Cercheremo di dimenticare.

di Aritos biscuits
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La vincitrice. ***
Capitolo 2: *** L'incubo. ***
Capitolo 3: *** E' Capitol City che sceglie il suo vincitore. ***



Capitolo 1
*** Prologo: La vincitrice. ***








E se gli sparo in fronte o nel cuore,
soltanto il tempo avrà per morire.
Ma a te resterà il tempo per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore.

- La guerra di Piero, Fabrizio De Andrè



 

 

La freccia di Katniss si conficcò nel cranio di Cato come ultimo gesto di pietà: dopo ore di tortura, per quel ragazzo arrivò finalmente la fine.
« L’hai preso? » chiese Peeta, ancora steso sul corno d’oro con la gamba sanguinante.
Per tutta risposta, il ventiduesimo cannone di quei settantaquattresimi giochi sparò.
« Allora abbiamo vinto, Katniss. » disse con voce assente e occhi vacui.
« Urrà per noi. » si lasciò sfuggire la mora, senza gioia nella voce per la vittoria.
Il suo sguardo venne catturato da una buca apertasi al centro della pianura in cui, senza esitare, si lanciarono tutti gli ibridi rimasti. Attesero che l’hovercraft arrivasse a prendere ciò che rimaneva di Cato invano. Si aspettavano di sentire le trombe della vittoria ad annunciare la fine di quei Settantaquattresimi Giochi della Fame.
Ma non arrivarono.
« Ehi! Cosa succede? » urlò la ragazza all’aria, quasi si aspettasse una risposta. Risposta che, ovviamente, non arrivò; solo il cinguettio degli uccelli appena svegli le fece capire che non era ancora finita. Non del tutto.
« Forse è il cadavere. Forse dobbiamo allontanarci. » disse Peeta, una nota di speranza troppo acuta nella voce. Cercavano ancora una ragione per quell’improvviso ritardo nell’annuncio del vincitore, cercavano ancora di convincersi che potessero tornare a casa insieme.
« Bene. Pensi di riuscire ad arrivare al lago? » domandò.
« Penso che farei meglio a provarci. » le rispose, sempre convinto che sarebbe accaduto qualcosa di buono.
Si mossero lentamente verso la coda del corno e caddero a terra. Katniss si rialzò per prima, cercando in ogni modo di aiutare il biondo compagno che a malapena si reggeva in piedi. Zoppicavano, ci misero minuti anche solo per fare pochi metri. Fu un miracolo che arrivassero al lago, contando che il ragazzo sarebbe potuto morire ad ogni passo. La mora si avvicinò all’acqua prendendone un po’ per l’altro oltre che per sé, gli portò la mano alle labbra e fece gocciolare il liquido nella sua bocca.
Una ghiandaia imitatrice emise un lungo fischio. Gli Sfortunati Amanti del Distretto 12 si misero a piangere, commossi, mentre l’hovercraft portava via ciò che rimaneva del Ragazzo del 2.
 Adesso prenderanno anche noi. Adesso possiamo andare a casa., si ripeteva la sedicenne meccanicamente.
« Cosa stanno aspettando? » la voce di Peeta era appena udibile, mentre l’aereo ancora faceva rumore in cielo. La ferita sulla sua gamba era di nuovo aperta: senza laccio emostatico, la sua morte sarebbe stata questione di minuti.
« Non lo so. » rispose, provando ad immaginare il motivo di quel ritardo. Si alzò per cercare un bastoncino, oppure un’altra freccia per  medicare di nuovo la coscia del ragazzo. Trovò quasi subito la freccia che era rimbalzata contro la corazza di Cato. Mentre si chinava a prenderla, sentì la voce di Claudius Templesmith riecheggiare sulla sua testa e nel resto dell’arena:  « Un saluto ai concorrenti finali dei settantaquattresimi Hunger Games. La modifica precedente è stata revocata. Un esame più accurato del regolamento ha rivelato che ci può essere soltanto un vincitore. Possa la buona sorte sempre essere a vostro favore. »
I due rabbrividirono. Un breve fruscio ed anche quell’unico suono fu ormai un ricordo lontano. Katniss si tirò su, guardando l’innamorato ancora incredula, mentre la verità si faceva strada nella mente di entrambi. Capitol City non ebbe mai l’intenzione di lasciarli vivi: era stato solo uno stratagemma degli Strateghi per garantire lo spettacolo migliore mai visto ai Giochi. E loro ci avevano creduto.
« Se ci pensi, non è poi tanto sorprendente. » sputò realista e amaro il giovane. Si alzò, facendo forza sulle braccia e stando rigidamente in piedi, immobile. Andò verso di lei, quasi a rallentatore, estraendo il coltello dalla cintura.
Katniss tese l’arco, pronta a scoccare la sua freccia verso il cuore dell’altro. Peeta restò spaesato e, per tutta risposta, lanciò il coltello verso il lago, dove affondò con un colpo sordo. Anche lei abbassò l’arma e arretrò, il viso rosso di vergogna. Aveva davvero pensato che Peeta Mellark, il figlio del fornaio che le aveva lanciato il pane quando stava morendo di fame, l’avrebbe uccisa? Per un secondo, aveva dimenticato che lui era buono, proprio come quelle pagnotte all’uva passa che le avevano salvato la vita.
« No. » la incitò lui. « Fallo. »
 Arrancò verso di lei, abbassandosi per raccogliere l’arco e rimetterglielo in mano.
« Non posso. » disse ancora lei. « Non lo farò. »
Forse l’unica cosa che la tratteneva dall’ucciderlo era il pensiero che avrebbero avuto poi i suoi compaesani di lei. Non amore, solo puro egoismo.
« Fallo. » ripeté Peeta. « Fallo, prima che rimandino indietro quegli ibridi o qualcos’altro. Non voglio morire come Cato. » e nel suo viso si lesse tutta la rassegnazione che poteva possedere: era il viso di un sedicenne pronto ad affrontare la morte senza battere ciglio, accettare il suo destino senza protestare.
« Allora uccidimi! » sbottò lei, senza un preciso motivo, restituendogli l’arma. « Mi uccidi, vai a casa e te ne fai una ragione! »
Ma Katniss lo sapeva, che senza di lei Peeta sarebbe stato perso, ma che lei ce l’avrebbe fatta: si sarebbe rifatta una vita – magari con Gale – e avrebbe metabolizzato la cosa.
« Sai che non posso. » disse, dando voce a tutti i dubbi della ragazza. Buttò le armi a terra. « Bene, me ne andrò comunque per primo. » Si chinò, strappandosi la fasciatura alla gamba, facendo in modo che il sangue sgorgasse a fontanella dal profondo taglio sulla sua coscia.
« No, non puoi ucciderti. » quasi balbettò, inginocchiandosi e tentando di riavvolgere la garza intorno alla ferita.
« Katniss, è quello che vogliono. »
« Non mi lascerai qui da sola. » sussurrò, nonostante sapesse quando lui avesse ragione.
« Senti » Peeta cercò il suo tono più ammaliante, tirando Katniss in piedi, « sappiamo entrambi che devono avere un vincitore. Può essere soltanto uno di noi. Ti prego, accettalo. Per me. Perché io ti amo e non desidero nient’altro che il tuo bene, la tua vita anche a costo della mia. » vide gli occhi della ragazza inumidirsi e capì che stava andando bene. Continuò: « Perché io non potrei mai vivere sapendo di averti ucciso o, comunque, che tu sei morta per me. Pensa a te, a tua madre, a Gale. Pensa a Prim. Cosa direbbe Prim, se vedesse sua sorella arrivare in finale per poi morire? »
Forse furono le ultime parole a smuovere in Katniss quel qualcosa che le permise di incoccare di nuovo la freccia e tirare la corda dell’arco, puntando contro il cuore del compagno. Doveva farlo per Prim, perché non morisse e avesse qualcuno su cui contare: le aveva promesso che sarebbe tornata ed allora lo avrebbe fatto, anche a costo della sua vita. 
Ma ce l’avrebbe fatta ad uccidere qualcun'altro: il ragazzo che conosceva e l’aveva aiutata quando tutto era buio?
Nella sua mente, era convinta di sì.
Tutto sembrò rallentare, il tempo fermarsi mentre Peeta la guardava. Voleva che i suoi occhi fossero l’ultima cosa che vedesse, l’ultimo ricordo felice prima di andarsene. Voleva essere certo che sarebbe vissuta a lungo e felicemente senza di lui.
Le mani della ragazza tremavano, il sudore le rigava le tempie impercettibile. Non riusciva a stare ferma, eppure non voleva prendere male la mira, facendo in modo da prolungare l’agonia dell’altro. Per quanto fosse sbagliato e insensato, voleva sopravvivere, anche a costo di ucciderlo. Anche a costo di venire odiata dal Distretto, che l’aveva creduta davvero innamorata di lui. Anche lei lo aveva fatto, ma aveva capito che non lo era nel momento stesso in cui aveva preferito ucciderlo piuttosto che morire.

Quando  il biondo sentì la punta della freccia un po’ più vicina al suo petto, sussurrò qualcosa di appena percettibile.
« Ti amo. »
« Lo so. »
La corda scattò, facendo arrancare il sedicenne. Era inginocchiato e rimase in quella posizione un altro paio di secondi. Poi si portò le mani attorno alla ferita, vedendo il sangue. Ci mise poco a smettere di respirare, caduto a terra di faccia, facendo solo in modo che la freccia lo trapassasse.
Solo allora, quando il ventitreesimo cannone sparò, Katniss capì cosa aveva fatto: lo aveva ucciso, aveva preferito la sua vita a quella del Figlio del Fornaio pronto ad aiutare chiunque, anche a costo di rimetterci tutto. Come in quel caso, quando aveva deciso che valeva la pena lasciare che tornasse a casa, perché lui non avrebbe mai potuto vivere senza di lei. Aveva dimostrato di conoscerla meglio di chiunque altro, di amarla e di sapere che lei amava un altro. Le aveva donato la vita solo perché lei vivesse la propria.
Si lasciò cadere, girando il corpo di Peeta in modo che fosse a pancia in su e provando a rianimarlo. Piangeva. Piangeva nonostante sapesse che era stata lei a decidere la fine di quel ragazzo che l’aveva salvata più di una volta.
Passarono diversi minuti così, forse perché il Capo Stratega voleva far legare in qualche modo i Capitolini a lei, farli soffrire di quel suo stesso immenso dolore. Oppure anche solo fargli capire cosa si è disposti a fare quando c’è la propria vita in gioco, fare in modo che la odiassero, perché tutti si erano affezionati agli “Sfortunati Amanti del Distretto 12” prima di vederli autodistruggersi.
Far capire loro che era stato solo il suo egoismo ad uccidere il giovane Peeta.
Poi le trombe squillarono ed una voce annunciò:
« Ecco a voi Katniss Everdeen, tributo del Distretto 12 e vincitrice dei Settantaquattresimi Hunger Games! »















Adolf's biscuits.
Buongiorno! Siamo AriiiC_ e pandamito e questa è la nostra prima long assieme.
Prima di tutto salutiamo tutti Adolf *indica la koala* e poi passiamo alle spiegazioni.
Come potete vedere, questo è un What If bello e buono ed abbiamo intenzione di riscrivere tutti i 75esimi Hunger Games se non ci fosse stato il trucco dei morsi della notte, con la conseguenza della morte di Peeta.
Ci si spezza il cuore ad uccidere uno dei nostri personaggi preferiti, ma ci serve e lo ricorderemo per sempre.
Quindi bao e spero recensiate o ci mandiate a vendere banane.
Baci e biscotti,
Ari, Mito ed Adolf.

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Capitolo 2
*** L'incubo. ***





 
Dammi una ragione per credere
che questo mondo non sia una macchina malata
quando ogni direzione è un vicolo cieco.
Puoi darmi ciò di cui ho bisogno?
O puoi solo sederti e guardarmi sanguinare?
Perché d'altronde non puoi ottenere tutto ciò che vuoi,
ma tutto ciò di cui avrei bisogno è qualcosa
che mi faccia andare avanti.


- Reason to Believe, Sum41




Per terra vi erano vetri rotti e bottiglie vuote ovunque, ma a nessuno importava, tanto prima o poi qualcuno avrebbe pulito, ma non era compito loro, non ora.
Katniss era appoggiata al tavolo di legno con la testa ed il braccio sinistro, mentre l'arto destro penolava nel vuoto; i suoi occhi grigi fissavano le piccole goccioline che scendevano ripide sul vetro della bottiglia, fino a che quella venne spostata e portata pericolosamente alla bocca ispida del quarantenne. Katniss alzò gli occhi, come infastidita da quel gesto che aveva interrotto il suo passatempo, ma sulla sua espressione non vi era accenno di cambiamento: bocca dischiusa e occhi persi nel vuoto, i quali ogni tanto si degnavano di osservare qualcosa di indefinito e principalmente senza un senso vero e proprio. La diciassettenne ritrasse le braccia verso il bordo del tavolo e, facendo leva su di esse, si alzò a fatica, con un espressione sofferente sul volto, gli occhi assottigliati per mettere a fuoco ed una testa dolente che pareva sul punto di scoppiare. 
« Che c'è, dolcezza? Non sei abituata? » la schernì il mentore, portandosi di nuovo la bottiglia alla bocca ed inghiottendo un bel po' di quel liquido rosso e dall'odore acre.
Katniss spostò lo sguardo verso quella figura massiccia e dannatamente ubriaca, serrando la bocca e facendo destare un cenno di lucidità. « Mi dispiace, Haymitch, ma ci vorrà un po' prima che diventi brava come te. » rispose a tono, lanciando una di quelle frecciatine che erano soliti tirarsi.
Il biondo rise sguaiatamente, sbattendo la bottiglia sul legno con un tonfo, facendo credere a Katniss che presto sarebbe andata in mille pezzi, come i vetri che già ricoprivano il pavimento. 
« Meglio se non inizi, quest'anno dovrai far da mentore agli ennesimi due poveracci » le ricordò, « sei la mia unica speranza di poter mandare tutto al diavolo ed ubriacarmi più del solito. Se non ci sono io a ricordar loro che moriranno appena messo piede fuori dalla pedana, ci sarai tu che con un po' di "compassione" cercherai di salvarli. » Haymitch alzò la bottiglia di vino, facendola roteare ed osservando il liquido che assumeva i movimenti di un maremoto in miniatura. « Oh, scusa, dimenticavo che hai ucciso Peeta. Forse non hai tutta questa compassione e voglia di salvare qualcuno, se non te stessa, come pensavo. »
Uno schiocco di lingua sui denti, poi per l'ennesima volta il vetro si posò sulle sue labbra. Non potevano essere contati i secondi in cui Katniss rimase rigida ed immobile al suo posto, a fissarlo, perché l'uomo aveva nominato l'unica persona capace di smuovere quella scintilla nel suo cuore, colui che attanagliava ogni sera ogni suo incubo e che sarebbe stato per sempre il punto fisso delle colpe della diciassettenne. Scattò immediatamente in avanti, strappando la bottiglia dalle mani del mentore ed arrettrando all'istante, mentre l'altro, sorpreso dalla mossa inaspettata, afferrò in men che non si dica il coltello posto sul tavolo ed iniziò a maneggiarlo furiosamente innanzi a lei. Dopo vari tentativi, la lama sfiorò il tondo viso di Katniss, ferendola, mentre quella teneva ancora stretta la bottiglia di vino in mano, che fece frantumare in mille pezzi a contatto con la testa bionda del proprietario di casa. Tutto si fermò per qualche istante: vetri rotti che andavano ad aggiungersi ad altri, alcuni rimasti impigliati nel capo di Haymitch - che per fortuna non aveva riscosso danni se non un dolore lancinante in testa - e liquido rosso che scivolava e si andava ad impegnare sui vestiti dell'uomo, che ora odoravano di marcio. 
« Piccola... » lasciò in sospeso la frase il maggiore, stringendo le mani a pugno e digrinando i denti.
« Smettila, Haymitch, sei ubriaco! » urlò Katniss, sperando che un tono più forte ed autoritario potesse far ragionare l'uomo.
L'altro puntò gli occhi grigi in quelli della ragazza, che avevano la stessa tonalità, simbolo della provenienza dal Giacimento. 
« E tu sei come me. » sputò, quasi fosse la più orribile delle offese. O forse era proprio così?
In un lampo tutte le paure che opprimevano da mesi il corpo della Ragazza in Fiamme riemersero come una folata di vento pronta a spazzarla via: gli occhi accusatori della gente del Distretto che la guardavano con disprezzo, si era guadagnata l'odio di tutti, persino dei più buoni e poteva affogare quella colpa che l'attanagliava solo con un bel sorso di liquore, di cui casa Abernathy era zeppa. Aveva sempre pensato che solo Haymitch potesse comprenderla, visto quello che avevano passato entrambi. Ma cosa avrebbe fatto  la giovane Everdeen se anche colui che l'aveva aiutata ora la stava abbandonando, voltandole le spalle e sputandole fango addosso? Quella freccia nel petto di Peeta Mellark era stata la sua condanna, semplicemente perché era una sua freccia.
La mora ripartì all'attacco, scattando con un piede in avanti, arrampicandosi sopra al tavolo e saltando addosso al mentore, cingendogli il collo con entrambe le mani e facendo pressione. La schiena di Haymitch toccò terra con un sonoro tonfo, come la sedia che ora giaceva anch'essa al suolo, mentre l'uomo cercava di liberarsi di dosso il corpo dell'avversaria maneggiando ancora col coltello. 
Solo l'improvviso accendersi da sola della televisione e l'inizio dell'inno di Panem arrestò lo scontro che stava avvenendo in cucina. 
Non era normale che una tv si accendesse da sola, a meno che non era per qualche comunicazione importante da parte di Capitol City. 
I due si rialzarono immediatamente, come se nulla fosse, col cuore in gola e fare preoccupato. E c'era da preoccuparsi se era proprio un primo piano di Snow ad illuminare lo schermo. Katniss e Haymitch non fiatavano, rimanevano immobili ed in piedi a guardare la televisione, mentre l'inno finiva ed il viscido Presidente si accingeva a parlare dei settantacinquesimi Hunger Games, a ricordare i Giochi Bui, a spiegare le vecchie edizioni. Il sangue di entrambi gelò nelle vene, mentre un ragazzino in bianco con una piccola scatola in mano si avvicinava alla figura anziana posta dietro il microfono, tolse il coperchio, mostrando file e file di lettere ingiallite; Snow estrasse quella contrasseggnata col numero 75 e ne lesse il contenuto:
« Nel settantacinquesimo anniversario, affinché i ribelli ricordino che anche il più forte tra loro non può prevalere sulla potenza di Capitol City, i tributi maschio e femmina saranno scelti tra i vincitori ancora in vita. »
In tutti i Distretti, anche coloro che pensavano di essere al sicuro tremarono. 
L'incubo tornava vivo, la giostra ricominciava a girare. Giovani e vecchi, uomini e ragazzi richiamati alla morte, costretti a tornare in quel luogo per la Capitale, affinché la propria famiglia continuasse a stare bene.
Il silenzio persisté anche dopo che l'annuncio fu terminato. Nel salotto di casa Abernathy, Katniss si fece cadere sulla sedia per via dello sconforto e la consapevolezza di non essere mai stata al sicuro si fece strada in lei. Haymitch estrasse una piccola borraccia dal taschino della giacca macchiata di vino, l'aprì e bevve qualche sorso di quel liquido forte che si rivelò essere vodka. Ora erano l'uno seduto di fronte all'altro, come prima; le iridi grigie di entrambi si scontrarono, crude, mentre il volto del Presidente Snow spariva dalla televisione. Fuori era già buio. Quando l’arnese elettronico venne spento, solo le candele rimasero a fare luce sul tavolo.
« Sai cosa significa questo, dolcezza? » chiese lui in tono vuoto e amaro, conscio che lei sapesse la risposta ma volenteroso di sentirla. Per rendersene conto, dato che la sbronza non lo aiutava certo a metabolizzare le cose.
« Torneremo nell'arena. » sentenziò Katniss.
Una risata isterica scosse il corpo del quarantenne. La sedicenne lo osservò, tesa.
Il suono della sua voce suonò come una pallottola.
« Solo io e te. »









 




 

Adolf's biscuits.
Avevamo il capitolo pronto da ere glaciali, ma lo postiamo ora perché diamo donnoleH in affati.
Molto very busy, ja.
Ricordo che siamo sempre AriiiC_ e pandamito e quella bellizzima dittatrice che ci comanda a bacchetta sottoforma di koala dal nome Adolf.
Questo è il pimo capitolo, ma oltre alle doti descrittrive non dice un bel nul-
No, cavolo se dice! Haymitch torna in arena! HAYMITCH!
Ma chi se ne frega di quella bitch con la treccia, dannazione, HAYMITCH!
Cioè, noi autrici lo spediamo in Arena ma non vogliamo che ci vada.
Siamo very normal people, proprio per radio-cento-due-cinque-non-so-come-si-scrive.
Quindi che dovevo dire? Titolo e canzone molto a random.
Baci e biscotti,
Ari, Mito ed Adolf.

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Capitolo 3
*** E' Capitol City che sceglie il suo vincitore. ***






 
Dì ai miei amici che non me ne sono andato.
Allora suonate la mia canzone e cantate insieme.
Alza il tuo bicchiere ed io alzerò il mio.
Attraverso il mio cuore e spero di morire.


- The Bench, Giampaolo Speziale




« Sarà una delle Edizioni più emozionanti di sempre, ve lo dico io! » disse Effie mentre scortava Haymitch e Katniss attraverso le porte del treno. La stazione era prevedibilmente piena di paparazzi, anche più degli anni precedenti. « Anche se la mietitura è stata, diciamo… breve, ecco! »
« Ovvio che sarà emozionante, dato che non sarai tu a morire! » sbottò il quarantenne, lanciandosi sul divano del treno nel posto che ormai da anni era convenzionalmente suo. 
Fece cenno con la mano al senza voce, che lo raggiunse in un batter d’occhio. Gli sussurrò qualcosa all’orecchio e, in poco meno di un minuto, il ragazzo tornò indietro con un vassoio che sosteneva una bottiglia di vetro piena di liquore e due bicchieri.
« Perché due? » chiese la mora diciassettenne.
« Pensavo che alla mia cara compagna di distretto ne andasse un po’… »
Il quarantenne lasciò la frase in sospeso, godendosi lo sguardo metà sconcertato e metà furioso che Katniss gli regalò. Non pensava certo avrebbe parlato di quella sua piccola debolezza sviluppatasi da quando nel Distretto tutti avevano iniziato a vederla come traditrice. Almeno, non che ne avrebbe parlato davanti ad Effie. Fece finta di nulla, accomodandosi sul divano accanto a lui. L’accompagnatrice li guardava, metà spaesata e metà curiosa. Da quando la ragazzina aveva vinto, non capiva cosa ci fosse tra mentore e tributa – o, meglio, tra i due tributi. Tacque, andando in bagno, probabilmente solo per passarsi un secondo strato di cipria sul naso. Haymitch aveva già riempito i due bicchieri, lasciandone uno sul vassoio d’argento e bevendo grandi sorsi dall’altro.
« Dovevi proprio? » chiese la ragazza, piuttosto offesa.
« Andiamo, dolcezza, so che muori dalla voglia di berne un po’. » così facendo, le porse la sua vodka come fosse contenuta in un calice pregiato.
La diciassettenne esitò, prima di lasciarsi andare ed ingoiare tutto il liquido in una volta sola.
 
***
 
Effie ci mise non poco a tornare nella carrozza principale. Giusto il tempo di trovarsi davanti Katniss ed Haymitch completamente ubriachi, la bottiglia vuota, rotta per terra.
« Oh, oh, sì: lui me lo ricordo! » trillò l’uomo, entusiasta. « Lui è lo stronzo che ha vinto ammazzando tutti. Non è da sottovalutare. » cercò di dire seriamente, ma lo sguardo di Katniss lo fece scoppiare a ridere di nuovo. 
La capitolina ci mise un po’ a capire di cosa stessero parlando. Solo quando li superò, smettendo di dare le spalle alla televisione, comprese: le repliche delle mietiture erano iniziate e Gloss Richel, Distretto 1, era appena salito sul palco, bello come sempre, con un sadico sorriso dipinto in volto. Ricordò di aver tifato per lui, neanche troppi anni prima, quando da solo aveva fatto fuori la metà abbondante dei tributi, Favoriti compresi.
« Oh, oh, oh! » gridò di nuovo Haymitch, distogliendo Effie dai suoi ricordi. « La sorellina tornerà nell’arena con lui! Lei aveva puntato tutto sulla bellezza e sugli sponsor. » fece un cenno con la testa come se quello che stesse dicendo fosse particolarmente intellettuale. « Però è proprio una puttana. E non lo dico perché mi sta sulle palle, ma perché l’ha data a tutta Capitol City. » sottolineò le ultime parole. « Tutta Capitol City?, capisci? Hai presente quanti uomini ci sono a Capitol? » prese fiato. « Quindi sì, è una puttana. »
« Pensi che anche io sarei finita col darla a tutta Capitol City? » chiese Katniss; sarebbe stata preoccupata, se l’alcool non avesse cancellato ogni traccia di emozione dal suo viso e dal suo animo.
« Nahh. » disse l’uomo con tono distante. « Solo a me. »
Scandalizzata da quelle parole, Effie smise di guardare i due fratelli che si stringevano la mano sul palco – falso: ammirava solo il fantastico vestito in seta indaco di Cashmere e il viso perfetto di Gloss. Osservò i due tributi, sperando che si accorgessero di lei. Dato che ogni sforzo era vano, fece un colpo di tosse per attirare l’attenzione.
« Effie… ma come ti vesti? » chiese l’uomo, scandalizzato dalla tinta arancione troppo accesa del vestito della donna. « Insomma, andiamo: sei un pugno in un occhio.
Fingendosi offesa, l’accompagnatrice si accomodò nell’angolo del divano, facendo bene attenzione a stare loro lontana e determinata a non rivolgergli la parola fino alla fine del viaggio.
Neanche un po' di pubblicità, che subito venne trasmessa la Mietitura del Distretto 2. Katniss, cercando di mettere a fuoco la vista, che iniziava a perdere qualche colpo per via dell'alcool che le annebbiava poco a poco la mente con ogni bicchiere che da pieno diventava vuoto, riuscì a distinguere due colossi che non diedero neanche il tempo alla capitolina di salire sul palco e già avevano alzato le mani per offrirsi. Ecco, una cosa che Katniss non capiva era cosa potesse spingere qualcuno ad offrirsi, per di più due persone che erano già sopravvissute all'Arena. Lei non aveva avuto scelta: era la sola vincitrice del Distretto 12, ma nei Distretti Favoriti di vincitori ce n'erano a palate e se fosse stata in loro mai e poi mai avrebbe voluto ritornare in quella gabbia fratricida.
« Dannazione, Brutus ed Enobaria. Devi stare attenta a loro. » l'avvertì il mentore, mentre agitava in aria la bottiglia vuota, in modo che un senza-voce gliene portasse un'altra. « Mi ricordo che nella sua edizione, lui ha spappolato il cranio a chiunque con una clava, anche ad un ibrido a forma di mammut, se non sbaglio. »
Forse in una situazione normale quella frase avrebbe potuto suscitare ilarità, ma Katniss era troppo andata, Effie era ancora offesa e sinceramente nessuno avrebbe voluto essere al posto di quel mammut.
« La scimmia in calore, invece » incalzò Haymitch, riferendosi ad Enobaria, ma sollevando di poco le labbra, felice della vista della nuova bottiglia che il senza-voce gli aveva portato, « è completamente pazza, peggio di Annie Cresta. » Versò il liquido rosso nel bicchiere e se lo portò alle labbra, osservando ancora lo schermo con un'espressione di disgusto verso la volontaria del 2. « Sul serio, si è messa ad uccidere persone a destra e manca solo perché erano tutti più belli di lei. Certo, ma se anche il mammut ucciso da Brutus è meno cesso di te, allora fatti qualche domanda. »
Con quell'espressione, anche se forse un po' troppo rude per i canoni della donna, Effy non poté fare a meno di trattenere una risata, che attirò l'attenzione degli altri due; appena incrociò lo sguardo del quarantenne, si rimise composta sulla sua sedia, stampando nuovamente il broncio sulle sue labbra, che si era ripromessa di portargli fino alla fine delle Mietiture. Però, doveva ammetterlo, persino lei aveva sempre odiato Enobaria, seppur Favorita, rimaneva comunque uno scherzo della natura, ai suoi occhi, e detto da una capitolina era proprio grave.
Haymitch si voltò nuovamente verso lo schermo. « Spero che la tuta di quest'anno comprenda un guinzaglio, o sarà veramente dura tenere a bada quel mostro. »
Gli occhi grigi della Ragazza in Fiamme contemplarono le due figure che sul palco ghignavano, desiderose di fare dell'Arena una carneficina.
Ma poi la mente della diciassettenne volò su un altro nome: « Chi è Annie Cresta? » chiese, con un tono totalmente privo di emozioni.
Il maggiore scrollò le spalle, come se non la ritenesse una questione tanto importante. « E' una vincitrice del 4 che è diventata pazza dopo l'Arena, niente di che, magari la vediamo quando arriviamo alla Mietitura del suo distretto. »
Katniss lasciò che la testa pesante si posasse sul tavolo, lasciando penzolare un braccio nel vuoto, mentre con l'altra mano reggeva saldamente il suo bicchiere, seppur vuoto.
« Wiress! » sentì il mentore urlare e dovette tirarsi su. Non sapeva bene chi fosse quella Wiress, ma ricordò di aver già sentito quel nome, magari in una delle vecchie edizioni che aveva guardato con il compagno prima della loro Mietitura. « Wiress sarà davvero un’ottima avversaria: aveva creato un profumo in grado di avvelenare tutti gli altri tributi. Ingegnosa, molto. »
La Ragazza in Fiamme guardò Effie, mentre la donna riservava ad Haymitch uno sguardo colmo d’odio e rabbia. La diciassettenne pensò molte cose, cercando di trovare un perché a quell’occhiata. Ma tutto ciò che i suoi occhi catturarono fu il viso serio ma un po’ folle della donna in tv: non troppo anziana, ma sicuramente olte la quarantina. Aveva i capelli ricci, lunghi e neri; gli zigomi squadrati e scavati, gli occhi scuri, tondi e leggermente sporgenti. Aggiungendo naso dritto e pelle pallida, il viso della tributa Wiress era dominato dalle sottilissime labbra, serrate in un ghigno come di chi la sa più lunga del dovuto. Ma, mentre la ragazza ancora osservava il viso della donna – che, inspiegabilmente, l’attirava in modo strano e contorto –, la telecamera s’era già spostata sul tributo maschile: un uomo sessantenne, capelli bianchi e vaporosi segnati da una piazzetta in mezzo alla testa. Il tutto accentuato dai tondi occhiali a “fondo di bottiglia”, che ingrandivano dei già grandi occhi color nocciola.
« Beetee è un fulminato. » sentenziò Haymitch. « Anche se poi, fulminati, ci son finiti gli avversari… »
Inutile dire che Katniss non sapeva chi Beetee fosse ma intuì che sarebbe potuto essere il nome dell’uomo sul palco.
« Che ha fatto? » chiese allora.
« Non lo sai? » la voce di Effie, stranamente ridestatasi dal suo mutismo, pareva stupita, come se Beetee avesse fatto qualcosa che era impossibile non sapere.
« No che non lo sa, ovviamente: è nata sedici anni fa, quando della vittoria di Beetee non se ne parlava da un pezzo. » si riservò un attimo di silenzio, guardando compiaciuto l’espressione sconfitta della capitolina. « Insomma, dolcezza, Beetee ha creato, diciamo, un filo elettrico e, in una notte di temporale… ZAN ZAN! »
Katniss parve non capire. « Zan… zan? » balbettò, confusa. Aveva le pupille nere che coprivano il grigio degli occhi, come a voler accentuare il fatto che lei, l’alcool, non lo reggesse proprio per niente.
« Sì, insomma: zan zan. » disse il quarantenne bevendo un sorso di vodka da un bicchiere che le due donne ricordavano vuoto. « Diciamo che ha letteralmente fulminato tutti, prima di aspettare che morissero per tre giorni prima di venir incoronato vincitore. »
Katniss non poté fare a meno di ammirare la pazienza di quell’uomo, riuscito ad attendere tre giorni prima di andarsene dall’arena. Quello era proprio uno dei motivi per cui aveva preferito ammazzare Peeta subito: andarsene da quel luogo di orrori in cui aveva vissuto i momenti peggiori della sua vita.
Dopo di che, una capitolina dalla pelle blu salì sul palco di quello che doveva essere il Distretto 4; estrasse un nome dalla boccia femminile e, ridacchiando, lo pronunciò a gran voce col suo caratteristico accento capitolino: « Annie Cresta! »
Sentendo quel nome, Katniss si drizzò subito sulla sedia, strabuzzando gli occhi, mentre dalla platea del distretto un grido agghiacciante tentò di distruggere i timpani degli spettatori, tanto che Haymitch si destò e scattò immediatamente ad afferrare il telecomando per abbassare il volume. Effie, invece, si spaventò così tanto per l'improvviso rumore che sobbalzò dalla sedia, facendola addirittura ribaltare e finire per terra, ma lo shock che persisteva nei presenti aveva fatto in modo che neanche il mentore ci badasse, né che approfittasse dell'opportunità per prenderla in giro.
Katniss guardò la schermata, incantata, osservando una ragazza mora che scalciava e gridava con tutto il fiato nei polmoni, mentre due Pacificatori dovevano tenerla ben stretta per condurla sul palco. 
« Quella è... ? » ma le parole le morirono in gola, quando una mano si alzò in mezzo al pubblico.
« Sì » confermò il quarantenne, « lei è Annie Cresta. Ha partecipato ai settantesimi Hunger Games, ma quando il suo compagno di distretto è morto... beh, lei è completamente impazzita. »
La capitolina, sul palco, strabuzzava gli occhi, avvicinandosi nuovamente al microfono e facendo un gesto ai Pacificatori per fermarsi. « Oh, abbiamo un volontario! » esclamò, col tono stranamente incerto.
Una donna anziana e ricurva su sé stessa si avvicinava con passo estremamente lento al palco, mentre i Pacificatori lasciavano la presa sulla mora, che si accasciò a terra, con la testa fra le mani, e scoppiò a piangere. 
Katniss non capiva, era estremamete confusa e questa volta non era per l'eccessivo alcohol, bensì si domandava perché quella donna rugosa in punto di morte si era offerta, salvando così la vita di Annie Cresta. Forse non aveva più nulla da perdere, stava arrivando la sua ora e voleva salvare qualcuno come suo ultimo gesto di carità, si disse.Eppure c'era qualcosa che non la voncinveca.
« Perché si è offerta? » domandò la Everdeen, non riuscendosi a togliere questo punto fisso dalla mente, continuando a strabuzzare gli occhi con confusione verso lo schermo.
Il mentore grugnì. « Lascia perdere, dolcezza. A te deve solo interessare tornare viva a casa. » rispose secco.
Per un momento quella domanda si insediò nel cuore della diciassettenne e la mandò in paranoia anche più di prima, abbattendo persino il muro che l'alchol le creava, facendole perdere momentaneamente ogni pensiero; ma ora Haymitch aveva detto qualcosa - anche se forse non ci aveva badato più di tanto al peso delle parole - che avrebbe potuto cambiare la vita della ragazza. Tornare viva a casa equivaleva a dire uccidere anche lui. Ma poteva permetterselo dopo quello che era accaduto a Peeta? In fondo Gale e Prima ora erano le uniche persone a non giudicarla e se avesse ucciso Haymith il suo distretto l'avrebbe odiata ancora di più. Già, Prim... Improvvisamente si ricordò di lei e capì che avrebbe continuato a fare ciò che le sarebbe convenuto di più: lottare per tornare da lei, perché non poteva abbandonarla. Non aveva idea se le parole del mentore volevano significare che lui stesso si sarebbe sacrificato per aiutarla a vincere, oppure se stava solo leggendo nelle righe frasi che non esistevano, ma oramai aveva preso la sua decisione e non poteva tornare indietro.
L'anziana volontaria si ostinava a non parlare, benché l'accompagnatrice le avesse chiesto ben tre volte quale fosse il suo nome; così quella, spazientita, andò ad estrarre il nome dalla boccia maschile, ma quando spiegò il biglietto il suo viso s'impallidì dal terrore, poi fu come percorsa da un brivido di eccitazione che divampò improvvisamente quando chiamò lo sfortunato tributo:
« Finnick Odair! »
Katniss poteva giurare che quello che stava vedendo salire il palco fosse l'uomo più bello che avesse mai visto. Una folta chioma ramata e dei meravigliosi occhi verdi che le telecamere avevano fatto la gentilezza di inquadrare.
Un altro urlo squarciò l'aria del Distretto 4, proveniva ancora da colei che Katniss aveva imparato ad identificare come Annie Cresta, che ora stava scalpitando contro i Pacificatori - che la bloccavano - per salire sul palco, strillando e piangendo. La ragazza del Giacimento poteva giurare che quel così detto Finnick Odair stesse guardando proprio quella povera pazza - e come non farlo! - ma che di più avesse gli occhi lucidi e pronti al pianto.
La tensione nel vagone venne spezzata dalla risata sprezante del mentore, che attirò persino Effie, che nel frattempo si era seduta nuovamente composta e stava osservando con occhi sognanti la figura scolpita del tributo maschile.
« Finnick Odair! » gridò il quarantenne. « Siamo spacciati, dolcezza! »
Quell'esclamazione fece alzare automaticamente un sopracciglio alla minore. « Perché? » chiese, non capendo dove volesse andare a papare. Sinceramente, a lei non era sembrava un avversario così temibile, anzi.
« Vedi, dolcezza, quello » ed indicò il ramato in tv, « è Finnick Odair, considerato uno dei tributi più belli della storia degli Hunger Games. Avrà sponsor a palate che ci schiacceranno come moscerini sotto lo zampone del mammut ucciso da Brutus. »
Scartando da una parte l'ossessione che il signor Abernathy aveva per quel mammut, Katniss continuava a non capire. Certo, gli sponsor erano importanti, ma lei per prima sapeva che non erano tutto, anche se potevano salvarti la vita da un momento all'altro.
« Sì, ma sono la forza e l'intelligenza che contano di più. » affermò con convinzione.
Un'altra risata sprezzante riempì il vagone del treno, mentre il bicchiere vuoto dell'uomo veniva stretto nella sua mano ruvida e sbattuto sul tavolo in mogano, tanto che Effie storse il muso in segno di disapprovazione e fece finta di non vedere, tornando con lo sguardo di fronte a sé ed incrociando le braccia conserte.
Il maggiore sorrise, divertito dall'ingenuità della ragazza. « Devi sapere che ha ucciso tutti in sei giorni ed era così amato che fu l'unico a ricevere un tridente nella storia degli Hunger Games, per quanti sponsor aveva. » spiegò. « Capitol City non lo farà mai perdere! »
La mora guardò il mentore riempirsi per l'ennesima volta il bicchiere, così guardò il suo che era ancora vuoto sul tavolo, ma si disse mentalmente che ora poteva resistere e che ne avrebbe preso un goccio in seguito. Ora voleva capire cosa cercasse di dirle l'altro, quindi doveva rimanere lucida.
« Ma Capitol City non ha idea di cosa gli accadrà nell'Arena. Ci sono gli imprevisti, gli altri Favoriti, potrebbe morire in qualsiasi modo. » obiettò.
« Se non l'hai ancora capito, Katniss, è Capitol City che sceglie il suo vincitore ancor prima che i tributi mettano piede nell'Arena. E' sempre stato così. » Il bicchiere si avvicinò alle sue labbra e man mano che i secondi passavano, il liquido dentro di esso diminuiva. « Sta a te essere furbo e ribaltare la situazione… lei lo aveva fatto. »
Haymitch indicò alla televisione la ragazza che rispondeva al nome di Tule Dunbryll: trentenne con capelli chiari e occhi scuri, incorniciati in un viso con una cicatrice che lo attraversava dal mento alla tempia destra, passando per la palpebra.
« Dici per il taglio…? » domandò ingenuamente la diciassettenne, cercando di trattenersi dal prendere un nuovo bicchiere di rum, vodka, o qualsiasi cosa fosse.
« Gli Strateghi hanno provato ad accopparla in tutti i modi possibili ed immaginabili: alla finale le hanno perfino tirato fuori degli ibridi che praticamente miravano ad ammazzare solo lei. » prese un sorso. « Solo che usò il corpo del favorito del 2 da scudo. Lui morì e lei si tagliò. » sospirò. « A Capitol non piacque molto il suo giochetto. »
Katniss non poté fare altro che ammirare quella ragazza così coraggiosa da sconvolgere la capitale. Pensò a lei, a come non era stata capace di sconvolgersi e sconvolgerli salvando Peeta. Sotto questo punto di vista, era una delle vincitrici più scontate.
« Lui non credo di ricordarlo… » disse il mentore liquidando il cinquantenne con uno sbrigativo movimento della mano. Effie scosse la testa, mormorando qualcosa come “bisogna conoscere gli avversari se vuoi batterli!”
Katniss non capì mai troppo bene quella parte di discorso perché era troppo occupata a riordinare i pensieri. Quando la vista fu un po’ più lucida, affermò convinta: « Si chiama Atlas Din… Dinwiddle… una cosa così, insomma! Ha vinto una cosa come i trentesimi Giochi. » non convinta degli sguardi straniti che gli altri due le lanciavano, aggiunse, rivolta all’accompagnatrice: « Ti ricordi quando ti avevo chiesto i video delle precedenti edizioni? » Effie annuì. « Bene: lui è uno dei pochi che ho visto. »
« E, sentiamo, che avrebbe fatto, dolcezza? » domandò Haymitch, circondandole le spalle con la mano che teneva il bicchiere, come volesse invitarla a bere un po’.
« Una bomba, e sono saltati tutti in aria. » sentenziò la giovane.
« Una bomba… poca roba, insomma. » rifletté l’uomo, intento a studiare il viso della compagna.
« Vediamo se penserai lo stesso quando ti farà saltare in aria. »
Con la mano libera, Haymitch si toccò le palle.
Intanto Effie sospirò un po' troppo rumorosamente per i gusti di una signora d'alta classe - se così si poteva definire - ma il punto era che stavano trasmettendo il Distretto 6, uno dei periferici, e benché come accompagnatrice ci tenesse a studiare anch'essa i tributi di quell'anno, il suo animo capitolino la indirizzava verso i capitolini. Anche se una volta quand'era piccola, si ricordava di aver scommesso su un ragazzo del Dodici, alla seconda Edizione della Memoria. Ma questo Effie non l'avrebbe mai ammesso.
Sullo schermo comparve un uomo di mezza età dai capelli brizzolati ed una donna che avrà avuto sì e no una trentina d'anni, con i capelli scuri ma sfibrati; entrambi avevano lo sguardo perso nel vuoto, il viso scavato ed il corpo ridotto a pelle ed ossa.
Katniss li guardò incuriosita, desiderosa di sapere cosa li aveva ridotti in quello stato, ma il mentore, previdente, l'anticipò: « Vuoto di memoria. Troppo liquore, mi dispiace. » ma, infischiandosene, ne prese un altro bicchiere.
« Si chiamava... » iniziò Effie, sbarrando gli occhi quando si accorse che neanche lei ricordava il nome dell'uomo.
Haymitch ghignò, soddisfatto. « Cosa c'è? Hai perso la lingua? »
« Sta' zitto! » gli urlò contro quella, con un tono fin troppo acuto. « Ignatius Riddle! » esclamò eccitata, ricordandosi il nome. « Ha passato tutta il tempo nell'Arena mimetizzato come un masso muschioso. Ha resistito dal non fiatare persino quando gli camminavano sopra. » spiegò l'accompagnatrice.
Katniss per un attimo chiuse gli occhi, cercando di scacciar via i pensieri che la riportavano a Peeta, quando lo trovò vicino al fiume e se ne prese cura, rischiando addirittura la vita. Forse sarebbe stato meglio lasciarlo morire in quell'occasione, almeno non avrebbe avuto i sensi di colpa per tutta la vita. Forse.
« Mentre lei è... » proseguì la capitolina, spostando l'indice sulla donna.
« Ophelia Swan. » stavolta ad interromperla era proprio il quarantenne, fiero di mettere i bastoni fra le ruote alla donna. « Sai, Trinket, non pensavo fossi così vecchia da ricordarti un tributo in tarda età. Hey, Capitol fa miracoli! »
La donna puntò i piedi a terra e strinse i pugni, quasi le veniva la voglia di alzarsi e prenderlo a schiaffi, mentre il viso le si tingeva rosso di rabbia e dalle orecchie pareva uscire il fumo. « Chiudi il becco e spiega alla ragazza, Haymitch! »
Il mentore ridacchiò, per poi continuare: « Lei è strana. » dichiarò, facendo ondeggiare il liquido nel suo bicchiere. « La sua arena era una nave affondata. All'ultimo un Favorito la inseguì fino alle caldaie. Una volta lì lei fu presa da un'attacco d'ira e senza rendersene conto lo afferrò e gli spaccò il creaneo contro una caldaia. In seguito si scoprì che voleva solo accendersi uno spinello ma non aveva il fuoco. »
Katniss strabuzzò gli occhi, incredula. « Era andata in astinenza? »
« Esatto. » confermò l'altro.
« Sai cosa mi ricorda tutto ciò, Haymtich? » domandò la diciassettenne. « Mi ricorda un po’ troppo le tue crisi. »
« Non che le tue siano tanto meglio, dolcezza: ti sei mai sentita quando inizi ad ululare come una iena? Non sei un bello spettacolo… »
Katniss tacque, paonazza in viso, profondamente irata perché la sua stessa frecciatina s’era rivoltata contro di lei.
Si voltò in modo da non guardare l’ex mentore, scoprendo gli occhi di una ragazza sui vent'anni che la fissavano da dentro il televisore. La diciassettenne non poté fare a meno di riconoscere Johanna Mason, l’unica vincitrice ancora in vita del Distretto 7 insieme ad una certa Arya Liberty, donna anziana oltre la settantina. Katniss maledisse l’accompagnatrice che aveva pescato Johanna invece della donna anziana: sapeva bene che la ragazza era in grado di farsi valere e di ammazzarli tutti con un solo colpo d’ascia, se l’avesse voluto.
« Sai chi è lei, dolcezza? » chiese Haymitch tranquillo, bevendo un ennesimo sorso.
« Chi non lo sa? » domandò Effie. « Johanna Mason è diventata una leggenda: non la si può non conoscere. »
Katniss ricordò di aver paragonato Peeta a lei, circa un anno prima: il ragazzo era uscito dal Palazzo di Giustizia piangendo. Aveva pensato che fosse tutta una strategia: fingersi deboli per fare strage in arena.
Non sapeva che lui stava male davvero.
« Blight ha vinto di culo: era nel deserto e gli sponsor gli inviarono una spillatrice per riuscire a bere dai cactus. Gli è bastato solo aspettare che gli altri morissero di sete. L’unica cosa degna di nota che ha fatto è stata buttare della sabbia in faccia all’ultimo tizio… non ricordo di che Distretto fosse: avevo visto la replica dei suoi Giochi anni fa in qualche programma Capitolino. Comunque ha buone strategie. » sentenziò il quarantenne, allontanando la ragazza dai suoi pensieri. « Ed è un sollievo che non debba combattere contro Arya… »
« Perché è un sollievo? » la voce della mora riecheggiò nelle orecchie dell’uomo.
« Sono sposati: mi pare che ormai siano più di cinquant’anni. » Haymitch tacque un secondo, deglutendo rumorosamente. « Sai, loro si amano davvero… »
Katniss si voltò verso l’uomo, fulminandolo con lo sguardo e incassando l’ennesima offesa da parte sua: era sottinteso che, con quella frase, le stesse dando della cinica senza cuore.
E forse lo era anche, ma tutto ciò le aveva permesso di restare viva, proprio come aveva detto lui.
Mentre parlavano, il Distretto 8 era già andato in onda, ma solo un urlo straziante fece voltare tutti di scatto verso lo schermo; era disperato ed acuto, pareva quasi che Annie Cresta fosse tornata, ma stavolta proveniva da più persone ed erano voci bianche. 
« Oh, no. » si lasciò sfuggire il mentore, fissando il televisore. 
Una donna di circa trent’anni veniva scortata a forza sul palco, mentre un bambino cercava di penetrare nel muro di Pacificatori che sbarravano loro la strada, una figura ancora più piccola era al suo seguito ed un uomo con un neonato in braccio cercava di fermarli. Da quelle figure proveniva il caos, causato da urla e pianti.
« Che sta succedendo? » domandò Katniss, preoccupata da quella scena, che la soffocava solo a vederla.
« Cecelia. Lei... beh, seppur sia stata nei Giochi, ha avuto il coraggio di costruirsi una famiglia. » sospirò Haymitch, un po' troppo assorto nelle sue parole. Forse perché a lui quel futuro gliel'avevano sottratto, uccidendo sua madre, suo fratello, la sua ragazza e persino Maysilee. « Ed ora ecco come l'ha ripagata il destino. »
« La sua arena è stata una delle mie preferite. » intervenne Effie, inopportuna. « Era tutta interamente di ghiaccio e neve. »
« Sì, ma Cecelia si è aggrappata all'aiuto del suo alleato, fino a quando non l'hanno fatto fuori e lei... beh, lei si è vendicata. » sentenziò, prendendo un sorso dal suo bicchiere. La diciassettenne quasi si era dimenticata il suo.
« Quella è stata l'unica volta che ha ucciso, se non sbaglio. » aggiunse la capitolina. 
Haymitch confermò con un cenno del capo, mentre le telecamere inquadravano un uomo anziano, dalla folta chioma, con la fronte spaziosa e degli occhi gentili ma tristi, con la voce dell'accompagnatrice in sottofondo che continuava ad urlare il nome “Woof!” a gran voce, quasi prendendolo in giro. 
« Ah, troppo vecchio per me! » esclamò il quarantenne, lavandosene le mani. « Ma forse il broccolo qui di fianco nella sua edizione si era già fatta quattro interventi chirurgici. » disse in tono sprezzante, indicando Effie col pollice.
Katniss non si curò delle lamentele della donna che seguirono, evidenziando ogni difetto dell'altro, non si curò neanche dell'uomo lento ed affaticato, che rispondeva al nome di Woof, che si accingeva a salire sul palco: la sua concentrazione era pienamente rivolta a Cecelia, si chiedeva come le fosse saltato in mente di avere dei figli, consapevole del destino che quelli avrebbero avuto. Ma, d'un tratto, il cuore della mora si fermò – a causa di quale strano sentimento non si sa, forse pena, solidarietà o semplicemente stupore – quando lo stesso anziano estratto andò ad abbracciare la sua nuova compagna, ancora in lacrime. Ed a quel punto, Capitol City tagliò immediatamente la linea, per passare al distretto successivo.
Seguì la solita oziosa capitolina dagli abiti ridicoli e di alta moda che, tutta sorridente, annunciava il tributo femminile: « Domitia Galloway! » ed una donna dalla pelle olivastra ed i lunghi capelli neri salì imponente sul palco.
« Bleah! » si affrettò a fare una smorfia di disgusto Effie Trinket, tirandosi leggermente indietro col busto e ponendo le mani innanzi al volto.
Katniss inclinò la testa, in cerca di spiegazioni.
« L'edizione con l'Arena più disgustosa che io abbia mai visto! » spiegò, cercando di rilassare il volto per non farsi venire le rughe. « Gli strateghi quell'anno avevano cercato di ricostruire l'interno di un corpo umano. »
La diciassettenne sbarrò gli occhi, incredula. Da una parte era affascinata dal lavoro che la tecnologia di Capitol City poteva realizzare, mentre dall'altra era disgustata e spaventata per la sorte di quei poveri tributi di quell'edizione.
« Non saprei dirti se ha vinto più perché era intelligente e sapeva sfruttare le sue poche risorse o perché ha avuto il culo di avere una madre infermiera. » aggiunse Haymitch.
Oltre al ricordo di Peeta, ora ci si aggiungeva anche quello di sua madre, che riacquistava la lucidità ed il controllo solamente quando doveva curare qualcuno. Come Prim, per la quale aveva combattuto e doveva combattere nuovamente gli Hunger Games.
Affianco alla donna, sul palco si aggiunse un uomo più anziano, con quelli che un tempo dovevano essere muscoli, ma ora erano diventati flaccidi e calanti e dei capelli quasi non si vedevano più.
« Ah, Lartius Honeyman! » esclamò il mentore ubriaco.
« E chi è? » si affrettò a chiedere la Everdeen, poggiando nuovamente la testa sul tavolo, stanca di guardare tutte quelle Mietiture.
« Non ne ho la più pallida idea, dolcezza. L'ho sentito solo di nome. »
« Ah, io sì! » esclamò Effie tutta eccitata, attirando su di sé l'attenzione. Diede un finto – fintissimo – colpetto di tosse, schiarendosi la voce. « Se non sbaglio la sua Arena era stata creata come una sottospecie di copia della pianta di Capitol City. Ma lui è stato veramente indecente, non meritava di vincere! Ha commesso atti osceni di fronte le telecamere con altri tributi solo per raggirarli e vincere! »
La sincera risata dell'unico uomo nel vagone riempì la stanza, mentre batteva una forte manata sul tavolo in mogano e tirava la testa all'indietro. « Prendi esempio, dolcezza! » esclamò. « Fai come lui e vedrai gli sponsor a palate! »
Effie storse il muso e Katniss avrebbe tanto voluto regalargli un'occhiata truce, o rispondergli per le rime, ma sentiva che la sua testa si faceva pesante e non seppe se doveva ringraziare la squillante voce della capitolina del Distretto 10, perché si stava per addormentare e quasi si perdeva la successiva Mietitura.
Non che gli importasse molto: in fondo, in quel Distretto, gli avversari non erano mai troppo temibili.
Eppure, quando una quarantenne bionda e gobba si recò sul palco, Haymitch trattenne il fiato, guardando meglio lo schermo e indicandolo in modo frenetico e quasi terrorizzato. « Dio santo, non Libo… »
« Libo? » fece Katniss in tono interrogativo. Dal tono del suo mentore, quella pareva un’avversaria temibile. Eppure era così bassa, minuta, gli occhi scuri rivolti al cielo. Pareva così indifesa.
« Libo Edenthaw. » affermò l’uomo. « Ha vinto l’edizione dopo la mia. Aveva diciotto anni e ammazzava che era un piacere. » si leccò le labbra. « Non è che potresti versarmi un altro sorso, dolcezza? Ho la gola molto secca. »
Dopo che la diciassettenne ebbe riempito il bicchiere dell’uomo e lui lo ebbe prosciugato fino all’ultima goccia, Haymitch riprese a parlare: « Sì, insomma: non è normale che una, arrivata in finale, appena l’avversario è a testa in giù, lo squarti come si fa con un maiale. Ora non so in che condizioni è, ma… »
Katniss fece segno con la mano all’uomo di star zitto, perché un trentenne dai magnetici occhi grigi era salito sul palco. Un uomo con i capelli neri che le ricordava maledettamente suo padre, prima che morisse.
« Lui chi è? » fece la ragazza in un sussurro.
« Oh, è bellissimo, non è vero? Noi di Capito- » l’entusiasmo di Effie venne interrotto da una delle occhiate assassine dell’Erba Gatta.
« Duncain Ivory, dolcezza. » disse il quarantenne distendendosi di nuovo sul divano, i piedi all’aria. « Ha vinto non troppo tempo fa strozzando l’ultimo tizio col lazo.
La ragazza trattenne a stento le lacrime guardando quella figura massiccia ma sbilenca, quegli occhi gentili che parevano avere la stessa sfumatura di quelli di suo padre. La pelle diafana, la mascella leggermente squadrata…
La comparsa di un’anziana Capitolina in tinte marroni la riportò alla realtà: suo padre era morto e, molto probabilmente, anche Duncain lo sarebbe stato, a breve. La tributa del Distretto 11 si chiama Seeder Leike. Era una bella donna nonostante, Katniss ne era quasi sicura, sfiorasse la sessantina: aveva lunghi capelli neri sciolti e la pelle scura ma perfettamente liscia. Il suo corpo era minuto, poco allenato. La sedicenne si chiese come avesse potuto vincere.
« Lei come ha fatto? » domandò ai due compagni di viaggio.
« Trappole. » rispose Effie seccata per come prima era stata interrotta. « Ha ammazzato tutti con delle trappole. »
Ma la sua voce venne spenta di nuovo dal suono di un nome che rimbombò dalla televisione: « Chaff Glattauer! »
Katniss osservò un uomo sui quarantacinque, massiccio e muscoloso, salire sul palco. Anche lui aveva gli stessi colori della compagna: pelle, capelli e iridi scure. Ma non fu questo ad attirare l’attenzione della giovane vincitrice: c’erano tre cose ben più importanti.
La prima era il fatto che Chaff non aveva mano destra: nessuna protesi la sostituiva. Chaff aveva un moncherino, e i moncherini non fanno male a nessuno.
La seconda fu qualcosa nel suo viso: aveva un’espressione gentile ma occhi vacui, come se fosse lì col corpo ma pensasse ad altro. Come se avesse bevuto alcolici da poco. La ragazza osservò l’ex mentore e notò che avevano lo stesso identico sguardo perso nel vuoto.
La terza, forse la più importante, fu l’espressione sgranata che assunsero gli occhi di Haymitch quando sentì quel nome.
« No, non Chaff… » sussurrò. Per la prima volta in vita sua, Katniss vide che gli occhi del biondo erano lucidi. Per la prima volta da quando Katniss ricordasse, Haymitch era sul punto di piangere. 
« Haymitch, io ti capisco » azzardò la Ragazza in Fiamme provando a consolarlo, « non devi fingere di essere forte per accontentare Capitol. Anche con me lo fanno: dicono che sono in fiamme, ma io mi sento così fredda dentro. »
« Non hai capito un cazzo di me, se pensi che parlandomi così stia meglio. » l’uomo si rifugiò di nuovo nel suo tagliente silenzio, riempiendo il bicchiere per l’ennesima volta e ingoiandone tutto il contenuto.
Eppure non doveva bastare, perché Haymitch era intenzionato a finire la bottiglia, senza neppure darsi la pena di usare il bicchiere da tramite tra l’imboccatura e le sue labbra.
Prima che potesse consumarla del tutto, Katniss gliela tolse dalle mani e bevve. Capiva come si sentiva l’uomo quando beveva e perché lo faceva: lo faceva perché aveva sbagliato ma voleva sentirsi giusto.
Haymitch non aveva più nessuno e negli anni aveva trovato in Chaff un compagno che lo capisse. Ma ora gli stavano portando via anche lui, come avevano fatto con Maysilee.
E così, fra i silenzi, un bicchiere d'alcool e molti altri, giunse finalmente la misera Mietitura del Distretto 12, che i due, sinceramente, non avevano molta voglia di rivivere.
« Beh » si lasciò sfuggire Haymitch, attirando l'attenzione delle altre due, « la banana è gialla. La patata è gialla. La banana è una patata. » e detto questo, scolò direttamente l'ultimo goccio dalla bottiglia.
Né Katniss, né Effie avevano la minima idea di cosa avesse detto l'ubriaco, ma lasciarono passare, incolpando i troppi bicchieri riempiti e subito svuotati.











Adolf's biscuits.
Chiediamo venia per la lunghezza, diciamo che qualcuno *coff coff* a volte si faceva prendere la mano.
Hey, vi siamo mancate?
Pubblico: Sì111!!!!11one
Uhm... aspetta, io mi aspettavo una serie di n- Ah, vero, è perché siamo altamente fighe!
Adolf per prima. *patta Adolf amorevolmente*
Voglio un biscotto. 
Se voleste chieder- oddio, ho coniugato bene?
Sì, va bé, non abbiamo la minima idea di quando uscirà il prossimo capitolo, ma va bene così.
Speriamo vi siano piaciuti i nuovi personaggi. Vogliamo dare più spazio anche a loro!
Mi sono scordata cosa c'era da dire...
Quindi enjoy e venite a leggere le nostre storie su AriiiC_ e pandamito!
*parte sigla*
Baci e biscotti,
Ari, Mito ed Adolf.

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