Azzurra D’Amore.
Una storia semplice
Ma non
è colpa mia se per noi questo è vivere.
Una
storia semplice _Negramaro.
Capitolo 4.
Guardo le pale del soffitto girare energicamente e mi
domando da quanto tempo sono nella posizione in cui mi trovo, con Flavio che
dorme pesantemente con la testa sul mio seno ed io che vorrei alzarmi anche
solo per costatare di possedere ancora l’utilizzo delle gambe, ma
è una visione troppo bella e non voglio svegliarlo. Da quando siamo
tornati da Trieste viviamo praticamente insieme, credo
di essermi separata da lui solo per permettergli di recuperare un borsone con
le cose necessarie a sopravvivere. Beh.. non si vive
di solo sesso, per quanto paradisiaco sia.
Cerco di allungare la mano sul telecomando ma il
movimento gli sposta il ciuffo sulle guance provocandogli il solletico, lo
sposta malamente dal viso aprendo gli occhi.
«Ciao»
«Ciao»
Ha l’aria dolce considerando che ci siamo
addormentati litigando.
Fa ancora il misterioso con me, ma io non mollo glielo
ho promesso e lui ha promesso a me di rivelarmi chi è.
Guardo il mare al di là delle
imposte a vetro nell’appartamento in cui ci troviamo e mi sento
improvvisamente malinconica; tutto questo finirà. Io, lui, rilassati in
vacanza, la nostra prima vacanza per la nostra prima
estate, la magia del tempo che non segna i ritmi, il dolce far niente che culla
e accarezza.
Flavio si rende conto del troppo silenzio fra di noi e mi passa un indice lungo il profilo del naso;
mi fa sorridere questa cosa, la trovo tenera e come nulla cancella i miei
pensieri.
«Andiamo a fare il bagno, ti va?»
«Mh-mh. Cosa vuoi per colazione?»
«Un morso di te. E poi un
caffè.»
Si butta sulla mia pancia e comincia a morsicarmi
tutta, prima leggero, poi appassionato, languido e come niente le sue mani si
trovano infilate sotto la mia camicia da notte e le mie frenetiche nei suoi
pantaloni che cercano e si dannano per una voglia da colmare subito, senza
aspettare, senza perder tempo.
«Mi piaci quando ridi, sei bella.»
«E’ un sorriso
languido Flavio, da sesso appagante. Devi averlo visto un centinaio di volte su
questa faccia da saperlo riconoscere bene.»
«Almeno un migliaio di volte, volevi dire.»
Ride portandosi la tazzina di caffè alle
labbra, inchiodandomi con uno sguardo sicuro, da uomo, di quelli che mi riserva
solo quando siamo a lavoro; è buffo, quando siamo insieme
sento i dieci anni fra di noi ancora meno, il suo modo di fare, di essere
è così sciolto, libero, leggero.
«Sono contento che il sesso fra di noi funzioni,
comunque. Perché quel tono polemico? »
Alzo le spalle, forse era leggermente alticcio quando
siamo rientrati stanotte, da non ricordare ciò che mi ha detto.
«Ieri sera eri di un altro avviso.»
«Che cosa ho detto?
Oddio, ho un vuoto.»
«Lo credo, tu e Rich vi
siete scolati una bottiglia di Morellino a testa.»
Penso a Rich e Miria nella stanza accanto e alle
nostre urla patetiche di ritorno dalla nostra cena; è la prima vera
litigata che facciamo da quando siamo insieme e questo un po’ mi turba.
Non mi turba tanto la presenza del mio migliore amico e della sua ragazza
–abbiamo deciso di fare questa specie di vacanza insieme come tentativo
d’approccio per permettere ai “quasi” due uomini più
importanti della mia vita di conoscersi e anche di piacersi perché no,
con discreti risultati- quanto il suo distacco dai problemi, la sua
facilità di ripresa, di dimenticare.
«Hai
detto che fare sesso con me ti fa dimenticare
tutto.»
«Fare l’amore
con te. Credevo fin qui fossimo chiari. Cosa c’è di strano in
questo?»
«Che
non so quali sono le cose che vuoi dimenticare?» Lo sottolineo
come fosse una cosa ovvia parlando in tono sarcastico; lui sbuffa, poi scuote
la testa, sorride e mi scompiglia i capelli. «E poi cosa sarei scusa, una specie di contenitore muto in cui gettare i
tuoi guai?»
«Contenitore muto? Azzurra i tuoi paragoni mi
sconvolgono.»
«Tu
mi sconvolgi!»
«Tu
mi hai fatto innamorare, figurati.»
«Lo
dici come se fosse una cosa brutta.»
«Esatto, ma non che sia una cosa brutta. Ci
stiamo conoscendo vedi? Anche se ci amiamo già, tu non sai cosa significa
per me il tuo amore ed io non so cosa sia il mio per te. Lascia fare al tempo e
sopratutto smetti di pensare. Hai già tutto il
mio amore non ti basta?»
Mi
mordo il labbro, guardo lontano. Decido di essere sincera.
«No,
non basta.» Passa da uno sguardo spensierato ad
uno accigliato, infine disperato. «Hai presente
la sensazione nel guardare un quadro astratto? Tutto il mondo si stupisce di
fronte un quadro astratto ed è normale perché
nell’illogicità si può trovare il bello, ci si può anche innamorare. Ma per quanto bello esso sia
resta pur sempre un caos di forme e colori senza senso, tu stai lì a
fissarlo e quello resta esattamente ciò che è, non
cambierà mai.»
Annuisce
con lo sguardo basso. «Credevo di averti dimostrato che siamo un
po’ più di un bel quadro da guardare.»
«Ti sto dicendo che è ora di evolvere,
Flavio. La bellezza del nostro amore è fuori discussione.»
Si lascia andare in un lungo sospiro. «Cosa vuoi sapere?»
“Oddio, me lo
ha chiesto davvero?!” Ho una lista infinita di cose da
chiedere ma al momento me ne viene in mente solo una, la più sciocca se
vogliamo fra le cento che potrei porgli.
«Hai un problema con il sesso? A livello
patologico intendo.»
Mi
guarda sgranando gli occhi, stupito anche egli dalla
domanda meno scontata che avessi potuto porgergli; lì mi rendo conto di
aver bruciato una cartuccia importante per sapere una cosa che sommata alle
altre assume un valore quasi nullo.
«Ce l’ho avuto.» Mi risponde incatenando i nostri
sguardi. Mi sento male, era una domanda sciocca per me che credevo in una
risposta diversa, maledizione! «Ho usato senza
moderazione sesso, alcool e tutta una serie di droghe per tirarmi fuori dai
miei guai credendo che sarei stato meglio. Le droghe e l’alcool le ho
mollate subito, troppo deleterie. Il sesso era l’unica cosa che non mi
faceva stare male, anzi.» Sorride quasi
sardonico, io ho bisogno di scostarmi un po’ per mettere a fuoco l’intera
situazione, perciò arretro con la sedia impercettibilmente.
«Adesso
cosa pensi di me?»
«Che
avrei voluto conoscerti dieci anni fa.» Bene,
c’è ancora dell’umorismo in me.
«Per
legge mi avrebbero accusato di abuso di minore.»
Sorrido
all’angolo della bocca. «Adesso sei a posto?»
«In
un certo senso..» risponde fissandomi le labbra
in modo malizioso.
Mi
sento pervadere dalla frustrazione. «Flavio sii serio!»
«Faccio l’amore con la donna che amo -e
solo con lei- quindi direi che sono a posto. Ok così?»
Lo
guardo di sottecchi, lui si alza sparecchiando e mettendo in ordine le cose
sciacquate nel lavello; si gira, appoggiandosi ai pensili della cucina
guardandomi a braccia incrociate sul petto. Restiamo a fissarci per un
po’ fino a quando non decido di alzarmi per andargli incontro; mi cinge
subito per i fianchi costringendomi ad appoggiarmi addosso a lui senza resistenze.
«Come
stai?» Mi spazzola i capelli con le dita e odio avergli detto che la cosa
mi rilassa tantissimo.
«Non
mi fa piacere sapere che hai strombazzato per mezza Italia quando io a stento
avevo dato il mio primo bacio.. però bene,
tutto sommato.»
«Beh,
se non altro abbiamo recuperato, no?»
Mi
sposto guardandolo assassina. «Ti stai pavoneggiando?»
«Un po’. Mi piaci quando sei gelosa.
E’ un sentimento che non conoscevo prima di incontrarti.»
Nella
mia testa, come un pannello elettronico allo stadio, scorre veloce
un’altra domanda; è impossibile per me non pensare, ogni volta che
mi svela un pezzo di se io vorrei sapere altre dieci cose.
«Susanna
era troppo fragile per
dimostrarmi il suo amore.» M’accarezza
la guancia rispondendo alla mia domanda muta ed io sorrido come se mi fosse
stato svelato il terzo segreto di Fatima, o la vera causa della morte di
Marilyn Monroe o qualsiasi altro dubbio mondiale. «Adesso basta
chiacchiere però, andiamo a fare il bagno.»
L’isola
del Giglio è un piccolo paradiso incastonato in un mare verde smeraldo e
turchese che stamattina rifulge ancora più sfacciatamente bello del
solito. Riccardo e Miria sono già in spiaggia a crogiolarsi sotto i
raggi benefici del sole, quando ci vedono si lasciano
andare in risolini e sgomitate come mi aspetterei dal mio migliore amico e di
conseguenza dalla sua donna. Miria è perfetta per lui penso, mentre
stendo l’asciugamano sul lettino e butto le infradito sotto
l’ombrellone.
«E’
terminata in pareggio la rissa?»
Riccardo
mi guarda beffardo da sotto i Rayban a goccia;
è figo, anche se è rimasto solo lui a
portarli così ancora. Lo ignoro, allora attacca con Flavio intento a
spalmare di crema la sua bellissima pelle dorata.
«Senti
un po’ tu, abbiamo bevuto insieme ma la mia promessa è ancora
valida.»
Flavio
alza gli occhi al cielo e mi guarda scuotendo il capo; come se fosse colpa mia
per ciò che dice da ubriaco.
«Mi spacchi la faccia. Recepito,
ok.» Si avvicina a passo felpato accanto al mio lettino stendendo il
proprio asciugamano; due ragazze qualche spanna più in là lo
guardano come fosse l’ultimo uomo sulla terra a passare da quelle parti,
si guardano fra loro ridendo e rivolgendo poi lo sguardo su di me. Stizzita mi butto addosso all’adone baciandolo senza
ritegno. Lui rimane spiazzato assecondandomi, poi con gentilezza si scosta
voltandosi in direzione delle ragazze, scuote il capo e torna sulle mie labbra.
«Rivendichi
il territorio?»
«Non sono mai stata così gelosa. Anche per me è una sensazione nuova.»
«Non
fermarti allora.» Lo assecondo e in un attimo sono sul suo lettino
avvinghiata alle sue gambe.
«Oh
mio Dio vi hanno mai detto che sembrate due
adolescenti arrapati?!» Riccardo e la sua lingua lunga mettono un freno
alla nostra libido; guardo all’asciugamano delle due guardone e non ci
sono più; sorrido, missione compiuta!
«Riccardo!»
Miria lo colpisce con una copia spiegazzata di classico giornaletto da gossip
estivo guardando me implorante di perdono. Alzo le spalle facendole
l’occhiolino poi guardo il mio amico con aria di sfida.
«Rich, ricordati di pensare alle mutande e non rompere le
palle!»
«E
basta con questa storia!» Mi lancia la rivista di Miria addosso e si alza
minaccioso; fa il giro largo fino al mio lettino sollevandomi di peso.
«Un bel bagno freddo è quello che ti serve signorina.»
Flavio
dalla prospettiva delle spalle di Rich ci guarda
accigliato. “Però.. è bello anche sotto sopra!”
«Te
la riporto subito eh.» Non riesco a vedere più la sua faccia
perché si è girato a grandi passi verso riva, mi mette giù
annegandomi nell’acqua alta.
«Sei
proprio un cretino!» Riemergo tossendo.
«Non
è colpa mia se hai il solito vizio di andare giù a bocca aperta!»
«Dovresti chiuderla tu la bocca ogni tanto, sai?
Sei il mio migliore amico, ma non puoi sempre parlare a sproposito.» Gli salgo sulle spalle accompagnando le mie parole
con sonori baci sulla guancia; mi sento in colpa, forse ho esagerato tono e lui
è del mio stesso avviso, mi fa scivolare davanti e mi guarda dritto
negli occhi.
«Insomma
fai sul serio, eh?!»
Annuisco
silenziosamente. «Quindi che cosa farai con la
differenza d’età? Con il fatto che lui ha un ex
moglie e un passato ambiguo del quale non accenna a parlarti?»
«Fossero
solo questi i problemi..» Mi mordo il labbro
lasciandomi andare all’indietro ritrovandomi a galleggiare
nell’acqua fresca; lui mi riacchiappa per un braccio e mi riporta dove ero.
«Che
è successo ancora?»
«Come
reagiresti se ti dicessi che l’uomo di cui mi sono perdutamente
innamorata era ninfomane?»
Riccardo
non ha mai perso le staffe, o meglio non l’ho mai visto alterarsi così tanto con me al punto di urlami in faccia. «Eh? Che diavolo ti sei messa in testa?» Scuote
il capo sbracciando di ritorno a riva; lo seguo, cercando di frenarlo con il
mio peso, quindi s’arresta finiamo dove
tocchiamo con i piedi e restiamo a parlarci viso a viso. «Senti non
saranno affari miei ma ti conviene sganciarti da uno così.. piccola ti puoi far male.»
«Rich..» Gli accarezzo la
guancia ribattendo con sicurezza il suo nome. «Riccardo, sta bene mi ha
detto e io gli credo.» Guarda titubante verso la
spiaggia, Flavio si è tirato su con il busto, ci saluta a palmo aperto.
«Quello
o è tutto matto o è un fottuto genio.»
«L’una e l’altra credo. Ma
siamo innamorati.»
«Su questo non posso darti torto. Mi prometti che
cercherai di stare bene, però?»
«Te
lo prometto.»
“Me lo prometto.”
Riccardo
mi abbraccia forte, prima di risalire in spiaggia; da lontano Flavio si
stiracchia e decide di entrare in acqua e raggiungermi. Si incrociano
per mezzo secondo, Rich borbotta qualcosa e va via.
«Devo
stargli proprio sulle palle.»
«Non
farci caso.». Rispondo schizzandogli un po’ d’acqua in viso. «E’
molto protettivo nei miei riguardi.»
«Lo so. Credo d’essere..
geloso.»
Alzo
un sopracciglio. «Lui è mio amico.»
«Sì ma non è quel tipo di gelosia.
Lui ti capisce e sa farti ridere.» Sospira, lo
sguardo pensieroso; mi aggrappo con le gambe al suo busto e gli bacio il viso
con immenso amore.
«Anche tu mi fai ridere, tantissimo. Anche adesso
per esempio, stai qui a rimuginare su Riccardo e non ti rendi conto quanto sto
bene insieme a
te.»
«Però non è abbastanza.»
«Non
sarà mai abbastanza.» Respiro fra i suoi capelli l’odore di
acqua salata, sospirando. «Voglio te, tutto di
te. Sempre. Perché ti amo e non posso fare a meno della tua persona.»
«Della
tua persona.» Sorride nel mio orecchio soffiandomi aria calda. «Sei
così romantica.» Sto per
ribattere indispettita ma posa l’indice sulle
mie labbra guardandomi intensamente; chiude gli occhi, inspira
impercettibilmente e parla. «Quando ho conosciuto Susanna
avevo sedici anni. E’ stato in una comunità di recupero, ero un
ragazzino con problemi comportamentali, irrequieto, uno sbandato. I miei
genitori erano poveri, mio padre spariva per mesi e quando tornava
erano solo problemi. Un giorno il parroco del borgo in cui vivevo ha
interpellato dei tizi che sono venuti a prendermi e mi hanno portato là.. nella “casa del sole”.» Fa una lunga
pausa, troppo lunga da farmi rimuginare sulle sue
parole. Sto male, ma lo accarezzo incitandolo a continuare. Sta parlando di se. «Da quel momento
non ho più visto nemmeno mia madre. A diciotto anni mi hanno dato un
attestato di elettricista e il benservito e sono andato a vivere in
città.. insieme a lei.»
«Lei.. era come te?!»
«Soffriva di anoressia. I suoi genitori
consideravano la comunità un ultima
spiaggia.» Ghigna mentre si morde il labbro e mi fa paura. «Si sono
ritrovati con un genero e la figlia lontana chilometri.»
«Non
erano d’accordo, immagino.» Osservazione piuttosto stupida ma non
voglio che smetta di parlare.
Voglio
la sua voce intorno. Voglio sapere.
«Ovviamente no. Ma lei era felice con me e si
sono ricreduti con il tempo.» Il pensiero lo fa
rabbrividire, nella mia testa il puzzle di informazioni
prende corpo e comincio a vedere chiara una sagoma.
«Fino
a quando non l’hai tradita.»
Alza
lo sguardo colpevole. «Ad un certo punto
è cambiato tutto. Le cose stavano cominciando a girare per il verso
giusto, avevo ottenuto uno stage per una grande azienda ma lei ha cominciato a
peggiorare nuovamente. Temeva di perdermi credo, aveva smesso di mangiare e
diceva cose orribili. La Saona si è trovata lì nel
momento sbagliato. O giusto se vogliamo vederla in altro modo.» Altra pausa stavolta breve, un veloce sguardo nei
miei occhi e continua. «Non avevo un soldo Azzurra e lei era così.. profumata.»
Dovrei
capirlo? Giustificarlo? E poi giustificare i suoi silenzi, aver omesso il suo
lato oscuro?
Dovrei.. fuggire?
“Ti conviene sganciarti da uno
così.. piccola ti puoi far male.”
«Perché
durante tutti questi mesi non hai trovato la forza per dirmi tutto?» Rompo
il silenzio scostandomi dalle sue spalle larghe. Sono calma, parlo piano,
flautata quasi e me ne sconvolgo. Non
fuggirò. «Credevi davvero fosse il
tuo passato a determinare la persona che sei per me? Mi credi così
ottusa, incapace di decidere con i miei sensi, il mio cuore, la mia anima? Se
non lo sai è con questi che io ti amo e faresti
bene a mettertelo in testa dottor Spagnoli, perché non ho più
intenzione di stare a soppesare ogni tua piccola parola o gesto. Hai detto che
mi merito il meglio di te, giusto? Bene, io voglio conoscere anche il peggio
però.» Finisco di parlare e le parole
lasciano un vuoto nei polmoni che per un attimo mi destabilizza,
ma Flavio è su di me e mi porta al petto. Sbatte le
ciglia sorpreso, sorride.
«Non
provi repulsione?»
«Repulsione? Oh mio Dio, no! Posso non
condividere le tue scelte, ma chi sono io per giudicare?!»
Sorride
ancora, anche se sembra teso adesso. «Ho fatto
male a quella donna. E forse.. potrei farlo
ancora.»
«Sono
abbastanza certa che non mi farai quel
tipo di male.»
«A volte sono ermetico. Rigido. Sentimentalmente complicato.»
«Ah! Questo lo so da un bel po’.» Ribatto sarcastica. «Ti stai tirando indietro
per caso?»
«Oh
no, mi hai fatto toccare un mondo inesplorato.»
E’ così dolce e sensuale nel proclamarmi il suo amore che resto
avvinta nel suo sguardo sognante. «Non so nemmeno chi ero veramente prima
di questo.» Mi prende la mano nella sua e la
bacia con candore, se la passa sulla guancia e finalmente chiude i suoi occhi
di petrolio fuso.
Penso
che ora che sono a conoscenza di alcuni dei tratti della sua vita, mi importi ancora meno sapere chi fosse.
E
che averlo saputo non sia affatto determinante,
dopotutto.
Penso
che non devo avere paura, anche se mi tremano le
ginocchia, io so che lui mi ama con lo stesso trasporto e intensità con
cui lo amo io e le tragicità della sua vita non cambieranno, ne
sfilacceranno, il filo conduttore che lega le nostre vite, oggi.
«Brr.» Esco dall’acqua che ho la pelle
raggrinzita, Flavio è in mare aperto che fa una nuotata, il sole mi
scalda e mi da il torpore che cerco, anche se al posto
di stare stesa su questa sdraio mi vedrei meglio con il suo calore addosso.
Forse
sono malata di sesso anche io. O forse sono solo
malata di lui.
Dalla
sua borsa sento trillare il cellulare due volte. Mi acciglio, tirandomi su con
il busto.
Rich mi guarda enigmatico da sotto le lenti, Miria sonnecchia
beatamente. «Che faccio? »
«Rispondi
tu, potrebbe essere importante.»
«Importante
per la mia curiosità?»
Alza
le spalle lasciandomi sola con il dubbio; “Ma
si, potrebbe essere importante!” Mi piego
sfilando il cellulare dalla tracolla, sul display il nome di Lidia trilla
impazzito. “Merda! Merda! Merda!”.
Controvoglia cerco di attirare la sua attenzione ma è di spalle e nuota
con classe innata in acque blu profonde per pensare a me e alla mia
stramaledettissima voglia di rispondere al posto suo. Bofonchio, premo rispondi
e con mano tremante accosto il telefono all’orecchio.
«Pronto?»
Segue
un silenzio lunghissimo e la voce impacciata di donna. «Potrei parlare
con Flavio per favore?» Riconosco il tono brusco e mi irrita,
ma non riesco a non percepire la sfumatura d’agitazione sul fondo delle
sue parole.
«Flavio
al momento non può rispondere, vuole che gli dica qualcosa?»
«Sì, per piacere. Si tratta di Susanna.
Per piacere.»
Il
suo è un lamento; ho percepito bene. “
Susanna, oh mio Dio!” «Le è successo qualcosa?»
Le
chiedo con finta pacatezza, la donna intuisce il mio sapere e fa un lungo
sospiro, con voce incrinata mi dice che sua figlia sta male, che ha
urgentemente bisogno di Flavio perché su di lui spesso contano in certe
situazioni. Le prometto di farla richiamare subito e chiudo la conversazione
agitata.
“Merda!”
Getto
il telefono sul lettino e mi sbraccio a riva nella direzione di Flavio; mi nota,
a grandi bracciate torna indietro avvicinandosi alla riva, si protende sulle
mie labbra ma il mio sguardo raggelante lo blocca; indico il telefono incapace
di dire altro, lui corre svelto e risponde come un automa, quasi avesse letto
nella mia mente e nel mio viso impaurito. Scorre velocemente le ultime
chiamate, mi guarda accondiscendente e si avvicina nuovamente prendendomi per mano.
«Lidia!»
Impreca mentre la donna piange al telefono e lo prega di raggiungerli, non
c’è bisogno del viva voce per distinguere
una ad una tutte le parole della conversazione e dopotutto le vedo anche
impresse negli occhi sbarrati di Flavio che urla e si agita. Quando mette giù corre come una furia verso l’appartamento,
sempre con me sigillata nella sua mano.
«Che
sta succedendo?» Gli urlo, sganciandomi dalla morsa.
«Sta male Azzurra. Sta male, cazzo!» Si
sbatte a destra a sinistra ed ho bisogno di mettermi
seduta, guardare il suo pazzo mulinare da lontano; tira fuori il trolley da
dietro la porta d’entrata e ci butta dentro alla rinfusa vestiti,
documenti, cose forse nemmeno sue, automaticamente e senza logica e mentre lo
fa impreca, piange senza lacrime, un pianto asciutto, greve. Se ne sta andando.
Ok. “Ok? No!”
Mi
alzo e lo imito senza fiatare, prendo cose e le butto nel mio trolley
rispettivo ora orfano del suo compagno; l’acqua mi gocciola sugli occhi e
sulle labbra solcando le guance, mischiandosi al sale di lacrime di
frustrazione.
Sale
contro sale.
«Che
fai?» Mi chiede impaurito, tirandosi i jeans sulle gambe muscolose.
«Vengo con te. Non si discute.»
«Aspetta
un attimo..»
«NON SI DISCUTE! Non ti lascio correre ad
ammazzarti da qualche parte per restare qui a torturarmi i nervi
nell’incoscienza. Non ti starò intorno tranquillo, dormirò
da qualche parte. Ma vengo con te, puoi
giurarci.»
Mi
stringe forte a se baciandomi i capelli bagnati. «Ti
amo. Sei tutta la mia vita.»
Cercare
di spiegare a Riccardo la situazione non è facile, mi strappa la
promessa di chiamarlo ogni ottanta chilometri e di stare attenta, ovviamente.
La traversata in traghetto sembra infinita, sbarchiamo a Porto Santo Stefano e
ci infiliamo di corsa nella sua Audi.
Duecento
chilometri di strada più o meno e il suo viso
è troppo tirato per sopportare un angosciante silenzio.
«La Saona
ha detto di conoscerti da prima di Susanna.»
Non
lo guardo in viso, ma so che mi sta guardando e probabilmente ridendo della mia
curiosità da fidanzata gelosa.
«Ed è così. E’ nata a Padova,
viveva nelle stesse baracche a ridosso del Brenta dove
vivevo io. A differenza mia, lei pare essersene dimenticata.»
Cerco
di farmela stare più simpatica nuovamente per solidarietà
femminile, ma è impossibile e tutte le mie attenzioni e pene sono
rivolte all’uomo che amo, alla merda in cui è nato e in cui
è vissuto dopo; gli stringo la mano stretta sul cambio e lui annuisce. «Adesso sai perché mi piace vivere. E tutte le
cazzate che ne sono derivate.»
Il
sesso malato, già. «Che è successo
dopo? Dopo i tradimenti, che ne è stato di tua moglie?»
«I
suoi se la sono venuta a prendere. Sapevano cosa stavo
passando, c’erano passati anche loro e infondo
mi volevano bene, sapevano che era stata dura anche per me, costruirmi una
reputazione, cominciare da zero. Nel primo anno da sposati non le ho fatto
mancare nulla e forse siamo stati anche felici, ma ormai avevo perso la testa.. e anche lei.»
«Avevi.. perso la testa?»
«Immagina cosa può scattare in un ragazzo
diciamo “esaltato” passare da avere zero ad avere cento senza
essere vigilato da nessuno o morigerato. Lei non c’era più, studiavo
come un pazzo per laurearmi e al tempo stesso mi facevo le ossa in azienda,
quando ho visto i primi soldi sono andato fuori di
senno. Di notte non dormivo mai, facevo di tutto per non stare da solo a casa.
Quel vuoto silenzio era insopportabile. Dipendevo da tutto ciò mi
facesse dimenticare quanto ero stato sporco, senza
rendermi conto che in realtà ero più sporco che mai. Un circolo vizioso e compulsivo. Ne sono uscito dopo anni di terapia.»
Trattengo
il fiato, il suo duro quadro della situazione mi atterrisce, lo ammetto; ho
l’impressione di vedere aleggiare un ombra nera
nei suoi occhi. E mi fa paura.
«Per questo tendi a controllare le persone?
Perché non sei stato abbastanza per lei?»
«Io
non ti controllo Azzurra!» Ribatte con sconcerto. «Al massimo mi
preoccupo molto per te.» Stringe forte la mia mano e cambia
d’umore. Nero, nero pece. «L’ho
fatta stare male e non ho mosso un dito per tenerla con me. Eppure lei mi ha
perdonato. Tutta la sua famiglia mi ha perdonato. Io non sono riuscito per un
sacco di tempo a perdonare me stesso e vivo ancora con questo senso di colpa
che mi fa sentire sempre inadeguato.»
Poso
la testa all’indietro e viaggio con la mente al suo senso di inadeguatezza applicato a me.
«Sei
morboso a volte, eccessivamente eccitato quando siamo insieme e pronto a
risolvere tutti i drammi a letto, inizialmente bloccato quando si trattava di
rilevarmi i tuoi sentimenti e ancora oggi assente se parliamo di futuro.. ma non ho mai creduto veramente che tu fossi inadeguato
per me. Per noi.» Mi guarda trepidante e
commosso, aggrappato forte al volante. «Insomma quante persone
abbatterebbero le proprie difese per darsi incondizionatamente ad un'altra, se non fossero mosse da un reciproco,
inconfondibile, pazzo, adeguato amore?»
Non
risponde e non lo fa per troppo tempo; getto la testa all’indietro
esausta e sbadiglio un po’. Il mio sedile è stramaledettamente
comodo per restare rigida e in attesa di risposte che non arrivano.
Chiudo
gli occhi e sento la pesantezza tutta lì, nelle palpebre che calano
inesorabilmente.
«Perdona te stesso, ti prego. Sei così
bello quando ti sveli.» Biascico, prima di
perdere i sensi.
Apro
gli occhi e il panorama è cambiato; siamo in aperta campagna, da lontano
spiccano i tetti della città.
Flavio
guida più tranquillo mi sembra, tutto intorno una
strada stretta circondata da muri alti e villette.
Lo
guardo senza domandare nulla.
«Ci siamo quasi. Volevo dormissi ancora un
po’.»
Gli
sorrido, incanala l’auto verso destra a ridosso di una casa e spegne i motori;
il cancello in ferro battuto nasconde un villetta a
più piani di quelle dalla geometria quadrata ma sviluppata ai lati con
altri blocchi ed ampi balconi, il prato verde curatissimo e a filo,
l’ombra di una piscina sulla corte posteriore.
“Accidenti!”
Mi
sento improvvisamente nervosa, mi passo frenetica le mani lungo le gambe e mi
accorgo solo ora di essere vestita in maniera
improponibile; pantaloncini per il mare e infradito. “Wow!”
Flavio
mi fa strada, bastano pochi passi e ad accoglierci in
giardino troviamo Lidia e quello che ha l’aria di essere suo marito; non
si lasciano andare in smancerie anche se l’uomo si dimostra molto cortese
nei miei riguardi, sua moglie invece più pragmatica ci lancia delle
occhiatine perplesse, ci mostra le varie stanze e nel frattempo discute della
situazione clinica di sua figlia con Flavio, che osserva senza guardare
ovviamente già ben istruito sul posto.
Il
discorso non vale per me. Tutto l’interno è armonioso e un
tripudio di puro stile di campagna; i muri con mattoncini a vista, le travi
smaltate del soffitto, il pavimento in cotto rosa pallido. Resto esterrefatta.
I
mobili sono pieni zeppi di cornici con foto di famiglia, matrimoni, piccoli
ninnoli perfettamente adeguati al contesto che li
circonda. Scorgo i visi delle istantanee e mi sento fuori luogo, osservata.
Ben
presto, ci troviamo di fronte la porta di Susanna.
«Forse
è meglio che entri solo tu.» Flavio non ha mollato la mia mano
nemmeno per mezzo secondo, ma adesso smanio di ritirarmi in una bozza di
solitudine.
«Ci
penso io a lei, vai pure Flavio.»
Lidia
mi guida in religioso silenzio per una scala, fino all’ultimo piano; con
una chiave apre la porta d’ingresso e ci ritroviamo in un open space mansardato con pochi mobili e un grande letto al
centro della stanza. C’è odore di pulito e le finestre sono
spalancate sul giardino e la campagna.
«Grazie.»
«A
te, per averlo portato qui.»
Mi
lascia il mazzo di chiavi sul piccolo tavolo appoggiato alla parete sinistra e
mi lascia sola.
Apro
il borsone senza sapere cosa è che cerco e mi tormento di domande.
Adesso
è con lei. Non so nemmeno che faccia abbia e sono prepotentemente
entrata nella sua vita, nella sua casa, nelle sue cose; ho ancora addosso la strana sensazione di disagio, spero che Flavio
salga presto ma al tempo stesso voglio che le stia vicino, se questo è
così importante per lei.
Con
questa donna posso essere solidale, so che l’ha amato almeno quanto lo amo io.
Qualcuno
bussa alla porta. Sono sollevata.
«Posso
entrare?» Lidia fa nuovamente capolino stringendo una pila di asciugamani;
annuisco vigorosamente restandomene impalata vederla sistemarli sullo sgabello
del tavolo. Ci guardiamo a fondo senza dire niente, poi lei sorride e mi toglie
dall’imbarazzo parlando un delizioso accento fiorentino. «Mi dispiace essere stata scortese con te la prima
volta, davvero. Non avevo idea..» So a cosa
mira, il nostro disastroso primo incontro al fuori sede di Firenze; è
ridicolo sia passato così poco tempo eppure sembri appartenga ad una vita passata. Molte volte ho pensato che se non fosse
stato per il nostro “piccolo incidente” chissà come e quando
avrei scoperto che Flavio era stato sposato. «E poi vedi.. non ero
abituata a vedere Flavio con un’altra donna, ecco. Se ne
è stato per i fatti suoi tutti questi anni.. che un pensierino da
mamma ce l’ho fatto! Però lo vedo preso, mi sembra anche
spensierato per cui se è felice lo sono anche io.»
«La
ringrazio, credo che sarebbe contento di sentirselo dire.»
«Non mancherò. Ti lascio alle tue cose,
quando sei pronta scendi pure. Susanna ha voglia di
conoscerti.»
“Vuole conoscermi?”
Tolta
la salsedine mi sento già a posto.
Mi
butto addosso qualcosa di decente e scendo in basso;
resto un po’ a fissare quella porta dalla quale provengono solo bisbigli.
Busso ed entro senza espressioni in viso.
Lei
è sdraiata sul letto in vestaglia. Mi sorride quasi subito e nel farlo
ho paura possa spezzarsi; il volto è scavato e grigio, gli occhi sono
orlati da occhiaie bluastre e la pelle è talmente sottile da riflettere
ogni vena l’attraversi.
“Dio mio..
è peggio di quanto temessi.”
Ad occhio e croce peserà non più di cinquanta chili, ma
sembra piuttosto alta e questo la fa sembrare più esile di ciò
che è; non indugio oltre e sposto lo sguardo altrove, caricandomi di
forza per andarle incontro.
Flavio
le sorregge la mano scheletrica, mi sorride vedendomi prendere
posto al lato opposto al suo.
«Insomma,
eccoci qua.» Non sforzo la voce, non voglio risultare
patetica solo solidale, per quanto possibile.
Non
credo esca molto da questa stanza, la figura delle gambe sotto le lenzuola
rivela pochi muscoli e la debolezza con la quale annuisce mi fa dedurre che si
tenga a stento aggrappata alla vita. «Posso sedermi qui vicino a
te?»
«Certo.»
Sospira con un fil di voce, poi guarda verso Flavio che rispondendo ad una richiesta muta si alza e l’aiuta a mettersi
ritta con la schiena. «Adesso posso guardarti meglio.»
«Hai una casa veramente bella.» Tergiverso, gettando un occhiata veloce alla stanza; mobili bianchi, tende
glicine, fiori e ciò che attira di più la mia attenzione sono le
bambole di porcellana allineate nella credenza accanto alla finestra.
Rabbrividisco, lei mi guarda e sorride flebile.
«Non
ti piacciono eh?»
«No,
non molto.» Flavio mi guarda sereno, per nulla turbato dalla mia
sfacciataggine. «Me ne regalarono una da bambina
e il mio gatto –nero, particolare non trascurabile- restava ore a
fissarla soffiando. L’ho buttata via dalla finestra! Il gatto no poverino.. ma da quel giorno niente più bambole e gatti
neri!»
Ride
e sono felice, mi rilasso. Da quando l’ho vicina
trattengo il respiro per paura di farle male.
«Se
è così mi dispiace. Sono lì da
non so quanto tempo.»
«Ma
no figurati! Sono solo una sciocca superstiziosa,
tutto quà.»
Il
papà di Susanna apre la porta senza bussare, nella
mani una fumante ciotola di brodo.
Flavio
gli lascia il posto, l’uomo prende il cucchiaio e fa per imboccarla.
Lei
arriccia il naso, protesta debolmente ma il diniego risoluto del capo
dell’uomo le fa aprire la bocca automaticamente. «Su Susy, un altro
ancora.»
«Sono
piena papà.»
«Solo
uno.»
Trovo
la scena straziante e mi mancano le parole.
Non
oso alzare gli occhi su Flavio, su Susanna, suo padre..
mi torturo le dita senza pietà; il mio uomo lo capisce, fa il giro del
letto in punta di piedi e con la stessa leggerezza mi passa una mano sulle
spalle. Lo guardo e ricambia il mio sguardo non battendo ciglia. E’
nervoso. Rigido. Sta trattenendo il respiro anche lui.
Giulio
posa il cucchiaio nella ciotola e annuncia a Flavio delle commissioni, se ha
voglia di andarci, ma da come si parlano intuisco
subito che sia una balla per tenerci all’oscuro di qualcosa.
Prima
di uscire degli occhi neri di piombo fuso confermano
la tesi.
Susanna
si agita e sulle prime non so cosa fare, prendo il
posto di suo padre, verso dell’acqua in un bicchiere e glie poggio sulle
labbra.
«Grazie.»
«Non
ringraziarmi, se posso aiutarti in qualcosa
dimmelo.»
«Qualcosa
a dire il vero c’è.»
Mi
scruta, siamo vicine. Ha degli occhi blu imbarazzanti da tanto belli, non li
avevo notati. Anche il resto del suo viso seppur martoriato dalla malattia lo
è; labbra carnose, zigomi sporgenti ma un tempo immagino
belli alti e pieni, una bellezza regale, fine. Mi si stringe il cuore.
«Vorrei che tu continuassi a fare esattamente
ciò che stai facendo per lui. E’ tremendamente innamorato di te,
glielo si legge negli occhi. Ecco, puoi aiutarmi in questo. Ricambiarlo e
renderlo felice, se puoi»
Resto
scioccata, interdetta. «E’ stato infelice
per così troppo tempo.. adesso invece sembra
così sereno, così tranquillo. Mi ha raccontato che lavori per
lui, questo ti pesa?»
«A
volte.»
«Immaginavo. Ma sembri la tipa che sa gestire al
meglio le situazioni, non è così?»
«Ci
provo, anche se faccio grandi casini con lui.»
«Fa perdere la testa lo so. Ma
ci vuole tanta pazienza, Azzurra. E tanto amore, cura, dedizione. Magari
penserai che sono ipocrita dal momento che non sono
stata in grado io per prima nel dare tutto questo, ma il tempo è la cura
migliore, ti fa guardare le cose da un’altra prospettiva.» Guarda
verso la finestra e sembra essersi allontanata con il pensiero. «Eravamo
due persone troppo fragili che si sono distrutte a vicenda.»
«Non credo che tu sia ipocrita. Ti vedo molto
fragile sì, ma allo stesso tempo molto forte. Hai mai pensato di
ribellarti a tutto questo?» Sull’onda delle
confidenze, mi lascio andare senza filtri. Lei allarga gli occhi, sospira.
«Dopo di lui sì, qualche volta. Ma non farò la patetica dicendoti che è
difficile. Il mio problema è che non voglio. Mi spaventa mutare. Il
cambiamento.. non lo sopporto. Comunque, avrò
presto una stirpe di medici intorno che mi ripeteranno quanto la vita è bella e mutevole, per cui non pensiamoci
adesso.»
Aggrotto
un sopracciglio, lei annuisce. «So cosa sono
andati a fare. Si preoccupano sempre tanto delle mie reazioni. Ma non sono scema; io per prima non ne posso più di
essere così. Questa. Sono solo spaventata, magari riescono a curarmi
davvero.»
L’istinto
prevale sulla ragione, le prendo la mano con delicatezza; sono sopraffatta
dalle emozioni, mai e poi mai avrei creduto di trovarmi in questa situazione,
eppure il tornado Spagnoli mi ha travolto con la sua inaspettata vita e me la
sta facendo addirittura apprezzare.
«Te lo auguro davvero. Sei una persona buona
Susanna.»
Dopo
averla aiutata a finire il brodo, Giulio e Flavio rincasano, li sento
parcheggiare fuori; Lidia si palesa immediatamente nella stanza e ci guarda con
tenerezza.
«Grazie
per le chiacchiere.» Le dico, lasciandole la mano.
«Prego.»
Guarda la madre ansiosa e capisco che è il momento di lasciarle sole,
sto per aprire la porta ma lei sussurra debolmente ancora qualcosa. «Ama
i bambini.»
«Amore,
stai bene?»
Il
mio cuore è sotto shock, non sono riuscita a trattenere le lacrime; mi
getto fra le braccia di Flavio e mi lascio andare in un pianto a dirotto. Lui
mi guarda affranto, non capisce, mi bacia guance, lecca via le lacrime.
«Ti
prego andiamo a letto»
Non
ho bisogno di dire altro, mi prende in braccio e delicatamente ci deposita, il
mio corpo e il suo, sopra al centro esatto; con la mano mi accarezza i capelli
tentando di calmarmi, piano-piano sento l’effetto benefico di quelle
carezze nel sangue che ordina al mio cuore di rilassarsi e mi addormento.
Quando
mi sveglio siamo ancora abbracciati, Flavio assopito
apre gli occhi come una sentinella vigile.
«Va
meglio?»
«Meglio, grazie.»
«Mi
dispiace averti trascinata qui con me.» Sospira
e sento un turbinio di emozioni negative uscire fuori
dal suo fiato. «Non dovevo farti anche questo,
perdonami ti prego. Ti porto via subito.» Lo
sento alzarsi e il flusso benefico si trasforma in veleno in un istante.
«No!»
Lo trattengo sotto di me, girando il volto impaurito nel suo; sbatte le palpebre perplesso. «Devi restare qui, io sto bene Flavio. E’ lei..
è così bella. E umile, in gamba. Tu devi rimanere qui con lei.»
Mi
alza tirandosi su con il busto, lo tengo forte per il bavero per paura che
scappi, sento l’odore della sua paura.
«Non
credo di capire, Azzurra.»
«Shh.» Io si, gli accarezzo
il bordo delle labbra scolpite e lo bacio. «Se tu mi lasciassi io non ce la farei, non credo di essere tanto forte. E mai
come adesso so di amarti nel senso più profondo del termine.» Gli sorrido, soffiando sulla sua bocca umida del mio
sapore. «Mi ha fatto capire che un grande amore perché esista ha
bisogno di sacrifici e di attenzioni che vanno al di
là della nostra comprensione o accettazione. Lei ha bisogno di te
Flavio, non lo ammetterà perché è molto forte a dispetto
di tutto ma sono sicura che se ti avesse accanto prima
della comunità, troverebbe il coraggio per spingersi ad andare oltre.»
«Tu.. vuoi che io resti qui con lei?» E’ un misto
di incredulità e rassegnazione, mentre mi guarda socchiudendo gli occhi.
Annuisco, scivolando dal suo torace per puntellarmi sui gomiti.
«L’estate
è quasi finita, avremmo modo di stare insieme tutti i giorni molto
presto.»
«Ti
prego dimmi la verità, voglio sapere ciò
che pensi veramente.» Ribatte, ancora insicuro.
«Penso che un gesto d’amore valga sempre. E che non importa che non stiate
più insieme. Tu hai bisogno di questo ed anche lei ovviamente.» Lo bacio di nuovo infondendogli tutta la sicurezza
del mio essere. «E poi penso che non morirò
seriamente se ti tengo lontano da me per un po’ quando so che lo
sto facendo per la stessa causa.»
«Per
amore.» Gorgoglia dalle labbra schiuse. «Azzurra D’Amore.»
«Sì.»
Sorrido di quel suo strano gioco di parole. «Vedi, era destino?! Ce l’ho scritto persino
nel cognome!»
«Sei nata con uno scopo..me.»
Ride finto pieno di se, poi torna serio e mi uccide con uno sguardo intenso.
«Sono
io il tuo destino?»
Quando
ho detto a Flavio che sarei riuscita a sopravvivere senza vederlo non ero di
sicuro in me.
L’estate
sta volando in un soffio, conto i giorni mancanti al contrario, prima di
tuffarmi nel tram-tram senza di lui.
E’
dura ammettere di essere totalmente soggiogati da una persona. Dipendere dal
suo odore, le sue cose e per di più ci siamo
lasciati con qualcosa in sospeso, al primo morso di una torta buonissima..
anche se necessario.
Questo
mi fa desistere dall’ossessivo pensiero della sua mancanza.
E
mi evita costosissime chiamate malinconiche alla volta di Riccardo.
So
che tornerà.
E
so che mangerò ancora quella torta.
La
prima sveglia del lunedì suona come di consueto alle sei; la spengo a
palmo aperto, girandomi verso la finestra.
La
mia divisa linda è appesa alle imposte. Quasi un richiamo.
Mi
faccio coraggio posando a terra prima un piede e poi l’altro, mi
stiracchio e sbadiglio rumorosamente prima di dirigermi in bagno e cominciare i
rituali del mattino.
L’arrivo
di un sms mi fa aggrottare le sopracciglia; afferro il cellulare con lo
spazzolino ancora in bocca e leggo mentalmente. Mi ritrovo a sorridere come una
cretina.
Buongiorno amore mio.
Ho puntato la sveglia sul tuo orario
per solidarietà.
E per dirti che presto sarò
lì con te a darti cento buongiorno.
Sto
per rispondere ma il cellulare trilla ancora.
E forse anche qualcos’altro! ; ) Sempre se sei pronta a ricevere. : )
Erezione di primo mattino? : )
Invio
la mia risposta sorridendo, la menta in bocca comincia a pizzicare; mi sciacquo
in fretta e arriva rapida la sua risposta. Clicco sulla bustina divertita da questa gioco mattutino.
Parlavo del mio amore.. piccola testarda sporcacciona!
Vuoi dire che non vorresti
essere sopra di me adesso?
Vorrei essere in ogni posto se quel posto sei tu.
Gongolo
con il cuore gonfio d’amore, ma l’orologio mi induce
a riporre le mie trepidazioni e il telefono infondo alla borsetta, vestirmi di
tutta fretta e sgattaiolare nel traffico impazzito di Roma.
Arrivo
puntuale in ufficio nonostante tutto; mi sono gettata nel primo vagone metro
seppur strapieno pur di non aspettare e rischiare di fare tardi, così mi
ritrovo tutta la coda spettinata e Chiara che mi fa mille feste di bentornata.
Fra
un po’ toccherà a lei e il suo viso stanco mi fa sentire un
po’ in colpa per la mia immensa gioia.
Le
racconto fra una fotocopia e l’altra gli sviluppi della mia incasinata
storia d’amore, lei ascolta rapita, poi irrequieta, accomodante e ancora
risoluta, ma alla fine si scioglie quando tocco gli ultimi eventi.
«Scusa
e tu che gli hai risposto?»
«Se è lui il mio destino? Che lo sarebbe
stato nel momento in cui quel cognome sarebbe stato anche il suo.»
«Cioè,
praticamente gli hai chiesto di sposarti?»
Mi
acciglio, scuoto il capo mandando l’orribile pensiero in un angolo e la
fulmino con lo sguardo. «Io non intendevo
quello! Ma che sarei sua per sempre se anche io fossi il
suo scopo.»
Mi
guarda sgranando gli occhi. «No! Tu non
intendevi quello. E comunque non si è capito.»
«Oddio.. dici?» Mi mordo il labbro, non ero intenzionata a
chiedergli di impalmarmi. Davvero! Il solo pensiero mi atterrisce, come posso
essere stata così poco accorta nello scegliere le parole esatte?
«Tutti questi anni di ricerca dell’amore romantico e finisco io ad inginocchiarmi. Ma si
può?»
Smezza
una pila di documenti e ne lascia scivolare un paio dalla mia parte prima di
sogghignare. «Perlomeno non ti ha tolto fra i suoi contatti!» Mi da
una pacca di conforto sulla spalla e si piega cercando la spillatrice nel
cassetto. «A lavoro, forza!»
Ubbidisco
e vola via mezza giornata.
Mentre
rovisto nella cesar salad
che ho sotto al naso il pensiero mi torna fisso alla
proposta.
“Figurati se ha capito
così.” Mi ripeto quanto sia un uomo intelligente, serio, attento e
finisco con il credere che per colpa della mia lingua lunga non mi
sposerò mai. “Signora
Azzurra Spagnoli però suona così bene.”
Ogni
tanto è lecito sognare, no?
Dott. Spagnoli la prego si sbrighi a
tornare.
Non faccio che pensare a lei.
E devo togliermi qualche dubbio!
Credevo sapessi tutto di me.
Pensarmi e basta?Dove è
finita la mia sporcacciona preferita? : )
Sotto terra, insieme alla mia
dignità!
Credo di averti fatto fraintendere
una certa questione di “impegni”.
Io non ti ho chiesto di “impegnarti”
per la vita,
volevo sapessi però che sarai il mio destino
per sempre se avrai lo stesso Amore che io ho per te.
Ecco, spero di non aver fatto
confusione.. di nuovo!
P. s = tutto di te non è
abbastanza. Voglio te sempre di più.
X y l g h t
p d.. più o meno è
questo che ho capito!
Ti prego Azzurra pensa a me e non pensare ad altro.
Perché X y g h t l p d non ha
importanza.
Ti amo, ti voglio.
Perché non sei qui?!
Scusa..
piccolo momento egoistico. : (
Non ascoltarmi!
Ti amo, ti voglio.
Forse
ho esagerato perché il mio telefono resta muto per tutto il pomeriggio.
“Fantastico! Sono una schizofrenica egoista!”
Sul
tardi Maria Rita mi manda a chiamare, con lo stomaco in subbuglio mi dirigo
verso il suo ufficio.
«Azzurra
entra pure.» E’ sola, la finestra che da sulla
più bella Piazza del centro storico è spalancata. «Trascorso
bene le vacanze?» Attira la mia attenzione coprendo il silenzio della sua
concentrazione su alcuni file che ha mandato in
stampa.
«Più che bene, grazie dottoressa Sabelli.
Lei come sta?»
«Lo
puoi vedere da te!» Sorride indicandomi il casino sulla sua scrivania.
«Già.»
Annuisco. «Dobbiamo mandare qualche documento in spedizione?»
«Sì cara, ti ho fatto chiamare per
consegnarti i pass per la serata di gala di fine estate. Quando i miei cari colleghi si degneranno di tornare dalle vacanze dovrete
distribuirli e il resto da mandare via posta.»
«Perfetto.»
“Perfetto un corno!”; il
gala mi porterà via Flavio per almeno altri tre
giorni e soprattutto non sarò accanto a lui nel momento della nomina
ufficiale al nuovo ruolo, ma sarà qualche altro/a fortunato/a a
beneficiare del suo biglietto di ospite accompagnatore/trice.
“Odio questa situazione!”
Cerco
ad ogni modo di sorridere ma afferro con riluttanza il plico e la donna mi guarda dubbiosa.
Faccio
per alzarmi, due nocche schioccano sulla porta in noce; Maria Rita si illumina, io mi giro curiosa.
Flavio
è sull’uscio che mi guarda con leggero orgoglio nello sguardo.
“Oddio è qui!” Vorrei
saltargli al collo.
Il
suo odore arriva intenso ai miei neuroni e sento subito vibrare la parete
addominale. “Cavolo se mi è
mancato!”
E’
leggermente abbronzato ancora e questo fa spiccare ancora di più la
camicia di lino chiara aperta sul petto, i pantaloni sono morbidi e di cotone e
da una tasca penzolano gli occhiali scuri per il sole.
Non
riesco ad articolare parola è una visione mozzafiato.
«Flavio!»
La Sabelli si
alza e va ad abbracciarlo; si piega su di lei ricambiando con trasporto, poi
come se nulla fosse si libera della donna e mi viene
incontro con passo deciso.
Mi
prende per mano, al solo sfiorarmi sento i brividi
lungo la spina dorsale. Sono paralizzata!
«Ciao»
Accarezza sinuoso con la voce la mia adrenalina che si trasforma in scia di
cuoricini rossi svolazzanti.
«Ciao»
“Ok, sono viva!” Scuoto
il capo arrossendo. «Ho qui i tuoi pass per il gala, un momento solo..»
Sento
il bisogno di appoggiarmi allo schienale della sedia per cercare i suoi inviti
dal plico che improvvisamente sembra più voluminoso di quando l’ho
visto l’ultima volta, lui si mette più vicino a me sfruttando
l’occasione per sfiorarmi il fianco con il braccio. Gli lancio uno
sguardo assassino, sorride sardonico.
«Eccoli
qua!» Me li sfila da sotto il naso facendomi risultare
più patetica di quello che non sembro già.
«Grazie.»
Sbuffo, notando un risolino sulle labbra della Sabelli che incita Flavio nel
controllare i nomi dei suoi biglietti; lui apre la busta e contesta un errore.
«Il
nome di Azzurra non c’è.» Ringhia.
“Il mio nome?!
Wow!”
Lei
lo guarda sinceramente colpita e colpevole. «Perdonami credevo avessi
fatto un errore di abitudine.»
«Nessun
errore Maria Rita.» Poi mi guarda e addolcisce la voce. «Azzurra
è la mia compagna.»
“Sono la sua compagna!”
«Ah!»
La vedo rimanere di sasso e non fare nulla per nasconderlo ma so che è
una donna molto sensibile ed elegante ed è per questo
che la vedo prontamente sorridere. «Auguri
ragazzi miei! Accidenti potevate dirmelo prima però, mi sarei evitata
questa inutile gaffe!» Ribatte al pc il mio nome e manda il documento in stampa.
«Azzurra ti prego di scusarmi.»
E
d’un colpo i suoi occhi cambiano espressione mentre mi passa il documento
e un po’ ne sono eccitata ed impaurita; per anni
sono stata la ragazza della reception, provando per lei un timore reverenziale
dovuto all’immenso rispetto che nutro per il suo ruolo e la sua persona
ed ora, tutto sembra cambiato.
Vedo
Flavio nei quegli occhi e il dottor Spagnoli, ma non leggo rancore, disappunto.. ci vedo comprensione.
Sospiro,
annuendo inconsciamente a quell’approvazione tacita.
Semmai
servisse, ma è meglio avere il mondo dalla tua ogni tanto, che preparasi
a fare la guerra.
«Non
preoccuparti.» Mi alzo sistemandomi la gonna, sorrido ad
entrambi e prima di guadagnare l’uscita mormoro fra me e me.
«E’ una novità anche per me.»
Sento
i passi di Flavio alle mie spalle e la voce roca di Maria Rita trattenerlo
ancora un po’.
“E’ in arrivo il
cazziatone dott. Spagnoli!”
«Anche
questa giornata è andata!» Spengo il pc
e mi accascio sul bancone con poca eleganza; Chiara mi squadra da capo a piedi,
prende la sua borsa e si trattiene sul posto.
«Lo
aspetterai?»
Guardo
l’orologio sul display del telefono. «In realtà non abbiamo
programmi.»
«Ignori il fatto che abbia fatto trecento chilometri solo
perché la capricciosa compagna gli ha detto che gli mancava?»
Mi
mordo il labbro, colpita. «Evidentemente no.» Sospiro. «Non
posso credere che stia succedendo davvero!»
«Apri gli occhi bella addormentata! Il tuo
principe azzurro esiste veramente..» Mi da una leggera pacca sul gomito invitandomi a voltarmi;
lui è in mezzo al corridoio che aspetta finiamo di prepararci. «Ed
è anche impaziente.» Mi sussurra nell’orecchio, prima di
svanire via come una bolla di sapone.
«Grazie
per l’invito.» Siamo in ascensore e su di noi aleggia una strana
tensione; non è solo tensione sessuale, per
quanto l’impellente bisogno di stare vicini ci porti spesso a cercarci
con gesti e sguardi impercettibili, è qualcosa che va al di là,
molto più profondo.
Lui
è stranamente silenzioso, guardingo, trattenuto ecco. Mi sembra sempre
sul punto di dire qualcosa ma poi si ritira, come un onda
stanca; mi agito sui tacchi battendo nervosamente il piede. Alza la mano verso
la mia guancia e mi accarezza; il suo calore mi pervade. «Grazie
a te Azzurra. Per tutto quanto.» E mi sfiora il
lobo dell’orecchio con le sue labbra calde e suadenti. «Mi sei
mancata, piccola testarda sporcacciona.»
«Flavio!»
Sospiro sicuramente più rilassata. «Ha ragione Rich,
sembriamo due adolescenti arrapati!» Mi giro trovando il suo meraviglioso
sorriso quindi lo abbraccio forte; sussultiamo quando l’ascensore arriva
al piano e un orda di persone fanno muro per entrare.
Ci guardiamo imbarazzati ed usciamo di fretta dal
palazzo.
«Adesso
sì che è ufficiale!» Non so perché non riesco a
smettere di ridere e Flavio insieme a me, appoggiato
alla sua macchina parcheggiata con la testa piegata sulle braccia. «Hai
visto come ci guardavano?»
«Sì. E Maria Rita? Scusami mi sono sbagliata..» Batte le mani sul tetto ed io mi fermo.
«Cazzo che stronza! Scommetto che te ne ha dette
due o tre quando sono uscita.»
Flavio
alza la testa allarmato forse da troppa imprudenza, fa il giro dell’auto
e mi viene vicino; porta il mio viso allineato al suo sfiorandomi il mento con
la mano. «Piccola a me non è mai importato troppo il parere degli
altri questo lo sai vero?»
«All’inizio
credevo di sì e che comunque lo facessi per proteggermi.»
«La sola cosa da cui volevo proteggerti era il
mio passato di merda. Ma tu hai abbattuto anche quello.»
Ride accarezzandomi i capelli. «Per il resto sono sempre stato più
che sicuro di volerti al mio fianco e che nessun genere di commento avrebbe
guastato quest’idea.»
«Idea,
Flavio?»
«Non
ero sicuro che ce l’avrei fatta, capisci?»
Il
pensiero che l’uomo più sexy del pianeta abbia avuto dubbi di
riuscire a spuntarla con me mi fa fremere d’eccitazione, amore, turbamento;
guardo nei suoi occhi liquidi e piegando leggermente la testa di lato lo attiro
sulla mia bocca baciandolo senza pietà.
«Quanto
c’è voluto..» Ride
gutturale e selvaggio e mi sciolgo nella lussuria.
«Portami
a casa.» Sussurro. «Qualsiasi casa. La
piccola testarda sporcacciona è tornata.»
«Fa
l’amore con me, adesso.»
Non
se lo fa ripetere una seconda volta; mi alza la camicetta accarezzandomi la
schiena, la fa passare per il mio collo gettandosela alle spalle. Porta le mani
in basso, sul bordo della gonna e fin dietro, dove trova la
lampo e con una sola strattonata la tira giù, baciandomi la pancia e i
seni al di sopra della stoffa del reggiseno. Lascivo, risale verso la mia bocca
alla quale si attacca con un bacio appassionato e rovente, affondando entrambe
le mani nei miei capelli. La mia invece fruga nei suoi pantaloni mentre con
l’altra lo spingo verso il letto e lo faccio stendere; gli bacio il
torace libero dalla camicia volata sul pavimento poi il collo e risalgo verso
il lobo dell’orecchio, succhiandolo. Mi sposto solo per liberarmi degli
slip, i miei e i suoi e torno in posizione; le sue mani viaggiano sui gancetti
del reggiseno, mi liberano. Sono nuda e stagliata sopra il suo corpo disegnato.
Con un colpo di reni ci gira cambiando posizione e assumendo il controllo,
sfrega il naso contro il mio, mi da un bacio casto e
mi penetra.
Sussulto
di squisito dolore, ma aspetto con grazia le sue
stoccate.
I
suoi fianchi cominciano a muoversi ritmicamente, piano per assaporarmi e poi veloce
al tempo del mio bacino che si inarca per andare
incontro al piacere ancora più intenso. Mi sento piena, viva,
innamorata, lussuriosa, forte.
Gemo
ad ogni spinta che annego nei suoi capelli, le gambe
intrecciate alle sue perfettamente paralleli, incastrati, vicini.
Lo
sento respirare forte nell’orecchio e godersi il mio corpo, gli occhi di
piombo vacui e lontani, distaccato dal mondo e colpito dal riverbero della luce
fra le imposte della serranda, sembra davvero un angelo.
Piango
d’amore nel sentirlo così mio e lui mi bacia gli occhi, gemendo il
mio nome.
Un
lampo gli attraversa le pupille e so che è giunto il momento, un sorriso
languido nasce sulle mia labbra mentre lo spingo di
lato e sempre salda al suo corpo gli monto addosso cavalcandolo come una
selvaggia; raggiunge l’orgasmo tirandosi contro il mio busto e la mia
bocca che fa sua con gemiti innaturali, gridando il suo nome sul suo bel viso
disegnato vengo anche io e svengo, proprio il caso di dirlo, contro il suo
torace d’acciaio.
Restiamo
accoccolati a cucchiaio, Flavio mi accarezza i lunghi capelli
biondo sparsi sul cuscino e chiudo gli occhi.
«Ti
prego non dormire, voglio parlare.»
Mi
giro pesantemente apposta, guardandolo male. «Cosa hai
contro i miei riposini dott. Spagnoli?»
«Oh
contro quelli? Assolutamente niente. Voglio solo
parlare un po’, ti va? Poi ti lascio riposare.»
«Tu
mi sfinisci.» Gli sorrido sulle labbra, prima di baciarlo con dolcezza.
«Di cosa vuoi parlare?»
«Ho
dato un occhiata ad alcune case nei giorni che sono
stato fuori.»
«Oh
sì, adesso sono proprio sveglia.» Mi puntello su un gomito
guardandolo intensamente negli occhi.
«Pensavo
potremmo sceglierne un paio prima di trovare una abbastanza soddisfacente per
noi due.»
Gli
batto una mano sul petto eccitata. «Ok, fermati.
Questo implica che dovrei seguirti a Firenze, Flavio.»
«Ne avevamo già parlato mi sembra. E tu
eri d’accordo, sbaglio?»
«Ehi?! Io qui ho il mio lavoro!»
Si
morde il labbro e mi guarda improvvisamente preoccupato. «Non.. non più.»
«Che
significa non più?» Mi allarmo, tirando
su le gambe per mettermi a sedere; lui mi imita, portandomi una ciocca di
capelli dietro l’orecchio. «Non
distogliere l’attenzione dott. Spagnoli! Cosa significa
esattamente che non ho più un lavoro? La Sabelli mi ha cacciata?»
«Oh no, lei compilerà una bella lettera di
referenza, mi ha detto. Ti ricordi quando ho accennato al casino con i vertici
di Trieste?» Annuisco terrorizzata. «Non
gli ho chiesto solo di tenerti con me ai fuori sede ma ho candidamente ammesso
che in quanto mia compagna non era possibile per me
rilegarti ad altro ruolo che non fosse di mia segretaria personale e che non
avrei accettato comunque nessuna altra persona nella nuova sede.»
«Sei
un fottuto dittatore dott. Spagnoli!» Mi passo la mano nervosa fra i
capelli e penso al tempo passato da quella telefonata. “Mi riteneva la sua compagna da allora!” «Però
potevi aspettare prima di prendere iniziative.»
«Ma
perché aspettare?» Mi prende le mani fra le sue e mi guarda con
trasporto e aspettativa. «Mi piacerebbe vivere insieme, Azzurra. Mi piacerebbe averti fra le mie cose, fra
i miei casini. Persino nei miei deliri se mai ci saranno. Mi piacerebbe averti
accanto sempre perché tu mi fai stare bene e rendi la mia vita migliore.»
«Questa potrebbe essere una giusta motivazione, dott.
Spagnoli.»
«Ne conosci una migliore?»
«No, non credo.»
«Allora dimmi di sì.»
«Mah.. dovrei trasferirmi in una città che non conosco,
cambiare lavoro, fami nuove amicizie, nuovi interessi.. e tutto questo solo per amore?» Gli vedo
spalancare gli occhi dalla paura, allora sorrido felice, felice come sento di
essere veramente, gli prendo le braccia e mi
circondo con la sua presenza, il capo appoggiato alla sua spalla, la
guancia che sfiora la sua, fredda. «Certo che ti dico sì,
Flavio.»
«Sei seria?» Sospira.
«Molto
seria.»
Con
tono autoritario indica la sedia «La lettera
delle tue dimissioni è nella mia giacca. Firmala.»
Strabuzzo
gli occhi. «Adesso?»
«Sì adesso. Non perdiamo tempo, non ne perdiamo più.»
«Ok.»
Mi
alzo che sembro volare da tanto mi sento leggera; tiro fuori il foglio dalla tasca dove in mezza pagina di caratteri formali informo la
mia azienda che reciderò il rapporto di lavoro che ci lega da cinque
anni e altri bla bla bla e non ho mezza esitazione; credevo sarebbe stato molto
più difficile. Poi guardo l’uomo nudo sul mio letto e mi convinco
che in qualche modo è riuscito ad abbindolarmi sì ma che non sono
solo io ad averlo salvato da se stesso.
Che
ci siamo cambiati entrambi le vite.
Che
anche io sono una persona migliore grazie a lui.
Che
sono fiera di quella che sono e che lui è lo specchio di questa
perfezione.
«Brava
piccola.»
«Tanto per inciso, voglio un colloquio con i tuoi
capi e in un secondo momento anche con te. Non voglio essere quella che si
scopa il capo. Chiaro?»
Ride
sotto ai baffi, accogliendomi nel suo abbraccio; siamo
tornati di nuovo a cucchiaio, la sua posizione preferita. Mi annusa i capelli e
trattiene il fiato prima di rispondere. «Non sarai mai quella che si
scopa il capo.»
Mugugno
un po’ prima di sistemarmi alla meglio sui cuscini. «Parlami di lei
Flavio, come sta Susanna?»
Si
sistema anche lui prima di lasciarsi andare in un racconto fluente e
dettagliato, ma a breve chiudo gli occhi spossata e felice di lui, dalla nostra
vita così piena e delle continue sorprese che ci riserva.
«..e poi mi piacerebbe sposarti un giorno.»
Sono
in questo sogno bellissimo dove ci siamo io e Flavio
baciati dai raggi argentei della luna mentre intorno è buio e
l’aria sembra cadenzata a ritmo di valzer, mentre noi vestiti dello
stesso colore del cielo ci guardiamo e camminiamo su quella che sembra una
lastra di specchio. Piano- piano la prospettiva cambia ed io non sono
più io ma solo una spettatrice che fissa dall’alto quelle due
figure piene d’amore; “Mi
vuoi sposare?” Chiede lui. Ed io vorrei rispondere per lei, “Sì!” ma salgo sempre
più su fino a quando mi rendo conto
c’è una bolla sotto ai miei piedi e loro due sono lì
dentro, come in una di quelle palle che se le agiti si vede la neve.
Emetto
un grido di stupore e la bolla si rompe, i due precipitano ma cadono su morbide
nuvole.
Ridono,
sembrano felici, per nulla spaventati. Allora tiro un sospiro di sollievo e
rido anche io.
«Azzurra,
amore..» La voce ovattata di Flavio mi raggiunge
nel sonno; apro gli occhi, una lussuosa e asettica camera di albergo mi da il buongiorno o la buonanotte o non so cosa
perché le tende sono serrate. «Piccola dobbiamo prepararci.»
Volgo
lo sguardo verso la sveglia; sono le sei del pomeriggio. «Il
galà!» Schizzo su nel panico.
«Siamo
in perfetto orario, tranquilla.»
“Già, Spagnoli il super
preciso!” «Ho bisogno
di una doccia. Flavio tu mi sfinisci.»
«Sei
sicura sia un complimento?» Il suo sedere bello
e nudo si allontana verso il bagno offrendomi una sua visione totale; non
abbiamo perso il vizio di regalarci suite megagalattiche quando siamo fuori, un
po’ per scaramanzia, un po’ per affetto ma soprattutto per
praticità.
Proprio
per questo mi tuffo anche io nell’astronomico
bagno dell’altra mia metà della camera dando via ai preparativi;
sono passate tre settimane dalla consegna degli inviti e sembra esser passato
niente.
Sono
piuttosto rilassata in quanto ospite e super felice
per ciò che significa essere accanto a Flavio stasera; qualche giorno fa
ho riconsegnato le mie divise al magazzino che ce le fornisce.. questo è
un bel passo avanti, il timbro sopra il lasciapassare per la nostra nuova vita.
Tuttavia
sono febbricitante e non è solo per la serata.
Ho
come l’impressione che ci qualcosa
nell’aria, un qualcosa di sospeso, irrisolto.
«Allora,
come sto?» Sto ancora cospargendomi di crema d’aloe quando Flavio
in perfetto smoking nero si palesa sull’uscio piroettando come uno dei
migliori one man show; è bellissimo.
«Vieni
qui.» Lo bacio e le sue mani mi strizzano il
sedere incollandomi al suo corpo.
«Forse
potrei spogliarmi e ricominciare da capo.»
«E
forse potrei morire adesso.»
«Allora
mi tengo i vestiti.»
«Che
peccato.» Rido sulle sue labbra morbide restandovi appiccicata.
«Sei molto bello dott. Spagnoli.»
«Grazie.»
Sorride timido sfilandosi i gemelli dalla tasca. «Ti
da fastidio se resto qui?»
«Per
nulla.»
Venti
minuti dopo io e il mio sontuoso vestito di seta blu,
accompagnati dall’uomo in smoking più affascinante di tutto il
pianeta, facciamo il nostro ingresso nella sala addobbata a festa per la
cerimonia d’azienda più importante dell’anno, dopo la
distribuzione dei pacchi dono di Natale.
Veniamo scortati da una hostess rigorosamente vestita
con un tailleur bianco perla fin ad un tavolo nelle file centrali e prossimo al
palco. Sembra d’essere ad un matrimonio; colore
predominante il bianco, candido a rivestire le sedute con imbottitura morbida,
candele e specchi, calle che fuoriescono dai vasi di diverse geometrie in un
gioco d’accostamenti. Io e Flavio ci guardiamo
divertiti prima di essere subissati dagli altri commensali ammessi al nostro
tavolo.
La
serata scorre tranquilla, mi sento piuttosto a mio agio fra i cervelloni
d’azienda e le loro mogli; qualcuno si ricorda di me ma fa finta di
nulla, le donne invece sono attratte dalla nostra storia romantica e mi subissano
di domande.
Certo
agli occhi di tutti siamo i novelli principi della fiaba romantica.. ma quanta fatica questo scintillio!
Le
chiacchiere vengono smorzate dalla deliziosa cena che
ci viene offerta, perlopiù portate calde, fino al dolce; in sottofondo
un’orchestra rende soft l’atmosfera con toni jazz sfumati.
Flavio
mi porge la mano e mi conduce in un ballo, su uno stile adesso più lento.
«Come
ti senti?» La sua mano alla base della schiena disegna carezze amorevoli.
«Benissimo
e tu?»
«Mai
stato meglio, grazie Azzurra.»
«Smettila di dire grazie, per favore. Non
c’è nulla per cui tu mi debba ringraziare.»
Lo
sento fremere fra le mie braccia e lo guardo. «Sicuro di stare
bene?»
Annuisce
poco convinto, sento montare l’ansia nello stomaco. Troppo scintillio?
La
musica scema e svaniscono i pensieri, mi prende delicatamente in un bacio con caschè vecchio stile e sorride di un sorriso genuino
ma troppo tirato.
«Flavio
che c’è?» Trattengo il suo braccio ma una vecchia conoscenza
arriva prima della mia voce portandolo oltre la pista verso i tavoli, lasciando
me e il mio bellissimo vestito in balia di piroette, che il figlio del figlio di non so bene chi, mi sta facendo fare su un twist.
I
suoi occhi mi tengono incastrata, temendo un impeto di gelosia diminuisco la
foga e approfittando di due ragazzine ben vestite e sole, in piedi a guardare
la gente ballare, mi slego dal figlio del figlio di non so chi e le butto nel
mezzo; raccolgo il mio abito e adoro farlo -ho sempre adorato raccogliere gli
abiti.. fa subito principessa- lo raggiungo e trovo le
sue braccia ad accogliermi.
«Credevo
mi facessi una scenata.» Gli dico ridendo nel suo orecchio.
Mi
accarezza la nuca e mi deposita un bacio dietro l’orecchio «Se non
la smetteva di fissarti le tette gliela avrei fatta.»
«Beh
sono delle tette notevoli.»
«Non
mi fai ridere.» Risponde serio. «Tu sei solo mia.»
«E
di chi altri sennò.. mio grande, dittatore,
sexy, fidanzato?»
Alla parola fidanzato sorride dolce e rilassa il volto.
«Ah proposito..»
Le
luci si spengono.
Ci
guardiamo intorno, sul palco salgono il Presidente e la sua triade; la ragazza
che ci ha scortato passa loro i microfoni e indica il tavolo con le targhette
premio. Quelli sorridono slegando una lunga pergamena.
«Accidenti
il nostro tavolo è dall’altra parte!» Inveisco contro questo
repentino sconveniente.
«Non
ti preoccupare sono il primo ad essere
premiato..» Soffia lascivo nel mio orecchio e immagino di sapere cosa
c’è di così lussurioso nelle sue parole; la certezza che ci
vorrà poco tempo per ritrovarsi nudo e bollente sopra il mio corpo.
«Prima però vorrei la tua attenzione.»
«Difficile
con te che mi fai costantemente pensare a quanto sei
desiderabile.» Il Presidente inizia a parlare ed io mi sento
terribilmente in imbarazzo, in piedi, fra i tavoli a discutere di sesso con il
mio uomo. «Ti prego possiamo parlare dopo? Non
mi sembra proprio questo il momento!»
Una
signora ci zittisce ed io confermo le mie parole con uno sguardo accusatorio
verso Flavio.
«Oh accidenti! Come vuoi!»
«Non
mi parlare così!» Rispondo piccata.
«Vuoi
che stia zitto?! Sono muto! Godiamoci lo spettacolo
principessa.» Mi spinge affettuosamente davanti
ai suoi piedi e mi obbliga tirandomi per i fianchi, ad appiccicarmi con la
schiena al suo torace; affonda la testa fra i miei capelli, sento il suo cuore
battere forte e non capisco perché stiamo battibeccando.
«Sposami, Azzurra.» Sulle prime credo di non aver
sentito bene, i discorsi melanconici del Presidente sulla storia della nascita dell’azienda si fondono con le sue parole, poi l’eco
roco della sua proposta si presenta nuovamente al mio orecchio. «Sposami.»
Avete
presente l’adrenalina che si prova prima di un grande salto?
E’
così che mi sento adesso, pervasa da mille brividi, il cuore in tumulto.
Mi
tremano le ginocchia, Flavio mi tiene stretta allungando le mani sul grembo;
annusa e bacia i centimetri di pelle scoperta ed io sono in visibilio, confusa
e scossa, in bilico fra l’amore e il sesso, la sintesi perfetta dei
nostri migliori momenti. Sto per girarmi, ma il suo nome risuona nelle casse.
Fa un grande respiro ma non si muove. Il faro ci cerca fra la gente, Flavio
piega il capo sulla mia spalla in completo mutismo e assolutamente inattivo.
«Amore
hanno fatto il tuo nome.» Mi giro e lo trovo
sconvolto, impaurito. «Ehi, che c’è?!»
«Ho
paura.»
Lo
costringo ad alzare la testa e guardarmi negli occhi; i suoi
piccoli occhi neri colato sono lucidi. Ho un moto d’amore e di
trasporto per quest’uomo, è capace di svelarsi ogni volta che lo
guardo. Gli prendo le mani, le stringo forte nelle mie. «Ci
sono io qui. Fa un bel respiro e tieniti saldo a me.»
«E’ tutta la sera che mi tengo saldo a te.
Non vedo altro Azzurra!»
«La fai sembrare come una cosa brutta. Ti fa
stare male?»
«Mi
fa stare bene invece.»
«Allora
ti conviene muovere le chiappe dott. Spagnoli, il faro ci troverà prima o poi!» Mi liscio il vestito e sistemo il suo
cravattino. «Sei pronto?»
«No!»
Mi tira giù le braccia affondando uno sguardo trepidante nel mio. «Prima voglio una risposta. La voglio da tre settimane
santo Dio! Sono così patetico che te lo chiedevo mentre dormivi. Poi stasera ho cercato di
dirtelo in tutti i modi e in tutti i modi la tua
bellezza mi ha sovrastato. Adesso ho bisogno di quella risposta e non muoverò un passo senza.
Mi sposerai?»
Non
era un bel sogno.
Non
lo è mai stato.
Flavio
Spagnoli è la realtà che mi si para in faccia come un bello
schiaffo.
Solo
che nel palmo.. cento margherite.
Le
imbarazzanti pietre che adornano il corpetto del mio abito, scintillano in un
gioco di luci e si riflettono sul volto di Flavio, spavaldo e sicuro al mio
fianco; stringe fra le mani la targhetta che lo vede uomo migliore
dell’anno e cavolo.. non posso che dare ragione
a quel premio. Guarda al suo pubblico rapito e poi guarda me, un intenso
sguardo che significa molte cose, ma fra queste l’amore, la dedizione, la
passione.
Significa
che lo sposerò.
Che
mi prenderò cura di lui e lui si prenderà cura di me.
Fine.
NDA:
Finisco
con rammarico questa storia così breve e così intensa, sperando
che vi sia piaciuta almeno un po’.
A
tutte le persone che l’hanno inserita in preferite/seguite/ricordare
–e a chi lo farà- mando un abbraccio
forte e tutta la mia gratitudine; non ha riscosso successo per niente, ma a me
è piaciuta scriverla tuttavia grazie anche a voi.
E’
difficile misurare la qualità di quanto scritto senza pareri oggettivi,
nel mio piccolo spero che chiunque vi posi lo sguardo su non trovi questa storia orripilante e mal scritta.
Magari
il tema è un po’ inflazionato ultimamente e la tempesta ormonale dei vari “cinquanta sfumature”, “crossfire trilogy” e affini
ha duramente colpito anche me, lo ammetto.
Mi
perdonino le Austiniane convinte!
Per
il resto vi saluto tutti allegramente,
Lunadreamy.