Che tu sia per me il coltello

di NanaK
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Parte prima ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Parte seconda ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall’abisso,

 Figlio di Bellezza?

C. Baudelaire

 

 

 

< Allora, ci vieni a questa festa? Il tema è Titanic, diamine, il tuo film preferito! E’ impossibile che tu rifiuta di venire! > aspettai pazientemente che la mia amica finisse di sfogarsi al telefono e nel frattempo giocherellavo con il filo che lo collegava alla presa. Alla fine sospirai sorridendo e dissi esattamente ciò che l’interlocutrice desiderava sentire. Stetti ancora un po’ ad ascoltarla mentre esultava, poi la salutai promettendo che sarei passata da lei l’indomani. A quell’epoca avevo diciassette anni ed ero una ragazza molto.. particolare. Non ero circondata da una marea di amici con cui uscire ogni sera, né avevo abbastanza pazienza per starli a sentire in ognuna delle loro sciocchezze. Quasi tutti i ragazzi che incontravo per caso, o a scuola o in palestra o a corso di canto, avevano in comune una caratteristica a me decisamente ostile: la frivolezza e l’immaturità. Molte volte fui definita una rompipalle o addirittura “ signora di mezza età ” semplicemente per il fatto che rimproveravo in classe quelli che si lanciavano tra loro un centinaio di palline di carta, lasciando poi l’aula in uno schifo totale che il povero bidello poi doveva ripulire. Ecco perché avevo resistito tanto a non andare a questa festa a tema ( e che tema! ); non che non mi piacesse ballare o divertirmi, semplicemente perché non era il mondo a cui sentivo di appartenere. In ogni caso avevo deciso di accontentare Elody, la mia migliore amica, che mi aveva persino comprato su e-bay un abito d’epoca blu notte con una fascia bianca stretta sotto il seno. L’avevo appena provato e mi stavo guardando allo specchio, quando la familiare testa bionda della mamma fece capolino nella stanza.

< Wow! Pen ti sta benissimo! > esclamò guadandomi. Cercai di non mostrare quanto in realtà mi piacesse quell’abito, anche perché avevo passato ore ad enumerarle i motivi per cui non avrei dovuto presentarmi a quella benedetta festa.

< Non so cosa fare ai capelli però > dissi indicando la mia massa di riccioli neri e lunghi. Lei sembrò rifletterci un attimo, assumendo la sua solita espressione pensosa: la testa reclinata su un lato, le sopracciglia aggrottate e i denti che affondavano nel labbro inferiore.

< Fai una crocchia lasciando qualche ciuffo libero sul viso. Nei film si pettinano così > fece una pausa, poi cambiò discorso < Comunque vieni a cena? >.

< Arrivo. Mamma posso tenerlo addosso per un po’? >. A dir la verità mi sentii una bambina capricciosa mentre glielo chiesi, ma lei non disse nulla, solo di star attenta a non sporcarlo.

Circa mezz’ora dopo mi alzai da tavola, rifiutando l’invito di mia madre di vedere un film: avevo intenzione di salire in camera e continuare a scrivere la mia storia personale sul Titanic a cui da un po’ mi stavo dedicando. Scrivere per me aveva sempre rappresentato un modo per realizzare i tuoi sogni più proibiti: anche se sapevo che non si sarebbero mai realizzati, mentre li mettevo nero su bianco provavo una delle felicità più grandi. Il sapore dell’invenzione, la passione con cui muovevo la penna sul foglio, tutto mi attirava di quel mondo fatto di parole e lettere. Così mi sedetti davanti alla mia scrivania, sotto la finestra, e presi il raccoglitore arancione in cui erano racchiuse tutte le mie storie. Avevo anche scritto una fan fiction sul film Pirati dei Caraibi, ma ancora dovevo completarla. Dopo aver mordicchiato per un po’ la mia bic blu, lasciai che questa mi guidasse e passai un’ora circa scrivendo ininterrottamente. Rilessi il tutto soddisfatta e mi stiracchiai, sbadigliando. Se Jack Dawson fosse esistito davvero! Ogni volta che guardavo il film rimanevo abbagliata dalla sua bellezza. E anche se Elody mi ripeteva che era solo una mera immagine sullo schermo, non potevo fare a meno di fantasticare su di lui. Di colpo cominciai a sentirmi strana. Avevo una leggera nausea e le pareti intorno a me iniziarono a girare. Persi i sensi e mi accasciai sulla scrivania, la testa sui miei fogli fittamente scritti.

 

 

Un lieve dondolio mi riportò alla conoscenza. Ero stesa, e anche se avevo ancora gli occhi chiusi, ero certa che il mio viso fosse colpito dai raggi solari. Aprii leggermente le palpebre e vidi il cielo. Si, il cielo. Aveva assunto un colore rossastro, probabilmente stava tramontando. Aggrottai le sopraciglia e molto confusa mi tirai su. Con mia enorme sorpresa mi trovavo seduta su una sdraio. Mi guardai attorno mentre un lancinante mal di testa prese possesso di me: alcune persone erano in piedi e parlavano tra loro. Ciò che mi colpì maggiormente furono i loro vestiti, tipici degli inizi del novecento. Sempre più sbigottita guardai davanti a me e l’immensa distesa d’acqua che mi si apriva davanti mi lasciò completamente a bocca aperta: ero su una barca! Con il cuore a mille, ma decisa a sapere che diavolo di scherzo era quello, mi precipitai alla ringhiera e mi sporsi per cercare una conferma a ciò che stava prendendo forma nella mia mente. Sul lato della nave bianca una scritta spiccava in lettere scure: TITANIC.

< Oh mio dio > sussurrai completamente in preda al panico. Scossi la testa: era sicuramente un sogno. Un sogno molto vivido, ma pur sempre un sogno. Avevo bisogno di calmarmi, stavo tremando, così tornai là dove mi ero svegliata. Cercai di ricordare ciò che stavo facendo prima di.. prima che tutto diventasse buio. Scrivevo mi pare.. ma si, dovevo essermi addormentata.

< Signorina si sente bene? E’ un po’ pallida > Una voce maschile mi fece sobbalzare. Apparteneva ad uno degli uomini che poco fa stavano parlando a qualche metro da me. Lo osservai quasi in trance. Non appena presi coscienza delle sue parole, mi riscossi.

< Io.. I-io sto bene grazie > deglutii < Ehm. Puoi dirmi, cioè, può dirmi in che anno siamo? >.

Aspettai con ansia la risposta.

Mi guardò come se fossi pazza, tuttavia rispose educatamente < Siamo nel 1912 Miss. Per la precisione oggi è il dieci aprile 1912 >.

A quelle parole mi si serrò la gola. Oh. Dio. Accennai un sorriso sconvolto all’uomo, tanto per ringraziarlo, poi mi alzai e mi allontanai quasi correndo. Pensai davvero di essere impazzita. Mi appoggiai al bordo della nave, con le mani sulle orecchie.

< Sono pazza, sono pazza, sono pazza > continuai a sussurrare tra me con gli occhi chiusi.

Poi, una voce terribilmente familiare mi trapanò il cervello < Se continua a dirlo, finirà per diventarlo davvero >.

Mi voltai di scatto e il mio cuore si arrestò del tutto.

< Oh Dio. > Chiusi di nuovo gli occhi espirando lentamente; ma quando li riaprii era ancora lì con il suo viso da mozzare il fiato.

< Piacere, sono Jack Dawson >. Mi offrì la mano e io gliela strinsi, guardandolo e incapace di spiccicare parola. Era tutto proprio come nel film. Stessi abiti, stessi occhi, stessi capelli.

Lui scoppiò a ridere davanti alla mia espressione incredula ed osservando il suo viso così rilassato, non potei non ridere anch’io.

< A questo punto dovrebbe dirmi il suo nome >.

Mentalmente mi congratulai con me stessa per aver letto tutti i libri di Jane Austen, Charlotte Bronte e molti altri, perché anche se il periodo era un tantino diverso almeno avevo qualche informazione su ciò che si dovrebbe o non si dovrebbe dire in certe occasioni. E poi sapevo come si comportavano nel film.

< Penelope Gray > esclamai con ancora un mezzo sorriso in faccia.

Dio, quanto era bello..

< Wow. E’ un nome insolito. >

< Già.. >

< Da dove viene? >

< Ehm. Dall’Italia >. Stavo per dire dal 2012, ma mi morsi la lingua in tempo.

< Davvero? E com’è? >

< Beh, è bella. C’è il sole, il mare, la campagna, i monti >

< E la gente? Come sono le persone lì? >.

 Nei suoi occhi leggevo sincera curiosità < Credo che la gente sia uguale dappertutto >

Sorrise < Forse >. Per l’ennesima volta mi resi conto dell’assurdità della situazione, ma in quel momento la percepii più lucidamente.

Dunque, ero sul Titanic, la nave dei sogni. Non sapevo come diavolo ero finita nel 1912, né come tornare nel mio secolo. Stavo parlando con Jack Dawson, il ragazzo dei miei sogni. Ragazzo che si stava avvicinando guardandomi con studiata attenzione. Chiusi involontariamente gli occhi, ma il contatto che irrazionalmente aspettavo non arrivò. Puntai lo sguardo su di lui e vidi che aveva tra le dita un mio ricciolo.

< Ha dei boccoli perfetti Miss Gray. Le dispiace se li prendo come modello per un mio disegno? >

Oh mamma, rischiai di morire di infarto mentre quei suoi meravigliosi occhi azzurri mi osservavano.

Arrossii < Certo che no, signor Dawson >. Mi sorpresi della mia disinvoltura. Mi sentivo perfettamente a mio agio.

< Può chiamarmi Jack >

< E lei Penelope >.

Senza che me ne fossi accorta avevamo cominciato a camminare lungo il ponte e un leggero vento mi accarezzava il viso. Avevo appena realizzato di indossare il vestito che avrei dovuto mettere alla festa a tema di Elody. A dir la verità ora quella festa mi sembrava lontana anni luce. Iniziò a parlarmi dei suoi viaggi: era un piacere immenso starlo ad ascoltare, avrei potuto farlo per ore. Aveva un modo tutto suo di vedere il mondo e anche se era povero, era soddisfatto della sua vita: diceva che per lui la vita è un dono e non bisognava sprecarlo. Ogni singolo giorno aveva un valore.

Continuammo a discutere, fino a che, alzando gli occhi, non vidi una ragazza dai capelli rossi. Rose.

“ Merda ” pensai, mordendomi il labbro inferiore. Ricordavo che nel film in quel momento Jack doveva vederla per la prima volta e rimanere a guardarla folgorato.

Ma lui stava parlando con me e non si era accorto di lei.

Ma come ero finita lì?

Avrei scombussolato qualcosa nel film?

E soprattutto sarei mai tornata indietro?

 

Ciao a tutti! Ho deciso di cimentarmi anche in questo ambito oggi, spero che questo primo capitolo vi piaccia. Ci ho messo l'anima davvero, quindi aspetto con ansia di sapere cosa ne pensate. Tanti auguri di buona Pasqua ( un pò in ritardo )!

Un bacio,

Orihime02

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Fondamentalmente ero famosa per la mia scarsa audacia e prontezza di spirito in presenza di estranei, o perlomeno di persone appena conosciute ( quali in questo caso erano Jack e i suoi amici, probabilmente frutto di un sogno ). La timidezza offuscava gran parte del mio cervello e nella maggior parte dei casi sfociavo inevitabilmente in figuracce, il cui ricordo poi mi tormentava. Forse era la paura del giudizio degli altri o forse semplicemente un lato detestabile del mio carattere; fatto sta che un po’ di tempo dopo il mio primo incontro con Jack Dawson mi ritrovai in una situazione che mi metteva alquanto a disagio, vissuta non poche volte: mi aveva presentato ai suoi amici Fabrizio e Tommy. Non era facile conversare cercando di ignorare una vocina nella mia testa che continuava a ripetermi quanto folle fosse parlare con dei personaggi di un film, forzandomi ad ignorare il fatto che accanto a me ci fosse il ragazzo più perfetto del mondo e infine facendo finta di non sapere nulla su di loro. No, non era facile, ma in qualche modo ci riuscii. Il loro animo era privo di quella superbia e sfacciataggine che conoscevo tanto bene: ne rimasi conquistata, letteralmente.

La sera era calata e mentre i ragazzi ridevano io guardavo le onde dell’oceano infrangersi sulla nave; l’acqua doveva davvero essere ghiacciata. In quel momento un pensiero mi fece appunto ghiacciare il sangue nelle vene. Ero sicura che quello fosse il momento in cui Rose stava per buttarsi in mare, disperata per l’infelicità che aveva dentro. Ma Jack non era disteso sotto le stelle pronto a soccorrerla, era quasi dall’altra parte della nave. Mentre mi torcevo le mani e vagavo ansiosamente con gli occhi in ogni direzione, decisi che dovevo fare qualcosa. Non mi sarei mai perdonata la morte di Rose nel mare gelato. In fondo era a causa della mia presenza che tutto stava andando fuori dai programmi. Del tutto dimentica di non essere sola, mi voltai e iniziai a correre, certa della direzione da prendere. In quel momento agii d’istinto, senza pensare al surreale, all’ assurdo e all’irrazionale, ma mi lasciai coinvolgere totalmente senza nemmeno rendermene conto. La chioma rossa leggermente mossa dal vento mi fece sobbalzare. Era già dall’altra parte della nave, le mani ancora allacciate alla ringhiera e un piede nel vuoto. L’avevo trovata prima di quanto mi aspettassi. Rimasi un attimo indecisa sul da farsi: avrei potuto ripetere le stesse cose che Jack le diceva nel film per convincerla a non saltare. Oppure avrei potuto fare a modo mio.

< Su, cosa aspetta a saltare? > iniziai cercando di apparire sicura di me nonostante la paura che lo facesse davvero. Lei si girò, gli occhi imperlati di lacrime e un’espressione di puro terrore stampata in viso. Si vedeva che in fondo combatteva con se stessa per quella decisione.

< Cosa vuole da me? Si allontani >

< No di certo, non vorrei mai perdermi un simile spettacolo. Lo sa che la temperatura dell’acqua è solo pochi gradi sopra lo zero? Lei deve essere davvero coraggiosa per fare una cosa del genere >.

Per fortuna ero finita nel mio film preferito di cui conoscevo quasi a memoria tutte le battute!

< C-come lo sa? >

< Beh.. Tutti lo sanno. Per non parlare del dolore: è come se mille lame le penetrassero nella carne >. La vidi deglutire, rafforzando la presa delle mani.

Mi avvicinai tendendole la mano e sussurrai < Per favore, non lo faccia. So che la vita a volte può davvero sembrarci crudele e infelice e inadeguata. Ma si ricordi che si può essere al colmo dell’infelicità, ma non si è mai al riparo dalla felicità. Non si disperi: la chiave potrebbe essere dietro l’angolo >. Mi guardò riversando in me tutto il suo stato d’animo: in quel momento mi sembrò uno scoiattolo spaurito.

< Perché mi dice questo? Lei non sa nulla di me >. Sentivo la sua già debole volontà sgretolarsi del tutto sotto il peso delle mie parole. Evitai di dirle che in realtà sapevo praticamente tutto di lei e mi limitai a sporgere di più la mano, che fu afferrata con un leggero tremolio. Sperai con tutta me stessa di essere abbastanza forte da sorreggerla: le passai un braccio intorno alla vita e lentamente scavalcò il ponte con la prima gamba. Quando fu interamente al sicuro, buttai fuori l’aria tutta d’un colpo, non mi ero nemmeno accorta di aver trattenuto il respiro. Rose improvvisamente sembrò imbarazzata < Io.. Non so che dire, mi dispiace.. E la ringrazio molto >. Il suo sguardo agitato saettò verso il mare all’orizzonte e parve cadere preda di chissà quale pensiero.

< Non si preoccupi. Anzi, se ha bisogno di sfuggire ai problemi per un po’ venga pure da me Rose >. Fu un attimo, un solo e maledetto attimo di distrazione. Subito mi accorsi che avevo rivelato ciò che assolutamente non dovevo rivelare. Mi guardò sorpresa, poi assottigliò gli occhi e mi chiese come facevo a sapere il suo nome. Qualche attimo di esitazione e buttai lì la classica battuta del “ Ho tirato a indovinare ” e per essere un po’ più convincente le dissi che adoravo azzeccare i nomi delle persone. Che Rose era ne era uno molto comune e di solito era il primo che usavo in quel mio gioco.

< Quindi ho indovinato! > esclamai fingendomi entusiasta. Poi mi accorsi però che questa reazione era un po’ fuori luogo e con un dito iniziai a giocherellare con i miei capelli ( di solito lo facevo quando ero nervosa o a disagio ).

< Rinnovo comunque il mio invito > le dissi più dolcemente. Rose sussurrò un ultimo “ grazie ”, dopodiché si girò ed rientrò all’interno di una delle sale mentre il mio sguardo malinconico la seguiva. Alzai la testa ed osservai il cielo: non avevo mai visto una notte così stellata. Sospirai e d’un tratto mi sentii debole e quasi incapace di reggermi sulle mie gambe. Mi lasciai scivolare per terra e appoggiai la schiena su una botte di legno lì vicino. Chiusi gli occhi un istante, assaporando quel silenzio che sembrava avvolgermi completamente, quasi fossi circondata da bambagia. Cominciai a canticchiare la canzone con cui Francesco Renga si era esibito a Sanremo, non sapevo perché, ma mi uscì fuori da sola. Ero piacevolmente caduta in uno stato di dormiveglia, quando qualcuno mi costrinse ad abbandonare la mia occupazione canora. Ma perché tutti continuavano a sbucare così all’improvviso? Aprii gli occhi e Jack mi fece rabbrividire come al solito. Un ciuffo di capelli biondi gli cadeva morbidamente sulla fronte ampia. Provai subito il desiderio di posarvi le labbra.

< Sa.. Lei è una delle persone più strane che abbia mai incontrato. E, deve credermi, io ne ho viste parecchie >

< Non è il primo che me lo dice >. Tornai a chiudere gli occhi, desiderando solo un cuscino su cui dormire. Lo sentii sedersi accanto a me.

< C’è qualcosa di misterioso in lei. Appare dal nulla, sembra che viene da un altro pianeta e adesso ha appena salvato da morte certa una ragazza di cui, chissà come, sapeva il nome. Non penserà davvero che mi sia bevuto la storia del gioco che le piace tanto fare >. Un sorriso ironico gli apparve in volto. Allora mi aveva vista e aveva sentito tutto! Ma Rose..

< Di solito riesco a capire le persone. Le sento. Con lei è piuttosto difficile, però una cosa l’ho capita >

< E cioè? >

< Non ha mai comprato il biglietto per salire su questa nave vero? >. Sgranai gli occhi: come aveva fatto?!

< Beh.. Ecco..>. Mi morsi il labbro inferiore, percependo l’irritazione salire < Nessuno le ha dato il permesso di ficcare il naso nei miei affari! >.

Scoppiò a ridere, non sapevo se per la mia espressione o per il linguaggio molto fine che avevo usato. Frustrata mi alzai. Non ce l’avevo con lui, ma con la dannata situazione in cui ero finita. Perché solo a me capitavano tutti questi casini. Dannazione non c’era una minima logica in ciò che stavo vivendo. Un’improvvisa ondata di nostalgia di mia madre mi invase. Cacciai indietro le lacrime che minacciavano di uscire.

< Chi sei? >. Mi voltai verso di lui, pronta a gridare di lasciarmi in pace, ma l’intensità del suo sguardo mi bloccò. Chi ero, mi aveva chiesto. Già, chi ero? A quel punto non ero nemmeno sicura di essere Penelope Gray. Si avvicinò lentamente.

< Non mi sento bene > dissi, più che altro a me stessa. La vista mi si offuscò e sarei caduta se due braccia forti non mi avessero presa. Solo più tardi mi resi conto che mi aveva dato del tu. Ciò che successe dopo lo ricordavo come un sogno ( un sogno nel sogno? ): dondolavo, i miei piedi non toccavano terra, la mia testa era poggiata sulla spalla di qualcuno. Voci soffocate mi arrivavano alle orecchie, ma non distinguevo le parole, né coloro che le dicevano.  Mi sentii posare delicatamente su qualcosa di morbido e immediatamente mi addormentai, cullata dal leggero rullio delle onde.

 

-    -    -    -    -    -

 

Mi svegliò un prepotente raggio di sole che colpiva le mie palpebre chiuse. Grugnii infastidita e infilai la testa sotto il cuscino per riprendere il sonno che lentamente stava sfuggendo. Un tremendo scossone però mi catapultò a terra dalla brandina su cui dormivo ( e su cui solo in quel momento mi accorsi di essere ). Non mi feci male, anzi atterrai su qualcosa di molto meno duro di un pavimento. Un gemito sotto di me mi fece saltar su dallo spavento.

< Jack..? >

< Accidenti che botta.. > si lamentò ancora assonnato, passandosi una mano sullo stomaco.

< Oddio scusami! Non volevo davvero, sono caduta per sbaglio >

Solo allora mi guardai attorno e capii di essere in una cabina e che non eravamo soli. Due energumeni ronfavano della grossa sui lettini opposti al mio. Anche Fabrizio russava lievemente dall’alto.

< Un bel ringraziamento dopo averti ceduto il letto > disse tuffando la testa sul cuscino che qualche ora prima aveva trascinato giù con lui per stare più comodo.

< Grazie > sussurrai < Nessuno l’ha mai fatto per me >. Davvero mi sentivo.. grata si, ma c’era dell’altro che non riuscivo a spiegare a parole. Incredibilmente intenerita forse.

< Non avresti dovuto.. >

< Non avrei mai lasciato una Miss della prima classe svenuta sul ponte della nave >.

Sorrisi, poi sospirai < Deve essere stato un calo di zuccheri. Ne soffro spesso >.

Lui non rispose, si alzò a sedere e dopo essersi passato una mano tra i capelli, puntò il suo sguardo cristallino su di me. Improvvisamente imbarazzata portai una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.

< Ti va di fare colazione con me? >. Mi fece quella proposta senza alcuna malizia. In un modo così innocente e casto, con un sorriso così puro e una luce così splendente in viso che mi chiesi se in realtà non fosse un angelo colui che mi stava davanti.

 

 

Buonasera lettori!

Ho deciso di aggiornare in anticipo, questa storia mi ha assorbita completamente, non avete idea quanto mi piaccia scriverla! Beh direi che si è fatto un piccolo passo avanti. Vedremo ora che succederà u.u Per qualunque chiarimento rivolgetevi pure a me. Detto ciò mi rimetto ai vostri giudizi.

Un bacione a tutti!

Orihime02

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

< L’hai appena rubato dalla sala riservata alla colazione della prima classe! Come ti è venuto in mente? > esclamai quasi correndo per stargli dietro.

< Non lo sapevi? Il rischio è l’alimento della mia vita > mi gridò voltandosi appena verso di me.

< Me ne ricorderò la prossima volta > borbottai, mentre il profumo delle brioches calde risvegliavano il mio stomaco vuoto.

< Dovresti essermi grata dal momento che hai sicuramente fame >. Ostentò un sorrisetto vittorioso e finalmente si fermò. Erano circa le dieci e mezzo del mattino e fuori non c’era nessuno. Il silenzio era spezzato solo dalle voci stridule dei gabbiani* che planavano sul pelo dell’acqua per cacciare i pesci. Le onde si infrangevano dolcemente contro la nave ed in cielo non vi era nemmeno una nuvola che disturbava il percorso del sole. Pareva quasi di essere in un altro mondo. E forse lo era davvero. Sospirando lo ringraziai, consapevole della mia sconfitta.

< Di nulla Miss > mi rispose, inchinandosi e porgendomi il vassoio. Senza porsi alcun problema si sdraiò per terra su un lato, mentre io mi misi seduta a gambe incrociate. Passò qualche tempo prima che mi accorgessi di essere nel punto in cui Jack e Rose si baciarono per la prima volta, proprio all’estremo della nave. Era tutto cosi strano..

< Allora > cominciò Jack tra un boccone e l’altro < dimmi qualcosa di te >

< Tu fai le domande ed io ti rispondo >  esclamai torturando i miei capelli.

< Cosa vai a fare in America? Anzi no. Insomma cosa ti spinge a rischiare la galera imbarcandoti su una nave senza aver pagato il biglietto? >.

Mi lasciai andare ad una risata sfinita. E adesso cosa gli avrei raccontato? Non mi allettava l’idea di dover mentire, non a lui..

< E’ inutile che te lo dica. Non mi crederesti > dissi mesta.

Mi scrutò attentamente < Mettimi alla prova. Potrei anche aiutarti >

< E’ troppo complicato > tentai ancora.

< Mi sforzerò di capire >. Cocciuto il ragazzo. I suoi occhi lasciavano trapelare la sua determinazione. Ma a cosa sarebbe servito? Ad aiutarmi? Nessuno poteva farlo. E poi se gli avessi confessato tutto, non potevo prevedere la sua reazione, ma di certo non mi sarebbe piaciuta. Decisi di mostrarmi tanto determinata e cocciuta quanto lui e mi chiusi in un ostinato mutismo. Risi soddisfatta quando alzò le braccia in segno di resa borbottando un “ come non detto ”. Mi parlò di sé invece. Alcune cose le sapevo, altre mi erano nuove: mi raccontò di come era riuscito ad imbrogliare il proprietario di una bottega in cui lavorava, rubandogli tutto il guadagno settimanale. “ Una vendetta per il modo in cui trattava me e tutti gli altri ragazzi lì ”.

Mentre parlava una luce gli brillava negli occhi mentre riviveva quei momenti, e poi la sua risata spontanea era estremamente contagiosa. Mi fece vedere i suoi disegni che conservava in una cartellina di cuoio marrone un po’ logora. Ammirai il tratto morbido delle linee e la precisione con cui ogni minimo dettaglio era inserito.

< Senza i dettagli un disegno comunica solo metà del reale. Sono i dettagli che lo rendono vivo. Vedi qui > mi indicò la famosa Madame Bijoux < Una sfumatura lì, un tratto più marcato là. Tutto partecipa all’espressione della donna. Malinconica, ma forte. Perlomeno è ciò che ho cercato di trasmettere > concluse con una alzata di spalle. Lo guardai rapita. Era incredibile!

< Sei.. Sei.. > mi bloccai, incapace di continuare.

< Lo so > rise.

Imbarazzata cambiai discorso < Io non so nemmeno tracciare una linea retta > confessai evitando il suo sguardo.

< Cosa sai fare allora? >

Esitai un attimo, poi decisi di rivelargli qualcosa < Beh.. adoro cantare. E ballare anche. >

< Wow! Fammi sentire una canzone >

Scossi la testa, risoluta < Scordatelo >

< Chissà perché me l’aspettavo questo rifiuto. Ma non mi arrendo così facilmente! >.

Sorrisi alzando la testa verso l’alto e lasciando che i raggi del sole scaldassero il mio viso. Stavo per voltarmi nuovamente verso di lui, quando la sua voce mi bloccò.

< Non muoverti da questa posizione > mi avvertì serio. Con la coda dell’occhio vidi che aveva riaperto la cartellina e ne aveva estratto un foglio candido e un carboncino nero: cercai di rimanere immobile come lui mi aveva detto, mascherando il rossore che mi era salito alle guance. Lo guardai per tutto il tempo, riuscendo a cogliere ogni suo minimo dettaglio ( per quanto la posa mi permetteva ). Le sue dita affusolate si muovevano con grazia innata e non comune, senza timore; sicure e precise delineavano il mio volto. I suoi occhi saettavano dal foglio a me, scostava con gesto incredibilmente sensuale ciuffi biondi che di tanto in tanto gli impedivano di analizzare ogni mio dettaglio. Rimanemmo cosi un’abbondante quarto d’ora, durante il quale il mio cuore non fece altro che battere furiosamente. Non capivo il perché di questa mia reazione, anzi lo capivo benissimo, ma non potevo accettarlo. Con quel suo sguardo attento sembrava volesse scavare a fondo dentro di me, portare alla luce i miei segreti più reconditi; all’improvviso mi sentii nuda, spoglia di qualsiasi copertura davanti a lui.

Quando ebbe finito fissò il lavoro soddisfatto con un barlume di soddisfazione. Curiosa, mi sporsi per vederlo, ma me lo impedì.

< Te lo farò vedere. Giuro. Il giorno dello sbarco. Non è ancora finito e a dire la verità è anche colpa tua. Fai capire così poco di te che mi è difficile disegnarti >

Rimasi un attimo interdetta davanti a quelle parole. Poi, scuotendo la testa, mi alzai. Era fin troppo facile cadere vittima di quella trappola. Era tutto cosi bello.

Semplice.

 Schietto.

 Dolce.

 In quel momento desideravo solo essere debole ed arrendermi a ciò che il destino mi aveva messo davanti.

Lo guardai con un sorriso < Allora? Mi accompagna a perlustrare questa misteriosa nave, signor artista? >.

Inizialmente mi guardò sospettoso, ma poi si rilassò e mi porse il braccio, atteggiandosi a gran signore.

< Da questa parte Signorina >

 

                                                                 -    -    -    -

 

< No, Jack non credo sia una buona idea, davvero! >. Lo tirai per la manica della camicia, mentre lui mi trascinava dalla parte opposta.

< Andiamo Penelope ti divertirai. E’ solo una festa! Non avevi detto che ti piaceva ballare? >. Cercò di convincermi, ma ero irremovibile. Non ero in vena di divertimento e avevo un brutto presentimento. Qualcosa mi diceva di fermarmi prima che fosse troppo tardi. Prima di finirci troppo dentro. Ero persa nei miei pensieri e non mi accorsi dei movimenti di Jack. Quando mi prese sulle spalle era ormai inutile opporsi.

< Ma che fai?! Mettimi giù, subito! >. Il contatto con il suo corpo mi faceva rabbrividire. Avrei tanto voluto abbracciarlo. Mi diedi uno schiaffo per cacciare questi insulsi pensieri dalla mente.

Scendemmo, o meglio lui scese non so quante scale prima di arrivare in una grande stanza in cui regnava il caos più totale: tamburi, violini, fisarmoniche e altri strumenti ancora, creavano un’allegria da cui era impossibile sottrarsi. Molte persone ballavano, altre erano sedute ai tavoli a bere, fumare, discutere animatamente. Approfittando della mia sorpresa mi mise giù con un espressione gioiosa in faccia. Sembrava un monello pronto a lanciarsi in una delle sue marachelle. Mi prese la mano e mi sorrise incoraggiante, trascinandomi tra la folla. Quella festa era la mia parte preferita nel film e avevo sempre sognato viverla, ma ora mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Insomma non sapevo comportarmi in mezzo a quella gente! Tuttavia lentamente l’ansia cominciò a scivolare via e iniziai a provare anzi una certa leggerezza. Merito del bicchiere di birra che Jack mi aveva portato? Forse. In vita mia non avevo mai bevuto alcool e in quel momento mi sembrò la cosa più schifosa al mondo: la bevanda era amarissima. Nonostante ciò continuai a berlo, limitandomi a fare una smorfia di disgusto. A distanza di anni e lucidamente ora lo attribuisco ad un mio probabile senso di competizione: non volevo essere da meno all’intraprendente Rose del film. Persi il conto delle canzoni che finivano e poi ricominciavano. Non mi ero mai divertita cosi tanto: avevamo raggiunto Fabrizio che mi urlava battute sui diversi tipi che ballavano, godendosi poi le mie risate. Tommy stava facendo braccio di ferro con un altro uomo, esattamente come ricordavo. Stavo quasi per alzarmi e fargli vedere come sapevo anch’io alzarmi sulle punte dei piedi quando una mano calda sulla mia mi riscosse.

< Questo ti piacerà > mi disse Jack.

Prima che potessi fare o dire qualsiasi cosa mi trovai tra le sue braccia. Sollevai lo sguardo, la mente annebbiata, sorridendo automaticamente. Le mie mani erano sulle sue spalle, le sue attorno la mia vita. Quell’attimo di trance durò poco: mi trovai a volteggiare velocemente, facendo lo slalom per evitare di travolgere la gente. Era bellissimo, meraviglioso. Ridevo, mi erano uscite persino le lacrime per il troppo ridere. Per una volta non pensai a nulla, solo a godere di ogni attimo del presente. Mezza sala ormai apparteneva a noi e le persone ci battevano le mani, entusiasti. Era come se esistessimo solo io e Jack, che mi guardava con occhi incredibilmente felici. Come potevo resistere a tanta felicità? Non so quanto tempo era passato quando crollai sfinita e sudata su uno sgabello. Scostai i capelli dagli occhi.

< Grazie Jack. E’ stata l’esperienza più emozionante della mia vita >

< Ne sono felice > mi fissò bevendo un sorso di birra. < Sei stanca? >

< Da morire >

< Allora vieni, ti riaccompagno in stanza >.

Mi prese per mano, spontaneamente. Mentre percorrevamo uno dei numerosi corridoi della terza classe la testa prese pulsarmi forte e sentii una fitta allo stomaco: forse avrei dovuto prestare più attenzione al numero dei bicchieri di birre che mi erano stati porsi e che avevo trangugiato tutti d’un fiato. Sbuffai.

< Non berrò mai più in vita mia > biascicai mentre per poco non caddi in avanti, inciampando nel mio stesso vestito. Jack mi prese al volo.

< Dovevi dirmelo che non reggevi l’alcool > disse divertito.

< E’ la seconda volta che mi salvi da una caduta >

< Lo farò ogni volta che ce ne sarà bisogno >.

Il calore di quelle parole mi sciolse. Mi fermai guardandolo con serietà.

< Perché? Non mi conosci nemmeno >

< Il fatto che non sai tutto di una persona non significa niente. E di certo > fece una pausa, come se fosse indeciso a continuare < non vuol dire che non vuoi imparare a conoscerla >.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime; mai nessuno si era interessato a me o alla mia vita o ai miei pensieri. Avevo solo mia madre ed Elody, dato che mio padre era morto da quattro anni di tumore.

Si avvicinò, ma l’istinto mi indicò la fuga. Mi girai di scatto e cominciai a correre nella parte opposta, senza ascoltare i richiami di Jack. Salii le scale velocemente, e solo quando fui all’aperto mi calmai. L’aria fredda della notte mi investì in pieno, quietando il mio animo febbricitante. Presi un profondo respiro e mi avvicinai al parapetto. Era tutto molto silenzioso, il che era un piacere per la mia testa dolente. Ero commossa e impaurita. Cosa dovevo fare?

Chiusi gli occhi e provai ad isolarmi: c’erano solo il rullio della nave, il rumore delle onde, le stelle, il buio. Due mani intorno alla mia vita mi spaventarono. Stavo per lanciare un urlo, ma venni zittita dalla sua voce bassa e tranquillizzante.

< Te l’avevo detto che non mi sarei arreso >

Quando lo guardai il suo viso era a due millimetri dal mio. Sospirai pianissimo poi, dimentica di tutti i dubbi di poco prima, lo baciai.

La prima cosa che sentii fu la morbidezza delle sue labbra e il calore che trasmettevano. Si muovevano con dolcezza, mentre mi strinse di più a sé. Come mosse da vita proprie, le mie mani trovarono posto tra i suoi capelli e desiderando di più, tracciai con la lingua il contorno delle sue labbra.

< Jack.. > sospirai inebriata. Mi fissava con occhi teneri. Era la cosa più bella del mondo; e anche la più naturale.

Adesso ne avevo la certezza, non sarei più potuta tornare indietro.

< Non arrenderti mai.. > conclusi e lui tornò a sfiorarmi le labbra con le sue, mentre le nostre mani si intrecciavano.

 

 

Carissimi, sono di nuovo qui! Non credevo che avrei riscosso tanto successo, le vostre recensioni mi hanno commossa davvero! Non sono tanto sicura di questo capitolo anche se ci ho messo una settimana per scriverlo. Mi rimetto a voi.

Riguardo all’inizio del chap,  non sono sicura che ci fossero dei gabbiani in quelle zone, ma ho voluto metterli lo stesso per descrivere meglio la scena.

Credo che aggiornerò una volta ogni due settimane, il liceo classico non da tregua -.- Comunque se avrò tempo e ispirazione potrò anche aggiornare prima. Ah, quasi dimenticavo. Volevo chiedervi se vi piacerebbe vedere come io immagino che sia Penelope o se preferite lasciare tutto così. Ho trovato una foto perfetta J Fatemi sapere!

Ringrazio tutti i 19 lettori che hanno messo la fic nelle seguite e i 5 che l’hanno inserita nelle preferite. Infine ovviamente un enorme grazie a coloro che hanno recensito e recensiranno. Vi adoro <3

Un bacione e a presto,

Orihime02

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

Un bacio.

Due.

Tre.

Cosi tanti da perderne il conto.

Quello che stavo vivendo con Jack non era il mio primo bacio. Circa qualche mese fa avevo baciato il ragazzo che mi aiutava a fare i compiti di chimica. Aveva i capelli castani che quasi gli coprivano gli occhi color miele e una spruzzata di lentiggini in viso. Aveva un volto tenero e le sue labbra a papera mi avevano fatto girare la testa come una trottola quando si erano poggiate sulle mie. Tuttavia con Simone non avevo provato quello strano coinvolgimento che mi faceva dimenticare persino il mio nome, tutto al di fuori di colui che mi stringeva. Per questo quelle sensazioni mi colsero del tutto impreparata e, pensando a quello che successe dopo, credo che l’alcool stesse ancora agendo sulla mia mente, altrimenti mai sarei stata cosi audace. Presa da un ardore sconosciuto, lo attirai a me, aderendo al suo corpo, toccando con le dita le sue spalle forti. Dalle labbra scese più giù, baciandomi la linea della mascella e accarezzandomi la schiena. Quando rafforzò la presa, serrandomi ancor di più contro il suo corpo, mi sfuggì un gemito e mi morsi il labbro subito dopo me la vergogna.

< Vieni a dormire > sussurrò praticamente sulle mie labbra e con tono incredibilmente convincente. Lo fissai ancora incredula per quanto era accaduto, e quando mi prese la mano, mi lasciai guidare all’interno. Io, docile, lo seguivo, non accorgendomi dei corridoi che ci sfilavano accanto, avendo solo lui negli occhi. Mi ritrovai immersa nei sogni senza nemmeno accorgermene.

Un bacio leggero depositato tra i miei capelli.

 

-     -     -     -

 

Una donna vestita di bianco. Non riuscivo a distinguerne il volto, scorgevo solo la sua figura.

< Devi fare una scelta.. >. L’immagine iniziò a sfumare.

< Aspetta! > gridai e la mia voce si ripeté come un’eco rivolta al vuoto.

 

Mi svegliai di soprassalto, il cuore martellante come un tamburo. Ero in cabina, perciò quello doveva essere un sogno. Molto vivido. Scossi la testa sbuffando. Cercai di rimettermi a dormire, ma appena i miei occhi si posarono su Jack fu impossibile pensare ad altro. Dormiva. Accanto a me. Ed il suo braccio era sulla mia schiena. In quel momento era l’immagine dell’innocenza: il respiro regolare fuoriusciva dalla bocca semichiusa e i capelli cadevano scomposti sulla fronte. Mi sollevai, posando la testa su un braccio per poter stare a guardarlo all’infinito. Le sue palpebre si schiusero troppo presto, rivelando il mare cristallino dei suoi occhi. Quando mi vide un suo lieve sorriso mi illuminò.

< Buongiorno > sussurrò.

< Ciao > dissi abbassando gli occhi. Wow, davvero molto originale, Pen. Mi prese il mento con le dita, costringendomi a specchiarmi nei suoi occhi. Il vertiginoso avvicinarsi delle sue labbra mi causò un lieve capogiro. Quando poi avvertii il loro definitivo tocco, il mio cuore impazzì e mille brividi mi percorsero la schiena. Anche questo bacio finì troppo presto. Si staccò e io nascosi il viso sul cuscino per non fargli notare il calore improvviso che mi aveva inondata. Povera me, sottovalutavo la sua incredibile capacità di percezione. Sentii la sua risata bassa, poi, dopo che emersi dal mio “ nascondiglio ”, mi chiese cosa mi andava di fare quella mattina. Riflettei un momento e improvvisamente l’immagine di Rose in balia del suo perfido fidanzato mi catapultò fuori dal mio stato di piacevole risveglio.

< Dovrei andare a parlare con una persona. >

< Ci vediamo dopo sul ponte allora > esclamò infilandosi le scarpe.

< Certo > risposi con un enorme sorriso in volto. Ormai era come se tra di noi ci fosse un sottile filo che ci impediva di restare troppo tempo l’uno lontano dall’altro. Un tacito accordo.

Mi sciacquai la faccia e cercai di sistemare i capelli come meglio potevo. Poi mi bloccai di colpo. Che giorno era? Feci un rapido conto dei giorni che erano passati. Era il dodici aprile, quindi tra due giorni la nave sarebbe affondata. In quel momento un pensiero si fece largo nella mia testa: io sapevo cosa sarebbe successo, come sarebbe successo e perché sarebbe successo. Io potevo cambiare il corso degli eventi! E poi? Cosa ne sarebbe stato di me? Sarei rimasta li per sempre? E se non riuscissi a salvare la nave e i passeggeri? E Jack?? O anche me stessa. Sarei morta? Chiusi gli occhi e mi presi la testa tra le mani. Potevo farmi tutte le domande di questo mondo, ma non avrei trovato risposta. Poi ricordai il sogno che avevo fatto. Una scelta.. tra cosa? Tra chi? Scossi la testa con forza e mi fissai allo specchio del bagno. Jack Dawson mi aveva baciata e nonostante tutti i dubbi sulla mia esistenza dubbia in quel mondo o sogno o qualsiasi cosa fosse, ero cosi felice! Mi passai le dita sulle mie labbra, ricordando il momento di pochi minuti fa. Basta, ora dovevo pensare solo a Rose. Quando tornai nella cabina, Fabrizio si era appena svegliato.

< Ciao, Miss Penny! Buongiorno > mi salutò con uno sbadiglio.

< Mi piace “ Penny ” > dissi con un sorriso.

< Allora sarai sempre Penny. Allora, che hai combinato con Jack stanotte? > esclamò ridendo.

Sgranai gli occhi, arrossendo furiosamente.

< Fabrizio! Non.. sono discorsi da fare con una signora! Ora devo andare, a più tardi ! >. Schizzai fuori, la sua risata che rimbombava nel corridoio. Era logico che pensasse chissà che, avevamo dormito insieme! Vedere nuovamente il sole specchiarsi nell’oceano mi mise di buonumore. Passai più di un quarto d’ora a cercare Rose, ma non la vedevo da nessuna parte. Stavo camminando vicino alle scialuppe quando la intravidi mentre parlava con il signor Andrews. Accanto a lei c’erano la madre e quell’antipatico di Caledon; come potevo raggiungerla senza farmi vedere. Stavo cercando disperatamente di escogitare qualcosa e i nostri occhi si incrociarono. I suoi parenti continuarono a camminare e lei rimase apposta indietro per parlarmi.

La presi per un braccio e la feci entrare in una stanza che prima non avevo nemmeno notato.

< Rose.. Che hai? >. Dimenticai di darle del voi vedendo i suoi occhi lucidi prossimi alle lacrime.

< E’ che.. io non voglio. Ma devo. Vorrei solo parlarvi per un attimo, se vorrete ascoltarmi >

< Ma certo >

Cominciò a dirmi del suo fidanzamento con Cal, del suo vicino matrimonio, di come a nessuno importasse di ciò che sentiva dentro e di come il suo animo libero si dibattesse come un uccellino in gabbia. Voleva tenere lei le redini della sua vita. Voleva diventare una maestra in una scuola americana, ma sua madre non glielo avrebbe mai permesso. Avevano bisogno di soldi. Tutto questo lo disse con passione disperata, ma con la triste consapevolezza che non sarebbe servito a niente.

Tirò su col naso < Scusami. Non so nemmeno perché ti dica queste cose, solo che.. >

< Ti sono vicina > le dissi prendendole la mano. Lei mi guardò e mi regalò un fragile sorriso.

< Stammi a sentire Rose. Non devi permetterlo. Capito? Non lasciare che facciano di te ciò che vogliono, non senza lottare! Insegui i tuoi sogni Rose! >

< Ma.. sarei un egoista cosi. >

< No. Saresti te stessa > le dissi con gentilezza. < La ricchezza non è tutto. Forse tua madre questo deve ancora capirlo. Insegnaglielo >.

< Vorrei avere la tua sicurezza. >

Sorrisi < Ma tu l’hai già. Devi solo trovarla in te stessa >.

< Grazie Penelope >. Dopo avermi salutata, si allontanò ed io tornai a girovagare per la nave, riflettendo sul nostro dialogo. Poco dopo incontrai Jack.

< Ciao misteriosa fanciulla > mi salutò con un sorriso.

< Ciao stravagante artista > sorridendo a mia volta.

< Dove sei stata? >

< Da un’amica > dissi con fiducia. < Ho deciso di aiutarla >. Mi rivolse un’occhiata interrogativa e io gli spiegai tutto, non senza una certa ansia. E se si fosse innamorato di lei?

Lui mi fissò negli occhi dopo aver ascoltato con attenzione < Cosa ti spinge a farlo >

< Si trova in difficoltà e a me fa rabbia la sua situazione >

< Passerei ore a starti a sentire >. Questo improvviso cambio di discorso mi disorientò.

< Non sono granché originale >

< Sei interessante invece, mi sembra di avertelo già detto >

< Jack.. Non sono quello che sembro >

< E chi sei allora? >. L’atmosfera era fin troppo seria. Avevo paura e non mi vergognavo di ammetterlo. Stavo per dirgli la verità? Mi avrebbe creduta? Mi avrebbe capita? Mi avrebbe sostenuta? E avrebbe voluto baciarmi ancora una volta? Tirai un enorme sospiro e all’improvviso capii. Lo baciai piano sulle labbra e lo abbracciai forte. Anche se confuso, lui ricambiò la stretta. Potevo fidarmi di Jack. Ne ero sicura.

< Allora. Io sono.. >

 

 

Sono qui, sono tornata dopo un mese di attesa! Scusatemi per avervi fatto aspettare tanto! Nonostante tutto il tempo avuto a disposizione, il capitolo non mi piace per niente. La storia comincia a delinearsi e le sorprese di certo non mancheranno. Continuerete a seguirmi a bordo del Titanic miei prodi ? Vi ringrazio tanto di tutto <3

Vi amo.

Un bacione,

Orihime02

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

< Io sono.. >. Lo guardai timorosa.

< Si..? >. Mi incoraggiò a continuare con un gesto della mano.

< Ecco.. io sono una persona.. >. Capii che si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere. Presi un profondo respiro e dopo un attimo non ce la feci più.

< Io non appartengo a quest’epoca. Vengo dal 2012, precisamente dall’Italia del 2012: dove non esistono carrozze, ne abiti di questo genere, né crinoline, ma ci si muove con le automobili, si ascolta la musica alla radio o con un i-pod, si guarda la tv, si usa l’aspirapolvere, la lavastoviglie, l’idromassaggio, la piastra per capelli. E poi ancora la motosega e.. >

< Ferma, fermati un secondo. Cosa diamine stai dicendo? >.

Lo guardai ammutolita. Sentivo le lacrime troppo vicine. Ma cosa stavo facendo?

< Io, beh, ero intenta a scrivere nella mia stanza, poi credo di essermi addormentata perché tutto era buio e infine quando mi sono svegliata ero qui, sdraiata al sole sul ponte del Titanic, cosi mi sono detta “ oh andiamo, lo sanno tutti che è affondato cento anni fa, è sicuramente tutto un sogno ”, ma ora so che non lo è Jack, ma.. >

< Aspetta, bloccati > mi ordinò serio. Ora che ricordo quel momento devo ammettere che una persona estranea a quello che stavo vivendo poteva capire ben poco dal mio discorso. Evidentemente ero troppo sconvolta allora.

Io tacqui, cercando disperatamente di calmarmi.

< Da quel poco che ho capito.. Tu verresti dal futuro? >

Annuii, incapace di parlare.

< Eri nella tua stanza, ti sei addormentata e ti sei svegliata qui >

Annuii di nuovo. Lui rimase zitto per una manciata di secondi, che a me parvero ore. Che avevo fatto, avevo rovinato tutto, tutto! Cercò i miei occhi, ma non riuscivo a reggere il suo sguardo azzurro.  Avevo paura, una fottuta paura di essere derisa da lui.

< E’ la verità Penelope? >.

< Si, te lo giuro Jack >. Nonostante i miei sforzi la voce mi uscì rotta dal pianto.

< E.. hai detto che il Titanic è affondato da cent’anni dal tuo punto di vista? >. Mi scoccò un’occhiata penetrante e leggermente ansiosa. Mi morsi il labbro inferiore, indecisa se rivelare tutto ciò che sapevo o non rischiare.

< Si.. Credo che si scontrerà contro un iceberg >

< Credi? >. Mi chiese alzando un sopracciglio.

< No, ne sono sicura >.

< E’ assurdo.. >. Rimasi zitta, il cuore sospeso. Un’improvvisa folata di vento ci investì, evidenziiando ancor di più l’innaturale silenzio che si era creato tra di noi. Con la coda dell’occhio vidi che non mi guardava. Osservava il mare, le sopracciglia aggrottate, le labbra piegate in una smorfia. Oh lo sapevo, lo sapevo. Sicuramente stava pensando ad un modo gentile per cercare di farmi ricondurmi alla ragione. E poi di squagliarsela in tutta fretta. La sicurezza che avevo avuto poco prima di iniziare il mio brillante discorso era completamente svanita. Incapace di sopportare la tensione che aleggiava mi voltai di scatto e cominciai a correre, le lacrime che scendevano copiose sul mio viso. La piccola parte razionale del mio cervello si chiese da quando ero così emotiva, ma non le porsi molta atenzione. Avevo fatto solo poche falcate che mi sentii strattonare indietro e subito dopo non capii più niente, perché due labbra calde si erano posate sulle mie, non dolci e delicate come erano state finora, ma decise e passionali, quasi roventi. Ancora oggi mi chiedo se fosse normale che una persona potesse farmi quell’effetto: non riuscivo a percepire altro che lui, non ragionavo più, dimenticavo tutto, l’unica cosa che esisteva in quei momenti era lui.

E infatti non fui io a staccarmi per prima, come sempre d’altronde.

Non si allontanò da me, ma poggiò la sua fronte sulla mia, e con una nota amara nella voce mi disse

< Perché diavolo devi sempre farti rincorrere? >.

Lentamente stavo rimprendendo posseesso delle mie facoltà intelletive. Lentamente.

< Pen. Pen guardami >

Ubbidii.

< Ti credo. E’ una cosa totalmente folle, ma ti credo. Solo.. dammi qualche minuto per affrontare la cosa d’accordo? >.

In quel momento mi sentii scoppiare. Non so definire bene la sensazione che mi pervase, ma era qualcosa di meravigliosamente bello.

< Si, va bene Jack > risposi tirando su col naso. Sorrise.

< E ora vedi di raccontarmi per bene come stanno le cose >.

 

-             -       -        -       -

 

< Quindi se ho capito bene, la nave affonderà tra due giorni esatti >. Il colore del tramonto era bellissimo. Eravamo ancora lì, io e Jack. Gli avevo spiegato tutto, tutto ciò che sapevo e mi sentivo molto più leggera e tranquilla.

Annuii all’ennesima volta che mi faceva questa domanda. Poi mi stiracchiai mentre sentivo il suo sguardo su di me.

< Lo sapevo che c’era qualcosa di strano in te > disse infine con un mezzo sorriso.

< In che senso? >

< Non riesco a spiegarlo. E’ qualcosa che ho percepito e basta. Sei ancora un mistero. Anzi ora più di prima >

< Cosa aspetti a scoprirmi allora? >. Lui mi guardò alzando un sopraciglio, poi scosse la testa.

< Dobbiamo fare qualcosa >

< Lo so > dissi < Jack.. >

< Penelope > mi interruppe < Sai che nessuno ci crederà se diciamo che tra quarant’otto ore un iceberg farà colare a picco il Titanic vero? >.

< Cos’altro potremo fare? >

< Qualcosa ci verrà in mente. Per ora limitiamoci ad andare a letto. La notte porta consiglio no? >

< Mmm > borbottai poco convinta.

Decidemmo di cercare Fabrizio e Tommy per stare un po’ con loro prima di rientrare in cabina. Ormai era diventato quasi normale averlo vicino e sapevo che questo non andava affatto bene. Mi stavo abituando troppo a quella situazione, a quel modo di vivere che non sapevo nemmeno se fosse reale o no. Ma la cosa peggiore era che mi stavo abituando a Jack. All’essere guardata da lui, toccata da lui. Amata da lui? A quel pensiero un brivido piacevole mi percorse la schiena e proprio in quel momento incontrai il suo sguardo: era così intenso che per un attimo mi chiesi se non mi avesse letto nel pensiero. Il rossore si diffuse sulle mie guancie e all’improvviso trovai le mie scarpe molto interessanti. Passammo la serata con i nostri due amici, dopo che li trovammo nel mirino di una festa, allegri come al solito e ovviamente un po’ brilli come al solito.

< Dai Penny, vieni a ballare con Zio Fabri! > esclamò prendendomi la mano e facendomi alzare dalla panca dove mi ero seduta.

< A tuo rischio e pericolo ! > risi scuotendo i capelli. Un’ora dopo ero sfinita, gli occhi lucidi e mi sentivo andare a fuoco per il gran caldo che faceva. Alcune ciocche di capelli mi si erano persino appiccicate al viso per il sudore. Ma ero cosi contenta che non me ne curavo più di tanto. Mi fermai un momento appoggiandomi alla parete e guardando soddisfatta la gente che ballava e cantava.

< Stanca? > il caldo timbro della voce di Jack mi penetrò nel cervello.

Mi voltai appena alla mia sinistra e lo vidi incredibilmente vicino.

< Si.. > sussurrai guardando le sue labbra con occhi persi.

Non ci fu bisogno di aggiungere altro.

Rientrammo in cabina nel silenzio della notte. Era vuota. Parlavamo senza dirci niente. Come mosse da vita propria le nostre mani si cercarono, si trovarono. Mi attirò a sé con forza, lasciando che il mio corpo aderisse al suo. Ormai i miei ormoni impazziti avevano preso possesso di me, lasciando che il mio respiro accellerasse e il mio cuore battesse sempre più veloce. Sapevo cosa stava per succedere e rimasi sorpresa nel constatare quanto in realtà lo desiderassi.

< Hai paura? > disse e per la seconda volta pensai che mi leggesse nel pensiero.

< No > risposi con sincerità, assaporando ogni suo bacio sulla mia pelle.

Gli tolsi la camicia bianca che indossava, non senza un leggero tremore, mentre lui e le sue magnifiche labbra scendevano sempre più giù su di me. Lentamente il piacere cominciò ad aumentare.

 Davvero, non avevo paura.

 Era la cosa più giusta, più naturale che potessi fare.

Con lui.

 

 

Ciao a tutti! Eccomi reduce da tre viaggi consecutivi, stanca, ma soddisfatta delle mie vacanze. So che vorreste linciarmi, ma spero che il nuovo capitolo vi faccia dimenticare la vostra furia <3 Purtroppo non mi sembra all’altezza degli altri, in questo periodo ho pochissima ispirazione. In ogni caso vi aspetto in tanti e ringrazio tutti i lettori che mi sostengono sempre. Se non ci foste voi avrei già abbandonato da tempo.

Cercherò di aggiornare più in fretta >_<

Un bacione enorme,

vostra Hime02

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

L’idea di aprire gli occhi non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello. Come biasimarmi? Aprire gli occhi avrebbe significato rompere la fragile sfera di estrema beatitudine in cui io e Jack eravamo immersi. Era mattina. Sentivo il calore del sole sulla pelle nuda della mia schiena, lasciata appena scoperta dal lenzuolo bianco. Sentivo il dolce suono del mare. E sentivo Jack, le sue braccia intorno a me, le sue labbra tra i miei capelli. Era tutto troppo perfetto e meraviglioso, oh si, meraviglioso, tanto che sarebbe stata una crudeltà strapparmi da quel sogno. Inspirai profondamente godendo del contatti del suo petto su cui poggiavo la testa, adorando il suo odore inebriante.

< Lo so che sei sveglia. Buongiorno piccola > mormorò: il suo respiro caldo tra i capelli mi dieide i brividi. Mugugnai qualcosa di indefinito stringendomi di più a lui. La sua voce mi aveva riportato alla mente alcune immagini della notte appena trascorsa.

 

Non credevo fosse possibile provare tanto piacere tutto in una volta. I suoi ciuffi color miele mi sfioravano la gola mentre le sue labbra e la sua lingua indugiavano sul mio seno. Le mie mani percorrevano la sua schiena, assaporando ogni parte di lui, percependo la sua pelle rabbrividire al mio passaggio. Lo stringevo, preda di qualcosa che non avevo mai provato, arsa da un fuoco che mai avevo sentito bruciare.

Passione.

Le sue dita eleganti stuzzicava la mia intimità. Lui e la sua dannata esperienza.

Sembrava godere dei gemiti che sfuggivano al mio inesistente autocontrollo. I nostri respiri accellerati, unici rumori nel buio della notte, contribuivano a mandarmi sempre più fuori dai gangheri. Tornò sulla mia bocca, baciandomi, tracciando il contorno dei miei denti con la lingua. Gli morsi il labbro inferiore inarcando la schiena, unendo i nostri corpi più di quando già non fossero.

 

Arrossii. Adesso mi stava accarezzando le guance, seguendo il contorno della mascella. Aggirò il collo, percorse la nuca e arrivò alla spalla sinistra, appena sopra la scapola, facendoci scorrere le dita. Subito mille brividi mi travolsero: era assurdo come già conosceva i miei punti deboli. Rise appena notando la mia espressione da gattina mentre facevo le fusa. Sollevai leggermente la testa strofinando con il naso il suo collo. Poi vi posai un bacio, spostandomi subito dopo sulle sue labbra tentatrici. Non mi sarei mai stancata di baciarlo. Serrò le mani sui miei fianchi, sistemandosi pigro contro di me e ricambiando il bacio.

 

Insopportabile. Questo pensavo mentre mi sovrastava guardandomi con il suo sguardo terribilmente azzurro, terribilmente sincero e cristallino.

Non riuscivo a sopportare tanta bellezza. Lo percepivo chiaramente dentro di me ed era tutto così strano, osservare con i miei occhi liquidi di piacere il sudore che gli imperlava la fronte mentre si spingeva contro di me, vederlo strizzare i suoi laghi celesti quando brividi più potenti si impossessavano di lui ed infine avere la consapevolezza che mi voleva quanto io volevo lui. Sapevo che ora non avrei potuto più fare a meno di Jack. Mai più.

< Ahh Jack.. >

< Dillo. D-Dillo… ancora >. Frasi sussurrate spezzate dai baci e dagli ansimi di entrambi.

< Jack.. >

< Mmm >

 

Infine mio malgrado avevo dovuto aprire gli occhi. Il bisogno di accertarmi che tutto quello fosse reale vinse ogni altro desiderio. Si, era reale. Mi guardava con una punta di divertimento vedendo che cercavo di coprirmi almeno un po’ con il lenzuolo.

< Non ti facevi tanti scrupoli stanotte >

< Sta zitto! > esclamai arrossendo. In fondo non ero mica abituata ad espormi cosi allo sguardo di qualcuno. Lui infatti capì lasciò cadere il discorso.

< Stavo pensando poco fa > disse rompendo il silenzio che si era venuto a creare con un tono incredibilmente serio < che così come sei arrivata qui da me, potresti scomparire altrettanto all’improvviso. Non voglio >. Mi serrò tra le sue braccia facendomi quasi male, ma non importava. In fondo quella muta disperazione la urlavo anche io. La cosa che più mi angosciava in quel momento era non conoscere il futuro.

< Jack.. l’altra notte ho fatto un sogno. Davanti a me c’era una donna vestita di bianco, ma non l’avevo mai vista. Mi ha detto che dovevo fare una scelta, ma non ha detto più nulla. Pensi che.. possa riferirsi a questa situazione? >. Beh, se ero stata catapultata indietro nel tempo di cento anni non era tanto assurda l’ipotesi di una donna che mi parlava in sogno di chissà che cosa. < Il problema è che faccio sempre lo stesso sogno. E la figura scompare sempre prima che possa chiederle di più > ammisi leggermente frustrata.

Jack assunse un’espressione pensosa. < Una scelta. Forse.. >

< Forse? >

< Forse la scelta di tornare nel tuo mondo o di rimanere qui.. con me >. Come avevo fatto a non pensarci prima? Ma allora la scelta dipendeva da me? E quando avrei dovuto scegliere? E come potevo credere a tutte quelle cose cosi irreali.

< Ho paura Jack >. Non ricevetti risposta, ma le labbra calde che si posarono sulle mie quasi disperate me la diedero. C’era lui con me. Un miracolo mi aveva fatto conoscere quel ragazzo biondo, così sensibile e al di sopra di ogni altra persona che conoscevo. Bello da togliere il fiato. Mi sforzai di cacciare indietro le lacrime. Ero stata fin troppo frignona nei giorni passati. Dovevo farmi forza. Farmi forza e sperare che andasse tutto per il meglio. Anche se nemmeno io ero sicura di cosa fosse “ meglio ”. Decisi che comunque mai più mi sarei fatta vedere piangente. Volevo essere forte. E lottare. Sollevai il busto cercando i miei vestiti. Avevo intenzione di elaborare un piano per non far morire tutti i passeggeri del Titanic. Per non far morire il mio Jack.

< A lavoro Capitano! Abbiamo una nave da salvare > gli dissi in risposta al suo sguardo confuso, con un mezzo sorriso stampato in faccia.

 

-          -     -     -

 

Chissà come sarebbe stato conoscere Jack nella mia epoca. Ci saremmo scambiati i numeri di cellulare forse. Forse mi avrebbe chiesto di andare al cinema o mi  avrebbe offerto un gelato. Forse riaccompagnandomi a casa mi avrebbe baciata davanti alla porta. Mi avrebbe aiutata con i compiti lui che sapeva tante cose. Forse. In quel momento invece ci limitavamo a camminare per mano sul ponte discutendo animatamente sul da farsi. Sembrava che tutto intorno a noi fosse sparito e che solo il contatto tra le nostre mani ci impediva di staccare i piedi da terra. Perlomeno era quello che sentivo io.

< Allora. L’iceberg sarà dritto davanti alla nave e questa virerà troppo tardi. Verrà colpita di striscio ma questo basterà a farla colare a picco. Dobbiamo avvisare quelli che sono di vedetta >

< Non credo proprio che ci crederanno >

< Ma dobbiamo tentare! > quasi gridai esasperata. Mi prese il viso tra le mani.

< Non voglio che ti succeda niente Penelope. Vorrei che fossi lontana da qui chilometri cosi da non correre un rischio così grande >

< Non andrei da nessuna parte senza di te. Salti tu, salto io >. Sorrise appena.

< Questa mi sembra di averla già sentita >. Mi baciò lievemente le labbra e io avvolsi le braccio intorno al suo collo e fu come perdersi nella tentazione. Ogni suo contatto mi mandava a fuoco!

Ce l’avrei fatta. Per lui. Per noi.

Ne ero sicura.

Forse.

 

 

Hola! Rieccomi ^-^ oggi mi era venuta una gran voglia di scrivere, così ho mandato i compiti di filosofia a quel paese ed ecco qui il capitolo: spero che ne sia valsa la pena :/ E’ solo un capitolo di passaggio, preludio della fine mancano forse.. due o tre capitoli. Eh già, mi dispiacerà un po’ finire questa fic. A proposito di fine, ho in mente due diversi finali e volevo sapere cosa voi preferireste, se un lieto fine o qualcosa di molto triste.

Attendo con ansia i vostri commenti e ringrazio tutti quanti i miei lettori <3

Vostra,

Orihime02

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

< Sei davvero strana > mi disse con un mezzo sorriso perplesso. Alzai gli occhi al cielo: avevo perso il conto di quante volte mi aveva fatto quel complimento da quando ero lì.

< Ma perché?? > domandai leggermente stizzita. Insomma cosa c’era di strano nel dire che avevo voglia di un frappè? Scosse la testa e borbottò qualcosa a proposito di “ diavolerie ” e “ futuro ”.

Ci rimuginai su: forse non gli andava giù il fatto che..

< Odio il fatto che fino ad ora tu abbia vissuto in una realtà in cui non sono compreso e di cui non so assolutamente nulla! >. Ecco appunto. Avrei giurato di cogliere una leggera vena di frustrazione nella sua voce. Un’ondata di tenerezza mi riempì e mi fermai guardandolo. Aveva la fronte aggrottata. Vi posai sopra le dita delicatamente e si rilassò subito.

< Anche io avrei voluto passare con te tutti gli anni della mia vita > sussurrai con tono tanto basso da dubitare che mi avesse sentita. Venni travolta dalla veridicità delle mie stesse parole. Una domanda mi sorse spontanea: erano passati quattro giorni. Era possibile amare qualcuno dopo solo quattro giorni? Si. Ma solo perché questo qualcuno era Jack. Avevo la certezza di amarlo così appassionatamente che il solo pensiero di dovermi allontanare da lui era per me fonte di inesprimibile dolore. Sapevo che era una possibilità da non sottovalutare, ma non volevo, non potevo pensarci. Avrei goduto di quegli istanti con lui goccia a goccia come un assetato che portava lentamente alla bocca la scarsa acqua che aveva a disposizione in mezzo al deserto. Forse dovette comprendere la desolazione del deserto che vedevo intorno a noi perché mi prese un polso e mi attirò a sé stringendomi in un abbraccio. Chiusi gli occhi e mi concentrai sul battito regolare del suo cuore. Quella era l’unica certezza.

Forse mi sarei anche addormentata nuovamente, lì su due piedi, se un’imbarazzata voce femminile non chiamò il mio nome.

< Ehm.. Miss Penelope? >. Sciolsi velocemente l’abbraccio. Rose era accompagnata da una signora formosa. Quest’ultima aveva un viso allegro e buono e la riconobbi subito. A stento mi trattenni dal gridare “ Molly! ” col tono di una bambina che aveva appena ricevuto un giocattolo nuovo.

Mi limitai a sorridere alla mia amica e le chiesi se doveva dirmi qualcosa.

 Vidi Jack che la osservava con curiosità.

< Vorrei prima presentarti Margaret Brown, una cara amica. Le ho già parlato di te >

< Incantata Miss Penelope. Hai davvero un bel faccino > mi disse divertita.

< Ecco.. Desideravo invitarti a cena questa sera con mia madre e alcuni amici, per ringraziarti. Anche il tuo amico può unirsi a noi se vuole >. Rosalinda attirò gentilmente la mia attenzione, ricambiando lo sguardo curioso del ragazzo accanto a me, che si strinse nelle spalle. Fece un passo avanti e le porse la mano.

< Sono Jack Dawson, molto piacere >

< Rose Dewitt Bukater >

< Dovrò chiederle di scrivermelo il suo > esclamò di rimando Jack ridendo e riuscendo a strappare un sorriso anche a lei. Improvvisamente mi sentivo molto fuori luogo. Cercai di ignorare il lento strisciare di un qualcosa di non definito all’altezza dello stomaco e accettai l’invito. Prima che se ne andasse però le presi un braccio e le sussurrai che purtroppo non ero in condizione di essere presentabile per quella sera con tutti quei signori di prima classe e che dubitavo che anche Jack lo fosse. Lei mi sorrise, come se se lo aspettasse e mormorò che aveva qualche vestito che pensava mi potesse andare senza problemi. Riguardo a Jack sapeva che Molly aveva un figlio della sua età ed era sicura che l’avrebbe aiutato. In fondo aveva un gran cuore. Infine le chiesi se stesse bene.

< Si. Ho intenzione di seguire il tuo consiglio Pen. Non ne posso più di stare in mezzo a tutta quella gente che non si accorge di me, né dei miei reali sentimenti. O meglio, che non se ne preoccupa affatto. Ho una pazzia in mente e spero che fino all’ultimo avrò il coraggio per compierla! >

Mentre mi parlava una luce di entusiasmo le illuminava gli occhi. Eccola, la Rose che conoscevo.

Troppo emozionata per risponderle le buttai le braccia al collo, mandando al diavolo l’etichetta. Lei rimase un attimo interdetta, ma poi mi abbracciò anche lei.

Quanto ci staccammo la sentii sussurrare un grazie al volo prima che trascinasse via la sua accompagnatrice che stava ridendo di gusto mentre parlava con Jack. Lei non si era accorta del nostro scambio di effusioni, ma Jack era troppo furbo per esserselo fatto sfuggire. In ogni caso non disse nulla.

< Come mai hai accettato l’invito? > domandò curioso.

< Beh non perderò di certo l’occasione di sedermi con persone del loro calibro, vestita sontuosamente e pettinata come una lady della prima classe > risposi ridendo. Adoravo i vestiti d’epoca!

< Sfruttatrice > scherzò scompigliandomi i capelli. Poi assunse un’espressione pensosa < Ma come hai fatto a conoscerla? Siete molto unite a quanto ho visto >

< Le ho salvato la vita > dissi semplicemente. < Come mai ti interessa tanto saperlo? >

Alzò un sopraciglio < Gelosa? >

Gli voltai le spalle iniziando a camminare in direzione opposta a lui < Affatto >

Rise raggiungendomi e passando un braccio intorno alla vita per volgermi verso di lui. < Sei una bugiarda, tesoro > mi soffiò tenero nell’orecchio. Come.. Come mi aveva chiamata? Ebbi un piccolo capogiro e dovetti poggiare la testa sulla sua spalla. Sapevo benissimo che stava sorridendo davanti al mio smarrimento, ma andava bene così. Posò le labbra sul mio orecchio e sussurrò che in effetti quel fuoriprogramma avrebbe potuto essere divertente.

 

-          -    -    -    -

 

< Ecco! Scegli quello che vuoi >. Avevo davanti l’enorme guardaroba di Rose. Nel film si vedevano solo tre o quattro abiti, ma in realtà ne aveva un’infinità ed erano tutti uno più bello dell’altro. Quale scegliere? I miei occhi vagavano avidi da sinistra a destra e purtroppo la mia amica se ne accorse e scoppiò a ridere.

< Ti consiglio questo qui. Te lo vedo bene addosso >. Osservai con attenzione il vestito che aveva tra le mani. Era la cosa più bella che avessi mai visto. Dopo Jack ovviamente. Risi tra me e lo presi meravigliata. Mi voltai e guardai la mia immagine riflessa allo specchio adagiandomelo sopra. Era bianco con striature nere piene di brillantini; le maniche erano corte e leggermente a sbuffo ed aveva la scollatura quadrata. Rose aveva capito dallo scintillio dei miei occhi quanto mi piacesse e mi disse di provarlo. Mentre mi aiutava a metterlo mi sembrò di essere per la prima volta un’altra persona. Non pensate che fossi così frivola da sentirmi una “ principessa ” solo perché indossavo quel vestito, c’era qualcosa di molto più grosso dietro. Era tutto l’ambiente, la situazione incredibile che stavo vivendo, le persone che mi circondavano, l’amore per Jack. Tutto ciò mi aveva e mi stava ancora cambiando dentro. Aveva stravolto la mia intera vita, ed ora stravolgeva anche la mia persona e il mio modo di pensare. Di certo da quel momento in poi vissi la mia vita sicura che l’impossibile non esisteva. In un nano secondo i miei occhi riflessi scoprirono tutto questo e ne rimasero spaventati. Ma tuttavia ansiosi di scoprire cosa il futuro mi avrebbe riservato.

La vita è un dono e non ho intenzione di sprecarlo ”

Si, avrei fatto di tutto per far valere ogni mio giorno.

< Allora? >. Mi guardai abbigliata in quel modo sontuoso e sfoderai un sorriso smagliante.

< Sono pronta! >.

Quando, qualche tempo dopo, scesi lo scalone che tante volte sul divano di casa mia avevo sognato di scendere, ero al settimo cielo. Rose mi aveva acconciato i capelli in maniere perfetta ed ora sentivo morbide ciocche scendermi sul collo e ai lati del viso. Mi sentivo bellissima, anche con la mia amica al fianco, che era semplicemente perfetta. Molti signori e signore della prima classe, elegantissimi, camminavano in direzione della sala dove avremmo cenato. Quella nave era davvero meravigliosa e osservavo curiosa ogni dettaglio per cercare di imprimermelo bene in mente. Non volevo perdermi nulla.

Tutto però perse di importanza quando lo vidi ai piedi delle scale mentre tentava di copiare il modo in cui camminavano i gentiluomini che vedeva passare. Nel suo smoking nero era l’unica persona che illuminava la sala. All’improvviso ci vide e quando fissò il suo sguardo su di me sentii le gambe cedere e mi accorsi che arrossiva. Rimasi confusa per un attimo e mi accorsi che eravamo arrivati giù solo quando prese la mia mano e si inchinò baciandola. Lo stesso fece con Rose che gli sorrise gentile.

< L’ho visto fare una volta in un film di terza visione e non vedevo l’ora di farlo > sussurrò facendomi ridere appena. Cercavo di controllarmi e non negavo di essere un po’ nervosa. Jack invece sembrava a suo agio. Anche quando Rose ci presentò quell’odioso del suo fidanzato e sua madre.

< Tesoro! Non ti ho presentato la signorina Grey e il signor Dawson >

< Incantato >. Si inchinò e mi baciò anche lui la mano. Rudy invece si limitò ad un cenno della testa anche se ci guardava come fossimo insetti. Evidentemente aveva notato che avevo indosso un vestito di sua figlia e di certo non ci aveva messo molto a fare due più due: non eravamo degni di avere la sua compiacenza. Forse fu un po’ rischioso, ma lì per lì non ci pensai. Sostenni le sue occhiatacce cercando di apparire più tagliente possibile. Il nostro battibecco, se così si può chiamare, silenzioso fu interrotto dall’arrivo di Molly e tirai un sospiro di sollievo. Tanta gelidità mi stava congelando. Jack ci porse il braccio e ci condusse nella sala che brulicava di persone , il cui chiacchiericcio era accompagnato dalla musica di.. violino?

< Quella è la contessa De Bouce > ci sussurrò Rose < Quello è John Jacob Aston, l’uomo più facoltoso in viaggio su questa nave; la sua nuova mogliettina ha la mia età ed è in dolce attesa. A suo tempo fu uno scandalo >. Guardai nella direzione che ci indicava con gli occhi, mentre la ascoltavo attentamente.

< Da quella parte invece abbiamo Ser Cosmo e Lucille Levi Dafguerd.. >

< E scommetto che tra i suoi vari pregi c’è quello di disegnare biancheria audace > esclamai con un mezzo sorriso, elettrizzata. Vivere il proprio film preferito è qualcosa che tutti dovrebbero provare! Entrambi mi guardarono estremamente sorpresi ed io abbassai gli occhi. Forse avevo osato troppo. In fondo nessuno, nemmeno Jack, sapeva che nel mio mondo, loro erano solamente personaggi di uno sceneggiato che avevo visto e rivisto un centinaio di volte.

Per fortuna Rose fu distratta da certe persone che la salutarono.

< Non ti chiederò come fai a saperlo, sta tranquilla > mi sussurrò la sua calda voce all’orecchio. Mille brividi mi attraversarono la schiena mentre lo sentivo incredibilmente vicino. Lo guardai e rimasi come un pesce lesso. Insomma perché ogni volta doveva vincere lui?

< Ti farò impazzire come tu stai facendo impazzire me > concluse, allontanandosi definitivamente.

Sarebbe stata una lunga serata.

 

Ehm.. Ciao :S

Si lo ammetto, sono una persona orribile, sono mesi che sono sparita e non intendo giustificarmi. Spero che questo capitolo possa farmi perdonare  >_<  Ora che ho di nuovo il mio portatile a disposizione potrò aggiornare molto più in fretta, lo prometto! Vi adoro, e non vi ringrazierò mai abbastanza.

Un bacione enorme,

Orihime02

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

La peggiore serata della mia vita. Davvero, non me la sarei mai dimenticata, mai avevo provato tanto imbarazzo. E ancora doveva finire! Stava andando tutto per il meglio quando poi arrivò il momento di sedersi a tavola: alla mia sinistra c’era Jack, e sembrava non avere assolutamente problemi nel discorrere con la gente. Alla mia sinistra invece era seduto un uomo corpulento che, come purtroppo avevo avuto modo di notare, non staccava gli occhi dalla mia scollatura. Inoltre accanto a Rose, che avevo di fronte, la cara Rudy non faceva altro che lanciarmi sguardi scrutatori, pronti a cogliere ogni mia mossa sbagliata. Ed era molto difficile non farne una data la mia totale non conoscenza del galateo di allora e, dannazione, lo champagne mi stava facendo girare la testa da morire e sapevo quanto potevo essere pericolosa quando ero ubriaca. L’anno scorso con Elody eravamo andate ad una festa e, travolta da quell’atmosfera euforica e a me del tutto nuova, mi ero lasciata andare, un po’ troppo a dir la verità. Basti dire che la mia amica era finita in piedi a fare uno strip tease piuttosto goffo sul “ tavolino di cristallo di mia nonna ”, come urlava il festeggiato; io invece stavo facendo pratica di karate sugli invitati e non nego che mi stavo divertendo un mondo. Fu un vero peccato che mi avessero fermata prima che potessi prendere a schiaffi Julia Brith, ragazza che mi aveva fregato il fidanzato un paio di mesi prima. Il padre di Elody dovette prendermi sulle spalle e mettermi in macchina per riportarmi a casa. Il tutto mentre urlavo parolacce in francese, a detta sua. Al solo ripensare a quella sera rabbrividisco. In ogni caso avevo lo stomaco chiuso e stava iniziando a fare troppo caldo. Più mi guardavo attorno e più mi rendevo conto che non avevo nulla in comune con quella gente. Anche Jack, per quanto lo amassi, non apparteneva al mio mondo. Come se mi avesse letto nel pensiero i suoi occhi scattarono verso di me e mi strizzò l’occhio. Arrossii chinando la testa, sperando che nessuno se ne fosse accorto. Ma in fondo mi stavo facendo troppi problemi. Il signore accanto a me mi distraeva continuamente dai miei pensieri, chiedendomi come trovassi la nave o se volessi altro champagne. Tuttavia non mi sfuggì la voce falsamente cortese della mamma di Rose.

< Dov’è che vive esattamente, signor Dawson? >

< Beh, al momento il mio indirizzo è la terza classe del Titanic, dopodiché sarò nelle mani di Dio >

< E dove trova i mezzi per viaggiare? >. Il sangue iniziò a ribollirmi nelle vene, ma mi imposi la calma. E odiavo il fatto che Jack si mantenesse così sereno, come se non captasse l’offesa  dietro quelle domande.

< Mi sposto di luogo in luogo lavorando. Prediligo le navi da carico o carretti simili. Ma il biglietto per il Titanic l’ho vinto con una mano fortunata a poker. Una mano molto fortunata >. Concluse con un mezzo furbo sorriso. Percepivo chiaramente i mille battiti al secondo del mio cuore. Era così bello che..

< E a lei piace quest’esistenza priva di radici? >. Oh, la aspettavo quella domanda. Jack stava per replicare, ma lo precedetti, troppo indignata per rimanere in silenzio.

< Si signora, perché non dovrebbe piacergli? > Avevo gli occhi di tutti puntati addosso, ma non mi vergognavo di me. Avevo sempre odiato la mia passività, il mio essere insignificante ed ero stufa di passare inosservata, come avevo sempre fatto. Perché? Perché ero cosi? Oh, lo so. Avevo paura di essere giudicata male dagli altri, mi sentivo inferiore. < E’ in buona salute, ha talento e soprattutto sa quali sono le cose importanti e sa darne il giusto valore. Magari non è ricco quanto voi, ma sono sicura che è molto più felice. Non è vero, Rose? >. Quest’ultima mi guardò con un sorriso appena tremante. Io ero stanca di stare lì, in mezzo a quella gente che non era degna nemmeno di allacciare le scarpe a Jack. Mi alzai in silenzio senza nemmeno finire di mangiare.

< Con permesso >. Lasciai la sala più soddisfatta di quanto credessi. Mi ero liberata delle catene che ancora mi tenevano ancorata alla superficialità della gente. Mi diressi verso il ponte dove il vento era molto più forte e mi fermai a guardare le stelle. Per la prima volta mi resi conto di quanto dovevo a Jack. Con lui stavo crescendo e aveva svelato latenti lati di me stessa. Risi, scoprendo la mia risata. Non l’avevo mai sentita così squillante.

< Perché ridi da sola? >

< Sapevo che saresti venuto >. Non mi voltai: se l’avessi fatto quegli occhi mi avrebbero distratta dalla sua voce cosi sensuale..

< Penelope >. Chiusi gli occhi quando sentii le sue mani scivolare sui miei fianchi, poi sulla pancia e poi le sue braccia serrarmi a lui. Piegai la testa all’indietro dandogli la possibilità di fare di me ciò che voleva. Era in quei momenti che dubitavo di essere fatta di carne e ossa piuttosto che di burro. Prese a baciarmi il collo con passione, passandoci la lingua, lasciando segni rossi a testimonia del suo passaggio. Ansimavo sempre di più sentendo le sue mani chiudersi sul mio seno. Socchiusi gli occhi, vidi il cielo. Sorrisi e tentai di girarmi, non resistendo alla tentazione di baciarlo. Ma non me lo permise.

Incollò le labbra al mio orecchio < Te l’avevo detto che ti avrei fatta impazzire come tu stavi facendo impazzire me >. Il suo tono basso, carico di aspettativa e, è il caso di dirlo, tremendamente eccitato, mi fece quasi svenire. Ma mi teneva ben salda e non so nemmeno come arrivammo in cabina, sul letto, tra le lenzuola. Per quanto lo desiderassi non mi baciò. Posò le sue dannate, meravigliose labbra dovunque sul mio corpo. E quando le sentii là dove mai avevo creduto di poterle sentire persi ogni cognizione. Mi dimenticai di tutto e non volevo assolutamente ricordarmene. Strinsi il lenzuolo tra le dita, incapace di reggere tanto piacere.

< Ja.. Jack.. T-Ti prego.. >. Finalmente esaudì la mia richiesta e si portò sul mio viso.

< Cosa vuoi? >. Mi chiese, gli occhi lucidi quanto i miei. Gli accarezzai la schiena nuda, le braccia che mi sovrastavano.

Non gli risposi e lo baciai, capovolgendo la situazione. Non volevo essere passiva. Mai più. Stupito mi guardò, ma non osò dire nulla. Gli passai le mani sul petto e gustai la morbidezza della sua pelle. Mi spinsi oltre i limiti della mia timidezza e rimasi io stessa sorpresa della mia audacia. Nonostante fosse la seconda volta che facevamo l’amore, questa aveva un sapore del tutto nuovo: se la prima era stata dolce, quella notte fu quasi brutale. Quasi.

Ma in fondo con Jack era sempre così. Capii che potevo rivivere qualcosa mille e mille volte, ma in ognuna avrei trovato aspetti che prima non avevo colto.

 

Quella mattina mi svegliai terribilmente inquieta. Era il quattordici aprile e sapevo bene che quella notte la nave sarebbe affondata. O forse no. Quanto tempo era passato da quando ero lì? Mesi, anni? Quattro giorni. E sapevo bene che erano troppo pochi, un fruscio di vento li avrebbe portati con sé, disperdendoli chissà dove. Quando mi ero addormentata, esausta tra le braccia di Jack, la donna in bianco si era presentata di nuovo tra i miei sogni e ciò che ricordavo mi aveva pervasa di un ansia troppo grande per essere ignorata.

 

< Cosa scegli? Decidi in fretta >. Avevo paura che se ne andasse prima che potessi capire di più.

< Una scelta tra cosa? >.

< Tra le due parti del tuo cuore > parlava lentamente, con una voce appena udibile, quasi un sussurro. Potevo essere ingenua quanto volete, ma persino io capii subito. Cosa avrei scelto? Rimanere con il ragazzo biondo  o tornare alla mia vecchia vita di sempre. Dopo tutto ciò che avevo vissuto mia madre, Elody e tutto ciò a cui ero abituata mi apparivano come un sogno. Forse il sogno era quello ed io ero sempre vissuta nel 1912. O forse era tutto quanto un sogno e mi sarei svegliata per le strade di Londra nel 1800. La testa iniziò a pulsare in modo insopportabile e mi accucciai a terra, la testa tra le ginocchia. Ma sapevo che c’era qualcosa di più insopportabile: la sua perdita.

< Jack. Scelgo Jack >.

 

Dopo essere stata catapultata nel 1912 non potevo più stupirmi di nulla e credevo fermamente nel soprannaturale.

< Pen.. >. Si era svegliato. Mi guardava ancora assonnato, con un occhio aperto e l’altro chiuso.

< ‘Giorno Jack > sussurrai. Improvvisamente malinconica nascosi il viso nel suo collo, inspirando a fondo.

< Per caso qualcuno aveva preso possesso di te ieri notte? > ironizzò riuscendo a farmi arrossire.

< Devi per forza ricordarmelo? >. Alzai gli occhi al cielo. < E poi non mi sembra ti sia dispiaciuto molto >

< Oh, no di certo. Solo.. Mi hai stupito. Soprattutto quando hai lasciato a bocca asciutta tutti i commensali. Credimi, erano molto indignati per il tuo comportamento quasi maleducato, ma sapevano che avevi detto la verità >.

< Spero che Rose riesca ad essere felice. Jack.. Se sopravviviamo voglio rimanere con te >

< Se dovessi scomparire così come sei apparsa.. >

< Non succederà >. Presi il suo viso tra le mani e lo guardai. Poi, piano, toccai le sue labbra con le mie, sentendo immediatamente mille brividi per la schiena.

Non l’avrei perso, piuttosto sarei morta.

 

 

Salve gente! Ho davvero molto da farmi perdonare, ma non intendo trovare le solite scuse. Sappiate solo che un paio di mesi fa è morto il mio professore di italiano e sono rimasta devastata. Ma non voglio parlarne ora. E’ per lui che devo continuare a scrivere, per lui che amava tanto il mio modo di mettere nero su bianco i miei pensieri. Passando alla storia, che ne pensate? Rileggendo questo capitolo, mi sembra molto triste. In ogni caso, credo che ci saranno solo altri due capitoli, massimo tre. Intendo proporre due finali diversi, così esaudirò i desideri di tutti. Vi penso sempre, voi che mi sostenete e mi apprezzate.

Un bacione,

Orihime02

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

Quella mattina tutto era molto tranquillo. Assolutamente nulla lasciava presagire la strage che di lì a poche ore avrebbe sconvolto il mondo: il Titanic era stato considerato inaffondabile e i passeggeri si sentivano al sicuro e fuori da ogni pericolo. Con tristezza guardavo tutti coloro che mi passavano davanti, persone di ogni ceto sociale, di diversa nazionalità. Se non fossi riuscita a salvare la nave chi si sarebbe salvato? Chi invece sarebbe morto? Scossi la testa, scacciando questi pensieri. Era il momento meno opportuno per lasciarsi prendere dalla malinconia, dovevo essere forte. Cosi mi aprii in un sorriso e mi proposi di pensare positivo. Fui distratta da Fabrizio che si era appena svegliato.

< Buongiorno dormiglione >

< ‘Giorno Penny >

< Jack dorme ancora? >. Dopo il nostro piccolo dialogo si era riaddormentato ed io, cercando di fare il più piano possibile ero sgattaiolata fuori a godermi il sole.

< Eh si, figurati se si sveglia adesso, sono solo le dieci e mezzo > rispose sarcastico. < Hai fatto colazione? >.

< Si, poco fa. Se vuoi ti accompagno però, cosi prendo anche qualcosa per lui > dissi e ci avviammo verso la mensa. Era affollata come al solito, ma riuscimmo comunque a farci largo per prendere il necessario per sfamare il mio amico e Jack, il che non fu molto facile data l’insaziabilità di Fabrizio. Poco distante da noi dei bambini giocavano a rincorrere un topo e non riusci ad impedirmi di sorridere a quella vista: sarebbe stato bello poter tornare bambina per qualche ora, dimenticare ogni pensiero, ogni preoccupazione se non quella di riuscire a prendere un topolino che correva. Una volta da piccola trovai un ratto sotto al mio letto e con la mamma piazzammo molte trappole in casa per riuscire a catturarlo, ma erano più le volte in cui ci schiacciavamo le dita noi che quelle in cui riuscimmo nell’impresa. In quel momento il pensiero di mia madre mi inondò di nostalgia: ricordai quando mi leggeva le sue poesie preferite per farmi addormentare, quando andavamo a lavare la macchina insieme e, puntalmente, tornavamo a casa bagnate fradicie; quando la aiutavo a preparare i biscotti per la nonna e poi andavamo a portarglieli insieme; quando di mattina la guardavo truccarsi e non vedevo l’ora di crescere per poter usare tutta quella roba magica; quando d’estate ogni martedi andavamo alla scogliera a fare le gare di tuffi; quando andavamo a trovare papà. In quei pochi minuti la situazione si capovolse. Come potevo lasciarla?  Conoscevo Jack solo da qualche giorno e, nonostante lo amassi immensamente, non potevo dimenticare chi mi aveva cresciuta e che aveva un ruolo fondamentale nella mia vita. In quei pochi minuti rimisi in gioco tutte le decisioni prese fino a quel momento. Chiusi gli occhi iniziando ad accettare la piega che stava prendendo la situazione. Odiavo pensarlo, ma dovevo lasciare Jack. Dovevo tornare a casa mia, altrimenti che ne sarebbe stato di mia madre? La morte di papà l’aveva sconvolta, non potevo scomparire anche io. E daltronde avevo bisogno di lei. Ero proprio una stupida, la tragedia era imminente ed io stavo a pensare a tutto questo. D’accordo: in quel momento mi promisi che mai più sarei stata l’eterna indecisa che non sapeva cosa fare. Avrei salvato i passeggeri e la nave. Se qualcosa sarebbe andato storto, dovevo comunque essere sicura che Jack non sarebbe morto.

E poi sarei tornata a casa.

 

Guardai verso l’orizzonte e per la prima volta mi sentii padrona del mio destino. Sobbalzai quando una figura si frappose tra me e il mare.

< Ehi. Buongiorno > sussurrò Jack afferrandomi il mento con un dito < Cos’è quel muso lungo? >

Dovevo avere una faccia che diceva tutto, sono sempre stata un libro aperto per le persone, figuriamoci per lui che era molto attento ad ogni minimo dettaglio. Presi un profondo respiro, mi feci coraggio e mi alzai, guardandolo negli occhi, ferma come non lo ero mai stata.

< Jack.. Non dobbiamo più parlarci. Fa finta che noi due non ci fossimo mai incontrati > la mia voce non si incrinò < Mai parlati. Mai sorrisi. Mai avuti. >. I miei occhi non cedettero.

Vidi chiaramente lo smarrimento e il dolore che prendevano possesso dei suoi, magnifici come sempre. Evidentemente non se l’aspettava perché non aprì bocca, nemmeno quando gli volsi le spalle e mi allontanai, le labbra strette e i pugni chiusi, unico segno della mia sofferenza.

Ti amo Jack. Perdonami se puoi.

 

Data la mia profonda passione verso il Titanic, a suo tempo mi documentai approfonditamente sui dati storici dell’affondamento. La nave sarebbe entrata in collisione con l’iceberg esattamente alle 23 e 40 minuti e sarebbe affondata 2 ore e 40 minuti più tardi. Era mezzogiorno e, non avendo fame, tornai in cabina che per fortuna trovai vuota. Avevo bisogno di pensare da sola e vagliai con attenzione le possibilità che avevo. Punto uno: avrei potuto parlare con il Capitano della nave o con il signor Andrews, ma era improbabile che mi avrebbero creduto. Punto due: se i due uomini che erano di vedetta avessero avuto un binocolo avrebbero potuto avvistare prima l’iceberg e quindi far virare prima la nave. Ma dove lo trovavo un binocolo? Punto tre: potevo farmi spiegare come si virava dal signor Andrews o da chiunque altro e, al momento opportuno, dare una bastonata in testa a chi teneva il timone e prendere io stessa il comando della nave. Forse stavo cominciando a dare i numeri. L’opzione due era al momento quella con maggiore ossibilità di riuscita. Iniziai a guardarmi attorno e gli occhi mi caddero sulla sacca di Jack, marrone e rovinata dal tempo e dall’usura. Un avventuriero come Jack poteva non avere un binocolo o un cannochiale o qualcosa del genere? La aprii e, tendendo le orecchie nel caso stesse arrivando qualcuno, iniziai a rovistare al suo interno. Non mi parve vero quando le mie dita toccarono proprio quel tipo di materiale e forma e quando lo tirai fuori, si, era proprio un binocolo, mi sedetti sul letto, spossata. Non poteva essere così facile.. Era davvero sicuro che con quello strumento si potesse salvare l’intera nave?  

In ogni caso in quel momento non potevo fare molto, avrei aspettato un paio d’ore e poi avrei provato a parlare con qualcuno. E dovevo dare il binocolo a chi di dovere.

 

Era così bello davanti a me, era così bello accarezzargli i capelli biondi e baciarlo piano e sentire la sua voce sussurrata sulla mia pelle. Il cuore mi batteva forte, ne sentivo i rimbombi e mi stupii che lui non li sentisse.

“ Penelope,lo so che mi ami, lo so che mi vuoi. Non mentire a te stessa, non fare finta di aver cancellato tutto. Apri il tuo cuore, apri.. ”

< ..questa maledetta porta! Pen! Lo so che sei lì, maledizione! >. Jack stava bussando furioso alla porta. Ecco cos’era, altro che i battiti del cuore. Risi tra me e subito dopo sospirai. Sapevo che l’avrei sognato, era ovvio. Quanto avevo dormito?

< Se non apri la butto giù >. Oh, avevo quasi dimenticato quel piccolo particolare. A dir la verità non ricordavo nemmeno di aver chiuso a chiave, ma poco importa. Un po’ inquieta girai la chiave e aprii la porta, mentre mi strofinavo un occhio. Cosa dovevo fare ora? Avevo deciso di troncare, come dovevo comportarmi con lui? Che stupida, non avrei dovuto dormire nel suo letto. Lui entrò fulmineo nella stanza e e mi guardò con attenzione, percorrendomi da capo a piedi. Avendo visto che ero viva e vegeta si calmò leggermente, ma per infuriarsi ancora di più subito dopo.

< Mi hai fatto prendere un colpo, sei sparita per più di due ore, ti ho cercata dappertutto! > inspirò a fondo per poi abbassare la voce < Non farlo mai più >.

Io rimasi muta, tentando di non sorridergli per rassicurarlo, di non abbracciarlo per tranquillizzarlo, per dirgli che c’ero e per chiedergli se anche lui ci fosse. Abbassai lo sguardo mentre calava il silenzio tra di noi.

< Quello che mi hai detto prima.. >

Alzai di scatto la testa < No. Non dire nulla per favore >. Fece per muovere un passo verso di me, ma fu interrotto dall’arrivo di Fabrizio, che vedendoci soli ed in silenzio, si scusò per averci interrotti.

< Non preoccuparti. Stavo andando via >. Sentii lo sguardo di Jack perforarmi la schiena e stavo per uscire, quando mi prese per un braccio facendomi voltare verso di lui. Quante volte l’aveva fatto in quei giorni? Il suo sguardo era così intenso, così infervorato che mi sentii bruciare, e la sua mano con cui mi stringeva il braccio mi faceva quasi male.

< Io non ti permetterò di andare. Non senza lottare, non senza capire. Non puoi dirmi di cancellare tutto senza spiegarmi nemmeno cosa dentro di te ti abbia indotta a questo >

< Jack.. Non posso spiegarti adesso, non c’è tempo, devo andare a.. Lo sai a fare cosa >. Fabrizio ci osservava alternatamente senza afferrare il punto della situazione. In un altro momento sarei scoppiata a ridere guardando la sua faccia.

< Vengo con te >

< Tu.. >

< No, Penelope. Ci sono dentro quanto te, se non di più >. Aveva ragione ed io non ero nessuno per impedirgli di aiutarmi in questa faccenda.

< E sia. Andiamo >

Uscimmo in fretta ed iniziai a spiegargli la situazione: mi seguiva ed era molto concentrato su ciò che gli dicevo, annuendo di tanto in tanto e aggrottando le sopraciglia. Proprio mentre gli citavo il binocolo ricordai che l’avevo lasciato in camera, sul suo letto.

< Dannazione. Potresti aspettare qui un attimo? >. Camminando eravamo quasi arrivati all’altezza della timoneria e mi disse di fare in fretta.
Erano le tre del pomeriggio ed una leggera ansia iniziò a farsi sentire nei pressi del mio stomaco. Chissà cosa sarebbe successo.. Con il fiatone rientrai in quella cabina per la terza volta e vidi subito l’oggetto che mi interessava. Lo presi e stavo per tornare indietro quando vidi qualcosa che mi bloccò: dalla sacca di Jack spuntava la sua famosa cartellina di cuoio. Senza improvvisamente più nessuna fretta la afferrai con delicatezza e curiosa, la aprii. Subito vidi me stessa. Ero seduta sul ponte, lì dove nel film ci fu il primo bacio dei protagonisti. Nonostante avessi il mio vestito blu avevo le braccia intorno alle ginocchia, la testa leggermente all’indietro, gli occhi che scrutavano il cielo. Era impressionante con quanta nitidezza aveva riportato sulla carta lo scintillio del mio sguardo, l’impetuosità dei miei capelli, la piega delle mie labbra. Presi un altro disegno. Il soggetto ero sempre io, ma in una posizione diversa: con il suo tratto morbido mi aveva ritratta mentre dormivo a pancia in giù, con addosso solo il lenzuolo che lasciava scoperta gran parte della mia schiena, la testa voltata verso sinistra, la bocca semi aperta. Aveva disegnato anche il piccolo neo che avevo dietro l’orecchio sinistro. Commossa, continuai a sfogliare e vidi che aveva più volte delineato i miei occhi, in tutte le sfumature e con tutte le emozioni, gioia, sofferenza, piacere. Mi sopresi a notare quanti ve ne erano di pensierosi e malinconici.

< Oh, Jack.. > sussurrai, cercando di trattenere le lacrime.

< Cosa devo fare con te? >. Quasi sussultai, ma in effetti dovevo immaginarmelo che non sarebbe rimasto lì buono buono ad aspettarmi. Forse avrei fatto meglio a godere di quegli ultimi momenti con lui, piuttosto che stargli lontana.

Mi voltai, incurante di avere gli occhi lucidi, e mi fiondai tra le sue braccia. Mi strinse forte e mi sentii morire. Gli baciai la base del collo e il mento e poi la boccca preda di un’incontrollabile emozione.

< Ho il binocolo > gli soffiai sulle labbra con voce tremante, non sapendo cosa dire per fargli capire come mi sentivo < Muoviamoci >

Lui sorrise, strofinando il naso tra i miei capelli < Ti amo anche io >.

 

I ragazzi che erano di vedetta non riuscivano a capire perché gli stessimo dando il binocolo ed inizialmente dissero di non preoccuparci, dicendo ridendo che se la sarebbero cavati benissimo da soli. Vedendo però che non demordevo, ed diventavo via via più irascibile, si limitarono a ringraziarci, evitandomi la figuraccia di usare nei loro confronti epiteti poco carini del mio tempo. Ed una cosa era fatta. Intanto la sensazione d’ansia diventava via via più pesante sul mio stomaco.

Una figura dai i capelli rossi mi salutò da lontano e riconobbi Rose. Le andammo incontro e ci sorridemmo. Le avevo riportato il vestito quella mattina presto e mi aveva invitata a fare colazione con lei e Caledon, ma avevo rifiutato gentilmente, dopo quella scenata che avevo fatto la sera prima stare con quei ricconi era l’ultima cosa che volevo. Con lei passeggiavano anche sua madre, Molly e il signor Andrews.

Pensai che chiacchierare un po’ mi avrebbe fatto bene, distrarsi faceva sempre bene. E sentendo la mano di Jack che stringeva la mia, conscia che per il momento il peso che avevo sul cuore sarebbe rimasto comunque, mi accinsi perlomeno ad alleggerirlo per un po’, prestando attenzione alle inezie che la vita su una nave quel’era il Titanic presentava.

 

Buonasera.

Oh, non intendo giustificarmi, sono troppo stanca al momento per mentire. La verità è che sono un’inguaribile pigrona, il più delle volte senza ispirazione che con. La buona notizia è che oggi mi sono messa al lavoro con una voglia incredibile di continuare e sappiate che fra due, massimo tre giorni pubblicherò un altro capitolo, il penultimo credo. Spero che chi mi segue non sia stato scoraggiato dal lungo periodo di sosta.

Ringrazio tutti coloro che recensiranno e gradiranno ciò che scrivo. Un grazie speciale a Fiordaliso, che mi sostiene e mi da sempre emozioni e spunti. Questo nono capitolo lo dedico a lei!

Detto ciò,

a presto <3

Hime02

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Parte prima ***


 

Capitolo 10 – Parte prima

 

Osservavo il tramonto appoggiata alla ringhiera della prua della nave, là dove si era girata la tanto famosa scena del bacio tra Rose e Jack. L’oceano era uno spettacolo meraviglioso, colorato dal caldo arancione del sole, ne sentivo l’odore pulito e fresco, regnava una pace assoluta. Quasi mi sembrava di sentire la canzone di Celine Dion, allora sarebbe stato tutto perfetto.

Risi tra me < Sono pazza > sussurrai con un mezzo sorriso.

< Ho un’insolita sensazione di deja-vu >. Il mio sorriso si allargò.

Se continua a dirlo, finirà per diventarlo davvero.

Eccolo, stava iniziando a mancarmi. Ci eravamo lasciati un quarto d’ora prima perché doveva metter pace tra Tommy e i due tipi che condividevano la cabina con lui. Evidentemente c’era stato qualche litigio e un po’ troppo alcool.

< Quanti giorni sono passati? >

< Quattro >

< Piuttosto un’eternità >. Mi abbracciò da dietro e posò il mento sulla mia spalla.

< Vuoi dirmi cosa pensi? >

< A proposito di cosa esattamente? >

< Sai bene a cosa mi riferisco >

Jack.. Non dobbiamo più parlarci. Fa finta che noi due non ci siamo mai incontrati. Mai parlati. Mai sorrisi. Mai avuti.

< Penso che dovrò tornare a casa Jack. Non possiamo stare insieme, quello che mi è successo è innaturale, è.. impossibile >. Dissi, ingoiando il dolore che mi provocava dirlo ad alta voce. Non mi guardò, ma scrutava il legno, come se fosse in difficoltà, in tensione con se stesso. Poi mi fissò, risoluto.

< Vengo con te >. Sgranai gli occhi, ma non mi lasciò il tempo di rispondere < Non ci trovo nulla di innaturale o ingiusto in quello che provo per te. Né è qualcosa di impossibile dal momento che è gia accaduto. Quello che voglio dire è che non so perché o come tu sia arrivata qui, ma mi fido ciecamente di te, di quello che dici, di quello che provi. I tuoi occhi non mentono. E staremo insieme qualsiasi cosa accada, è questo che devi pensare, non ad altro, non all’impossibile o all’innaturale. Capito Pen? >. Mi prese il mento con le dita e mi costrinse a guardarlo < Capito? >

Era evidente che Jack avesse qualcosa di magico, lo circondava, lo avvolgeva. E in quel momento stava mi trasmettendo la sua magia, perché mi sentii inondata da tutte le sue speranze, tutte le sue certezze, che alla fine erano le mie stesse. Doveva solo tirarle fuori e solo lui poteva farlo. Così, animata da una calma e una serenità che mi erano nuove, intrecciai la mia mano alla sua.

< Si Jack, ho capito >.

 

 

< Pen, che ore sono? >. Il sole era calato ormai e tutti erano a cena. Si sentiva la musica dei violini che suonavano nella sala ristoro della prima classe. Non avevo mangiato nulla dopo la colazione di quella mattina e sinceramente non avevo per nulla fame. Avevo un sasso difficile da digerire sullo stomaco e di certo non sarebbe stato facile farlo sparire.

< Come faccio a saperlo! Chiedi a quel signore lì > e indicai un uomo che fumava la pipa seduto su una sdraio. Era la stessa su cui ero apparsa per la prima volta?

< Scusate, potete dirmi l’ora per piacere? >. Questi guardò il piccolo orologio da taschino e ci guardò con aria di sufficienza.

< Le nove e mezzo signori >

< Vi ringrazio > e riprendemmo a camminare.

< Sembra che il tempo non passi mai. Cosa possiamo fare? > chiesi inquieta.

< Nulla, se non aspettare. Stai calma >

< Ma come faccio ad essere calma?! Non ho fatto abbastanza, moriranno moltissime persone! >. In quel momento vidi il Capitano Edward Smith che si dirigeva verso la timoneria e, guidata solo dall’impulso, corsi verso di lui.

< Capitano, si fermi un secondo. Mi ascolti, la prego >. Lui si fermò come gli avevo chiesto e mi guardò perplesso.

< Mi dica signorina, c’è qualche problema? >. Aveva una luce buona negli occhi e in quel momento provai vera disperazione. Sarebbe morto, sarebbero morti tutti.

< No, ma veda, il mare è così tranquillo, piatto come una tavola, non vi è la luce della luna, ci sono molti più rischi di non avvistare in tempo un iceberg e scontrarvisi e.. >

< Signorina si calmi, è tutto sotto controllo >

< Non ne dubito, ma non sarebbe meglio diminuire la velocità? Insomma per prevenire ogni rischio >.

< Faremo il possibile, come abbiamo sempre fatto > mi rispose con un sorriso benevolo < Con permesso > e mi superò, lasciandomi lì a torcermi le mani.

Jack, che era rimasto poco distante ad ascoltare, mi raggiunse.

< Adesso hai fatto tutto quello che potevi fare senza destare sospetti o metterti nei guai Penelope. Andrà tutto bene, sta tranquilla >

< Sono sicura che non mi abbia presa sul serio >. Avevo un brutto, bruttissimo presentimento. E il tempo, il tempo non passava mai.

 

22.00

< Cosa pensi succederà Jack? >

< Andrà tutto bene >

< E’ la millesima volta che lo dici >

< Perché è la verità >.

Silenzio.

< Di cosa hai paura Penelope? >

< Del futuro. Di vedere tanta gente morire. Di veder morire te. Di morire io stessa >

Silenzio.

Il tempo non passava mai.

 

22.30

< Non so quasi nulla di te Jack >

< Abbiamo tanto tempo >

< E se cosi non fosse? >

< Ne abbiamo già parlato.. >

< Baciami, ti prego >.

Il tempo non passava mai.

 

23.15

Mancavano venticinque minuti e le risate e le chiacchiere delle persone a bordo mi trapanavano il cervello. Nella mente avevo però le loro urla agghiaccianti. Iniziava a salirmi la nausea.

< Jack. Non mi sento bene >

< Cos’hai? >. Non gli risposi, ma corsi verso il parapetto e vomitai. Avevo sempre odiato quella sensazione di voltastomaco, tutto mi vorticava attorno e tremavo. Dopo alcuni secondi realizzai che Jack mi teneva per la vita scostandomi i capelli dal viso con dolcezza.

< Non hai i nervi in buono stato. Ti avevo detto di stare calma > mi disse, ma io non avevo forze per rispondergli. < Ti vado a prendere dell’acqua. E anche qualcosa da mangiare. Siediti qui e aspettami >.

Feci come mi aveva detto senza protestare e mi abbandonai sulla sedia pieghevole. Quando Jack tornò indietro mangiai due tramezzini ripieni di funghi, insalata e pomodori e bevvi due lunghi sorsi d’acqua. In effetti mi accorsi di avere una fame incredibile solo quando misi in bocca il cibo. Mi sentii subito meglio e mi tirai su.

< Grazie >

< Di niente. Hai anche ripreso un po’ di colore in viso, sembravi un fantasma >.

Gli rivolsi un mezzo sorriso, accarezzandogli una guancia. Prese la mia mano e se la portò alle labbra, facendomi chiudere gli occhi per sentire meglio quel contatto.

 

23.35

Tre gong.

< Iceberg dritto a prua!!! Iceberg dritto a prua!! >

Ebbi un tuffo al cuore e immediatamente riaprii gli occhi.

< Merda >. Jack non mi lasciò la mano e senza dirci nulla, iniziammo a correre verso la timoneria per guardare. Ed eccolo, l’iceberg, dritto davanti a noi, quasi trasparente, che si accordava perfettamente con l’atmosfera di quella notte fredda e stellata.

< Oh no.. > mormorai, non accorgendomi di quanto forte stessi stringendo la sua mano. Lo guardai e vidi che continuava a tenere gli occhi su quel grosso pezzo di ghiaccio.

< Virerà in tempo vedrai > mi disse, senza aspettarsi una mia risposta. Eravamo proprio all’estremità della prua e lì rimanemmo, in un’asfissiante attesa. Ci avvicinavamo sempre di più e il cuore mi batteva all’impazzata. La nave iniziò a girare verso sinistra impercettibilmente e io trattenni il respiro.

E’ troppo tardi. Dio mio, salvaci.

Eravamo così vicini all’iceberg che se mi fossi sporta l’avrei toccato con le dita.

< Ci schianteremo! Spostatevi di li, voi due! > ci gridò un uomo, ma non lo ascoltammo e due secondi dopo avvertimmo un forte colpo sul fianco della nave e rischiai quasi di cadere nell’oceano. Per fortuna avevo un buon senso dell’equilibrio. Fu come se un pezzo di stoffa venisse lacerato ed io mi sentii morire dentro. Avevo fallito, non ero riuscita a fare niente e tutti, me compresa, rischiavamo la morte. Sotto i nostri piedi il pavimento della nave iniziò a tremare e sul ponte piovvero pezzi di ghiaccio, rotolando come se fossero biglie.

< Gli uomini.. Gli uomini che lavorano nelle caldaie.. > singhiozzai e Jack mi prese tra le braccia, muto, come se stesse perdendo la fiducia in tutto quello che aveva creduto fino ad allora. Tutto ciò che avevo predetto si era avverato, nonostante avessi cercato in tutti i modi di evitarlo: forse esisteva davvero il destino. Alcune persone avevano cominciato a giocare con un pezzo di iceberg e sentivo ancora le loro dannate risate che si trasformavano in grida di aiuto.

< Ascoltami Pen, non devi lasciarti prendere dal panico o dalla disperazione. Vieni muoviamoci! >. Stretta alla sua mano mi lasciai guidare e capii che si dirigeva verso la cabina. Incrociamo il Capitano ed altri signori, tra cui il signor Andrews e ne sentimmo un pezzo del discorso.

< .. e la stiva postale è ridotta ancora peggio. >

< Riuscite a puntellare? >

< No, a meno che le pompe non lavorino più veloci >.

Jack si fermò < Dannazione, è gravissimo >

< Lo so. Si allagheranno cinque compartimenti. La nave potrebbe sopportarne quattro allagati e rimanere a galla, ma non cinque. Mentre affonda a prua l’acqua salirà sul ponte arrivando fino a poppa e non c’è alcun modo di impedirlo >. Gli ripetei con angoscia le parole che sicuramente il signor Andrews stava pronunciando nel suo ufficio.

< In quanto tempo affonderà? > mi chiese con tono preoccupato.

< Un’ora, due al massimo >. In quel momento ci imbattemmo in Fabrizio e Tommy che cercavano di salire sul ponte preceduti da un bel po’ di topi. Dietro di loro altra gente che scappava dall’acqua che stava già iniziando a dilagare.

< Ragazzi, siete qui! Non so che diavolo sta succedendo, abbiamo trovato acqua nella cabina e ora stiamo seguendo i topi >

Jack allora si rivolse a me < Penelope. Dicci dove dobbiamo andare >

Tommy mi guardò < Cosa può saperne lei? >

< Non c’è tempo per le spiegazioni Tom >. Io inspirai profondamente.

Se qualcosa sarebbe andato storto, dovevo comunque essere sicura che Jack non sarebbe morto.

Un’improvvisa determinazione mi venne in soccorso.

< Su. Andiamo sul ponte >.


Buonasera. Come vedete non ci ho messo quattro mesi per aggiornare e nonostante questo sono molto soddisfatta del capitolo! Il decimo però era uscito troppo lungo, così ho deciso di dividerlo in due parti, la seconda la posterò tra una settimana, così ho il tempo di riguardare bene tutto. Spero che percepiate tutta la passione che ho messo in questa storia! Ringrazio vivamente i lettori e in particolare chi recensisce, sono loro che mi danno la carica per fare un buon lavoro.

Vi voglio bene

Hime02

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Parte seconda ***


Capitolo 10 – Parte seconda

 

Lì sul ponte regnava una confusione terribile: gli ufficiali si stavano occupando delle scialuppe. Già molta gente era presente e si accalcava in attesa di poter salire e salvarsi e quasi tutti, tra cui Tommy, indossavano il salvagente.

< Signore e signori, ho bisogno della vostra attenzione, per favore. Venite da questa parte, per favore. Cosi, venite verso di me. Grazie >. Eccole, le prime facce impaurite della gente, che avanzavano timorose seguendo le parole dell’ufficiale. < Per il momento mi servono solo donne e bambini; signori vi prego, rimanete dove siete >. In quel momento i quattro musicisti cominciarono a suonare la loro Danza Nuziale. I minuti passavano e le persone si facevano sempre più audaci e pressenti, desiderose di mettersi subito in salvo. Stavano iniziando a calare la prima scialuppa, quando mi feci avanti, ma non per salirci.

< Signore queste scialuppe possono contenere sessanta persone. Qui ce ne sono la metà! E non mi dica che non eravate sicuro del peso, sono state collaudate a Belfast con il peso di settanta uomini! Se lo sapesse il Capitano vi.. >. Lightoller si girò a guardarmi stralunato, conscio della verità nelle mie parole. Aveva il volto sudato e il respiro accellerato e non avrebbe retto a lungo la tensione e l’agitazione della situazione.

Mi voltò le spalle < Avanti! C’è posto per altri donne e bambini >.

Bene.

Jack, Tommy e Fabrizio mi guardavano increduli, ma io non mi persi in spiegazioni. Avevo molti pensieri per la testa, anche quello di Rose, ma capii che si, lei si sarebbe salvata. Nessun motivo più l’avrebbe fermata dal salire su una scialuppa. Qualcun altro aveva bisogno di aiuto: mi ero infatti ricordata del triste destino che attendeva la terza classe, bloccata ai piani inferiori per non creare maggiore confusione.

< Jack! Devi accompagnarmi giù, devo fare una cosa >.

Mi fissò con una strana luce negli occhi, ma non chiese niente < Certo >

Mi voltai verso i miei amici < Ragazzi per favore, non attaccate briga con gli ufficiali. Sicuramente spareranno a qualcuno >.

Poi, preso per mano Jack, mi misi a correre verso le scale che ci avrebbero portati alle cabine di terza classe.

< Dove stiamo andando? >

< Giù i cancelli sono chiusi e le persone sono bloccate. Dobbiamo far salire anche loro, è un’ingiustizia! >

Quello che trovammo fu un vero inferno.

< Aprite i cancelli! >

< La nave sta affondando! >

< Dateci la possibilità di salvarci! >

A queste grida si aggiungevano quelle degli operai che incitavano alla calma.Bisognava intervenire, prima che la situazione degenerasse e uscissero quelle pistole che odiavo tanto. Un operaio si pose davanti a noi, evidentemente scambiandoci per passeggeri altolocati, dicendoci di salire sul ponte immediatamente e di trovare una scialuppa.

Jack lo interruppe < Apra i cancelli  >

< Mi dispiace, non è possibile >

< Apra subito questi cancelli! >

< Fate come vi ho detto >

Dall’altro lato vidi una donna che stringeva i suoi due figli, guardandosi attorno spaventata, uomini disperati che si avventavano contro le inferriate, gridando come folli, una vecchia straniera che mormorava parole incomprensibili, piangendo. Fui presa da una furia incontrollabile e presi per il colletto l’uomo che ci impediva di salvare, perlomeno tentare di salvare, quella gente mandandolo a sbattere contro il muro.

< Maledizione, vuoi che muoiano tutti?! Sei un pazzo idiota, un assassino! Apri subito questi dannati cancelli! > Gridai, guardando con odio il suo sguardo impaurito. Subito prese la chiave e fece come gli avevo detto. Non appena furono liberi, tutti si lanciarono fuori, correndo verso la scala che li avrebbe portati su. Nella calca, persi di vista Jack ed ebbi una gentile gomitata in testa che mi fece cadere. Cercavo in tutti i modi di divincolarmi e trovare una via d’uscita da quell’ammasso di gambe e fui pestata da un bel po’ di piedi. Iniziavo a respirare a fatica. Urtai la testa contro qualcosa.

Poi il buio.

 

< Svegliati, Pen, ti prego! >

Percepii delle mani sul mio viso freddo. Socchiusi gli occhi e lo vidi.

< Jack.. > sussurrai, prendendo pian piano cognizione del mio corpo. Non sentivo più le gambe, né il bacino.

< Dio mio, per fortuna ti ho trovata in tempo. Andiamo >. Mi sentii improvvisamente sollevare e solo allora capii che ero rimasta giù, in terza classee l’acqua mi aveva quasi sommersa: ancora qualche minuto e sarei affogata. In quel momento amai Jack più di qualsiasi altra cosa al mondo; mi aveva salvato la vita, mi aveva cercata e non si era rassegnato. Ma d’altronde non c’era di che sorprendersi, lui era così. Posai le labbra sul suo collo bagnato di acqua e sudore e ora anche delle mie lacrime.

< Merda. Penelope, ce la fai a correre?  >

< Si >. Mi mise giù ed ebbi un capogiro. Poi sentii degli strani rumori e non feci neanche in tempo a voltarmi che la pressione dell’oceano buttò giu la parete del corridoio e una valanga d’acqua iniziò a scorrere velocemente verso di noi.

< Corriii! > urlò e ci slanciammo verso un altro corridoio, ma venimmo travolti e il gelo mi entrò fin nelle ossa.

< Oddio Jack! >.

Le luci si erano spente e non lo vedevo più, ma sentivo la sua voce vicina a me; incapaci di reagire, venimmo trascinati fino ad uno di quei cancelli chiusi. Oh no. Era la stessa identica scena del film.

Non toccavo più il pavimento con i piedi ormai.

< Vieni! Penelope, da questa parte! > mi indicò un’altra scala a sinistra e afferrandoci ai tubi del soffitto e lottando contro la corrente e l’intorbidimento dei muscoli, riuscimmo a raggiungerla.

< Forza, sali! > mi diede la mano e salimmo gli scalini tirandoci fuori da quel gelo. Ma avevamo poco tempo, un altro cancello chiuso.

< Oddio, no >

< Aspetta Jack! Ora passerà un uomo > esclamai con il fiatone e la poca forza che mi era rimasta.

< Come fai ad esserne sicura? > mi chiese, nel mio stesso stato.

Proprio allora uno degli inservienti ci passò davanti correndo.

< Signore, la prego ci apra, per favore! >. Ci vide e stava per andarsene, ma poi ci ripensò e prese il suo mazzo di chiavi per liberarci da quella morte certa. Sapevo che quel dannato mazzo gli sarebbe caduto di mano ed ero pronta a calarmi sott’acqua per prenderlo. Infatti quando accadde, dopo che ebbe pronunciato < Mi dispiace > ed essere fuggito via, mi abbassai e, avendo l’abitudine da sempre di andare sott’acqua ad occhi aperti riuscii a recuperare le chiavi, guadagnando tempo.

< Le ho prese, Jack! > balbettai freneticamente.

< Brava! Dammele, presto! >

< Usa quella corta > urlai mentre l’acqua continuava a salire < Sbrigati, Jack! >

< Si è incastrata! >. Si, ma ce l’avrebbe fatta, lo sapevo. < Ecco, ce l’ho fatta! >

Lo aprimmo a fatica, cercando in tutti i modi di rimanere a galla. Nuotammo per qualche secondo, poi finalmente arrivammo all’asciutto. Eravamo completamente bagnati ed io ero esausta.

< Non abbiamo tempo, Pen, dobbiamo andare sul ponte! >

< Non.. non riesco >

< Vieni, ti porto io >

Mi fece salire sulle sue spalle. Sentivo i suoi muscoli tremare per lo sforzo e il suo cuore battere forte. Non seppi quanti corridoi, saloni e stanze attraversammo, ma mi sembrarono minuti interminabili quelli passati con la testa abbandonata accanto alla sua.

< Oh dio > pronunciò fermandosi e questo mi fece decidere a scendere e posare i piedi per terra.

Ce l’avrei fatta. Quando però mi scostai i capelli bagnati dalla faccia e mi guardai attorno capii il motivo della sua esclamazione. Era.. non c’erano parole per descrivere quella scena: la prua della nave era quasi completamente sommersa e c’erano persone, persone dappertutto. In acqua, sulla scialuppa rovesciata, persone che tentavano di riguadagnare il ponte o che si buttavano direttamente nell’oceano, ed erano tutte come tante formiche che si dibattevano per non morire.

La poppa iniziava a sollevarsi.

Chiusi gli occhi, soffocando i singhiozzi.

I musicisti continuavano a suonare.

 

< Dobbiamo rimanere sulla nave il più a lungo possibile, forza! >. Ci facemmo largo tra quella gente di nuovo accalcata ed ora le sentivo davvero, quelle urla che imploravano aiuto.

< Oh no! Aspetta Jack! Fabrizio! Dobbiamo andare da lui! >

< Dov’è? >

Gli indicai il punto dove l’acqua era ormai sul ponte.

< Vado io. Tu aspetta qui! Tornerò, te lo prometto>

< No!! > gridai, ma si divincolò dalla mia presa e sparì inghiottito dalle persone che accorrevano nella parte opposta alla sua. Cosa avrei fatto adesso? Mi guardai intorno per qualche secondo sentendomi persa e preda della disperazione.

No.

Mi fido ciecamente di te, di quello che dici, di quello che provi. E staremo insieme qualsiasi cosa accada.

Anche io, anche io dovevo fidarmi di lui: aveva detto che sarebbe tornato perciò ci credevo. Così salii con notevole sforzo sulla base di uno degli alberi della nave e guardai verso il punto che gli avevo indicato, stando ben attenta a quel fumaiolo che nel film sarebbe piombato in mare.

Forza Jack. Avanti. Sbrigati.

Ecco che le corde che legavano il fumaiolo si allentavano, una ad una.

Ecco che il fumaiolo iniziava ad inclinarsi.

Ecco che acquistava sempre più velocità, producendo un rombo terrificante.

Ecco che ci fu l’impatto con l’acqua.

Ecco che di Jack non c’era traccia.

Urlai, ma non mi sentii nemmeno. Le lacrime scendevano copiose e mi accasciai, tutto perse di importanza, tutto prese contorni sfocati e caddi dalla mia postazione. Un uomo cercava di farmi rialzare gridandomi qualcosa, ma non lo sentivo, non sentivo più niente. Mi afferrò la faccia con le mani e mi costrinse a guardarlo. Mi sforzai di metterne a fuoco il viso e..

< JACK! >. Lo abbracciai baciandolo con tutta la forza che avevo, toccandogli le spalle, il viso, le braccia, accertandomi che stesse bene e che non fosse un sogno.

< Lo so, tesoro, lo so. Pen, forza dobbiamo salire più su! >

< E Fabrizio? >

< Sono qui >. Eccolo, con il salvagente sporco del sangue di Tommy, che non si era salvato. Un debole sorriso mi apparve in volto e insieme cominciammo a farci largo tra la gente a forza di spinte e gomitate. Jack mi spinse e tutti riuscimmo a salire gli scalini che portavano all’estremità della poppa. Superammo molte persone, ma camminare era via via più difficile data l’inclinazione sempre maggiore della nave. Vidi il prete che pregava con passione tenendo per mano alcuni fedeli. Vidi uomini e donne che cadevano in acqua, gridando. Vidi gente che, come noi, correva per arrivare su.

E non smettevo di piangere e non me ne accorgevo.

Ormai Jack mi tirava incitandomi a non mollare.

Ora riuscivo a scorgere il parapetto, a cui già qualcuno si era aggrappato. Trovammo un posto e noi tre ci aggrappammo allo stesso modo.

< Fabrizio stai bene? >

< Si amico. E voi? >

< Bene. Che fine ha fatto Tommy? > chiese, ma Fabrizio scosse la testa, con espressione addolorata. Allora Jack chiuse gli occhi e con un braccio mi trasse a sé.

< Avevi ragione, avevi ragione su tutto >. Non gli risposi, stringendolo e mi baciò la fronte. Era spaventato, lo percepivo. Alla nostra sinistra c’era una donna bionda con gli occhi azzurri che mi guardava con lo stesso terrore di tutti noi. La poppa si alzava sempre più e qualcuno già iniziava a perdere la presa e scivolare con tavoli sedie e altri oggetti verso l’inesorabile morte.

L’illuminazione cessò e tutto piombò nel buio.

< Jack > parlavo con la voce rotta dal pianto < Adesso la nave si dividerà in due >.

E già si sentiva il rumore delle travi di legno che si spezzavano. Un rumore terribile sovrastò le urla, i gemiti, gli atroci lamenti e qualche secondo dopo la poppa ricadde di nuovo sul pelo dell’acqua, uccidendo quanti erano a galla sotto. Mi accorsi di star emettendo gemiti terrorizzati solo quando Jack mise una mano davanti alla mia bocca.

< Shh, Penelope, andrà tutto bene >. Ma ormai non ci credeva nemmeno lui.

Percepii che ci stavamo di nuovo alzando verticalmente.

< Dobbiamo spostarci! >. Jack usò come appiglio un palo che era a fianco a noi e si portò dall’altra parte del parapetto. In quel momento Fabrizio perse la presa e cadde.

< NO!! >. Anche Jack adesso aveva gli occhi lucidi < Dannazione, no! Dammi la mano Pen, ti aiuto a scavalcare! >.

 Allungai il braccio e mi prese < Coraggio, non ti lascerò andare. Forza ti tengo >. Feci forza sulle gambe, ma qualcosa andò storto. Forse avrei dovuto prestare più attenzione e non mettere il piede sul vestito.

Infatti scivolai e l’unica cosa che mi teneva su erano le mani di Jack. Urlai sentendo un formicolio allo stomaco dovuto al vuoto che avevo sotto i piedi.

< Ti tengo, Pen! >

< Jack > deglutii a vuoto, inghiottendo le mie stesse lacrime che ancora continuavano a scendere. Da quanto tempo scendevano? < Non lasciarmi, Jack! >.

Il mio braccio scivolava lentamente dalle sue mani ed io non riuscivo a salire < Non perderò anche te, Penelope! >.

Ormai piangevo a dirotto e lo guardavo, forse per l’ultima volta. 

< Ti amo Jack >

< Se dobbiamo morire, moriremo insieme > e fece una cosa che non mi sarei immaginata, nemmeno nei miei sogni più reconditi. Mollò la presa dal parapetto e si gettò nel vuoto insieme a me. Persa ogni presa iniziammo a precipitare Dio sa dove, ma le nostre mani non si lasciarono. E in un attimo tuttò si fermo, iniziò a sfumare e avvertii una già provata leggera nausea, cadendo nel buio dell’incoscienza.

 

Uno strano calore mi riportò alla vita. Sbattei le palpebre un paio di volte per rendermi conto di dove fossi.

Poi sgranai gli occhi. Nell’aria c’era l’incofondibile odore di incenso che alla mamma piaceva tanto, non potevo ingannarmi. Mi sollevai, e mi guardai attorno. Al mio fianco, il corpo di Jack, immobile.

< Jack! >. Strisciai ancora bagnata fradicia verso di lui accarezzandogli i capelli, incurante della pozza d’acqua che si allargava sul tappeto della mia camera. Non stavo ancora realizzando bene ciò che era successo o cosa avrebbe comportato, ma non me ne curai, in quel momento lui era il pensiero dominante in me. Posai la testa sul suo petto e sentii il cuore battere.

Era vivo!

Una gioia immensa mi invase e gli baciai gli occhi chiusi, la fronte, il naso, dovunque riuscissi ad arrivare e non mi sorpresi quando mi accorsi che lentamente iniziava a ricambiare i miei baci, passandomi una mano intorno alla vita e stringendomi convulsamente a sé. Non so quanto tempo passammo a baciarci, forse qualche minuto o ore o giorni.

Quando però ci staccamo si alzò e mi domandò dove fossimo finiti.

Io mi tirai su e gli sorrisi sgargiante < A casa mia! >.

Stupito alzò gli occhi e guardò la stanza, poi guardò me.

E infine mi prese in braccio, facendomi girare e ridendo come un bambino.


Ecco, non sono riuscita a trattenermi. Amo troppo questo capitolo, anche se rappresenta la fine di questa storia. Beh, la quasi fine, l'epilogo non mancherà (: Insomma, avevo deciso di pubblicare due finali diversi, ma mentre scrivevo, questo è venuto fuori da solo e così ho cambiato i miei piani. Siete delusi? Siete soddisfatti? In entrambi i casi spero di essere riuscita ad emozionarvi, a trasmettere tutta la disperazione di Penelope e il suo amore per Jack. Spero di essere riuscita a trasportarvi lì, sul Titanic, e a farvi vivere quegli istanti goccia a goccia. Aspetto con ansia i vostri commenti e vi ringrazio.

Devotissima,

Orihime02

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Epilogo

 

Sono passati un anno, tre mesi e 12 giorni da quando la mia vita cambiò radicalmente. Oggi è il 22 luglio 2013 e sono molto felice. All’inizio non è stato facile, dovunque Jack andasse si faceva notare, veniva osservato con stupore e chi ci parlava rimaneva sempre più sbalordito. Ovviamente nessuno potè lontanamente pensare che lui fosse proprio quel Jack, però l’incredibile somiglianza fisica e mentale era alquanto strana. Dovette anche cambiare cognome, non poteva certo presentarsi come Jack Dawson, Jack Miller andava abbastanza bene. Mia madre non fece molti problemi quando le chiesi se poteva stare da noi, solo che continuava a guardarmi di sottecchi e ancora non si spiegava come avessi fatto a bagnare il tappeto e il pavimento e il letto della mia stanza in quel modo in quella famosa notte. Quando la mattina dopo me lo chiese ero troppo felice di vederla per risponderle e le gettai le braccia al collo, dicendole quanto le volessi bene. Un po’ ruffiana come reazione, ma comunque efficace e poi ero davvero emozionata. Andare a scuola servì comunque a scuotermi da quello stato di inebetimento, dato che ancora nulla mi sembrava vero. Come biasimarmi?

Per molti giorni il mio più grande problema fu decidere se dire o non dire ad Elody la verità. Nonostante fosse la mia migliore amica non sapevo se mi avrebbe mai creduto. Alla fine però volli rischiare e mentre le raccontavo tutto sul divano del mio salotto, Jack era in camera mia ad aspettare di fare la sua conoscenza. Quando finii, non senza qualche brivido durante la descrizione delle ultime scene, mi guardò seria prima di pronunciare queste parole:

< Tesoro, la situazione sta degenerando. La prossima settimana andiamo insieme da uno psicologo ok? > e mi strinse la mano comprensiva. Io alzai gli occhi al cielo e le dissi di salire in camera mia.

Quando vide il mio ragazzo, (il mio ragazzo, suona maledettamente bene vero?), cadde in stato di shock. Lo fissava a bocca aperta ed emetteva solo strani versi. Ci vollero due giorni prima che si abituasse alla faccenda e la accettasse. Continuava solo a dire < E’ assurdo > ogni tanto scuotendo la testa.

Oh, quasi dimenticavo. Circa un paio di settimane dopo dovetti spiegare a Jack perché la sua faccia fosse così .. Famosa. Così gli feci vedere il film. Fu l’unico periodo buio della nostra relazione, perlomeno fino ad ora. Ma non gliene ho mai fatto una colpa, deve essere stato terribile per lui scoprire che veniva da un film. Che era un personaggio fittizio, interpretato da un uomo che da giovane aveva le sue fattezze. Non si sentì più lui e per giorni rimase chiuso in un ostinato mutismo. Con il tempo però ricominciò a vivere, anzi cominciò a vivere. Con il tempo imparò presto ad abituarsi al mio mondo ed era bellissimo vedere la sorpresa nei suoi occhi ogni qualvolta scorgeva qualcosa di nuovo per lui. Passavamo dei pomeriggi meravigliosi facendo passeggiate interminabili, fermandoci in un bar o  in qualsiasi altro posto. Veniva a prendermi da scuola e mi accompagnava e presto le mie compagne di classe mi chiesero scherzando se fosse proprio Jack Dawson. Ah, se avessero saputo! Ogni tanto il pensiero che possa cambiare tutto di nuovo getta delle ombre sulla mia felicità, ma cerco di non pensarci e vivere il presente.

Per il futuro non abbiamo ancora deciso cosa fare esattamente, ma ci piacerebbe frequentare l’università a Milano, la Puglia ci sta un po’ stretta. E lui è così ansioso di muoversi, il suo spirito d’avventura non si smentisce mai.

< Pen, tua madre ha chiamato e ha detto che stasera non torna a cena, perciò cucini tu >

< Ok >

< Che fai? >

< Scrivo >

< Questo lo vedo. Posso leggere? >

< Ancora un attimo e ho finito. E’ la nostra storia >

< Ah davvero? >

Si avvicina incuriosito, ma volto il portatile in modo che non possa leggere.

< Potrai solo quando avrò concluso >. La decisione di mettere nero su bianco è stata quasi una necessità, per ricordare, per percepire tutto più lucidamente. L’avrei pubblicata su internet e avrei atteso i commenti della gente, sapendo che nessuno, probabilmente, mi crederà mai, ma si sa, la speranza è l’ultima a morire. Sarebbe stato bello parlare con qualcuno di me e Jack in tutta libertà.

Mi alzo chiudendo il pc e lo bacio, perdendomi in quel piccolo squarcio della mia nuova normalità.

Quello che ho passato, che abbiamo passato, non lo dimenticherò mai e rimarrà sempre una parte fondamentale della nostra vita.

 

Una volta escluso l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, non può che essere la verità.

Arthur Conan Doyle

 

Fine

 

 

Eccomi qui. Mi sembra così strano concludere questa storia, dopo più di un anno. Scusate per tutte le attese, per ciò che non vi è piaciuto molto, se qualche volta sono stata distratta. Spero che comunque i miei sforzi siano stati apprezzati e che qualcosa di questa mia fanfiction vi sia piaciuta e vi ringrazio moltissimo per tutti i commenti, le letture e il tempo speso qui! Mi avete fatto una gran forza, sempre.

Per ultimo vorrei dire che dedico ogni singola parola ed emozione al mio Prof. di italiano, che mi manca moltissimo.

Per sempre vostra,

Orihime02

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