Il Drago Custode di Sinnheim (/viewuser.php?uid=132828)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Equilibrio precario ***
Capitolo 2: *** Figlia della tempesta ***
Capitolo 3: *** Speranza dal futuro ***
Capitolo 4: *** Il drago custode ***
Capitolo 5: *** Giorno 1 ***
Capitolo 6: *** Giorno 30 ***
Capitolo 7: *** Giorno 85 ***
Capitolo 8: *** Verso la guerra ***
Capitolo 9: *** Come fenici ***
Capitolo 10: *** Quando la storia si ripete ***
Capitolo 11: *** Epilogo: Nata per vivere ***
Capitolo 1 *** Equilibrio precario ***
NOTE
DELL’AUTRICE: ed eccomi qua di nuovo! Se nella prima storia
di questa serie vi
siete fatti un sacco di domande, ho una bella notizia per voi:
troveranno tutte
– o quasi tutte- risposta! Spero che anche questo mio lavoro
vi piaccia e buona
lettura :)
CAPITOLO
1: EQUILIBRIO PRECARIO
Era passata
una settimana da quella notte: Haruka continuava a vivere la sua vita
con la
sua amorevole famiglia, era tutto perfetto. O quasi. Infatti la
guerriera era
costantemente assalita dalle domande senza riuscire a darsi una
risposta: per
quale motivo aveva ricordato la sua vita precedente? Non era una
prerogativa
esclusiva solo di Setsuna quello di ricordare le vite passate? Cosa era
successo? La bionda escluse a priori di chiedere alla guardiana del
Tempo: ora
che finalmente stava vivendo una vita felice Haruka non aveva il
coraggio di
riaprire vecchie ferite. “Andrò da
lei.”
Di buon ora,
mentre le altre si
preparavano ad uscire, la guerriera di Urano uscì sul
balcone con passo felpato
impugnando il suo cellulare; senza farsi notare compose un numero e
aspettò che
il destinatario della telefonata rispondesse. “Pronto Haru?
Che bello
sentirti!” Disse una voce squillante dall’altra
parte. “Ciao Usagi. Sono felice
anche io di sentirti.” Sorrise appena, poi
continuò: “Ascoltami: mi è successa
una cosa strana e ho bisogno di informazioni. Domani posso passare da
te?
Magari te e Luna ne sapete qualcosa...” Si
appoggiò al balcone e scrutò il
bellissimo panorama: il loro appartamento infatti offriva la vista
della città
di Tokyo in tutto il suo splendore, e in lontananza proprio dritto ai
suoi
occhi c’era il mare; persa in questa vastità
attese una risposta dall’amica.
“Ma certo Haruka, sei sempre la benvenuta! E dimmi... Michiru
e Setsuna non
hanno saputo darti risposta riguardo a questa cosa strana?”
Il tono di voce
della principessa della Luna divenne incerto ed imbarazzato.
“Veramente loro
non lo sanno... preferisco non coinvolgerle.” Disse la bionda
con tono serio, e
Usagi sembrò quasi turbata dalle sue parole. “Ehm
ok... ci vediamo domani
allora. Ciao Haru!” La telefonata finì, e il senso
di tensione che provava la
ragazza si allentò.
“E
anche questa è fatta...” Sussultò al
rumore della
finestra che veniva aperta e si girò di scatto: Michiru la
stava cercando.
“Amore
che fai
qua fuori? Dobbiamo andare.” Disse la violinista scocciata,
causando una
risatina nella compagna. “Si, si, ho capito, non ti
arrabbiare. Anche perché ho
promesso di non farlo mai...” Haruka abbassò gli
occhi amareggiata, tormentata
da flash di memorie lontane, lontanissime, ma mai così
vivide nella sua mente. “Come
scusa? Comunque no, non sono
arrabbiata.” La guerriera di Nettuno si avvicinò e
la baciò sulle labbra. “Ma
se facciamo tardi al pranzo con i miei quelli ci uccidono chiaro? E
quando ci
avranno ucciso torniamo in vita e ti uccido io.” Disse calma
e pacata la
ragazza, tanto che Haruka iniziò a sudare freddo.
“Sei terrificante quando fai
così.”
La mattina
dopo erano tutte in cucina per la colazione: Setsuna e Michiru
chiacchieravano
mentre Hotaru guardava i cartoni alla tv; accanto alla piccola, Haruka
rimuginava in preda all’ansia e all’angoscia all’appuntamento
che aveva preso con Usagi.
“Papà Haruka stai bene? Hai una faccia tutta
pensierosa.” Incredibile come una
bambina così piccola potesse capire al volo una donna
criptica come la
guerriera di Urano; guardò la bambina come se avesse visto
un fantasma e le
venne da ridere: Michiru e Setsuna le stavano insegnando proprio bene,
pensò
che era davvero adorabile.
“No
piccola, sto bene davvero. Ti preoccupi sempre
per il papà vero?” Le rispose dandole un buffetto
sul nasino e la figlia
scoppiò a ridere annuendo col capo. Ad un certo punto le
Outer sentirono
bussare alla porta e Setsuna andò ad aprire, la bionda
sentì una voce famigliare.
“Pu! Sono così felice di rivederti!” Una
voce squillante e allegra riempì la
stanza, dando finalmente tregua ai pensieri turbinosi di Haruka che non
le
lasciavano respiro. “Small lady! Che bella
sorpresa!” La guardiana del Tempo
abbracciò forte Chibiusa e Hotaru corse a salutarla.
“Hota,
ciao!” “Chibiusa!” La piccola guerriera
di Saturno si gettò letteralmente tra
le sue braccia, sorridendo felice come non mai; Haruka e Michiru
rimasero a
guardare per un momento quel bel quadretto allegro, poi salutarono
anche loro
l’ospite appena arrivata. Dopo tutti i convenevoli, Setsuna
le chiese il motivo
della sua visita. “Suna, la mamma mi ha mandato a chiamarti.
Devi tornare con
me nel XXX secolo.” Quella notizia lasciarono le ragazze
perplesse e la bambina
continuò: “Ha detto che dobbiamo andare subito.
Sembrava preoccupata...”
Setsuna annuì lentamente e disse a Chibiusa che sarebbe
partita subito non
appena avesse preparato le sue cose. “Allora ragazze. Sto via
qualche tempo, ce
la fate a non distruggere casa?” Disse la ragazza scatenando
una risatina
generale. “Ma si tranquilla. Finalmente un po’ di
pace!” Disse Haruka
beccandosi un’occhiataccia da tutte le presenti, ma non ci
diede peso.
“Ci
vediamo!” Creò un portale dimensionale e prese per
mano la bambina dai capelli
rosa, sparendo davanti alle ragazze. “Chissà cosa
è successo.” Si chiese
Michiru preoccupata e Haruka la guardò perplessa: prima di
qualunque cosa
doveva assolutamente andare da Usagi quel giorno, poi avrebbe pensato
al resto.
“Vedrai che non è niente.” Era diretto
più a sé stessa che alla compagna.
Stava
camminando nel palazzo per incontrare la regina: quella chiamata
improvvisa la
inquietò non poco e si sentiva tesa come un bambino alla
prima recita. “Oh
Chronos, ti prego, fa’ che vada tutto bene.” Neo
Queen Serenity stava guardando
fuori da una finestra in tutta la sua bellezza: il suo vestito candido
e
scintillante si sposavano benissimo con i suoi capelli biondi, sembrava
quasi
eterea. Quando vide arrivare Setsuna abbozzò un sorriso, ma
era in uno stato d’ansia
in modo evidente. “Setsuna, è un piacere
vederti.” Disse la regina cordiale.
“Mia regina.” La guardiana del Tempo si
inginocchiò per poi tornare in piedi;
corrosa dalle domande le chiese cosa desiderava Neo Queen Serenity da
lei. “Ascolta
Setsuna... sono successe delle cose. Devi essere informata... e mi
servirà il
tuo aiuto.” Il cuore tremò: ogni parola
pronunciata dalla regina era una
pugnalata, ogni ‘mi dispiace’ era un colpo
all’anima, tutta quella disgrazia
inaudita era pesante da sopportare, forse troppo.
“… farò il mio dovere. Come
sempre.” Disse la guardiana del Tempo emotivamente distrutta
alla fine della
conversazione, la regina in lacrime. “Se ci fosse un altro
modo Setsuna...
Credimi... Io...” Disse con voce rotta Serenity, ma sapeva
che niente poteva
risollevare la ragazza in quel momento. “Lo so.”
Stava
aspettando da mezz’ora e ancora non si era presentata.
“Li starà salutando...”
Pensò Setsuna abbattuta, poi vide una figura avvicinarsi.
“Ciao Suna.” La
ragazzina le sorrise. “Ciao tesoro. Ce l’hai fatta
allora, eh?” Si sforzò di
sorridere, ma davanti a quegli occhi così innocenti poteva
solo star male.
“Già. Ma devo ammettere che ho avuto
paura.” Setsuna l’abbracciò forte e le
baciò la fronte. “Come stanno?...” La
guardò dritta negli occhi e la piccola si
rattristò subito. “Piangevano. Come la prima
volta... ma non si sono opposti.
Ti salutano.” La ragazzina abbassò lo sguardo ma
si sforzò di continuare a
sorridere; la guardiana del Tempo la guardò con la dolcezza
che soltanto una
madre o una sorella posso dare e cercò di trattenersi dal
singhiozzare.“Ok.
Stai tranquilla, ce la faremo. Te lo prometto.” La bambina
annuì pietosamente,
come un agnellino rassegnato al suo destino; Setsuna aprì il
portale
dimensionale e sparirono nel silenzio del mattino.
Con la scusa
di voler fare un giro in moto, Haruka uscì quel pomeriggio e
andò dritta da
Usagi: forse non la ragazza, ma Luna poteva saper qualcosa di quello
che le era
accaduto. Bussò alla porta di casa Tsukino e subito la
ragazza dai capelli
dorati le aprì sorridente. “Ehi Haru! Vieni
accomodati.” La bionda ringraziò ed
entrò in casa, per poi sedersi sul divano di fronte la sua
amica; Luna corse
dal piano di sopra e si sistemò vicino ad Usagi salutando la
guerriera di Urano
e preparandosi alla domanda che Haruka aveva da esporre.
“Allora... circa una
settimana fa ho fatto una specie di sogno. Non di quelli che facevo di
solito,
sulla fine del mondo. Era più una visione… e ho
visto la mia vita precedente.
Di quando ero principessa e vivevo su Urano.” Usagi e Luna la
guardarono
perplesse, poi la bionda continuò: “Sapete
benissimo che non possiamo ricordare
le nostre vite precedenti a parte Setsuna. Avete idea del come sia
potuto
accadere?”
Guerriera e
gatto sembravano totalmente spiazzate da quella domanda; dopo qualche
minuto di
silenzio fu Luna a rompere il silenzio. “Mi dispiace
Haruka... ma non sappiamo
cosa pensare. Una cosa del genere non è mai
accaduta.” La bionda abbassò lo
sguardo delusa: doveva continuare a sopportare quella situazione
così scomoda,
e la cosa la fece innervosire. “Va bene... fa niente, grazie
lo stesso.” Fece
per alzarsi quando il suo cellulare iniziò a squillare, il
suo come quello di
Usagi; presero i loro telefonini quasi simultaneamente e videro il
messaggio:
era Setsuna. Diceva che era una cosa della massima importanza, e che
Inner e
Outer dovevano recarsi immediatamente al tempio di Rei. Il vento
iniziò a
ululare furioso nella sua mente. “Haru, ci penseremo dopo,
dobbiamo andare.” La
bionda annuì in silenzio e si precipitò alla sua
moto.
“Mamma
Michiru... sento che sta per accadere una cosa brutta...” La
piccola Hotaru si
era recata in camera della violinista assalita dal malessere e, quando
entrò,
la vide che fissava il suo cellulare.
Guardò la figlia angosciata. “Il mare è
in tempesta.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Figlia della tempesta ***
CAPITOLO
2: FIGLIA DELLA TEMPESTA
Haruka
inforcò la sua moto e partì velocemente: Usagi
sarebbe venuta in macchina con
Mamoru che aveva chiamato subito dopo il messaggio di Setsuna; diede
mano
pesante all’acceleratore e raggiunse il tempio nel giro di
dieci minuti. “Tutta
questa storia non mi piace...” Pensò la bionda
mentre parcheggiò la moto
proprio davanti alla scalinata che tante volte aveva salito con le
altre
guerriere: le evocava ricordi di battaglie ormai passate, facendola
rabbrividire ogni volta. “Tutte le volte che sono venuta qui
era sempre
successa una disgrazia.”
Si
incamminò verso i gradini con fare ansioso, e
notò
una macchina che si stava avvicinando velocemente.
“Michiru.” Trovò parcheggio
poco distante, poi la violinista scese e prese per mano Hotaru per
attraversare
la strada; quando furono vicine si guardarono negli occhi e si dissero
tutto
quello che c’era da dire: il mare era in tempesta, il vento
era impetuoso. La
piccola era pallida e nauseabonda: quando un pericolo si avvicinava
Hotaru era
in grado di percepirlo, ma non l’avevano mai vista
così sofferente, Haruka
iniziò a preoccuparsi sul serio.
“Vieni nanerottola, ti porto io fino in
cima.”
Si fece
prendere in braccio
senza nessun sforzo e senza lamentarsi; lentamente le tre salirono le
scale e
arrivarono al tempio: ad attenderle c’erano già
Rei, Ami e Makoto, all’appello
mancavano loro, Minako, Artemis, Usagi, Luna e Mamoru. Le salutarono
con
ritrovato entusiasmo, dopotutto non erano sole in quella situazione
scomoda e
sapere ciò le faceva stare meglio; dopo alcuni minuti
arrivò anche il gruppo
mancante e rimasero in attesa. “Dov’è
Setsuna?” Chiese Rei impaziente alle
Outer, ma ovviamente non potevano saperlo. “Stai calma Rei.
Se lo sapevano ce
lo avrebbero detto.” Disse Ami pacata e tranquilla, ma
l’amica continuò a
borbottare. Improvvisamente una figura fece capolino dalle scale
accompagnata
da quella che sembrava essere proprio la guerriera di Plutone: era poco
più
alta della vita della guardiana del Tempo, portava un paio di jeans e
una felpa
blu con cappuccio che teneva calato sul viso nascondendolo; Setsuna le
teneva
una mano sulla spalla, quasi per darle forza e confortarla e si
avvicinarono al
gruppo.
“Salve
a tutti. E’ bello vedervi.” I presenti le rivolsero
il loro
saluto, ma l’attenzione era rivolta tutta verso
quell’ospite che non conoscevano.
“Ehm, ciao anche te!” Provò ad
allacciare discorso Minako, ma la figura
incappucciata ostentò il suo silenzio, tanto che la
guerriera di Venere si
sentì parecchio a disagio; Haruka continuava a fissarla con
curiosità mista a
prudenza: sentiva che era proprio quella persona la causa delle sue
percezioni
di pericolo e sicuramente Michiru pensava la stessa cosa; Hotaru
strattonò un
poco la mano della violinista e le sussurrò a bassa voce
poche parole cariche
di paura. “Mamma Michiru... quella ragazza che sta vicino a
mamma Setsuna mi fa
stare male...”
Le due
guerriere incrociarono lo sguardo ed ebbero la loro
conferma. “Tranquilla tesoro, se c’è
mamma Setsuna vuol dire che non è una persona
cattiva, ok?” La bambina annuì poco convinta, la
guerriera di Plutone
ricominciò infine a parlare. “Allora... vi starete
chiedendo chi è la nostra
ospite.” Tutti le rivolsero lo sguardo con interesse.
“Si chiama Noa, viene dal
XXX secolo come Chibiusa. Ha tredici anni ed è qui
perché... beh, ci serve il
suo aiuto.” I presenti la guardarono incuriositi, poi Makoto
prese parola.
“Aiutarci a far cosa?” Setsuna si
avvicinò ancora con Noa al seguito e cominciò
a fornire le dovute spiegazioni. “Dunque... mettetevi comodi.
Sarà una storia
lunga da raccontare.” Sempre più perplessi e
preoccupati, il gruppo trovò la
postazione che meglio trovavano comoda, poi la guerriera di Plutone
ricominciò
a parlare. “Questa storia riguarda noi... e lei.”
Indicò la ragazzina che
restava nel suo muto silenzio.
“Dovete
sapere che all’alba dei tempi vi erano
due forze in eterno conflitto: Caos e Bene. Lo sappiamo bene, visto che
fortunatamente siamo riusciti a sconfiggere Caos di recente. E sappiamo
benissimo anche che Caos non può essere mai del tutto
sconfitto, così come il
Bene non può del tutto scomparire.” Annuirono
tutti: i ricordi erano ancora
vivi nei loro cuori. “Noi abbiamo solo
‘attenuato’ quello che era Caos, in
realtà egli è ancora vivo e potente. Non possiamo
alterare il suo stato
d’esistenza. L’unico che può farlo
è il Bene nella sua essenza, poiché è
il suo
opposto; è nella loro natura, nella loro stessa esistenza lo
scontro per la
supremazia di uno o dell’altro. Ma stiamo comunque parlando
di soggetti astratti,
che fisicamente sono inconsistenti. Come potevano combattersi
allora?” Tutti la
fissarono in attesa di sapere di più, erano come rapiti.
“Dovevano creare
esseri materiali, che potessero incarnare il loro potere, e questi
esseri si
sarebbero battuti per l’una o l’altra fazione.
Nacquero così due pianeti
gemelli: uno negli antri più bui dell’universo,
l’altro proprio qui, nel nostro
sistema solare, nascosto poi agli occhi di tutti per azione delle prime
guerriere Sailor. Avevano infatti intuito che l’ubicazione di
questo pianeta
doveva essere a tutti i costi celato all’umanità,
proprio perché custode
dell’essenza del Bene. Ogni mille anni questi pianeti si
risvegliano: le
essenze prendono consistenza e generano un campione: nel nostro caso,
solo la
guerriera Sailor più adatta può essere scelta
come emissario del Bene, la più
forte e la più pura. La figlia della tempesta.” A
quel punto della storia,
Haruka e Michiru stavano iniziando a capire e iniziarono a sudare
freddo. “Si
narra che il Bene si presenti alla prescelta assumendo le sembianze di
un drago
etereo di cristallo: per questo negli antichi testi viene chiamato il
‘Drago Custode’.
Dovete sapere che chi vince lo scontro, determina lo stato in cui
vivrà l’Universo
nei successivi mille anni: se vince il Bene, si vivrà un
esistenza serena e
pacifica, come quella che sta vivendo il XXX secolo. Se vince Caos...
tutto
cade nelle tenebre, i malvagi sottomettono le masse, ogni cosa viene
dominata
dal male. Questo Haruka lo sa bene... vero sorella?”
Si girarono
tutti di
scatto verso la guerriera di Urano con aria interrogativa: la ragazza
aveva
sgranato letteralmente gli occhi e non riusciva a capire come faceva a
sapere.
Improvvisamente Noa si alzò in piedi, e per la prima volta
parlò.
“Haruka
ha
ricordato la sua vita precedente. Ha visto cosa successe mille anni
fa.”
Michiru guardò la compagna sbigottita, tanto che la bionda
abbassò lo sguardo.
“Demoni nomadi attaccarono le allora principesse del sistema
solare esterno. Ti
sei mai chiesta perché nel giro di sedici anni diventarono
così forti da
costringere te e le tue compagne a compiere quel sacrificio
così estremo?”
Haruka la guardò non più con curiosità
ma con odio: quei ricordi erano come un
frutto velenoso, ogni morso la portava pian piano a perdere conoscenza,
a
perdere la vita. “In quel periodo cadeva la battaglia tra
Caos e Bene. I loro
figli, come le sostanze che li ha generati, potevano e possono generare
a loro
volta esseri malvagi o benevoli al loro servizio. Ora capisci Haruka?
Quei tre
demoni furono reclutati dal campione di Caos, che li rese
fortissimi.”
La
guerriera di Urano iniziò a tremare: detestava farsi vedere
da tutti in quello
stato, ma il dolore era troppo da sopportare: anche le fortezze
crollano.
“Perché non mi hai detto niente?” Chiese
Michiru in pena per l’amata, ma la
ragazza non ripose, il resto del gruppo non aveva opinioni da
esprimere, era
tutto terribilmente assurdo. Noa continuò: “Tutti
i nemici che avete
affrontato. Nehellenia, Galaxia... tutti nello stesso periodo, uno dopo
l’altro.
Perché? Perché nella battaglia avvenuta nel tempo
che Haruka ha ricordato, il
campione del Bene perse. Il Silver Millennium fu distrutto, e voi
sconfitte.”
Tutto divenne chiaro, Setsuna riprese il discorso. “Ed ora
siamo qui. Il ciclo
tra poco si ripeterà, ma c’è un
problema: qualcosa, o qualcuno, ha alterato gli
eventi. Come mille anni fa, anche questa volta Caos si è
svegliato prima del
Bene. Questo significa che il campione del male è
già sul piede di guerra
mentre il campione del Bene non è ancora nato. Nel XXX
secolo, questo
combattimento è già avvenuto e per nostra fortuna
il Bene ha vinto. Il campione
del futuro è venuto qui per salvarci da Caos. Sto parlando
di Noa.” Tutti si
voltarono verso la ragazzina che non si scompose minimamente davanti a
tutti
quegli sguardi; Haruka era rimasta in silenzio in preda ai ricordi e
alle
domande, così prese parola. “Ma come ho fatto a
ricordare? Perché proprio io?”
Noa si voltò verso di lei e abbozzò una
sottospecie di sorriso.
“Sono
stata io.
In questo modo sei consapevole di quello che potrebbe succedere se non
vi
preparerete a dovere e puoi preparare le altre a ciò che vi
aspetta.” Ami
rimase in silenzio tutto il tempo, ma c’era qualcosa che le
sfuggiva in tutta
quella storia. “Ehm, chiedo scusa...” Il gruppo le
prestò attenzione. “Setsuna
ha detto che solo la Sailor più forte e pura poteva
diventare il campione del
Bene, poi l’ha chiamata ‘figlia della
tempesta’. Che cosa intendeva? E poi, la
qui presente Noa è solo una bambina, come può
essere tanto potente?” Annuirono
tutti alla sua domanda ben ragionata, dopotutto Ami prima di parlare
rifletteva
molto. Fu Noa a risponderle. “Domanda giustissima. Sono
piccola è vero... ma ho
gloriosi natali per così dire. Sapete dove si trova Empireo,
il mio pianeta? Tra
i pianeti di coloro che mi hanno fatta nascere, di coloro che tra voi
esseri
viventi dotati di semi di stella sono alcuni dei più forti
dell’Universo. Io
sono figlia della tempesta.” Si girò verso Haruka
e Michiru mentre lo diceva,
scatenando un reazione di incredulità generale.
“Oh no, ehi, non vorrai mica
dire che...” Disse Haruka con un filo di voce. Noa si tolse
il cappuccio e
tutti smisero di respirare.
“Io
nasco dalla furia del vento e del mare. Voi che
avete il cuore puro, voi custodi dei talismani, voi che siete cadute
sul campo
di battaglia in passato, siete morte nel presente e siete pronte a
morire per
il futuro. Io sono vostra figlia guerriere di Urano e
Nettuno.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Speranza dal futuro ***
CAPITOLO
3: SPERANZA DAL FUTURO
Nel
momento
in cui Noa si tolse il cappuccio della felpa scoprendo il suo volto,
l’elemento
che più colpì i presenti in un primo momento fu
proprio il suo viso: identico a
quello di Michiru, praticamente due gocce d’acqua; la forma
degli occhi era
senza dubbio quella di Haruka: taglienti e penetranti come una lama,
tanto che
era impossibile non sentirsene rapiti. Il colore delle iridi invece era
strano:
non ricordavano quelle dei genitori, erano di un celeste chiarissimo,
quasi
inesistente, così fluido e liquido che ricordavano i colori
eterei del
cristallo; si potevano notare dei riflessi verde acqua intorno alla
pupilla.
Aveva dei capelli biondissimi come quelli della guerriera di Urano,
portati
leggermente mossi e lunghi fino a sotto le spalle; il color oro era
ogni tanto
interrotto da delle sfumature acquamarina, potevano quasi assomigliare
a dei
colpi di sole. Rimasero tutti a bocca aperta vedendola per la prima
volta e
perfino i più scettici si convinsero che la ragazzina era
effettivamente figlia
di Haruka e Michiru, le due guerriere non riuscivano a darsi una
spiegazione
coerente.
“Aspettate
un secondo, cioè vi rendete conto che la cosa
è… assurda?
Non può essere figlia di due ragazze, è
biologicamente impossibile!” Disse
sconcertata Rei rivolgendosi prima a Setsuna e poi ai presunti genitori
e il
gruppo non fece altro che darle ragione. Di tutta risposta Noa
scoppiò a ridere
di gusto beccandosi tante occhiatacce nervose; Haruka notò
con sgomento che
aveva la sua stessa risata, le fece accapponare la pelle.
“Non è possibile
tutto questo, è veramente troppo. Assurdo. No,no,no, non ce
la posso fare.”
Disse amareggiata Haruka girando intorno ad Hotaru e Michiru come un
leone in
gabbia; la guerriera di Nettuno teneva stretta la mano della
figlioletta e
cercò di calmare la fidanzata, anche se calmare prima
sé stessa era davvero
un’impresa titanica. “Haruka, ti prego, smettila di
camminare avanti e indietro
come un ossessa, mi fai venire il mal di testa. Calmati un secondo e
guardala:
è praticamente la nostra fotocopia, non ti emoziona neanche
un po’? Ci sarà un
spiegazione su come sia stata concepita da noi.” Come sempre
la guerriera dei
mari era riuscita a mantenere il suo leggendario sangue freddo ed era
riuscita
a restare lucida pur sapendo che quella che rideva vicino alla sorella
era sua
figlia. Il suo sangue scorreva in lei. “Ok ,ok, mi fermo. Ma
ci deve delle
spiegazioni.” Disse allora la bionda, poi si rivolse a Noa.
“Ragazzina,
smettila di ridere e spiegami come sei venuta al mondo
perché non è
divertente.” Il suo tono era tra il nervoso e il minaccioso;
Noa smise di
ridere e la guardò con una tale intensità che
Haruka si riconobbe benissimo in
quei occhi vitrei: le venne quasi da sorridere.
“Quanta
ostilità, papà.”
Papà:
fu
come ricevere una bastonata dietro la nuca; Setsuna, che fino a quel
momento
era rimasta in silenzio, fermò Noa e iniziò a
parlare. “Ogni mille anni succede
un evento astronomico unico nel suo genere: Urano e Nettuno uniscono la
loro
orbita nel cui centro vi è Empireo; il pianeta viene
irradiato della loro
energia e la invia nel luogo in cui vi sono le guerriere di Urano e
Nettuno.
Questa nuova energia è in grado di estrarre temporaneamente
il seme di stella
delle Sailor; successivamente questi si dividono in due parti ciascuno:
una
metà rientra nel corpo delle ragazze, mentre
l’altra si unisce formando un
nuovo seme di stella, che andrà ad unirsi al corpo di una
delle due guerriere.
Per farla breve, la ragazza che custodirà il seme di stella
della prescelta
porterà avanti una ‘normale’ gravidanza.
Quindi sì Haruka, sei a tutti gli
effetti suo padre, visto che è toccato a Michiru rimanere
incinta.” E quello fu
il colpo di grazia; prese dall’imbarazzo più
totale, le due Sailor diventarono
rosse come peperoni e la guerriera dei mari cercò di
nascondere il suo viso
dietro la sua mano.
“A
casa mia non si fanno così i bambini.” Disse
sarcastica
Minako ricevendo di tutta risposta un pizzicotto da Makoto.
La
violinista provava un misto di commozione e di inquietudine allo stesso
tempo:
l’idea di diventare madre dal punto di vista biologico la
emozionava
tantissimo, ma il pensiero che sua figlia dovesse andare a combattere e
forse
poteva morire le strinse il cuore come in una morsa gelida; Haruka
invece non
sapeva che pensare, forse per paura o forse per la sorpresa e per
l’assurdità
della situazione le si bloccavano i pensieri sul nascere, aveva bisogno
di
metabolizzare il tutto. Si mise una mano nei capelli e si rivolse a
Noa. “Ma...
mille anni fa. Non sei nata da me e Michiru, ne sono certa.”
La ragazzina le
sorrise dolcemente come solo la figlia della guerriera di Nettuno
poteva fare e
completò finalmente quel puzzle così complicato e
difficile da accettare.
“Si,
infatti. Mille anni fa sono nata dalle guerriere che vi sono
precedute... erano
molto avanti con l’età e non hanno retto la
divisione dei semi di stella.
Morirono subito dopo la mia nascita... mi sono sempre sentita in colpa
per
questo. Volevo onorare la loro memoria sconfiggendo Caos, ma ero troppo
debole
e immatura.” Abbassò lo sguardo tristemente.
“... non voglio che accada di
nuovo. Non morirete tutti di nuovo per causa mia.”
L’istinto
materno prese il sopravvento: Michiru corse da lei e la strinse forte a
sé
cercando di trattenere qualche lacrima ribelle. “Non moriremo
piccola ok? Né io,
né te, te lo prometto.” La piccola Sailor rimase
piacevolmente stupita da
quell’azione improvvisa e rimase impietrita nella sua
commozione. Tutti i
presenti furono inteneriti da quella scena e Haruka fu quasi tentata di
raggiungere la figlia: ammirò il suo coraggio e i suoi
ideali, non poteva fare
a meno di provare puro e semplice orgoglio; Setsuna fece cenno alla
sorella di
tornare al suo posto, evidentemente non avevano ancora finito.
“Detto ciò, ecco
cosa faremo: Caos si è svegliato con tredici anni di
anticipo, Noa dovrebbe
nascere tra circa un anno. Di conseguenza, il campione di Caos sta
già venendo
qui a distruggerci tutti.” Il gruppo ascoltò in
silenzio. “Come vi ho detto,
entrambi i campioni possono generare o reclutare esseri al loro
servizio,
quindi non mi stupirei se, mentre il nemico è in viaggio,
qui sulla Terra i
suoi scagnozzi iniziassero a causare danni. Dobbiamo essere tutti
preparati a
respingere i demoni fino all’arrivo del campione di Caos,
dovrebbe essere qui
tra circa tre mesi. Noa verrà a stare da noi Outer ma quando
inizieranno i
tumulti lei non verrà con noi: non possiamo rischiare che
venga ferita o
uccisa, ce la dovremo cavare da soli. Riprendete i vostri Sailor
trasmettitori,
dovremo rimanere sempre in contatto tra di noi. Ci sono
domande?” Setsuna era
stata chiarissima e infatti nessuno disse nulla, poi Ami prese parola.
“Se il
campione di Caos può creare demoni al suo servizio, Noa non
può fare lo
stesso?” La ragazzina le rispose prontamente. “Si,
certo. Infatti siete tutte
qui.” Il gruppo pareva non capire. “Voi esistete a
causa mia. Siete voi
guerriere i miei ‘soldati’. Le mie
compagne.” Ami annuì piano col capo assorta
nei suoi pensieri, poi ci fu silenzio per qualche istante.
“Se non c’è niente
da dire, direi che la riunione è finita. Ci sentiremo
più tardi, guerriere.” Disse
Setsuna solenne: si salutarono tutti affettuosamente, poi ognuno prese
la
strada di casa, tutti assorti nei loro cupi pensieri; Noa si
unì alle Outer e
notò la piccola Hotaru che la scrutava con diffidenza, si
accucciò davanti a
lei e le sfoderò un sorriso luminoso. “Ciao,
sorellona! Mi fa impressione
vederti così piccola.” La guerriera di Saturno la
guardò male. “Io non sono
piccola.” Le fece la linguaccia, poi la esaminò da
vicino. “Tu... sei mia
sorella?” Chiese infine la piccola.
“Si,
sono tua sorella minore. Anche se non
sembra in questo momento. Pensa che nel futuro mi chiami
pulce.” La famiglia
scoppiò a ridere, poi Noa si rabbuiò
improvvisamente. “Ti faccio ancora male,
principessa?” Il suo tono era carico di sensi di colpa,
sapeva benissimo che la
sorella stava soffrendo a causa sua. “No, ora sto
bene!” Disse allegra la
bambina, si allungò sulle punte dei piedi e le diede un
bacio sulla guancia, Noa
arrossì leggermente. Haruka era venuta in moto,
così accompagnò le altre alla
macchina di Michiru parcheggiata lì davanti; nel tragitto
parlarono ancora un
po’. “Allora, Noa.” Disse raggiante la
violinista ansiosa di sapere tutto della
figlia. “Come siamo nel futuro? Ti trovi bene?”
Haruka ascoltava attentamente
rimanendo in silenzio.”Oh si, mi trovo benissimo, sono molto
felice. Beh, siete
uguali ad ora suppongo.” Rise leggermente. “Te e
papà mi avete insegnato a
suonare il pianoforte e il violino, adoro la musica. Ah
papà, quando vengo in
moto con te la mamma si arrabbia da morire! Dice che sono troppo
piccola ma non
è vero. Oh, te e Makoto mi avete anche insegnato le arti
marziali, ormai
nessuno è in grado battermi!” La sua voce assunse
una piccola nota di orgoglio
e fierezza, di qualcuno che è ben consapevole delle proprie
capacità.
“Accidenti! E dimmi, ti porto a nuotare con me in
piscina?” Chiese allegra la
guerriera dei mari. “Si mamma! Mi hai insegnato tutti gli
stili, sono un
fulmine!” Mamma: sentirlo faceva sempre uno stano effetto per
Michiru;
ascoltando il racconto della figlia, Haruka non riusciva a non ridere.
“E’ una
teppistella come il padre, altroché.” Disse
Setsuna sarcastica e la bionda
decise di tirarsela alla grande.
“Ehi.
Parliamo di mia figlia, è degna erede di suo
padre.” La guerriera di Urano
iniziò a sciogliersi un poco dalla tensione che la
affliggeva; stare accanto a
quella ragazzina in qualche modo la faceva rilassare come quando si
trovava da
sola con Michiru e il suo umore ne risentiva. “Mi diverto da
morire a fare
scherzi a mamma Suna con Hotaru. È una vera specialista
sapete? Prima di
partire mi stava insegnando a manipolare la mia energia per far cadere
le cose
con il vento.” Tutte si girarono a fissare la piccola che nel
frattempo se la
rideva di gusto; per qualche minuto si dimenticarono della gravissima
minaccia
che incombeva sulle loro teste, poi la domanda fu inevitabile.
“Come sei
riuscita a sconfiggere Caos?” Chiese Setsuna
apprensiva.
“Devo
ammettere che è
stata molto dura. Ho temuto di non farcela. Dovete sapere che la parte
perdente, quando Bene e Caos si scontrano di nuovo, è sempre
un po’ più debole
della parte che ha vinto in precedenza. Non è
l’elemento essenziale per vincere...
ma sicuramente aiuta. La prima volta avete pianto tanto.” Si
rattristò insieme
alla sua famiglia. “Eravate al settimo cielo quando tornai
vincitrice. Eravamo
tutti convinti che finalmente era tutto finito. Poi abbiamo saputo
della
situazione in cui eravate... Avete pianto tanto di nuovo. Io ero decisa
a tornare
nel passato per aiutarvi e voi non vi siete opposte. Anzi... mi avete
guardata
negli occhi e mi avete detto...” Tappò le orecchie
alla piccola Hotaru che non
capiva cosa stava facendo. “ ...Rompi il culo a quello
stronzo. E sono
determinata a seguire alla lettera il vostro consiglio!” Le
presenti risero
tristemente; lasciare che una figlia rischi la vita non una, ma ben due
volte
era una responsabilità enorme, oltre ad essere uno strazio
lancinante per il
cuore .
Scesero le
scale e arrivarono al parcheggio: un semplice pavimento
d’asfalto che formava una distesa deserta. Improvvisamente
Hotaru si sentì
male: il vento ululò, il mare divenne impetuoso. Nemici.
“Di già?” Urlò Haruka
prendendo la sua penna di trasformazione; le guerriere si misero in
guardia e
attesero: dei demoni ripugnanti dalla carnagione rossiccia e dal corpo
scheletrico uscirono dall’asfalto, col viso putrido e i denti
aguzzi, grossi e
lunghi artigli al posto delle mani.
Erano senza
occhi. Noa si nascose dietro una macchina: erano venuti lì
per lei, non poteva
farsi vedere. La prima cosa che le insegnarono fu proprio quello di non
esporsi
mai: da lei dipendevano le sorti dell’Universo e doveva
rimanere in vita a
tutti i costi, anche se intorno a lei le persone morivano, anche se le
atrocità
erano impossibili da sopportare. Le guerriere si trasformarono: al
combattimento partecipò anche Hotaru; il suo corpicino fu
preso dallo spirito
di Sailor Saturn e traboccava di potere. Iniziato il combattimento, le
Sailor
si accorsero subito che non erano demoni qualunque: il loro potere era
di molto
superiore alla norma ed erano molto difficili da uccidere. Furono messe
subito
in difficoltà ma non si arresero; Haruka e Hotaru brandivano
le loro lame con
estrema maestria: alternavano insieme fendenti che miravano ad
attaccare e a
proteggersi allo stesso tempo; la spada della bionda era adatta ad
abbattere
nemici vicini, mentre la lunga falce della guerriera di Saturno
falcidiava
quelli più lontani.
Setsuna e
Michiru invece puntavano di più sugli attacchi a distanza: a
turno, una
rallentava ed impediva i movimenti dei nemici, mentre l’altra
le sferrava il
colpo fatale. Sembravano orde infinite; Noa sbirciò da
dietro la macchina e
teneva sott’occhio lo scontro, improvvisamente
sentì un ruggito dietro di lei:
un demone l’aveva individuata.
Haruka la
vide con la coda dell’occhio e Hotaru
le fece cenno di andare ad aiutarla. La ragazzina, ormai vista dalla
creatura,
decise di trasformarsi e combattere, tanto ormai la sua copertura era
saltata.
“Empireo Crystal Power, Make Up!” Urlò
Noa tenendo stretta in pugno la sua
penna: un globo di cristallo avvolto da un drago dagli occhi blu
zaffiro. Il
demone si fermò impaurito, ma non successe nulla; la ragazza
si guardò
incredula. “Che diavolo succede? Perché non
funziona?!” Alzò lo sguardo e si
trovò subito il demone addosso che la fece cadere a terra:
fissò le sue orbite
vuote e sentì gli artigli puntati sul suo collo che
graffiavano la sua pelle
candida.
Tutti si
girarono e sentirono il rumore della carne trafitta.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Il drago custode ***
CAPITOLO
4: IL DRAGO CUSTODE
Noa
continuava a fissare quelle orbite vuote: pietrificata da tale orrore
non
riusciva a muovere un muscolo; erano entrambi immobili, gli artigli
puntati
alla gola, il terrore nel cuore. La ragazza sentiva qualcosa di caldo
scendere
sotto il mento, sicuramente il demone doveva aver graffiato la pelle,
il calore
si fece più intenso e lo avvertì anche su tutto
il corpo, ma stranamente non
sentiva dolore. “Mi ha trafitta?...”
Pensò Noa disperandosi; non voleva e non
poteva morire: doveva salvare l’Universo e tutte le persone
che amava, doveva
onorare la morte dei suoi genitori avvenuta mille anni fa,
doveva… doveva...
Improvvisamente
l’occhio riuscì ad andare oltre la vista di quel
corpo putrido che la stava
schiacciando sotto il suo peso e vide Haruka che stava infilzando il
mostro: il
sangue caldo che sentiva addosso fortunatamente non era il suo. Con un
calcio
poderoso la bionda scaraventò lontano dalla figlia il
cadavere del demone, la
aiutò a rialzarsi in piedi e si accertò delle sue
condizioni: effettivamente
Noa aveva riportato tre lunghi graffi poco profondi sul collo; non
avevano
reciso nessuna arteria ma il sangue usciva lo stesso copioso. La
ragazzina era
completamente sporca di sangue e aveva qualche contusione riportate in
seguito
alla caduta: stava bene, ma dovevano portarla in fretta a casa Outer.
“Accidenti... copriti la ferita come puoi e resta nascosta,
cercheremo di
sbrigarci.”
Dolorante,
Noa si teneva il collo stretto con la mano e faceva fatica a rimanere
lucida:
annuì ad Haruka che scattò fulminea ad abbattere
più nemici possibile. La
ragazzina notò che la stavano guardando tutte con aria
preoccupata, la
guerriera di Urano doveva aver informato le presenti. “Cosa
diavolo è
successo?... perché non mi trasformo,
dannazione...” Faceva più male la
frustrazione che la ferita.
“Ragazze
dobbiamo sbrigarci! Questi qui sono troppi
e noi non abbiamo tempo!” Urlò Setsuna alle
compagne mentre schivava colpi su
colpi; non sapevano come risolvere la faccenda in fretta e iniziarono a
subire.
“Guerriere, a questo punto non vedo soluzioni.”
Disse Sailor Saturn falciando
di netto uno dei demoni: le altre capirono cosa aveva in mente ma era
estremamente pericoloso. “Hotaru è meglio di no!
Se non ti controlli chissà
quanti danni causeresti!” Le parole di Michiru erano cariche
d’angoscia:
ricorrere al terribile potere della figlia significava rischiare
grosso.
“Sailor Neptune, lo vedi anche tu che qui non risolviamo
nulla! Saprò
controllarmi, io e Hotaru ci siamo allenate molto per questo. Fidatevi
di noi!”
Era questione di secondi: dovevano decidere in fretta e non
c’era tempo per
valutare i pro e i contro, annuirono all’unisono.
“Ok
va bene!
Ragazze corriamo da Noa presto!” Urlò Haruka
unendosi a Michiru e Setsuna; la
loro corsa non fu per niente facile: tre demoni avevano sbarrato la
strada al
gruppo e altri due le braccavano dal fianco; le guerriere attinsero
alla loro
forza residua e riuscirono a spazzarli via con i loro attacchi
speciali. “Via,
via, via!” Veloci come un fulmine quasi caddero a terra
quando si sistemarono
intorno a Noa; insieme alzarono una barriera, seppur debole, per
proteggere la
ragazza e loro stesse e poi urlarono forte:
“Ora
Hotaru!” Non facendoselo
ridire due volte, la piccola alzò la falce e cadde in
profondissima
concentrazione per alcuni istanti; nel momento in cui sentì
la propria energia
traboccare strinse a fondo la sua arma e la calò verso il
basso con decisione.
“Silence Glaive, Surprise!” Una bolla di potere
iniziò a formarsi ai suoi
piedi, poi come un’onda si espanse con estrema violenza
travolgendo ogni cosa:
la barriera delle guerriere resse a fatica quell’attacco
devastante e smorfie
di dolore e sforzo rigarono i volti delle Sailor; l’onda
d’urto divenne
incandescente e tutto ciò che si trovava nel raggio di dieci
metri fu
letteralmente disintegrato. Sciolta la barriera le ragazze si
accasciarono a
terra esauste, così come si accasciò la piccola
Hotaru stremata dallo sforzo;
un cratere enorme sprofondava sotto i loro piedi.
“Cavolo
Hotaru! Non ti farò
mai più arrabbiare lo prometto!” Disse ironica Noa
scatenando una risatina
sommessa generale. “Ma sentila... dice anche le mie stesse
battute...” Pensò
rassegnata Haruka, poi le quattro sciolsero la trasformazione; ancora
col
fiatone e confuse sul perché Noa non si era potuta
trasformare corsero in
fretta alla macchina di Michiru che si trovava oltre il raggio
d’azione
dell’attacco della pargoletta e partirono immediatamente.
“Haruka ti porto alla
tua moto, almeno facciamo più in fretta.” Nel giro
di una buona mezz’ora erano
tutte a casa: come arrivarono portarono subito Noa in bagno per essere
medicata: fortunatamente i graffi non erano tali da dover mettere dei
punti;
con cautela aiutarono la ragazzina a lavare via il sangue e a cambiarsi
d’abito. Prima di andare al tempio di Rei, Setsuna aveva
portato le valigie
della piccola Sailor a casa loro con vestiti e tutto
l’occorrente per una lunga
permanenza, la guerriera di Plutone si ringraziò di essere
così previdente.
Dopo che tutte ebbero superato il momento d’agitazione, si
radunarono tutte
intorno a Noa che giaceva dolorante sul suo letto sistemato in
pochissimo tempo
accanto a quello di Hotaru nel quale stava dormendo esausta, e
iniziarono a
ragionare sui fatti accaduti.
“Ti
è mai
successa una cosa del genere?” Chiese Michiru accarezzandole
la fronte. “Ahm
no... quando si manifestò il mio potere per la prima volta,
comparve il simbolo
del mio pianeta sulla mia fronte. In seguito Setsuna mi
portò su Empireo a
incontrare il drago... sapete no, io e lui siamo la stessa cosa, siamo
la
stessa entità in due corpi diversi... di conseguenza i
nostri poteri devono
essere ‘sincronizzati’ per così dire. Io
non sono nulla senza di lui, è la mia
fonte di potere.” Le cose iniziarono a farsi più
chiare; dopo alcuni minuti di
ragionamenti fu Haruka la prima a parlare. “Se siete la
stessa cosa... e nel
nostro tempo tu non sei ancora nata... il drago lo sa che tu sei qui?
Che sei
venuta nel passato?”
Un lampo
d’illuminazione balenò nelle presenti e Setsuna
si diede un colpetto sulla testa. “Ma certo! Haru sei un
genio.” La bionda la
guardò stranita. “Detto da te sembra una presa in
giro.” Michiru e Noa quasi
scoppiarono a ridere, ma la piccola non osava muovere un muscolo per
paura che
la ferita si riaprisse, la guardiana delle porte del Tempo
sospirò. “Sorella,
sei la solita. Comunque... ecco cosa dobbiamo fare: io, te e Noa
dobbiamo
andare su Empireo. Michiru, se per te va bene resterai qui con
Hotaru.” La
violinista non era entusiasta di rimanere a casa ad aspettare ma
accettò lo
stesso. “Il drago è un tipo rigido sulle regole:
in teoria dovrebbe andare solo
Noa, ma viste le sue condizioni e vista la situazione credo che non ci
sia
altra scelta. Inoltre...” Disse amareggiata Setsuna
abbassando lo sguardo. “...
se il drago non sa che sei qui, non sa neanche chi sei. Se vai
lì credo proprio
che non ti riconoscerà e ti attaccherà. Per
questo Haruka deve venire con noi...
e non possiamo lasciare le altre guerriere a combattere da sole contro
i
demoni. Ora è chiaro?” Annuirono tutte in
silenzio, poi Noa chiese quando
sarebbero partite. “Partiremo quando le tue ferite staranno
meglio. Dobbiamo
fare in fretta è vero, ma non possiamo rischiare la tua
incolumità. Ora
riposiamoci un po’, io nel frattempo informo le altre
guerriere su quanto è
successo.” Fecero per andare via e lasciare Noa riposare, ma
la ragazzina
afferrò la mano di Haruka e la trattenne un istante; la
bionda si risedette e
abbozzò un sorriso. “Grazie per avermi salvata
papà...” Quei occhi così strani
e così belli sembrarono fulminare quelli di Haruka: non si
era mai abituata a
certi atti di dolcezza, da parte di Michiru, di Setsuna o di Hotaru, e
quella
creatura così innocente, così uguale a lei, che
incarnava il Bene stesso la
guardava con quei occhi... quella era dolcezza pura. Qualcosa di
indescrivibile. “Non mi devi ringraziare. Sei mia figlia
no?” Le avvicinò il
pugno sorridendo e Noa la guardò con gli occhi lucidi,
alzò piano la mano e
batté il suo pugno contro quello della bionda.
“Ora
riposati... ci aspetta una
gita fuori porta nello spazio.”
Passò
una
settimana e le ferite si erano quasi rimarginate: come si era detto
Haruka, Noa
e Setsuna sarebbero partite alla volta di Empireo, mentre Michiru e
Hotaru
sarebbero rimaste a casa a vigilare sulla città; si
svegliarono di buon’ora e
si riunirono nel salotto di casa. “Fate attenzione, per
favore...” Disse
preoccupata Michiru, le altre annuirono. Diede un bacio ad Haruka,
abbracciò
Setsuna e accarezzò Noa sulla guancia. Aveva ormai imparato
che il futuro è
incerto e che qualsiasi atto mancato potrebbe diventare un rimorso per
tutta la
vita se fosse successo qualcosa, così non dimenticava mai di
far sentire il suo
amore per le persone che amava. La piccola Hotaru la imitò e
salutò
affettuosamente le ragazze in partenza. “Andrà
tutto bene mamma.” Disse Noa
sorridendo, poi Setsuna attivò il suo potere: un istante
prima di sparire,
Haruka fece l’occhiolino alla sua amata, poi il
silenzio.
Per evitare
problemi,
le guerriere di Urano e Plutone erano già trasformate e il
paesaggio che si
trovarono davanti era meraviglioso: era una pianura immensa, con cieli
stellati
maestosi ed erba scintillante al suolo; fu proprio quella che
destò la
curiosità di Haruka, la quale strappò qualche
stelo e se lo passò tra le dita.
Avevano un colore strano, ricordavano gli occhi di Noa: né
verdi né blu, un
colore vitreo e cristallino, sembrava una distesa di cristalli. In
lontananza
si ergeva un castello immenso dello stesso colore. “Dobbiamo
andare lì vero?”
Chiese Haruka alle due compagne. “Già. Dobbiamo
essere prudenti.” Poiché Noa
era indifesa, procedettero in fila indiana: in testa c’era
Setsuna, al centro
Noa e infine Haruka a chiudere la fila; camminarono per circa un quarto
d’ora e
arrivarono all’entrata.
Sguardi
fugaci carichi di tensione si facevano largo sui loro visi. Entrarono
piano
senza far rumore: quell’edificio era talmente mastodontico e
silenzioso che si
poteva sentire benissimo il battito dei loro cuori, perfino il loro
respiro
sembrava rimbombare pesantemente tra le mura. Continuarono ad
addentrarsi
adagio: per qualche ragione si sentivano osservate. Improvvisamente un
ruggito
feroce squarciò il silenzio e le guerriere trasalirono per
lo spavento: una
sorta di fluido cristallino iniziò a fluttuare a pochi passi
da loro, poi si
ammassò velocemente. Una coda. Delle ali. Delle zampe. Una
testa. Occhi vitrei
e talmente profondi da poterci annegare, squame luminosissime. Era
veramente
bellissimo. Lo stupore divenne terrore quando il drago
iniziò a tirare zampate
alle guerriere: Haruka riuscì ad agguantare al volo Noa e a
schivare il colpo
poderoso, ma un colpo di coda successivo le colpì in pieno
scaraventandole
lontano. Setsuna provò a parlare al drago senza successo.
“Non siamo tuoi
nemici! Ti prego ascoltaci!”
Di tutta
risposta il maestoso animale le scagliò
addosso dei cristalli acuminati che la guerriera di Plutone
schivò per un
soffio; sordo alle loro parole il drago continuava ad attaccarle senza
sosta.
In breve tempo le guerriere furono messe alle strette, e Noa non aveva
più
protezioni: approfittando del momentaneo stato di incoscienza delle due
Sailor,
l’animale si avvicinò rabbioso alla ragazza
promettendo solo minacce.
“Non
posso
più scappare...” Pensò Noa malmessa
fisicamente, ormai poteva solo affrontarlo:
si mise dritta in piedi e lo guardò dritto negli occhi,
uguali ai suoi.
Cristallo su cristallo, due facce della stessa medaglia, si trovarono
uno di
fronte all’altro; il drago lanciò il suo terribile
ruggito e si scagliò sulla
piccola Sailor inerme.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Giorno 1 ***
CAPITOLO
5: GIORNO 1
Mangiata da
un drago furioso: non era proprio quella la fine che Noa si sarebbe
aspettata
in quella vita; nonostante tutto era consapevole che anche davanti alla
morte
in persona doveva far qualcosa, doveva combattere. Andarsene con stile
diceva
Haruka, perché, essendo figlia di due donne che di stile ne
avevano da vendere
diceva lei, lei che era loro figlia ne aveva a palate. “Certo
che si fanno
pensieri strani in punto di morte.” Pensò Noa
mentre guardava inerme l’animale
scagliarsi contro di lei; Setsuna e Haruka si erano riprese ma erano
tanto
deboli per i colpi subiti che non riuscivano neanche a rimettersi in
piedi. Le
venne da sorridere. “Uccisa dalla mia stessa essenza, che
paradosso...” E
improvvisamente ebbe l’illuminazione: che il drago la
riconoscesse o no, lei
rimaneva comunque una parte di lui, e lui una parte di lei. Doveva solo
urlare
più forte dell’animale e farsi ascoltare con la
forza.
Chiuse gli
occhi e raccolse in sé tutta l’energia che le era
rimasta: doveva fare in
fretta e le venne in mente l’immagine dei suoi genitori in
lacrime al momento
della sua partenza, non poteva morire in un modo tanto barbaro. I suoi
occhi
chiarissimi divennero luminosi come se avessero vita propria, sulla sua
fronte
comparve il simbolo di Empireo: era il simbolo di Urano, colorato come
gli
occhi della ragazzina, dove alle estremità di ogni linea vi
era una punta, come
nel tridente di Nettuno. Si erse in tutta la sua esile figura per
mostrare quel
segno che ha segnato la sua breve esistenza fino a quel momento e
urlò con
tutta la forza dei suoi polmoni. “FERMATI!! ADESSO
BASTA!!” Il simbolo emanò
una luce accecante e il drago, alla vista del bagliore, si
fermò bruscamente
per poi osservare la ragazza con un ringhio minaccioso. “Io
sono Noa Ten’ō,
sono la figlia delle guerriere di Urano e Nettuno, sono la guerriera di
Empireo, la TUA guerriera! Io sono colei che incarna il bene e immola
sé stessa
contro il male!” Urlò tanto forte che si
sentì l’eco della sua voce parecchie
volte; Haruka e Setsuna faticavano a rimanere lucide ma cercavano in
ogni modo
di mettersi in piedi. Il drago, sentite quelle parole,
iniziò a parlare con
voce profondissima.
“TU
NON PUOI ESSERE LA MIA GUERRIERA. COLEI CHE E’ NATA
DALLA TEMPESTA VERRA’ AL MONDO TRA UN ANNO, SEI UN
IMPOSTORE!” Spalancò le
fauci per sputare fuoco ma Noa urlò di nuovo. “Io
vengo dal futuro! “ L’animale
si arrestò immediatamente.
“QUESTO
AVREBBE UN SENSO. NONOSTANTE NON TI HO MAI VISTA HAI I MIEI OCCHI,
PICCOLO
DRAGO.”
“Ora
placati ti prego! Sono venuta qui per chiedere il tuo aiuto e per
spiegarti cosa sta succedendo! Tu devi sapere!” Il drago
sbuffò muovendo
leggermente la coda: ogni suo movimento produceva un suono simile al
vetro
infranto, prova che il suo corpo era veramente fatto di cristallo;
guardò
rabbioso le guerriere ferite. “E QUELLE CHI SONO ALLORA?
NESSUNO OLTRE ALLA
FIGLIA DELLA TEMPESTA PUO’ STARE QUI!” Noa le
guardò allarmata e si affrettò a
fare le presentazioni. “Sono le guerriere di Urano e Plutone!
Sailor Pluto ha
la facoltà di muoversi nella struttura spazio-tempo e ci ha
portate qui. Sailor
Uranus è colei che ha donato metà del suo seme di
stella per farmi nascere. Non
far loro del male!” Il drago annuì impaziente e
fece cenno a Noa di andare ad
aiutarle. Una volta che furono tutte e tre di fronte al grande rettile,
con
grande fatica delle due Sailor, iniziarono
a informare il drago dei fatti
accaduti: ne rimase estremamente perplesso.
“TUTTO
CIO’ E’ ASSURDO, BEN PIU’
GRAVE DEGLI EVENTI ACCADUTI MILLE ANNI FA. CREDO CHE LA CAUSA DI QUESTO
TRAMBUSTO RISIEDA IN UN TRAUMA SUBITO DALLA STRUTTURA DEL TEMPO STESSO.
IO NON HO
LA FACOLTA’ DI PORVI RIMEDIO E COMUNQUE ADESSO NON
C’E’ TEMPO. FIGLIA DI
CHRONOS, QUANDO QUESTA STORIA SARA’ FINITA, SE SOPRAVVIVERETE
DOVRAI ANDARE DA
TUO PADRE A FAR PRESENTE QUESTO INCRESCIOSO EVENTO.” Setsuna
annuì piano col
capo, poi Haruka prese la parola. “Adesso cosa dobbiamo
fare?” “NOA DEVE
RIATTIVARE I SUOI POTERI. NON E’ UNA COSA VELOCE VISTO IL
FATTO CHE VIENE DAL
FUTURO E IO NON CONOSCO LA PORTATA DEL SUO POTERE. DOBBIAMO CALIBRARCI
A
VICENDA, SE SBAGLIAMO RISCHIO DI DISTRUGGERE IL CORPO DEL PICCOLO
DRAGO,
INOLTRE DEVE ALLENARSI A CONTROLLARE LA SUA FORZA. CI VORRANNO
OTTANTACINQUE
DEI VOSTRI GIORNI TERRESTRI.”
Le guerriere
si guardarono amareggiate, poi Setsuna iniziò a parlare.
“Il campione di Caos
sarà qui tra novanta giorni. Quindi ci assicuri che per
allora la piccola sarà
pronta?” Il drago schioccò le labbra.
“PRONTA NEI LIMITI DEL POSSIBILE. DOVREMO
LAVORARE TANTISSIMO E IN FRETTA, NON VI ASSICURO CHE
RIUSCIRA’ A VINCERE.” Noa
abbassò lo sguardo triste e Haruka le prese la mano per
confortarla. “Ok, va
bene. Noi sulla Terra ci organizzeremo alla meglio per respingere i
seguaci di
quel mostro mentre Noa si allena. Saranno novanta giorni infernali ma
dobbiamo
resistere.” Disse la bionda decisa, le altre annuirono.
“E se... e se non ci
riesco a vincere? E se vi accade qualcosa mentre io non ci
sono?” Disse Noa
quasi in lacrime, Haruka e Setsuna la guardarono con dolcezza.
“Non succederà
piccola, ok? Devi pensare a diventare fortissima, noi ce la
caveremo.” Disse la
guerriera di Plutone, la ragazzina annuì poco convinta.
“COSI’ E’ DECISO. VIENI
CON ME PICCOLO DRAGO, DOBBIAMO INIZIARE FIN DA SUBITO. SALUTA LE TUE
COMPAGNE.”
Il rettile
si alzò con un tonfo e si inoltrò nel castello,
mentre Noa si
accingeva a salutare la sua famiglia: si abbracciarono forte, come per
voler
rimanere unite per sempre. “State attente vi
prego...” Ormai le lacrime
scendevano copiose. “E tu impegnati come si deve
ok?” “Ok papà...” Un ultimo
sguardo carico d’amore, poi Setsuna e Haruka tornarono a
casa. Noa fissò il
punto dove un secondo prima c’erano le sue compagne, poi si
voltò verso
l’interno del castello in cerca del drago.
La notizia
non fu presa benissimo da Michiru: l’aveva conosciuta
così poco e già era
andata via, ma si rendeva conto che era necessario, si
rattristò parecchio. “E
adesso che si fa?” Disse senza emozioni la violinista mentre
curava le ferite
di Setsuna e Haruka aiutata dalla piccola Hotaru altrettanto triste.
“Ahi amore
fai piano...” Si lamentò la bionda, la guerriera
di Nettuno sembrò tornare in
sé.
“Oh...
scusa
tesoro. Faccio più piano.” La guardiana del Tempo
aveva già un piano in mente.
“Ora agiremo così: prima di tutto dobbiamo
informare gli altri su quanto
accaduto. Poi dobbiamo organizzare dei turni di ronda... i demoni non
verranno
a trovarci in casa, dobbiamo cercarli noi. E preghiamo di riuscire a
sopravvivere per i prossimi novanta giorni.” Novanta giorni.
Sembrava quasi un
eternità di tempo dal loro punto di vista. Quello stesso
giorno Setsuna
organizzò una riunione a casa Outer con le altre guerriere;
dopo ore di
discussioni carichi di paura, angoscia e speranza, furono tutte
informate e
decisero come muoversi. “Direi di formare gruppi misti.
Più è grande la varietà
di poteri all’interno del gruppo di ronda, maggiore
sarà la possibilità di
vincere.” Disse Ami consultando il suo palmare.
“Ami non ti smentisci mai, sei
un genio.” Disse Minako sorridente, poi Usagi prese parola.
“Pensavo una cosa...
se nemmeno io sono stata in grado di fermare tutto questo, come
riusciremo a
fermarli?” Il suo tono era veramente triste ed abbattuto.
“Usa,
coraggio, non sta a noi risolvere la situazione stavolta. Dobbiamo solo
resistere fino al ritorno di Noa, poi toccherà a
lei.” Disse calma Makoto
rassicurando un poco la principessa dai capelli dorati, poi Ami riprese
a
parlare. “Da quanto le Outer ci hanno riferito questi demoni
sono veramente
forti, tanto che in quattro a malapena sono riuscite a tenergli testa.
Dobbiamo
limitare il più possibile il dispendio energetico, quindi
proporrei di formare
ronde di quattro elementi. Chi inserire nelle ronde sarà
deciso in base al
vantaggio che potremmo ricavare da ogni singolo potere e in base alla
disponibilità o meno dei componenti. Dopotutto è
una guerra, e alcune di noi
potrebbero venire ferite in modo grave...” Annuirono
silenti.
“Visto
che siamo
qui...” Disse ad un tratto Rei ferma. “... potremmo
fare una prima ronda di
prova tutte insieme. Anche perché, in questo modo, possiamo
individuare
possibili nascondigli e zone tattiche.” Il gruppo sorrise e
approvarono l’idea
della guerriera di Marte, così si prepararono e uscirono di
casa alla volta
della città.
Passeggiarono
come vecchie amiche di scuola comportandosi nel modo più
naturale possibile, ma
tenevano sempre lo sguardo vigile; passò qualche ora e dei
demoni ancora
nessuna traccia: setacciarono tutto il centro urbano, fino ad arrivare
al parco
cittadino, dove molte famiglie si stavano godendo la giornata di sole
con i
loro figli. Improvvisamente un boato squarciò
l’aria strozzando le risate dei
bambini che giocavano in sicurezza e un’orda di demoni
iniziò a seminare il
terrore: i genitori scapparono con i figli come poterono, alcuni non ce
la
fecero e furono brutalmente uccisi davanti agli occhi terrorizzati dei
piccoli
che, agghiacciati e pietrificati, venivano facilmente fatti fuori dai
demoni.
Alcuni
bambini non si rassegnavano a vedere le loro madri e i loro padri
sventrati da
quei mostri e cercavano di salvarli con le loro piccole forze,
lanciando sassi,
urlando. Qualcuno piangeva sul corpo del genitore fatto a pezzi, un
lago di
sangue bagnava il verde di quel bel parco dove un tempo quelle creature
così
innocenti erano felici: uno spettacolo macabro e terribile, tanto che
ad Haruka
tornò in mente l’immagine della guardia di Urano
fatta a pezzi nel suo giardino.
“Dobbiamo
farli fuori SUBITO! Non si fermeranno davanti a niente!”
Urlò furiosa
la guerriera di Urano e tutte si trasformarono pronte alla battaglia:
le ragazze
dovettero combattere tra i cadaveri di bambini e di genitori in una
landa di
morte, il potere di quei mostri era sempre una spanna sopra quello
delle
Sailor, tanto che accusarono duramente il colpo. Dopo quasi dieci
minuti di
combattimento incessante, le guerriere riuscirono spuntarla proprio per
un
pelo; ferite nel corpo e nell’anima guardarono ammutolite
quei corpi privi di
vita, martoriati, mutilati.
“Tutto
questo è folle… tutto questo è
assurdo...”
Disse in lacrime Michiru con un filo di voce: troppa la disperazione,
troppo
l’orrore di quel campo di battaglia. Non potevano far altro
che piangere. Le
sirene delle ambulanze le risvegliarono dal loro torpore paralizzante e
si
dileguarono in fretta; sciolta la trasformazione rimasero in muto
silenzio con
la mente ferita a morte da tali immagini.
“E
siamo al
primo giorno…” Disse Haruka in preda alla nausea.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Giorno 30 ***
CAPITOLO
6: GIORNO 30
“…sento
la
vita scorrere via dagli esseri umani...” Noa se ne stava
seduta con gli occhi
chiusi in profondissima concentrazione: riusciva a percepire la linfa
vitale
luminosa delle persone sulla Terra nonostante fosse distante milioni di
chilometri. “E’ INEVITABILE, PICCOLO
DRAGO.” Una lacrima rigò il suo viso e una
muta preghiera si levò in quell’aria carica di
potere che faceva tremare ogni
angolo del pianeta.
Passarono
trenta giorni. Trenta, infernali giorni. La città era stata
abbandonata circa
al ventesimo giorno di assedio di quei mostri: in principio non erano
molti e
attaccavano raramente, poi divennero tanti, troppi, e mietevano ogni
giorno
sempre più vite. Le guerriere non riuscirono a contrastarli
pur combattendo con
tutte le loro risorse e le ronde di guardia furono un fallimento,
così fecero
l’unica cosa che potevano fare: con la morte e la vergogna
nel cuore dovettero
nascondersi per sopravvivere; se fossero morte avrebbero lasciato Noa a
combattere da sola e tutto sarebbe stato inutile.
Ben presto
infatti capirono un’atroce verità: i demoni non
volevano gli abitanti, volevano
loro, volevano eliminare ogni alleato della piccola Noa per poterla
annientare
più facilmente e questo non potevano permetterlo. Guardarono
inermi le persone
abbandonare le loro case per salvarsi e i demoni che puntualmente si
prendevano
le loro vite; i sopravvissuti probabilmente non sarebbero
più tornati, ma
almeno le ragazze erano sicure che i mostri non li avrebbero inseguiti:
se
rimanevano in città i demoni avrebbero continuato a cercarle
lasciando in pace
i poveri cittadini e così, infatti, fecero; decisero di
rimanere separate per
dare meno nell’occhio e, nonostante le loro case erano
malridotte, erano ancora
abitabili, quindi per il momento non dovevano cercare una nuova
sistemazione.
Il problema era procurarsi i beni di prima necessità: vicino
a casa Outer c’era
un supermercato ormai abbandonato; dovevano resistere altri trenta
giorni e le
strade erano invase da orde di demoni che volevano la loro testa, e
ogni volta
che dovevano uscire per prendere da mangiare dovevano studiare a
tavolino i
percorsi migliori e i migliori nascondigli per non farsi scoprire.
E ogni volta
poteva essere l’ultima, potevano morire in ogni momento:
quando i demoni le
scoprivano iniziava una guerra disperata per sopravvivere; erano troppi
e
troppo forti, l’unica possibilità era fuggire e
pregare di seminarli, ma fuggire
voleva dire anche soffrire la fame per un altro giorno. Le strade
puzzavano di
morte: centinaia erano i cadaveri sparsi per la città di
coloro che non erano
riusciti a fuggire in tempo; corpi mutilati invasi da vermi e ratti,
sangue a
pozzanghere bagnavano l’asfalto e un panorama di desolazione
riempiva gli occhi
e il cuore delle Sailor. Ogni giorno ad attenderle c’era una
macabra
provocazione, un ultimatum tanto terrificante che spesso non aprivano
neanche
le finestre per far entrare un raggio di sole pur di non vederlo: i
demoni
avevano decapitato le teste di molti cittadini e le avevano piantate su
delle
picche in giro per la città; corpi di uomini, donne e
bambini erano impiccati
agli edifici e lasciati lì appesi come messaggio di sfida
per le guerriere,
l’odore poi era insopportabile nelle giornate di sole.
Quella
mattina le Outer si svegliarono presto per controllare la scorta di
provviste e
si accorsero che stavano finendo, così si riunirono intorno
al tavolo per
pianificare la strategia migliore per uscire di casa: Hotaru dormiva
inquieta
nel suo lettino, mentre le altre apparivano distrutte fisicamente e
mentalmente. Setsuna aveva contusioni un po’ ovunque sul
corpo e se ne stava
spesso da sola a contemplare le cartine della città: tutto
l’orrore che aveva
visto in quei giorni che sembravano eterni la stava uccidendo tanto
lentamente
quanto dolorosamente e doveva tenere la mente occupata per non
impazzire;
qualche volta si lasciava andare a pianti tanto convulsi che Haruka e
Michiru
erano costrette a darle dei calmanti molto potenti che fortunatamente
avevano
in casa.
Le guerriere
di Urano e Nettuno non se la cavavano meglio: avevano
ferite superficiali di poco conto, ma ciò che le distruggeva
era la mancanza di
sonno: infatti erano circa dieci giorni che praticamente non dormivano,
quando
una riusciva ad addormentarsi era puntualmente perseguitata dagli
incubi
terribili di ciò che avevano visto in quei giorni e
l’altra, che non se la
sentiva di lasciare l’amata in balia di quei sogni
terrificanti, le stava
accanto e cercava di calmarla, di conseguenza non dormivano nessuna
delle due.
La piccola Hotaru aveva smesso di parlare e pareva come morta, Setsuna
credeva
che sicuramente era dovuto allo shock.
Col viso
smorto e gli occhi assenti, le tre guardarono la cartina e discutevano:
il
senso di colpa le divorava ogni giorno e si sentivano delle codarde; le
Inner
non se la cavavano meglio, ma dovevano rimanere separate. Quella volta
sarebbe
toccato ad Haruka e Michiru uscire, così si recarono in
camera loro a cambiarsi
di abito; una volta pronte si guardarono profondamente in quei occhi
così
stanchi e doloranti che non sembravano quelli di persone vive.
Si baciarono
forse per l’ultima volta e si accarezzarono dolcemente.
Improvvisamente Hotaru
fece irruzione nella stanza e si buttò addosso alle due
piangendo disperata: anche
se non parlava le due sapevano benissimo cosa voleva dire e la
abbracciarono
forte; le diedero un bacio sulla fronte e la guardarono sorridendo.
“Dobbiamo
andare amore... torniamo presto ok?” Disse Michiru
trattenendo le lacrime e
Haruka si mise in ginocchio davanti alla bambina. “Tu devi
rimanere qui con
mamma Setsuna, ha bisogno di te.” Hotaru annuì
singhiozzando e la portarono in
cucina dove la guerriera di Plutone le stava aspettando.
Non
parlarono: si abbracciarono tutte e tre con la speranza di rivedersi
ancora,
poi le ragazze uscirono. Passi felpati e occhi sempre vigili: avevano
scelto un
percorso tortuoso tra le case dei vecchi vicini; superavano veloci
siepi,
giardini e piscine, a volte i padroni di casa erano ancora dentro le
loro
dimore trucidati nei loro letti. Arrivarono all’incrocio dove
si trovava la
vecchia sala giochi tanto adorata da Usagi e ormai semi distrutta;
avvicinandosi caute intravidero due figure: si nascosero pensando che
fossero
demoni, poi guardando meglio e riconobbero Rei e Makoto. Haruka
attirò la loro
attenzione con piccoli suoni e, nascoste dietro una casa, si
abbracciarono
teneramente.
“Che
ci fate qui? Non avete il centro commerciale vicino il
tempio?”
Chiese a bassa voce Michiru e Rei spiegò la situazione.
“Ci hanno beccate tre
giorni fa; nel casino il centro commerciale è andato
distrutto, così siamo
costrette a venire fino a quaggiù.” “Beh
allora venite con noi. Se volete
possiamo individuare una sistemazione per voi che sia più
vicina al
supermercato.” Haruka sorrise leggermente e Makoto
ricambiò il sorriso.
“Magari
ragazze! Ci salvereste la vita. Letteralmente.” Annuirono,
poi si mossero
insieme per raggiungere la meta. “Come stanno le
altre?” Chiese la bionda
mentre avanzavano silenziose. “Stanno bene, più o
meno. Qualche ferita di poco
conto e tanta paura.” Rispose Makoto seguendo il gruppo, poi
intravidero
l’edificio. “Ci siamo quasi.” Si divisero
ed avanzarono su due lati: testa
bassa e passi leggeri come piume riuscirono ad arrivare
all’entrata quando
sentirono un rumore dietro di loro. Si girarono di scatto tutte e
quattro ma
non videro nulla. I loro cuori battevano all’impazzata nei
loro petti, il
sudore imperlava la loro fronte. Decisero di trasformarsi anche se era
abbastanza pericoloso perché potevano essere viste ed
esplorarono la zona: i
dintorni sembravano sgombri, così aprirono la porta per
entrare con Michiru in
cima al gruppo. Un ruggito ruppe il silenzio e un demone
schizzò fuori dalla
porta con lame al posto delle mani: la violinista non fece in tempo ad
urlare
che quello le squarciò il viso trafiggendo
l’occhio sinistro.
Agonizzante
e grondante di sangue cadde a terra in preda al dolore con le mani sul
volto e
ben presto arrivarono altri demoni urlando come furie cieche. Haruka
fece
rimettere in piedi Michiru che dovette far conto sull’unico
occhio che ancora
vedeva e iniziarono a combattere disperatamente: la bionda schivava a
fatica i
loro fendenti; evitò uno di quelli e tranciò di
netto un demone con la sua
fidata spada. Mentre sangue e viscere uscivano copiose da quel corpo
infame,
altri sopraggiungevano come orde infinite; Makoto ne aveva folgorati un
bel po’
giocando molto di arti marziali nelle quali era molto portata: parava e
colpiva, schivava e contrattaccava con abile maestria, mentre Rei si
era posta
in una zona sopraelevata per poter fare il cecchino con il suo arco
infuocato.
Un dardo fiammeggiante colpì dritto in testa un demone
squagliandoli la scatola
cranica e tutto ciò che c’era dentro; Michiru era
in estrema difficoltà visto
che aveva un occhio fuori uso e infatti presto fu messa con le spalle
al muro:
uno dei nemici la stava per trapassare da parte a parte quando Haruka
fu
miracolosamente più rapida e lo trafisse per prima; la
situazione stava
degenerando, così Rei ordinò la ritirata.
La bionda
usò l’energia rimasta per sfoderare un World
Shaking abbastanza forte da
stordire i nemici e permettere la fuga, ma mentre cercavano di scappare
Rei fu
afferrata e fu trafitta al ventre; la ragazza urlò con voce
strozzata e il
sangue sembrò un fiume in piena. Haruka, che si trovava
più vicina delle altre,
corse in suo aiuto e decapitò con un colpo il mostro
afferrando la guerriera di
Marte al volo: Makoto la prese in braccio e la bionda le fece segno di
fuggire
il più in fretta possibile mentre lei li distraeva con
Michiru. Esprimendo
eterna gratitudine con lo sguardo la guerriera di Giove
fuggì via mentre le due
Outer continuavano a combattere. Dopo alcuni minuti un demone
afferrò Haruka
per il braccio destro e la strinse finché la ragazza non fu
costretta a
lasciare cadere la lama a terra; il dolore era atroce e urlò
forte quando il demone,
godendo delle grida della guerriera, fece leva sulle gambe e le
spezzò di netto
il braccio provocando tanto dolore che la bionda quasi perse i sensi.
Michiru,
sentendo quelle urla terrificanti, diede fondo a tutte le energie
rimaste e
creò uno tsunami che travolse tutti i nemici insieme: non
era certo sufficiente
ad ucciderli, ma almeno avrebbe avuto un po’ di tempo per
recuperare Haruka e
fuggire via. “Amore lo so che fa male ma dobbiamo correre,
muoviti!” Con le
lacrime agli occhi la bionda si alzò urlando la sua agonia e
iniziò a correre
trascinata dall’amata: il braccio a penzoloni che cadeva sul
fianco della
ragazza era segno che l’articolazione era completamente
andata e il braccio era
tenuto insieme solo dai muscoli e dai tendini, difficilmente lo avrebbe
salvato. Sciolsero la trasformazione per non far percepire la loro
energia ai
demoni e corsero, corsero, corsero.
Michiru era
consapevole che forse avrebbe perso l’occhio e che sarebbe
rimasta sfigurata ma
doveva continuare a vivere, doveva farlo per la donna che amava e per
la sua
famiglia; il sangue grondava copioso e sentiva le forze abbandonarla,
ma
continuò a correre. Quando arrivarono a casa non ebbero
neanche la forza di
controllare se qualcuno le avesse seguite ed entrarono
nell’edificio cadendo
rovinosamente a terra, il terrore di Setsuna e Hotaru negli occhi. La
guerriera
di Plutone portò Michiru immediatamente in bagno per cercare
di curarla:
nonostante le sue conoscenze mediche era una situazione critica e gli
strumenti
che aveva in casa erano inadeguati, iniziò a sudare freddo
dalla paura. Haruka
si trascinò sul divano aiutata da Hotaru che piangeva a
dirotto non sapendo
cosa fare.
Il
dolore fu
troppo intenso per la povera guerriera di Urano e perse i sensi con un
solo
pensiero in testa: mancavano altri venticinque fottutissimi giorni e
Noa
sarebbe tornata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Giorno 85 ***
CAPITOLO
7: GIORNO 85
Era arrivata
la mattina dell’ottantacinquesimo giorno: una debole luce
fioca penetrava dalla
finestra ormai semi distrutta e l’aria era insolitamente
fresca; Michiru, come
ogni mattina, si accingeva a preparare la colazione, mentre Haruka si
intratteneva con la piccola Hotaru in attesa di mangiare. Ormai vivere
era
diventata una routine senza emozioni: ferite nel corpo e nella mente le
guerriere arrancavano giorno dopo giorno per inerzia, come burattini in
balia
dei fili del destino. L’occhio candido della violinista
spiccava prepotente sul
suo bellissimo viso: ormai la cicatrice quasi non si notava
più nonostante il
leggero gonfiore rosso intorno ai suoi lembi; doveva ancora fare
l’abitudine
alla cecità, tanto che si offriva di fare tutte le faccende
domestiche per
prendere confidenza con le sue nuove percezioni spaziali degli
ambienti. Dopo
l’incidente Michiru non si perse d’animo, anche
perché un occhio era niente in
confronto a quello che i demoni avrebbero potuto farle; tutta la sua
famiglia
le restò vicino e la sua condizione disagiata non le
pesò più di tanto.
E poi, in un
clima di inerzia e insofferenza come quello che era costretta a vivere,
qualsiasi disgrazia accadeva ormai scivolava via dalla sua mente come
l’acqua
di un fiume; non era insensibilità, semplicemente il suo
corpo cercava di
proteggersi da tutto quell’orrore.
Haruka
invece era diventata inattiva: dopo l’aggressione si era come
persa nelle tenebre,
logorata dal senso di impotenza che la divorava ogni giorno. Il suo
braccio
purtroppo non poteva guarire senza un intervento chirurgico: quella
frattura
scomposta aveva completamente isolato la spalla
dall’articolazione; in quelle
condizioni l’arto non poteva calcificare e ricongiungersi al
resto del corpo,
rendendolo completamente inservibile. Con un braccio fuori uso Haruka
non
poteva combattere: le missioni al supermercato erano sempre effettuate
da
Setsuna e Michiru, mentre lei rimaneva a casa con Hotaru che ancora non
proferiva parola.
Ogni piccola
cosa divenne all’improvviso difficile, non tanto
perché doveva usare un solo
braccio, ma per il dolore che provava: il dolore delle ossa rotte era
forse il
più terribile che abbia mai provato e la guerriera di Urano
praticamente non
aveva più il braccio attaccato al corpo, cosa
pericolosissima poiché non fluiva
più il sangue né il midollo osseo. Setsuna quella
volta fece l’impossibile per
curarlo e la piccola Hotaru le infondeva ogni giorno tutta
l’energia vitale che
riusciva a donare per mantenere vivo l’arto, ma se non si
rimediava al danno
l’avrebbe perso. Così la bionda ,ogni mattina, si
ritrovò a fissare l’occhio
bianco dell’amata in un muto silenzio di dolore.
“...
vuoi
una mano?” La voce di Haruka era fredda e senza emozioni,
propria solo di chi
ha perso ogni barlume di speranza. “No amore, tranquilla. Ce
la faccio.” Ormai
in quella casa le parole erano ancora più rare della gioia.
Setsuna entrò in
casa con un tonfo e col fiatone: uscire da sola significava correre
più veloce
di un fulmine per non essere uccisi. Appena riprese fiato si
avvicinò alle
compagne e bevve un sorso d’acqua. “Come sta
Rei?” Chiese Michiru con tono
preoccupato e la guerriera di Plutone si drizzò mostrando
tutto il pallore del
suo volto.
“Ho
fatto il possibile. E’ un miracolo che sia sopravvissuta
tanto a
lungo, un vero miracolo.” Si interruppe un momento per
respirare, poi
ricominciò. “Ma credo che sia arrivata al
capolinea. Non supererà la notte. Gli
organi hanno iniziato a collassare.” Nella casa non volava
una mosca: dopo mesi
di guerra disperata era arrivata la prima vittima; dolore e amarezza
serpeggiò
nei loro cuori e, quasi d’istinto, nelle loro menti si
levò una silenziosa
preghiera per la loro compagna. Passarono alcuni minuti, poi Haruka
prese la
parola per la seconda volta in quella cupa mattina. “... oggi
è l’ultimo
giorno. Oggi torna Noa.” Le guerriere la guardarono stanche e
annuirono: al suo
arrivo avrebbe trovato morte ovunque, talmente tanta morte che le
ragazze non
erano affatto sicure che la piccola avrebbe retto. “Allora...
sarà meglio che
mi metta in viaggio. Vado a prendere la bambina su Empireo. Fate
attenzione.”
Setsuna si mise al centro della stanza e si trasformò; con
un sorriso triste
sparì davanti agli occhi di tutti e ci fu di nuovo silenzio.
Passò
un
ora. La guardiana del tempo ancora non si mostrava e in strada
c’era un gran
tumulto: orde di demoni si stavano radunando proprio davanti a casa
Outer, e
certamente non era un buon segno. Le ragazze rimasero immobili e in
silenzio
per non farsi vedere.
Passarono
due ore.
I mostri
iniziarono a distruggere tutte le case nei dintorni, evidentemente si
erano
stancati di cercare le guerriere. “E’ ora di
andarsene. Veloci.” Sussurrò
Michiru alle ragazze e silenziosamente si recarono alla porta
secondaria
uscendo con prudenza. Tenevano giù la testa camminando
rasenti il muro; tempo
prima avevano ideato quel piano di fuga proprio in caso i demoni le
avessero
trovate, il loro obbiettivo era raggiungere una cantina che le avrebbe
condotte
nelle fogne. Orripilante, ma necessario. Mancava ormai poco
all’entrata
sotterranea e le ragazze strisciavano furtive nascoste da un muretto;
ogni
movimento era un dolore inimmaginabile per Haruka, ma si costrinse ad
andare avanti.
Improvvisamente un rumore secco le pietrificò: qualcosa era
proprio sopra le
loro teste. Congelate nella loro posizione, le guerriere smisero
perfino di
respirare, mentre il demone senza occhi sopra il muretto saggiava
l’aria alla
loro ricerca. Quei pochi secondi sembrarono
un’eternità; i loro cuori battevano
tanto forte che temevano di essere sentite.
Con uno
sbuffo, il mostro si allontanò. Michiru, in testa al gruppo,
ammiccò alle altre
incitandole a continuare a muoversi, quando una porzione di muro a
pochi
centimetri dalla violinista saltò letteralmente in aria
atterrando le ragazze.
Orde di demoni le circondarono e le guerriere furono costrette a
trasformarsi e
iniziò una battaglia disperatissima per sopravvivere: Haruka
non era mancina e
non era abile a usare la sua lama con la mano sinistra; Michiru non
aveva una
visuale completa dell’azione a causa dell’occhio
cieco mentre Hotaru era sempre
stanca a causa dell’infusione giornaliera di energia al
braccio della bionda.
Le loro possibilità di spuntarla erano pari a zero. La
guerriera di Saturno
parava e falciava non più con la fredda calma che la
contraddistingueva ma con
atroce disperazione negli occhi; la violinista subiva colpi su colpi
poiché i
mostri avevano capito qual’era il suo punto cieco, mentre
Haruka si proteggeva
come poteva ma sarebbe stata sconfitta entro breve. Dopo alcuni minuti
di
combattimento le guerriere si riunirono in formazione di guardia,
ferite e
doloranti.
“Dobbiamo
scappare!” Urlò Haruka in preda
all’agonia mentre le altre
non sapevano proprio che fare. I demoni ruggirono rabbiosi e si
scagliarono
contro le ragazze quando improvvisamente un bagliore di incredibile
luminosità
si pose tra loro e i mostri, poi si sentì un urlo.
“DRAGON
CLAW!” Un rumore acuto si fece largo tra i presenti e si
alzò una leggera
brezza, nel giro di pochi secondi tutti i demoni stramazzarono al suolo
falciati a metà. Quando la luce si dissolse, le ragazze
videro Noa in compagnia
di Setsuna: la ragazzina era trasformata in Senshi; le sfumature acqua
marina
dei suoi capelli erano state sostituite da dei veri e propri cristalli
che
ondeggiavano insieme ai suoi capelli e la sua fuku era di un colore
cristallino. Ciò che lasciò interdette le
guerriere fu la sua statura: se prima
non arrivava alla vita di Setsuna, in quel momento era alta almeno
quanto
Michiru; in più i suoi capelli erano ben più
lunghi di prima. Con viso smorto
le guerriere non proferirono parola e si limitarono a fissarla; Noa le
notò e
si soffermò a guardarle. “La forza vitale del
drago mi ha fatta crescere un
po’.” Stava per sorridere quando vide la brutta
ferita di Michiru e il braccio
fasciato alla meglio di Haruka. Sentì la morte nel cuore.
“Oh no, cosa è
successo mentre ero via?”
Noa
pensò
che non aveva mai pianto tanto. Il racconto dei genitori fu terribile:
tutta
quella desolazione e quella morte intorno a lei era terrificante e, in
parte,
si sentiva responsabile di quelle atrocità; la famiglia
cercava di confortarla
come poteva, ma neanche loro erano nelle condizioni di consolare. Dopo
qualche
minuto la ragazzina calmò i singhiozzi e cercò di
ragionare: la prima mossa da
fare era curare le sue guerriere. Si avvicinò a Michiru e le
mise le mani sul
viso. “Il campione di Caos può rendere
più forti i suoi soldati... beh io posso
curarli. Siete parte della mia stessa essenza.” Una luce
calda lambì la carne
ferita della violinista: sentì un bruciore intenso, come un
ferro rovente che
brucia la pelle; cercò di resistere al dolore senza urlare
e, dopo alcuni
minuti, sparì a poco a poco. L’occhio
tornò a vedere. “I-io... io ci vedo...”
Incredula, Michiru si guardò le mani, poi strinse la figlia
in un abbraccio
carico d’amore.
Quando si
lasciò dalla madre corse da Haruka che implorava con
gli occhi di aiutarla, Setsuna la informò delle condizioni
del padre e sul suo
voltò calò la paura. “Non posso
guarirti qui.” Disse con voce tremante.
“Papà...
le tue condizioni sono critiche. Alla mamma è bastato poco
ma per te... ci
vorrà più tempo. E farà molto
male.” Alla prospettiva di soffrire dolori atroci
Haruka diventò bianca come un lenzuolo, ma se voleva tornare
a combattere
doveva farlo. “Torniamo in casa allora. Ora i demoni non ci
sono, saremo al
sicuro.” Disse la bionda con voce eccessivamente ferma, di
una che voleva
nascondere a tutti i costi la paura, così il gruppo
tornò alla loro dimora.
Sistemata la guerriera di Urano sul letto, Noa iniziò a dare
direttive alle
altre. “Mamma Suna, vai a prendere un panno per
favore.” La guerriera di
Plutone obbedì e le portò quello che aveva
chiesto.
“Ora...
prendi Hotaru e
portala di là. E falle sentire la musica dalle
cuffiette.” Inizialmente Setsuna
non capì cosa aveva in mente la figliola, poi comprese le
sue intenzioni
dall’utilizzo del panno e annuì.
“Haruka. Resisti, ti prego.” Disse piano alla
compagna,
la quale le sorrise amaramente; presa in braccio la bambina la
portò in cucina
e, anche se la piccola protestava animatamente, le mise le cuffiette
con tutte
le sue canzoni preferite dell’ipod e diede l’ok a
Noa.
“Mamma...
prendi
la sua mano e stringi forte. Ne avrà bisogno.”
Detto ciò la ragazzina prese il
panno e la mise in bocca al padre. “E tu mordi.” La
guardò decisa e spaventata
allo stesso tempo. “Iniziamo.”
Le ossa
cominciarono a ricomporsi, e con esse il dolore divenne insopportabile.
Haruka
urlò come non aveva mai urlato in vita sua, in un modo tanto
terribile che sia
Noa che Michiru non poterono far altro che piangere. Setsuna aveva lo
sguardo
smorto e fisso sul pavimento mentre sentiva quegli urli disumani
provenienti
dall’altra stanza e pregò che la sorella perdesse
i sensi. “Svieni, svieni,
svieni, ti prego, svieni...” I tendini si rinsaldavano, la
cartilagine tornò a
rivestire l’articolazione e ben presto Noa si
trovò davanti l’ostacolo più
arduo da superare: nel momento in cui avrebbe riparato i nervi e il
sangue
iniziato a circolare nel braccio morente, il dolore sarebbe stato ben
oltre la
soglia del sopportabile. In quei minuti in cui Noa si fermò,
Michiru capì e
strinse ancora di più la mano di Haruka. “Amore
mio ti prego non mi lasciare è
quasi finita.” La bionda piangeva e urlava, tanto che ormai
non aveva più voce.
La ragazzina sospirò forte e chiuse gli occhi:
riversò tutta l’energia vitale
che serviva e il sangue riprese a fluire, portando con sé un
dolore tanto forte
che la mente di Haruka non lo tollerò, per la guerriera di
Urano tutto divenne
buio.
Il cielo era
vermiglio al suo risveglio: Michiru era accanto a lei che dormiva;
conoscendola
doveva essergli rimasta accanto per delle ore, immobile, a guardare il
suo viso
sofferente. Non voleva svegliarla ma moriva dalla voglia di guardare
negli
occhi la donna che le aveva rapito il cuore e dirle quanto la amava.
Quasi le
avesse letto nella mente, la violinista si svegliò: vide
Haruka sveglia che
sorrideva un po’ stanca e scoppiò in lacrime; la
bionda alzò lentamente il
braccio ferito e le accarezzò i capelli. La vita era tornata
a fiorire in
quella casa. “Amore non piangere... sto bene,
vedi?” Cercava di rassicurarla ma
Michiru non accennava a fermarsi; improvvisamente la violinista
mollò un
vigoroso pizzicotto al fianco dell’amata e le venne quasi da
ridere: “Haruka
Ten’o, non farlo mai più chiaro? Mi hai quasi
fatta morire!” La guerriera di
Nettuno piangeva e rideva insieme creando un mix alquanto buffo e
scatenando
una risatina generale. “Ti amo lo sai?” Disse
Haruka abbandonandosi al calore
di quell’improvvisa allegria.
“Certo
che
lo so. Ti amo più della mia vita.” Michiru
baciò delicatamente le labbra della
guerriera di Urano con tutto l’amore che, in quei giorni
infernali, non era
stato concesso. Haruka la guardò negli occhi e, per un
istante, vide quelli
della figlia. “Noa dov’è?” Il
suo tono era preoccupato ma Michiru continuava a
sorridere. “E’ andata a casa delle Inner a curare
Rei con Setsuna, sarà di
ritorno tra poco. Hotaru sta dormendo, quindi... pensavo...”
Il suo sguardo
divenne quello di una volpe tentatrice pronta a divorare la
preda.
“Cos-
Amore
dai, per quanto mi piacerebbe sono tutta un dolore non...” Al
contrario di
quello che si aspettava, Michiru entrò veloce e silenziosa
nel letto accanto a
lei: la prese tra le braccia e iniziò a baciarla piano e a
coccolarla
accarezzandole la chioma dorata. “Che ti aspettavi? Che nelle
tue condizioni
avremmo fatto l’amore? Sei così maliziosa amore
mio.”
La
prese in
giro con ironia sottilissima e Haruka scoppiò a ridere.
Cullata da Michiru ben
presto la bionda sprofondò di nuovo in un sonno colmo di bei
sogni: nessun
demone, nessun nemico. Solo lei, la sua famiglia e la pace.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Verso la guerra ***
CAPITOLO
8: VERSO LA GUERRA
Noa adorava
i videogiochi: finanziata da Haruka che, dal canto suo, ne approfittava
per
giocare anche lei, la ragazzina possedeva tutti i giochi più
in voga del suo
tempo; preferiva quelli d’azione, dove combatteva mostri
terrificanti o dove il
pianeta era flagellato da una minaccia spaventosa e cose del genere.
Mai
avrebbe immaginato che le scene apocalittiche dei suoi videogiochi
sarebbero
diventate reali. Quasi strattonata da Setsuna, la sua corsa verso il
rifugio
delle Inner divenne un vero e proprio percorso ad ostacoli: macchine
distrutte,
macerie, cadaveri. Uomini, donne, bambini, non era stato risparmiato
nessuno;
l’odore nauseabondo della morte aleggiava nell’aria
e la ragazzina si sentiva
svenire. “E tutto questo è colpa mia...”
Non poteva fare a meno di pensarlo
mentre sfrecciava per le vie desolate: da Michiru aveva ereditato la
sensibilità d’animo ma, al contrario della madre,
non riusciva a non esternare
i suoi sentimenti e le lacrime scesero prepotenti e copiose.
“Noa coraggio! Rei
sta morendo!” Urlò Setsuna mentre scavalcava un
palo della luce abbattuto; le
parole della madre adottiva la destarono dai suoi pensieri come da un
sogno e
cercò di concentrarsi sul suo obbiettivo: doveva salvare la
vita alla sua amica.
Si
asciugò
le lacrime con la manica della felpa e accelerò il passo;
dopo una buona
mezz’ora senza incidenti arrivarono finalmente a casa Inner:
era la casa di
Makoto; nonostante i danni era ancora in piedi, inoltre era ben
nascosta dai
palazzi intorno. “Un nascondiglio perfetto.”
Pensò Setsuna mentre correva verso
l’ingresso sbarrato, poi si fermò di colpo e
fischiò due volte. Dalla finestra
rotta fece capolino Minako la quale, appena vide Noa,
spalancò gli occhi e
scoppiò in lacrime. Si sentì un forte rumore
secco e la porta si aprì
lentamente. “Presto! Rei se ne sta
andando...”
La guerriera
di Venere faceva
segno di entrare e le due guerriere si ritrovarono davanti una scena
straziante: le ragazze erano tutte intorno alla guerriera di Marte
morente; Mamoru
cercava di consolare Usagi come poteva, ma la principessa sembrava
piangere da
ore, le altre ormai aspettavano il trapasso dell’amica. Noa
sentì il suo cuore
stringersi in una morsa gelida ma cercò comunque di
mantenere il sangue freddo
leggendario che contraddistingueva sua madre. “Fatemi
spazio!” Urlò la piccola
Sailor spostando quasi a forza le compagne: Setsuna si
sistemò accanto alla
figlioccia per aiutarla in qualsiasi cosa le fosse servito; la
guardò in viso e
notò che il suo sguardo era totalmente cambiato da pochi
minuti prima. “Ha gli
occhi di Haruka. Si è trasformata in un tornado.”
Usagi guardò sbigottita le
due ragazze e si gettò in ginocchio davanti a loro.
“SALVATELA,
VI PREGO!” Davanti a quella disperazione, Noa non poteva far
altro che annuire
decisa. Notò che Rei era semi-incosciente, quindi poteva
andarci pesante fin da
subito, non che avesse scelta in effetti. Iniziò a infondere
energia vitale con
la forza di un fiume in piena: doveva riparare immediatamente le ferite
agli
organi vitali, poi poteva dedicarsi al resto. Durante il processo la
sacerdotessa mugolava qualcosa; dopo alcuni minuti da semi-incosciente
divenne
cosciente e iniziarono le urla strazianti. “Datele qualcosa
da mordere!” Ami
scattò come una cavalletta e afferrò al volo una
maglietta, ne afferrò la
manica e la mise nella bocca dell’amica che
azzannò con forza attutendo anche
un poco le urla.
Le altre
ragazze guardavano impotenti la loro compagna
soffrire dolori atroci, Usagi piangeva in preda al panico.
“Resisti Rei, RESISTI!”
Noa continuava il suo lavoro cercando di ignorare le grida: tratteneva
a stento
le lacrime, ma se voleva salvarla doveva assolutamente continuare;
Setsuna
dapprima rimase inattiva accanto alla piccola Sailor, poi dovette dar
fondo a
tutta la forza che aveva per tenere la guerriera di Marte ferma,
poiché si
dimenava dal dolore. Dopo venti minuti infiniti il processo ebbe
finalmente
termine: Rei giaceva esausta sul divano ove si trovava da parecchi
giorni; nel
giro di pochi secondi si addormentò profondamente ma era
quasi del tutto
guarita. Noa, esausta quanto l’amica, cadde sul freddo
pavimento ansimando
dalla fatica; sudava e aveva il cuore a mille. Le altre piansero dalla
felicità
e si avvicinarono tutte alla ragazzina che sorrideva soddisfatta.
“Ce l’ho…
fatta. Beccati questo, Morte!” Scoppiarono tutti in una
risata generale.
Setsuna e
Noa si fermarono con le Inner per qualche ora: erano stanchissime,
inoltre
volevano accertarsi delle condizioni di Rei prima di ripartire. La
guerriera di
Plutone era fiera della sua bambina, un orgoglio tanto grande da
cancellare per
qualche ora le oscenità e la depravazione che affliggevano
la sua mente ed il
suo cuore. La ragazza aveva visto più morte in quei
ottantacinque giorni che in
una eternità di guardia ai cancelli del Tempo. Le Inner
raccontarono il loro
giorni passati come topi in gabbia: imboscate evitate per un soffio,
ferite e
combattimenti erano una realtà quotidiana che Noa non
avrebbe mai immaginato
nemmeno nelle più brutte delle ipotesi. Si sentì
annientata oltre che
responsabile. “Noa... ascoltami piccola, non è
colpa tua.” Disse dolcemente Ami
alla ragazzina. “Pensaci bene: con o senza di te, queste cose
sarebbero
successe lo stesso. Purtroppo è così... e anzi,
la tua presenza qui è
essenziale. Tu puoi evitare che muoiano altre persone!”
Rassicurò Makoto vicino
a lei, poi Usagi parlò annuendo all’amica.
“Noa.
Non
permettere che le vite di quelle persone siano state spezzate
invano.” La
piccola Sailor guardò la guerriera della Luna dritta negli
occhi e sentì un
torpore caldo pervadergli il corpo: la speranza era tornata a fluire
nelle sue
vene. “Ha ragione, Princess...” Ad un certo punto
Rei si mise seduta sul divano
scrutando l’ambiente intorno a sé. “Oh
no... sono ancora in questo orrido
posto...” Sbiascicò scocciata la sacerdotessa
scatenando l’ilarità dei
presenti. “E dove credevi di essere? In un hotel a cinque
stelle?” Disse Makoto
ironica, Rei sbuffò accennando un sorriso, poi si
voltò verso Noa e Setsuna.
“Ehi... grazie per avermi salvato la vita. Mi hai riparato un
bel buco
signorina.” La ragazzina sorrise fiera e Setsuna non fu da
meno. “Dopotutto è
la mia figlioccia, è normale che sia
straordinaria.” La guerriera di Plutone se
la stava chiaramente tirando. “Oh oh, ma guardatela come si
pavoneggia la
vecchietta!” Scherzò Minako facendo ridere i
presenti.
Tre ore dopo
tornarono a casa. Quando rincasarono trovarono Haruka, Michiru e la
piccola
Hotaru strette in un abbraccio solido e rilassato; il volto della
guerriera di
Urano era sereno come non lo era da mesi ormai. Il rumore causato dalle
due
guerriere svegliarono la famigliola. “Buongiorno!”
Urlò allegra Setsuna
beccandosi la occhiatacce assassine dai famigliari. Hotaru corse
giù dal letto
e si buttò tra le braccia della sua mamma.
“Hotaru, amore mio!” Le diede tanti
baci sul viso scatenando le risate della piccola, poi guardò
Noa. “Hai salvato
il papà e Rei. Grazie sorellona!” Per la prima
volta dopo mesi di silenzio, la
guerriera di Saturno aveva finalmente parlato e le ragazze la
guardarono
piacevolmente stupite, Noa arrossì parecchio.
“Tecnicamente sei tu la sorella
maggior-“ In un attimo la piccola di casa Outer si era
buttata addosso alla
sorella che la strinse felice tra le sue braccia. Dopo che Hotaru
tornò da
Setsuna, Haruka e Michiru ammirarono la figura della figlia:
così bella e
atletica, pareva una vera e propria dea.
Noa le
guardò con aria stanca e sollevata allo stesso tempo e si
buttò nel letto
matrimoniale in mezzo a loro. Setsuna e la piccola la seguirono: in
quel
momento tutta la famiglia si strinse in un caldo abbraccio.
“Come va il braccio
papà?” Chiese la ragazzina appoggiando la testa
accanto a quella della bionda.
“Va alla grande. Tra cinque giorni farò fuori ogni
demone che mi si parerà
davanti.” Disse trionfante Haruka, poi Noa si girò
verso Michiru e le scrutò
con attenzione l’occhio un tempo ferito. “Riesci a
vedere bene mamma?” La
violinista le sorrise dolcemente e annuì. Dopo alcuni minuti
di silenzio Noa
parlò. “Come faremo a ricostruire la
città? Ma soprattutto, come faremo a
convincere gli abitanti a tornare dopo tutto quello che è
successo?” Le ragazze
ci pensarono per un poco, poi Haruka le rispose ironica.
“Figlia mia, pensiamo
prima a sopravvivere, qualcosa ci verrà in mente. Al massimo
spargeremo
volantini pubblicitari.” Scoppiarono a ridere e, almeno per
quella sera, non
pensarono più a nulla se non a stare insieme.
I giorni
successivi furono tranquilli: Noa raccontò della sua
esperienza con drago e di
come si era svolto l’addestramento; cercarono di riposarsi il
più possibile ma,
soprattutto, volevano passare più tempo possibile insieme.
Dopotutto, da quella
guerra potevano uscirne morte.
“Allora?
Cosa hai fatto su Empireo?” Chiese Michiru mentre preparava
la colazione alla
famiglia. “Uhm, a dir la verità per i primi
quaranta giorni non ho fatto
molto... sono rimasta seduta a meditare.” Disse azzannando
una frittella.
“Seduta a... meditare?” Chiese Haruka perplessa.
“Si papà. Abbiamo fatto tutto
lavoro mentale sai… energia vitale. Praticamente io cercavo
di ampliare il mio
volume di energia fino ai limiti del mio corpo e il drago cercava di
farmeli
superare. In questo modo il mio potere diventava grande come il suo.
Poi ho
passato il resto del tempo ad esercitarmi.” La guerriera di
Urano pareva non capire
e Setsuna si scomodò a spiegarle con calma. “Sei
proprio una testona Haru! Se
il suo potere diventa uguale a quello del drago, potrà
combattere con tutta la
sua potenza senza rischiare di autodistruggersi. Hai capito?”
Il volto di
Haruka si illuminò. “Ah, AAAH, ma certo che ho
capito. La mattina non connetto
subito.” Sorrise imbarazzata poi si rivolse alla figlia.
“Noa, ti va se dopo ci
alleniamo un po’?” “Ok papà.
Preparati a perdere.” Disse sorniona la ragazzina,
tanto che Haruka sentì lo spirito di competizione salirle
nel petto. “Questo lo
vedremo, marmocchia!”
Arrivò
il
novantesimo giorno. In quei cinque giorni le Inner e le Outer si erano
tenute
in stretto contatto per sapere come andavano le cose: Rei stava bene ed
era
pronta all’azione; le sue ferite erano completamente guarite
e le ragazze
avevano ritrovato la voglia di combattere. A mezzogiorno, come
d’accordo, si
ritrovarono al centro della città ormai desertica: nemmeno
un demone in vista.
Erano tutte trasformate e pronte ad agire; in fila una accanto
all’altra
aspettavano il nemico. L’aria era pesante e si poteva sentire
i battiti del
cuore di ognuna di loro. Minako guardò Noa in prima fila e
le si avvicinò. “Non
hai paura?” Chiese dolcemente. Noa si girò e le
sorrise. “Si, certo che ho paura…
però” Indicò intorno a sé.
“non posso permettere che tutto questo rimanga
impunito. Quell’essere spregevole dovrà
pagare.” La guerriera di Venere la
guardò soddisfatta e tornò al suo posto. Alcuni
minuti dopo ci fu boato: un
portale nero come la pece si spalancò davanti a loro; orde
di demoni iniziarono
a scorazzare in giro in cerca di prede e un ragazzo dai capelli neri e
gli
occhi di fuoco apparve in tutta la sua ferocia. Smisero tutte di
respirare.
“Finalmente
ci rivediamo… Drago Custode.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Come fenici ***
CAPITOLO
9: COME FENICI
La paura
della morte si poteva quasi toccare con mano nell’aria: fino
a quel momento, le
battaglie erano sempre state affrontate con coraggio dalle Sailor,
consapevoli
che potevano rimetterci la vita. Nello scontro contro Galaxia, Haruka e
Michiru
sapevano benissimo che non ne sarebbero uscite vive, ma proprio
perché erano
coscienti del pericolo non esitarono neanche un momento. Stavolta era
totalmente diverso: se prima potevano contare sulla potenza di Usagi,
in quel
momento sapevano che se qualcosa fosse andato storto, la loro
principessa non
avrebbe potuto fare niente per salvarle; inoltre la vita di una
bambina, della
loro bambina, poteva stare per essere immolata per la pace
dell’umanità.
Novanta
giorni di terrore puro poi, contribuirono ad alimentare la paura della
morte, a
rendere le guerriere deboli e paralizzate davanti al nemico: il loro
lato umano
e fragile era stato compromesso in modo irreparabile. Solo Noa, con
occhi
glaciali, si ergeva impassibile davanti a Demise, il quale non mostrava
il
minimo segno di umanità o di sentimenti umani: su quel volto
così pallido e
spettrale sfoderava un ghigno malvagio e spavaldo, tanto che la ragazza
ne
provò un enorme fastidio. Sotto gli occhi timorosi delle
guerriere, i demoni si
disposero tutti intorno al gruppo in formazione d’attacco;
Haruka cercò di
contarli mentalmente per farsi un’idea della
gravità della situazione, ma ben
presto si dovette arrendere: erano tanti, tantissimi, forse un
centinaio se non
di più. D’istinto strinse la mano di Michiru e
levò gli occhi al cielo. “Urano,
dammi la forza.” La violinista la guardò
più atterrita che mai e le rivolse
poche e semplici parole: “Haruka. Promettimi…
promettimi che mi cercherai se
dovessimo morire oggi. Che ti fiderai del tuo istinto pur non
ricordando
nulla.” La bionda trattenne a stento le lacrime e
annuì decisa. “Certo amore.
Te lo prometto.”
Non
c’era
paura nel cuore di Noa, ma solo tanta rabbia: una città
distrutta, vite
spezzate e morte ovunque, non vi era più posto per la
pietà o per la bontà
d’animo. L’atteggiamento della ragazzina non
passò inosservato alle compagne,
le quali non sapevano come interpretare quella fermezza quasi statuaria
della
piccola Sailor. Improvvisamente, il demone allargò le
braccia e sorrise immensamente.“Siete
pronti a vivere altri mille anni di oscurità?
AHAHAHAHA!” Demise urlò
spaventosamente fomentando la folla di demoni al suo comando, Noa non
mosse un
muscolo e con calma glaciale gli rispose: “Io ti
ucciderò.” Come il demone
sentì la sua voce, esplose in un impeto di follia omicida.
“PROVACI SE CI
RIESCI!”
Un ultimo
sguardo volò nell’aria: tra le guerriere
calò il silenzio, ma nei loro occhi
c’erano parole di conforto, promesse e desideri; infine si
mossero.
Il
combattimento si divise subito in due fronti distinti: da una parte Noa
e
Demise, dall’altra le Sailor e i demoni furiosi; le guerriere
dovevano far di
tutto per proteggere la guerriera di Empireo dalle incursioni dei
nemici, e lo
stesso cercavano di fare i nemici. Per non essere disturbati
eccessivamente, i
due campioni si spostarono abbastanza lontani dai loro compagni:
qual’ora una
delle due fazioni avesse prevalso sull’altra, per il campione
svantaggiato
sarebbero stati guai molto grossi. In un primo momento, i poteri dei
due sembravano
in parità, ma ovviamente non stavano combattendo al meglio
delle loro
possibilità. Demise era incredibilmente forte e veloce:
controllava l’oscurità
ed era in grado di limitare la visibilità di Noa. Schivavano
abilmente calci e
pugni, creando una sorta di danza mortale di luce ed ombra. La piccola
Sailor
aveva dalla sua il potere del vento e dell’oceano, quindi
decise di sfruttarli
fin da subito. “DRAGON CLAW!” Una folata di vento
spazzò il terreno creando una
vera e propria falce d’aria che tagliò ogni cosa
sul suo cammino.
Demise
evitò
agilmente il colpo, ma fu lievemente ferito ad un braccio.
Guardò il suo sangue
sgorgare dalla ferità e rise indemoniato. “Ma
guarda… il draghetto sa
combattere!” Preso dalla furia e dalla sete di morte,
iniziò a bombardare
letteralmente con piccole sfere oscure la piccola Noa, che
cercò di schivare
tutti i colpi arrancando visibilmente, fino a che non cadde a terra e
guardò
tutte quelle sfere pronte a colpirla. “Ocean Wall!”
Un muro d’acqua enorme
assorbì l’impatto dell’attacco
lascandola illesa. Demise, estremamente
infastidito dall’esito fallimentare del suo attacco,
iniziò a perdere la
pazienza: unì le mani e creò una sfera oscura che
attirava a sé gli oggetti
circostanti come un buco nero. “PRENDI QUESTO!” Noa
sgranò gli occhi e cercò di
resistere alla forza di gravità che la attirava verso la
sfera oscura. “Se
tocco quella cosa sono finita! Devo colpirlo per prima.”
Guardò ai piedi del
demone e le venne un’idea: combinando i poteri dei genitori
poteva dar vita all’elemento
che la caratterizzava, ovvero al cristallo. “Crystal
Spear!” Sopra la sua testa
si materializzarono due lance di cristallo e le scagliò
contro il suo
avversario; Demise fu costretto a interrompere il suo attacco e a
schivare il
colpo. La gravità tornò normale e Noa si rimise
in posizione di guardia. “Sei
furba…” Disse ringhiando il demone.
“… Ma non abbastanza!”
Un alone
oscuro ricoprì il suo corpo e, in un attimo, fu proprio
davanti a lei
colpendola con un pugno dritto nel suo stomaco. Noa
indietreggiò con la bocca
spalancata dal dolore e con il respiro mozzato; lui
approfittò immediatamente
della situazione e mise le sue mani sugli occhi della piccola Sailor.
“OBLIVION!” Noa urlò e si
dimenò dagli spasmi causati dal dolore lancinante che
provava al viso; ansimando provò ad aprire gli occhi
doloranti e provati dalle
lacrime calde che uscivano prepotenti, ma l’unica cosa che
vedeva era il buio.
Demise scoppiò in una fragorosa risata. “Stai
tranquilla, paladina della
giustizia! Non sei diventata cieca, è solo il mio potere
oscuro che ha spento
la luce dei tuoi occhi! Tornerai a vedere solo dopo che mi avrai
sconfitto,
ovvero MAI! AHAHAHAHA!”
Uno, dieci,
venti. Quei demoni non finivano mai, cadevano uno dopo
l’altro sotto i colpi
delle Sailor ma non ne volevano sapere di diminuire. “Ma
quanti diavolo ce ne
sono?” Urlò Makoto mentre fulminava
l’ennesimo nemico. “Non lo so! Ma dobbiamo
resistere!” Rispose Minako indaffarata con altri quattro
demoni che le stavano
dando filo da torcere; Haruka iniziava ad innervosirsi parecchio, tanto
che
stava considerando l’idea scatenare il potere della
figlioletta. “Saturn! Puoi
usare il tuo colpo qui?” La piccola Sailor la
guardò col fuoco negli occhi.
“No, mi dispiace! Ce ne sono troppi, e se non voglio
distruggere il pianeta ho
bisogno di alcuni secondi per concentrarmi, e come vedi non ho neanche
il tempo
di respirare!” Ami nel frattempo, si arrovellava il cervello
tra una schivata e
l’altra per trovare un modo per abbatterli tutti velocemente;
allo stesso modo
Setsuna stava vagliando ogni possibile strategia. Alla fine si
rassegnarono
agli eventi ed ebbero la stessa idea. “Ragazze!”
Gridarono all’unisono, capendo
di pensare alla stessa cosa.
“Dobbiamo
combinare i nostri poteri, non abbiamo scelta!” Le guerriere
guardarono le
compagne riluttanti, poi annuirono: prima della battaglia infatti,
avevano
parlato di eventuali strategie da applicare insieme in caso di
emergenza.
“Dobbiamo avere un tempismo perfetto!”
Urlò Setsuna agitata: infatti, se non
erano coordinate con i tempi, probabilmente sarebbero state sconfitte;
per
questo motivo non pensò subito a quella strategia
ritenendola troppo
pericolosa. Tutte si misero nelle posizioni a loro assegnate e, guidate
da
Setsuna, iniziò l’azione.
“Vai
Michiru!” Con grande fatica, la violinista creò
uno tsunami che, una volta che le compagne si fossero messe al sicuro,
travolse
tutti i nemici; l’attacco non ebbe nessun effetto ma non era
quello il suo
obiettivo: lo tsunami aveva inondato il campo di battaglia portando
l’acqua a sommergere
i demoni poco più sotto del ginocchio delle loro gambe.
“Ora! AMI, MINAKO,
ADESSO!” Sailor Venus, che nel momento in cui fu decretato di
usare la
strategia salì sul tetto di una casa, creò nove
catene che avvolsero la vita di
ogni Sailor e le portò sullo stesso tetto dove si trovava
lei medesima: alcune
frazioni di secondo prima di staccare i piedi da terra, Ami
usò il suo potere
per congelare tutta la distesa d’acqua creata da Michiru,
bloccando così i
demoni senza congelare anche le compagne. Urlando e dimenandosi come
furie, il
ghiaccio non avrebbe retto ancora per molto.
“CONVOGLIAMO
TUTTI I NOSTRI POTERI IN UN UNICO COLPO!” Gridò
Setsuna e, in un attimo, una
sfera enorme contenente i poteri di tutte le guerriere fu lanciata sui
nemici
attoniti. Era questione di attimi prima che la sfera esplodesse ma
ancora non
era finita: il colpo era talmente forte che, sicuramente, avrebbe
investito
anche loro. “Hotaru!” Con un urlo straziante di
fatica, la piccola creò una
barriera abbastanza grande per proteggere tutte le guerriere.
“SILENT WALL!”
L’esplosione fu a dir poco catastrofica: in un attimo,
qualsiasi cosa nel
raggio di almeno un kilometro fu spazzato via; i demoni si
disintegrarono sul
colpo, mentre le Sailor lottavano per sopravvivere al loro stesso
attacco.
La
piccola Hotaru resistette al momento dell’impatto, ma nel
momento in cui l’onda
d’urto raggiunse le guerriere, la barriera fu infranta e le
ragazze furono
trascinate via con violenza dal vento. Dopo alcuni minuti in cui tutto
sembrava
morto, alcune macerie si mossero e, come nove fenici, risorsero dalla
distruzione. “Ragazze… siete tutte
vive?...” Chiese ansimando Usagi e tutte
manifestarono la loro presenza: erano tutte esauste e ferite, ma erano
riuscite
a sopravvivere. Sorrisero d’istinto. “Siamo delle
bombe ragazze!” Gridò
esasperata Rei, scatenando una risatina generale. “Dobbiamo
andare da Noa.
Andiamo ad aiutare mia figlia a rompere il culo a quel pallone
gonfiato!” Disse
rabbiosa Haruka con un sorriso così agguerrito da contagiare
tutte le presenti.
Con
il sole
che si tuffava nel mare, quell’odissea di terrore era
finalmente arrivata
all’ultimo atto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Quando la storia si ripete ***
CAPITOLO
10: QUANDO LA STORIA SI RIPETE
Quando le
guerriere raggiunsero Noa, si trovarono davanti agli occhi un macabro
spettacolo: piena di ferite sanguinanti, la ragazzina tentennava e si
muoveva
in modo confuso, reggendosi a malapena sulle gambe; Demise rideva di
gusto
mentre si divertiva a scaraventarla a terra con le sue sfere oscure,
mentre Noa
piangeva dalla frustrazione. Haruka, la quale arrivò per
prima, assistette a
quel triste teatrino e il cuore le salì in gola.
“Noa! Che diavolo fai
piccola?! Evita quegli attacchi!” Quando la piccola Sailor
sentì la voce della
guerriera di Urano, si girò freneticamente in tutte le
direzioni cercando di
capire dove fosse il genitore. “Papà?! Dove
sei?!” Pochi secondi dopo
arrivarono anche le altre compagne e, quando Demise le vide arrivare,
provò una
rabbia immonda degna solo del peggiore dei demoni. “COME
AVETE OSATO A
SOPRAVVIVERE?! L’UNICO DESTINO CHE VI ATTENDE E’ LA
MORTE!”
Haruka si
girò e guardò Michiru dritta negli occhi, quasi a
cercare una risposta allo
strano comportamento della figlia; la violinista vide Noa in condizioni
pietose
e la chiamò con voce rotta dallo sconforto, ma come con
Haruka, anche questa
volta non sapeva dove guardare. “E’
cieca.” Disse piano Ami alle compagne, le
quali rimasero tutte impietrite. Setsuna guardò la
figlioccia arrancare nel
buio dei suoi occhi e perse la sua solita calma di guerriera.
“Tu… tu,
MALEDETTO!” Serrò il Garnet Rod in una presa
ferrea e si scagliò furiosa contro
l’avversario; condividendo la stessa rabbia della sorella,
Haruka e Michiru si
lanciarono insieme a lei in un assalto dettato solo dalla furia che
solo dei
genitori ai quali hanno ferito un figlio possono provare.
“Ragazze ferme!”
Urlarono le Inner all’unisono, Sailor Saturn congelata al suo
posto,
traboccante di rabbia. “Non... NON TOCCARE MIA
SORELLA!” La bambina, che ormai
aveva soverchiato lo spirito di Saturn e aveva preso il controllo, si
lanciò a
falce spiegata contro l’avversario, il quale non diede nessun
segno di
preoccupazione.
“VI
FARO’
PENTIRE DI ESSERE SOPRAVVISSUTE.” Demise creò due
portali dai quali uscirono
altri demoni, le Outer lanciate in battaglia dovettero arrestare la
loro corsa
per occuparsi dei mostri; Outer e Inner si ritrovarono di nuovo fianco
a fianco
per combattere contro orde di demoni, ma il campione di Caos aveva
altro in
mente: una vendetta tanto crudele e meschina che le ragazze lo
avrebbero
implorato di morire. Noa sentiva il tumulto del combattimento ma non
riusciva
ad agire: le lacrime iniziarono a scendere copiose sul volto, quasi a
voler
lavare via la vergogna e il dolore di essere buona a far nulla, di
causare la
morte ovunque vada. Approfittando della confusione, Demise
creò una nube densa
e nera come una notte senza stelle, la quale si sparpagliò
sospesa a pochi
centimetri da terra, poi, con un rapido movimento della mano, ne
attivò il
potere: la nube inghiottì le gambe delle guerriere come una
marea nera e,
l’immensa forza di gravità al suo interno, le
bloccò a terra impedendo ogni
movimento. Colte si sorpresa, le ragazze si dimenavano con forza senza
ottenere
il minimo risultato; più passavano i secondi più
la paura e il terrore
salivano: erano alla mercé dei nemici. Ridendo come un
ossesso, Demise ordinò
ai demoni di fermarsi e si avvicinò alle guerriere.
“Vi avrei detto che vi
sareste pentite di essere sopravvissute. Ora guardate la vostra
speranza
morire!”
Colpì
violentemente Noa con una sfera oscura particolarmente potente, tanto
che fece
volare la povera guerriera a molti metri di distanza: non un suono
uscì dalla
sua bocca. “Me lo merito.” Pensò la
ragazzina mentre stramazzava al suolo. “NON
LA TOCCARE!” Urlò disperata Michiru:
provò a caricare un Deep Submerge ma fu
colpita al ventre da un demone, facendole perdere il potere accumulato
e
strozzando il suo urlo. Sentendo la voce interrotta della madre, Noa
iniziò a
disperarsi. “Lasciale stare! Sono io il tuo
avversario!” Continuò ad urlare in
tutte le direzioni sperando di farsi sentire; Demise la
guardò estremamente
divertito e gli venne da pensare. “Sapete una cosa? Ho
cambiato idea. Prima di
farti fuori, voglio farti sentire le grida di coloro che ami e che hai
portato
a morire qui, oggi!” Fece un cenno col capo ai demoni, i
quali iniziarono a
colpire violentemente le guerriere, causando grida strazianti e fiumi
di
dolore. Noa iniziò a perdere la lucidità e il
controllo. “…basta…”
Implorò la
ragazzina, ma le urla non cessavano.
“Basta…” Demise, vedendo il suo
odiatissimo avversario supplicare, provò una goduria
immensa. Il corpo di Noa
iniziò a brillare di luce e faceva fatica a respirare.
“HO
DETTO BASTA!”
La luce esplose dal suo corpo irradiando tutti i presenti e sciogliendo
la nube
nera come neve al sole, allo stesso tempo tutti i demoni divennero di
cristallo
e caddero in mille pezzi. Le guerriere stramazzarono al suolo ferite e
Demise
rimase fermo al suo posto meditando vendetta. Noa ansimava visibilmente
e perse
tutte le sue energie. “E così questo è
il canto del cigno! Hai perso, ora ti
distruggerò!” La forza di volontà di
Haruka le impediva di arrendersi, così
strisciò a terra cercando di fermare l’avversario
come poteva. “…Fermati
bastardo…” La piccola Sailor aspettava esausta la
morte. “VISTE LE
CIRCOSTANZE, ADESSO INTERVENGO IO.” Una voce
potente e autoritaria penetrò
nelle menti di tutte le guerriere.
“NOA.
NON HAI AVUTO IL TEMPO DI PREPARARTI
A DOVERE E QUESTO E’ IL MASSIMO A CUI POTEVI ASPIRARE. QUESTA
E’ L’UNICA
SOLUZIONE CHE POSSO OFFRIRTI: AUMENTERO’ LA PORTATA DEL MIO
POTERE IN MODO TALE
DA RENDERTI PIU’ FORTE, MA IL TUO CORPO NON
REGGERA’. QUESTA E’ L’ULTIMA
SPIAGGIA.” Noa respirò forte e non
parlò; le ragazze rimasero spiazzate
dall’intervento del drago e Haruka si raggelò: le
sembrò di vivere un deja vù e
con la mente tornò a mille anni prima, quando lei stessa
usò quella tattica per
sconfiggere i demoni che minacciavano il regno. La storia stava per
ripetersi.
“NOA TI PREGO NON LO FARE!” Urlò la
bionda con tutta la disperazione che aveva
in corpo, ma la bambina aveva ormai preso la sua decisione. Lentamente
si alzò
in piedi tremolante e si rivolse a Demise. “Se… se
devo morire, non lo farò da
sola. Tu verrai con me!” Il demone guardò la
piccola Sailor e, sentendo quella
minaccia così assurda alle sue orecchie, scoppiò
in una fragorosa risata.
“AHAHAHAHA, MA SI CERTO! E COME VORRESTI FARE?”
“Così.
Drago, fallo.” Un ruggito nella testa scosse gli animi di
tutte le presenti:
Noa iniziò a caricarsi di energia positiva, tanto che il
peso la schiacciava a
terra; iniziò a tremare per lo sforzo e i suoi occhi
divennero luminosi. Ogni
cosa intorno a lei si trasformò in cristallo e, intorno al
suo corpo, piccoli
frammenti di cristallo fluttuavano nell’aria. “NOA
TI PREGO FERMATI! TROVEREMO
UNA SOLUZIONE, TI PREGO BASTA!” Le urla di Haruka vennero
ignorate e la piccola
Sailor rimase immobile: avendo ereditato i poteri dei genitori, Noa
pensò che
l’unico modo per sopperire alla momentanea cecità
che l’affliggeva era quello
di seguire le indicazioni del vento; con quel potere immenso che si
ritrovò
improvvisamente a gestire, riusciva a percepire anche le singole
molecole
d’aria che si spostavano. “E COSI’ VUOI
COMBATTERE? SEI FINITA!”
Demise non
fece in tempo a spostare una gamba che Noa percepì il suo
movimento e gli
scagliò addosso una vera e propria bomba d’acqua;
il demone, colto di sorpresa,
fu colpito in pieno ma si rialzò subito. “Noa!
NOA! RAGAZZE, VI PREGO,
ALZATEVI! NON PUO’ FINIRE COSI’! HO VISTO COSA
SUCCEDE SE SI USA TUTTO QUEL
POTERE, LA MIA BAMBINA MORIRA’! AIUTATELA!” Haruka
urlò con voce così rotta che
alle presenti suonò quasi irreale: la guerriera di Urano non
si era mai trovata
nelle condizioni di supplicare, di logorarsi le corde vocali per
elemosinare
aiuto, ma lei sapeva, lei aveva visto, doveva impedirlo a tutti i
costi, ma le
sue compagne facevano fatica a comprendere la gravità del
gesto che aveva
deciso di fare Noa.
“TUTTO
QUI?
PRENDI QUESTO!” Delle sfere oscure sfrecciarono a enorme
velocità contro la
piccola Sailor, la quale le schivò con estrema
facilità, nel frattempo il corpo
di Noa si stava consumando in fretta. “PICCOLO
DRAGO, DEVI SBRIGARTI.” Noa
si concentrò a fondo e ricoprì il suo corpo
interamente di cristallo duro come
il diamante, poi, in un battito di ciglia, era davanti a Demise che non
l’aveva
vista neanche muoversi. La ragazzina gli mollò un gancio
dritto in faccia
all’avversario, il quale accusò pesantemente il
colpo visto che la mano di Noa
era ricoperta di cristallo; nel momento in cui il demone
provò ad
contrattaccare, la piccola Sailor sparì di nuovo per
apparire dietro di lui
colpendolo con un calcio violentissimo: questa danza di colpi
invisibili andò
avanti per molti secondi, portando Demise allo stremo delle forze, poi
Noa si
fermò per riprendere fiato e il rivestimento di cristallo
sparì. “NOA BASTA!
FERMATI O MORIRAI!” Stavolta erano tutte le ragazze ad
implorarla di fermarsi,
avendo finalmente capito a cosa stava andando incontro la giovane
Sailor, ma la
ragazzina non ne voleva sapere: non c’erano altre alternative
né soluzioni,
c’èra solo la morte e lei lo sapeva bene.
“Vendicherò tutte le vite che hai
spezzato!” Improvvisamente Noa fu presa da un attacco
violento di tosse e si
accorse che stava tossendo sangue. “Mi rimane poco
tempo…” Demise, che nel
frattempo si era rialzato a fatica, non accettava di arrendersi.
“IO…
IO TI
UCCIDERO’! DISTRUGGERO’ TE E TUTTO CIO’
CHE AMI!” Urlò in modo agghiacciante e
spese tutte le energie rimaste per creare un buco nero enorme che
iniziò ad
attirare tutto quello che c’era al suo interno.
“SPARISCI!” Noa unì vento e
acqua nelle sue mani, creando una vera e propria tempesta in miniatura.
“Io
sono figlia della tempesta!” La sfera così creata
crebbe di dimensioni, fino a
diventare grande quasi come la guerriera stessa e si
trasformò in cristallo
allo stato semi-liquido, quasi come il plasma; con tutta la forza che
aveva la
scagliò nel buco nero e ne provocò
l’implosione scatenando un’onda d’urto
devastante che investì il demone: “CRYSTAL
SPEAR!” Capendo che era la sua
occasione, Noa creò due lance di cristallo e
trapassò da parte a parte il corpo
martoriato di Demise, per poi venire a sua volta travolta dalla potenza
dell’implosione.
Dopo che
l’onda d’urto cessò, le guerriere
lentamente cercarono di rimettersi in piedi e
il paesaggio apparve desolato: i palazzi erano del tutto scomparsi,
così come
le macerie; a molti metri di distanza c’era Demise privo di
vita inchiodato a
terra dalle lance di cristallo e, in piedi vicino a lui,
c’era Noa, immobile.
Le ragazze si guardarono, incredule di aver vinto, e corsero, per
quanto le era
possibile, incontro alla ragazzina, la quale girò il capo e
riuscì a vederle,
poiché la cecità è morta insieme a
colui che l’aveva causata, sfoderando un
luminoso sorriso.
Guardò
i
suoi genitori, la sua sorellona e le sue compagne piangendo lacrime di
sangue,
poi chiuse gli occhi e stramazzò al suolo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Epilogo: Nata per vivere ***
EPILOGO:
NATA PER VIVERE
Tutto
sembrava galleggiare intorno a lei: il cielo, le nuvole, tutto era
leggero ed
etereo ai suoi occhi stanchi e consumati dalla barbarie di quel mondo
che aveva
salvato; anche i suoni si fecero più ovattati, tanto che le
sembrò di essere in
un altro universo. In quello stato non si accorse delle compagne che
gridavano
il suo nome e che correvano veloci verso di lei; si sforzò
di sorridere, ma
ogni movimento le era proibitivo.
“Mi
sento andare a fuoco…” Pensò Noa mentre
veniva delicatamente sollevata da terra da Haruka, la quale la guardava
con
occhi terrorizzati, poi la ragazzina la fissò. “Ho
vinto papà…” Disse piano la
piccola Sailor, con voce tanto labile che Michiru, Setsuna e tutte le
altre
guerriere dovettero mettersi strette vicino a lei per sentirla. La
bionda rise
e pianse allo stesso tempo. “Si che hai vinto piccoletta! Ora
stai tranquilla,
ti rimettiamo in sesto noi ok? Andrà tutto bene!”
Tutte le presenti sorrisero
annuendo, già pronte a festeggiare quando Noa le interruppe
subito.
“No
papà… Purtroppo
io non guarirò… Sto morendo.” Quelle
parole furono come una coltellata per le
Outer, tanto che Michiru scosse la testa con vigore. “No, no,
no signorina, tu
vivrai eccome! In qualche modo ce la faremo!” La voce della
violinista era
rotta dal nodo in gola che aveva in quel momento, ma Noa non si
scompose. “Il
mio corpo… Sta bruciando lentamente. Sono felice
così, mamma…”
Setsuna,
sull’orlo del pianto, stava facendo lavorare la mente in
maniera esagerata pur
di trovare una soluzione, ma niente sembrava andasse bene.
All’improvviso una
luce soffusa uscì dal corpo della ragazzina e, quello che
sembrava un drago
etereo fatto di fumo, prese forma davanti a loro. “E
COSI’ E’ FINITA.” Tutte
guardarono il drago custode in tutta la sua imponente e autoritaria
grandezza,
poi Setsuna iniziò a parlare. “Sommo drago, non
puoi salvare Noa?”
La sua voce
era colma di tristezza. “NORMALMENTE POTREI. DOPO OGNI
SCONTRO, L’ALTRO
CONTENDENTE E’ SEMPRE FERITO MOLTO GRAVEMENTE E NOI ESSENZE
PRIMORDIALI ABBIAMO
IL DOVERE DI SALVARE IL NOSTRO CAMPIONE. MA IN QUESTO CASO NON POSSO
AIUTARLA.
I MIEI POTERI MI IMPEDISCONO DI CURARLA PERCHE’ NOA VIENE DAL
FUTURO E NON MI
APPARTIENE. NON E’NATA DA ME, MA DAL ME STESSO CHE, IN QUESTA
EPOCA, HA VISSUTO
PRIMA DEL SOTTOSCRITTO. MI DISPIACE.”
Haruka e
Michiru volsero lo sguardo
disperato e addolorato verso la loro piccola figlioletta che, nel
frattempo,
respirava sempre più a fatica.
“Ascoltatemi… Io non mi pento di nulla. Sono
felice perché, anche se breve, ho vissuto una vita
meravigliosa con voi. Ho
salvato il mio tempo ed ho salvato il passato, non potrei essere
più felice di
così.” Haruka e Michiru erano scoppiate in un
pianto inconsolabile e non si
rassegnavano all’idea di dover vedere loro figlia morire.
“Non puoi morire Noa!
E i tuoi genitori nel futuro cosa diranno? Saranno disperati, come lo
siamo
noi!” Noa abbozzò un triste sorriso.
“Lo
so che
sarà difficile… Ma capiranno. Questa non
è la fine… Io rinascerò. Qui e nel
futuro. Dovete solo aspettarmi…” La ragazzina
tossì violentemente sangue e
tutte iniziarono a tremare. “HAI COMBATTUTO CON CORAGGIO E
ONORE. IL MIO
COMPITO QUI E’ FINITO. CI RIVEDREMO.” Il drago
sparì in una folata di vento e
lasciò le guerriere sole nella loro infinita tristezza.
“Aspettatemi…”
Noa chiuse
gli occhi ed esalò l’ultimo respiro.
Immediatamente il suo corpo si
fece luminescente e sparì in una luce accecante che
investì tutte le presenti,
lasciando le mani di Haruka vuote. “No... MALEDIZIONE!
NOA!” La guerriera di
Urano urlò tutta la sua furia: maledì il cielo,
maledì il destino, maledì ogni
cosa, con la netta convinzione che la sua stessa vita fosse una
maledizione.
“E’
tutta una maledizione... non finirà mai...”
Sussurrò in preda al dolore
straziante Michiru; urla di dolore assordanti si mescolarono a fiumi di
lacrime
quel giorno, dove l’Universo intero sembrò quasi
essere privato della luce
delle sue stelle.
“Haru…
Haruka. Dai svegliati…” Michiru sbiascicava
assonnata tentando di svegliare
l’amata dal suo beato e dolce sonno. “Amore che
c’è…” Disse la bionda
alquanto
irritata. “La bambina piange… Stavolta tocca a
te.” Haruka grugnì qualcosa e si
alzò dal letto ammirando il panorama dalla sua finestra. Era
passato un anno
dagli eventi che segnarono le loro vite in modo drastico e drammatico:
con l’aiuto
delle autorità e del governo, la città di Tokyo
fu ricostruita e i suoi
abitanti, seppur riluttanti, furono incentivati a tornare nelle loro
case; dopo
una settimana dal completamento totale dei lavori alla città
nacque Noa.
Quei
mesi furono terribili: Haruka ebbe gli incubi per parecchio tempo,
sognando la
figlia che le moriva tra le braccia, oltre a tutto l’orrore
che si era dovuta
sorbire nei novanta giorni di assedio. Con il tempo e tanta pazienza,
alla fine
riuscirono tutti più o meno ad elaborare il lutto.
Camminò silenziosamente fino
alla camera della figlioletta e la guardò nella culla mentre
piangeva e si
dimenava. “Ecco il diavoletto di papà.”
La prese in braccio delicatamente e la
cullò cercando di farla riaddormentare. Dopo una
mezz’ora buona, Noa dormiva
beata nel suo lettino e Haruka la guardò con occhi
dolci.
“Per
una volta sei
nata per vivere e non per combattere.” Le
accarezzò piano la guancia; una calda
lacrima le solcò il viso e, per la prima volta dopo
un’eternità, era una
lacrima di gioia.
NOTE
DELL’AUTRICE: ed è finita! Voglio ringraziare chi
ha seguito questa storia
iniziata tanto tempo fa e ora finalmente conclusa. Sto lavorando a un
seguito
per questa vicenda, visto che non proprio tutto si è
risolto, quindi spero che
continuiate a seguirmi ancora! Un abbraccio graaaande grande grande!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1783741
|