Like a virgin (traduzione)

di trajektoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Like a virgin ***
Capitolo 2: *** Uncertainty ***
Capitolo 3: *** Wanting more ***



Capitolo 1
*** Like a virgin ***


Altra simpatica Johnlock che spero possa piacervi! L'autrice ancora non ha terminato la storia perciò mi terrorizzano i risvolti che potrà prendere e che dovrò per giunta tradurre, ma ormai ho preso un incarico e lo porterò a termine!;)

Storia originale qui x.


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Mentre John barcollava pateticamente del 221B di Baker Street, pensò che l'aver passato l'intera serata al "Red Lion", scolandosi una pinta dopo l'altra, fosse stata una pessima idea.

Come al solito era stata tutta colpa di Sherlock. Poche ore prima aveva annunciato che era annoiato più del solito e, siccome non vi erano nuovi casi disponibili, passare del tempo in un pub a spiare la clientela sarebbe stato interessante e fruttuoso. Dopo tutto gli ubriachi sono più propensi a vuotare il sacco e a rivelare dei succulenti segreti. O almeno questo è quello che Sherlock ha detto usando un vocabolario più sofisticato e facendo quegli occhioni da cucciolotto a cui John non poteva negare nulla. La verità era che il dottore non voleva proprio opporsi questa volta perchè la prospettiva di un pomeriggio al pub suonava fantastica! Immaginò che un po' di relax sarebbe stato più piacevole degli inseguimenti dei criminali londinesi a cui era solito prendere parte. Perciò John fu piuttosto felice quando lui e Sherlock si incamminarono verso il "Red Lion".

Non tutto però andò come previsto. Saltò fuori che lì nel locale un tizio polacco stava festeggiando la sua promozione al lavoro con un mucchio di altri compatrioti. L'esaltato gruppo stava festeggiando alla grande cercando di coinvolgere nei loro festeggiamenti il resto del pub. E se John aveva imparato qualcosa degli immigrati a Londra era che non era certo così semplice dire di no ad un polacco quando questi stava cercando di coinvolgerti in una bevuta. Nessuno ha mai rifiutato un invito del genere per poi sopravvivere e raccontarlo. Così John finì con in mano un boccale di birra che, nonostante le sue ampie sorsate, pareva non finisse mai.

L'alcol ha questa straordinaria capacità di riunire le persone, e fu così che il buon dottor Watson estese ben presto il proprio repertorio di polacco imparando a dire "Buon giorno", "Cin cin" e un sacco di ignobili parolacce. Fu davvero un'esperienza divertente ma, come tutti i piaceri della vita, per espiare c'è bisogno di affrontare un breve periodo di pentimento. Ecco perchè John s'era ridotto a barcollare così disperatamente desideroso di rientrare nel proprio appartamento.

Sherlock, dopotutto, sembrava essere in perfetta forma. Salì su per le scale senza alcuno sforzo e pareva sorprendentemente sobrio. L'unico indizio che lasciava intuire che avesse bevuto era un leggero rossore che si era dipanato sulle sue, altrimenti pallidissime, guancia. John ebbe il sospetto che Sherlock avesse continuato a versare il proprio drink nel suo boccale per tutto il tempo ma, sfortunatamente, non ne aveva le prove.

Almeno John ebbe modo di vendicarsi di ritorno dal pub durante la corsa in taxi. Il tassista doveva essere un grande fan di Madonna, dato che per tutto il tragitto aveva cantato a squarciagola "Like a Virgin". Lo sguardo di disgusto e di orrore che si era dipinto sul volto di Sherlock era inestimabile.

Finalmente gli scalini finirono e John si afflosciò contro la parete del salotto.

"Mio Dio, un altro scalino e avrei rimesso. Di sicuro non salirò fino alla mia camera da letto. Penso proprio che mi accontenterò del tappeto", disse John incespicando un po' per l'ubriacatura.

"Puoi sempre dormire con me. Il mio letto è grande abbastanza per due", propose Sherlock inaspettatamente, mentre si toglieva il cappotto e lo appendeva sull'attaccapanni.

John lo fissò incredulo. "Cosa? Sherlock dici seriamente?"

"Si. Problemi?"

"La gente inizierà di sicuro a parlare se ci vedesse dormire insieme!"

"Quale gente, John? Guardati intorno, ci siamo solo noi due qui", affermò altezzoso e osservatore come sempre.

"Si... Bè hai ragione ma..."

Sherlock non alzò le spalle, perchè non era nel suo stile, ma la sua espressione del viso diceva tutto.

"Come vuoi. Spero che il pavimento sia abbastanza comodo per te." Sherlock si girò e andò in camera sua senza guardarsi indietro.

John fissò il pavimento e realizzò che, effettivamente, dormire lì non sarebbe stata una grande idea. Il suo sguardo si spostò sul divano che, dopotutto, poteva essere un altro accettabile appoggio per la notte. Ma era ricoperto da tutte le cianfrusaglie di Sherlock – John non ne riuscì ad identificare neanche la metà e, a dire il vero, non ne aveva granchè voglia. Ripulire tutto a quest'ora era fuori discussione così John, in un ultimo ed estenuante tentativo, cercò di prendere il considerazione la poltrona ma si ricordò che lì sopra ci aveva già dormito in passato e il giorno dopo le sue ossa non lo avevano di certo ringraziato.

"Oh, al diavolo!", sospirò con rabbia e si trascinò vero la camera di Sherlock. Il padrone era già disteso sul suo letto e non dimostrò alcuna sorpresa nel vedere entrare il proprio coinquilino nella stanza. John si tolse le scarpe, impresa che richiese del tempo e delle capacità sorprendenti, e si distese accanto a Sherlock.

"Se qualche paparazzo dovesse scattare una foto di noi in queste condizioni e pubblicarla su un tabloid non sarà colpa mia", disse John imbronciato.

"Ti darebbe così tanto fastidio?", disse Sherlock, voltandosi verso John.

"Si!"

Sherlock sorrise.

"Presti troppa attenzione a ciò che la gente pensa. Sono tutti degli idioti."

"Oh si, tutti eccetto l'eccelso e onnisciente Sherlock Holmes!" commentò John sarcasticamente.

Rimase per un po' in silenzio per cercare di mettere insieme i pensieri. "Sai, c'è una cosa che vorrei chiederti e sono abbastanza ubriaco da poterlo fare".

"Chiedi allora."

"E' vero ciò che Mycroft ha insinuato?"

"E cosa avrebbe insinuato Mycroft?"

"Bè, che non sei mai andato a letto con qualcuno!"

"Sono a letto con te ora, no?"

"No! Intendevo "a letto" nel senso... nel senso di essere intimo con qualcuno, ecco!"

Sherlock strabuzzò gli occhi. "E perchè mai vorresti saperlo?"

"Nessun motivo, sono solo curioso. E per quanto ne sappia cedi alla curiosità gran parte del tuo interesse." aggiunse John con casualità.

Sherlock continuò a fissarlo senza tuttavia rispondere.

"Oh bè, se non vuoi parlarne mi sta bene..." cominciò a scusarsi John, ma Sherlock lo interruppe.

"Se proprio vuoi saperlo, non ho mai provato alcuna necessità di... accoppiamento", quasi sputò quella parola.

John non sembrò sorpreso. "Capisco... Bè, guardandoti e considerando che non hai mai avuto nessuno, posso dedurre che tu sia un asessuale, giusto?"

"Brillante deduzione, John. Stai migliorando. Forse un giorno diventerai un consulente investigativo per conto tuo" sentenziò rudemente Sherlock.

John lo conosceva troppo bene per credere che si fosse offeso e rise. "Bè, come definizione ti sta a pennello!"

"A pennello?"

"Si. Cerchi di mantenere le distanze da tutti, perciò è ovvia la tua mancanza di desiderio verso chiunque!"

"Non fare sesso non mi rende meno umano, a differenza di quanto tu creda." L'espressione di Sherlock era estremamente seria e un po' ferita.

"Lo so, Sherlock, lo so," disse dolcemente John. "Scherzavo dai, non prenderla troppo seriamente. E l'alcol che parla dopotutto. Ma mi stavo chiedendo anche... Bè, sei mai stato innamorato?" John si sentì alquanto imbarazzato nel chiederlo.

"Innamorato?"

"Si, hai mai amato qualcuno?

Sherlock guardava così intensamente il soffitto che pareva stesse succedendo qualcosa di estremamente interessante lassù.

"...Non lo so."

"Cosa? Come puoi non sapere una cosa del genere?!" chiese John a dir poco confuso.

"Sentimenti, John! Sono pericolosi, irrazionali e vaghi! Come puoi ricavare un senso da loro?" Chiese il detective frustrato.

"E' questo il punto dei sentimenti, Sherlock, non devi analizzarli, devi solo... provarli!"

"La mia mente non funziona in questo modo, John."

Watson non sapeva come rispondere, così restò in silenzio.

Fu Sherlock a rompere il silenzio dopo pochi minuti.

"Facciamo un esperimento, John."

"Un esperimento? Che tipo di esperimento?" Chiese John.

"Baciami"

"Cosa?!"

"Baciami, John!" Ripetè pazientemente il detective.

"Baciarti? Non sono gay, lo sai!".

"Non ti sto chiedendo se sei gay o no. Ti sto solo chiedendo di baciarmi. Sei sordo per caso?"

"E perchè mai dovrei baciarti?" Tentò di provare un approcciò differente.

"E'un esperimento. Non posso dirtelo, altrimenti invaliderei i risultati".

John non sembrava tanto convinto.

"Esperimento? Solo un esperimento?"

"Lo giuro! Potrei giurarlo sul mio cervello se servisse a convincerti ulteriormente!".

John gemette rassegnato. "Oh, che diavolo sto facendo... Se qualcuno dovesse vedermi... ti ucciderò!" borbottò avvicinandosi a Sherlock. Posò un esitante e delicato bacio sulle sue labbra e se ne discostò immediatamente, come se le avesse trovate roventi. Sembrava ridicolmente turbato.

"E'così che baci le tue ragazze? Non mi sorprende che ti scarichino alla prima e buona occasione!" lo schernì Sherlock con una smorfia di sfida sul volto.

"Oh, che tu sia dannato, Sherlock Holmes!" gridò John e premette le sue labbra contro le sue. Era così euforico (un po' per l'alcol, un po' per la situazione) che l'unica cosa che riusciva ad intendere era che voleva far tacere quel odioso so-tutto-io. Nel momento esatto in cui perse ogni inibizione riversò in quel bacio tutta la rabbia e tutti i sentimenti repressi nel tempo, accarezzò con le dita quegli zigomi marcati e continuò a baciarlo intensamente, stuzzicando incessantemente la sua lingua. Il tutto sembrava così... giusto.

Quando finalmente si distaccarono, si fissarono per un po'. Sherlock non era mai apparso così privo di indizi in tutta la sua vita. John ruppe il contatto per primo e si schiarì la gola per mascherare l'imbarazzo.

"Perciò... I risultati. Quali sono i risultati? Del tuo esperimenti intendo."

"I risultati sono... inconcludenti," disse Sherlock respirando affannosamente. "L'esperimento avrà bisogno di essere ripetuto a tempo debito.".

"Cosa? Sherlock-"

"Buona notte, John," Sherlock diede le spalle al suo amico. Non voleva che John vedesse il sorriso idiota che gli si era dipinto in volto.

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Capitolo 2
*** Uncertainty ***


Sommario:
E'ancora amicizia o forse amore? A quanto pare solo la scienza può dircelo.  E giornaletti per ragazzine...

Ed eccoci nuovamente al secondo capitolo di questa simpatica fanfiction! Probabilmente non vi importerà ma ho voglia di raccontarvi i fatti miei perciò vi dirò che ho letto e tradotto questo capitolo ascoltando l'album di questo meraviglioso gruppo! Buon ascolto a chi lo vorrà! :D

Storia originale qui :)


SOMMARIO:
E'ancora amicizia o forse amore? A quanto pare solo la scienza può dircelo.  E giornaletti per ragazzine...

 

Sono le sei di mattina. Terribile orario per il risveglio post-sbronza. John Watson gemette, mugugnò e cercò di tornare a dormire, ma gli incessanti tonfi, fruscii e bip che provenivano dal salotto rendevano questa un'impresa impossibile.

Aprì lentamente le palpebre. La luce del sole colpì le sue pupille con tale forza da costringerlo a coprirsi con un cuscino per cercare di combattere quell'accecante bagliore, il quale gli penetrò fin dentro il cranio. Si sentiva come se una mandria di elefanti stessero ballando il tip-tap all'interno del suo cervello, la gola era estremamente secca e il sapore nella sua bocca lasciava intendere che avesse mangiato un gatto morto la sera precedente. Lanciò un ultimo e sofferto lamento, desiderando di essere morto. I rumori provenienti dal salotto, sicuramente provocati da Sherlock, di certo non aiutavano le sue pessime condizioni sia fisiche che mentali.

Quando finalmente riuscì a racimolare le forze per rimettersi seduto, cominciò a massaggiarsi le tempie e cercò di riprendersi. Si chiese per un momento perchè diavolo puzzasse come un birrificio e perchè mai stesse dormendo in camera di Sherlock. E, per essere più specifici,  nel letto di Sherlock.

"Grazie a Dio sono ancora tutto vestito!" pensò tra sè e sè guardando con sollievo i suoi vestiti stropicciati. Annebbiati eventi della sera precedente cominciarono a tornare a galla. 

Ricordò di essere andato al pub con Sherlock e di aver mandato giù una ridicola quantità di birra in compagnia di polacchi festaioli. Ricordò poi il tassista fan di Madonna che aveva cantato incessantemente per tutto il tragitto Like a Virgin, cosa che, al momento, era parsa esilarante. Poi John s'era sentito troppo stanco per salire le scale che portano alla sua camera da letto, ed è per questo che era poi finito nel letto di Sherlock. Dopodichè gli aveva chiesto se fosse ancora vergine e se avesse mai amato qualcuno. E poi...

"Oh Cristo... L'ho baciato!", pensò John, sentendo la propria vergogna dipanarsi su tutto il volto. Non potè fare altro che meravigliarsi della propria stupidità. "Due vole. Bene, questo sì che è imbarazzante..."

Non voleva in alcun modo abbandonare la stanza e affrontare il proprio coinquilino, ma aveva un disperato bisogno di bere. E di farsi un bagno. Perciò, nonostante l'imbarazzo e le irritanti pulsazioni che provenivano dall'interno del proprio cranio, riuscì a mettersi in piedi e a trascinarsi in cucina.

Da dove si trovava poteva benissimo ricostruire, grazie a tutto quel trambusto, i movimenti mattutini di Sherlock. La stanza sembrava anche più confusionaria del solito. A dire il vero, pareva che un tornado avesse attaccato il 221B di Baker Street. A parte il solito disordine, John riuscì a scorgere un'enorme pila di libri sul pavimento. Potè individuare solo il titolo di uno di essi, "La Chimica dell'Amore", che lo incuriosì abbastanza. Sul tappeto, vicino ai libri, erano disseminate alcune riviste patinate per teenagers. Quelle sì che portarono John a porsi alcune domande.

Sherlock al momento era seduto dietro al tavolo, fresco come una margherita nei suoi immacolati vestiti. Scarabocchiava qualcosa su dei fogli. Il suo avambraccio sinistro era fasciato da un bracciale pneumatico collegato ad un monitor per la misurazione della pressione sanguigna. 

"Buongiorno, John. Dormito bene?", chiese con un sorriso, buttando uno dei libri sul pavimento con un sonoro tonfo rivolgendo poi la sua completa attenzione al macchinario.

"Troppo poco", rispose cautamente il suo coinquilino, trasalendo all'improvviso rumore. Strizzava gli occhi per il lancinante mal di testa. Cercò di comportarsi normalmente, dato che i ricordi della sera passata erano al quanto sconcertanti. "E' un monitor per la misurazione della pressione sanguigna quello?" non potè fare altro che chiedere. Ecco, quello sì che era strano.

"Ovvio. L'ho preso in prestito dalla Signora Hudson."

"E'un altro dei tuoi strani esperimenti?" Chiese prima che potesse rendersi conto di ciò che stava dicendo. Non voleva che Sherlock si ricordasse dell'esperimento che avevano condotto la notte precedente, ma venne fuori che non ce n'era alcun bisogno. Sherlock aveva una memoria formidabile. 

"Puoi vederla come un'estensione scientifica del discorso che abbiamo fatto ieri sera riguardo all'amore."

"Oh...?" commentò John con aria assente, sentendo le proprie orecchie infiammarsi per l'imbarazzo. Non voleva conoscere i dettagli che però Sherlock si premurò di fornirgli in ogni caso.

"Sto misurando la mia pressione sanguigna in relazione alle sensazioni che provo pensando all'oggetto della mia affezione."

"Cosa?", chiese esterrefatto ma la sua testa ricominciò a pulsare dolorosamente e abbandonò la conversazione. "Non mi interessa cosa stai facendo. Vado a farmi un bagno".

"Dopo che avrai finito apri il frigo. C'è una bottiglia di kefir per te."

"Kefir?", gli fece eco John.

"Latte fermentato. Perfetto per i dopo-sbronza. Sta accanto al fegato umano, ma non farci caso," gli comunicò con un gesto vago.

"E che ci fa lì?" chiese John sorpreso.

"Molly mi ha permesso di prenderlo in prestito per-"

"No, intendo dire quella roba lì, il kefir!"

"L'ho comprato per te."

"Non compri mai niente per me." John cominciò a fissarlo con fare sospettoso. In risposta Sherlock mise su un sorriso del tutto innocente.

"Bè, forse ho bisogno di cambiare."

"Oh... bè... allora... Grazie Sherlock!", John si grattò la testa in preda alla confusione e si diresse in bagno. Non potè così vedere Sherlock che, dopo averci pensato un po' su, depennò una qualche opzione dal suo foglio di carta.

---

Dopo un lungo e piacevole bagno, John si sentì come rinato. Non puzzava più di birra, e questo era senza dubbi un miglioramento, ma la sua testa continuava a torturarlo. Si incamminò a stento verso la cucina, avvolto solo nel proprio accappatoio. Diede un'occhiata a ciò che stava facendo Sherlock, che stava prendendo nota su quanto era riportato nei magazine sui cui era tanto concentrato. John preferì non dargli troppa importanza e rigò dritto verso il frigo. Lì vi trovò la suddetta bottiglia di kefir vicino al fegato umano il quale rendeva l'intera scena un pò inquietante. Decise di ignorare la sensazione e di berne il contenuto.

"Non è poi così male!", affermò e finì l'intera bottiglia con calma. O almeno, con calma avrebbe voluto, dato che Sherlock interruppe la quiete mattutina con un grido che fece andare di traverso il kefir al buon dottore.

"MI SERVONO PIU' DATI!"

"Ma che diavolo, Sher-", ma non fu in grado di finire la frase dato che il suo amico gli si materializzò di fronte gettando malamente la bottiglia nel lavello. Si avvicinò così tanto a John che i loro nasi potevano quasi toccarsi. John voleva allontanarsi ma non potè dato che Sherlock lo aveva spinto contro il frigorifero.

"Ho le pupille dilatate?, chiese con una nota di genuina curiosità nella voce.

"Ma cos-"

"Ho le pupille dilatate adesso?", ripetè sgarbatamente.

"Ah hem, forse...?"

"Forse non è una risposta. Si o no?"

"No."

"Lo stimolo deve essere troppo debole," mormorò tra sè e sè, calcolando chissà che cosa. Dopo questa breve pausa riflessiva, annunciò con convinzione. "John, devi baciarmi di nuovo."

"Oh, no, no. Ho chiuso con questa storia", dichiarò John fermamente nel tentativo di liberarsi, ma Sherlock non si mosse di un millimetro.

"Perchè?"

"E' da pazzi! L'ho fatto solo perchè ero ubriaco!"

"E' stato così brutto?", chiese sentendosi in qualche modo ferito.

"No!", gridò con rabbia ricomponendosi immediatamente. "Non è questo il punto. Non lo farò e basta."

Sherlock roteò gli occhi.

"John, è per la scienza!"

"No, non lo è!"

"Lo è! Devo riuscire a risolvere il problema!"

"Quale problema?"

"Il problema dell'amore!"

John lo guardò incredulo.

"Sei serio?"

"Assolutamente. Non posso farlo senza di te!", lo implorò guardandolo negli occhi.

"C'è un posto speciale per te all'inferno, Sherlock Holmes" pensò John il quale però disse poi con rassegnazione:

"Si, ok, va bene."

"Grazie, John", sorrise e avvicinò le proprie labbra a quelle del compagno. "Fallo lentamente", borbottò in un fil di voce mentre chiudeva gli occhi.

John emise un flebile sospiro e posò una mano sul collo di Sherlock e l'altra sulla sua guancia. Accarezzò delicatamente la pelle del detective prima di permettere alle loro labbra di toccarsi. Ricordava quanto quelle labbra fossero soffici ed elastiche. E come avrebbe potuto scordarsele?! Il sapore e il calore famigliare della bocca e della lingua di Sherlock gli fecero ancora una volta girare la testa. Era una sensazione strana, sia piacevole che amara, una sensazione causata dal suo essere così vicino al proprio amico eppure così lontano. Non se ne era mai accorto prima, perchè era ubriaco e perchè non gli importava, ma ciò era così dolorosamente vero. Quei baci non significavano nulla per Sherlock. 

Lo lasciò andare e lo scrutò con una punta di tristezza. Sherlock lo fissò e gli chiese senza preavviso:

"Ho le pupille dilatate adesso?"

La domanda prese John alla sprovvista. S'era completamente dimenticato della conversazione avvenuta qualche minuto fa.

"Cosa?"

"John, concentrati!" Replicò stizzito. "Ho le pupille dilatate?"

"Sono ancora mezzo sbronzo, ho appena smesso di baciarti, e la mia mente è alla deriva. Come puoi aspettarti che mi concentri?!" pensò John, che in qualche modo riuscì a semplicemente a dire:
"A dire il vero no. No."

"Eppure le tue lo sono...", affermò pensieroso correndo verso il salotto, dove ricominciò a scarabocchiare qualcosa sul suo foglio di carta. John rimase lì  in preda alla confusione mentre ascoltava Sherlock snocciolare i vari punti della sua lista a sè stesso:

"...Battito accelerato: c'è. Polso accelerato: c'è. Palmi sudati: moderatamente. Brividi: no. Respiro affannato: lieve. Contrazioni dello stomaco: nessuna. Svenimento: no. Problemi di concentrazione: no. Perdita di appetito: no. Desiderio di soddisfare l'oggetto della propria affezione comprandogli/le un regalo: c'è. Pupille dilatate: no. Sensibilità al tocco: liev-" 

La realizzazione di ciò che stava accadendo colpì John come un mattone in testa. Non poteva credere alle proprie orecchie, anche se dei risvolti del genere doveva aspettarseli.

"Aspetta un po', Sherlock. Stai davvero cercando di decidere scientificamente se sei innamorato o meno?"

"Ovvio," ammise semplicemente. "L'amore non è altro che l'azione complessiva di vari ormoni. Il corpo non mente, ne mostra i sintomi. Tutte le risposte sono qui!"

"Bè, buona fortuna nel ricercare la verità nei giornaletti per teenager..." disse John sarcasticamente. Sentì il disappunto scavargli nel petto, anche se si rendeva ben conto di quanto fossero stupidi quel tipo di sentimenti. La cosa migliore da fare era ritirarsi nella propria stanza, ma Sherlock lo fermò prima che potesse muoversi.

"John, aspetta... Secondo la mia ricerca ci sono il 52% delle probabilità che io possa essere innamorato di te. I risultati, comunque, non sono ancora nè finali nè conclusivi, dato che la materia in questione sembra difficile da calcolare." Annunciò con così tanta formalità che pareva stesse tenendo una conferenza ad un congresso di medici e scienziati. Completamente disinteressato nei confronti della propria ricerca. "Ecco perchè non posso decidere con certezza se sono o non sono innamorato di te." 

"Sherlock innamorato?! L'Inghilterra cadrebbe!", replicò John aspramente, cercando di combattere l'impulso di prendere a pugni il muro.

In ogni caso Sherlock non sembrava interessato a cosa John avesse da ridire sull'argomento. Analizzò i risultati di nuovo e questa volta un'espressione di genuina sorpresa gli si dipinse in volto.

"John..."

"Hm?"

"91%..."

"91%? Non ha alcun senso, Sherlock!"

"91%. Sono le probabilità che tu sia innamorato di me..."

John si sentì raggelare. No, non stava succedendo. Sherlock è stato, è e sempre sarà solo un amico per lui. SOLO UN AMICO. Non ha mai pensato a lui in maniera diversa. E, anche se lo avesse fatto, aveva sempre trovato una risposta plausibile all'arcano. Non poteva essere innamorato di Sherlock Holmes. Era ridicolo. 

Girò i tacchi e si incamminò verso la propria stanza.

"John?", lo richiamò uno Sherlock più che confuso.

"Lasciami solo."

"Ma John-" Gli corse dietro e gli mise una mano sulla spalla, ma John si girò di scatto e urlò contro il suo viso:

"HO DETTO: LASCIAMI SOLO!"

Sherlock non era tipo da sorprendersi facilmente, ma adesso era stupefatto e senza parole. L'improvvisa sfuriata di John era inspiegabile.

"Cosa c'è che non va, John?", riuscì a dire dopo una lunga ed imbarazzante pausa.

Watson non rispose. Strinse i pugni e avvertì lo sguardo si Sherlock.

"Mi ami, John."

"No, non è vero!"

"Tutto combacia, tu mi ami!"

"Smettila di giocare con me! Non sono il tuo topo da laboratorio!", ringhiò John, sull'orlo di una crisi di nervi.

"Sei arrabbiato perchè sto facendo esperimenti su di te? Davvero?", roteò gli occhi non potendo credere alle proprie orecchie. "Ma l'ho fatto già in passato e non mi sembra che te la sia mai presa!"

"Questa volta è diverso! Hai superato il limite! Non puoi passare il tempo a prenderti gioco dei sentimenti della gente! E poi, a titolo informativo, non sono gay, perciò non c'è alcuna possibilità che possa amarti!"

Sherlock inclinò la testa, tentando di analizzare la situazione.

"E'necessario che tu sia gay perchè tu possa amarmi?"

"Ma che stai dicendo?" John scosse la testa incredulo.

"Forse non sei gay. Forse io sono la tua eccezione."

"Eccezione?"

"Normalmente non sei attratto dagli uomini, ma forse c'è una ragione particolare per cui sei attratto da me. Mi ami per quello che sono, è solo che in più sono un uomo."

John lo ascoltò con attenzione e si rese conto di quanto spaventosamente fosse logico il suo ragionamento. Si ricordò immediatamente cosa gli aveva detto Irene Adler "Guardiamoci negli occhi!", ma non riusciva a sentirsi a proprio agio, malgrado l'improvvisa rivelazione, e cercò in tutti i modi di deviare l'attenzione da sè.

"E tu invece, Sherlock?", chiese in un disperato tentativo.

"Io cosa?"

"Hai detto che non hai alcuna sicurezza circa il tema dell'amore..."

"No, infatti. Ma ti trovo ugualmente interessante e di piacevole compagnia. E'un fatto."

"Bè, penso sia già qualcosa se detto da te," John gli rivolse un debole sorriso imbarazzato. Sherlock sembrò leggermente sconcertato.

"Mi dispiace John. Non intendevo fare... qualunque cosa abbia fatto," si scusò goffamente il detective, e John non potè fare altro che scoppiare a ridere.

"Tranquillo, va bene. Dopotutto non riesco restare arrabbiato con te per troppo tempo". Dopo che si scambiarono un sorriso sollevato John aggiunse "E adesso?"

"Non lo so. Continuo nelle ricerche, magari? L'amore non è certo la mia area di competenza."

"Oh neanche la mia. Ho mandato all'aria ogni relazione che abbia mai avuto."

Sherlock sogghignò.

"Lo so bene."

John scosse la testa.

"L'amore è un dilemma troppo complesso per poter essere risolto a quest'ora. Ti va del the?"

"Si, grazie." Acconsentì Sherlock che seguì John fino alla cucina. Mentre il dottore si accingeva a preparare le tazze, Sherlock si schiarì la gola e chiese esistante: "Mi baceresti ancora, John? In nome della scienza, si intende."

"Solo se lo chiedi gentilmente," John lo guardò, gli sorrise e accese il bollitore.

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Ed eccoci alla fine del secondo capitolo. Sherlock, Sherlock, birichini come te pochi ne conosco! ;)

Comincio subito con la traduzione del terzo capitolo e, probabilmente, mi dedicherò ad altri lavori dell'autrice trajektoria dato che di questa fiction il quinto capitolo è ancora in lavorazione e non vorrei che poi l'attesa tra l'uno e l'altro fosse abissale!;)

Come al solito apprezzo un sacco i consigli che vorrete darmi circa la traduzione, e i vari messaggi e commenti che inviate mi rallegrano i pomeriggi! :D
PS: Se notate errori di battitura o anche grammaticali (e sì, mi dichiaro colpevole!) vi prego di farmelo sapere!:)


STAY TUNED! ;)

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Capitolo 3
*** Wanting more ***


 

John di solito faceva dei sogni bizzarri e quello che stava facendo adesso era senz'altro il più strano di tutti. Sentiva come se una viscida lumaca stesse succhiando la sua fronte, cercando di scavarsi un buco fin dentro al suo cervello. John aveva cercato di gridare e di liberarsi, ma era senza forze. 
Era così sollevato quando si risvegliò da quel'incubo surreale. Ad ogni modo la sensazione del "risucchio" non se ne era andata, il che gli fece prendere un colpo al cuore. Dovette saltare giù dalla poltrona costringendo Sherlock a farsi da parte.
"Ma che diavolo...?" Chiese completamente frastornato, fissando il proprio sguardo il quello incuriosito di Sherlock. Si toccò la fronte e la sentì umida. "Ma che diavolo, Sherlock?" ripetè con rabbia.
"Svegliare qualcuno con un bacio si dice essere davvero romantico." Dichiarò Sherlock con aria erudita.
John lo guardò incredulo e grugnì. 
"Ma dove l'hai letto?"
"Sul Cosmopolitan."
"Dovresti smettere di leggere quelle cazzate," sospirò e scosse la testa rassegnato. Il nuovo hobby di Sherlock - cioè sfogliare riviste per ragazzine, prendere note e cercare di coinvolgere il suo coinquilino in strani esperimenti - lo stava lentamente facendo impazzire. Il dottore si asciugò la fronte con la manica del maglione e andò a guardarsi allo specchio, temendo ciò che avrebbe visto.
Rimase pietrificato. Accanto al suo occhio sinistro faceva capolino un dolorante ed enorme succhiotto.
"Sherlock!" sibilò annoiato "Questo non è un bacio del buongiorno! Dovrebbe essere delicato. Delicato!"
"Quando ti ho baciato delicatamente non hai reagito, così ho dovuto applicare più pressione." Sherlock parve offeso che il suo impegno non fosse stato apprezzato.
"Succhiare il cranio di qualcuno non è esattamente come baciare qualcuno", rispose John. Sherlock era così ottuso certe volte.
Il detective non rispose. Fece dietro front e, atteggiandosi da prima donna ferita, si gettò sul divano tenendo il broncio.
John si esasperò. Non solo ottuso, anche puerile. 
"Oh, e dai, Sherlock...!"
"No, non parlo con te," annunciò altezzoso.
"Bene," il dottore alzò le spalle e si sedette sulla poltrona, fingendo di leggere il giornale. Nella sua testa cominciò il countdown. 
5... 4... 3... 2... 1...
"John!" Sherlock saltò giù dal divano e si precipitò verso il suo coinquilino, inginocchiandosi di fronte a lui e posandogli il mento in grembo. Lo fissava come un cucciolo in pena.
"Che c'è Sherlock?" chiese, ringraziando dio che gli sbalzi d'umore del detective fossero così prevedibili.
"Mi annoio."
"Bene, e cosa vorresti fare?" chiese John, sapendo che altrimenti Sherlock non gli avrebbe dato tregua.
"Qualsiasi cosa purchè non sia noiosa."
"Non sei d'aiuto così." John si grattò la testa in cerca di ispirazione. "Che ne dici di andare al cinema?"
"Mmh, noioso."
"Okay allora. Ristorante?"
"Non ho fame," scosse la testa violentemente e poi esclamò in preda all'eccitazione. "Organizziamo un appuntamento!"
"Appuntamento?" gli fece eco John, non convinto di aver capito bene. 
"E' quando due persone che si piacciono escono insieme e si divertono, sono parole tue, John, concentrati!" replicò.
John sentì come se il suo bisogno di uccidere Sherlock si fosse fatto più impellente, ma riuscì comunque a mantenere la calma. 
"Le persone di solito vanno ad un appuntamento al cinema o al ristorante," spiegò pazientemente.
Sherlock parve deluso.
"Davvero?"
"Si," rispose John seccato, quando ad un certo punto ebbe un'idea. "Che ne dici del bowling?"
Sherlock ponderò la proposta e poi disse "Non sono mai stato al bowling finora."
"Va bene allora! Forse ti piacerà." John sorrise, alzandosi dalla poltrona. "Ma prima dovrò coprire il succhiotto con un cerotto, la gente potrebbe parlare."
 
Il bowling più vicino era ancora mezzo vuoto dato l'orario pomeridiano, ma decisero comunque di condividere una pista. Sherlock cercò di apparire imperturbato e indifferente, ma i suoi occhi continuavano a vagare incuriositi nella stanza. John si sentiva più che emozionato. Era meraviglioso uscire insieme e non andare a caccia di psicopatici.
"Praticamente devi tirare la palla per mandare giù tutti i birilli." spiegò impazientemente John, ma Sherlock lo guardò con condiscendenza.
"John, conosco le regole," disse e prese in mano la palla soppesandola per un po'. "Tutto sta nel misurare la giusta traiettoria. Posso calcolare la perfetta parabola che mi permetterà di colpire tutti i birilli in un unico lancio da professionista," dichiarò, sicuro di sè come al solito. 
"Bene, tira allora. Mostra a noi, comuni mortali, un vero maestro all'opera." lo incoraggiò John con un sorrisetto.
Sherlock sbuffò e decise di ignorare i punzecchiamenti del dottore. Si concentrò, lasciò che la sua mente calcolasse le giuste misure e finalmente lasciò rotolare la palla sulla pista. Non tutto però procedette come da manuale. La palla non andò dove Sherlock l'aveva indirizzata, al contrario rotolò verso destra per poi sfiorare per un pelo i birilli, senza tuttavia buttarne giù neanche uno.
"Ma questo non può essere..." mormorò sorpreso. "E' impossibile! I miei calcoli erano perfetti!" Quando gli effetti dello shock furono scemati cominciò ad atteggiarsi da bambino viziato e capriccioso, il tutto alla mercè del divertimento di John.
"Okay, campione. Ora è il mio turno." disse allegramente John prendendo una palla. Si stava divertendo un mondo e le smorfie di Sherlock non facevano altro che migliorare la sua giornata. Anche se John non frequentava le piste da bowling da anni e si sentiva ormai arrugginito, era molto bravo in questo sport ai tempi dell'Università. Sperava di ricordare ancora come si facesse.
Calcolò l'oscillazione del bracciò e lanciò abilmente la palla lì proprio al centro della pista, colpendo tutti i birilli.
"Si! Uno strike!" esultò John, lanciando le braccia in aria e guardando Sherlock con compiacimento. "L'esperienza  prima del cervello!"
Sherlock lo guardò e mise il broncio.
"Il bowling è stupido," disse con indifferenza. "Dai John, andiamo via da questo posto orribile!"
"Dove vorresti andare?"
"Fuori. Il più lontano possibile da qui." Insistette Sherlock. John non riuscì a trattenere una risatina.
 
Camminavano fianco a fianco lungo una strada desolata. Lo sguardo di John non poteva fare a meno che ricadere sospettoso sulla pallida e sottile mano che Sherlock aveva lasciato ricadere lungo il suo lungo cappotto nero. Continuava a chiedersi se fosse tenuto a prenderla o no. Voleva più di ogni altra cosa sentire il calore di quell'uomo contro la sua pelle ma aveva paura che Sherlock non avrebbe approvato.
"Certo che puoi." disse tutto d'un tratto Sherlock.
"Cosa?" chiese John confuso.
"Si, puoi prendermi la mano," spiegò con un sospiro annoiato. Odiava ripetersi.
"Come fai a...?"
Sherlock roteò gli occhi.
"Non ci vuole un genio, anche se io lo sono, per decifrare lo sguardo perplesso del tuo volto, le occhiate che rivolgi alla mia mano pensando che non le noti, i nervi tesi delle tue dita e i piccoli movimenti del tuo bacino. Tutto indica che vuoi prendermi per mano. Perciò ti sto dando il mio permesso."
Il volto di John diventò paonazzo. Odiava quando Sherlock riassumeva le sue emozioni in poche osservazioni logiche. Ingoiò pesantemente e prese la mano di Sherlock non senza esitazione e con notevole imbarazzo. Sherlock non gli rese l'impresa semplice. 
"Sherlock?" mormorò in un flebile soffio di voce, non troppo sicuro di voler affrontare la questione in quel momento.
"Si?"
"Sono confuso..."
"Riguardo cosa, John?" chiese alzando le sopracciglia.
"Riguardo noi, Sherlock," confessò. "Siamo una coppia?"
"Hai dei dubbi?" chiese Sherlock chiaramente non comprendendo cosa John volesse dire.
"Si," si ammise fermamente. "Non è cambiato nulla nella nostra relazione da quando hai reso plateale la prova che sono innamorato di te. Si, ok, ci sono gli esperimenti che hai preso da Cosmopolitan e che provi su di me, ma non credo contino."
Sherlock ci pensò su.
"Ovviamente siamo una coppia. Perchè non dovremmo? Usciamo insieme, parliamo,  bisticciamo..." Sembrava tutto così semplice quando era Sherlock a mettere su il discorso.
"Queste cose le fanno anche gli amici, non solo gli amanti..." Si morse la lingua ma era troppo tardi. Sherlock notò la frase e il tono con cui era stata pronunciata. Il detective si girò verso il proprio compagno e lo fissò intensamente.
"Tu vuoi di più..."
"Io... Io non so davvero cosa voglio," ammise avvertendo il suo sguardo.
Ma un così scialbo tentativo di nascondere la verità non avrebbe ingannato Sherlock. Smise di camminare e, senza alcun preavviso, strinse il dottore in un abbraccio. Si riflettè negli occhi di John, sperando che avrebbe capito, e si inclinò per baciarlo.
John si fece scappare un delicato lamento di sorpresa non appena la lingua di Sherlock si fu introdotta nella sua bocca. Tirò l'uomo più vicino a sè, baciandolo e riversando in quel bacia, ancora una volta, tutte le sensazioni e i sentimenti che provava per lui. Si sentì stordito, le gambe a malapena riuscivano a reggerlo.
Quando le loro labbra si furono finalmente separate, John ansimava alla ricerca di aria guardando Sherlock negli occhi, Sherlock sorrise amabilmente e gli baciò la fronte.
"Ora, sei sicuro dei tuoi sentimenti?" bisbigliò goffamente John, preoccupato che un tono più alto avrebbe rovinato il momento.
"Non del tutto. Ho le pupille dilatate?" chiese Sherlock curioso.
"Sherlock!" esclamò oltraggiato, ma la sua rabbia si tramutò presto in un sorriso sghembo non appena si rese conto che Sherlock lo stava soltanto prendendo in giro.
"Ne sono abbastanza sicuro, nonostante le complessità che l'argomento presenta," ammise dolcemente il detective, strofinando il proprio volto contro il collo di John.

Ed ecco qui per voi il nostro preziosissimo terzo capitolo che s'è fatto tanto attendere! Chiedo scusa ai lettori ma purtroppo con la preparazione agli esami diventa tutto più difficile da coordinare! So che potete capirmi!:)

Ringrazio di cuore chi ha recensito i capitoli precedenti e chi ha messo la storia tra i preferiti! L'autrice originale ne è deliziata! 

Non so se è una cosa che vi interessa ma siccome ormai ci ho preso gusto ve lo dico lo stesso, questa volta per tradurre il terzo capitolo mi sono affidata alle note della colonna sonora di Star Trek Into Darkess (di cui qui la mia traccia preferita!). Ora son tutta gasata che avrei voglia di salire sulla prima astronave disponibile e visitare galassie lontane e combattere super cattivi sexy come Harrison e... Ok, scusate, divago troppo! :3

Capitolo originale qui. Lasciatele qualche Kudos, mi raccomando! ;)

Buona lettura! 

 

SOMMARIO: 

Un pò ci si assaggia... Bè, bacia, un pò si sperimenta, un pò ci si imbroncia, e si va ad un primo appuntamento. Niente è mai facile con Sherlock dopotutto. 


John di solito faceva dei sogni bizzarri e quello che stava facendo adesso era senz'altro il più strano di tutti. Sentiva come se una viscida lumaca stesse succhiando la sua fronte, cercando di scavarsi un buco fin dentro al suo cervello. John aveva cercato di gridare e di liberarsi, ma era senza forze.

Era così sollevato quando si risvegliò da quel'incubo surreale. Ad ogni modo la sensazione del "risucchio" non se ne era andata, il che gli fece prendere un colpo al cuore. Dovette saltare giù dalla poltrona costringendo Sherlock a farsi da parte.

"Ma che diavolo...?" Chiese completamente frastornato, fissando il proprio sguardo il quello incuriosito di Sherlock. Si toccò la fronte e la sentì umida. "Ma che diavolo, Sherlock?" ripetè con rabbia.


"Svegliare qualcuno con un bacio si dice essere davvero romantico." Dichiarò Sherlock con aria erudita.


John lo guardò incredulo e grugnì. 


"Ma dove l'hai letto?"


"Sul Cosmopolitan."


"Dovresti smettere di leggere quelle cazzate," sospirò e scosse la testa rassegnato. Il nuovo hobby di Sherlock - cioè sfogliare riviste per ragazzine, prendere note e cercare di coinvolgere il suo coinquilino in strani esperimenti - lo stava lentamente facendo impazzire. Il dottore si asciugò la fronte con la manica del maglione e andò a guardarsi allo specchio, temendo ciò che avrebbe visto.


Rimase pietrificato. Accanto al suo occhio sinistro faceva capolino un dolorante ed enorme succhiotto.

"Sherlock!" sibilò annoiato "Questo non è un bacio del buongiorno! Dovrebbe essere delicato. Delicato!"


"Quando ti ho baciato delicatamente non hai reagito, così ho dovuto applicare più pressione." Sherlock parve offeso che il suo impegno non fosse stato apprezzato.


"Succhiare il cranio di qualcuno non è esattamente come baciare qualcuno", rispose John. Sherlock era così ottuso certe volte.


Il detective non rispose. Fece dietro front e, atteggiandosi da prima donna ferita, si gettò sul divano tenendo il broncio.


John si esasperò. Non solo ottuso, anche puerile. 


"Oh, e dai, Sherlock...!"


"No, non parlo con te," annunciò altezzoso.


"Bene," il dottore alzò le spalle e si sedette sulla poltrona, fingendo di leggere il giornale. Nella sua testa cominciò il conto alla rovescia. 

5... 4... 3... 2... 1...


"John!" Sherlock saltò giù dal divano e si precipitò verso il suo coinquilino, inginocchiandosi di fronte a lui e posandogli il mento in grembo. Lo fissava come un cucciolo in pena.


"Che c'è Sherlock?" chiese, ringraziando dio che gli sbalzi d'umore del detective fossero così prevedibili.


"Mi annoio."


"Bene, e cosa vorresti fare?" chiese John, sapendo che altrimenti Sherlock non gli avrebbe dato tregua.


"Qualsiasi cosa purchè non sia noiosa."


"Non sei d'aiuto così." John si grattò la testa in cerca di ispirazione. "Che ne dici di andare al cinema?"


"Mmh, noioso."


"Okay allora. Ristorante?"


"Non ho fame," scosse la testa violentemente e poi esclamò in preda all'eccitazione. "Organizziamo un appuntamento!"

"Appuntamento?" gli fece eco John, non convinto di aver capito bene. 


"E' quando due persone che si piacciono escono insieme e si divertono, sono parole tue, John, concentrati!" replicò.


John sentì come se il suo bisogno di uccidere Sherlock si fosse fatto più impellente, ma riuscì comunque a mantenere la calma. 


"Le persone di solito vanno ad un appuntamento al cinema o al ristorante," spiegò pazientemente.


Sherlock parve deluso.


"Davvero?"


"Si," rispose John seccato, quando ad un certo punto ebbe un'idea. "Che ne dici del bowling?"


Sherlock ponderò la proposta e poi disse "Non sono mai stato al bowling finora."


"Va bene allora! Forse ti piacerà." John sorrise, alzandosi dalla poltrona. "Ma prima dovrò coprire il succhiotto con un cerotto, la gente potrebbe parlare."



 
Il bowling più vicino era ancora mezzo vuoto dato l'orario pomeridiano, ma decisero comunque di condividere una pista. Sherlock cercò di apparire imperturbato e indifferente, ma i suoi occhi continuavano a vagare incuriositi nella stanza. John si sentiva più che emozionato. Era meraviglioso uscire insieme e non andare a caccia di psicopatici.


"Praticamente devi tirare la palla per mandare giù tutti i birilli." spiegò impazientemente John, ma Sherlock lo guardò con condiscendenza.


"John, conosco le regole," disse e prese in mano la palla soppesandola per un po'. "Tutto sta nel misurare la giusta traiettoria. Posso calcolare la perfetta parabola che mi permetterà di colpire tutti i birilli in un unico lancio da professionista," dichiarò, sicuro di sè come al solito. 


"Bene, tira allora. Mostra a noi, comuni mortali, un vero maestro all'opera." lo incoraggiò John con un sorrisetto.


Sherlock sbuffò e decise di ignorare i punzecchiamenti del dottore. Si concentrò, lasciò che la sua mente calcolasse le giuste misure e finalmente lasciò rotolare la palla sulla pista. Non tutto però procedette come da manuale. La palla non andò dove Sherlock l'aveva indirizzata, al contrario rotolò verso destra per poi sfiorare per un pelo i birilli, senza tuttavia buttarne giù neanche uno.


"Ma questo non può essere..." mormorò sorpreso. "E' impossibile! I miei calcoli erano perfetti!" Quando gli effetti dello shock furono scemati cominciò ad atteggiarsi da bambino viziato e capriccioso, il tutto alla mercè del divertimento di John.


"Okay, campione. Ora è il mio turno." disse allegramente John prendendo una palla. Si stava divertendo un mondo e le smorfie di Sherlock non facevano altro che migliorare la sua giornata. Anche se John non frequentava le piste da bowling da anni e si sentiva ormai arrugginito, era molto bravo in questo sport ai tempi dell'Università. Sperava di ricordare ancora come si facesse.


Calcolò l'oscillazione del bracciò e lanciò abilmente la palla lì proprio al centro della pista, colpendo tutti i birilli.


"Si! Uno strike!" esultò John, lanciando le braccia in aria e guardando Sherlock con compiacimento. "L'esperienza  prima del cervello!"

Sherlock lo guardò e mise il broncio.


"Il bowling è stupido," disse con indifferenza. "Dai John, andiamo via da questo posto orribile!"

"Dove vorresti andare?"


"Fuori. Il più lontano possibile da qui." Insistette Sherlock.

John non riuscì a trattenere una risatina.



Camminavano fianco a fianco lungo una strada desolata. Lo sguardo di John non poteva fare a meno che ricadere sospettoso sulla pallida e sottile mano che Sherlock aveva lasciato ricadere lungo il suo lungo cappotto nero. Continuava a chiedersi se fosse tenuto a prenderla o no. Voleva più di ogni altra cosa sentire il calore di quell'uomo contro la sua pelle ma aveva paura che Sherlock non avrebbe approvato.

"Certo che puoi." disse tutto d'un tratto Sherlock.


"Cosa?" chiese John confuso.


"Si, puoi prendermi la mano," spiegò con un sospiro annoiato. Odiava ripetersi.


"Come fai a...?"


Sherlock roteò gli occhi.


"Non ci vuole un genio, anche se io lo sono, per decifrare lo sguardo perplesso del tuo volto, le occhiate che rivolgi alla mia mano pensando che non le noti, i nervi tesi delle tue dita e i piccoli movimenti del tuo bacino. Tutto indica che vuoi prendermi per mano. Perciò ti sto dando il mio permesso."


Il volto di John diventò paonazzo. Odiava quando Sherlock riassumeva le sue emozioni in poche osservazioni logiche.

Ingoiò pesantemente e prese la mano di Sherlock non senza esitazione e con notevole imbarazzo. Sherlock non gli rese l'impresa semplice. 


"Sherlock?" mormorò in un flebile soffio di voce, non troppo sicuro di voler affrontare la questione in quel momento.


"Si?"


"Sono confuso..."


"Riguardo cosa, John?" chiese alzando le sopracciglia.


"Riguardo noi, Sherlock," confessò. "Siamo una coppia?"


"Hai dei dubbi?" chiese Sherlock chiaramente non comprendendo cosa John volesse dire.


"Si," si ammise fermamente. "Non è cambiato nulla nella nostra relazione da quando hai reso plateale la prova che sono innamorato di te. Si, ok, ci sono gli esperimenti che hai preso da Cosmopolitan e che provi su di me, ma non credo contino."


Sherlock ci pensò su.


"Ovviamente siamo una coppia. Perchè non dovremmo? Usciamo insieme, parliamo,  bisticciamo..." Sembrava tutto così semplice quando era Sherlock a mettere su il discorso.


"Queste cose le fanno anche gli amici, non solo gli amanti..." Si morse la lingua ma era troppo tardi. Sherlock notò la frase e il tono con cui era stata pronunciata. Il detective si girò verso il proprio compagno e lo fissò intensamente."Tu vuoi di più..."


"Io... Io non so davvero cosa voglio," ammise avvertendo il suo sguardo.


Ma un così scialbo tentativo di nascondere la verità non avrebbe ingannato Sherlock. Smise di camminare e, senza alcun preavviso, strinse il dottore in un abbraccio. Si riflettè negli occhi di John, sperando che avrebbe capito, e si inclinò per baciarlo.


John si fece scappare un delicato lamento di sorpresa non appena la lingua di Sherlock si fu introdotta nella sua bocca. Tirò l'uomo più vicino a sè, baciandolo e riversando in quel bacia, ancora una volta, tutte le sensazioni e i sentimenti che provava per lui. Si sentì stordito, le gambe a malapena riuscivano a reggerlo.


Quando le loro labbra si furono finalmente separate, John ansimava alla ricerca di aria guardando Sherlock negli occhi, Sherlock sorrise amabilmente e gli baciò la fronte.


"Ora, sei sicuro dei tuoi sentimenti?" bisbigliò goffamente John, preoccupato che un tono più alto avrebbe rovinato il momento.


"Non del tutto. Ho le pupille dilatate?" chiese Sherlock curioso.


"Sherlock!" esclamò oltraggiato, ma la sua rabbia si tramutò presto in un sorriso sghembo non appena si rese conto che Sherlock lo stava soltanto prendendo in giro.


"Ne sono abbastanza sicuro, nonostante le complessità che l'argomento presenta," ammise dolcemente il detective, strofinando il proprio volto contro il collo di John.

 

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John, oh caro John, quanta pazienza che hai! Ma alla fine ne è valsa la pena, no? :D

Spero che il capitolo vi abbia divertito!:)

Per qualsiasi correzione o critica lasciate tranquillamente una recensione, come ho sempre detto è bene che si impari dai propri errori!

Al prossimo capitolo allora!:)

Live long and prosper! 

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