Azzurra D'Amore

di Luna_R
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Azzurra D’Amore.

Una storia semplice

 

 

 

Ma non è colpa mia se per noi questo è vivere.

Una storia semplice _Negramaro.

 

Capitolo 1.

 

 

E’ impossibile. Intollerabile.

Quando lui è in giro, squisita figura in completi spesso impeccabili, il mio cervello -ma inutile fare la tirchia abbondiamo- oso dire anche tutta la mia persona, va in tilt. Cortocircuito! Abbandonare la nave, prego!

Oggi ho spaccato la punta a due matite; e sono solo le undici.

Riuscirò ad arrivare intera per le due? Ne dubito.

Che poi analizzandolo attentamente e attraverso lo scanner-femmina, non è uno di quei maschi che lo guardi e ti cascano le mutande dall’eccitazione; lui è più uno di quegli altri lì.. capito quali no? I perfetti affascinanti.

Quelli dal connubio naso-bocca equilibrato -ergo profilo greco- occhi ferini tanto piccoli e a fessura da dover appellarsi a tutti e dieci i gradi di buon vista per capire lo splendido colore di cui sono forgiati; in questo caso petrolio direi, quasi nero, a tratti forse piombo fuso. Quelli dal fisico asciutto, niente muscoli insolenti tirati sotto la camicia, con il sedere sodo da chilometri di corsa e le gambe snelle al punto giusto.

Il suo unico difetto e mi ci sono applicata per trovarlo, potrebbe essere la sua altezza nella norma, per me che amo i giganti ma.. l’insieme è assolutamente perfetto ed io c’ho perso la testa. Punto.

E lui lo sa. Ma sono pronta a mettere entrambe le mani sul fuoco che anche io non gli sono del tutto indifferente.

 

«Signorina Azzurra, può stamparmi cortesemente il mio check-in?!»

«Certo dottor Spagnoli, mi lasci pure i documenti necessari.»

 

Sono in piedi dietro al bancone che da cinque anni è la reception presso la quale lavoro; il palazzo è la sede di una delle più importanti compagnie d’assicurazioni del paese, lui “soltanto” il manager taglia teste più cazzuto di tutto l’universo, oltre che la mia stragrande cotta adolescenziale.. da venticinquenne.

Il mio compito? Occuparmi di lui e dei suoi colleghi praticamente tutto il giorno, servire i clienti grandi e piccoli, seguire meeting, corsi, organizzare catering, più tutta una noiosissima serie di cose che una segretaria normale fa tutti i giorni. Occuparmi di lui non mi dispiace sia chiaro, ma la freddezza di certi momenti mi mette alquanto in imbarazzo, anche se vederlo svolazzare dinnanzi al bancone anche futilmente mi mette addosso una scarica di adrenalina non indifferente. Mi piace avere i suoi occhi addosso. Come adesso, che indugia sul mio volto serio, quasi accigliato mentre scorgo i caratteri della sua persona che ormai conosco a memoria. E non solo quelli. Sorrido riconsegnandogli i documenti e lui fa passare delicatamente la sua mano sotto la mia, sfiorandola ma cercando volutamente il contatto. Sorrido cordiale, assente.

 

«Deve ricordarsi di farsi dare i pass dalla dottoressa Sabelli. E prenotare un check-in anche per lei.» Maria Rita deve essersi completamente dimenticata di dirmi che sarò di nuovo io a seguire Spagnoli fuori sede; come se non lo sapessi d'altronde, solo.. non saranno troppo evidenti queste coincidenze? Il mio lavoro è fatto di discrezione, sorrisi cortesi e poche parole. Ai fatti però non posso competere. Uhm, devo ricordarmi di metterlo in cima alla lista dei punti da chiarire. «Grazie, Azzurra.» Gli squilla il telefono proprio mentre mi rivolge uno di quei suoi sorrisi ambigui e ne approfitto una volta che si è girato per accasciarmi sulla sedia esausta. “Merda che sorriso.”

«Certo che tu hai delle gran botte di culo eh!»

Chiara la mia affettuosa, gentile, premurosa nonché collega che tutte vorrebbero avere, scongela il suo mutismo da apnea Spagnoli-in-vista e comincia a subissarmi di insulti che secondo lei dovrebbero essere dimostrazioni di stima. «Voglio dire è palese che siamo in due qui dietro, a chi lo chiede il check? A te! E i fuori sede? Cavolo sempre a te!»

«Non è lui che sceglie chi lo accompagna, lo sai.» Cerco di metterci una pezza appellandomi con forza alle mie doti da scarsa assertiva, «Maria Rita ti vuole sempre in sede perché non può fare a meno di te, qui. Sei la sua forza.» Non la sto prendendo per culo giuro, Chiara è di quanto più celere, organizzativo, calmo, professionale possa esistere sulla faccia della terra; questo lavoro le è stato cucito addosso, solo che ogni tanto glielo devo ricordare.

«Però è proprio bello.»

«Chi, Spagnoli? Mah.» Mi alzo e con finto disinteresse metto in ordine delle scartoffie pensando a lui. Bello? Solo? Io lo vedo come un angelo, un po’ ferito, fuori dal paradiso terreste e dentro il paradiso finanziario, ma più che bello. Sospiro e mi acciglio; Chiara sta fissando come un ebete la fotocopia del documento di identità del nostro angelo. “Oddio, non è che se ne starà innamorando?”.

 

«Al posto di sognare perché non mi dai una mano con questi cavolo di pass?!»

 

 

La stazione Termini è un vero casino mamma mia; trascino il trolley come se dovessi andare al patibolo mentre in realtà mi godrò tre giorni di lavoro pagato a spese dell’azienda nella romantica Firenze in compagnia dell’uomo che mi ha fatto letteralmente girare la testa. Dovrei fare i salti di gioia, eppure..

 

«Azzurra!» Delle calde braccia mi cingono la vita. Il suo odore arriva prima di tutto, poi il suo calore; è sempre caldo, ha una temperatura corporea più alta del normale ma si ammala raramente, anche se siamo in maggio indossa la giacca, i bottoni mi premono sulla schiena. Adora abbracciarmi da dietro, conformarsi al mio corpo.

«Ehi.» Mi slaccio la giacca della divisa –questo l’effetto che mi fa tutte le sante volte che l’ho vicino- ma evito di toglierla, le camice bianche di quest’anno sono troppo trasparenti per i miei reggiseni tutto pizzo; sfilo l’ascot e lui sorride divertito del mio maldestro movimento nel gettarlo sul fondo della borsa. «Dobbiamo recarci al binario dodici, siamo soli stavolta, gli altri voleranno.» Lui odia volare. Odia un sacco di cose e mi stupisco sempre di quanto sia poi allegro e gioviale in realtà. «Nella cartella ci sono i documenti che mi hai chiesto, li ho tenuti fuori così puoi ripassare in treno. Abbiamo due orette più o meno. Che c’è, perché mi guardi così?»

«Sembri strana.» Mi schiocca un bacio sulle labbra così, senza preavviso e continua come nulla fosse «mi piace però; sei sbrigativa e risoluta. Brava.» Eccolo, il manager che non ti aspetti; prima ti bacia come un ragazzino, poi ti rifila il complimento da adulto.

In treno siamo piuttosto silenziosi, ogni tanto alza gli occhi dalla montagna di numeri e fotocopie –sapientemente rilegate come ha chiesto- aggrottando la fronte in pensieri che io so, essere lontani dal mio mondo; mi piace il suo viso, nessuno direbbe mai che ci passiamo dieci anni di differenza e soprattutto mi piace la sua intelligenza, il suo modo di parlare così scandito e tranquillo e il fascino che il potere della sua posizione emana. Eppure, so così poco di lui; nel vecchio magazzino al piano e sotto un mare di polvere, una volta io Chiara abbiamo trovato uno schedario con delle informazioni che lo riguardano, nulla di scottante purtroppo, giusto qualche linea chiave che ci ha chiarito il suo percorso scolastico –laureato a pieni voti in economia e commercio, che novità!- e quello lavorativo in azienda dove è stato assunto come procacciatore di affari nel novantotto, all’età di venti anni; praticamente si è laureato mentre lavorava, un successo dopo l’altro lo hanno portato ad occupare la posizione privilegiata in cui opera oggi. E’ nato a Padova e la cosa mi ha fatto sorridere. E’ così solare, uno così nasce a Napoli o a Palermo, eppure lui è figlio del nord; non gli piace parlare della sua prima vita, se voglio vedere morire quel sorriso devo solo azzardare qualche domanda che la riguarda. Mi liquida come se non esistessi, ed in momenti come quelli resto esattamente quella che sono: una hostess.

 

«Dobbiamo chiarire alcuni punti.»

Lascia scivolare la matita al centro dei fogli e mi guarda tra il perplesso e il divertito. «Devi chiedere a Chiara di farti il check, ogni tanto. Comincia ad essere sospettosa.»

«Uhm. Tutto qua?!»

«I fuori sede. E’ un caso che capitino sempre a me?!»

«Me lo stai chiedendo o mi stai semplicemente facendo notare che ho un debole per te? Perché se è così non hai bisogno di sforzarti tanto, ce l’ho.» Ha il potere di annullare ogni mio pensiero, quando mi parla così; mi sento liquefatta e il cervello in pappa. Con un gesto secco della mano chiama la bella hostess bruna sul fondo della carrozza e ordina due martini in calice di vetro. Sottolinea vetro e la ragazza sventola le lunghe ciglia scure come se fosse un ovvietà in prima classe business. “Fanculo, sbrigati e da una stirata a quella fottuta camicia se ti capita!”. Penso agitandomi nella poltrona. La gelosia, quale sconosciuta.

«Non ti ho chiesto se lo volessi, il martini. Spero vada bene, in genere ti piace.»

«Va bene.» Lo liquido seccamente, odio essere così esposta.

«Si può sapere cosa hai?!»

«Devi portarti Chiara nei fuori sede. Non so cosa hai detto a Maria Rita di tanto convincente per far spostare solo me, ma devi sforzarti e cambiare marcia. Ok?!»

Adesso si agita lui, ma è solo un istante si ricompone in una freddezza micidiale. «A me non importa cosa pensa lei. Io voglio te e non capisco tutte queste storie sinceramente. Sei stanca? Il problema è questo? Quando arriveremo potrai riposare quanto vuoi, io voglio te Azzurra, non voglio nessun’altra.»

Wow! Mi gira la testa. E sono quasi sicura che non stiamo parlando solo di lavoro.

«Sono solo una hostess.» Bercio sarcastica, appoggiandomi allo schienale.

«La migliore, aggiungerei.»

«Solo il meglio, per la compagnia.»

«Non ti lamenterai più, quindi.»

«Al momento opportuno.» Sbuffa ed io sorrido cambiando argomento. «Sei preparato?!»

Alza le spalle in una nota di incertezza; non è mai stato impreparato, da quando questa storia del volere solo me ha preso piede ho avuto il tempo necessario per studiarlo e il risultato è che mi ha fatto innamorare di finanza solo sentendolo parlare, con i suoi discorsi ipnotici. «Improvviserò. Dopo quindici anni conosco queste stronzate a menadito.»

«Conta pure su di me. Sarò proprio alle tue spalle.»

«Come sempre.»

 

A Firenze fa caldo, caldissimo. Ho la camicetta tutta zuppa e i capelli incollati al viso; li tiro su malamente, ma me ne pento non appena la crema dell’elite aziendale scende per le scale che danno sull’androne principale, diretti in sala cocktail, per l’aperitivo di benvenuto. Lui mi trascina al desk con nonchalance, impettito direi e non saluta nessuno. “Perché fa sempre così?”

«Se non vuoi farti vedere con me dovremmo viaggiare separati come fanno tutti.» Sibilo inacidita, gettando un occhiata ansiosa alle altre colleghe tutte bocche cucite e sorrisi di plastica; oddio i loro accompagnatori non valgono nemmeno la metà del mio lo so e anche loro lo sanno, dal momento che ci guardano di sottecchi bisbigliando. Le ignoro o almeno ci provo, concentrando tutte le mie ire sulla mia croce e delizia preferita: proprio un bel vedere non c’è che dire, peccato stia stritolando il mio braccio in una morsa letale.

«Una prenotazione a nome di Flavio Spagnoli, grazie.» Allunga i documenti e i pass verso il bancone e sorride incantato; la receptionist ricambia senza staccare gli occhi dal pc mentre digita le nostre entrate.

«Bene, abbiamo una.. suite per lei e la signora Azzurra Amore.» A questo punto fa lo sforzo di guardarci, guardarmi soprattutto, con tanto di sopracciglio alzato; la incendio con lo sguardo tamburellando le dita sul bancone e quella torna con il capo chino. «Ascensore a destra. Quinto piano, camera seicentodue.»

«Grazie tante.» Afferro le nostre carte di identità e a passi veloci mi dirigo al grande ascensore; le porte si aprono subito, mi ci butto dentro senza riflettere, lui in coda con la ventiquattrore e il mio trolley.

«Esibizionista.» Rido, sciogliendomi i capelli. «Quanto ti diverte questa scena tutte le volte?!»

«Moltissimo.»

 

La camera è lussuosa come prevedevo, due grandi doppie comunicanti con un salottino al centro composto da una chaise longue in pelle bianca e un enorme tv al plasma attaccato alla parete; in un angolo campeggia un mini bar con penisola e una porta scorrevole che da al bagno; mi sento già meglio, getto le scarpe tacco dodici in un angolo e corro a farmi un Martini. Flavio regola i condizionatori e accende tutte le luci come di consueto, abbandona la ventiquattrore ai piedi del letto king size nella sua ipotetica stanza e mi raggiunge.

«Vuoi?»

«Voglio te. Da due ore e mezza.»

Scivola sinuoso dallo sgabello e sento pizzicarmi il ventre; mi toglie il bicchiere dalle mani appoggiandolo accanto al suo ancora pieno. Getto le mani in avanti per fermarlo, mi piace provocarlo, ma lo vedo piegarsi sulle ginocchia e afferrare me per le mie.

«Flavio, mettimi giù!»

Ubbidisce solo quando raggiungiamo il letto e le profumate lenzuola porpora. «Tutte le volte dici che devo viaggiare solo.» Distribuisce baci dal mento al collo, parlando piano, flebile. «Credevo ti piacesse, viaggiare con me.»

«Mi piace.» Sussulto, con le mani affondate nei suoi folti capelli.

«Bene. Non voglio più sentirti dire che devo scegliere qualcun’altra, o peggio stare solo. Azzurra.. vuoi viaggiare insieme a me?!»

Provo un brivido di.. paura; la sua voce così greve e sexy è capace di modulare inflessioni di terrore e tristezza e questo mi manda in visibilio sì, ma spaventa anche. E’ così potente la sua influenza su di me, ormai è come se mi fossi assuefatta al dolore e alla bellezza, perché per me da sei mesi è così che va; non siamo di certo la coppia standard che la classica storia d’amore annoveri fra le sue memorie, ma non siamo nemmeno qualcosa che non valga la pena raccontare e vivere. Non so cosa sono io per lui ma so cosa è lui per me; un qualcosa di devastante anche solo pensarlo. Credo di essermene innamorata e so che il tempo dell’incoscienza sta per terminare. Ho paura di scoprire cosa alberga nei suoi occhi sempre un po’ languidi e malinconici, dentro i suoi silenzi e le negazioni quando gli chiedo del suo passato, ma so anche che l’argine non è rotto e c’è ancora tempo per tornare indietro.

«Sì.»

 

«Ti chiedi mai dove ci porterà tutto questo?!» Lo sento respirare sul mio collo pesantemente e ancor più forte quando finisco di parlare; per qualche ragione ho lo strano potere di portarlo dalle stelle alle stalle in due minuti, e lo capisco è tutto lì, ma proprio non ci riesco a non sbucciarlo. Oh sì, sbucciarlo; è il frutto succoso da scoprire lentamente, da togliere via la scorza e vedere che c’è sotto.

«Sono due le cose che non mi chiedo mai; cosa è stato e cosa sarà. Perciò no, non lo faccio. Tu lo fai?»

«Ogni tanto fantastico su noi due.»

«E?»

«Lascia stare, dai. Mi sento stupida solo ad avertelo detto.»

«Lascialo dire a me. E?»

Mi volto dalla sua parte, ha il volto rilassato e bellissimo dopo aver fatto l’amore. «Ci vedo insieme. In una casa. Io vestita diversamente, che sorrido perché sono felice mentre gli altri ci guardano per invidia o ammirazione e non bisbigliano.»

«Tutti bisbigliano quando ti vedono. Sei molto bella.»

«Bisbigliano per te, che dici! Perché io sono la tua hostess, ma tu mi tieni per mano.»

«Oh, io voglio tenerti sempre per mano. Non sei felice?»

«Flavio sono sempre felice quando sono con te.»

«Ma non ti basta.»

«Non so. Sembra tutto così ambiguo. Dove eri cinque anni fa?!»

Rabbuia lo sguardo, so che sta per alzarsi. «Cosa c’entra questo adesso?!» Afferra il Rolex dal comodino e sospira, quasi di felicità. «Dobbiamo prepararci è ora di cena.» Lo guardo di traverso, mi alzo prima che possa anche solo compiere l’insulso gesto di piegarsi su di me e baciarmi. «Perché ti comporti da bambina? Torna qui, non è poi così tardi.»

Lo guardo girando il volto oltre la spalla. «E’ tardi invece. E tu hai la tua stramaledetta cena.»

Lo sento, adesso non sono poi tanto sicura: quell’argine comincia a scricchiolare.

Questo è il momento peggiore, le sue cene in cui non sono invitata; così mi cerco un posticino tranquillo dove mangiare –e qui mi tocca per forza di cose tirare in ballo le mie colleghe mute- e passare una serata che sembrerà lunghissima senza di lui; l’aspetto peggiore è l’attesa, quanto desidererei avere un rimessaggio per cuori solitari! Fresca di doccia mi infilo un jeans e una giacca e scendo giù nell’atrio dove alcune facce note mi stanno aspettando, spengo il cellulare e mi infilo in un taxi insieme a due ragazze di Genova; sono entrambe bionde e parlano urlando. Ho già mal di testa.

«Ma vogliamo parlare del tizio con il quale ti accompagni? Sono tutti così nella tua sede?» Bionda numero uno attacca bottone indovinate un po’, chiedendomi di Flavio; fa questo strano effetto alle donne perché è proprio lui ad essere strano. Non è una persona comune nell’aspetto e non lo è nemmeno dentro, questo è il problema fondamentalmente.

«Lui è un eccezione.»

«E che eccezione!» Bionda numero due è d’accordo con me a metà. «E dicci è sposato?»

«Oh sì con una modella russa. Un matrimonio felice.» La storia della modella russa è il riciclo di una fantasia piuttosto scarna che tiro fuori ogni volta che una di queste oche mi tira in mezzo; non so perché lo faccio -o meglio lo so ma non voglio ammettere di essere gelosa, proprio no!- ma ho cominciato e non sono mai riuscita a smettere così capita che qualche volta, quando lo incontrano gli chiedano come sta la modella. Lui ride tutte le volte e tutte le volte mi fa promettere di smettere. Ma non ci riesco.

«Per forza che uno così si tromba una modella!» Bionda numero uno agita le mani mostrando unghie fintissime e della peggior fattura, poi mi guarda maliziosa indugiando sulla casta scollatura del mio top. «Voi due però sembrate così intimi.. non è che due botte tra una felicitazione e l’altra le riserva anche a te?!»

La sua sfacciataggine mi da il voltastomaco, ma cerco di sforzarmi sorridendo serena. «Scommetto che tu sei più preparata di me.» L’amica ride mollandogli una gomitata nel fianco.

«’Sta qui ti ha già inquadrata!»

Il tassista salva la situazione in corner, ferma l’auto e ci indica il locale presso il quale abbiamo prenotato un tavolo; ad aspettarci fuori ci sono le altre due ragazze che avevo incrociato nel pomeriggio nell’atrio. Sembrano più tranquille, una napoletana e una ragazza di Trieste; poveretta, penso mentre bionda numero uno le si butta addosso miracolosamente addolcita alla parola “direzione centrale”.

Bionda numero due, Ilenia, in realtà si rivela essere anche simpatica; mi parla della sue esperienza in azienda e del pezzo grosso che le è toccato accompagnare, un vero despota arrogante. Dopo due bicchieri di Chianti si lascia scappare anche qualche racconto peccaminoso su bionda numero uno –che mi rifiuto di chiamarla con il proprio nome e che ignoro per tutta la serata- e scopro così che è una vera arrampicatrice sociale ma usa ‘l’arma letale’ talmente a destra a manca da essersi fatta una vera e propria nomina –zoccola- e che per questo quindi non è ancora riuscita a farsi sistemare da nessuno delle dozzine di uomini d’azienda che si è fottuta; un vero genio. Io ci sono cascata con uno e me ne sono addirittura innamorata, la guardo e penso quanto debba essere triste la sua situazione al pari della mia, ma lei ride sguaiata con la tizia di Trieste –che ci guarda supplichevole- e distrugge in un attimo qualsiasi sentimento di compatimento possa aver provato.

«Tu invece? Se il bello non è il tuo uomo, con chi te la fai?»

«Con nessuno in particolare.» “Bugiarda.” Infilo la forchetta in una deliziosa crostata crema e fichi e divago. «Diciamo che non sono interessata ad avere storie al momento.»

«Ahi-ahi, cuore spezzato?»

“Tutt’altro. Il mio cuore è vivo.” «Solitario, va che è meglio!»

«Beh meglio restare single, che stare con uno stronzo.»

«Parli per esperienza?»

«Più o meno. Ma sto nella tua stessa barca, adesso voglio solo divertirmi.» Alza il terzo bicchiere di Chianti e lo fa collidere contro il mio con decisione. «Fanculo i problemi e fanculo pure gli uomini!» Annuisco e finiamo brille una serata che tutto sommato sembra sia stata anche piacevole.

L’aria fresca ci sveglia un po’ mentre passeggiamo sul lungarno in direzione del Ponte Vecchio; sono stordita e Ilenia fa battute a raffica tramortendomi. Finiamo in un pub gestito da un ragazzo cinese che parla un adorabile dialetto fiorentino e che diventa così la nostra attrazione del dopo cena. Mi faccio una media chiara e penso che non dovrei bere oltre, che sono già abbastanza alticcia e che domani tutta la giornata sarà dedicata a Flavio e al meeting, ma mentre lo penso stringo in mano uno short e il bel viso del dottor Spagnoli è solo un miraggio distorto nella mia testa; wow, come ci si sente bene a star leggeri. “Una sensazione che ho perso da un po’.” penso amaramente, tuffandomi in ricordi dolorosi e bellissimi insieme.

«Noi si va a ballare, voi che fate?!» Bionda numero uno sta tutta avvinghiata al cinese mentre mi parla con un sorriso da ebete; io nego con la testa e mi domando come faccia l’indomani a presentarsi che puzza di alcool fin qui. Ilenia chiama un taxi e le altre due ragazze si accodano per il rientro. Guardo nervosamente l’orologio, sono quasi le tre, cazzo; non soffro di occhiaie e fortunatamente sono una abituata a dormire poco, la mia preoccupazione più grande è Flavio. E’ un tipo piuttosto apprensivo, si preoccupa sempre troppo, eccessivamente a volte.

Lo trovo nell’atrio mentre inveisce al tipo di turno al desk; un ragazzone che se volesse con un schiaffo lo farebbe girare come una trottola, ma che sta lì mortificato con la cornetta a mezzaria mentre cerca di capire cosa dice la voce all’altro capo; mi vede e come se niente fosse blocca la mano al ragazzo che intuisce e mette giù malamente. «Azzurra..» mima con le labbra, non schiodandosi di un passo; le ragazze mi oltrepassano svelte salutandomi e con la stessa sveltezza si dirigono all’ascensore come un gruppo di adolescenti beccate dal professore di vedetta.

«Nessuno di particolare, eh?!» Ilenia mi strizza l’occhio ed io sbianco, cianotica. «Tranquilla, ci penso io con le altre.» Mi abbraccia veloce e sparisce anche lei.

Quando è sicuro di non avere più nessuno intorno, si avvicina a passi svelti e mi circonda con le braccia. «Hai visto che ore sono?

«Ho visto più tu che sbraitavi contro il ragazzo della reception. Non è colpa sua se sei apprensivo.»

«Io non sono apprensivo.» Dice allargando gli occhi stupito. «Mi preoccupo solo un po’.»

«Un po’?» Sono cioccata; in momenti come questo perde di lucidità e non ha la giusta percezione delle cose. «Le hai fatte scappare, cavolo! Sai questo cosa significa? Devi contenerti, Flavio.» Alzo la voce e so di farlo perché mi prende per il gomito e mi trascina agli ascensori; pigia nervosamente sul tasto a V e freme alle mie spalle.

«Adesso chi è che deve contenersi?!» Le porte si aprono, mi spinge con dolcezza tutto sommato e penso che stiamo per litigare; non mi va di litigare con lui perché mi sfinisce, è una lunga battaglia senza mai un vincitore e per di più stiamo andando a letto e non voglio addormentarmi con uno che poi assomigli ad uno sconosciuto. «E comunque non me ne frega niente di quelle.»

«Devi deciderti. Ah e magari stilami una lista di chi rientra tra il mi frega o no.»

«Smettila. Non ti ho visto arrivare e ho pensato al peggio.»

«Smettila tu. Sei esagerato, ti sembro mica Cenerentola?»

Ride lasciandomi basita; una tregua. «Cenerentola no, mi sembri più Raperonzolo, solo con la minigonna.»

«Raperonzolo era chiusa in una torre o qualcosa del genere: cioè in trappola. E aspettava quel cretino del principe che altro non ha fatto che arrampicarsi per i suoi capelli. Non mi piace. E per la cronaca, non indosso una minigonna ma bensì una gonna al ginocchio, misura standard per una hostess.»

«Sì ma è stata forte. Si è fatta liberare alla fine.»

Infondo non ha tutti i torti. «Tu saresti il principe?»

«No, io non sono nessuno.»

Lo guardo respirare con il capo piegato sul mio seno, dopo aver fatto l’amore; un round a testa ed è quasi alba. Penso di non aver mai amato nessuno nel modo in cui amo lui. Disperato, selvaggio a tratti quasi depravato.

«Sei nervoso?»

«Lo ero più qualche ora fa. Tu, sei stanca?»

«Un po’, ma reggerò te lo prometto.»

«Devi, ho bisogno di te.»

«Vorrei tu avessi bisogno di me anche in altri modi.»

«In tutti i modi a cui tu stai pensando. Ti prego, non dubitarne.»

«E come? Viviamo in camere di albergo e ci nascondiamo.»

«Vuoi di più?»

«Quanto altro di più sei disposto a darmi?»

Stringe forte le coperte e si agita; ho esagerato, lo so e mi viene da piangere dalla rabbia. Lo accarezzo e so di sbagliare, so che si sentirà sicuro di se e di me e che non risponderà mai a nessuna delle mie domande. Si sposta e si appoggia al suo lato del letto però nella mia direzione, dal buio posso vedere i suoi occhi scuri scrutarmi.

«Non so risponderti. E’ un problema?»

«Dipende. Mi sono innamorata di te, Flavio.»

 

La sala Imperatore dell’hotel è gremita di persone, fanno un gran chiasso finche Flavio Spagnoli non fa il suo ingresso in completo grigio fumo, personalmente consigliato dalla sua hostess tutto fare, cioè io; e poco male, quelle sono le uniche parole che abbiamo scambiato dal suo «Oh no» della sera prima, quando gli ho detto che mi sono innamorata di lui. Fantastico, no? Ci dirigiamo a grandi passi verso la platea centrale, quella con il tappeto rosso e le tre sedie per lui e due personaggi al vertice che tecnicamente lo supporteranno durante la lezione; poi ci sarò io, più defilata a mo’ di bella statuita o a passargli questo o quello, supportarlo, sostenerlo con sorrisi accondiscendenti -manco presentasse il progetto di una bomba atomica o la soluzione per il debito mondiale- e fare tutto ciò che è in mio potere professionale per farlo sentire bene, a proprio agio, servito. Tutto ciò che è in mio potere professionale, già.. tutto, ma non il suo amore. “Stai lavorando. Cerca di toglitelo dalla testa.”

«Dottor Spagnoli! Che piacere vederla, mi chiedevo ha ricevuto poi la mia mail?!» Il più anziano dei due che gli siederanno accanto comincia ad attaccare bottone, lui sorride cortese non staccandomi gli occhi di dosso nemmeno per mezzo secondo; il più giovane, sui trenta credo –non sono mai stata brava con l’età- è da quando mi ha vista al suo fianco che non fa altro che indugiare sui centimetri di gambe e polpacci nudi. Ne approfitto della situazione per stappare alcune bottiglie d’acqua da un tavolo a poche spanne dalla platea, guadagnando fiato e tempo da quel delirio di occhi e testosterone. Torno che sono seduti ormai ed è l’occasione giusta per sfilare alle loro spalle versando liquido nei loro bicchieri; quando mi avvicino a Flavio lo sento che mi sfiora la coscia con due dita e lo vedo incenerire con lo sguardo il baldanzoso giovane. Quello ricambia perplesso, ignaro della sua mano vagante sul mio corpo. Mi scanso senza sorridere o guardarlo, gli volto le spalle e sono esattamente parallela al ragazzo che mi guarda per intero quasi non vedesse l’ora. Adesso sorrido voltandomi nuovamente, per poi sfilare ondeggiando al mio posto; non gli ho dato il tempo di leggermi gli occhi. So che lo farò morire e mi piace.

Si alza dalla sedia a sala ormai piena, il vocio si interrompe nuovamente. Comincia a parlare salutando i presenti in sala, spiegando brevemente lo scopo della giornata e i punti chiave del corso; parole che conosco a memoria, imparate nei tempi d’attesa di stampa, ma la sua voce da certamente un credito a quell’insulso pappone di frasi più o meno articolate. E’ un incanto mentre brandisce la penna e indica le slide che scorrono alle sue spalle, il volto serio, la postura composta e non sbaglia un acca, un accento, un inflessione; era preparato sul serio e non avevo poi grossi dubbi in merito.

Il tempo scorre via in un soffio, gli rimbocco il bicchiere solo un paio di volte in totale, annuendo a tutte le altre richieste più o meno stupide che mi fa solo per strapparmi uno sguardo; sono inflessibile, non lo guardo mai negli occhi e la cosa mi logora ma è necessaria. Nella pausa schizzo via a prendere un po’ d’aria e rigenerarmi; fa molto caldo nonostante l’aria condizionata e i tacchi cominciano a infastidirmi. Mi raggiunge come un pazzo.

«Ti prego.» Alzo le mani ben conscia che vuole farmi una piazzata, nonostante tutto. «Guarda dove siamo.» Si guarda attorno, un gruppo di gente sta fumando persa in discorsi più o meno seri; si avvicina e mi mette sotto agli occhi dei fogli, circondandomi con la sua presenza, indica un punto senza senso e intanto mi parla all’orecchio.

«Ti prego io, non trattarmi così.»

«Credevo fossimo d’accordo. Niente slanci quando siamo a lavoro. Questa era la tua unica clausola, o sbaglio?!»

«E’ passato tanto tempo da quella clausola.» Mi stringe per il fianco, accarezzandomi, sospira per un tempo che sembra un’eternità quasi soffrendo. «Se io ti svelassi il torbido che si annida in me, tu poi saresti capace di amarmi ancora?!» E’ una richiesta accorata ma non mi guarda negli occhi; resto interdetta, guardo al gruppo di persone adesso un po’ sfilacciato e tremo.

«Quanto torbido?!» Per un attimo e non so nemmeno perché mi passano per la testa infinite liste di reati e crimini in cui cerco di incasellarlo; avevo intuito ci fosse qualcosa che preferisse omettermi, ma non mi ero mai soffermata troppo sulla gravità. Ma adesso si e ho paura, lo ammetto.

Sta per rispondere quando una donna vedendolo gli fa un cenno si saluto, avvicinandosi; stacca le mani da me e mi da le spalle, abbandonandomi in una bolla di terrore e ansia. «Vattene.» Soffia cattivo e imperioso.

«Vattene?» Neanche nella peggiore delle situazioni si è mai rivolto così a me; gli giro intorno e lo guardo furiosa.

«Flavio!» La donna ci raggiunge in un aurea di profumo nauseabondo; mi guarda interdetta, mi sposto, lei corre ad abbracciarlo. Si conoscono da tanto tempo, il modo in cui la circonda con le braccia mi da i brividi. «Come stai? Perché non mi chiami più? Devo sapere da terzi che sei a Firenze e non mi vieni nemmeno a salutare?» Lui mi guarda angosciato, lei se ne accorge e stavolta mi punta addosso uno sguardo accusatore.

«Hai bisogno di qualcosa?!» Si rivolge a lui con tono affettuoso che nega con il capo, poi si girano entrambi su di me; perfetto, mi stanno platealmente cacciando.

«A dopo, dottor Spagnoli.» Con una punta di amarezza faccio per andarmene; mi allontano lentamente, ferita, delusa. Sento la donna alzare volutamente il tono forse infastidita dalla mia presenza così vicina a quello che per lei sembra essere più di un conoscente e non posso fare a meno di ascoltare.

«Susanna mi chiede sempre di te. Sta migliorando, sai? Quanto vorrei rivedervi ancora insieme.. non pensi meritiate un’altra occasione? Un matrimonio infondo è fatto di alti e bassi.»

“Oddio.. è.. è sposato?” Credo di non sentirmi più le ginocchia. Credo che potrei svenire. Morire persino; la delusione si trasforma in un attimo in panico. “Quanto torbido?” Le mie stesse parole rimbombano nel cervello; che idiota che sono, come posso essere stata così ingenua? Come ho fatto a innamorarmi di uno che non mi ha mai parlato di sé e della sua vita? Come ho fatto a credere che mi nascondesse per paura di espormi inutilmente a giudizi? Ma soprattutto, come ho fatto a sperare che mi amasse a sua volta?

 

*

NDA:

Salve a tutti, cari lettori e care lettrici, ben ritrovati!

Non ho idea di come catalogare questa storia, probabilmente nel momento in cui la posterò avrò l’illuminazione; sarà breve questo sì. Azzardo un quattro capitoli, tutti concentrati su questo rapporto.

Il titolo mi fa impazzire ed è altamente ispirato ad alcune sensazioni che mi da la canzone dei Negramaro; una storia semplice, appunto ;) l’adoro e adoro loro :D

Spero che come inizio vi sia piaciuto e che vogliate lasciarmi una vostra impressione!

Vi abbraccio forte, a presto.

Lunadreamy.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Azzurra D’Amore.

Una storia semplice

 

 

 

Ma non è colpa mia se per noi questo è vivere.

Una storia semplice _Negramaro.

 

Capitolo 2.

 

«Aspetta, ti prego.»
«
Lasciami stare, ti ho detto!»

 

Flavio è impazzito. Dopo il corso sono schizzata fuori dalla sala congressi dritta in camera a fare le valigie per tornare a Roma e mi ha seguito fin lì, lasciando a bocca asciutta quanti volevano complimentarsi; non ho portato quasi niente, mi agito e butto tutto per aria ma nel giro di venti minuti ho finito e prenotato un taxi per la stazione. Lui è lì che mi fissa con quegli occhi piccoli che vorrei scavare via a mani nude; quel nero colato.. mi guarda e mi implora.

«Non vuoi neanche ascoltare cosa ho da dirti?»

«Perché adesso vuoi parlare?!» Rido beffarda più per difesa che per cattiveria. Non sono cattiva, non lo sono mai stata anche se avrei voluto tanto; avrei voluto scopare con questo uomo bellissimo anziché farci l’amore, avrei voluto riempire il tempo con la consapevolezza di tirarmi indietro quando avrei voluto anziché sospirare ogni attimo passatogli accanto. Avrei voluto un sacco di cose ma quello che voglio io non conta più niente ormai. “Voglio solo volere andar via.” «Spostati, non mi interessa cosa vuoi dirmi. Ho sentito abbastanza e quello che ho sentito fa schifo e niente, assolutamente niente di quello che potrai dire cercando biecamente di giustificarti mi farà cambiare idea in merito.»

«Lo so, ma io ho qualcosa da dire.»

«Ah ma davvero? Dov’era ieri la tua voglia di parlare dottor Spagnoli?» Lo guardo gelida, ferma. «Puoi comandare i tuoi subordinati ma non me, perché io non voglio starti ad ascoltare. Non più. Mi hai riempito la testa di parole, ma non erano altro che chiacchiere.» Dalla reception un trillo mi avvisa che il taxi è arrivato. Ci guardiamo un ultima volta, alzo il manico al trolley e lo oltrepasso sfiorandogli la spalla; è un attimo, un fremito, un sospiro smorzato.

«Non andare.»

Ma non lo ascolto veramente, chiudo gli occhi e chiudo anche il cuore; in ascensore piango, contro volere ma piango perché come sempre sono stata schiacciata dal bene che sono in grado di provare e non ho avuto in cambio nulla.

 

Chiara ho avvisato l’azienda che mancherò un paio di giorni.

Sto bene, stanca ma sto bene.

Un bacio tesoro.

 

Spagnoli ti ha stremato?:)

 

Oltremodo : (

 

Spengo il cellulare, non voglio rischiare -nel mezzo del cazzeggio con Chiara- di sentirlo ancora. Il viaggio prosegue senza intoppi e per mia fortuna sono a Roma in perfetto orario; non so cosa devo fare, oltre recarmi a casa, farmi un bel bagno rilassante, strappare via certi momenti dal cuore e cancellare per sempre Flavio Spagnoli dalla mia vita. Non ho davvero nulla da fare! Decido di rimandare il momento tragico della rimozione ricordi ad un’altra volta e così senza pensieri, mi accingo a saltare su un altro treno –un regionale che in un ora scarsa mi porta fuori città, al mare- e a bussare ad un portone che mi ha accolto infinite volte.

 

«Mi fai entrare?!»

 

Il ragazzo sulla porta si fa trovare con un sorriso consapevole e sincero.

Riccardo e io ci conosciamo da secoli, diciamo che lui è la mia ancora di salvezza in momenti tragici come questi; abbiamo frequentato lo stesso liceo e la stessa classe per cinque lunghissimi anni, anche se le nostre famiglie si conoscevano già da tempo. E’ il tipo di ragazzo che piace a tutti perché è sincero, altruista e se ama una persona è disposta a tagliarsi un braccio pur di vederla sorridere; lui mi ha salvata un sacco di volte, a scuola e anche dopo quando non ho smesso di essere la calamita attira catastrofi.

Mi squadra da capo a piedi prima di farmi entrare, con il suo tipico atteggiamento da papà apprensivo.

«Se mi avessi avvisato del tuo arrivo ti avrei fatto trovare qualcosa da mangiare. Sei magra da fare schifo.» Mi stringe il braccio e scuote il capo; va verso la cucina e mi accorgo solo dopo aver spostato l’attenzione sulla sala che c’è una ragazza bruna seminuda sul divano intenta a fumarsi una sigaretta.

«Ciao, io sono Azzurra.»

«Miria, piacere.»

Abbandono il trolley in un angolo, dirigendomi in cucina. «Senti ma.. non è che ti sto disturbando?»

«Ma dai figurati! E comunque se ne stava andando, lei. »

«Mica tanto eh, l’ho vista bella accomodata.» Mimo il gesto di fumare e rido. «Bella però. Cavolo Rich, tu si che hai capito tutto della vita.»

Posa il coltello sul piano lavoro e butta il trito di carote e cipolle in una padella, prima di girarsi a guardarmi con aria compita. «Che è successo stavolta? Sono sei mesi che non ti fai vedere, cavolo ho pensato.. sarà la volta giusta?»

«Sono una stronza lo so.» Mi alzo, apro il frigo e stappo una birra. «Ma stavolta ho fatto una cazzata esagerata. Sto veramente a pezzi.»

«Lo vedo.» Indica la divisa che ho addosso. «Che fai arrivi? Parti?»

«Arrivo.»

«E quindi, la cazzata? Ti ho lasciata tutta cuori e fiori.» Fa finta di ficcarsi due dita in gola e mi guarda schifato.

«E’ sposato.» Trasalisco al sol pensiero.

Allarga le braccia, il sorriso all’ingiù. «Te lo ha detto lui?»

«Oddio, non tecnicamente lui. Ho ascoltato una conversazione..»

Adesso ride, un sorriso che coinvolge gli occhi; adorabile. «Sei la peggio. Almeno sei sicura di aver sentito bene?»

«La parola matrimonio è abbastanza eloquente non trovi? C’era questa tizia e parlava di una certa Susanna e che dovevano darsi un’altra possibilità, che lei stava meglio e chiedeva sempre di lui. Cosa dovrei pensare secondo te?»

«Ok, ma lui che ti ha detto? Magari è una ex. Non mi sembra poi tanto grave.»

«Grave è che non mi ha detto un cavolo di niente in sei mesi e neanche dopo! Se ne è stato impalato a vedermi andare via senza muovere un dito. Cioè cazzo, combatti no? Evidentemente non sono così importante come ritenevo d’essere, tutto qua.»

Mi leva la birra di mano e intanto con l’altra gira il sugo per la pasta; sale un odore intenso e mi accorgo di avere fame veramente. La bruna fa capolino in cucina con i capelli umidi tirati su e profumata di vaniglia, ci guarda, va verso Riccardo e lo bacia velocemente.

«Ho fatto una doccia, spero non ti dispiaccia. Sono stata bene.» Si morde il labbro. «Il numero è sul comodino. Ciao Azzurra.» Fa per andarsene ma torna sui suoi passi. «Scusa ma.. involontariamente ho sentito tutto, posso dirti una cosa?» Alzo le spalle. «Quale relazione può vivere se basata su una menzogna?»

«Esatto, proprio questo. Voglio dire non potevi dirmi subito che eri o sei sposato.. ancora non lo so.. e far decidere me se voler essere presa per culo o no?»

«Certi uomini sono fatti così. Non hanno le palle per decidere quale paio di mutande indossare, figurati se sanno indossare una relazione.» E in attimo siamo tutte e due con lo sguardo su Riccardo, il quale se la ride nervosamente.

«Non guardate me, eh! So che mutande mettermi, giuro!»

«Vabbè, io vado eh.» Miria alza il mento e stavolta se ne va davvero.

«Grazie!» Le urlo dal mio sgabello, poi torno su Rich e sul suo labbro corrucciato. «Ma che aspetti, scusa? Perché non le dici di restare? Sai quale mutanda mettermi però sei duro di comprendonio eh. Non l’hai capita la manfrina?»

«Oddio dici che..»

«Eh già. Senti è una gran gnocca, simpatica e pure sveglia. Un piatto di pasta non è mica un contratto col sangue.»

Si puntella sui piedi, sospira e corre a riprenderla. Ecco, io non capirò nulla di uomini e Riccardo è il mio salvagente da più o meno tutta la vita ma per una volta, unica e irripetibile lo so, sono contenta di averlo potuto aiutare io.

 

 

Rich mi passa al volo il cuscino, mentre timido mi dice che Miria si tratterrà anche per la notte.

«Hai capito.. te le sei cambiate le mutande?»

«Oddio, basta con questa storia eh!»

Rido buttandomi di peso sul letto; indosso una delle sue magliette extra large e ringrazio il cielo di non dovermi sentire a disagio se preferisco dormire in mutande. La vestaglia di seta che ho indossato a Firenze per Flavio sarebbe stata una cosa dolorosissima da tirar fuori; mi accuccio stordita, lui di nuovo prepotente fra i miei pensieri. Rimugino sul cellulare ancora spento, sbuffo incerta ma lo lascio lì nel fondo della borsa inanimato.

«Puoi chiamare mia madre e dirgli che sto bene? Resterei da te qualche giorno se sei d’accordo.»

«Tutto il tempo che vuoi piccola.» E mi bacia la guancia. «Però mi devi promettere che farai qualcosa per tirarti su. Mettilo sotto con la macchina o ignoralo se preferisci, ma fa qualcosa. Non mi piace vederti giù.» Lo abbraccio e sospiro; il mio grande Rich. «Domani ce ne andiamo al mare.»

«Non ho il costume.» Bofonchio con la faccia schiacciata sulla sua spalla.

«Non sarebbe la prima volta, brutta sporcacciona!»

Sorrido ripensando a tutte le cavolate che abbiamo fatto insieme e nel farlo mi lascio cullare in sonno leggero e calmo dove non esistono mostruosità e il mio cuore è libero di volersi bene e volerne un po’ anche me.

Il paio di giorni si trasformano come niente in quattro, nel pomeriggio mentre io e Rich siamo a fare la spesa in un market non lontano da casa sua mi trilla il telefono; non ho resistito e in più mia madre ha minacciato di mandarci quelli dei Nas se non avessimo fatto in modo di far tornare attivo il mio cellulare.

Nella sola giornata di domenica mi ha cercata circa cinquanta volte e sette messaggi più o meno tutti uguali e disperati; dove sei, parliamone, mi manchi, ti prego.. ti prego cosa?

Ho una soglia del dolore molto alta, tendenzialmente riesco a superare un dramma in circa tre giorni, il dolore diventa assuefazione che diventa a sua volta rabbia, odio se sono proprio in vena. Decisamente lo sono.

Lo detesto con tutte le mie forze.

Dopo lunedì e circa altre trenta chiamate ha smesso di tormentarmi; beh, di tormentare un telefono muto. Immagino la soddisfazione nel riporre in una laconica voce che ti informa che tizio non è raggiungibile, tutti i tuoi perché; per un po’, assaporo il dolce gusto della vendetta. “Ben ti sta, stronzo!”

Guardo angosciata verso Riccardo che posa la confezione di gelati e sospirando prende il telefono al posto mio; siamo a giovedì, perché vuoi tormentarmi proprio di giovedì?

«E’ Chiara.» Scorre il testo e vedo montare un certo divertimento sulla sua faccia; glielo sfilo malamente e lui mi fulmina con lo sguardo «Ti divertirà, vedrai.»

 

Brutta stronzetta che non sei altro, quando avevi intenzione di dirmelo?

Spagnoli mi ha tormentato per due giorni per farsi dire dove ti fossi cacciata.

Alla fine ho ceduto, ma la storia che ti sei dimenticata il beauty case

in albergo e vuole rispedirtelo non è originale, eh. Diglielo! :S

 

Cosa hai fatto! E’ pazzo, non lo sapevi?:(

 

Mi stai dicendo che è una specie di maniaco? Aiutononlosapevo.

 

Sì. : (

 

Cazzo.

 

Scherzavo! : ) Ma ti prego dimmi che non facevi sul serio anche tu.

 

No, sono serissima.

 

Cazzo.

 

Scherzavo! Col cavolo.. che gli davo l’indirizzo. Non prendertela dai, mi ha fatto tenerezza.

Non so cosa è successo fra voi due (giuro ti uccido quando torni)

Ma sembrava davvero a pezzi.

 

Ps=Come è a letto?

Un po’ ci speravo che finisse così. : )

 

Sa dove sono.

Panico. Panico. Panico.

Non voglio vederlo o meglio muoio dalla voglia di rivederlo, ma non così; sono in uno stato pietoso, Riccardo mi ha trasformata in una specie di trita rifiuti facendomi ingoiare praticamente cibo ogni tot ore col risultato che ho la faccia devastata, i capelli da fare schifo e le sue vecchie tute addosso da quattro giorni. Non voglio vederlo, voglio stare nel mio stato di pietà ancora molto a lungo. Non voglio assolutamente vederlo.

 

«Cosa ci troveresti di tanto divertente in questo messaggio, me lo spieghi?»

«Per prima cosa era ora che ti dessi ad un po’ di azione. Non fraintendermi.. ti adoro, ma quando sei in modalità depressa sei insopportabile. Punto secondo, io sarò lì a godermi la scena se il tizio è così pazzo da venire a cercarti. Punto terzo, Chiara ti farà il sedere e la cosa è un vero spasso!»

«Grazie tante. Ridi delle mie disgrazie, che amico!» Spingo il carrello più avanti e lo lascio inveire con la cassa d’acqua in mano; mi raggiunge e la butta dentro malamente, un vasetto di yoghurt si spappola sotto il suo peso.

«Bravo. Guarda che casino hai combinato!»

«Ma smettila di frignare. E’ solo un po’ di yoghurt.»

«Io non frigno!»

«Si tu frigni. Lo fai sempre. Con Luca hai frignato. Con Mirko hai frignato. Con..»

«Oh, frena! Non ho tutti questi ex.»

«Menomale, il mio fegato ti ringrazia! Per una volta che hai beccato uno che si sparerebbe ‘sti novanta chilometri per venire a chiarire, stai qui a farti paranoie. Ma non era quello che volevi, infondo? Tutte brave a lamentarvi e poi quando il principe azzurro arriva, gli azzoppate il cavallo.»

Lo era? Era vero che volessi mi raggiungesse? Oddio fremo all’idea delle sue mani, delle sue labbra, della sua voce. “Che bisogno ho dei capelli a posto? Dei bei vestiti, la faccia migliore. Io voglio lui è vero!”

«Rich hai maledettamente ragione.»

«Come sempre piccola.»

«Però era meglio se avessi detto.. quando il principe arriva, scappate con quello sull’Harley!»

«‘Fanculo cretina!»

 

 

E’ un sabato pigro a casa di Riccardo; oggi non lavora e ci stiamo godendo il cofanetto di Sex and the City che gli ho regalato un San Valentino di alcuni anni fa. Non siamo mai stati fidanzati, non ne saremmo stati capaci ma ci piace comunque scambiarci regali e il bello di averlo nella mia vita corrisponde al fatto che per farmi felice se lo è fatto regalare ben sapendo le ore che avrei speso a casa sua e l’amore spropositato per Carrie&Co.

Miria è in cucina che prepara un tiramisù alle fragole, ogni tanto fa capolino e recita qualche battuta; è peggio di me, le sa a memoria! Da quella Domenica famosa non se ne è mai andata via veramente; sospetto che il mio Rich stavolta faccia sul serio. Sarei più che felice, i lunghi anni di scopazzate a destra e a manca hanno rotto le scatole anche a lui e poi a dirla tutta lo vedo bene con una donna fissa accanto. Lui è un papà mancato; dolcissimo, comprensivo ma autoritario quando serve. A venticinque anni ha un lavoro serio in banca e una famiglia solida alle spalle; quello che si direbbe un ragazzo inquadrato, con sfumature di pazzia che lo rendono speciale.

 

«Questa puntata mi fa venire i lucciconi agli occhi.» Miria ci passa i popcorn e si mette seduta accanto a Rich; lui le posa il braccio intorno alle spalle e le bacia i capelli.

«Qui è quando Big viene operato al cuore e nella guarigione sembra quasi un altro. Ve lo ricordate?»

«Che stiamo facendo? E’ di noi che parlo, che stiamo facendo?» Ripeto la battuta di Big con enfasi.

«Già e Carrie gli dice che non lo sa e si guardano in quel modo assurdo!»

«Oddio sì, ho i brividi!»

«Ehi voi due, vorrei vederlo se non vi dispiace!»

Rich le fa la linguaccia e quando Miria torna con il viso alla tv le si butta addosso senza pietà, facendo rotolare la ciotola con tutti i popcorn ai piedi del divano. Tipico suo e ci toccherà ripulire! Mentre mi chino per aiutarli a sistemare, suona il campanello.

Ci guardiamo manco fossimo in un film dell’orrore, l’unico che sghignazza è Riccardo, anche il primo ad alzarsi per andare ad aprire. Torna dopo qualche minuto, il viso teso.

«Gli ho detto che se ti fa soffrire gli spacco la faccia.» “Flavio!” Provo a dire qualcosa ma le parole non ne vogliono sapere d’uscire così annuisco e mi alzo come un automa in direzione della porta. «Cazzo, però ha fascino.» Mi sciolgo e gli sorrido come un ebete; quando mi porto fuori dalla loro vista sento Carrie e Big parlare di nuovo ma a volume bassissimo.

 

«Azzurra.» E’ seduto in cucina, con un bicchiere colmo d’acqua davanti a se. “Se è bello, mamma mia.”

E’ vestito informale, una polo chiara su dei pantaloni che non gli ho mai visto addosso; solo adesso mi accorgo di averlo visto poche volte vestito a quel modo e sorrido amaramente, passando in rassegna i diversi vestiti che indosso anche io; un pantalone sportivo di Riccardo e una t-shirt che Miria mi ha portato dal suo armadio. Non faccio poi tanto schifo ma quando sognavo di stare in altri abiti in sua presenza non intendevo proprio questi.

 

«Ciao Flavio. Come stai?» Il mio super autocontrollo ha la meglio sul cuore, riesco ad articolare qualcosa per fortuna; è tutta una questione di respirazione, questo spiegano a certi corsi si self control.

«Senza di te? Un vero schifo. Ti prego, possiamo parlare?»

«Solo se smetti di dire ti prego. E scriverlo. Mi da la nausea, nessuno prega nessuno.»

«Ok. Mi sei mancata. Ti posso abbracciare?»

«Vuoi il permesso?» E non appena finisco di parlare si alza e mi paralizza in una morsa impetuosa.

“Il suo odore. Il suo meraviglioso odore. Oddio lo amo, sì lo amo proprio.” «Ti sono mancata proprio tanto.»

«Scusa, sì tanto.» Prende il respiro e mi slega non allontanandosi troppo. Occhi neri, occhi scuri, occhi ardenti e agognati. «Non sono sposato tanto per cominciare. Ma lo ero, tempo fa.»

Prima pallottola sparata; e mi centra proprio bene. «Lei chi è, Susanna?»

«Sì. Sua madre, Lidia, è originaria di Firenze.»

Seconda pallottola. Firenze. Brucio di gelosia.. hanno respirato la stessa aria.

«Che ne è stato del vostro.. del vostro..» Non riesco a dirlo. Mi fa male.

«Ci siamo lasciati quasi subito.»

«Perché?» Mi interessa davvero? E’ importante? “Ah, fanculo sì!”

«Non è importante.»

“Non cedere! Non cedere!” «Per me lo è.»

«Mi fa male ricordarlo. Ti p.. prego.»

Voltastomaco. «Perché, la ami ancora?»

Mi guarda disgustato. «No!» “Ami me?!”Questo non riesco proprio a dirlo e fluttuo nell’immobilità, lui se ne accorge e continua. «E’ una vecchia storia finita male ma ci sto lavorando su. Non sono stato esattamente il miglior marito ma le volevo bene e gliene voglio ancora, questo sì. Ma solo questo, te lo giuro.»

«Non giurare cazzo! Sai parlare senza pregare e senza promettere nulla che non sei in grado di mantenere?»

«Azzurra io non ho mai promesso nulla proprio per questa mia inadeguatezza nel confrontarmi con i miei sentimenti, ma credimi se ti dico che sono pronto per un tentativo se vuoi.»

«Inadeguatezza? Ci stai lavorando? Mi spieghi cosa stai dicendo?»

«Mi sento in colpa e questo non mi aiuta nelle relazioni con le donne. Questo è quanto dice anche il peggior terapeuta. Ma sai che novità.»

«Ok, vai da un’analista quindi.»

«Ogni tanto. Ma sono passati tanti anni, la situazione è migliorata.»

Ripenso alla dolcezza di certi momenti vissuti insieme e subito dopo ai suoi occhi evasivi e al panico quando gli ho detto che lo amavo riuscendo a capire perfettamente di cosa parla. “Sarà mai in grado d’amarmi?!”

«E dov’è il problema, allora?»

«Che vorrei tanto sbloccarmi, ma questo mi spaventa.»

«Ti spaventa cosa?»

«Sbagliare, una cosa del genere, sì. Non voglio farti male, eppure lo faccio.»

«Già il problema è proprio questo. Chi mi dice che non mi stai prendendo per il culo? Chi mi dice che non mentirai ancora? Chi mi dice che io posso fidarmi di te? Fiducia Flavio è una cosa importante.»

«Lo so, nonostante i miei cazzo di errori, lo so! Tu sei speciale per me. Credimi se puoi.»

«Vorrei.»

«Fallo. Sono vere le cose che ti ho detto, tutte quante.»

“Ma non mi hai detto che mi ami.” Mi stringo nelle spalle, annego nella voglia di essere stretta ancora fra le sue braccia. Non so se posso fidarmi, non mi ha detto tutto e quello che mi ha detto mi ha sconvolta. Inadeguatezza è una parola così tanto tecnica.. poco di pancia. «Perché Flavio, andava tutto così bene.» E mi accorgo di quanto in realtà il bene nostro era un qualcosa di finto e per questo mi fa piangere. «La nostra bolla. La nostra perfetta bolla di inconsapevolezza dove riuscivo, anche se per poco, a sentirmi alla tua altezza, degna di te.»

«Ma lo sei. Ed io sono un cretino.. » si avvicina e mi prende a se nuovamente, «non è colpa tua se sono uno che ha problemi ad amare una donna straordinaria come te.» “No!” Il terribile uomo anaffettivo di cui fin da ragazzina ho sentito parlare dalle ragazze più grandi di me esiste davvero e per mia sfortuna non l’ho solo beccato, me ne sono anche innamorata! Cerco di divincolarmi ma le sue braccia si estendono per tutta la schiena; cerca di rilassarmi strofinando la guancia contro i miei capelli.

«Dammi tempo, anche se non sono bravo con le promesse. Ho bisogno di te, lo senti?» Sento come mi stringe. «Senti qua, ascolta il mio cuore.» Mi prende la mano e se la posa sul petto.

«Accidenti quanto rumore.» Lo sento sorridermi addosso e piegarsi sul mio viso; le sue labbra in un attimo sono sulle mie e ci baciamo pieni di passione e qualcosa di più disperato, irrazionale, primordiale. Le nostre mani restano intrecciate sul suo petto, anneghiamo l’uno addosso all’altra, spaventati dalla potenza dei nostri sospiri e respiri; apro gli occhi e lui mi guarda, le nostre lingue sui denti, sulle labbra, un altro bacio e poi un morso. Chiudo gli occhi e ridiamo e lontano molto lontano, mi ricordo di Carrie&Mr.Big e che forse ce la possiamo fare anche noi.

 

 

C’era voluto il miglior cardiochirurgo di New York, ma il cuore di Big era finalmente sbloccato.

Addirittura spalancato.

Cit. “Effetto Domino” _Sex and the city.

 

 

Riprendere il lavoro dopo una settimana di stravizi non è cosa semplice; tanto per cominciare la gonna della divisa mi tira e per questo dovrò punire seriamente Miria e i suoi tiramisù bomba, secondo poi rivedere lui dove tutto è cominciato, dopo quello è successo ultimamente fra di noi.. mi fa stare completamente con la testa fra le nuvole. Più del solito, da non crederci! Se a questo aggiungiamo la voglia di starci sempre addosso abbiamo un cocktail letale di passione, libidine e disattenzione per tutto ciò che ci circonda.

«Sei così bella.» Maria Rita ha sempre qualche scartoffia da recuperare infondo ai baratri che sono i nostri archivi sul piano, per questo quando mi interpella alla fine lo faccio sempre con il sorriso e Chiara se la ride ormai in sintonia con il nostro gioco; ogni volta che apro quella porta –piccola, rossa con la dicitura “solo personale addetto”- lo trovo lì ad aspettarmi, a volte già nudo, spesso assorto, il più delle volte fra le scartoffie anche lui. La prima soluzione è quella che mi piace di più, già.. proprio come adesso che seduta sul suo grembo sento le sue gambe flessuose sfregarmi sulle cosce nell’attrito di spinta per la risalita; mi tengo salda allo scaffale alle sue spalle e intanto gemo il mio piacere sulle sue labbra dolci e succose. «Ti voglio sempre di più.»

«Sono tua.» I fogli tremano, io tremo, lui trema ed esplode.

 

«Siamo irrecuperabili.» Mi asciugo veloce con una salvietta rinfrescante gettandogliela in faccia con una smorfia. «la prossima volta la boss manderà una squadra di ricognizione a cercarci.»

«Assolutamente no. La galleria ha ingresso privato.»

«Solo personale addetto.»

«Io e solo io sono addetto a te.»

Esco per prima con un fascio di fogli al petto, mi do una vigorosa scrollata ai capelli ed entro in stanza dalla responsabile; mi guarda come se si fosse completamente dimenticata che esistessi e fa un gridolino di stupore solo quando vede ciò che stringo fra le mani. Poco dopo Flavio arriva alle mie spalle, sospira e prende posto sulla sedia difronte a quella di Maria Rita; ha i capelli scompigliati ma tutto sommato non così diversi dal solito.

«Azzurra?!»

«Oh sì, ecco» Mi affretto nel consegnare il materiale e svignare via, M. Rita ha cambiato tono e quando lo fa aria di problemi in vista; getto un’ultima occhiata fugace all’uomo di tutti i miei sogni proibiti ed esco.

«Dove eri finita Dio mio!» Chiara sbuca dal corridoio mulinando passi veloci su tacchi dodici, sventolandosi con delle cartellette rosse. «Riunione all’ultimo momento. Agenti, venti, penne e blocchi. Se non ci fossi io!» Me la trascino in sala riunioni e gli faccio cenno d’abbassare la voce, indicando la stanza oltre le parete.

«Eri con lui?» Bisbiglia ed io annuisco energicamente con la testa.

«Hai un aspetto invidiabile. Ma come fa?!»

«E’ il numero uno.»

«A me è capitato il numero ninja invece! Quando io e Piero finiamo di fare l’amore sembro un lego smontato!»

«E ti lamenti?»

Scoppiamo a ridere ma dei passi strusciati ci avvisano della presenza di qualcuno; la boss parla a Flavio–dai sospiri capisco che è lui- con una voce un po’ troppo confidenziale ed attivo il radar/conversazioni.

«Ma dai Rita questa storia non la capisco proprio. Sono abituato ad altro, mi dispiace.»

«Ma come non sei contento? Roberta Saona è la nostra punta di diamante, nonché una bellissima donna!» La sento ridere civettuola e il radar/conversazioni perde campo passando a linea/ansia; che cazzo c’entra la stangona milanese con Flavio adesso? «E poi si tratterebbe solo di un fuori sede, al posto della hostess ti aiuterebbe lei e farebbe pratica con questo genere di appuntamenti. Come si dice, due piccioni con una fava!»

“La stanga deve prendere il mio posto? Chi lo dice!”

«Cerca di non romperlo per piacere!» Chiara mi sgomita togliendomi il videoproiettore dalle mani. «Perché non torni in reception, magari sta suonando il telefono e siamo tutte e due qui.»

Nego con il capo, se uscissi adesso me li troverei difronte e sarei costretta a perdermi stralci del momento confessionale. «Azzurra, vedi di essere seria.» Già, glielo ho promesso; l’unica richiesta da parte sua per il prezioso silenzio è stata assicurarle che non ci avrei messo nei pasticci con la mia cotta subissale, così controvoglia esco dalla stanza e mi becco la plateale visione della stangona su Flavio. “E’ quiii?! Merda!”

Mi è sempre stata sulle scatole a dire il vero, il suo modo di guardarci –anche adesso, mi squadra da capo a piedi mentre lancio uno sguardo interrogativo in direzione di un catatonico Flavio- sempre con quell’aria da snob puzza culi della serie “siete delle cacche al mio confronto”, da farti venir voglia di prenderla per i capelli e sbatterla per aria. “Oddio che aggressività; devo farmi dare il numero dello specialista di Flavio.”

Scivolo via da quella situazione ridendo dei miei pensieri quando la sento aprire bocca fra il ticchettio spedito dei miei tacchi e un colpo di tosse da una delle porte del corridoio; in questo preciso momento vorrei volare.

«A quanto pare da domani niente hostess caro Spagnoli. Ci faremo compagnia come i vecchi tempi..»

“Come i vecchi tempi.”

Maria Rita tossicchia presumo imbarazzata, prima di interrompere la piega ambigua del discorso e riportarlo alla serissima noiosità della riunione imminente.

“Come i vecchi tempi.” Non riesco a pensare ad altro perciò mi sforzo di guardare il telefono -mai come oggi muto- ed attendo impaziente che qualche cliente nervoso faccia la sua chiamata/bufera giornaliera e mi tenga impegnata; la stronza si parcheggia al desk dopo pochi minuti dal suo arrivo con Flavio sotto braccio. Si aggrappa a lui in maniera imbarazzante e la troppa confidenza di ciò mi rende alquanto nervosa; se l’è scopata, sono pronta a scommetterci.

Alzo lo sguardo per capire se vogliono chiedermi qualcosa ma lei mi guarda incantata.

«Ti diamo fastidio se restiamo qui?»

“E perché mai, adoro vederti strusciare come una gatta in calore sul mio uomo.”

«A patto che non parliate male di nessuno. Non voglio essere la testimone di massacri.»

«Solo chiacchiere innocenti.» Alza le mani e non le crederei neanche se fosse sotto tortura; con quella faccia da iena che si ritrova! «Me lo godo prima che arrivino gli avvoltoi.»

Se lo gode. “Come no, stronza!” «Come i vecchi tempi.» E non so perché ho la sfacciataggine di dirlo e nel preciso istante in cui lo dico Flavio diventa rosso e comincia ad agitarsi, la Saona prima guarda me, poi lui e fa finta di sbellicarsi dalle risate.

«Sarebbe interessante, non trovi Flavio?». E si perde in uno sguardo malizioso che sa solo lei; per fortuna il trambusto per le scale ci avvisa che stanno salendo gli altri ospiti, lei si d auna sistemata veloce e a grandi passi ripercorre il corridoio al contrario portandosi in sala.

«Come i vecchi tempi, eh?» Rimasti soli, Flavio mi parla con un sopracciglio arcuato; è arrabbiato?

«Lo ha detto lei.» Rispondo lagnando.

«Smettila di fare così. E smettila di metterti in competizione con lei. Non conta un cazzo per me, chiaro?»

«Certo dottor Spagnoli.»

 

«Flavio!» Un onda umana lo travolge prima di poter aggiungere una qualsiasi cosa.

 

 

«Siediti.»

Chiara arriva con la faccia da brutte notizie. «Che è successo?»

«La stangona prenderà il posto di Spagnoli, l’ho sentita chiacchierare al telefono circa un trasferimento, credo centrasse un immobiliarista, parlava di trasferirsi a Roma. Che avrebbe lavorato qui!»

Ok, siamo ufficialmente le spie di questo posto. «Magari lo affiancherà e tu hai capito una cosa per un altra.»

Quale ipotesi può risultare meno peggio dell’altra? Flavio che va via o la stronza a lavorargli gomito a gomito? “Oddio che mal di testa.” «E come la metti che Maria Rita me l’ha presentata come nostra futura collaboratrice?»

La metto che come al solito devo sapere dagli altri ciò che succede nella sua vita.

«Scusa un attimo.» Scappo in bagno perché sento la bile annegarmi i polmoni; dopo pochi minuti, sento bussare. “Oddio povera Chiara, si sentirà in colpa da morire.” «Entra è aperto. E ti prego non dire te lo avevo detto perché me lo sono detta centinaia di volte anche io. Non c’è verso, mi piace. Lo amo. Lo amo, punto.»

Getto la carta nel water e mi volto; decisamente non c’è Chiara a sorridermi come un ebete, la camicia bianca slacciata di qualche bottone, i capelli scomposti. «Mi fa piacere che stai meglio. Mi ha fatto spaventare.»

«Sto di merda invece.» Caccio giù la sorpresa e l’imbarazzo per avergli confessato nuovamente i miei sentimenti e lo oltrepasso nell’angusto spazio che ci circonda, fiondandomi sulla borsa appesa alla maniglia della porta alla ricerca di una caramella; lo sento respirare forte alle mie spalle, più vicino da sentire il calore della sua pelle contro la mia stessa pelle. Quando mi tiro su, mi cinge la vita.

«Non voglio che stai male per colpa mia.»

«Non farmi stare male, allora.» Mi volto. “Oddio devo avere un pessimo alito.” Eppure non smette di tenermi stretta. «Mi sembra elementare, no?»

«Lo sarebbe se io..»

«Se io. Se tu. Cazzate! E posso anche capire che ti resta difficile innamorarti di me per non so quale psico paturnia tu abbia passato, ma non dirmi che te ne vai.. questo mi sembra un colpo basso in grande stile. Una vigliaccata. Ecco cosa sei, un vigliacco.» Lo guardo con il fuoco negli occhi, un crescendo di rabbia da farmi tremare.

Allarga gli occhi incredulo ma tiene salde le sue mani su di me, sente che fuggirei. E lo farei.

«Non sono un vigliacco.» Prende possesso delle mie spalle con le sue grandi mani e mai come adesso mi rendo conto di quanto sia forte, pericoloso. Indietreggio, la parete bianca e asettica del bagno mi sfiora ormai.

«Lo sei, invece. Sei incapace di assumerti responsabilità Flavio, il tuo problema è un problema comune a tutti gli uomini, non servono grandi psicologi per capirlo e tu forse per troppo tempo ti sei nascosto nelle pieghe di questa insicurezza che millanti credendoti diverso, mentre invece sei come tutti gli altri.»

Mi divincolo da quelle mani improvvisamente fiacche afferrando con un solo gesto la borsa e la maniglia della porta. «E’ finita.» Inspiro profondamente per non essere investita dall’onda di tristezza che le mie stesse parole mi provocano muovendo passi di ritorno al desk. “Adesso stai calma, per favore, stai calma.”

 

Chiara mi abbraccia, quando mi vede; la parete che divide il bagno dalla reception è talmente sottile che alle volte abbiamo paura ad appoggiarci. Tante volte abbiamo riso di questa cosa così sciocca, adesso vorrei solo piangere e la frustrazione di non poterlo fare mi rende ancora più nervosa.

 

«Mi dispiace.»

«Dispiace a me di averti ficcato in questo casino. Non succederà più.»

 

Sì non succederà più. Un altro Flavio Spagnoli sulla faccia della terra è qualcosa di impensabile da credere.

 

 

«Vai a casa, non farmelo ripetere di nuovo.. per favore

«Ma c’è ancora tutto da sistemare.. i fogli, la lavagna..»

«Eh sì una nazione da rifare! Azzurra dai, non farti pregare. Hai bisogno di riposare.»

“Sì, anche di un bel bagno caldo e un cuore nuovo. Grazie, quanto le devo vita cara?”

«Grazie Chià. Ti prometto che starò meglio e basta casini, giuro. A domani.»

«Sì, sì. L’ho già sentita questa. Corri!!»

La saluto schioccandole un bacio in guancia, affrettando i passi per le scale visto l’improvviso trambusto proveniente dalle nostre sale; “Probabilmente la riunione è finita. Oddio! Saluto tutti giù nell’atrio e schizzo in strada come fossi una saetta; occhialoni neri infilati sul naso e cuffiette per l’I-pod, sono accessori essenziali al mio totale estraniarmi con il mondo. La musica parte su un pezzo nostalgico che mando via con un gesto secco del dito spazientendomi. “Flavio.” Un tizio in giacca e cravatta passando mi urta; alzo lo sguardo speranzosa, ma i suoi occhi azzurri fanno a pezzi tutte le mie speranze. “Flavio.” Mi sembra di vederlo nel sorriso di un ragazzo e nel passo svelto di un altro, in una canzone sciocca e un po’ frivola e nella dolcezza di un lui che tiene stretta la sua lei come potessero rubargliela. “Flavio. Non riesco a non pensare a te, Flavio.”

All’improvviso degli schiamazzi mi distolgono dai foschi pensieri; il conducente del sessanta sta platealmente mandando a fanculo un tipo che con la macchina gli ha tagliato la strada incanalandosi in fermata. “Idiota.” Penso e una botta di clacson conferma la mia teoria, ma mettendo a fuoco l’auto e il finestrino semiabbassato, noto un ciuffo di capelli folti e scuri assai familiare.

«Flavio!» Mi sfilo le cuffie, lui esce dall’auto.

«Ti do un passaggio, vieni con me.» Non mi da il tempo di razionalizzare, mi tira per il gomito fino alla portiera la apre e gentilmente mi fa accomodare sul suo sedile passeggero. “La sua macchina!” Alza la mano in segno di scuse all’autista del bus e mette in moto sgasando come esistessimo solo noi.

 

«Cosa non ti è chiaro della frase è finita?»

«Tutto. Questo è il tuo modo di darmi tempo?»

«Sei bravo a rigirarti le cose, ma te l’ho già detto una volta io non sono una tua subordinata. Non mi freghi Flavio.»

«Non voglio fregarti, cazzo! Come te lo devo far capire?»

«Parlami. Rendimi parte di te, della tua vita.»

«Ti ho promesso che ci avrei provato.»

«Bel modo di cominciare. » Sbuffo arrendendomi allo schienale confortevole del mio sedile. «Sei stato sposato mio Dio, sai cosa significa condividere no?»

«Non ho condiviso molto di me.»

«Che significa?»

«Non le ho dato niente. Se non dolore. Ma ti prego..»

«Non ne parliamo, ok.» “Condividere..” «E Roberta Saona, allora?»

«Roberta Saona, cosa?»

«Perché non mi hai mai detto che te la sei scopata?»

Per un attimo molla la strada e mi guarda con sopracciglio inarcato. «Devo farti una lista per caso?»

«Sì, se le bastarde ti girano intorno come mosche sulla merda.»

«Tante grazie.»

«Sai cosa intendo. E in questo caso un po’ merda lo sei per non avermi detto niente, accettalo.»

«Ok non te l’ho detto. Ma è una storia vecchia e sono stato chiaro con lei fin da subito.»

«Non abbastanza a quanto pare.» Mi struscio sul suo braccio imitando la stangona, piegando il capo e ridendo come una barbie scema; perfetta, da cabaret quasi. «Vuole farti ricordare i vecchi tempi. Quella è una promessa amico mio.»

«Non sono tuo amico.»

«Si dice tanto per dire, non fare l’acido.» Guardo la strada e mi accorgo solo adesso del diverso percorso che sta compiendo; in realtà non gli ho mai detto dove volessi andare, adesso non capisco dove mi stia portando lui. «Mi dici dove stiamo andando? Abbiamo passato dieci fermate della metropolitana!»

«Ti porto da me.» Sorride e si immette in tangenziale verso il foro italico; io resto così un po’ accigliata, stupefatta e contenta. Contenta e spaventata, curiosa, perplessa. E contenta. Ma forse l’ho già detto.

 

Ferma l’auto in Via Doria, quartiere prati, una zona ultra chic della Roma che ho sempre snobbato.

Ed evitato, come la peste. Tuttavia adesso che so che ci vive lui.. comincia a farsi interessante.

«Di un po’, quanto è che vivi qui?»

Cerco di sciogliere il ghiaccio che si è creato fra di noi, dalla sua faccia tesa e i suoi movimenti schematici.

«Sono a Roma da tre anni, lo sai questo te lo avevo detto.» Già e la regola parla chiaro, superati i tre anni l’azienda tendenzialmente vira al ricambio, ne ho vista passare di gente nel tempo.

«Questo cosa significa, che te ne andrai?!» Gli chiedo con un velo di tristezza, mentre gira la chiave nella toppa e mette in luce il nido in cui passa le notti che non siamo insieme; è tutto un tripudio di luminosità, bianco candido con tocchi di crema e giochi di specchi che danno all’appartamento un aria di classe bon ton d’epoca.

Mi prende per mano conducendomi per il salone fino ad un corridoio lungo per la quale si snodano diverse porte; alla fine di questo si apre una sala che funge da cabina armadio dove mi fa lasciare la borsa e mi indica delle cose che posso indossare. “Per quanto tempo hai intenzione di tenermi qui, Spagnoli?” Guardo in basso al parquet finemente levigato, chiaro e mi perdo nelle venature del legno, negli intrecci di quella materia così diversa all’apparenza, nata per stare insieme e mi chiedo se in qualche modo anche noi siamo nati per questo; lui mi alza il viso e posa un bacio leggero sulle mie labbra; sentimenti contrastanti si fanno largo in me, rabbia, frustrazione, ma anche dolcezza e amore. “E’ finita.” Ed io, non sono mai stata più bugiarda.

Si allontana e va verso la finestra, il suo profilo in controluce è deleterio per il cuore. «E’ una probabilità.» Risponde alla mia domanda iniziale, frantumandomi.

«E noi?» Gli chiedo sull’orlo della disperazione; si fa avanti di nuovo ma resta a metà strada fra il pouf rosso al centro del locale e le grucce con i suoi abiti perfettamente ordinati.

«Non posso decidere al posto tuo. Ma sappi che sono disposto a strisciare purché tu mi segua.»

L’idea che ci abbia pensato mi fa dimenticare di tutto. Del trasferimento, della stangona milanese, del suo passato di merda.. in attimo finisco fra le sue braccia.

«Mi sembra un sì.» Mi alza da terra poggiandomi a sé con tenerezza, scorre una porta comunicante con un’altra stanza e ci ritroviamo nella sua camera da letto; un letto King capeggia al centro della stanza, con gli angoli arrotondati e alle spalle delle stampe di paesaggi in bianco e nero commoventi da tanto belli. Tutto intorno è perfetto, pulito, sgombro, non una cosa fuori posto, le tende bianche e spesse semi socchiuse con quel tanto di luce che basta, il sofà ai piedi del letto libero.

«Che ordine Dio mio, io impazzirei.»

«Io sono già pazzo.» Fa una smorfia, poi torna serio. «Di te.»

«Sai il fatto che tu non mi abbia mai detto ti amo non è poi così male..» Ridacchio come una bambina ma lui mi fa scendere. “Spettacolo terminato.” «Pensavo d’esser stata simpatica.»

Mi lascia intravedere l’ombra di un sorriso agli angoli della bocca, ma si inginocchia e affonda il viso nella mia pancia, bacandola. Tiro indietro la testa mentre sento che mi sfila i jeans e li tira giù strattonando all’altezza delle cosce; con delicatezza invece fa scendere gli slip e con estrema bravura, mi ama nel solo modo in cui è capace d’amarmi… ma lo fa benissimo.

 

«Trovi interessante il soffitto?» Sono con occhi sognanti al cielo da non so quanto tempo; lui mi è di fianco, con i capelli scomposti sul cuscino a pancia in giù che mi osserva; mi passa l’indice sotto al naso, sorridendo.

«Non sapevo nemmeno avessi una casa a Roma.»

Gli dico, tornando prepotentemente con i piedi in terra, dove i miei sogni scappano via spaventati.

Sospira angosciato. Si gira dalla parte opposta ma torna subito al suo posto.

«Lo so, ma adesso sei qui, no?» Mi giro abbracciandomi al suo petto, lui si piega fra i miei capelli annusandoli. «Sei così calda. E dolce. Da quando ti ho vista la prima volta non faccio che pensare a te, a quanto ti voglio. E’ un qualcosa che non riesco a dominare, l’istinto di volerti mia sempre.»

Dovrei sentirmi lusingata ma la possessione quando si tratta di sesso mi ha sempre reso molto scettica.

«Dottor Spagnoli, in parole povere mi sta dicendo che vuole saltarmi sempre addosso.»

«Più o meno, sì. Ma non è tutto nemmeno questo; hai toccato la mia anima Azzurra, hai smosso delle cose dentro che credevo assopite ormai da anni e tutto questo credimi è scioccante.»

«E’ così difficile crederti Flavio, sei sempre così.. ermetico.»

«Ermetico? Ti ho appena detto che sei tutto per me.»

 

 

 

«Sappi che non mollerò!»

Gli urlo sulla bocca, dondolandomi sul suo sesso dopo ore di chiacchiere e baci.

«Non avevo dubbi.» Mi butta giù di peso, saltandomi addosso all’istante. «E ti adoro per questo.»

Lo sento entrare nuovamente in me e mi sento piena e viva nella nostra bolla personale; è bello amarlo, ed è bello che in qualche modo lui mi ami. Anche o solo così sarà il doloroso e amico tempo a dirlo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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Azzurra D’Amore.

Una storia semplice

 

 

Ma non è colpa mia se per noi questo è vivere.

Una storia semplice _Negramaro.

 

Capitolo 3.

 

Una settimana e un giorno, questo è il tempo che Flavio ha ampiamente usato per tenermi con sé, a casa sua.

E quando dico ampiamente.. intendo in qualsiasi modo e maniera un uomo può fare sua una donna. Divento pazza nel ricordare i momenti romantici, le coccole, il sesso selvaggio, le colazioni, i sogni d’oro, di nuovo il sesso selvaggio, lui che non mi dice ti amo, ma che ama stare insieme a me; mi ha scioccata il suo volermi per sé, nelle sue cose, al punto da chiedermi se infondo-infondo quel sentimento non sia già lì, ben radicato nel suo cuore e che forse ha solo bisogno di una spintarella, un incoraggiamento. Qualcuno che glielo tiri fuori. Io, per esempio.

Insomma, cosa ci può esser stato di così spaventoso in quella che ai miei occhi è stata la settimana più collaudata, romantica e carnale di tutta la mia vita e a quanto pare, anche della sua?!

Proprio niente. E siamo sopravvissuti.

 

“Allora perché, perché quegli occhi tristi..”

 

Purtroppo non lo so e tutti i miei propositi da crocerossina se ne vanno beatamente a farsi fottere.

Non so nemmeno se sia giusto forzare il destino, la mano, magari dovrei vivermi Flavio in tutta la sua totale disponibilità, nei suoi momenti di schizofrenia sentimentale ed essere felice perché quest’uomo straordinario si stando a me, alla sua maniera ma solo a me.

Il problema qual’ è? Che ne sono follemente innamorata, ed a un certo punto come succede a qualsiasi donna di stampo romantico scatta quel qualcosa che la spinge ad inserirsi in un contesto, in un etichetta, qualcosa di più profondo; banalità lo so, ma voglio etichettarmi a lui ed essere banalmente felice.

 

 

“Se solo sapessi cosa vuole lui veramente.”

 

 

Devo ammetterlo, cercare di far ordine in una stanza quando nella testa c’è il caos non è cosa semplice, così opto per una pausa gelato/divano ripromettendomi di mettermi all’opera il prima possibile. Finisce che mi addormento e resto così, incastrata nei cuscini scomodi di un divano ormai vecchiotto.

Il campanello suona ripetutamente -a constatare dall’energia della scampanellata deduco siamo arrivati come minimo alla quarta volta- mi sveglio di soprassalto e con un gran mal di testa.

«Arrivo! » Mi alzo malamente infilando solo una ciabatta, vado alla porta ed apro annoiata.

«Ehi!» Non mi aspettavo di rivederlo tanto presto; guardo l’orologio a parete, ci siamo salutati circa due ore fa.

«Dovresti controllare lo spioncino prima d’aprire la porta. E’ permesso?»

«Prego Flavio, accomodati.» Alzo gli occhi al cielo e guardo subito in giro preoccupata; esatto, non sono quella che si direbbe una perfetta donna di casa e per di più abitando in un bilocale questo può risultare un problema visto l’alta concentrazione di casino che si può accumulare.

«Molto delizioso.» Si guarda in giro, toglie la giacca e la lascia cadere sul divano, va alla penisola della cucina e si siede comodo su uno degli sgabelli. «Beh resti lì o mi offri qualcosa?»

«Sì, sì subito.» Guardinga gli passo accanto, tiro fuori dal frigo due Aperol, un pacco di patatine già aperto dalla dispensa e le faccio cadere in una ciotola, gli allungo i bicchieri con la scorza d’arancia e sorrido. «Cosa ci fai qui, me lo dici o devo farti ubriacare con l’analcolico?»

«Volevo essere sicuro che stessi bene.» Lo guardo tipo malissimo, lui ride e prosegue. «Sto scherzando, in realtà ero molto curioso di vedere la tua casa. Non sono credibile nemmeno ora. Cazzo Azzurra mi mancavi tantissimo.» Posa il bicchiere, l’eccitazione si propaga puntuale e violenta nelle viscere. Si avvicina a passo sicuro e mi prende per la nuca suggellandomi un bacio fremente di attesa e voglia. O almeno questo credevo perché poi apre gli occhi nei miei e mi guarda fra il divertito e l’angosciato. «Ho chiamato Trieste e ho fatto un casino che non ti immagini, sai credo proprio di aver appena mandato a puttane quella famosa clausola.»

Come uccidere un momento d’eccitazione con una realtà da schifo? Così, esattamente in questo modo!

«Stai scherzando?»

«Niente affatto. E’ te che voglio, la Saona se la possono pure tenere.»

«E quindi?!» Rispondo con una punta di orgoglio e goduria.

«Tu verrai con me.. ma ovviamente ci sarà anche lei.»

«Un bel triangolo..» penso ad alta voce, ingollando d’un sorso il mio Aperol; prende il bicchiere e lo posa con fermezza al posto mio, mi accarezza la guancia guardandomi intensamente.

«Nessun triangolo. Saremo solo io e te.»

«Solo io e te.. sì.»

Credo che potrei morire oggi, qui, adesso.. ma cerco di resistere perché in un attimo la mia canottiera intima vola sul pavimento così come i suoi jeans scoloriti. Sì, decisamente posso rimandare.

 

 

Quando parlavo di dare una mossa alla nostra relazione e anche a noi non intendevo certo quel noi compreso nelle abitudini personali, quelle di una vita e dure a morire. Flavio sì invece, così come un miracolo della notte di Natale mi fa prenotare tre check-in per l’aeroporto di Fiumicino. Sono stata un quarto d’ora con la bozza dei nostri orari e delle sue richieste in mano, guardandolo incredula.

 

«Hai mai sentito parlare di sesso in aereo?» Mi ha risposto candidamente.

«Hai mai sentito parlare di adesso-ti-uccido-se-non-te-ne-vai?»

 

Più o meno è andata così sì, ma di sesso in volo neanche l’ombra, perché al di sotto della giacca per la paura mi sta stritolando una mano da circa venti minuti; la stronza mi ha rifilato al posto finestrino credendo che Flavio la facesse sedere al centro ma al momento della presa dei posti è rimasta a bocca asciutta sul sedile corridoio.

Che nervi di donna! “Non devo pensare ad un triangolo. Non devo pensare ad un triangolo.”

E’ astuta devo dirlo, cerca di estromettermi dalle conversazioni vertendo principalmente i discorsi su alta finanza e tizio e caio d’azienda, con il risultato che Flavio fra uno sbadiglio e l’altro si giri spesso nella mia direzione e mi accarezzi il dorso del pollice in segno di solidarietà; poco male, guardo al di sotto di noi, fra le nuvole e cado come niente in un sonno senza sogni da dove la voce della stronza è aria fritta.

 

«Azzurra..» la sua voce calda e sexy arriva dritta all’inguine, apro gli occhi piano-piano e lo guardo; so già che sarà un fine settimana infernale e per di più nel reato di costrizione a resistere alla tentazione di stargli addosso tutte le volte che vorrò.

Ripasso mentalmente l’ultima notte di sesso a casa sua e cerco di farmela bastare per tutto il tempo che verrà. “Stangona ti odio!” «Sono sveglia.» Mi stropiccio gli occhi, lei mi sta guardando.

«Che capo premuroso abbiamo

«L’azienda forgia solo uomini migliori.» Recito lo slogan della campagna pubblicitaria addestramento reclute sorridendo candidamente. «Ma lei lo sa meglio di me, no?»

«Ho la fortuna di conoscere Flavio da tanto tempo, esatto.» “E da tante sveltine?!” Prosegue con un espressione da invasata e una venatura di fastidio nella voce. «Molto prima di Susanna e poi dopo ancora..»

“Dopo ancora, cosa?!” Mi sono persa nell’ambiguità del sorriso che ora sfoggia sfacciato e non sono più sicura a cosa stia mirando.

“Le ha dato fastidio che ha sposato un'altra?!” Per un breve istante mi sento solidale con lei ma la odio a tal punto che passa subito; Flavio si agita nel sedile mentre allaccia la cintura in fase di atterraggio.

 

«Roberta atteniamoci al contesto lavorativo per favore.»

«Questo vale anche per te?»

E cala il silenzio nostro e di tutto l’equipaggio a bordo, che trattiene il fiato per il patos del momento.

 

“Ha tradito Susanna, certo! L’ha tradita con la stangona!”

 

 

Trieste è sempre piacevolmente fresca.

E piacevolmente, le sono molto affezionata perché qui è stato il nostro primo fuori sede insieme; ne è passato di tempo da quando mi sbirciava dalle lunghe ciglia nere ma impartiva ordini con tono di voce impassibile, da quando mi dava del lei e poi diventava rosso se mi scappava un Flavio di troppo.

Nonostante queste sue contraddizioni benedivo la fortuna di aver seguito lui e non uno di quei viscidi rattrappiti sempre in vena di battute spinte, anzi la sua discrezione pur condividendo lo stesso spazio era per me un vero sollievo; mai e poi mai avrei immaginato che quella stessa sera saremmo finiti a letto insieme.

Si ok, il pensiero ci stava su ma chi ci sperava veramente?

Oddio sono stata così disperata dal primo istante che l’ho visto.. così schivo, freddo ma con quegli occhi così ipnotici, caldi. Un mix perfetto di estate/inverno. Come si può non desiderare il desiderabile?

Il taxi si ferma proprio davanti all’albergo dove un capannello di persone sta amabilmente chiacchierando; Roberta si ferma per i convenevoli accanto a una signora pettinata un po’ troppo anni ottanta per i miei gusti, Flavio ed io ne approfittiamo per dileguarci introducendoci nell’atrio.

«Sai a cosa pensavo?» Gli sfioro la schiena mentre camminiamo in processione perfettamente coordinati. «Qui è dove è cominciato questo gran casino fra di noi. Ci pensi? Potrebbe avere un senso.»

«Da quando in qua sei fatalista?»

«Da quando ho il sospetto che il terzo incomodo potrei essere io.»

Si volta e mi incenerisce con lo sguardo. «Ne parliamo dopo.»

«Come vuoi.»

Ci fermiamo al desk in completo mutismo; la hostess ci accoglie con un ampio sorriso, le passo la cartella con tutti i documenti necessari per l’accettazione e sorrido a mia volta.

«Allora dalle prenotazioni mi risultano due suite; una per il Dott. Spagnoli e una per la signorina Amore, per un totale di tre ingressi.» Ci guardiamo stupefatti, io incredula perché avevo delegato a Chiara il compito della prenotazione e non credevo proprio dovessi specificare chi occupasse quale camera, perciò adirata afferro il cellullare per dirgliene quattro; nel farlo mi volto verso l’entrata, la Saona è lì che fa finta di ascoltare un tizio in completo chiaro e camicia azzurra e intanto mi guarda con aria di vittoria.

«Aspetta un attimo..» Mi giro verso Flavio, che sta guardando nella stessa direzione. «E’ stata lei!»

Ho un sms non letto.

 

Spero lo leggerai il prima possibile.

Non potevo dirle di no. I’m sorry!

Ps= sono sicura che Spagnoli farà qualche magia.

Baci, Chiara.

 

«La prego di scusarmi per il contrattempo, sicuramente ci deve essere stato un errore di trasmissione dati da parte nostra. La signorina Amore ed io alloggeremo nella stessa suite.»

La ragazza ci guarda annuendo. «Nessun problema signore.» Si volta per prelevare la scheda magnetica dalla bacheca di legno alle sue spalle e torna su di noi con un sorriso accondiscendente. «Per lei e la signora camera ciquecentonove, quinto piano. Buon proseguimento.»

«Grazie.» Le rispondiamo in coro. Chiara aveva ragione, mago Spagnoli ha fatto la magia.

 

«Questo la manderà in bestia.»

Gli dico mentre gironzolo per la stanza in ricognizione; lui mi segue e ad ogni passaggio accende una luce. Ha questo bizzarro vizio quando viaggiamo di accendere luci anche di giorno, quasi una metafora poetica in contrapposizione al buio che spesso porta con se. Vorrei essere luce per lui, vorrei non avesse bisogno di cercare tanto lontano.

«Non mi importa, Azzurra. Io e te, giusto?»

«Giusto.»

Poi riesce a farmi dimenticare tutto con il sol potere delle parole e non vale, non è giusto. E’ il suo mestiere ammaliare le persone, non voglio essere ammaliata da lui, subire un influsso, voglio essere lucida, vorrei

«Ti approfitti di me, Flavio.. sai che non riesco a dirti no.»

«Non dire mai di no, ti prego.»

«Solo se mi giuri che è tutto finito. Il caos che ti porti dentro posso anche accettarlo, ma un’altra..»

«Ci sei solo tu. Riuscirò a fartelo capire?»

«Amami.»

«Ci sto provando.»

«Fallo.»

I suoi occhi neri e piccoli si accendono di lussuria, il suo modo di amarmi vince di nuovo su tutto il resto; mi prende in piedi esattamente dove siamo, al centro della stanza in un vortice di passione e accanimento senza badare troppo alle forme, alle parole. Mugoliamo come gatti mentre ci mischiamo di sudore e di saliva e di baci caldissimi che bruciano la pelle e bruciano l’anima, Flavio mi stringe forte e arriva al capolinea io lo seguo a ruota inebriata dal senso di magia che il suo piacere nel mio mi provoca.

Scivolo in bagno e apro l’acqua nella jacuzzi, c’è tempo per altre coccole e forse altro amore, canticchio e mi accorgo a malapena delle voci che arrivano dalla stanza comunicante; mi immergo silenziosamente in acqua e sbuffo annoiata. “La stronza si è accorta del giochetto!” Dopo un quarto d’ora abbondante le voci si sono attutite, percepisco solo dei lamenti bassi e un po’ mi preoccupo. Mi asciugo di fretta e piano piano porto un piede fuori dal bagno; in fondo al corridoio la porta comunicante è chiusa. Via libera. Tiro fuori dalla valigia i miei jeans informali e una t-shirt bianca, mi avvicino alla porta e mi metto deliberatamente ad origliare.

«Credevo andassimo d’accordo noi due.» La stangona mi annega il cervello con la sua patetica voce.

«Noi andiamo d’accordo Roberta, ma è un accordo solo lavorativo. Capisci?»

«E’ per lei? Quella?» “Quella chi? Susanna?”

«Non è più così da tanto tempo e lo sai, io sono cambiato.»

«Tu, cambiato?» La sento ridere proprio come una stronza. «E lei lo sa chi sei veramente?»

“Lei chi?! Odio origliare. Non dovei origliare.”

«Con lei sono una persona migliore.» “Lei.. potrei essere io?!” «Adesso però è meglio se vai, non mandiamo a puttane tutto. Ti voglio bene Roberta, sei una preziosa collaboratrice e sei una cara amica. Ma nulla di più.»

“Oh sì, questo è parlare dott. Spagnoli.”

«Non ti sei comportato da amico rilegandomi fuori oggi, ma hai ragione tu sono una collaboratrice e presto avrò il tuo posto, mi concentrerò bene solo su questo. Goditi la tua hostess finché dura, Firenze si avvicina.»

“Firenze! No!”

 

Mi allontano stordita cercando appoggio sul divano al centro della stanza; Firenze sì che è un incubo, cazzo.

Non appena rimasto solo, Flavio scorre la porta comunicante e mi è vicino; lo vedo dai suoi occhi che ha capito, lo vede nei miei pieni di lacrime e rossi.

«Per favore, no.» La sua angoscia nel vedermi piangere mi fa vergognare del mio stesso pianto. «Sono sicuro che sapeva fossi lì dietro, mi dispiace volevo dirtelo io con più calma.»

«E lo avresti fatto?» Gli chiedo sarcasticamente alzandomi a recuperare un fazzoletto dalla borsa.

«Certo! Oddio Azzurra, tu non ti fidi proprio di me.»

«E come potrei? Non so niente di te e tutto quello che so non spiega assolutamente nulla.»

«Ti dirò tutto, te lo prometto.» Si avvicina, mi prende per la nuca per farmi abbassare la testa e depositarmi un bacio dolce e sospirato fra i capelli. «Sei troppo importante, adesso. Abbi fiducia in me, la merito malgrado tutto.»

Se la merita, malgrado tutto?

«E’ vero che con me sei una persona migliore?»

«Sì mia piccola testarda.» Mi bacia la guancia dolcemente. «Tu non capirai forse, ma sto veramente bene grazie a te.»

«Allora perché senti il bisogno di accendere tutte queste luci?» Guardo intorno indicando platealmente la stanza intorno a noi, illuminata manco fosse uno stadio.

«Perché un tempo non potevo permettermi nemmeno una candela.» Mi sorride affettuosamente e si lascia andare ad un ricordo passato. «Tendenzialmente chi ha avuto poco o niente apprezza ciò che ha e lo usa con parsimonia, io sono la prova vivente che non è sempre così; ho speso quasi tutti i miei soldi negli anni, ho avuto vizi della quale non vado fiero, ho vissuto esattamente come se non avessi un domani.»

Non so perché il suo aspetto da dannato e la parola vizi si sposano a meraviglia su di lui; il mio vizioso. Mi sarebbe piaciuto anche così? Circondato da roba frivola e inutile? Da donne e squisito sesso che non ero io?

Preferisco non pensarci.

«In quale passaggio precisamente ti sei sposato?»

Mi guarda colpito dalla mia assidua curiosità. «Nel mezzo.» Risponde laconico. Me lo ha promesso, ha promesso che mi dirà tutto e il motivo per cui lo farà è perché io sono importante; può bastare, per ora.

Lo bacio sulle labbra e lui ricambia con attesa e trasporto.

«Azzurra, devo ripassare.» Si giustifica tenendomi ferma per le spalle; il minimo contatto ci farebbe finire a rotolare sul pavimento lo sa lui e lo so anche io. Sbuffo per gioco e mi alzo.

«Siccome non ho voglia di farmi un'altra doccia fredda..» Ridacchio sarcasticamente. «Ti lascio studiare in santa pace. Ne approfitto del tempo per farmi un giretto, ci vediamo dopo ok?»

«Non sparire come l’ultima volta, ti prego.»

Mi sistemo la maglietta e mi passo un velo di gloss, il tutto annuendo attraverso lo specchio a lui che alle mie spalle adesso mi guarda il sedere affranto; se mi spogliassi forse.. no, ha sinceramente bisogno di concentrazione e di un ripasso. Vuoi essere proprio tu la fine di Spagnoli?

 

Sììì

 

«Ti ricordi la cena?!» Mi riporta al mondo spolverando gli impegni della serata; i suoi impegni senza me.

La Saona avrà il privilegio di averlo accanto tutta la sera. Dovrei preoccuparmi?

 

“Sei una preziosa collaboratrice e una cara amica. Ma nulla di più.”

 

Devi avere fiducia in lui, Azzurra.

 

 

Agli ascensori trovo la stronza che aspetta; comincio a pensare che origli anche lei. Mi squadra da capo a piedi sorridendo di quel suo sorriso falso e idiota.

«Vestita così non ti avevo neanche riconosciuta.»

«E’ solo un paio di jeans.»

Entriamo, aspetta che si chiudano le porte e continua. «Non fare la modesta con me. Belle gambe lunghe, un bel viso.. eppure non capisco cosa hai per lui di così speciale. Sei troppo pulita, ingenua.»

«Perché tu Flavio lo conosci bene, eh? » Scuoto il capo irritata dalle sue osservazioni inopportune. «E’ una domanda retorica, non perdere tempo ad elencarmi la serie di porcate che avete fatto insieme perché non mi interessano. Sarà questo, non trovi? Dopo anni di merda, un po’ di luce.»

Resta di sasso colpita dalla raffica di parole e intanto siamo nell’atrio; adocchia alcuni colleghi li saluta e poi si volta nuovamente su di me. «Il paragone rende bene l’idea.» Sorride, ma inchioda i suoi occhi da serpe nei miei. «Sta attenta a come parli però, sono sempre un tuo superiore.»

«Devo chiedere scusa perché l’uomo che stai cercando disperatamente di farti in realtà è interessato a me? Questo è abuso di potere bello e buona dottoressa Saona

«Vedila come ti pare.» La chiamano a gran voce, mi incenerisce con lo sguardo. «Non finisce qui.»

E se ne va strisciando in costose Louboutin. “’Fanculo!!”

 

La città mi accoglie e distoglie da tutti i pensieri, finisce che incontro Ilenia, carica di pacchi sull’orlo di un esaurimento nervoso; le vado incontro e la vedo sorridere raggiante.

«Ciao Azzurra!»

«Ciao Ilenia! Dove è quella specie di bambola gonfiabile che era con te l’altra volta?»

«Indisposta. Se sapesse almeno cosa significa.. » Ciondola sotto al peso delle buste e cerco di darle una mano afferrando qualche sacchetto. «Il vecchio bastardo ha ordinato quintali di materiale da cancelleria, ma cazzo gli sembro mica la sua facchina?»

Non posso fare a meno di ridere, ma almeno la vedo sciogliersi un po’, scrollare le spalle e indicare un chiosco.

«Pausa, ok?»

«Ok. Cos’è questa storia della cancelleria, Vitali terrà il corso?»

«Lui è quella giraffa milanese, la Saona

Sorrido di nuovo. «E Spagnoli?»

«Non sai niente?» Mi guarda sconvolta quasi, sorseggiando il prosecco ordinato al bar.

«So che la stronza prenderà il suo posto a Roma e per questo Flavio deve accollarsela per l’intero fuori sede. Ah e ciliegina sulla torna.. lo spediscono a Firenze.»

Mi guarda cercando di capire perché ho nominato la seconda città con una leggera malinconia, sposta il bicchiere dalle labbra e cambia subito espressione. Malizia pura.

«Beh niente male per uno che dirigerà le vendite, no?»

“Lo hanno promosso! Lo hanno promosso e non ne sapevo nulla!”

Mi dirà tutto, lo ha promesso. Perché è così snervante però?

«Sì certo.»

«Mi sa che Flavio ti piace un sacco!» Ride ed ordina un altro giro di prosecco per tutte e due. «Dobbiamo festeggiare, magari il prossimo anno visiterai Trieste in veste di signora Spagnoli!»

«Ah-ah, peccato che esista già una signora Spagnoli.»

Si acquatta verso di me puntandomi addosso due grandi occhi verdi. «Ma allora è vero che è sposato!»

«Divorziato. Una cosa del genere, insomma. Però è un gran casino.. secondo te perché quelle come noi si ficcano sempre in grandi casini? Non sarebbe meglio essere come la tua amichetta bionda ed evitare le complicazioni? Darla spropositatamente in giro e gustarsi solo il meglio?»

Ci guardiamo e all’unisono ci scappa un «Naaa!» che ci fa morire dal ridere.

 

Sto andando a cena, hai la stanza tutta per te.

Questo per dirti che mi Manchi e mi Mancherai tantissimo.

Scusa le maiuscole, sono doverose.

A dopo, Flavio.

 

Rientrando in albergo mi arriva un suo sms; alzo lo sguardo, i nostri taxi si sfiorano senza accorgersene, lui dal finestrino mi guarda scendere e alza la mano in segno di saluto, poi sparisce sul fondo della strada.

Mi sento inspiegabilmente forte, viva, forgiata dal destino mio amico e compagno.

Non uscirò questa sera, io e Ilenia abbiamo allungato l’incontro in aperitivo con il risultato che sono abbastanza sazia per uscire a mangiare; ci siamo ripromesse un cocktail più tardi al bar della hall, quattro chiacchiere veloci e un buon riposo per la giornata intensa di domani.

Per il momento farò esattamente ciò che mi ha scritto Flavio; mi godrò la lussuosissima stanza in cui mi trovo e un po’ di pace e solitudine ristoratrice. E’ buffo, da quando questo uomo è entrato nella mia vita i miei pensieri sono stati tutti rivolti a lui e non solo professionalmente parlando.

Mi sveglio e penso a Flavio, faccio colazione e penso a Flavio, pranzo, ceno, faccio la spesa, la manicure e Flavio è sempre lì; non mi dispiace perché so che gli stessi pensieri li ha lui per me ma vorrei vivere anche solo per cinque minuti lontano da questa costante sensazione di annegamento, adrenalina ed eccitazione.

Ora posso farlo, dopo tanto tempo in cui mi sento veramente rilassata.

La mente viaggia per conto suo, sprofondo sul letto di traverso e mi lascio coccolare dal silenzio.

Sposare Flavio Spagnoli. Accidenti questa sì che dovrebbe essere una gran cosa.

Lo ho osservato bene nei lunghi mesi della nostra relazione e la conclusione è che psicodrammi a parte lui è l’uomo fatto a posta per il ménage a due; gentile, premuroso, galante. Ricco quanto basta –anche se i suoi conti a cinque zeri vivono solo nella mia fantasia- intelligente, colto, affascinante.

Il fatto che il suo matrimonio non sia durato dovrebbe essere una spia di pericolo, quindi? Un monito che cerco disperatamente di non guardare perché vorrebbe significare che lui non è l’uomo perfetto che sembra?

Chissà. Intanto fantasticare me insieme a lui finche morte non ci separi…

 

«Come ti senti?»

Apro gli occhi dalla coltre di sonno denso e pesante. “Accidenti, mi sono addormentata!”

«Non mi sento tanto bene, posso dormire qui stanotte?»

Guardo l’orologio; è mezzanotte. Flavio e Roberta sono nell’altra stanza, lei ride sguaiata, parla biascicando, ho il terribile sospetto che sia mezza ubriaca. Urta qualcosa, l’uomo dei miei sogni la incoraggia a stare ferma, le parla proprio come se fosse una bambina. “Cazzo, che faccio adesso?”

Decido di andare a controllare, non se ne fossero accorti mi hanno svegliata, una sana ramanzina ci sta tutta e mi offre la possibilità di intromettermi fra di loro.

«Solo se la smetti di saltarmi addosso, chiaro?»

«Chiaro.»

“Ci ha provato con lui! La stronza le è saltata addosso e la fa restare a dormire nella sua stanza!”

Non ci vedo più dalla rabbia, ma forse è solo sonno bruscamente interrotto, fatto sta che smanaccio via la porta scorrevole e li becco a baciarsi; più che baciarsi ho visto Roberta saltare dal pouf del divano su Flavio che per reazione ha aperto le braccia e se l’è trovata avvinghiata e bocca sulla bocca.

“Merda, no!”

Sembra non si siano nemmeno accorti della mia presenza e d'altronde i miei riflessi sono morti nell’attimo in cui li ho visti così, vicini intimi.. il sogno che si trasforma in incubo, la sensazione di panico quando dormi che cerchi di urlare ma non riesci a dire o fare nulla.

«Che cazzo fai!» Dopo attimi senza fine Flavio allontana Roberta spingendola malamente all’indietro; quella cade di schiena sul divano alzando le gambe e scoprendo le mutande sotto la fottuta minigonna che indossa.

Che scena patetica Dio mio, perché non posso urlare?

«Azzurra!» Finalmente lui si è accorto di me, si avvicina a passo svelto passandomi la mano intorno alla nuca. «Non è come credi, ti prego lasciami spiegare.»

Lo allontano bruscamente, rinvigorita e nel pieno delle mia forza di volontà mi butto di getto sul divano alla volta della stangona; quella mi vede, si tira su come può facendo muro al mio arrivo. Mi fermo esattamente a pochi centimetri da lei, la guardo impazzita, allungo le mani sulle sue spalle e la trascino voltandomi verso la porta.

Flavio mi guarda a bocca aperta.

«Prendi la sua chiave.» Sibilo velenosa, passandogli accanto; si piega raccogliendo la clutch dal pavimento e frugandoci dentro cerca la scheda magnetica apriporta in stato ansioso.

Roberta smanaccia alla mie spalle ma i suoi colpi sono niente in confronto alla rabbia che mi domina.

Trovata la scheda, Flavio mi passa svelto davanti; non appena il bip di conferma sblocca l’apertura, prendo la Saona e la spingo dentro la stanza.

«Vedi di restarci, puttana!»

Quella prende la rincorsa e mi viene addosso; finiamo contro la parete del corridoio.

L’uomo dei miei sogni è caduto in stato di trans.

«Puttana io! Ma sentila, sfigata che non sei altro!»

«Disse l’assatanata.»

«Oh ti prego e tu vorresti farmi credere di essere la verginella innamorata del milionario?» Ride chiassosa «Sei scaltra, ti ho capita bene finalmente.. tu e il tuo visino d’angelo. Altro che ingenua, mi sbagliavo!» Guarda verso Flavio e mi indica «E’ questa qui’ che vuoi veramente?»

Lui sorride beffardo, l’avvicina.

«E’ esattamente ciò che voglio e se fossi donna almeno la metà di lei capiresti.» Mi tira verso se, il suo petto caldo mi avvolge. «Non voglio avere a che fare più nulla con te, sei stata patetica ai massimi storici questa sera. Da domani ti seguirà Vitali, sa già tutto è di questo che parlavamo al tavolo, ti premeva tanto scoprirlo ora lo sai. Dio mio Roberta, avrai delle responsabilità e tutto quello che stai dimostrato è che non te le meriti.» Le alza il viso, una maschera di cera e puzza di alcool. «Se scopro che l’hai minacciata un’altra volta comincerò a parlare io. Buonanotte Saona

 

L’uomo dei miei sogni è reale.

 

 

Non credo ci sia niente di più bello che fare l’amore con chi ami dopo una battaglia di emozioni.

Flavio mi sta amando sinuoso e lento, scivolando sul mio corpo con delizia e accarezzandomi tutta; il viso, i capelli, le spalle e fra una carezza e l’altra tutto un sussurro di parole incomprensibili ma che il mio cuore capisce benissimo.

Mi ama.

«Credo di non avere più un lavoro.»

«Sciocchezze tesoro, non hai fatto nulla che io stesso non avrei fatto.»

«Le avrei voluto spaccare la faccia e non l’ho fatto.»

«L’hai umiliata, questo basta. Ora sa che sono tuo.»

«Sei mio?»

«Tuo e di nessun’altra.»

«Però sarò senza lavoro.»

«Non resterai senza lavoro, non lo permetterò, ok?» Si puntella sul gomito, girandosi dalla mia parte «Ma se anche fosse che ci sarebbe di male? Non hai mai sognato di fare altro?»

«Mi piace il mio lavoro. E’ l’unica cosa che mi riesce bene.»

«Ti riescono bene un sacco di altre cose.» Mi sfiora un seno al di sotto del lenzuolo e mi sento rabbrividire; si avvicina e da sopra la stoffa succhia il capezzolo ormai turgido.

«Perché hai sempre così tanta paura? Di cambiare, per esempio?»

Non ci credo che sia lui a chiedermi una cosa così e in un momento del genere!

«E tu perché non ti lasci amare, per esempio?»

Si innervosisce, molla il mio seno e con un braccio dietro la testa si mette a guardare il soffitto.

«Che c’entra, ma vaffanculo!» Come se avesse risposto ad un pensiero tutto suo si alza dal letto esasperato; esasperato sì, negli occhi piccoli che si stringono ancora di più e nelle mani frenetiche fra i capelli.

Se ne va, mi lascia nel silenzio di una stanza troppo grande, in lontananza lo scroscio dell’acqua. Si sta lavando.

E’ finita la magia ed io ripiombo esattamente nel mio vortice di annegamento e disperazione.

Vorrei urlare, non essere lì oppure sparire.

Non sa tenere una conversazione che parli di sentimenti senza scappare via; dovrei odiarlo per come mi fa sentire, ma non ci riesco. So che possiamo essere felici insieme e potrei essere chiamata pazza o visionaria ma so che è così.

Mi alzo e vado in bagno anche io; raccolgo le forze e lascio scivolare il lenzuolo che mi copre.

Sono nuda e non c’è niente di più poetico; incontro all’amore senza riserve, senza maschere.

Vera, me stessa.

«Tu mi ami. Devi solo ammetterlo a te stesso.» Spalanco la porta a vetri del box doccia e lui mi accoglie a braccia aperte. Si irrigidisce solo quando mi sente parlare. «Non mi importa quanto sei stronzo, quanto ti odio e quanto mi fai male; tutto questo è meno forte dell’amore che mi dimostri. E lo fai, sempre! Da quando ti conosco.. mi ami quando –cazzo- ti imploro di fare il check-in da un’altra parte e tu viene puntualmente da me. Mi ami quando mi guardi di sfuggita perché so che quello sguardo a te serve. E soprattutto so che mi ami perché vorresti migliorare la mia vita, ti preoccupi di quello che voglio e penso e solo chi ti ama desidera il meglio per te. Tu mi ami Flavio.»

Gli cola lo shampoo sul volto e ha gli occhi arrossati; lava via tutto freneticamente, ma non sposta lo sguardo dal mio. Mi avvicino e lo bacio con ardore, non voglio risposte adesso, voglio solo la sua bocca sulla mia e le nostre carni unite; mi aggrappo con un salto ai suoi fianchi desiderandolo in maniera folle, conscia delle parole che gli ho detto, donna eppure bambina perché mi ritrovo a piangere per la potenza dei sentimenti che provo per lui.

Non mi sono mai sentita così vulnerabile come adesso e non importa che le mie gambe e il corpo in questo momento dicano il contrario, so che è così. Io amo. E lo faccio con il candore dell’innocenza.

Lui mi stringe sempre più forte, resta incollato alle mie labbra ma con la mano cerca la parete; mi ci appoggia contro con la schiena spingendosi dentro di me con voluttuosità. Poi si stacca violentemente, si ferma, cerca respiro, si piega sul mio orecchio gemendo di dolore.

 

«Sì, io ti amo.»

 

Il mondo intorno a me sembra meravigliosamente bello stamattina.

Mi domando il perché e lo trovo nell’uomo che mi è accanto, il volto rilassato mentre dorme e sogna.. forse me.

Fisso la sveglia, sono le sette e mezza; fra un’ora si sveglierà e si preparerà per il gran giorno.

Mi alzo controvoglia, avrei proprio bisogno di non staccarmi da questo letto e da queste lenzuola che hanno accompagnato una notte piena di passione ma anche e soprattutto di amore.

Piena della sua voce calda e sexy e dei suoi ti amo sussurrati nell’orecchio.

 

Sì, l’uomo dei miei sogni si è innamorato di me.

 

Ripasso mentalmente gli step della giornata, mentre faccio scivolare la camicia bianca nella gonna della divisa e mi spazzolo leggermente i lunghi capelli lisci, infilo le décolleté blu e la giacca che ho finito anche i pensieri.

Pronta e con il materiale al seguito mi reco in sala convegni, Ilenia è già lì che sta sistemando.

«Buongiorno, vuoi una mano?»

Annuisce così prendo i blocchi con le penne che sono a portata di mano e li distribuisco su ciascuna sedia.

«Cosa hai, sei silenziosa.»

«Il vecchio rompipalle ha preso la Saona sotto la sua ala protettiva.»

Rido sotto ai baffi e lei se ne accorge. «Lo sapevi?! Grazie tante eh! Sai cosa significa questo per me?»

«L’ho saputo solo ieri sera e sì per tua informazione so cosa significa.»

«Mamma mia quella è un emorragia nasale perpetua.» Abbassa la voce di un tono e mi viene vicino. «Ah proposito di ieri sera, c’entra mica lo scambio verbale fra lei e Spagnoli sui corridoi a capo di questo cambiamento?»

Non sono neanche le otto e già girano voci su ieri sera. Oddio!

«Credo lo avessero deciso prima.»

Mi fissa con sopracciglio arcuato. «Fai la misteriosa con me adesso?»

«Ma che dici!»

«Uhm.. dico che ieri sera non ti sei fatta vedere, che la Saona è rientrata visibilmente ubriaca dalla cena a braccetto con Spagnoli, anzi abbarbicata a lui come una rampicante e che qualcuno li ha sentiti litigare per i corridoi.. e tu, Azzurra Amore, vorresti dirmi che non ne sai niente?»

Mi mordo il labbro. «Forse qualcosina so. Ma è vero che lo hanno deciso prima di farla seguire da Vitali.. quindi mi dispiace, il resto delle informazioni non è attinente al gossip!» Ridacchio e me la svigno verso il palco.

 

Mezzora dopo si comincia a vedere movimento; uomini e donne da tutte la parti d’Italia, accorsi a partecipare ad uno dei migliori corsi proposti dall’azienda, tenuti dal super luminare Vitali e la sua nuova assistita e a seguire introduzioni e aggiornamenti marketing con Spagnoli.

Lui arriva in perfetto orario, circa tre quarti d’ora dopo le otto; indossa il completo scuro che gli ho lasciato appeso alla gruccia in ingresso, abbinato alla sua cravatta preferita e una camicia bianca con il colletto stretto.

E’ divino e quando lo vedo sento tremarmi le ginocchia.

Mi cerca subito, mulinando lo sguardo infondo alla sala, gli sorrido anche se vorrei corrergli incontro; forse un giorno.. “Quel giorno non dovrai più indossare questa stupida divisa, lo sai!”

Si rilassa, fermandosi a salutare tutti quelli che lo cercano e lo vogliono e lo guardo da lontano; ha una luce tutta nuova infondo agli occhi e non voglio essere stucchevole ma so che è perché si è liberato dalle paure.

La paura ombreggia l’anima, diceva mio nonno.

L’anima di Flavio adesso risplende di luce propria. Del coraggio e della consapevolezza.

 

Prendiamo posto in prima fila laterale, non appena ci sediamo sigilla la sua mano nella mia sorridendo.

«Buongiorno.»

«Buongiorno.» Gli rispondo con il cuore a mille.

«Dormito bene?»

«Sì Flavio, grazie. Tu?»

«Sto per dire una cosa che suona come una sviolinata; ero più felice quando c’eri tu.»

Annuisco, posando il capo sulla sua spalla. «Sì è una sviolinata. Carina però.»

Ride, guarda la signora in tailleur indaco e mi stringe più forte la mano; la donna abbozza un saluto lieve, ci sorride e torna con il volto al palco.

«Rumors has it..» Canticchio il ritornello di una canzone di Adele, lui piega il capo verso di me ridendo ancora.

«Ti stupirai quanto, tesoro.»

«Oh no, non mi stupisce più nulla. Alle otto di questa mattina si parlava già di te, della stronza e del vostro litigio sui corridoi. Mi dispiace, le nostre mani nelle mani non possono tenere il confronto.»

Alza le spalle. «Ce ne faremo una ragione. Solo tu ed io vero?»

«Vero.»

E fa di più, sugella le mie parole con un bacio uccidendomi definitivamente.

Vitali entra seguito dalle due donne che lo assisteranno per tutto il tempo della lezione, Ilenia con un espressione di schifo scritta in faccia e la stronza con enormi occhialoni neri che toglie solo quando il capo comincia a parlare.

 

“Proprio una brutta faccia.”

 

Le due ore e mezza di sproloqui volano in un soffio, dopo la pausa caffè mi accingo a sistemare la postazione per il mio capo, l’uomo dei miei sogni e l’uomo che amo; fa il suo ingresso sicuro e a qualcuno parte un applauso non si sa bene per che cosa, la mia mente vaga sul perché ha messo a tacere quella giraffa arrogante che dalle poltrone dove eravamo seduti noi ci guarda con un po’ di riverenza e fottuta vergogna. Ci spero, insomma.

Da il meglio di se, più del solito e anche qui fra un bicchiere d’acqua, un aiuto con le fotocopie e sorrisi di incoraggiamento mi piace pensare che è perché ci sono io nella sua vita, perché mi ama e perché finalmente lo ha ammesso.

Sul finire della lezione, il direttore del personale e un tizio di non so quale branchia d’azienda invitano i signori partecipanti a non lasciare la sala, che presto ci saranno le premiazioni annuali e che verranno quindi distribuite nomine e regali. Tutti sono in visibilio, Flavio invece nella sua corazza è immobile, fermo.

«Devo scendere dal palco, non mi è permesso stare qui adesso.» Gli bisbiglio in un orecchio, apre gli occhi e per un attimo mi sembra finalmente agitato come dovrebbe essere.

«Ok, non sparire.»

«Non sparisco.»

Oso, alzandomi sulle punte, baciarlo a fior di labbra; non si ritrae e non lo fa nemmeno quando passa uno dei suoi vecchi colleghi di Padova. Mi sento come appena scesa da un’attrazione al parco giochi, respiro e mi porto a passo cadenzato sulle prime poltrone a tiro; sembrano tutte occupate, scorgo dei visi familiari che adesso ho quasi la sensazione mi stiano scrutando con interesse, finché non incappo in Ilenia che mi fa cenno di mettermi seduta accanto a lei. Mi accascio e mi lascio andare in un sospiro.

«Non credevo foste arrivati a questo punto!» Si volta dalla mia parte, toccandosi la bocca velocemente.

«Nemmeno io.»

Sorrido leccandomi le labbra soddisfatta; il suo sapore è qualcosa di stupendo, adesso lo è ancora di più.

Ascolto rapita l’intero discorso del capo, una brillante arringa sulle fatiche e sugli onori del lavoro d’azienda e mi ritrovo la pelle increspata da mille brividi. Il nome di Flavio capeggia fra i principali di una lista dorata, viene chiamato a prendere posto sul palco e lo stesso capo gli passa una di quelle scatole regalo per bottiglie di vino e una targhetta con incisioni laccate; è bello e fiero, lo vedo danzare sul palco con una padronanza non di questo mondo.

Comincia a parlare e gli applausi scemano lasciando il posto ad un reverenziale silenzio; ringrazia una serie di persone a suo dire artefici di ogni successo, fa qualche citazione di qualche grande letterato e condisce il tutto con il suo carisma personale; annuncia a grandi lettere che sarà il direttore marketing in quel di Firenze e che non vede l’ora di cominciare questa grande avventura e di portare a casa altri successi.

«Ma più di tutto ringrazio la donna che mi ha supportato con estrema cura, dedizione e.. Amore. Azzurra Amore, a lei devo tutto questo.» Sentire il mio nome risuonare nelle casse mi provoca una certa frenesia e stupore; mi guardo intorno più volte, catturata dagli sguardi delle persone che sanno chi sono io, Azzurra Amore fino ad oggi solo una hostess che per sei lunghi mesi è stata l’ombra, la sussistenza ed ora platealmente svelato, anche l’amore per il dottor Flavio Spagnoli. «Un uomo si prepara per una vita a momenti come questi, poi arriva una donna e ti cambia tutto in cinque minuti!» Tutti adesso ridono, io riprendo colore. «Grazie per avermi cambiato.» Sussurra, ma si capisce benissimo. «Vorrei invitarla qui sul palco per festeggiare il nostro successo.»

Mi vuole lì con lui.

 

“Accidenti!”

 

Lentamente mi alzo dalla comoda seduta per godermi una visuale dall’alto di gente più o meno conosciuta che sta applaudendo al mio nome, alle parole di Flavio o forse solo perché il momento lo richiede; piego leggermente il capo in segno di ringraziamento, portandomi a passo incerto verso l’uomo che mi ha concesso pubblicamente quei cinque minuti di celebrità.

 

“Lo odio!”

 

Senza tante cerimonie ci abbracciamo profondamente.

Un abbraccio caloroso ma composto, frutto di una grande sinergia e di una condivisione che va al di là dei sentimenti che proviamo l’uno per l’altra, lo capisco perché la sua mano immobile e salda cinge la mia spalla senza cedere. Proprio come noi.. non abbiamo mai ceduto. Abbiamo lottato, sempre.

«Hai fatto le cose in grande Spagnoli..» Gli sussurro all’orecchio mentre dei flash ci immortalano per sempre.

«Sono un megalomane innamorato.» Scioglie l’abbraccio per guardarmi in viso; i suoi occhi piccoli di piombo fuso mi guardano come se mi vedessero per la prima volta. «Grazie per avermelo fatto capire.»

«Credo tu sappia d’esserlo già da tempo.»

«Sai cosa intendo, piccola testarda.»

«Dovrò abituarmi.»

«Ti amo Azzurra.» Mi spiazza e mi conquista tutte le volte che glielo sento dire. «Da adesso in poi ti abituerai solo al meglio di me, solo a questo. Andiamo via?»

«Che intenzioni hai?»

«Voglio te. Voglio stare dentro di te.»

«Sì, andiamo via.»

 

 

*

NDA:

So che è una storia senza pretese, questa, ma come ogni cosa che scrivo ci metto dentro un pezzettino del mio cuore, quindi cari lettori e care lettrici se finiste in questo posto sareste così buoni da lasciarmi un pezzettino anche di voi? Mi fareste tanto tanto tanto felice.

Intanto, un grazie sincero a quanti inseriscono la storia in preferiti/seguiti/ricordare.

A presto,

Lunadreamy.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Azzurra D’Amore

Azzurra D’Amore.

Una storia semplice

 

 

Ma non è colpa mia se per noi questo è vivere.

Una storia semplice _Negramaro.

 

Capitolo 4.

 

Guardo le pale del soffitto girare energicamente e mi domando da quanto tempo sono nella posizione in cui mi trovo, con Flavio che dorme pesantemente con la testa sul mio seno ed io che vorrei alzarmi anche solo per costatare di possedere ancora l’utilizzo delle gambe, ma è una visione troppo bella e non voglio svegliarlo. Da quando siamo tornati da Trieste viviamo praticamente insieme, credo di essermi separata da lui solo per permettergli di recuperare un borsone con le cose necessarie a sopravvivere. Beh.. non si vive di solo sesso, per quanto paradisiaco sia.

Cerco di allungare la mano sul telecomando ma il movimento gli sposta il ciuffo sulle guance provocandogli il solletico, lo sposta malamente dal viso aprendo gli occhi.

«Ciao»

«Ciao»

Ha l’aria dolce considerando che ci siamo addormentati litigando.

Fa ancora il misterioso con me, ma io non mollo glielo ho promesso e lui ha promesso a me di rivelarmi chi è.

Guardo il mare al di là delle imposte a vetro nell’appartamento in cui ci troviamo e mi sento improvvisamente malinconica; tutto questo finirà. Io, lui, rilassati in vacanza, la nostra prima vacanza per la nostra prima estate, la magia del tempo che non segna i ritmi, il dolce far niente che culla e accarezza.

Flavio si rende conto del troppo silenzio fra di noi e mi passa un indice lungo il profilo del naso; mi fa sorridere questa cosa, la trovo tenera e come nulla cancella i miei pensieri.

«Andiamo a fare il bagno, ti va?»

«Mh-mh. Cosa vuoi per colazione?»

«Un morso di te. E poi un caffè.»

Si butta sulla mia pancia e comincia a morsicarmi tutta, prima leggero, poi appassionato, languido e come niente le sue mani si trovano infilate sotto la mia camicia da notte e le mie frenetiche nei suoi pantaloni che cercano e si dannano per una voglia da colmare subito, senza aspettare, senza perder tempo. 

 

«Mi piaci quando ridi, sei bella.»

«E’ un sorriso languido Flavio, da sesso appagante. Devi averlo visto un centinaio di volte su questa faccia da saperlo riconoscere bene.»

«Almeno un migliaio di volte, volevi dire.»

Ride portandosi la tazzina di caffè alle labbra, inchiodandomi con uno sguardo sicuro, da uomo, di quelli che mi riserva solo quando siamo a lavoro; è buffo, quando siamo insieme sento i dieci anni fra di noi ancora meno, il suo modo di fare, di essere è così sciolto, libero, leggero.

«Sono contento che il sesso fra di noi funzioni, comunque. Perché quel tono polemico? »

Alzo le spalle, forse era leggermente alticcio quando siamo rientrati stanotte, da non ricordare ciò che mi ha detto.

«Ieri sera eri di un altro avviso.»

«Che cosa ho detto? Oddio, ho un vuoto.»

«Lo credo, tu e Rich vi siete scolati una bottiglia di Morellino a testa.» Penso a Rich e Miria nella stanza accanto e alle nostre urla patetiche di ritorno dalla nostra cena; è la prima vera litigata che facciamo da quando siamo insieme e questo un po’ mi turba. Non mi turba tanto la presenza del mio migliore amico e della sua ragazza –abbiamo deciso di fare questa specie di vacanza insieme come tentativo d’approccio per permettere ai “quasi” due uomini più importanti della mia vita di conoscersi e anche di piacersi perché no, con discreti risultati- quanto il suo distacco dai problemi, la sua facilità di ripresa, di dimenticare.

«Hai detto che fare sesso con me ti fa dimenticare tutto.»

«Fare l’amore con te. Credevo fin qui fossimo chiari. Cosa c’è di strano in questo?»

«Che non so quali sono le cose che vuoi dimenticare?» Lo sottolineo come fosse una cosa ovvia parlando in tono sarcastico; lui sbuffa, poi scuote la testa, sorride e mi scompiglia i capelli. «E poi cosa sarei scusa, una specie di contenitore muto in cui gettare i tuoi guai?»

«Contenitore muto? Azzurra i tuoi paragoni mi sconvolgono.»

«Tu mi sconvolgi!»

«Tu mi hai fatto innamorare, figurati.»

«Lo dici come se fosse una cosa brutta.»

«Esatto, ma non che sia una cosa brutta. Ci stiamo conoscendo vedi? Anche se ci amiamo già, tu non sai cosa significa per me il tuo amore ed io non so cosa sia il mio per te. Lascia fare al tempo e sopratutto smetti di pensare. Hai già tutto il mio amore non ti basta?»

Mi mordo il labbro, guardo lontano. Decido di essere sincera.

«No, non basta.» Passa da uno sguardo spensierato ad uno accigliato, infine disperato. «Hai presente la sensazione nel guardare un quadro astratto? Tutto il mondo si stupisce di fronte un quadro astratto ed è normale perché nell’illogicità si può trovare il bello, ci si può anche innamorare. Ma per quanto bello esso sia resta pur sempre un caos di forme e colori senza senso, tu stai lì a fissarlo e quello resta esattamente ciò che è, non cambierà mai.»

Annuisce con lo sguardo basso. «Credevo di averti dimostrato che siamo un po’ più di un bel quadro da guardare.»

«Ti sto dicendo che è ora di evolvere, Flavio. La bellezza del nostro amore è fuori discussione.»

 Si lascia andare in un lungo sospiro. «Cosa vuoi sapere?»

“Oddio, me lo ha chiesto davvero?!” Ho una lista infinita di cose da chiedere ma al momento me ne viene in mente solo una, la più sciocca se vogliamo fra le cento che potrei porgli.

«Hai un problema con il sesso? A livello patologico intendo.»

Mi guarda sgranando gli occhi, stupito anche egli dalla domanda meno scontata che avessi potuto porgergli; lì mi rendo conto di aver bruciato una cartuccia importante per sapere una cosa che sommata alle altre assume un valore quasi nullo.

«Ce l’ho avuto.» Mi risponde incatenando i nostri sguardi. Mi sento male, era una domanda sciocca per me che credevo in una risposta diversa, maledizione! «Ho usato senza moderazione sesso, alcool e tutta una serie di droghe per tirarmi fuori dai miei guai credendo che sarei stato meglio. Le droghe e l’alcool le ho mollate subito, troppo deleterie. Il sesso era l’unica cosa che non mi faceva stare male, anzi.» Sorride quasi sardonico, io ho bisogno di scostarmi un po’ per mettere a fuoco l’intera situazione, perciò arretro con la sedia impercettibilmente.

«Adesso cosa pensi di me?»

«Che avrei voluto conoscerti dieci anni fa.» Bene, c’è ancora dell’umorismo in me.

«Per legge mi avrebbero accusato di abuso di minore.»

Sorrido all’angolo della bocca. «Adesso sei a posto?»

«In un certo senso..» risponde fissandomi le labbra in modo malizioso.

Mi sento pervadere dalla frustrazione. «Flavio sii serio!»

«Faccio l’amore con la donna che amo -e solo con lei- quindi direi che sono a posto. Ok così?»

Lo guardo di sottecchi, lui si alza sparecchiando e mettendo in ordine le cose sciacquate nel lavello; si gira, appoggiandosi ai pensili della cucina guardandomi a braccia incrociate sul petto. Restiamo a fissarci per un po’ fino a quando non decido di alzarmi per andargli incontro; mi cinge subito per i fianchi costringendomi ad appoggiarmi addosso a lui senza resistenze.

«Come stai?» Mi spazzola i capelli con le dita e odio avergli detto che la cosa mi rilassa tantissimo.

«Non mi fa piacere sapere che hai strombazzato per mezza Italia quando io a stento avevo dato il mio primo bacio.. però bene, tutto sommato.»

«Beh, se non altro abbiamo recuperato, no?»

Mi sposto guardandolo assassina. «Ti stai pavoneggiando?»

«Un po’. Mi piaci quando sei gelosa. E’ un sentimento che non conoscevo prima di incontrarti.»

Nella mia testa, come un pannello elettronico allo stadio, scorre veloce un’altra domanda; è impossibile per me non pensare, ogni volta che mi svela un pezzo di se io vorrei sapere altre dieci cose.

«Susanna era troppo fragile per dimostrarmi il suo amore.» M’accarezza la guancia rispondendo alla mia domanda muta ed io sorrido come se mi fosse stato svelato il terzo segreto di Fatima, o la vera causa della morte di Marilyn Monroe o qualsiasi altro dubbio mondiale. «Adesso basta chiacchiere però, andiamo a fare il bagno.»

 

 

L’isola del Giglio è un piccolo paradiso incastonato in un mare verde smeraldo e turchese che stamattina rifulge ancora più sfacciatamente bello del solito. Riccardo e Miria sono già in spiaggia a crogiolarsi sotto i raggi benefici del sole, quando ci vedono si lasciano andare in risolini e sgomitate come mi aspetterei dal mio migliore amico e di conseguenza dalla sua donna. Miria è perfetta per lui penso, mentre stendo l’asciugamano sul lettino e butto le infradito sotto l’ombrellone.

«E’ terminata in pareggio la rissa?»

Riccardo mi guarda beffardo da sotto i Rayban a goccia; è figo, anche se è rimasto solo lui a portarli così ancora. Lo ignoro, allora attacca con Flavio intento a spalmare di crema la sua bellissima pelle dorata.

«Senti un po’ tu, abbiamo bevuto insieme ma la mia promessa è ancora valida.»

Flavio alza gli occhi al cielo e mi guarda scuotendo il capo; come se fosse colpa mia per ciò che dice da ubriaco.

«Mi spacchi la faccia. Recepito, ok.» Si avvicina a passo felpato accanto al mio lettino stendendo il proprio asciugamano; due ragazze qualche spanna più in là lo guardano come fosse l’ultimo uomo sulla terra a passare da quelle parti, si guardano fra loro ridendo e rivolgendo poi lo sguardo su di me. Stizzita mi butto addosso all’adone baciandolo senza ritegno. Lui rimane spiazzato assecondandomi, poi con gentilezza si scosta voltandosi in direzione delle ragazze, scuote il capo e torna sulle mie labbra.

«Rivendichi il territorio?»

«Non sono mai stata così gelosa. Anche per me è una sensazione nuova.»

«Non fermarti allora.» Lo assecondo e in un attimo sono sul suo lettino avvinghiata alle sue gambe.

«Oh mio Dio vi hanno mai detto che sembrate due adolescenti arrapati?!» Riccardo e la sua lingua lunga mettono un freno alla nostra libido; guardo all’asciugamano delle due guardone e non ci sono più; sorrido, missione compiuta!

«Riccardo!» Miria lo colpisce con una copia spiegazzata di classico giornaletto da gossip estivo guardando me implorante di perdono. Alzo le spalle facendole l’occhiolino poi guardo il mio amico con aria di sfida.

«Rich, ricordati di pensare alle mutande e non rompere le palle!»

«E basta con questa storia!» Mi lancia la rivista di Miria addosso e si alza minaccioso; fa il giro largo fino al mio lettino sollevandomi di peso. «Un bel bagno freddo è quello che ti serve signorina.»

Flavio dalla prospettiva delle spalle di Rich ci guarda accigliato. “Però.. è bello anche sotto sopra!” 

«Te la riporto subito eh.» Non riesco a vedere più la sua faccia perché si è girato a grandi passi verso riva, mi mette giù annegandomi nell’acqua alta.

«Sei proprio un cretino!» Riemergo tossendo.

«Non è colpa mia se hai il solito vizio di andare giù a bocca aperta!»

«Dovresti chiuderla tu la bocca ogni tanto, sai? Sei il mio migliore amico, ma non puoi sempre parlare a sproposito.» Gli salgo sulle spalle accompagnando le mie parole con sonori baci sulla guancia; mi sento in colpa, forse ho esagerato tono e lui è del mio stesso avviso, mi fa scivolare davanti e mi guarda dritto negli occhi.

«Insomma fai sul serio, eh?!»

Annuisco silenziosamente. «Quindi che cosa farai con la differenza d’età? Con il fatto che lui ha un ex moglie e un passato ambiguo del quale non accenna a parlarti?»

«Fossero solo questi i problemi..» Mi mordo il labbro lasciandomi andare all’indietro ritrovandomi a galleggiare nell’acqua fresca; lui mi riacchiappa per un braccio e mi riporta dove ero.

«Che è successo ancora?»

«Come reagiresti se ti dicessi che l’uomo di cui mi sono perdutamente innamorata era ninfomane?»

 

 

Riccardo non ha mai perso le staffe, o meglio non l’ho mai visto alterarsi così tanto con me al punto di urlami in faccia. «Eh? Che diavolo ti sei messa in testa?» Scuote il capo sbracciando di ritorno a riva; lo seguo, cercando di frenarlo con il mio peso, quindi s’arresta finiamo dove tocchiamo con i piedi e restiamo a parlarci viso a viso. «Senti non saranno affari miei ma ti conviene sganciarti da uno così.. piccola ti puoi far male.»

«Rich..» Gli accarezzo la guancia ribattendo con sicurezza il suo nome. «Riccardo, sta bene mi ha detto e io gli credo.» Guarda titubante verso la spiaggia, Flavio si è tirato su con il busto, ci saluta a palmo aperto.

«Quello o è tutto matto o è un fottuto genio.»

«L’una e l’altra credo. Ma siamo innamorati.»

«Su questo non posso darti torto. Mi prometti che cercherai di stare bene, però?»

«Te lo prometto.»

 

“Me lo prometto.”

 

Riccardo mi abbraccia forte, prima di risalire in spiaggia; da lontano Flavio si stiracchia e decide di entrare in acqua e raggiungermi. Si incrociano per mezzo secondo, Rich borbotta qualcosa e va via.

«Devo stargli proprio sulle palle.»

«Non farci caso.». Rispondo schizzandogli un po’ d’acqua in viso. «E’ molto protettivo nei miei riguardi.»

«Lo so. Credo d’essere.. geloso.»

Alzo un sopracciglio. «Lui è mio amico.»

«Sì ma non è quel tipo di gelosia. Lui ti capisce e sa farti ridere.» Sospira, lo sguardo pensieroso; mi aggrappo con le gambe al suo busto e gli bacio il viso con immenso amore.

«Anche tu mi fai ridere, tantissimo. Anche adesso per esempio, stai qui a rimuginare su Riccardo e non ti rendi conto quanto sto bene insieme a te.»  

«Però non è abbastanza.»

«Non sarà mai abbastanza.» Respiro fra i suoi capelli l’odore di acqua salata, sospirando. «Voglio te, tutto di te. Sempre. Perché ti amo e non posso fare a meno della tua persona.»

«Della tua persona.» Sorride nel mio orecchio soffiandomi aria calda. «Sei così romantica.» Sto per ribattere indispettita ma posa l’indice sulle mie labbra guardandomi intensamente; chiude gli occhi, inspira impercettibilmente e parla. «Quando ho conosciuto Susanna avevo sedici anni. E’ stato in una comunità di recupero, ero un ragazzino con problemi comportamentali, irrequieto, uno sbandato. I miei genitori erano poveri, mio padre spariva per mesi e quando tornava erano solo problemi. Un giorno il parroco del borgo in cui vivevo ha interpellato dei tizi che sono venuti a prendermi e mi hanno portato là.. nella “casa del sole”.» Fa una lunga pausa, troppo lunga da farmi rimuginare sulle sue parole. Sto male, ma lo accarezzo incitandolo a continuare. Sta parlando di se. «Da quel momento non ho più visto nemmeno mia madre. A diciotto anni mi hanno dato un attestato di elettricista e il benservito e sono andato a vivere in città.. insieme a lei.»

«Lei.. era come te?!»

«Soffriva di anoressia. I suoi genitori consideravano la comunità un ultima spiaggia.» Ghigna mentre si morde il labbro e mi fa paura. «Si sono ritrovati con un genero e la figlia lontana chilometri.»

«Non erano d’accordo, immagino.» Osservazione piuttosto stupida ma non voglio che smetta di parlare.

Voglio la sua voce intorno. Voglio sapere.

«Ovviamente no. Ma lei era felice con me e si sono ricreduti con il tempo.» Il pensiero lo fa rabbrividire, nella mia testa il puzzle di informazioni prende corpo e comincio a vedere chiara una sagoma.

«Fino a quando non l’hai tradita.»

Alza lo sguardo colpevole. «Ad un certo punto è cambiato tutto. Le cose stavano cominciando a girare per il verso giusto, avevo ottenuto uno stage per una grande azienda ma lei ha cominciato a peggiorare nuovamente. Temeva di perdermi credo, aveva smesso di mangiare e diceva cose orribili. La Saona si è trovata lì nel momento sbagliato. O giusto se vogliamo vederla in altro modo.» Altra pausa stavolta breve, un veloce sguardo nei miei occhi e continua. «Non avevo un soldo Azzurra e lei era così.. profumata.»

Dovrei capirlo? Giustificarlo? E poi giustificare i suoi silenzi, aver omesso il suo lato oscuro?

Dovrei.. fuggire?

 

“Ti conviene sganciarti da uno così.. piccola ti puoi far male.”

 

«Perché durante tutti questi mesi non hai trovato la forza per dirmi tutto?» Rompo il silenzio scostandomi dalle sue spalle larghe. Sono calma, parlo piano, flautata quasi e me ne sconvolgo. Non fuggirò. «Credevi davvero fosse il tuo passato a determinare la persona che sei per me? Mi credi così ottusa, incapace di decidere con i miei sensi, il mio cuore, la mia anima? Se non lo sai è con questi che io ti amo e faresti bene a mettertelo in testa dottor Spagnoli, perché non ho più intenzione di stare a soppesare ogni tua piccola parola o gesto. Hai detto che mi merito il meglio di te, giusto? Bene, io voglio conoscere anche il peggio però.» Finisco di parlare e le parole lasciano un vuoto nei polmoni che per un attimo mi destabilizza, ma Flavio è su di me e mi porta al petto. Sbatte le ciglia sorpreso, sorride.

«Non provi repulsione?»

«Repulsione? Oh mio Dio, no! Posso non condividere le tue scelte, ma chi sono io per giudicare?!»

Sorride ancora, anche se sembra teso adesso. «Ho fatto male a quella donna. E forse.. potrei farlo ancora.»

«Sono abbastanza certa che non mi farai quel tipo di male.»

«A volte sono ermetico. Rigido. Sentimentalmente complicato.»

«Ah! Questo lo so da un bel po’.» Ribatto sarcastica. «Ti stai tirando indietro per caso?»

«Oh no, mi hai fatto toccare un mondo inesplorato.» E’ così dolce e sensuale nel proclamarmi il suo amore che resto avvinta nel suo sguardo sognante. «Non so nemmeno chi ero veramente prima di questo.» Mi prende la mano nella sua e la bacia con candore, se la passa sulla guancia e finalmente chiude i suoi occhi di petrolio fuso.

Penso che ora che sono a conoscenza di alcuni dei tratti della sua vita, mi importi ancora meno sapere chi fosse.

E che averlo saputo non sia affatto determinante, dopotutto.

Penso che non devo avere paura, anche se mi tremano le ginocchia, io so che lui mi ama con lo stesso trasporto e intensità con cui lo amo io e le tragicità della sua vita non cambieranno, ne sfilacceranno, il filo conduttore che lega le nostre vite, oggi.

 

 

«Brr.» Esco dall’acqua che ho la pelle raggrinzita, Flavio è in mare aperto che fa una nuotata, il sole mi scalda e mi da il torpore che cerco, anche se al posto di stare stesa su questa sdraio mi vedrei meglio con il suo calore addosso.

Forse sono malata di sesso anche io. O forse sono solo malata di lui.

Dalla sua borsa sento trillare il cellulare due volte. Mi acciglio, tirandomi su con il busto.

Rich mi guarda enigmatico da sotto le lenti, Miria sonnecchia beatamente. «Che faccio? »

«Rispondi tu, potrebbe essere importante.»

«Importante per la mia curiosità?»

Alza le spalle lasciandomi sola con il dubbio; “Ma si, potrebbe essere importante!” Mi piego sfilando il cellulare dalla tracolla, sul display il nome di Lidia trilla impazzito. “Merda! Merda! Merda!”. Controvoglia cerco di attirare la sua attenzione ma è di spalle e nuota con classe innata in acque blu profonde per pensare a me e alla mia stramaledettissima voglia di rispondere al posto suo. Bofonchio, premo rispondi e con mano tremante accosto il telefono all’orecchio.

«Pronto?»

Segue un silenzio lunghissimo e la voce impacciata di donna. «Potrei parlare con Flavio per favore?» Riconosco il tono brusco e mi irrita, ma non riesco a non percepire la sfumatura d’agitazione sul fondo delle sue parole.

«Flavio al momento non può rispondere, vuole che gli dica qualcosa?»

«Sì, per piacere. Si tratta di Susanna. Per piacere.»

Il suo è un lamento; ho percepito bene. “ Susanna, oh mio Dio!” «Le è successo qualcosa?»

Le chiedo con finta pacatezza, la donna intuisce il mio sapere e fa un lungo sospiro, con voce incrinata mi dice che sua figlia sta male, che ha urgentemente bisogno di Flavio perché su di lui spesso contano in certe situazioni. Le prometto di farla richiamare subito e chiudo la conversazione agitata.

“Merda!”

Getto il telefono sul lettino e mi sbraccio a riva nella direzione di Flavio; mi nota, a grandi bracciate torna indietro avvicinandosi alla riva, si protende sulle mie labbra ma il mio sguardo raggelante lo blocca; indico il telefono incapace di dire altro, lui corre svelto e risponde come un automa, quasi avesse letto nella mia mente e nel mio viso impaurito. Scorre velocemente le ultime chiamate, mi guarda accondiscendente e si avvicina nuovamente prendendomi per mano.

«Lidia!» Impreca mentre la donna piange al telefono e lo prega di raggiungerli, non c’è bisogno del viva voce per distinguere una ad una tutte le parole della conversazione e dopotutto le vedo anche impresse negli occhi sbarrati di Flavio che urla e si agita. Quando mette giù corre come una furia verso l’appartamento, sempre con me sigillata nella sua mano.

«Che sta succedendo?» Gli urlo, sganciandomi dalla morsa.

«Sta male Azzurra. Sta male, cazzo!» Si sbatte a destra a sinistra ed ho bisogno di mettermi seduta, guardare il suo pazzo mulinare da lontano; tira fuori il trolley da dietro la porta d’entrata e ci butta dentro alla rinfusa vestiti, documenti, cose forse nemmeno sue, automaticamente e senza logica e mentre lo fa impreca, piange senza lacrime, un pianto asciutto, greve. Se ne sta andando. Ok. “Ok? No!”

Mi alzo e lo imito senza fiatare, prendo cose e le butto nel mio trolley rispettivo ora orfano del suo compagno; l’acqua mi gocciola sugli occhi e sulle labbra solcando le guance, mischiandosi al sale di lacrime di frustrazione.

Sale contro sale.

«Che fai?» Mi chiede impaurito, tirandosi i jeans sulle gambe muscolose.

«Vengo con te. Non si discute.»

«Aspetta un attimo..»

«NON SI DISCUTE! Non ti lascio correre ad ammazzarti da qualche parte per restare qui a torturarmi i nervi nell’incoscienza. Non ti starò intorno tranquillo, dormirò da qualche parte. Ma vengo con te, puoi giurarci.»

Mi stringe forte a se baciandomi i capelli bagnati. «Ti amo. Sei tutta la mia vita.»

 

Cercare di spiegare a Riccardo la situazione non è facile, mi strappa la promessa di chiamarlo ogni ottanta chilometri e di stare attenta, ovviamente. La traversata in traghetto sembra infinita, sbarchiamo a Porto Santo Stefano e ci infiliamo di corsa nella sua Audi.

Duecento chilometri di strada più o meno e il suo viso è troppo tirato per sopportare un angosciante silenzio.

«La Saona ha detto di conoscerti da prima di Susanna.»

Non lo guardo in viso, ma so che mi sta guardando e probabilmente ridendo della mia curiosità da fidanzata gelosa.

«Ed è così. E’ nata a Padova, viveva nelle stesse baracche a ridosso del Brenta dove vivevo io. A differenza mia, lei pare essersene dimenticata.»

Cerco di farmela stare più simpatica nuovamente per solidarietà femminile, ma è impossibile e tutte le mie attenzioni e pene sono rivolte all’uomo che amo, alla merda in cui è nato e in cui è vissuto dopo; gli stringo la mano stretta sul cambio e lui annuisce. «Adesso sai perché mi piace vivere. E tutte le cazzate che ne sono derivate.»

Il sesso malato, già. «Che è successo dopo? Dopo i tradimenti, che ne è stato di tua moglie?»

«I suoi se la sono venuta a prendere. Sapevano cosa stavo passando, c’erano passati anche loro e infondo mi volevano bene, sapevano che era stata dura anche per me, costruirmi una reputazione, cominciare da zero. Nel primo anno da sposati non le ho fatto mancare nulla e forse siamo stati anche felici, ma ormai avevo perso la testa.. e anche lei.»

«Avevi.. perso la testa?»

«Immagina cosa può scattare in un ragazzo diciamo “esaltato” passare da avere zero ad avere cento senza essere vigilato da nessuno o morigerato. Lei non c’era più, studiavo come un pazzo per laurearmi e al tempo stesso mi facevo le ossa in azienda, quando ho visto i primi soldi sono andato fuori di senno. Di notte non dormivo mai, facevo di tutto per non stare da solo a casa. Quel vuoto silenzio era insopportabile. Dipendevo da tutto ciò mi facesse dimenticare quanto ero stato sporco, senza rendermi conto che in realtà ero più sporco che mai. Un circolo vizioso e compulsivo. Ne sono uscito dopo anni di terapia.»

Trattengo il fiato, il suo duro quadro della situazione mi atterrisce, lo ammetto; ho l’impressione di vedere aleggiare un ombra nera nei suoi occhi. E mi fa paura.

«Per questo tendi a controllare le persone? Perché non sei stato abbastanza per lei?»

«Io non ti controllo Azzurra!» Ribatte con sconcerto. «Al massimo mi preoccupo molto per te.» Stringe forte la mia mano e cambia d’umore. Nero, nero pece. «L’ho fatta stare male e non ho mosso un dito per tenerla con me. Eppure lei mi ha perdonato. Tutta la sua famiglia mi ha perdonato. Io non sono riuscito per un sacco di tempo a perdonare me stesso e vivo ancora con questo senso di colpa che mi fa sentire sempre inadeguato.»

Poso la testa all’indietro e viaggio con la mente al suo senso di inadeguatezza applicato a me.

«Sei morboso a volte, eccessivamente eccitato quando siamo insieme e pronto a risolvere tutti i drammi a letto, inizialmente bloccato quando si trattava di rilevarmi i tuoi sentimenti e ancora oggi assente se parliamo di futuro.. ma non ho mai creduto veramente che tu fossi inadeguato per me. Per noi.» Mi guarda trepidante e commosso, aggrappato forte al volante. «Insomma quante persone abbatterebbero le proprie difese per darsi incondizionatamente ad un'altra, se non fossero mosse da un reciproco, inconfondibile, pazzo, adeguato amore?»

Non risponde e non lo fa per troppo tempo; getto la testa all’indietro esausta e sbadiglio un po’. Il mio sedile è stramaledettamente comodo per restare rigida e in attesa di risposte che non arrivano.

Chiudo gli occhi e sento la pesantezza tutta lì, nelle palpebre che calano inesorabilmente.

«Perdona te stesso, ti prego. Sei così bello quando ti sveli.» Biascico, prima di perdere i sensi.

 

Apro gli occhi e il panorama è cambiato; siamo in aperta campagna, da lontano spiccano i tetti della città.

Flavio guida più tranquillo mi sembra, tutto intorno una strada stretta circondata da muri alti e villette.

Lo guardo senza domandare nulla.

«Ci siamo quasi. Volevo dormissi ancora un po’.»

Gli sorrido, incanala l’auto verso destra a ridosso di una casa e spegne i motori; il cancello in ferro battuto nasconde un villetta a più piani di quelle dalla geometria quadrata ma sviluppata ai lati con altri blocchi ed ampi balconi, il prato verde curatissimo e a filo, l’ombra di una piscina sulla corte posteriore.

“Accidenti!”

Mi sento improvvisamente nervosa, mi passo frenetica le mani lungo le gambe e mi accorgo solo ora di essere vestita in maniera improponibile; pantaloncini per il mare e infradito. “Wow!” 

Flavio mi fa strada, bastano pochi passi e ad accoglierci in giardino troviamo Lidia e quello che ha l’aria di essere suo marito; non si lasciano andare in smancerie anche se l’uomo si dimostra molto cortese nei miei riguardi, sua moglie invece più pragmatica ci lancia delle occhiatine perplesse, ci mostra le varie stanze e nel frattempo discute della situazione clinica di sua figlia con Flavio, che osserva senza guardare ovviamente già ben istruito sul posto.

Il discorso non vale per me. Tutto l’interno è armonioso e un tripudio di puro stile di campagna; i muri con mattoncini a vista, le travi smaltate del soffitto, il pavimento in cotto rosa pallido. Resto esterrefatta.

I mobili sono pieni zeppi di cornici con foto di famiglia, matrimoni, piccoli ninnoli perfettamente adeguati al contesto che li circonda. Scorgo i visi delle istantanee e mi sento fuori luogo, osservata.

Ben presto, ci troviamo di fronte la porta di Susanna.

«Forse è meglio che entri solo tu.» Flavio non ha mollato la mia mano nemmeno per mezzo secondo, ma adesso smanio di ritirarmi in una bozza di solitudine.

«Ci penso io a lei, vai pure Flavio.»

Lidia mi guida in religioso silenzio per una scala, fino all’ultimo piano; con una chiave apre la porta d’ingresso e ci ritroviamo in un open space mansardato con pochi mobili e un grande letto al centro della stanza. C’è odore di pulito e le finestre sono spalancate sul giardino e la campagna.

«Grazie.»

«A te, per averlo portato qui.»

Mi lascia il mazzo di chiavi sul piccolo tavolo appoggiato alla parete sinistra e mi lascia sola.

Apro il borsone senza sapere cosa è che cerco e mi tormento di domande.

Adesso è con lei. Non so nemmeno che faccia abbia e sono prepotentemente entrata nella sua vita, nella sua casa, nelle sue cose; ho ancora addosso la strana sensazione di disagio, spero che Flavio salga presto ma al tempo stesso voglio che le stia vicino, se questo è così importante per lei.

Con questa donna posso essere solidale, so che l’ha amato almeno quanto lo amo io.

Qualcuno bussa alla porta. Sono sollevata.

«Posso entrare?» Lidia fa nuovamente capolino stringendo una pila di asciugamani; annuisco vigorosamente restandomene impalata vederla sistemarli sullo sgabello del tavolo. Ci guardiamo a fondo senza dire niente, poi lei sorride e mi toglie dall’imbarazzo parlando un delizioso accento fiorentino. «Mi dispiace essere stata scortese con te la prima volta, davvero. Non avevo idea..» So a cosa mira, il nostro disastroso primo incontro al fuori sede di Firenze; è ridicolo sia passato così poco tempo eppure sembri appartenga ad una vita passata. Molte volte ho pensato che se non fosse stato per il nostro “piccolo incidente” chissà come e quando avrei scoperto che Flavio era stato sposato. «E poi vedi.. non ero abituata a vedere Flavio con un’altra donna, ecco. Se ne è stato per i fatti suoi tutti questi anni.. che un pensierino da mamma ce l’ho fatto! Però lo vedo preso, mi sembra anche spensierato per cui se è felice lo sono anche io.»

«La ringrazio, credo che sarebbe contento di sentirselo dire.»

«Non mancherò. Ti lascio alle tue cose, quando sei pronta scendi pure. Susanna ha voglia di conoscerti.»

 

“Vuole conoscermi?”

 

Tolta la salsedine mi sento già a posto.

Mi butto addosso qualcosa di decente e scendo in basso; resto un po’ a fissare quella porta dalla quale provengono solo bisbigli. Busso ed entro senza espressioni in viso.

Lei è sdraiata sul letto in vestaglia. Mi sorride quasi subito e nel farlo ho paura possa spezzarsi; il volto è scavato e grigio, gli occhi sono orlati da occhiaie bluastre e la pelle è talmente sottile da riflettere ogni vena l’attraversi.

“Dio mio.. è peggio di quanto temessi.”

Ad occhio e croce peserà non più di cinquanta chili, ma sembra piuttosto alta e questo la fa sembrare più esile di ciò che è; non indugio oltre e sposto lo sguardo altrove, caricandomi di forza per andarle incontro.

Flavio le sorregge la mano scheletrica, mi sorride vedendomi prendere posto al lato opposto al suo.

«Insomma, eccoci qua.» Non sforzo la voce, non voglio risultare patetica solo solidale, per quanto possibile.

Non credo esca molto da questa stanza, la figura delle gambe sotto le lenzuola rivela pochi muscoli e la debolezza con la quale annuisce mi fa dedurre che si tenga a stento aggrappata alla vita. «Posso sedermi qui vicino a te?»  

«Certo.» Sospira con un fil di voce, poi guarda verso Flavio che rispondendo ad una richiesta muta si alza e l’aiuta a mettersi ritta con la schiena. «Adesso posso guardarti meglio.»

«Hai una casa veramente bella.» Tergiverso, gettando un occhiata veloce alla stanza; mobili bianchi, tende glicine, fiori e ciò che attira di più la mia attenzione sono le bambole di porcellana allineate nella credenza accanto alla finestra. Rabbrividisco, lei mi guarda e sorride flebile.

«Non ti piacciono eh?»

«No, non molto.» Flavio mi guarda sereno, per nulla turbato dalla mia sfacciataggine. «Me ne regalarono una da bambina e il mio gatto –nero, particolare non trascurabile- restava ore a fissarla soffiando. L’ho buttata via dalla finestra! Il gatto no poverino.. ma da quel giorno niente più bambole e gatti neri!»

Ride e sono felice, mi rilasso. Da quando l’ho vicina trattengo il respiro per paura di farle male.

«Se è così mi dispiace. Sono lì da non so quanto tempo.»

«Ma no figurati! Sono solo una sciocca superstiziosa, tutto quà

Il papà di Susanna apre la porta senza bussare, nella mani una fumante ciotola di brodo.

Flavio gli lascia il posto, l’uomo prende il cucchiaio e fa per imboccarla.

Lei arriccia il naso, protesta debolmente ma il diniego risoluto del capo dell’uomo le fa aprire la bocca automaticamente. «Su Susy, un altro ancora.»

«Sono piena papà

«Solo uno.»

Trovo la scena straziante e mi mancano le parole.

Non oso alzare gli occhi su Flavio, su Susanna, suo padre.. mi torturo le dita senza pietà; il mio uomo lo capisce, fa il giro del letto in punta di piedi e con la stessa leggerezza mi passa una mano sulle spalle. Lo guardo e ricambia il mio sguardo non battendo ciglia. E’ nervoso. Rigido. Sta trattenendo il respiro anche lui.

Giulio posa il cucchiaio nella ciotola e annuncia a Flavio delle commissioni, se ha voglia di andarci, ma da come si parlano intuisco subito che sia una balla per tenerci all’oscuro di qualcosa.

Prima di uscire degli occhi neri di piombo fuso confermano la tesi.

Susanna si agita e sulle prime non so cosa fare, prendo il posto di suo padre, verso dell’acqua in un bicchiere e glie poggio sulle labbra.

«Grazie.»

«Non ringraziarmi, se posso aiutarti in qualcosa dimmelo.»

«Qualcosa a dire il vero c’è.»

Mi scruta, siamo vicine. Ha degli occhi blu imbarazzanti da tanto belli, non li avevo notati. Anche il resto del suo viso seppur martoriato dalla malattia lo è; labbra carnose, zigomi sporgenti ma un tempo immagino belli alti e pieni, una bellezza regale, fine. Mi si stringe il cuore.

«Vorrei che tu continuassi a fare esattamente ciò che stai facendo per lui. E’ tremendamente innamorato di te, glielo si legge negli occhi. Ecco, puoi aiutarmi in questo. Ricambiarlo e renderlo felice, se puoi»

Resto scioccata, interdetta. «E’ stato infelice per così troppo tempo.. adesso invece sembra così sereno, così tranquillo. Mi ha raccontato che lavori per lui, questo ti pesa?»

«A volte.»

«Immaginavo. Ma sembri la tipa che sa gestire al meglio le situazioni, non è così?»

«Ci provo, anche se faccio grandi casini con lui.»

«Fa perdere la testa lo so. Ma ci vuole tanta pazienza, Azzurra. E tanto amore, cura, dedizione. Magari penserai che sono ipocrita dal momento che non sono stata in grado io per prima nel dare tutto questo, ma il tempo è la cura migliore, ti fa guardare le cose da un’altra prospettiva.» Guarda verso la finestra e sembra essersi allontanata con il pensiero. «Eravamo due persone troppo fragili che si sono distrutte a vicenda.»

«Non credo che tu sia ipocrita. Ti vedo molto fragile sì, ma allo stesso tempo molto forte. Hai mai pensato di ribellarti a tutto questo?» Sull’onda delle confidenze, mi lascio andare senza filtri. Lei allarga gli occhi, sospira.

«Dopo di lui sì, qualche volta. Ma non farò la patetica dicendoti che è difficile. Il mio problema è che non voglio. Mi spaventa mutare. Il cambiamento.. non lo sopporto. Comunque, avrò presto una stirpe di medici intorno che mi ripeteranno quanto la vita è bella e mutevole, per cui non pensiamoci adesso.»

Aggrotto un sopracciglio, lei annuisce. «So cosa sono andati a fare. Si preoccupano sempre tanto delle mie reazioni. Ma non sono scema; io per prima non ne posso più di essere così. Questa. Sono solo spaventata, magari riescono a curarmi davvero.»

L’istinto prevale sulla ragione, le prendo la mano con delicatezza; sono sopraffatta dalle emozioni, mai e poi mai avrei creduto di trovarmi in questa situazione, eppure il tornado Spagnoli mi ha travolto con la sua inaspettata vita e me la sta facendo addirittura apprezzare.

«Te lo auguro davvero. Sei una persona buona Susanna.»

Dopo averla aiutata a finire il brodo, Giulio e Flavio rincasano, li sento parcheggiare fuori; Lidia si palesa immediatamente nella stanza e ci guarda con tenerezza.

«Grazie per le chiacchiere.» Le dico, lasciandole la mano.

«Prego.» Guarda la madre ansiosa e capisco che è il momento di lasciarle sole, sto per aprire la porta ma lei sussurra debolmente ancora qualcosa. «Ama i bambini.»

 

«Amore, stai bene?»

Il mio cuore è sotto shock, non sono riuscita a trattenere le lacrime; mi getto fra le braccia di Flavio e mi lascio andare in un pianto a dirotto. Lui mi guarda affranto, non capisce, mi bacia guance, lecca via le lacrime.

«Ti prego andiamo a letto»

Non ho bisogno di dire altro, mi prende in braccio e delicatamente ci deposita, il mio corpo e il suo, sopra al centro esatto; con la mano mi accarezza i capelli tentando di calmarmi, piano-piano sento l’effetto benefico di quelle carezze nel sangue che ordina al mio cuore di rilassarsi e mi addormento.

Quando mi sveglio siamo ancora abbracciati, Flavio assopito apre gli occhi come una sentinella vigile.

«Va meglio?»

«Meglio, grazie.»

«Mi dispiace averti trascinata qui con me.» Sospira e sento un turbinio di emozioni negative uscire fuori dal suo fiato. «Non dovevo farti anche questo, perdonami ti prego. Ti porto via subito.» Lo sento alzarsi e il flusso benefico si trasforma in veleno in un istante.

«No!» Lo trattengo sotto di me, girando il volto impaurito nel suo; sbatte le palpebre perplesso. «Devi restare qui, io sto bene Flavio. E’ lei.. è così bella. E umile, in gamba. Tu devi rimanere qui con lei.»    

Mi alza tirandosi su con il busto, lo tengo forte per il bavero per paura che scappi, sento l’odore della sua paura.

«Non credo di capire, Azzurra.»

«Shh.» Io si, gli accarezzo il bordo delle labbra scolpite e lo bacio. «Se tu mi lasciassi io non ce la farei, non credo di essere tanto forte. E mai come adesso so di amarti nel senso più profondo del termine.» Gli sorrido, soffiando sulla sua bocca umida del mio sapore. «Mi ha fatto capire che un grande amore perché esista ha bisogno di sacrifici e di attenzioni che vanno al di là della nostra comprensione o accettazione. Lei ha bisogno di te Flavio, non lo ammetterà perché è molto forte a dispetto di tutto ma sono sicura che se ti avesse accanto prima della comunità, troverebbe il coraggio per spingersi ad andare oltre.»

«Tu.. vuoi che io resti qui con lei?» E’ un misto di incredulità e rassegnazione, mentre mi guarda socchiudendo gli occhi. Annuisco, scivolando dal suo torace per puntellarmi sui gomiti.

«L’estate è quasi finita, avremmo modo di stare insieme tutti i giorni molto presto.»

«Ti prego dimmi la verità, voglio sapere ciò che pensi veramente.» Ribatte, ancora insicuro.

«Penso che un gesto d’amore valga sempre. E che non importa che non stiate più insieme. Tu hai bisogno di questo ed anche lei ovviamente.» Lo bacio di nuovo infondendogli tutta la sicurezza del mio essere. «E poi penso che non morirò seriamente se ti tengo lontano da me per un po’ quando so che lo sto facendo per la stessa causa.»

«Per amore.» Gorgoglia dalle labbra schiuse. «Azzurra D’Amore.»

«Sì.» Sorrido di quel suo strano gioco di parole. «Vedi, era destino?! Ce l’ho scritto persino nel cognome!»

«Sei nata con uno scopo..me.» Ride finto pieno di se, poi torna serio e mi uccide con uno sguardo intenso.

 

«Sono io il tuo destino?»

 

 

Quando ho detto a Flavio che sarei riuscita a sopravvivere senza vederlo non ero di sicuro in me.

L’estate sta volando in un soffio, conto i giorni mancanti al contrario, prima di tuffarmi nel tram-tram senza di lui.

E’ dura ammettere di essere totalmente soggiogati da una persona. Dipendere dal suo odore, le sue cose e per di più ci siamo lasciati con qualcosa in sospeso, al primo morso di una torta buonissima.. anche se necessario.

Questo mi fa desistere dall’ossessivo pensiero della sua mancanza.

E mi evita costosissime chiamate malinconiche alla volta di Riccardo.

So che tornerà.

E so che mangerò ancora quella torta.

 

La prima sveglia del lunedì suona come di consueto alle sei; la spengo a palmo aperto, girandomi verso la finestra.

La mia divisa linda è appesa alle imposte. Quasi un richiamo.

Mi faccio coraggio posando a terra prima un piede e poi l’altro, mi stiracchio e sbadiglio rumorosamente prima di dirigermi in bagno e cominciare i rituali del mattino.

L’arrivo di un sms mi fa aggrottare le sopracciglia; afferro il cellulare con lo spazzolino ancora in bocca e leggo mentalmente. Mi ritrovo a sorridere come una cretina.

 

 

Buongiorno amore mio.

Ho puntato la sveglia sul tuo orario per solidarietà.

E per dirti che presto sarò lì con te a darti cento buongiorno.

 

Sto per rispondere ma il cellulare trilla ancora.

 

E forse anche qualcos’altro! ; ) Sempre se sei pronta a ricevere. : )

 

Erezione di primo mattino? : )

 

Invio la mia risposta sorridendo, la menta in bocca comincia a pizzicare; mi sciacquo in fretta e arriva rapida la sua risposta. Clicco sulla bustina divertita da questa gioco mattutino.

 

Parlavo del mio amore.. piccola testarda sporcacciona!

 

Vuoi dire che non vorresti essere sopra di me adesso?

 

Vorrei essere in ogni posto se quel posto sei tu.

 

Gongolo con il cuore gonfio d’amore, ma l’orologio mi induce a riporre le mie trepidazioni e il telefono infondo alla borsetta, vestirmi di tutta fretta e sgattaiolare nel traffico impazzito di Roma.

Arrivo puntuale in ufficio nonostante tutto; mi sono gettata nel primo vagone metro seppur strapieno pur di non aspettare e rischiare di fare tardi, così mi ritrovo tutta la coda spettinata e Chiara che mi fa mille feste di bentornata.

Fra un po’ toccherà a lei e il suo viso stanco mi fa sentire un po’ in colpa per la mia immensa gioia.

Le racconto fra una fotocopia e l’altra gli sviluppi della mia incasinata storia d’amore, lei ascolta rapita, poi irrequieta, accomodante e ancora risoluta, ma alla fine si scioglie quando tocco gli ultimi eventi.

«Scusa e tu che gli hai risposto?»

«Se è lui il mio destino? Che lo sarebbe stato nel momento in cui quel cognome sarebbe stato anche il suo.»

«Cioè, praticamente gli hai chiesto di sposarti?»

Mi acciglio, scuoto il capo mandando l’orribile pensiero in un angolo e la fulmino con lo sguardo. «Io non intendevo quello! Ma che sarei sua per sempre se anche io fossi il suo scopo.»

Mi guarda sgranando gli occhi. «No! Tu non intendevi quello. E comunque non si è capito.»

«Oddio.. dici?» Mi mordo il labbro, non ero intenzionata a chiedergli di impalmarmi. Davvero! Il solo pensiero mi atterrisce, come posso essere stata così poco accorta nello scegliere le parole esatte? «Tutti questi anni di ricerca dell’amore romantico e finisco io ad inginocchiarmi. Ma si può?»

Smezza una pila di documenti e ne lascia scivolare un paio dalla mia parte prima di sogghignare. «Perlomeno non ti ha tolto fra i suoi contatti!» Mi da una pacca di conforto sulla spalla e si piega cercando la spillatrice nel cassetto. «A lavoro, forza!»  

 

Ubbidisco e vola via mezza giornata.

Mentre rovisto nella cesar salad che ho sotto al naso il pensiero mi torna fisso alla proposta.

“Figurati se ha capito così.” Mi ripeto quanto sia un uomo intelligente, serio, attento e finisco con il credere che per colpa della mia lingua lunga non mi sposerò mai. “Signora Azzurra Spagnoli però suona così bene.”

Ogni tanto è lecito sognare, no?

 

 

Dott. Spagnoli la prego si sbrighi a tornare.

Non faccio che pensare a lei.

E devo togliermi qualche dubbio!

 

Credevo sapessi tutto di me.

Pensarmi e basta?Dove è finita la mia sporcacciona preferita? : )

 

Sotto terra, insieme alla mia dignità!

Credo di averti fatto fraintendere una certa questione di “impegni”.

Io non ti ho chiesto di “impegnarti” per la vita,

volevo sapessi però che sarai il mio destino per sempre se avrai lo stesso Amore che io ho per te.

Ecco, spero di non aver fatto confusione.. di nuovo!

P. s = tutto di te non è abbastanza. Voglio te sempre di più.

 

X y l g h t p d..  più o meno è questo che ho capito!

Ti prego Azzurra pensa a me e non pensare ad altro.

Perché X y g h t l p d  non ha importanza.

Ti amo, ti voglio.

 

Perché non sei qui?!

Scusa.. piccolo momento egoistico. : (

Non ascoltarmi!

Ti amo, ti voglio.

 

 

Forse ho esagerato perché il mio telefono resta muto per tutto il pomeriggio.

“Fantastico! Sono una schizofrenica egoista!”

Sul tardi Maria Rita mi manda a chiamare, con lo stomaco in subbuglio mi dirigo verso il suo ufficio.

«Azzurra entra pure.» E’ sola, la finestra che da sulla più bella Piazza del centro storico è spalancata. «Trascorso bene le vacanze?» Attira la mia attenzione coprendo il silenzio della sua concentrazione su alcuni file che ha mandato in stampa.

«Più che bene, grazie dottoressa Sabelli. Lei come sta?»

«Lo puoi vedere da te!» Sorride indicandomi il casino sulla sua scrivania.

«Già.» Annuisco. «Dobbiamo mandare qualche documento in spedizione?»

«Sì cara, ti ho fatto chiamare per consegnarti i pass per la serata di gala di fine estate. Quando i miei cari colleghi si degneranno di tornare dalle vacanze dovrete distribuirli e il resto da mandare via posta.»

«Perfetto.» “Perfetto un corno!”; il gala mi porterà via Flavio per almeno altri tre giorni e soprattutto non sarò accanto a lui nel momento della nomina ufficiale al nuovo ruolo, ma sarà qualche altro/a fortunato/a a beneficiare del suo biglietto di ospite accompagnatore/trice. “Odio questa situazione!”

Cerco ad ogni modo di sorridere ma afferro con riluttanza il plico e la donna mi guarda dubbiosa.

Faccio per alzarmi, due nocche schioccano sulla porta in noce; Maria Rita si illumina, io mi giro curiosa.

Flavio è sull’uscio che mi guarda con leggero orgoglio nello sguardo.

“Oddio è qui!” Vorrei saltargli al collo.

Il suo odore arriva intenso ai miei neuroni e sento subito vibrare la parete addominale. “Cavolo se mi è mancato!”

E’ leggermente abbronzato ancora e questo fa spiccare ancora di più la camicia di lino chiara aperta sul petto, i pantaloni sono morbidi e di cotone e da una tasca penzolano gli occhiali scuri per il sole.

Non riesco ad articolare parola è una visione mozzafiato.

«Flavio!» La Sabelli si alza e va ad abbracciarlo; si piega su di lei ricambiando con trasporto, poi come se nulla fosse si libera della donna e mi viene incontro con passo deciso.

Mi prende per mano, al solo sfiorarmi sento i brividi lungo la spina dorsale. Sono paralizzata!

«Ciao» Accarezza sinuoso con la voce la mia adrenalina che si trasforma in scia di cuoricini rossi svolazzanti.

«Ciao» “Ok, sono viva!” Scuoto il capo arrossendo. «Ho qui i tuoi pass per il gala, un momento solo..»

Sento il bisogno di appoggiarmi allo schienale della sedia per cercare i suoi inviti dal plico che improvvisamente sembra più voluminoso di quando l’ho visto l’ultima volta, lui si mette più vicino a me sfruttando l’occasione per sfiorarmi il fianco con il braccio. Gli lancio uno sguardo assassino, sorride sardonico.

«Eccoli qua!» Me li sfila da sotto il naso facendomi risultare più patetica di quello che non sembro già.

«Grazie.» Sbuffo, notando un risolino sulle labbra della Sabelli che incita Flavio nel controllare i nomi dei suoi biglietti; lui apre la busta e contesta un errore.

«Il nome di Azzurra non c’è.» Ringhia.

“Il mio nome?! Wow!”

Lei lo guarda sinceramente colpita e colpevole. «Perdonami credevo avessi fatto un errore di abitudine.»

«Nessun errore Maria Rita.» Poi mi guarda e addolcisce la voce. «Azzurra è la mia compagna.»

“Sono la sua compagna!”

«Ah!» La vedo rimanere di sasso e non fare nulla per nasconderlo ma so che è una donna molto sensibile ed elegante ed è per questo che la vedo prontamente sorridere. «Auguri ragazzi miei! Accidenti potevate dirmelo prima però, mi sarei evitata questa inutile gaffe!» Ribatte al pc il mio nome e manda il documento in stampa. «Azzurra ti prego di scusarmi.»

E d’un colpo i suoi occhi cambiano espressione mentre mi passa il documento e un po’ ne sono eccitata ed impaurita; per anni sono stata la ragazza della reception, provando per lei un timore reverenziale dovuto all’immenso rispetto che nutro per il suo ruolo e la sua persona ed ora, tutto sembra cambiato.

Vedo Flavio nei quegli occhi e il dottor Spagnoli, ma non leggo rancore, disappunto.. ci vedo comprensione.

Sospiro, annuendo inconsciamente a quell’approvazione tacita.

Semmai servisse, ma è meglio avere il mondo dalla tua ogni tanto, che preparasi a fare la guerra.

«Non preoccuparti.» Mi alzo sistemandomi la gonna, sorrido ad entrambi e prima di guadagnare l’uscita mormoro fra me e me. «E’ una novità anche per me.»

Sento i passi di Flavio alle mie spalle e la voce roca di Maria Rita trattenerlo ancora un po’.

“E’ in arrivo il cazziatone dott. Spagnoli!”

 

«Anche questa giornata è andata!» Spengo il pc e mi accascio sul bancone con poca eleganza; Chiara mi squadra da capo a piedi, prende la sua borsa e si trattiene sul posto.

«Lo aspetterai?»

Guardo l’orologio sul display del telefono. «In realtà non abbiamo programmi.»

«Ignori il fatto che abbia fatto trecento chilometri solo perché la capricciosa compagna gli ha detto che gli mancava?»

Mi mordo il labbro, colpita. «Evidentemente no.» Sospiro. «Non posso credere che stia succedendo davvero!»

«Apri gli occhi bella addormentata! Il tuo principe azzurro esiste veramente..» Mi da una leggera pacca sul gomito invitandomi a voltarmi; lui è in mezzo al corridoio che aspetta finiamo di prepararci. «Ed è anche impaziente.» Mi sussurra nell’orecchio, prima di svanire via come una bolla di sapone.

 

«Grazie per l’invito.» Siamo in ascensore e su di noi aleggia una strana tensione; non è solo tensione sessuale, per quanto l’impellente bisogno di stare vicini ci porti spesso a cercarci con gesti e sguardi impercettibili, è qualcosa che va al di là, molto più profondo.

Lui è stranamente silenzioso, guardingo, trattenuto ecco. Mi sembra sempre sul punto di dire qualcosa ma poi si ritira, come un onda stanca; mi agito sui tacchi battendo nervosamente il piede. Alza la mano verso la mia guancia e mi accarezza; il suo calore mi pervade. «Grazie a te Azzurra. Per tutto quanto.» E mi sfiora il lobo dell’orecchio con le sue labbra calde e suadenti. «Mi sei mancata, piccola testarda sporcacciona.»

«Flavio!» Sospiro sicuramente più rilassata. «Ha ragione Rich, sembriamo due adolescenti arrapati!» Mi giro trovando il suo meraviglioso sorriso quindi lo abbraccio forte; sussultiamo quando l’ascensore arriva al piano e un orda di persone fanno muro per entrare. Ci guardiamo imbarazzati ed usciamo di fretta dal palazzo.

«Adesso sì che è ufficiale!» Non so perché non riesco a smettere di ridere e Flavio insieme a me, appoggiato alla sua macchina parcheggiata con la testa piegata sulle braccia. «Hai visto come ci guardavano?»

«Sì. E Maria Rita? Scusami mi sono sbagliata..» Batte le mani sul tetto ed io mi fermo.

«Cazzo che stronza! Scommetto che te ne ha dette due o tre quando sono uscita.»

Flavio alza la testa allarmato forse da troppa imprudenza, fa il giro dell’auto e mi viene vicino; porta il mio viso allineato al suo sfiorandomi il mento con la mano. «Piccola a me non è mai importato troppo il parere degli altri questo lo sai vero?»

«All’inizio credevo di sì e che comunque lo facessi per proteggermi.»

«La sola cosa da cui volevo proteggerti era il mio passato di merda. Ma tu hai abbattuto anche quello.» Ride accarezzandomi i capelli. «Per il resto sono sempre stato più che sicuro di volerti al mio fianco e che nessun genere di commento avrebbe guastato quest’idea.»

«Idea, Flavio?»

«Non ero sicuro che ce l’avrei fatta, capisci?»

Il pensiero che l’uomo più sexy del pianeta abbia avuto dubbi di riuscire a spuntarla con me mi fa fremere d’eccitazione, amore, turbamento; guardo nei suoi occhi liquidi e piegando leggermente la testa di lato lo attiro sulla mia bocca baciandolo senza pietà.

«Quanto c’è voluto..» Ride gutturale e selvaggio e mi sciolgo nella lussuria.

«Portami a casa.» Sussurro. «Qualsiasi casa. La piccola testarda sporcacciona è tornata.»

 

«Fa l’amore con me, adesso.»

Non se lo fa ripetere una seconda volta; mi alza la camicetta accarezzandomi la schiena, la fa passare per il mio collo gettandosela alle spalle. Porta le mani in basso, sul bordo della gonna e fin dietro, dove trova la lampo e con una sola strattonata la tira giù, baciandomi la pancia e i seni al di sopra della stoffa del reggiseno. Lascivo, risale verso la mia bocca alla quale si attacca con un bacio appassionato e rovente, affondando entrambe le mani nei miei capelli. La mia invece fruga nei suoi pantaloni mentre con l’altra lo spingo verso il letto e lo faccio stendere; gli bacio il torace libero dalla camicia volata sul pavimento poi il collo e risalgo verso il lobo dell’orecchio, succhiandolo. Mi sposto solo per liberarmi degli slip, i miei e i suoi e torno in posizione; le sue mani viaggiano sui gancetti del reggiseno, mi liberano. Sono nuda e stagliata sopra il suo corpo disegnato. Con un colpo di reni ci gira cambiando posizione e assumendo il controllo, sfrega il naso contro il mio, mi da un bacio casto e mi penetra.

Sussulto di squisito dolore, ma aspetto con grazia le sue stoccate.

I suoi fianchi cominciano a muoversi ritmicamente, piano per assaporarmi e poi veloce al tempo del mio bacino che si inarca per andare incontro al piacere ancora più intenso. Mi sento piena, viva, innamorata, lussuriosa, forte.

Gemo ad ogni spinta che annego nei suoi capelli, le gambe intrecciate alle sue perfettamente paralleli, incastrati, vicini.

Lo sento respirare forte nell’orecchio e godersi il mio corpo, gli occhi di piombo vacui e lontani, distaccato dal mondo e colpito dal riverbero della luce fra le imposte della serranda, sembra davvero un angelo.

Piango d’amore nel sentirlo così mio e lui mi bacia gli occhi, gemendo il mio nome.

Un lampo gli attraversa le pupille e so che è giunto il momento, un sorriso languido nasce sulle mia labbra mentre lo spingo di lato e sempre salda al suo corpo gli monto addosso cavalcandolo come una selvaggia; raggiunge l’orgasmo tirandosi contro il mio busto e la mia bocca che fa sua con gemiti innaturali, gridando il suo nome sul suo bel viso disegnato vengo anche io e svengo, proprio il caso di dirlo, contro il suo torace d’acciaio.

Restiamo accoccolati a cucchiaio, Flavio mi accarezza i lunghi capelli biondo sparsi sul cuscino e chiudo gli occhi.

«Ti prego non dormire, voglio parlare.»

Mi giro pesantemente apposta, guardandolo male. «Cosa hai contro i miei riposini dott. Spagnoli?»

«Oh contro quelli? Assolutamente niente. Voglio solo parlare un po’, ti va? Poi ti lascio riposare.»

«Tu mi sfinisci.» Gli sorrido sulle labbra, prima di baciarlo con dolcezza. «Di cosa vuoi parlare?»

«Ho dato un occhiata ad alcune case nei giorni che sono stato fuori.»

«Oh sì, adesso sono proprio sveglia.» Mi puntello su un gomito guardandolo intensamente negli occhi.

«Pensavo potremmo sceglierne un paio prima di trovare una abbastanza soddisfacente per noi due.»

Gli batto una mano sul petto eccitata. «Ok, fermati. Questo implica che dovrei seguirti a Firenze, Flavio.»

«Ne avevamo già parlato mi sembra. E tu eri d’accordo, sbaglio?»

«Ehi?! Io qui ho il mio lavoro!»

Si morde il labbro e mi guarda improvvisamente preoccupato. «Non.. non più.»

«Che significa non più?» Mi allarmo, tirando su le gambe per mettermi a sedere; lui mi imita, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Non distogliere l’attenzione dott. Spagnoli! Cosa significa esattamente che non ho più un lavoro? La Sabelli mi ha cacciata

«Oh no, lei compilerà una bella lettera di referenza, mi ha detto. Ti ricordi quando ho accennato al casino con i vertici di Trieste?» Annuisco terrorizzata. «Non gli ho chiesto solo di tenerti con me ai fuori sede ma ho candidamente ammesso che in quanto mia compagna non era possibile per me rilegarti ad altro ruolo che non fosse di mia segretaria personale e che non avrei accettato comunque nessuna altra persona nella nuova sede.»

«Sei un fottuto dittatore dott. Spagnoli!» Mi passo la mano nervosa fra i capelli e penso al tempo passato da quella telefonata. “Mi riteneva la sua compagna da allora!” «Però potevi aspettare prima di prendere iniziative.»

«Ma perché aspettare?» Mi prende le mani fra le sue e mi guarda con trasporto e aspettativa. «Mi piacerebbe vivere insieme, Azzurra. Mi piacerebbe averti fra le mie cose, fra i miei casini. Persino nei miei deliri se mai ci saranno. Mi piacerebbe averti accanto sempre perché tu mi fai stare bene e rendi la mia vita migliore.»

«Questa potrebbe essere una giusta motivazione, dott. Spagnoli.»

«Ne conosci una migliore?»

«No, non credo.»

«Allora dimmi di sì.»

«Mah.. dovrei trasferirmi in una città che non conosco, cambiare lavoro, fami nuove amicizie, nuovi interessi.. e tutto questo solo per amore?» Gli vedo spalancare gli occhi dalla paura, allora sorrido felice, felice come sento di essere veramente, gli prendo le braccia e mi circondo con la sua presenza, il capo appoggiato alla sua spalla, la guancia che sfiora la sua, fredda. «Certo che ti dico sì, Flavio.»  

«Sei seria?» Sospira.

«Molto seria.»

Con tono autoritario indica la sedia «La lettera delle tue dimissioni è nella mia giacca. Firmala.»

Strabuzzo gli occhi. «Adesso?»

«Sì adesso. Non perdiamo tempo, non ne perdiamo più.»

«Ok.»

Mi alzo che sembro volare da tanto mi sento leggera; tiro fuori il foglio dalla tasca dove in mezza pagina di caratteri formali informo la mia azienda che reciderò il rapporto di lavoro che ci lega da cinque anni e altri bla bla bla e non ho mezza esitazione; credevo sarebbe stato molto più difficile. Poi guardo l’uomo nudo sul mio letto e mi convinco che in qualche modo è riuscito ad abbindolarmi sì ma che non sono solo io ad averlo salvato da se stesso.

Che ci siamo cambiati entrambi le vite.

Che anche io sono una persona migliore grazie a lui.

Che sono fiera di quella che sono e che lui è lo specchio di questa perfezione.

 

«Brava piccola.»

«Tanto per inciso, voglio un colloquio con i tuoi capi e in un secondo momento anche con te. Non voglio essere quella che si scopa il capo. Chiaro?»

Ride sotto ai baffi, accogliendomi nel suo abbraccio; siamo tornati di nuovo a cucchiaio, la sua posizione preferita. Mi annusa i capelli e trattiene il fiato prima di rispondere. «Non sarai mai quella che si scopa il capo.»

Mugugno un po’ prima di sistemarmi alla meglio sui cuscini. «Parlami di lei Flavio, come sta Susanna?»

Si sistema anche lui prima di lasciarsi andare in un racconto fluente e dettagliato, ma a breve chiudo gli occhi spossata e felice di lui, dalla nostra vita così piena e delle continue sorprese che ci riserva.

 

«..e poi mi piacerebbe sposarti un giorno.»

 

 

Sono in questo sogno bellissimo dove ci siamo io e Flavio baciati dai raggi argentei della luna mentre intorno è buio e l’aria sembra cadenzata a ritmo di valzer, mentre noi vestiti dello stesso colore del cielo ci guardiamo e camminiamo su quella che sembra una lastra di specchio. Piano- piano la prospettiva cambia ed io non sono più io ma solo una spettatrice che fissa dall’alto quelle due figure piene d’amore; “Mi vuoi sposare?” Chiede lui. Ed io vorrei rispondere per lei, “Sì!” ma salgo sempre più su fino a quando mi rendo conto c’è una bolla sotto ai miei piedi e loro due sono lì dentro, come in una di quelle palle che se le agiti si vede la neve.

Emetto un grido di stupore e la bolla si rompe, i due precipitano ma cadono su morbide nuvole.

Ridono, sembrano felici, per nulla spaventati. Allora tiro un sospiro di sollievo e rido anche io.

 

«Azzurra, amore..» La voce ovattata di Flavio mi raggiunge nel sonno; apro gli occhi, una lussuosa e asettica camera di albergo mi da il buongiorno o la buonanotte o non so cosa perché le tende sono serrate. «Piccola dobbiamo prepararci.»

Volgo lo sguardo verso la sveglia; sono le sei del pomeriggio. «Il galà!» Schizzo su nel panico.

«Siamo in perfetto orario, tranquilla.»

“Già, Spagnoli il super preciso!” «Ho bisogno di una doccia. Flavio tu mi sfinisci.»

«Sei sicura sia un complimento?» Il suo sedere bello e nudo si allontana verso il bagno offrendomi una sua visione totale; non abbiamo perso il vizio di regalarci suite megagalattiche quando siamo fuori, un po’ per scaramanzia, un po’ per affetto ma soprattutto per praticità.

Proprio per questo mi tuffo anche io nell’astronomico bagno dell’altra mia metà della camera dando via ai preparativi; sono passate tre settimane dalla consegna degli inviti e sembra esser passato niente.

Sono piuttosto rilassata in quanto ospite e super felice per ciò che significa essere accanto a Flavio stasera; qualche giorno fa ho riconsegnato le mie divise al magazzino che ce le fornisce.. questo è un bel passo avanti, il timbro sopra il lasciapassare per la nostra nuova vita.

Tuttavia sono febbricitante e non è solo per la serata.

Ho come l’impressione che ci qualcosa nell’aria, un qualcosa di sospeso, irrisolto.

«Allora, come sto?» Sto ancora cospargendomi di crema d’aloe quando Flavio in perfetto smoking nero si palesa sull’uscio piroettando come uno dei migliori one man show; è bellissimo.

«Vieni qui.» Lo bacio e le sue mani mi strizzano il sedere incollandomi al suo corpo.

«Forse potrei spogliarmi e ricominciare da capo.»

«E forse potrei morire adesso.»

«Allora mi tengo i vestiti.»

«Che peccato.» Rido sulle sue labbra morbide restandovi appiccicata. «Sei molto bello dott. Spagnoli.»

«Grazie.» Sorride timido sfilandosi i gemelli dalla tasca. «Ti da fastidio se resto qui?»  

«Per nulla.»

 

Venti minuti dopo io e il mio sontuoso vestito di seta blu, accompagnati dall’uomo in smoking più affascinante di tutto il pianeta, facciamo il nostro ingresso nella sala addobbata a festa per la cerimonia d’azienda più importante dell’anno, dopo la distribuzione dei pacchi dono di Natale.

Veniamo scortati da una hostess rigorosamente vestita con un tailleur bianco perla fin ad un tavolo nelle file centrali e prossimo al palco. Sembra d’essere ad un matrimonio; colore predominante il bianco, candido a rivestire le sedute con imbottitura morbida, candele e specchi, calle che fuoriescono dai vasi di diverse geometrie in un gioco d’accostamenti. Io e Flavio ci guardiamo divertiti prima di essere subissati dagli altri commensali ammessi al nostro tavolo.

La serata scorre tranquilla, mi sento piuttosto a mio agio fra i cervelloni d’azienda e le loro mogli; qualcuno si ricorda di me ma fa finta di nulla, le donne invece sono attratte dalla nostra storia romantica e mi subissano di domande.

Certo agli occhi di tutti siamo i novelli principi della fiaba romantica.. ma quanta fatica questo scintillio!

Le chiacchiere vengono smorzate dalla deliziosa cena che ci viene offerta, perlopiù portate calde, fino al dolce; in sottofondo un’orchestra rende soft l’atmosfera con toni jazz sfumati.

Flavio mi porge la mano e mi conduce in un ballo, su uno stile adesso più lento.

«Come ti senti?» La sua mano alla base della schiena disegna carezze amorevoli.

«Benissimo e tu?»

«Mai stato meglio, grazie Azzurra.»

«Smettila di dire grazie, per favore. Non c’è nulla per cui tu mi debba ringraziare.»

Lo sento fremere fra le mie braccia e lo guardo. «Sicuro di stare bene?»

Annuisce poco convinto, sento montare l’ansia nello stomaco. Troppo scintillio?

La musica scema e svaniscono i pensieri, mi prende delicatamente in un bacio con caschè vecchio stile e sorride di un sorriso genuino ma troppo tirato.

«Flavio che c’è?» Trattengo il suo braccio ma una vecchia conoscenza arriva prima della mia voce portandolo oltre la pista verso i tavoli, lasciando me e il mio bellissimo vestito in balia di piroette, che il figlio del figlio di non so bene chi, mi sta facendo fare su un twist.

I suoi occhi mi tengono incastrata, temendo un impeto di gelosia diminuisco la foga e approfittando di due ragazzine ben vestite e sole, in piedi a guardare la gente ballare, mi slego dal figlio del figlio di non so chi e le butto nel mezzo; raccolgo il mio abito e adoro farlo -ho sempre adorato raccogliere gli abiti.. fa subito principessa- lo raggiungo e trovo le sue braccia ad accogliermi.

«Credevo mi facessi una scenata.» Gli dico ridendo nel suo orecchio.

Mi accarezza la nuca e mi deposita un bacio dietro l’orecchio «Se non la smetteva di fissarti le tette gliela avrei fatta.»

«Beh sono delle tette notevoli.»

«Non mi fai ridere.» Risponde serio. «Tu sei solo mia.»

«E di chi altri sennò.. mio grande, dittatore, sexy, fidanzato?»

Alla parola fidanzato sorride dolce e rilassa il volto. «Ah proposito..»

Le luci si spengono.

Ci guardiamo intorno, sul palco salgono il Presidente e la sua triade; la ragazza che ci ha scortato passa loro i microfoni e indica il tavolo con le targhette premio. Quelli sorridono slegando una lunga pergamena.

«Accidenti il nostro tavolo è dall’altra parte!» Inveisco contro questo repentino sconveniente.

«Non ti preoccupare sono il primo ad essere premiato..» Soffia lascivo nel mio orecchio e immagino di sapere cosa c’è di così lussurioso nelle sue parole; la certezza che ci vorrà poco tempo per ritrovarsi nudo e bollente sopra il mio corpo. «Prima però vorrei la tua attenzione.»

«Difficile con te che mi fai costantemente pensare a quanto sei desiderabile.» Il Presidente inizia a parlare ed io mi sento terribilmente in imbarazzo, in piedi, fra i tavoli a discutere di sesso con il mio uomo. «Ti prego possiamo parlare dopo? Non mi sembra proprio questo il momento!»

Una signora ci zittisce ed io confermo le mie parole con uno sguardo accusatorio verso Flavio.

«Oh accidenti! Come vuoi!»

«Non mi parlare così!» Rispondo piccata.

«Vuoi che stia zitto?! Sono muto! Godiamoci lo spettacolo principessa.» Mi spinge affettuosamente davanti ai suoi piedi e mi obbliga tirandomi per i fianchi, ad appiccicarmi con la schiena al suo torace; affonda la testa fra i miei capelli, sento il suo cuore battere forte e non capisco perché stiamo battibeccando.

«Sposami, Azzurra.» Sulle prime credo di non aver sentito bene, i discorsi melanconici del Presidente sulla storia della nascita dell’azienda si fondono con le sue parole, poi l’eco roco della sua proposta si presenta nuovamente al mio orecchio. «Sposami.»

Avete presente l’adrenalina che si prova prima di un grande salto?

E’ così che mi sento adesso, pervasa da mille brividi, il cuore in tumulto.

Mi tremano le ginocchia, Flavio mi tiene stretta allungando le mani sul grembo; annusa e bacia i centimetri di pelle scoperta ed io sono in visibilio, confusa e scossa, in bilico fra l’amore e il sesso, la sintesi perfetta dei nostri migliori momenti. Sto per girarmi, ma il suo nome risuona nelle casse. Fa un grande respiro ma non si muove. Il faro ci cerca fra la gente, Flavio piega il capo sulla mia spalla in completo mutismo e assolutamente inattivo.

«Amore hanno fatto il tuo nome.» Mi giro e lo trovo sconvolto, impaurito. «Ehi, che c’è?!»

«Ho paura.»

Lo costringo ad alzare la testa e guardarmi negli occhi; i suoi piccoli occhi neri colato sono lucidi. Ho un moto d’amore e di trasporto per quest’uomo, è capace di svelarsi ogni volta che lo guardo. Gli prendo le mani, le stringo forte nelle mie. «Ci sono io qui. Fa un bel respiro e tieniti saldo a me.»

«E’ tutta la sera che mi tengo saldo a te. Non vedo altro Azzurra!»

«La fai sembrare come una cosa brutta. Ti fa stare male?»

«Mi fa stare bene invece.»

«Allora ti conviene muovere le chiappe dott. Spagnoli, il faro ci troverà prima o poi!» Mi liscio il vestito e sistemo il suo cravattino. «Sei pronto?»

«No!» Mi tira giù le braccia affondando uno sguardo trepidante nel mio. «Prima voglio una risposta. La voglio da tre settimane santo Dio! Sono così patetico che te lo chiedevo mentre dormivi. Poi stasera ho cercato di dirtelo in tutti i modi e in tutti i modi la tua bellezza mi ha sovrastato. Adesso ho bisogno di quella risposta e non muoverò un passo senza. Mi sposerai?»

Non era un bel sogno.

Non lo è mai stato.

Flavio Spagnoli è la realtà che mi si para in faccia come un bello schiaffo.

Solo che nel palmo.. cento margherite.

 

 

Le imbarazzanti pietre che adornano il corpetto del mio abito, scintillano in un gioco di luci e si riflettono sul volto di Flavio, spavaldo e sicuro al mio fianco; stringe fra le mani la targhetta che lo vede uomo migliore dell’anno e cavolo.. non posso che dare ragione a quel premio. Guarda al suo pubblico rapito e poi guarda me, un intenso sguardo che significa molte cose, ma fra queste l’amore, la dedizione, la passione.

Significa che lo sposerò.

Che mi prenderò cura di lui e lui si prenderà cura di me.

 

Fine.

 

 

NDA:

Finisco con rammarico questa storia così breve e così intensa, sperando che vi sia piaciuta almeno un po’.

A tutte le persone che l’hanno inserita in preferite/seguite/ricordare –e a chi lo farà- mando un abbraccio forte e tutta la mia gratitudine; non ha riscosso successo per niente, ma a me è piaciuta scriverla tuttavia grazie anche a voi.

E’ difficile misurare la qualità di quanto scritto senza pareri oggettivi, nel mio piccolo spero che chiunque vi posi lo sguardo su non trovi questa storia orripilante e mal scritta.

Magari il tema è un po’ inflazionato ultimamente e la tempesta ormonale dei vari “cinquanta sfumature”, “crossfire trilogy” e affini ha duramente colpito anche me, lo ammetto.

Mi perdonino le Austiniane convinte!

Per il resto vi saluto tutti allegramente,

Lunadreamy.

 

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