Cantami una canzone

di Ely_fly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pretty woman ***
Capitolo 2: *** My happy ending ***
Capitolo 3: *** Alice (Underground) ***
Capitolo 4: *** Stupid Cupid ***
Capitolo 5: *** Guardian ***
Capitolo 6: *** Best that you can do ***
Capitolo 7: *** Can't take my eyes off of you ***
Capitolo 8: *** I have a dream ***
Capitolo 9: *** Lune ***
Capitolo 10: *** Keep holding on ***
Capitolo 11: *** Time is running out ***
Capitolo 12: *** My heart will go on ***
Capitolo 13: *** Guardian angel ***
Capitolo 14: *** At the beginning ***
Capitolo 15: *** Every little thing she does is magic ***
Capitolo 16: *** I will always love you ***
Capitolo 17: *** Wonderwall ***
Capitolo 18: *** Carry on wayward son ***
Capitolo 19: *** Fighter ***
Capitolo 20: *** Girl on fire ***
Capitolo 21: *** Invincible ***



Capitolo 1
*** Pretty woman ***


«Rachel!»

La ragazza che rispondeva al nome di Rachel si voltò, sentendosi chiamare. Era la sua amica Kori.

Rachel si fermò e aspettò la ragazza dai capelli rossi, che correva a perdifiato.

«Buongiorno! Tutto a posto?» le chiese la ragazza, una volta raggiuntala, con un po’ di fiatone.

«Tutto bene, tu?» rispose l’altra, ricominciando a camminare.

«Alla grande, oggi sarà una giornata grandiosa!»

«Proprio non capisco come tu possa essere così entusiasta di venire a scuola» commentò la ragazza dai capelli scuri, guardando con occhi sgranati la sua amica. Era davvero da malati, una cosa del genere.

«Come potrei non essere contenta? Posso vedere te, i nostri amici e…»

«Per quello basterebbe telefonarci e darci appuntamento al centro commerciale, Kori.»

«Ma soprattutto,» continuò la ragazza, ignorando completamente il commento dell’amica, «Posso vedere lui!» L’ultima parola venne sottolineata da un tono disgustosamente dolce. Rachel rabbrividì leggermente.

 «Kori, te l’ho già spiegato. Richard Grayson non fa per te. Lascialo perdere.»

«Lo dici solo perché sei invidiosa!»

«Come no. Sto morendo dalla voglia di entrare nella squadra di football per mostrare a tutti quanto sono virile» commentò sarcastica la ragazza dai capelli scuri, alzando gli occhi al cielo.

Kori soffocò una risatina, che si spense in uno squittio non appena l’oggetto del loro discorso si parava davanti a loro, gridando un allegro buongiorno.

«Richard! Di grazia, cosa stai facendo?» quasi abbaiò Rachel, fulminandolo.

«Augurando il buongiorno alla mia cuginetta preferita, ovviamente» rispose il ragazzo, stritolandola in un abbraccio e arruffandole i capelli.

«Quale gioia» replicò la ragazza, con tono piatto. «Ora mollami, però.»

«Non ci penso proprio.»

«Richard…»

«Okay, okay. Certo che la mattina non ti fa certo bene all’umore, vero?»

«La mattina non mi fa nulla. Un certo maschio strapompato e sprizzante testosterone da tutti i pori sì.»

«Tutto questo mi ferisce, Rach!» esclamò il ragazzo, in tono melodrammatico, stringendosi il petto come se la cugina l’avesse ferito a morte.

«Smettila di fare l’idiota!» ridacchiò la ragazza.

Sembrava che i due si fossero dimenticati della presenza di Kori. La ragazza approfittò del loro battibecco per salutare Rachel con un cenno e raggiungere il loro gruppo di amici a poca distanza.

«Ma la tua amica è muta?» chiese Richard, guardandola allontanarsi.

«Solo quando ci sei tu» rispose onestamente Rachel, riacquistando un minimo di serietà.

«Com’è che su di te non faccio questo effetto?» chiese lui, ammiccando.

«Anticorpi» rispose semplicemente lei, con un sorriso mal simulato, prima di raggiungere il loro gruppo, Richard alle calcagna.

 

 

Garfield Logan si voltò di scatto quando sentì un rumore di passi raggiungerlo. Rimase leggermente deluso quando si accorse che era soltanto Kori Anders, ma il suo spirito si risollevò quando vide che poco lontano da lei c’erano Richard Grayson e sua cugina, la ragazza per cui aveva una leggera cotta. D’accordo, una pesante cotta. Rachel Roth. Quella ragazza era davvero… Fantastica. Non aveva altre parole per descriverla. Dal primo giorno in cui l’aveva vista era caduto praticamente ai suoi piedi. Certo, era sarcastica all’inverosimile e non rideva quasi mai alle sue battute, ma era davvero… Fantastica. L’aveva già detto? Era fuori dalle righe, ma, cosa più importante, era iscritta al club di canto, proprio come lui.

Si risvegliò dalle sue fantasie soltanto quando Richard e Rachel li avevano raggiunti. E fu soltanto perché la ragazza gli aveva agitato una mano davanti al viso, commentando: «Buongiorno, Garfield. Ci sei?»

«Ci sono!» esclamò, alzandosi dal tavolino da pic-nic attorno al quale erano soliti ritrovarsi prima di entrare in classe. «Buongiorno!»

La vide nascondere un sorriso, mentre gli altri ridevano apertamente. Stava per aggiungere qualcosa, ma la campanella risuonò in tutto il cortile e i ragazzi del loro gruppo si separarono: Victor e Roy, i più grandi se ne andarono insieme, alla volta della lezione di storia americana; Kori e Richard, insieme a Garth e Antonia svanirono nell’aula di chimica; Wally e Karen salutarono prima di dirigersi verso la palestra, mentre a Garfield e Rachel non restò che avviarsi verso l’aula di tedesco, insieme a Jessica e Tara.

Mentre entravano in classe, Garfield sussurrò alla ragazza:  «Ci sei oggi al club?»

«Certo!» rispose lei, facendogli poi un cenno con la mano, prima di sedersi accanto a Jessica, mentre lui si accomodava vicino a Tara.

«Guten Tag. Wer fehlt?» disse secca l’insegnante, entrando un nanosecondo dopo di loro. Poiché nessuno rispondeva, guardò la classe e decretò: «Niemand fehlt. Gut. Seite sechsundvierzig. Schnell! Wir haben keine Zeit!!»

Gli studenti, impauriti, avendo captato soltanto il numero della pagina si affrettarono ad aprire i libri a quel punto e a seguire gli sproloqui di quella donna.

 

 

Fu con grande gioia che Garfield raggiunse la sede del club di canto, quel pomeriggio, dopo anche l’ultima lezione massacrante. Salutò l’insegnante e si sedette su una delle sedie, in paziente attesa. Uno dopo l’altro arrivarono tutti i membri del gruppo, tutti tranne lei.

«Garfield, quando avrai finito di pattugliare il corridoio, comincerei» lo richiamò alla realtà l’insegnante.

Il ragazzo arrossì e si affrettò a ricomporsi.

«Molto bene. Come vi avevo anticipato, oggi tratteremo delle colonne sonore dei film. Chiamerò a turno ognuno di voi e vi farò interpretare una canzone a mia scelta, per vedere se siete in grado di improvvisare. Tutto chiaro?» spiegò il professore, sedendosi davanti al computer, dove aveva salvato le basi musicali delle canzoni che aveva scelto.

In quel momento arrivò Rachel, tutta trafelata. «Mi scusi. Ho avuto un imprevisto.»

«Nessun problema, Rachel. Siediti e fatti spiegare dai tuoi compagni cosa faremo oggi, mentre io comincio a sentire… Andrew. Dunque, per te…» E il professore iniziò a dare indicazioni al ragazzo che si era fatto avanti.

Rachel si accasciò sulla sedia accanto a Garfield, guardandolo: «Allora, cosa facciamo?»

«Colonne sonore. Tutto bene?»

«Benissimo, fa solo un po’ caldo» rispose lei, slacciandosi leggermente il collo della camicia nera. Garfield deglutì con forza.

Il ragazzo stava per farsi avanti e dire qualcosa, qualsiasi cosa, quando l’insegnante lo chiamò.

A malincuore si alzò e raggiunse il professore. «Garfield, per te ho “Pretty woman”, contento? Sai le parole? Perfetto, allora via.»

La musica cominciò e Garfield seguì le note…

 

Pretty woman, walking down the street
Pretty woman, the kind I'd like to meet
Pretty woman, I don't believe you
You're not the truth
No one could look as good as you
Mercy

Rachel si ritrovò a fissarlo, come faceva tutte le volte che Garfield cantava: la sua voce era meravigliosa e seguiva senza difficoltà tutte le variazioni della canzone.


Pretty woman, won't you pardon me
Pretty woman, I couldn't help but see
Pretty woman, that you look lovely as can be
Are you lonely just like me
Grrrrrrowl

 

Tutti i ragazzi del club sorrisero: il ringhio era sorto come spontaneo dalla gola del ragazzo, dando una sensazione di forza che mai gli si sarebbe attribuita.

Pretty woman, stop awhile
Pretty woman, talk awhile
Pretty woman, give your smile to me
Pretty woman, yeah, yeah, yeah
Pretty woman, look my way
Pretty woman, say you'll stay with me

Quando arrivò a questo punto, Garfield fissò intensamente Rachel, cercando di trasmetterle il senso della canzone. I suoi sentimenti. E sembrò che lei lo capisse, perché sorrise lievemente. Non il sorriso che riservava a suo cugino, quello era speciale, ma un sorriso timido e dolce che raramente si lasciava sfuggire.


Cause I need you, I'll treat you right
Come with me baby, be mine tonight

Continuò a fissarla e la ragazza, sentendo le parole, dovette soffocare una risata.


Pretty woman, don't walk on b
y
Pretty woman, don't make me cry
Pretty woman, don't walk away
Hey, okay

Garfield ci mise tutta la passione che aveva, in quella strofa, esprimendo tutta la disperazione di un uomo che teme di essere abbandonato.


If that's the way it must be, okay
I guess I'll go on home, it's late
There'll be tomorrow night, but wait
What do I see
Is she walking back to me
Yeah, she's walking back to me
Oh, oh, pretty woman

Quando finì, il professore gli fece le sue congratulazioni e anche gli altri ragazzi del club scoppiarono in apprezzamenti rumorosi. Il ragazzo arrossì leggermente, prima di tornare a sedersi, dove Rachel lo accolse con un complimento: «Garfield, sei un genio del canto.»

«Mi stai prendendo in giro?» le chiese lui. Era raro che Rachel Roth si abbassasse al livello dei comuni mortali per fare loro dei complimenti.

«Non lo farei mai. Non quando si tratta del canto» replicò lei dura, fissandolo con occhi severi.

«Allora… Bè, grazie» rispose il ragazzo, imbarazzato.

«Mi piacerebbe riuscire a cantare questa canzone come hai fatto tu. Era davvero… Sentita» continuò la ragazza. Garfield la guardò come se le fossero cresciute due teste: Rachel Roth che conversava. Pensava che non avrebbe mai visto quel giorno…

«Effettivamente ci tengo molto, al suo significato» disse, recuperando un minimo di controllo.

«Davvero? Come mai?»

«Ecco, in un certo senso rappresenta i miei sentimenti per una persona che conosco. Anzi, una ragazza, che conosco.»

«Una ragazza? Ma del club?» chiese lei, sgranando gli occhi e guardandosi attorno, cercando di capire chi fosse la misteriosa ragazza di cui parlava il suo amico.

«Sì, una ragazza. E sì, fa parte di questo club» ammise lui, un po’ a disagio. Non poteva fare una cosa del genere. Non poteva rivelare a Rachel Roth della sua cotta per lei, in un momento come quello. Era per caso masochista?

«La conosco?» chiese lei, incuriosita.

«Ehm…» fu la brillante risposta del ragazzo.

In quel momento prese la parola l’insegnante: «Ragazzi, per oggi può bastare. Quelli di voi che oggi non hanno cantato lo faranno domani, inoltre, quando avrò finito con le improvvisazioni, vorrei che preparaste una canzone, facente parte della colonna sonora di un film, che rappresenti qualcosa per voi. Buona giornata.»

Garfield sospirò, prima di voltarsi verso Rachel, per trovarla sparita nel corridoio alla velocità della luce. Sospirò ancora più profondamente, poi si alzò con calma dalla sedia. Rachel non aveva capito cosa aveva voluto dirle con quello sguardo, durante la canzone…

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Capitolo 2
*** My happy ending ***


Garfield uscì lentamente dall’aula dove si riuniva il club di coro e si imbatté in Jessica e Tara.

«Ehi, Gar, tutto a posto?» gli domandò Tara, la sua migliore amica.

«Hai davvero una brutta cera, Logan» gli disse Jessica, squadrandolo.

«Grazie, Jessica. Sto uno straccio» rispose il ragazzo, in tono depresso.

«Che è successo? Ti va di parlarne?» gli chiese la biondina, guardandolo con un filo di apprensione. Non capitava spesso che Garfield si trovasse in quella situazione, e quelle rare volte che capitava era sempre per colpa di quella ragazza, quella Rachel. Cosa ci trovasse il suo amico in lei, doveva ancora capirlo. Non le sembrava nulla di che, anzi, la trovava un pochino strana, sempre nascosta da felpe gigantesche fregate dall’armadio del cugino e jeans di due taglie di più, con i capelli sempre legati e scontrosa peggio di una biscia arrabbiata. No, decisamente non riusciva a capire cosa ci fosse di attraente in lei. Ma Garfield era cotto di lei ed era suo dovere aiutarlo.

«Mi servirebbe… Possiamo parlarne da soli, per favore?» chiese il ragazzo, sbirciando Jessica.

«Ma certo. Jess, ti spiace…?» domandò Tara alla sua amica, che semplicemente annuì.

«Ci vediamo dopo, ragazzi. Ciao!» esclamò lei, allontanandosi discretamente.

 

«Avanti, sputa il rospo. Cosa ha combinato, stavolta?» disse Tara, guardando il suo migliore amico.

«Cosa? Cosa ti fa pensare che c’entri Rachel?» sussultò il ragazzo, colpevole.

«Gar, tutte le volte la stessa scena. Avanti, che è successo?» gli disse lei severamente, costringendolo a guardarla negli occhi.

«Ma niente, solo che… Come al solito, non ha capito quello che volevo dirle» si lamentò il ragazzo.

«Ti spiacerebbe essere più chiaro?»

«Oggi abbiamo fatto le colonne sonore e a me è capitata “Pretty woman”, la conosci, no?» iniziò a raccontare Garfield.

«Come potrei non conoscerla, mi hai costretto a vedere quel film e a sentire quella canzone infinite volte, ormai potrei recitarti tutte le battute a memoria!» sorrise la ragazza, invitandolo a continuare.

«E Rachel era davanti a me, mentre cantavo e io ho cercato di metterci tutti i miei sentimenti in quella canzone, ma lei non ha capito. Mi ha soltanto detto che sono bravo a cantare e quando io ho iniziato a spiegarle come sentivo quella canzone… Il professore ci ha detto che avevamo finito e lei è scomparsa. Ero a tanto così dal dirglielo, Tara!» concluse il ragazzo, guardandola con i suoi stupefacenti occhi verdi.

«Dai, Gar, non ti abbattere. Sono sicura che la prossima volta andrà meglio» tentò di consolarlo la ragazza, abbracciandolo.

«Oh, Tara, perché sono così impedito?» mormorò Garfield, quasi in lacrime.

«Non sei impedito tu, Gar, è lei che non riesce a capirti. Lei non ti merita, non devi fare tutto questo per lei» rispose lei, lasciandolo andare e baciandolo lievemente sulla guancia.

«Tara, io… Io voglio fare tutto questo. Sono sicuro che lei lo meriti, lei è una ragazza speciale» ribatté il ragazzo, incupendosi leggermente.

«Davvero, Gar, non capisco cosa ci trovi in lei. È così… Strana» commentò la bionda.

«Tara, non ricominciare. Rachel è fantastica. Non posso fare altro che ammirarla, mi dispiace» replicò Garfield, in tono amaro.

«Qualcuno dovrebbe aprirti gli occhi, allora…» mormorò lei, badando bene che lui non la sentisse.

In quel momento, una ragazza li superò di corsa, urtando Garfield, che la riconobbe all’istante.

«Rachel!» esclamò, correndole dietro.

«Gar!» tentò di richiamarlo Tara, ma inutilmente.

 

Rachel corse a perdifiato per tutti i corridoi della scuola, fermandosi soltanto quando raggiunse il limite del cortile della scuola, dove si accasciò su una panchina.

Garfield le tenne dietro, ma quando la vide tutta sola, rimase in disparte, chiedendosi cosa dovesse fare. Fu in quel momento che sentì la voce della ragazza. Stava cantando.

 

Let's talk this over
It's not like we're dead
Was it something I did?
Was it something you said?
Don't leave me hanging
In a city so dead
Held up so high
On such a breakable thread

La riconobbe all’istante e sentì anche la tristezza che venava la voce della ragazza. Doveva esserle successo qualcosa di grave e soltanto un ragazzo poteva esserne il responsabile. Jason.

 

You were all the things I thought I knew
And I thought we could be
You were everything, everything that I wanted
We were meant to be, supposed to be, but we lost it
All of the memories, so close to me, just fade away
All this time you were pretending
So much for my happy ending

 

Non poteva credere a quello che stava sentendo. Davvero aveva avuto il coraggio di rifiutarla? Anzi, di mollarla? Sentì montare la rabbia dentro di sé.

 

You've got your dumb friends
I know what they say
They tell you I'm difficult
But so are they
But they don't know me
Do they even know you?
All the things you hide from me
All the shit that you do

Stavolta percepì una variazione di sentimenti anche nella voce della ragazza. La tristezza era stata sostituita dalla rabbia. Gli venne ancor di più la voglia di prendere a pugni Jason. Se non fosse stato per il fatto che era almeno il doppio di lui.

 

You were all the things I thought I knew
And I thought we could be
You were everything, everything that I wanted
We were meant to be, supposed to be, but we lost it
All of the memories, so close to me, just fade away
All this time you were pretending
So much for my happy ending

 

Garfield strinse i pugni. L’aveva presa in giro fin dall’inizio.

 

It's nice to know that you were there
Thanks for acting like you cared
And making me feel like I was the only one
It's nice to know we had it all
Thanks for watching as I fall
And letting me know we were done

 

La ragazza concluse la canzone e fu in quel momento che Garfield la raggiunse.

Lei sentì dei passi avvicinarsi e si voltò di scatto, gli occhi che lanciavano fiamme. Quando lo riconobbe, sembrò calmarsi e tornò a guardare la valle davanti a lei.

«Non volevo disturbarti. Posso sedermi?» chiese con dolcezza il ragazzo, arrivandole davanti.

Lei si limitò a scrollare le spalle. Lo prese come un sì e si sedette accanto a lei sulla panchina.

I due rimasero in silenzio per un po’, entrambi fissando il panorama davanti a loro.

Dopo qualche minuto, Rachel si voltò verso Garfield e disse, con la voce ancora rotta dai singhiozzi: «Cosa vuoi, Garfield?»

«Niente. Ti ho visto passare di corsa e mi sono preoccupato. Così ti ho seguito e… Ho sentito la canzone. Mi dispiace» rispose a bassa voce il ragazzo, guardandola a sua volta. Vide lo stupore dipingersi sul volto della ragazza, seguito poi da un inaspettato rossore.

Rachel distolse lo sguardo, voltandosi di scatto. «A me no. Era un idiota.»

«Sicura che non ti dispiaccia? Da come stai piangendo sembra che tu ci sia rimasta male» azzardò Garfield, maledicendosi poi per essersi lasciato sfuggire una cosa del genere. Ma era idiota o che cosa?!?

Rachel si voltò di scatto, per fronteggiarlo, gli occhi che sprizzavano rabbia: «Chi ti credi di essere per dirmi una cosa del genere?»

«Nessuno. Solo un tuo amico. Ma la musica non mente e la tua scelta è ricaduta su una canzone davvero triste» rispose lui, semplicemente, stupendosi di se stesso.

La ragazza perse di colpo tutta la sua vena bellicosa e si accasciò di nuovo sulla panchina. «Hai ragione. Mi dispiace di averti aggredito. Ma non mi fa per nulla piacere sapere di essere così debole» sussurrò dopo un po’.

Garfield si appuntò in testa di segnarsi sull’agenda il secondo miracolo del giorno: Rachel Roth che si scusava con qualcuno. Dopodiché le posò un braccio sulla spalla, stupendo lei quasi quanto se stesso.

«Questa non è debolezza. È semplicemente essere una persona normale» le disse poi.

«Normale. Io non voglio essere normale. Devo essere forte» ribatté lei, dura, senza però liberarsi dal suo braccio.

«Perché?» chiese il ragazzo.

«Per mia madre» rispose lei, alzando su di lui i suoi particolari occhi blu-viola.

Garfield stava per chiederle chiarimenti, quando i due sentirono una voce maschile chiamare la ragazza: «Rachel! Rach! Dove sei?»

Era Richard, alla ricerca della cugina, allertato da Tara. La ragazza si tirò su e si alzò in piedi.

«Sono qui, Richard! Arrivo!» esclamò, sbracciandosi verso il cugino. Poi, prima di andarsene, si voltò verso Garfield e gli fece un sorriso. «Grazie mille, Garfield. Ci vediamo.»

Lui la guardò allontanarsi con un sorriso ebete stampato in faccia.

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Capitolo 3
*** Alice (Underground) ***


«Garfield? Garfield, ci sei?» domandò Tara, agitandogli una mano davanti alla faccia.

«L’abbiamo perso, Tara. È inutile che ci provi» le disse Victor, ridacchiando.

I due ragazzi, insieme al resto del gruppo, esclusi Richard e Rachel, si erano riuniti al bar fuori da scuola, prima dell’inizio delle lezioni. Per una volta erano tutti in largo anticipo.

«Che cos’ha il pivello?» chiese Roy, guardando il biondino davanti a lui.

«Non chiamarlo così, Roy!» lo difese Antonia, lanciando un’occhiataccia al rosso.

«Tu non t’impicciare, streghetta» ribatté il ragazzo.

«Ragazzi, andate ad amoreggiare da un’altra parte, qui è in corso una crisi!» gli fece presente Garth, alzando gli occhi al cielo.

«Chi starebbe amoreggiando?! Certo non io!!» esclamarono i due in coro, sbattendo le mani sul tavolo.

«Proprio quel che stavo dicendo» commentò il moro, scuotendo la testa e scrollando le spalle.

«Vi dispiacerebbe concentrarvi? Abbiamo un problema decisamente più serio» li riprese Karen, con due occhiatacce feroci.

«Odio ripetermi, ma per voi farò un’eccezione: che cos’ha il pivello?» disse Roy, gettando uno sguardo annoiato al povero biondo.

«Rachel l’ha ringraziato e salutato» sintetizzò Victor.

«E tu ti trovi in questo stato perché la Gotica ti ha salutato? Ma che problemi hai?» commentò il rosso, guardando inespressivo Garfield.

«Non chiamarla così! Non è affatto gotica! Lei è…» iniziò il ragazzo, ma la sua apologia venne interrotta dall’entrata in scena della ragazza in questione. E ovviamente del cugino.

«Chi è come?» chiese Rachel, sedendosi, dopo aver fatto cenni di saluto a tutti quanti.

«Nessuno!» squittì, poco virilmente, Garfield.

«D’accordo…» disse lei.

«Allora, Gotica, che ti è successo? Nella tua cripta non esistono sveglie?» domandò Roy.

«Sei simpatico, Carotina. Comunque non è successo nulla di particolare» replicò Rachel, fingendo indifferenza.

«Quindi le voci a proposito della rottura tra te e Jason sono tutte false, Gotica?» insinuò il ragazzo.

«Roy!» esclamarono in coro tutti i ragazzi, fulminando il rosso, che si limitò a scrollare le spalle.

«Tranquilli, ragazzi. No, Carotina, è tutto vero, ma ormai è storia antica» disse la ragazza, semplicemente, sorseggiando il suo succo.

«Ehm… L’hai presa piuttosto bene, Rach» azzardò Kori, parlandole come se davanti a lei ci fosse una bomba a mano con la sicura tolta.

«Diciamo che mi hanno aiutato a riprendermi» rispose la mora, lanciando un’occhiata veloce a Garfield. Il biondo arrossì lievemente, ma i loro amici non notarono quello scambio di sguardi.

«L’ho sempre detto, io, che Jason è una testa di…»

«Jessica!» la rimproverò Karen. La ragazza si limitò ad arrossire lievemente, mentre Rachel rideva di cuore in faccia alla sua migliore amica.

«Prima di scivolare nel volgare, credo che faremmo meglio ad entrare a scuola» fece notare Victor, alzandosi e venendo prontamente imitato dagli altri ragazzi.

 

«Garfield!»

«Rachel! Ehm… Dimmi» rispose il ragazzo, imbarazzato, voltando le spalle a Tara in meno di un minisecondo.

La bionda cercò di riconquistare l’attenzione del biondino, ma non ci fu nulla da fare. Era preso dalla ragazza mora che gli stava parlando.

«Volevo soltanto chiederti una cosa. Pensi di riuscire ad arrivare un po’ prima al club, oggi? Dovrei parlarti…»

«Ma certo, nessun problema! Per che ora facciamo?» rispose entusiasta il biondo.

«Subito dopo pranzo, va bene?» propose la ragazza.

«Certo, perfetto. A dopo!»

«A dopo, grazie. Scappo, ho lezione di giapponese.»

«Buona lezione» mormorò con tono sognante Garfield, guardandola allontanarsi.

Fu soltanto dopo che Rachel scomparve nella sua classe, che Tara poté riottenere l’attenzione del ragazzo: «Allora, dicevamo?»

«Garfield. Hai appena preso un appuntamento per oggi pomeriggio.»

«Sì, lo so.»

«Garfield. Avevo appena finito di chiederti se non potevi saltare il club, visto che dovevo parlarti. E tu avevi appena finito di dirmi che andava bene.»

«Ops. Tara, scusami. Davvero, mi sono totalmente dimenticato!»

«E certo! Basta una sola parola di quella stramboide per farti dimenticare tutto il resto!»

«Ehi! Non parlare così di lei! Non è stata colpa sua, è solo colpa mia e ti ho già detto che mi dispiace. Possiamo vederci dopo il club, se per te non è un problema.»

«Ma certo. Lei viene sempre prima! Vai da lei, Garfield, non me ne importa più nulla!» strillò la ragazza, scappando dentro la classe e sbattendogli la porta sul naso.

“Ragazze, chi le capisce è bravo” pensò Garfield, massaggiandosi il naso ed entrando nella stessa aula. Ovviamente il posto vicino a Tara era stato occupato da un’altra ragazza del loro corso. La bionda gli lanciò un’occhiata assassina e lui corse a rifugiarsi nell’unico posto vuoto, accanto al secchione della classe.

 

«Garfield! Grazie di essere venuto» lo salutò Rachel, alzandosi dalla sedia su cui si era seduta per aspettare il biondo. «Spero di non aver creato problemi tra te e Tara.»

«Nessun problema, tranquilla. Io e lei litighiamo sempre, ma poi facciamo pace» minimizzò il ragazzo, non potendo fare a meno, però, di ricordare la portata sul naso. Inconsciamente si portò la mano al viso per massaggiarselo. «Comunque cosa ti serviva?»

«Volevo chiederti… Se ti va di venire a conoscere mia madre. Sai, sei l’unico, oltre a Richard, che sappia di lei, quindi…» disse la ragazza, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo.

«Cosa? Davvero? Ma certo! Cioè, ecco, sì, mi farebbe molto piacere.»

«Prometti che non farai battute stupide?» mise le mani avanti la ragazza.

«Tutto quello che vuoi. Grazie mille, Rachel. Significa molto per me.»

«Bene, allora. Andiamo dopo il club, è un problema?»

«Assolutamente no!»

«Non hai nulla da fare? Sei sicuro?»

«Sono libero come l’aria, nessun problema.»

«Bene.» La ragazza si lasciò scappare un sorriso, poi, come ricordandosi all’improvviso di una cosa, disse senza preamboli: «Com’è che io e te non abbiamo mai parlato? Voglio dire, siamo nello stesso gruppo dalle elementari, eppure parlo di più con Kori, che è arrivata solo un anno fa. Parlo di più persino con quell’idiota di Harper!»

Garfield scoppiò a ridere, poi rispose: «In realtà non lo so. Cioè, lo so. Vedi, tu ed io siamo completamente diversi e io, quando sto con te… Mi sento… A disagio.»

La ragazza si incupì e Garfield capì di essersi espresso male. «Aspetta, non è quello che intendevo. Mi sento a disagio perché… Non mi sento alla tua altezza. Voglio dire, tu sei intelligente, portata per qualunque cosa, bella…»

«Davvero? Sul serio non ti spavento?» domandò lei, con un che di speranzoso nella voce.

«Spaventarmi? Assolutamente no, perché dovresti?» chiese lui, stupito.

«Oh, Garfield. Grazie!» esclamò Rachel, abbracciandolo. Per qualche secondo, non di più, naturalmente, ma bastò al ragazzo ed anche a Tara, che stava passando in quel momento in corridoio. La ragazza si irrigidì in maniera innaturale e continuò a camminare, lo sguardo duro.

Fortunatamente per Rachel, cominciarono ad arrivare gli altri ragazzi del gruppo di coro e a breve la lezione iniziò.

 

«Molto bene, ragazzi. Oggi continueremo con le colonne sonore e la prima è… Rachel. Prego, accomodati. Penso che tu abbia visto “Alice in Wonderland”, giusto? Bene, quindi conosci la canzone di Avril Lavigne. Canterai quella. Sei pronta? Via!»

La musica partì e Rachel chiuse gli occhi. Le piaceva Avril Lavigne, quella canzone in particolare. La ragazza iniziò a cantare.

 

Trippin’ out
Spinning around
I'm underground
I fell down
Yeah I fell down

Garfield sorrise dell’ironia della situazione: quella canzone si adattava perfettamente ai sentimenti della ragazza, in quel preciso momento.

 

I'm freaking out, where am I now?
Upside down and I can't stop it now
Can't stop me now, oh oh

 

Ovvio che fosse così confusa… Tutta colpa di quel Jason. Magari poteva pagare Victor e Richard per pestarlo a sangue. Anche se aveva il sospetto che i due ragazzi l’avrebbero fatto ben volentieri e gratuitamente. Per Victor, Rachel era come una sorellina e Richard era molto legato alla cugina.

Adesso veniva la parte migliore, pensò il ragazzo, continuando ad ascoltare la ragazza davanti a lui, completamente persa nella musica.

 

I, I'll get by
I, I'll survive
When the world's crashing down
When I fall and hit the ground
I will turn myself around
Don't you try to stop me
I, I won't cry

Rachel raggiunse senza problemi la tonalità della canzone, anche se era molto alta. Ma era quella la sua particolarità: riusciva a raggiungere qualunque nota, facendo venire i brividi a chiunque l’ascoltasse. E fu esattamente quello che successe a Garfield, che la guardò, pensando che non era riuscita a tenere fede alla canzone: aveva pianto, ma ce l’avrebbe fatta. Sarebbe sopravvissuta.

 

I found myself in Wonderland
Get back on my feet, on the ground
Is this real
as it pretend?
I'll take a stand until the end

 

A questo punto della canzone, Rachel aprì gli occhi e si trovò davanti Garfield che la fissava. Aveva uno sguardo strano, che in un certo senso la incitava a non mollare, ad andare avanti.

Sorrise mentre la musica riattaccava con il ritornello, poi cantò l’ultima strofa, guardando il ragazzo, come a rispondergli.

 

I, I'll get by
I, I'll survive
When the world's crashing down
When I fall and hit the ground
I will turn myself around
Don't you try to stop me
I, I won't cry


I, I'll get by
I, I'll survive
When the world's crashing down
When I fall and hit the ground
I will turn myself around
Don't you try to stop me
I, and I won't cry

Quando finì, l’insegnante le fece i suoi complimenti: Rachel era davvero una delle sue alunne migliori, tutte le volte che cantava sentiva che lei lì era sprecata. Come pure Garfield Logan, cui Rachel si stava avvicinando adesso. Quei due erano destinati a qualcosa di grande e lui li avrebbe aiutati. Si segnò sull’agenda di chiamare il suo amico alla Juilliard di New York.

 

 

«Bene, per oggi abbiamo finito. Potete andare, ci vediamo domani, ragazzi» li congedò l’insegnante.

«Ci accompagnerà Richard, okay? Purtroppo sono troppo piccola per avere la patente» domandò Rachel, guardando Garfield.

«Certo. Nessun problema, ti capisco… Non vedo l’ora di compiere sedici anni!» rispose il ragazzo, seguendola nel corridoio e fermandosi davanti all’armadietto per prendere la borsa.

«Quando compi gli anni?» chiese la ragazza, aprendo anche il suo, poco distante da quello del ragazzo.

«Ad agosto. E per settembre ho intenzione di avere l’auto» rispose lui, sorridendo. «E tu?»

«Io a novembre… Che strazio, ancora sei mesi a chiedere in continuazione a Richard di accompagnarmi da tutte le parti» replicò lei, chiudendo l’armadietto e voltandosi verso di lui. «Andiamo?»

«Subito!» esclamò lui, entusiasta.

«Garfield?» lo chiamò una voce femminile da dietro di loro. I due si voltarono e si trovarono a fronteggiare Tara.

«Markov» la salutò Rachel freddamente. Quelle due non riuscivano proprio ad andare d’accordo.

«Roth» replicò la bionda, altrettanto freddamente. «Garfield, dove stai andando? Pensavo avessimo accordato di incontrarci dopo il club…»

«Ma… Stamattina mi hai detto che non ti interessava più e di fare quel che volevo!» esclamò il povero ragazzo, guardando spiritato la biondina davanti a lui.

«Garfield! Come hai potuto prendermi sul serio? Ero solo arrabbiata! Ti devo parlare urgentemente, hai un minuto?» esclamò la ragazza, guardandolo stupefatta.

«Ehm, devo andare con Rachel…» cominciò il ragazzo, ma venne colpito da uno schiaffo in pieno viso.

«Ti odio, Garfield!» strillò Tara, girando sui tacchi e scappando via.

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Capitolo 4
*** Stupid Cupid ***


Il mattino dopo, Garfield si svegliò di buon’ora e in breve tempo fu pronto per andare a scuola. Si incamminò pensieroso, ricordando tutti i fatti del giorno prima: aveva conosciuto la madre di Rachel, aveva protetto Rachel da quell’idiota totale di Todd, aveva ricevuto l’incarico di proteggere Rachel da qualunque cosa, una volta che Richard fosse andato al college… Tutti quei pensieri gli fecero quasi venire il mal di testa. Stentava a credere che fosse successo davvero a lui! Fino al giorno prima era soltanto una presenza marginale nella vita di Rachel, adesso era all’improvviso al centro di tutto questo. E poi… Rachel l’aveva abbracciato. Il ragazzo non poté fare a meno di gongolare un po’, quel fatto lo inorgogliva fuori misura.

 

Senza rendersene conto, arrivò in un lampo a scuola e rimase spiazzato nel vedere il parcheggio deserto. Controllò l’orologio: le sette e mezza.

Represse un gemito e si rassegnò ad aspettare solo, solino, solett… Un momento! Non era solo, c’era una ragazza, seduta su una panchina.

Si avvicinò e riconobbe Tara. Per un secondo rimase bloccato, indeciso sul da farsi: doveva salutarla e rischiare un’altra sberla subito o non salutarla e garantirsi una sberla dopo? Ripensò per un istante alle parole di Rachel: “Le piaci. Le piaci. Le piaci.” Gli rimbombavano in testa, come un mantra.

Allora decise di rischiare e con un sorrisone esclamò: «Ciao, Tara!»

La ragazza alzò lo sguardo, spaventata: era convinta che non ci fosse nessuno, oltre a lei e sicuramente non Garfield.

 «Tutto bene? Non volevo spaventarti, ma sono arrivato un po’ presto e ti ho visto qui, così ho pensato di salutarti» spiegò il ragazzo, parlando a ruota libera e sedendosi accanto a lei.

«G-Garfield. Ciao. Non mi hai spaventato, solo… Non mi aspettavo di vederti così presto. Non è da te» rispose la ragazza, cercando di sembrare naturale.

«Già, lo so. Sono stupito anche io, in effetti» rise il biondo, passandosi una mano nei capelli.

«Senti, volevo scusarmi con te. Alla fine ieri ti ho schiaffeggiato e ti ho detto che ti odiavo, ma… Non è così. Mi dispiace, Gar» borbottò lei, cercando di non guardarlo.

«Non ti preoccupare, Tara. Non mi hai fatto male e poi sapevo che non mi odi. Rac…» ma si interruppe. Meglio non nominare Rachel in quel momento. Tara aveva la strana tendenza ad uscire di testa quando sentiva il nome della ragazza mora, quindi preferiva non rischiare.

«Dicevi?» chiese la ragazza, guardandolo.

«No, cioè… Raccontami un po’ che ti è successo» si salvò lui in extremis. «Sei un po’ nervosa, ultimamente.»

«Non sono nervosa. È solo che ho una cosa piuttosto importante per la testa, ma non riesco a trovare una soluzione…» rispose Tara, arricciandosi una ciocca bionda intorno ad un dito.

«Ti va di parlarne? Magari posso aiutarti» si offrì Garfield, senza riflettere.

«Ecco, vedi… Mi piace questo ragazzo. Siamo buoni amici e non mi va di rovinare tutto quanto per qualcosa che potrebbe essere una stupida cotta» sciorinò subito la ragazza. Evidentemente stava morendo dalla voglia di parlarne con qualcuno.

«Però? Perché c’è un però, non è così?» chiese il ragazzo, accorgendosi dei sottointesi della frase dell’amica.

«Esatto. Però non sono sicura che sia solo una cotta, mi sa che è qualcosa di più. Solo che non sono sicura dei suoi sentimenti, visto che a lui piace un’altra» riprese la bionda, ormai torturandosi la ciocca di capelli.

«E non si è accorto di te? Accidenti, deve essere proprio cotto per quell’altra!» esclamò Garfield, ridendo. Solo in quel momento si ricordò del viso di Rachel e delle sue parole: “Le piaci.” La risata gli morì in gola, mentre pian piano prendeva piede la consapevolezza che poteva trattarsi di lui. Ma no, Rachel si stava probabilmente sbagliando! Non era mica possibile, giusto?

 «Eh, già, non si è accorto. E non riesco nemmeno a capire cosa ci trovi in questa ragazza, secondo me non è niente di particolare. È soltanto una tra tante» rispose Tara.

«Se l’ha colpito, qualcosa di particolare l’avrà, no? E comunque, chi è questo ragazzo? Lo conosco?» domandò il biondo, prima di essere interrotto da una poderosa pacca sulla spalla.

«Yo, Gar! Come andiamo?» esclamò gioviale Victor, facendo voltare entrambi i ragazzi.

Senza che se ne accorgessero, il parcheggio e il cortile si erano riempiti e tutti i loro amici stavano arrivando, anche, e qui il cuore di Garfield perse un battito, Rachel.

«Disturbiamo?» chiese quest’ultima, raggiungendo il gruppo.

«Assolutamente…» cominciò il ragazzo biondo, con uno sguardo adorante.

«Sì, in realtà. Ma non c’è problema, credo che andrò in classe, è quasi ora» disse Tara, fulminandola e dirigendosi verso l’aula.

«Wow. C’è la possibilità che io vinca la scommessa, Victor caro!» esclamò Roy, facendosi sfuggire un fischio.

«Non penso proprio, Carotina» rispose Rachel per il suo amico, affiancandosi poi a Jessica ed entrare nella loro aula, dove già Tara aspettava l’ingresso del professore. Garfield si affrettò a raggiungerle e anche gli altri ragazzi fuggirono nelle loro aule.

 

«Ehi, Garfield!»

«Ehi, Rachel» rispose il biondo, contento che fosse stata lei a salutarlo per primo.

«Mi spiace di aver interrotto te e Tara, era un discorso importante? Lei sembrava davvero arrabbiata con me» si scusò la ragazza, sedendosi nel banco davanti a lui, accanto all’immancabile Jessica.

«Non ti preoccupare, Rachel. Dopo cercherò di parlarle di nuovo, ma non era nulla di che» la rassicurò Garfield. Rachel annuì, prestando poi attenzione all’insegnante, che era appena entrato. Il ragazzo rimase in ammirazione dei suoi capelli scuri per tutta la lezione. Alla fine dell’ora poteva descrivere nei minimi dettagli i giochi di luce causati dai neon su quella massa lucida. E naturalmente non  sapeva assolutamente nulla della poesia romantica inglese. Ma quelli erano dettagli.

All’uscita dall’aula, Tara lo raggiunse e gli disse: «Garfield, a pranzo possiamo parlare? Stavolta sul serio.»

«Certo. Nessun problema» rispose il biondo, colto alla sprovvista.

«Ci vediamo dopo, allora» dichiarò la biondina, fissando Rachel con intenzione. Dopodiché mulinò i capelli e sparì dietro l’angolo. Non si accorse di Rachel che faceva una smorfia, facendo scoppiare a ridere Jessica.

 

«Tara! Eccomi, dovevi parlarmi?» esclamò Garfield, vedendo avvicinarsi la bionda.

«Garfield. Sì, ti spiace se andiamo fuori? Non vorrei che ci disturbasse qualcuno» disse la ragazza, sempre guardando male Rachel. I due si allontanarono nel cortile, mentre tutto il resto del gruppo iniziava a mangiare.

«Wow, Rachel, ma che hai fatto a Tara? Non fa altro che guardarti male!» esclamò Garth, commentando quanto appena accaduto.

«Si sarà dimenticata gli psicofarmaci, stamattina» replicò la ragazza, dando un minuscolo morso ad una foglia di insalata.

«Sento profumo di vittoria!» esclamò allegramente Roy, assumendo una posa soddisfatta.

«Amico, i miei soldi non li vedrai mai. Sarai tu a pagare me, sia chiaro» ribatté Victor, con un che di minaccioso nella voce.

«Sapete, mi fa piacere sapere che io conto così tanto per voi due. Comunque, io non ho fatto nulla. Quella bionda schizzata si sta facendo una serie di viaggi mentali assurdi e io non voglio averci nulla a che fare» dichiarò secca Rachel, mettendo giù la forchetta.

«Così si fa, ragazza. Sii superiore, non farti mettere sotto da una bionda!» esclamò Karen, gettandosi come una morta di fame sulla sua fetta di pizza.

«Rachel, non mangi?» domandò Richard, vedendola alzarsi, il piatto quasi intatto se non per due morsi sulla foglia di lattuga.

«Non ho fame. E devo fare una cosa al club, prima che inizi» rispose lei, raccogliendo la borsa ed allontanandosi dal tavolo con un cenno di saluto a tutti quanti.

«Quella ragazza mi preoccupa…» commentò Victor, che, come Richard, aveva notato le condizioni del piatto della mora. «A casa mangia, Richard?»

«Poco» rispose cupo il ragazzo, guardando la cugina allontanarsi. «Mi sa che dopo dovrò farle un bel discorsetto.»

 

Rachel entrò nell’aula del club di canto e tirò fuori dalla borsa lo spartito di una canzone: ci teneva a provarla prima che arrivassero tutti quanti. Si avvicinò al pianoforte, vicino alla finestra, aperta, visto che era ormai estate e stava per iniziare a suonare, quando vide due teste bionde e sentì la voce di Tara. Silenziosamente si avvicinò alla finestra e rimase in ascolto.

«Garfield, a proposito di stamattina…»

«Sì?» la esortò il ragazzo, lanciando un’occhiata fugace all’orologio. Mancavano circa dieci minuti all’inizio della lezione di canto e non voleva arrivare in ritardo.

«Ecco, vedi, il ragazzo che mi piace… Sei tu.»

Garfield si paralizzò sul posto, mentre Rachel sgranava gli occhi. Doveva riconoscere che la bionda aveva fegato. Almeno quello, visto che di cervello c’era abbastanza scarsità.

«Come?» riuscì a boccheggiare il ragazzo.

«Tu mi piaci, Garfield. E non solo come amico, ormai non mi basta più. Tu mi piaci davvero e…» iniziò Tara e Rachel stava sporgendosi per sentire meglio, quando sentì dei passi in corridoio. Subito si voltò e raggiunse il pianoforte. Si sedette e finse di essere sempre stata lì e quando entrò un ragazzo del club lo salutò con un cenno annoiato.

Intanto, i due ragazzi stavano ancora parlando.  «Tara, senti…»

«Garfield, lo so che ti piace Rachel. Ma vorrei che tu capissi che lei non è adatta per te, ti farebbe solo soffrire e questo farebbe soffrire anche me. Non potresti lasciarla perdere e scegliere me? Sono disposta ad aspettare che ti passi, la cotta per lei» lo interruppe la ragazza, alzando gli occhi azzurri su di lui.

«Non lo posso fare. Tara, io provo ben più di una cotta per Rachel. Certo, non è amore, non arriverei a dire questo, ma sento che con lei voglio impegnarmi sul serio. E sono pronto ad aspettare per tutto il tempo che ci vorrà perché lei si accorga di me. Mi dispiace, ma per me tu non sarai mai nulla di più di un’amica» le disse Garfield, serio.

Tara lasciò andare un gemito di frustrazione e sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

«Garfield, tu non capisci. Io ti voglio bene, davvero e farei di tutto per te!» esclamò, scoppiando a piangere.

«Allora lasciami libero di fare la mia scelta. Tara, mi dispiace tantissimo, credimi, ma… Per me, ormai, esiste solo Rachel» replicò il ragazzo, distogliendo lo sguardo. Odiava far piangere le persone.

Disperata, Tara gli si lanciò addosso e lo baciò sulle labbra, violentemente. Dopodiché se ne andò, sempre piangendo, lasciandolo lì, imbambolato a fissare il vuoto.

Dopo qualche minuto si riscosse dal suo torpore e corse verso l’aula di coro, in testa ancora tutto quello che era appena successo. Non poté trattenersi dal pensare che Rachel aveva ragione.

 

Tara si rifugiò su una panchina, nascosta dai cespugli e si lasciò andare al pianto. Poi, riacquistata un po’ di calma, si ritrovò ad analizzare la situazione razionalmente: era il tipico caso di triangolo. A lei piaceva lui, ma a lui piaceva un’altra. E all’altra lui piaceva?

Mentre pensava, cominciò a canticchiare sottovoce una canzone che aveva sentito giusto il giorno prima e le sembrava calzare perfettamente.

 

Stupid Cupid

You're a real mean guy
I'd like to clip your wings
So you can't fly
I am in love and it's a crying shame
And I know that you're the one to blame


Già… Si era inamorata di Garfield. Il suo migliore amico. Cupido non poteva farle uno scherzo peggiore.


Hey hey
Set me free
Stupid Cupid
Stop picking on me

Sarebbe stato bello non pensare più a lui…


I can't do my homework
And I can't think straight
I meet him every morning
At 'bout half-past eight

I'm acting like a lovesick fool
You've even got me carrying his books to school


Sorrise amaramente, ripensando a quante volte aveva aiutato Garfield con i suoi libri, nemmeno fosse un bambino che non è in grado di prendersi cura di se stesso. Tutto perché le piaceva.


Hey hey
Set me free
Stupid Cupid
Stop picking on me

You mixed me up for good
Right from the very start
Hey, go play Robin Hood
With somebody else's heart

Accidenti, ma perché proprio lui? E perché in quel momento? Lui era chiaramente cotto di Rachel, quindi perché giocarle quel brutto scherzo?


You got me jumping like a crazy clown
And I don't feature what your puttin' down
Well since I kissed his loving lips of wine
The thing that bothers me is
That I like it fine

Sì, baciarlo era stato bello. Le sarebbe piaciuto poter sentire le sue labbra contro le sue ancora infinite volte, magari desiderose di lei…


Hey hey
Set me free
Stupid Cupid
Stop picking on me

You got me jumping like a crazy clown
And I don't feature what your puttin' down
Well since I kissed his loving lips of wine
The thing that bothers me is
That I like it fine

Hey hey
Set me free
Stupid Cupid
Stop picking on me

Ma perchè proprio a lei?


Hey hey
Set me free
Stupid Cupid
Stop picking on me

 

Finì la canzone e si ritrovò davanti il professore del club di canto, che la guardò e le disse: «Markov. Vieni con me.»

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Capitolo 5
*** Guardian ***


«Le piaci.»

Garfield si voltò verso Rachel, guardandola come se fosse ammattita.

Erano nel parcheggio ad aspettare Richard, appoggiati alla sua macchina. Erano rimasti in silenzio dalla scenata di Tara nel corridoio, ma adesso finalmente la mora aveva aperto bocca.

«Scusami?»

«Le piaci» ripeté la ragazza, facendo spallucce.

«Come fai a dirlo?» domandò il ragazzo, guardandola allucinato.

«Garfield, è evidente. Ti sta sempre accanto, sta cercando di parlarti da un’intera giornata, stava per scannarmi quando le hai detto che avevi da fare con me…» elencò lei, contando sulle dita affusolate.

«Chi ti voleva scannare, cugina?» domandò Richard, arrivando alla macchina e salutando con un cenno Garfield, ancora scosso dalla notizia.

«Tara Markov. Crede che io ci stia provando con lui» rispose lei, alzando gli occhi sul cugino e ridacchiando sommessamente.

«Sarebbe stato divertente. È da quando abbiamo cominciato a frequentarvi che Victor e Roy scommettono su chi di voi due perderà per prima le staffe» disse Richard, aprendo l’auto e invitandoli a salire.

«Mi fa piacere conoscere gente del genere. Ma dimentichi un dettaglio, Richard. Io non ci sto provando con lui» aggiunse la ragazza, sedendosi sul sedile anteriore e lasciando a Garfield il sedile posteriore. Il ragazzo abbassò le spalle, mogio. Gli sarebbe piaciuto, che Rachel ci provasse con lui.

«Non crederle, Gar. È la prima volta in tutta la sua vita che Rach si apre con un ragazzo che non sia io, quindi le stai simpatico. E lo sanno tutti dove porta l’amicizia tra ragazza e ragazzo» intervenne Ricahrd, guardandolo dallo specchietto retrovisore, mentre faceva manovra. Per tutta risposta la cugina gli rifilò una tremenda gomitata al plesso solare. «Tu pensa a guidare, Richard caro» ringhiò la ragazza. Poi si voltò verso Garfield e gli disse: «Per tua informazione, non ci sto provando con te.»

«Ehm, certo. L’avevo capito» rispose lui, arrossendo leggermente.

«Bene» replicò lei, tornando a guardare davanti a sé.

Il resto del viaggio trascorse con il sottofondo delle chiacchiere di Richard e Garfield, mentre Rachel guardava fuori dal finestrino.

L’auto si fermò davanti all’ospedale. «Capolinea» annunciò Richard, guardando la cugina. «Passerò a riprenderti tra… Un’oretta?»

«Va bene. Grazie, Rich» rispose la ragazza, dandogli un buffetto sulla guancia.

«Ci vediamo dopo, Gar!» salutò il ragazzo, sgommando via.

 

«Salve. Vorrei vedere Arella Roth, sono sua figlia» esordì Raven, alla reception.

«Signorina, sua madre non…» cominciò l’infermiera, ma la ragazza la interruppe: «So in che condizioni si trova mia madre. Ma vorrei vederla lo stesso, se non le dispiace.»

«Ehm… Certo. Prego.»

«Grazie» rispose lei, facendo cenno a Garfield di seguirla.

«Perché l’infermiera non voleva farti passare?» chiese il ragazzo, una volta al sicuro nell’ascensore.

«Quando la vedrai, capirai» rispose lei, cupa, uscendo dall’ascensore e camminando lungo il corridoio.

Si fermò davanti ad una stanza con la porta chiusa ed entrò senza bussare. Titubante, il ragazzo la seguì all’interno.

«Garfield, questa è mia madre, Arella» disse la ragazza, indicandogli una donna in un letto, attaccata ad ogni tipo di macchinario esistente, incosciente.

«Rachel… Io… Che le è successo?» chiese balbettando il ragazzo, cercando di non fissare la donna.

«Puoi guardarla, non ti preoccupare. È stato mio padre. Mia madre si è ribellata a lui quando era ubriaco e lui l’ha picchiata fino a ridurla in coma. Adesso è in carcere per omicidio» spiegò la ragazza, sedendosi su una sedia di plastica accanto al letto.

«Tuo padre le ha fatto questo?» domandò stupito.

«Sì. Non è mai stato il tipo di padre amorevole e inoltre era drogato e alcolizzato. Certo non il massimo» rispose lei, con un tono che non le apparteneva.

«No, direi di no. Tu come hai fatto a scappare?» chiese il ragazzo, pentendosi subito di quel che aveva detto. «Scusami, sono stato un maleducato. Non dovevo chiedertelo, ritiro quello che ho detto!» si scusò in fretta.

«No… Va bene. Visto che ormai sei qui, posso anche raccontarti tutto. Io sono scappata perché mia madre è intervenuta quando lui ha cercato di colpire me. Mi ha visto in balia di quel mostro ed è intervenuta, facendomi uscire dalla porta sul retro. Io sono corsa da Richard e loro hanno chiamato la polizia. L’hanno salvata da morte certa, anche se adesso si trova in questo stato. Per colpa mia» mormorò la ragazza, la cui voce si spezzò quando pronunciò l’ultima frase.

Garfield si voltò a guardarla e vide che aveva gli occhi lucidi. Senza pensarci due volte, l’abbracciò, sussurrandole: «Piangi pure. Non devi dimostrare nulla a nessuno.»

La ragazza si abbandonò sulla sua spalla, in lacrime e singhiozzò tra le sue braccia per qualche minuto, che parve durare un secondo e un’eternità nello stesso tempo.

«Garfield… Grazie» sussurrò la ragazza, quando finalmente si liberò dall’abbraccio.

«Di niente, si vede che ne avevi bisogno. Non puoi tenerti sempre tutto dentro, sai? Ogni tanto fa bene sfogarsi» replicò il ragazzo, sistemandosi la t-shirt, tutta spiegazzata.

«Ma io mi sfogo. Tutte le volte che non mi sento a posto, faccio una sessione di allenamenti con Richard, gli sfondo due o tre punching ball e dopo mi sento un po’ meglio» ribatté seria la ragazza.

«Ehm… Non credo che quello sia il modo migliore per sfogarsi. Cioè, non sempre. A volte piangere fa bene» spiegò Garfield, continuando a tenere lo sguardo fisso su Arella.

«Non ho mai trovato nessuno disposto a consolarmi mentre piangevo. Quindi ho semplicemente smesso di farlo» commentò dura Rachel, irrigidendo la mascella.

«Adesso hai me» si lasciò sfuggire il ragazzo, alzando lo sguardo su di lei e realizzando con orrore cosa avesse appena detto. «Cioè, sì, insomma… Se te la senti, sai dove trovarmi.»

«Mi… Mi farebbe piacere, grazie» rispose lei, imbarazzata, con l’ombra di un sorriso sul viso.

Tra i due calò un lungo silenzio, che venne rotto soltanto quando Rachel allungò una mano verso la madre e iniziò a parlarle in una strana lingua che Garfield non riuscì a capire. Tuttavia decise di rispettare il momento che la ragazza stava avendo e rimase in silenzio. Dopo qualche minuto, la ragazza cominciò a cantare sommessamente le parole di una canzone, che Garfield riconobbe prontamente. Come non riconoscere Alanis, d’altro canto.

 

You, you who has smiled when you’re in pain
You who has soldiered through the profane
They were distracted and shut down

So why, why would you talk to me at all
Such words were dishonorable and in vain
Their promise as solid as a fog

And where was your watchman then?

I’ll be your keeper for life as your guardian
I’ll be your warrior of care, your first warden
I’ll be your angel on call, I’ll be on demand
The greatest honor of all, as your guardian

Il dolore di Rachel si rifletteva nelle parole della canzone e il ragazzo non si stupì di sentirgliele dire. Doveva essere stato terribile, per lei, vedere sua madre crollare in quel modo davanti a qualcuno di cui si fidava.


You, you in the chaos feigning sane
You who has pushed beyond what’s humane
Them as the ghostly tumbleweed

And where was your watchman then?

I’ll be your keeper for life as your guardian
I’ll be your warrior of care, your first warden
I’ll be your angel on call, I’ll be on demand
The greatest honor of all, as your guardian

Arella, evidentemente, aveva dato tutto per la figlia. Anche la sua vita, o quasi. E Rachel si sentiva in dovere di ripagarla. Garfield quasi si sentì male, pensando al legame che quella ragazza all’apparenza così forte e coraggiosa aveva con la madre.

 

Now, no more smiling mid-crestfall
No more managing unmanageable
No more holding still in the hailstorm

Now enter your watchwoman

I’ll be your keeper for life as your guardian
I’ll be your warrior of care, your first warden
I’ll be your angel on call, I’ll be on demand
The greatest honor of all, as your guardian

 

Sì. Lei sarebbe stata la sua guardiana. Per sempre.

 

Quando la canzone finì, la ragazza si alzò, prontamente imitata dal biondo e con un saluto alla madre, uscì dalla stanza.

Fu di nuovo nell’ascensore, che Garfield osò rompere il silenzio: «Ehm… Che lingua era?»

«Romeno. Sia mia madre sia sua sorella, ossia la madre di Rich, sono originarie della Romania. Sia io che lui parliamo correttamente romeno, grazie a loro» rispose Rachel.

«Wow. Mi piacerebbe un sacco imparare tante lingue…» sospirò il ragazzo.

«Ed è per questo che segui i meravigliosi corsi di Frau Singer?» chiese la ragazza, in un tono che si sarebbe potuto definire scherzoso.

«Anche» ammise Garfield, evitando accuratamente di dire che aveva basato la sua scelta dei corsi sulle sue scelte, tranne poche eccezioni, come giapponese, cui aveva preferito il cinese. «E tu, invece? Credo che di lingue tu ne sappia già a sufficienza, no? Quante ne parli?»

«Dunque… Inglese, francese, romeno, italiano, tedesco, un po’ di russo, qualche cosa di spagnolo e giapponese» replicò la ragazza, contando sulle dita.

«Wow, sul serio? Mi daresti lezioni?» domandò senza potersi trattenere.

«Ehm…» rispose lei, colta alla sprovvista.

«Tranquilla, sto scherzando. Prego» disse, aprendole la porta a vetri dell’ospedale.

«Grazie» mormorò lei, passandogli davanti e notando quanto fosse cresciuto dall’ultima volta in cui gli aveva parlato insieme. Parlato seriamente, cioè. Il che doveva essere almeno un anno e mezzo prima. Dopo c’era stata tutta la storia di Jason (solo pensare a lui la faceva infuriare di nuovo) e l’arrivo di Tara e i due si erano un po’ allontanati.

 

Una volta fuori, la ragazza mise mano al cellulare e contattò il cugino, per sapere dove fosse.

Garfield aspettava poco distante da lei, guardando il traffico scorrere in strada.

Rachel stava appunto salutando il cugino, quando davanti ai due ragazzi comparve nientemeno che Jason Todd in persona. «Guarda chi si vede» mormorò maligno, fermandosi davanti a loro.

«Jason. Cosa vuoi?» chiese gelida Rachel, irrigidendosi.

«Passavo di qua, ti ho visto e ho pensato di fare un salutino alla mia ex-ragazza, ti spiace?» domandò lui, mellifluo.

«E se ti dicessi di sì?» replicò la ragazza, senza dare segni di ripresa.

«Non ti crederei. Lo sappiamo bene tutti e due, che effetto ti faccio, Rach tesoro» rispose il ragazzo, con un tono che non lasciava presagire nulla di buono.

«Novità dell’ultimo secondo, Jason: non mi fai più quell’effetto. Mi disgusti e basta. E non chiamarmi tesoro» ringhiò Rachel, dirigendogli addosso tutta la sua rabbia.

«Eppure, tesoro, fino a poco tempo fa non avevi problemi, quando lo facevo. O mi sbaglio?» ridacchiò lui, avvicinandosi a lei.

«Non provare a toccarmi» esclamò lei, allontanandosi. Il ragazzo, però, fu più veloce e le prese rapido il polso, trascinandola poi verso di lui. «Ma come, tesoro? Così mi ferisci, lo sai?»

«Lasciami andare immediatamente, brutto porco schifoso!» strillò Rachel, cercando di liberare il polso.

«No, no, Rachel. Che cattiva ragazza che sei, non dovresti usare certe parole, non si adattano alle ragazzine di buona famiglia» mormorò lui, in tono paterno, serrando sempre più la presa.

Si stava avvicinando sempre di più, era ad un centimetro dal viso della ragazza… Stava per baciarla… Rachel chiuse gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime e attese il contatto.

Contatto che però non avvenne, perché Garfield, vedendoci rosso, aveva tirato un pugno dritto dritto sul naso di Jason, ottenendo di allontanarlo da lei. «Ti ha detto di lasciarla» commentò secco, guardando il ragazzo con i suoi penetranti occhi verdi.

«Cos…?» balbettò il moro, tastandosi il naso e sentendo colare del liquido caldo. Con rabbia si alzò e si gettò sul ragazzo biondo che gli aveva fatto quello e che, per di più, era lì insieme alla sua ex.

Garfield semplicemente si spostò, andando accanto a Rachel per vedere se stesse bene e in quel modo Jason finì lungo disteso sul marciapiede. Quello era troppo. Con un ringhio selvaggio si alzò e stava per caricare di nuovo, quando un altro ragazzo si parò davanti a lui, più muscoloso e ben piantato di Garfield. Lo riconobbe subito: Richard Grayson, chi altri?

«Jason. Quanto tempo dal nostro ultimo incontro» commentò incolore il ragazzo, fissandolo.

«Grayson. Non si può dire che tu mi sia mancato» replicò l’altro, arrabbiato.

«Nemmeno tu. E anche l’ultima volta che ci siamo visti, mi sembrava di averti detto di non osare avvicinarti a mia cugina» disse il ragazzo con gli occhi celesti, minaccioso.

«Dimentichi un particolare, Grayson. All’epoca io e lei stavamo insieme, era lei che voleva che io mi avvicinassi» ribatté Jason, con un tono che lasciava sottoindendere molte cose.

«Questo lo credi tu, Jason. Sai, ho sempre ammirato la tua sicumera. Ti ha sempre portato a crederti il dio del mondo, non è vero? Bè, è ora che tu capisca qual è il tuo posto» sibilò Richard, alzando un pugno e rifilandolo nuovamente sul naso a Jason. «Spero che ora il messaggio ti sia chiaro. Non. Toccare. Rachel. Mai più» continuò, con una certa cattiveria nella voce. Dopodiché gli voltò le spalle e spinse la cugina e Garfield in macchina. Partì sgommando, lasciando dietro di loro il ragazzo a massaggiarsi il naso e a lanciare insulti a Rachel.

 

«Bel destro, Gar» si complimentò il moro, una volta a distanza sufficiente per rallentare e guidare come una persona normale.

«Grazie» replicò l’altro, rivolgendo la sua attenzione a Rachel, che si era fatta piccola piccola sul sedile. «Rachel, tutto bene?»

«Sì. Richard, puoi lasciarmi da Jessica?» rispose lei, incolore, spostando la sua attenzione sul cugino alla guida, che annuì e qualche secondo dopo svoltò a destra, depositandola davanti ad una comunissima casa a schiera.

«Passo a prenderti?» domandò il ragazzo.

«No, mi riaccompagna Jess. Grazie, a dopo. Ciao, Garfield» disse lei, sempre in tono incolore, avvicinandosi al patio e suonando il campanello. Fu soltanto dopo averla vista entrare che Richard ripartì.

Garfield, intanto, era slittato davanti e i due ragazzi ora si trovavano affiancati, entrambi silenziosi.

Dopo qualche minuto, Garfield osò aprire bocca: «Credi che Jason si avvicinerà di nuovo a Rachel?»

Richard sospirò profondamente, poi disse: «Se lo conosco, per un po’ la lascerà in pace. Ma dopo tornerà all’attacco. L’ho sempre detto a Rachel, che razza di tipo fosse, ma lei non ha mai voluto credermi. Questo fino a qualche mese fa, quando se ne è accorta di persona. Ma ha continuato a stare con lui, sperando che fosse solo una fase. Rach è la persona più ricca di speranza che io conosca. Ma tutto questo non le può fare troppo bene ed infatti quell’idiota l’ha mollata, seguendo i consigli dei suoi amici. Ma credo che tu lo sappia, no?»

«Sì, infatti» rispose cupo il biondino.

«Garfield… Mia cugina ti piace, vero?» domandò ad un certo punto il moro, cogliendo il compagno di sorpresa. Vedendolo in difficoltà, lo rassicurò: «Tranquillo, non c’è nulla di male. Lo so che non la faresti mai soffrire. E se dovessi farlo, stai pur certo che ti troverò, ovunque tu vada e te la farò pagare.»

«Sì, certo!» rispose l’altro, quasi mettendosi sull’attenti.

«Allora ti devo chiedere l’enorme favore di proteggerla. Rachel è fragile, molto fragile. Lo è sempre stata, ma da quando sua madre è stata ridotta in quello stato, lo è diventata ancora di più. Tra un anno io andrò al college e non potrò starle sempre accanto come ho fatto finora. Quindi dovrai farlo tu, d’accordo?»

«Conta pure su di me» rispose serio Garfield, indurendo lo sguardo.

«Grazie, Gar. Sei un amico» lo ringraziò il moro, prima di chiedergli: «Qua devo girare a destra, giusto?»

«Sì e poi di nuovo destra. Perfetto, grazie del passaggio. Ci vediamo domani» salutò il biondo, scendendo dall’auto e ricevendo un saluto simile.

Lo guardò allontanarsi, poi si ritirò in casa, pensoso.

Quella sera fece sogni piuttosto strani, in cui comparve una ragazza dai capelli scuri implorando il suo aiuto.

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Capitolo 6
*** Best that you can do ***


Tara seguì l’insegnante per i corridoi, temendo che la stesse portando dal preside. Non si interrogò nemmeno sui motivi per cui avrebbe dovuto farlo.

Fu per questo che quando si fermarono davanti alla porta del club di canto la ragazza rimase piuttosto sorpresa. Il professore aprì la porta ed entrò, facendole cenno di seguirlo. «Ragazzi, ho qui con me una ragazza piuttosto dotata. Ecco a voi Tara Markov, immagino che molti di voi la conoscano… Hai qualcosa da dire Rachel?»

«No, signore» rispose la ragazza, nascondendo una smorfia.

«Bene. Come stavo dicendo, Tara è piuttosto dotata e ritengo che dovrebbe entrare a fare parte del gruppo» continuò il professore, facendo segno alla ragazza di raggiungerlo al centro dell’aula.

«Professore, mi scusi, ma… Non mi sembra giusto che lei entri così, mentre noi abbiamo dovuto faticare!» esclamò una ragazza, che in realtà quasi nessuno sopportava, Catherine. Rachel alzò gli occhi al cielo: Catherine, o Kitty, era l’ennesima bionda senza cervello ed era entrata nel club sostanzialmente per l’influenza che suo padre esercitava sul preside e sul consiglio della scuola. Non che fosse stonata, semplicemente se la cavava sulle cose semplici. Tipo “Jingle bells” o “Happy birthday”.

«Catherine, credo che abbia delle capacità notevoli. Certo, non al livello di Rachel e Garfield, ma piuttosto considerevoli. Se permettete, vorrei farvela sentire. Tara, abbiamo iniziato un lavoro sulle colonne sonore, ti spiacerebbe cantare questa?» disse il professore, sedendosi al computer e facendo partire una base. La ragazza cominciò a cantare.

 

Da quando la bionda era entrata nella stanza, Garfield si era come pietrificato al suo posto. Cosa ci faceva lei lì? E poi, da quando Tara cantava? Non l’aveva mai sentita e la ragazza non aveva mai dimostrato dell’interesse per quella disciplina, soprattutto da quando lui, ancora alle medie, era riuscito ad entrare nel club che era poi sfociato in quello del liceo. Tuttavia, dovette ammetterlo, era proprio brava. Non l’avrebbe mai paragonata a Rachel, quello no, ma era nettamente meglio di circa metà del club.

Si voltò verso la ragazza alla sua destra e vide che Rachel si era sporta verso Tara, mentre cantava. Sentendo il suo sguardo su di lei, la mora si voltò verso di lui e stavolta si sporse verso di lui. «Per quanto mi scocci ammetterlo,» sussurrò «è davvero brava.»

«Tu sei meglio» ribatté lui, sorridendole leggermente. Il sorriso si allargò un po’ quando la vide arrossire per il complimento. Non aveva mai visto Rachel Roth arrossire.

Nel frattempo, Tara aveva finito e il professore l’aveva fatta sedere accanto a Kitty, che la guardava in cagnesco. Evidentemente riteneva di poter essere l’unica bionda degna di considerazione.

«Molto bene, Catherine. Spero di aver risposto alla tua domanda, in questo modo. Tara resterà con noi, se lo vorrà. Quella di oggi sarà solo una prova, d’accordo?» disse l’insegnante, rivolgendosi alla ragazza in questione, che si limitò ad annuire, ancora piuttosto sconcertata da quello che stava succedendo. Pensava di dover andare dal preside e invece eccola lì, al club di canto, a cantare davanti a tutti, compreso Garfield. Che stava mormorando qualcosa all’orecchio di quella Roth, facendola addirittura arrossire. Tara represse un ringhio: avrebbe pagato oro per sapere di cosa stessero parlando.

«Prima di cominciare, c’è ancora una cosa che vorrei annunciarvi. Rachel, Garfield, riguarda voi due» disse il professore, schiarendosi la voce. I due ragazzi alzarono lo sguardo sull’insegnante, incuriositi, mentre tutto il resto del club guardava loro.

Il professore prese un respiro profondo, poi disse: «Come sapete, ritengo che siate i migliori qua dentro. Per questo, ho chiamato un mio amico alla Juilliard di New York.» Tutta la classe trattenne il fiato: la Juilliard di New York! Non poteva essere vero, doveva esserci un errore…

Il professore ignorò tutto questo e continuò: «Ha detto che sono disponibili ad ammettervi per la scuola estiva. Partirete da qui tra tre giorni e starete là fino alla fine di settembre. Giusto in tempo per l’inizio della scuola. Ho già avvertito chi di dovere.»

Tutti gli studenti guardarono Rachel e Garfield, che semplicemente non riuscivano a credere a quello che stava dicendo l’insegnante. Loro… Alla Juilliard? Per tre mesi? I due ragazzi si guardarono, increduli, poi Garfield, senza alcun preavviso, abbracciò Rachel, che non si scostò dall’abbraccio, anzi, lo ricambiò.

«Ma è… Fantastico!» esclamò il ragazzo, una volta sciolto l’abbraccio.

«Professore, è sicuro?» domandò la ragazza, per sincerarsi che non fosse tutto uno scherzo.

«Più che sicuro. Ecco infatti i vostri biglietti. Mi raccomando, siate puntuali, l’aereo non aspetterà certo voi» rispose l’insegnante, porgendo loro due biglietti aerei. I due li presero come in trance: non era possibile!

Ma il professore non gli lasciò il tempo di ammirarli e li riportò all’ordine: «Perfetto, possiamo proseguire. Per oggi pensavo di farvi cantare…» Ma ormai Rachel e Garfield non lo stavano più ascoltando e quando i ragazzi intorno a loro iniziarono a cantare, si limitarono a seguirli a ruota, senza nemmeno badare a quel che stavano cantando.

 

Finalmente la lezione finì e i due si precipitarono fuori dall’aula, per raggiungere i loro amici. Tara si limitò a seguirli camminando lentamente, ancora fumante di rabbia.

Non dovettero andare lontano, perché in corridoio Rachel si scontrò con il cugino, che stava andando a recuperarla per riportarla a casa. Non appena lo riconobbe, la ragazza gli saltò al collo: «Richard! Vado a New York!»

Il ragazzo la posò a terra per guardarla e cercare di capire: «Scusa? Dove vai?»

«A New York! Alla Juilliard! Non è incredibile??» esclamò la ragazza, mostrandogli il biglietto. A quel punto Richard capì e sollevò la cugina per farla roteare in aria, facendola ridacchiare. Quando la posò a terra, la abbracciò: «E brava la mia ragazza!»

«Oh, Richard, ci tengo così tanto!»

«Ma non mi dire. E io che pensavo che quei poster in camera tua servissero solo a nascondere la nostra orrenda carta da parati» replicò sarcastico il moro.

«Stupido» ribatté lei, tirandogli un pugno scherzoso.

«Ci vai da sola?» chiese poi il ragazzo, sempre concentrato sugli aspetti pratici delle cose.

«No, viene anche Garfield» rispose la ragazza, indicando il biondo, che aveva assistito a tutta la scena, insieme a Tara.

«Davvero? Wow, congratulazioni, Gar. Sapevo che eri bravo, ma non pensavo così tanto, anche se Rach non faceva altro che parlare delle tue performance» si complimentò Richard, facendo avvampare la cugina, che sibilò: «Richard! Che stai dicendo?»

Il moro scoppiò a ridere, mentre anche il biondino arrossiva leggermente. Tara stava per dare in escandescenze, ma fu salvata dal resto della banda, che stava seguendo Richard.

«Ehi, ragazzi, come è andata?» domandò Karen.

«Alla grande! Andremo a New York!» esclamò Garfield, mostrando il biglietto.

«Voi andrete dove, pivello? E chi siete “voi”?» domandò Roy, certo di non aver capito.

«A New York! Alla Juilliard!» strillò Rachel, mostrando il proprio biglietto.

«Aspetta. La Gotica e il pivello vanno a New York? Come mai io non sono stato invitato?» chiese di nuovo il rosso, facendo andare lo sguardo dalla ragazza al ragazzo, entrambi chiaramente eccitati.

«Perché tu sei stonato come una campana rotta, Carotina, senza voler offendere le campane, ovviamente» replicò Rachel.

«Oh, ragazzi, ma è fantastico!» si intromise Antonia, cercando di impedire l’ennesimo litigio tra i due. Abbracciò sia Rachel che Garfield, mentre Roy cercava di mandare giù il commento di Rachel.

«Quando partite?»  domandò pratico Victor.

«Tra tre giorni» rispose Garfield, controllando il biglietto ancora una volta per assicurarsi che non fosse uno scherzo.

«Ma allora bisogna festeggiare!» esclamò Kori, ricevendo cenni di approvazione da tutto il gruppo. «Stasera a casa mia, va bene?»

Calcolando che casa Anders era tipo una megavilla con piscina, i ragazzi non ebbero problemi ad accettare l’invito. Il gruppo si allontanò chiacchierando allegramente, mentre Tara restava indietro.

Con sua enorme sorpresa, però, fu proprio Rachel a voltarsi verso di lei: «Tu non vieni, Markov?»

«Ehm… Arrivo» rispose la bionda, allungando il passo e superando l’altra ragazza senza degnarla di uno sguardo. Rachel si limitò a sbuffare, pensando a quanto fosse orgogliosa quella ragazza.

 

 

 

«Rachel, sei pronta per andare?» esclamò Richard, spalancando la porta della camera della cugina e trovandosela davanti sdraiata sul letto a guardare il soffitto con aria sognante.

«Rachel? Sei pronta?» chiese di nuovo, avvicinandosi.

La ragazza parve risvegliarsi dal suo coma estatico e si tirò su: «Devo solo prendere la borsa.» Si alzò e raggiunse la sua scrivania, dove aveva posato la sua borsa da spiaggia, con dentro il necessario per una festa in piscina.

«Sono pronta!» esclamò, voltandosi verso il cugino.

Il ragazzo sospirò, poi la seguì fuori dalla porta. Scesero le scale e salutarono i genitori del ragazzo, che fecero loro le solite raccomandazioni, dopodiché si chiusero la porta di casa alle spalle.

Rachel stava già raggiungendo la macchina, quando Richard la fermò: «Rachel, posso parlarti un secondo?»

«Che c’è?» chiese lei, guardandolo. Aveva uno sguardo serio che non le piaceva affatto.

«Vorrei sapere perché non mangi» rispose lui.

«Io mangio, Richard» replicò la ragazza, dura.

«No, Rachel, tu non mangi. E non sono l’unico ad essersene accorto. Anche Victor l’ha notato. Che ti sta succedendo?» ribatté il cugino, avvicinandosi alla macchina.

«Niente. Semplicemente non ho fame» mormorò la ragazza, guardando il marciapiede.

«Rachel, sai anche tu come potrebbe andare a finire. Ti prego, mangia. Fallo per me, per i miei, per i nostri amici, per tua madre… Non posso lasciarti andare a New York, se continui così. Capisci?» la supplicò il ragazzo, raggiungendola e sollevandole delicatamente il mento per costringerla a guardarlo.

«Richard…» sussurrò lei, gli occhi pieni di lacrime.

«Lo so che sei una brava ragazza. Ma ti prego, questo non farlo. Okay?» disse lui, abbracciandola.

La ragazza si lasciò stringere. «Io… Io ci proverò.»

«Brava, la mia ragazza» mormorò lui, sempre abbracciandola.

«Però, Richard… Mi manca tanto» sussurrò lei, stringendolo forte.

«Non mangiare non la farà tornare. E io non ti permetterò di raggiungerla, hai capito?» replicò il ragazzo, scostandosi per poterla guardare. Le asciugò le lacrime, poi le fece un minuscolo sorriso: «Sono sicuro che si risolverà tutto. E adesso andiamo, gli altri ci stanno aspettando.»

Rachel si limitò ad annuire, poi salì in macchina, imitata dal ragazzo, che mise in moto e partì. Durante il viaggio, la tensione tra i due si allentò e quando raggiunsero la casa di Kori erano tornati alla normalità.

 

«Benvenuti! Mancavate solo voi, prego, entrate!» esclamò una sorridente Kori, facendo loro strada verso la piscina.

I due cugini la seguirono lungo i corridoi, qualche passo dietro di lei. I suoi lunghi capelli rossi ondeggiavano mentre camminava e il suo costume rosa mostrava tutte le sue forme.

«Giuro, devi essere dell’altra sponda, per non accorgerti di lei» mormorò Rachel al cugino.

Il ragazzo arrossì leggermente: «Rachel, te l’ho detto un miliardo di volte. Non sono gay e non mi piace Kori. Quando la smetterai?»

«Quando mi dirai chi ti piace.»

«Allora immagino che morirò con te che mi ripeti questa storia….» chiuse il discorso il ragazzo, sospirando teatralmente. Rachel represse una risatina, poi allungò il passo per raggiungere la sua amica.

«Ecco, le cabine sono là, ci vediamo in vasca» disse la rossa, indicando ai due ragazzi le cabine per cambiarsi. I due fecero come aveva detto la ragazza e in pochi minuti fecero il loro ingresso sul piano vasca.

«Rachel! Richard! Era ora!» esclamò Victor, alzando il braccio per salutarli.

«Che vi è successo, Gotica? Non trovavi la crema lunare? Penso che ti scotterai, stasera è piena» disse Roy, ridacchiando per la sua battuta. Per tutta risposta, Rachel lo spinse in acqua.

«Rachel, tesoro, ho sempre pensato che tu fossi un genio» si complimentò Antonia, scambiandosi un cinque con lei. Le due ragazze lanciarono un sorrisino al rosso che ancora annaspava nella piscina, mentre raggiungevano Jessica e Wally dall’altro lato della vasca.

I due ragazzi le salutarono e le coinvolsero nella loro conversazione, ma Rachel sembrava distratta.

«Rach, che succede?» le chiese Jessica.

«No, niente, mi chiedevo… La Barbie pazza non è ancora arrivata?» rispose l’amica.

«Tara? L’ho vista poco fa, stava parlando con Garth» la informò Wally, indicandole il punto in cui l’aveva vista. Effettivamente, ora che guardava meglio, poteva vedere la bionda che parlava animatamente con Garth.

«Se invece cercavi Garfield, è laggiù con Victor e Richard» le disse Jessica, indicandole il biondo.

Rachel si voltò e nello stesso momento lo fece anche lui. I due si scambiarono un semplice cenno di saluto.

«Oh, come siete carini!» disse Jessica, con un tono sognante.

«Jess, toglitelo dalla testa. Non esiste» ribatté secca la mora.

«Dicono tutti così, Rach, cara. Chi disprezza compra, vedrai se non è vero» replicò la sua amica, ridacchiando.

«Come ti pare» sbuffò la ragazza, allontanandosi verso il buffet per prendere un bicchiere d’acqua.

 

Posò la mano sulla bottiglia nello stesso momento in cui lo fece un altro. Alzò lo sguardo e si trovò davanti Garfield. I due guardarono le loro mani unite sulla bottiglia e le ritirarono di scatto, arrossendo.

«Garfield…» mormorò debolmente la ragazza.

«Rachel…» disse lui, nello stesso modo.

«Scusami, io… Serviti pure» disse lei, facendogli cenno di prendere la bottiglia.

«No, figurati. Fai prima tu. Anzi, aspetta, faccio io» replicò il ragazzo, prendendo l’oggetto conteso e versando dell’acqua nel bicchiere della ragazza, prima di riempire anche il suo.

«Grazie» disse lei, maledicendo mentalmente Jessica. Adesso che le aveva messo la pulce nell’orecchio non riusciva a comportarsi normalmente con Garfield.

«Di niente» rispose il biondino, maledicendosi mentalmente per non aver trovato nulla di più interessante da dire.

I due sorseggiarono in silenzio l’acqua. Poi, proprio quando Garfield aveva finalmente preso coraggio e stava per farle i complimenti per il costume, vennero interrotti dalla voce tonante di Victor.

«Ragazzi! Visto che siamo qui riuniti per festeggiare i nostri due piccoletti che se ne vanno a New York, propongo una canzone in tema!»

Tutti gli sguardi si concentrarono su di loro, mentre dalle casse partiva una melodia che loro ben conoscevano.

 

Once in your life you find her
Someone that turns your heart around
And next thing you know you're closing down the town
Wake up and it's still with you
Even though you left her way across town
Wondering to yourself, "Hey, what've I found?"

 

Garfield arrossì violentemente: effettivamente era proprio quello che era successo a lui. Rachel era l’unica ragazza che avesse mai incontrato che gli facesse quell’effetto… Solo con lei si sentiva un idiota totale. Come in quel momento. Era certo che la ragazza si stesse chiedendo perché fosse arrossito.


When you get caught between the Moon and New York City
I know it's crazy, but it's true
If you get caught between the Moon and New York City
The best that you can do ......
The best that you can do is fall in love

A questo punto anche Rachel arrossì. Cosa pensavano di fare quei cretini con quella canzone? Lei non si sarebbe innamorata, a New York. Assolutamente no!


Arthur he does as he pleases
All of his life, he's mastered choice
Deep in his heart, he's just, he's just a boy
Living his life one day at a time
And showing himself a really good time
Laughing about the way they want him to be

Però doveva ammettere che Garfield era così: non gliene importava nulla di quello che gli altri pensavano di lui o di come volevano che si comportasse. Era sempre se stesso e questo le piaceva. Almeno lui era sincero, con se stesso e con gli altri, che lo accettavano. Anche Roy.

Lei invece… Nascondeva i suoi sentimenti e gli unici a cui li aveva mostrati erano Richard e… Garfield. Alla fine tutto tornava sempre a lui. Maledetta Jessica!


When you get caught between the Moon and New York City
I know it's crazy, but it's true
If you get caught between the Moon and New York City
The best that you can do .....
The best that you can do is fall in love


Innamorarsi a New York?
Lui si era già innamorato a Jump City, California! Non aveva bisogno di andare così lontano… Però sarebbe stato bello se anche Rachel si fosse innamorata di lui a New York…

 

When you get caught between the Moon and New York City
I know it's crazy, but it's true
If you get caught between the Moon and New York City
The best that you can do .....
The best that you can do is fall in love

 

Le note sfumarono e la canzone finì. I due ragazzi erano ancora pietrificati davanti al buffet, i bicchieri d’acqua in mano, presi dalle parole della canzone. Effettivamente, riconobbero, era in tema.

«Ma guardali, che carini… Sono tutti arrossiti!» esclamò Roy con un che di sarcastico nella voce.

Il gruppo di ragazzi scoppiò a ridere, tranne Tara, che si era sentita piuttosto strana durante la canzone, mentre i due cercavano di negare, causando ulteriori risate.

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Capitolo 7
*** Can't take my eyes off of you ***


«Rachel, tesoro, sei sicura di aver preso tutto?»

«Sì, zia. Sono pronta per partire» rispose la ragazza, chiudendo la cerniera del trolley e guardando la donna davanti a lei.

«Allora vado a chiamare tuo zio e tuo cugino» disse la donna, facendo per uscire dalla stanza e trovandosi davanti i due uomini.

«Non ce n’è bisogno, mamma. Siamo già qui» annunciò Richard, sorridendo.

«Hai preso tutto? Sicura?» chiese lo zio, controllando la camera della ragazza.

«Tutto fatto, zio. Possiamo andare» rispose Rachel, posando il trolley a terra. Richard si lanciò a prenderlo e controllò l’orologio: «Direi più che altro che dobbiamo andare, dobbiamo ancora passare a prendere Garfield.»

«Allora andiamo. Tutti in macchina, forza» li esortò l’uomo, dando l’esempio e cominciando a scendere le scale.

Rachel lanciò un’ultima occhiata alla sua stanza, poi uscì e chiuse la porta.

 

«Quindi questo ragazzo è orfano? Oh, povera creatura» mormorò la signora Wayne, la madre adottiva di Richard e zia adottiva di Rachel. Anche i genitori di Richard erano morti quando lui era piccolo, quindi era stato affidato alle cure di un parente di suo padre, il signor Wayne. Successivamente, dopo l’incidente con suo padre, anche Rachel era andata a stare con loro. Fin da piccola era sempre stata affezionata al cugino, così come Arella, che si era offerta di prenderlo con sé quando sua sorella e suo marito erano morti. Purtroppo, non erano riusciti ad ottenere la tutela, ma Rachel e Richard avevano mantenuto uno stretto legame e Arella si era subito trovata in sintonia con i Wayne.

«Ma’, non ti devi preoccupare, Gar è in gamba» rispose il ragazzo, guardando il biondo che si avvicinava alla macchina e salutandolo con un cenno.

«Ma vive da solo?» continuò Selina, guardando il marito aiutare il ragazzo a caricare la valigia.

«Sì, zia. Ma non ti preoccupare, se la cava. Ciao, Garfield» disse Rachel, scivolando sul sedile per fargli spazio e chiudendo così il discorso.

Garfield fece un cenno, mentre si sedeva accanto a lei nel sedile posteriore, poi salutò con estrema cortesia la signora Wayne.

Il viaggio fino all’aeroporto si svolse piuttosto tranquillamente, con i signori Wayne che discorrevano animatamente di uno spettacolo che avevano visto qualche giorno prima, mentre i ragazzi dietro erano silenziosi: Richard si immaginava la cugina, tutta sola, a New York; Rachel non stava nella pelle all’idea di entrare alla Juilliard e Garfield non riusciva ancora a credere alla sua fortuna, tre mesi con Rachel Roth alla Juilliard.

«Siamo arrivati!» esclamò il signor Wayne, parcheggiando e scendendo per cominciare a scaricare le valigie dei due ragazzi.

«Grazie, zio» ringraziò Rachel, recuperando il suo trolley e cominciando a camminare con le gambe molli verso l’ingresso dell’aeroporto. Per sua fortuna, accanto a lei c’era Richard a sorreggerla.

«Grazie del passaggio, signor Wayne» disse Garfield, mentre prendeva la sua valigia e si avviava verso l’entrata, affiancato dai signori Wayne.

«Nessun problema, figliolo» rispose l’uomo, burbero.

I cinque entrarono e si diressero verso il banco per il check-in.

 

«Fatto. Non riesco davvero a crederci» disse Garfield.

Erano tutti seduti ad un tavolino del bar, ad aspettare che chiamassero il loro volo. I due ragazzi erano un fascio di nervi.

«Vuoi un pizzicotto?» domandò Rachel, mostrandogli due dita.

«No, grazie. Facevo per dire» si difese il biondo, alzando le mani.

«Rachel, mi raccomando, comportati bene» intervenne Bruce Wayne, con la sua voce profonda, interrompendo il momento tra i due ragazzi.

«Bruce! Non disturbare i ragazzi. Sai già che tua nipote sarà un modello di virtù, non è vero tesoro?» lo rimproverò Selina, lanciandogli un’occhiataccia.

«Rachel, ti prego, portami con te! Non vorrai lasciarmi con questi due!» sospirò Richard, pregando la cugina.

«Mi spiace, Richard. Temo che la mia valigia sia già a bordo, se no avresti potuto nascondertici dentro» rispose lei, sorseggiando il suo tè freddo, mentre Garfield ridacchiava.

«Questa è cattiveria, però» borbottò il moro, abbandonandosi sulla sedia.

«Si pregano i gentili passeggeri del volo per New York…» gracchiò in quel momento l’altoparlante, iniziando a sciorinare il codice del volo.

«È il nostro!» esclamò Rachel, balzando in piedi e rovesciando il tè.

«Andiamo» gridò Garfield, imitandola. I due ragazzi raccolsero al volo le loro borse e cominciarono a correre verso il loro gate d’imbarco.

Ai Wayne e a Richard non restò altro che inseguirli.

Arrivarono davanti alle porte d’imbarco e a quel punto Rachel si voltò: era il momento degli addii. Era già stato brutto la sera prima, quando lei e Garfield avevano salutato tutti i loro amici. Adesso non osava immaginare cosa sarebbe successo. Selina la abbracciò, mentre Bruce stringeva la mano a Garfield. Dopo, una volta libera dalla zia, la ragazza venne abbracciata velocemente anche dallo zio, che si raccomandò ancora una volta con lei. Dopodiché fu il turno di Richard, che aveva già salutato l’amico. Il ragazzo l’abbracciò, sussurrandole: «Non fare nulla di stupido e mangia, d’accordo?»

«Stai tranquillo, fidati di me» rispose lei, abbracciandolo.

Finalmente, i saluti terminarono e i due ragazzi si avviarono lungo il corridoio che li avrebbe portati a bordo. Dietro di loro, Selina nascondeva le lacrime in un fazzoletto di pizzo bianco, mentre il marito le posava una mano sulla spalla per confortarla. Richard si limitava a fingere di non conoscerli.

 

«Garfield…» mormorò Rachel, una volta a bordo.

«Sì?» rispose il ragazzo, voltandosi verso di lei.

«Potresti… Ehm… Tenermi la mano?» sussurrò la ragazza, imbarazzatissima.

«Come?» chiese lui, il cuore che gli andava a scatti, certo di aver capito male. Rachel non poteva certo avergli chiesto di…

«Potresti tenermi la mano? Soffro di vertigini e il decollo mi mette un po’ paura…» ripeté la ragazza, alzando un pochino la voce.

«Oh, ehm, certo. Nessun problema» rispose Garfield, prendendole la mano e stringendogliela delicatamente. Se quello era un sogno, che nessuno lo svegliasse.

«Grazie» disse lei, guardandolo e poi posando lo sguardo sulle loro mani intrecciate.

Rimasero così per qualche minuto, poi, mentre l’aereo cominciava a vibrare per i motori, Garfield disse: «Davvero soffri di vertigini? Sembri una che non ha paura di nulla, figurarsi dell’altezza.»

«Già… So che è sciocco da parte mia, ma ho sempre avuto questo problema. Da bambina mi rifiutavo di arrampicarmi fino alla casetta sull’albero a casa di Richard» rispose lei, prestandogli tutta la sua attenzione.

«La casetta? Quella che ormai raggiungiamo semplicemente stando in piedi?» chiese il ragazzo, per essere sicuro di aver capito bene.

«Proprio quella» confermò Rachel, annuendo.

«Wow. Non pensavo fossi così terrorizzata. Come hai fatto finora, con gli aerei, scusa?»

«Non ho mai preso un aereo in tutta la mia vita. Sempre auto, nave, pullman… Niente che si sollevasse dal suolo» raccontò lei, senza mai distogliere lo sguardo dallo schienale del sedile davanti a lei.

«Non sai che cosa ti perdi. È fantastico volare!» esclamò Garfield, agitando le mani, salvo poi ricordarsi che le stava ancora tenendo la mano. Si scusò e lei gli fece un lieve sorriso ad indicare che non era niente.

«Quindi tu hai già volato?» domandò la ragazza.

«Un sacco di volte. Quando ero in Africa con i miei…» cominciò a raccontare il ragazzo, ma venne interrotto da Rachel, che gli strinse la mano con molta più forza e che gli si gettò addosso. Solo in quel momento, il ragazzo si accorse che l’aereo si era staccato dal suolo e che stava prendendo quota.

Abbassò lo sguardo sulla ragazza tra le sue braccia, che aveva ancora la sua mano intrappolata nella sua. Senza sapere cosa fare, si ritrovò a tranquillizzarla, passandole la mano libera tra i capelli e sussurrandole che sarebbe andato tutto bene.

Pian piano, la ragazza si abituò alla situazione e scivolò via dalle sue braccia. Tuttavia la mano non la tolse.

«Quindi… Dicevi, sei stato in Africa?» domandò Rachel, fingendo che non fosse successo nulla.

«Sì, per un anno intero, quando ero alle elementari» rispose Garfield, per nulla a disagio con la mano della ragazza nella sua.

«Ah, mi ricordo. Richard mi disse che eri stato rapito dagli alieni, che ti tenevano prigioniero» ricordò la ragazza, scuotendo la testa.

«E tu gli hai creduto?» chiese lui, incredulo.

«Avevo sette anni! Gli avrei creduto anche se mi avesse detto che eri diventato il nuovo aiutante di Babbo Natale!» si difese lei, fingendosi offesa.

«Ahahahah, da non credere» rise il ragazzo, portandosi una mano al volto.

«Stai ridendo di me?»

«Non oserei mai!»

«E allora piantala!»

«Non posso… Troppo divertente!»

A quel punto anche Rachel scoppiò a ridere e i due risero per qualche secondo ancora. Quando finirono erano entrambi senza fiato e si stavano ancora tenendo per mano.

«Cosa stavamo dicendo?» disse Garfield, asciugandosi gli occhi.

«Parlavamo di Africa. Ci sei andato con i tuoi, giusto?» domandò la ragazza, risistemandosi sul sedile.

«Esatto. In realtà non ho dei bei ricordi, perché è proprio lì che sono morti i miei genitori, però finché erano vivi, bè, era tutto fantastico» rispose il ragazzo, adombrandosi un po’.

«Mi dispiace, non volevo suscitarti brutti ricordi» si scusò lei, abbassando gli occhi.

«Nessun problema. Ormai sono passati otto anni, però fa ancora un po’ male, ricordarli» la tranquillizzò lui. Calò un silenzio imbarazzante, che venne rotto dall’arrivo della hostess con la cena, cosa che li costrinse a lasciarsi le mani.

Rachel non poté fare a meno di pensare che era bello avere una mano calda a tenere la sua.

 

Dopo cena i due guardarono il film che veniva proiettato davanti a loro, “Dieci cose che odio di te”, ma l’avevano già visto tutti e due e in breve Rachel si addormentò sulla spalla del ragazzo.

Garfield girò la testa per guardarla e vide che aveva di nuovo posato la mano sulla sua. Con delicatezza la strinse, poi si concentrò sul film. In quel momento, il protagonista maschile cominciò ad intonare una canzone, che lui conosceva bene nella sua versione originale. Cominciò a canticchiarla sottovoce, per non svegliare la ragazza e per non disturbare il resto aereo.

 

You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
You'd be like heaven to touch
I wanna hold you so much

 

Mai canzone era capitata più a fagiolo di quella: pensava una cosa del genere tutte le volte che vedeva Rachel. Non riusciva ancora a credere che lei fosse lì davvero e che lui la stesse davvero tenendo tra le braccia. Ed era decisamente meglio di quanto avesse mai immaginato.


At long last love has arrived
And I thank God I'm alive
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you

Certo, non poteva essere che un miracolo. Rachel Roth, tra le sue braccia. Non poteva fare a meno di guardarla, di notare come le ciglia lunghe le sfioravano le guance, di ammirare i suoi capelli lucidi, di osservare con bramosia le labbra piene, leggermente socchiuse nel sonno.

 

Pardon the way that I stare
There's nothing else to compare
The sight of you leaves me weak
There are no words left to speak

Era impossibile paragonarla a qualcosa, era semplicemente perfetta. Tutto quanto sembrava sbiadire al suo cospetto… E quando la guardava negli occhi gli venivano sempre le gambe molli. Non c’erano parole per descriverla.

 

So if you feel like I feel
Please let me know that it's
real
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you

Sarebbe stato meraviglioso sapere che lei lo ricambiava. Almeno un pochino… Così almeno anche Tara si sarebbe messa il cuore in pace. E a proposito di Tara… L’aveva salutato come se nulla fosse accaduto, ma gli aveva messo in mano un bigliettino con il suo nome nel programma di chat. Cosa voleva?


I love you baby and if it's quite all right
I need you baby to warm
the lonely nights
I love you baby, trust in me when I say
Oh pretty baby, don't bring me down I pray
Oh pretty baby, now that I've found you stay
And let me love you baby, let me love you

 

Ah, accidenti a Tara. Sperava che Rachel non venisse mai a sapere cosa era successo. Voleva soltanto che lei lo ricambiasse, o perlomeno che lo lasciasse amarla. Non era chiedere tanto, in fondo, si disse. Doveva solo trovare il coraggio di dirglielo, certo. Da questo punto di vista ammirava Tara, per averglielo detto. Magari nel modo sbagliato, ma almeno glielo aveva detto.

 

You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
You'd be like heav
en to touch
I wanna hold you so much

 

At long last love has arrived
And I thank God I'm alive
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you

 

Al diavolo Tara. Delicatamente alzò una mano per accarezzare la guancia di Rachel, beandosi della vista. L’avrebbe avuta tutta per sé per tre mesi. Doveva venire a capo con qualcosa…

 

I love you baby and if it's quite all right
I need you baby to warm the lonely nights
I love you baby, trust in me when I say
Oh pretty baby, don't bring me down I pray

Oh pretty baby, now that I've found you stay
I love you baby, trust in me when I say

 

La canzone finì, sia nel film che nella realtà. Garfield sorrise dolcemente, mentre il film andava avanti con la trama. Continuò a tenere la mano di Rachel, poi posò la testa su quella della ragazza, delicatamente per non farle male e chiuse gli occhi. Non si accorse che quelli di Rachel si erano spalancati non appena lui aveva finito la canzone.

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Capitolo 8
*** I have a dream ***


L’aereo atterrò senza problemi di sorta e Rachel sembrò scoppiare di gioia per il fatto di essere finalmente tornata con i piedi ben piantati a terra.

«Giuro, a Jump torno a piedi!» esclamò, mentre aspettavano i loro bagagli.

«Se vuoi metterci quei cinque o sei mesi, fai pure. Io credo che prenderò l’aereo» ribatté Garfield, ridacchiando. La ragazza stava per replicare, quando il tapis roulant entrò in azione e le valigie cominciarono a scorrere lente davanti a loro. Con grande cavalleria, il biondo recuperò anche il trolley della ragazza, che lo ringraziò.

«Dovrebbe esserci qualcuno ad aspettarci, giusto?» domandò poi, alzando lo sguardo su Garfield, che indicò qualcosa dietro di lei con un’espressione alquanto stupita: «Qualcuno tipo lui?»

Rachel si voltò e seguì il dito del biondo, che puntava un uomo di mezza età che sembrava essersi vestito al buio, navigante in un bagno di sudore. E che reggeva un cartello con i loro nomi.

«Ti prego, dimmi che non è vero» gemette la ragazza, non riuscendo comunque a distogliere lo sguardo da quello scempio d’uomo.

«Se vuoi non te lo dico, ma non credo che cambierà qualcosa» replicò il biondo.

«Come temevo» borbottò lei, facendosi forza e cominciando a trascinare il trolley in quella direzione.

«Bè, perlomeno sembra un tipo simpatico» commentò Garfield, seguendola.

«Anche io sembrerei simpatica, con una giacca verde acido e dei pantaloni rossi. Senza dimenticare la camicia azzurra» replicò Rachel, storcendo il naso.

«Ma tu sei simpatica» disse il ragazzo, senza nemmeno badare a quel che stava dicendo.

La ragazza arrossì. Non era abituata a sentirsi fare dei complimenti e soprattutto da un ragazzo. Non che avesse una cotta per Garfield, assolutamente no! E naturalmente lui non aveva una cotta per lei, giusto? Dopo averlo sentito cantare in aereo non era più riuscita ad addormentarsi, ma si era convinta che stesse solo seguendo il film. Lei cantava sempre, quando guardava i film, mandando in bestia Richard che non riusciva a seguire la storia. Era logico pensare che lo facesse pure Garfield, giusto? Anche perché non poteva piacergli in quel senso… E poi, quella Markov si era dichiarata. Le doveva aver risposto, no? Certo, i loro addii non erano stati così strazianti come si immaginava, ma magari si erano salutati in privato…

«Ehi, ci sei?» le chiese preoccupato il ragazzo, voltandosi a guardarla: si era fermata di botto e aveva lo sguardo fisso.

«C-Come?» rispose lei, brillantemente.

«Tutto bene?» domandò Garfield.

«Sì. Non… Non farci caso» replicò lei, ricominciando a camminare.

“Chi la capisce, è bravo” pensò il ragazzo, affrettandosi a raggiungerla.

 

«Salve. Lei è della Juilliard?» domandò educatamente Rachel, quando raggiunsero l’uomo che reggeva il cartello.

«Oh, sì, esatto. Voi siete Rachel Roth e Garfield Logan, da Jump City?» chiese l’uomo, asciugandosi il sudore con un fazzoletto viola a pallini gialli. Garfield soffocò una risata, mentre Rachel lo guardava orripilata. Con uno sforzo enorme, i due riuscirono ad annuire.

«Ottimo! Seguitemi, seguitemi. Gli altri ragazzi sono già arrivati. Sono certo che diventerete ottimi amici!» esclamò gioviale l’uomo, facendogli cenno di seguirlo e zampettando allegramente attraverso l’atrio. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo, poi lo seguirono.

Raggiunsero un minibus nel parcheggio dell’aeroporto, davanti al quale c’era un gruppetto di ragazzi, pressappoco della loro età. La loro guida li indicò: «Abbiamo studenti da ogni parte del mondo, ma lasciate che ve li presenti: dunque, Maria e Klaus sono austriaci; Dimitri e Alexandra vengono dalla Russia; Ines e Cesar dalla Spagna; Clara e Fabrizio, italiani; Noriko e Kota, dal Giappone e poi Élodie e François, francesi.»

Rachel e Garfield fecero dei cenni ogni volta che lui nominava una coppia di ragazzi. Terminato l’elenco, indicò loro due: «Questi sono Garfield e Rachel, direttamente dalla California. Ma vi conoscerete meglio in questi tre mesi. Prego, salite. La scuola ci aspetta!» Fece una risata e si accomodò al posto di guida, dopo aver caricato i bagagli degli ultimi arrivati. I ragazzi si affrettarono a salire.

«Ci siete tutti? Molto bene! Partenza!» esclamò, avviando finalmente il minibus. «Vedrete, alla Juilliard tutti i vostri sogni si avvereranno. Ed è per questo che voglio farvi sentire questa magnifica canzone, vedrete che apprezzerete!» aggiunse qualche secondo dopo, deludendo le aspettative di chi sperava che avrebbe finalmente taciuto (leggasi: Rachel). Schiacciò un pulsante e nel bus si diffusero le note di una canzone che tutti ben conoscevano.

 

I have a dream
a song to sing
to help me cope
with anything

 

Tutti i ragazzi si scambiarono delle occhiate: era ovvio che tutti loro avessero dei sogni che speravano di vedere realizzati alla Juilliard, ed era una cosa che li aveva aiutati nelle situazioni difficili. Rachel ripensò a sua madre, in ospedale. Garfield ai suoi genitori, morti in Africa. E anche gli altri ragazzi pensarono alle loro vite fino a quel momento. Senza i loro sogni di gloria alla Juilliard, probabilmente non ce l’avrebbero fatta.


If you see the wonder
of a fairy tale
you can take the future
even if you fail

“Già” pensò amaramente Rachel. “Ma cosa succederebbe, se io fallissi prima di riuscire a vederla?”

 

I believe in angels
something good in
everything I see
I believe in angels
when I know the time
is right for me
I'll cross the stream
I have a dream

“Sì, io credo negli angeli… Mamma, papa, io credo in voi” pensò Garfield, guardando pensosamente fuori dal finestrino, mentre ascoltava la canzone.


I have a dream
a fantasy
to help me through
reality

 

“La realtà è quella che è. E nemmeno una fantasia potrebbe aiutarmi” pensò tristemente Rachel, voltandosi verso Garfield e trovandosi davanti un viso triste quasi quanto il suo.


And my destination
makes it worth the while
pushing through the darkness
still another mile

“Ce la posso fare. La Juilliard è qui” pensò Garfield, voltandosi verso Rachel e vedendo il suo viso. Le fece un minuscolo sorriso e le strinse la mano, come in aereo, facendola arrossire.

 

I believe in angels
something good in
everything I see
I believe in angels
when I know the time
is right for me
I'll cross the stream
I have a dream

 

“Forse forse gli angeli esistono…” pensò Rachel, fissando la sua mano, intrecciata a quella di Garfield. Rispose al suo sorriso.

 

I'll cross the stream
I have a dream

 

“Io ho un sogno e lo realizzerò” pensò deciso Garfield, sorridendo ancora di più quando Rachel rispose al suo sorriso.

 

I have a dream
a song to sing
to help me cope
with anything

 

“Ce la posso fare. Tieni duro, mamma” pensò Rachel, chiudendo gli occhi per un istante e ripensando a sua madre.


If you see the wonder
of a fairy tale
you can take the future
even if you fail

Credere alle favole era una cosa che gli era sempre riuscita facile… Garfield chiuse gli occhi a sua volta, ricordando i suoi genitori prima dell’incidente.

 

I believe in angels
something good in
everything I see
I believe in angels
when I know the time
is right for me
I'll cross the stream
I have a dream

«Tu hai un sogno, Rachel?» chiese sottovoce Garfield, mentre le note cominciavano a sfumare.

«Sì, e tu?» replicò lei, aprendo gli occhi.

«Anche io.»

«Ce la faremo, vero?» domandò la ragazza, guardandolo.

 

I'll cross the stream
I have a dream

 

«Certo» la rassicurò Garfield, prima di venire sballottato contro il sedile davanti.

«Quest’uomo non sa guidare» commentò Rachel, raddrizzandosi sul sedile, il momento magico rotto dalla guida pericolosa dell’autista, che aveva fatto un centimetro al battistrada.

«Concordo. Credi che arriveremo vivi a scuola?» domandò Garfield di rimando, artigliando i braccioli del suo sedile e temendo per la sua vita.

«Lo spero» sospirò la ragazza, adagiandosi sul sedile. «Garfield, non esagerare!» esclamò poi, notando la posizione del ragazzo.

«Tu puoi avere paura dell’aereo e io non posso avere paura di uno psicopatico alla guida di un minibus su una delle autostrade più intasate d’America?» domandò il ragazzo, alzandosi di scatto e voltandosi verso di lei.

«L’aereo è un altro discorso! Qua almeno abbiamo i piedi ben piantati a terra!» ribatté la ragazza, fronteggiandolo.

«Ti dirò, mi fido di più di una carcassa a diecimila metri d’altezza, piuttosto che di questo qui con le ruote a terra» replicò Garfield, sporgendosi verso di lei.

«Non vedo come questo autobus possa essere pericoloso. Non corriamo il rischio di precipitare da un momento all’altro» fece lei, sporgendosi a sua volta.

«Scusate? Siamo arrivati» si intromise il ragazzo spagnolo, Cesar. I due si resero improvvisamente conto della loro posizione: arrossirono entrambi e si allontanarono di scatto. «Grazie» mormorò Rachel, alzandosi e scendendo di fretta dall’autobus.

«Carina la tua ragazza» disse lo spagnolo a Garfield, che stava cercando di liberarsi dalla cintura di sicurezza. Sì, l’aveva davvero allacciata. Quell’uomo lo spaventava.

Il biondo alzò lo sguardo sorpreso, rosso come un peperone: «Ehm, no. C’è un errore, lei non è la mia ragazza. Siamo solo amici!»

Il ragazzo alzò un sopracciglio: «Certo.» Poi scivolò verso l’uscita, rincorso dall’altro ragazzo, che urlava: «Siamo solo amici! Non è la mia ragazza!»

«Chi non è la tua ragazza?» chiese Rachel, che era appena fuori dall’autobus ad aspettarlo (voleva semplicemente sfruttarlo per scaricare il trolley).

«Nessuno» borbottò Garfield, mentre lo spagnolo se la rideva.

«Come ti pare. Mi aiuti a scaricare la valigia?» commentò lei, guardandolo.

«Certo» rispose il ragazzo, raggiungendo il bagagliaio, solo per trovare che il trolley della ragazza era già stato scaricato da un orgoglioso François, che sorrideva raggiante.

«Questa?» domandò il ragazzo francese, guardando Rachel.

«Oh. Sì, grazie» rispose lei, disorientata, avvicinandosi per prenderla.

«La porto io, non ti preoccupare» si offrì il ragazzo, cominciando a trascinare via il trolley verso l’ingresso.

«Ma…» balbettò la ragazza, raggiungendolo. Era la sua valigia, santo cielo!

Garfield rimase fermo come un baccalà a guardare. Erano arrivati da nemmeno un’ora a New York e già quel tipo ci stava provando? Assurdo!

Quasi a leggergli nel pensiero, la ragazza francese gli si avvicinò e gli disse: «Mi dispiace. François è fatto così, quando vede una bella ragazza non può fare a meno di diventare così. Dovresti dirgli che è la tua ragazza.»

«No, lei non è la mia ragazza. Siamo solo amici» puntualizzò Garfield, voltandosi verso la ragazza, che si limitò ad annuire con aria saputa. «Se lo dici tu… Comunque faresti meglio a sbrigarti, stanno aspettando solo te.» E con questo si allontanò, raggiungendo il gruppo davanti all’ingresso.

«Cavolo!» imprecò il ragazzo, affrettandosi a scaricare la sua valigia e correndo fino all’ingresso.

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Capitolo 9
*** Lune ***


«Benvenuti, miei cari ragazzi!» esclamò il loro autista, spalancando le braccia. «Benvenuti alla Juilliard! Questa scuola sarà la vostra casa per i prossimi tre mesi. Conoscerete insegnanti e compagni a partire da stasera. Vi aspettiamo a cena per le otto, intanto il signor Weston vi mostrerà le vostre camere. Potete andare.» Fece un cenno ad un uomo dietro di lui, che scattò verso i ragazzi, mentre lui spariva all’interno della scuola.

I ragazzi si guardarono sconcertati, ma seguirono il signor Weston verso i dormitori. L’uomo non disse una parola durante tutto il tragitto.

«Garfield! Come hai potuto abbandonarmi in compagnia di quel francese?» sibilò Rachel, raggiungendo il biondo nelle retrovie, abbandonando François al suo monologo.

«Scusa, mica l’ho fatto apposta. Sembra simpatico» rispose il ragazzo, lanciando un’occhiata all’altro che, per nulla turbato dalla sparizione di Rachel, si era rivolto alla ragazza giapponese.

«Come no. Simpatico come un dito in un occhio, direi» commentò caustica la ragazza. «Non ha fatto altro che parlare di sé.»

«Come fa qualunque ragazzo che ci prova con una ragazza» ribatté Garfield.

«Bè, a me non piace» dichiarò Rachel, sdegnata. «Insomma, per quale motivo dovrei sapere vita, morte e miracoli di una persona tre secondi dopo che l’ho conosciuta?»

«Ma tu non sei come le altre ragazze, Rachel. A loro piace.»

«Non so che ragazze conosca tu, Logan, ma credimi, a quelle che conosco io non piace. Forse solo a Kori» replicò lei, secca.

Garfield scoppiò a ridere e tra le risa riuscì a dire: «Hai ragione. Ma sembra che Richard non abbia afferrato questo concetto.»

«Mio cugino è un alieno. Si è accorto che le piace da morire, ma niente. Non la trova minimamente interessante» disse la ragazza, con un sorriso.

«No, sul serio?!?» esclamò il ragazzo, sbalordito: questa non se l’aspettava. Tutti si aspettavano che quei due finissero insieme: lei era cotta di lui e lui era così gentile nei suoi confronti…

«Giuro. Non so che cosa abbia in testa quel ragazzo…» rispose Rachel, scuotendo la testa.

«No, infatti. Kori è così… Perfetta.»

«Già. Quindi è questo quello che hai detto alla Markov?» domandò la ragazza, incupendosi un po’.

«Cosa?» chiese il ragazzo, smarrito.

«Quando lei si è dichiarata. Le hai detto di no per via di Kori?» domandò Rachel, fermandosi poi dietro agli altri ragazzi del gruppo.

Garfield fece per rispondere, ma il signor Weston cominciò a parlare: «Le stanze sono separate tra ragazzi e ragazze, ma sono tutte vicine. Troverete i vostri nomi sulle porte. Ragazzi e ragazze si possono incontrare nelle ore diurne, ma sono vietati incontri dopo le undici di sera, all’interno dei dormitori. Il coprifuoco è mezzanotte, l’una nei weekend. Ci sono domande?»

Nessuno dei ragazzi osò aprire bocca, quindi l’uomo si limitò a dirigerli verso le scale. Dopodiché, sparì senza alcun rumore, proprio come era comparso.

 

«Wow» riuscì a sillabare Garfield, una volta entrato nella stanza. Per un momento gli passò di mente tutto quanto: Tara, Rachel che sapeva di Tara… Tutto. Quella camera era meravigliosa.

Si era ritrovato in una tripla, con il ragazzo giapponese e con quello russo ed era la stanza più grande che avesse mai visto. Era semplicemente enorme: c’erano tre letti, ben distanziati tra loro, una finestra enorme e un balcone. Inoltre c’erano anche tre scrivanie e tre armadi, oltre ad un bagno, nascosto dietro ad una porticina. Su ogni scrivania, a completare il tutto, un computer ultimo modello e, attaccato alla parete, un televisore ultrapiatto e gigantesco.

«E chi ci torna più a casa?» mormorò il biondo, facendo ridacchiare i due compagni. Il ragazzo sorrise, poi si diresse verso il letto laterale e disse: «Io prendo questo, è un problema?»

«No, affatto. Io prenderò questo» dichiarò Dimitri, sedendosi su quello centrale. Senza parlare, il ragazzo giapponese si avvicinò al letto restante.

I tre ragazzi cominciarono a svuotare le valigie, più che altro per togliersi il pensiero prima di scendere a cena. Quando finirono, mancavano ancora circa due ore alle otto, quindi Kota ruppe il silenzio: «Posso andare a farmi una doccia?»

«Ma certo, fai con comodo. Dopo ci sono io!» esclamò Garfield, alzando un braccio.

«Accidenti! Io sono l’ultimo… Vedete di lasciarmi dell’acqua calda» disse indispettito Dimitri, senza però riuscire a spaventare i due ragazzi, che ridacchiarono. Dopodiché il giapponese si eclissò nel bagno, lasciando i due nel silenzio della stanza.

«Quindi… Sei californiano. Scusa se te lo dico, ma di solito chi vive in California non è abbronzato da far paura e…» cominciò a chiedere il russo, per rompere il ghiaccio, ma si interruppe. Non sapeva come metterla sul piano giusto.

«E muscoloso?» terminò per lui Garfield, con un sorriso. «In realtà il sole non mi piace troppo e comunque mi scotto subito, quindi sono piuttosto pallidino, sì. Per quanto riguarda i muscoli… Bè, li ho, ma non faccio molto esercizio fisico al di fuori della scuola. Ma se vedessi i miei amici, sono sicuro che diresti che sono californiani.»

«Almeno sai surfare?» gli chiese Dimitri.

«Quello lo so fare» ammise con orgoglio il biondino, ripensando a certe surfate in compagnia di Richard, Victor, Garth e Roy. «E tu, invece? I russi non dovrebbero essere biondi e pallidi? Che ci fai con i capelli scuri?»

«Effettivamente tu sembri più russo di me» rise il ragazzo, causando una risata anche a Garfield. Quando si calmarono, Dimitri continuò il racconto: «In realtà, noi russi siamo quasi tutti scuri di capelli. I biondi tendono ad essere più nelle zone teutoniche, sai, Germania, Svezia, Danimarca…»

«Non l’avrei mai detto. Mi hanno sempre inculcato quest’idea…» commentò Garfield, pensando a tutto quello che gli era stato detto sui russi. Non molto, ma quel poco era bastato a dargli l’idea sbagliata.

«E a me hanno sempre trasmesso l’idea del californiano tipico. Direi che siamo molto meglio così, non pensi anche tu?» replicò Dimitri, con un sorriso.

«Hai ragione» sorrise a sua volta il biondo. Meno male che era finito in stanza con gente simpatica, pensò.

In quella, Kota uscì dal bagno e Garfield si affrettò a sgusciare dentro. Non vedeva l’ora di rinfrescarsi un po’!

 

Sotto la doccia, Garfield cominciò a cantare, come sua abitudine, ma non riusciva a concentrarsi sulle parole. Continuavano a venirgli in mente quelle di Rachel, poco prima. Aveva sentito Tara che gli si dichiarava, questo era ovvio. Ma quanto aveva sentito? Era arrivata al punto in cui lui diceva che lei era l’unica donna per lui? Da un certo punto di vista sperava di sì, così sarebbe stato più semplice sistemare la questione. Dall’altro, sperava con tutto il suo cuore in un no, perché sarebbe stato impossibile stare tre mesi accanto a lei… A meno che anche lei non ricambiasse i suoi sentimenti. Ma questo era possibile solo nei suoi sogni, si disse amaramente, abbandonando ogni fantasia su quanto sarebbe stato bello poter stare insieme a lei in quel senso.

Il suo flusso di pensieri venne interrotto da Dimitri, che bussava alla porta: «Garfield! Ti ha chiamato una ragazza, al cellulare!»

«Chi era?» urlò di rimando il ragazzo, spegnendo l’acqua e cominciando a strofinarsi i capelli con un asciugamano.

«Tara, ha detto. Le ho risposto e le ho detto che eri in doccia. Ha detto se la richiami appena hai finito» rispose il russo.

Tara l’aveva chiamato? Oddio! Si affrettò ad avvolgersi un asciugamano intorno ai fianchi, poi recuperò i vestiti sporchi e si lanciò fuori dal bagno. Rabbrividì leggermente per lo sbalzo di temperatura, ma in un attimo afferrò il telefono e compose il numero di Tara. Dimitri gli sorrise e poi entrò nel bagno.

Mentre il telefono squillava, Kota interrogava Garfield: «Questa Tara chi è? La tua ragazza?»

«No, ma… Oh, ciao, Tara! Mi hai chiamato?» iniziò a rispondere il biondo, rivolgendosi poi alla ragazza, che aveva finalmente risposto. Il giapponese si limitò a scuotere la testa, prima di tornare alle sue faccende.

Intanto, il biondo girovagava per la stanza, come suo solito e dopo aver misurato l’intera stanza, si spostò sul balcone. Mentre ascoltava la ragazza dall’altra parte raccontargli cosa era successo durante il suo primo giorno di assenza, lasciò vagare lo sguardo… Riusciva a vedere lo skyline di Manhattan: era uno spettacolo meraviglioso. Poco dopo, i suoi occhi incontrarono uno spettacolo se possibile ancora più meraviglioso: Rachel in accappatoio sul suo balcone, che era di fianco a quello del ragazzo. L’indumento era piuttosto corto e lasciava vedere le gambe della ragazza e i capelli scuri luccicavano nel tramonto. Per poco Garfield non lasciò cadere il telefono. Rachel sembrò sentire il suo sguardo, perché si voltò all’improvviso e lo salutò con un cenno della mano. Lui ne fece uno minuscolo in risposta, arrossendo. Lei sorrise, poi arrossì, notando l’abbigliamento dell’amico.

«Garfield? Mi stai ascoltando?» lo raggiunse all’improvviso la voce di Tara, come se provenisse da molto molto lontano.

«Ehm… Certo, mi stavi dicendo di… Roy, giusto?» cercò di salvarsi il ragazzo, distogliendo lo sguardo dalla ragazza di fronte a lui.

«In realtà ti ho chiesto come è stato il volo» ribatté seccata Tara.

«Oh. Ehm, è andato… Bene, direi.»

«Sul serio? Anche se c’era quella a farti compagnia?»

«Tara, ne abbiamo già parlato. Non parlare di lei in questi termini, sai come la penso» disse il ragazzo, improvvisamente serio. Quanto ancora doveva andare avanti quella storia, prima che Tara si rendesse conto che non avrebbe cambiato idea?

«Sì, Garfield, lo so. E secondo me stai facendo la scelta sbagliata.»

«Secondo me no. E ora ti saluto, devo andare a vestirmi» rispose il ragazzo, chiudendo poi la chiamata. Alzò di nuovo lo sguardo sul balcone di fronte, ma rimase deluso nel vedere che Rachel era sparita. Con un sospiro, tornò in camera, trovando sia Kota che Dimitri ad aspettarlo, impazienti.

«Che c’è?» domandò, allarmato, controllando che non ci fosse nulla di strano nella sua persona.

«Non ti senti in colpa a sentire un’altra ragazza quando hai la tua compagna, come si chiama? Rachel?» domandò Dimitri, esprimendo i pensieri suoi e del ragazzo giapponese, che annuì.

«Cosa? No, io e Rachel non stiamo insieme, no. Noi siamo solo… Amici» deglutì Garfield, incespicando sull’ultima parola.

«Amici» ripeté il giapponese, guardandolo scettico. «Da come la guardi sembra che siate più che amici.»

«No, ecco…» tentò di spiegare il biondo, ma venne interrotto da Dimitri: «Se non state insieme, allora cosa siete? Amanti?»

«No! Siete fuori strada! Insomma, io e Rachel…» Garfield venne salvato da un rumore alla porta: qualcuno stava bussando. Con sollievo indicibile, il biondo si lanciò alla porta e la spalancò, solo per trovarsi davanti Rachel e le sue compagne di stanza, la ragazza spagnola e quella italiana.

«Ciao, Rachel» mormorò Garfield, accasciandosi sulla porta.

«Tutto bene? Siamo passate a chiamarvi per la cena» disse la ragazza, cercando di sbirciare all’interno della stanza.

«Tutto a posto, andiamo pure» intervenne il russo, facendosi avanti e presentandosi per bene alle tre ragazze, prima di seguirle per le scale.

«Garfield, vieni?» si attardò a richiamarlo Kota, guardandolo strano.

«A-Arrivo» balbettò il biondo, ricomponendosi un minimo.

 

I ragazzi raggiunsero i loro compagni ad uno dei tavoli della mensa, François accogliendo l’arrivo delle tre ragazze con un sorriso smagliante. Garfield poté giurare di aver sentito Rachel gemere disperata.

I nuovi arrivati si sedettero e si guardarono intorno, ammirati. Quella mensa era davvero fantastica, sembrava un ristorante di lusso!

«Cosa si mangia?» domandò Cesar, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sua compagna, che lo rimproverò: «Ma pensi solo a mangiare?!?»

«Come antipasto abbiamo zuppa di verdure fresche» li informò una voce dal tavolo a fianco. I ragazzi alzarono lo sguardo e si trovarono davanti un ragazzo circa della loro età, con l’aria simpatica. «Era scritto fuori dalla mensa» spiegò, poi, allungando una mano. «Io sono Mark, piacere.»

«Piacere» mormorarono a loro volta i ragazzi, allungandosi per stringergli la mano e presentandosi. Stavano per aggiungere altro, quando iniziò il servizio e una decina di camerieri sfilò per la sala, con i piatti in mano.

Mark e i ragazzi si concentrarono sul cibo, che era delizioso.

«Ma siamo sicuri che questa sia una scuola?» domandò Fabrizio, mentre mangiavano una costina di maiale che sembrava sciogliersi in bocca.

«Se è solo un sogno, non svegliatemi!» esclamò Ines, facendo ridere tutti quanti.

«Cavoli, ragazzi, siamo stati davvero fortunati ad avere quest’occasione» osservò Garfield, posando la forchetta sui resti di insalata rimasti nel suo piatto: essendo vegetariano, era riuscito ad ottenere un’insalata mista strepitosa, al posto del maiale.

«Già, dobbiamo davvero ringraziare i nostri insegnanti. È grazie a loro se siamo arrivati a questo livello» commentò Noriko, pulendosi educatamente la bocca con il tovagliolo.

«Propongo un brindisi» disse con estrema serietà Klaus, sollevando il bicchiere. Tutti lo imitarono e si scambiarono un brindisi, mentre intorno a loro gli altri studenti della Juilliard li guardavano piuttosto sconcertati.

In quella, uno degli insegnanti si alzò dal tavolo e prese la parola: «Gentili studenti, date il benvenuto al nostro rettore, il professor Dickinson!» La porta si spalancò ed entrò… L’autista dell’autobus?

I quattordici ragazzi lo guardarono ad occhi aperti: lui era il rettore?!? C’era da stupirsi che la scuola fosse ancora intera e soprattutto che lo fosse la sua reputazione.

L’uomo parve accorgersi dei loro sguardi, perché rivolse loro un caloroso sorriso, prima di raggiungere i colleghi al tavolo degli insegnanti e fare cenno di continuare senza problemi. Molti studenti tornarono a mangiare il dolce, ma i nuovi arrivati non riuscivano a crederci.

Mark parve accorgersene, perché disse loro: «Immagino abbiate già conosciuto il rettore. È una persona… Originale, diciamo così.»

«Direi che è ancora troppo poco per definirlo» mormorò Rachel, ancora incredula. Quel pazzo furioso era il rettore della prima scuola di musica del mondo. Assurdo.

«Non fatevi ingannare, però. È un genio, a modo suo ed è grazie a lui e alla sua organizzazione se la nostra scuola gode della sua reputazione» li avvertì il ragazzo, prima di essere richiamato dai suoi amici. Si alzò e salutò tutti, poi se ne andò. I ragazzi rimasero ancora il tempo di mangiare il dolce, poi sfilarono fuori dalla sala, per raggiungere le loro camere.

«Rachel? Posso parlarti?» disse Garfield, una volta davanti alle loro porte. Ignorò gli sguardi maliziosi di Dimitri e Kota, che si affrettarono ad entrare in camera, ridacchiando.

«Certo. Arrivo tra poco, ragazze» rispose lei, facendo un cenno alle sue compagne di stanza, che annuirono ed entrarono in camera.

 

Rachel e Garfield arrivarono nel piccolo atrio del dormitorio, la zona franca per gli incontri tra ragazze e ragazzi. Si sedettero su due poltrone, uno di fronte all’altra e rimasero a fissarsi in silenzio per un po’.

Alla fine, fu Rachel a rompere il silenzio: «Allora, cosa dovevi dirmi?»

Garfield parve cadere dalle nuvole. Riacquistò un minimo di compostezza e si schiarì la voce: «Tu hai sentito quello che mi ha detto Tara.»

Era un’affermazione, non una domanda, ma Rachel annuì comunque.

«Hai sentito anche quello che le ho detto io?» continuò il ragazzo, rosso come un peperone.

«Solo in parte. Un ragazzo è entrato in aula e io ho dovuto fingere di fare qualcosa. Vi ho sentiti dalla finestra dell’aula di coro» ammise la ragazza, per nulla imbarazzata.

Garfield azzardò la domanda da cento milioni di dollari: «Cosa hai sentito?»

«Solo che non avevi capito cosa avesse detto. Ma avevi molto un tono da no. Le hai detto di sì? Perché allora ritiro tutto quanto quel che ho detto prima su Kori» rispose Rachel, giocherellando con una delle cuciture della poltrona.

«Solo questo?» mormorò il ragazzo, sollevato all’inverosimile, lasciandosi andare contro lo schienale. Era salvo. Per ora.

«Sì, perché? Comunque mi scuso per aver origliato, non avrei dovuto farlo.»

«Non ti preoccupare, non è successo nulla. Bene, credo sia meglio andare a dormire, no?» esclamò Garfield, alzandosi in piedi.

«Già, sta per scattare il coprifuoco. Non dobbiamo farci vedere insieme dopo le undici, ricordi?» disse la ragazza, davanti alla sua faccia stupita. Si era già dimenticato del coprifuoco, non essendo abituato ad averne.

«Hai ragione. Buonanotte, Rachel» disse il ragazzo, sfiorandole leggermente la spalla con la mano, prima di lasciarla ai piedi della scala. Lei ricambiò il saluto, ma si fermò dopo qualche passo. «Non vai a dormire?»

«No… Vado a fare due passi. Devo distrarmi un momento da alcuni pensieri e in camera con quei due sarà impossibile.»

«Sembrano simpatici» osservò lei.

«Lo sono, ma… Preferisco stare solo per un po’.»

«Capisco. Buonanotte, Garfield. A domani» concluse lei, agitando la mano e sparendo su per le scale.

«Rachel!» esclamò all’improvviso il ragazzo.

Lei fece capolino da dietro l’angolo. «Che c’è?» chiese, allarmata.

«Comunque… A Tara ho detto di no. E non è per via di Kori. Buonanotte» disse il ragazzo, serio. Si voltò ed uscì, evitando di guardarla negli occhi, che erano sgranati. Era anche sul punto di arrossire, chissà per quale ragione. Si ricompose e corse in camera.

 

Garfield uscì in giardino e si sedette su una panca, pensando, ignaro che qualcuno lo stesse osservando.

Sopra di lui, infatti, affacciato alla finestra stava François. Il ragazzo francese aveva captato una certa elettricità tra Garfield e Rachel e aveva tratto le sue (giuste) conclusioni: a Garfield la ragazza piaceva e anche tanto, mentre lei per il momento non sembrava interessata. Povero ragazzo, pensò malignamente. Sottovoce, cominciò ad intonare una canzone dal musical più famoso di Francia, “Notre Dame de Paris”.

 

Lune

Qui là-haut s'allume

Sur

 Les toits de Paris

 Vois

 Comme un homme

 Peut souffrir d'amour

 Bel

 Astre solitaire

Qui meurt

 Quand revient le jour

Entends

 Monter vers toi

La chant de la terre

Entends le cri

 D'un homme qui a mal

Pour qui

Un million d'étoiles

 Ne valent

Pas les yeux de celle

 Qu'il aime

D'un amour mortel

 Lune

 

Era evidente che il ragazzo biondo sotto di lui stava soffrendo per la ragazza californiana. La luna gli era testimone e anche lui. François represse un risolino.

 

Lune

Qui là-haut s'embrume

 Avant

 Que le jour ne vienne

 Entends

 Rugir le cœur

 De la bête humaine

C'est la complainte

De Quasimodo

Qui pleure

 Sa détresse folle

Sa voix

Par monts et par vaux

S'envole

Pour arriver jusqu'à toi

Lune

 Veille

Sur ce monde étrange

Qui mêle

 Sa vois au coeur des anges

 

Quella Rachel era davvero bella, ma piuttosto tonta, ragionò ancora il ragazzo. Non si sarebbe stupito di sentir piangere il ragazzo sotto di lui, era davvero disperato. Ma come faceva a non accorgersi di lui?

 

 Lune

Qui là-haut s'allume

Pour

Eclairer ma plume

Vois

 Comme un homme peut souffrir d'amour

 D'amour

Chiaramente doveva piacerle qualcun altro. L’indomani si sarebbe adoperato per scoprire chi, anche se era piuttosto sicuro che fosse lui. Nessuna ragazza poteva resistergli.

Lanciò un ultimo ghigno malefico al biondo sotto di lui, poi chiuse la finestra e si ritirò.

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Capitolo 10
*** Keep holding on ***


Rachel entrò in camera cercando di non fare rumore, per evitare di svegliare le sue coinquiline, ma le sue precauzioni furono vane: le due ragazze erano perfettamente sveglie e chiacchieravano allegramente tra di loro.

La ragazza lasciò andare il fiato che non si era resa conto di trattenere e si abbandonò sul suo letto. Clara e Ines la guardarono, incuriosite, poi la ragazza italiana si arrischiò a chiederle: «Tutto bene?»

«Più o meno» rispose Rachel.

«Cosa è successo?» chiese curiosa Ines.

«Ines!» esclamò Clara, scandalizzata dalla sua mancanza di tatto.

Rachel si tirò su per guardare le sue compagne di stanza e scoppiò a ridere nel vedere le loro facce. Le due ragazze la fissarono, poi scoppiarono a ridere con lei. Quando si furono calmate, Rachel decise di rispondere alla domanda della ragazza spagnola: «Ho parlato con Garfield, ma è stata una conversazione piuttosto… Strana?»

«Se non lo sai tu, tesoro» commentò la spagnola, più che soddisfatta dalla risposta.

«Hai ragione. È stata strana» ammise Rachel, ridacchiando.

«Ma voi due state insieme?» chiese Clara, buttando all’aria l’idea di ragazza discreta che Rachel si era fatta di lei.

La ragazza americana arrossì di botto alla domanda. «No!» esclamò, poi.

«Strano, sembrate così affiatati. E poi si vede chiaramente che tu gli piaci» si intromise Ines, arrotolandosi con aria annoiata un ricciolo intorno al dito.

«Come?!?» strillò Rachel, diventando, se possibile, ancora più rossa.

«Non te ne sei accorta? Ma è chiaro!» esclamò stupita l’italiana, sgranando gli occhi verdi.

«State scherzando, vero?» chiese la ragazza, fissandole a ripetizione.

«Assolutamente no. Vi abbiamo visto per pochissimo tempo, eppure si capisce subito» spiegò la spagnola, cominciando ad infilarsi nel letto.

«Già, è un ragazzo piuttosto semplice da leggere» confermò Clara, seguendo l’esempio dell’altra ragazza e sollevando il lenzuolo candido. «Comunque, credo faresti meglio a tenertelo stretto. È un bel ragazzo e non escluderei che qualcuno possa provarci con lui. Anzi, qualcuna.»

Rachel guardò le due compagne di stanza mentre le auguravano la buonanotte e spegnevano le loro abat-jour. Non potevano dire sul serio, giusto? Insomma, era ridicolo. Garfield… Innamorato di lei? No, no, era un errore, ovviamente.

Continuò a pensarci mentre si infilava il pigiama e anche una volta sotto le lenzuola, non riuscì a chiudere occhio. Dopo un’ora passata a rigirarsi, decise che non aveva sonno. Si alzò e raggiunse la scrivania. Silenziosamente, accese il suo computer e in breve si connesse ad Internet.

 

Sbirciò le due compagne di stanza, beatamente addormentate, poi avviò il programma di messaggistica istantanea. Controllò l’ora: erano le due di notte, quindi a Jump erano le undici. Perfetto, sia Richard che Jennifer erano ancora svegli.

 

_rach_: Jess, sei sveglia?

Jinx_98: Rach! Certo che sono sveglia! Tu, invece, che ci fai sveglia?

_rach_: Secondo te Garfield è innamorato di me?

Jinx_98: Cosa?!?

_rach_: Jess, hai capito. Sì o no?

Jinx_98: …

_rach_: Jess!

Jinx_98: Ooooh, com’è tardi ^^” Devo proprio andare a dormire! Ciao Rach!

Jinx_98 è offline

 

«Maledizione» imprecò Rachel sottovoce, augurando ogni sorta di incidente alla sua presunta migliore amica.

Sbuffando di rabbia, aprì la chat con il cugino.

 

_rach_: Rich, sei sveglio?

night_rich: Ehi, allora sei viva!

_rach_: Non sono in vena di sarcasmo, Rich.

night_rich: Oh, come siamo tetre… Rach, hai mangiato stasera?

_rach_: Cosa…? Sì, ho mangiato. Rich, non ho tempo da perdere. Garfield è innamorato di me?

night_rich: Scusa un secondo, mi sta chiamando la mamma.

night_rich non è al computer

 

«Anche lui? Qui c’è sotto qualcosa. E l’unica che può dirmelo è Kori» mormorò la ragazza, scorrendo l’elenco degli amici online e trovando la ragazza dai capelli rossi.

 

_rach_: Kori, sei sveglia?

*brightstar*: Rach! Cm va a NY?

_rach_: Tutto bene, Kor, ma adesso mi serve sapere se Garfield è innamorato di me.

*brightstar*: ehm… nn posso dirtelo… è un segreto…

_rach_: Kori, ti prego!

*brightstar*: prometti di nn dire a gar ke te l’ho dtt?

_rach_: Prometto.

*brightstar*: gli piaci tantissimo

_rach_: Sei sicura?

*brightstar*: l’ho sentito con qst orecchie, credimi. Ora scs ma dv andare. Ciao :*

_rach_: Ciao Kori, grazie.

*brightstar* è offline

 

“Chattare con Kori mi fa sempre venire il mal di testa. Non le hanno detto che le abbreviazioni sono passate di moda?” si chiese la ragazza, uscendo dal programma, prima di essere contattata da quell’idiota di Harper o altri. Non era in vena di chiacchiere.

Guardò lo schermo spegnersi, poi restò immobile nel buio per qualche secondo a digerire l’informazione ricevuta da Kori.

“Io piaccio a Garfield. Io. Piaccio. A Garfield. A Garfield” pensò, cercando di calmarsi. Sentì la subdola voce della sua coscienza interferire: “Continuare a ripeterlo non cambierà la realtà, sai? E poi ammettilo, piace anche a te. Se no perché gli avresti raccontato di tua madre?” “Zitta, coscienza!”

La ragazza si portò le mani alle tempie, massaggiandole delicatamente. Doveva stare calma. Di sicuro sarebbe riuscita ad affrontare la situazione, giusto? Lentamente, si alzò dalla scrivania, recuperò l’iPod dalla borsa e si infilò nel letto con le cuffiette nelle orecchie. Armeggiò un po’ con il tasto di accensione, che ultimamente aveva deciso di incantarsi ogni tre per due, poi si accomodò contro il cuscino, lasciando che la musica l’avvolgesse.

 

You're not alone
Together we stand
I'll be by your side, you know I'll take your hand
When it gets cold
And it feels like the end
There's no place to go
You know I won't give in
No I won't give in

Proprio quella canzone, doveva selezionare il suo stupido iPod? Quelle erano le parole che le avrebbe detto Garfield, in quel momento, ne era sicura. Non poteva pensare a lui, in un momento come quello. Non doveva. Eppure non riusciva a costringersi a premere il tasto che avrebbe fatto partire la canzone successiva.


Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
There's nothing you could say
Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through

Sostanzialmente era quello che le aveva fatto capire in ospedale, quando l’aveva abbracciata. Insieme ce l’avrebbero fatta, lei avrebbe dovuto tenere duro, in qualunque caso, qualsiasi cosa fosse accaduta. E lui sarebbe stato con lei, in tutto. Sentire quelle parole le fece salire le lacrime agli occhi, che si affrettò ad asciugare con il lenzuolo.


So far away
I wish you were here
Before it's too late, this could all disappear
Before the doors close
And it comes to an end
With you by my side I will fight and defend
I'll fight and defend
Yeah, yeah

Lei si fidava di lui. Ovvio, gli aveva raccontato di sua madre. Sapeva che sarebbe rimasto accanto a lei. Ma ci sarebbe stato un momento in cui lei si sarebbe chiesta dove fosse? Sperava di no, era un segno di debolezza. “Ma non ho problemi a mostrarmi debole davanti a lui. Perché con lui al mio fianco so che posso farcela” pensò, ricordando quanto era accaduto all’ospedale e anche a scuola, quando lui l’aveva vista piangere per quell’idiota di Jason.


Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it thr
ough
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
There's nothing you could say
Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through

Lui l’aveva aiutata in entrambi i casi. L’aveva addirittura protetta da Jason! E quel ragazzo era almeno il doppio di lui… Sì, probabilmente con lui ce l’avrebbe fatta. Bastava resistere.


Hear me when I say, when I say I believe
Nothing's gonna change, nothing's gonna change destiny
Whatever's meant to be will work out perfectly
Yeah, yeah, yeah, yeah

La da da da
La da da da
La da da da da da da da da

Era una persona così sincera… Le aveva confessato senza timore che aveva rifiutato la Markov. Che bisogno aveva di dirlo proprio a lei? Eppure gliel’aveva detto. Sicuro che lei avrebbe capito i sottointesi e cosa avrebbe significato per loro.


Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
There's nothing you could say
Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through


Keep holding on
Keep holding on

Loro? Da quando erano diventati un “noi”? Lei era Rachel e lui era Garfield. Non poteva esserci un “noi”. Non secondo logica,almeno. Lei era una gotica asociale, che era legata a solo due persone. Lui era solare, aperto, circondato da amici. Diametralmente opposti. Eppure tutto sembrava indicare che loro due fossero perfetti insieme, complementari. Come il giorno e la notte, il ghiaccio e il fuoco…


There's nothing you could say
Nothing you could do
There'
s no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through

 

Mentre l’iPod passava alla canzone successiva, Rachel scivolò lentamente nel sonno, le parole della canzone mescolate con i suoi pensieri…

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Capitolo 11
*** Time is running out ***


Mentre Rachel si tormentava in camera sua su quanto aveva appena scoperto, anche Garfield, nel buio della sua stanza, pensava.

Ripensò alla conversazione avuta con Rachel e a quella via computer, subito dopo, con  Tara. Appena era rientrato in camera, dopo la sua solitaria passeggiata, aveva acceso il pc e avviato il programma di messaggistica istantanea. Voleva soltanto parlare con Victor e Richard, ma Tara l’aveva salutato prima che potesse disconnettersi.

 La conversazione era stata piuttosto pesante: Tara aveva rinnovato la sua dichiarazione e lui si era trovato costretto a ripeterle i motivi del suo rifiuto. Questo l’aveva fatta infuriare non poco, lo si vedeva chiaramente dal suo modo di scrivere. Poi la ragazza era passata al contrattacco: aveva iniziato ad elencare i difetti di Rachel, difetti iperbolicamente esagerati, con il chiaro intento di provocarlo.

Ma lui non aveva ceduto a quel gioco meschino e si era rifiutato di raccogliere le insinuazioni, chiudendosi in un mutismo che aveva finalmente fatto cedere la bionda, dall’altra parte del paese. L’aveva salutato in un modo che sembrava più minaccioso che amichevole, ma il ragazzo non ci aveva fatto troppo caso. La sua mente era già attorno all’orbita del pianeta Rachel.

Si rigirò nervosamente nel letto, aggrovigliandosi dentro le lenzuola. Tentò di prendere sonno, ma proprio non ce la fece. Allora si alzò e raggiunse l’iPod sul comodino.

Tornò a sdraiarsi nel letto e accese il riproduttore di mp3.

 

Chiuse gli occhi, mentre le note familiari della sua canzone preferita lo avvolgevano.

 

I think I'm drowning
Asphyxiating
I wanna break the spell
That you've created

I Muse erano davvero geniali… Quella era l’esatta sensazione che provava in quel momento: era sotto l’incantesimo di Rachel, nulla riusciva a liberarlo. Era una strana sensazione, come di asfissia, ma era una bella sensazione. Non l’avrebbe scambiata per nulla al mondo.


You're something beautiful
Acontradiction
I wanna play the game
I want the friction

Rachel era… Bellissima.

Semplicemente bellissima. Una cosa che andava contro quello che diceva il resto della scuola, che la riteneva semplicemente un tipo, una fra tante. Tale opinione derivava probabilmente anche dal suo comportamento, schivo, quasi minaccioso, nei confronti di chiunque tentasse di avvicinarla.

Ma lui aveva accettato questa sfida ed era riuscito ad avvicinarsi a lei e a superare la barriera che si era creata.


You will be
The death of me
Yeah, you will be
The death of me

Ne era certo, quella ragazza lo avrebbe distrutto, a lungo andare. Doveva assolutamente fare qualcosa.


Bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it

Qualcosa che prevedeva l’annullamento dei pregiudizi della ragazza nei suoi confronti. Avrebbe fatto breccia nel suo cuore, non le avrebbe permesso di schiacciarlo sotto il peso del suo rifiuto. Non le avrebbe permesso di uccidere l’amore.


Our time is running out
And our time is running out
You can't push it underground
We can't stop it screaming out

Il tempo stava correndo veloce. Tre mesi erano pochissimi, doveva agire. E Rachel non sarebbe riuscita a soffocare i suoi sentimenti. In tre mesi, Garfield ne era certo, sarebbe riuscito a farla capitolare.


I wanted freedom
But I'm restricted
I tried to give you up
But I'm addicted

Aveva provato a non pensare a lei, sul serio. Ma non ce l’aveva fatta. Aveva anche tentato di farsi piacere Tara, per non doverle dare una delusione, ma era stato tutto vano. Rachel era la sua droga.


Now that you know I'm trapped
Sense of elation
You'll never dream of breaking this fixation
You will squeeze the life out of me

Aveva quasi confessato tutto a Rachel, quella sera.

Si mosse con uno scatto nervoso, ripensando a quello che le aveva detto. C’era mancato pochissimo: ancora due minuti e lei avrebbe scoperto tutto.

Quella cosa l’avrebbe fatto impazzire!


Bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it

Our time is running out
And our time is running out
You can't push it underground
We can't stop it screaming out

How did it come to this

Lo sapeva benissimo, come ci era arrivato a quel punto.

Era stato un processo lento, di corrosione interna. Eppure era una corrosione positiva. Era contento di quel sentimento.


You will suck the life out of me

Anche se gli sembrava che lei gli stesse rubando tutta la sua vita, come un vampire che succhia il sangue.


Bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it

Our time is running out
And our time is running out
You can't push it underground
We can't stop it screaming out

How did it come to this

 

Anche una volta terminata la canzone, Garfield continuo a risentire le parole risuonargli nel cranio: il tempo stava scivolandogli attraverso le dita, aveva solo tre mesi.

Colpito da un’illuminazione, si alzò a sedere sul letto e quasi si strappò le cuffiette dalle orecchie. Dopodiché balzò in piedi e accese tutte le luci della stanza, strillando: «Ragazzi! Ho bisogno di voi!»

Kota e Dimitri si nascosero sotto le lenzuola con dei mugolii che volevano essere dei rimproveri.

Notando la loro scarsa attitudine a collaborare, il ragazzo biondo si avvicinò ai loro letti e gli strappò via le lenzuola. I due, indifesi, dovettero aprire gli occhi.

 

«Garfield? Che succede?» bofonchiò assonnato il russo, gli occhi semiaperti.

«Ragazzi, mi serve una mano!» gridò entusiasta il biondo, prendendo la sua sedia e portandola accanto a quelle dei compagni, creando un circolo. Poi, con estrema impazienza, trascinò i due poveri ragazzi sulle rispettive sedie.

«Una mano con cosa? Garfield, che stiamo facendo alle… Tre e mezza del mattino?!?» esclamò Kota, guardando l’orologio e sgranando gli occhi.

«Stiamo facendo, mio ingenuo ragazzo, un consiglio di guerra» dichiarò serio Garfield, fissando tutti e due.

I due si guardarono con un’espressione che diceva chiaramente che lo credevano ammattito.

«Ragazzi, ho solo tre mesi di tempo per conquistare Rachel. Ho bisogno di voi!» gemette il ragazzo, accasciandosi sulla sedia e prendendosi la testa tra le mani.

Dimitri e Kota si guardarono, poi il ragazzo giapponese si sporse verso il compagno americano e disse: «Se ci fai tornare a dormire, domani ti aiuteremo. D’accordo?»

Il biondo si rialzò immediatamente dalla depressione e con un sorriso enorme guardò i due amici: «Davvero?»

«Davvero» confermò Dimitri. «Ma adesso fammi tornare nel mio letto.»

«Ragazzi, grazie mille!» esclamò Garfield, facendo per abbracciarli. I due, però, si erano già prontamente allontanati ed erano tornati nei loro letti, così il biondo si ritrovò ad abbracciare l’aria.

Si ricompose, spense la luce e si infilò nel letto.

 

Rachel sarebbe stata sua.

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Capitolo 12
*** My heart will go on ***


Il mattino dopo iniziarono le lezioni.

Per cominciare, il professor Miller, l’insegnante di canto cui erano stati affidati, li portò a visitare la scuola per aiutarli ad ambientarsi. Dire che quel posto era enorme era riduttivo: c’erano corridoi lunghissimi che portavano ad aule enormi, che ospitavano pochissimi studenti, i migliori della nazione e del mondo, che erano riusciti ad entrare in quella prestigiosa scuola.

Terminato il tour, che li aveva lasciati davvero impressionati, i ragazzi vennero introdotti in un’aula dotata di banchi singoli, tutti direzionati verso una pedana sopraelevata, dietro la quale campeggiavano due lavagne nere.

«Bene, ragazzi. Questa sarà la vostra aula, per i prossimi tre mesi. Ogni giorno ci incontreremo qui alle nove, puntuali» disse il professore, scoccando uno sguardo significativo a Garfield, che si era già fatto riconoscere a colazione, arrivando in ritardo di dieci minuti. Il ragazzo arrossì lievemente, fingendo poi che la cosa non lo riguardasse.

«Cominceremo con due ore di lezione teorica, seguita da un’ora di esercitazione. Dopodiché ci sarà la pausa pranzo, di due ore e poi ci saranno le lezioni pomeridiane. Per le  prime due settimane, queste lezioni verranno usate per testare le vostre capacità e verificare le vostre potenzialità, poi diventeranno individuali e a quel punto vi verrà consegnato un calendario. Tutto chiaro?» concluse l’insegnante, osservandoli tutti, cercando di incutere timore.

I ragazzi annuirono, un po’ preoccupati da quello che prometteva di essere un programma di fuoco, ma tutto sommato entusiasti e volenterosi di iniziare.

Detto fatto, il signor Miller partì in quarta, quasi senza lasciar loro il tempo di tirar fuori penne e quaderni.

 

«Io non arriverò vivo alla fine di questi tre mesi…» gemette Garfield, trascinandosi fuori dall’aula insieme agli altri ragazzi, non appena suonò la campana che segnava l’inizio della pausa pranzo.

«Dai, non esagerare. Era interessante!» ribatté Fabrizio, dandogli una sonora pacca sulla spalla.

«Quasi quanto guardare il ghiaccio sciogliersi o la vernice seccarsi» borbottò il biondino, strappando una risata all’italiano e ai suoi due compagni di stanza, che lo seguivano.

«Sei sempre il solito, Garfield. Abbiamo un’occasione d’oro e tu ti lamenti» commentò Rachel, passandogli accanto con Ines e Clara, che sorridevano.

Il ragazzo sussultò, raddrizzandosi. «Non è vero che mi lamento sempre!» si lamentò.

Rachel si limitò a sorridere saputa, prima di allungare il passo, imitata dagli altri ragazzi, che stavano morendo di fame.

Garfield la fissò.

«Amico, se continui così, la consumerai. E non è in questo modo che la conquisterai» gli bisbigliò Dimitri all’orecchio, facendolo sobbalzare.

«Tsk, non credo ci riuscirebbe comunque» intervenne una voce dalla marcata erre moscia.

«Nessuno ha chiesto il tuo parere, Français!» lo redarguì il russo.

«Io mi chiamo François» precisò il francese, prima di superarli con uno sguardo sprezzante.

«Come se non lo sapessi, mangialumache che non sei altro» ribatté Dimitri, a voce abbastanza alta perché lo sentisse anche l’altro ragazzo.

«Tu ne vali dieci di lui, Gar» lo rassicurò Kota.

«Solo dieci?» intervene Fabrizio, che era rimasto lì con loro. «Direi almeno venti!»

«Grazie, ragazzi» disse Garfield, con un debole sorriso, accelerando in vista del portone della mensa.

 

Una volta entrati, Garfield vide con orrore e raccapriccio che François si era seduto accanto a Rachel e che le stava parlando fitto fitto.

Il francese dovette sentire su di sé uno sguardo omicida, perché sollevò il proprio e lanciò un’occhiata di sfida al biondo, prima di tornare a parlare, o meglio, monologare, con Rachel.

Stizzito, il ragazzo si affrettò a prendersi un piatto e a servirsi dal buffet, ma, mentre si voltava per raggiungere il tavolo, travolse una ragazza.

Per un puro miracolo riuscì a salvare sia il suo piatto che la ragazza.

«Scusami, ti sei fatta male?» domandò, preoccupato.

«No, non è niente. Sono io che ero distratta, scusa tu» rispose lei, con un timido sorriso.

«Sei sicura? Niente di rotto… » continuò Garfield, cercando di ricordare il suo nome. Era la ragazza russa, ma come accidenti si chiamava? Anastasia? Anita? Alessia? No, Alessia non era un nome russo… Era Al…

«Alexandra» lo soccorse lei, con un sorriso un po’ più convinto.

«Ma certo, lo sapevo!» esclamò lui, facendola ridere e ridendo a sua volta.

«Certo, sicuramente» lo prese infatti in giro la ragazza. «Bé, buon appetito, Garfield, ci vediamo dopo.»

«A dopo» rispose il biondo, guardandola allontanarsi e sedendosi accanto ai suoi compagni di stanza.

Ma Garfield non fu il solo a guardare la ragazza allontanarsi sinuosa tra la folla. Anche un paio di occhi azzurro-viola la stavano fissando, con un barlume di quel che si sarebbe detta gelosia.

 

«Qualcuno ha fatto colpo, eh!» esclamò Dimitri, non appena l’amico posò il piatto accanto al suo, dandogli una gomitata che quasi gli fece infilzare la forchetta nella mano di Fabrizio, seduto dall’altra parte.

«Che stai dicendo?» domandò Garfield, confuso.

«Lascialo perdere, Dim, lo sai che per lui esiste solo una persona» lo prese in giro Fabrizio, scuotendo la testa con falsa commiserazione.

«Hai ragione, povera Alex…» commentò il russo, imitando il gesto dell’altro ragazzo.

«Come?» chiese ancora Garfield, con un’espressione totalmente smarrita.

«Lasciamo perdere…» borbottò Dimitri.

«Dai, ragazzi, almeno è coerente con se stesso» fece notare Kota, intervenendo in difesa del suo amico.

«Già, hai ragione» annuirono gli altri due.

Garfield rimase nell’ignoranza più totale, facendo passare lo sguardo da un amico all’altro, ma senza ottenere chiarimenti. Decise che l’avrebbe scoperto più tardi, al momento l’importante era mangiare, la fame lo stava divorando.

«Garfield, scusa, mi passeresti il sale?» La domanda lo colse alla sprovvista e alzò lo sguardo su Rachel, davanti a lui, in attesa. Non si accorse però di avere in bocca un’enorme foglia di insalata, che sporgeva attraverso i denti serrati. L’unica cosa che si risolse di fare, fu di passare il sale alla ragazza, che lo guardò in modo piuttosto strano.

Accanto a lui, Kota, Dimitri e anche Fabrizio si diedero una manata in faccia, scuotendo la testa.

François soffocò una risatina.

“Che la terra mi inghiotta. Ora” pensò disperato il ragazzo, deglutendo e mangiando il resto in fretta e furia, per uscire il prima possibile dalla sala. Un minuto dopo era già fuori, gli altri che lo guardavano interrogativamente.

 

Garfield raggiunse il giardino interno e si sedette su una panca, nel sole di settembre che ancora scaldava. Non tanto come in California, ma quel tanto che bastava a farlo sentire di buon umore.

Passò del tempo e lui stava per assopirsi, quando sentì qualcuno sederglisi accanto, con un lieve fruscio di stoffa. Non osò aprire gli occhi.

Ci fu silenzio per qualche minuto.

«Hai sentito qualcuno degli altri?»

La domanda giunse talmente inaspettata che il ragazzo aprì gli occhi e si voltò verso la sua interlocutrice. «Come?»

Lei lo guardò come se fosse stupido, prima di ripetere la domanda.

«Sì, ho scambiato qualche messaggio con Vic e poi… Mi ha chiamato Tara» ammise il biondo, evitando di guardare Rachel negli occhi.

«Davvero?» chiese la ragazza, sorpresa.

«Sì» confermò lui, con un che di depresso nella voce.

«Bé, era prevedibile» commentò Rachel, scuotendo la testa.

«Già» sospirò il biondo.

Ci fu un nuovo momento di silenzio.

«Simpatica, Alexandra, vero?» Fu di nuovo Rachel a romperlo.

Garfield sollevò lo sguardo su di lei, incontrando i suoi magnetici occhi azzurro-viola.

Il ragazzo la studio per qualche secondo, cercando di decifrare la sua espressione. Dopodiché si costrinse a rispondere: «Sì, molto simpatica. Calcolando che l’ho quasi uccisa, devo dire che è stata davvero gentile.»

Perfetto. Niente di troppo compromettente.

Allora perché Rachel sembrava più furiosa che mai?

Il biondo fece per chiederle a cosa stesse pensando, ma in quel momento arrivò Maria, la ragazza austriaca, che li avvisò che la lezione stava per cominciare e che avrebbero fatto meglio a sbrigarsi.

Rachel si alzò di scatto, lisciandosi la gonna e seguendo la ragazza, senza più nemmeno badare al compagno.

“Chi la capisce è davvero bravo!” pensò lui, seguendola a ruota.

 

«Bene, ragazzi. Adesso vorrei sentire ognuno di voi cantare, per capire se i vostri insegnanti non vi hanno sopravvalutati, nel mandarvi qui» esordì il professor Miller, quando tutti furono in aula.

«Cosa crede, che siamo qui solo per sport?» bisbigliò indignato Cesar al suo vicino, Klaus.

«Signor Martinez, ha qualcosa da dire?» lo richiamò l’insegnante.

«No, niente. Mi scusi» borbottò il ragazzo, imbarazzato, incrociando le braccia e scivolando un po’ sulla sedia.

«Molto bene. Allora possiamo incominciare. Dunque, per primo…» riprese il professore, scorrendo l’elenco. «Ah, signorina Garcia. Prego.»

Ines si alzò leggermente titubante dal suo posto e raggiunse il signor Miller sulla pedana.

«Dunque, lei è stata raccomandata caldamente dal suo insegnante, che conosco personalmente. Bravissima persona, di solito i suoi allievi sono sempre stati all’altezza delle mie aspettative e di quelle della scuola. Spero che lei possa fargli onore. Per questo le chiedo un pezzo piuttosto difficile. Penso ne conosca le parole, si tratta di “My heart will go on” di Céline Dion. Cominci pure» disse l’insegnante, facendo partire la base musicale dall’impianto stereo e accomodandosi alla cattedra, con un blocco in mano per segnarsi eventuali punti negativi.

 

Every night in my dreams
I see you, I feel you,
That is how I know you go on

Ines cominciò a cantare piano, proprio come Céline Dion.

Garfield non poté fare a meno di sbirciare verso Rachel, quella canzone gli faceva pensare a lei... Chissà cosa l’aveva spinta a fargli quelle domande, prima.


Far across the distance
And spaces between us
You have come to show you go on

Era vero, tra loro c’era ancora molta distanza, riconobbe il ragazzo. Ma gli sembrava che lei stesse facendo dei passi in più per avvicinarsi a lui. Era venuta lei a cercarlo, prima, no?


Near, far, wherever you are
I believe that the heart does go on
Once more you open the door
And you're here in my heart
And my heart will go on and on

Rachel sentì il proprio cuore balzarle in gola, senza nemmeno volerlo. I pensieri iniziarono a vagare e si ritrovò a pensare a Garfield. Non poteva negare che le facesse piacere sapere che lui era interessato a lei, ma… Ma lei cosa provava? Le aveva dato fastidio vedere Alexandra flirtare con lui, doveva ammetterlo. Ma Garfield era suo amico, era normale, no?


Love can touch us one time
And last for a lifetime
And never let go till we're one

Nel suo caso era decisamente successo, decise Garfield. Certo, era giovane, giovanissimo, ma era abbastanza sicuro che Rachel fosse quella giusta. Non era una cotta. Era decisamente di più.


Love was when I loved you
One true time I hold to
In my life we'll always go on

Rachel non poté fare a meno di pensare a sua madre. Quello era amore. Ma per Garfield cosa provava?


Near, far, wherever you are
I believe that the heart does go on
Once more you open the door
And you're here in my heart
And my heart will go on and on

Garfield dovette ammettere che era così. Ovunque Rachel fosse e qualunque cosa facesse, ormai era nel suo cuore. Non ci poteva far nulla e man mano che i giorni passavano, la sentiva sempre più presente.


You're here, there's nothing I fear,
And I know that my heart will go on
We'll stay forever this way
You are safe in my heart
And my heart will go on and on

 

I due ragazzi incrociarono gli sguardi, involontariamente. Entrambi arrossirono e si voltarono verso Ines e il professore, che le stava facendo un paio di appunti, nonostante nel complesso fosse rimasto soddisfatto della sua performance.

Le loro mosse, però, non passarono inosservate ai loro compagni di stanza, che si prepararono ad affrontare i due nell’intimità delle loro camere. Per Garfield ormai era chiaro che non ci fosse più speranza, ma Rachel doveva decidersi ad affrontare la realtà.

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Capitolo 13
*** Guardian angel ***


Era mezzanotte.

Rachel era ancora sveglia, non le riusciva proprio di mettersi tranquilla a dormire, pur sapendo che il mattino dopo la sveglia l’avrebbe svegliata all’alba. Tutta colpa delle scoperte delle ultime ore. La stavano facendo impazzire.

Prima Kori, che le aveva confermato la cotta di Garfield per lei.

Poi le sue compagne di stanza, che le avevano detto di sbrigarsi a capire se le piacesse o meno, perché c’era il rischio che altre mettessero gli occhi su di lui.

E poi quella ragazza russa, Alexandra, che stava evidentemente flirtando con lui.

Senza contare la discussione che aveva avuto al telefono con Jessica poco prima di andare a letto. Anche la sua migliore amica le aveva confermato la cotta di Garfield e come Clara e Ines le aveva detto di sbrigarsi a capire i suoi sentimenti. Aveva però aggiunto che, secondo lei, non era questione di altre ragazze che mettessero gli occhi su di lui o cose simili. No, era tutto per lei stessa. E per Garfield, naturalmente, che meritava una risposta, qualora avesse deciso di dichiararsi o comunque di dirle qualcosa.

Questa era la cosa che più le dava da pensare: sembrava che il tempo complottasse contro di lei. Eppure tutto andava alla grande, prima che tutto questo iniziasse. Non che rimpiangesse di essere a New York, assolutamente no, era il sogno di tutta la sua vita. E non aveva avuto nessuna esitazione nel portare Garfield da sua madre. E allora cosa era stato a far cambiare tutto?

Lo sapeva. Ma preferiva continuare ad ignorarlo. Almeno finché non avesse capito cosa provava davvero.

 

«Eppure con Jason non mi sono mai fatta tutti questi problemi!» sospirò a bassa voce, rigirandosi ancora una volta nel letto. Si voltò verso la finestra e guardò le luci che filtravano attraverso i fori delle tapparelle. Era persa nei suoi pensieri e quasi cadde dal letto quando sentì il telefono che vibrava sul comodino. Si liberò dal lenzuolo con una mossa degna di una contorsionista e controllò chi la stesse chiamando.

Richard.

Con un balzo fu fuori dal letto e rapidamente uscì nel corridoio, per non disturbare le sue compagne di stanza.

«Rich? Che succede?» bisbigliò rapida, sperando che nessuno la beccasse nei corridoi dopo il coprifuoco. Non voleva certo mettersi nei guai il primo giorno di lezioni.

«Riguarda la zia» le rispose lui, concitato. Sembrava serio.

«È successo qualcosa a Selina?» chiese preoccupata la ragazza.

«No, non a Selina…» Richard non fece in tempo a finire la frase che Rachel stava già singhiozzando sommessamente. Se non era Selina, doveva trattarsi per forza di cose di sua madre.

«Che… Che è successo?» domandò, cercando di controllare la voce.

«I medici dicono che ha avuto una specie di crisi e che la sua situazione è molto peggiorata. Anche con l’aiuto delle macchine non sanno quanto potranno tenerla in vita, ancora. Però non sono molto ottimisti, dicono che potrebbe essere per un periodo da tre a sei mesi» spiegò Richard, cercando di mostrarsi più calmo di quanto evidentemente non fosse.

«Cosa?!?» esclamò Rachel, sforzandosi poi di abbassare la voce. «Cosa vuol dire, Rich? Avevano promesso che sarebbe stata bene. Lei deve stare bene!»

«I medici hanno detto che si tratta di una cosa che capita, purtroppo, molto spesso, nel caso di pazienti in coma. Dicono che è raro che si risveglino. Rachel…»

«Non dire niente, Richard. Ti prego. Non dire niente. Io… Devo pensare. Mi dispiace. Ci sentiamo domani.» E riappese, mettendo a tacere il cugino, che aveva provato a fermarla.

Fissò il cellulare e vide che i contorni dell’oggetto erano sfocati, come se fosse sott’acqua. Con un gesto nervoso si passò i polsi sugli occhi, asciugandosi le lacrime e cercò di ricomporsi.

Di tornare in camera non aveva voglia, al momento. Aveva bisogno di aria. Non le interessava di essere scoperta o chissà che altro. Doveva uscire.

Corse giù per le scale e attraversò l’atrio. Spalancò le porte ed uscì nell’aria fresca della notte.

Respirò a pieni polmoni e si sedette su una panchina in pietra.

 

Lì la trovò Garfield, quando uscì anche lui, verso l’una e mezza.

La trovò a colpo sicuro, come se in un qualche modo avesse percepito la presenza della ragazza. Si avvicinò cautamente, non volendo spaventarla e non troppo sicuro di quello che stava facendo. Se Rachel si trovava lì a quell’ora, doveva essere sicuramente una cosa seria. E non era detto che lui fosse il benvenuto.

«Rachel?» sussurrò, cercando di non allarmarla.

Tentativo inutile, perché la ragazza sussultò come se le avessero sparato. Si voltò lentamente, mostrandogli un viso tristissimo. Che, alla sua vista, divenne, se possibile, ancora più triste.

«Rachel?» ripeté, esitante, avvicinandosi. «Che è successo?» Si complimentò con se stesso per non averle chiesto se andava tutto bene, perché palesemente andava tutto male.

«Garfield…» mormorò lei, con voce appena udibile, da quanto era fioca.

«Sono qui, che succede?» chiese lui, sedendosi accanto a lei.

In tutta risposta, la ragazza lo abbracciò e scoppiò a piangere sulla sua spalla.

Lui la lasciò fare, limitandosi a passarle una mano sui capelli e a stringerla a sé con l’altra.

 

Dopo qualche minuto, Rachel finalmente si calmò, ma rimase tra le braccia di Garfield. Si sentiva protetta e il biondino certamente non aveva nulla da ridire.

Sentendo che la ragazza si era calmata, il ragazzo osò abbassare lo sguardo su di lei e le chiese dolcemente: «Va un po’ meglio?»

Lei si limitò ad annuire lentamente, senza dire una parola.

Lui ricominciò ad accarezzarle i capelli, lentamente. Rimasero così ancora qualche istante, poi il ragazzo ruppe il silenzio.

«Sai, è una fortuna che ti abbia trovata qui fuori. Stavo venendo a cercarti, dovevo parlarti. Ma prima avevo bisogno di pensare un po’ per conto mio. E quando mi sono sentito pronto, ho come avuto la sensazione che tu fossi qui fuori. Ed eccoti qui. Sei pronta a sentire quello che ho da dirti?»

Lei annuì di nuovo.

«Stasera, poco prima di andare a dormire, mi hanno chiamato alcuni miei parenti. Più che parenti, direi che si tratta delle persone che mi hanno allevato dopo la morte dei miei genitori. Non esiste un vero e proprio legame di sangue, tra noi, eppure li sento davvero come miei parenti. Sta di fatto che mi hanno chiamato, per dirmi che…» Si interruppe per un istante. «Per dirmi che, quando tornerò da New York, a settembre, dovrò trasferirmi. Da loro. In Florida.»

Ci fu di nuovo un momento di silenzio.

Poi Rachel realizzò quel che lui aveva detto e si liberò violentemente dal suo abbraccio. Lo fissò con i suoi incredibili occhi, che stavano iniziando a riempirsi nuovamente di lacrime.

«Te ne vai?» furono le uniche parole che gli rivolse, prima di correre via.

“Immagino che avrei potuto dirglielo con un po’ più di tatto…” pensò Garfield tra sé e sé, guardandola allontanarsi e non osando fare un passo per seguirla. Le avrebbe parlato la mattina dopo.

 

Rachel continuò a correre, senza altri pensieri se non quelli rivolti a sua madre, che ormai era destinata a morire, e a Garfield, che se ne sarebbe andato. La abbandonavano. Tutti la stavano abbandonando. Sarebbe rimasta da sola. E una volta da sola, cosa avrebbe fatto? Era persa, lo sapeva.

Arrivò in camera sua e cercò rapidamente il suo iPod. Una volta che l’ebbe recuperato, corse di nuovo fuori, sul balconcino. Lì si infilò le cuffiette e fece partire la musica, l’unica cosa che potesse tranquillizzarla, in quel momento.

 

I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel.
A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

 

Sua madre se ne stava andando. Mentre lei era lì, a New York. Lontana. Troppo lontana.

Le cose sarebbero cambiate, lo sapeva e non poteva farci nulla.


I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

E anche Garfield se ne andava. Una volta finiti quei tre mesi, non l’avrebbe più visto. In Florida! Dall’altra parte del paese, rispetto a Jump City! Se ne sarebbe andato. Andato!

Nulla sarebbe stato più come prima…


Try to find the words that show I sympathise

Words of comfort, words that never criticize

Though I know you simply laughin' at me
I just can't stop an' simply let it be


Non poteva nascondere che le facesse male, scoprire che Garfield se ne sarebbe andato di lì a poco. Non lo conosceva da tanto, ma gli si era affezionata. Quel suo modo di fare sciocco, quel suo prenderla in giro per attirare la sua attenzione… E lei era stata tanto stupida da ignorarlo fino a quel momento!

 

Where are all those feelin's of my yesterdays
Feelin's now I have bring back those bad ole ways.
Though I know you wanna turn an' blow
I just can't stop an' simply let you go

 

Non poteva, non poteva assolutamente permettere che se ne andasse in Florida. No, era fuori discussione. Non prima che lei gli avesse parlato.


I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same


Tornò a pensare a sua madre. Fino a quel momento, per lei, era stato come avere un angelo custode, qualcuno cui poter raccontare tutte le sue disavventure, un punto fermo su cui poter contare. E tutto questo stava finendo. Come era possibile?

 

Let me see you smile once more that special way

 Warm as summer  on a chilly winter's day

Though I know you're simply laughin' at me
I just can't stop an' simply let it be

 

Voleva vederli sorridere entrambi, per l’ultima volta. Voleva poterli ricordare con un sorriso sulle labbra. Ma come era possibile che sua madre potesse sorridere? Era già tanto che i medici le avessero dato ancora sei mesi di vita… Ricacciò indietro le ultime lacrime rimaste.


I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

 

Doveva tornare al più presto in California e vedere sua madre. Pazienza se per questo avrebbe dovuto rinunciare al posto alla Juilliard. Sua madre era nettamente più importante. Non osava immaginare cosa sarebbe successo dopo. Non voleva pensarci.

 

I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

 

E doveva parlare con Garfield. Garfield era stato il suo angelo custode, in quei pochi giorni passati insieme. Lui le era stato accanto, quando aveva scoperto le condizioni di sua madre. L’aveva difesa da Jason. L’aveva aiutata a superare la sua paura di volare. E ora se ne sarebbe andato a chilometri e chilometri di distanza. Questa sensazione di vuoto e di nausea che provava all’idea di non vederlo più le fece improvvisamente realizzare quello che provava per lui.

Era stata necessaria una simile dichiarazione per risvegliare in lei sentimenti che credeva perduti.

Quello era il momento di versare le ultime lacrime e, silenziosamente, Rachel lo fece.

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Capitolo 14
*** At the beginning ***


La mattina seguente, Rachel si svegliò con un mal di testa atroce. Le sembrava che qualcuno stesse picchiando un martello su un’incudine nella sua scatola cranica. Non molto piacevole. Si trascinò fino al bagno in una sorta di sonnambulismo e si preparò alla bell’e meglio. Clara e Ines se ne accorsero, ma si accorsero anche delle occhiaie e degli occhi rossi, che avevano solo due spiegazioni plausibili: una congiuntivite fulminante oppure una nottata di pianto. E siccome era assai improbabile che avesse contratto un’infezione oculare, entrambe erano propense a credere che avesse pianto tutta la notte.

Le due ragazze ebbero pietà dell’amica e non le chiesero spiegazioni, si limitarono a starle vicine e a sistemarle il trucco sbavato. Rachel ne fu loro molto grata e le tre amiche scesero insieme a fare colazione.

 

«Buongiorno!» le salutò Fabrizio, quando entrarono in sala e si sedettero con i loro cappuccini davanti a lui e agli altri.

Le ragazze ricambiarono i saluti, anche se Rachel appariva evidentemente sottotono. Fabrizio lo notò e chiese spiegazioni in italiano a Clara, sottovoce, ma la ragazza, sapendo che l’amica conosceva l’italiano, lo mise a tacere con un cenno piuttosto eloquente.

In quella, anche Garfield entrò nel salone per fare colazione. Salutò tutti con entusiasmo, tranne Rachel. La salutò con un sommesso “’Giorno” e arrossì leggermente. La ragazza ricambiò, ma gli occhi le si riempirono di lacrime e dovette distogliere lo sguardo. Tra i due venne a crearsi un momento di imbarazzante silenzio, che venne riempito dalle chiacchiere provvidenziali degli altri studenti intorno a loro.

 

Le lezioni del mattino passarono quasi senza problemi, ma durante la pausa pranzo se ne presentarono alcuni.

Tanto per cominciare, François, all’apice della boria, decise di dedicare tutta la sua attenzione a Rachel, infastidendo tanto lei quanto Garfield.

Poi, Rachel ricevette una chiamata dal cellulare. E lì tutto precipitò.

La ragazza era uscita dalla mensa per rispondere al cellulare, quasi correndo, avendo visto che si trattava di Richard, senza nemmeno accorgersi che Garfield l’aveva seguita, silenziosamente, preoccupato per lei.

Così, senza volerlo, origliò la conversazione.

 

«Pronto?»

«Rachel? Mi senti? Tutto bene?» domandò il cugino, attraverso una serie di scariche telefoniche poco piacevoli da sentire.

«Ti sento, ma non mi interessa come sto io. Come sta la mamma?» rispose la ragazza, sbrigativa. Non c’era tempo per perdersi in ciance, già era stato un calvario passare tutta la mattina senza ricevere notizie, né buone né cattive.

«…» Richard non sapeva come metterla giù.

La cugina gli venne in aiuto: «La verità, Rich. Per favore. Niente bugie, niente “starà bene” o altro. La verità, pura e semplice.»

«Non bene» ammise il ragazzo, a disagio. «I medici non hanno novità e non si sbilanciano sulle sue condizioni. Ma non sta affatto bene.»

«Rich… Torno a casa» buttò fuori la ragazza, all’improvviso.

Garfield si congelò nel corridoio ed evidentemente la stessa cosa doveva essere successa a Richard, dall’altra parte della costa, perché ci fu un lungo silenzio.

 «Rachel… Non puoi dire sul serio. La Juilliard è la tua grande occasione, e…» tentò di protestare, infatti.

«Lo so, ma la mamma è più importante. Io… Non posso lasciarla andare senza vederla. Devo salutarla. Devo starle accanto, io…»

«Lo so, Rach, ma… Lei non vorrebbe che tu lasciassi tutto. Vorrebbe che tu andassi avanti.»

«Io… Non posso. Ora scusa, ma devo andare. Ciao» e mise giù il telefono. Rimase un attimo in silenzio a fissare lo schermo spento, poi respirò profondamente e girò sui tacchi, per dirigersi verso l’aula dove era prevista la lezione del pomeriggio.

Fu in quel momento che si accorse di Garfield, che la fissava a bocca aperta.

«Oh» fu tutto quello che riuscì a dirgli, prima di correre via.

 

“Eh, no, non questa volta!” pensò il ragazzo, correndole dietro nei corridoi deserti, fino ad arrivare nei giardini della scuola, più o meno nel punto esatto in cui la sera prima le aveva detto che se ne sarebbe andato, una volta tornati in California. Quel che si dice l’ironia della sorte.

«Rachel, fermati!» esclamò, prendendola per un polso e costringendola a fermarsi.

Lei non si voltò, rimase con il braccio inerte, abbandonato nella stretta di Garfield, l’altra mano a cercare di scacciare le lacrime dagli occhi.

Il ragazzo non resistette, non poteva vederla in quelle condizioni… La fece voltare verso di lui e la guardò dritta negli occhi. Non le disse niente, rimase a fissarla per trenta secondi, gli occhi verdi inchiodati nei suoi blu-viola, ancora pieni di lacrime.

E poi fece qualcosa che nessuno dei due si aspettava.

La baciò.

Sulle labbra.

 

Quando si staccò, il ragazzo non scappò via, come si sarebbe aspettato da se stesso, ma rimase lì con lei, stringendola forte a sé, senza darle via di scampo.

Inizialmente, Rachel tentò di opporre resistenza, ma a poco a poco si calmò, e rimase tra le sue braccia.

Non seppero dire quanto tempo passò, ma finalmente la situazione si stabilizzò abbastanza da rendere possibile una conversazione tra i due.

«Hai sentito tutto, vero?» domandò Rachel, guardando con improvviso interesse un cespuglio di rose accanto a lei.

«Sì» ammise Garfield, scrutando le sue scarpe come se le vedesse per la prima volta.

«Ah.»

«Già.»

Silenzio.

«Quindi… Vuoi tornare a Jump City?» chiese finalmente il ragazzo, arrischiandosi a sollevare lo sguardo verso di lei.

«Devo. Non posso lasciare mia madre in quelle condizioni» replicò lei, dura, guardandolo per una frazione di secondo, prima di tornare ad esaminare una rosa del cespuglio accanto.

«Mi sembra giusto» concordò lui, senza pensarlo veramente.

«Già.»

Silenzio.

Garfield non sapeva cosa dire. Avrebbe dovuto parlare del… Sì, insomma… Del bacio? Non era sicuro di sentirsela…

Per sua fortuna, Rachel affrontò di nuovo per prima la questione. A quanto pare le piaceva andare dritta al sodo, subito.

«Garfield. Io… Ti piaccio.»

Era un’affermazione, non una domanda, ma Garfield si sentì in dovere di annuire, perlomeno.

«E nonostante tutto, tu… Vorresti andartene da Jump City?» chiese, guardandolo con tristezza.

A questa domanda, per un momento, il ragazzo non seppe rispondere. Poi decise di essere completamente sincero con lei: «Ad essere sincero, no. Io vorrei restare a Jump, con gli altri, con… Te. Ma mi stanno facendo molte pressioni per andare in Florida e mi sento preso di mezzo. Non è una grande situazione. E adesso credo di averla peggiorata, se possibile.»

«Parli del bacio, vero?»

«Esatto.»

«Sei pentito di averlo fatto?» chiese lei, stavolta evitando in ogni maniera di guardarlo.

«No, assolutamente no!» si affrettò a mettere in chiaro il ragazzo. «L’ho fatto e lo rifarei, mille e mille volte, credimi! Cioè, non intendevo…» Balbettò, rendendosi conto di quanto male suonasse la frase.

Rachel accennò ad un sorriso e lo tranquillizzò: «Ho capito quel che vuoi dire. Non ti preoccupare. Volevo solo sapere se ne fossi pentito, perché… Perché a me ha fatto davvero piacere. Perché in fondo, tu… Mi piaci, Gar. Me ne sono resa conto troppo tardi, però. Me ne sono accorta ora che te ne vai e…»

«Non me ne vado.»

«Come? Ma se hai detto che ti stanno facendo pressioni e…»

«Rachel, ascolta. Se tu non mi avessi ricambiato, non avrei avuto problemi ad andarmene in Florida, avrei ceduto facilmente alle pressioni che mi stanno facendo. Mi sarebbe dispiaciuto, certo, ma l’avrei superato con il tempo. Invece, adesso che mi hai detto che ti piaccio… Non potrei sopportare di starti lontano. Magari non funzionerà tra noi, ma mi piacerebbe provare. E per farlo, ho bisogno di restare a Jump con te.»

«Dici sul serio?» domandò la ragazza, guardandolo con gli occhi sgranati.

«Credo di non essere mai stato più serio di così, nella mia vita. Puoi credermi» rispose lui, guardandola a sua volta.

«Oh, Garfield!» esclamò lei, portandosi le mani alla bocca.

«Non dire nulla» disse semplicemente il ragazzo, abbracciandola stretta. Lei ricambiò più che volentieri.

Rimasero abbracciati per un po’, finché Garfield non si decise a porle una domanda che lo stava rodendo dentro da un bel pezzo, come un tarlo.

«Quando torni a Jump da tua madre?»

«Pensavo di partire questo weekend. Non so se tornerò qui a New York, tu capisci, vero?»

«Certo. Ti capisco perfettamente. Allora, se questi sono i tuoi piani… Cosa ne dici di uscire? Prima che tu te ne vada. Tipo… Stasera?»

«Stasera? Così, di punto in bianco?» chiese lei, sopprimendo una risata.

«Certo! Ormai devi aver capito che questo è il mio modo di fare» replicò lui, sorridendo.

«Diciamo di sì» sorrise lei, a sua volta.

«E allora che così sia. Stasera alle otto ti porterò a cena. Passo a prenderti alle sette e mezza, va bene?»

«Okay. E ora… Che ne dici di andare a lezione? Abbiamo già perso la prima ora» gli fece notare lei, alzandosi dalla panchina e correndo nei corridoi, seguita da Garfield, che rideva beatamente.

 

Il pomeriggio passò in fretta, anche se i due ragazzi furono rimproverati dall’insegnante. Ma i due sembrarono non farci nemmeno caso, persi nel loro mondo di felicità.

Il problema, per Rachel, fu di spiegare a Clara e Ines cosa le era successo. Quando le due ragazze seppero tutto la seppellirono di gridolini di gioia e di abbracci, cui anche Rachel si unì, per una volta. Era davvero felice di quello che le stava succedendo, doveva ammetterlo. Si affrettò anche a mandare un messaggio a Jess e Kori, promettendo di spiegare tutto al meglio.

Scrisse anche a suo cugino, chiedendogli di chiedere a Bruce di chiamare il preside della scuola per spiegargli la sua situazione. Aggiunse, in un post scriptum, la buona notizia.

 

Dopodiché, si fiondò nella doccia, a prepararsi per la serata. Accese l’iPod e si buttò sotto l’acqua bollente. Partì una delle sue canzoni preferite, la colonna sonora del film “Anastasia” (anche se era grandicella, lo adorava, quel cartone).

 

We were strangers
Starting out on a journey
Never dreaming
What we'd have to go through
Now here we are
And I'm suddenly standing
At the beginning with you

Già, chi l’avrebbe mai detto che tra lei e Garfield sarebbe finita così?


No one told me
I was going to find you
Unexpected
What you did to my heart
When I lost hope
You were there to remind me
This is the start

Le aveva dato speranza quando non ne aveva più, l’aveva capita e in breve era entrato nel suo cuore, senza che lei se ne accorgesse minimamente.


Life is a road
And I want to keep going
Love is a river
I wanna keep flowing
Life is a road
Now and forever
Wonderful journey

Sperava che sua madre sarebbe migliorata. Non vedeva l’ora di presentarle Garfield, sarebbero andati d’accordo. Sì, le sarebbe piaciuto vivere una nuova avventura al fianco di quello strano ragazzo…


I'll be there
When the world stops turning
I'll be there
When the storm is through
In the end I wanna be standing
At the beginning with you

Da lui poteva aspettarselo… Le sarebbe rimasto accanto, le aveva già dimostrato di essere in grado di farlo. Si fidava ciecamente di lui.


We were strangers
On a crazy adventure
Nev
er dreaming
How our dreams would come true
Now here we stand
Unafraid of the future
At the beginning with you

Con lui al suo fianco non aveva paura del futuro, si sentiva fortissima e in grado di salvare sua madre da qualunque pericolo.


Life is a road
And I want to keep going
Love is a river
I wanna keep flowing
Life is a road
Now and forever
Wonderful journey

Magari l’avrebbe accompagnata da sua madre… No, non poteva chiedergli così tanto. Un conto era lei che rinunciava al suo sogno, ma costringere anche lui… Avrebbe avuto il coraggio di chiederglielo?


I'll be there
When the world stops turning
I'll be there
When the storm is through
In the end I wanna be standing
At the beginning with you

Avrebbero superato quelle difficoltà. Quelle e anche quel maledetto François che sembrava volersi mettere in mezzo a tutti I costi. Antipatico.


I knew there was somebody somewhere
Like me alone in the dark
Now I know my dream will live on
I've been waiting so long
Nothing's gonna tear us apart

Alla fine, pensandoci, anche la vita di Garfield non era stata facile. I suoi genitori erano morti e lui era stato costretto a vivere da solo fin da piccolo… Lei, almeno, era stata accolta dai Wayne. Ma adesso si sarebbero fatti compagnia a vicenda, ne era sicura.


Life is a road
And I want to keep going
Love is a river
I wanna keep flowing
Life is a road
Now and forever
Wonderful journey

Già poteva vederli, al college della Juilliard, a realizzare i loro sogni… Da quando era così romantica?


I'll be there
When the world stops turning
I'll be there
When the storm is through
In the end I wanna be standing
At the beginning with you

Però non sarebbe stato male. No?


Life is a road and I wanna keep going
Love is a river I wanna keep going on....
Starting out on a journey
Life is a road and I wanna going
Love is river I wanna keep flowing
In the end I wanna be standing
At the beginning with you.

 

Le note sfumarono e l’acqua calda pure, quindi la ragazza uscì velocemente dalla doccia e iniziò il lungo procedimento di vestizione per la serata.

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Capitolo 15
*** Every little thing she does is magic ***


Garfield era agitatissimo. Era talmente agitato da non riuscire a stare fermo, mentre Dimitri, santo ragazzo, cercava di allacciargli la cravatta.

«Se non stai fermo, ti strangolo» lo minacciò.

«Ci provo» gracchiò l’altro, riuscendo nell’intento per ben cinque secondi.

«Basta, io ci rinuncio!» esclamò Dimitri, ingarbugliando la cravatta per l’ennesima volta nel giro di cinque minuti. «Faglielo tu» aggiunse, all’indirizzo di Kota, che guardava la scena divertito. Il suo sorriso si spense all’improvviso, davanti alla cortese offerta dell’amico.

«Mi spiace, ma non sono capace di annodare le cravatte» dichiarò il giapponesino.

Sia Garfield che Dimitri lo guardarono con tanto d’occhi.

«Che c’è?» chiese, sulla difensiva.

«Ehm… Potrei farti notare, così, en passant, che stai indossando una stramaledetta cravatta, perfettamente annodata?» rispose Dimitri, iniziando ad avere un tic nervoso all’occhio destro. Quei due l’avrebbero fatto uscire matto da lì.

«Oh» fu tutto quello che poté dire il ragazzo, arrendendosi all’evidenza e accingendosi ad annodare la cravatta al suo amico.

Dopo altri cinque minuti di tremori vari e maledizioni colorite, finalmente la maledetta cravatta fu domata e Garfield era pronto per il suo appuntamento.

«Non sembri nemmeno tu! Ma sei sicuro di non essere un alieno?» esclamò Kota, soddisfatto, ammirando principalmente il frutto delle sue fatiche, ma concedendo all’amico di essere davvero elegante.

«In realtà ancora non ci credo che stia succedendo proprio a me…» ammise Garfield, un po’ imbarazzato. Lui non stava per uscire con Rachel Roth. Doveva essere tutto un sogno, a momenti si sarebbe svegliato e tutto sarebbe finito.

«Gar?»

«Cosa?» domandò, riavendosi dai suoi pensieri.

«Sei in ritardo» gli dissero in coro i due compagni di stanza, pacifici come non mai.

Il biondo si alzò e corse fuori dalla stanza, imprecando a gran voce contro quei due maledetti.

 

Rachel aspettava, fuori dalla sua stanza, che Garfield arrivasse. Non aveva detto che sarebbe passato a prenderla alle sette e mezza? Magari aveva capito male lei, le aveva detto le otto e mezza… O le sei e mezza? Lanciò un’altra occhiata al cellulare: le 19.38. Sospirò sommessamente, cercando di calmarsi. Era tutto a posto, Garfield era solo un po’ in ritardo, come suo solito. Quindi non serviva a niente agitarsi. Sarebbe arrivato e sarebbero andati a cena tranquillamente…

… Prima della catastrofe imminente. No, non doveva pensare alla partenza di Garfield per la Florida e nemmeno a sua madre.

In quella, il telefono iniziò a squillare: era Richard. Col cuore in gola, rispose: «Pronto?»

«Ehi, cuginetta! Pronta per la grande serata?» Suo cugino era decisamente euforico, da quel che poteva sentire.

«Rich! Come sta la mamma?» chiese, ignorando bellamente la domanda.

 «Volevo parlare di te, Rachel, per una volta… Comunque non sta né meglio né peggio. I medici non sanno più cosa pensare, non ci capiscono più nulla, ma continuano a non darle grandi aspettative. Mi dispiace.»

La ragazza, sentendo la tristezza nella voce del cugino, addolcì un po’ il tono: «Presto sarò lì anche io e allora sono sicura che andrà tutto bene.»

«Ma sarai lontana da Garfield. Proprio ora che vi siete avvicinati così tanto…» le fece notare Richard.

«Lo so. Io non vorrei lasciarlo ora, ma…»

«Ma cosa, Rach?»

«Ma se ne andrà lui. Ha detto che gli stanno facendo pressioni dalla Florida per trasferirsi là e…»

«Sono sicuro che troverà un modo per non andare. Lui ti adora, Rachel, dal profondo del cuore. E non si lascerà certo scoraggiare da una cosa del genere. È più forte di quel che sembra, fidati. E sono sicuro che ti sorprenderà.»

«Rich? Cosa sai che io non so? Richard?» lo interrogò la ragazza, insospettita. Che cosa le stava nascondendo, suo cugino?

«Assolutamente nulla, buona serata, cuginetta!» E con questo le mise giù il telefono.

Rachel fissò rabbiosa lo schermo scuro del cellulare, masticando due o tre insulti da scaricatore di porto. Quando alzò lo sguardo, vide Garfield che correva verso di lei, un’espressione di puro terrore dipinta sul viso.

 

«Scusa! Sono in ritardo! Assolutamente, innegabilmente in ritardo! Perdonami!» esclamò senza fiato, quando la raggiunse.

Il suo sguardo da cane bastonato non poté fare a meno di intenerirla. «Nessun problema, Garfield.»

«Sono un vero disastro!» si lamentò il ragazzo, spettinandosi tutti i capelli.

«Ahahah, non è vero» ridacchiò lei, riuscendo finalmente a distoglierlo dalla sua depressione autoindotta. Al suono della sua risata, il morale del ragazzo si risollevò e con fare assai cavalleresco le porse il braccio.

«Prego, signorina. Il ristorante aspetta solo noi.»

«Grazie mille, signore» rispose lei, stringendosi a lui con gratitudine. «A proposito, ti sta bene la cravatta. Ha un nodo molto elegante.» Garfield sobbalzò colpevole, prima di replicare: «Grazie. Sai, sono un esperto di nodi alle cravatte.» E si lanciò in una dissertazione senza né capo né coda sulla difficile arte di annodare le cravatte, mentre guidava la sua dama verso un ristorantino poco distante.

 

La serata passò tranquillamente, senza che i due si trovassero mai a corto di argomenti: era come se stessero recuperando il tempo perduto negli anni in cui si erano praticamente ignorati. Garfield era curioso di conoscere Rachel e altrettanto lo era lei di conoscere lui. Fu quindi con vero dispiacere che abbandonarono il ristorante per tornare al dormitorio in tempo per il coprifuoco.

Giunsero davanti alla scala del dormitorio femminile, tenendosi per mano.

«Grazie mille per la bella serata, Garfield» lo ringraziò Rachel, sorridendogli.

«Dici sul serio? Ti sei divertita? Non sono stato troppo invadente?» domandò lui, arrossendo come un pomodoro.

«Garfield…»

«Cosa?» domandò il ragazzo, guardandola con due occhi da cervo illuminato dai fanali in mezzo ad un’autostrada.

«Andava tutto benissimo. Non sei stato affatto invadente. Sei stato dolcissimo. Grazie ancora» lo rassicurò la ragazza, dandogli poi un leggero bacio sulla guancia. «Buonanotte.»

«Buonanotte» rispose lui, come in estasi, prima di avviarsi verso la sua camera.

 

Quando entrò nella stanza, i suoi compagni lo accolsero con un interrogatorio talmente serrato che nemmeno il Mossad o il KGB. In risposta alle mille domande degli amici, Garfield cominciò a cantare:

 

Though I've tried before to tell her
Of the feelings I have for her in my heart
Every time that I come near her
I just lose my nerve
As I've done from the start

«Oddio, Garfield, che hai combinato?» domandò Dimitri, prendendosi la testa fra le mani, disperato.


Every little thing she does is magic
Everything she do just turns me on
Even though my life before was tragic
Now I know my love for her goes on

«Oh, dai, è innamorato…» fece Kota, solidale.


Do I have to tell the story
Of a thousand rainy days since we first met
It's a big enough umbrella
But it's always me that ends up getting wet

«Beh, effettivamente, da quel che ci hai detto, non era proprio uno zuccherino, con te…» ridacchiò Dimitri, ricevendo una gomitata da Kota.

«Che c’è? È vero!» si difese, massaggiandosi il braccio.


Every little thing she does is magic
Everything she do just turns me on
Even though my life before was tragic
Now I know my love for her goes on

«Sì, ma quindi… Cosa avete combinato?» chiese curioso il ragazzo russo.


I resolve to call her up a thousand times a day
And ask her if she'll marry me in some old fashioned way
But my silent fears have gripped me
Long before I reach the phone
Long before my tongue has tripped me
Must I always be alone?

«Ha detto che dovreste restare amici?» domandò preoccupato Kota.


Every little thing she does is magic
Everything she do just turns me on
Even though my life before was tragic
Now I know my love for her goes on

 

«Ragazzi, è andata alla grande!» esclamò Garfield, una volta conclusa la canzone. «Resta però il problema che domani lei partirà per Jump.»

«Cavolo, è vero!»

«Eheheh, ma io ho un asso nella manica, diciamo così…» E con un gesto che voleva essere elegante, ma che risultò piuttosto goffo, il biondo estrasse dalla tasca della giacca un biglietto aereo per…

«Jump City? Torni anche tu in California?!?» esclamò stupito Kota, alzandosi di scatto dal suo letto per controllare da vicino il biglietto che il suo amico sventolava beatamente.

«Proprio così. Le farò una sorpresa e andrò con lei a Jump. Non può farcela da sola. E vedrete che torneremo più forti di prima. Ve lo garantisco» raccontò il ragazzo, entusiasta.

«E io ti garantisco che ti ucciderà, quando scoprirà che sei pronto a rinunciare a questa opportunità per lei» commentò Dimitri.

«Perché dovrebbe farlo? Lo faccio per lei!» obiettò ingenuamente l’altro.

«Proprio perché lo fai per lei. Non so se hai notato, ma non è una persona che dispensa amore ad ogni passo.»

«Sono sicuro che capirà. E ora, buonanotte» chiuse il discorso Garfield, preparandosi per andare a dormire. Rachel avrebbe capito cosa lo spingeva a tornare in California con lei.

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Capitolo 16
*** I will always love you ***


«Ragazze, allora io vado. Spero di rivedervi presto!» disse Rachel, sulla soglia della camera, una mano poggiata sul trolley. Ines e Clara le si buttarono addosso e la strinsero in un abbraccio mozzafiato, che la ragazza ricambiò volentieri. Erano state insieme poco tempo, ma erano diventate delle buone amiche.

Con ulteriori promesse di contatti e di incontri, le tre ragazze si salutarono definitivamente. La porta dietro Rachel si chiuse delicatamente e lei respirò profondamente, gli occhi chiusi. Dopo un secondo li riaprì, prese la valigia e si diresse verso l’uscita del dormitorio, dove l’aspettava uno dei professori della scuola per accompagnarla all’aeroporto. Il preside aveva informato il corpo docenti della situazione e tutti avevano concordato sull’urgenza della ragazza di tornare in California il prima possibile.

 

Una volta in aeroporto, Rachel si concesse una tazza di caffè da Starbucks, insieme a uno dei loro strepitosi scones al cioccolato, in vista dell’intorpidimento delle papille gustative una volta in volo. Quando l’annuncio del suo volo riecheggiò in tutto l’aeroporto, la ragazza era già in prima fila davanti al gate. Aveva già avvisato suo cugino dell’orario di arrivo e il telefono era spento; le riviste necessarie a sopravvivere al volo erano al sicuro nella sua borsa e l’iPod bello carico. Sorrise debolmente alla hostess che le controllò il biglietto e camminò come in sogno nel tunnel, fino al suo posto. Con suo grande sconforto, si trattava di un posto accanto al finestrino. “D’altro canto, quando compri last minute, questo è quello che c’è” pensò, sedendosi e allacciandosi subito la cintura. La prudenza non è mai troppa.

La ragazza guardò fuori dal finestrino, pensando a sua madre, rivivendo tutta la sua infanzia… Non poteva credere che ora stesse morendo. “Cos’è questo pessimismo? Non morirà!” esclamò la sua voce interiore. Si asciugò rapida una lacrima che nemmeno si era accorta fosse scesa lungo la guancia e così facendo notò con la coda dell’occhio il suo vicino di sedile.

 

«Garfield?!?» quasi strillò la ragazza, strabuzzando gli occhi.

Il ragazzo si limitò a farle un sorriso a trentadue denti.

Parecchie teste si erano voltate verso di lei, quindi fu a denti stretti che Rachel chiese: «Cosa ci fai qui? Pensavo di averti detto…»

«So cosa mi hai detto, ma non posso permetterti di andare da sola fino a Jump. Hai bisogno di qualcuno che ti stia accanto» rispose il ragazzo, posando una mano sulla sua.

Rachel spostò rapidamente la propria mano e lo fulminò con lo sguardo: «Ho già chi mi sta accanto, Garfield. Richard è perfettamente in grado di…»

«Richard non è Superman, Rachel. Non può seguirti passo passo, ha anche lui la sua vita, l’anno prossimo andrà al college e…»

«Cosa stai cercando di dire, Garfield? Che per lui non sono altro che un peso?» domandò con voce rotta la ragazza.

«No, non volevo dire questo. Io…»

«Lascia perdere. Non voglio più sentire una parola da te. Ti ho raccontato tutto, ho pensato che tu potessi capirmi, mi sono addirittura… No, basta. Non voglio più vederti!» esclamò Rachel, furibonda, alzandosi dal sedile e incamminandosi nel corridoio.

Garfield la guardò a bocca aperta, mentre parlava con un’hostess e poi seguiva la donna lungo le file di sedili, sparendo alla sua vista.

In tutto questo, notò il ragazzo con amarezza, l’aereo era decollato e lei non se n’era nemmeno accorta.

 

Rachel si sedette al suo nuovo posto, lontano da Garfield. Fortunatamente c’era stata una disdetta dell’ultimo momento e si era liberato un posto all’altro capo dell’aereo. Anche questo era accanto al finestrino, ma ormai il decollo era passato. Si sarebbe posta il problema all’atterraggio. Con sorpresa notò di non essersi accorta che l’aereo si era sollevato. “Tutta colpa di Garfield!” pensò rabbiosa, stringendo le labbra per non mettersi ad urlare.

La donna al suo fianco, dopo averla fatta passare, si era addormentata e Rachel stava meditando di imitarla. Peccato che il suo cervello non volesse saperne di spegnersi, anzi.

“Sono stata troppo dura con lui? In fondo, l’ha fatto perché mi vuole bene… Però è anche vero, maledizione, che sono stata chiara su questo punto. Non doveva immischiarsi.”

Con un gesto nervoso, cercò l’iPod nella borsa e si infilò le cuffiette, cercando di scaricare la sua rabbia nella musica.

Nello stesso momento, Garfield si stava domandando se non fosse stato troppo invadente. Rachel lo aveva quasi supplicato di non andare con lei. Però… Però non poteva lasciarla sola, in un momento come quello. E poi, insomma, non si era immaginato la sera prima, no? Erano usciti insieme, erano stati bene… Si erano baciati, per l’amor del cielo! Era palese che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei…

Con un sospiro, accese l’iPod e chiuse gli occhi.

 

Dai due apparecchi si diffusero le stesse note e ognuno dei due ragazzi non poté fare a meno di pensare all’altro.

 

If I should stay
I would only be in your way
So I'll go but I know
I'll think of you every step of the way

“Cosa pensava che avrei fatto? Che mi sarei tirato indietro?” pensò Garfield, perso nella musica.

 

“Cosa mi aspettavo da lui? Non è un caso che sia l’unico a sapere della mamma, oltre a Richard… Forse ho fatto male ad allontanarlo così?” rifletté Rachel, guardando le nuvole sotto di lei.


And I... will always love you, ooh
Will always love you
You
My darling, you...
Mmm-mm

“In realtà, sai cosa? Non me ne importa niente se ha deciso così. Non sono scappato fino ad ora e non lo faro adesso. Lei è la ragazza dei miei sogni, non posso perderla così!”

 

“Perché in fondo con lui provo delle sensazioni nuove. Non posso certo dimenticarmi di quel bacio…”


Bittersweet memories
That is all I'm taking with me.
So good-bye.
Please don't cry:
We both know I'm not what you, you need

“Già, io non sono quello di cui lei ha bisogno. Ha bisogno di una figura forte, come Richard. Qualcuno su cui può contare sempre.”

 

“Io non ho bisogno di lui. Io non ho bisogno di nessuno. La mamma se la caverà e vivremo insieme, solo io e lei!”


And I... will always love you
I... will always love you
You, ooh

I hope life treats you kind
And I hope you have all you've dreamed of
And I wish you joy and happiness
But above all this I wish you love

“Cosa mi interessa di più? Che lei sia felice. E quindi devo lasciare che si allontani da me. È per sua madre, non per il primo che passa per strada. Quello è l’amore di cui ha bisogno.”

 

“Finché è durato è stato bello, ma non posso continuare a stare con lui e rovinargli la vita. Lui ha bisogno di essere felice e io non sono certo la chiave di questa felicità.”


And I... will always love you
I will always love you
I will always love you
I will
always love you

I will always love you
I, I will always love you.

You.
Darling, I love you.
I'll always...
I'll always love you.
Ooh
Ooh

 

“Gli voglio bene. Tanto bene. Ma questo non gli dà il permesso di comportarsi in questa maniera. Basta, ho chiuso con lui. Rachel, smettila di pensarci!”

E con questi pensieri, Rachel chiuse gli occhi e si addormentò.

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Capitolo 17
*** Wonderwall ***


«Rachel! Bentornata, tesoro!»

«Ciao, zia!» Rachel abbracciò affettuosamente Selina, prima di salutare anche lo zio e il cugino.

Cugino che guardò per qualche secondo alle spalle della ragazza, prima di esordire con: «Ma quello non è Garfield?»

Selina si voltò di scatto: «Quel povero ragazzo? Rachel, non mi avevi detto che sarebbe venuto anche lui! Dobbiamo assolutamente invitarlo a cena, povero caro!»

 «No, zia. Non dobbiamo. E non è lui. Andiamo» decretò la ragazza, lapidaria.

«Rach, giuro che non ho le traveggole. Quello è proprio…»

«Andiamo» ripeté la ragazza, raccogliendo il trolley dal pavimento e dirigendosi verso l’uscita dell’aeroporto. Ai Wayne non restò altro da fare che seguirla, nonostante la confusione che era chiaramente leggibile sui loro volti.

 

Garfield guardò Rachel allontanarsi a passo di marcia e i Wayne seguirla dopo un attimo. Si attardò a recuperare il proprio bagaglio, poi estrasse il telefono dalla tasca.

«Tara?»

 

Rachel si fece una rapida doccia e dopo un pasto altrettanto veloce, sotto l’occhio vigile della zia, era pronta per andare in ospedale. Richard deglutì l’ultimo boccone di insalata e la seguì fuori.

I Wayne li salutarono dalla porta e quando furono fuori vista, il ragazzo si rivolse alla cugina: «Rachel, quello era Garfield.»

Rachel non rispose, limitandosi a guardare il familiare paesaggio scorrere fuori dal finestrino.

«Che cosa ci faceva in aeroporto? E soprattutto, cosa è successo tra di voi? L’ultima volta che ti ho sentito, stavi uscendo con lui» continuò il ragazzo, senza la minima intenzione di mollare l’osso.

Una lacrima scivolò lungo la guancia della ragazza, che tuttavia rimase in silenzio.

«Rachel. Cosa è successo?» chiese Richard, fermando la macchina e voltandosi a guardare la cugina, che in tutta risposta gli si gettò tra le braccia, piangendo come l’aveva vista fare poche volte. La strinse forte e lasciò che si sfogasse.

Dopo qualche minuto, la ragazza si ricompose e lo lasciò libero. Lui la guardò e a un suo cenno si rimise in carreggiata, in direzione dell’ospedale, in silenzio.

Silenzio che fu rotto proprio da Rachel: «Ha lasciato la Juilliard per seguire me. Per me, capisci? Non posso crederci. L’occasione della sua vita e lui la spreca per me

«Anche tu hai lasciato la Juilliard.»

«Per un valido motivo. Lui no.»

«Chi ti dice che per lui tu non sia un altrettanto valido motivo?»

Rachel tacque, scuotendo la testa.

«Rach, quel ragazzo ti ama. Probabilmente ancora non lo sa, ma ti ama dal profondo, quanto tu ami la zia. E anche tu provi qualcosa di forte per lui, altrimenti non ti saresti mai arrabbiata così tanto e lo sai bene quanto me.»

«Io…» iniziò la ragazza, ma si bloccò, la voce rotta da altre lacrime. Si passò velocemente le maniche della felpa sulle guance, prima di continuare. «Io sono responsabile per tutto questo. Per la mamma, per Garfield, per te…»

«Cosa c’entro io? Sono tuo cugino, sono la famiglia. Ti conosco da sempre e ti voglio bene come a una sorella. E la zia non è in ospedale per colpa tua, ma per colpa di quell’uomo.»

«Quell’uomo ce l’aveva con me! La mamma voleva difendere me!»

«Quell’uomo ce l’aveva principalmente con se stesso! Come si spiegano, altrimenti, le quantità di alcol e droga che si metteva in corpo? Non darti colpe che non hai, Rachel!»

«Ma se io non ci fossi stata…»

«Se tu non ci fossi stata, io non avrei avuto la migliore amica che si possa desiderare. Garfield non sarebbe entrato nel club di coro e si sarebbe messo con Tara. Selina e Bruce starebbero ancora trattando con un ragazzo difficile.»

«Ma la mamma starebbe bene.»

«Forse. Ma forse no. Chi sa cosa avrebbe potuto combinare quell’uomo, anche se tu non ci fossi stata, Rachel. Anzi, soprattutto in quel caso.»

«Richard…»

«Non capisci, Rach? È un bene che tu ci sia. Hai aiutato tante persone, senza nemmeno accorgertene. Sei la cosa migliore nella vita di molti di noi.»

Rachel tacque di nuovo, guardando per un attimo il cugino alla guida.

Qualche minuto dopo, con gli occhi lucidi, mormorò: «Grazie, Rich.»

«Non dirlo nemmeno. Grazie a te. E ora andiamo dalla zia» ribatté il ragazzo, parcheggiando all’ospedale.

 

«Signorina Roth? Sua madre è da questa parte» le disse un medico, riconoscendola. La guidò verso una stanza che non ricordava di aver mai visto. L’uomo parve notare la sua confusione, perché si affrettò a spiegare: «L’abbiamo spostata nel nostro reparto speciale, ma temo che sarà tutto inutile. La situazione è critica e non posso prometterle che andrà tutto bene.»

La ragazza respirò profondamente, poi strinse forte la mano di Richard. Lui gliela strinse in risposta, poi i ragazzi entrarono nella stanza.

La situazione era mille volte peggio di quel che Rachel si era immaginata. Sua madre era ormai poco più di uno scheletro ed era letteralmente tenuta in vita dai macchinari che la circondavano. Il battito del cuore era quasi inesistente.

Rachel corse al fianco della madre e prese delicatamente una mano scheletrica tra le sue. Posò un bacio sulla guancia incavata, poi iniziò a parlare piano, a bassa voce, in romeno.

Richard uscì discretamente dalla camera, seguito dal medico. Rachel aveva bisogno di quel poco tempo che le restava con la madre.

 

Un quarto d’ora dopo, Rachel uscì dalla stanza con una calma innaturale. Ignorò il cugino e si rivolse direttamente al medico: «Credo… Credo che sia morta, signore.»

Il medico si precipitò nella camera, dalla quale uscì dopo qualche secondo con un’aria grave. Annuì una sola volta e allora Rachel sembrò capire veramente quello che era successo. Si accasciò tra le braccia del cugino, priva di sensi. Il ragazzo la appoggiò con delicatezza su una sedia, gli occhi pieni di lacrime.

Il dottore soccorse Rachel, poi, constatato che si era ripresa, almeno fisicamente, lasciò i due ragazzi da soli con il loro dolore.

Dopo un tempo che parve eterno, la ragazza alzò lo sguardo sul cugino: «Dobbiamo avvisare la zia. E preparare il funerale. E…»

«E tornare a casa. Per il momento abbiamo bisogno solo di questo» rispose il ragazzo, aiutandola ad alzarsi e muovendosi verso l’ascensore.

Il viaggio in macchina fu incredibilmente silenzioso.

 

Tre giorni più tardi, i Wayne, Rachel e i loro amici erano al cimitero di Jump City. Mentre il prete officiava, lo sguardo di Rachel rimase fisso sulla bara della madre. Legno semplice, eppure forte, proprio come la donna che era stata Arella.

Richard le pose un braccio intorno alla spalla, con fare protettivo, mentre la bara veniva calata nella fossa. I due ragazzi gettarono la prima, simbolica, manciata di terra, lasciando poi ai becchini il resto.

Terminata la triste operazione, i ragazzi e i Wayne fecero per andare, ma Rachel parlò per la prima volta da tre giorni: «Vorrei… Vorrei cantare qualcosa. La canzone preferita della mamma.»

I presenti quasi sorrisero: finalmente Rachel sembrava mostrare interesse per qualcosa. Negli ultimi tre giorni era stata il fantasma di se stessa e solo le cure amorevoli degli zii e di Richard l’avevano salvata da un tracollo fisico.

La ragazza si guardò rapidamente intorno, poi attaccò a cantare.

Today is gonna be the day
That they're gonna throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you gotta do
I don't believe that anybody
Feels the way I do, about you now

Back beat, the word was on the street
That the fire in your heart is out
I'm sure you've heard it all before
But you never really had a doubt
I don't believe that anybody
Feels the way I do about you now

Selina scoppiò a piangere e abbracciò la nipote, che si interruppe per un momento, sopraffatta dall’emozione. La zia aveva perso una sorella, lei una madre.

And all the roads we have to walk are winding
And all the lights that lead us there are blinding
There are many things that I
Would like to say to you but I don't know how

Because maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall

Rachel si appoggiò alla lapide della madre, stringendola in una sorta di abbraccio. Sua madre era stata la sua forza e avrebbe continuato ad esserlo, per sempre.

Today was gonna be the day
But they'll never throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you're not to do
I don't believe that anybody
Feels the way I do, about you now

A questo punto della canzone, la ragazza lanciò un’occhiataccia in direzione di Tara, praticamente appiccicata al braccio di Garfield. Da quando era tornato da New York e le aveva chiesto di andare a prenderlo in aeroporto era diventata la sua ombra, convinta che ormai tra lui e Rachel fosse tutto finito.

And all the roads that lead you there are winding
And all the lights that light the way are blinding
There are many things that I
Would like to say to you but I don't know how

Rachel si alzò da terra, incurante del terriccio che le si era attaccato alle calze velate e iniziò a camminare verso Garfield, senza smettere di cantare.

I said maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall

I due ragazzi erano uno di fronte all’altra e Tara batté in ritirata.

I said maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall

Rachel gettò le braccia al collo di Garfield, stringendolo come se non ci fosse un domani o come se lui potesse scappare da un momento all’altro.

Il ragazzo restituì l’abbraccio con forza superiore.

I said maybe, you're gonna be the one that saves me
You're gonna be the one that saves me
You're gonna be the one that saves me

I due si guardarono, poi Rachel stupì tutti quanti, baciandolo sulle labbra.

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Capitolo 18
*** Carry on wayward son ***


Rachel e Garfield si separarono lentamente.

 La ragazza lo guardò e gli sussurrò: «Mi dispiace.»

Lui le sorrise debolmente e rispose: «Anche a me.»

I due si abbracciarono, nel silenzio più totale.

 

Finché Tara non iniziò ad urlare come una pazza.

 «Garfield! Cosa stai facendo?!? Allontanati subito da lui, brutta… Brutta strega che non sei altro!» E si avventò su Rachel, tirandole i capelli e allontanandola a forza da Garfield, che rimase a guardare le due ragazze con uno sguardo che definire stupito sarebbe riduttivo. Anche gli altri ragazzi rimasero per un attimo disorientati, ma in un batter d’occhio Richard e Garth erano nella mischia a tentare di separare le due ragazze, che ormai si stavano accapigliando che nemmeno nei peggiori bar di Caracas… Dopo aver guadagnato un paio di cazzotti ciascuno e anche un graffio piuttosto profondo (maledetta manicure), i due ragazzi riuscirono ad allontanare le ragazze e a tenerle a distanza di sicurezza l’una dall’altra.

 

«Rachel, basta! Calmati!» esclamò Richard, tenendo ferma la cugina, che si dibatteva tra le sue braccia come un pesce all’amo.

«Lasciami andare, Richard! Devo staccarle la testa dal collo!» si ribellò la ragazza, cercando di graffiarlo per liberarsi e guardando malissimo Tara.

Che a sua volta stava seriamente attentando alla vita di Garth, strillando a pieni polmoni: «Voglio vedere! Voglio proprio vedere cosa mi fai! Lasciala andare, Richard! Lascia che la povera, piccola Rachel venga qui…»

A quel punto, Bruce Wayne ritenne opportuno intervenire: «Signorina,» esordì con la sua voce profonda, rivolto a Tara. «Non so cosa tu abbia in mente, ma siamo in un cimitero e mia nipote è in un delicato stato psicologico. Ti sarei molto grato se tenessi per te tutto questo rumore. Se è tua intenzione continuare a minacciare mia nipote, ritengo che tu debba andartene in questo momento. Quanto a te, Rachel» e si volse verso la ragazza, che ormai si era arresa alla forza del cugino «ti prego di controllarti. Tua madre non vorrebbe vederti così, lo sai. Capisco perfettamente il tuo stato d’animo, ma non ti abbiamo cresciuto come una selvaggia. E ora andiamocene, abbiamo dato spettacolo a sufficienza.» Si scusò brevemente con il sacerdote, che aveva assistito alla scena con due occhi grandi come piattini, e si allontanò con la moglie.

Richard liberò la cugina dalla sua stretta e tenendole un braccio attorno alle spalle la guidò verso la macchina. Garth liberò Tara, o meglio, Tara si liberò dalle braccia del ragazzo e si allontanò fumante di rabbia, senza nemmeno salutare.

«A quanto pare» ruppe il silenzio Roy, guardandola andare via «qualcuno mi deve dei soldi.» Guardò Victor con sguardo ammiccante e tese una mano verso di lui. il ragazzo sospirò, ma mise mano al portafogli. Una scommessa è una scommessa.

«Harper, sei davvero privo di ogni tatto» commentò Antonia con un verso di disgusto.

«Ignoralo, Toni. Andiamo, voglio passare da Rachel» le disse Jessica, prendendo l’amica sotto braccio e dirigendosi verso l’auto. Karen rifilò una gomitata a Victor e lo trascinò dolorante verso la sua auto. Roy intascò i soldi tutto soddisfatto e quando si accorse dello sguardo penetrante di Garth replicò: «Che c’è? Una scommessa è una scommessa.»

«Sei un cretino, Roy» dichiarò il ragazzo dai capelli scuri. «Ora muoviti, o ti lascio a piedi.» Il rosso si affrettò dietro l’amico, lasciando solo Garfield e Kori.

 

Garfield era ancora pietrificato, non riusciva a capacitarsi di quello che era appena accaduto davanti ai suoi occhi. Kori gli si avvicinò lentamente, posandogli con delicatezza una mano sulla spalla.

 «Gar, tutto bene?» domandò, esitante.

«Si sono picchiate… Per me» rispose con un tono trasognato il biondo, riscuotendosi finalmente dallo stato catatonico in cui versava.

«Questa è l’unica cosa a cui riesci a pensare?» chiese scandalizzata la ragazza, ritirando la mano e alzando il tono di voce. Non ci poteva credere! Lei si era preoccupata per lui e tutto quello a cui lui riusciva a pensare era quello?!? Si trattenne dal prenderlo a sberle solo grazie al suo elevato autocontrollo.

«No, no! Non volevo dire… Io… Cioè, insomma…» cercò di rimediare il ragazzo, ingarbugliandosi ancora di più.

«Sono contenta per te e Rachel, lo sono veramente. Ma devi dimostrarmi che tu sei forte abbastanza per lei. Devi essere in grado di proteggerla, non come è successo oggi con Tara. Tu non hai mosso un dito, sono dovuti intervenire Richard e Garth e…»

«Kori, lo so.»

«Allora vai da lei. Ha bisogno di te.»

«Sì. Vado. Grazie mille!»

Il ragazzo cominciò a correre verso l’uscita, ma dopo pochi metri si fermò e si voltò verso l’amica.

«Kori… Non è che mi daresti un passaggio?»

La ragazza si batté una mano sulla fronte e sorrise… Garfield non sarebbe mai cambiato!

 

«Salve, signora Wayne. Rachel è in casa?»

«È al piano di sopra, Garfield. Accomodati.»

«Grazie. Permesso.»

 

Toc toc.

«Vai via, Richard!»

«Rachel, sono io…»

«Garfield?»

 

 

Carry on my wayward son
There'll be peace when you are done
Lay your weary head to rest
Don't you cry no more

Due giorni dopo, Rachel tornò a scuola, per la gioia dei suoi amici.


Ah

Passava la maggior parte del suo tempo con Garfield, mano nella mano o semplicemente nelle sue immediate vicinanze. Il ragazzo le sorrideva ogni volta che lo sguardo della ragazza si posava su di lui e faceva di tutto per far sorridere anche lei.


Once I rose above the noise and confusion
Just to get a glimpse beyond this illusion
I was soaring ever higher, but I flew too high

Con Tara la cosa si risolse piuttosto semplicemente, a dire la verità. Garfield le parlò in privato durante una pausa pranzo e la ragazza fu vista scappare di corsa dalla mensa, furente.


Though my eyes could see I still was a blind man
Though my mind could think I still was a mad man
I hear the voices when I'm dreaming,
I can hear them say

Rachel e Garfield si concessero un pomeriggio per parlare di loro, davanti ad una tazza del tè preferito di Rachel.

«Garfield, grazie per essermi accanto in questo momento. Con la mamma che… Che non c’è più, Richard che sta studiando come un matto per il college e tutto… Sei la mia salvezza. Grazie a te sento che posso farcela.»

«Non dirlo nemmeno. So cosa significa perdere i genitori ed è grazie alla tua presenza se sono riuscito ad arrivare fino ad oggi. È da quando siamo piccoli che ti ammiro e pian piano questo sentimento è diventato, beh, è diventato amore.»
Carry on my wayward son,
There'll be peace when you are done
Lay your weary head to rest
Don't you cry no more

«So che è ancora presto per dirlo, ma io ti voglio tanto bene Rachel. Con il tempo, sono sicuro che riuscirò anche a dirti…»

«Non dirlo adesso. Aspetterò quel momento. E nel frattempo… Nel frattempo cercherò di reagire e di essere la ragazza perfetta per te.»


Masquerading as a man with a reason
My charade is the event of the season
And if I claim to be a wise man,
Well, it surely means that I don't know

«Tu sei già la ragazza perfetta per me.»

«Non puoi saperlo. Non ora. Non sei così saggio.»


On a stormy sea of moving emotion
Tossed about, I'm like a ship on the ocean
I set a course for winds of fortune,
But I hear the voices say

«Per il momento, direi che siamo alla deriva nell’oceano dei nostri sentimenti. Ma ce la faremo, Garfield.»


Carry on my wayward son
There'll be peace when you are done
Lay your weary head to rest
Don't you cry no more no!

«Certo che ce la faremo. Alla fine ci aspetta la felicità.»


Carry on,
You will always remember
Carry on,
Nothing equals the splendor
Now your life's no longer empty
Surely heaven waits for you

«Grazie per fare parte della mia vita. Sei la mia parte mancante.»

«E tu sei la mia. Sono fortunato ad averti trovato.»

Il ragazzo le strinse la mano e le posò un bacio delicato sulla tempia.


Carry on my wayward son
There'll be peace when you are done
Lay your weary head to rest
Don't you cry,
Don't you cry no more,

«Però prometti di non piangere più?»

« No more!»

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Capitolo 19
*** Fighter ***


«Rachel, Garfield, potreste fermarvi un attimo, dopo la fine della lezione?» domandò il professore di coro ai due ragazzi, quando li vide entrare mano nella mano nell’aula dedicata al club. I due annuirono e presero posto in prima fila, dove furono subito attorniati dai compagni, curiosi di sapere come era andata alla Juilliard. Fu con non poca difficoltà che il professore riuscì a riportare la calma nella classe e ad iniziare la lezione. Non fece alcun commento sull’assenza di Tara, che si era ritirata dal club il giorno stesso del rientro a scuola di Rachel.

 

«Ragazzi, ho parlato con il mio amico alla Juilliard. Ha parlato con il rettore e… Purtroppo non potrete riprendere i corsi a New York. Non quest’anno, se non altro. Ma i docenti erano soddisfatti di voi e nessuno può negare il vostro talento» spiegò il professore, guardando con gravità i due ragazzi. Gli dispiaceva che non potessero approfittare dell’opportunità quasi unica che gli era stata offerta, ma fortunatamente alla Juilliard erano riusciti a trovare una soluzione. Fu quindi con un sorriso che proseguì: «Per questo motivo, potrete tornare alla Juilliard… Durante il periodo invernale. Si tratterebbe di partire a dicembre di quest’anno, fino alla fine di febbraio dell’anno prossimo. Per voi andrebbe bene?»

I due ragazzi si guardarono increduli, guardarono l’insegnante e si guardarono di nuovo. Dopodiché esplosero in un “urrà” di gioia e si abbracciarono entusiasti, continuando a ripetere “torneremo alla Juilliard!” per convincersi che non si trattava di uno scherzo.

Il professore li guardò e sorridendo disse: «Lo prendo per un sì. Comunicherò al mio amico che accettate la proposta. Più tardi contatterò anche le vostre famiglie. E ora potete andare.»

I due quasi si inchinarono davanti all’insegnante e poi corsero fuori dall’aula per annunciare (di nuovo) la lieta notizia ai loro amici.

Il professore li guardò sorridendo e scuotendo la testa. “Questi due faranno grandi cose” pensò.

 

«Richard! Vado a New York!» esclamò Rachel, saltando al collo del cugino.

Detto ragazzo la abbracciò di riflesso, ma i suoi occhi azzurri esprimevano confusione: «Ho un senso di déjà vu…»

La ragazza ridacchiò piano, prima di lasciarlo andare e spiegargli la faccenda: «La Juilliard non può riammetterci ai corsi di questo trimestre, ma ci hanno preso a quelli invernali! Da dicembre a febbraio saremo di nuovo a New York! Alla Juilliard! E l’hanno proposto loro! Non è un sogno?»

«Quindi ci abbandoni di nuovo?»

«Non fare tutte queste scene, tu sarai al college!»

«E a Bruce e Selina non pensi?»

«Lo zio e la zia non vedranno l’ora di avere casa libera, credimi!»

«Non posso che darti ragione» rise Richard. «Sarà il caso di avvisare anche gli altri, così potranno prepararsi psicologicamente alla tua partenza.»

«Alla nostra, vorrai dire» lo corresse Rachel, indicando con un cenno della mano lei e Garfield.

«Certo! Gar lo sa che non mi sarei mai dimenticato di lui» si difese il ragazzo, sorridendo al più giovane, che sorrise di rimando.

«Andiamo al bar? Gli altri ci stanno aspettando, non staranno nella pelle per le novità» domandò poi Richard, facendo qualche passo verso l’uscita.

«Vi raggiungiamo più tardi, va bene?» domandò Rachel, rimanendo ferma sul posto.

«Ma ceeeeeeeerto! I due piccioncini vogliono un po’ di privacy! Bastava dirmelo subito, Rach, me ne sarei andato, invece di fare il terzo incomodo!» scherzò il ragazzo, schivando il pacchetto di fazzoletti che la cugina gli lanciò dietro e correndo allegramente verso il parcheggio.

 

«Che stupido» commentò la ragazza, guardandolo andarsene e poi voltandosi verso il suo ragazzo. Ragazzo che le chiese, incuriosito: «Che c’è, Rae? Qualcosa non va?»

«Dimmelo tu. Hai più saputo niente per la Florida?» domandò a bruciapelo la ragazza, ignorando il ridicolo soprannome con cui lui insisteva a chiamarla.

Il ragazzo si rabbuiò: «Ho sentito Rita. Ha detto che Mento insiste che io vada là. Allora ho telefonato a lui direttamente e siamo riusciti ad arrivare ad un compromesso. Dovrò andare in Florida in questi tre mesi, ossia il tempo che avrei trascorso a New York. Tornerei in tempo per l’inizio della scuola e non sarebbe per tanto.»

«Quindi… Quindi devi andare per forza? Dovremo stare separati per tre mesi?» rispose lei, dopo un lungo silenzio.

«In realtà, se per te non è un problema, vorrei che mi accompagnassi. Saresti ospite dei miei parenti, non ci sarà alcuna spesa e anche il biglietto dell’aereo lo pagherò io e…» Venne interrotto dalle labbra di Rachel sulle sue. La ragazza lo strinse a sé, intrecciando le mani tra i suoi capelli e stringendolo a sé con una forza che nemmeno sospettava che avesse.

Dopo un tempo che parve infinito, la ragazza si staccò e, rimanendo sempre abbracciata a lui, gli sussurrò con voce rotta dalle lacrime: «Certo che ci vengo, Gar. Certo che vengo. Grazie, grazie davvero.»

«Ci speravo proprio» replicò lui, facendola sorridere e strappandole un altro bacio appassionato.

 

Quella sera a cena, Rachel non stava più nella pelle: aveva due notizie bomba da dare e non sapeva con quali iniziare.

Per sua fortuna, suo cugino non era una persona molto per la quale e subito dopo essersi seduto a tavola esordì con: «Rach tornerà a New York!»

Gli zii guardarono la nipote in cerca di conferme e la ragazza non poté che annuire. «Il professore ha parlato con la Juilliard: non possono accettarci per i corsi di questo trimestre, ma possiamo partecipare a quelli invernali, da dicembre a febbraio. Inoltre,» continuò, prima di essere interrotta dagli zii, che già stavano per dire qualcosa. «Inoltre, Garfield deve andare dai suoi parenti in Florida, quest’estate. E… Mi ha invitato ad andare con lui. Posso?»

Questa notizia colse di sprovvista anche Richard, che la guardò incredulo insieme ai genitori adottivi.

«In Florida? Rachel, tesoro, sei sicura?» domandò Selina.

«Sì, zia. Mi ha invitato e io… Io ci vado. Non posso stare tre mesi senza di lui, non saprei cosa fare…»

«Lo ami così tanto, tesoro?» chiese la donna, ignorando i due uomini di casa, che stavano cercando in tutti i modi di non ascoltare quei discorsi così imbarazzanti.

Rachel si morse un labbro, pensosa, ma quando rispose alla zia la sua voce era ferma: «Sì. Se non ci fosse stato lui, non sarei arrivata ad oggi, dopo la morte della mamma.» Si fermò un istante per ricacciare indietro le lacrime, poi proseguì: «E poi… E poi adesso è lui ad aver bisogno di me. Devo stargli accanto, per quanto mi è possibile.»

Selina si alzò dal suo posto, gli occhi lucidi e abbracciò la nipote, che ricambiò a sua volta. Le due donne rimasero abbracciate qualche secondo, poi Richard e Bruce le raggiunsero, per un caloroso abbraccio di famiglia. I pensieri di Rachel volarono a sua madre, per poi rivolgersi verso Garfield. Da quando erano morti i suoi genitori non aveva più conosciuto il calore di una famiglia, viveva da solo e anche quella sera sarebbe stato solo, in una casa troppo grande per un ragazzino di quindici anni…

Quando l’abbraccio si sciolse e la famiglia tornò a sedersi, la ragazza si rivolse al cugino: «Richard, dopo mi puoi accompagnare da Garfield? È anche probabile che io dorma lì.»

Richard quasi si strozzò con un boccone di pane, ma annuì e con naturalezza il discorso generale si concentrò su tutt’altro.

 

«Chi sarà a quest’ora? Sto arrivando!» esclamò Garfield, uscendo di corsa dal bagno e avvolgendosi una salvietta attorno alla vita nel tragitto fino alla porta. Era appena entrato in doccia, figurarsi se non arrivava qualcuno a disturbare!

«Chi è che scocc… Rachel!»

«Garfield. Forse non è un buon momento?» domandò impassibile la ragazza, squadrandolo.

«No, certo che no! Vieni, entra, io vado… Solo un attimo, eh?» borbottò lui, rosso come un pomodoro, facendola entrare e diventando ancora più rosso quando vide che Richard era ancora in macchina e che poteva vedere tutto. Fece un debole cenno di saluto e chiuse la porta, sperando di poter sprofondare nel pavimento.

Dopo una rapida sortita in bagno per finire di lavarsi e vestirsi, il ragazzo raggiunse la sua ragazza nel salotto, dove si era accomodata sul divano con una rivista in mano.

«Ehm…» esordì brillantemente.

Lei lo guardò incuriosita.

«Vuoi qualcosa da bere?» chiese il ragazzo.

«Un bicchiere d’acqua, grazie» rispose lei, guardandolo andare in cucina.

Garfield aprì il frigorifero e prese la brocca dell’acqua. La stava versando in un bicchiere, quando sentì le braccia di Rachel stringersi intorno al suo petto. Per la sorpresa, la mano si mosse di scatto e l’acqua finì sul bancone.

«Rach…»

«Sssssh. Non ora.»

Il ragazzo rispettò la sua richiesta e tacque, poggiando le mani su quelle della ragazza e beandosi della sensazione del suo corpo contro il proprio.

 

Dopo qualche minuto, in perfetta sincronia, i due ragazzi si spostarono sul divano.

«Allora, perché sei venuta fin qui?»

«Perché sentivo che ne avresti avuto bisogno. Sei sempre qui da solo e io sono sempre a casa mia, circondata dal calore della mia famiglia, soprattutto adesso che la mamma non c’è più, ma tu non hai mai avuto tutto questo…»

Garfield sentì gli occhi diventargli umidi in una maniera assai poco virile e strinse ancora più forte la mano di Rachel. «Grazie» riuscì a bisbigliare.

Lei ricambiò la stretta e dopo qualche altro momento di silenzio, disse: «Però hai degli asciugamani piuttosto carini, sai?»

«Me li ha regalati mia zia per Natale. Quando avevo otto anni» ringhiò tra i denti il ragazzo, vergognandosi come un cane.

Rachel si lasciò andare ad una risata leggera, come se ne sentivano poche da parte sua. Garfield la guardò e poi decise di renderle pan per focaccia: «Parliamo invece del tuo accappatoio rosa

«Per favore. Sappiamo tutti e due che non stavi guardando quello ma le mie gambe» ribatté lei, guardandolo arrossire.

«Colpito e affondato» ammise lui, riconoscendo la sconfitta. «Che dici, mettiamo su qualcosa?» cambiò repentinamente argomento, alzandosi per prendere il telecomando. Accese su un canale musicale e delle note conosciute si diffusero nell’aria…

 

After all you put me through
You'd think I'd despise you
But in the end I want to thank you
'Cause you made me that much stronger

 

Rachel era partita in automatic e aveva pronunciato la strofa di aperture con un tono talmente…

Sexy” pensò Garfield, guardandola come se la vedesse per la prima volta.

When I, thought I knew you
Thinking, that you were true
I guess I, I couldn't trust
Called your bluff, time is up
'Cause I've had enough
You were, there by my side
Always, down for the ride
But your, joy ride just came down in flames
'Cause your greed sold me out of shame, mmhmm

I due erano in perfetta sintonia e la musica li avvolgeva completamente.


After all of the stealing and cheating
You probably think that I hold resentment for you
But, uh uh, oh no, you're wrong
'Cause if it wasn't for all that you tried to do
I wouldn't know just how capable I am to pull through
So I wanna say thank you

'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter

 

Erano riusciti a superarle tutte, erano dei guerrieri.

“Quel che non uccide, ti fortifica” si suol dire, no?

Ohh, ohh, ohh, ohhhh, ohh-yeah ah uhhhuh

Never, saw it coming
All of, your backstabbing
Just so, you could cash in
On a good thing before I realized your game
I heard, you're going around
Playing the victim now
But don't, even begin
Feeling I'm the one to blame
'Cause you dug your own grave

Jason e Tara erano ormai alle loro spalle, davanti a loro solo il meglio che la vita poteva offire.


After all of the fights and the lies
Yes you wanted to harm me but that won't work anymore
Uh, no more, oh no, it's over
'Cause if it wasn't for all of your torture
I wouldn't know how to be this way now, and never back down
So I wanna say thank you

'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
Makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
It makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter

Alla Juilliard sarebbero tornati più forti di prima, non c’era dubbio. Non vedevano l’ora.


How could this man I thought I knew
Turn out to be unjust so cruel
Could only see the good in you
Pretended not to see the truth
You tried to hide your lies, disguise yourself
Through living in denial
But in the end you'll see
YOU-WON'T-STOP-ME

I am a fighter and I
I ain't goin' stop
There is no turning back
I've had enough

La strada davanti a loro era spianata, nessun ripensamento, nessun ostacolo… Solo loro due.


'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter

Thought I would forget
But I remember
I remember
I'll remember, I'll remember

Thought I would forget
But I remember
I remember
I'll remember, I'll remember

'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter

 

Finita la canzone, i due ragazzi si guardarono negli occhi: «Ce la faremo!» esclamò Garfield, sorridendo.

«Finché tu starai al mio fianco, io ce la farò. Tu sei il mio guerriero, no?» replicò Rachel, seria.

Lui le strinse la mano e le baciò la fronte, poi i due si accoccolarono sul divano, ascoltando le canzoni che passavano sul canale e beandosi della compagnia una dell’altro.

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Capitolo 20
*** Girl on fire ***


«Rach, sei pronta? Victor ha già chiamato per dire che stava per mettere su gli hamburger!»

«Sono quasi pronta, Rich. Digli di non andare in panico.»

«Sai quanto ci tiene al fatto che il barbecue del quattro luglio sia perfetto!»

«E lui sa quanto il mio ragazzo sia vegetariano?»

«Sono sicuro al trecento per cento che gli avrà preparato un hamburger di tofu con verdure.»

«Sarà meglio per lui. Comunque ho fatto. Possiamo andare» annunciò Rachel, uscendo finalmente dal bagno.

Era la sera del quattro luglio e i due ragazzi erano, come prevedibile, in ritardo per il tradizionale barbecue a casa Stone. Il giorno dopo, Rachel e Garfield sarebbero partiti per la Florida, quindi sarebbe stata anche una sorta di cena d’addio per loro due.

Con un saluto al volo ai signori Wayne, che guardavano il telegiornale in salotto, i due ragazzi uscirono e partirono in fretta. Richard odiava essere in ritardo.

 

«Finalmente! Vic stava per dare i numeri! Che fine avevate fatto, ragazzi?» li accolse Karen, con un sorriso enorme.

«Qualcuno» Richard guardò con intenzione la cugina, che lo ignorò bellamente «non si decideva ad uscire dal bagno.»

«E direi che ha fatto bene! Guarda che spettacolo che è!» esclamò la ragazza, stringendo l’amica in un abbraccio gigante.

«Karen… Liberami… Sono riuscita a convincere Kori a non…» cercò di protestare Rachel, ma proprio in quella, un uragano con i capelli rossi si abbatté su di lei. «Rachel! Sei bellissima!»

«Ecco. Appunto» sospirò rassegnata la ragazza dai capelli scuri, mentre quelle due pazze delle sue amiche la stritolavano.

«Rachel! Finalmente sei arrivata! Vieni, abbiamo una sorpresa per te!» esclamò Antonia dal giardino.

«Aspetta! Garfield dov’è?» ribatté la voce di Garth.

«Stavate parlando di meeeeeeeee?» giunse la voce del biondino dalla porta. I presenti si voltarono per trovarsi davanti il ragazzo in posa plastica. Nessuno riuscì a spiccicare parola per qualche secondo, poi Antonia si fece avanti: «Sì. Okay. Facciamo finta che non sia successo niente e seguiteci di là, abbiamo una sorpresa per voi!» E con queste parole prese per mano Rachel e Garfield, trascinandoli verso il giardino.

 

Quando la ragazza aprì la porta sul retro, i due si ritrovarono davanti…

«Clara! Ines! Ragazze!» esclamò Rachel, portandosi le mani alla bocca, sorpresa.

«Non ci credo! Siete davvero voi!» gridò Garfield, passandosi una mano davanti agli occhi, quasi a volersi assicurare di non avere le allucinazioni.

I ragazzi del corso estivo della Juilliard erano radunati nel cortile di Victor, che stava grigliando hamburger in quantità industriale, e stavano riversandosi addosso ai loro amici, come un fiume in piena.

Per qualche minuto l’aria si riempì di saluti e risate, mentre i ragazzi di Jump City guardavano con soddisfazione il loro piano diventare realtà.

«Se avete finito con le smancerie, la carne sarebbe pronta!» esclamò Victor, all’improvviso, richiamando l’attenzione di tutti.

«Ciboooooooooo!» gridò Roy, lanciandosi sugli hamburger come se non mangiasse da mesi.

«Carotina, lascia qualcosa anche a noi!» lo redarguì Rachel, guardandolo malissimo.

«Gotica, non ferire i miei sentimenti! Torna a dormire, il sole è ancora alto.»

«Non ti faccio male solo perché ci sono ospiti» ringhiò la ragazza, decidendo di ignorarlo e dedicandosi alle amiche arrivate da New York, badando bene ad evitare François.

 

«Abbiamo avuto una bella idea, vero? Guarda com’è felice» commentò Richard, parlando con Victor e guardando la cugina che sorrideva, attorniata dalle sue amiche.

«Le ci voleva, questa boccata di aria newyorchese. Anche se non l’ha dato a vedere, le dispiace non poter tornare adesso a New York» rispose il ragazzo, seguendo lo sguardo di Richard.

«Già. Per fortuna li hanno accettati per il prossimo corso. L’unica cosa che un po’ mi preoccupa è che vada in Florida con Garfield, da soli…»

«Perché dici così? Pensavo ti piacesse Gar.»

«Ed è così, davvero. È mille volte meglio di Jason, poco ma sicuro, e poi si vede che le vuole bene davvero, ma… Hanno solo quindici anni.»

«Mh. Non è che sei geloso?» domandò sorridendo Victor.

«Cosa?! Starai scherzando, spero!» gridò Richard, quasi soffocando con la sua stessa saliva. L’amico si limitò a ridacchiare, mentre l’altro gli scaricava addosso una sfilza di insulti, metà dei quali irripetibili.

Attirata da quel teatrino, Rachel arrivò con due delle sue amiche di New York.

«Che sta succedendo?» domandò, incuriosita.

«Niente, niente. Discorsi tra uomini. Piuttosto, non ci presenti?» rispose Vic, lanciando un’occhiata alle due ragazze.

«Posso ricordarti che di là c’è la tua ragazza? Karen, hai presente? Alta più o meno così, capelli ricci… Ricorda nulla?» scherzò Rachel.

«Ma non dicevo per me, dovresti saperlo. Stavo pensando a lui» ribatté il ragazzo, con un sorrisone, indicando Richard, che stava iniziando a calmarsi.

«Così Kori mi fa fuori» rispose lei.

«Dici? Io la vedo piuttosto presa con quel ragazzo laggiù… Stanno parlando in una lingua piena di gargarismi e sputacchi.»

«Credo lo chiamino francese» intervenne Clara, sorridendo.

Rachel ridacchiò lievemente, poi si decise a fare le presentazioni: «Okay, ragazze, loro sono Victor, il mio fratellone e Richard, mio cugino, nonché angelo custode. Rich, vieni qui!»

Il ragazzo rispose al richiamo, avvicinandosi al gruppetto. Strinse la mano alle due ragazze, poi iniziarono a parlare del più e del meno, mentre Rachel si allontanava per cercare Garfield.

 

«Ehi» sussurrò Garfield, abbracciando Rachel da dietro e facendola sussultare.

«Garfield! Non farlo mai più!» esclamò lei, rilassandosi però nella sua stretta.

«Allora, sei contenta?» chiese lui, dopo qualche minuto.

«Molto. Finalmente sembra che la mia vita stia andando per il verso giusto. O almeno, lo spero. E tu?»

«Sono molto più che contento. Sono felice, davvero, davvero felice. Ed è merito tuo.»

Rachel arrossì lievemente.

Garfield sciolse l’abbraccio e la fece voltare verso di sé. La guardò negli occhi e piano piano i due ridussero la distanza fra loro. Erano ad un soffio l’una dall’altro, quando una voce li riportò alla realtà: «Ehi, piccioncini! Staccatevi un momento e venite con me, c’è gente che vi sta cercando!»

«Sempre fine, vero, Carotina?» domandò Rachel, voltandosi verso di lui a malincuore.

«Si fa quel che si può. A proposito, quella ragazza, Clara…»

«Spiacente, ha già delle mire su Rich. Però posso presentarti Alexandra, che ne dici?»

«Quale sarebbe?»

«La bionda, quella là.»

«Affare fatto.»

E Roy si avviò verso la ragazza, lasciando lì gli altri due.

«Andiamo, chissà cosa vogliono da noi» disse Rachel, avviandosi verso il centro del giardino, dove erano riuniti tutti.

«Rach, aspetta» la bloccò Garfield, prendendola per un polso.

Lei lo guardò interrogativa.

«Alexandra… Non è che ti stai vendicando perché pensi che ci abbia provato con me, vero?»

Rachel si limitò a sorridere enigmatica e gli voltò le spalle, camminando con il suo passo deciso verso Maria e Noriko, che le stavano facendo ampi cenni con le mani.

Garfield sorrise, scosse la testa e si avviò dietro di lei.

 

«Bene, ora che abbiamo la vostra attenzione, vorremmo dare il nostro regalo a Rachel» annunciò Ines, dall’alto della sedia di legno che le era stata prontamente fornita per sovrastare la gente.

«Regalo? Ma per cosa?» domandò la ragazza, sorpresa.

«Per tutto! Ora, zitta e buona!» le intimò Clara, mettendola a sedere a forza su una sedia.

Ottenuta l’attenzione della ragazza, tutti i ragazzi della Juilliard iniziarono ad intonare una canzone ben conosciuta:

She's just a girl and she's on fire
Hotter than a fantasy, lonely like a highway
She's living in a world and it's on fire
Filled with catastrophe, but she knows she can fly away

Rachel arrossì lievemente. Da sola non sarebbe andata da nessuna parte, nel caos che era diventato il suo mondo.


Ohhhh oh oh oh oh
She got both feet on the ground
And she's burning it down
Ohhhh oh oh oh oh
She got her head in the clouds
And she's not backing down

Però non si era mai tirata indietro ed era riuscita ad affrontare le difficoltà. La musica, la sua personale nuvola di felicità, l’aveva aiutata.


This girl is on fire...
This girl is on fire...
She's walking on fire...
This girl is on fire...

I ragazzi ridacchiarono, vedendo che il viso di Rachel era effettivamente in fiamme per l’imbarazzo di essere al centro dell’attenzione.


Looks like a girl, but she's a flame
So bright, she can burn your eyes
Better look the other way
You can try but you'll never forget her name
She's on top of the world
Hottest of the hottest girls say

Garfield le lanciò uno sguardo pieno d’amore, dimostrando che lui il suo nome non l’avrebbe mai dimenticato.


Ohhhh oh oh oh
We got our feet on the ground
And we're burning it down
Ohhhh oh oh oh oh
Got our head in the clouds
And we're not coming down

Affrontando le avversità a testa alta, Rachel si era dimostrata un esempio per ciascuno dei suoi amici. Ognuno aveva i suoi segreti, ma grazie a lei, li avrebbero affrontati.
Kori e il difficile rapporto con la sorella.

Victor e l’incidente che aveva rischiato di privarlo della vista.

Richard e il suo rapporto altalenante con il padre adottivo.

Garfield e la morte dei suoi genitori.


This girl is on fire...
This girl is on fire...
She's walking on fire...
This girl is on fire...

Everybody stares, as she goes by
'Cause they can see the flame that's in her eyes
Watch her when she's lighting up the night
Nobody knows that she's a lonely girl
And it's a lonely world
But she won' let it burn, baby, burn, baby

Non aveva permesso a nessuno di vedere oltre la sua armatura, tranne che a Richard e Garfield, ma quando era stata ad un punto dall’esplosione, l’aveva evitata. Era riuscita a salvarsi.


This girl is on fire...
This girl is on fire...
She's walking on fire...
This girl is on fire...

Oh, oh, oh, oh ohhhhh oh oh oh ohhh oh oh oh ohhhh

She's just a girl and she's on fire

 

Alla fine della canzone, Rachel era praticamente in lacrime. Garfield la strinse forte e la ragazza riuscì a mormorare un “Grazie” tra le lacrime. Era stata davvero fortunata a trovare degli amici così. Ora la sua vita era completa e lei l’avrebbe vissuta appieno, anche (e soprattutto) per sua madre.

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Capitolo 21
*** Invincible ***


Dieci anni dopo

 

«Garfield! Ancora non sei pronto?»

«Rach, lo sai che sono nato per essere in ritardo!»

«Lo so, lo so… Ancora non so perché continuo a sperarci. Sei un caso clinico!»

«Ehi! Potrei offendermi!»

«Potresti, ma non ne hai il tempo. Ci stanno aspettand…»

La donna venne interrotta dal campanello. Abbandonando il suo fidanzato all’ardua impresa di annodare la cravatta, aprì la porta, interrompendo il frenetico scampanellare.

«Paura che non ti sentissimo, Rich, tesoro?» domandò sarcastica, trovandosi davanti il sorriso a trentadue denti che caratterizzava suo cugino.

«Melius abundare quam deficere» sghignazzò l’uomo.

«Meno arie, avvocato dei miei stivali. Non hai studiato latino al college per questo» lo zittì Rachel, passando poi a salutare calorosamente la moglie di suo cugino, che era in piedi dietro di lui con un’espressione rassegnata. «Clara! Mi sei mancata così tanto!» Le due donne iniziarono a parlare italiano alla velocità della luce, lasciando Richard a fissarle come un ebete. Non aveva mai imparato più dello stretto necessario in italiano, nonostante le ripetute vacanze in Italia con la moglie negli ultimi sei anni della sua vita e si era perso dopo “come stai?”

Per sua fortuna Garfield, finalmente pronto, arrivò a salvarlo: «Richard! Clara! Benvenuti! Entrate, entrate!»

Tanto bastò a distrarre Rachel, che esplose: «Ma che entrate! Dobbiamo andare! Ti ricordo che siamo in un ritardo che definire stratosferico è riduttivo. Ci aspettavano…» Si interruppe per controllare l’orologio e misurare l’entità del danno, ma Garfield la dirottò abilmente verso l’auto, acchiappando al volo le chiavi e una giacca: «Caspita, hai ragione! Meglio muoversi, eh?»

La donna alzò gli occhi al cielo, suscitando le risate dei due spettatori.

 

In un qualche modo, riuscirono a limitare il ritardo a soli venti minuti. 

Comunque venti minuti di troppo per i gusti di Rachel, ma ormai era venuta a patti con il ritardo patologico del suo fidanzato.

Entrarono nella sala gremita di gente e parecchie teste si voltarono nella loro direzione, seguendo i quattro nel loro percorso fino ai posti loro riservati, dove i loro amici e i Wayne già li aspettavano.

«Ragazzi, finalmente! Ci stavamo chiedendo che fine aveste fatto…» esclamò Selina, alzandosi per abbracciare nipote e nuora.

«Non lo vuoi sapere, zia. Credimi.» Rachel lanciò un’occhiata furente a Garfield, facendolo sussultare colpevole.

«L’importante è che siate qua. Sedetevi, stavamo aspettando solo voi» ristabilì l’ordine Bruce, riportando a sedere la moglie e dando l’esempio. I quattro ritardatari si sedettero in fretta, facendo rapidi cenni di saluto agli amici intorno a loro.

 

Qualche secondo dopo, un figuro che indossava un completo di un arancione talmente carico da dare l’emicrania se lo si fissava troppo a lungo salì un paio di gradini e si avvicinò al microfono posto al centro del palco. Picchiettò sul microfono, si schiarì la voce e finalmente iniziò il discorso: «Gentili ospiti, sono lieto che ci abbiate raggiunti per la consueta cerimonia di consegna dei diplomi. Alla Juilliard siamo molto fieri dei risultati di ogni singolo allievo, ma quest’anno una persona si è distinta in maniera particolare e vorrei richiamare la vostra attenzione su di lei. Un applauso per la signorina Rachel Roth, per favore!» E il signor Dickinson diede l’esempio, iniziando lo scroscio di applausi che accompagnò Rachel nel breve tragitto dalla sua poltroncina al palco.

Garfield sorrise teneramente, le parole di una canzone che affioravano nella mente mentre guardava la sua fidanzata avvicinarsi al microfono che il rettore le tendeva con un sorriso.

 

 

Follow through

Make your dreams come true

Don't give up the fight

You will be alright

'Cause there's no one like you in the universe

 

Rachel era decisamente unica: dopo essere tornata alla Juilliard per il semestre che ad entrambi era stato accordato in via eccezionale, si era diplomata al liceo e aveva poi seguito sia i corsi del college specializzandosi in pedagogia sia i corsi della Julliard, arrivando ad ottenere il master a soli venticinque anni. Adesso poteva dedicarsi con tutta se stessa al suo più grande sogno: la musica. E l’avrebbe fatto diventando insegnante di musica alla stessa Juilliard, nei corsi dedicati ai piccoli prodigi, come venivano affettuosamente chiamati i bambini che venivano ammessi alla scuola.

 

Don't be afraid

What your mind conceives

You should make a stand

Stand up for what you believe

And tonight

We can truly say

Together we're invincible

 

«Ma la signorina Roth non è l’unica persona che voglio presentarvi stasera. Prego, signor Logan, ci raggiunga!» Mentre Garfield si avvicinava al palco, il rettore continuò: «Un ragazzo molto promettente, signore e signori, proprio come la signorina Roth. Al contrario di Rachel, però, Garfield non rimarrà nella grande famiglia della Juilliard. Permettetemi dunque di presentarvi il nuovo Fantôme de l'Opéra di Broadway!» 

Un nuovo scroscio di applausi riempì la sala. Garfield si inchinò goffamente, rischiando di abbattere il microfono. Con una risatina quasi isterica si scusò e ringraziò il professore. Rachel soffocò una risata e gli prese la mano. L’uomo la strinse dolcemente e mentre il rettore Dickinson procedeva alla presentazione degli altri diplomati, non poté impedirsi di continuare a pensare alle parole della canzone che gli si era insinuata nel cervello.

Era il caso di dirlo: insieme, lui e Rachel potevano arrivare dappertutto. Erano invincibili. Se non ne era una prova il momento che stavano vivendo!

 

During the struggle

They will pull us down

But please, please

Let's use this chance

To turn things around

And tonight

We can truly say

Together we're invincible

 

Non era stato facile arrivare a quel punto. Dopo la morte di Arella, Rachel aveva attraversato un periodo di depressione che l’aveva portato a temere di doverla ricoverare in ospedale. I tre mesi in Florida erano stati duri per entrambi: Rachel cercava di convincerlo di stare bene e lui di convincerla a non mentirgli. Rita e Mento erano stati di aiuto, aiutando i ragazzi a superare gli screzi tra loro, ma naturalmente era stato il ritorno alla Juilliard a cambiare tutto. La musica, come sempre, era stata la cura. Grazie ad essa, Rachel era tornata ad essere se stessa e aveva capito cosa voleva dal suo futuro. E lui era contento di essere contemplato in quel futuro.

 

Do it on your own

It makes no difference to me

What you leave behind

What you choose to be

And whatever they say

Your soul's unbreakable

 

Sorrise, notando il luccichio sulla mano sinistra di Rachel. 

In un certo senso si trattava dell’unica condizione che lui aveva posto ai piani della ragazza per il suo futuro: dovevano essere insieme. Non prima di aver raggiunto una stabilità economica ed emotiva, ovviamente. Quando le aveva fatto la proposta non avevano che diciotto anni, ma il momento in cui lei sarebbe stata sua per sempre si stava avvicinando sempre di più.

Solo questo voleva da lei. 

E lei era stata più che felice di concederglielo, a patto che lui non le impedisse di realizzare i suoi sogni da sola.

Per quanto strano, avevano raggiunto un compromesso che non aveva lasciato nessuna delle due parti delusa, ma solo felice.

 

During the struggle

They will pull us down

But please, please

Let's use this chance

To turn things around

And tonight

We can truly say

Together we're invincible

Together we're invincible

 

Finalmente il tempo dei discorsi finì e i diplomati furono liberi di tornare dai loro cari per il saluto finale del rettore, prima di essere lasciati ai festeggiamenti.

Una volta fuori dalla sala, la coppia venne assalita da amici e parenti. Quando tutti ebbero abbracciato tutti, la comitiva si mosse verso il ristorante prescelto per ospitare la festa per Rachel e Garfield.

Nella sicurezza della loro macchina, Garfield allentò finalmente la cravatta e sospirò profondamente.

«Non ne potevi più, vero?» domandò Rachel, divertita.

«Sembrava che qualcuno mi stesse strangolando!» ribatté lui.

«Dovrai abituartici… Le star di Broadway devono presenziare a molti eventi eleganti, sai?»

«E le mogli delle star di Broadway?»

Rachel si irrigidì per un momento, poi sorrise dolcemente, il suo sorriso speciale solo per lui. «Le mogli delle star di Broadway devono assicurarsi che le star di Broadway non combinino guai. Per questo devono presenziare.»

Anche Garfield sorrise e i due rimasero in silenzio fino al ristorante.

 

Dopo un pasto che parve interminabile, a tutti meno che a Victor, che ebbe il coraggio di chiedere un altro piatto di costine (dopo il dolce e il caffè), Garfield si alzò in piedi e tentò di battere delicatamente la forchetta contro il bicchiere di cristallo. Inutile dire che il cristallo non fece una bella fine. Con un sorriso imbarazzato, l’uomo si schiarì la voce e alzò il bicchiere che Rachel gli aveva repentinamente passato mentre gli amici erano ancora distratti dalle risate per il piccolo incidente: «Amici! Parenti! Tutti! Io e Rachel siamo molto felici che siate qui. Tutti voi siete stati molto importanti per la nostra crescita…»

«Tutti tranne te, Carotina, beninteso» intervenne Rachel, lanciando una frecciatina a Roy, che mise il broncio. Antonia mascherò in fretta la risata che le era sorta spontanea e accarezzò dolcemente il braccio del suo ragazzo per calmarlo. Il resto della sala ridacchiò brevemente, prima di rivolgere nuovamente l’attenzione a Garfield.

«Sì, ecco, dunque… Dicevo… Tutti voi siete stati molto importanti per la nostra crescita e anche se la vita ci ha portato a New York, la California sarà sempre casa nostra. Voi sarete sempre casa nostra. A voi!» I calici si alzarono e un brusio di “a voi”, “alla nostra” si diffuse nell’aria. Rachel sorrise e scambiò un breve bacio e un sorriso con Garfield, prima di alzarsi in piedi a sua volta.

L’attenzione di tutti si focalizzò su di lei, senza bisogno di sacrificare un altro cristallo. 

«Abbiamo anche un’altra notizia per voi.»

«Lo sapevo! Sei incinta, vero? Oh, ma è bellissimo!! Già mi vedo un esercito di bambini con i capelli neri e gli occhi verdi e…»

«Sei cosa? Garfield, che cosa hai fatto a Rachel??»

«Victor, calmati! Nemmeno Richard sta reagendo così!»

«Questo perché è svenuto, Karen…»

«Ragazzi! Ragazzi! No! Non sono incinta! Kori, ti ammazzerò per questo, stanne certa!» esclamò Rachel, cercando di riportare la calma tra i suoi amici. Kori si risedette abbastanza delusa, mentre Clara riusciva a rianimare Richard e Karen a far sedere Victor, che era a tanto così dal sollevare Garfield dal pavimento. «Okay, allora. Non sono incinta,» occhiataccia a Kori, «ma quella che sto per darvi è una notizia altrettanto bella. Almeno, così speriamo.» Si interruppe per guardare il fidanzato che annuì gentilmente. La donna inspirò profondamente, poi eruppe: «Ci sposiamo. Il mese prossimo.»

Sulla sala calò un silenzio quasi imbarazzante, poi tutti quanti cominciarono a sbraitare le congratulazioni alla coppia, ad alzarsi per abbracciare i due ragazzi o a fare progetti per il grande giorno.

Rachel sorrise. Prevedeva guai, ma con Garfield al suo fianco sarebbe andato tutto bene.

Insieme, erano invincibili.

 

During the struggle

They will pull us down

Please, please

Let's use this chance

To turn things around

And tonight

We can truly say

Together we're invincible

Together we're invincible

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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E con questo ultimo, sudato capitolo, siamo alla fine di questa lunghissima saga. Grazie mille a tutti quelli che hanno letto, commentato, aspettato spasmodicamente per gli aggiornamenti e sopportato i miei ritardi. Grazie davvero!

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