Loving her was brown.

di ljbrary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Y-yes. ***
Capitolo 3: *** To save you. ***
Capitolo 4: *** 17, King Street. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Loving her was brown.
 


A Sara Yeah, che amo tantissimo, e che ringrazio per il banner.


Prologo.

 





Di che colore era l’amore? 
Ognuno descriveva l’amore a modo proprio. Secondo il colore che consideravano più adatto.
Harry non era di certo un ragazzo molto poetico. Ma per lui l’amore era marrone.
Marrone.
Marroni erano i suoi occhi.
Marroni erano i suoi capelli.
Marrone era la sua pelle.
La pelle che avrebbe tanto desiderato toccare.
Era attratto da lei.
Ma non doveva, non poteva.
Lui era un ragazzo importante, era Harry Styles. Il ragazzo più popolare della scuola, forse dell’intera città. Apparteneva ad una famiglia importante, era ricco.
E invece lei era una ragazza immigrata da poco dal Marocco, leggermente in sovrappeso, tanto povera da non potersi permettere nemmeno dei vestiti decenti, insicura, che camminava sempre a testa bassa.
Erano l’opposto.
Eppure lei gli piaceva davvero. Il che era strano. Se avesse voluto, avrebbe subito fatto in modo di farla sua, ma non poteva, perché c’era un altro problema. La sua reputazione. Se si fosse fatto vedere in giro con una ragazza del genere, la sua reputazione sarebbe andata a puttane. E lui ci teneva davvero molto a fare in modo che la sua immagine risultasse sempre superiore.
Cosa doveva fare?
L’avrebbe dimenticata.
Sì, l’avrebbe dimenticata. Come dimenticava una ragazza il giorno dopo averla portata a letto.
Ci sarebbe riuscito. Infondo lui era Harry Styles.













 



salve, genteeeeee.
avevo già iniziato una fanfiction, ma non riuscivo prorpio a continuarla, quindi ho deciso di lasciar perdere e l'ho eliminata.
E poi ho avuto quest'idea. E credo che per la prima volta riuscirò a finire una fanfiction! HAHAHHAHAHA. 
beh, spero che il prologo vi sia piaciuto e che continuiate a leggere la mia ff <3

baci, sarah. <3

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Capitolo 2
*** Y-yes. ***


Loving her was brown.

 

A Francesca, la mia migliore amica. Grazie di tutto, amore mio. 


Capitolo 1 – Y-yes.






No che non ci sarebbe riuscito.
Non l’avrebbe dimenticata.
Gli risultava impossibile.
Fanculo.
Era appena passata a qualche metro da lui diretta in classe, come sempre con lo sguardo puntato verso il basso e le mani nelle tasche della felpa. La seguì con lo sguardo mentre camminava.
“Harry?”.
Non rispose. Era troppo impegnato ad ammirare Rachel.
“Harry?!”.
Di nuovo.
“Cazzo vuoi, Louis?”.
“Mi spieghi dove cazzo sei con la testa?”, sbraitò.
Harry sbuffò. “Cosa mi hai detto prima?”.
Louis non era a conoscenza della strana cotta di Harry, e secondo quest’ultimo era meglio così. Nonostante lui e Louis si conoscessero dai tempi dell’asilo, Harry aveva leggermente paura di quale sarebbe stata la reazione dell’amico quando avrebbe scoperto che andava appresso ad una poveraccia marocchina.
“Ti ho detto che abbiamo gli allenamenti di basket oggi pomeriggio, spero non te ne sia dimenticato”, rispose Louis.
Porca puttana. Louis sperava male.
“Ehm.. si, certo.. Alle 16, giusto?”.
“Alle 14.30, Harry!”.
“Ah, si, giusto..”, farfugliò. Poi, notando che erano gli unici due studenti rimasti nei corridoi, disse: “Su, andiamo in classe!”.
 
“Styles, Tomlinson, siete in ritardo!”, esclamò quella testa di cazzo della professoressa di chimica.
“Lo sappiamo!”. Non era riuscito a trattenersi.
“Già, Styles, lo sapete. E sapete anche che vi beccherete una nota per questo?”.
“Me ne sbatto il cazzo delle sue note, vecchia decrepita!”. Ok, adesso aveva esagerato.
“Styles, dal preside, immediatamente!”, urlò la prof. indicando la porta col braccio destro. Mentre usciva, Harry riuscì ad incontrare lo sguardo timido di Rachel che sedeva all’ultimo banco.
 
“Entra in ritardo, insulta pesantemente una professoressa volontariamente..”, stava confabulando il preside.
Harry rimase impassibile.
“Che cosa dovrei fare con lei, signorino Styles?”.
“Non saprei”.
“Non saprei..”, gli fece eco il preside sbuffando. “Questo è tutto quello che riesce a dire?”.
“Sì”.
Ci furono alcuni istanti di silenzio.
“Bene, ho deciso”, sentenziò l’uomo. “In punizione dopo scuola fino alle 16.30 con la professoressa Pascal”.  
Cazzo.
No.
Porca puttana.
Si sarebbe perso gli allenamenti di basket.
“No!”, urlò Harry alzandosi di scatto dalla sedia.
Il preside ridacchiò. Harry gli avrebbe volentieri sbattuto la testa contro il muro. “Sapevo che avrei ottenuto questa reazione. Mi dispiace, Styles, ma rinuncerà agli allenamenti di basket oggi, e continuerà ad essere così se non inizierà a comportarsi bene”.
Harry uscì senza proferire parola.
Louis si sarebbe incazzato a morte con lui.
Anzi, peggio, l’avrebbe ucciso.
Harry sapeva quanto ci tenesse al gioco del basket.
 
“Mi prendi per il culo, cazzo?”. Aveva appena comunicato a Louis della sua punizione. Lo sguardo di Harry gli bastò per capire che diceva sul serio.
Louis sbuffò. Era davvero teso. 
“Harry, lo sai che dobbiamo a tutti i costi vincere contro gli Amandes? La partita è tra due settimane. L’anno scorso quei pezzi di merda ci hanno stracciato 65-14, ti ricordi?”, sbraitò.
“Si, mi ricordo”.
“Bene, allora farai meglio a non farti mettere più in punizione!”. E con questo si diresse verso la mensa.
Harry lo seguì. “Si, però calmati, sembri mia madre”.
L’amico lo ignorò.
Harry sorpassò Louis accelerando il passo. Spinse la porta della mensa per entrare, e si accorse che era andata a sbattere contro qualcosa. Subito dopo sentì un gemito di dolore e il rumore di un vassoio di plastica che si schiantava contro il pavimento. Era pronto a ridere dello sfigato che giaceva a terra, sporco di yogurt, quando si rese conto che lo sfigato era Rachel. 
Perse un battito.
Louis cercava di trattenersi dal rotolare a terra dalle risate.
Lo avrebbe preso con piacere a calci in culo.
Non sapeva cosa fare.
Doveva aiutare Rachel o assecondare Louis?
Senza pensarci ancora, tese la mano a Rachel. Lei sembrò pensarci su per qualche istante, infine la afferrò, ed Harry aiutò la ragazza a rialzarsi.
“Tutto bene?”, le chiese.
“S-si”.
“Sicura?”.
“S-si”.
“Scusami per averti fatto cadere. Non l’ho fatto di proposito”.
“Non preoccuparti”, lo rassicurò.
Harry aveva notato che teneva lo sguardo puntato verso il basso mentre parlava. Non era una novità, eppure non capiva perché avesse tanta paura del mondo, addirittura provando timore nell’incrociare lo sguardo di qualcuno.
Harry stava per allungare una mano verso di lei, in modo da alzarle il mento con un dito, quando Louis gli strattonò un braccio e lo portò verso un tavolo, lontano da Rachel.
“Ma che ti prende?”, gli domandò, in un tono misto tra l’irritato e l’incredulo.
“Che intendi dire?”.
“Quello che hai appena fatto”.
“Cioè?”.
Louis lo guardò sconcertato. “Hai aiutato una poveraccia di colore”.
Harry alzò un sopracciglio. “E allora?”.
“Tu sei popolare, lei no”.
“E quindi?”.
“E quindi fatti una dormita. Oggi sei fin troppo strano”.
 
 

***

 
Rachel si trovava in classe e, invece di ascoltare la spiegazione delle professoressa, stava ripensando all’episodio avuto luogo più o meno mezz’ora prima.
Forse lo aveva immaginato.
Forse quello era un sogno.
Tra qualche minuto si sarebbe sicuramente svegliata.
Eppure sembrava così reale. Harry Styles, il ragazzo più popolare della scuola, l’aveva aiutata e le aveva rivolto la parola. Non capiva il perché. Avrebbe potuto fare come il suo amico e ridere di lei, invece non l’aveva fatto, era stato gentile.
“Wood, vuoi ripetere tu quello che stavo spiegando?”. I suoi pensieri furono interrotti dalla voce penetrante della professoressa.
Oh, merda.
Non aveva ascoltato un cazzo.
Che cosa doveva dire?
“Ehm…”.
Con la coda dell’occhio notò Harry che scarabocchiava qualcosa su un foglietto. Rivolse di nuovo le sue attenzioni alla prof. E poi Harry si alzò e si diresse verso di lei. Prima che potesse chiedersi che cosa doveva fare, lo vide scivolare e cadere sul pavimento.
Nessuno rise.
Sapevano che sarebbero finiti nei guai se avessero deriso Harry Styles.
Il ragazzo gemeva mentre si manteneva il piede.
Rachel notò che aveva ancora in mano il pezzo di carta su cui aveva scritto qualcosa e, proprio un attimo dopo, lui glielo lanciò sul banco. Lei lo aprì in fretta. Esso diceva: “Portami in infermeria. Fidati di me”. Si alzò un po’ titubante dalla sedia e, mentre cercava di rimettere Harry in piedi, disse: “Meglio se lo porto in infermeria. Deve essersi fatto male”.
La prof. non disse nulla, quindi la ragazza fece quello che Harry le aveva detto. Impacciata, lo sollevò dal pavimento e appoggiò il suo braccio destro sulle sue spalle, in modo da trasportarlo fino alla loro meta.
Appena furono lontani dalla classe, lui tolse il suo braccio da sopra la spalla di Rachel, e lei notò che riusciva benissimo a tenersi in piedi, a differenza di quanto aveva fatto credere.
“Ti ho salvata”, sorrise.
Adesso capiva.
Lui aveva notato la sua difficoltà nel rispondere alla domanda che le era stata posta, quindi aveva creato un diversivo per non fare in modo che le fosse messa una nota.
Che.. dolce.
Non aveva nemmeno il coraggio di dirgli grazie, quindi abbassò lo sguardo e si allontanò.
 

***

 
Non si era certo aspettato che lei gli buttasse le braccia al collo, ma almeno poteva dirgli grazie. Non riusciva proprio a capire perché fosse tanto timida. Non doveva aver paura della gente, soprattutto di lui. Harry credeva di essere davvero innamorato di lei. E ancora non capiva come fosse successo o a cosa lo avrebbe portato.
 
“Bella messa in scena”, commentò Louis quando la campanella fu suonata ed ebbe segnato la fine di quella giornata.
“Quale messa in scena?”.
“Quella di oggi. Quando hai fatto finta di cadere”.
“Non ho fatto finta di cadere”. Perché l’amico lo capiva così bene?
“Harry, sono il tuo migliore amico, ti conosco fin troppo bene”.
Harry sospirò, e lui capì di aver ragione.
“Ma mi spieghi perché l’hai fatto?”, gli chiese.
“Ho visto che quella ragazza era in difficoltà e volevo aiutarla, e poi mi annoiavo”, cercò di spiegare.
“Lo sai che è la stessa ragazza che hai aiutato oggi in mensa?”.
“Ah, si? Non me ne ero nemmeno reso conto”.
Louis non gli credeva neanche un po’.
“Ora però devo andare”.
“Dove?”.
“In punizione, ricordi?”.
“Ah, si giusto”, sbuffò Louis. “Io vado agli allenamenti di basket”.
“Ok. Ciao”, lo salutò Harry, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
 
Entrò nella classe della professoressa Pascal per la punizione. Forse avrebbe dormito un po’. Era quello che gli serviva dopo quella strana giornata.
Scrutò per un attimo i ragazzi che avrebbero passato quelle due ore e mezza con lui. Il suo sguardo cadde su una ragazza bionda che gli sorrideva dal terzo banco.
No.
Scarlett no.
Due ore e mezza con lei proprio no.
Si sedette il più lontano possibile da lei.
Era la sua ex ragazza. Era bella, non c’era da discutere su questo, ma era estremamente possessiva e irritante. E lo tormentava. Nonostante si fossero lasciati mesi fa.
Stava per appoggiare la testa al banco per schiacciare il pisolino che aveva pensato di fare, quando la vide avvicinarsi.
Che due palle.
“Ehi”, lo salutò sorridente, sedendosi sulla sedia davanti a lui.
La guardò male. Ma cazzo voleva?
“Non vedi che sto cercando di dormire?”, le disse in tono brusco.
Lei, decisamente offesa, si alzò e, senza dire una parola, tornò al suo posto al terzo banco.
Sperando di essersela tolta finalmente dai piedi, appoggiò la testa sul banco e si addormentò nel giro di dieci minuti.
 
“Styles!”. Si svegliò di soprassalto. Mise a fuoco la figura che si trovava dinanzi a lui e si accorse che era la professoressa Pascal.
“Si, professoressa?”.
“La punizione è finita”, lo informò. In tutta risposta, lui si alzò e, senza dire nulla, uscì dalla classe per ritornare a casa. Il pisolino era stato tremendo. Il banco era scomodissimo. Gli faceva male terribilmente il collo. La volta successiva che fosse finito in punizione, si sarebbe portato un cuscino.
Attraversò i corridoi. Erano deserti.
Aprì il portone della scuola ed uscì, assaporando per un attimo l’aria pungente di novembre. Poi salì sulla sua moto e sfrecciò tra le auto, con il vento che gli scompigliava i capelli, immaginando già quale scusa inventarsi per avere una vera e propria conversazione con Rachel il giorno dopo.




















sarah is here, yupp. 
Ecco il primo capitolo. Devo ammettere che mi piace HAHAHAHAH.
spero che lo caghiate cc
E' la prima FF che mi convince davvero, lol.

baci, sarah. <3

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Capitolo 3
*** To save you. ***


Loving her was brown.

 

Ad Annalucia, mia cugina, che c'è sempre stata, e ne sono sicura, ci sarà per sempre.

Capitolo 2 – To save you.



 

“Styles, concentrati!”, glistava gridando il coach di basket in un orecchio per l’ennesima volta in un’ora. “Ma cos’hai per la testa oggi?”.
Cos’aveva per la testa quel giorno non era la domanda giusta che avrebbe dovuto porsi. Più che altro chi aveva per la testa.
Rachel.
Sempre lei.
“Mi scusi, mister”, farfugliò Harry e cercò di concentrarsi.
Finito l’allenamento, Louis raggiunse Harry negli spogliatoi. Lo guardò per qualche istante, aspettando che dicesse qualcosa, ma Harry non proferì parola, quindi fu Louis a farlo.
“Harry..”.
“Mmh..”.
“Come stai?”.
“Boh”.
“Eh?”.
“Boh”, ripeté.
“Ok, Harry, credo sia il momento che tu sappia una cosa. Ultimamente mi stai rompendo altamente il cazzo. Non sto esagerando: è così. Prima ti fai mettere in punizione, poi fai la croce rossina con quella poveraccia, e, come se non bastasse, sei distratto durante gli allenamenti. Che cazzo ti prende?”. Louis era scoppiato in una delle sue solite crisi isteriche. Harry pensò che a quel ragazzo servisse una camomilla.
“Non ho niente, ok?”. Harry cercò di sorpassare Louis per uscire dallo spogliatoio, ma l’amico lo bloccò per un braccio.
“Tu non te ne vai di qui finché non mi avrai spiegato tutto”, gli intimò.
Harry si liberò della stretta di Louis e, senza degnarlo di uno sguardo, uscì.
Salì sul suo motorino e sfrecciò verso casa. Durante il tragitto ripensò alla giornata scolastica appena trascorsa. Non aveva avuto modo di parlare con Rachel, a meno che non sembrasse programmato, e non poteva rischiare che qualcuno pensasse che parlava con lei di sua spontanea volontà.
Parcheggiò il motorino nel garage della sua villa, dopodiché entrò in casa.
“Sono tornato!”, avvisò.
Nessuna risposta.
Nessun rumore.
Posò lo zaino sul pavimento e si diresse in cucina. Stava per aprire il frigorifero per prendere qualcosa da bere, quando notò un post-it attaccato su di esso. Lo staccò per leggerlo meglio.
“Siamo fuori città per un giorno. Torneremo domani sera tardi. Il frigo è pieno e c’è una lasagna nel microonde. Baci, i tuoi genitori”.
E sua sorella era a fare shopping, quindi non sarebbe tornata molto presto.
Figo.
A casa da solo.
Che cosa poteva fare?
Pensa, Harry, pensa.
Una festa?
Si scocciava di pulire tutto il disordine dopo la fine del party.
E poi gli venne in mente.
Scarlett.
La sua ex ragazza.
Era vero, la schifava in modo assurdo, ma non poteva negare che a letto fosse brava, e una bella scopata era proprio quello che gli serviva in quel momento.
Afferrò il cellulare e sfogliò la rubrica fino ad arrivare alla lettera S. Cliccò sul nome ‘Scarlett’, e dopodiché sulla cornetta verde.
Attese qualche istante.
“Pronto?”, squittì lei.
“Scarlett, sono Harry”.
“Che cosa vuoi?”, gli chiese, cercando di assumere un tono duro, ma che rivelava la sua sorpresa e la sua soddisfazione di sapere che Harry la cercava.
“Ho bisogno di te”.
“Come?”.
“Ho detto che ho bisogno di te, Scarlett, cazzo, vieni a casa mia”, le ripeté, un po’ bruscamente.
“Oh..”, lei indugiò un istante. “Si, certo, arrivo tra poco”.
“Fai in fretta, però”.
“S-si..”.
Agganciò e si sdraiò sul divano, aspettando l’arrivo di Scarlett.
 
Fu svegliato da un suono irritante. Aprì gli occhi, pensando fosse il campanello, ma ascoltando meglio si rese conto che era il telefono di casa a produrre quel suono. Andò in cucina per rispondere, e, dando un’occhiata all’orologio sulla parete si accorse di aver dormito circa due ore. Era da due ore che aspettava Scarlett, e lei ancora non arrivava.
Afferrò il telefono.
“Pronto?”, grugnì con la voce impastata dal sonno.
“Salve, sono Marta della Eminflex..”.
“Non li voglio i vostri cazzo di materassi!”. E agganciò.
Che rompipalle.
Riposò il telefono al suo posto. Stava per prendere il suo cellulare e chiamare Scarlett, quando sentì un altro suono.
Quello era sicuramente il campanello.
Attraversò la cucina a grandi passi fino ad arrivare in salotto ed aprire la porta. Si ritrovò di fronte alla figura esile e ben vestita di Scarlett.
“Ciao”, la salutò indifferente, e si spostò per farla entrare.
“Ciao, Harry”, replicò lei, mentre varcava la soglia. “Posso sapere perché mi hai chiamato?”.
Lui le cinse i fianchi e le rivolse un sorriso malizioso.
“Mi sentivo solo”, rivelò, o almeno in parte.
Lei tolse le mani di Harry dai propri fianchi.
“Harry, ieri mi hai fatto capire che non te ne fotte un cazzo di me, e adesso mi chiami perché ti senti solo, quando hai una marea di amici con cui potresti divertirti”. Lo guardò quasi severamente. “C’è qualcosa sotto, ne sono sicura”.
Harry rimise le mani sui fianchi di Scarlett, questa volta un po’ più in basso.
“Perché lo credi?”.
“Perché ti conosco”.
“Mi conosci tanto da intuire cosa sto per fare adesso?”. Scarlett arrossì, ed Harry capì che aveva abboccato.
Si leccò le labbra, sapendo che la eccitava tantissimo, dopodiché le poggiò su quelle di lei, e la baciò con foga. Lei ricambiò il bacio, e lui ne fu più che soddisfatto.
Senza aspettare, la portò verso il divano. Si sedette su di esso e lei divaricò le gambe per mettersi comoda su Harry.
Continuarono a baciarsi con foga, finché lui non la fece distendere sul divano. Si tolsero i vestiti in fretta, senza smettere di baciarsi. Harry rimase solo con i boxer, mentre Scarlett era coperta semplicemente dal reggiseno e dagli slip.
Stavano per fare in modo che rimanessero completamente nudi e continuare quello che avevano iniziato, quando si sentì il rumore della porta che si apriva e delle voci che chiacchieravano.
Gli sguardi di Harry e Scarlett scattarono immediatamente verso la porta d’ingresso, dove si trovavano i genitori di Harry, letteralmente scandalizzati alla vista del loro figlio e una ragazza sconosciuta mezzi nudi sul divano.
Scarlett, in preda all’imbarazzo, si alzò e raccolse i suoi vestiti.
“Ehm..”, balbettò. “E’ meglio se tolgo il disturbo. Ciao, Harry”.
“Ciao”, replicò lui con voce roca.
Dopo che la porta si fu chiusa dietro Scarlett, ci furono alcuni istanti di silenzio.
“Siamo rientrati in anticipo”, spiegò la madre di Harry. Quest’ultimo fece un segno d’assenso.
Ci furono altri attimi di totale silenzio imbarazzante, quando si sentì il suono di una chiave che veniva inserita nella toppa della porta, e Juliet Styles entrò in casa reggendo impacciatamente varie buste contenenti la roba appena comprata.
Inizialmente non si accorse della tensione che aleggiava nel salone, troppo presa dall’eccessivo peso delle buste che stava mantenendo. Ma dopo averle appoggiate temporaneamente sul pavimento, alzò lo sguardo, che andò subito a poggiarsi su suo fratello mezzo nudo, e successivamente sui suoi genitori.
“Che succede?”, chiese, in un misto tra lo stupito e il divertito.
“Harry, glielo vuoi spiegare tu?”, lo invitò il padre.
In tutta risposta, lui emise qualcosa simile a un grugnito.
“Va bene, te lo spiego io”, decise, notando che suo figlio non reagiva. “Sapevi che eravamo fuori città per via del lavoro, giusto?”.
Juliet annuì.
“Siamo tornati in anticipo, e abbiamo trovato Harry con una ragazza – mezza nuda anche lei – sdraiati sul divano”.
Juliet si trattenne dallo scoppiare a ridere. “E adesso dov’è la ragazza?”.
“Se n’è andata”.
Non riuscendo più a resistere, scoppiò in una risata isterica. “Tu.. eri.. sul divano..”, diceva tra le risate.  “A fare.. sesso.. con una.. ragazza.. e mamma e papà.. ti hanno.. sgamato?”. Non riusciva a smettere di ridere. Passò vicino ad Harry e gli diede una pacca sulla spalla. “Così si fa, fratello”.
Si diresse verso le scale, ma a metà strada si girò. “Ah, Harry, mi aiuteresti a portare la roba che ho comprato in camera mia?”.
 
“Che.. cosa hai.. detto?”, stava dicendo Louis tra una risata e l’altra. “Non.. ci credo.. Oddio”.
Si trovavano nei corridoi della scuola, vicino agli armadietti, e Harry gli aveva appena raccontato la vicenda del giorno prima.
Louis aveva totalmente dimenticato la discussione avuta negli spogliatoi, ed Harry ne fu sollevato.
La campanella che segnava l’inizio delle lezioni sarebbe suonata nel giro di pochi minuti.
“Hai avuto la stessa reazione di mia sorella”.
“Tua sorella?”.
“Si, Juliet, mia sorella. Ha continuato a ridere per un sacco di tempo. E sai poi cos’ha fatto?”.
“No, cosa?”, chiese Louis.
“Mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto ‘Bravo, così si fa, fratello’, o qualcosa del genere”.
“Wow, forte tua sorella”, commentò l’amico. “Magari un giorno di questi me la fai conoscere”.
“Contaci”, lo assecondò Harry in tono ironico.
“Dico sul serio”.
“Mmh.. sisi, ok”.
La loro conversazione fu interrotta dal suono della campanella. Si diressero in classe.
 
“Bene, ragazzi..”, stava riassumendo il professore, quando la campanella suonò. Strano, mancavano più di venti minuti alla fine dell’ora.
Ma la campanella non smetteva di suonare.
Stava diventano insopportabile.
Assordante.
Harry ebbe l’istinto di andare a spaccarla in mille pezzi con le sue stesse mani, quando capì.
Tutti i ragazzi si stavano alzando dai propri banchi, correndo verso la porta.
Una prova di evacuazione.
Giusto.
“Moriremo tutti!”, urlò Louis in preda al panico, correndo in tondo per la classe.
“E’ una prova di evacuazione, coglione”, rise Harry prendendolo per la camicia e portandolo verso la porta, dove si era accalcata l’intera classe.
“Ah”, rise a sua volta Louis.
Dopo alcuni minuti, tutti gli alunni riuscirono ad uscire dalle rispettive classi. I corridoi erano molto più rumorosi del solito, con gente che urlava, piangeva e correva.
Che organizzazione di merda, ma soprattutto, che imbecilli.
Solo Harry aveva capito che non erano affatto in pericolo, ma che quella era una semplice prova di evacuazione?
Oppure non lo era?
Ebbe un tuffo al cuore.
E poi dei brividi.
Dei brividi che gli percorsero tutto il corpo.
Subito pensò a Rachel.
Se erano davvero in pericolo, doveva salvarla. Doveva fare in modo che vivesse, anche a costo di perdere la sua stessa vita. Era vero che la conosceva a malapena, ma sentiva di conoscerla da sempre.
Era davvero innamorato. Non aveva mai provato questa sensazione.
Tutto accadde velocemente.
Fottendosene di tutto e di tutti, corse per i corridoi, guardandosi bene intorno, alla ricerca di Rachel.
E poi la vide.
Lì.
A pochi metri da lui.
Sola.
Bellissima.
Apparentemente spaventata, o solo confusa. Non riusciva bene ad interpretare la sua espressione.
Sorpassò tutte le persone che si trovò davanti, spingendole anche, senza nemmeno chiedere scusa, e raggiunse Rachel.
La prese per mano.
Lei, colta alla sprovvista, sobbalzò, girandosi verso di Harry.
Prima che potesse dire qualcosa, lui la trascinò lontano dai ragazzi che li circondavano.
“Dove mi stai portando?”, gli chiese mentre correva. Harry non le aveva lasciato la mano, per paura di perderla.
“Lontano da qui”.
“Lontano da qui?”, ripeté. “E perché?”.
“Per salvarti”.
“Salvarmi?”.
“Si, salvarti”.
“Ma salvarmi da cosa?”.
“Da quello che sta succedendo”.
“Perché, che sta succedendo?”.
“Non lo so, ma siamo in pericolo, credo”.
“Harry, lo sai che questa è una semplice prova di evacuazione, vero?”, disse divertita. “E che noi non siamo affatto in pericolo?”.
Lui si fermò e si girò verso di lei. Rachel gli lasciò la mano.
“Conosci il mio nome?”, le domandò.
“Certo, sei il ragazzo più popolare della scuola, come potrei non sapere come ti chiami?”.
Ah, si.
Aveva ragione.
Ma sentir pronunciare il suo nome da lei lo aveva estraniato dal mondo per qualche istante.
“Oh”. Harry abbassò lo sguardo, e sorrise.
“Beh, piacere, Rachel”, gli porse la mano.
La strinse. “Lo so”.
“Lo sai?”.
“Si, lo so che ti chiami Rachel”.
“Come fai a saperlo”, chiese stupita.
“Siamo in classe insieme”. Aveva buttato lì la prima scusa che gli era venuta in mente.
“Ma io non sono popolare quanto te”.
“Che importa?”. Aveva usato un tono scettico.
“Tu non dovresti nemmeno rivolgermi la parola”.
“E invece lo sto facendo. E’ un crimine? Mi arresteranno?”.
“No..”, Rachel abbassò lo sguardo. Harry notò che era arrossita. “E’ che.. questa situazione è strana, tutto qui”.
Il ragazzo decise che era meglio cambiare discorso.
“Comunque lo sapevo che era una prova d’evacuazione”, spiegò. “E’ che ho visto tutti in preda al panico, e ho pensato che forse mi sbagliavo”.
“Ah, capisco”. Fece una pausa. “E sei venuto a salvarmi”.
“Si”.
“Perché hai deciso di salvare proprio me?”.
“Beh..”.
Cazzo.
Che spiegazione poteva darle?
Merda.
‘Dio, se mi senti, mandami un aiuto’, pensò.
E l’aiuto arrivò. Sottoforma di Louis Tomlinson.
“Ehi, Harry!”, lo chiamò. “Che stai facendo?”.
“Oh.. niente”, rispose il riccio raggiungendo l’amico e senza degnare né di una parola, né di uno sguardo Rachel.
“Ti stavo cercando. Sono tutti ritornati in classe”.
“Beh, allora è meglio se andiamo”.
Quando furono abbastanza distanti da Rachel, Harry diede una pacca sulla spalla a Louis dicendogli: “Grazie, Lou, mi hai salvato”.
“Quella poveraccia ti stava rompendo le palle, eh?”.
Harry impallidì. “Si, esatto”, concordò, sperando che l’amico non si rendesse conto che mentiva.
“Allora figurati, è stato un piacere liberarti di quella pezzente marocchina”.
Harry riuscì a stento a trattenersi dal prendere Louis a pugni nella pancia.
Aveva una guerra nella sua mente. 



















sono un po' in ritardo? credo di si, lol.
ci ho messo un sacco di tempo a scrivere questo capitolo. all'inizio non avevo proprio idee, e sono andata nel panico, poi, da un momento all'altro, mi sono piombate addosso idee su idee, infatti so già più o meno cosa succederà nel capitolo 3 gfjd.
vi ringrazio immensamente per le recensioni, e spero che questo capitolo vi piaccia<3

sempre con affetto, sarah. 

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Capitolo 4
*** 17, King Street. ***


Loving her was brown.



A Tiziana, una delle mie migliori amiche. La distanza non ci separerà."This friendship will be forever".

Capitolo 3 – 17, King Street.


 

L’arrivo di Rachel a casa fu accolto dalle solite urla dei suoi fratelli minori che litigavano. Le cause dei continui litigi di quei due erano futili, e quasi sempre le stesse. Come per esempio il giorno prima avevano litigato perché Christian – il più grande dei due – aveva preso la bicicletta di Mark – il fratello minore – senza chiederglielo, allora Mark si era arrabbiato, perché Christian non gli faceva mai prendere le sue cose senza permesso, anzi, non gliele prestava mai, e quindi pensava che non fosse giusto nei suoi confronti.
Magari questi fossero i veri problemi della vita, pensava sempre Rachel.
Posò sul divano la sua borsa di seconda mano, strappata in un angolo.
Andò in cucina, stremata e confusa dopo quella strana giornata di scuola, e si lavò le mani nel lavandino, per poi sedersi al suo solito posto a tavola ed iniziare a mangiare la pasta preparata da sua madre, senza proferire parola.
Di solito non era mai tanto silenziosa in compagnia della sua famiglia. Erano gli estranei che la spaventavano, ed era per questo che era sempre timida e acida con loro. Non si fidava di nessuno, ad eccezione delle persone che conosceva da una vita, quindi in pratica solo la sua famiglia.
Mentre mangiava, ripensò agli eventi accaduti nel giro di qualche ora.
Tutti si concentravano su Harry.
La sua reazione quando aveva pensato che le loro vite fossero in pericolo era stata strana.
Non aveva pensato solo a se stesso, ma anche a lei, Rachel. 
Eppure avrebbe potuto scegliere benissimo qualcun altro, come per esempio il suo migliore amico Louis.
E invece no.
Non era stato così.
La sua scelta era stata Rachel.
E lei ancora non si capacitava di questa cosa.
Perché, come aveva continuato a pensare per parecchie ore, ciò che era successo era davvero strano.
Si sorprese a pensare di avere le allucinazioni.
In effetti era una teoria da valutare.
Negli ultimi giorni il ragazzo più popolare della scuola aveva rivolto più attenzioni a lei che a tutta la scuola messa insieme, e l’aveva aiutata, ben tre volte, anche se la terza era stata inutile, ma comunque gentile.
“Ehi, cara”, fu richiamata alla realtà dalla voce di sua madre. “Tutto bene?”.
“Si, tutto bene”.
Adesso tutta la famiglia la stava fissando.
Anche i due fratellini, stranamente, si erano ammutoliti.
Pregò che quel momento di imbarazzo finisse il prima possibile.
E la sua preghiera fu ascoltata.
La porta d’ingresso si aprì ed entrò in casa un uomo sorridente, coperto da un cappotto marrone e tremante per il freddo.
I due fratellini si alzarono dai rispettivi posti e gli andarono incontro, abbracciandolo e urlando felici: “Papà!”.
Anche la sorella maggiore di Rachel, Silvie, si era alzata ed era andata ad abbracciare il padre.
Rachel rimase immobile.
L’uomo si tolse il cappotto e lo appoggiò sull’appendiabiti, poi raggiunse la tavola. Diede un bacio veloce a stampo sulle labbra della moglie, e si sedette a capotavola.
Sorrise a Rachel, ma niente abbracci, né baci.
Lei si sentiva così male ogni volta che assisteva a scene del genere.
Fuori luogo.
Ecco cos’era in quella famiglia.
Decisamente fuori luogo.
Come un pesce fuor d’acqua.
Lei non poteva andare incontro a suo padre ed abbracciarlo, contenta che sia tornato e che possa passare del tempo con lei, dopo una faticosa prima mattinata di lavoro.
Perché quello non era suo padre.
E Christian non era suo fratello.
E nemmeno Mark.
E Silvie neppure.
E quella non era sua madre.
Rachel era stata adottata.
Quella famiglia era stata tanto gentile nei suoi confronti, ad adottarla. Per questo li voleva tanto bene, ed erano le uniche persone di cui si fidava, anche se provava sempre la solita timidezza e il solito timore di abbracciarli o smascherarsi di fronte a loro.
Nessuno sapeva la storia di Rachel.
Solo lei.
E non aveva intenzione di condividerla con nessuno.
Né in quel momento, né in un lontano futuro.
Non voleva smascherarsi di fronte a nessuno.
Ecco. Era questo che pensava.
Che nessuno dovesse sapere la sua storia per intero, che nessuno dovesse leggerla dentro, in modo che nessuno potesse mai farla soffrire.
A scuola non c’era persona che sapesse che era stata adottata dalla famiglia americana dei Wood.
In realtà, non gliene fotteva un cazzo a nessuno di quale fosse la storia di Rachel.
Perché lei era insignificante in quella scuola.
 

***

 
“Allora, dov’è tua sorella?”, chiese Louis, stoppando per l’ennesima volta il film che stavano vedendo.
Harry sbuffò prendendo il telecomando dalla mano dell’amico per riazionare il film. “Louis, hai rotto il cazzo”.
Dopo pochi minuti qualcuno bussò alla porta.
Harry fu costretto a cliccare pausa. Si diresse verso la porta e la aprì. 
Si ritrovò di fronte la figura di sua sorella.
“Ehi”, lo salutò. “Scusa, avevo dimenticato le chiavi”.
Lui rispose con un cenno d’assenso, spostandosi di lato per farla passare.
Solo in quel momento lei notò Louis seduto sul divano, che assisteva alla scena. “Oh, ciao, Louis”.
“Ehi”, replicò lui con un sorriso.
Juliet salì le scale, diretta in camera sua, ed i due ragazzi rimasero di nuovo soli.
“Dio, quant’è bona”, commentò Louis. “Non immagini proprio cosa le farei”.
Harry gli diede uno schiaffo leggero dietro la testa. “Cristo, Louis, è mia sorella, ed è fidanzata. Se proprio devi dire queste cose, non farlo in mia presenza. E poi è più grande di te”.
“Di soli due anni!”.
“Bastano a considerarti come una specie di fratello minore. Non per spezzarti il cuore, amico, ma credo che non abbia alcun interesse nei tuoi confronti, e ti ripeto, ha già un ragazzo.”.
“E invece io ti assicuro che riuscirò a conquistarla, nonostante sia fidanzata”.
“Come vuoi”.
“Non mi credi?”.
“Non proprio”.
“E se io ti dimostrassi che ho ragione?”.
La piega che il discorso stava prendendo insospettiva, e allo stesso tempo incuriosiva Harry. “Come farai?”.
“Vedrai. Dammi solo un po’ di tempo, e tua sorella sarà mia”.
“Quanto tempo?”.
“Circa un mese. Mi basta questo”, rispose Louis.
“Va bene”, approvò Harry. “Allora io vado a farmi un giro, così tu puoi iniziare a mettere in atto il tuo piano”.
“Perfetto. A dopo”.
“A dopo, coglione”.
Harry si richiuse la porta di casa alle spalle e iniziò a camminare sul marciapiede per un po’.
Avrebbe potuto prendere il motorino, ma non gli andava. Voleva camminare.
Essendo a fine novembre, faceva molto freddo.
Si strinse nella sua giacca.
Pensò a cosa avrebbe potuto fare prima di ritornare a casa.
Poi gli venne in mente.
Si bloccò.
Rachel.
Poteva andare a casa sua.
Ma c’era un problema.
Il suo indirizzo. Non lo conosceva.
E come avrebbe potuto trovarlo?
Ci pensò per qualche istante, poi anche questa idea venne fuori.
La segreteria.
La segreteria della scuola.
Avrebbe potuto trovare una scusa e farsi dare il suo indirizzo.
Sorrise involontariamente, poi corse diretto alla scuola. Corse velocissimo, e si maledisse per non aver preso il motorino.
 

***

 
Louis salì al piano di sopra pochi istanti dopo che Harry era uscito di casa.
Aveva solo circa un mese a disposizione, e non doveva sprecare il tempo che aveva a disposizione.
Doveva cogliere l’attimo.
Bussò alla porta di Juliet.
“Avanti”, disse lei.
Louis aprì la porta e lei alzò lo sguardo dal suo cellulare.
Appena si accorse che era lui, lo guardò con uno sguardo un po’ curioso, incredulo, e sì, in una minima parte scocciato.
Si alzò dal letto. “Ehi, Louis. Che succede?”. Ma prima che lui potesse dire qualcosa, lei scattò, assumendo adesso un’espressione totalmente scocciata: “Ah, aspetta, so cos’è successo. Tu e Harry avete rotto qualcosa e adesso io devo ripararla prima che arrivino i nostri genitori”. Sbuffò.
“Nono, non è successo nulla del genere”, si affrettò a dire Louis. “Harry è uscito un attimo, ed io, non sapendo cosa fare, sono venuto qui. Sai, speravo mi facessi un po’ di compagnia”.
“Ah, si?”, Juliet rise scetticamente. Sospirò. “Va bene, siediti qui accanto a me”. Ed indicò un punto sul letto.
Louis obbedì.
Ci furono alcuni istanti di silenzio imbarazzante, ma a quanto pareva Juliet non lo aveva percepito, essendo totalmente presa dal suo cellulare.
“C-come stai?”, Louis fece la prima domanda che gli era venuta in mente.
Juliet alzò per un attimo lo sguardo dallo schermo del cellulare per posarlo sul viso di Louis, poi lo rimise su quel piccolo aggeggio e rispose: “Bene, tu?”.
“Bene”.
Che.
Cazzo.
Doveva.
Dire.
Che.
Cazzo.
Doveva.
Fare.
Queste erano le due domande che lo perseguitavano e che lo stavano facendo diventare impacciato e imbarazzante.
Lui non era mai stato né impacciato, né imbarazzante.
Non gli era mai capitato di assumere questo atteggiamento con una ragazza.
Di solito le conquistava in un batter d’occhio, con i suoi modi di fare che eccitavano le ragazze.
E invece, adesso, chiunque avrebbe deriso di lui, che sembrava un povero nerd senza speranze che stava cercando di sedurre in malo modo una bellissima ragazza popolare.
Forse era innamorato.
Oh, cazzo.
E se era davvero innamorato?
 

***

 
Harry fu sollevato di trovare il portone d’entrata della scuola aperto.
Appena entrato, si stupì di quanto la scuola risultasse più spaziosa quando i corridoi erano vuoti.
Girò a sinistra imboccando la strada per la segreteria.
“Ehm.. salve”.
La segretaria lo guardò torva. “Ehi, ragazzo. Che ci fai qui?”.
“Ho bisogno di un informazione importantissima.. o almeno per me”.
L’espressione della donna si accigliò ancora di più. “Che tipo di informazione?”.
“L’indirizzo di Rachel Wood”.
“E a cosa ti serve?”.
Merda.
Aveva fatto tutto così di fretta che aveva dimenticato di inventare una bugia plausibile che spiegasse perché voleva l’indirizzo di Rachel.
“Beh.. lei..”, balbettò Harry. “E’ mancata a lezione di spagnolo e.. la professoressa mi ha chiesto di.. di darle i compiti in modo da non trovarsi indietro col programma”.
La segretaria emise un grugnito, che doveva essere un ‘mmh’, pensieroso e sospettoso. “E perché non affidare questo compito a qualcuno che sa dove abita, invece che a te?”.
“Sa.. Rachel non ha molti amici”, spiegò lui. “In realtà non ne ha neanche uno, in questa scuola, che io sappia. E’ una ragazza timida, molto chiusa. Quindi di solito la gente la prende di mira o.. la ignora”.
La donna sbuffò rassegnata aprendo una cartella. “Okay, Rachel Wood.. Rachel Wood.. Eccola”. Prese un post-it e copiò su di esso l’indirizzo dalla cartella. Dopodiché lo porse ad Harry.
“Grazie mille, davvero”, disse Harry sorridendo. Poi sfrecciò verso l’uscita e si diresse al numero 17 di King Street.
 

***

 
 Il cellulare di Juliet vibrò.
“Ti è arrivato un messaggio”, la avvisò Louis. Lei si trovava di fronte all’armadio, indecisa su cosa indossare per l’uscita di quella sera col suo ragazzo.
“Me lo leggi?”.
“Certo”. Louis afferrò il telefono ed aprì il messaggio. Prima di leggerglielo ad alta voce, ebbe il tempo di leggerlo in mente, e appena finì ebbe un tuffo al cuore.
Juliet si girò verso di lui. “Allora? Che dice?”.
“E’.. da parte del tuo ragazzo”.
Leggermente in imbarazzo, Juliet buttò distrattamente nell’armadio il vestito che aveva in mano ed afferrò il suo cellulare per leggere il messaggio.
Anche lei ebbe un tuffo al cuore.
Solo che fu molto più forte.
Si appoggiò all’anta dell’armadio, temendo di cadere sul pavimento.
Louis si alzò dal letto e si avvicinò a lei.
Non sapendo cosa fare, fece la prima cosa che gli venne in mente: l’abbracciò.
Juliet lo strinse forte a sé, mentre lacrime colme di dolore le rigavano le guance e andavano a finire sulla spalla del ragazzo.
In quel momento Louis era l’unica persona che aveva.
 
 

***

 
Harry bussò al campanello.
Aspettò qualche istante, poi la porta venne aperta, e si ritrovò davanti ciò per cui aveva fatto tanta fatica.
Rachel.
Lei parve stupita di ritrovarselo fuori casa sua, e prima che potesse chiedergli spiegazioni, lui la abbracciò. La strinse calorosamente a sé, come aveva sempre sognato di fare.
In quel momento non gli interessava di baciarla o di portarsela a letto.
Gli importava di averla vicino, di stringerla, di farle capire che c’era.
In un modo o nell’altro c’era.



























































 


MI SCUSO TREMENDAMENTE PER IL RITARDO.
lo so che è estate, ma stanno succedendo così tante cose che non ho mai tempo per scrivere.
davvero, capitemi cwc 
Comunque, questo capitolo mi piace lol
Così tanti abbracciiiiii cwc
Secondo voi tra Louis e Juliet nascerà qualcosa? huhuhu, chissà!
E invece che cosa c'è scritto nel messaggio del ragazzo di Juliet? huhuhu, chissà! x2.
comunque, adesso scappo :c
VI RINGRAZIO IMMENSAMENTE PER LE RECENSIONI CHE MI AVETE LASCIATO.
SORRIDO SEMPRE QUANDO LE LEGGO.
SIETE FANTASTICHE ED IO VI AMO.
<3

always with love, sarah.

 

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