Vita quotidiana

di Hikari93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Dichiarazione ***
Capitolo 2: *** 02. Problemi di gelosia ***



Capitolo 1
*** 01. Dichiarazione ***


Vita quotidiana

01. Dichiarazione

 
 



 
 

«Posso parlarti un istante?»
Madara spostò un volume verde bottiglia più in là, in modo da infilarci il libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca qualche giorno prima. Decise che rispondergli fosse comunque cortese, nonostante tutto. «Cosa vuoi?»
«E’ importante.»
«Mh, ti ascolto.» Allungò la testa verso sinistra; cercava un altro tomo per la ricerca di scienze. «Su, parla.»
«Non potresti almeno girarti?»
Madara alzò gli occhi in aria, sbilanciandosi contemporaneamente di lato, sempre alla ricerca. «Al massimo puoi aspettare che finisco. Poi poso la scala e…»
«Credo proprio che tu mi piaccia, Madara.»
Il ragazzo sentì la scala mancargli da sotto i piedi e Hashirama preoccuparsi nello stesso momento; si ritrovò caduto addosso all’amico, in imbarazzo, frastornato e col cuore a diecimila.
Gli avrebbe domandato di ripetere, se ne avesse avuto il coraggio. Avrebbe voluto chiedergli scusa per il capitombolo, rimbeccargli quanto fosse immensamente stupido o semplicemente riuscire ad alzarsi senza essere estremamente rigido o fare la figura del babbeo.
Dal canto suo, nemmeno Hashirama osava proferire parola: Madara ne percepiva il respiro controllato e i battiti del petto, poiché la mano, durante la caduta, era finita per appoggiarsi casualmente lì.
Trovò la forza per sollevarsi, ma non quella di guardarlo in viso, e quindi rimase statuario a fissare le mattonelle e i due, tre libri che erano catapultati in basso con sé. Ringraziò che fosse sul tardo pomeriggio e che la biblioteca fosse deserta.
«Madara…»
Hashirama parlò e lui si rinchiuse nelle spalle, un groppo in gola. Considerando il suo carattere schietto, non avrebbe avuto problemi nel ridergli in faccia o, più semplicemente, nel prenderla con filosofia pensando a uno scherzo, se non avesse provato alcun interesse. Se non l’avesse provato, appunto. Tuttavia, nel dover esporre una verità tanto intima, la lingua si attorcigliava e le corde vocali si suicidavano in massa, impedendogli di rispondere. Cercò di starsene ancora di spalle, con la mente ronzante e fastidiosa e un mattone nello stomaco.
«Fa finta che non ti abbia detto nul-»
«No!» L’aveva bloccato. E con irruenza, anche. «No.» Rilassati, diamine; stai calmo. Tranquillo, okay? «Voglio dire…»
Non riuscì a voltarsi, ma rabbrividì da capo a piedi quando l’altro gli toccò la spalla. Madara constatò quanto la mano di Hashirama fosse grande e calorosa, e che strano effetto gli facesse la sua vicinanza millimetrica. Se ne sentiva soffocato, ma non faceva male.
«Anche… a me» borbottò, ma fu costretto a ripetere su intimazione di un Hashirama che non aveva colto il senso della sua frase impastocchiata. «Anche a me.» Anche se ci sono loro. «Piaci anche a me.»
Sentì Hashirama sorridere e rilassarsi dietro di sé, mentre si abbandonava ad abbracciarlo alle spalle, nutrendo il nervosismo che gli faceva intorpidire le membra dalla testa ai piedi. Gli sembrava di essere un paletto di legno che aveva messo radici nel pavimento.
«Non ti facevo così rigido, Madara» sogghignò l’altro, all’orecchio. «Mi avevi accennato a dei problemucci di sensibilità, ma non pensavo ch-»
«Vedi di star zitto.»
La vena sulla tempia pulsava con più irruenza e i pugni s’erano stretti fino a far male. Uno si schiantò persino contro la gamba di un sornione Hashirama.
«Era forse un surrogato di minaccia, quello? Mmm… noto con piacere che ti stai riprendendo alla svelta dal tuo stato di mutismo. Ora sì che ti riconosco» ridacchiò.
«Sai, non credo… non credo più di essere convinto di quello che ho detto prima.»
«Che ti piaccio?» lo sussurrò flebilmente al suo orecchio, e in quel bisbiglio Madara rintracciò un’ombra di timore ed emozione insieme, segno che nemmeno Hashirama era così tranquillo e normale come voleva fargli credere.
«Hn.»
«E allora?»
Madara sbandò; la voce si era sollevata d’un tono, e mischiata al silenzio totale aveva prodotto un frastuono estremamente assordante per il suo timpano. «Allora cosa?» domandò svelto.
«Hai cambiato idea?»
Madara fu tentato di dargli una sberla per assicurarsi che Hashirama fosse totalmente sveglio, ma si trattenne sia perché ricorrere alle mani era da barbari cafoni a cui non sentiva di appartenere e sia perché, principalmente, le braccia dell’altro erano ancora saldamente avvinghiate al suo corpo, come dei tentacoli.
«No» rispose, quindi, accorgendosi del sangue che di nuovo fluiva alle guance. Dannato.
«Certo che cambi idea velocemente, tu» riflette Hashirama, piuttosto accorato. «Dovresti metterti in pace con te ste-»
«La pianti?»
Hashirama parve rifletterci. «Va bene.»
«E se adesso ti staccassi anche, mi faresti un favore enorme.»
Sentì le braccia libere, a significare che l’altro aveva obbedito.
E adesso?
Non voleva ricadere nuovamente nell’incapacità più completa di esprimersi. Ma il fatto era che esistevano loro, che alle spalle aveva quella famiglia. E lo sapeva, Madara lo sapeva che non sarebbe andato nel verso giusto, che non avrebbe funzionato e che stava sbagliando a lanciarsi in qualcosa di così grosso, per lui.
«Adesso però è il mio turno di comandarti qualcosa» parlò Hashirama, interrompendogli i pensieri.
E prima che Madara potesse capire a che cosa si riferisse, si trovò la sua mano legato al polso e le sue labbra appiccicate goffamente alle sue, in un cozzare iniziale di denti. Spalancò gli occhi per la meraviglia, ma non riuscì a vedere nulla del viso di Hashirama, troppo intontito, spaventato e preso alla sprovvista dal suo gesto. Sperò solamente che non fosse stato visto in un momento di eccessivo impaccio e si apprestò ad abbassare le palpebre come facevano quei tizi sdolcinati e scemi dei film preferiti di Harumi, sentendosi un completo idiota, quasi fuori luogo.
Quando tutto finì, ci impiegò un po’ per stabilizzarsi.
«Baci… baci malaccio» osservò Hashirama, pungendolo nel vivo e azionando innumerevoli meccanismi simulanti insulti e giustificazioni. Non ebbe tempo di accusarlo di aver potuto già fare, a differenza sua, esercizio con quella puttana di Uzumaki – no, tu non sei geloso, Madara, non lo sei –, perché il suo interlocutore, accortosi del suo stato di agitazione, fu lesto a calmarlo. «Ma puoi sempre migliorare» ammiccò. «Mi consenti di darti una mano?»
Madara borbottò qualche frase senza senso, muovendosi a raccogliere quei libri caduti e la scala rovinata a terra mentre tentava di articolare qualcosa di vagamente simile a una frase intervallata da una minaccia di morte e borbottii.
«Idiota» concluse. «Dovresti vedere come baci tu, prima di giudicare.»
Hashirama emise un sorrisino divertito, ripetendosi quanto borbottone fosse e attirandolo contemporaneamente per il polso fino a portarsene di nuovo le labbra alla bocca per qualche secondo. Sorrise contro di esse, trattenendosi, una volta che si fu staccato, dal fargli notare come fosse andato già meglio rispetto a pochi secondi prima.
Lo guardò in viso, negli occhi. «Ti amo.»
Madara tentò di fuggire con lo sguardo, di evitarlo, ma non riuscì a non sorridergli.

 
 











































 
 
 

Buonsalve a tutti. ♥
 
Mi sono ritagliata qualche minuto per postare questa cosa che ho scritto un pochino di tempo fa, una sera in cui mi stavo annoiando e avevo chiuso i libri. Mi ci ero dedicata perché doveva essere una semplice drabble che avrei tenuto per me – avete visto come sono buona nel condividere le mie cose? –, ma da drabble si è evoluta in presunta flashfic, e da flashfic a mini oneshot. Si è praticamente scritta da sé, non è qualcosa che, comunque, prenderei troppo sul serio.
 
Il problema è che sono poco capace di staccarmi completamente da una storia, quando la finisco e quando mi ha entusiasmata a tali livelli, perciò ho ripreso la situazione di Non avere paura, inserendo uno spin off leggero – a differenza della fic – e tutto HashiMada, dato che nella storia la coppia è andata un po’ a farsi friggere, a favore dell’introspezione di Madara. Ma sono cose che, se avete letto la storia, sapete già. Sennò, lo sapete lo stesso, dato che l’ho appena detto. XD
Comunque, per chi non avesse letto la long, ho dei piccolissimi appunti da fare: Harumi è la sorella di Madara (personaggio inventato da me insieme ad altri, che sarebbero i 3 fratelli, oltre a Izuna, di Madara, di cui non conosciamo nomi né altro) e quando Madara parla di “quella famiglia”, si riferisce a una famiglia – un padre e un fratello maggiore, visto che la madre è morta – omofoba. Nient’altro, solo delle piccole note per far capire a tutti. ;)
 
Quando parlo di Mito, non intendo che ci sia stata una relazione tra lei e Hashirama, ma è Madara che, inconsciamente ingelosito, crede che sia stato così, dato che si è accorto che Mito vorrebbe Hashirama.
 
Avevo in mente anche qualche altro spin off. Per ora segno come “storia completa”, però se me ne viene in mente un altro – se riesco a scriverlo, più che altro X( - lo aggiungo, e rendo questa cosa una raccolta. Fatemi sapere, se mai foste interessati. X//D
 
Grazie per aver letto. :) - e pregate per me, tra poco ho un esame >___<












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Capitolo 2
*** 02. Problemi di gelosia ***


Vita quotidiana
 


02. Problemi di gelosia

 






 

La classe aveva il pessimo vizio di alzare la voce in maniera esorbitante non appena il sensei metteva piede fuori dall’aula. Madara guardava al tutto come un attacco mirato alla sensibilità dei suoi timpani, che urlavano persino più degli altri, ricercando quella pace che era loro negata.
Dunque, per distrarsi dalla bolgia, Madara preferiva lanciarsi a capofitto tra le righe di un qualunque libro, indipendentemente da se avesse bisogno o meno di un ripasso per l’ora successiva. Focalizzarsi sulle parole, sperando di annullare tutto quello che lo circondava, sembrava il rimedio perfetto.
«Madara?»
No, Hashirama, non ora. Sto cercando di cancellare la mia presenza da questo posto. «Mh?»
«Non sei stanco di tenere sempre la testa sui libri? Perché non ti rilassi almeno nel cambio dell’ora?»
Madara mise su un naturalissimo sguardo accigliato, fissando Hashirama con sbigottimento. I suoi occhi chiedevano silenziosamente come ci si potesse riposare mentalmente con quel casino.
«Ma si tratta di cinque minuti al massimo» obiettò l’altro. «Potresti sopportare.»
«Il tempo è una variabile così stramba» commentò Madara. «Sembra assurdo come cinque minuti possano divenire eoni, men-»
«E piantatela un po’, su!»
Entrambi si voltarono in direzione della voce femminile che aveva sovrastato le altre: Mito Uzumaki si ergeva in piedi, con i pugni che toccavano il banco e l’espressione imbronciata. In quanto rappresentante di classe, la ragazzina si sentiva in dovere di far tacere una volta per sempre quel continuo vociare, e ogni volta che perdeva le staffe, spazientita di dover reclamare il silenzio sottovoce, riusciva nel suo intento, ottenendo un’atmosfera tombale, impregnata di qualche sussurro, che durava da lì a mezzo minuto.
«Ci mancavano solo gli starnazzi di quell’oca, adesso la fattoria è al completo» bisbigliò Madara, slanciandosi di lato, con la guancia poggiata sul dorso della mano.
«Beh, è suo compito quello di tenere un po’ d’ordine» replicò Hashirama. «Non credo che abbia fatto qualcosa di male. Dovresti provare a controllare la tua stizza, in questi casi» ridacchiò.
Qualcuno, udendoli parlottare, produrre uno sssssh esplicativo che attirò l’attenzione di molte teste nei loro riguardi. Madara ne rimase indifferente, evitando di realizzare che tutto quello che doveva sopportare lui, e anche troppo spesso, era nulla in confronto a un parlottare sommesso come quello tra lui e Hashirama; quindi continuò a fissare la finestra a lato fin quando non notò, facendo slittare velocemente gli occhi sulla marmaglia in osservazione, che Mito fissava con fin troppa intensità il suo compagno di banco.
Si sentì invadere da un fastidio acuto che subito identificò – negandolo all’istante, ancor prima di comprenderlo – come assurda e stupida gelosia. Alla vista di Mito, voci malefiche gli suggerivano minacce poco garbate – ti cavo gli occhi, se non la pianti – che preferiva lasciare dormienti in testa, mentre i pugni, nascosti sotto al banco, si chiudevano, e le gambe lottavano per muoversi in un movimento di puro e semplice nervosismo che Madara si sforzava di trattenere. Non fu capace di far agire nemmeno un muscolo, neppure guardò Hashirama e la sua espressione. Non pensava di poterlo trovare interessato o di riuscire a leggere del vago interesse nei suoi occhi, ma, anche nel caso in cui avesse voluto controllare, non ci sarebbe riuscito. Subì addosso una pressione asfissiante, e solo quando finalmente la ragazza distolse gli occhi riuscì a respirare di nuovo e a sentirsi più tranquillo.  
Si ripeté quanto il tempo fosse maledettamente tiranno e stronzo, a durare tanto quanto desiderava, accorgendosi in contemporanea di quanto realmente piccoli fossero gli uomini: incapaci di gestire i propri ritmi, le emozioni e le reazioni a un qualunque tipo di stimolo.
Vide Mito sedersi, ma non ebbe il tempo di sospirare di sollievo che la ragazza ancorò di nuovo lo sguardo a chi non doveva.
Respira, respira, respira.
Avvertì la sconfitta del corpo contro la mente e il cuore, percependosi come una creatura immensamente debole – condizione che lo faceva raggelare dall’imbarazzo per via di un orgoglio ferito – che mai, mai e poi mai avrebbe potuto immaginare, soltanto poco tempo prima, di poter provare un sentimento così corrosivo come un’infondata – perché era così – gelosia.
Quando far finta di nulla non servì a migliorare la situazione, Madara intervenne: «Mh… senti, Hashirama…» L’altro si voltò, incentivandolo a continuare con uno sguardo curioso e assorto. «Volevo dirti… ecco…» Per la miseria!
«Sì, cosa c’è?» insistette l’altro.
«Mi spiegheresti questo pezzo di storia?» chiese d’impulso, trovandosi davanti il libro che aveva aperto nei minuti precedenti. «L’ultima parte» specificò.
Si lodò per la sua compostezza, per la maniera in cui si era parzialmente riscattato, riuscendo a mantenere un tono neutro sebbene si fosse trovato in difficoltà. Hashirama gli sorrise, e Madara lo imitò dentro di sé, anche senza arcuare le labbra.
Una sola pecca in tutto quello: quando Hashirama cominciò a spiegargli quel paragrafo che tecnicamente non gli era chiaro, Madara sfoggiò un’occhiata soddisfatta verso la chioma rossa di Mito, che ora dava loro le spalle.
E ad Hashirama non sfuggì.
«Ok» cantilenò, trascinando le vocali, sorridente, «e spieghiamo questo pezzo.»

 
 






































































 
 
 
 

Ok.
 
Ho deciso di farne una piccola raccolta – ho anche qualche altro “episodio” in mente, sempre piccino come questo, niente di complicato, cose che scrivo in poco tempo anche per divertirmi e tenermi in “allenamento” con la scrittura e l’HashiMada. U___U; tecnicamente, mi sfizio immensamente a scrivere di loro, dunque lo faccio. XD Come già detto altrove, per le long mi ci vuole più concentrazione e ora non posso permettermelo. Domando – come sempre – scusa.
 
Per il capitolo ho ben poco da dire, anzi, nulla. E’ talmente lineare e semplice che dubito ci sia qualcosa da aggiungere oltre ciò che la storia già dice. XD Dalla frase finale di Hashirama, voglio lasciare intuire che questa scena si svolge dopo il precedente capitolo. In ogni caso, vi ricordo che si tratta di una raccolta, e che quindi i capitoli non per forza dovranno susseguirsi. :)
Ah, solo due parole su Mito. Io non punto a renderla l’antipatica della situazione. Non la conosco come personaggio, perché Kishimoto non ci ha mostrato nulla, ma mi rifaccio al carattere “forte” di alcuni Uzumaki, come Karin, Naruto o Kushina. Spero che sia soddisfacente, poi ognuno la immagina come pare a sé. XD Questa è la mia versione. XD
 
Ho cambiato il titolo della storia in “Vita quotidiana”, che penso possa esprimere semplicemente quello a cui punto, ossia a scrivere cose leggere, del tutto differenti da quelle della longfic principale. :)
 
Quindi, nient’altro.
Solita solfa: per dubbi, problemi, critiche, chiacchiere, quellochevolete, aggiungetemi su facebook, contattatemi su EFP, commentate, maleditemi silenziosamente. UwU
Come vi pare.
 
Grazie per aver letto di nuovo – vado a rispondere a un paio di recensioni, ARGH. >_____>”








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