Fuck this shit, I'm going to London.

di Fog_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Partire ***
Capitolo 3: *** Are u an italian girl? ***
Capitolo 4: *** Non sono venuta fin qui per un museo ***
Capitolo 5: *** Va a finire che mi sei simpatico ***
Capitolo 6: *** Un po' di te, un po' di me. ***
Capitolo 7: *** S e M dormono tranquillamente ***
Capitolo 8: *** Come C capì che S non era poi così male ***
Capitolo 9: *** Covent garden e ancora Starbucks ***
Capitolo 10: *** Abercrombie, modelli maniaci e le stranezze di C ***
Capitolo 11: *** A damn cold night ***
Capitolo 12: *** The way you look tonight ***
Capitolo 13: *** _cast_ ***
Capitolo 14: *** London street ***
Capitolo 15: *** Tra G e S è guerra aperta. ***
Capitolo 16: *** Party. ***
Capitolo 17: *** Un litigio che sa di addio. ***
Capitolo 18: *** Lorenzo. ***
Capitolo 19: *** All you need is LOVE. ***
Capitolo 20: *** My phone, your jacket. ***
Capitolo 21: *** The man who can't be moved. ***
Capitolo 22: *** All I want. ***
Capitolo 23: *** Don't stop the party. ***
Capitolo 24: *** Extra_Un bacino sulla bua? ***
Capitolo 25: *** Kiss me (Parte I) ***
Capitolo 26: *** Kiss me (Parte II) ***
Capitolo 27: *** 10 songs challenge ***
Capitolo 28: *** 2.0 ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Capitolo modificato il 27/12/11
(per maggiori informazioni leggi note autore cap.17)




Do you ever feel like breaking down?

Do you ever feel out of place?
Like somehow you just don't belong
And no one understands you.

 

E bene si, inizio questa storia con una canzone, forse perchè i SImple Plan sanno tutto della mia vita senza neanche conoscermi, o forse perchè queste parole riescono a descrivermi meglio di come faccia io.

Ti sei mai sentito come se stessi crollando? 
Ti sei mai sentito fuori posto? 
Come se in qualche modo non fossi adatto e nessuno ti capisca.

 

Certo che mi sono sentita così, anzi, mi sento così continuamente
L'Italia non è il mio posto, lo so, non è qui che dovrei essere, ma Lì.
E quando parlo di Lì con la L maiuscola mi riferisco ad una sola città, a Londra.

Do you ever wanna run away? 
Vuoi mai scappare via?
Do you lock yourself in your room?
Ti rinchiudi nella tua stanza?
With the radio on turned up so loud
 Con il volume della radio così alto

That no one hears you screaming
che nessuno riesce a sentirti.

 

La musica è sempre stata la mia via di fuga preferita.
No, niente droga, niente Alchol, forse qualche sigaretta, ma la musica è l'unica che c'è sempre stata.
Canto, ma non in pubblico, solo per me stessa, e suono la chitarra, principalmente elettrica, ma nessuno lo sa.

 

No you don’t know what it’s like 
No, tu non sai com'è

when nothing feels alright.
quando niente sembra a posto. 
You don’t know what it’s like to be like me 
Tu non sai cosa vuol dire essere me.


 

 

 

E qui arriviamo al clu della canzone.
Tu non sai cosa vuol dire essere me.
Nella mia vita gira tutto intorno a questa frase.
La gente pensa di conoscermi, ma sono tutto tranne quello che loro vedono.
E il problema è che questa situazione me la sono cercata io.
Si, avete sentito bene.
Mi sono circondata di gente falsa e ipocrita, che pensa solo a serate, scopate e puttanate varie per un solo stupidissimo motivo.
O meglio, per una sola persona.
Lorenzo.
Chi è Lorenzo in due parole? è il  classico "bello e impossibile" di cui sono, anzi ero, completamente innamorata.
Diciamo che lui, suo fratello Luca - alias bello e dolce - e suo cugino Marco - alias bello e dannato - non passano certo inosservati e costituiscono circa l'80 % dei sogni erotici delle ragazze della nostra scuola. 
Ma non siamo qui per parlare di loro, non vi racconterò la solita storiella dove la sfigata conquista il bello della scuola, bensì della svolta.
Di come la sfigata da tale è diventata tutt'altro, ma anzichè trovare il principe azzurro ha incontrato uno skater Londinese che non sa cosa significhi fare il "bravo ragazzo" e la sua rock band un po' stravagante.
Se la mia vita è cambiata devo dire grazie a Londra.
Sono andata a Londra e me ne sono innamorata, di lei e dei suoi abitanti, della sua musica, delle sue strade, del suo grigio.
Se volete sapere cosa è successo basta tornare un po' indietro, iniziare a raccontare dalla mattina in cui sono partita, da prima di conoscere Chris, tornare indietro a una tipica giornata di scuola, ovvero a una tipica giornata di merda.


 

To be hurt 
Essere ferito
To feel lost
Sentirsi perso 

To be left out in the dark 
Essere lasciato fuori al buio
To be kicked 
Essere colpito
When you’re down
quando sei giù 

To feel like you’ve been pushed around
sentirsi come preso in giro 

To be on the edge of breaking down
essere sull'orlo di crollare 

When no one’s there to save you
e non c'è nessuno a salvarti 

No you don’t know what it’s like 
no, tu non sai cosa vuol dire

Welcome to my life
benvenuto nella mia vita.



http://www.youtube.com/watch?v=r0U0AlLVqpk&ob=av3e
 

 

 

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Capitolo 2
*** Partire ***


 

But now I'm
Stronger than yesterday.
Now it's nothing but my way,
My loneliness ain't killing me no more!
I'm stronger.


 

Ma ora sono più forte di ieri.
Ora non c'è niente a parte la mia strada,
la mia solitudine non mi ucciderà ancora!
Sono più forte.


 

[Britney Spears - Stronger]

 



 

Cap 1 – Partire

                                                                                                   Bari, scuola di Serena                                                                                                                                                       11.15

Partire.
Serena aveva sempre amato quel verbo, pronunciandolo riuscivi quasi ad assaporare la libertà, la felicità.
Quella volta le piaceva più che mai, stava per partire per Londra.
La cosa le suonava molto bene
«Bene ragazzi, dovete puntare prima in A e aprire in B, fate un semicerchio e con questo continuate e disegnate un ottagono, poi lo ribaltate di 30 gradi» stava cercando di spiegare la professoressa di disegno alla classe, circa il 90 % dei ragazzi era distratto e pensava ad altro, il restante 10 % non capiva una virgola di ciò che la professoressa farneticava.
«Serena, sei con noi oggi?»
e ti pareva? Pensò lei sbuffando
«Si, mi scusi professoressa» rispose, come pretendevano che prestasse attenzione? Come poteva anche minimamente seguire sapendo che entro cinque ore avrebbe camminato per Londra?
Londra, Londra!
«solo due ore, solo due ore al check – in » disse e la sua compagna di banco annuì
«come ti invidio»
«Non vedo l’ora di andarci, davvero, è come un sogno che si avvera!»
«chi non la penserebbe come te?»
«chi pensa che questa merda di Bari sia la città più bella del mondo» rispose lei gettando il compasso sul banco, se avesse potuto parlare l’avrebbe bestemmiata in tutte le lingue del mondo.
Serena posò il suo sguardo fuori dalla finestra.
Aveva un po’ di speranze riposte in quella città, anche perché lì non la conosceva nessuno
Un po’ di felicità, un po’ di stupore, un po’ di amore.
Tante cose che avrebbero reso il suo viaggio migliore di quanto potesse mai immaginare.
Aveva a disposizione sei giorni per rendere tutto speciale, aveva sei giorni per sognare in quella meravigliosa città.
«Serena, perché non vai a farti una passeggiata in corridoio, magari ti rinfreschi un po’ le idee e quando torni qui in classe sei più concentrata» La professoressa fece quel sorriso alla: io posso ordinarti, tu non puoi controbattere.
La ragazza si alzò sotto lo sguardo di tutti i ventotto ragazzi e si avviò alla porta
«vaffanculo questa merda, io andrò a Londra» sussurrò tra i denti
«hai detto qualcosa?» chiese, continuando a sorridere
«no, niente» fece di rimando il sorriso più falso che aveva e uscì nel freddo corridoio della sua scuola.
«ehi!» salutò una ragazza riccia andandole incontro
«Ciao amore!» le rispose con lo stesso sorriso falso di prima e sospirò
Quando la finiremo di comportarci tutti così? Si chiese mentre chiacchierava con la persona più antipatica del mondo.
Ma sempre sorridendo e assecondandola.
Non poteva permettersi di fare altrimenti, non le era concesso.
Non poteva permettersi di averla contro.
Non poteva permettersi di rovinarsi la reputazione.
                                                                                

                                                                                                                    Londra, Green Park
                                                                                                                                             13.06

 
«grande! Magari un giorno di questi ci vediamo, tanto resti qui per qualche altro giorno, no?» chiese Chris alla bella francesina davanti a lui
«Oui, mi piacerebbe» rispose lei in un inglese non proprio perfetto
«ciao» sorrise per poi allontanarsi verso il suo amico Ryan che se la rideva di gusto su una panchina di legno.
«Quando la smetterai di abbordare ragazze straniere?» disse l’amico continuando a ridere
«non appena finirò quella stupida ricerca per il professor Austin» si lasciò a cadere al suo fianco riguardando la fotografia della ragazza sulla sua Canon Eos 500
«ah, quella ricerca sulle diversità delle popolazioni o… cose del genere?»
«Esatto, mi manca ancora un’italiana e una greca, anche se dell’ultima potrei anche farne a meno»
«ci sono centinaia di italiane qui a Londra, forse migliaia!»
«Lo so, ma mi serve quella giusta. Tipo quella francese, a Londra ce ne sono a centinaia ma ho scelto lei perché mi… ispirava? Non lo so ma l’italiana giusta devo ancora trovarla»
«ho visto che prendevi il suo numero di telefono»
«Si, di solito serve a convincerle a farsi fare una foto, è una specie di garanzia»
«e dei numeri che te ne fai?»
«niente, non mi vedo mai con nessuna. Io non contatto nessuno e se loro mi messaggiano non rispondo» scrollò le spalle come fosse la cosa più naturale del mondo, anzi, un tempo lo era
«sei proprio un playboy»
«no Ryan, non più» Chris si rabbuiò e Ryan gli mise una mano sulla spalla
«tranquillo amico, è meglio così»
«di questo ne sono certo»
«e poi hai incontrato me» Ryan fece un sorriso a 32 denti
«Eh già, come avrei fatto senza di te»
Poi risero fino a star male
Si, forse non era la vita di un tempo, ma preferiva di gran lunga l’ingenuo Ryan ai falsi amici di prima.
                                                                        

                                                                                                                        Bari, aeroporto
                                                                                                                                       14.30

«i passeggeri del volo 407 sono pregati di recarsi al gate numero 7 per l’imbarco» annunciò la voce fredda che usciva dagli altoparlanti dell’aeroporto
 «Veloci ragazzi, siamo in ritardo» gridò l’organizzatrice del viaggio al resto del gruppo.
Erano 18, 18 persone pronte a imbarcarsi per Londra,18 persone pronte all’avventura.
Quattro bambini, quattro adolescenti, dieci adulti.
Davide, Giorgia, Chiara e Sara erano i bambini, si conoscevano dall’asilo,
Serena e Michela erano rispettivamente le sorelle una di Davide e l’altra di Chiara.
Poi c’erano due ragazzi nuovi, Dario e Iacopo, due fratelli
Più tutto il resto degli adulti.
Il cellulare di Serena trillò mentre aspettavano di mostrare i documenti al check-in

Da: Anna
Allora? Conosciuti i nuovi tipi? Come sono?


La ragazza guardò meglio i nuovi arrivati

Da: Serena
Diversi, uno è orrendo, l’altro un figo da paura. Ora vado, ti messaggio appena ho altre notizie.
xOxO

Ripose il cellulare nella tasca del giubbotto e sorrise all’evidenza. Entro un paio di giorni si sarebbe messa con il figo, tipico ragazzo bello e montato della sua città, tipico ragazzo da lei frequentato.
Cosa c’era di meglio? Alto, occhi color miele, barbetta incolta e aria vissuta, un ragazzo della migliore qualità!
Certo che la vita è proprio prevedibile pensò, poi alzò gli occhi al cielo non appena il ragazzo fece un paio di passi verso di lei.
Scontato
«ciao» disse sorridendo lui
«ehi» rispose spostando una ciocca di capelli dietro le orecchie
«noi… non ci siamo presentati. Ciao, io sono Dario»
«Serena» sorrise stringendogli la mano, poi si guardarono con intesa, avevano gli stessi pensieri per la testa.
«io sono Iacopo» si intromise l’altro, aveva la stessa faccia del fratello sono con sopracciglia più folte e una ventina di chili di più
«Serena» disse di nuovo, strinse anche la sua mano per non sembrare scortese
«Ragazzi vi presentate dopo! Andiamo!»
«Andiamo dai» corse verso Michela seguita dai suoi nuovi “amici”
«conosciuti» le sussurrò, lei rispose con uno sguardo sconvolto
«ma come fai?»
«quando arriverai al liceo capirai» le fece un occhiolino, poi tornarono a correre insieme al resto del gruppo.
Furono gli ultimi a salire sull’aereo, quindi i posti disponibili erano ben pochi.
Furono costretti a separarsi tutti.
Il problema era solo uno, Serena era terrorizzata dall’aereo,
Potrà forse sembrare sciocco, ma quando saliva su uno di quei mezzi volanti si sentiva stupida e impotente.
Di solito stringeva la mano della madre, ma quella volta era dall’altra parte del corridoio…
La ragazza si afferrò con tutte le sue forze ai braccioli del sedile
«e se cadesse?» chiese Michela scherzando qualche fila più dietro
«taci» le rispose a denti stretti, poi decollarono.
Serena si assicurò che nessuno la stesse guardando, si srotolò lo sciarpone grigio dal collo e si mise le sue grandi cuffie colorate.
La musica era il suo unico sfogo, ma non quella che veniva considerata “giusta” dai suoi amici, quella che teneva nascosta in una cartella dell’archivio del cellulare, quella che ascoltava senza che nessuno lo sapesse, perché spesso capita che la gente ti giudichi anche per la musica che ascolti
Avril Lavigne;
Sum 41;
Blink 182;
30 seconds to Mars;
Enrique Iglesias;
Eminem;
Magari anche qualcosa di Justin Bieber;
e, perché no? I Red Hot Chili Peppers!
Attaccò questa playlist dal cellulare e appoggiò la testa al finestrino, poi chiuse gli occhi.
Aveva bisogno di qualcosa che sconvolgesse quella maledetta normalità.
Dannazione, stava per andare a Londra! Allora perché non stava saltando dalla gioia? Perché non sorrideva come quando era davvero felice?
Una risposta le punzecchiò l’orecchio, ma la cacciò via all’istante.
No, non voleva un ragazzo.
Se aveva bisogno di qualche bacio e un po’ di coccole le avrebbe potute chiedere a uno dei suoi tanti “amici”
Le sarebbe bastato.
I ragazzi erano soltanto dei vincoli

Eppure…

Eppure, era tanto che qualcuno non le diceva Ti amo sentendolo davvero.
Era tanto che qualcuno non le prendeva una mano e le diceva : tranquilla, ora ci sono io
Era tanto che non si sentiva davvero speciale.

E questo le mancava, le mancava terribilmente.

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Capitolo 3
*** Are u an italian girl? ***


Release me                                                                                                                                      
Release my body                                                                                                                                                    
I know it’s wrong                                                                                                                                                
So why do I keep coming back                                                        
say release me                                                                                                                    
Cause I’m not able to                                                                                                                          
Convince myself                                                                                                                             
That I’m better off without you                                                                                                    

 

                                                                     

 Liberami     
                                      Libera il mio corpo
     

     Lo so che è sbagliato   
Allora perchè ti sto aspettando adesso ?    
Ho detto liberami   
Perchè non ne sono capace  
  
Convincimi
    
Che starei meglio senza di te    


 

[Agnes - Release me ]


 

Cap 2 – Are u an italian girl?
 

                                                                                                             Londra, Piccadilly circus
                                                                                                                                      20.00



 
100 luci, 100 suoni, 100 volti, 100 insegne.
Londra è un’altra realtà, è diversa dalle altre città, ha un fascino che ti rapisce dalla prima volta in cui ci metti piede.
Piccadilly circus è una piazza, solo una piazza, niente più, ma ha qualcosa di speciale che attira gente da tutto il mondo.
«Non posso crederci» sussurrò Serena, forse al suo cuore, forse al vento, forse a Londra o magari al destino.
Non c’è niente da fare, potrai sempre tenere sul viso quella maschera dura e indifferente, quell’aria da persona superiore e inespressiva, ma davanti a uno spettacolo così, davanti al realizzarsi dei tuoi sogni, non potrai far altro che spalancare gli occhi e aprire il cuore per catturare anche i minimi particolari, per scolpire tutto nella mente in modo da non dimenticare, non dimenticare mai.
«credici» disse indifferente Dario spezzando così la magia di quell’attimo
Sparisci, non ricordarmi quanto faccia pena questo modo di vivere pensò, infondo a volte anche lei si comportava così, fredda davanti a tutto e tutti, ma in quel momento era diverso.
Si trovava lì, a Londra, al posto giusto nel momento giusto, come poteva anche solo fingere di essere indifferente?
Sorrise, non per farsi notare da qualcuno, ma perché era … felice?
Be’ forse felice era una parola grossa, diciamo che lo era in parte.
Del resto chi non lo sarebbe?

«Andiamo, il teatro è di qui»

                                                                                                                 Londra, casa di Chris
                                                                                                                                        20.15


 
«Chris, vuoi muoverti?» stava gridando sua madre dal piano di sotto
«Si, arrivo» rispose lui con un tono scocciato, afferrò la maglia bianca dalla sedia e la infilò sul suo fisico perfetto, poi chiuse la cerniera della sua amata felpa blu fino al petto e si slanciò verso il comodino per prendere il suo fidato cappello. Lo sistemò facendo uscire il ciuffo e pettinò quest’ultimo facendolo cadere sull’occhio.
Un rumore sordo lo scosse, la stampante aveva finito di stampare.
Prelevò i fogli usciti sul carrellò e li guardò velocemente, poi li adagiò sulla scrivania come fossero la cosa più preziosa al mondo.
Be’, magari un po’ lo erano, da quel compito dipendeva il 30 %del suo voto finale in geografia e storia.
Ora aveva un’ultima missione: trovare un’italiana adatta.
Aveva già una foto di quel genere ma non lo convinceva, aveva bisogno di qualcuna più … speciale.
Non richiedeva chissà che cosa, solo… un bel sorriso.
Si, doveva avere un bel sorriso e magari degli occhi speciali.
«Chrisssssss» sbraitò, questa volta suo padre e lui fu costretto ad abbandonare ciò che stava facendo.

Si avvicinò alla porta della sua camera, poi tornò indietro, verso la scrivania, per prendere la sua macchina fotografica.
Solo allora fu pronto a uscire

 

                                                                                                    Londra, Prince of Wales Theatre

                                                                                                                                    20.30

      
 
«io ho il numero… 30, tu?» Serena si passò una mano tra i capelli
«29… dovrebbe essere lì, vicino i miei» rispose Michela
«si, andiamo»
«exuse me, sorry, sorry, thanks…» cercavano di dire mentre scomodavano decine di anziani per arrivare alla loro meta.
«dammi il giubbotto, lo poggio qui, lo spettacolo sta per iniziare e non c’è ancora nessuno» Serena prese il suo giubbotto e quello dell’amica per poggiarli sul posto vuoto al suo fianco.
Le luci si spensero e iniziò a sentirsi il ritornello della famosa canzone Mamma mia.
Si, erano andati a teatro a vedere uno spettacolo in inglese, così, per familiarizzare un po’ con la lingua.
Certo, i quattro piccoli non avrebbero capito niente, ma per i più grandi era istruttivo.
Mamma mia non era proprio il genere di storia che preferivano, ma avrebbero passato una bella serata, di questo ne erano certi.
«Scusa, dovrei sedermi» disse una voce in un inglese madre lingua
«oh, si … si» Serena tolse al volo il suo giubbotto e se lo poggiò sulle gambe, poi restituì l’altro a Michela
«è già iniziato?» sussurrò il ragazzo mentre cercava qualcosa nelle tasche della felpa
«si sono appena spente le luci» rispose con la sua pronuncia quasi perfetta
«aspetta, aspetta, ASPETTA!» il ragazzo iniziò a fissarla
«aspetta cosa?» Serena sostenne il suo sguardo, i suoi occhi erano dello stesso colore delle foglie d’estate, ma con venature dorate.
Erano stupendi.
«ok, sembri una brava ragazza, ti vesti bene, hai uno strano accento e un sorriso stupendo…» il ragazzo dagli occhi verdi sorrise «devi essere italiana!»
«Si … ma… cosa…?» blaterò
«ciao, io sono Chris» le porse una mano che lei strinse delicatamente
«Serena»

«bel nome» disse, poi il sipario si alzò e l’attrice entrò in scena. Chris si mise comodo sulla poltroncina rossa e si preparò allo spettacolo, Serena guardò strabiliata Michela che però non aveva seguito la scena o forse non aveva capito quello che si erano detti. Non trovando conforto in nessuno decise di cercare di seguire ciò che i personaggi sul palco dicevano, sempre lanciando qualche occhiata al ragazzino castano al suo fianco
 

                                                                                                           Londra, Prince of Wales Theatre
                                                                                                                                                21.08
                                                                                                                          (intervallo)


Da: Chris

Ho trovato la mia italiana!

 
Da: Ryan
Good! Non vedo l’ora di vederla, scommetto che è bellissima :D
 
Da: Chris
Non immagini neanche ;)
 
Chris mise in tasca il cellulare, poi si girò a guardare la ragazza con i lunghi capelli castano chiaro.

«Ehi girl!» le toccò la spalla con un dito, i suoi erano andati a prendere qualcosa da mangiare quindi non gli avrebbero potuto dare fastidio
«ehi… Chris?»
«Giusto»
Sorrise togliendogli il fiato
«Ascoltami, forse mi prenderai per matto, ma ho bisogno di un favore»
«ovvero?»
«Sto facendo una ricerca per scuola e ho bisogno della foto di una ragazza per ogni nazione. Mi manca l’Italia»
«continua…»
«Insomma, sei l’italiana perfetta! Potrei scattarti una foto?» cercò di improvvisare il sorriso più smagliante che aveva, le però rispose scettica
«E, guarda caso, oggi sei andato a teatro, ti sei seduto e hai incontrato me?»
«si»
«Cool… inventante un’altra» tornò a guardare l’amica al suo fianco.
Certo che ha un bel caratterino
«Serena, per favore, credimi» Le mostrò la macchina professionale
«perché dovrei crederti? Non ti conosco neanche?»
«guarda qui» Chris fece scorrere sul display della Canon le decine di foto che aveva scattato
«anche io ho quella macchina fotografica, solo 1000 anziché 500» disse facendo spallucce
«Davvero? Oh, non cercare di sviare il discorso!Allora? che ne pensi?»
«penso che queste ragazze siano bellissime, non sono all’altezza»
«lo sei e come»
Si scambiarono uno sguardo veloce, poi lei distolse gli occhi e arrossì.
Iniziò a guardarsi in giro preoccupata, puntò qualcuno tre file più dietro.
«carino, chi è? Il tuo ragazzo?» Chris fece una smorfia
«Oh, no, no»
«capisco… allora? per favore dammi una risposta»
Serena ci pensò su un secondo, il tempo di far tornare le gote più rosee, poi uno scintillio nei suoi occhi gli predisse la risposta
«ci sto»
 
«Siamo qui fuori da ben cinque minuti» si lamentò Serena stringendo le braccia al petto «i miei credono che sia in bagno, l’intervallo finisce tra tre minuti e sto congelando in compagnia di un perfetto sconosciuto nel bel mezzo di Londra, cosa potrei volere di più?»
«senza quella nota di sarcasmo la frase mi sarebbe piaciuta di più»
«Si può sapere cosa stai facendo?»
«cerco la posizione migliore e…. trovata!» Chris la prese per le spalle e la posizionò in modo che l’inquadratura prendesse anche Piccadilly Circus
«cosa devo fare?» chiese lei aggiustandosi il cappello grigio che aveva in testa
«Semplicemente… sorridi!» esultò lui puntandole l’obbiettivo contro.
Ecco la prima foto.
La seconda.
La terza.
«ora aspetta un secondo» le corse incontro e la prese per un fianco, poi si fecero un autoscatto
«finito?»
«ora si» cercò di contagiarle il sorriso, ma lei si voltò e tornò frettolosamente verso l’entrata.
Aveva la foto, doveva avvisare Ryan.
Si tastò le tasche dei jeans… niente.
Passò a quelle della felpa, niente neanche lì.
«merda!» gridò facendo voltare Serena e metà dei passanti al suo fianco
«che succede? Hai perso le foto?  Io non ne faccio altre…» si girò indifferente
«no, non trovo il cellulare»
«sei sicuro di averlo portato fuori?»
«si, dammi un secondo il tuo, mi faccio uno squillo» la ragazza le allungò il suo Samsung wave e aspettò che Chris componesse il numero.
«lo sento» disse lui continuando a toccarsi le tasche
«è forse quello?» Serena indicò un Nokia che squillava su un muretto al loro fianco
«si, come ci è finito lì?»
«devi averlo poggiato per fare le foto» Chris lo andò velocemente a riprendere
«forse»
«ora andiamo» gli diede le spalle per la seconda volta, ma Chris la bloccò per il polso
«ehi non scappare, dammi il tuo numero» disse guardandola negli occhi.
Serena si avvicinò a lui con due passi leggeri, poi poggiò le sue mani sulle spalle del ragazzo.
Diminuì la distanza tra i loro volti e Chris rimase imbambolato.
«scordatelo» sussurrò a qualche centimetro dalle sue labbra e poi si liberò dalla stretta sul polso.
Prima di rientrare in sala si girò a guardarlo, gli sorrise, gli sorrise davvero e lo trafisse con uno sguardo che non aveva mai visto in nessuno, uno sguardo diverso, diverso in senso buono...
Lei si scansò subito da questa situazione scomparendo dietro la grande tenda rossa che dava sulla sala
Chris fece due respiri profondi, poi prese il cellulare per informare Ryan della situazione.
 
1 chiamata persa da +393312312345
 
Lesse sul display, poi sorrise maliziosamente.
Anche se contro il suo volere, era in possesso del numero di cellulare della ragazza.
Si decise a rientrare solo dopo essersi rinfrescato le idee.

Non ti facevo così debole Chris!Si disse e così varcò anche lui i tendoni rossi
 
 
«Chris, dobbiamo tornare» disse dolcemente sua madre nel caos dell’uscita
«si mamma, devo solo salutare una mia amica»
No, non aveva intenzione di andare a salutarla, voleva solo osservarla, osservarla da lontano.
Eccola che usciva dalla sala, stava ridendo per chissà quale sciocchezza con la sua amica.
Un ragazzo alto dietro di lei le posò la mano sulla spalla e Serena si ricompose.
Raddrizzò impercettibilmente la schiena e smise di ridere, gli disse qualcosa e iniziò a guardarlo con uno sguardo ammaliatore.
Quella ragazza gli ricordava qualcuno, anzi, non lei, il suo comportamento.
Aria fiera e superiore, sorriso falso nella maggior parte dei casi, sguardo penetrante.
Si, un comportamento familiare… ma di chi?
Qualche personaggio di qualche stupido telefilm? Forse
Qualche amico? Ancora più probabile
La risposta esatta lo fulminò come solo una saetta può fare.
Lo scosse dalla testa ai piedi.
 
Gli ricordava lui.
 
Lui come era prima.
 
Lui prima di rendersi conto che vivere in quel modo era sbagliato.
1                                                                          2                                                         


3


1. Piccadilly cyrcus
2. Prince of wales theatre
3. taxi

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Capitolo 4
*** Non sono venuta fin qui per un museo ***


Hey girl
I'm gonna show you so you know who I am.
Give me a chance to bring us back.
I know it's hard to do,
I'll make it real for you.
It's true.

Hey lover
how can I find you?
I'm writing you this love song
'cause I really fell for you.

Hey ragazza
mi mostrerò, così saprai chi sono.
Dammi una possibilità di riportarci indietro
So che è difficile da fare,
lo renderò reale per te.
E' vero.

Hey amore
come posso trovarti?
Sto scrivendo per te questa canzone d'amore
perchè mi sono davvero innamorato di te.


 

[Ehi girl - Broken Heart College]

3 – non sono venuta fin qui per un museo

1° giorno
                                                                                            Londra, museo delle scienze naturali
                                                                                                                                            10.15

NOIA!
Una noia mortale si era impossessata di Serena, che ora camminava con le spalle curve per i meandri del museo.
Ok, la prima sala era stata spettacolare, tutte le costellazioni dipinte sui muri facevano abbastanza effetto e tutto era stato abbastanza attrattivo, soprattutto la simulazione del terremoto, ma finita quella e passata più di un’ora a camminare con giubbotto cappello e sciarpa (molto ingombranti) sotto braccio era una tortura per lei.
Si avvicinò a una teca di vetro e girò una manovella per fare qualcosa che non capì.
Non era stupida, anzi, semplicemente non aveva voglia di capire in quel momento.
Volete sapere una cosa?
Per una volta ciò che aveva predetto non si era avverato.
Dario doveva essere già a uno stadio avanzato di Avance, invece non la degnava di uno sguardo.
Anche se era una cosa futile, riusciva a buttarla giù.
Serena si spostò verso un’altra teca per evitare Michela.
Non aveva per niente voglia di parlare con lei.
Ammettiamolo, tutti hanno dei momenti in cui nessuno può parlarti o sfiorarti senza che tu non pensi di staccargli la testa o prenderlo a schiaffi.
Momenti in cui non riesci a goderti niente perché le uniche persone con cui vorresti condividere quelle gioie o sono a due ore di volo da te o improvvisamente decidono di non calcolarti più … o sono da qualche parte nella caotica Londra.
Si, anche se solo un quindicesimo dei suoi pensieri andava a quel ragazzino riusciva a tirarle un po’ su il morale.
Era stato così fastidiosamente irritante l'altra sera, che aveva dovuto cedere alla sua richiesta.
Non sapeva se ciò che le aveva detto era vero, ma infondo che male poteva essere?
Era a Londra e cercava di spassarsela
«divertente, vero?» disse Michela sarcastica, si girò verso di lei controvoglia
«diciamo che è molto meglio di tutti i musei che ho visto in Italia, ma dannazione! Siamo a Londra, non sono venuta fin qui per vedere un museo!»
Serena fece notare a suo padre che si stavano allontanando e, dopo averlo rassicurato, lei e l’amica raggiunsero una specie di balcone che si affacciava sulla sala delle costellazioni, poi si sedettero su una grande scalinata di marmo.
Michela iniziò a parlare a vanvera, Dario e suo fratello facevano avanti e dietro lungo il corrimano, i bambini si rincorrevano scontrandosi contro tutti i turisti che incrociavano sul loro percorso.
È strano, a volte, come tra la miriade di gente che ti ritrovi davanti tu hai bisogno solo di poche persone, che la maggior parte delle volte non sono neanche intorno a te..
Serena prese il cellulare dalla tasca e iniziò a scrivere un messaggio

Da: Serena
Ehi Frà che si dice da quelle parti?

Da: Francesca
Niente, oggi siamo usciti prima e ho praticamente travolto Marco uscendo dal portone. Dovevi vedere la sua faccia! Ahhahahahahah :D

Rise da sola davanti al messaggio, lui, sicuramente, si era preoccupato di aggiustare la sua acconciatura perfetta, lei sarebbe volentieri svenuta tra le sue braccia.

Da: Serena
Ahahahahah ma solo tu! Già immagino la scena ;)
Che mi dici di Lorenzo?


Si assicurò che nessuno la guardasse, di solito quando parlava di lui iniziava ad arrossire.
Ecco la sua risposta in qualche secondo

Da: Francesca
No, oggi non l’ho visto e non entra su face da un paio di giorni
O è malato o è partito :/

Da: Serena
Vedi di aggiornarmi al più presto ;)
E attenta a non andare a sbattere ancora contro Marco!

 

Lasciò Michela con la scusa di dover parlare al telefono, così riuscì ad allontanarsi dal gruppo.
Dario le lanciò un’occhiata fugace, pregò perché la raggiungesse.
Naturalmente non lo fece, anzi, andò a sedersi proprio dove si ero poggiata lei fino a cinque secondi fa.
Il cellulare vibrò e quasi lo buttò a terra per la rabbia.
Il messaggio era da un numero sconosciuto.
Figurati, Francesca ha finito il credito pensò, per poi sfiorare la bustina gialla sullo sfondo.

 


Da: +394356543124
Ehi girl, sono Chris!


Spalancò la bocca davanti al messaggio
Ma come aveva fatto ad avere…. Sinceramente non le importava, si affrettò a rispondere

Da: Serena
Ehi girl? Cos’è? Non ricordi più il mio nome?


Fece un ghigno maligno, poi salvò il nome del ragazzo in rubrica

Da: Chris
Ciao SERENA ;)
Ti diverti a Londra
?

Sbuffò

Da: Serena
Si, il museo delle scienze è interessantissimo!


Sperò che il ragazzo cogliesse il suo sarcasmo, evidentemente lo capì

Da: Chris
Spiegami, sei a Londra per pochi giorni e vai al museo delle scienze?????

Da: Serena
Si .-.


Attese la risposta per qualche minuto, decise di tornare al fianco di Michela, proprio qualche gradino più giù di Dario che parlottava con Iacopo.
«Sere, con chi massaggiavi prima?» una bamibna si sedette a qualche centimetro da lei
Aveva un super potere, scassare le palle alla gente e ficcarsi in vicende che NON LA RIGUARDAVANO
«con una mia amica Giò» masticai
«allora? Come si chiama lui?» disse con sguardo accattivante
«siamo sicuri che hai solo 9 anni tu? Vai a giocare con Davide vai..» la bambina con i capelli a caschetto si alzò e tornò dal suo gruppo di amici.
che generazione di sballati...
La tasca della felpa vibrò

Da: Chris
Ok, io sono a due fermate da te, se riesci a convincere i tuoi ti faccio da guida turistica per tutto il giorno :D
Ti tiro via dalla noia

Da: Serena
Dammi cinque minuti e ti farò sapere


Serena sorrise e cercò di racimolare tutto il coraggio che aveva per chiedere a sua madre di lasciarla andare in giro per Londra sola con un ragazzo che non conosceva neanche (questo magari lo omettiamo…) per poi rincontrarsi solo nel pomeriggio con lei, papà e il resto del gruppo
Posso farcela pensò rimboccandosi le maniche

                                                                                                                           Londra, underground
                                                                                                                                                        10.30

«insisto nel dire che la francesina è più bella» disse Ryan spostandosi per far accomodare una signora anziana al suo posto nella metro

«forse, ma ormai è andata, questa è più simpatica» Be’… proprio simpatica simpatica non era, ma aveva voglia di vederla
«sarà» non era molto convinto, certo Serena non era forse una bellezza rara, ma era bella, e il sorriso dell’altra sera era stato incantevole e... i suoi occhi racchiudevano un qualcosa che non vedeva da tanto.

«tieni» disse Chris allungandogli un bigliettino
«cos’è?»
«il numero della francesina»
«ti ho mai detto di volerti un bene immenso?»
Fece una faccia buffa e risero insieme, poi il ragazzo dagli occhi verdi si chiuse in se stesso guardando la galleria fuori dal finestrino.
Aveva voglia di evadere un po’ dalla staticità di tutti i giorni, era stanco delle solite giornate, voleva movimentarsi e quella ragazzina rappresentava l’occasione giusta.
Infondo non si sarebbero neanche creati tanti problemi, avrebbero solo passeggiato per Londra come due vecchi amici, lei non si sarebbe mai innamorata di lui perché non era il suo tipo e lui non avrebbe mai provato niente per lei semplicemente perché apparteneva a una mentalità dalla quale lui cercava di allontanarsi sempre di più.
E allora perché stai andando da lei, coglione! Disse la sua vocina interiore, infilò una mano tra i capelli per zittirla.
Non c’era un perché, ne aveva voglia, punto.
Avrebbe ascoltato le sue storie piene di falsi sentimenti, l’avrebbe portata per negozi, strade e monumenti importanti, avrebbero bevuto qualcosa insieme, poi la giornata sarebbe finita e tutto sarebbe tornato alla normalità.
«dobbiamo scendere qui» esultò Ryan
«tu sai che non appena prendiamo Serena tu scomparirai?» chiese Chris attaccandosi al cappuccio della sua felpa per non perderlo nella folla della domenica mattina nell’underground
«si, tranquillo, sono solo curioso di vedere questa ragazza che lodi tanto»
«smettila di farneticare, ho solo detto che è una bella ragazza»
detto questo uscirono alla luce del sole e si incamminrono lenatamente verso il museo

 

Da:Serena
ci vediamo all'entrata principale






1.                                                                          



2.


1. Museo delle scienze naturali
2. mappa dell'underground
_________________________________________________________________________________________

bene, salve a tutti lettori!
mi sto vivamente chiedendo perchè tane persone leggono, ma quasi nessuna recensisce ...
coraggio, non vi mangio mica, anche solo un commentino :D
Comunque vorrei ringraziare tutte le persone che hanno aggiunto questa storia alle seguite o alle preferite, spero di non deludervi.
Un ulteriore ringraziamento va a tutti quelli che hanno semplicemente letto, spero gradiate la storia

Che altro aggiungere?
spero di riuscire ad aggiornare presto!
un bacione

If_you_belive

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Capitolo 5
*** Va a finire che mi sei simpatico ***


he was a sk8er boy, she said see ya later boy
he wasn't good enough for her
she had a pretty face, but her head was up in space
she needed to come back down to earth
Lui era uno Sk8er Boy, lei disse poi ci vediamo
non era abbastanza buono per lei
Lei aveva un viso carino,
ma la testa fra le nuvole
aveva bisogno di tornare sulla terra

4 - va a finire che mi sei simpatico

 
                                                                                                              Londra, underground
                                                                                                                                      10.48
 
Chris era strano.
Chris era diverso, diverso dalla gente che frequentavo di solito, diverso non sapevo ancora sei in negativo o positivo.
Chris aveva uno sguardo profondo, ma i suoi occhi erano impenetrabili, come se i suoi sentimenti fossero celati dietro un muro di cemento, un muro verde e d’oro.
Chris aveva una voce maledettamente sexy.
Chris si vestiva in modo stravagante, quel giorno portava una felpa un po’ troppo larga per lui, jeans scuri strappati sulle ginocchia e delle Etnies assurde.
Chris aveva un taglio leggermente lungo e spettinato, con il ciuffo che gli ricadeva sugli occhi e che cercava di spostare ogni cinque minuti scuotendo la testa.
Chris aveva uno stile da s8ater (oh, ma guarda, con il braccio sinistro tiene uno skateboard)
Chris era l’esatto contrario del mio ragazzo perfetto (tipo Dario), ma, a volte, cambiare aria non fa male..
 
«Allora, dove mi porti oggi» chiese Serena scrutando il ragazzo dietro le lenti oscurate dei suoi ray-ban con una montatura verde acqua
«io pensavo di fare un salto a Trafalgar square, Piccadilly e Carnaby street» rispose lui infilandosi gli stessi occhiali di lei, solo neri.
La giornata era bellissima, Londra era famosa per il suo grigio, ma, evidentemente, per quel giorno aveva fatto un’eccezione.
«prima o poi dovremo mangiare però…» 
«ti porto a prendere un piatto di fish & chips e nel pomeriggio facciamo un salto da Starbuks»
«quindi Trafalgar square, Piccadilly, Fish & chips, Carnaby street e Starbucks… ma dove sei stato per tutto questo tempo?» Serena fece una risata cristallina
«be’, qui a Londra» 
La città era tutto un fermento, gente che andava gente che veniva, soprattutto in prossimità dell’underground.
Quest’ultima, la prima volta che ci entri, ti lascia senza parole.
Il primo piano assomiglia tanto a un centro commerciale andato a male e frequentato da tutte le persone possibili e immaginabili, passato il ticket in una macchinetta vieni catapultato in un flusso immenso di gente che si coagula verso le scale mobili che portano a circa 50 m sotto terra.
Stai pur certo che se passassi una giornata intera nella metro ti prenderesti una broncopolmonite in quanto ogni volta che il mezzo di trasporto arriva alla fermata ti investe un getto d’aria paragonabile a una tromba d’aria (ok, forse è un pochino esagerato….ma rende l’idea).
«mi sto chiedendo come tu abbia fatto a convincere i tuoi a lasciarti venire» Chris afferrò il braccio della ragazza per non perderla nella folla e la trascinò su un vagone meno pieno degli altri, si sedettero ai primi due posti che trovarono
«a proposito! Io e te siamo vecchi amici, tu eri nella mia comitiva del sabato sera e hai frequentato il primo anno di medie con me, poi ti sei trasferito qui a Londra, tutto chiaro?»
«ooook» rispose lui con una faccia perplessa
«come hai fatto ad avere il mio numero?» chiese lei maliziosa
«perché hai accettato di uscire con me?» chiese altrettanto malandrino
«ehi, non stiamo uscendo insieme» Serena spalancò gli occhi
«calma, calma era per stuzzicarti un pochino» 
Una voce metallica annunciò l’arrivo a una stazione, ai due ragazzi mancavano tre fermate per scendere
«e, giusto per la cronaca, ho accettato solo perché mi stavo uccidendo dalla noia»
Lei sbuffò e lui iniziò a ridere, così, apparentemente senza motivo
«e ora che c’è da ridere?» 
«pensavo…» poggiò il viso tra le mani per cercare di smettere, ma niente.
Gli occhi di tutti i passeggeri del vagone erano su di lui
«E cosa puo’ farti ridere così tanto?»
«la tua faccia… dopo le parole di Ryan»
Chris era in una crisi di ridarella, Serena fece un ghigno
«Mi raccomando Chris, non molestarla, non stuprarla, evitate i vicoli bui e le frequenti sparatorie in metro, tieni le mani a posto, non come fai con le altre, e non usare quel tuo sguardo molesto» recitò lei ricordando le parole dell’amico di Chris prima che li lasciasse soli
«Sembravi terrorizzata»
«be’, LO ERO! Evitate le frequenti sparatorie, non molestarla! Mi ha fatto paura» 
Tirò a se le ginocchia
«ehi, stava scherzando»
«non so se posso fidarmi di te, non ti conosco neanche»
«fa’ come vuoi»
Ecco un’altra fermata, ora ne mancavano due.
Chris si tolse i capelli dagli occhi con un movimento secco della testa, poi la guardò con lo sguardo più molesto che aveva e si passò la lingua sulle labbra come un predatore che si gode il momento prima di assaggiare la sua preda.
Lei rifece lo sguardo terrorizzato di prima e scoppiarono a ridere in contemporanea
«quanto sei scemo» gli diede un colpetto sulla spalla
«ehi, mi hai fatto male!» disse con aria falsamente afflitta, di tutta risposta lei alzò il dito medio per rendere meglio i suoi pensieri
                                                                                                                     Londra, Trafalgar square.
                                                                                                                                                   11.10
Serena era strana.
Serena era lo stereotipo di ragazza bella e egocentrica che si crede al centro del mondo, ma, a volte, sembrava come se ci fosse un’altra “lei” che cercava di fuori uscire… soffrirà forse di personalità multipla? (Mi informerò…)
Serena aveva degli occhi color cioccolato al latte, densi come il ciobar che fanno vedere nella pubblicità (che non sono mai riuscito a fare ...) e profondi come l’oceano, erano…ipnotici. Se iniziavi a guardarli, saresti volentieri rimasto lì a scrutarli per ore.
Serena aveva una voce dolce, che sfiorava il padiglione auricolare come una carezza.
Serena aveva uno stile da brava ragazza, ma non esageratamente…viziata, a dirla tutta era abbastanza semplice. Quel giorno indossava un maglioncino largo blu e un paio di jeans della stessa tinta, le scarpe erano comunissime converse rosse. Ah, portava anche un lungo ciondolo che dava un tocco glamour a tutto, una medaglietta dorata con una grande S incisa al centro.
Serena aveva dei lunghi e mossi capelli castano chiaro portati con un ciuffo lungo sull’occhio destro, che nel caldo sole di quel mattino (strano a dirsi, siamo a Londra!) sembravano pieni di sfumature tendenti al biondo cenere.
Serena non era esattamente il genere di ragazze che frequentavo in quel periodo, anzi, stavo cercando di rompere tutti i contatti come le tipe come lei, ma … anche se la mentalità era quella aveva qualcosa di affascinante …qualcosa di diverso che mi aveva spinto a uscire con lei (giusto.. non stiamo uscendo…va be’, chi se ne frega, questi sono i miei pensieri!) quella mattina.
 
Chris aveva visto Trafalgar square centinaia di volte, ma ogni volta ne rimaneva affascinato. Londra non ha molte piazze, forse perché i luoghi aperti non sono adatti al tipico clima freddo e ventoso, ma le poche presenti erano decisamente molto affollate.
Lanciò uno sguardo alla ragazza al suo fianco, lei aveva estratto la macchina fotografica (ehi, ma è come la mia!) e aveva iniziato a scattare foto a tutto spiano. Anche Chris estrasse la macchina dallo zaino e la appese al collo.
«Che vuoi fare il figo?» chiese lei scattandogli una foto a sgamo
«Se vuoi una mia foto devi solo chiedere» rise lui
«Aspetta un secondo» Si avvicinò a un passante e gli lasciò la canon
«Vieni sk8ter, facciamo una foto» lo prese per un fianco e sorrise all’obbiettivo, dietro di loro si stagliava la grande colonna dell’ammiraglio Nelson
«Però, abbiamo fatto progressi» disse Chris dopo che Serena si riprese la macchina fotografica
«Non ti illudere, solo perché amo la fotografia e voglio ricordare ogni singolo momento di questo viaggio» guardarono la foto soddisfatti, erano venuti proprio bene.
«Be’ io invece voglio solo delle foto da mettere su Facebook, quindi vieni qui» la attirò a se e si fecero un auto scatto, a dirla tutta la rifecero due volte, finche Serena non disse che poteva andare bene.
«Ehi, ma … quello lì non è il big ben?» disse lei meravigliata
In effetti la figura dell’orologio si stagliava massiccia all’orizzonte.
«si»
«certo che deve essere proprio grande per vedersi fino qui!»
Ci fu un momento di silenzio che Chris interruppe bruscamente
«Starbucks?» disse indicando il bar un isolato più in fondo
«Sai, quasi quasi inizia a essermi simpatico» Lo prese sotto braccio come fossero vecchi amici e si diressero sorridenti verso il bar con la grande insegna bianca e verde.

1.                                                                                       2.

3.

 
 
1. Underground
2. Trafalgar square
3. Starbucks

______________________________________________________________________________________________
Salve a tutti!
Per incominciare, in questo periodo ho iniziato a cercare delle persone famose che potrebbero impersonificare i due protagonisti...credo di averli trovati ;)

Cedric Bratzke(ragazzo con un blog?)                                         Selena Gomez(attrice/ cantante)
 
 
 
Ma, tornando a noi, allora? che ve ne pare?
Ho visto che la gente ha iniziato a recensire e questo mi fa piacere!
Anche se ho notato che molti si fermano a leggere solo il primo capitolo... devo dire che in genere sta andando bene
Vorrei ringraziare di tutti quelli che seguono la storia, che recensiscono o semplicemente leggono.
Un bacione a tutti!

Che altro dire? spero che le recensioni aumenteranno e, tranquilli, aggiornerò presto!
Ciao! <3
_________________________________________________________________________________________________
Be', se a qualcuno di voi piacessero le cronache di Narnia, passate di qui! 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=658345&i=1
 
O se a qualcuno piace di Glee di qui:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=649708&i=1

Ciao gente! <3
 

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Capitolo 6
*** Un po' di te, un po' di me. ***


We are young,
We are strong,
We’re not looking for where we belong!
We’re not cool,
We are free,
And we’re running with blood on our knees.
                                                                                                                                                                            Siamo giovani,
Siamo forti,
Non stiamo cercando il nostro posto nel mondo!
Noi non siamo cool,
Noi siamo liberi,
E stiamo correndo con il sangue sulle ginocchia.
 
[Mika – Kick Ass]
 
 

Cap 5 – un po’ di me, un po’ di te


                                                                                                                                             Londra, Piccadilly circus
                                                                                                                                                                          12.30
 
Non c’è niente di meglio di un cappuccino da Starbucks.
Non c’è niente di meglio di un cappuccino da Starbucks preso in una calda giornata londinese mentre passeggi nei pressi di Regent’s street.
Non c’è niente di meglio di un cappuccino da Starbucks preso in una calda giornata londinese mentre passeggi nei pressi di Regent’s street con un perfetto sconosciuto che, nonostante la sua abilità a far saltare i nervi alle persone, riusciva a far sembrare tutto più bello.
Le strade, i palazzi, i negozi sembrava tutto giusto se lui era al suo fianco.
In fondo ci aveva sperato, ci aveva sperato di visitare Londra con il ragazzo della sua vita… be’ Chris non era esattamente l’uomo della sua vita, anzi, non lo era neanche in parte, ma era un ragazzo che l’avrebbe portata in giro per la città dei suoi sogni, poteva anche accontentarsi no?
«parlami un po’ di te» disse lui bevendo un sorso del suo Starbucks
«cosa vuoi sapere?» cercò di aggiustarsi un po’ i capelli dopo un’improvvisa folata di vento, quando ci riuscii fu pronta a conversare
«Sei proprio strana» rise
«be’ tu mi “rapisci” e quella strana sarei io?» sorrise di risposta, stavano attraversando Piccadilly, che con la luce del sole sembrava quasi più grande.
«ti ho “rapito” con il tuo consenso» le fece un occhiolino «comunque quello è Eros, la statua di Piccadilly, è uno dei posti più frequentati di Londra.. una specie di punto di ritrovo per la gente»
«Chris, ti capisco, ma… per favore puoi parlare un po’ più lentamente?» Ok, Serena era una cima in inglese, ma poteva capitare a tutti di perdersi qualche volta, no?
«ci proverò» disse in una specie di italiano, Serena spalancò la bocca
«no, aspetta, parli italiano?»
«no… però mia madre è italiana »
«figo»
Si persero di vista per un minuto in quanto un gruppo di una decina di persone si intromise tra loro due, la ragazza iniziò a pensare a catastrofici risvolti di quella situazione, ma, passata l’ondata di gente, riuscì a ritrovare il ragazzo e si sentì decisamente sollevata.
E se mi fossi persa nel bel mezzo di Londra? Brrr non voleva neanche pensarci
«vediamo… quanti anni hai?» iniziò a indagare Chris
«quasi quindici, tu?» Serena stette al gioco, in fondo voleva sapere anche lei qualcosa di più su quel ragazzo
«diciassette tra due mesi»
«sei di Londra?»
«nato e vissuto qui»
«io di Bari, in Puglia, ma con il mio cuore sono sempre stata qui» fece un gesto teatrale, poi svoltarono in Regent street
«cantante preferito?»
«da brava o da cattiva ragazza?»
«mmm…quello che senti davvero»
«be’ varia da Pink a Britney Spears, tocca Avril Lavigne e cade su Enrique Iglesias con una forte marcatura dei Sum 41 e dei Blink, ma non dirlo a nessuno» fece spallucce, poi si fermò ad ammirare la grande e affollata via nella quale si erano immersi.
Regent street era la strada numero uno per lo shopping a Londra, c’erano negozi che spaziavano dall’alternativo al più elegante e gente con enormi buste che correva da tutte le parti.
Era assurda.
«wow, non ti facevo tipa da Sum 41» disse Chris risvegliandola dai suoi pensieri
«piuttosto tu, con quell’aria da sk8ter, che ascolti?»
«AC/DC, aerosmith, Sum 41 e Blink(abbiamo una cosa in comune, non ci avrei mai sperato!), green day, coldplay, 30 second to mars, RHCP Ahh, conosco anche degli italiani tipo… Marco Mengoni, Fabri Fibra, Entics e Vasco» 
«conosci Mengoni?»
«un paio di canzoni, non è male»
«be’, non è per niente male!»
«quali sono le tue canzoni preferite?» chiese quando superarono un Apple Store che prendeva tutto un isolato.
«in generale Fuckin’ perfect, raise your glass, toxic, hold it against me, with me, over my head, still waiting, always, firts date, tonight, what the hell e cose così»
«però, repertorio niente male»
«cosa pensavi?»
«sinceramente?»
«si»
«che eri una tipa da dolci melodie» fece una strana smorfia
«chi ti dice che non mi piacciono?»
«io non ti capisco, davvero» scrollò le spalle con fare afflitto
«non mi capisco io, come potresti farlo tu?»
I due cercarono di discostarsi un po’ da quella strada affollata e svoltarono in Carnaby street, nel quartiere di Soho, un tempo piena di negozio alternativi, ora una semplice strada per lo shopping.
Anche se, quel tipico stile underground londinese, era sempre presente.
«questo cappuccino ti basta o dobbiamo andare a mangiare qualcos’altro?»
«magari più tardi, ora… fammi godere Londra»
«come vuoi» 
Si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Chris mise a terra lo skate e ci salì sopra, così sembrava ancora più alto di quanto già non fosse.
Mise una mano sulla spalla di Serena tanto per non perderla e, anche se all’inizio ne fu contraria, cedette.
Sentì in brivido non appena la mano grande del ragazzo sfiorò un po’ di pelle rimasta scoperta tra la sciarpa e il maglioncino.
Abbassò gli occhi e scosse la testa, come per far uscire strani pensieri che le si intrufolavano in testa, Chris fece la solita smorfia di incomprensione per poi sfoggiare il suo sorriso migliore.
Lei si meritava tutto quel calore? No, no, decisamente no.

1.                                                                                             2.



3.


1. Carnaby street
2. Regent street
3. Piccadilly (giorno)

_________________________________________________________________________________________________
 
Salve a tutti!
eccoci al sesto capitolo! Festeggiamo insieme i primi 200 visitatori del primo :D
che bello :3
Ahahahahah che dirvi? Chris è un tipo assurdo!
e Serena? Bha... chissà che succederà!
Ancora grazie a tutti quelli che recensiscono, o semplicemente leggono, grazie a tutti quelli che seguono questa storia :D
Un bacione :*

If_you_belive
 

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Capitolo 7
*** S e M dormono tranquillamente ***


Thought I couldn’t live without you
It’s gonna hurt when it heals too
Oooh yeah(It’ll all get better in time)
Even though I really love you
I’m gonna smile because I deserve too (It’ll all get better in time)

 

  Pensavo di non poter vivere senza di te
Ma fa male anche quando ti accorgi di potercela fare
Eh già (Tutto andrà meglio con il tempo)
Anche se ti amo,
Sorriderò perché me lo merito

 

[Leona Lewis - Better in time] 
  

Cap. 6 – S e M dormono tranquillamente

 
                                                                                                                             Londra, Thistle hotel
                                                                                                                                                     02.10
….
Ahahahahahahhaahahahahhaahhaahhahahahahahahahaahahahah certo, come no!
L’ultima cosa che fecero quella notte fu dormire.
Dopo il primo “buona notte” Serena e Michela avevano beccato uno strano programma di sfide estreme dove i cinesi cadevano e rotolavano come matti per chissà quale motivo in televisione e avevano passato due buone ore a ridere come delle pazze per le cazzate che facevano i partecipanti per non essere eliminati.
Ok, era una cosa stupida, ma era divertente!
Purtroppo però, il programma era finito troppo presto per i loro gusti e così avevano iniziato a parlottare sulle loro vite.
Michela era due anni più piccola, ma avevano molti interessi in comune, Serena era un po’ come una sorella più grande.
Se le serviva qualche consiglio, qualsiasi cosa, sapeva di poter contare su di lei anche perché lei.
Diciamo che l’argomento principale della serata era stato Dario, in quanto anche Michela trovava che il diciassettenne fosse davvero un bel ragazzo.
Michela uscì dal bagno con una spazzola in mano, iniziò ad accarezzare i suoi lisci capelli castano scuro per poi legarli in una morbida coda
«Sere, non credi che si ora di dormire?» disse ironicamente mentre si rinfilava sotto le coperte del letto accanto a quello di Serena
«be’.. si, ma sinceramente non ho per niente sonno ora»alzò leggermente le spalle per rendere l’idea
«argomento dell’ora?» 
«mmm… abbiamo già parlato di Dario?» chiuse il quaderno che aveva sulle gambe e si girò verso l’amica sorridendo
«Si, soltanto dalle 23 all’1»
«non me ne ero accorta» rise mentre Michela allungava la mano verso la Canon poggiata sul comodino, l’accese e iniziò a sfogliare la galleria
«piuttosto, mia cara Sere, parlami di questo tizio qui» Indicò Chris in una delle tante foto che avevano scattato quella mattina.
«Ah, si… un amico, niente di che» disse semplicemente
«Amico? Solo amico?»
«Non è il mio tipo, tranquilla»
«è il tuo tipo sarebbe…?»
«Dario!» gridò e rincominciarono a ridere, così, senza motivo.
Era questo il bello delle serate così.
Quattro cazzate per tutto il tempo e risate a non finire.
«Ma dai! E quello lì … Lorenzo… che fine ha fatto?» chiese Michela vaga
«il mio cuore è suo, lo sai» rispose con una punta di amarezza.
Lorenzo sarebbe stato sempre nel suo cuore, nonostante fosse irraggiungibile come una stella.
Anche se… non l’hanno forse raggiunto lo spazio?
Ah si, solo persone speciali raggiungono mete speciali.
«Ma… come fai?»
«A fare cosa?»
«insomma, sei legata a lui.. e neanche lo conosci!»
«ormai ci sono troppo dentro, non posso tirarmene fuori»
«io mollerei»
«insomma.. tu non stai facendo lo stesso? Anche a te piace un ragazzo per il quale faresti di tutto»
Michela si girò su un fianco per guardarla meglio
«Si, ma almeno sono una sua amica» disse.
 Serena non ci pensò più di tanto, in fondo tutte le persone che sapevano di dei suoi sentimenti nei confronti per quel ragazzo la prendevano per pazza.
Ma che poteva farci? Voleva quel ragazzo come non aveva mai voluto nessuno.
«Che pensi?» chiese la più piccola dopo cinque minuti di pesante silenzio
«penso che se non fossimo stati a Londra e se non avessi un disperato bisogno di divertirmi, non avrei mai accettato di vedere ancora Chris» 
«Sembra simpatico, perché non ti piace?»
«è … troppo diverso da i miei ideali»
Sospirò, la verità era che le era simpatico, che le piaceva la sua compagnia!
Cosa c’era di sbagliato, penserete voi
C’era che aveva sprecato troppo tempo per crearsi un’immagine definita di se, che non poteva lasciar perdere tutto così, in un niente.
Era stata una ragazza semplice, dolce, testarda e un po’ timida, ma queste doti non andavano bene per come voleva essere, per come doveva essere.
Le caratteristiche adatte? Doveva sembrare spigliata, egoista, be’… testarda ci stava e fredda, fredda come il ghiaccio.
Ora, il problema non si sarebbe posto se con Chris tutta quella specie di muraglia non si abbattesse magicamente.
Era difficile restare quella di sempre con lui, forse perché aveva una sorriso caloroso o forse perché aveva quel nonsochè che… boh.. lo rendeva diverso, strano, magari anche simpatico.
«che fai?» Michela notò che Serena stava scarabocchiando qualcosa su un foglio
«disegno»
«e quello chi sarebbe? Dario?»
«Chris»
«hai appena detto che ti stava sulle palle»
«non ho cambiato idea, sto solo scarabocchiando»
«Non è male»
«è forse uno dei disegni migliori che abbia mai fatto, quindi non buttarmi giù!» rise
il disegno di Serena uscì così:
«aspetta, e quel cappello lì?» chiese la brunetta indicando lo strano cappello che si era disegnata l’amica
«sarà presto mio!»
«hai sbagliato una cosa, lui è molto più alto di te nella realtà»
«molto è una parola grossa!»
«ora vi disegno io» allungò una mano verso il quaderno rosso di Serena
«non c’è bisogno di farmi sentire inferiore, lo so che sei più brava di me» scherzò e Michela le fece una smorfia
«fammi il cappellino assurdo!» la obbligò
Cinque minuti dopo il suo disegno fu pronto, era decisa mente migliore!
«mmm, mi hai fatto più magra» disse Serena
«va be’, cosi usciva meglio»
«Ma Chris non ha quel cappello!»
«Si, ma è tipo da metterlo»
«bho, forse, lo preferisco con il cappellino che usa ora però»
Qualcuno bussò alla porta, Serena controllò l’orologio
«chi cazzo è a quest’ora!» sbraitò mentre si alzava dal letto, aprì leggermente la porta.
Davanti alla porta c’era un bellissimo Dario.
«Ehi» disse lui
«ehi» risposero lei e Michela, dietro il ragazzo alto spuntò Iacopo
«non pensavo di trovarvi sveglie a quest’ora»
«non pensavamo che sareste venuti a bussare a questo’ora»
«a cosa dobbiamo la vostra presenza?» chiese Michela dopo essere uscita dalle coperte
«abbiamo finito il dentifricio» disse Iacopo
Serena e Michela si guardarono
«non è che ce lo prestereste?»
«Abbiamo solo dentifricio rosa… vi va bene?» disse la seconda, poi scoppiarono a ridere
«Lasciate stare…» si avviarono verso la porta della loro camera, proprio accanto a quella delle ragazze.
«Che bel pigiamo Dario» gli gridò Serena, lui le fece la linguaccia poi chiuse la porta della camera.
La ragazza fece lo stesso, poi guardò Michela e scoppiarono di nuovo a ridere.
Ma si, non aveva bisogno di stravolgere tutto, non aveva bisogno di Chris per divertirsi.
 
Ne siamo sicuri?…

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Salve lettori!
eccoci qui con il sesto capitolo di questa storia-
Tanti leggono, ma pochi recensiscono T.T ahahahha, va be', fa niente.
Ringrazio  tutti quelli che recensiscono, quelli che seguono la storia o semplicemente leggono
E, questa volta, un ringraziamento speciale va alla mia amica Micaela, per il disegno n.2 e per sopportarmi ogni volta che la assillo con questa storia. Un bacione enorme, spero ti piaccia anche questo capitolo <3
Grazie a 
 KiaraUchiha97, che segue questa storia dal primo capitolo e, stranamente, non la deludo mai :O
grazie per il tuo supporto!
Grazie  BS93, tu sei arrivata al 3 capitolo, ma non importa, meglio tardi che mai!
Grazie a Nuc, anche lei sta scrivendo una storia, è STUPENDA! passate, ve lo consiglio 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=681208&i=1
E
 
che altro posso aggiungere? vi lascio con la mia musa ispiratrice :3

un bacio enorme :*
aggiornerò al più presto!

If_you_belive

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Capitolo 8
*** Come C capì che S non era poi così male ***


So, come here
A little closer
Wanna whisper in your ear
Make it clear
A little question
Wanna know just how you feel

If I said my heart was beating loud

If we could escape the crowd somehow
If I said I want your body now
Would you hold it against me?

Perciò vieni qui
Un po’ più vicino
Voglio sussurrarti nell’orecchio
Chiarire
Una piccola questione
Voglio sapere cosa provi

Se dicessi che il mio cuore sta battendo forte
Se dicessi che potremmo sfuggire alla folla in qualche modo
Se dicessi di volere il tuo corpo subito
Me ne faresti una colpa?

 

[Britney Spears - hold it against me]

Cap. 7 – Come C capì che S non era poi così male

 
                                                                                                                   Londra, London high school
                                                                                                                                                    12. 34
                                                              2° giorno
 
 
«vediamo un po’…» iniziò il professore
L’aria già rarefatta della classe si fece ancora più pesante.
Chris poggiò i suoi occhi prima su una foto, poi su un’altra ancora, sapeva che il professor Austin avrebbe chiamato lui per esporre la sua ricerca.
Aveva tutto il necessario per prendere un buon voto, ma era nervoso, decisamente nervoso.
Le interrogazione gli facevano sempre quest’effetto.
«Samuels, vado a prendermi un caffè, poi vuoi venire a esporci la tua ricerca?» disse il professore ticchettando la penna sulla cattedra, poi si avviò verso la porta.
Figuriamoci
Chris entrò nel panico più totale.
Si girò verso le ultime file, frequentava storia con i suoi vecchi amici, avevano fatto di tutto per capitare insieme nello stesso corso e ora avrebbe fatto di tutto per allontanarsi il più possibile da loro.
Una di loro notò i suoi sguardi, gli sorrise e lo salutò con una mano.
«ciao» mimò con le labbra, Chris rispose con un cenno della testa.
Lei era l’unica che avrebbe salvato da quel gruppo, l’unica a cui, un tempo, aveva tenuto davvero.
«ehi» Georgia gli si avvicinò
«ciao Ge» rispose lui spallandosi sulla sedia
«allora, secondo te come andremo al concorso di giovedì?» sussurrò per non farsi sentire, la cosa urtò un po’ i nervi di Chris, ma si lasciò scivolare tutto
«Alla grande, spacchiamo!» 
Si, Georgia e Chris avevano una band, insieme a Ryan e altri tre amici, ma degli amici di lei, non lo sapeva nessuno.
«fatta la ricerca?»
«Si, ma sono comunque sulle spine» Georgia spostò i suoi occhi celesti sulle foto
«mi piace lei» disse indicando una finlandese
«bella»
«E… lei, bella anche lei» prese in mano la foto di Serena
Si stava per rispondere lui, ma si trattenne.
Sperava che se non avesse detto l’evidenza ad alta voce, le cose non sarebbero cambiate.
Serena era egocentrica, testarda e fredda, non voleva avere niente a che fare con lei.
Non c’era altro da aggiungere.
Niente ripensamenti.
«Eh Ge, non stare con gli sfigati, torna qui» gridò un ragazzo del gruppo in fondo , Georgia lanciò un ultimo sguardo verso Chris, poi tornò dai suoi amici.
Nello stesso istante il professore rientrò in classe con la sua tazza di caffè bollente in mano
«Allora Samuels, vuoi venire qui alla lavagna e illustrarci il tuo progetto» disse sorridente, era uno dei pochi professori che aveva un buon rapporto con gli alunni e viceversa.
Chris si alzò pigramente dalla sedia e allungò una mano verso le foto
«Prima di tutto, anziché portare pagine e pagine di storia e ricerche, ho portato delle foto.
Qui ci sono delle ragazze, ognuna di queste proviene da una parte diversa del mondo, ognuna di queste porta la storia del proprio paese sulle spalle» il ragazzo, stranamente, catturò l’attenzione della classe. Mostrò le foto che aveva scattato, le differenze che aveva notato, le caratteristiche di ogni popolo.
Sorrisi, tratti, occhi, lineamenti, colori, tutto diverso.
Chris parlava con entusiasmo, forse perché aveva impiegato mesi a trovare le ragazze giuste, forse perché si era impegnato così tanto che voleva condividere ciò che aveva appreso.
Non era come mettersi con la testa sul libro e studiare come un disperato per poi farsi interrogare e vere un bel voto, era molto di più.
Era un’esperienza di vita, che lo aveva portato a vedere cose nuove…
E a conoscere Serena sussurrò la sua vocina interiore, Chris cercò di scacciarla.
Aveva passato una mattinata con quella ragazza, niente di più
Eppure… 
Magari Serena non era come pensava lui, in fondo cos’è una mattina per giudicare una persona?
No, no, NO, NO, NO! Chris questa è una pazzia!
Concluse così il suo conflitto interiore, insieme al suo progetto.
Il professore e un quarto della classe applaudirono, il resto restò fermo, tranne Georgia che gli sorrise dolcemente
«solo una domanda Chris» disse un ragazzo dalle prime file, Dylan
«dimmi »
«Tu … chi preferisci?» chiese scatenando le risate di tutti i compagni
In quel millisecondo che Dylan impiegò a formulare la frase il cellulare di Chris iniziò a vibrare.
Il problema non si sarebbe posto se Chris non fosse stato sicuro di aver impostato il silenzioso (quello senza vibrazione).
Ora, le opzioni erano due, in quanto aveva una suoneria personalizzata solo per due persone.
La prima era Georgia, ma l’aveva tenuta sott’occhio per tutta la sua esposizione e non aveva mai staccato gli occhi da lui, neanche un attimo.
Quindi restava…
La risposta lo fece rabbrividire (o forse è stata la vibrazione del cellulare? Bha… .-.) e così ebbe subito la risposta alla domanda del suo compagno di classe
«Le italiane» disse con un sorriso smagliante, tanto da sorprendere anche la sua amica G.
«Bene Chris, davvero bravo, A!» annunciò il professore, il ragazzo tornò velocemente al suo posto.
Estrasse il suo I-phone dalla tasca dei jeans e controllò i messaggi.
No, non si era sbagliato e la cosa lo rese stranamente felice
 
Da: Serena
E se ci vedessimo ancora? 
Qui è una palla senza di te …. .-.
So che sei a scuola, fammi sapere appena puoi
S.
 
Da: Chris
Accetto, ma solo perché con la tua foto ho fatto un figurone
Ho preso A :P
Ti mando un messaggio quando esco
A dopo montata!

 

_________________________________________________________________________________________________

Hola lettori! :D
questa volta ho aggiornato proprio presto :3 mi complimento con me stessa! ahahahahaha no va be', lasciamo sare
Allora, che ne pensate?
Chris ha... cambiato idea! è un piccolo passo... e Serena ? cosìè questo improvviso cambiamento :O
Ne vedrete della belle....
questi ultimi capitoli sono un po' corti.. ma mi servivano per spiegare un po' i loro punti di vista
che altro aggiungere? grazie a tutti per aver recensito o solo letto

un bacio enorme :*

If_you_belive

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Capitolo 9
*** Covent garden e ancora Starbucks ***


I’ll never be the same
If we ever meet again.
Ooohhh wont you get away
If we ever meet again.
This free fall’s, got me so.

Non sarò mai più la stessa
se ci incontreremo di nuovo.
Ooohhh non te ne andrai
se ci incontreremo di nuovo.
Questa caduta libera. mi ha coinvolto

[If we ever meet again - Timbaland ft Katy Perry]


 


Cap. 8 – Covent garden e ancora starbucks

                                                                                   Londra, museo di madame Tussauds
                                                                                                                                  13.25
 
«Ma sei pazza!» gridò Serena attirando l’attenzione di tutte le persone della sala
«calmati Sere» cercò di dire Michela, ma non fu storia
«ti rendi conto di quello che hai appena fatto?» si girò verso destra per evitare lo sguardo ammiccante di Robert Pattinson e il bianco sorriso di Zac Efron.
Sorpassarono una radiante Britney Spears e una Lady Gaga con un telefono in testa.
Tranquilli, non erano in un covo per gente famosa o cose del genere, ma erano circondate dalle statue di cera dei personaggi più rilevanti di Hollywood.
Oh, guarda, lì c’è Orlando Bloom … ma quelli nell’angolo non sono i coniugi Beckam? E, mamma mia, quanto è bello Jhonny Deep… perché i Brangelina lì dietro, a fianco di George Clooney? Si, i discorsi delle due ragazze erano stati più o meno questi finché Mic non aveva preso il cellulare di S e aveva commesso l’errore più grande al mondo (ne siamo sicuri…?
«si, me ne rendo conto»
«be’… non avresti dovuto»
«Sere, cos’ho fatto? Ho solo mandato un messaggio a Chris»
«Solo?!» 
Dario e Iacopo le passarono accanto, ridendo sotto i baffi
Serena li incenerì con lo sguardo
«so che vuoi rivederlo»
«no che non voglio»
la tasca dei pantaloni di Serena vibrò, lei andò su di giri
 
Da: Chris
Ok, sono fuori dalla prigione!
Tu dove sei?
 
La ragazza rimise il cellulare in tasca, Michela la guardò sbalordita
«non ho intenzione di rispondere» disse di risposta al suo sguardo
«no, rispondi, ora, davanti ai miei occhi»
«dammi un buon motivo» Si era leggermente calmata, ma era ancora visibilmente scossa
«è simpatico»
«non basta»
Le due sorpassarono un affascinante Di Caprio
«è bello»
«questo è soggettivo»
«ti fa divertire»
«non l’ho mai detto»
Ecco che il cellulare iniziò a squillare, era Chris che chiamava
«ora che faccio?» chiese Serena in panico, non aveva esattamente voglia di vedere quel ragazzo
….
ma, infondo, che poteva essere? Una semplice passeggiata, niente di che…
Michela approfittò di quel secondo di indecisione della ragazza per strapparle di mano il telefono
«Hi» disse dentro l’apparecchio, fece la linguaccia all’amica
«Siamo al museo delle cere» 
«No, non sono Serena, sono una sua amica»
«perfetto, glie lo dirò, ciao»
Riattaccò sorridente
«che ha detto?»
«hai un appuntamento con lui tra mezz’ora qui fuori»
«se non fosse illegale ti ucciderei» disse Serena, allo stesso tempo però le mise un braccio intorno alle spalle
Aveva semplicemente fatto quello che lei non aveva avuto il coraggio di fare
Ma cosa stai pensando? Chris è un punto nero della tua vita, niente di più
Ok, magari aveva ragione, ma tentare non nuoce, o mi sbaglio?
 
                                                                                                            Londra, Covent garden
                                                                                                                                      16.50
 
Covent garden è stato sempre e solo un mercato, prima vi si vendeva solo frutta coltivata dai monaci (da qui giardino del convento) ora era pieno di articoli provenienti da tutto il mondo e da artisti di strada che animavano la fredda Londra di quel pomeriggio.
Finalmente Londra si era mostrata così com’era, grigia, grigia ma pur sempre bella.
«Sai, non mi aspettavo quel messaggio sta mattina» disse Chris interrompendo un’accesa discussione sui 30 second to Mars, stavano cercando di decidere qual era la loro canzone più bella.
Avevano optato per Closer to the edge
«Sinceramente, non te l’ho mandato io, ma Michela»
Chris si passò una mano tra i capelli
«davvero?» chiese con una strana inclinazione della voce 
«Si, figurati se volevo rivedere un tipo come te» gli diede una gomitata sul fianco
«montata» disse lui di risposta, poi sorrise guardando per terra
«hai un bel sorriso, sai» Serena si sorprese delle parole che le uscirono di bocca
Cosa stai dicendo? Ti sei rincoglionita?
Evidentemente si
«grazie, anche il tuo sarebbe bello se fossi meno falsa» scrollò le spalle, la ragazza non seppe se prenderlo sul ridere o considerarlo serio
Sentì un colpo nello stomaco
«con questo cosa intendi dire?» 
«niente, scherzavo» Serena non gli credette, ma si lasciò scivolare tutto.
Si stava divertendo e non voleva rovinare la situazione.
Non appena svoltarono un angolo, la loro attenzione si poggiò su una voce ruvida che si esibiva in una canzone decisamente familiare.
La melodia proveniva da un uomo alto e con tratti afro-americani, la sua voce era rude e profonda, sembrava penetrare nell’anima…
«che canzone è?» chiese il ragazzo aggrottando la fronte
«the script, the man who can’t be moved» rispose continuando a canticchiare
«The script… quel gruppo irlandese giusto?»
«si, questa è una della mie canzoni preferite»
«come mai? Se mi è concesso chiederlo»
«è una lunga storia, magari prima o poi te la racconto» sospirò pensando alle parole della canzone, la storia non era lunga, ma le ricordavano una persona in particolare, le ricordavano Lorenzo e non aveva la minima intenzione di pensare a lui
In fondo a Londra ci era andata anche per dimenticarlo…
Si, ma come?
Al suo fianco Chris camminava a grandi passi e ancora guardava per terra, aveva un’aria vissuta e pesante, ma quando sorrideva emanava un calore immenso.
Magari, poteva dimenticare Lorenzo con lui
No, non mi basterebbe mai Chris! Non mi piace neanche…
«Sbaglio o lì dietro c’era uno Starbucks?» disse lei indicando una traversa che avevano appena superato, il ragazzo sobbalzò, evidentemente era immerso nei suoi pensieri
«si, ti va un cappuccino?» puntò i suoi occhi in quelli di Serena, sembravano di un verde diverso quel giorno, più scuro
«Si… si.. cioè, no, Mocha Frappuccino» cercò di riprendersi dall’effetto che le provocava lo sguardo di Chris
«vada per un Mocha Frappuccino» annunciò spostando il peso dello zaino nero da una spalla all’altra
«prima eri con la testa altrove o sbaglio?» 
Serena lanciò un ultimo sguardo al cantante che già intonava un altro pezzo e cercò di catturare il grande mercato con uno scatto della sua Canon, poi tornò ad ascoltare Chris
«riflettevo»
«sai pensare?» 
«Si, anche se ti sorprende, sono anche io un essere umano»
«mmm… pensavo che gli sk8ter fossero una razza a parte» 
Per fagli capire che scherzava scoppiò a ridere, lui rimase serio, ma dopo un po’ sorrise e questo la fece stare decisamente meglio.
Forse a lei lui poteva anche non piacere, ma lei aveva una strana voglia di piacere a lui
Be’… in realtà non era così solo con lui, ma con tutti i ragazzi che conosceva
Solo che nel caso di Chris era diverso
Diverso in che senso?
Questo ancora non lo sapeva, quindi diverso e basta.
Nella testa di Serena si affollarono le immagini delle ore precedenti passate con quel ragazzo, si erano divertiti… quindi magari rivederlo non era stato un errore
Prese il cellulare dalla tasca e iniziò a scrivere un messaggio
 
Da: Serena
Grazie per aver inviato il messaggio a Chris prima <3
 
Inviò e attese la risposta nel frattempo che Chris iniziava una descrizione dettagliata su come preparare un frappuccino
 
Da: Michela
E di che ;)
 
                                                                                                      Londra, Starbucks ( Covent garden)
                                                                                                                                                    17.10
 
«mocha per te, cappuccino per me e un quarto d’ora di navigazione su Internet per noi» esordì Chris raggiungendo Serena.
Avevano deciso di sostare nello Starbucks  per un po’ così lei aveva scelto un tavolino al secondo piano che si affacciava su uno scorcio del Covent garden.
«A che ci serve Internet ora? Come facciamo a…» La ragazza non fece in tempo a finire la frase che Chris tirò fuori da una tasca dello zaino un laptop bianco
«porto sempre con me il pc» rispose allo sguardo interrogativo della castana, poi poggiò il prodotto Apple sul tavolino verde
«Lo accendo?»
«Si»
Chris si sedette al fianco di Serena, poggiò il gomito sulla spalla del divanetto e sfiorò i suoi capelli con le lunghe dita.
Serena non era decisamente come pensava.
Lei era molto di più di quello che lasciava intravedere e lui la capiva… be’, il perché è una lunga storia
Magari non era poi così irraggiungibile come pensava
«aggiungimi» disse distogliendo la sua attenzione dai messaggi di posta di una certa Francesca
 
Guarda questa foto di Luca!
Ahahahahah comunque qui nessuna novità, piazza sempre super affollata, Marco è sempre bellissimo e Lorenzo sembra sia eclissato …. :/
Ah e Gabri sente la tua mancanza accanto a lei a scuola! :)
Fatti sentire quando puoi
<3
 
Chris non capì neanche una parola di quello che c’era scritto
 «come ti trovo?» chiese  Serena spostando la freccetta del mouse sul motore di ricerca del social network più famoso di tutti i tempi: Facebook
«Christian Samuels» 
«quindi Chris sta per Christian?»
«Qualcosa da ridire? Oltre che sui miei gusti musicali, sul mio modo di essere o di vestire?»
«no, niente, pensavo venisse da Christofer» fece spallucce poi cercò il ragazzo sul sito, riuscì a trovarlo solo dopo aver specificato la città natale e la scuola frequentata
A quanto pareva esistevano centinaia di Christian Samuels
Diedero un’occhiata veloce alla sua bacheca, Georgia gli aveva scritto di contattarla in posta e Ryan l’aveva taggato in una foto di un paio di giorni fa
«Aspetta, Ryan è quel ragazzino che era con te l’altro giorno?»
«il “ragazzino” ha quindici anni, è più grande di te» gli fece la linguaccia mentre aggiungeva il suo migliore amico tra i contatti
«ne faccio quindici tra un mese…più o meno»
«taci bambina»
«se ora inizia a chiamarmi piccola ti spacco la faccia» disse sfacciatamente, Chris rise
«non sono quel genere di ragazzo»
«ah no? E che tipo saresti?»
«non sono ossessivo, mi metto con una ragazza solo se mi piace se no me la faccio e basta, non sono sdolcinato o mieloso e non chiamo la gente piccola»
«wow, molto romantico» disse lei sarcastica, Chris la spinse un po’ più in la per appropriarsi  del computer, così entrò  dal suo contatto di facebook
«ti sembra caso di caricare delle foto ora?» chiese Serena notando che Chris stava spostando il cursore sull’opzione “+ carica foto”
 «Vediamo.. si» tolse la memory card dalla sua macchina fotografica e la inserì nell’apposita porta del pc, poi caricò tutte le foto che aveva scattato con Serena da quando si erano conosciuti
«vuoi mettere le nostre foto?»
«Sono belle» rispose semplicemente mentre dava il nome all’album
Italian girl
«tu sei tutto matto»
«Sai, me lo dicono in molti»
Lei fece una smorfia e perse il suo sguardo nella candida panna del frappuccino
Chris si ritrovò a scrutare intensamente Serena, notò che aveva delle ciglia lunghissime e un piccolo neo sotto l’occhio destro, le gote erano sempre più colorite rispetto al resto del viso e le labbra erano sottili, ma sembravano morbide, davvero morbide….
«Allora, qual era la cosa importantissima che dovevi fare ieri pomeriggio?» disse lei facendolo sobbalzare
«ehm… no, niente, avevo delle prove extra con la mia band» si passò una mano sugli occhi per cacciare via tutti i pensieri di prima
«Lo vedi? Oggi sei tra le nuvole! Che ti prende?» 
No, niente guarda… stavo vivamente prendendo in considerazione di darti un bel bacio così, su due piedi, anche sapendo che al 90 % mi respingeresti pensò, ma le sue parole furono molto diverse
«sono in ansia per la sfida di giovedì, io e la mia band partecipiamo per il secondo anno a un concorso, potremmo vincere un contratto con una casa discografica di rilievo»
«cosa suoni?»
«chitarra e voce, ma me la cavo anche con la batteria»
«ok, questa è la prima cosa positiva che trovo in te»
«seconda, c’è anche il mio sorriso» disse con uno sguardo malizioso
«Si, si, dettagli»
una canzone familiare riempì lo spazio tra i due ragazzi, era la suoneria del cellulare di Serena
«quella canzone mi piace» affermò, ma lei gli fece segno di stare zitto
«ehi mamma»
«si, si, sono con il mio amico»
«aspetto, ora glie lo chiedo»
«Chris, conosci una buona steak house  dove mangiare sta sera?» chiese allontanando l’apparecchio dall’orecchio
«certo, ce ne sono centinaia! Dipende da dove lo vogliono»
«tipo…vicino Piccadilly»
«Allora, ce n’è una buonissima all’inizio di Regent street… ma non ricordo come si chiama»
«chiedigli se vuole cenare con noi» si sentì dal cellulare
«che ne dici? Ceni con noi?»
«Sicuro! Così vi faccio vedere dov’è la steak house»
«Si mamma, Chris resta con noi»
«si, ci vediamo alle 7.30 a Piccadilly, ciao»
Chiuse il telefono e guardò il ragazzo
«siamo già arrivati al punto in cui mi presenti la tu famiglia?» scherzò lui
«Oh be’, è una cosa seria la nostra storia!» rise
«Sono le 17.45, se vuoi vedere Harrods dobbiamo sbrigarci»
Serena si morse il labbro e gli rivolse uno sguardo accattivante
«e questo che significa?» chiese lui confuso
«Harrods lo vediamo dopo» disse compiaciuta
«Allora che vuoi fare?»
«Abercrombie» scandì con un sorrisino malizioso dipinto sulle labbra

 
 1.                                                                                     2.



1. Covent garden
2. Museo di Madame Tusseaud

_____________________________________________________________________________________________________________

Hi guys!
Eccomi qui, scusate se ho impiegato un po' più di tempo delle altre volte, ma ho avuto problme mi con internet :S
Questo capitolo è decisamente più lungo degli altri! Quindi perdonatemi :3
Allora, che ve ne pare? sapete che aspetto sempre un vostro parere ! 
Grazie a tutti quelli che recensiscono, davvero, VI ADORO!
E vuoi che seguite la storia, mi piacerebbe davvero un vostro parere :)
Grazie anche a tutti quelli che semplicemente leggono
Ma tornando alla storia....
purtroppo il messaggio del capitolo precedente non l'aveva inviato S,... uff magari poteva aver cambiato idea su C e invece niente!
Va be', poi vedrete, poi vedrete!
Che dire di Chris... S inizia a piacergli!
prossima tappa? ABERCROMBIE !
(e ne vedrete delle belle)
Alla prossima, If_you_belive

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Capitolo 10
*** Abercrombie, modelli maniaci e le stranezze di C ***


So dont go away, say what you say 
Say that you'll stay, forever and a day 
In the time of my life 
Cos I need more time, 
yes I need more time just to make things right 
 
Damn my situation 
and the games I have to play 
With all the things caught in my mind 
Damn my education 
I can't find the words to say 
With all the things caught in my mind 
 
 
Quindi non andare via, dì ciò che stai dicendo 
Ma dimmi che resterai per sempre nella mia vita 
Perchè io ho bisogno di più tempo, 
Si ho bisogno di più tempo 
Per mettere le cose a posto
 
Maledetta sia la mia situazione 
E i giochi che sono costretto a giocare 
Con tutte le cose intrappolate nella mia mente 
Maledetta sia la mia educazione 
Non riesco a trovare le parole da dire 
Con tutte le cose intrappolate nella mia mente
 
[Oasis – Don’t go away]
 

Cap 9 – Abercrombie, modelli maniaci e le stranezze di C

 
                                                                                  Londra, Savile Row (near Renget Street)
18.30
 
 
«per favore, per favore, per favore, per favore!» Serena rivolse lo sguardo più dolce che aveva all’alto ragazzo al suo fianco
«Oh, ma dai! Perché vuoi andare da Abercrombie? Non è niente di particolare»
rispose lui con un ampio gesto della mano, improvvisamente era diventato contrario al giro turistico in una delle tappe più belle del loro tour.
«Perché no?»
«te l’ho detto, non c’è niente di particolare! Se vuoi ti accompagno da Harrods»
«Ma io voglio andare lì!»
«per cosa? Per i modelli?»
«be’… mi sembra una motivazione più che ovvia» disse spalancando le braccia, Chris sbuffò
«senti, facciamo così, il negozio è lì dietro… tu vai poi noi ci sentiamo» propose mettendo le mani in tasca
«cioè…niente più giro turistico?» chiese Serena con una strana smorfia dipinta sul viso
non aveva voglia di lasciare Chris, anche se non voleva ammetterlo
«Scusa, ma non mi va di andare lì»  scrollò le spalle guardando per terra « i motivi non ti riguardano» annunciò prima che lei potesse ribattere 
«ok ,allora io vado»
Ammettiamolo, Serena era troppo orgogliosa per poter pregare Chris di non lasciarla e poi… non era ancora del tutto convinta di quello che stava pensando.
Solo qualche ora fa avrebbe ucciso Michela per avergli mandato un innocente messaggio, ora non poteva certo cambiare idea su di lui e decidersi che Chris non era poi così male!
No, non poteva proprio
«Ci sentiamo» salutò lui con un mezzo sorriso, poi si girò e si incamminò verso Piccadilly
E chi lo capisce questo…? Si chiese lei seguendo le indicazioni di Chris per trovare il negozio, non era tanto perché voleva andare lì, ma per vedere se lui l’avrebbe seguita.
Evidentemente, la risposta era negativa.
Serena strinse le mani nelle tasche della giacca, era una giornata dannatamente fredda e quel tempo sembrava quasi buttarla più giù del solito…
Si guardò in giro e posò il suo sguardo su quegli alti palazzi in stile liberty che costeggiavano la strada, così freddi, ma così diversi da quelli da cui era circondata giornalmente.
Sorrise nel momento in cui si ricordò di essere a Londra,  per un momento l’aveva quasi dimenticato.
Forse perché aveva abbinato l’idea di “Londra” alla voce sexy di Chris, così stonata con il suo modo di essere, così…. ah, a proposito, ecco un altro punto da aggiungere nella lista : le cose che mi piacciono di Chris, un elenco molto ridotto al confronto di quella le cose che odio di Chris
Serena cercò di stilare nuovamente la seconda lista, eppure i punti anti-Chris sembravano essere improvvisamente diminuiti.
La ragazza si sforzò per trovare qualche passaggio fondamentale da aggiungere ai soli dieci punti dell’elenco, non riuscendoci cercò di inventarsi qualche insulto da appiopparli la prossima volta che si sarebbero visti.
Se ci fossimo visti ancora… il pensiero le punzecchiò l’orecchio e quasi la buttò ancora più giù
Oh, ma che ti importa? S. non pensavo fossi così!
Si, ma se mi mancasse?
Oh, ma dai! Come potrebbe mai mancarti un tipo come lui ?!
Si, ma magari non è così male…
Oh, ma smettila! Chris = niente di buono
Sarà… non ne sono così sicura
Questo conflitto interiore non ce l’avevi sta mattina!
Ho cambiato idea? No, no questo è troppo anche per me
Allora? Che si fa?
E che ne so!
Troviamo un compromesso?
Ecco, compromesso trovato. Un bernocolo sulla fronte della ragazza.
Serena, presa dal suo conflitto interiore non si era minimamente accorta della cabina rosso acceso che dominava il marciapiede.
Si appoggiò ad una macchina parcheggiata e si strofinò la fronte per cercare di diminuire quel dolore bestiale che si stava diffondendo per tutta la testa
«merda» sussurrò continuando a massaggiarsi, come se non bastasse una corrente gelida invase la strada e la fece rabbrividire, ripensandoci sembrava tanto una di quelle scene da film horror dove all’improvviso appare l’assassino… o ancora meglio! un pagliaccio assassino!
«andiamo dai» disse un voce spezzando quell’atmosfera glaciale, prima che potesse rendersene conto Serena si ritrovò un braccio intorno alla vita
«ma che…?» cercò di dire, poi si ritrovò faccia a faccia con degli occhi che ormai pensava di conoscere, ma che invece riuscivano a sorprenderla ogni volta
«non riesci neanche a camminare decentemente, come puoi pretendere di andare in giro da sola per Londra?» 
«Sai Chris, non sono mai stata così contenta di vederti!» sorrise al ragazzo come non aveva mai fatto, forse è vero che sto cambiando…
basta non rincominciamo!
«ok, questo è un grande passo! Sei felice di vedermi»
«Be’ sai, non mi va proprio di perdermi qui a Londra… credo di non aver ancora capito bene come funziona l’underground»
«si, si, tutte scuse! Io inizio a piacerti » le fece l’occhiolino e lei lo spinse più in là.
Dico solo che pestò una cacca, immaginate voi la sua reazione.
Tra le imprecazioni di lui e le risate di lei passarono 10 buoni minuti, abbastanza per arrivare a solo qualche metro dall’entrata dell’Abercrombie.
Chris si rabbuiò, ma non fece tante storie. 
Si alzò il cappuccio della felpa e spostò il ciuffo in modo da coprire il più possibile il viso, tutto questo sotto lo sguardo interrogativo di Serena, che ancora non riusciva a capire questa avversione del ragazzo per un semplice negozio.
 
Londra, Abercrombie & Fitch
18.45
Chiudete gli occhi.
Ora immaginate un locale immenso, con mura e pavimenti neri e aggiungeteci alti scaffali di legno con vestiti di un colore diverso per ciascuno, naturalmente tutti vestiti bellissimi. Appendete al muro foto di sfilate e modelli. Accendete una playlist con tutte le hits del momento e sparatela a palla per tutto il locale, poi diffondete nella stanza il profumo più buono e sexy che conoscete.
Ah e, posizionate qualche luce colorata qua e là, giusto per creare atmosfera.
Ci siete? Bene, ora il tocco finale.
Pensate ai più bei ragazzi che potete immaginare, bianchi o neri, bruni o biondi, con gli occhi celesti o castani, basta che siano bellissimi. Prendeteli e posizionateli all’entrata di questo locale, negli angoli, dietro le casse sempre affollate o per servire i clienti dietro qualche bancone. Fateli ballare sulla musica a palla o adibiteli a fare delle foto con chiunque voglia Naturalmente, mettetegli addosso dei vestiti firmati Abercrombie & Fitch o magari Hollister.
Giusto, mancano le ragazze! Quindi… prendete delle belle e magre ragazze e affiancatele ai ragazzi (sinceramente se sei una ragazza dentro Abercrombie, non noti molto le modelle…!)
Ah e, vi ricordo che questi suddetti ragazzi possono essere dai 16 anni, i modelli dai 18 in su.
Allora, avete presente la scena? Bene, questo è il famigerato negozio dell’Abercrombie & Fitch.
Resteresti lì dentro per… sempre? Si, decisamente per sempre!
«Hi guys» salutarono due ragazzi in magliettina aderente non appena S e C varcarono l’ingresso.
Serena era in fibrillazione, Chris canticchiava spensierato, anche se la sua canzoncina era completamente coperta da Tonight di Enrique Iglesias che faceva sobbalzare il pavimento.
«hi» rispose lei sostenendo lo sguardo del ragazzo sulla destra, Chris la tirò al suo finaco
«Oh Chris, smettila!» sbraitò liberandosi della sua stretta.
«ok, fai come vuoi» sbottò lui tornando a guardare per terra, Serena scosse la testa in segno di disapprovazione
Ok, Chris è davvero strano! Formulò, ma non ebbe il tempo di continuare la discussione che una voce la interruppe
«ehi girl, come on! Take a photo with me» propose una voce nuova, rude e sensuale.
Proveniva da uno di quei modelli che sono lì a posta per farsi scattare delle foto con la gente.
Dannazione, quanto è bello!
Al suo fianco, una ragazza chiamò Chris, ma lui fece l'indifferente e se ne andò
«Sure» rispose Serena avvicinandosi al bello dal petto scoperto, anche se così facendo perse Chris nella folla dell’entrata.
Una ragazza altrettanto bella si avvicinò ai due con una polaroid e scattò la foto, questa fu tra le mani di Serena in meno di un minuto.
S salutò il bel modello e andò alla ricerca di Chris, praticamente l’opposto dei bei ragazzi da cui era circondata.
Non che Chris si brutto… anzi (e bene si, lo ammetto! Chris è abbastanza bello)… semplicemente è troppo diverso da loro!
Basta non è il momento di pensarci.
Serena individuò il ragazzo una decina di persone più avanti in quella specie di corridoio formato da due altissimi scaffali contenenti uno il blu, l’altro il viola.
Terminato il corridoio raggiunse un grande spiazzo circondato da banconi occupati da borse e profumi, al centro di questo un cubo ospitava due ragazzi che si scatenavano al ritmo di un’altra canzone, ma sempre dell’affascinante Iglesias.
I like it.
Basta dire che Serena amava quella canzone, come tutte quelle di Enrique del resto, cantante che era decisamente adatto all’aria di quel posto.
Cercò di raggiungere Chris dopo aver dato un’occhiata veloce a delle magliette grigie, ma un’ondata di turisti giapponesi la spinse verso in centro, proprio sotto quei due ragazzi che si scatenavano.
I due potevano avere massimo diciassette anni, ma sembravano sentirsi perfettamente a loro agio in quel posto, con quelle camicie quadrettate aperte fino al petto e quei tagli alla moda che risaltavano i lineamenti duri e, ammettiamolo, dannatamente Sexy!
Anche se doveva ammettere che uno dei due era più bello dell’altro, quello… quello di sinistra, con una camicia azzurra, intonata al colore dei suoi occhi.
Il ragazzo al suo fianco, con la camicia rossa, allungò una mano verso una ragazza proprio accanto a Serena, lei la prese e salì sul cubo, ma non resse lo stress così scese cinque secondi dopo.
Serena si guardò introno alla ricerca del suo sk8ter preferito, ma di Chris non vedeva neanche l’ombra.
Qualcuno le prese la mano
«Finalmente, Chr…» si interruppe nel notare che il ragazzo che teneva la sua mano non era Chris, bensì il bellissimo ragazzo dalla camicia azzurra.
«ti va di salire?» chiese, capire l’inglese in quel caos era una vera impresa, ma S. fece uno sforzo
«si!» gridò e il ragazzo la tirò al suo fianco. Mentre si scatenava sul ritmo travolgente della canzone diede un’occhiata alla gente tutt’intorno, c’erano come minimo centocinquanta persone lì dentro.
E tra queste centinaia di teste riuscì a intravedere Chris, stava parlando con un ragazzo, un … commesso? 
Ma come fa a conoscerlo?
Serena fece per scendere, ma si ricordò dello stupendo ragazzo al suo fianco.
Ormai erano rimasti solo loro due lì sopra in quanto camicia rossa era sceso per parlare con una ragazza.
«Ciao» disse camicia azzurra
«ciao» rispose lei leggermente impacciata di fronte a tanta bellezza
«io sono Jake» si presentò facendosi impercettibilmente più vicino
«Serena» 
«Di dove sei?»
«Italia, tu?»
«Di dovunque tu voglia baby» sussurrò avvicinando le labbra all’orecchio di lei
«Ehm… io» Serena cercò di allontanarsi, ora Jake era decisamente troppo vicino.
Sentiva il suo fisico muscoloso contro la sua maglietta, certo era sensazione gradevole, ma non esattemente adatta a quel momento
«Dove scappi tesoro?» continuò lui cingendole i fianchi con le braccia muscolose
Quasi, quasi ci sto…no, ma che sei pazza?! Non pensarci neanche!
Sentì il suo cuore accelerare i battiti, il suo profumo era inebriante e i suoi occhi magnetici, di un azzurro più profondo dell’oceano…
«Senti, non posso, devo scendere» mise una mano sul suo petto per spingerlo più in là, ma non fu storia.
E il bello era che nessuno si accorgeva di quello che stava accadendo lì sopra, sul cubo, al centro di un negozio super affollato.
Allora le situazioni erano due : o erano tutti troppo indaffarati, o erano abituati a quel genere di scena.
Serena optò per la seconda…
«Resta ancora qualche minuto, non ti mangio mica» il suo tono di voce riuscì quasi a dissuaderla, ma la sua mano scese troppo in basso e questo la terrorizzò.
Non era una ragazza impacciata, o meglio, non lo era più e .. di solito riusciva a gestire situazione tipo quella, come quando un ragazzo cercava di abbordarla in discoteca.
Ma non aveva mai avuto approcci con ragazzi con braccia così muscolose e una presa così salda
«Jake basa!»
«Oh mia dolce ragazza, mi chiami anche per nome»
Serena continuò a divincolarsi, ma non riuscì neanche ad allontanarlo di qualche centimetro.
Provò a indietreggiare, ma trovò presto la fine del cubo e rischiò di cadere all'indietro.
Ripensandoci sarebbe stato meglio che continuare  a sentire le mani di quel ragazzo muoversi sulla sua schiena.
«basta...basta!» gridò, ma non riuscì a catturare l'attenzione di nessuno.
«shhh! fai silenzio bellezza» 
Serena era disperata, non sapeva cosa fare, sembrava non ci fossero vie di scampo. Anche se... infondo... cosa poteva farle un diciassettenne tutto muscoli in un locale super affollato? niente più di quello che stava già facendo, quindi il peggio lo stava già affrontando.
Calma Serena, riuscirai a risolvere tutto...
«vieni con me» sussurrò a quel punto Jake, cercò di tirarla via dal cubo, ma lei lo trattenne
ok, ora le cose iniziano ad andare male
«no...no!»
Serena riuscì a liberare una mano e cercò di sferrare uno schiaffo verso il viso del ragazzo, lui lo evitò con grande facilità
«non è così facile» quasi sputò riafferrandole il polso
O mio Dio! imprecò mentalmente chiudendo gli occhi
«Lasciala andare» disse ora una terza voce, Serena sperò che non fosse un'allucinazione
«cosa hai detto scusa?» chiese Jake con tono quasi schifato
«Jake smettila» Serena si decise ad aprire gli occhi, davananti a lei trovò un infuriato Chris
«come fai a conoscere il mio nome?»
«come fai a conoscere il suo nome?» entrambi i due rimasero scioccati da ciò che Chris aveva detto.
I successivi 60 secondi furono un susseguirsi di eventi molto confusi, tra le luci colorate e la musica a palla ciò che Serena riuscì a capire fu ben poco.
Chris conosceva il nome del ragazzo, il come era ancora sconosciuto sia a lei che al suddetto Jake;
Jake non aveva mostrato  la minima intenzione di voler lasciare andare Serena, la sua presa era salda sul suo polso;
Chris aveva sferrato un pugno dritto dritto sulla guancia di Jake;
E...aspetta!... o cazzo Chris ha dato un pugno a Jake!
E poi? Ah si, lo sk8er aveva afferrato la mano di Serena e l'aveva fatta scendere dal cubo, ma... qualcosa era andato storto.
In quel momento Jake aveva uno sguardo sbalordito e non riusciva a staccare gli occhi da Chris.
Il ragazzo con la camicia azzurra aveva qualcosa in mano, Serena strizzò gli occhi per cercare di capire cos'era e nel frattempo si strinse con tutte le sue forze al braccio di Chris.
«Non posso  crederci...Chris!» esultò Jake, ecco, in mano aveva il cappello di Chris.
Lo sk8er, con i capelli scompigliati e senza cappello, aveva ricordato a camicia azzurra qualcuno che conosceva, non c'era altra spiegazione!
Qualcuno che, combinazione, si chiamava Chris...
«No, aspetta, vi conoscete?» cercò di chiedere lei, ma non ebbe risposta
«Andiamocene, forza» rispose Chris con un'espressione che Serena non aveva mai visto, le fece quasi paura
«Ehi ragazzi, c'è il nostro Chris!» gridò Jake attirando l'attenzione di tutti i commessi in sala
oh, ora grida lui e tutti lo sentono! sbuffò Serena mentre l'intero negozio si riempiva di esclamazioni tipo Chris! o Chris, dove? o ancora Chris, sei tu?
«Chris che sta succedendo?» un'altra sua domanda senza risposta
«Samuels, che ci fai qui?» chiese qualcuno dietro di loro, precisamente una ragazza.
Bionda, sui 16 e alta circa 1.70.
Mi sta già sulle palle.
«Georgia, ne parliamo dopo»
Chris le voltò le spalle e prese Serena per mano, Georgia squadrò la ragazza alla e tu chi saresti? Lei rispose snobbandola e seguendo il ragazzo in mezzo alla folla dell'uscita.
Almeno altri tre ragazzi diedero una pacca sulla spalla allo sk8er dicendo “bentornato” o “è sempre un piacere vederti” o ancora “quanto sei cambiato! quasi non ti riconoscevo con quei capelli”, ma lui non li calcolava e continuava a camminare imperterrito.
Aveva uno sguardo duro e i suoi occhi, se già prima poco leggibili, ora erano celati dietro uno spesso muro di cemento.
Usciti dal palazzo Chris lasciò di scatto la mano di Serena
«Vieni, sbrigati» le intimò, lei non ebbe il coraggio di ribattere.
Lo seguì silenziosamente, senza protestare, senza porgli tutte quelle domande che avrebbe voluto fargli.
 
Londra,Harry's steack house (Piccadilly circus)
19.10
 
« Siamo arrivati» ecco, queste furono le prime due parole che Chris disse da quando erano usciti dall'Abercrombie.
Era stato un silenzio imbarazzante, o almeno per Serena.
Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma non sapeva cosa! cioè, non speva niente in realtà...
Non sapeva perchè era arrabbiato, non sapeva perchè lì dentro lo conoscevano tutti, non sapeva perchè lui conosceva tutti!
Che relazione puteva esserci tra un tipo come Chris e l'Abercombie? Cosa può accumunare uno sk8er e dei modelli?
L'unica cosa certa era che Chris aveva dato un pugno a un certo Jake e questo Jake voleva ... molestarla
«mi devi dare delle spiegazioni» disse Serena dopo altri cinque minuti di silenzio.
«non c'è niente da dire» rispose lui stritolando il cappello che aveva in mano
«perchè tutti ti conoscono lì?»
«non sono affari che ti riguardano»
«Oh, giusto, un tuo amico ha cercato di molestarmi e non sono affari miei!»
«Sei stata tu a volerci andare»
«Si, ma che ne sapevo!»
«Be', se mi avessi ascoltato ora non saremmo qui a discutere»
Chris continuava a guardare davanti a se, con strafottenza, senza fregarsi degli sguardi disperati di lei
«Voglio sapere tutto»
«Scordatelo»
«Scusa, mi correggo, devo sapere tutto»
«Sai una cosa Serena? mi  hai  rotto  i  coglioni!» sbraitò attirando l'attenzione di qualche passante
«Cosa?»
«Si mia cara, mi hai rotto i coglioni! Tu e quella tue arie da super donna, da persona superiore quando invece vali meno di zero! quel tuo sorrisetto falso mi fa saltare i nervi e quello sguardo che fai se vuoi ottenere qualcosa è insopportabile! TU SEI INSOPPORTABILE!»
Chris era fuori di se, si vedeva lontano un miglio.
Serena solitamente avrebbe risposto a quel genere di provocazione, ma non quella volta.
Chris pensava quelle cose? bene, non glie ne importava.
Aveva bisogno di lui per godersi il suo soggiorno a Londra, per girare i posti migliori e per fare invidia ai suoi amici postando le foto su facebook della sua vacanza stratosferica
«che fai? non rispondi?» la stuzzicò, lei chiuse gli occhi e sospirò
«no»
«Bene, allora io me ne vado»
Serena sentì come un cazzotto nello stomaco
«ma...»
«Addio Serena, spero che tu sia felice nel tuo mondo di falsità ed egocentrismo. Ah e, questa è la steak house che ho consigliato ai tuoi, se non ti sembra scontato non rimango a cena con voi»
E poi si, Chris se ne andò.
Purtroppo non fu come prima, non si dissero ci sentiamo, ma addio e questo non prometteva nulla di buono.
Serena si rese conto troppo tardi che ormai era svanito, allungò la mano nel vuoto sperando di trovare la sua, ma trovò solo aria, aria che ora sembrava mancarle.
Chris non c'era, Londra era grigia e i loro discorsi erano ancora tutti nella sua mente.
Forse quello sk8er non era mai stato solo uno strumento da utilizzare per diversi scopi.
Forse quel ragazzo con le Etnies sarebbe potuto essere una svolta positiva nella sua vita.
Forse Chris poteva mancarle davvero e poteva aver lasciato un segno indelebile sulla sua pelle.
Naturalmente questi punti rimanevano un forse, l'unica cosa sicura era che Chris era diverso da chiunque Serena avesse mai conosciuto e che, se fosse stata meno orgogliosa, l'avrebbe cercato, gli avrebbe chiesto scusa e avrebbero rincominciato tutto.
Sarebbero ristornati a quando le loro vite erano seprarate, poi a quel «ciao, io sono Chris»
«Serena»
Ciao Chris, ti andrebbe di cambiare la mia vita?
Ma rifletteteci su, lei era Serena, non una qualunque, ed essendo Serena questo non sarebbe mai potuto accadere.
Era questo che faceva l'orgoglio, distruggeva tutto, sempre.




Abercrombie & Fitch, Londra

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Hello guys :D
Scusate (di nuovo) il ritardo, ma ho fatto uno stop per le vacanze e ieri sono stata a scrivere fino all'1 di notte ...
Non so perchè, ma questo capitolo mi piace più degli altri... ha qualcosa che sa di svolta, anche se ancora minima
è l'inizio della svolta, ecco!
e poi... cosa centra Chris con l'abercrmbie??
Eh, poi vedrete... nessuno è come sembra...
Muahahahahahahahah

Ah, se vi interessa qui ci sono i siti officiali di:
Abercrombie & Fitch
http://it.abercrombie.com/webapp/wcs/stores/servlet/HomePage?catalogId=10901&langId=-1&storeId=14107

Hollister:
http://it.hollisterco.com/webapp/wcs/stores/servlet/HomePage?catalogId=10201&langId=-1&storeId=14610
VE LO CONSIGLIO VIVAMENTE ;)

bene, vi ricordate Gerogia?
be'.. io l'ho immaginata così:
la bellissima Dianna Agron, la nostra Quinn in Glee


Bene, non ho molto altro da dire... solo GRAZIE a chi continua a sostenermi e a leggere, a chi recensisce e a chi segue la storia
Grazie davvero!
un bacio grande come un kinder gran sorpresa MAXXI e auguri passati di buona Pasqua
Ciao! <3

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Capitolo 11
*** A damn cold night ***



 

Isn't anyone tryin to find me?
Won't someone please take me home
It's a damn cold night
Trying to figure out this life
Wont you take me by the hand
take me somewhere new
I dont know who you are
but I'm, I'm with you

 

 

Non c’è nessuno che provi a trovarmi?
Non verrà nessuno a portarmi a casa?
E’ una notte maledettamente fredda
Cercando di immaginare questa vita
Mi prenderai per mano,
mi porterai in qualche posto nuovo?
Non so chi sei
Ma sono con te

 

[I'm with you - Avril Lavigne] 
 

  AA[[[      Non c’è nessuno che provi a trovarmi?
Non verrà nessuno a portarmi a casa?
E’ una notte maledettamente fredda
Cercando di immaginare questa vita
Mi prenderai per mano,
mi porterai in qualche posto nuovo?
Non so chi sei
Ma sono con te
 Non c’è nessuno che provi a trovarmi?
Non verrà nessuno a portarmi a casa?
E’ una notte maledettamente fredda
Cercando di immaginare questa vita
Mi prenderai per mano,
mi porterai in qualche posto nuovo?
Non so chi sei
Ma sono con te
 Non c’è nessuno che provi a trovarmi?
Non verrà nessuno a portarmi a casa?
E’ una notte maledettamente fredda
Cercando di immaginare questa vita
Mi prenderai per mano,
mi porterai in qualche posto nuovo?
Non so chi sei
Ma sono con te
 

 

Cap 10 - a damn cold night    
 

Londra, Thisdel hotel
22.05

 


L’aria fredda della notte riesce sempre a raffreddare i pensieri, è come una culla, ti rilassa con il suo dolce movimento e il buio ne è complice.
Un detto dice vivi con il sole, ama con la luna, ma Serena lo stava comprendendo solo ora.
Era sul piccolo balcone della sua camera d’albergo e ammirava Londra, che di notte sembrava ancora più bella di quanto già non fosse.
Si guardava in giro e si sentiva piccola e insignificante come non mai, perché in fondo è questo che siamo, piccoli puntini sotto un cielo immenso.
Ora, se tra questi miliardi di puntini una normalissima ragazza incontra un ragazzo, un motivo forse ci sarà, no?
Serena si passò una mano tra i capelli per cercare di venire a capo di quella strana situazione, sorrise pensando che era un gesto che Chris faceva sempre, si scompigliava i capelli ogni volta che c’era qualcosa che non andava.
Cosa non andava in quel momento? Be’ Serena stava cercando di capire cos’era quella sensazione alla bocca dello stomaco che non riusciva neanche a farla respirare, un dolore con un retrogusto particolare,  un retrogusto che sapeva di Chris.
Questo non l’avrei mai previsto, non … non è da me!
«Sere vieni dentro, su facebook ti ha contattato un certa Francesca»gridò Michela dalla camera, Serena tirò un’ultima boccata d’aria fresca prima di raggiungere l’amica, si chiuse la porta/finestra alle spalle e si tolse la  giacca che aveva indossato per non congelare                              
«Che dice?»chiese appropiandosi del pc, in effetti la chat di Francesca era aperta
F: Ehi Londinese <3
S: Ohi Fra :DD
F:Ora mi racconti tutto di quel Chris! Ho visto le vostre foto ;)
S: Be’…
F: personalmente non mi piace proprio, è troppo alternativo! Insomma Sere, che tipi vai frequentando??
Figuriamoci
S: si, in fatti non mi piace mica!
Mic la guardò di sottecchi
«è la verità»  rispose scrollando le spalle
Di piacermi, non mi piace, il fatto è che magari potevo imparare qualcosa dal suo modo di essere così… solare                                                                                       
«sarà…»
F: Londra com’è?
S:Più bella di quanto avessi mai potuto immaginare
F: la prissima volta mi porti con te! <3
S: magari! <3
   Fra ora scappo, ci sentiamo :*
F: no, aspetta un secondo, notizia bomba!
S: cosa?
F: Lorenzo e Federica…
S: ?
F: SI SONO LASCIATIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Serena spalancò la bocca
S: non ci credo!!!!!!!!!!!!!! Finalmente!
F: ora L è tutto tuo ;)
S: si, ma prima deve conoscermi
F: va be’, ti lascio andare!
    Ciao cucciola <3
S: notte <3
«Quindi… Lorenzo tutto per te?»  chiese Michela non appena S spense il pc                                                                                      
«Magari…»                                                                                       
«Niente più Chris?»  
«Chris non è mai stata neanche un‘opzione»      
Michela vide Serena trattenere il fiato, era tutta rosa in viso e aveva uno strano scintillio negli occhi, prima che potesse chiederle qualcosa lei esclamò:
«non riesco più a trattenermi…»    
«Non ti seguo Sere»  
Lei iniziò a guardare un punto fisso, poi si alzò in piedi.
Sorrise all’improvviso, si girò e saltò sul letto                                                                             
«SI SONO LASCIATI!»gridò iniziando a saltare, aveva un espressione in viso che sapeva… di vittoria ecco!
«ok, ma ora calmati!»cercò di dire Michela, ma Serena si protrasse di slancio verso di lei e l’abbracciò
«tu non immagini quanto io sia felice in questo momento!»sospirò mettendosi a sedere a gambe incrociate, sembrava tanto una bambina che aveva ottenuto quel giocattolo che voleva tanto      
«posso immaginarlo…» rise e Serena la seguì
So sono lasciati! Quindi… benvenuto Lorenzo, addio Chris! 
«Ok, ora mi calmo» annunciò sdraiandosi, chiuse gli occhi ma non spense il sorriso                                                                                                                                                                                                                                                                                                         
«Bene, non vorremmo svegliare tutto l’albergo»
«Magari solo Iacopo e Dario»
Michela fece per ribattere, ma Serena la stoppò
«Ah e, Mic… scusa se prima, a cena, ero poco loquace… avevo la testa altrove»
Già, a fare i conti con il mio orgoglio …
«Tranquila»
«io mi faccio una doccia, se vuoi dormi, non preoccuparti»  Serena si alzò da letto e si sbottonò la camicia mentre Mic si infilò il pigiamino rosso di hello kitty, la grande si chiuse in bagno mentre la piccola entrò sotto le coperte.
Per la prima volta in quella vacanza Serena desiderò di tornare a casa, di poter rivedere Lorenzo, di riprendere  a escogitare piani per conoscerlo con Fracesca, di non incontrare più Chris.
Forse era meglio così, era meglio che Chris e Serena avessero litigato, era meglio anche perché così nessuno dei due avrebbe  complicato la vita dell’altro.
Era finita, basta, niente più giro turistico con Chris, solo con il suo gruppo.
Michela, Dario e Iacopo erano diecimila volte meglio di quel ragazzo, o almeno così cercò di auto convincersi Serena.
Anche se, in fondo, una piccola parte del suo cuore era sempre rivolta verso un diciassettenne alto, con un cappello strano e un skate sempre sotto il braccio.
 
 

 

Londra, British pub (Tower bridge)
22.15


 

«Oh ma dai Chris, non fare cazzate» disse Ryan bevendo un sorso di analcolico
«Chi ti dice che è una cazzata?» rispose Chris disegnando cerchi concentrici con le dita sul tavolo di legno dove si erano poggiati.
Una bibita in quel pub era d’obbligo il lunedì, solo che di solito non si spingevano a fare così tardi. Tardi per un lunedì, non in generale.
«pensaci, vuoi presentarti in camera sua e chiederle di uscire con te dopo che le ne hai dette di tutti i colori e l’hai praticamente mandata a quel paese. »
«Ero incazzato»
«Amico ti capisco, ma se io fossi al posto di Serena ti sbatterei la porta in faccia»
«Ammetto che è un rischio…» Chris poggiò i suoi occhi verdi sulla figura minuta di Ryan e scosse leggermente la testa
«E se non funzionasse? Insomma, se lei ti rifiutasse, se ti mandasse a quel paese… ci faresti solo una figura di merda» cercò di convincerlo il biondino, pensò di esserci riuscito, ma la risposta di Chris lo spiazzò.
«Si, ma se funzionasse?» il ragazzo fece un sorrisetto beffardo, si alzò dalla sedia e afferrò il cellulare dal tavolo
«be’, sarebbe un bel colpo» Ryan gli fece l’occhiolino poi raggiunse l’amico
«oh, ma smettila! Non voglio mica portarmela a letto» disse con indifferenza
«Fidati, fino alla fine ci vai»
«sbaglio o un paio di minuti fa eri tu a dire che mi avrebbe sbattuto la porta in faccia?»
«Ti vedo convinto … ricorda, io sono sempre dalla tua parte»
Per un po’ l’unico suono che andò tra i due era quello della musica degli auricolari di Ryan e le dita di Chris che seguivano il ritmo, ma a loro andava bene così.
Il piccolo riusciva a percepire l’agitazione del grande, avrebbe potuto negare quanto voleva che non gli importava niente di Serena, ma lui avrebbe sempre saputo la verità.
Lo conosceva troppo bene e riusciva ad afferrare ogni gesto fuori posto, dal suo ticchettare le dita sulle gambe allo scuotere i capelli più del necessario, se ti sforzavi a comprenderlo Chris era davvero semplice da decifrare.
I due arrivarono al bivio, per tornare a casa Ryan doveva prendere una certa linea mentre Chris, per raggiungere l’albergo (che, per fortuna, era riuscito a scoprire in una delle tante conversazioni con Serena) doveva prendere un’altra linea.
«che faccio, vado?» chiese Chris appoggiandosi su un muretto proprio davanti all’entrata dell’underground
«ora sei in crisi?»
«non so Ryan… è che, bho.. sembra che la mia vita dipenda da questa scelta»
«addirittura?» rise Ryan
«lo sai che enfatizzo sempre tutto» rispose Chris sorridendo
«Se la vuoi, vai e prenditela»
Ryan gli diede una pacca sulla spalla
«Sei proprio un filosofo»
«lo sai»
«vado?»
«Si e anche senza indugio, tanto cascano tutte ai tuoi piedi»
«Si, magari» sbuffò lui
«Vai Chris, in bocca al lupo»
«crepi»
Si salutarono così, poi Ryan andò a sinistra per prendere la Jubilee line, mentre Chris imboccò la Piccadilly, solo tre fermate e poi sarebbe giunto alla sua meta.
Non sapeva cosa l’avrebbe aspettato, non sapeva come Serena avrebbe preso quella sua intrusione notturna, ma sapeva di per certo che doveva chiederle scusa o… almeno provarci.
L’aria fredda della notte gli congelava i pensieri, avrebbe voluto pensare a qualcosa di ingegnoso da dir qualche battutina nel caso che tutto fosse andato storto, ma niente.
Non riusciva a pensare a niente.
Era una notte dannatamente fredda e Chris si sentiva maledettamente solo, soprattutto dopo aver lasciato Ryan. Sinceramente, non era sicuro di riuscire a sopportare un no da Serena, sarebbe crollato.
Non ti facevo così debole Chris si disse, sempre passandosi una mano tra i capelli.
Vide l’hotel dove alloggiava la ragazza a quattro isolati da lui e sentì l’agitazione crescere. Decise che c’era una sola cosa che poteva calmarlo, così si infilò l’auricolare nelle orecchie e sparò a palla qualche canzone dei Sum41.
Puoi farcela C, devi solo chiedere a una ragazza di evadere dalla sua stanza e andare a fare un giro per Londra con te, un ragazzo che conosce da soli due giorni, che vuoi che sia?
[continua…] 

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Buona sera a tutti (o buongiorno, dipende da quando leggete :3)
Eccoci qui, questa volta ho aggiornato abbastanza presto, ho tagliato il cap 10 perché tutto insieme sarebbe troppo lungo…. Vi aspettano grandi sorprese nel prossimo capitolo!
Questa volta ho da dire solo una cosa, perché non recensite più? :’(
Se la storia non vi piace più potete anche dirmelo… ah e voi che seguite la storia o l’avete aggiunta tra i preferiti, fatemi sapere che ne pensate! Davvero, sono molto curiosa.
Comunque grazie davvero a tutti quelli che recensiscono, ma anche solo a quelli che leggono, vi adoro tutti quanti  <3
Preparatevi per il prossimo capitolo, sarà una bomba! Ahahahahahahah
Ciao a tutti, un bacione :*
 
If_you_belive 

 Si, maga__________
 
 
                                                                                                                                          

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Capitolo 12
*** The way you look tonight ***


And I can’t explain 
but it’s something about the way you look tonight 
Takes my breath away 
It’s that feeling I get about you, 
deep inside 
And I can’t describe 
but it’s something about the way you look tonight 
Takes my breath away 
the way you look tonight

E non so spiegarlo 
ma è qualcosa in te stasera 
che mi toglie il fiato 
È quella emozione che mi fai sentire 
dentro, nel profondo 
E non so descriverla 
ma è qualcosa in te stasera 
che mi toglie il fiato 
il tuo aspetto di stasera.

Cap. 11 – The way you look tonight

 
Londra, Thisdel hotel
22.15
 
 
Ci voleva pensò Serena uscendo dalla doccia/vasca del bagno della camera, poggiò i piedi sulle mattonelle fredde e sentì un brivido percorrerle la schiena, lo sbalzo di temperatura era troppo.
La stanza era accaldata, lo specchio appannato, la finestra chiusa.
Un luogo perfetto, nessun contatto con il mondo esterno, solo Serena e i suoi pensieri.
Pensare, in quel momento, era l’unica cosa che le serviva.
Doveva cercare di analizzare la sua situazione, capire se davvero voleva Lorenzo e se Chris non era poi così rilevante.
Del secondo punto ne era convinta, ormai era andata, ciao ciao Chris.
Ma… a proposito del primo punto? Quello che aveva ottenuto da Lorenzo fino ad allora era pari a zero, certo grazie a lui si era fatta le migliori risate con la sua migliore amica… ma niente più di questo. Serena sapeva tutto su di lui, ma quelle informazioni erano irrilevanti. Avrebbe voluto potergli parlare, anche scambiasi solo qualche parola, le sarebbe bastato. E invece no, il destino non le aveva ancora concesso quel privilegio.
Si, ora era di nuovo single (a proposito, come ha fatto Francesca a scoprirlo? Bha…), ma questo non comprendeva una chance per lei.
Allora? Cosa dovrei fare? Si chiese mentre si avvolgeva in un soffice  asciugamano che copriva lo stretto necessario.
La canzone che emetteva il cellulare cambiò e ne partì un’altra, What’s my age again dei Blink 182
Scommetto che questa a Chris piace
No, adesso basta! fai finta che Chris non sia mai esistito,lui non è più nella tua vita.
Serena iniziò a canticchiare e a ballare per il bagno, era davvero imbarazzante, ma non c’era nessuno a guardarla quindi che importava?
Rise del suo riflesso nello specchio, aveva le guancie rosse, per il caldo e per quel balletto improvvisato,  i capelli che aveva cercato di non bagnare erano praticamente fradici e tutti spettinati e il rimmel era tutto colato.
Cercò di aggiustarsi e poi iniziò ad asciugarsi i capelli, ogni tanto stoppava il phon per ascoltare le sua canzoni preferite, poi riprendeva subito.
Dopo una decina di minuti decise di riattaccare What’s my age again, quella canzone le dava una carica incredibile e anche se non aveva poi così tanto senso in italaino era comunque stupenda.
Un rumore però la bloccò prima che riaccendesse il phon, qualcuno stava bussando? Probabilmente era sua madre.
Fece per gridare a Michela di aprire, ma si ricordò di averle detto di dormire quindi…
Serena si aggiustò al meglio l’asciugamano, riuscì a coprire più di quanto avesse mai sperato anche se era comunque minimo.
Uscì dal bagno e vide Michela che dormiva beatamente con il cuscino tra le braccia e coperta fino alle orecchie dal piumone, era dolcissima.
 Bussarono di nuovo e la ragazza andò su tutte le furie
«Arrivo!» gridò per poi affrettarsi allo spioncino della porta, riuscì a vedere solo nero così si decise ad aprire.
Aspetta, e se è Dario?pensò fermandosi con la mano sulla maniglia, si girò per guardare il suo riflesso nel vetro della grande finestra, in effetti era un po’, come dire? Provocante ecco.
Un po’ di provocazione non ha mai fatto male a nessuno così sul suo volto si dipinse un sorrisetto malizioso. L’amicizia di Dario non potrebbe che aiutarmi, infatti sbaglio o conosce Lorenzo? Mmm, sarebbe davvero un’ottima cosa!
«è la seconda notte che vieni a bussare a quest’ora» disse ormai convinta della presenza del diciassettenne dietro quel pezzo di legno, si morse la lingua mentre apriva la porta pensando alla figura di merda che avrebbe fatto se ci fosse stata sua madre.
Ma la persona nel corridoio con la moquette rossa, appoggiata allo stipite della porta, non era (evidentemente) sua madre.
Non Dario.
E neanche Iacopo.
Un altro diciassettenne completamente diverso dal primo, per atteggiamenti e per aspetto, si trovava ora ad osservare divertito una Serena shoccata e leggermente più bassa di lui che non riusciva a cancellare dal suo viso un’espressione decisamente troppo sorpresa.
«Solo quattro cose, primo: Questa è una delle mia canzoni preferite! Secondo: è la prima volta che vengo a bussarti! Terzo: con quell’espressione sembri un baccalà» ridacchiò «e quarto …be’ se mi accogli così penso di tornare più spesso» 
Sorrise accattivante rassegnando con attenzione il corpo di lei, dai capelli ancora leggermente bagnati alle unghie dei piedi con uno smalto blu notte leggermente rovinato, penso di non dover specificare i punti in cui si soffermò il suo sguardo.
Dico solo che si mise una mano in tasca (e chi vuol capire capisca…).
«Io ho solo una domanda, che cazzo ci fai qui Chris?» sbraitò Serena uscendo dal raggio d’azione dell’effetto dei suoi occhi.
«Be’, veramente passavo di qui con Ryan e ho deciso di venirti a trovare» fece spallucce mentre lei si guardava intorno. Le era parso di sentire dei passi nel corridoio
«Aspetta, stai zitto» gli intimò uscendo dalla camera, ciò che vide non la rallegrò affatto
«cazzo» esclamò spingendo Chris nella sua stanza, ma lui non si mosse.
«che succede?» 
«tu entra e basta!» Riuscì a spingerlo dentro pensò di essersela scampata, quando sentì la voce chiara e squillante di Dario
«Ah ecco cosa fai con il tuo amichetto quando vi lasciamo da soli tutto il giorno» gridò il ragazzo finendo il corridoio fino ad arrivare alla sua camera
«Oh, ma smettila Dario»
«E vuoi che ti creda? Cosa stavate facendo fino a poco fa?»
«è appena arrivato»
«Scusa, allora cosa farete?»
«niente» cercò di dire lei, ma non era così in confidenza con il ragazzo da mandarlo a fanculo o dargli uno schiaffo.
Anche se avrebbe tanto voluto
«Tranquilla, non dirò niente a nessuno» esclamò aprendo la porta della sua camera, proprio accanto a quella delle due ragazze.
«Pensa quello che vuoi» 
«Buon divertimento» disse facendole un occhiolino prima di sparire dietro la sua porta, Serena sospirò per poi raggiungere Chris che si era praticamente appropriato della televisione e di una parte del letto.
«Se non ti dispiace» gli disse oscurandogli la visto sullo schermo piatto per prendere i vestiti che aveva indossato quel pomeriggio. Pregò perché il suo sguardo non si posasse sull’intimo grigio, ma il suo sorrisetto annunciò il contrario.
«tranquilla, io aspetto» annunciò lui dopo che Serena si chiuse nel bagno.
Ci mise solo pochi minuti, poi tornò da Chris con dei vestiti decenti addosso, ma i capelli ancora leggermente bagnati.
«mi vuoi spiegare perché sei qui?» chiese fredda appoggiandosi alla televisione, il ragazzo si alzò dal letto
«Ho… ho combinato un casino prima, non sapevo cosa stavo dicendo… ero fuori di me»
«l’ho notato…» Serena fece per avvicinarsi alla finestra, ma Chris le bloccò il polso
«Dammi una seconda chance» disse cercando di mostrare il sorriso migliore che aveva
«Una seconda chance?  Per salvare cosa, la nostra grande amicizia?» 
«Oh dai S, non fare la difficile. Usciamo. Ora. Senza che nessuno lo sappia»
Lo scintillio negli occhi di Chris a fece quasi cedere
«non lo so…»
«Ti mostro un posto stupendo»
Serena si guardò intorno, era tardi, sicuramente quelli del suo gruppo già dormivano e Dario non avrebbe detto niente a nessuno, di questo ne era sicura.
Michela dormiva silenziosamente nel suo letto, non si sarebbe neanche accorta della sua assenza…
«Se i miei mi scoprono ti picchio» disse guardando Chris, ma non riuscì a restare seria così sorrise
«Quindi è un si?» chiese rispondendo al sorriso
«Un si con ricatto»
«ok, ok, se qualcuno ti scopre potrai picchiarmi» Chris alzò le mani con aria innocente, poi passò un foglietto e una penna a Serena per lasciare un messaggio a Michela. Furono pronti per uscire in pochi minuti, si chiusero la porta alle spalle e attraversarono il corridoio fino agli ascensori, poi lasciarono l’albergo.
 
Se stai leggendo questo vuol dire che ti sei svegliata, se è colpa mia scusami.
Sono in giro con quel pazzo di Chris, non so a che ora torno… se arrivano i miei coprimi tu. Spero che fili tutto liscio, tu torna a dormire! Buona notte cucciola.
                                                                                                                           S.
                                                                                                     
Londra, Underground
22.45
 
«Inizio a pentirmi di aver accettato» disse Serena dopo la seconda volta che Chris le copriva gli occhi per non farle vedere le mappe dell’underground
“dove ti porto è una sorpresa” continuava a ripetere e anche se era abbastanza scocciante Serena non si lamentò più di tanto.
«Oh ma dai, siamo quasi arrivati» disse lui sempre con il sorriso sulle labbra, sembrava che niente potesse rubargli quella serenità interiore.
«per favore, dimmi dome stiamo andando» 
Ecco, aggiungiamo un altro punto alla lista le cose che non mi piacciono di Chris: con lui lo sguardo da cucciolo non funziona!
«Penso sia meglio che tu ti goda lo spettacolo appena arriviamo, la prima volta fa sempre effetto»
«cosa? Dai, muoio di curiosità!» 
Dai lati della metro si sentì l’alto parlante annunciare l’arrivo alla prossima stazione, Serena si fece attenta per cercare di captare qualche indizio sulla sua destinazione sconosciuta, ma Chris rovinò i suoi piani tappandole orecchie
«Ah, ora anche le orecchie!» sbuffò seguendo Chris che si alzava dal piccolo sedile grigio, scese dalla metro e ordinò alla ragazza di guardare per terra finché non sarebbero usciti dall’underground.
Lei, controvoglia, accettò, ma subito dopo fu grata a Chris per averle conservato la sorpresa.
Un grandissimo tower bridge si stagliava davanti ai due ragazzi. Alto, lungo e imponente attraversava il Tamigi con noncuranza e sorreggeva il peso di tutte le macchine come fossero piume 
I colori, i suoni, gli odori, era tutto dannatamente perfetto.
Meglio di come lei avesse mai potuto immaginare, meglio di qualunque cosa avesse mai visto. Poi c’era Chris al suo fianco, sembrava fare parte di tutta quella scenografia, sembrava come se senza di lui quel posto non avesse senso.
Chris notò gli sguardi di Serena e fece un sorrisetto che mise in evidenza due graziose fossette.
No, queste non le avevo mai notate! Sono dolcissime! Pensò lei mordicchiandosi il labbro
«Sono senza parole» annunciò dopo dieci abbondanti minuti di totale silenzio.
In quel momento le parole sarebbero solo state inutili, avrebbero reso tutto futile.
Serena aveva osservato tutto per bene, aveva cercato di catturare ogni singolo particolare nella sua mante, per non dimenticare niente.
I due avevano attraversato il ponte, il traffico non era eccessivo quindi l’atmosfera era ancora più perfetta di quanto già era.
«conosco un pub da queste parti, ti andrebbe di bere qualcosa?» chiese Chris tornati all’inizio del ponte
«decisamente» rispose lei seguendo Chris «Ah e… Chris» sussurrò sperando che lui non sentisse, ma il ragazzo punto gli occhi sul suo viso
«Si?» chiese tranquillo
«Grazie» 
Chris rimase sorpreso, non… non se lo aspettava! Un grazie? Da tutti, ma da Serena no. Non era il tipo per dire queste cose
«E di che? Dovere di guida turistica»
Forse sei più di una guida turistica
 
Londra, British pub
23.00
 
«Chris, che ci fai qui a quest’ora?» chiese un uomo sulla quarantina dietro il bancone del pub
«Oh niente, faccio da guida turistica alla mia nuova amica italiana» rispose lui lanciando un’occhiata a Serena che se ne stava un po’ impacciata dietro di lui
«Oh, ma che bella signorina! Volete sedervi?»
«Si Sean, di sopra se non ti dispiace» 
Chris sembrava conoscere quel posto alla perfezione, si muoveva tranquillo tra i tavoli e gli uomini ubriachi che esultavano per qualche partita di calcio vinta.
Con Sean a capo i tre raggiunsero un piccolo vano scala che salirono molta attenzione, per poi sfociare in una piccola saletta con qualche tavolo qua e là e una grande vetrata che si affacciava proprio sul Tower Bridge sempre meno affollato
«Sedetevi dove volete, in effetti sta sera non c’è molta gente»
In pratica la sala era quasi completamente vuota, tranne per tre ragazzi che se ne stavano in un angolino a parlare in un inglese così stretto che Serena non capì neanche una parola e una coppietta che chiacchierava dolcemente.
«Cosa vuoi da bere?» Chiese Chris alla ragazza
«Una coca, tu?»
«Due coche» ordinò lo skater, poi trascinò Serena verso un tavolino proprio davanti alla grande vetrata e decise che si sarebbero seduti lì.
Parlarono del più e del meno per un po’, le luci abbaglianti delle macchine e delle torri del ponte si riflettevano negli occhi di Chris che quella sera avevano qualcosa di speciale, qualcosa che li rendeva ancora più belli di quanto già erano.
No, aspetta, quando mai ho detto che erano belli?
Ok, forse detto no, ma pensato… ok, ho capito! Li aggiungo alla lista delle cose che mi piacciono.
«Posso chiederti una cosa?» disse Chris guardando fuori dalla finestra
«certo»
«mi prometti che non mi ucciderai dopo?» nonostante la domanda sembrasse uno scherzo il suo tono era abbastanza serio
«Che sarà di così tremendo?» rise, ma per la prima volta lui non continuò
«Devi spiegarmi perché hai sempre quel tono da persona superiore, freddo»
Disse questa volta guardandola negli occhi
«Ma cosa stai..?»
«No, aspetta, fammi parlare. Questa sera, davanti al ponte, avevi uno sguardo diverso dal solito, quasi sorpreso, sincero. Forse tu non te ne accorgi, ma di solito non è così. Sei sempre fredda come un ghiacciolo, per farti sorridere devo mettercela tutta e spesso è anche un sorriso abbastanza falso. Dimmi, sbaglio a pensarla così?»
Serena spalancò gli occhi, in quel momento si sentì morire e lo sguardo di Chris non aiutava.
Ma, ma come ha fatto?
«Io…»
«Ok, scusa, forse non dovevo…  sono stato troppo invadente» disse riabbassando lo sguardo, si aggiustò sulla sedia e la sua gamba sfiorò quella di Serena.
Lei sentì un brivido percorrerle la schiena, l’aria si caricò di tensione
«che giorno è oggi» chiese Serena sospirando
«7 marzo 2011» 
«Bene, sono passati dieci mesi, due giorni e mmm… 16 ore da quando ho incontrato la rovina della mia vita. Sai Chris, non sono stata sempre così, anzi! Ero un po’ come te, ottimista e spensierata, sorridevo sempre.» 
I tre amici nell’angolino se ne andarono e la stanza si riempì del tono nostalgico delle parole di Serena. Muoveva lei mani nervosa e teneva gli occhi bassi, Chris sfiorò con la punta della dita le mani di Serena.
La ragazza, impercettibilmente, si tranquillizzò. Incrociò lo sguardo di Chris per pochi secondi, ma bastarono per convincerla che di lui poteva fidarsi, l’avrebbe ascoltata, sempre.
«Allora perché sei cambiata?» chiese piegandosi sul tavolo verso di lei, le loro dita anche se minimamente ancora si sfioravano ed emanavano elettricità pura.
«Un ragazzo, un ragazzo che quasi un anno fa stava per investirmi con il suo motore. Si era fermato, mi aveva guardato negli occhi, “scusa” aveva detto sfilandosi il casco e io mi ero persa nei suoi occhi. Non sapevo chi fosse, non sapevo dove andasse a scuola o cose così, ma sapevo che dovevo ritrovarlo» fece una pausa durante la quale sorseggiò la sua coca cola, forse per sciacquare via quella punta di amaro che quel racconto le aveva lasciato in bocca. «Lo ritrovai il primo giorno in cui varcai la soglia della mia nuova scuola, ma mi resi contro troppo tardi che sarebbe stata la mia rovina. Il mio fatidico ragazzo si chiamava Lorenzo, era fidanzato ed era uno dei ragazzi più desiderati della scuola. Sai una cosa? Non mi importava. Io e la mia migliore amica Francesca cercammo di scoprire sempre più cose sul suo conto, anzi, aggiungerei loro in quanto a lei piace il suo migliore amico Marco. Comunque iniziammo a indagare su di loro, ma a me questo non bastava, volevo assolutamente conoscerlo. Così decisi di cambiare, iniziai a frequentare la gente giusta e adattai la mia personalità in modo da poter attirare Lorenzo.  Il problema si pose quando smisi di pensare solo a lui e mi dedicai ad altri ragazzi del suo stesso “rango” e quell’atteggiamento provvisorio che avevo adottato diventò all’ordine del giorno fino ad arrivare a essere la mia nuova personalità. Ora sono così, gli altri si aspettano che io sia così e non posso deluderli, mi piace ancora Lorenzo, ma non sono ancora riuscita a raggiungerlo e mi sento una cogliona perché la mia vita fa schifo» concluse spallandosi sulla sedia
Era la prima volta che raccontava a qualcuno come stavano davvero i fatti e Chris sembrava aver catturato attentamente ogni minimo particolare
«non dovresti comportarti così, è sbagliato» obbiettò Chris scuotendo la testa insegno di disapprovazione, i capelli gli caddero sugli occhi e lui cercò subito di aggiustarli.
«cosa intendi dire?»
«è sbagliato vivere in funzione di qualcun altro o cambiare per qualcun altro»
«con questo vuoi dirmi che tu sei sempre stato così? Che non hai mai fatto pazzie per la persona che ami?»
«Sei proprio si cura di amare Lorenzo?»
«Be’ si»
«io dico di no, tu ami la sua immagine, la sua popolarità, non lui.»
«No Chris, ti sbagli»
«Quella canzone a Covent garden, quella degli Script… era dedicata a lui vero?»
«I’m going back to the corner, where I first saw you, I’m gonna camp in my sleeping bed, I’m not going to move. O Thinking maybe you’ll come back into the place that we meet and you’ll see me waiting for you on the corner of the street. Ti sembrerò una pazza, ma sono tornata spesso nell’angolo in cui lo vidi per la prima volta. Speravo di incontrarlo, di… non lo so, ma ho sempre creduto che prima o poi ci saremmo rincontrati lì, nel posto in cui lo vidi per la prima volta»
Il ricordo le faceva male, si vedeva. Teneva gli occhi bassi persi nelle venature del regno del tavolo e il viso poggiato sul palmo della mano
«Non so che dire»
«ok, ora mi sento ufficialmente una stupida»
«ma no dai, sei solo un po’ infantile»
«Lo so Chris, ma non sviare discorso. Prima ti ho fatto una domanda e tu non mi hai ancora risposto»
«Se sono sempre stato così?» Chris iniziò a giocherellare con le dita di Serena, lei sorrise anche se in quel momento le parve l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare
«già..»
«ti va di prendere una boccata d’aria?»
«decisamente, fa troppo caldo qui»
«be’ se ti vesti così…» fece una smorfia notando lo sciarpone di lana e il maglione grigio da sopra la camicia di Serena
«andiamo va» 
I due scesero velocemente le strette scale del secondo piano, Chris pagò il conto, poi uscirono e si immersero nella non più così fredda aria di quella sera.
«non sono sempre stato così» disse Chris quasi in un sussurro, poggiò il suo sguardo sulle torri del ponte, Serena estrasse la macchina fotografica dalla borsa e si scattarono qualche foto insieme.
«Ah, si, e com’eri?» cercò di continuare Serena
«non so se sono ancora pronto a parlartene, sto cercando di dimenticare» 
«Oh dai Chris, io ti ho raccontato tutto di me!»
Ci fu un momento di silenzio in cui i due camminarono sul ponte, versò metà Chris si girò lentamente verso Serena. L’atmosfera era perfetta, il Tamigi era sempre bellissimo e Londra di notte era uno spettacolo indimenticabile, i pochi passanti riempivano l’aria di semplici parole, un cantante di strada intonava qualche canzone di altri tempi.
«Lavoravo da Abercrombie» disse Chris appoggiandosi alla ringhiera di pietra
Serena gli scoppiò a ridere in faccia.
«No, davvero Chris, dimmi la verità»
«Sai dovresti iniziare a darmi un po’ di fiducia» 
«Ok, è solo che non riesco a crederci»
«Ero diverso, molto diverso» 
«diverso in senso buono?»
«come sei tu, mi comportavo proprio come te» Serena non riusciva a immaginarsi Chris come un tipo popolare, soprattutto con quello stile.
No, non può essere assolutamente vero.
«Io e i miei vecchi amici, il giorno del mio sedicesimo compleanno, andammo da Abercrombie per lasciare la nostra domanda, volevamo a tutti i costi lavorare in quel posto. Non che ne avessimo bisogno economicamente, ma per un ragazzo era il top, saremmo diventati ancora più popolari di quanto già non eravamo» raccontò sporgendosi un po’ per seguire una barchetta di pescatori che stava attraversando il grande fiume, Serena si fece un po’ più vicina.
«E poi? Che è successo, hanno preso i tuoi amici e non te?» 
Chris fece una risata cristallina
«non hai proprio fiducia in me?» 
«non è che… va be’ continua»
«Mi presero, presero me e i miei più stretti amici»
«aspetta, c’era anche Ryan tra questi?»
«no, Ryan viene dopo, ma posso parlare?»
«si, non sono una grande ascoltatrice»
«Dicevo, io e i miei amici Jake, Will, Bryan, Jerome e Jesse iniziammo la nostra carriera da Abercrombie, i nostri volti erano tra i più apprezzati,a pensarci bene eravamo dei gran montati! Poi anche le due ragazze della nostra comitiva si unirono a noi e tutti ci sembrava dannatamente perfetto. Le feste, le amicizie, le nostre serate da sballo, la scuola ai nostri piedi… cosa potevamo desiderare di più?»
«Una sola domanda» lo interruppe Serena «perche oggi Jake non ti ha riconosciuto subito? Perché ha dovuto toglierti il cappello per capire chi eri?»
«Jake ha lasciato la scuola, erano mesi che non ci vedevamo. In effetti da quando ho deciso di cambiare vita, non mi ha mai visto con i capelli così» 
«Che è successo?» chiese Serena ora accanto a Chris. Si rese conto di arrivargli solo alla spalla e si sentì incredibilmente piccola al suo fianco, non solo per l’altezza, ma anche per i suoi modi di fare. Chris sembrava moralmente più grande, nonostante il suo sorriso c’era sempre una punta di dolore sulla sua lingua, sembrava sostenere il mondo sulle spalle, ma mantenendo sempre quell’aria un po’ sbarazzina.
Serena, queste cose, le stava notando solo quella sera.
«Era un sabato sera, precisamente il dieci settembre 2010, due giorni prima dell’inizio della scuola. Io, Bryan, Jake, Jesse, Will, Jerome, Georgia e Claire eravamo andati a una festa, ma ci annoiavamo, così decidemmo di andare altrove. Raggiungemmo il nostro solito pub vicino Soho e ci appropriammo del nostro tavolino nell’angolo in modo che nessuno potesse darci fastidio. Io e Jake andammo a prendere da bere, lui passò qualche banconota sottobanco per non farci mostrare i documenti poi tornammo dagli altri con alcolici di tutti i tipi mentre loro uscivano un po’ di roba che avevano comprato alla festa. In fondo è questo che fanno i giovani provenienti da famiglie benestanti, mai visto gossip girl? Bene, noi assomigliavamo tanto ai ragazzi dell’upper east side o almeno così diceva sempre Georgia, mi chiamava il Nate di Londra e mi faceva impazzire, avevo una bella cotta per lei, ma lei era intoccabile, stava con il mio migliore amico Bryan. Eravamo tutti un po’ fatti quella sera, Georgia si avvicinò a me e praticamente mi si buttò addosso, mi baciò con una passione tale che se ci penso mi vengono ancora i brividi. Bryan ci vide, gettò Georgia a terra e mi tirò diede uno schiaffo, litigammo come non avevamo mai fatto, ma il peggio doveva ancora venire. Nel frattempo nel locale era entrata la polizia, ci aveva puntato, un gruppo di sedicenni fatti e ubriachi non passava certo inosservato. Chiesero i nostri documenti, ma Jake prese una bottiglia di Vodka e la ruppe in testa al poliziotto più vicino, ci guardammo e iniziammo a scappare. Ricordo la scena come se fosse ieri, fuori dal pub c’era una strada a due corsie, dovevamo semplicemente attraversarla prima dell’ufficiale per essere liberi. Claire e Jerome erano in testa, subito dopo seguivano Will, Jesse e Jake, poi io e dietro di me Bryan e Georgia che litigavano animatamente. Tutto sembrava andare per il meglio, la polizia era lontana da noi, tutti erano in salvo tranne me, Jake e gli altri e due, servivano solo pochi minuti e sarebbe finito tutto, ma Georgia cadde e con lei Bryan. Tornai indietro per aiutarli, “sparisci traditore” mi disse Bryan mentre cercava di alzarsi, ma non era abbastanza lucido, non ce la faceva. “prendi Georgia” mi ordinò quando si accorse che i poliziotti ci stavano raggiungendo, “dammi una mano con Bryan” gridai a Jake che guardava imbambolato la scena a metà tra le due corsie, ma lui non si mosse. Aspettai finche non vidi Bryan alzarsi così presi Georgia in braccio e corsi in salvo verso Jake, dietro di noi Bryan arrancava, ma non riuscì a raggiungerci. Posai G a terra e mi girai verso il mio migliore amico. Passò una macchina a tutta velocità. Prese Bryan in pieno. Corsi verso di lui, non riuscivo a respirare. Lo sollevai e pregai Jake di chiamare un’ambulanza, ma lui corse via. Presi Bryan tra le mie braccia “andiamo B, non mollare, ti portiamo in salvo” gli dissi mentre Georgia chiamava un ambulanza e i poliziotti ci raggiungevano, ma Bryan era lacerato e perdeva molto sangue. “Sei il mio migliore amico Chris” sussurrò, io non seppi cosa rispondere, ero in panico. “Non dirlo ora, riuscirai a salvarti, starai bene e allora me lo dirai” non ero sicuro di ciò che stavo dicendo, farneticavo, e l’effetto dell’alcol non aiutava di certo. “Ti voglio bene C”. morì tra le mie braccia. il mio migliore amico non c’era più. Era morto. Mi aveva lasciato per sempre. Non uscii di casa per una settimana, penso che fu la prima volta che versai così tante lacrime. Quando tornai a scuola sentii Jake, Jerome e Claire raccontare agli altri ragazzi che era stato Bryan a spingerli a bere e che era stato lui a colpire il poliziotto… ruppi il naso a Jerome, mentre Jake e Claire non tornarono più a scuola. Quel modo di vivere faceva schifo, me ne rendevo conto solo allora, avevo bisogno di qualcuno su cui sfogarmi, ma non c’era nessuno. Ero improvvisamente solo. Ecco perché sono cambiato, ecco perché ora sono così. Ho capito il valore della vita e quanto quella di prima fosse sbagliata. Mi sono fatto crescere i capelli e ho cambiato stile, poi ho incontrato Ryan e da allora è stato tutto diverso. Se mi vedi sorridere è grazie a lui» 
Serena aveva le lacrime agli occhi, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare, non aveva mai sentito così tanto dolore nella voce di qualcuno.
«Oh mio Dio Chris» sussurrò e di scatto lo abbracciò, fu un istinto più forte di lei.
Chris la strinse delicatamente, era tanto che qualcuno non lo abbracciava così. Sarebbe volentieri rimasto così per tutta la notte, non aveva bisogno di altro. Strinse le palpebre, non si sarebbe messo a piangere di nuovo, non poteva continuare così.
«Tranquilla, ormai mi sono abituato» sussurrò  tra i suoi capelli, Serena sorrise contro il suo petto, era una bella sensazione.
Capì che doveva cambiare argomento se no lui sarebbe crollato.
«Che canzone è questa?» chiese ascoltando la giovane cantante all’inizio del ponte
«The way you look tonight, di Elthon Jhon» 

And I can’t explain 
but it’s something about the way you look tonight 
Takes my breath away 
It’s that feeling I get about you, 
deep inside


Sorrisero tutti e due, uno all’insaputa dell’altro e ascoltarono attentamente la bellissima canzone. Serena si sentiva strana, percepiva come un’attrazione verso Chris e aveva caldo anche se era nella fredda mezzanotte di un inverno londinese. Si allontanò dal ragazzo, voleva vedere di nuovo il suo sorriso e … e lo scintillio dei suoi occhi, quel verde così intenso. 
Oh Chris, se solo sapessi cosa sto provando ora…

And I can’t describe 
but it’s something about the way you look tonight 
Takes my breath away 
the way you look tonight

 
 
«Andiamo, ti riaccompagno in albergo» disse Chris prendendole il fianco, ma lasciò presto la stretta.
Non parlarono per tutto il tragitto, ma non fu imbarazzante. Non volevano parlare.
Serena ammirava il ragazzo al suo fianco ogni volta che ne aveva modo. Era bello, davvero bello, non lo avrebbe mai pensato.
Solo perché di solito portava uno skate sotto il braccio e delle felpe un po’ larghe non l'aveva mai degnato davvero di uno sguardo.
Chris era il ragazzo più bello che Serena avesse mai incontrato, anche più Lorenzo, e questo la spaventava.
Non voleva soffrire ancora, ma innamorarsi di Chris l’avrebbe comportato.
La lontananza, la loro diversità, tutti fattori non indifferenti.
Innamorasi è una parola un po’ troppo grossa si disse, ma poi rivide quelle dolcissime fossette e pensò che, in fondo, non erano poi cos’ diversi. Erano due esseri umani che vivevano sotto lo stesso cielo e cercavano di combattere per un giorno migliore. Bastava questo no?
«Buona notte S» salutò lui avvicinandosi alla ragazza davanti all’entrata dell’hotel
«Buona notte C» rispose abbassando lo sguardo, i suoi occhi erano ancora troppo intensi per poterli sostenere. Chris le alzò il viso con le dita e poggiò le sue morbide labbra sulla fronte di Serena, quel contatto riuscì a riscaldarli anche durante la folata di vento che li investì. 
Il ragazzo si girò senza aggiungere altro e scomparve presto qualche isolato più in fondo mentre, Serena rimase lì a fissare il vuoto per minuti che sembrarono infiniti.
Rientrò con i pensieri congelati, non riusciva a formulare frasi sensate. 
Si infilò sotto il piumone ancora vestita, Michela per fortuna non si era svegliata, il biglietto era ancora al suo posto. 
Il cellulare di Serena squillò, un messaggio.
 
Da:Chris
Tomorrow, wherever you are, whenever you want.
Good night Italian girl.
C.
 
Serena si addormentò con il sorrriso stampato sulle labbra, che incantesimo le aveva fatto quell ragazzo dai capelli castani per farla sentire così?
Non lo sapeva, la sua certezza era una sola.
Chris non era come pensava, Chris era speciale, Chris era tutto ciò che desiderava in quel momento.


1.


1. Tower bridge (crepuscolo)

_________________________________________________________________________________________________


Salve gente! :D
Bene, vedo che nello scorso capitolo le recensioni sono aumentate, mi fa molto piacere! coninuate così ^^
Allora, che ne dite? Chris è adorabile... :'(
un secondo di silenzio per il suo amico Bryan
...
e ha passate di tuti i colori il cucciolino..
Ecco, ora avete un quadro di quello che Serena prova per questo Lorenzo, certo che non è poco... 
secondo voi chi preferirà? La domanda dovrete porvela tra un po'
bene, io non ho nient'altro da aggiungere! (se non vi dico trappo .-. ahahaha)
grazie ancora a tutti quelli che recensiscono, su, voglio sentire la vostra voce!
grazie a quelli che leggono
grazie a quelli che preferiscono o seguono questa storia
Siete tutti stupendi *_*

Ciao a tutti! un bacione :*

If_you_belive


 
 
 
 

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Capitolo 13
*** _cast_ ***


Ciao a tutti! :D
Come potete vedere questo non è un'aggiornamento, ma ho pensato di postare il cast di questa storia.
Devo dire che ho passato interi pomeriggi alla ricerca delle persone giuste e ora sono abbastanza soddisfatta, anche se premetto che non sono totalmente coerenti alle descrizioni di cui vi ho fornito. Questi personaggi servono solo come guida.
Fatemi sapere che ne pensate, ok?
Alla prossima <3


Serena_ Protagonista (Miley Cyrus)


Chris_Protagonista (Cedric Bratzke)



Ryan_Migliore amico di Chris/batterista della band (Harry Styles)

 

Michela_Amica di Serena (Georgie Henley)



Personaggi secondari:

Dario_compagno di viaggio di Serena (Taylor Lautner)



Iacopo_fratello di Dario/compagno di viaggio di Serena (Matthew David Lewis)



Georgia_amica di Chris/ cantante della band (Dianna Agron)


Jake_"amico" di Chris (Lucas Till)



Harry_Chitarrista della band (Zac Efron)                                   Lenny_bassista della band (Carter Jenkins )



Lorenzo_ragazzo che piace a Serena (Aaron Johnson)




Luca_fratello di Lorenzo (William Mosely)


 
e, in fine

Bryan_... (Steve McQueen)

 

 

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Capitolo 14
*** London street ***


So how can you tell me you’re lonely, and say, for you that the sun don’t shine ?
Let me take you by the hand and lead you though the streets of London,
I’ll show you something to make you change your mind.
 

come puoi dirmi che sei solo e dire che per te il sole non splende ?
lascia che ti prenda per mano e ti conduca per le strade di Londra
ti mostrerò qualcosa che ti farà cambiare idea.

 

 

 [The Beatles - The Streets of London]
 

 

 

Cap 12 – London street

3° giorno

Londra, Victoria Embankment
16.30

 

«Sai, ho pensato molto alla tua storia e ho capito una cosa» disse Serena mentre cercava di non perdere l’equilibrio camminando su un basso muretto.
«cosa?» chiese Chris con in suo solito tono spensierato
«Oh Chris, andiamo, tu sei depresso! Te lo si legge negli occhi»
«Ma cosa vai a pensare S? Non sono depresso»
«Allora sei ancora innamorato di quella Georgia»
Serena cadde e Chris cercò di afferrarla, ma lei scivolò e finì dritta di sedere a terra, Chris scoppiò in una fragorosa risata
«che hai da ridere?» disse scontrosa cercando di rialzarsi
«sei buffa» disse Chris con una smorfia adorabile
«basta, è stato già fin troppo umiliante» protestò tornando a camminare al suo fianco, sta volta non sul muretto
«dicevamo, se mi piace ancora G?»
«si»
«e bene no, non mi piace. Dopo quello che successe quella sera non sono più riuscito a vederla come prima, anche se ti confesso che un paio di baci ci sono stati»
«secondo me tu le piaci ancora»
le parole di Serena si dispersero in una fresca brezza, il tempo non era bello, ma per essere a Londra non potevano  lamentarsi. Certo, qualche folata di vento in meno avrebbe aiutato, ma non si poteva avere tutto dalla vita, no?
«che c’è? Gelosa?» ridacchiò Chris, ecco, ora erano ufficialmente sulle sponde del Tamigi.
«Io? neanche morta» rispose Serena indifferente
Be’, magari solo un po’…. Te l’ho mai detto che sei bellissimo Chris?
«comunque tu come fai a sapere che le piaccio?»
«il tuo profilo su facebook parla chiaro»
«Quindi sei gelosa e ti spacchi sul mio profilo, questo è un grande passo»
Chris sembrava davvero contento, dopo l’altra sera pareva sempre più sorridente, come se si fosse tolto un peso dalle spalle.
Serena trovava bello poter condividere qualcosa in più con lui, qualcosa che riusciva ad avvicinarli almeno un po', qualcosa che, anche se lontanamente, li accumunava.
«non ho mai detto che sono gelosa e non mi spacco sul tuo profilo»
«Stai zitta un momento» disse bruscamente svoltando un angolo, la ragazza lo seguì sorpresa
«che succede?» sussurrò
«guarda tu stessa» la sua aria soddisfatta anticipò lo spettacolo che si poneva davanti ai loro occhi.
Il London eye in tutta la sua grandezza svolgeva lentamente il suo moto, più in là si intravedeva il massiccio Big Ben e la punta dell’abbazzia di Westminster.
Londra riusciva sempre a sorprenderla, anche con la cosa più stupida, come una ruota panoramica ad esempio.
«Questa città mi sorprende sempre»
«dopo un po’ ci fai l’abitudine, ma è comunque bellissima»
«Allora, oggi dove mi porti?»
«A proposito, ti andrebbe di vedere le prove della futura band più famosa del millennio?»
«La tua band?» disse Serena alzando il sopracciglio e naturalmente smorzando tutto l’entusiasmo di lui
«Mostrare un po’ più di entusiasmo non mi farebbe dispiacere!» si lamentò
«Waaaaa la tua band! Io vi amo!» gridò imitando una fan impazzita «così va meglio?»
«meglio»
«quindi che si fa?»
«vieni alle prove con me»
«dove? In un garage come nei film americani?»
«mmm no, in un locale e poi avrei in mente una cosina per stasera»
«tipo?»
«devo prima chiedere a Ryan»
Come si suol dire, parli del diavolo e spuntano le corna.
In quel momento il cellulare di Chris prese a squillare, era il suo migliore amico.
Serena non si curò molto di ciò che si dissero, era più presa da ciò che la circondava.
Avrebbe voluto restare a Londra per sempre, si sentiva a suo agio, si sentiva come se appartenesse a quel posto da sempre.
Chris, naturalmente, era compreso nel suo sogno.
Sorrise guardando per terra, si sentiva stupida. Aveva giudicato male quel povero ragazzo per tutto il tempo e ora, a soli quattro giorni dalla partenza, si era resa conto che era speciale.
Che era diverso dagli altri.
Che, magari, poteva anche piacerle.
«ci sta per raggiungere Ryan» disse Chris facendola sobbalzare
«cosa?»
«che c’è? Non ti va?»
«no è che… aspetta faccio venire anche Michela! Non mi va di lasciarla da sola nelle grinfie di Dario e Iacopo»
Chris fece la sua solita risata cristallina, poi smise di camminare all’improvviso.
Allungò una mano verso la ragazza, le prese il polso
«attraversiamo» disse tirando a se Serena, lei acconsentì con un cenno della testa mentre aspettava la risposta dell’amica con il cellulare poggiato contro l’orecchio.
La strada era larga e affollata, dovevano correre per non essere presi sotto.
Mentre si affrettavano la mano di Chris scivolò dal polso e le sue dita si ritrovarono presto a intrecciare quelle della ragazza
«Ehi Mic» salutò lei nell’apparecchio non appena si trovarono dall’altra parte della strada.
Serena lanciò un’occhiata alle dita di Chris ancora intrecciate nelle sue.
Lui camminava con indifferenza, non sembrava avere intenzione di lasciarle.
«Sere, che succede?»
«Ti…ti… ti andrebbe di raggiungermi?» cercò di dire mentre il suo cuore accelerava i battiti.
Cosa ti prende S? ti sta solo tenendo per mano.. o mio dio mi sta tenendo per mano!
«dove siete?»
«dalle parti del London eye»
«perfetto, anche noi! A che altezza più o meno?»
Serena incrociò lo sguardo di Chris.
Sentì una piccola stretta sulle sue dita.
Chris sorrise.
«Sere ci sei?»
 

 Mi sento svenire 

 

«Sere?!»
«Eccomi Mic» disse quasi in un sussurro tornando a guardare i suoi piedi
«Dove sei?»
«Proprio di fronte alla ruota»
«Alza le braccia» propose, ma Serena non aveva la minima intenzione di lasciare la grande e confortevole mano di Chris.
Alzò solo il braccio destro e lo agitò in aria
«Ma che fai?» chiese Chris con uno sguardo divertito
«Aspetta»
«Ehi, ti vedo!» grido Michela nel cellulare.
Chris lasciò la mano di Serena.

No, ti prego, non farlo…

Michela emerse da un gruppo di turisti cinesi, dietro di lei arrancavano Dario e Iacopo seguiti dal resto della compagnia. I bambini facevano così casino che si sentivano da metri e metri di distanza.
«Serena» gridò la brunetta per farsi notare, Serena cercò di distogliere l’attenzione dall’improvvisa lontananza di Chris e si concentrò sull’amica
«Ehi Mic» salutò stampandole un bacione sulla guancia, la madre di Serena le si avvicinò
«Allora Sere, Michela resta con te?»
«Si, tranquilla»
«chiamateci per qualsiasi cosa»
«Ok, ok, ciao mamma»
«Ah, tu devi essere Chris!» disse Patrizia, Serena si meravigliò del fatto che parlasse in italiano con il Londinese, poi si ricordò di averle detto che Chris era un suo vecchio amico e che prima viveva in Italia..
«Mamma, Chris non parla più italiano»
«Ma se prima viveva in Italia…»
Serena si sentì le gambe mollicce, tutta la sua copertura stava per crollare. Se sua madre avesse scoperto che Chris era praticamente uno sconosciuto non l’avrebbe più lasciata andare in giro con lui.
E questa non era una cosa positiva.
«Salve, si, sono io Chris» Chris lasciò le due ragazze a bocca aperta, questo non se lo sarebbero mai aspettato.
«Oh, lo dicevo io che era impossibile che non parlavi più la nostra lingua!» esclamò la donna
«già, anche se è difficile per me, l’inglese ha una … pronuncia diversa»cercò di spiegare sorprendendo ancora le due, certo la sua pronuncia non era perfetta, ma chi se ne frega!
Chris stava salvando la copertura di Serena.
«Oh si, ti capisco» Patrizia prese a parlare in inglese
Per fortuna
«non si preoccupi, ci sono io a badare a queste due»
Si, preferisco decisamente il Chris che parla in inglese.
«Allora buon proseguimento» salutò raggiungendo il resto del gruppo
«ciao mamma»
«ciao Patrizia»
«Arrivederci»
«Chris, lei è Michela, Michela lui è Chris» presentò Serena, ma tra i tre c’era un po’ di imbarazzo e lei avrebbe tanto voluto stringere ancora la mano di Chris.
Tanto…
«Ehi Chris!» gridò una voce, un ragazzo su uno skateboard stava raggiungendo il gruppetto ad alta velocità
«Ryan» esultò Chris alzando un braccio per fermarlo
«Ciao Serena» salutò il quindicenne
«Chi si rivede! Il ragazzo delle sparatorie nella metro» disse lei sarcastica, Ryan scoppiò in una risata fragorosa
«Ma dai, volevo solo spaventarti un po’»
«Ah Ryan, lei è un’amica di Serena, Michela»
«piacere di conoscerti» Ryan le allungò una mano e lei la strinse saldamente, era rossa in viso, visibilmente imbarazzata, ma sicuramente i due ragazzi non l’avevano notato.
Poi mi devi spiegare perché se così rossa cercò di dirle Serena con lo sguardo, ma purtroppo non erano ancora state esposte a radioattività, morse da strani ragni o cose del genere, quindi la telepatia non era una loro dote
«piacere mio» rispose Michela tentennando, con l’inglese se la cavava abbastanza bene, se ci fosse stato Dario l'unica cosa che sarebbe riuscito a dire sarebbe stata tipo : the ticket is on the table, ed era anche un grande passo.
«Chris, prima… hai parlato in italiano?» chiese Serena sbalordita
«Mia madre è italiana, ricordi? Te l’ho detto qualche giorno fa» rispose lui controllando il cellulare
«Giusto, ma non pensavo lo parlassi così bene …»
Chris rispose con un ampio gesto del polso, come a dire dettagli
«Ah, Sere… prima siamo andati in albergo, ho acceso la televisione e indovina cosa ho trovato?» disse euforica Michela, gli occhi di Ryan erano fissi su di lei.
«cosa, altre sfide estreme con cinesi pazzi?»
«no, no! Molto meglio»
«cosa c’è meglio di cinesi pazzi che si scannano per resistere a quelle stupide prove?» chiese Chris con il consenso dell’amico
«un canale che mandava in onda death note» esclamò la brunetta
«non posso crederci! Death note»
«Fans di death note?» chiese Ryan con apparente non curanza
«Certo» rispose Michela sorridendo
«Secondo me… è fantastico!» esultò il ragazzo.
I due iniziarono una fitta discussione su chi fosse meglio tra i due protagonisti del manga/anime giapponese. Serena doveva ammettere che quello era davvero un bel programma, ma nessuno sapeva di questa sua passione a parte Michela.
«Secondo me sono un bella coppia» incominciò Chris non appena Mic e Ryan si allontanarono di poco da loro
«Si sono appena conosciuti!» lo contrastò Serena «piuttosto direi che Ryan è proprio un bel ragazzo»
La ragazzo osservò meglio l’allegro amico di Chris.
Aveva dei ricci disordinati portati, naturalmente, con il ciuffo al lato. Un paio di vispi occhioni celesti concordavano con i lineamenti un po’ infantili del viso, ma discordavano con il fisico alto e slanciato.
In poche parole era davvero molto bello e il suo stile un po’ stravagante gli calzava a pennello.
«è un ragazzo abbastanza richiesto, ma lui ha dei gusti un po’ difficili, non gli va mai bene nessuno, anche in campo di amicizie»
«tu sei stata un’eccezione quindi»
«già»
Camminarono in silenzio per qualche minuto, trasportati dalle allegre conversazioni dei due davanti, poi il cuore di Serena fece un balzo.
Eccole, le dita di Chris erano tornate a intrecciare le sue.
Sorrise con lo sguardo perso nelle acque del fiume, era da ieri sera che non trovava risvolti negativi nella situazione che stava vivendo, un folle ottimismo si era impossessato di lei e non voleva più lasciarla andare.
Sai Chris, mi fai sentire bene...
«mi sembra strano che tu non abbia niente da ridire su questo» disse lui stringendole la mano per farle capire cosa intendeva
«mmm forse perché non ho niente da ridire»
«quindi non ti da fastidio che una persona che si distacca totalmente dal tuo modo di pensare ti tenga per mano»
«non facciamo niente di male, ci teniamo per mano, come… vecchi amici»
Grandissima stronzata.
«Avanti S, gli amici non si tengono per mano»
E ora dove vuole arrivare?
«Be’…» Serena non sapeva cosa rispondere
«Eh Chris» lo chiamo Ryan
Oh mio dio, grazie Ryan
«Che succede?»
«Senti, che ne dici se sta sera portiamo queste due belle ragazze alla festa»
«Che festa?» chiese Michela curiosa
«Ah, ecco cos’era il programma che avevi in mente per sta sera!» intuì Serena
«Stavo per chiedertelo Ryan, io sono d’accordo, dobbiamo solo avere il loro consenso»
«allora che fate, vi va di venire?» chiese il ragazzino con un sorriso enorme
«per me va bene, che ne dici Mic?»
«può andare, dobbiamo solo convincere i nostri…»
«Ce la faremo»
«Che si fa, andiamo al locale?» domandò Ryan
«ma si dai, andiamo» accettò Chris.
I due “piccoli” tornarono davanti, che si stavano simpatici era evidente, ma Serena non riusciva a pensare ad altro che a quella mano che stringeva dolcemente la sua.
Chris le trasmetteva calore, fiducia e un senso di libertà che non aveva mai provato.
Con Chris doveva essere se stessa, nessun altro, solo Serena.
«Ti vuoi muovere» si lamentò il ragazzo scuotendola, si era imbambolata guardando il vuoto
«Si, arrivo, arrivo!» rispose lei cantilenando, ma Chris alzò il braccio con cui le teneva la mano e lo passò attorno alla sua spalla.
Così la abbracciava e la teneva per mano contemporaneamente.
Ah e, sorrideva, sorrideva mostrando quelle fossette che Serena aveva notato solo l’altra sera.
Sorrideva e Serena si sentiva al settimo cielo. 

 


1. London eye


________________________________________________________________________________________________________________________________

Hola amigos!
Como estass?
Ok, basta. Ci tengo a scusarmi per l'enorme ritardo che ho fatto, purtroppo in questo lasso di tempo che è passato dall'ultimo aggiornamento sono successe un po' di cose. Ho duvuto cercare di rimediare a un possibile debito in latino, ho affrontato l'inizio e la fine di una storia su cui contavo e ho realizzato che i ragazzi di oggi si sono fumati il cervello .-.
Per fortuna c'è Chris <3
Vediamo, ecco una svolta tra Serena e Chris, è un passo importante per loro, sopratutto per Serena che ha capito che Chris le piace...
Scusate se non aggiungo altro, ma ora devo scappare.
Grazie, come sempre, a tutti quanti! Vi adoro *_*
Prometto di aggiornare il prima possibile!
un bacio grandissimo a tutti quanti :*

P.s.: Mi serviva qualcuno che potesse impersonare alla perfezione Ryan e dopo un intero pomeriggio di ricerche, l'ho trovato! <3
Personalmente lo adoro, si chiama Harry styles ed è un cantante che ha partecipato a x factor dell'anno scorso (l'x factor londinese si intende)
Cantava in una banda, gli One Direction,http://www.youtube.com/watch?v=BKEis9RwqS0, cliccate qui per ascoltarli, ne vale la pena (sono tutti bravissimi e bellissimi)
Ora scappo davvero, fatemi sapere che ne pensate di Ryan e continuate a recensire
ciao <3

If_you_belive
 

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Capitolo 15
*** Tra G e S è guerra aperta. ***


Don’t pretend I think you know I’m damn precious
And Hell Yeah
I’m the motherfucking princess
I can tell you like me too and you know
I’m right
She’s like so whatever
And you could do so much better
I think we should get together now
And that’s what everyone’s talking about!
non far finta di no, penso che sai che
sono dannatamente preziosa
e diamine, sono una fottuta principessa
posso dire che anche io ti piaccio
e tu sai che ho ragione
 
lei è una qualunque
e tu puoi fare di meglio
penso che dovremmo stare assieme adesso
ed è quello di cui tutti stanno parlando
[Girlfriend – Avril Lavigne]
 
 

Cap. 13 – Tra G e S è guerra aperta

 
Londra, underground (Jubilee line)
17.25
 
«non ho mai visto le prove di una band» disse Serena, ma il suono della sua voce fu attutito dalla fermata della metro, lo scompartimento fino ad allora quasi vuoto si riempì di gente.
«Siamo fortissimi» esultò modesto Ryan
«Prima dobbiamo giudicarvi noi» s’intromise Michela.
Chris se ne stava silenzioso, il suo sguardo si perdeva nelle buie gallerie che s’intravedevano dai finestrini.
Si sentiva l’aria mancare.
Chiudeva gli occhi e gli sembrava di sentirlo ancora.
 
«Ma sei sicuro che con questa arriviamo a Soho?» chiese Chris un tantino perplesso.
Non prendeva mai la Jubilee, era troppo… troppo diversa dalle altre linee.
Chris odiava i cambiamenti, la staticità era il suo forte.
«Certo che ci arriviamo, la Jubilee ferma anche a Piccadilly» rispose risoluto Bryan.
«Non ho molta voglia di andare a questa festa».
«scommetto che sarà una grande rottura»
«Devo dire però che la sorella di quello che la organizza non è niente male, quasi, quasi sta sera ci provo» Sul viso di Chris si dipinse un sorrisetto malizioso.
«Dovresti eliminare “ci provo” dal tuo vocabolario, non devi provarci, sono già tutte ai tuoi piedi» disse l’amico con l’aria di chi la sa lunga, scosse i folti capelli neri in segno di disapprovazione.
«Ma smettila» Chris lo spinse amichevolmente, poi guardò il suo riflesso nel finestrino. Sorrise e si sentì onnipotente, i suoi capelli erano perfetti e perfettamente pronti per essere scompigliati dalle mani di qualche bella ragazza, la camicetta sbottonata fino al petto lo rendeva ancora più sexy di quanto già non fosse e i pantaloni stretti mettendo in evidenza un bel fondoschiena.
Bryan gli diceva sempre che era troppo egocentrico, ma non gli importava.
Sapeva di essere bello e desiderato, cosa c'era di male?
«Sai Chris, l’altro giorno stavo pensando a una cosa».
Bryan iniziò a giocherellare con l'estremità del cardigan nero.
Brutto segno
«cosa?»
«Georgia ti guarda in modo strano ultimamente…» sussurrò spostando gli occhi grigi dovunque tranne che su quelli di Chris.
Quest’ultimo non sapeva cosa dire.
Sentì un pugno nello stomaco, dannazione quanto gli piaceva Georgia… quella ragazza lo faceva impazzire.
L'altra sera si erano visti di nascosto, se l'erano spassata alla grande, insieme facevano scintille.
Certo un po' si sentiva in colpa, era la ragazza del suo migliore amico cazzo!
Ma... non poteva farci niente, Georgia era nella sua mente.
«Cosa vai a pensare Bryan?G ti ama alla follia» ridacchiò lui nervosamente.
Bryan lo conosceva fin troppo bene, sapeva che c’era qualcosa che non andava, lo aveva sempre saputo, ma aveva sempre fatto finta di niente e avrebbe continuato a farlo.
Bryan era troppo buono con le persone, non era adatto a quel mondo di stronzi.
«ieri sera l’abbiamo fatto» ora i suoi occhi erano accesi e scintillavano di euforia.
«visto? Se non ti amava secondo te, te l’avrebbe… permesso?»
«no…» 
Lo stomaco di Chris si stava contorcendo dalla gelosia, c’erano momenti in cui avrebbe volentieri preso a pugni il suo migliore amico.
Voleva Georgia tutta per lui più di qualunque altra cosa.
«siamo arrivati» annunciò il ragazzo dai capelli neri alzandosi e mostrando il suo fisico asciutto, Chris lo raggiunse poco dopo e aspettarono insieme che le porte del mezzo si aprissero. Sentirono un paio di ragazzine infondo alla carrozza ridacchiare eccitate.
Erano sicuramente della loro scuola, o forse, li avevano riconosciuti dopo averli visti dall’Abercrombie. 
Chris alzò una mano in segno di saluto e la più carina delle due quasi non svenne, in pochi minuti riuscì ad avere il suo numero scritto sul braccio.
Non l’avrebbe di certo chiamata, ma  vedere quanto la gente lo adorava.
Amava dare false speranze.
Amava sentirsi superiore.
«Sei sempre il solito» gli disse Bryan ormai rassegnato
«Che c’è, le ragazze mi vogliono, io le accontento tutte» spiegò Chris con aria di saggezza, l’amico lo spintonò, poi le grandi porte scorrevoli si aprirono e i loro piedi toccarono il marciapiede. I due continuarono a ridere e scherzare per tutto il tragitto.
Naturalmente, nessuno dei due sapeva cosa sarebbe successo quella sera.
Nessuno dei due sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che i due avrebbero preso la metro insieme.
 
«Chris, Chris stai bene?» una preoccupatissima Serena era inginocchiata davanti a lui
«Si, tutto ok» farneticò il ragazzo cercando di fare respiri più regolari, il suo viso aveva un colorito olivastro.
No, non poteva andare avanti così.
«Tranquille, è solo la Jubilee che gli fa quest’effetto…» spiegò Ryan, ma, naturalmente, le due ragazze non capirono.
Gli occhi celesti dell’amico cercarono i suoi e quando li trovarono tutti e due si sentirono meglio.
Ryan aveva un effetto calmante su di lui.
Chris scosse la testa e allungò una mano verso il viso corrucciato di Serena
«tranquilla, è tutto ok» le sussurrò e lei tornò a sedersi al suo fianco, gli prese una mano fredda e la racchiuse tra le sue.
Sorrise a quel gesto tanto affettuoso quanto inaspettato, di fronte a lui c’era una Serena diversa. 
Ryan e Michela tornarono a chiacchierare allegramente, la ragazza al suo fianco, invece, non diceva una parola. Chris iniziò a giocherellare con le sue dita per non far riaffiorare i vecchi ricordi, ogni volta che prendeva quella dannata linea si sentiva come morire.
Era difficile per lui andare in un luogo e realizzare che il suo amico Bryan non c’era più.
«Verso dove siamo diretti?» chiese Serena rompendo il silenzio
«Scendiamo a Finchley Road, il locale è da quelle parti» rispose cupo, improvvisnado un sorriso che uscì più come una smorfia. Non voleva turbare Serena, ma non poteva fare altrimenti. Sentiva un vuoto nello stomaco.
«Che ti prende C?» la sua voce era un fremito, sentì il suo respiro vicino a collo e un brivido lo scosse da cima a piedi
«Niente, niente» la rassicurò, ma neanche la persona più stolta avrebbe creduto a quelle parole.
Sentendo la tensione farsi strada tra loro, anche Ryan e Michela smisero di parlare e il vagone venne privato delle loro allegre voci.
Tra i quattro calò il silenzio, ognuno si perse nei propri pensieri e nelle proprie preoccupazioni e tutti vennero dolcemente cullati dal dondolio della metro.
 
Londra, Finchley Road
17.40
 
«Ci siamo» annunciò Chris avvicinandosi all’ingresso di un pub, Ryan lo precedette e in poco i ragazzi si ritrovarono in un locale leggermente buio e spoglio, con giusto un paio di persone che si scolavano una birra e un annoiato barista che rifletteva su chissà quale sventura delle sua vita.
«Cia Al» salutò Ryan alzando la mano
«Oh ragazzi, siete arrivati, Georgia stava andando su tutte le furie, vi stanno aspettando di sotto» disse l’uomo dietro al bancone
«La regina del male attende» scherzò il ricciolino, ma Chris lo fulminò con lo sguardo
«Oh andiamo, G non è poi così male» canzonò, ma neanche lui era sicuro delle sue parole «scommetto che andrete d’accordo» disse poi riferendosi a Serena, lei di risposta alzò le spalle.
Non sapeva cosa aspettarsi da questa fantomatica Georgia, da quanto aveva appreso non era una skater o cose del genere, più che altro apparteneva alla vecchia vita di Chris, come poi si fosse ritrovata nella band non l’aveva ancora capito.
«Di qui» fecero strada i due, si avvicinarono a un porta di legno un po’ consumata, tipica di quei vecchi pub di Londra, e dopo averla aperta attraversarono un lungo corridoio seguito da un’angusta scala poco illuminata che scendeva per qualche metro.
«Chris, Ryan, siete voi?» chiese una voce maschile, evidentemente avevano percepito i loro passi. Finita la scala ci si affacciava su una spaziosa sala piena di tavolini e sedie rovesciate, i muri ricoperti da alti scaffali con bottiglie e bottiglie di vino invecchiato, scotch, rum e chi più ne ha, più ne metta.
Grandi e colorati murales occupavano le mura per tutto il perimetro, anche se spesso erano nascosti dagli scaffali
L’attenzione veniva subito catturata da un palchetto infondo alla stanza circondato da luci colorate e amplificatori.
Questo è un locale decisamente figo pensò Serena e percepì dallo sguardo curioso di Michela che anche lei stava pensando la stessa cosa
«Si, siamo noi» rispose Chris seguendo un euforico Ryan.
«fa sempre così il tuo amico?» chiese Michela indicando il quindicenne 
«Si, sempre, è un ragazzo che sprizza gioia da tutti i pori» concordò Chris sorridendo.
C’era un forte legame tra lui e Ryan, si notava anche a miglia di distanza
«finalmente!» sbraitò una voce acida che usciva dagli altoparlanti, tutti si girarono dalla parte opposta del palco, verso un soppalco in legno che ospitava una grande consolle.
Una ragazza bionda e minuta stava cercando di sbrogliare i fili di un microfono.
«Mi scusi regina, ma abbiamo degli ospiti oggi» annunciò Ryan attirando l’attenzione di tutti.
«Oh, non me n’ero accorta» rispose lei scendendo una scaletta per raggiungere i ragazzi
«Si, Georgia, loro sono Michela e Serena, ragazze lei è Georgia» le presentò Chris.
Serena non si aspettava una ragazza com lei, era troppo... perfetta per salire su un palco e cantare qualche canzone rock, troppo bambolina per impugnare una chitarra elettrica o le bacchette di una batteria.
«Sbaglio o lei è l’italiana della foto?» chiese Georgia con uno strano sorrisetto sul volto.
Serena lo riconobbe subito, sapeva decifrare alla perfezione quel modo di comportarsi perché oh, guarda, era uguale al suo. Era un misto di rabbia e insolenza, misto un pizzico di gelosia.
«Si, è lei»
«Ed è anche la ragazza delle foto su facebook?»
«Evidentemente si, sono io» si intromise Serena avvicinandosi a Chris il più possibile. Georgia la incenerì con lo sguardo.
«Ora la porti anche alle nostre prove?»
«Si, che problema c’è?» rispose Chris puntando i piedi, Serena fece una smorfia, quella ragazza le stava già sulla palle.

«Scusate se ci intromettiamo» disse un ragazzo spezzando l’aria da tempesta.
Serena e Michela rimasero a bocca aperta.
Allora, o è Chris che si va a circondare di bei ragazzi, o sono loro che vanno da lui. È impossibile cazzo!
Prima Ryan, poi Jake, poi questo, e che diamine!
Il ragazzo in questione era un raro esemplare di maschio-castanoocchiazzurri, il naso alla francesina e la bocca sottile lo rendevano più o meno il ragazzo perfetto.
Certo quel piercing sul sopracciglio destro e quel tatuaggio sulla base del collo gli davano un’aria più da pirata che da principe azzurro, ma intendiamoci, ci si può accontentare lo stesso.
«io sono Harry» si presentò il bellissimo
«ciao bell… cioè ciao Harry, io sono Serena» sorrise Serena
«Michela»
«Ah e lui è Lenny» al gruppo si unì un ragazzino dal corpo esile e i capelli neri.
L’unico, fino a quel momento, ad avere dei semplicissimi occhi castani.
Preso singolarmente era abbastanza carino, ma, comparato agli altri, be… sembrava una nullità.
«ciao Lenny» salutarono le italiane in coro
«piacere di conoscervi»
«Sai Serena, Chris ci ha già parlato molto di te» disse Harry con indifferenza
«Già, dice che sei una bellissima stronza tutta montata» ridacchiò Lenny
«Ah! Quindi è questo che pensi di me?» chiese Serena incrociando le braccia e rivolgendosi a Chris.
Lui si portò una mano dietro la nuca
«oh andiamo, all’inizio la pensavo così! Scommetto che anche tu mi credevi un coglione»
«e chi ti dice che non lo penso ancora?» disse provocando le risate di tutti
Chris le diede un pugno sulla spalla.
Georgia se ne stava in disparte, in preda ad impulsi omicidi verso quella bambina insolente e infantile. Diciamo che Serena non le era molto simpatica.
Chris aveva uno sguardo che non vedeva da tempo, la guardava come guardava lei prima della morte di Bryan.
Sembrava quasi un ragazzo felice.
Nessuno poteva portarle via il suo Chris, benché meno una squallida ragazzina.
Eppure Serena riusciva quasi a tenerle testa… doveva farle capire al più presto chi comandava.
«Allora, Serena, com’è l’Italia?» chiese avvicinandosi al gruppetto con passo felpato
«Stupenda, davvero bella» rispose con noncuranza, Chris la guardò interrogativo, sapeva benissimo che odiava il suo paese!
«Ah, non ci sono mai stata, certo ho girato tutto il mondo, ma l’Italia non era in lista» affermò superiore, di certo non sapeva che Serena la pensava esattamente come lei.
«Che peccato» il solito sorrisetto falso le si dipinse sul viso
«Una cosa è certa, in Italia non ci sono ragazzi come il mio Chris» esordì passando una mano tra i capelli del ragazzo.
Chris se ne stava intontito a guardare la scena.
Serena e Georgia sembravano due leoni che combattevano per la supremazia nel territorio, due leoni con lo stesso carattere e le stesse unghie laccate di blu.
«Hai ragione, come  Chris non ce ne sono, c’è anche di meglio»
No, non è assolutamente vero si disse Serena mordicchiandosi la lingua, tormentarsi il labbro sarebbe stato un evidente segno di debolezza e lei non poteva assolutamente mostrarsi debole.
Tra le due passò uno sguardo folgorante, l’aria tornò ad essere decisamente troppo tesa.
«Su ragazzi, non perdiamo tempo» disse Ryan improvvisando un paio di battute con la batteria, Lenny inforcò il suo basso e cercò di seguire il ritmo, ma si arrese poco dopo.
«Allora, come vi chiamate?» chiese Serena spensierata, come se la biondina infuriata davanti a lei fosse solo una minuscola chiazza nera su un’immensa tela bianca.
Georgia andò su tutte le furie.
Una bambina la stava ignorando, questo non poteva proprio tollerarlo.
«16 (sixteen) Underground» rispose Harry indicando il logo sulla batteria.
«E voi vorreste sfondare con questo nome penoso?» Scherzò
«Non è male…» cercò di dire Michela
«Dai, non è brutto» la appoggiò Ryan fermando la vibrazione dei piatti.
«E come mai 16 Underground?»
«Lunga storia» se la sbrigò Chris parlando con le braccia conserte.
E ora che gli prende?
«Avevamo tutti sedici anni quando decidemmo di fondare la band e la prima volta che suonammo fu nell’Underground quindi spremiti un po’ e arrivi a 16 Underground» spiegò Lenny
«Ryan, tu non hai sedici anni!» protestò Michela
«Lo so, lo so, ma proprio quel giorno mi stavo lamentando di avere solo quindici anni, dissi :quanto vorrei avere anche io sedici anni, così potrei guidare una moto degna di essere chiamata così! Ho ispirato io il nome alla band!»
«da quanto l’avete formata?»
«Quasi un anno, esattamente il 13 Marzo 2010, due giorni prima del diciassettesimo compleanno di Harry. Ne fa 18 la settimana prossima quindi ci siamo quasi»
«Figo, e tu con loro che c’entri? Non mi sembri una skater rockettara o cose del genere» chiese Serena rivolgendosi a Georgia
«Volevo fare di tutto pur di stare a fianco del mio piccolo Chris, era passato poco più di un mese da … oh giusto, scommetto che non ti ha detto niente, non puoi capire» rispose con ampi gesti della mano.
Il solito sorriseto le si ridipinse sul volto
«So più di quanto tu possa immaginare» le sussurrò 
«Ora basta!» gridò Chris, poteva sopportare tutto e vedere due ragazze che litigavano per lui non poteva che fargli piacere, ma Serena stava diventando un mostro.
Era, se non di più, quasi alla pari con Georgia.
E questo non andava assolutamente bene.
«Hai ragione, stiamo perdendo troppo tempo» Georgia si girò e salì velocemente sul palco afferrando il microfono con il suo nome scritto a caratteri cubitali.
«Che ti prende?» chiese Serena avvicinandosi al ragazzo
«Pensavo fossi diversa…» le sussurrò guardandola negli occhi, Serena si pentì di come aveva trattato Georgia
«Ma che potevo fare? è stata lei a cominciare» si giustificò cercando di non farsi sentire da nessuno a parte Chris
«Sembrate due bambine viziate, capricciose e…» Il ragazzo non riuscì a finire la frase che una mano gli afferrò il braccio
«sbrigati Chris» gli intimò Georgia tirandolo a sé
«Arrivo, arrivo…» si lamentò lui lasciando Serena da sola con i suoi pensieri.
Una volta sul palco si tolse la felpa, i vestiti larghi non gli rendevano giustizia.
Ora indossava solo una magliettina bianca che risaltava un fisico perfetto, asciutto e muscoloso,ma non troppo pompato.
Assomigliava tanto a un dio greco, magari lo era. Una specie di incrocio tra Afrodite e … Poseidone, tipo Percy Jackson ecco, che già è bello solo essendo figlio di Poseidone, se poi ci aggiungiamo anche Afrodite, la dea della bellezza… be capiamoci.
«Ecco la chitarra» disse Ryan allungandogli lo strumento, era una chitarra elettrica, precisamente una Fender Stratocaster, bianca e nera.
«Voglio riscaldare un po’ la voce prima di provare» annunciò Georgia
«Che vuoi cantare?» sbuffò Harry
«Avril Lavigne, skater boy» 
I ragazzi attaccarono a suonare, Serena e Michela li guardavano come ipnotizzati, le sembrava di essere come in un film. Non capitava a tutti di vedere una band composta da quattro bellissimi ragazzi che cantano in un vecchio pub londinese con uno stile assurdo e un pazzesco senso del ritmo.
Serena storse il naso sentendo Georgia cantare, era brava, senza ombra di dubbio, ma cantava troppo da cornacchia e non era un caso che avesse scelto quella canzone.
Una smorfia soddisfatto si dipinse sul viso di Barbie-falsarockstar non appena arrivò alle strofe che più la interessavano.
 
sorry girl but you missed out
well tought luck that boy's mine now
we are more than just good friends
this is how the story ends
To bad that you couldn't see
see the man that boy could be
there is more than meets the eye
I see the soul that is inside.
 

he's just a boy and I'm just a girl
can I make it anymore obvious?
we are in ove haven't you heard?
how we rock each otherworld?*

«è brava» sussurrò Michela all’amica
«Si, molto…» disse Serena con noncuranza.

Georgia si muoveva con disinvoltura, ma non era coinvolgente.
Prendeva ogni nota, ma non trasmetteva emozioni.
L’unica cosa che sapeva fare bene, in effetti, era avvinghiarsi a Chris impedendogli di suonare con facilità. Lui non sopportava molto quel suo atteggiamento,  ma, ormai, ci aveva quasi fatto l’abitudine.
«Bene così» disse Lenny non appena finirono la canzone
«è una fortuna per voi che io canti così bene» si pavoneggiò Georgia
Serena quasi non le sputò in faccia la coca-cola che stava bevendo, ne aveva trovate un paio sul bancone.
Ma per favore!
«Oh si, siamo davvero fortunati ad avere te e il tuo ego con noi» ironizzò Ryan 
«Andiamo Ryan, dovreste solo ringraziarmi!»
«Non vantarti così tanto G, non che tu canti male, ma c’è gente migliore di te in giro» la placò Chris
«Ah si, lasciando stare i cantanti famosi, chi conoscete che meglio di me?» Georgia si poggiò le mani sui fianchi in attesa di una risposta.
Serena sentì uno strano impulso.
No, non farlo si disse stringendo i pugni sulle gambe.
«Che ti prende Sere?» chiese Michela
«Sto per fare la cazzata più grande del secolo» le rispose con un fremito
«Più grande di quando hai acconsentito a rivedere Chris?»
«Diciamo alla pari» con queste parole alzò il braccio verso l’alto.
Georgia la guardò con disgusto
«Che vuoi?» le chiese acida
«io» rispose semplicemente lei
«tu cosa?»
«io sono meglio di te» disse con aria di sfida.
Georgia scoppiò in una fragorosa risata, i ragazzi non sapevano cosa dire.
Sapevano che esistevano persone migliori di Georgia, ma Serena? No, non poteva essere…
«Andiamo S, non dire stronzate» la ammonì Chris
«Cos’è, non mi credete?» Serena aprì le braccia stupefatta
Nessuno rispose
«Bene, vi faccio vedere» concluse raggiungendo il palco, spinse Georgia al lato e si impossessò del centro della scena.
«pensi davvero di essere migliore di me?» chiese la londinese incrociando le braccia
«Sai Georgia, ci sono tantissimi cantanti e musicisti in circolazione, io non sono brava neanche la metà di loro» affermò, sul viso dell’altra si dipinse un sorrisetto malizioso «ma una cosa è certa, tu non sei la migliore e io sono cento volte meglio di te» disse con un tono che non ammetteva repliche
«Sei una ragazzina impertinente»
«più che impertinenza la chiamerei determinazione» concluse Serena, Georgia non sapeva cosa aggiungere.
«Che dobbiamo suonare?» chiese Lenny
«Vediamo… conoscete The Pretty Rackless?» Serena si allungò verso la biondina per prenderle il microfono, lei la lasciò fare.
Sapeva che avrebbe fallito, ne era più che certa.
«Certo» rispose Ryan perplesso
«Ottimo, chi mi lancia una chitarra?»
Harry le passò la sua
«Seguitemi se ci riuscite» ordinò ai ragazzi mentre G e M si godeva la scena dal basso.
Serena iniziò a suonare le prime note, voleva cantare la canzone più famosa del gruppo, Make me wanna die. Ryan la capì al volo e subito la accompagnò con la batteria.
 
Take me, I'm alive 
I never was a girl with a wicked mind 
But everything looks better when the sun goes down 
I had everything, opportunities for eternity 
And I could belong to the night.
 
 
Iniziò a cantare e lasciò tutti senza parole.
La sua voce era dolce, ma graffiata.
Perfetta per quel tipo di canzone.
Suonava come se non facesse altro da tutta la vita, mentre aveva preso lezioni solo per un anno scarso.
Naturalmente che suonava la chitarra elettrica e cantava, non lo sapeva nessuno.
Chris fu l’ultimo ad attaccarsi.
Era shoccato, non avrebbe mai pensato che Serena fosse stata capace di fare una cosa del genere.
 
Eyes, your eyes 
I can see in your eyes, your eyes 
 
Mentre la ragazza cantava gli lanciava qualche occhiata.
Magari poteva dedicare a lui quella canzone, dedicargliela in segreto, una cosa tra lei e la musica.
In fondo i suoi bellissimi occhi gli facevano sempre uno strano effetto.
 
You make me wanna die 
I'll never be good enough 
You make me wanna die 
And everything you love 
Will burn up in the light 
And everytime I look inside your eyes 
You make me wanna die 
 
Serena cantava con tutta la grinta che aveva in corpo, era competitiva e voleva spiazzare Georgia, ma allo stesso tempo voleva colpire Chris.
Fargli capire che lei era diversa.
Che non era una stronza egocentrica come Georgia… Ok,  magari un po’ lo era, ma solo per abitudine, per copertura.
Serena era complicata, anche troppo, ma bastava un minimo di sforzo almeno per capire come vedeva le cose, come il suo mondo girava intorno a una falsa personalità.
Lei era molto più di quanto lasciava intravedere e con la musica riusciva sempre ad esprimersi al meglio
 
Taste me, drink my soul 
Show me all the things that I shouldn't know 
When there's a new moon on the rise 
I had everything, opportunities for eternity 
And I could belong to the night.
 
Chris non riusciva a suonare, era troppo impegnato a pensare.
Pensare che Serena era la ragazza più strana che avesse mai conosciuto.
Insomma, prima fa tutta la schizzinosa, poi ti confessa che quella che indossa è una maschera che si è costruita, poi quasi non scatena la terza guerra mondiale contro la tua… be’ non so come definirla, diciamo migliore amica e poi ti sorprende rivelandoti che suona divinamente la chitarra elettrica e che ha una voce strabiliante esibendosi in una canzone rock di un gruppo fermamente emo/punk.
Io non la capisco, davvero.
Però… con quella chitarra in mano era  decisamente sexy, si muoveva sinuosa come se il palco fosse la sua seconda casa.
Serena gli piaceva.
Certo lo faceva incazzare continuamente e tra loro non avrebbe mai e ripeto mai funzionato, ma lo faceva andare su di giri solo il pensiero di vederla e cazzo quanto era bella quando sorrideva.
O quando si mostrava sorpresa davanti a ogni meraviglia di Londra.
O quando cantava.
O quando semplicemente respirava.
Non si sarebbe mai aspettato che quella che all’inizio era una semplice distrazione sarebbe diventata anche minimamente importante.
Il ragazzo scosse la testa e cercò di riprendere a suonare.
Serena era brava.
Chris non era da meno.
Tastò le corde con le dita e in un batter d’occhio aveva preso il ritmo della canzone.
La conosceva bene, l’aveva già suonata un paio di volte prima di quel giorno. I Pretty Reckless lo affascinavano, lei era di una bellezza inaudita e le loro canzoni erano sempre stupende, non lo avevano mai deluso.
 
 
Eyes, your eyes 
I can see in your eyes, your eyes 
Everything in your eyes, your eyes 
 
You make me wanna die 
I'll never be good enough 
You make me wanna die 
And everything you love 
Will burn up in the light 
And everytime I look inside your eyes 
(I'm burning in the light) 
You make me wanna die**
 
Chris si ritrovò a fare anche la seconda voce, subito dopo I due con la chitarra terminarono il brano con un’energica serie di note, fino all’accordo finale.
Serena e Chris si scambiarono uno sguardo compiaciuto.
«Di questo non me ne avevi mai parlato» le disse il ragazzo passandole un braccio intorno alle spalle e stringendola giocoso.
«Non puoi pretendere di sapere tutto su di me» rispose lei 
«Pensa che non lo sapevo neanche io»  disse Michela e tutti risero.
«Sai che non sei per niente male» complimentò Ryan appoggiando i gomiti sul tamburo più grande della batteria.
«Hai capito l’italiana!» acconsentì Harry riprendendosi la chitarra.
«Anche meglio di G» sussurrò Lenny
Quest’ultima non aveva detto ancora una parola.
Non pensava che ci fosse così tanto talento in quella ragazza.
Doveva rispondere e in fretta.
«Bravina» disse con un gesto evasivo.
Serena, comunque, non si afflisse.
Il parere di Georgia era l’ultimo dei suoi problemi.
Un cellulare prese a squillare, era della barbie.
«Pronto?» rispose lei dopo aver tirato fuori il cellulare dalla borsa.
«Oh, ma ciao Jake!» esultò riuscendo ad attirare l’attenzione di Chris.
A lui non era mai andato a genio che lei frequentasse ancora Jake dopo tutto quello che aveva fatto.
«Stasera dici?» continuò a parlare «Si, ci sarò!» 
Chris strinse i pugni contro le gambe, Serena lo sentì improvvisamente distante.
Georgia sorrise compiaciuta.
Spense il telefono e tornò sul palco per riprendersi il microfono dalle mani di Serena
«Pro memoria per il futuro, io vinco sempre» le sussurrò quando le si avvicinò, nessun altro sentì quelle parole, era una cosa tra loro due
«Mi dispiace G, ma abbiamo appena iniziato» rispose lei con aria compiaciuta
Sai barbie, anche io vinco sempre, ora come la mettiamo?

«Bene ragazzi, penso che abbiamo finito, alla prossima» annunciò Georgia girando sui talloni e allungandosi a prendere la sua borsa rossa, intonata alla cinta, poi uscì di fretta dal locale.
Serena lanciò un'occhiata a Chris, il suo sguardo era perso nel vuoto.
Ci teneva ancora a Georgia, ma questo avrebbe compromesso quello che stava nascendo fra loro? non ne aveva idea.
Georgia era troppo... troppo antipatica e egocentrica! Non faceva per Chris, decisamente.
No, aspetta, quello che sta nascendo tra noi? Ma che ... ok, magari un po' mi piace, ma solo un pochino! E poi la nostra sarebbe una storia impossibile, tra quattro giorni torno a casa, a chilomentri e chilometri di distanza da qui, in un altro paese, dove si parla un'altra lingua. Come potrei anche solo pensare per un secondo che tra me e Chris ci possa essere qualcosa più di... questo! qualsiasi cosa "questo" sia. Basta, la discussione finisce qui.
«Quindi basta così per oggi?» chiese Ryan
«Ma si dai, ci vediamo in settimana» decise Chris scendendo dal palco con un salto, Serena lo seguì subito dopo.
Le due ragazze rimasero a parlare con i 16 Underground per una decina di minuti abbondanti, poi i ragazzi iniziarono piano piano ad andarsene finche non rimasero solo Mic, S, Chris e Ryan.
«Che ve ne pare?» Chiese Chris mentre riponeva la sua chitarra nella fodera
«Non siete malaccio» gli rispose Serena sedendosi su un tavolino 
«Oh andiamo! Siamo bravi» si lamentò Ryan
«Bravi» acconsentì Michela
«Bene, dopo che Serena la finisce di fare a pezzi la mia autostima che volete fare?» Scherzò Chris beccandosi un pugno sul braccio dalla ragazza in questione.
«Non dovremmo prepararci per la festa?» propose Michela
«Giusto, la festa!» Ryan si sbatté la mano contro la fronte
«Riuscite ad arrivare in albergo da sole?»
«Si, penso di riuscirmi a orientare» affermò Serena
«Bene, allora diciamo per le sette e mezza da voi, vi passiamo a prendere e poi andiamo» 
«Perfetto» acconsentirono.
I quattro uscirono silenziosi dal locale, il piano di sopra era leggermente più affollato, sicuramente si sarebbe riempito con l’avanzare delle ore.
Lo sbalzo di temperatura fu tragico, il caldo confortevole dell’interno fece spazio a un vento gelido che spazzava le strade.
«A dopo ragazze» salutò Chris alzando la mano
«Ciao e, mi raccomando, evitate le sparatorie» rise Ryan beccandosi un pugno da una e un calcio dall’altra.
Serena e Michela si avviarono divertite verso l’Underground più vicina, non parlarono molto, ma ognuna conosceva i pensieri dell’altra.
Londra porta fortuna.



*Mi spiace ragazza ma hai perso l'occasione
il ragazzo ora è mio
siamo più che buoni amici
è cosi che finisce la storia.
troppo brutto perché tu potessi vedere
vedere l'uomo che quel ragazzo poteva essere
c'é di più nell'incontro di uno sguardo
io vedo l'anima che c'é dietro.

Lui é solo un ragazzo e io sono solo una ragazza
Cosa c'è di più ovvio?
siamo innamorati, non hai sentito?
e rocckeggiamo nel nostro mondo

**
Prendimi, sono viva
Non sono mai stata una ragazza dalla mente maliziosa,
Ma tutte è più bello quando il sole cala
Avevo tutto, opportunità per l'eternità
E avrei potuto appartenere alla notte

 
Occhi, i tuoi occhi
Posso vederlo nei tuoi occhi, i tuoi occhi
 
Tu mi fai venir voglia di morire
Non sarò mai buona abbastanza
Mi fai venir voglia di morire
E tutto ciò che ami
Brucierà nella luce
E tutte le volte che ti guardo negli occhi
Mi fai venir voglia di morire
 
Assaggiami, bevi la mia anima
Fammi vedere tutte le cose che non dovrei sapere
Quando c'è una nuova luna che sta per sorgere
Avevo tutto, opportunità per l'eternità
Avrei potuto appartenere alla notte

________________________________________________________________________________________________

Hello everyone :D
How are u today?
Ahahahahahahaha eccomi qui con un aggiornamento!
Ho impiegato un po' a scriverlo... su word mi dice che è lungo 12 pagine :O
Allora, che ve ne pare?
Tra G e S è puro odio muahahahahahhaha
Sapete, adoro Ryan almeno quanto Chris! E Harry è figo :3
Lenny... non ho niente da dire su di lui!
Allora, voi 10 che avete commentato il cap.13, dove siete finite?
Il 12 si sente tanto solo, ne ha 5 !
Spero che qui vi facciate sentire... e anche voi che seguite o che avete la storia nei preferiti! Recensite, tecensite, recensite!
Amo leggere quello che pensate!
Ok, basta, non vi stresso più ahhaaha
Grazie comunque a tutti, anche a voi che leggete soltanto.
Adoro tutti voi :3
Be, un bacio grandissimo e alla prossima :**

P.S.: questa volta vi lascio con una foto (anzi 6 :3) di Ryan (Harry Styles)
Ciao bella gente!

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Capitolo 16
*** Party. ***



 

Don’t be fancy, just get dancey
Why so serious?

So raise your glass if you are wrong,
in all the right ways,
all my underdogs,
we will never be never be anything but loud
and nitty gritty dirty little freaks.

won’t you come on and come on and raise your glass,
just come on and come on and raise your glass 

 

Non fantasticare, balla e basta
Perché sei così serio?
 

Quindi alzate i vostri bicchieri se siete sbagliati,
in tutti i modi possibili,
tutti voi miei perdenti,
noi non saremo mai niente se non chiassosi
e piccoli, sporchi pazzi scatenati.
 

                                                                    vuoi venire e forza alza il tuo bicchiere
venite, venite e alzate i vostri bicchieri
 

[P!nk - Raise your glass] 
 



Cap 14 – Party

Londra, Thisdel hotel

19.00
 

 

«Pronto?» rispose una voce dolce e familiare dall’altro capo del telefono, Serena sospirò e si lasciò cadere sul letto.
«Fra, sono io»
«Ehi Sere! Come va da quelle parti?» la sua voce allegra la fece sorridere.
Nota per il futuro: se mai mi trasferirò qui a Londra o in qualsiasi altra parte del mondo, Francesca verrà con me.
«Tutto bene, devo raccontarti un paio di cose» le sue parole uscirono con una nota di tristezza che non avrebbe voluto mostrare
«Che hai combinato? Ti sei scopata quel tipo che hai conosciuto e sei rimasta incinta? Hai scoperto che Lorenzo si è rimesso con Federica? Londra non è così bella come pensavi? Quel grandissimo figo di Dario non ti rivolge la parola?»
«No, non sono incinta, Lorenzo è single (da quel che so), Londra è bellissima e io e Dario non ci frequentiamo molto, ma la cosa non mi turba più di tanto» Rise
«E allora che succede?»
«Sai Fra, penso che dobbiamo soffermarci un po’ a parlare di quel tipo che ho conosciuto…»
Serena iniziò a raccontare tutti gli eventi che si erano successi in quei giorni.
Cominciò dall’inizio, da quando Chris le aveva chiesto il permesso di farle qualche scatto.
Le raccontò di quando l’aveva salvata dalla noia del museo;
Di quando avevano camminato per Regent Street cercando di conoscersi meglio;
Di quando Mic gli aveva mandato un messaggio contro la sua volontà e lei si era incazzata di brutto, anche se poi l’aveva ringraziata perché infondo Chris non era male;
Di quando gli aveva detto che aveva degli occhi stupendi e aveva aperto una lista delle sue cose belle e delle sue cose brutte;
Di quando la lista delle cose belle, visibilmente in svantaggio, aveva sorpassato nettamente la rivale;
Di quando in un solo giorno aveva rischiato di perderlo ben due volte per colpa di uno stupido negozio;
Di quando, proprio quando pensava di averlo perso, lui era tornato a “rapirla” e le aveva raccontato la sua storia sulle sponde del London Bridge;
Di quando l’aveva presa per mano;
Di quanto avevano cantato insieme;
E di come stava sorridendo, in quel momento, parlando di lui.
«Quindi ti piace?» le chiese Francesca dopo aver attentamente ascoltato tutta la storia
«Non lo so Fra, Chris è troppo diverso dai miei ideali»
«Dai tuoi ideali? Al massimo puoi dire che è diverso da Lorenzo»
Quelle parole rimasero sospese nell’aria, Serena chiuse gli occhi e si perse nei rumori che la circondavano. Il ticchettio delle gocce di pioggia contro il vetro della finestra, il rumore dell’acqua aperta in bagno, i passi svelti di qualcuno nel corridoio.
«Serena, Lorenzo è irraggiungibile. Hai trovato questo ragazzo che sembra mostrare interesse per te, goditelo finché dura, cazzo! State andando a una festa insieme, no? Fingiti ubriaca e bacialo, o ubriacati davvero, o non ubriacarti affatto e bacialo su due piedi. Chris ti vuole. Per il tuo bene, Serena, non devi lasciartelo sfuggire» Francesca parlò lentamente, soppesando ogni parola e scegliendola con cura.
Tue e due sapevano che ciò che aveva detto era vero, ma Serena era testarda e orgogliosa, non avrebbe mai fatto la prima mossa.
Non sapeva neanche se avesse voluto che fosse stato Chris a fare “il salto”.
Perché è di questo che si trattava, un salto, un salto nel vuoto.
Chris non era una certezza, non era un valore conosciuto, piuttosto era un incognita, una bella “x” tra le più difficili da trovare.
«Allora?» sospirò Francesca
«vedrò come andrà questa serata, poi deciderò» concluse Serena chiudendo le palpebre .
Vide i profondi occhi verdi di Chris.
Sentì le loro mani ancora strette l’una nell’altra.
Doveva assolutamente risolvere la situazione.
«vado a vestirmi»
«Ok, a presto Sere»
«Mi farò sentire il prima possibile»
«in bocca al lupo per la festa»
«crepi»
Serena buttò il cellulare sul letto accanto al suo e sospirò.
Lorenzo era si irraggiungibile, ma cazzo quanto lo amava.
Ma… come si fa ad amare una persona senza neanche conoscerla? Forse mi sto sbagliando, forse io non amo Lorenzo…
«Ehi, io ho finito» annunciò Michela uscendo dal bagno, i capelli bagnati gocciolavano ancora zuppi d’acqua, dalla stanza proveniva una confortevole aria calda.
«Vestiamoci, tra poco saranno qui» la incitò Serena, forse con un po’ troppa foga
«che ti prende S?» chiese la brunetta sedendosi sul letto
«ho… paura di Chris. Sta sconvolgendo tutto troppo velocemente. A volte, mi passa per la testa che io e lui potremmo essere anche più che solo amici, ma mi pongo subito un freno. Non ci sarà mai un noi.»
«Perché?»
«Perché siamo incompatibili, non c’è altro da aggiungere.»
 

 

Londra, Thisdel hotel (Hall)
19.35
 

 

«Sono agitatissimo per la serata» confessò Ryan strofinandosi le mani
«Perché?» chiese Chris controllando l’orologio
Sono in ritardo
«è la quarta volta che mi ingaggiano come DJ, magari potrei piacergli sul serio, magari potrebbero offrirmi un posto fisso! Sarebbe davvero una gran figata»
Il ricciolino era entusiasta di questa storia, quella del “DJ” sembrava essere la sua nuova vocazione.
«Lo spero per te, dopo tutta questa fatica! ti ricordo che vengo a queste feste solo per te»
«e te ne sono davvero grato»
I due cercarono di rilassarsi sulle due poltroncine di pelle nella hall dell’hotel.
Anche Chris, a modo suo, era agitato.
Sapeva che quella sera doveva giocarsi tutto.
Doveva baciare Serena, ad ogni costo.
Chris si passò una mano tra i capelli e chiuse gli occhi.
«che succede, nervoso?» chiese l’inconfondibile voce di Serena
Bene, ora m’immagino anche la sua voce, perfetto! Si disse sarcasticamente
No aspetta, non me lo sto inventando…
Aprì gli occhi e si trovò davanti le due bellissime ragazze.
«Che?» chiese confuso
«Ti stavi passando una mano tra i capelli, lo fai sempre quando c’è qualcosa che non va» spiegò Serena risoluta.
Ryan acconsentì con un cenno della testa.
«Scusa, da quant’è che ci conosciamo?» scherzò alzandosi.
Si soffermò a osservare la sua Serena.
Era forse la ragazza più bella che avesse mai conosciuto.
I capelli castani le ricadevano morbidi sulle spalle e lungo la schiena.
Gli occhi da cerbiatto correvano lungo tutta la stanza, senza pausa.
Il fisico slanciato era coperto da una semplice maglia blu e da un paio di jeans attillati.
Un leggero rossore colorò le sue guancie non appena si accorse dei suoi sguardi.
Era perfetta.
Sei bellissima pensò
Aprì la bocca per dirglielo, ma le parole li morirono in gola.
Che ti prende Chris?
«Idiota, vuoi muoverti?» lo riprese Serena sorridendo. Non se ne era accorto, ma era rimasto l’unico ancora nella hall.
Ryan e Michela erano già fuori, l’altra lo stava aspettando sulla soglia della porta.
«Si arrivo» rispose scuotendo la testa per togliersi il ciuffo dagli occhi.
La raggiunse e d’istinto allungò un braccio per passarglielo intorno alla vita.
Ma si trattenne.
Chris Samuels che esita di fronte a una ragazz? questa è una novità.
«Chris che ti prende?» chiese Ryan
«Niente, sono un po’ sovrappensiero»
«Non ditemi che la festa inizia così presto!» disse Mic scrollando la testa in segno di disapprovazione.
«no, io devo andare prima per organizzarmi»
«organizzarti?»
«Faccio il dj lì»
«Figo»
 

 

Londra, The Angel (Pub in Soho)
21.00
 

 

Luci, tante luci colorate.
Musica a palla.
Gente da tutte le parti
«Ecco qui» gridò Chris nell’orecchio di Serena
«è almeno la quinta» rise lei accettando volentieri il boccale stracolmo di birra.
Sentiva l’alcol iniziare a fare effetto, la sua testa sembrava stranamente leggera.
Ryan era in piedi accanto alla postazione da Dj e agitava le mani come un pazzo.
Michela aveva bevuto solo una cosina leggera, quindi era ancora con i piedi per terra e ballava silenziosa tra i due più grandi.
Questi ultimi si erano dati alla pazza gioia.
Chris aveva perso il conto dei bicchieri che si era scolato, ma li reggeva abbastanza bene.
Serena era la più brilla.
«Qual è il tuo intento? Farmi ubriacare?»
«Oh si, così poi andiamo a casa mia e ci diamo dentro»
L'occhiatina compiaciuta di Chris le fece capire che non stava scherzando del tutto.
Ma si, perchè no? il sesso potrebbe essere la soluzione di tutto. Niente romanticismo e niente pensieri, da quello che si dice dovrebbe essere anche divertente.
No, ok, è l'alcol, non voglio perdere di certo la verginità con lui.

«Che bravo ragazzo!Pensavo che fossi diventato astemio dopo quella sera» gli confessò lei
«Be’ ci avevo pensato, ma cazzo! Ho tutta una vita davanti, se non me la spasso a quest’età» rispose lui con la voce un po’ impastata
«Si, infatti» acconsentì lei, sempre ridendo.
Era in preda a una crisi di ilarità.
Chris le si avvicinò.
«Ehm… io vedo di raggiungere Ryan» li liquidò Mic sentendo l’aria che tirava.
Lei e il ragazzo si scambiarono uno sguardo d’intesa, in qualche assurdo modo avrebbero anche potuto definirsi complici.
Serena non capiva cosa stava succedendo, un po’ per colpa dell’alcol un po’ per la confusione che si era creata intorno a loro.
Si ritrovarono l’uno contro l’altro.
La sensazione piaceva molto sia all’uno che all’altra.
Quella sera Chris era, come dire… Sexy
Agli occhi di Serena sembrava molto più bello del solito.
Forse Francesca aveva ragione, vaffanculo Lorenzo.
Ma quello non era ne il luogo, ne il momento adatto per pensare.
C’era bisogno di azione.
«Sai Chris, sono contenta di essere qui sta sera» disse un po’ civettuola.
Gli gettò le braccia al collo, ma si promise che non si sarebbe spinta oltre.
Se la voleva, doveva fare qualcosa lui.
«Ti piace la festa o improvvisamente gradisci la mia compagnia?» la provocò stringendole i fianchi, dopo una piccola esitazione la avvicinò ancora di più.
Un abbraccio non proprio da “siamo bravi bambini e saremo amici per sempre”.
«mmm…» Serena si morse il labbro e si portò indietro con la schiena.
Sentì la tasca dei pantaloni vibrare, le era arrivato un messaggio.
Decise di ignorarlo e fissò i suoi occhi in quelli verdi di lui.
Fece un passo all’indietro, incerta su ciò che stava per accadere.
E se…
No, basta se.
Chris la liberò dalla stretta per passarle una mano tra i capelli..
Sorrise.
Maledizione, quanto era bello.
All’improvviso tutto divenne insignificante, la musica, le luci, non importava più niente.
Serena sentì l’impulso di gettarsi su quelle labbra invitanti.
Poi il cellulare riprese a squillare.
«Che fai, non rispondi?» la domanda la spiazzò, Chris si ricompose come se in quel momento tra loro non fosse successo niente.
Ok, è vero, non è successo niente, ma…
Aspetta, che vuole ora Francesca?
«Fra?»
«Sere, abbiamo un problema» dichiarò frettolosamente Francesca, Serena cercò di allontanarsi dal centro del locale e si scusò Chris dicendo che era importante.
Raggiunse un angolino meno affollato e si sedette su uno sgabello di legno cercando di capire ciò che le diceva l’amica.
«Che ti prende? Ero in un momento cruciale della mia serata!» si lamentò lei passandosi una mano tra i capelli, iniziò a cercare Chris tra la folla.
Stava salutando un paio di amici.
Ryan, infondo alla sala, stava parlando con qualcuno, probabilmente Michela.
«Sei a Soho giusto?»
«Si, perché?»
Serena tornò a guardare Chris, ma avrebbe preferito non farlo.
Stava salutando una ragazza… no, aspetta, non una ragazza qualsiasi, stava salutando Georgia.
Dietro di lei c’erano Harry e Lenny, al suo fianco Jake, il ragazzo dell’Abercrombie.
Chris era innaturalmente rigido, quasi formale con Jake, forse era l’unico modo per reprimere l’impulso di picchiarlo.
«Ho scoperto perché ultimamente non sto vedendo Lorenzo a scuola»
«Non è questo il momento Fra, devo andare a prendermi Chris» Serena si alzò a si aggiustò la maglia, pronta a tornare all’attacco.
«Vattene, allontanati da quella zona, evita tutti i pub e i locali di tendenza»
«Sei impazzita?!»
«è per il tuo bene, cazzo!»
«Perché?»
Serena sentì una stretta sul braccio, ma era troppo impegnata a seguire il suo skater con lo sguardo, non aveva tempo per qualche ubriacone arrapato.
«Excuse me, can you… ehm bring me… my… oh, vaffanculo l’inglese! Scusa, mi passi quella felpa, ti prego dimmi che mi capisci» chiese a mo di supplica il tizio che la stringeva, seguì il suo braccio e trovò l’oggetto di cui stava parlando.
«Tranquillo, ti capisco, sono italiana anch’io» rispose cercando di non distrarsi dalla sua caccia.
Si allungò leggermente per prendere la felpa del ragazzo dietro di lei.
La osservò di sfuggita ed ebbe la sensazione come di un Deja-vu.
Aveva già visto quella felpa, si, ma… dove?
«Serena mi vuoi ascoltare!» sbraitava ancora Francesca
«Ecco qui» Serena passò la felpa nelle mani del ragazzo, seguì la linea del suo braccio magrolino, poi passò ai pettorali nascosti da una semplice maglietta grigia, poi …
Aspetta! Maglietta grigia, felpa nera con i polsini a righe più chiare, c’era una persona che si vestiva spesso così e… quella voce… no, no, NO.
«Serena, Serena!» gridò l’amica, ma lei era persa in vari pensieri.
Poi alzò di scatto gli occhi e sentì il mondo crollarle addosso.
 
 
Michela si fece spazio tra la folla, stava cercando di raggiungere la postazione del Dj.
O meglio, stava cercando di raggiungere Ryan.
Passarono cinque abbondanti minuti, poi si ritrovò proprio davanti al suo londinese preferito.
Non capiva tutti i problemi che si faceva Serena, era una cosa da stupidi esitare in una situazione come quella.
Insomma, diciamocelo, Chris stravedeva per lei, si vedeva lontano un miglio, ed era dannatamente bello e sexy.
Io, al suo posto, non avrei fatto così tante storie.
Però anche Ryan era bello, cioè carino, cioè non era male…
Michela non si vergognava a pensarlo, era una cosa normalissima essere affascinati da un ragazzo simpatico e attraente.
Per quello che “affascinati” poteva significare, infondo si conoscevano solo da qualche ora.
«Mic» si sentì chiamare, alzò gli occhi e si trovò faccia a faccia con un felicissimo Ryan.
«Ehi» rispose lei cercando di non sembrare impacciata
«Allora, come ti sembra questa serata?»
«Diversa da quelle italiane»
«è questo il bello di visitare altri paesi» le fece un occhiolino, poi tornò un secondo a concentrarsi sulla sua consolle.
Un uomo sulla quarantina gli passò accanto e gli mise una mano sulla spalla, Ryan si girò verso di lui.
«Bravo Carter, stai facendo ballare tutti e il tuo modo di remixare mi piace, penso che ti ingaggerò come dj fisso… sempre se a te va bene» gli disse questo sorridendo
«Oh, ehm, si… mi sembra una… buona idea, si» il ricciolino cercò di trattenere il suo entusiasmo e si mostrò serio e formale.
Inutile dire che non ci riuscì.
«Continua a suonare che fai faville»  A quel punto gli occhi di Ryan sembrarono sul punto di scoppiare dalla felicità. Il celeste selle sue iridi sembrava più acceso che mai.
L’uomo se ne andò così come era arrivato, Ryan guardò prima la consolle poi Michela.
Di slanciò la abbracciò, la strinse tanto forte da toglierle il fiato e quasi non iniziò a saltare per la gioia.
Si rese conto di quello che stava facendo solo pochi secondi dopo.
La lasciò andare di scatto, come se tra le braccia avesse una pentola bollente.
Si scambiarono uno sguardo fugace, imbarazzato.
Mic arrossì dalle guancie fino alla punta dei piedi e Ryan non ebbe una diversa sorte.
«Guarda Chris e Serena» disse lui cercando di allentare la tensione.
«Era ora!» approvò lei.
In effetti i due si stavano abbracciando calorosamente.
«Sai, penso che non siano male insieme»
«no, infatti, ma lei è troppo orgogliosa per ammetterlo»
«si, e Chris è troppo complessato»
Risero insieme, poi Ryan le allungò una mano.
«vieni, ti faccio vedere come si fa» le propose indicando la sua amata consolle.
Michela accettò volentieri e Ryan la tirò a se, in modo da avvicinarla all’impianto.
«Ora, chiudiamo questa canzone così e facciamo partire un’altra stazione» spiegò posizionandole le mani in modo che fosse lei a fare tutto.
Le spiegò come funzionava e in poco tempo le lasciò il comando.
In effetti, si stavano divertendo tantissimo.
Ma Ryan notò qualcosa che non andava.
Lì, tra la folla, Serena e Chris non erano più vicini.
Anzi.
«Merda!» esclamò non appena vide il suo migliore amico salutare la barbie malefica.
Michela cercò di capire cosa stava succedendo, Serena sembrava essersi eclissata.
Chris stava salutando Georgia.
Passò in rassegna tutta la sala in cerca dell’amica, la trovò poco dopo, in un angolino.
Ma quello è…
«Merda!»
 
 
 
Da: Francesca
 
Scappa, Lorenzo è a Londra. 


1.


1. The Angel pub (Soho)
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Ciao a tutti :D
Ok, scusate, di nuovo, il ritardo. Mi ero ripromessa di publiccare massimo ieri mattina, ma non ce l'ho fatta, così ho finito di scrivere ieri notte.
Ametto che avevo perso un po' l'ispirazione, per fortuna c'è la nostra Mic.
Diciamo che abbiamo passato due intere serate a parlare di questa storia, ci siamo spaccate sulle foto di Cedric e Harry e lei ha fatto un disegno stupendo per l'ultimo capitolo.
Grazie mille Mic ;)
E grazie anche a voi lettori e .. recensori? si dice così? ahahahah
Questo capitolo è... è.. ok, non ho niente da dire.
Potrei anticiparvi tutto, ma non voglio.
Spero vi sia piaciuto, continuate a recensire!
alla prossima ;)

If_you_belive

P.s.: bene, oggi vi lascio con i ragazzi della band, visto che a questa fatidica festa ci sono tutti e quattro!

Harry



Chris



Ryan


Lenny




 

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Capitolo 17
*** Un litigio che sa di addio. ***


Guardami negli occhi, ora sto per dirti che 
non avrò paura di restare senza te 
se adesso te ne vai non me ne frega niente 
domani è un altro giorno, ricomincerò.

Se adesso te ne vai, non ci sarà più posto dentro me 
ti giuro d'ora in poi non so più chi sei 
trascina via con te le tue incertezze e la tua ipocrisia 
ma il male che mi fai non puoi portarlo via 

Diventerà un scudo con il quale mi difenderò da te 
e adesso sbatti forte quella porta via da me

 

[Massimo Di Cataldo - Se adesso te ne vai]

Cap. 15 – Un litigio che sa di addio.

 

Londra, The Angel (Soho)
21. 45

«Ehi, tutto ok?» chiese il ragazzo aggiustandosi i capelli.
«Ehm… si, perché?» rispose Serena cercando di ricomporsi, ma evidentemente ciò che non andava era nell’espressione del suo viso.
«Hai una faccia strana»
«Si, devo aver bevuto troppo…»
«Non posso criticarti, anche io ci ho dato dentro » Lorenzo fece quel suo sorriso speciale, certo non era al meglio della condizione, ma era comunque bellissimo.
Le gote erano arrossate dall’alcol, gli occhi circondati da delle leggere occhiaie.
Ma il verde delle sue iridi era sempre acceso e lui sempre perfetto.
«Per fortuna che parli italiano, sto impazzendo! Con tutto quest’alcol non riesco a spicciacare una parola nella mia lingua, figuriamoci in inglese. Se fossi stata un’altra londinese che tentava di abbordarmi ti avrei dato un pugno» scherzò lui e Serena rise.
La situazione non era ideale, ma quello che stava accadendo era tutto ciò che sognava da sempre.
Il suo cuore batteva come non aveva mai fatto.
«Vivi a Londra?»
«Oh, magari, sono solo di passaggio» si spiegò lei cercando di minimizzare la vibrazione della sua voce.
«Figo, anche io, ci sono da un paio di giorni»
I due si guardarono intorno un po’ imbarazzati, non sapendo cosa dire. Lorenzo si poggiò la mano sulla nuca, Serena iniziò a giocherellare con il cellulare che aveva in mano.
«Allora io vado…»gridò lui per sovrastare la musica.
«Si, certo, vado anche io»
No, no, non andartene Lorenzo…
«ciao»
Lorenzo le voltò le spalle, si incamminò tra la folla a testa alta, come aveva sempre fatto. Quando passava le ragazze si fermavano a guardarlo, incantate, mentre i ragazzi lo schermivano, forse solo per gelosia.
Perché lui era Lorenzo e la sua bellezza e fierezza non si notavano solo nella sua città.
Eppure, quel ragazzo che le sembrava tanto irraggiungibile, in quel momento la stava scrutando e imbarazzato stava tornando da lei.
Serena ne rimase piacevolmente sorpresa.
«Senti, ti andrebbe di prenderci qualcosa da bere insieme?»le chiese cercando di fare il duro, ma quei suoi occhioni lasciavano intravedere la sua insicurezza.
Ed era questo che a Serena piaceva di lui, quel suo modo di fare un po’ da bambino che cerca di fare il grande. Come quando i piccoli si provano i vestiti dei genitori per sentirsi più adulti. Vedendoli non diresti mai “ma che diavolo stai facendo, sei un coglione?” piuttosto penseresti  “che tenerezza, il mio bambino vuole sentirsi più grande”.
Lorenzo era come quei bambini, giocava a fare il duro per tenere testa al suo bellissimo fratello e al suo migliore amico super popolare.
Infondo, tra lui e Serena non c’era poi così tanta differenza.
«Ci sto, ma qualcosa di leggero, sono già abbastanza brilla»
«Oh si, certo, anche io»
Tanto Chris è impegnato con la sua Georgia.
 
 
«Perché sei qui con quello?» chiese Chris incazzato nero.
«Che c’è? Tu puoi vederti con la tua italiana del cazzo e io non posso frequentare Jake?» disse Georgia con una faccina innocente.
«Hai solo un minimo di buon senso?»
«Perché?»
«Avanti Georgia, non pensi a quello che ha fatto a Bryan?»
«Sei un complessato Chris, devi andare avanti»
«Vaffanculo» detto questo si girò e tornò in pista, voleva andarsene da quel posto, voleva scappare via. Vedere Georgia con Jake era una cosa che non riusciva a sopportare.
Ma prima doveva trovare Serena.
Lanciò un’occhiata verso il suo migliore amico, almeno qualcuno si sta divertendo pensò. Ryan se la rideva come un pazzo e Michela sembrava fare altrettanto.
Stavano bene insieme, per loro sembrava essere tutto più facile.
Intravide la sua ragazza un paio di metri più in là, seduta vicino al bancone.
«Allora ci facciamo un giro?» intercettò Chris non appena le si avvicinò abbastanza da sentire i suoi discorsi con uno strano tizio al suo fianco.
Parlavano in italiano.
«Ma si, volentieri, devo solo avvisare i miei amici» gli rispose sorridendo.
Serena si girò e incrociò lo sguardo di Chris.
Gli fece segno di avvicinarsi.
«Ehi Chris, non ti trovavo» esclamò lei forzando un sorriso.
Ok, e ora cosa c’è che non va?
«Si, ero con Georgia»
«Ah Chris, lui è Lorenzo, Lorenzo lui è Chris, un ragazzo del posto»
«Aspetta, come fai a conoscere il mio nome? Non te l’ho mai detto» si sorprese Lorenzo.
«Intuito…femminile» improvvisò lei.
«Oh si, hai ragione» acconsentì lui, era completamente sbronzo.
I due ragazzi si strinsero la mano, poi l’italiano disse qualcosa nella sua lingua che l’altro non capì.
Serena, però, rise.
«Ehi, così non vale» scherzò Chris
«mi sembri… simpatico» cercò di dire Lorenzo, il suo inglese era una specie di italiano storpiato e balbettato.
Era piuttosto divertente.
Eh così, questo è Lorenzo?Me lo immaginavo proprio così.
Lo skater, però, provava un po’ di gelosia nei suoi confronti. Insomma, Serena era innamorata di lui, non era un dettaglio indifferente.
Cercò di cacciare via quei pensieri, Serena era cambiata, ed era quasi sicuro che si era presa una bella cotta per lui. Anzi, ne era sicuro al cento per cento.
«Senti Sere, raggiungiamo Ryan e Mic, ti va? Voglio mettere un po’ di spazio tra me e la barbie malefica» propose per separarla da Lorenzo, si stropicciò gli occhi e iniziò a osservarla più attentamente.
Chris cercò di decifrare la sua reazione, ma quella che aveva davanti non era la sua Serena.
Stava con la schiena dritta e i capelli poggiati tutti su una spalla, le gambe accavallate e un piccolo sorriso dipinto sul volto.
Un sorriso falso, s’intende.
Era tornata ad essere quella di prima, quella ragazza fredda e distaccata dei primi giorni.
Possibile che era andato tutto in fumo?
Tutta colpa di quello.
Serena guardava per terra, forse stava cercando le parole giuste per liquidare Lorenzo. Si, sicuramente avrebbe accettato la proposta di Chris. Tra loro c’era un  legame speciale e non sarebbe stato di certo Lorenzo a spezzarlo.
«Chris, io e Lorenzo volevamo andarci a fare un giro qui fuori, ti dispiacerebbe riaccompagnare tu Mic in albergo?» chiese fredda come il ghiaccio.
Le parole lo colpirono come una freccia, proprio dritta sul cuore.
«Ma che stai…?»
«Sentite, io vado, ti aspetto fuori, è stato un piacere conoscerti Chris»
Lorenzo li liquidò, ma Chris non ci fece caso. I suoi occhi era puntati sulla ragazza.
«Che stai facendo?»
«Come che sto facendo, non capisci Chris?» Serena alzò di scatto gli occhi e lui quasi si spaventò.
Quel marrone dolce e confortante come il cioccolato caldo ora si era trasformato in un ghiacciolo, un ghiacciolo color merda.
Sembrava aver alzato un muro per nascondere le sue emozioni, i suoi sentimenti.
Faceva quasi paura.
«Ho capito che mi stai lasciando per seguire un coglione»
«Lasciando? Perché, c’è mai stato qualcosa tra noi? siamo mai stai più che amici io e te?»
Chris non seppe cosa rispondere. Serena aveva frainteso, lui intendeva lasciare nel senso di abbandonare, allontanare, ma ciò che aveva detto l’aveva ferito.
C'era qualcosa tra loro, c'era eccome, ma lei forse non se ne era mai reso conto.
Il ragazzo sentiva la rabbia crescere dentro di lui, indomabile.
Sarebbe scoppiato in poco tempo.
«non ti rendi conto di come diventi quando ti comporti così?»
«Non farmi la predica Chris, non sei nella posizione adatta»
«Si invece, perché io almeno ho capito che essere così era sbagliato e sono cambiato, ora sono una persona migliore»
«Si, dopo che è morto il tuo migliore amico» esplose lei, poi si posò una mano sulla bocca rendendosi conto di ciò che aveva appena detto. «scusa, io non…»
Questo è troppo.
«Sai che ti dico? Andatevene al diavolo tu e il tuo Lorenzo» Chris gridò così forte che la musica non impedì di far arrivare l’esclamazione alle orecchie delle decine di persone vicino a loro.
Ora guardavano tutti i due ragazzi.
«Chris io…» gli occhi di Serena erano cambiati di nuovo, ora erano lucidi, sembravano essere sul punto di scoppiare in lacrime.
«Vuoi Lorenzo? Bene, vattelo a prendere, ma giuro che se adesso te ne vai finisce qui, basta, sei fuori dalla mia vita. Anche se, a questo punto, non so neanche se te ne freghi qualcosa»
Chris parlava gesticolando, ma le sue mani erano chiuse a pugno, cercava di trattenere tutto il dolore e la rabbia che stava provando in quel momento.
Si sentiva l’aria mancare e si rendeva conto Serena era ormai lontana anni luce da lui.
«Sai quello che provo per lui…» cercò di giustificarsi, ma le parole le uscirono in un sussurro. Si guardò intorno, metà sala li stava osservando incuriosita.
Ryan e Michela li avevano raggiunti e stavano cercando di capire la situazione.
«Allora vai, che ci fai ancora qui?»
«Io…»
«Vattene» disse con un tono che non ammetteva repliche.
Serena gli diede le spalle.
Si passò un braccio sugli occhi e trasse un respiro profondo.
«Sapevo sarebbe andata a finire così. Io e te siamo due mondi diversi, non potremmo mai stare insieme. Addio Chris.» concluse con voce sicura, poi uscì lentamente dal locale.
Come se non fosse successo niente, la gente tornò a prestare attenzione alla musica, tutti tranne un gruppetto di ragazzi accanto al bancone.
«Chris, tutto bene?» chiese Lenny preoccupato.
«no, non va tutto bene» rispose lui appoggiando i gomiti sul bancone e nascondendo il viso tra le mani.
«possiamo aiutarti?»
«no, meglio che andate»
Harry e Lenny si allontanarono, Jake li seguì a ruota.
Michela, Ryan e Georgia rimasero intorno a lui.
«Non vorrei rompervi, ma…» iniziò Mic, ma Chris la precedette
«Ryan accompagnala tu in albergo» ordinò lanciando un’occhiata al ricciolino.
«Ok, perfetto, tanto per sta sera ho finito il mio turno» acconsentì lui «Amico, va tutto bene?»
«Vai, tranquillo»
«Tanto ci sono io qui» s’intromise Georgia appoggiando la testa sulle spalle di Chris.
«Si, tranquilli, c’è lei»
Ryan e Mic si scambiarono uno sguardo preoccupato, ma acconsentirono e si allontanarono silenziosamente facendosi strada tra la folla.
I due rimasero presto soli.
«Sai Chris, Serena è una stronza» disse lei scuotendo i lunghi capelli biondi.
«Non l’avevo notato..» rispose sarcastico lui.
«Ci sono due tipi di stronze al mondo. Quelle che fanno le stronze per non essere ferite e quelle che sono stronze perché cono state ferite.»
«E Serena in che categoria rientra?»
«Da quello che ho capito dalla vostra discussione direi nella seconda categoria.»
Chris annuì.
«Tu come sei?»
«Oh io sono una specie a parte, sono stronza dalla nascita» affermò ridendo, senza però riuscire a contagiargli l’allegria.
«Sai, è un anno che cerca di conoscere quel ragazzo»
«be’ io sono due anni che voglio te» sussurrò a quel punto Georgia, gli era così vicina che il suo alito gli faceva il solletico.
Il ragazzo alzò lo sguardo, sorpreso.
«perché sei qui con Jake?» chiese frustrato.
«per far ingelosire te» confessò facendosi ancora più vicina.
Ora i loro nasi si sfioravano, i loro occhi erano puntati l'uno nell'altro.
Chris, allora, la baciò di scatto.
Tanto, ormai, Serena non tornerà più.
I due si allontanarono in fretta dal bancone e si rintanarono in un angolino desolato e poco illuminato.
Le loro labbra si spingevano con forza le une contro le altre, le loro lingue si cercavano freneticamente.
Era tanto che non si baciavano così.
«Mi sa che ha funzionato» sussurrò Georgia soddisfatta mentre la sua mano si faceva strada sicura sotto la sua maglietta, tra quegli addominali che conosceva più che bene e subito dopo sui jeans consumati.
Chris la prese per i fianchi e la avvicinò a lui il più possibile.
Una situazione normalissima fino a un anno prima, ma che in quel momento gli sembrava tremendamente sbagliata.
Forse perché la baciava con un misto di passione e frustrazione, sperando che il piacere fisico potesse impedirgli di pensare alla ragazza che avrebbe dovuto essere al posto di Georgia.
«Stiamo insieme Chris, saremmo la coppia migliore della scuola» gli propose mentre gli infilava una mano nei pantaloni.
Stare con Georgia, un tempo avrebbe dato oro per averla, ma non quella volta, non in quella situazione.
«La band sarebbe ancora più affiatata»
Continuò a baciarla insoddisfatto, cerando quella passione, quella scintilla, che ormai con lei non sentiva più.
«Chris, io ti amo» gli sussurrò e lui la allontanò con un colpo secco.
«Scusa Georgia, non posso» le disse, le loro labbra si sfiorarono un ultima volta, poi si allontanarono definitivamente .
Chris cercò di ricomporsi, poi corse fuori dal locale.
L’aria gelida lo investì e lo fece risvegliare.
Lui e Georgia? no, no, non poteva essere.
Che cazzo hai combinato, Chris?
Era stato lui a dire a Serena di andarsene, di non tornare più.
Era stato uno stupido, un coglione, un ragazzino orgoglioso.
Non voleva farla finita così, non era sua intenzione.
Ma Serena ora era con il suo Lorenzo, beata tra le sue braccia, cosa poteva desiderare di meglio?
Forse doveva smetterla, non cercarla più, aspettare che il suo soggiorno lì a Londra finisse in modo da non rivederla più.
Ma lui aveva bisogno di lei, come un tempo aveva bisogno di Georgia, forse anche di più.
«Chris» lo chiamò Harry dall’altro lato della strada, il biondino attraversò velocemente e lo raggiunse.
«Harry, per fortuna, dimmi che hai una sigaretta» esclamò Chris notando l’accendino in mano all’amico.
Ecco, una sigaretta era proprio ciò di cui aveva bisogno.
«Certo, ma non eri tu quello che non fumava più?»
«Chi se ne fotte, ora ne ho bisogno»
Harry gli allungò una sigaretta dal pacchetto che aveva in tasca e lui se la prese tra le dita.
L’accese e ispirò profondamente, ne aveva proprio bisogno.
«Ma che è successo prima?»
«Non l’ho capito neanche io guarda, Serena se n’è andata di testa»
«Stava parlando con un tipo o sbaglio?»
«Si, Lorenzo, l’amore della sua vita» Chris rise senza gusto facendo fuoriuscire il fumo.
«Ma lei ti piace?»
«Forse»
«Forse?»
«Ok, mi piace»
«E allora che aspetti? Prenditi lei e dai un pugno a quel cazzone di Lorenzo»
Chris sorrise scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
«Sta volta penso sia finita davvero, non la rivedrò mai più»
«Non dire così»
«Si invece, anche perché sarebbe una storia impossibile, tra quanto? Tre? Quattro giorni? Lei tornerà a casa sua, a due ore di volo da qui, in un'altra nazione. Io resterò qui. Sarebbe una pazzia e poi non credo nei rapporti a distanza»
«Fai come vuoi amico, io ora scappo»
«Si, ciao»
Chris chiuse gli occhi e ispirò ancora, poi si avviò verso casa sua con centinaia di pensieri diversi che gli frullavano in testa, anche se il filo conduttore era sempre e solo uno.
Lo stesso degli ultimi tre giorni.
Serena.

___________________________________________________________________________________________________________

Sera gente! (:
Perdonate, come sempre ormai, il mio enorme ritardo. 
Il fatto è che è estate, non sto quasi mai a casa!
Ah, e tra qualche giorno mi arriva finalmente il motore quindi avrò molto da fare :DD
Torniamo alla storia.
Ho riletto il capitolo una decina di volte ma niente, secondo me c'è qualcosa che non va, non so ancora cosa però...
Va be' dai, fatemi sapere che ne pensate.
Già anticipo dei pensieri comuni : georgia è una troia e Lorenzo un po' coglione.
Aspetto con ansia i vostri pensieri e grazie a tutti quanti voi lettori e... recensori? posso dire così? ahah
alla prossima! ;)

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Fatemi sapere! Baci, If_you_belive

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Capitolo 18
*** Lorenzo. ***


 

Capitolo modificato il 31/10/2011
(per maggiori informazioni leggi note autore cap. 17)

 

 
 

                                                                  Pink - Fucking Perfect
                                                                              http://www.youtube.com/watch?v=CqK_rpYTJtQ


Cap 16 - Lorenzo.
 

 

Serena.

Londra, St James Park
22.30

 
Scusa Lorenzo, hai ragione tu, ho sbagliato.
Non avrei dovuto, lo so, ma non ci ho pensato.
Scusa, ho infranto le regole del nostro gioco, quel gioco dove io perdo e tu vinci, sempre, quel gioco che giochiamo da quasi un anno.
E ora tu sei qui per rinfacciarmelo, per ricordarmi di attenermi alle regole.
Sai Lorenzo, sono quasi riuscita ad essere felice, per un momento ho pensato di poterlo essere davvero, ma non avevo fatto i conti con te.
Con te che ogni volta che penso di averti dimenticato torni all’attacco ancora più forte di prima.
Ormai è fatta, hai scacciato via per sempre anche quest’ultima ragione per sorridere, Chris. Stai tranquillo, non tornerà.
Riuscirò mai a lasciarti alle spalle? Riuscirò mai a non averti più intorno?
Ah no, hai di nuovo ragione tu, sono io che ti voglio accanto.
Sono io che mi sono cacciata in questo casino perché mi sono innamorata dei tuoi occhi, del tuo sorriso, di te.
Forse non avrei dovuto e a volte mi chiedo cosa sarebbe successo se quel giorno non ti avessi incontrato, se non fossi mai caduta nella tua trappola .
Ma, nonostante tutto, non mi pento delle scelte che ho fatto.
Ho sofferto per la tua indifferenza, ho frequentato gente diversa e luoghi insoliti.
Sono cambiata, sono cresciuta, sono diventata più forte.
E tu sei la ragione di tutto.
E mi fa ridere il fatto che è per te che sono diventata più forte, eppure sei ancora la mia debolezza.

Ho aspettato questo momento per mesi e mesi, ho sperato di poterti stringere la mano, di guardarti più da vicino, come se tu fossi un personaggio famoso e io la tua più grande fan.
Ma io non sono una tua fan, sono la tua amante, se così posso definirmi.
Giuro, non troverai altra persona sulla terra che ti ami come lo faccio io.
Ora barcolli accanto a me, ridi agitando una bottiglia di birra, rabbrividisci ad ogni folata di vento. Poi ti abbassi, mi guardi negli occhi, mi sorridi e io mi sciolgo dentro.
Il tuo sguardo è acceso, allegro.
Una risposta mi balza in testa, ora ho capito perché sono attratta da Chris, i suoi occhi sono come i tuoi.
Ecco la spiegazione, trovavo impossibile provare davvero qualcosa per lui.
Anche se…
Anche se gli occhi di Chris sono leggermente diversi, in loro c’è qualcosa che tu non hai, ma cos’è?
Ah si, so cos’è… è il dolore, è la paura, è la consapevolezza, è la determinazione, è un nonsochè  di confortevole, è la gioia che accompagna i suoi sorrisi, è quella scintilla che riesce sempre ad incantarmi.
Scommetto che tu quelle sensazioni non le hai mai provate, amore mio.
O forse si, ma non le metti in mostra, racchiudi tutto dietro la tua maschera.
Perché è questo che è il tuo bel faccino, una maschera, come tutte le altre, come la mia.
Ti dirò, c’è un'altra cosa che mi piace di Chris, ed è il fatto che con lui devo essere me stessa, nessun altro, con te no.
Se non avessi mai incontrato quello skater imprevedibile a quest’ora non mi sarei mai resa conto dei miei sbagli.
Non voglio più cambiare per accontentare gli altri, Lorenzo. Voglio essere me stessa, tutto il tempo.
E se ti dico che ti amo, tu devi credermi, perché è la verità.
E ti ripeto un'altra volta che sei bellissimo, anche se so che te lo dicono in centinaia ,ti prego fidati, il mio complimento è il più sincero.
Ma non sceglierò te, non stanotte.
Perché ho trovato una persona migliore di te.
Ti sei mai sentito come se non fossi niente? No, vero?
Ti sei mai sentito solo? No, certo che no.
Hai mai pensato, anche solo per un secondo, a tutta la gente che hai ferito, che ferisci e che ferirai? Naturalmente no.
Ogni tanto dovresti.
Lorenzo, sei fottutamente perfetto per me, ma per una volta, una dannata volta, ho capito che non è la perfezione che sto cercando di raggiungere.
Voglio saltare, voglio provare a infrangere le regole.
Tornerò da te, ma non ora, non sono pronta io e non lo sei tu.
Spero tu raggiunga tutto ciò che cerchi, spero tu trovi sempre una ragione per sorridere.
E io ti osserverò da lontano come ho sempre fatto e tu non ti ricorderai niente di sta notte.
Io la terrò nel mio cuore per sempre.
Ora mi avvolgi le spalle, le tue braccia sono grandi, le tue mani confortevoli.
Ti amo, ma sto per dirti addio.
A volte capita. Capita di dire addio alla persona che amiamo, ma questo non significa che smettiamo di amarla o che smettiamo di preoccuparci per lei. A volte dire addio è il modo più doloroso per dire Ti Amo.
Ricordatelo sempre Lorenzo, anche se un po’ mi sento stupida perché queste parole rimarranno sempre tra i miei pensieri e tu non ne verrai mai a conoscenza.
Cercherò di rattoppare ciò che tu hai strappato perciò concedimi una tregua, dammi un po’ di tempo lontana dalla tua influenza.
Ho intenzione di recuperare Chris in qualche modo, ti prego non intralciarmi ancora.
Amo te, ma ... voglio bene anche a lui.
Anche se mi consta ammetterlo, anche se lo conosco da tre giorni e poco più, mi ha dato più di qualsiasi altra persona abbia mai fatto, mi ha rivoluzionata completamente, mi ha fatto rabbrividire al suo solo tocco, e ha condiviso con me la sua storia.
C’è un legame particolare tra noi, anche se mi suona strano.
Una cosa è certa, mi ha dato più lui in tre giorni che tu in undici mesi.
Non sorridermi così, ti prego, rendi tutto più difficile.
Basta, ormai è deciso, non tornerò indietro, questa notte è come se non ci fosse mai stata.
Dimenticherò tutto, in qualche modo.
E dimenticherai anche tu, ma per te non sarà un problema con tutto quell’alcol che stai bevendo.
Addio Lorenzo.
 
«Quindi sei un’italiana a Londra» disse Lorenzo superando l’ingresso del parco.
«Già» risposi seguendolo.
Essergli così vicina, parlagli, mi provocava una strana sensazione, un continuo colpo allo stomaco, era questo che provavano le ragazze standogli accanto? O ero io l’unica ad essere stata progettata per provare questo?
Probabilmente si, ero l’unica che poteva innamorarsi di un tale coglione.
«Se fossi una romana sarebbe perfetto»
Gli lanciai uno sguardo interrogativo, inciampai e per non cadere afferrai un suo braccio. Era la prima volta che lo toccavo, non pensavo che il mio cuore potesse battere così veloce per così poco.
«in vacanza con una romana a Londra» canticchiò allegro.
Sorrisi ingenuamente.
«Fabri Fibra?»
«Yess»
«Ti piace?»
«Si, ma preferisco altri cantanti a lui»
«Tipo Liga?»
«Esatto!»
Oh, ma dai, non lo sapevo!
Lorenzo proseguì lungo il sentiero illuminato ondeggiano la testa a ritmo di qualche canzone che aveva in testa.
La luce dei lampioni gli illuminava il viso, dio quanto era bello.
Fui tentata dal gettargli le braccia al collo, poi mi ricordai i miei propositi e mi trattenni, ma mi ci volle tutta la forza del mondo.
«Quanti anni hai?»
«Quasi quindici»
«Ah, ma allora sei piccolina»
«Hai solo due anni più di me»
«Sono comunque più grande» disse Lorenzo con una voce suadente e una espressione di superiorità dipinta sul volto per rendere l’idea. «Aspetta, come fai a sapere quanti anni ho? Ah, si, quell’intuito femminile…»
Se l’è bevuta davvero!
«Posso chiederti una cosa?» chiesi girandomi e prendendo a camminare all’indietro per guardarlo negli occhi.
Visto che non avrebbe ricordato niente tanto valeva togliersi un paio di soddisfazioni.
«Tutto quello che vuoi, piccola» sussurrò con un voce calda mentre si appoggiava ad un basso muretto.
«Perché sei tornato da me, prima, nel locale?»
Lorenzo abbassò lo sguardo e sorrise, era la prima volta che lo vedevo sorridere.
«Mi prenderesti per pazzo»
«Giuro che non riderò»
«È che… mi ricordi una ragazza»
Cercai di far girare gli ingranaggi del cervello, ma iniziavo a sentire l'effetto di quelle birre che Chris mi aveva passato prima, nel locale.
Chi poteva essere questa ragazza che mi somigliava?
«Chi è?»
«Ma no dai…»
«Dimmelo» lo implorai appoggiandomi al suo fianco, le nostre spalle ora si sfioravano e da lì riuscivo anche a percepire il suo profumo.
Fresco, dolce, ma sapeva anche di fumo e alcol e… di dopobarba.
L’avevo sempre immaginato così.
«è una ragazza della mia scuola, insomma… lei è fantastica»
«quindi se è fantastica lei lo sono anche io?» scherzai guardandolo negli occhi, per un secondo mi sembrò di vedere un leggero rossore tra quelle poche lentiggini che gli coloravano gli zigomi.
Non mi sembrò una cosa molto da…Lorenzo
«Si» rise ricambiando il mio sguardo.
Sentii uno sciame di farfalle insinuarsi nel mio stomaco, avrei voluto cacciarle per sembrare più spavalda, ma non era poi così cattiva come sensazione.
Mi ricordava ciò che provavo per lui, per Lorenzo, e tutto ciò che avevo passato per quegli occhioni verdi.
«È la tua ragazza?»
«No, la mia ragazza, anzi ex ragazza, è una grandissima stronza»
Lorenzo fece un piccolo sorriso con un retrogusto amaro, alla fine doveva tenerci davvero a Federica.
Quella sera mi stava quasi dimostrando di avere un cuore.
«Conosco il genere»
«Diceva di amarmi e nel frattempo se la faceva con un altro»
«Mi dispiace»
Gli diedi un colpetto sulla spalla, con fare affettuoso, come se fosse un mio vecchio amico.
«Continua dai»
«Be lei è due anni dietro di me, ma sembra più grande, forse è stata bocciata, sincerante non lo so… non penso. Comunque, la vedo quasi tutti i giorni, dove mi giro e mi volto c’è lei, come se il destino volesse dirmi qualcosa»
Lorenzo fece una pausa, cercai di assimilare quelle parole.Un tizio con un cane ci passò davanti correndo, uno scoiattolo si arrampicò sull’albero di fronte a noi.
La luna era coperta da grandi nuvole scure, le stelle non si riuscivano a scorgere più di tanto.
Il ragazzo si staccò dal muretto per raggiungere una panchina non molto lontana, mi fece segno di raggiungerlo.
«Sta sera, quando ho visto te, è stato uno shock, pensavo che fossi lei…sono uno stupido, scusami»
«Com’è finita con lei? Con questa ragazza?»
«Diciamo che ho un migliore amico molto esigente, lui ha sempre sostenuto che lei non era adatta a me,troppo piccola… e popolare si, ma non abbastanza»
Chi diamine è questa, ora?
Un’idea mi fulminò, ma era troppo surreale, troppo improbabile.
«Sai come si chiama? »
«No, 0 amici in comune, 0 indizi»
«Quando ha iniziato a piacerti?»
«Mio fratello ha la classe di fronte alla sua, per un paio di giorni spostarono anche me da quelle parti e mentre andavo alle macchinette lui me la fece notare. Guardava dalla nostra parte, attraversava sicura il corridoio, pensavo stesse venendo da noi per conoscerci, non sarebbe stata la prima…»
«E….e poi?» 
Possibile? Avevo il fiato corto, il cuore che, se possibile, batteva ancora più forte di prima.
«Non lo fece, ci sorpassò senza dire una parola, prese qualcosa dalla macchinetta e si fermò a parlare lì vicino con un amica. Ricordo che feci una battutina stupida sulla scuola e che lei mi fulminò con lo sguardo, ma poi sorrise e giuro che non me la sono più tolta dalla testa. Cioè si, mi sono fatto altre ragazze e ho vissuto normalmente la mia vita, ma mi sarebbe piaciuto conoscerla, ecco»
Non riuscivo più a respirare.
Ero in preda ad un turbinio di emozioni che sembrava farmi sprofondare.
Non riuscivo a credere a quello che stavo sentendo, non potevo crederci.
Era tutto troppo surreale, non poteva essere, mi stava sicuramente prendendo per il culo.
Nascosi il viso tra le mani e chiusi gli occhi.
«Ehi, tutto bene?» sussurrò dolcemente il ragazzo dagli occhi verdi.
La sua delicatezza mi faceva male, le lacrime iniziare a scorrermi lungo le guancie e m inondaronoi palmi delle mani.
Perché? Perchè ora? Perchè a me? Perchè Lorenzo rendeva tutto così difficile?
Presi un respiro profondo e tornai a guardarlo.
Provavo così tante emozioni in quel momento che non avrei saputo descriverle con nessuna parola, con nessun gesto, con nessuna espressione.
«Me la ricordo» sussurrai incapace di parlare normalmente.
«Cosa?»
«La battuta, me la ricordo»
Lorenzo mi guardò confuso.
Proprio non capiva.
«Cogli ioni inizierete la chimica e cogli ioni la finirete»
«Oddio, era davvero penosa»
«in effetti…»
«Ma come…chi sei tu?»
«Sei davvero sbronzo, vero?»
«Be… si, ma tu chi sei?»
«Piacere Lorenzo, sono la tua Serena»
«La mia Ser…?» iniziò, ma poi si bloccò.
Spalancò la bocca incredulo.
«S…Serena?»
«Già» annuii sorridendo mentre altre lacrime mi sgorgavano libere sul volto.
«Cioè sei…sei quella ragazza di I N? Quella con il motore bianco che parcheggia sempre di fronte a scuola, accanto alla cabina del telefono? Quella che se ne sta sempre in mezzo a un gruppone di ragazzi o in ogni caso sempre con una ragazza dai capelli neri? Cioè sei…sei Serena?!»
«Si, genio»
Scoppiai a ridere nonostante la situazione, non avrei mai pensato che lui potesse dire cose del genere. Non avrei mai pensato che lui mi tenesse sottocchio, e sinceramente non avrei mai immaginato neanche di passare per un millisecondo nella sua mente.
Alla fine i miei sforzi non erano stati del tutto vani.
«E ti ho appena sputtanato tutto quanto?» chiese storcendo le labbra, risi più forte.
«Si»
Quanto tempo sprecato, quanto dolore per niente.
Ecco perché quegli sguardi, ecco perché ogni volta che era nei paraggi sentivo i suoi occhi addosso.
Rabbrividii.
«Tieni» disse Lorenzo sfilandosi il giubbotto e chiudendo la zip della felpa «Scommetto che senti freddo»
Avrei voluto dissentire, dire che era lui a procurarle quei brividi, ma non lo feci. Mi infilai quel giubbotto che gli aveva visto così tante volte addosso e mi ci strinsi dentro, inspirando il suo profumo.
 «Ora vuoi dirmi perché piangi?» chiese quasi comprensivo, allungò una mano verso la mia guancia per asciugare una lacrima che ancora sostava sotto gli occhi. Le sue dita avevano un tocco deciso e persino quel gesto fondamentalmente dolce si trasformò in qualcosa rude. Con Lorenzo doveva essere tutto così, pochi sentimenti e molta azione, già me lo immaginavo.
«Non hai mai pensato di lasciar perdere Luca e Marco e venire a conoscermi?»
«Come fai a sapere che si chiamano Luca e…» alzai un sopracciglio prima che finisse la frase « Ah si, giusto, tutti ci conoscono»
«Poco modesto ma si, è vero, tutti vi conoscono…allora? »
Lorenzo ci pensò un po’ su.
«Per prima cosa sono un ragazzo troppo orgoglioso, in secondo piano, be, Marco è una delle persone fondamentali nella mia vita e mi fido sempre dei suoi consigli, così l’ho seguito anche sta volta.»
«Non posso credere di essere qui con te, non riesco a credere a ciò che tu stai dicendo»
«Perché? Ti sembra così strano che a uno come me piaccia una come te? Si, sono alla vetta della classe sociale, ma da quello che ho visto negli ultimi tempi anche tu non stai messa male, frequenti la gente giusta… e poi infondo, molto infondo, sono un ragazzo semplicissimo anche io, uno di quelli che se ne frega di ciò che dice la gente»
«In fondo, ma molto infondo»
«Be si, in effetti»
Ridemmo insieme, le nostre voci l’unico suono nel parco.
«Allora, mi dici perché piangi?»
«È una lunga storia»                 
«Abbiamo tempo»
«Perché per te ho combinato un bel po’ di casini, Lorenzo»
Dissi vaga, muovendo in aria una mano.
«Non ti seguo…»
«Ti amo, l’ho sempre fatto, dal primo secondo in cui ti ho visto ad ora»
Ecco, secco, a brucia pelo.
Lorenzo studiò attentamente la mia espressione, scavando nei miei occhi per vedere se stavo dicendo la verità.
Certo che si!
Non avrei mai pensato di dirglielo, ma quello era il momento giusto. Per un attimo, solo un attimo, desiderai che Lorenzo non dimenticasse niente. Desiderai che, una volta tornati da Londra, camminassimo per le strade della città mano nella mano, scherzando, lasciando tutti a bocca aperta.
Mi avrebbero conosciuta come “la ragazza di Lorenzo”, il che non era per niente male. Sarei entrata nella sua cerchia di amici, avrei finalmente presentato Francesca a Marco, l’avrei vista saltare di gioia, avrei osservato le mie compagne di classe morire d’invidia per noi, avrei baciato il suo ragazzo senza mai stancarmi, davanti a scuola, sotto gli occhi di tutti. Avrei adorato quella vita, ma non sarei mai stata libera, non sarei mai stata me stessa.
Una folata di vento ci scompigliò i capelli, gli unici rumori in quel momento erano le foglie che volavano e i nostri respiri.
«Cosa?»
«Hai capito, momento di confessione per entrambi»
Ci fu un momento di silenzio che sembrò durare un’eternità.
«E ora che si fa?» chiese Lorenzo dopo un po’.
«Niente, scusa Lorenzo, ma sei la persona giusta al momento sbagliato»
Sentii il cellulare vibrare, era una chiamata, era Chris.
Ora non avevo tempo per litigare ancora con lui, l’indomani, quando Lorenzo sarebbe stato lontano dalla mia vita, l’avrei cercato.
Forse gli avrei anche chiesto scusa.
Rifiutai la chiamata e notai anche un messaggio non letto. Feci per aprirlo, ma Lorenzo mi strappò il cellulare di mano.
«Stasera sei mia, punto» mi sussurrò nell’orecchio.
Ne rimase leggermente scossa, stava andando tutto troppo di fretta.
Lorenzo che mi confessava il suo amore…se amore potevo definirlo, il suo giubbotto, la sua voce calda e familiare…
Quante volte avevo immaginato quel momento? Centinaia e centinaia di volte.
Ogni notte, prima di addormentarsi e ogni mattina, prima di andare a scuola e durante ogni lezione, ogni uscita con gli amici.
I miei occhi erano sempre attenti a cercare quelli di lui ed ero sicura che sarei riuscita a riconoscerli anche in una piazza affollata o in una discoteca.
Non avrei mai pensato che anche lui cercava era in cerca dei miei.
Eppure qualcosa non andava, c’era qualcosa di sbagliato, totalmente sbagliato in quel momento.
Come se si fosse rotto l’anello di una catena.
E, in fondo, sapevo perché si era spezzato, tutta colpa di Chris.
Puo’ una persona che conosci da così poco tempo diventare improvvisamente così importante?
Si, evidentemente si.
Chris mi aveva aperto gli occhi, ora non potevo più tornare indietro.
Lorenzo bevve l’ultimo sorso della sua birra, poi la gettò contro un cestino mancandolo completamente.
Si sdraiò sulle mie gambe e chiuse gli occhi sbadigliando.
«Sta sera ho esagerato un po’» disse alitandosi sulla mano per sentire quanto puzzava.
«Decisamente»
«Non è il momento per parlare di queste cose, vero?»
«Quali cose?»
«me… te… noi»
«noi?»
«Fosse stata un’altra ragazza a questo punto mi sarebbe già saltata addosso»
Aprì gli occhi e sorrise con fare malizioso.
«Ma io sono io, e non ti salterò addosso, anche se ammetto di averci pensato».
«Puoi farlo, sai»
Scossi la testa, dovevo trattenermi.
Poi, di nuovo silenzio. Quei buchi nelle conversazioni erano davvero stressanti.
Infilai la mano tra i capelli di lui e iniziai a giocarci mentre cercavo di riordinare il caos che avevo in testa.
Amavo Lorenzo? Si.
Volevo baciarlo? Si.
Volevo stare con lui? Si… cioè forse.
Perché quest’insicurezza? Chris.
«Chi è lui?» chiese Lorenzo aprendo gli occhi.
Afferrò una mia mano e se la portò alle labbra, aspettando la risposta.
«Chi ti dice che c’è un altro?» chiesi con il respiro nuovamente affannato.
Lorenzo iniziò a baciarmi le dita, una per una.
«Ti ho detto che mi piaci e tu hai detto di ricambiare, insomma, chi non mi ricambierebbe?»
«Vedi, sei troppo sicuro di te stesso»
«Ci credo, non ho mai ricevuto un no in vita mia»
Lorenzo alzò leggermente il busto, lasciò andare la mia mano e allungò le sue verso il mio, lo avvicinò a se per potermi baciare.
Pensai di non essersi mai sentita così.
Le labbra di Lorenzo erano morbide ma sicure, come me l’ero sempre immaginate.
Il suo modo accarezzarmi la guancia, i suoi respiri regolari, non c’era una cosa fuori posto.
Quando Lorenzo si mise definitivamente a sedere mi trascinò sulle sue gambe, lo strinsi a me come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Lo baciai con foga e passione, e lui mi assecondava, contento di quella intraprendenza, mentre le sue mani vagavano sulla mia schiena, sotto il giubbotto.
Lui era di una bellezza incredibile, anche in quel momento, soprattutto in quel momento.
Io era vulnerabile ma combattiva, con i capelli che mi ricadevano disordinati sulle spalle e giù per la schiena, dove incontravano le mani calde di Lorenzo.
«Devi darmi una risposta, ti sto chiedendo di metterti con me, non puoi che accettare» le labbra di Lorenzo si muovevano delicate sul mio collo , facendomi rabbrividire dal piacere. Non avendo la forza di rispondere mugugnai un qualcosa di incomprensibile per poi tornare a cercare quelle labbra che mi avevano tormentata per mesi e mesi.
«Abbiamo tutto il tempo del mondo, ma io sono impaziente, voglio una risposta» insistette lui staccandosi da quel bacio.
Prese il mio viso tra le mani e la allontanò quel che bastava per guardarla negli occhi.
Tentennai, tentata da accettare la proposta del ragazzo, ma non lo feci.
Diedi un ultimo bacio al mio amore, poi mi alzai dalle sue gambe, dalla panchina e mi ritrovai in piedi leggermente barcollante.
«Ci vediamo a scuola» sussurrai mentre mi stringeva nel giubbotto del ragazzo. Non avevo intenzione di ridarglielo, non in quel momento, avevo bisogno di sapere che tutto quello che stava succedendo era reale.
«No, aspetta, non mi concedi neanche una scopata?» gridò alzandosi anche lui.
Spalancò le braccia dando così un pugno ad un lampione. Imprecò piegandosi dal dolore. Risi.
«Magari la prossima volta» scherzai sorridendo.
«Ci vediamo domani? Tanto sei sempre qui a Londra, no? Non torni per ora, vero?»
«Torno tra quattro giorni e no, non ci vedremo»
«Ma dai, non puoi continuare a dirmi di no, scommetto che vuoi conoscere Luca, mio fratello…vediamoci e te lo presento»
«No e, a proposito, vedi di farti venire a prendere da qualcuno»
«E tu?»
«Mi arrangerò»
«Quindi?»
«Quindi ci vediamo a scuola, ciao Lorenzo»
«E quello che è appena successo?»
«Sono sicura che domani non ricorderai neanche metà degli avvenimenti di sta sera»
«Ricordo sempre le cose importanti» disse raggiungendomi e afferrandomi il polso.
Inchiodò i suoi occhi in quelli nei miei cercando di persuadermi dall’andarmene.
Inutile dire che non servì a niente.
Mi slanciai per un ultimo bacio, lui cercò di trattenermi ma non fu storia.
Mi voltai e iniziai a correre, senza una meta, senza sapere dove andare.
L’unica cosa che sapevo era che dovevo allontanarsi, allontanarmi da lui il più possibile, dai suoi occhi, dalla sua influenza.
Mi tastai le tasche dei jeans in cerca del mio IPod, mi infilò in fretta gli auricolari nelle orecchie e mi perse nelle canzoni dell’apposita playlist dedicata al ragazzo che avevo appena lasciato, solo, nella fredda notte di quella apparentemente immobile Londra.
 
Pretty, pretty please
Don’t you ever, ever feel
Like your less than
Fuckin’ perfect?
Pretty, pretty please
If you ever, ever feel
Like your nothing
You’re fuckin’ perfect to me.
1.


1. St. James park.

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Hi bautiful people!
Allora? Vi state godendo l'estate? Siamo ufficialmente ad Agosto, un mese e inizia la scuola yuhuuuu ahahahah ( ridiamo per non piagere)
Ormai sottointendete le mie scuse, ci metto sempre tantissimo a pubblicare .-.
Il 4 parto, vado in croazia e ci sto una ventina di giorni...cercherò di scrivere un po', ma non so quanto concluderò.
Comunque che ne pensate? Cioè... Lorenzo è presuntuoso e parmaloso, ma anche un po' dolce...
Serena si sente persa, confusa, ma ha Chris come riferimento, è una bella cosa!
Non so che altro dire, quindi faccio un piccolo spoiler, nel prossimo capitolo ci sarà una scena tutta su Ryan e Mic che personalmente trovo dolcissimi :33
Continuate a seguire e vedrete, ah e grazie a tutti.
Alla prossima, If_you_belive

Lorenzo.

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Capitolo 19
*** All you need is LOVE. ***


 

 Note Autore: Salve gente! Come potete notare sono tornata con quest'altro capitolo, scusate per il ritardo, ma spero di essere perdonata, è lungo e mi piace abbastanza...una vittoria per i fan di Serena e Chris. Prima di andare a leggere vorrei rubarvi cinque secondi, stavo pensando di apportare delle modifiche alla storia, non come contenuti, ma alla stesura. Ho scritto questo capitolo in prima persona, cambiando i punti di vista quando serviva, è solo un esperimento anche se sinceramente mi sembra meglio così. Vorrei un vostro sapere, ditemi se preferite che continui così o riprenda come prima, ci tengo davvero.
Per il resto non ho niente da dire, spero vi ricordiate gli avvenimente precedenti :3
Grazie a tutti per l'attenzione e buona lettura, alla prossima!

 




The Pretty Reckless - Just Tonight
http://www.youtube.com/watch?v=Y7VGOnV2QhU&ob=av2e
 

Cap 17 - All you need is LOVE

 
Chris.
 

  

Londra, casa di Chris
22.30

 
Rientrai a casa in punta di piedi per non svegliare i miei che, quasi sicuramente, già erano al settimo sonno.
La casa era buia e silenziosa, quasi angosciante. Afferrai il cellulare dalla tasca dei pantaloni e lo accesi puntandolo verso lo spazioso salone, cercando di vedere qualcosa oltre le punte delle mie dita.
Mi gettai sul divano perché la testa mi vorticava pericolosamente, chiusi gli occhi e sperai di sprofondare in un lungo sonno per cercare di scappare da ciò che avevo intorno, ma non appena chiusi gli occhi realizzai di non avere neanche un briciolo di sonno e che, infondo, non avevo preso una sbronza colossale.
Avevo solo alzato un po’ il gomito, tutto qui, eppure neanche questo riusciva a non farmi pensare alla merda che mi circondava.
Fui decisamente tentato dall’andare ad aprire lo sportello del minibar di legno che si trovava nella stanza accanto, uscire un qualche super alcolico di papà e bere fino a dimenticare anche come mi chiamavo, ma la mia coscienza mi frenò.
Ero cambiato, no? Se prima risolvevo i miei problemi bevendo ora dovevo farlo da sobrio, anche se questo comportava sentirmi una merda come in quel momento.
E ora?
Questa domanda mi stava tormentando, giuro.
Non sapevo cosa fare, mi sentivo perso, senza una strada da seguire, in balia delle onde.
Mi sentivo vuoto, come se qualcuno mi avesse aspirato via tutti i sentimenti e le emozioni, lasciando solo la paura. La paura di restare solo, di nuovo.
Non potevo perdere Serena, non era neanche da prendere in considerazione. Da quando c’era lei mi sentivo più vivo, ero più allegro, l’avevano notato tutti, non potevo tornare a essere quello di prima.
Presi il cellulare e, ispirato, le scrissi un messaggio.
 
 Da: Chris
Devo dirti una cosa e non so come la prenderai.
Non pensare che siano solo le parole di uno stupido ragazzo ubriaco o di un coglione con il quale hai litigato, perché se potessi tornare indietro cambierei parecchie cose.
Stasera ero sbronzo e tu eri bellissima e domani sarò sobrio e tu sarai ancora bellissima.
Ho bisogno di te come mai di nessun altro, non andartene ora, non lo sopporterei.
Abbiamo ancora tanti insulti da gridarci e troppi litigi da fare, tante canzoni da ascoltare e centinaia di storie da raccontarci.
Non puoi andartene, ti chiedo scusa, ma per favore resta, non lasciarmi solo.
 
 
 
Lo rilessi almeno una decina di volte prima di premere “invio”.
Certi messaggi non erano nel mio stile, troppo sdolcinati, raccontavano troppa verità.
Ma era la cosa migliore in quel momento, penso.
Chiusi gli occhi e, perso nei miei pensieri, non mi accorsi dell’ombra che era entrata in salone. La guardai meglio preso alla sprovvista, era…era…
«mamma?» chiesi sperando di non avere le allucinazioni.
«Tesoro sei tornato, finalmente» disse lei, vidi il suo sorriso illuminarsi anche al buio.
«Che ci fai ancora sveglia a quest’ora?»
«Bello, il figlio che fa la ramanzina alla madre» scherzò lei avvicinandosi al divano, mi misi a sedere per farle spazio accanto a me. Mi diede un bacio affettuoso sulla guancia, poi si accoccolò sul mio petto come una bambina fa con il suo papà.
Ed ecco a voi signori la donna più importante della mia vita, l’unica che non mi abbandonerà mai.
Avevo un rapporto speciale con mia madre, forse perché per me aveva fatto sacrifici enormi, forse perché nonostante i nostri continui litigi era sempre pronta a supportarmi quando ne avevo bisogno.
Anche perché aveva solo trentacinque anni, infondo non aveva una mentalità tanto diversa dalla mia.
«Mamma, ma che  ti sei bevuta?» la ripresi non appena la puzza di alcol mi arrivò alle narici, subito dopo notai il bicchiere che aveva in mano, doveva essere un Martini.
Aveva avuto la mia stessa idea, solo che lei l’aveva messa in atto.
«Non penso che tu sia nella posizione per giudicare mio caro, puzzi come se avessi fatto un bagno con la vodka e come bagnoschiuma avessi usato la cenere della sigaretta.»
«Non mi hai risposto, come mai sei ancora sveglia?» iniziai ad accarezzarle i capelli cercando di scaricare lo stress in quel piccolo gesto, ringraziai il cielo che fosse sveglia, almeno parlare con lei non mi avrebbe fatto pensare a Serena, a Georgia o a chiunque altro.
Anche se quel quasi indistinguibile accento italiano che aveva nella pronuncia me la ricordava più di quanto volessi.
«Ho litigato con tuo padre, di nuovo» confessò sospirando sulla mia maglietta, anche lei, come me, aveva parecchi problemi a cui pensare.
Si alzò di scatto e silenziosamente si avvicinò al grande stereo sulla parete di fronte al divano, inserì un CD nel lettore e schiacciò play, poi tornò da me.
Riconobbi subito di che CD si trattava, era quello che le aveva fatto papà per non so quale anniversario, conteneva quelle che secondo mamma erano le più belle canzoni d’amore italiane.
Perché mamma era italiana, ma questo l’avevo già detto.
«Che è successo sta volta?» domandai tranquillamente, ma lei non volle rispondere, canticchiava a bassa voce una canzone di… Baglioni se ricordava bene.
Una cosa tipo Questo grande piccolo amore, no, aspetta, era il contrario,Questo piccolo grande amore, si quella.
Conoscevo il ritmo di quasi tutte le canzoni di quella Track List, ma, purtroppo, il significato di molte non l’avevo ancora capito.
«Piuttosto, che è successo a te, Chris? Hai una faccia sconvolta» Mamma mi sorrise familiarmente, raccontarle tutto mi avrebbe fatto sentire meglio, ne ero sicuro.
«Ho conosciuto una ragazza…» iniziai, lei si alzò dal mio petto e si mise a gambe incrociate per potermi guardare meglio, eravamo ancora immersi nel buio fatta eccezione di una candela che aveva acceso lei quando era andata ad attaccare il CD.« è italiana, bella da mozzare il fiato. All’inizio pensavo che tra noi non potesse esserci niente, mi stava anche abbastanza sulle palle, ma avevo una strana voglia di stare con lei. Prima era fredda, distaccata, una stronza di prima categoria, ma c’era…c’era qualcosa che…non so spiegartelo, è strano, però sapevo che lei non era così. Ci avevo visto giusto, ne abbiamo parlato ed è tornata a essere se stessa, è solare, simpatica, un po’ impacciata a volte, ma non mi importa. Sta sera era con me alla festa, ballavamo insieme, c’ero quasi...poi è apparso dal nulla il tizio che le piace e abbiamo litigato di brutto, le ho mandato un messaggio, non so se risponderà, non penso» dissi con un sorriso amaro sul volto, mamma mi guardava con la testa leggermente piegata verso destra, ciuffi di capelli biondi le cadevano sul viso, ma non le davano fastidio. Gli occhi, verdi come i miei, sembravano pensierosi.
Non disse niente, si slanciò per abbracciarmi e sorrise contro i miei capelli.
Li scompigliò e disse «è una cosa normale prendersi una cotta per una ragazza alla tua età»
«Mamma, secondo te ci si più innamorare di una persona in un giorno? o in due giorni? In una settimana?» chiesi assorto, non ero innamorato di Serena, figuriamoci, ma volevo un suo parere.
Nel fra tempo che cercava una risposta il CD arrivò alla Track 3,  Ligabue con l’amore conta.
Quella la conoscevo bene, mi era sempre piaciuta.
L’amore conta, l’amore conta, conosci un altro modo per fregar la morte? Nessuno dice mai che sia facile, e forse qualche dio non ha finito con noi, l’amore conta.
«Secondo me non c’è un tempo prestabilito per innamorarsi, succede e basta, che sia in un parco al chiaro di luna o in uno Starbucks, con una persona che conosci da sempre o con qualcuno che hai appena incontrato, se è destino succederà e tu non puoi opporti, non puoi dire perché lei? O magari perché ora? Perché qui? Succede e basta e devi godertelo finché dura, perché te lo giuro, innamorarsi è la cosa più bella che ti possa capitare. Può fare male, anzi, quasi sempre fa male, ma lo superi, potresti superare tutto per la persona che ami» disse mamma guardandomi negli occhi, sorrideva e parlava con serietà, con sincerità.
Non l’avevo mai vista così..emozionata.
Fare discorsi del genere doveva averle risvegliato un non so che dentro.
Mi lasciò un po’ di stucco, proprio da lei che litigava sempre con papà mi aspettavo una cosa alla “l’amore fa schifo”.
Quindi l’amore esisteva? Non era come una leggenda metropolitana o un racconto epico.
Voleva dire che un amore devastante come quello di Romeo e Giulietta poteva capitare anche a te, che Dante non era poi così coglione a scrivere tanto gentile e tanto onesta pare per una che non se lo cagava neanche di striscio, che i sentimenti celati dietro il saluto di Ettore e Andromaca sotto le mura di Troia erano autentici, che magari, da qualche parte nel mondo, esisteva una Penelope che cuciva e scuciva una tela in attesa del ritorno del suo Ulisse.
Non sapevo perché, ma a tutto ciò non ci avevo mai creduto, mi era sempre sembrato terribilmente noioso, una parsa per ingannare quei poveri stolti che ci credevano ancora. Ma se l’amore esisteva davvero, allora cambiava tutto.
Allora ciò che avevamo io e Georgia non era niente più di baci e sesso.
Allora, forse, c’era anche la possibilità remota che Serena mi potesse piacere davvero.
«Mamma?»
«Si tesoro?»
«Hai mai avuto paura di perdere qualcuno?»
«Ogni volta che litigo con tuo padre»
«Mamma?»
«Si?»
«Ma tu papà lo ami ancora?»
«Ogni giorno di più»
«E perché litigate?»
«Perché quando stai bene con una persona hai paura che tutto finisca e ingigantisci anche la più piccola sciocchezza, perché magari la vita non è tutta rose e fiori come ti immaginavi e te la prendi con l’unica persona che ti è sempre accanto o a volte semplicemente per vedere se, anche dopo l’ennesimo litigio, torna tutto come prima»
Mamma mi si era avvicinata, con una mano giocherellava con i miei capelli e con l’altra ne stringeva una mia, il Martini l’aveva ormai abbandonato per terra.
Ero confuso, troppe parole, troppi concetti da assimilare anche se con un solo filo: che quelle stupide canzoni d’amore… be’ non erano poi così stupide.
«Vuoi sentire una cosa?» chiese lei sorridendo, annuii leggermente mentre il suo braccio si allungava verso il tavolino al centro del salotto per prendere il telecomando dello stereo.
Tolse Mi piaci tu di Vasco e andò dritta alla Track 7.
Non ricordavo che canzone fosse, ma ci doveva essere una qualche ragione se voleva farmela sentire, anche se non sapevo quanto sarei riuscito a capire, lei sopravalutava la mia conoscenza dell’italiano.
La canzone partì e dopo qualche secondo la riconobbi, Oggi sono io di Alex Britti.
Mamma si risedette davanti a me e, piano, iniziò a tradurmi simultaneamente tutte le strofe della canzone.
La ascoltai incantato, non mi era mai importato di quella canzone, aveva un bel ritmo ma niente di particolare.
Be, mi sbagliavo di grosso.
Avete presente quelle canzoni che trovate così, quasi per caso e sembrano raccontare la tua vita? Ecco, questa riassumeva i quattro giorni che avevo passato con Serena. Mi sorpresi del fatto che non appena mamma aveva iniziato a tradurre i miei pensieri si erano rivolti subito a lei, senza volerlo, senza aver chiesto prima il permesso.
Bryan sarebbe stato fiero di me, avevo messo da parte il mio egocentrismo almeno per una volta.
Mi voltai di scatto e afferrai il cellulare caduto sul pavimento, cercai una risposta al messaggio, ma non c’era. Non mi importava, dovevo parlare con lei, subito.
La chiamai mentre il mio battito cardiaco accelerava dopo ogni squillo, non sapevo cosa le avrei detto, non sapevo se era ancora incazzata con me, non sapevo niente in quel momento.
Serena non rispondeva, aveva rifiutato la chiamata, era sicuramente incazzata.
Forse per la litigata forse per il messaggio, non lo sapevo.
Sentivo uno strano dolore al petto, un dolore che mi stava opprimendo.
Vidi mia madre alzarsi leggermente barcollando, si sistemò i capelli dietro le orecchie e rimise Oggi sono io che era ormai finita.
«Dove vai?» le chiesi mentre si avvicinava per darmi il bacio della buonanotte.
«Lascio te con il tuo cellulare, la tua musica e il mio Martini,  vado da tuo padre, sta dormendo nella camera degli ospiti, gli chiedo scusa»
«Grazie mamma»
«Sono qui per questo, buona notte»
La sua figura esile sparì nel buio della sala annessa al salone, quella con l’elegante pianoforte a coda che la dominava, la vidi salire le scale  che portavano alla stanza degli ospiti e tornai ai miei pensieri.
Riascoltai la canzone per almeno altre dieci volte mentre riaccendevo e spegnevo il cellulare in attesa di segni di vita da Serena, ma niente.
Finii per addormentarmi sul divano, staccando almeno per un po’ con tutte le preoccupazioni che mi affliggevano.

E non so perché quello che ti voglio dire
poi lo scrivo dentro una canzone
non so neanche se l'ascolterai
o resterà soltanto un'altra fragile illusione
se le parole fossero una musica potrei suonare ore ed ore,
ancora ore e dirti tutto di me

Ma quando poi ti vedo c'è qualcosa che mi blocca
e non riesco a dire neanche come stai
come stai bene con quei pantaloni neri
come stai bene oggi
come non vorrei cadere in quei discorsi già sentiti mille volte
e rovinare tutto

come vorrei poter parlare senza preoccuparmi,
senza quella sensazione che non mi fa dire

che mi piaci per davvero anche se non te l'ho detto
perché è squallido provarci solo per portarti a letto
e non me ne frega niente se dovrò aspettare ancora
per parlarti finalmente
dirti solo una parola ma dolce più che posso
come il mare come il sesso
finalmente mi presento

E così, anche questa notte è già finita
e non so ancora dentro come sei
non so neanche se ti rivedrò
o resterà soltanto un'altra inutile occasione
e domani poi ti rivedo ancora...

...e mi piaci per davvero anche se non te l'ho detto
perché è squallido provarci solo per portarti a letto
e non me ne frega niente se non è successo ancora
aspetterò quand'è il momento e non sarà una volta sola
ma spero più che posso che non sia soltanto sesso
questa volta lo pretendo..

Preferisco stare qui da solo che con una finta compagnia
e se davvero prenderò il volo aspetterò l'amore
e amore sia
e non so se sarai tu davvero o forse sei solo un'illusione
però stasera mi rilasso, penso a te e scrivo una canzone
dolce più che posso
come il mare come il sesso
questa volta lo pretendo
perché oggi sono io, oggi sono io
 
 

Michela.

 

Londra, Piccadilly Circus.
22.30

 
Stavamo camminando da almeno una mezzoretta, i piedi mi facevano male, l’aria era fredda e mi pungeva il viso, ma mi stavo divertendo.
Ryan camminava allegro al mio fianco, aveva sempre una battutina pronta o un aneddoto divertente da raccontare, ne aveva più lui delle novelle di Pirandello.
«…e allora un tizio si fermò a guardarci e ci lanciò qualche moneta, doveva averci preso per dei barboni, mentre si girava inciampò sulla bacchetta che avevo lanciato e BUM! finì di culo a terra, poveretto» finì di raccontare il ricciolino.
Risi anche io, più per le espressioni del suo viso che per la storia, gesticolava molto mentre parlava, forse per aiutarmi a capire più facilmente ciò che diceva.
Quando, poi, lasciava ricadere le braccia lungo i fianchi, avevo notato che le sue dita tenevano sempre il ritmo di qualche canzone che aveva in testa.
In poche parole, non si stava mai fermo.
«E questa fu la prima esibizione dei 16 Underground?» chiesi ancora sorridendo, cercai gli occhi di lui e li trovai con lo sguardo perso tra le centinaia di persone che ci circondavano, come in cerca di una qualche ispirazione istantanea o magari come se riuscisse a leggere le persone con un solo sguardo.
«Esatto» disse lui distogliendo l’attenzione da ciò che l’aveva catturato.
«Che guardavi?»
«Niente, mi piace osservare la gente che passa, ascoltare frammenti dei loro discorsi e immaginare le loro vite, ti sembrerà strano ma è divertente»
«Fammi un esempio»
Ryan iniziò a guardarsi intorno, soffermando lo sguardo su una coppietta in un angolo della strada, abbastanza vicina da sentire qualche loro parola. Mi prese il volto con una mano e mi girò nella loro direzione.
«Guarda e ascolta, lei ha il capo chino, ha combinato qualcosa  di grosso, probabilmente l’ha tradito, e lui l’ha scoperta. Dai un’occhiata ai gesti di lui, sono veloci e improvvisati, è incazzato nero. Cerca di captare le loro parole, lei sembra chiedere scusa lui non la smette di gridare. Ha detto basta, lei è scoppiata a piangere e se ne andrà tra cinque, quattro, tre…»
La ragazza se ne andò qualche secondo dopo l’uno, ma poco importava. Su tutto il resto Ryan ci aveva quasi sicuramente visto giusto.
«Visto?» fece un ghigno soddisfatto e si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni con nonchalance.
«Questo significa che sei un guardone» sbottai divertita.
«No, presto soltanto attenzione a ciò che mi circonda»
«Riesci a capire tutti?»
«Dipende, Chris è il mio migliore amico e ancora non riesco a capirlo del tutto, i ragazzi della band li conosco meglio delle mie tasche, Serena è complicata, ma in fondo non so praticamente niente di lei, tu, invece, sei un libro aperto»
Ryan sorrise e il mio cuore perse un colpo, giuro.
Arrossii fino alla punta dei capelli, non potevo essere così facile da leggere, vero?
«Ah si, e cosa hai capito di me?» chiesi temendo che ci avesse preso in pieno.
«Che sei una tipa riservata, ti piace stare con le persone ma stai benissimo anche da sola, vivi nel tuo mondo al riparo da ciò che potrebbe ferirti, a volte sembri timida e impacciata, mentre altre volte prendi l’iniziativa e ti fai sentire. Ah, e arrossisci ogni volta che qualcuno ti presta attenzione»
«Da quanto ci conosciamo, scusa? Per caso da una vita?» scherzai, ma cavolo, ci aveva davvero preso.
Fermammo un attimo la nostra camminata per scegliere la direzione da prendere, la strada normale verso la metropolitana o la panoramica –più lunga- sulle rive del Tamigi.
Non so perché, ma se Ryan mi avesse chiesto un parere, avrei optato per quella più lunga.
La sua compagnia mi piaceva, era così solare che sembrava trasmettere a tutti il proprio sorriso.
Il ricciolino mi afferrò cautamente per il braccio e mi trascinò verso una stradina stretta che attraversava degli alti edifici dell’età vittoriana.
«Dove stiamo andando?» domandai mentre alzava il passo, dovetti iniziare a correre per seguirlo.
«Prendiamo una scorciatoia per la strada più lunga» rispose girandosi un attimo verso di lei, la massa informe dei capelli gli si riversò sugli occhi oscurandogli la vista per qualche secondo.
«è un controsenso assurdo» gridai per farmi sentire mentre, sempre correndo, superavamo un pub con la musica a palla.
«Ho sempre amato i controsensi, rendono tutto più interessante»
«Al massimo più complicato»
«Meglio complicato che noioso, no?»
Ryan si fermò di botto e io gli finii contro con un tonfo, stordita restai schiacciata contro il suo petto finchè lui mi prese per le spalle e mi allontanò leggermente.
Il suo tocco scottava come carbone ardente sulla mia pelle, anche attraverso i vestiti e, inspiegabilmente, quella vicinanza mi fece battere il cuore più forte di quanto già non faceva per colpa della corsa.
«Vieni» disse continuando a tirarmi e, in men che non si dica, ci ritrovammo sulle sponde del Thames, dove, quel pomeriggio, ci eravamo conosciuti.
«Bellissimo, vero?» esclamò sporgendosi dal parapetto di cemento, gli occhi che riflettevano il colore scuro dell’acqua.
«Si» confermai appoggiandomi al suo fianco.
«E quello l’hai visto?» Ryan alzò un braccio verso un punto che notai solo allora, una cosa praticamente impossibile da non vedere, ma che io, stordita com’ero, non avevo calcolato.
Il London eye, illuminato dalle sue lucine blu, dominava la città con quella sua aria possente, ancora più suggestivo di notte.
Mi affacciai ancora una volta oltre il bordo, cercai di spingermi oltre, quando Ryan mi prese per i fianchi e fece per spingermi giù.
Scherzando, naturalmente.
Successe tutto in una manciata di secondi, ma riuscirono a turbarmi, tanto che la mia presa sulla mano di Ryan –che avevo afferrato non appena aveva fatto quello scherzo idiota-  era salda come se la mia vita dipendesse da quell’incrocio di dita.
Non appena capimmo cosa succedeva separammo velocemente i nostri palmi e vidi il ragazzo –si, non me lo stavo sognando- arrossire visibilmente.
Era un tenero, il ricciolino.
«Ma ti sei rincretinito?» chiesi con la mano che prima stringeva la sua sul cuore.
«Dovevi vedere la tua faccia» rise lui visibilmente divertito.
«Mi hai fatto spaventare» scherzai fingendomi arrabbiata, ma quando fece una faccia degna di un cucciolo bastonato, sorrisi per fargli capire che lo stavo solo prendendo in giro.
Ci ritrovammo a fissarci, non riuscivo a decifrare la sua espressione, ma i suoi occhi erano di una bellezza unica. Sorrisi apparentemente senza motivo e lui distolse lo sguardo.
«Penso che dovremmo tornare» propose lui, gli occhi bassi e un leggero rossore sugli zigomi.
«Si, lo penso anche io» acconsentii mentre, silenziosi, riprendevamo il nostro cammino.
Dopo un lungo periodo di silenzio riuscimmo finalmente a raggiungere l’underground, da quel punto la Piccadilly ci metteva quattro fermate ad arrivare al mio albergo.
Insistetti per fare in modo che Ryan se ne andasse, non volevo essere un peso per lui, ma non appena riuscii a convincerlo un gruppo di ragazzi ubriachi mi passò accanto ammiccando e, a quel punto, fui io a pregarlo di restare.
Non se lo fece ripetere due volte e, insieme, salimmo su un vagone desolato della metro.
«Io non li capisco» dissi ad un certo punto, così, per spezzare il silenzio.
Mancavano ancora due fermate all’arrivo.
«Chi?» chiese lui cercando di riprendersi da una profonda capatina nel mondo dei suoi pensieri.
«Serena e Chris» spiegai guardando il mio riflesso nel finestrino di fronte.
Avevo i capelli leggermente spettinati, il trucco giusto un po’ sbavato. Incrociai lo sguardo di Ryan nel finestrino, anche lui era tutto spettinato e il colore degli occhi ora sembrava tendere a un celeste smorto, colpa delle luci.
«Perché?»
«Perché ogni volta che stanno insieme succede qualcosa, litigano o si prendono a parolacce, mentre altre volte si guardano adoranti..cioè, noi non facciamo mica così! Siamo sempre noi stessi, tu sei un po’ strano, ma mi piaci» parlai senza pensare, mi morsi la lingua non appena mi resti conto di ciò che avevo detto. Dal finestrino non riuscivo a vedermi bene, ma scommettevo che la mia faccia era più rossa del mantello di cappuccetto rosso. «Cioè, intendevo, non è che mi piaci..no, assolutamente…volevo dire che, insomma, sei simpatico o…o almeno sembri simpatico, ci conosciamo da poco e sei carino, è…è una cosa obbiettiva…io…» cercai di spiegare anche se stavo solo peggiorando la situazione.
«Ehi, ehi, respira» sorrise lui, non capendo che così non mi aiutava.
«Io…»
«Ho capito» mi poggiò una mano sulla spalla « anche tu mi piaci, cioè…nel modo in cui intendi tu naturalmente» arrossì anche lui e mi sentii decisamente sollevata, almeno non ero l’unica impacciata.
«Si, naturalmente»
Ok, era un momento decisamente imbarazzante, lo sapevo che dovevo tornarmene da sola in albergo.
Per una grazia divina qualche secondo dopo arrivammo alla nostra fermata, scendemmo dal mezzo senza guardarci o sfiorarci, come se la nostra collisione avrebbe potuto provocare un secondo big beng. Usciti dall’underground la città era praticamente deserta, un po’ perche il centro era ormai lontano, un po’ perché erano le undici passate.
Camminavamo silenziosi, immersi nei nostri pensieri, forse chiedendoci come potevano due persone come noi sentirsi inspiegabilmente vicine anche tenendo una certa distanza, come se riuscissi a percepire la sua aura e questa colmasse lo spazio tra noi due.
Camminavamo e senza accorgercene ci avvicinavamo, finché non sentii le sue dita sfiorare il dorso della mia mano e lo vidi ritrarsi velocemente, imbarazzato.
Quel gesto, per quanto involontario, mi fece sorridere e il leggero rossore sulle sue guancie ancora di più.
Era un bambino che giocava a fare il grande.
«è quello, vero?» chiese inaspettatamente, tanto da farmi sussultare quando sentii il suono della sua voce in quel silenzio quasi spettrale.
Alzai lo sguardo e notai l’ingresso illuminato dell’hotel. Feci una smorfia senza capire se negativa o positiva.
«Si, ci siamo» attraversammo di corsa la strada e raggiungemmo in poco la porta girevole, notai qualche movimento nella hall, almeno lì c’era qualcuno.
«Siamo arrivati…» iniziò lui, apprezzai lo sforzo per aver iniziato la conversazione.
«Già…» continuai io, volevo dire qualcosa ma le parole non volevano uscire, la parte “conversazioni inteligenti/divertenti” si era completamente bloccata, congelata, probabilmente per colpa delle folate gelide e inaspettate che ogni tanto ci colpivano.
«Devo accompagnarti in camera o pensi di farcela?» scherzò mostrando ancora quel sorriso bianchissimo.
«Dovrei riuscirci» risi lanciando un’altra occhiata all’interno dell’albergo, le figure che avevo visto prima appartenevo a due ragazzi decisamente troppo familiari, Dario e Jacopo, pensai.
«Se ti va posso restare, basta che chiedi» Ryan parlò con una tale dolcezza che mi si sciolse il cuore, ma se mi avessero vista con lui i miei si sarebbero incazzati da morire e non avevo voglia di una sfuriata a Londra.
«Scusa, ma devo rientrare…sola»
«Però domani ci rivediamo»
«Io e te da soli?» la sola idea mi fece venire l’ansia, non ero mai rimasta sola con un ragazzo più grande e tutti mi avevano sempre messa in guardia, anche se Ryan era tipo da non fare del male a una mosca.
«No!» esclamò passandosi una mano tra i ricci increspati, continuò a parlare con lo sguardo basso «Intendevo con Serena e Chris, sperando che facciano pace»
«E se non la fanno?»
«Allora, magari, se non ti scoccia, potremmo pensare di vederci solo io e te…»
Eravamo due imbecilli, davvero. Due ragazzi un po’ impacciati che arrossivano per ogni stronzata, ma sotto questo punto di vista Ryan era davvero dolce, non rude e aggressivo come tutti i ragazzi.
Era per questo che mi piaceva… cioè, stop, piaceva nel senso che intendevo io, chiaro? Niente di più.
«Non mi dispiacerebbe»
«Allora ciao, ci vediamo presto»
Il ricciolino mi porse una mano e io la strinsi, delicatamente.
«Ciao» salutai mentre lui si girava e iniziava a camminare per la lunga strada che l’avrebbe riportato verso l’underground.
Non fece neanche due passi che subito si rigirò.
«Mi sembra stupido salutarti così» disse ridendo e tornando indietro.
«Be’, lo penso anche io» risposi sorridendo a mia volta, gli misi una mano sulla spalla e gli stampai un bacio sulla guancia, uno di quelli che esprimono tanto affetto che scacciano via tutti i problemi in un solo istante.
Vidi il sorriso di Ryan farsi ancora più grande, dolce come solo un barattolo di miele può essere.
«Ciao» ripeté lui, questa volta definitivamente.
«A domani»
Ci girammo contemporaneamente, lui diretto verso il caos del centro, io verso l’albergo tranquillo.
Non appena superai la porta girevole trovai Jacopo a braccia conserte che mi guardava scuotendo la testa e sorridendo, Dario era impegnato in altro che non sto a spiegare con una ragazza in un angolino remoto che notai solo grazie a Jacopo.
Un leone davanti a una preda sarebbe stato più docile del brunetto dagli occhi color miele.
«Hai capito Michela» si burlò il cicciottello, non potei che sorridergli.
La mia faccia era immobilizzata in un’espressione che doveva tanto ricordare quella di un cannato o di uno che ha vinto la lotteria. Diciamo un mix.
«Ancora svegli?»
«Si, siamo andati in una specie di discoteca, ma Dario ha rimorchiato e siamo tornati, penso che finche quella rossa non se ne va dovrò restare qui, vogliono salire in camera…»
«I grandi dormono?»
«No, sono usciti, hanno detto che non torneranno prima dell’1»
«Grande»
«Andiamo al bar?» Jacopo indicò un  cartello accanto alla reception con una scritta Bar e una freccia che indicava un corridoio sulla sinistra.
«Perché no?» risposi, tanto, anche se fossi andata in camera, non sarei riuscita a chiudere occhio.
 

Serena

Londra, Thisdle Hotel
23.15

 
Salii in camera distrutta, non avevo mai camminato così tanto.
Non appena entrai notai l’assenza di Michela, subito dopo i miei occhi captarono un foglietto bianco poggiato sul suo letto.
 

Sono giù al bar con Jacopo e Dario, raggiungici se ti va.

 
Lessi il biglietto e lo ripoggiai sul copriletto rossiccio, le tende erano aperte e da la si vedeva la stessa vista di sempre, ma qualcosa era cambiato.
Non nella stanza o nel panorama, qualcosa era cambiato in me.
Avevo raggiunto e distrutto il mio sogno in una sola sera e mi sentivo una stupida, ma ciò che gli avevo detto era vero, avevo voglia di cambiare, di stravolgere tutto e con lui al mio fianco non sarebbe stato possibile.
Mi sentivo più matura in quel momento, prendere decisioni importanti ti faceva quest'effetto.
Entrai nel bagno e guardai il mio riflesso nello specchio, i capelli erano completamente scompigliati, gli occhi gonfi e rosi di pianto, il trucco totalmente sbavato. Mi guardavo e, come sempre, mi sentivo dannatamente brutta.
Gli altri dicevano il contrario, persino Lorenzo aveva confessato il suo debole per me, ma ogni sera davanti a quel dannato specchio dovevo fare i conti con il mio ego che si sgretolava e la vecchia me che tornava nella sua casta semplicità.
Pensandoci, forse non era solo per Lorenzo ch ero cambiata, forse solo per stare meglio con me stessa, per essere tutto ciò che avevo sempre desiderato, anche se mi ero lasciata andare…
Prima sapevo cosa ero, ma ora?
Prima ero dolce e sensibile, timida, impacciata, poi sono diventata quel mostro che ero, con un ego gigantesco e un livello di stronzaggine pura, ma almeno sapevo chi ero, ora no.
Ero forse un ibrido? Una metà tra i due mondi?
O magari una nuova versione di me, in fase di sperimentazione.
Mi colpii la faccia con un getto d’acqua ghiacciata, un po’ per togliere il mascara colato un po’ per risvegliarmi da quello che mi sembrava un incubo.
Cercai di aggiustarmi al meglio per poi raggiungere gli altri di sotto.
Scesi di corsa le scale per tenermi impegnata, non volevo fermarmi un secondo in modo da non dover pensare a tutto ciò a cui non volevo pensare.
Non appena arrivai al piano terra superai a reception e mi fiondai al bar, un posticino accogliente con un lungo bancone, tavoli di legno da una parte e, in una specie di soppalco, un divanetto lungo tutto il perimetro con dei tavolini tondi sparsi qua e là.
Lì scorsi subito Michela, aveva un bicchiere con della coca cola in mano, accanto a lei c’era Jacopo che rideva facendo formare delle fossette tenerissime su quelle guanciotte ciocciottose.
«Ehi ragazzi» salutai un po’ affannata, fermando la mia corsa solo quando arrivai davanti al tavolino che avevano occupato.
«Sere»
«Ciao Serena»
«Di chi è quel giubbotto?» chiese Michela guardandomi interrogativa, mi scrutò cercando di capire cosa era successo mentre non ero con lei.
«Lorenzo» risposi diretta senza soffermarmi molto sui ricordi di quella serata passata con lui. «Che si fa qui?» mi sedetti accanto alla mia amica cercando un qualche discorso con il quale tenermi la mente impegnata.
«Si aspetta che Dario si porti quella ragazza in camera e che faccia in fretta siccome non posso andare a dormire finché non finisce» spiegò Jacopo con  un’espressione scazzata.
Solo allora mi accorsi dei due ragazzi che si baciavano accaniti dall’altra parte del lungo divanetto, li riconobbi come Dario e una ragazza sconosciuta.
«Pensa che li hanno cacciati dalla hall» sussurrò Michela, Jacopo riprese a ridere.
Continuai a osservare i due nell’angolino, lei si scostò un secondo e riuscii a guardarla meglio. Aveva dei lunghi capelli rossi, il fisico magrolino e asciutto, indossava degli hot pants e una magliettina che lasciava poco all’immaginazione.
Sembrava una tipa figa, di quelle tipo reginetta della scuola.
Perché? Perché solo io mi ero beccata uno skater schizzato e con un passato problematico, una vita complicata, un carattere di merda, amiche leggermente troie, una band rock e nemici stupratori che lavorano dall’Abercrombie?
No ma dico, proprio a me doveva capitare Chris? Con tutti i ragazzi che potevano sedersi al suo posto quella sera a teatro, doveva essere proprio lui?
E poi, doveva proprio essere così sexy?
E così dolce, quando voleva?
E i suoi occhi dovevano proprio essere così verdi?
E i suoi abbracci dovevano proprio farmi quell’effetto?
E le sue mani dovevano essere proprio così grandi e confortevoli?
E la sua voce doveva essere proprio così dannatamente bella?
E la sua storia doveva per forza farmi capire che ero diventata una merda?
Quel ragazzo mi stava cambiando la vita.
Mi tastai le tasche dei pantaloni in cerca del cellulare, avevo voglia di mandagli un messaggio, ma non lo trovai.
Cercai anche nelle tasche della giacca di Lorenzo, niente.
Poi ricordai.
Merda, il cellulare ce l’ha Lorenzo…

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Capitolo 20
*** My phone, your jacket. ***




Nicole Scherzinger - Don't hold your breath
http://www.youtube.com/watch?v=z4nKOzk8qbw&ob=av2e
 

Cap 18 - my phone, your jacket

 
4°giorno

Serena.
Londra, Thisdle hotel
09.30

Quella mattina mi svegliai di soprassalto.
Avevo fatto uno di quei sogni strani, quelli che quando apri gli occhi ti senti un po’ spossata, inizi a farti delle domande, già di prima mattina.
Era ieri sera, e si stava svolgendo tutto come di regola, tranne per una questione.
Che Chris era Lorenzo, che Lorenzo era Chris.
Che Ryan non era Ryan, ma Luca, il fratello di Lorenzo, e Lenny e Harry non erano loro, ma i suoi migliori amici, Andrea e Marco.
Il sogno era reale da far paura, c’era la litigata con Chris che lì si era trasformata in litigata con Lorenzo e che mi faceva anche più male della realtà. Poi i discorsi su quella panchina, le stesse parole che dette da Chris mi sembravano infinitamente più dolci e quello stesso senso di vuoto nel lasciarlo lì, solo, in quel parco che sembrava troppo grande e silenzioso per una persona sola.
Mi alzai dal letto come uno zombie, cercai di aggiustarmi decentemente quell’ammasso di capelli informi e mi lavai la faccia cercando di spazzare via quelle orrende occhiaie.
Missione fallita.
Scesi a fare colazione con i pantaloni del pigiama e un felpone perché un mal di testa pazzesco mi impediva di restare a pensare sulle cose più di cinque minuti, figuriamoci scegliere i vestiti.
Ah, e avevo fame, a quel punto cosa indossavo non mi interessava più di tanto.
Nella sala da pranzo non c’era molta gente, Mic e i due ragazzi stavano già facendo colazione, i grandi se ne stavano dalla porte opposta della sala, i piccoli intorno a un tavolo mezzo distrutto accanto alla porta.
Riempii quasi automaticamente un piatto con una tonnellata di bacon e uova, ordinai un cappuccino e raggiunsi i ragazzi.
«Buongiorno» salutai neanche stessi andando sul patibolo.
Mi gettai su una sedia di fronte a Dario e iniziai a ingurgitare il contenuto del piatto senza neanche assaporarlo.
«Che ti è successo? Sembri uno zombie» chiese il brunetto con la bocca piena.
Bello e figo quanto volete, ma quella visione era fin troppo raccapricciante.
«Sempre gentilissimo » risposi sarcasticamente gettando un’occhiata alla ragazza al mio fianco.
Anche Mic aveva delle occhiaie viola sotto gli occhi, probabilmente non aveva dormito molto, tutta colpa di Ryan.
Se “colpa” si poteva definire.
«No dai, davvero, che ti prende?» fece Jacopo rassicurante, le sue guancie impegnate in un sorriso.
«Casini vari» dissi senza pensare, ricacciando indietro tutto ciò che riguardava ieri sera, Chris e Lorenzo «E tu Dario? Quella ragazza sarà rimasta scandalizzata, sembrava la stessi sbranando» 
«Fidati, era peggio di me, soprattutto quando siamo andati in camera, dovevi vedere come…»
«Non vogliamo sapere che hai fatto a letto con quella»
«Scusa Dario, ma preferisco continuare a pensare che il sesso sia una cosa che si fa con amore, quindi non parlare» scherzò Mic e noi ridemmo di risposta.
«Piuttosto, chi mi spiega che sta succedendo ai mostriciattoli?» chiesi notando che i sottoscritti erano più esaltati del solito.
Mio fratello, unico maschio, se ne stava seduto con le tre bambine intorno, stavano parlando di qualcosa di sporco o stavano dicendo qualche parolaccia perché il loro tono di voce era basso e ridacchiavano sommessamente.
E pensare che avevano solo nove anni.
«Come non lo sai? Dado e Sara si sono “baciati” l’atro giorno, sta mattina gli ha chiesto di mettersi con lei, ma Giulia e Chiara stanno cercando di convincerla a dire di no» 
«Sara e mio fratello?»
«Si»
«Va be, tanto si sa che sono innamorate tutte e tre di lui»
Io e lei ridemmo, amavamo osservare le bambine che flirtavano con Dado e lui che le respingeva.
«Ma quei bambini sono peggio di beautiful» esclamò Jacopo sorseggiando una cioccolata calda.
«Secondo me Dado diventerà un tipo come me, lo vedo sulla strada giusta» disse Dario facendoci un occhiolino
«Vi prego, se succede, sparatemi» il brunetto mi fulminò con lo sguardo e risi ancora di più.
«Dado, vieni un po’ qui» lo chiamò agitando la mano. Mio fratello, con uno sguardo interrogativo, si avvicinò lentamente al tavolo.
«Dimmi Dario» disse un po’ intimorito
«Senti, ho saputo che quelle tre ragazze ti vengono dietro»
«Si, ragazze» disse sarcastica Mic.
«Vieni, andiamo a parlare da qualche parte» il ragazzo si alzò e mise un braccio intorno alle spalle del bambino. Iniziò a blaterare qualcosa, non volevo sapere neanche cosa, però mi dispiaceva per Dado. Povero, chissà cosa gli avrebbe detto. Si allontanarono piano, come un professore con il suo allievo, come il maestro Miyagi con Daniel San, come Fonzie con il suo gruppetto.
Noi tre, ancora seduti, li guardavamo leggermente sconvolti.
Dopo la colazione mi sentii decisamente meglio, le risate scacciano sempre tutti i problemi.
Così, con più calma, potevo cercare di decidere cosa fare.
Avevo detto di no a Lorenzo per poter dare una chance a Chris, ma se il cellulare ce l’aveva Lorenzo come facevo a chiamarlo?
E come facevo a rintracciare Lorenzo per riavere il telefono e, controvoglia, restituirgli il giubbotto?
Solo io potevo incasinarmi così la vita.
Mentre Michela andava a farsi una doccia mi gettai sul letto e aprii il portatile in cerca di una qualche specie di miracolo per aggiustare la situazione. Riuscii a connettermi velocemente alla wii fii e cliccai subito sulla scheda “facebook”.
90 notifiche, 6 richieste di amicizia, 4 messaggi di posta, in quanto? Un giorno?
Era strano tornare alla vita di sempre.
Cercai Lorenzo in chat, ma, come sospettavo, non c’era. Doveva stare come uno straccio dopo tutto quello che aveva bevuto l’altra sera. Suo fratello non ce l’avevo tra i contatti, l’unica chiave era Marco.
Si, lui era in chat.
Aprii la finestra e scrissi un ciao, ma aspettai cinque minuti prima di inviarlo. Non sapevo come l’avrebbe presa, non sapevo cosa dirgli, non sapevo neanche se mi avrebbe risposto.
Serena: Ciao
Schiacciai invio senza guardare, non potevo credere a quello che stavo facendo.
Marco: Ciao!
Oddio aveva risposto, aveva risposto.
Francesca, al mio posto, sarebbe svenuta.
Serena: Lo so che non mi conosci, ma devo chiederti un favore…
Ecco, così, dritta al punto
Marco: ovvero?
Serena: Sono a Londra, ieri sera ho incontrato Lorenzo, ha il mio cellulare e non so come rintracciarlo.
Marco: Aspetta, aspetta, hai passato la notte con Lorenzo?
Serena: Calmo, l’ho incontrato a una festa, abbiamo passato un’oretta insieme, stop.
Marco: e cosa dovrei fare io?
Serena: devi darmi il suo numero
Marco: e come faccio a sapere che non mi stai dicendo solo cazzate per arrivare a lui?
Serena: so che sai chi sono e so che l’hai convinto che non sono abbastanza per lui, ti basta?
Marco: 3341212121, non rovinarmelo
Serena: sei tu che lo rovini.
Chiusi il laptop prima di dargli il tempo di rispondere.
Il numero me l’ero segnato sul braccio, un po’ scarabocchiato, ma leggibile.
«Mic!» gridai alzandomi dal letto e aprendo la valigia.
«Si?»
«Sbrigati, dobbiamo uscire»
 
Londra, Piccadilly Cyrcus
11.00
“ci vediamo a Piccadilly alle 11” aveva detto Lorenzo al telefono quando, mezzora fa, l’avevo chiamato dal cellulare di mia madre. 
Ed ora ero lì, con Mic al mio fianco che mi raccontava meglio della serata con Ryan, di quella cosa che provava allo stomaco ogni volta che si sfioravano e non poteva neanche immaginare quanto la capivo. Con Chris era così, più o meno.
«Ma sei sicura che viene?» chiese la ragazza al mio fianco un po’ sospettosa.
«Si, ti ho detto di si» risposi alzando lo sguardo verso l’orologio digitale proiettato sul palazzo di fronte a noi, erano le 11.15 e di Lorenzo neanche la minima traccia.
Davanti ad Eros aveva detto e io ero lì, con il suo giubbotto in mano, ad aspettarlo.
Un po’ come avevo fatto per tutto quest’anno, solo che ora avevo la certezza che lui sarebbe arrivato. Stava venendo qui, solo per me...e per il suo giubbotto, ma questo possiamo ometterlo.
«Hai idea di come chiedere scusa a Chris?»
«Prima devo recuperare il cellulare…» dissi, l’ultimo pezzo della frase senza fiato perchè avevo intravisto Lorenzo tra la folla, mi stava sorridendo, dietro di lui Luca, l’aria un po’ scazzata di sempre, gli occhi coperti da quei suoi occhiali da sole con le lenti verdi.
Non mi stavo pentendo della scelta di ieri, ma…andiamo, Lorenzo era così…così…Ok, basta, non ci dovevo pensare.
Pietra sopra, chiaro?
«Ehi» disse non appena fu abbastanza vicino da superare le altre voci che facevano da sfondo alla scena. Anche se a loro non badavo molto, quando Lorenzo era nelle vicinanze non c’era nessuno per me,  a parte lui, a parte i suoi occhi.
«Ehi» risposi impacciata, tutta quella sicurezza che avevo acquisito in mesi e mesi si stava piano sgretolando sotto il suo sorriso.
Era tutta colpa di quel coglione di Chris, aveva abbattuto la mia muraglia. Ero scoperta ora, chiunque poteva colpirmi, chiunque poteva ferirmi.
«Senti, prima di tutto volevo chiederti scusa per ieri sera…non ricordo cosa ti ho detto, sicuramente avrò sparato tante di quelle stronzate e vorrei che dimenticassi tutto, scommetto che pensi che sia una persona orrenda» Lorenzo parlava con gli occhi fissi nei miei, le mani dietro la nuca e un leggero rossore su quelle poche lentiggini. Sembrava più umano di ieri sera, più un ragazzo normale, non una specie di dio greco sceso in terra, solo un ragazzo, come tutti.
«Ma no, tranquillo, è ok»
«Meglio così»
«Ma è tutto una…cazzata..cioè, anche…» farneticavo domandandomi come mi era venuto in mente di chiedergli una cosa del genere, io, Serena, stavo chiedendo a lui, Lorenzo, se era vero che gli piacevo.
Il troppo bacon di stamattina doveva avermi fatto male.
«No, qualcosa di vero penso di averla detta...» 
ok, svengo, ora svengo.
«Ah, ehm, ok…»
«E la tua risposta è sempre la stessa?»
no, no, no!
«Si…»
«Ok»
Ecco, momento imbarazzante.
Lorenzo aveva abbassato lo sguardo, io non sapevo cosa dire e il mio cuore batteva manco stessi correndo la maratona di New York.
Avevo persino paura che potesse sentirlo.
«Ah, lui è Luca» disse dopo qualche secondo il ragazzo lasciando intravedere il fratello alle sue spalle.
«Ciao, sono Luca» si presentò il biondino allungandomi una mano.
La somiglianza al fratello non era esplicita, ma guardandoli bene, così da vicino, notavi quei tratti quasi uguali, nel viso di Luca più marcati, in quello di Lorenzo più dolci. E i capelli biondi di uno e castani dell’altro, e gli occhi azzurri di uno e quelli verdi dell’altro. Uguali, ma diversi.
«Serena» risposi stringendogli la mano.«Lei e Michela»
«Ciao» salutarono loro sorridendo.
«Senti, questo è il tuo cellulare…» iniziò Lorenzo mettendo una mano in tasca, ne tirò fuori il mio amato Nate –si, il mio cellulare aveva un nome- e me lo ridiede sfiorandomi le dita. Rabbrividii.
«Si, grazie, questo è il tuo giubbotto» ribattei lasciandogli cautamente il giubbotto blu.
«Ti direi di tenerlo se non stessi morendo di freddo»
Sorrisi a quel, anche se a modo tutto suo, gesto dolcissimo.
«Va bene così»
«Vedi che il cellulare è scarico» disse facendo un cenno con la testa verso l’aggeggio nero che avevo in mano.
«Cos’è, ti sei spaccato sulle mie foto tutta la notte?» scherzai e lui sorrise, magari avevo anche fatto centro.
«Tu sei pazza» esclamò scuotendo la testa, Luca, al suo fianco, fece finta di tossire mentre scoppiava in una fragorosa risata. Lorenzo gli diede una gomitata.
Erano simpatici infondo, li credevo molto più fighettini e figli di papà, come era Lorenzo ieri sera, ma quella mattina non erano male.
«Ragazze, avete programmi per oggi?» si fece avanti Luca.
Mic mi lanciò uno sguardo interrogativo, forse si stava domandando quale sarebbe stata la mia risposta.
«Ehm…» Momento fondamentale, decisone indispensabile, due risposte possibili… Si? No? No.«Scusate, abbiamo da fare per oggi»
«D’accordo, sarà per un’altra volta» disse Lorenzo scrollando le spalle.
Ci salutammo velocemente e i due ragazzi si dileguarono nella folla di Piccadilly in pochi secondi, lasciando un vuoto dietro di loro.
Volevo chiudere con Lorenzo, ma lo volevo al mio fianco.
Controsenso.
Assurdo.
Ma era così.
Diedi un'ultima occhiata all'orologio, le 11.30.
«Vediamo di trovare Chris prima che torni correndo da Lorenzo» sospirai iniziando a camminare con Mic al seguito.
«E come intendi trovarlo?» chiese lei tenendo il passo e guardandomi con un sopracciglio alzato.
«Girando a vuoto per la città» risposi scrollando le spalle.
«Ha ragione Lorenzo, tu sei pazza»
 

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Capitolo 21
*** The man who can't be moved. ***


Before chapter:
Ciao gente!
No, non preoccupatevi, niente altri cambi di punti di vista o di tempo, tutto come prima, volevo solo lasciarvi una cosa.
Qui c'è una mappa dell'underground dove sono evidenziati i percorsi rispettivamente di S e M, C e R e le destinazioni che dovevano raggiungere(capirete leggendo più giù)
Se non vi trovate più con i nomi e cose del genere venite a dare un occhiata a questa.
S e M = _Jubilee_
C e R  = _Piccadilly_



 



The Script - The man who can't be moved
http://www.youtube.com/watch?v=gS9o1FAszdk&ob=av2e
 

Cap 19 - The man who can't be moved
 

 

 

Chris.

Londra, casa di Chris
09.45

 
La prima cosa che pensai quella mattina dopo aver aperto gli occhi fu “perché diamine sto dormendo sul divano?”
Il secondo fu la risposta a quella domanda che, però, venne sostituita da un terzo pensiero molto più adatto alla prima mattina : l’odore di pancake appena fatti ricoperti di sciroppo d’acero. 
Cercai di liberarmi dalle coperte senza grandi risultati, infatti finii di culo per terra in pochi secondi. Quando finalmente riuscii ad alzarmi mi resi conto di un secondo odore, anzi, direi più di una puzza e veniva da me stesso. Sapevo di Alcol e fumo come uno di quei barboni che di solito trovi sotto i ponti. Mi tolsi i vestiti fino a restare solo in mutande e ringraziai con tutto il cuore i miei per aver acceso il riscaldamento, in casa sembrava di essere in una giornata di inizio estate, non all’inizio della fredda primavera londinese.
Pensando ai miei mi fermai un secondo, c’era qualcosa che non quadrava.
Di solito alle otto in casa c’era un gran trambusto, mamma che faceva le scale cinque o sei volte per venire a svegliarmi, papà che girava per casa con il suo caffè bollente in mano e Tyra, la donna di servizio, che iniziava già le solite faccende.
Invece, in quel momento, era tutto calmo.
Entrai in cucina senza fare rumore, più scorrevano i secondi più strane idee si affollavano nella mia mente perversa. La scena mi ricordava molto un qualche film horror, di regola il mio cellulare non avrebbe dovuto prendere, la casa avrebbe dovuto essere tutta sporca di sangue e in quel millisecondo di distrazione alle mie spalle sarebbe dovuto apparire un assassino con una motosega/ascia/pistola/un demone/un fantasma/una bambina caduta in un pozzo identica a Ryan appena uscito dalla piscina/un alieno/un unicorno (? … a ognuno le sue paure…).
Purtroppo…cioè, per fortuna non successe niente e l’unica cosa insolita che trovai in quella grande stanza bianca e nera fu un bigliettino rosso poggiato sull’isola al centro.
 

Amore, ieri eri distrutto, io e papà abbiamo deciso di lasciarti dormire, per oggi niente scuola! Si, dai grida uno yhuhuu e inizia a saltare per casa, ma domani ci vai senza storie. Vedi di risolvere la situazione, non posso vederti così giù.
Un bacio, Mamma (e papà <3)

Ve l’ho mai detto che amo i miei genitori?
Un sorriso davvero, davvero idiota si dipinse sul mio viso e quello yuhuu che diceva mamma lo gridai davvero. Lanciai un’occhiata all’orologio appeso sulla parete, in effetti erano le dieci meno un quarto, ecco perché era tutto così tranquillo.
Il mio sguardo, subito dopo, ricadde su un piatto pieno di pankake e pensai che quella era davvero la mattina più bella della mia vita. Me ne preparai una porzione e li ricoprii di sciroppo d’acero, di certo non era una colazione all’inglese ma vaffanculo tutto, i paesi, i confini, le tradizioni, le lingue, i chilomentri che mi distanzieranno da Serena…
Bene, ero riuscito a non pensare a lei per una decina di minuti, ora potevo attaccare il cavetto con su scritto Serena al mio cervello e iniziare a cercare di farmi venire un colpo di genio su come cercare di chiederle scusa. Che poi scusa me lo doveva chiedere lei, non io, ma io l’orgoglio potevo anche metterlo da parte per riaverla, non ero sicuro che lei avrebbe fatto lo stesso. Presi il cellulare che avevo ancora in tasca e cercai il suo numero in rubrica, chiamai ma scattò la segreteria dopo il quinto squillo.
Probabilmente stava ancora dormendo, e se l’avessi svegliata si sarebbe incazzata ancora di più. Feci un sorrisetto malizioso e continuai a chiamarla, divertito dall’idea di lei che mi malediceva isterica. Andiamo, dovevo ammetterlo, l’altra sera ero incazzato e nervoso, Serena mi piaceva davvero, ma io non ero un tipo romantico. Non sapevo cosa significava amare, non le avrei mai mandato messaggi dolci tanto da far venire le carie -quello di ieri avevo intenzione di cancellarglielo se non l’aveva ancora letto…-, non l’avrei chiamata per darle il buongiorno e non le avrei mai detto “amore mio”.
Non ero tipo per queste cose, mi stupivo già di questa voglia di passare del tempo con lei, di sorridere quando lei sorrideva, di stare male dopo una litigata, di sentirmi in colpa pensando che per quella sfuriata lei poteva starci male.
Mi sarei volentieri dato uno schiaffo, ma era una cosa stupida quindi mi trattenni, provai per la decima volta a chiamare. Ancora niente.
«Chris, sei sveglio?» una voce mi fece sobbalzare, era l’assassino da film horror, lo sapevo, era venuto! Caddi dalla sedia per lo spavento e afferrai un pancake a mo’ di scudo, chiedendomi subito dopo a cosa mi sarebbe potuto servire un pancake. «O mio Dio Chris, stai bene?» chiese l’assassino avvicinandosi.
No, aspettate, quello non era un assassino.
Era…ma si, certo!
«Tyra! Porca troia che spavento» esclamai portandomi una mano sul cuore.
Mi sdraiai per terra cercando di fare respiri regolari, Tyra doveva sempre cercare di ammazzarmi. Avevo fatto passare quella volta che mi aveva quasi lanciato contro la chitarra, quella volta che aveva versato l’acqua sul cavo dell’amplificatore, quella volta che mi aveva fatto cadere tutte le foto appese in soffitta –da quel giorno non ci entrava più lì-, e tutte le volte che passava l’aspirapolvere in salone mentre guardavo la televisione.
Ma ora basta, non ce la facevo più!

«Hai letto il messaggio di tua madre?» domandò con quella faccina innocente nascosta dai capelli ricci e neri. Mi faceva salire il nervoso.
«Si, ho visto» risposi acido rialzandomi da terra, mi ricordai solo allora di essere in mutande e che lo sguardo di Tyra era fisso da troppo tempo sul mio corpo.
E dai cazzo, aveva trent’anni, non si vergognava?
«Che gioventù sprecata» borbottò girandosi e scomparendo dietro la porta che portava in sala da pranzo. Bah, strana lo era lei, non io.
Decisi che quel look molto sonosupersexyelovogliomostareatuttiglispecchichehoincasa era esagerato, quindi presi il cellulare e lasciai l’ultimo pancake nel piatto, raggiunsi le scale, le salii e me ne andai dritto in camera.
Accesi il computer e controllai le ultime notizie su Twitter, Georgia aveva scritto che voleva parlarmi, Ryan si stava domandando dove fossi finito.
Risposi solo all’ultimo,  gli chiesi se era a scuola e se non era così di venire a casa, due teste erano meglio di una.
Mi infiali  un paio di jeans con il cavallo basso e scaricai sul computer le foto che avevo scattato negli ultimi giorni, il soggetto principale era Serena. Sorrisi nel vedere che era bella nelle foto così come lo era nella realtà, con quegli occhioni marroni che ti scaldavano il cuore. Stampai un paio di nostre foto, quelle dove il panorama era ben visibile e la luce era ottima, quelle che sembravano da servizio fotografico, degne da pubblicità dell’Abercrombie… quelle che ci mostravano sorridenti e che facevano vedere a tutti che non eravamo male insieme. Questo però era troppo “buono proposito”, l’avrei cancellato dai perché stampavo quelle foto.
Mentre la stampante preparava le immagini provai a richiamare Serena, ma stavolta il cellulare era proprio staccato, doveva essersi infuriata.
La immaginai mentre sognava di staccarmi la testa, prospettiva interessante. Più era difficile chiederle scusa, più la cosa era allettante. L’unico problema era che, se era incazzata, forse non avrebbe voluto rivedermi, ma non poteva. Cioè, dovevamo rivederci, era destino. Si, il destino ci aveva fatto incontrare e ora doveva farci ritrovare.
Raccolsi le foto stampate e, dopo aver afferrato due graffette colorate, mi allungai verso il soffitto per tirare giù la scala che portava in soffitta. Arrivare lì su era un po’ un’impresa, ma ci facevi l’abitudine. La scala era composta da scalini di legno, piccoli e ravvicinati, personalmente me ne servivano solo tre per salire, ma variava da persona a persona naturalmente.
Lì su c’era il mio mondo.
C’era la mia vita ferma in attimi, attimi appesi a dei fili che pendevano dal soffitto. I momenti più belli che avevo vissuto erano lì, immortalati su dei pezzi di carta, illuminati dai raggi del sole che filtravano dalle tre grandi finestre sulla parete longitudinale. Dove il tetto si restringeva c’erano due divani ricoperti dal cellofan e il pavimento completamente sotterrato da vecchi giornali. Decine di barattoli di pittura erano accumulati nell’angolo, alcuni aperti, alcuni vuoti, altri sigillati. Due pennelli se ne stavano ancora lì per terra, la vernice blu si era essiccata su di loro, purtroppo non erano molto usati.
Io e Bryan volevamo ridipingere quella soffitta, ci passavamo tutti i nostri pomeriggi lì, buttati su quei divani logori a guardare film a tutto spiano o a sparare cazzate. Quando iniziai ad appendere le foto lui c’era ancora, mi diede una mano a montare i fili e ad attaccare le lucine alle pareti. L’idea, poi, era di dipingere i muri di blu e decorarli con le impronte colorate delle nostre mani. Era un’idea semplice, ma molto d’effetto, se poi ci scrivevamo sopra doveva essere ancora più bella. Ora le pareti erano tappezzate di poster, c’erano i Beatles, i Ramones i Rolling Stones, i Nirvana, i RHCP, i Deep Purple, i Kiss, gli all American Rejects, i blink 182, i Sum 41 e chi più ne ha più ne metta, c’era la discografia di decenni su quelle mura, tranne su quella dove ero appoggiato in quel momento. La parete infondo, l’unica che i poster non avevano nascosto, l’unica che eravamo riusciti a dipingere. C’erano solo quattro impronte però, due mie e due sue e ogni tanto restavo lì a guardarle, pensavo che potevo mostrarmi forte quanto volevo, che potevo nascondere certi sentimenti malsani, ma non ero altro che un ragazzino.
Uno stupido ragazzino incapace di ammettere che nonostante tutto gli mancava il suo vecchio migliore amico, così ceco da non vedere come si teneva stretto Ryan solo per paura di perdere anche lui, idiota a tal punto da aver paura di ammettere che riusciva ad amare qualcuno.
Mi girai di scatto cercando di allontanarmi il più possibile da lì.
Passai tra i fili pieni di fotografie e quando me ne capitò uno vuoto davanti agli occhi ci attaccai le foto che tenevo strette in mano. Le osservai, sembrava fossero sempre state lì, sprizzi di felicità appesi ad un filo.
Attraversai tutta la stanza per raggiungere la parete opposta a quella dove si trovavano i divani, lì c’era la mia chitarra elettrica preferita, la mia prima batteria nell’angolo, due amplificatori contro la parete e una chitarra classica poggiata su un puff. Mi allungai per prendere la classica e mi sedetti dove prima c’era lei. Ne impugnai il manico e estrassi il plettro che avevo incastrato tra le corde, iniziai a suonare a caso, senza seguire una melodia precisa e mi stupii quando, quasi inconsciamente, le mie dita seguirono gli accordi della canzone che mi era passata in testa in quel momento.
E mi sorpresi ancor di più vedendo che canzone era.
Non potei fare altro che iniziare a cantare, lo sguardo fisso sulle mie dita e la voce un po’ roca, malinconica.
 
 
I don't want this moment
To ever end
Where every thing's nothing, without you
I wait here forever just to,
To see you smile
Cause it's true
I am nothing without you
 
 
Alzai lo sguardo e seduto sul bordo delle scale c’era Ryan.
Mi guardava sorridendo, muovendo la testa a ritmo, forse anche un po’ sorpreso di trovarmi lì a cantare quella canzone.
 
I want you to know
With everything, I won't let this go
These words are my heart and soul
 
 
Fermai le corde di botto.
Non potevo continuare, non volevo continuare.
Non davanti a qualcuno e neanche per me stesso.
In quel momento quelle parole mi sembravano così vere, tropo vere, e mi spaventavano.
«With me dei Sum 41, non mi sembra una canzone da… te» esordì Ryan alzandosi e venendomi incontro, afferrò le bacchette della batteria e fece una paio di colpi.
 
And I won’t let go.
 
Cantò. Era l’ultima frase del ritornello.
E io non voglio lasciarti andare.
«Perchè non sei andato a scuola?»
«Non mi andava, ho finto di avere la febbre, ma non è questo il punto! Che ti prende, Chris?» chiese il riccio sedendosi a gambe incrociate davanti a me, ora mi guardava comprensivo.
«Non lo so Ryan, un momento mi sembra di poter conquistare il mondo e il momento dopo sembra che mi stia crollando tutto addosso, non so che fare.» dissi nascondendo il viso tra le mani. Sentii la mano di Ryan sulla spalla e quando alzai lo sguardo lo trovai che mi sorrideva incoraggiante.
«Posso dirti una cosa? Quando sei con lei mi piaci molto di più, sei più allegro»
«Si, lo so, ma è per colpa sua se ora sono così distrutto»
«Hai pensato a Serena quando ho detto lei?»
«Si, perché tu chi intendevi?»
«Lei, ma non ho fatto nomi. Poteva anche essere Georgia, ma tu hai pensato subito a Serena, questo vuol dire qualcosa amico!» esclamò saltando in piedi super esaltato.
«Ah si, e cosa dovrebbe significare?»
«Be’…ok, questo non lo so, perché devi rovinare sempre tutto?» chiese sconfidato e con una faccia afflitta, io gli scoppiai a ridere in faccia.
Ryan era Ryan.
Mi alzai anche io e, mettendogli un braccio intorno alle spalle, lo trascinai verso il centro della soffitta e poi ancora verso i due divani. Tolsi il cellofan da uno, lentamente, come se stessi facendo una difficile operazione e lo lasciai per terra.
«Se vuoi possiamo sederci qui» dissi indicando il divano logoro, tra quei cuscini potevi trovarci di tutto, non scherzo.
«Non devi fare tutto velocemente, lo so che non vuoi e so anche che, nonostante si a passato tanto tempo, questo posto ti fa tornare troppi ricordi. Se non te la senti lascia le cose come stanno» rispose Ryan piegandosi per prendere l’estremità del cellofan, ricoprì il divano e fece spallucce. Lo ringraziai con tutto il cuore perché riusciva sempre a capirmi.
Non avevo la forza di sedermi lì, di togliere quei pennelli o i barattoli di vernice, doveva restare tutto così, come se Bryan dovesse tornare da un momento all’altro.
Appoggiai la schiena al muro e mi sedetti per terra, ad occhi chiusi.
«Idee?» domandai sbattendo rumorosamente la testa contro la parete
«no, ma se non vai tu a cercarla ci vado io, non posso vederti così» mi ammonì sedendosi al mio fianco.
Mi serviva ispirazione e l’unica cosa che poteva darmela era la musica. Tirai fuori il cellulare dalla tasca del pantalone e iniziai a scorrere i vari titoli delle canzoni, ma niente mi sembrava adatto, niente parlava di come ritrovare una persona.
Aspettate, Serena mi aveva detto una cosa una volta…ah, si, che quando non sapeva come risolvere un questione prendeva l’iPod, lo metteva in riproduzione casuale e lasciava decidere alla musica cosa fare.
Attivai la riproduzione casuale sul cellulare e aspettai che la canzone si caricasse.
Walking disaster dei Sum 41.
Ok, stupenda, ma non mi serviva!
Mi sentivo uno stupido a fare quello che stavo facendo, dovevo sembrare proprio un disperato.
Mi fermai ad ascoltare le parole, ma non trovai niente che potesse aiutarmi, così andai alla prossima.
Sta volta chiusi gli occhi, non volevo vedere cosa usciva.
La canzone che mi si presentò iniziava con una chitarra, mi sembrava di non conoscerla, o almeno di non ricordarmela.
Cominciarono le parole e feci un sorriso stupido, certo che la conoscevo, era quella che avevamo sentito io e Serena a Covent Garden.
Quella che lei mi aveva detto aveva dedicato a Lorenzo.
Pff.
The man who can’t be moved, deglii script.
Di cosa parlava? Ah si, di un uomo che decideva di tornare nell’angolo in cui aveva incontrato la ragazza della sua vita sapendo che, se lei avesse voluto rivederlo, sarebbe sicuramente andata lì.

OH MERDA.
«Alzati Ryan, dobbiamo muoverci.» quasi gridai scattando in piedi, lo afferrai per un braccio senza dargli neanche il tempo di capire cosa stava succedendo e scesi le scale toccando un solo gradino. Presi una maglietta, una felpa, una sciarpa di lana, il solito cappello e la mia inseparabile Reflex. Infilai il primo paio di converse che mi trovai davanti e indossai ciò che avevo recuperato mentre scendevo le scale con Ryan al mio fianco.
«Tyra, sto uscendo» urlai aprendo la porta di casa.
«Chris, che stiamo facendo?»
«Andiamo a Piccadilly»
«A fare cosa?»
«Tu seguimi»
 

Serena.

Londra, Tower Bridge
11.00

 «Mi fanno male i piedi, sono stanca, sono affamata, voglio sedermi, ho freddo»
«E dai Mic, dammi un’altra mezzora»
Aveva ragione, faceva un freddo cane e non avevo uno straccio di idea sul dove stavamo andando.
Cioè, dove eravamo lo sapevo e pensavo di sapere anche il criterio su come ci stavamo muovendo, ma mi sembrava tutto così stupido e insensato.
Noi eravamo solo due italiane e Londra era grande.
E poi, per quanto ne sapevo, Chris poteva anche essere a casa a dormire o peggio a scuola.
Lo ammetto, non ci avevo pensato al fatto che poteva essere a scuola, ma era meglio non dirlo a Mic, mi avrebbe ammazzato.
«Va be dai, andiamo a prenderci un caffè?» chiesi fermandomi di colpo.
Mi girai verso il ponte che avevamo lasciato alle nostre spalle e per un attimo rividi me e Chris lì, l’altra sera, che parlavamo di cose di cui non pensavamo avremmo mai potuto parlare.
«E dai, tranquilla, lo ritroviamo , ma ora andiamo da qualche parte, non ce la faccio più.» disse con un’espressione stanca.
Le sorrisi e l’affiancai «d’accordo, andiamo»
«Grazie»
«Dove vuoi andare?»
«Torniamo verso il centro? C’è uno Starbucks a Oxford Circus, forse è anche più facile trovare Chris e Ryan lì»
«D’accordo» acconsentii pensierosa.
 
 

Ryan.

 

Londra, Underground (Piccadilly Line)
11.15
 

«Mi spieghi che stiamo facendo?»
«Ti ricordi la sera in cui ti chiamai per dirti che avevo conosciuto Serena?»
«Si, praticamente la odiavi»
«Bene, ti ricordi dove ti dissi che l’avevo incontrata?»
«Ma si certo, al Wales teather, quello all’angolo di Piccadilly»
«Ti sembrerà stupido, ma sto andando lì»
Si, mi sembrò decisamente stupido, però non avevo voglia di smorzargli l’entusiasmo.
Tanto non avevamo niente da perdere.
E poi, se Chris non ritrovava Serena, io come facevo a rivedere Mic?
«Cosa ti ha ispirato?»
«Una canzone»
 

Michela.

 

Londra, Underground (Jubilee Line)
11.15

 
«Te lo ricordi come ci arriviamo a Oxford Circus con questa?» chiese Serena dal sedile di fronte al mio.
Estrassi una mappa dell’underground dalla mia borsa e glie la mostrai.
«Guarda qui» dissi puntando un dito sul puntino bianco con accanto scritto “Green park” «qui si incrociano la Jubilee, la Piccadilly e la Victoria, basta che lasciamo questa e prendiamo la Victoria, una fermata e siamo a Oxford Circus»
«Sei un genio»
«Lo so, lo so»
 

Ryan.

 

Londra, Underground (Piccadilly Line)
11.30

«Agitato?» domandai notando lo sguardo perso di Chris.
Doveva essere in una specie di crisi esistenziale o cose del genere, conoscendo il tipo era molto probabile.
«NO!» rispose con troppa foga, ora potevo essere certo che era agitato.
«Hai pensato almeno cosa dirle?»
«Non so neanche se la rincontro, perché dovrei pensare a cosa dirle?»
«Va be, per prevenzione!»
L’alto parlante annunciò la fermata a Gloucester Road bloccandosi troppo bruscamente appena arrivammo alla stazione. La prossima fermata era il Green Park, poi Piccadilly, c’eravamo quasi.
 

Michela.

Londra, Underground (Jubilee Line)
11.30

Waterloo” annunciò la voce dall’altoparlante.
Waterloo come la canzone di Mamma mia, lo spettacolo del primo giorno qui a Londra. Mi sembrava passata una vita da quella sera, eppure erano solo quattro giorni. Non mi sarei mai aspettata che il nostro viaggio avesse potuto prendere dei risvolti come questi.
«Alla prossima scendiamo, no?» chiese Serena con lo sguardo perso fuori dal finestrino.
«Si, la prossima è il Green Park, scendiamo»
«Bene»
 

Chris.
 

Londra, Underground (Piccadilly Line)
11.35

 
«Ryan, posso chiederti una cosa?»
«Dimmi»
«Ti dispiace lasciarmi solo quando arriviamo a Piccadilly? Voglio un po’ di tempo per…pensare, decidere come mi devo comportare, cosa devo fare» gli chiesi sorridendo. Aveva ragione lui, dovevo capire cosa fare una volta trovata Serena.
Perché io l’avrei ritrovata ne ero certo.
Avrebbe avuto anche lei la stessa idea, sarebbe tornata nel nostro posto.
Se nostro potevamo definirlo.
«Ti capisco amico, tranquillo, scendo dalla metro con te e poi me ne vado, andrò a prendere qualcosa da mangiare
«Grazie mille»
«Green Park» annunciò l’altoparlante, mancava una fermata.
«Anzi sai che ti dico?» fece Ryan attirando la mia attenzione.
«Cosa?»
«Scendo qui e poi vado in quel negozio vicino Oxford Circus, quello che vende di tutto per fare musica, ho bisogno di un paio nuovo di bacchette per la batteria»
«Ok, tranquillo»
«in bocca al lupo»
«Crepi»
Ryan scese dalla metro e l’agitazione iniziò a farsi sentire. Forse non avrei dovuto dirgli di andarsene, mi serviva qualcuno pronto a rassicurarmi.
Poi però capii che avevo fatto la cosa giusta, questa era una situazione che dovevo affrontare da solo.
 

Ryan.


Londra, Undeground (Green Park)
11.40

 
Ero lì, sotto il tabellone che indicava gli orari e le partenze della metro, cercando di ricordarmi che scala prendere per raggiungere la fermata della Victoria.
Un signore grasso e barbuto mi chiese se avevo bisogno di aiuto, ma non appena parlai capì che ero del posto e se ne andò. No, perché, uno di Londra non può avere problemi a orientarsi in alcune stazioni?
Quella del Green Park, poi, era davvero grande e dispersiva, poteva capitare a tutti di non trovarsi più.
Mi girai verso destra e trovai finalmente il cartello che indicava la discesa verso la Victoria, prima c’era seduto un bambino ecco perché non lo vedevo!
Lo raggiunsi e salii sulle scale mobili che scendevano fino alla fermata.
Salire e scendere, controsenso.
 

Serena.

 

Londra, Underground (Green Park)
11.40

«Bene, ora saliamo di qui e poi cerchiamo la discesa per la Victoria.»
Annuii guardandomi intorno, senza speranzosa di vedere Chris apparire davanti ai miei occhi. Si, era una cosa molto da film, lo sapevo, ma mi piaceva pensare che potesse accadere davvero.
Arrivate in cima alle scale mobili venimmo investite dalla folla della stazione.
Quella sembrava molto più grande delle atre e anche molto più affollata, evidentemente il Green Park era un meta molto diffusa.
«Lì c’è il cartello» dissi indicando un cartello bianco con una striscia celestina e Victoria scritto in nero.
«Allora quelle saranno le scale» ipotizzò Michela un passo avanti a me, ci incamminammo verso quelle strutture metalliche delle quali avevo una paura fottuta da quando avevo visto final destination 3D.
«Guarda quello, ha li stessi capelli di Ryan» esultò Mic ridendo, seguii il suo dito e, tra le decine di persone che affollavano le scale, notai un ammasso di capelli ricci e castani che sembravano proprio quelli di Ryan.
«Ah, quindi siamo già arrivate al punto che lo vedi da per tutto? Siamo messe bene!» scherzai dandole una gomitata.
«Tu giri per Londra alla ricerca di un ragazzo, a Londra, non in quel buco di città dove viviamo noi, a Londra!»
«Se fossimo stati lì l’avrei già trovato»
Mi guardai un po’ in giro, lì era tutto diverso da dove venivamo noi.
I posti, le persone, persino l’aria che tirava.
Mentre vagavo con lo sguardo tornai a fissare il ragazzino con i capelli come quelli di Ryan. Doveva avere più o meno la sua stessa età e sembrava anche alto come lui.
Si, ma centinaia di ragazzi a Londra potevano avere gli stessi capelli di Ryan, mica era l’unico a…in quel momento il ragazzo si girò verso la parete, attratto da un poster luminoso appeso al muro.
Lo vidi di profilo, quel naso...quei lineamenti…
«O mio Dio, quello è Ryan!» gridai afferrando Mic per il polso.
Passammo nella “corsia di sorpasso” delle scale e la scendemmo a tutta velocità, Ryan le aveva già terminate e si stava avvicinando alla metro appena arrivata.
Sentii l’adrenalina salire.
Ci intrufolammo in un quell’ammasso di gente che si faceva strada per entrare nel primo vagone libero, ma a quel punto non mi importava trovare posto seduti o no.
Non mi importava neanche entrarci nella metro, dovevamo afferrare Ryan.
«RYAN!» gridò Michela cercando di superare il vociare che ci circondava, ma il ragazzo era già dentro. Era dentro e non sapevo come fare a raggiungerlo prima che le porte si chiudessero.
Strinsi ancora più forte il polso della ragazza e, con non so quale forza, mi feci strada sgomitando tra tutta la gente che c’era.
«Ryan» sta volta gridai io, più forte che potevo, l’adrenalina alle stelle.
Non poteva andarsene, non avevo altre chance.
«RYAN!» urlai di nuovo e il ragazzo si guardò intorno spaesato.
Poi incontrò il mio sguardo e spalancò gli occhi.
«Serena! Mic! Che ci fate qui?» chiese gridando.
Mi allungò una mano, la strinsi e ci tirò dentro il vagone.
«Dov’è Chris??» domandai mettendogli una mano sulla spalla, vidi il mio riflesso nel finestrino, avevo uno sguardo sconvolto.
«Mi ha parlato di una canzone, è andato a Piccadilly a carcarti, dove vi siete incontrat…»
«Ma certo! Perché non ci ho pensato! The man who can’t be moved» lo interruppi portandomi una mano sulla fronte. Nel frattempo si accese il segnale di chiusura delle porte, ma io non dovevo andare più a Owford Circus, la mia meta era Piccadilly.
«Fate i bravi» dissi ai due guardando Michela.
«Cosa?» fece Mic guardandomi di traverso.
Le porte si chiusero.
Eravamo ancora fermi, però.
«Non siamo certo bambini!» controbatté Ryan, ma non lo ascoltai.
Mi gettai sul pulsante di emergenza accanto alle porte.
«Dove stai andando??»
«da Chris!» risposi nel secondo esatto in cui le porta si aprirono.
Feci un mezzo salto e mi ritrovai oltre la linea gialla con su scritto MIND THE GAP.
Iniziai a correre verso la mia meta.
Verso Chris.

Londra, Piccadilly Circus
11.50

Chris.

E me ne stavo lì.
Appoggiato su quel muretto dove, quattro sere fa, avevo lasciato il mio cellulare per scattarle una foto. E grazie a quel gesto distratto avevo avuto il suo numero.
E potevo giurare che da quella sera ero cambiato.
Me ne stavo lì, se avessi avuto una sigaretta me la sarei fumata, ero tanto agitato che le mie mani stavano tremando.
E non sapevo perché, non me lo sapevo spiegare.
Perché con lei non trovavo mai le parole giuste?
Perché la ritenevo così importante?
Perché, perché?
E intanto che combattevo con me stesso aspettavo, le mani in tasca e quella puzza di alcol e fumo che mi era rimasta impregnata nei capelli, alla gente che passava dovevo sembrare un mendicante drogato, ma loro non capivano.
Non potevano capire, come potevano se neanche io capivo?
Misi un auricolare nelle orecchie, attaccai la playlist dei Simple Plan e ciao mondo, quel giorno c’ero solo per lei.
E non mi sarei mosso di lì, perché lei sarebbe arrivata. Prima o poi.
I'm the man who can't be moved.

Sono l’uomo che non può essere mosso.
 

 

 

Going back to the corner where I first saw you,
Gonna camp in my sleeping bag. I’m not gonna move,
Got some words on cardboard got your picture in my hand,
Saying if you see this girl can you tell her where I am,
Some try to hand me money they don’t understand,
I’m not… broke I’m just a broken hearted man,
I know it makes no sense, but what else can I do,
How can I move on when I’ve been in love with you…
Cos if one day you wake up and find that you’re missing me,
And your heart starts to wonder where on this earth I can be,
Thinking maybe you’d come back here to the place that we’d meet,
And you’d see me waiting for you on the corner of the street.
So I’m not moving…
I’m not moving.
Policeman says son you can’t stay here,
I said there’s someone I’m waiting for if it’s a day, a month, a year,
Gotta stand my ground even if it rains or snows,
If she changes her mind this is the first place she will go.
Cos if one day you wake up and find that you’re missing me,
And your heart starts to wonder where on this earth I can be,
Thinking maybe you’d come back here to the place that we’d meet,
And you’d see me waiting for you on the corner of the street.
(taduzione: 
http://www.musicjam.it/testi/826/the-script-the-man-who-cant-be-moved-testo-traduzione-video/)

Note Autore:
Hellooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!
Vas Happenin' girlss? (Directioner, capitemi <3 )
Alloora? Che ve ne pare?:3
Chris  è davvero un idiota di prima mattina, ma lo amiamo lo stesso, no?
Non so che altro dirvi, perdonatemi :3, però vi chiedo un favore...potreste mettere un mi piace qui? è un concorso di fotografia nazionale e so che non ho speranze, però che dire? ci provo! 
http://www.lab.leica-camera.it/jspleica/scheda.jsp?n=56426 grazie mille in anticipo <3
Ah e, bho, se volete cercarmi sono qui, http://www.facebook.com/profile.php?id=1732131172 o qui http://twitter.com/#!/Simona_Messina
Mi piacerebbe conoscervi!
Io vado, hope you enjoy! Lasciatemi un comentinuo, un bacio e alla prossima <3
If_you_believe

 

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Capitolo 22
*** All I want. ***



One Direction - Gotta be you.
http://www.youtube.com/watch?v=nvfejaHz-o0


Cap 20 - All I need

 

Serena.


 

Londra, Green Park - Piccadilly Circus
12:15

 

Correvo più che potevo.
Le gambe non le sentivo più da un pezzo, avevo il respiro affannato, il cuore che mi saltava in gola, stavo rimpiangendo tutte lezioni di educazione fisica che avevo saltato.
Accanto a me la città scorreva veloce, avevo superato il green park da un pezzo, ora ero alla ricerca di Piccadilly.
Avevo una paura fottuta.
Paura di perdermi.
Paura di non trovare Chris.
Se non fosse stato lì come avrei fatto?
Non avrei avuto altre chance.
Il mio cellulare era morto, come avrei fatto a rintracciare Mic?
Sarei rimasta sola, a Piccadilly, dispersa in questa immensa città.
Si, ero piuttosto tragica in momenti come questi, ma non potevo farci niente.
Ero troppo agitata e l’agitazione mi portava a pensieri apocalittici.
Londra, però, un po’ mi aiutava. Sentivo le sue strade quasi familiari, quell’aria pesante alleggerita dal forte odore di caffè che usciva dai bar, le calde risate che si udivano attraverso le vetrate dei pub, pieni anche a quell’ora.
La città non era così fredda come dicevano, la pioggia non si era ancora fatta vedere, era tutto fantastico, sarei potuta restare lì per l’eternità.
Con  Chris.
Perché ormai Chris era compreso nella mia idea di Londra, e ora dovevo correre ancora più veloce da lui, per non farlo andare via.
Per riaverlo tra le mie braccia.
Per sentire ancora la sua risata, vedere il suo sorriso.
Era tutto quello che desideravo in quel momento, non Lorenzo, non i miei amici, non una vita perfetta, ma lui. Solo Chris.
Ad un certo punto le mie gambe cedettero e mi ritrovai per terra, in ginocchio, con i muscoli che mi tiravano e il cuore che pompava come un pazzo.
Cercai di rialzarmi, nonostante la stanchezza, nonostante il dolore.
Dovevo continuare a correre.
«Serve una mano?» mi chiese un signore sulla sessantina porgendomi una mano.
Era uno di quelli che dicevi che era inglese anche a chilometri di distanza, con i capelli bianchi e l’aria bonacciona.
«Grazie mille» sussurrai con la poca aria che mi circolava nei polmoni.
Afferrai la mano ruvida e l’inglese mi tirò in piedi con uno sguardo preoccupato.
«Tesoro, va tutto bene?» domandò la donna al suo fianco, probabilmente la moglie.
Era alta e slanciata, i capelli di un biondo quasi platinato.
«Si, cioè…sapete dirmi dov’è Piccadilly Circus?»
I due si lanciarono uno sguardo d’intesa, poi sorrisero.
Si spostarono leggermente verso destra lasciandomi intravedere la strada alle loro spalle.
«Ecco Piccadilly» esclamò sorridente lui, lei annuì.
In effetti lì infondo, a qualche isolato di distanza, si scorgeva uno scorcio della statua di Eros.
Senza accorgermene sorrisi anche io.
«Ancora grazie» dissi ai due inglesi, fecero un cenno con la testa e ripresero il loro cammino, mentre io era ancora ferma lì.
Quelli davanti a me erano due, forse tre isolati, e poi ci sarebbe stato Chris.
Se possibile, il mio cuore prese a battere ancora più forte.
Una serie di strane domande mi si insinuò nella mente.
E se lui non volesse vedermi?
E se mi odiasse per ciò che gli avevo urlato contro l’altra sera?
E se mi odiasse e basta?
Non potevo andare lì e gettargli le braccia al collo, gli sarei sembrata una pazza e non potevo certo chiedergli scusa perché… be perché io non chiedevo scusa a nessuno.
Come avrei fatto per far tornare tutto come prima?
Ripresi a correre sperando di riuscire a capire qualcosa, ma più mi avvicinavo alla meta più il mio cervello sembrava incapace di pensare. Sentivo una pressione continua sullo stomaco che mi impediva quasi di respirare, le mie gambe stavano per cedere, ancora.
Quando arrivai a Piccadilly tirai un sospiro di sollievo, ce l’avevo fatta.
La cosa che più mi sorprendeva di quel posto era che era sempre stracolmo di gente, a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno. Gente di tutto il mondo si riuniva lì a formare un puzzle di lingue e culture, era meraviglioso.
In quel momento, però, non avevo tempo di fermarmi a guardare, dovevo trovare Chris.
Salii sui gradini di Eros per avere un campo di visibilità maggiore, da lì riuscivo a scorgere tutte le vie che si congiungevano alla piazza.
Going back to the corner where I first saw you…
Cantai sottovoce, in cerca di un illuminazione.
Io a Piccadilly c’ero, ma Chris?
Dove diavolo era finito?
Mi resi conto di aver sbagliato posto solamente quando i miei occhi incontrarono un cartellone grande e luminoso nascosto in una stradina secondaria, la scritta bianca MAMMA MIA lo dominava. Ma certo, mica Chris l’avevo incontrato a Piccadilly!
La prima volta che ci eravamo parlati era stato a teatro, quella piazza aveva solo fatto da sfondo alle foto che mi aveva scattato, dovevo andare al Prince of Wales teater.
Mi bastava seguire il cartellone, il teatro era lì.
Era strano vedere come era tutto uguale all’altra sera, non era cambiato niente lì, tranne me.
Tranne noi.
Mi rimboccai le maniche del giubbotto di pelle e ripresi la mia corsa, più affannata di prima.
Non appena imboccai la stradina un gruppo di turisti cinesi mi investii.
Dovevano essere una ventina, tutti forniti di macchine fotografiche e Iphone, mi oscuravano la visibilità. Mi guardavo in giro ma tutto quello che vedevo erano occhi a mandorla e capelli neri, ero così agitata che per riuscire a vedere qualcosa oltre loro avrei anche potuto prenderli tutti a pugni.
Esasperata, cercai di uscire da quella massa informe, senza però ottenere nessun risultato. Dovetti farmi spazio a gomitate.
Poi i miei occhi captarono qualcosa.
Qualcosa di familiare oltre quella gente, alle spalle del gruppo.
Il mio cuore perse un battito.
C’era una ragazzo, poggiato su un muretto a qualche metro da lì, gli occhi bassi sul suo IPod.
I capelli gli coprivano gli occhi, un cappello di lana grigio lasciato morbido su quella massa castana, una felpa che avevo visto troppe volte per non poterla riconoscere.
Le mie gambe ripresero automaticamente a camminare, quasi sapessero bene tanto quanto il cuore ciò che desideravo più in quel momento. Mi trascinai verso il ragazzo, i miei occhi fissi su di lui, il respiro che mi mancava ad ogni passo.
Lo vidi rimettere l’Ipod in tasca, si passò una mano tra i capelli e prese a guardarsi in giro con aria frustrata.
Dio quant’era bello.
E io quant’ero stupida.
Continuai a correre sperando che non si accorgesse di me, contando sull’effetto sorpresa per aggiustare le cose.
Poi, però, per una frazione di secondo i nostri occhi si incontrarono.
Come se non se ne fosse accorto, passò oltre senza pensarci…e tornò indietro.
La sua testa si girò di scatto verso di me, che ero a pochi passi da lui, che stavo lì a fissarlo, imbambolata.
La gente passava tra di noi, decine di teste interrompevano il contatto tra i nostri occhi, ma senza separarci davvero.
Mossi un passo.
Poi un altro ancora.
Finche non gli fui davanti.
Se avessi allungato un braccio sarei riuscita a toccarlo, ma non ne avevo la forza.
Lui continuava a guardarmi, l’espressione sul suo volto indecifrabile.
Tutti quei discorsi che mi ero preparata, tutte quelle parole, in quel momento mi sembrarono dannatamente futili.
Lui era lì, di fronte a me, ed era come se il mondo attorno a noi fosse scomparso.
Pensai a centinaia di canzoni, di film, di libri, eppure non mi venne in mente nessun momento, nessuna situazione più perfetta di quella.
Chiusi gli occhi e in una frazione di secondo le mie braccia furono attorno al suo collo.
Tirai un respiro profondo, cercando di inspirare il suo buon profumo, che però era stato sostituito da un misto di alcol e fumo. Il che mi riportò all’altra sera.
Nascosi il viso nell’incavo del suo collo cercando di soffocare i miei pensieri mentre un flusso di parole mi saliva in gola, ma moriva tra le mie labbra. Ne pronunciai solo una.
«Scusa» sussurrai così piano che dubitai che chiunque altro potesse sentirmi.
Chiunque altro a parte lui.
Sentii le sue braccia stringermi e, in quel momento, fui certa che il mio cuore non stava battendo per la corsa dal Geen Park.
Tutte le mie paure, tutte le mie incertezze di prima sparirono in quell’abbraccio.
Mi accoccolai contro il suo petto mentre sentivo il suo respiro sfiorarmi i capelli.
«Ho imparato ad aspettarmi di tutto da te…» disse Chris dopo quella che mi sembrò un’infinità di tempo, la sua voce dura insolitamente incrinata  «… ma questa, questa non me la sarei mai aspettata»
Mi allontanai un po’ per riuscire a guardarlo negli occhi, le mie mani scivolarono sul suo petto, stringendosi sul tessuto morbido della felpa.
Il suo sguardo era lontano, come assente, ma sorrideva, sorrideva come sapeva fare solo lui. Quando si girò per ricambiare le mie occhiate ringraziai che ci fossero le sue braccia a sostenermi, perché le mie gambe diventarono improvvisamente mollicce.
«Non l’hai ancora capito che sono migliore di quanto pensi?» chiesi sorridendo a mia volta. Si piegò quasi fino a toccare la mia fronte con la sua, solo allora notai gli occhi arrossati e le occhiaie violacee sugli zigomi. Doveva aver passato una notte tremenda.
Mi sentii in colpa pensando che, forse, quella nottataccia l’aveva passata a causa mia.
Averlo così vicino, con quei suoi occhioni verdi dove ti aspetteresti di trovare di tutto, tranne quella ingenua dolcezza , il respiro caldo che mi solleticava la pelle, le labbra piegate ancora in un sorriso, mi faceva uno strano effetto. Mi faceva sentire speciale, quello sguardo o quel sorriso che sembrava riservare solo per me, come se fossi più di quello che davo a vedere, come se valessi davvero qualcosa.
«Apri le orecchie perché non sentirai mai più una cosa del genere uscire dalle mie labbra, ma…» iniziò sfiorandomi la guancia con le dita così lievemente che pensai di essermelo immaginato. Sospirò, poi riprese a parlare «…ma, ammetto, in un contesto del tutto astratto e spinto da una qualche forza maggiore di cui ancora non sono cosciente che, in qualche assurdo modo, per qualche sconosciuto motivo, ho avuto paura di perderti»
Sul viso aveva un’espressione divertita, ma nei suoi occhi c’era qualcosa…qualcosa di diverso. Non riuscivo ad identificarlo, era come se lui stesse cercando di celarlo, ma non ci riuscisse del tutto. Poi mi accorsi di una cosa. Lì, sotto la mano che avevo poggiato sulla felpa, sentivo un movimento frenetico. Era….era il suo cuore. E batteva veloce almeno quanto il mio. Ritirai la mano chiudendola in un pugno, quasi spaventata.
«Ok, ammettilo, sta notte ti hanno rapito li alieni, questo non puoi essere tu» dissi incapace di formulare frasi più argute. Sentii la sua risata cristallina e le sue braccia salire sulla mia schiena.
«Oh, vieni qui» sussurrò affettuoso stritolandomi come fossi un orsacchiotto di peluches.
«Chris, Chris non respiro» mi lamentai facendo finta di respingerlo e quando allentò un po’ la presa fui io a stringerlo. Perché amavo stare tra  le sue braccia. Perché, alla fine, a togliermi il fiato non era quell’abbraccio, ma lui.
Finii per accoccolarmi di nuovo contro il suo petto, cullata da quella sensazione di pace e tranquillità che lui trasmetteva, mentre le sue dita giocherellavano con i miei capelli.
Alzai lo sguardo verso il suo volto, stava fissando le sue dita come se ci trovasse i segreti dell’universo, ancora l’ombra di un sorriso sulle sue labbra.
Gli presi il viso tra le mani e lo avvicinai al mio in modo che riuscisse a guardarmi negli occhi.
«Vorrei tanto sapere cosa ti passa per quel cervelletto che ti ritrovi» dissi frugando in quel verde immenso «come ti è venuto di venire qui?».
«Una volta mi dicesti che quando dovevi prendere una decisione e non sapevi che fare lasciavi scegliere alla musica il tuo destino, e così ho fatto.» rispose semplicemente, poi canticchiò thinking maybe you’d come back into the place that we meet…
«E ha funzionato?»
«Direi di si»
Senza staccare gli occhi dai miei poggiò la sua mano sulla mia che ancora teneva il suo viso e intrecciò le nostre dita. «Credo di doverti anche io delle scuse»
«Per cosa?»
«Ieri sera mi sono incazzato un po’ troppo, non avrei dovuto»
«Sai, penso che potrei anche abituarmi a questo nuovo Chris» affermai togliendo le mani dal suo viso, ma tenendo le nostre dita ancora intrecciate.
«Non pensarci neanche, ora mi sento carino e coccoloso, potrei tornare il solito a momenti» disse lasciandomi, però, tra le sue braccia e continuando a tenermi la mano. Non ci credevo che quello era solo un attimo di dolcezza. Tutti, anche lui, che sembrava sempre forte, sempre sorridente, abbiamo bisogno di qualcuno al nostro fianco. E io volevo esserci per lui, per quanto questo poteva contare.
«Sei un’idiota» annunciai tirandogli un pugno sulla scapola.
Scoppiai a ridere mentre lui si piegava in due emettendo versi strani, probabilmente mi stava bestemmiando in tutte le lingue che conosceva.
Quando si raddrizzò continuai a ridere poggiata contro il suo petto finché non scrollò le spalle e quasi mi fece cadere a terra. Quell’aria da finto incazzato era davvero adorabile.
«Idiota sarai tu» sbuffò scuotendo la testa per togliersi i capelli dagli occhi «Tu che non ti degni neanche di rispondermi al cellulare»
«Guarda che non è colpa mia» affermai allontanandomi da quell’abbraccio e andandomi a sedere al suo fianco, sul muretto dove lui era poggiato.
«A no? E allora cosa è successo? Un elfo ti ha rubato il cellulare?»
«Peggio, Lorenzo»
Chris si girò verso di me con un sopracciglio alzato.
«Lorenzo ti ha rubato il cellulare?» chiese stupefatto.
Ripresi a ridere senza controllo.
«No, ma dico, secondo te è possibile che Lorenzo mi rubi il cellulare?»
«Non insultare le mie capacità intuitive»
«Oggi sei particolarmente stupido e carino e coccoloso»
Gli diedi una spinta affettuosa e gli sorrisi.
«Dammi il cellulare» disse porgendomi una mano aperta.
«è scarico» affermai poggiandolo comunque sul palmo, sfiorando le sue dita mentre si chiudevano intorno al cellulare. Rabbrividii.
«Guarda che sta mattina squillava» mormorò tutto preso mentre se lo rigirava tra le mani. Quando trovò il tasto di accensione i tasti si illuminarono, seguiti dallo schermo e dalla canzoncina iniziale. «Ta – dan» canticchiò spalancando le braccia e muovendo le dita con sorriso da orecchio a orecchio.
«Quel coglione di Lorenzo…»
«Ok, da quando è passato da “amore della tua vita” a coglione?»
«Nah, l’ho sempre considerato un po’ coglione, ne ho solo avuto la conferma»
Feci spallucce e un mezzo sorrisetto, ma lui capii che c’era qualcosa che non andava, lui mi capiva sempre.
Smise di armeggiare con il cellulare e prese a guardarmi con sguardo indagatore, ma allo stesso tempo dolce.
«Prima o poi mi dirai cosa è successo l’altra sera?» chiese avvicinandosi quasi impercettibilmente.
«Più poi che prima, sto cercando di dimenticare» risposi distogliendo lo sguardo, troppo intenso da poter sopportare. I ricordi dell’altra sera riaffiorarono lentamente creandomi un groppo in gola che cercai di scacciare senza grandi risultati.
«è andata di merda?» domandò preoccupato, riuscendo a farmi sorridere. Notando il mio silenzio alzò un bracciò e me le passò intorno alle spalle, come se con quel semplice gesto potesse proteggermi da qualsiasi male.
«No, è stato strano»
«Pensi che ne sia valsa la pena? Intendo fare tutto il casino che hai fatto per tutto questo tempo, è servito a qualcosa?»
«Se te lo dicessi non mi crederesti»
«Mettimi alla prova»
«No, non ora»
Dirgli cosa era successo l’altra sera avrebbe compreso anche spiegargli perché l’avevo lasciato andare e questo non era neanche da prendere in considerazione. Non era il momento giusto.
«Come vuoi…»
Sospirai mentre nascondevo il viso contro la sua spalla, il suo braccio ancora mi stringeva. Immaginavo com’era vedere la scena da lontano, probabilmente anche per i passanti era strano vedere una come me con uno come lui. Il fatto era, però, che noi diversi lo eravamo solo all’esterno. Il mio giubbotto di pelle stonava con la sua felpa, i miei Levi’s skinny e immacolati contro i suoi Cheap Monday baggy e strappati, il mio modo di fare composto contrario al suo strafottente. Ma anche Chris era stato come me, tempo fa, e sapeva cosa si provava a vivere in un mondo dove tutti valutano le tue scelte, le tue mosse. Anche io, poi, ero un po’ come lui, al contrario però io non l’avevo mai ammesso. Giudicare la gente per la musica che ascoltava o per come si vestiva era stupido, ne ero consapevole, ma prima ero in qualche modo obbligata a pensarla così, ora no. Ero libera, e me ne rendevo conto so in quel momento.
Se avevo cacciato l’unica ragione per cui ero diventata così, perché avrei dovuto continuare a esserlo? Stop, da oggi ero io. Non solo con Chris, con tutti, da ora non me ne fregava più niente di quello che pensavano gli altri.
Alzai lo sguardo verso il ragazzo e sorrisi nel vedere che lui mi stava già guardando.
«Perché mi fissi?» chiesi con un miscuglio di emozioni che si azzuffavano nel mio stomaco.
«Tu perché mi sorridi?» domandò alzando il mento in segno di sfida.
Quello che gli diedi non fu neanche paragonabile a un “pugno affettuoso”, assomigliava più a una carezza, contro il petto, dove mi aggrappai al laccio bianco che cappuccio.
Ma qualcosa quella specie di magia doveva per forza spezzarla, perché tanto andava sempre così. Sta volta a interromperci fu lo squillo snervante del cellulare di Chris, che rispose frettolosamente portandosi il telefono contro l’orecchio.
Maledissi chiunque lo stava chiamando.
Dopo oltre cinque minuti di “mh”, “ah”, “ahahah”, “capisco”, “si, certo” e altri cinque di frasi sensate che però non riuscii a capire, riagganciò gettando il cellulare nella tasca della felpa.
«Allora? Chi era?» feci visto che non si decideva a dirmelo.
«Harry» rispose con aria indifferente.
«E che voleva?»
«Be’, ecco… ha organizzato una serata insieme per festeggiare un anno dei 16 Underground»
Alt. Questo significava che non avrei passato la sera con Chris?
Non per essere appiccicosa, ma ora che avevo capito che tra noi poteva esserci qualcosa, non potevano portarmelo via così. Mancavano solo tre giorni al ritorno e il tempo sembrava scorrere troppo velocemente, non potevamo sprecare neanche un secondo.
«Interessante, se stai pensando di non andarci per stare con me vai, tranquillo» mentii disinvolta.
«Veramente Harry ha invitato anche te»
«Ah, davvero?»
«Si, dice che gli stai simpatica e che gli piace il modo in cui rispondi a Georgia, ah e…che quando sono con te sembro più simpatico» disse muovendo nervosamente le mani. Pensai che era una cosa carina da dire, credere che con me Chris era migliore, anche se quella che non andava ero io, lui era perfetto.
«No, spiegami, avete qualcosa da fare ogni sera?» chiesi stupefatta, ma con una specie di sorriso sciocco sul viso.
« Si, praticamente si» Chris scoppiò a ridere, probabilmente più per la mia espressione che per la mia mezza battutina. «un giorno lo passiamo da me a cazzeggiare, un altro in giro per la città, poi ci sono le prove della band tre volte a settimana, la serata con Ryan DJ, le feste del sabato, una birra in qualche pub quando capita e gli abbordaggi della domenica»spiegò contando i giorni sulle dita con una smorfia soddisfatta.
«Avete un giorno per gli abbordaggi?»
«Naturalmente, di solito però lo rispettiamo solo io e Harry»
«Non eri tu quello che era cambiato?»
«L’ho fatto, sono cambiato, sono migliore, ma non ho mai detto di essere un bravo ragazzo»
Quella frase rimase sospesa tra noi come lo poteva essere una bolla di sapone o l’ultimo accordo di una canzone, scoppia, magari finisce, ma ne senti ancora la presenza. Non importava che Chris mi tenesse per mano o mi abbracciasse o mi sorridesse, alla fine sapevo poco e niente di lui, di cosa ne pensava di tutto ciò, di cosa stava provando. Se io avevo capito che lui non era un ragazzo qualunque questo non voleva dire che lui pensava lo stesso di me. Non dovevo darlo per scontato solo perché mi mostrava qualche attenzione in più. Chris era l’ignoto, un salto nel vuoto, uno dei peggiori che tu possa mai trovare per la tua strada, ma in qualche modo era una cosa che volevo fare, un salto che avrei affrontato, anche ad occhi chiusi, nonostante ci fosse il rischio di schiantarsi.
 

Ryan

 

Londra, Chappel (Bond Street)
12:20

 
«Ryan, il tizio mi ha detto di farti provare queste» disse Michela sgomitando tra la gente per raggiungermi.  Me ne stavo seduto dietro una batteria, lontano da tutti, al secondo piano di quel negozio che amavo, Chappel. Avrei potuto definirlo uno dei migliori negozi di musica di Londra.
La ragazza mi si avvicinò portando tra le braccia almeno una ventina di bacchette di tutte le forme e i colori. Mi alzai di scatto e le andai incontro per aiutarla.
«Sei un angelo» la ringraziai sorridendo mentre mi appropriavo di quelle bacchette e le poggiavo su un tavolino, accanto alla batteria.
«Cos’è un rito comprare una bacchetta nuova ad ogni esibizione?» chiese lei sedendosi su un divanetto lì davanti, io tornai sul mio sgabello impugnando il primo paio di aggeggi da provare. Erano di legno chiaro di noce, impugnatura stretta, puta sferica, più pesanti rispetto alle solite.
«No, di solito uso sempre le stesse, è che voglio un nuovo paio da rinominare “le bacchette fortunate”» spiegai intanto che eseguivo un Open Roll senza particolare impegno. Mic mi guardò interrogativa «Mi riferivo al contest che ci sarà dopodomani, nessuno ti ha detto niente?»
«No, non credo…»
«Be questa sarebbe la seconda volta che ci proviamo, è una gara tra band che si tiene in un pub da queste parti, il primo posto vince un contratto discografico, il secondo il palco del locale ogni venerdì sera per non so quanto tempo»
«E voi? Avete vinto?»
«Terzo posto, per accontentare Georgia forammo tutte le canzoni»
Cambiai il terzo paio di bacchette, provando con un flam. Vidi un gruppo di ragazze girarsi a guardarmi dal reparto bassi, non molto lontano. Potevo giurare che una di loro mi fece un occhiolino, ma scossi la testa e tornai a guardare prima i piatti della batteria, poi Mic.
«Spiegami una cosa, ma se sta sulle palle a tutti perché è nella band?» domandò alzandosi e venendosi a sedere più vicino. La cosa non poté che farmi piacere.
«È importante per Chris, o almeno lo era. Anche se con secondi fini le è stata vicina , l’ha aiutato a superare ciò che è successo»
«Penso che tu l’abbia aiutato di più» disse sorridendo per poi poggiarmi una mano sulla spalla. Le sorrisi di risposta e quando un raggio di sole filtrò attraverso le tende e le illuminò gli occhi pensai che era davvero carina. Ah, e che chiunque diceva che le francesi erano le più belle, o magari le americane, era davvero stupido, io quotavo le italiane. Decisamente. Ne avevo un esempio davanti agli occhi.
«Allora, trovato le bacchette perfette?» fece lei cambiando discorso, spostai lo sguardo sulle mie mani, nella destra ne avevo un paio di carbonio, nella sinistra di legno. Loro erano arrivate in finale.
«Aiutami tu a scegliere» dissi allontanando leggermente lo sgabello dalla grancassa, le feci segno di sedersi sulle mie gambe. Mic mi guardava stordita, con un occhio più aperto dell’altro, così le scoppiai benevolmente a ridere in faccia. Lei borbottò un “non ridere di me”, ma alla fine la convinsi, tanto non volevo farle niente di male.
Si poggiò delicatamente dove le gambe formavano un angolo retto e sentii una piccola scossa che mi percorse tutto il corpo. Era imbarazzata, lo vedevo, ma con me non doveva esserlo. Non ero il tipo con cui farsi problemi, più che altro ero “il ragazzo della porta accanto”, l’ultima persona di cui dovresti vergognarti. Ma da quello che avevo capito lei era così un po’ con tutti e questo mi tirava su, almeno così sapevo che non mi respingeva perché ce l’aveva con me.
«Ok, queste sono di carbonio, senti come sono leggere?» iniziai lasciando per terra le bacchette di legno e mettendo le altre nelle mani della ragazza. Tentennò quando chiusi le mie mani sulle sue.«Questo è il rullo singolo, la cosa più facile che tu possa fare» la guidai in modo che producesse il suono corretto, d s d s d s…. Lei rideva sommessamente, assecondando i miei movimenti. Mi piaceva passare il tempo con lei, era qualcuno con cui condividere la mia allegria.
«Invece queste» dissi scambiando le bacchette «sono in legno, più pesanti ma più maneggevoli»
Mic annuì interessata, soppesando gli strumenti che aveva in mano.
«E questo è il rullo doppio» spiegai riprendendo la posizione di prima e facendole fare d d s s d d s s
«Quindi l’altra sera mi hai insegnato a usare la consolle, oggi la batteria, che altro sai fare?» scherzò portandosi una mano a coprire la bocca.
«So fare rap»
«No ma dai! Fammi sentire qualcosa»
« So we live life like a video, when the sun is always out and you never get hold, and the champagne’s always cold and the music is always good» fu la prima cosa che mi venne in mente, Forever Young, versione Jay-z ft Mr Hudson. Mic era stupefatta,lo leggevo nei suoi occhi. E io mi sentivo fiero, fiero di me stesso.
«Sei bravo» decretò alzandosi dalle mie gambe, avrei voluto dirle di non allontanarsi, ma me ne mancò il coraggio. Odiavo la mia goffaggine.
«Grazie» risposi abbassando lo sguardo, probabilmente arrossii anche.
In quel momento mi accorsi di un movimento nella tasca dei pantaloni, stava squillando il cellulare.
«Pronto?»  risposi senza leggere il nome sul dispaly.
«Ciao cucciolino, sono Harry» salutò la voce dall’altra parte del cellulare, sbuffai sentendo il soprannome.
«cucciolino?» chiese Mic piegandosi dalle risate, Harry aveva gridato così forte che l’aveva sentito anche lei.
«Ehi» dissi mentre facevo una smorfia alla ragazza.
«Ho tre domande per te» iniziò Harry con la sua voce graffiata.
«Dai, spara»
«Uno, sta sera sei libero vero?»
«Si, credo»
«Due, chi ti fa prendere le sbronze migliori?»
«Tu..»
«Bravo cucc…»
«NO, non dire quel soprannome» gridai prima che potesse finire la frase, un paio di persone si girarono a guardarmi, Mic stava ancora sghignazzando.
«D’accordo, d’accordo….terza domanda, ma tanto ormai la risposta è esplicita, se organizzo una serata al solito pub per sta sera ci stai?»
«Chi viene?»
«I soliti, ho invitato anche Serena»
«Serena?»
Mic smise di ridere e si fece più attenta.
«Si, presente? La nuova amichetta di Chris» spiegò Harry pronunciando quell’ “amichetta” come se parlasse di un paio di jeans o di una maglietta. Probabilmente non avrebbe mai capito cosa significava tenere davvero a una persona.
«Certo che so chi è»
«Ah e non c’era anche quella sua amica? Quella carina con cui ci provavi spudoratamente l’altra sera e..»
Lo stoppai prima che potesse andare avanti e arrossii fino alla punta dei piedi. Se Michela aveva sentito avrei fratto una bella figura di merda.
«Si Harry, ce l’ho presente, è qui con me» dissi mantenendo il tono più freddo che avevo, tanto che sia Harry al telefono che Mic davanti a me si sorpresero.
«Ah grande! Allora dille che è invitata anche lei!»
«Ok, ciao Harry»
«Ciao cucciolo» riuscì a dire prima che chiudessi il telefono.
Sospirai per poi rimetterlo nella tasca dei pantaloni.
«Ciao Cucciolino» scherzò Mic inginocchiandosi davanti a me e iniziando a tirarmi le guance come si fa con un bambino di quattro anni.
Sbuffai quando prese anche a giocherellare con i miei adorabili ricci.
«Oh ma smettila» protestai facendola sedere per terra, stava ancora ridendo.
«Scusa» disse mentre incrociava le gambe e si metteva comoda «allora? Che voleva Harry?»
«Ci ha invitato a una festa, sta sera»
«Bello, ci andiamo?»
«Da quello che ho capito Serena ci va, quindi se tu vuoi andare ci andiamo anche noi»
«Quindi se io non voglio andare non vai neanche tu?»
«Be..io..ecco….»
«Tranquillo, andiamo»
Posai lo sguardo su tutte le bacchette accatastate sul tavolino e le due paia che tenevo in mano, dovevo ancora scegliere. «Quale delle due?» chiesi sollevandole.
«Legno» rispose con un cenno del capo.
«E vada per il legno» annunciai come se stessi riferendo a dei soldati di aver vinto la guerra. Mi alzai con le braccia al cielo tenendo le bacchette a mo’ di trofeo e tipo tutto il negozio si girò a guardarmi. Ormai Mic era in una crisi di ilarità e non riusciva più neanche ad alzarsi. «Andiamo dai» sbottai fingendomi seccato e allungandole la mano per farla alzare.
Balzò in piedi strattonandomi e alla fine fui io a dovermi appoggiare a lei.
«Sei un disastro!» disse con un sorriso dolce.
«Si, lo so, mi chiedo perché tu sei ancora qui con me»
«Perché dovrei andarmene? Mi piaci, sei strano»
Mic fece spallucce e mi superò, mentre io inchiodavo i piedi per terra. Era la seconda volta che mi diceva una cosa del genere, quindi quel “mi piaci” era tipo “mi piace averti come amico” o “mi piaci mi piaci”? Ok, il secondo era un po’ inprobabile, anche se, magari…
«Ehi Mic aspettami» gridai correndo per raggiungerla, le sorrisi come un idiota mentre strani pensieri mi frullavano per la testa.

Note Autore:
Hello Peoplee!
Ok, ok, ok, calme, prima che possiate iniziare a prendermi a parolacce per questo assurdo ritardo vorrei chiedervi scusa.
So che è passato un mese esatto dall'ultimo aggiornamento, ma vi prego di scusarmi.
Volevo che questo capitolo fosse speciale, era uno di quelli a cui pensavo già da prima di scrivere il primo capitolo e ci tengo in una maniera assurda, volevo scriverlo al meglio. Ci sono circa dieci fail chiamati "cap 20" sul mio pc, l'ho riscritto tante di quelle volte che ormai sono a corto di fantasia e quando credevo di aver fatto un buon lavoro ho perso la versione che volevo pubblicare .-. Questa qui l'ho scritta con un nervosismo che non avete idea e sinceramente non so come si venuta, spero che troviate il capitolo speciale come lo trovo io, non per la stesura, ma per ciò che succede tra C e S. è il passo fondamentale questo.
Non so se vi aspettavate un bacio e se siete rimaste di cazzo quando avete scoperto che l'unica cosa che si scambiavano era un abbraccio, ma non demordete, il momento sta per arrivare!
E che altro dire? RYAN E MIC! Io li adoro, adoro scrivere i loro pezzi perchè su C e S c'è sempre un retrogusto amaro, una tristezza di sottofondo, mentre loro due sono così allegri che alleggeriscono tutto. "mi piaci, sei strano" <3
Per dimostrarvi quanto ami questo capitolo vi ho anche messo una delle mie canzoni preferite, gotta be you.
Ah, che ne dite dell'immagine? Anzichè scrivere solo il testo della canzone, come facevo prima, lo scrivo su una foto e vi metto sotto il link del video, che ne pensate? Meglio prima o ora? Se mi date l'ok modifico tutti i capitoli con una di queste immagini.
Ah, a proposito di modifiche, sto iniziando a cambiare i punti di vista di tutti i capitoli.
Ho già cambiato il 16, piano piano cambierò anche gli altri e per questo vi chiedo un po' di pazienza, perchè oltre ad aggiornare dovrò anche modificare gli altri.
Ah e grazie mille a chi ha messo il mi piace al concorso fotografico che vi ho postato nell'altro capitolo, vi adoro! :3
Un ultima coooooosa: stavo pensando di cambiare il personaggio che impersonifica Serena, la Gomez non ci sta... pensavo alla Cyrus, non mi fa impazzire ma mi piace, è davvero bella, voi chi preferite? Ora, Belieber e Directioners aprite le orecchie, sto scrivendo una storia a quattro mani con la nostra mic (
Comiky) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=843656&i=1 se vi va dateci un'occhiata :)
Pooi, altra notizia, Cedric (il nostro Chris) ha chiuso il suo blog D: ci sono rimasta malissimo...niente più nuove foto, anche perchè ho scoperto che è illegale pubblicarle! :// Dovremo arrangiarci senza lui..
Di Ryan (Harry Styles), incece, di foto ne ho quante ne volete <3
Vi saluto perchè se Mic non legge entro cinque minuti mi ammazza, quindi devo pubblicare :3
Recensite in tanti, ho bisogno dei vostri pareri!

Grazie mille ragazze, alla prossima !

If_you_believe

 

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Capitolo 23
*** Don't stop the party. ***


 

Snoop Dogg & Wiz Khalifa - Young, Wild and Free ft. Bruno Mars

http://www.youtube.com/watch?v=Wa5B22KAkEk



Cap 21 - Don't stop the party.
 

Serena.


Londra, Thisdle hotel
20.30

 
«E dai mamma!» borbottai incrociando le braccia sul petto.
«E dai cosa? Siamo venuti in vacanza insieme, non è che puoi startene sempre per i fatti tuoi» ribattè lei ostinata a non lasciarmi andare alla festa.
Anche se l’altra sera era andata di schifo non voleva dire che lo sarebbe stato anche sta volta, Lorenzo era fuori gioco ormai. E poi i ragazzi mi sembravano simpatici, gente con cui passare una serata, ecco.
E poi c’era Chris.
Non potevo certo mancare.
«Per favore, per favore» fece Mic abbracciando suo padre. Eravamo tutti nella hall dell’albergo, i grandi stavano decidendo dove andare a cenare, Jacopo e Dario erano al telefono con delle ragazze che avevano incontrato l’altra sera, io e Mic pregavamo i nostri per lasciarci uscire anche quella sera. Non erano molto d’accordo, andavamo avanti così da più di mezz’ora.
«Lasciatele andare!» si lamentò Dario con la solita aria scazzata, probabilmente se fossimo uscite noi loro non avrebbero avuto problemi. Opportunisti.
Notai che la mamma dei due ragazzi si era alzata e aveva afferrato il braccio delle nostre. «Ho un’idea» annunciò sorridendo, i figli la guardarono storto. «Dario e Jacopo verranno con voi, sono ragazzi affidabili, così non dovrete preoccuparvi» disse semplicemente.
Rimasi a fissarla inebetita.
«No!» si oppose Mic.
«No» mi lamentai io.
«No» fece Jacopo.
«Ok» disse Dario.
No, aspettate, cosa aveva detto?
«Ok» ripetè lui sotto i nostri sguardi increduli.
«Che?» chiesi alzando un sopracciglio.
«Le ragazze ci hanno dato buca» spiegò piegando leggermente la testa di lato, con la luce che si rifletteva negli occhi di un nocciola così chiaro che sembrava oro fuso. Pensai che non doveva essere facile per Jacopo vivere con un fratello così bello, anzi, non sarebbe stato facile per nessuno.
«Ah» sospirò quest’ultimo mettendo un po’ il broncio.
«Ora è tutto più chiaro» rise Michela.
Sentii un leggero movimento nella tasca dei Jeans, doveva essere il cellulare. Lo afferrai e, in effetti, c’era un messaggio.
 
Da:Chris
Noi stiamo per uscire, voi? Ci siete?
Lucky voice, 52 Poland Street, Soho.
Vediamoci qui.
 
«Per me è ok, se vanno loro due» iniziò la madre di Mic. Feci un sorriso a diecimila denti rivolto a mia madre e, quando disse “va bene, andate” quasi non le saltai addosso dalla felicità. Mio padre borbottò qualcosa, ma mamma lo prese per un braccio e lo tirò furoi dall’albergo, congedandoci con un “mi raccomando”. In pochi minuti i genitori sgombrarono la hall, Jacopo si gettò su una sedia e Dario si poggiò contro una colonna, incrociando le gambe. Mic stava leggende il messaggio di Chris.
«Rispondo?» chiese rivolgendo il display luminoso verso me. Le feci di si con la testa.
 
Da: Serena
Ci vediamo lì, siamo in compagnia.
 
Lesse ad alta voce il messaggio prima di inviarlo.
Dario sbuffò «Pff, compagnia. Non fai neanche il mio nome, che eresia è questa? Come se fossi una compagnia qualsiasi!» si lamentò mentre Jacopo gli lanciava un’occhiata truce.
Si, era davvero difficile essere suo fratello.
«Comunque, così ci vieni?» chiese squadrandomi dalla testa ai piedi.
Avevo i capelli raccolti in uno chignon disordinato, un mega felpone, i jeans e degli stivali di camoscio.
Sembravo una barbona.
«Certo che no, ora vado a cambiarmi» gli sorrisi mentre frugavo nelle tasche della felpa in cerca della chiave della stanza. Chiesi a Mic se voleva venire con me, ma rispose che preferiva aspettare lì, così mi girai e, scivolando con gli stivali sul pavimento liscio, mi diressi verso l'ascensore.
Cercai di fare di tutto per tenermi occupata e quindi rinchiudere in un angolo remoto del cervello i miliardi di film mentali che mi venivano se solo pensavo alla serata che mi aspettava. Tra me e Chris correva aria diversa dopo quella mattina e, essendo lui una delle persone più imprevedibili al mondo, non sapevo cosa aspettarmi.
Riversai la mia frustrazione sulla mia povera valigia, infatti la spalancai e gettai tutto il suo contenuto sul letto, in cerca di qualcosa di adatto. Mi capitò tra le mani una maglietta bianca, morbida, leggermente trasparente, con una piccola spaccatura sul didietro chiusa con dei bottoncini dorati. Si, lei sarebbe stata la mia preda. Trovai i soliti skinny neri e, in fondo alla valigia, un paio di tronchetti con il tacco presi dalla miriade di scarpe di mia madre –naturalmente a sua insaputa-. Perfetto.
Mi spogliai in fretta gettando ciò che mi toglievo sul pavimento e infilai i nuovi vestiti.
Le scarpe le lasciai davanti alla porta, quella era l’ultima cosa a cui avrei pensato, prima un po’ di trucco.
Corsi in bagno e mi lavai la faccia con l’acqua ghiacciata, giusto per rinfrescarmi un po’ le idee. Poi fondotinta, eyeliner, mascara. Si, poteva andare.
Tornai in camera e andai alla ricerca di una spazzola tra il caos che regnava sovrano. La trovai sulla scrivania, sotterrata da un reggiseno.
Mi piazzai davanti allo specchio e, guardando il mio riflesso, cercai di capire cosa farne dei miei capelli. Li alzavo, li riabbassavo, li legavo, li acconciavo, ma niente mi soddisfaceva, così li lasciai sciolti, liberi sulle spalle. Ok, cosa mancava? Una giacca, si, decisamente. Afferrai il solito giubbotto di pelle e lo indossai, non stava male, bene, avrei messo quello. Infilai al collo una collana con il simbolo della pace e dei bracciali di legno, poi mi diressi verso le scarpe. Mi sentii decisamente più sollevata quando mi resi conto che non erano così scomode come ricordavano, anzi. Fissai il mio riflesso nei vetri della finestra e pensai che non sembravo male, ero più decente del solito. Sorrisi a me stessa e mi ravvivai i capelli, con una nuova carica positiva in corpo. Afferrai il cellulare che avevo lasciato sul comodino e uscii in corridoio, richiudendomi la porta alle spalle.
Quando tornai nella hall la situazione era identica a come l’avevo lasciata, Mic e Jacopo che parlavano e Dario che se ne stava in disparte. Un classico.
«Andiamo su, siamo in ritardo» dissi afferrando il braccio del brunetto e facendogli perdere l’equilibrio.
«Noi eravamo pronti mezz’ora fa» si lamentò lui, poi mi squadrò da testa a piedi e quando fece per commentare lo fulminai con lo sguardo. Lui si zittì.
«Sappiamo come arrivare in questo locale?» chiese Jacopo mentre attraversavamo la porta girevole per uscire dall’albergo. Mi girai verso Mic e le sorrisi, lei sbuffò leggermente, scherzando, poi si mise intesta al gruppo e gridò «seguitemi!»
 
Arrivare al locale non fu poi così complicato.
Scendemmo a Soho e, dopo aver fatto il giro del quartiere, riuscimmo finalmente a trovare questo Lucky voice. Più che per la scritta sull’entrata o per la musica che si udiva a isolati di distanza per i quattro ragazzi poggiati su una macchina a qualche metro dalla porta.
Era quasi impossibile non notarli. Le spalle grandi e la statura di Harry si vedevano da kilometri, insieme all’ ammasso di capelli ricci di Ryan che saltavano subito all’occhio. Lenny forse era quello che si  distingueva di meno, con il fisico esile e i capelli neri arruffati. Chris, poi, era bellissimo.
La prima cosa che notai appena lo vidi, però, fu il fatto che non indossava uno dei suoi soliti felponi, bensì una magliettina nera con lo scollo a V e una camicia a quadri, lasciata aperta.  Dire che stava meravigliosamente non rendeva l’idea. Incrociai lo sguardo di Ryan mentre attraversavamo la strada per raggiungerli, lo vidi dare una gomitata a Chris e lui si girò iniziando a guardarsi intorno smarrito. Poi incontrò il mio sguardo e fece uno di quei suoi sorrisi che ti scioglievano il cuore.
Si prospettava una grande serata.                                                            
 

London, Lucky Voice
22.00

In effetti la serata stava andando alla grande.
Il locale era uno di quei tipici locali underground londinesi, buio e con le luci colorate, un lunghissimo bancone e un soppalco tra i tavoli.
Ci eravamo trovati, senza saperlo, in una serata karaoke, anche se definirla così non rendeva molto l’idea. Il karaoke c’era, ma la gente che cantava non era di quelle  che trovavi in un tranquillo bar all’ora del tè.
Skater, rocker, emo, punk, sceen queen, c’era davvero di tutto lì, mischiati anche a degli altri normalissimi ragazzi. Ora mi faceva un po’ strano dividerli in categorie, anche se l’abitudine era più forte.
Avevo visto Dario un po’ scettico all’inizio, ma dopo che due ragazze gli si erano avvicinate e lo avevano invitato a ballare era un pasqua, ora erano almeno dieci minuti che discuteva con Chris su quale ragazza avesse il fondoschiena più bello. Non che la cosa mi irritasse, eh.
Ogni tanto i ragazzi sentivano l’attacco di qualche canzone che conoscevano e salivano sul palco, iniziando a dare di matto. In quel momento, per esempio, Harry si stava dando alla pazza gioia ballando I’m Sexy and I know it senza maglietta. Ah, giusto per inciso, nonostante Chris mi stesse palesemente ignorando ero seduta sulle sue gambe. “Sediamoci a bere qualcosa!” Aveva proposto non so chi e ci eravamo ritrovati seduti intorno a dei divanetti in un angolo non troppo lontano dal caos, e tutto era andato bene finchè Chris e Harry non erano tornati da una delle loro performance e non avevano trovato sedie. Lo sguardo di Chris quando Lenny aveva detto “va be Sere, fai sedere Chris e tu ti metti su di lui” era qualcosa di impagabile, mi aveva quasi fatto paura.
«Dario, Dario, guarda quella!» esultò Chris indicando una ragazza mezza nuda che si strusciava su Harry.  Dario, che già in situazioni normali non capiva un’acca d’inglese, annuì confuso finchè i suoi occhi non incontrarono il soggetto indicato da Chris e allora il suo sguardo si fece molto…soddisfatto? Potevo definirlo così? «Ooooh!» gridò battendo un cinque con lo skater.
«Praticamente siamo in uno strip club…» borbottai beccandomi una spallata da Chris.
«Non penso che se andassi io lì su a cantare I’m sexy and I know it troveresti qualcosa da ridire» fece lui con uno sguardo malizioso.
«Uno non ci tengo a vedere te che sculetti senza maglietta, due stai tranquillo che Harry non ha bisogno di te, se la cava benissimo da solo» dissi con un mega sorriso sulle labbra. Lenny, che aveva ascoltato il discorso, fece un fischio e applaudì. L’avevo detto io che erano tipi simpatici.
Jacopo, Ryan e Mic erano troppo immersi in non so quale discorso per prestarci attenzione. Ogni tanto notavo degli sguardi che il ricciolino lanciava a Michela e non potevo fare altro che sorridere. Era dolce.
Non come quei maiali di Dario e Chris.
Quest’ultimo aveva anche iniziato a muovere le gambe a ritmo di musica, facendomi sobbalzare da una parte all’altra. Gli tirai un mezzo schiaffo sul ginocchio per farlo stare fermo, ma il mio unico risultato fu un doloroso pizzicotto che lui mi tirò di risposta con la mano che teneva vicino alla mia coscia. E poi, come se non bastasse, lasciò la mano lì sulla gamba, tamburellando le dita a ritmo della canzone. Mossi il braccio per scacciarla, ma non appena la allontanai lui la rimise dov’era prima, testardo.
Mi girai per guardarlo in faccia, il suo sguardo era rivolto verso un punto indefinito della sala, un sorrisetto insolente gli dominava il viso. Mi chiesi che intenzioni aveva per quella sera, o meglio, cosa gli ronzava in testa per renderlo così euforico. Non era ubriaco, o almeno non abbastanza, eppure sembrava completamente fuori e, anche se mi costava ammetterlo, questo lato di Chris non era male. Avevo conosciuto quello depresso, quello dolce, quello scazzato,  quello rockstar e questo da stronzone eccitato non mi dispiaceva tanto.  Le ragazze sono sempre attratte dagli stronzi, è una cosa normale.
Quando la canzone cambiò sentii Chris irrigidirsi.
Si voltò di scatto dandomi una testata, e senza neanche calcolarmi, iniziò a guardare Ryan, che lo fissava già da qualche secondo. Scoppiarono a ridere in contemporanea, seguiti da Lenny.
Nel frattempo, dal palchetto, Harry si stava sbracciando verso di noi per attirare la loro attenzione.
Ok, e ora che succedeva?
Chris si alzò di scatto, facendomi quasi cadere per terra. Mi afferrò in tempo dai fianchi, rialzandomi delicatamente, continuando però a guardare il riccio. Anche gli altri si alzarono e ci dirigemmo insieme verso Harry che saltava come un pazzo. Il braccio di Chris lasciò i miei fianchi solo quando lui salì sul palco seguito dagli altri due, Harry aveva già iniziato a cantare.
La canzone era moves like Jagger dei maroon five.
Guardai interrogativa Mic, ma lei stava ridendo quasi con le lacrime agli occhi. «Perché ridi?» le chiesi e lei mi rispose indicandomi i quattro ragazzi.
Harry era ancora senza maglietta, Chris si era tolto la camicia se l’era legata intorno alla testa, rimanendo con la sua magliettina nera, Ryan stava facendo un ballo assurdo e Lenny si muoveva ondeggiando. Scoppiai a ridere anche io, quasi involontaria mente. Ok, era uno spettacolo quasi raccapricciante, soprattutto il ritornello. E poi come stavano ballando?
Potevano passare per un gruppo di gay.
Nah, non erano gay, ma mi piaceva farli passare per idioti.
Io e Mic iniziammo a saltare come delle pazze schiacciate dalle altre decine di persone che ballavano nel locale, animate da quei quattro idioti.
Dai, avevano un futuro come spogliarellisti negli addii al celibato o cose del genere.
E poi, detto sinceramente, erano così sexy!
Anche se sembravano gay, anche se il loro modo di ballare faceva più ridere che altro, anche se ogni tanto facevano quella vocina stridula del cantante dei maroon five. Erano molto…wow.
Durante la strofa i quattro iniziarono a passarsi l’unico microfono, facendolo saltare da uno all’altro per cantare un po’ tutti.  Scoprii che ad avere una bella voce non era solo Chris, ma anche gli altri, erano fantastici, davvero! E stavano facendo ballare tutto il locale.
Ripresi a ridere più forte di prima quando incominciarono il secondo ritornello, avrei voluto fare un video, ma notai che Mic mi aveva proceduto. Bene, così avrei potuto sputtanare Chris per tutta la vita.
 Ad un certo punto sentii qualcuno toccarmi la spalla.
Harry era accovacciato davanti a me, anche se grazie al dislivello del palco eravamo faccia a faccia. Mi allungò la mano e senza capire cosa intendesse glie la strinsi. Si alzò e mi tirò su con lui.
No, fermi, perché ero sul palco?
Harry mi ficcò il microfono in mano e, ridendo, mi tirò indietro, in linea con gli altri tre.
Stavano ridendo anche loro come dei pazzi mentre cantavano l’ultima parte del ritornello.
Quando Chris mi fece un occhiolino capii perché Harry mi aveva portato lì.
Così quando cantarono per l’ultima volta I’ve got the moooooves like jagger seppi che dovevo attaccare io.
You want to know how to make me smile ,
Take control, own me just for the night 
Cantai tirando fuori tutta la grinta che avevo. Sentivo il ritmo incalzante della canzone e non potevo fare a meno di muovermi, saltavo da un parte all’altra  del palco dando il meglio di me, anche se quello era solo un karaoke. Chris mi afferrò un braccio e mi avvicinò a se, poi si slegò la camicia dalla testa e la legò intorno alla mia, che così dovevo assomigliare ad un hippie sovraeccitato.
Ehi, ehi ehhhhhhhhhhhhh cantai concludendo il mio turno in grande stile. Lanciai il microfono a Ryan e loro riattaccarono con il ritornello.
Sentivo la testa che mi pulsava e il cuore che batteva all’impazzata, non riuscivo a distinguere la gente nel locale, era una massa informe di persone che saltava e cantava e in quel momento, in qualche modo, mi sentii in pace con me stessa. Nonostante sembrassi sul punto di svenire e nonostante non capissi quasi più niente mi sentivo come mai prima d’ora. Mi sentivo bene, quasi completa. Quando poi il braccio di Chris si strinse intorno alle mie spalle e lui mi tirò a se per cantare l’ultimo ritornello, be’…non avrei potuto chiedere altro.
Iniziai a fissarlo mentre muoveva le labbra e ne rimasi incantata. Ciao, sei carino, posso fermarmi qui e guardarti cantare? Quando si accorse dei miei sguardi mi sorrise.
You with the moves like jagger 
I got the moves like jagger 
I got the mooooooves...like jagger.
Concluse con quella sua carica che tirava fuori solo quando cantava.
Scattò una catena di applausi e, anche se erano più per i quattro, mi sentii fiera anche io. Di loro. Di me.
Nel frattempo che mi riprendevo accanto a me un paio di ragazze avevano assalito Harry, Ryan era seduto sul bordo del palco e Mic era poggiata al suo fianco, stavano scherzando su qualcosa, e Lenny aveva raggiunto Harry.
Mi resi conto anche di non sentire più la stretta di Chris sulle spalle.
Mi guardai in giro senza però riuscire a trovarlo, nel frattempo vidi il profilo di Dario sbucare tra la gente.
«Bella voce» disse venendomi incontro con le mani in tasca e un aria leggermente meno scazzata del solito.
«Lo prendo come un complimento» risposi facendo un mezzo sorriso. «Allora, quante ragazze hai intenzione di farti sta sera?»
«Nah, massimo una ragazza a sera, e poi quello che fa conquiste non sono solo io..» disse vago e, quando gli lanciai uno sguardo interrogativo, lui indicò con un cenno della testa un gruppetto di gente sotto il palco.
Nel frattempo la musica aveva ripreso ad andare, ora due ragazze stavano cantando the best thing I never had, e probabilmente mi sarei anche fermata ad ascoltare se non fosse stato per lo sguardo insistente di Dario. Si aspettava una mia qualche reazione, ma per cosa?
Davanti ai nostri occhi passarono Ryan e Mic, seguiti poi da Jacopo e Lenny, e fin qui tutto ok. Cosa stava cercando di dir…poi capii.
Il gruppo di gente sotto il palco, be...era un gruppo di ragazze, e Chris se ne stava lì al centro, che sorrideva con una mano dietro la nuca, che si lasciava toccare e idolatrare senza dire niente.
Vidi Dario sghignazzare quando girai sui tacchi e feci per andare a fare due chiacchiere con la mia rockstar.
Mi fermai però prima di raggiungerlo.
Che diritto avevo, io, di strapparlo via da quelle ragazze?
Non c’era niente che dicesse che lui era solo mio, anzi, non era mai neanche successo niente che potesse lasciarlo pensare. Rimasi lì ad ascoltare cosa avevano da dire, nascondendomi tra le persone che ballavano.
 «Hai una voce stupenda!» gridò una di loro e Chris le sorrise «no, tu sei stupendo» disse qualcun'altra. Ma insomma, un po’ di pudore no? Mi slegai la camicia dalla testa e la presi tra le mani, stringendo il morbido tessuto tra le dita. Mi chiesi se aveva anche il suo profumo, e fui quasi tentata dal portarmela al viso e verificare, ma mi trattenni.
«Scommetto che diventerai famoso, quindi voglio essere preparata, facciamoci una foto insieme» esclamò una brunetta con una reflex tutta piercing e tatuaggi. Giusto, perché se Chris veniva guardato male nel mio mondo nel suo doveva essere una specie di dio. Un po’ come Lorenzo, ecco.
In ogni caso non avevo voglia di vedere Chris che abbracciava una decina di ragazze sconosciute, così decisi di farmi spazio per raggiungerlo. Quando gli fui davanti, come se niente fosse mi disse una cosa tipo “Sere, puoi scattarci una foto?”, poi la ragazza si avvinghiò a lui come una piovra e mi passò la macchina fotografica. Borbottai un “si” e scattata la foto lanciai la camicia nelle mani del ragazzo. «ero solo venuta a lasciarti questa» dissi con indifferenza sotto gli sguardi omicidi delle ragazze, poi gli diedi le spalle e mi allontanai da lui. Ci rimasi male, però, quando mi resi conto che non mi stava seguendo.  Non che ci sperassi più di tanto. Era una perfetta rockstar, lui.
«Brutta bestia la gelosia» fece una voce al mio fianco, sorrisi involontariamente.
«Non credevo mi avresti seguito» ammisi scuotendo leggermente la testa mentre sentivo i suoi occhioni verdi addosso.
«E infatti non ti sto seguendo, ti sto solo salvando da due ragazzi sospetti che stavano per venire ad abbordarti» spiegò con il solito tono risoluto, mi girai a guardarlo senza capire di cosa parlasse. «Vedi quei due?» chiese indicandomi un paio di ragazzi a qualche metro da noi che, effettivamente, ci stavano fissando.
«Veramente dovrei essere io a salvare te, si, da tutte quelle ragazze che stanno cercando centouno modi per molestrarti»
Di tutta risposta lui scoppiò a ridere e si allontanò un secondo, per poi abbracciarmi da dietro.
Il mio cuore perse un battito.
«Ah, la gelosia, la gelosia» continuò parlando con le labbra accanto al mio orecchio, facendomi rabbrividire.
«Intanto sei tu che mi stai abbracciando»
Rimase in silenzio qualche secondo con le labbra dischiuse. Quando fu sul punto di rispondere qualcuno lo tirò per un braccio.
«Ehi rockstar, ce la canti la prossima canzone?» domandò la ragazza della foto spuntando dietro un gruppetto di gente che ballava, facendogli gli occhioni dolci.
Eh no tesoro, non puoi venire e interrompere questo momento, ora ti picchio.
«Che canzone è?» chiese Chris, non che mi aspettassi una risposta che mi coinvolgesse di più, però…
«Mi dicono What I’ve Done dei Linkin Park» fece lei con un sorrisone.
Certo che gli abbordaggi delle inglesi erano davvero squallidi.
Eppure funzionavano.
Anche Chris le sorrise e, togliendo le mani dalla mia vita, iniziò a seguirla verso il palco dove le due ragazze stavano finendo di cantare. Ok, la versione stronzone eccitato iniziava a non piacermi più così tanto.
Quando si accorse che non lo seguivo, però, tornò indietro e, prendendomi per mano, mi trascinò con se con una faccia imbronciata. «Che è quella faccia?» chiesi arrancando per tenere il suo passo, dovevo ricordagli che avevo i tacchi o lui da solo non riusciva a notarli?
«Non devi lasciarmi solo con quelle, sbaglio o hai detto che dovevi proteggermi?»
Scoppiai a ridere. Idiota.
Diciamo che lui era una di quelle persone che riuscivano sempre a farsi perdonare.
Mentre ci avvicinavamo al palco, però, qualcosa, anzi qualcuno, attirò la mia attenzione.
In fondo alla sala, dov’era il nostro tavolo, c’era Ryan che si stava sbracciando per attirare la nostra attenzione. Diedi una gomitata a Chris e glie lo feci notare, lui iniziò a guardarsi furtivamente intorno e, lanciandomi uno sguardo d’intesa, rincominciò a tirarmi tra la folla per seminare “le sue fan”.
Arrivammo al tavolo ridendo e un po’ con l’affanno, come se avessimo corso per chissà quanto.
Mentre gli altri ci guardavano storto Chris riprese il suo vecchio posto e io mi gettai a peso morto sulle sue gambe, facendogli gridare un «Oh!», lui di tutta risposta iniziò a stringermi da sotto il petto così forte da impedirmi quasi di respirare.
«Chris, mollami» ordinai senza ottenere risultati, feci per buttarmi di lato, ma lui mi riprese subito.
«Perché ci hai chiamato?» chiese, piuttosto.
«Ta – dan» canticchiò Harry indicando il centro del tavolo.
Wow.
Il tavolino era interamente coperto da bicchierini di vetro pieni di liquidi di vario colore, non ci voleva molto a capire cos’erano. Shot.
Guardai Harry con una faccia interrogativa, gli altri lo stavano facendo da un pezzo.
Lui sollevò un bicchiere in aria e, con aria fiera, disse «Avete mai sentito parlare di “non ho mai?”»
 
Il gioco era partito con un mio «No ragazzi, sta sera non bevo» e con l’uscita di scena di Mic «no grazie, vado fuori a prendere una boccata d’aria». Jacopo aveva fatto per seguirla, ma Ryan gli aveva messo una mano sulla spalla e l’aveva fulminato con lo sguardo, così si era alzato lui e l’aveva raggiunta.
La situazione si era leggermente evoluta.
Il mio buono proposito non era stato accettato e ora quegli stronzi stavano facendo di tutto pur di farmi bere di più, Harry ormai l’avevamo perso, Dario con lui, quando avevano visto che Lenny era il meno brillo avevano incominciato a dargli addosso, Chris era tipo mezzora che non la smetteva più di ridere e Jacopo era sparito tra la folla.
Il gioco consisteva nel dire a turno una cosa che non avevi mai fatto e, se uno dei partecipanti l’aveva fatta, si beveva un drink. Naturalmente, alla fine, diventava un gioco mirato. Tipo c’era Harry che continuava a fare «non mi sono mai fatto Georgia in una macchina» e Chris beveva, oppure «non mi sono mai fatto Georgia nel bagno di un locale» e Chris beveva e così via. Ora sapevo che Chris se l’era fatta fin troppe volte Georgia. Di Lenny avevamo scoperto che una volta aveva baciato un ragazzo, che era vergine e che si faceva le sopracciglia, Harry beveva uno shot a ogni “non ho mai” perché, be’, lui aveva praticamente fatto tutto. Tranne avere le mestruazioni, già, a quello avevo bevuto solo io. Uno dei “non ho mai” di Chris rivolti a me.
Dario non ci stava capendo più niente, ormai beveva e basta, probabilmente non afferrava neanche mezza parola. Pensai di andargli vicino per dargli una mano, ma non avevo intenzione di muovermi dal mio posto. Mi ero intrufolata tra Lenny e Chris, dove i divanetti formavo un angolo retto, così stavo buttata lì, ogni tanto poggiavo la testa sulla spalla di Lenny, le gambe erano stese su quelle di Chris.
«Non ho mai picchiato nessuno» disse Lenny inculcando gli altri tre ragazzi a bere. 
«Vai Sere, tocca a te» fece Dario con una voce impastata.
Guardai i quattro uno ad uno, poi con un sorrisetto bastardo dissi «non mi sono mai fatta una sega. Avanti, bevete»
Loro mi guardarono in cagnesco, poi scoppiarono a ridere. Harry se ne uscì con un “non me ne sono mai fatta una”, ma nessuno ci credette.
«Si, ma così non vale» si lamentò Chris portandosi una mano sulla fronte per scostarsi i capelli dagli occhi.
«Ah giusto, perché te ne fai così tanche che dovresti bere tutti gli shot rimasti» scherzai allungando una mano verso il suo viso. Gli tirai uno schiaffetto e ritrassi in fretta il braccio, prima che lui potesse afferrarla.
«Non sei nella posizione di parlare, balena» ribatté guardandomi divertito.
«Balena?»
«Ma quanto pesi? Due quintali?» fece sbuffando, battendo la mano sulla coscia e facendo tremolare quel po’ di ciccia che c’era. La guardò con un sopracciglio alzato, poi spostò lo sguardo su di me come a dire “che ti avevo detto?”
«Nah, io dico che sono le tette»  commentò Harry ridendo, Dario si risvegliò dal suo abbiocco non appena sentì la parola boobs (tette) «Eh, cosa?» chiese cercando di mettere a fuoco la situazione. Lenny gli poggiò una mano sulla spalla, comprensivo. «Niente Dario, niente»
«Bha si, potrebbe essere» concordò Chris sogghignando.
«Ma vi sembra argomento di cui parlare?» esclamai ridendo mentre sentivo il calore famigliare dell’alcol scorrere nelle vene. Mi girava la testa, ma non in modo tremendo. Finchè restavo lì era tutto ok.
Harry si accese una sigaretta, fece un tiro e la passò a Chris che inspirò profondamente. I tizi del divanetto accanto gli andarono a sbattere contro e lui perse la stretta sulla cicca che cadde nell’incavo del mio braccio. In un primo momento non mi fece male, anzi, non lo sentii neanche, ero impegnata a ridacchiare nel vedere Chris che gridava un “fuck you” a quei tipi, ma quando la sigaretta cadde al mio fianco sentii un immenso bruciore diffondersi per tutto il braccio. «Idiota, mi hai fatto male» gridai premendo un dito dove mi aveva centrato. Si era formata una chiazza rossastra che bruciava una cifra, sembrava che ci fosse un mini incendio sul mio braccio. Ehi, qualcuno chiami i pompieri! Harry si avvicinò e, in base ai suoi lunghissimi sudi di medicina, decretò che riversarmi uno shot praticamente addosso poteva risolvere la situazione. Medicina alternativa di Harry Morgan, come uccidere il proprio paziente in poche semplici mosse.
Quindi, il risultato del suo intervento era il mio braccio che bruciava ancora, forse anche di più, e la maglia bianca mezza inzuppata. Chris, come se non fosse successo niente, mi  disse un «Taci, tettona» per poi allungarsi verso di me e riprendere la sigaretta che spense subito dopo nel bicchiere vuoto che Harry aveva utilizzato per il suo “intervento medico”.
Mi ricomposi sul divanetto cercando di non badare al dolore e mi ingegnai in cerca di qualcosa con cui controbattere. Trovata.
«Meglio i massimali che i minimali» dissi lanciandogli una frecciatina che lui non colse al volo.
Quella sera mi sentivo decisamente in vena.
Fosse stato in un altro contesto avrei trovato la faccia che fece decisamente adorabile, un misto tra incoscienza e ingenuità, e avrei fatto di tutto per fermarla in una fotografia, ma in quel momento non era “l’adorabile” che stavamo chiamando in gioco. Era qualcos’altro che tutti e due sentivamo nell’aria da’’inizio della serata, o forse da sempre, solo che non l’avevamo mai ascoltato. Era come una forza che ti attirava all’altro in un modo inspiegabile, quasi un bisogno di essere vicini, anche se questa volta non si parlava di sentimenti comuni, no. C’era in ballo qualcosa di più primitivo, di più rude. Il voler sentire le sue braccia che mi stringevano, e si, provare quelle labbra. Ne avevo voglia tanto da far male.
Mi misi in ginocchio sul divanetto e, divertita, gli indicai il cavallo dei jeans per fargli capire la battuta.
Lui mi guardò smarrito mentre gli altri scoppiavano in una  risata sonora, poi notai una scintilla sospetta accendersi nei suoi occhi e l’ultima cosa che vidi prima che lui mi alzasse di peso fu quel sorrisetto malizioso che mi fece quasi rabbrividire.
Le sue braccia mi sollevarono dai fianchi e, nonostante il mio divincolarmi, riuscì a gettarmi sulla sua spalla, tranciandomi praticamente lo stomaco in due.
«Mettimi giù idiota» gridai mentre lui iniziava ad allontanarsi dal tavolo, continuando a portarmi come un salame. Incrociai lo sguardo di Harry prima che ci perdessimo tra la folla, mi fece un occhiolino. La cosa mi fece riflettere. Io e Chris, soli, ovunque stavamo andando, in quello stato, non prometteva niente di buono.
 

Chris.

 
Conoscevo quel locale come le mie tasche quindi non mi fu difficile trovare la stanza che cercavo.
Vi si accedeva da una porticina nascosta sul lato nord della sala, praticamente invisibile, ed era il luogo perfetto se non volevi essere disturbato.
Posai il peso morto – che tanto peso morto poi non era visto che si dimenava come una matta- che mi portavo sulle spalle su un vecchio amplificatore e appoggiai le mani accanto ai suoi fianchi. Quando alzai lo sguardo trovai il viso corrucciato di Serena che borbottava dei “non puoi portarmi qui contro la mia volontà” e cose del genere, il che mi fece sorridere. Diciamo, però, che era tutto di lei che mi faceva sorridere, quindi quello ero solo uno dei tanti.
«Allora, cosa sono questi commenti di oggi?» chiesi come se fossi dispiaciuto, che poi era tutto il contrario.
Mi piaceva quel tono di sfida che usava ad ogni battuta, e i commenti sarcastici erano il mio forte, quindi la situazione era ok.
Dovevo ammettere che ogni tanto me ne andavo con la testa, tipo avevo crisi si ilarità o non ci capivo più niente, anche camminare mi era difficile a tratti, ma non stavo poi così male. Tutta colpa di Harry, che poi doveva proprio sputtanare in quel modo tutte le volte che mi ero fatto Georgia? Serena probabilmente mi aveva preso per un pervertito che, in realtà, non ero. O almeno non più di tanto. Quanto un normale ragazzo diciassettenne, ecco. Era Georgia quella troia.
«Guarda che sei stato tu a sfottermi, idiota» replicò lei con una faccia indignata. Seduta su quell’amplificatore riusciva ad arrivare alla mia altezza, il suo viso era di fronte al mio, i suoi occhi si poggiavano ovunque, tranne che sui miei. Mi sembrava come a disagio –cosa nuova in lei-, anche se non c’era motivo di esserlo. Eravamo sempre gli stessi, sempre noi due, come il primo giorno. Be, forse non proprio come il primo giorno. Probabilmente avrebbe potuto sentirsi in imbarazzo, forse anche scappare, se avesse sentito i miei pensieri e… ok, magari quei pensieri non erano solo miei.
Ragazzo. Ragazza. Stanza semibuia. Soli. Si poteva immaginare la continuazione.
Facevano gli origami, naturalmente! Bello, ne avevo davvero voglia!
No, basta, dovevo smetterla, stavo per impazzire.
«Che c’è, idiota è diventato il mio nome? Non sono più Chris?  Idiota Samuels, nah non mi piace» feci sogghignando, lei di tutta risposta mi tirò un pugno sul braccio. Afferrai la sua mano ancora chiusa prima che potesse ritrarla e la strinsi nella mia, come se stessimo giocando a carta sasso forbici e io avessi appena vinto. Carta batte sasso.
«Sei proprio stupido» disse cercando di nascondere il brivido che l’aveva appena percorsa, tanto forte che l’avevo sentito persino io. Non mi sforzai neanche di chiederle se aveva freddo, mi sembrava insensato e molto da film americano. Io ero inglese, di regola in “romanticismo” dovevo essere il massimo, purtroppo però ero uno di quelli che non costituivano la regola, bensì l’eccezione. Serena era la prima per cui provavo emozioni così forti, non sapevo cosa fare. L’unica che potevo minimamente paragonare a lei era Geo, ma era meglio per tutti e due che non ci pensassi, lo dicevo per il suo bene, davvero.
«Be dai, almeno hai cambiato aggettivo» commentai sarcasticamente.
Nella penombra della stanza seguii il profilo del braccio di Serena dalla mano che stringevo fino ad uno strano puntino nell’incavo del gomito. Mi feci più vicino, finché il mio addome non fu contro le sue gambe, e feci scorrere la mano lungo il braccio. Passai delicatamente il pollice su quel puntino rosso a contrasto con la pelle chiara, quando lo avvicinai al viso capii che si trattava di una scottatura. Ma si, quando mi era caduta la sigaretta. Ero davvero così idiota?
«Quello è colpa tua» face indicando con un cenno il suo braccio, ma non la ascoltai neanche.
Mi piegai dove le mie dita stringevano la sua pelle e vi ci poggiai le labbra.
Lei, quasi spaventata da quel contatto improvviso, afferrò i miei capelli all’altezza della nuca e farfugliò qualcosa.
Mi dispiace, troppo tardi per fermarmi.
Spostai le labbra qualche centimetro più in su mentre l’altra mano saliva su per la sua schiena fino ad arrivare al viso, dove iniziai ad accarezzarle la guancia con il pollice. Lei, inaspettatamente, non si ritrasse, ne districò le sue dita dai miei capelli.
Non alzai gli occhi sul suo viso per paura di ciò che potevo trovare. Irritazione?  Disapprovazione? Accondiscendenza ?  Ne avevo paura come se un suo sguardo contrariato avesse potuto uccidermi.
Quando incontrai la manica della maglietta la saltai e andai verso la metà della spalla scoperta, dove la pelle era più tirata e meno morbida, ma dello stesso familiare profumo.
In quel momento capii che ciò che più desideravo era baciarla.
Ci dovevo provare, almeno una volta.
Quella era l’occasione giusta, la musica dell’altra sala di sottofondo, il locale nella penombra, un po’ ubriachi.
Eppure mi trattenni.
Salii sul collo lentamente, succhiando leggermente la pelle, e la sentii rabbrividire.
Poi sospirò e portò anche l’atra mano tra i miei capelli, tirandomi in modo da farmi allontanare da lei.
Iniziai a non capirci più niente. Ebbi un giramento di testa e, con la mano che prima le teneva il braccio, mi appoggiai sulla sua gamba.
Lo interpretò come un gesto diverso da quello che era così, quando mi riavvicinai a lei, avvinghiò le gambe intorno ai miei fianchi. Il cuore mi scese nelle mutande.
Serena aveva praticamente preso il controllo della situazione, il che era un bene.
Spingendomi dalla nuca accostò il mio viso al suo, finchè le nostre fronti non si toccarono.
Puntò i suoi occhi nei miei, forse per la prima volta da quando eravamo lì e mi sembrò che stesse leggendo la mia anima. Io, nei suoi, ci vidi il mondo intero.
Riabbassò lo sguardo e strinse i miei capelli tra le dita. Si avvicinò ancora quasi impercettibilmente, e non appena mi slanciai per darle un bacio lei si ritrasse un po’.
Con la mano che le teneva il viso cercai di impedirle di scappare mentre le mie labbra si posavano sulla sua guancia, dove iniziavano le sue, senza però neanche sfiorarle. Quasi in apnea tentai una seconda volta a baciarla. Mi avvicinai di nuovo e lei con me, ma, come prima, si allontanò. Portai sul suo viso anche la mano che avevo posato sulla sua gamba e lo strinsi. «Vuoi farmi impazzire?» chiesi con il fiato corto guardandola negli occhi.
«Forse» rispose lei sorridendo.
Sorrisi di risposta e, probabilmente, tutto sarebbe andato alla grande se qualcuno non avesse aperto di scatto la porta, riversando nella stanza fasci di luce colorata che tranciarono la penombra.
«Ehi, ragazzi» fece quella che sembrava la voce di Ryan. In effetti tra il buio e la luce si stagliava una figura alta e magrolina con un ammasso di capelli ricci «non odiatemi, ma abbiamo un problemino»
«Spero per te che sia davvero così importante» dissi con voce tagliente.
Un misto tra rabbia, insoddisfazione e tanti altri sentimenti mi si riversò nello stomaco.
Volevo prendere a pugni qualcosa, si, avevo bisogno di sfogarmi.
Perché non potevo passare qualche minuto in santa pace con Serena?
Lei, come se non fosse successo niente, sbrogliò le gambe dai miei fianchi, scese dall’amplificatore e raggiunse Harry, lo guardò e lui le disse qualcosa che mi sembrò tipo “sono fuori”, poi sparì tra la folla.
Mi avvicinai al mio migliore amico probabilmente come se stessi andando al patibolo. Ryan mi squadrò da testa a piedi per poi scoppiare in una risata sonora, dovevo sembrare sconvolto. Di tutta risposta lui mi gettò un braccio intorno alle spalle e mi fece un occhiolino, lo spinsi di lato facendolo finire tra una coppia di punk che gli gridarono un sonoro “fuck you” corredato dal dito medio alzato. Scoppiammo a ridere appena ci allontanammo da loro.
Notai la sagoma di Serena che usciva dal locale e sorrisi.
Dio se mi faceva impazzire, e, comunque, ci sarebbero state altre occasioni, ne ero certo.
«Ma almeno mi dici cosa è successo?» chiesi prima che raggiungessimo gli altri.
«Semplice, Dario e Harry stanno vomitando l’anima uno sull’altro»
«Sembra divertente»
«Oh, fidati, lo è»

Note autore:
Hello guys!
Allora, prima di tutto vorrei scusarmi se ogni tanto avete trovato il linguaggio utilizzato un po' scurrile, ho fatto di tutto per evitarlo, ma a volte è stato necessario. 
Anche nei gesti, magari, a volte sono stati un po' troppo...avventati, ecco. Mi sto facendo diecimila complessi chiedendomi se magari non apprezzerete ciò che è successo. Quindi ditemi se ho esagerato :) 
Probabilmente il prossimo capitolo sarà un "extra" su ciò che succede tra Mic e Ryan mentre sono fuori, avrei voluto aggiungerlo qui, ma sarebbe diventato troppo lungo! - solo questo sono 10 pagine -
Andiamo ai cambiamenti: Allora, non trovando altre tra Selena e Miley ho scelto l'ultima, mi sembra più Serena - non fosse per gli occhi celesti...-, avrete anche notato che ho continuato con le foto perchè si, mi diverto a farle ahahahah.
Ah, visto che non trovato ispirazione, nel frattempo ho fatto anche questo : http://www.polyvore.com/cgi/set?id=40810953 sono i vestiti che indossano rispettivamente Mic e S durante il capitolo :3 - e bene si, non ho mai niente da fare ahah-
Ok, ora vi devo lasciare, sto vedendo Dorian Gray e ho una faccia tipo così D: Non avrei mai pensato che..il principe Casipan fosse capace di fare cose de l genere ! ahahah (Però quanto è bello <3 )
Scappo, però prima ringrazio : 

 Miao_xD
Grazie mille per le recenzioni, siete fantastiche!
Ah, e perchè no? Ringrazio voi 30 che avete aggiunto la storia tra le preferite, voi 8 che la ricordate, e voi 51 che la seguite. Certo, vorrei sentire anche il vostro parere, ma grazie lo stesso, anche a chi legge e ha il coraggio di arrivare fin qui ahahaha.
Alla prossima, If_you_believe


 

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Capitolo 24
*** Extra_Un bacino sulla bua? ***


n.b.: nel testo sono presenti errori di battitura che provvederò a correggere al più presto.
n.b.2: questo capitolo va inserito contemporaneamente a ciò che succede in quello precedente, da quando i ragazzi iniziano a giocare a "non ho mai" e Ryan e Mic si dissociano, a quando Ryan va a chiamare Chris e Serena e a ciò che succede dopo.

 

Stereo Hearts - Gym Class Heroes ft Adam Levine

http://www.youtube.com/watch?v=T3E9Wjbq44E&ob=av3e


Cap Extra_Un bacino sulla bua?


 

Ryan
 

Londra, Luky Voice
22.30

Non appena oltrepassai la porta del locale notai la figura esile di Mic dall’altra parte della strada, seduta su un muretto che circondava un’aiuola appassita.
Rabbrividii a contatto con l’aria gelida di quella sera e mi strinsi nella felpa, in cerca di calore. Come se non bastasse avevo le mani ancora più fredde a causa di due lattine di coca cola che avevo recuperato sul bancone del bar.
Quando Mic mi vide avvicinarsi fece un mezzo sorrisetto e iniziò a scuotere la testa.
«Se io dico “vado a prendere una boccata d’aria” questo non implica che qualcuno deve seguirmi» disse mentre mi sedevo al suo fianco.
«Quindi vuoi che me ne vada?» chiesi con uno di quei sorrisi carini e coccolosi a cui nessuno resisteva.
Nemmeno il mio riflesso nello specchio. Ecco che iniziavo a sparare stronzate, Ryan, calmati.
«non ho detto neanche questo» borbottò  guardandomi di sottecchi.
Risi della sua espressione e feci per alzarmi –naturalmente scherzando, non avevo intenzione di lasciarla lì da sola – quando lei mi bloccò il braccio. Fece una sorrisone, poi disse « Però, se te ne vai, almeno lasciami una coca cola»
Le misi il broncio sbuffando.
«Contento di stare con te anche io, eh» le lanciai una lattina e mi allontanai di qualche centimetro, dandole le spalle.
«No dai Ryan, scherzavo» si alzò anche lei e mi raggiunse con un balzo, avvinghiando le braccia intorno ai miei fianchi. «resta, resta, resta» disse come una bambina che fai i capricci, col il viso spiaccicato contro la mia schiena, mentre mi stringeva tanto forte da non farmi respirare.
«ok, ok, so che sono bellissimo, ma ora basta» scherzai girandomi in modo da riuscire a guardarla in faccia.
Le sue braccia ancora mi stringevano e probabilmente arrossii quando, non più sulla mia schiena, il suo viso si poggiò sul mio petto.
Il mio cuore perse un battito e sperai con tutto me stesso che non lo avesse sentito.
Prima che potessi dire o fare una di quelle mosse intelligenti racchiuse nel libro “l’abbordaggio perfetto” che Harry e Chris –con il consenso di Georgia- stavano scrivendo per me e Lenny – anchese a lui non è che serviva più di tanto…-, lei si allontanò da me, così veloce che quasi neanche me ne accorsi.
Tornò a sedersi sul muretto e un po’ ne rimasi deluso, un po’ la ringraziai per avermi concesso il tempo di respirare.
Ok Ryan, pensa.
Avrei dovuto chiedere a quei due di fare una versione tascabile del libro, così avrei potuto sfogliarla in momenti come questi. Allora, cos’è che diceva il capitolo uno? Mostrati disinvolto, sorriso scaltro, occhiate intense…
Oh, al diavolo.
Mi schiarii la voce e la raggiunsi, sedendomi al suo fianco.
«Non è posto per te?» chiesi indicando l’ingresso del locale con il pollice.
«Preferisco altro, ma non mi dispiace, soprattutto se ci siete voi a ballare» rispose imitando le mie mosse di prima, sul palco.
«Ma va, sono molto più figo di così» sbruffai incrociando le braccia sul petto.
Personalmente, adoravo la canzone che avevamo cantato/ballato.
E come me gli altri ragazzi, Moves loke Jagger ci faceva impazzire facile.
«l’auto convinzione è tutto!» disse lei risoluta mentre apriva la lattina della coca che le avevo passato prima. Ne bevve un sorso, poi storse il naso e spalancò la bocca, tirando fuori la lingua.
«E ora che ti prende?» le scoppiai a ridere in faccia, cercando di blaterare quelle parole.
«è ghiacciata!» esclamò con un sibilo.
Schioccò più volte la lingua tra i denti prima di scuotere il capo e cercare di ricomporsi.
Sentii uno strano impulso arrivare al cervello, ma cercai di trattenermi.
Anche se forse era meglio quello che stavo pensando a quello che dissi.
«Un bacino sulla bua?»  domandai maliziosamente, rendendomi conto della grandissima cazzata solo dopo che uscì dalle mie labbra. Nella mia mente sembrava un frase più intelligente.
Ok, dopo questa ero un imbecille affermato.
A qualcuno andava di picchiarmi? No, perché se no lo facevo da solo…
Fossi stato al posto di Mic mi sarei alzato e me ne sarei andato, davvero.
Probabilmente in quel momento provava fin troppa pena per me perchè se ne uscì soltanto con una gomitata e uno sguardo fulminante. «Ryan» disse secca, continuando con lo sguardo ammonitore.
Feci un sorriso sghembo cercando di riparare al danno ed evidentemente funzionò in quanto lei scoppiò a ridere e si poggiò sulla mia spalla, scompisciandosi.
Bha, forse non era poi così male come frase.
Il mio sorriso da adorabile diventò idiota, tipo quelli che fai quando accade qualcosa che non ti aspetti o quando torni a casa e scopri che tua madre ha cucinato la pasta –e si dai il caso che io amavo la pasta-.
Quando Mic smise di ridere l’aria iniziò a farsi pesante.
Era ancora poggiata su di me e io non facevo altro che fissare la porta del locale che si apriva e si chiudeva, giocherellando con la zip della felpa.
Dopo qualche minuto che neanche lei si decideva a parlare pensai di poter impazzire.
Aprii la mia lattina di coca e ne bevvi un sorso, fissandola in cerca di ispirazione.
Quando, finalmente, vidi Mic prendere fiato per parlare ringraziai il cielo.
«Posso farti una domanda?» chiese con lo sguardo fisso sulle sue scarpe.
«certo»
Sai com’è, non aspettavo altro.
La osservai mentre di dischiudeva le labbra e corrucciava la fronte, come se dovesse dire qualcosa di importante e stesse cercando le parole per esprimersi. Dovevo ammettere che la cosa mi lasciò perplesso e, finchè non parlò, nella mia testa iniziarono a insinuarsi strani pensieri. Cercavo di immaginare cosa mi dovesse chiedere di così importante, ma alla fine tutte le risposte me sembravano squallide e scontate.
Ciò che disse, invece, non lo era affatto.
«Lenny è gay?»
Oddio,  avevo sentito bene?
Mi andò di traverso la coca cola che stavo bevendo e iniziai a tossire come un pazzo, mentre pensavo che mi stavo seriamente strozzando. «Oddio Ryan, stai bene?»  fece lei iniziando a darmi dei piccoli colpi sulla schiena.
NO, NO,NO, NO, non poteva essere, non a me.
Harry avrebbe saputo gestire la questione.
Anche Chris.
Io no, no, no, no, perché a me?
Ma come diavolo aveva…?
«Che? Quando? Cosa?»  cercai di dire tra un colpo e l’altro, con i neuroni che si muovevano impazziti alla ricerca di qualcosa di sensato da dire.
Respirai profondamente tentando di calmarmi, niente.
Quella di Lenny era una lunga, lunghissima storia.
Se non era ancora chiara a noi, come aveva potuto arrivarci lei?
«niente, non avrei dovuto chiedertelo» si scusò arrossendo, se possibile abbassò ancora di più lo sguardo.
Non mi piaceva vederla così, ma non potevo neanche sputtanare tutto.
Oddio, ma come ci era arrivata?
Non ero il tipo giusto per spiegare cose così delicate, e poi non avrebbe fatto piacere a Lenny, discreto com’era figuriamoci se avesse approvato, però…
«perché pensi questo?» domandai vago, gettandole un’occhiata di traverso. Probabilmente dopo la mia reazione avrebbe voluto sotterrarsi. Allungai un braccio per avvolgerle le spalle, ma mi ritrassi subito, intimidito da non so cosa.
Perché ero così stupido?
«Non lo so, forse per il modo in cui si veste, o per come parla, o per come guarda Harry. Si, soprattutto per questo»
«Penso che, se vuoi sapere la verità, dovresti chiederla direttamente a lui»
Si, era meglio lavarmene le mani. Forse Lenny le avrebbe raccontato tutto, forse. E sottolineerei il forse.
Serena e Mic gli piacevano, pensava fossero delle brave ragazze, una buona compagnia. Magari si sarebbe fidato a tal punto da raccontargli la sua storia.
L’aria tornò a farsi pesante, forse anche più di prima per colpa di quel discorso abbastanza imbarazzante. Dovevo rimediare assolutamente. «Ti va di rientrare?» le domandai facendo gli occhi da cucciolo, sperando vivamente in un si. Almeno così la distraevo dai pensieri che le frullavano in testa.
Mic fece un cenno con la testa che non capii finchè non si alzò dal muretto.
«Ok, andiamo» rispose allungandomi una mano.
Ma non doveva essere il contrario? Ragazzo tira su ragazza,no?
Questo Chris e Harry non l’avrebbero apprezzato.
Mi lasciai trascinare oltre l’ingresso e tra la folla e credetti di non essere mai stato così contento di immergermi nel casino come in quel momento. Lo sguardo di Mic, però, era ancora pensieroso e non potevo permettermelo. Avevo bisogno di una scusante per distrarla, ma i miei neuroni erano esausti dopo quella frenetica (e vana, aggiungerei) ricerca di qualcosa di sensato per spiegare, indirettamente ma con effetto, che il bassista della nostra band/uno dei miei migliori amici/il caro Lenny era omosessuale, così passai lo sguardo per il locale, in cerca di ispirazione.
Be’, quello che captai non poteva essere definito “ispirazione”, ma mi fece sogghignare, e sicuramente avrebbe divertito anche Mic. Così le poggiai le mani sui fianchi e, avvicinando il mio corpo al suo, le sussurrai nell’orecchio «qualcuno si sta divertendo».
Lei si guardò intorno smarrita, sobbalzando per quel contatto improvviso, il che mi portò ad allontanarmi e a far scivolare via le mani dai suoi fianchi. Imbranato io e timida lei, bella accoppiata, davvero.
Capii che aveva incontrato i “soggetti” che le avevo indicato dal fatto che le si irrigidirono un po’ le spalle e iniziò a scuotere la testa come contrariata. Io, invece, ghignavo soddisfatto. Chris avrebbe avuto qualcosa da raccontarmi mentre tornavamo a casa.
Già, perché i “soggetti” in questione erano Chris e Serena – o meglio, Chris con Serena in spalla – che attraversavano il locale probabilmente per raggiungere la sala  degli strumenti, e la cosa mi puzzava parecchio.
In senso positivo, certo, anche se non avrei mai immaginato che Serena glie l’avrebbe data così facilmente.
Ma che andavo a pensare?
Primo, non mi sembrava il tipo – lei, non lui. Lui era capace di ben altro – e secondo avevo altro a cui pensare in quel momento. Mic.
Ok, allora, dovevo trovare un intrattieni.
Il tizio che era ora al karaoke, ciuffo verde e gilèt nero di pelle, stava cantando you shoot me all night long degli AC/DC e, per quanto il ritmo della canzone fosse strano, stava facendo ballare tutto il locale.
Ballare.
Ma si, certo, era questa la chiave!
«Ti va di ballare?» chiesi girandomi verso Mic, la quale stava fissando il tavolo dove erano stravaccati gli altri – Harry, Lenny e Dario – . E Jacopo che fine aveva fatto?
«Si» rispose sorridendo, spostando la sua attenzione su di me.
Sorrisi a mia volta perché il suo sorriso era contagioso e mi lasciai trascinare al centro della pista, dove la calca era maggiore,  finchè una ragazza non bloccò il nostro passaggio.
All’inizio pensai che Mic ci fosse andata a sbattere contro, o magari che la brunetta fosse lì per caso, ma mi ricredetti quando questa prese le spalle della mia amica (uh, faceva uno strano effetto chiamarla così) e la allontanò per poi piazzarsi di fronte a me.
«Ciao» disse con un mega sorriso.
Non mi sembrava di averla mai vista, aveva degli occhioni celesti e i capelli nero corvini, nonostante i tacchi mi arrivava si e no al mento. Carina, decisamente carina, ma fin troppo troia – la scollatura del vestito le copriva si e no una quarta abbondante ed era così lungo che riuscivo a intravedere il davanti del tanga rosso-. E, comunque, non mi interessava in quel momento.
Avevo sprecato troppe energie con Mic, figuriamoci se ora andavo ad abbordare un’estranea.
«Ehm, ciao» risposi poco convinto, lanciando un’occhiata interrogativa verso Michela che scrollò le spalle.
«Tu sei uno di quei cinque che hanno cantato prima, vero?» chiese la bruna con sguardo speranzoso.
Che diavolo voleva da me?
«SI, sono uno dei 16 Underground» calcai la voce sul nome della band, avrei preferito che la gente ci ricordasse con il nostro nome e non come “quei cinque che hanno cantato prima”. Che poi, perché cinque?
Ah, giusto, c’era anche Serena sul palco con noi.
Pff, altro che Georgia, doveva esserci lei nella band al posto della regina del male, l’avrei preferita diecimila volte.
«Senti, siccome il tuo amico lì infondo» la ragazza senza nome si interruppe per indicare un punto alla sue spalle, difficile non capire che si riferiva a Chris che era ormai arrivato alla meta con Serena che continuava a scalciare sulla sua spalla. «non si è mostrato molto disponibile» sbuffò facendomi ghignare.
«Chiami non disponibili tutti quelli che non ti porti a letto?» la interruppi, cercando di fare un’espressione più seria possibile.
Vidi la sua faccia sbiancare e, subito dopo, tingersi di tutti i colori dell’arcobaleno fino a fermarsi ad un rosso acceso. Volevo ridere, ma la battuta avrebbe avuto meno effetto.
Michela, dietro la tizia senza nome, era indecisa se scompisciarsi dalle risate o fulminarmi con lo sguardo. Stava facendo tutte e due le cose e il risultato era davvero divertente.
«Spiritoso, comunque, volevo chiederti, ci canti la prossima canzone?»incrociò le braccia e spalancò gli occhi con fare da cucciolo – a lei non riusciva bene come a me -.
«Che ne dici?» chiesi rivolgendomi a Mic, se a lei andava, bene, se no la bruna poteva andarsene a quel paese.
«Sarebbe divertente» rispose lei, entusiasta.
«D’accordo, lo faccio, che canzone è?»
«Stereo heart di Gym Class Heroes e qualcun altro»
«Grande! Perché non me l’hai detto prima?»
 
Ero più o meno a metà canzone.
Ero seduto sul bordo del palco con Mic al mio fianco, le tenevo un braccio intorno alla vita mentre sfoggiavo un sorrisone. Cantare mi piaceva, di certo era più facile che parlare, in quello ero proprio un disastro, ma la cosa in cui più riuscivo era la batteria.
Beth – si, la mia batteria aveva un nome – aveva conosciuto tutti i miei lati, aveva vissuto con me tutti i miei casini, la mia rabbia, il mio amore. Quando c’era qualcosa che non andava di solito mi sfogavo su di lei e nessuno capiva ciò che stavo provando,era una cosa tra me e lei. Con le parole, invece, si complicava sempre tutto.
Se parlare fosse stato come suonare  a quest’ora avrei già  vinto decine di concorsi di poesia, probabilmente sarei riuscito ad uscire con tutte quelle ragazze a cui non avevo avuto il coraggio di rivelare ciò che provavo e Mic avrebbe saputo che mi piaceva, che avevo preso una mezza sbandata per lei.
Non avevo problemi ad ammetterlo a me stesso, ma, conoscendomi, lei non sarebbe mai venuta a conoscenza di ciò che pensavo di lei. Ovvero che era bella, davvero bella, che la sua timidezza non era un difetto, anzi, e che avrei voluto passare più tempo con lei perché insieme il tempo passava meglio.
Però mi limitavo a stringerla e a cantare quella canzone, che magari potevo dedicare a lei.
Make me your stereo and turn me on when you fell low,
Fai di me la tua radio e accendimi quando ti senti giù,
This melody was meant for you, just sing along to my stereo.
Questa canzone è pensata per te basta che canti insieme al mio stereo.
Ok, avevo sbagliato l’ultima nota, dovevo concentrarmi. Si che era solo un karaoke, ma ci tenevo a fare bella figura.
Purtroppo la parte rap della canzone non la ricordavo tutta, così fui costretto a seguire le parole su uno degli schermi appesi alla parete di fronte. Nel rap ero forte, nonostante si trattasse comunque di parole erano così accatastate che non ti davano il tempo di capire di cosa stavi parlando, figuriamoci di soffermarti a pensare.
Eppure qualcosa riuscì a distrarmi.
Le dita di Mic avevano, probabilmente casualmente, sfiorato le mie e questo mi aveva fatto sobbalzare.
Ryan Carter sei proprio un molliccio.
Per quanto la cosa poteva sembrare stupida mi diede il coraggio per prenderle la mano e cantare l’ultima parte della canzone guardandola negli occhi.
Lei ne era davvero entusiasta, me ne rendevo conto dal sorriso e dagli occhi e la cosa non poteva che rendermi felice.
I only pray you never leave me behind,
Prego solo che tu non mi lasci mai indietro,
Because your music can be so hard to find,
Perchè la tua musica può essere così difficile da trovare,
I take your had and pull it closer to mine,
Prendo la tua testa e tiro vicino alla mia.
Ce l’avevo fatta, avevo davvero cantato una canzone ad una ragazza.
Era liberatoria come cosa, avrei dovuto farlo più spesso.
Ed ecco l’ultimo ritornello, Mic si stava dimenando come una pazza, ridendo, e davanti a me erano appena comparsi Harry, Dario e Lenny.
Mamma mia, erano proprio alle pezze.
Harry aveva il braccio attorno alle spalle di una biondina che al 90 % non aveva mai visto prima di quel momento e ondeggiava a ritmo con lei, Dario aveva appena strappato un bicchiere della mani di un ragazzo e l’aveva buttato giù tutto d’un sorso gridando uno “yhuuu” alla fine – se avesse urlato “CONGA” e dato vita ad un trenino con gli altri e due non mi sarei sorpreso più di tanto – Lenny, più sobrio degli altri ma neanche lucido, stava cantando a squarcia gola con i capelli del tutto fuori posto e un’aria molto fatta.
Vuoi vedere che si erano rollati qualcosa durante la nostra assenza?
Scossi la testa e tornai alla canzone, l’ultima strofa e poi conclusi con uno yhea.
Mega applauso per Ryan Carter.
Ora si che ero soddisfatto.
Scesi dal palchetto e Mic mi si fiondò tra la braccia gridando un “oddio, sei fantastico!” come se fosse una fan impazzita. La strinsi a mia volta piantando i piedi a terra per non perdere l’equilibrio e, quando ci staccammo leggermente imbarazzati, ci trascinammo verso il resto del gruppo.
«Ehi, ma quella è la mia ragazza» stava borbottando Dario con voce impastata, riferendosi alla bionda spalmata sul petto di Harry.
«No, è la mia» controbatté lui, strascicando le parole.
Avevo il presentimento che non sarebbe finita tanto bene quella serata.
«Ehm, tesoro…come…come ti chiami?» chiese Dario prendendo la mano della ragazza.
La tirò verso se con una forza tale che lei perse l’equilibrio e lui con lei, per terra tra tutta la gente.
«Mary, mi chiamo Mary» rispose lei, avvinghiandosi al ragazzo come era appiccicata prima a Harry.
«Bene, Mary è la mia nuova ragazza, ve la presento!» delirava.
«No dai, Mary digli che tu stai con me» fece Harry allungandole una mano e aiutandola ad alzarsi.
Non appena gli fu davanti, in piedi, le sorrise e le diede una palpata sul culo.
Si, Harry era un vero gentiluomo, come pochi ormai.
«Dici che dovremmo fermarli?» domandò Lenny apparendo al mio fianco con aria perplessa.
«Nah, lo sai che adoro Harry ubriaco»
Ne combinava una più del diavolo da sbronzo. Se uno di noi era giù per qualche motivo ci bastava far ubriacare Harry e il divertimento era assicurato. L’ultima volta aveva fatto lo spogliarello – spogliarello completo, eh - sul bancone di un pub e l’avevano cacciato. Probabilmente dopo quell’episodio avevano anche una sua foto segnaletica. Un’altra volta, invece, aveva deciso che doveva imitare il video di “what’s my age again?” dei Blink 182 e ci costrinse a correre chilometri per fermarlo. Ormai nel nostro quartiere lo conoscevano tutti, avremmo potuto scrivere un libro con tutte le sue avventure.
Per quanto mi divertisse, però, forse era meglio evitare la foto segnaletica anche lì, qualcuno doveva fermarlo, o meglio, fermarli, perché anche Dario non scherzava.
Intanto il loro battibecco era andato avanti e la “loro” Mary veniva sbattuta prima tra le braccia di Dario, poi tra quelle di Harry. Non feci in tempo ad avvicinarmi per dirgli di smetterla che Lenny mi poggiò una mano sulla spalla e mi ritirò indietro. «Oh, oh» fece guardandoli preoccupato. L’attimo successivo, lanciando uno sguardo alla faccia del brunetto, lo diventai anche io. Terrorizzato, direi.
«Harry» disse Dario con voce strozzata, afferrandogli un braccio.
Harry lo guardò interrogativo e, prima che potesse aprire bocca, Dario gli vomitò addosso.
Oddio.
Porco cane. Porca balena. Porco chiunque altro.
Sentii il mio stomaco che si stringeva a causa di quella vista raccapricciante e la puzza di vomito che mi saliva per le narici. La gente intorno a noi si girò incuriosita, ma quando vide ciò che era successo cercò di allontanarsi il più possibile, finché intorno a noi si creò come una bolla. Mary si dileguò con un “Ehw”, lasciando i due ragazzi a fissarsi. Harry aveva una faccia indescrivibile, Dario sembrava sul punto di rimettere ancora. Sentii la mano di Mic stringersi intorno al mio braccio e lo sguardo di Lenny che vagava da me a quei due. Bisognava uscire di lì, subito.
«Lenny prendi Harry» gridai per superare la musica, il ragazzo annuì e si fiondò verso l’amico per poi spingerlo verso l’uscita mentre io, con Michela ancora aggrappata, raggiunsi Dario e, toccandolo il meno possibile, cercai di indirizzarlo verso gli altri due.
Una volta fuori la situazione peggiorò visibilmente.
Harry si guardò la camicia sporca di vomito e, di risposta, rigurgitò sulla prima cosa che si trovò davanti : il culo di Dario.
Fu lì che iniziò il finimondo.
Dario cercò di ricomporsi e, alzando un braccio, tentò di tirare uno schiaffo ad Harry, fallendo miseramente visto che una quantità indescrivibile di liquido verdastro gli uscì dalla bocca schizzando su quest’ultimo.
Poi fu tutto un vomito tira l’altro.
«Ryan vai a chiamare Chris e Serena» gridò Lenny sull’orlo dell’isteria.
«Perché io? Chris mi ammazzerà» mi lamentai inorridito e spaventato all’idea di dover interrompere Chris durante qualsiasi cosa stava facendo. Non volevo neanche saperlo cosa stava facendo.
«Perché tu sei il suo migliore amico tra i suoi migliori amici, quindi vai»
«non…credo di aver afferrato il punto»
«VAI» gridò Lenny, e se Lenny gridava allora la situazione doveva essere davvero grave.
Lanciai un’occhiata a Mic, come per chiederle il consenso, ma lei si era già fiondata verso Dario e stava cercando un qualche modo per aiutarlo. Grande, non mi era rimasta altra scelta. Mi girai e tornai nel locale, pregando perché quei due non stessero facendo niente di equivoco, o almeno non tanto importante da indurre Chris a trucidarmi.
 

Michela.

 
Dario era davanti a me che praticamente vomitava l’anima e io non avevo idea di cosa fare.
Avevo visto, nei film, che la gente raccoglieva i capelli a chi vomitava, ma Dario non aveva capelli lunghi da spostare, a parte quei ciuffi che gli cadevano sugli occhi.
Ok, magari potevo iniziare con quelli, in più la mia mano era ghiacciata, forse poteva aiutare.
«Scusami se peggioro la situazione» sussurrai mentre poggiavo una mano sulla sua fronte e gli scostavo i capelli sudaticci.
«Peggio di così?» Dario alzò leggermente la testa e mi lanciò uno sguardo vacuo, i suoi occhi erano più scuri che mai. Però, anche in quella situazione, riusciva a fare del sarcasmo. Questo era un merito che gli andava attribuito.
Non ebbi il tempo di replicare che lui si rigirò e rigurgitò ancora.
«Lenny mi aiuti?» chiesi disperata cercando di non badare alla puzza di vomito che si stava diffondendo.
Probabilmente questo spettacolo mi sarebbe tornato in mente ogni volta che avrei avuto voglia di bere anche solo un goccio di alcol. Dario e Harry stavano rovinando la mia adolescenza.
«Mic, ma hai visto Harry?» rispose lui, forse anche più in crisi di me.
No, in realtà non l’avevo visto, così mi girai verso di loro.
Harry tossiva inginocchiato per terra, in una pozza di vomito, e Lenny gli girava intorno cercando di aiutarlo.
Era ufficiale, ero ancora più convinta di prima che non avrei mai preso una sbronza.
Per fortuna la strada era deserta, almeno non eravamo sotto sguardi indiscreti.
Una cosa, nonostante la situazione, mi fece sorridere. Il modo in cui Lenny si prendeva cura dell’amico, e di come lo guardava, ogni tanto sfiorava. Erano dei gesti che notavi solo se ti soffermavi a guardare, ma che diventavano evidenti una volta che ci facevi caso. Lenny era gay, forse bisex, non lo sapevo, ma qualcosa di più che amicizia nei confronti di Harry c’era. Ryan non aveva voluto dirmi la verità, pazienza, me l’avrebbe detta Lenny, in qualche modo. Magari, con l’aiuto anche di Serena, avrebbe confessato.
Oh, ma che me ne importava? Erano fatti suoi, no?
A proposito di Serena, Ryan era via da più di dieci minuti e mi stava davvero crescendo il sospetto che lei e Chris avessero approfondito la loro conoscenza. La cosa mi sorprendeva, davvero. Per quanto si fingesse menefreghista e sfacciata non avrei mai creduto che avesse  potuto fare una cosa del genere. Una volta tornate in albergo avremmo fatto una lunga, lunghissima chiacchierata. Doveva spiegarmi un po’ di cose.
«O mio Dio» esclamò una voce familiare squarciando il silenzio che si era creato intorno a noi, interrotto soltanto dai colpi di tosse di Harry o dai conati di Dario.
Sentii il rumore dei tacchi sul marciapiede, poi Serena mi fu accanto.
«Dario, come ti senti?» domandò scrollandogli le spalle, piazzandosi davanti a lui con una faccia preoccupata.
Dario non rispose, si limitò a scuotere la testa e a portarsi una mano sullo stomaco.
Il suo viso era di un bianco cadaverico, non mi sarei sorpresa più di tanto se fosse svenuto lì davanti.
«Sta vomitando l’anima» risposi per lui, scambiandomi uno sguardo preoccupato con Serena.
Cercai anche di decifrare la sua espressione per capire cosa fosse successo prima, ma lessi solo agitazione nei suoi occhi. E lo ero anche io, tanto.
Pochi attimi dopo arrivarono Ryan e Chris.
Il ricciolino corse verso Harry, aiutando Lenny a farlo alzare, mentre l’altro sembrava sconvolto, turbato. Si guardava in giro con sguardo perso e una mano in tasca. La cosa mi puzzava parecchio.
O, forse, era il vomito che male odorava.
C’era qualcosa che non andava in quella scena, come se mancava un pezzo del quadro, della situazione.
Ma si, Jacopo.
«Ragazzi, dov’è Jacopo?» chiesi cercando di stare calma, mentre l’ansia mi cresceva nello stomaco.
Con tutto quel liquido per terra quasi quasi vomitavo anche io.
«Vado io» annunciò Chris alzando una mano che poi si portò tra i capelli mentre varcava la porta del locale.
«si può sapere che avete fatto?» mormorai avvicinandomi a Serena, approfittando della situazione.
«Non l’hai ancora capito? Si sono fatti una bella scopata» ribattè Dario al suo posto, con un sorrisetto scaltro sul viso pallido.
«Ah, se ti dai alle battute allora stai bene» osservò lei lanciandogli un’occhiataccia.
«Allora?» insistetti, infischiandomene di Dario.
«Perché tutti pensano subito al sesso? Niente, non è successo niente» rispose finalmente Serena con un tono fin troppa amaro.
«Niente niente?» era un sollievo sapere che non avevano fatto niente di compromettente, ma almeno un bacio me lo aspettavo.
«No, niente»
La porta del locale si riaprì e ne uscirono due figure abbastanza familiari. «Mi sa che Jacopo è quello che si è divertito di più sta sera» commentò Chris battendo ripetutamente la mano sulla spalla dell’altro.
«Ascolterei volentieri la vostra storia, ma ho paura che Harry svenga, non sarebbe meglio portarlo a casa?» lo interruppe Ryan preoccupato.
«A casa sua? Da solo?»
«Da solo?» chiedemmo io e Serena praticamente in contemporanea.
Cos’era questa storia? Perché “da solo”?
«Harry se n’è andato di casa qualche mese fa, ora vive da solo in un appartamento qui vicino» spiegò Chris risoluto, avvicinandosi ai tre alle nostre spalle.
«Se viene da me i miei non mi fanno più uscire di casa» commentò Lenny osservando pietosamente lo stato di Harry.
«Idem per me, Chris? Da te?» fece Ryan guardando speranzoso Chris.
«Niente da fare, mia madre insisterebbe per farlo restare e papà lo vorrebbe fuori di casa, inizierebbero a prendersi a parolacce, litigherebbero e io mi sentirei fin troppo in colpa»
Fu in quel momento che si girarono tutti verso di noi.
«Cosa possiamo fare noi?» li interpellò Jacopo che, con fare esperto, sosteneva il fratello in una strana posizione.
Probabilmente, anzi molto probabilmente, non era la prima volta che gli capitava una cosa del genere.
«quanti letti avete nelle vostre camere?»
«Abbiamo due camere doppie, se uniamo i letti in tre ci riusciamo a entrare» disse Serena guardando prima Harry, poi Chris.
«Harry non dorme con voi» abbaiò quest’ultimo fulminandola con lo sguardo, lei spostò la sua attenzione su si me, guardandomi supplichevole.
Pur volendo prima dovremmo fargli una doccia pensai notando i capelli sudaticci e la puzza di vomito che gli aleggiava intorno. Tra lui e Dario era una gara a chi stava peggio. Eppure mi facevano pena, soprattutto Harry. A casa da solo, in quelle condizioni, non ci poteva stare. A costo che davvero dormiva con me e Serena dovevamo fare qualcosa.
Pensa, pensa, pensa.
Mi ricordai di un piccolo particolare della nostra camera in albergo, una poltrona che diventava lettino dove doveva dormire mia sorella, che, però, avevamo fatto sloggiare nella camera dei miei. La poltrona, comunque, c’era ancora.
«Sta con noi» esclamai attirando l’attenzione di quei sette.
Ryan mi guardava interrogativo, così come Chris che sembrava aver voglia di staccarmi la testa.
«Harry non può dormire nel vostro stesso letto» continuò ostinato incrociando le braccia sul petto.
«non nello stesso letto, ma su una poltroncina che diventa una branda che abbiamo in camera» spiegai mentre Serena acconsentiva con un “ per me va bene, non ci avevo pensato”.
Ci fu un minuto di silenzio che tutti impiegarono per riflettere, tranne i due vomitoni che non capivano una mazza di quello che gli succedeva intorno. Harry era in piedi solo grazie al sostegno di Ryan e Lenny, Dario si teneva su Jacopo e, quando perdeva l’equilibrio, anche su Serena.
«D’accordo» acconsentì Lenny parlando per tutti.
Bene, ora dovevamo solo scendere nell’underground, tornare in albergo, salire al nostro piano, entrare in camera, cercare di lavare approssimativamente Harry, sistemare il letto, assicurarci che Harry non vomitasse ancora e, il tutto, senza farci vedere dai nostri genitori.
Facile no?

 

Note Autore:
WE WISH YO A MERRY CHRISTMAS, WE WISH YOU A MERRY CHRISTMAS, WE WISH YOU A MERRY CHRISTMAS AND A HAPPY NEW YEAR ! (so che sono un po' in ritardo, ma accettate questi miei auguri di cuore)


Yuhuuuuu! siamo al 2 Gennaio 2012 e, almeno da me, c'è un sole pazzesco .-. Volevo usufruire del freddo invernale come ispirazione per scrivere, ma si vede che il tempo è contro di me!
Vi avevo promesso che avrei aggiornato prima di Natale, ma le giornate sono state pienissime e sono passate troppo velocemente, così tra vigilie, cenoni, parenti, amici e regali sono arrivata a finire il capitolo solo ieri notte, verso le quattro.
So che ci sono degli errori di battitura nel testo, provvederò a correggerli al più presto!
Ringraziate tutti "Mic" perchè senza di lei questo capitolo lo avreste avuto dopo le vacanze, era lei che mi spronava a scrivere :)
Tornando alla storia, non trovate che Mic e Ryan siano sighnjkihgthjlonjdsk (?), secondo me sono troppo dolci :3
TA DA DA DAN : Lenny è gay.
Sono terrorizzata da questa constatazione perchè non so voi come la prenderete... personalmente non ho nulla contro i gay, anzi, ma non so voi... quindi fatemi sapere che ne pensate perchè se no do il via alle paranoie.
Ho riletto tutte le 117 recensioni e, in alcune, veniva espressa la voglia di conoscere altro dei personaggi "secondari" (anche se, per me, sono tutti importanti). Ora, nella mia testolia ho vita, morte e miracoli di tuti quanti, ma non saprei dove piazzarveli e non vorrei neanche rallentare la storia (sopratutto non toccare i prossimi capitoli...) quindi ho deciso che vi darò piccole pillole della loro vita in mezzo in mezzo, finchè non dedicherò uno spazio un po' più grande a tutti.
Quindi ora sappiamo che : Lenny è gay (ne parleranno meglio nei prossimi capitoli, ora è solo una notizia buttata lì) e Harry se n'è andato di casa. 
(ma che tipi sono questi 16 Underground? Bha)
Ringrazio ancora tutte voi che recensite, siete davvero fantastiche, grazie per i consigli e per sostenermi (much loove <3), e grazie anche a chi legge, chi segue, chi ha la storia tra i perferiti o le ricordate (much love anche per voi <3)
Per chi avesse bisogno di chiarimenti o qualsiasi altra cosa potete trovarmi su facebook o su twitter (i link sono nel mio profilo qui su efp)
Ancora auguri, buona feste!
Un bacione, If_you_believe
(p.s.:preparatevi al prossimo capitolo, lì si che vi voglio in tanti!)

 

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Capitolo 25
*** Kiss me (Parte I) ***


 



http://www.youtube.com/watch?v=UJtB55MaoD0&ob=av2e

Jessie J - Domino


Cap 22 - Kiss me (Parte I)


5° giorno

 

Serena.

 

Thisdle Hotel, Londra
09.00

 
Da: Lorenzo
Se ti chiedo di prenderci un caffè insieme mi mandi a quel paese?
 
Spensi il cellulare e lo gettai sul comodino prima di risotterrarmi  tra le diecimila coperte in cui mi ero infagottata per non sentire freddo. Avevo sempre pensato che iniziare la mattinata con un messaggio di Lorenzo doveva essere una cosa grandiosa, un evento di quelli da ricordare per sempre – chi non l’avrebbe pensato?-. Beh, non lo era. Non in quel momento almeno, con la testa che mi scoppiava e gli ormoni ancora
stressati dalla nottata passata. Che poi, come era riuscito ad avere il mio numero? Bah.
Chiusi gli occhi e cercai di riaddormentarmi nella flebile luce di quel mattino. Doveva essere abbastanza presto, ma non mi sporsi per controllare che ore fossero o per assicurarmi che Harry e Mic stessero dormendo. Mi crogiolai in quel torpore sperando di dover rimandare il più possibile la risposta alla semplicissima domanda che mi aveva posto Mic prima di addormentarci : “Cos’è successo con Chris?”
Ecco, Serena, cos’è successo con Chris? In fondo niente, eppure tutto. Non avrei potuto spiegare cosa avevo provato neanche con un vocabolario integrato nel cervello, neanche con la mente dei più grandi poeti del mondo. Chris era… era…beh, in quel momento era tutto ciò che volevo. Averlo lì, tra le mie braccia, con le sue labbra che mi sfioravano la pelle… Alt, alt, alt. Serena, calmati.
Riflettendoci quella mattina non avevo soltanto il problema di spiegare alla mia amica cosa era successo nello stanzino buio di quel locale, ma avrei anche rivisto Chris e, per quanto ne avessi voglia, al momento era la cosa che più mi spaventava. Trovandomelo davanti il mio cervello probabilmente avrebbe elaborato due opzioni A) saltargli addosso e finire ciò che avevamo lasciato in sospeso e B) scappare dalla vergogna. Dovevo ammettere che il piano A non mi dispiaceva più di tanto, ma, conoscendomi, sarei stata più incline al B. Purtroppo aggiungerei.
Mi coprii la testa con il cuscino per cercare di soffocare tutti quei pensieri e, quando fui sul punto di riaddormentarmi, uno strano rumore attirò la mia attenzione. Durò qualche secondo, come... ma no non poteva essere. Mi alzai sui gomiti per controllare, Harry stava beatamente dormendo con tanto di bocca spalancata e bava, mentre Mic era rannicchiata sotto le coperte, anche lei tranquillamente addormentata.
Prima che mi ristendessi il rumore risuonò ancora, sta volta seguito da un lento movimento di Harry che, con nonchalance, si portò una mano sul sedere e iniziò a grattarselo. Distolsi lo sguardo schifata, poi un’orrenda e inconfondibile puzza mi giunse alle narici. A quel punto ebbi la conferma di da dove era uscito quel rumore. Dalle chiappe di Harry.
«Harry, ma che schifo!» gridai tappandomi il naso con le dita.
Mic praticamente saltò giù dal letto, iniziando a guardarsi intorno spaventata. Harry continuava a ronfare tranquillamente, gettato su quella poltrona/letto tra me e Mic.
«Che succede?» chiese quest’ultima, agitata.
«Harry ne ha sganciata una!» mi lamentai con una faccia schifata. Mic sembrò volermi fulminare con lo sguardo.
«Dio Serena, mi hai quasi fatto prendere un infarto» sbuffò tornando a sdraiarsi sul letto, e così feci anche io. Controllai l’orologio, erano le nove e un quarto, avevamo ancora qualche minuto per riposare.
Naturalmente avevo parlato troppo presto.
Qualcuno iniziò a bussare insistentemente alla porta, tanto da far aprire gli occhi anche ad Harry –solo per qualche secondo, però-, così fui costretta ad andare ad aprire.
Un Dario già vestito e profumato se ne stava appoggiato alla porta con indifferenza, con un che di sinistro nello sguardo.
«Che vuoi?» gli chiesi con la voce impastata del sonno, desiderando solo di tornare a dormire.
«Se non la smetti di gridare vi scopriranno prima  del previsto» sbottò spingendomi da parte ed entrando in camera.  Si guardò intorno stizzito, soffermandosi su Harry.
«Che vuoi dire con questo? Non è il momento per gli scherzi Dario»
«Significa che ho appena incontrato le vostre mamme in corridoio, stanno venendo qui»
Cazzo. Guardai Mic con aria preoccupata, anzi terrorizzata. Ci serviva una soluzione e alla svelta.
«Io penso alle mamme, tu nascondi Harry» annunciò lei gettando all’aria le coperte. Si fiondò verso la porta scansando Dario, iniziò a correre e scomparve presto dalla mia visuale.
«Mi ha dato una spallata» si lamentò Dario massaggiandosi il braccio da sopra il maglione blu che indossava quella mattina, crucciando la fronte in un’espressione buffa. Sembrava essersi ripreso meglio di Harry, ma i suoi occhi erano comunque circondati da occhiaie violacee.
«Non lamentarti e dammi una mano» lo ammonii mentre raggiungevo Harry che si era tranquillamente rimesso a dormire. Gli diedi un paio di schiaffi e lo scrollai dalle spalle, continuando a ripetere il suo nome finchè non sentii delle voci in corridoio.
«No, la camera è in ordine, davvero.. e poi SERENA STA FACENDO LA DOCCIA! È inutile disturbarla» Michela stava gridando più del normale per farsi sentire, ma la cosa non faceva che agitarmi più di quanto già ero.
«Harry, porco cane, svegliati» gli dissi nell’orecchio ed ero sicura che avesse funzionato, eppure dopo un leggero movimento delle gambe era tornato a dormire. Dai, non era questo il momento per farsi venire sonno.
Dario si decise ad aiutarmi solo quando, oltre le voci, captammo anche dei passi nel corridoio e la situazione diventò seriamente pericolosa. Già mi immaginavo mia madre che mi gridava contro cose tipo “perché un estraneo ha dormito qui con voi?”, “perché è in mutande?”  e così via, dopodiché mi avrebbe comprato una cintura di castità, mi  avrebbe confinata in casa per il resto della mia vita e ah, avrei potuto scordarmi di tornare qui a Londra questa estate. E no, questa non era una cosa contemplabile.
«In bagno» disse Dario afferrando Harry per un braccio e sollevandolo di qualche centimetro.
«Che succede?» chiese lui aprendo gli occhi gonfi e arrossati.
«Prendilo anche tu» ordinò l’altro indicandomi con un cenno del mento il braccio penzolante del biondino.
 «Harry, ti prego, stai zitto per altri dieci minuti» lo supplicai mentre lo trascinavamo verso il bagno.
«Serena? Che ci faccio qui?» continuò lui prima che Dario  si volatilizzasse in camera per chiudere la poltrona/letto. Ottima mossa, io quasi me ne ero scordata.
«Harry ti spiegherò tutto dopo, te lo prometto, ma ora collabora» dissi mentre cercavo di spingerlo verso la doccia/vasca, ma non sembrava avere la minima intenzione di ascoltarmi, così feci tutto da sola. Gli sollevai una gamba e la portai oltre il bordo, poi l’altra e, quando vi entrai anche io, lo presi dalle braccia e lo tirai su schiacciandolo con le spalle al muro per tenerlo dritto. Dovevo ammettere che era piuttosto imbarazzante.
«Uh, facciamo la doccia insieme!» commentò ancora rintontito, sorridendo maliziosamente «A Chris questo non piacerà».
«Ora Chris non c’entra» sussurrai intimandogli ancora una volta il silenzio.
Dall’altra stanza arrivò alle mie orecchie una voce fin troppo familiare che mi fece rizzare i peli sulle braccia, chiusi gli occhi e pregai perché non mi scoprisse.
«Dario, che ci fai qui?»
«Io… Le ragazze avevano promesso di prestarmi questo fantastico..manga!» lo sentii esclamare e ringraziai mentalmente Mic per lasciare sempre in giro quei benedetti manga.
«Già, in fatti, ora che l’hai preso puoi andare» ecco Michela che rattoppava la situazione, non stava andando poi così male dai, potevamo cavarcela. Come sempre avevo parlato troppo presto. Dovevo smetterla di parlare con me stessa!
«Serena dov’è?» chiese mamma facendomi sobbalzare.
«Sta facendo la doccia, te l’avevo detto»
Anche se la porta era chiusa e i suoni arrivavano leggermente ovattati mi sembrava di stare assistendo alla scena, quasi riuscii a vedere mia madre che entrava in bagno prima che accadesse, quindi mi affrettai a correggere un piccolo particolare di quella situazione che non quadrava: l’acqua era chiusa e io ero completamente asciutta. Di togliermi i vestiti non se ne parlava, non davanti ad Harry, così mi limitai a chiudere la tenda giallognola della doccia.
«Scusa» sussurrai rivolta ad Harry, poi aprii l’acqua.
Gli poggiai una mano sulla bocca per impedirgli di imprecare e strinsi l’altra in un pugno per sopportare il getto d’acqua gelida. In quello stesso secondo si aprì la porta del bagno. Ero davvero un genio!
«Serena, tesoro, sei qui?»
«Ciao mamma» esclamai, supplicando Harry con gli occhi di fare silenzio. L’acqua gli aveva completamente inzuppato la maglietta e colava a gocce dai suoi capelli, gli occhi erano leggermente meno arrossati e più blu. Era bello, su questo non c’era niente da ridire. Una bellezza di quelle da copertina, togliendo quel piercing sul sopracciglio magari. “Silence” gli mimai con le labbra prima di togliere la mano dalla sua bocca.  Gli diedi le spalle e afferrai il bordo della tendina per coprirmi e non far vedere a mia madre che ero vestita, poi uscii la testa e le sorrisi.
«Com’è andata ieri sera?» chiese lei sorridendo a sua volta, guardandomi come se sapesse che qualcosa non andava. Quella donna ne sapeva una più del diavolo.
«Tutto bene, ci siamo divertiti»
«Beh, tu si che ti sei divertita» mormorò Harry ma, per fortuna, la sua voce venne coperta dallo scrosciare dell’acqua.  Gli tirai un calcio che probabilmente fece più male a me che a lui e nel frattempo mamma iniziò a parlare di quanto fosse bella Londra e dei programmi per quella mattina.
«Mamma, scusa, parliamo a colazione, ora devo finire la doccia» la liquidai cercando di usare più tatto possibile.
«Si tranquilla»
Quando finalmente uscì tirai un sospiro di sollievo e, chiudendo l’acqua, mi rigirai verso Harry.
«Scusa per la doccia» dissi scoppiando a ridere non appena incontrai il suo sguardo accigliato.
Lui fece una smorfia per poi scompigliarsi i capelli con una mano e farmi una seconda doccia con l’acqua che sprigionò.
«Allora? Piani per questa mattina?»
«Ma tu non dovresti andare a scuola?»
«Hai detto bene, dovrei»
«Quindi non ci vai?»
«Facciamo così, andiamoci insieme, ma solo per prendere quei due idioti di Chris e Ryan»
 
Quando finalmente uscimmo dal bagno, dopo esserci assicurati che il campo fosse libero, la situazione era decisamente più normale. Mic e Jacopo erano gettati sul letto e guardavano uno di quei programmi dove ci sono cinesi che fanno cose piuttosto strane mentre Dario, stravaccato sulla poltrona che lui stesso aveva richiuso, leggeva davvero il manga. Quest’ultimo, preso da una gentilezza uscita da non so dove, aveva portato dei vestiti puliti per Harry, anche se ero convinta che gli sarebbero stati stretti. Dario era decisamente meno muscoloso di lui.
L’inglese decise di farsela davvero una doccia così rimase in camera mentre noi scendemmo a fare colazione, non che avessi poi tanta fame quella mattina. Pensavo al messaggio di prima, quello di Lorenzo, e a quello che mi era arrivato pochi minuti fa.
 
Da:Lorenzo
Guarda che non accetto un no.
 
Mi defilai con la scusa del mal di testa e raggiunsi Harry che girava per la stanza con i capelli ancora bagnati e la magliettina striminzita di Dario.
«Harry..»
«Si?»
«Ti dispiace se facciamo qualcosa prima di andare a prendere Chris e Ryan?»
«Che genere di cosa?»
«Dovrei vedere un amico»
«Ok,  ci sto»
 
Da: Serena
Alle 10.30 allo Starbucks in Regent ST.
Sono con un amico.
 
 
Hurlingham & Chelsea high school,Londra
12.45
«Quindi quello era Lorenzo?» chiese Harry gettandosi su una panchina.
Mi guardava divertito, con una mano sulla pancia e le gote ancora arrossate per quanto aveva riso. Questo mi riportò alla domanda principale di quella mattinata: perché se un inglese (senza fare nomi….CHRIS) cercava di parlare in italiano era dannatamente sexy, mentre un italiano (Ehm..si, parlo di Lorenzo) che conversava in inglese sembrava un idiota ? Mi correggo, un idiota con seri problemi celebrali.
Non che io parlassi come un madrelingua, figuriamoci, ma Lorenzo era davvero uno spettacolo penoso! E divertente, decisamente divertente. Bastava guardare Harry per capire.
La cosa più bella era che Lorenzo parlava convinto, cercava di instaurare una conversazione con la solita aria saccente e poco ci mancava che imitava l’accento inglese. Il problema non era l’atteggiamento, quello era pesino passabile, il fatto era che era arrivato a dire che gli piaceva il piercing di Harry esclamando :” really  I do like you’re penis, it’s cute”. Sorpassando sugli errori grammaticali…  aveva praticamente gridato che secondo lui il pene di Harry era carino! Era un momento da inserire nella mia lista “i 10 momenti più divertenti della mia vita”, davvero! Non avevo mai riso così tanto. –Lui si era giustificato sostenendo che penis in inglese significasse piercing, povero qualcuno doveva avergli fatto un brutto scherzo! -. Comunque, in tutti i mesi che l’avevo osservato da lontano, quella era la prima volta che vedevo arrossire Lorenzo Alfieri. E, lasciatemelo dire, era davvero bello così. Idiota o non idiota.
«è proprio un coglione, scusa ma quando ci vuole!» continuò il biondino portandosi una mano a massaggiarsi le palpebre chiuse, continuando comunque a ridere.
Mi sedetti al suo fianco raggomitolandomi con le gambe al petto e sorrisi involontariamente. Chi avrebbe mai pensato che avrei conosciuto il mio “grande amore” proprio qui a Londra? Io di certo no, neanche nei miei viaggi mentali più assurdi. Però era bello poter passare un po’ di tempo con lui, parlare con lui, lontano da tutta quella gente da cui –avevo scoperto- anche lui si sentiva soppresso. E comunque, anche se avevo scelto Chris, tutto ciò che avevo fatto per lui non si poteva certo dimenticare in qualche giorno. Essergli amica era il compromesso perfetto, sempre se sarebbe durata anche una volta finito il viaggio. Cosa abbastanza improbabile.
Mi sorpresi a fissare un gruppetto di ragazzi che varcavano il portone dell’imponente scuola che ci si presentava davanti intenta a cercare Chris, o Ryan, o qualcuno che avrebbe potuto portarmi a lui, ma niente da fare. Erano solo fighissimi ragazzi inglesi in divisa con una palla da rugby che gli spuntava da sotto il braccio. L’equivalente dei giocatori di football americani praticamente. Solo che gli inglesi avevano un fascino tutto loro, quel non so che che riusciva ad attirarti a loro.. Anche se si tratti di skater idioti e sentimentalmente frustrati che si sfogano giocando a fare le star di una band composta da ragazzi altrettanto particolari.
«a che ora hai detto che escono?» chiesi ad Harry dopo 10 abbondanti minuti di silenzio. Il " bad boy" sembró risvegliarsi da un sogno e si guardó intorno spaesato prima di decidersi a controllare l'orologio.
«ti andrebbe di fare una cazzata? »

«Ora indossa questa» vidi Harry attraversare uno dei lunghi corridoi di quella scuola con un qualcosa in mano. Un... Una camicia? No, non aveva capito niente!
«io non indosso quella stupida divisa!» borbottai incrociando le bracca sotto il seno. Ok infiltrarsi segretamente a scuola, ma questo era troppo.
«dai Italian girl, se no ci scopriranno» non so di preciso cosa mi convinse in quel momento, se il suo sguardo da cucciolo afflitto o il fatto che mi avesse chiamata "italian girl", cosa che di solito faceva Chris, fatto sta che afferrai i vestiti che aveva tra le mani e mi richiusi nello sgabuzzino in cui lo avevo aspettato fino a quel momento, cercando di cambiarmi il più velocemente possibile. 
Alla fine il risultato non era malaccio, la camicia mi stava un po' stretta e vedere me con una gonna era piuttosto schoccante, eppure mi ci stavo abituando mentre osservavo la mia figura riflessa sulle alte finestre che costeggiavano un giardinetto interno. Anche Harry si era cambiato, non sapevo dove come e quando, ma in quel momento indossava anche lui la divisa e dovevo dire che era una vista per niente male. 
«dove le hai trovate?» chiesi strofinando tra le dita la stoffa della camicia. Mi domandai perché lui aveva la giacca e io no, me preferii non dirglielo. Lo vidi sorridere sotto i baffi e la cosa mi puzzó parecchio. Quel ragazzo sarebbe stato capace di tutto...davvero tutto.
«mettiamola così, ho appena soddisfatto una ragazza sessualmente frustrata» spiegó con un'aria da bad boy incallito. Spalancai la bocca sinceramente sconcertata, ma lui mi interrupe prima che potessi esprimermi «tranquilla, una vecchia amica, l'ho fatta solo spogliare per prenderle la divisa .. E le ho fatto qualche carezza, niente di male» sorrise scaltro con un’aria tutt’altro che innocente e, quando aprì la bocca per continuare a parlare, alzai una mano per supplicarlo di non andare oltre con il suo racconto.
«e ora che si fa?» chiesi guardandomi in giro incuriosita. Harry fece un ghigno che non mi ispirò niente di buono e, con un passo lungo, raggiunse una porta identica a tutte le altre. Vi si poggió sopra con aria divertita, quasi a volermi prendere in giro. 
«facciamo prendere un infarto a Chris»

Quindici minuti dopo eravamo pronti ad entrare in scena. Harry aveva aggiustato la mia pronuncia in modo impeccabile e ora, mentre pronunciavo "Scusi puó uscire Christian Samuels?" sembravo un inglese DOC. 
«non sai cosa darei per vedere la faccia di Chris quando entrerai» esclamó Harry che rideva solo al pensiero.
Mentre afferravo la maniglia mi prese uno strano nervosismo, probabilmente comprensibile visto che dovevo convincere un professore a far uscire Chris in una lingua straniera. Anzi, probabilmente il fatto che più mi spaventava era che si trattava di Chris.
«hei bella addormentata, vai!» Harry mi poggió una mano sulla spalla con fare incoraggiante poi, con non so quale coraggio, aprii la porta. La pressione della mano di Harry scomparve e io rimasi da sola, sola di fronte a più di venti facce che mi scrutavano curiose. Si vedeva tanto come mi sentivo fuori luogo? Si, probabilmente si. Notai Georgia, in seconda fila, che mi guardava incredula, con la bocca spalancata. Jack non fu da meno, gli cadde la matita dalle mani e lanció uno sguardo indescrivibile a Georgia. Chris? Chris se stava stravaccato sulla sedia con la testa china sul banco, seduto nel punto più estremo dell'aula, intento a colorare qualcosa con la matita. Il mio cuore pazzo perse un colpo quando lo vide.
Il professore, intanto, non si era accorto della mia presenza, così mi decisi a bussare. Mi schiarii la voce prima di parlare e fu in quel momento che Chris alzó lo sguardo. Lo notai con la coda dell'occhio, sentii il rumore di una matita che cadeva,  immaginai la sua espressione incredula e per poco non scoppiai a ridere lì, facendo saltare la mia copertura.
«Scusi professore, potrebbe uscire un attimo Christian Samuels?» chiesi con un sorriso a diecimila watt, come se con quello sarebbe stato più facile smuovere il prof. Le parole uscirono con un tono un po’ più stridulo del normale, ma, come avrebbe detto Harry, la pronuncia era perfect. –nella mia testa lo immaginai detto dalla sua voce -.
Il professore mi scrutò per qualche secondo, come a voler capire cosa non andava in me –ehi, guardami, sono italiana e ti sto prendendo per il culo! Yu-hu!- Poi rispose con uno “sto spiegando” per liquidarmi.
Eh no, non avevo messo quella divisa e passato un quarto d’ora a sentire “non è Christian, ma Christian, con la r marcata” per niente.
«Scusi, è importante, davvero» ok, Harry mi avrebbe ucciso per quest’aggiunta di parole, ma cosa avrei dovuto fare? La figura dell’analfabeta? Non le avevo dette poi così male! Comunque incrociai le dita dietro la schiena. Ti prego, ti prego, ti prego.
«D’accordo, ma massimo un paio di minuti» annunciò l’uomo dai capelli bianchi dopo un silenzio pressante. Sussurrai un grazie e mi allontanai quando percepii il rumore di una sedia che sfregava il pavimento. Feci qualche passo fuori dall’aula cercando di trattenere le risate e, quando la porta si chiuse, mi girai definitivamente. Chris era davanti a me in tutta la sua bellezza –e altezza-, aveva anche lui le occhiaie e portava la stessa divisa di Harry. Mi guardava allibito, con lo sguardo di uno che si è appena fatto una canna, e poco ci mancava che iniziasse a tirarsi pizzichi sul braccio per verificare se fosse sveglio. Neanche avesse visto un fantasma. Anche se, a pensarci, sarebbe stato più pensabile trovare un fantasma lì, tra quelle mura alte e possenti, che me. Fece un passo avanti, verso di me, poi ritrasse il braccio e se lo portò sul collo, per allentare con due dita il nodo della cravatta e, lasciatevelo dire, era una mossa che provocava molti, ma molti pensieri poco casti – Dio santifichi chi ha inventato le divise -.
« Vuoi una caramella? Una bustina di zucchero? Cioccolato? Sembra che stai per svenire» dissi sorridendo mentre allungavo una mano verso il suo braccio, ma le sue dita afferrarono il mio polso prima che potessi raggiungerlo. Il mio cuore esplose in una corsa sfrenata, stanco di nascondere ancora quanto fossi contenta di averlo accanto, e l’impulso di gettarmi tra le sue braccia fu quasi irrefrenabile. Dopo l’altra sera poi….
Mi sarei volentieri schiaffeggiata pur di non lasciar entrare nella mia mente frammenti di ciò che era successo nel locale, soprattutto in quel momento.
Nel frattempo Chris mi stava facendo una radiografia completa e, quando tornò sui miei occhi,esclamò « Cosa ci fai qui?» con uno sguardo totalmente perso.
Gli scoppiai a ridere in faccia per poi poggiarmi contro il suo petto in modo da nascondere a chi passava la mia risata isterica. Le mie dita disegnarono il profilo delle sue spalle fino ad arrivare al colletto della camicia, lo afferrai e lo attirai a me, fronte contro fronte, alzandomi sulle punte per raggiungerlo. Mi chiesi da dove veniva tutta quest’audacia, ma quello non era momento di pensare. «Potevo perdermi Christian Samuels in divisa?» sussurrai cercando di essere anche minimamente sensuale. Ci scambiammo un lungo sguardo che scatenò un esercito di farfalle nel mio stomaco e, per la prima volta, fu lui ad abbassare per primo le palpebre.
«quindi sei venuta qui, nella mia scuola, con una divisa della mia scuola, nella mia classe, solo per vedere quanto sono sexy in camicia?» Yu-hu, al diavolo la modestia! Trattenni delle risate convulse per non rompere l’atmosfera e cercai una risposta decente mentre i suoi occhi continuavano a scrutarmi dall’alto.
«Scherzi? sono venuta per Jack il modello maniaco» scherzai con tangibile sarcasmo nella voce, forse sbattendo un po’ troppo le ciglia. Chris non era come gli altri ragazzi che avevo frequentato, con lui quei trucchetti peggioravano solo la situazione. Mi ripromisi di cancellare tutte le battutine, occhiatine e mosse dal mio repertorio.
«Bene, allora posso tornare dentro» affermò con un ghigno alla Chris style mentre mi dava le spalle per afferrare la maniglia della porta. Dannazione, cosa avrei dovuto fare? Lascarlo andare? Implorarlo di restare? Nella mia testa l’orgoglio stava affrontando un’estenuante lotta con quella piccola parte sconosciuta di me che era grande fan di Chris. Risultato? Orgoglio 0, Chris 1.
Posai la mia mano sulla sua, quella che era stretta attorno alla maniglia, e alzai lo sguardo verso di lui. Mi guardava sorpreso, in qualche modo anche io riuscivo a lasciarlo senza parole come lui faceva con me, ed era una gran bella sensazione.
Chiusi gli occhi un secondo e, non chiedetemi come, mi ritrovai spalle al muro, con Chris che mi bloccava le vie d’uscita con le braccia. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo, ma sentivo i suoi occhi su di me, il suo respiro sulla fronte, il suo corpo a meno di un centimetro dal mio.
Il mio cuore era come sulle montagne russe, più mi avvicinavo a lui più andava veloce, più mi allontanavo più sentiva la sua mancanza. E in quel momento, beh, era decisamente impazzito.
Sentii dei passi nel corridoio, poi delle risatine e da dietro le braccia di Chris scorsi due ragazzine che ci fissavano incuriosite mentre parlottavano tra loro. Era palese che si stessero interessando a lui, non a me, e che in qualche minuto, se c’era ancora a scuola qualche “fan” di Chris, avrebbero saputo che si atteggiava in posizioni sconvenienti con una ragazza sconosciuta.
«Penso che tu non sia stato ancora dimenticato qui a scuola» sussurrai  sorridendo, imbarazzata da quella vicinanza. Vidi le sue labbra incresparsi in una smorfia contrariata per poi sbruffare, giurai di aver sentito un “I don’t give a fuck”, ma non potevo esserne certa. Per come ero fuori di testa in quel momento avrei anche potuto vedere un Lepricauno con una pentola d’oro e non ci sarebbe stato da sorprendersi. Nota per il futuro: cercare un corso di recupero per ormoni messi a dura prova da ragazzi bellissimi che hanno una laurea in mosse azzardate.
Quando lo sentii farsi più vicino quasi sobbalzai, neanche mezzo passo e saremmo stati completamente a contatto. Mi appiattii ancora di più contro il muro per riflesso spontaneo e lui, purtroppo, se ne accorse.
«Cos’è, prima fai l’intraprendente e poi ti tiri indietro?» mi sfidò con un ghigno malizioso, alzando il sopracciglio a mo’ di sfida. Forse lo fece a posta, perché sapeva che non mi tiravo mai indietro nelle sfide. Mai. Quindi raccolsi la palla al balzo e presi l’iniziativa, attirandolo a me dal lembo della giacca. Possibile che ogni volta che mi si avvicinava l’aria da essere a meno dieci gradi arrivava a temperatura equatoriale? Ecco a voi Chris la stufa Samuels, o meglio la mia stufa.
«What the fuck?!» la colorita espressione giunse da una voce piuttosto familiare in fondo al corridoio.
Nel mio campo visivo comparve un ammasso di capelli ricci e un paio di occhi azzurri spalancati. Ryan. E se Chris voleva una laurea in “mosse azzardate” e“come far impazzire Serena”, Ryan l’avrebbe sicuramente ottenuta in “come rovinare, apparentemente casualmente, momenti di alta tensione tra due ragazzi molto attratti l’uno dall’altra”.
«Serena?» continuò il riccio avvicinandosi.
Chris scosse la testa e, con aria rassegnata, abbassò le braccia e si allontanò definitivamente da me, dandomi le spalle per guardare l’amico. Qualche secondo dopo Ryan scoppiò a ridere e qualcosa mi disse che doveva essere per lo sguardo che Chris gli aveva rivolto.
«Ehi Ryan, What’s up?» ok, avevo sempre sognato di dire a qualcuno “what’s up”, quindi colsi l’occasione e mi sentii davvero, davvero molto figa. I due mi guardarono male, probabilmente il mio sorriso euforico la diceva lunga, ma ci passarono sopra in quanto Ryan sembrava volere spiegazioni.
«Che ci fai qui? Senza offesa, ma mi sembra strano vederti da queste parti, soprattutto in divisa»
Chris, come se si fosse ricordato in quel momento cosa indossavo, tornò a guardarmi meticolosamente e mi maledissi di aver indossato quella ridicola camicia un po’ troppo stretta. Rabbrividii sotto il suo sguardo e incrociai le braccia sul petto, giusto per rendermi meno esposta. Chris, evidentemente, interpretò male quel segno. Seguii tutti i suoi movimenti come a rallentatore, da quando afferrò i lembi della sua giacca con le mani a quando me la posò sulle spalle, con una dolcezza non sua. Chris mi aveva prestato la sua giacca, questo si che era un evento da ricordare. Sorrisi spontaneamente e mi strinsi nella sua giacca, assaporandone il profumo, senza rivelargli che in realtà non avevo rabbrividito per il freddo, ma per lui.
In due giorni due ragazzi diversi mi avevano donato la loro giacca, ma, chissà perché, trovai il gesto di Chris molto più adorabile di quello di Lorenzo.
«Se non vuoi rispondere alla mia domanda almeno dimmi come sei riuscita ad entrare» sbuffò Ryan scuotendo la testa per togliersi i capelli dagli occhi. Vedere lui in giacca e camicia mi sembrò ancora più strano che con Chris e Harry, sembrava completamente un’altra persona. Sembrava come..serio, e “Ryan” e “serio” erano due cose che non andavano decisamente d’accordo.
«Mi ha dato una mano Harry» risposi scrollando le spalle, sentendomi in colpa per non aver risposta alla sua prima domanda. Colpa di Chris, il suo gesto mi aveva spiazzato.
«Harry?» a parlare sta volta fu Chris, con un sopraciglio alzato e l’aria accigliata.
«Svegliati amico, Harry ha dormito con loro, non te lo ricordi?» Ryan guardava l’amico divertito, aveva scelto a posta le parole per farlo alterare . Chris, come ci aspettavamo, storse il naso davanti alla verità e borbottò qualcosa di incomprensibile, tirando un calcio a qualcosa di invisibile. Il ricciolino, di tutta risposta, mi fece un occhiolino ed io scoppiai a ridere.
Chris mi fulminò con lo sguardo.
«A proposito di Harry, ma dov’è andato?» chiese Ryan ancora ridacchiando.
Non appena terminò la frase, della serie parli del diavolo e spuntano le corna, un rumore di passi ci giunse alle orecchie e si, era Harry.
«Eccomi gente, sentita la mia mancanza?» fece lui alzando una mano a mo’ di saluto. Aveva i capelli spettinati e l’aria svampita, ma preferii non chiedergli cosa avesse combinato durante tutto questo tempo.
«Ho portato una divisa di riserva alla ragazza a cui ho tolto quella» spiegò come leggendomi nel pensiero.
«Chi era?» Ryan si appoggiò tranquillo contro il muro, incurante del fatto che era lì da quasi dieci minuti. Lo stesso valeva per Chris. Ma loro ci andavano mai seriamente a scuola?
«Cheryl» non appena Harry pronunciò il nome della ragazza gli altri due sorrisero maliziosamente, guardandolo con aria di chi la sapeva lunga. Pff, ragazzi.
«ok, dopo questo scambio di sguardi intensi, cosa facciamo? Non dovete tornare in classe?» chiesi richiamandoli all’attenzione. Ryan praticamente mi scoppiò a ridere in faccia, il che mi diede la conferma che non erano fan accaniti dello studio. No, decisamente no.
«Aspetta un secondo, ma Mic dov’è?» domandò il ricciolino guardandosi intorno smarrito, come se si fosse ricordato solo allora che mancava un pezzo alla compagnia. Oltre Lenny, s’intende.
«Dario e Jacopo l’hanno convinta a restare con loro, appoggiati dai genitori, ma penso che valga solo per stamattina. Probabilmente dopo pranzo la lasciano uscire» spiegai stringendomi nella giacca di Chris con gli occhi dei tre puntati addosso. Certo che tra era una gara a chi era più alto, in mezzo a loro mi sentivo quasi una nana.
«Ok, facciamo così» iniziò Chris passandosi una mano tra i capelli, pensieroso «Harry, tu vai a prendere Lenny da scuola; Ryan, quando usciamo da scuola senti Mic e decidete dove incontrarvi. Ci vediamo tutti a casa mia per le tredici e trenta» Ryan e Harry acconsentirono con un cenno mentre io fissavo il ragazzo cercando di capire cosa non quadrasse di ciò che aveva appena detto. C’era un pezzo mancante…ah si, io.
«E io? Me ne vado in giro da sola? Raggiungo i miei?» chiesi irritata, già pronta a fargli la ramanzina. Non poteva trattarmi in quel modo e poi fare l’indifferente. Dannazione, era più lunatico di una donna con il ciclo!
Non appena Ryan e Harry si furono Chris mi si avvicinò con uno dei ghigni Chris style.
«No, tu mi aspetti qui. Tra dieci minuti sono fuori, ce ne andiamo insieme» più che una spiegazione era un ordine. Lo disse con aria indifferente, e con la stessa aria indifferente mi afferrò da dietro la nuca per poi allungarsi a posare le labbra sulla mia guancia. Poi un altro bacio, un po’ più vicino alle labbra.
Si allontanò così come si era avvicinato e rientrò in classe, lasciandomi spiazzata, in piedi al centro del corridoio, con il cuore che sembrava potesse esplodere da un momento all’altro e le mani che tremavano. Ed era stato solo un bacio sulla guancia, figuriamoci.
Sospirai e raggiunsi una finestra non molto lontana, ci appoggiai contro la fronte e chiusi gli occhi. Mi aspettava una lunga, lunghissima giornata.
 
Angolo autore:
So che non aggiorno da più di un mese e mezzo, so che è un finale di cazzo, so che il capitolo in generale fa piuttosto schifo, ma non uccidetemi vi prego ahah. Perdonatemi per tutto, davvero, ma questa è solo la prima parte. Se avessi postato tutto il capitolo sarebbe diventato troppo lungo, quindi vi chiedo solo un’altra settimana di tempo per il BUMM! È che mi sono demoralizzata vedendo solo 3 recensioni allo scorso capitolo, quindi ho pensato che vi stessi stancando…
Vi prego, anche se pensate che faccia schifo, anche se avete dei consigli, recensite. Ho bisogno di sapere che ne pensate, davvero, questa storia è importante per me <3
Se vedo che siete ancora con me entro una settimana ci sarà l’aggiornamento :’)
Quindi alla prossima, ci vediamo presto!
Grazie di essere ancora qui, con me, con Serena e Mic, con i 16 Underground.
Un abbraccio enorme, If_you_believe
 
p.s.: Ieri sera ho pubblicato una nuova storia, ha sempre Londra come sfondo. Se vi va...bho, ci fate un salto? http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=972187&i=1love ya girls <3

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Capitolo 26
*** Kiss me (Parte II) ***


Ciao ragazze! Sta volta niente note finali, non voglio rovinare il capitolo, quindi vi saluto qui. Non è l'ultimo capitolo, ma a mio parere è uno dei più importanti. Spero sia speciale per voi quanto lo è per me :)
Grazie per essere arrivate fin qui, senza il vostro supporto e le vostre meravigliose recensioni non sarei mai
arrivata a questo punto, davvero. Siete speciali e vi voglio bene, anche se non vi conosco ahah. Buona lettura, a dopo :)  
  



Kiss me - Ed Sheeran
http://www.youtube.com/watch?v=FywOlH_xotk
 


Cap 22 – Kiss me (II parte)


Serena 
 

Londra, Underground
13.15


Il rumore delle rotaie della metro faceva da sfondo al mio dormiveglia.
Un chiacchiericcio lontano fungeva da ninna nanna, la mia mano era stretta attorno a qualcosa, un pezzo di stoffa probabilmente.
Non avrei saputo dire da quanto tempo ero lì, ne dove ero diretta, era un pezzo che avevo smesso di ascoltare la voce metallica che annunciava le fermate. L’unica cosa vagamente familiare, in quel momento, era un profumo che mi inondava le narici e che collegavo a qualcosa di importante, ma in quel momento mi sfuggiva. I secondi erano scanditi da un battito regolare, proprio sotto il mio orecchio, e una qualche forza magica mi accarezzava i capelli.
«Ehi scricciolo, sveglia» una voce dolce giunse alle mie orecchie. Avrei voluto ascoltarla, davvero, ma lì stavo troppo bene. Strofinai la testa contro quella superficie palpitante e sospirai, decisa a restare così per il resto della mia vita.
«Dai italian girl, siamo quasi arrivati» ripeté la voce, ostinata. Era familiare quanto quel profumo, eppure continuavo a non ricordare. Qualunque cosa stesse accarezzando i miei capelli cessò improvvisamente ed io, quasi per riflesso spontaneo, aumentai la presa sul pezzo di stoffa.
«Serena, la mia camicia sta chiedendo pietà»
Qualcosa mi scosse le spalle.
«Guarda che non ti porto via in braccio»
Un piccolo schiaffo sulla guancia in parte mi risvegliò.
Seguì un momento di tregua e quasi pensai di potermi riaddormentare, tornare nel mio piccolo angolo felice e continuare a sognare, ma non era altro che la quiete prima della tempesta. Una leggera corrente di vento investì il mio collo e in pochi secondi mi ritrovai a rabbrividire, così tanto da farmi spalancare gli occhi.
La prima cosa che mi ritrovai davanti furono un paio di labbra increspate in una smorfia divertita, ma se sta volta sapevo benissimo di chi erano.
«Funziona sempre» ed ecco la voce familiare, sempre sua, però non ebbi neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo. La metrò si fermò di colpo e la voce metallica annunciò la fermata. Guardando fuori dai finestrini notai che l’underground non era più così under, anzi, eravamo all’aperto. Poi la mia mano venne afferrata da qualcuno che iniziò a tirarmi e mi ritrovai presto in mezzo alla folla. Venni sballottata per qualche metro senza capire niente, più addormentata che sveglia, e quando, finalmente, quel qualcuno che mi tirava stoppò la sua corsa gli andai a sbattere contro.
«Chris?» chiesi come per conferma, alzando lo sguardo sui suoi occhi.
«Ben svegliata!» esclamò lui con marcato sarcasmo nella voce e una faccia da prendere a schiaffi –sempre con affetto, eh-.
Risposi con una smorfia e mi guardai intorno, ciò che ci circondava non ricordava per niente la Londra del centro. Era come ritrovarsi catapultati in una versione gigante del green park, con enormi ville a schiera al posto dei laghetti.
«Dove siamo?» domandai mentre Chris riprendeva a camminare lasciandosi alle spalle la folla dell’underground. Dovetti quasi correre per tenere il suo passo, ma rallentare avrebbe significato allontanarsi, e allontanarmi da lui mi avrebbe costretto a lasciargli la mano, cosa di cui non avevo assolutamente voglia. Finchè non lasciava lui la presa non mollavo neanche io.
Una folata di vento ci investì, il sole delle giornate precedenti aveva lasciato il posto a questo tempo incerto, incerto un po’ come noi. Mi strinsi nella giacca di Chris e lasciai che la sua mano stretta nella mia mi trascinasse per quelle strade sconosciute, convinta che ovunque stessimo andando sarei stata bene, perché c’era lui. Ero proprio un caso perso, vero?
Un lampo di luce all’orizzonte ci avvertì dell’imminente temporale, accompagnato con qualche secondo di ritardo da un tonfo sordo che mi fece sobbalzare. Presa alla sprovvista afferrai al volo il braccio del ragazzo, dandomi della stupida subito dopo per essermi lasciata spaventare da un semplice tuono.
«Che c’è italian girl, paura dei temporali?» chiese Chris con un ghigno, non lamentandosi però della mia mano che stritolava la sua e dell’altra aggrappata al suo braccio. Piuttosto mi tirò più vicino a se, passando quel povero arto che torturavo intorno alle mie spalle e trattenendo le mie dita tra le sue, come se fosse una cosa del tutto naturale. E no, non lo era. Sentivo il cuore uscire dal petto solo perché mi teneva per mano, ero felice all’idea di passare tutta la giornata con lui, ma cosa mi stava succedendo? Ero davvero io quella? E il ragazzo che mi faceva sentire così era proprio Chris?
«Io non ho paura dei temporali» sbottai mettendo su un’espressione imbronciata. Con il labbro inferiore sporgente e la fronte aggrottata dovevo sembrare davvero un cucciolo abbandonato perché lui mi strinse ancora di più, tanto che arrivai a poggiare la testa sul suo petto. Lo sentii ridacchiare mentre camminavamo così, con lui che mi teneva tra le sue braccia e io che ero tornata nel mio angolino felice. Solo che, sta volta, non ero mezza addormentata. Sapevo dov’ero, sapevo che quella superficie palpitante contro cui era poggiato il mio orecchio era il petto di Chris, che quel profumo era il suo, e che la mia mano non stringeva più della semplice stoffa, ma la sua mano. –Ah, a proposito della camicia, da lì riuscivo a vedere il punto in cui dovevo averla stretta e in effetti era ridotta proprio male,tutta piegata e raggrinzita-
C’era una sola cosa che non tornava, mentre eravamo in metro c’era qualcosa che mi accarezzava i capelli, e se lì non c’era vento ne tanto meno forze magiche, doveva essere stato … Chris. Chris mi aveva accarezzato i capelli mentre dormivo. Sul suo petto. E mi aveva chiamato scricciolo. Oh. Ohhhh
Lo guardai sorridendo mentre mi sentivo sciogliere dentro e lui ricambiò alzando un sopraciglio.
«Che c’è? Che ho fatto?» domandò scrutandomi dall’alto.
«Niente, niente» liquidai il discorso con un gesto della mano, senza però riuscire a smettere di sorridere. In un secondo il mio repertorio musicale interno mi aveva inculcato in testa decine di canzoni dolci e smielose e improvvisamente mi venne voglia di cantare, di ballare e di fare qualsiasi cosa gioiosa e felice. Era un momento in cui neanche le canzoni dei Never shout never sarebbero sembrate troppo dolci - parliamo di frasi tipo Did it hurt when you fell from heaven? O Everything you do is super fucking cute- e quelle che parlavano di un amore sporco avrebbero stonato. Insomma, mancavano solo pony, zucchero filato e un mondo tutto rosa per completare il quadretto felice.
«Mi dici perché sorridi come un’idiota?» chiese Chris aggrottando la fronte e puntando i suoi occhi verdi nei miei, guardandomi come se potesse leggermi l’anima. Per un momento lo credetti possibile.
«Niente di cui preoccuparsi, scricciolo» lo punzecchiai facendogli un occhiolino.
Lui aprì la bocca per controbattere, ma non trovando niente da dire rimase in silenzio, con un espressione da cucciolo. Fu in quel momento, per la prima volta nella storia delle mia vita –ehm, diciamo di questi quattro giorni-, che vidi Christian Samuels arrossire. Si, quello sui suoi zigomi era davvero un leggero rossore, allora era anche lui un essere umano! Gli diedi uno spintone con fare scherzoso che riuscii ad allontanarlo di qualche centimetro, ma lui mi riattirò facilmente a se grazie al braccio che aveva intorno alle mie spalle. Lo vidi storcere il naso per poi guardarmi con aria di sfida, il rossore era già completamente svanito.
«No Chris, non esco con te perché sei uno skater sfigato, ma se ti avessi incontrato quando facevi il modello dall’Abercrombie… mmm cosa ti avrei fatto» Chris si gettò a capo fitto in una mia imitazione con tanto di vocetta stridula, mano morta e sculettamenti vari che mi fece ridere fino a star male.
«Ehi, non ho mai detto così»
«Ma l’hai pensato, ammettilo»
Beh, certo che l’avevo pensato. Ma sapete cosa? Era stato meglio conoscere questo Chris che il modello montato che doveva essere stato. Vederlo ridere così, a crepapelle, senza preoccuparsi di chi lo guardava  era davvero bellissimo. Era una cosa che Lorenzo, per esempio, non avrebbe mai fatto, ma ehi, lui era ancora nella fase “sono mister super figo”, magari tra qualche tempo se ne sarebbe infischiato anche lui. Fino ad allora, però, io avevo il mio skater sfigato.
«Tu imiti me, ma dobbiamo parlare di te?» dissi raccogliendo la sfida. Ormai la mia mano non era più stretta nella sua così la portai tranquillamente sul fianco e imitai uno dei ghigni del repertorio “Chris style”
«Sono Chris Samuels, Christian, non Christopher, perché Christian fa più figo, ma tu puoi chiamarmi Chris. Prima facevo il modello e avevo centinaia di ragazze ninfomani (n.d.r. Georgia) ai miei piedi. Ora vesto i panni di un cantante rock frustrato e depresso, semi skater e poco ci manca che divento emo. Faccio finta di essere modesto, ma, in realtà, me la tiro ancora tantissimo. Sono…»il mio discorso ironico accompagnato da un vocione grave e una vasta gamma di espressioni degne di Chris venne interrotto dal soggetto in questione che, dopo avermi osservata con un sopracciglio alzato e uno sorrisetto divertito, si avvicinò pericolosamente alla sottoscritta fino a respirare la mia stessa aria.
«Ah, è così?» chiese retoricamente incrociando le braccia al petto.
«Si» risposi, ancora con il vocione. Mi schiarii la voce per rispondergli in tono normale, ma prima che potessi dire “a” mi sentii sollevare da terra.  Mi aggrappai al collo di Chris per paura di cadere mentre lui mi teneva tra le braccia in un modo sbilenco, ridendo sguaiatamente per chissà quale motivo.
«Mettimi giù, ora» gridai mente l’unica cosa che volevo era restare lì, aggrappata a lui, con il naso schiacciato contro la sua guancia e il suo profumo che mi investiva.
«No, ora sei mia» sussurrò dritto nel mio orecchio, ma, forse, non era a conoscenza del fatto che dire così ad una ragazza significava molto di più di ciò che lui intendeva. Non era più un gioco, in quel momento era diventata una questione seria.
Continuai a scalciare e lui continuò a stringermi, un bellissimo tira e molla che durò anche dopo che il cielo si mostrò contrariato a questa nostra sintonia. Scoppiò a piovere, una pioggerellina leggera che impiegò pochi secondi a diventare un diluvio, e che costrinse Chris a lasciarmi andare. Sentii la mancanza delle sue braccia che mi stringevano già qualche secondo dopo che mi lasciò a terra. Ci guardammo e ridemmo, senza un preciso motivo, lo facemmo e basta, dopodiché lui intrecciò le sue dita con le mie e iniziò a correre verso una meta a me sconosciuta. Mi sentivo tanto la protagonista di uno di quelli scontatissimi film d’amore che non facevo altro che criticare perché troppo inverosimili, troppo surreali, di solito quando vai a sbattere contro una persona non te ne innamori perdutamente, eppure io stavo vivendo una di quelle avventure pazzesche. Avevo incontrato Chris per caso, l’avevo odiato, avevamo litigato, tanto, ci eravamo ubriacati insieme e in quel momento correvamo mano nella mano sotto la pioggia. Era la dimostrazione che tutto poteva accadere, bastava crederci un po’.
«Dove siamo?» chiesi non appena Chris rallentò il passo fino a fermarsi davanti ad uno dei tanti cancelli in ferro battuto di quella via alberata. Si infilò le mani in tasca e lo sentii armeggiare con oggetti tintinnanti finchè non ne tirò fuori un paio di comunissime chiavi unite da un portachiavi a forma di segno della pace. Infilò una delle chiavi nella toppa del cancello e lo fece aprire con uno scatto, invitandomi poi ad entrare.
«Io la chiamo casa» affermò non appena ci lasciammo il cancelletto alle spalle. Davanti a noi si estendeva un sentiero ciottolato che portava ad una…wow. Questa non me la sarei mai aspettata.
 

Chris

Londra, casa di Chris
13.30

 

«Ammettilo» iniziò Serena mentre la guidavo lungo il corridoio d’ingresso «all’Abercrombie ci sei entrato solo per raccomandazione. Che ne so, magari lì conoscevano il lavoro dei tuoi, qualsiasi cosa loro facciano per avere una casa così, e ti hanno ammesso»
Risi della sua aria accigliata e scossi il capo pensando che, magari, avrei potuto farle vedere qualche mia foto con Jack e gli altri in quel maledetto negozio, così si sarebbe finalmente convinta che non stavo sparando cazzate. Raggiungemmo il salone e mi fermai lì qualche secondo per decidere dove portarla. In camera? No, sarebbe sembrato…stano e mi avrebbe inculcato cattive idee. Cucina? Si, potevamo mangiare un boccone nell’attesa degli altri. In soffitta? Magari dopo, sarebbe stata la prima ragazza a salirci.
«Mio padre è uno dei più importanti avvocati di Londra» dissi rispondendo alla domanda sottointesa nella frecciatina di prima. Non lo feci per vantarmene, era più un orgoglio personale visto che, probabilmente, quel posto sarebbe stato mio. Non che fosse la mia più grande aspirazione, ma a diciassette anni ti rendi conto che, per quanto tu possa amare la musica ed essere un bravo cantante, per sfondare hai bisogno di tanto culo. Dote che a me mancava – in senso figurato, fisicamente…beh…-
«Musica italiana?» la voce di Serena mi riportò alla realtà. Si era allontanata da me ed aveva raggiunto il grande stereo, tra le mani aveva il cd dell’altra sera.
La raggiunsi e mi abbassai fino a poggiarle la testa sulla spalla, abbracciandola da dietro, per poter osservare insieme a lei quel comunissimo oggetto che era diventato improvvisamente incredibile. Trovavo straordinariamente naturale comportarmi in quel modo con lei, dovevo preoccuparmene?
«è di mia madre» spiegai facendo spallucce.
«Questa è una delle mie canzoni preferite» annunciò facendo scorrere il dito sui titoli scritti elegantemente a mano. La vidi sorridere tra se e se, come se stesse ricordando qualche storia divertente. Era davvero bellissima. Mi sporsi un po’ di più per poter leggere. Sorrisi anche io. Oggi sono io, Alex Britti. La canzone che mi aveva convinto a tornare da lei.
«La conosci?» chiese voltandosi leggermente verso ti me, tanto vicina da far male.
«Che mi piaci per davvero, anche se non te l’ho detto, perché è stupido provarci solo per portarti a letto» canticchiai sfoggiando il mio italiano perfetto. Si fa per dire, eh.
«Quando canti in italiano sei uno spettacolo, seriamente» commentò Serena scoppiando a ridere. Alzò una mano per darmi uno schiaffetto ed io ne approfittai per afferrarla dal polso e farla girare verso di  me. L’abbracciai prima che lei potesse rendersi conto di ciò che stava succedendo e nascosi il viso tra i suoi capelli, inspirando il suo profumo, cercando di sotterrare quello sconosciuto imbarazzo che provavo nello stare in casa con lei, da soli. Fosse stata un’altra ragazza saremmo già saliti in camera, ma lei era diversa. A lei avevo paura perfino di strapparle un misero bacio.
«Cos’è oggi? La giornata degli abbracci?» scherzò mentre si alzava sulle punte per poter poggiare la testa sulla mia spalla. Avvertii i suoi vestiti umidi sotto le mie mani e la sentii rabbrividire al mio tocco, aveva abbassato tutte le difese. Le sue braccia si strinsero intorno al mio collo, le mie la tenevano per i fianchi. Tutto intorno a noi era avvolto in una pace quasi surreale, o forse ero io a sentirmi estremamente bene? Per la seconda volta un piccolo particolare mi entrò in testa, eravamo soli. Questo significava niente sguardi indiscreti, niente Ryan. Era il momento perfetto per prendermi quel bacio che mi aveva negato l’altra sera, era il momento giusto per farla capire le mie intenzioni.
«O mio Dio» esclamò poi lei frantumando in milioni di pezzi l’atmosfera e tutti i miei propositi. Si allontanò di scatto da me come se all’improvviso scottassi e, con sguardo meravigliato, guardò oltre le mie spalle. Seguii il percorso dei suoi occhi fino ad arrivare all’oggetto delle sue attenzioni, il pianoforte.
Si poteva odiare un oggetto inanimato? In quel momento lo credetti possibile.
«Suoni il pianoforte?» le domandai un po’ incuriosito un po’ rassegnato. Non avremmo mai avuto un momento di tranquillità, noi due.
Serena annuii freneticamente mentre un sorriso luminoso le comparve sul viso, rendendomi così vulnerabile che per un momento non me ne fregò più niente dell’occasione sprecata. Solo per un momento però.
«Se vuoi puoi suonare qualcosa» proposi mascherando la mia delusione con un sorriso. Mi lasciai trascinare da lei verso la verandina con il grande pianoforte nero a coda, la feci sedere sulla panchetta di legno con il cuscino di pelle e lei mi fece spazio per farmi accomodare al suo fianco. Tutt’intorno a noi le finestre erano ricoperte da piccole gocce di pioggia e finchè Serena non incominciò a suonare l’unico rumore fu il ticchettio dell’acqua sui vetri.
Serena chiuse gli occhi e intonò una melodia travolgente che mi lasciò senza parole. Non ero a conoscenza di questa sua passione, come probabilmente non ero a conoscenza di tante altre cose. Mancavano tre giorni alla sua partenza e mi resi conto che io non sapevo quasi niente di lei, eppure mi sembrava di conoscerla più di chiunque altro. Un po’ come lei conosceva me. Mi ero aperto a lei come avevo fatto solo con Ryan, ma Ryan sarebbe rimasto ancora per tanto, lei tempo tre giorni sarebbe tornata a casa. Lontana da qui, lontana da me. Mi fermai ad osservarla per tutto il tempo, appoggiato con un gomito al pianoforte, perso tra i miei pensieri e cullato da quella musica leggera. Le sue mani si spostavano veloci sui tasti d’avorio e sembravano poter continuare all’infinito, senza mai stancarsi, mentre lei muoveva lentamente la testa come a seguire un percorso invisibile della melodia. Non fui mai attento ai suoi particolari come in quel momento, le ciglia lunghe degli occhi chiusi, i capelli dalle tante sfumature, le dita affusolate, la pelle chiara, e la trovai più bella di sempre. Mi ritrovai a contare i suoi respiri, lunghi e profondi, e quasi a percepire i battiti del suo cuore osservano la superficie pulsante del suo collo.
«Se io cantassi, tu canteresti con me?» trasalii al suono della sua voce e riportai i miei occhi nei suoi, ora aperti. Mi guardava con un’intensità che non avevo mai visto, quasi lucidi d’emozione, mentre le sue mani continuavano a produrre quella melodia delicata come se fossero una parte a se del corpo, come se si muovessero da sole.
Annuii incapace di parlare e i capelli mi cascarono davanti agli occhi, oscurandomi la vista. Serena allontanò una mano dalla tastiera e la melodia di venne più semplice, infilò le dita tra i miei capelli e mi aggiustò il ciuffo, lasciando una piccola carezza sulla mia guancia prima di tornare alla sua musica. Sorrisi. Sorrise.
«Questa non la conosce quasi nessuno» affermò senza lasciarmi intendere il significato di quelle parole. All’improvviso il  motivo cambiò e lei prese un respiro profondo, iniziando a intonare parole che, al contrario di come lei pensava, conoscevo perfettamente.
«I should go, Levi Kreis» dissi più a me steso visto che lei sembrò non ascoltarmi neanche.
 
Here we are, Isn't it familiar?
Eccoci qui, non ti sembra familiare?

Haven't had someone to talk toin such a long time
Non abbiamo avuto nessuno con cui parlare per tanto tempo.

And it's strange all we have in common
Ed è strano tutto ciò che abbiamo in comune
 
and your company was just the thing I needed tonight
e la tua compagnia era proprio ciò di cui avevo bisogno stanotte.
 
Somehow I feel I should apologize,
In qualche modo sento che dovrei chiedere scusa,
Cuz I'm just a little shaken
Perchè sono un po’ scosso
By what's going on inside
Da quello che mi sta succedendo dentro.
 
La lasciai cantare, forse perché amavo il suono della sua voce, forse perché non volevo interromperla. Pensai che aveva trovato la canzone giusta per quel momento, che aveva centrato il punto. Eppure non riuscii a dire niente. Non volevo dire niente. Volevo che continuasse a cantare, sempre. Volevo congelare quel momento. Volevo che gli attimi, i secondi, i minuti finissero di scorrere, che quei tre giorni non passassero mai. Perché io avevo bisogno di lei, davvero.
 
I should go,
Dovrei andare,

Before my will gets any weaker
Prima che la mia volontà diventi più debole

And my eyes begin to linger longer than they should.
E I miei occhi tendano a fissare più a lungo di quanto dovrebbero.
I should go,
Dovrei andare,

Before I lose my sense of reason
Prima che io perda la ragione

And this hour holds more meaning than it ever could
E questa ora inizi a prendere un significato più profondo
 
I should go, I should go, baby, I should go
Dovrei andare, dovrei andare, amore, dovrei andare.
 
Si, lei doveva andare. Sarebbe stato ragionevole, sensato.
Ma io non volevo, e non glie l’avrei mai permesso. Chi se se fregava del dopo? Noi eravamo lì in quel momento, era quello che contava.
Si girò verso di me una volta finito il ritornello, come a chiedermi continuare. L’accontentai.
 
It's so hardkeeping my composure
È così difficile non lasciarmi andare

And pretend I don't see how your body curves beneath your clothes.
E fingere di non vedere il tuo corpo che si muove sotto I tuoi vestiti.

And your laugh is pure and unaffected
E la tua risata è pura e semplice,

It frightens me to know so well the place I shouldn't go
Mi spaventa conoscere così bene il luogo dovrei non dovrei andare.

I know I gotta take the noble path
So che dovrei prendere la scelta più nobile

Cuz I don't want you to questionthe intentions that I have
Perchè non voglio che tu ti chieda le intenzioni che io abbia.
 
Una ciocca di capelli che cadde davanti agli occhi. Le restituii il favore e glie la portai dietro l’orecchio, dolcemente, e rimasi a giocherellare con i suoi capelli mentre cantavo. Serena non mi guardava, ma sapevo cosa stava pensando. Sapeva che ciò che cantavo lo sentivo davvero. Arrossì sotto il mio sguardo ed io sorrisi, quando poi si girò a cantare con me mi sentii triste e felice allo stesso tempo. Felice perché cantavamo, per la prima volta, insieme. Triste per le verità di quel testo.
 
I should go,
Dovrei andare,

Before my will gets any weaker
Prima che la mia volontà diventi più debole

And my eyes begin to linger longer than they should.
E I miei occhi tentano a fissare più a lungo di quanto dovrebbero.

I should go,
Dovrei andare,

Before I lose my sense of reason
Prima che io perda la ragione

And this hour holds more meaning than it ever could
E questa ora inizi a prendere un significato più profondo
 
I should go, I should go, baby, I should go
Dovrei andare, dovrei andare, amore, dovrei andare.
 
Abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi, potevo giurare di averli visti lucidi.
Così mi feci più vicino, la mia mano scese dai suoi capelli per tutta la schiena, finchè non la presi per i fianchi e avvicinai al suo viso.
 
I don't mean to leave you with a trivial excuse
Non voglio lasciarti con una scusa banale

And when you call tomorrow, I'll know what to do
E quando chiamerai domani saprò cosa fare.
 
Cantai nel suo orecchio, sussurrando.
La sentivo rabbrividire, piccola e indifesa, e mi chiedevo come faceva a continuare a suonare in quelle condizioni. Percepivo l’eccitazione crescere man mano che la melodia scemava, avvicinandosi alla fine. L’aria era carica di aspettativa.
Serena schiacciò gli ultimi tasti e lasciò le mani sulla tastiera, ferme, immobili. Le guardava come se ci fossero nascosti i più grandi segreti dell’universo. Era intuibile che non volesse incrociare il mio sguardo.
«Forse dovremmo andare, magari sono arrivati gli altri e…» farneticò tormentandosi le dita, agitata. Non risposi, mi limitai a scuotere il capo finchè lei non si girò a guardarmi. Avevo un repertorio intero di giochi e scuse per baciare una ragazza, ma non avevo intenzione di usarli. Sostenni il suo sguardo  mentre allungavo una mano ad accarezzarle la guancia, sorrisi e lei tornò a fissarsi le dita.
«Serena» mormorai senza un motivo preciso, forse per sperare che lei tornasse a guardarmi. Ma non lo fece. Piuttosto la vidi muoversi, poggiò una mano sulla panca come per darsi lo slancio e alzarsi, ma sta volta glie l’avrei impedito. L’avevo promesso. Le afferrai il polso e la attirai a me con uno scatto, senza lasciarle capire cosa stava succedendo. Era tanto vicina che il mio cuore impazzì prima ancora del bacio. Non sapevo bene cosa stavo facendo, lasciavo fare all’istinto, alla parte più sincera di me. Quella che aveva bisogno di Serena, subito. L’ultima cosa che vidi furono i suoi occhi, carichi di emozione, lucidi per la straziante canzone, desiderosi. Mi voleva come io volevo lei. Così la richiamai a me, afferrandola da dietro la nuca, e con uno slancio premetti le mie labbra contro le sue.
Non so dire cosa provai in quel momento. Un misto di sentimenti contrastanti: dolcezza, desiderio, rabbia, amore. Mi sentivo stupido e folle nel vedere come il mio cuore reagiva ad ogni suo movimento, ad ogni suo brivido. La strinsi tra le mie braccia e la baciai come se potesse essere l’ultima volta, senza preoccuparmi di cosa facevo, mentre lei alternava attimi intensi a momenti placidi in cui si affidava totalmente a me. E mi piaceva, Dio se mi piaceva. Frenai quei giochi di lingua per lasciarle un bacio sul collo, poi uno sotto il mento, e lei si sciolse tra le mie braccia. Le mie mani scivolarono  sulle sue gambe e la tirarono sulle mie, più per sentirla vicina che per altro. Intrecciò le sue dita tra i miei capelli ed io le lasciai un bacio a fior di labbra. Sorrise. Aprì le palpebre ed incrociò il mio sguardo, vidi nei suoi occhi tutto ciò di cui avevo bisogno. Nel suo sorriso la mia gioia. Sorrisi di rimando e le diedi un altro bacio, premendo semplicemente le mie labbra contro le sue. Mi guardò e scoppiò a ridere, una risata pura e cristallina che tirò la mia. Amavo il modo in cui mi faceva sentire.
«Dio, Chris…» mormorò scuotendo la testa come in disapprovazione, ma il suo sorriso diceva altro.
«Cosa?» chiesi sospirando mentre le accarezzavo una guancia. Le sue mani afferrarono il mio viso e mi spinsero contro la sua fronte. Incatenai i miei occhi ai suoi.
«Non dovremmo…» disse con voce spezzata, afflitta. Lei era più piccola di me, eppure più matura. Afferrai la mano con cui stava seguendo il contorno dei miei zigomi e glie la poggiai sul mio cuore, preso da una dolcezza a me estranea.
«Perché questo dovrebbe essere sbagliato?» le domandai convinto che anche lei riuscisse a percepire i battiti frenetici del mio cuore. Serena sorrise e strinse le dita intorno alla mia camicia, proprio sopra quel muscolo idiota che dipendeva da lei. Non rispose, ma mi baciò. Fu diecimila volte meglio di come mi aspettavo, quello era il suo consenso. Era come dire “Si, hai ragione, non c’è niente di sbagliato in noi”, perché era verità. Ci eravamo trovati e ora non volevamo perderci, chi se ne frega delle miglia di distanza. Eravamo partiti col piede sbagliato, ok, ma ora eravamo solo io e lei. Chris e Serena.
Un lampo di luce illuminò la stanza, ma non fu seguito dal solito tuono. Strano. Si sentì, piuttosto, il rumore di una fotografia appena scattata.
«Ma che cazz..?» esclamai lasciando in sospeso quel bacio. Mi guardai intorno finchè non individuai quella massa di capelli ricci sempre capace di rovinare momenti perfetti. Anche se, sta volta, il nostro bacio l’avevamo avuto.
«È la foto più bella che io abbia mai scattato, consideratela come scusa per tutte le volte che vi ho rotto le palle» disse Ryan sorridendo imbarazzato mentre metteva in mostra una delle mie reflex.  Doveva essere entrato in casa con la sua copia delle chiavi.
«Guarda che gli ha rotto le palle anche sta volta se non te ne sei accorto» la voce di Michela risuonò mentre la sua figura esile spuntava da dietro Ryan, timida.«Ciao Chris, ciao Serena»
Alzai una mano in segno di saluto e lanciai un’occhiata a Serena. Lei mormorò un “ciao” quasi incomprensibile.
«Da quanto siete qui?» chiesi troppo contento per essere incazzato.
«Abbiamo sentito gran parte della canzone, ma non volevamo disturbarvi. Ci sono anche Lenny e Harry in cucina» rispose Ryan scrollando le spalle.
«No, ti prego…» Serena arrossì di botto e si piegò su di me fino a nascondere il viso nell’incavo della mia spalla. Sorrisi e la lasciai accoccolare tra le mie braccia, stringendola come un peluches.
«Ho capito, raggiungiamo gli altri» esclamò Ryan mentre Mic lo tirava via, ma non gli risposi. Piuttosto lasciai un bacio tra i capelli di Serena e rimasi lì con lei, a coccolarla senza preoccuparmi di essere troppo tenero come facevo con Geo. Lei odiava le coccole, solo sesso. Dovevo recuperare tanti anni di mancata dolcezza.




A un anno dal primo capitolo, il bacio.
Grazie a Chris e Serena, stro crescendo con voi.

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Capitolo 27
*** 10 songs challenge ***


FUCK THIS SHIT, I’M GOING TO LONDON
 
Sfida:
1.        Scegli un personaggio, una coppia o un fandom
2.        Apri la tua cartella di musica e seleziona la modalità causale e fai partire.
3.        Scrivi una drabble-flashfic che sia collegata alla canzone che sta andando. Hai tempo fino al termine della canzone per terminare la drabble: inizi con l’inizio della canzone e finisci quando finisce, niente esitazioni! Non importa quanto è scombussolata la tua drabble.
4.        Scrivine 10, poi pubblicale.

Non so cosa voglia essere questo "gioco". Forse un modo per scusarmi della mia assenza, forse il segno che la storia sta per continuare, forse nato dal fatto che questi personaggi mi mancavano tanto. Quindi eccomi qui, a chiedere perdono con queste drubble su tutte le varie coppie. non linciatemi, anche perchè, devo ammetterlo, mi siete mancate. Alla prossima, tranquille, non sparisco più ;)


 



 
1.Falling for you – Busted (Chris/Serena)
 

Serena mi passò davanti sorridendo, dirigendosi verso la parete con le chitarre elettriche.
«posso?» chiese allungando una mano verso la Fender, la mia preferita. Le feci un cenno con la testa, acconsentendo divertito.
Felice, si impossessò dello strumento e corse a connetterlo all’amplificatore. Sembrò soffermarsi qualche minuto a pensare, poi attaccò una qualche canzone che aveva in testa e diede il via a quel mio spettacolino personale.
Appoggiai il gomito sul bracciolo della poltrona e sul palmo della mano lasciai cadere il mento, stanco dalla nottata che avevo passato. Sveglio, a pensare a lei.
Lasciai che il mio sguardo, pigro, vagasse su Serena. Mi fermai ad osservare ogni suo singolo movimento, perché in tutto c’era una parte di lei. Da come cambiava posizione delle dita sulle corde a come corrugava la fronte per raggiungere una nota più alta. Il suo sorriso mentre cantava. I capelli che le volavano ovunque. L’energia che metteva in ciò che faceva. La determinazione sul suo viso.
È bellissima, ed è mia pensai con un tuffo al cuore. Un sorriso si spalancò sul mio viso e non potei far niente per evitarlo, anche se dovetti correggermi. Serena era uno spirito libero, indomabile, non era di nessuno. Per il momento, concedeva a me l’onore di prendermi cura di lei.
Me ne stavo affezionando troppo in fretta.
«perché sorridi?» chiese lei dopo aver smesso di suonare senza che nemmeno me ne accorgessi. Lasciò la chitarra sull’amplificatore e mi si avvicinò, abbastanza da poterle afferrare i fianchi. Un brivido mi scosse anche solo per quel misero contatto.
«cosa mi hai fatto?» domandai, più a me che a lei. Serena mi guardò divertita sfoggiando un meraviglioso sorriso sghembo. La tirai su di me, stringendola tra le mie braccia mentre lei si accoccolava sul mio petto. Si allungò per lasciarmi un bacio sotto il mento, così ne approfittai e la sorpresi poggiando le mie labbra sulle sue.
Non si fece ripetere l’invito due volte e approfondì subito il bacio, rendendo estremamente eccitante anche solo stare seduta sulle mie gambe, in cantina, con più di due strati di vestiti addosso.
Cosa mi hai fatto?




2.Marry you – Bruno Mars (Ryan/Mic)

 
 Quella sera l’aria era frizzante, ma decisamente calda per essere a marzo e, soprattutto, a Londra.

O forse, più semplicemente, era la ragazza dai capelli bruno ramati che mi correva davanti a farmi sentire caldo.
«prova a prendermi se ci riesci» gridò mentre, a piedi scalzi, calpestava il prato inglese del giardino. Pochi metri dietro di lei si estendeva la piscina.
«arrivo» gridai a mo’ di grido di battaglia mentre mi lanciavo al suo inseguimento. Ci rincorremmo per uno spazio indefinibile di tempo, nascondendoci dietro gli alberi o tra i cespugli, finchè non sentii i polmoni bruciare per le risate e la mancanza di fiato. Mi piegai con una mano a tenermi il fianco, esausto, e vidi Mic fare lo stesso. Così, con un guizzo negli occhi, approfittai del momento e con uno scatto e un placcaggio in piena regola, le fui addosso.
«Piombare sul nemico mentre è distratto? Questo non è leale» si lamentò lei, cercando di divincolarsi dal mio corpo. Prima che potesse anche solo provarci, però, le bloccai i polsi con le mani e le gambe con i piedi, spostando il peso sulle ginocchia per non farle male.
«non c’è nessuna regola che lo vieta» obbiettai avvicinando il viso al suo, quasi automaticamente.
Le feci un occhiolino e lei rise, il suo respiro sulle mie labbra mi fece rendere conto di quanto effettivamente fossimo vicini. C’era una cosa che ero davvero tentato di fare, ma non volevo rovinare tutto, così decisi che era ora di cambiare posizione. Uno sguardo davanti a me mi suggerii cosa fare.
Feci finta di aiutare la ragazza ad alzarsi, poi la sollevai tra le mie braccia e corsi verso la piscina, illuminata a intermittenza dal rosso, dal verde e dal blu.
«no, no, no» iniziò a protestare lei, ma era troppo tardi. Mic si strinse a me mentre volavamo oltre il bordo della piscina.
«tu sei pazzo» gridò una volta risaliti in superficie. Il mascara era colato dagli occhi e i capelli le si erano appiccicati al viso.
«sembri un panda» commentai sorridendo mentre qualcosa mi si arrovellava nello stomaco.
«e tu sei un idiota» fece lei di tutta risposta con una smorfia. Ci guardammo per qualche attimo, seri, poi scoppiammo entrambi a ridere. «credo che mi mancherai una volta tornata a casa» confessò tornando seria. Un po’ di tristezza invase i suoi occhi.
«puoi sempre restare qui…» proposi altrettanto serio. Nascondendo i miei movimenti grazie all’acqua estrassi un elastico dal polso. Mic mi guardò interrogativa.«…diventando mia moglie!» esclamai con un sorriso  a diecimila watt. La sensazione allo stomaco aumentò.
«è una proposta?» chiese maliziosa, ma sul punto di scoppiare a ridere.
«ci puoi giurare!» risposi mentre la mia mano cercava la sua. La alzai oltre il livello dell’acqua e, con quella libera, feci fare due giri dell’elastico intorno al suo anulare. La vidi arrossire e spontaneamente sorrisi.
«ciao moglie»
«ciao marito»
Poi scoppiammo, di nuovo, a ridere senza tregua.



3.When you are gone – Avril Lavigne (Chris/Bryan) [Flashback]


 
Ehi, Bryan.
È passata una settimana da quando te ne sei andato.
Credo di non essermi ancora rassegnato al fatto di averti perso e ammetto ti aspettarti  tutte le mattine davanti alla porta, convinto che prima o poi la macchina familiare di tuo fratello venga a prendermi per portarci a scuola. Non succede mai.
Ieri tua madre mi ha chiesto di andare da lei per darle una mano a svuotare la tua stanza. Volevo essere forte per lei, sai quanto bene le voglia, ma non ce l’ho fatta. Non abbiamo neanche avuto la forza di ordinare quel caos che c’è in camera tua. Però ho preso qualche maglietta, quelle dei nostri viaggi. Hanno ancora il tuo profumo, così le indosso e mi sento meno solo.
Perché è questo che sono: solo.
Georgia cerca di riavvicinarmi, vuole usarmi ancora come bambolotto per i suoi giochetti, sia chiaro che non ho intenzione di ricadere nella sua trappola.
I ragazzi fanno finta di niente, ci evitiamo a vicenda.
Jack ha il setto nasale rotto.
L’ho colpito, ma è stato lui a provocarmi. Se devo dirla tutta, non è l’unico che ho preso a pugni negli ultimi tempi. Prendo tutto a pugni. Devo pur sfogarmi in qualche modo, anche se questo mi causa lividi violacei  e graffi. Non importa, almeno mi distrae. Non serve dire che papà non è contento, mamma è preoccupata.
Ma tu non ci sei più quindi non c’è nessuno a impedirmi di fare cazzate.
Sai, oggi ho conosciuto un ragazzo, un tipo astratto. Ride per le sue stesse battute, fa skate e suona la batteria, Jake l’avrebbe subito considerato sfigato, eppure non è male. Soprattutto, sotto quella montagna di riccioli e il cappello da baseball, ha degli occhi dello stesso colore dei tuoi. Mi da un po’ di sollievo.
Ma quel muro della soffitta dipinto a metà è ancora lì, da finire e che mai finirà.
La macchina di tuo fratello non si ferma più davanti casa alle sette.
Non ci sono più le ragazze in fila per una foto con noi all’Abercrombie, perché non c’è più un “noi”.
Il banco accanto al mio è vuoto.
La finestra della tua camera è sempre spenta.
Non si sentono più i palloni da basket  rimbalzare nel tuo cortile.
La verità è che mi manchi, mi manchi ogni giorno di più.
Non sono abbastanza forte da nasconderlo. Sono un buono a nulla, forse tu eri l’unica cosa giusta della mia vita, forse non ti meritavo neanche. Grazie per avermi sopportato tutti questi anni.
Sappi che ti voglio bene e te ne vorrò sempre, scusa se non l’ho mai dimostrato a dovere. Avrei voluto dirtelo più volte.

Per sempre il tuo migliore amico,
 Chris.
 




4.Sono solo parole – Noemi (Serena/Lorenzo) [Spoiler]

 

Cercare un equilibrio che svanisce ogni volta che parliamo
E poi lasciare che la nostalgia passi da sola
E prenderti le mani e dirti ancora: sono solo parole.

 

 

«Ehi» la stretta di una mano sul mio polso preannunciò quelle parole, ma non servì girarmi per capire a chi apparteneva. Il mio cuore, perdendo un colpo, mi aveva già dato la risposta. Solo una persona, oltre Chris, mi faceva questo effetto.
«Ehi Lorenzo» lo salutai sorridendo mentre lui mi affiancava per sorridermi a sua volta.
«Ieri non sei venuta» disse rabbuiandosi. La sua espressione afflitta scatenò in me sensi di colpa e rimorso a volontà, ma avevo fatto bene. Passare del tempo sola con Lorenzo non mi faceva bene, abbatteva tutti i muri che gli costruivo intorno per convincermi che a me di lui non importava più niente, e non era una cosa buona.
«scusa» sussurrai guardandolo e non erano solo le scuse per non essere uscita con lui ieri,ma per tutto. Per tutte le volte che lo avevo respinto, che gli avevo risposto male, che l’avevo snobbato. Certo, era per il suo bene, ma lui non poteva saperlo. E poi, faceva male anche a me.
«Vieni, facciamoci un giro» propose senza ammettere repliche. Mi guidò per i corridoi di scuola tenendomi il polso finchè non arrivammo nel cortile interno, dove due classi si sfidavano a pallavolo. Quando ci sedemmo su un muretto leggermente più appartato fece scivolare la sua mano nella mia, intrecciando le nostre dita. Mi fece un sorriso ma nei suoi occhi leggevo solo tanto rimpianto.
«Se solo…se solo ti avessi conosciuta prima» disse con un sospiro spostando lo sguardo sulle nostre mani. Ne accarezzò il dorso con il pollice e un brivido mi percorse. Il cuore sembrava felice di quel contatto. Perché mi faceva sentire tutto questo? Perché ogni volta che c’era lui mi si apriva un vuoto dentro? Perché non avevo ancora allontanato la sua mano? Perché doveva essere tutto così difficile?
Lo fissai mentre cercava di nascondere il suo imbarazzo, mentre cercava di fare il duro, mentre fingeva che le nostre mani fossero la cosa più interessante lì intorno pur di non incrociare il mio sguardo. Era bellissmo.
Mi resi conto, però, che non era giusto stare così. Non era giusto per me, per Chris e per lui, quindi sciolsi il contatto.
Fu come staccarsi da una parte del mio corpo.
Lorenzo fece una mezza smorfia che doveva passare per sorriso.
Avrei tanto, davvero tanto voluto abbracciarlo.
Ma, soprattutto, avrei voluto dirgli tutto ciò che stavo provando in quel momento.


(con questa che segue ammetto di aver barato, dato che mi sono capitate due canzoni con contenuto simile le ho unite per creare una sola drabble un po'....particolare)

5.Whatever you like – Anya Marina (Serena/Chris)
6.Hit me like a man – The Pretty Reckless (Serena/Chris)
 

Il silenzio regnava sovrano nella soffitta.
Tutto intorno a noi sembrava essere addormentato, spento. Dato che erano le due di notte non era neanche un cosa tanto assurda.
Chris se ne stava seduto per terra, la schiena contro la parete e una gamba al petto, l’altra stesa. C’era un’elettricità pazzesca.
Giravo per la stanza, fingendomi tranquilla, mentre mi guardavo in giro sotto la luce tenue dei led.
«Gli altri dormono?» chiesi, anche se conoscevo già la risposta.
«Si» rispose Chris con uno strano tono che mi fece rabbrividire. Dovevo trovare una distrazione.
Poi, la mia attenzione fu catturata da un portasigarette con i colori della Jamaica gettato sul disordine del tavolino basso davanti al divano. Lo aprii sperando con tutti il mio cuore che fosse pieno, ma le mie preghiere furono esaudite a metà. C’era una sola sigaretta. Meglio di niente.
Mentre la prendevo alzai lo sguardo verso Chris e lo trovai intento a fissarmi incuriosito, con una strana luce negli occhi. Gli mostrai la sigaretta e lui fece un cenno accondiscende.
Afferrai un accendino rosso da lì accanto e la accesi, poi mi mossi con l’intenzione di tornare dal ragazzo ma me lo trovai a pochi centimetri di distanza. Aspirai e gli passai la sigaretta, lui fece altrettanto.
Una strana idea mi passò in mente, forse un po’ bizzarra, ma quella notte era tutto concesso. Così posai una mano sul suo petto e spinsi Chris all’indietro finchè la sua schiena non toccò di nuovo il muro. Mi riappropriai della sigaretta e mi allontanai da lui di qualche passo. Aspirai ancora e glie la cedetti, mi sarei avvicinata a lui un po’ ogni volta che mi sarebbe tornata.
Chris lo capì e sorrise con gli occhi. Il suo sguardo, quel suo sorrisetto sfacciato e il fumo che fuoriusciva dalla sua bocca formavano una combinazione così eccitante che i miei pensieri avevano il bollino rosso. Avrei voluto saltargli addosso e potevo scommettere qualsiasi cosa che per lui era lo stesso. Nonostante tutto, comunque, riuscimmo ad finire la sigaretta trattenendo i nostri istinti. Mancavano all’incirca due tiri e i nostri corpi quasi si sfioravano. Chris fece il suo, incatenandomi in quel suo sguardo speciale, poi dischiuse le labbra e lasciò che il fumo scivolasse sul mio viso. Sapevo benissimo cosa significava. Mi passò la rullata, ormai arrivata al filtro, e diedi l’ultimo tiro, imitando il gesto del ragazzo. Chris non mi lasciò neanche il tempo di gettarla che si avventò su di me, tirandomi per i fianchi. Allungai le braccia intorno al suo collo e andai incontro al qualsiasi cosa sarebbe successa quella notte, eppure il suo baciò fu lento e delicato. Mi sarebbe piaciuto se solo non mi sentissi come se stessi per scoppiare, così cercai di renderlo un po’ più movimentato. Chris rise contro le mie labbra e accettò l’invito, ribaltando le posizioni e facendo finire me con le spalle al muro, sbattendomi con una forza tale che la sentii nelle ossa. Ma non mi importava. Piuttosto lasciai a metà quel bacio per iniziare a succhiare leggermente la pelle alla base del suo collo, staccandomi solo quando le sue mani accompagnarono il tragitto della mia maglietta lungo tutto il mio busto per poi gettarla alle sue spalle. Ora era il mio turno.
Afferrai i lembi della maglietta che gli doveva fungere da pigiama e lentamente li portai verso l’alto. Questa volta fu lui l’impaziente. Me la tolse di mano e se la lanciò oltre la testa a velocità supersonica, tornando subito sulle mie labbra. Sentii le sue dita sfiorarmi la gamba mentre con quelle libere faceva disegni astratti sulla mia schiene ormai nuda, coperta solo dal reggiseno. Qualcosa mi diceva che preso ci saremmo librati anche di quello, nel frattempo, però, mi godevo per la prima volta il calore del suo corpo contro il mio, i suo sospiri mozzati, il sapore di sigaretta sulla sua lingua, gli occhi resi vacui dal desiderio.
In quel momento volevo Chris più di ogni altra cosa al mondo, e lo volevo in ogni modo umanamente possibile.
 



7.VCR – The XX (Lenny/Harry) [Flashback]


 
Ci vollero dieci minuti per trovare le chiavi di casa nelle tasche di Harry.
Quel giorno non era più ubriaco del solito, ma ci era voluto molto più tempo per smuoverlo dal quel maledetto pub e ora protestava dicendo di non voler andare a casa. Chissene, ero io a comandare dato che lui non era nella condizione adatta. Non riusciva più neanche a tenere la chitarra in mano, come pretendeva di suonare ancora?
Riuscimmo ad entrare nell’appartamento senza fare troppo rumore così, con Harry appoggiato completamente su di me, mi diressi in salone dove lo mollai sulla sua poltrona reclinabile. Quella vicinanza mi aveva provocato una strana sensazione che cercai di scacciare, ma era sempre lì, pronta a distruggere la mia vita.
Andai in bagno per rinfrescarmi un po’ le idee e quando tornai da Harry lo trovai intento a vedere un documentario in tv sulla riproduzione degli elefanti.
«Quanta vodka hai bevuto per rendere interessante questo strazio?» chiesi gettandomi sul logoro divano e guardandolo, in attesa di una risposta che non sembrava arrivare.
«E se fossero due maschi?» domandò invece lui riferendosi ai due elefanti che si montavano. Scoppiai a ridere per nascondere l’imbarazzo che mi aveva preso. Non volevo parlare con Harry di certe cosa.
«Insomma, qui tutti si fanno problemi sui gay, ma anche quegli elefanti potrebbero essere gay e nessuno se ne lamenta. Che problema hanno gli umani? L’amore è amore» disse corrugando la fronte come se quel discorso gli costasse una fatica incredibile. Nelle condizioni in cui era, comunque, era anche tanto se i suoi neuroni formulavano frasi compiute. «Insomma, in questo momento potrei anche alzarmi e darti un bacio, cosa ci sarebbe di sbagliato?»
Harry si girò verso di me, cercando appoggio, e il mio cuore prese a battere furiosamente. No, stupido cuore, stai al tuo posto. Sotto il mio sguardo strabiliato, poi, Harry si alzò e venne verso di me. Non capì la serietà del suo discorso finchè lui non avvicinò il suo viso al mio e mi baciò, di certo non come si bacia un amico. Fu veloce, passionale e piuttosto strano, del resto era la prima volta che baciavo un ragazzo, ma mi resi conto di volerne ancora e ancora. Sapevo di non dover sentire tutto ciò che invece sentivo in quel momento, eppure non ci trovavo niente di sbagliato.
Quando si allontanò sentii le labbra gonfie e pulsanti, in bocca mi era rimasto il suo sapore.
«è come baciare una ragazza» disse scrollando le spalle con aria innocente.
Si, purtoppo però ora è confermato, a me non piacciono le ragazze.


 



8.Colder Weather – Zac Brown Band (Serena/Chris) [Spoiler]


 
Era inverno, ormai.
Non sapevo quanto tempo era passato dall’ultima volta che l’avevo visto o sentito. Avevo un vuoto dentro, una voragine che non sapevo come riempire. Ero fredda come il vento che soffiava impetuoso fuori dalla finestra.
C’era una tazza di caffè nella mia mano, il telefono nell’altra. Scorrevo lentamente le vecchie foto, presa da un attacco di malinconia. La mia mano tremava e fui costretta a chiudere gli occhi per evitare che una lacrima traditrice attraversasse la mia guancia. Niente lacrime, avevo promesso.
Quasi percepii la sua mano, il suo tocco così familiare, sfiorarmi la guancia. Vidi il suo volto, quel mezzo sorrisetto strafottente che per una volta non era riuscito a nascondere la sua tristezza. I suoi occhi, lucidi. L’ultima volta che l’avevo visto.
Lanciai il telefono sul letto, stremata dai ricordi. Mi accasciai sul materasso, in posizione fetale, stringendomi le gambe al petto per colmare la voragine sempre più spalancata. Sii forte, mi ripetei per la centesima vota, ma come potevo quando tutto ciò che volevo era lontano centinaia di chilometri da me? Neanche a farlo apposta, poi, da quel giorno sarebbero stati otto mesi da quando avevo incontrato quello strano ragazzo con il cappellino di lana e la reflex al collo. A quel pensiero non potei far altro che cedere alla mia debolezza e lasciare che le lacrime scorressero libere. Non ero abbastanza forte.
Tra i miei singhiozzi silenziosi quasi non mi accorsi di un rumore estraneo che aveva invaso la stanza. La suoneria del cellulare.
«pronto?» dissi sperando di dissimulare lo strano tono di voce. Mi sdraiai supina, con lo sguardo rivolto verso le foto appese sul soffitto, e con la mano libera cercai  di asciugare le lacrime.
Dall’altra parte del ricevitore si sentì un sospiro stremato.
Il mio cuore perse un colpo.
«Mi manchi» disse la sua voce, rotta, inconfondibile.
«Mi machi anche tu» risposi mentre le lacrime riprendevano a scorrere. Nessuno dei due disse nient’altro, ma nessuno  chiuse il telefono. Restammo lì, ad ascoltare i nostri respiri, a cercare di calmarci, a colmare quel vuoto che ci attanagliava.
Noi non finiremo mai.




9.The frist time ever I saw your face – glee club (Serena/Lorenzo) [Flashback]

 
 
«Serena, ti prego, rallenta» le grida di Francesca erano lontane e parzialmente coperte dai battiti frenetici del mio cuore. Non rallentai, se avessi perso il passo non sarei riuscita a riprendere la corsa. E questo non andava bene.
Guardai l’orologio, erano quasi  le 18. Dovevamo sbrigarci.
Una folata di vendo mi colpì il viso, la ringraziai perché mi spazzò via i capelli dal volto. Rabbrividii, ma più correvo e più capivo che non era per quel leggero venticello. Non so, era una sensazione strana … avevo un formicolio alla base del collo, come se i miei sensi fossero all’erta. Si, ma all'erta per cosa? Avrei voluto potermi spiegare cosa mi stava succedendo, ma non ne avevo idea.
«SERENA» scesi dal marciapiede e feci per attraversare, ma il grido di Francesca  mi bloccò. Mi voltai verso di lei e notai la sua espressione spaventata, anzi, terrorizzata. Aveva  ripreso a correre verso di me.
Il resto accade in una manciata di secondi. Il rombo di un motore attirò la mia attenzione, veniva dalla mia sinistra. Mi girai tanto abbastanza da notare che ero in mezzo alla strada, una strada deserta, tranne per una luce che sembrava venire verso di me.
I miei riflessi non erano pronti e la luce era troppo veloce, chiusi gli occhi e aspettai il peggio, per un secondo credetti davvero che quella potesse essere la fine.
L’unica cosa che sentii, però, fu una leggera pressione all’esterno del piede sinistro, poi il rombo del motore cessò. Spalancai gli occhi e la prima cosa che vedi fu uno scooter nero a qualche centimetro da me, poi un paio di occhi verdi che mi fissavano.
«O mio Dio, Serena» le braccia di Francesca furono presto sulle mie spalle, ma quasi non le sentii. Ero stordita, il cuore sembra volermi uscire dal petto, ma continuai a guardare lui. Il ragazzo sul motore. Non mi chiese scusa, non parlava, non si muoveva, non sembrava neanche respirare, mi guardava e basta.
Poi scosse la testa, come per risvegliarsi da un sogno, i capelli castani gli cadono sugli occhi e pensai che fosse  il ragazzo più bello che io avessi mai visto.
Francesca mi trascinò via, costringendomi a distogliere lo sguardo, ma non riuscivo a camminare. Avevo le gambe molli, forse per lo spavento.
«O mio dio, sai chi è quello?» chiese lei con gli occhi spalancati dalla sorpresa quando fummo abbastanza lontane. La guardai Interrogativa.
«LORENZO ALFIERI!» esclamò come se non conoscere il suo nome fosse un reato. «Che stronzo però, non ti ha neanche chiesto scusa»
«si, che stronzo» risposi, ma non lo pensavo davvero. Piuttosto tornai a guardare il luogo del nostro “quasi incidente” e lui era ancora lì. E stava guardando me. Si, proprio me, non c’era nessun altro per strada. Il mio cuore perse un colpo.
Lorenzo Alfieri.


 



10.With me – Sum 41 (Serena/Chris) [Spoiler]

 
Il presentatore dal palco chiamò i 16 Underground. Era il loro momento, la sfida finale.
Chris si trattenne ancora qualche secondo prima di andare, fingeva di essere tranquillo, ma sapevo cosa stava provando. E non solo per l’esibizione, ma per tutto.
«Andrà bene» dissi poggiandogli una mano sulla spalla, lui fece un mezzo sorriso. «Siete grandi»
Puntò i suoi occhi nei miei, guardandomi con qualcosa di strano che non riuscii a decifrare.
«Scusa se rovinerò tutto» fece poi, prima di andarsene senza aggiungere altro. Rimasi imbambolata lì, a fissarlo mentre raggiungeva il centro del palco accompagnato da un orda di applausi e a chiedermi cosa significassero le sue parole. Si girò verso Lenny e con un cenno del capo gli diede il via. Il moro attaccò a suonare, ma non sembravano gli accordi della canzone che avevano deciso. No, no, non potevano sbagliare all’ultimo. Iniziai ad agitarmi per loro. Avevano lavorato tanto, non potevano perdere. Chris ne sarebbe uscito distrutto.
Poi fu proprio lui a parlare, lo sguardo dritto verso il pubblico.
«Vorrei dedicare questa canzone a una persona speciale, spero tu capisca quando sei importante e che… essere amici non mi basta» il pub fu invaso da urla e fischi di apprezzamento.
Sentii tutto il mio corpo scosso da un fremito. Portai la mano, ormai tremante, sul cuore, come a voler calmare il suo pulsare impazzito. Gli occhi di tutti, nel backstage, si posarono si di me. Persino degli estranei avevano capito che c’era qualcosa in sospeso tra noi due.
Chris iniziò a cantare e non mi importò più di niente e di nessuno. Aveva la sua chitarra preferita, la mia bandana al polso, la voce carica di emozione. Dovevano essersi messi d’accordo prima sulla canzone perché gli altri non sembravano sorpresi da quel cambio. Cantarono” With me” dei Sum 41 ed ogni parola, ogni nota, lasciava in me un segno indelebile.
Al ritornello Chris lanciò uno sguardo  preoccupato verso di me e quando gli sorrisi lo vidi rilassarsi completamente. Aveva paura del mio rifiuto, ma io non avrei mai potuto dirgli di no.
Forse aveva ragione lui, forse essere amici a noi non bastava.
Noi eravamo destinati a qualcosa di più grande;

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Capitolo 28
*** 2.0 ***


Buona sera ragazze :)
Quello che vi sto postando qui è il link del nuovo fuck this shit, I'm going to London, la versione 2.0

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2003589&i=1

So di avervi abbandonate sul più bello e non ci sono scuse per questo, ma c'era qualcosa in questa storia che non mi andava più bene. Sono cresciuta e penso anche voi come me. prima, detto sinceramente, scrivevo con i piedi e non so neanche come facevate a seguirmi. Sto cercando di migliorare però.
Vi avevo accennato al voler rivisitare la storia, ma quella che sto facendo ora è una rivoluzione più che rivisitazione.
Stessi personaggi, stesse vite, ma trama un po' diversa, un po' più verosimile.
Con il passare del tempo alcune di voi mi hanno scritto chiedendomi di continuare ed è per questo che lo sto scrivendo qui, ora.
Nel caso vi interessasse, fuck sta rinascendo.
ed ho i capitoli già pronti, quindi a parte imprevisti niente più ritardi astronomici.
Nel caso siate ancora con me, vi aspetto lì.
Perdonatemi se vi ho deluso.
Un bacio enorme, la vostra Fog_

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