avremmo fatto l’amore? Sei così maliziosa amore mio.”

La prese in giro con ironia sottilissima e Haruka scoppiò a ridere. Cullata da Michiru ben presto la bionda sprofondò di nuovo in un sonno colmo di bei sogni: nessun demone, nessun nemico. Solo lei, la sua famiglia e la pace.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Verso la guerra ***


CAPITOLO 8: VERSO LA GUERRA

 

Noa adorava i videogiochi: finanziata da Haruka che, dal canto suo, ne approfittava per giocare anche lei, la ragazzina possedeva tutti i giochi più in voga del suo tempo; preferiva quelli d’azione, dove combatteva mostri terrificanti o dove il pianeta era flagellato da una minaccia spaventosa e cose del genere. Mai avrebbe immaginato che le scene apocalittiche dei suoi videogiochi sarebbero diventate reali. Quasi strattonata da Setsuna, la sua corsa verso il rifugio delle Inner divenne un vero e proprio percorso ad ostacoli: macchine distrutte, macerie, cadaveri. Uomini, donne, bambini, non era stato risparmiato nessuno; l’odore nauseabondo della morte aleggiava nell’aria e la ragazzina si sentiva svenire. “E tutto questo è colpa mia...” Non poteva fare a meno di pensarlo mentre sfrecciava per le vie desolate: da Michiru aveva ereditato la sensibilità d’animo ma, al contrario della madre, non riusciva a non esternare i suoi sentimenti e le lacrime scesero prepotenti e copiose. “Noa coraggio! Rei sta morendo!” Urlò Setsuna mentre scavalcava un palo della luce abbattuto; le parole della madre adottiva la destarono dai suoi pensieri come da un sogno e cercò di concentrarsi sul suo obbiettivo: doveva salvare la vita alla sua amica.

Si asciugò le lacrime con la manica della felpa e accelerò il passo; dopo una buona mezz’ora senza incidenti arrivarono finalmente a casa Inner: era la casa di Makoto; nonostante i danni era ancora in piedi, inoltre era ben nascosta dai palazzi intorno. “Un nascondiglio perfetto.” Pensò Setsuna mentre correva verso l’ingresso sbarrato, poi si fermò di colpo e fischiò due volte. Dalla finestra rotta fece capolino Minako la quale, appena vide Noa, spalancò gli occhi e scoppiò in lacrime. Si sentì un forte rumore secco e la porta si aprì lentamente. “Presto! Rei se ne sta andando...” 

La guerriera di Venere faceva segno di entrare e le due guerriere si ritrovarono davanti una scena straziante: le ragazze erano tutte intorno alla guerriera di Marte morente; Mamoru cercava di consolare Usagi come poteva, ma la principessa sembrava piangere da ore, le altre ormai aspettavano il trapasso dell’amica. Noa sentì il suo cuore stringersi in una morsa gelida ma cercò comunque di mantenere il sangue freddo leggendario che contraddistingueva sua madre. “Fatemi spazio!” Urlò la piccola Sailor spostando quasi a forza le compagne: Setsuna si sistemò accanto alla figlioccia per aiutarla in qualsiasi cosa le fosse servito; la guardò in viso e notò che il suo sguardo era totalmente cambiato da pochi minuti prima. “Ha gli occhi di Haruka. Si è trasformata in un tornado.” Usagi guardò sbigottita le due ragazze e si gettò in ginocchio davanti a loro.

“SALVATELA, VI PREGO!” Davanti a quella disperazione, Noa non poteva far altro che annuire decisa. Notò che Rei era semi-incosciente, quindi poteva andarci pesante fin da subito, non che avesse scelta in effetti. Iniziò a infondere energia vitale con la forza di un fiume in piena: doveva riparare immediatamente le ferite agli organi vitali, poi poteva dedicarsi al resto. Durante il processo la sacerdotessa mugolava qualcosa; dopo alcuni minuti da semi-incosciente divenne cosciente e iniziarono le urla strazianti. “Datele qualcosa da mordere!” Ami scattò come una cavalletta e afferrò al volo una maglietta, ne afferrò la manica e la mise nella bocca dell’amica che azzannò con forza attutendo anche un poco le urla. 

Le altre ragazze guardavano impotenti la loro compagna soffrire dolori atroci, Usagi piangeva in preda al panico. “Resisti Rei, RESISTI!” Noa continuava il suo lavoro cercando di ignorare le grida: tratteneva a stento le lacrime, ma se voleva salvarla doveva assolutamente continuare; Setsuna dapprima rimase inattiva accanto alla piccola Sailor, poi dovette dar fondo a tutta la forza che aveva per tenere la guerriera di Marte ferma, poiché si dimenava dal dolore. Dopo venti minuti infiniti il processo ebbe finalmente termine: Rei giaceva esausta sul divano ove si trovava da parecchi giorni; nel giro di pochi secondi si addormentò profondamente ma era quasi del tutto guarita. Noa, esausta quanto l’amica, cadde sul freddo pavimento ansimando dalla fatica; sudava e aveva il cuore a mille. Le altre piansero dalla felicità e si avvicinarono tutte alla ragazzina che sorrideva soddisfatta. “Ce l’ho… fatta. Beccati questo, Morte!” Scoppiarono tutti in una risata generale.

Setsuna e Noa si fermarono con le Inner per qualche ora: erano stanchissime, inoltre volevano accertarsi delle condizioni di Rei prima di ripartire. La guerriera di Plutone era fiera della sua bambina, un orgoglio tanto grande da cancellare per qualche ora le oscenità e la depravazione che affliggevano la sua mente ed il suo cuore. La ragazza aveva visto più morte in quei ottantacinque giorni che in una eternità di guardia ai cancelli del Tempo. Le Inner raccontarono il loro giorni passati come topi in gabbia: imboscate evitate per un soffio, ferite e combattimenti erano una realtà quotidiana che Noa non avrebbe mai immaginato nemmeno nelle più brutte delle ipotesi. Si sentì annientata oltre che responsabile. “Noa... ascoltami piccola, non è colpa tua.” Disse dolcemente Ami alla ragazzina. “Pensaci bene: con o senza di te, queste cose sarebbero successe lo stesso. Purtroppo è così... e anzi, la tua presenza qui è essenziale. Tu puoi evitare che muoiano altre persone!” Rassicurò Makoto vicino a lei, poi Usagi parlò annuendo all’amica.

“Noa. Non permettere che le vite di quelle persone siano state spezzate invano.” La piccola Sailor guardò la guerriera della Luna dritta negli occhi e sentì un torpore caldo pervadergli il corpo: la speranza era tornata a fluire nelle sue vene. “Ha ragione, Princess...” Ad un certo punto Rei si mise seduta sul divano scrutando l’ambiente intorno a sé. “Oh no... sono ancora in questo orrido posto...” Sbiascicò scocciata la sacerdotessa scatenando l’ilarità dei presenti. “E dove credevi di essere? In un hotel a cinque stelle?” Disse Makoto ironica, Rei sbuffò accennando un sorriso, poi si voltò verso Noa e Setsuna. “Ehi... grazie per avermi salvato la vita. Mi hai riparato un bel buco signorina.” La ragazzina sorrise fiera e Setsuna non fu da meno. “Dopotutto è la mia figlioccia, è normale che sia straordinaria.” La guerriera di Plutone se la stava chiaramente tirando. “Oh oh, ma guardatela come si pavoneggia la vecchietta!” Scherzò Minako facendo ridere i presenti.

Tre ore dopo tornarono a casa. Quando rincasarono trovarono Haruka, Michiru e la piccola Hotaru strette in un abbraccio solido e rilassato; il volto della guerriera di Urano era sereno come non lo era da mesi ormai. Il rumore causato dalle due guerriere svegliarono la famigliola. “Buongiorno!” Urlò allegra Setsuna beccandosi la occhiatacce assassine dai famigliari. Hotaru corse giù dal letto e si buttò tra le braccia della sua mamma. “Hotaru, amore mio!” Le diede tanti baci sul viso scatenando le risate della piccola, poi guardò Noa. “Hai salvato il papà e Rei. Grazie sorellona!” Per la prima volta dopo mesi di silenzio, la guerriera di Saturno aveva finalmente parlato e le ragazze la guardarono piacevolmente stupite, Noa arrossì parecchio. “Tecnicamente sei tu la sorella maggior-“ In un attimo la piccola di casa Outer si era buttata addosso alla sorella che la strinse felice tra le sue braccia. Dopo che Hotaru tornò da Setsuna, Haruka e Michiru ammirarono la figura della figlia: così bella e atletica, pareva una vera e propria dea.

Noa le guardò con aria stanca e sollevata allo stesso tempo e si buttò nel letto matrimoniale in mezzo a loro. Setsuna e la piccola la seguirono: in quel momento tutta la famiglia si strinse in un caldo abbraccio. “Come va il braccio papà?” Chiese la ragazzina appoggiando la testa accanto a quella della bionda. “Va alla grande. Tra cinque giorni farò fuori ogni demone che mi si parerà davanti.” Disse trionfante Haruka, poi Noa si girò verso Michiru e le scrutò con attenzione l’occhio un tempo ferito. “Riesci a vedere bene mamma?” La violinista le sorrise dolcemente e annuì. Dopo alcuni minuti di silenzio Noa parlò. “Come faremo a ricostruire la città? Ma soprattutto, come faremo a convincere gli abitanti a tornare dopo tutto quello che è successo?” Le ragazze ci pensarono per un poco, poi Haruka le rispose ironica. “Figlia mia, pensiamo prima a sopravvivere, qualcosa ci verrà in mente. Al massimo spargeremo volantini pubblicitari.” Scoppiarono a ridere e, almeno per quella sera, non pensarono più a nulla se non a stare insieme.

I giorni successivi furono tranquilli: Noa raccontò della sua esperienza con drago e di come si era svolto l’addestramento; cercarono di riposarsi il più possibile ma, soprattutto, volevano passare più tempo possibile insieme. Dopotutto, da quella guerra potevano uscirne morte.

“Allora? Cosa hai fatto su Empireo?” Chiese Michiru mentre preparava la colazione alla famiglia. “Uhm, a dir la verità per i primi quaranta giorni non ho fatto molto... sono rimasta seduta a meditare.” Disse azzannando una frittella. “Seduta a... meditare?” Chiese Haruka perplessa. “Si papà. Abbiamo fatto tutto lavoro mentale sai… energia vitale. Praticamente io cercavo di ampliare il mio volume di energia fino ai limiti del mio corpo e il drago cercava di farmeli superare. In questo modo il mio potere diventava grande come il suo. Poi ho passato il resto del tempo ad esercitarmi.” La guerriera di Urano pareva non capire e Setsuna si scomodò a spiegarle con calma. “Sei proprio una testona Haru! Se il suo potere diventa uguale a quello del drago, potrà combattere con tutta la sua potenza senza rischiare di autodistruggersi. Hai capito?” Il volto di Haruka si illuminò. “Ah, AAAH, ma certo che ho capito. La mattina non connetto subito.” Sorrise imbarazzata poi si rivolse alla figlia. “Noa, ti va se dopo ci alleniamo un po’?” “Ok papà. Preparati a perdere.” Disse sorniona la ragazzina, tanto che Haruka sentì lo spirito di competizione salirle nel petto. “Questo lo vedremo, marmocchia!”

Arrivò il novantesimo giorno. In quei cinque giorni le Inner e le Outer si erano tenute in stretto contatto per sapere come andavano le cose: Rei stava bene ed era pronta all’azione; le sue ferite erano completamente guarite e le ragazze avevano ritrovato la voglia di combattere. A mezzogiorno, come d’accordo, si ritrovarono al centro della città ormai desertica: nemmeno un demone in vista. Erano tutte trasformate e pronte ad agire; in fila una accanto all’altra aspettavano il nemico. L’aria era pesante e si poteva sentire i battiti del cuore di ognuna di loro. Minako guardò Noa in prima fila e le si avvicinò. “Non hai paura?” Chiese dolcemente. Noa si girò e le sorrise. “Si, certo che ho paura… però” Indicò intorno a sé. “non posso permettere che tutto questo rimanga impunito. Quell’essere spregevole dovrà pagare.” La guerriera di Venere la guardò soddisfatta e tornò al suo posto. Alcuni minuti dopo ci fu boato: un portale nero come la pece si spalancò davanti a loro; orde di demoni iniziarono a scorazzare in giro in cerca di prede e un ragazzo dai capelli neri e gli occhi di fuoco apparve in tutta la sua ferocia. Smisero tutte di respirare.

“Finalmente ci rivediamo… Drago Custode.”

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Come fenici ***


CAPITOLO 9: COME FENICI

 

La paura della morte si poteva quasi toccare con mano nell’aria: fino a quel momento, le battaglie erano sempre state affrontate con coraggio dalle Sailor, consapevoli che potevano rimetterci la vita. Nello scontro contro Galaxia, Haruka e Michiru sapevano benissimo che non ne sarebbero uscite vive, ma proprio perché erano coscienti del pericolo non esitarono neanche un momento. Stavolta era totalmente diverso: se prima potevano contare sulla potenza di Usagi, in quel momento sapevano che se qualcosa fosse andato storto, la loro principessa non avrebbe potuto fare niente per salvarle; inoltre la vita di una bambina, della loro bambina, poteva stare per essere immolata per la pace dell’umanità.

Novanta giorni di terrore puro poi, contribuirono ad alimentare la paura della morte, a rendere le guerriere deboli e paralizzate davanti al nemico: il loro lato umano e fragile era stato compromesso in modo irreparabile. Solo Noa, con occhi glaciali, si ergeva impassibile davanti a Demise, il quale non mostrava il minimo segno di umanità o di sentimenti umani: su quel volto così pallido e spettrale sfoderava un ghigno malvagio e spavaldo, tanto che la ragazza ne provò un enorme fastidio. Sotto gli occhi timorosi delle guerriere, i demoni si disposero tutti intorno al gruppo in formazione d’attacco; Haruka cercò di contarli mentalmente per farsi un’idea della gravità della situazione, ma ben presto si dovette arrendere: erano tanti, tantissimi, forse un centinaio se non di più. D’istinto strinse la mano di Michiru e levò gli occhi al cielo. “Urano, dammi la forza.” La violinista la guardò più atterrita che mai e le rivolse poche e semplici parole: “Haruka. Promettimi… promettimi che mi cercherai se dovessimo morire oggi. Che ti fiderai del tuo istinto pur non ricordando nulla.” La bionda trattenne a stento le lacrime e annuì decisa. “Certo amore. Te lo prometto.”

Non c’era paura nel cuore di Noa, ma solo tanta rabbia: una città distrutta, vite spezzate e morte ovunque, non vi era più posto per la pietà o per la bontà d’animo. L’atteggiamento della ragazzina non passò inosservato alle compagne, le quali non sapevano come interpretare quella fermezza quasi statuaria della piccola Sailor. Improvvisamente, il demone allargò le braccia e sorrise immensamente.“Siete pronti a vivere altri mille anni di oscurità? AHAHAHAHA!” Demise urlò spaventosamente fomentando la folla di demoni al suo comando, Noa non mosse un muscolo e con calma glaciale gli rispose: “Io ti ucciderò.” Come il demone sentì la sua voce, esplose in un impeto di follia omicida. “PROVACI SE CI RIESCI!”

Un ultimo sguardo volò nell’aria: tra le guerriere calò il silenzio, ma nei loro occhi c’erano parole di conforto, promesse e desideri; infine si mossero.

Il combattimento si divise subito in due fronti distinti: da una parte Noa e Demise, dall’altra le Sailor e i demoni furiosi; le guerriere dovevano far di tutto per proteggere la guerriera di Empireo dalle incursioni dei nemici, e lo stesso cercavano di fare i nemici. Per non essere disturbati eccessivamente, i due campioni si spostarono abbastanza lontani dai loro compagni: qual’ora una delle due fazioni avesse prevalso sull’altra, per il campione svantaggiato sarebbero stati guai molto grossi. In un primo momento, i poteri dei due sembravano in parità, ma ovviamente non stavano combattendo al meglio delle loro possibilità. Demise era incredibilmente forte e veloce: controllava l’oscurità ed era in grado di limitare la visibilità di Noa. Schivavano abilmente calci e pugni, creando una sorta di danza mortale di luce ed ombra. La piccola Sailor aveva dalla sua il potere del vento e dell’oceano, quindi decise di sfruttarli fin da subito. “DRAGON CLAW!” Una folata di vento spazzò il terreno creando una vera e propria falce d’aria che tagliò ogni cosa sul suo cammino.

Demise evitò agilmente il colpo, ma fu lievemente ferito ad un braccio. Guardò il suo sangue sgorgare dalla ferità e rise indemoniato. “Ma guarda… il draghetto sa combattere!” Preso dalla furia e dalla sete di morte, iniziò a bombardare letteralmente con piccole sfere oscure la piccola Noa, che cercò di schivare tutti i colpi arrancando visibilmente, fino a che non cadde a terra e guardò tutte quelle sfere pronte a colpirla. “Ocean Wall!” Un muro d’acqua enorme assorbì l’impatto dell’attacco lascandola illesa. Demise, estremamente infastidito dall’esito fallimentare del suo attacco, iniziò a perdere la pazienza: unì le mani e creò una sfera oscura che attirava a sé gli oggetti circostanti come un buco nero. “PRENDI QUESTO!” Noa sgranò gli occhi e cercò di resistere alla forza di gravità che la attirava verso la sfera oscura. “Se tocco quella cosa sono finita! Devo colpirlo per prima.” Guardò ai piedi del demone e le venne un’idea: combinando i poteri dei genitori poteva dar vita all’elemento che la caratterizzava, ovvero al cristallo. “Crystal Spear!” Sopra la sua testa si materializzarono due lance di cristallo e le scagliò contro il suo avversario; Demise fu costretto a interrompere il suo attacco e a schivare il colpo. La gravità tornò normale e Noa si rimise in posizione di guardia. “Sei furba…” Disse ringhiando il demone. “… Ma non abbastanza!”

Un alone oscuro ricoprì il suo corpo e, in un attimo, fu proprio davanti a lei colpendola con un pugno dritto nel suo stomaco. Noa indietreggiò con la bocca spalancata dal dolore e con il respiro mozzato; lui approfittò immediatamente della situazione e mise le sue mani sugli occhi della piccola Sailor. “OBLIVION!” Noa urlò e si dimenò dagli spasmi causati dal dolore lancinante che provava al viso; ansimando provò ad aprire gli occhi doloranti e provati dalle lacrime calde che uscivano prepotenti, ma l’unica cosa che vedeva era il buio. Demise scoppiò in una fragorosa risata. “Stai tranquilla, paladina della giustizia! Non sei diventata cieca, è solo il mio potere oscuro che ha spento la luce dei tuoi occhi! Tornerai a vedere solo dopo che mi avrai sconfitto, ovvero MAI! AHAHAHAHA!”

Uno, dieci, venti. Quei demoni non finivano mai, cadevano uno dopo l’altro sotto i colpi delle Sailor ma non ne volevano sapere di diminuire. “Ma quanti diavolo ce ne sono?” Urlò Makoto mentre fulminava l’ennesimo nemico. “Non lo so! Ma dobbiamo resistere!” Rispose Minako indaffarata con altri quattro demoni che le stavano dando filo da torcere; Haruka iniziava ad innervosirsi parecchio, tanto che stava considerando l’idea scatenare il potere della figlioletta. “Saturn! Puoi usare il tuo colpo qui?” La piccola Sailor la guardò col fuoco negli occhi. “No, mi dispiace! Ce ne sono troppi, e se non voglio distruggere il pianeta ho bisogno di alcuni secondi per concentrarmi, e come vedi non ho neanche il tempo di respirare!” Ami nel frattempo, si arrovellava il cervello tra una schivata e l’altra per trovare un modo per abbatterli tutti velocemente; allo stesso modo Setsuna stava vagliando ogni possibile strategia. Alla fine si rassegnarono agli eventi ed ebbero la stessa idea. “Ragazze!” Gridarono all’unisono, capendo di pensare alla stessa cosa.

“Dobbiamo combinare i nostri poteri, non abbiamo scelta!” Le guerriere guardarono le compagne riluttanti, poi annuirono: prima della battaglia infatti, avevano parlato di eventuali strategie da applicare insieme in caso di emergenza. “Dobbiamo avere un tempismo perfetto!” Urlò Setsuna agitata: infatti, se non erano coordinate con i tempi, probabilmente sarebbero state sconfitte; per questo motivo non pensò subito a quella strategia ritenendola troppo pericolosa. Tutte si misero nelle posizioni a loro assegnate e, guidate da Setsuna, iniziò l’azione. 

“Vai Michiru!” Con grande fatica, la violinista creò uno tsunami che, una volta che le compagne si fossero messe al sicuro, travolse tutti i nemici; l’attacco non ebbe nessun effetto ma non era quello il suo obiettivo: lo tsunami aveva inondato il campo di battaglia portando l’acqua a sommergere i demoni poco più sotto del ginocchio delle loro gambe. “Ora! AMI, MINAKO, ADESSO!” Sailor Venus, che nel momento in cui fu decretato di usare la strategia salì sul tetto di una casa, creò nove catene che avvolsero la vita di ogni Sailor e le portò sullo stesso tetto dove si trovava lei medesima: alcune frazioni di secondo prima di staccare i piedi da terra, Ami usò il suo potere per congelare tutta la distesa d’acqua creata da Michiru, bloccando così i demoni senza congelare anche le compagne. Urlando e dimenandosi come furie, il ghiaccio non avrebbe retto ancora per molto.

“CONVOGLIAMO TUTTI I NOSTRI POTERI IN UN UNICO COLPO!” Gridò Setsuna e, in un attimo, una sfera enorme contenente i poteri di tutte le guerriere fu lanciata sui nemici attoniti. Era questione di attimi prima che la sfera esplodesse ma ancora non era finita: il colpo era talmente forte che, sicuramente, avrebbe investito anche loro. “Hotaru!” Con un urlo straziante di fatica, la piccola creò una barriera abbastanza grande per proteggere tutte le guerriere. “SILENT WALL!” L’esplosione fu a dir poco catastrofica: in un attimo, qualsiasi cosa nel raggio di almeno un kilometro fu spazzato via; i demoni si disintegrarono sul colpo, mentre le Sailor lottavano per sopravvivere al loro stesso attacco. 

La piccola Hotaru resistette al momento dell’impatto, ma nel momento in cui l’onda d’urto raggiunse le guerriere, la barriera fu infranta e le ragazze furono trascinate via con violenza dal vento. Dopo alcuni minuti in cui tutto sembrava morto, alcune macerie si mossero e, come nove fenici, risorsero dalla distruzione. “Ragazze… siete tutte vive?...” Chiese ansimando Usagi e tutte manifestarono la loro presenza: erano tutte esauste e ferite, ma erano riuscite a sopravvivere. Sorrisero d’istinto. “Siamo delle bombe ragazze!” Gridò esasperata Rei, scatenando una risatina generale. “Dobbiamo andare da Noa. Andiamo ad aiutare mia figlia a rompere il culo a quel pallone gonfiato!” Disse rabbiosa Haruka con un sorriso così agguerrito da contagiare tutte le presenti.

Con il sole che si tuffava nel mare, quell’odissea di terrore era finalmente arrivata all’ultimo atto.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Quando la storia si ripete ***


CAPITOLO 10: QUANDO LA STORIA SI RIPETE

 

Quando le guerriere raggiunsero Noa, si trovarono davanti agli occhi un macabro spettacolo: piena di ferite sanguinanti, la ragazzina tentennava e si muoveva in modo confuso, reggendosi a malapena sulle gambe; Demise rideva di gusto mentre si divertiva a scaraventarla a terra con le sue sfere oscure, mentre Noa piangeva dalla frustrazione. Haruka, la quale arrivò per prima, assistette a quel triste teatrino e il cuore le salì in gola. “Noa! Che diavolo fai piccola?! Evita quegli attacchi!” Quando la piccola Sailor sentì la voce della guerriera di Urano, si girò freneticamente in tutte le direzioni cercando di capire dove fosse il genitore. “Papà?! Dove sei?!” Pochi secondi dopo arrivarono anche le altre compagne e, quando Demise le vide arrivare, provò una rabbia immonda degna solo del peggiore dei demoni. “COME AVETE OSATO A SOPRAVVIVERE?! L’UNICO DESTINO CHE VI ATTENDE E’ LA MORTE!”

Haruka si girò e guardò Michiru dritta negli occhi, quasi a cercare una risposta allo strano comportamento della figlia; la violinista vide Noa in condizioni pietose e la chiamò con voce rotta dallo sconforto, ma come con Haruka, anche questa volta non sapeva dove guardare. “E’ cieca.” Disse piano Ami alle compagne, le quali rimasero tutte impietrite. Setsuna guardò la figlioccia arrancare nel buio dei suoi occhi e perse la sua solita calma di guerriera. “Tu… tu, MALEDETTO!” Serrò il Garnet Rod in una presa ferrea e si scagliò furiosa contro l’avversario; condividendo la stessa rabbia della sorella, Haruka e Michiru si lanciarono insieme a lei in un assalto dettato solo dalla furia che solo dei genitori ai quali hanno ferito un figlio possono provare. “Ragazze ferme!” Urlarono le Inner all’unisono, Sailor Saturn congelata al suo posto, traboccante di rabbia. “Non... NON TOCCARE MIA SORELLA!” La bambina, che ormai aveva soverchiato lo spirito di Saturn e aveva preso il controllo, si lanciò a falce spiegata contro l’avversario, il quale non diede nessun segno di preoccupazione.

“VI FARO’ PENTIRE DI ESSERE SOPRAVVISSUTE.” Demise creò due portali dai quali uscirono altri demoni, le Outer lanciate in battaglia dovettero arrestare la loro corsa per occuparsi dei mostri; Outer e Inner si ritrovarono di nuovo fianco a fianco per combattere contro orde di demoni, ma il campione di Caos aveva altro in mente: una vendetta tanto crudele e meschina che le ragazze lo avrebbero implorato di morire. Noa sentiva il tumulto del combattimento ma non riusciva ad agire: le lacrime iniziarono a scendere copiose sul volto, quasi a voler lavare via la vergogna e il dolore di essere buona a far nulla, di causare la morte ovunque vada. Approfittando della confusione, Demise creò una nube densa e nera come una notte senza stelle, la quale si sparpagliò sospesa a pochi centimetri da terra, poi, con un rapido movimento della mano, ne attivò il potere: la nube inghiottì le gambe delle guerriere come una marea nera e, l’immensa forza di gravità al suo interno, le bloccò a terra impedendo ogni movimento. Colte si sorpresa, le ragazze si dimenavano con forza senza ottenere il minimo risultato; più passavano i secondi più la paura e il terrore salivano: erano alla mercé dei nemici. Ridendo come un ossesso, Demise ordinò ai demoni di fermarsi e si avvicinò alle guerriere. “Vi avrei detto che vi sareste pentite di essere sopravvissute. Ora guardate la vostra speranza morire!”

Colpì violentemente Noa con una sfera oscura particolarmente potente, tanto che fece volare la povera guerriera a molti metri di distanza: non un suono uscì dalla sua bocca. “Me lo merito.” Pensò la ragazzina mentre stramazzava al suolo. “NON LA TOCCARE!” Urlò disperata Michiru: provò a caricare un Deep Submerge ma fu colpita al ventre da un demone, facendole perdere il potere accumulato e strozzando il suo urlo. Sentendo la voce interrotta della madre, Noa iniziò a disperarsi. “Lasciale stare! Sono io il tuo avversario!” Continuò ad urlare in tutte le direzioni sperando di farsi sentire; Demise la guardò estremamente divertito e gli venne da pensare. “Sapete una cosa? Ho cambiato idea. Prima di farti fuori, voglio farti sentire le grida di coloro che ami e che hai portato a morire qui, oggi!” Fece un cenno col capo ai demoni, i quali iniziarono a colpire violentemente le guerriere, causando grida strazianti e fiumi di dolore. Noa iniziò a perdere la lucidità e il controllo. “…basta…” Implorò la ragazzina, ma le urla non cessavano. “Basta…” Demise, vedendo il suo odiatissimo avversario supplicare, provò una goduria immensa. Il corpo di Noa iniziò a brillare di luce e faceva fatica a respirare.

“HO DETTO BASTA!” La luce esplose dal suo corpo irradiando tutti i presenti e sciogliendo la nube nera come neve al sole, allo stesso tempo tutti i demoni divennero di cristallo e caddero in mille pezzi. Le guerriere stramazzarono al suolo ferite e Demise rimase fermo al suo posto meditando vendetta. Noa ansimava visibilmente e perse tutte le sue energie. “E così questo è il canto del cigno! Hai perso, ora ti distruggerò!” La forza di volontà di Haruka le impediva di arrendersi, così strisciò a terra cercando di fermare l’avversario come poteva. “…Fermati bastardo…” La piccola Sailor aspettava esausta la morte. “VISTE LE CIRCOSTANZE, ADESSO INTERVENGO IO.” Una voce potente e autoritaria penetrò nelle menti di tutte le guerriere. 

NOA. NON HAI AVUTO IL TEMPO DI PREPARARTI A DOVERE E QUESTO E’ IL MASSIMO A CUI POTEVI ASPIRARE. QUESTA E’ L’UNICA SOLUZIONE CHE POSSO OFFRIRTI: AUMENTERO’ LA PORTATA DEL MIO POTERE IN MODO TALE DA RENDERTI PIU’ FORTE, MA IL TUO CORPO NON REGGERA’. QUESTA E’ L’ULTIMA SPIAGGIA.” Noa respirò forte e non parlò; le ragazze rimasero spiazzate dall’intervento del drago e Haruka si raggelò: le sembrò di vivere un deja vù e con la mente tornò a mille anni prima, quando lei stessa usò quella tattica per sconfiggere i demoni che minacciavano il regno. La storia stava per ripetersi. “NOA TI PREGO NON LO FARE!” Urlò la bionda con tutta la disperazione che aveva in corpo, ma la bambina aveva ormai preso la sua decisione. Lentamente si alzò in piedi tremolante e si rivolse a Demise. “Se… se devo morire, non lo farò da sola. Tu verrai con me!” Il demone guardò la piccola Sailor e, sentendo quella minaccia così assurda alle sue orecchie, scoppiò in una fragorosa risata. “AHAHAHAHA, MA SI CERTO! E COME VORRESTI FARE?”

“Così. Drago, fallo.” Un ruggito nella testa scosse gli animi di tutte le presenti: Noa iniziò a caricarsi di energia positiva, tanto che il peso la schiacciava a terra; iniziò a tremare per lo sforzo e i suoi occhi divennero luminosi. Ogni cosa intorno a lei si trasformò in cristallo e, intorno al suo corpo, piccoli frammenti di cristallo fluttuavano nell’aria. “NOA TI PREGO FERMATI! TROVEREMO UNA SOLUZIONE, TI PREGO BASTA!” Le urla di Haruka vennero ignorate e la piccola Sailor rimase immobile: avendo ereditato i poteri dei genitori, Noa pensò che l’unico modo per sopperire alla momentanea cecità che l’affliggeva era quello di seguire le indicazioni del vento; con quel potere immenso che si ritrovò improvvisamente a gestire, riusciva a percepire anche le singole molecole d’aria che si spostavano. “E COSI’ VUOI COMBATTERE? SEI FINITA!” 

Demise non fece in tempo a spostare una gamba che Noa percepì il suo movimento e gli scagliò addosso una vera e propria bomba d’acqua; il demone, colto di sorpresa, fu colpito in pieno ma si rialzò subito. “Noa! NOA! RAGAZZE, VI PREGO, ALZATEVI! NON PUO’ FINIRE COSI’! HO VISTO COSA SUCCEDE SE SI USA TUTTO QUEL POTERE, LA MIA BAMBINA MORIRA’! AIUTATELA!” Haruka urlò con voce così rotta che alle presenti suonò quasi irreale: la guerriera di Urano non si era mai trovata nelle condizioni di supplicare, di logorarsi le corde vocali per elemosinare aiuto, ma lei sapeva, lei aveva visto, doveva impedirlo a tutti i costi, ma le sue compagne facevano fatica a comprendere la gravità del gesto che aveva deciso di fare Noa.  

“TUTTO QUI? PRENDI QUESTO!” Delle sfere oscure sfrecciarono a enorme velocità contro la piccola Sailor, la quale le schivò con estrema facilità, nel frattempo il corpo di Noa si stava consumando in fretta. “PICCOLO DRAGO, DEVI SBRIGARTI.” Noa si concentrò a fondo e ricoprì il suo corpo interamente di cristallo duro come il diamante, poi, in un battito di ciglia, era davanti a Demise che non l’aveva vista neanche muoversi. La ragazzina gli mollò un gancio dritto in faccia all’avversario, il quale accusò pesantemente il colpo visto che la mano di Noa era ricoperta di cristallo; nel momento in cui il demone provò ad contrattaccare, la piccola Sailor sparì di nuovo per apparire dietro di lui colpendolo con un calcio violentissimo: questa danza di colpi invisibili andò avanti per molti secondi, portando Demise allo stremo delle forze, poi Noa si fermò per riprendere fiato e il rivestimento di cristallo sparì. “NOA BASTA! FERMATI O MORIRAI!” Stavolta erano tutte le ragazze ad implorarla di fermarsi, avendo finalmente capito a cosa stava andando incontro la giovane Sailor, ma la ragazzina non ne voleva sapere: non c’erano altre alternative né soluzioni, c’èra solo la morte e lei lo sapeva bene. “Vendicherò tutte le vite che hai spezzato!” Improvvisamente Noa fu presa da un attacco violento di tosse e si accorse che stava tossendo sangue. “Mi rimane poco tempo…” Demise, che nel frattempo si era rialzato a fatica, non accettava di arrendersi.

“IO… IO TI UCCIDERO’! DISTRUGGERO’ TE E TUTTO CIO’ CHE AMI!” Urlò in modo agghiacciante e spese tutte le energie rimaste per creare un buco nero enorme che iniziò ad attirare tutto quello che c’era al suo interno. “SPARISCI!” Noa unì vento e acqua nelle sue mani, creando una vera e propria tempesta in miniatura. “Io sono figlia della tempesta!” La sfera così creata crebbe di dimensioni, fino a diventare grande quasi come la guerriera stessa e si trasformò in cristallo allo stato semi-liquido, quasi come il plasma; con tutta la forza che aveva la scagliò nel buco nero e ne provocò l’implosione scatenando un’onda d’urto devastante che investì il demone: “CRYSTAL SPEAR!” Capendo che era la sua occasione, Noa creò due lance di cristallo e trapassò da parte a parte il corpo martoriato di Demise, per poi venire a sua volta travolta dalla potenza dell’implosione.

Dopo che l’onda d’urto cessò, le guerriere lentamente cercarono di rimettersi in piedi e il paesaggio apparve desolato: i palazzi erano del tutto scomparsi, così come le macerie; a molti metri di distanza c’era Demise privo di vita inchiodato a terra dalle lance di cristallo e, in piedi vicino a lui, c’era Noa, immobile. Le ragazze si guardarono, incredule di aver vinto, e corsero, per quanto le era possibile, incontro alla ragazzina, la quale girò il capo e riuscì a vederle, poiché la cecità è morta insieme a colui che l’aveva causata, sfoderando un luminoso sorriso.

Guardò i suoi genitori, la sua sorellona e le sue compagne piangendo lacrime di sangue, poi chiuse gli occhi e stramazzò al suolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Epilogo: Nata per vivere ***


EPILOGO: NATA PER VIVERE

 

Tutto sembrava galleggiare intorno a lei: il cielo, le nuvole, tutto era leggero ed etereo ai suoi occhi stanchi e consumati dalla barbarie di quel mondo che aveva salvato; anche i suoni si fecero più ovattati, tanto che le sembrò di essere in un altro universo. In quello stato non si accorse delle compagne che gridavano il suo nome e che correvano veloci verso di lei; si sforzò di sorridere, ma ogni movimento le era proibitivo. 

“Mi sento andare a fuoco…” Pensò Noa mentre veniva delicatamente sollevata da terra da Haruka, la quale la guardava con occhi terrorizzati, poi la ragazzina la fissò. “Ho vinto papà…” Disse piano la piccola Sailor, con voce tanto labile che Michiru, Setsuna e tutte le altre guerriere dovettero mettersi strette vicino a lei per sentirla. La bionda rise e pianse allo stesso tempo. “Si che hai vinto piccoletta! Ora stai tranquilla, ti rimettiamo in sesto noi ok? Andrà tutto bene!” Tutte le presenti sorrisero annuendo, già pronte a festeggiare quando Noa le interruppe subito.

“No papà… Purtroppo io non guarirò… Sto morendo.” Quelle parole furono come una coltellata per le Outer, tanto che Michiru scosse la testa con vigore. “No, no, no signorina, tu vivrai eccome! In qualche modo ce la faremo!” La voce della violinista era rotta dal nodo in gola che aveva in quel momento, ma Noa non si scompose. “Il mio corpo… Sta bruciando lentamente. Sono felice così, mamma…”

Setsuna, sull’orlo del pianto, stava facendo lavorare la mente in maniera esagerata pur di trovare una soluzione, ma niente sembrava andasse bene. All’improvviso una luce soffusa uscì dal corpo della ragazzina e, quello che sembrava un drago etereo fatto di fumo, prese forma davanti a loro. “E COSI’ E’ FINITA.” Tutte guardarono il drago custode in tutta la sua imponente e autoritaria grandezza, poi Setsuna iniziò a parlare. “Sommo drago, non puoi salvare Noa?”

La sua voce era colma di tristezza. “NORMALMENTE POTREI. DOPO OGNI SCONTRO, L’ALTRO CONTENDENTE E’ SEMPRE FERITO MOLTO GRAVEMENTE E NOI ESSENZE PRIMORDIALI ABBIAMO IL DOVERE DI SALVARE IL NOSTRO CAMPIONE. MA IN QUESTO CASO NON POSSO AIUTARLA. I MIEI POTERI MI IMPEDISCONO DI CURARLA PERCHE’ NOA VIENE DAL FUTURO E NON MI APPARTIENE. NON E’NATA DA ME, MA DAL ME STESSO CHE, IN QUESTA EPOCA, HA VISSUTO PRIMA DEL SOTTOSCRITTO. MI DISPIACE.” 

Haruka e Michiru volsero lo sguardo disperato e addolorato verso la loro piccola figlioletta che, nel frattempo, respirava sempre più a fatica. “Ascoltatemi… Io non mi pento di nulla. Sono felice perché, anche se breve, ho vissuto una vita meravigliosa con voi. Ho salvato il mio tempo ed ho salvato il passato, non potrei essere più felice di così.” Haruka e Michiru erano scoppiate in un pianto inconsolabile e non si rassegnavano all’idea di dover vedere loro figlia morire. “Non puoi morire Noa! E i tuoi genitori nel futuro cosa diranno? Saranno disperati, come lo siamo noi!” Noa abbozzò un triste sorriso.

“Lo so che sarà difficile… Ma capiranno. Questa non è la fine… Io rinascerò. Qui e nel futuro. Dovete solo aspettarmi…” La ragazzina tossì violentemente sangue e tutte iniziarono a tremare. “HAI COMBATTUTO CON CORAGGIO E ONORE. IL MIO COMPITO QUI E’ FINITO. CI RIVEDREMO.” Il drago sparì in una folata di vento e lasciò le guerriere sole nella loro infinita tristezza.

“Aspettatemi…” 

Noa chiuse gli occhi ed esalò l’ultimo respiro. Immediatamente il suo corpo si fece luminescente e sparì in una luce accecante che investì tutte le presenti, lasciando le mani di Haruka vuote. “No... MALEDIZIONE! NOA!” La guerriera di Urano urlò tutta la sua furia: maledì il cielo, maledì il destino, maledì ogni cosa, con la netta convinzione che la sua stessa vita fosse una maledizione. 

“E’ tutta una maledizione... non finirà mai...” Sussurrò in preda al dolore straziante Michiru; urla di dolore assordanti si mescolarono a fiumi di lacrime quel giorno, dove l’Universo intero sembrò quasi essere privato della luce delle sue stelle.

 

“Haru… Haruka. Dai svegliati…” Michiru sbiascicava assonnata tentando di svegliare l’amata dal suo beato e dolce sonno. “Amore che c’è…” Disse la bionda alquanto irritata. “La bambina piange… Stavolta tocca a te.” Haruka grugnì qualcosa e si alzò dal letto ammirando il panorama dalla sua finestra. Era passato un anno dagli eventi che segnarono le loro vite in modo drastico e drammatico: con l’aiuto delle autorità e del governo, la città di Tokyo fu ricostruita e i suoi abitanti, seppur riluttanti, furono incentivati a tornare nelle loro case; dopo una settimana dal completamento totale dei lavori alla città nacque Noa. 

Quei mesi furono terribili: Haruka ebbe gli incubi per parecchio tempo, sognando la figlia che le moriva tra le braccia, oltre a tutto l’orrore che si era dovuta sorbire nei novanta giorni di assedio. Con il tempo e tanta pazienza, alla fine riuscirono tutti più o meno ad elaborare il lutto. Camminò silenziosamente fino alla camera della figlioletta e la guardò nella culla mentre piangeva e si dimenava. “Ecco il diavoletto di papà.” La prese in braccio delicatamente e la cullò cercando di farla riaddormentare. Dopo una mezz’ora buona, Noa dormiva beata nel suo lettino e Haruka la guardò con occhi dolci. 

“Per una volta sei nata per vivere e non per combattere.” Le accarezzò piano la guancia; una calda lacrima le solcò il viso e, per la prima volta dopo un’eternità, era una lacrima di gioia.

 

 

NOTE DELL’AUTRICE: ed è finita! Voglio ringraziare chi ha seguito questa storia iniziata tanto tempo fa e ora finalmente conclusa. Sto lavorando a un seguito per questa vicenda, visto che non proprio tutto si è risolto, quindi spero che continuiate a seguirmi ancora! Un abbraccio graaaande grande grande!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1783741