In all my spite, I'll turn it off.

di Ollieparawhore
(/viewuser.php?uid=284959)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Convince yourself that is not the reason you don’t see the sun anymore. ***
Capitolo 2: *** Chapter 1- ***
Capitolo 3: *** This is how we'll dance when they try to take us down. ***



Capitolo 1
*** Convince yourself that is not the reason you don’t see the sun anymore. ***


Mi giro su un fianco. Bussano.
“E’ aperto”
Qualcuno si siede sul letto. Penso sia Oliver.
“Oliv, come stai? Mad mi ha detto che…” lo interrompo.
“Tranquillo sto a posto. Vai a divertirti.”
“Ahahah sai che non posso lasciarti sola in questo stato. Sai, non m’hai mai parlato di lui. Me lo hai sempre accennato. Ti và di raccontarmi?”                                                                                                                                   

Si sdraia accanto a me, mi cinge con un braccio.

Questo è ciò che ricordo.
Piove. E’ notte. Saranno le 3 del mattino come minimo. Lionel è al volante, mezz’ubriaco. Oh, si lo sono anch’io. Ridiamo, scherziamo, va tutto bene. Mi bacia dolcemente, le sue labbra sanno di alcol da due soldi. Squilla il telefono. Tenta di prenderlo dalla tasca. La suoneria è insopportabile. Ci rimbomba nella testa. Gli casca. S’abbassa per raccoglierlo. Rimette le mani sul volante. Una sterzata. Ruote che stridono sull’asfalto nonostante sia umido. Un tintinnio. Buio.
Mi risveglio in ospedale che è mattina. Di lui nemmeno l’ombra. I dottori non sanno dirmi nulla su di lui, tranne che era totalmente illeso, e dopo un breve controllo se n’era andato. Scomparso. Come vapore nell’aria. Così per una settimana, due, tre. Che divennero mesi.


Senza nemmeno accorgermene mi trovo il viso coperto di lacrime. Il mio fiato viene smorzato da continui singhiozzi. Mi parla, tenta di rassicurarmi. Non lo sento, è come se avessero spento il volume. E’ preoccupato. Mi stringe a sé.  
E' così bello starsene tra le sue braccia, anche se sono così impotente.




Salve a tutti!
Questa è la mia prima ff nella sezione 'Originali' nonostante ne abbia scritte a decine.
Quest'introduzione è un pezzo di un capitolo che verrà più tardi.
Purtroppo ho perso la parte iniziale della storia, e dovrò aspettare di recuperarlo prima di aggiornare,
altrimenti nulla avrà un senso, ne sarà comprensibile (?)
Ho deciso di pubblicarne una parte nonostante questo problemino,
per spronarmi a finirla, perchè ci sto lavorando da l'anno scorso D:
La protagonista ha lo stesso nome del suo migliore amico, e spero non causerà troppa difficoltà nella lettura del testo.
Fanno entrambi parte di una band musicale, originaria di Wells.
Ora vi lascio u.u
Spero vi sia piaciuto, alla prossima !
Un'abbraccio
//Oliver.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 1- ***


Don't you ever wondered how we survive?




Sputo a terra e mugugno qualcosa di  incomprensibile allontanandomi.
Il vento non fa smuovere di un millimetro la mia moicana carica di lacca. Tiro la sciarpa indietro e proseguo a passo veloce. Frugo nelle tasche del giubbino alla ricerca delle cuffie e dell'ipod. Sparo giù un pò di Rancid e tento di non  pensare a ciò che è appena successo. Il mio menefreghismo comincia a stupirmi. Quasi che lui m'abbia rinforzato, con il suo, di menefreghismo .Metto il piede in una  pozzanghera o due, come per  sfogarmi. Mi fermo davanti al solito palazzo grigio, scrostato e malandato .Apro il portoncino di metallo con un calcio, proseguo sui piccoli gradini, ed alzo lo zerbino alla ricerca della chiave. Scontato.
Apro la porta e mi faccio avanti verso un lungo corridoio, tappezzato di un'orrida moquette verde. Dall'ultima porta a sinistra proviene un trambusto assordante, in una manciata di secondi mi ci fiondo e butto le mie stupide cose a terra. Alzo le persiane e mi butto sul letto, accanto ad una figura quasi morta, che nonostante la musica assordante non accenna a muoversi.
"Penso che sia ora che ti alzi, Mad"
Un balbettio risponde con uno scortese "Piantala di rompere Ollie."
I miei occhi spenti percorrono le solite  pareti sbiadite, i soliti poster ed il solito disordine. Acchiappo la Gibson ed accendo l'amplificatore. Comincio a strimpellare Misguided Ghost, e cantarla lievemente per darle il buongiorno. Mi piomba un cuscino addosso. La  dormigliona ha deciso di muovere il  culo.
"Gli altri stanno per arrivare, datti una mossa"
Comincio a preparare gli strumenti per un altro fottuto sabato pomeriggio di  prove.


 
Il sole comincia a tramontare. Sono sfinita. Rimarrei in coma sul divano, ma il gruppo vuole uscire e non vuole fare a meno di me.
"Andate a farvi fottere, chi cazzo esce dopo ste prove di merda?" è la mia risposta alle loro insistenze.
Maddie si limita ad ondeggiare sui  talloni e guardarmi supplichevole, nella  speranza di farmi cambiare idea. Tsk, sono fin troppo giù per reggere la  protesta e mi faccio trascinare via con forza dall'edificio.
Sono in fondo al nostro gruppo di 5 persone, in disparte a guardare le fioche luci della strada scorrere sopra la mia  testa. Percorriamo la via principale fino alla fine, per poi fiondarci in un vicolo puzzolente, dove risiede il nostro Pub di  fiducia.
C'è un pò di gente sparsa in giro ,i soliti ubriaconi che sbraitano davanti al bancone, dicendo le solite scempiaggini, dopo le solite sette birre. Chissà se anche io finirò così?
I miei amici m'abbandonano a quel pensiero, come un'idiota sulla soglia del locale, intralciando il passaggio e facendomi già prendere a  parolacce. Non ho la minima intenzione di reagire e non batto ciglio. Mi butto sulla sedia accanto a Jason che mi offre un sorso dalla sua birra. Deglutisco metà boccale.
"Ma che cazzo sei, un cammello?"
"Ahah, scusa ,te ne offro un'altra, ero assetata"
In realtà non era proprio di birra che fossi assetata. Vedo Oliver varcare la porta di mogano. Pure qui dovevo ritrovarmelo?
Evito il suo sguardo che vaga per il Pub, alla ricerca di qualche faccia conosciuta. Alla fine ci nota e si avvicina cautamente al nostro tavolino. Prende una sedia e la trascina bruscamente tra me e Maddie. Butta il suo pesante deretano sulla scomoda non-definibile-come-sedia di metallo e sospira. Quanto lo odio quando fa così. Ogni volta che litighiamo è la stesa storia. Fa finta che non sia successo niente, ma in realtà brucia dentro. Sono come combustibile, faccio sempre cominciare le fiamme.
Già, è il mio migliore amico da non troppo tempo, ma è come se lo conoscessi da una vita, ed oggi per l'ennesimo dei suoi scazzi siamo andati a fuoco. Abbiamo persino lo stesso nome, non possiamo sopportarci  sempre.
Ci scambiamo un'occhiata fulminea. Si passa una mano tra i capelli facendo finta di niente. Ordino due birre, una per me, l'altra da offrire a Jason.

Chi chiama un pompiere?




Salve a tutti!

Sono tornata con il primo capitolo, ed insomma, eccolo qui!
Spero davvero vi sia piaciuto, mi dispiace se è un pò corto,poco esplicativo,e non è il massimo,
ma verrà tutto da se, capirete pian piano u.u
Grazie mille per la considerazione!
Alla prossima,
//Oliver.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** This is how we'll dance when they try to take us down. ***


Tamburello freneticamente le posate sul piatto.
"Ollie ,piantala, finirai per romperlo". Vengo sgridata da Alex.
Non ci bado e continuo. Il ritmo persiste e rimbomba nella mia testa e continuo a riprodurlo. Mancano due ore al nostro concerto. Mi alzo e mi fiondo in bagno. Metto a un volume improponibile il CD dei Black Dahlia Murder. La mia chioma rossa è decisamene indomabile, e tento invano di sistemarla. Provo ad assumere un aspetto decente con del trucco, ma la mia odiosa faccia è ancora lì. Mad si aggiunge a me. Lucido le Creeper. Tiro su le calze. Metto il giacchetto di pelle e imbocco il corridoio per la porta sul retro. Ho il casco sotto braccio e la chitarra in spalla. Sento qualcuno correre, acciaccare qualche pozzanghera e mettermi una mano sulla spalla ansimando. Mi giro.
 "Vengo con te, dobbiamo fare l'ultimo sound check" afferma Oliver.
"Sto in moto, non ho altri caschi." rispondo un po’ scocciata. Mi sventola davanti al naso un casco mal ridotto, sorridendo.
 "Muoviti". Mi faccio strada tra la gente a passo svelto. Estraggo le chiavi dalle tasche e levo la catena. Sistemo tutto e affido la chitarra a Oliv. Metto il casco, prendo posizione. Lo incito a sbrigarsi e sedersi. Mette le mani ai lati, senza nemmeno sfiorarmi. Metto in moto.
"Sicura di essere abbastanza forte da portare entrambi?".
"Tsk" lo guardo in tono di sfida.
 Partiamo e lui sobbalza incollando le mani ai miei fianchi. Mi dà fastidio. E' da prima che la sua presenza mi altera. Mi fa andare lo stomaco in subbuglio, il mio battito cardiaco rallenta. Mi concentro sulla strada. Mi sento a mio agio a guizzare tra il traffico facendo slalom tra le macchine. Sento il tepore sulla pelle e il vento che mi accarezza. E' un po’ come volare, già proprio una bella sensazione. Dopo una buona mezz'ora di sfrecciate per la città mi fermo davanti al locale. Scendo. Sfilo il casco e scuoto la testa. Oliv accanto a me ha una brutta cera. Troppe curve. Ridacchio. Metto la catena. Mi passo una mano tra i capelli, scostandoli. Prendo la chitarra in spalla. L'ingresso è preceduto da una porta di vetro, con la scritta "Phoenix" sopra ad essa. Un locale abbastanza conosciuto. Si spera sia la volta buona che qualcuno ci ingaggi. Cerco il proprietario. Un ragazzo giovane si fà avanti.
"Piacere, sono Jack, voi dovreste essere il gruppo che suona questa sera, giusto?".
"Yep."risponde Oliver con tono allegro.
"Siamo qui per il sound-check finale, speriamo di farvi sballare questa sera" aggiungo.
Oliver alza un sopracciglio guardandomi, si stupisce del mio tono gentile, allegro, spigliato.
"Oh, certamente, con un componente come te, come non potreste?"
 Provola. Odio profondamente questo genere di persone. Si ostinano ad essere esageratamente gentili con chiunque, pensando di essere superiori nascondendosi nel loro doppio gioco.
"Bene, grazie mille per la disponibilità. Ci sono i tecnici?".
"Certamente, ti chiamo Ed" sorride e sparisce dietro ad una porta verde bottiglia.
Dopo pochi minuti spunta da dietro il bancone un bel ragazzo, capelli marroni, occhi verdi, incastonati in un bel visino.
"Ciao, sono Ed" si presenta allegramente.
"Oh, sì, gli altri arriveranno a breve, dovremmo fare l'ultimo sound check, se possibile"
"Come no, ovviamente, ti dò una mano"
Sembra non accorgersi di Oliver, e mi dedica tutte le attenzioni. Il suo superiore gli ha fatto un buon lavaggio del cervello. Salgo sul palco, tento di non pestare i cavi buttati alla rinfusa a terra. Controllo che tutte le prese siano a posto. Accendo l'impianto. Controllo i microfoni. Ci tamburello, soffio, pronuncio strane sillabe. Oliver si posiziona alla batteria. Strimpella una breve melodia, e si alza. Prende il basso e continua il lento processo, io lo seguo a ruota. Proviamo tutto almeno una decina di volte. Vediamo gli altri entrare. Faccio un vago cenno con la mano. L'ora del concerto è vicina.

"Mad, non sò se ci riesco, se mi parte una corda? Se sbaglio una nota?"
"Se succede non si sentirà, stai tranquilla." mi tranquillizza con voce dolce.
"Non voglio, trovatevi un'altra chitarrista, vi prego"
"Oliver, ascoltami, sei tu il nostro asso nella manica"
Chiudo gli occhi, sospiro. Mi abbraccia forte. In queste situazioni mi sento così patetica, debole. Ci guardiamo negli occhi, mi sorride comprensiva e mi stampa un bacio sulla guancia. Avanza e sbircia ad osservare la folla. Tamburello con le mani, ripeto la track-list nella testa. Mi sento afferrare violentemente per un braccio. Mi trascinano nel sottoscala del palco. Finalmente riesco a scorgere il suo viso.
“Hey, Oliver, calmati, sappiamo tutti che sei una bomba” mi tranquillizza, abbracciandomi.
La nostra amicizia non è mai stata basata sul contatto fisico, ma ogni qual volta m’abbraccia, mi sento a casa. E’ una di quelle sensazioni rare e piacevoli, che irradiano il cuore, che devono essere assaporate fino in fondo.
“Ho paura” sono inutile.
“Sei una bomba, Ol, in ogni caso, io sono con te”
Mi scompiglia i capelli e si allontana, sorridendomi.

"Ragazzi a breve si comincia!" urla Dave.
"Ci prepariamo psicologicamente?" chiedo.
Ci mettiamo in circolo, teste le une contro le altre. Sembriamo una stupida squadra di Basket, ma ci sentiamo rassicurati-
"Ok, siamo forti." dice Mad.
"Siamo cazzuti." aggiungo io.
"Spacchiamogli il culo" farfuglia Dave.
"Facciamo venire giù il locale" Oliver.
Metto la cinghia dietro al collo, sistemando la chitarra alla giusta altezza. Scosto i capelli. Mad batte il tempo con le bacchette. Attacco con l'intro. Socchiudo gli occhi chinando il capo sulla mia Eco. La sequenza di note viene eseguita alla perfezione. Attacca il basso. Poi Beck, la voce.
"What a shame we all became, such fragile broken things".
Seguo la melodia senza nemmeno ragionarci. I movimenti della mia mano sono fluidi, puliti, dettagliati. La folla comincia a scaldarsi. Mi scappa un mezzo sorriso. Scambio un’ occhiata fulminea ad Oliver che se ne sta dalla parte opposta del palco. Se ne sta lì, tutto compreso, concentrato sulla sua chitarra. I capelli gli coprono il viso. Si volta e mi fà l'occhiolino, come per dire che andrà tutto bene. Beck dà il meglio di sè, Mad non è da meno. A me tocca cantare l'outro. Non me la sento. Non sono mai stata convinta della mia voce. Preoccupatami avvicino al microfono arancione. Lo stomaco mi si chiude in una morsa. Affido il ruolo da chitarra principale ad Oliver. Assolo. Schiarisco la voce. Porto il microfono vicino alle labbra. Respiro a fondo. L'ultima nota che precede l'outro è stata scandita dalle mani di Oliver.
"Father, oh father"
Chiudo gli occhi. Sento la mia voce vivere per la prima volta.
“Well I am ready, won’t you let it begin? ‘cause I’m here now.”
Improvvisamente la sicurezza si insinua in me. Da quanto so fare tutto questo? È una novità per me, sentirmi così.
La mia voce si spegne dopo l'ultima strofa. Soddisfatta e piena d'adrenalina riprendo posizione accanto a Mad. Guardo il pubblico che sembra aver apprezzato. Sorrido a Beck. Ci prepariamo a far implodere il locale.


Poggio la chitarra a terra, mi butto pesantemente sul palco. Prendo la bottiglietta d'acqua e la scolo tutta in un sorso.
"Gli abbiamo spaccato il culo, se non ci ingaggiano 'sta sera non sò più che pesci pigliare".
 Mi faccio abbracciare da tutti. Siamo soddisfatti del nostro lavoro, e una serata di svago non nuocerebbe a nessuno.
Oliver se ne sta in disparte. Ha un'aria triste e stanca. Ma ogni volta che sta così costruisce una corazza intorno a sé, non facendovi passare nessuno, avendo così un'anima intoccabile.
Anche se io, posso sfiorarla.



Salve a tutti!
Chiedo umilmente perdono per l'immenso ritardo, ma ho avuto pochissimo tempo nell'ultimo periodo.
In ogni caso spero vi sia piaciuto! Se notate qualcosa che non vi convince nel mio modo di scrivere ditemelo senza problemi,
aspetto le vostre recensioni appunto per quello (:!
Grazie mille della considerazione,
alla prossima
//Oliver.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1633026