A Song of Death and Glory. di Assasymphonie (/viewuser.php?uid=191479)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Antonio Baratheon. ***
Capitolo 2: *** Arthur Lannister. ***
Capitolo 1 *** Antonio Baratheon. ***
Titolo del capitolo:
Antonio Baratheon.
Personaggi:
Antonio { Spagna } / Arthur { Inghilterra } / Berwald { Svezia }
Rating:
Giallo
Note dell'autore:
Crossover / AU / Introspettiva
Disclaimer:
Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà del
mangaka; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.
.Antonio Baratheon.
« --- ed io credo che dovremmo mantenere le nostre posizioni.
Dopotutto siamo più numerosi, meglio equipaggiati e-
» La frase, pronunciata probabilmente da uno dei due
fratellini Tarly, lasciava il tempo che trovava rimestandosi nel sordo
brusio di quella sala troppo piccola e troppo piena. Per quanto il lord
di Alto Giardino continuasse imperterrito, proprio accanto a lui, a
vantare i grandi meriti di quel solarium Antonio proprio non sapeva che
farsene. Assiso su una sedia scomoda osservava distratto il vino che
aveva smesso di esistere nel suo calice da fin troppo tempo, commutando
l'oro della coppa intarsiata con piccole rose in un semplice ammasso
di colore, così come lo era il viso di Francis, troppo in
alto e troppo sorridente per poter essere distinto. Dannazione, quanto
aveva bevuto? Non se lo ricordava neppure, ma sicuramente c'entrava
qualcosa la grande macchia violacea sul farsetto dorato, ed anche lo
sguardo gelido di Berwald Stark due posti più lontano.
Cercò di alzare il calice in alto e di indirizzargli un
sorriso più che caloroso ma il risultato, evidentemente, non
era quello previsto ed Antonio Baratheon si costrinse, suo malgrado, a
tornare con i verdi occhi cisposi sulla figura di Tyrell, ancora
berciante nei suoi fluenti capelli dorati. Doveva essere in atto una
discussione davvero animata, eppure tutto quel movimento di voci e di
mani gesticolanti lo distraeva dalla ricerca del suo prezioso vino ch-
oh, eccolo là! Allungare una mano per afferrare il manico dipinto di
un verde delicato fu probabilmente la mossa più difficile
compiuta da Antonio durante tutta la serata e, probabilmente, durante
tutto il mese precedente, e quello prima ancora. E considerando come
stava andando quella serata, tutto sarebbe peggiorato: nessuna
soluzione, nessuno accordo. Per quante voci potessero innalzarsi da
quel tavolo -voci nobili, indubbiamente- la situazione rimaneva sempre
la stessa. Ci sarebbe stato qualcosa in grado seriamente di sbloccare
la situazione? Fosse stato per lui, e lo aveva persino urlato addosso
all'orgoglioso ma bonario Francis Tyrell in una discussione faccia a
faccia, sarebbe partito immediatamente anche solo armato della propria
colossale alabarda per andare incontro a /lui/, per spiccargli la testa
dal collo e farlo soffrire proprio come lui aveva fatto soffrire lei.
La sua promessa sposa, l'unica donna su cui ha mai avuto l'ardire di
poggiare più di uno sguardo appassionato, Bella Stark. La
sorella dell'algido uomo che, nonostante gli strati d'onore cuciti
addosso, riusciva sempre a dirgli in faccia ciò che pensava.
Perché quella sera doveva essere diversa dalle altre? Per
fortuna c'era il vino, quell'ottimo vino di Alto Giardino tanto
generosamente elargito da Francis Tyrell, in un pallido e stupido
tentativo di rendere ancora più suggellata quell'alleanza
che si reggeva su che cosa, precisamente? Molti dicevano il denaro,
altri dicevano la volontà di liberarsi da un sovrano folle,
ed altri davanti la colpa e il merito di tutto al carisma di quello
stesso uomo che andava bevendo ancora. Il cervo incoronato era il suo
emblema, ma i cervi si ubriacano?
« -- potremmo anche arrenderci! Insomma, non c'è
nulla di male e potremmo avere il perdono di Gil- »
Una voce piccola, una voce esile, ma mai il gemello Tyrell, seppur
ostaggio, si è zittito così improvvisamente. Gli
occhi castani di Feliciano si sollevarono quanto bastava per incontrare
la figura di una furia seguente lo sbattere del boccale così
finemente decorato sulla tovaglia bianca. L'aveva sporcata di rosso, un
vero peccato, ma rosso era anche tutto il resto. La sola idea di
concedere il perdono all'uomo che gli aveva portato via tutta la sua
vita rimaneva fuori discussione e nessun insulso fiorellino di campo
avrebbe potuto in qualche modo fargli cambiare idea; e tutti, nella
sala, si zittirono. Non una mosca riusciva a volare e se da una parte
si aveva il gelido silenzio dello Stark, l'assenza di voce da parte del
Lannister era degna di nota. Fu Arthur dunque a rompere quella stasi, a
posare gli occhi sulla figura del Baratheon pronto alla carica, cervo
furioso di fronte ad un affronto più grande di lui.
« Non lo permetteremo. » La voce glaciale di Arthur
Lannister fu udita a malapena da colui che avrebbe dovuto guidare tutti
loro, preferendo rimanere con gli occhi abbassati fino a quando ogni
traccia di furore non venne dissipata nel vino amaro del fondo del
bicchiere. Ancora un sorso, ancora uno.
« Lo ucciderò. Li ucciderò tutti.
» E tutti assentirono.
.Fine.
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Capitolo 2 *** Arthur Lannister. ***
Titolo del capitolo:
Arthur Lannister
Personaggi: Arthur
( Inghilterra )
Rating: Giallo
Note dell'autore:
Introspettiva
Disclaimer:
Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà del
mangaka; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.
.Arthur Lannister.
Sul granito il fango non si può formare, neppure dopo
violente piogge la cui acqua è filtrata nelle fessure della
roccia, fino a cadere in profondità nella rocca troppo alta,
troppo impenetrabile, troppo dura affinché il liquido possa
spaccarla in due. Non c'era fango neppure sotto gli zoccoli dei
cavalli, la testa fiera china sotto il peso dell'acqua cadente dal
cielo; ogni colore si fondeva uno nell'altro, addosso alla colonna di
uomini che saliva verso l'inespugnabile Caster Granito, tutti
eccettuato il rosso.
L'unico colore capace di spiccare anche nel più terribile
dei temporali, scurendosi fino a diventare il vermiglio del sangue
versato. Ed in effetti, dall'alto, quei cavalieri e fanti appiedati
sembravano più una colonna di sangue che di uomini; nessuna
soddisfazione nel non riuscire a distinguere l'oro del leone ricamato
da qualsiasi parte, inciso rampante persino sulle corazze dei fanti
più semplici, sulla carne pronta da macellare.
Il vento scuoteva impetuoso le leggere tende del solarium, che
schioccavano contro le colonnine poste al loro fianco con lo stesso
suono di una frusta ma, nonostante tutto, la sedia e il corpo posti
davanti all'enorme tavolo scuro, insieme ad un bicchiere di vino rosso
anch'esso rimanevano immobili, come se non fossero toccati minimamente
se non dai tumulti interni. Arthur Lannister, lord di Castel Granito,
era granito anch'egli: il vino non era stato toccato e le ombre
danzavano sugli zigomi accentuati del volto affilato, seguendo la
direzione del vento che spostava le fiamme delle candele, del camino,
delle lampade persino.
Le mani ossute incrociate su una lettera sgualcita dai troppi sguardi
non davano segni di vita così come il petto che a malapena
si alzava e si abbassata al di sotto del pesante farsetto di broccato
vermiglio, nessuna spilla a fermare un mantello inesistente.
Già, nessuna spilla. Quanto tempo era passato da quando si
era tolto quella spilla a forma di mano e l'aveva poggiata proprio di
fronte a quegli occhi vermigli, brucianti che lo avevano seguito per
ogni passo fino a quando non si era ritrovato fuori dalla porta?
Molto tempo, troppo tempo; ancora sentiva il peso della pesante collana
realizzata con tante piccole mani intrecciate, ancora provava sulla
pelle l'onta subita. L'onta di un rifiuto che gli occhi verdi di Arthur
non avevano potuto dimenticare, e la lettera del figlio tanto provava.
Lasciare quel folle, stare a guardare mentre bruciava da solo nella sua
stessa malattia, vedere come i Targaryen potessero distruggersi da soli
dopo aver rifiutato l'aiuto dei Lannister, il conio dei Lannister, i
Lannister stessi.
La bocca di Arthur si gelò in una smorfia ricordando come il
re avesse preferito affiancarsi al regno di Dorne, cercare un'alleanza
che a nulla gli avrebbe giovato. Era stato stupido? Non stupido, ma
folle, perché così era conosciuto da tutti.
Mettersi dalla parte del più forte, invece, quello era stato
un disegno intelligente, capire che Antonio Baratheon aveva la
possibilità di schiacciare i Targaryen a causa del suo odio
cocente, capire che l'alleanza con le potenze del Nord avrebbe
funzionato.
I Lannister pagano sempre i propri debiti, ed Arthur avrebbe pagato
molto presto quello verso Gilbert Targaryen. La sedia
raschiò il pavimento mentre il corpo del lord di Castel
Granito si spostava lentamente indietro, la carta della lettera stretta
ferocemente nel pugno destro. Quel folle- aveva così paura
di Antonio da essere in grado di dare fuoco alla città?
Voleva davvero credere di essere tanto invulnerabile, tanto prezioso
per i Sette Regni da poter mettere in predicato il cuore stesso di quel
reame che ballava sul filo di lana?
La risposta era prepotentemente vicina al sì, e chiunque
fosse presente all'incontro di due giorni prima lo sapeva. Lo aveva
letto nelle iridi fumanti di Antonio Baratheon, nel silenzio di Berwald
Stark, nell'irritazione crescente di Lucas Greyjoy, troppo lontano
dalle sue navi lunghe e troppo simile ad una statua, nei suoi occhi
viola e nell'espressione assente.
I piedi compirono i passi necessari per portarlo davanti al fuoco del
camino, in cui lasciò cadere con noncuranza la lettera del
figlio. La osservò bruciare in ogni suo lembo, le fiamme che
si riflettevano nei suoi occhi freddi come il ghiaccio, nei suoi
capelli dorati e leonini, probabilmente.
Ignorò il rintocco di un pugno contro la porta,
ignorò persino il fatto che aveva smesso di piovere, su
Castel Granito, occupato a veder colare via la cera del sigillo della
Guardia Reale.
« Un Lannister paga sempre i propri debiti. »
Promise al vento, inarcando l'angolo destro delle labbra sottili. Un
leone pronto al balzo, su una preda che doveva considerarsi
già morta.
« Potete entrare. »
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