La Condannata

di ciarychan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tre anni prima. ***
Capitolo 2: *** Libertà ***
Capitolo 3: *** Il nuovo mondo ***



Capitolo 1
*** Tre anni prima. ***


Tre anni prima.

 

Nel Giardino Sospeso una ragazza camminava sul sentiero, circondata dal profumo dei gigli. Era una giornata soleggiata e il vento soffiava leggero sopra il Regno degli Angeli. Non si sentiva ancora il rumore della guerra che incombeva, nascosta nei vicoli delle città. Una leggera brezza mosse i capelli dorati della giovane e i suoi occhi castani si fermarono su una figura scura, poggiata ad un albero. 

Si avvicinò con calma, nascondendo l’eccitazione. Fermandosi a pochi centimetri di distanza lo salutò con un sorriso. –Ciao Flame.

Gli occhi scuri del ragazzo si illuminarono di gioia. –Come è andato il processo?- chiese, titubante. In realtà non voleva parlare di quello ma era l’unica cosa che gli era venuta in mente.

 Domani ci sarà il verdetto-  abbassò gli occhi, triste. 

Lo sanno che non è stata colpa tua! Sono stati quei farabutti che…- la ragazza lo interruppe, poggiandogli un dito sulle labbra.

Ami sapeva già come sarebbero andate le cose e si era ormai rassegnata all’idea di non potere più essere un Angelo. 

-Senti Ami, appena il processo finisce incontriamoci qui che ti devo dire una cosa. In qualunque modo vadano le cose domani, noi ci incontreremo qui, me lo prometti?-.

-Si- la ragazza sussurrò quella parola con fatica. Sapeva che se il processo sarebbe andato male non avrebbe nemmeno avuto il tempo per muovere un dito, l’avrebbero presa e rinchiusa in qualche Tempio lontano. Un vento soffice accarezzò il viso dei due giovani, scandendo il tempo troppo veloce. 

-Ti voglio regalare questa Chiave, nel caso qualcosa andasse storto- Flame sorrise, porgendole una chiave d’oro con incastonata una pietra rossa. Gli occhi di Ami si riempirono di lacrime. –Grazie- sussurrò, commossa.

Rimasero per tutto il pomeriggio appoggiati al tronco dell’albero, sperando invano che l'indomani le accuse cadessero. 

Le paure di Ami, però erano vere e il giorno dopo fu trasportata nel Tempio del Cielo a scontare la sua pena. 

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Capitolo 2
*** Libertà ***


Una monaca si avvicinò senza timore e le diede un bicchiere d’acqua. A parte le prime volte che avevano avuto tutte un po’ di paura, ora ai loro occhi era come vedere un animaletto innocuo. Nessuna di quelle donne aveva paura di lei. Le avevano portato via il potere e l’orgoglio, legandola in catene al muro di una cella. Erano passati tre anni da quando aveva visto il sole sorgere o il passare delle stagioni. Chiusa in quella cella riusciva a capire solamente quando finiva un giorno e quando iniziava l’altro. Avrebbe fatto qualunque cosa per tornare a essere libera e respirare aria pulita. Per tornare in quel luogo. Per tornare da lui. Non sapeva neanche cosa fosse successo nel mondo. Se era o no scoppiata la guerra dei Caduti o se, invece, gli Angeli li avevano tutti repressi. Una goccia di sudore le scese lungo il collo mentre una luce fioca si diffondeva nella stanza. Una monaca dai capelli corti e biondi si avvicinò a lei, tirandole su il viso e imboccandola con un tozzo di pane. –È bello oggi fuori?- chiese, stupendo la giovane monaca. -Non mi è permesso parlare con una Condannata- disse freddamente, poggiando il pane e dirigendosi verso la porta. In quel momento vide incombere sull’uscio una figura enorme, inusuale per quel luogo. -Chi siete?- chiese impaurita la ragazza. Un omone entrò nella cella ignorando la figurina piccola che tremava sotto di lui e fissando la sua attenzione sulla ragazza che ciondolava in catene. -È lei la ragazza che ha infranto il tabù più grande del regno celeste?- il suo vocione tuonò nella cella facendo tremare ancora di più la monaca. -Si…ma…Voi chi siete?- biascicò, prendendo in mano una Chiave. Non fece neanche in tempo ad attivarla che l’uomo la agganciò al muro, togliendole il respiro. –Non ci provare , pivellina- un ragazzo rosso sorpassò l’uomo, puntando alle catene. In un secondo le aveva tutte aperte e si era caricato in spalle la ragazza. – Andiamo. Percorsero i corridoi del tempio con agilità e silenzio, passando davanti alle camere delle monache ancora addormentate. Ami guardava le porte di legno massiccio, tutte uguali cercando di capire quale fosse quella della Priora. -Aspettate!- biascicò con la bocca impastata. I due uomini si fermarono, guardando la ragazza. -Cosa ha detto?- chiese l’uomo, cercando di tenere il tono basso. I due si guardarono dubbiosi. -Dovete cercare una porta con sopra il disegno di una chiave, è importante- sussurrò. -Non abbiamo tempo- disse il ragazzo. -È importante. Lì c’è una mia Chiave. Senza di quella non me ne vado. Il rosso e l’omone si guardarono incerti sul da fare. La ragazza non riusciva a muoversi bene senza il loro aiuto ma qualcosa nel suo tono li spinse ad accontentarla. Sgattaiolarono furtivi alla ricerca della porta descritta da Ami percorrendo decine di corridoi bui. La trovarono in un vicolo cieco. Il rosso scassinò la porta ed entrando rimase senza fiato: era una stanza piena zeppa di mensole cariche di Chiavi. -Urca! Ecco dove le prendono gli Angeli- esclamò il rosso, appoggiando la ragazza in un angolo. Prese la sacca che aveva intorno alla spalla e incominciò a posarle delicatamente dentro. -Qual è la tua Chiave, piccola?- chiese l’uomo. - È una Chiave dorata con sopra una pietra rossa- sussurrò. L’uomo passò in rassegna tutte le Chiavi e alla fine ne trovò una con una gemma rossa. -È questa, piccola?- domandò, porgendo la Chiave alla ragazza. Ami la studiò attentamente. -No- disse delusa. In quel momento la porta si spalancò lasciando entrare un vento forte. -State tutti fermi!- Gridò la Priora entrando con una Chiave in mano. In meno di pochi secondi una luce si sprigionò da quel piccolo oggetto e ne scaturì una lama di colore grigio. I due uomini si bloccarono mentre Ami cercava di tirarsi su. -Ho detto di stare fermi! Vuoi che ti accorci la pena e ti uccida adesso, Condannata?- ringhiò. Aveva un vestito lungo e nero con dei ricami dorati e la ragnatela di rughe che le solcava la fronte le nascondeva quasi del tutto i sottili occhi neri. -Dove l’hai nascosta?- chiese Ami, tiratasi su in piedi. Senza farsi notare afferrò una Chiave. -Cosa?- chiese con aria innocente. -La mia Chiave. -Quell’inutile Chiave senza potere?- una risata gelida riecheggiò nell’aria. La Priora fece segno ai due uomini di mettersi in un angolo e si voltò verso la ragazza. -Guardati, non sei nemmeno in grado di camminare. Cosa credi di fare senza neanche un briciolo di potere? Pensavi di poter fuggire e andare dal tuo amato?- un’altra risata sprezzante. Era vero, le catene che l’avevano tenuta segregata per tre anni le avevano assorbito tutti i poteri e senza di quelli non era in grado di evocare la spada della Chiave. -Dove l’hai nascosta?- il suo volto si fece serio. Sentì riaffiorare quel calore che sentiva ogni volta che riusciva a richiamare il potere di una Chiave. Era come quando l’aveva fatto la prima volta a sette anni. Si concentrò su quel calore mentre la priora rideva di nuovo. -Garrel dobbiamo sbrigarci, gli altri ci aspettano. Se non ci vedono arrivare entreranno con la forza e addio “fuga segreta”- sussurrò il rosso. Gli occhi di Garrel si spostarono dal giovane alla ragazza, dubbiosi. –Aspettiamo cinque secondi- sussurrò, scrutando Ami. -Dove l’hai nascosta?- chiese di nuovo, avvicinandosi alla Priora. –Anche se te lo dicessi non faresti in tempo a raggiungerla, neanche con l’aiuto di quei balordi- spostò lo sguardo per un secondo sui due uomini. In quel momento dalla mano di Ami scaturì un fascio di luce verde e con una velocità sovrumana sbatté la priora a terra. Dalla Chiave era uscita una forca che aveva inchiodato al pavimento la monaca, facendole scivolare di mano la spada che ritornò ad essere una piccola Chiave argentata. La testa della Priora adesso si trovava in mezzo alle due lame taglienti. –Come...Come puoi usare una Chiave che non è del tuo potere?- domandò curiosa la monaca. Dai suoi occhi sottili non trapelava alcuna paura; era stata addestrata a non farla vedere visto che le consegnavano ogni anno qualche personaggio pericoloso. -Dove l’hai nascosta?- domandò Ami con voce torva. Non le importava spiegare perché riuscisse a governare anche le Chiavi che non erano dell’elemento aria, voleva solo sapere dove fosse la Chiave di Lui. Abbassò ancora di più la forca nel pavimento. Mancavano meno di cinque centimetri al collo della priora. -Nella notte più scura la troverai ma non farai in tempo a prenderla che il suo potere perderai. Solo colei che è stata amata prenderla potrà- il ghigno che si dipinse sul volto della priora divenne sempre più flebile mentre la forca si abbassava. Quando esalò l’ultimo respiro, Ami smise di liberare il potere della Chiave che si ritrasformò. -Wow!- esclamò il rosso, prendendola prima che cadesse. Ami sorrise poi chiuse gli occhi esausta. Il rosso se la caricò sulle spalle mentre Garrel lo seguiva dubbioso. C’era qualcosa che non tornava. Perché una ragazza con quel potere era stata Condannata? Non sembrava una persona capace di uccidere senza motivo. Eppure al processo il motivo non era stato trovato. Garrel ripensò al processo. C’era qualcosa che non combaciava con gli avvenimenti. -Senti Garrel- il rosso interruppe il silenzio, mentre sgattaiolavano via dal Tempio del Cielo. –Credi che l’abbiano condannata perché era una minaccia per il paese? -Non lo so, Viel. La risposta verrà con il tempo- dicendo questo ritornò nel mare dei suoi pensieri.

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Capitolo 3
*** Il nuovo mondo ***


Era una casa in mattoni con un ampio giardino recintato da un muretto di ferro. Un albero ondeggiava al vento, facendo ombra sull’ampia finestra del salotto. Un uomo grande e grosso con i capelli neri si sedette sul divano di pelle e guardò fuori fra le fronde. Il salotto era spoglio; conteneva un camino, una tavola da pranzo e un divano di pelle beige. Non avevano ancora avuto il tempo di abbellirla con qualche altro mobile. Dalla stanza affiancò fluttuò un odore di torta appena fatta. 

-Ehi, Marta ha fatto una torta?- Viel fece la sua comparsa nel soggiorno con l’acquolina in bocca. Si era appisolato nella sua stanza qualche minuto prima ma al profumo di qualcosa da mangiare era scattato in piedi, come sempre. Era vestito come un normale essere umano: jeans e maglietta nera. Al collo pendeva una Chiave con incastonata una pietruzza rossastra. Si sfregò gli occhi e si diresse in cucina. 

Garrel scosse la testa fra sé e sé, divertito. 

-Dove siamo?- una vocina giunse dalla cima delle scale. La ragazza che avevano salvato la notte precedente lo guardava disorientata, stringendo un lembo della camicia da notte. Scese agilmente le scale senza farle scricchiolare e si avvicinò all’omone. 

-Sei al sicuro ora. Ti abbiamo portato nel nostro quartier generale- sorrise, invitandola a sedersi.

-Cos’è successo in questi anni?- domandò senza aspettare, sedendosi a gambe incrociate e tirandosi la camicia da notte sotto le ginocchia. Garrel ci pensò su; non voleva essere noioso ma nemmeno evitare le parti importanti. Fece un respiro e la guardò dritto negli occhi castani. 

-Dopo il tuo processo gli Angeli Caduti si sono ribellati, volendo far eguagliare i loro diritti a quelli degli Angeli. Così è incominciata la guerra e al potere è salito il Generale Gliick che ha aumentato la rabbia degli Angeli, costringendoli a rinnegare i loro simili. Adesso chi vive nel Regno viene tenuto sotto stretto controllo o si arruola nell’esercito del Generale- Garrel prese fiato, chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime al ricordo di quella guerra. 

-Se non siamo nel Regno, dove siamo?- domandò, perplessa Ami. 

-Siamo nel Regno degli esseri Umani: la Terra. Durante la guerra hanno inventato dei dispositivi capaci di rintracciare gli Angeli Caduti. Per questo ce ne siamo andati e abbiamo scoperto che sulla Terra quei dispositivi non funzionano o se funzionano, funzionano male- spiegò.

Lasciò qualche minuto per farle assimilare le idee. I capelli biondi le ricadevano sulle spalle, incorniciandole il viso. 

In quel momento fece irruzione nel salotto Viel con un pezzo di torta in mano. 

-Ehi! Ti sei svegliata!- sorrise allegramente. –Vuoi? Devi essere affamata- le porse la fetta di torta. Ami la guardò per qualche secondo. Era da un secolo che non mangiava dolci e nel Tempio del Cielo le avevano dato solo pane e acqua o se andava bene anche qualche patata. Prese la fetta fra le mani, delicatamente, e ne spezzò un pezzettino. Lo assaggiò con gusto, cercando di ricordare quale fosse stata l’ultima volta che avesse mangiato un dolce.  Era estate e Lui le aveva portato un dolcetto alla ricotta, le aveva dato un bacio sulla guancia ed era sparito come faceva sempre. 

Una ragazza dai capelli castani si affacciò dalla porta della cucina e fece cenno di seguirla. –Il capo vuole parlare della prossima mossa- aggiunse. Garrel e Viel si lanciarono un’occhiata d’intesa. 

-Tu rimani pure qui, piccola, noi torniamo subito- disse Garrel, dandole una pacca sulla spalla e seguendo Viel in cucina. 

Passarono cinque minuti e poi fu avvolta dal silenzio. Poggiò la fetta di torta sul tavolo da pranzo e andò nella stanza accanto. La cucina era fornita di un frigorifero bello ampio, un piano cottura e diversi mobili contenenti strani cibi che non aveva mai visto. Di fianco al frigorifero c’era uno scaffale carico di libri, per la maggior parte di cucina. Si guardò intorno. Dove potevano essere spariti? Si spostò verso la credenza, osservando tutte quelle scatole con nomi strani: spaghetti, sugo al pomodoro, flauti Mulino Bianco. Una di quelle scatole non poteva aprire qualche porta segreta. Si ricordò che il castello ne era pieno e lei e suo padre si divertivano a giocare a nascondino, usando i passaggi segreti come scorciatoie.

Si spostò sul piano cottura: lo sfiorò, guardando i quattro fornelli e le manopole dell’accensione. Infine si fermò davanti allo scaffale dei libri: c’erano diversi libri con piantine geografiche, altri di cucina e altri ancora di giardinaggio. Ami ripensò alla cucina nel suo insieme. C’era qualcosa che non quadrava. Si girò di scatto verso il piano cottura, soffermando lo sguardo sulle cinque manopole dell’accensione. –Ce n’è una di troppo- sussurrò fra sé e sé.

Le provò ad accendere tutte e mentre provava la terza sentì un "Clack". 

Si girò di scatto cercando di cogliere qualche movimento. Al centro del pavimento alcune mattonelle si erano spostate e stavano lasciando il posto a delle strette scale. Ci si infilò dentro senza paura. Appena fu un po’ più giù la botola sopra di lei si richiuse automaticamente. Percorse tutte le scale senza staccare la mano dal muro finche non giunse in un corridoio stretto e lungo, illuminato da qualche vecchia lampada. In fondo al tunnel c’era una porta mezza aperta da dove filtrava della luce. Più si avvicinava e più sentiva il brusio di diverse voci.

-…andare al castello. Lo attaccheremo al cuore del suo impero!- gridò qualcuno. Ami si accostò alla porta e riuscì a vedere soltanto Viel accanto a un ragazzo dai capelli biondi e l’aria autoritaria. 

-Faremo una spedizione- disse il biondo, guardando tutti negli occhi. –Andremo al castello e cercheremo la stanza dove tengono le Chiavi, di sicuro ci saranno anche i loro piani. Li coglieremo di sorpresa.

-Si!- esclamò uno. Si innalzò un brusio di disaccordo. Nessuno voleva andare a fare una missione del genere. –Chi si propone per venire con me?- chiese serio il ragazzo dai capelli biondi. Quasi tutti abbassarono la testa in segno di diniego. Avevano tutti paura di tornare del Regno degli Angeli e molti che avevano messo su famiglia non volevano rischiare di perderla dopo tutta la fatica che avevano fatto per metterla in salvo. 

-Non è che non vogliamo venire, anzi, ma c’è chi ha famiglia e non vuole rischiare così tanto- spiegò uno, diventando tutto rosso. Il biondo lo guardò senza dire nulla. Capiva benissimo l’importanza della famiglia e non voleva certo costringere nessuno. Inoltre lui non aveva niente o nessuno da perdere. 

-Vengo io- disse Ami, avanzando dall’uscio della porta con aria decisa e entrando nella stanza. Garrel, seduto alla destra del biondo, si passò una mano sulla fronte, scuotendo la testa. Tutti i presenti si voltarono a vedere chi avesse parlato e si stupirono nel vederla. 

-Non puoi, sei una donna- disse il biondo, beffardo. 

-Solo perché sono una donna non vuol dire che valgo meno di un uomo. Fammi venire, non hai niente da perdere nel portarmi con te- lo istigò. Aveva già incontrato quel ragazzo da qualche parte ma non ricordava dove. Forse aveva partecipato all'addestramento che si teneva a palazzo, pensò.

-Faresti troppo rumore, sai voi donne siete famose per la vostra lingua lunga- sorrise di scherno e tornò a guardare i suoi uomini che ridevano di gusto.

No, si sarebbe di sicuro ricordata la sua linguaccia affilata.

Ami riusciva a trattenere la rabbia solo con il pensiero che se non avesse ceduto sarebbe potuta ritornare nel Regno degli Angeli e mantenere la sua promessa. 

-Hai per caso paura che vada a dire alle Guardie di Corte che la tua virilità è molto limitata?- si avvicinò al comandante, sfidandolo. Il biondo divenne rosso per la rabbia ma non la degnò di uno sguardo. 

-Io vengo se viene lei. È una forza quando combatte- disse Viel, allegramente. Il biondo lo incenerì con lo sguardo mentre i presenti stavano a guardare la scena, ammutoliti. 

-Perché vuoi venire?- domandò il capitano, guardandola per la prima volta dritta negli occhi. –Non ho niente da perdere e una guida turistica del castello penso possa esservi utile. Sono una vecchia conoscenza da quelle parti, ma questo lo dovresti sapere già, altrimenti non ti saresti preso la briga di venirmi a liberare- sorrise, ammiccando. Non era una stupida. Sapeva che se l’avevano liberata un motivo c’era: o volevano la sua capacità di controllare tutti gli elementi o poteva essere utile per combattere contro il nuovo sovrano. Dopotutto era la figlia del Consigliere, sapeva bene quali fossero le mosse che poteva compiere il regnante e quali stanze segrete nascondeva il castello. 

-E sia. Si parte domani pomeriggio alle sei- esordì il capitano-  ma se mi fai perdere anche uno solo dei miei uomini rimpiangerai di essere venuta con me nella missione- quando lo disse era serio e non c’era nessun tono scherzoso. A fine serata la compagnia per la missione era formata dal biondo, Viel, Ami e un altro uomo di nome Jhack. 

Quella notte Ami dormì finalmente in un letto morbido, nella stessa stanza di altre due ragazze. Mentre le altre due dormivano, Ami accese una luce e si guardò i posi: le cicatrici che le avevano lasciato le catene erano ancora ben evidenti. Li sfiorò pensando a quanto tempo si era persa dentro quella cella. Chissà se l’indomani lo avrebbe incontrato e se si sarebbe ricordato della promessa. 

Si addormentò speranzosa. Ormai il desiderio di rivederlo stava per avverarsi.

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