Tutta Colpa di Shiryu il Dragone

di LeFleurDuMal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Assos per uno Specter ***
Capitolo 2: *** Quello che ha salvato Shiryu ***
Capitolo 3: *** Morire è difficile ***



Capitolo 1
*** Assos per uno Specter ***


Questa fanfiction è un regalo. E visto che lo è ci tengo che si sappia.

E’ un regalo per Leryu alla cui interpretazione di DeathMask queste pagine devono molto. E’ un regalo per Kijomi che interpreta l’Aphrodite più delizioso che abbia mai calpestato l’universo di Kurumada.

DeathMask e Aphrodite non sono mai stati tra i miei personaggi preferiti fino a pochi giorni fa, e adesso stanno scalando la hit appropriandosi dei posti migliori. E se lo meritano: sono fin troppo sottovalutati, sia singolarmente che in coppia.

Credo che, sfaccettati come sono, siano difficili da muovere. Spero di non avere fatto troppi disastri, mi appello ai loro fans. Prometto che ci prenderò la mano.

 

Tutta Colpa di Shiryu il Dragone
+ Assos per uno Specter +

 

 

PARING: DeathMaskxAphrodite

PERSONAGGI: DeathMask, Aphrodite. Poi: Saga, Camus, Shura, Sion, Mu, Radhamanthis
COSE: Un po' shonen-Ai lo è, dai. Avrei voluto mettercene di più, ma c'era sempre qualcuno che si intrometteva. Provate voi a pomiciare davanti a Radhamanthis.

 

 

Il cielo di Atene era di un’oscurità talmente densa, quella notte, da sembrare velluto fresco, ingemmato dalle costellazioni che spiccavano vivide.

Aphrodite sollevò il mento ed enumerò a fior di labbra quelle che conosceva, per ingannare l’attesa.

Nessuno si sarebbe aspettato una notte diversa da quella, come scena per il dramma che si andava a mettere in atto. Aphrodite, almeno, era pienamente soddisfatto di quella volta scura.

“Perché ridi?” chiese a DeathMask quando si accorse del suo sguardo insistente.

“Io non sorrido mai. Io sogghigno.”

Aphrodite scrollò appena le spalle, divertito, e tornò alle costellazioni sopra le loro teste.

Saga sedeva poco lontano, insieme a Shura, in silenzio. Camus era come fuso nell’ombra della rovina dietro cui si riparava. Si appoggiava al rudere con la schiena, per rigirarsi, insolitamente inquieto: dava l’impressione di volersi nascondere, come se temesse di esporsi alla presenza del Santuario, che gravava imponente e inaccessibile, in apparenza.

Quello stesso Santuario cui presto avrebbero dovuto dare l’assalto.

Obbedendo agli ordini di Hades.

Obbedendo agli ordini di Hades più o meno, certo.

Di fatto, aspettavano tutti le disposizioni di Sion. Sion rimaneva immobile. E non diceva nulla.


Aphrodite sospirò.

DeathMask si accese una sigaretta.

Che andasse al diavolo la prudenza, che i Gold Saints rimasti vedessero pure il luccichio della brace nella notte. Al diavolo anche i Gold Saints.

Furono più o meno questi i pensieri che Cancer tradusse in un’occhiataccia rivolta a Camus, che dall’ombra scosse la testa con disapprovazione. Aquarius riappoggiò le spalle alla parete e rimase immobile, nella stasi dell’attesa.

Nella stasi di chi attende e freme perché non può aspettare oltre. Non più.

DeathMask interpretò la propria come una vittoria e trasse dalla sigaretta due boccate di pura soddisfazione.

Il pacchetto era di quelle buone, di marca. Assos.
Se l’era procurato proprio lì ad Atene, appena uscito dagli inferi.

Alla macchinetta automatica e arrugginita appena fuori da una stazione di servizio semidiroccata.

Non ci aveva messo spiccioli nella macchinetta.

Non ne aveva, appena tornato dall’Ade.

Non ce li avrebbe messi neanche se li avesse avuti, in verità, non DeathMask di Cancer. Ci aveva messo invece un pugno ben assestato.

Aveva fracassato vetro e metallo e quando aveva ritirato la mano stringeva tra le dita il suo nuovo pacchetto di Assos.

“Un ultimo desiderio per un condannato” aveva ghignato in risposta allo sguardo laconico di Shura di Capricorn e aveva alzato il pacchetto come se fosse stato un calice, come per un brindisi.

“Quando il fornitore tornerà non sarà contento.” Aphrodite distolse lo sguardo dal cielo ingemmato e lo posò su DeathMask, seguendo il filo di fumo che si attorcigliava su se stesso, disegnando arabeschi nell’aria.

“Che venga a protestare da me. Ho giusto un buco vuoto sul soffitto della Quarta Casa. Ci piazzo la sua faccia.”

Aphrodite sorrise pigramente.

“O magari ci metto la tua, Piscis.” Continuò l’altro, “Ti ho già detto che è bella?”

Il sorriso sornione di Aphrodite si allargò.

“Mai abbastanza, Cancer. E comunque moriresti prima di tentare.” Poi indicò la sigaretta, ricordando le sue parole: “L’ultimo desiderio di un condannato?”

“Non sono ancora morto.” Diede l’ultimo tiro e gettò la cicca a terra, secco.

L’ultimo filo di fumo disegnò un fregio bianco particolarmente coreografico.

“Guarda, DeathMask. Sembra un dragone cinese.”

“…non parlarmi di dragoni, Aphrodite. Non farlo.” Premette il tacco per terra, con rabbia, e pestò il mozzicone fino a ridurlo a brandelli, lì nella sabbia.

“Ma che guerriero impavido!” lo prese in giro Saga “Hai annientato il nemico con un colpo solo, Cancer.”

“Che diavolo vuoi?” berciò l’altro e in risposta gli mostrò il dito medio con alterigia.

Aphrodite si coprì la bocca con la mano, a nascondere un sorriso. Da lì a qualche istante avrebbero salito le scale eburnee del Santuario e avrebbero raggiunto Athena, casa dopo casa. Sulla strada avrebbero incontrato antichi amici. Non era esattamente il caso di farsi una sghignazzata. Sarebbe stato, inoltre, poco consono, sotto lo splendore triste di quella notte preziosa, sarebbe stato inelegante: prima di fare una cosa del genere, Aphrodite si sarebbe tolto la vita con le proprie mani.

Meno sensibile al fascino di quella notte giocata d’azzardo, DeathMask camminava avanti e indietro, nervoso come una tigre in gabbia.

“Non parlarmi di dragoni, Aphrodite! Ti ho già raccontato di come quell’avanzo di galera di Shiryu sia riuscito, con un assurdo inganno da ciarlatano a…?”

“Più o meno un centinaio di volte, DeathMask.”

“Ah. Non importa. Il fatto è che quel maledetto…”

“Sai che il nero ti dona?”

“…eh?” DeathMask si interruppe, spiazzato, come se Aphrodite gli avesse dato un pugno nello stomaco. Adesso lo stava guardando soddisfatto, ammantato da quella sua incontestabile, ingannevole innocenza.

“Che diavolo hai da guardare?” intimò, ma la sua voce si incrinò e, suo malgrado, non suonò così dura come avrebbe desiderato. Come di solito era.

Si maledì per quello.

Aphrodite non si maledì affatto. Aphrodite si congratulò con se stesso, invece.

“Guardo te, naturalmente. Trovo che tu stia bene in nero.”

DeathMask cercò di replicare, ma , confuso, passò prima lo sguardo da Aphrodite ai propri pettorali, inguainati nella surplice di Hades. Lo fece un paio di volte e, prima di mettersi a balbettare come un babbeo, trovò più conveniente chiudere la bocca.

“Anche tu stai bene.” Disse alla fine.

“Ma è naturale. Io sto bene con tutto.”

Aphrodite – DeathMask uno a zero, pensò Camus e quel dialogo più di qualunque altra cosa lo indusse a starsene dov’era, nell’ombra.

Il Gold Saint di Piscis si guardò intorno, quasi furtivo. Poi si avvicinò di più al Cavaliere di Cancer.

“Cosa fai?” DeathMask aggrottò le sopracciglia.

“Un ultimo desiderio per un condannato?” si avvicinò ancora.

“Ti ho già detto che non sono ancora mor…” si rese conto di quello che Aphrodite aveva intenzione di fare solo quando con le labbra sfiorò le sue; se ne accorse anche Camus che si girò dall’altra parte “…ripensandoci sono già morto, dopotutto.”

Chiuse le labbra su quelle di Aphrodite, carnose e seriche, in un bacio che sconfinò in un morso aggressivo. Aphrodite lo morse di rimando, non accennando a muoversi nemmeno quando le mani di DeathMask si chiusero sui suoi avambracci. Poi Cancer gli succhiò il labbro inferiore e Aphrodite si allontanò, in silenzio, un passo dopo l’altro.

“Che diavolo hai da guardare?” questa volta, rivolto ad uno stupefatto Saga, DeathMask riuscì ad essere particolarmente convincente.

Saga non disse niente. Si limitò a girarsi verso Sion che si era mosso in avanti.

DeathMask gli mostrò il dito medio, rammaricandosi, a quel punto, di avere la completa attenzione di Gemini solo quando non era necessaria.

“Mah.” disse. E basta.


“E’ tempo.” Sion catalizzò l’attenzione di tutti su si sé, rubando irrimediabilmente la scena a Cancer.

Camus uscì finalmente dall’ombra. Si avvicinò, coprendo la distanza con passi misurati. Aphrodite seguì il suo sguardo e vide che puntava l’Ottava Casa. Era uno sguardo indecifrabile. Anche Shura si avvicinò, e il suo viso non rivelava emozione alcuna.

Improvvisamente Sion scattò in avanti, con l’agilità di un felino all’attacco, e un attimo dopo i sei specter correvano senza una parola verso la Prima Casa dello Zodiaco. La Casa di Mu dell’Ariete. Questo non portò Sion a vacillare nei suoi intenti, comunque.

Hades era andato a cercare, nel mare delle anime, quelle di sei guerrieri che avessero servito Athena e che per lei fossero morti.

Gli ordini erano stati precisi: percorrere il cammino dello Zodiaco attraverso le Dodici Case. Raggiungere lei, la dea.

E dopo averla guardata negli occhi, tagliarle la gola.

Nemmeno per un istante Hades, signore degli inferi, aveva paventato un rifiuto. E rifiuto non c’era stato.

Adesso sei guerrieri correvano verso Athena con corpi nuovi e giovani e con armature nere come la notte ingemmata che li sovrastava.

Laddove avevano avuto tutti armature d’oro come il sole della Grecia.

“Al diavolo.” Sibilò tra i denti DeathMask.

Il fatto è che c’era qualcosa che Hades, nella sua immensa saggezza, non aveva nemmeno preso in considerazione.

Lo zotico dell’oltretomba, stava pensando DeathMask, si era illuso invano sul fatto che dei Saints di Athena potessero tradire in quel modo tanto pietoso.

Nessuno di loro lo avrebbe fatto.

Nemmeno lui, che di Athena, per dirla tutta, gli importava poco più che della macchinetta automatica che aveva fracassato in città. In modo particolare poi, se aveva scelto di incarnarsi in quella scialba ragazzetta.

Avesse almeno un bel paio di tette, pensò. Poi pensò anche, inspiegabilmente, che nemmeno Aphrodite ce le aveva, ma che la cosa non lo turbava, infondo.

Prendendo atto di quella riflessione imprecò rumorosamente, suscitando un ringhio rabbioso da parte della guida del drappello.

“Al diavolo, Sion!” ribatté.

Aphrodite si girò a guardarlo, con aria interrogativa. A muso duro, DeathMask ricambiò lo sguardo: “Sai che cosa mi manda totalmente in bestia?”

“A parte il fatto che stai assaltando il Santuario come Shiryu il Dragone ha fatto prima di te?”

“…molto divertente, puttanella. Davvero molto divertente.” C’era mancato poco che non mettesse il piede in fallo sui quei maledetti gradini e cadesse lungo disteso. Non voleva nemmeno pensare all’eventualità in cui fosse successo. “Stavo dicendo” ringhiò “che mi manda fuori dai gangheri l’idea che stiamo andando tutti al macello. Così, come ad una scampagnata.”

Aphrodite serrò le labbra ma non disse niente, continuando a correre.

“Tutti e sei. Ma il punto, quello che mi fa imbestialire, sai qual è?”

“Qual'è?”

“Che nonostante questo, nessuno lo saprà. Penseranno che siamo noi i traditori, accidenti a loro.” Agitò la mano più o meno in direzione della Prima Casa, bellicoso, “Nessuno sprecherà una parola per me o per te, puttanella, ci puoi contare. Tanto valeva continuare a collezionare teste!”

“Mh mh.” Aphrodite fece seguire un sospiro e aumentò l’andatura per non farsi distanziare da Camus.

“E sai qual è la cosa peggiore?”

“Ce ne è una peggiore?” Shura si intromise, annoiato.

“Puoi contarci che c’è!” sibilò DeathMask inviperito.

“Allora?”

“Sai alla fine di questa battaglia del cazzo chi si prenderà tutto il merito agli occhi di Athena?”

“Chi?”

“Shiryu il Dragone!”

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Capitolo 2
*** Quello che ha salvato Shiryu ***


Questo è il secondo capitolo del mio personale regalo per Leryu e per Kijomi.

Vorrei che pensaste che questa fiction sia loro quanto mia, perché le ho sfruttate ignobilmente per la caratterizzazione di DeathMask e Aphrodite.

Cosa che continuerò a fare anche nel terzo ed ultimo capitolo, temo. Amo questi due Gold Saint sempre di più, non posso farci niente.

( Tutto il mio amore anche al mio Camus, ovviamente, che aspetto al varco per qualcosa di tutto suo XD )

Ringrazio tutti quelli che leggono e commentano e seguono. Siete adorabili.





Tutta Colpa di Shiryu il Dragone
+ Quello che ha salvato Shiryu +

 

 

PARING: DeathMaskxAphrodite

PERSONAGGI: DeathMask, Aphrodite.  Poi: Saga, Camus, Shura, Sion, Mu, Radhamanthis
COSE: Un po' shonen-Ai lo è, dai. Avrei voluto mettercene di più, ma c'era sempre qualcuno che si intrometteva. Provate voi a pomiciare davanti a Radhamanthis.



“Ma cosa diavolo…?!” pensò DeathMask quando Mu gli afferrò il polso, bloccando un attacco diretto. Lo pensò, ma non fece in tempo a far giungere alle labbra l’imprecazione che si ritrovò spinto all’indietro, quando la presa di Mu gli piegò il braccio, con quell’assurda forza circolare, e lo scaraventò via.

Andò a sbattere con forza contro una colonna.

Beccavi sempre le colonne, per Athena, quando ti scagliavano via. Mai prendere lo spazio in mezzo. Che diavolo.

Mentre scivolava verso il suolo, dolorante, cercò con lo sguardo Aphrodite. Non si poteva dire che anche lui se la stesse passando meglio.

Mu dell’Ariete ce la stava mettendo tutta, a complicare quella salita. Di certo era per Sion, che adesso se ne stava buono buono e incappucciato lì, nell’angolo. Trovarselo davanti così, e così mutato negli intenti, avrebbe fatto montare su tutte le furie chiunque. Anche uno come Mu.
Aphrodite si rialzò da terra, il respiro pesante. Si concesse un attimo di riposo, una volta diritto sulle gambe, spostandosi dalla fronte una ciocca dei capelli setosi. Si accarezzò le labbra, distrattamente, e scendendo ancora materializzò una rosa tra le dita.

Bastava mirare al cuore e mirare bene. Che ci voleva, infondo?

Una morte dolce per il Gold Saint della Prima Casa. E poi su, ancora e ancora.
Se solo Mu avesse saputo, li avrebbe lasciati andare, forse.
Ma non si poteva fare parola.

“La testa di Athena sarà nostra. Cedi il passo.” Sciorinò, invece.

Aphrodite accarezzò con il polpastrello il gambo, senza guardare. Teneva lo sguardo fisso su Aries. Aspettava il momento migliore per lanciarsi all’attacco.

Lo sapeva Mu, che lo fronteggiava impavido, lo sguardo limpido e innocente, di chi sa di non avere mai tradito.

Lo sapeva DeathMask che lo guardava da dietro, ancora appoggiato alla colonna.

DeathMask non si era accorto di avere addolcito lo sguardo, accarezzando le linee di quella sagoma elegante, che adesso faceva inarcare il polso e faceva ruotare tra le dita una rosa profumata e perfida. Che adesso si stagliava tra lui e Mu.

“Levati da lì, puttanella.” Sibilò rialzandosi, senza nemmeno ammettere con se stesso che non desiderava che Aphrodite si beccasse il colpo al posto suo, “Ci penso io.”


“Quella merda di cavaliere con la biscia lampeggiante sulla schiena. Quel deficiente che prende a calci una cascata per farla andare all’insù!” stava pensando queste cose di Shiryu il Dragone, DeathMask, durante la salita verso la Prima Casa: era più o meno per quello che si era poi fatto avanti con tanto entusiasmo alla proposta di Sion. Come se avesse potuto riscattarsi agli occhi di Athena. O anche solo ai propri. “Quel coglione che ha come hobby orbarsi!”

Con tanto trasporto aveva descritto ad Aphrodite come sarebbe finita secondo lui quella missione al Grande Tempio, che aveva finito per innervosirsi. Sarebbe finito tutto in malora, aveva detto, e né Athena né nessun altro avrebbe cambiato idea nei loro riguardi, sarebbero stati ricordati come traditori. Al diavolo.

E quando DeathMask si innervosiva - per lo meno era stato così da quando era stato battuto in quel modo ignobile alla Quarta Casa - era Shiryu il Dragone a farne le spese. “Io sono morto e corro come un imbecille su per i gradini, e quello sarà da qualche parte ancora vivo e cieco!”

Imprecare tra sé gli dava come un pallido sollievo.
Di tanto in tanto cercava di accentuarlo girandosi a guardare Aphrodite in corsa, inseguendo uno sguardo che non veniva corrisposto, o anche solo per trovare quel sorriso appena accennato, di impertinente superiorità, che il Gold Saint di Pisces aveva sempre sulle labbra, a sottolineare la bellezza del suo viso.

Aphrodite si voltava, quando sentiva il suo sguardo su di sé. Per destino o per chissà che altro, si girava sempre quando DeathMask l’aveva già distolto.

Non sapeva se trovare la situazione irritante o divertente.

Nel dubbio, non mosse un muscolo del viso e continuò a correre. Senza farsi distanziare da Camus, che puntava ostinatamente il proprio sguardo lontano, oltre la Prima Casa, e non si girava indietro. Senza un’occhiata al resto del gruppo che sentiva attorno a sé.

Aveva ascoltato le parole di DeathMask, poco prima, e aveva allargato il suo sorriso irriverente: a lui non importava di chissà quale riscatto. Che lo pensassero un traditore di Athena non era che un noioso cavillo.

Per qualche strana ragione gli importava se importava a DeathMask, però. Per questo si fece avanti al suo fianco, quando Sion fece la sua proposta.

Non certo per Sion o per Athena. Lo aveva fatto per DeathMask, che sulle scale del Santuario sibilava come un grosso gatto.

Per quanto lo riguardava era tutto perfetto: era vivo, per il momento, nella brezza della notte ateniese. La nuova armatura nera che lo inguainava era leggera e rassicurante come un’ombra e faceva risaltare la luminosità della sua pelle, il colore delle sue rose. Sopra la sua testa le stelle ingemmavano la notte.

E nella bocca aveva ancora il sapore delle Assos fumate da DeathMask.

Era tutto perfetto così com’era.

Per quanto fosse tutto perfetto, tuttavia, Cancer dava segni di nervosismo crescente. Era per colpa di Shiryu il Dragone: avanzare verso la Casa di Mu gli aveva fatto tornare in mente quel giorno sciagurato in Cina.

Se solo l’avesse fatto a pezzi quel giorno, quando se lo era trovato davanti, quel deficiente con la biscia tatuata tra le scapole, adesso non sarebbero a quel punto. Adesso collezionerebbe ancora teste alla Quarta Casa, farebbe qualche visita alla Dodicesima e… non era quello il punto.

Il punto era che sarebbe stato tutto diverso se Mu non avesse fatto il suo arrivo trionfale per salvare l’idiotonto cieco.

Fu allora che il timpano di marmo lucente della Prima Casa divenne visibile ai sei Specter in corsa.

Fu in quel momento che Sion fece arrestare il drappello e fece la sua proposta.

“Non è saggio mostrarci tutti insieme. Andrò io e due di voi verranno con me, gli altri attenderanno un mio segnale. Chi di voi cavalieri si fa avanti?”

Camus non rispose subito, scivolando ancora silenzioso, con lo sguardo, verso un tempio conosciuto da cui non sapeva se augurarsi o meno che qualcuno lo guardasse. Shura aggrottò le sopracciglia e Saga tentò di dire qualcosa, ma aveva appena dischiuso le labbra che DeathMask lo precedette. DeathMask stava proprio pensando a Mu che aveva salvato Shiryu il Dragone.

“Vengo io con te, Sion.”

“Mi unsico a voi.” Laconico fece eco Aphrodite, con la voce vellutata e la bocca profumata del fumo delle Assos di DeathMask.


“Avanti, allora.” Lo incitò Mu, affilando lo sguardo, vedendo DeathMask rialzarsi e avanzare verso di lui. “Attaccate insieme. Che aspettate?” ringhiò.

“Ancora non capisci, Mu?” senza darsi la pena di togliersi il cappuccio, Sion ebbe la bella idea di mettersi a fare conversazione “Ribellarti a loro significa ribellarti a me. Te l’ho già detto prima.”

DeathMask portò il peso da una gamba all’altra. Ci mancava solo fare salotto.

“Se così fosse pagherò con la vita.” Ribattè Mu con quel tono a metà tra la sfida e la deferenza, e DeathMask pensò se per caso non c’era tempo per un’altra sigaretta, prima di mettersi a combattere decentemente, “Ma DeathMask e Aphrodite…! Non potrò mai perdonarvi!”

“Si, si.” Sopirò Cancer e il suo pensiero pungente raggiunse ancora Shiryu il Dragone. Aphrodite non trattenne una risata morbida, mettendosi in guardia. Il suo elmo era andato perduto nello scontro precedente e adesso i capelli gli ricadevano liberi e morbidi sulle spalle. Il suo aspetto non era mai stato ingannevole come in quel momento.

“Vi spedirò all’inferno con le mie mani!” Mu fece espandere il proprio cosmo, carico di rabbia.

“Per la prima volta, Ariete, ti vedo mostrare gli artigli.” C’era una nota d’orgoglio nelle parole di Sion. Una nota che DeathMask smontò immediatamente:

“Le pecore non hanno gli artigli. Non hai mica tanto chiaro che animale sia l’ariete, tu, eh?”

Se Mu avesse potuto incenerire con lo sguardo lo avrebbe fatto. Invece passò al contrattacco in maniera che Sion giudicò più infantile:

“Tu taci, che ti sei fatto atterrare da un Bronze.” Così, secco.

Gli occhi di DeathMask divennero due braci ardenti. Aphrodite, soprappensiero, ne ammirò il contrasto con la surplice scura.

“Non mi ha atterrato! Mi sono ritrovato in mutande! MUTANDE!”

Da sotto il cappuccio, Sion spalancò gli occhi basito. Il che non fermò DeathMask, punto sul vivo: “Quel deficiente del mio cloth ha smesso di funzionare sentendo le puttanate che diceva quello là! Bella forza picchiare uno in mutande e poi farlo cadere nel fosso degli sfigati! Ti rendi conto? Ero in mutande davanti a Shiryu il Dragone! Non sapevo se sbattere la testa contro una colonna o scavare un buco per nascondermi ed escogitare qualcosa!” Mu era rimasto momentaneamente senza parole. Avrebbe voluto dire qualcosa ad effetto, qualcosa come “Ex Cavalieri d’Athena, preparatevi a morire!”, ma Cancer l’aveva investito come un torrente in piena.

“TI RENDI CONTO?” DeathMask recuperò la posizione di guardia, ormai al termine dello sfogo “Immagina il tuo cloth che ti manda a quel paese mentre te stai in mutande davanti ad un cretino imberbe! Che tra parentesi si è rimesso a vedere grazie a me!”

Sion ritenne di dover prendere in pugno la situazione.

“Andate avanti. Qui ci penso io. Andate a prendere la testa di Athena.” Li implorò, quasi.

“Al diavolo, Sion!” DeathMask si lanciò all’attacco personalmente. “Prendi questo, Mu! Sekishiki Meikaiha!”

Aphrodite fu colto in contropiede: l’attacco di Cancer non gli aveva dato il tempo di curare la propria offensiva. Chiuse meglio le dita attorno alla rosa velenosa e bellissima, e seguì il compagno contro Mu, per un attacco combinato. “Bloody Rose!”

Mu ebbe solo il tempo di serrare le labbra prima di esercitare la difesa: “Starlight Extinction!” invocò. Ed andò a buon segno.

Se ne rese conto Apfrodite, con una smorfia sulle belle labbra, rendendosi conto che non avrebbe avuto il tempo, ancora una volta, per salutare DeathMask, che gli rimaneva in bocca soltanto il profumo delle Assos.

Se ne rese conto DeathMask che non ebbe il tempo di rubare il profilo di Aphrodite con un’ultima occhiata. Ma che non si stupì, infondo, della propria sconfitta: dopotutto Mu era quello che aveva già salvato Shiryu il Dragone.

Ci fu un esplosione che li avvolse, un fascio di luce potentissimo.

Aphrodite e DeathMask, poi, scomparvero nella luce senza lasciare alcuna traccia.

Se non un pacchetto di Assos appena cominciato che rotolò ai piedi di Sion.

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Capitolo 3
*** Morire è difficile ***


Con questo ha termine il mio trittico. Meglio di così non posso fare, giuro, anche se continua a piangermi il cuore alla morte dei due Cavalieri che si contendono qui la palma dei protagonisti. La fine non l’ho decretata io purtroppo.

Non avrei mai scritto di Aphrodite e DeathMask se non fosse stato per Kijomi e Leryu, che li interpretano come guidate dalla mano di Athena XD : ribadisco, questa fanfiction appartiene a loro.
Il mio dono ha cercato, fino all’ultimo, di essere un riscatto per Cancer e Pisces, che muoiono due volte, in Hades, senza che nessuno dica una sillaba.

Chiunque conosca i personaggi, non può che trovarlo intollerabile.  Io inorridisco.  è_é  Merierebbero di più, di queste tre paginette, immagino.

 

 

 

 

Tutta Colpa di Shiryu il Dragone
+ Morire è difficile +

 

 

PARING: DeathMaskxAphrodite

PERSONAGGI: DeathMask, Aphrodite.  Poi: Saga, Camus, Shura, Sion, Mu, Radhamanthis
COSE: Un po' shonen-Ai lo è, dai. Avrei voluto mettercene di più, ma c'era sempre qualcuno che si intrometteva. Provate voi a pomiciare davanti a Radhamanthis.

 


Morire una volta è difficile.

E’ l’attimo mostruoso in cui un petalo si stacca e finisce a terra: la descrizione del suo ondeggiare può durare a lungo, ma si sa, la fine è ineluttabile.

L’ondeggiare di Aphrodite si era concluso alla Dodicesima Casa, per mano di un bambino che era caduto al suo fianco, nel sangue e nelle rose.

Dopo c’era stato l’oblio.

Ad Aphrodite l’oblio non piaceva nemmeno un po’.

A DeathMask ancora meno, molto probabilmente, visto che si dava da fare come mai prima, probabilmente per recuperare il tempo perduto.

“Idioti. Levatevi dai piedi!” Sibilò, annientando gli ultimi soldati, che avevano cercato di arrestarli, appena avevano mosso i passi verso Hades.

Non c’era nulla di estetico, nell’oblio. Solo un’eterna damnatio memoriae. Se non altro, in quello che era stato deciso per loro.

Avevano creduto che fosse possibile cambiare le cose, forse, ma lo scontro con Mu alla Prima Casa dello Zodiaco aveva ricordato loro con chiarezza da che parte guardava la Nike: dalla parte di Shiryu il Dragone, aveva ragione Cancer, non dalla loro.

“Qualsiasi cosa faccia quello va bene!” gli aveva detto, prima “Qualsiasi. Anche prendere a calci una cascata. Se noi cerchiamo di renderci utili alla causa prendiamo su come ridere e ci troviamo negli Inferi tre secondi dopo. Dimmi tu.”

Aphrodite non aveva trovato niente con cui controbattere, quella volta.

“Voglio proprio dire due parole al signor Hades.” Ringhiò con disprezzo DeathMask che, in tutta probabilità, stava pensando a qualcosa cui nemmeno il dio dell’Oltretomba avrebbe potuto obiettare. “Rispediti al mittente! Come un pacco postale!”
Aphrodite, rispedito al mittente come un pacco postale, si mosse in avanti, scavalcando il cadavere di una guardia, senza degnare di uno sguardo quegli occhi spenti. Quegli occhi morti.
Guadagnò il fianco di DeathMask e appoggiò una mano sul portone intarsiato, come lo erano tutti, fastosi e pesanti, nel regno degli Inferi.
”Aphrodite.”

Pisces si voltò, adombrando appena lo sguardo con le sopracciglia sottili, a cercare quello del compagno.

Con urgenza, DeathMask gli affondò una mano tra i capelli, strattonandolo verso di sé con una tenerezza rude che l’avrebbe fatto ridere, in un’altra occasione, e lo baciò con foga, con rabbia, con amore represso.

“Un ultimo desiderio per un condannato” borbottò come scusa, quando si staccò.
Aphrodite non sorrise. Lo guardò e basta. E ritenendo di avere bisogno di un desiderio a sua volta, si accostò e pretese di nuovo le sue labbra.

Cercò il suo sapore, che conosceva, quello aspro e dolce appena sotto il gusto aromatico delle Assos.

Il portone venne tirato indietro d’improvviso, strappando la maniglia dalle dita di Aphrodite. DeathMask si mise in guardia, teso, e il Saint dei Pesci sollevò con orrore lo sguardo in quello di Radhamanthis, appena apparso sulla soglia, elegante e letale, che li osservava con gentile sorpresa. Nei suoi occhi, Aphrodite riassaporò l’oblio.

Radhamantis fece un passo in avanti. Con più o meno nonchalance, Aphrodite e DeathMask ne fecero uno indietro.

“Voi cosa ci fate qui, ragazzi?”

“Non hai bisogno di saperlo,” ringhiò DeathMask, per nulla impressionato dal tono flautato e carezzevole dell’altro.

“Non me lo volete dire?” un altro passo avanti.

“Siamo qui per parlare con il signor Hades.” Aphrodite lo sfidò con la stessa voce di velluto.

“Vedere il signor Hades? I perdenti non hanno diritti da avanzare.”

“Che diavolo dici, monosopracciglio?!” lo rimbeccò DeathMask, punto sul vivo. Eccone un altro che rimarcava la linea che separava vincitori e vinti.

“Dico che ti prendo a calci fino allo Sekishiki.”

“Se pensi di farcela, allora accomodati.”

E Radhamanthis si accomodò. Si accomodò con tutti i comfort, proprio.


“Non può essere…” alla Prima Casa, Mu fece un passo indietro, come Aphrodite e DeathMask negli Inferi. Si era trovato davanti ad altri compagni caduti: Camus, Shura e Saga avevano salito la scalinata ed ora lo fronteggiano, senza una parola o uno sguardo che non fosse ostile. Tuttavia… “Non può essere. Saga sta piangendo. Il cuore di Saga sta piangendo! Non solo Saga. Camus, anche Shura. Sento che le loro anime sono in pena e stanno piangendo lacrime di sangue!"

Percepì qualcosa, nonostante nessuno dei tre mosse un muscolo del viso.

“Quindi è così.” Balbettò Mu, che comprese. Comprese perché. “E’ dunque questo il motivo…”

Alla Prima Casa Mu intuì quello che dopo gli sarebbe stato chiaro. Che Saga e gli altri erano solo carne da macello, solo un diversivo. Che Shura avrebbe tenuto sulle labbra quell’espressione dura fino alla fine, nonostante piangesse ora lacrime di dolore. Che Camus guardava l’Ottava Casa adesso, che Milo non poteva vederlo, ma se avesse dovuto arrivargli di fronte avrebbe mantenuto una maschera imperturbabile.

Alla prima Casa Mu comprese che Saga, Shura e Camus non erano traditori. Che forse il vero intralcio erano lui e gli altri Cavalieri d’Oro.

Continuò a combattere perché intuì soltanto e non poteva correre il rischio, ma infondo al cuore quelle lacrime lo toccarono.

Se qualcuno gliel’avesse fatto notare, Mu avrebbe riconosciuto con sorpresa la propria leggerezza, ma in quel momento non ci pensò.

Alla Prima Casa, il fatto era quello, Mu non prese nemmeno in considerazione l’idea che DeathMask e Aphrodite avessero pianto, nel cuore, le stesse lacrime.

E, a pensarci dopo, non avrebbe davvero potuto dirne il perché.


Non più Gold Saints, non più Specter, traditori per entrambe le parti . Non erano mai stati tanto indifesi. Una vulnerabilità che sembrò eccitare Radhamanthis. Avanzò compassato, lo sguardo luminoso della belva in agguato e portò i suoi attacchi con rapidità sconvolgente. Li colpì alle spalle. Più volte. Mentre correvano nell’unica direzione concessa, quella che li avrebbe portati verso la Bocca dell’Ade.

Aphrodite non udì DeathMask implorare, ma si sentì il sangue rombare nelle orecchie per la vergogna, perché di certo lui lo fece. Si maledì, mordendosi le labbra, e il sangue le rese rosse come i petali.

Pochi istanti dopo, i loro piedi pendevano nel vuoto.

Radhamanthis, il monosopracciglio, il Gigante Infernale numero Uno, li teneva per il collo senza sforzo apparente, uno con una mano, uno con l’altra.

Radhamanthis era uno Specter democratico.

Iniziò a stringere, poco a poco.

DeathMask scoccò un’occhiata ad Aphrodite. Ah, non ci voleva. Che schifo, morire così. Dopo tutte le figure di merda al Santuario, quella era la Figura di Merda con la lettera maiuscola. Una figura così davanti ad Aphrodite.

La Giustizia? Avrebbe dovuto credere in quella?

“Com’è che ha fatto quella biscia orba ad uscire da questa situazione?” pensò ad alta voce, febbrilmente. Guadagnandosi un’occhiata sconvolta di Aphrodite, che stringeva le mani al polso di Radhamanthis. “Beh, era in una situazione simile, no?!” Si ricordava eccome di com’erano andate le cose: bello come il sole della sua Sicilia, DeathMask stava gettando la lucertola cieca nel buco infernale. Poi aveva spintonato giù da una roccia, da qualche parte della Cina, la morosa petulante di Shiryu il Dragone. Gli dava noia, con quelle preghiere da rompipalle. Beh, era stato l’inizio della fine: Shiryu il Dragone si era ripreso miracolosamente. Aveva cominciato quel discorso allucinante e a metà il suo cloth l’aveva lasciato in mutande. Digrignò i denti. L’eventualità di prendere esempio da Shiryu il Dragone era assolutamente fuori discussione. “Quello deve il culo alla morosa!” latrò di rabbia, senza suscitare nemmeno un battito di ciglia da parte di Radhamanthis.

Suscitando un gemito da parte di Aphrodite, che detestava l’oblio, che aveva desiderato per sé e DeathMask una seconda possibilità.

Che aveva pianto lacrime di Sangue sulla scalinata del tempio, e Mu non le aveva viste.

Aphrodite sapeva che morire era difficile. Se ne era accorto quella notte stellata alle soglie della Dodicesima casa, in cui era morto per mano di un bambino, disteso al suo fianco nel sangue e nelle rose.

Se la prima volta la morte l’aveva sorpreso, alle spalle, in quel modo orribilmente semplice che non era riuscito a spiegare, questa volta si faceva strada verso di lui guardandolo dal basso, nelle sembianze oscene di un’orbita cieca che si beffava di lui. Adesso la vedeva. Adesso la riconosceva.

Le dita di Radhamanthis strette alla gola erano un contatto quasi rassicurante, sulla Bocca dell’Ade. Quando se ne accorse, smise di implorare.

Non era elegante andare verso la morte in lacrime.

Non era da cavaliere.

Non era bello.

E invece lui doveva essere bellissimo, sospeso sull’orlo dell’abisso, cosciente dei suoi ultimi istanti prima di esserne inghiottito.
Sollevò il viso, incurante del dolore di dita inguainate nel metallo oscuro di Hades, che premevano il suo collo, affamate.

Ci fu un momento in cui girò la testa, per quanto possibile, e fissò gli occhi azzurri in quelli di DeathMask. Un muto addio, ma di quelli intensi, di quelli che si fanno sentire. A dirgli che questa volta non sarebbe morto per primo, ma se ne sarebbero andati insieme. Poi decise.

Guardò bene negli occhi di Radhamanthis e gli sputò in faccia.

Un gesto fatale.

Caddero entrambi.

Aphrodite si trovò ad aderire al fianco di Cancer nell’attimo della caduta infernale, mentre guardava in su. Aveva DeathMask a fianco e in bocca il sapore di quell’ultima Assos.

Per un attimo fu tutto perfetto così com’era.

Che cosa c’era da invidiare, in fondo, a Shiryu il Dragone? Era vero o no, dopotutto, che loro non erano traditori e quello doveva il culo alla sua morosa?

 

 

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