Un posto per me

di IShallWearMidnight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meeting ***
Capitolo 2: *** Re-meeting ***
Capitolo 3: *** Don't make fun of me! ***
Capitolo 4: *** Sunset ***
Capitolo 5: *** Red tie ***
Capitolo 6: *** A voice, nor a sound ***
Capitolo 7: *** Sandlike feelings ***
Capitolo 8: *** A voice or a sound? ***
Capitolo 9: *** A place for me in the guilt ***



Capitolo 1
*** Meeting ***


Simo è un caldo pomeriggio d’estate, gli uccellini cinguettano, i raggi del sole riscaldano la stanza, le ventole del condizionatore


Un posto per me

 Capitolo 1
~Meeting~

"I fiori sono bellissimi… anche le donne lo sono. Ma poter avere entrambi accompagnati da un buon sakè è ancora più bello". Così diceva abitualmente il generale Kenren Taisho. Era un ragazzo molto attraente, alto, con capelli rosso scuro, spettinati e ribelli, e occhi dello stesso colore. Indossava un soprabito nero con bordi oro, che lasciava scoperto il torace dai muscoli ben scolpiti, e pantaloni dello stesso colore.
In effetti, aveva molto successo con le donne, e ne aveva avute tantissime, avventure di una notte, due al massimo, se la tipa in questione era particolarmente eccitante. Donne consapevoli di avere solo il corpo di quell’uomo, ma che non chiedevano nulla di più, perché niente di più offrivano.
Di lui si dicevano peste e corna nel Tenkai, era un tipo molto intransigente, che amava la libertà e detestava le regole.
Quel giorno i ciliegi erano in fiore (come sempre, del resto, nel mondo celeste), e lui se ne stava tranquillamente seduto sul prato con la schiena appoggiata su un tronco di ciliegio, sorseggiando sakè da una fialetta che portava sempre con sé.
"Ahi!": e fu proprio un bicchiere di sakè che gli cadde sulla testa, bagnandogli i capelli e il viso e scottandolo. Il ragazzo scattò in piedi, imprecando: "Ma che diavolo…"
"Ahhh!", esclamò qualcuno dall’alto, "Scusa! Nooo! Quanto sakè sprecato!".
Kenren alzò gli occhi, giusto per vedere una ragazzina che, la veste svolazzante, scendeva dall’albero appigliandosi agilmente ai rami. Non aveva notato la figura appollaiata sul ciliegio, quando si era sdraiato.
"Ti sei fatto male? Scusa, mi sono trovata addosso un insetto enorme…E scusa anche se ti do del tu, ma mi fa sentire a disagio dare del lei ad una persona così giovane…", parlò a raffica la ragazzina.
Intontito dalla raffica di parole e sorpreso di aver incontrato casualmente un soggetto così diretto e spontaneo, come nel Tenkai non se ne trovavano, asciugandosi il sakè dal volto la divinità si limitò a chiedere: "E tu chi sei?".
Intanto la fugace apparizione stava già riarrampicandosi sull’albero, incurante del vestito che svolazzava qui e lì. Dopo che si fu velocemente sistemata su un ramo, si voltò e rispose, sorridendo: "Mi chiamo Sakura". E tornò a sorseggiare sakè, del quale aveva un vero e proprio arsenale in una borraccia con lei.
Il buonumore della giovane non poté che contagiare Kenren, che sorrise a sua volta, un sorriso dall’aria volutamente provocatoria che era abituato a sfoggiare alle donne. "Sai che sei proprio un tipo strano? Non conosco molte donne che si arrampicano come scoiattoli sugli alberi, e soprattutto che bevono sakè. Non sai che il sakè è roba da uomini?". Il ragazzo era abituato a parlare in maniera diretta. Desideroso di provocare quella nuova conoscenza, si arrampicò anche lui sull’albero e si sistemò su un ramo vicino a quello dove la ragazza sedeva tranquillamente. Appoggiò la schiena al tronco e si rilassò.
"E tu chi sei?", gli fece il verso Sakura, anche lei evidentemente abituata a parlare in maniera diretta. "Sono il generale Kenren Taisho. Mai sentito parlare di me?". La ragazza parve ricordare qualcosa, ma parve anche volere reprimere una risatina e scosse la testa.
"Cosa fai qui a bere sakè?". Sakura rispose: "Cosa ci trovi di strano? Forse non trovi piacevole e inebriante il senso di euforia che il sakè provoca? E poi, è così dolce…". La ragazza si voltò, guardando il panorama: "E i fiori sono bellissimi…".
Kenren: "Già… Sakura… anche il tuo nome è bellissimo
. Quanti anni hai?".
"Quasi diciassette…", rispose lei. Kenren si mise a ridere: "Ma davvero? Io non te ne avrei dati più di una quindicina!"
Lei sbuffò. "Mi trovi infantile? Dovrei forse essere come queste donne intorno", indicò verso il basso, dove un gruppo di ragazze stava passeggiando, ridacchiando, "…il cui unico scopo nella vita è imparare a come meglio soddisfare un uomo e a come curarsi le unghie?".
Lui smise di ridacchiare. "La penso come te, sulla gente di questo posto. Anche tu credi che il mondo celeste sia pieno di falsità e banalità, vero? Ma, visto che sono qui, cerco almeno di divertirmi", alzò il mignolo. "Non pensi che sia giusto così?".
"Ciò che cerco, qui, è il mio scopo. La mia ragione d’essere. Il sole si riposa alla fine della giornata, nel suo posto. Ecco: anch’io cerco il tramonto." . Si era fatta improvvisamente seria. "Mi piace osservare il sole tornare al suo posto. E i fiori, che un posto ce l’hanno sempre. E mi piace il sakè, che, se bevuto in giusta quantità, annulla le inibizioni, la falsità, svela l’essere di una persona".
Silenzio.
Guardarono entrambi il panorama.
"Trovi assurdo ciò che dico?", chiese la ragazza.
"No", rispose la divinità sinceramente. "Lo trovo interessante."
Si voltò e la guardò, mentre il sole tramontava. Il suo viso era grazioso, i lineamenti regolari, lunghi capelli castani che ondeggiavano al vento, e profondi occhi verdi. Era piuttosto bassa e minuta, ma non era eccessivamente magra. Indossava un vestitino verde pallido, allacciato sulla schiena.
Kenren saltò giù dal ramo, atterrando con un tonfo sul prato. "Beh, devo andare". Fece alcuni passi, mentre Sakura lo seguiva con lo sguardo. Poi lui si voltò nuovamente. "Sakura. Ti va se ci rivediamo domani, stesso posto e stessa ora?".
"Certo", rispose lei ritrovando in un attimo tutta la sua vitalità. Sorrise. "A domani, allora".

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Capitolo 2
*** Re-meeting ***


Simona: Bè…forse questo primo capitolo era troppo corto…no

Capitolo 2
~Re-meeting~

Sakura viveva in un edificio con altre donne.*
Naturalmente, "viveva" era un modo di dire, perché le giornate le passava a contatto con la bellissima natura del mondo celeste: i prati di fiori, gli alberi, i laghetti dove amava nuotare…
Non parlava quasi mai con le ragazze che dividevano l’edificio con lei; non perché avesse dei pregiudizi su di loro, no di certo, ma… perché quando parlava con loro, se lo faceva, si sentiva presa in giro. Non si sentiva capita. Si sentiva fuori posto. Perciò, quando poteva, evitava di rivolgere loro la parola. D’altronde, passava così poco in quell’edificio…spesso non dormiva nemmeno lì, la notte: capitava che passasse le ore in posti deserti, dove si allenava da sola, cercando di diventare più forte, per conquistarsi il suo spazio; ma, essendo un po’ imbranata, spesso si feriva.
Era vero; erano giornate vuote; ma lei continuava a sperare di incontrare qualcuno che la portasse via da quello stato di noia catatonica.
Il giorno prima aveva conosciuto Kenren; qualcosa di insolito le era successo. Eppure, anche se effettivamente le era sembrato un tipo diverso dagli altri, la consuetudine non poteva che portarla a credere che, in fondo, quell’incontro di eccezionale non avesse proprio niente, come niente di eccezionale esisteva nel Tenkai.
Non aveva ancora conosciuto un uomo al quale donare il proprio corpo; esso era ancora immacolato, così come lo erano le sue labbra. Non sapeva se esistesse in quel luogo, ma sì, doveva esistere. Doveva aggrapparsi a quella speranza, o la sua vita le sarebbe diventata insopportabile…
Sakura sbadigliò; era in giro, come sempre senza meta, osservando stancamente la gente che le stava intorno; ma, dovunque si voltasse, vedeva solo ipocrisia e apparenze.
Non vedeva buoni sentimenti, a parte in un paio di persone a cui si sentiva legata, o verso cui provava autentico rispetto. In ogni caso, tra queste non figurava l’imperatore celeste.
Sakura non era l’unica ad annoiarsi: sbadigliando e ripetendo "Che noia!", passava le sue giornate l’apatico Konzen Douji, nipote della veneranda dea Kanzeon Bosatsu.
Di questa persona, Sakura aveva un enorme rispetto; era giovane, o almeno il suo aspetto lo era, ma il suo costante malumore e il suo fare burbero avevano un che di affascinante…e affascinante era anche il suo aspetto: era davvero un gran bell’uomo, dalla corporatura esile ma non eccessivamente, due bellissimi occhi di color ametista e una lunga coda di capelli color oro…
La noia di questo affascinante personaggio (che passava le sue giornate compilando scartoffie) era stata rotta da Kanzeon Bosatsu, che gli aveva affidato un ragazzino (che dimostrava poco più di 8 anni), che, aggrappandosi alla sua coda ("Che belli i tuoi capelli, brillano tutti! Sembri il sole!"), non senza insulti e recriminazioni del nipote verso la dea, diede inizio ad una convivenza che mutò progressivamente il carattere della burbera divinità. Chiamato inizialmente "scimmia", il bambinetto ottenne, chiedendolo insistentemente, il nome di "Goku". Esile e scattante, Goku aveva gli occhi dorati: essi erano un simbolo di "impurità", in quanto chi li deteneva erano coloro nati dall’incestuosa relazione di un dio ed un essere umano.
"Che sciocchezza!", aveva pensato Sakura quando per la prima volta l’aveva visto, complice un bel prato fiorito dove entrambi andavano a raccogliere i fiori. Di impuro, a suo parere, il ragazzino non aveva proprio niente: era anzi innocente, una virtù che difettava assai nel Tenkai…
"Sakura!". Sentendosi chiamare, la ragazza alzò gli occhi: un uomo alto e sorridente, i capelli castani che gli ricadevano sulle spalle e gli occhi verdi, ricoperti da un paio di occhiali, la stava chiamando: era Tenpou, il generale Tenpou Gensui; gentile e intelligente, sempre tranquillo, generale d’armata, forse la persona alla quale Sakura era più legata. Che non fosse amore, Sakura l’aveva capito già da tempo. Semplicemente, il loro rapporto era come quello di due fratelli; e, in effetti, si sarebbe potuto facilmente dire ciò, per l’eguale colore di occhi e capelli. Senonchè, Tenpou aveva una struttura fisica diversa da quella della ragazzina.
Tenpou era un amico fidato di Konzen, al quale l’aveva presentata ("Forse questa ragazzina ha più sale in zucca di quanto ne abbiano tutti questi stupidi intorno messi insieme", era stato il suo commento su di lei al termine della visita), e ovviamente aveva conosciuto Goku poco dopo il suo arrivo lì; il ragazzino lo chiamava affettuosamente "Tenchan".
"Sakura!", Tenpou si avvicinò a lei e le mise una mano sulla testa, l’atteggiamento protettivo che aveva sempre nei suoi confronti. "E’ da tanto che non ci vediamo! Scusami! I miei impegni, sai…Come va la vita?"
"Tutto a posto! Anche se sono annoiata come sempre…", rispose lei.
"Lo immaginavo
. Qualche giorno fa ti ho vista sfaccendata, su un albero. Avrei voluto chiamarti, ma stavi dormendo, così ho deciso di lasciar perdere…Volevo chiederti, se non hai nulla da fare: ti andrebbe di darmi una mano con il mio ufficio? Purtroppo non posso chiederti di venire a vivere da me, anche se mi sarebbe comodo, perché, come saprai, convivo con il mio subalterno", si grattò la testa. Lo faceva sempre quando era imbarazzato. "A casa mia c’è il caos totale"
"Non dirmi che sei andato a vivere con una persona più disordinata di te!", sorrise Sakura.
"Eheheh…in effetti, tra un po’ non troverò neppure i mobili. A volte chiedo al mio coinquilino di darmi una mano, ma anche lui è occupato, quindi non può farlo sempre, così ho pensato a te… Allora, va bene?"
"Certo!" rispose Sakura contenta, e lo seguì a casa.
Tenpou le offrì del tè (nel quale Sakura versò una buona dose di sakè) e poi le mostrò dove avrebbe lavorato.
"Ma allora non dicevi per scherzo, riguardo ai mobili…"disse Sakura sgranando gli occhi al suo arrivo.
La casa di Tenpou era una vera e propria biblioteca, ma era invasa di libri per terra, più che sulle scaffalature. Sakura si mise le mani nei capelli, mentre Tenpou sorrideva e si grattava la testa.
"Ci vorrà un’eternità", pensò. "E poi, conoscendolo, non finirò mai, perché per ogni libro messo a posto, lui ne prenderà altri due che puntualmente lascerà in giro…lo conosco fin troppo bene. Mmmh, che tipo sarà mai il suo convivente?"
Quasi leggendole nel pensiero, Tenpou le disse: "Ti spiegherò più tardi come disporre i libri
. Ma, ora ho un lavoro urgente da sbrigare. Potresti farmi un favore? Dovresti svegliare il mio subalterno. La sua camera è di là", gliela indicò.
Non era una domanda che la ragazza si aspettasse, andare a svegliare uno sconosciuto.
Tenpou intuì i suoi pensieri, così aggiunse: "Oh, non preoccuparti, è una persona molto giovane. Puoi anche dargli del tu, non si offenderà di certo. Anzi, se non si sveglia, gettagli anche un secchio d’acqua addosso", ridacchiò. "Io ho da fare con le solite scartoffie. Ha ragione Konzen, a lamentarsi sempre…".
Sakura sorrise, annuì e si mosse.
La stanza era buia. Sakura si chiese se fosse il caso di aprire le imposte, poi risolse che era meglio limitarsi a chiamare la persona in questione, che nel frattempo, la testa sotto i cuscini, dormiva beatamente, a torso nudo.
Un po’ imbarazzata, e contemporaneamente impaziente di iniziare la sua nuova occupazione, Sakura lo chiamò più volte ("Ehm…scusi…signor…accidenti, Tenpou non mi ha detto come si chiama!"), ma la figura sul letto non si mosse minimamente.
"Scusi! Tenpou mi ha chiesto di svegliarla e…", nessun movimento.
Se c’era qualcosa che a Sakura mancava, questa era la pazienza. Così, dopo averlo chiamato altre due volte, convenne che, anche se gettargli addosso dell’acqua era eccessivo, magari una piccola scrollata non sarebbe stata fuori luogo.
Così salì sul bordo del letto ("Ehi…si svegli! Si svegli!").
La persona mugolò, e, avvertendo la presenza di qualcuno che non era Tenpou, si alzò di scatto, facendola sobbalzare.
Non appena i loro sguardi si furono incrociati, si riconobbero a vicenda, esclamando quasi contemporaneamente: "La ragazzina stramba!" e "Il donnaiolo!".
Tenpou, che in quel momento era entrato, esclamò: "Ma come, vi conoscete?"
Sakura rispose: "Sì, ci siamo conosciuti per caso ieri …"
"Ah
! Bene! Per un istante avevo temuto che fossi una delle ragazze con cui Ken passa le notti…"
Nuovamente all’unisono, Sakura e Kenren: "Scordatelo!" e "Che cosa vorresti dire, Ten? Sai bene che tipo di donne mi piacciono"
Tenpou ridacchiò "Niente, niente… Vi lascio, torno al mio lavoro".
Non appena Tenpou fu uscito, i due si fissarono per un po’, poi Kenren esclamò: "Chi sarebbe il donnaiolo?"
"Evidentemente Ten ti conosce bene!"
"Già, lui sì, e tu? Chi saresti per chiamarmi donnaiolo?"
Sakura, stizzita: ", si parla taaanto di te nella struttura in cui vivo, sai? E poi, chi sarebbe la ragazzina stramba?"
"Certo che sei strana! E poi, che ci fai a casa di Tenpou? Mi perseguiti? Vorrei puntualizzare che, anche se sono un donnaiolo, non ci ho provato con te nemmeno per un momento. Non mi piacciono le ragazzine, e tantomeno se sono piatte. ", scoccò un’occhiata al seno di Sakura, sfoggiando un sorrisetto del tipo "posso avere di meglio". Prese una sigaretta dal comodino e se la accese.
"Già, tu scopi solo con donne belle e formose, vero? Ieri sera mi è venuto in mente dove avevo sentito il tuo nome… Per tua informazione, da oggi verrò qui tutti i giorni, perché Tenpou, che conosco praticamente da sempre e che ho incontrato stamattina, mi ha incaricato di sistemare i libri (contemporaneamente, il ragazzo tossì il fumo ed esclamò: "Aaargh! Allora è vero che sei una persecuzione!"). E poi, sei cortesemente pregato di non guardarmi le tette"
"Ma
come diavolo parli? "Scopare"? "Tette"? Non sei una ragazza? E poi, quali tette? Io non le vedo!", la canzonò il giovane.
Sakura scoppiò a ridere. Cominciò a palparsi: "Saranno piccoline, ma ci sono. Hanno anche un nome, sai? Si chiamano "Saku" e "Ra""

Anche Kenren scoppiò a ridere "Scema! Dare un nome alle tette! E poi, non eri arrabbiata fino ad un momento fa?"
Sakura si alzò e disse: ",… io devo andare a lavorare."; "Anch’io devo andare", disse Kenren cominciando a spogliarsi.
Lei arrivò alla porta, poi si voltò: "Senti, io…Volevo dire, ci siamo visti adesso. E’ ancora valido l’appuntamento di oggi?"
"Se vuoi, certo!"
Sorrise. "Allora, a più tardi!", disse andandosene via.

* Simona: Dunque, volevo dire… è stato molto difficile per me tentare di ricostruire un’ipotetica vita quotidiana nel Tenkai… per esempio, non si vedono molte donne nell’anime, anche se la prima frase che Kenren dice è tratta da lì… Poi, non ho veramente capito se si succedano il giorno e la notte, anche se io ho ipotizzato di sì, o se lì le persone davvero abbiano un’età. Ho tentato di immaginare le cose per far funzionare al meglio la mia storia…inviatemi i vostri commenti, comunque, d’accordo?

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Capitolo 3
*** Don't make fun of me! ***


Hakkai: Oh, la signorina autrice

Capitolo 3
~Don’t make fun of me!~

La giornata era volata.
Libri.
Polvere.
Sudore.
Ma
era piacevole, davvero piacevole, avere qualcosa da fare dopo tanto tempo.
Tenpou la faceva sentire bene, era piacevole stare con lui, ascoltarlo parlare di storie interessanti, dispensare consigli sui libri…
"Ma come? Sei qui solo da una giornata e sei già così contenta? Sarà la polvere? O c’è dell’altro?", ridacchiò Tenpou.
Sakura posò lo spolverino e si voltò, un bellissimo sorriso triste stampato sul volto. "E’ solo che…mi piace stare con te, Tenpou. Sai anche tu come terribili possano essere la noia e la solitudine"
Tenpou era seduto su di una poltrona, in mano un giornale e una tazza di caffè nell’altra. Si alzò, posando entrambe le cose, e si avvicinò a lei, sovrastandola con la sua statura, così alta rispetto a quella della ragazzina.
Le cinse il capo dolcemente con entrambe le mani, la strinse a sé. "Già", disse.
Quanto le piaceva quella tenerezza, quanta sicurezza le davano quelle mani! Da quanto tempo non provava quella sensazione?
Poi lui la lasciò andare. "Resti ancora un po’?"
"No. Ti lascio al tuo lavoro. Vado un po’ fuori a prendere il sole", disse Sakura indossando le scarpe.
Si avvicinò all’uscio, poi si voltò e, dopo un rapido cenno della mano, sparì.
Tenpou si affacciò all’uscio, guardandola allontanarsi velocemente. "Vorrei solo che tu fossi felice…" mormorò.
Sakura intanto correva, il sole che le batteva sul capo e sulle spalle nude, un sole che di lì a poco sarebbe tramontato.
Raggiunse il "suo" ciliegio. Si fermò e guardò per un attimo i petali che le volavano intorno e si adagiavano sul prato.
"Che strano…", pensò Sakura "Oggi mi sembra ancora più bello."
Si arrampicò come tante altre volte aveva fatto. Quando giunse su uno dei rami più bassi, si accorse che era ancora presto per l’appuntamento con Kenren. Così si adagiò sul ramo, appoggiò la testa sul tronco e si addormentò.

***

Intanto, un "certo" ragazzone dai capelli rossi stava correndo, ignorando le occhiatine che alcune ragazze gli stavano lanciando.
"Porca miseria, sono in ritardo! E ora chi la sente Sakura?". Rallentò di colpo.
"Aspetta, ma perché devo affannarmi così? Sono sempre arrivato all’orario che volevo, e ora mi preoccupo di non fare aspettare una ragazzina?".
Camminando al suo solito passo, dopo qualche minuto Kenren giunse al ciliegio.
Si fermò di botto quando guardò in alto. "Che scema! Ma come si fa ad addormentarsi in un posto del genere? E’ pericoloso… potrebbe battere la testa per terra."
Si arrampicò sul ramo appena un po’ più in basso di quello dove dormiva Sakura. Si alzò in piedi e vi si appoggiò.
Guardò dormire la ragazzina per un po’, poi gli balenò un’idea: prese il naso di Sakura tra l’indice e il medio. Sakura aprì di scatto gli occhi, perdendo l’equilibrio.
"Waaah!".
"Attenta! Stupida!"; Kenren le serrò i fianchi con le braccia, e lei sospirò, sollevata.
"Idiota! Mi hai spaventata!" sbottò lei.
"Scusami! Ma ti sembra posto dove dormire?", le rispose, cercando di non mettersi a ridere.
"Sei in ritardo!"
"La prossima volta ti faccio sfracellare…", la rimbeccò sedendosi sul proprio ramo e accendendosi una sigaretta.
"Senti…" lei aveva cambiato tono, che si era raddolcito.
"Che c’è?", si voltò verso di lei, aspirando il fumo.
"Hai visto che coincidenza, conoscere entrambi Tenpou?"
"Più che coincidenza, è una maledizione…", le rispose.
"Ti ha mai parlato di me, da quando vivete insieme?"
"Ti piace?"
"Non come credi tu. Il nostro è un po’ un rapporto fratello/sorella. Mi fa sentire bene. Credo che lo capisca anche tu, visto che vivete insieme."
Kenren arrossì un poco, ma Sakura non se ne accorse. Maledizione, ma gli leggeva nel pensiero? Tenpou era l’unica persona di cui si fosse mai fidato… Lo tirava fuori dai guai come un fratello maggiore aiutava il fratellino scapestrato…e andavano d’accordo.
"Già."
"Eh?"
"Mi ha parlato spesso di te, anche se non ha mai fatto il tuo nome. E’ proprio come dici tu. Per lui sei una sorellina.", gettò via il mozzicone di sigaretta. "Credo che per lui sia naturale affezionarsi a certi tipi di persone. Ma io non ci riesco. Non riesco nemmeno a comunicare. Specialmente con le donne".
"…con me stai parlando, no?", sorrise Sakura. "Vuol dire che, in fondo, non sei poi così mentecatto"
"Può darsi che anch’io ti veda come una sorellina. Allora vieni qui, sarò anch’io il tuo fratellone!".
Sakura scese nel ramo sul quale il ragazzo stava seduto a cavalcioni, si sistemò davanti a lui e appoggiò la testa sul suo torso. Lui le carezzò la testa.
"Anzi, più che sorellina, sembri un animale domestico…che però graffia e morde se viene contrariato"
"Non prendermi in giro!", si arrabbiò lei.
Stettero un po’ in silenzio.
"Com’è convivere con Tenpou?", chiese sorridendo la ragazza.
"Terribile!"; Kenren alzò
gli occhi al cielo. "Sempre disordine, disordine, disordine. E non fa altro che parlare di libri. Però cucina bene."
"Hai ragione!"
"Senti… ti piace pescare?" chiese lui improvvisamente.
"Pescare? Non so… non ci ho mai provato. Di solito nel laghetto ci nuoto, nient’altro"
"Allora ti ci porto io, un giorno di questi."
"Ehi, aspetta… Credi di avermi adottato?"
"Come non detto…"
Come mai con lei poteva parlare?
"Che sciocchezza, sarà stato un caso, niente di più", pensò Kenren.
Come mai con lui su sentiva bene?
"Perché a volte sembra più infantile di me", pensò Sakura.

***

Anche il giorno successivo era volato. Questa volta, anche Kenren e Tenpou l’avevano aiutata a sistemare le scaffalature.
"Tenpou, questi libri pesano un accidente. Come puoi farli sollevare ad una ragazzina come lei?"
"Non puoi
chiamarmi con il mio nome? Zitto e spolvera, impiccione!"
"… anch’io ci avevo pensato, ma… hai visto anche tu che non ha problemi a sollevarli"
"Io l’avevo detto che era strana!"
Sakura gli gettò lo spolverino in faccia, sollevando un enorme polverone.
Kenren cominciò ad inseguirla, ed entrambi corsero intorno alla biblioteca per un po’, mentre Tenpou li guardava grattandosi la testa.Alla fine, misero fine alla corsa, gettandosi sul pavimento.
"Dannazione, ma sei veloce!"
"Che sudata!"
"Andiamo al laghetto?", propose lui.
"Eh?"
"Ma
sì, a farci una nuotata!"
"D’accordo!"
"Vieni anche tu, Tenpou?"
Tenpou lo guardò come per dire: "Magari!", e gli sventolò in faccia un fascio di documenti da compilare e bollare, mentre Sakura scoppiò a ridere.

***

Stavano seduti sul bordo del laghetto, le gambe ancora in acqua. La carnagione chiara di lei che spiccava vicino a quella abbronzata di lui.
Sakura si stava coprendo la biancheria intima, con la quale aveva fatto il bagno, mentre lui era in boxer.
"Perché ti copri?", chiese lui canzonandola, "Credi che voglia vedere un corpo infantile come il tuo?"
Lei sbuffò. "Non riesci a stare per più di dieci minuti senza prendermi in giro, vero?"
"E’ un impulso irresistibile. Solo la tua faccia fa venire voglia di canzonarti"
"Grazie, anch’io ti voglio bene!"
"Ma
dai, scherzo!", disse accendendosi una sigaretta. "In realtà hai un viso dolcissimo. Troppo. Che stona con il tuo carattere spigoloso.
"Io sarei spigolosa?"
"Non dentro
. E’ come se fosse…una maschera. Una sorta di autodifesa contro gli altri"

"Con te viene spontaneo essere spigolosi", lo punzecchiò.

"E’ vero", disse seriamente lui.

"La mia maschera… credo che serva a mascherare la mia insignificanza.", si era un po’ rattristata.

"Non credevo che tu ti facessi di questi problemi…"

"Non c’è nulla che sappia fare bene…"

"A parte rompere le scatole"

"…"

"E… a parte farti volere bene"

"Mh"

"Perché non consideri le cose più in generale?"; in quel momento, il viso imbronciato, era veramente carina.

"Che vorresti dire?"

"Voglio dire… tu non sai fare niente bene, ma sai fare un po’ di tutto, no? Prendi a esempio i fiori di arancio: non saranno bellissimi, ma fanno davvero un buon profumo. E poi… i fiori di ciliegio: sono stupendi, ma non profumano. Tu invece sei un …", cercò un esempio adatto. "Un garofano! Ecco, un garofano; non è un fiore bello come quelli di ciliegio, né profumato come quelli d’arancio, ma è entrambe le cose, al contrario degli altri due fiori. E’ un fiore… completo. Come te."

Sakura si voltò un attimo, e Kenren la vide tremare un po’.

"Ma che ti prende?", la scrollò.

"Ahahahahahah", esplose a ridere Sakura "L’aggressivo, insubordinato generale Kenren Taisho, che filosofeggia e fa paragoni con i fiori!"

Kenren arrossì fino alle orecchie, poi le urlò: "Non ti dirò più nulla! Sakura, con te è impossibile fare un discorso serio!"

"Ma dai, scusami!"

"E poi, non intendevo assolutamente dire che preferisco te alle altre donne del Tenkai. Metti una decina di centimetri, fatti gonfiare le tette, e poi vedremo."

Sakura aveva ancora troppe risate represse per prendersela, mentre lui si allontanava.

"Kenren!", lo chiamò.

Lui si voltò verso di lei.

"A domani mattina!"

Lui le fece un cenno con la mano e si allontanò.

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Capitolo 4
*** Sunset ***


Goku: Simoooooooochan

Capitolo 4
~Sunset~


"Ho cercato frammenti di me stesso,

contando ogni momento le notti senza fine.

Questi sentimenti stanno diventando così certi

che quasi mi perdo."

Alone


Erano distesi sull’erba, le mani che si sfioravano appena.

Guardavano il cielo stellato, domandandosi perché fosse così vasto…

"Non avrei mai pensato di poter condividere un momento simile…", mormorò Sakura senza staccare gli occhi dal cielo.

Aveva avuto l’idea di andare con Kenren a vedere il cielo stellato: uno spettacolo da togliere il fiato.

"Neanch’io…pensavo che le notti fossero buone solo per scopare con belle donne… non mi ero mai soffermato a guardare il cielo", le rispose. Stranamente, non aveva ancora acceso la consueta sigaretta.

"Riesci sempre a rovinare la bellezza di certi momenti…", lo rimproverò lei.

"Senti chi parla…"

Sakura si girò un po’ verso di lui. "Come può venirti in mente il sesso in un momento come questo?"

"Ogni momento è buono per pensare al sesso", rispose lui alzando il mignolo.

La ragazza decise che era meglio tacere, sperando che lui la imitasse. Aveva la capacità di dire le cose sbagliate al momento sbagliato, a volte. Così tornò a concentrarsi sul cielo.

"Sai…" disse Kenren dopo un po’ di silenzio.

"Che cosa?"

"Quando provo a gridare, di fronte a questo cielo… è come se la mia voce si perdesse"

"Hai ragione. Questo mondo è troppo piccolo, ma il cielo è così grande… Mi fa venire freddo". Si strinse a sé.

Kenren si accese una sigaretta, poi si alzò sui gomiti per osservare la ragazza. Si era addormentata.

Allungò le dita verso di lei, e spostò le ciocche che le ricadevano sul viso, accorgendosi che non aveva mai compiuto quel gesto prima d’ora con nessun’altra persona.

"Accidenti, adesso anch’io mi comporto da fratello maggiore! Non mi si addice per niente…", e anche lui si distese e si addormentò.


***

Sakura era sola a sistemare i libri: Kenren non era in casa, Tenpou era uscito poco prima.

Improvvisamente qualcuno entrò: si trattava di una persona che la ragazza aveva visto più volte, e di cui conosceva il nome, ma niente di più.

Il generale Ryuho Gojuin entrò nella stanza.

"Chiedo scusa. E’ in casa Tenpou Gensui?"

Lei lo guardò. Aveva un tono freddo, un po’ scostante. Il suo volto era coperto come da squame, i suoi capelli candidi erano raccolti in una lunga treccia. Eppure aveva un che di affascinante.

Lei sorrise. "No, mi dispiace. Ma penso che non tarderà a rientrare"

"Allora, se non ti dispiace, lo aspetterò qui"

"Non c’è problema!".

Sakura rispose così, ma si sentiva un po’ a disagio. Proprio non si poteva dire che tra Kenren e quell’uomo corresse buon sangue, ed ora se lo ritrovava lì davanti, senza sapere che dire.

Improvvisamente, Gojuin si alzò dalla poltrona sulla quale si era seduto, e si avvicinò a lei, fissandola.

"Il tuo nome è Sakura, vero?"

"Sì. Ma come…". Perché conosceva il suo nome? D’accordo, anche lei conosceva il suo, ma non era esattamente la stessa cosa. E il suo tono l’aveva intimorita. Il che non era facile.

"Diciamo che so alcune cose di te", l’interruppe, e non aggiunse altro a proposito.

"So", continuò, "che questo non è il tuo posto. Lo so perché sei proprio come me."

Che discorsi strani. "Forse hai…ha…ragione. Ma…"

Il giovane l’interruppe nuovamente. "So ciò che vorresti. E so ciò che voglio io.", disse avvicinandosi ancora.

Istintivamente, Sakura fece alcuni passi indietro, appoggiandosi al muro.

"Ti ho osservata. Hai qualcosa che a me manca, e per questo…", si avvicinò ancora e ancora, fino ad arrivare appena davanti a lei. Era alto, molto più alto della ragazza. Allungò un braccio, appoggiando la mano sul muro, proprio sopra una delle spalle di Sakura.

Fu un attimo. Mentre Sakura stava per dirgli di allontanarsi, di lasciarla in pace, lui si chinò e la baciò violentemente.

Cercò di muoversi, ma lui la tenne ferma, al muro.

"Ma cosa sta facendo?", pensò lei "Cosa diavolo vuole da me?", cercando ancora di divincolarsi.

Molti sentimenti e pensieri affiorarono: lui le stava rubando il primo bacio, lui, una persona che non conosceva e che non desiderava. Ora aveva capito, chi voleva, con tutte le sue forze, con tutto il suo corpo…non poteva permettere a quell’uomo di andare oltre, non voleva. Cercò di alzare le gambe, ma lui gliele stava premendo contro il muro.

Finalmente lui la lasciò, sentendo una presenza dietro le proprie spalle.

"Tenpou!", pensò Sakura staccandosi dal muro. "Per fortuna!".

Ma quando alzò lo sguardo vide Kenren, con un’espressione in volto che Sakura non riuscì a decifrare: era un sorriso forzato, quello che vedeva? Era rabbia, collera, o cos’altro?

"Ah. Il generale Taisho. Salve!", disse l’uomo che fino a poco prima la stava spingendo al muro.

"Salve, Gojuin. Mi dispiace averti disturbato. Fa’ con comodo. Io vado via"

"Kenren!", urlò Sakura mentre lui si allontanava, ma non si voltò. Cosa aveva capito? Gli era importato qualcosa di ciò che aveva visto, o no?

Si slanciò in avanti per correre verso di lui, ma Gojuin l’afferrò per un braccio.

"Ricordatelo bene", disse a voce bassa, "Quando voglio qualcosa, l’ottengo sempre, in un modo o nell’altro. E ora voglio", sottolineò quest’ultima parola, "che tu sia mia.".

Dopo avergli lanciato un’occhiata rabbiosa, la ragazza corse via.

Gojuin rimase lì; si passò la lingua sulle labbra, poi si sedette nuovamente per attendere l’arrivo di Tenpou.

Sakura uscì dall’abitazione. Non sapeva dove dirigersi, perché non aveva la minima idea di dove Kenren fosse andato. Tuttavia, continuò a correre.

"Che stupido sono stato!" si stava ripetendo Kenren "Avevo pensato che quella ragazza fosse diversa… e invece è esattamente uguale alle altre. Maledizione!", scalciò sul prato dove stava camminando, "Perché diamine me la sto prendendo? Cosa me ne importa?". Dopo l’iniziale indifferenza, si era accorto che ciò che aveva visto gli aveva dato fastidio. E ciò che lo faceva infuriare era proprio il non averne capito perché.

Si era diretto meccanicamente verso il "ciliegio", quello dove lui e Sakura sedevano quotidianamente a chiacchierare e bere sakè; quando se ne accorse, si fermò e lo fissò: aveva voglia di prenderne a calci il tronco, ma non lo fece.

In quel momento una ragazza dai capelli castani al vento si stava dirigendo correndo verso di lui. Evidentemente, anche lei si era diretta lì senza accorgersene; lui si voltò immediatamente, dandole le spalle.

Allora lei gli pose le mani sulla grande schiena, cercando di prendere fiato per spiegargli quello che le era successo, ma…lui non la fece parlare, se la scrollò di dosso.

"Meno confidenza, per favore, ragazzina". Il suo tono era indifferente, ma il suo volto no.

"Perché sei andato via? Volevo spiegarti che…", disse Sakura con un groppo in gola.

"Non mi importa. Puoi fare ciò che vuoi", la interruppe alzando la voce.

Si allontanò.

Le lacrime della ragazza avevano cominciato a sgorgare.

"Kenren! Stasera, stesso posto, stessa ora!"

Non sapeva se lui l’avesse udita o no.

"Non mi farò vedere, né stasera, né mai, per nessun motivo al mondo", pensò lui.

"Volevo spiegarti… che non è stata colpa mia… e che mi sono accorta che… ti amo!", mormorò lei con lo sguardo fisso nel vuoto.

"E’ meglio che vada a scusarmi con Tenpou, per essere andata via così. Tanto, penso che Gojuin sia già andato via. Quell’uomo… cosa intendeva dire? Cosa vuole da me?", pensò incamminandosi indietro.

Quando giunse da Tenpou, e lui la vide scura in volto e con gli occhi arrossati, non le chiese niente, si limitò a fare un cenno del capo come per dire "non preoccuparti!". Se c’era qualcosa che di certo a Tenpou non mancava, era l’intuito.

"Va’ pure, Sakura… non preoccuparti"

"Grazie", mormorò lei, e si allontanò.

Sapeva dove andare. Il ciliegio? No, quello l’avrebbe fatta sentire ancora più triste. Sarebbe andata nel bellissimo prato di fiori dove si distendeva a prendere il sole…

Quel prato era conosciuto, o almeno, frequentato, da pochissime persone.

Una di queste era ovviamente Sakura; un’altra era il piccolo Goku, che vi raccoglieva i fiori per portarli a Konzen.

Un’altra persona era la dolce, bellissima Rinrei.

Rinrei era l’unica ragazza del Tenkai che aveva stretto amicizia con Sakura. Di solito si distendevano insieme sul prato e chiacchieravano insieme per molto tempo. Poi, Sakura andava via e Rinrei si dava appuntamento con l’uomo che amava. Homura, il terzo essere eretico del Tenkai.

A Sakura piaceva molto guardare il viso illuminato di Rinrei, quando le parlava dell’uomo che amava… anche lei avrebbe voluto innamorarsi. Pensava ingenuamente che, se due persone si amavano, niente avrebbe potuto separarli.

Aveva capito non molto dopo che le sue erano sciocche romanticherie. Rinrei era stata condannata per essersi innamorata di un essere eretico, ed esiliata sulla Terra. Sarebbe rinata come mortale, dimentica dell’uomo che ora poteva solo osservarla dall’alto.

Alla vista del prato, gli occhi di Sakura si erano nuovamente riempiti di lacrime… "Hai visto, Rinrei. Anch’io mi sono innamorata. Ma…lui non mi vedrà mai come donna.". Si gettò sui fiori e continuò a piangere.

Ma intanto anche qualcun altro era arrivato e stava contemplando il prato, mormorando il nome di RinreiHomura, che si era seduto sull’erba, aveva appena notato la sagoma riversa sul terreno.

Era veramente un bell’uomo… alto, con i capelli dal colore della notte, gli occhi di colore diverso: uno azzurro, l’altro dorato, come Goku.

Sentendo la presenza di qualcuno, Sakura alzò il capo, ma appena vide Homura, scattò in piedi.

Si asciugò le lacrime e disse: "Mi… mi dispiace, vado subito via." Improvvisamente, si sentiva un’intrusa nel prato di ricordi di Homura. Era la prima volta che gli parlava.

Lui alzò un braccio, dicendo: "No…aspetta. Non andare via". L’osservò per un attimo, poi disse: "Tu… sei Sakura, vero? Rinrei… a volte mi parlava di te. Parlava di te come una persona speciale…"

Sakura arrossì un poco, poi disse: "Io…speciale? Non è vero…"

Homura si avvicinò alla ragazza e si sedette sull’erba, invitandola a gesti a fare altrettanto.

Lei si sedette, e l’osservò. "Homura…confesso che ti invidio. Hai potuto essere felice, hai trovato la donna della tua vita, l’hai amata…"

"…e l’ho persa.", concluse Homura. "Tu invidi me?", continuò: "Non puoi nemmeno immaginare il mio passato. Segregato, maltrattato, evitato da tutti perchè considerato.. eretico. Maledetto. Rinrei… è stata la sola persona a donarmi un po’ di calore e di amore."

"Io…" continuò Sakura, "Sono sfortunata. Passavo le mie giornate nell’apatia più totale, quando ho incontrato lui… ma non mi amerà mai."

"Finché sarai libera, nulla potrà essere impossibile per te:"

"Nella vita, a volte, se non si ha uno scopo… si finisce col perdere anche il valore della libertà"

Homura la guardò in volto, poi si soffermò sul valore di quelle parole, che non immaginava avrebbe ripetuto

"Aveva ragione Rinrei. Sei davvero diversa dalle altre."

Sakura si mise in ginocchio; "Tu…" chiese cingendogli i polsi incatenati, "Perché ti chiamano essere eretico? Cos’hai fatto? Hai sentimenti, proprio come me… in te non vedo nulla di malvagio!"

"Lo sono più di quanto pensi", rispose Homura offrendole un garofano.

Sakura non parlò più. Si distese e si addormentò. Quando si svegliò, il sole aveva già cominciato a tramontare, e lei si sentiva veramente decisa.

Se Kenren si sarebbe fatto vedere al ciliegio, a costo di morire, gli avrebbe detto ciò che provava. Altrimenti, si sarebbe infuriata, perché lui non l’aveva lasciata spiegare.

Si diresse al ciliegio. Questa volta non si arrampicò, ma ne toccò il tronco, come per trarne forza… Chiuse gli occhi, li riaprì, e vi appoggiò la schiena. Ora non aveva più voglia di piangere, ma solo di spiegare, e di capire.

I minuti passarono. Sakura stava già cominciando a disperare, quando una testa color rosso scuro si avvicinò, con un viso serio come non mai.

"Non volevo assolutamente venire. Credo di aver sprecato il mio tempo, ma voglio sapere. Non sapere cos’è successo con Gojuin, ma sapere perché mi sono sentito tradito vedendoti baciarlo. Parla."

"Gojuin cercava Tenpou. Gli ho detto che non c’era, così ha risposto che lo avrebbe aspettato."; Kenren fece un gesto d’impazienza. "Ha detto cose strane, poi mi ha baciata all’improvviso, spingendomi contro il muro. Non ho potuto fare niente, e non mi sento in colpa per questo. Poi mi ha detto: - Ottengo sempre quello che voglio, ricordalo. E voglio che tu sia mia.-", concluse.

Prese fiato. Doveva dirglielo. "Mentre mi baciava, mi sono accorta chi è che voglio. E sei tu, Kenren"

"Io… non capisco. Non capisco te, e non capisco nemmeno me stesso. Poco fa ero con delle ragazze, e all’improvviso… mi sono accorto che non me ne importava niente di loro. Ma di te…". Aveva cambiato voce. Si avvicinò a lei, "… sì che mi importa. Mi sembravi fragile, per questo ti consideravo come una sorellina… Ma in realtà sei forte e decisa, e credo… di provare qualcosa che non avevo mai provato prima, per te. Mi infondi calore."

"Non volevo soffrire. Ma ora penso che, se devo soffrire per qualcuno, voglio che sia a causa tua.", e gli pose le mani sulle spalle.

Lui le alzò il mento: "Spero che tu ti sia accorta di quanto mi hai cambiato, in poco tempo. Non avrei mai immaginato…"

Decidendo che era meglio tacere, la baciò dolcemente, mentre Sakura si riscaldava. Non le importava se avrebbe sofferto in seguito, voleva solo essere felice adesso.


***

Seduta sull’erba, lo abbracciava da dietro, assaporando l’odore dei suoi bei capelli rosso scuro.

"Credo di aver trovato il tramonto che cercavo."

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Capitolo 5
*** Red tie ***


Capitolo 5- Red tie

Capitolo 5
~Red tie~

"Dormi sempre nella culla del mio amore.
Quando il nuovo giorno arriverà, tu
sarai il solo ad essere chiamato:
messaggero dei sogni."

Zankoku na tenshi no these ("La tesi dell’angelo crudele")


"Vedo!", esclamò Kenren sorridendo e aspirando il fumo dalla sua sigaretta. Abbassò le carte.
"Poker d’assi", esclamò estendendo il suo sorriso.
"Scala reale", sentenziò lapidariamente Sakura, abbassando le sue, cercando di non scoppiare a ridere per l’ennesima volta.
"Non è possibile. Dove avevi nascoste le carte? Non puoi vincere sempre!", esclamò l’uomo lasciando cadere la sigaretta e slanciandosi in avanti per afferrarle i polsi.
"Guarda che non ho barato. Non è colpa mia se ho vinto le ultime otto partite consecutive!"
Kenren si tolse i pantaloni. Sakura era invece perfettamente vestita. Mormorò: "Avevi detto che non sapevi giocare…"
"Infatti, era la prima volta che giocavo a strip poker. E non avevo mai giocato seriamente nemmeno una partita a poker normale. Mi ha insegnato Tenpou pochi giorni fa! E’ veramente divertente questa versione dove ci si spoglia."
"Ora capisco", pensò Kenren. Se c’era qualcosa che non gli riusciva, era vincere una partita a poker contro Tenpou. "Contro di lui non vincerei nemmeno con tutte le carte in mano! Evidentemente, Sakura ha imparato bene".
Schioccò le dita a vuoto. Vederla spogliarsi durante una partita a strip poker sarebbe stato veramente eccitante. Veramente, gli sarebbe piaciuto vederla spogliarsi, semplicemente. Non ce n’era stata ancora l’occasione.
Alzò lo sguardo e la guardò.
Stava distesa con la pancia a terra, la scollatura del vestitino abbassata. Si teneva le mani, e sorrideva, gli occhi puri e gioiosi. Da quando Kenren aveva cominciato a desiderarla? Di solito, quando voleva il corpo di una donna, lo prendeva e basta. Eppure quella sorta di attesa, di pura e semplice contemplazione, lo eccitava tantissimo. Desiderava afferrare quei piccoli seni. Desiderava affondare il viso in quei lunghi capelli. Desiderava leccare il suo esile collo. Desiderava possederla.
Dal canto suo, Sakura non era ritrosa. Aveva presto imparato a godere di quelle scintille che la avvolgevano quando lui la sfiorava, quando le loro lingue si accarezzavano, quando lei faceva scivolare le mani alla scoperta di quell’uomo. Sì, anche lei voleva possederlo.
Si mise a sedere, le gambe conserte.
"Guarda che ti si vede la biancheria", le fece notare lui.
"Come sempre", rise lei. "Che importa?"
"Importa eccome. Sei da sola nel mio appartamento, l’appartamento di un uomo."
"Veramente sarebbe di Tenpou, quest’appartamento…"
"Allora rettifico. Sei da sola nell’appartamento CON un uomo", rispose lui balzandole in grembo e salendole addosso a cavalcioni. Le bloccò le braccia sul pavimento.
"E allora?", lo prese in giro Sakura.
"E allora…" rispose lui baciandola "E’ pericoloso, perché l’uomo potrebbe farti qualcosa di veramente cattivo…"
"Ma davvero!", lo stuzzicò ancora.
"Non provocarmi. Cosa vorresti che ti facessi, tu?"
"Quello che vuoi. E lo sai già, no? Altrimenti, perché mi saresti salito addosso?", rispose aggrottando le sopracciglia.
Kenren sorrise. Quella provocazione ingenua, quelle sopracciglia sottili aggrottate, quelle labbra sottili e morbide che la ragazza contraeva… lo facevano eccitare da matti. Non era abituato a questi comportamenti così… ingenui. Quel corpo che in un’altra ragazza avrebbe trovato infantile, lo attirava, lo eccitava tantissimo. "La voglio.", pensò Kenren, e si avventò sul suo collo.
Cominciò a leccarglielo e a baciarglielo, la lingua e le labbra che si muovevano sensualmente. Lei chiuse gli occhi, cercando di assaporare quel momento.
"Non mi fermerò", pensò lui continuando a scendere giù, nella scollatura "Sa cosa voglio fare e vuole farlo anche lei."
Intanto le sue mani si staccavano da quelle di Sakura e cominciavano ad intrufolarsi piano piano sotto il suo vestitino, mentre quelle di lei gli accarezzavano il torace.
Kenren continuò per un po’ a torturargli la scollatura, poi le fece inarcare la schiena e le slacciò il vestito da dietro, facendolo scivolare giù…
Delle voci lo interruppero.
"Kenren? Sei in casa?", disse la voce di Tenpou.
Kenren guardò Sakura mormorando un "Ma doveva rientrare stasera tardi!", poi si alzò, uscì dalla camera rimettendosi i pantaloni e asciugandosi le prime gocce di sudore che avevano cominciato ad imperlargli il volto; rispose: "Sì, sono qui, Tenpou, cosa c’è?"
Sakura tese le orecchie, e cominciò a riallacciarsi il vestito, sbuffando un po’.
Si sporse dall’uscio della camera di Kenren, salutando Tenpou con un gesto della mano e con un ampio sorriso.
Tenpou, assumendo la sua solita aria da "Ah, ho capito", disse: "Ciao, Sakura, così sei qui? Mi dispiace disturbarvi, ma sono state convocate le truppe… devo rubarti Kenren.". Ed entrambi si allontanarono.

***

Sakura stava passeggiando con Kenren per i saloni del palazzo imperiale, quando una sagoma che correva si scontrò contro l’uomo.
Il bambinetto si rialzò, sorridendo : "Sakurachan! Ciao! Non mi vieni a trovare da tanto tempo! Come stai?"
"Bene, grazie, Goku…"
"Occhi dorati…", pensò Kenren, ma prima ancora di aprire bocca fu interrotto da alcuni guardiani che arrivarono anch’essi correndo, evidentemente all’inseguimento di Goku.
"Tu! Cosa fai qui! Chi ti ha permesso di entrare?", disse uno dei due cercando di afferrarlo.
"Un momento!", s’intromise Kenren. "Lasciatelo!"
"Ma… generale Taisho…conoscete questo ragazzino?"
"Certo! Vedete, questo è… il mio figlio segreto!"
I guardiani rimasero un po’ interdetti: guardarono Goku, poi Kenren, e poi portarono lo sguardo su Sakura, che avendo compreso quello che stavano pensando avvampò fino alle orecchie…
"Desolati…non lo sapevamo…", riuscirono a mormorare appena i due guardiani, che si voltarono e alzarono i tacchi.
Quando sparirono dal circondario, Kenren scoppiò a ridere, mentre Sakura, incerta se ridere anche lei o picchiare Kenren, mormorò: "Ma…non avranno creduto mica che…"
"Certamente! Che attore sono!", disse Kenren continuando a ridere.
Tutti e tre si incamminarono fuori dal palazzo, chiacchierando.
"Allora Goku? Che stavi facendo lì?" chiese Sakura.
"Cercavo Nataku…", disse tristemente lui.
"Nataku?" domandò Kenren.
Nataku, il dio della guerra. La bambola assassina. L’essere eretico. Lo chiamavano in tanti modi, ma nessuno, pensava Sakura, si chiedeva ciò che provasse quel ragazzino inviato in missioni suicide dal padre. "Incarichi impuri assegnati ad esseri impuri…", aveva detto Homura parlando di sé stesso, di Nataku e anche di Goku.
Tenpou le aveva spiegato ciò che succedeva: a Nataku, l’aspetto di un ragazzino poco più grande di Goku, nato dalla relazione del padre Li Touten con una donna umana ("Così si dice, ma chissà che non ci sia dell’altro…", aveva sentenziato Tenpou), venivano assegnati incarichi impossibili da svolgere per un abitante del mondo celeste… Questo perché nel Tenkai non era consentito uccidere. "Per fortuna", aveva pensato Sakura a riguardo di quest’ultima frase di Tenpou.
Kenren osservò le catene pesantissime che Goku trasportava… perché un esserino che non aveva fatto nulla doveva indossarle?
Sakura guardò la divinità e indovinò a che cosa stesse pensando. Anche lei la pensava così.
Mentre Sakura stava ridacchiando per come Goku aveva chiamato Kenren ("Kenni-chan"), la loro attenzione venne richiamata da qualcosa che si avvicinava, cadendo a pochi passi da loro. Nataku. Ferito, si accasciò al suolo. Fu Goku a soccorrerlo per primo.

***

"Nessuno ha mosso un dito", disse Tenpou.
Erano tornati a casa sua per avvertirlo degli ultimi avvenimenti.
"Hanno lasciato fare tutto a lui", concluse Kenren.
Sakura stava seduta per terra, ascoltando prima l’uno e poi l’altro, senza sapere che dire.
"Sta accadendo qualcosa di losco ai vertici militari…"
"Sono d’accordo."
"Lo sospetto da tanto."
"Sono sicuro che accadrà presto qualcosa."

***

Il compleanno dell’imperatore celeste Tentei!
Nessuno può assentarsi da questo evento tanto importante…
Sakura stava passeggiando con Kenren in mezzo alla folla (da cui arrivavano tante occhiatacce, probabilmente le donne invidiose che ormai Kenren non assecondava più…)
Intanto, "qualcuno", nella speranza di ricevere del cibo, aveva convinto Konzen a partecipare alla festa…
Invece qualcun altro, dal suo balcone, osservava la folla sbadigliando. Era la dea/dio Kanzeon Bosatsu, che detestava profondamente le feste del "vecchio babbione" (l’imperatore celeste).
"Ma questa volta è diverso. Succederà sicuramente qualcosa di divertente…."
Intanto Konzen si era accorto si aver perso la sua baka saru tra la folla…che stava per essere maltrattata da un paio di soldati.
Inizialmente intervenne Tenpou per difenderlo, ma gli eventi precipitarono quando Sakura e Kenren giunsero lì… la ragazzina aiutò Goku a rialzarsi, poi iniziò a pronunciare parole poco gentili ai suoi aguzzini…che non persero tempo, alzando le mani su di lei. I colpi vennero prontamente bloccati da Kenren, che , un po’ infuriato e un po’ desideroso di divertirsi, diede inizio ad una rissa, nella quale furono coinvolti diversi soldati, Sakura, che iniziava anche lei a divertirsi, Goku e Tenpou.
Tutto questo frastuono interruppe il discorso dell’imperatore… che ordinò di fermare immediatamente coloro che causavano quel trambusto.
Finché non arrivò Konzen: "Queste persone sono con me… mi assumo io tutta la responsabilità. Le allontanerò immediatamente."
E, facendo cenno a Tenpou, Sakura, Kenren e Goku di seguirlo, cominciò ad allontanarsi.
A Tenpou, che era al suo fianco, bisbigliò: "Finalmente ho il pretesto per allontanarmi da questa noia mortale…"
Nel frattempo, Bosatsu, dal suo balcone, mormorava: "Non trovi che queste persone ti si addicano, Konzen? Prenditi cura di loro, perchè d’ora in poi sarete legati dal filo rosso del destino…"
Kenren, che seguiva la fila delle persone che decorosamente si ritiravano dal palazzo imperiale, afferrò Sakura per un braccio e le disse: "Andiamocene, presto! Non mi va di sorbirmi la predica di quella divinità corrotta!"
E corsero via.
Konzen disse a Tenpou: "Che facciano come vogliono!", mentre l’altro si mise a ridere.

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Capitolo 6
*** A voice, nor a sound ***


Simo: Bene, bene… rieccomi in linea per il sesto capitolo della mia fan fiction

Capitolo 6
~A voice, nor a sound~


"Dimmi, quando si è innamorati, come lo sono io adesso,

ci si può sentire soli?

Dimmi, si può provare una sofferenza più profonda

del buio e del silenzio?

Dimmi, quando ci si innamora,

per chiunque arriva la fine?

Dimmi, si abbandona anche la speranza più serena

di un cielo azzurro?"

Yakusoku wa iranai ("Non ho bisogno di promesse")


Sakura correva, sorridendo. Faceva un po’ fatica a stare dietro a Kenren, così gli chiese di rallentare, cosa che fece immediatamente.

"Kenren… Che forza! Abbiamo interrotto il discorso del vecchiaccio, abbiamo fatto a botte con i soldati e abbiamo mollato Konzen! Non mi ero mai sentita così eccitata!" disse lei riprendendo fiato.

"Non te la cavi male con i calci, sai? Ma dovresti migliorare i tuoi diretti…in ogni caso, anch’io non mi divertivo così da tanto tempo…", rispose lui.

"E ora…dove andiamo?"

"A casa di Tenpou, no?", ammiccò Kenren.

Sakura arrossì un po’, poi chiese: "Vuoi continuare la partita di strip poker di qualche giorno fa?"

"No. Voglio continuare quello che stavamo facendo dopo la partita di strip poker.", rispose lui.

"Che bellezza! Non c’è nessuno in giro…Sono tutti al compleanno dell’imperatore…possiamo fare quello che vogliamo!", continuò lui.

Sakura sentì che il cuore cominciava a batterle forte, quando giunsero a casa di Tenpou.

Entrarono; lui si tolse le scarpe, mentre lei chiudeva la porta. Poi si abbassò anche lei per togliersi le scarpe, quando Kenren la afferrò per le spalle e la tirò su, cominciando a baciarle il collo come aveva fatto qualche giorno prima, mentre cominciava a slacciarle il vestito…

Intanto, cominciava a farsi sera: la luce che proveniva dalle imposte iniziava a scarseggiare.

Non appena il vestito di Sakura scivolò fino a terra, Kenren la sollevò e la portò in camera sua. Non la poggiò sul letto, ma sul pavimento, mentre dalle labbra della ragazza cominciava a scendere verso quel qualcosa di molto simile ad un reggiseno che Sakura indossava.

Glielo tolse. Ora poteva vedere i suoi piccoli seni candidi, poteva toccarli e leccarli come aveva desiderato fare nei giorni scorsi. Non li afferrò con forza, com’era solito fare con le altre donne, ma cominciò ad accarezzarli piano con le dita e a percorrerli con la lingua.

Sakura intanto cominciava a spogliare Kenren. Gli tolse la giacca, i ninnoli che portava al collo e cominciò ad armeggiare con la cintura, mentre le labbra di Kenren cominciavano a desiderare di più dei suoi seni e cominciavano a scendere verso il basso.

Nel frattempo Kenren si posizionò a cavalcioni su una delle ginocchia della ragazza, facendole sentire il suo desiderio e la sua eccitazione, che aumentò quella di Sakura.

Lei riuscì finalmente a slacciare la cintura del ragazzo, mentre lui cominciò a palparle le natiche, prima leggermente, poi sempre più prepotentemente.

Kenren si fermò per un attimo, alzando il volto: prima di prendere la ragazza, voleva osservare ogni centimetro del suo corpo, voleva imprimerlo nella sua mente, voleva toccarlo.

Lei lo guardò interrogativa, mentre lui osservava e percorreva con due dita i suoi piccoli seni che aveva prima stretto tra le sue labbra, i suoi fianchi sottili, e infine il suo basso ventre ancora celato dietro la biancheria. La tolse. Ecco, ora poteva vedere tutto di lei, poteva affermare finalmente di conoscere la sua ragazza. Si avventò nuovamente sulle sue labbra, mordicchiandole e leccandole, e scese nuovamente sui suoi seni.

Normalmente non si perdeva mai in simili preliminari, con le altre donne: le possedeva, e basta. Ma stavolta c’era qualcosa di diverso, c’era un piacere fisico indescrivibile nell’esplorare cautamente quel corpo, che non voleva assolutamente ferire.

Sakura cominciò ad ansimare, e contemporaneamente sfilò l’unico ostacolo che la divideva dal corpo dell’uomo che amava. Lui si liberò in fretta dell’ultimo frammento di stoffa che lo ricopriva, e cominciò a strusciarsi sulla ragazza, eccitandosi sempre di più.

La sua lingua scese sulle intimità della ragazza, vogliosa, e finalmente mise fine a quella tortura, afferrando le natiche della ragazza, che inarcò la schiena, e penetrandola.

Il primo colpo fu leggero, non voleva assolutamente farle male, ma poi la voglia prese il sopravvento su di lui e cominciò a muoversi, mentre Sakura sentiva un indicibile calore e stringeva le sue gambe attorno ai suoi fianchi, gemendo.

Le spinte del ragazzo divennero sempre più forti, finché, gemendo anche lui, non venne dentro il corpo della ragazza che amava.

Lentamente, felice, uscì dal suo corpo, e dopo averle posato sulle labbra un dolcissimo bacio si distese accanto a lei, che sorridendo rilassò le proprie gambe.

Non si mossero dal pavimento; Kenren prese un lenzuolo da sopra il letto e lo sistemò su di sé e la ragazza, che si acciambellò come un gattino contro il suo torace, e si addormentò.

Era passato un po’ di tempo: la luce cominciava a penetrare dalle finestre; lui aveva un braccio disteso, su cui Sakura posava la testa, dormendo beatamente.

Lui valutò se fosse il caso di accendersi la solita sigaretta, poi convenne che era meglio di no, voleva gustarsi quel momento così com’era, senza inquinare la stanza di fumo. Osservò il viso addormentato dei Sakura.

Le toccò il viso con due dita, percorrendole le sopracciglia, le palpebre chiuse dalle lunghe ciglia, il naso aggraziato e le labbra morbide, leggermente secche per il sonno. Pensò che chiunque, vedendola addormentata, avrebbe provato la voglia di proteggerla per sempre. Si chiese anche se sarebbe stato capace di non farla soffrire, e risolse che doveva riuscirci, perché non voleva vedere il suo volto rigato dalle lacrime.

Infine rifletté su ciò che era accaduto quella notte: non era stata una semplice "scopata", com’era solito definire i rapporti sessuali con le altre donne; era stata una vera e propria unione, ora sentiva che era diventato parte di lei, e non voleva che nessuno la toccasse più. L’avrebbe protetta.

Sakura mugolò e si rigirò, spostando un po’ il lenzuolo. Aprì un poco gli occhi, uno spiraglio color verde, poi li richiuse, infastidita dalla luce. Se li strofinò con il braccio, poi si mise a sedere guardandosi intorno. Kenren sorrise pensando a lei come una bambina che si risvegliava in un letto che non era il suo.

La ragazza si distese di nuovo, questa volta con la testa sul dorso del ragazzo; gli prese il braccio e se lo mise attorno al collo. Lui la baciò sulla testa, dicendo: "Buongiorno!"

La voce roca e assonnata, Sakura rispose: "Ciao…"

Kenren rifletté un po’, poi si rese conto di non aver mai passato la notte con una ragazza vergine: era curioso dell’effetto che poteva avergli provocato; così le chiese: "Stai bene?". Lei richiuse gli occhi e rispose: "Sì…sono stata benissimo!".

Kenren pensò a qualcosa, poi si rizzò a sedere dicendo: "Sakura…io…volevo darti qualcosa"

Anche lei si mise a sedere: "Cosa dici?"

Il ragazzo portò le mani su una delle proprie orecchie, si tolse un orecchino e lo porse a Sakura: "Volevo darti qualcosa che mi appartiene…non ho altro, mi dispiace"

La ragazza sorrise, felice: afferrò l’oggetto e poi si rese conto di non avere fori alle orecchie. Come se niente fosse, aprì l’orecchino e lo spinse con tanta forza contro il suo lobo, che si forò; una goccia di sangue fuoriuscì dalla ferita.

Kenren prontamente le leccò il lobo, dicendo: "Sciocca. Perché lo hai fatto?"

"Perché adesso il tuo orecchino è parte di me, così come lo sei tu.", e si voltò a baciarlo.

Improvvisamente, Sakura si ricordò di qualcosa: "Ma…e Tenpou? Se fosse rientrato?"

"Non preoccuparti… è stato fuori tutta la notte: sono stato sveglio a controllare"

"Non hai dormito?"

"No…ho guardato dormire te."

"Mi fa male la schiena…", disse la ragazza cominciando a cercare la propria biancheria ed uscendo dalla stanza per recuperare il vestito, rimasto all’entrata.

Anche Kenren cominciò a rivestirsi, raccogliendo gli indumenti sparsi per tutta la stanza.

Sakura non parlò, ora un po’ imbarazzata: si chiese se quella notte non avesse fatto nulla di sbagliato, o se non lo avesse soddisfatto appieno…

Visto che Sakura non parlava, anche Kenren faceva silenzio: aveva paura di averle fatto male…

Ma nessuno dei due avrebbe aperto bocca per chiedere queste cose, sicuramente!


***

"C’è qualcosa di strano…", pensò Sakura.
Le donne nel dormitorio dove passava la notte ultimamente erano molto, troppo tranquille.

Ma lei era troppo felice di essersi unita a Kenren, per poter pensare ad un tiro mancino.

Da quando lei aveva conosciuto l’uomo, la stizza delle compagne nei suoi confronti era aumentata a dismisura; erano frequentissime le battute del tipo "…si vede che per ora Kenren ha voglia di fare il baby-sitter" o "Ma guardatela, la ragazzina! Ora si sente superiore perché Kenren passa del tempo con lei…".

Sakura le ignorava, come aveva sempre fatto. A volte ne parlava a Kenren, ma non dava mai l’impressione di lamentarsi. In fondo, perché avrebbe dovuto dare loro tanta importanza? Cosa potevano mai fare? Le risposte di Kenren erano scherzose, del tipo: "Cosa ci vuoi fare…sono i problemi di chi ha un ragazzo bello e famoso!", e a quel punto Sakura si imbronciava o gli mollava uno scalpellotto nel torace, cosa che a lui piaceva da matti, anche se la rimproverava spesso di essere troppo violenta.

Ma Sakura non si fece altre domande, e uscì per recarsi a casa di Tenpou. Per la strada, incontrò Goku che trascinava per una mano il suo "sole" Konzen, volti anche loro a casa di Tenpou.

Intanto, Kanzeon Bosatsu, osservando dall’alto questa scena, si rendeva conto di quanto quel ragazzino avesse cambiato suo nipote…

Arrivati a casa di Tenpou, si misero tutti insieme ad ordinare l’ufficio, mentre Sakura notò l’assenza di Kenren.

"Tenpou, sai dov’è andato?"

"Credo sia uscito a fare una passeggiata…non ci metterà troppo a rientrare."

Dov’era Kenren, intanto?

Il ragazzo stava passeggiando, fumando, e pensando a quanto era cambiato in quell’ultimo periodo, chiedendosi se la cosa lo dispiacesse. "Per niente.", concluse infine.

Intanto passò di fronte ad un laghetto, dov’era china una donna, che bagnandosi le mani, si risistemava i lunghi capelli biondi; Kenren convenne che era davvero bellissima: era alta, esile, ma aveva un seno davvero prosperoso, reso ancora più evidente dall’ampia scollatura. "Accipicchia! Sicuramente, se l’avessi vista tempo fa, non ci avrei pensato due volte e me la sarei portata a letto senza tanti complimenti!". Ma, improvvisamente, gli venne in mente il broncio di Sakura, così sorrise e oltrepassò la donna per tornare a casa di Tenpou, dove la sua ragazza lo stava sicuramente aspettando.

La donna lo seguì con lo sguardo, stringendo i pugni. Decise che il suo orgoglio era stato ferito, e che l’avrebbe sedotto anche a costo della vita.

Nei giorni a seguire, Kenren incontrò parecchie volte quella donna: la vedeva praticamente ovunque, persino nei pressi del ciliegio dove si incontrava con Sakura, temendo che lei potesse accorgersene: la ragazza, che aveva affrontato alcuni soldati al compleanno dell’imperatore celeste, non si sarebbe certo fatta dei problemi a intraprendere una rissa con quella donna, cacciandosi sicuramente nei guai. Così decise di non dirle niente.

Le giornate proseguivano tranquille: Tenpou sapeva di lei e Sakura, e continuava a ripetere: "Che volete che vi dica? Siete giovani, divertitevi!", con quel suo solito sorrisino, ma Kenren sapeva che le cose sarebbero cambiate tra lui e l’amico se avesse fatto soffrire Sakura: il suo gentile convivente era troppo affezionato a quella ragazza.

Tuttavia, una sera, rientrando, Kenren si accorse di un paio di cose: primo, Tenpou non era in casa; secondo: la donna che lo seguiva ovunque si trovava in camera sua coperta solo da un asciugamano. Come fosse entrata, non lo sapeva; rimase un po’ interdetto sulla porta.

"Buonasera, generale Kenren", lo salutò la donna accennando un piccolo inchino, che fece scivolare un po’ più in giù l’asciugamano, lasciando intravedere il seno abbondante.

"Chi sei tu?"

"Il mio nome è Shion. Sono qui per mettermi al suo servizio…", e così dicendo, si avvicinò a lui, che già cominciava a ragionare con la parte bassa del proprio corpo, lasciando scivolare giù l’asciugamano.

"Ma…accidenti, che vada al diavolo Sakura!", pensò cominciando a slacciarsi la cintura e baciando contemporaneamente la donna nuda che gli stava davanti. "E poi…non lo saprà mai! Non c’è niente di male in tutto questo!".

La donna, sorridendo vittoriosa, si strusciava a lui.

Il ragazzo rimase in boxer; iniziò a stringere il seno della donna, eccitandosi sempre di più.

Si dice che le peggiori situazioni abbiano spesso i peggiori spettatori. E nessun spettatore poteva essere peggiore, in quella stanza, di Sakura.

La ragazza stava sulla porta di casa: non sapeva se disperarsi, se arrabbiarsi, se gridare. Stava zitta, ma Kenren, sentita la presenza di una terza persona nella stanza, seppe già di chi si trattava ancora prima di vederla. Così, spinse in avanti la donna e si voltò.

"Io…non ho…davvero…parole", disse la ragazza slanciandosi verso la porta di casa.

Kenren si mise i pantaloni e si slanciò al suo inseguimento, ma la donna lo trattenne; se la scrollò di dosso, e si mise a correre.

Ovviamente era più veloce di Sakura, così la raggiunse quasi subito.

Le prese i polsi. Sembrava la scena di qualche tempo prima, ma i ruoli erano invertiti. E, stavolta, lui aveva davvero colpa.

"Sakura, ascoltami…io…"

"No, Kenren, ascoltami tu! Io…ti amo…mi sono fidata…Ti ho dato tutto di me, tutto! E tu…"

Non ce la fece a continuare. Scoppiò in lacrime, si liberò i polsi e prese a tirare l’orecchino di Kenren che indossava, ma il ragazzo, temendo che si sarebbe lacerata il lobo, le fermò il braccio. "Ferma! Io…"; per tutta risposta, la ragazza diede uno strattone così forte per liberarsi, che Kenren pensò che si fosse slogata il polso.

Lei non disse nulla, e cominciò a massaggiarselo.

Sempre senza dire una parola, gli mollò uno schiaffo fortissimo. Poi, finalmente parlò: "Tu hai tradito la mia fiducia. Hai tradito ciò che provavo per te. Non ho più nulla da dirti."

Il ragazzo si mise la mano sul viso, già arrossato. Il suo onore vacillò: come si permetteva a colpirlo? Così le rispose: "Evidentemente non poteva funzionare. Arrivederci."

E si allontanò. Era infuriato con il mondo, con Sakura per averla presa così e per essersi aspettata troppo da lui, con quella donna per averlo sedotto, ma soprattutto, anche se non voleva ammetterlo, con se stesso per non essere stato capace di non far soffrire la ragazza che credeva di amare, come si era ripromesso. Tornò a casa sua, si gettò sul letto, ma non riuscì a dormire.

Dal canto suo, Sakura avrebbe voluto sprofondare: non solo la serata era saltata (aveva incontrato Tenpou, che le aveva consigliato di fare una sorpresa a Kenren, dato che lui sarebbe stato fuori casa per tutta la notte), ma aveva scoperto che Kenren aveva tradito la sua fiducia, e che le ragazze avevano ragione: per lui, non era stata altro che un giocattolo, di scadente qualità. Non soddisfando appieno i suoi appetiti sessuali, aveva dovuto rivolgerli altrove.

Si morse le mani, decise di andare a passare il resto della notte nel prato fiorito, dove l’ultima volta aveva trovato delle risposte. Ma non riuscì a dormire.

L’indomani, gli occhi gonfi, decise di andare comunque da Tenpou: non poteva restare a ciondolare per il resto dei suoi giorni: doveva darsi da fare, e ricominciare a cercare il suo tramonto.

Giunse da Tenpou sorridendo: "Ciao, Tenpou! Scusa il ritardo!"

Naturalmente, Tenpou non era solo; mentre il giovane rispondeva al suo saluto, Sakura notò Kenren che, una sigaretta in bocca, stava seduto su una poltrona con gli occhi spenti.

La stava aspettando?

Sì. Si alzò e si avvicinò a lei, dicendole: "Sakura…mi dispiace per quello che ho detto ieri. Ascoltami, per favore…"

A Sakura non importava per niente che Tenpou sentisse tutto. Così alzò la voce: "Ti ho già detto che non ho niente da dirti. Non ho tempo da perdere"

"Ma ti sto cercando da stamattina presto!"

"Non mi importa!", e così dicendo andò nell’ufficio di Tenpou.

"Sakura, aspetta!", si mosse verso di lei.

"Kenren…", disse Tenpou, il tono che si sforzava di essere gentile. Gli mise la mano sulla spalla. "Non so quello che è successo, ma, per favore, va’ via. Così la farai solo soffrire di più. Lasciala sbollire un po’, magari tra alcuni giorni…"

Kenren si scrollò la mano di Tenpou e andò via.

Sakura, intanto, piangeva tra i libri.

Tenpou entrò e si inginocchiò davanti a lei: "Sakura…ti andrebbe di restare qui, questa notte? Perché non rimani qui per un po’?"

"Mi dispiace, Ten. Ma questa è anche casa sua. Per un po’ di giorni non verrò, ti spiace?"

"Non preoccuparti. Se c’è qualcosa che posso fare per te…", le asciugò le lacrime con il dorso della mano, "Dimmelo. Sono sempre il tuo fratellone, no?"

La ragazza sfoggiò un debole sorriso, si alzò e andò via.

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Capitolo 7
*** Sandlike feelings ***


Capitolo 7- Sandlike feelings

Capitolo 7- Sandlike feelings

"Se potessi lasciare questo mondo solitario che mi circonda,
la tua voce ricorderebbe la nostra canzone.
Ora so che andremo sempre avanti.
Melodie di vita.
Vengono, ci circondano e crescono nelle profondità dei nostri cuori,
per quanto possiamo ricordarci."

Melodies of life

"Ragazze, non potete nemmeno lontanamente immaginare la faccia che ha fatto. Impagabile!", stava dicendo Shion ad alta voce, chiacchierando con le amiche.

"Oddio, avrei voluto vederla!"

"Già, anch’io!"

"Volete vedere il mio viso, ragazze? Eccolo qui.", saltò fuori Sakura.

Le ragazze si erano radunate per avere il resoconto della prodezza di Shion, che era stata da loro "ingaggiata" per sedurre Kenren e quindi svegliarlo dall’imbambolamento in cui, secondo loro, era caduto da quando aveva conosciuto Sakura. Mentre chiacchieravano allegramente, non si erano accorte che la ragazzina era appollaiata sull’albero sopra di loro.

", peccato che, alla fine, ci abbia interrotto. Ma stasera me lo porterò sicuramente a letto", la ignorò Shion.

"E lei cos’ha fatto?", chiese un’altra.

"Mi faceva quasi pena. Non poteva nemmeno parlare"

"Voi", disse Sakura alzando la voce, "Siete delle stupide oche. Tutte uguali, tutte incapaci di un minimo sentimento che non sia il piacere fisico".

Le altre risero. Shion invece si avvicinò e le diede uno schiaffo.

"Cosa vuoi capirne, tu? Sta’ zitta, ragazzina. Sembri un pulcino spennacchiato che pigola fastidiosamente dopo essere stato maltrattato. Questo è il Tenkai, stupida", disse alzandole il viso.

"E se fa così schifo è colpa delle persone come te! E poi non ti azzardare a toccarmi il viso, puttana!"

"Davvero? Può toccarlo solo il tuo Ken? Kenren vuole ben altro, non una ragazzina come te, e ciò che è successo ieri sera ne è la prova innegabile!", disse Shion, mentre le altre ridevano ancora più forte.

"Questo è troppo!", pensò Sakura mentre il sangue le andava alla testa. Cominciò a schiaffeggiare la donna, che dal canto suo non stette con le mani in mano: le graffiò il viso, mentre le altre non osavano intervenire.

Sebbene fosse più alta di Sakura, lei la scaraventò a terra, dandole un pugno sul viso. Ma la donna si rialzò di scatto, e la costrinse al suolo con una ginocchiata nello stomaco. Sakura decise che era arrivato il momento di smetterla di fare la donnicciola: se era diversa dalle altre, se era più forte di loro, era venuto il momento di dimostrarlo; quando la donna cercò nuovamente di schiaffeggiarla, lei fermò la sua mano, e conficcandole un piede nel ventre la gettò a terra in avanti, facendole battere violentemente il viso. Ma non mollò la presa al suo braccio, e concentrando in sé tutta la rabbia che aveva provato la sera precedente, glielo ripiegò dietro la schiena con un movimento violentissimo. Il braccio schioccò, mentre la donna gemeva e qualcuno afferrava Sakura per le spalle, costringendola a mollare la presa. Era una delle guardie.

Ansimando e sanguinando, la ragazza si liberò dalla sua morsa e fuggì via, mentre Shion urlava dal dolore e qualcuno la soccorreva.

"Ora mi sento meglio. Davvero meglio. Mai provocarmi. Spero che, d’ora in poi, se ne ricorderanno". Si allontanò.

Ora non aveva davvero nessun posto dove andare. A casa di Tenpou non poteva, perché era anche casa di Kenren. Non poteva tornare a dormire con le ragazze, dopo la rissa. Ma poi giunse ad una conclusione: e se fosse andata a chiedere a Konzen di stare qualche giorno da lui? Non aveva tale confidenza, ma poteva provare. Di sicuro a Goku avrebbe fatto piacere. Così si avviò verso il palazzo dove viveva.

La porta fu aperta dal ragazzino sorridente che disse: "Sakura! Sei venuta a trovarmi, finalmente!"

"Già! Goku, posso parlare un attimo con Konzen?"

"Certo! E’ di là, ed è arrabbiato perché oggi sono stato tutto il giorno a bighellonare! Ma prima ho cercato Nataku, anche se non mi hanno permesso di vederlo, poi sono andato a raccogliere i fiori e poi…"

"Allora, è come al solito!", sorrise Sakura.

Konzen stava armeggiando con i suoi documenti, borbottando qualcosa. I suoi occhi ametista dallo sguardo accigliato si alzarono sul volto della ragazza, che lo salutò: "Salve, Konzen! Come va?"

", guarda chi c’è! La ragazza delle pulizie", disse con il suo solito tono distaccato.

"Mi hai preso per la colf di Tenpou?", disse lei sedendosi.

"Mh.", mugugnò lui. "Come mai qui? Ti ha mandato Tenpou? A proposito…ti è crollata la libreria addosso?", aggiunse poi vedendo le ferite sul volto della ragazza.

"No. Senti…posso restare qui per un paio di giorni?"

"Eh?", esclamò sorpreso lui.

"Prometto che non darò fastidio. E’ solo per la notte e…"

"Devo già badare ad una scimmia. Non mi serve un altro animale domestico."

"Capisco.", concluse lei un po’ tristemente. In fondo, doveva aspettarselo.

"Perché questa richiesta?"

"Non posso tornare da Tenpou. Non per lui, ma per…", s’interruppe.

"E dove vivi di solito?"

"diciamo che…", s’interruppe di nuovo. Insomma. Perché doveva raccontargli le sue ultime vicissitudini?

"Se non vuoi parlare, non m’importa. Ciascuno sceglie da solo la via da seguire. E da solo deve percorrerla"

"Non è così, Konzen. Spesso ti accorgi che quella via da seguire è tale solo perché sei con qualcuno", disse lei voltandosi per osservare Goku, che stava mangiando dei nikuman.

"Sbagliato. E’ solo per e con te stessa che devi percorrerla."

"Vedi…ho…causato una rissa con una delle ragazze."

"Come dici?"

"Mi ha provocato, ho risposto, ha continuato, le ho rotto un braccio. Come potrei tornare al dormitorio?"

"Uhm… se ti accontenti di dividere il giaciglio con la scimmia, per me va bene."

"Konzen?", chiese lei.

"Che altro c’è?"

"Ti ha mai detto nessuno che sei cambiato, da quando Goku è arrivato qui?"

"Pensa agli affari tuoi, attaccabrighe."

"D’accordo. Grazie, Konzen!"

"Scimmia!", chiamò Konzen.

"Che c’è?"

"Da oggi, per un po’ di giorni, dormirai con la ragazza. Va bene?"


***

Adesso le cose miglioravano un po’. Aveva passato due notti da Konzen, dormendo con Goku.

Il giorno prima Tenpou era andato a trovarla, avendo saputo da Goku che si trovava lì. La tranquillizzò sulla rissa, dicendole che c’erano stati testimoni che avevano affermato che non era stata lei a cominciare; l’aveva abbracciata, dicendole che presto si sarebbe sistemato tutto.

Ora stava passeggiando volta al suo prato fiorito. Il contatto con la fresca aria mattutina, il sole e il profumo di fiori la fece sentire subito meglio; inspirò profondamente l’aria che la circondava, cercando di pensare a quello che avrebbe fatto d’ora in poi. Si era ripromessa di non rattristarsi più per nessun motivo.

Ma qualcuno interruppe i suoi pensieri. Erano due uomini, alti e robusti, che non era certa di aver mai visto.

"Sakura Haname?"

"Sì…sono io! Posso fare qualcosa per voi?"

Dopo essersi scambiati una rapida occhiata, i due uomini la colpirono: uno al viso, facendole sanguinare le labbra, e l’altro allo stomaco, facendola cadere con le ginocchia per terra dal dolore. Poi la presero e la portarono via di peso.

Per l’ennesima volta, Sakura si trovava prigioniera di eventi a lei estranei. "Cosa vogliono da me? Perché mi hanno colpito? Dove mi stanno portando?", si chiese, tra il dolore e la sorpresa.

Riconobbe dove la stavano trascinando. Ma…perché proprio lì? Cosa aveva fatto a quell’uomo?

I due uomini entrarono, e senza tanti complimenti la gettarono sul pavimento, dicendo: "Eccola qua. Non l’abbiamo trattata con i guanti."

Lei si alzò faticosamente, alzando lo sguardo, ma sapeva già chi avrebbe visto.

"Potete andare", disse l’uomo.

Era Li Touten. "Li Touten", pensò Sakura mentre rabbrividiva.

Il manovratore della bambola assassina: il "padre" di Nataku…ma ancora Sakura non riusciva a capacitarsi di cosa volesse da lei.

Si rivolse alla ragazza: "Sakura Haname, eh? Ho sentito parlare di te"

"Forse non lo sai, ma mi hai causato un piccolo problema…", continuò alzandosi e avvicinandosi a lei.

"Problema? Io?" chiese Sakura.

"…e io sono abituato a piegare chi mi causa problemi, grandi o piccoli che siano. Mi sono spiegato?"

"Ma cos…"

"Silenzio!" disse non perdendo la calma. "Penso che tu conosca Shion, sai, quella bella ragazza bionda…"

Sakura cominciava a capire; lui continuò: "Penso che tu sia abbastanza intelligente da capire, se ti dico che quella ragazza spesso veniva a farmi dei…servizietti", e sottolineò quest’ultima parola, "Servizi che per due giorni non ha potuto offrire a causa delle ferite che le hai inferto, e che non potrà fare per qualche tempo."

Sakura aveva capito tutto. Si sentiva disgustata. Quella troia era l’amante di questa bestia, che ora voleva vendicarsi perché non poteva usufruire dei suoi servizi…

Non le ci volle molto a capire che qualunque cosa avesse detto, avrebbe solo peggiorato la situazione…così si impose di stare zitta.

Più facile a dirsi, che a farsi: "Non credo che stia a lei decidere…"

Neanche ora lui perse la calma: c’era dell’altro.

"Non è la stessa cosa, ma avevo pensato di proporti di fare tu i servizietti al suo posto, e così di dimenticare l’accaduto…"; le prese il viso e lo avvicinò al suo così tanto da permetterle di sentire il suo odore. Il suo odore da vecchio disgustoso. "…a tempo indeterminato…", continuò lui, mettendole le mani nella scollatura.

Basta. Sakura non disse nulla. Allungò la mano e schiaffeggiò Li Touten, consigliere dell’imperatore celeste.

Stavolta sì che lui perse la calma. La gettò per terra, con uno schiaffo in pieno viso, afferrò il primo oggetto che gli capitò, un libro sulla scrivania, e lo scagliò sul viso della ragazza, ferendole una guancia.

Poi si alzò e chiamò i due uomini. "Frustatela. Dieci frustate dovrebbero farle capire come ci si rivolge alle persone importanti.". Raccolse il libro e tornò a sedersi alla scrivania.

Sakura era seduta sul pavimento, lo sguardo di sfida. Avrebbero visto di che pasta era fatta.

I due uomini la presero di peso e le fecero scendere una rampa di scale, che terminava in una stanza sotterranea del palazzo. Qui la legarono a delle travi, con la schiena che dava verso di loro. Poi uno di loro, ghignando, le tolse il vestito, mentre l’altro prendeva la frusta.

Sakura si ripromise che sarebbe morta, ma dalla sua bocca non sarebbe uscito un suono.

Il primo colpo partì. Il dolore era lancinante, ma la ragazza si morse le labbra e strinse gli occhi. Cercò di rivolgere i suoi pensieri altrove, ma l’unica immagine che le venne in mente fu quella di Kenren. Kenren che dormiva su un albero, Kenren che nuotava nel laghetto, Kenren che la baciava, Kenren che faceva l’amore con lei.

"…Dieci. Basta così. Spero che tua abbia imparato la lezione", disse quello che teneva la frusta; l’altro aggiunse, slegandola: "E ringrazia che non ti abbiamo fatto altro", mentre le restituiva il vestito.

Sakura, senza dire una parola, glielo strappò dalle mani, lo indossò, e salì in fretta le scale, la schiena, le labbra, una delle guance che sanguinavano, cercando di trattenere le lacrime. Non voleva piangere per il dolore, ma perché si era resa conto di amare ancora Kenren, nonostante quello che lui aveva fatto.

Quando uscì dal palazzo, si fermò: doveva tornare da Konzen in quello stato?

Ma mentre pensava al da farsi, l’ultima persona a cui avrebbe voluto mostrare quelle ferite si avvicinò a lei.

Kenren era deciso a non farla scappare, questa volta: erano passati tre giorni, tre giorni in cui l’aveva cercata, tre giorni in cui aveva pensato fino a fondersi il cervello.

La prese per la mano: "Sakura…ascoltami, ti prego!", cercando di voltarla, ma lei non voleva fargli vedere le ferite al viso.

Lei rispose senza voltarti: "Non ho più fiato per spiegarti che non ti voglio più vedere! Lasciami!". Non piangere fu difficilissimo, ma ce la fece.

"Voglio che tu sappia che provavo davvero qualcosa per te, e lo provo ancora!". "Aspetta!", cambiò tono. "Cos’è questo?": il sangue sulla schiena della ragazza aveva sporcato il suo vestitino chiaro, ed era ben visibile.

"Cos’è successo?", ripeté lui.

Lei si liberò dalla sua presa e cominciò a correre, ma Kenren la raggiunse, la voltò e la strinse al proprio petto.

"Lasciami! Mi fai male!", scoppiò finalmente a piangere la ragazza, perché le mani di lui le stavano premendo forte le ferite.

Kenren si guardò in giro. Non vide nessuno, così slacciò il vestito della ragazza, scoprendo la schiena martoriata. Ora era Kenren a non avere la forza di parlare. "Che cos’è…successo? Chi è stato? Perché?"

"Lasciami!" ,ripeté ancora una volta Sakura. Kenren le prese il viso tra le mani, e finalmente le vide le ferite. Il suo tono si alzò: "Vuoi spiegarmi che diavolo hai combinato?"

"Non penso siano fatti tuoi!"

"Va’ da Tenpou a medicarti, subito!"

"Non ci penso nemmeno"

"Allora ci penso io. Vieni con me!"

Partì un altro schiaffo. Questa volta, però, fece male anche a Sakura.

"E’ il secondo che prendo. Non nego di essermeli meritati. Ma non ci sarà un terzo. Addio!", mormorò Kenren allontanandosi.

Sakura lo seguì con lo sguardo. Se possibile, la mano con cui lo aveva colpito bruciava più della schiena. Aveva ottenuto quello che voleva, no? Se n’era andato.

Allora, perché le sue gambe cominciarono a muoversi da sole?

Raggiunse Kenren e lo abbracciò da dietro. "Kenren. Mi dispiace. Scusami:". Continuò a piangere.

Il ragazzo non disse nulla: la sollevò delicatamente e disse: "Ti porto a casa ."

Arrivò, e la poggiò sul letto, in camera sua, con la schiena rivolta verso l’alto.

"Aspetta qui. Non muoverti. Vado a prendere qualcosa per medicarti."

"Kenren…aspetta."

"Sì?"

"Devo dirti una cosa."

"Me la dirai tra poco", e uscì dalla stanza.

Tornò con il necessario, e dopo averle tolto completamente il vestito le disse: "Di cosa volevi parlarmi?"

"Io… ti avevo detto, quando ci siamo baciati per la prima volta, che, se dovevo proprio soffrire, avrei preferito che fosse per causa tua."

"Mi ricordo", rispose lui.

"Ma… non avrei mai immaginato che potesse fare così male…"

In quel momento entrò Tenpou. Guardò la ragazza, la sua schiena, e poi Kenren.

"Ma cosa… cos’è successo?"

"Ne so quanto te, Ten.", rispose Kenren.

Si avvicinò a guardare la schiena scempiata della ragazza.

"Sakura… chi è stato?"

Il contatto con il disinfettante la fece sussultare dal dolore. Disse: "Li Touten"

"Eh?" chiesero in coro Tenpou e Kenren.

"Cos’hai combinato?" chiese allarmato Tenpou.

"…ti ricordi Shion, la ragazza che ho ferito? Era la sua amante."

"E lui, solo per questo…", disse Kenren

"C’è dell’altro. Mi ha fatto portare da lui con la forza e mi ha detto che avrebbe dimenticato tutto se… mi fossi messa al suo servizio al posto di Shion."

"Cosa? Brutto figlio di puttana!"

"E tu?"

"L’ho schiaffeggiato. Non ho potuto evitarlo. Mi ha messo le mani addosso."

"Io gliela faccio pagare.", esclamò Kenren, il viso infuriato come non mai.

"Tu non farai proprio nulla!", esclamò Tenpou a sua volta, calmo.

"Prima o poi la pagherà", aggiunse poi.

Qualcuno bussò alla porta. Tenpou andò ad aprire, e poco dopo chiamò Kenren. Sakura, distesa sul letto, li sentì confabulare.

"Sakura!" Disse poi Kenren rientrando.

"Che succede?"

"Devo andare al palazzo dell’imperatore celeste. Nataku sta per partire nuovamente per una missione nel mondo terrestre.

"Ma…è ferito!"

"E’ il dio della guerra. Parleremo più tardi, d’accordo?"

"Va bene…"

Kenren uscì, e Tenpou gli urlò dietro: "Ken! Non fare sciocchezze!"


***

Ma l’irreparabile accadde:

Tutti erano riuniti nell’atrio del palazzo imperiale. La figura dell’imperatore sovrastava tutte le altre.

Li Touten parlò:

"E’ stata assegnata al principe Nataku una nuova missione nel mondo terrestre. Si prepari a partire immediatamente."

Ci fu qualche mormorio di sorpresa: il ragazzino era ancora debole e ferito dopo lo scontro con Gyumao.

Nataku calò la testa: "Sì"

Ma qualcuno prese la parola: "Aspetti, imperatore celeste!"

"Chi sei tu?", chiese Li Touten

"Sono il generale Kenren Taisho. Il principe Nataku è ancora ferito. Chiedo di poter partire io con la mia squadra."

Ci furono altri mormorii.

Nataku, che aveva già cominciato a dirigersi verso l’uscita, non si fermò. Passando accanto a Kenren, gli assestò un pugno nel torace, mormorando un "Grazie, amico!" che poté sentire solo lui.

Andò avanti e non si fermò più.

"Come vedi, il principe della guerra è il principe della guerra. Generale Taisho, lei sarà imprigionato e privato della sua carica per aver contravvenuto alle decisioni dell’imperatore celeste."

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Capitolo 8
*** A voice or a sound? ***


Capitolo 8- A voice or a sound

Capitolo 8
~A voice or a sound?~

Sakura stava lì, appoggiata al muro.

Sentimenti contrastanti si alternavano nel suo cuore: oltre quelle mura dove era appoggiata, torturato e sofferente stava l’unico uomo che avesse mai amato, che l’aveva tradita. Ma ora si rendeva conto che per lui non era stata solo un giocattolo. Si era preoccupato per lei, l’aveva cercata a lungo, l’aveva pensata… Ma era difficile convivere con il sentimento di avversione che aveva contro di lui, per avere ceduto alle avance di una donna.

In ogni caso, ora sentiva che doveva perdonarlo, che doveva ricominciare a fidarsi di lui.

Ma prima, il suo uomo doveva uscire da lì.

Si avvicinò alla porta, davanti la quale stavano di guardia due persone.

"Per favore… potrei vedere il generale Taisho?"

"Assolutamente proibito", rispose uno dei due.

"Lasciatela entrare, è con me!", disse una voce alle sue spalle.

"Subito, signore!", risposero i due.

Sakura si voltò, ma aveva già riconosciuto la voce: Ryuho Gojuin. Lo guardò per un attimo.

"Andiamo.", le disse lui.

Durante la camminata per i bui corridoi delle prigioni, nessuno dei due disse una parola. Improvvisamente, Sakura si accorse che Gojuin non era più dietro di lei.

Guardò le celle, e riconobbe Kenren: incatenato, ferito, dolorante.

"Kenren!"

"Sakura?", esclamò sorpreso il ragazzo "Cosa fai qui? Come sei entrata?"

"Mi ha fatto entrare Gojuin…"

"Sta’ attenta a quell’uomo, Sakura"

"D’accordo…"

"Perché sei venuta?"

"Perché volevo dirti, adesso, che… voglio stare di nuovo con te. E’ quello che ho capito."

Kenren sorrise tra il dolore. "E sei venuta fin qui per dirmelo?"

Lei annuì. Avrebbe voluto abbracciarlo, o almeno toccarlo, ma era incatenato lontano, alla parete della cella…

"Ci vediamo non appena esco di qui", accennò con la testa. "Non è un posto sicuro, questo; va’ via."

"Arrivederci, Kenren…"

Uscì da quel luogo oscuro.

Il giorno dopo, Gojuin andò a trovare Kenren.

"Salve, generale Taisho"

"Gojuin…"

"Come ti trovi nel tuo alloggio?

"Il servizio è impeccabile…"

"Se proprio volevi andare tu a combattere, perché non lo chiedevi a me? Guardati…imprigionato e torturato."

"Mi ha fatto più male il pugno di quel ragazzino, l’altro giorno…"

"Ho chiesto clemenza per te all’imperatore celeste. Questa sera sarai rilasciato."

"Eh? Ma…"

"Non ringraziarmi. Ricordati che non faccio mai favori per nulla. Ho preso qualcosa di tuo, molto prezioso…"

"Cosa?" chiese Kenren, temendo la risposta.

Gojuin alzò lo sguardo e si passò la lingua sulle labbra.

"Ryuho Gojuindimmi che non…"

"Arrivederci!", disse lui allontanandosi.

"Gojuin! Giuro che se la tocchi ti faccio a pezzi! A pezzi, hai capito?"; le grida di Kenren risuonarono per tutte le prigioni, mentre si agitava contro le catene, cercando di liberarsi. Non aveva mai perso la calma a quel modo.

Gojuin, intanto, si dirigeva verso casa.

Sakura stava seduta sul pavimento, le gambe conserte, il volto nascosto tra le mani. Come si era andata a cacciare in quel guaio?

Quando, quella mattina, si era recata alle prigioni, non per entrare, ma solo per appoggiare il viso alla fredda pietra e immaginare di sentire il respiro di Kenren, alle sue spalle era apparso Ryuho.

E, senza una parola, l’aveva praticamente costretta a seguirlo a casa sua.

Poi era uscito, lasciandola chiusa a chiave, senza spiegarle nemmeno cosa volesse da lei. Ora stava lì, ad aspettare, dondolandosi su e giù per il nervosismo, senza sapere che fare e come aiutarsi.

Finalmente la porta si aprì e ne entrò l’uomo; Sakura alzò lo sguardo e lo fissò, senza inizialmente dire una parola. Tanto, come la volta scorsa, non le avrebbe spiegato nulla. Quell’uomo per lei era un mistero.

L’uomo, che indossava un lungo soprabito, se lo tolse, rimanendo a torso nudo, e poi la guardò. Aprì la bocca: "Stamattina sono andato a parlare all’imperatore celeste per fare liberare Kenren."

Sakura lo guardò perplessa. D’accordo, ma tutto ciò cosa c’entrava con lei?

"Non ho ancora capito la mia presenza qui."

Anche questa volta, l’uomo non rispose. Sembrava vivere in un mondo tutto suo: le sbatteva in faccia frammenti di discorsi che lei non capiva, e non rispondeva alle sue domande.

Ryuho cominciò a togliersi i pantaloni.

"Perché non mi rispondi? Cosa ci faccio io qui?"

Rimasto praticamente in boxer, l’uomo le si avvicinò, mentre lei arretrava un po’, preoccupata.

"E’ semplice. Non do mai nulla per nulla."

La sbatté con violenza sul pavimento, bloccandole le braccia e le gambe con il proprio corpo. Le infilò prepotentemente la lingua in bocca, e le strappò il vestito.

Sakura resistette come poté: spostò il viso e gli gridò: "Lasciami! Perché fai questo?"

"Te l’ho già detto qualche tempo fa: quando voglio una cosa, l’ottengo. Chiaro? Visto che non posso ottenere il tuo cuore, prenderò il tuo corpo, con la forza, se necessario."

Cominciando a toccarla violentemente continuò: "Ti consiglio vivamente di collaborare, se non vuoi farti del male. E’ meglio che ti rilassi e che ti arrendi, nessuno ti aiuterà"

Ma l’ultima cosa che la ragazza voleva era essere complice di quella violenza. Ma era vero: non poteva muoversi, nessuno l’avrebbe sentita se avesse urlato.

Ryuho le strappò via anche il reggiseno, cominciando a stringerle il petto con violenza, facendole male. Le prese un capezzolo in bocca e cominciò a morderglielo, mentre le sue mani scivolavano verso il basso. Strappò via anche ciò che la ragazza indossava di sotto, infilandole le dita dentro le sue intimità.

Sakura cercò di sottrarsi, ma l’uomo era troppo pesante e forte, e non poté fare nulla. L’uomo si passò le dita sulle labbra, poi le portò tra le natiche della ragazza, strofinandole sempre più forte.

"Lasciami andare, per favore…"

L’uomo alzò il viso e, per zittirla, le morse le labbra. Poi mormorò: "Dimmi di chi sei, adesso."

Ma lei non rispose; lui le allargò le gambe e vi si insinuò dentro, non togliendosi però ancora i boxer. Era visibilmente eccitato, e voleva farlo sentire alla ragazza che stava prendendo con la forza. Sakura iniziò a tremare, non per la paura, non per il dolore, ma per la rabbia e l’indignazione.

"Non mi hai ancora detto di chi sei."

Prese a morderle il collo e il petto, lasciandole addosso segni anche sanguinolenti.

Senza sapere nemmeno come, la ragazza riuscì a sgusciare via da quella stretta, e si diresse verso la porta, ma la trovò chiusa a chiave.

"Mi dispiace, ma pretendo quello che è mio."

Lei appoggiò la fronte alla porta, mentre lui le veniva alle spalle. Prese a leccarle le vertebre della schiena, martoriata, finché non giunse alle natiche; passò la lingua anche lì in mezzo.

Ormai era ovvio, l’avrebbe fatta sua. La gettò per terra, togliendosi anche l’unico ostacolo tra la sua nudità e il corpo della ragazza. Le allargò le gambe. Prima di penetrarla, la guardò in viso, voleva vedere la sua espressione spaventata.

Ma Sakura non aveva un’espressione spaventata: stava piangendo, ma aveva un’aria decisa e battagliera, non si era ancora rassegnata.

Quello sguardo fece venire i brividi a Ryuho e contemporaneamente lo riempì di tenerezza. Cosa stava facendo? Stava rovinando quello che di bello aveva visto nella ragazza di cui si era perversamente innamorato?

Si gettò improvvisamente indietro. Si alzò, si rimise i boxer e, afferratolo, tirò il suo soprabito alla ragazza che stava per terra.

"Va’ via di qui, in fretta.". Si avvicinò alla porta, la aprì con una chiave che teneva con sé e, quando la ragazza uscì di fretta, si sedette appoggiandovi la schiena, a pensare.

Lei respirò l’aria fresca. Senza avvedersi della gente che la osservava (indossava un soprabito da uomo e nient’altro), si mise a correre. Kenren era già uscito? Dove si trovava?

Intanto, un paziente Tenpou stava cercando di convincere Kenren, alterato, a rientrare in casa: avendo saputo che stava per uscire, era andato a prenderlo all’entrata delle prigioni, ma il Kenren ferito e agitatissimo che si trovò davanti non aveva nessuna intenzione di rincasare per curarsi ferite e fratture: doveva andare a casa di Gojuin, doveva sperare di essersi sbagliato o almeno di arrivare in tempo.

"Tenpou, dannazione! Lasciami! Quel figlio di puttana di Gojuin…", non riusciva a continuare.

Mentre Tenpou cercava di trascinarlo via con la forza, Sakura, trafelata, correva verso di loro, gli occhi gonfi, lucidi, le labbra sanguinanti: non appena i due ragazzi la videro, così svestita e ferita, le corsero incontro. Kenren la prese tra le sue braccia, accarezzandole i capelli, mentre Tenpou le chiedeva: "Cos’è successo? Cos’è successo?"

Ma lei non aveva la forza di parlare: le labbra le tremavano, le lacrime cominciarono a scendere.

Kenren la sollevò e la portò a casa di Tenpou.

Tenpou le porse una tazza di tè, mentre Kenren la tenne stretta a sé, mormorando di tanto in tanto: "Io lo ammazzo…ha osato toccarla…io lo faccio a pezzi!"

Lei finalmente si riscosse; prese la tazza di tè e bevve un po’. Kenren le chiese, la voce che si sforzava di sembrare tranquilla: "Raccontaci quello che ti ha fatto."

"Io… ha detto che ti aveva fatto liberare. E che pretendeva qualcosa in cambio. Ha preso a toccarmi, mi ha fatto male, ma…prima di…di…si è fermato. E mi ha detto di andarmene."

Kenren e Tenpou sospirarono di sollievo. Se non altro, non l’aveva violentata.

"Io non lo capisco, non lo capisco! Ha detto che si prendeva il mio corpo perché non poteva aver il mio cuore…Ma…perché proprio io?"

I due la tranquillizzarono.

Tenpou continuò: "Kenren! Hai bisogno di cure…alcune costole sono rotte, non so nemmeno come tu abbia potuto portare Sakura fino a qui…"

"Sakura… tu stai bene, vero?", disse Tenpou rivolgendosi ora verso di lei;

"Sì", si alzò in piedi. "Ora è tutto a posto. Non è più il momento di parlare di Gojuin."

"Allora, c’è qualcosa di cui discutere". Volse lo sguardo verso Kenren e lo fulminò con un’occhiata. "Ti avevo detto di non fare sciocchezze, no? Ecco cos’hai ottenuto ad inimicarti Li Touten. Idiota! Non solo ti hanno conciato così, ma anche destituito!"

Mentre Sakura si vestiva come meglio poteva, e Tenpou medicava Kenren, entrò Goku. "Fratellino Kenni-chan! Sei tornato! E c’è anche la sorellina Sakura! Sai che Konzen era preoccupato perché non eri rientrata? Solo che quando gli ho chiesto se era così, mi ha picchiato…"

Tenpou, intanto, aveva medicato con delle bende le costole di Kenren, e con queste lo aveva legato alla sedia dov’era seduto. "Ahia!", fece lui.

"Ti sta bene!", aggiunse Sakura. "Così impari a voler fare l’eroe!"

Finito di bendare il suo irriverente subalterno, Tenpou disse: "Vado a parlare con Li Touten. Goku, Sakura, vi affido Kenren"

E così dicendo, uscì.

Sakura e Kenren restarono un attimo impietriti a guardare l’uscio: lo sguardo che Tenpou aveva fatto quando aveva pronunciato la parola "parlare" non era stato molto rassicurante…

"Goku…" disse Kenren. "Segui Tenpou, per favore."

"No no! Mi ha detto che devo restare a fare la guardia a te!"

"Non hai idea di quello che possa fare Tenpou! Ha un viso gentile, ma quando gli toccano chi gli sta vicino…"

"Goku, per favore, fa come ti dice lui."

"Mh… d’accordo!"

E uscì anche lui correndo.

"Sakura!", disse Kenren

Lei si voltò: "Sì?"

"Non dovevamo finire un discorso, noi due?"

"In effetti…"

"Cercami nella tasca destra, per favore"

Sakura si avvicinò, gli infilò la mano nella tasca dei pantaloni e ne tirò fuori un orecchino, lo stesso che si era tolta e aveva scagliato via la sera che aveva visto Kenren con quella donna…

"L’hai…l’hai conservato?"

"Certo! E ora te lo restituisco."

Il foro nel lobo si era richiuso, ma Sakura lo bucò nuovamente come aveva fatto la volta precedente, dopo che avevano fatto l’amore.

Si avvicinò a Kenren e gli posò un bacio sulle labbra.


***

"Le ripeto che era in buona fede. Restituisca la carica a Kenren Taisho."

Avvicinandosi a Tenpou, Li Touten disse:

"Che bel visino…come mai tutto questo interesse per il tuo subalterno? Sai, si dice in giro che quel bel ragazzone muscoloso sia in realtà tuo marito…Non dimentichiamoci poi della ragazzina che sta sempre a casa vostra…"

A quella battuta sporchissima, Tenpou colpì in viso Li Touten con un potente destro, dicendogli contemporaneamente "Mi dispiace!", e mandandolo al tappeto.

Immediatamente, irruppero due guardie che atterrarono il ragazzo, mentre Li Touten si alzava e gli assestava un calcio in faccia. "La tua carriera è finita, Tenpou Gensui…"

In quel momento sulla scena arrivò Goku, che colpì con un calcio Li Touten dicendo: "Lascia stare il mio amico!"

***

Kenren, ferito in cella, Sakura, colpita numerose volte da numerose persone negli ultimi giorni, Tenpou, il viso gonfio, e Goku, ferito dall’ultima rissa con i soldati, entrarono nell’ufficio di Konzen.

"Siete venuti qui a sfoggiare le vostre ferite? Fate come volete, ma vi prego, non coinvolgete Goku nelle vostre beghe, sapete anche voi quanto sia influenzabile…", disse Konzen, intrattabile come sempre.

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Capitolo 9
*** A place for me in the guilt ***


Simo: Ebbene sì, sono giunta all’ultimo capitolo…qui si chiudono le avventure di Sakura e naturalmente degli amatissimi personaggi di Kazuya Minekura

Capitolo 9
~A place for me in the guilt~

" …Ed eccomi qui. Sto scrivendo queste righe dall’ufficio di Tenpou, dove siamo rifugiati in attesa che le acque si calmino un po’. Lascerò qui questa lettera.

E’ passato un bel po’ di tempo dagli ultimi avvenimenti: Tenpou aveva ragione quando diceva che i vertici del mondo celeste stavano macchinando qualcosa. Li Touten…quell’uomo incredibilmente malvagio…come ha osato?

La sua avversione si è spostata da Kenren a Tenpou, e ora a Goku e Konzen… già, perché Goku, essendo un essere eretico, ha buone speranze di sostituire Nataku quale dio della guerra, e Touten perderebbe tutta la sua influenza che gli deriva dal ruolo del figlio… Ma, Dio, arrivare ad ordinare a Nataku di uccidere Goku, suo unico amico, ragazzino innocente… Già, ancora adesso penso che sia innocente.

Mentre Tenpou e Konzen, con me che assistevo sgomenta, parlavano… dicevano che… Touten avrebbe ordinato al figlio di uccidere Goku,… lui, quel povero ragazzino, era lì ad ascoltare. E’ fuggito, in preda al dolore, incapace di credere che l’unico amico che avesse mai avuto, che era andato a trovare quando si trovava solo, ferito, potesse fargli del male. L’abbiamo inseguito, io, Tenpou e Konzen.

Al palazzo imperiale, di fronte all’imperatore celeste, Touten, Nataku, e Kenren che si trovava lì, Goku chiese al ragazzino, la voce che gli tremava, se avrebbe davvero potuto ucciderlo. E Li Touten gli ordinò di farlo.

Nataku l’avrebbe fatto davvero, se solo Kenren e Tenpou non gliel’avessero impedito. Ma anche loro hanno subito la furia del dio della guerra. Sul punto di essere ucciso, Goku è riuscito a dire il proprio nome a Nataku, cosa che non aveva ancora avuto l’occasione di fare. A questo punto, Nataku, sotto i nostri occhi, si è tagliato un braccio.

La furia di Goku crebbe a dismisura…mi sono sempre chiesta cosa contenesse il suo diadema d’oro. Ora l’ho visto con i miei occhi. Goku non era, anzi, non è più lui. Ora è il Seitentaisei. Una furia devastante che non ha più nulla dell’innocenza che prima gli vedevo negli occhi. Ma ancora ora gli voglio bene.

Goku si è macchiato di sangue molte volte in questa giornata… e, con lui, Konzen, Tenpou e Kenren. E, inspiegabilmente, anche Gojuin, che si era trovato in mezzo. Quanto a me, osservando le persone che amavo, che costituivano la mia vita, combattere disperatamente per proteggere qualcosa…con un sangue freddo che ancora ora mi spaventa, ho afferrato l’arma di uno dei soldati uccisi; ho osservato la lama fulgida, e il riflesso dei miei occhi su di essa. Erano degli occhi che non riconoscevo, degli occhi che ora sapevano ciò che si accingevano a fare. Così, anch’io ho sporcato le mie mani con del sangue.

Per chi l’ho fatto? Per Goku? Per me stessa? Per i miei amici? Non lo so… eppure, devo per forza cercare sempre un motivo per ciò che faccio? E’ uno dei miei difetti…

Ora, qui, poco fa, Ken ha afferrato i miei polsi e guardato le mie mani, sporche di un sangue che urlava. Mi ha detto: "Ti prego, dimmi che ti sei ferita."

L’ho guardato, gli occhi fissi su di lui, e gli ho risposto con una voce incredibilmente decisa: "No, Ken… Questo sangue non è mio. Io ho ucciso."

Ken ha alzato il braccio come per schiaffeggiarmi, ma non l’ha fatto. Ha annuito tristemente, e si è andato a sedere per terra. L’ho forse deluso? Eppure, è questa la strada che ho deciso di intraprendere.

Mi guardo intorno: Konzen è inginocchiato per terra, con davanti Goku, irriconoscibile, svenuto. L’ha fermato Bosatsu, siamo riusciti a portarlo via. Konzen sta ancora osservando l’unica persona riuscita a cambiarlo, trasformata, forse per sempre.

In un’altra parte della stanza, Tenpou. Ha abbassato la testa tristemente quando ho detto a Ken di aver ucciso. E’ tornato a sfogliare il libro che ha in mano. So di avergli procurato moltissimi problemi, ma… sono con lui!

Seduto fieramente al centro della stanza, sta Gojuin. Gli ho chiesto perché si fosse unito a noi, ha risposto che l’ha fatto perché in fondo noi gli somigliavamo…non gli andava giù il Tenkai, e comunque doveva per forza esserci un perché? Visto che era in vena di risposte (non me ne aveva mai date), gli ho chiesto perché si fosse interessato a me, e perché mi aveva lasciato andare il mese scorso, quando aveva cercato di violentarmi…

Ha risposto che aveva visto in me ciò che mancava a lui e a tutti gli abitanti del Tenkai: la voglia di vivere, la spensieratezza, la purezza. E che si era fermato prima di violentarmi perché non voleva sciupare questa mia ultima virtù.

Ora non sono più pura. Le mie mani hanno versato del sangue. La fine è vicina, per me come per i miei compagni d’avventura, perché nel Tenkai non è consentito uccidere.

Kenren si trova dietro di me; io sono seduta su una sedia, appoggiata alla scrivania, e lui ha messo le sue mani sul mio grembo… il mio grembo…devo dirglielo!

Devo parlare a Ken, ma…se mi odiasse per questo, se non capisse? Non posso, non posso dirglielo! Ma devo farlo, è un suo diritto saperlo.

Ti amo, Kenren…"

Fino alla fine, Sakura.

Sakura piegò il foglio e lo poggiò sulla scrivania. Non era necessario rileggerlo.

Spostando la sedia, costrinse Kenren a muoversi.

Si inginocchiò davanti a lui. "Devo dirglielo!", pensò.

Prese fiato: "Ken…"; silenzio; gli altri in quella stanza non si mossero, tranne Tenpou; i suoi occhi incontrarono quelli di Sakura. Tenpou sapeva, Tenpou voleva che glielo dicesse.

Kenren alzò lo sguardo, interrogativo; "Ken…devo…devo parlarti". La voce le cominciò a tremare.

I nervi di Kenren ne avevano passate troppe, quella giornata, per avere pazienza.

"Dimmi cosa c’è."

"Ecco…", Sakura si toccò l’orecchino. Ormai il buco si era formato del tutto.

"Sì?"

"Io…devi promettermi che non ti arrabbierai."

Kenren alzò la voce: "Dimmi immediatamente ciò che vuoi dirmi, Sakura."

"Devi promettermi…", disse lei cominciando a piangere "…che, qualunque cosa ti dica, tu…noi…tu non andrai via arrabbiato con me."

"Parla!"

"Io…Ken…io…aspetto un figlio. Tuo figlio."

Di tutte le cose che Kenren poteva immaginarsi, questa era senza dubbio la più lontana. Alle parole di Sakura tutti si erano voltati verso di lei.

"Cos’hai detto?"

"Che sono incinta."

"No. Dimmi che non è vero!"

"E’ così…l’ho saputo qualche giorno fa e…aspettavo il momento giusto per dirtelo. Lo sapeva solo Tenpou."

Questa volta lo schiaffo arrivò davvero.

"Sciocca…irresponsabile…ragazzina!", urlò Kenren.

"Io…", tentò di parlare lei, massaggiandosi la guancia.

"Come ti sei permessa a condannarti con le tue mani sapendo che così condannavi anche mio, nostro figlio?"; in realtà era lui a sentirsi in colpa per aver permesso a Sakura di arrivare fin lì; e, ora, alla persona che non era riuscito a proteggere, si aggiungeva anche loro figlio.

Sakura, a sentire quelle parole, ebbe un moto di rabbia.

Pestò i piedi per terra, alzando anche lei la voce: "Pensi che sarei rimasta qui come un’idiota a veder combattere e andarsene le persone che costituiscono la mia vita? Pensi che sarei rimasta qui, da sola, nel Tenkai, ad allevare un bambino?"

Kenren la ascoltava senza parole.

"Il mio posto, Kenren, lo decido io! E non è il Tenkai, è con voi! Con te! Non mi pentirò mai della mia scelta, finché potrò dividere il mio destino con le persone che amo! Il mio posto… l’ho trovato nella colpa!"

Ricadde in ginocchio.

Kenren si sedette e la abbracciò.

"Scusami…anche per te dev’essere stato difficile, visto che eri consapevole di avere nelle tue mani un’altra vita."

Si accese una sigaretta, l’ultima.

"Ragazzi…" disse Tenpou.

Tutti si voltarono verso di lui.

"Ho trovato qualcosa in questo libro…parla di uno specchio trascendentale."

"Cos’è?", chiese Sakura.

"Uno specchio, sta qui scritto, capace di permettere che l’anima di chi vi si rispecchia inizi un ciclo di reincarnazioni."

Konzen si alzò.

"Se ciò è vero…io ne farò uso. Morirò mordendomi la lingua, ma non permetterò che sia qualcuno a decidere della mia fine."

Anche Tenpou si alzò. "Io sono con te, Konzen"

"Anch’io", disse Gojuin.

"Vorreste andare senza di me? Non sarebbe divertente!", si alzò Kenren.

"Non chiedetemelo nemmeno. Sono arrivata fin qui con voi, e vi seguirò ovunque.", disse Sakura.

"Fate ciò che volete…", disse Konzen. Poi, rivolgendosi a Tenpou: "Tenpou…hai qualche idea di dove questo specchio possa trovarsi?"

"Io penso…nel palazzo di Kanzeon Bosatsu!", rispose lui.

"Allora, è deciso. Lasceremo Goku nascosto qui.", concluse Konzen.

Lo guardò un attimo, poi si voltò e si avvicinò all’uscio.

"E se qualcuno osa mettersi sulla mia strada…giuro che lo ammazzo!", aggiunse.

Aprì la porta, ne uscì, seguito da Tenpou e Gojuin.

"Kenren…", disse Sakura

"Andiamo, prima che arrivi qualcuno", la interruppe lui baciandola.


***

Erano passati 500 anni.

Hakkai, alla guida di Hakuryu, Sanzo al suo fianco, e dietro Gojyo e Goku, avevano appena lasciato un villaggio, e stavano percorrendo un prato.

"Sanzo! Io ho ancora fame!"

"Sta’ zitta, stupida scimmia, hai appena finito di mangiare!"

"Ma io ho fame! E poi non sono affari tuoi, pervertito di un kappa!"

"Sì, invece, mi fai venire il mal di testa con i tuoi lamenti, e poi ritira subito quello che hai detto!"

"Basta, zitti tutti e due!", disse Sanzo sollevando il suo harisen.

"Ragazzi, state calmi, il viaggio è lungo…", intervenne Hakkai.

"KyuKyu!", pigolò Hakuryu richiamando l’attenzione dei ragazzi.

"Ma…", fece Gojyo voltandosi.

Tutti si voltarono.

Una ragazza stava ritta sul prato, la schiena appoggiata ad un albero di ciliegio; i suoi capelli, lunghi fino alle spalle, erano castani, mentre i suoi occhi erano verdi e profondi.

"Ferma la macchina, Hakkai.", disse Sanzo.

"Come?", chiesero in coro tutti.

"Ho detto di fermare la macchina!"

Hakkai obbedì. La ragazza si accostò alla jeep.

"KyuKyu!", fece Hakuryu.

"Buongiorno", disse sorridendo. Continuò: "Che strano carro…è molto più veloce di quelli normali, vero? Posso chiedervi un passaggio?"

"Taglia corto, dove vai, ragazzina?" chiese burbero Sanzo.

"…io vado verso Ovest…ho perso la mia famiglia durante un attacco di demoni, ma mi hanno detto che si è salvata e che si è diretta verso questa direzione…"

"Se vuoi salire, non perdere tempo e fallo immediatamente, o ti ammazzo."

I tre ragazzi osservarono Sanzo con le bocche aperte. Poi guardarono la ragazza e, provando un’improvvisa simpatia, sorrisero.

Per niente intimidita dalla burbera voce del monaco corrotto, la ragazza rispose: "Volentieri. Dove mi metto?"

"Tra la scimmia e il kappa, così avranno più difficoltà a litigare", rispose Sanzo.

"Ottima idea!", commentò Hakkai.

La ragazza posò il proprio zaino dietro e salì.

"A proposito, come ti chiami?", chiese Goku.

"Il mio nome è Shinobu. Shinobu Ori."

Osservò per un attimo il ragazzo dai capelli rossi che le stava accanto, chiedendosi se per caso l’avesse già visto, poi sorrise e si mise più comoda.

"Ora tutto comincerà ad andare per il meglio", pensò.

Intanto, dall’alto del Tenkai, Kanzeon Bosatsu osservava divertita la scena.

"Bene bene! Adesso anche la mascotte si è unita al gruppo, l’ultimo pezzo del catorcio è stato assemblato. Ora ci sarà davvero da divertirsi!"

Jiroushin la guardò e mormorò: "Speriamo in bene!".


THE END

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