Resta con me

di Shayla_the_angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. ***
Capitolo 2: *** 02. ***
Capitolo 3: *** 03. ***
Capitolo 4: *** 04. ***
Capitolo 5: *** 05. ***
Capitolo 6: *** 06. ***
Capitolo 7: *** 07. ***
Capitolo 8: *** 08. ***
Capitolo 9: *** 09. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** AVVISI ***



Capitolo 1
*** 01. ***


Ecco una nuova ff. M'impegnerò a terminarla. Infatti ho già pronti altri capitoli! Così almeno per un po' sono apposto e se mi viene il blocco posso continuare a darvi da leggere :)
I personaggi descritti in questa Fanfiction non sono di mia proprietà intellettuale.
Appartengono a Suzanne Collins e alla saga di Hunger Games.
Non scrivo a scopo di lucro, ma per intrattenere i lettori.
Ho apportato dei leggeri cambiamenti alla trama dell'epilogo di Mockingjay per semplice comodità.
Spoiler di Chatching Fire e Mockingjay, quindi se non li avete letti, non andate oltre!
Un abbraccio a tutti :)




01.



*Boom*

Grido.

Chi è morto? Chi non vedrò mai più?

Prim. Rue. Finnick.

Chi?

Mi sento stringere tra braccia forti.

«Tranquilla Katniss, è solo un temporale. Non siamo nell’arena. Non è morto nessuno» mi sussurra Peeta nell’orecchio stringendomi forte a sé.

«Sono morti tutti Peeta, sono morti tutti» sibilo cominciando a piangere.

Sono passati nove anni dalla fine della guerra, dalla morte di Snow, dalla fine degli Hunger Games.

Nove anni dalla morte di Prim, nove anni dalla morte di Finnick, nove anni dalla morte di centinaia di persone.

Nove anni durante i quali tutta Panem si è trovata ad una svolta. Per gli abitanti di Capitol City è cominciato un periodo di mancanze, di disagi, di difficoltà, mentre per tutti quelli che erano considerati gli sfortunati è iniziato il periodo di rinascita.

I primi tempi è stata dura per tutti ma ora le cose si stanno sistemando e le differenze abissali che prima dividevano i distretti si stanno pian piano attenuando.

Mi stringo forte a Peeta sperando che le lacrime si fermino da sole, ma so bene che non è così.

Prima che Peeta venisse a vivere con me ero stata capace di piangere per quasi sei giorni consecutivi.

Una volta ripresa la calma, mi sento completamente svuotata.

Mi libero dalla sua stretta e vado in cucina.

Mi siedo davanti alla finestra e guardo il cortile, il Villaggio dei Vincitori, la casa di Haymitch.

Fuori è tutto fermo e silenzioso.

In lontananza sta sorgendo il sole.

«Katniss, torna a letto. Non sono nemmeno le sei» dice Peeta comparendo all’ingresso.

«Non riesco più a dormire. Tu riposati pure, non preoccuparti. Io preparo la colazione» rispondo, concedendomi un lieve sorriso.

Forse capisce che ho voglia di stare da sola, oppure ha realmente sonno, comunque Peeta ritorna in camera da letto.

Sospiro, poi mi alzo e vado verso gli armadietti. Non mi sono ancora abituata ad avere il cibo a portata di mano. Ho passato tutta la mia infanzia a cacciare per sopravvivere.

Preparo tutti gli ingredienti per il pasto mattutino, poi mi preparo per uscire a fare una passeggiata.

Indosso la giacca da caccia di mio padre, gli scarponi e una sciarpa, poi esco. L’aria di metà inverno è pungente e mi risveglia completamente.

Qui al Dodici è cambiato tutto. Niente più Forno, niente Pacificatori, niente mamma, niente Prim…

Prim.

Alzo lo sguardo al cielo, pensando a cosa avrebbe fatto in giornate come queste.

Probabilmente sarebbe rimasta al Distretto Quattro con la mamma.

Forse.

Oppure sarebbe tornata qui con me al Dodici e avrebbe vissuto con me, con Peeta e con quel suo gattaccio orrendo.

Da quando è morta, Ranuncolo è rimasto con noi.

L’ho rivalutato e credo che lui abbia rivalutato me.

Certo, non siamo anime gemelle, ma quantomeno non ci soffiamo più contro l’uno con l’altra.

Cammino ancora, oltrepasso il Prato e vago senza una meta, finché non arrivo davanti a ciò che resta della vecchia casa di Peeta.

Ricordi.

Lui che mi lancia quel pane bruciato, che mi salva la vita.

Lui che mi protegge dai Favoriti nell’arena dei Settantaquattresimi Hunger Games.

Lui il cui cuore si ferma durante i Settantacinquesimi Hunger Games.

Lui che combatte contro sé stesso dopo che Snow l’ha torturato.

Lui che mi abbraccia di notte ogni volta che ho gl’incubi.

Lui, che mi ha risollevata dall’abisso nero della depressione dopo la morte di Prim, dopo la fine del mio vecchio mondo.

Lui che ha sempre fatto tanto per me e che io non ho mai trattato con il dovuto rispetto.

Torno a casa di corsa e lo trovo in cucina, che sta preparando la colazione per tutti e due.

Si volta a guardarmi con i suoi occhi azzurri e nella mia mente ritrovo la conferma di ciò che ho già capito nove anni fa.

Ormai è lui il mio mondo.

Con lui non ci sono più Arene, non ci sono più morti, non ci sono più incubi.

Mi ci sono voluti nove anni, ma forse sono arrivata ad una svolta.

Cammino verso di lui e lo abbraccio.

«Tutto bene?» mi domanda.

Annuisco contro il suo petto respirando il suo profumo.

«Sì, tutto bene. Scusami» rispondo.

Lui mi scosta e mi guarda dritta negli occhi.

«Scusa per cosa?»

«Per averti trattato male in tutti questi anni, per essere stata scostante, acida, cattiva nei tuoi confronti. Scusa per non aver mai premiato tutta la tua gentilezza verso di me. Sono veramente mortificata».

Ride.

Una risata cristallina, felice, infantile.

«Sciocca. Non hai nulla di cui scusarti. Se tu non fossi stata scostante, acida e…cattiva nei miei confronti a quest’ora probabilmente il mondo non avrebbe nemmeno una Ghiandaia Imitatrice ancora in vita, non credi?» dice con un sorriso sulle labbra, facendomi capire che ormai, per quanto brutto sia stato quel periodo, è tutto passato.

Ridiamo entrambi.

Erano anni che non ridevo così di gusto.

Una volta finita la colazione sistemiamo i piatti, poi ci sediamo sul divano e accendiamo la tv.

Non esistono più programmi televisivi obbligatori.

«Sono quasi le otto, che ne dici di andare a trovare Haymitch?» propongo guardando l’orologio.

«Prima devo chiederti una cosa» dice Peeta spegnendo la tv.

Lo guardo negli occhi.

Mi prende le mani tra le sue e trae un profondo respiro.

«Mi vuoi sposare? Vero o Falso?»

Sono impietrita, senza parole.

Eppure, prima ancora che riesca a formulare realmente una risposta nella testa, prima ancora che riesca a capire la domanda, ecco che le mie labbra si muovono in autonomia.

«Vero».

Mi chiamo Katniss Everdeen, ho ventisei anni, sono sopravvissuta a due edizioni degli Hunger Games, ho messo fine dominio di Capitol City e ho liberato Panem, ho appena accettato la proposta di matrimonio di Peeta Mellark.

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Capitolo 2
*** 02. ***


02.

 

 

Peeta mi stringe, mi bacia, sorride contro la mia pelle.

«Mi hai reso l’uomo più felice del mondo» sussurra.

Non riesco a smettere di sorridere.

La sua felicità è la mia, il suo sorriso è il mio.

Lacrime di gioia mi scorrono sul viso.

Come sempre ecco la sua mano, pronta ad asciugarle.

«Perché piangi, sciocchina?» mi domanda.

«È la prima volta che piango per la gioia» rispondo.

Poco dopo eccoci sul vialetto della casa di Haymitch.

Bussiamo una, due, tre, dieci volte.

«Haymitch siamo noi!» esclamo.

Strano che non risponda.

Strano che dall’interno della casa non provenga nemmeno un suono.

Io e Peeta ci guardiamo, allarmati.

Con una spallata la porta si spalanca, fortunatamente senza rompersi, e siamo dentro.

Buio, ma nessun fetore come ai vecchi tempi.

Pare che tutto sia in ordine, niente di rotto, niente immondizia, niente sporcizia in giro.

Da quando Hazelle ha deciso di aiutare Haymitch a tenere pulito, quella sembra una casa normalissima.

«HAYMITCH!» grido.

Un secondo dopo mi arriva un sommesso canticchiare come risposta.

Peeta scrolla le spalle per farmi capire che non ha idea di cosa significhi.

Saliamo le scale silenziosamente.

Io salgo le scale silenziosamente, Peeta ha ancora il brutto vizio di fare un gran baccano.

Seguiamo il canticchiare e arriviamo davanti alla stanza da bagno.

«Entro io, tu stai qui» dice Peeta, poggiando la mano sul pomello della porta.

Entra.

«Ciao Haymitch, ci hai fatto spaventare, sai?»

«Non sapevo che mi steste cercando» risponde lui.

A giudicare dallo sciabordio d’acqua, credo che si stia facendo il bagno.

«Sì, ti abbiamo chiamato più volte, ci siamo preoccupati» dico da dietro la porta.

«Ah ma c’è anche la signorina Everdeen. Tutto bene dolcezza?» mi domanda.

«Certo, ma che ne dici di uscire dalla vasca così chiacchieriamo tutti insieme?».

Dieci minuti dopo siamo tutti e tre in salotto.

«Haymitch dobbiamo darti una notizia importante» comincia a dire Peeta.

«È in arrivo un erede della stirpe Mellark? » chiede lui osservandomi.

Peeta arrossisce di colpo.

«N-no» risponde.

Per il momento Peeta non ha nemmeno tentato di avvicinarsi a me in quel modo, nonostante siano passati quasi nove anni da quando conviviamo sotto lo stesso tetto.

Per ora sta bene ad entrambi di vivere così, di godere l’uno della vicinanza dell’altra.

Gli prendo una mano tra le mie.

«Ci sposiamo» rispondo io, sorridendo.

Il volto di Haymitch si trasforma.

Gli occhi si allargano, le labbra si piegano in su e si schiudono mostrando i suoi denti.

Stringe energicamente la mano a Peeta poi mi abbraccia.

«Sono molto contento per voi. Avete già in mente una data?».

«Pensavamo per quest’estate, tra sei mesi più o meno. Dobbiamo avvisare poche persone in fin dei conti» rispondo, sicura.

Dalla morte di Snow sono cambiate parecchie cose, come anche l’età minima per sposarsi. Non più trent’anni come deciso da Capitol City, ma quando si vuole, una volta raggiunti i diciotto anni, età in cui si comincia a lavorare.

La giornata trascorre tranquilla, verso metà pomeriggio lascio Peeta con Haymitch per telefonare a mia madre.

Uno squillo, due, poi la sua voce.

«Ospedale del distretto Quattro, sono la Signora Everdeen».

Mi si scalda il cuore nel sentirla.

Erano anni che non ero così in pace persino con mia madre.

«Mamma sono Katniss» dico.

«Ciao tesoro, dimmi pure».

«Hai un minuto di tempo?» chiedo.

«Certo, certo».

«Peeta mi ha chiesto di sposarlo…e io ho accettato» dico, tutto d’un fiato.

Silenzio.

«Mamma?».

Un sospiro  e un singhiozzo.

«Mamma?!?».

«Oh Katniss, sono così contenta. Tuo padre e Prim sarebbero al settimo cielo» risponde, piangendo.

Le lacrime non si fermano, mentre sorrido.

«Lo so mamma, lo so» rispondo semplicemente.

Non so come Peeta abbia capito che sto piangendo, so solo che dopo due secondi è lì con me, che mi cinge la vita con le sue braccia.

«Hai bisogno di una mano a programmare tutto? Devo rientrare lì al Dodici?» mi chiede mia madre dopo qualche istante.

«Pensavamo di scegliere la metà di giugno come data, per il resto non ho idea di come si organizzi un matrimonio» rispondo.

«Non ti preoccupare Katniss. Tra un paio di settimane sarò lì e organizzeremo tutto. Ora devo tornare al lavoro. Ti voglio bene».

«Anche io mamma, grazie» rispondo prima di appoggiare la cornetta e chiudere la conversazione.

Torniamo da Haymitch che sta guardando la tv con aria cupa.

«Che succede?» domandiamo.

«Solite noie. Hanno appena terminato il monumento di Capitol City» dice con scarso interesse.

So bene quanto gli faccia male vedere quell’enorme statua.

Un gigantesco ammasso di roccia e metallo in memoria degli Hunger Games, dei suoi vincitori e dei suoi caduti.

Odio quella cosa, odio chi l’ha pensata e odio chi l’ammira.

«Cambia canale Haymitch. È inutile prendere rabbia per cose del genere» dice Peeta, turbato quasi quanto noi.

Le giornate passarono tranquillamente, fino all’arrivo di mia madre.

Vorrei ringraziare ufficialmente MadgeKZo2 e MissGolightly per aver recensito, ketty per aver messo la storia tra le preferite  e hakuna89, HeartSoul97, Rossella_delle_rose_blu, Sara_Peipi e Silvietta 94 per aver cominciato a seguire la storia. Grazie di cuore a tutti. Spero di non deludervi.
Per qualsiasi cosa, scrivete, criticate e commentate.


Xoxo

_Shayla

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Capitolo 3
*** 03. ***


03.

 

 

Lo scricchiolio dei passi nel vialetto, il sommesso bussare alla porta, il suo sorriso radioso quando i nostri sguardi s’incrociano.

Le sue braccia attorno a me, il suo profumo.

«Mamma, sono contenta che tu sia arrivata» le dico.

«Sì e ti ho portato una sorpresa!» esclama.

Si scosta leggermente per permettermi di vederla.

Eccola lì, in piedi al centro del vialetto, con la sua parrucca colorata, la pelle candida come porcellana e lo sguardo commosso.

Effie.

Mi si avvicina con passo composto, come solo lei sa fare e mi stringe in un caloroso abbraccio.

«Katniss, che gioia vederti così radiosa» dice, la voce leggermente incrinata per l’emozione.

Erano ormai sei anni che non ci vedevamo.

Dopo la rivolta era venuta a trovarci un paio di volte, poi però c’eravamo sentite solo con qualche sporadica telefonata.

«Sono contenta di vedere che stai bene Effie, ma ora entrate. Anche Peeta ed Haymitch vorranno salutarvi».

Ed eccoci di nuovo insieme, come tanto tempo fa.

Si parla, si ride, si scherza, si tira tardi.

Mia madre ed Effie sembrano amiche di vecchia data e Haymitch si diverte ancora a stuzzicare la nostra amica capitolina, prendendola in giro e battibeccando con lei su qualsiasi cosa.

La vita procede tranquilla per qualche settimana, finché la primavera non comincia a bussare alle nostre porte.

Le primule che Peeta ha piantato nove anni fa hanno appena cominciato a fiorire, quando sentiamo bussare alla porta.

Mia madre sta preparando la colazione con l’aiuto di Peeta, mentre Effie e Haymitch sono presi da una fitta conversazione, così sono io che vado ad aprire.

Non faccio nemmeno a tempo a spalancare la porta che mi ritrovo sommersa da una serie di cinguettii e miagolii incomprensibili, ma non posso fare a meno di sorridere vedendo chi è entrato.

Venia, Octavia e Flavius, sempre sgargianti, sempre eccentrici.

Sempre rumorosissimi.

«Katniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiis!!! Appena Effie ci ha avvisati siamo corsi qui da Capitol City. Ci abbiamo messo un po’ perché ci sono state delle serate a tema a casa di alcuni amici, però erano noiosissime. Sai lì la vita non è come prima, ma senza Snow si sta molto meglio. Ti trovo più in carne, stai benissimo. Ma cosa hai combinato hai capelli? Tranquilla ci pensiamo noi» e altre frasi impossibili da ricordare.

Nella mia mente solo una domanda.

Ma quei tre non respirano mai?!?

Sento Peeta ridere e comparire magicamente all’ingresso.

«Noto con piacere che abbiamo compagnia» dice.

Ed ecco che tutte le attenzioni dei miei tre amici convergono su di lui.

Fortunatamente.

Con loro ci sono anche una dozzina di valige delle più svariate misure.

Non penseranno di trasferirsi qui?!?

Mi bastano dieci minuti per scoprire che nella maggior parte delle valige c’è tutta roba per me e per Peeta.

Che loro sapevano che sarebbe arrivato questo momento, che non vedevano l’ora di riabbracciarci e praticamente tutto ciò che hanno combinato in questi nove anni.

Parlano talmente in fretta che quasi non mi accorgo del fatto che passino da un argomento ad un altro senza un filo logico.

«Siamo venuti a prepararvi per il matrimonio» dice Venia.

«Ma non ce n’è bisogno. Non pensavamo di organizzare una cosa tanto vistosa» mi intrometto, interrompendoli e dando un tono normale alla conversazione.

«Come no? Ormai lo sanno tutti che i due campioni del distretto Dodici si stanno preparando per il loro matrimonio. Che lo vogliate o no, siete ancora delle celebrità per tutta Panem. Sia per gli Hunger Games sia per la rivolta. Non c’è bambino in tutto il Paese che non sappia il vostro nome. Il vostro matrimonio sarà l’evento del secolo» dice Flavius tutto d’un fiato afferrando il telecomando ed accendendo la tv.

«Non avete guardato il televisore in questi giorni? Parlano tutti di voi!» esclama Venia, raggiante.

«Ma noi…» comincio a dire.

Le parole mi muoiono in bocca vedendo che sullo schermo compaiono degli spezzoni dei settantaquattresimi Hunger Games.

Io che grido il nome di Peeta, quando viene annunciata la possibilità di due vincitori dallo stesso Distretto, io che accudisco Peeta malato, io che bacio Peeta. Poi in mezzo alla neve, a prenderci per mano e a scambiarci baci fasulli davanti alle telecamere.

Peeta che si offre volontario ai settantacinquesimi Hunger Games per tornare nell’arena con me.

Eccoci in tv. Di nuovo.

Mi mordo la lingua, per evitare di strillare come un’isterica.

Ed ecco la giornalista in primo piano che copre quelle immagini orrende che sanno di morte e di inganni.

Sullo sfondo ora c’è il Villaggio dei Vincitori del 12.

«Ci è appena giunta notizia che i due campioni del Distretto 12, Peeta Mellark e Katniss Everdeen, convoleranno a nozze il prossimo giugno. Ancora poche le indiscrezioni, anche se siamo venuti a conoscenza che la loro casa al Villaggio dei Vincitori sia già in fermento per tutti i preparativi. Nei prossimi giorni altri aggiornamenti».

Flavius spegne la tv prima che io possa cacciagli in gola il telecomando.

«So che non volete sentirvi di nuovo come fenomeni da baraccone, ma pensate al fatto che il vostro matrimonio distrarrà la gente dal disagio momentaneo in cui si trova. Anche se sono passati nove anni dalla rivolta siamo pur sempre in una situazione di stallo e le cose stanno cominciando piano piano a sistemarsi» interviene Effie prima che io possa mettermi ad urlare e a lanciare cose in giro.

Possibile che anche adesso che tutto è finito dobbiamo continuare a fare i pagliacci per la tv?

«A me non pare un’idea saggia. Non sarà peggio mostrare alle persone che, nonostante la guerra e tutto, riusciamo lo stesso a vivere nello sfarzo?» dico.

«Perché ve lo siete meritato. Avreste vissuto da ricchi anche senza ribellione. L’unica differenza è che adesso anche il resto del Paese può ambire a qualcosa di più, mentre durante il governo di Snow ognuno si accontentava della posizione in cui si trovava» dice Haymitch.

Dannazione. Ha ancora il vizio di dire frasi ad effetto, in grado di convincere anche il più scettico tra gli scettici.

In un modo o nell’altro non abbiamo via di fuga.

È fine marzo quando arrivano i tre truccatori di Capitol City e la data fissata per il matrimonio è il 18 giugno.

Mancano ancora due mesi e mezzo e tutti sembrano di fretta, come se non ci fosse tempo.


-

«Io mi occuperò degli inviti» dice mia madre un pomeriggio.

«Mamma, chi altri dovremmo invitare? Sono rimasti ben pochi amici in giro per Panem» dico, cupamente.

I miei pensieri tornano rapidamente a Prim, a Finnick, a Madge, ai genitori di Peeta, a tutte le persone del distretto Dodici che, in un modo o nell’altro, conoscevo.

«Beh Hazelle sarebbe contenta di venire e scommetto che sarebbero felici anche Rory, Posy e Vick» aggiunge mia madre.

I miei pensieri vanno direttamente a Gale.

Dalla fine della guerra non l’ho più visto né sentito nominare.

Non credo che riuscirei a sopportare di vederlo, non dopo che le bombe da lui progettate mi hanno portato via Prim.

Non gliene ho mai fatto una colpa, eppure nel profondo del mio animo serbo un po’ di rancore nei suoi confronti.

Nel frattempo Venia, Flavius e Octavia cominciano a svuotare le loro valige ingombrando tutta la stanza degli ospiti.

«Katniss, vorremmo che tu rimanessi un attimo da sola con noi» dicono, in tono sommesso.

Mia madre ed Effie ci lasciano, scendendo al piano di sotto, dove Peeta e Haymitch stanno organizzando tutte le cose tecniche per il matrimonio.

«Chiudi gli occhi tesoro» dice Octavia poggiandomi una mano sul viso.

Obbedisco e sento un leggero frusciare di tessuto.

La mano di Octavia si sposta e davanti a me è stato appeso un vestito candido di una bellezza mozzafiato.

«Sono senza parole…è bellissimo» dico.

«È nato da un disegno di Cinna. Lui lo sapeva che un giorno ti saresti sposata. L’ha creato apposta per te» sussurra Venia con la voce mossa dalla commozione.

«Dai, provalo» dice Flavius.

Nel sentire il nome di Cinna provo una fitta al cuore.

Uno sconosciuto che mi ha apprezzata fin da subito, facendomi sentire me stessa.

La figura più vicina ad un padre che io abbia mai avuto.

Lui, che è morto davanti ai miei occhi per aver sfidato Snow e Capitol City.

Vengo riscossa dai miei tristi pensieri quando mi rendo conto di essere nuovamente nel circolo vizioso dell’estetica.

L’abito è imponente e magnifico, come solo Cinna avrebbe potuto creare.

Bianco, in un tessuto liscio e brillante.

«È tutto in purissima seta e il sottogonna è in tulle» mi spiega Venia con voce estatica.

«E guarda che meraviglia queste decorazioni!» esclama Octavia indicando le pietre incastonate nel corpetto.

Dal retro del corpetto, che si chiude con un delicatissimo nastro in seta bianchissima, parte uno strascico sempre in tulle, o almeno così dice Venia e io mi fido, completamente tempestato di pietre che luccicano ogni volta che mi muovo.

Venia e Octavia mi ruotano attorno come satelliti aiutandomi ad infilarmi il vestito.

Flavius si è strategicamente sistemato davanti alla porta per non far entrare nessuno.

Dopo qualche minuto finalmente il corpetto è stretto nel modo giusto, lo strascico è sistemato, la gonna non è spiegazzata e il velo è perfetto.

«Ora puoi guardarti, ma non fare caso ai capelli e al trucco, a quelli penseremo più avanti» dice Octavia con le lacrime agli occhi.

Rimango completamente senza parole nel vedermi. Quasi fatico a riconoscermi.

«Cosa ne pensi?» mi chiede Venia in un sussurro.

«Credo che Cinna si sia superato anche questa volta. È la cosa più spettacolare e meravigliosa che io abbia mai visto» rispondo semplicemente senza riuscire a distogliere lo sguardo dal mio riflesso.

Sentiamo bussare alla porta e il mondo torna ad essere un qualcosa di reale.

«Chi è?» chiedo con un filo di tristezza nella voce.

«Sono io» dice mia madre.

I tre la lasciano entrare e quando mi vede in quel vestito la vedo tremare e portarsi le mani al viso per nascondere le lacrime.

«Oh Katniss» sussurra avvicinandosi e abbracciandomi.

Dopo qualche istante si stacca da me e mi guarda.

«Sei stupenda – dice – Sono salita per chiederti se questa lista di persone può andare bene» aggiunge porgendomi un foglietto su cui è scritto un elenco di nomi.

«Annie Odair, Martin Odair, Johanna Mason, Hazelle Hawthorne, Rory Hawthorne, Vick Hawthorne e Posy Hawthorne, Haymitch Abernathy, Effie Trinket, Plutarch Heavensbee, la signora Paylor, Beetee, Sae la Zozza con sua nipote, Octavia, Venia, Flavius, Ripper» leggo ad alta voce.

«Credo che vada bene questa lista. Dovresti farla leggere a Peeta, magari lui ha qualche nome da aggiungere» dico.

Noto dallo sguardo di mia madre che vorrebbe che dicessi qualcos’altro.

«No mamma, non voglio rivedere Gale, non al mio matrimonio più che altro» aggiungo distogliendo gli occhi dal suo viso.

«Hazelle glielo dirà, comunque» dice lei.

«Lo so, e anche se non glielo dicesse, credo che abbia guardato la tv in questi giorni. Suppongo lo sappia già» dico.

«Katniss, è passato tanto tempo…non credi che sia ora di perdonare?» mi dice.

«Non ci riesco mamma. Non è ancora il momento» dico, sospirando.

«Va bene, come vuoi tu tesoro» risponde mia madre, allontanandosi.

Rimaniamo in silenzio mentre l’abito da sposa viene riposto e io mi rivesto.

Octavia, Flavius e Venia scendono al piano di sotto, mentre io rimango in camera, seduta sul letto.


Bene, rieccomi.
Spero di avervi trasmesso delle emozioni scrivendo questo capitolo.
Parlare di Cinna è stato difficile. Non volevo risultare stucchevole e patetica.
La data del matrimonio l'ho scelta perché è la stessa dei miei genitori ^_^ (lo so, è banale, ma per me ha un significato. Chi ha letto la mia ultima fic vecchia saprà il perché).
Avrete notato la presenza di un certo Martin Odair, che ovviamente è il figlio di Annie e Finnick ç___ç
Ho scelto quel nome perché ho pensato al martin pescatore ahahah lo so è un collegamento idiota...

Dunque, passiamo all'angolo ringraziamenti!
Grazie a jepsikat e a HeartSoul 97 che hanno recensito questo nuovo capitolo, grazie a ondaremyidols_ che ha messo la storia tra le preferite, grazie ad egeg, giuyoipoi77 (l'ho scritto giusto?), jepsikat, Kikka4299 e MadgeKZo2 per aver cominciato a seguire la storia.
Grazie anche a chi legge e segue silenziosamente.

Davvero, grazie mille.

Xoxo

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Capitolo 4
*** 04. ***


04.

 

 

Perdonare Gale.

Non riesco nemmeno a pensarci.

Solo ricordarmi di lui mi riporta alla mente il momento in cui ho visto quelle bombe esplodere e portarmi via Prim.

Gale.

Lui e la sua testaccia.

Lui e il suo voler combattere per forza.

Perché ha progettato quelle dannatissime bombe?

Perché ha permesso che la Coin le usasse contro quei bambini?

Mi alzo di scatto dal letto tenendomi la testa.

Ho il respiro corto.

Sospiro e cerco di darmi una calmata prima di scoppiare a piangere come quando tornò Ranuncolo.

Cammino per la stanza, avanti e indietro, per un lasso di tempo indefinito, finché non bussano alla porta e mi riportano nel mondo reale.

«Katniss, è pronta la cena» dice Peeta entrando nella stanza.

Fortunatamente sono girata verso la finestra e quindi non mi vede in faccia.

«Va bene, arrivo» rispondo semplicemente.

Sento i suoi passi che si avvicinano.

Le sue braccia attorno alle mie spalle, il suo respiro vicino al mio orecchio.

«Katniss, cos’è successo?» mi domanda con un sussurro, posandomi un lieve bacio sul collo.

Sospiro nuovamente.

«Nulla, tranquillo» dico, sforzandomi di tenere la voce ferma.

Mi si piazza davanti e mi costringe a guardarlo negli occhi.

«Avanti, lo sappiamo entrambi che non è la verità. Tua madre è scesa e aveva un’aria sconvolta, tu se quassù da due ore da sola e continui a fare avanti e indietro incessantemente. Si può sapere cos’è successo?» dice, con il suo solito sorriso.

Abbasso lo sguardo.

«Mia madre mi ha chiesto se è il caso che io perdoni Gale. Lei vuole che io lo perdoni. Che dimentichi tutto. Che ignori ciò che è successo» sussurro, sentendo le lacrime scendermi lungo le guance.

Mi prende il mento con una mano e mi costringe delicatamente a guardarlo negli occhi.

«Katniss, non sei obbligata a fare nulla. Se non vuoi perdonarlo nessuno può costringerti a farlo».

Sospiro, per poi gettarmi tra le sue braccia e cominciare a piangere disperatamente.

«Mi manca Prim, mi manca come l’aria» sussurro.

Lui mi stringe e mi accarezza i capelli.

«Lo so Katniss, lo so» risponde semplicemente.

«Me l’hanno portata via! Era solo una bambina! Perché è morta Peeta?».

Sento la disperazione nella mia voce.

«Non lo so» mi risponde.

Rimaniamo abbracciati per parecchio tempo, finché non mi calmo, di nuovo.

«Ricordatelo, io sono sempre qui. Invece di stare da sola per due ore non potevi chiamarmi?» dice, stringendomi a sé.

Annuisco contro il suo petto sforzandomi di non far scorrere altre lacrime.

«Pensavo di non crollare. Pensavo di farcela. Invece sono una persona debole».

Mi scosta immediatamente in modo che lo possa guardare negli occhi.

«Tu non sei una persona debole, Katniss! Sei una delle persone più forti che io conosca. Piangere per la morte di Prim non è debolezza. Era tua sorella. È normale che tu stia male».

La sua serietà e la convinzione che hanno le sue parole, mi riportano con i piedi per terra.

«Lo so Peeta, solo che…io ho sempre cercato di sembrare forte davanti a lei…e ora mi ritrovo a piangere come una bambina…» dico, sentendo che le lacrime hanno ripreso a scorrere.

«Katniss Everdeen! Mi stupirei del contrario. So bene quanto forte fosse il legame tra te e Prim e sarebbe terribile se tu non stessi male per la sua morte» dice, serio.

«Ma sono passati nove anni Peeta» dico.

Lui rimane in silenzio e mi guarda.

«Katniss, perché stai cercando a tutti i costi di sminuirti? Pensi che a Prim farebbe piacere vedere che ti credi una debole perché piangi per lei? Non è forse segno di grande umanità mostrare i propri sentimenti? Non siamo più nell’Arena dove devi fare la dura per sopravvivere. Se hai bisogno di piangere, piangi. Non tenerti tutto dentro. Fidati di me, fa molto più male» mi dice.

Sospiro, poi gli sorrido e gli carezzo il viso.

«Hai ragione Peeta. Pian piano sto imparando. Grazie»

Mi sporgo verso di lui, posandogli un delicato bacio sulle labbra, poi vado a darmi una sciacquata al viso per nascondere il rossore dovuto al pianto di poco prima.

Rientro nella stanza e lo trovo lì, in piedi vicino alla finestra.

Sto per sposare il ragazzo del pane.

Il ragazzo che davanti a Capitol City e a tutta Panem ha dichiarato di amarmi.

Sto per sposare l’unica persona che sia in grado di calmare i miei momenti di panico.

«Grazie» gli dico, prendendolo per mano.

«Per cosa?» mi domanda con un sorriso sghembo sulle labbra.

«Per essere te» gli rispondo imitando la sua espressione.

Ci scambiamo un leggero bacio, poi scendiamo al piano di sotto, dove ci stanno aspettando per la cena.

Rieccomi!
Non abituatevi a questa velocità, mi raccomando. Mi sa che domani dedicherò la giornata a scrivere e ci rivedremo lunedì, quindi spero vi siate godute questo breve capitoletto!
Ho deciso di tenerlo corto perché volevo che Katniss avesse il suo spazio per sfogarsi. Un capitolo tutto per lei e per il suo dolore per la scomparsa di Prim.
Qualcuno potrà anche dirmi che è una reazione esagerata, dopo nove anni, però secondo me non è così.
Io ho subito un brutto lutto in famiglia quattro anni fa e a volte mi capita di farmi prendere dalla malinconia e di stare veramente male, nonostante sia passato parecchio tempo.
Ma bando alle ciance e passiamo a...

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:

Grazie a:
HeartSoul97 e jussdrewbieber che hanno recensito il capitolo :)
Ale cruz, Annalisa_DaughterOfZeus e ehykaya (ragazze che nomi difficili che avete ^^) che hanno messo la storia tra le preferite
amolefossette, giuyoupoi77 e _Fiore di Loto_ che hanno deciso di ricordare la storia
Ale cruz, egeg, Elenita 99, giuyoipoi77, Hungergameslover, Marymansi e _Fiore di Loto_ che hanno iniziato a seguire la storia.

Spero di rivedervi tutte nel prossimo capitolo  e fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie di cuore

Xoxo

_Shayla

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Capitolo 5
*** 05. ***


05.

 

 

Le giornate proseguono pigramente. Mia madre ed Effie preparano gli inviti scritti in bella grafia che vengono spediti ai diretti interessati, viene scelto il menù per il pranzo, sempre da Effie e da mia madre insieme a Peeta. Insomma, nel giro di qualche giorno è quasi tutto programmato nei minimi dettagli.

D'altronde con Effie non c’è da stupirsi. So già che per tutta la durata della cerimonia spaccheremo il secondo.

Effie e mia madre sono sempre insieme, pronte a buttarsi in fitte conversazioni concitate riguardanti il matrimonio.

Poi un giorno accade.

Sentiamo bussare alla porta.

Io sono alle prese con la decisione della pettinatura insieme a Flavius e Venia, così è Peeta ad andare ad aprire la porta.

L’attenzione di tutti si concentra su quanto accade all’ingresso quando Peeta comincia ad alzare la voce.

«No. Lasciateci in pace!» esclama.

Non è da Peeta sbottare così, quindi mi alzo quasi di corsa e lo raggiungo.

Fuori dalla porta ci sono mezza dozzina di giornalisti, tutti tesi con i loro microfoni in mano.

Rimango pietrificata nel vedere che tutti si protendono verso di me.

Flash, microfoni, telecamere, luci, urla.

Mi sento frastornata.

«Katniss! Katniss! Cosa farete al matrimonio?» cominciano a sbraitare appena mi vedono.

Fortunatamente interviene Haymitch che ci allontana dalla porta e parla personalmente con tutta quella gente.

«Peeta, va tutto bene?» gli chiedo, avvicinandomi.

«Sì, scusami. Non volevo sbottare in quella maniera. Solo che hanno cominciato ad assillarmi con questa storia del matrimonio…» dice, abbracciandomi.

Lo stringo a me.

«Stai tranquillo, Haymitch risolverà tutto» sussurro.

Pochi istanti dopo, infatti, ecco il nostro mentore rientrare dalla porta.

I nostri sguardi gli fanno intendere che vogliamo sapere assolutamente tutto.

«Dunque…come era prevedibile, vogliono sapere tutti i dettagli del vostro matrimonio, ma c’è una cosa ben più interessante».

Sia io che Peeta guardiamo Haymitch come per spronarlo ad andare avanti.

«Ora dovete promettermi che non vi arrabbierete. Tra i giornalisti che si sono presentati, c’era anche il rappresentate di Caesar Flickerman».

Io e Peeta stiamo in silenzio.

«Mi ha chiesto se volevate concedergli un’intervista. Vi avrebbe liberati da tutti gli altri giornalisti e avreste accontentato tutta Panem, mettendo fine a mille pettegolezzi».

«Tu cosa gli hai risposto?» domando, pronta già alla risposta.

«Che avreste accettato» dice.

Sospiro.

«Ma Haymitch…» comincia Peeta, interrotto immediatamente.

«Niente “ma” ragazzi. Pensateci bene. Se decideste di andare a Capitol City da Caesar si risolverebbe tutto in un paio di giorni. Quattro domande, un paio di sorrisi ed ecco che tutta Panem ottiene le informazioni che desidera. Voi tornate qui e potete continuare a farvi gli affari vostri».

In effetti non ha tutti i torti. Mancano ancora otto settimane al matrimonio e saranno le più importanti perché serviranno a definire tutti i preparativi. Non possiamo permetterci di trascorrerle assillati dai giornalisti.

«Hai ragione Haymitch. Quando si parte?» chiedo.

Peeta mi guarda, stupito e sconvolto per la mia uscita del tutto calma e tranquilla.

«Dopo domani. Manderanno un treno, come le altre volte» dice.

Torniamo tutti alle nostre precedenti attività, fingendo che non sia accaduto nulla, anche se Peeta continua a lanciarmi degli sguardi sospetti, come se temesse che non sia più io quella seduta in mezzo ai tre strambi truccatori.

La sera, quando andiamo a dormire, sento Peeta agitarsi nel letto.

«Cosa c’è?» gli chiedo, accarezzandogli il viso.

«Non riesco a dormire. Tutta colpa di Haymitch. Io non voglio tornare a Capitol City. Preferisco starmene qui» dice, guardando il soffitto.

«Ma Peeta, cerca di capire. Diamo loro quello che vogliono ci lasceranno in pace. Abbiamo ancora due mesi prima del matrimonio e non possiamo farci assillare all’infinito. Prima o dopo avremmo dovuto cedere».

Si volta dalla mia parte e mi stringe.

«Hai ragione, eppure ho paura che possa ricominciare tutto da capo» dice, baciandomi il collo.

«Non ricomincerà nulla. Siamo cresciuti e siamo più forti adesso. Siamo insieme, non dimenticartelo mai».

Sospira.

«Peeta, guardami» gli dico, con voce ferma.

Mi metto a sedere, nel letto e gli prendo le mani tra le mie, poi le poggio al mio petto.

«Ti amo. Il mio cuore batte ancora grazie a te. Senza il tuo aiuto sarei sprofondata in un baratro così profondo che nessuno sarebbe stato in grado di tirarmi fuori. Voglio passare tutta la mia vita con te e non farò mai nulla che possa farti del male» dico, sorridendogli.

Lui scosta le mani, mi poggia una mano sulla nuca e mi bacia.

Non ricordo di aver mai sentito così tanta passione da un suo bacio.

Mi stringe forte a sé continuando a baciarmi, finché le sue mani non cominciano a sfiorarmi delicatamente, accarezzandomi i fianchi.

«Katniss, ti amo anche io. Ti amo più della mia stessa vita. Per te sarei disposto a rinunciare alla mia gamba sana e ad entrambe le braccia» sussurra continuando a baciarmi.

«Voglio sposarti, voglio renderti la donna più felice del mondo e nessuno m’impedirà di farlo» aggiunge.

Mi stringo a lui rispondendo con foga al suo bacio, finché non mi ritrovo in biancheria intima, sdraiata sotto di lui.

Ci guardiamo negli occhi, sapendo che alla fine è giunto il momento.

Nessuno dei due lo aspettava con ansia.

Nessuno dei due ha mai forzato l’altro.

Ed è per questo che ci concediamo entrambi, l’uno all’altra, con naturalezza.

Sapendo benissimo che sta accadendo nel momento giusto.

La mattina seguente, quando mi sveglio, mi rendo conto che sto sorridendo.

È una strana sensazione sentire il corpo nudo di Peeta contro il mio. Sentire le sue braccia cingermi la vita e il suo respiro sul collo.

Mi muovo delicatamente voltandomi verso di lui, gli poso un bacio sulle labbra dischiuse, poi mi alzo a farmi una doccia.

Una volta lavata mi avvolgo in un grosso asciugamano e torno in camera, dove Peeta si sta svegliando.

«Buongiorno» dico sorridendogli.

Lui si stiracchia, socchiude gli occhi e sbadiglia, poi mi guarda e sorride.

«Buongiorno amore mio» dice.



Duuunque, bella gioventù! Ora pubblico il capitolo, ma i ringraziamenti li lascio a domani perché sono di corsissima :(
Devo andare a farmi la doccia :P
Spero che la storia continui a piacervi.
So bene di non essere un genio delle descrizioni e nemmeno un mago della narrativa, ma mi sto impegnando tanto :)
Fatemi sapere che ne pensate!
Aspetto con ansia le vostre recensioni.

Xoxo

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Capitolo 6
*** 06. ***


06.

 

 

Ci prepariamo a trascorrere una giornata tra le mani di Venia, Flavius e Octavia perché “non possiamo assolutamente presentarci così a Capitol City”.

Io vengo letteralmente rapita per parecchie ore mentre quei tre riprendono la loro storica battaglia contro i miei poveri peli, poi scelgono i miei vestiti per la città.

Alla fine, riusciamo a vedere Haymitch e gli altri solo all’ora di cena.

«Bene ragazzi è tutto pronto per domani. La rete ferroviaria, fortunatamente, è stata ripristinata alla perfezione. Ci aspettano a Capitol City per dopodomani a pranzo. Saremo ospiti al palazzo di giustizia» ci informa Haymitch.

Durante la cena scopriamo con gioia che anche Effie ci accompagnerà e ovviamente verranno anche Flavius, Venia e Octavia.

«Mamma, vieni anche tu insieme a noi» dico.

«No Katniss, tranquilla. Starò qui a sistemare tutto e poi mi prenderò un po’ di tempo per stare con Hazelle» risponde lei, con un sorriso.

È sincera, non c’è dispiacere nella sua voce e credo fermamente che abbia bisogno di trascorrere del tempo con la madre di Gale. Sono anni che non si vedono e nessuna delle due ha mai posseduto un telefono per potersi chiamare quando volevano raccontarsi qualcosa.

Chiacchieriamo fino a tardi finché Effie, come suo solito, ci spedisce a letto, preoccupandosi del fatto che potremmo essere stanchi la mattina seguente ed arrivare in ritardo a prendere il treno.

Il lupo perde il pelo…

Io e Peeta andiamo a letto e rimaniamo svegli parecchio a chiacchierare.

Cosa sarà cambiato a Capitol City?

Ci porteranno a vedere quell’orrenda statua in memoria degli Hunger Games?

Caesar indosserà ancora quel terribile completo blu?

La gente sarà ancora così stravagante?

Non sappiamo dare una risposta a nessuna di queste domande, eppure siamo meno timorosi di ieri all’idea di affrontare questo viaggio.

«Katniss, secondo te avremo un treno privato come le altre volte?» mi chiede Peeta, abbracciandomi.

In effetti, durante il dominio di Snow i treni erano un bene di lusso, invece adesso li possono utilizzare tutti, anche se i prezzi per il trasporto sono comunque un po’ troppo elevati.

«Non saprei. Forse sì, per farci fare un viaggio tranquilli, oppure no. Non ne ho proprio idea» rispondo voltandomi verso di lui e baciandolo dolcemente.

Rimaniamo abbracciati tutta notte, finché, la mattina seguente, Effie non comincia a bussare convulsamente alla nostra porta.

«Ragazzi! Ragazzi! Alzatevi o faremo tardi» dice, con il suo solito tono concitato.

Siamo appena sgusciati fuori dalle coperte che ecco entrare Venia, Octavia e Flavius come fulmini.

«Eccoci qui! Siamo pronti per prepararvi!» esclamano in un gioioso coretto.

«Ma non arriveremo a Capitol City prima di domani!» dico io, in tono di protesta.

«Lo sappiamo, ma qui fuori è pieno di telecamere che vogliono riprendere gli “sventurati amanti del Distretto 12” tornare trionfali a Capitol City come futuri sposi!» dice Octavia con un sorriso a trentasei denti.

Sospiriamo entrambi e ci lasciamo torturare dai tre truccatori.

Una volta pettinati, sistemati e vestiti scendiamo al piano di sotto, dove Haymitch sta caricando in macchina i bagagli.

«Siamo sicuri che basti un’auto sola per tutti?» chiede Peeta con aria scettica.

«Certo che no – risponde Flavius – Una macchina servirà a noi con i bagagli e nell’altra starete voi due, Effie e Haymitch».

Fuori dalla porta, come detto da Octavia, ci sono dozzine di telecamere e giornalisti, tutti pronti ad immortalare ogni nostro movimento.

 Peeta, che è il più solare tra noi due, si spreca in saluti e sorrisi.

Presa dall’entusiasmo lo imito. In fondo non c’è niente di male nell’essere cordiali.

Alla stazione capiamo che saremo gli unici ospiti del treno diretto a Capitol City e la cosa non ci crea affatto disturbo.

« Sembra tutto come allora…» sussurra Peeta.

Lo prendo per mano.

«No. È tutto decisamente meglio. Siamo in partenza per un viaggio di piacere, non per andare a fare le pedine» gli dico, con un sorriso.

Pare rincuorarsi e una volta saliti sul treno comincia a conversare fittamente con Haymitch.

Il viaggio trascorre tranquillo.

Il cibo è sempre squisito e il treno procede rapidamente lungo i binari.

Spesso mi scopro a fissare incantata il panorama.

È veramente tutto diverso.

Nel viaggio verso le arene non mi ero mai goduta queste piccolezze.

Notare i dettagli dell’arredamento, come quel lampadario di cristallo sistemato proprio sopra il tavolo da pranzo.

Osservare il panorama che cambia in continuazione, lo scorrere del sole all’orizzonte.

Tutte cose che rendono il viaggio unico nel suo genere.

Chissà se anche in un lontano passato la gente viaggiava così.

Non per arrivare, ma per ammirare tutto questo.

La notte in treno è tranquillissima.

Io e Peeta dormiamo sereni e al mattino non c’è nemmeno Effie che batte il dito sull’orologio facendoci notare qualche ritardo.

Andiamo a fare colazione e troviamo i tre truccatori immersi in chissà quale conversazione, mentre Haymitch è alle prese con il termos del caffè ed Effie sbuccia una mela.

«Ragazzi, arriveremo tra un paio d’ore» ci informa la donna.

Ci sediamo al tavolo ed ecco che i miei occhi si riempiono di gioia nel vederla.

Una caraffa colma di cioccolata calda.

Quanto tempo che non la bevevo.

Peeta sorride nel notare la mia espressione di felicità e mi serve subito una tazza.

Terminata la colazione guardiamo fuori dai finestrini del vagone e notiamo in lontananza il profilo della città.

È ancora come la ricordavo.

Imponente, spaventosa e al tempo stesso meravigliosa.

Ricordo ancora lo sguardo stupito di Peeta quando la vide la prima volta.

«Siamo arrivati» dico.

La stazione mi sembra gigantesca senza la folla di capitolini pronti ad acclamare i nuovi tributi.

Sulla banchina, ad attenderci, ci sono altri giornalisti e due auto che ci trasporteranno fino al palazzo di giustizia.

Qualcuno cerca di farci delle domande, ma veniamo letteralmente catapultati in macchina.

«Scusate la brutalità, ma se ci fossimo fermati a dare ascolto a tutta quella gente non saremmo mai riusciti a partire» si scusa l’autista.

Durante il viaggio non posso fare a meno di guardarmi intorno, curiosa.

La gente di Capitol City non è cambiata.

Sono ancora tutti colorati, sgargianti e pacchiani, ma c’è qualcosa di più umano nei loro sguardi.

Non mi disgustano come dieci anni fa e la cosa mi rasserena.

Il traffico a Capitol City è una cosa che mi lascia completamente interdetta.

Non avevo mai notato quanta gente ci fosse per le strade in un giorno normale.

Le persone si accalcano sui marciapiedi, attraversano la strada in enormi mandrie, in un guazzabuglio festoso di colori, che si mischiano, si scambiano, si scavalcano, quasi come se facessero a gara per il più brillante.

Molti sguardi si posano sulla nostra vettura e la gente aguzza lo sguardo per guardare oltre i finestrini oscurati.

Dopo mezz’ora abbondante giungiamo a destinazione.

La scalinata del palazzo di giustizia ha sempre quel non so che di terrificante.

Mette in soggezione chiunque.

All’entrata ci sono due guardie che ci aspettano.


Ragazzi, chiedo venia!
Anche oggi sono in ritardissimo...tra mezz'ora devo uscire e devo ancora vestirmi...
Comunque, volevo ringraziarvi tantissimo per le recensioni. Ieri notte sono riuscita a leggerle e a rispondervi.
Giuro che al prossimo capitolo vi ringrazio uno per uno!
Ora scappo, scusatemi tanto.

Grazie di tutto <3

_Shayla

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Capitolo 7
*** 07. ***


07.

 

 

I giornalisti, come durante il tragitto verso la stazione, seguono ogni nostro movimento.

Sono fortemente a disagio di fronte a tutte queste attenzioni e Peeta lo capisce.

Mi cinge le spalle con un braccio come a farmi scudo da tutti quei flash.

Mi stringo a lui, sorridendo per quella premura.

Una volta all’interno dello stabile mi sento al sicuro da qualsiasi sguardo indiscreto e mi rilasso.

Veniamo gentilmente guidati fino ad una stanza, dove potremo prepararci.

«Dopo pranzo v’indicheremo le stanze dove dormirete» ci dice una giovane ragazza dai lunghi capelli biondi.

Mi rasserena sapere che hanno smesso di mutilare e schiavizzare i senza voce come Lavinia.

Chissà che fine avrà fatto.

Una volta nella stanza mi guardo attorno.

L’ambiente è tranquillo e trasmette calore, cosa di cui dubitavo fortemente.

Peeta sembra a suo agio e la cosa mi rasserena parecchio.

Mentre lascio che siano gli uomini a sistemare tutto l’arsenale di valige che ci siamo portati dietro, mi diletto nell’osservare la camera che ci è stata assegnata più nel dettaglio.

Il pavimento è letteralmente nascosto da enormi tappeti con disegni arzigogolati che corrono da una parte all’altra, mischiandosi in fitte trame di colori vivaci.

Il mobilio dimostra l’opulenza caratteristica di Capitol City.

Le cassettiere e gli armadi sono giganteschi, lucidissimi e a quanto pare, vecchi come Panem stessa.

Li sfioro con i polpastrelli e mi sembra quasi di sentire il calore del legno passarmi attraverso la pelle.

Ci sono anche due divani giganteschi in velluto rosso scuro, uno dei quali è stato preso in ostaggio da Venia e Octavia.

In fondo alla stanza c’è una porta in legno scuro, che collega al bagno.

Anch’esso, ovviamente, dalle dimensioni sproporzionate.

Una volta sistemate tutte le nostre vettovaglie, veniamo accompagnati fino alla sala da pranzo.

Il soffitto è talmente alto che temo di slogarmi il collo nel tentativo di guardarlo.

I pavimenti sono in marmo lucidissimo e le mura sono in pietra scura.

Ci accomodiamo intorno ad una tavola in legno scuro lunga almeno cinque metri intorno alla quale sono disposte svariate sedie.

Nell’attesa ci vengono servite delle bevande fresche.

Effie e i tre truccatori sono visibilmente a loro agio in quell’ambiente, mentre io, Peeta ed Haymitch ci sentiamo un po’ spaesati.

Tutto troppo grande, troppo preciso, troppo appariscente per i nostri gusti.

Fortunatamente i nostri ospiti non si fanno attendere e dopo pochi minuti ecco che la signora Paylor, alcuni suoi collaboratori e Caesar Flickerman fanno il loro ingresso in sala.

Ci alziamo tutti e ci avviciniamo a loro.

Ci sono i soliti convenevoli.

Saluti, strette di mano, sorrisi, chiacchiericci vari, poi finalmente ci sediamo a tavola e cominciamo a mangiare.

Per quanto certi capitolini possano avermi odiata tempo addietro, noto con piacere che non si sono dimenticati i miei gusti culinari e mi viene servito un meraviglioso piatto di stufato d’agnello con prugne.

Mangiamo a sazietà tutti quanti, lo capisco da come Venia si sfiora lo stomaco, da come Flavius si lascia scivolare sulla sedia e da come Haymitch cerchi di camuffare la sua digestione nascondendo la bocca dietro il tovagliolo.

Effie, ovviamente è sempre impeccabile. Dialoga con tutti, tiene viva la conversazione con aneddoti sulla vita capitolina dopo la caduta del governo e Peeta le da corda.

Sarebbero due ottimi presentatori televisivi.

Dopo pranzo ci spostiamo in una sala più piccola, fortunatamente, dove ci accomodiamo su dei divani di una misura quasi normale.

I materiali delle pareti e del pavimento sono sempre gli stessi, ma i soffitti sono più bassi e un lato della stanza è occupato da un grosso caminetto che, data la stagione, è spento.

Al contrario di quanto pensassi, è Caesar il primo a prendere parola e non la Paylor.

«Signori, innanzitutto grazie per essere venuti fin qui e per aver accettato il mio invito a partecipare ad un’intervista televisiva. Sono sicuro che ognuno avrà ciò che desidera. Io lo scoop del secolo e voi un po’ di tranquillità» dice, rivolgendosi a me e a Peeta.

«Dunque, so bene che così facendo rischiamo di fare tutto di corsa, ma il tempo è denaro e voi avete bisogno di tutto il tempo che resta per organizzare al meglio le vostre nozze, quindi la mia idea, concordata poi dalla signora Paylor e dai suoi funzionari, è quella di mandarvi in onda questa sera stessa, cosicché domani possiate godervi un altro lauto pranzo qui a Capitol City e poi fare ritorno al vostro Distretto in tutta tranquillità. Non c’è nulla di nuovo, rispetto a ciò che già avete avuto modo di vedere anni fa. Io vi farò delle domande e voi risponderete. La trasmissione andrà avanti così per qualche tempo, poi concluderemo insieme e buonanotte a tutti» dice sorridendo.

Non avevo mai fatto caso a quanto fosse grande la sua bocca.

Lo osservo attentamente e noto che non è cambiato di una virgola, rispetto a nove anni fa.

Ha i capelli colorati di rosso, così come le labbra e gli occhi. Ha la pelle abbronzata ed indossa un completo elegante color lilla.

Chissà chi gli sceglie gli abiti.

Mi chiedo quanti anni possa avere.

Ha presentato le edizioni degli Hunger Games da che io possa ricordare, quindi sicuramente è più vecchio di mia madre.

Eppure non riesco a dargli un’età.

Cinquantacinque? Sessanta? Sessantacinque anni?

Domande che rimangono senza risposta.

«Caesar, non ci saranno altre immagini di vecchie Arene o cose simili, spero» dice Peeta, dando voce anche alle mie preoccupazioni e distraendomi dai miei pensieri.

«Assolutamente no. Non faremo certo cose di questo genere, come invece hanno fatto altri programmi» risponde, quasi sdegnato.

«Abbiamo visto» dico, con aria stizzita.

«Bene, direi che non ho nient’altro da aggiungere, quindi lascio la parola alla signora Paylor e mi ritiro per preparare le ultime cose del programma. Ci vediamo questa sera alle 21» e così dicendo esce da una porta laterale lasciandoci da soli.

«Bene. Innanzitutto bentornati a Capitol City. Spero che il viaggio sia stato tranquillo e che i giornalisti non vi abbiano infastiditi. La città freme da giorni per voi. Da quando hanno saputo del vostro arrivo non si parla d’altro. Nei bar, al mercato, al lavoro. Tutti parlano degli sventurati amanti del Distretto 12» dice la Paylor sorridendoci.

«Dunque, ci tenevo ad informarvi che dopo la diretta televisiva, è stata organizzata una festicciola in vostro onore al vecchio centro d’addestramento. Ormai non ha più nulla di quel luogo, se non la forma originale dell’edificio. Spero siate felici di sapere che è stato adibito ad ospedale» aggiunge.

«Ma se è un ospedale com’è possibile che ci abbiate organizzato una festa? E i malati?» chiedo, sconvolta.

«Non preoccuparti Katniss, un’ala distaccata del centro è rimasta inutilizzata e siccome si trova ben lontana dalle stanze dei degenti e da qualsiasi stanza realmente utile all’ospedale, spesso viene utilizzata per organizzare feste e banchetti» si premura di tranquillizzarmi la donna.

«Vedo che non avete perso il vizio di festeggiare» dico con velato rancore.

Effie trattiene un sospiro e sento lo sguardo di rimprovero di Haymitch addosso a me.

La Paylor, invece, mi sorride.

«Di sicuro le feste capitoline non hanno mai ucciso nessuno e adesso i tempi sono cambiati. La gente è abituata a festeggiare qui, e noi di certo non siamo nessuno per impedirglielo. Finché vengono rispettate le regole e nessuno si fa male, perché privarli di questo piacere?».

Forse sono stata troppo dura con la donna, quindi mi limito a sorriderle di rimando e a lasciare che la conversazione la diriga qualcun altro.

Strano che siano Effie e Peeta a chiacchierare per la maggior parte del tempo.

Ci viene data la libera uscita dopo circa un’ora e ci viene data la possibilità di girare indisturbati per la capitale, ovviamente seguiti da una scorta perché “non si sa mai cosa può accadere”.

Io e Peeta ci guardiamo. Ci teniamo così tanto a vagare senza meta per Capitol City fino all’ora di cena?

Io personalmente non ne ho voglia. Mi è bastato strisciare nelle fogne e nascondermi tra la folla una volta e Peeta è della mia stessa idea.

Io e lui rimarremo nella nostra stanzetta a chiacchierare. Gli altri? Che vadano pure, noi non ci offenderemo di certo.

Nessuno ha da obiettare quando esprimiamo la nostra idea a riguardo.

Haymitch si lascia letteralmente trascinare da Effie e dai tre truccatori in giro per le vie della città.

«Ci sono cose che vanno assolutamente viste» cinguetta Effie prima di essere fuori dalla portata delle nostre orecchie.

Veniamo avvicinati da una giovane ragazza che ci mostra quella che sarà la nostra camera da letto per la permanenza a Capitol City.

Ovviamente è arredata in stile capitolino, ma non mi lamento.

Il letto a baldacchino è coperto da una trapunta leggera sui toni dell’arancione e i drappeggi attorno alle colonne sono sul gialle. Ad un primo sguardo sembra dannatamente accogliente e anche il mobilio non è troppo esagerato.

«Katniss, io vorrei parlarti di una cosa» sussurra Peeta, una volta rimasti soli.

Lo guardo e noto che sta lentamente arrossendo.

«Cosa c’è?» gli domando, lievemente preoccupata.

«Beh ecco…volevo parlarti di quello che è successo l’altra notte…».

La temperatura del mio viso schizza alle stelle e penso che la mia pelle stia brillando a causa del rossore che mi avvampa sulle guance.

Sono imbarazzatissima e non so che dire.

Peeta sorride, capendo il mio disagio.

«Scusa, non volevo metterti in imbarazzo» dice, abbracciandomi.

«Non mi aspettavo che volessi parlarne» rispondo, ancora intontita.

Ride e mi prende in giro per la mia espressione.

Fingo d’essermi offesa, incrocio le braccia al petto e mi volto di schiena.

Peeta mi cinge la vita con le sue mani forti e mi fa voltare verso di lui.

«Adesso non ti posso più prendere in giro signorina Everdeen?» sussurra, sorridendomi.

«Assolutamente no signor Mellark. E ora, se non le dispiace, devo andare a farmi bella per il mio fidanzato» dico, scostandomi e cercando di rimanere seria.

Mi allontano da lui, ancheggiando.

Non faccio nemmeno due passi che sento la sua presa intorno al mio corpo e dopo un istante mi ritrovo tra le sue braccia.

Strillo, ridendo.

«Peeta! Mettimi giù!» grido, dimenando le gambe.

«Assolutamente no! Ora sei mia» dice, poggiandomi sul letto e baciandomi.

Mi piace questo bacio e rispondo con passione.

Provo la stessa sensazione di calore dell’altra sera.

Faccio appena in tempo a realizzare che mi blocco.

Peeta mi guarda, con aria interrogativa.

«C’è qualcosa che non va?» mi chiede.

Mi metto seduta, lasciando che Peeta si sistemi accanto a me.

«Peeta…tu hai capito cosa stava per succedere?» gli domando, guardandolo.

Lui pare confuso, poi però annuisce.

«Sì. Non mi sembra che ci fosse nulla di male in questo» dice.

In effetti non c’è nulla di male…eppure il mio istinto mi dice che qualcosa non quadra.

Mi alzo dal letto e inizio a camminare per la stanza, quando il mio sguardo viene catturato dalla maniglia della porta.

Faccio un giro di chiave in modo tale che nessuno la possa aprire, poi torno da lui, che mi aspetta sdraiato sul letto, con il peso poggiato sui gomiti.

Mi avvicino a lui, salgo sul letto e gattono fino ad essergli sopra, poi lo bacio.

Le sue mani vanno subito sui miei fianchi e cominciano ad accarezzarmi la schiena.

Mi piace sentire quanto forti, ma al tempo stesso delicate, possano essere le sue mani.

Ci baciamo per un lasso di tempo che mi sembra interminabile, poi Peeta comincia a sbottonarmi la camicetta.

Ho il respiro corto e sento un gran caldo salirmi dalla pancia fino al petto.

Non mi era mai capitato di desiderare così tanto che Peeta mi sfiorasse, che mi baciasse, che mi facesse sentire il suo respiro sulla pelle.

Ci amiamo intensamente e con maggiore consapevolezza rispetto alla prima volta e poi restiamo abbracciati a lungo, nel letto sfatto.

Peeta gioca con i miei capelli, intrecciando una ciocca attorno alle sue dita, poi mi bacia una tempia.

«Ti amo tantissimo, lo sai?» sussurra.

«Ti amo anche io e posso dire con tranquillità che sono contenta della piega che sta prendendo la mia vita. Voglio restare con te per sempre» gli dico sorridendogli.

Dal corridoio sentiamo provenire le voci di Venia e Octavia.

Io e Peeta ci guardiamo, poi cominciamo a vestirci freneticamente, prima che qualcuno possa bussare alla porta.

Non riesco a fare a meno di ridere.

La situazione è troppo comica.

Stiamo sistemando il letto quando bussano alla porta.

«Ragazzi, ci potreste raggiungere nell’altra stanza? Così chiacchieriamo un po’ prima di andare in onda».

È la voce di Effie.

«Sì Effie» dice Peeta.

Io vado ad aprire la porta.

«Com’è andata la gita in città?» domando, con un sorriso smagliante.



Rieccomi qui, miei cari lettori.
Dunque questo capitolo è un po' più lunghetto e mi è piaciuto molto scriverlo.
Spero che a voi sia piaciuto leggerlo.
Ora passiamo a...

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI: che sarà lungo lungo perché vi ho miseramente abbandonati per due capitoli <3
Grazie a:
- giuyoipoi77
- kikka4299
- MadgeKZo2
- HeartSoul97
- amolefossette
Per aver recensito il capitolo 4
Grazie a:
- Kikka4299
- MadgeKZo2
- amolefossette
- MissGolightly
Per aver recensito il capitolo 5
Grazie a:
- amolefossette
Per aver recensito il capitolo 6
Grazie anche a:
- algeb
- Allie_908
- MissGolightly
- Nephilim 13
Per aver messo la storia tra le preferite
Grazie a:
- AlessiaAntognelli
- Fratre91
- giulylove23
- Lana_97
- maurina
- thecatchingfire
Per aver deciso di seguire la storia
.
Grazie anche a tutte le persone che leggono facendo salire le visualizzazioni dei capitoli.

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Capitolo 8
*** 08. ***


08.

 

 

Una volta tutti insieme, io e Peeta ci rilassiamo, scambiandoci ogni tanto qualche sguardo complice, che ovviamente non passa inosservato ad Haymitch, che prende da parte Peeta per parlare.

Capisco che sta affrontando l’argomento perché Peeta arrossisce vistosamente, cosa che mi fa venire da ridere, ma Effie pare così seria mentre elenca dettagliatamente tutto gli orari che dovremo rispettare, che non mi sembra il caso di riderle in faccia.

Mi ricompongo e torno a seguire l’organizzazione della serata, finché Peeta non torna indietro e mi fa segno di raggiungere Haymitch.

Non so che pesci pigliare. Di cosa vorrà parlarmi?

Mi alzo dal divanetto mentre Effie aggiorna Peeta sulla scaletta da seguire.

«Hey dolcezza, hai voglia di prendere una boccata d’aria?» mi chiede, aprendo la portafinestra che conduce in cortile.

Annuisco e lo precedo.

Camminiamo in silenzio per qualche metro, poi Haymitch mi cinge le spalle con un braccio.

«Katniss, volevo parlarti di una cosa» dice.

«Ti ascolto» rispondo, seria.

«Volevo dirti che sono veramente felice che tu e Peeta vi sposiate e che sono orgoglioso di essere stato il vostro mentore e un vostro amico. Siete l’unica famiglia che abbia mai avuto e mi riempie di gioia sapere che siete felici insieme».

Sento un’ombra di commozione nella sua voce.

«Haymitch…io. Ci stavo pensando già da qualche giorno…tu…vorresti accompagnarmi all’altare?» dico cautamente.

Lui mi guarda, poi mi abbraccia forte.

«Sarebbe un onore ragazza in fiamme. Sarebbe un vero onore».

Non so perché, ma credo che Haymitch stia piangendo.

Dopo qualche minuto in cui stiamo abbracciati, si stacca e mi fa segno di tornare dentro.

 

-

 

Sono le sei in punto quando viene servita la cena.

Stando alla scaletta di Effie abbiamo un’ora di tempo per mangiare, poi dobbiamo andare a prepararci.

La cena viene consumata tra chiacchiere e risa.

Spesso allungo la mia forchetta nel piatto di Peeta per assaggiare quello che sta mangiando e lui fa lo stesso, scatenando il disappunto di Effie.

Dopo un’ora ci alziamo e andiamo a prepararci.

Peeta viene rapito da Flavius, mentre Venia e Octavia si occupano di me.

Mi pettinano, mi truccano e infine mi fanno indossare un vestito nero, senza spalline e lungo fino a terra.

Mi guardo allo specchio con aria critica.

«Non è un po’ azzardato?» chiedo.

«Katniss, non sei più una bambolina. Sei una donna forte e decisa che sta per sposare l’uomo della sua vita. Direi che è un look più che azzeccato» dice Octavia posandomi le mani sulle spalle.

In effetti ha ragione.

Con quel vestito e il trucco deciso non sembro più la ragazzina spaurita che dieci anni fa calcò quel palco per la prima volta.

I capelli sono raccolti lateralmente in una coda morbida che lascia liberi i boccoli.

Alle 8 ci incontriamo tutti nuovamente.

Non ricordo di aver mai visto Haymitch ed Effie così eleganti.

Per andare fino allo studio televisivo dobbiamo seguire un percorso in macchina.

Dopo la rivoluzione alcuni edifici di Capitol City hanno cambiato sistemazione e adesso lo studio rimane più lontano, quindi saremo nuovamente prede dei fotografi.

Fortunatamente raggiungiamo le auto da un’uscita laterale e possiamo viaggiare tranquilli.

Effie continua a controllare l’orologio, terrorizzata dall’idea che possiamo arrivare in ritardo, mentre Haymitch e Peeta chiacchierano tranquillamente.

Io mi limito a guardare fuori dal finestrino.

La città, all’imbrunire, non sembra così male.

Le persone si affrettano a tornare a casa per guardare la tv e cenare con la propria famiglia, i colori sono meno fastidiosi con questa luce.

La macchina rallenta in prossimità degli studi televisivi e vediamo una marea di gente che ci aspetta.

Ci sono cartelloni con i nostri nomi e i nostri volti, persone che ci salutano, che ci mandano baci.

«Cosa vi avevo detto io? Siete fonte di gioia e distrazione. Ora fate i carini e salutate» dice Haymitch tirandoci fuori dalla macchina.

Mi sento intontita di fronte a tutti quei volti, ma alla fine il saluto è un gesto meccanico e non devo impegnarmi troppo per sventolare la mano in direzione di tutte quelle persone entusiaste.

Ci concediamo qualche minuto lì all’ingresso, poi veniamo scortati all’interno dell’edificio.

Caesar ci viene incontro con un sorriso smagliante.

Indossa ancora quel terribile completo con le lucine.

«Katniss, sei stupenda. Peeta, che eleganza. Bene, seguitemi» dice prendendoci per mano.

Io mi volto verso Haymitch che alza un pollice e mi sorride.

Andrà tutto bene.

Veniamo accompagnati lungo una serie di corridoi fino dietro le quinte, dove ci sono parecchie sedie su cui accomodarci.

«Bene. Ora ci terrei tanto a rassicurarvi che non ci saranno strani colpi di scena durante questa intervista. Vorrei solo chiedervi se potrò farvi delle domande personali. Magari sugli anni passati» ci dice Caesar, controllando l’orologio.

«Domande di che tipo?» chiedo, sospettosa.

«Sugli Hunger Games. Sulle vostre sensazioni ed emozioni dieci anni dopo. Niente immagini cruente, solo farina del vostro sacco».

Io e Peeta ci guardiamo, incerti.

Vedo il mio viso truccato nel riflesso dei suoi occhi azzurri e non ho paura di ricordare.

«Va bene» diciamo insieme, prendendoci per mano.



Ciao a tutti!
Innanzitutto, grazie mille per la velocità supersonica con cui recensite. Vi voglio un sacco bene! Per chi volesse, potete aggiungermi su fb (basta che specifichiate che arrivate da EFP perché solitamente non accetto persone che non conosco o con cui non ho amici in comune).

So che questo capitolo è corto corto, ma volevo uno spazietto carino tutto per Caesar, fuori dall'ambito televisivo.
E ora passiamo a:

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:
Grazie a:
- giuyoipoi77
- Virgi_7
Per aver recensito :)
grazie di cuore ragazze.
Mi riempite il cuore di gioia

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Capitolo 9
*** 09. ***


09.

 

 

«Tra una decina di minuti inizierà il programma. Vi chiamerò io in scena, voi state qui tranquilli» dice Caesar, poi va a sedersi al suo posto sul palco, dove una schiera di truccatrici sistema gli ultimi dettagli.

Un capello fuori posto, un angolo dell’abito che si è spiegazzato, il sorriso da incipriare, una ruga da nascondere.

«Secondo te è vero o lo hanno ricostruito interamente?» chiedo a Peeta.

Lui mi guarda e ride sommessamente, piegando la testa verso il basso.

Amo il suo modo di ridere.

«Signorina Everdeen non sono cose da dire!» esclama imitando la voce di Effie e sorridendomi.

Appoggio la testa sulla sua spalla e guardiamo il programma da dietro le quinte.

Dopo dieci anni, l’apertura del programma di Caesar è ancora la stessa, lui che sorride alle telecamere e alla folla sottostante, che spalanca la bocca in modo disumano, che comincia a colloquiare con il pubblico come se conoscesse tutti da tempo immemore.

Dopo qualche minuto ecco che tutti si fanno silenziosi e le luci vengono abbassate.

«Signori e signore, so bene che state tutti quanti fremendo perché sapete chi c’è dietro le quinte, quindi non vi farò aspettare un secondo di più. Ecco a voi Katniss Everdeen e Peeta Mellark!» esclama tendendo un braccio nella nostra direzione.

Le luci vengono alzate e sono quasi più scintillanti di prima.

Tenendoci per mano saliamo sul palco, pronti ad essere accolti in quella bolgia rumorosa ed accecante.

È tutto come ricordavo. Baccano, luci, grida, migliaia di occhi puntati su di me.

Ci accomodiamo sul divano di fronte a Caesar, lui ci stringe la mano educatamente e la nostra intervista ha inizio.

«Bentornati ragazzi. Dunque, come procedono le vostre vite?» ci chiede non appena la folla si calma.

«Non potrebbe andare meglio» dice Peeta prendendomi la mano.

Si sentono alcuni sospiri tra il pubblico.

«Dunque, tutta Panem si chiede come sarà questo matrimonio. Come lo avete organizzato?»

«A dire la verità noi abbiamo fatto una minima parte nell’organizzazione. Siamo stati aiutati da mia madre, da Effie Trinket e da Haymitch Abernathy. Sono loro i veri organizzatori del nostro matrimonio» dico, voltandomi verso di loro e sorridendo.

«Katniss, fai felici tutte le fanciulle di Panem e dicci, com’è stata la proposta di matrimonio di Peeta?» chiede Caesar piegandosi verso di me.

Io sorrido e guardo il mio futuro marito negli occhi.

«È stata la proposta più romantica che abbia mai sentito. Mi ha guardata negli occhi, mi ha preso le mani e poi mi ha chiesto di sposarlo» dico, carezzandogli il viso.

Dal pubblico si alza una ragazza di circa quattordici anni.

«Peeta! Sposa me!» strilla prima di essere allontanata, scatenando l’ilarità e gli applausi del pubblico.

Io arrossisco.

«Bene bene. Ma in fondo nessuno aveva dubbi sulla vostra relazione. Ma ora ditemi, come si svolgerà il matrimonio?» dice Caesar per attirare nuovamente l’attenzione del pubblico.

Sono di nuovo io a prendere parola.

«Ci sposeremo nel Prato vicino a casa nostra. È uno spazio sufficientemente grande per l’occasione. Sarà il nuovo sindaco del Distretto Dodici a sposarci, per il resto sarà un matrimonio come quello di altre centinaia di coppie» dico, semplicemente.

«Certo, certo. Non si può dire però che sarà un matrimonio qualsiasi. Voi siete sopravvissuti a due edizioni degli Hunger Games. Siete i volti della rivoluzione che ha cambiato tutta Panem. Ditemi, siete rimasti in contatto con gli altri vincitori?».

Eccole, le domande personali sugli Hunger Games.

«Sì, al nostro matrimonio ci saranno anche Johanna Mason, Beetee e Annie Odair» dice Peeta.

Sentiamo sussurrare il nome di Finnick tra le fila del pubblico.

Alcune donne si asciugano gli occhi e devo fare un grande sforzo anche io per non piangere.

Il ricordo di Finnick Odair, morto poco dopo aver sposato la sua amata, morto senza aver mai potuto vedere suo figlio, mi strazia il cuore.

«Chi ti accompagnerà all’altare Katniss?» chiede Caesar cambiando argomento e facendo piombare tutto il pubblico nel silenzio.

Io impiego qualche secondo a riprendere il controllo delle mie emozioni e a rispondere.

«Sarà una persona importantissima. Una persona che mi ha aiutata a superare tutte le difficoltà cui sono andata incontro in questi dieci anni. Il mio mentore non solo durante gli Hunger Games, ma anche durante il resto della mia vita. Sarà Haymitch ad accompagnarmi» dico, guardandolo.

Le telecamere si voltano verso di lui, riprendendo Effie che si asciuga gli occhi con un fazzolettino ed Haymitch che mi sorride, con gli occhi lucidi.

È un momento molto commovente e vedo parecchie ragazze imitare Effie.

Anche Venia e Octavia.

Caesar prosegue nel porci domande di ogni tipo.

Mia madre cosa ne pensa del matrimonio?

Come vanno le cose nel Distretto?

Parecchie formalità e lascio che sia Peeta a rispondere alla maggior parte delle domande.

Nonostante siano passati dieci anni, io non mi trovo a mio agio con le telecamere.

Finché non arriva un’altra domanda.

«Peeta, torno sull’argomento un secondo. Dunque, Katniss ci ha detto com’è stata la proposta di matrimonio, ma tu come ti sei sentito quando gliel’hai fatta?».

«Dire che mi sento tutt’ora l’uomo più fortunato al mondo vale come risposta?» chiede Peeta.

«Certamente, certamente» risponde Caesar con un sorriso smagliante.

«Anche se – continua Peeta – c’è stata una piccola cosa che mi ha rattristato» dice.

Ora anche io lo fisso, un po’ sconvolta.

«Non le ho dato nessun anello. E voglio sfruttare questo momento per rimediare» dice, quindi si mette in ginocchio davanti a me e tira fuori una scatolina dalla tasca dei pantaloni.

«Katniss Everdeen, te lo richiedo davanti a tutta Panem. Vuoi sposarmi?».

Nel dirlo apre la scatolina, nella quale brilla un anello meraviglioso, coperto di pietre preziose che riflettono la luce proiettando piccoli arcobaleni tutt’attorno a noi.

Sono senza parole, mi viene da piangere e da ridere allo stesso momento.

Ho gli occhi lucidi e la vista offuscata dalle lacrime per la gioia incontenibile di quel momento.

Peeta infila l’anello al mio dito tremante, quindi gli prendo il viso con entrambe le mani.

«Certo che sì» rispondo, baciandolo.

Anche Caesar è commosso da questa scenetta.

Il pubblico applaude, batte i piedi a terra, fischia e grida, creando una baraonda frastornante.

Peeta riprende posto accanto a me e l’intervista continua.

Come dieci anni fa, Peeta e Caesar sono complici su quel palco e continuano a farsi battutine in un botta e risposta che alleggerisce l’atmosfera.

Proseguono in questo modo fino alla fine della trasmissione, programmata alle 23, dopo due ore di diretta.

Io sono stremata, ma al tempo stesso entusiasta.

«Signori e signore, l’ora è tarda e noi dobbiamo salutarci. Facciamo un bell’applauso a Katniss Everdeen e Peeta Mellark! I nostri migliori auguri per il vostro matrimonio» dice Caesar prendendomi per mano e facendo alzare entrambi.

Il pubblico applaude e noi usciamo di scena.

Lentamente lo studio si svuota, le luci si spengono e torna la quiete.

Caesar si allontana per andare a parlare con il suo staff e io e Peeta restiamo da soli.

«Peeta dove hai preso quell’anello?» gli chiedo, mentre aspettiamo che Haymitch ed Effie ci raggiungano.

«L’ho fatto comprare ad Haymitch, quando sono andati a fare un giro in città. È per questo che prima mi ha preso da parte per parlare» mi risponde, arrossendo.

Ecco svelato il mistero.

Gli accarezzo il viso, sorridendogli.

«Mi hai fatto proprio una bella sorpresa» sussurro.

«Ragazzi, siete stati meravigliosi!» esclama Effie facendoci voltare nella sua direzione.

Ha gli occhi ancora lucidi.

Mi abbraccia stretta, poi abbraccia anche Peeta.

Veniamo raggiunti anche da Haymitch, da Flavius, da Venia e da Octavia che continuano a farci complimenti.

Si congratulano con Peeta per l’atto romantico della proposta, con Haymitch per la scelta dell’anello, con me per le belle parole.

Il cinguettio dei truccatori viene interrotto dall’arrivo di Caesar.

«Siete stati meravigliosi ragazzi. Grazie mille. Ora, se volete seguirmi, ci sono della auto che ci aspettano per andare a festeggiare» dice, con il suo solito enorme sorriso.

Lo seguiamo nuovamente lungo il dedalo di corridoi, finché non raggiungiamo l’uscita.

L’aria è fresca e mi ritrovo a rabbrividire, nonostante sia primavera inoltrata.

Probabilmente mi ero abituata alla temperatura mite che c’era nello studio televisivo.

Peeta se ne accorge e mi poggia la sua giacca sulle spalle.

«Grazie» dico, sorridendogli.

Una volta saliti in macchina, poggio la testa sulla sua spalla e mi lascio coccolare, in attesa di arrivare alla festa.


Lo so, oggi ho postato veramente in fretta, ma lo faccio perché vi voglio bene, visto che domani non ci sarò per tutto il giorno e non so se giovedì riuscirò a collegarmi :)
Spero che questo capitolo con l'intervista vi sia piaciuto :)
Per ravvivare un po' gli animi vi lascio con un'anteprima del prossimo capitolo, così vedo quanto riesco ad incuriosirvi.

Peeta mi viene incontro, preoccupato.

«Katniss, va tutto bene?» chiede.

Chissà che faccia ho. Ho pianto e sono ubriaca.

Una meraviglia!

Bene, spero di avervi incuriositi.
*Malvagiaaaaa*
E ora passiamo a

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:
Grazie a:
-giuyoipoi77
- HeartSoul97
Per aver recensito <3

Ps guardate che domani controllo se mi recensite!!!
Se non lo fate, niente biscottini <3


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Capitolo 10
*** 10. ***


10.

 

 

Viaggiamo per una mezz’ora abbondante, continuando a parlare della trasmissione.

Di quanto sia stata bella, di come sia stato piacevole vederci sul palco insieme, di quanto sia stato carino Peeta a mostrare quell’anello.

Già, l’anello.

Non smetto di guardarlo.

È una delle cose più preziose che io abbia mai posseduto.

Le strade sono affollate, piene di persone che si protendono verso la nostra auto.

Leggo centinaia di cartelloni con i nostri nomi, che festeggiano le nostre nozze.

Quelle persone sono felici per noi, gioiscono per il nostro successo, per la nostra felicità.

«Haymitch, com’è possibile che a queste persone importi così tanto di noi?» chiedo.

«Vedi, dolcezza. Le persone di Capitol City hanno l’abitudine di creare dei miti, di creare degli idoli e continuare ad osannarli finché non trovano qualcosa di più interessante. Voi due siete l’attrazione del momento. Siete la distrazione, il modello da prendere ad esempio, siete il sogno che si realizza. Molti, tra quelli qui fuori, ci tengono veramente a voi due, sono contenti che la vostra vita abbia preso questa piega perché si sono realmente affezionati alla figura degli sfortunati amanti del Distretto Dodici, altri invece seguono la moda. La moda dice di osannare Katniss Everdeen e Peeta Mellark? Allora faranno così. Se domani la moda dicesse che bisogna osannare Haymitch Abernathy e farsi crescere i capelli come lui, loro lo faranno. Quelli che vorranno continuare a seguirvi lo faranno, ma quelli che lo fanno per moda inizieranno a concentrare tutte le loro attenzioni sui miei movimenti, sul mio modo di fare e di vestire. Purtroppo di persone senza spina dorsale ne è piena Panem, ma non possiamo farci nulla. Sono fatti così» spiega lui, con semplicità.

La sua risposta mi lascia interdetta, eppure soddisfatta.

In effetti è vero, i capitolini sono famosi per i loro comportamenti altalenanti. Amano per poco, poi passano a qualcosa d’altro, in un continuo susseguirsi di manie, di stranezze, di colori e di passioni.

Una volta arrivati al centro d’addestramento vengo presa da un po’ di malinconia, ricordi che si accavallano violentemente nella mia mente. Cercando di prevalere l’uno sull’altro.

Peeta, Haymitch, Effie e tutti gli altri però, sono così allegri che non voglio rovinare loro la festa.

Peeta mi aiuta a scendere dall’auto, poi entriamo a festeggiare.

Per la prima ora chiacchiero con tutti, con la signora Paylor, con i suoi funzionari, con lo staff di Caesar, con i truccatori.

Ogni chiacchiera è seguita da un bicchiere di qualche sostanza alcolica.

Ne bevo uno, tre, dieci, quindici, poi ho bisogno di allontanarmi, di prendermi un minuto tutto per me.

Fingo di aver bisogno del bagno e mi nascondo in un angolo del corridoio.

Mi scoppia la testa. Sento la voce di Rue, che mi chiede di cantare, quella di Prim, che strilla nel vedermi andare volontaria al suo posto. Vedo il viso di Marvel, esterrefatto per essere stato colpito dalla mia freccia, quello di Cato, mentre gli ibridi lo massacrano. Gli occhi vitrei di Clove quando viene uccisa a sassate, lo sguardo duro di Thresh quando decide di risparmiarmi. Le labbra bluastre di Faccia di Volpe dopo l’avvelenamento. Sento il rumore dei cannoni, le grida della guerra.

Mi piego sulle ginocchia e mi stringo la testa tra le mani.

Vorrei vomitare, vorrei urlare.

Qualsiasi cosa pur di liberarmi da queste immagini.

Non me ne accorgo nemmeno e comincio a singhiozzare.

Questa serata di ricordi è troppo per il mio cuore e per la mia mente.

Cerco di fare meno rumore possibile, ma ovviamente sento dei passi farsi più vicini a dove mi trovo.

Mi rannicchio, nella speranza di non essere vista, o nella speranza che chi sta arrivando sia sufficientemente ubriaco da non vedermi.

Mi gira la testa e mi viene anche da vomitare, poi sento una mano poggiata sulla spalla.

«Hey dolcezza, tutto bene?» mi chiede Haymitch.

Ha la voce leggermente impastata dall’alcool.

Quando alzo la testa verso di lui, il suo sguardo cambia.

Si siede di fianco a me, mi abbraccia e mi culla.

«Lo so, è un posto orribile…» sussurra stringendomi al petto.

«Non è poi così brutto qui» rispondo, tirando su con il naso.

«Io parlavo della tua testa» dice, accarezzandomi i capelli-.

Lo abbraccio, cercando di tranquillizzarmi e di seguire il suo respiro.

«Non se ne andranno mai, vero?».

«Purtroppo no, tesoro. È da più di trent’anni che combatto contro le loro facce e le loro voci, ma non se ne sono mai andati» sussurra.

Il mio pianto si fa più disperato.

«Perché? Non bastava vivere quegli orrori? Perché devono perseguitarmi?»

«Lo so, è un’ingiustizia, ma serviranno a non ripetere tali errori» dice.

«Vorrei che finissero».

Haymitch si scosta leggermente.

«So che magari non è una soluzione, ma bevi un po’ di questo. Ti aiuterà un po’ per stasera» dice, porgendomi una fiaschetta di metallo.

La prendo dalle sue mani e bevo avidamente, finché il bruciore in gola non mi ferma.

«Hey dolcezza, avevi sete?» chiede.

Annuisco, poi mi si annebbia completamente il cervello.

Spariscono i brutti pensieri, spariscono i volti dei morti, spariscono le paure e le angosce.

Chiedo aiuto ad Haymitch per alzarmi in piedi, poi torniamo dagli altri.

Sembra che la stanza mi giri attorno.

Peeta mi viene incontro, preoccupato.

«Katniss, va tutto bene?» chiede.

Chissà che faccia ho. Ho pianto e sono ubriaca.

Una meraviglia!

Annuisco, poi mi faccio guidare fino ad una sedia.

«Sarà meglio andare a letto» dice Peeta.

Cerco un orologio e noto che sono passate quasi un paio d’ore da quando siamo arrivati.

Ma per quanto tempo ho pianto?

Intanto che gli altri si radunano, si salutano e si preparano, io riesco a bere un altro paio di bicchierini e brindo insieme ad Haymitch, che è ubriaco quasi quanto me.

Peeta mi porta fino alla macchina in braccio.

Fortunatamente non ci sono in giro telecamere e fotografi, se no avrei fatto una gran figuraccia.

Il viaggio in macchina non me lo ricordo per nulla.

Solo la voce di Effie che rimprovera Haymitch e la mano di Peeta che mi accarezza il viso.

Vengo portata in braccio anche in camera da letto e mi riprendo leggermente quando sento il materasso sotto il mio corpo.

«Come ci sono arrivata qui?» domando.

«Ti ho portata io» risponde Peeta, severo.

Mi metto a sedere e lo guardo.

O meglio, cerco di metterlo a fuoco.

«Che hai?» gli chiedo.

«Nulla. Solo che vorrei che evitassi di bere. Non mi piace quando sei ubriaca Katniss» risponde, sbottonandosi la camicia e lasciandola sulla sedia.

Io scalcio le scarpe verso il tappeto e comincio a trafficare con la zip del vestito per togliermelo.

«Tu non sai perché ho bevuto!» rispondo, acida.

«Allora spiegamelo».

Ha un tono glaciale, che mi fa rabbrividire.

«Io…li sentivo e li vedevo. Tutti nella mia testa. Rue, Cato, Clove, Marvel…tutti!» esclamo allargando le braccia in segno di disperazione.

Le lacrime tornano prepotenti.

«Io volevo solo che la smettessero di gridare, di comparirmi davanti agli occhi!» aggiungo alzando la voce.

Mi tolgo il vestito e lo butto a terra, poi corro in bagno a vomitare tutto l’alcool che mi sta avvelenando lentamente.

Peeta è subito dietro di me, a tenermi i capelli.

Vomito e piango.

Sono veramente patetica.

«Katniss, non puoi ridurti così però. Ci sono modi differenti per sconfiggere i propri incubi» sussurra.

Non riesco a parlare, i conati sono troppo forti e troppo ravvicinati tra loro per farmi anche solo pensare.

Incomincio a rabbrividire.

Il pavimento è gelido e io sono in biancheria intima, quasi raggomitolata sulle piastrelle.

Peeta si allontana per poco, poi torna con una coperta e me l’appoggia sulle spalle, scaldandomi un po’.

«Mi dispiace…» dico, ricominciando a piangere.

«Tranquilla. Non dovevo arrabbiarmi così» risponde.

Mi alzo, poi mi sciacquo la bocca per togliere quel saporaccio orrendo.

A Capitol City hanno anche una sostanza strana, dal sapore di menta, per pulirsi la bocca.

Utilizzo anche quella.

Tre volte.

Finché non sono sicura che la mia bocca sia perfettamente apposto.

Peeta mi accompagna al letto e mi aiuta a stendermi, poi si sdraia accanto a me.

Lo abbraccio e respiro il suo profumo.

«Hai fatto bene ad arrabbiarti così, invece» rispondo con la voce intorpidita dalla stanchezza.

«No. Non c’era motivo».

«Invece sì. Sono stata debole. Come sempre» la voce poco più che un sussurro.

«Non è vero» risponde lui al mio orecchio.

Non riesco a ribattere. Mi fa male la testa e sento gli occhi pesanti, così annuisco e mi addormento, cadendo in un sonno profondo e senza sogni.


Dunque, riecchime!
Lo so, non mantengo mai la parola data con gli aggiornamenti, ma sinceramente pensavo di non riuscire ad esserci oggi, quindi...
SORPRESONAAAA!!!
Spero siate contenti che sono tornata prima del tempo <3
Ci tengo a spiegare che l'ultima parte del capitolo è scritta in maniera un po' approssimativa perché volevo dare l'idea dell'ubriachezza di Katniss, non perché non ne avessi voglia o altro.
So che magari è poco chiara come cosa, ma spero che con la spiegazione abbiate capito un po' di più questo "cambio di stile"

E ora passiamo a

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:
Grazie a:
- giuyoipoi77
- jepsikat
- hakuna89
- HeartSoul97
- MatitaGIalla
- amolefossette
Per aver recensito :)
Grazie a:
- Alecruz
- algeb
- Allie_908
- Annalisa_DaughterOfZeus
- ehykaya
- jussdrewbieber
- ketti
- Little_Hutchers
- maurina
- MissGolightly
- Nephilim 13
- onedaremyidols_
- RedIsTheColorOfMyLove
- Virgi_7
- _Itsgiu
Per aver messo la storia tra le preferite (ho riscritto tutti i nomi perché se no mi perdo ogni volta :), siete tantissime)
Grazie a:
- giuyoipoi77
- sofia989me
- _Fiore di Loto_
Per aver deciso di ricordare la storia
Grazie a:
- Ale cruz
- AlessiaAntognelli
- amolefossette
- egeg
- Elenita99
- emmatiane
- Fratre91
- giulylove23
- giuyoipoi77
- hakuna89
- HeartSoul97
- Hungergameslover
- jepsikat
- jj_cate
- jonas4e
- kiaOdairHerondale
-  Kikka4299
- Lana_97
- MadgeKZo2
- Marymansi
- maurina
- mordilla (beccata! Allora la storia la segui!!!) (sorry, attimi di follia per colpa della mia amica)
- Rossella_delle_rose_blu
- Sara_Peipi
- Silvietta94
- thecatchingfire
- Virgi_7
- _Fiore di Loto_
Per aver deciso di seguire la storia.

Grazie di cuore a tutti! Senza di voi non sarei arrivata fino qui. 10 capitoli dopo quasi 4 anni di inattività sono veramente un traguardo importante per me.
Spero di non deludervi nei prossimi capitoli.
E ora, visto che sono una cattiva malefica, vi lascio un'anticipazione, ma non potrò pubblicare nulla fino a domani (e questa volta è la verità perché il capitolo è in fase di sistemazione)

Mi cade lo sguardo sul pavimento e noto delle macchioline di sangue.

Mi risveglio immediatamente, pronta a cogliere qualsiasi rumore insolito.

Mi avvicino lentamente alla porta del bagno e noto che le macchie si fanno via via più ravvicinate e più grandi.

«Cos’è successo?» mi domando, sempre più preoccupata.

Poggio la mano sulla porta e noto che è semplicemente accostata.

Lo spettacolo che mi si para davanti mi blocca il respiro in gola.

«PEETA!» strillo con quanto fiato ho in corpo.



Spero di avervi incuriosite :)

Xoxo

Shayla

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Capitolo 11
*** 11. ***


11.

 

 

La mattina seguente mi sveglio con un terribile mal di testa e con un terribile sapore in bocca. Quasi come se avessi leccato il pelo di uno scoiattolo.

Mi muovo nel letto, realizzando che non sono a casa, ma a Capitol City.

Allungo il braccio alla mia sinistra, cercando Peeta.

Mi metto immediatamente a sedere, non trovandolo accanto a me.

Il letto, dal suo lato, è freddo, come se non fosse mai stato lì.

Mi alzo non appena la stanza smette di girare, poi comincio a chiamare Peeta, con voce rauca.

Sento degli strani rantoli arrivare dal bagno, quindi mi avvio lentamente in quella direzione.

«Peeta» chiamo mezza voce.

Mi cade lo sguardo sul pavimento e noto delle macchioline di sangue.

Il mio istinto di sopravvivenza, anche dopo dieci anni, è sempre vigile e mi fa risvegliare immediatamente. Sono pronta a cogliere qualsiasi rumore insolito.

Mi avvicino lentamente alla porta del bagno e noto che le macchie si fanno via via più ravvicinate e più grandi.

«Cos’è successo?» mi domando, sempre più preoccupata.

Ho il cuore che mi martella nelle orecchie e il respiro sempre più accelerato.

Sento l’ansia crescere ad ondate sempre più forti.

Poggio la mano sulla porta e noto che è semplicemente accostata.

Lo spettacolo che mi si para davanti mi blocca il respiro in gola.

«PEETA!» strillo con quanto fiato ho in corpo.

Mi sento svenire.

Peeta è coperto di sangue ed è riverso a terra.

«Peeta, Peeta, ti prego, rispondimi. Apri gli occhi» dico, cominciando a scuoterlo.

Il suo sangue m’imbratta le mani, le gambe, il corpo.

Comincio a piangere e a gridare il suo nome, finché non mi sento stringere le spalle da braccia forti e vengo allontanata da lì.

«NO! NON PORTATEMI VIA! LASCIATEMI LÍ CON LUI!» strillo, in preda ad un attacco isterico.

Mi dimeno come una pazza, cercando di divincolarmi da quelle mani che mi stritolano.

Voglio tornare da Peeta. Ha bisogno di me.

Non può finire tutto così.

A quanto pare il mio soccorritore, se così si può definire, non vuole sentir ragioni e mi porta fuori dalla stanza.

«PEETA!» grido un’ultima volta con la vista annebbiata dalle lacrime.

 

-

 

«Katniss, Katniss. Va tutto bene, sono qui».

Le sue mani mi scuotono dal sonno.

La sua voce mi risveglia da quel torpore angosciante.

Apro gli occhi e lo vedo.

È vivo, sta bene e non sanguina.

«Oddio, Peeta. Stai bene!» esclamo, gettandogli le braccia al collo.

Mi stringe a sé e respiro il suo profumo, riempiendomi i polmoni.

«Sì sto benissimo. Mi hai spaventato a morte. Gridavi come una disperata» dice accarezzandomi la testa.

«Ho fatto un incubo. Tu eri morto, coperto di sangue e qualcuno mi portava via. Non potevo fare nulla per salvarti».

Il mio corpo è scosso dai singhiozzi.

«Stai tranquilla. Era solo un brutto sogno. Io sono qui e sto benissimo» mi dice, cullandomi.

Impiego parecchi minuti a tranquillizzarmi.

Tempo in cui continuo a rivivere quella scena terrificante.

Il mio respiro torna normale e mi rilasso.

«Come ti senti stamattina?» mi chiede Peeta, sollevandomi il viso fino ad incrociare il suo sguardo con il mio.

«Meglio. Scusami per ieri sera. Ho esagerato e non dovevo risponderti così male» dico, mortificata.

«Non ti devi preoccupare. Posso capire come ti sia sentita. L’importante è che ora vada tutto meglio» risponde sdraiandosi a pancia in su.

Mi raggomitolo al suo fianco, poggiando la testa sul suo petto e seguendo il suo respiro regolare.

Con un dito seguo il profilo del suo addome, del petto, risalendo alle labbra, alle sopracciglia, poi gli accarezzo il viso.

«Se non fosse stato un incubo, penso che sarei morta» sussurro.

«Non ci pensare più. Ora va tutto bene» risponde.

Restiamo abbracciati per un tempo indefinito.

«Che ore sono?» domando, ad un certo punto.

«Poco più tardi delle undici e mezzo» risponde Peeta.

«Niente colazione capitolina oggi» dico, sorridendo.

«Eh già, miss Everdeen. Purtroppo ci siamo giocati quest’occasione» risponde, sospirando.

«Vuol dire che abbiamo più tempo per stare tranquilli, da soli» aggiungo, con sguardo malizioso.

«Cosa intendi dire?».

Inarca un sopracciglio e mi sorride.

«Oh avanti, lo sai bene cosa voglio dire» rispondo mettendomi a sedere e baciandolo.

 

-

 

Peeta è steso affianco a me, con gli occhi chiusi.

È così sereno e calmo che potrei guardarlo per giorni interi.

Faccio scorrere un dito sul suo corpo, delineando tutti i suoi muscoli.

È strano vedere la pelle di Peeta così perfetta, nonostante le numerose ferite riportate durante gli Hunger Games e la rivolta.

La mia attenzione viene catturata dalla sua protesi.

«Peeta, posso farti una domanda?» chiedo, timidamente.

Lui tiene gli occhi chiusi ed annuisce.

«Cosa si prova a non avere più una gamba?».

Mi rendo conto che la domanda lo lascia perplesso perché si mette seduto e mi guarda.

«Non mi aspettavo questa domanda, sinceramente. Non ti so spiegare bene. Ogni tanto mi sembra quasi che mi prudano le dita dei piedi, anche se non ci sono più. All’inizio è stato difficile e ancora adesso ho delle difficoltà. So che non potrò mai più correre come una volta e certi movimenti particolari mi riescono complicati, però la protesi non mi crea poi così tanto disturbo alla fine dei conti» dice, sorridendomi.

Gli sorrido di rimando, poi mi sdraio nuovamente.

«Katniss»

«Sì»

«Stamattina mi hai fatto spaventare» dice, con voce triste.

Lo guardo.

«Mi dispiace».

«Non ti avevo mai sentita gridare così» aggiunge.

«Ho finalmente capito quello che mi dicesti anni e anni fa» dico.

Lui mi guarda, incuriosito.

«Che nei tuoi incubi hai paura di perdere me»

«E che sto bene quando vedo che ci sei».

Mi abbraccia stretta.

«Ti amo» sussurra, prima che bussino alla nostra porta per avvisarci che è ora di pranzo.

Ragazzi, grazie mille a tutti per il vostro supporto.
Ora scappo che devo andare a fare la baby sitter ^_^
Torno verso le 7 però non credo che riuscirò a pubblicare altro.
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo.

Grazie di cuore a tutti

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Capitolo 12
*** 12. ***


12.

 

 

Il pranzo trascorre tranquillamente e quasi in totale silenzio.

Hanno tutti delle facce terribili.

«La serata non è stata pesante solo per te» sussurra Peeta, piegandosi verso il mio orecchio.

Li osservo.

Sono tutti concentrati sui loro piatti e quasi non si guardano in faccia.

È il nostro ultimo pranzo  nella capitale e non può finire così.

Non so da dove parta quell’idea, ma un istante dopo sono in piedi, con un bicchiere in mano.

Mi stanno guardando tutti.

«Scusate se interrompo il vostro pranzo. Volevo cogliere quest’ultimo momento in cui siamo tutti insieme per ringraziarvi. Ringraziarvi per tutto quello che avete fatto in tutti questi anni. Per aver permesso a me e a Peeta di sopravvivere e di stare insieme. Per aver reso Panem un luogo migliore. Per avermi permesso di crescere e di diventare quella che sono oggi. Grazie di cuore per avermi permesso di vivere in un mondo di pace, senza Arene, senza Hunger Games e senza totalitarismi. Grazie per aver permesso a tutte le persone più sfortunate di ambire a qualcosa di più, per aver fatto capire loro che non si devono rassegnare alla loro posizione, ma possono sempre sperare di raggiungere un obiettivo più alto. Caesar, a te un grazie di cuore per averci aiutati durante le varie interviste ad apparire più convincenti e piacevoli di quanto non fossimo. Per averci permesso di trovare degli sponsor che ci hanno salvato la vita. Signora Paylor, a lei grazie per aver deciso di farsi carico di guidare una nazione ferita ed indifesa. Per aver retto dieci anni e per aver risollevato Panem dalla polvere in cui si trovava. Octavia, Flavius, Venia, grazie per avermi resa stupenda ogni volta che ce n’era bisogno. Senza di voi non sarebbe stata la stessa cosa. Effie, grazie per non averci mai fatto fare tardi ad un appuntamento – e qui tutti sorridono – per essermi stata amica in tutto questo tempo e per esserti opposta al dominio di Snow nonostante non ci avresti guadagnato nulla di buono. Haymitch, a te grazie per tutto. Per gli insegnamenti e per i consigli che mi hai dato e che mi hanno permesso di rimanere in vita in due Arene. Per non avermi mai abbandonata in tutto questo tempo, per avermi compresa quando nessuno era in grado di farlo, per avermi aiutata a ritrovare Peeta e a riportarlo tra noi quando Snow lo aveva torturato. Peeta, non saprei da dove cominciare. Devo ringraziarti per tutto. Per aver fatto sopravvivere la mia famiglia, tanti anni fa, per aver messo la mia incolumità davanti alla tua, per essermi stato accanto ogni notte per quasi dieci anni cercando di salvarmi dai miei peggiori incubi. Per aver piantato quelle primule fuori casa, per aver scelto di passare la tua vita con me, nonostante io sia la più scostante delle persone esistenti al mondo. Grazie di cuore a tutti voi».

Alzo il bicchiere in direzione del tavolo e me lo porto alle labbra con gli occhi lucidi per la commozione.

Non sono mai stata una persona loquace e rimango stupita di me stessa per quel discorso lunghissimo, eppure ho riscosso successo.

Non appena mi siedo, gli altri commensali applaudono, poi sollevano i loro bicchieri.

«A Katniss Everdeen, la ragazza che ha permesso che tutto ciò accadesse» dice Haymitch e tutti brindano in mio onore.

Peeta si china verso di me per baciarmi.

«Bellissimo discorso, ma sono io che ti devo ringraziare. Hai messo anima e corpo nel cercare di salvarmi da Snow e nel tentativo di riportarmi indietro, da te» sussurra posando le sue labbra sulle mie.

 

-

 

Veniamo riaccompagnati al treno nel primo pomeriggio.

La stazione è gremita di persone adoranti che non fanno altro che salutarci, mandarci baci e dimenarsi per vederci da vicini.

«Posso mettermi a ruggire?» chiedo, osservando la folla dal finestrino del vagone.

«Non credo che sia opportuno» dice Effie, mentre Haymitch e Peeta ridono.

Aspetto che Effie mi volti le spalle, poi mostro i denti alla gente e fingo di graffiare il vetro con le unghie.

Mi allontano dal finestrino ridacchiando.

Il rientro a casa è tranquillo e trascorro dei piacevoli momenti con Effie, Venia e Octavia.

Durante il viaggio decidiamo gli ultimi dettagli.

La mia pettinatura, il trucco e le unghie, perché giustamente non posso presentarmi all’altare senza una manicure perfetta.

Quando arriviamo al Villaggio dei Vincitori, troviamo mia madre sulla porta, con il viso tirato per la preoccupazione.

Sono abituata a vedere quell’espressione e la riconosco a parecchi metri di distanza.

Mi stacco rapidamente dal gruppo e la raggiungo di corsa.

«Mamma, che succede?».

Non mi risponde, ma seguo il suo sguardo.

Faccio appena in tempo a voltarmi che vedo una figura scura scattare fuori da un gruppo di cespugli e gettasi su Peeta, buttandolo a terra.

«Oh mio Dio!» esclamo, correndo nella sua direzione.

Effie strilla per lo spavento e Haymitch cerca di staccare quel tipo da Peeta.

Vedo partire il primo pugno quando sono ancora distante, poi metto a fuoco l’aggressore.

Gale.

Mi blocco in mezzo alla strada, incerta sul da farsi.

 

-

 

«Gale!» grido.

Lui si volta nella mia direzione e Peeta lo colpisce in pieno viso, poi se lo scrolla di dosso.

Si rialzano entrambi e Haymitch deve intervenire per tenerli separati.

Non so cosa fare per calmarli, così raccolgo un sassolino dal vialetto e lo lancio verso Gale.

Mi metto tra di loro e guardo Gale, per cercare di capire cosa ci faccia qui e perché abbia aggredito Peeta.

«Se non vuoi che ti stacchi la testa spiegami cosa avevi intenzione di fare» ringhio.

Non è cambiato molto. Ha sempre lo stesso sguardo duro di chi ha avuto una vita difficile, di chi ha visto troppi orrori.

«Volevo solo avvisarlo» borbotta facendo un cenno con la testa in direzione di Peeta.

«Avvisarlo?» chiedo, impedendo a chiunque d’intromettersi nella conversazione.

«Sì. Che deve stare bene attento a non farti star male…» sussurra abbassando lo sguardo.

Avrei mille cose da dirgli, da rinfacciargli, ma non so nemmeno come dirgliele.

È lui che mi ha fatta star male, è lui che ha insistito per combattere, che ha progettato le bombe, che ha fatto il guerrafondaio.

Peeta mi ha sempre sostenuta. Non potrebbe mai farmi stare male.

Eppure non dico nulla, mi limito a fissarlo con aria sbigottita.

Probabilmente perché non mi sarei mai aspettata di sentirgli dire una cosa simile.

«Se veramente ci tenevi a lei non saresti sparito per dieci anni» sibila Peeta.

I loro sguardi s’incontrano nuovamente e mi vedo costretta a dover fare da scudo a Peeta.

«Katniss, spostati. Lo sistemo quando voglio» dice.

Non l’ho mai visto così aggressivo.

«Sì Katniss, spostati così faccio vedere al tuo damerino come si comporta un vero uomo» ribatte Gale.

«ADESSO BASTA!» esclamo, adirata.

«Volete stare qui a picchiarvi come degli imbecilli, va bene, fate pure. Però non azzardatevi a chiedere aiuto per medicarvi!» aggiungo, voltandomi e tornando verso casa.

Effie, Haymitch, Venia, Flavius e Octavia non sanno cosa fare.

«Lasciateli lì. Che si arrangino» dico.

Rientro in casa di corsa, ignorando mia madre, ignorando tutti.

 

-

 

«Katniss, per favore, apri la porta» supplica Peeta, quasi mezz’ora dopo.

«Perché dovrei? Avete già finito di ammazzarvi di botte voi due?» chiedo, acida.

«Hey! Fino a prova contraria è stato lui a saltarmi addosso, quindi non prendertela solo con me. Ora per favore, potresti aprirmi così parliamo come persone normali?».

In effetti ha ragione.

Lui si è semplicemente difeso dall’aggressione di Gale.

Gli apro e noto che ha un livido violaceo sotto l’occhio destro.

«Come ti senti?» chiedo.

«Mai stato meglio. Il tuo amico è in casa di Haymitch e chiede di parlarti» risponde con tono di sufficienza.

«Vi siete detti qualcosa oltre che prendervi a pugni?» domando imboccando le scale per il piano inferiore.

«Assolutamente nulla. Haymitch ha portato Gale a casa sua e io mi sono fatto dare un’occhiata da tua madre» risponde, sorridendomi.

Esco di fuori, dove il sole di Aprile riscalda l’erba e i fiori.

Mi dirigo a passo sicuro verso la casa di Haymitch mentre Effie e mia madre mi sorvegliano dalla finestra.

Peeta è subito dietro di me.

«Non credo sia il caso che venga anche tu, prima che ricominciate a mettervi le mani addosso» dico, fermandomi e voltandomi di scatto verso di lui.

«Non m’importa, so incassare bene. Chissà cosa gli passa per la testa a quello lì» dice, enfatizzando le sue parole indicando la casa del nostro mentore.

«Peeta, per favore. Cosa vuoi che mi faccia? E poi ci sarà Haymitch con me. Non ti preoccupare, per favore» dico, accarezzandogli il viso e sorridendogli per rassicurarlo.

Non so se sono io ad essere convincente o se Peeta si rassegna per evitare di discutere, fatto sta che torna in casa e io busso alla porta di Haymitch.

È proprio lui ad aprirmi.

«Vuoi che rimanga a portata d’orecchio?» mi domanda.

Annuisco sicura, poi vado verso la cucina.

Gale è seduto con sguardo fiero e si massaggia lentamente uno zigomo.

A quanto pare Peeta si è difeso bene.


Eccomi qui!
Sono tornata. Scusatemi se ho impiegato più del dovuto per aggiornare!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto (soprattutto per le fan di Gale)
Lo so, non l'ho fatto tornare nel migliore dei modi e nemmeno nella maniera più simpatica, però staremo a vedere come si evolverà la situazione.
Spero che vi sia piaciuto anche il discorso di Katniss :)

E ora passiamo a

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:
Grazie a:
- amolefossette
- giuyoipoi
- wmyb e lwwy
- HeartSoul97
- Allie_908
Per aver recensito il capitolo ^^
Grazie a:
- Across Borders
- Dreamer_1203
- edwardforbella
- Lexie Mikaelson
- nonna belarda
- wmyb e lwwy
Per aver messo la storia tra le preferite
Grazie a:
- FelixTentia
- wmyb e lwwy
Per aver deciso di ricordare la storia
Grazie a:
- Elenalways
- Giadipotter
- wmyb e lwwy
Per aver deciso di seguire la storia.

Grazie mille a tutti, davvero.
Non so più come dirvelo. Grazie grazie grazie!

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Capitolo 13
*** 13. ***



13.

 

 

Mi sente arrivare e alza la testa in direzione della porta.

«Ciao» sussurra, alzandosi e sorridendomi.

«Ciao» rispondo fredda.

Ho le braccia incrociate all’altezza del petto e faccio un passo indietro quando sembra deciso a venirmi incontro.

«Io…non so nemmeno da dove cominciare» dice.

«Prova a cominciare da quando hai deciso di tenderci un agguato e di picchiare il mio futuro marito».

Ho un tono acido che non mi appartiene, ma sono così delusa dal suo comportamento che non posso fare a meno di rispondergli in questa maniera.

«Katniss – sospira – vederti con lui mi manda il sangue al cervello e sinceramente vedervi comparire in tv ieri sera non mi ha aiutato» dice.

«Allora andiamo in giro a picchiare la gente, mi sembra una cosa così intelligente! Da quando sei diventato un imbecille Gale?» sbotto.

Rimane esterrefatto e a bocca aperta.

«Ero venuto qui per avvertirlo che se solo avesse provato a farti star male gliel’avrei fatta pagare Catnip, tutto qui».

Il suo tono di voce si alza.

Quel nomignolo. Mi colpisce come un secchio d’acqua gelata.

«Lui? Provare a farmi star male? Il bue che da del cornuto all’asino! Chi dei due è sparito una volta finito tutto? Chi di voi due mi ha lasciata da sola mentre mia madre non era con me a piangere la morte di mia sorella? Peeta non potrebbe mai farmi del male. È sempre stato pronto a gettarsi in pasto alla morte pur di salvarmi, ma tu…»

«Io cosa? Ho preferito rendermi utile in un altro Distretto che starmene con le mani in mano a guardare il mondo correre avanti! Anche io ho sofferto per la morte di Prim e non passa giorno senza che mi senta responsabile per ciò che è successo! Ma tu sei troppo innamorata di quello là per renderti solamente conto di quello che succede nel resto del Paese, per capire cosa succede alle persone che ti stanno attorno. Oh, certo. È così bello essere la sposina felice di Panem, vero?».

C’è rancore nelle sue parole, c’è rabbia e dolore.

Parto prima ancora di rendermi conto di quello che sto facendo e gli do uno schiaffo.

Sento l’orgoglio bruciare e lacrime di rabbia cominciano a scorrermi sul viso.

«Non ti permetto di parlarmi così. Tu non hai la minima idea di quello che ho passato in questi ultimi dieci anni. Non puoi nemmeno immaginartelo» sibilo, rabbiosa.

Gale mi guarda.

Noto il dolore nei suoi occhi plumbei e capisco di aver toccato il tasto giusto.

«Io sono ancora innamorato di te, ma non sono mai riuscito a fartelo capire» sussurra, poi fa per allontanarsi.

«Non siamo mai stati fatti l’uno per l’altra» rispondo.

«Già. Probabilmente è così».

«Dove stai andando?» chiedo, senza voltarmi.

«Torno a casa. Al Distretto Due».

«A tua madre e ai tuoi fratelli farebbe piacere rivederti».

Mi volto e noto che non mi guarda. Sta osservando qualcosa fuori dalla finestra.

«Non ora. Non in questo stato. Tra qualche tempo, magari».

Sospiro ed annuisco.

«Buona fortuna per tutto Katniss. Mi dispiace solo non fare più parte della tua vita» dice, prima di avviarsi verso il cortile.

«Nessuno ti ha mai vietato di farne parte» rispondo, ma dubito che mi possa sentire.

 

-

 

Sospiro, poi mi siedo ed Haymitch rientra in cucina.

«Tutto a posto dolcezza?» mi chiede poggiandomi una mano sulla spalla.

Annuisco.

«Non è finita bene, ma quanto meno ci siamo detti tutto. Non pensavo che Gale potesse provare così tanta rabbia e tanto rancore».

«Dieci anni sono tanti per rimuginare su certe cose e per alimentare il proprio dolore».

Haymitch ha sempre le parole giuste.

«Direi che è il caso di tornare a casa, no?» chiedo, alzandomi dalla sedia.

Haymitch mi accarezza il viso e mi abbraccia.

«Non starci male Katniss. Nella vita gli amici vanno e vengono» dice.

Sospiro e lo abbraccio di rimando.

«Non volevo finisse così. Mai avrei pensato che potesse finire così» dico.

Sto per ricominciare a piangere.

Mi stacco, poi mi dirigo verso la porta.

«Grazie» dico, sorridendo.

 

-

 

Durante la cena spiego quanto accaduto con Gale, cercando di camuffare la rabbia che c’era nelle sue parole.

«Mi dispiace Katniss. Io non sapevo nulla…» comincia a dire mia madre.

«Non ti preoccupare. Doveva finire così a quanto pare» le dico, sparecchiando.

Peeta sembra più tranquillo ora che Gale non è più nei paraggi.

La serata prosegue pigramente e ad una certa ora ci ritiriamo tutti nelle nostre stanze.

«Sei sicura di stare bene?» mi domanda Peeta mentre ci mettiamo a letto.

«Certo» rispondo, ma lui nota il tremore nella mia voce.

«Katniss, so cosa significava Gale per te».

Sospiro.

«Perdonami, ma non mi va di parlarne» dico, voltandogli le spalle.

«D’accordo, come vuoi» dice, dandomi un bacio su una guancia ed abbracciandomi.

Non riesco a dormire.

Nella testa continuano a risuonarmi le parole di Gale.

« È così bello essere la sposina felice di Panem, vero?».

So che a parlare è stata la sua rabbia, ma mi sento ferita ed umiliata.

Crede davvero che non m’importi più nulla di ciò che accade attorno a me? Che non m’interessi di come procedono le cose negli altri Distretti?

Certo, ultimamente sono stata impegnata con il matrimonio, ma sono comunque rimasta sempre aggiornata su tutto.

Eppure il mio orgoglio si sente ferito ed abbattuto.

Non mi sarei mai immaginata che Gale avrebbe potuto parlarmi così.

Ricordo ancora il calore dei suoi abbracci, la sicurezza che mi dava stare con lui durante le nostre battute di caccia, la mia corsa disperata per difenderlo dalle frustate.

Gale, come hai potuto farmi questo?

Tradita.

Ecco come mi sento.

È come se mi avesse voltato le spalle, come se mi avesse abbandonata.

«Katniss, va tutto bene» sussurra Peeta stringendomi più forte.

Se n’è accorto lui e non io.

Sto piangendo.

Provo un senso di abbandono e di insicurezza come quando mia madre cadde in depressione per la morte di mio padre.

Mi asciugo le lacrime con rabbia, poi mi alzo.

«Dove vai?» mi domanda Peeta.

«Ho solo bisogno di un po’ d’aria, non ti preoccupare» dico in tono rassicurante.

Mi vesto al buio in fretta e furia, scendo silenziosamente le scale e poi esco di casa.

Corro.

Corro finché non ho più fiato, finché le ginocchia non cedono.

Corro come se avessi un ibrido alle calcagna.

Mi ritrovo davanti alla nuova recinzione.

Niente elettricità, niente filo spinato.

Ci sono addirittura dei cancelli che permettono a chi se la sente di avventurarsi nei boschi.

Esco, come se l’intero Distretto fosse una trappola e avessi bisogno d’aria fresca.

Mi addentro nella foresta e cerco un posto che mi rilassi.

Scelta sbagliata Katniss.

Ogni angolo mi riporta alla mente i momenti con Gale. Ogni albero ha qualcosa da ricordarmi.

Un ringhio cupo mi riporta alla realtà, riscuotendomi dai miei pensieri.

Sono stata una stupida ad uscire nel bosco a quest’ora tarda.

Mi volto lentamente cercando di ragionare su dove trovare un rifugio sicuro.

Davanti a me c’è un cane selvatico di grosse dimensioni che non ha un’aria molto amichevole.

Il pelo fulvo è ritto sulla schiena, tiene le orecchie appiattite lungo la testa e mi mostra minacciosamente una fila di denti affilati.

Non ho possibilità di fuga né tantomeno di vittoria nel caso in cui mi aggredisse.

Comincio a retrocedere lentamente cercando di non fare passi falsi.

Inciampo in una radice e mi ritrovo a terra.

L’animale fa un balzo verso di me, sento già i suoi denti dilaniarmi la carne.

Mi preparo psicologicamente al dolore che però non arriva.

Un guaito prima ancora che la bestia mi aggredisca.

Mi metto a sedere e vedo che il cane ha un coltello da cucina piantato in un fianco.

Poco lontano scorgo Peeta.

Ha il respiro affannato e mi corre incontro con occhi preoccupati.

«Sei impazzita?» mi chiede, chinandosi per controllare che io stia effettivamente bene.

Sono pietrificata per lo spavento. Ho rischiato veramente grosso e per cosa?

Perché non posso accettare di aver definitivamente chiuso con Gale?

Ho rischiato di perdere Peeta, mia madre, Haymitch e tutti gli altri per sempre per uno stupido litigio.

«Mi dispiace» sussurro, stringendomi a Peeta.

Mi aiuta ad alzarmi e torniamo a casa.

«Non farlo mai più, ti prego» dice, tornando a dormire.

Annuisco, ancora sotto shock, poi mi sdraio sotto le coperte.

Sono stata veramente una stupida.

Eccomi qui tesorini belli!

Sono tornata apposta per voi!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Mi dispiace tanto per le fan di Gale, ma sinceramente a me non piace molto come personaggio. Più che altro ha un carattere troppo irruento e bellicoso per i miei gusti ^_^ abbiate pietà di me, vi scongiuro.

Dunque, come ovviamente avrete immaginato, la storia non si protrarrà ancora per molto, credo ancora per 5/6 capitoli al massimo, ma forse anche meno.

Detto ciò, spero che fino ad ora la mia storia vi sia piaciuta. Spero di essere riuscita a descrivere bene i personaggi senza allontamarmi troppo da quello che la zia Suzie ha creato.

E ora vi lascio a:

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:

Grazie a:

- giuyoipoi77 (mi fa piacere averti emozionata nel capitolo precedente)

- HeartSoul97 (mi fa sempre piacere leggere i tuoi complimenti su come scrivo. Il mio orgoglio si gonfia come un palloncino ogni volta *cuoricini*)

- MatitaGialla (ahahah il paragone con le formiche mi è piaciuto un sacco. Certo che Peeta si è difeso bene! D'altronde, è Peeta, mica cotiche!)

- Elenalways (spero di non averti delusa con la litigata di Katniss e Gale. Fanno sempre piacere recensioni di nuove lettrici)

- amolefossette (grazieeee *saltella felice per la stanza*)

per aver recensito il capitolo :)

Ringrazio anche tutte le persone che seguono la storia, che l'hanno inserita tra i preferiti e che hanno inserito la fanfiction nelle storie da ricordare.

Perdonatemi se non faccio l'elenco, ma siete talmente tante che ogni volta devo controllare chi ho già menzionato e chi no e al momento sono veramente troppo stanca per fare un lavoro del genere.

Spero non ve la prendiate.

Grazie di cuore a tutti quanti, davvero!

Xoxo

Shayla

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Capitolo 14
*** 14. ***


14.

 

Le settimane scorrono pacifiche e l’avventura nel bosco sbiadisce lentamente.

A volte mi sorprendo a pensare a Gale, ma tendo ad accantonare i ricordi in un angolo remoto della mia mente.

Non ho il tempo né tantomeno la voglia di pensarci.

Le giornate scorrono frenetiche. Io devo controllare che ad Effie non venga un attacco isterico mentre mia madre prepara tutto l’aspetto organizzativo, Haymitch è preda di Octavia, Venia e Flavius che gli stanno confezionando un vestito per il matrimonio, mentre Peeta deve sgobbare per preparare il menù per il pranzo.

Nonostante i guadagni delle nostre vincite ci permettano di poterci procurare comodamente tutto il cibo di cui abbiamo bisogno, preferiamo mantenere un basso profilo e fare alla vecchia maniera del Distretto Dodici.

Soprattutto per quanto riguarda l’usanza di tostare il pane.

Un giorno ricevo una chiamata di Annie che mi contatta per accertarsi che il suo biglietto di conferma sia arrivato.

Durante la breve telefonata, fatta per lo più di convenevoli e di rassicurazioni riguardo l’arrivo del biglietto, sento il piccolo Martin canticchiare in sottofondo.

Dopo il suo, arrivano anche tutti gli altri.

Johanna, Beetee, Plutarch, Sae.

Mancano dieci giorni al matrimonio quando mi sveglio di soprassalto e corro in bagno.

Ho una nausea mai provata prima e la cosa mi preoccupa.

Peeta sente che sto vomitando e mi raggiunge di corsa.

«Katniss, va tutto bene?» domanda chinandosi accanto a me.

Io faccio segno di no con la testa.

«Vai a chiamare mia madre» dico tra i conati.

Mi sto sciacquando il viso quando arrivano entrambi.

«Katniss, cosa succede?» chiede mia madre, preoccupata.

«Non lo so. Ho una nausea terribile» dico, sedendomi sul letto e tenendomi lo stomaco.

«Peeta, per favore, potresti lasciarci da sole un secondo?».

Non appena la porta si richiude alle sue spalle, mia madre mi fa sdraiare e comincia a tastarmi l’addome.

«Katniss devo chiederti una cosa molto personale».

Sento le guance avvampare, anche se non so ancora cosa voglia domandarmi.

«Dimmi pure».

Anche lei arrossisce.

«Tu e Peeta per caso avete avuto dei rapporti intimi?».

Vorrei morire in questo istante.

Sia per l’argomento che non è affatto simpatico da trattare con la propria madre, sia perché ho capito dove vuole andare a parare.

«Sì…» sussurro.

Mi sorride e mi accarezza il viso.

«Allora non c’è nulla di cui preoccuparsi. Sei incinta».

Rimango senza parole.

Incinta.

Diventerò madre.

Mi accarezzo il ventre con delicatezza, come ad aver paura di poter far male a ciò che sta crescendo dentro di me.

«Da quanto?» domando, incuriosita.

«Questo dovresti saperlo tu, ma ad occhio e croce direi che sei al secondo mese».

Mi metto di profilo di fronte allo specchio e sollevo la maglia per osservarmi attentamente.

Mia madre mi abbraccia.

«Sono contenta per voi, Katniss. Vuoi che chiami Peeta?».

Annuisco.

Ancora non ci credo.

Sono passati dieci secondi da quando ho appreso la notizia che già provo un istinto di protezione nei confronti di quella piccola creaturina che un domani mi chiamerà mamma.

Lo sguardo di Peeta lascia trapelare tutta la sua preoccupazione nei confronti della mia salute.

Mia madre decide di lasciarci da soli e richiude la porta alle sue spalle.

«Katniss, è successo qualcosa di grave?» mi domanda Peeta.

Gli prendo le mani e me le appoggio sul ventre.

«Sono incinta» gli dico, semplicemente, guardandolo negli occhi.

Il suo sguardo s’illumina.

«Oh mio dio – sussurra – è una notizia meravigliosa».

Mi abbraccia e mi bacia, carezzandomi il viso.

«Sono l’uomo più felice del mondo» aggiunge.

«Posso chiederti una cosa?» domando timidamente.

Lui mi guarda ed annuisce.

«Vorrei informare gli altri il giorno del matrimonio. Per ora non direi nulla. Per te va bene?» chiedo.

«Va benissimo amore mio» risponde, baciandomi.

Una volta scesi al piano di sotto scopriamo che mia madre, probabilmente consapevole del fatto che non volessimo rivelare nulla, ha inventato la scusa che avessi fatto un’indigestione.

In ogni caso nulla di preoccupante.

Penso che sarà difficile tenere nascosto per dieci giorno che aspetto un bambino, anche perché Peeta sembra quasi che cammini ad una spanna da terra e io mi ritrovo spesso ad accarezzarmi il ventre durante la giornata.

 

-

 

 

Quattro giorni prima del matrimonio, mentre stiamo finendo di cenare, sentiamo bussare alla porta.

Ormai è diventata un’abitudine mangiare tutti quanti insieme, così è Haymitch che va ad aprire.

«Guarda un po’ chi si rivede!» esclama, con voce ridente.

«Hey, ma sei ancora vivo? Su, fammi passare che ho delle guance da baciare e delle mani da stringere!».

Mi alzo di scatto, sorridendo e riconoscendo la voce di Johanna.

«Katniss non salutarla!» esclama Haymitch mentre io abbraccio la mia amica.

«Perché non dovrebbe?» domanda lei, fingendosi stizzita.

«Perché mi hai dato del vecchio decrepito, tesoro» risponde lui, sfoggiando un sorriso smagliante.

Battibeccano per qualche secondo davanti all’ingresso.

«Bene, ora basta con i convenevoli. Dov’è Peeta, voglio salutare anche lui».

Di nuovo baci, abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle.

Johanna non si smentisce mai. È l’anima della festa.

«Hey! Ma ti vuoi trasferire qui?» chiede Haymitch indicando la mole di bagagli depositata fuori dalla porta.

«Non chiedermelo due volte amore» risponde lei, maliziosa.

La nostra casa non è molto grande e non abbiamo stanze degli ospiti a sufficienza per tutti gl’invitati.

«Direi che è giunto il momento di dividersi, allora» dice Haymitch.

Tutti lo guardiamo con aria interrogativa.

«Gli uomini staranno a dormire da me. E con uomini intendo anche il futuro sposo».

Io e Peeta ci guardiamo sorridendo.

Calcolando che Hazelle e i suoi figli, Sae la Zozza, sua nipote e Ripper vivono al Distretto Dodici, rimangono da sistemare nelle due case ben undici persone, compresi i presenti.

«Beete, Plutarch, Flavius e Peeta da me» dice Haymitch.

«Annie può dormire nella mia stanza, con Martin. Io posso dormire tranquillamente con te, mamma» dico.

«Sì, io e Johanna possiamo dividerci il letto» aggiunge Effie.

«Io e Venia abbiamo un letto matrimoniale. Spero che alla signora Paylor non dispiaccia dividerlo con noi» conclude Octavia.

La Paylor, è vero.

Non credo che un capo di stato debba dormire scomoda.

«Non mi pare il caso di lasciare la signora Paylor incastrata in un letto scomodo. Katniss, domani dovrebbe arrivare Annie, le chiederemo di dividere il suo letto con te. Venia, Octavia, io dormirò con voi, mentre la signora Paylor avrà un letto suo» dice mia madre.

Johanna ha da obiettare che in fondo sono io la sposa e sono io che dovrei dormire comoda, non “quella là”.

«Johanna, non ti preoccupare. Mi è capitato di dormire sugli alberi durante la mia vita, non mi sconvolgerà dividere il letto con un’amica» rispondo, sorridendo.

 

-

 

Gli ospiti arrivano alla spicciolata.

Il giorno seguente, nel primo pomeriggio arrivano Beetee ed Annie, con il piccolo Martin.

Piccolo solo di età.

«Martin, sei cresciuto tantissimo» esclamo, dandogli un leggero bacio su una guancia.

Vederlo mi fa stringere il cuore.

È la copia di suo padre.

Annie è meravigliosa come sempre e sembra meno assente del solito.

«Come vanno le cose al Distretto Quattro?» chiede mia madre.

«Va tutto bene, ma l’ospedale sente la sua mancanza, signora Everdeen» risponde Annie, con il suo solito dolce sorriso.

«Katniss, vieni con me?» mi chiede Martin, prendendomi per mano.

Gli sorrido e lo seguo fuori in cortile.

«Lo sai cos’ho scoperto l’altro giorno?» mi domanda, mentre mi guida verso un gruppetto di alberi.

Lo guardo, curiosa.

«Cos’hai scoperto?».

Lui si mette in punta di piedi, alza la testa verso le fronde degli alberi e fischietta un motivetto di quattro note.

Quattro note che mi colpiscono.

Come uno schiaffo.

Sono le note di Rue.

Immediatamente un piccolo stormo di ghiandaie imitatrici si mette a ripeterlo.

«Hai visto? Le ripetono!» esclama il bambino tutto contento.

«Dove hai imparato quelle note, Martin?» domando, cercando di restare calma.

«La mamma le fischietta sempre. Dice che questa è la canzoncina che ci ha portati alla pace».

Sono senza parole.

«Katniss, perché piangi?» mi chiede venendomi incontro.

«Niente tesoro. La tua mamma ha proprio ragione» dico, accarezzandogli i riccioli biondi.

«Ora rientriamo così prepariamo la cena».

Lo prendo per mano e rientriamo.

«Martin hai fatto il bravo?» chiede Annie quando arriviamo in cucina.

«Annie, lui è sempre bravissimo» dico, sorridendole.

 

-

 

Il giorno prima del matrimonio veniamo raggiunti anche da Plutarch e dalla Paylor.

Si scusano per il ritardo, ma giustamente non potevano permettersi di stare lontani a lungo da Capitol City.

Qualcuno potrebbe pensare che la loro posizione li abbia resi snob, ma sono i primi a muoversi quando bisogna sistemare qualcosa oppure quando c’è da sparecchiare e da lavare le stoviglie.

Mia madre ovviamente glielo impedisce perché si sente a disagio in presenza di persone, per così dire importanti.

La cena trascorre tranquillamente, con Johanna ed Effie che si alleano nell’indispettire Haymitch, Annie e Peeta che chiacchierano tranquillamente e Martin che mi racconta ogni piccola cosa che gli venga in mente.

Vorrei che questo momento durasse per sempre.

Non sono mai stata così serena insieme a tutte quelle persone come in questo istante.

Poi però arriva l’ora di andare a dormire.

Gli uomini si congedano e io mi dirigo in camera con Venia ed Octavia.

Domani è il grande giorno.

Domani mi sposerò e dirò a tutti che aspetto un bambino.

Ho un’ansia terribile.



Eccoci qui!
Manca veramente pochissimo al capitolo chiave di tutta la fanfiction!
Spero di non avervi deluse fino ad ora.
I vostri commenti mi fanno sempre molto piacere e mi fanno capire che non sto combinando una serie di idiozie una dopo l'altra.
Il personaggio di Annie è poco approfondito perché a parer mio la Collins ha creato un'immagine così fragile e meravigliosa della moglie di Finnick (FINNICK!!! *piango tutte le mie lacrime*) che ho il terrore di rovinarla.
Ci terrei a precisare che, nonostante la nostra nuova generazione di bambini sembri aver fretta di crescere, ho cercato di mantenere il piccolo Martin il più geniuno possibile, magari calcando un po' la mano e facendolo parlare come un bambino un po' più piccolo della sua età, ma sinceramente a 9/10 anni siamo ancora tutti dei bambini, quindi spero di non essermi discostata troppo da quella fascia d'età.
Come avevo specificato all'inizio della ff ho apportato delle piccole modifiche alla storia originale di Hunger Games per pura comodità, quindi la gravidanza di Katniss è leggermente anticipata solo per mio sfizio personale.
Non mi dilungo oltre e vi lascio a:

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:
- Elenalways (ahaha sono contenta di non averti delusa)
- amolefossette (spero di aver aggiornato abbastanza rapidamente :) )
- bookslover95 (grazie, ho sempre il terrore di allontanarmi troppo dai personaggi creati da lei)
- HeartSoul97 (ora però sono curiosa di sapere cosa pensi di Gale! Mi hai messo la pulce nell'orecchio ahaha. Giuro, ho dovuto leggere due volte il tuo "colpeeta" per capire a cosa ti stessi riferendo ahahah e grazie ancora per la segnalazione dell'errore, davvero!)
- angelikakiki (eccomi qui con un altro capitolo! Grazie grazie grazie)

Per tutte le fanciulle che seguono, ricordano e preferiscono questa storia, vale lo stesso discorso del capitolo precedente. Giuro che alla fine vi ringrazio tutte. Una per una.
Forse dovrei smetterla di scrivere alle 4.40 del mattino...però non fa niente.
Ora vado a dormire, se no domattina non mi alzo più.

Un abbraccio a tutte quante.

Grazie di cuore.

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Capitolo 15
*** 15. ***


Mi prendo questo piccolo spazio per dedicare il capitolo che segue alla mia amica Giulia, che a breve partirà per un Erasmus di 10 mesi.

Mi mancherai un sacco tesoro!

 

15.

 

 

La notte è lunga e tormentata. Riesco a prendere sonno quando manca poco all’alba.

Un paio d’ore dopo Venia e Octavia mi chiamano con voce sommessa.

Spalanco immediatamente gli occhi, in preda all’agitazione.

La prima parte della giornata scorre in un secondo.

Non  mi lasciano nemmeno fare colazione.

Subito in piedi, via il pigiama e s’inizia la preparazione.

Effie cammina freneticamente per i corridoi con l’orologio in mano e scandisce la giornata con frasi del tipo “Faremo tardi” e “Non ci riusciremo mai in tempo” alimentando ancora di più la mia ansia.

Mia madre riesce ad allontanarla convincendola a darle una mano a preparare il Prato per la cerimonia.

Mentre Venia e Octavia mi sistemano le unghie e il trucco mi permetto di sbirciare fuori dalla finestra.

Peeta e Haymitch stanno sistemando delle panche in mezzo al Prato, mentre Beetee e Flavius stendono un lungo tappeto tra le due file.

Ogni minuto che passa diventa tutto più reale.

Dopo aver subito nuovamente violenza contro i miei peli, indosso il vestito, le scarpe, poi le due truccatrici cominciano a pettinarmi.

Canticchiano, mentre lavorano e il loro entusiasmo mi coinvolge.

Dopo aver passato le prime ore in silenzio per la tensione, mi lascio andare e comincio a canticchiare anche io con loro.

Sono praticamente pronta quando Effie entra nella stanza.

Indossa un meraviglioso completo color corallo che le sta divinamente.

Ha la gonna a palloncino che le lascia scoperte le gambe e la parte superiore del vestito ha lo scollo a barchetta.

«Katniss, gl’invitati sono tutti ai loro posti e lo sposo ti attende» dice, con le lacrime agli occhi, poi esce di corsa dalla stanza e scende insieme a mia madre.

Venia e Octavia si sistemano il trucco poi mi aiutano a scendere le scale.

L’abito è decisamente scomodo e fortunatamente ci sono loro due a darmi una mano, altrimenti rischierei di cadere ad ogni gradino.

Davanti all’ingresso c’è Haymitch che mi aspetta.

È meraviglioso in quel completo elegante.

«Sei meravigliosa. Quasi abbagliante» dice, tendendomi la mano.

Ha gli occhi lucidi e anche io faccio fatica a tenere a freno l’emozione.

Venia e Octavia escono e vanno a sedersi in mezzo agli altri invitati, poi io ed Haymitch ci incamminiamo.

«Sono orgoglioso di poterti accompagnare all’altare» dice, mentre ci avviciniamo con passo lento.

«Sono orgogliosa di averti avuto come mentore e maestro di vita, di averti come amico» sussurro con la voce rotta per l’emozione.

Mentre ci avviciniamo osservo Peeta.

È stupendo in giacca e cravatta.

Una volta arrivati, Haymitch mi bacia la fronte, prende la mia mano destra e la posa nella mano sinistra di Peeta.

Ho il cuore che batte così forte che ho quasi paura che possa scoppiarmi nel petto.

«Sei stupenda» mi sussurra Peeta, mentre il sindaco prende la parola.

«Cari amici e concittadini, oggi siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio di Peeta Mellark e Katniss Everdeen».

Si tratta di una cerimonia abbastanza rapida.

Il sindaco elenca i vari impegni matrimoniali che dovremo mantenere durante la nostra vita, poi arriva il momento delle promesse.

È Peeta a dover iniziare.

«Io, Peeta Mellark, prendo te, Katniss Everdeen, come mia sposa, promettendo di onorarti e rispettarti ogni giorno della mia vita, di prendermi cura di te qualsiasi cosa accada. Prometto di esserti fedele e di essere sincero con te in ogni momento, finché morte non ci separi».

Respiro profondamente prima di ripetere anch’io quella stessa promessa.

Rimangono tutti in silenzio per pochi secondi, poi il sindaco riprende la parola.

«Con il potere conferitomi dal Distretto e da Capitol City, vi dichiaro ufficialmente marito e moglie. Ora può baciare la sposa».

Tutti applaudono.

Johanna esordisce anche con un paio di fischi.

Effie e mia madre si asciugano gl’occhi.

Peeta mi cinge la vita e poi mi bacia.

È un bacio casto, eppure trasmette tutto l’amore che l’uno prova per l’altra.

Ci incamminiamo mano nella mano lungo il tappeto rosso, quindi andiamo in casa e mettiamo una grossa pagnotta nel forno.

È così che si usa qui da noi.

Mentre gli invitati aspettano che il pane sia pronto, cominciano a preparare la lunga tavolata che ospiterà il banchetto.

«Ti amo signora Mellark» sussurra Peeta posandomi un bacio nell’incavo del collo.

«Ti amo anche io» rispondo, sorridendogli.

Passano pochi minuti che è tempo di estrarre il pane dal forno.

Mentre Peeta indossa un guanto apposta per non bruciarsi, io prendo un grosso piatto dalla dispensa, quindi portiamo fuori la pagnotta che poi taglieremo e serviremo ad ogni commensale.

Quando usciamo da casa veniamo accolti da applausi, risa, fischi e sorrisi.

Tutti si congratulano.

Hazelle è radiosa.

Posy, Rory e Vick fanno a gara a chi mi saluta più volte.

Mi fanno male le guance dal tanto sorridere che faccio.

Una volta servito il pane cominciamo a mangiare.

Mi capita spesso di vedere Effie che si asciuga gli occhi e vedo che ad un certo punto passa un fazzolettino ad Haymitch che imita il suo gesto molto discretamente.

Però non so dire se lo faccia per evitare che lo vedano tutti o solamente Johanna.

Il pranzo è ricco e variegato.

Tutti si complimentano con Peeta per la qualità del pane, dei biscotti e della pasta.

Ad un certo punto Johanna si alza in piedi e propone un brindisi.

«Agli sposi del Distretto Dodici più carini che io abbia mai visto!» esclama alzando il suo calice.

Tutti brindano, anche io e Peeta.

Vista la gravidanza non posso bere sostanze alcoliche, quindi mi limito a bagnarmi le labbra.

È un continuo alternarsi di brindisi, di cibo, di battute.

Il pranzo si protrae fino a pomeriggio inoltrato, finché qualcuno, sospetto si tratti sempre di Johanna, comincia a richiedere un discorso da parte degli sposi.

È giunto il momento di dire a tutti del bambino, quindi Peeta mi prende per mano e mi aiuta ad alzarmi.

«Innanzitutto grazie di cuore a tutti quanti voi. È un piacere ed un onore vedervi seduti tutti alla nostra tavola. Siamo felici di vedere che vi state divertendo e vorremmo cogliere questo momento per darvi una notizia».

«Sono incinta. Mia madre mi ha visitata qualche giorno fa e, stando ai suoi calcoli, il bambino dovrebbe nascere a gennaio» dico.

Johanna si alza in piedi e comincia ad applaudire.

Si asciuga una lacrima con la mano, poi viene imitata da tutti gli altri.

«Alla famiglia Mellark» dice, alzando nuovamente il calice nella nostra direzione.

È la giornata più bella della mia vita.

Mentre il sole tramonta veniamo raggiunti da alcuni ragazzi che hanno degli strumenti musicali e cominciano a suonare.

«È il mio regalo per te. Ricordo quando cantavi con tuo padre e so quanto ti piaccia la musica» dice mia madre abbracciandomi.

Non ho mai ballato realmente in vita mia e credo che non l’abbia mai fatto neppure Peeta, eppure non ce la caviamo male.

Dopo un paio di minuti veniamo imitati da altre coppie.

Annie con Martin, Effie con Haymitch, mia madre con Beetee.

Plutarch e la Paylor, Hazelle con Rory, Posy con Vick.

È una scena meravigliosa.

Continuiamo a ballare a lungo, poi ad un certo punto Haymitch mi chiede se ho voglia di ballare con lui.

«Una canzone sola, ti prego. Ho i piedi che gridano dal dolore» supplico.

Lui si china, mi solleva leggermente il vestito e mi toglie le scarpe.

«Ora dovrai ballare con me un po’ di più, signora Mellark» dice sorridendomi.

Sorrido di gioia e anche perché il male ai piedi diminuisce quasi subito.

«Non smetterai mai di aiutarmi, vero?» chiedo mentre volteggiamo nel Prato.

«Assolutamente no. D’altronde è la cosa che mi riesce meglio» risponde.

 

-

 

È sera già da un po’ quando Sae la zozza, sua nipote e Ripper si congedano.

Non dopo averci abbracciati e averci lasciato dei doni.

«Non era necessario» dico, sorridendo.

«Avete fatto così tanto per noi. Questo è solo un piccolo pensiero per ripagarvi del vostro aiuto» dice Sae.

Ci hanno regalato un servizio di piatti che probabilmente risale agli anni prima ancora della nascita di Panem.

Chissà quanto l’avranno pagato.

«Grazie mille» dico, abbracciandole.

Hazelle le segue dopo una decina di minuti.

«Grazie di tutto Katniss. È stata una bellissima giornata» dice, porgendomi un fagottino.

Vick, Rory e Posy mi abbracciano forte, come a non volermi far andare via.

«Passate quando volete. La nostra porta è sempre aperta per voi» dice Peeta.

Dopo la rivolta la loro vita è nettamente migliorata, ma non fanno di certo parte della casta dei favoriti.

Prima che tornino a casa apro il loro regalo.

È una bellissima cornice con una foto di me e Peeta risalente al periodo del Tour della Vittoria.

«Grazie» dico semplicemente con gli occhi lucidi per l’emozione.

«La cornice l’hanno fatta i ragazzi» mi risponde Hazelle, poi si allontana.

Io comincio ad essere stanca, quindi mi guardo attorno per vedere come procede la serata per gli altri.

Johanna sta ridendo sguaiatamente insieme ad Effie, mentre Haymitch gesticola energicamente rischiando di versare il liquore nel suo bicchiere.

Venia, Octavia e Flavius stanno chiacchierando con la Paylor, mentre mia madre, Beetee ed Annie osservano il piccolo Martin che cerca di afferrare qualche lucciola.

 

-

 

Una volta sistemato il Prato, decidiamo di andare a dormire.

Prima di concederci ad un meritato riposo, però salutiamo tutti e li ringraziamo per i regali.

Octavia, Flavius e Venia ci hanno regalato dei bellissimi abiti preparati da loro.

Beetee ci ha costruito una splendida radio, mentre Annie e Martin ci hanno donato una trapunta meravigliosa.

Il tessuto è quasi iridescente e sfuma dal blu all’azzurro chiaro sembrando quasi il mare.

Johanna invece ci regala una piccola piantina in un vaso.

«Come regalo può sembrare una stronzata, ma dalle mie parti le coppie che si sposano piantano sempre una di queste fuori casa. Tra qualche anno avrete un albero magnifico in giardino» dice, con un sorriso.

L’abbraccio.

Si tratta di un regalo semplice, ma molto significativo.

La Paylor e Plutarch ci danno una busta con dentro parecchio denaro.

«Avete già tutto e non volevamo darvi qualcosa che poi magari non vi sarebbe servito» ci spiega la Paylor.

«Grazie di cuore» dico.

Loro non si fermano a dormire. Hanno un treno diretto a Capitol City preparato apposta per i loro impegni.

«Grazie a voi. È stato un piacere trascorrere questi giorni qui al Dodici» dice Plutarch abbracciandomi.

Effie ed Haymitch sono gli ultimi a consegnarci il loro regalo.

Sono due scatoline delle stesse dimensioni.

Le apriamo e ci troviamo due anelli identici.

«Oh mio dio – sussurro – sono stupendi».

Prendo il mio e lo osservo.

C’è scritto il nome di Peeta all’interno e la data di quel giorno.

«Non ho parole per ringraziarvi» dice Peeta.

«Una volta si usavano questi anelli per i matrimoni. I coniugi ne avevano uno a testa e lo tenevano all’anulare della mano sinistra» ci spiega Effie.

Li indossiamo immediatamente.

Quasi mi butto tra le braccia di Haymitch e lo stringo forte.

«Grazie. Grazie per tutto. Grazie di cuore» dico, commossa.

Effie cerca di rimanere il più composta ed impassibile, ma alla fine anche lei versa qualche lacrima.

Alla fine ci ritiriamo tutti, ognuno nella propria stanza.

Io e Peeta dormiamo insieme, quindi Johanna dorme con Venia e Octavia ed Annie divide il letto con Martin.

 

-

 

Una volta indossato il pigiama, mi stendo sotto le lenzuola con un sospiro di sollievo.

Nonostante l’aiuto di Haymitch ho comunque i piedi gonfi per la scomodità delle scarpe.

«Oggi è stato in assoluto il giorno più felice della mia vita» dice Peeta abbracciandomi e stringendosi a me.

Annuisco e gli poso un leggero bacio sulla fronte.

«Ti amo» gli dico.

«Ti amo anche io» risponde con un sorriso.

Mi chiamo Katniss Everdeen, ho ventisei anni e da oggi sono la signora Mellark.

Ed eccoci alla fine di questo capitolo.

Mi è piaciuto molto da scrivere. Ho faticato un po' a sistemare il tutto.

L'idea delle fedi, i regali, lo scambio delle promesse.

Ho cercato di non essere banale e spero di esserci riuscita, però aspetto le vostre valutazioni per darmi una risposta.

Spero di non avervi deluse, visto che stavate aspettando tutte questo momento.

Siccome l'ora è tarda anche questa volta (sono le 4.33 o almeno così dice il pc) non mi dilungo e vi lascio a:

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:

- giuyoipoi77 (ora della fine ho imparato a scrivere il tuo nick senza controllarlo otto volte ahaha)

- HeartSoul97 (le tue parole sono come quelle di Haymitch. Sempre perfette! Grazie mille per i complimenti e per le rassicurazioni. Ho sempre paura di andare fuori tema con ogni personaggio, anche perché ne ho sottomano veramente tanti e non sono abituata a scrivere di personaggi con caratteri così ben delineati come quelli di HG. Grazie mille)

- Elenalways (Grazie ^_^ sono contenta che ti piaccia la descrizione di Martin, davvero)

- amolefossette (sono contenta quando leggo che ti faccio commuovere. E' sempre bello dare emozioni a chi legge)

- WearInfinite99 (cambi nick per confondermi? Ammettilo! Ahahaha, scherzi a parte. Johanna mi piace un sacco come personaggio e sinceramente chiederei alla Collins di fare un libro solo su di lei ^_^. Grazie mille per tutti i complimenti)

- DestinyMaryHope (Non morire, ti prego. Aggiornerò velocissimamente promesso. E non scusarti per non aver recensito i capitoli precedenti. Meglio tardi che mai <3)

- Giadipotter (grazie grazie. Non ho inserito commenti sarcastici. Haymitch era troppo emozionato per fare battutine e poi doveva fare la persona seria ahahah)

- bookslover95 (tranquilla, ultimamente sono sempre di corsa pure io ahaha)

Grazie di cuore a tutti!
Ora vado a nanna, che è meglio.

Un abbraccio forte forte e buona notte <3

Xoxo

Shayla

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Capitolo 16
*** 16. ***


16.

 

Ancora non ci credo di essermi sposata. La giornata è stata veramente molto frenetica, quindi mi prendo un paio di minuti per sistemare tutti i ricordi che s’affollano nella mia mente.

Lo sguardo emozionato di Peeta mentre arrivo all’altare, le lacrime di commozione di Haymitch mentre mi bacia la fronte, il sorriso di mia madre, la mia voce tremolante per l’emozione.

La dolcezza dello sguardo di Annie, il meraviglioso regalo di Johanna.

È tutto così fantastico che ho quasi paura che non sia mai accaduto, poi sfioro l’anello regalatomi da Effie ed Haymitch e realizzo che è tutto vero.

Mi volto verso Peeta e lo bacio con passione, poi gli tolgo la maglia.

Mi ferma immediatamente.

«Katniss, cosa vuoi fare?» mi domanda.

Lo guardo.

«Secondo te?».

«Ma non faremo del male al bambino?» chiede, preoccupato.

Sorrido e gli accarezzo il viso.

«Non credo proprio» rispondo, con un sorriso malizioso.

Peeta comincia a baciarmi il collo, mentre il mio respiro si fa via via più affannoso e il mio corpo freme sotto il tocco delle sue mani.

Facciamo l’amore con passione e Peeta mi fa sentire una regina, stando attento a non farmi male e forse muovendosi con una cautela quasi esagerata.

Rimaniamo svegli quasi tutta la notte a darci baci e carezze.

Quando ci addormentiamo l’aurora comincia a brillare.

 

-

 

Veniamo svegliati da un sommesso bussare alla porta.

Peeta sospira e si volta dall’altra parte, così sono io a dovermi avvolgere in un lenzuolo e aprire leggermente per vedere chi ci cerca.

È Effie, che arrossisce immediatamente.

«Katniss, spero di non aver disturbato» sussurra, abbassando lo sguardo.

«Non ti preoccupare Effie, nessun disturbo. È successo qualcosa?» domando, con un sorriso.

«Volevo semplicemente chiedervi se volevate scendere per pranzo, anche perché credo che Annie torni al Distretto Quattro nel primo pomeriggio».

Annuisco, quindi le chiedo di darmi cinque minuti, poi rientro in camera e sveglio Peeta.

«Amore, è ora di pranzo. Hai fame?» chiedo, posandogli un leggero bacio su una guancia.

Lui mugugna qualcosa, poi mi abbraccia e mi bacia.

«Buongiorno signora Mellark» sussurra, sorridendomi.

Gli sorrido e gli scosto i capelli biondi da davanti il viso.

«Buongiorno» rispondo.

Rimaniamo abbracciati a scambiarci effusioni per qualche minuto, poi mi alzo e vado a vestirmi.

«Io scendo a mangiare almeno sto un po’ con Annie e Martin, visto che oggi pomeriggio tornano a casa. Tu cosa fai?» domando.

«Arrivo» sussurra, nascondendo il viso con il cuscino e camuffando uno sbadiglio.

Rido, poi esco dalla stanza.

Haymitch e Johanna stanno ridendo fragorosamente seguiti poco dopo anche da Beetee e da Flavius.

Mia madre sta servendo il pranzo, mentre Martin le passa educatamente i vari piatti ancora da riempire.

Effie, Venia, Octavia e Annie stanno chiacchierando e mi salutano cordialmente quando entro in sala da pranzo.

Peeta ci raggiunge un paio di minuti più tardi.

Il pranzo trascorre serenamente.

«Dunque, piccioncini, adesso che farete?» chiede Johanna sorseggiando un bicchiere di vino.

«In che senso?» domando.

«Non farete un bel viaggio di nozze?».

Io e Peeta ci guardiamo.

Non ci avevamo nemmeno pensato.

«Penso che con la gravidanza non mi convenga stare in giro per tanto, magari lo faremo più avanti. Una volta nato il bambino» dico.

«Sì, ora preferiamo rimanere a casa a preparare tutto per l’arrivo del piccolino» conferma Peeta.

«O piccolina» aggiungo.

Mentre sparecchiamo vengo presa da parte da mia madre.

«Katniss, io vorrei tanto restare qui più a lungo per assisterti durante la gravidanza, ma devo tornare al Distretto Quattro insieme ad Annie. Abbiamo il treno oggi alle tre di pomeriggio» dice, con una piccola nota di rammarico nella voce.

«Non ti preoccupare mamma. Ci sono qui Peeta ed Haymitch, non c’è nulla di cui aver paura» dico, con un sorriso.

«Promettimi che in caso di bisogno mi chiamerai, va bene? Sarò da te in breve tempo» dice, prendendomi le mani.

Sorrido e annuisco.

«Sì mamma, promesso» rispondo.

 

-

 

Annie mi abbraccia forte prima di salire sul treno.

«Non vedo l’ora di conoscerlo» dice, accarezzandomi la pancia.

Mia madre mi bacia le guance, poi abbraccia Peeta.

Martin sventola la mano oltre il finestrino e ci sorride.

Salutiamo finché il treno non è lontano, poi torniamo a casa.

 

-

 

Il giorno dopo è il turno di Effie, Venia, Octavia e Flavius di ripartire.

Si ripetono nuovamente abbracci, baci, lacrime e fazzolettini, poi la casa sembra ancora più grande di prima.

Gli ultimi a tornare a casa sono Johanna e Beetee e tutto si fa silenzioso.

«Mi mancherà quella pazza» dice Haymitch mentre facciamo ritorno a casa dalla stazione.

Annuisco.

 

-

 

I mesi s’inseguono in un continuo cambio di temperature e mentre il mio corpo cambia l’inverno si avvicina.

È fine novembre e io sono al settimo mese di gravidanza.

La pancia sporge sempre più e Haymitch mi prende in giro per i miei movimenti sempre più goffi e impacciati.

Peeta invece è sempre più premuroso e spesso mi accarezza il ventre nella speranza di sentire qualche movimento del bambino.

È mattina quando riceviamo la telefonata di Effie.

Ci invita a Capitol City per Natale, a casa sua.

«Ho già contattato tua madre ed Annie, e anche Johanna, e Beetee. Tutti quanti» dice, elettrizzata.

«Ci saremo Effie» rispondo sorridendo.

«Vi aspetto per la settimana prima di Natale, così vi sistemate con calma e decidiamo bene come organizzare la giornata» aggiunge prima di chiudere la chiamata.

Avviso Peeta ed Haymitch che accolgono positivamente la notizia, poi comincio ad organizzare il tutto per il viaggio.

Biglietti del treno, valige, documenti nel caso in cui il bimbo avesse fretta di nascere.

Sarà un Natale meraviglioso.

Eccomi. Vogliate perdonare la "cortezza" del capitolo, ma l'ho voluto appositamente così breve per spiegare che non ci sarà un viaggio di nozze (non era nemmeno in programma, poi nei commenti ne avete parlato e quindi mi avete mandata in crisi ahaha).

Mi scuso anche per avervi fatto attendere così tanto per un capitoletto di queste dimensioni, ma sono stata impegnatissima perché ho dovuto organizzare l'addio al nubilato di un'amica e venerdì ho il suo matrimonio, quindi tante volte entravo sul pc, scrivevo una riga e poi spegnevo.

Vi ringrazio per essere arrivati fin qui e ora vi lascio a:

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:

Grazie a:

- invierno90 (calcolando che Katniss è incinta e il concetto di luna di miele non viene esposto in Hunger Games sincermanete non pensavo di fargli fare chissà cosa)

- giuyoipoi77 (mi fa piacere averti trasmesso delle emozioni così forti :) )

 - DestinyMaryHope (Grazie mille ^_^)

- hakuna89 (mi fa piacere che ti siano piaciute le mie ideuzze. Grazie mille)

- Elenalways (Grazie di cuore)

- MatitaGialla (Questa volta mi sono fatta aspettare! La cerimonia è stata breve, lo so...solo che avevo paura di risultare stucchevole...)

- Petniss e directioner (No non sono una maga, ahahaha. Il fatto è che non avendo un lavoro che m'impegni al mattino,  ma al pomeriggio, posso permettermi di stare a letto a ronfare fino alle 11/12 e quindi di notte poi non ho sonno e sto sveglia fino alle 5)

- amolefossette (Grazie mille e scusa per l'attesa)

- bookslover95 (Grazie di cuore)

Grazie a tutte! E ora vi lascio con un piccolo "messaggio promozionale"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2144734

 

Questa è una nuovissima fan fiction che sto scrivendo insieme ad altri cinque ragazzi. Mi fareste un grandissimo favore se passaste a leggerla e se lasciaste qualche commentino <3

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Capitolo 17
*** 17. ***


17.

 

Sono elettrizzata, a breve rivedremo tutti.

So per certo che mia madre, Annie e Martin saliranno sul nostro stesso treno.

Peeta ed Haymitch caricano i bagagli in macchina mentre io mi avvolgo in un pesante mantello di lana.

Non c’è nessun cappotto che mi vada bene con questo pancione enorme.

Arranco lentamente fino alla macchina, sconsolata.

«C’è qualche problema?» mi domanda Peeta, preoccupato, vedendo la mia espressione triste.

«Sono enorme, sono lenta e pure goffa» borbotto.

«Non è vero. Sei stupenda» dice, dandomi un bacio.

Riesce sempre a tirarmi su di morale.

Una volta in treno mi libero dalla mantella e mi accomodo su un sedile vicino al bagno. Il viaggio fino a Capitol City sarà lungo e io devo fare pipì ogni mezz’ora.

Haymitch e Peeta fanno a turno a controllarmi nel caso in cui avessi bisogno di qualcosa.

«Ragazzi, manca ancora un mese al parto, rilassatevi e state tranquilli. Io sto benissimo» dico, cercando di tranquillizzarli.

«Lo sappiamo, ma il viaggio è lungo e non si sa mai quello che può accadere» dice Haymitch.

Sorrido, poi mi poggio una mano sulla pancia e la carezzo dolcemente.

«Avete già pensato a dei nomi?» chiede il nostro mentore ed amico.

Io e Peeta ci guardiamo.

«Nel caso in cui fosse un maschio ci piacerebbe chiamarlo Eoin, come mio fratello maggiore, se invece fosse femmina siamo indecisi tra Síle e Ishibeel».

Haymitch mi guarda, con aria interrogativa.

«Pensavo che, nel caso in cui fosse femmina, l’avreste chiamata…»

«No, preferisco che di Primrose ce ne sia solo una nella mia vita» sussurro, interrompendolo.

Lui sorride e annuisce, poi per evitare che la malinconia prenda il sopravvento cambiamo discorso.

«Una volta arrivati dovremo andare a comprare dei regali» dice Peeta.

Annuisco.

«Sì, anche se non ho la minima idea di cosa comprare» dico, sorridendo.

Il viaggio prosegue tranquillamente e io mi rilasso nell’osservare il panorama innevato.

Ad un certo punto mi addormento e vengo svegliata da Peeta verso l’ora di pranzo.

«Katniss, vuoi mangiare qualcosa? Noi pensavamo di andare nel vagone ristorante» dice.

Annuisco, quindi prendo la borsa.

Haymitch chiude a chiave il nostro scomparto e ci avviamo tutti e tre a mangiare.

Il vagone ospita anche altre persone, che come noi si spostano per trascorrere le feste con i propri cari.

Sento i loro sguardi seguire i miei passi e posarsi sulla mia pancia decisamente evidente.

Mentre mangiamo veniamo avvicinati da una signora sui sessant’anni.

«Congratulazioni» dice, con un sorriso sincero.

«Grazie» rispondo io, in evidente imbarazzo.

«Speriamo che sia bella e brava come i suoi genitori» aggiunge.

«Grazie di cuore, ma ancora non sappiamo se sarà maschio o femmina» dice Peeta.

«Fidatevi di me, che ho visto un sacco di donne in dolce attesa durante la mia vita, sarà una bellissima bambina» risponde, poi si allontana, raggiungendo quello che credo sia suo marito.

Sorrido a Peeta e mi accarezzo la pancia.

«Vuol dire che dovremo decidere un nome, allora» sussurro.

Verso sera arriviamo al Distretto Quattro e veniamo raggiunti da Annie, Martin e mia madre.

Vengo letteralmente sommersa da mille domande.

Come procede la gravidanza?

Come mi sento?

Il  bambino è tranquillo?

Riesco a dormire?

Ma la domanda migliore arriva proprio dal piccolo Martin.

«Katniss, ma è vero che dentro la tua pancia c’è un bambino?» chiede, ingenuamente.

Annuisco, accarezzandogli i capelli.

«Sì, c’è dentro un bambino» rispondo.

«E come ci è entrato?» chiede lui.

L’imbarazzo è quasi palpabile.

«Ehm…vedi, quando un papà e una mamma si vogliono bene, il papà dona un semino alla mamma che fa crescere un bambino nella pancia» spiega Peeta.

Mi ha salvata, gli sarò debitrice per il resto della mia vita.

Tutti ci rilassiamo e Martin sembra soddisfatto della risposta.

Qualche ora dopo decidiamo di metterci a dormire nelle nostre cuccette e quando ci svegliamo è quasi ora di pranzo.

Mentre mangiamo, Capitol City compare all’orizzonte.

 

-

 

Non so come facciano, ma i fotografi sono appostati fuori dalla stazione, in attesa di qualche scatto della mia pancia.

La cosa non m’infastidisce più di tanto, ma Peeta ed Haymitch fanno di tutto per tenermi al riparo dai loro flash.

Alcuni mi chiamano, per attirare la mia attenzione, ma mi limito ad ignorarli.

Saliamo su un’unica lunghissima e spaziosissima macchina, diretti verso la casa di Effie, dove lei ci sta aspettando sulla soglia, con un sorriso smagliante.

Indossa un bellissimo abito in velluto rosso scuro e porta una parrucca candida come la neve.

Mi corre incontro, sfidando la sorte con quei tacchi, e mi abbraccia, poi abbraccia mia madre ed infine Annie.

Martin si offre per aiutare Peeta ed Haymitch con i bagagli.

Una volta sistemati, ci accomodiamo in casa.

Effie, oltre ad essere attenta in modo maniacale al suo abbigliamento, si rivela essere anche dotata di ottimo gusto per gli arredi del suo appartamento.

Ci fa sedere su un divano in pelle scura che ci ospita tranquillamente tutti e sei e poi ci serve della cioccolata calda.

«Con questo freddo è l’unica cosa utile» dice, passandoci delle tazze fumanti.

Chiacchieriamo a lungo su quanto siano belle le feste, su quanto sia bello essere tutti insieme, poi arriva la domanda chiave di tutta la giornata.

Il nome del nascituro.

«Non sapendo ancora se sarà maschio oppure femmina abbiamo deciso di scegliere sia un nome da bambino, sia un nome da bambina» dice Peeta.

«Anche se, durante il viaggio, una signora mi ha assicurato che sarà una femmina» aggiungo.

«Beh, in effetti si dice che se durante la gravidanza la donna appare rilassata in viso in teoria dovrebbe partorire una femminuccia» dice mia madre.

«Dunque, se sarà una bambina come la chiamerete?» chiede Annie.

«Siamo indecisi tra Síle e Ishibeel» dico, sicura.

Ed ecco che parte un dibattito su quale nome sia migliore.

«Ishibeel Mellark suona veramente bene» dice mia madre.

«Beh anche Síle. È un nome molto carino» dice Effie.

Alla fine sono ancora più indecisa.

Dopo cena veniamo raggiunti da Venia, Flavius ed Octavia.

Anche loro sono imbacuccati e a giudicare dalla neve sui loro cappelli deve aver ripreso a nevicare.

Saluti, abbracci, baci, poi si chiacchiera fino a tardi.

Mi viene concesso il lusso di mettermi quasi sdraiata su una poltrona e di allungare i piedi verso il fuoco che scoppietta gioioso nel camino.

Peeta mi accarezza i capelli e si diverte ad intrecciarli.

Mi si stanno chiudendo gli occhi per il sonno, Effie se ne accorge e ci accompagna alla nostra stanza.

Salutiamo tutti, augurando loro la buona notte, quindi seguiamo la nostra ospite su per le scale.

Arriviamo fino al terzo piano e accede diamo alla stanza passando per una piccola anticamera.

Il letto a baldacchino è gigantesco e c’è un enorme armadio in cui possiamo sistemare tutti i nostri abiti, d’altronde rimarremo qui per più di due settimane.

Ringraziamo Effie, quindi ci cambiamo e ci infiliamo sotto il pesante piumone che ci da subito sollievo contro il freddo.

«Katniss, svegliami per qualsiasi motivo» sussurra Peeta baciandomi.

«Sì amore, non ti preoccupare» rispondo, sorridendo contro la sua pelle.

La mia mole m’impedisce di dormire supina, quindi mi giro su un fianco, lasciando che Peeta mi abbracci delicatamente.

Avverto il calore del suo corpo e provo un senso di sicurezza tale che non fatico a prendere sonno dopo pochi istanti.

Durante la notte mi alzo un paio di volte per fare pipì, ma durante la mia terza visita alla toilette mi sento svenire.

La carta igienica è leggermente macchiata di sangue e un secondo dopo avverto una sgradevole sensazione di bagnato a livello delle ginocchia.

Lentamente vado da Peeta e lo sveglio.

«Che succede?» chiede lui, allarmato, accendendo l’abat-jour sul suo comodino.

«Temo che qualcuno abbia fretta di venire al mondo» dico, pallida in viso.

Eccoci qui, come pensavate c'è qualcuno che vuole farsi conoscere da voi lettori :)

L'idea era quella di far passare un Natale tranquillo a tutti quanti, però sarebbe stato assai noioso senza colpi di scena, quindi ecco che la perfida Shayla scombussola di nuovo il quieto mondo di Katniss e Peeta.

Parlando di cose più concrete...siete passate a leggere la storia che vi ho linkato? Che ne pensate?
Per me è veramente molto molto molto importante :)
Fatemi sapere, non solo qui, ma recensendo anche dall'altra parte.

Bene, siccome al momento non ho altro da dirvi vi lascio a:

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:

Grazie a:

- Elenalwyas (ecco la prima intuitiva delle mie recensitrici [ho cercato sul vocabolario ed esiste come parola! Wow...] spero di non averti delusa)

- giuyoipoi77 (Peeta è coccolosissimo!!!)

- DestinyMaryHope (Spero di aver aggiornato abbastanza presto! Venerdì è sempre più vicino, fortunatamente ho già tutto pronto, se no sarei nel panico per questo matrimonio :) )

- amolefossette (purtroppo, come hai detto tu, ho un sacco d'impegni al di fuori di efp e devo dar retta a tutto quanto. Mi sento una donnina in carriera)

- HeartSoul97 (Tranquilla, ognuno ha i suoi impegni e la scuola è decisamente più importante della mia fanfiction!!! Ogni volta ti ringrazio per i complimenti che mi fai. Grazie grazie grazie)

Ah se non si fosse capito...VOGLIO (sì, è un ordine) le vostre opinioni sui nomi da bambina

Piccola nota di Shayla:
I nomi (Eoin, Sìle e Ishibeel) sono nomi gaelici. Sono i nomi stranieri più particolari e, a parer mio, anche i più belli.
Se cercate su internet li troverete sicuramente.
Spiegazione:
Eoin = è un nome irlandese, usato per tutte le figure bibliche conososciute con il nome di John in inglese (compreso Giovanni Battista e Giovanni l'apostolo)
Sìle = è una variante della trascrizione scozzese di Cecilia. Deriva dal celtico "delle fate" / "figlia delle fate" e dal latino "cieca"
Ishibeel = nome di origine irlandese, significa Devota a Dio / Giurata a Dio. E' una variazione del nome "Isabel"

Grazie di cuore a tutti voi (parlo sempre al maschile perché magari c'è qualche boy nascosto tra i lettori)

Un abbraccio, ci vediamo al prossimo capitolo!

Xoxo

Shayla

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Capitolo 18
*** 18. ***



 

18.

 

Mentre scendo le scale cercando di muovermi il più tranquillamente possibile, Peeta corre a chiamare Haymitch, mia madre e tutti gli altri.

Effie si affretta a chiamare un’auto che mi accompagni in ospedale, nel frattempo mia madre mi fa stendere sul divano e mi fa trarre profondi respiri per mantenere la calma.

Peeta ed Haymitch preparano una borsa con dei vestiti per me e per il piccolo e con tutto il necessario per i giorni successivi al parto.

Dopo cinque minuti io e Peeta siamo in macchina, diretti verso l’ospedale.

Mia madre e gli altri ci raggiungeranno più tardi.

Il viaggio non dura a lungo, ma io vengo colta da fitte dolorose e puntuali.

Una contrazione ogni quattro minuti.

Quando accade, stringo la mano di Peeta, che ovviamente fa di tutto per farmi rilassare.

Una volta in ospedale, i medici non hanno bisogno di spiegazioni per sapere di cosa ho bisogno.

Mi fanno accomodare su una sedia a rotelle e mi portano in una stanza, dove due infermiere mi aiutano ad indossare una vestaglia sterile.

«Lei entra con la signora?» domanda una delle due a Peeta.

Annuisce e gli viene consegnato un indumento simile al mio.

«Iniziamo a portarla di là, ci raggiunga non appena è pronto» dice la seconda infermiera, quindi vengo fatta stendere su un lettino e vengo portata in sala parto.

Il medico si premura di farmi tranquillizzare.

«Mi dica, ogni quanto ha le contrazioni?» mi domanda controllando l’orologio sulla parete.

«Ogni quattro minuti circa» rispondo.

«Caspiterina, qui qualcuno ha veramente fretta di nascere» aggiunge lui.

«Io sono il dottor Cooper, non si preoccupi signora Mellark, vedrà che andrà tutto bene» dice successivamente al mio sguardo perplesso.

Non sono molto in vena di battute.

In quel momento entra Peeta.

«Bene, siamo pronti. Signora ogni volta che avrà una contrazione le chiedo di spingere con tutte le sue forze e vedrà che tra pochi minuti sarà tutto finito».

Mi sforzo di seguire alla lettera le istruzioni del dottor Cooper, ma per riuscire a concentrarmi mentre il dolore mi pervade, mi vedo costretta a stritolare le mani di Peeta.

 

-

 

Dopo più di mezz’ora di “signora spinga” “ci siamo quasi” e “vedo la testa” ecco che sento pronunciare la frase che mi tranquillizza e mi strappa un sorriso.

«Signori Mellark, è una bellissima bambina».

La sento piangere, mentre l’ostetrica si preoccupa di lavarla accuratamente e di fare tutti i test per controllare che stia bene.

Due minuti dopo mi vedo porgere un fagottino avvolto in una copertina di cotone rosa e vedo il più bel faccino che sia mai esistito.

Sento le lacrime solcarmi le guance mentre una manina si muove frenetica alla ricerca di qualcosa.

Peeta è commosso quanto me.

«Siete state bravissime entrambe» dice, baciandomi la fronte.

«Scusate se interrompo il momento, ma dobbiamo compilare i documenti di nascita e ci serve il nome della bambina» dice un’infermierina giovanissima, arrossendo fino alla punta dei capelli.

«Ishibeel – dice Peeta – Ishibeel Mellark».

La piccola muove la testa e fa schioccare la lingua rumorosamente.

Io non so che fare.

«Provi ad attaccarla al seno» dice l’ostetrica, con un sorriso.

Seguo il consiglio della donna e vedo che la bambina comincia a succhiare con foga.

È una sensazione strana, ma contemporaneamente meravigliosa e dolcissima.

 

-

 

Mentre Ishibeel mangia, veniamo accompagnati in una stanza.

Il mio letto è affiancato da una culla con i bordi trasparenti.

«Per qualsiasi cosa, non esiti a chiamarci» dice l’infermiera indicandomi un pulsante rosso posto sul comodino.

Io e Peeta non riusciamo a distogliere lo sguardo da quella meravigliosa creaturina che rimane saldamente attaccata al mio seno.

«Vado a chiamare tua madre. Sarà sicuramente nel panico. Va bene?» mi chiede mio marito.

Annuisco, poi comincio ad accarezzare quella minuscola testolina coperta di capelli scuri.

Il mio sguardo si posa fuori dalla finestra, dove la fioca luce del mattino combatte contro le nubi che riversano neve per tutta Capitol City.

 

-

 

Ishibeel sonnecchia tranquilla, infagottata in una tutina rosa che Peeta le ha comprato poco prima.

Stiamo parlando tranquillamente quando vediamo un palloncino fare irruzione nella stanza e rimbalzare pacifico contro il soffitto.

I nostri sguardi vanno velocemente alla porta, dove Haymitch fa capolino con un sorriso che va da un orecchio all’altro.

Subito dietro di lui ci sono mia madre, Effie, Annie, Martin e anche Johanna e i tre truccatori.

Insieme ai palloncini ci viene regalato anche un bellissimo mazzo di fiori.

«Contavo di farvi una sorpresa ed arrivare per colazione a casa di Effie, ma la sorpresa ce l’ha fatta la signorina Mellark» dice Johanna entrando e gironzolando immediatamente intorno alla culla della bambina.

«Come ti senti?» mi chiede mia madre.

«Sono un po’ stanca, ma sto bene» rispondo con un sorriso.

Tutte quelle voci nuove svegliano la piccola che però, anziché piangere, agita le manine verso l’alto.

«Posso prenderla in braccio?» chiede Haymitch.

Io e Peeta annuiamo.

«Certamente» dico.

Haymitch pare possedere un dono innato per  i bambini.

Sa come tenerla, come comportarsi e sembra quasi che tra i due s’instauri un legame fortissimo fin da subito.

Ishibeel è tranquilla tra le sue braccia, non si agita e pare attentissima alla voce del nostro amico.

La piccola passa tranquillamente di mano in mano, finché Effie non chiede a Johanna se vuole cullarla.

«Ehm, no…senza offesa, ma non sono un granché con i bambini» dice, sorridendoci.

La bambina torna a me ed eccola che riprende a dimenarsi per farmi capire che è affamata.

«Signori, credo che la principessa abbia fame, quindi tutti fuori» dice Haymitch prendendo Flavius e Martin a braccetto.

Peeta li segue fuori dalla stanza.

«Katniss vuoi che usciamo anche noi?» chiede mia madre.

«Come preferite, non mi crea nessun disturbo» rispondo, preparandomi ad allattare.

Effie, Venia, Octavia e Johanna escono dalla stanza, mentre mia madre ed Annie rimangono con me, dandomi consigli su come fare e su come migliorare i miei movimenti.

«Guardala negli occhi mentre le dai da mangiare e parlale. È abituata a sentire la tua voce da mesi ed è l’unica che riconosce al momento» dice mia madre.

«Non è una sensazione meravigliosa? Io ho allattato Martin per quasi un anno intero» dice Annie.

È un momento molto dolce e io faccio tesoro di tutti i consigli che mi vengono dati.

Dopo averle dato da mangiare, prendo la piccola Ishibeel in braccio e le picchietto dolcemente la schiena per farla digerire.

«Ancora non ci credo – dice mia madre. La guardo – Sembra ieri quando ti sei offerta volontaria per Prim, per salvarla dagli Hunger Games e ora guardati. Sei sposata, hai una meravigliosa bambina. Sono così felice».

Si asciuga rapidamente una lacrima.

«Mamma, non piangere» dico, sorridendole.

«Non ci riesco Katniss…ancora non ci credo che la nostra vita abbia preso una piega così meravigliosa. Abbiamo passato tanti momenti difficili…» aggiunge.

La bambina comincia a piangere e io ho urgenza di fare pipì.

«Mamma, puoi calmarla tu, devo andare in bagno» dico, porgendole la piccola.

Mi appendo letteralmente all’asta della flebo e vado in bagno.

Sento mia madre che canticchia una canzoncina alla sua nipotina e sorrido.

Quando torno al letto, Ishibeel si è addormentata ed è nella sua culla, mentre mia madre pare riaver acquistato la calma.

Dopo qualche istante arriva un’infermiera che chiede gentilmente a mia madre e ad Annie di lasciare la stanza per eseguire dei veloci controlli.

Mi viene provata la pressione e la temperatura, lo stesso alla piccola.

«Benissimo signora Mellark. È tutto nella norma, tra un paio di giorni potrà tornare a casa con sua figlia» dice con un sorriso prima di lasciare la stanza.

Sorrido, poi attendo che rientrino tutti.

Le ore scorrono in un continuo chiacchiericcio.

Quanto è bella la bambina.

Ottima scelta per il nome.

Dovremo comprare tutto il necessario per quando torneremo a casa.

 

-

 

È quasi ora di pranzo quando bussano sommessamente alla porta.

È Plutarch Heavensbee.

Ci saluta cordialmente e ci informa che è stato mandato dalla Paylor in persona.

«Ci tiene a farvi i suoi migliori auguri per la nascita della bambina. Lo ha saputo mentre sistemava i dati per il prossimo censimento e ha notato il file dell’ospedale. Sapete, per ogni nascita ed ogni decesso veniamo informati dall’ospedale in modo da tener controllato l’andamento demografico della popolazione» spiega.

«Non voglio che pensiate che vi sorvegliamo, anzi è stata una piacevole sorpresa vedere il nome di Ishibeel Mellark» si affretta ad aggiungere.

 

-

 

All’ora di pranzo i miei amici si recano alla mensa dell’ospedale e mi viene concesso di rimanere solamente in compagnia di Peeta.

«Nonostante lei si senta al pieno della forma, si ricordi che ha partorito da meno di dodici ore e dovrebbe riposarsi» mi raccomanda un’infermiera portandoci due vassoi per il pranzo.

 

-

 

La giornata prosegue tranquillamente, Ishibeel sembra una bambina tranquilla e si lascia coccolare volentieri da tutti.

A metà pomeriggio però un’infermiera ci informa che l’orario delle visite sta per terminare e quindi tutti, Peeta compreso, dovranno tornare a casa.

«Ci vediamo domattina» dice mio marito baciandomi e posando un leggero bacio sulla fronte della bambina.

La piccola comincia a brontolare dopo pochi minuti, quindi la prendo in braccio e avverto un fastidioso odore.

Chiamo l’infermiera e le chiedo una mano.

È il mio primo pannolino e non ho idea di cosa fare.

Ishibeel è minuscola e ho il terrore di farle male.

«Non si preoccupi signora Mellark, nonostante le sembri fragile, non lo è affatto. Le prenda le gambe con decisione e le sollevi con delicatezza, poi faccia scorrere il pannolino pulito sotto la bambina ed infine lo chiuda» dice la donna, facendomi vedere tutte le mosse.

«Non rischio di farle male alla medicazione?» domando indicando la garzina candida che le copre il moncone del cordone ombelicale.

«Bisogna fare semplicemente attenzione» risponde lei con un sorriso.

Visto che non sono ancora stata istruita su come medicare la piccola, mi viene impartita una brevissima e semplicissima lezione.

«Si tratta di un procedimento molto semplice da eseguire due volte al giorno e non si deve preoccupare di nulla. Dovrà semplicemente medicare questa zona con una garza imbevuta d’acqua ossigenata, fino a che la ferita non sarà completamente pulita, poi prende un’altra garza, la imbeve d’alcool e quindi la poggia delicatamente sul moncone e la tiene ferma con questa retina. Non deve fare altro» dice la giovane medicando la bambina.

«Due volte al giorno, ogni dodici ore?» domando.

«Come preferisce, non c’è bisogno di seguire gli orari, una volta al mattino e una alla sera, quando cambia la bambina. Nel giro di una settimana, dieci giorni al massimo, si sistemerà tutto».

Prima di lasciarla uscire le pongo ancora alcune domande.

Finché sarò a Capitol City potrò rivolgermi a loro in caso di bisogno, poi dovrò trovare un medico al Distretto Dodici che segua la piccola durante la crescita.

 

-

 

I due giorni successivi, di degenza all’ospedale sono tranquilli e scorrono anche abbastanza rapidamente.

Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo e mi sento sempre più vicina al mio ruolo di madre.

Finalmente arriva il giorno in cui veniamo dimesse.

Mia madre mi aiuta a coprire per bene la bambina per evitare che prenda freddo.

«Katniss, lo sai che là fuori è pieno di gente?» mi chiede, mentre controlla la copertina di Ishibeel.

«Lo immaginavo, grazie» dico, stringendo la piccola al petto.

Peeta cammina davanti a noi, trasportando il borsone con le nostre cose e un piccolo seggiolino in cui sistemare la bambina.

Quando usciamo l’aria gelida mi sferza il viso e cerco di proteggere Ishibeel dalle folate di vento e dalla neve.

I fotografi cercano inutilmente di rubare qualche immagine della piccola, ma è talmente imbacuccata e io la stringo così forte che è praticamente impossibile vederla.

Nel viaggio verso casa chiedo a mia madre qualche consiglio sulla scelta di un medico al Distretto.

«Non ci sono medici specializzati, o almeno, non ricordo che ci sia mai stato, però credo che potresti tranquillamente rivolgerti ad Hazelle. In fondo lei ha cresciuto tre figli piccoli completamente da sola»




Eccomi qui, grazie mille!!!
Abbiamo raggiunto più di mille visualizzazioni al capitolo 1!
Caspita, è un traguardone enorme!!!
So che il capitolo non è lunghissimo e mi dispiace avervi fatto aspettare a lungo, ma è stato un weekend di fuoco!
Venerdì matrimonio
Sabato compleanno del mio ragazzo
Domenica ho dovuto recuperare il sonno perso nei giorni precedenti
Lunedì festa di laurea.
E' stata dura, ma alla fine ce l'ho fatta.
Ora non mi dilungo oltre e vi lascio a:

L'ANGOLO DEI RINGRAZIAMENTI:
Grazie a:
- giuyoipoi77 (grazie mille e scusa per l'attesa)
- MatitaGialla (Oddio t'immagino in un angolino a leggere. Che tenera!)
- ile223 (Calcola che alla fine Katniss è cresciuta ed è cambiata. Credo che alla fine, vivendo con un omino zuccheroso come Peeta anche lei si sia ammorbidita un po', non credi?)
- amolefossette (eccomi, spero di non essermi fatta aspettare troppo)
- bookslover95 (Anche io ho sempre preferito Ishibeel e speravo con tutto il cuore che piacesse anche a voi)
- HeartSoul97 (ti prego dimmi che non sei morta...)
- Petniss e directioner (ragionamento strano e particolare, ma non fa una grinza ahaha)
- Elenalways (Eccomi qui, spero che il capitolo ti sia piaciuto)
- Rossella_delle_rose_blu (Posso dire di essermi commossa nel leggere il tuo commento? Ero con i miei amici e mi hanno vista ridere come una cretina davanti al telefono. L'ho riletto un trilione di volte e ogni volta mi ritrovo ad avere una faccia da ebete gongolante. Grazie di cuore. Mi rende veramente felice leggere ciò che hai scritto. Credo sia una delle più grandi realizzazioni per una persona che scrive per passione proprio come me. Davvero, grazie di cuore)
- DestinyMaryHope (Non morire anche tu, dai!!!)
- Mezzanotte_ (grazie per la recensione, è un piacere sapere di avere una nuova lettrice!!!)

Grazie di cuore a tutte voi, undici recensioni sono veramente tantissime ragazze. Grazie grazie grazie.
Vi lascio con un piccolo compito per la prossima volta, vi va di passare da qui e di lasciarmi un commentino?
Grazie mille!!!
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2167962&i=1

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Capitolo 19
*** AVVISI ***


Signori e signore, vi chiedo umilmente perdono per aver messo in un cantuccio questa storia. Al momento sono parecchio incasinata (mancanza di lavoro, mancanza di soldi, e altre cosucce di poco conto) che mi tengono la testa occupata e fatico a scrivere cose più lunghe di una OS. In ogni caso ci tengo a rassicurarvi che la storia avrà una fine, che entro l'inizio del nuovo anno la porterò a termine regalandovi altri capitoli di questa ff che avete seguito con tanta passione. Vi chiedo nuovamente di scusarmi e vi auguro di trascorrere un felicissimo natale con le vostre famiglie e di iniziare l'anno nuovo nel migliore dei modi.
Detto ciò mi vedo costretta a lasciarvi per un breve periodo di tempo. Vi abbraccio forte.
Shayla

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