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lice
continuava ad accarezzare Blu con fare aggraziato, mentre ciondolava sulla
vecchia sedia a dondolo. Con gli occhi puntati nel nulla, pensava per
l’ennesima volta a come potesse essere quel colore, ma più ci rimuginava più
non riusciva ad immaginarlo. Viveva segregata in quella grandissima e
ricchissima camera da letto ormai da sedici anni, e non aveva la più pallida
idea di come fosse realmente il “mondo di fuori”. Una gabbia d’oro, ma per
quanto bella potesse essere, sempre una gabbia restava. I libri che la nonna le
portava non le davano una chiara visione di ciò che esisteva al di fuori di
quelle quattro mura, poiché sempre contrastanti fra di loro, ma sebbene quegli
scritti non riuscissero a darle le risposte che avrebbe voluto, non poteva fare
a meno di leggerli, poiché l’unico modo per evadere dalla sua prigionia.
“Blu,
che fai!” esclamò la giovane, dopo che il gatto scattò repentinamente via dalle
sue gambe.
“Ah… È arrivata…” sospirò lei,
vedendo Blu che graffiava la porta lignea. Poco dopo quest’ultima si aprì
lentamente, non prima però di essersi sentita la chiave girare all’interno
della serratura. Apparve una donna dall’aspetto molto anziano, che avanzò con
lentezza e con grande affannamento.
“Queste
scale mi porteranno alla morte” fece la nonna, pronunciando la frase spezzata
più volte dal fiatone. La giovane ignorò la spossatezza della donna e le fece
subito la sua consueta domanda: “Perché non mi permetti mai di uscire?”
La
vecchina, come ormai da copione, pose il vassoio con la cena sul grande tavolo
e si diresse verso la nipote, rispondendo per l’ennesima volta con la medesima
frase: “Lo capirai quando troverai il blu”
“Ma
nonna, che vuol dire di preciso?”
“Alice,
quante volte te lo devo dire… Eh va bene, ti
racconterò una storia”
“Ma…” iniziò la ragazza, arrestandosi subito. Le raccontava
sempre la stessa storia, ma sembrava che per la nonna fosse così importante
parlarne che Alice non riusciva mai ad impedirle di narrare, e quando esponeva
quella stessa vicenda aggiungeva un piccolo dettaglio in più rispetto alle
volte precedenti.
“Fresco,
tranquillo, meraviglioso. Il blu era così, il colore più bello di tutti. Ma gli
uomini ne facevano sempre più spesso un uso scorretto, ed è per questo che ce
n’è stato privato. Le tonalità del blu hanno finito per schiarirsi, a volte
hanno del tutto cambiato colore, finché non si è estinto del tutto. Senza un
colore così importante il mondo è entrato nel caos, avendo così la sua
punizione per averne abusato. Anni sono passati prima che si è riusciti a
mitigare la confusione a cui si è giunti, ma nonostante gli uomini si siano
abituati alla mancanza del blu, molti di essi sostengono che ancora rimangano
tracce di questo colore, e sono alla sua folle ricerca…”
poi la vecchina smise di parlare, terminando il racconto prima del solito.
“Nonna?”
fece la ragazza pochi istanti dopo, poiché si rese conto che la voce della
donna aveva smesso di fare da sottofondo ai suoi pensieri.
“Nonna!”
esclamò ancora, davvero preoccupata. Quella aveva il viso marcato dal dolore,
tant’è che finì a terra in pochi istanti. La nipote si gettò accanto a lei, nel
panico più totale.
“Non… non rivolgere lo sguardo mai a nessuno” disse con
tutto il fiato restante in corpo, per poi chiudere gli occhi per l’ultima
volta. Le lacrime presero a scorrere sulle guance della giovane per qualche
secondo. Poi uno scricchiolio portò Alice a voltarsi e a vedere Blu,
accovacciato sulla soglia di una porta che per la prima volta non era sinonimo
di prigionia, ma di libertà.
L’ho scritto in… tre minuti? O forse erano quattro? Non so, comunque è
da un po’ che non scrivevo fantasy, e di getto ho scritto la prima cosa che mi
è venuta in mente… Sarà una nuova esperienza per me,
quella di essere sia scrittore che in un certo senso lettore, visto che non ho
ben chiaro l’andamento della storia e che la scoprirò pian piano. Spero vi
piaccia, in caso le recensioni sono sempre ben accette!
iù
scendeva, più l’ansia saliva. Gli scalini scricchiolavano di tanto in tanto, e
Alice si domandava quando finalmente sarebbe giunta al pian terreno. Non
immaginava di aver vissuto in una camera tanto alta, eppure era così. Una volta
aveva letto un libro del genere, su di una fanciulla che era rinchiusa in
torre… Ma almeno la protagonista di quel racconto conosceva la ragione della
sua prigionia, a differenza di Alice.
Poi
si fermò. E con lei anche Blu. La stanza che adesso si trovava di fronte era
ancor più grande di quanto non fosse la sua stessa camera, e la ragazza fu
pervasa da un’inspiegabile sensazione. Non capiva neanche lei se fosse timore,
curiosità, sconforto, o chissà cos’altro. Prese ad esaminare la vasta area,
prendendo tra le mani oggetti di cui ignorava totalmente l’utilità, ma che ai
suoi occhi apparivano fantastici. Poi un tonfo, che la fece sussultare.
“Blu!”
esclamò la ragazza infuriata con l’animale, che aveva fatto cadere una grossa
pentola. Alice mise la mano sul petto, avvertendo così la rapidità con cui il
suo cuore batteva. Ispirò ampiamente un paio di volte, dopodiché prese il
lumino alla sua destra e si diresse verso l’oggetto che Blu aveva fatto
schiantare al suolo. Alice osservò il suo riflesso distorto nel metallo, ma si
rese conto solo dopo alcuni secondi che quell’immagine deforme fosse in realtà
lei stessa. Nella sua camera non vi era neanche uno specchio, a dire la verità
la ragazza non sapeva nemmeno cosa fosse. La nonna faceva sempre particolare
attenzione a non portarle nulla col quale la nipote avesse potuto anche
soltanto minimamente riflettersi. Alice non sapeva come fosse il suo volto e,
stando alle frottole della vecchina, nessun uomo conosceva il proprio viso.
Poi, per l’ennesima volta, Blu riportò alla realtà la padroncina, miagolando
rumorosamente. Alice lasciò l’oggetto sul pavimento, si diresse verso il micio
e posò la lucerna su di un tavolino, non distogliendo lo sguardo dal gatto.
“Devi
fare il bravo” gli ordinò la ragazza, anche se ormai conosceva l’indole scatenata
di Blu. Lei si inginocchiò, senza distogliergli lo sguardo, e lo prese
delicatamente tra le sue braccia, avvertendo così il suo morbido pelo. Ma il
povero gatto si ritrovò subito a terra, lasciato cadere noncurante al suolo.
Fortunatamente del tutto illeso, tornò ad osservare la padrona. Quest’ultima
fissava dritto davanti a sé, immobile.
E
osservando il blu dei suoi occhi, le fu chiaro il motivo della sua prigionia.
sservava il suo volto con
enorme stupore, ma non riusciva a rendersi conto di quanto bello in realtà
fosse. D’altronde era comprensibile, dato che la povera ragazza non aveva alcun
termine di paragone con cui confrontare la sua bellezza. Capelli biondi, guance
pallide, labbra rosse come il sangue che spiccavano su una pelle tanto candida,
e occhi… blu! Nonostante Alice non lo avesse mai visto, sapeva che era
confinato nelle sue iridi, perché era un colore fresco, tranquillo, e soprattutto
meraviglioso. Fu però inevitabile per la giovane chiedersi perché quella
maledizione non aveva privato anche i suoi occhi del blu, ma ovviamente, questa
domanda sarebbe rimasta priva di risposta. Guardò poi la grande porta d’ingresso, e
nonostante le imprimesse dentro l’animo un gran terrore, Alice pretendeva la
libertà. Si sentiva pronta a lottare contro la sua paura, a lottare contro un
mondo a cui apparteneva, ma che ne era stata allontanata senza permesso.
“Blu!” chiamò Alice. Il micio
si gettò tra le gambe della padrona, facendo cadere, forse intenzionalmente,
altri oggetti dal tavolo sul quale nel frattempo era salito. Stavolta Alice non
lo rimproverò, non le importava nemmeno, ma avanzò al gatto una richiesta, con
la certezza che il micio avrebbe capito.
“Blu, ti prego, aiutami a
trovare qualcosa che riesca a coprirmi gli occhi”
Il gatto la squadrò un attimo,
e poi balzò via, in cerca di qualcosa che potesse aiutare la ragazza. Anche lei
stessa iniziò a cercare, ma poi vide una piccola sacca e pensò che sarebbe
stato folle evadere dalla sua prigionia senza munirsi di qualche utile risorsa.
Prese dunque la sacca, la mise a tracolla, e la riempì con gli oggetti più
utili che riuscì a trovare, finché questa non fu del tutto piena.
“Pronta!” esclamò Alice,
cercando più che altro di convincere se stessa. Intanto Blu era tornato
indietro, col suo bottino che consegnò altezzosamente alla padrona. Quest’ultima
lo prese dalle fauci del felino,e lo esaminò con attenzione. Sapeva cosa
fossero, non ne aveva dubbi, e sarebbero stati perfetti.
“Miaooo” fece Blu, aspettando
impaziente le lodi mancate.
“Bravissimo Blu, sei un genio”
si complimentò lei, facendogli una lunga carezza. Poi si mise gli occhiali
scuri sopra il naso, e la stanza divenne ancor più tetra di quanto non fosse.
La notte era sopraggiunta da poco, forse sarebbe stato più prudente uscire alla
luce del sole, ma ormai la curiosità di Alice aveva preso il sopravvento sulla
paura di affrontare il mondo. E dunque, con grande risolutezza, fece
esattamente sette passi prima di giungere di fronte alla porta, per poi spalancarla.
Non era però a conoscenza, purtroppo, che tra quella porta e la libertà vi era
un’immensa voragine di sofferenza…
Okay… Tenere sulle spine non mi piace per niente!
Soprattutto quando ci va di mezzo la scrittura! Con Alice e il blu avevo in
mente di scrivere poco alla volta, ma non è stile che mi appartiene… Vi avviso
che sarà l’ultima volta che scrivo così poche righe, alla prossima qualcosa di
più sostanzioso! Parola mia!
l buio regnava oltre quella
porta. Alice era in grado di scorgere solo alcune ombre, che riusciva
parzialmente ad illuminare grazie alla flebile luce del lumino. Avanzò di
qualche passo, e tastò con la punta delle dita la corteccia dell’albero più
vicino. Era ruvida, eppure la ragazza fu pervasa da una piacevole sensazione.
Prese a respirare a pieni polmoni, all’interno dei quali filtrava ossigeno
purissimo. Riusciva ad avvertire odori mai provati prima, e Alice si sentì libera
davvero. Si tolse le scarpe e sentì l’erba punzecchiare piacevolmente i piedi
nudi. Per Blu invece era diverso, perché il gatto veniva “da fuori”, non aveva
vissuto sempre segregato in quella camera, anche se non rivedeva quel mondo da
anni ormai.
“Blu, andiamo” ordinò Alice, una
volta essersi rimessa le scarpe. Il fedele animale eseguì gli ordini, e i due
presero a camminare senza conoscere la loro destinazione.
Nonostante questo, padrona e
animale riuscirono in poco tempo a giungere in città. Si sentivano schiamazzi
in sottofondo, ma Alice non vedeva altro che desolazione. Ogni finestra era
chiusa, così come le porte. Sembrava non esserci anima viva, eppure quel
silenzio era rotto da un leggero vocio che la ragazza non riusciva a
rintracciare.
“Blu” sospirò Alice accorgendosi
di aver perso di vista il gatto.
“Blu!” esclamò nuovamente, sempre
senza superare il tono del parlato. E poi un miagolio.
“Mi hai spaventato!” lo riproverò
lei, aspettando inutilmente che si avvicinasse. La padrona gli fece cenno di tornare,
ma il gatto si ficcò nuovamente nell’angolo da cui era sbucato. Alice si
avvicinò, e fece in tempo a vedere Blu sparire in quel lungo e stretto
corridoio. I due edifici che formavano l’angusto passaggio erano vicinissimi
l’un l’altro, e se Alice non fosse stata davvero magra, non sarebbe mai
riuscita a passare. Nonostante questa sua caratteristica, la ragazza incontrò
ugualmente qualche difficoltà, tant’è che giunta a metà tragitto si sentì
mancare il fiato. Si pentì di essere fuggita, iniziò a respirare più velocemente,
ma le mura impedivano ai polmoni di gonfiarsi a pieno. E l’ansia aumentava, e
una singola lacrima le scivolò dal suo occhio blu. Poi sentì un rumore che la
fece tornare lucida. Era ancora viva, anzi, lo era per la prima volta. Alice
realizzò allora che un passaggio stretto non potesse impedirle di assaporare la
sua libertà, così risucchiò lo stomaco il più possibile e continuò ad avanzare,
passo dopo passo. L’ultimo mezzo metro lo superò con un repentino balzo, e la
giovane finì a terra, così come gli occhiali. Guardava il suolo, che sembrava
brillare di rosso. Strisciò verso le lenti, le inforcò e si rialzò. E rimase
esterrefatta da ciò che vide.
Avevo detto che avrei scritto di
più, in parte è vero, perché l’ho fatto, ma non era quello che avevo in mente… Ma stavolta perché mi sono organizzato il lavoro, e
dal prossimo capitolo ci sarà una differenza abissale…
Quindi, preparatevi!
’aria brillava di un rosso
acceso, e la gente in mezzo alla strada brindava e festeggiava. Molti erano i
visi degli uomini ubriachi, mentre le donne sembravano non avere pudore nello
svendersi al primo che portava loro qualche soldo. Stavolta il rumore si
sentiva chiaramente, e tutto quel chiasso bombardava la testa di un’Alice del
tutto spaesata. Prese subito le ricerche del fedele animale, bisognosa di avere
accanto l’unico essere conosciuto. In tutto quel trambusto non sarebbe però
stata una facile impresa…
“Ti sei persa, ragazzina?”
domandò un uomo barbuto e rozzo, dal volto paonazzo e dall’alito che odorava di
alcol, anche se Alice non sapesse neanche cosa fosse. La ragazza ignorò l’uomo
e prese a camminare aumentando leggermente la velocità. Fu fermata
successivamente da altre due persone, prima da un vecchia acida, e
successivamente da un mendicante.
“Mi dispiace” sibilò la
ragazza, per evadere velocemente alla richiesta di denaro del pezzente. Ma sarà
stato anche povero, eppure i soldi per un drink li aveva trovati. Già, ancora
Alice non aveva trovato un solo uomo che non fosse brillo. Almeno, in questo
modo, la gente non faceva troppo caso agli occhiali scuri della giovane
indossati in piena notte.
“Blu!” iniziò a chiamare, ma
non ci fu un secondo richiamo. Troppi occhi indiscreti finivano su di lei. Poi le
parve di sentire uno strano sibilo e cercò l’origine di quell’ennesimo suono
che si aggiungeva ai già numerosi rumori.
“Pss!” fece una strana figura
nascosta in un vicolo buio. Alice si fece largo tra la folle e raggiunse quell’individuo
che scoprì presto essere una bambina dall’aspetto molto povero.
“Ciao” salutò Alice
inginocchiandosi per essere più vicina a lei.
“Ciao” ricambiò l’altra. Dopo un
po’ riprese a parlare.
“È la prima volta che vedo una
ragazza nel lato est della città”
“Lato est? Devi sapere che io
non sono di queste parti, mi piacerebbe che tu mi spiegassi meglio”
“La città è divisa in due, lato
ovest e lato est. Nel primo vi è molto movimento durante il giorno, nel secondo
invece durante la notte”
“Capisco” fece Alice
riflettendo.
“Senti, sei anche a conoscenza
di come sia sparito il blu?” domandò la ragazza, sperando di ampliare le
proprie conoscenze. Ma la bambina le rispose semplicemente guardandola
pietrificata, come se avesse detto una parolaccia.
“La mamma mi dice che non si
deve parlare del blu” tagliò corto lei.
“Oh… Scusami tanto”
“Però…” iniziò la povera
bambina.
“Però so chi ne sa molto più di
me” concluse, poiché voleva aiutare quella ragazza che le aveva donato un po’ della
sua compagnia.
“Davvero?”
“Sì… seguimi”
E le due uscirono dall’antro
buio nel quale erano nascoste.
a bambina portò Alice
nuovamente nel lato della città in cui il silenzio prendeva il sopravvento. Le
fece percorrere piccole stradine che la fecero giungere dinnanzi ad una piccola
casetta isolata dal resto dei palazzi. Non conoscendo il luogo esatto in cui si
trovava l’edificio, sarebbe stato assolutamente impossibile raggiungerlo.
“È qui dentro” disse la
bambina.
“Non entri con me?” domandò
Alice, vedendo l’altra intimorita.
“Non posso, non mi è permesso”
disse scappando l’istante successivo. La ragazza non fece in tempo nemmeno a
dirle grazie, che già si era volatilizzata. Osservò poi quella piccola casetta,
e bussò, ma la porta si spalancò immediatamente, come se questa non fosse stata
chiusa bene.
“Permesso?”
Nessuno rispose. La ragazza
iniziò dunque ad esaminare la dimora, più grande di quanto sembrasse all’esterno.
Sembrava proprio che lì vi vivesse una sola persona, data la misera quantità di
oggetti. Prese a scrutarne alcuni, finché non aprì per caso un carillon, la cui
melodia catturò il suo interesse. Dopo una trentina di secondi circa prese a
canticchiarla con voce molto bassa, come se già avesse sentito quelle note. Più
continuava il suono, più la ragazza riusciva ad assecondarlo meglio con la
voce. Non era però semplicemente perché stava apprendendo quel ritmo, ma perché
lo conosceva già. Poi un improvviso flash le si formò in testa, vide un’immagine
apparirle davanti. Quella strana visione durò solo un secondo, accompagnato da
un urlo di donna. Poi chiuse il carillon, non riuscendo più a sopportare quella
strana sensazione. Che stava succedendo? Perché conosceva quella melodia? Alice
non riusciva a capirlo, e questo la spaventava. Ma i suoi dubbi si fecero da
parte, una volta individuata quella porta con quel simbolo disegnato. Alice si
tolse la collana che aveva fin dalla nascita, e la mise a confronto con la
raffigurazione: erano identici. Ma allora il simbolo della sua collana celava
qualche segreto? La ragazza pensò che l’unico modo per scoprirlo era spalancare
quella porta, e non volle esitare un solo istante di più. Una volta aperta,
però, si ritrovò davanti qualcosa che le fece gelare il sangue. La stanza era
piena di suoi ritratti, di ogni età. Sembrava che chiunque vivesse là dentro
fosse ossessionato da lei. Eppure era certa che soltanto sua nonna fosse a
conoscenza della sua esistenza.
“Chi sei?” fece una voce alle
sue spalle. Alice si sentì contrarre tutti i muscoli dal terrore, avendo paura
dell’uomo in possesso di così tanti suoi ritratti. La ragazza si voltò molto
lentamente col cuore in gola, ma non appena lo vide il suo stupore raggiunse il
culmine.
“Nonno?!”
Non scrivevo Alice e il blu
da un sacco! Credo che questo capitolo mi sia riuscito abbastanza bene, mi
piace come stanno andando le cose. All’inizio mi dava fastidio che non
riuscissi a scrivere molto, ma adesso lo apprezzo. Un po’ alla volta mi sto
rendendo conto di scrivere qualcosa di carino, certamente non un capolavoro, ma
carino senz’altro! Ringrazio AngyAngioletto per tutte
le sue recensioni, anche perché è l’unica che recensisce, nonostante la storia
sia seguita da diverse persone! Scusate comunque se vi ho fatto aspettare
tanto, spero di riprendere il ritmo giusto e di stupirvi al massimo!
“Sì… E tu sei mio nonno, vero?
La nonna mi ha fatto vedere molte volte delle vostro foto insieme, dicendomi
che eri morto!”
“Lo credo bene che te l’abbia
detto, era l’unico modo per salvarti… Ma adesso non capisco perché ti abbia
fatto andar via dalla tua stanza!”
Alice allora non riuscì quasi a
ribattere, pensando alla povera defunta nonna.
“Ecco ” incominciò lei. Il
vecchio però decifrò il silenzio della giovane e, senza più guardarla in viso, le
chiese di uscire.
“Ma perché, nonno?”
“Vattene subito da casa mia, tu
non sei mia nipote!”
Alice però non mosse un solo
passo.
“Ti decidi ad and…” fece il
nonno bloccandosi subito dopo aver risollevato lo sguardo, incrociando quello
della nipote. Adesso era certo, senza quegli occhiali che le coprissero quelle
perle azzurre. Non riusciva quasi a crederci, aveva davanti a lui l’adorata
nipotina che era certo non avrebbe mai più rivisto.
“Nonno, che devo fare? Ho
paura!” ammise la ragazza sull’orlo del pianto. Il vecchio quasi non sapeva
cosa rispondere, ma poco dopo prese a parlare.
“A questo punto è inutile
nasconderti la verità. Volevamo tenere questo segreto ancora per qualche anno,
ma a quanto pare non ne siamo stati capace. Siediti” e così Alice si sedette,
esattamente come il nonno, che prese a raccontare.
“Devi sapere, mia cara Alice,
che la maledizione che ha portato via il blu dal mondo prevedeva che qualunque
cosa esistente sarebbe stata privata di questo colore, e che nient’altro nel
futuro avrebbe potuto possederlo…”
“E cosa ha fatto in modo che i
miei occhi non perdessero il loro colore?”
“È semplice… Quando
l’incantesimo stava agendo, tua madre ti stava mettendo al mondo. In questo
modo il sortilegio non ha agito su di te in quanto, seppur esistevi, non eri
ancora effettivamente nata”
Finalmente la ragazze ebbe le
spiegazioni che pretendeva, ma che non avrebbe mai immaginato minimamente.
“Sei nata proprio nel momento
esatto per conservare i tuoi meravigliosi occhi, ma questa non si rivelò altro
che una disgrazia. Tua madre morì subito per il parto, e affidò a me e a tua nonna
il compito di proteggerti. Così decidemmo di nasconderti in quella grande
dimora nel bosco, per evitare che qualcuno scoprisse che la maledizione non
avesse avuto effetto su di te”
Alice capì e perdonò le azioni
dei nonni, e si rese conto del peso che fece gravare su di loro. La ragazza
aveva però ancora troppe domande, e quel che era certo era che non sarebbe
tornate a vivere nella sua prigionia.
“Ma nonno… Perché tu sei
rimasto qui e non hai vissuto con me e con la nonna?”
“Non potevo farlo… Ma non posso
dirti il perché”
Alice non capiva proprio cosa
nascondesse il nonno, ma questi era del tutto restio a dirle la verità.
“Almeno puoi dirmi cos’è questo
simbolo?” chiese indicando la collana.
“È da sempre il simbolo della
tua famiglia”
“Vuoi dire che i miei genitori
erano nobili?”
“No. O almeno non entrambi. Tuo
padre era un duca, tua madre solo una serva. Comunque basta con le domande, hai
saputo fin troppo per oggi”
“Ma nonno, io ancora ho molte
cose da chiederti”
“Alice, no!. Va a riposarti, siamo
ancora nel cuore della notte, e domani, quando sarai in forze e dormiranno
tutti, andrai di nuovo nella tua vera casa”
“Ma nonno!”
“Niente ma! Adesso va a
dormire, c’è un letto più là in fondo”
Alice non replicò e andò via,
in direzione del letto. Si mise sdraiata e iniziò a rimuginare sui suoi
genitori, addormentandosi però quasi subito, mentre il nonno, in silenzio,
piangeva la scomparsa dell’amata moglie.
n flebile ma persistente rumore
continuava a martellare la testa di Alice, che riuscì a svegliarla dopo pochi
secondi.
“Che succede?” chiese lei a
tono basso, mezza addormentata.
“Blu!” fece lei, un po’ più
forte, senza però svegliare il nonno che russava leggermente. Si mise poi in
piedi sul letto e aprì la piccola finestrella sulla quale il gatto sbatteva le
zampette per richiamare l’attenzione della padroncina.
“Come ci sei arrivato fin
lassù?” domandò la ragazza, ma il gatto rispose con un semplice miagolio. Poi scese
giù dalle braccia di Alice, e si diresse verso un’altra stanza, venendo seguito
dalla padrona. Giunsero nella stessa stanza dove Alice aveva trovato il
carillon che si mise ad osservare, ma senza aprirlo. Non voleva rischiare di
svegliare il nonno, ma seppur non sentisse effettivamente la musica riusciva
ugualmente a percepirla nella sua mente, come se ormai la conoscesse benissimo.
Poi Blu tornò a strusciarsi tra le sue gambe, e Alice capì che volesse dirle
qualcosa.
“Che c’è, Blu?”
“Miaoo” fece lui, erigendosi di
scatto su due zampe e graffiando un cassetto, per poi tornare nella solita
posizione. Alice allora osservò prima l’animale e poi il cassetto, che aprì
lentamente. All’interno di questi vi era un solo oggetto, che prese e scrutò
bene prima di sfogliarlo. Era un semplicissimo diario che non esitò ad
invaderne la privacy.
Caro diario,
credo di essere rimasta incinta. Che devo
fare? Devo dirglielo? Un duca che ha un figlio da una serva, rovinerebbe la
reputazione della sua famiglia. Forse dovrei scappare e non rivederlo mai più,
devo farlo per lui… Per ora l’ho detto solo a mia
madre, e lei mi ha consigliato di aspettare che nasca mio figlio per poi
prendere una decisione. Ti terrò comunque aggiornato,
Rose
Alice rimase esterrefatta dalla
lettura, forse suo padre non sapeva neanche della sua esistenza. Doveva sapere,
e per questo tornò a leggere altre pagine.
Caro diario,
ormai è sicuro: aspetto un figlio. Devo
confessarti però che non appena ho avuto la conferma ho avvertito l’emozione
contrario a quella che credevo avrei provato… Ero
felicissima! Se è maschio lo chiamerò Frederick, se dovesse essere femmina invece… Non lo so ancora! Comunque devo andare, alla
prossima.
E poi ancora un’altra pagina
Caro diario,
oggi ho comprato un carillon da una melodia stupenda, che ho intenzione di
far ascoltare al mio bambino sin da subito… e ho
anche fatto un incontro che mi ha messo una strana inquietudine addosso. Mentre
camminavo per strada una zingara mi ha bloccato per il braccio e mi ha detto
una cosa che a pensarci rabbrividisco ancora… Mi ha
detto che la figlia che porto in grembo riporterà una cosa molto importante in
questo mondo, ma che… morirà facendolo!
Poi Alice smise di leggere,
sconvolta davvero da ciò che aveva letto. Ripose il diario della madre nel
cassetto, ancora tremante. Quella situazione era assurda, e seppur stesse
scoprendo diverse cose, molte altre ancora le erano del tutto ignare. Chi aveva
fatto scomparire il blu? Cosa nascondeva suo nonno? Perché non le avevano mai
raccontato di suo padre? E mentre queste domande facevano chiasso nella sua
testa, ecco che sentì bussare. Il nonno non se ne accorse, e Alice decise di
andare a vedere chi fosse. Così, col fedele compagno sempre alla calcagna, aprì
con cautela la porta, scoprendo con incredibile sgomento chi si celasse dietro
di essa…
on ci volle molto perché Alice
riconoscesse la stessa bambina che l’aveva aiutata a ricongiungersi con il
nonno. Con tutti quei lividi e graffi, però, non sembrava neanche lei. Adesso che
la poverina era accasciata tra le braccia di Alice, si capiva chiaramente che
si stesse sforzando per dirle qualcosa.
“Ma che ti è successo?” chiese
sconvolta la ragazza.
“Scappa” sussurrò di risposta
la più piccola.
“Perché? Chi ti ha ridotto
così?”
Ma quella non riuscì a
svelarlo, che morì.
“No! No, ti prego! Non puoi!”
fece Alice in lacrime. Non riusciva a crederci, eppure non respirava. Quella povera
bambina che aveva fatto di tutto per aiutarla aveva smesso di vivere e Alice
non conosceva neanche il suo nome. Poi i singhiozzi furono spezzati dalla voce
del nonno che chiamò freddamente il nome della nipote. Quest’ultima si voltò e
incrociò per un istante lo sguardo severo del vecchio, il quale spostò gli occhi
quasi immediatamente sul cadavere della piccola.
“Ma quella è…” iniziò lui
sorpreso.
“Nonno, che diavolo sta
succedendo?”
“Dobbiamo andare, non c’è un
secondo da perdere!” e detto questo si diresse verso la porta di casa. L’aprì,
e nonostante l’età riuscì ad avvertire un lieve brusio che sembrava avvicinarsi,
così la richiuse immediatamente.
“Alice, se ti trovano è la fine”
“Così mi metti paura!”
Intanto gli schiamazzi
crescevano e sicuramente non ci sarebbe voluto molto prima che la gente
riuscisse a trovare la casa.
“Non ho altra scelta, dovrò
raccontarti ogni cosa…” iniziò lui messo alle strette.
“Quella bambina è la figlia di
una donna che aveva predetto che il blu sarebbe scomparso. Lei e sua madre sono
le uniche a sapere dove si trova questo luogo, e ho paura però che gli abitanti
della città abbiano capito che la bambina stesse nascondendo qualcosa, che
stesse aiutando te!”
“Ma perché stanno cercando me?”
“Alice non c’è tempo da perdere
per raccontarti tutto. Devi sapere soltanto che questa casa cela un passaggio
segreto che ti porterà in un altro posto, all’infuori di questo mondo, un’altra
realtà dove il blu predomina ogni paesaggio. Ho avuto il compito di custodirlo,
perché se qualcuno lo avesse scoperto sarebbero stati guai”
E mentre il nonno continuava a
parlare, iniziò a sentirsi un gran chiasso.
“Maledizione! Stanno arrivando”
fece il vecchio agitato.
“Presto, vieni!”
Alice seguì il nonno,
esattamente come fece Blu. Poi l’uomo spostò una scrivania, dietro la quale era
nascosta una piccola porticina.
“Questa porta ti permetterà di
accedere ad un mondo del tutto diverso da questo in cui viviamo, io e tua nonna
ci eravamo ripromessi che non ti avremmo mai permesso di oltrepassarla, ma se
non lo farai per te sarà la fine”
BUM! BUM!
“Cosa è stato?” chiese la
nipote spaventata.
“Ci hanno trovato, adesso devi
scappare!”
“Ma nonno, perché non vieni con
me?” domandò Alice disperata
“Non posso. Quello è un
passaggio consentito solamente al blu. Chi non possiede questo colore, non può
far parte di quel mondo. E poi, non ci entrerei comunque, sono troppo grande
per passarci dentro”
“Ma nonno!”
E poi la porta d’ingresso fu
buttata a terra.
“ALICE, SCAPPA!” urlò il nonno,
così la ragazza spalancò l’anta e si gettò dentro l’ignoto.
“Prendetela!” fece la folla, ma
ormai la ragazza era entrata. Blu fu spaventato da tutta quella gente estranea
e dunque indietreggiò pauroso, ancor
prima che tutte quelle persone si avvicinassero al passaggio segreto. Senza
neanche accorgersene, anche lui attraversò all’indietro il confine tra i due
mondi, giusto un attimo prima che il vecchio richiudesse la porticina con un
calcio, ignaro che non si sarebbe mai più riaperta.
Io stesso mi sto
appassionando! Ahahaha mi sa che appena lo finisco,
allungo i capitoli e lo mando a qualche casa editrice ahahah
ho troppe idee per la testa! Era iniziata per gioco, eppure la storia si sta
facendo interessante. La cosa mi è sfuggita dalle mani, ma in senso positivo!
Aspetto nuove recensioni anche da nuovi lettori, mi raccomando! Ad uno
scrittore fa piacere essere apprezzato, anche con un commento piccolo piccolo :3
i sentiva immersa nel blu, ma
quella magica sensazione non poteva purtroppo viverla a pieno, poiché la sua
mente era indirizzata ad un unico pensiero: il nonno. Era saltata fuori da
quell’albero dal tronco cobalto, ma adesso la porticina sembrava sparita. Alice
immaginò che l’unico modo per aprirla fosse dall’esterno, e che adesso non
avrebbe potuto più tornare al suo vero mondo. Eppure una soluzione doveva
esserci, un modo per tornare indietro esisteva per forza. Tutto, per la povera
ragazza, stava accadendo troppo velocemente e le domande non avevano ancora
trovato risposte, non tutte almeno. Alice si voltò e osservò quel paesaggio
stupendo. L’erba era di un azzurro chiarissimo, i tronchi degli alberi invece
di una tonalità decisamente più intensa. Pochi dettagli di ogni essere vivente
o meno erano di un colore diverso dal blu, e per questo Alice avvertiva di
trovarsi sprofondata nella tranquillità più assoluta. La foresta era molto
fitta, e gli animali erano decisamente bizzarri. La povera ragazza catapultata
per la seconda in un mondo del tutto estraneo, non aveva la benché minima idea
di cosa fare. Non riusciva a capire come potesse esistere tale mondo, e si
chiese perché proprio lei avesse avuto la sfortuna di non subire quella
maledizione, che le avrebbe permesso di vivere nella pace.
“Ciao!” fece una voce. Alice si
girò intorno, ma non vide nessuno.
“Sono qui!”
“Ma qui dove?” chiese la
ragazza disorientata.
“Sulla tua mano” spiegò la
voce. La giovane dunque esaminò prima la destra, e poi la sinistra, finalmente
trovando l’origine di quelle parole.
“Ma tu sei un bruco! E sai
anche parlare!” esclamò Alice sbigottita.
“Si certo, mi sembra normale!
Non capisco perché tu ne sia tanto stupita!”
“Ecco… io non sono di queste
parti”
“Sì, l’avevo immaginato. Vieni
dal mondo caotico, vero?”
“Mondo caotico?”
“È così che noi di queste parti
chiamiamo quel luogo dove il blu non esiste più”
“Davvero? Allora sì, vengo
proprio da là. Ma non so dove mi trovo adesso, per me questo posto è del tutto
sconosciuto”
“Oh non ti preoccupare di
questo, perché qui tutti saranno gentili e ti aiuteranno. Se vuoi però tornare
al tuo mondo puoi farlo pure, ti basterà seguire quel sentiero laggiù”
Alice perciò notò quella stradina
bianca opaca, nascosta da alcuni alberi e cespugli.
“Seguendo quella strada
arriverai ad una grande dimora, e una volta giunta là tu dovrai…”
“BLU!” esclamò Alice, dopo
essersi resa conto che l’animale che le sopraggiunse repentinamente sulla mano
non fosse altri che il fidato compagno. Questi osservò la padrona dritta negli
occhi, per poi inghiottire il verme in un attimo.
“Blu, stava cercando di
aiutarci!” esclamò lei adirata.
“Fidati, Alice, questo verme
voleva tutto fuorché aiutarti” sentenziò Blu, svelando la sua cupa voce.
Piccolo colpo di scena! Blu
parla? WOW ahahaha ma come fa? Com’è possibile? E perché
è stato zitto tutto questo tempo? Mi sa che sto micio sa troppe cose u.u
Per scoprirne di più, non
perdete i prossimi capitoli di “Alice e il blu”, mi raccomando!
“Mamma… ma non è blu!” esclamò
il primogenito alla madre, dopo aver visto uno dei tre fratellini appena nati.
“No, non dire così, vedrai che
appena tuo fratello avrà messo il pelo sarà di un blu stupendo” fece il padre,
mentre leccava la testa dell’amata. Ma intanto passavano i giorni e il pelo
iniziò a crescere, ma Blu, così l’avevano chiamato i genitori, non mostrava la
minima traccia di quel colore, a differenza degli altri della stessa
cucciolata.
“Cara, forse Red aveva ragione… Non sembra aver la minima
traccia di blu” disse Thor alla moglie. La gatta non riuscì a dire nulla al
marito, tanta era l’angoscia. E intanto anche i mesi passavano, e Blu si
sentiva sempre più solo. Non riusciva a trovare nessun amico, tutti si
allontanavano da quell’essere così diverso. In quel mondo dove non vi era nulla
senza una minima traccia di quel colore, nessuno voleva stargli accanto. Anche gli
stessi fratelli cercavano di non farsi vedere spesso accanto a lui e questo
straziava il cuore del povero Blu. Nessuno della sua famiglia si era mai reso
conto che non passava una notte in cui non versasse almeno una lacrima, perché all’apparenza
sembrava sempre felice. Ma dietro quei sorrisi si celava solamente un giovane
gatto dalla tristezza infinita. Se non fosse stato per i genitori, che amavano
il loro piccolo più di ogni altra cosa, non dando retta al parere di tutti
esseri che vivevano nella loro zona, per il povero Blu sarebbe stata una vera
disgrazia.
“Ciao!” salutò un giorno una voce. Il micio si guardò
intorno e vide un piccolo elfo seduto sul ramo di un albero.
“Parli con me?” domandò l’incredulo gattino.
“Certo, non vedo nessun altro qua nei dintorni”
“Sì, hai ragione…” fece Blu, comunque ancora sorpreso da
quel piccolo essere che non cercava affatto di evitarlo.
“So che sei molto triste, è vero? Ti piacerebbe andare
invece in un luogo dove sarai accettato? Un luogo… dove il blu non esiste?”
“Cosa? Esiste davvero un posto del genere?” domandò il
micio sorpreso dalla notizia.
“Certo, posso portarti lì quando vuoi… Però tutto ha un
prezzo”
“Cosa vuoi, allora?”
“Una tua lacrima, e il patto sarà consolidato”
“Tutto qui? Però… i miei genitori?”
“Non ti devi preoccupare di questo. Una volta raggiunto
quel mondo sarà come se qui tu non fossi mai nato e non avessi mai dato tutti
quei problemi ai tuoi. Creerò un contatto col nuovo universo che potrà essere
raggiunto solo da chi è privo del blu, mentre per tornare indietro è necessario
possederlo almeno in minima parte”
“Questo vuol dire che non potrò mai più tornare qui e
rivedere la mia famiglia?”
“Esatto, ma qui sei triste, quindi non vedo perché restare!”
“Effettivamente… Ma tu come fai
ad avere tanto potere? Gli elfi di solito non sono dotati di una magia tanto
grande. O almeno, questo è ciò che ho sentito”
“Non hai tutti i torti, ma io sono particolarmente
dotato, sono il migliore fra tutti”
“Ancora non sono certo di ciò che voglio fare, devo
rifletterci un po’ su… Elfo, tu dove vivi? Così, se
mi decidessi, potrei venire a cercarti”
“Io abito molto lontano da questo luogo, nella palude
delle serpi viola, ma sappi che se non dovessi accettare adesso il mio patto
non avrai una seconda occasione!”
Allora Blu rifletté qualche altro secondo, per poi
accettare l’accordo. Pianse così la lacrima necessaria per l’elfo, e questi
rese fede al patto. Scese dall’albero, si morse un dito, e col sangue disegnò
il contorno di una porta sul tronco. Subito dopo gli bastò porre una leggera
pressione perché questa magicamente si spalancasse, mostrando il mondo in cui,
probabilmente, avrebbe trascorso il resto della sua esistenza.
E da quel giorno, la sua vita cambiò.
Devo dire che è stato un capitolo un
po’ stancante! Non sapevo come elaborarlo, ma spero di averlo fatto al meglio. Poi
ero indeciso se trattare della vita di Blu nel mondo oltre la porta, ma alla
fine ho optato per non farlo. Magari i dettagli del periodo in cui Blu e Alice
ancora non si conoscevano li inserisco piano piano,
creando più attesa! Fatemi sapere come vi sembra, grazieee!
E aspetto nuovi lettori ;)