Un anno di Paperetta (/viewuser.php?uid=15226)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
UN
ANNO
Personaggi:
Rock Lee, Maestro Gai
NdA:
non avevo ancora pensato di scrivere una fic su di loro, ma dopo la
puntata di Lunedì ( quella in cui Lee decide di operarsi ) non
ho potuto farne a meno. Vi informo che sono indecisa sul finale, se
scrivere qualcosa di triste o di allegro... dipende dal mio umore (vi
assicuro che quando sono triste le mie fic ne risentono parecchio!).
Buona lettura, e commentate numerosi!^^
Capitolo
1
“Maestro
Gai, posso chiederle una cosa?”
“Certo,
dimmi pure.”
“Beh,
ecco... non vorrei che pensasse male, però... mi chiedevo se
sia una cosa buona che io cerchi di essere come lei...”
Il
maestro, che non si sarebbe mai aspettato una domanda del genere, non
trovò subito le parole per rispondere.
“Cosa
vuoi dire, Rock Lee? Spiegati.”
“Io...
l'altro giorno stavo parlando con alcune persone e mi hanno detto una
cosa strana... ecco, dicono che dovrei smetterla di comportarmi come
lei e di fare come se fosse... non ricordo che parola hanno usato...”
“E
chi ti ha detto queste sciocchezze, si può sapere?” Gai
non poteva credere alle proprie orecchie, non aveva mai sentito
un'idiozia più grande.
“Alcuni
ragazzi, ma questo adesso non importa. Io all'inizio non li ho
ascoltati, anzi: ho detto che dovevano smetterla di parlare male di
me e di lei, maestro, e ho anche perso la pazienza – mi
dispiace per questo, ma proprio non riuscivo a sopportarlo! -
Loro
però non hanno cambiato idea e... maestro, hanno anche detto
un'altra cosa...”
“E
sarebbe? Voglio proprio sapere cos'altro si sono inventati!”
“Ecco...
vede, pensano che il mio sia un comportamento... morboso. Io non
capisco, maestro! Non mi sembrava che... davvero, pensavo che il mio
fosse un comportamento normale; è stato lei che mi ha fatto
diventare un ninja, che ha creduto in me e nelle mie capacità
sin dall'inizio: come potrei fare diversamente? Le devo tutto...”
Dopo
quelle parole rimasero in silenzio per alcuni minuti, a riflettere.
Il maestro non sapeva come affrontare l'argomento; era tentato di
sgridarlo, perché si era lasciato praticamente sconvolgere
dalle stupide chiacchiere di alcuni stupidi ragazzi e questo non era
da lui; al contempo, però, anche lui si diede pensiero di
quelle affermazioni e si chiese se, in fondo in fondo, non vi fosse
una traccia di verità. Forse il suo allievo aveva veramente
bisogno di pensare ad altro, di dedicarsi a qualcosa che non fosse
diventare in tutto e per tutto identico a lui, più che altro
per il proprio bene.
Decise
di esporgli i suoi pensieri, ma non direttamente: sarebbe stato
traumatico, forse.
“Rock
Lee, siediti” esordì, invitandolo a prendere posto nella
panchina; la stessa, tra l'altro, dove avevano discusso della sua
operazione alcuni anni prima, una panchina piena di ricordi. “Prima
di tutto, mi meraviglio che tu abbia dato retta a quei ragazzi:
quante volte ti ho detto che l'unica cosa veramente importante è
quello che pensi tu? Non ti deve interessare il giudizio degli
altri... o meglio, non deve influire in questo modo sulle tue
decisioni; se tu vuoi vestirti come me, se porti il mio stesso taglio
di capelli, se ti comporti esattamente come mi comporto io e cerchi
in tutti i modi di essere come me, è una tua scelta e come
tale va rispettata. Questo ti è chiaro?”
Rock
Lee, fermo e attento, rispose senza esitazioni:
“Si,
maestro.”
“Bene.
Quello che adesso devi comprendere è questo: secondo te, il
tuo modo di fare è sbagliato? Ti sembra di esagerare, o che
forse faresti meglio a prendere come modello anche altre persone?
Rifletti, prima di rispondere.”
Rock
Lee avrebbe voluto rispondere subito a quella domanda: assolutamente
non credeva di comportarsi in modo sbagliato. Il maestro Gai, però,
gli intimava silenziosamente di pensarci bene e decise di riflettere
alcuni minuti.
Come
aveva già detto, doveva tutto al proprio maestro; era stato
l'unico a credere nelle sue abilità e l'aveva preso con sé
per allenarlo, benché fosse ritenuto un caso disperato; gli
aveva insegnato non solo a combattere, ma soprattutto a vivere, ad
affrontare le più piccole cose quotidiane con ottimismo e
coraggio; era rimasto con lui quando ne aveva avuto bisogno, durante
la convalescenza e l'operazione e lo aveva aiutato a prendere la
decisione più giusta. Era talmente grato al proprio maestro
che aveva cominciato ad imitarlo in tutto, un po' come
ringraziamento, un po' perché lo aveva preso come modello, e
si cerca sempre, anche senza volerlo, di imitare i propri idoli.
Quindi smettere di comportarsi come lui sarebbe stato quasi come un
insulto verso la persona più importante della sua vita, un
modo come un altro per dire che si, gli era riconoscente, ma che non
gli importava più di tanto.
“No!”
esclamò, senza riuscire a trattenersi. Gai si riscosse dai
suoi pensieri e gli chiese, stupito:
“No
cosa?”
“È
assurdo! Non posso nemmeno pensarci! Lei per me è il ninja più
in gamba che esista, non c'è nessuno forte e intelligente e
con stile come lei, quindi non posso fare a meno di seguirla in tutto
quello che fa; perché io voglio dare il massimo, e il massimo
per me è lei. E poi il mio non è imitare... no, no, non
lo definirei proprio così.”
Gai
sorrise intenerito, sollevato dal fatto che il suo allievo preferito
fosse tornato lo stesso di sempre; fece per interromperlo, quando il
ragazzo si alzò in piedi e alzò un pugno all'altezza
del collo.
“Maestro,
sono veramente mortificato: non avrei dovuto ascoltare quei ragazzi,
mi sono lasciato influenzare e lei mi ha sempre insegnato che questo
non deve succedere. Sono pronto a fare cinquecento volte il giro del
villaggio su una mano, se lo ritiene necessario, potrei...”
“Adesso
basta, Rock Lee...” il maestro gli appoggiò le mani
sulle spalle, riuscendo così a calmarlo e lo strinse forte a
sé, all'improvviso: gli faceva una grande tenerezza vederlo
così infervorato, non poteva fare a meno di abbracciarlo come
se fosse suo figlio.
Anche
se, in realtà, il ragazzo rappresentava proprio questo per
lui: il figlio che non aveva mai avuto, la sua ormai unica ragione di
vita. Mentre lo stringeva giurò che, prima o poi, glielo
avrebbe detto chiaro e tondo.
“Ho
capito che ti dispiace, ma non ti farò di certo fare
cinquecento giri del villaggio su una mano, e da solo per giunta!”
esclamò, incrociando le braccia; poi scoprì i denti nel
suo tipico sorriso smagliante e alzò il pollice in segno di
intesa: “Li farai su due mani e verrò con te, così
possiamo parlare un po'. D'accordo?”
“Certo,
maestro!!”
Ogni
volta che Gai e il suo allievo affrontavano discorsi del genere, il
loro rapporto si rafforzava sempre di più e sembravano sempre
più inseparabili.
Era
appena iniziata l'estate, ma volò via in fretta. Troppo in
fretta.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
NdA.
Ed eccoci al capitolo due! Ho un po' di tempo per stare su internet,
quindi ne approfitto ed aggiorno un po' (per i lettori di Viaggio nel
presente ho aggiornato ieri sera; prima vedo quanti leggono il
capitolo, poi aggiorno). In effetti su Lee e Gai c'è poca
roba, o perlomeno ho trovato poco, ma su di loro ci sarebbe tanto da
scrivere!
Grazie
grazie grazie ad Ayumi Yoshida e a Lady of Evil Nanto86, buon anno! E anche a tutti gli altri
miei lettori.
Capitolo
2
Con
la fine della stagione estiva erano arrivate diverse novità, a
cominciare dall'annuncio da parte del quinto Hokage dell'arrivo di
cinque casse di un metro per lato contenenti una miriade di missioni
per i ninja del villaggio. Tutti erano un po' scocciati da questa
notizia, perché le loro giornate si sarebbero presto
trasformate in un incubo senza fine, oppressi dall'interminabile
lavoro.
Il
maestro Gai, dopo due giorni dall'annuncio, si stupì di non
essere stato ancora convocato per una missione e decise di informarsi
subito: solitamente si rivolgevano per primi a lui e a Kakashi. Si
recò da Tsunade per saperne di più, ma quando arrivò
si meravigliò ancor di più nel vedere il suo allievo
prediletto uscire dall'ufficio dell'Hokage.
“Rock
Lee! Ehi, Rock Lee! Vuoi fermarti!” gridò, ma il ragazzo
sembrò non aver sentito – cosa altamente improbabile in
quel corridoio deserto – e scomparve oltre la curva a sinistra.
Ma
che gli è preso? si chiese, ma non ebbe il tempo di
formulare delle ipotesi che la porta dell'ufficio alla sua sinistra
si aprì, rivelando una Tsunade dall'espressione un po'
preoccupata e l'aria tesa.
“Buongiorno,
Gai” esordì lei con un cenno della mano. “Potresti
entrare qualche minuto? Dovrei dirti una cosa?”
“Certo.”
Una
volta entrati si accomodarono lui sul divano, lei sulla poltrona di
fronte e si guardarono per qualche secondo; poi Gai chiese:
“Saprebbe
spiegarmi cosa è successo a Lee? Sembrava sconvolto quando è
uscito da qui.” Tsunade aspettò ancora qualche istante
prima di rispondere, come se stesse riflettendo attentamente su cosa
rispondere. Gai intuì da quella pausa che qualcosa non andava
e pertanto aggiunse, serio: “Per favore, arrivi subito al
punto.”
“Uff...
è così difficile...” bofonchiò Tsunade.
“Gai, c'è un incarico per lei tra quelli che sono
arrivati l'altro giorno e devo informarti che non si tratta di una
missione qualunque.” Rimase in silenzio per qualche secondo,
aspettando un cenno del ninja per continuare; poi riprese: “C'è
un villaggio che si chiama Kavoe, a dieci giorni di distanza da qui:
dovresti conoscerlo bene, vero?”
“Si,
certo. Cosa chiedono?”
“Beh...
te. Uno degli abitanti del villaggio li ha traditi, ha messo insieme
un gruppo di ninja disertori e sta facendo una strage; tu hai vissuto
lì per un po', no? Ti conoscono e hanno chiesto espressamente
che fossi tu ad aiutarli. Ovviamente non saresti da solo; ci sono
altri sette jonin esperti scelti qui a Konoha e al villaggio della
Sabbia.”
“Uhm...
ma dobbiamo ucciderli? O catturarli?”
“Se
li catturaste semplicemente, potrebbero scappare e non è
proprio il caso di correre un rischio del genere. Si, dovrete
ucciderli.”
Gai
sospirò. “Quindi ci vorrà molto tempo...”
“...
con ogni probabilità almeno un anno...”
“Eh!?
Sta scherzando?” Tsunade scosse la testa. “Perché
così tanto?”
“Il
gruppo dei disertori è composto da sei ninja, introvabili,
esperti e di cui si possiedono poche informazioni: un anno è
anche poco.”
“Capisco...ah!
Prima l'ha detto a Rock Lee? Ecco perché... accidenti! Avrei
dovuto dirglielo io.”
“Lo
so, ma lui in qualche modo l'ha saputo e ho dovuto raccontargli
tutto. Mi dispiace, Gai. Davvero.”
“...
E non è possibile rifiutare...?”
“Temo
di no.”
Gai
chinò la testa, la mente che lavorava frenetica: che fare? Non
c'era la possibilità di tirarsi indietro, ma, anche se ci
fosse stata, non avrebbe comunque rifiutato per principio. Ma Rock
Lee? Doveva parlargli, dirgli qualcosa per fargli capire la
situazione; sarebbe rimasto solo per almeno un anno... beh, 'solo'
non era la parola giusta; ormai aveva molti amici, ma era troppo
attaccato al suo adorato maestro per passare così tanto tempo
senza di lui e di sicuro era rimasto sconvolto da quella notizia.
Doveva
assolutamente trovarlo.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
Il
maestro provò a cercare alla solita panchina, ma il suo
allievo non si trovava lì; allora provò al ristorante
del ramen, alla palestra, senza trovarne alcuna traccia. L'ultimo
posto in cui cercò era una piccola bancarella in centro; erano
esposte diverse graziose statuette in legno, costruite e dipinte a
mano.
“Accidenti,
Rock Lee... dove sei finito?” mormorò, ormai rassegnato
a non trovare più il suo allievo. Tsunade era stata chiara,
sarebbe dovuto partire entro due giorni e non voleva perdere quel
poco tempo che gli era rimasto a girovagare senza meta per tutto il
villaggio.
“Sono
qui, maestro” disse una voce alle sue spalle: Rock Lee era lì,
in piedi. Più che dal suo sguardo, cupo e fisso a terra, Gai
venne colpito dal suo abbigliamento; non indossava la tuta verde da
combattimento – una delle tante, tutte uguali, che gli aveva
procurato – come al solito, ma un paio di jeans scuri ed una
semplice maglietta bianca.
“Mi
stava cercando?” chiese il ragazzo con voce roca; sembrava che
avesse qualcosa in gola, come se fosse sul punto di scoppiare a
piangere e stesse cercando in tutti i modi di trattenersi.
“Per
la precisione, è tutto il giorno che ti cerco. Dov'eri
finito?”
“...
mi stavo allenando nel bosco. Mi dispiace, non succederà più.”
Non c'era rancore nella sua voce, né tristezza, né
qualunque altra emozione: era completamente incolore, come rassegnata
e questa era una novità sconcertante in Rock Lee. Tanto che al
maestro si strinse il cuore come in una morsa e anche a lui venne un
groppo alla gola, che gli impedì di parlare per almeno un
minuto. Rimasero lì, fermi, a evitare l'uno lo sguardo
dell'altro. Finché Gai non prese la parola.
“Immagino
che tu sia a conoscenza di tutta la faccenda, vero?”
Rock
Lee non rispose, anche perché si trattava di una domanda di
circostanza e non ve n'era bisogno.
“Allora
perché non ti sei fatto trovare? Abbiamo già così
poco tempo... non mi sembra il caso di perderlo in questo modo.”
Questa
volta il ragazzo rispose con un mugugno, qualcosa che somigliava
molto ad un 'già'. Era una scena straziante per chiunque
conoscesse quei due, sempre così legati e affiatati. Gai non
riusciva più a sopportare quel silenzio.
“Per
favore, Rock Lee! Dì qualcosa. Lo sai che non posso rifiutarmi
e mi meraviglio di questa tua reazione: quando mai ti ho
insegnato...”
“MA
CHE IMPORTA!!” gridò il ragazzo, guardando finalmente il
proprio maestro negli occhi. “A cosa servono tutti i suoi
insegnamenti, se adesso se ne va? Eh? Me lo dice? Lei ha accettato,
ma non ha pensato a me!”
“Certo
che ci ho pensato! Che scemenze vai dicendo?” esclamò
Gai, sorpreso: come poteva anche solo pensare che lui... assurdo!
Doveva essere veramente sconvolto per parlare in quel modo.
“La
verità! Glielo avrò detto almeno cento volte quello che
penso, quindi mi sembra incredibile che lei se ne vada davvero...”
“Ma
ti ho detto che non potevo rifiutare! Non c'era alcun modo. Non è
colpa mia...”
“LO
SO!!” gridò. Ormai Lee aveva perso il controllo di sé,
non sembrava più lo stesso.
“Certo
che lo so! Ma ho bisogno di dare la colpa a qualcuno, altrimenti...
io...”
La
rabbia cominciò a scemare e al suo posto arrivò la
disperazione, all'improvviso. “Maestro, la prego... non se ne
vada... la supplico!” cercò ancora di trattenere le
lacrime, ma quelle presero infine il sopravvento. “Come... come
faccio senza di lei? Senza i suoi... consigli... io non sono niente
senza di lei... niente.”
“Non
dire così, ti prego” mormorò dolcemente, senza
capacitarsi delle parole del suo allievo. Allungò le braccia
per stringerlo a sé, come l'ultima volta, ma il ragazzo si
ritrasse di scatto, guardandolo negli occhi:
“Questa
volta non funziona... così” disse tra un singhiozzo e
l'altro. “Così... così mi farà soffrire...
ancora di più... per favore, sto già abbastanza
male...”
Cosa
devo fare? Cosa devo fare? Non riesco a parlargli, non posso
abbracciarlo... come faccio a fargli capire che sto soffrendo
anch'io?
Non
ebbe il tempo di riflettere oltre, perché Lee si allontanò
all'improvviso, senza degnare il maestro di una parola o di uno
sguardo.
“Ehi!
Dove stai andando?”
“A
casa. È meglio così, mi creda...”
Gai
fu tentato tante di quelle volte, in quei pochi secondi che
trascorsero, di correre verso di lui, dargli una bella strigliata e
farlo rinsavire, che dovette aggrapparsi al tavolo della bancarella
per trattenersi. Ma perché, poi? Da quando in qua era così
arrendevole? Proprio lui! Quella situazione era talmente assurda –
e dolorosa – che persino il ninja più ottimista di
Konoha aveva perso ogni voglia di reagire. Veramente assurda!
Decise
di lasciar perdere per il momento, ma di sicuro ci avrebbe riprovato
il giorno dopo. Anche se avesse dovuto colpirlo con tutte le sue
forze per farlo tornare in sé.
“Deve
comprare qualcosa, signore?”
*****
*****
*****
Rock
Lee non si fece trovare per tutto il giorno. No aveva la minima
voglia di affrontare nuovamente il suo maestro; sapeva che un'altra
discussione lo avrebbe fatto scoppiare in lacrime, e questa era una
di quelle volte in cui non voleva mostrarsi debole di fronte a lui.
Passò tutto il tempo a casa a letto e nella foresta ad
allenarsi, ma non ebbe mai occasione di incontrare il maestro; si
disse che probabilmente non aveva più voglia di cercarlo e
fargli cambiare idea... ma Lee sapeva che questo non sarebbe servito
a niente, perché era perfettamente consapevole che Gai non
aveva alcuna colpa, che era stato costretto dalle circostanze ad
accettare l'incarico e che ci teneva che lui non soffrisse. Lo sapeva
bene. E malgrado ciò si era comunque comportato come un
bambino viziato che non sa accettare di perdere qualcosa, che pesta i
piedi e dà la colpa al primo che capita solo per sentirsi un
po' meglio: era cosciente anche di questo, ma non voleva ammettere di
avere torto. Per questo sperò di non incontrarlo e, quando lo
vide per strada, si dileguò senza farsi vedere.
Poi
la sera, mentre cenava da solo in camera sua, ripensò a tutti
i momenti che aveva trascorso col suo maestro; momenti meravigliosi,
da quando lo aveva conosciuto e gli aveva promesso di renderlo un
ninja straordinario anche senza le arti marziali; quando gli aveva
insegnato tutte quelle tecniche straordinarie; quando avevano
trascorso le giornate ad allenarsi e a scherzare; fino a quando lo
aveva assistito, prima e durante l'operazione, e anche dopo,
sostenendolo come nessun altro aveva saputo fare: e si diede dello
stupido tante di quelle volte, dopo aver pensato a tutto questo, che
perse il conto. Come aveva potuto essere così stupido?
Trattare così il maestro? Comportarsi in modo così
infantile e superficiale?!
Doveva
assolutamente uscire a cercarlo, parlargli. Lasciò la cena a
metà e si fiondò per strada; cercò ovunque, in
ogni luogo della città in cui avrebbe potuto trovarlo e anche
nei posti più improbabili, ma non lo trovò da nessuna
parte. Un timore si fece strada dentro di lui, ma non voleva nemmeno
pensarci... sarebbe stato troppo doloroso.
Si
recò infine al palazzo dell'Hokage, dove ancora non aveva
controllato e si recò subito da Tsunade, nel suo ufficio.
“Buonasera,
signorina.”
“Buonasera
Rock Lee. Cosa ci fai in giro a quest'ora?” gli chiese gentile,
con un'ombra di preoccupazione sul volto.
“Non
riesco a trovare il maestro Gai: lei l'ha visto? Sa dov'è?”
“...”
Quel
silenzio non fece altro che alimentare le paure di Lee.
“Per
favore... lei lo sa, non è vero?”
“Si,
Rock Lee... è partito, circa un'ora fa.”
Il
suo cuore saltò un battito. Gli sembrò che qualcuno gli
stesse conficcando qualche lama nello stomaco, perché il
dolore che provò era sicuramente pari a quello.
Doveva
essere piuttosto evidente il suo stato, perché Tsunade lo
sorresse per le spalle.
“Devi
sederti, stai male” disse, ma Lee non l'ascoltava. Non riusciva
nemmeno a crederci. Un'ora... era via da un'ora, e lui non gli aveva
detto niente per scusarsi... un'ora...
“Lo
raggiungo?” chiese.
“Cosa?
Raggiungerlo? Non lo so...”
“Stava
camminando o correndo?”
“Camminando”
rispose Tsunade, senza mollare la presa dalle spalle del ragazzo.
“Non dev'essere andato lontano, ma dovresti...”
Non
le lasciò il tempo di terminare la frase: si liberò con
uno strattone e scappò via, fuori dal palazzo.
L'avrebbe
trovato. L'avrebbe trovato e si sarebbe scusato, anche se poi sarebbe
ripartito comunque: non poteva trascorrere tanto tempo col rimpianto
di aver parlato in quel modo al suo maestro.
NdA.
Buongiorno! O meglio, buonanotte: all'una di notte non ho niente di
meglio da fare che spappolarmi il cervello davanti al computer!
Questo capitolo mi ha intenerita (mi commuovo da sola... roba da
matti!), mi è piaciuto scriverlo: scusate, non è triste
Rock Lee senza la sua tuta? Non è più lui! E poi è
depresso... sono piuttosto cattiva con lui, mi va di farlo soffrire!
Ora
rispondo alle recensioni:
Lady
Of Evil Nanto86 – Questo fato sta attraversando un periodo un
po' sadico, a quanto pare! Oppure sono io? In realtà non
volevo aggiornare così presto il secondo capitolo, ma avevo
solo quell'occasione prima di oggi e ne ho voluto approfittare.
Ayumi
Yoshida – Anche a me viene da dire 'povero Lee', ma sono io che
lo sto torturando! Non mi sembra molto coerente in effetti... però
le previsioni della nostra cara Hokage non erano sbagliate, mi
dispiace...
Tra
poco aggiornerò con il quarto e ultimo capitolo; voi intanto
leggete e recensite, così mi fate contenta e mi risollevate
l'umore. Buonanotte^^
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4
Rock Lee corse, corse come un disperato. Non gli importava di sbattere contro
decine di rami, di essere pieno di tagli; non gli importava nemmeno di finire in
qualche posto sconosciuto a quell'ora della notte: voleva solo trovare il suo
maestro, solo a questo riusciva a pensare.
Ormai stava correndo da dieci minuti, avrebbe dovuto vederlo a momenti. Arrivò
in uno spiazzo, al limitare della foresta. Si guardò intorno, cercando di capire
dove fosse andato Gai; ma era impossibile, c'erano troppe strade lì intorno.
Doveva assolutamente tentare la fortuna e imboccare una delle vie, ma non
riusciva a decidere: aveva il terrore di sbagliare e di non riuscire a trovarlo.
Si lasciò cadere su una piccola roccia al centro dello spiazzo, le mani nei
capelli.
“No... no... maestro... sono uno stupido, uno stupido!”
Perché era stato così stupido? Perché? Non sarebbe mai riuscito a darsi una
risposta.
Poi sentì un rumore dietro di sé e si girò di scatto; non vide nessuno, ma a
pochi passi dalla roccia trovò una busta chiusa. La prese e l'aprì subito:
Caro Lee,
ho lasciato una mia copia a girare nella foresta, certo che verrai a cercarmi
tra un po'. Mi dispiace, ma non sono riuscito a trovarti per tutto il giorno e
non ti ho detto quello che avrei voluto, quindi mi vedo costretto a scriverti
una semplice lettera.
Rock Lee, so che non riesci ad accettare che io debba allontanarmi per così
tanto tempo, ma so anche che non mi ritieni veramente responsabile: ormai ti
conosco bene, non lo pensi. Se ti avessi trovato, ti avrei detto di portare
pazienza, di essere forte e di aspettare il mio ritorno senza darti troppi
pensieri; se rifletti bene è solo un anno, o poco più, puoi sopravvivere
benissimo anche se non sono lì con te.
Avanti! Stiamo trasformando questa storia in una tragedia! Potrei capire se si
trattasse di due, tre anni... ma dodici mesi non sono poi tanti. Adesso dirai
che per te è comunque troppo tempo, perché sono sempre stato con te e non sei
abituato alla mia assenza; anche per me un anno è molto, ma ti assicuro che
passerà in fretta, se non trascorri tutto il tempo con quell'aria depressa. E te
lo sto dicendo io, che sto soffrendo almeno quanto te per questa storia, se non
di più.
Quindi, per favore, ricordati tutto quello che ti ho insegnato e sorridi come
sempre; altrimenti non riuscirò a lavorare, se so che non sei felice. D'accordo?
Ti scriverò ogni volta che potrò e ti farò sapere non appena avrò finito qui.
Ricorda che ti voglio bene
Il tuo maestro Gai
Rilesse la lettera molte volte, e per ognuna di queste il suo cuore si faceva
sempre più leggero, sempre meno angosciato. E sempre più in colpa.
“Maestro Gai... anch'io le voglio bene...”
*** *** ***
Cinque mesi dopo, Rock Lee mangiava tranquillo una ciotola di ramen nel locale
preferito di Naruto; l'amico era dovuto correre al palazzo dell'Hokage,
lasciando la sua porzione a metà, senza che nessuno dei due ne conoscesse il
motivo. Così il ragazzo dai capelli neri aveva potuto finire pure l'altra
ciotola, anche se da solo.
Era da un po' di tempo che si era abituato all'idea che il suo maestro fosse
partito, ma ancora provava una grande nostalgia ogni volta che pensava a lui:
non era caduto in depressione e già questa era una buona cosa.
Una notizia, però, avrebbe a breve distrutto quella calma che era riuscito a
creare con tanta fatica.
Nel locale entrarono due persone che non conosceva; due jonin, maschi, sui
venticinque anni, che ordinarono il menù del giorno ed iniziarono a
chiacchierare. La conversazione non interessò Lee, almeno in un primo momento.
“Kai dov'è?”
“Chi? Ah, si, Kai. È andato all'entrata nord, a prendere dei feriti...”
“Feriti? Perché, qualche missione è andata male?”
“Temo di si. Però non so chi sia, non me l'hanno detto: credo che sia una
missione vecchia di qualche mese... ehi!”
Rock Lee scattò sulla sedia e schizzò fuori dal locale, rovesciando la sua
ciotola che quasi cadde addosso ad uno dei due jonin.
Corse a più non posso finché non raggiunse l'entrata nord e lì si guardò
intorno, alla ricerca di qualcuno che potesse dargli informazioni.
“Mi scusi, sa dirmi cos'è successo?” chiese ad una donna poco distante “Chi è
che sta arrivando?”
“Sono i ninja inviati per la missione nel villaggio di Kavoe, cinque mesi fa. A
quanto pare hanno avuto successo, ma ci sono diversi feriti e addirittura un
decesso: arriveranno a momenti.”
“Questo... non ci avevo pensato...”
Mai a Rock Lee sarebbe anche solo passata per l'anticamera del cervello l'idea
che il suo maestro potesse morire in missione. Mai. L'unica sua preoccupazione
era di non vederlo per molto tempo, ma a questa eventualità non aveva mai
pensato.
Come quella notte, in cui Gai era partito per Kavoe, Lee venne colpito da un
fortissimo dolore allo stomaco, come di mille lame che lo perforavano. Aspettò
con queste fitte per soli cinque minuti, che a lui sembrarono ore. Dall'enorme
portone principale entrarono un carro trainato da due cavalli e tre ninja a
piedi; vide che uno di loro si fermava a parlare con la donna di prima e,
insieme, guardarono dentro al carro. Si avvicinò con molta calma, perché voleva
ancora un po' di speranza... Prima che potesse dire qualcosa, la donna si
rivolse a lui:
“Ho controllato: ha perso la vita un jonin, mentre gli altri sono solo
lievemente feriti. Secondo me avrebbero dovuto...” Ma Lee non l'ascoltava più.
Non voleva sentire più niente. Rimase lì, davanti al carro, per chissà quanto
tempo, prima di decidersi a controllare al suo interno.
Voleva sapere. Doveva sapere, ma allo stesso tempo era tentato di andarsene, di
continuare a credere e a sperare di riunirsi un bel giorno con il suo maestro,
la sua unica ragione di vita.
Alzò la mano, la ritrasse; si avvicinò un poco, tornò indietro.
Aveva paura. Era terrorizzato dalla paura.
Sollevò con un colpo il telo bianco... e il suo adorato maestro era lì.
Lì, dietro di lui, che sorrideva rassicurante.
“Chi stai cercando, Rock Lee? Guarda che io sono qui dietro!”
“Ma... maestro Gai...? Lei è...”
“E non balbettare! Cos'è, non sei contento di vedermi?”
“MAESTRO GAI!!” Lee si lanciò contro di lui senza aspettare un secondo di più.
“Maestro! È vivo... È VIVO!! I... io... mi è preso un colpo: pensavo che
fosse... che l'avessero...”
Il sorriso di Gai si allargò ancora di più: voleva così bene a quel ragazzo, che
non poteva fare a meno di sorridere e di abbracciarlo. Intanto, il carro e i
quattro ninja erano ripartiti verso l'ospedale.
“Certo che sono vivo, Rock Lee. Hai davvero pensato che fossi morto?”
“Si...”
“Vabbè che sono un po' ammaccato, però ci vuole più di questo per farmi fuori!
Su, avanti! Andiamo, che ti offro da bere.”
“Ma, maestro” disse Lee, staccandosi a malavoglia dal suo abbraccio. “Io devo
parlarle: le ho detto delle idiozie, non pensavo assolutamente quello che ho
detto...”
“Lo so, non c'è bisogno che me lo dici. Adesso andiamo, che ho una gran sete...
ah! Quasi dimenticavo!”
Prese la borsa che aveva sulle spalle e si mise a frugare al suo interno: ne
estrasse una tuta verde fiammante, nuova, perfetta.
“Questa è per te” esclamò, orgoglioso. “L'ultima volta non ce l'avevi e ho
pensato che fosse perché non ti stava più, quindi te ne ho fatta una nuova. Con
le mie mani!
“Maestro... ma è bellissima!”
“Lo so! Ora andiamo, così dopo puoi metterla.”
“No” esclamò Rock Lee, infogato. “Vado subito a metterla! Mi dia due minuti, la
prego!”
“D'accordo” annuì, e si avviarono tutti e due verso casa.
Maestro... anche se il mondo dovesse crollare; anche se mi succedesse qualcosa,
qualsiasi cosa; anche se non avessi più una gamba, o un braccio, o entrambi;
anche se dovessi morire... mi riterrei la persona più fortunata del mondo,
perché lei è qui con me.
Fine
Ecco qui il finale! Lo ammetto, ero tentata di concludere con “e il suo adorato
maestro era lì”, ma ho cambiato idea all'improvviso; ci stava così bene quel
seguito, che non ho saputo resistere ed ho optato per un finale felice. Però vi
avverto che ve la siete vista brutta, perché l'ho terminata una domenica, il
giorno dopo aver visto Cold Case in tivù, e chiunque lo segua sa che può essere
molto influente sull'umore; diciamo che, se l'avessi scritta di sabato, ora
stareste piangendo come fontane!
Spero che vi sia preso un bel colpo con la storia del telo, perché il mio
intento era proprio quello (me molto sadica ultimamente, eheh!).
Un grandissimo grazie a tutte le persone che mi hanno seguito e mi hanno
recensito e anche a chi lo farà per questo capitolo e non potrò rispondergli. Un
bacione^^
Ah! Due avvertimenti dell'ultimo minuto.
Prima di tutto, sarei contentissima di ricevere recensioni (per questa o per le
altre storie) anche dopo mesi, quindi non mettetevi problemi (che invece mi
metto io ogni volta! Quindi il senso del messaggio è: non fate come me!).
Seconda cosa... la prossima storia potrebbe essere una TsunadeXJiraiya e,
attenzione, potrebbe essere una lemon! Ebbene si, ho deciso di provarci anch'io.
In realtà l'ho già scritta e dovrei solo risistemarla un po', però prima voglio
farla leggere ad alcune mie amiche: deciderò se pubblicarla in base al loro
giudizio, ma voi state in allerta e fatemi sapere se vi interessa, anche perché
mi vergogno un po' ^////^. Insomma, di lemon su loro due non ce ne sono! (io non
le ho trovate, ma se ci sono fatemelo sapere! Almeno una!)
Ora me ne vado seriamente***
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