lithium.

di mirmelle_29
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. you're so London. ***
Capitolo 2: *** stars and clouds. ***



Capitolo 1
*** 1. you're so London. ***


Those green eyes and that contagious smile,
and those lips, and the way they verbalize,
Oh New York City, what a beauty to our eyes.

Foto, un sacco di foto. Foto di lui e di lei, foto con Lux, foto dove sorrideva, foto dove guardava altrove. Foto a New York, foto di capodanno, foto di baci e di feste. Foto dove lui gli sussurrava qualcosa, e il rimorso di non poter sentire. Louis se ne stava davanti al pc da ore a cercare foto di Haylor. Quel giorno gli era presa così, la nostalgia di Harry si era fatta sentire più vivida e concreta che mai, gli mancava tutto. Dal suo profumo, alla morbidezza dei suoi ricci, gli mancava come lasciava sempre tutto in disordine, gli mancava sentirlo alzarsi nel cuore della notte, passeggiare un po’ per i corridoi per poi tornare a letto. Gli mancavano i baci dati di sfuggita dietro alle quinte dei concerti, per infondersi coraggio a vicenda, per dirsi ‘ci sono io qua’. Gli mancava indossare le sue magliette, così da poterselo sentire addosso tutto il giorno quel profumo. Il profumo di casa, di amore. Perché Harry era tutto questo, era casa e passione, amore e desiderio. Era come quando vai in vacanza e ti manca il tuo computer, il tuo letto, la tua cucina anche se ti trovi in un posto decisamente migliore. Era come l’autunno in una stanza, un’esplosione di emozioni, tanto intense da far male. Harry era la pagina di quaderno riempita con precisione in ogni spazio bianco, era una storia da raccontare mille volte senza mai annoiarsi. Era la canzone che ascolti prima di andare a letto, un’accurata collezione di ricordi vivente. Ecco come doveva essersi sentito Hazza, quando sotto al suo naso scorrevano le foto di Elounor. O forse non le aveva nemmeno cercate, aveva preferito immaginarsi e basta, non infierire come stava facendo lui. Louis proprio non ce la faceva a resistere, doveva per forza farsi del male ulteriore a vede lui con lei. E sembrava anche piuttosto felice, infondo non sentiva Hazza da molto tempo ormai. ‘sono mai stato realmente felice?’ si chiese fissando il monitor del computer. In risposta a questa domanda gli balenarono in mente le immagini di quando condivideva l’appartamento con Harry. Erano immagini di estrema felicità, che gli facevano annodare lo stomaco in un ingarbuglio di emozioni contrastanti. Erano i fuochi d’artificio, le risate esplosive, il suono di una chitarra. In quel periodo era così fortunato e comunque non se ne accorgeva, forse era troppo impegnato ad essere felice.

-Credo che tu debba smetterla.

Una voce che ben conosceva lo raggiunse alle spalle. Louis non si prese nemmeno la briga di voltarsi, sapeva fin troppo bene chi fosse a parlargli ed era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. Beh, in quel momento voleva solo Harry, quindi le altre persone erano tutte ‘sbagliate’. La ragazza dal viso grazioso, incorniciato da boccoli castani, prese posto accanto a lui sul divano.

-Di solito quello è il posto di Harry.

Disse Louis con un tono inasprito. La ragazza non dette segno di essere stata in alcun modo turbata.

-Beh, per il momento Harry non c’è, quindi questo è il posto di El.

Sul volto di lui si dipinse un’espressione di resa e gettandosi le mani dietro alla testa, si lasciò cadere sul divano.

-Non farmi la predica anche tu, El.

Lei si passò le mani sulle cosce, raccolse i capelli in una coda e balzò in piedi.

-Non sono venuta per farti la predica, so quanto ti manca Harry, lo capisco.

-Allora cosa vuoi?

-Portarti a fare un giro, perché sei un relitto Lou.

-Non avevamo deciso di rimanere in casa oggi?

-Avevamo deciso di guardare un film e mangiare gelato. Non hai mai accennato a ‘Louis che spulcia ogni fottutissimo sito internet alla ricerca di foto del suo ex ragazzo con la sua attuale ragazza, mentre Eleanor pettina le bambole.’

Le labbra di Louis esplosero in n sorriso, e gli occhi azzurri divennero due fessure, come dei coriandoli di cielo. El abbozzò una risata, guardandolo rapita da tanta bellezza. Louis era veramente bello quando rideva. Il ciuffo castano, le labbra fini. In quel periodo si era un po trascurato, lasciandosi crescere un velo di barba, mentre sotto a gli occhi aveva due profonde occhiaie livide. Aveva semplicemente un aria più matura e vissuta, pensò El. Era cresciuto così tanto da quando si erano incontrati la prima volta, che ogni volta che guardava le loro foto si sentiva mancare. Due anni prima era un ragazzino che indossava bretelle,aveva i capelli con la frangia smisurata e il solito sorriso, forse un po’ più radioso.

-Allora, cosa intendi fare? Restare qua a piangerti addosso, oppure usciamo e, facendo finta che mi piaccia sul serio, mi porti da quella merda di Starbucks? Oh cazzo, sto iniziando ad odiare veramente quella roba, giuro lo faccio solo per pubblicità. In più mi fanno ingrassare, accidenti.

E dicendo cio si posizionò davanti allo specchio, di profilo, scrutando avidamente la sua immagine riflessa.

-Questo è il punto in cui dovresti dire ‘No, El sei perfetta così’.

In risposta Louis si alzò dal divano, le si avvicinò e le schioccò un bacio sulla guancia, mentre lei sorrideva divertita.

-Ogni tanto ci penso, sai?

Disse lei cambiando improvvisamente tono, e abbassando lo sguardo.

-A cosa?

Chiese Louis distrattamente, mentre sostituiva i pantaloni a quadri del pigiama con dei jeans scuri e stretti.

-A noi, insieme. Ma veramente, non per finta, cioè.. sarebbe bello, no?

Il ragazzo si gelò per un istante che a lei parve infinito.

-Se potessi amare te al posto di Harry, giuro che lo farei El, senza pensarci due volte. Amare quel ragazzo è un suicidio, credimi.

-Anche amare te lo è.

Disse lei triste, continuando a fissarsi la punta dei piedi scalzi e facendo muovere nervosamente le dita su pavimento. Louis sembrava aver colto l’allusione a quei due anni in cui El era sempre stata innamorata di lui. Non era mai riuscito a ricambiarla pienamente, anche se in certi momenti si sentiva davvero molto legato a quella ragazzina; a lei comunque andava bene anche così, e Louis non riusciva a lamentarsi. Era una ragazza carina, intelligente e simpatica. Sapeva farlo ridere insomma, non come Harry, ma era comunque una delle compagnie che Lou preferiva in assoluto. Aveva imparato a volergli bene, anche se all’inizio si era promesso di usarla solo come copertura. Inevitabilmente si era fatto coinvolgere sentimentalmente da lei. El gli aveva confessato il suo amore quando ormai si frequentavano da un anno, e disse di essersi trattenuta solo perche sapeva che a Louis interessava solo ed esclusivamente Harry. La risposta di lui fu un ‘ti voglio bene’ pieno di dolore: perché non poteva amare Eleanor? Sarebbe stato tutto più semplice. Ma a Louis piacevano le cose complicate ed era per questo che aveva scelto Harry, a tutto e a tutti. Raccolse le chiavi della macchina dal tavolino di legno rigato, e prese la giacca nera dalla seggiola dove la sera prima era stata gettata con non curanza.

-Andiamo El?

Lei sembrò riprendersi improvvisamente dalla sua malinconia, e con un sorriso, un po’ forzato, lo seguì fuori dall’appartamento. Eleanor gli stava davanti, ad uno dei tavoli più appartati di Starbucks, con il suo frappè in mano. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, era davvero una bella ragazza, non c’era dubbio. Era la sua ragazza, teoricamente, quindi non seppe spiegarsi il perché di quei pensieri da ‘primo appuntamento’. Lei se ne stava lì, concentrata sul suo bicchiere di cartone, giocherellando distrattamente con la cannuccia verde scuro. C’era un silenzio imbarazzato interrotto solo dal rumore dei clacson e dal chiacchiericcio del locale. Alcune fans se ne stavano sedute sul marciapiede e fissavano eccitate la coppia all’interno del locale. Appena Louis se ne accorse le salutò con un rapido gesto della mano e tornò a fissare El, mentre quelle se ne stavano gongolanti e strillanti sedute per terra.
-Come fai ad essere sempre così gentile? Certe volte io non riesco proprio a sopportarle, sono troppo ossessive. 
El ruppe il silenzio e alzò gli occhi dal suo bicchiere.
-Sono in assoluto la parte più gratificante del mio lavoro. Certe volte esagerano, lo ammetto, e anche io non sono sempre gentile. Quando parlano di me e di Harry mi innervosisco, loro hanno intuito qualcosa, ma in realtà non sanno un cazzo di quel che siamo. Pensano che la nostra sia una storia segreta ma perfetta, e per la parte della segretezza ci hanno azzeccato in pieno. Pensano che sia io quello che se ne freghi, che abbia smesso di lottare. Vedono Harry come il paladino della nostra relazione, ma in realtà lui non ci pensa affatto a noi. 
Disse con fare risoluto e addentando la ciambella che aveva preso per El.
-Ti manca molto, non è vero?
Louis tossì, per prendersi del tempo e rifletterci. Poi cadde nuovamente il silenzio, e lo sguardo di lui fissò un punto particolarmente interessante del tavolo. 
-Ogni giorno.
Disse poi alzando lo sguardo e rivolgendosi alla ragazza che gli stava di fronte. Eleanor lo guardò seria e poi accennò ad un sorriso, ma si ritrasse subito. Vedeva negli occhi di lui quello che si stava tenendo dentro, aveva notato le sue labbra che continuavano a schiudersi nel tentativo di dire qualcosa. Louis voleva parlare, aveva così tanto da dire, tutto quello che si era tenuto dentro.
-Parla.
-Secondo te.. la ama?
Disse rantolando, arrancando una parola all’altra. El, che si aspettava quella domanda controllò un secondo il cellulare, poi si schiarì la voce.
-Anche se fosse, non la amerebbe come ha amato te.
Louis sembrò rimuginarci sopra un secondo, addentò nuovamente la ciambella.
-Non m’importa, cioè è ovvio che non la amerà come ci siamo amati noi, è impossibile. Il nostro amore era come musica El, lo sai no? Hai visto come ci guardavamo, come cessavo di respirare quando incontravo i suoi occhi. Hai notato come sussultavo appena pronunciava il mio nome, hai visto quanto amore c’era in ogni più piccolo ed insignificante gesto.
Louis gettò fuori tutto quello che aveva dentro, le sue uniche certezze. Le sputò praticamente addosso ad Eleanor che continuava ad ascoltarlo, mentre lui la feriva con ogni singola parola, come se stesse giocando a freccette ed ogni sillaba la bucasse.  All’inizio lui non ci fece caso, continuò a sfogarsi liberamente, poi alzando lo sguardo vide che il volto di lei aveva qualcosa di strano.. era triste. Era come se la tristezza e tutti gli altri sentimenti cattivi gli avessero scavato gli occhi, rendendo il suo sguardo freddo e distaccato.
-Senti El, io non volevo, scusami, sono stato un bastardo egoista.
-No, tranquillo, prima o poi mi ci abituerò.
Doveva fare qualcosa per tirarla su di morale, assolutamente. Le fan erano ancora la fuori e Louis notò anche qualche paparazzo appostato in posizione strategica. Okay, si va in scena. Si alzò dal suo posto e gli occhi di lei lo seguirono mentre prendeva il suo volto fra le mani. 
-Mi dispiace tanto.
-Di cosa?
Sussurrò lei, con la voce impastata dall’emozione. Intanto le fans fuori si stavano agitando nel vedere quegli attimi di dolcezza della coppia. Anche i paparazzi aveva preso a scattare freneticamente. 
-Di non poterti amare.
E prima che lei potesse ribattere le labbra di Louis si incollarono alle sue. Quei baci per El erano una manna dal cielo, anche se erano finti. Erano così morbidi e delicati, ma anche scoppiettanti, tanto da sentire il suo cuore che balzava fuori dal petto. 
-..Grazie.
A questa sua affermazione Louis non potè più trattenere una risata. 
-E’ il minimo, ti voglio bene El.
-Ti amo, Lou.
-Vorrei poter dire lo stesso..
E uscirono dal locale, mano nella mano.
Si ritrovarono per le strade umide di Londra, stagnanti di pioggia che anche quando non c’era sembrava aleggiare nell’aria. Londra, Louis non avrebbe cambiato una virgola di quella uggiosa città. ‘Non troverai nessun uomo stanco di Londra, no Sir, perché un uomo stanco di Londra è stanco della vita: in questa città puoi trovare tutto quello che la vita ha da offrire’ disse un giorno Samuel Johnson, di cui le pagine dei libri di scuola erano zeppe. La cara, vecchia ed elegante Londra, il sogno di chiunque. Se fosse stato costretto ad andarsene gli sarebbe anche mancata la pioggia, il costante ticchettio sull’asfalto delle gocce, l’infrangersi di una bolla d’acqua,il cielo fumoso, un taxi nero. Londra, il centro del mondo per Louis. Gli ricordava più di qualunque altro posto l’amore che Harry provava per quella città, pur vivendoci infatti, riusciva a rimanerne incantato ogni volta che tirava le tende del loro appartamento. Si svegliava, e alzandosi si dirigeva direttamente alla grande finestra come se stesse per vedere qualcosa di nuovo e inaspettato. Tirava la cordicella delle tende bianca e lentamente, assaporandone ogni dettaglio: osservava i tetti di Londra, grigi come il cielo che li sovrastava. Si posava le dita delicatamente sulle labbra rosse, sospirava di meraviglia, sgranava gli occhi e sorrideva a quella città che tutto gli aveva dato e che tutto aveva ancora da dargli. Si infilava i jeans neri, che gli aderivano alle gambe come solo il più abile dei pittori riesce a far aderire la punta del pennello ad un foglio da imbrattare di passione, si vestiva di un maglione più o meno pesante, e ai piedi le alla star bianche che tanto gli piacevano quando la nostra relazione andava a gonfie vele. Poi incominciò improvvisamente a fare più freddo, la pioggia si trasformò in ghiaccio, gelando l’asfalto londinese e chiudendo le porte del cuore di Harry. Era divenuto completamente inaccessibile e attribuii questo cambiamento al cambio di stagione forse, alla tristezza che aleggiava sulla città come una nube di smog tossico. Ma la realtà era un’altra, forse più terrificante e oscura della più buia e fredda notte d’inverno nella capitale inglese. Lui sapeva, perché aveva il dono di osservare le situazioni minuziosamente, aveva il dono di analizzare e concentrarsi su cio che era realmente importante. E quella che si stava per scagliare su di loro poteva solo essere la fine ad un magico periodo passato letteralmente fra rose e sogni di fiori di arancio. Quando era con Harry era tutto così limpido, bianco e profumato. Era come vivere di musica e amore, bere tè con due zollette di zucchero, dormire tra lenzuola candide e piumoni. Vivere con Harry, condividere ogni secondo di quotidiana esistenza aveva rappresentato l’emozione più saziante e leggera della sua vita. Era stato un flash di piacevoli carezze, il periodo del camino scoppiettante, i cuscini e le coperte per terra. Notti spese a fare l’amore, e dopo aver finito rincominciare di nuovo, senza mai esaurirsi perché di amore ne avevamo tanto. Vivere a Londra era una tortura sapendolo oltre oceano, nella moderna Los Angeles, che tanto lo attraeva per il lusso e lo sfarzo. Aveva  rinunciato alla tradizionale Londra, all’ora del tè, alle passeggiate sul lungo Tamigi, le corse sui viale alberati dei Parchi Reali a Greenwich, la semplicità delle cose. Ma soprattutto aveva rinunciato al suo amore, e questo più di tutto, lo spingeva a rinchiudersi nei ricordi che solo la Londra nel periodo natalizio, sapeva donargli.

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Capitolo 2
*** stars and clouds. ***


Louis:
-Ei, depresso cronico, ti va di folleggiare stasera?
Disse El avvicinandosi al divano dove me stavo comodamente sdraiato, immerso fra coperte, cuscini e felpe, cercando di allontanare non solo il freddo invernale, ma anche il gelo che avevo dentro. Il suono della televisione era terribilmente fastidioso, un continuo ed estenuante parlare di stronzate. Eleanor si era appropriata dei pantaloni di un mio pigiama e di una felpa che Harry aveva distrattamente lasciato qui, quella che una volta era casa sua.
-Stai attenta a quello che hai addosso, ha più valore di qualsiasi delle tue camicette firmate ed impizzettate.
Lei mi guardò con aria offesa tendendomi la ciotola delle patatine. Rifiutai con un gesto della mano e lei se le ripose in grembo.
-Scommetto che Harry apprezzerebbe le mie camicette impizzetate più di questa cosa informe che ho addosso.
Quasi scoppiai a ridere, ma poi qualcosa mi bloccò. Non so ancora oggi, riflettendoci, se fosse il suo nome onnipresente in qualsiasi più futile ed insignificante parte della mia vita, o per qualche strano motivo.
-Credo che sentirò Niall, non mi va affatto di uscire stasera, scusa el..
Lei mi guardò con un’espressione delusa e fragile, per un solo secondo, come non se volesse farsi vedere dispiaciuta.
-Okay Loulou, ci sentiamo domani, adesso credo.. cioè insomma, sono stanca.
E dicendo così mi schioccò un bacio sulla guancia, prima di afferrare la sua roba, infilarsi in fretta e furia le scarpe e uscire frettolosamente dal mio appartamento, come se stesse fuggendo da chissà quale mostro. Forse fuggiva da me, forse ero proprio il mostro di cui aveva tanta paura. Avrei preferito non doverla mai ferire, passare volentieri il tempo a fare l’amore con lei, ad accarezzare ogni angolo della sua pelle liscia, tra lenzuola e raggi di sole. Ma ogni volta che provavo ad immaginarmi qualcosa di simile la mia mente plasmava quell’immagine con il volto sorridente di harry, steso sul mio letto, alle cinque di mattina, mentre canticchia una canzone.
-Say my name, say my name..
Una risata esplose sul mio volto.
-Ti prego Harold..
Lui inevitabilmente, ogni volta, s’intestardiva e fissandomi dritto negli occhi, con una gota schiacciata sul materasso e una cornice di bianche lenzuola, continuava a cantare.
-If no one is around you, say ‘baby i love you’..
A quel punto dovevo anche io prendere il mano il mio copione e recitare quella piccola scenetta che tanto gli piaceva. Allora mi avvicinavo al suo orecchio, e lasciandogli languidi e umidi baci sul collo gli sussurravo più e più volte, tanto da perdere il contro, che lo amavo, lo amavo infinitamente. In quei momenti era tutto tremendamente perfetto, ancora mansueti a causa del piacere appena provato, felici di poterci studiare così a lungo avendo ancora cinque ore a disposizione, i capelli scompigliati, i sorrisi genuini. La sua voce, impastata dal sonno e dal sesso, roca e spaventosamente profonda, si addolciva improvvisamente, così come il suo sguardo, appena intonava le note che sorreggevano quelle parole che ci descrivevano così tanto. Solitamente era un circolo vizioso, facevamo l’amore, lui cantava, smaltivamo il piacere, e poi rincominciavamo, e così via, finche l’orologio segnava l’immancabile ritardo in studio registrazione. A quel punto ci infilavamo frettolosamente i primi vestiti che ci capitavano sotto mano, spesso e volentieri finendo per indossare l’uno quelli dell’altro. Scendevamo le scale precipitosamente e prima di aprire la porta e uscire in un mondo che non ci avrebbe mai capiti, mi alzavo lievemente sulle punte e lo baciavo, gli aggiustavo le pieghe sui suoi vestiti, sistemavo qualche ricciolo ribelle e ci lanciavamo fuori dal quel meraviglioso sogno che eravamo.
-Niall, fottuta testa di cazzo, ho dovuto chiamarti sette volte prima che tu alzassi quel tuo culo, con la volontà di quale divinità non so, e mi rispondessi.
Finalmente dopo cinque chiamate chiuse allo scoccare della segreteria e due messaggi, quell’ameba si era decisa a rispondermi.
-Dovresti fare sesso, Louise, ti sento parecchio nervosa, che c’è? Problemi da donne?
-Sto salendo in macchina, vengo a casa tua e ti apro il culo.
Dall’altra parte del telefono un sogghigno sfuggì dalla bocca di niall, che pur cercando con tutta la sua volontà di fare il serio, stava ancora rimuginando sulla sua battuta precedente, e considerandosi troppo simpatico, ci stava ridendo sopra.
-Hahaha, detto da parte tua ahahah.. cazzo non ce la faccio. Aspetta, ho la battuta pronta, ma non riesco a smettere di ridere ahahahha.
Sospirai esasperato e misi in moto l’auto.
-Sei talmente egocentrico, e prevedibile. Volevi per caso dire ‘detto da parte tua Louise potrebbe essere una seria minaccia’?
A quel punto la risata di Niall esplose come un fuoco d’artificio, perforandomi il timpano e costringendomi a frenare bruscamente .
-Cazzo, quanto sei stupido.
Sibilai, ma lui non diede segno di cedimento, anzi la sua risata ingrassava sempre di più, come quel suo culo alla kim kardashian che passava le ore sul nuovo divano di cui il biondo andava tanto fiero.
-Okay Louise, ho capito, ci vediamo dopo.
Attaccai bruscamente il telefono e lo gettai sul sedile del passeggero. Le luci della città mi sfrecciavano accanto e io rimanevo impassibile dinnanzi al loro magico sfavillio. Londra nel periodo natalizio, luci, famiglia, colori, biscotti, harry, inevitabilmente. Chissà cosa stava facendo. Accesi la radio.
I’m in the room, is typical Tuesday night.
-Oh cristo, ditemi che è uno scherzo.
I’m listening to the kind of music she doesn’t like.
-Anche a me questa merda fa cagare, ti capisco Tay.
E così si concluse la mia breve conversazione con il demo di quella stronza che mi aveva fregato il ragazzo. Mi ricordo ancora con quanta brutalità mi accanii sul tasto di spegnimento del mio povero stereo, che ormai da un po’ di tempo subiva gravi malmenazioni ogni volta che passavano una canzone della Swift. Sterzai nel vialetto di casa di niall, ignorando totalmente la presenza di una Land Rover nera, parcheggiata appena fuori. Scesi rapidamente dalla macchina, salii i gradini che conducevano alla porta e bussai energicamente.
-Wooh JLo, apri questa fottuta porta.
Gracchiai al citofono.
-Giuro che appena entrerai ti pentirai di quello che hai appena detto, Louise Roe.
Il suo tono mi sembrò troppo autoritario per appartenere a quell’idiota. Effettivamente si sentiva parecchio in forma, e la cosa non mi dispiaceva affatto, forse avrebbe fatto più resistenza quando avrei costretto la punta dei suoi piedi a toccare la sua testa, accartocciandolo come una lattina vuota. La porta si aprì con uno schiocco e vidi niall fuggire subito dopo verso il salotto.
-Brutto stronzetto..
Borbottai, arrancandogli dietro. Corsi lungo il corridoio, mi feci leva con il braccio sullo stipite della porta e piombai in salotto come un leone che insegue la sua preda. Mi guardai intorno e tutto mi parve immutato dalla volta scorsa, niall era come una talpa in letargo. A proposito, dove cazzo era finito? Voltai a malapena la testa tanto da notare il ciuffo biondo spuntare dietro da.. dal mio fottutissimo maglione grigio.
Harry.
Il fottutissimo harry styles aveva congelato il suo sguardo su di me. Mi dimenticai di respirare, il senso di oppressione mi premeva sul petto. Indossava il mio maglione grigio, quello dell’ultima volta in cui eravamo stati insieme, i soliti jeans neri, anelli alle dita. Il suo sguardo correva sul filo di tensione che si era istaurato fra di noi in una frazione di secondo. Silenzio. Terrificante, gelido e cristallino silenzio.
-Allora, è Natale, non è bellissimo ritrovarsi tutti qua..
Disse cantilenante niall, uscendo dal suo nascondiglio sicuro, consapevole di avermi reso innocuo sbattendomi in faccia tutti i miei rimorsi. Passò una mano sull’isola della cucina, come se stesse facendo una fottuta televendita di qualità scadente.
-.. insieme, come una famiglia.. felice?
Disse battendo il pugno sul marmo, facendo sobbalzare harry, e offrendoci il più smagliante dei suoi sorrisi. Improvvisamente quell’odore familiare mi pervase, trafiggendomi da parte a parte. L’odore dei suoi ricci, della sua pelle, del mio letto quando se ne andava. Ricacciai le lacrime che iniziavano a pizzicarmi negli occhi, respirai profondamente, guardando il pavimento.
-Credo che andrò a fumarmi una sigaretta.
Cercai di dire senza far si che il nodo che avevo in gola mi soffocasse. Raggiunsi a lunghe falcate la porta finestra che dava sul retro, e uscii sulla veranda in giardino. La notte aveva tinto di un blu intenso la volta che mi sovrastava, e piccole stelle luminose si affaticavano brillando oltre le grosse e dense nuvole che caratterizzavano il cielo britannico. La solita stessa merda da anni, anche dopo aver girato il mondo non sapevo accontentarmi e mi odiavo per questo. Finche ero con Harry non m’importava di urlare il mio amore al mondo, mi bastava sussurrarlo al mio mondo. Adesso tutto sembrava così soffocante che avevo una smaniosa voglia di urlare. Cavai dalla tasca il pacchetto di new port estraendone a sua volta una sigaretta. Le strinsi fra le labbra, forse un po’ troppo forte, e aspirando feci scattare l’accendino che scintillò per poi lasciar spazio ad una fiamma sibilante. Il primo tiro s’insinuò dentro ai miei polmoni, mi percorse dall’interno e poi uscì, passeggiando nella mia gola a ritroso e uscendo mischiandosi all’aria gelida.
-Il mio accendino è da buttare, mi presteresti il tuo?
Un brivido mi percorse, chiusi gli occhi, frugai nella mia tasca cercando di placare il tremore alla mano. Estrassi il piccolo clipper celeste semitrasparente dalla tasca del giaccone e tesi il braccio verso la figura accanto a me, senza voltarmi, ma continuando piuttosto ad ammirare il cielo. Sentivo il suoi passi più vicini, poi una nuvola di fumo si infranse sullo scuro sfondo della notte. Capii dunque che era molto vicino, fin troppo. Sentivo il dolce odore di casa pervadermi, poi di nuovo frutta, fiori, sole e belle giornate.
-Cosa vuoi, Harold?
Lui si mosse nervosamente, tossicchiò, scese gli scalini e s’inoltrò nel giardino costellato di rugiada. Camminò in cerchio per qualche minuto e poi si pose proprio sotto il mio naso. Indugiò per un attimo, poi si passò la mano nei capelli, li percorse fino alle punte e alzò lo sguardo.
-Come stai?
Mi chiese poi innocentemente e espirando una nuvola grigiastra. Sinceramente, non sapevo la risposta. Variavo dal semplice ‘sto male’ al ‘questa volta mi ammazzo davvero’. Avrei trovato una risposta solo alzando lo sguardo e affrontando i suoi occhi. Quella era la cosa che più mi spaventava fare, infatti me ne rimanevo concentrato sulle stelle e le nubi che giocavano a rincorrersi tra di loro. Sentivo il suo respiro accentato, e i suoi occhi addosso. Prima con un gesto lieve, appena accennato e poi con uno scatto netto mi costrinsi a puntare i miei occhi nei suoi. In quel momento crollai come solo un castello di carte potrebbe crollare. Tragicamente e silenziosamente. Indietreggiai, gettai il mozzicone per terra. Adesso non riuscivo più a distogliere lo sguardo dalle sue iridi, e ogni secondo passato dentro di esse mi trafiggeva come la più appuntita delle lame. Soffiò un vento gelido, le nubi si fecero improvvisamente più dense e la luce delle stelle non riusciva più a combattere, morendo soffocata.
-Sto una merda, grazie per l’interessamento.
Dissi cercando di riportare alla luce le poche briciole di forza che ancora mi rimanevano dentro. Era come se andassi a cercare rare pepite d’oro in una fanghiglia, densa e marcia che mi portavo dentro. Lui sembrò seriamente dispiaciuto e abbassò lo sguardo. Finalmente riavevo io le redini del gioco. Scesi lentamente i gradini, e poi mi trascinai di fronte a lui, calpestando erba ghiacciata e sentimenti.
-Invece dimmi un po’, tu, tu come stai?
Ringhiai cercando di reprimere i miei sentimenti, dal momento che suoi stavano incominciando ad emergere proprio ora. Il suo sguardo era ancora puntato sulle sue scarpe e l’insicurezza, il dolore, il rimorso gli fluttuavano intorno, come i pianeti fanno con il sole. Ed harry era proprio quello, il sole. Sospirò.
-Credo di stare bene.
La parte più cattiva di me venne allo scoperto sentendo quelle parole. ‘credo di star bene’. Non era questa la risposta che doveva darmi, aveva completamente sbagliato. Doveva soffrire, cadere a pezzi, non saper più dove andarsi a cercare. Affogare nella tristezza perche proprio non ce la fai a rialzarti senza l’unica mano che può davvero aiutarti. Doveva fissare il soffitto di camera sua e rimpiangere quando lo facevamo insieme.
-Credi?
Mi sforzai di chiedere.
-Si, insomma, credo che potrebbe andare meglio..
Si rilassò lui, e scalpitando sull’erba come chi non vede l’ora di correre via.
-Sai cosa dovresti fare per esserne sicuro?
Chiesi dolcemente avvicinandomi pericolosamente alle sue labbra.
-..Cosa?
Chiese languido al mio orecchio. Io mi allontanai in modo da poterlo vedere bene in faccia, riflettendomi nei suoi occhi.
-Dovresti proprio andare a fanculo.
E dicendo così lo salutai con un sorriso smagliante, girai i tacchi e feci per avviarmi verso le scale della veranda. Salii gradino per gradino assaporando la ferita che avevo inflitto al mio nemico con una semplice frase. Mi voltai verso di lui quando ormai ero con un piede oltre la porta.
-Tieniti pure l’accendino, consideralo pure il tuo regalo di natale.
Entrai dunque, lasciandomi la porta alle spalle aperta, mentre la mia relazione con harry styles sembrava bene sigillata, congelata nel freddo inverno britannico.

 

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