A Song of Death and Glory.

di Assasymphonie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Antonio Baratheon. ***
Capitolo 2: *** Arthur Lannister. ***



Capitolo 1
*** Antonio Baratheon. ***


Titolo del capitolo: Antonio Baratheon.
Personaggi: Antonio { Spagna } / Arthur { Inghilterra } / Berwald { Svezia }
Rating: Giallo
Note dell'autore: Crossover / AU / Introspettiva
Disclaimer: Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà del mangaka; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.

.Antonio Baratheon.

« --- ed io credo che dovremmo mantenere le nostre posizioni. Dopotutto siamo più numerosi, meglio equipaggiati e- »
La frase, pronunciata probabilmente da uno dei due fratellini Tarly, lasciava il tempo che trovava rimestandosi nel sordo brusio di quella sala troppo piccola e troppo piena. Per quanto il lord di Alto Giardino continuasse imperterrito, proprio accanto a lui, a vantare i grandi meriti di quel solarium Antonio proprio non sapeva che farsene.
Assiso su una sedia scomoda osservava distratto il vino che aveva smesso di esistere nel suo calice da fin troppo tempo, commutando l'oro della coppa intarsiata con piccole rose in un semplice ammasso di colore, così come lo era il viso di Francis, troppo in alto e troppo sorridente per poter essere distinto.
Dannazione, quanto aveva bevuto? Non se lo ricordava neppure, ma sicuramente c'entrava qualcosa la grande macchia violacea sul farsetto dorato, ed anche lo sguardo gelido di Berwald Stark due posti più lontano.
Cercò di alzare il calice in alto e di indirizzargli un sorriso più che caloroso ma il risultato, evidentemente, non era quello previsto ed Antonio Baratheon si costrinse, suo malgrado, a tornare con i verdi occhi cisposi sulla figura di Tyrell, ancora berciante nei suoi fluenti capelli dorati. Doveva essere in atto una discussione davvero animata, eppure tutto quel movimento di voci e di mani gesticolanti lo distraeva dalla ricerca del suo prezioso vino ch- oh, eccolo là!
Allungare una mano per afferrare il manico dipinto di un verde delicato fu probabilmente la mossa più difficile compiuta da Antonio durante tutta la serata e, probabilmente, durante tutto il mese precedente, e quello prima ancora. E considerando come stava andando quella serata, tutto sarebbe peggiorato: nessuna soluzione, nessuno accordo. Per quante voci potessero innalzarsi da quel tavolo -voci nobili, indubbiamente- la situazione rimaneva sempre la stessa.
Ci sarebbe stato qualcosa in grado seriamente di sbloccare la situazione? Fosse stato per lui, e lo aveva persino urlato addosso all'orgoglioso ma bonario Francis Tyrell in una discussione faccia a faccia, sarebbe partito immediatamente anche solo armato della propria colossale alabarda per andare incontro a /lui/, per spiccargli la testa dal collo e farlo soffrire proprio come lui aveva fatto soffrire lei.
La sua promessa sposa, l'unica donna su cui ha mai avuto l'ardire di poggiare più di uno sguardo appassionato, Bella Stark. La sorella dell'algido uomo che, nonostante gli strati d'onore cuciti addosso, riusciva sempre a dirgli in faccia ciò che pensava. Perché quella sera doveva essere diversa dalle altre? Per fortuna c'era il vino, quell'ottimo vino di Alto Giardino tanto generosamente elargito da Francis Tyrell, in un pallido e stupido tentativo di rendere ancora più suggellata quell'alleanza che si reggeva su che cosa, precisamente? Molti dicevano il denaro, altri dicevano la volontà di liberarsi da un sovrano folle, ed altri davanti la colpa e il merito di tutto al carisma di quello stesso uomo che andava bevendo ancora. Il cervo incoronato era il suo emblema, ma i cervi si ubriacano?
« -- potremmo anche arrenderci! Insomma, non c'è nulla di male e potremmo avere il perdono  di Gil- »
Una voce piccola, una voce esile, ma mai il gemello Tyrell, seppur ostaggio, si è zittito così improvvisamente. Gli occhi castani di Feliciano si sollevarono quanto bastava per incontrare la figura di una furia seguente lo sbattere del boccale così finemente decorato sulla tovaglia bianca. L'aveva sporcata di rosso, un vero peccato, ma rosso era anche tutto il resto. La sola idea di concedere il perdono all'uomo che gli aveva portato via tutta la sua vita rimaneva fuori discussione e nessun insulso fiorellino di campo avrebbe potuto in qualche modo fargli cambiare idea; e tutti, nella sala, si zittirono.
Non una mosca riusciva a volare e se da una parte si aveva il gelido silenzio dello Stark, l'assenza di voce da parte del Lannister era degna di nota. Fu Arthur dunque a rompere quella stasi, a posare gli occhi sulla figura del Baratheon pronto alla carica, cervo furioso di fronte ad un affronto più grande di lui. « Non lo permetteremo. » La voce glaciale di Arthur Lannister fu udita a malapena da colui che avrebbe dovuto guidare tutti loro, preferendo rimanere con gli occhi abbassati fino a quando ogni traccia di furore non venne dissipata nel vino amaro del fondo del bicchiere. Ancora un sorso, ancora uno.
« Lo ucciderò. Li ucciderò tutti. »
E tutti assentirono.

.Fine.


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Capitolo 2
*** Arthur Lannister. ***


Titolo del capitolo: Arthur Lannister
Personaggi: Arthur ( Inghilterra )
Rating: Giallo
Note dell'autore: Introspettiva
Disclaimer: Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà del mangaka; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.

.Arthur Lannister.

Sul granito il fango non si può formare, neppure dopo violente piogge la cui acqua è filtrata nelle fessure della roccia, fino a cadere in profondità nella rocca troppo alta, troppo impenetrabile, troppo dura affinché il liquido possa spaccarla in due. Non c'era fango neppure sotto gli zoccoli dei cavalli, la testa fiera china sotto il peso dell'acqua cadente dal cielo; ogni colore si fondeva uno nell'altro, addosso alla colonna di uomini che saliva verso l'inespugnabile Caster Granito, tutti eccettuato il rosso.
L'unico colore capace di spiccare anche nel più terribile dei temporali, scurendosi fino a diventare il vermiglio del sangue versato. Ed in effetti, dall'alto, quei cavalieri e fanti appiedati sembravano più una colonna di sangue che di uomini; nessuna soddisfazione nel non riuscire a distinguere l'oro del leone ricamato da qualsiasi parte, inciso rampante persino sulle corazze dei fanti più semplici, sulla carne pronta da macellare.

Il vento scuoteva impetuoso le leggere tende del solarium, che schioccavano contro le colonnine poste al loro fianco con lo stesso suono di una frusta ma, nonostante tutto, la sedia e il corpo posti davanti all'enorme tavolo scuro, insieme ad un bicchiere di vino rosso anch'esso rimanevano immobili, come se non fossero toccati minimamente se non dai tumulti interni. Arthur Lannister, lord di Castel Granito, era granito anch'egli: il vino non era stato toccato e le ombre danzavano sugli zigomi accentuati del volto affilato, seguendo la direzione del vento che spostava le fiamme delle candele, del camino, delle lampade persino.
Le mani ossute incrociate su una lettera sgualcita dai troppi sguardi non davano segni di vita così come il petto che a malapena si alzava e si abbassata al di sotto del pesante farsetto di broccato vermiglio, nessuna spilla a fermare un mantello inesistente. Già, nessuna spilla. Quanto tempo era passato da quando si era tolto quella spilla a forma di mano e l'aveva poggiata proprio di fronte a quegli occhi vermigli, brucianti che lo avevano seguito per ogni passo fino a quando non si era ritrovato fuori dalla porta?
Molto tempo, troppo tempo; ancora sentiva il peso della pesante collana realizzata con tante piccole mani intrecciate, ancora provava sulla pelle l'onta subita. L'onta di un rifiuto che gli occhi verdi di Arthur non avevano potuto dimenticare, e la lettera del figlio tanto provava. Lasciare quel folle, stare a guardare mentre bruciava da solo nella sua stessa malattia, vedere come i Targaryen potessero distruggersi da soli dopo aver rifiutato l'aiuto dei Lannister, il conio dei Lannister, i Lannister stessi.
La bocca di Arthur si gelò in una smorfia ricordando come il re avesse preferito affiancarsi al regno di Dorne, cercare un'alleanza che a nulla gli avrebbe giovato. Era stato stupido? Non stupido, ma folle, perché così era conosciuto da tutti. Mettersi dalla parte del più forte, invece, quello era stato un disegno intelligente, capire che Antonio Baratheon aveva la possibilità di schiacciare i Targaryen a causa del suo odio cocente, capire che l'alleanza con le potenze del Nord avrebbe funzionato.
I Lannister pagano sempre i propri debiti, ed Arthur avrebbe pagato molto presto quello verso Gilbert Targaryen. La sedia raschiò il pavimento mentre il corpo del lord di Castel Granito si spostava lentamente indietro, la carta della lettera stretta ferocemente nel pugno destro. Quel folle- aveva così paura di Antonio da essere in grado di dare fuoco alla città? Voleva davvero credere di essere tanto invulnerabile, tanto prezioso per i Sette Regni da poter mettere in predicato il cuore stesso di quel reame che ballava sul filo di lana?
La risposta era prepotentemente vicina al sì, e chiunque fosse presente all'incontro di due giorni prima lo sapeva. Lo aveva letto nelle iridi fumanti di Antonio Baratheon, nel silenzio di Berwald Stark, nell'irritazione crescente di Lucas Greyjoy, troppo lontano dalle sue navi lunghe e troppo simile ad una statua, nei suoi occhi viola e nell'espressione assente.
I piedi compirono i passi necessari per portarlo davanti al fuoco del camino, in cui lasciò cadere con noncuranza la lettera del figlio. La osservò bruciare in ogni suo lembo, le fiamme che si riflettevano nei suoi occhi freddi come il ghiaccio, nei suoi capelli dorati e leonini, probabilmente.
Ignorò il rintocco di un pugno contro la porta, ignorò persino il fatto che aveva smesso di piovere, su Castel Granito, occupato a veder colare via la cera del sigillo della Guardia Reale.
« Un Lannister paga sempre i propri debiti. » Promise al vento, inarcando l'angolo destro delle labbra sottili. Un leone pronto al balzo, su una preda che doveva considerarsi già morta.
« Potete entrare. »

.Fine.

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