Sapore di Caffè

di morane18
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Angelo disperso ***
Capitolo 2: *** Segretaria Doc ***
Capitolo 3: *** Ricordi Imperfetti ***
Capitolo 4: *** Verità Nascoste ***
Capitolo 5: *** Seconde Opportunità ***
Capitolo 6: *** Paure Infondate ***
Capitolo 7: *** Quando l'amore viene, il campanello suonerà... ***
Capitolo 8: *** Inattese Sorprese ***



Capitolo 1
*** L'Angelo disperso ***


Buongiorno a tutte!
Questa è una storiella molto semplice (spero…), senza troppe pretese e sconvolgimenti vari.
Tratta di una coppia che a me piace molto e che molti di voi hanno sempre descritto in modo impeccabile.
I miei personaggi non saranno proprio come gli originali, ma comunque si allontaneranno di poco.
Spero solo di riuscire a divertirvi un po’, per cui mi auguro di non ritrovarmi con una miriade di pomodori spiaccicati in fronte!
Ovviamente potete, se volete, dirmi tutto ciò che ne pensate, e nulla, spero solo di non annoiarvi troppo…!
Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e seguiranno questa storia.
Un abbraccio a tutte,

ciao!

CAPITOLO 1

L'Angelo disperso


 - “No, non c’è niente che non va! L’unico problema è che Rocky si è letteralmente ingurgitato le scarpe che avevo preparato ieri sera da indossare, non riesco a trovare l’unico altro paio di scarpe decenti che potrei abbinare a questo cavolo di completo elegante, i miei capelli sembrano una massa di sterpaglia in mezzo al deserto, e sono irrimediabilmente in ritardo! E quindi ti ripeto: come potrei minimamente pensare che ci sia qualcosa che non va?” –

Sbraito al telefono con Alice, sfogando ingiustamente tutta la mia agitazione su di lei. Quello doveva essere il mio primo giorno di lavoro presso la H & C Corp. e tutto stava iniziando nel verso sbagliato.

Quando avevo ricevuto una chiamata da parte dell’ufficio del personale della H & C, che mi invitava a presentarmi presso il loro stabilimento per un colloquio di lavoro, avevo creduto seriamente si trattasse di uno scherzo. Ok, avevo un curriculum di tutto rispetto, mi ero laureata ad Harvard col massimo dei voti, e avevo portato a termine in modo impeccabile il mio periodo di stagista alla King’s Petroleum, ma l’ultima cosa che mi sarei mai aspettata soprattutto in quel periodo, era che una delle più potenti società al mondo potesse prendere in considerazione la mia candidatura.

In realtà avevo sempre sperato invano che ultimato il periodo come stagista alla King’s Petroleum e avendo sempre dato il massimo durante l’intero anno di lavoro, il mio operato venisse ricompensato con un’assunzione anche a tempo determinato proprio da parte della King’s, la quale invece mi aveva ringraziato con un caloroso calcio nel di dietro, sbattendomi letteralmente la porta in faccia.

Il perché poi di questo comportamento, ancora non riuscivo a spiegarmelo.

Comunque, per questo motivo e per tanti altri che non starò qui ad elencarvi, mi ero ritrovata alla veneranda età di 27 anni senza uno straccio di lavoro, senza una fissa dimora (dopo la fine dello stage, mi ero infatti trasferita da Alice fino a data ancora da definirsi), con almeno sei chili in più del previsto, e senza neanche uno straccio di uomo al mio fianco.

A dire la verità, un maschio nella mia vita c’era eccome, ed era appunto il cane di Alice, Rocky, e se proprio vogliamo dirla tutta, l’unica cosa che quell’essere a quattro zampe sembrava apprezzasse davvero di me, erano l’ultimo paio di scarpe nuove che avevo comprato appunto per l’occasione e che non avrei più potuto permettermi di acquistare da li ai prossimi cinque o sei anni.

- “Bella tesoro, fai un bel respiro profondo e calmati, ok? Vedrai che tutto andrà per il meglio. Sei coraggiosa, intelligente e determinata e sono sicura che li stenderai tutti quei pinguini mummificati. Ah, e giusto per la tua sanità mentale, le altre scarpe che stai cercando sono nel mio armadio, le ho indossate io qualche giorno fa alla festa di Rosalie, non ricordi?” –

Strinsi i denti per evitare di inveirle ulteriormente contro. Se me lo avesse detto mezz’ora prima quando mi aveva chiamato per sapere come stavano andando i preparativi per il mio primo giorno di lavoro, di certo non sarei stata a cercare quel maledettissimo paio di scarpe per tutta la casa perdendo così tempo preziosissimo di quella giornata che stava andando sempre peggio.

- “Ti ringrazio per avermelo detto subito Alice. Adesso scappo, perché altrimenti farò davvero troppo tardi, e se non verrò assunta per questo ritardo, sarò costretta a vendicarmi su qualcuno, e indovina un po’ con chi me la prenderò per i prossimi… diciamo cinquant’anni?”- Grugnii soffiando pericolosamente verso la cornetta di quel povero telefono che avevo tra le mani.

-“Ok tesoro, allora ti lascio! Ti voglio bene anch’io, ciao!”-

E riattaccò senza neanche darmi il tempo di mandarla finalmente a quel paese.

Alice era così: esuberante, solare, ed incredibilmente invadente. Però era anche la mia migliore amica fin dai tempi che possa ricordare, e non avrei mai potuto ringraziarla abbastanza per tutto quello che aveva fatto per me soprattutto negli ultimi anni.

I miei genitori avevano divorziato quando ero molto piccola, e avevo funto da palla da tennis rimbalzando da casa di mamma a casa di papà fino all’età di 11 anni, quando mia mamma aveva deciso di trasferirsi in Europa ed io avevo categoricamente rifiutato di seguirla, rimanendo con mio Padre e con Alice a farmi da sorella e molte volte, anche da madre.

Tutto quello che sapevo dell’essere donna, lo dovevo a lei; mi aveva aiutato con le prime mestruazioni, mi era stata vicina con le prime infatuazioni, e mi aveva consolato in seguito a persistenti delusioni.

Tralasciando il fatto che cercasse continuamente di accoppiarmi con qualunque essere di sesso maschile che reputasse abbastanza carino ed intelligente di stare con me, e che puntualmente si dimostravano invece di una lagna mostruosa, poteva tranquillamente venire considerata l’amica migliore che potesse esistere.

Arrivai alla H & C alle 8 e 35.
Ben cinque minuti di ritardo al primo giorno di lavoro presso una delle società più importanti dello stato.

Ero sudata, tremolante, e barcollante dato le scarpe impossibili che ero stata costretta ad indossare dopo la triste fine di quelle nuove e comodissime che avevo scelto di mettermi quel giorno.

Insomma, non potevo avere un aspetto più orribile di quello. E quale modo migliore di iniziare la propria carriera lavorativa se non con i nervi a fior di pelle?
Quando varcai l’ingresso della H & C, rimasi subito incantata per la spaziosità e la magnificenza di quel posto: i mobili erano tutti di un mogano laccato lucido, gli immensi e comodi divani color panna erano un invito a sostare il proprio fondoschiena sulle loro sedute per un tempo indefinito e gli enormi lampadari di cristallo illuminavano l’ambiente rendendolo quasi etereo.

Non era propriamente come me l’aspettavo; certo, non avevo messo in dubbio la sontuosità del posto, ma mi ero immaginata di trovarmi davanti una miriade di persone che correvano a destra e a sinistra per riuscire a portare a termine un qualche importantissimo lavoro.

L’unica persona presente in tutta la stanza invece, era una ragazza bionda, dagli occhi azzurro ghiaccio che continuava a limarsi le unghie senza alzare la testa e senza degnarmi minimamente di uno sguardo.

Solo quando finsi un colpo di tosse riuscii a catturare la sua attenzione.

-“Desidera?”-

Non sapevo se quel tono arrogante (e non tanto velatamente nascosto) che aveva utilizzato, fosse causato da un qualche genere di antipatia che aveva immediatamente provato nei miei confronti, o se il suo fosse un atteggiamento naturale verso tutti coloro che varcavano la soglia di quell’imponente edificio. Mi chiesi subito se tutti lì dentro avessero la stessa aria di superiorità che trapelava da ogni gesto di quella biondona rifatta e che a dirla tutta, iniziava pure a starmi sull’apparato genitale maschile che purtroppo non possedevo.

-“Isabella Swan. Sono qui perché avrei un appuntamento con la Sig.ra Deverow.”-

Mi aveva guardato con quell’aria di sufficienza e aveva scosso impercettibilmente la testa, come se si stesse chiedendo cosa diamine ci facessi in quel posto.
Io dal canto mio, non avrei di certo detto a quella gallina che se ero lì, era perché da quel momento in poi ci avrei lavorato e che quindi mi avrebbe visto tutti i giorni da li per prossimi anni (o almeno così speravo).

-“E’ qui per lavorare immagino.”-

Ecco, appunto.

-“Ed è già in ritardo di 10 minuti…”-

Erano 5 prima di imbattermi in te, brutta oca starnazzante e stupida!

-“Ottavo piano, chieda della Sig.ra Deverow alla segretaria che si trova all’entrata”-

Terminò senza nemmeno guardarmi in faccia e riprendendo a limarsi le unghie da gatta morta e sepolta.

Mi fiondai in  ascensore più nervosa che mai, e quando finalmente arrivai al piano, mi ritrovai ad uscirne con un leggerissimo tic all’occhio sinistro: se infatti la fastidiosissima canzoncina fuoriuscente dagli altoparlanti di quella scatola infernale avrebbe dovuto accompagnarmi e rallegrarmi durante l’attesa, aveva invece portato i miei nervi al limite di sopportazione, e il tic all’occhio ne era un’inevitabile conseguenza.

Quando mi presentai al bancone della segretaria, questa mi accompagnò alla porta dell’ufficio del capo del personale senza nemmeno dire una parola. Non so se fosse stata l’espressione sul mio viso a suggerirle di non fare domande, ma di certo le fui grata perché mi permise di riprendere un minimo di autocontrollo in quei due minuti che impiegammo a raggiungere la stanza designata.

L’ufficio della Sig.ra Deverow era semplice ed ordinato; non sembrava affatto la stanza della persona che si occupa di assumere il personale per un’azienda così importante. Era ampio e luminoso e sulla scrivania, oltre alle varie scartoffie, ciò che primeggiava erano la moltitudine di cornici contenenti le foto di quella che doveva essere la sua famiglia. 

Non so se furono i suoi occhi sinceri o il suo sorriso caloroso, ma non appena incrociai il suo sguardo, tutto quell’ansia accumulata, si dissolse in un attimo.

-“ Isabella, che piacere rivederla! Prego si accomodi pure.”-  Mi disse stringendomi la mano e indicandomi la seduta posta difronte alla sua scrivania.

Avevo avuto modo di conoscere Esme Deverow al mio primo colloquio lavorativo; mi era sembrata una persona molto disponibile e tranquilla e da quel che avevo sentito in giro, tutte le persone che aveva assunto si erano rivelate all’altezza del loro compito.

Beh, non con l’oca starnazzante giù da basso…

Pensai ricordandomi del caloroso benvenuto di poco prima, e sperai vivamente che anche la mia assunzione non si rivelasse un buco nell’acqua.

-“Signora Deverow…”-

-“Chiamami Esme, te ne prego!”-

-“Esme” – continuai, con non poca fatica. Era pur sempre una mia superiore. –“Volevo ringraziarla ancora per l’opportunità che mi sta concedendo e farò quanto possibile per far si che la sua non sia stata una cattiva scelta”-

-“Non ne dubito Isabella, e spero che la cosa sia reciproca. Il lavoro qui è impegnativo, pretendiamo sempre il massimo dai nostri collaboratori, ma siamo anche comprensivi e se dovessi aver bisogno di qualunque cosa, se dovessi riscontrare qualsiasi problema, ti prego di non esitare e di venire da me. D’accordo?”-

-“D’accordo”-  Esclamai molto più tranquilla e desiderosa di iniziare la mia nuova avventura lavorativa.

Esme mi condusse poi al decimo piano: non appena varcammo l’ingresso, uno stuolo di persone indaffarate che correvano da una parte all’altra della stanza ci travolse in pieno. Quello era il tipo di spettacolo che mi ero immaginata di trovarmi davanti fin dal primo momento in cui ero entrata li dentro; un enorme openspace dove scrivanie stracolme di scartoffie erano distribuite più o meno in modo regolare per tutta la stanza. Tre dei quattro lati del piano erano costituiti da ampie vetrate che affacciavano sulla città, mentre sul lato privo di finestre, spiccava un’accogliente saletta adibita all’area Break ed un’altra stanza contenente almeno otto fotocopiatrici.

Quasi nessuno fece caso a noi e solo quando ci avvicinammo all’unica scrivania ancora sgombra, mi resi effettivamente conto che non avevo ancora pronunciato nemmeno una parola.

Sentii Esme parlare con un ragazzo e quando questi mi allungò una mano per presentarsi, tornai finalmente con i piedi per terra.

-“Io sono James, piacere.”-

-“Isabella, piacere mio”-

-“Allora Isabella, James è il responsabile dell’ufficio ricerca e sviluppo. Ti illustrerà meglio in cosa consiste il tuo lavoro e ti aiuterà a prendere dimestichezza con i programmi e tutto ciò che c’è da sapere. Ricorda, per qualsiasi necessità, il mio ufficio è sempre aperto.”-  Concluse Esme sorridendomi.

La ringraziai e ci salutammo, ma quando mi prestai ad ascoltare ciò che James aveva iniziato a dirmi, la mia attenzione fu totalmente catturata da una figura maschile a pochi metri di distanza intenta ad analizzare alcuni documenti sparsi sulla scrivania.

Era stupendo. Ma che dico stupendo, di più: era bellissimo. Si, era indubbiamente il ragazzo più bello e sexy che avessi mai visto negli ultimi 15 anni.

Era piegato in avanti con le mani aperte poggiate sulla scrivania. Le maniche della camicia erano arrotolate sul braccio, lasciando intravedere i muscoli tonici e forti sotto la pelle. Aveva i capelli di un colore strano, non erano biondi ma neanche castani; erano un mix che rendeva i suoi riflessi di un color bronzo dorato e sembravano così soffici che rendeva il fatto di non poterli stringere tra le dita quasi doloroso. Il suo naso era dritto, la mascella squadrata gli donava quel fascino di uomo forte e potente e per un attimo immaginai come sarebbe stato passare le mie labbra sul suo profilo così duro e severo.  

Beh, a dire la verità le immagini che avevo in testa, mi illustravano come le mie labbra in realtà passassero  anche su tutto il resto del suo corpo, ma per la mia sanità mentale mi costrinsi a scacciarle e a ripuntare lo sguardo su colui che evidentemente non si era minimamente accorto del mio momentaneo stato di trance da arrapamento.

Deglutii accorgendomi dell’improvviso aumento di salivazione e riuscii a cogliere gli ultimi brandelli del discorso di James riuscendo anche a rispondere alla sua domanda.

-“Allora siamo d’accordo. Sfoglia il manuale che troverai sulla tua scrivania e non appena hai finito di leggerlo, verrò ad illustrarti con precisione quello che dovrai fare, ok?”-

-“Ok”- risposi ancora un po’ confusa.

Caspita.

Ero li da meno di cinque minuti e già non avevo capito un emerito cappero di ciò che colui che avrebbe dovuto spiegarmi quello che dovevo fare, mi aveva detto.
Presi un respiro profondo, sedendomi su quella che da quel momento in poi sarebbe stata la mia scrivania, e mi concessi di sbirciare per l’ultima volta l’angelo che un attimo prima aveva catturato completamente la mia attenzione e non solo...

Mi voltai per poterlo ammirare di nuovo, ma l’uomo misterioso non c’era più. Feci vagare lo sguardo per tutto la sala, ma di lui non c’era più alcuna traccia.

Fu con la delusione nel cuore che aprii il manuale che sicuramente mi sarebbe servito a poco o niente, e con la testa ormai tra le nuvole, mi apprestai a leggere quelle pagine.

 

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Capitolo 2
*** Segretaria Doc ***


CAPITOLO 2


SEGRETARIA DOC



Sette giorni.

Sette lunghissimi giorni erano già trascorsi da quando avevo varcato la soglia di quell’imponente edificio.

Una intera settimana da quando avevo iniziato a lavorare in quel… in quel…

In quella gabbia di matti.

Si.

Perché se all’inizio avevo considerato notevole il fatto che tutti si dessero un gran da fare, poi avevo iniziato a pensare che però a tutto c’era un limite. Le persone che lavoravano li dentro non si fermavano un attimo. Erano pochissimi quelli che riuscivano a pranzare regolarmente, o che uscivano dal lavoro ad un orario che potesse essere considerato anche solo lontanamente decente.

Ma ciò che mi spinse a pensare che li dentro avessero qualche rotella fuori posto, fu quando vidi Garret, un collega che poteva tranquillamente essere considerato del  tutto e per tutto  un super genio della lampada, pur di non perdersi  una telefonata urgentissima via skype, si era portato il notebook al gabinetto, rinchiudendosi li dentro per almeno 45 minuti.

Dal canto mio non osavo immaginare quale tipo di importantissima conversazione avesse potuto concludere dentro alla toilette, fatto sta che quando ne uscì, era completamente rilassato e soddisfatto.

Non fraintendiamoci, con questo non sto dicendo che in confronto io fossi una scansa fatiche, ma anzi, in pochi giorni avevo già memorizzato nozioni di rilevante importanza. Però non volevo diventare una persona che viveva solo per il lavoro.

Un giorno avrei voluto una famiglia, una bella casa, dei bambini e magari anche un cane.

E di certo se mi fossi buttata in tutto e per tutto solo sul lavoro, non sarei mai riuscita a trovare uno straccio di uomo.

Che poi in realtà, non è che ne volessi uno qualsiasi.

Era dal lunedì precedente che ogni notte sognavo lo stesso uomo: quest’uomo aveva due spalle larghe, dita affusolate capaci di mandarti al paradiso col solo sfiorarti, capelli ramati e soffici sui quali aggrapparti nei momenti di pura lussuria, bicipiti forti e possenti in grado di prenderti e sollevarti a piacimento, un pen-

-“Bella? Bella ci sei!?”-

Una mano sventolata davanti ai miei occhi interruppe immediatamente il sogno ad occhi aperti che aveva momentaneamente avuto la meglio sulla realtà.

-“Ma che hai? Sei tutta rossa in faccia…”-

Jessica inarcò un sopracciglio facendomi arrossire se possibile ancora di più.

Avevo conosciuto Jessica il mio primo giorno di lavoro; vedendomi un poco disorientata si era premurata di presentarsi e di farmi fare il giro delle conoscenze. Era una ragazza davvero simpatica, carina ed estroversa e non era stato affatto difficile entrate subito in confidenza con lei.

-“Non ho niente Jessica, è solo il caldo…”- mentii prendendo a sventolarmi con un fascicolo preso a casa dalla scrivania.

-“Sarà… Ma ti ricordo che in ufficio ci saranno si e no 20° e tu indossi solo una camicetta senza maniche… Non è che per caso hai la febbre? Fammi toccare un po’”-

-“Ma che tocchi?! Non ho la febbre!”- Esclamai agitata spostando la mano di Jessica dalla mia fronte.

-“Beh, meglio così, perché vedi, Victoria è stata poco bene e sarà via tutta settimana, e come sai il capo ha sempre bisogno di una segretaria, che si occupi di smazzarsi tutti i lavori più pesanti e manuali del caso e purtroppo io non posso proprio perché alle 9 ho un appuntamento al terzo piano con un biondino che ho conosciuto la settimana scorsa e non posso proprio annullare l’incontro, capisci? E dato che tu sei l’ultima arrivata e non hai ancora problemi a liberarti potresti farlo tu, no?”-

-“Frena frena frena, ma che stai dicendo? Non ho capito un accidenti Jessica!”-

Aveva parlato talmente tanto velocemente e senza fermarsi che di tutto il discorso avevo solo intuito che doveva appartarsi con qualcuno.

-“Si, ok. Sto dicendo che hanno bisogno di una sostituta segretaria ai piani alti, e che Esme mi ha mandato a dirti che avresti dovuto sostituirla tu.”-

-“Io? Cioè dovrei fare da segretaria al capo?”-

-“Vedrai, non ti dispiacerà!”-

-“No, aspetta un attimo. Io sono della sezione ricerca e sviluppo, mi spieghi cosa diavolo dovrei fare come segretaria?”-

Ero senza parole. Mi avevano assunto per uno scopo e già dopo solo una settimana, mi volevano cambiare totalmente mansione? Se reputavano che non avessi le capacità per operare nel mio settore, allora che me lo dicessero subito!

-“Non te la prendere Bella, qui dentro è così. Ci si da una mano sempre e se c’è un buco da qualche parte lo si cerca di rattoppare alla meglio”-

Buco? Che cavolo centrano i buchi adesso? Cioè, io avrei dovuto rattoppare un buco?

-“Non sono una tappabuchi!”-

-“E’ ovvio che non lo sei, nessuno di noi lo è, ma pensa a quanto tempo ci impiegherebbero per assumere per una sola settimana un’altra persona. E comunque, se proprio non vuoi non c’è problema. Dirò ad Esme di chiederlo a qualcun altro…”-

-“No! No, va bene. Lo faccio io. Dopotutto sarà solo per una settimana, giusto?”-

Non potevo rifiutarmi di adempiere ad una richiesta di Esme; in fin dei conti era grazie a lei se stavo lavorando alla H & C, e se non avessi accettato di ricoprire quel ruolo, sarebbe stato come tradire la sua fiducia.

E poi doveva trattarsi solo di una misera settimana, no?

Tuttavia il sorriso che comparve sulle labbra di Jessica avrebbe dovuto insospettirmi; pensai però di non dargli troppo peso, anche perché ancora non potevo dire di conoscerla così bene, e avrei potuto benissimo sbagliarmi.

-“Grazie, grazie Bella! Sei un tesoro!”-

Mi strinse in un abbraccio stritolatore ed io non potei fare a meno di insospettirmi ancora di più.
-“E di che, non sei tu che devi ringraziarmi no?”-

-“Si, certo, giusto…!”-

-“Allora, che devo fare? Cioè, devo presentarmi alla sua porta e chiedergli se ha bisogno di qualcosa?”-

-“NO! No, assolutamente. Non bussare MAI alla sua porta se non perché è stato proprio lui a chiedertelo, d’accordo?”-

Annuii non capendo il perché di tutta quell’agitazione.

Jessica mi condusse al 48° ed ultimo piano della H & C e per poco non svenni per terra quando per errore il mio sguardo si posò oltre le vetrate mostrandomi una visuale mozzafiato e terrorizzante della città.

Lo so, era assurdo. Avevo accettato di lavorare in un grattacielo anche se soffrivo terribilmente di vertigini.

-“Allora Bella. Ogni mattina Mr Jonas ti porterà la posta per il dott.Cullen. Di solito lui arriva dopo le 9.30 ed hai quindi tutto il tempo di portarla nel suo ufficio, poggiarla sopra la sua scrivania e defilarti in tutta fretta. Le chiamate: non passare mai, MAI chiamate al dottore a meno che non si tratti della sua famiglia.

Appuntati sempre su di un taccuino i nominativi di chi ha chiamato e una volta ogni due ore, passagli il foglio con tutti i dettagli. Al Sig.Cullen non piace essere disturbato.”-

Questo lo avevo intuito… Avrei voluto aggiungere, ma mi prodigai a restare in silenzio ascoltando quelle che sarebbero state le mie mansioni per quella settimana.
La lista aimè, era bella lunga; svolgeva molti più compiti la segretaria del capo che non dei semplici impiegati come noi, e quando alla fine Jessica ebbe terminato il suo monologo fatto di istruzioni e di postille, tirai un sospiro di sollievo, certa che comunque, l’avrei disturbata parecchie volte al giorno per sincerarmi di stare compiendo tutto in modo impeccabile.

-“Ok, direi che è tutto. Mi raccomando Bella, discrezione è la parola d’ordine. Dovrai essere silenziosa al punto tale che per lui sarà come se tu neanche ci fossi, capito?”

-“Posso almeno respirare?”- Chiesi  con una punta di sarcasmo.

Sbuffò ed io non potei far altro che sorridere.

-“Andiamo Jessica, ho svolto incarichi ben più impegnativi e superato prove di gran lunga più difficili. Cosa vuoi che sia per me affrontare questo?”- Dissi allargando le braccia ed indicando il posto dove avrei soggiornato per la prossima settimana.

Jessica prese un profondo respiro e poi decise che era arrivato il momento di lasciarmi sola.

-“Se hai bisogno di qualsiasi cosa, sai dove trovarmi, ok?”-

-“Ok”- Sospirai, salutandola e preparandomi ad affrontare la giornata.

Voltandomi in cerca della prima cosa da fare, notai che la posta per il dott.Cullen era ancora sulla mia scrivania. Guardai l’orologio e purtroppo notai che erano da poco passate le 9.30.

Pensai di attendere il momento in cui sarebbe uscito dalla stanza per recapitargliele, ma poi considerai che magari una di quelle lettere poteva essere importante e così, armata di coraggio, presi la posta e bussai alla sua porta.

Tirai un sospiro di sollievo quando non ottenni nessuna risposta dall’altra parte, ed aprii la porta con molta più tranquillità.

Solo che mi gelai sul posto quando notai che dietro al computer posto sulla scrivania, c’era sicuramente qualcuno.

-“Mi pare che nessuno le abbia dato il permesso di entrare”-

Involontariamente, un brivido mi percorse la schiena al suono di quelle parole.

-“Mi… Mi scusi, io cre-credevo non ci fosse nessuno”- Sussurrai impacciatamente.

Non riuscivo a spiegarmi il perché mi sentissi così in imbarazzo; forse era stato il modo in cui aveva pronunciato quelle parole, freddo e severo, ma dopotutto era stato lui a non rispondere dopo che io avevo scrupolosamente bussato.

-“Beh, la prossima volta faccia il piacere di accertarsi prima di entrare nella stanza di un suo superiore senza neanche bussare”-

Ma io ho bussato razza di sbruffone antipatico!

-“Lasci tutto sulla scrivania e se ne vada”- mi ordinò perentorio.

Io dal canto mio, non vedevo l’ora di recapitare la posta e di defilarmi il prima possibile, prima di dire o fare qualcosa di estremamente compromettente.

Mossi un paio di passi verso la scrivania, ma più mi avvicinavo, e più notavo dei particolari in lui che non avrei mai potuto dimenticare.

Se prima l’enorme schermo del suo computer mi aveva negato la sua visuale, adesso potevo scorgere una chioma folta e ribelle, di un colore bronzeo dorato, quel bronzeo dorato, che avrei ormai riconosciuto tra mille. Ad ogni passo, potevo scorgere quei tratti che mi avevano tormentato ogni notte da una settimana a quella parte e quando fui totalmente vicino alla sua scrivania, poggiai la pigna di lettere che avevo tra le mani quasi al rallentatore.

Improvvisamente la voglia si scappare, era passata in secondo piano; il suo atteggiamento di poco prima era ormai un lontano ricordo e l’unica cosa che avrei voluto fare, era quella di saltargli in braccio e baciarlo senza lasciargli il tempo di respirare.

Qualcosa però riuscì a frenare quell’impulso impellente; più specificatamente, mi bloccò il fatto che la sua mano fosse tesa verso la mia persona come se si aspettasse di ricevere qualcosa.

Ero quantomeno confusa e pensai che forse quella mano protesa, voleva significare che anche lui come me, aveva sentito quel bisogno irrefrenabile di… di… di saltarmi addosso.

Era qualcosa che di certo non mi sarei mai aspettata, dato che ero sicura che da quando ero entrata, non avesse alzato  gli occhio dallo schermo nemmeno per un secondo, ma sicuramente immaginavo che benché non  mi avesse ancora vista, il suono armonioso della mia voce (che stranamente più volte in altre occasioni, aveva rischiato di frantumare i timpani di altre persone ogni qualvolta avevo tentato invano di intonare versi di canzoni), doveva averlo indotto a saltare tutti i dovuti accorgimenti del caso e gli aveva suggerito di buttarsi immediatamente tra le mie braccia.

Tuttavia, nel momento in cui stavo per compiere il gesto che mi avrebbe portato ad esaudire tutti quei sogni che mi avevano dato il tormento nelle ultime notti di quella settimana, la sua voce spezzò di nuovo l’incanto.

-“Caffè”-

Caffè??

Beh, non era proprio il nomignolo migliore che avrei voluto mi attribuissero nei momenti di pura passione, ma visto il soggetto dei miei desideri, decisi per una buona volta di starmene zitta.

-“Allora?”- Continuò con quel tono sprezzante, e fu come se qualcuno mi avesse rovesciato addosso la realtà delle cose, ed il dolore era paragonabile a quando qualcuno ti sferra un pugno direttamente sullo stomaco.

Forse…  forse, avevo per l’ennesima volta preso un piccolissimo abbaglio.

-“Caffè, ha presente?”- Mi disse spazientito, portando quella perfida mano portatrice di false speranze alla bocca, mimando il gesto di bere appunto un caffè.

-“Quella cosa calda, marroncina, dal gusto forte ed intenso, capace di tenerti sveglio le notti e di mandarti il cervello in overflow? “-

Avrei voluto dirgli che, a parte quel marroncino che io avrei volentieri sostituito con un rosa delicato, la sua descrizione avrebbe potuto benissimo riferirsi a qualcos’altro, qualcosa che io ero stata ben disposta a concedergli fino ad un attimo prima e che, se solo me lo avesse chiesto, sarei stata disposta a concedergli anche in quel preciso momento.

Invece fui costretta a censurare tutte le chiavi assurdamente sbagliate di lettura con le quali avevo interpretato i suoi gesti, e molto, molto impacciatamente, cercai di capire cosa volesse dirmi davvero.

-“C… caf… caffè”- riuscì a dire dopo imbarazzanti tentativi.

La mia salivazione si era del tutto esaurita, il mio cervello era entrato momentaneamente in stand-by, e lui mi avrebbe sicuramente dato della pazza incapace di intendere e di volere.

Sicuramente spazientito, lo vidi prendere un profondo respiro e sfilarsi lentamente da quel meraviglioso faccino, un paio di occhiali da vista che, a causa della totale contemplazione alla perfezione del suo viso, non avevo assolutamente notato fino a quel momento.

Quando, con estenuante lentezza, poggiò gli occhiali sulla superficie stracolma di fogli che occupava la sua scrivania, si girò completamente verso di me puntando il suo sguardo dritto nel mio.

Ebbi un fremito a quel contatto: mi resi conto che non avevo ancora avuto modo di osservare i suoi occhi, e che se prima mi era sembrato un angelo mandato sulla terra per mandarmi al manicomio, adesso era come contemplare la statua vivente di un qualche Dio mitologico che si divertiva a causare continui collassi al mio povero cuore di donna mediocre e succube di tutto quel ben di Dio.

Ingoiai un fiotto di saliva che rischiava di straripare dagli argini delle mie labbra, e aspettai che quegli occhi indagatori affermassero il verdetto che mi avrebbe definitivamente mandato ko.

Solo una piccolissima parte del mio cervello notò il leggero inarcarsi delle suo sopracciglia, ma quando i campanellini d’allarme che solitamente mi avvertivano di un qualcosa di sospetto, iniziarono a suonarmi dentro la testa, era ormai troppo tardi.

La sua espressione era tornata piatta e incolore.

-“Dov’è Victoria?”-

Presi un respiro per cercare di calmare un poco i battiti accelerati di quell’organo che rischiava di fracassarmi la cassa toracica nel petto, e tentai di riconnettere i pochi neuroni rimasti ancora sani nel mio cervellino.

-“Victoria è… ammalata”- riuscii a dire, questa volta senza un imbarazzante balbettare.

-“E Lei è?”-

-“Bella”- risposi subito di getto, pentendomi immediatamente per quella presentazione fin troppo confidenziale.

-“Cioè, volevo dire, Isabella. Isabella Swan. Sostituirò la sua segretaria fino al suo rientro.”

-“Isabella…”- pronunciò per bene, ed il suono del mio nome fuoriuscito dalle sue labbra, aveva assunto una vibrazione quasi erotica. Ancora un paio di parole pronunciate in quella maniera e sarei venuta senza nemmeno essere sfiorata.

-“Bene Isabella. Dov’è il mio caffè? Deduco dal fatto che non abbia tra le mani nessuna tazza, che non me l’abbia portato, è corretto?”-

I miei occhi seguirono il movimento del suo sguardo, e fissai le miei mani che effettivamente non stavano reggendo assolutamente niente.

Ecco, adesso ha avuto la conferma che sono totalmente priva di intelletto. Ma perché mi sono guardata le mani? Perché perché perché???

-“Ecc… Ecco io non… non sapevo che lei avesse richiesto un caffè…”-

-“Io non chiedo Isabella. Victoria e chiunque altro sa che ogni mattina, mi aspetto di trovare una tazza fumante di Caffè al mio arrivo.”-

Ok, era assodato. Avrei ucciso Jessica per quella terribile, terribile dimenticanza. Possibile che tra tutte le mansioni che mi aveva elencato, avesse tralasciato di dirmi quella che a quanto pare, sembrava essere la più importante per il grande capo?

-“Io non lo sapevo. Mi dispiace. Le giuro che non capiterà mai più.”-

-“Molto bene. Anche perché non avrà più un’altra occasione. Per questa volta passi, ma voglio il mio caffè fumante sulla mia scrivania entro cinque minuti esatti.”-

Ok, potevo farcela.

Caffè.

Cinque minuti.

Scrivania.

Era un concetto abbastanza facile da elaborare, no?

E allora per quale motivo i miei piedi sembravano essersi incollati al pavimento?

-“Isabella?”-

Oddio adesso vengo…

-“Si…”-
Dimmi che non l’ho detto ansimando, dimmi che non l’ho detto ansimando!!!

-“Sarebbe così gentile da andare a prendermi una tazza di caffè?”- mi chiese come stesse parlando con una demente, la quale ormai mi ero convinta anche io di essere.

-“Caffè…”- sospirai, muovendo un piccolissimo passo.

-“Caffè”- mi ridisse lui continuando a scrutarmi perplesso.

-“Vado?”- chiesi ancora senza capire come mai il mio cervello mi urlava di sparire immediatamente ma il mio corpo sembrava essersi munito di volontà propria.

-“Vai”- continuò lui quasi urlando.

-“Vado…”- e corsi via verso la porta chiudendomela subito alle spalle.
 
 


 
Eccomi con un nuovo capitolo.
E’ arrivato presto perché nel fine settimana non sono sicura che potrò aggiornare.
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento; in realtà sarebbe dovuto essere molto più lungo, ma ho preferito dividerlo per non appesantirlo troppo.
Volevo solo specificare una cosa per quanto riguarda Bella: mi rendo conto che forse il capitolo potrebbe forviarvi, ma Bella non è una a cui piace stare con le mani in mano. Vorrebbe fare carriera, solo che fin da piccola ha sempre voluto avere una famiglia e le piacerebbe che le due cose potessero collimare. Inoltre è un po’ riluttante ad accettare di essere la segretaria del capo perché è appena arrivata e teme che spedendola a ricoprire un ruolo che non è il suo, non potrà mai affermarsi nel campo che in vece le interessa veramente.
Ok ora è tutto!
Grazie ancora a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere e di recensire!
Ci sentiamo presto e  buon fine settimana a tutte!!
 

 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Ricordi Imperfetti ***


Buongiorno ragazze!
Vi lascio alla lettura, ci vediamo dopo!



CAPITOLO 3

Ricordi Imperfetti



Sono fritta!

Ero rimasta per ben due interi ed interminabili minuti appoggiata con la schiena alla sua porta. Il cuore mi batteva come un forsennato nel petto, e l’aria che mi riempiva i polmoni, sembrava non essere mai sufficiente per permettermi di muovere un solo muscolo. E tolti quei preziosissimi due minuti dai cinque che mi aveva gentilmente concesso il mio angelo persecutore, me ne restavano solamente tre.

Tre miseri minuti per riuscire a: prendere l’ascensore, scendere al decimo piano, uccidere Jessica per l’enorme dimenticanza avuta nei miei confronti, rianimarla per chiederle quale tipo di caffè desiderasse il capo supremo, preparare la tanto ormai odiata bevanda, risalire al 48° piano e sperare di non ammazzarmi prima di consegnare questo benedetto intruglio a Mr. Toglietemi tutto, ma non il mio caffè Cullen.

Sono fritta, sono fritta, sono fritta, sono fritta!

Continuai a ripetermi questo mantra durante quei lunghissimi settantacinque secondi che impiegai a raggiungere una beata quanto fastidiosamente allegra Jessica, che da come sostava placidamente davanti alle porte dell’ascensore, sembrava essere pronta ad abbandonare l'ufficio.

Non appena i suoi occhi incrociarono i miei, il suo sguardo mutò dall’essere completamente tra le nuvole, al confuso crescente, fino ad assumere un'espressione quasi del tutto terrorizzata. Forse il mio ormai famosissimo tic all’occhio, doveva essergli sembrato un chiaro segnale d’allarme, e non appena la vidi puntare le iridi chiare a destra e a sinistra in cerca di una possibile via di fuga, l’afferrai immediatamente per un braccio, trascinandola letteralmente nell’area di ristoro li accanto.

-“Ahi! Ma sei impazzita Bella!”-

Sono fritta

- “Sono fritta”- Glielo dissi, giusto per farle intendere se ancora non avesse capito, che ero letteralmente nei guai.

-“Bella, devo scappare, ti sei forse dimenticata che ho un appuntamento con Mike?”-

-“Jessica”- Iniziai, prendendo un profondo respiro ed armandomi di un poco di quella pazienza che credevo ormai aver perso per sempre. –“Lo vedi questo tremendo tremolio all’occhio?”- Continuai, avvicinandole talmente tanto sotto al naso l’oggetto della mia frase, da farla immediatamente indietreggiare di qualche passo.

-“Io sono qui, disperata, a dirti che sono fritta, letteralmente fottuta, incredibilmente compromessa, e tu vuoi abbandonarmi perché avresti un appuntamento con Spike?”-

-“Veramente si chiama Mike…”-

Il mio sguardo inceneritore doveva avergli suggerito che forse, forse, non ero proprio nell’umore adatto per ascoltare le sue lamentele.

-“Che è successo? Ti ho lasciata la dentro non più di dieci minuti fa e…”- Mi disse corrugando la fronte.

Certo, doveva sembrarle strano il fatto che fossi sgattaiolata via dalla mia nuova postazione pochi minuti dopo l'avermi elencato per filo e per segno tutti i compiti che avrei dovuto assolvere con il mio nuovo incarico. Peccato che aveva omesso di dirmi proprio quello che il grande capo riteneva forse il più importante.

-“Il Caffè, Jessica”- la interruppi subito.

E con quella frase, mi arresi al fatto che i tre preziosissimi minuti che mi erano rimasti per riuscire a salvarmi il culo, erano bellamente andati a farsi friggere.

L’espressione del suo viso mutò dall’essere scocciata, alla consapevolezza di aver commesso una gaffe imperdonabile.

-“Oh merda…!”- esclamò portandosi una mano alle labbra.

Già. La merda era quel caldo e non troppo accogliente posticino dove stavo beatamente sguazzando io da cinque minuti a quella parte.

-“Jessica, devi assolutamente aiutarmi. È già tanto se non ti strozzo io stessa con le mie mani in questo preciso momento per questa terribile dimenticanza, quindi per favore, dimmi quale caffè preferisce il Dott.Cullen e aiutami a prepararlo!”-

La mia voce uscì incrinata sulle ultime parole, le mie mani si erano fatte sudaticce e sentivo le gambe diventare improvvisamente molli.

Altro che merda.

Ero talmente tanto immersa in quella sostanza rivoltante, che ero sicura sarei stata licenziata a causa di un dannatissimo caffè del piffero.

-“Ok Bella, stai tranquilla. Va tutto bene, respira… Così, brava. Adesso ascoltami bene”-

Tesi le orecchie ed i miei timpani guizzarono immediatamente sull’attenti.

-“Il caffè non posso preparartelo.”-

A quelle parole, pensai di essere stata vittima di uno stupido scherzo. Un maledettissimo scherzo messo in atto da qualcuno che mi voleva sicuramente vedere stramazzata al suolo, esanime, kaputt.

In poche parole: morta.

-“Co-… come?”- sussurrai flebile, pregustando lentamente il gusto amaro di una sconfitta senza eguali.

-“Bella? Bella stai bene? Sei diventata tutta bianca! Non è che adesso mi vomiti addosso, vero??”-

Non avevo neanche più la forza di reagire; mi sedetti sulla sedia più vicina, conscia del fatto che avrei perso il lavoro dopo solo una settimana dal mio arrivo. E tutto per uno stupido scherzo del destino.

-“Comunque, stavo dicendo che non posso prepararti quello che di solito beve Mr.Cullen perché lui gradisce solo quello dello Sturbucks, ma vedrò di aiutarti e di preparartene uno simile, va bene?”-

Non aveva senso. Qualcuno si stava prendendo gioco di me, e più precisamente, quel qualcuno portava il nome di Jessica Stanley.

-“Non guardarmi in quel modo, non è colpa mia se giungi subito a conclusioni affrettate!”- Si premurò di giustificarsi quando il colorito della mia pelle passò dal bianco mozzarella, al rosso fuoco.

Io dal canto mio, mi trattenni dal prenderla a calci nel sedere solo perché avevo ormai esaurito tutte le forze per riuscire ad affrontare quella giornata sino alla fine e perché il suo aiuto nel preparare la bevanda mi serviva davvero. Oltre a non sapere quale tipo di caffè preferisse il Grande Capo, non avevo ancora imparato ad utilizzare quegli aggeggi terrificanti che si ostinavano a chiamare Macchine per il caffè espresso.

Io utilizzavo ancora le mia vecchia e cara Moka, e fino a quel momento, non mi aveva ancora mai delusa.

-“Allora, come ti sembra?”-

Cosa? Quell’aggeggio che ha tra le mani?

-“Infernale”-

-“Addirittura? Ed io che mi aspettavo qualcosa tipo, bellissimo o sexy da morire…”-

Ok, va bene che Jessica era un poco strana, ma definire sexy una macchina per il caffè, mi sembrava un tantino esagerato.

-“Bella, sto parlando di Mr Cullen, non di questa macchinetta”-

-“Oh…”-

L’alzata di occhi al cielo che ne seguì da parte sua, fu tutto un programma.

-“Beh, comunque il mio aggettivo non cambia. Quell’uomo è… insopportabile.”- Affermai convinta.

-“Ma dai Bella, un uomo con un fisico del genere, può permettersi di avere il carattere che vuole! Non sai quante volte ho sognato di poter trascorrere con lui una nottata, una mattinata, un pomeriggio, un...”-

- "Si si, il messaggio è arrivato Jessica..."- sbuffai, alzando gli occhi al cielo a mia volta.

Certo, anche io avevo creduto che fosse carino all’inzio.

Ok, diciamo che avevo sognato di fare sesso selvaggio con lui ogni notte da quando lo avevo visto il lunedì precedente, e che avessi rischiato l’infarto quella stessa mattina quando mi ero ritrovata a due miseri passetti da lui, ma in quel momento, metabolizzando l’accaduto, non potei non considerare il fatto che mi avesse trattato peggio di una pezza per le scarpe.

E quell’atteggiamento insopportabile, andava oltre al fatto che fosse indubbiamente l’uomo più sexy e affascinante, e arrapante, e irresistibile, e…

-“Bella? Bella, ma che hai oggi? Il caffè è pronto!”-

-“Caffè?”- Fu proprio quella parolina magica a ridestarmi da innominabili e scabrosi scenari mentali.

Saltai in piedi come una molla e afferrando quella bevanda bollente, mi precipitai verso gli ascensori.

Non avevo neanche ringraziato Jessica e comunque pensai che se mi ritrovavo in tutto quel casino, in parte era anche per colpa sua.

Quando mi ritrovai nuovamente al  48° piano, uscii dall’ascensore un po’ meno decisa di quando vi ero entrata.

Quella porta chiusa, celava dietro di se l’unica persona che era stata in grado di abbagliarmi col suo aspetto affascinante e allo stesso tempo di farmi sentire così inappropriata da farmi tremare le ginocchia.

Arrivata d’avanti all’uscio, presi un profondo respiro e bussai con una certa forza, giusto per non dargli l’ennesima occasione per rimproverarmi senza un valido motivo.
Il suono della sua voce mi arrivò così forte e chiaro che ebbi un fremito.

Dovevo farcela. Non potevo permettere ad uno come lui di prendersi gioco di me a causa della mia precedente temporanea incapacità verbale, provocata dal fatto che mi fossi lasciata leggermente distrarre dal suo ingannevole aspetto.

La porta si aprì quasi a rallentatore, e fui contenta che non si fosse spostato di una virgola rispetto alla sua posizione precedente; il grande monitor poggiato sulla scrivania, mi impediva ancora di bearmi della sua vista e questo riuscì ad impedire alle mie gambe di rimanere impalate al pavimento.

Fu quando però mossi i primi passi nella stanza, che di nuovo le sue parole ebbero il potere di minare irrimediabilmente quell’autocontrollo che mi ero faticosamente ricostruita.

-“Mi sembrava che le avessi dato ben cinque minuti di tempo. Ne sono trascorsi quattordici e lei ha seriamente compromesso il suo posto di lavoro.”-

Nel lasso di tempo che il Dott.Cullen impiegò a pronunciare quelle parole, io ero ormai giunta vicinissimo alla sua scrivania, e vuoi per tutta l’agitazione accumulata, vuoi per il significato di quelle parole che lentamente il mio cervello aveva tradotto in “Ok, stai per essere licenziata”, vuoi perché ancora indossavo quelle impossibili scarpe che ero stata costretta a mettere dopo la dipartita di quelle super-comode, nell’ordine successero i seguenti fatti: le mie gambe tremarono, il caffè vacillò, la mia caviglia si piegò in uno strano modo, ed il contenitore contenente il caffè, schizzò via dalle mie mani, riversando l’intero contenuto al suo interno sui papiri sparsi sulla scrivania e sull’immacolata camicia bianca del mio comandante in carica.

In poche parole, se prima ero stata forse licenziata, adesso lo ero di sicuro.

Ignorando gli improperi non propriamente delicati che Mr Cullen stava lanciando a destra e a manca, il dolore lanciante proveniente dalla caviglia sinistra, ed il fatto che da quell’angolazione, ovvero sdraiata al suolo ai suoi piedi, era come se percepissi l’esatta ma quantomeno fastidiosa collocazione che per uno come lui, doveva assumere una come me, mi concessi di liberare un singolo singhiozzo disperato.

Quell’unico suono però, sembrò interrompere improvvisamente tutto il frastuono che assordava le mie orecchie fino ad un attimo prima. Che poi, l’unica persona che in realtà stava lanciando a squarciagola qualcosa come una mistica maledizione nei confronti della mala sorte, era solo il Dott.Cullen. Però era anche vero che le urla di rimprovero e disperazione che stavo auto scagliandomi nella testa contro la mia totale mancanza di senso dell’equilibrio e del mio quasi inesistente spirito di autoconservazione, sostituivano degnamente gli assordanti cori da stadio, causandomi un fastidiosissimo ronzio alle orecchie che stava rischiando di mandarmi al manicomio.

Mi resi conto di tenere gli occhi chiusi strizzati in una morsa d’acciaio, solo quando percepii un respiro caldo infrangersi sulla pelle accaldata del mio viso.

-“Ehi, stai bene?”- Aveva sussurrato preoccupato lui ad una spanna dal mio viso.

Stai?? Dove sono finiti il lei, il rimprovero e lo sdegno nei miei confronti?

Aprii di scatto gli occhi nel momento in cui percepii due grandi e morbide mani posizionarsi ai lati del mio viso.

Ed avrei preferito non farlo, perché scontrarsi con quelle iridi azzurre e poter ammirare la perfezione assoluta di quel viso, era qualcosa a cui nessuno mai avrebbe potuto abituarvisi.

Il contatto della sua pelle calda con la mia, era come un balsamo che attutiva persino quel dolore persistente che sentivo giungere dalla mia maledettissima caviglia. Sapevo che era sbagliato provare tutto ciò, e quando cercai di raccogliere tutte le ultime forze rimaste per provare ad allontanarmi da lui, feci l’enorme errore di abbassare lo sguardo sulle sue labbra.

Quelle labbra.

Dio, avrei potuto scriverci un intero poema su quelle labbra. Non erano semplicemente belle. Erano di un rosso vivo, carnose e leggermente irregolari, e sembravano così dannatamente morbide da volerne saggiare immediatamente la consistenza.

Quelle labbra erano uniche, un po’ come lo era tutto di lui del resto.

-“Oltre ad essere incredibilmente ritardataria, Lei è anche alquanto sbadata vedo”-

Ed ecco che in un attimo tutto quell’idilliaco momento, svaniva via completamente, lasciando il posto alla cruda e terribile realtà dei fatti.

Riuscii a scansarlo in malo modo, aggrappandomi alla superficie liscia della scrivania e sollevandomi senza peggiorare ulteriormente la situazione. Situazione che per altro, si era fatta ancora più imbarazzante dato che a seguito della rovinosa caduta, la mia povera gonna aveva subito un irreparabile danno all’altezza della coscia, che presentava ora uno spacco che non aveva nulla da invidiare alle sgualdrinelle di alto borgo.

Maledissi il giorno in cui la King’s Petroleum non aveva preso in considerazione una mia possibile assunzione a tempo indeterminato, maledissi la telefonata che la H & C mi aveva fatto quel lontano mercoledì di due settimane prima, e maledissi il fatto che Alice mi avesse convinta, qualche hanno addietro, che le autoreggenti fossero molto più comode dei soliti collant.

Adesso, quelle stesse autoreggenti, facevano bella mostra di se davanti agli occhi affamati (affamati?) di Mr Cullen. Infatti, se io ero stranamente riuscita ad alzarmi da terra, questi era rimasto ancora in ginocchio sul pavimento, e adesso la sua testa distava solo di un paio di centimetri da quel caldo centro tra le mie cosce.

Di nuovo, scenari inenarrabili sconfinarono a briglia sciolta nella mia mente, e senza che potessi fare qualcosa per impedirlo, le mie gambe si strinsero di poco, cercando di rimediare all’irreparabile errore di sentirmi eccitata in un momento che più sbagliato di così, non poteva essere.

Un mugolio indistinto uscì improvvisamente dalle mie labbra, e se agli occhi di tutti, specialmente aimè a quelli del capo che adesso mi fissavano stupiti ed eccitati, poteva sembrare come un qualcosa di estremamente sensuale, in realtà era stato causato solo dal fatto che avessi accidentalmente poggiato il piede a terra e che la caviglia avesse ripreso a dolermi come mai prima.

-“La caviglia…”- Mi affrettai a dire, non volendo causare situazione di altro imbarazzo oltre a quelle già esistenti.

Subito il suo sguardo si abbassò nuovamente ai miei piedi, e quando le sue mani si posarono sul mio polpaccio, non sapevo se urlargli contro di lasciarmi stare o se intimargli di percorrere con quelle dita tutto il resto del mio corpo.

Fortunatamente però non fiatai e rimasi a corto di ossigeno quando le sue dita presero a scendere lungo la mia gamba, sfiorando in una morbida carezza la pelle sensibile intorno alla caviglia. Sollevò il mio piede quel tanto che bastò per sfilarmi la scarpa assassina, e quando il suo tocco leggero massaggiò il punto dolente, trattenni a stento una smorfia di dolore e di pura estasi.

-“Potrebbe essere slogata. Devo portarla al pronto soccorso”- Sentenziò deciso, puntando nuovamente le sue iridi color ghiaccio su di me.

Lentamente si rialzò da terra, rimanendo però così vicino al mio corpo che ad ogni suo movimento, riuscivo a percepirne il respiro caldo attraverso i vestiti. Involontariamente, il mio corpo si ricoprì di brividi, e malgrado l’astio che avrei dovuto provare nei suoi confronti, avrei voluto ringraziarlo per la delicatezza che aveva utilizzato con me un attimo prima.

Più si avvicinava al mio volto, e più mi resi conto di essere irrimediabilmente, completamente ed assolutamente una perfetta…

Nana.

Mio Dio.

Mr.Cullen era altissimo.

Molto più alto degli standard a cui ero abituata.

Perciò non mi stupii di avere la testa completamente buttata all’indietro quando finalmente tornò in posizione verticale.

-“I-Io non so proprio come scusarmi… Mi dispiace, sono inciampata e non…” –

-“Lasci perdere, in questo momento mi interessa sapere solo se ha con se i documenti necessari per andare in ospedale.”-

-“In ospedale?! Ma non ce n’è bisogno, non sento neanche troppo dolore, vede?”- Gli risposi terrorizzata, e per convalidare le mie parole, sfiorai con il piede incriminato il pavimento freddo, causandomi un’ulteriore ondata di dolore che mi fece perdere nuovamente l’equilibrio, facendomi addossare completamente su di lui.

-“Io vedo solo una ragazzina testarda e fifona, e adesso” – Mi disse, passando poi un braccio sotto le mie ginocchia e sollevandomi di colpo facendomi emettere uno stridulo gridolino di sorpresa. –“La porto immediatamente al pronto soccorso”.

-“Mi lasci andare immediatamente!”- Protestai dimenandomi come un’anguilla.

-“Stia ferma, non vorrà compromettere ulteriormente la situazione!”-

Qui l’unico che potrebbe comprometterci qualcosa, sarebbero lei e la sua schiena!

Dio mio, pesavo tipo una tonnellata, e di sicuro nonostante volesse a tutti i costi comportarsi da eroe, tra l'altro per un qualche motivo a me ancora ignoto, avrebbe sicuramente risentito dei postumi di quel gesto sconsiderato.

-“Per favore, mi metta giù…”- piagnucolai ancora, senza però muovermi di un millimetro onde evitare di sentire un bruttissimo crak proveniente dalla sua spina dorsale.

Nel frattempo si era mosso, portandoci al fianco di quelle che era la sua poltrona.

Solo in quel momento appurai il notevole disastro che avevo combinato.

L’intera superficie della sua scrivania era ricoperta da una macchia marroncina, e quei fogli erano aimè ormai irrimediabilmente compromessi. Spostai lo sguardo sulla sua camicia e non potei non notare come anch’essa doveva aver incontrato giorni sicuramente migliori.

-“Potrebbe essere così gentile da afferrare la mia giacca?”-

Io, mortificata com’ero in quell’istante, non potei far altro che obbedirgli ed afferrare dallo schienale della sua poltrona, quel che restava di immacolato del suo completo da lavoro da non so quanti migliaia di dollari.

-“Giuro che le ripagherò tutto…”- Sussurrai più atterrita che mai.

-“Questa camicia costa 1200 dollari. E’ sicura di volermela ripagare?”-

Deglutii con fatica, pensando che sicuramente il mio primo stipendio lo avrei speso per comprare a quello sbruffone un altro capo d’abbigliamento come quello.

Poi ripensai che l’unico lavoro che possedevo, lo avevo appena perso, e avrei voluto mettermi a piangere come una bambina ed urlare a squarcia gola che tutta quella situazione non aveva senso.

Non poteva avere senso.

Mentre percorrevamo quei pochi metri che distavano dall’ascensore, avevo deciso quindi che non avrei più fiatato, non mi sarei più mossa di un millimetro e avrei preso a respirare il meno possibile.

Sapevo benissimo che nonostante tutto, nulla avrebbe potuto diminuire il peso che sentivo sullo stomaco, ed il peso che invece aveva lui tra le mani, e più imbarazzata che mai, mi ritrovai a nascondere il viso sotto la stoffa della sua giacca. L’unico problema era che non avevo messo in conto di un piccolo particolare che era stato del tutto nascosto dall’intenso aroma di caffè sprigionante ormai da ogni angolo del suo ufficio; il profumo di Mr.Cullen era così intenso, così travolgente, così maschio, che mi ritrovai ad annusare a pieni polmoni quel capo di alta sartoria senza nemmeno rendermene conto.

-“Nuit de reve”-

-“Come?”-

-“Il mio profumo, si chiama Nuit de reve. E’ una nuova fragranza di Dior. Mi hanno chiesto di testarla e di far sapere loro cosa ne penso, e visto la sua reazione, posso tranquillamente affermare che hanno fatto centro anche stavolta…”- mi disse con quel sorrisetto, anzi, un vero e proprio ghigno stampato sul volto.
Non potei non arrossire ancora, non dopo che quelle labbra così peccaminose si ritrovavano ad una spanna dal mio viso, e le mia bocca, ad ogni suo passo, sfiorava la sua mandibola forte e decisa.

-“Digiti il codice 25896. Arriveremo direttamente al parcheggio sotterraneo ed eviteremo così imbarazzanti incontri con il personale”-

Imbarazzanti.

Beh, certo. Perché ovviamente farsi trovare con me in braccio per lui sarebbe sicuramente imbarazzante

Non saprei spiegare il perché quelle parole mi ferirono purtroppo più del dovuto. Non avrei dovuto aspettarmi altro da uno come lui, eppure il modo in cui si stava prendendo cura di me, mi aveva fatto stupidamente pensare che magari quell’atteggiamento poteva essere sintomo di un qualche tipo di interesse nei miei confronti.

Che stupida babbea…

Quando finalmente, dopo quelli che mi parvero i cinque minuti più lunghi della mia vita, le porte dell’ascensore si aprirono, mi resi conto di due cose: la prima, era che stranamente, del mio solito tic all’occhio non vi era neanche l’ombra, e la seconda era che sicuramente non ci trovavamo nei posteggi soliti del personale. Quello doveva essere una sorta di parcheggio privato riservato ai grandi capi, anche perché le uniche automobili che riuscivo ad intravedere, dovevano costare molto più di quanto avrei potuto guadagnare io nell’arco di una vita intera.

Quando il Dott.Cullen si affiancò a quella che potei leggere come una Ferrari F150 nera, dal sorriso che si dipinse sulle sue labbra alla vista dell’auto, capii che quella doveva essere la sua macchina.

Io dal canto mio, iniziai a sudare freddo; come diamine avrei fatto ad entrare dentro quella cosa, sicuramente bellissima, ma alta quanto uno gnomo da giardino?

-“Nella tasca destra interna della mia giacca c’è un mazzo di chiavi. Le prenda e apra l’auto”-

Feci come mi aveva chiesto, ed il bip dell’antifurto mi indicò che grazie al cielo, avevo premuto il pulsantino corretto. Solo una vettura del genere poteva avere un telecomando complesso tanto quanto l’auto.

-“Adesso la metto giù, ma deve promettermi che continuerà ad appoggiarsi su di me, va bene?”-

Annuii perplessa; un attimo prima mi offendeva, e l’attimo dopo sembrava l’uomo più premuroso del mondo.

Quando aprì la portiera, mi accompagnò delicatamente al suo interno e mi stupii di notare come l’auto in realtà fosse comoda e per nulla complessa.

-“Si allacci la cintura. Non vorrei essere la causa di un possibile ulteriore danno alla sua persona”- Mi sbeffeggiò, ed ecco che tornava l’arrogante presuntuoso sbruffone di sempre. Questa volta però, uno strano sorriso sulle sue labbra mi suggerì che forse, forse,  la sua era stata solo una semplice battuta atta a smorzare l’atmosfera.

Il tragitto fortunatamente non durò molto, e nel breve lasso di tempo che trascorremmo in macchina, Mr Cullen aveva risposto ad almeno dieci telefonate, inviato una quindicina di mail, messaggiato con non so quante persone, ed avvertito non so chi all’interno della H & C, di ripulire il disastro nel suo ufficio.

Tutto questo ovviamente mentre guidava.

Menomale che non voleva causare altri danni alla mia persona…

Quando parcheggiò l’auto, nel tempo che impiegò a recuperare una strana valigetta dal portabagagli, decisi che avrei percorso a piedi, con i miei piedi, quei pochi metri che mi separavano dall’entrata del pronto soccorso, a costo di strisciare per terra come un serpente in agonia.

-“Posso camminare da sola”- Risposi quindi risoluta al suo primo tentativo di riprendermi in braccio.

-“Non se ne parla nemmeno. Non deve assolutamente poggiare il piede a terra, per cui è ovvio che non può camminare da sola.”-

-“Invece le dico che posso eccome, e non abuserò ancora della generosità della sua povera schiena”-

-“La mia schiena è a posto, non si preoccupi”-

-“Per favore, non lo faccia...”- E non so se fu proprio quella supplica a convincerlo, ma dopo qualche secondo lo vidi sospirare e scuotere leggermente la testa.

-“D’accordo, ma stia ferma qui, vado a prenderle una sedia a rotelle e poi andiamo.”-

Sbuffai ancora ma acconsentii, decidendo che come compromesso, poteva anche andarmi peggio.

Come previsto, una presunta e banalissima distorsione era ben lungi dall’essere medicata per prima, per cui fummo momentaneamente accompagnati nella sala d’attesa.

Era alquanto imbarazzante sostare in mezzo a tutta quella gente che accusava dolori di ogni tipo, con una gonna dallo spacco vertiginoso, le autoreggenti in bella mostra, ed un Dio Greco come capo che non la smetteva un attimo di fissarmi da capo a piedi.

-“Che c’è?!”- Sbottai alla fine, sentendo i nervi a fior di pelle riaffiorare peggio di prima.

Lui sorrise malizioso, ed io sentii immediatamente la salivazione aumentare.

Perché cavolo dove sempre farmi quest’effetto?

-“Da quanto tempo lavora alla H & C? Non credo di averla mai vista prima”-

Mi trattenni dal dirgli che dubitavo fortemente che avesse avuto modo di incontrare tutti quei migliaia di dipendenti che lavoravano presso la sua società, ma mi affrettai a rispondere perché comunque lui, nonostante la giovane età, nonostante avesse le fattezze di un angelo e nonostante riuscisse a farmi perdere le staffe con una sola frase, rimaneva pur sempre il mio capo.

-“Da una settimana esatta. Sono stata assunta per la sezione ricerca e sviluppo”- Aggiunsi, giusto per fargli capire che un cervello ce l’avevo eccome e che non ero stata mandata lì per fargli da segretaria personale.

Sembrò stupito infatti, e quando mi disse che aveva visitato il reparto proprio la settimana precedente ma che non mi aveva mai notata prima, mi astenni dal dirli che io invece, lo avevo notato eccome, facendolo entrare aimè ogni notte nei miei sogni più scabrosi…

-“Quanti anni ha? Venticinque, ventisei?”-

-“Ventisette”-

-“Ventisette…”- Ripeté tra se –“E ha detto di chiamarsi Isabella Swan, giusto ?”-

Annuii non capendo dove voleva andare a parare.

-“Per caso ha frequentato il Sant G…”- Ma non potè finire la frase, perché un colosso ubriaco fino al midollo, caracollò ai miei piedi con le mani ancorate alla mie cosce.

Non ebbi nemmeno il tempo di mettermi ad urlare, perché in un attimo le braccia del mio capo avevano spostato malamente l’energumeno dalle mie gambe, afferrando la sedia a rotelle e trascinandomi lontano da quel posto.

-“Tutto bene?”- Mi chiese apprensivo, passando le sue di mani, calde come le ricordavo, più e più volte sulle mie gambe per verificare appunto che non avessi nient’altro di danneggiato.

-“Si… ”- sussurrai a fatica, cercando disperatamente di trovare la forza necessaria per spintonarlo via da me.

Ma non ebbi il coraggio di fare nulla nel momento in cui incontrai i suoi occhi fiammeggianti. Ancora una volta le sue carezze raggiunsero la mia caviglia, sfiorandola dolcemente con quelle dita affusolate e cercando di massaggiarla per attutire quel dolore che proprio in quel momento, chissà come mai non percepivo neanche più.

Stavo quasi per intimargli di continuare, di non fermarsi mai, di proseguire oltre, quando la voce di un dottore alla mia destra mi riportò bruscamente alla realtà.

-“Signorina Swan, giusto?”-

-“Si… Si sono io”- dissi schiarendomi la voce.

-“La porto a fare una radiografia. Lei è il suo ragazzo?”- proseguì rivolto a Mr Cullen che ancora teneva tra le mani la mia caviglia.

-“NO!”- E non mi resi conto di averlo quasi urlato. –“No, lui… Lui non è il mio ragazzo.”- Proseguii, e la consapevolezza che non sarebbe mai potuto essere così, mi strinse il cuore.

-“D’accordo, allora lei può aspettare qui mentre porto la signorina a fare i dovuti controlli.”-

Il mio capo annuì con in viso un’espressione a cui non seppi dare il giusto nome.

Io per la mia sanità mentale, speravo solo che al mio ritorno non lo avessi più ritrovato li ad aspettarmi, speravo che un impegno improvviso lo obbligasse a sgattaiolare via e ad allontanarsi definitivamente da quell’ospedale e soprattutto da me.

Però così non fu, e quando tornai in reparto con una benda stretta a fasciarmi la caviglia, lo trovai appoggiato svogliatamente contro la parete, intento a sorseggiare finalmente un caffè da quattro soldi preso dal distributore di bevande li a fianco.

Chissà se qualcuno si era accorto che quell’angelo dall’aspetto ribelle, con un’espressione incredibilmente corrucciata, i pantaloni sgualciti e la camicia sporca di caffè, era in realtà un multi-milionario, anzi, il multi-milionario dirigente della H & C corp.

Non avrebbe dovuto farmi così piacere quel sorriso sincero che era apparso sul suo volto nel momento in cui mi aveva visto sopraggiungere nuovamente in sedia a rotelle. E soprattutto, non avrebbe dovuto essere così difficile trattenersi dal baciare quelle labbra rosse e carnose, nel momento in cui si era avvicinato, abbassandosi di nuovo alla mia altezza per accarezzare dolcemente la benda che teneva ben salda la mia caviglia.

-“Allora signorina siamo d’accordo. Stia a riposo per i prossimi giorni e non sforzi la caviglia per nessun motivo. Se il dolore dovesse essere troppo forte, prenda un semplice analgesico e vedrà che starà bene.”-

-“La ringrazio molto dottore”-

-“Dovere Signorina. E ora se mi volete scusare, ho altri pazienti da visitare. Vi auguro una buona giornata.”-

-“Buona giornata anche a lei”- Risposi continuando a guardare la schiena del medico mentre si allontanava.

Mr Cullen era ancora li. Percepivo ancora le sue dita sulla mia gamba e il suo profumo così intenso invadermi le narici.

Presi un profondo respiro e mi voltai lentamente verso di lui.

I suoi occhi erano molto più vicini di quanto mi aspettassi e quando parlò, fu come se mi avessero lanciato addosso una secchiata di acqua gelata.

-“Sant Gerard, Luglio del 1997”-

Ed eccolo l’ennesimo scherzo del destino.

Ma certo, come avevo potuto non riconoscerlo subito?

Come diavolo aveva fatto a non identificare in lui quei tratti tanto temuti?

I capelli erano quasi gli stessi, se non che quando era più piccolo, avevano una tonalità più sul carota andante.

Gli occhi avevano la stessa intensità di azzurro, se non che quando era più piccolo, erano costantemente velati da un’ombra di scherno che gli impediva di essere così ipnotici.

Il fisico era sempre quello, se non che adesso ad ogni minimo movimento, potevo intravedere quei muscoli forti e tonici che rischiavano di mandarmi al manicomio.

E quella lingua…

Quella era la stessa lingua del ragazzo a cui avevo donato il mio primo bacio.




 
Eccomi di nuovo qui!
Capitolo un po’ lunghino, ma spero comunque di non avervi annoiato troppo.
Allora, volevo chiarire due o tre cosucce su questo capitolo:
- quando Edward parla della camicia, vuole in realtà far capire a Bella che non gli importa nulla di farsela ricomprare. E’ lei che ovviamente, testina com’è, travia tutto ciò che dice il nostro Cullen.
- il codice digitato da Edward serve a non far fermare l’ascensore in nessun altro piano se non quello imposto da lui stesso.
- Il Sant Gerard (completamente inventato da me )è un posto dove è possibile trascorrere le vacanze. Poi vi spiegherò meglio la prossima volta.
Non so se è tutto chiaro, se così non fosse, fatemelo sapere!
Allora, ecco scoperto l’arcano: i due si conoscevano già, solo che mentre Edward l’aveva riconosciuta quasi subito, Bella invece non aveva proprio fatto caso a quei dettagli che invece avrebbero dovuto fargli schizzare alle stesse i campanelli d’allarme.
Cosa pensate sia successo molti e molti anni primi, quando ancora i due erano piccini piccini?
Ringrazio ancora tutti coloro che leggono e che hanno avuto la pazienza di scrivermi,
un abbraccio a tutte,
e alla prossima!

 
 
Volevo avvisarvi che ho temporaneamente spostato il rating della storia da rosso ad arancione perchè questi primi capitoli non contengono effettivamente nulla di così scabroso... Lo ricambierò nuovamente non appena il livello della storia inizierà ad alzarsi (non dovrebbe mancare molto, tranquille...!).

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Capitolo 4
*** Verità Nascoste ***


CAPITOLO 4
 
Verità Nascoste
 
 
-“Dio, Bella! Sei proprio tu?!”- Aveva esclamato Mr Cullen saltando in piedi tutto eccitato.
 
-“Andiamo, non mi dirai che non mi hai riconosciuto a prima vista! Sono io, sono Edward!”-
 
Pronunciò il suo nome come se ciò bastasse a forviare ogni mio possibile dubbio su chi fosse in realtà.
 
Ed infatti era così.
 
Cioè, come avrei mai potuto dimenticare l’Edward a cui avevo regalato il primo di una lunga serie di interminabili e dolcissimi baci?
 
Il vero problema era che purtroppo, non avevo riconosciuto subito lui nella persona di Mr.Cullen.
 
-“La prego Dott.Cullen, io…”-
 
-”Ma quale Dott.Cullen! Eddai Bella, sono io!”-
 
-“Isabella. Io mi chiamo Isabella”- Asserii con un tono che non ammetteva repliche.
 
Notai il suo sorriso spegnersi pian piano, e nonostante un po’, ma proprio poco, mi dispiacesse vedergli perdere quell’entusiasmo appena ritrovato, ero determinata più che mai a non ricascare con tutte le scarpe sugli stessi errori commessi un tempo.
 
Perché si, il Dott.Cullen era stato colui al quale avevo donato il mio primo bacio, ma era stato anche colui che mi aveva impedito di riuscire a darne altrettanti per non so quanti anni a venire.
 
Ricordo che quando ero piccola, compiuta la veneranda età di sei anni, i miei avevano deciso di comune accordo di spedirmi ogni estate in campeggio, ed era stato proprio in quel dannatissimo campeggio, al Sant Gerard per essere precisi, che nell’estate del 2001 conobbi Edward.
 
La prima volta che lo vidi avevo dodici anni, un’età in cui le prime cotte avevano l’immenso potere di mandare il tuo cuore in completo tilt, un’età in cui ogni parola detta assumeva un significato che poteva condannarti all’inferno o al paradiso senza possibilità di ritorno. Mi ero praticamente innamorata di lui quasi subito; all’epoca non aveva esattamente le stesse  fattezze dell’angelo dannato che mi ritrovavo difronte in quel momento, ma anche da ragazzino era stato capace di spezzare i cuori di giovani fanciulle con la stessa velocità che avrebbe impiegato nel vincere una partita di Shanghai contro un lottatore di Sumo.
 
E per chi ancora non lo avesse capito, uno di questi cuori spezzati era stato proprio il mio.
 
Mr.Cullen se ne stava sempre a ridacchiare e a fare stupidate in compagnia di un gruppetto di sciocchi suoi coetanei, trascorrendo anche intere giornate appollaiati nel luogo che io consideravo come il più bello dell’intera baia, un posto al quale tra l’altro non mi era mai permesso accedervi se non quando dei ragazzi di cui sopra non vi era più alcuna traccia.
 
Le uniche ore in cui potevo godere di quell’incantevole paradiso, erano alle primi luci dell’alba, ed era stato proprio durante uno di questi momenti che mi ero ritrovata un Edward completamente solitario, seduto scompostamente sulla sabbia a guardare sorgere il sole d’estate.
 
Era stata una delle scene più tenere che avessi mai avuto modo di vedere.
 
Quel ragazzo che in mezzo al resto del gregge voleva apparire duro e senza scrupoli, stava mostrando al silenzio del mare la sua indole solitaria e romantica.
 
O almeno, era quello che una mente sognatrice e romantica come la mia, era stata felice di pensare a quei tempi.
 
Inutile dirvi che quando Edward mi aveva sorpreso a spiarlo, in un primo momento non era stato per niente contento; ricordo ancora il pianto disperato che mi aveva accompagnato lungo tutta la durata della corsa frenetica che avevo compiuto per tornarmene al mio dormitorio, dopo che lui mi aveva gentilmente intimato di sparire all’istante.
 
Il giorno dopo, spinta da non so quale spirito interiore (meglio conosciuto come spirito di autodistruzione) mi ero recata nuovamente in quel punto preciso della baia, trovando ancora una volta un Edward intento a fissare l’orizzonte. Quella volta però, nessun impropero era uscito dalle sue labbra, e nei giorni a seguire quello divenne quasi come un nostro appuntamento quotidiano.
 
Lentamente, avevamo iniziato a parlarci, più che altro ci limitavamo a piccoli discorsi della durata massima di cinque minuti giornalieri, ma per me erano sufficienti a farmi sentire la ragazza più felice e fortunata della terra.
 
Non era affatto il ragazzo sciocco e superficiale che avevo immaginato fosse, ma era simpatico, intelligente e dopo la prima e disastrosa volta, non aveva mai mancato di farmi sentire la benvenuta.
 
In tutto questo vi starete immaginando che il fatidico primo bacio, doveva essere sopraggiunto proprio durante uno di questi, come amavo chiamarli io da piccolina, momenti perfetti, ma aimè le cose non erano andate per nulla in questo modo.
 
Anzi, diciamo proprio che nel momento in cui le sue labbra e la sua lingua, si erano posate sulla mia bocca per la prima volta, non vi era stato proprio niente di perfetto.
 
Purtroppo per me, uno dei ragazzi della sua compagnia, quello che io avrei per sempre soprannominato come l’idiota perfetto, ci aveva beccati una mattina proprio mentre io ed Edward stavamo piacevolmente chiacchierando, e quest’ultimo, per poter giustificare una cosa per loro così tanto assurda come il semplice conversare, aveva detto al suo amico che si trovava lì perchè io ero la sua ragazza, e come prova inconfutabile delle sue parole, mi aveva stratta e baciata con così tanta foga e con così poco sentimento, che mi ero ritrovata ancora una volta sull’orlo delle lacrime.
 
Quello era stato il mio primo bacio.
Un bacio rubato solo per giustificare una cosa tanto innocente come il fatto di parlare con un ragazzo, che avevo fatto l’enorme errore di reputare abbastanza maturo e diverso rispetto agli altri suoi coetanei.
 
Solo quando eravamo rimasti nuovamente soli, Edward mi aveva detto che avrebbe voluto chiedermi già da tempo di essere la sua ragazza, ed io da perfetta credulona innamorata, mi ero lasciata convincere dalle sue parole.
 
Trascorremmo due intere settimana insieme, o meglio dire che trascorremmo due interminabili settimane in compagnia dei suoi simpaticissimi amici. Quando eravamo con loro, Edward si trasformava totalmente in un’altra persona; non era gentile, non era simpatico e non mi prestava attenzione se non per divorarmi con quei baci che io non ero ancora assolutamente pronta a ricambiare.
 
Sentivo che come “coppia” funzionavamo solamente durante quei brevissimi minuti in cui continuavamo ad incontrarci in gran segreto ogni mattina, e il giorno in cui glielo feci notare, praticamente decretai l’inizio della fine di quella che io amavo considerare come una tenera relazione.
Edward era andato su tutte le furie, ed io a quel punto gli avevo detto che forse, e dico forse, sarebbe stato meglio rimanere amici. A quelle parole, era scoppiato in una fragorosa risata e mi aveva detto che io non avrei mai potuto lasciarlo.
Quando gliene avevo domandato terrorizzata il motivo, lui era tornato serio e mi aveva risposto con voce dolce e carezzevole, che non potevo farlo perché altrimenti ne avrebbe sofferto troppo, ed io, povera illusa, gli avevo creduto innamorandomi di lui se possibile ancora di più.
 
Non potevo pensare che proprio in quel momento, Edward stava escogitando un terribile piano per farmela pagare.
 
La sera del 21 Luglio, notte in cui era stata organizzata un’allegra festicciola sulla spiaggia con tanto di attrazioni varie e fuochi d’artificio al seguito, Edward mi aveva trascinata in un posticino tranquillo e appartato, illudendomi che proprio da quel punto, avremmo potuto godere appieno dello spettacolo pirotecnico che si apprestava ad iniziare da li a pochi minuti.
 
Quando la sua bocca si era tuffata improvvisamente sulla mia, avevo immaginato si trattasse solo di uno di quei teneri  baci che era solito regalarmi unicamente quando eravamo soli, ma soltanto nel momento in cui percepii le sue mani infilarsi sotto la mia maglietta mi accorsi che in realtà, qualcosa non quadrava.
 
Ancora adesso ricordo le contrastanti sensazione che aveva provato quando le sue dita avevano percorso il profilo del mio addome, risalendo pian piano verso quelle piccole rotondità che una bambina di dodici anni poteva avere.
 
-“Edward, aspetta… Fermati…”- gli avevo detto in preda al panico.
 
-“Shh Bella… Sei bellissima, lascia che io ti veda…”- Mi aveva sussurrato all’orecchio. –“Lascia che ammiri la tua pelle illuminata dal chiarore della luna…”-
 
Ed io glielo avevo lasciato fare. Incantata da quelle parole romantiche, mi ero fatta togliere la magliettina che indossavo, e nel momento in cui essa aveva toccato terra, i primi fuochi d’artificio erano esplosi nel cielo, illuminando l’oceano di luci e colori, esponendo il mio petto nudo ai suoi occhi, e rischiarando i volti di tutti i suoi amici che erano spuntati dal nulla e che in quel omento, avevano preso a ridere indicandomi come chissà quale fenomeno da baraccone.
 
Non ricordo bene cosa accadde dopo, so solo che mi ero ritrovata nel mio dormitorio piangendo come una disperata ed invocando Dio per una mia quanto più veloce dipartita.
 
La mattina dopo, ripensando a quanto successo la notte precedente, il magone era ritornato prepotente a farmi visita; non potevo credere che tutto ciò che era accaduto era stata opera di Edward. Non potevo credere che lui, quel ragazzo dolcissimo che credevo di aver conosciuto veramente durante quelle splendide mattine, mi avesse giocato uno scherzo così tremendo.
 
Per quei motivi mi ero rivestita in tutta fretta e avevo raggiunto il nostro posto segreto, sperando di trovarlo ancora li ad aspettarmi, a dirmi che lui era totalmente estraneo ai fatti e che avrebbe difeso il mio onore contro chiunque avrebbe osato dire una sola parola poco carina nei miei confronti.
 
Ma così non fu.
 
Di Edward non c’era nessuna traccia.
 
Solo qualche ora dopo riuscii finalmente a trovarlo, in compagnia di una biondona che non aveva mai visto prima.
 
Avevo sentito un dolore lancinante al petto, come se qualcuno si stesse divertendo a frantumarmi il cuore in tanti pezzettini incredibilmente affilati. 
 
Riprendermi da quella delusione, data la giovane età, era stato durissimo. Imparare a fidarmi di nuovo di qualcun altro era stato quasi impossibile, e riuscire ad innamorarmi ancora una volta di un uomo, era qualcosa che continuava a risultarmi impensabile.
 
 
-“Non dirmi che ce l’hai ancora con me per quella storia di tanti anni fa”- Mi disse Mr.Cullen, risvegliandomi dai quei brutti ricordi.
 
No caro Edward. Non sono più arrabbiata con te. Col tempo ho capito che tu non eri altro che un bastardo approfittatore doppiogiochista, che mi ha traumatizzato al punto da non riuscire più a rapportarmi con un uomo in completa serenità, per cui dimmi, per quale diamine motivo dovrei avercela ancora con te??
 
-“E’ ovvio che io non porta più alcun rancore nei suoi confronti Mr.Cullen, ma essendo adesso lei un mio diretto superiore, la pregherei di non mettermi in ulteriore difficoltà e di continuare a rapportarsi con me attenendosi strettamente ai soli rapporti lavorativi.”-
 
Ok, di ovvio c’era solo il fatto che da adesso in avanti non sarei più riuscita a lavorare a stretto contatto con lui.
 
Come sarei riuscita a starmene buona buona ed in silenzio, seduta tutta composta sulla scrivania di quella che sarebbe stata la mia temporanea postazione per i giorni successivi, sapendo che nella stanza a fianco c’era l’uomo che mi aveva sedotta e abbandonata come una sciacquetta qualunque?
 
Fortuna che la mia caviglia dolorante, mi avrebbe fornito un valido motivo per non presentarmi più al lavoro per almeno i prossimi quattro giorni.
 
-“Mia cara Isabella… Dovrei forse informarti che per prima cosa, non sono del tutto sicuro di volerti ancora nel mio organico…”-
 
E a quelle parole sbiancai di colpo. Tutte quelle novità, mi avevano per un momento fatto dimenticare il reale motivo per cui mi ritrovavo con una benda legata alla caviglia, in quel cavolo di ospedale, e con l’ultimo uomo al mondo che avrei voluto vedere sulla faccia della terra a farmi da accompagnatore.
 
-“Seconda cosa, adesso non siamo in azienda. Io non sono il tuo capo, e tu non sei alle mie dipendenze. Perciò ti prego Isabella…”- Mi sussurrò d’un tratto, tornando ad abbassarsi sulle sue ginocchia per consentirmi di fissarlo dritto negli occhi.
 
Ecco, adesso avrebbe sganciato la bomba. Una bomba che avrebbe decretato la mia fine.
 
-“Permettimi di portarti fuori a pranzo”-
 
Cosa?
 
-“Vedila come una rimpatriata tra vecchia amici!”- sorrise sghembo.
 
Vecchi amici.
 
Vecchi amici?!
 
Era questo che pensava fossimo dopo il casino che aveva combinato tanti anni prima?
 
-“Lei è pazzo Cullen. Noi non siamo amici. Non lo siamo mai stati e mai lo saremo.”-
 
Mi sentivo nauseata ed incazzata.
 
Incazzata nera con quell’essere che sembrava non possedere un minimo di sentimenti e di buon senso. Ma non si rendeva conto di quello che aveva fatto? Oltretutto lui all’epoca doveva aver avuto almeno tre anni in più di me, e a quell’età compiere gesti come quello che aveva commesso lui, era sinonimo di un qualche grave problema mentale e comportamentale.
 
-“D’accordo Isabella...”-
 
Ed il lampo di sfida che vidi attraversargli gli occhi in quel momento, non preannunciava sicuramente nulla di buono.
 
-“Lei vorrebbe tenersi il posto di lavoro, non è così?”-
 
Annuii preoccupata, la determinazione di qualche istante prima ormai scomparsa.
 
-“Bene. Perché ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a spogliarmi, e se non vuole che il suo posto di lavoro venga assegnato a qualche altra e senz’altro più aggraziata dipendente, questo qualcuno dovrà essere proprio lei.”
 
_______
 
A nulla erano valsi i miei imbarazzanti balbettii di protesta.
 
A quanto pare Mr.Cullen aveva realmente bisogno di spogliarsi o per meglio dire, di cambiarsi camicia e pantalone che io avevo bellamente imbrattato di caffè quella stessa mattina, e quindi quando mi aveva trascinato nel bagno più vicino richiudendosi la porta a chiave alle spalle, mi ero ritrovata a sudare freddo.
 
-“Ora Isabella…”- Aveva esordito togliendosi la cravatta. Il modo in cui ogni volta pronunciava il mio nome, aveva il dannato potere di incendiarmi qualcosa dentro che non ero per niente in grado di contenere. –“Avrei bisogno che lei mi slacci questo bottone…”-  Mi aveva sussurrato con finta noncuranza, avvicinandosi di nuovo al mio viso ed indicandomi il piccolo bottoncino posto proprio sotto il suo pomo d’Adamo.
 
-“Sa… Senza uno specchio, mi è sempre risultato alquanto difficile riuscire a farlo da solo…”- Aveva proseguito ancora, cercando di contenere a malapena quel sorriso strafottente che potevo chiaramente scorgergli in volto.
 
Io dal canto mio, volevo veramente riuscire a mantenere quel posto di lavoro, e pensai che in fondo, un misero bottoncino slacciato non avrebbe di certo fatto male a nessuno.
 
Era ovvio che avessi dimenticato ancora una volta con chi avevo a che fare realmente.
 
Il bottoncino in questione, contava la bellezza di altri due piccolissimi e impossibili gemellini che fui prontamente invitata a slacciare anch’essi, ed ogni volta che le mie dita fredde e tremanti, avevano sfiorato la pelle profumata del suo collo, piccoli brividi avevano ricoperto ogni singolo lembo di carne presente sul mio corpo.
 
Ma quegli stessi brividi, crebbero a dismisura quando  lo vidi rialzarsi col busto e sbottonarsi lentamente, troppo lentamente, la camicia bianca che aveva indosso.
 
I suoi occhi si erano incollati ai miei e ad ogni singolo bottone slacciato, il mio cuore aveva perso un battito.
 
Solo quando le sue braccia erano tornate distese lungo i fianchi, mi ero accorta che aveva ormai completamente slacciato la camicia, la quale adesso sfiorava la sua pelle morbidamente, lasciando intravedere perfettamente un fisico di quelli che fino a quel momento, avevo potuto scorgere solamente nelle migliori riviste di moda.
 
Oh.
Mio.
Dio.
 
Santissimo Signore, che vivi e regni in quell’accogliente posticino che tutti chiamiamo paradiso, ti prego, ti scongiuro. Fai che un fulmine oltrepassi l’intero edificio e mi colpisca direttamente alla testa, perché io ti giuro che i pensieri  che stanno attraversando la mia mente in questo momento, sono quanto di più impuro potresti trovare in circolazione.
 
-“Isabella”-
 
Ok, Isabella, stai calma…
Ma come diavolo faccio a restare calma, se continua pronunciare il mio nome in questo modo?!
 
-“Sarebbe così gentile, da slacciarmi anche i polsini della camicia?”-
 
Era fatta. Mi stava uccidendo pian piano. Mi stava lentamente cucinando con quel fascino che, mi costava tanto ammettere, mi aveva sempre stregato.
 
Non so come feci a compiere quei movimenti che liberarono i suoi polsi magnifici, possenti, delicati, eccezionali…
Si va beh, quei polsi li insomma, dalla camicia reduce da un recente e disastroso attacco di caffè espresso.
 
In pochi secondi si era liberato dell’indumento, e la mia mandibola, che già aveva sfiorato il pavimento più e più volte nell’arco degli ultimi tre minuti, alla vista del suo corpo semi nudo si inabissò letteralmente nel pavimento, compiendo uno di quei tuffi acrobatici degni di una vera e propria gara olimpionica.
 
Vi starete chiedendo del perché non avevo distolto immediatamente lo sguardo, e credetemi, non è che non ci avessi provato, ma era come se i miei occhi si fossero completamente incollati a quello spettacolo divino.
 
-“Tieni”- Mi disse, porgendomi  tra le mani un pezzettino di stoffa soffice e quadrata.
 
Io, come ho detto prima, non riuscivo a distogliere lo sguardo da tutto quel ben di Dio, e la situazione era notevolmente peggiorata dopo che muovendosi, aveva fatto sì che i suoi muscoli guizzassero armoniosi, dandomi solo un assaggio di ciò che avrei potuto scorgere sotto quegli strati di stoffa che ancora celavano il suo corpo.
 
-“E’ per…”- Non terminò la frase, ma avvicinò un suo dito alle labbra come a suggerirmi qualcosa.
 
Quel gesto riuscì non so come a riportare la mia attenzione sull’oggetto in questione che avevo ancora tra le mani, e quando capii si trattasse di un fazzolettino,
 
Un fazzoletto?
 
la mia faccia perplessa lo invogliò a continuare la frase interrotta poco prima.
 
-“Hai un po’ di bava proprio lì, sull’angolo della bocca”- Se ne uscì come se nulla fosse.
 
Come se non mi avesse appena fornito l’ennesimo motivo per sotterrarmi in quello stesso istante.
 
Come se non mi avesse fatto fare per l’ennesima volta, la figura della perfetta idiota.
 
E al diavolo i buoni propositi, al diavolo il tu ed il mio posto di lavoro.
 
-“Sei uno stronzo!”- Urlai risvegliandomi di colpo.
 
-“Sei uno stronzo, brutto,  presuntuoso , arrogante, sbruffone e pallone gonfiato che non sei altro!” – Continuai, prendendolo a fazzolettate lì dove la mia altezza, incredibilmente ridotta a causa del fatto che fossi ancora seduta sulla sedia a rotelle, mi permetteva di arrivare.
 
Come se non bastasse, Cullen (perché in quel momento delle formalità come Dott., Mr. e quant’altro, non me ne fregava più un emerito piffero) era scoppiato a ridere, causando l’aumento esponenziale della mia ira nei suoi confronti.
Esausta, come se avessi appena perso una battaglia estenuante, afferrai le ruote della sedia a rotelle sulla quale ero alloggiata, e diedi loro uno strattone cercando di spostarmi per uscire da quella stanzetta maledetta.
 
-“Aspetta, dove vai?”- Mi aveva chiesto, cercando senza troppo sforzo, di tornare serio.
 
-“Va al diavolo Cullen!”-
 
-“Eddai, sto scherzando! Lo so che mi odi e che non proveresti mai e poi mai attrazione nei miei confronti…”-
 
Sbuffai innervosita più che mai, ed afferrai la maniglia pronta a lasciare quel locale disgustoso.
 
-“Non andartene!”- Si affrettò a dirmi di nuovo, e più che le parole stesse, fu il tono che aveva utilizzato nel pronunciarle a bloccare la mia mano già ancorata alla maniglia.
 
Sembrava dispiaciuto e ... combattuto.
 
Realmente combattuto, come se non riuscisse nemmeno lui a spiegarsi il motivo di quella bizzarra ed improvvisa uscita.
 
-“Per favore. Era solo uno scherzo, davvero…”-
 
-“Beh, i tuoi scherzi non fanno ridere. I tuoi scherzi non mi hanno mai fatto ridere Cullen”- Avevo sentenziato decisa, nonostante il respiro affannato mi avesse impedito di sembrare rigida come invece ero davvero.
 
Lo avevo sentito trattenere il respiro, per poi rilasciarlo lentamente, come se fosse rimasto colpito da quelle parole.
 
-“Lo so.”- Mi aveva quindi risposto serio, ed io avevo abbassato la testa poiché non era vero che lo sapeva. Non era vero perché altrimenti non si sarebbe mai comportato nel modo in cui invece aveva appena fatto  e non mi avrebbe mai ferito come invece aveva fatto quando ero ancora una bambina.
 
-“Ti aspetto fuori”- Soffiai sfinita, e più impacciata che mai, riuscii finalmente ad uscire fuori dalla stanza.
Quando mi richiusi la porta alle spalle, mi presi qualche secondo per cercare di controllare il respiro e di schiarirmi una volta per tutte le idee.
 
Che diamine era successo li dentro?
 
Ero letteralmente frastornata; tutto quell’odio, quell’attrazione, quell’imbarazzo, non dovevano affatto esistere.
 
Non volevo assolutamente dover rimettere in gioco tutta la mia vita per colpa sua, e se continuavo di quel passo, ero sicura che mi sarei rovinata ancora una volta con le mie stesse mani.
 
Dio Cullen, quanto non ti sopporto!!
 
Proprio in quel momento, la porta del bagno si era aperta nuovamente, rivelando quello che potevo ormai benissimo considerare come il mio peggiore incubo.
 
Certo, un peggiore incubo di tutto rispetto, con una nuova camicia bianca e pulita a coprire un paio di pettorali incredibilmente forti e scolpiti, con un nuovo paio di jeans chiari che fasciavano alla perfezione un paio di gambe di tutto rispetto ed un…
 
Oh santo cielo.
 
… il sedere più bello e sodo e pieno, che io avessi mai visto.
 
Feci violenza ai miei occhi per riuscire a puntare lo sguardo altrove, e quando si era nuovamente avvicinato per chiedermi se poteva spingermi fino all’esterno dell’edificio, avevo acconsentito senza aggiungere altro.
 
-“Credo che da qui possa continuare da sola. Chiamerò una mia amica per farmi venire a prendere”- Gli avevo detto non appena fuori dall’ospedale.
 
-“Per quale motivo? Ci sono io qui e non c’è nessuna ragione per cui tu debba farti venire a prendere da qualcun altro.”-
 
-“Mr.Cullen”- Enfatizzai, sperando di fargli capire che non avevo più nessunissima intenzione di violare il confine che c’era tra datore di lavoro e lavoratore stesso. –“Non credo sia il caso, lei avrà sicuramente altri impegni, ed io non voglio causarle ulteriori inutili fastidi. Per cui sarebbe meglio che…” –
 
-“Insisto Bella. Mi dispiace veramente per prima ed io… Io non sono più quello di una volta… Cioè, non avrei mai volut-” –
 
-“Per favore”- lo interruppi –“E’ già alquanto imbarazzante dover affrontare tutta questa situazione, sapendo chi lei sia in realtà. Perciò la prego, si dimentichi del passato e mi lasci andare” – Lo supplicai speranzosa con lo sguardo.
 
-“Non posso Bella”- Ed io non riuscii a capire se con quella frase intendesse dirmi no, non posso dimenticare il passato, oppure no, no posso lasciarti andare.
 
Sbuffai ancora una volta più seccata che mai.
 
-“Voglio solo portarti a casa sana, beh più o meno sana data la caviglia, e salva. Poi giuro che ti lascerò andare. Davvero, non voglio altro. Permettimi di aiutarti solo questa volta”-
 
Ero combattuta.
 
Da una parte, non vedevo l’ora di liberarmi di lui e di tutte quelle sensazioni insopportabili che il mio corpo traditore continuava a trasmettermi.
 
Dall’altra parte però, c’era qualcosa che mi suggeriva di dargli questa possibilità. Forse i suoi occhi, forse quello sguardo dispiaciuto, o forse quell’espressione colpevole sul viso, ma pensai che un passaggio veloce non avrebbe potuto peggiorare la situazione, anche perché l’alternativa sarebbe stata quella di chiamare Alice e di doverla aspettare per chissà quanto tempo per poi subirmi il suo terzo grado sul per come ed il perché mi fossi ritrovata in ospedale, cosa che al momento non volevo assolutamente accadesse.
 
-“Mi promette di non saltarsene fuori con qualche frase imbarazzante mentre siamo in macchina? Di brutte figure per oggi credo di averne elargite abbastanza…”-
 
-“Questo vuol dire che accetti?”-
 
-“Solo se rispetta la mia condizione”-
 
-“D’accordo, ti prometto di non fare domande indiscrete”-
 
-“Bene, allora accetto il suo passaggio, Mr.Cullen”- Gli comunicai, sperando di non dovermene pentire a breve.
 
Mi aveva sorriso sincero, e quando eravamo rientrati entrambi in macchina, aveva stranamente mantenuto la promessa di restarsene in silenzio quasi per tutto il tempo.
 
-“Allora Bella, dove abiti?”-
 
Sbuffai infastidita dal fatto che continuasse a darmi inopportunamente del tu.
 
-“132 S.Westgate Avenue”-
 
Lui annuì soddisfatto, dirigendosi verso la superstrada che avrebbe condotto a casa mia.
 
-“Sei cambiata”-
 
-“Cosa?”-
 
-“Dicevo, che sei cambiata molto rispetto ai tempi del Sant Gerard.”-
 
-“Oh…”-  Replicai incolore senza sapere cosa rispondergli.
 
Inoltre le innumerevoli occhiatine che continuava a lanciarmi o più precisamente, che continuava a lanciare verso lo spacco che ancora deturpava la mia gonna, mi stavano mettendo estremamente a disagio.
 
Che cosa stava guardando?
 
Le miei cosciotte cicciottelle?
 
I miei fianchi rotondi?
 
Le mie tette probabilmente troppo abbondanti?
 
Forse con quella frase di prima, intendeva dirmi che rispetto a quando avevo dodici anni, ero ingrassata parecchio. Da piccola ero sempre stata abbastanza mingherlina, così tanto mingherlina che ad ogni soffio di vento un po’ più forte, mio padre mi diceva costantemente di temere di vedermi volare via da un momento all’altro, come se stesse parlando di uno stupido palloncino imbottito di elio…
Ed ero stata quindi felicissima quando raggiunta la maggiore età, avevo cominciato a prendere un po’ di peso, mettendo un po’ di carne qua e là nei punti giusti.
 
Negli ultimi anni però, dovevo purtroppo ammettere che quella carne era aumentata un po’ troppo e che benché il mio peso non fosse ancora arrivato a livelli troppo elevati, fossi leggermente in sovrappeso.
 
C’era da aspettarselo che invece lui, avesse mantenuto il fisico di un tempo, e che anzi, fosse diventato ancora più bello di quanto già non fosse molti anni prima.
 
-“Siamo arrivati”- Mi disse ad un certo punto spegnendo il motore dell’auto.
 
Presi un profondo respiro e ringraziai tutti i santi del paradiso per avermi ricondotto finalmente a casa senza combinare ulteriori disastri.
 
Quella giornata era stata fin troppo estenuante, e non vedevo l’ora di potermi sdraiare sul letto e dormire fino al giorno dopo, o perlomeno fino a quando Alice non sarebbe rientrata a casa.
 
-“Ti prego, dimmi che abiti al piano terra.”-
 
-“Veramente abito al primo piano, esattamente lì sopra”- Gli dissi indicando un grazioso terrazzino che si affacciava sulla strada.
 
L’abitazione di Alice era situata all’interno di una villetta suddivisa a sua volta in quattro appartamenti; il nostro appunto, si trovava al primo ed ultimo piano della costruzione.
 
-“Lo sai questo cosa significa, vero?” -
 
Negai perplessa con la testa.
 
Che voleva dire? Che vivendo al primo piano, avevo evitato grazie al cielo, di ritrovarmi in casa un’invasione di insetti striscianti di ogni tipo?
 
Lo vidi sbuffare e scendere dalla macchina per venirmi ad aprire la portiera.
 
-“Forza scendi, ti accompagno io”-
 
-“E perché mai dovresti farlo? Posso arrivarci benissimo da sola!” – Protestai dandogli nuovamente del tu.
Scesi di fretta dall’auto, scostando in malo modo la mano che lui invece aveva gentilmente proteso per aiutarmi.
 
-“Bella, come puoi pensare di salire le scale con la caviglia conciata in quel modo? Non essere ridicola!”-
 
Ridicola?
 
Ah, adesso sono io ad essere ridicola?
 
-“Senti Cullen, nessuno ti ha chiesto niente, e non capisco perché invece di tornartene a starnazzare con altri pinguini come te, sei ancora qui a tormentarmi con questi  atteggiamenti da capo supremo.” -  Grugnii furiosa, e quelle parole avrebbero anche potuto fargli qualche effetto, se non fosse che mentre le pronunciavo, avevo continuato a saltellare su di un piede per non appoggiare quello dolorante, facendomi apparire agli occhi del mondo intero come una pazza sclerata.  -“Il che potrei anche accettarlo, visto che sei veramente il mio capo, ma solo al lavoro, non qui davanti a casa mia, non dopo che mi hai fatto passare cinque ore di inf… AH!”- Urlai nel momento in cui ancora una volta, mi aveva preso in braccio come una bambina di due anni.
 
-“Swan, sei proprio una lagna, ti ricordavo più interessante, sai?”-
 
-“Mettimi subito giù!”-
 
-“Questa scena l’ho già vista, e sai bene anche tu che non lo farò”-
 
-“Oddio, ma cosa devo fare per liberarmi di te?”-
 
-“Licenziarti”-
 
No, questo no, il lavoro mi serve troppo!
 
-“Un’altra alternativa?”-
 
-“Venire a cena con me”-
 
Oh santi del paradiso, perché mi avete abbandonato ancora?
 
-“Non se ne parla nemmeno!”-
 
-“E allora non ti libererai mai di me!”-
 
-“Ti prego, Edward, ti stai comportando da bambino immaturo!”- E pronunciare il suo nome ad alta voce dopo tanti anni, mi provocò qualcosa dentro che non seppi definire.
 
Finii la frase proprio nel momento in cui eravamo sopraggiunti di fronte alla porta di entrata di casa mia.
Edward mi appoggiò delicatamente a terra, senza tuttavia lasciarmi andare.
 
-“Non sono io quello che si sta comportando da bambino Bella”- Sussurrò improvvisamente troppo vicino al mio viso. Una sua mano era ancora ancorata al mio fianco, e l’altra era appoggiata sull’uscio della porta alle mie spalle.
 
La salivazione si azzerò di nuovo, e sentii ancora quel profumo intenso che più volte mi aveva stregato nell’arco di quella giornata. Non poteva trattarsi della stessa fragranza di cui mi aveva parlato quella mattina, perché Edward non indossava più gli stessi indumenti, e non credevo possibile che si portasse dietro l’intera boccetta di profumo solo per essere pronti ad ogni evenienza.
 
Quel profumo inebriante ed unico proveniva da lui, dalla sua pelle, ed io mi ero ritrovata ad annusarla ancora senza nemmeno rendermene conto.
 
-“Vieni a cena con me stasera, Isabella”- Pronunciò con voce roca, ed il mio cuore perse un battito.
 
-“Perché?”- Mi ritrovai a chiedere flebilmente senza un motivo preciso.
 
-“Perché c’è una cosa che voglio dirti, una cosa che ci tengo a farti sapere da una vita, e voglio dirtela oggi stesso”-
 
-“Non puoi farlo adesso?”- pronunciai con un filo di voce, mentre quelle labbra tentatrici si stavano avvicinando pericolosamente alle mie.
 
-“Potrei, ma non voglio farlo. Voglio farlo stasera, a cena, con te…”-
 
E a quel punto, cercare di trovare un valido motivo per potergli dire di no, era stato impossibile.
 
-“Allora Bella, vuoi venire a cena con me?”-
 
-“Si…”- 
 



 
Buongiorno Ragazze!
Finalmente abbiamo capito come si sono conosciuti questi due.
Povera Bella. Le delusioni di infanzia ti lasciano un segno dentro che non si riesce mai del tutto a dimenticare.
Io non ho dimenticato le prime delusioni d’amore, e nonostante a distanza di molti anni mi venga quasi da ridere, ricordo che però a quell’età tutto sembrava nero e senza via d’uscita.
E voi? Ricordate ancora episodi imbarazzanti della vostra infanzia?
 
Un bacio a tutte e a presto!
 
 





  

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Capitolo 5
*** Seconde Opportunità ***


CAPITOLO 5
 
Seconde Opportunità
 
 
 
 
-“Davvero Bella, non sai quanto io sia contento di averti qui stasera”-
 
-“Da-davvero?”-
 
Era strano essere li con Edward. Quel posto aveva tutta l’aria di essere familiare, ma tuttavia non riuscivo a ricordarmi quando avessi avuto modo di vederlo.
 
-“Sei così bella…”-
 
-“Edward…”-
 
-“Si Bella, fallo ancora, pronuncia il mio nome”-
 
-“Edward…”-
 
-“Mmmh…”-
 
Continuava a strofinare quelle labbra carnose sulla superficie liscia del mio collo, ed io mi sentivo come tra le nuvole, come in una sorta di limbo dove non riuscivo a capire se ciò che stava succedendo fosse giusto o sbagliato.
 
Edward era li con me, mi toccava, mi parlava, ma era come se non riuscissi a vederlo veramente.
 
-“Sei così buona…”- Soffiò sul mio orecchio, saggiando la mia pelle con la punta della sua lingua.
 
-“E così morbida…”- Continuò, strizzando la carne attorno ai miei fianchi.
 
Era stato così stranamente dolce fino a quel momento, che non ricordavo minimamente come fossimo arrivati a quel punto. Un attimo prima mi aveva accompagnato a casa, e l’attimo dopo mi ero ritrovata sdraiata per terra con un Edward più eccitato che mai a sovrastarmi.
Ma mi andava bene così, cioè, dopotutto era quello che volevo anch’io…
No?
 
-“Aah….!”- La sua mano premuta con veemenza sul mio seno mi fece capire che sì, certo che lo volevo anch’io. Lo volevo eccome ed ero così presa dal momento, che sentivo avrebbe potuto dirmi qualsiasi cosa e non mi sarei mai lamentata.
 
-“Ho voglia di fotterti duramente Bella. “-
 
Ecco… magari, non proprio tutto.
 
Erano secoli che non andavo a letto con un ragazzo; la mia ultima storia, finita tra l’altro in malissimo modo, risaliva alla bellezza di più di un anno e mezzo prima, e quelle parole pronunciate con così tanta foga mi avevano spaventato non poco.
 
E se non gli fossi piaciuta?
 
E se non fossi stata alla sua altezza?
 
E se mi avesse fatto male?
 
No. Del male no.
 
Lo aveva già fatto una volta e non lo avrebbe fatto di nuovo, giusto?
 
Giusto?
 
-“Alza le braccia Bella. Voglio toglierti questo vestito e godere della vista del tuo corpo nudo.”-
 
Le mie braccia si alzarono timidamente, e in attimo mi ritrovai completamente nuda di fronte a lui.
 
-“Non porti neanche le mutandine… Devo dedurre che non avessi  sperato altro tutta sera?”-
 
Non portavo le mutandine?
 
E da quando in qua, io non indossavo biancheria intima sotto i vestiti?
 
Qualcosa non quadrava, e quel pensiero mi fece rabbrividire istantaneamente.
 
-“Edward, forse… forse dovremmo fermarci”- Avevo sussurrato con voce tremante, portando le mie piccole mani sul suo petto marmoreo.
 
-“Fermarci? E per quale motivo dovremmo fermarci?”-
 
-“Beh, i-io non lo so… F-forse sarebbe meglio aspettare… Rimanere amici…”-
 
Amici?
 
Ma cosa stavo blaterando?
 
A quel punto lui si sollevò improvvisamente, lasciandomi ancora nuda e sdraiata completamente ai suoi piedi.
 
-“Vuoi lasciarmi?”- Sibilò minaccioso.
 
-“Cosa? No! No, io voglio solo-“-
 
-“Basta!”- Ruggì ancora furioso, e in quel momento un tuono imponente si propagò nell’aria.
 
-“Sei ancora la sciocca ragazzina di un tempo, Bella…” – Iniziò a dire lui con un sorriso sinistro sulle labbra. –“Non cambierai mai ed è giusto che tu riceva la stessa punizione di tanti anni fa.”-
 
NO!
 
-“No!”- Urlai spaventata. Ma ormai era troppo tardi; i volti dei suoi amici, di quegli stessi amici che mi avevano deriso tanti anni prima, erano di nuovo tutti li, riuniti intorno alla mia figura ed additandomi come fossi qualcosa di osceno.
 
Le lacrime scorrevano veloci sul mio viso, e recuperando un po’ di quella forza che sentivo ormai abbandonarmi, mi girai su un fianco per recuperare l’abito che mi aveva sfilato Edward poco prima. Solo in quel momento mi accorsi di essere distesa sopra un manto di sabbia, più precisamente sullo stesso strato sabbioso di molti anni prima.
 
Il panico mi assalì ed iniziai a gridare per cercare di scacciare via tutte quelle voci che rischiavano di farmi impazzire totalmente.
 
-“Bella!”-
 
Non volevo rispondere. Non volevo dare loro modo di insultarmi ancora e ancora.
 
-“Bella! Bella sono io, svegliati!”-
 
Alice?
 
Che ci faceva Alice li attorno?
 
-“Bella mi stai facendo paura, ti prego, apri gli occhi!”-
 
Mi feci forza e seguii il suo consiglio, riaprendo debolmente gli occhi e rendendomi conto che quello che avevo appena vissuto era stato il frutto di un bruttissimo incubo.
 
Ero a casa mia. Tra le mura rassicuranti dell’appartamento che condividevo con Alice, e soprattutto intorno a me non vi era nessun altro se non lei.
 
-“Alice…”- Piagnucolai buttandomi letteralmente tra le sue braccia.
 
-“Oh Alice…”- Singhiozzai, mentre le sue piccole braccia mi stringevano teneramente.
 
-“Shhh… E’ tutto finito bella. Hai fatto solo un brutto sogno…”-
 
O no.
Quello non era stato solo un brutto sogno.
Quello era stato come una specie di avvertimento. Una specie di segnale che mi suggeriva di disdire immediatamente l’appuntamento che avevo preso con Cullen pochi minuti prima.
 
-“Alice, ma che ore sono?”- Le domandai improvvisamente confusa. Se Alice era a casa, voleva significare che si erano fatte ormai le sei di sera, e non poteva essere. Non potevo davvero aver dormito quattro ore di fila senza nemmeno rendermene conto.
 
-“Sono quasi le sette Bella. Ho fatto tardi perché ho avuto un contrattempo al lavoro e quindi-“-
 
-“Le sette?”- Sbottai allontanandomi improvvisamente da lei.
 
-“Le sette!?”- Urlai questa volta saltando in piedi e ricordandomi solo in quel momento della caviglia infortunata.
 
Urlai in preda al dolore e alla disperazione, e mi rituffai sul letto mettendomi un cuscino sopra la testa.
 
-“Bella, ma che ti è successo? Sembri più matta del solito oggi!”-
 
Oh Alice, non puoi neanche immaginare!
 
-“Dio Bella, ma che hai fatto alla caviglia?”-
 
Il verso di disperazione che uscì dalle mie labbra, la costrinse a strapparmi via letteralmente il cuscino che ancora tenevo premuto sopra la testa.
 
-“Uffa Bella, mi vuoi spiegare o no?”- Sbuffò ancora incrociando le braccia al petto.
 
Sapevo ovviamente che il no non era neanche lontanamente contemplabile per lei, così cercai di schiarirmi la mente e di cercare di trovare le parole più adatte per descrivere gli assurdi avvenimenti di quella giornata infernale.
 
-“Alice, annusami”-
 
-“Cosa?”-
 
-“Puzzo?”-
 
-“Ma che… No che non puzzi! Perché diamine dovresti puzzare?”-
 
-“Perché è tutto il giorno che sguazzo nella merda, e se entro cinque minuti non troverò una cavolo di scusa accettabile per disdire quel dannato appuntamento, verrò completamente sommersa dalla cacca più totale.”-
 
-“Ok Bella, frena un attimo. Quale appuntamento? Hai un appuntamento? Cioè, quel genere di appuntamento? E con chi avresti un appuntamento?”-
 
-“Ti ho appena detto di essere nella merda più nera, e tu ti preoccupi solo di sapere con chi avrei un dannatissimo appuntamento, al quale tra l’altro, non ho nessunissima intenzione di andare?!”-
 
-“E perché mai non dovresti andarci? E poi chi sarebbe questo lui? Andiamo Bella, non mi stai dicendo niente di quello che voglio sapere e ti avverto, sto già perdendo la pazienza!”-
 
-“Ok Alice”- Presi un respiro profondo e continuai. –“Siediti e apri bene le orecchie. Sto per raccontarti la storia più assurda della mia vita”-
 
E lo feci. Le raccontai tutto per filo e per segno, senza poter omettere nessun particolare. Quando arrivai a rivelarle la parte del quasi spogliarello di Cullen, lei non mi aveva permesso di soprassedere a nessunissimo dettaglio, ma anzi, si era fatta spiegare per almeno tre volte di fila la parte in cui le descrivevo i particolari più che apprezzabili del mio presunto capo.
 
-“E dopo questo terribile sogno, adesso capisci perché devo obbligatoriamente disdire l’appuntamento. Non posso uscire con Cullen, né ora, né mai.”-
 
-“Io invece non ho ancora capito perché invece non ci vuoi andare”-
 
-“Ma come no, Alice! Ti ho appena raccontato del mio incubo, e tu mi chiedi perché vorrei  rinunciarci? Non sembra anche a te un evidente segno del destino? E poi non eri tu la prima a credere nei sogni premonitori?”-
 
-“E infatti ci credo Bella. Ma ai miei di sogni, dicerto non ai tuoi. Non saresti in grado di annunciare le previsioni del tempo neanche se frequentassi un corso accelerato per meteorologi incalliti!”-
 
-“Sai una cosa Alice? Non riesco a capire perché sono ancora qui ad ascoltarti!”- Sbuffai infastidita, saltellando su un piede per andare a recuperare il cellulare dalla borsa e disdire l’appuntamento con Cullen, imprecando poi un secondo dopo quando ricordai di non avere un suo dannato numero di telefono.
 
-“Dio Santo Bella! Ma perché ti ostini a negarti il piacere di un uscita in compagnia di un uomo?”-
 
-“Io non mi sto negando proprio nulla Alice!”-
 
-“Ah no? E dimmi, con quanti uomini sei stata dopo la fine della tua storia con quello stupido di Jacob?”-
 
-“Jacob non era uno stupido!”-
 
-“Oddio, ancora lo difendi dopo che ti ha lasciata solo perché non hai accettato di fare sesso sadomaso con lui?!”-
 
Beh, in effetti…
 
-“Ok, forse lo è, ma non è questo il punto!”-
 
-“E qual è il punto Bella!”-
 
-“E’ Edward Alice!”-
 
-“E Allora?”- Mi rispose ancora lei come se quello fosse un dettaglio irrilevante.
 
-“Che vuol dire allora!?”-
 
-“Senti Bella, magari non è più lo stesso stronzo di un tempo. Magari è cambiato. Magari nel frattempo ha finalmente messo la testa a posto e adesso vuole solo andare a bere qualcosa con una vecchia amica…”-
 
-“Oh santissimi numi, anche tu con questa storia?! Ma quale vecchia amica, Alice? Non ti ricordi per quanto tempo sono stata male a causa di quella storia?”-
 
In quel momento, tutti i vecchi ricordi e le vecchie e fastidiose sensazioni legate a lui vennero fuori come un fiume in piena.
 
Come avevo potuto accettare la sua proposta?
 
Non sarei mai stata in grado di superare quell’affronto di molti anni prima, ed era inutile anche solo pensare che sarei riuscita a trascorrere una piacevole serata in compagnia di Edward senza rivangare nel passato.
 
-“Bella, tu sei la mia migliore amica. Lo sai quanto ti voglio bene e sai anche che non ti consiglierei mai di fare qualcosa se non fossi certa che non ti farebbe soffrire. Però lascia che ti dica una cosa: non potrai mai andare avanti veramente se non riuscirai a superare il passato. E per quanto dolorosi siano stati i tuoi trascorsi con Edward, sono certa che un’uscita con lui non potrebbe far altro che giovarti ed aiutarti a liberarti una volta per tutte di questo peso che porti ancora dentro di te.”-
 
E non potevo non pensare a quanto avesse ragione. Fino a quel momento, avevo solo creduto di aver superato completamente quell’episodio di molti anni prima, ma solo rivedendo Edward avevo capito quanto rancore e paura ancora portassi dentro.
 
-“Esci con lui Bella. Sfogati, urlagli tutte quelle cose che avresti voluto dirgli all’epoca ma che invece non hai mai avuto il coraggio di dirgli. Prendilo a sberle se necessario, ma liberati finalmente di lui.”-
 
-“Non so cosa dire Alice…”-
 
-“Dì di sì. Dì che ci andrai, che supererai le tue paure e che affronterai l’ostacolo forse più fastidioso della tua vita. Credimi, tolto il sassolino dalla scarpa, tornerai libera di correre per strada senza paura di inciampare di nuovo.”-
 
-“Grazie Alice”- Le dissi solamente, stringendola con forza tra le braccia.
 
-“E di che, e poi magari così facendo, riuscirai finalmente ad utilizzare come si deve quella cosa impolverata che tieni in mezzo alle gambe!”-
 
-“Alice!”- Grugnii guardandola in cagnesco.
 
-“E dai, sto scherzando!”-
 
Sbuffai di nuovo, ammettendo però a me stessa che mi auguravo in fondo la stessa cosa.
 
-“Ok. Adesso torniamo alle cose serie, a che ora avete l’appuntamento?”-
 
-“Alle otto…”- Sparai la bomba a rallentatore, perché sapevo per certo che per Alice, avere solamente la bellezza di un’ora scarsa per prepararsi, equivaleva ad una strage di proporzioni cosmiche.
 
-“Tu, vorresti dirmi che ho solamente sessanta miseri minuti di tempo per riuscire a renderti minimamente presentabile?”- Mi chiese, respirando a fatica.
 
-“Beh, ti ringrazio per avermi detto neanche troppo velatamente, di essere un cesso senza speranze, e comunque non per infierire, ma considerato che mi hai tenuta per ben venti minuti a farmi la paternale, direi che adesso i minuti si sono ridotti a cinquantadue…”-
 
I suoi occhietti ridotti a fessura, mi fecero pentire immediatamente delle parole appena pronunciate.
 
-“Adesso vieni con me Bella, e guai a te se oserai dare ancora fiato a quella tromba che hai al posto della bocca.”-
 
-“Ehi! Brutta st-“-
 
Ed il cuscino che Alice mi tirò diritto in faccia, interruppe la mia educatissima risposta a metà.
 
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Quarantacinque lunghissimi ed estenuanti minuti dopo, ero finalmente pronta.
 
Alice era una maga.
 
In tutti i sensi.
 
Riusciva a prevedere il futuro, riusciva a pronunciare duemila parole al secondo, ed era riuscita a trasformarmi da brutto anatroccolo, a femme fatale.
 
Beh sì… Non proprio fatale, quello non sarei mai riuscita ad esserlo, ma comunque mi aveva reso quantomeno presentabile. Ovviamente questo ultimo pensiero lo tenni per me, onde evitare di ripiombare nell’ira funesta di una Alice particolarmente stremata dall’arduo compito appena portato a termine.
 
-“Dio Bella, sei bellissima!”- Aveva esclamato la mia migliore amica saltellando sul posto.
 
-“Devo ammettere che hai fatto un buon lavoro”-
 
-“Buon lavoro? Cullen stramazzerà al suolo quando ti vedrà conciata così!”-
 
Risi alla sua battuta, perché quella frase non avrebbe mai potuto essere considerata altro se non appunto, una battuta.
 
Cullen che stramazza al suolo per una come me? Tzè, figuriamoci…
 
-“Oddio Bella!”-
 
-“Che c’è?” – Le chiesi preoccupata, notando il suo viso improvvisamente allarmato.
 
-“Credo che sia arrivato!”- Esclamò ancora tutta eccitata sbirciando fuori dalla finestra.
 
-“Oh Santa Madonnina, ma è uno schianto!” – Continuò lei tutta esaltata. –“Cioè, tu volevi rinunciare ad un appuntamento con un uomo come quello?”-
 
-“Alice, ora non esagerare…”-
 
-“Fidati Bella. Io non esagero affatto. E a tal proposito”- Mi disse tornando a guardarmi seria in faccia –“Se nella remota possibilità che il Dio Greco qui fuori ti dimostrasse che fosse realmente cambiato, tu non dovessi approfittare dell’occasione per trascorrere una nottata come si deve coi fiocchi e contro fiocchi con lui, io ti giuro sulla medaglietta di san Gennaro che porto appesa alla parete posta alle spalle del mio letto, che ti renderò la vita un inferno.”-
 
Deglutii a vuoto, allontanandomi di qualche passo da quella che nei casi normali, avrei definito come la mia migliore amica. Quando Alice giurava su quella medaglietta, allora non bisognava mai mettere in dubbio la veridicità delle sue minacce.
 
In poche parole, o facevi come ti aveva detto, o eri spacciata.
 
Completamente spacciata.
 
Sobbalzai al suono del campanello, trattenendo un urlo quando pestai il piede infortunato a terra.
 
-“Vado io!”- Mi urlò Alice tornando improvvisamente allegra e sfrecciando verso la porta manco fosse Superman.
 
Io invece, ero rimasta un altro paio di secondi ferma ed immobile, prendendo dei profondi respiri per cercare di controllare quei battiti che avevano preso a martellare furiosi all’interno della mia cassa toracica nel momento in cui Alice mi aveva avvertita che lui era arrivato.
 
Quel tentativo però, si rivelò del tutto inutile quando Edward entrò nell’appartamento rivelandosi ai miei occhi.
Lui era… Beh lui… Sì, lui era semplicemente… Era…
 
-“Oddio Bella, controlla la bava ti supplico!”- Sussurrò Alice al mio orecchio, dandomi un pizzicotto sul fianco.
 
E no cavolo. Non poteva essere successo ancora. Il mio corpo non poteva tradirmi in quel modo ogni volta che lo vedevo.
 
Dovevo riuscire a darmi un contegno porca di quella miseria!
 
Edward mi sorrise, un sorriso sincero, che di arrogante non aveva proprio nulla, e solo in quel momento, i miei battiti riuscirono ad acquietarsi un pochino, rendendomi finalmente più facile la respirazione.
 
-“Ciao Isabella…”- Mi disse con quella voce che rese le mie gambe di gelatina.
 
-“Ciao”- Risposi a mia volta più imbarazzata che mai.
 
-“Sei pronta?-
 
-“Si”-
 
-“Andiamo?”-
 
-“Si”-
 
-“Posso prenderti in braccio?”-
 
-“Si”-
 
A quel punto lui rise genuinamente, facendomi rendere conto dell’enorme sbaglio appena compiuto.
 
-“Cioè, volevo dire… no! Non mi prenderai di nuovo in braccio questa volta”-
 
-“Oh, andiamo Bella, non riesci nemmeno a camminare, come puoi anche solo pensare di riuscire a scendere le scale?”-
 
Guardai malissimo Alice, cercando di restituirle quello sguardo assassino che mi aveva rivolto lei stessa prima dell’arrivo di Mr Perfezione Cullen.
 
Compresi però che il mio sguardo non l’aveva minimamente scalfita, nel momento in cui riprese a parlare.
 
-“Le chiavi di casa sono nella borsetta Edward, e confido su di te che saprai soddisfare ogni sua possibile esigenza…”-  
 
Non l’ha detto veramente.
 
Ditemi che non l’ha detto veramente!
 
Purtroppo quelle parole le aveva pronunciate per davvero invece, e non era sfuggito a nessuno dei tre il doppio senso implicito in quella frase. In quel momento, ero sicura che le mie guance avessero assunto un colorito tendente al viola-prugna-matura-pronta ad abbandonare l’albero.
 
-“Non preoccuparti…”-
 
-“Alice”- Aggiunse lei tutta contenta andando pure a stringergli la mano.
 
-“Dicevo, non preoccuparti Alice, sarò in grado di badare a Bella ad ogni qualsivoglia situazione”- Sorrise sghembo, senza tuttavia dare alla sua frase quel significato equivoco che mi avrebbe portato a rinchiudermi in camera mia seduta stante.
 
-“E ora Bella…” – Iniziò a dire Edward avvicinandosi –“Dato che ho anche il benestare della tua amica…”-
 
-“No Edward, non farlo!”- Lo interruppi cercando di indietreggiare per quanto la caviglia me lo permettesse. –“ Tu non puoi farlo, Non…No!“- Ma in un attimo mi aveva preso in braccio nuovamente, e arrendendomi al fatto che non mi avrebbe messo giù neanche se glielo avessi chiesto in ginocchio, raggiugemmo finalmente la sua auto.
 
Auto che tra l’altro, era l’esatto opposto rispetto a quella con la quale mi aveva accompagnato la mattina stessa. Era sempre bellissima e certamente costosissima, ma questa era molto più alta ed ingombrante, se paragonata all’altra.
 
-“Ho pensato che se avessimo utilizzato questa, avresti fatto meno fatica.”- Si premurò a dirmi un attimo dopo avermi fatto toccare nuovamente terra.
 
-“Oh… Beh… Gr-grazie allora.”-
 
-“Figurati”-
 
Mi aprì la portiera sorridendomi ed io mi sistemai comodamente all’interno dell’automobile. Indossavo un abito molto semplice ma elegante, di un blu notte intenso che metteva in risalto la mia pelle bianchissima e liscia. Certo, liscia solo dopo che Alice mi aveva torturato con una ceretta estremamente dolorosa e puzzolente, ma questo era un dettaglio che potevo benissimo non far sapere in giro.
Per coprire la fasciatura alla caviglia inoltre, Alice mi aveva fatto indossare un paio di autoreggenti color carne che coprivano in parte quel fastidioso dettaglio.
Seduta sul sedile del passeggero, mi domandai il perché diamine avessi accettato di indossare proprio quel dannatissimo vestito nel momento in cui appurai che accomodata in quel modo, la parte inferiore dell’abitino si era notevolmente spostata molto al di sopra delle mie ginocchia, manco avessi assunto la posizione del loto.
Nei pochi secondi che Edward impiegò a fare il giro dell’auto e salire sull’altro lato, io mi aggrappai in tutti i modi possibili a quel dannatissimo pezzetto di stoffa per cercare di abbassare il livello di quella dannata gonna di almeno un paio di centimetri.
Sforzi che ovviamente si rivelarono vani nel momento in cui lui si accomodò al suo posto ed io dovetti abbandonare la stoffa del mio abito che ovviamente tornò all’altezza striminzita di poco prima.
 
-“Tutto bene?”-
 
-“Certo”- Sorrisi sforzandomi di non apparire invece estremamente a disagio.
 
Edward ricambiò il sorriso, percorrendo lentamente con lo sguardo il profilo del mio corpo.
Strinsi le cosce nel momento in cui i suoi occhi arrivarono a posarsi proprio lì dove avevo rivolto tutte le mie fatiche un attimo prima.
Tossicchiò prima di tornare a puntare lo sguardo sulla strada ed immettendosi poi nel traffico della sera.
 
-“E’ un abito molto carino”-
 
Perché, io ti faccio schifo invece?
 
-“Grazie”- Risposi infastidita, voltando il viso dall’altra parte.
 
Perché aveva deciso di invitarmi a cena?
Per quale motivo doveva costringersi a fare qualcosa che ne ero sicura, avrebbe volentieri fatto a meno?
 
-“Allora, ho saputo che lavoravi alla King’s Petroleum”-
 
-“Ho fatto da stagista per un anno intero”-
 
-“Un anno? E come mai non ti hanno assunta? Beh, senso dell’equilibrio a parte si intende” – Rise sguaiatamente, tornando poi subito serio dopo aver visto la mia faccia livida.
 
-“Sinceramente non so perché Royce non mi abbia tenuto con se”-
 
-“Royce?”-
 
-“Si, Royce. Il proprietario della Kings”- Risposi ovvia.
 
-“Lo so chi è Royce, mi stavo solo domandando il perché io sono Dott.Cullen, mentre lui è semplicemente Royce.”- Continuò infastidito.
 
E adesso che cavolo gli prende?
 
-“Beh, mi pare che in questo momento io ti stia dando del tu, no?”-
 
-“Si, ma ho dovuto escogitare subdoli mezzucci per poter arrivare a questo punto.”-
 
-“Oddio Cullen, sei esasperante”-
 
-“Edward”- mi redarguì perentorio.
 
Sbuffai in risposta, ottenendo solo un maggiore incupirsi del suo sguardo.
 
-“Avanti, di il mio nome Isabella, non è poi così difficile”-
 
-“E va bene, Edward. Contento adesso? Non capisco poi perché tu debba intestardirti così tanto, visto che dopo questa cena, tu tornerai ad essere il Dott.Cullen ed io… io…”- ‘Io tornerò ad essere l’anonima segretaria impacciata e disastrosa di questa mattina’ avrei voluto dirgli, ma mi trattenni non sapendo bene neanch’ io il perché.
 
-“Forse hai ragione…”- Mi aveva risposto quindi, serio in volto.
 
Hai ragione.
Era ovvio che avessi ragione. Sarei tornata ad essere una semplice impiegata per lui e non sopportavo il fatto che a quel pensiero, una piccolissima parte di me avrebbe voluto ribellarsi all’idea. Cosa potevo mai aspettarmi da uno come Edward? Che strani pensieri aveva partorito a mia insaputa, quel povero illuso del mio cervellino?
 
Restammo in silenzio per tutta la durata del viaggio, e non potei non sperare che la serata terminasse nel più breve tempo possibile.
 
-“Siamo arrivati”-
 
Solo in quel momento notai dove effettivamente mi aveva portata, e avrei preferito non farlo quando appurai che avrei dovuto mettere piede (quello buono almeno) nel posto più sciccoso dell’intera Los Angeles.
 
Il Red Gold Restourant, era l’unico ristorante di mia conoscenza dove sapevo avessero una lunga e vasta carta anche per della semplice acqua naturale; era uno di quei posti dove per dirla breve, io non avrei mai potuto metterci piede se non in circostanze singolari come quella.
 
-“Si occupi esclusivamente dell’auto, alla signorina ci penso io”- A quelle parole pronunciate in maniera vagamente minacciosa, l’addetto al parcheggio che mi aveva gentilmente aperto la portiera per farmi scendere, si dilegò puntando diritto verso il posto del guidatore.
 
Cullen, cioè volevo dire Edward, mi aveva aiutato a scendere dall’auto tenendomi ben salda contro il suo petto.
 
-“Non prendermi in braccio. Ti prego Edward…”-
 
-“D’accordo. Non lo farò. Ma aggrappati forte a me e fai in modo di sforzare il meno possibile la caviglia, siamo intesi?”-
 
Io annuii puntando lo sguardo ai nostri piedi; se proprio avrei dovuto fare l’ingresso in quel posto da ricconi zoppicando, allora lo avrei fatto senza dover necessariamente incrociare lo guardo derisorio di qualcuno.
 
Ovviamente avrei dovuto immaginare che Mr Cullen non sarebbe mai stato d’accordo con le mie decisioni, e quando Edward rialzò dolcemente il mio viso verso il suo, per poco non ci restai secca.
 
-“Non abbassare la testa. Non farlo mai Bella.”- L’intensità con la quale aveva pronunciato quelle parole mi fece vacillare. –“Non devi vergognarti di nulla, mi hai capito?”-
 
Stavo quasi per abbassare involontariamente ancora lo sguardo imbarazzata, quando continuò a parlare dicendomi una cosa che non avrei mai creduto possibile di sentir uscire da quelle labbra.
 
-“E giusto per fartelo sapere se ancora avessi qualche dubbio… Sei incantevole questa sera Isabella…”-
 
Avvampai di nuovo, con il cuore che batteva a mille e lo stomaco pieno di stupide e fastidiosissime…
 
No, non ci posso credere!
 
…farfalle.
 
Che ci facevano le farfalle nel mio stomaco?
 
Andate via inutili bestiacce! Ma non avete visto che avete completamente sbagliato persona? Lui è Edward brutte farfalline del piffero! Quello che vi ha distrutte quindici anni fa mandandovi in esilio perpetuo, quello che vi ha condannate al rogo senza possibilità di ritorno! Ma dico io, non vi siete presentate nemmeno la prima volta che ho visto Jacob nudo, e adesso invece mi invadete l’apparato digerente come vampiri affamati?
 
Oddio, stavo realmente avendo una conversazione mentale con quelle dannatissime cose, più comunemente chiamate farfalle, nel mio stomaco?
 
-“Adesso andiamo, prima di inscenare uno spettacolo maggiore rimanendo qui fermi invece di zoppicare dritti in sala”-
 
Così, rossa dalla vergogna e con la mente a fare a botte con quelle stupide sensazioni, seguii Edward, aggrappandomi a lui come mi aveva ordinato, cercando però di non darlo troppo a vedere. Ero sicura che l’indomani quello che si sarebbe presentato al lavoro con una qualche distorsione sarebbe stato lui con il suo braccio.
 
Entrammo nell’immenso salone, e fortunatamente nessuno fece troppo caso al mio poco elegante zampettare. Edward aveva scelto un tavolo molto appartato, che affacciava direttamente sulle spiagge di Long Beach, regalandoci una bellissima vista sul mare blu illuminato da una magnifica notte stellata.
 
Ero nervosa. Non riuscivo a stare dietro a tutti quei pensieri contrastanti che mi vorticavano in testa; da una parte, il mio cervello non smetteva un attimo di farmi rivivere le immagini dolorose di molti anni prima, ma dall’altra, il mio corpo urlava a gran voce che il Dio seduto sulla sedia difronte alla mia, non era più lo stesso di un tempo.
 
-“Permettimi di scegliere anche per te questa sera. Ho in mente un menù che sicuramente potrà piacerti. Nel caso così non fosse, ti prometto che la prossima volta, potrai vendicarti scegliendo qualcosa di altrettanto disgustoso anche per me.” - 
 
La prossima volta?
 
Mi sorrise di nuovo come se nulla fosse, con quel sorriso che mi resi conto essere lo stesso che mi aveva dedicato nelle indimenticabili mattinate di molti anni prima.
 
Annuii dandogli modo di ordinare la cena al posto mio.
 
-“Edward, perché siamo qui. Cioè voglio dire, non che questo non sia un posto incantevole, ma non riesco proprio a spiegarmi il motivo per cui tu abbia voluto portarmi ad ogni costo fuori a cena. Non dopo quello che è successo l’ultima volta che ci siamo visti.” –
 
Ok avevo sganciato la bomba.
Solo che dopo aver azzardato un’occhiatina all’espressione combattuta del suo viso, avrei tanto voluto tornare indietro per impedirmi di parlare.
 
Edward prese un profondo respiro, chiudendo per un attimo gli occhi come a voler infondersi quel coraggio che presumibilmente gli era venuto meno in quel momento.
 
-“D’accordo. Speravo di poter rimandare questa conversazione ancora per un po’ ma… Ok. Bella, io volevo chiederti scusa.”-
 
Oh… Davvero?
 
-“Volevo chiederti scusa perché il mio comportamento di tanti anni fa è stato imperdonabile.”-
 
Beh, almeno lo sta ammettendo...
 
-“Ero solo un ragazzino che si divertiva a fare innocui scherzetti con i suoi amici”-
 
Innocui scherzetti? Dio Santo, mi se mi aveva umiliata davanti a tutti!
 
-“Lo so che anche tu eri solo una bambina all’epoca e beh sì… Ecco… io vorrei solo che mi perdonassi. Dopo che ti ho riconosciuta questa mattina, ho pensato che forse era stato proprio il destino a farci rincontrare. E quale occasione migliore per chiarire una volta per tutte quanto accaduto tempo fa? Non voglio sentirmi ancora in colpa per qualcosa tanto stupida come-“-
 
Tanto stupida?!
 
-“Tanto stupida?”- Lo interruppi senza parole –“Edward, quello che mi hai fatto non è stato qualcosa di semplicemente stupido. Tu mi hai illusa, mi hai fatto credere di tenere a me quando invece era evidente non fosse così. Ok, io sarò stata anche sciocca a fidarmi di te, ma tu che avevi la bellezza di quasi quattro anni più di me, come hai potuto compiere un gesto simile? Lo sai come mi sono sentita io dopo che tu e i tuoi amici mi avevate umiliata in quel modo?”-
 
Lo vidi contrarre la mandibola e stringere le mani a pugno, ma io continuai sperando che quel senso di colpa, come lo aveva definito poco prima, lo schiacciasse procurandogli un poco di quel dolore che mi aveva inflitto tempo prima.
 
-“Hai la minima idea dell’inferno che mi avete fatto passare per non so quanti anni a seguire? Io mi sentivo sporca Edward. Mi sentivo sporca e inadeguata e patetica solo perché voi me lo avevate fatto credere” –
 
-“Io non avrei mai voluto tutto questo!”-
 
-“Ah no Edward? Beh, avresti dovuto pensarci prima di compiere gesti come quello.”-
 
-“Volevamo solo farti uno scherzo. Volevo solo fartela pagare perché tu volevi lasciarmi!”-
 
-“E perché non hai lasciato che lo facessi eh? Perché non mi hai permesso di andarmene? Potevi benissimo dire ai tuoi mici che eri stato proprio tu a mollarmi!”-
 
-“Perché io volevo stare veramente con te Isabella!”-
 
E a quella frase mi bloccai scioccata. Poi lentamente, il mio cervello registrò il significato di quelle parole, ed una risata amara fuoriuscì dalle mie labbra senza possibilità di fermarla.
 
-“Non ci trovo nulla di divertente in tutto questo”- Sbottò lui irritato, cambiando nervosamente posizione sulla sedia.
 
-“Oh io invece si Cullen. Perché tra tutte le possibili scuse che potevi propinarmi, hai scelto forse la più sbagliata.” –
 
-“Perché non puoi credermi invece? Non ricordi come stavamo bene insieme quando eravamo solo noi due? Ok lo ammetto, mi sono comportato da stronzo tutte le volte in cui ci ritrovavamo in compagnia dei miei amici, ma credevo avessi notato che io ero veramente me stesso solo quando stavo da solo con te.”-
 
-“Certo che avevo notato quanto tu fossi diverso, e avevo accettato di rimanere con te proprio solo per quei brevissimi minuti in cui non sembravi lo stronzo che invece eri realmente! E ti prego, adesso risparmiami queste cazzate perché non ho più dodici anni, e non ho più paura di prenderti a pedate nel sedere se necessario!”-
 
Oh santissimo Signore, ho davvero appena detto al mio capo che lo prenderei volentieri a calci sul fondoschiena?
 
Anche lui sembrò stupirsi un poco e nonostante l’acceso dibattito appena avvenuto, un piccolissimo sorriso increspò le sue labbra corrucciate.
 
-“L’ho sempre saputo che dentro di te si nascondeva una piccola guerriera Bella.”-
 
Sospirai rassegnata, stringendomi le tempie con le dita.
Era tutto così assurdo: lui che si scusava, lui che mi diceva che tempo prima voleva stare con me, lui che credeva fossi una piccola guerriera
 
-“Sai che c’è Cullen? Adesso io mi alzo, mi volto e me ne vado. Faremo come se questa cena non fosse mai avvenuta e tu tornerai ad essere solo ed esclusivamente il proprietario dell’azienda per cui lavoro. Va bene?”- Terminai la frase alzandomi con rabbia dalla sedia.
 
-“Aspetta! Ti prego non andartene. Credimi, le mie intenzioni per la serata erano ben lungi dal volerti offendere ancora.”- Si era alzato anche lui, e adesso mi tratteneva per un braccio, cercando di invogliarmi a rimanere.
 
-“Io non credo sia una buona idea Edward.”-
 
-“Per favore Isabella… Almeno rimani per la cena, abbiamo già ordinato. Poi se vorrai andartene sarai libera di farlo, te lo prometto.”-
 
Dio, resistere a quelle parole sussurrate era quanto di più difficile il mio corpo avesse mai dovuto affrontare, e così ubbidendo alla volontà di quello stesso corpo traditore, tornai a sedermi sapendo di aver appena firmato la mia condanna a morte.
 
Perché benché con la mente tentassi di affermare tutto il contrario, dentro di me avevo già capito che il suo corpo, i suoi occhi e la sua voce, mi avevano catturato ancora, e mi avrebbero distrutto più di quanto non avessero già fatto in passato.
 
-“Che hai fatto dopo?”-
 
-“Cosa?”- Gli chiesi flebilmente, rassegnandomi a quei pensieri funesti che mi ingombravano la mente.
 
-“Non ti ho più vista al Sant Gerard e mi chiedevo come avessi trascorso le vacanze successive”-
 
-“Oh… Beh… io sono rimasta a casa”-
 
-“Non sei più tornata al campo estivo per causa mia?”- Mi chiese realmente dispiaciuto.
 
Mi ritrovai ad annuire abbassando lo sguardo sulle mie mani.
 
-“Non abbassare la testa”- Lo sentii rimproverarmi deciso, ed i miei occhi si rialzarono, puntando immediatamente ai suoi. -“Non farlo mai. Te l’ho detto anche prima. Non c’è nulla di cui tu debba vergognarti o sentirti a disagio, semmai quello che dovrebbe farlo, sono io”-
 
Perché faceva così? Perché in alcuni momenti, sembrava quasi ci tenesse realmente a me?
 
-“Sei di Forks, giusto?”-
 
-“Si”- Sussurrai, stupita dal fatto che si ricordasse il nome del minuscolo paesino dal quale provenivo.
 
-“E ti sei trasferita qui per lavorare?”-
 
Iniziammo così una strana conversazione, dove Edward faceva domande, ed io rispondevo più o meno a monosillabi.
Nel frattempo le nostre portate arrivarono, e con mio sommo rammarico, dovetti ammettere che quanto ordinato da Edward fosse tutto estremamente delizioso.
 
-“Sei fidanzata?”-
 
-“No”- Risposi di getto pentendomene subito dopo. Che diavolo gliene fregava a lui se ero fidanzata oppure no?
 
-“Neanch’io”- Mi disse a sua volta sorridendomi, e costringendomi a puntare lo sguardo altrove per non arrossire per l’ennesima volta.
 
-“Ti è piaciuto?”-
 
-“Cosa?”-
 
-“La cena, dico, ti è piaciuta?”-
 
Annuii non potendo negare l’evidenza.
 
-“Bene. Perché adesso avrei un’ultima cortesia da chiederti.”-
 
-“Ancora?”-
 
-“Tranquilla, vorrei solo chiederti se mi permetteresti di scegliere per te anche il dolce.” - Edward rise per la mia espressione esasperata.
 
-“Ok d’accordo. Tanto fino ad ora è stato tutto squisito. Però ti avverto; per me il dolce è la parte più importante della cena, e se dovessi ordinare qualcosa che non mi piacerà, rovineresti tutto quanto”-
 
-“E se invece dovessi scegliere quello giusto? Mi concederesti un’altra uscita?”-
 
Sospirai affranta. Certo, dirgli di no in quel momento mi risultava estremamente difficile, ma era anche vero che ad inizio serata ero stata sul punto di abbandonarlo in quello stesso ristorante per le incomprensioni del passato.
 
-“Edward, mi avevi promesso che a fine serata mi avresti riportato a casa e che mi avresti lasciato in pace”-
 
-“Lo so. Ma non sono uno che si arrende facilmente Bella. E vorrei avere la possibilità di farti capire che sono diverso da come mi immagini. Vorrei che mi concedessi una chance per imparare a conoscerti di nuovo.”-
 
Oh…
 
-“Allora? Saresti disposta a concedermi questa possibilità, Bella?”-
 
-“I-io… Dovrei pensarci un attimo Edward.”-
 
Lui mi sorrise annuendo, e sperai vivamente che quell’atmosfera tesa si dissipasse il prima possibile.
 
-“Va bene. Hai dei dubbi e ne hai tutte le ragioni. Vorrà dire che per il momento, mi accontenterò della fiducia concessami nello sceglierti il dolce”-
 
Ed effettivamente, il dolce scelto da Edward era stato di gran lunga all’altezza delle aspettative.
Deliziosa mousse al cioccolato, abbellita con fettine sottili di fragole dolcissime e ricoperta da uno strato morbidissimo di panna bianca.
 
-“Tu non lo prendi?”- Gli chiesi nel momenti in cui mi accorsi che aveva fatto arrivare una sola porzione del buonissimo dessert che avevo tra le mani.
 
-“Io non mangio dolci.”-
 
-“Mai?”- Mi ritrovai a domandargli strabuzzando gli occhi.
 
-“No Isabella. Mi basta la mia dose quotidiana di caffè.”- Continuò lui, sorseggiando la bevanda dalla tazzina appena afferrata.
 
Certo, Caffè…
E chi poteva più dimenticarsi che quella era quasi sicuramente la sua bevanda preferita?
 
Feci spallucce, e lentamente portai alle labbra un cucchiaino di quel dolce fantastico, mugugnando di piacere non appena la mia lingua ne aveva saggiato il sapore delizioso.
 
-“Ti… ti piace?”- La voce roca di Edward, mi costrinse a distogliere lo sguardo dalla mousse al cioccolato per puntarlo sul suo viso.
 
Oddio, la sua espressione era… affamata.
 
Beh, se ne voleva un po’, doveva solo chiedere.
 
-“Vuoi… vuoi assaggiare?”- Gli proposi quindi, leggermente imbarazzata da quello sguardo insistente.
 
Edward si sporse verso di me, poggiando le sue mani sul tavolo, vicinissime alle mie.
 
-“Voglio solo portarti a casa Isabella“-
 
E come ogni volta, un fremito scosse le mie membra, evocando un’eccitazione impossibile da ignorare.
Così potente, calda e devastante come solo lei poteva essere.
Così totalizzante da farmi compiere gesti come quello di alzarmi, aggrapparmi a lui e risalire in macchina senza nemmeno accorgermene.
 
Impossibile ignorare quell’aria tesa e carica di aspettativa che ormai aleggiava greve sopra le nostre teste.
Impossibile non pensare che le sue ultime parole, alle quali io non avevo minimamente risposto, nascondessero in realtà un significato ben preciso.
 
Che cosa mi stava succedendo?
Fino al giorno prima, ero sicura che se mi avessero proposto di trascorrere una serata con l’Edward di un tempo, avrei finto la morte pur di non andarci.
Ma in quel momento, dopo tutte quelle parole, quei gesti, non ero più tanto sicura di quello che volevo o non volevo accadesse tra di noi.
 
-“Ti accompagno di sopra”-
 
No, no! Non accompagnarmi. Non farlo perché non sono ancora pronta ad affrontarti.
 
-“Ti verrà il colpo della strega…”- Mi ero limitata invece a dire, nel momento in cui Edward mi aveva ripreso nuovamente in braccio, per salire quei gradini che portavano alla porta di casa.
 
Non potei fare a meno di avvicinarmi un po’ di più al suo collo, annusando quel suo profumo intenso e meraviglioso, e facendo sì che la sua pelle si ricoprisse di mille ed eccitanti brividi.
 
-“Ce la fai ad aprire la porta di casa?”-
 
Avrei potuto rispondergli di mettermi giù.
Avrei potuto salutarlo e dirgli che da quel momento in poi, ce l’avrei fatta benissimo anche da sola.
Ma il mio corpo non poteva e non voleva assolutamente lasciarlo andare.
 
Girai le chiavi nella toppa, e quando Edward mosse i primi passi dentro casa, richiudendosi subito la porta alle spalle, il buio totale ci avvolse, segno che neanche Alice fosse in casa.
 
Eravamo soli.
Completamente soli e al buio di una stanza troppo piccola per contenere quel desiderio potente che sentivo montarmi dentro sempre di più.
Lentamente poggiai nuovamente i piedi a terra, ma le sue braccia che mi tenevano ancora strette contro il suo petto, mi impedirono di muovermi.
 
-“Guardami Isabella”-
 
Non potevo guardarlo. Non potevo perché ero certa che se lo avessi fatto, avrei ceduto senza indugi.
 
-“Dovresti… dovresti andare, Edward”-
 
-“Solo se è quello che vuoi veramente”-
 
Dio, ma perché non riuscivo ad intimargli di lasciarmi in pace?
 
-“Allora Bella… E’ quello che vuoi? Vuoi che me ne vada?”- Sussurrò suadente a  pochi, insignificanti centimetri dal mio viso.
 
Le sue mani intanto, avevano preso ad accarezzarmi i fianchi, risalendo pian piano sulle braccia scoperte fino a racchiudere il mio viso nei suoi palmi caldi.
 
-“Bella…”-
 
Con il pollice, liberò dolcemente il labbro inferiore che avevo preso a torturare con i denti, e bastò quel gesto a farmi incendiare completamente.
 
Gemetti di piacere incontrollato ed un istante dopo, la bocca di Edward fu sulla mia, esigente, dolce e passionale come non lo era mai stata. Nessuno dei baci che mi aveva dato una vita prima poteva essere anche solo lontanamente paragonabile a quello.
Perché con quel bacio, Edward sembrava volermi mangiare, prima lentamente, poi con foga, e poi di nuovo lentamente.
La sua lingua era calda, morbida, dal sapore unico di lui e di caffè che insieme risvegliavano i miei sensi facendomi perdere la ragione.
 
Mi aggrappai ai suoi capelli, così morbidi e setosi come non ricordavo.
 
-“Bella… Bella…”- Continuava a pronunciare il mio nome come se fosse in agonia, staccandosi dalle mie labbra solo per spostarsi sulla pelle sensibile del mio collo, leccando e mordicchiando con passione ogni lembo di carne che incontrava.
 
Dovevo assolutamente fermarlo.
Dovevo farlo o sarebbe stato troppo tardi.
Ma mandai a quel paese tutti i miei buoni propositi nel momento in cui sentii le sue mani scivolare pian piano al di sotto del mio vestito.
La sua pelle bruciava al contatto con le mie gambe, ed ero sicura che avrei riscontrato i segni di quelle ustioni anche nei giorni a venire.
 
-“Dimmi che indossi ancora le autoreggenti…”- Mi pregò soffocando un gemito vicino al mio orecchio.
 
Stavo quasi per rispondergli che sì, le indossavo eccome, quando all’improvviso, un boato assordante fece sobbalzare Edward, il quale per lo spavento si schiantò contro di me, facendomi avvertire un qualcosa di incredibilmente enorme all’altezza del bacino.
Io gemetti senza possibilità di trattenermi, e a quel suono, il boato se possibile crebbe di intensità.
 
-“Bella, è il tuo cane?”- Mi chiese Edward col fiato ancora spezzato.
 
Cane? Quale cane?
 
Solo in quel momento mi accorsi che quel boato non era alto che l’abbaiare inferocito del povero Rocky, il quale doveva aver inteso che i miei fossero gemiti di dolore, quando invece corrispondevano esattamente al contrario.
 
Riprendere il controllo sul mio corpo, fu molto più difficile del previsto, e solo numerosi e profondi respiri dopo, riuscii ad intervenire per fermare Rocky da un possibile assalto ad Edward.
 
-“Ehi fai il bravo cagnone, va tutto bene. Sto bene, vedi?”- Mi abbassai ad accarezzargli la testa pelosa, calmandolo immediatamente senza tuttavia fargli passare del tutto l’ostilità verso quello sconosciuto che Edward rappresentava per lui.
 
-“Torna a cuccia adesso, Edward è un mio amico, ok?”- Mi sentivo incredibilmente stupida a parlare con il cane di Alice quando a due passi dietro di me c’era invece lui.
Sentivo ancora su di me l’eccitante calore che il suo corpo ancora emanava, ed ero sicura che quel momento perfetto fosse però ormai andato.
Dovetti mentalmente ringraziare il mio amico peloso per aver interrotto una situazione alla quale io non sarei mai stata capace di mettere fine.
Ed era giusto così.
Lo sapevo io e speravo lo capisse anche Edward.
 
-“Non posso credere di essere stato interrotto da un cane.”- Mi disse proprio lui, stringendomi da dietro e tornando a depositare piccoli baci sul mio collo.
 
-“Forse è stato meglio così…”- Soffiai compiendo un incredibile sforzo fisico.
 
-“Che intendi dire?”- Continuò serio, terminando quella deliziosa tortura che erano i suoi baci sulla mia pelle.
 
-“Lo volevo io, e mi sembrava di aver capito lo volessi anche tu.”-
 
Ed era così, solo che io non volevo accettarlo.
Non potevo accettarlo.
 
-“Bella?”- Mi richiamò, voltandomi verso di lui.
 
-“Edward, è complicato…”-
 
-“Cosa c’è di tanto complicato?”- Mi chiese ancora sollevandomi, per l’ennesima volta in quella serata, il viso verso il suo.
 
-“Tu, io. Tutto questo!”- Esclamai mortificata. –“Tu sei il mio capo Edward e sei anche la persona che credevo di odiare di più al mondo fino a questa mattina. Ed io fino a qualche minuto fa, ti stavo baciando”-
 
-“E ti è dispiaciuto?”-
 
-“No! Ma non è questo il punto.”-
 
-“E qual è all’ora?”- Mi chiese ancora una volta esasperato.
 
-“E’ sbagliato Edward.”-
 
-“No che non lo è Bella”- Disse avvicinandosi di nuovo. -“Io non ti ho mai dimenticata e anche se non per gli stessi motivi, non lo hai fatto nemmeno tu. Permettimi di rimediare ai miei errori, ed io ti prometto che questa volta nessuno si intrometterà tra di noi.”-
 
E come resistere ad un uomo che ti parla e ti guarda negli occhi come se avesse veramente il cuore in mano? Edward aveva appena pronunciato quelle frasi che, nei miei desideri più nascosti, avrei tanto voluto sentirmi dire da lui. Ed in quel momento mi sentivo persa, persa per lui. Mi resi conto di voler provare a dargli quella seconda opportunità che mi aveva chiesto poco tempo prima, e mi fiondai tra le sue braccia, abbracciandolo stretta e perdendomi nel calore del suo corpo.
 
-“Ho voglia di baciarti ancora… Posso?”-
 
E devi chiedermelo?
 
Fui io a lanciarmi su di lui stavolta, riappropriandomi di quelle labbra morbide e carnose dalle quali sarei sicuramente diventata dipendente.
 
Edward mi prese in braccio, di nuovo, portandomi sul divano poco distante e facendomi accomodare a cavalcioni su di lui.
Mi sentii improvvisamente imbarazzata ed impacciata per il semplice motivo che non mi capitava di vivere una situazione del genere da non so quanto tempo, ed il fatto che Edward continuasse a simulare quei movimenti non proprio casti verso il mio bacino, aggravava ulteriormente la situazione facendomi agitare all’inverosimile.
 
-“Edward, aspetta… fermati”-
 
Con quella frase, mi accorsi che quasi sicuramente avrei dovuto arricchire ulteriormente il mio vocabolario, perché non era possibile che gli avessi rivolto le stesse parole che avevo pronunciato quella sera di molti anni prima.
Dovette accorgersene anche lui, perché mi guardò intensamente, prima di chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro.
 
-“D’accordo Bella. Non voglio forzarti a fare nulla”- Mi aveva risposto, accarezzando con dolcezza il mio viso e regalandomi un sorriso sincero.
 
-“Sarà meglio che vada ora”-
 
Di già?
 
Ero un controsenso vivente, lo ammetto, ma il fatto di pensare di non poterlo rivedere nei giorni a seguire mi rattristiva non poco.
 
Mi mossi cercando di scendere dalle sue ginocchia, e quando per sbaglio sfiorai lentamente con la gamba la poderosa erezione che deformava completamente i suoi pantaloni, lo vidi stringere la mascella e contrarre i muscoli.
 
-“Sei perfida…”-
 
-“Giuro che non l’ho fatto apposta”- Sussurrai imbarazzata più che mai.
 
Che poi, imbarazzata per cosa, visto che fino a qualche minuti prima ci stavamo strusciando come due pavoni in amore?
 
Edward rise di nuovo e si avvicinò per lasciarmi un veloce bacio sulle labbra.
 
-“Questo è il mio numero di telefono” – Mi disse porgendomi un bigliettino da visita ripescato nella tasca interna della sua giacca.
 
-“Chiamami domani per farmi sapere come va la caviglia”-
 
Oh… Solo per la caviglia?
 
Si sporse di nuovo per baciarmi, questa volta con più trasporto.
 
-“Magari se faccio in tempo, passo dopo il lavoro…”- Aggiunse, riprendendo a baciarmi con passione maggiore.
 
Io dopo quelle parole, ricambiai il bacio con molta più convinzione, e pensai che continuando di quel passo, non se ne sarebbe mai andato via.
 
-“Edward… Devi andare…”-
 
-“Solo due minuti…”-
 
E da due, i minuti divennero dieci.
 
-“Ok, ok. Ora vado…”-
 
-“Si…. Aah!”- Mi ritrovai a lanciare un urlo di piacere quando i suoi denti affondarono non troppo delicatamente nella carne tenera del mio collo.
 
-“Scusami, non ho resistito… Sei così… buona”-
 
Oddio, ma mi voleva vedere morta?
 
Guardai i suoi occhi languidi, le sue labbra gonfie dei nostri baci e desiderai trascinarlo in camera mia e legarlo a me per sempre.
 
Com’era possibile che avessi cambiato idea su di lui in così poco tempo?
Quand’è che avevo smesso di odiarlo, iniziando a provare questa incredibile attrazione?
 
-“Allora, vado?”- Mi chiese rimettendosi faticosamente in piedi e riassettandosi alla bene e meglio i vestiti.
 
-“Vai”- Gli risposi con le labbra, mentre con il cuore continuavo ad urlargli di rimanere.
 
-“Vado”- Disse infine, regalandomi un ultimo dolce bacio ed eclissandosi come un fulmine fuori dalla porta di casa.
 
Nel buio del salotto del mio appartamento, mi ritrovai a sorridere riflettendo su come nel giro di ventiquattro ore, la stessa situazione si fosse completamente ribaltata rispetto a quella mattina, quando gli avevo rivolto le medesime parole balbettando impacciatamente.
 
Mi spogliai con calma, riponendo con cura il suo bigliettino da visita sul comodino a fianco del mio letto.
Prima di addormentarmi, ripensai all’incubo avuto quello stesso pomeriggio, ripensai a tutte le mie paure e ai consigli di Alice.
Come veggente inoltre dovevo ammettere di fare veramente schifo, al contrario della mia migliore amica che invece avrei dovuto ringraziare non appena avuta l’occasione.
 
Chiusi gli occhi, rivivendo quegli ultimi eccitanti istanti in compagnia di Edward, e fu in quel momento che presi la mia decisione, addormentandomi felice e aspettando con ansia che arrivasse l’indomani.
 
 
 
 
 
Buongiorno Ragazze!
Il capitolo è un po’ lunghino, lo ammetto, ma spero comunque di non avervi annoiato troppo!
Allora, finalmente Edward e Bella si sono, come dire… chiariti.
Siete contente? Beh, spero di sì perché io adoro vederli insieme.
Forse alcune di voi staranno pensando che Bella abbia perdonato troppo velocemente il nostro Edward, ma come ho detto all’inizio, questa storia non avrà una trama troppo complicata ed inoltre non è che Bella lo abbia proprio perdonato. Diciamo che gli sta dando una seconda occasione, anche perché resistere al fascino del nostro imprenditore è praticamente impossibile…!
Se qualcuna di voi non è d’accordo con qualcosa, fatemelo sapere, così avrò modo di spiegare lo svolgersi della storia per come l’ho immaginata io.
Ringrazio tutte le ragazze che hanno ritagliato un piccolo spazio del loro tempo per farmi sapere ciò che pensano di questa ff, e ringrazio anche tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra le ricordate, seguite e quant’altro, facendomi capire che ci sono anche se non le sento!
Un abbraccio a tutti e alla prossima!
 

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Capitolo 6
*** Paure Infondate ***


Scusatemi, piccola nota prima di lasciarvi al capitolo: una di voi lettrici mi ha chiesto se la storia sarebbe tornata al suo rating originale, ovvero rosso, e volevo avvisare tutte voi che dal prossimo capitolo il rating si rialzerà di nuovo. Un saluto di nuovo a tutte, e buona lettura!!


CAPITOLO 6
 
Paure Infondate
 
 
 
-“Andiamo andiamo andiamo! Alice vuoi darti una mossa? Non arriveremo mai puntuali se continui a rallentare ogni qualvolta passiamo davanti ad una boutique di moda!”-
 
-“Oh andiamo Bella! Ma non capisci che i miei occhi hanno bisogno di questo? Il fatto che tu ti sia finalmente decisa ad utilizzare la passera, è la sola cosa che mi impedisce di fermare la macchina ed entrare in quel negozio laggiù dove ho appena visto l’abito perfetto per il mio matrimonio!”-
 
-“Ma se non sei neanche fidanzata!”-
 
-“E allora? Il mio futuro maritino potrebbe essere nascosto dietro l’angolo e decidere di sposarmi da un momento all’altro!”-
 
Sbuffai esasperata. Alice era proprio fuori di testa.
 
La notte prima, ripensando alle sensazioni incredibili che avevo provato in compagni di Edward, avevo deciso che mi sarei recata al lavoro nonostante la caviglia. Dopotutto dovendo svolgere le mansioni di segretaria, avrei dovuto principalmente restarmene seduta alla mia scrivania per la maggior parte del tempo, e quindi non mi sarei di certo affaticata.
 
Avevo svegliato Alice alle sette del mattino, chiedendole se gentilmente aveva voglia di aiutarmi ad attraversare la citta per andare a ripescare il preziosissimo caffè del mio affascinante capo allo Starbucks più vicino, e di accompagnarmi poi al lavoro prima che lui facesse il suo ingresso.
 
Per cui, dopo aver recuperato la ricercata bevanda ed esserci immesse nuovamente nell’esasperante traffico mattutino, stavo continuando ad imprecare verso quest’ultimo e verso un’impossibile Alice che rallentava di colpo ad ogni vetrina, per cui ogni tre secondi esatti, formando una coda allucinante alle nostre spalle.
 
Quando finalmente notai l’enorme edificio che ospitava la H & C, tirai un profondissimo sospiro di sollievo.
Erano le otto e cinquantacinque minuti, e fortunatamente avevo ancora un discreto lasso di tempo prima che il mio capo mettesse piede nel suo ufficio.
Non avevo la minima idea di come ci saremmo dovuti comportare una volta rivisti; il giorno prima avevo fatto tante di quelle storie chiedendogli di rispettare i confini che separavano lavoratore e datore di lavoro, mentre in quel momento invece, l’unica cosa che il mio cervello riusciva ad elaborare al pensiero di rivederlo, era di saltargli addosso e riappropriarmi di quelle labbra tremendamente invitanti.
 
-“Allora Bella, ricapitolando: cosa non devi fare appena lo rivedi?”-
 
-“Non balbettare, sbavare o fare cose che potrebbero rendermi ridicola”-
 
-“Molto bene. E cosa devi fare se lui ti chiede di uscire un’altra volta?”-
 
-“Accettare senza indugio alcuno”-
 
-“Perfetto. E come dovresti reagire nel caso in cui lui dovesse lanciarti segnali evidenti del fatto che vorrebbe venire a letto con te?”-
 
-“Alice, di questo non avevamo discusso prima!”-
 
-“E allora? Ne discutiamo adesso! Forza Bella, non è tanto complicato: cosa dovresti assolutamente fare se lui dovesse provarci nuovamente con te?”-
 
-“Rifiutare gentilmente la sua proposta posticipando il tutto in un orario in cui saremmo entrambi fuori dal lavoro?”-
 
-“NO!”- Sobbalzai spaventata, andando a sbattere la testa contro il finestrino dell’auto dove ancora eravamo rintanate.
 
-“Ahi!”- Piagnucolai dolorante massaggiandomi la capoccia. –“Alice ma sei impazzita? Che ti urli in quel modo?”-
 
-“Non è colpa mia se hai la dannata capacità di farmi perdere le staffe! Te lo chiedo ancora Bella: cos’è che devi fare se Cullen ti dimostra in modo evidente che vuole portarti a letto?”-
 
Io divenni tutta rossa, mentre immagini che di casto non avevano proprio niente, si susseguivano nella mia mente impedendomi di dare la risposta che Alice stava ancora aspettando.
 
-“BELLA!”-
 
Urlò ancora e di nuovo la mia testa si infranse contro quel dannato vetro e questa volta non riuscii a trattenere due minuscole lacrimucce che solcarono fuori dai miei occhi.
 
-“Alice, io ti odio!”-
 
-“No Bella, sono io che ti odierò per sempre se non riuscirai a fare niente di quello che ti ho appena detto due secondi fa! Tieni…”- Mi rimproverò arrabbiata, porgendomi un pacchetto di kleenex.
 
Io li afferrai ringraziandola, asciugandomi poi quelle minuscole lacrime che rischiavano di rovinare quel prezioso maquillage attraverso il quale Alice diceva di avermi restaurato la faccia.
 
-“Non è per le lacrime! E’ per la bava Bella.”-
 
-“Che?”-
 
-“Ti sei messa a sbavare dopo che ti ho chiesto cosa avresti fatto se Edward avesse avuto voglia di portarti a letto.”-
 
-“Ma che cavolo stai blaterando?!”- Esclamai infuriata, passandomi però ugualmente il fazzoletto sulle labbra.
 
Oddio, è vero…
 
Pensai con mio sommo rammarico.
 
Ma com’era possibile che il mio corpo reagisse sempre in quel dannatissimo modo ogni volta che mi ritrovavo a pensare a lui?
 
-“Allora Bella, ricordati: non balbettare, non inciampare, accetta di uscire con lui se dovesse chiedertelo, e scopatelo sulla scrivania se vedi che i suoi occhi si posano per più di due secondi esatti sulle tue tette. Ma soprattutto ti prego, ti scongiuro Bella, non metterti a sbavare con quella faccia da pesce lesso che avevi fino a poco fa.”-
 
Grugnii in risposta, scendendo da quella maledettissima auto una volta per tutte.
 
Mi fiondai all’interno della H & C con un diavolo per capello, cercando di saltellare il meno possibile onde evitare di sembrare un canguro che aveva smarrito la strada di casa.
 
-“Bella! Bella aspetta, hai dimenticato il c-“-
 
Ma nel momento in cui mi voltai per vedere cosa ancora avesse da dirmi la mia migliore amica, la vidi inciampare sul grandissimo tappeto persiano posto all’entrata della hall, ed urlare qualcosa come una terrificante imprecazione. Di tutta quella scena assurda però, l’unica cosa che i mie occhi furono in grado di individuare con precisione, era la tazza di caffè fumante che Alice aveva appena lanciato in aria manco fosse un bouquet di fiori da sposa.
 
Non era possibile che per la seconda volta nell’arco di due miseri giorni, tutti i miei piani stavano per essere rovinati a causa di una stramaledettissima tazzina ripiena di stupido caffè bollente, dolcificato con zucchero di canna, rimescolato una sola volta verso destra con un cucchiaino d’acciaio e per finire con l’aggiunta di tre quarti di punta di cucchiaio di panna montata già zuccherata.
Eh si, perché il nostro Mr.Cullen aveva delle pretese oscene anche per il caffè, e se non glielo portavi come desiderava lui, allora era quasi meglio non portarglielo affatto, o almeno era quello che mi aveva confessato Jessica quella stessa mattina, quando l’avevo chiamata per chiederle appunto quale tipo di caffè preferisse il nostro capo supremo.
 
Non so quali preghiere accolsero quei santissimi Santi del paradiso che stavo invocando in quel momento, ma come per incanto, un uomo-ragazzo-supereroe spuntò dal nulla proprio in quel preciso istante, riuscendo ad acchiappare al volo la tazza di caffè fumante, ed afferrando contemporaneamente una spaventatissima Alice che stava per stramazzare al suolo.
 
Mi avvicinai claudicando impacciatamente con quel piede maledetto, e raggiungendo quello che da quel momento in poi sarebbe stato sicuramente il mio più grande idolo, guardai esterrefatta la tazza miracolosamente illesa che conteneva il prezioso liquido marroncino. Solo in un secondo momento, mi accorsi che nessuno dei due (Alice ed il supereroe) si era accorto del mio arrivo, intenti com’erano a fissarsi inebetiti nelle palle degli occhi.
 
Tossicchiai giusto per ottenere la loro attenzione.
 
Tossicchiai un po’ più forte quando però i minuti passavano ed il loro ignorarmi continuava a non mutare.
 
A quel punto finalmente, gli occhi dell’eroe smisero di fissare insistentemente quelli della mia amica, e si portarono ancora annebbiati su di me.
 
-“Ti ringrazio infinitamente per aver salvato il mio caffè”- Gli dissi con estrema gratitudine. L’occhiataccia che mi rivolse Alice, mi costrinse tuttavia ad aggiungere la parte che avevo momentaneamente omesso.
 
-“E ti ringrazio anche per aver salvato la mia amica, ovviamente”-
 
-“Oh, è stato un vero piacere signorina…?”- Chiese il mio salvatore rivolgendosi direttamente alla nanetta al suo fianco.
 
-“Alice!”- Gli rispose subito esultante lei.
 
-“Mi chiamo Alice. Alice Brandon”-
 
-“E’ un vero piacere Alice. Il mio nome è Jasper Hale”-
 
O mio Dio, Alice! E adesso chi è che sta sbavando qui?
 
-“D’accordo, Jasper. Ehm … Io devo scappare di sopra perché sono già in tremendo ritardo, ma voi due fate pure con comodo tranquilli…”-
 
Ma ovviamente ai loro occhi io ero tornata ad essere inesistente.
Sicuramente quella stessa sera Alice me ne avrebbe raccontate di tutti i colori.
Sospirai alzando gli occhi al cielo e dirigendomi finalmente verso le porte dell’ascensore.
Mi rimanevano venti minuti scarsi per riuscire a: imbucarmi nell’ascensore, ignorare la stupida canzoncina portatrice di tic all’occhio, varcare la soglia del mi ufficio, depositare il caffè possibilmente senza inciampare, sulla scrivania di Edward, recuperare la posta per Mr.Cullen e collocarla nell’esatto punto indicatomi da Jessica il giorno prima.
 
Il tutto ovviamente saltellando con un piede.
 
Insomma, non era poi nulla di così complicato.
Potevo farcela.
Dovevo farcela.
 
Dieci minuti dopo aver atteso che l’ascensore scaricasse ad ogni dannatissimo piano di quella torre di Pisa un paio di impiegati per volta, approdai finalmente al mio tanto agognato piano.
 
Varcai immediatamente la porta dell’ufficio del capo, e rimasi un attimo stupita nel vedere che tutto era perfettamente in ordine e pulito. Perfino quei papiri di fogli che avevo imbrattato la mattina prima sembravano appena usciti dalla stampante, come se non fossero mai entrati in contatto con quel dannatissimo ed inutile liquido marrone.
 
La stanza non odorava più di caffè, e si poteva perfettamente riconoscere quel profumo irresistibile e potente derivante dall’essenza di Edward.
 
Chissà come avrebbe reagito al suo arrivo trovandomi li.
Sicuramente si sarebbe arrabbiato perché non ero rimasta a casa a riposare.
Oppure si sarebbe arrabbiato perché mi avrebbe trovato di nuovo tra i piedi, e mi avrebbe confessato quasi sicuramente che quanto successo il giorno prima per lui non aveva alcun significato.
 
Ingoiai un boccone amaro immaginando quella scena, ma poi fortunatamente ripensai a quanto mi aveva detto la sera precedente, e mi convinsi che non avrebbe mai potuto farmi nulla del genere.
 
Ritornai alla mia postazione con un fiatone degno di Usain Bolt,e recuperando la posta per il Dott.Cullen, andai poi a depositarla in perfetto ordine sulla sua scrivania.
 
A quel punto, potevo ritenermi segretamente soddisfatta; tutto sommato non era andata poi così male e se estromettiamo la parte in cui quel povero caffè stava rovesciandosi disastrosamente a terra per la seconda volta nel giro di due giorni, potevo certamente affermare di aver svolto un ottimo lavoro.
 
Ma quale ottimo lavoro? Hai solo portato una tazza di caffè al capo Bella!
Si, ma saltellando con un solo piede!
E capirai, manco avessi scoperto che la terra gira intorno al sole…
 
Scacciai via quella fastidiosissima vocina nella mia testa, e nel momento in cui mi apprestai ad uscire nuovamente dalla stanza, sentii la voce forte e chiara di Edward, segno evidente che avesse appena varcato l’ingresso. E gli sarei sicuramente andata incontro se non fosse stato che oltre alla sua di voce, ne udii una sicuramente femminile.
 
Così, appiattendomi per bene contro il muro al fianco della porta, mi sporsi quel tanto che bastava per osservarli di nascosto.
 
-“Lo giuro, non sò cosa darei per avere tra le mani l’artefice di quella coda assurda che si è venuta a creare questa mattina!”-
 
Oh mamma, vuoi vedere che parla di Alice?
 
-“Eddai Eddino, non capisco perché oggi sei così nervoso…Vuoi dirmi dove sei stato ieri sera? Sei stato così misterioso questa mattina…”-
 
Eddino??
 
-“Rosalie, mi spieghi perché mai dovrei raccontarti tutto ciò che faccio di ogni momento della mia giornata?”-
 
Questa Rosalie assunse  un cipiglio severo, come se ci fosse rimasta particolarmente male per la risposta alquanto seccata di Edward.
 
-“Come perché? Da quando in qua ci sono segreti tra di noi?”-
 
Noi?
 
-“Tesoro, non fare quella faccia triste. Lo sai che non ho segreti con te”-
 
Tesoro??!
 
-“Non potrei mai averne”- Concluse prima di coinvolgerla in un tenero abbraccio.
 
A quella scena, io mi ero pietrificata sul posto completamente attonita.
Ero sorpresa e scioccata, e sentivo una furia imponente montarmi dentro dovuta alla terribile sensazione di essere stata presa per i fondelli per la seconda volta dalla stessa persona.
Inoltre più guardavo quella biondona abbagliante, altissima, bellissima, vestita come una diva di Hollywood e con un seno che sarebbe sicuramente esploso da un momento all’altro, più mi rendevo conto di averla già vista.
La mia mente vagò e vagò alla ricerca di un qualche particolare che riuscisse a farmela ricordare, e solo quando i due si staccarono e si presero per mano, riuscii a ricollegare quel ricordo ad una parte ben precisa e maledetta della mia esistenza.
Era la stessa ragazza del Sant Gerard.
Quella che avevo trovato in compagni di Edward proprio il giorno successivo al terribile misfatto.
 
Ed in quel momento, capii che se mi fossi avvicinata a meno di due metri dal Sig.Stronzo-Bastardo-e senza cuore-Cullen, lo avrei sicuramente ucciso con le mie stesse piccole ma efficaci manine.
 
Sgusciai fuori dal mio nascondiglio, e cercando di darmi un certo contegno nonostante saltellassi come un coniglio zoppo, raggiunsi la mia scrivania salutando con freddezza i due piccioncini innamorati.
 
-“B-Bella?”-
 
Si sono io, sei sorpreso brutto stupido, arrogante e falso bast-
 
-“Che diavolo ci fai tu qui?”-
 
Cos’è, ho rovinato i tuoi loschi piani Cullen?
 
-“Mi chiamo Isabella” – Sottolineai con acidità –“E nel caso non lo ricordasse, io ci lavoro qui dentro, Mr Cullen”- Grugnii iniziando a premere dei tasti a caso sulla tastiera del computer collocato sulla mia scrivania. Fortunatamente era posto in modo tale che solo io potessi guardarne lo schermo, perché dalla rabbia che provavo in quel momento, mi ero resa conto solo in un secondo momento che fosse in realtà ancora spento.
 
Notai l’incupirsi del suo volto, e la sua espressione da sorpresa, mutò in una un po’ più scocciata.
 
-“Ti avevo detto di rimanere a casa. Nelle tue condizioni non puoi per-“-
 
-“Io sto benissimo Dott.Cullen e sono in grado di svolgere qualsiasi mansione mi assegnerà nel migliore dei modi” – Sbottai  forse un po’ troppo accaloratamente.
 
In tutto questo battibeccare, la biondona al fianco di Edward, cioè volevo dire Mr.Cullen, aveva continuato a guardarci quasi scioccata.
 
Chissà se anche lei come me, si era ricordata di chi in realtà fossi, ma poi pensai che non poteva averlo fatto dato che nel momento in cui tanti anni prima li avevo visti insieme, ero scappata via senza fare più ritorno.
 
-“Molto bene Isabella.”- Mi rispose freddo, freddissimo, sicuramente  un paio di gradi sotto lo zero.
 
-“Rosalie, tesoro, permettimi di farti conoscere la mia nuova segretaria, Isabella. E Isabella, concedimi di presentarti il diretto consigliere delegato della H & C, nonché mia cugina, Rosalie Hale.”-
 
Sua cugina?
 
Sua cugina?!
 
No, no. Aspettate un momento. Come poteva essere sua cugina la sua ragazza? Cioè, come poteva essere la sua ragazza sua cugina? La ragazza-cugina, la cugina-ragazza…
 
Oddio, non ci sto capendo più niente…
 
-“Molto piacere Isabella. Edward non mi aveva parlato di una nuova segretaria, ma sono molto felice di sapere che Victoria non lavori più per noi”- Esclamò la cugina-ragazza tutta sorridente stringendomi pure la mano.
 
-“Isabella starà qui soltanto per una settimana. Victoria è ammalata”-
 
-“Oh, davvero?”- Mi chiese lei dispiaciuta.
 
-“S-si, in realtà io sarei stata assunta per il reparto ricerca e sviluppo…”-
 
-“Ricerca e sviluppo?”- Esclamò sorpresa, lanciando una strana occhiata in direzione di Edward.
 
-“Ma come hai potuto permettere che mettessero qui un’impiegata di quel reparto a farti da segretaria?”-
 
Eh, è una cosa che continuo a chiedermi pure io…
 
-“Non sono stato io a scegliere!”- Le rispose Edward sulla difensiva.
 
-“Ok, ma chi è che comanda qui dentro?”-
 
-“Senti Rosalie, non ho la minima idea del perché mamma abbia adottato queste misure, ma non mi ha mai dato motivo per dubitare delle sue decisioni, per cui non lo farò nemmeno adesso.”-
 
Mamma? Ma quale mamma? E’ stata Esme ha spedirmi in questo ufficio, e quindi non vedo cosa possa centrare la mamma di Edward...
 
-“Sarà… Ma io avrei comunque chiesto spiegazioni.”-
 
-“Ok ok, chiederò a mamma il perché di questa decisione, contenta?”- Esclamò lui esasperato.
 
Rosalie fece spallucce, e giusto per chiudere il discorso, si avviò indisturbata verso l’ufficio di Edward.
 
-“Che fai, non vieni?”- Chiese poi al diretto interessato vedendo che non accennava a seguirla.
 
-“Arrivo fra un momento, prima devo dire due cose ad Isabella”-
 
Rosalie annuì, entrando nella stanza li a fianco e scomparendo completamente dalla nostra vista.
 
-“Cosa ci fai qui?!”-
 
-“Lei è tua cugina?”-
 
-“Cosa ci fai qui?”-
 
-“Ma cosa centra tua mamma in tutto questo?”-
 
-“Cosa ci fai qui?”-
 
-“E come mai quella faccia strana quando ha sentito che ero stata assunta per la sezione ricerca e sviluppo?”-
 
-“Cosa ci fai qui?”-
 
Oh Santo Cielo, ma è tutto matto?
 
-“Edward, ti si è forse rotto il disco?”-
 
-“Continuerò a farti la stessa domanda fino al momento in cui non ti deciderai a rispondermi Isabella”- Mi rispose livido in volto.
 
Ok ok, potevo farcela ad affrontare lui e la sua ira.
 
-“Come ti ho detto prima, sono qui per lavorare Edward”-
 
-“Mi sembrava chiaro il fatto che dovessi assolutamente riposare.”-
 
-“Ma tanto non farò altro che starmene seduta alla scrivania a rispondere alle chiamata e alle mail, e quindi non dovrò muovere poi molto la caviglia”- Sbuffai  esasperata e anche un pochettino delusa dal fatto che era palese non mi volesse tra i piedi.
 
-“Sei qui solo per questo? Solo per svolgere un lavoro per cui non sei nemmeno stata assunta?”-
 
-“A  casa mi sarei annoiata…”- ‘E non avrei potuto vedere te’ avrei voluto dirgli, ma dopo quello strano comportamento, non ero più tanto sicura fosse una cosa che avrebbe potuto fargli piacere.
 
La sua espressione mutò di nuovo, e quando parlò, sembrava si stesse trattenendo dall’urlarmi addosso.
 
-“Bella fammi un favore, tornatene a casa. Adesso!”-.
 
-“No, non me ne vado”-
 
-“Sono io che comando qui, e se ti dico di andare a casa, tu lo fai!”- Ringhiò facendosi più vicino.
 
Le gambe iniziarono a tremarmi e mi aggrappai con forza ai braccioli della sedia sulla quale ero seduta.
Se la sera precedente, dopo aver vissuto quei meravigliosi momenti insieme, mi avessero detto che presentandomi in ufficio quella mattina, Edward si sarebbe comportato in un modo tanto brusco, non avrei di certo mai deciso di mettere piede al lavoro solo per riuscire a fargli una sorpresa.  
Una sorpresa che mi rendevo conto, era stata del tutto non gradita.
 
-“Va bene, Dott.Cullen. Se è questo che vuole, me ne vado”- Sussurrai con voce fastidiosamente tremolante.
 
Ebbi solo un istante per vedere qualcosa smuoversi in quello sguardo glaciale, poi volsi lo sguardo sulle mie mani, sicura del fatto che se lo avessi guardato ancora, non sarei ma più riuscita a trattenere quelle lacrime amare che spingevano per venire fuori.
 
Mi alzai piano, afferrando la borsa poggiata sopra la cassettiera li a fianco.
 
-“Prima di andare, vorrei solo dirle che la posta si trova già sopra la sua scrivania, così come il suo caffè dello Starbucks”-
 
-“Caffè? Mi hai portato il caffè?”-
 
Non gli risposi, avviandomi però verso le porte dell’ascensore e trattenendo a stento quel dolore acuto derivante dal fatto che per evitare di saltellare e di apparire ulteriormente ridicola ai suoi occhi, stavo trascinando il piede infortunato a terra, causandomi delle fitte micidiali alla caviglia.
 
-“Bella aspetta”-
 
-“Lasciami stare!”- Gli dissi forse con troppa foga, scansando con un gesto brusco la mano con la quale mi stava trattenendo.
 
-“Sei arrabbiata?”- Esclamò sorpreso.
 
No, sono felice come una Pasqua, non vedi?
Dio, ma perché gli uomini devono essere tutti così fastidiosamente idioti?
 
-“Bella, non era mia intenzione farti arrabbiare. Io volevo solo-“-
 
-“Volevi cosa, Edward? Avresti preferito che restassi a casa per evitare di dirmi che ti sei pentito di quanto successo ieri sera?”-
 
-“No! Non è così, io non sono affatto pentito!”-
 
-“E allora perché, perché mi stai trattando come se ti avessi appena fatto chissà quale torto terribile?”-
 
-“Io non… Non volevo trattarti male”-
 
-“Beh, lo hai appena fatto invece”-
 
-“Mi dispiace. Non ero preparato a rivederti qui e mi avevi promesso che non avresti sforzato la caviglia ed invece sei venuta ed io…”- Sospirò a corto di parole, passandosi nervosamente la mano tra i capelli.
 
-“Edward, ho solo una caviglia slogata. Non ho subito nessuna operazione per la quale dovrei restarmene a riposo, sdraiata ad annoiarmi sul divano di casa.”-
 
-“Io non voglio che tu ti faccia ancora male. Soprattutto se per causa mia”- Mi disse spiazzandomi e guardandomi intensamente negli occhi.
 
-“Non credo succederà più Edward. Me lo hai promesso ieri ed io… io voglio crederti”- Gli dissi sincera, sperando che il suo interesse nei miei confronti non fosse svanito via dopo una notte soltanto.
 
-“Perché sei venuta qui, Bella”- Mi chiese ancora una volta, accarezzandomi dolcemente le braccia.
 
-“Perché volevo rivederti…”- Sussurrai rabbrividendo al contatto con la sua pelle.
 
-“E non potevi dirmelo subito?”-
 
-“Sarebbe cambiato qualcosa?”- Chiesi ancora tremante.
 
-“Sarebbe cambiato il fatto che non avrei perso metà di questo tempo prezioso a perdermi in chiacchere equivoche.”- 
 
-“E… E cosa avresti fatto allora?”- Balbettai a fatica, mentre le sue mani erano arrivate a stringere con delicatezza il mio viso.
 
-“Questo…”- Sussurrò infine lui, appoggiando le sue labbra sulle mie, gustandosi il sapore della mia bocca ed invadendo la mia del suo. Le mie mani si aggrapparono alle sue spalle, e approfondii il bacio andando a cercare la sua lingua morbida e liscia. Mugugnai di piacere a quel contatto, e quando mi alzai sulle punte per approfondire il bacio, dovetti però staccarmi all’improvviso, trattenendo un’imprecazione di dolore e rabbia dovuta al fatto che avevo appena poggiato a terra il piede sbagliato.
 
-“Bella, tutto bene?”- Mi chiese Edward allarmato, abbassandosi subito sulle ginocchia per controllare la mia caviglia.
 
-“Allora Edward, hai finito di-“- Ma le parole di Rosalie si bloccarono a metà, quando scorse il cugino accovacciato ai miei piedi con entrambi le mani sulla mia gamba.
 
Io che già dovevo avere una faccia sconvolta dopo il bacio appena ricevuto, divenni ancora più rossa, così rossa che sentii le guance andare a fuoco, dettagli che ero sicura non sarebbero passati inosservati.
 
Edward si rialzò, senza tuttavia allontanarsi dal mio corpo che sembrava avere le convulsioni talmente tremava forte di eccitazione e di imbarazzo.
 
-“Arrivo subito”- Rispose alla cugina, tornando poi a rivolgersi alla sottoscritta –“Allora cosa fai, rimani?”- Mi chiese dolcemente, scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
 
Quel gesto era stato talmente intimo ed inaspettato, che strabuzzai gli occhi, voltandomi poi verso Rosalie che dalla faccia allucinata, capii che ne fosse rimasta sconvolta tanto quanto me.
 
-“Isabella…”- Tornò a chiedermi Edward, e bastò quella parola a farmi stringere con forza le cosce e a far salire la temperatura della stanza di parecchi gradi sopra lo zero.
 
-“Ok…”- Cercai di dire arrancando e schiarendomi quindi subito la voce. –“Ok, rimango qui, Mr.Cullen”- Terminai guardandolo negli occhi e cogliendo sul suo viso un sorrisino tanto impertinente quanto sexy da morire.
 
Il tossicchiare di Rosalie lo costrinse ad allontanarsi da me, e regalandomi un ultimo sorriso, si eclissò nel suo ufficio con la cugina.
 
Mi toccai le labbra ancora stupefatta da quanto appena accaduto, e con la testa molto più leggera, tornai ad accomodarmi alla mia postazione, chiedendomi per quanto tempo ancora sarebbe rimasto occupato.
 
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Purtroppo per me, quel tempo sembrava non finire mai.
 
Era già trascorsa tutta la mattinata, e nel mentre erano sopraggiunte nel suo ufficio altre quattro persone di cui ignoravo completamente le generalità.
 
All’una in punto, capii che di certo non si sarebbe liberato per pranzo, ed io che invece stavo morendo di fame, decisi che ne avrei approfittato per andare a comprare qualcosa da mangiare sia per me, che per lui.
Il problema era che in quelle condizioni non sarei mai riuscita a  muovermi in tempo, e così chiamai in mio aiuto una Jessica più bendisposta che mai.
 
-“Oddio Bella, ma che ti è successo?”- Mi aveva chiesto nel momento in cui zoppicando ero uscita dall’ascensore.
 
Le raccontai per sommi capi quanto era accaduto il giorno prima, omettendo però tutta la parte personale mia e di Edward.
 
-“Non posso credere che Cullen ti abbia scortato fino al pronto soccorso.”- Esclamò sognante immaginandosi la scena. –“Cioè, che tu sia un’imbranata completa ormai è un fatto assodato, ma che lui sia stato così premuroso, non me lo sarei mai aspettata”-
 
-“Io non sono affatto imbranata, sono semplicemente scivolata!”- Grugnii infastidita cercando di darmi un certo contegno.
 
-“Sciocchezze!”- Sventolò la mano per aria come se stesse scacciando qualche bestia fastidiosa – “Ma dimmi un po’, è successo qualcos’altro mentre eravate insieme?” – Mi chiese con una faccia che era tutta un dire.
 
-“Ma cosa vuoi che sia successo Jessica? Mi ha accompagnato in ospedale e poi se ne è tornato al suo lavoro immagino.”- Mentii sperando che se la bevesse.
Tuttavia se a scuola durante il corso di teatro finivo sempre nel gruppo degli addetti al montaggio scenografie, una ragione doveva per forza esserci.
 
Infatti l’occhiata dubbiosa che mi rivolse lei, mi fece temere immediatamente il peggio.
 
-“Ma è così sexy Bella! Come hai potuto non approfittarne?”-
 
-“Ma approfittare di che?!”-
 
-“Beh, del fatto di averlo tutto per te! Se fossi stata al tuo posto gli avrei sicuramente proposto del buon sesso senza impegni!”-
 
-“Jessica!”- La ripresi, sentendo un fastidioso prurito alle dita delle mani.
 
-“Non mi dirai che non lo trovi altamente scopabile spero!”-
 
-“No che non lo trovo scopabile!”- Le urlai contro mordendomi la lingua. Ovviamente Edward era scopabilissimo, ma il pensiero che altre donne potessero bearsi delle sue carezze mi mandava in bestia.
 
-“Lo sai cosa si dice in giro?”-
 
Negai con la testa, aspettando di sentirmi dire qualcosa che sentivo non mi sarebbe piaciuto un gran che.
 
-“Voci di corridoio affermano che si sia portato a letto almeno il cinquanta percento della popolazione femminile all’interno della H & C con una fascia di età compresa tra i venti ed i quarant’anni, escluse le racchie, le donne in cinte e chissà per quale sfiga assurda, tutte le ragazze del reparto ricerca e sviluppo. Pare che nutra un reale rispetto per noi impiegati di quel settore, e così a noi povere fanciulle non sarà mai concesso il privilegio di godere del suo splendido corpo… La vita a volte è proprio ingiusta, non credi?”-
 
Io avevo smesso di ascoltarla già da un po’ di tempo, più precisamente dal momento in cui il mio cervello aveva fatto due stupidi calcoli, e aveva registrato che se quanto avesse appena affermato Jessica fosse stato vero, si sarebbe portato a letto circa ottocento ragazze, il che speravo fosse praticamente impossibile. Inoltre non sapevo se ritenere una magra consolazione il fatto che non avesse mai provato ad infilarsi nelle mutande delle impiegate della sezione ricerca e sviluppo; non mi considerava forse degna di appartenere a quel reparto? Forse ci aveva provato con me appunto perché mi reputava solo una semplice segretaria per cui non si sarebbe sentito in colpa se ci saremmo ritrovati a rotolare tra le lenzuola dello stesso letto.
 
-“Bella, ma mi stai ascoltando?”-
 
-“Cosa?”-
 
-“Dicevo, non credi sia ingiusto che Cullen ci slatti in questo modo?”-
 
-“Slattare che cosa, Jessica?! Per favore, io sono qui per comprami da mangiare perché sto morendo di fame, e tu continui a parlarmi di sesso, di scopate e di tutte queste cose porno che vorresti fare col nostro capo e che mi stanno facendo venire la nausea. Ti ho chiesto di accompagnarmi fuori perché con questa dannata caviglia imbalsamata non riesco a muovermi per mezzo metro senza sembrare un canguro in fuga, per cui ti prego, evitiamo di parlare di come sarebbe bello andare a letto con Cullen anche perché tra meno di un’ora dovrò tornare a lavorare a meno di cinque metri di distanza  da lui e non voglio assolutamente mettermi a ripensare alle cose che mi hai appena detto.”-
 
Avevo il fiato corto, e solo in quel momento mi resi conto di aver detto quelle cose tutte d’un fiato. Jessica aveva tutta l’aria di essere una bimba a cui è stato tolto il giocattolino preferito, ma d’altronde avevo preferito zittirla una volta per tutte invece di continuare a sentirla blaterale senza fine sulle possibili relazioni sessuali di Edward.
 
-“Ok, scusami, non era di certo mia intenzione farti arrabbiare…”-
 
E’ la seconda volta che sento questa frase oggi. Ma cos’è, si sono messi tutti d’accordo?
 
-“Non sono arrabbiata”- Sbuffai in risposta alla sua occhiataccia scettica.
 
-“Senti, è solo che immaginarmelo in atteggiamenti scabrosi è l’ultima cosa che vorrei fare dato che devo lavorarci in stretto contatto”.- Le dissi sperando di chiudere lì l’argomento.
 
Farle sapere che in realtà non volevo proseguire il discorso perché la mia mente era costantemente invasa da immagini non proprio caste di Edward e me avvinghiati sopra qualsiasi superficie possibile ed immaginabile, mi sembrava alquanto inopportuno.
Inoltre mi angustiava il fatto che non avessi la minima idea di quali fossero le reali intenzioni di Edward; sapevo stranamente di non essergli indifferente, ma da qui ad affermare in quale tipo di situazione ci trovavamo in quel momento, c’era una gran bella differenza.
Mi aveva detto di non essere fidanzato certo, ma avrebbe potuto benissimo intrattenersi in relazioni sessuali con altre ragazze di cui io ignoravo completamente l’esistenza.
Quel pensiero in particolare, mi aveva lasciato l’amaro in bocca, e promisi a me stessa che gli avrei chiesto qualcosina al riguardo non appena ne avrei avuta l’occasione.
 
-“Beh, effettivamente non hai tutti i torti. Potresti ritrovarti a sbavare davanti a lui senza nemmeno rendertene conto…”-
 
Ancora con questa storia?
Ma come devo dirvelo che non sono imparentata con un lama?!
 
-“Allora, dove ti porto? McDolald’s come al solito?”-
 
-“Veramente avevo pensato di portare qualcosa da mangiare anche al Dott.Cullen… Sai, giusto per non farlo morire di fame… Non è che per caso sai dirmi cosa è solito gradire per pranzo?” – Buttai li la frase, cercando di sembrare il più disinibita possibile.
 
Jessica mi guardò per un attimo confusa, ma poi annuì senza fare commenti.
D’altronde, una brava segretaria avrebbe tranquillamente portato il pranzo al suo capo, giusto?
Certo anche se fino al giorno prima quella stessa segretaria lo aveva definito infernale ed insopportabile, ma questi erano solo piccoli dettagli.
 
-“Come mai sai tutte queste cose sul capo?”-
 
-“Quali cose?”-
 
-“Beh, conosci praticamente tutti i suoi gusti in fatto di caffè, cucina… Non è che per caso fai parte di quella cerchia di ragazze con le quali è andato a letto?”- Le chiesi rosicando nel profondo.
 
-“Ma che dici? Magari Bella… Te l’ho appena detto che quelle del nostro reparto non le tocca neanche con un dito… E’ che sono amica di Victoria, la sua vera segretaria, e lei mi racconta praticamente tutto. E quando dico tutto, intendo proprio tutto…”-
 
-“Che vuoi dire?”-
 
-“Oh andiamo Bella, intendo la parte più scabrosa del suo lavoro…”-
 
-“Se la porta a letto?”-
 
-“Tu che dici?”-
 
-“Oh ma insomma Jessica, mi rispondi con tutte queste mezze frasi! Ci va a letto, si o no?”-
 
La risatina della mia collega mi fece innervosire ancora di più.
 
-“Per essere una a cui non importa nulla dei dettagli della vita piccante del suo capo, te la prendi anche troppo, sai?”-
 
Mi irrigidii a quelle parole, pensando che probabilmente avevo lasciato trapelare troppo le mie emozioni.
 
-“Stai tranquilla Bella, è normale prendersi una cotta per un uomo come lui.”-
 
-“Ma io non-“-
 
-“Si si ho capito. A te non piace Cullen.”- Ed il modo in cui lo disse, voleva significare tutto il contrario. –“Ora però fammi un favore. Aspettami qui, io vado ad ordinarti il pranzo per te e Cullen, va bene?”-
 
Annuii colta in fallo, e Jessica scese dall’auto avviandosi nel ristorante italiano li a fianco.
Possibile che fosse già così ovvio che in realtà Edward mi piacesse eccome?
Certo, non si poteva dire che non fosse un uomo bellissimo, e la prima volta che lo avevo visto ci ero quasi rimasta secca, ma da quanto lo avevo riconosciuto come l’Edward del Sant Gerard e dopo aver accettato di concedergli una seconda opportunità, ogni volta che lo guardavo sorridere mi tornavano in mente i pochi ma intensi momenti dolcissimi che avevamo condiviso tempo prima, ricordandomi aneddoti che credevo di aver totalmente rimosso dalla mia mente.
 
Jessica tornò quindici minuti dopo con in mano due sacchetti stracolmi di cibo ed una bottiglia di vino rosso che solo dal nome, pensai dovesse sicuramente costare un sacco di soldi.
 
-“Jessica, ma quanta roba hai preso?”-
 
-“Tranquilla, ho messo tutto sul conto dell’azienda!”-
 
-“Cosa!?”- Esclamai terrorizzata.
 
-“Ma sì, lo fa sempre anche Victoria quando va a prendere da mangiare per Cullen”.-
 
-“Beh, io non voglio fare quello che fa Victoria”-
 
-“Cioè? Andare a letto col capo?”-
 
-“Quindi ci va?”- Chiesi preoccupata, cadendo come una stupida nella sua trappola e facendola così ridere di gusto.
 
Io mi ammutolii per protesta, e trascorsi tutta la durata del viaggio di ritorno guardando fuori dal finestrino con le braccia incrociate al petto.
 
-“Eddai Bella, non te la prendere. E’ divertente prenderti in giro!”- Mi sorrise Jessica una volta entrati in ascensore.
 
-“Per favore, evitiamo di tornare sull’argomento o mi verrà di nuovo quel tic all’occhio.”-
 
-“Oddio, speriamo di no!”- Rispose orripilata, facendomi ridere a mia volta.
 
-“Ti ringrazio dell’aiuto Jessica. Non so come avrei fatto altrimenti”-
 
-“Figurati, è stato un piacere! E mi raccomando quando arrivi su, vedi di non rovesciargli addosso anche la bottiglia di vino!”-
 
Ma non feci in tempo ad inveirle contro che non appena le porte dell’ascensore si aprirono sul suo piano, sgusciò fuori come un razzo, lasciandomi con la mia bella rispostina sulla punta della lingua.
 
Sbuffai ancora indispettita, e guardando l’orologio mi resi conto che era trascorsa più di un’ora da quando avevo lasciato l’edificio.
Quando arrivai al quarantottesimo piano, notai che la porta dell’ufficio di Edward era aperta e che fortunatamente non vi era più nessuno al suo interno se non lui.
 
Bussai leggermente per farmi sentire e non appena mi vide, sul suo volto teso si dipinse un piccolo sorriso.
 
-“Dove sei stata?”-
 
-“A prendere da mangiare. Ho pensato che potevi aver fame e così…”-
 
-“Sei andata al ‘La bella vita’?”- Mi chiese ancora incolore, indicandomi i sacchetti che portavo in mano e che mostravano effettivamente il nome del ristorante dove avevamo preso tutto quel cibo.
 
Annuii non riuscendo a capire se quella domanda celasse un rimprovero oppure no.
 
Si alzò dalla sua poltrona venendomi in contro e togliendomi dalle mani tutti quei sacchetti pesanti.
 
-“Ci sei andata da sola?”- Questa volta il rimprovero era chiaramente udibile.
 
-“No. Mi ha accompagnato Jessica”-
 
-“Jessica? Jessica Stanly?”-
 
-“S-si…”- Risposi titubante dopo averlo sentito pronunciare il nome della mia amica con infinito disprezzo.
 
-“Lo sai che se ti trovi qui a farmi da segretaria è proprio per colpa sua?”-
 
-“Cosa? Che vuoi dire?”-
 
-“Ho parlato con Esme, che per rispondere alla tua domanda di stamattina è sì, mia madre, e mi ha confermato di non sapere nulla del fatto che tu fossi stata trasferita qui. Lei aveva affidato l’incaricato ad un’altra persona, che guarda caso risponde al nome di Jessica Stanly”-
 
-“Come? No, ci dev’essere un equivoco, lei mi aveva detto…”-
 
-“Ti ha mentito Bella. Sicuramente lo avrà fatto perché le faceva più comodo restarsene dov’era.”-
 
Oh.
Jessica mi aveva mentito.
Jessica mi aveva mentito ed io non sapevo a quel punto se esserne felice oppure no.
Era vero che così facendo aveva fatto si che io ed Edward ci rincontrassimo, ma era sempre vero che per la mia carriera lavorativa quello era stato un colpo basso.
Perché lo aveva fatto?
 
-“Ho aspettato che tornassi in ufficio per dirti che Jessica riceverà una lettera di richiamo e che tu potrai tornartene al reparto ricerca e sviluppo a partire da domani.”-
 
Perché, non mi vuoi più qui con te?
 
Era assurdo che quello fosse stato il primo pensiero che la mia mente malata aveva partorito subito dopo aver udito le sue parole. Dovevo essere contenta di venire rimandata al mio reparto, ma tuttavia non riuscivo a non pensare che la felicità di trascorrere a stretto contatto con lui quei successivi quattro giorni, era stata definitivamente spazzata via a causa di quell’episodio.
 
-“Sono sicura che lo ha fatto per un valido motivo, non c’è bisogno di mandarle alcunché”- Mi ritrovai a difendere la mia amica, la quale nonostante mi avesse giocato un brutto tiro, non potevo non ripensare al fatto che si fosse sempre dimostrata disponibile nei miei confronti e pensai quindi che se si era comportata in quel modo doveva esserci sicuramente una ragione importante.
 
-“Bella, ha disobbedito ad un ordine di un suo diretto superiore, ed ha deliberatamente spedito un’altra persona a fare il suo lavoro. Ci sono cose che non tollero nella mia azienda, ed una di queste è che non accetto che i miei dipendenti si prendano gioco di me o delle persone che ritengo importanti. Lei lo ha fatto Bella, ed è giusto che ne paghi le conseguenze”-
 
Era vero, non potevo di certo impedirgli di comportarsi come era giusto che fosse, ma tuttavia il fatto che lui non avesse perso tempo a rispedirmi nel mio settore, mi rattristava parecchio.
 
-“Cosa c’è Bella? Non era forse quello che volevi? Non desideravi tornartene nel posto per il quale sei stata assunta?”-
 
-“Si, certo che sono contenta Edward, come potrei non esserlo?”- Esclamai fintamente contenta, puntando lo sguardo ovunque tranne che nei suoi occhi.
 
-“Perché non sei felice allora?” – Mi chiese, avvicinandosi ulteriormente. –“E’ a causa mia?”- Soffiò a pochi centimetri dal mio viso. –“E’ perché non ci vedremo più qui al lavoro?”-
 
Annuii abbassando lo sguardo tremante. Mi odiavo per il fatto che ogni volta che mi stava così vicino, il mio corpo sembrava non essere più in grado di reagire.
 
-“Bella guardami”- Mi chiamò ancora, sorreggendomi il viso con le mani –“Il fatto che non potremo più lavorare nello stesso ufficio, non ci vieterà di vederci al di fuori di qui. Non ti ho dimenticata in tutti questi lunghissimi quindici anni, vuoi che lo faccia adesso che ti ho appena ritrovata?”-
 
Qualcosa vibrò dentro di me, facendomi scattare in avanti per permettere alla mia bocca di scontrarsi con la sua. Edward rispose subito al bacio, e mi ritrovai a divorare le sue labbra come un’assetata in mezzo al deserto. Non potevo credere che avesse pronunciato veramente quelle parole, come non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che tutto ciò che ci stava accadendo fosse reale.
 
Succhiò la mia lingua, morse le mie labbra mentre le sue mani ripercorrevano il profilo del mio corpo verso il basso, tracciando la curva del mio seno, stringendo la carne intorno ai miei fianchi e spingendo il mio bacino contro il suo.
 
Gemetti al contatto con il suo corpo perfetto, e le mie dita presero a vagare indisturbate sul suo petto, percependo la tonicità di quei muscoli possenti che avevo potuto solo ammirare la mattina precedente.
Disegnai i contorni dei suoi addominali, mentre la sua bocca assaliva il mio collo delicato, marchiandolo del suo passaggio.
 
-“Non voglio che tu ti faccia ancora male”- Compresi le parole di quella frase solo nel momento in cui le sue mani sollevarono completamente la gonna al ginocchio che indossavo, sollevandomi poi a cavalcioni su di lui che nel frattempo si era mosso avvicinandosi al tavolo più vicino.
 
Seduta in quella posizione, con lui in mezzo alle mie gambe a strusciarsi senza remore contro il mio bacino, sentivo che sarei giunta presto alla fine senza avere nemmeno iniziato veramente.
 
-“Sto correndo troppo? Se vuoi che mi fermi devi solo dirmelo…”- Immaginai lo sforzo che doveva aver compiuto nel pronunciare quelle parole, quando le sue mani che toccavano e stringevano mi stavano dimostrando tutto il contrario.
 
-“Edward…”- Lo chiamai in un sospiro strozzato
 
-“Dimmi Bella, dimmi cosa vuoi.”-
 
Ma la mia bocca non voleva emettere alcun suono diverso da quei gemiti sommessi che cercavo invano di trattenere.
Ero completamente soggiogata dalle sue labbra e dalle sue carezze.
Lo volevo, lo desideravo così tanto da non riuscire a rendermi conto che se non lo avessi fermato subito, avremmo finito col farlo proprio in quella stanza, sopra quel tavolo del suo ufficio con tanto di porta spalancata a pochi metri da noi.
E non era giusto farlo per la prima volta lì, così, in un modo un po’ rude, dopo aver discusso del tradimento di Jessica e con l’odore di cibo italiano ad invadere la stanza.
Dovevo ancora chiarire con lui alcune cose come quella di chiedergli se stesse frequentando altre ragazze.
E benché fosse ancora troppo presto per dirlo, non potevo accettare che altre donne toccassero la sue labbra, la sua pelle, il suo corpo, come stavo invece facendo io in quel momento.
 
Sussultai allontanandolo di scatto quando con le mani ad accarezzarmi le cosce, i suoi pollici avevano sfiorato il mio centro completamente bagnato e pronto per lui.
Edward fu sorpreso del mio gesto tanto quanto me, e nel momento in cui incrociai il suo sguardo confuso ed eccitato, scesi immediatamente da quel tavolo voltandogli le spalle.
Respiravo a fatica, con il cuore che martellava furioso nel petto e con ancora addosso la sensazione delle sue mani sulla mia pelle.
Abbassai tremante la gonna che ancora era attorcigliata intorno alla mia vita, accorgendomi solo in quel momento che anche gli altri miei indumenti erano stati spostati quel tanto che bastava per toccare la mia pelle.
Chiusi gli occhi non riuscendo a capire quale sensazione prevalesse dentro di me in quel momento.
 
Percepii il calore del suo corpo ancor prima che mi imprigionasse di nuovo posando le sua mani sul tavolo ai lati della mia figura.
 
-“Calmati Bella… Va tutto bene…”- Sussurrò al mio orecchio dolcemente.
 
Sentivo ancora la sua erezione premere contro le mie natiche, e capii che no, non poteva andare tutto bene.
Io non ero pronta. Non ero pronta ad andare a letto col lui nonostante l’incredibile eccitazione che tutto il suo essere accendeva sul mio corpo.
Lui era bellissimo. Era perfetto. Era un Dio mandato sulla terra per tentarmi e punirmi.
Io invece ero goffa, impacciata, cicciottella e pure nana.
Come poteva anche solo lontanamente eccitarsi uno come lui alla vista di una come me?
 
-“Ho fatto qualcosa di sbagliato? Dimmelo, per favore…”-
 
Scossi la testa in modo negativo e solo in quel momento mi decisi a riaprire quegli occhi che avevo inconsapevolmente chiuso poco prima.
 
-“Possiamo aspettare Bella. Io non ho fretta”-
 
E aspetterai all’infinito Edward? Perché temo che non sarò mai pronta per uno come te…
 
-“Bella?”- Mi chiamò notando che non accennavo a rispondergli.
Mi voltò delicatamente verso di lui e non appena incrociai di nuovo quello sguardo ancora affamato non potei che eccitarmi di nuovo.
La mia testa non era forse ancora pronta, ma il mio corpo lo desiderava eccome.
 
Dovevo uscire da quella situazione, o ero sicura che ci saremmo ritrovati nuovamente avvinghiati come due polipi e a quel punto sarebbe stato da stupide cercare di interromperlo per l’ennesima volta.
 
-“Dovremmo mangiare o il pranzo si fredderà…”-
 
-“Il pranzo? Bella, che vuoi che me ne importi del pranzo? Io voglio parlare con te”-
 
Oh beh, io mica tanto…
 
-“Di cosa vuoi parlare?”-
 
-“Del fatto che stavamo per farlo e tu…”-
 
Ed io cosa Edward? Avanti, dillo che sono frigida e che non vuoi vedermi mai più
 
-“Bella io ti piaccio?”-
 
Cosa? Ma che discorsi sono?
 
-“Bella allora?”-
 
-“E come potrebbe essere altrimenti dato che sei…”- Mi ritrovai a gesticolare nervosamente, mentre il mio cervello continuava a pensare a quanto fosse
 
Bellissimo, stupendo, perfetto, unico…
 
Fortunatamente però, mi bloccai in tempo.
 
-“Anche tu mi piaci”-
 
Ecco, questo lo trovo assurdo
 
-“E mi piaci tanto anche”-
 
Sempre più assurdo
 
-“E vorrei sentirti dire che il motivo per cui ti sei fermata poco fa, sia dovuto solo al fatto che non ci vediamo da tanto tempo e che tutto sommato dobbiamo ancora riscoprirci”-
 
No Edward, non avvicinarti di nuovo!
 
-“E’ così Bella? E’ perché ancora non mi conosci bene?”-
 
Perché ogni volta che mi sfiori, la mia pelle sembra bruciare al contatto con la tua?
 
-“Sei bella”-
 
Cosa?
 
-“Dì, te lo ha mai detto nessuno quanto sei bella?”-
 
Oh Edward, ma perché mi fai questo?
 
-“Hai degli occhi stupendi, così espressivi e profondi. Potrei annegarci in quelle pozze color cioccolato, lo sai? E poi la tua pelle è così chiara e liscia e profumata… Hai un sapore delizioso e non mi stancherei mai di assaggiarti…”-
 
E lo fece davvero.
 
Assaggiarmi intendo.
 
Perché le sue labbra erano scese ancora sul mio collo, assaporando dolcemente la carne esposta.
 
-“E sei così… Morbida Bella…”-
 
Mi irrigidii a quelle parole malgrado non lo volessi. Non volevo fargli capire che il vero problema, oltre al fatto di averlo rincontrato da poco, era che pensassi di essere troppo in carne per uno come lui.
 
-“E’ questo il problema? Prima ti sei fermata per… questo?”- Mi chiese ancora, strizzando i miei fianchi tra le dita.
 
Lo scansai duramente rossa di vergogna.
Che cosa voleva dimostrare? Quanto fossi inappropriata per potergli stare accanto?
 
Lo vidi tornare alla carica con uno sguardo carico di significato, quando lo squillare prepotente del suo cellulare interruppe fortunatamente quella situazione assurda.
 
-“Pronto?”- Rispose spazientito accettando la chiamata.
Io ne approfittai per avvicinarmi all’uscio del suo ufficio pronta a dileguarmi.
 
-“E’ così urgente?” – Chiese di nuovo sbuffando sonoramente e facendomi segno di aspettare un attimo. –“Dammi solo un minuto”- E spostò la cornetta dall’orecchio per poi tornare a rivolgersi a me. –“La conversazione non è conclusa Isabella. Ti chiamo più tardi ed esigo delle risposte che tu lo voglia o no.”-
 
Deglutii arretrando di qualche passo, e solo quando tornò a parlare con l’interlocutore al telefono, mi permisi di fuggire via da lui, dalle sue minacce, e da quegli occhi che sembravano non voler fare altro che divorarmi viva.
 
 
 
 
Buongiorno a tutte!
Come state?
Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo. Spero di non avervi annoiato troppo con la prima parte, ma era obbligatorio scriverla per risolvere alcuni misteri.
Allora, in questo capitolo succedono due o tre cosucce:
- la prima, è che finalmente scopriamo che la bionda con la quale la nostra Bella aveva scoperto Edward molti anni prima, non era altro che sua cugina Rosalie. Il motivo per cui i due all’epoca stavano passeggiando mano nella mano, lo scopriremo più avanti!
- la seconda è che abbiamo appurato che Jessica aveva girato a Bella l’incarico di andare a ricoprire il ruolo di segretaria nell’ufficio del capo, all’insaputa di tutti. Nel prossimo capitolo vedremo come le due si chiariranno.
- la terza è che si, Esme è la mamma di Edward anche se non portano lo stesso cognome. Nel corso della storia scopriremo il perchè!
Poi che altro dire, la nostra Bella si vergogna e fa malissimo.
Come tutte le donne che magari hanno pochi chiletti in più, pensa di essere tipo una balena, ignorando il fatto che invece a Edward piace tanto proprio anche per queste sue forme generose.
Che dite, riuscirà il nostro Edward a farle cambiare idea?
 
Piccola curiosità: la sezione ricerca e sviluppo, l’ho rubata ai film di Batman, che io trovo magnifici!
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi metto subito al lavoro per scrivere quello nuovo!
Un abbraccio ed un saluto a tutte voi!
A presto!
 
Q

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Capitolo 7
*** Quando l'amore viene, il campanello suonerà... ***


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Finalmente sono riuscita ad aggiungere questa magnifica immagine creata da Elenri! Che ne dite, non sembra anche a voi perfetta x questa ff??
Ti ringrazio ancora Teresa!!!!



Buon pomeriggio ragazze! Una sola precisazione prima di lasciarvi alla lettura: il rating è ancora arancione anche se in questo capitolo c’è una scena di sesso. Non è spinta per cui credo non possa causare danni di nessun genere. Se comunque dovesse infastidire qualcuno, vi prego di dirmelo.
Ci vediamo sotto e buona lettura!



CAPITOLO 7

Quando l’amore viene il campanello suonerà…


-“Ahi! Ahi! Ahi!”-

-“Oh santo Cielo, Bella! La vuoi piantare di urlare al dolore ogni qualvolta poggi il piede a terra per salire un piccolo gradino di questa scaletta?”-

-“Non è colpa mia se mi fa un male cane!”-

-“Oh sì che è colpa tua! Non saremmo qui a discutere di quanto tu sia ridicola in questo momento, se avessi chiesto ad Edward di riaccompagnarti a casa invece di comportarti da perfetta cacasotto!”-

-“Uffa Alice, e che avrei dovuto fare secondo te? Interromperlo nel bel mezzo della riunione e chiedergli di riportarmi all’ovile dopo tutto quello che era successo qualche ora prima?”-

Fortunatamente non avevo più avuto modo di parlare con Edward dopo l’ennesimo catastrofico episodio dovuto alla mia costante e malsana insicurezza . Nel pomeriggio lui era stato presissimo con il suo lavoro, ed io a fine giornata ne avevo approfittato per sgattaiolare via senza dare troppo nell’occhio.

Ero sicura che dopo il mio comportamento di quella giornata, nel caso in cui Edward avesse avuto ancora voglia di rivedermi, mi avrebbe fatto una di quelle ramanzine indimenticabili.

-“Certo che avresti dovuto! O ancora meglio, avresti dovuto evitare che le tue pippe mentali arrivassero a rompere le balle proprio in un momento come quello!”-

-“Senti Alice, sai meglio di me che purtroppo sono fatta così, e comunque ti prego, non ne voglio più parlare per i prossimi… duemila anni!”- Mi ero già mandata a quel paese da sola non so quante volte nel giro di poche ore, e l’ultima cosa che volevo era continuare a rivangare sull’accaduto.

Sbuffai aprendo finalmente la porta di casa, e l’attimo dopo Rocky ci assalì tutto allegro e pimpante continuando a scodinzolare ed abbaiare felice come una Pasqua.

-“Rocky, sta buono o mi farai cascare come un sacco di patate!”-

-“Beh, non è che adesso tu ti discosti molto dall’esserlo effetivamente…”-

-“Alice!”- Grugnii guardandola più torva che mai, e solo in quel momento mi accorsi della presenza di strani pezzetti di non so quale materia sparsi sul pavimento.

-“Ma che roba è?”-

Nell’istante in cui mi chinai per raccogliere uno pezzo di quello che sembrava semplice stoffa, mi resi conto davvero di cosa si trattasse.

-“Rocky! Come hai potuto ingurgitare le mie ballerine di seta blu preferite!? Io ti strozzo brutto cagnaccio che non sei altro!”- Urlai furiosa iniziando a sputare fumo dalle orecchie.

-“Bella! Lascia stare il mio cucciolone, lui non ha nessuna colpa!”-

-“Nessuna colpa? E allora spiegami chi è che qui dentro si mette a rosicchiare tutte le mie scarpe preferite!”-

-“Preferite? Rocky ti rovina solo quelle che fanno veramente pietà e anzi, dovresti ringraziarlo perché così facendo ci da l’opportunità di andare a fare un po’ di sano Shopping!”-

-“Ma quale shopping Alice!”- Piagnucolai abbattuta, raccattando quel che rimaneva del mio ennesimo paio di scarpette innocenti. Di questo passo entro breve sarei dovuta andare in giro a piedi scalzi…

-“Eddai Bella, questo weekend ti porto a fare spese e ti prometto che ti comprerò tutte le scarpe che vuoi, d’accordo?”-

-“Alice, l’unica cosa che vorrei in questo momento, è riuscire ad immergermi in un rilassantissimo bagno bollente e profumato”-

-“Perfetto! Facciamo così, io ti preparo la vasca, e poi mentre ti insapono i capelli, ti racconto di colui che in meno di sei mesi diventerà mio marito, d’accordo?”-

-“Ma di chi parli, del supereroe?”-

-“Quale supereroe? Io sto parlando di Jasper!”-

-“E beh? Sono la stessa persona!”-

-“Oddio Bella, a volte proprio non ti capisco quando parli, sai? Comunque, io adesso vado a prepararti il bagno, tu vedi di spogliarti e di non combinare altri disastri, ok?”-

Disastri?
Ma quali disastri?

Un secondo dopo Alice era già sparita, lasciandomi in compagnia di un Rocky che notando la mia faccia spazientita ed infervorita, sembrava più terrorizzato che mai.


----------------------

-“Cioè, fammi capire, tu lo consideri un supereroe solo perché è riuscito a salvare una stupida tazza di caffè?”-

-“LA tazza di caffè, Alice. Ricordati che se il mio capo non trova ogni mattina sulla sua scrivania quella preziosa bevanda, va su tutte le furie”-

-“Io credo che se invece ci trovasse te sulla scrivania, nelle furie ci andresti tu perché non riusciresti a fermare i suoi bollenti spiriti…”-

-“Tu vivi su un altro pianeta, Alice”-

-“No Bella, quella sei tu, e te ne accorgerai molto presto”-

Sbuffai, accorgendomi che ancora una volta l’argomento si stava spostando su di me.

-“Allora, stavamo parlando di questo Jasper mi pare”-

-“Oh sì! Dunque, si chiama Jasper Hale e “-

-“Hale? Anche la cugina di Edward porta lo stesso cognome”-

-“Ma chi, quella che per due volte hai scambiato per l’amante del tuo bel capo?”-

-“Si proprio lei, e comunque non c’è bisogno di sottolineare ogni volta i dettagli più scomodi della mia vita…”-

-“Ce n’è bisogno invece se continui a non capire che non affrontando subito proprio le situazioni più scomode, rischi di immaginarti le cose più sbagliate di questo mondo!”-

Ma perché Alice doveva sempre avere ragione?

-“Ok, d’accordo, ho capito! Ma adesso vuoi gentilmente raccontarmi di Jasperino? Ahi!”-

Protestai dal dolore nel momento in cui Alice prese a tirarmi alcune ciocche di capelli.

-“Non chiamarlo Jasperino! E poi lo stavo già facendo, sei tu che mi hai interrotto! E adesso stai zitta e fammi parlare. Dunque, stavo dicendo che Jasper è il ragazzo più dolce e sensibile del mondo!”-

-“Ma se non lo conosci neanche!”-

-“Lo vedi che mi interrompi sempre?! E comunque l’ho capito dai suoi occhi tutte queste cose! Sono così espressivi e dolci che mi hanno stregato subito! E poi… Mi ha proposto di uscire domani sera!”-

-“E avrai accettato spero”-

-“Certo che sì! Non sono mica scema come te…”-

-“Ma quanto sei carina Alice… E comunque sappi che dopo l’impresa eroica di questa mattina, hai tutta la mia benedizione per uscire con lui!”-

-“Vedo che anche tu come carinerie non sei da meno…”-

-“Lo so, e pensa che non ti rendi nemmeno conto di quanto sei fortunata ad avermi qui con te!”-

-“Oh, ma allora vuoi proprio la guerra, eh?”-

E non mi diede nemmeno il tempo di replicare che iniziammo una battaglia di acqua e sapone all’ultimo sangue.

---------------------

-“Bella, vuoi smetterla di guardare il telefono ogni dieci secondi esatti?”-

-“Non lo sto guardando! Sto solo… Verificando che non ci siano graffietti sullo schermo, ecco…”-

Alice sbuffò, tornando a puntare nuovamente gli occhi sulla TV.

Erano già passate quattro lunghissime ore da quando avevo lasciato la H & C, e di Edward ancora nessuna traccia.
Possibile che il mio comportamento di quella mattina gli avesse fatto cambiare idea su di me? Di certo non avrebbe avuto tutti i torti nel caso avesse deciso di lasciarmi perdere, ma dalle parole che mi aveva rivolto la sera prima, mi sarei aspettata un po’ più di insistenza da parte sua…

-“Sai… Oggi Jessica mi ha detto una cosa…”- Confidai alla mia migliore amica, mentre affondavo il cucchiaino nella vaschetta di gelato alla nutella che tenevamo poggiata sul divano in mezzo a noi.

-“Jessica chi? La stronza?”-

-“Sono sicura che non sia una stronza Alice, e domani cercherò di capire il perché si sia comportata in questo modo… Comunque, dicevo che mi ha confidato delle cose che riguardano Edward…”-

-“Davvero? E cosa ti ha raccontato?”-

-“Mi ha detto che il nostro capo… Beh pare che si sia portato a letto praticamente la metà delle ragazze che lavorano per lui…”-

-“Oh….”-

-“Già…”-

-“E tu le credi?”-

-“Non so cosa credere... Da una parte non vorrei farlo, ma dall’altra capisco che ancora non lo conosco affatto, perciò tutto è possibile…”-

-“Temi di essere solo una scopata per lui?”-

-“Temo un sacco di cose, Alice. Ho paura di quello che hai appena detto tu, ho paura di quello che proverei se dovessi andarci a letto, e ho paura di… di non essere alla sua altezza, capisci? E se non dovessi piacergli? Lui è così… E’ un Dio, Alice, mentre io… mentre io…”-

-“Mentre tu ti fai un sacco di pippe mentali Bella. Ma la vuoi piantare di pensare alle cose più sbagliate di questo mondo? Tu hai bisogno di qualcuno che ti faccia capire quante qualità in realtà possiedi, e maledico ogni giorno quel gran cazzone di Jacob per non aver fatto altro che aumentare le tue insicurezze”-

Sospirai annuendo e affondando il cucchiaio ancora più a fondo nella vaschetta. La dose di gelato che riuscii a recuperare con quella mossa, sarebbe bastata a riempire l’intera ciotola di cibo di Rocky.

-“Ho un’idea!”- Balzò in piedi Alice, dandomi una manata al braccio con il quale tenevo il cucchiaio di gelato, il quale andò inesorabilmente a spiaccicarsi in mezzo alle mie cosce scoperte.

-“Porca di quella vacca lurida, è ghiacciato!!”- Imprecai a destra e a manca cercando di ripulirmi in qualche modo.

Maledetta me e la mia ingordigia…

-“Alice, ma vuoi stare più attenta?!”- Le urlai contro, notando che nel frattempo se la stava ridendo sotto i baffi.

-“Non dare la colpa a me, sei tu che hai raccattato il contenuto di metà vaschetta di gelato in una sola volta! E comunque zitta e ascolta, hai mai fatto delle ricerche?”-

-“Che ricerche?”-

-“Ricerche su internet”-

-“Beh, certo che le ho fatte”-

-“E allora?”-

-“E allora che Alice?!”-

-“Uffi… Che hai trovato?”-

-“Ma che ne so, all’epoca avevo fatto ricerche per la tesi sulla Misoginia greca e la figura della donna nel periodo ellenistico Gre-”

-“Ma chi se ne frega della tua tesi Bella!”- Sbuffò oltraggiata, interrompendomi e andando a recuperare il suo portatile posto nell’altra stanza.

-“Io parlavo di Edward. Hai mai fatto ricerche su Edward Cullen?”- Mi disse infine spazientita, piazzandomi il computer tra le gambe.

-“Oh…”-

-“Bella, ci sono dei momenti in cui mi chiedo come tu abbia fatto a laurearti a pieni voti in un’università come quella di Harvard… Adesso muovi quelle belle manine e digita il suo nome su quel benedettissimo motore di ricerca”-.

Eseguii i suoi ordini senza fiatare, completamente terrorizzata dal fumo che giuravo di aver visto uscire dalle sue orecchie da elfa.

Nel momento in cui lo schermo si riempì di immagini dell’oggetto delle nostre ricerca, per poco non rischiai di finire sdraiata per terra.
Lui era così… Così sexy, e naturale, e affascinante, e bellissimo e non so quante altre cose magnifiche che se non fosse stato per Alice che mi spronava continuamente a girare le pagine di internet, sarei rimasta ore ed ore incantata a fissarlo.

-“Quella donna è carina… Però non è un po’ troppo anzianella per lui ?”-

-“E’ sua madre, Alice”-

-“Oh, allora vediamo… Ecco, quella lì sì che è bella…”-

-“Quella invece è sua cugina Rosalie”-

-“Vuoi dire che questa potrebbe essere la mia futura cognatina? Oh che gioia sapere che ha buon gusto in fatto di moda!”-

-“Alice, per favore, concentrati su quello che stiamo facendo…”-

-“Si, hai ragione. Gira ancora pagina”-

E girai le pagine così tante altre volte che alla fine ne persi il conto.

-“Qui le cose sono due. O il nostro scapolo d’oro paga così profumatamente la stampa, i giornalisti ed i paparazzi da evitare che venga immortalato con qualche bella donna, oppure il nostro Edward non è affatto come lo descrivono i suoi dipendenti…”-

Quello che Alice aveva appena detto era vero. Le uniche foto che lo ritraevano in compagnia di qualche ragazza, erano quelle con la madre, la cugina o qualche altro parente, e quel dettaglio mi fece molto più piacere di quanto volessi ammettere.

-“BELLA!”-

-“Dio Alice, ma perché devi sempre urlare quando ti rivolgi a me?!”-

Ovviamente fece come se non mi avesse minimamente sentito, e poco dopo iniziò a gesticolare come una forsennata, indicandomi una fotina minuscola sullo schermo del portatile.

-“Clicca qui, clicca qui, clicca qui!”-

-“Sì, sì! Ho capito, clicco qui e-“ – E mi ritrovai improvvisamente in paradiso, avvolta dal calore sprigionato dai miei ormoni impazziti che ballavano la rumba alla vista dello spettacolo che mi si stava presentando davanti agli occhi.

Se non fosse stato per quel minuscolo pezzetto di asciugamano bianco e candido che teneva con una mano per coprirsi i gioielli di famiglia, Edward sarebbe stato praticamente nudo.
Era tutto… bagnato, e sexy e arrapante e eccitante e…

Sobbalzammo tutte e due all’improvviso, sentendo il campanello di casa suonare.

-“Bella vai tu. Non credo di essere in grado di muovere un solo muscolo del bacino in questo momento…”-

-“Alice, ti ricordo che la pazza da manicomio che si è fatta scappare questo magnifico pezzo di manzo qui di fronte, sono io, per cui non credo di essere messa molto meglio di te…”-

-“Hai ragione… Sei da ricovero Bella…”-

Ci incantammo nuovamente ammirando tutta quella perfezione, e solo quando Rocky prese ad abbaiare sguaiatamente per via del campanello che continuava a suonare, Alice si decise finalmente di andare ad aprire.

Mi rendevo conto di essermi comportata da idiota con Edward, e molto probabilmente non mi aveva più richiamata perché si era reso finalmente conto che non ne valeva assolutamente la pena di perdere tempo per una come me.

-“Alice, come credi che uno come Edward possa minimamente considerare attraente una con tutta questa carne morbidosa?”- Sbuffai, spostando riluttante il portatile dalle mie gambe e tastandomi con avversione la pelle tenera del mio interno coscia.

Nel momento in cui alzai lo sguardo per ricevere la risposta dalla mia amica, mi accorsi della presenza che purtroppo in quel momento occupava lo stesso spazio mio e di Alice.
In ordine strabuzzai gli occhi, sbiancai e sentii il nelle orecchie il rimbombo dell’ultimo battito del mio cuore prima che cessasse di battere.

-“Ciao Bella”- Edward mi fissava con una strana luce negli occhi, e nel momento in cui aveva parlato, la sua voce aveva assunto un tono così rauco da raggiungere punti dentro di me ancora sconosciuti.

-“Io mi sono ricordata che ho delle cose da fare di là… Per cui vi lascio soli, ok? Ciao ciao”-

Alice si eclissò improvvisamente, andando a nascondersi chissà dove e lasciandomi da sola a gestire una situazione che non sarei mai stata in grado di affrontare.

-“Cosa… Che ci fai qui…”-

Ovviamente Edward lesse solo il labiale di quelle parole, perché ero sicura che nessun suono avesse lasciato le mie labbra nel momento in cui avevo pronunciato quella frase.

-“Sono qui perché abbiamo un discorso in sospeso, ed inoltre in questo momento ci terrei molto a farti vedere come uno come me possa considerare particolarmente attraente una pelle morbidosa come la tua…”- Aveva pronunciato quelle parole con fervore trattenuto, e nel mentre si era avvicinato, accomodandosi proprio sul posto occupato da Alice qualche minuto prima.

Sentivo il suo sguardo rovente sulla mia pelle, e deglutii quando percepii quello stesso sguardo scendere lentamente, accarezzando il profilo del mio corpo fino a raggiungere la sommità tra le mie gambe.

In un attimo le mie mani afferrarono i lembi della maglia che indossavo come camicia da notte, tirandola giù fino alle ginocchia. Ero sicura di essere diventata completamente bordeaux, di un colore molto simile a quello delle insegne al neon dei pub notturni.

Edward si fece lentamente più vicino e percepii con chiarezza il suo respiro farsi sempre più irregolare nel momento in cui la sua mano andò a sfiorare delicatamente la mia ancorata al ginocchio, costringendola ad abbandonare la presa sulla maglietta la quale si ritrasse inevitabilmente al punto di partenza.

-“Bella…”- Farfugliò con fatica, mentre le sue dita leggere avevano preso ad accarezzare la pelle del mio ginocchio risalendo pian piano sempre più in alto.

-“Pensavo non volessi più avere niente a che fare con me…”- Sussurrai in un soffio, mentre guardavo le sue dita continuare a muoversi come fossi uno spettatore esterno.

-“E perché mai lo avresti pensato?”-

-“Perché è tardi e tu non mi hai più chiamata…”-

-“Sono appena uscito dal lavoro Bella.”-

-“Adesso?”-

-“Sì, e tra un’ora ho un volo per Dubai.”-

-“Cosa? Devi andare via? Perché?”- Non so neanche io come trovai il coraggio di porgli quelle domande che dopotutto non avevo neanche il diritto di fare, ma il sorriso sincero che vidi spuntare sul suo bellissimo volto, mi dimostrava che forse era l’unica cosa sensata che avessi fatto fino a quel momento.

-“E’ per lavoro Bella. Starò via solo per qualche giorno e poi…”-

-“E poi?”- Sussurrai, sentendo l’eccitazione salire allo stesso modo in cui la sua mano si stava avvicinando alla mia parte più calda e sensibile.

-“Andiamo in camera tua”-

-“In… In camera mia?”-

-“Non voglio che il tuo cane ci interrompa ancora”-

-“Veramente è’ il cane di Alice…”- Farfugliai come una stupida, rendendomi conto che in quel momento l’ultima cosa che poteva interessargli era che io fossi la padrona di Rocky o meno.

Per tutta risposta, Edward ringhiò prendendomi in braccio e stringendomi al suo corpo. Ormai quella doveva essere diventata un’abitudine per lui, per cui pensai che mettermi a protestare proprio in quel momento, non sarebbe servito a nulla.

-“Dov’è la tua camera Bella?”-

-“In fondo al corridoio sulla destra…”- E non mi diede neanche il tempo di finire la frase che subito si mosse in direzione della mia stanza.

Rannicchiata tra le sue braccia riuscivo a sentire i muscoli tesi e forti del suo torace ampio. Inoltre il calore inebriante del suo corpo ed il profumo intenso della sua pelle, mi indusse a muovere dolcemente le labbra sulla carne del suo collo tesa ed esposta.

-“Dio Bella! Fallo ancora e giuro che ti sbatto contro questo muro infischiandomene della tua amica qui intorno!”- Ruggì feroce, riportandomi nuovamente con i piedi a terra e premendo con forza il suo bacino contro il mio.

Mugugnai di piacere incontrollato e quando finalmente riuscii ad aprire la porta della mia stanza distante pochi centimetri da dove ci eravamo fermati, Edward mi trascinò all’interno, richiedendo subito la porta e facendomici appoggiare in modo da dare a lui le spalle.

Le sue mani ed il suo bacino premevano con forza sulla mia pelle, e lo sfregamento tra il suo corpo e la porta sulla quale ero addossata, mi stava regalando un’eccitazione mai provata prima.

-“Oggi te ne sei andata lasciandomi con un’erezione dolorosa per tutto il resto della giornata…”-

-“Mi… Mi dispiace…”- Farfugliai senza tuttavia rendermi pienamente conto di quanto stessi dicendo.

-“Ti dispiace?! Non devi più farlo Bella, mi hai capito?”-

Sentivo di poter morire da un momento all’altro, perché mentre pronunciava duramente quelle parole ad un centimetro dal mio orecchio, le sue mani avevano preso ad accarezzarmi dolcemente la vita, spostandosi piano sul mio ventre e risalendo poi sempre più in alto.

Un gemito più forte si liberò dalle labbra di entrambi nel momento in cui le sue dita si erano posate sul mio seno nudo, vezzeggiandolo con cura come se stessero modellando una scultura preziosa.

-“Oh Bella… Bella…”-

Ogni traccia di durezza era completamente sparita dalla sua voce. Edward sembrava quasi tormentato, come se stesse subendo le torture più atroci ma nel contempo più sublimi di questa terra.

-“Alza le braccia Bella, voglio vederti tutta… voglio vederti nuda solo per me…” –

E lo feci.
Le mie braccia si alzarono ubbidienti, permettendo così ad Edward di sfilarmi l’unico indumento che indossavo oltre agli slip.

In un attimo fui nuda ed esposta, ma non ebbi nemmeno il tempo di accorgermene che la sua bocca si abbassò avida sul mio collo, assaporando la mia pelle come fosse un frutto prelibato e scendendo a regalarmi un a scia di baci infuocati lungo tutta la spina dorsale.
Urlai di piacere inaspettato quando sentii i suoi denti affondare contro la carne morbida delle mie natiche.

-“Allarga le gambe Bella”-

Tremante, costrinsi i muscoli delle mie cosce a muoversi, conscia del fatto che il terreno sul quale ci stavamo addentrando era per me totalmente inesplorato. Non avevo mai vissuto una situazione del genere e Jacob non si era mai preoccupato di prendersi cura di me in quel modo.

-“Aprile di più… Ancora.. Ecco, così… Così è perfetto…”-

I miei piedi distavano di circa mezzo metro l’uno dall’altro e in quella posizione, rivolta a gambe aperte contro la porta e con Edward a condurre il gioco alle mie spalle, non mi restava altro da fare se non attendere impaziente la sua prossima mossa.

Lentamente, la sua bocca scese a lambirmi le cosce, le ginocchia, i polpacci, per poi tornare indietro, baciando ogni lembo di pelle sensibile e spostandosi sempre più vicino al mio centro ancora coperto dall’intimo.

-“Mmmh… Bella, sai di nutella…”-

Ma gli sembra questo il momento di fare le rime?

-“Cosa?”-

-“Sai di nutella, proprio qui…”- Sussurrò ancora, succhiando avidamente la mia pelle proprio sul punto in cui, mi ricordai solo in quel momento, era scivolato il gelato poco prima.

-“Il… Il gelato… Mi è caduto li e…. Ah!”-

Buttai la testa all’indietro nel momento in cui percepii la sua bocca spingersi proprio , in mezzo alle mie gambe, mordicchiando dolcemente la carne bollente ancora coperta dal tessuto degli slip.

-“Voltati Bella.”-

Voltarmi?
Ero sicura di non avere nemmeno la forza per muovere un solo muscolo, come diamine avrei fatto addirittura a voltarmi?

-“Bella voltati verso di me. Adesso”-

E non so come riuscii a fare quello che mi aveva appena chiesto senza inciampare sui miei stessi piedi. Sicuramente la porta a cui ero aggrappata come un koala, mi aveva aiutato nell’impresa.

E mai come in quel omento fui estremamente contenta di avercela fatta, perché vedere il volto di Edward trasfigurato dalla passione più ardente, vedere i suoi occhi lucidi per il troppo desiderio, vedere la sua bocca rossa e gonfia per la miriade di baci che aveva regalato a tutto il mio corpo, era quanto di più erotico avessi mai visto in vita mia.
Doveva per forza possedere qualche particolarità divina, perché un solo uomo non poteva causarti tutte quelle sensazioni paradisiache che sentivo di provare in quel momento.

-“Sto per spogliarti tutta Bella…”- Mi disse con voce roca, mentre le sue dita andarono a tirare docilmente le mie mutandine verso il basso.

-“Aggrappati a me… Ecco così, brava…”-

Più che aggrapparmi, mi ero letteralmente arpionata alle sue spalle. Ero tutta un fremito e la mia vista ormai era talmente annebbiata da non vederci più del tutto chiaramente.
Quando anche l’ultimo indumento fu lanciato sul pavimento li a fianco, le mie mani erano ancora strette attorno alla sua pelle, ed il viso di Edward adesso distava di una sola spanna dal mio piacere più vivo.

Ed improvvisamente era come se si fosse … ipnotizzato. E non riuscivo a capire da cosa, visto che la mia non era di certo una patatina particolare. Ero più che sicura che forse fosse anche troppo comune

-“Non … non ti piace?”- Domandai come una stupida, arrossendo fino alla punta dei capelli.

Ma che domanda è? Ti piace la mia… patata?

Edward al suono delle mie parole sembrò fortunatamente riprendersi un poco.

-“Tu sei… sei…”-

Sono?

-“Completamente rasata”-

Cosa?

-“I-io non me lo aspettavo. Cioè non che mi aspettassi una foresta, però… “-

Edward, ma che stai dicendo?

-“Edward ti prego, non stai migliorando la situazione…”-

-“Lo so, hai ragione. Io vorrei solo dirti che sei bellissima Isabella e…”-

Un bacio sul mio stomaco.

-“Sei meravigliosa”

Un bacio sul mio pube.

-“Sei perfetta”-

Soffiò quelle ultime parole direttamente sul mio centro, assaporando con la lingua le mia pelle calda ed eccitata e bagnata solo per lui.

La mia mente viaggiava in un turbinio di pura lussuria, e sentire quel contatto così intimo tra me ed Edward era qualcosa che stravolgeva completamente le mie percezioni.

-“Bella, stai tremando…”-

Si era risollevato continuando a tenermi stretta al suo corpo, e adesso le sue braccia mi circondavano in un tenero e possessivo abbraccio.

-“Vieni qui…”- Mi aveva detto ancora, trascinandomi con lui verso il letto, e facendomi sdraiare sopra quelle soffici lenzuola con estrema delicatezza.

Edward approfittò del momento per togliersi la giacca che ancora aveva indosso, e allentare il nodo della cravatta che stringeva sul colletto della sua camicia blu cobalto.

Era così bello e sexy, ed in quel momento l’immagine di lui nudo che avevo visto al computer poco tempo prima, tornò prepotente nella mia mente, aumentando senza possibilità di ritorno il forte desiderio che avevo di lui.
Il mio bacino si alzò senza che glielo chiedessi, scontrandosi in pieno contro qualcosa di estremamente duro ed ingombrante in mezzo alle sue gambe.

-“Bella! Bella non farlo… Non adesso”-

Cosa? Perché?

-“Questa sera voglio che sia solo tua, capisci? Voglio vederti godere e vorrei riuscire a sradicare per sempre dalla tua magnifica testolina quei pensieri assurdi che hai su di te. Me lo permetti Bella?”-

Non faremo sesso?

-“Ti prometto che impazzirai di piacere ugualmente…”- Mi disse ancora, sfiorando con le dita la mia apertura bagnata.

Ok, non avremmo fatto sesso nel senso proprio del termine, ma quelle sensazioni divine che mi stava regalando, valevano come e più di tutti i rapporti completi avuti fino ad allora.

Lo attirai verso di me, baciando e succhiando le sue labbra piene e morbide, mentre le sue mani continuavano esperte a vezzeggiare la mia parte più intima.

I baci di Edward si spostarono sul mio collo, scendendo languidamente sui miei seni, dedicando ad entrambi le stesse piacevoli attenzioni e cure. La sua discesa continuò, fino a quando non raggiunse ancora una volta la calda entrata in mezzo alle mie gambe, dove vi si addentrò senza esitazione, spedendomi all’inferno e al paradiso ogni volta che la sua lingua rallentava o accelerava la sua corsa.

Avrei voluto urlare, dare sfogo a tutto quel piacere deliziosamente insopportabile che sentivo montarmi dentro come un’ondata travolgente. Ma non potevo mettermi a gridare sapendo che Alice era li vicino e che con molta probabilità, in quel momento se ne stava appoggiata ad origliare dall’altra parte della porta.

Così, per cercare di arginare quei gemiti sconnessi che mi era impossibile fermare, presi il primo pupazzo che trovai a tiro sul letto e me lo spalmai letteralmente sulla faccia.

-“Bella ma che stai facendo?”- Evidentemente ad Edward il mio tenero orsacchiotto di Winnie the Pooh non doveva piacere molto, perché in un attimo lo afferrò lanciandolo chissà dove dietro di sé.

-“E’ la tua faccia che voglio vedere mentre godi, non quella di uno stupido pupazzetto di peluche, mi hai capito?”-

E no che non capii.
Non capii più nulla perché l’attimo dopo la sua testa si era rituffata tra le mie gambe, ed a quel punto mettermi a gemere e a tremare e ad impazzire era l’unica cosa che potessi fare.

Sentivo la sua lingua ovunque; entrava, usciva, leccava in un circolo vizioso che mi stava portando al manicomio.

Il piacere montava e montava ad ogni affondo, e quando finalmente sentii le mie pareti stringersi spasmodicamente, fu come un’esplosione di calore e di luce mai provata prima.

Non avevo mai provato un orgasmo così… intenso e travolgente, e pensai con dispiacere a chissà quante altre cose ancora avevo inconsapevolmente negato al mio corpo fino a quel momento.

Quando svariati minuti dopo tornai padrona del mio respiro, mi concessi di riaprire gli occhi che avevo tenuto strettamente chiusi per riuscire ad assimilare tutto quel piacere appena provato. Edward mi osservava compiaciuto, disteso al mio fianco con la testa appoggiata ad una mano. L’altra invece, carezzava dolcemente il mio stomaco con piccoli movimenti circolari.

Avrei voluto poter fare la stessa cosa con il suo corpo, poterlo stringere, toccare e baciare come aveva fatto lui, ma se veramente doveva partire entro breve come mi aveva detto poco prima, allora sapevo che non ci era rimasto più molto tempo.

-“E’ stato… E’ stato…”-

-“Magnifico, sublime, unico?”- Continuò lui al posto mio. –“Lo so Bella. E’ stato così anche per me e forse ancora meglio. E’ stato come… fare del sesso orale con una che lo fa per la prima volta”- Mi sorrise sghembo, pensando di stare raccontando chissà quale assurdità, ma vidi la sua espressione passare da divertita ad incredula non appena notò le mie gote imporporarsi di rosso.
Come spiegargli che la realtà era proprio quella?
Come spiegargli che Jacob non mi aveva mai fatto una cosa come quella perché considerava molto più appagante il sesso orale fatto ad un uomo?

-“Bella, non mi vorrai dire che questo è stato il tuo primo rapporto orale!”-

L’imbarazzo a quel punto aveva raggiunto livelli altissimi, e quando notai Tigro, l’amichetto peluche di Winnie, poco più in la, tentai di afferrarlo per coprirmi nuovamente la faccia. Anche questa volta Edward fu più rapido, e con una mossa veloce, lo scagliò lontano impedendomi così di nascondermi alla sua vista.

-“Nessun pupazzetto della Disney riuscirà ad impedirti di rispondere alla mia domanda Bella. Allora, è stata la tua prima volta?”-

-“Non trovi che la tua domanda sia un po’ troppo… personale?”-

-“Personale? Bella, dopo ciò che è appena successo tra di noi, non credo che una domanda come questa possa venire considerata personale…”-

-“Io lo trovo imbarazzante invece…”- Gli confessai, coprendomi una volta per tutte la faccia con le braccia.

-“Forse lo sarà per te, ma per me Bella…”- Mi confessò con decisione, bloccandomi le braccia sopra la testa. –“Per me rappresenta la cosa più appagante che io abbia mai fatto con una donna. Non puoi immaginare cosa si provi ad essere stato il primo… Che poi, spero di riuscire ad esserlo anche per una lunga serie di altre cosette che mi piacerebbe farti provare…”-

-“Sei un maiale Cullen!”-

-“Sei tu che mi ispiri le fantasie più assurde Swan!”- E si buttò sopra di me prendendo a farmi il solletico sui fianchi.

-“Non andare Edward…”- Mi ritrovai a pregargli dopo quell’attimo di euforia.

-“Starò via solo per pochi giorni Bella, e ti prometto che quando tornerò, recupereremo tutto il tempo perso…”- Tornò a baciarmi sulle labbra, spingendo il suo bacino contro il mio in un lento movimento che mi fece eccitare nuovamente.

-“Spero di ritrovarti così la prossima volta… Spensierata, col sorriso sulle labbra e con una voglia matta di soddisfarmi sessualmente…”-

-“Ma quale voglia?! Non è affatto vero!”-

Seee, come no Bella. Perfino il tuo corpo avvinghiato al suo continua a tradirti…

-“Ok ok, non arrabbiarti”- Edward rise di gusto, lasciandomi un ultimo bacio per poi tirarsi indietro e staccandosi così dal mio corpo in fiamme.

-“Promettimi solo una cosa”- Mi chiese ancora, mentre cercava inutilmente di riassettarsi i vestiti ormai sgualciti. –“Promettimi che durante questi pochi giorni in cui non ci vedremo, non ti pentirai di quanto è successo questa sera”-

Io dovrei pentirmi?

-“Dovrei essere io a farti questa richiesta… Perché per me sarebbe impossibile farlo, Edward”-

-“E credi che per me invece possa essere differente? Lo vedi lo stato dei miei pantaloni?” – Mi chiese divertito, indicandomi l’evidente sporgenza all’altezza del bacino. –“Oggi è la seconda volta che mi ritrovo in questo stato per colpa tua, e posso assicurarti che questa sarà anche l’ultima. La prossima volta mi avventerò su di te Bella, e ti prometto che non ti lascerò nessuna via di scampo…”-


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La mattina seguente mi ero svegliata molto (ma molto) più rilassata del solito, la caviglia mi doleva sempre meno ed ero contenta del fatto che da quel giorno avrei ripreso le mie mansioni nel reparto ricerca e sviluppo.

L’unica ombra scura di quella giornata era rappresentata dal fatto che non avrei potuto rivedere Edward prima di chissà quanti giorni.

La sera prima Edward se ne era andato via poco dopo quell’eccitante minaccia, e dal modo in cui si era staccato con fatica dalle mie labbra prima di abbandonare il mio appartamento, mi fece capire che senza ombra di dubbio avrebbe di gran lunga preferito rimanere li con me.
Purtroppo però, sapevamo entrambi che ad alcuni impegni di lavoro, non si poteva di certo rinunciare.

-“Isabella! Che piacere rivederti!”-

James fu il primo ad accogliermi una volta messo piede nel mio reparto. C’era la solita confusione generale ed ero felice di vedere il solito gruppetto di ragazzi che sembravano aver trascorso la notte sopra le loro scrivanie anche quella volta.

-“Ciao James! E’ un piacere per me essere qui di nuovo”-

-“Senti, io non so come scusarmi per l’accaduto. Non sapevo nulla di quella storia e ti assicuro che Jessica ne pagherà le conseguenze.”-

-“Non preoccuparti, non è stata mica colpa tua. E poi sono sicura che Jessica avrà avuto i suoi buoni motivi per fare una cosa simile”.-

-“Certo certo… Ma comunque, vieni con me, vorrei avere il tuo parere su un progetto al quale stiamo lavorando da un po’”-

Lo raggiunsi, pensando però che il modo in cui aveva sbrigativamente accantonato l’argomento, era alquanto bizzarro.

Jessica fece il suo ingresso quasi due ore dopo e non appena mi vide mi chiese il permesso di parlarle in privato.

-“Bella prima che tu possa dirmi qualsiasi cosa, io ti scongiuro di credermi se ti dico che mi dispiace infinitamente e che non mi sarei mai comportata in questo modo se non fosse stato per una causa importante.”-

-“Jessica io non sono arrabbiata, anche se forse dovrei. Mi stavo solo domandando il perché di questo tuo comportamento. Credevo ci fosse una buona intesa tra noi due e magari quindi avremmo potuto anche parlarne insieme”-

-“Credimi, non è così semplice…”-

-“Che intendi dire?”-

-“Vedi… Qualche tempo fa io e James… Abbiamo avuto una relazione. Era solo sesso ovviamente, ma nel momento in cui mi ha proposto di fare qualcosa di più spinto, io mi sono tirata indietro, e lui… Beh, non l’ha presa molto bene…”-

-“Ti ha fatto del male?”- Chiesi spaventata. Immaginavo a quali cose spinte stesse alludendo Jessica, poiché ero quasi sicura fossero le stesse cose che mi aveva proposto Jacob e alle quali anch’io avevo categoricamente rifiutato.

-“No! No, lui non mi ha fatto del male fisicamente… Però si sta vendicando sul lavoro, Bella. Ormai sono due mesi che tenta in tutti i modi di mettermi i bastoni fra le ruote, e se mi fossi assentata in questi ultimi giorni, avrei rischiato di venire estromessa dai miei stessi progetti.”-

-“Ma è una cosa ingiusta!”-

-“Lo so anch’io ma non posso farci niente. Lui è un mio superiore, a chi credi che darebbero retta se andassi a lamentarmi in giro? E poi non ho prove, e non posso accusarlo in mancanza di queste.” – Concluse mesta. –“Mi dispiace davvero di aver approfittato della tua amicizia…”-

-“Quella è’ acqua passata ormai. Piuttosto, da adesso sappi che non sarai sola Jessica. Voglio aiutarti e vedrai che le cose si sistemeranno.”-

-“Lo spero davvero, Bella…”- Mi disse sospirando e stringendomi la mano con la sua.

Ci avvicinammo insieme al grande tavolo ovale dove tutti erano riuniti per analizzare il progetto importante del quale mi aveva parlava James poco prima, e fu solo in quell’istante che mi accorsi dello strano sorriso che proprio lui mi stava rivolgendo.

Ricambiai solo per educazione, e l’attimo dopo tornò ad occuparsi del suo lavoro.

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-“Oh Bella! Sono così eccitata per stasera!”-

-“Lo vedo Alice, lo vedo…”- Era da quando ero salita sulla sua macchina che la mia amica aveva preso a cantare a squarciagola ‘I've got the power’ come una pazza, facendomi sprofondare il più possibile tra i sedili della sua auto ogni volta che sfrecciavamo vicino a qualche passante terrorizzato.

-“Allora Bella, devi assolutamente aiutarmi a scegliere i vestiti!”-

Cosa?

-“E le scarpe!”-

Io?

-“E l’acconciatura!”-

E’ impazzita?

-“Oh, e non dimentichiamoci dell’intimo!”-

Sì, è impazzita…

-“Alice, siamo davvero sicure che tu stia bene?”-

-“Ceto che sto bene, non mi vedi?!”-

-“Sì, però ci terrei a farti presente che tu stai chiedendo a me di aiutarti a scegliere cosa indossare per la tua serata romantica”-

-“Lo so, ma d'altronde se sei riuscita ad accalappiarti l’uomo più desiderato dello stato, vorrà dire che sotto quegli inutili strati di vestiti da nonnetta del 900, si nasconde una donna dalle mille sorprese!”-

-“Ma quali sorprese Alice! Sono sempre io, non mi vedi? Solo perché Edward si è preso una botta in testa, una grande botta in testa oserei dire, non vuol dire che possa aiutarti a mettere Jasper K.O… Che poi dal modo in cui ti fissava ieri mattina, non credo gli importerebbe molto di quello che potresti o non potresti indossare…”-

-“Davvero?! Oh Bella, sono così felice!”- Mi disse euforica, schiacciando il piede sull’acceleratore e riprendendo a guidare come una pazza verso casa.

-“Sai, ho parlato con Jessica oggi”- Le confessai sperando che diminuisse quella velocità assurda.

-“E cosa ti ha detto? Spero si sia scusata almeno!”-

-“Si, certo che lo ha fatto. Mi ha anche detto di aver agito così per via di James, il capo reparto del nostro settore.”-

-“Cioè?”-

-“Praticamente mi ha detto che un po’ di tempo fa hanno avuto una storia e a quanto pare dal momento in cui lei ha rifiutato delle avance un po’ troppo particolari da parte sua, James ha iniziato a darle del filo da torcere al lavoro.”-

-“Ma è oltraggioso! Ha provato a parlarne con Edward?”-

-“No, anche perché non ha nessuna prova e quindi sarebbe la sua parola contro quella di James. Però le ho promesso che le avrei dato una mano per dimostrare a tutti che è una persona valida.”-

-“Mi spieghi perché devi sempre cercare di salvare tutti?”-

-“Alice, Jessica è una mia amica. Che male c’è se ho deciso di aiutarla?”-

-“Nulla è ovvio, ma promettimi che starai attenta Bella, ho degli strani presentimenti e non vorrei che ci andassi di mezzo proprio tu…”-

E avrei dovuto saperlo che quando Alice aveva certe sensazioni, queste si rivelavano quasi sempre corrette.


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-“Allora Bella, quale mi metto? Questo rosso alla scopami selvaggiamente sul cofano della tua macchina, oppure questo nero sempre della serie scopami selvaggiamente sul cofano della tua macchina ma con classe?”-

Erano le nove di sera ed Alice era già pronta, ben pettinata, truccata e vestita di tutto punto. L’ultima cosa che però non aveva ancora indossato a causa delle sue indecisioni, erano le mutande.
Evitai di dirle che non era normale scegliere ed indossare l’intimo solo come ultima tappa della sua preparazione all’appuntamento, e fingendo di scrutare interessata quei due perizoma che aveva posizionato in perfetto ordine sul letto, presi la mia decisione.

-“Quello nero mi sembra perfetto”-

-“Ok, allora indosserò questo!”-

Lei ovviamente afferrò il perizoma rosso come se niente fosse ed io mi ritrovai a sbuffare per l’ennesima volta buttandomi a pancia in su sul suo letto. Perché diamine continuava a chiedermi consigli se poi faceva esattamente tutto l’opposto?

Guardai nuovamente l’orologio e con un sospiro malinconico mi coprii la faccia con entrambe le braccia. Perché Edward non chiamava? Ormai erano quasi ventiquattro ore che non lo sentivo e il mio cervello bacato aveva iniziato a pensare che tutte le belle parole del giorno prima potevano benissimo non essere vere.

-“Ehi, sei sicura che posso lasciarti sola?”-

-“Certo che sì, perché me lo chiedi?”- Le chiesi tornando a stamparmi un falso sorriso sulle labbra.

-“Bella, ti conosco più di quanto tu conosca te stessa. Non devi fingere con me. Sei in pensiero per Edward?”-

Annuii non sapendo che altro dire.

-“Vedrai che si farà sentire, magari avrà avuto qualche contrattempo con il lavoro.”-

-“Lo so, però…”-

-“Però niente, Bella. Ieri ti facevi le stesse pippe mentali e poi alla fine si è presentato direttamente qui a casa e da come gemevi come una cavalla selvaggia, mi pare che la serata si sia conclusa più che positivamente direi!”-

-“Dio Alice, perché devi sempre dirmi queste cose imbarazzanti!?”- Piagnucolai rossa come una passata di pomodoro italiana.

-“Non sono cose imbarazzanti! Sono cose belle, hai capito? Chi non desidererebbe che il proprio uomo si prendesse cura della sua donna come ha fatto Edward ieri sera con te? E senza pretendere nulla in cambio per giunta… Bella devi stare tranquilla, mi hai capito?”-

Il mio cellulare prese a squillare proprio nel momento in cui Alice terminò l’ultima parola, ed io mi ritrovai a correre zoppicando verso il divano del salotto sul quale avevo abbandonato il telefono poco prima.

-“Pronto?”- Risposi tutta affannata.

-“Ciao Isabella”-

Tutti i miei timori svanirono all’istante al suono della sua voce, e non potei far altro che darmi della stupida per aver dubitato ancora una volta di lui.

-“Come mai hai il fiatone? Hai corso?”-

-“N-no, io stavo facendo…. Un po’ di… aerobica, sì.”-

Aerobica? Ma sono impazzita o cosa?

-“Aerobica?”-

-“Già… Ehm tu? Tutto bene?”- Cercai di sviare l’argomento sedendomi a peso morto sul divano.

-“Beh, considerando che è da quando ho messo piede in questo Paese che non faccio altro che imbattermi in problemi più o meno assurdi, direi di no”-

-“Oh.. . Mi dispiace… Se c’è qualcosa che posso fare io-“-

-“Stai già facendo tanto Bella. Il pensiero di quanto è successo ieri sera è l’unica cosa che riesce a non farmi dare di matto, e sinceramente non capisco come mai non sono ancora salito sul primo aereo per raggiungerti subito.”-

Ero così sorpresa ed entusiasta, che un sorriso radioso nacque spontaneo sulle mie labbra. Ovviamente non avevo preventivato quali cose ci saremmo detto o meno, ma di certo l’ultima cosa che mi sarei aspettata era che potesse confessarmi dei pensieri così espliciti come quelli.

-“Davvero?”- Gli chiesi quindi ancora incredula.

-“Perché? Non mi dirai di avere ancora qualche dubbio Bella”-

-“No, no… E’ solo che pensavo… Ah!”-

-“Che è successo?”-

-“No, nulla scusami. Dicevo che pensavo che tu… Ah! Basta dai!”-

-“Bella, ma che succede?”-

-“Ma Niente e che… Smettila subito di leccarmi!”-

Rimproverai Rocky che non so per quale diamine di motivo si era messo a frugare sotto il mio sedere continuando a guaire e a leccare chissà cosa.

-“Bella chi cazzo c’è li con te?!”-

-“Nessuno Edward, te lo posso assic- Ma che è sto coso duro?”- E finalmente capii il perché quel povero cane si era messo ad infastidirmi di punto in bianco. Mi ero accidentalmente seduta sul suo osso preferito e non appena lo afferrai, lo lanciai il più lontano possibile da me.

-“Ok Bella, se avevo di meglio da fare potevi dirmelo, ti saluto”-

-“No Edward aspetta!”- Mi affrettai a dire temendo che avesse capito chissà cosa. –“Mi ero seduta sopra l’osso di Rocky e-“-

-“Rocky? Ancora lui?”-

-“Si, ma…”-

-“Bella la prossima volta ti porto fuori dalle mura di casa tua. Non voglio più assolutamente ritrovarmi quel sacco di pulci tra i piedi”-

-“Ma Rocky voleva solo-“-

-“Voleva solo farmi impazzire, e credimi se ti dico che c’è andato molto vicino oggi… Credevi che fossi in compagni di un altro uomo.”-

Un altro uomo? Forse Edward non aveva ancora capito com’ero io realmente, e mi resi conto che la colpa era anche e soprattutto mia perché non gli avevo ancora dato modo di fargli capire quanto il ritrovarlo dopo tanto tempo mi avesse piacevolmente colpito.

-“Non c’è nessun altro uomo, Edward. E giusto per la cronaca, anche io non ho fatto altro che pensare a te da ieri sera. O forse sarebbe meglio dire che è da lunedì scorso che ti sogno tutte le notti…”-

-“Lunedì scorso? Ma ci siamo rivisti solo due giorni fa…”-

-“Non so per quale motivo, ma la prima volta che ho messo piede nel mio reparto, tu eri li. Sicuramente non mi hai notata, ma credimi se ti dico che invece io l’ho fatto eccome, anche se non ti avevo riconosciuto subito.”-

-“E così… Mi sogni tutti le notti da più di una settimana…”-

-“Già…”-

-“Bella, dovrei rientrare tra due giorni. Permettimi di invitarti a casa mia questo week-and.”-

-“A casa… tua?”-

-“Sì. Voglio stare con te, da solo. Ne ho bisogno Bella…”-

Ne ha bisogno…
A quelle parole la mia pelle si era ricoperta di brividi e mi ritrovai a deglutire a vuoto immaginandomi uno scenario spettacolare di me e lui a rotolare tra le lenzuola.

-“Allora Bella, vuoi venire?”-

Oh sì, anche adesso se vuoi…

-“Bella?”-

-“Sì…”-

-“Sì, vuoi venire?”-

-“Sì voglio venire…”-

-“Ti scongiuro di ripetermi le stesse parole non appena ti avrò tra le mie braccia tra qualche giorno…”-

Divenni di tutti i colori dell’arcobaleno prima di riuscire a trovare il coraggio per rispondere alla sua richiesta.

-“Sei un maiale Cullen! Io mi stavo riferendo all’uscita!-

-“Sì certo, è ovvio che lo stessi facendo…”- Scoppiò a ridere, mandando così a farsi un giro anche gli ultimi neuroni che ancora non erano partiti verso quei sogni erotici che la mia mente continuava a partorire da quando avevo risentito la sua voce. Ormai avrebbe potuto dirmi qualsiasi cosa che non avrei fatto una piega.

-“Scopami Bella…”-

-“Come?”-

-“Ho detto, sognami Bella. Mi piacerebbe sapere che questa notte starò con te almeno nei sogni.”-

Oh…

-“Lo farò Edward… E tu? Penserai a me questa notte?”-

-“Non immagini neanche quanto. E non appena ti rivedrò, farò in modo che tutti questi sogni si realizzino per davvero, credimi.”-

Vibrai come una corda tesa di violino sollecitata da mani esperte, e strinsi con forza le gambe per impedire a quel calore improvviso di propagarsi ulteriormente.

-“Buonanotte Bella”-

-“Buonanotte Edward”-

E terminò così la nostra telefonata, certa che per quella notte, avrei fatto molto meglio ad evitare di indossare dell’inutile biancheria intima.





Buongiorno ragazze!
Scusate il ritardo, avrei dovuto postare martedì ma lunedì mi è partita la chiavetta, e ho dovuto riscrivere tutto da zero, e credo che molte di voi sappiano che quando si deve riscrivere un qualcosa già precedentemente conclusa, oltre alla rabbia per aver perduto tutti i dati c’è anche la triste consapevolezza di non riuscire più a riscrivere il capitolo nello stesso modo con il quale era stato concepito all’inizio.
Perciò ragazze, mi scuso se questa volta non sono riuscita a dare il massimo, ma spero vivamente che possa piacervi ugualmente.
Credo non ci sia molto da dire, Jessica ha spiegato a Bella le ragioni del suo comportamento, Alice ha finalmente incontrato il suo Jasper, ed Edward e Bella… Beh, loro si sono divertiti un po’…
Che ne pensate invece di James ? Non so ancora bene come, ma più avanti anche lui avrà la sua particina nella storia...

Ho un’ultima richiesta da farvi; secondo voi se si scrivono scene di sesso non eccessivamente troppo volgari, è possibile mantenere il rating arancione oppure bisogna obbligatoriamente portarlo nel rosso?
Ho letto diverse storie che benchè avessero un rating arancione, descrivevano scene di sesso seppur in modo non troppo colorito.
Fatemi sapere cosa ne pensate perché in base ai vostri giudizi deciderò se cambiare rating oppure mantenere quello attuale.
Grazie a tutte di nuovo,

Vi abbraccio ragazze,
a presto!!





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Capitolo 8
*** Inattese Sorprese ***


 
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Scusatemi infinitamente per questo enorme ritardo, ma tra le vacanze ed imprevisti vari, non ho fatto in tempo ad aggiornare prima.
Spero che qualcuna di voi ci sia ancora, e che il capitolo sia di vostro gradimento.
Ricordo che ho mantenuto il rating arancione perché nonostante tutto, le scene calienti descritte non sono poi così esplicite.
Tuttavia se ci fosse qualcuno che dovesse sentirsi in imbarazzo leggendo particolari scene di questa storia, vi prego di dirmelo così da poter correre ai ripari.
Ci vediamo giù!
Buona Lettura!
 
 
CAPITOLO 8
 
 
Inattese Sorprese
 
 
 
-“Allora, mi sta guardando?”-
 
-“No”-
 
-“E adesso?”-
 
-“No Alice, neanche adesso.”-
 
-“Ma sei sicura? Perché ho visto con la coda dell’occhio che stava proprio guardando verso di noi”-
 
-“Forse la tua coda si è sbagliata…”- Grugnii guardandola torva –“Inoltre ci terrei ad informarti che otterresti sicuramente una visuale migliore se fossero entrambi i tuoi occhi a guardare verso la sua direzione. Anzi, ancora meglio sarebbe se ti decidessi a muovere quel tuo sederino palestrato e andassi finalmente a parlargli.”-
 
-“Parlargli? Parlargli?! Bella, ma sei seria? Ti ricordo che l’ho beccato il giorno dopo il nostro primo appuntamento con un'altra! Uno come lui non merita neanche mezza ulteriore chance”-
 
Dunque care amiche, i fatti erano questi: dopo aver trascorso, a detta di Alice, la più bella serata della sua vita e la più bella notte di sesso di tutti i tempi con Jasper, o più comunemente conosciuto come il mio supereroe-salva-tazzine-da-caffè, la mia amica lo aveva purtroppo beccato il giorno seguente in compagnia di una dolce donzella. A detta sua, il traditore sopra menzionato, stava nei pressi di un bar non lontano dalla H & C a sorseggiare non si sa quale drink mentre scambiava dolci effusioni con una ragazza misteriosa.
Certo, il più comune dei clichè penserete voi, ma la cosa strana qui, stava nel fatto che Alice non fosse partita in quarta a spaccargli l’osso occipitale della parte destra del viso…
 
Da che la conosco, non aveva mai lasciato impunito chiunque avesse osato anche solo lontanamente mancargli di rispetto, figuriamoci se questo qualcuno si fosse poi rivelato essere il ragazzo con il quale aveva appena trascorso momenti di grande intimità, e che le era subito apparso come il tanto sospirato e atteso principe azzurro che avrebbe dovuto sposare nel giro di sei mesi al massimo.
E se c’era una cosa in cui Alice non sbagliava mai, era quella di riuscire a radiografare con precisione chirurgica la personalità di un individuo solo guardandolo negli occhi.
 
Per cui mi sembrava alquanto bizzarro che si fosse così tanto sbagliata proprio con Jasper, ed inutili erano stati i miei tentativi nel cercare di persuaderla a chiedergli spiegazioni, specialmente dopo che il nostro povero supereroe aveva provato a rintracciarla in tutti i modi possibili ed immaginabili.
 
Quel venerdì sera quindi, io ed Alice avevamo deciso di abbuffarci di calorie al McDonald’s, lei per superare la delusione subita di recente, ed io perché… Beh, perché non sentivo Edward da quasi due lunghissimi giorni e perché al lavoro la presenza di James si stava facendo stranamente sempre più soffocante.
Se era vero che di Edward, dopo le notevoli volte in cui mi aveva fatto intendere di essere particolarmente interessato alla sottoscritta, non avrei dovuto farmi troppe paranoie nonostante avessi inutilmente cercato di rintracciarlo nell’arco delle ultime ventiquattro ore, quello del mio capo reparto era un problema un tantino diverso.
 
Infatti, dopo il tanto agognato chiarimento avuto con Jessica al lavoro qualche giorno prima, James aveva preso la cattiva abitudine di depositare ogni mattina sul mio tavolo un involucro rosa contenente ciambelle calde di dubbio gusto, accompagnato ogni singola volta da messaggini un po’ strambi e non particolarmente chiari.
L’ultimo di quella mattina per esempio diceva:
 
‘Date alle donne occasioni adeguate ed esse possono fare tutto. (Oscar Wilde)’.
 
Di primo acchito, ero a stento riuscita a trattenermi dallo scoppiare in una fragorosa risata.
 
James che cita Oscar Wilde?
 
Poi però, avevo riletto la frase ed il sorriso era andato pian piano scemando.
 
Occasioni adeguate?
Fare tutto?
 
Cioè?
Cosa voleva intendere con quelle parole?
 
Per prima cosa non mi sembrava che mi avesse mai offerto chissà quali occasioni lavorative particolari, e seconda cosa se credeva di poter ottenere dalla sottoscritta qualcosa di diverso dal semplice rapporto tra colleghi, beh, poteva pure andare a fanc…
 
Ma restiamo calmi.
Non dovevo stupirmi più di tanto dopo ciò che Jessica mi aveva raccontato.
La cosa più nauseante era il dover sorbirmi i suoi sorrisini maliziosi per intere giornate senza poter andare da lui e spaccargli il muso.
Però avevo promesso alla mia collega e amica che l’avrei aiutata a smascherare i loschi piani di James, e se questo voleva dire sopportare in silenzio le sue inutili e sgradite attenzioni, lo avrei fatto senza perdere la calma.
 
Tuttavia, come ho accennato prima, nessuno poteva impedirmi di sfogare le mie frustrazioni rimpinzandomi di schifezze di ogni genere, e nessuno avrebbe mai pensato che proprio in quel fast-food avremmo incontrato la persona che stava rendendo gli ultimi giorni di vita di Alice un vero inferno.
Jasper era seduto a qualche tavolo di distanza dal nostro, e benché la mia amica cercasse in tutti i modi possibili di mostrarsi completamente disinteressata, non smetteva un attimo di chiedermi cosa stesse o non stesse facendo il nostro presunto traditore. Si vedeva lontano un miglio che la rabbia per quanto accaduto non le era minimamente passata, e non riuscivo ancora a credere che si fosse arresa così facilmente, ripiegando in un cassetto in fondo all’armadio quel suo carattere combattivo e sicuro che ne aveva fatto di lei la mia eroina preferita.
 
Sospirai pesantemente, e fu con la bocca piena di patatine unte e salaticce che parlai ad Alice con tutta l’onesta di questo mondo.
 
-“Sei proprio una cretina coi fiocchi mia cara Alice: predichi bene e razzoli male…”-
 
Per tutta risposta la mia migliore amica iniziò a tossicchiare con poca eleganza, sputacchiando qua e la parti non ben identificate di gelato dopo che uno Smarties del suo McFlurry le era finito di traverso.
 
 -“Da brava Alice, guarda l’uccellino!”- Le suggerii sbattendole più volte una mano tra le scapole ed indicandole le luci accecanti appese al soffitto.
 
-“Isabella Swan, sei una stupida stronza scurrile!”-
 
-“Io?! Ma ti sei appena sentita?! Comunque non devi prendertela tanto, visto che di fatto, ho tutte le ragioni del mondo per averti appellato in questo modo. Mi hai sempre detto di accertarmi della realtà effettiva dei fatti prima di giungere a conclusioni affrettate, e adesso tu ti stai comportando esattamente nello stesso modo per il quale mi hai sempre rimproverato! Non puoi sapere veramente chi era quella ragazza seduta al bar con lui se non provi nemmeno a parlarci!”-
 
-“Non c’è alcun bisogno di parlarne! I miei occhi ci vedono ancora benissimo Bella, e sicuramente quei due non stavano affatto prendendosi un semplice caffè!”-
 
Caffè. Caffè. Caffè.
Ultimamente questa bevanda stava terremotando la vita della sottoscritta e di chi mi stava intorno in un modo alquanto preoccupante…
 
-“Dio Alice! Sei davvero convinta di quello che dici? Ti ricordo che fino all’altro giorno credevo che la tipa che anni fa avevo visto insieme a Cullen fosse una sua nuova fiamma, quando invece sono venuta solo adesso a sapere che era solo sua cugina… Non può essere che anche la ragazza che era con Jasper fosse una sua qualche lontana parente?”-
 
-“No, non può.”-
 
-“Perché?!”- Esclamai spazientita, iniziando ad infervorarmi.
 
-“PERCHE’… perché… perché lui…”- Iniziò con sempre meno flemma – “Perché lui mi piace veramente, ecco perché! Ed ho paura che se gli chiedessi spiegazioni e lui ammettesse tutto, sarebbe ancora più complicato e doloroso riuscire a dimenticarmi di lui…”- Terminò puntando lo sguardo su un punto imprecisato del tavolo.
 
-“Oh Alice…”- Spostai la mia sedia facendola stridere sul pavimento ed avvicinandomi a lei. – “Tutto ciò che la tua testolina si è immaginata su Jasper non è e non può essere vero, e sai perché?”- Fece segno di no con la testa, ed io continuai –“Perché lui non potrebbe mai desiderare nessun’altra dopo aver trascorso indimenticabili momenti romantici, allegri e particolarmente scottanti con te. Sei bella, solare e strepitosa, mi spieghi come potrebbe ormai anche solo lontanamente pensare di stare con un’altra ragazza che non sia tu?”-
 
La mia migliora amica si voltò verso di me, guardandomi con quegli occhioni da Gatto con gli stivali e sporgendo all’infuori il suo labbrone tremante. Erano rari i momenti in cui mostrava il suo lato più debole, ma tuttavia ero contenta di sapere che nelle poche altre volte in cui era successo, io ero sempre stata li per lei, cercando di aiutarla nello stesso modo in cui lei stessa mi aveva sempre soccorso nei miei innumerevoli momenti di sconforto.
La abbracciai, stringendola forte tra le braccia, ma ad interrompere quel momento di affetto fraterno, fu il suono di un insistente tossicchiare.
Spalancai gli occhi quando notai Jasper proprio dietro ad Alice, la quale ancora appoggiata con la testa sulla mia spalla non si era accorta di nulla.
 
-“Alice…”- Le sussurrai dolcemente all’orecchio.
 
-“Alice, dovresti riprenderti nel giro di due secondi netti, ce la fai?”- Le bisbigliai ancora, allontanandola piano da me e guardandola in modo inequivocabile negli occhi.
 
Mi lanciò uno sguardo dapprima confuso, e solo quando udì la voce inconfondibile dietro di lei sembrò ridestarsi del tutto, ricomponendo la sua faccia in una perfetta maschera di bronzo.
 
-“Ciao Isabella, Alice…”- Disse lui, forse un poco… Imbarazzato?
 
-“Alice, io volevo chiederti… posso –“-
 
-“NO”- Asserì la mia amica decisa, senza nemmeno girarsi per guardarlo in faccia.
 
Per tutta risposta io le mollai un calcio alla Holly & Banji direttamente sul suo delicatissimo polpaccio.
Imprecò a denti stretti fulminandomi con gli occhi, per poi voltarsi scocciatissima verso il povero e sgomento Jasper che fortunatamente non aveva notato nulla del mio gesto di poco prima.
 
-“Ti prego Alice, io non capisco perché-“-
 
-“Non c’è niente da capire Jasper, non voglio parlarti”-
 
-“Ma dammi almeno-“-
 
-“Certo che te la da!”- Lo interruppi questa volta io, alzandomi in pedi e trascinando la mia amica con me. Poi come colta da un’improvvisa illuminazione, ripensai che forse quell’ultima mia uscita poteva essere stata tragicamente fuorviata, per cui mi premunii di correggerla subito dopo –“Volevo dire che è ovvio che voi due avete un sacco di cose da chiarire, per cui facciamo così, io prendo queste due cosucce-“ Proseguii, riempendo il sacchettino di carta del McDonald’s con una buona parte dell’immensa quantità di cibo ancora sparsa sul tavolo –“E vado a casa perché sono davvero, davvero molto, moltissimo stanchissima” – Terminai, accompagnando le mie ultime parole con una mano appoggiata sulla fronte ed una sulla schiena, manco avessi appena compiuto una delle dodici fatiche di Ercole.
Per chi mi stava osservando in quel momento, potevo benissimo apparire come un’allucinata zitella affamata, con la faccia da pessima attrice ed il sacchetto stracolmo di roba sicuramente molto poco salutare.
Però era una figuraccia che per la mia migliore amica, avrei fatto e rifatto davvero molto volentieri.
 
-“Tu Alice, resta pure qui, io prendo un taxi qui fuori, ok?”- Ma non le diedi neanche il tempo di replicare che subito mi affrettai a salutarla con un bacino sulla guancia ed un veloce arrivederci a Jasper, il quale mi guardava con una faccia alquanto stupita.
Se era per la quantità di cibo esagerata che stavo trasportando, o per la commedia appena inscenata, non saprò mai dirvelo con certezza.
 
Comunque, in pochi secondi fui fuori dal locale, esultando per essere stranamente riuscita a scampare alle maledizioni della strega-Alice, e sperando che quei due si chiarissero finalmente una volta per tutte.
L’unica nota negativa di quel momento idilliaco, fu che di taxi non ne vidi neppure l’ombra durante quei dieci minuti buoni di attesa successivi alla mia meravigliosa uscita da star di poco prima. Per cui dopo essermi rassegnata al fatto di dover affrontare la strada per il rientro a piedi, cominciai ad avviarmi verso casa con l’aria fredda della sera che pian piano rendeva sempre più scura ed inquietante la città intorno a me.
 
Nonostante la caviglia non mi dolesse più quasi del tutto, e sebbene i tacchi che indossassi non fossero nulla di così spaventosamente alto, percorsi gli ultimi duecento metri di strada che mi separavano dalla mia abitazioni con un mal di piedi da guinness dei primati.
Non vedevo l’ora di arrivare a casa, lanciare le scarpe una a destra e l’altra a sinistra sperando che Rocky non le trovasse, e buttarmi sul divano per finire la mia cena in santa pace facendo zapping in tv.
Ormai anche per quel giorno avevo rinunciato a sperare in una chiamata di Edward, e pensai che quasi sicuramente si sarebbe fatto sentire lui non appena ne avesse avuto la possibilità.
 
Raggiunsi il cancella d’entrata della villetta un poco sudaticcia e dolorante, e quasi mi venne un colpo quando nel momento in cui mi accinsi ad aprire la serratura del portoncino dell’abitazione, percepii una mano grande e calda posarsi sulla mia
 
Dico quasi perché il mio corpo prima ancora del mio cervello, aveva riconosciuto quel calore come un qualcosa di estremamente familiare ed a lungo atteso. Più precisamente registrò che quelle mani non potevano appartenere a nessun altro se non a lui.
 
-“Ciao Isabella”-
 
E anche quella voce, anche quello sguardo, e quel profumo, e quella massa di capelli bronzei e perennemente stravolti erano di proprietà di una sola ed unica persona.
Edward era li, vicino a me, e tutto quello che riuscivo a pensare era che il troppo cibo del McDonald’s mi aveva portato alle allucinazioni.
 
-“Mr-Mr Cu-Cullen?”-
 
-“Siamo tornati al Mr Cullen?”-
 
-“No. Cioè sì. Voglio dire, no.”-
 
Oddio Bella, deciditi una buona volta!
 
-“Co-cosa ci fai qui?”-
 
-“Non lo immagini? Sono venuto a prenderti.”- E quel sorrisetto furbo sul suo viso voleva dire tutto e non voleva dire niente.
 
-“A… A prendermi?”-
 
Giuro che se balbetti ancora una volta darò a Rocky anche il tuo ultimo paio di scarpe nuove.
 
-“Non ricordi? Ti avevo chiesto di trascorrere il fine settimana con me, e mi sembrava di aver capito che avessi accettato…”-
 
-“Ma… ma… ma tu…”-
 
Ok Bella, di addio alle tue belle decolleté blu notte!!
 
-“Io?”-
 
-“Pensavo fossi ancora via per lavoro.”-
 
-“Isabella, ho preso il primo volo disponibile ieri sera non appena ho avuto l’occasione di liberarmi dei miei doveri. Adesso sono qui, ti ho aspettata per circa un’ora nel parcheggio qui fuori, e adesso vuoi forse dirmi che non vuoi venire?”-
 
-“NO! I-io voglio venire!”-
 
Un altro ghigno sul suo viso, ed io divenni rossa coma l’insegna del McDonald’s stampata sul sacchetto di carta che ancora tenevo in mano.
 
-“Mi fa davvero piacere sentirtelo dire Isabella...”- Mi disse suadente, avvicinandosi di un passo verso di me.
 
Solo allora i suoi occhi registrarono l’enorme pacco dal contenuto mostruosamente calorico che stavo quasi stritolando tra le braccia, e notando la sua espressione confusa e meravigliata, pregai ingenuamente che non si accorgesse di ciò che conteneva al suo interno.
 
-“McDonald’s?”- Mi chiese infine inesorabilmente e leggermente… disgustato.
 
Ecco, come non detto.
 
-“Già…”-
 
-“E tutta questa roba… E’ tua?”-
 
Era mia? Beh, si certo che era mia. Avevo preventivato di strafogarmi di schifezze per tutta la sera, magari mettendomi pure a guardare qualche telenovelas Argentina dalla trama scontatissima e strappalacrime…
Tutto questo ovviamente non potevo dirglielo però, a meno che non desiderassi concludere quella serata con una delle più imbarazzanti brutte figure di tutta la mia vita.
 
-“Noooo”- Gli risposi infatti, sperando non si accorgesse dell’enorme balla che gli stavo propinando.
 
-“Non è tua?”-
 
Scossi la testa forse un po’ troppo energicamente, e pensai che se non mi fossi inventata una buona scusa nel giro di mezzo secondo, mi sarei ritrovata seriamente nei guai.
 
-“Sono... pe-per i miei… vicini. Sì, i miei vicini di casa. Sai loro hanno taaanti figli e allora… Facciamo che adesso io glieli porto, i panini e…“-
 
-“Ed il gelato?”- Aggiunse sbirciando all’interno del sacchetto.
 
-“Si, anche il gelato”-
 
-“E le patatine?”-
 
-“Si anche quelle…”-
 
-“E i Nuggets?”- Continuò lui divertito.
 
-“Insomma Edward, vuoi finirla di sbirciare?”- Replicai stizzita, allontanando il sacchetto dal suo sguardo inquisitore. –“Lo sai che i bambini hanno sempre fame e poi-“-
 
Ma non riuscii a terminare la frase, perché all’improvviso le mie labbra furono risucchiate dalle sue e la mia lingua si era ritrovata a danzare famelica contro la sua.
Il bacio non durò tanto, ma quei pochi secondi bastarono a mandarmi a fuoco gli ormoni.
 
-“Vai Bella. Fai in fretta, io ti aspetto qui…”- Sussurrò parlandomi direttamente sulle labbra, e dalla sua voce roca capii che ne era rimasto sconvolto tanto quanto me.
 
Barcollante e disorientata, arrancai fino alla porta di casa, e mi ci volle almeno un intero minuto per riuscire a trovare le chiavi e ad inserirle all’interno del buco della serratura.
 
Abbandonai precipitosamente la busta sul tavolo e mi piombai nuovamente sull’uscio di casa.
 
Solo quando stavo per richiudere la porta alle mie spalle il mio cervello mi mostrò una possibile immagine di Rocky che trafugava il cibo del McDonald’s spargendolo per tutta casa, e così pensai bene di rientrare e spingere a fatica tutto quel cibo al sicuro all’interno del frigorifero.
 
Ad opera compiuta, mi avviai nuovamente verso l’uscita un po’ più tranquilla, ma più mi avvicinavo, e più ripensavo al fatto che sicuramente il mio alito doveva aver assunto un sapore non proprio idilliaco dopo la mia recente abbuffata.
Chissà che cosa aveva pensato Edward dopo il bacio di poco prima.
Magari la sua faccia sconvolta era dovuta al fatto che aveva percepito direttamente con la sua lingua il retrogusto abbastanza nauseante del cibo del McDonald’s.
 
Per questo motivo corsi subito in bagno, afferrando spazzolino e dentifricio e strofinandomi i denti manco avessi appena ingerito l’intera busta di cipolle contenuta nella dispensa di casa.
A lavaggio concluso, non potei non notare il modo in cui i miei capelli avessero assunto una forma orribile, ed il trucco leggermente colato dopo un’intera giornata lavorativa, mi faceva assomigliare più ad una qualche parente di Bill Kaulitz dei Tokio Hotel…
In meno di cinque secondi mi ritrovai nuda sotto la doccia, cercando di profumare i miei capelli ed il mio corpo con il doccia schiuma di Chanel regalatomi da Alice qualche mese prima.
Fu molto probabilmente la doccia più veloce della mia vita, ma quando uscii finalmente dal bagno ancora gocciolante e con un misero asciugamano legato alla bene e meglio a coprirmi il corpo, dei rumori sospetti provenienti dal soggiorno mi fecero raggelare sul posto.
Non poteva essere Alice. Ero sicura che lei e Jasper ci avrebbero impiegato come minimo tutta la notte per cercare di chiarirsi a vicenda, e quindi la prima cosa che mi venne in mente era che fosse appena entrato un pericolosissimo ladro feroce.
Sicuramente con la mia consueta sbadataggine, avevo lasciato la porta di casa aperta, ma la cosa che mi sorprendeva di più era che Rocky non stava abbaiando. Magari lo avevano drogato, o bastonato, o chissà cosa, ed in men che non si dica, mi ritrovai con in mano la dea della fertilità portata da Alice da uno dei suoi innumerevoli viaggi per il mondo, pronta a colpire qualsiasi cosa respirasse mi fossi ritrovata davanti.
 
Più mi avvicinavo al soggiorno, e più sentivo riecheggiare nell’aria quel rumore di passi all’interno della stanza. Il cuore mi batteva all’impazzata ed il panico si impossessò di me nel momento in cui pensai che con la mira assolutamente inesistente che possedevo, non sarei stata in grado di colpire il presunto ladro neanche se lo avessi ritrovato legato ed imbavagliato su una sedia.
 
Per cui quando entrando nel salone mi accorsi di una figura imponente nascosta nell’ombra, pensai furbescamente di provare a spaventarlo attraverso qualche intimidazione vocale.
 
-“Stai fermo o giuro che ti ammazzo!”- Strillai con voce strozzata, portando le dea sopra la mia testa e cercando di prendere la giusta mira per scagliargliela addosso.
 
-“Isabella, ferma!”- Mi gridò di rimando l’uomo, che solo in quel momento riconobbi come Edward.
 
-“Edward?”- Farfugliai sorpresa, abbassando l’arma che ancora tenevo stretta tra le dita.
 
-“E chi pensavi che fossi?”- Mi chiese, uscendo finalmente dall’ombra nel quale era immerso. –“Non arrivavi più, e quando sono venuto a bussare alla tua porta, l’ho trovata spalancata e mi sono preoccupato. Scusami se sono entrato così, ma volevo solo assicurarmi che fosse tutto… apposto…”- L’ultima parola l’aveva pronunciata in modo alquanto… strascicato.
 
-“Oh…”- Fù l’unica cosa che riuscii a pronunciare.
 
Lui era entrato per me.
Perché si era preoccupato.
Perché voleva salvarmi…
 
Oh, Edward il salvatore…
 
-“Bella…”- Si era avvicinato ancora, lentamente, come un predatore che tenta di sedurre la propria preda prima dell’attacco finale.
Solo che non si era ancora reso conto di avermi già completamente sedotta sin dal primo giorno in cui lo avevo rivisto.
 
-“Tu…”- Soffiò dalle sue labbra, guardandomi con una strana luce negli occhi.
 
-“I-io?”- Balbettai, imbarazzata dal suo sguardo sempre più pressante e… famelico.
 
-“Ti rendi conto di stare indossando solamente un ridicolo asciugamano che praticamente non lascia nulla all’immaginazione, vero?”-
 
Davvero?
Oh porco cazzo, si che è vero!
Ecco il perché di quello sguardo insistente!
 
Abbassai immediatamente gli occhi, rendendomi effettivamente conto delle mie cosce scoperte e del mio seno sinistro quasi completamente privo di qualsiasi costrizione.
Edward mi aveva già vista nuda, lo sapevo io e lo sapeva lui, ma tutta quella situazione, aggiunta al fatto che non lo vedevo da parecchi giorni e che era venuto a prendermi proprio per portarmi a casa sua e fare… fare… beh sì, quella cosa lì… Insomma, l’insieme di tutti questi fattori fecero scattare la parte più pudica di me che mi fece balzare all’indietro e tentare di prendere la via per la stanza più vicina.
Tentativo che ovviamente fallì non appena le sue grandi mani bloccarono ogni mio possibile movimento afferrandomi per le braccia.
 
-“Bella, non andartene. Non scappare via. Ricordi cosa ti ho detto l’ultima volta che sono stato qui?”-
 
Veramente della sua ultima visita in casa mia, ricordavo ben altri dettagli, ma comunque cominciavo a capire a che cosa si stesse riferendo.
 
-“Vorrei vederti ancora spensierata come quella sera, senza pensieri assurdi ad affollarti la mente e soprattutto vorrei sentirti dire di persona che non ti sei pentita di quanto accaduto…”-
 
-“Non mi sono pentita!”- Risposi prontamente, senza quasi rifletterci nemmeno. Non ero affatto pentita, e anzi, avevo atteso anch’ io con ansia il momento in cui ci saremmo rivisti.
Solo che avevo sperato in un qualcosa un po’ meno… d’impatto.
 
-“Vuoi ancora venire a casa mia Bella?”-
 
Assentii con la testa, mordendomi forte il labbro inferiore e affondando il mio sguardo in quelle pozze verdi e fiammeggianti che erano i suoi occhi.
 
Un angolo della sua magnifica bocca si sollevò, trasformando quel semplice gesto in un sorriso tremendamente sexy ed irresistibile.
 
-“Non morderti il labbro Isabella…”- Mi chiese suadente, liberandomelo poi delicatamente con il pollice –“Perché voglio farlo io e sto cercando di trattenermi solo per permetterti di andare a prepararti… Perciò mia piccola, provocante ed ingenua Isabella… Per favore, vatti a vestire e andiamocene da qui una volta per tutte.”-
 
In un attimo si staccò da me, lasciandomi infreddolita ed accaldata e spossata e vogliosa di possedere qualsiasi tipo di attenzione che quelle mani, quelle labbra e quel corpo sapevo potevano regalarmi.
Corsi in camera mia, indossando la prima biancheria non troppo casta che mi capitò a tiro, ed infilandomi un vestitino blu di cotone  leggero che accarezzava le mie forme senza tuttavia mostrare niente di troppo e di volgare.
Mi truccai leggermente, lasciando i capelli sciolti e ancora bagnati a coprirmi le spalle scoperte e spruzzandomi sul collo un velo di quel profumo leggermente fruttato che ero solita indossare fin da quando ero ragazzina.
In meno di dieci minuti ero pronta in tutti i sensi, e mi fiondai da Edward con una foga che non credevo avrei mai provato in vita mia.
 
-“Andiamo?”-
 
Sembrava stranamente molto più impaziente di me, e quando finalmente raggiungemmo la sua auto, immergendoci subito nelle strade notturne di Los Angeles, mi domandai come quest’uomo potesse apparire così controllato, tranquillo e con ancora tutto quel fascino irresistibile addosso nonostante non dormisse da chissà quante ore.
Aveva attraversato una marea di continenti solo per venire subito da me, e un po’ mi rabbuiai pensando che magari aveva fatto tutto questo solo per portarmi a letto…
Certo, anche io non vedevo l’ora di vederlo tutto completamente, interamente, magnificamente denudato, più precisamente era da quando con Alice avevamo trovato su internet quella foto che lo ritraeva praticamente nudo, che me lo ero immaginata in tutte le posizioni possibili…
Però ecco… io avevo atteso con ansia il suo ritorno soprattutto perché volevo cercare di conoscere più cose possibili del suo carattere…
 
Certo Bella, come no. Ci stanno credendo tutti, davvero…
 
Ok, ok, forse avevo una gran voglia di rivivere quelle fantastiche sensazioni che mi aveva regalato l’ultima volta, però davvero, la voglia di riscoprirlo interamente era fortissima.
 
-“Va tutto bene?”- Mi chiese Edward tranquillo, riportandomi con i pensieri al presente.
 
-“Sì… sì, tutto bene… Mi stavo solo chiedendo se tu non fossi un pochino stanco…”-
 
-“Sei preoccupata per le mie prestazioni?”-
 
Prestazioni?
 
Oh…
 
Oh…
 
-“Sto scherzando Bella”- Ridacchiò lui notando la mia espressione da ebete –“Sono stanco, sì. Ma ho pensato a te così tanto in questi giorni che ho preferito non perdere altro tempo e venire subito da te. Ti dispiace?”-
 
-“NO! No, non mi dispiace. Io sono contenta, molto, di essere qui con te…”-
 
-“Lo sono anch’io Bella, lo sono anch’io…”- Terminò, prendendo una mia mano e portandola sul cambio con la sua.
 
_______________
 
 
Casa di Edward non era affatto come me l’ero immaginata.
 
Voglio dire, era si lussuosissima e oserei dire perfetta sotto ogni punto di vista, ma avrei immaginato che un tipo come lui abitasse all'ultimo piano di un qualche immenso e imponente grattacielo, lontano dal mondo ma occupando una posizione strategica che gli permettesse di controllarlo anche se distante.
Invece la sua casa consisteva in una enorme e bianchissima villa circondata da alberi secolari e giardini verdeggianti, sempre lontano dal resto del mondo certo, ma in mezzo alla natura più viva e rigogliosa. 
 
Varcato i cancelli di villa Cullen e raggiunta l'imponente abitazione , sembrava quasi di trovarsi sul cucuzzolo di una qualche bella e maestosa montagna, e non mi sarei di certo stupita se da un momento all'altro mi fosse apparsa davanti Heidì in compagnia di Belle e Sebastienne.
 
-"Tutto bene?"-
 
-"Come?"-
 
-"Dicevo, è tutto ok? Sei silenziosa da un pò"-
 
Beh, dire silenziosa era un eufemismo. Diciamo proprio che mi ero ammutolita del tutto, soprattutto perchè tutto quel verde indomito e quel bianco accecante mi avevano disorientata non poco. Non sapevo spiegarne esattamente il motivo, ma era come se per l'ennesima volta ero stata costretta ad imbattermi in una realtà di Edward che non mi sarei mai immaginata.
 
-"Sì... Sì, va tutto benissimo... Solo che..."-
 
-"Cosa? Non ti piace la casa?"-
 
Casa?
 
Quell'edificio non poteva essere definito semplicemente casa.
Quella era una mega villa. Un castello incantato. Una reggia immacolata...
 
-"Forza, vieni dentro. Ho una voglia matta di..."-
 
Di?
Di farmi impazzire?
Di ribaltarmi come un calzino?
Di COSA?!
 
-"...  farmi una bella tazza di caffè!"-
 
Eh?
 
-"Non ne bevo uno decente da giorni, e sto morendo dalla voglia di farmene una come si deve"-
 
Ma di farsi cosa?
 
Forse ero io che , accesa dalla voglia sempre più pressante di farmi lui, trovavo uno strano doppio senso in tutte le sue frasi, anche se dallo strano sorrisino che aleggiava sulle sue labbra mentre scendeva dalla macchina per venire ad aprirmi lo sportello, quei famosi doppi sensi sembravano molto più che voluti.
 
Tuttavia, dovetti mantenere ancora una volta un certo contegno perchè quando finalmente entrammo nell'abitazione, fummo immediatamente assaliti da quella che supposi essere una governante in piena regola.
 
-"Buonasera Sig.Cullen!"-
 
-"Buonasera Angela"-
 
-"Ha fatto buon viaggio?"-
 
-"Non c'è male, ma l'arrivo è stato sicuramente più piacevole"-  Aggiunse lui con nonchalance, lanciandomi l'ennesima occhiatina maliziosa atta a farmi ribollire il sangue nelle vene.
 
Un ribollimento che, ripensando ai suoi baci e alle sue carezze, era certamente più che piacevole...
 
-"Desidera cenare Mr Cullen?"-
 
-"Si, ti ringrazio Angela."-
 
-"Ha qualche preferenza, signore?"-
 
-"Bella, tu cosa desideri?"-
 
Solo in quel momento Angela volse lo sguardo verso di me, guardandomi dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi in modo tutt'altro che benevolo, e lanciandomi  anch'ella un'occhiatina, che però non aveva nulla a  che vedere con quella di puro desiderio di Edward di poco prima.
 
Che avevo che non andava? Avevo forse indossato l'abito al contrario?
 
-"Buonasera"- Salutai un pò impacciata, facendo ciao ciao con la manina manco fossi una dodicenne alle prese con la sua prima cotta adolescenziale.
 
Angela mi squadrò di nuovo interamente e dopo un accenno di saluto appena sussurrato, tornò a guardarmi torva in attesa di una risposta.
 
-"A dire il vero io non ho... Molta fame..."- Aggiunsi, spostando il mio sguardo su quello di Edward che mi guardava con un punto interrogativo stampato in fronte.
 
Possibile che non avesse notato tutto quell'astio che la sua governante provava nei miei confronti?
 
-"Non vuoi cenare?"- Mi chiese ancora più confuso.
 
Negai nuovamente con la testa, questa volta leggermente infastidita.
 
Cosa c'era di tanto strano?
 
Credeva forse che dato la ciccetta che mi portavo addosso, dovessi essere sempre perennemente affamata?
E poi, avevo mangiato così tanta di quella roba al Mc Donalds, che se avessi ingurgitato anche solo una piccola forchettata di un qualsiasi altro genere di cibo, sarei esplosa come i fuochi d'artificio a capodanno.
 
Edward ordinò così ad Angela un semplice panino  al formaggio e subito dopo  la donna si congedò, lasciando finalmente la stanza e facendomi tirare così un sospiro di sollievo che purtroppo non passò inosservato agli occhi di Edward.
 
-"Cosa c'è?"-
 
-"Non credo di piacerle molto..."- Ammisi, indicando con la testa la porta dalla quale era appena uscita la sua governante.
 
-"Ti riferisci ad Angela?"-
 
Annuii un po’ turbata.
 
-"Bella, sono sicuro che non è come credi e comunque, del suo giudizio non ti deve importare niente. Non è a lei che devi piacere, non è a lei che la tua testolina deve pensare, e non è per lei che le tue belle labbra si devono muovere, mi hai capito?"-
 
Mi guardò intensamente negli occhi e nel tempo che impiegò ad articolare quella frase, l'aria intorno a noi divenne talmente elettrica e carica di desiderio che rischiai di avere un infarto semplicemente guardando la sua lingua guizzare fluidamente dalla sua bocca per pronunciare quelle parole.
 
-"Ora vieni con me. Non ho fame solo di cibo, e benchè per il primo posso risolvere la questione abbastanza velocemente, per placare l’altro mio insistente appetito avrò bisogno di molto, molto più tempo..."-
 
E mi condusse con lui verso la sala da pranzo, tirandomi senza esitazione per un braccio e lasciandomi con dolorosi crampi di desiderio a divorarmi lo stomaco.
 
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La prima cosa mi resi conto di non sopportare particolarmente in Edward, era la sua parlantina.
 
Infatti, dopo quel momento intenso e scottante dove avevo disperatamente agognato un suo bacio mai arrivato, aveva iniziato a parlare e parlare, raccontandomi aneddoti sul suo recente viaggio ed informandosi su come mi fossi trovata a riprendere finalmente le mie mansioni in azienda.
Il tutto ovviamente accompagnato da occhiatine languide e per nulla mascherate al mio fondoschiena o al mio decolté, che avevano messo a durissima prova il mio povero autocontrollo.
 
Benchè a inizio serata avessi avuto un pò di timore nel trascorrere del tempo a casa sua e avessi ammesso di volerlo conoscere soprattutto caratterialmente, in quel momento l'unica cosa che il mio cervellino era in grado di produrre erano valangate di ormoni impazziti, i quali poverini, data la presunta intenzione di Edward di non smettere mai di parlare e raccontare, sembravano non riuscire ad ottenere il tanto agognato sfogo sessuale
 
La seconda cosa che quella sera mi resi conto non apprezzare particolarmente nel mio capo, era rappresentata dalla sua innata capacità di mantenere la calma anche durante quelle situazioni in cui volente o nolente, il desiderio di saltare addosso all'altra persona e farla tua in tutti i modi possibili ed immaginabili, è talmente potente che se misurabile in metri, potrebbe tranquillamente superare l’altezza della montagna più alta del mondo.
 
Come faceva a guardarmi come mi guardava e fingere che nulla stesse accadendo?
 
Più volte nell'arco di tempo che impiegò per mangiare, bere il suo preziosissimo caffè, e farmi fare il giro completo di villa Cullen, eravamo incappati in situazioni involontariamente equivoche, come la volta in cui mostrandomi una delle tante stanze per gli ospiti, ero inciampata sul piccolo gradino che si ergeva ai bordi del letto, ed Edward per evitare di farmi cadere rovinosamente a terra, mi aveva afferrato per i fianchi, sbattendo il suo bacino contro il mio fondoschiena e ritrovandomi così piegata in avanti in una situazione davvero molto, molto imbarazzante, soprattutto visto che dalla vergogna, ero rimasta in quella posizione per parecchi ed interminabili secondi.
 
Oppure c'erano state piccole frecciatine verbali, atte a risvegliare i più primitivi e carnali istinti , ma dalle quali Edward sembrava sempre riuscire a non apparire coinvolto.
 
Quindi fu abbastanza logico che ad un certo punto mi domandai se tutti quei bei discorsi telefonici dei giorni prima e tutti quegli ammiccamenti vari di inizio serata, non erano stati tutto un frutto della mia sciocca fantasia o dell’improvviso totale disinteresse di Edward nei miei confronti.
 
Come se non bastasse, per fare il giro completo di quell'edificio infinito, ci avevamo impiegato quasi due lunghissime ore, col risultato che il fastidiosissimo mal di piedi di ore prima si era ripresentato imperterrito, rendendomi quasi impossibile muovere un ulteriore passo se non per stramazzare al suolo gridando pietà per le mie povere caviglie.
 
-"C'è un'ultima cosa che devo mostrarti"-
 
-"Ancora?"- Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva quando mi resi conto che quella risposta tutt’altro che entusiasta l'avevo pronunciata ad alta voce.
 
Edward sorrise di sbieco, quasi ci fosse rimasto veramente male per quella mia uscita infelice.
 
-"Edward, io volevo dire..."-
 
-"Non preoccuparti Bella. Sei stanca, è tardi e ti ho fatto fare il giro di questa casa immensa in una volta sola. Ti assicuro che la stanza che ti mostrerò adesso sarà anche l’ultima di oggi, perciò ti prego di resistere ancora un altro pò."-
 
Ero mortificata e dispiaciuta e anche un poco delusa dal fatto che la serata non stesse andando per niente secondo i miei piani. Però lo seguii ugualmente e silenziosamente, e quando giungemmo nei pressi di una doppia porta in legno chiaro e intarsiato, con delle magnifiche decorazioni ad impreziosirne la superficie, quasi non mi resi conto di quale stanza si trattasse fino al momento in cui non notai un enorme ed imponente letto al centro della camera.
 
-"Questa Bella, è la mia stanza da letto"-
 
Edward aveva pronunciato quelle parole in modo fermo e deciso, richiudendo con un tonfo sordo la porta alle sue spalle.
 
Stanza da letto.
 
Ripercorsi mentalmente tutto il tragitto fatto fino a quel momento, constatando con stupore che era vero, Edward non mi aveva effettivamente ancora mostrato la sua camera personale e mi chiesi stupidamente come diavolo avessi fatto a non accorgermene prima..
Improvvisamente tutti i miei sensi furono di nuovo allerta e mossi nuovamente alcuni passi all’interno di quella stanza in un modo del tutto diverso e consapevole.
Notai il letto enorme e le lenzuola minuziosamente sistemate.
Notai le pareti ai lati della porta finestra completamente nascoste da scaffali stracolmi di libri.
Notai i colori chiari e i tappeti pregiati che ricoprivano gran parte del parquet in rovere e che ti facevano venire voglia di sdraiartici sopra.
Ed infine cosa più importante, notai che benchè avesse definito quella stanza come sua, all’infuori dei numerosi libri esposti sugli scaffali non vi era nessun altro dettaglio tra quelle mura che potesse anche lontanamente definirsi personale.
Era una bellissima stanza certo, ma sembrava non essere mai stata vissuta veramente.
 
-"Vuoi qualcosa da bere?"-
 
Sobbalzai al suono della sua voce, e mi voltai giusto in tempo per vedergli sfilare via la cravatta che appoggiò con poca cura sulla poltrona accanto al letto.
 
-"Brandy, Vodka,  Whisky..."-
 
Rovistava tra le bottiglie poggiate sopra ad un tavolinetto che ancora non avevo notato, ed in quel momento pensai che fosse alquanto insolito possedere all’interno della propria stanza intere bottiglie di liquori piuttosto che effettivi oggetti personali .
 
-"Scegli tu"- Risposi senza nemmeno riflettere.
 
Non ero solita bere superalcolici, e a dirla tutta le uniche volta in cui mi ero concessa qualche innocuo drink, erano state quando Alice mi aveva trascinata a forza in qualche discoteca per cercare di accoppiarmi con persone di sesso maschile.
Per cui non so spiegare il motivo che mi spinse ad accettare la proposta di Edward; forse la verità era che l'improvvisa tensione percepita in ogni suo gesto, mi stava rendendo più nervosa ed inquieta di quanto mi aspettassi.
 
Lo vidi togliersi con grazia la giacca elegante e versare del liquido ambrato all'interno di due bicchieri.
 
-"Stai bene?"- Mi chiese per l’ennesima volta in quella serata, porgendomi poi la bevanda che afferrai senza esitazione.
 
-"Mmmh mmmh"- Annuii, trangugiando in un sorso il contenuto del bicchiere ed iniziando poi a tossire  come un'ossessa.
 
-"Bella! Bella, stai bene?"-
 
-"Certo che sto bene! Perchè continui a ripetermelo?"- Urlai indispettita, scansando bruscamente la sua calda mano dalla mia schiena e voltandomi subito dopo dall'altro lato.
 
Ero una povera stupida.
Una stupida ragazzina che si atteggiava a super donna mostrandosi poi totalmente l'opposto.
E mi dava incredibilmente fastidio quel suo atteggiamento altalenante.
 
Prima mi voleva, e poi non mi voleva.
Prima mi desiderava, e poi non mi desiderava.
Prima mi parlava a raffica, e adesso sembrava quasi infastidito dalla mia presenza.
 
Strinsi i pugni lungo i fianchi e trattenni quelle lacrime fastidiose dovute al frustrante nervosismo che provavo in quel momento.
Mi sarei aspettata di tutto per quella sera, ma non che tra me e lui si creasse tutto quell'assurdo imbarazzo che sembrava stare diventando insormontabile.
Sobbalzai nuovamente quando percepii le sue mani stringermi la vita ed avvicinarmi al suo corpo.
 
-"Bella…"-
 
-"Edward, perchè mi hai portata qui?"-
 
-"Perchè volevo passare del tempo con te."-
 
Passare del tempo...
 
Anch'io passavo del tempo… con Rocky quando dovevo portarlo in giro per i bisogni, e come motivazione non si avvicinava nemmeno lontanamente a ciò che ingenuamente speravo di sentirgli dire.
 
-"Solo per questo? Allora adesso posso anche andarmene, visto che del tempo insieme ne abbiamo passato eccome..."- Provai inutilmente a divincolarmi, col risultato che la sua presa sul mio corpo si rafforzò notevolmente.
 
-"Bella, che ti prende? Vuoi davvero andartene?"-
 
Mi aveva imprigionato con le sue braccia forti e virili, ed ogni sua parola si infrangeva direttamente contro il lobo del mio orecchio, ricoprendo inevitabilmente la mia pelle di mille brividi.
 
-"No..."- Sussurrai infine, arrendendomi a quelle sensazioni troppo forti da reprimere e stringendomi maggiormente a lui, succube del mio corpo traditore.
 
Le labbra di Edward si posarono delicatamente sul mio collo, lasciando una scia di baci roventi che dalla nuca scesero sulla spalla scoperta.
 
-“Pensavo non mi volessi più…”- Sussurrai cercando di riprendere inutilmente lucidità.
 
-“Come hai potuto pensarlo anche solo per un attimo! Bella, sono giorni che ti penso e ti desidero…”-
 
-“Ma ci hai messo così tanto stasera… ed io pensavo invece…”- Stavo articolando frasi senza senso, soprattutto da quando sulla mia pelle oltre alle sue labbra si era aggiunta la sua lingua, che adesso mi assaporava come un frutto prelibato.
 
Dovevo apparirgli come una maniaca vogliosa di sesso, che prima si dimostrava timida e pudica, e dopo non pensava ad altro che a quello.
Non era così ovviamente, ma Edward era un uomo bellissimo, intelligente, spiritoso, sexy da morire e benchè volessi realmente conoscerlo sotto ogni punto di vista, resistere al suo fascino e a quell’attrazione incredibile che provavo nei suoi confronti, era molto più faticoso di quello che pensavo.
 
-“Bella, cosa avresti pensato di me se ti fossi subito saltato addosso? Ho cercato di metterti a tuo agio, non volevo spaventarti né tantomeno trattarti come una qualunque.”-
 
Sono un’idiota.
Sì, sono un’idiota colossale e non me ne sono mai resa conto.
Non c’è altra spiegazione al mio non riuscire mai a capire un cappero di niente.
Altro che Alice, qua mi ci vorrebbero innumerevoli martellate sulla fronte…
 
-“Hai un profumo buonissimo… Mi ricorda qualcosa di quando eri ancora una ragazzina…”- Sussurrò carezzevole, mentre le sue mani abbassavano lentamente le spalline del mio vestito sulle braccia, lasciandolo poi scivolare dolcemente a terra.
 
Non era giusto che per spogliare una donna ci volessero sì e no dieci secondi netti, mentre per riuscire a denudare un uomo ci volesse un tempo molto, ma molto più ampio.
 
-“E’ lo stesso… Il profumo, è uguale a quello che usavo al campeggio…”- Articolai flebilmente, non credendo possibile che ricordasse persino la fragranza che ero solita utilizzare moltissimi anni prima.
 
La stoffa che sentivo solleticarmi la schiena, mi ricordò che lui era ancora tutto vestito e quando mi voltai per slacciargli almeno la camicia, i suoi occhi furono inevitabilmente catturati dal mio seno costretto dal reggiseno a coppe.
Fui felice e lusingata per quell’espressione rapita e piena di desiderio, ma mi costrinsi a continuare la mia missione di spogliare Edward fingendo un’indifferenza che in realtà non provavo assolutamente.
Ad ogni bottone slacciato, il mio dito indice carezzava il suo petto nudo, e solo con quel contatto potevo già distinguere tutti quei deliziosi avvallamenti causati dai muscoli tonici e forti del suo corpo.
Era straziante non poter strappare via con forza quell’indumento e godere della vista del suo torace ampio e perfetto, ma fu tremendamente appagante vederlo mugugnare di piacere ogni qualvolta la mia mano sfiorava la sua pelle.
 
Quando finalmente lasciai scivolare la camicia a terra, toccai con mani tremanti il suo petto, le sue spalle e le sue braccia forti, e mi costrinsi a mantenere il controllo quando iniziai a scendere verso la parte bassa del suo bacino, afferrando la sua cintura e slacciandogliela con una lentezza che da lì a poco avrebbe ucciso entrambi.
 
Infine, quando anche  la cintura finì distesa a terra, mi permisi di avvicinarmi maggiormente a lui, baciando con infinita lentezza la pelle profumata e calda del suo petto e abbassando finalmente l’ultimo indumento che ancora copriva il suo corpo perfetto.
 
I miei denti affondarono spietati nel mio labbro inferiore non appena i miei occhi notarono l’evidente ed ingombrante rigonfiamento celato dai boxer neri attillati.
La mia mente calcolò che erano mesi, tanti, troppi che non mi capitava di vivere un momento come quello, ed in quel preciso istante fui felice che Edward avesse atteso così a lungo prima di giungere sino a quel punto.
Mi resi conto che benchè lo desiderassi da morire, avevo paura di non riuscire a stargli dietro.
Erano paranoie inutili ed insensate, ma che la mia mente viaggiasse in un modo del tutto incomprensibile, ormai lo avevamo capito tutti.
 
Quei pensieri confusi, cessarono finalmente di tormentarmi non appena percepii il tocco delle sue mani posarsi possessive sui miei fianchi,  spingendomi con desiderio contro il suo corpo per poi risalire lentamente lungo la mia spina dorsale, dove trovarono e sganciarono il gancetto del mio reggiseno che andò a fare compagnia agli altri indumenti mezzo secondo più tardi.
 
In un attimo mi ritrovai in braccio ad Edward, con le gambe allacciate alla sua vita e le braccia a circondargli il collo teso. Era bello, bello da morire con quell’espressione di puro piacere dipinta in volto, e la bocca semi aperta in cerca di quell’ossigeno che sembrava non bastare mai.
Non ci pensai due volte a tuffarmi su quelle labbra e quando sentii di nuovo il suo sapore, seppi per certo che non avrei mai voluto trovarmi in nessun altro luogo se non tra le sue braccia.
 
Avanzò verso il bordo del letto continuando a divorarmi le labbra con passione sempre maggiore e quasi non mi accorsi di essere già sdraiata sopra a quelle morbide lenzuola, sovrastata dal suo corpo caldo ed invitante.
La sua bocca scese sui miei seni, baciandoli con devozione e cura, saggiandone la consistenza con le grandi mani e suggellando il mio sapore con ogni tocco della sua lingua.
Sentivo di desiderarlo così tanto che ero sicura non ne avrei mai avuto abbastanza.
Quando si abbassò di nuovo, il mio corpo rispose prontamente alle sue attenzioni, alzando di poco il bacino e permettendogli così di sfilarmi anche l’ultimo indumento rimasto.
 
Tornò sulle mie labbra famelico, mentre con le mani ripercorreva il profilo del mio corpo arrivando ad accarezzare il centro del mio punto più caldo e bagnato solo per lui.
 
Sentivo che l’apice era vicino, e quando le sue dita si spinsero al mio interno, non potei impedire alla mie labbra di liberare un gemito di puro piacere.
 
Il mio corpo si inarcava contro il suo, ed il mio bacino era succube di tutti quei lussuriosi vezzeggiamenti che presto mi avrebbero portato al culmine.
 
-“Vieni Bella, vieni per me…”-
 
Ed ancora una volta, accompagnato da quelle parole sussurrate languidamente contro il mio  orecchio, il mio piacere esplose all’improvviso, intrappolando le sue dita ancora immerse dentro di me, e trasportandomi in un mondo fatto di colori accecanti e sublimi sensazioni.
 
Quando ripresi il controllo sul mio corpo, mi voltai verso quell’uomo in grado di farmi provare realtà mai vissute prima, e benché aleggiasse sul suo volto un sorrisetto compiaciuto, potevo notare benissimo come in verità stesse cercando di domare quella parte di lui che premeva per buttarsi di nuovo a capofitto tra le mie braccia.
 
Altro che autocontrollo, Edward non vedeva l’ora di saltarmi addosso.
 
Così, armata di coraggio e di voglio di soddisfarlo, di toccarlo e di chi più ne ha, più ne metta, lo spinsi con la schiena sul letto, posizionandomi a cavalcioni sopra di lui e godendo della vista del suo corpo ora in mio completo possesso.
Sentivo la sua eccitazione premere in mezzo alle mie gambe e nel momento in cui iniziai a dondolare lentamente sui suoi fianchi, le sue mani si aggrapparono con forza alla mia vita, spingendomi con desiderio contro il suo bacino. Lo sentii trattenere il respiro non appena il calore del mio corpo lo raggiunse proprio li dove più agognava le mie attenzioni e senza più inibizioni mi avventai ancora una volta su quelle labbra rosse e carnose che sembrava non aspettassero altro che sfiorare le mie.
 
Le mie mani disegnavano il contorno dei suoi muscoli con minuziosa attenzione, cercando di imprimere ogni dettaglio del suo corpo nella mia mente per sempre.
Il profumo di Edward era irresistibile, come sempre, ma il sapore della sua pelle era qualcosa che ti dava alla testa. Era qualcosa di unico ed inebriante, qualcosa che ti spingeva a constatare con sempre maggior desiderio se davvero tutto di lui fosse così sconvolgente. 
 
Baciai le sue spalle forti, il suo petto ampio e tracciai col la lingua il profilo di quegli addominali incredibilmente sodi e tesi per lo sforzo di trattenersi.
Scesi ancora, incontrando l’ultimo ostacolo che impediva il contatto diretto tra i nostri corpi.
Non so cosa Edward si aspettasse che facessi, ma nel momento in cui afferrai le estremità dei boxer con entrambe le mani, lui bloccò sul nascere ogni mio movimento, portandomi nuovamente sotto di lui.
 
-“Sei sicura?”-
 
Se ero sicura?
Sì, certo che lo ero.
 
Troppe volte mi ero negata i piaceri più carnali della vita, ed inoltre Edward era in grado di farmi provare sensazioni così incedibili e piacevoli che mai e poi mai mi sarei anche solo azzardata ad interrompere quello che stava per accadere.
Ero pronta, pronta per lui e per tutte quelle cose straordinarie che ero sicura mi avrebbe fatto provare ancora.
 
-“Sì Edward. Ti voglio adesso, sempre…”- Sussurrai senza più paura, osservandolo spogliarsi del tutto ed infilarsi sensualmente in mezzo alle mie gambe.
 
Non ero vergine, certo, ma quando lo vidi sollevarsi di poco per riuscire a prendere quello che capii essere un preservativo dal comodino, non potei non provare un piccolo brivido di timore davanti a quelle misure che non erano neanche lontanamente paragonabili all’armamentario di Jacob…
 
Edward era… beh, il suo coso era…
Si insomma, avete capito immagino.
 
Quindi quando notò la mia faccia sconvolta ci impiegò qualche secondo a capire il perché del mio nuovo stato d’animo.
 
-“Avevo capito che non fossi vergine…”-
 
-“Non lo sono infatti…”-
 
-“E allora cosa… Oh…”- Mi guardò un po’ intenerito, cercando di nascondere quel sorriso soddisfatto che era comparso sulle sue labbra.
 
-“Prometto di non farti male e ti giuro Bella, ti piacerà così tanto che mi implorerai di farlo ancora, e ancora…  e ancora…”-
 
Io deglutii, una, due, cinque, sei, sette volte, poi capii che per fermare quell’emorragia di saliva, dovevo farlo mio e basta.
 
-“Non c’è bisogno del preservativo. Prendo la pillola da qualche anno…”- Gli rivelai già ansimante, mentre afferravo quell’aggeggio che aveva tra le mani e lo lanciavo da qualche parte sul pavimento.
 
Edward sembrò apprezzare molto quella notizia e si sollevò di poco, sistemandosi meglio tra le mie gambe ed offrendomi così una visuale completa del suo magnifico corpo.
Afferrò le mie cosce, sollevandole quel tanto che bastava per far combaciare i nostri bacini e portando le mie gambe ad allacciarsi dietro la sua vita.
Quando lo sentii appoggiarsi alla mia entrata ebbi un fremito che mi sconquassò fino alla punta dei capelli. Stavo per farlo davvero. Stavo per fare l’amore-sesso, con Edward, colui che mi aveva sconvolto la gioventù e condizionato la vita fino ad allora, e che in quel momento pregai con tutto il cuore continuasse a farlo fino alla fine dei miei giorni.
 
Lo sentii entrare, scivolare piano e fluidamente dentro di me, sempre di più e più a fondo, fino a quando non penetrò completamente.
Iniziò a muoversi, alternando spinte lente ed estenuanti ad altre forti e desiderose, risvegliando parti di me assopite da troppo tempo.
 
Vederlo così passionale e carnale, con i muscoli contratti per lo sforzo di non essere troppo rude, e cercando di regalarmi le sensazioni più belle del mondo, era uno spettacolo così erotico ed eccitante che neanche le più belle storie d’amore avrebbero saputo raccontare.
 
Aveva ragione lui, non stavo provando alcun dolore nonostante avessi temuto il contrario.
Edward era bravo, molto, troppo, e per una frazione di secondo pensai a quante donne si fosse portato a letto prima di me.
Scacciai subito qui pensieri funesti, andando incontro alle sue spinte, spingendolo e spingendomi al limite del desiderio.
 
-“Così Bella… Bella…”-
 
Mi faceva impazzire il modo in cui pronunciava il mio nome, come se fosse in preda al più bello dei deliri, e quando sentii il piacere raggiungere vette troppo alte, sciolsi l’intreccio delle mie gambe dietro al suo bacino per permettere alle mie mani di premere con forza sulle sue natiche sode.
Non pensavo potesse essere così appagante vederlo così preso e così, in un certo senso, mio, e quando lo attirai verso di me, spronandolo a darmi sempre di più e con maggior vigore, sentii il mio ventre contrarsi improvvisamente e le mie pareti stringersi in morse strette intorno al suo membro ancora immerso nella mia carne.
 
 
-“Oh Cristo, Bella!”-
 
Edward esplose subito dopo, riempiendomi della sua essenza più vera e rendendomi in assoluto la donna più soddisfatta d’America.
 
Era stato… spettacolare, intenso ed appagante oltre ogni immaginazione.
 
-“No, resta… ancora un po’…”- Lo pregai con il fiatone, costringendolo ancora dentro di me nonostante avessimo appena concluso.
 
-“Ti ho fatto male?”-
 
Dall’espressione beata e pienamente soddisfatta sul suo viso, capii che sapeva perfettamente che avessi provato tutt’altro genere di sensazioni.
Negai comunque con la testa, allungandomi quel tanto che bastava per baciarlo ancora una volta e portandolo nuovamente sopra di me.
 
Aveva ragione lui. Avevo voglia di rifarlo ancora e non vedevo l’ora che anche lui fosse di nuovo pronto per un altro round.
 
Prima però, avevo l’urgente bisogno di darmi una rinfrescata ed una ripulitina coi fiocchi.
 
-“Se hai bisogno del bagno, è dietro quella porta”- Mi comunicò come rispondendo ai miei pensieri, ed indicandomi una porta  proprio dietro al letto.
 
-“Grazie… Per tutto… E’ stato stupendo…”- Sussurrai sulle sue labbra, staccandomi poi mal volentieri dal suo corpo.
 
Guardai la porta ed in quel momento provai un po’ di imbarazzo al pensiero di dover attraversare nuda il tragitto che mi separava dal bagno, soprattutto sapendo che quasi sicuramente Edward si sarebbe soffermato ad osservare la sottoscritta arrancare faticosamente con tutte le grazie al vento.
Senza pensarci due volte, afferrai il candido lenzuolo sfatto posto ai piedi del letto, avvolgendomelo in uno scatto fulmineo intorno al busto e coprendomi così fino alla punta dei piedi.
 
-“Stai scherzando?”- Mi domandò a quel punto un Edward alquanto sgomento.
 
-“Bella, togliti immediatamente quel lenzuolo di dosso.”-
 
Io feci finta di nulla, incamminandomi tranquillamente verso il bagno e cercando disperatamente di non scoppiare a ridere per quell’espressione sconvolta.
 
-“Bella…”- Lo ignorai ancora, continuando a camminare come se nulla fosse.
 
-“Oh Bella, comincia a tremare….”-
 
Mi voltai incuriosita dal tono minaccioso che aveva assunto la sua voce.
 
-“Perché?”- Gli chiesi a quel punto, continuando tuttavia a camminare in direzione della mia meta con il lenzuolo sempre stretto sul petto.
 
-“Perché sto venendo a prenderti!”- Urlò lui di rimando, saltando giù dal letto e facendomi scattare verso la porta del bagno.
Inutile dirvi che mi raggiunse in mezzo secondo, intrappolandomi contro il muro e facendo ridere entrambi come bambini un po’ troppo cresciuti.
 
-“Non nasconderti, sei bellissima…”-
 
I suoi occhi erano così sinceri e limpidi da potervici affogare dentro.
Edward era un sogno che stava prendendo vita, e benché quella realtà mi apparisse così irreale, mi imposi di rubare a quei momenti tutta la felicità che erano in grado di offrirmi.
 
Scossi il capo lentamente, non riuscendo ancora a credere che un uomo come lui potesse essere veramente interessato ad una ragazza tanto comune come la sottoscritta.
Mollai la presa sul lenzuolo che piano scivolò a terra, lasciando che i nostri corpi ritrovassero quel calore e quella morbidezza che presto, sarebbe diventata insostituibile.
 
 
 
 
 
 
 
Ecco qui, finalmente è successo quello che inevitabilmente doveva succedere!
Ok, la parte dove lei saggia la pelle di Edward, sa un po’ di Hannibal Lektar, ma capitemi, qui stiamo parlando della PELLE di Edward, per cui, tutto mi è concesso, no??
Ve la aspettavate così la loro prima volta? Pensate sia stato un po’ troppo avventato da parte di Bella lasciarsi finalmente andare?
Io credo che i nostri due protagonisti siano giovani e senza legami, e che quindi possano divertirsi senza dover attendere chissà quale momento particolare.
Speriamo solo che non ci siano brutte sorprese…………………. -_-
Che ne pensate invece di Angela? Molte di voi la odiano già, vero? Io un pochino sì... Alice e Jasper invece, sono in guerra, ma vedremo nel prossimo capitolo come sarà andata la loro presunta riconciliazione...!
Vi abbraccio tutte e spero di risentire ancora qualcuna di voi!
A presto!

 
 
 
 

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