Un tuffo nel Domani ~ di Yssis (/viewuser.php?uid=145803)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ; La scomparsa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ; Imprigionato...! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ; Al sicuro! ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ; Quando le parole non servono... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ; Rivelazioni sconvolgenti! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ; C'è odore di amore nell'aria... ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ; Una mattinata movimentata! ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ; Di sfide e baci ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ; Incubi e fuochi d'artificio ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ; Misteri aspettando mezzogiorno... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ; Un compleanno innevato! ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ; Alla Resistenza! ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ; Un po' di chiarezza... ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ; Di ricordi e divise. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ; Alla Raimon!! Le cose cambiano... ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ; Inquietudine ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ; Luci nella notte ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ; Dentro un sogno pericoloso ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ; Sono felice dove brilla il sole ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ; Lacrime e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce ***
Capitolo 21: *** Epilogo ; Va tutto bene. ***
Capitolo 1 *** Prologo ; La scomparsa ***
Prologo ; La scomparsa.
-E
questo tu lo chiami passaggio?!-
-Scusate ragazzi…-
-Vado a prenderla io. Arrivo subito!-
Kidou si
addentrò nel boschetto che affiancava
uno spazio erboso dove i ragazzi si stavano spensieratamente allenando.
In effetti,
non era un vero e proprio allenamento: il torneo internazionale
è
finito da qualche mese, ma Endou e i suoi amici dal pallone proprio non
riescono a star lontano.
E
così, si erano incontrati in un fresco pomeriggio estivo;
tra poco le vacanze
sarebbero finite, ma loro avevano ancora l’estate nella
testa, e pensavano solo
a giocare.
Su questo
ragionava sorridendo il giovane quattordicenne, mentre con lo sguardo
cercava il pallone fra l’erba alta e verdeggiante.
Finalmente la
scorse, e scavalcata una grossa pietra molto alta ed imponente,
prese la palla sottobraccio.
Si concesse un
momento di quiete, e appoggiandosi alla roccia scura si
crogiolò
nel silenzio e frescura della penombra del luogo in cui si trovava.
Non volendo
far stare in pensiero i compagni, il ragazzo decise ben presto di
rimettersi sui suoi passi.
Stava appunto per saltare di nuovo il grosso
macigno, quando scorse con la coda dell’occhio qualcosa
brillare intensamente
dietro di lui.
Si
voltò, incuriosito, e davanti ai suoi occhi si
materializzò uno specchio
d’un azzurro tenue, quasi argenteo… Risplendeva di
luce propria, e sembrava
inconsistente.
Senza pensare
alle conseguenze di quel gesto, Yuuto si sporse, seppur con
cautela, verso quella superficie riflettente e luminosa.
E, senza
rendersene conto, sprofondò giù… Nel
lucente specchio del “domani”.
Quel domani
che doveva ancora giungere, ma che per lui, non sarebbe più
arrivato.
Non un filo
d’erba si mosse, non un uccellino
cinguettò… Non un sibilo uscì
dalle labbra del giovane, che, con il pallone ancora sottobraccio,
sparì per
sempre senza lasciar traccia.
*Angolino
dei portali magici*
Okay.
Se fossi cattiva - ma cattiva cattiva - smetterei all’istante
di scrivere.
Ma visto che io non voglio fra morir d’ansia i miei lettori,
preferisco
continuare.
So che a molti di voi questo darà fastidio: e avete anche
ragione. Perché farvi
rompere le scatole da una pazza squilibrata come me?
Non posso che darvi ragione: quindi, mi raccomando, chiudete
all’istante questa
storia e, se volete fare le cose il più correttamente
possibile, non riapritela
mai più.
Mai, per nessun motivo. Neanche se vi puntassero una pistola alle
tempie.
Perché, davvero, non ne vale la pena.
Non merito assolutamente la vostra attenzione, proprio no.
Ma, visto che io non posso lasciare le cose a metà, non la
chiuderò qui.
Mi raccomando, lo ripeto, voi smettete all’istante di leggere
e non riaprite
mai più questa long - lo dico per il vostro bene, potrebbe
farvi male ^^” - e
lasciatemi divertire.
Perché io la scriverò tutta, fino alla fine. *u*
… Wow, con che coraggio ho scritto la frase precedente?
Davvero non so da dove
è saltata fuori. xD
No, la verità è che, sinceramente, non ho
un’idea precisa della fine che voglio
strutturare. Ma pian piano che scriverò sicuro mi
verrà in mente. ^^”
Quindi, visto che nessuno leggerà ma io devo comunque
spiegare a me stessa
quello che è successo (?), lo spiego lo stesso. ;D
Anche se, in realtà, non c’è nulla da
spiegare. (?)
Yuuto era in un boschetto d’estate quando è caduto
dentro un portale magico…
Una cosa comune, che capita tutti i giorni. *u* O, almeno, a me
è capitato
spesso. ^^
Lettori: Ah, ecco da dove sei spuntata, allora. >.<
Potevi rimanertene
dov'eri, sai.
Tsk. Che impertinenti. *^*
Nel prossimo capitolo, vedremo che fine ha fatto Jude...
Chissà dove si è
cacciato...?
Surprise! ^^"
Adesso la smetto, altrimenti rischio di scrivere uno space
più lungo del
prologo. çOç
Ah, un'ultima cosa: penso che anche il prossimo capitolo
sarà più o meno della
stessa lunghezza, ma vedremo che dopo quello, i capitoli lieviteranno.
^^"
Chi ha già letto delle altre mie storie lo sa, che tendo a
scrivere delle shot
chilometriche... Quindi non temete, la lunghezza ci
raggiungerà a breve. ;D
Un bacione a tutti,
Sissy-chan <3
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ; Imprigionato...! ***
Capitolo 1 ;
Imprigionato…!
Un rumore
meccanico lo destò dal sonno forzato e minante nel quale si
era ritrovato.
Intorno era
molto buio e non si riusciva a scorgere nulla. Costatò
quindi che
era ancora notte: fece allora per rigirarsi dall’altra parte
del letto, che
trovava alquanto ruvido e scomodo, ma non vi riuscì.
Si rese
infatti conto di essere legato con resistenti catene gravose ai polsi,
alle caviglie e al collo.
Senza riuscire
a mantenere la calma cominciò ad agitarsi; in breve, fu
panico.
Sudava un
sacco, in quella stanza buia e opprimente, inoltre sentiva un
fastidioso pizzicore in tutto il corpo, in modo particolare alle
braccia, gambe
e petto.
Il rumore
assordante di un macchinario poco distante non aiutava
senz’altro:
anzi, stava facendolo impazzire.
Troppi e
confusi pensieri gli rodevano la mente, e non gli permettevano di
ragionare con lucidità.
In questo
stato di penoso tormento, il ragazzo continuò ad agitarsi
per diverse
ore, che a lui parvero le più lunghe e sfiancanti in
assoluto.
D’un
tratto, sentì un rumore, come un chiavistello sfondato, e
dei passi
risuonarono lenti per l’angusto spazio in cui si trovava a
spasimare il
giovane.
Vide delle
ombre affusolate spargersi intorno, ma sempre rimanendo vicine al
macchinario tanto rumoroso.
Erano tutte
scure e invisibili, sembravano quasi fantasmi.
Una di queste
figure ostili gli si avvicinò maggiormente.
Quando gli fu
praticamente di fianco, le altre si dileguarono, silenziose e
sibilline.
Yuuto era
ancora sdraiato su quella lastra aspra e spigolosa, che gli feriva la
schiena nuda.
La figura si
chinò sopra di lui, e in quel momento il ragazzo
avvertì di non
indossare più i suoi occhialini.
Ma in quel momento non se ne curò più di
tanto: si accorse tuttavia che l’uomo che gli stava al di
sopra portava un
abito di un colore intenso.
Non
riuscì a distinguere né il capo
d’abbigliamento né tantomeno la colorazione
precisa.
Questo,
accorgendosi dell’agitazione del ragazzo, gli
accarezzò il viso unto
dal sudore e dalla sozzura di quell’ambiente, con mano calda
e affettuosa.
In quel gesto
tuttavia, Kidou non percepì nessuna benevolenza; e non si
sbagliava.
Da dietro la
schiena, l’uomo trasse un tubicino trasparente e poco
rassicurante.
Nel cuore del
giovane si scatenò puro panico, mentre l’oscuro
individuo gli ficcava
violentemente il tubicino giù, fin dentro la gola riarsa.
E Yuuto
iniziò a boccheggiare, improvvisamente senza più
aria intorno; l’uomo
si avvicinò di nuovo al suo viso, e sussurrò,
fioco: -Benvenuto… Kidou-kun.-
Il giovane
strabuzzò gli occhi in un urlo di terrore che il fiato
assente non
gli permetteva, mentre l’uomo si richiudeva la porta alle
spalle...
*Angolino delle torture*
Io vi avevo avvisato.
Ve l'avevo
detto che non avreste dovuto proseguire nella lettura.
Ma vi conosco
bene: siete testardi, e volete farvi venire gli incubi.
Ebbene, io
porto buone notizie: che io sappia (?), non ci dovrebbero
più essere
capitoli di questo genere. Ecco perchè ho comunque valutato
la possibilità di
mantenere il raiting verde. *u*
Ma non
perdiamoci.
Che ne pensate
di questo capitolo?
In effetti
è un po' macabro... E non mi piace neanche un po'.
>.<
Chi mi conosce
lo sa, che io non sono il tipo di persona che scrive sempre cose
del genere.
Piuttosto, il
fluff. Cioè, odio anche il fluff, ma se devo scegliere...
Qui non ho
avuto scelta: questo capitolo era troppo importante per
tralasciarlo... E così, compiendo un atto molto masochistico
nei miei
confronti, l'ho scritto.
Ma l'ho
concluso qui perchè non sarei riuscita a resistere una
parola di più.
*^*
Adesso, dovete
sapere che l'ultima volta mi sono sbagliata, quando vi ho detto
che questo sarebbe stato l'ultimo capitolo "corto".
Perchè
- visto che sono birichina - voglio lasciarvi un po' di suspance nel
prossimo capitolo, e quindi lo dovrò fare anch'esso corto.
^^"
Ma non temete,
da lì in avanti le cose prenderanno una piega migliore...
Anzi,
se proprio devo fare un po' di spoiler, diciamo che è da
lì che comincia la
storia vera, con l'innesto di alcuni personaggi in un ambiente molto
più
"vitale" e simpatico. çOç
Quindi,
abbiate fede: il prossimo capitolo arriverà a breve, e
vedremo
finalmente una svolta positiva.
Faccio tutto
questo spoiler perchè anche io devo convincermi, anche io
devo
rilassarmi. *u*
Sono molto
sensibile, ecco. E capitoli del genere mi sconvolgono...
Sono sicura
che nessuno indovinerà la persona che ha accolto Kidou,
piantandogli quel tubo nella gola. u.u E nemmeno il posto: siete troppo
poco
fantasiosi. *^*
Quindi non ve
lo chiedo nemmeno. xD
Ah,
vedrò più avanti di spiegarvi anche
cos'è successo; quindi non arrivate
nelle recensioni a chiedermi "Ma dov'è Kidou? Ma chi ce l'ha
messo lì? Ma
cosa vogliono da lui?" e domande del genere. Perchè tutto
verrà spiegato
in seguito (forse). ^^"
Un bacione,
Sissy-chan
<3
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ; Al sicuro! ***
Capitolo 2 ; Al sicuro!
Trasse un bel respiro,
finalmente
all’aria aperta.
Subito
percepì di avere molto freddo; la brezza serale sfregiava il
corpicino
martoriato nascosto dalla luce fioca della luna piena peggio di una
tempesta di
neve.
I suoi occhi,
opachi e pieni di lacrime, andarono subito in cerca della luna:
la sua luce lattiginosa lo colpì più
violentemente di quanto avesse immaginato,
e dallo stupore chiuse gli occhi.
Mentre ancora
doveva riaprirli, egli già aveva ripreso a correre.
La paura di
essere seguito era terribile, e nonostante la sua debolezza fisica,
corse.
Corse come non
correva più da un sacco di tempo.
Corse come se
ne andasse della sua stessa vita.
E in effetti
un po’ di ragione l’aveva.
Case, alberi,
viali e edifici gli passarono accanto, ma così nascosti dal
buio
della notte non vennero considerati dalla figura che correva veloce,
fulminea,
per le strade deserte.
Presto
però, gli mancò il fiato.
Non era certo
in grado di reggere ancora a lungo, ma egli aveva intenzione di
allontanarsi il più possibile da quell’edificio,
da quella stanza… Da quelle
persone che l’avevano imprigionato e trattato così
malamente senza uno straccio
di motivazione.
Esausto, alla
fine crollò.
Si
adagiò, sfinito, a lato della strada.
Aveva il fiato
grosso, e non rammentava situazione in cui avesse sentito il
cuore battere tanto forte.
La paura lo
possedeva completamente, ed era tanto stanco…
Gli occhi gli
si chiusero senza che egli avesse ancora avuto il tempo di
adagiarsi completamente al suolo.
Batté
forte la testa, mentre si stendeva come un corpo senza vita, sui
gradini
di una villa grande ed illuminata…
**
-Cos’è
stato?
Eccolo. Di nuovo, che
tornava
all’attacco.
Quella era una
serata di quelle dove nulla
sarebbe dovuto andare storto.
Sarebbe, certo.
Perché,
alla fin fine, qualcosa che non andava come previsto c’era
sempre.
Ovvio. Mai una
giornata dove tutto andasse bene, e non ci fossero complicazioni
di nessun genere.
A questo
pensava l’uomo seduto sulla vellutata poltrona scarlatta
mentre
sorseggiava il caffè con gli occhi fissi sul televisore,
tentando inutilmente
di ignorare la voce piena di brio ed energia che proveniva dalla stanza
accanto.
-Hikaru…
Non ne ho idea. Che ne pensi, piuttosto di captare ogni sacrosanto
rumore al di fuori di quella porta, di andare un po’ a
nanna?! Sono quasi le
undici…! Domani non ho intenzione di trascinarti
giù dal letto per portarti a
scuola!
-Ooooh…!
Uffa però…!-
Avvertendo una
nota di scoraggiamento e arrendevolezza nella voce del ragazzo,
l’uomo si illuse di averla fatta franca, ed essere riuscito, al primo richiamo a spedire a letto il
nipote.
Ma non aveva
fatto i conti con la sfrenata curiosità del
piccolo…
-Uh uh!
Aspetta solo un attimo!-
Dalla cucina
si affacciò una testolina violacea, il cui sorriso birbante
era
tutto fuorché disposto a desistere.
Kageyama si
passò una mano sulla fronte, intuendo che quella serata
sarebbe
stata particolarmente dura. Con un sospiro si adagiò
lievemente al soffice
sedile della poltrona, annuendo con aria vaga al piccolo che ancora
bramava
un’autorizzazione dalla porta della cucina.
Tutto bello
soddisfatto, il viola si sfregò le mani, incamminandosi
verso la
porta d’ingresso.
Era proprio
curioso di sapere che cosa avesse provocato un tale trambusto, di
fuori.
Aveva sentito
come se fosse caduto qualcosa di molto pesante… Magari
avevano
lasciato fuori dalla porta qualcosa. Un regalo. Una borsa. Un pacco per
lo zio.
Di quelli
arrivavano più spesso dei regali anonimi, a ben pensarci, ma
al
ragazzetto non importava più di tanto, in quel momento.
Spalancò
la porta d’ingresso con un bel sorriso deliziato sulle
labbra, ma il
gelo e il nero della notte lo intimorirono assai,
tant’è che fu quasi preso dal
desiderio di chiudere subito la porta… Sennonché,
con la coda dell’occhio notò
un’afflitta e gracile figura stesa sui gradini di casa.
Con un urletto
di sorpresa, chiamò a gran voce l’uomo in salotto:
-Zioo!
C’è un bambino qua fuori!!
-Un bambino? E
chi è, amico tuo?
A sentire
l’affermazione e il tono del ragazzo, Kageyama si era subito
alzato
dalla poltrona.
L’unica
cosa che gli era venuta in mente di pensare era una visita
–alquanto
inaspettata e inopportuna- di qualche amico di Hikaru un po’
sprovveduto. Non
avrebbe mai potuto immaginare una situazione come quella che da
lì a poco gli
si sarebbe parata davanti agli occhi.
-No no!-
sentì infatti esclamare dal giovane sull’uscio
– E’ molto più
piccolo di me!-
-Più
picc…?!- ma le parole gli morirono sulle labbra.
Davanti agli
occhi stupefatti di Kageyama, apparve Hikaru tenente in braccio un
bambino che conosceva fin troppo bene, purtroppo.
-Ma che
cosa…?-
-Zio! Che
facciamo? Guarda, sanguina tutto! Ed è così
magro…! Hai mai visto un
bambino tanto magro zio? Hey!! Ziooo! Ci sei?!-
Ma Kageyama
ignorava completamente le parole del nipote, tanto era meravigliato
da quello che stava succedendo. Con estrema delicatezza ed attenzione,
prese
dalle mani del ragazzo che ancora strepitava cercando di farsi
ascoltare, il
frugoletto: lo avvertì gelido, e istintivamente lo
abbracciò forte.
Kageyama
chiuse gli occhi, concentrandosi solo sul debole battito del cuore del
piccolo; cercava di dare un senso a quello che stava succedendo, ma
tanta, troppa era
l’emozione.
“No”
sussurrò, più a se stesso che a Hikaru
“Sarà una mia impressione. Non è
possibile che…”
Ma non poteva
mentire. Non di nuovo. E il piccolo glielo dimostrò, seppur
inconsciamente.
Avvertendo il
calore dell’uomo che lo stringeva, il bimbo aprì
di poco gli
occhi, che seppur opachi e pieni di pianto, fecero tornare il buon
senso
all’uomo che lo teneva in braccio.
Il piccolo non
riuscì neanche a sorridere, ma i suoi occhi per un solo
istante
sembrarono quasi riprendere vitalità, per poi richiudersi
nuovamente.
Kageyama
continuò a abbracciarlo, scaldandolo, finché non
fu sicuro che dormisse;
dopodiché, rivolse di nuovo la propria attenzione su Hikaru.
-Zio, allora.
Chi è que…?-
-Adesso non ha
importanza, Hikaru. Quando domani mattina si sveglierà,
vedremo
di capirci qualcosa, okay?-
Al ragazzo la
risposta piacque, o almeno al momento lo soddisfò,
perché sorrise
pieno di rinnovato entusiasmo, ed esclamò: - Zio. So che
è molto tardi, e che
dovrei essere a letto, ma non sarebbe meglio che adesso guardassimo un
attimo
le ferite del bambino? Sai, mi sembra proprio ridotto
maluccio…-
Kageyama
acconsentì con un gesto del capo, allora il ragazzo fece
strada ed
entrambi entrarono nel bagno.
Facendo
estrema attenzione a non disturbare il suo sonno, nipote e zio lavarono
il piccolo, fermarono le emorragie e medicarono le ferite
più evidenti.
Kageyama a
volte si perdeva, accarezzando i morbidi capelli castani del bambino
che non doveva avere più di cinque anni, ripetendosi
“Ho provato, ho provato
davvero a farmene una ragione… Ma non ci sono mai riuscito.
Da quando è
scomparso non ci siamo più dati pace; e adesso,
questo… Penso di aver pregato
troppo, e adesso la stanchezza mi sta giocando un brutto
scherzo… Non può
essere altrimenti. Io…”
-Zio. Direi
che così può andare, che ne pensi?-
Kageyama si
riscosse dai suoi pensieri, mettendo a fuoco la figura di Hikaru
che sollevava il bambino e cominciava con passo incerto e traballante a
risalire le scale.
-Dove pensi di
andare?- gli chiese, cercando di mascherare la sua paura nella
voce.
-In camera
mia, dove sennò?-
-E il bambino?-
Il giovane dai
capelli violetti si voltò, sorridendo: -Ho pensato che
potrei
portarlo a letto con me. Se lo mettiamo in un letto da solo, potrebbe
cadere: è
piccolo, e per giunta non ha un sonno molto tranquillo. Lo tengo
stretto
stanotte, così magari si calma e dorme più
sereno. Sei d’accordo zio?-
L’uomo
si lasciò sfuggire un sorriso di sorpresa: suo nipote aveva
ragione. Il
bambino nonostante stesse dormendo da un pezzo e non avesse accennato a
svegliarsi,
aveva un sonno molto agitato, e sicuramente l’abbraccio
affettuoso di Hikaru
l’avrebbe tranquillizzato.
-Sono
d’accordo Hikaru, sono sicuro che saprai farci buona
guardia.- e sorrise
di nuovo, al suo bambino che tanto piccolo non era più.
– A letto ora, e dormi
subito!-
Hikaru sorrise
a sua volta, sornione, ed esclamò, impettendosi:
-Signorsì,
Comandante!- dopodiché, voltatosi, salì
velocemente le scale, chiudendosi in
camera.
Kageyama
stette qualche istante immobile, a fissare il vuoto. Poi ridiscese in
salotto e sedutosi sulla poltrona scarlatta, cercò
inutilmente di continuare a
seguire il programma alla televisione: troppi e confusi pensieri gli
agitavano
la mente… Cullato dai ricordi, l’uomo socchiuse
gli occhi, e spento il
televisore, godette nella penombra della stanza.
*Angolino
delle sorprese*
Aww. *u*
Che piacere! Finalmente, un capitolo di quelli che piacciono a me! ^^
(?)
L’inizio è un po’ confuso, non
è vero?
Vi dirò la verità: pensavo di separare questo
capitolo – per creare ulteriore
suspance, sapete *u* - ma poi ho pensato che proseguendo di questo
passo, vi
avrei fatto morire di noia. (?)
Così, ho deciso di allungare un tantino le cose ^^
Spero che il tutto sia stato di vostro gradimento: ah, devo avvertirvi
di una
cosa.
Dal capitolo scorso a questo, non è passato un solo giorno.
Ne sono passati
tanti, ma proprio tanti. Nel prossimo capitolo, vedrò di
spiegare meglio la
situazione, va bene? ^^”
Comunque, qualche spoiler l’ho già fatto: sta a
voi trovarlo e comprendere il
suo significato *u*
Io direi che più di così non posso fare: vi
è piaciuto Kage-kun?
Pensavate mica che non sarebbe mai apparso, il mio bel Comandante? *^*
Nel prossimo capitolo, vedremo anche di spiegare un po’ che
ci fa qui;
altrimenti, potrei confondervi.
Sappiate solo che con sti’ due, ho intenzione di fare tanto
bel fluff (?): oh
su! Diciamo che quello che avete letto fin ora era solo un preludio xD
Ma non immaginatevi solo scene sdolcinate: ho in mente anche tante
belle
risate, sì sì! ^^
Dedico questo capitolo
alla mia carissima amica Juddy, perchè se lo
merita. Per colpa mia è successo un casino, e voglio
rimediare. *ç*
TVBBBB!! <3 <3 Questo capitolo è tutto per te,
fatina dei desideri ~
Ci vediamo nel prossimo capitolo, furbacchioni? ;D
Ciaoo!!
Sissy-chan
<3
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ; Quando le parole non servono... ***
Capitolo 3; Quando
le parole non servono…
Kidou si
svegliò.
Avvertì subito un gran calore tutt’intorno, e ne
fu felice.
Quando
però capì la fonte di quel tepore,
cominciò a salirgli un po’ di
angoscia: un bambino sconosciuto lo stava stringendo forte, come avesse
paura
che gli sfuggisse.
Il ragazzetto
doveva avere circa la sua età, aveva dei buffi capelli viola
e un
sorriso delicato sulle labbra; dormiva tranquillo in quella che doveva
essere
la sua stanza.
Kidou
però non ne era convinto: perché, seppur quel
ragazzo avesse la sua età,
gli sembrava tanto grande? E perché era nel suo letto? Cosa
ci faceva lì?
Lentamente,
scese dal letto, liberandosi dall’abbraccio del viola, e si
guardò
intorno.
Ne rimase
incantato. Non sapeva perché, ma Yuuto avvertì di
non essere in un
posto completamente nuovo.
C’erano tante cose, tante piccole cose che gli erano
familiari: e non capiva perché. Si sentiva a casa,
dopo tanto tempo, e non ne comprendeva la ragione.
Già gli
mancava il tepore di quell’abbraccio nel quale aveva riposato
per tutta la
notte.
Si sentiva
fresco, pulito e tranquillo.
Ma dove caspita era finito?
Si sedette
vicino alla scrivania, per terra, chiuse gli occhi e cercò
di far
luce sui suoi ricordi recenti: le immagini arrivarono, e con la
consapevolezza di
quanto era successo, il sorriso di Yuuto si spense.
Nonostante tutto però,
ancora non capiva cosa centrasse l’abbraccio del ragazzo dai
buffi capelli
viola con la sua fuga.
Dopo qualche
minuto passato a ragionarci su, Kidou si convinse che per il
momento, era meglio non porsi domande del genere.
Non era più legato, e le sue
ferite erano state medicate: questo erano le cose importanti. Con
rinnovata
curiosità, uscì dalla camera con passo felpato, e
senza far rumore, decise di
dare un’occhiata in giro.
Scese
lentamente le scale, fermandosi quando le ferite sulle gambe dolevano
troppo: i suoi arti ancora non gli permettevano movimenti bruschi, ma
il
ragazzo non si fece intimorire.
Aveva molto da osservare, e stranamente tutto
quello che gli capitava sott’occhio gli ricordava
incredibilmente qualcosa. E
più girava in quella casa, più si rendeva conto
di cosa si trattasse quella sua
impressione.
Stranito e
confuso, arrivò in soggiorno: anche qui, tutto come se lo
ricordava.
Perché
erano ricordi, sì, e molto chiari. Come se avesse abitato in
quella casa
da sempre; sapeva perfettamente dove andare.
Questa
situazione, invece che inquietarlo come era successo in un primo
momento, lo rilassò all’inverosimile.
“Possibile che… Non mi stia sbagliando?
E’ proprio la casa che credo?”
Era contento
Kidou, finalmente, dopo tante sofferenze.
Si
adagiò sulla poltrona d’un rosso accesso, quella
che gli era sempre piaciuta
tanto: non lo aveva mai fatto sedere lì, però.
Come incantato, si accovacciò
bene fra i due braccioli, ma una cosa subito lo turbò: come
mai i suoi piedi
non toccavano per terra? Era davvero così alta?
Di questo non
ne era sicuro, certo, ma ormai era abbastanza alto per cui i suoi
piedi non penzolavano mai, quando si sedeva.
Decise
tuttavia di non dare troppa importanza a quel particolare;
com’era bella
quella casa di mattina presto, era proprio come se la ricordava.
L’odore
del caffè gli risvegliò tutti i sensi possibili,
d’un tratto.
Senza indugio,
si diresse verso la cucina: il cuore gli batteva forte, fortissimo, e la consapevolezza di
quello che stava facendo arrivò solo dopo.
Sorrideva e
basta, quando varcò la soglia, perché sapeva di avere
ragione.
Aveva
imparato, il giovane Kidou, che il cuore, e i sentimenti che questo
faceva provare, così spontanei, erano sempre
esatti.
E non c’era regola che valesse.
“Quando senti il cuore
battere forte, ma
così forte che non riesci a concentrarti su altro, fa quello
che vuole lui.
Fidati sempre del tuo cuore Onii-san, perché la strada che
lui impone è quella
giusta. Solo seguendola sono riuscita a ritrovarti, e nel caso ci
perdessimo di
nuovo, tu ascolta il tuo cuore, e mi ritroverai”
Quelle erano
state le parole di Haruna, in un’occasione che lui non
rammentava
già più, ma… Gli erano rimaste. Le
aveva tenute a mente, perché di sua sorella
lui si fidava sempre, e le pillole di saggezza che a volte tirava fuori
erano
sorprendenti.
Sorrise Kidou,
la mente rivolta alla sua sorellina; l’aveva pensata tanto, e
adesso le sue parole erano arrivate, come un fulmine a ciel sereno, per
dirgli
cosa doveva fare.
Il pensiero ad
Haruna e tutto quello che ne seguiva però fu bruscamente
interrotto e cancellato nella mente del regista dagli occhi color del
sangue.
Quello che
aveva davanti, semplicemente, non
aveva senso.
Impossibile.
Incredibile.
Stupefacente.
Sensazionale.
Lo
sbigottimento in un attimo fu sostituito dalla più
incontenibile delle
felicità.
-Kageyama…!-
riuscì solo a sussurrare.
Un sussurro
tanto forte da farsi udire, tanto debole da confondersi con il
bollore del caffè fumante dentro la caffettiera.
E
l’uomo, che dava le spalle alla porta d’ingresso,
sobbalzò.
Vestiva un
abito d’un azzurro molto tenue, sotto una camicia bianca. I
capelli
erano lunghi, legati un una coda bassa; ma la cosa che sorprese di
più Yuuto fu
il loro biancore.
Era alto,
altissimo il suo Comandante, ma tutto sommato era proprio come se lo
ricordava: emozionatissimo, con le lacrime che già gli
pizzicavano gli occhi
scoperti, Kidou dette di nuovo ascolto al cuore invece che alla testa,
e si
lanciò ad abbracciare le gambe del suo Kageyama.
Strofinava il
viso ustionato e pieno di graffi sulla stoffa bianca dei
pantaloni di tela del suo allenatore; il cuore straboccante di emozione
forte,
incontenibile.
Tanta era
stata la sua paura di averlo perso. Perso per sempre.
Kageyama da
canto suo sobbalzò, al sentire la voce commossa e
meravigliata
dietro le sue spalle.
Ci aveva
pensato tanto, quella notte.
Aveva cercato
di considerare ogni possibilità, nel modo più
oggettivo
possibile: ad un certo punto, aveva persino valutato
l’eventualità di essersi
appisolato davanti alla televisione e di essersi sognato tutto.
Erano capitati
spesso sogni del genere, ma con il tempo, si era quasi arreso. Se era
fatto una
ragione; che altro si può fare, dopo dieci anni di tormenti?
Ma di fronte
alla stretta emozionata del bambino che ora gli cingeva le gambe,
nulla di tutto quello aveva più senso.
Si
accovacciò, e preso il viso del piccolo fra le mani sorrise,
le lacrime che
minacciavano di scendere.
Yuuto gli
lanciò le braccia intorno al collo, scoppiando in singhiozzi
commossi, mentre lo chiamava per nome.
Kageyama lo
sollevò delicatamente da terra, e il bambino gli si strinse
tutto
al petto.
Rimasero
così, per tanto tempo: nessuno dei due disse nulla.
Kageyama
accarezzava delicatamente i capelli mossi di Yuuto; i rasta si erano
sciolti completamente, e quella era una delle pochissime volte dove si
poteva
costatare la somiglianza di capelli del ragazzo con quelli della
sorella.
Certo, il colore era molto diverso, ma a parte quello, erano
praticamente
identici. Mossi, morbidi e profumati, la mano dell’uomo
continuava a
massaggiarli con delicatezza, mentre il piccolo aggrappato al suo
ventre,
singhiozzava sempre meno, e l’uomo avvertiva che il suo
battito si stava
regolarizzando, lentamente.
Quando fu
sicuro che Yuuto non piangesse più, Kageyama sedette su una
sedia, e
staccatosi il bimbo dal collo, gli porse dell’acqua, che
quello accettò con
garbo.
Il piccolo
riappoggiò il bicchiere di vetro scintillante sul tavolo in
legno,
dopodiché i due tornarono a guardarsi, per qualche minuto.
Osservandoli,
era facile intuire che né uno né
l’altro sapevano che dirsi.
O meglio, di
cose ce ne sarebbero state un sacco, da non smettere più di
parlare, ma nessuno dei due aveva idea di come iniziare, cosa
dire… Ma i loro
sguardi, i loro occhi, commossi e incantati, bastavano ad entrambi.
Tutti e due,
si erano come convinti, ad un certo punto, di non rivedere mai
più
l’altro: si erano arresi alla ragione, che aveva stabilito
per entrambi un
ritrovo impossibile, la separazione inconfutabile.
Il cuore aveva
dimostrato loro che la
mente si sbaglia, in alcune situazioni.
Il
viso di Kageyama, Kidou aveva avuto il tempo di osservarlo bene, e con
dispiacere non aveva potuto non fare caso alla vistosa cicatrice
nell’occhio
sinistro.
Kageyama, dal
canto suo, di cose di Yuuto ne aveva osservate parecchie, ma
nessuna era nuova per lui: era proprio come se lo ricordava…
Il problema è che,
così, non doveva rispuntare.
Aveva addosso
uno staccio di vestito, che gli copriva in parte le gambe, ma
l’addome e la schiena erano completamente spoglie, e
martoriate. C’erano
evidenti segni di graffi, lividi ed ustioni un po’ ovunque,
in quel corpicino
che non doveva vedere la luce del sole da un sacco di tempo: ma il vero
problema di Kageyama, era un altro...
*Angolino
delle coccole*
Lasciatemi
godere...! *u*
Perché
voi non capite… Io sto proprio godendo! *u*
Alla faccia di
tutte le shot/long dove ho dovuto versare litri di lacrime e
passare notti insonni per colpa del modo in cui alcune autrici
– non faccio
nomi *^*, che farebbero meglio a inchinarsi umilmente a me chiedendo
perdono
per tutti i tormenti che mi hanno fatto patire – hanno
trattato il mio
Kage-kun. <3
Questa
è poesia pura… *u*
Acqua di
sorgente, pura e rinfrescante, per la mia gola riarsa e il mio cuore
che stava cedendo *^*
Ma
cerchiamo di spiegare il capitolo: all’inizio Yuuto si
è svegliato e…
Beh, avete capito che è successo, no?!
ç.ç
Quello che ci tenevo a fare è spiegare il suo comportamento:
Kidou, come avrete
senz’altro notato, spesso avrebbe potuto rendersi conto del
cambiamento che c’è
stato nel suo corpo: è tornato un bambino di cinque anni, ma
lui non se n’è
reso conto nonostante le continue testimonianze di quanto è
successo.
Questo
perché Yuuto ha passato davvero dei brutti momenti- che nel prossimo capitolo
spiegherò promesso
– e quindi, adesso che è in
“libertà”, vuole solo vedere le cose
belle,
diciamo, le cose positive e piacevoli di quel che succede ^^”
Invece per quanto riguarda l’inizio, quando ha detto
“Il ragazzetto doveva
avere circa la sua età (…)”; mettiamo
le cose in chiaro. Yuuto ha cinque
anni, e Hikaru dodici; ma Kidou ancora non si è reso conto
di essere stato, per
così dire, “rimpicciolito”, e quindi
crede di aver quattordici anni.
Per questo
dice che è un ragazzo che ha circa la sua età
^^”
Volevo
chiarire questo punto per non mettere in allerta qualcuno, tutto qui ;D
Di Kidou e
Kageyama potrei parlarne ad oltranza, quindi non ne parlerò
proprio
(?): se comincio, non la smetto più. <3
La scena
dedicata a loro, la mattina presto, l’ho separata in due
parti, per
farvi pregustare meglio il momento, sapete ^^ E perché mi
diverto un sacco a
scrivere su questi due…
TREMATE!!
SISSY E’ ARRIVATA E ATTUERA’ LA SUA VENDETTA!!
Dopo questo piccolo
sclero – mi sento molto potente
in questo momento, sapete? *u* - vi lascio alle recensioni <3
Un bacione a
tutti!!
Sissy-chan
<3
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ; Rivelazioni sconvolgenti! ***
Capitolo
4; Rivelazioni sconvolgenti!
C’erano
evidenti segni di graffi, lividi ed ustioni
un po’ ovunque, in quel corpicino che non doveva vedere la
luce del sole da un
sacco di tempo: ma il vero problema di Kageyama, era un altro.
Kageyama osservava il
bambino che portava sul grembo da un sacco di tempo, come incantato.
Era
così… Bello. Continuava ad accarezzargli il viso,
che seppur vessato
sembrava risplendere di luce.
Continuava ad accarezzarlo, bramando ogni
particolare di quel volto così sospirato, come se avesse
paura che la sua
immagine sfumasse davanti a lui, d’un tratto.
Dal canto suo,
Kidou percepì subito, dal modo in cui lo accarezzava, il
tormento dell’uomo.
Così
gli strinse le mani, sussurrando con voce fioca e strozzata
dall’emozione:
-Sono io. Sono qui.
Non… Non vado via…-
E Kidou
avrebbe voluto parlare, parlare ancora, adesso che aveva recuperato il
dono della parola.
Ma Kageyama se
lo strinse ancora forte al petto, e il bimbo commosso e colpito
dalla situazione, lo abbracciò di nuovo con la stessa gioia
che gli ardeva il
cuore di felicità pura.
-Sei…
Ma dove sei stato…? Io… Noi… Oh Kidou, sei
bellissimo…!-
Yuuto
spalancò gli occhioni scarlatti, pieni di lacrime e
brillanti
d’affettuosità; ma che stava succedendo adesso?
Perché Kageyama gli diceva
quelle cose?
Ecco, non è che avesse proprio l’abitudine di
fargli i
complimenti…
-Kageyama.-
provò a richiamarlo, vedendo come l’uomo davanti a
sé si perdeva ad
osservarlo, meravigliato. – Da quel che so, dovrei essere io
quello stupito!
Io…
Io… Pensavo che lei…-
-Di me non
devi preoccuparti, ragazzo. – il suo Comandante scosse
impercettibilmente
il capo, posando delicatamente il bambino a terra per mettersi in
piedi. – E’
la tua la situazione più importante, adesso.-
In quel modo,
Kageyama gli sembrava ancora più alto. Era sempre lo stesso,
ma
la voce non l’aveva mai sentita così; era
soffocata, commossa, anche se cercava
di mantenere la sua calma e freddezza.
Tentativo
assai vano, ragionò in fretta Kidou, considerando la sua
commozione.
-Ma come la
mia? Io… Ah!-
il piccolo si piegò in due dal dolore, cascando a terra. La
gamba destra aveva ripreso a sanguinare, e debole com’era non
riusciva a
reggere il peso del suo corpo.
Kageyama in un
attimo fu sopra di lui: lo prese in braccio in modo così
delicato
e rassicurante che a Yuuto parve che il dolore fosse già
scomparso.
-Non mi lasciare…
- fece Kidou in un sussurro – Fa meno male quando sono con
te…-
E sorrise.
Un sorriso
così fragile e sincero che Kageyama fu di nuovo sul punto di
commuoversi.
Poi, riprese a
parlare: - E’ a questo che mi riferisco. Ragazzo mio, si
può
sapere cosa ti è successo? Dove… Dove sei stato
per tutto questo tempo? E,
soprattutto…- ma non riuscì a
continuare.
La sua voce
era troppo spezzata e rotta, cosicché Yuuto faticava a
comprenderne
il senso.
Ma il ragazzo
non rispose. Il suo visetto magro e sfracellato era illuminato
dal sorprendente sorriso che gli era dipinto sulle labbra scorticate: -
… Sei
stato tu a medicarmi, vero? - Suonava come una
domanda, certo, ma Kidou non aspettò una risposta, e
aggiunse:
-Ti… Ti ho visto, ieri sera. Ho aperto gli occhi,
perché ho percepito tanto
caldo in tutto il corpo, e mi sono sentito al sicuro, dopo tanto tempo. Ero al
Fifth Sector, o almeno così chiamavano quel
posto infernale.-
A Kidou parve
che, da dietro le lenti d’occhiale, gli occhi di Kageyama si
dilatassero, illuminati da un bagliore d’odio e di paura.
Inclinò appena la
testa a quella reazione, chiedendosi a che informazioni fosse dovuta,
ma
vedendo che l’uomo non accennava a dare spiegazioni o a dire
alcunché,
limitandosi ad accarezzargli amorevolmente i lunghi capelli castani che
superavano le spalle, Yuuto continuò: - Non ricordo come ci
sono finito, so
soltanto che dopo un lungo tempo di torpore, mi sono svegliato
completamente
indolenzito, e legato. Legato sì, ad una lastra fredda e
spigolosa, che mi
graffiava sempre la schiena. Ero in una stanza
buia, che fossi solo non so, perché c’era tanto
rumore: ma
davvero tanto, pensa che non riuscivo neanche a sentire la mia voce.
Quindi se
qualcun altro pativa insieme a me, io non l’ho sentito.-
Kageyama
alzò lo sguardo sul viso del piccolo: era concentrato,
attento a non
farsi sfuggire nulla di quel che ricordava, ma era chiaro che quel che
raccontava aveva lacerato per lungo tempo il suo corpo e la sua mente.
Kidou
raccontava di un posto brutto e terribile, dove lui e altri ragazzi
venivano rinchiusi e usati come “scorte energetiche e
vitali” aveva sentito
dire da una guardia fuori dalla stanza: i giocatori delle squadre del
Fifth
Sector potevano avere un calo improvviso, e allora le forze e le
capacità di
questi ragazzi legati a delle macchina rumorosissime e scure venivano
cedute ai
SEED carenti di energie.
Era un
racconto osceno, da far venire la pelle d’oca. Kageyama
più volte rabbrividì,
e quando questo accadeva stringeva forte il bambino che teneva in
braccio:
questo sospendeva per qualche istante il racconto, e ricambiava
l’abbraccio.
Yuuto stava
abituandosi a quelle dimostrazioni d’affetto del suo
Comandante,
anche se gli parevano molto strane e ancora non riusciva a spiegarsele.
Concluse
così il suo racconto: - E’ arrivato un momento in
cui sono riuscito a
liberarmi. E’ molto difficile pensare
all’eventualità in cui io avessi avuto
così forza da rompere le gravose catene che mi obbligavano i
polsi; è molto più
strano eppure plausibile che qualcuno le abbia allentate. Anche se non
capisco
proprio chi possa essere. Tutti quelli che venivano, o azionavano la
macchina a
rubarmi più energie, o mi frustavano, per il semplice gusto
di farlo: a quanto
pare, quelle guardie si annoiavano parecchio. Sono riuscito a
fuggire, e l’unica cosa che ho pensato una volta in piedi
è
stata “devo uscire di qui!”; e così ho
fatto. Trovando tutte le porte aperte,
senza nessun allarme che scattasse – anche questa
è una cosa stranissima, non
credi? – sono uscito. Ma nemmeno fuori mi sono fermato. Avevo
tanta paura che
venissero a prendermi, e mi facessero del male. Non mi ricordo di aver
mai
corso così tanto, e poi…-
-E poi ti ho
trovato io!- esclamò allegra una voce alle loro spalle.
-Hikaru!-
esclamò Kageyama a quel punto, e dalla sorpresa
allentò la presa sul
corpicino di Yuuto, che cascò a terra.
-Ouch!- si
lamentò il piccolo, massaggiandosi il fondoschiena; ma non
fece in
tempo a rimettersi in piedi, che il ragazzetto lo prese in braccio,
saltando
festosamente: - Che bello! Che bello! Ti sei svegliato! Sai, stanotte
ho avuto
anche paura che morissi durante il sonno… Ti batteva
così piano il cuore… Per
fortuna sei sveglio! Quando mi sono alzato e ho visto che non
c’eri più, mi è
preso uno spavento!! Ma come sei carino…! Lo sai che sei
proprio un bambino
bellissimo?! Anche se sei ridotto un po’ maluccio…
Sei il bimbo di un barbone?-
-Hikaru!-
saltò su a quel punto Kageyama, strappando Yuuto dalle mani
del nipote
e poggiandolo sul pavimento. – Hai intenzione di fondergli il
cervello!? Sono
troppe cose tutte insieme…! Non ti ricordi più in
che stato era ieri sera? Hai
intenzione di tramortirlo di nuovo?!-
Le risate di
Yuuto interruppero il simpatico coretto che si stava svolgendo:
-Siete fortissimi!!- riuscì a esclamare il piccolo fra le
risa, mentre si
rotolava per terra.
-Non ti ci
mettere anche tu, di grazia…- supplicò
l’uomo, con un tono
tutt’altro che amorevole.
Kidou si
esibì in un sorriso a trentadue denti, gli occhi che
brillavano di
gioia.
-Ma no, zio! –
prese parola il viola a quel punto, impettito – So bene come
era
ieri il bambino, l’ho visto anch’io! E’
solo che ero molto contento, ecco…! Sei
un po’ nervoso stamattina o è una mia impressione?-
Kageyama si
voltò verso Yuuto lanciandogli un’occhiata truce,
ma allusiva:
-Potresti anche smetterla di ridere adesso.- utilizzando un tono
sarcastico e
buffo che non fece altro che aumentare l’ilarità
di Kidou.
Poi,
tornò da Hikaru: - Ho
bisogno di un po’ di tempo…-
Hikaru lo
guardò, sospettoso, e gli lanciò uno sguardo
allusivo e supponente:
-Cosa stavi facendo con il
bambino…?!-
-BASTA! BASTA!
Vi prego…! Io muio!!- interruppe di nuovo Kidou, continuando
a
ridere troppo divertito dalla situazione.
-NIENTE!-
esclamò a quel punto Kageyama, rosso d’imbarazzo o
d’ira – nessuno
dei due ragazzi lo capì, ne ebbe l’ardore di
chiederlo.
Hikaru,
recuperato il sorriso di sempre, disse allora, semplicemente: -Okay,
zio. Io adesso devo andare, c’è Kariya che mi
aspetta per andare insieme a
scuola!-
L’uomo
lanciò uno sguardo rapido e fuggente al grande orologio
appeso sopra la
porta: mancava già un quarto alle otto! Si era fatto proprio
tardi…
-Va bene
Hikaru. Io…-
-CIAO ZI- il
ragazzo stava già per fiondarsi fuori dalla porta di casa,
ma
all’ultimo Kageyama lo trattenne per un braccio: -Non parlare
a nessuno di
quanto è successo ieri sera, chiaro? Quando torni ne
discutiamo insieme e
vediamo di trovare una soluzione.-
Il ragazzino
sorrise, annuendo; allora Kageyama lo lasciò andare,
aprendogli la
porta: -Buona giornata Hikaru.-
-Grazie zio! A
dopo!-
Kageyama
chiuse subito la porta, e ritornò in cucina, dove ad
attenderlo c’era
ancora il suo Yuuto.
-Allora…!-
attaccò con tono malizioso
Kidou, ma venne subito interrotto.
-Ti consiglio
di cancellare alla svelta quel sorrisino perché non ho
niente da
dirti.- ammiccò Kageyama; ma l’entusiasmo di Kidou
non finiva certo lì.
Aveva mille
curiosità, e adesso aveva di nuovo davanti un sacco di tempo
con
cui parlare con Kageyama.
-Dimmi un
po’. Ma chi è quel ragazzino? E perché
quando mi sono svegliato mi
stava abbracciando? Perché prima mi ha detto che sono bello
e poi che sono
figlio di un barbone?-
-Hikaru.
Perché ha voluto tenerti a letto con sé questa
notte. Perché è molto
confuso.-
-Wow
Kageyama-san! Sei proprio spicciato tu nelle risposte!
-Dico tanto a
Hikaru-kun, ma anche tu caro mio non scherzi…-
-Che ci vuoi
fare…?- e un altro sorrisino si dipinse sul volto di Yuuto.
-Ma…!-
tornò di nuovo all’attacco dopo qualche secondo di
riflessione – Perché
io Hikaru non l’avevo mai visto?-
-Ti pare che
dico tutto, a te?!- esclamò a quel punto Kageyama,
scompigliandogli i capelli noisette.
-Beh…!-
Yuuto abbassò lo sguardo, tutto rosso.
-E adesso che
c’è?- l’uomo gli si avvicinò,
cautamente, e lo prese in braccio.
-Mi vuoi
proprio molto bene tu oggi o mi sono perso qualcosa?-
esclamò a quel
punto Yuuto, stanco di non capire tutta
quell’affettuosità del suo allenatore.
-Possibile che…?-
bisbigliò quello; ma invece di continuare, mosse qualche
passo e uscì dalla stanza, posizionando il frugoletto
davanti allo specchio.
Kidou
lanciò un urlo.
Era piccolo.
Ooh se era piccolo!
Arrivava
all’incirca al ginocchio del suo allenatore, aveva i capelli
tutti
liberi dai rasta, ed era praticamente nudo. Aveva un cencio grigiastro
e
consunto addosso, che gli copriva a malapena le gambine magre. Era
piccolo,
accidenti quanto era piccolo!
Ed era anche
ferito ovunque. Quello lo aveva percepito, dal dolore, ma non
pensava che fosse ridotto in uno stato tanto miserevole. Gli occhi
erano
l’unico tocco di colore in quel corpicino ingrigito e debole,
così grandi e
scintillanti da far paura. Il viso era completamente ustionato, si
vedevano
numerosi segni di ferite e dalle medicazioni si riusciva ancora a
vedere le
rossastre lesioni.
-Ma…
Ma cosa…- riuscì a sussurrare, ancora non
completamente ripreso dallo
spavento. La sua voce era senza inflessioni,
tant’è che Kageyama si spaventò a
sentire quel fioco sussurro incolore.
-…
Non lo so.-
se ne uscì soltanto, continuando a osservare il suo Kidou.
– Non
lo so…-
Il bimbo si
piegò tutto sulle ginocchia, gemendo e piangendo.
Davanti a
quella scena, a Kageyama si strinse il cuore; sapendo che non sarebbe
riuscito a trattenere le lacrime nel caso queste avessero di nuovo
preso a
scendere, si piegò sul bambino, sollevandolo da terra.
Questa volta, si diresse
in bagno, e una volta lì, appoggiò delicatamente
Yuuto nella vasca che Hikaru
aveva già preparato qualche minuto prima, e che era ancora
calda.
A quel tiepido
contatto, vide Kidou rilassare gli arti, e chiudere gli occhi
beato.
Sciolte le
bende, dopo poco tempo l’acqua prese tinte scarlatte, che
angustiarono ancora di più Kidou.
Il piccolo
volle subito uscire dalla vasca, e Kageyama lo accontentò.
-Abbiamo
bisogno di tempo, Yuu-kun, prima che le tue ferite si rimarginino.-
Non lo voleva
deprimere, né farlo sentire in colpa, ma Kageyama non poteva
nascondere al suo ragazzo la verità: era ridotto malissimo,
e l’unica cosa che
si potesse fare era fare attenzione che le ferite non facessero
infezione, e
cambiare spesso la medicatura. Con pazienza, Kidou avrebbe potuto
camminare di
nuovo.
-Lo sforzo che
hai fatto per venire qui è stato il colpo di grazia. Non
sono un
medico, ma puoi fidarti se ti dico che non devi più usare le
gambe per qualche
tempo. Rischi di perderle sul serio, se non fai attenzione.-
Kidou annuiva,
senza più proferir parola. Quello che aveva visto
l’aveva
sconvolto parecchio e questo il suo allenatore poteva capirlo. Anche
lui aveva
avuto bisogno di tempo per farsene una ragione…
Quando il
bambino fu asciugato e rivestito, Kageyama se lo issò sulle
spalle,
e insieme tornarono in cucina.
-Yuuto!- lo
chiamò allora Kageyama con un tono allegro, intenzionato a
distrarlo
– Quando torna Hikaru, gli dirò di andare a
comprare dei vestiti che ti stiano,
che ne pensi? Quello straccio addosso deprimerebbe chiunque…
Ti sentirai subito
meglio con un vestitino nuovo, puoi starne certo.-
Kidou
annuì, e bevve ancora dell’acqua.
Bevve molto
lentamente, godendosi il piacere che l’acqua fresca dava alla
gola.
Kageyama si
stava sforzando per non farlo piangere ancora, e Kidou decise di
provare a farsi aiutare. Gli venne subito in mente il coretto ascoltato
circa
un’ora prima fra il suo allenatore e quel ragazzetto, e
scoppiò nuovamente a
ridere.
Di fronte a
quel cambio d’umore improvviso, Kageyama, che aveva intuito
tutto,
volle stare al gioco, e afferrata la bottiglia dell’acqua
esclamò: - Ma che ti
ho dato da bere?! Ché adesso tu ridi
così…?!-
-E’…-
esclamò Kidou cercando di smettere di ridere –
E’ per quel ragazzino,
Hikaru. Si può sapere chi è? Perché
è qui con te…?-
Kageyama
sorrise, prendendo un bel respiro: -Hikaru è figlio di mia
sorella e di suo marito. Quando tu frequentavi la Teikoku, lui aveva
sì e no un paio
d’anni…-
-E non
l’ho mai visto?- chiese Kidou dubbioso.
-Eh-eh!- Kageyama si
portò una mano dietro la nuca sorridendo imbarazzato
–
Diciamo che mia sorella non ha un carattere molto simile al mio,
e… Essendo più
grande di me, ha sempre cercato di starmi, ecco, vicina…
Ma aveva un carattere
fin troppo esuberante per i miei gusti…!-
Yuuto
ascoltava il racconto con gli occhi sbarrati dalla sorpresa:
“Il suo
Comandante aveva un sorella?! Più grande di lui?!
Incredibile!”
-Izumi,
così si chiama la madre di Hikaru, ha sempre amato
viaggiare, per
questo il bimbo non ha mai avuto una vera e propria casa.
Finché era piccolo,
poteva anche andare bene, ma adesso che è grande…
-
-Mi stai
dicendo che te lo sei preso in custodia?! Come tutore?-
Yuuto aveva
un’espressione talmente sbalordita che Kageyama stentava a
non
ridere.
-No! No
no… Cioè, insomma; in un certo senso…
Abitando qui, lo ospito in casa
mia per permettergli di frequentare con costanza la scuola! E poi, i
suoi
genitori non stanno sempre via… Adesso ad esempio se ne sono
appena andati,
quindi li rivedremo tra qualche mese. Magari arrivano
a… Aprile, toh. E rimangono finché non finisce la
scuola, in
modo da portare con loro anche Hikaru.-
Kidou
sorrideva, rapito dal racconto del suo allenatore: e Kageyama contento
di
essere riuscito a distrarre Yuuto, aggiunse, con quell’aria
da lestofante che
lo contraddistingueva nonostante tutto: -Poi, per quel che ne so,
potrebbero
spuntare dal soffitto anche in questo momento. E’ gente strana, te
lo dico
io…!-
Kidou
scoppiò a ridere, e Kageyama se lo issò di nuovo
sulle spalle.
Dopo aver
fatto due volte il giro del salotto, l’uomo chiese; -Allora,
diavoletto,
dove andiamo?
Yuuto gli
tirò la coda, come faceva da piccolo ogni volta che il suo
allenatore
lo chiamava così:
“diavoletto”…
E
saltò giù, scivolando svelto sulla camicia
dell’allenatore.
La schiena gli
parve esplodere, e un dolore devastante pervase quel corpicino
provato e stanco.
-Aaaah!-
-Kidou!-
Appena
Kageyama lo ebbe raccolto da terra, nuovamente Yuuto si
sentì così bene
da voler di nuovo scendere: -Mi prendi in braccio… E sai che
il dolore non lo
sento quasi più?- lo informò, con ancora tutta la
vocina tremolante.
-Sì,
ma anche se non lo senti c’è, e dobbiamo fare in
modo che…-
-SONO
TORNATO!!- proruppe in quel momento una voce alle loro spalle.
-Hikaru!-
esclamò Kidou tutto contento, e sfuggito questa volta
più cautamente
dalle mani del suo allenatore, corse incontro al ragazzetto, che
sorrise di
rimando.
-Corri
già?! Ma allora sei proprio in gamba!- il viola porse allo
zio la
cartella, e preso Yuuto in braccio, si diresse in cucina.
Kageyama fece
per richiamare il nipote, per ammonirlo di fare attenzione al
bimbo, ma Kidou gli strizzò l’occhiolino, e
raggiante fece il suo ingresso in
cucina tutto aggrappato al quattordicenne.
Una volta che
furono tutti seduti a tavola davanti ad un piatto di spaghetti,
Hikaru esclamò: -Sai zio, oggi la maestra ci ha…-
-La
professoressa, Hikaru.-
“E’ la
stessa cosa…!” bofonchiò
il ragazzetto, ma che incrociando il sorriso
divertito del piccolo di fianco a sé, recuperò il
sorriso e proseguì: - La
professoressa ci ha riparlato di… Sai, no, quella
“cosa” lì…!-
Kageyama
sospirò, ma Hikaru appena alzò lo sguardo dal suo
piatto si accorse
che lo zio non prestava attenzione a quanto stava dicendo,
bensì guardava il
piccolo davanti a sé; a quel punto esclamò: -ZIO!-
Dallo
spavento, Kageyama rischiò di ribaltarsi dalla sedia, e
Hikaru davanti a
quella scena sorrise soddisfatto: -Non
mi ascolti mai! Ma è incredibile! Hai
sentito quello che ho detto?!-
-Sì
sì…- fu la vaga risposta dello zio che intanto
aveva ripreso a mangiare –
Vai avanti.-
-Ecco, ho
fatto particolare attenzione…-
-Perché,
di solito non presti “particolare attenzione”?-
-Oh zio! Ma mi
vuoi far parlare?!-
-Sembro io,
vero?- s’intromise il bambino, alludendo a Hikaru.
Kageyama
sospirò di nuovo; -Con che bambini mi tocca
vivere…-
Kidou a quel
punto s’impettì: -Sarà ben colpa tua,
che ne pensi…? Non ci dai
mai retta un secondo!-
-Mi sembra che
oggi sono stato più dietro a te che a chiunque altro.-
-Questo non
vuol dire niente!-
-Eccome se non
vuol dire niente!-
-Ehm…
STAVO PARLANDO IO!!- irruppe a quel punto Hikaru.
Nella stanza
calò il silenzio per pochi istanti… Poi il
bambino scoppiò a
ridere, mentre lo zio gli fece cenno di continuare.
-Dicevo –
enfatizzò allora Hikaru –
Facendo particolare attenzione al racconto… E non mi
interrompete! Mi sono
detto “Assomiglia tanto al bimbo che abbiamo trovato ieri
sera!” e non è così
zio? Non pensi anche tu che sia simile…?-
-Certo Hikaru.
E’ ovvio che è simile. E’ lui.- rispose
semplicemente Kageyama, prima
di mettersi a bere.
-CHE
COSA??!?!?! Ma… Ma zio! Non… Non si
può! Come fa a essere lui?!-
-Di chi stiamo
parlando ragazzi? Ho perso il filo. – s’intromise
Kidou,
sospendendo un attimo di mangiare.
-Stiamo
parlando del ragazzino che è scomparso dieci anni fa. Stiamo
parlando
del fratello dell’insegnante di Hikaru. Stiamo parlando di te, Kidou.-
*Angolino
delle verità rivelate*
MINNAAAA!!
Carino il
capitolo, neh? *ç*
Io vi avevo
avvisato, qualche tempo addietro, che la lunghezza presto ci
avrebbe raggiunto! ^^
Ed eccole qui,
sei pagine tutte tutte da spiegare ;D
Beh, che dire?
Spero vi sia piaciuto, e la storia cominci ad entusiasmarvi *u*
Qui abbiamo
spiegato un po’ di cose, vero?
Allora, primo;
dov’è stato Kidou per tutto questo tempo.
I protagonisti
ci arriveranno penso nel prossimo capitolo, comunque lo dico
già
adesso così se ci sono dei dubbi li chiariamo sul nascere
(?): Yuuto cadendo
nel portale magico del prologo ha “saltato”
diec’anni, andando a finire nel Go,
per capirci, ma è rimasto un ragazzino. ^ç^
Poi,
è stato catturato dal Quinto Settore che ha sfruttato le sue
capacità
atletiche e da regista per “potenziare” i propri
giocatori. *^* Cosa molto
crudele, me ne rendo conto, ma avevo bisogno di un Yuuto un
po’ debole, ecco.
E’ fin troppo esuberante ridotto in questo stato, figuriamoci
xD
E durante
questi mesi di “prigionia”, è stato
anche “rimpicciolito” ^^”
Dopodichè,
ho spiegato un po’ di Hikaru… Dovevo far
sì che vivesse in casa con
Kageyama in qualche modo, e mi sono inventata la prima storia che mi
è venuta
in mente: mi rendo conto che forse non è proprio il massimo
della credibilità,
ma… Beh, in quella famiglia lì sono tutti dei
matti (?), quindi perché
sforzarsi di trovare una giustificazione comprensibile? *u*
Kidou ha
finalmente scoperto di essere piccolo: e vedrete, anche se adesso si
è
un po’ rattristito, svolgerà questa caratteristica
a suo favore ^^ Ho già in
mente due o tre scenette davvero carine <3
Il tempo vola
quando ci si diverte, e devo scappare adesso ragazzi *ç*
Ci vediamo il
mese prossimo; prometto che aggiorno ai primi della seconda settimana,
okay?
Un bacione a
tutti quanti, vi adoro! <3
Sissy-chan ^^
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ; C'è odore di amore nell'aria... ***
Capitolo
5; C’è profumo d’amore
nell’aria…
-Ah certo. E tu
pensi forse che io creda a questa
storia?! E’ assurdo!-
-Ma… Ma piccolo tu…-
-No no e no! Mi rifiuto di credere a una cosa del genere!-
Sembrava indemoniato: Yuuto percorreva la stanza praticamente di corsa,
sferrando pugni sui muri e contro il tavolo, rifiutandosi
categoricamente di
credere a quello che aveva sentito.
-Zio… Che facciamo?- Hikaru lanciò
un’occhiata supplichevole all’uomo di fianco
a sé: gli era parso che lo zio avesse parlato bene, facendo
attenzione a non
usare parole che potessero essere fraintese.
Era stato molto delicato, e aveva
parlato sempre guardando il bambino, con calma e dolcezza.
Eppure, non era servito a niente. Il piccolo era rimasto zitto per
qualche
minuto, a racconto finito, poi aveva cominciato a fare il matto.
Pure Hikaru stentava all’inizio a fidarsi di quello che
affermava lo zio, ma
dopo il suo racconto, si era convinto. Possibile che per quel bimbo
fosse così
difficile?
-Nulla Hikaru. Vieni, lasciamolo solo; vedrai che tra un po’
si calmerà.-
E insieme, lasciarono la stanza, e uscirono in giardino.
Il sole brillava alto, nonostante le basse temperature di stagione: era
Dicembre inoltrato ormai, ma ancora di neve non si vedeva.
Hikaru si strinse
nel suo cappottino verde quando una spirata d’aria gelida lo
investì. La luce
opaca del sole pallido metteva in risalto i rami spogli e freddi degli
alberi.
Il ragazzino alzò lo sguardo verso lo zio: Kageyama guardava
di fronte a sé,
verso il sole, verso la città.
-Pensi che dovremo portarlo lì?-
chiese prendendo coraggio, sperando di aver intuito il significato di
quel
silenzio.
- Prima o poi, dovremo farlo. Ma non ora; prima deve esserne convinto
lui,
altrimenti non riusciremo a convincere neanche gli altri.-
-In effetti zio, anch’io ho avuto e continuo ad avere delle
perplessità. Cioè,
intendo… Io non l’ho mai visto, e per quello che
vale, mi fido ciecamente del
tuo giudizio, ma… Vedi, penso che, per essere lui, dovrebbe
essere…-
-Più grande?-
Hikaru tacque per un istante: la voce di suo zio non mostrava
inflessioni, ma
lui lo conosceva bene, ed era certo di aver colto un leggero tono di
tristezza
nelle parole dell’uomo.
Decise tuttavia che sarebbe servito ad entrambi
ascoltare quella storia ancora una volta.
-Sì, sì esatto, più grande. Molto
più
grande. Invece… Zio! Hai visto quanto è piccolo?-
-E’ lui, ti dico.-
-D’accordo zio, ho capito! Ma… Ma come…?-
-Ascolta. Noi non sappiamo tutto quello che succede al Fifth Sector;
quel luogo
è già di per sé un mistero,
chissà quanti ne nasconde…!-
-Ma voi siete già riusciti a scoprire un sacco di cose su
quell’organizzazione!
Possibile che una cosa del genere vi sia sfuggita?-
-Tutto è possibile,
Hikaru.-
-Uff…!-
Il ragazzo dai capelli color prugna si buttò per terra con
uno sbuffo: gli
ispidi ciuffi d’erba gli sfregavano il volto, pizzicandogli
le guance.
Per quanto quel discorso sul ragazzino scomparso gli stesse a cuore,
Hikaru a
volte non riusciva a trattenersi: ma era mai possibile che non si
avesse un
momento di pace?
-Zio!- tornò a ribattere dopo qualche tempo di riflessione
in cui anche
Kageyama era stato in silenzio – Ricapitoliamo, vah. Noi
sappiamo che circa
dieci anni fa la nazionale giapponese reduce dalla vittoria al mitico
Football
Frontier International si è incontrata in un campo fuori
città, come avevano
fatto spesso durante l’estate, e in quel frangente Kidou
è scomparso
praticamente nel nulla. La polizia ha setacciato bene tutta
l’area intorno, non è così? E non hanno
trovato nulla?-
-Neanche il pallone che Yuuto era andato a recuperare…-
-Ma è qui che ti voglio, zio! Tu vorresti far credere a me e
a quel bambino che
qualcuno del Fifth Sector l’ha rapito mentre era
lì nel bosco? E che non ha
lasciato nessunissima traccia?! Otonashi-sensei e Endou-san ci hanno
raccontato
spesso di aver preso parte alle ricerche dal vivo… Zio, io
non metto in
discussione il fatto che sia lui, ma devi renderti conto che quel
bambino non
può accettare una cosa del genere! Così,
sparito…! Nel nulla?!-
Kageyama taceva, ostinandosi a non guardare negli occhi suo nipote
mentre
parlava.
-Zio! Mi stai facendo arrabbiare…! PARLA, accidenti!-
L’uomo venne scosso da un brivido di freddo: soffiava un
vento gelido, quel
pomeriggio…
Con passo lento, si avvicinò e sedette sulla panchina di
ferro battuto che dava
sul giardino, nel retro della casa.
-Ti ascolto Hikaru, e continuo a prestare attenzione a quanto dici. Non
ti
scaldare, non ce n’è bisogno…-
-Certo che ce n’è bisogno! E non sarebbe
così male neanche se mi scaldassi
davvero, perché ho un freddo…! Brr!!-
Kageyama per la prima volta da quando erano usciti posò lo
sguardo sul nipote,
concedendogli un sorriso sincero, ma che addirittura tradiva un certo
divertimento: -Sembri proprio tua madre, quando fai così.-
-Dici che ho preso qualcosa anche da te?-
-Aaah, la parlantina no di sicuro!-
-Allora magari la testardaggine…?-
-Cosa stai cercando di insinuare…?!-
Quando i loro sguardi si incrociarono, non ci fu più modo di
trattenersi:
scoppiarono entrambi a ridere, sereni, mentre una nuvola copriva il
sole, e il
giardino si oscurava.
Cominciò a soffiare un vento ancora più fresco, e
nipote e zio decisero allora
di rientrare.
Appena messo un piede in casa, le loro risa si tramutarono
immediatamente in un
meravigliato silenzio di stupore.
Reggendosi bene al corrimano delle scale che portavano al piano di
sopra, il
piccolo palleggiava meravigliosamente bene; con colpi di testa e di
tacco,
continuava a far rimbalzare la palla, gli occhi sanguigni che attenti
controllavano il suo movimento in modo che non toccasse terra.
-Ma che…?- esclamò Hikaru, tra il confuso e lo
stupefatto.
-Ma che cosa devo vedere!- esclamò invece Kageyama che con
un unico movimento
della mano si sbarazzò del pallone lanciandolo distante e
afferrò il bambino
per chiudersi in bagno.
-Zio…!- provò a fermarlo il ragazzino, ma
inutilmente: rimase imbambolato
qualche istante davanti alla porta, poi con un sorrisetto corse su in
camera
sua…
***
-Sei proprio sciocchino, allora…!-
-Non stavo facendo niente di male…-
-Certo, se il tuo obbiettivo è passare il resto dei tuoi
giorni immobilizzato
su una sedia a rotelle, stai facendo proprio un ottimo lavoro!-
Il piccolo deglutì a vuoto, abbassando lo sguardo.
Kageyama gli stava cambiando le medicature; le fasce che avevano preso
il colore
della porpora poco distante…
-I-Io…-
-Kidou. Guardami, guardami ragazzo. La tua situazione mi preoccupa,
capito? Mi
preoccupa tantissimo. Ancora non abbiamo chiarito come fai ad essere
qui, ma
quello che conta adesso è stare calmi, capito?-
-Senti chi parla! Hai appena detto di essere agitato tu, non io!-
-… Vuoi farmi credere che tu consideri questo-
esalò, afferrando le medicazioni insanguinate
appena tolte dalle gambe del
bambino – uno scherzo?!-
Yuuto alzò lo sguardo, incontrando quello
dell’uomo che gli stava sopra: e la
situazione gli parve la stessa di quella mattina. In mattinata infatti
cercava
di parlare in modo calmo e composto, ma la sua voce e il suo volto
tradivano
un’emozione fortissima, e la commozione. Anche adesso,
cercava di mostrarsi
arrabbiato e terribilmente serio, ma se Kidou avesse avuto gli occhi
bendati,
avrebbe potuto comunque esser certo che Kageyama era tutto meno che
adirato: la
preoccupazione e l’angoscia che accompagnavano tutte le sue
parole
mortificarono il piccolo, e lo fecero sentire terribilmente in colpa.
-N-No…- sussurrò, cercando di non scoppiare a
piangere dalla vergogna.
Avendo finito di medicarlo, Kageyama guardò il bambino
seduto di fronte a sé, e
sentì il cuore scoppiargli in petto dalla gioia di averlo di
nuovo accanto: con
un sorriso rassicurante dipinto sulle labbra, lo prese delicatamente in
braccio, permettendo a Yuuto di appoggiare la testa
nell’incavo del suo collo.
Il bambino a quel contatto scoppiò in singhiozzi,
stringendosi forte al petto e
al collo del suo allenatore.
Questo aspettò, e i due galleggiarono in quel silenzio fatto
d’affetto e calore
mentre Kageyama carezzava con dolcezza la schiena del piccolo.
Quando fu certo di riuscire a parlare senza essere interrotto dai
singhiozzi,
Yuuto ruppe quel silenzio incantato: -Mi scusi Comandante,
io… Io non volevo
farla preoccupare tanto, è solo che…-
-Ssshh…!
Va tutto bene, non dire così che piangi di nuovo…
E’ tutto a posto,
tranquillo…-
Kidou si strinse ancora al petto dell’uomo, sfregando il viso
contro la sua spalla;
e il pianto si trasformò in sorriso…
-Che ne pensi, raggiungiamo Hikaru? Si starà chiedendo se
non siamo scappati
via dalla finestra, a quest’ora…!- propose con
disinvoltura Kageyama, aprendo la
porta del bagno con la mano per far passare il piccolo.
-Oh sì!- e appena messo un piede fuori, Kidou
ricominciò a correre, su per le
scale, diretto in camera di Hikaru.
Kageyama sorrise, sbattendosi una mano sulla fronte:
“E’ impossibile! Gli dici
di non fare una cosa, ed è la prima cosa che fa!
E’ proprio un bambino, è più
forte di lui…!”
***
-Holy Road, eh? Allora
si chiama così adesso il Football Frontier?
-Già!-
esclamò Hikaru, azzannando un fetta di torta –
E’ un torneo fantastico,
e si gioca a calcio!-
Kidou sorrise,
decidendo che si era spantegato sufficientemente riso addosso,
per quel pasto –Questo l’avevo capito…!-
-Se, Hikaru, la smetti di
torturare
quell’innocente fetta di torta e Yuuto,
pensi che ora sei abbastanza ricoperto di chicchi di riso, potreste
anche
alzarvi da tavola così magari andate a letto.-
I due
spalancarono gli occhi, per poi esclamare: -Ma sono solo le nove di
sera!!-
-E’
stata una giornata molto
faticosa, e poi…-
-Ma domani
è domenica! – si
lamentò
Yuuto, e nell’agitare le braccia, chicchi di riso presero il
volo.
-E tu come fai
a saperlo?- gli chiese indagatore Kageyama, dandogli un buffetto
sulle guance piene e rosee.
-Ho guardato
il calendario, ti pare?-
-Non ti
smentisci mai, vero?-
-Io, ti
sembra?!-
-Yuu-kun, hai
voglia di finire di guardare tu quelle riviste che sfogliavamo
prima? Io aiuto lo zio e poi ti raggiungo…-
-Okayyyyyy…!!-
con un balzo saltò giù dalla sedia, il piccolo
Kidou, e sparì
chiudendosi la porta alle spalle.
Kageyama
fissò sinceramente colpito il nipote: Hikaru e Yuuto avevano
passato
quasi tutto il pomeriggio a giocare e parlare là sopra. Per
tutto il tempo, non
aveva fatto altro che sentirli ridere…
Cos’è che adesso lo liquidava con tanta
premura?
-Zio, devo
dirti una cosa importante!-
-E ti
pareva…! Figurati se mai una volta vuoi veramente darmi una
mano…?!-
-Stai
scherzando! Pensavi davvero che ti volessi aiutare?!-
-Sono un tipo
molto ottimista…-
-Ah davvero? A
me non sembrava…-
-Allora,
sentiamo, che hai da dirmi di così urgente?-
-Oh zio, zio!
L’ho sognata, capisci, l’ho sognata ancora!-
-Oh no, ci
risiamo…!- Kageyama sembrò intenzionato ad
accasciarsi sul lavandino
dalla disperazione. – Ti prego Hikaru, non
ricominciare…!-
-Ma zio!
Tu… Io… Lei…! Cioè! Era
così bella… E dolce… E aveva una voce
tanto
melodiosa…-
-Un sorriso
tanto sincero, i capelli tanto morbidi, le mani tanto affettuose,
gli occhi tanto brillanti! Hikaru, dici
sempre le stesse cose!- Kageyama sorrise,
tra l’esasperato e il divertito.
In
realtà, adorava quando Hikaru si metteva a parlare di quella
ragazza: era
buffissimo, diventava tutto rosso, gli brillavano gli occhi e ripeteva
sempre
le stesse due frasi.
Aah,
l’amore…
-Oh zio, tu
non capisci! E’ stupenda, chiaro?-
-Non ho mai
detto che sia una brutta ragazzina, anzi! E’ molto
graziosa…!-
saltò subito su, sulla difensiva.
-E’
bellissima…!- sussurrò Hikaru, lo sguardo
incantato rivolto fuori dalla
finestra.
Kageyama lo
squadrò per qualche istante, gli occhi socchiusi e lo
sguardo
supponente.
-Hikaru, devi
capire che è una partita persa in partenza.-
Alle orecchie
dell’uomo giunse solo un mugugno incomprensibile, e tutto
soddisfatto decise di continuare… Almeno finché
suo nipote non si fosse
stancato.
-Le ragazzine
a quell’età, guardano solo avanti. Non degnano di
attenzione
neanche i loro coetanei, figuriamoci quelli più piccoli come
te!-
-Ma…
Ma…!-
-Niente
“ma” figliolo. Arrenditi; non la conquisterai mai.-
-Hai molta
fiducia in me, a quanto vedo!-
-Io sono
sempre stato schietto con te, Hikaru, ed è già da
qualche tempo che ti
dico di rinunciare e accettare la sua amicizia.-
-Uff…!-
Hikaru sembrava scoraggiarsi: magari era la volta buona…
Kageyama non
voleva realmente far desistere Hikaru, ma allo stesso tempo non
riusciva proprio a impedirsi di ridere al pensiero di Hikaru e quella
ragazzina
insieme.
No no! Proprio
no. Non c’era storia, assolutamente!
Si vedevano
poco, in effetti, ma spesso Kageyama aveva notato alcune lettere,
che arrivavano e che partivano da casa sua…!
Posò
di nuovo lo sguardo sul nipote, tutto intento a guardare le lucenti
stelle
della sera: “Hikaru è bello che
innamorato…!” pensò mentre finiva di
sciacquare
le ultime stoviglie.
-Zio,
io…- esalò Hikaru, ma venne subito interrotto
dall’entrata trionfante di
Yuuto nella stanza, che reggeva un disegno di una giovane ragazzina.
-Mettendo a
posto quei giornalini, ho trovato questo, e ho pensato che è
proprio un bel disegno! L’hai fatto tu Hikaru?-
-Dammi quel
foglio!- Hikaru gli si avventò sopra, strappandogli con
forza il
disegno dalle manine.
Yuuto lo
fissò sorpreso per un istante, poi sorrise esclamando: -Non
c’è
bisogno di scaldarsi tanto, Hikaru. Bastava che mi dicevi di dartelo,
eh.-
-Zio!-
sbottò il ragazzino a quel punto – Parla come te,
questo qua!-
-Eh
già…!- sorrise beffardo Kageyama, voltandosi
verso i due.
Yuuto
lanciò uno sguardo di fugace intesa verso
l’allenatore, poi notando il
rossore delle gote del ragazzino, esclamò: -Ho forse
interrotto qualcosa?-
-S…-
-No!-
ribadì Kageyama con quel sorrisetto che non prometteva
niente di buono –
Stavamo facendo un po’ di… gossip.-
Hikaru lo
fulminò lo sguardo -G-Gossip?!-
-Oh
sì!- esclamò Yuuto tutto contento, mettendosi a
sedere per riposare le ferite
nelle gambe che avevano preso a battere – E’ da una
vita che non faccio questo
genere di discorsi, e devo ammettere che l’argomento mi
intriga un sacco!-
Questa volta
fu Kageyama a sorprendersi: -Ah davvero? Pensa, non l’avrei
mai
detto…-
-“Sono
cambiate molte cose, da quando te
ne sei andato. Mentre tu eri lontano, la mia creatura si è
evoluta ai massimi
livelli e ora non puoi far altro che osservare
impotente”…-
-Sì
sì sì! Penso di aver afferrato il concetto!-
Alla voce
stridula di Kageyama seguirono una manciata di secondi di
silenzio…
-Ah ah ah!
Dovresti vederti zio, sei tutto rosso!!-
Hikaru
accompagnò Yuuto in una gioiosa risata, non di scherno, ma
di pura ilarità.
Asciugandosi
la fronte dal sudore, Kageyama esclamò: -E va bene, te lo
concedo.
Hai un’ottima memoria, se vai a ricordati particolari del
genere…-
Yuuto sorrise
sornione, godendosi quei residui di imbarazzo ancora
perfettamente visibili sul volto di Kageyama, poi riprese il suo
sorriso di
sempre e esclamò concitato: -Ma non è questo che
stavamo dicendo. Gossip, già!
Allora, Kageyama è troppo vecchio per queste cose, io sono
piccolino ma…
Hikaru! Dimmi un po’, hai delle spasimanti che ti vengono a
cercare sotto
casa?-
-I-Io…!-
Hikaru cercò vanamente di nascondere
il suo imbarazzo; ma ormai Kageyama e Yuuto erano partiti, e sembravano
intenzionati a collaborare al fine comune di farlo morire
d’imbarazzo. Hikaru
non seppe prevedere nulla di quello stravagante colloquio che si
sarebbe
verificato da lì a poco.
-No, semmai
è lui che spasima per una…!- sogghignò
infatti lo zio, e negli
occhi di Yuuto si accese una scintilla veramente poco promettente.
-Ah-ah, allora
la cosa è ancora più seria… E dimmi un
po’, che aspetto ha?-
-La conosci
anche tu, Yuuto, se è per questo.- s’intromise
Kageyama senza
neanche dar tempo a Hikaru di aprir bocca.
-La conosco
anch’io…? Kageyama, penso che mi stai
sopravvalutando: non è che
abbia fatto molta attenzione alle neonate, dieci anni fa!
-Fidati che
una volta l’hai vista anche tu.-
-D’accordo…
Allora, com’è, è bella?- chiese Yuuto,
liquidando in fretta l’uomo,
intenzionato a far parlare Hikaru.
-Bellissima…-
fu la risposta con tono innamorato del ragazzo.
-…
Dolce?-
-Dolcissima…!-
-Simpatica?-
-Simpaticissima…!-
-Mmh…
Bionda?-
-Biondissima…!-
-E’
tutta "–issima" questa qua! E’ perfetta Hikaru! Sei
proprio bravo tu a
trovarti le ragazze!-
Kageyama
sospirò; Yuuto stava andando bene, ma non aveva ancora
capito di che
ragazza stavano parlando, e quindi da lì a poco avrebbe
fatto cilecca, ne era
sicuro.
-E dimmi, vi
vedete spesso, voi due?-
-Veramente…
Ci vediamo una, massimo due volte all’anno.- Hikaru per un
attimo
perse il suo sorriso – Ma ci sentiamo spesso con delle
lettere!-
Kidou
sembrò perplesso: -Come una, due volte l’anno?!
E’ veramente pochissimo
per essere la tua ragaz-
-Ecco, lei in
effetti…- lo interruppe Hikaru, le guance bordeaux e una
strana
voglia di far smettere quei due di parlare.
-Sono amici.- ci tenette a
precisare
Kageyama, meritandosi uno sguardo accigliato da parte del nipote e uno
ancor
più confuso da parte del più piccino.
-Ma
come…? Questo vuol dire che lei non…-
-Oh, lei mi
vuole molto bene, però io…-
-Ho capito
tutto, ho capito tutto…! Sei timidissimo e hai paura che
confessandoti
potresti compromettere... la vostra amicizia.-
Hikaru
abbassò lo sguardo, in imbarazzo e in difficoltà.
Notando quel
suo sguardo corrucciato, Yuuto volle subito recuperare, e
così
chiese a bruciapelo, tanto per cambiare un poco l’argomento
del discorso: - E…
Quando siete insieme, cosa fate?-
-Ah, quando
eravamo più piccoli giocavamo tutto il giorno insieme, ma
anche
adesso ci divertiamo sempre…-
-Ridono tutto
il tempo e quando fa bello giocano anche a calcio.- irruppe
conciliante Kageyama, porgendo un bicchiere d’acqua ad
entrambi.
-Arigatou!-
Hikaru accettò con gioia l’acqua fresca, mentre
Yuuto dopo un
piccolo sorso appoggiò il bicchiere sul tavolo, tutto
elettrizzato dalla nuova
informazione: -Calcio? Gioca anche lei?-
-Sì,
è proprio brava e spesso mi batte! E’ una
scheggia, ma è anche molto
elegante…-
Yuuto
lanciò uno sguardo a Kageyama; cominciava ad intuire
qualcosa ma aveva
bisogno di altre informazioni per esserne certo.
-Quando parla,
h-ha una bella voce?- tornò all’attacco Kidou,
intenzionato a
spennare fino all’osso il ragazzino e vedere se e quanto era
davvero
innamorato.
-Una voce
bellissima… Quella di un angelo…!-
-Ed
è bionda, giusto?-
-Sì
ha dei capelli chiarissimi, e il suo sorriso brilla…!-
-Il suo
sorriso già… E’ bella quando ride?-
-Oh,
è stupenda… Potrei sentirla ridere per tutto il
giorno…!-
-E dimmi una
cosa: tu riesci a farla ridere?-
-Sì!
Cioè, sì, ridiamo spesso insieme…- si
sorprese Hikaru: non era pronto a
una domanda così. – E’ molto importante?-
-Certo Hikaru,
importantissimo! Le ragazze adorano quando riusciamo a farle
ridere!-
-Senti chi
parla… - si intromise Kageyama senza più curarsi
di nascondere il
suo divertimento davanti ad una scena simile –
L’unica persona di sesso
femminile con la quale ti sei spinto a conversare è tua
sorella, non mi sembra
che sei proprio la persona giusta per dare consigli
sull’amore!-
-Beh, per tua
informazione neanche tu sei quel cupido! E poi io mia sorella la
facevo ridere, e mi voleva bene!-
-Ti vuole bene
perché sei suo fratello, non certo perché la fai
ridere! E poi,
rideva per pena, senz’altro; non hai quello spiccato senso
dell’umorismo, mi
pare.-
-Devo
ripetermi?!- s’impettì Kidou, alludendo alla
risposta che aveva dato a
Kageyama qualche minuto prima.
-No no.
Continua pure…- sorrise conciliante l’allenatore,
rimettendosi a
sedere.
-Grazie.
Allora, dicevo; bella, graziosa, simpatica, intelligente, bionda,
occhi scintillanti, appassionata del calcio… Beh, mi sembra
fantastica! Una
principessa, proprio. Dimenticavo una cosa: quanti anni ha? La tua
età,
immagino…-
-Beh, ecco in
effetti… E’ un goccino più grande di
me…- azzardò Hikaru.
-Ah. Ah allora
si cambia musica. Amico mio, penso proprio che te la devi
scordare; avrà quindici, sedici anni t’oh, e,
fidati, i miei ricordi si fermano
a quando avevo appena quell’età, le
ragazzine non ti filano manco di striscio. Cioè, io
ero un giocatore della
nazionale che aveva vinto il mondiale, quindi forse un po’ di
più attenzione
rispetto ad altri senz’altro, ma… In generale, a
parte queste eccezioni, le
ragazze guardano avanti.-
Hikaru rimase
immobile, come paralizzato dalle parole che aveva appena sentito,
o da quegli occhi così rossi da far venire la pelle
d’oca...
Poi, con uno
scrollone, si riprese, esclamando: -Ma come?! Avete il cervello
sincronizzato voi due?! Mi hai appena detto le stesse cose!-
sbuffò, diretto
allo zio.
Il bimbo
sorrise a quell’espressione così genuina, e
Kageyama si limitò ad
un’alzata di spalle, che avrebbe potuto avere un sacco di
significati.
Alla fine
però, se ne uscì solo con un: -E’
meglio che andiamo a dormire
adesso, vi pare?-
Hikaru alle
parole dell’uomo volse lo sguardo verso Yuuto, come a voler
costatare la sua reazione; ma di fronte allo sbadigliare del piccolo,
sorrise
anche il giovane.
Si infilarono
sotto le morbide coperte di lana, Hikaru e il piccolo Kidou, e
mentre Kageyama spegneva la luce, fuori sembrò che anche la
luna si oscurasse
per non disturbare il sonno dei due ragazzini.
*Angolino
dei gossip*
Salve
gentagliaH!
Come ve la passate?
Il capitolo mi sembra *smack* un capolavoro! <3
Ero intenzionata a farlo un tantino più corto; mi sono detta
“sette pagine di
capitolo sono veramente tante” ma alla fine mi sono lasciata
trasportare
dall’ispirazione! ^^
Adoro scrivere su questi tre, se potessi ambienterei tutta la long in
questa
casa ;D
All’inizio sinceramente non so se ho reso bene la reazione di
Yuuto: in realtà,
non avevo proprio in mente come fargliela prendere, ecco.
Mi sembra che una
notizia del genere sia abbastanza schoccante, ma, ecco… Non
è che mi convinca
poi tanto.
Mentre scrivevo quella prima parte, ero tutta presa già
dalla seconda… Dai
gossip! xD
Allora, avete indovinato chi è la ragazzina di cui
è invaghito Hikaru?? <3
Non è difficile, ho dato tante belle
informazioni… *u*
Sono proprio soddisfatta di questa crack che ho inventato: sono pucci,
insieme,
non trovate? ^^
Il prossimo capitolo, lo preannuncio già, è tutto
dedicato a loro… Più o meno.
Hey! Il mio Yuuto non può passare in secondo piano,
scordatevelo! Però… Diciamo
che mi diletterò con i due piccioncini! ;D
Beh, non mi sembra che ci sia altro da aggiungere, quindi…
Ringrazio chi segue
la mia long recensendo o preservando l’incognito (?), vi
voglio bene! <3
Alla prossima!
Sissy-chan
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ; Una mattinata movimentata! ***
Capitolo
6; Una mattinata movimentata!
Fuori
era buio.
Non un filo
d’erba si muoveva, non una luce era accesa;
tutt’intorno, non c’era
nessun tipo di rumore… Il gelo della notte sembrava aver
immobilizzato ogni
cosa, tranne lui.
Circondato dal
buio pesto della stanza, aprì gli occhi di scatto.
Nel giro di
pochissimi istanti, si abituò alla vista notturna, e si
guardò
intorno.
Balzò
giù dal letto, facendo attenzione a non svegliare
l’altro, che ancora
dormiva.
Esitò.
Forse avrebbe fatto meglio a svegliare pure lui… Ma poi,
decise che era
meglio lasciarlo dov’era.
Si chiuse la
porta alle spalle, e scese le scale.
I suoi
movimenti erano meccanici, freddi, come computerizzati.
Non pareva
accorgersi del buio che vigeva intorno a lui, né tantomeno
dell’orario
spropositato nel quale si era alzato.
Non pensava.
Non pensava a nulla: aveva un solo obbiettivo, e lo avrebbe
raggiunto molto presto…
-ZIOOOOOOOOO!!!-
-Aaaaaaah!
Chicosadovecomequando cheeeeeé?!- Kageyama fece un salto nel
letto
dalla sorpresa, poi capitombolò per terra.
-Zio! Zio
presto, non c’è tempo! Alzati su, che abbiamo da
fare un migliaio di
cose prima che sia troppo tardi!!-
Kageyama,
massaggiandosi la testa, gli occhi ancora mezzi chiusi e la voce
impastata dal sonno, mugugnò: -Hikaru…? Ma che ti
prende… Cos- sbadigliò,
rimettendosi nel letto – Cosa
c’è…?-
-Zioooo! Non
provare a rimetterti a dormire!! Non c’è tempo da
perdere!!-
-Ma come non
c’è tempo… Cosa succede…?-
mugugnò ancora l’uomo, rigandosi
dall’altra parte.
-Zio! Alzati
su! Oggi è domenica!!- sbuffò
il ragazzino,
scuotendo energicamente l’uomo che si era rimesso sotto le
coperte.
-E sono le tre
di notte, sì. Bravo Hikaru… Adesso torna a
letto.- esalò
Kageyama, scostandoselo di dosso.
-Ma zio!!!
E’
domenica!!-
-Proprio
perché è domenica che tu devi andare a dormire.
Ti sveglio tutti i
santi giorni per andare a scuola… L’unico giorno
in cui ci possiamo riposare,
devi fare tutte ste’ scene? Torna a letto, dai…-
-Zio! Ma
proprio tu me lo dici! E’ da quando ti conosco che non hai
mai dormito
una volta! Sarà la prima volta in undici anni che ti vedo
dormire!-
-A maggior
ragione Hikaru… Abbi rispetto per un povero vecchio che per
una
volta in vita sua stava tranquillamente, semplicemente, dormendo…-
-Oh zio! Fra
tutti i giorni dell’anno, proprio oggi devi dormire?! No no!
Adesso ti alzi subito e vieni ad
aiutarmi!-
-Mi rifiuto!-
Kageyama si rigirò ancora, mettendosi il cuscino sulla testa
– Ti
aiuterò quando sarà mattino. Adesso, a nanna!-
ordinò, ma il fatto che
continuasse a sbadigliare non aiutava affatto a dargli quel tono
sprezzante e
abituato a dare ordini del Comandante di un tempo. Infatti Hikaru
considerò in
fretta che sembrava solo un vecchio che dormiva.
Il che non
andava bene, perché suo zio né era
così vecchio né aveva mai
dormito!
Ma
perché proprio quella mattina?!
-Zio
accidenti! Adesso mi ascolti tu, chiaro?! Tu ora ti alzi, e mi dai una
mano!- dicendo questo, il ragazzino sfilò le coperte,
lasciando Kageyama
scoperto.
-Hey! Non ti
permettere…!- l’uomo riafferrò i lembi
del plaid, rimettendosi
sdraiato.
-Zioooooooo…!-
implorò Hikaru sull’orlo di una crisi di nervi
– Non fare i
capricci! Ti ordino di alzarti, mi sono spiegato?!-
-Hikaru…
Non sei mai stato un grande Comandante, lascia perdere…- fu
la
risposta infastidita
-Ufff!! Zio!
Stai cominciando a darmi sui nervi! Su, sbrigati! – Hikaru
afferrò
Kageyama per una gamba, lo costrinse ad alzarsi in piedi, e tra i
mugugni e le
imprecazioni dell’uomo il ragazzino lo spinse in bagno: -
Sbrigati! Che la
colazione la preparo io, tra pochissimo in cucina!-
Kageyama,
dalla rincorsa che gli aveva dato il nipote, capitombolò
nella vasca:
-Ahi!-
-E fatti
bello, eh, zio! Lo so che ci tieni a essere carino!- e gli
strizzò
l’occhio, chiudendo la porta e scendendo di sotto.
-Eeeeh?!- fu
l’articolato commento dell’uomo, prima che il
telefono-doccia gli
piombasse sulla testa.
-Ouch!-
-Zio!-
chiamò Hikaru ancora sulle scale – Ti sei fatto
male?-
-No no,
tranquillo Hikaru – affermò Kageyama tutto
barcollante, uscendo dalla
vasca – Sono già morto una volta, ormai non
può succedermi di peggio!-
Tutto confuso e
stordito, Kageyama decise di vestirsi: non aveva capito nulla,
assolutamente.
Ma se suo
nipote per una volta prendeva un’iniziativa, e codesta
iniziativa
comprendeva lui e la casa, allora bisognava capire ad ogni costo cosa
caspiterina stesse succedendo.
E, per farlo, doveva uscire vivo da quel bagno.
Ci riuscì, nonostante tutti i pronostici –
stanchezza compresa – e fece la sua
trionfale entrata in cucina, continuando a massaggiarsi la testa.
Hikaru rise di
gusto, a vedere la faccia così sconvolta e assonnata dello
zio –
Quella botta deve averti fatto male…!- osservò,
trattenendo a stento di
scoppiare di nuovo a ridere.
-E’
così, e la colpa è di…?-
-Tua, perché ti
sei dimenticato di
mettere il telo per terra ieri sera, quando ti sei fatto la doccia, e
così
stamattina il pavimento era tutto bagnato!-
Kageyama lo
fulminò con lo sguardo; era troppo presto, e non era
perfettamente
sveglio e attivo per rispondere a tutte le affermazioni del nipote.
Prese
semplicemente a mangiare, mentre Hikaru correva da una parte
all’altra
della cucina, mettendo in ordine e spolverando ovunque.
-Ma cosa stai
facendo…!?- gli chiese l’uomo, in un moto di
stupore.
-Dobbiamo
avere una casa perfetta,
oggi! E sto cercando di darmi da fare, al contrario di te che stai
impalato lì
a guardarmi come una bella statuina!-
-Senti un
po’, te… Com’è che mi parli
in questo modo!?-
-Oh zio, sei
intrattabile a volte… La mattina soprattutto. Ma non ha
importanza, visto che io sono buono e ti voglio tanto bene, ho deciso
che sarò
paziente e che ti perdonerò. Oggi è
l’ultimo giorno dell’anno, e ho già
iniziato con i miei buoni propositi per l’anno nuovo; come
vedi, sono più
avanti di te, nel programma. Ah, ehm… Puoi alzarti un
secondo?-
Kageyama si
grattò un attimo la nuca, per poi alzarsi: Hikaru
passò velocemente
la scopa e poi l’aspirapolvere in ogni centimetro della
stanza, e in poco meno
di mezz’ora la cucina era tutta brillante.
-Wow…!-
commentò Kageyama; non si raccapezzava più.
Era forse
perché era l’ultimo giorno dell’anno che
Hikaru era così agitato?
-Vieni zio!-
lo richiamò Hikaru, passandogli un panno umido e la scopa:
-Andiamo a pulire il salotto, che ce ne vorrà di tempo!-
Il sorriso
splendente di Hikaru avrebbe convinto chiunque, e così
Kageyama, che
lo fissava con due occhi a palla e la testa piena di confusione,
seguì il
nipote per affiancarlo nella pulizia della casa.
A cosa fosse
dovuta tutta quell’agitazione poi, non l’aveva
ancora capito, ma
non ci avrebbe messo molto…
Dopo tre ore
di durissimo lavoro, sudati e pieni di polvere nipote e zio
sfiniti di adagiarono sul divano: appena le loro teste sfiorarono i
cuscini
morbidi, si addormentarono placidamente, entrambi…
Fu la luce del sole
penetrata dai vetri della sala a svegliarli, alle otto passate.
Kageyama aveva
ancora più mal di testa e confusione di prima, mentre Hikaru
appena lanciò un’occhiata all’orologio,
scattò su come impazzito, tanta era la sua
fretta di finire…!
Fretta che,
con tutto l’amore del mondo, Kageyama non riusciva a
spiegarsi.
Doveva
ammettere che dopo una faticaccia del genere, quelle due ore di sonno
pieno avevano giovato parecchio, ma… Proprio non riusciva a
capire l’agitazione
del suo ragazzo.
Inclinò
di poco la testa, alzandosi in piedi.
***
Kageyama
lanciò
un’occhiata all’orologio appeso sopra la porta
della cucina: le undici.
Gli sembrava
essere passata un’eternità di tempo, da quando
Hikaru si era messo
a sistemare tutta la casa.
Contro ogni sua aspettativa però, avevano fatto in
tempo, e adesso, dopo un’altra meritata doccia, erano pronti.
Pronti a cosa,
poi, non era ancora chiaro.
Aveva chiesto
spiegazioni al ragazzo, ma quello era talmente preso dalle sue
faccende che non aveva risposto: e, se aveva risposto, Kageyama non
aveva
capito lo stesso.
Si
guardò intorno: la casa sembrava proprio brillare, Hikaru
era vestito molto
bene, e nonostante il freddo, era un bella giornata.
Hikaru era
attaccato alla porta d’ingresso, sembrava intenzionato a
divorarla
dall’agitazione; muoveva qualche passo avanti e indietro,
continuando a
torturarsi le unghie per poi correre subito a poggiare
l’orecchio sulla
serratura.
Era
buffissimo, constatò Kageyama; eppure, gli sembrava di aver
dimenticato
qualcosa…
-Yuuto!-
esclamò di scatto, battendosi una mano sulla fronte.
Nello stesso
istante, suonò
il campanello.
Hikaru fece un
saltino di gioia, e lanciò furtivo un’occhiataccia
a Kageyama
che stava per salire le scale.
-Fermo zio!
Dove vai…? Lascialo dov’è, è
meglio che dorme…!- e aprì la
porta.
Con una
riverenza, Hikaru, semplicemente, aprì
la porta di casa,
facendo accomodare i visitatori.
Erano due,
bellissimi giovani.
Il ragazzo,
alto e bruno, aveva un sorriso smagliante che illuminava i due
occhi celesti; vestiva una maglietta rossa con delle scritte europee
bianche, una
gilet di pelle nera e dei jeans scuri. Teneva per mano una ragazzina
che doveva
avere qualche anno più di Hikaru, ma che conservava la sua
espressione da
bambina: i corti capelli dorati le incorniciavano il viso pallido,
grandissimi
occhi color smeraldo di una vivacità incontenibile,
sembravano traboccare di
gioia e luce.
Aveva addosso
un vestitino bianco e argentato, intorno al collo una sciarpa
soffice, verde come i suoi occhi ridenti.
Kageyama si
immobilizzò, come congelato.
In quel
momento, pregò ogni dio reale o immaginario che lo facesse
sprofondare:
come aveva fatto a dimenticarsi della visita di Fideo e Rushe!? Come?!
-Oiji-san!!-
la ragazzina appena incontrò il suo sguardo, corse ad
abbracciarlo.
Kageyama ci
mise qualche istante a metabolizzare il tutto, ma alla fine
ricambiò
la stretta affettuosa, salutando la sua Rushe.
-Ciao
principessa. Ogni volta che ti vedo sei più bella e
più grande!- le
sorrise, cercando di mascherare la sua difficoltà.
Lei fece una
piccola giravolta, poi gli prese le mani e sorridendo
esclamò: -Oh
zio! Ogni volta che vengo qui questa casa è sempre
più stupenda!-
-C-ciao
Rushe-chan…!- prese coraggio Hikaru, avvicinandosi.
A Kageyama
bastò un istante: era già tutto rosso, conveniva
farlo parlare
finché ci riusciva.
Soffocando una
risata, esclamò, lasciando le morbide mani della giovane e
scostandosi di qualche passo -Allora, io lascio un attimo questa
giovane
coppietta felice per salutare quest’omino!-
stringendo la
mano a Fideo, e concluse – Che tra un po’
è più alto di me, altroché!-
Il giovane
Ardena sorrise, con un leggero imporporimento delle guance: -Saremo
pure cresciuti in altezza, ma rimaniamo dei bambini.-
-Oh, non dirlo
a me ragazzo: ogni giorno imparo qualcosa di nuovo! A volte mi
viene da ridere quando Hikaru mi ribecca. Ma ha ragione, e che posso
farci? -
Lanciarono
entrambi uno sguardo a Hikaru e Rushe, per vedere come se la cavava
il giovane Romeo: lei già rideva, mentre il ragazzino aveva
preso a raccontare,
tutto esaltato.
Bastò
uno sguardo: -Calcio.-
Sorrisero
entrambi, dopodiché con un gesto del capo Kageyama
invitò tutti a
sedersi.
-Com’è
andato il viaggio, tutto bene?-
-Oh
sì zio! E’ stupendo venire qui in Giappone, anche
se il viaggio è piuttosto
lungo! Fideo-kun non può dirti niente, perché
come al solito ha dormito tutto
il tempo!- e la giovane scoppiò a ridere, mentre Kageyama
lanciava un’occhiata
di scherzoso rimprovero verso Fideo – Ah, è
così… Tu, l’uomo forte e coraggioso
che dovrebbe difenderla, dormi tutto il
tempo?!-
-Non hai idea
di che viaggio sia! – si difese il ragazzo - Ci si alza
già
prestissimo per prepararsi, poi vai a prendere la signorina che come al
solito si
fa aspettare,
si arriva in aeroporto
e prima che ti metti seduto passa un’altra ora, se non di
più. Poi, c’è tutto
il viaggio… -
-Oh, dicendo
così sembra che fai questo viaggio solo per fare un favore a
me!-
-Ma, dipende
dai punti di vista…!- ridacchiò il giovane Ardena
-Ah
è così?- si impettì Kageyama; ma non
riusciva a mostrarsi arrabbiato, tanta
era sempre l’emozione e la felicità di avere
ospiti così graditi in casa come
Fideo e Rushe.
Spesso
parlavano così fino all’ora di pranzo, poi si
mangiava tutti insieme; a
fine pasto, i due più piccoli si dileguavano per giocare e
fare i fatti loro, e
così Kageyama e Fideo potevano affrontare discorsi un
po’ più seri, e
raccontarsi le varie novità.
Kageyama
sapeva che adesso il giovane stava studiando
all’università e per quel
che era stato aggiornato, aveva sempre ottenuto dei risultati
eccellenti.
Rushe
cresceva forte e allegra, amava il calcio e il mare, non passava tutto
il
giorno sui libri o davanti alla televisione; appena aveva un momento
libero,
andava in giro, esplorava, con gli amici, alla scoperta di quel mondo
che non
era riuscita a godersi pienamente a causa della sua cecità,
che ora era
soltanto un brutto ricordo.
Kageyama
adorava quelle giornate, che sembravano voler volare ma che allo
stesso tempo davano modo di dirsi tante cose, e stare insieme come se
non
avessero fatto altro da tutta la vita.
“Certo”,
aveva detto una volta a Hikaru, “se fossero sempre
così le nostre
giornate, alla lunga diventerebbero noiose: invece in questo modo ci
divertiamo
davvero, e contenti salutandoli attendiamo già la loro
prossima visita”. Eppure,
eppure Kageyama dentro di sé avrebbe dovuto sapere che
quella giornata non
sarebbe stata come tutte le altre, oh no…
Una vocina assonnata
giunse alle loro orecchie quando avevano appena finito di pranzare.
Una vocina
impastata dal sonno, che veniva dal corridoio.
Una vocina da
bambino, piccolo e un po’ confuso:
-Comandante…?
Cos’è tutto questo baccano?!-
*Angolino
delle visite inaspettate*
Pfff…!!
Pantt…! x.x
Eccomi…!
Ce l’ho fatta…! *sviene*
*si riprende*
Buondì, minna!
Allora…
*u* E’ stata una faticaccia arrivare fin qui…
Cioè,
rendiamoci conto! Sono riuscita a scrivere ben 5 pagine, ripeto 5
pagine
di capitolo in cui appare Yuuto solo alle ultime tre righe!!
>.<
E’
una cosa abominevole, per me!! *^*
Per fortuna,
c’erano Reiji e Hikaru che mi hanno distratta! ^^
Beh, capitolo
pieno di colpi di scena, neh? xD
Non so chi si
aspettava che arrivassero proprio a casa Kageyama questi due
italiani ma… Spero di aver fatto una sorpresa gradita!
I due sono
grandi, ovviamente, ma hanno continuato a tenere i contatti con
Mister K, e come ha detto Hikaru nel capitolo scorso “una,
massimo due volte
all’anno” li vanno a trovare ;D
Un’idea
carina per i miei gusti, e anche possibile, non credete?
Per
l’agitazione e la confusione di Kageyama
all’inizio-capitolo… Boh. Ditemi
voi. Non volevo fare che capisse subito quello che stava succedendo,
volevo
lasciare un po’ di suspance anche a voi lettori,
capite… *u*
Ho appena
accennato a Hikaru e Rushe, ma in mia difesa posso dire questo: la
visita di Ardena e Rushe doveva stare in un solo capitolo, solo che,
quando mi
sono messa a scrivere, mi sono accorta che era davvero troppo lunga se
la
mettevo insieme… Allora ho deciso di separarla ^^
Ma nel
prossimo capitolo, ho intenzione di farli vedere un po’ di
più, i due
piccioncini… <3
E ora ci
sarà Yuuto a rompere le scatole? Ce la farà
Kageyama a sopravvivere? E
Hikaru, riuscirà a dichiararsi con l’aiuto del
piccolo demonio dagli occhi
rossi?
Ah, e ho
scelto il nome della mia crack ;D
HikaRushe,
sì sì; si chiamerà così
*ç*
Adesso devo
andare, ragazzi… Al prossimo aggiornamento, ci si sente!
<3
Sissy-chan ^^
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ; Di sfide e baci ***
Capitolo
7; Di sfide e baci
Una
vocina assonnata giunse alle loro orecchie quando avevano appena finito
di
pranzare.
Una
vocina impastata dal sonno, che veniva dal corridoio.
Una
vocina da bambino, piccolo e un po’ confuso:
-Comandante…? Cos’è tutto questo
baccano?!-
“Oh-oh…!”
sussurrò
Hikaru, tappandosi subito la bocca.
Rushe, con
quel sorriso splendente chiese con dolcezza: -Avete sentito anche
voi?-
Kageyama aveva
preso a sudare freddo, mentre si lanciava con Hikaru occhiate
atterrite.
E intanto, i
passi aumentavano, e la voce di Yuuto si faceva sempre più
vicina…
-Heyyy!!
Hikaru-kun? Kageyama-san?! Perché non mi avete
sveg…- ma le parole gli
morirono sulle labbra, appena Kidou spalancò la porta della
cucina.
Nella stanza
cadde un silenzio confuso e attonito, in cui Kageyama sarebbe
volentieri sprofondato.
Ma sapeva che
non sarebbe successo, e quindi doveva assolutamente sbrogliare la
situazione.
-T.T-Tu
s-sei…-
-Ciao
piccolo…!- Kageyama si alzò da tavolo,
prendendolo in braccio e
stringendoselo forte al petto.
Yuuto
cominciò a dimenarsi, ma si era appena svegliato ed era
molto stordito da
quello che aveva appena visto.
Non oppose quindi molta resistenza, e Kageyama
continuò a stringerlo finché non lo
sentì calmarsi.
Nella stanza
non volava una mosca, mentre Hikaru osservava la scena congelato
dall’imbarazzo e paura della reazione degli ospiti, che
rimanevano basiti a
guardare Kageyama di schiena reggere in braccio un bambino.
-Fermi tutti!-
esclamò ad un certo punto Kidou alzando le braccia, ma per
effetto
contrario, tutti i presenti sembrarono scongelarsi, e mentre Rushe
strillava di
contentezza, Fideo che sembrava aver ripreso il dono della parola
– sensata, si
sperava – si avvicinò di qualche passo
all’ex allenatore, ma questo precedette
tutti e si chiuse fuori dalla cucina.
Inginocchiatosi,
la schiena contro la porta, finalmente ebbe il coraggio di
guardare Yuuto negli occhi; al contrario di ciò che si
aspettava, non c’era
ombra di rabbia o stizza nel suo sguardo, solo tanta, tanta confusione.
-K-Kidou
io…-
-Kageyama. Non
dirmi che è quello che penso io. No, perché, se
è quello che
penso io, allora sto ancora dormendo. Ma sarebbe terribile se stessi
ancora
dormendo, perché… Sì, insomma, ho una
fame!!- esclamò il piccolo, lanciandosi
ad abbracciarlo.
Kageyama
sbatté le palpebre qualche volta, poi si separò
da Kidou per
mormorare: -Dovresti andare a cambiarti però, adesso. Sei
ancora in pigiama, e…-
-Sì
sì, ho visto; ci sono ospiti in casa. Potevi anche dirmelo,
ieri sera, così
non ti facevo fare questa figuraccia…!- e tutto saltellante,
Yuuto attraversò
il salone, per chiudersi in bagno.
Kageyama stava
per alzarsi in piedi, quando rispuntò la testolina castana
del
piccolo che con voce supplichevole esclamò:
-Però, non mi metto quella
camicetta a pois terrificante che mi ha comprato Hikaru
ieri…!-
-Non mi era
sembrata così brutta…- sorrise Kageyama, alzando
le spalle.
-No no, ho un
piano! Tu lascia fare a me, arrivo!- e si richiuse di nuovo
dentro.
“Fa
un po’ come vuoi…” sussurrò
mezzo divertito l’uomo, rimettendosi in piedi.
Prese un bel
respiro, e mise una mano sulla maniglia della porta: non sapeva
cosa avrebbe detto una volta che si sarebbe ritrovato faccia a faccia
con Rushe
e Fideo, ma ormai la situazione non sarebbe potuta andare peggio.
O almeno,
questo è quello che credeva lui…
-Zio! Eccoti qua! Ma
dove ti eri cacciato…?-
Rushe gli si
avvicinò, tutta elettrizzata e sorridente: -
Dov’è? Dov’è adesso?-
Kageyama fece
un passo indietro, ma senza perdere il sorriso: -C-Chi, il
bambino…? Eh-eh, lui…! E’…
Ma-a arriva presto, deve…-
-Doveva
cambiarsi!- arrivò in suo soccorso Hikaru – Si
è appena svegliato e
allora mio zio l’ha mandato a vestirti, non è
così?- ed entrambi si voltarono
verso l’uomo che annuì con troppa voga
per sembrare credibile.
-Chi era quel
bimbo allenatore?- prese coraggio Fideo, alzandosi anche lui
dalla sedia.
Kageyama
deglutì, mentre sentiva le gote imporporarsi:
“Perfetto! Davvero
perfetto! E adesso chi gliela spiega una storia così, che
nemmeno io l’ho
ancora capita?!”
-Mi chiamo
Yuuto! E sono contentissimo di essere arrivato giusto giusto per il
pranzo!- esclamò una voce alle spalle di Kageyama, che
però non ebbe il
coraggio di voltarsi.
-Allora, allenatore,
dov’è la mia
pappa?!-
Yuuto si
lanciò su una sedia, affrontando con un sorriso lo sguardo
di tutti
diretto su di sé.
Indossava una
maglietta azzurra, dei pantaloncini bianchi, e come tocco di
classe a cingergli le spalle, una mantellina rossa.
I grandi occhi color rubino
erano freschissimi, sembravano luccicare e le ciocche castane erano
state
sistemate nei soliti rasta, anche se non se li era legati in una coda;
sembrava
un piccolo demonio, e Hikaru rimase molto sorpreso di come avesse
saputo
nascondere le ferite sulle braccia e sulle gambe, sembrava che fosse in
perfetta forma!
Kageyama
invece si sbatté una mano sulla fronte: -Ma come ti sei
conciato…?-
-Non ti
piace?- chiese di rimando Yuuto con un pizzico di malizia, un sorriso
furbastro dipinto sul viso.
-Quello che
hai sulle spalle… E’ il maglioncino di Hikaru?
Quello che voleva
buttare via?-
-Non potevo
permettere che buttasse una cosa tanto bella! E calda, che non
è
tutto dire…! Anzi, fa un piacere sulle spalle!-
-Oooooh!! Ma
come sei carino!! – Rushe gli si avvicinò,
prendendolo in braccio
e guardandoselo tutto – Sei bellissimo lo sai? E sei tanto
caro…!!-
Yuuto la
fissava, ammaliato; poi appena fu cortesemente rimesso a terra, si
chinò elegantemente, prendendole la mano e sussurrando: -Oh
principessa,
benvenuta! Sei proprio come ti ha descritto Hikaru;
bellissima…! Certo, da
bimba era carina, ma adesso sei un vero splendore…! E guarda
come sei
cresciuta…! L’ultima volta che ti ho vista, eri
piccola così…!- E nel dire
questo, Kidou fece per indicare l’altezza di un bambino, e
con sorpresa si
accorse di alludere alla sua di altezza.
Ci
ragionò un attimo, corrucciando le sopracciglia in quel modo
adorabile,
considerando che era un bimbo di cinque anni: - Beh sì
– sorrise imbarazzato
dopo qualche istante – In effetti è un
po’ strano dire che l’ultima volta che
ti ho vista eri alta come me, ma… La vita è
imprevedibile, e il tuo zietto ne è
la prova vivente! Allora, zietto bello, io sto aspettando la mia pappa,
lo sai
questo vero?!-
-Ma
sentilo…!- Kageyama gli poggiò un piatto di riso
davanti, e il piccolo lo
guardò, beffardo: -Lo sai adesso cosa succede al tuo riso,
vero? La fine di
ieri sera, tutto sul pavimento!-
-Okay okay,
ammetto che siete riusciti a distrarci bene, ma adesso…
Kageyama,
devi dirmi ch-
-Tu
sei… Oh mamma! Fideo-kun, neh? E’ passato un sacco
di tempo… Cioè, no, per
me saranno passati quattro mesi al massimo, ma da quel che mi ha
riferito
Kageyama e da quel che posso vedere, siamo proprio cresciuti! Io mi
sono
rimpicciolito, ma guarda te che misteri…!-
Yuuto
saltò giù dalla sedia, e dalla fretta
rovesciò tutto il piatto di riso
che ovviamente cadde addosso a
Kageyama, ma nessuno ci fece caso.
Yuuto si
strinse tutto al giovane e bell’Ardena, abbracciandolo forte.
Questo si
chinò, dubbioso, e prese il piccolo in braccio.
Yuuto a quel
gesto sorrise, ed esclamò: -Potrai vantarti di questo,
quando
torni a casa! Non è da tutti avere la possibilità
di tenermi in braccio, eh.
Kageyama è molto geloso, in effetti… Strano che
non abbia detto niente;
Kage-kun?? Dì qualcosa!!-
-Dico che hai
detto fin troppo, giù!-
E Kageyama lo
strappò neanche troppo gentilmente dalle braccia di Fideo,
rimettendolo per terra.
Kidou
s’impettì: -Ecco! Visto? Lo sapevo! E’
tutto geloso lui, ma io lo
capisco, che ci vuoi fare…? L’ha sempre fatto,
come si fa a togliergli questo
vizio adesso? Ormai è tardi, meno male che tu vivi distante,
almeno per qualche
tempo te lo scampi…!-
-Ma che stai
dicendo?!- lo interruppe Kageyama con voce stridula, prendendolo e
rimettendolo a sedere: -Zitto e mangia, che per quel che mi riguarda
abbiamo
già finito di pranzare.-
-Ah
è così…? Avete mangiato senza neanche
aspettarmi…?-
-Noi non
sapevamo nemmeno che ci fossi, piccino, altrimenti sì che ti
avremmo
aspettato!- Rushe gli si avvicinò, e con Hikaru al suo
fianco si inginocchiò
per guardare bene gli occhi del bimbo.
-Grazie
piccola Rushe, tu sì che sei gentile. Ma dimmi un
po’, cos’è che ti
piace tanto di me ché mi guardi in questo modo?-
Fidio prese
Kageyama per un braccio e lo intimò ad uscire con lui dalla
camera.
Appena in
salotto, l’ex giocatore della nazionale italiana
sussurrò: -Kageyama.
Si può sapere cosa sta succedendo? Chi è quel
bambino?-
Kageyama, pur
volendo esser serio come lo era stato Fidio, non riuscì
proprio a
cancellarsi dal viso quel sorrisetto divertito: per quanto lo facesse
disperare, Yuuto era troppo forte e, lo faceva apposta, ne era sicuro,
oggi a
maggior ragione era buffissimo.
Poi, si
costrinse a parlare: -Vedi Fidio, è una storia
lunga… Ma senz’altro
raccontabile. Vieni, siediti che ne parliamo. Avevo comunque intenzione
di
farlo, forse…-
***
-E
così sarebbe davvero Kidou? Incredibile! Mamoru
me l’aveva raccontata questa storia, quando ci siamo sentiti
qualche anno fa,
ma… Era alquanto giù di morale, nel parlarne. Tu
invece, che sei pieno di
novità, continui a ridere!-
-Non lo faccio apposta, credimi ragazzo. E’ che quando penso
a quella peste,
non posso fare a meno di essere felice per il suo ritorno, anche
se… Te l’ho
detto, è ridotto malissimo.-
-Non sembrava, da come si muoveva e parlava prima.-
-Già, neh? L’ho notato anch’io.
E’ proprio bravo a fingere, ma ha saputo anche
vestirsi in modo da nascondere il meglio possibile le ferite.-
-E adesso cosa intendi fare?-
Kageyama lo fissò disorientato prima di ribattere:
-C-Come cosa intendo fare?
-Del bambino, intendo. -
-Eeh… In effetti non lo so. Pensavo di tenerlo ancora
qualche tempo qui, ma non
so per quanto ci riuscirò: ha bisogno di uscire, e non posso
tenerlo chiuso in
casa a lungo. Avviserò Endou e la Resistenza, qualcosa ci
faremo venire in
mente.-
-Bene.- Fidio si alzò dal divano, e Kageyama lo
seguì a ruota – Andiamo adesso
a vedere come se la cavano di là?-
Kageyama annuì, sbadigliando, e alla occhiata di Fidio
esclamò: - E’ per
stamattina! Hikaru mi ha buttato giù dal letto alle tre per
sistemare casa…
Doveva essere perfetta, per la sua
Giulietta.-
Ardena scoppiò a ridere, mentre insieme
rientravano in cucina.
Una volta messo un piede dentro la stanza però, si
guardarono intorno
sconvolti: dei ragazzini nessuna traccia.
-Dove si saranno cacciati?- Fidio si voltò verso il padrone
di casa, che con un
gesto del capo lo convinse a seguirlo.
Fidio gli venne dietro, ridendo sotto i baffi, mentre Kageyama sbuffava:
-Scommetto quello che vuoi che Kidou li ha portati in qualche botola
segreta in
voga ai vecchi tempi…-
-Vecchi tempi, allenatore?- Fidio soffocò un'altra risata,
mentre l’uomo dopo
l’ennesimo sbuffo, rispondeva.
-Quando erano piccoli, lui e i suoi compagni della Teikoku venivano qui
a
distruggermi la casa, approfittando del fatto che non c’era
nessuno a casa di
Kidou e –alluse alle virgolette con le dita –
“non volevano restare da soli”…
Figurati! Hanno trasformato casa mia in un formicaio! -
Ardena se non avesse saputo mantenere un contegno, in quel momento si
sarebbe volentieri
rotolato a terra dalle risate, tanta era la comicità della
disperazione delle
parole dell’uomo.
Kageyama che sembrava non accorgersi di nulla fuorché delle
sue imprecazioni
sussurrate, arrivò davanti ad una porta; ma non fece neanche
in tempo ad
aprirla, che dall’alto gli piombarono addosso un Hikaru e una
Rushe. Kidou
scese subito dopo, pestandogli tutte le dita delle mani.
-Oh, ma guarda un po’! Comandante! Che ci fai lei qui? Sa,
stavamo venendo a
cercare lei e… Ah, Fideo, eccoti qua. Rushe voleva chiederti
se si poteva
giocare un po’ a pallone…-
A quel punto, Kageyama che stava cercando di rimettersi in piedi
togliendosi di
dosso i due ragazzi, esclamò: -Il padrone di casa sono io,
qui e…-
Ma di fronte all’accenno di un sorriso da parte di Fidio, i
due piccioncini con
Yuuto in testa corsero di fuori, pestando a turno il povero Kageyama
che
sembrava letteralmente fumare.
Il giovane italiano gli porse la mano, per aiutarlo a rimettersi in
piedi.
Dopodiché, mentre Kageyama borbottava qualcosa del tipo
“Questa sera arrosto di
Yuuto con delizioso contorno all’Hikaru; mangerò
da re!” anche loro uscirono di
casa, e si sedettero sulla panchina guardando i tre intenti nella
preparazione
della sfida.
Hikaru in quel momento
esclamava: -Ci sfidiamo a centrocampo, e chi riesce a
superare l’altro prova a fare goal!-
In
realtà, parlava più con Rushe che con Yuuto, in
quanto il bimbo, più piccolo
rispetto a loro due, aveva non poche difficoltà di farsi
ascoltare.
Inoltre tirava
un vento piuttosto forte, e quindi non riusciva a capire bene
tutto quello che si dicevano.
-E io che
faccio?- chiese con tono spazientito il piccolo, stufo di non essere
al centro dell’attenzione come suo solito.
-Tu vai in
porta, che domande…!?- esclamò Hikaru, come se
fosse la cosa più ovvia
del mondo.
-Questa voglio
proprio vederla…!- Kageyama sorrise sornione, con un tono
furbastro e poco incoraggiante.
Yuuto, tutto
stralunato, mosse qualche passo verso la porta: poi, colto come da
un’illuminazione, la raggiunse più in fretta, si
batté le mani sulle guance e
sorrise, aspettando il tiro dei ragazzini.
-Sta facendo
sul serio, a quanto pare…- sorrise Fidio, colpito dalla
carica del
piccolo.
-Comunque
è meglio così.- soggiunse l’uomo al suo
fianco, accavallando la gamba
destra sull’altra. –Vedi, Yuuto è molto
più grave di quello che sembra,
solitamente fatica pure a rimanere in piedi: non è in grado
di reggere a una
sfida del genere. E così, Hikaru l’ha piazzato in
porta. Non è come negargli
del tutto il pallone, ma nello stesso tempo lo si protegge…-
-Beh, che
dire? Hikaru è proprio bravo! –
commentò il ragazzo dagli occhi
turchesi, per poi aggiungere all’alzata di spalle di Kageyama
– Avrà imparato
dal migliore.-
E gli
strizzò l’occhiolino, mentre Kageyama gli
sorrideva disorientato.
Intanto, i
ragazzi avevano iniziato a darsi battaglia.
Hikaru
avanzava a centrocampo, ma la biondina gli dava filo da torcere: i suoi
movimenti erano talmente fluidi, scattanti ed eleganti che sembrava
danzare,
nonostante questo era concentrata e decisa a non far passare il
compagno.
Yuuto dalla
sua postazione in porta osservava incantato un bellissimo gioco di
gambe della ragazza e gli scatti repentini ma un po’
impaperati dell’altro.
Evidentemente,
Hikaru non era molto a suo agio a scontrarsi con una
ragazza… Eppure,
ragionava il piccolo, era stato proprio lui a proporre una sfida simile.
Ad un tratto,
Rushe alzò la palla di tacco, sfilandola dai piedi del
viola:
saltò in aria, con un eleganza da mozzare il fiato, e
sorridendo entusiasta
fece per concludere a rete… Un istante prima del tiro
però, Hikaru le fu sopra,
e colpito di testa il pallone, cascò a terra, seguito a
ruota dalla ragazza.
Yuuto era
stupefatto: erano proprio bravi, i due ragazzini!
Era da tempo
che non giocava più a calcio, e i suoi piedini scattavano
quasi da
soli, tant’era che si trovava già fuori dai pali,
al limite dell’area di
rigore.
Ma intanto
sembrava che Hikaru e Rushe avessero la palla attaccata ai piedi, e
non c’era verso di vederli tirare.
Rushe aveva
un’eleganza davvero senza pari, e Hikaru una
velocità discreta ma
soprattutto, grande scelta di tempo; poteva magari farsi soffiare il
pallone,
ma sembrava impossibile prevederlo.
Quando
scattava, i piedi del giovane sembravano metter su le ali, e questo
bastava perché la palla non arrivasse mai tra le mani di
Yuuto.
I due si
trovavano sempre l’uno contro l’altra, e nei loro
sguardi si leggevano
una sana competizione… Ma soprattutto grande divertimento.
Kidou si volse
un attimo verso la “panchina”: non avrebbe mai
immaginato che
potesse esserci tanta freschezza e serenità in un gioco
tutto insegnato loro da
Kageyama.
Insomma, si
vedeva bene che, nonostante le loro capacità, i due ragazzi
non
erano inseriti in nessun collettivo: Yuuto non sapeva spiegarselo, ma
c’era una
sostanziale differenza fra gli atleti che giocano per conto loro e
quelli che
invece si allenano in una squadra.
Sapeva che
Hikaru andava alla Raimon, ma da quel che aveva capito non era
ancora così ben inserito: in pratica, era entrato da poco, e
ancora non era
abituato al gioco di squadra.
Rushe a
maggior ragione era tutto gioco individuale: strano, pensava Yuuto,
perché ormai non era più così piccina,
avrebbe potuto entrare in una squadra
senza incontrare nessunissima difficoltà. Lui, che aveva
giocato a livello
competitivo praticamente da quando aveva iniziato a calciare il
pallone, non
riusciva a considerare un atleta completo se questo non era inserito in
una
squadra.
Per questo gli
era quasi impossibile pensare che quei due ragazzi dalle ottime
prestazioni non giocassero ancora in un collettivo. Si sarebbero
divertiti
molto di più, ne era certo.
-Yuuto!
Attento al …!-
Fideo non fece
in tempo a finire la frase, ché la palla finì
dritta sul naso
del bambino, facendolo cadere a terra.
-Ouch!-
borbottò Kidou una volta che fu di nuovo in piedi
– Che tiro potente!
Rushe, non avrei mai detto che avessi un destro tanto forte!-
-Scusa
Yuu-chan, mi dispiace!! Ti ho fatto tanto male…?- la
biondina in un
attimo gli fu sopra, piena di coccole e baci.
-Sto bene! Sto
bene!- si dimenò il piccolo Yuuto, e Hikaru a quel punto lo
prese in braccio.
-Potrebbe
bastare per il momento, che ne dite?-
-Zio noooo!!
Ma perché…?-
-Hikaru!
– chiamò allora Kidou, che aveva intuito cosa
avesse in mente Kageyama
– Non avevi qualcosa da dare a Rushe?-
Il viola in un
attimo avvampò, mentre Rushe gli si avvicinava tutta
contenta –
Cosa cosa cosa?! Hikaru-kun, cosa mi vedi far vedere?-
Il giovane
Kageyama decise che gli occhi della sua amica erano decisamente irresistibili, lucenti e belli come
uno
smeraldo, e così, mano nella mano, salirono al piano di
sopra.
Yuuto fece per
seguirli, ma Kageyama lo fermò per un braccio, senza dire
nulla.
Kidou però si scrollò la presa di dosso, e mentre
saliva di corsa le scale, gli
strizzò l’occhiolino: -Ha bisogno di me, il
piccolo Romeo!- e sparì in tutta
fretta su per le scale.
Kageyama con
un sospiro si lasciò cadere sulla poltrona, mentre Fidio
ridacchiava.
-Beh, almeno
ti sei fatto un po’ del ridere, oggi…-
-Mi dispiace,
ma quel bambino è una vera peste…!-
-Già…-
sovvenne Kageyama, un sorriso stanco sul volto – Per fortuna
è quasi ora
di cena… Prima lo metto a letto, meglio sarà!-
-E’
nei guai allora…!-
-Chi, il
bambino? Quello è un pascià!-
-Guardi che io
mi riferivo a lei, allenatore…-
-Io non ho mai
vissuto in pace, Fidio-kun, perché dovrei cominciare ora?-
***
-Oh, per
me…? Ma Hikaru-chan, è bellissimo!!-
Rushe rigirava
ammirata il dipinto che Hikaru aveva fatto per lei come regalo
di Natale.
-So che
è già passato, però noi ci vediamo
così poco e allora ho pensato che…-
Rushe si
strinse a sé il disegno, gli occhi che scintillavano di
felicità:
-E’-E’ bellissimo…-
Hikaru
abbassò gli occhi, le gote tutte imporporate: -Figurati!
E’-E’ una
sciocchezza, d-davvero…-
Erano vicini,
vicinissimi: sarebbe stata l’occasione perfetta, ma il viola
era
tutto timido e impacciato, aveva una paura terribile di rovinare tutto,
e così
aveva deciso che, ancora una volta, si sarebbe limitato a quello. Un
regalo da
un amico: niente di più, niente di meno.
Alzò
di poco lo sguardo, e guardò di sottecchi la sua Rushe: era
bella,
bellissima.
Più
di come l’aveva sognata in tutti quei mesi: i suoi occhi
straboccavano di
luce e felicità, verdi come l’erba dei campi
d’estate, il viso cereo ma
colorito da quell’allegria e infantilità che la
caratterizzavano tanto, il
sorriso acceso e brillante, puro e… bellissimo. Bellissimo!
Non
c’erano parole per descrivere l’emozione che gli
faceva battere così forte
il cuore quando la vedeva sorridere, o quando gli stava accanto, o si
stringevano le mani: quando avrebbe voluto dire qualcosa, una cosa
qualsiasi,
che non risultasse stupita però, o fuori luogo, che non la
facesse accigliare
né sbeffeggiare di lui.
Che non lo rendesse ridicolo o piccolo ai suoi occhi:
avrebbe desiderato farla ridere, oh sì.
Vedere quel sorriso sbocciare sulle sue labbra sottili e rosee era
sempre uno
spettacolo meraviglioso…
Yuuto, che osservava
la scena a qualche passo di
distanza, alzò gli occhi al cielo: “E’
mai possibile che sia così difficile?!” e
senza farsi sentire, mosse qualche passo nella loro direzione,
finché non fu
proprio dietro a Hikaru.
A quel punto, con un energico colpo, lo spinse addosso
alla ragazza: un movimento lieve, ma veloce, repentino.
Senza neanche
rendersene conto, i due si trovarono abbracciati, le labbra strette in
un
contatto fresco e delicato.
Si
sentì solo un leggero “Oh!” di sorpresa
della biondina, dopodiché i due
stettero immobili, legati uno all’altra in quel contatto
semplice e puro che da
sempre li univa.
“Ecco!”
sussurrò Yuuto, annuendo poco distante “Ci voleva tanto?!”
I due giovani
avevano gli occhi chiusi, mentre si abbracciavano dolcemente.
Kidou, pieno
di idee, soffuse la luce della stanza rendendola quasi a un debole
bagliore, dopodiché, fece partire una musica dolce, velata
ed elegante.
I piedi dei
ragazzi che pochi minuti prima scattavano veloci e precisi, adesso
si mossero leggiadri e composti, con un leggero imbarazzo della
più grande.
“Ha
imparato a giocare a calcio, e non sa ballare?! Oh, ma
andiamo…!” Yuuto si
portò le mani alla testa, sorridendo scoraggiato.
Hikaru
però non sembrò affatto del suo stesso parere:
accompagnò la giovane a
muoversi, guidandola nei passi.
Dopo pochi giri, già sembravano più affiatati:
avevano sciolto il bacio, nonostante questo i loro occhi sembravano
incatenati
gli uni agli altri, e Yuuto si ritrovò ad ammirarli
ammaliato, pensando che
occhi così lucenti non ne aveva davvero mai visti.
“Occhi innamorati” fu il suo
primo pensiero: e il tempo, avrebbe fatto il resto...
*Angolino
dell’amour*
Carino,
molto carino. *ç*
Ciao a tutti! ^^
Che ne dite, l’attesa è stata ripagante?
Sono proprio soddisfatta della crack che ho inventato: HikaRushe,
stupenda<3
Certo, c’è il piccolo Cupido che dà una
mano, ma d’altra parte… Un piccolo
aiuto non fa mai male! ^^
In generale, sono molto soddisfatta dei miei capitoli: certo, sono
lunghi, ma
mi piacciono un sacco, e spero che anche voi apprezziate il mio lavoro
<3
La parte della sfida calcistica non è stata poi
così terribile come avevo
sospettato, nonostante tutto è forse il pezzo che mi
convince meno: non se ne
leggono molte, di fan fiction che parlano di calcio puro e semplice qui
nel
fandom, quindi avevo ben poco su cui basarmi: spero di aver reso
l’idea
decentemente e di non essere stata troppo noiosa *ç*
Yuuto in porta… Che ne dite? In realtà, volevo
già dare un accenno
all’HikaRushe, e finirla lì, ma poi ho pensato che
sarebbe stato davvero troppo
poco e poi...
Oh insomma, nelle pairing che si rispettano, un bacio è
d’obbligo!
*^*
Fideo forse è stato un po’ tanto
nell’ombra, però… Sinceramente, avevo
poche
idee sulla sua posizione, e poi… Boh, ho fatto del mio
meglio per renderlo
credibile, almeno lui. ^^”
Sono nelle vostre mani, mi raccomando; recensite,
perché… Beh, ho ancora
parecchie carte da giocare… *ç*
Salutoni, a presto! <3
Sissy-chan ^^
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ; Incubi e fuochi d'artificio ***
Capitolo
8; Incubi e fuochi d’artificio
Per cena, si
decise di andare a mangiare fuori.
Fideo e i due ragazzini andarono per primi, mentre Kageyama e Yuuto si
attardarono.
Appena furono rimasti soli, Kageyama lo portò di sopra per
cambiare le
medicature e prepararsi per la serata.
Inoltre… Aveva qualcosa da dirgli.
Stava giusto cercando le parole adatte per incominciare il discorso, ma
Yuuto
lo precedette esclamando: -Ha visto anche lei Hikaru e Rushe, neh? Sono
stato
bravo, questo me lo deve concedere…- ammiccò con
un sorrisetto furbastro, e in
un attimo Kageyama ebbe una visione di come il bambino potesse centrare
con gli
sguardi imbarazzati dei due ragazzini e del loro tenersi per mano in
ogni
momento.
-Sei una peste. – se ne uscì, quando fu sicuro che
il suo tono di voce fosse
calmo e composto.
-Perché?!- si impettì il piccolo, mentre faceva
passare le braccia fasciate
nelle morbide maniche lunghe del golfino azzurro.
Ma non ricevette nessuna risposta. Stupito, osservò con
più attenzione
l’espressione del suo Comandante, ma non riuscì a
scorgere niente di
preoccupante. “Forse”, si ritrovò a
pensare, “è solo stanco…”
-Stai tranquillo – buttò lì
l’uomo di fronte a lui, scompigliandogli le ciocche
noisette – Stavo pensando che forse il golfino da solo non
basterà. C’è molto
freddo stasera, e noi non abbiamo la macchina.- gli dedicò
un sorriso debole,
che sembrava solo supplicarlo di credere alla frivolezza delle sua
parole. E
Yuuto cedette, com’era ormai solito a fare, e si fece
convincere da quella che
era palesemente una bugia. O almeno, una mezza bugia.
Poi, preso dalla sua insaziabile curiosità da fanciullo,
chiese: -Perché non
abbiamo la macchina Comandante?-
-Ce l’ha Fideo no?- domandò ironico, con il chiaro
tono di chi vuole cambiare
subito discorso. Kidou allora si fece prendere in braccio ma una volta
arrivati
in salotto, Kageyama dovette rifermarsi. –Tu aspetta qui.- lo
ammonì, facendo
per risalire le scale.
-Comandante? – lo bloccò Yuuto, fermo davanti alla
grande poltrona color
porpora. –Posso sedermi qui mentre l’aspetto?
– e nel l’arco di un secondo che
seguì la risposta, Kidou venne pervaso da una strana
sicurezza. Per tutto il
tempo che aveva frequentato la Teikoku Gauken e quindi quella casa, che
sembrava
una vita fa e a ben pensarci forse lo era anche, non aveva mai ottenuto
il
permesso di sedercisi. Adesso, dopo tante tribolazioni, sentiva che era
cambiato qualcosa in Kageyama. Qualcosa che gli avrebbe fatto dire
“sì”. E
infatti…
-Che domande inutili fai, Kidou?- rispose l’uomo non seccato,
semplicemente
stupito, senza neanche voltarsi per guardarlo.
-Non sono mai
inutili quando si prova un grande
piacere a sentirsi rispondere di "si"- ribatté Yuuto in un sussurro, mentre
già si sistemava fra i braccioli
grandi e rossi del cuoio imbottito.
Si sentiva tanto al caldo e al sicuro che avrebbe voluto rimanere
lì per
sempre; invece poco dopo tornò Kageyama, che se lo prese
sulle spalle ancora
intorpidito e uscì di casa.
Bastò il freddo della sera a risvegliare completamente Kidou
dal suo torpore, e
quello che avvertì lo congelò.
Ricordava bene la notte della sua fuga da quel posto spaventoso che
aveva
sentito chiamarsi Fifth Sector. Era una notte buia come quella, non
c’erano le
stelle in cielo e lo spicchio di luna che adesso si scorgeva
sembrò ugualmente
tetra e terribile.
Se non fosse stato aggrappato con forza alle spalle del suo allenatore,
probabilmente sarebbe già scoppiato in lacrime. Ma decise
che era stato bambino
fin troppo per quel giorno, così decise di darsi un contegno
e di stringere
appena la presa con le gambe sul torace ampio dell’uomo.
Questo se ne accorse
subito, e trovando un buon modo per distrarlo esclamò:
-Adesso che siamo
arrivati mangiamo qualcosa, poi Hikaru mi aveva accennato al fatto che
volesse
portare Rushe e Fideo alla torre d’acciaio, da dove si
vedranno bene i fuochi
d’artificio.-
-Hanabi taikai?!- ripeté colpito Yuuto
mentre rimetteva i piedi per
terra ed entrava nel locale.
-E’ molto più romantico di quello che avrei mai
creduto, quel ragazzo…- sospirò
Kageyama con una nota di scoraggiamento nella voce che piacque a Yuuto;
l’uomo
lo vide infatti distendere i tratti intirizziti dal freddo della sera,
e
sorridendo dirigersi sereno verso i due ragazzini seduti al tavolo.
-Pizzaaaaa!!- esclamò Rushe battendo le mani contenta,
mentre Hikaru non
riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Yuuto lo colpì
appena con il gomito
all’altezza del braccio, strizzandogli
l’occhiolino. Hikaru per tutta risposta
sorrise incerto, tornando a fissare la sua amica. Yuuto allora
alzò le spalle,
concentrandosi su ciò che aveva nel piatto; una pizza calda
e fumante, proprio
quello che ci voleva dopo una giornata faticosa come quella!
**
I fuochi
d’artificio
erano un vero spettacolo, quella notte.
Il cielo era nero come la pece, e i colori accesi e vivaci che si
riflettevano
nella sua oscurità erano veramente spettacolari. Anche il
fiume sembrava voler
prendere parte a quello scoppio infinito di colori, e quasi a voler
assomigliare al cielo, i suoi flutti s’erano fatti
anch’essi di tonalità
scurissime, e l’arancio il rosso e il blu dei fuochi lo
illuminavano a festa.
Il fragore degli scoppi non sembrava turbare nessuno,
tant’erano ammaliati
dalla vista di un simile spettacolo notturno. A ogni nuovo botto
tuttavia Rushe
sobbalzava e subito Hikaru le stringeva più forte la mano,
assicurandole la sua
presenza vicino. In quei momenti i loro occhi si incontravano, e nella
nera
oscurità degli occhi del giovane si rifletteva la luce
brillante del verde
smeraldo della ragazza: e i fuochi d’artificio non
scoppiavano solo in cielo.
Fideo stava a rispettosa distanza da loro, come temesse disturbarli, ma
era
sempre come le mani sulla ringhiera, affacciato sul cielo notturno
sprizzato di
scintille fluorescenti. Kageyama era quello più appartato di
tutti, appoggiato
con la schiena contro l’alto albero dove anni prima si
allenava con tanto
impeto Mamoru. Sorrise quasi commosso quando tolse lo sguardo dal
firmamento
illuminato nonostante la notte scura e vide Yuuto accasciarsi
dolcemente sulla
ringhiera argentata, a fianco di Hikaru. Con sua grande sorpresa il
ragazzino
se ne accorse subito, e facendo delicatamente scivolare la sua mano
dalla presa
della biondina, raccolse da terra Kidou, già profondamente
addormentato, e
mosse qualche passo verso lo zio.
-E’ stanco morto.- sussurrò Hikaru temendo di
svegliarlo. Kageyama annuì
soltanto, sfilandolo delicatamente dalle braccia del giovane e
appoggiandoselo
contro il petto. La testa del bimbo ricadde dolcemente sulla sua
spalla, e lo
zio con un sorriso muto salutò i ragazzi, per poi sparire
attraverso la luce
del lampione nelle strade di Tokyo.
Rushe, accorgendosi che lo zio lasciava il campo, si voltò a
guardarlo sparire,
un tantino preoccupata: gli occhi incantati di Hikaru però
la trattennero
–Yuuto si è addormentato. Lo porta a casa e poi ci
aspetterà lì, tranquilla.-
In quel momento un botto più forte degli altri lo fece
trasalire, e per un
attimo strabuzzò gli occhi scuri come la notte in
un’espressione di muto
terrore. Fu un attimo, ma bastò perché la
ragazzina scoppiasse a ridere, quella
risata serena e cristallina, che in poco tempo trascinò
anche il giovane.
Insieme, tenendosi per mano, continuarono a guardare il cielo scoppiare
e
illuminarsi, finché Fideo non li richiamò sulla
terra decidendo che si era
fatto tardi, e che avrebbero dovuto rientrare.
Una volta dentro casa però, la trovarono buia e
silenziosa…
**
Kageyama
camminava per le
strade illuminate con passo celere ma non frettoloso; non voleva
disturbare il
sonno di Kidou, che riposava docilmente dopo una giornata molto
più faticosa di
quello che imponesse il suo fisico. L’uomo
sospirò, stringendosi nella giacca
invernale, e il suo gesto fu accompagnato da una nuvoletta di condensa
subito
congelata dall’aria ammortizzata che tirava la sera.
Soffiava un vento strano quella notte: silenzioso e gelido, non
scuoteva gli
alberi né l’erba ricoperta di brina scintillante,
e preannunciava una cosa
soltanto. Neve. Kageyama sorrise, poggiando
mollemente una mano sulla
schiena del piccolo senza intenzione di fargli male, ma solo per
accertarsi che
fosse ben assicurato al suo petto. Respirava regolarmente, ed era
abbastanza al
caldo considerando che non erano in casa e che indossava solo un
golfino di
lana.
La neve era forse la prima cosa che aveva imparato ad apprezzare dopo
essersi
ripreso dall’incidente di dieci anni
prima. Sentì Yuuto sbuffare, e
ridacchiò appena sotto
i baffi bianchi
come i fiocchi che da lì a poco sarebbero caduti dal cielo
plumbeo.
Ci si ostinava a chiamarlo così, perché anche se
tutti sapevano bene che fosse
volontario, non erano state ricercate le prove che accusassero
Garshield o chi
aveva incaricato; Kageyama non ne aveva più testa, aveva
solo voluto vedersi
morto.
Per poi rimettersi in forze senza che quell’uomo lo sapesse.
Erano stati dei
momenti veramente duri, ma li aveva superati. La presenza di Kidou,
dopo tanto
tempo di assenza, gli faceva tornare alla mente quegli anni oscuri, ma
la sua
felicità era talmente tanta che quasi non se ne accorgeva. Quasi.
E poi,
non se la sentiva di dare la colpa a Yuuto.
“-Sono
cambiate molte
cose, da quando te ne sei andato. Mentre tu eri lontano, la mia
creatura si è
evoluta ai massimi livelli e ora non puoi far altro che osservare
impotente…-“
Le
aveva riportate lui stesso alla luce, la sera prima. L’aveva
fatto per
sbeffeggiarlo forse, probabilmente. Ma Kageyama non riusciva a
illudersi: da un
po’ di tempo a quella parte, si era ripromesso di osservare
sempre la verità,
anche quando essa è dolorosa. E in quel caso, la
verità era che Yuuto non aveva
avuto il tempo di digerire quanto gli aveva detto durante il Football
Frontier
International, e
soprattutto non aveva
ancora avuto il tempo di farsi una ragione della sua brusca scomparsa
dalla sua
vita. La lotta contro il mondo non permetteva distrazioni emotive, per
questo
aveva rimandato tutto lo sbigottimento e il dolore a dopo il torneo. Ma
per
qualche motivo ancora da chiarire il ragazzo a quel punto era sparito
senza
lasciar traccia, e adesso veniva a raccontare di essere stato per tutto
quel
tempo al Fifth Sector, come “scorta energetica” per
i Seed.
Un brivido.
Kidou doveva ancora sfogare tutta la sua frustrazione che riusciva a
tenere ben
celata nonostante il susseguirsi davvero sconvolgente di eventi intorno
a lui:
il problema è che non sapeva come andare incontro al suo
ragazzo. Permettergli
di sfogarsi tranquillamente… Lo voleva vedere sereno, ma nel
momento stesso in
cui realizzava il suo pensiero, si rese conto che non sarebbe mai stato
tranquillo finché non sarebbe tornato ragazzo.
Stanco ed infreddolito, Kageyama ebbe il tempo di lanciare uno sguardo
all’orologio una volta entrato in casa, per rendersi conto
che fosse l’una
passata. Si strascinò fino in camera sua, dove con
delicatezza appoggiò prima
Kidou sul letto; o almeno, ci provò.
Infatti il piccolo nonostante stesse dormendo da un pezzo, non
accennava a
voler addolcire la stretta al suo petto caldo,
tant’è che Kageyama fu
obbligato, per metterlo sdraiato, a coricarsi.
Yuuto strofinò delicatamente il viso contro la giacca a
vento dell’uomo,
sorridendo estasiato.
Questo coprì lui e il bambino con il piumone da letto, e lo
osservò nel sonno.
A volte si dimenticava persino che non era un bambino. E come
biasimarlo, in
fondo?
Si costrinse a tenere gli occhi aperti almeno finché non
fossero tornati Fideo
e i ragazzi… Ma in poco tempo, cullato dai rimbombi lontani
dei fuochi
d’artificio e dalle coccole di Kidou, si concedette quei due
minuti a occhi
chiusi che gli costarono la veglia…
**
-Ziooooo!!-
chiamò Hikaru a gran voce, una volta
entrati nel salotto buio.
-Sssshh!- lo ammonì Rushe mettendosi un dito davanti alle
labbra screpolate dal
freddo – E se stesse dormendo?-
-Mio zio non dorme mai…!- sbottò Hikaru, tradito
da quella poca insicurezza che
emerse dalla sua esclamazione al ricordo di quella mattina. Il giovane
dai
capelli violetti scosse il capo con veemenza, come per convincersi
– Mio zio
non dorme mai. – ripeté con più
fermezza.
Eppure tutto in quella casa silenziosa diceva il contrario.
Fideo sorrise, cercando di immaginarsi il suo ex-allenatore coricato in
un
letto a dormire, magari russando anche, ma tutto quello che ottenne fu
scoppiare a ridere senza controllo, e due occhiate maligne da parte di
Hikaru e
Rushe. Riprese allora il suo contegno da bravo venticinquenne, e fece
togliere
ai due ragazzini le giacche invernali e le scarpe. Il pavimento era
caldo e
camminare in pantofole non fu certo un problema.
-Seguimi. – mormorò a Hikaru la ragazza bionda,
mentre negli occhi brillava una
curiosità allarmante.
Nonostante le sue perplessità, il giovane seguì
l’amica su per le scale,
ammoniti inutilmente dai sussurri di Fideo alle loro spalle.
Rushe posizionò la mano sulla maniglia della stanza da letto
di Kageyama, e a
quel punto Hikaru fu quasi sul punto di fermarla: ma anche in lui la
curiosità
di sapere se stesse davvero dormendo era troppa, e così
entrarono.
Rimasero sulla soglia della stanza, ancora mezzi infreddoliti e
meravigliati
fino all’assurdo.
Erano le due e mezza di notte, e la stanza era completamente avvolta
nella
penombra. La finestra era chiusa, ma le tende lasciavano trapelare le
luci dei
lampioni in strada; non c’era nessun tipo di rumore a
infrangere quel silenzio
incantato, se non i respiri impercettibili delle due figure
addormentate nel
grande letto al centro della stanza.
Kageyama era sdraiato di lato, verso sinistra, una gamba penzolava nel
vuoto
mentre l’altra era nascosta dal piumone; Yuuto era
praticamente immerso dentro
la calda coperta, spuntava solo una manina che cingeva il collo
dell’uomo e
alcuni ciuffi di rasta a pizzicare il naso di Kageyama che incuorante
di tutto
dormiva tranquillo.
-Ooowwww!!- Rushe si lasciò scappare un trillo meravigliato
di puro stupore, e
stavolta fu Hikaru a doverla zittire. Se lo zio si fosse svegliato,
questa non
l’avrebbero passata liscia.
Ridacchiarono appena, in silenzio, e poi decisero di uscire dalla
stanza.
Avevano bisogno anche loro di riposo, e così continuarono a
salire le scale il
più silenziosamente possibile.
**
Mi
sveglio, solo, spaventato,
incapace di capire dove mi trovo.
Sono in una stanza scura, o forse non sono proprio in nessun posto.
E’ tutto buio, troppo buio.
Sento qualcosa di strano nell’aria, come se ci fosse della
polvere, come fossi
immerso in una nebbia nera.
Provo a muovermi, ma è come se non avessi corpo.
Per quanto la mia mente si sforzi, mi sembra di non percepire nulla
come “parte
di me”.
Mi sembra quasi di essere buio. Parte di questo buio opprimente intorno
a me.
Strizzò
gli occhi infastidito dal riverbero di luce immaginario che trapelava
dalle
tende ramate.
Fece vagare lo sguardo ancora assorto nel sonno sulla stanza, non
ricordando
minimamente come fosse finito lì.
Poi sentì il bambino ancora stretto al suo petto gemere
sommessamente nel sonno,
e i suoi sensi si attivarono all’istante.
Strizzò un paio di volte ancora gli occhi scuri, tirandosi a
sedere sul
materasso.
“Mi era parso di vedere della luce, invece è
ancora notte…” considerò
l’uomo
guardando ancora attraverso le tende “ Non ho sentito i
ragazzi rientrare,
strano. “ si strinse le spalle, rivolgendo la sua vaga
attenzione sulla porta
della stanza, rimasta socchiusa dalla stanchezza della sera precedente.
Sulle labbra dell’allenatore si dipinse un sorriso amaro,
mentre riappoggiava la
testa sul cuscino alto “ Evidente sono veramente vecchio per
queste cose…”
Il secondo lamento sussurrato del piccolo lo mise di nuovo in allerta.
-Yuuto…- sussurrò appena, sfiorandogli il viso
pallido che sussultava ogni
momento.
E
c’è silenzio. … No, non proprio. Sento
un rumore lontano, come un ronzio.
Sì, un fastidioso ronzio che arriva da qualche parte intorno
a me. Dentro di
me.
C’è silenzio e c’è rumore. A
tratti. A scatti.
E’ come se non avessi né ricordi né
pensieri. Sono qui e basta, va bene così.
Non provo neanche a capire perché non riesco a parlare. Non
mi serve, va bene
così.
Rimase
a osservare prima distrattamente poi con sempre più
attenzione il corpo e
soprattutto il volto del bambino. Era riuscito, durante la notte, ad
allentare
la presa su di sé; in questo modo adesso, il piccolo era
raggomitolato su se
stesso quasi completamente avvolto dal piumone scuro che intiepidiva il
suo
sonno, purtroppo non molto tranquillo.
Kageyama ricordò che anche la prima notte che aveva passato
in quella casa,
appena l’avevano ritrovato, Yuuto aveva un sonno molto
agitato, invece la notte
precedente si era addormentato tranquillo e sereno.
Gli incubi erano tornati, e, Kageyama lo sapeva bene, sarebbe stato
difficile
liberarsene.
Strinse a sé il bambino senza molte idee, e quando
avvertì delle lacrime
scivolare lente e agonizzanti dagli occhi chiusi di Kidou, fu scosso da
un
brivido.
Poi,
tutto d’un tratto, scoppio in lacrime. Tento di trattenere il
pianto, che
diviene tuttavia incontrollabile.
Non so perché sto piangendo, non ne capisco la ragione.
E’ un luogo ammortizzato questo, dove non riesco a pensare a
nulla.
Perché sto piangendo?
Sento le mie gambe, che fino a poco prima neanche percepivo, piegarsi
sotto il
peso indicibile di queste lacrime aguzze come
diamanti che si infrangono al suolo. Mi
accascio in un pavimento oscuro e assurdo, continuando a piangere in
silenzio.
Adesso avverto qualcosa. Qualcosa di più vero, qualcosa di
più reale.
Non sono accasciato per terra.
Sono coricato sì, completamente disteso su un qualcosa di
freddo e duro.
Sento un dolore ai polsi e al collo, come se dovessi soffocare.
Gli occhi bruciano, e le lacrime mi fanno bene. Il mio è un
pianto tranquillo,
rassegnato.
La testa gira, appesantita, aspetto di perdere conoscenza da un momento
all’altro.
Piango fino ad addormentarmi. Piango, come potrebbe piangere un bambino.
Accarezzò
con delicatezza le ciocche castane di Kidou, mentre con una mano
continuava a stringerlo forte. Rivoli di lacrime a inumidire il cuscino
e
sospiri a rendere il silenzio ancora più acuto e snervante.
Nel sonno
Yuuto rimaneva immobile, distendendo braccia e gambe come se fosse
costretto con delle cinghie sul posto. Dalle sue labbra non uscivano
che sussurri,
gemiti, mentre il viso era continuamente contratto in smorfie di dolore
e
paura.
Kageyama
chiuse per un attimo gli occhi come per illudersi di non vedere
quell’agonia inconcepibile: era decisamente troppo.
In quel
momento Yuuto parve sbiancare, prendendo a boccheggiare in maniera
allarmante. Subito dopo però, spalancò gli occhi
in un urlo di paura pura, per
poi richiuderli l’istante dopo.
Fu talmente
veloce che Kageyama fu assalito dal dubbio di essersi immaginato
tutto.
Con sua grande
sorpresa, il piccolo socchiuse appena le palpebre, come a spiare
la situazione.
Appena
incontrò la figura dell’uomo seduto al suo fianco
sul materasso che gli
accarezzava la fronte imperlata di sudore, sorrise timidamente senza
riuscire a
dire una parola: gli mancava il fiato.
Kageyama
allora si chinò su di lui, sussurrandogli con fare malizioso
e
rassicurante nello stesso tempo – E’ ancora notte.
Dormi, che va tutto bene. Ci
sono io qui, che faccio la guardia.-
Yuuto
accennò ancora a un sorriso questa volta più
sereno, e chiuse nuovamente
gli occhi.
Kageyama
sospirò silenziosamente, vedendo i tratti di Kidou
distendersi e farsi
più tranquilli.
Chissà,
magari per quel giorno gli incubi avevano smesso di
tormentare…
*Angolino
notturno*
Sapete,
mi piace cambiare sempre il titolo dell’angolino. Mi fa
sentire… imprevedibile!
^^
Ma passiamo alla long, vah. *^*
Allor, che ve ne pare?
E’ un capitolo un po’ strano e diverso dagli altri,
questo sì.
Ma mi piace un sacco lo stesso. A me piace tutto a patto che
ci sia Kidou, e
poi sono l’Autrice della storia, i miei commenti sono
pressoché insignificanti
*u*
Vedete, avevo bisogno di un momento ammortizzato e
“buio” e la notte
cascava a pennello ^^”
Che dire? In queste scene Yuuto dorme praticamente sempre, ma provate a
immedesimarvi in lui: è veramente provato dal suo fisico, e
poi non è ancora
abituato a questo suo nuovo corpo… Si sta stancando
eccessivamente, e di
conseguenza si addormenta un po’ ovunque! xD
Diciamo che è un capitolo pressoché dedicato a
Kuroiwa, ma non mi dispiace
neanche un po’ a dirla tutta. E’ un po’
introspettivo forse, e… Non sono
riuscita a trattenermi nel scrivere ancora qualche piccola scena
dedicata
all’HikaRushe; sono troppo belli per essere veri!! (?)
<3
Volevo far notare a chi è poco dotato di spirito
d’adattamento (?) che le parti
in corsivo e in prima persona sono l’incubo di Yuuto.
E’ al presente e
raccontato personalmente da lui, perché farlo in terza
persona mi sembrava
assurdo, e al passato mi riusciva strano pensarlo. A chi capita di
sognare al
passato? Si sogna e basta, e così ho pensato di riportare
semplicemente quello
che avvertiva Yuuto nel sogno, tutto qui ^^”
Comunque non preoccupatevi, voi che non siete soddisfatti da questo
capitolo,
perché nel prossimo ho già in mente
più risate e più giochi – magari li
faccio
di nuovo giocare a calcio, vedo un po’ ^^”
– quindi… Beh, che dire? Mi sembra
di aver finito qui.
Ci si vede, a presto ragazzi! <3
Sissy-chan
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ; Misteri aspettando mezzogiorno... ***
Capitolo
9; Misteri aspettando mezzogiorno…
Yuuto si
svegliò, sbadigliando rumorosamente. Si
accorse subito di non essere solo nel letto, e se ne chiese il motivo.
In
verità, non ricordava nemmeno di essersi addormentato in un
letto.
Alzò le spalle, cominciando a capire che forse il corpicino
nel quale si
trovava non riusciva a reggere tutto quel tempo, e così
avrebbe dovuto
aspettarsi spesso di piombare addormentato nei momenti più
svariati della
giornata.
Guardò di fianco a sé il suo Comandate a occhi
chiusi; dormiva… Dormiva!
Yuuto
ridacchiò fra sé e sé, cercando fra i
suoi ricordi un momento in cui avesse
visto Kageyama dormire. Non lo trovò e questo lo fece
sorridere.
Si districò facilmente dall’abbraccio caldo
dell’uomo e delle coperte, e quando
si ritrovò in piedi si rese conto di indossare ancora il
maglioncino azzurro
dell’altra sera.
Corse allora a cambiarsi, e notò con una certa soddisfazione
e immenso stupore
che i segni che martoriavano il suo corpo erano già in parte
scomparsi, e
quegli aloni di sangue scuro erano solo un orribile ricordo. Non fece
caso a
che ora fosse, e si fiondò di sotto, rischiando
più volte di rotolare dalle
scale.
Quando fu davanti alla porta della cucina, fece attenzione a non
spalancarla come
l’altra volta.
In quel frangente aveva fatto prendere un bello spavento ai padroni di
casa,
nonché suscitato la curiosità generale.
Questa volta, sarebbe
stato più
attento.
Così, aprendo molto lentamente la porta, riuscì a
ottenere uno spiraglio, una
fessura dalla quale spiare la situazione.
Quello che vide, se non si fosse
costretto a un contegno decoroso, l’avrebbe fatto saltellare
per tutta la casa
dalla felicità.
**
Hikaru porse a
Rushe la tazza fumante che emanava il
dolce profumo del latte e miele. Lei gli rispose con un sorriso
sprizzante di
luce, la stessa luce ovattata e chiara che traspariva dalla finestra
chiusa.
Nella casa regnava un silenzio addormentato, e loro due erano gli unici
in
piedi.
Avevano deciso in comune accordo di dormire insieme, quella notte.
Hikaru aveva
aperto il divano celeste che stava in un angolo della sua camera, e
l’aveva
avvicinato al suo letto: poi aveva insistito perché fosse
lui a dormire lì,
mentre la ragazzina avrebbe potuto benissimo dormire nel letto, di
sicuro più
comodo e confortante. Ma lei era stata testarda e non aveva voluto
accettare
una simile gentilezza, insistendo sul fatto che avrebbe dormito
benissimo anche
nel divanetto.
Alla fine, erano crollati l’uno dopo l’altra; non
riuscivano più a tenere gli
occhi aperti dalla stanchezza.
E il letto era rimasto in ordine, senza
neanche una piega.
Alla fine, forse Rushe aveva ragione:
il divano era senz’altro molto comodo.
Si erano
svegliati presto nonostante tutti i
pronostici, ed erano rimasti a chiacchierare in camera per un
po’. Poi i loro
stomachi li avevano interrotti, avvisandoli che avrebbero dovuto
mangiare
qualcosa o c’era il rischio di svegliare tutta la casa a
furia di brontolii.
E così, ridendo sommessamente, si erano preparati la
colazione.
Adesso erano soli in quell’ambiente caldo e rassicurante.
Hikaru guardava
incantato Rushe inzuppare i biscotti nel latte caldo e portarseli alla
bocca. I
suoi occhi brillavano, come sempre.
Il giovane dai capelli violetti avrebbe
potuto giurare di non aver mai visto occhi così belli. Un
verde scintillante
come erba appena spuntata, da amare.
Indossava una maglia bianca lunga fino alle ginocchia e delle calze di
lana a
scaldarle le gambe. Così vestita di bianco, con i capelli
arruffati e gli occhi
lucenti, sembrava un
angioletto appena sveglio.
Si riscosse dai suoi pensieri innamorati quando la ragazzina gli
sventolò una
mano davanti al viso: -Ehi Hikaru-chan?? Sei sveglio o dormi ancora?-
Hikaru sbatté qualche volta quegli occhioni grandi e scuri,
facendo ridacchiare
la compagna al suo fianco.
-No no! – si affrettò a riprendersi il giovane
scuotendo le mani – Sono
sveglio! Sono sveglio!-
Rushe sorrise ancora, e per un attimo Kageyama fu di nuovo sul punto di
perdersi nei meravigliosi occhi di lei, ma questa glielo
impedì.
Gli si
avvicinò lentamente al viso, mentre Hikaru arrossiva tutto
di botto.
Le loro labbra si sfiorarono in un contatto tanto veloce quanto
delicato, che
sapeva di latte e miele.
Poi Rushe, sempre ridacchiando, scosse il capo, e fu allora che anche
Hikaru
capì: si sfregarono il naso l’uno contro
l’altro. Era il loro modo di salutarsi
e dimostrare il loro affetto o rassicurarsi da quando erano bambini.
Fino
all’altra sera, non conoscevano altri modi per esprimere
all’altro la propria
amicizia.
E così facendo Rushe l’aveva rassicurato:
“Non è cambiato nulla
Hikaru, ci vogliamo bene e io sono felice.” Questo sembrano
dire i suoi occhi
ridenti e allegri.
Hikaru tirò un sospiro di sollievo, e facendo distrattamente
vagare lo sguardo
per la stanza, si accorse che la porta era socchiusa… E un
paio di occhi
vermigli che silenziosi spiavano la situazione…
Ritornò subito a concentrarsi su Rushe, sorridendo in modo
malizioso.
-Hikaru-kun? Che succede?- gli chiese lei ingenuamente.
Con un impercettibile movimento del capo, il ragazzo dai capelli
violetti le
fece notare che avevano compagnia: bastò uno sguardo
d’intesa, e i due
ragazzini sapevano di aver già vinto.
Si lanciarono subito contro la finestra, e sorrisero estasiati mimando
perfettamente stupore e meraviglia.
uuto che nel frattempo non si era accorto
di nulla, si incuriosì ma prudentemente non
lasciò la sua postazione.
Allora Rushe strizzò l’occhiolino a Hikaru, e
insieme esclamarono: -Oooohh!
La
neveee!!-
**
-Ah-ha! Ti
abbiamo beccato in fragrante, piccolo
monello!-
-Adesso devi fare la penitenza!-
-Ahahaahah!! NO! No no! Basta… Basta per favore…
Ahahahah!! No! Lasciatemi!
Lasc..!-
Yuuto era letteralmente nelle mani dei due ragazzini, che si stavano
divertendo
da matti.
Il piccolo appena sentite le esclamazioni di gioia riguardo la neve era
uscito
allo scoperto, e i due ragazzini l’avevano preso con le mani
nel sacco!
E
adesso si stavano prendendo una piccola vendetta per essere stati
spiati
impunemente…
-Il solletico NO! Basta, vi prego… Soffoco…!-
Kidou stava letteralmente rotolandosi per tutta la cucina, inseguito da
Hikaru
e Rushe che non gli concedevano un attimo di tregua.
Quando finalmente riuscì a rintanarsi sotto la panca dove
per quanto si
sforzassero i due ragazzini non riuscivano a prenderlo, riprese a
respirare
regolarmente.
Quando il rischio di soffocamento fu sventato, esclamò:
-Siete proprio perfidi
come vostro zio! Non vi pare una tortura estrema da fare a un bambino
piccolo e
carino come me?!-
-Veramente siamo noi le vittime…- gli fece notare Hikaru, di
cui Yuuto vedeva
solo i piedi scalzi nascosto com’era sotto la panca in legno.
-Ho sentito delle voci e mi sono avvicinato per sentire! Che
c’è di male?-
-C’è di male che ci stavi spiando!-
-E allora?! Sarebbe stato peggio se ci fosse stato qualcun altro no? E
poi
stavate facendo colazione, non c’è niente di
più naturale!-
-Sarà…- esalò il giovane Kageyama
-Ma non farlo mai più!- concluse Rushe con tono che,
osservò Yuuto, aveva un
che di dittatoriale e un poco spaventoso.
-Però siete carini…- mormorò Yuuto
dopo qualche istante di silenzio, mentre
strisciava fuori da sotto la panca. – Sì insomma,
avete feeling; se già
completate l’uno le parole dell’altra, siete sulla
buona strada per diventare…-
Kidou si fermò, cercando la parola adatta: purtroppo fece
l’amara scoperta che
il suo vocabolario era piuttosto ristretto considerando
l’età che dimostrava.
Sospirò, tirando fuori l’espressione
più adatta al contesto che possedeva - …
Ottimi amici. Se non qualcosa di più…-
E fece cadere il discorso mentre i due ragazzini erano diventati
improvvisamente rossi e avevano distolto lo sguardo.
A quel punto Yuuto decise che era arrivato anche per lui il momento di
fare
colazione.
Così, si posizionò sul suo sgabello e
cominciò a spilluzzicare biscotti nel
succo d’arancia, mentre si faceva raccontare qualcosa su
Fideo da Rushe e su
Endou e Haruna da Hikaru.
Ahimè i ragazzini non avevano tutte le informazioni che
Yuuto aveva sperato di
ottenere, ma fu felice di ricevere tutte notizie positive.
A un certo punto, Rushe se ne saltò fuori con una
curiosità che Kidou aveva già
rimosso:
- Yuuto sai dov’è lo zio adesso?-
Nonostante non ci pensasse già più, il bambino
non si fece trovare impreparato:
sorrise come non ricordava di saper più fare, e
assottigliò gli occhi rubizzi a
due fessure.
Si formò una fossetta a lato della bocca, adorabile e
spaventosa allo stesso
tempo, mentre la sua voce maliziosa uscì tagliente e
provocante: -Dorme…!-
Scoppiarono tutti e tre a ridere, stupiti dalla serietà e
arroganza che era
riuscito a inscenare il piccolo.
-Sei un po’ sadico a mio parere…-
osservò Rushe mentre ancora rideva
-No…- s’impettì Yuuto fingendosi offeso
ma onorato al tempo stesso
dall’osservazione della giovane – Ho avuto un
ottimo insegnante, tutto qui…-
Lasciò cadere la frase nel vuoto, con stizza ed eleganza.
-Wow! Sei proprio bravo!-
-Te l’ho detto: io imparo in fretta, ma è da
riconoscere che ho avuto un sensei
unico nel suo genere.-
Fece una pausa facendo calare un silenzio teatrale nella stanza,
dopodiché
sussurrò: - E adesso, chi salta nel lettone con me?-
**
-E
uno… E due… E TRE!! BUONGIORNO!!-
PATAPUM!
-Ohi-ohi-ohi… Ma che diavolo…?!-
Un attimo prima si trovava nel mondo dei sogni, e un attimo
dopo… PUM! … A
rabattarsi sul pavimento fra le coperte.
Kageyama tirò un sospiro, cercando con
lo sguardo un punto stabile per rimettersi in piedi senza inciampare
nel
piumone mentre i ragazzini ridevano a tutto spiano.
-Oji-san! Ti abbiamo spaventato?-
-Bah! Diciamo che ho avuto risvegli migliori…-
-Ma allora dorme anche lei Comandante?! Da non crederci…
Quando mi sono
svegliato e l’ho vista con gli occhi chiusi, non pensavo che
facesse sul
serio…!-
-E come avrei dovuto fare? Per finta?! Come facevi tu prima delle
partite così
poi non ti reggevi in piedi?!-
Yuuto arrossì di botto, e con voce claudicante
esclamò: -Mi sembra che stiamo
andando fuori tema…-
Kageyama dal canto suo assottigliò lo sguardo, arricciando
le labbra: -Già.-
Poi, come colto da un pensiero improvviso, fece per rincarare la dose
contro
Yuuto – Ehi senti un po’… Tu che sei il
più grande, avresti dovuto fermare
queste pesti e le loro idee malsane riguardo il mio sonno!-
Ma Kidou aveva
già la battuta pronta.
A guardarli da lontano, sembrava che seguissero un copione da quanto
erano
coordinati i loro botta-e-risposta.
-Ah non guardi me! Se l’è già
dimenticato?! Sono il più piccolo fra tutti, che
potevo fare? La colpa è di Fideo, che dorme come un sasso di
là e non si è
accorto di nulla!-
Kageyama lo guardò malissimo
ma Yuuto
in quel momento tirò fuori la sua carta vincente:
sfoderò uno sguardo da
cucciolo smarrito e abbandonato, e con quegli occhioni sgargianti e
purpurei
mosse qualche passo verso l’uomo tenendo le mani in avanti:
-Braccio…- sussurrò
con fare tenero e affettuoso.
Kageyama scosse la testa, mentre Rushe e Hikaru rischiavano
l’epistassi; poi
prese in braccio il bimbo, caricandoselo sulle spalle: -Ma guarda te
che razza
di bambino sadico che mi ritrovo…-
-Sono mortificato Soushi
– enfatizzò
Yuuto con un tono che lo faceva sembrare tutto fuorché
dispiaciuto – Ma me l’ha
detto lei che non devo sforzare le gambe. Per questo penso che dovremo
fare
questo sforzo enorme per tenermi sempre in braccio.- concluse con tono
rammaricato.
-Dovremo?- alluse allora
l’uomo che
intanto era arrivato insieme ai ragazzi in salotto.
-Certo! Pensa che sia una fatica solo per lei?! Anche per me
è dura farmi
sempre portare ovunque, che crede?- ribadì il piccolo con
malizia.
-Avete fatto colazione ragazzi?- cambiò bruscamente
argomento Kageyama che
sembrava già stanco di quel buffo dibattito con Yuuto.
-Sì sì!- esclamò raggiante Rushe, per
poi avvicinarsi all’uomo e tirarlo per la
manica della giacca che aveva indosso dalla sera scorsa. –
Zio ti prego ti
prego! Possiamo uscire a giocare? C’è la neve
fuori!-
Reiji si lasciò sfuggire un sorriso mentre con lo sguardo
cercava la
finestra: - Certo,
basta che vi coprite
bene.-
-Certo zio grazie!- Hikaru seguito da Rushe si fiondò subito
in camera per
prepararsi all’uscita in giardino.
-Posso andare anch’io?-
Kageyama si fermò un attimo a riflettere. E in
quell’attimo decise di far
tornare a galla la sua vena sadica e molto, molto cattiva
a detta di alcuni.
-Ovviamente no Yuu-chan. Hai detto giustamente che sei ancora debole e
che devo
tenerti in braccio. Quindi considerando che io devo ancora fare
colazione,
togliermi questi vestiti e svegliare quel furbacchione di Ardena che sveglio com’è è rimasto a dormire…
Penso che dovrai aspettarmi per andare a
giocare con la neve.-
E si godette gli sbuffi contrariati e insoddisfatti del bimbo che non
ottennero
alcun risultato se non quello di farlo sentire ancora più
soddisfatto della sua
piccola vendetta.
-Okay va bene… Questa me la dovevo aspettare. –
Alla fine Yuuto si arrese, e
attese che Kageyama facesse colazione.
Mentre l’uomo sorseggiava il caffè guardando fuori
dalla finestra i piccoli
fiocchi cadere dal cielo coperto di nuvole, Kidou sbriciolava un
biscotto
sfregandoselo fra le dita. Quando ebbe finito il suo lavoro di
disintegramento
del frollino, rivolse la propria attenzione al padrone di casa: - Mi
dica un
po’ allenatore… Quando andiamo alla Resistenza?-
Per poco Kageyama non si rovesciò tutta la tazza di
caffelatte ustionante
addosso.
Il piccolo ridacchiò appena, ma quando l’uomo si
portò di nuovo la tazza alle
labbra la sua risposta lo congelò sul posto. –
Anche domani se vuoi.-
Sbatté qualche volta gli occhi scarlatti, mentre le parole
dell’allenatore gli
risuonavano ancora nelle orecchie: -Lei…-
-Sono vecchio Yuuto ma non sono ancora del tutto cieco. Ho visto che
stai
meglio, e ne sono sinceramente sollevato. -
Il tono atono con cui pronunciò queste parole
suonò a Kidou molto ipocrita, ma
poi gli tornarono in mente tutte le attenzioni e le cure che gli aveva
dedicato
in quei due giorni, e sorrise.
Infondo, era questo il Kageyama che conosceva lui. Il suo
Comandante…
Si lanciò ad abbracciarlo, e Reiji per niente preso alla
sprovvista sorrise
sotto i baffi bianchi accarezzando le ciocche castane del piccolo.
Poi appoggiò la tazza sul tavolo, ancora mezza piena, e
sussurrò all’orecchio
del bimbo: -Lo sai che
giorno è oggi?-
Yuuto alzò di scatto la testa, corrucciando lo sguardo alla
ricerca
dell’informazione nei suoi ricordi.
Non fece in tempo a rispondere che sulla porta della cucina si
materializzò un
Fideo ancora mezzo addormentato, con la bocca impastata di sonno e
sbadigli. I
capelli castani erano tutti arruffati e annodati, così come
il pigiama caldo
tutto spiegazzato. Strizzava gli occhi continuamente, cercando di
abituarsi
alla luce soffusa dell’ambiente.
-Buongiorno bell’addormentato! Hai dormito bene?-
salutò il padrone di casa
alzandosi in piedi per preparare il caffè anche per il
ragazzo.
-Non so che razza di letti hai tu in casa allenatore, ma qui si dorme
sempre
ch’è ‘na meraviglia…-
sbadigliò ancora Fideo, sedendosi su una sedia. -I ragazzi
non sono dello stesso avviso. Penso che abbiano dormito sì e
no un paio d’ore…-
-Davvero?- esclamò Kageyama porgendogli la tazza fumante
– Conoscendoli,
saranno stati a parlare tutto il tempo… Dimmi un
po’, com’è andata ieri la
serata? Erano belli i fuochi? Il piccolo qua ha deciso che erano uno
spettacolo
non degno della sua attenzione e così ha deciso bene di
addormentarsi in
piedi…!-
**
Passò il
tempo, e si fece quasi ora di pranzo.
Fideo, Hikaru
e Rushe erano fuori a giocare con la neve, Kageyama era uscito a
non si sa bene fare cosa, e così Yuuto era rimasto confinato
in casa.
Stava
guardando fuori dalla finestra cercando inutilmente di immaginarsi la
Resistenza.
Nella sua
mente apparivano un gruppo di individui incappucciati - magari
vestiti di giallo, per dare meno nell’occhio…!-
che si riunivano sulla cima di
alcuni monti, oppure da qualche parte nei boschi intorno al monte
Fuiji, oppure
in una base segreta sotto terra…
Ma tutte
quelle riflessioni non lo portavano da nessuna parte, e lo facevano
soltanto
ridere.
Inoltre,
c’era stato quel “-Lo sai che giorno è
oggi?-“ che proprio non
riusciva a capire.
Che giorno
era? Cos’aveva di così speciale?
Immerso in
riflessioni del genere guardava i fiocchi di neve infrangersi
dolcemente contro il vetro della finestra del salotto, quando
all’improvviso
sentì un telefono suonare.
Si
voltò di scatto e vide il cellulare di Kageyama appoggiato
sul divano
suonare con insistenza.
“Se
lo sarà dimenticato qui…”
pensò Yuuto avvicinandosi.
Di norma lui
non avrebbe avuto il permesso di rispondere, ma era anche vero che
in quel momento era l’unico in casa, e l’unico che
l’aveva sentito squillare.
Guardò
sul display, ma il numero non era registrato in rubrica.
In quel
momento maledisse l’incredibile memoria del suo allenatore
che gli
permetteva di non memorizzare nessun numero sul telefono
perché era in grado di
riconoscere da sé chi lo chiamava.
Ragionò
velocemente sul da farsi: se non avesse risposto, poi una volta che
Kageyama avrebbe visto la chiamata persa avrebbe potuto richiamare.
Ma se fosse
stata una chiamata urgente? Magari qualcosa collegato alla Resistenza?
Quella storia
lo incuriosiva troppo, e così non si fece più
problemi e accettò
la chiamata.
-Pronto?
– esclamò subito con enfasi.
Si maledisse
subito.
Non aveva
pensato a cosa dire. Chi era lui per rispondere a una chiamata di uno
sconosciuto?
Non avrebbe mai potuto fingersi Kageyama… In fondo, era un
ragazzino
scomparso dieci anni prima…! Chiunque fosse stato
dall’altra parte
dell’apparecchio non gli avrebbe mai creduto.
Optò
allora per la mossa più banale ma sicura.
-Chi
è che parla?-
Yuuto fu quasi
certo che quella fosse la voce di Hibiki. Decise che doveva essersi
sbagliato.
-Mi spiace,
Kageyama in questo momento non è in casa. La farò
richiamare appena
possibile. Arrivederci. – E chiuse.
“Brr…!”
Avvertì un brivido mentre sentì la porta alle sue
spalle spalancarsi.
D’istinto
lasciò cadere il cellulare sul divano, e dentro di
sé sperò che
chiunque fosse entrato non l’avesse visto con il telefono di
Kageyama in mano.
Per fortuna appena si voltò incontrò il viso
sorridente di Hikaru e tirò un
sospiro di sollievo.
-Dov’è
lo zio?-
-E’
uscito una mezz’oretta fa ma non ho capito
cos’andava a fare. Comunque ha
detto che tornava presto…-
-Bene!-
esclamò Rushe togliendosi gli stivali zuppi –
Allora ci conviene
prepararci così quando arriva…- e
lasciò la frase sospesa. Così, mentre il
piccolo Kidou la guardava con occhi spaesati, si scambiò uno
sguardo d’intesa
con Hikaru ed entrambi scoppiarono a ridere.
*Angolino
di titoli assurdi*
Shi
lo so.
Non guardatemi così *^*
Il titolo del capitolo è orrendo… Non mi veniva
in mente niente! -.-“
Di nuovo questo capitolo è stato un po’ poco
pepato… Ma che ci volete fare?!
Così sono già sette pagine, dovevo scrivere
ancora?! >.<
Mi è sembrato già troppo lungo, anche se avevo
ancora molto da scrivere…
Va boh, sarà per il prossimo capitolo ^^”
Intanto Kuroiwa ci ha lasciato un bell’indovinello:
“Sapete
che giorno è oggi?”
Si aprono le scommesse! Vediamo chi è che
indovina… *ç*
Io lo so! Io lo so!! ^^
Beneeeee… v.v
Allora scenette dell’HikaRushe molto carine come sempre,
anche se forse Hikaru
è un po’ banale. Dice sempre che gli occhi di
Rushe brillano, neh? xD
Beh, vi ricordate cos’ha detto Kageyama qualche capitolo fa?
“(…) era
buffissimo, diventava tutto rosso, gli
brillavano gli occhi e ripeteva sempre le stesse due frasi.”
Quindi,
è naturale che sia un po’
impacciato e ripetitivo, vi pare?? ^^”
Ehm… E’ il secondo giorno che buttano
giù dal letto il povero Kage-kun! x.x Mi
odierà per questo… Ma pace, penso che potrei pure
farmene una ragione! *u*
Ah, ad un certo punto Kidou si rivolge a Kageyama chiamandolo
“Soushi”; bene
per chi fosse carente in giapponese (?), sappiate che vuol dire
“Comandante”.
Per evitare fraintendimenti, ecco. ^^”
Vedo di togliere il disturbo adesso, perché non mi sembra
che ci sia nulla di
così importante da rubarvi altro tempo! *^*
Chi può recensisca, chi non può pace…!
Spero che a tutti il capitolo sia piaciuto!
Ci si sente, baby! <3
Sissy ^^
... Ah già, dimenticavo.
BUON
ANNO A TUTTI!! *coriandoli*
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ; Un compleanno innevato! ***
Capitolo
10; Un compleanno innevato!
Yuuto si diede
da fare
per aiutare i ragazzi a cambiarsi e asciugarsi.
-La neve è un vero spettacolo, adesso che è
appena caduta!- raccontavano Hikaru
e Rushe – Dopo pranzo torniamo fuori e questa volta vieni
anche tu Yuuto,
okay?-
-Beh sì… A me piacerebbe ma non so se
avrò il permesso…-
-Oh stai tranquillo! Sono sicuro anche lo zio verrà a
giocare dopo!-
Yuuto lo guardò con una faccia stranita, come se avesse
detto che da un momento
all’altro sarebbero apparse delle lumache da corsa.
–Dai non scherzare…- cercò
di schermirsi, ma Hikaru gli sorrise con tanta naturalezza che quasi lo
spaventò – Mica scherzo io! E’ stato mio
zio a insegnarmi a fare i pupazzi di
neve!-
-Ti ricordi Hikaru-chan? Di quando eravamo bambini?-
-Oh certo! Ci faceva le piste e poi scendevamo insieme fino a valle!
Sul monte
Fuiji deve essere bellissimo adesso!-
Yuuto teneva la bocca tanto aperta che pareva volersene andare per
conto
proprio, staccandosi dal volto. Gli occhi erano enormi, spalancati
dallo
stupore.
-Mamma mia…- si tenne la testa fra le mani, cercando
inutilmente di immaginarsi
le scene che raccontavano i due ragazzini, soprattutto le parti in cui
Kageyama
slittava sulla neve dalla cima del vulcano spento fuori
città. – Credo di essermi
perso qualcosa…-
-Vieni Yuu-kun!- Rushe lo prese in braccio, interrompendo bruscamente
una
partita di palle di neve immaginaria in giardino –
Ché adesso ti facciamo
bello…!-
Qualcosa nel tono della ragazzina, o nel fatto che Hikaru le venne
dietro, o
nella risata di Fideo alle loro spalle lo spaventò. Molto.
Quando
riuscì a mettere
piede fuori da quella stanza, si convinse che da quel momento sarebbe
stato invulnerabile
a ogni apocalisse che si sarebbe verificata.
In fondo, era riuscito a
sopravvivere alla smania artistica di due adolescenti che volevano
sottoporlo ad
un intero trattamento intensivo di bellezza!
Per quella giornata, era fin troppo… E le sorprese non erano
finite; anzi, a
ben pensarci, la festa non era nemmeno iniziata!
Nonostante tutto, guardandosi allo specchio, per un attimo volle pure
complimentarsi con i ragazzi.
Poi si ricordò che inizialmente avevano voluto
metterlo in smoking e truccarlo come un pinguino, e si
rimangiò tutte le belle
parole che si era già preparato.
Aveva addosso una camicetta a pois –
terrificante a detta di Yuuto – di cui spuntava solo il
colletto e i polsi;
infatti sopra portava un maglioncino rosso e dei jeans lunghi e caldi
di un
color cenere, un grigio impalpabile. Gli occhi grandi perennemente in
vista –
il che turbava un poco il piccolo, che non era più abituato
a guardarsi intorno
senza i suoi occhialini – e i piedi scalzi che
però non si notavano a causa della
lunghezza dei pantaloni.
Tutto sommato, era carino, sì. Non capiva però
perché aveva dovuto cambiarsi…
Di colpo gli tornarono in mente quelle parole “-Lo sai che giorno
è oggi?-“
Possibile che non gli venisse in mente niente?! Aveva la testa
completamente
svuotata, non riusciva a capire cosa avesse voluto intendere Kageyama
con
quella frase.
Scosse il capo, cercando di ricacciare indietro il pensiero. Quando
sarebbe
tornato gliel’avrebbe chiesto direttamente e avrebbe fatto
luce sulla
questione.
**
-Fatemi
indovinare cosa
c’è oggi per pranzo…- sorrise sornione
Yuuto quando vide anche i ragazzi
spuntare dalla camera vestiti di tutto punto – …
Riso?- concluse con arroganza.
-No.- rispose Rushe con un sorriso dolcissimo che lasciò
l’amaro in bocca a
Kidou – Veramente non lo sappiamo neanche noi
perché ha fatto tutto lo zio. Ma
credo proprio che non sia riso…-
-Ragazziii! E’ pronta la tavola?-
-Oji-san!- salutarono i due ragazzini fiondandosi contro
l’alta figura comparsa
sulla porta quasi completamente ricoperta di neve – Sembri un
pupazzo di neve!-
-Beh i capelli bianchi aiutano…- sorrise l’uomo
scrollandosi di dosso quanta
più neve possibile.
Yuuto osservava la scena un po’ in disparte, in silenzio.
Una strana sensazione
l’aveva travolto, una sensazione di… vuoto. Un
grande vuoto al centro del
petto.
Si era sentito improvvisamente solo, come un estraneo che guarda da
fuori la felicità di qualcun altro e che sa di non poterne
fare parte.
Deglutì a vuoto, cercando di trattenere le lacrime.
Era sempre stato bravo a mascherare i suoi sentimenti, e anche questa
volta non
fu da meno.
Represse i singhiozzi e un sorriso, seppur dannatamente forzato e
falso, si
dipinse sul suo volto.
Perché si sentiva così adesso? Cosa gli prendeva?
Erano tutti così felici,
perché ora gli veniva da piangere? Andava tutto bene, no?
E perché Kageyama non veniva a salutarlo? Perché
continuava a ridere, lì, a
pochi passi da lui, ignorandolo così?
Non le vedeva, le lacrime che veloci già
scivolavano lungo le sue guance graffiate, e marce?
Si guardò le mani, e represse un urlo di terrore: le lacrime
si infrangevano
fra le sue dita putride e raggrinzite, ed erano rosse. Rosse come il sangue.
Il
suo corpo era flaccido, si piegava su se stesso, debole, senza forze, morto.
Urlava, si dimenava, chiamava, piangeva. E intanto lì, praticamente di fianco,
Kageyama,
Hikaru e Rushe continuavano a ridere…
Si
svegliò urlando come
un matto. Subito Fideo fu da lui, accorso dalla cucina. Lo strinse
forte contro
il petto, cercando di calmarlo con delle carezze sulla schiena e delle
frasi
appena sussurrate.
Non era come essere abbracciati da Kageyama, ma Yuuto riuscì
lo stesso a calmarsi.
Fideo aveva un tocco molto leggero e delicato, come se
temesse che accarezzandolo troppo sarebbe scoppiato di nuovo a
piangere, e gli
parlava con dolcezza, mormorando parole che Kidou non traduceva
chiaramente, ma
di cui sentiva l’affettuosità che gli faceva bene.
Yuuto sfregò gli occhi ancora appannati di lacrime contro il
petto caldo del
ragazzo, e si sentì meglio.
Aveva un profumo molto buono, anche se non riusciva
a riconoscerlo. Magari non l’aveva mai sentito, oppure era
semplicemente troppo
confuso per pensare ad altro.
Faceva sempre dei sogni orribili da quel che ricordava: al Fifth Sector
ne
faceva a ogni ora, adesso invece che era uscito da quel posto terribile
e si
trovava al sicuro erano drasticamente calati.
Ma quando si assopiva, non
riusciva a impedirsi di sognare situazioni spaventose. La cosa
terribile era
che erano realistiche, troppo realistiche.
Yuuto scosse la testa, per poi alzarla e esalare un
“Arigatou…” appena
sussurrato.
Ardena sorrise e in quei grandi occhi celesti Kidou percepì
affetto, non pena.
Questo gli fece ritornare il buon umore; essendo bambino la sua mente
era molto
più volubile di quello che avrebbe mai immaginato, e si
ritrovò a sorridere
senza neanche rendersene conto.
Intanto erano arrivati anche i due ragazzini: -Abbiamo sentito Yuuto
urlare! E’
successo qualcosa? Ti sei fatto male?-
Il bimbo scosse il capo, mentre Fideo fece un cenno che sembrava dire
“Tutto a
posto, niente di grave.”
I due allora tirarono un sospiro di sollievo, e Kidou guardò
riconoscente il
venticinquenne che per tutta risposta sorrise dandogli un buffetto
sulla
guancia.
In quel frangente, tornò anche Kageyama.
Yuuto si voltò subito verso la porta: entrò
proprio come l’aveva sognato, quasi
completamente sommerso di neve e con il sorriso sulle labbra.
A quella vista
tutti scoppiarono a ridere, e Kageyama sbuffò: -Guarda un
po’ te… Che qui tutti
ridono e nessuno che voglia aiutare questo pover uomo che ha affrontato
una
tempesta…!-
-Adesso esageri zio! Noi siamo usciti e non scendeva così
forte la neve! Sarai
caduto dentro un cumulo di neve per essere ridotto così,
piuttosto!-
-Bada a te giovanotto, che quando siamo soli ti pentirai delle tue
parole!-
-Ohi-ohi…! Faresti bene a fare attenzione Hikaru, lo zio
quando si arrabbia è
una furia…-
-Ma Rushe! Che dici?! Quando l’avresti visto tu, arrabbiato?!
Quando ci sei tu
è sempre così carino e dolce!-
-Ti ho detto bada a come parli,
nipotino mio adorato, perché neanche tu mi hai mai visto
arrabbiato…-
A quel punto si fece avanti Yuuto : -Io sì che
l’ho visto arrabbiato minna, e vi
conviene fare attenzione a non giocare troppo con il fuoco…!-
-Per te è lo stesso discorso…- Ma qualcosa nel
tono di voce dell’uomo era
cambiato, si era fatto più dolce e meno minaccioso
– Ma lasciamo perdere. Te
che sei tanto vestito bene attento a non sporcarti quando apri
questa…- e gli
posò fra le manine una di quelle confezioni di carta bianca
della pasticceria,
che incuriosì non poco il bambino.
-Comandante che c’è qua dentro?-
-Come?!- Kageyama lo guardò enormemente stupito, mentre si
toglieva la giacca –
Non te lo ricordi più? – fece un’altra
pausa, strofinandosi le mani e
strizzandogli l’occhiolino – Che compleanno è
senza neanche una torta?!-
**
-Ma dico io come
si fa
a dimenticarsi del proprio compleanno?!-
Hikaru si portò alla bocca una mega forchettata di
spaghetti, con
un’espressione meravigliata dipinta sul volto. Kageyama
inarcò un sopracciglio
guardandolo malissimo, ma non disse nulla.
Yuuto dal canto suo aveva due cose importanti da dire al padrone di
casa, ed
era indeciso su come iniziare
il
discorso… Era davvero troppo incuriosito, ma non voleva
sembrare uno
sprovveduto…
Così decise di rispondere a Hikaru, e si sarebbe fatto
guidare dal
suo istinto.
Sperava solo di avere ancora un po’ di buonsenso; quella
mente da
bambino lo spaventava, avrebbe potuto dire qualsiasi cosa
–anche assai fuori
luogo – senza rendersene conto, e non sarebbe stato molto
carino…
Si portò una mano dietro la nuca, arrossendo lievemente:
-Kageyama-san mi aveva
detto qualcosa ma sono successe tante di quelle cose tutte insieme che
io…
Ecco, proprio l’ultima cosa che pensavo era il mio
compleanno!-
Sorrise lievemente, e si schizzò il nasino con uno spruzzo
di sugo.
Si leccò le labbra godendosi il sapore salato che rimaneva
sul palato, poi si
fece improvvisamente serio e abbassato il capo sussurrò:
-Comandante…-
A quel mormorio tutti i presenti si voltarono verso Yuuto, quasi
spaventati
dall’improvviso cambio d’umore del piccolo: quel
bambino era pressoché
imprevedibile!
E difatti Kidou aveva pronto per loro una domanda veramente insolita:
-Comandante…
Davvero fa
i pupazzi di neve?-
Qualcosa nel tono quasi supplichevole di Yuuto fece arrossire di botto
Kageyama
e scoppiare a ridere i ragazzi; dopodiché, il padrone di
casa li stupì quasi
quanto era stato capace di fare Yuuto.
Si sbatté una mano contro la fronte, mimando un moto di
disperazione e mormorò
in tono crescente: -Hikaru…! Kidou è forse
l’unico che ancora mi considera una
persona decorosa e con una reputazione dignitosa! Cosa gli vai a
raccontare?!-
Questa volta fu il bambino a ridere di gusto; questo Kageyama gli
piaceva. Era
strano, ma gli piaceva. Era senz’altro più sereno,
ed era rimasto lo stesso.
Inforchettò un altro paio di spaghetti al sugo,
l’aroma salato e delicato delle
vongole a insaporire la sua lingua veloce.
-Oji-san! Guarda che non è colpa mia se sei cambiato un
sacco in questi anni! –
fece una pausa il giovane Hikaru, e assestò allo zio una
leggera gomitata –
Però, devi ammettere che quella volta che vi siete messi tu
e Hibiki-san a
giocare a carte hai proprio toccato il fondo!-
-Se non la smetti…!-
sibilò l’uomo
vestito di celeste prima di dedicargli uno dei sorrisi più crudeli che avesse mai fatto, mentre
Yuuto non sapeva se rotolarsi
per terra dalle risate o strabuzzare gli occhi fino a far schizzare
fuori le
orbite.
Era abbastanza scioccante come rivelazione, in effetti… Ma
quella era proprio
l’occasione che aspettava.
-A proposito… - esordì appunto il piccolo, e
Kageyama gli dedicò tutta la sua
attenzione ben contento di cambiare argomento – Ha ricevuto
una chiamata
un’oretta fa.-
Il bimbo deglutì a vuoto, cercando di prendere tempo mentre
l’allenatore lo
squadrava con circospezione – Io… Mi è
parso che fosse Hibiki-san, ma…-
-Hai risposto?!- fu l’esclamazione stizzita di Kageyama che
dovette trattenersi
per non alzarsi dalla sedia dalla sorpresa.
Yuuto deglutì ancora, annuendo impercettibilmente e
rimanendo a capo chino,
senza sapere che reazione aspettarsi.
Seguirono secondi di silenzio, poi una risata serena.
Il piccolo alzò di scatto la testa, sorpreso. Non aveva mai
sentito Kageyama
ridere così.
-Beh, conoscendolo avrebbe potuto scambiarti anche per Hikaru, e
comunque non
penserà mai a te, non ho ancora detto niente a nessuno. A
meno che tu non abbia
fatto al posto mio…!-
-N-Non lo farei mai…- sussurrò il piccolo con
voce che ancora tradiva la sua
preoccupazione; ma scrollò subito la testa e di nuovo
sorridente chiese –
Nessuno sa che sono qui…?-
-Meno persone lo sanno meglio è, fidati piccolo. –
rispose Hikaru al posto
dello zio, che si limitò ad annuire portandosi alle labbra
il bicchiere pieno
di acqua frizzante – Ci sono in giro molte spie del Fifth
Sector, e bisogna
diffidare da… Praticamente chiunque! Il lavoro dei ribelli
è molto difficile,
in effetti, ma noi della Raimon stiamo facendo del nostro meglio! E i
membri
della Resistenza ci sostengono… Vedrai, riusciremo a vincere
l’Holy Road e
faremo tornare il calcio!- concluse con gli occhi scintillanti di
orgoglio e
determinazione.
Yuuto sorrise senza accorgersene, e nello sguardo di Hikaru rivide lui
e i suoi
compagni quando erano ancora una squadra… Dieci anni
prima…! Incredibile a
pensarci!
Nel frattempo avevano finito di mangiare, e i ragazzini insistettero
per
sparecchiare.
Yuuto sedeva mascherando bene la propria emozione; beh, era un
compleanno molto strano e senz’altro pieno di sorprese.
Hikaru e Rushe ad un certo punto sparirono e d’un tratto si
spensero anche le
luci.
Kidou rimase al buio, seduto e composto: non vedeva
pressoché nulla.
Si
intravedeva la strada al di là del giardino, verso la
finestra, illuminata
dalla luce opaca dei lampioni che erano rimasti accesi per la poca luce
del
giorno. Continuava a nevicare, di questo ne era certo.
Sentiva ancora sul
palato il calore saporito della pasta, e sinceramente non sapeva
proprio come
avrebbe dovuto reagire.
Lo spaventava un poco quella situazione così ovattata e
piena d’attesa.
D’un tratto, sentì una, no due voci alle sue
spalle cantilenare allegramente:
-Tanti auguri a te! Tanti auguri a te!-
La porta si spalancò e apparvero Hikaru e Rushe che
reggevano una torta con
entrambe le mani, sul volto dipinti due sorrisi raggianti e una leggera
acquolina se per caso i loro sguardi cadevano sul dolce. –
Tanti auguri a
Yuuto! Tanti auguri a te!-
Senza che riuscisse bene a metabolizzare il tutto, gli posizionarono
davanti la
torta rettangolare.
Yuuto la squadrò con un sorriso lieto ma confuso appeso
sulle labbra: avrebbe potuto infilarci tutto il viso dentro, era lunga
quanto
uno suo braccio e emanava un profumo buonissimo.
Sembrava squisita, ma
soprattutto gli sembrava veramente grandissima.
“Probabilmente è il mio punto di vista anche
perché,” si ritrovò a considerare
“con la memoria di un bambino che mi ritrovo non mi pare di
aver mai visto una
torta in vita mia…!
E’ particolare questa cosa, in effetti: una parte di me sa
perfettamente che ho
festeggiato i miei compleanni fino ai quattordici anni, ma di fatto
adesso il
mio corpo è tornato indietro a quando ne avevo quattro o
cinque, e a
quell’epoca ero all’orfanotrofio. Una torta del
genere la potevo solo vedere in
televisione! Quindi sono un po’ in contrasto con le mie
memorie, in questo
momento…”
Per fortuna intervenne Kageyama a riscuoterlo dai suoi pensieri con una
delle
sue; mentre Rushe gli passava una mano davanti agli occhi –
Yuuto!? Ti sei
incantato? – lui lo richiamò enfatizzando: - Oh!
Ci siamo dimenticati una cosa!-
I ragazzi si voltarono verso lo zio, e Hikaru lanciato uno sguardo
sulla torta
esclamò concitato: -Sicuro! Mancano le candeline!-
Kageyama sorrise candidamente nel
vedere Yuuto scattare subito sull’attenti e concentrarsi su
quanto aveva detto
– Sì ma… Quante ne mettiamo?-
Intanto Reiji stava tirando fuori da un sacchetto delle candeline
argentate,
posizionandole sulla torta: -Hai l’imbarazzo della scelta
Yuu-kun! Ne vuoi
soffiare cinque, quindici o venticinque? Non tutti hanno questa
possibilità,
eh?!-
Il piccolo lo guardò sorridente, ma non disse nulla; stava
cominciando a capire
come si giocava, ma preferiva procedere lentamente invece che lanciarsi
con
impeto: se ci fosse stato un muro davanti a sé, avrebbe
potuto accorgersene ed
evitare di andarci a sbattere contro. –Come
l’imbarazzo della scelta?-
-Beh - affermò Kageyama
dedicandogli un sorriso
complice – Il tuo corpo dice cinque anni, la tua memoria
quindici e la tua
carta d’identità venticinque; a chi diamo retta?-
I ragazzi risero, mentre con movimenti repentini ed invisibili
sfioravano le
nuvolette di panna per poi portarsi le dita alla bocca per un secondo
di deliziosa
delizia.
**
Nel
pomeriggio si
decise di comune accordo di uscire in giardino a giocare sulla neve
appena
caduta.
Prima però, Yuuto decise saggiamente di ritirarsi per
qualche ora di
riposo: non voleva finire come il giorno prima a cascare addormentato
senza
neanche accorgersene!
Quando
si ridestò, trovò i ragazzi già fuori
a giocare. Tutto entusiasmato e in
forze, si fece imbacuccare come un eschimese e finalmente
riuscì ad uscire.
Sentì
subito una folata d’aria gelida attraversare la sciarpa beige
che gli
copriva la bocca e il naso, e si sentì stranamente
entusiasmato.
Da un lato
avrebbe voluto mantenere un contegno, ma c’era una parte di
lui, innocente e terribilmente
infantile, che non
resisteva all’impulso del gioco.
Il
suo trionfale ingresso nel giardino fu un capitombolo
d’eccezione; appena
mosso un passo crollò in un cumulo di neve fresca,
provò a rialzarsi ottenendo
il solo risultato di rotolare per mezzo metro buono e rimettersi in
piedi con
una capriola. Quando riuscì finalmente a ritrovare un
equilibrio, si rese conto
di essere nel bel mezzo di un campo di battaglia, o almeno questa fu la
sua
prima impressione.
La neve morbida sotto i suoi scarponcini era tutta
calpestata e inzaccherata, e volavano palle di neve in ogni direzione.
Si
accucciò, e senza neanche accorgersene si ritrovò
a rotolare nuovamente laddove
c’era più calma.
Si
tolse di dosso i residui della neve fredda, e guardò in
alto: si trovava
sotto un albero altissimo, probabilmente un pino, o un abete, tutto
addobbato
con luci e nastri colorati.
I rami verdi sembravano sul punto di cedere dal
peso della neve candida che si era adagiata ovunque in quella notte.
Mentre
ancora la sua attenzione era sul grande albero illuminato a festa si
sentì sollevare per la vita e in un attimo raggiunse un ramo
innevato.
Senza
trattenere le risate sfiorò quella fronda ricoperta di neve
e la strinse fra i
guanti. Sentì un brivido di freddo, e quando la neve si
sciolse sul suo palmo
caldo spalancò gli occhi dalla sorpresa.
-Kageyama-san
le piace la neve?- le sue parole gli arrivarono alle orecchie
chiare e cristalline così com’erano uscite dalla
sua bocca senza che se ne
fosse accorto.
-Mi
piaci tu quando ci giochi.-
Con
immenso stupore avvertì il suo allenatore chiudere di scatto
le gambe e
insieme atterrarono sulla distesa bianca.
Kageyama era a gambe incrociate
davanti a lui, e senza perdere un sorriso che Yuuto non era abituato a
sentire
su di sé, mostrò da dietro la schiena secchiello
e paletta.
Kidou
li afferrò titubante, ma per qualche motivo che lui non
capiva appieno
non riusciva a smettere di sorridere.
Gli sembrava una cosa incredibile e
assurda, eppure in poco tempo si ritrovò a tracciare un
percorso nella neve per
le biglie che percorreva un buon tratto di giardino insieme a Kageyama.
Appena
i ragazzi videro cosa stavano facendo, accorsero anche loro
interrompendo la
battaglia a palle di neve.
Quando Fideo uscì, ignaro di tutto, e calpestò un
tratto della loro pista, per punizione Rushe e Hikaru decisero di farci
un
pupazzo di neve.
All’inizio
Yuuto era abbastanza scettico alla cosa, ma dovette ammettere che
ricoprire di neve una persona fino a che diventava blu dal freddo e non
gli si
vedevano più le gambe da quanto era sommerso dalla neve
aveva il suo charme.
Poi
ovviamente accorse Kageyama che interruppe la penitenza afflitta al
povero
Ardena e lo portò a scaldarsi; intanto i bambini lanciavano
le biglie e le
inseguivano nella loro corsa intorno al giardino.
Una
calda cioccolata li convinse a rientrare, che già si era
fatta sera.
Erano
le cinque passate, ma essendo le giornate molto brevi, il sole calava
silenzioso donando un po’ di colore a quel cielo grigio e
pieno di nuvole.
Fu
mentre sorseggiavano la dolcissima bevanda che Kageyama ricevette una
chiamata e si allontanò dalla cucina per rispondere.
Sul
momento Yuuto non ci fece molto caso e continuò a ridere con
Hikaru e
Rushe; non avrebbe potuto immaginare che da quella chiamata la sua
avventura
nel futuro avrebbe subito una nuova ed entusiasmante svolta…
*Angolino
della neve*
*spunta
da un cumulo di neve*
Ma
chi si rivede! E’ proprio vero che il mondo è
piccolo e storto (?)
Diciamocelo:
questa long è uno spettacolo! *ç*
Dai,
ditemi chi si aspettava il compleanno di Yuu-chan? ^^”
Lo
so, sono piena di idee geniali! *^*
Comunque,
seriamente, a me è sembrata un’idea carina; un
diversivo originale
per metterci un altro capitolo, no? *ç*
Io
non voglio che Yuuto vada via da questa casa…
ç.ç
Ignoratemi
vi prego *^*
Volevo
parlarvi dell’incubo che ha avuto Kidou all’inizio
del capitolo: ecco,
dovete sapere che il corpo di Yuuto è molto migliorato, ma
il piccolo ha subito
un trauma non da poco e quindi ha paura che possa ritornare in quella
situazione pietosa. E… L’abbandono. Io penso che
in condizioni del genere, deve
avere dentro di sé, magari anche inconsciamente, una paura
matta di essere
lasciato solo. Sì insomma, non ha più una
famiglia né una casa, è ricercato dal
Fifth Sector ed è tornato bambino! Vi pare poco? x.x
Come
ho fatto ed essere così perfida nei confronti di Yuu-chan?!
ç.ç
E
allora, in sintesi ho capito che mi piace scrivere degli incubi di
Kidou
e ho deciso di scrivervi questa piccola scenetta ^^”
Che
ne pensate della torta? Una bella sorpresa?
Mi
piace un sacco questo Kageyama più sereno ma che conserva la
sua ironia…
Quando si mette a giocare con Yuuto ho rischiato l’epistassi
– e pensare che
stavo scrivendo io! xD
Nel
prossimo capitolo vedremo chi ha chiamato Kuroiwa-san e
perché… Da come ho
lasciato intuire, non è un’informazione ignorabile
perché cambieranno le sorti
della storia. v.v
Shi
shi, mi piace mi piace! *ç*
Adesso
vado, ma ci risentiremo presto… Non dimenticatevi che io
sono qui, e vi
osservo… *^*
*si
trasforma in un pupazzo di neve (?)*
XDD
Kisses,
Sissy-chan
<3
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ; Alla Resistenza! ***
Capitolo
11; Alla Resistenza!
Nevicava.
Nevicava ancora.
Fuori dalla finestra, il paesaggio che si presentava era candido e
incantevole.
Fiocchi leggeri venivano sollevati dalla brezza che tirava e faceva
tremare i
rami spogli e freddi degli alberi, mentre gli abeti nel parco venivano
accarezzati dalla neve ghiacciata di prima mattina.
Il sole non era ancora sorto, solo alcuni tenui e audaci raggi
trafiggevano
l’orizzonte innevato, fingendo di illuminare il cielo ancora
assorto nelle
tenebre della notte.
Yuuto e Hikaru dormivano tranquilli e beati nel caldo del loro piumone,
il
ragazzino stringeva forte a sé il più piccolo che
sorridente iniziava a
svegliarsi.
Aveva sempre avuto questa stranissima abitudine: svegliarsi pochi
minuti prima
del suono della sveglia. Come se avesse paura che quel fischio atono
potesse
irritargli la giornata.
Stropicciando gli occhi inerti fece vagare lo sguardo sulla stanza, e
come una
folgorazione improvvisa, gli tornò in mente quella
sensazione che aveva provato
la prima volta che si era risvegliato in quella stanza, abbracciato da
Hikaru.
A differenza di quella esperienza, adesso con la mente più
tranquilla e
cosciente, si era reso conto del perché quella stanza in
particolare lo incuriosiva
così tanto. E se la ricordava così
bene…!
Come aveva fatto a non rendersene conto subito?
Quando era più piccolo… - ehm…!
Sì
insomma, poco dopo l’adozione… - era
capitato spesso che si fosse trovato
da solo in casa. Suo padre infatti, prima del suo arrivo, viveva per il
lavoro.
Sua moglie viaggiava molto e di conseguenza il signor Kidou passava
gran parte
dell’anno da solo in casa. Senza neanche dei bambini di cui
occuparsi, aveva
deciso di investire tutto il suo tempo lavorando.
Quando Yuuto venne adottato,
suo padre non aveva potuto allontanarsi in modo così brusco
dal lavoro; questo
procedimento aveva avuto bisogno di tempo.
Non molto in realtà, ma per poche
settimane che fossero, Yuuto di fatto era solo e Kageyama allora si era
preso
la responsabilità di portarselo a casa una volta finita la
scuola e gli
allenamenti di calcio.
Kidou ricordava benissimo quelle settimane; erano state le
più scombussolate in
assoluto di tutta la sua esperienza alla Teikoku, e anche le
più spassose. (nd
Sissy: Ma questa è un’altra storia…!
*ç*)
La ragione per cui ricordava così bene la camera di Hikaru
era perché, molto
semplicemente, prima era stata la sua.
E di fatto, non era cambiata neanche poi
così tanto… Certo, era passato molto tempo
– quasi vent’anni…! Incredibile a
pensarci! – ma in linea di massima era tutto come
l’aveva lasciato.
Si concentrò sulla finestra che dava sul giardino, ma
essendo stritolato da
Hikaru non poté alzarsi più di tanto per
verificare quanta neve fosse scesa
durante la notte.
Non oppose resistenza, e rimase così, costretto fra le calde
coperte e le
braccia del ragazzetto.
Sbuffò, pensando che Hikaru sarebbe stato costretto ad
andare a scuola a costo
di affittargli una slitta: su questo, come preside, Kageyama era sempre
stato
irremovibile.
“A scuola bisogna andarci, a prescindere dalla stagione e dal
tempo.” “E poi”, diceva spesso,
“capirei se fossimo nell’Hokkaido, ma visto che
qui di neve non ne cade mai tanta da fermare i mezzi di trasporto, non
vedo
perché dobbiate rimanere a letto al caldo e
ignoranti.”
Genda e altri ragazzi avevano sempre risposto con molta educazione,
ma si erano sempre premurati di insultare fra i denti
il loro mister perché sapevano di rischiare molto.
Yuuto si era abituato presto
a questo modo di pensare, e quindi gli sembrava quasi assurdo anche il
solo
prendere in considerazione l’idea di rimanere a letto, quel
giorno.
Ma poi, chissà… Magari Kageyama in quegli anni
aveva cambiato idea.
Magari
adesso anche lui si era finalmente reso conto che fuori,
quando nevica, c’è un
freddo spaventoso. E il freddo non stimola di certo i ragazzi
ad uscire di
casa per stare cinque ore a scaldare un banco.
Come a rispondere ai suoi pensieri, la porta prima si socchiuse piano,
facendo
entrare un sottile fascio di luce, fino a spalancarsi quasi
completamente.
Dalla luce che veniva dal corridoio, Yuuto distinse la figura alta di
Kageyama,
e sorrise.
“No, evidente non ha cambiato
idea.”
-Ah-ha! Adesso è il mio momento di portarvi via da
mondo dei sogni!-
Yuuto ragionò il fretta che la vendetta di Kageyama avrebbe
potuto manifestarsi
al massimo con del solletico o togliendo loro le coperte o aprendo la
finestra
e facendo entrare il freddo della mattina, e per quanto ridicola che
fosse, il
piccolo ci tenne a evitarsela. Così alzò il busto
mettendosi a sedere sul letto,
per far vedere all’uomo che era sveglio, almeno lui.
-Sei sveglio anche tu? Pensavo che saresti stato il più
difficile da buttare
giù dal letto… Invece a quanto pare batti sempre
sul tempo la sveglia.-
Battere sul tempo un orologio parve a Kidou una stupidaggine colossale,
ma
essendo bambino gradì lo stesso quel modo un po’
infantile per indicare che lui
si era svegliato prima del previsto.
E non riuscì a non figurarsi lui piccolo e una sveglia rossa
con le lancette
gialle e un gran sorriso e gli occhioni ridenti correre uno di fianco
all’altro, finché all’ultimo lui
superava la sveglia e arrivava prima al
traguardo.
“Avere la mente e la fantasia di un
bambino di cinque anni è veramente una cosa
scandalosa…”
Kageyama sorrise divertito e Yuuto arrossì
vistosamente intuendo
all’istante di essere lui la causa
dell’ilarità dell’allenatore.
-Ma si può sapere a che cosa pensi?! Fai delle
facce…!-
Kageyama per prima cosa gli passò una mano fra le ciocche
castane da cui
pendevano da ogni lato alcuni ciuffi di capelli spettinati durante il
sonno –
una svogliata carezza – poi con somma sorpresa del piccolo lo
sollevò
afferrandolo per i piedi.
-Ma che?!-
Yuuto prese a dibattersi come un pesce fuor d’acqua, e a
ridere come un matto.
– Mi lasci! Mi lasci…!- biascicava fra le lacrime e le risa.
-E dove ti dovrei lasciare? Sul pavimento?! Aspetta almeno che
arriviamo in
bagno…!-
La doccia di quella mattina – se doccia è degna di
essere definita – fu la più
particolare e esilarante che Yuuto avrebbe mai immaginato.
Essendo a testa in giù, mentre Kageyama attraversava il
corridoio diretto in
bagno, il piccolo si diede un gran da fare per togliersi la parte
superiore del
pigiama e per fortuna vi riuscì in tempo.
Appena arrivarono davanti alla vasca, Kidou si aspettava che il suo
allenatore
l’avrebbe rimesso in piedi e l’avrebbe fatto
svestire completamente, invece
senza tanti complimenti non lo appoggiò manco al suolo, e
prese a immergerlo
nell’acqua dalla testa fino all’ombelico,
reggendolo per il piede sinistro,
inzuppandolo come si inzuppano i biscotti nel latte la mattina.
Kidou rideva come un matto, e più volte rischiò
di bere l’acqua della vasca.
Era tiepida e profumata, c’era tanto sapone e le bollicine
che volavano
tutt’intorno ogni volta che la sua testa affondava
nell’acqua.
E mentre Yuuto quando era sott’acqua faceva del suo meglio
per sciacquarsi,
Kageyama lo svestiva dei pantaloni. Poi tutto d’un tratto, il
piccolo fece
appena in tempo ad accorgersi di avere anche le gambe nude, che
l’uomo lo
capovolse, iniziando a immergerlo e sollevarlo dalla vita in
giù.
In questo modo il rischio di soffocamento fu pressoché
sventato, ma non per
questo Yuuto smise di ridere.
-Si può sapere che doccia mi sta facendo fare? -
Quando riuscì a mettere insieme più di due parole
sensate una dopo l’altra, la
frase che ottenne fu all’incirca questa.
E come risposta, ottenne un misterioso…
- Fidati piccolo, che hai bisogno di ridere il più possibile
adesso. Perché ti
prenderai uno di quegli spaventi che non si scordano più.-
E in quel momento Kidou non sapeva a cosa si stava riferendo il
Comandante, né
tantomeno se stava esagerando oppure no.
Ma l’avrebbe scoperto presto…
-Io farò finta di non aver visto niente.-
Al sentire quelle parole entrambi si voltarono e videro un Hikaru
già vestito
ma con gli occhi ancora addormentati, il che sembrava a Yuuto una vera
discordanza.
Kageyama sbuffò soltanto, rispondendo per le rime: - Penso
che anch’io farò
finta di non aver visto niente. Ma soprattutto di non ricordare di
averti già
detto un centinaio di volte di non andare a letto vestito…! -
-Sai zio, l’età è quella che
è…-
Kageyama fece ricorso a tutta la sua compostezza e alla sua calma, e si
lasciò
scivolare addosso il tutto, fingendo di non aver prestato attenzione a
quanto
aveva detto il nipote occupato com’era a tamponare i capelli
di Yuuto, mentre
il piccolo si asciugava il viso ancora gocciolante.
Hikaru a quel punto disse che li avrebbe aspettati di sotto, intanto
lui
avrebbe fatto colazione, e quando lo sentirono scendere le scale,
Kageyama
sbuffò: -Allora vorrà dire che mi
scorderò anche di stirargli l’uniforme della
scuola e della squadra…! Che ingratitudine!-
Yuuto ridacchiò, ma non seppe bene cosa dire.
Quando fu bello asciutto, guardarono le ferite e Kageyama decise di
spalmare
sopra quelle più gravi, sulla schiena e sulla pancia, una
pomata fresca, mentre
i segni sulle gambe, braccia e viso rimanevano solo un brutto ricordo.
Ogni
giorno che passava Yuuto sentiva le gambe sempre più forti e
le braccia che gli
permettevano movimenti sempre più ampi, e ne era
profondamente sollevato.
Il bambino uscì da quel bagno vestito con dei caldi collant
sotto dei pantaloni
carmini, una camicia di un bel verde vibrante a quadri e sopra un gilet
di
pelle color caffè. Gli occhi vermigli brillavano scoperti
nel loro rossore
demoniaco, mentre i dreadlocks
erano
stati sistemati e raccolti febbrilmente nella solita coda.
Quei colori gli ricordavano incredibilmente qualcosa, ma per quanto si
sforzasse non riusciva a focalizzare nulla di preciso…
-Non avrò freddo?- si azzardò a chiedere il
piccolo Kidou, mentre scendevano le
scale per raggiungere Hikaru.
Kageyama scosse la testa, la mente altrove. Sembrava guardare al di
là del
muro, al di là della finestra, al di là della
strada…
E Yuuto avrebbe voluto
seguirlo ovunque, anche col pensiero, ma dovette limitarsi a
camminargli
appresso guardando in su cercando di incrociare il suo sguardo e capire
su cosa
era posato.
**
-Buona giornata
Hikaru!-
-Grazie, a dopo! Ah, in bocca al lupo!-
Kageyama chiuse la portiera, e salutato un’ultima volta il
nipote con un cenno
della mano, rimise in moto la macchina, che procedeva lenta su quella
strada
ghiacciata.
Il sale scricchiolava sotto le ruote dell’auto, mentre i
cumoli di neve sui
marciapiedi per il momento erano ancora bianchi e candidi nonostante lo
smog
delle macchine in circolazione.
L’uomo dette un’occhiata veloce dietro di
sé: Kidou era piuttosto inquieto.
Continuava a spostare lo sguardo da un finestrino all’altro,
sfuggendo allo
sguardo di tutti i passanti; gli occhi erano puntati verso
l’alto, verso le
nuvole bigie che continuavano a far cadere quei bianchi batuffoli
ghiacciati.
Stettero in silenzio per tutto il viaggio in macchina, ognuno assorto
in
diversi pensieri. Il piccolo desiderava ardentemente uscire da
quell’auto e
fiondarsi fuori, nel parco, a giocare con la neve come
l’altro pomeriggio…
Aspetta! L’altro pomeriggio!!
-Kageyama-san?- chiamò allora Yuuto, sperando di non star
formulando una
domanda eccessivamente ridicola – Dove sono finiti Fideo e
Rushe?-
Nel momento stesso in cui sentiva la sua voce da bambino esprimere il
concetto,
il bimbo venne colto da una stranissima sensazione.
I suoi occhi si alzarono come attratti da un magnete verso
l’imponente edificio
davanti a sé, mentre scendeva dall’auto.
Kageyama rispose senza dare particolare inflessione al tono di voce
che,
sapendo che Hikaru era a scuola e loro due avevano un giro
“importante” da
fare, i due italiani erano andati a farsi un giro in città
per conto loro, e
comunque non c’era da preoccuparsi perché sapevano
esprimersi benissimo in
giapponese e non ci sarebbero stati problemi; li avrebbero rivisti per
cena,
probabilmente. Quando però vide il piccolo sbattere gli
occhi purpurei come se
quella fosse la prima volta che vedeva la Teikoku Gauken, lo prese in
braccio e
accendendo il tono per assicurarsi di essere sentito
esclamò: -Ehi che ti
prende? Guarda che non succede nulla…-
Kidou si strinse forte al collo dell’uomo, mentre questo si
muoveva già verso
l’entrata dell’imponente scuola.
-Non avrai paura spero! Stai tranquillo che con Sakuma di travi non ne
cadono
più..!-
-Sakuma?!- si attivò all’istante Yuuto, e Kageyama
sorrise sotto i baffi “Ma
quant’è facile calmare un
bambino…!?”
Purtroppo però, non aveva così ragione…
-Adesso
basta! Staccati immediatamente dalla mia
gamba e cammina decorosamente, di grazia! Se non ti senti in grado
dimmelo che
non c’è niente di male e ti porto in braccio! Ma
sappi che non ho minimamente
intenzione di vederti aggrappato a me in questo modo chiaro?!-
-Soushi…
Che posto è questo?-
-Per
la centesima volta…! Siamo alla Teikoku, e smettila di fare
quella vocina
pietosa perché mi dai sui nervi chiaro?! Non posso crederci
che hai paura,
quindi smettila una buona volta!-
-Ma
che cosa ci siamo venuti a fare…?-
-…
Allora lo fai apposta. No, perché non è
possibile! Ti ho già ripetuto più
volte che non devi preoccuparti, siamo al sicuro. Adesso se mi
molli la gamba, magari usciamo da questo ascensore e
vedi con i tuoi occhi la base della Resistenza… Eddai!
Mollami!! Che figura mi
fai fare con Hibiki-san?-
-HIBIKI?!-
In
quel momento le porte dell’ascensore si spalancarono, e
membri presenti alla
base segreta della Resistenza ebbero davanti all’incirca
questa scena: Kageyama
era appoggiato contro la porta, con una gamba in avanti su cui era
saldamente
aggrappato un bambino su sei anni. Appena le porte
dell’ascensore si aprirono,
l’ex preside della scuola si ritrovò senza un
appoggio e cadde in avanti mentre
il bambino accortosi del pericolo di rimanere schiacciato sotto il peso
dell’uomo pensò bene di mollarlo e scansarsi di
lato.
Kuroiwa
atterrò quindi di pancia sul pavimento scuro
dell’ambiente, mentre il
piccolo ignorando completamente la rovinosa e alquanto imbarazzante
caduta
dell’uomo si guardava intorno, spalancando sempre
più quegli occhi così
misteriosi.
-Ehmehm…
Kuroiwa-san, tutto bene?- Yuuto riconobbe dal tono profondo e i
capelli di quel viola scuro Kudou Michiya, il suo ultimo allenatore, il
coach
che aveva portato l’Inazuma Japan a vincere il torneo
internazionale.
"Possibile
che si siano fatti crescere
tutti i baffi?!"
Kidou
si chiese anche perché Kudou si fosse rivolto a Kageyama
chiamandolo
Kuroiwa… “Kuroiwa” non era un asteroide
? Che cosa aveva voluto dire?! Magari
aveva solo sentito male…!
Ma
il sibilo che uscì in quel momento dalle labbra del suo
allenatore gli fece
accantonare il problema.
-Sto bene, sto bene…!
Dov’è quella peste?!-
Con
tono supplichevole esclamò allora -Scusaaaaaaa!!- poi si
rivolse a tutti
gli uomini presenti nella sala, e enfatizzò frettolosamente:
-Buongiorno, spero
che voi signori possiate scusarmi ma ho urgente bisogno di...-
Ma
non riuscì a finire la frase che Kageyama lo
sollevò per il colletto della
camicia; Yuuto si ritrovò a penzolare inerme retto con una
mano da Kageyama, in
attesa della punizione più che meritata. Punizione che
però non arrivò mai.
Sentì
la presa dell’uomo farsi sempre più calma fino ad
allentarla del tutto e
a quel punto tornò con i piedi per terra.
Volse
uno sguardo interrogativo verso Kageyama, ma quando vide Hibiki alzarsi
e
stringergli la mano pensò che gli occhi volessero
schizzargli via dalle orbite.
"Questa
non me la sarei neanche sognata,
probabilmente… O, al massimo, sarebbe stato uno dei miei
peggiori incubi."
Invece
era tutto vero, e stava avvenendo davanti ai suoi occhi.
Kageyama
prese posto in quella tavola rotonda di quella stanza assurda nei
sotterranei della Teikoku, e si mise a discutere con gli uomini
presenti della
sala.
C’era
il signor Raimon, il papà di Natsumi, c’era il
preside della Raimon Jr
High, c’erano Kudou, Hibiki…
“Questa
sarebbe la Resistenza… Un gruppetto di
vecchietti?!”
Tutte
le sue fantasie si dissiparono all’istante; era fin
troppo deprimente per essere vero.
E
la cosa più assurda di tutte, era che l’avevano
letteralmente accantonato in
un angolo della sala!
“Mi
stanno ignorando completamente…!”
rifletté il piccolo senza però avere il
coraggio di muovere un passo verso gli adulti. “Questa
sarebbe l’organizzazione
che vuole fermare il Fifth Sector e destituire Ishido?!”
Yuuto si sedette a
gambe incrociate per terra, scuotendo la testa con rammarico
“Non ce la faranno
mai…”
-Kageyama-san?!
Siamo qui! Scusate il ritardo…-
Tre
figure sbucarono dal corridoio dall’altra parte della sala;
una era in testa,
le altre due le venivano dietro, e sembrava che tutti avessero fretta.
Non
correvano, ma Kidou riuscì a distinguere chiaramente il
rumore dei passi
affrettati sul pavimento.
Finalmente
uscirono dal corridoio e per poco il bimbo non lanciò un
urlo di sorpresa.
Sakuma…
Sakuma. Sakuma!
Kageyama
si materializzò improvvisamente davanti a lui, sventando il
pericolo
che il piccolo saltasse addosso all’allenatore della Teikoku.
-Salve
ragazzi. E’ un piacere rivedervi.-
-Già,
è da un po’ che non si fa vedere da queste
parti… E’ successo qualcosa ad
Hikaru?-
-No
no. Assolutamente. In effetti… Stavo proprio aspettando voi
ragazzi per…
Sì, insomma, parlare di questa cosa che
è…-
-Oh
non la faccia troppo lunga Soushi… Volevo solo abbracciare i
miei
compagni…!-
-Non
stavo parlando di questo…!-
Ma
Kageyama si fregò da solo, perché nel momento in
cui si rivolse a Yuuto il
piccolo ne approfittò per sfuggire alla sua presa e
mostrarsi davanti a tutti,
al centro della sala.
Come
si era immaginato più volte, gli occhi di tutti si
focalizzarono su di
lui; di recente era un po’ troppo al centro
dell’attenzione…
Quasi
quasi si pentì della sua audacia, e avrebbe tanto voluto
nascondersi
ancora dietro l’alta persona del suo allenatore, ma sapeva
che arrivato a quel
punto non avrebbe potuto tirarsi indietro.
Non
gli avrebbero fatto del male. Kageyama l’aveva portato
lì per garantirgli
una sicurezza maggiore, un aiuto… E allora, se era davvero
al sicuro, perché
continuava a non sentirsi a suo agio?
Probabilmente
perché era un bambino, e questo spiegava anche
perché avvertiva
un continuo bisogno di non allontanarsi troppo da Kageyama.
Forse, in qualche
maniera, l’uomo percepiva questo suo stato d’animo,
perché per quanto lo
sgridasse faceva sempre in modo di lasciarlo solo il meno possibile.
La
sua mente stava già navigando in mari più ampi, e
fu costretto ad ancorare
sulle rive del presente ancora una volta.
C’erano
le reazioni dei suoi amici da vedere… E sinceramente non
stava più
nella pelle!
-K-K-K-Chi
è…?- Balbettò Midorikawa per primo,
aggrappandosi al compagno al suo
fianco.
Hiroto
lo osservava pieno di stupore, ma le sue labbra rimasero sigillate.
Kidou
sentì una grande fitta allo stomaco, e si portò
entrambe le mani a
coprirsi gli occhi.
Gli
occhi di un demone.
Pianse,
o almeno credette di farlo.
Si
strinse tanto forte le dita negli occhi che smorzò la
fuoriuscita delle
lacrime.
Lo
sapeva. Sapeva che avrebbero fatto paura. Era ovvio, naturale.
Era
nella natura di quegli occhi spaventare. Lo avevano sempre fatto.
Come
aveva anche solo potuto pensare che le cose sarebbero andate
diversamente,
quella volta?
Mentre
le sue dita affondavano negli occhi e in fretta consumava le sue
lacrime, di colpo si ricordò di Rushe. Di Fideo. Di Hikaru.
Nessuno
di loro aveva accennato niente ai suoi occhi, anzi Rushe li aveva
osservati a lungo, incantata.
Spalancò
gli occhi sanguigni di colpo, e si accorse di avere tutte le dita
inumidite.
Furono
delle mani gentili, affusolate e calde a fargli ricadere le braccia
lungo e fianchi e a obbligarlo a mostrare nuovamente il suo sguardo
confuso.
Appena
le sue dita piccole e gonfie si scostarono dal volto,
percepì il sorriso
di Sakuma davanti a sé. Sentì di nuovo le lacrime
salirgli su, dagli occhi, ma
si sforzò nuovamente per non piangere.
Buttò
le braccia intorno al collo di Jirou, e questo lo prese in braccio
sollevandolo delicatamente da terra.
Hiroto
e Midorikawa gli si fecero vicini e Yuuto sorrise a tutti.
-Ben
tornato Kidou-kun…! – mormorò Kudou,
rimasto da parte come il resto degli
adulti lasciando ai quattro giovani il momento per ritrovarsi.
Kageyama
si appoggiò le spalle contro il muro, sorridendo
dall’altra parte
della sala: “Non devi avere paura tu per primo dei tuoi
occhi: se ne sarai
fiero, tutti ne verranno colpiti positivamente.
E
adesso, posso dire con certezza che i tuoi sono gli occhi
più belli che abbia
mai visto…”
*Angolino
amico-amico*
Tra
il titolo del capitolo, il capitolo stesso e il titolo
dell’angolino....
Diciamo che stendiamo un velo pietoso. Non so quale dei tre faccia
più pena!
>ç<
Ah-ha!
Come ve
la passate, passerottini miei (?)
Ooh,
io ho bisogno di una pausa. La scuola è ricominciata da
circa un mesetto,
e io già rimpiango terribilmente le ronfate che mi facevo al
mattino (?)
Che
bellissimo sogno lontano… *ç*
Beh,
che dire della long? La neve cade e siamo tutti felici. Hikaru va a
scuola
anche se è il primo giorno dell’anno (?) e di
solito si sta a casa a far
baldoria o a dormire come nel mio caso v.v
Ma
vabbeh. *^*
Chi
se l’aspettava la Resistenza??
Tutti.
Ovvio
~
Sono
troppo banale di recente. *^* E non va bene…
Beh,
l’idea è quella che è. v.v
Ah,
metto ben chiaro una cosa: non voglio sentire commenti
sc—sciocchi riguardo
il bagno che s’è fatto Kidou la mattina, chiaro?!
>.<
Perché
quando mia sorella mi ha fatto notare alcune versioni di lettura di
quelle dieci righe… Avrei voluto annegarla personalmente in
quella vasca, per
aver anche solo pensato una cosa simile, chiaro?!
No,
davvero. Ci tengo un sacco. *ç*
Io
- essendo me medesima una tipa molto casta e assolutamente non incline
ad un
genere di pensieri talmente sconci - non avevo neanche valutato la
possibilità
che quella scena potesse essere letta in quel modo. Quindi vi prego,
fatemi la
cortesia di tenere per voi i vostri pensieri sulla dubbia
identità e poco costruttiva
moralità dei miei protagonisti – ovviamente se ne
avete avuti – e chiuso il
caso.
Fosse
stato per me non l’avrei manco fatta questa parentesi,
perché davvero non
sono il tipo. Ma, davanti alla palese evidenza dei fatti…
Basta.
Bom. Caso chiuso.
Parliamo
d’altro, prima che mi venga da vomitare. ^^”
I
colori con i quali ho vestito Kidou sono i colori della divisa
calcistica
della Teikoku, per chi non l’avesse capito il bambino in
questione: marrone,
verde e rosso.
Il
racconto che Kidou dovrà fornire alla Resistenza e come
prenderà avvio la
vicenda d’ora in poi lo vedremo meglio nel prossimo capitolo:
il mio obbiettivo
in questo capitolo era appunto presentare la situazione alla Resistenza
in modo
da potermi dedicare tranquillamente e in modo più specifico
nel prossimo
capitolo al racconto di Kidou, le varie impressioni dei membri della
Resistenza
ed eventuali ricordi/flash-back… Vedrò
prossimamente. *ç*
Ho
concluso il capitolo con 'sta cosa degli occhi perché
sinceramente non sapevo
come cavare il ragno dal buco. >.< Ero veramente in
difficoltà, e me la
sono sbrogliata come ho potuto.
E
questo è quanto, ci si vede fra due settimane!
Ah,
volevo ricordavi per chi non c’avesse fatto caso e quindi
avesse dei dubbi…
“Soushi”,
espressione con cui Kidou utilizza spesso per rivolgersi a Kageyama
vuol dire “Comandante” ; mentre
“Kageyama-san” è stato tradotto in
italiano
come “signor Dark”, eh.
E
ho scritto Kuroiwa, già. Perché a Yuuto non
gliel’ha ancora spiegato nessuno
che adesso il suo allenatore si chiama Kuroiwa, ma penso che
continuerò a
chiamarlo Kageyama perché mi è più
facile, approfondendo le riflessioni e
comunque il punto di vista di Yuu-chan.
Bene,
dopo questa parentesi lessicale (?), ho concluso per davvero.
A
presto! <3
Sissy
ps:
ah, e spero che dopo tutto questo tempo di attesa, il tanto agnoniato
capitolo sia piaciuto alla mia compare Juddy. <3 Insomma, ci
teneva così tanto a leggerlo... (?)
Bene,
ora vado davvero ^^"
Kisses
<3<3
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ; Un po' di chiarezza... ***
Capitolo 12; Un po’
di chiarezza…
Protetti dal
freddo del mattino e da occhi
indiscreti, circondato da cari amici nei sotterranei della scuola cui
era più
affezionato, nonostante tutto Yuuto non riusciva a dirsi
“tranquillo”.
C’era qualcosa che lo agitava… Un brutto
presentimento? Non sapeva dire.
Era una sensazione molto strana: impotenza, disagio…
Ma perché?
Perché non si tranquillizzava nonostante le calde parole di
Hiroto,
le coccole di Sakuma e i sorrisi e le battute di Ryuuji…?
Era tutto così strano…
-Kuroiwa-san…!- chiamò piano, preoccupata, la
voce di Sakuma, ma il bimbo
nemmeno la udì.
Avvertì però le mani forti dell’uomo
che lo sollevavano dall’abbraccio di Jirou
e se lo portavano al petto.
-Yuuto…! Che succede? Stai tremando…-
enfatizzò allora, scrollandolo
leggermente.
Ma di nuovo il piccolo per quanto si sforzasse non riuscì a
rispondere.
Non aveva freddo, no… Eppure non riusciva a smettere di
tremare...
Aveva paura.
Era una sua impressione, o si era fatto tutto più buio? Le
mani di Kageyama
erano dure, fredde, d’acciaio, facevano male, stringevano i
polsi. E non
riusciva a respirare, aveva un tubo che gli attraversava il collo, freddo, e faceva male, e arrivava ai
polmoni e prendeva l’aria. Gli era stato sottratto tutto,
persino il respiro.
Il pensiero no, ma a che può pensare un prigioniero che non
sa neanche più se
ce l’ha, una casa vera?
“E io voglio solo tornare indietro,
tornare a casa, mia sorella starà piangendo, e senza di me
come se la caverà la
squadra? Voglio tornare a scuola, studiare mi piaceva, stavo bene
lì. Perché mi
tenete qui? Cosa
volete? Cosa devo fare
per tornare a casa?
-Kidou…!
Kidou mi senti?-
“-Benvenuto
Kidou-kun…-“
Sì, ma benvenuto dove? E chi mi c’ha portato?
Kidou-kun, così mi chiamo? Ma io
chi sono? Qualcuno che mi vuole bene, davvero,
c’è? Qualcuno che mi ama, e che
vuole che io stia bene, c’è, sul serio? E se
queste persone esistono e mi sono
accanto, allora perché sono solo? Perché hanno
permesso che fossi portato qui?
E’ qui che devo stare, forse? E’ questo lo scopo
della mia esistenza? Tutto
quello che ho vissuto – o sognato di vivere? – fino
ad ora era per questo? Per
obbedire al Fifth Sector?”
Kageyama teneva
stretto a sé Kidou; il piccolo
gemeva, tremando. Piangendo.
Tutti stavano accalcati intorno ai due, ma sembrava che il bambino
fosse fuori
dal mondo. Lo chiamavano, lentamente, sussurrando parole dolci, oppure
più
forte, scuotendolo, agitandolo, cercando di farlo reagire…
Ma non c’era verso, Yuuto pareva una bambola morta.
Bianco come un cencio, gli occhi vitrei, di un rosso opaco non
più brillante,
parlava una lingua spaventosa e oscura, funesta, articolando gemiti e
singulti.
Solo una volta Kageyama l’aveva visto così,
qualche notte prima, ma adesso,
alla luce del giorno, era molto più terribile. Di nuovo si
ritrovò con Yuuto da
calmare fra le sue braccia, senza sapere come intervenire.
Fu Hiroto, delicatamente, che non riuscendo più a resistere
nel vedere un
bambino piangere così, gli chiuse gli occhi.
Accarezzò con dolcezza le palpebre
serrate con i polpastrelli e così com’avevano
cominciato le lacrime smisero di
scendere.
Quando Kidou aprì gli occhi, timido, si ritrovò
davanti l’espressione serena di
Hiroto che gli sorrise sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Volle
scendere il piccolo, e senza dire una parola abbracciò forte
le gambe del
rosso, dopodiché preso per mano da Sakuma, sparì
nel corridoio.
-C-Che cosa
è successo? – Domandò a quel punto il
signor Raimon, la voce ancora un po’ incrinata dallo
spavento.
-Di questo e di molto altro volevo parlarvi oggi, per questo
l’ho portato qui…-
**
-Come ti senti
adesso? Va un po’ meglio?
La voce di Sakuma gli fece rialzare gli occhi dal bicchiere colmo di
latte
caldo.
-Sì grazie. Sto meglio… - Yuuto sorrise,
perché quasi si sentiva in colpa.
-Meno male… Ci hai fatti spaventare…-
-Mi dispiace. E’ che…-
-Non hai bisogno di scusanti, Kidou. Sono contentissimo di rivederti,
va bene
così.-
Questa volta fu Jirou a sorridere, e Yuuto nel guardarlo si
sentì in soggezione:
perché era così piccolo?
Perché… Perché gli veniva sempre da
piangere?!
-Sei agitato?
-Non so. E’ strano… -
Parlare con Sakuma gli era sempre piaciuto: era rilassante, piacevole.
Nel suo
attaccante dai capelli turchesi Yuuto aveva trovato un amico
meraviglioso: era
come un fratello per lui. Lo conosceva bene, benissimo, forse meglio di
se
stesso. Era sempre stato al suo fianco, sempre sostenuto: da quando
aveva
memoria Jirou c’era, Jirou c’era sempre stato.
Parlavano di qualsiasi cosa insieme, era una delle poche persone a cui
Kidou si
era mostrato interamente, in ogni sua sfaccettatura. Per alcune persone
lui era
lo studente modello, un figlio diligente e di cui andar fieri, un
ragazzo
accorto, giudizioso, con la testa sulle spalle. Con sua sorella non
c’era
verso, si trasformava. Quando stavano insieme, per conto loro,
passeggiando nel
parco o in giro per le affollate strade del centro, si tenevano la
mano, lei
che parlava in continuazione, lui che arrossiva per nulla e sorrideva
con
timidezza, guardando gli occhi di lei. Era dolce, affettuoso, la stava
ad
ascoltare e non riusciva a dirle “no”. Con lui,
Haruna riusciva ad ottenere
qualsiasi cosa; era troppo bella, troppo brava… Dirle no era
semplicemente
impossibile.
Ma lui non era solo questo; era questo e molto altro.
Sakuma aveva avuto a che fare con ogni lato del suo carattere, con i
suoi
momenti di debolezza e quelli di forza. Era un amico splendido, e Yuuto
lo
sapeva. Con lui non aveva paura di fare o dire qualunque cosa, certo.
Ma
adesso… Era così…
Così… Grande.
Kidou non sapeva come aprirsi: troppo, o troppo poco?
Il bambino si accorse all’improvviso che aleggiava un silenzio bellissimo
su di
loro.
Jirou rispettava il suo momento di quiete, accarezzandogli la manina
calda
appoggiata sulla scrivania. E Yuuto si sentì solo uno
stupido a star pensando
cose del genere. Non era cambiato niente: lui stava bene insieme a
Jirou, e per
il suo amico era lo stesso. E l’età poco importava
in quel momento. Avrebbero
risolto anche quel problema, insieme. Era per questo che Kageyama
l’aveva
portato lì alla Teikoku, dal’altra
parte…
E in quel momento era sicuro che non ci sarebbe stato bisogno di
parole;
Sakuma, il suo migliore amico Sakuma, avrebbe capito.
E infatti Jirou non ebbe un attimo di esitazione, nel vedere quella
nuova luce
sicura negli occhi dai riverberi rossastri del bambino.
-Allora andiamo!- assentì con un sorriso, porgendogli la
mano che il bambino
strinse con decisione.
**
-Lei pensa che
sia una buona idea?-
-E’ l’unica che vedo, in
realtà…-
-Se quello che sospettate è vero, allora sarà
conveniente agire il prima
possibile.-
-Ma non possiamo chiedere a Kidou di spostarsi ulteriormente, ci avete
pensato?
E’ già abbastanza scombussolato da sé
per quello che ha passato, anche questo…-
-Yuuto capirà. E’ piccolo è vero, ma ci
si parla con tutta serietà. E’ in grado
di capire la situazione, ne sono certo.-
-E allora che si fa?-
-Io avrei pensato a…
-Eccoci!
Scusate l’interruzione…- Come erano andati,
i due riapparvero dal corridoio buio e silenzioso, tenendosi per mano.
Yuuto
aveva un’espressione più bella, più
colorita, più serena.
-Ehi
Kidou-kun! – salutò Midorikawa sorridente
– Allora come ti senti?
-Molto
meglio, grazie. – Il bimbo chinò il capo davanti
agli uomini seduti o in
piedi adiacenti al tavolo. Quando alzò lo sguardo questo
subito gli cadde
sull’alta figura di Kageyama. Sorrise il piccolo, scorgendo
turbamento nello
sguardo dell’uomo: -Sto bene Soushi. Cosa succede?
C’è qualche problema?-
-Vieni
qui, devo farti vedere una cosa.-
Yuuto
si separò sicuro dalla mano calda e ferma di Sakuma, e
quando fu di
fianco all’uomo, questo lo prese in braccio, sollevandolo e
mettendolo seduto
sul tavolo.
Kidou
era tranquillo, aspettava paziente con le mani appoggiate sulle
ginocchia. Kageyama lo scrutò fino in fondo agli occhi
purpurei, e ci trovò
solo stupore, curiosità, trepidanza… Non paura. A
Yuuto parve invece che fosse
il suo allenatore a essere nel panico; gli sembrò quasi che
fosse sul punto di
abbracciarlo. Il bambino lo guardò intensamente,
convincendolo a mettersi da
parte. Kudou spuntò allora dalla sua
destra, un sorriso serio da cui non trapelava nulla e un giornale in
mano.
Kidou lo guardò accettando i fogli con sguardo curioso.
Rimase colpito appena
le sue dita sfiorarono quelle pagine sottili: erano molto vecchie,
ingiallite,
si polverizzavano fra le dita.
Non
ci fu bisogno di parole o spiegazioni: appena Yuuto appoggiò
lo sguardo
sull’articolo perse sensibilità e contatto con il
mondo esterno, per la seconda
volta nella mattinata.
I suoi occhi grandi
affogarono nelle parole in
grassetto, caddero fra l’inchiostro sfumato dal tempo, fra le
frasi che nessuno
più leggeva e che erano già state dimenticate,
come legati a una zavorra che li
faceva scendere sotto, affondare nei
ricordi oscuri, pieni di polvere e buio…
[“Componente
della squadra giovanile
più forte al mondo scompare misteriosamente due mesi dopo il
primato mondiale”
“Sono
stati i suoi amici a denunciare la scomparsa” racconta il capo
della
squadra di ricerca della polizia “Sono
entrati in caserma stravolti, le ragazze piangevano, quasi nessuno
è stato in
grado di spiegarci bene la situazione, all’inizio. Erano
pieni di paura, una
paura che non riuscivano ad esprimere…”
Kidou Yuuto, componente della Inazuma Japan, la nostra
fantastica rappresentativa giovanile che ha
sbaragliato le altre squadre al FFI imponendo
il suo gioco come migliore al mondo, è
scomparso sabato pomeriggio.
Era con i suoi amici,
in un campo
adiacente al bosco nelle vicinanze dell’area sud di
Tokyo-cho; da allora
non è stato più rintracciato in nessun modo.
“Stavamo
giocando nel campo quando il
pallone è caduto nel bosco, vicino a noi.” Raccontano i ragazzi, ancora
sconvolti dalla situazione “Kidou era
andato a prenderlo, ma dopo qualche tempo che ancora non tornava
abbiamo
cominciato a preoccuparci, e siamo andati a cercarlo.
Aiutateci vi prego! Yuuto non si trova da
nessuna parte!”
La prima
ipotesi della squadra di ricerca è stata una fuga, magari
organizzata o improvvisata sul momento, ma subito amici e famiglia
smentiscono.
“Yuuto non aveva motivo di
allontanarsi
da casa. Dopo il ritorno dall’isola di Liocott era sempre
stato con i suoi
amici, poco e sarebbe iniziata la scuola superiore… No, non
può essersene
andato di sua spontanea volontà!”
Le squadre
di ricerca già da giorni setacciano l’area in cui
il ragazzo è
stato visto l’ultima volta, alla ricerca di qualsiasi cosa
che aiuti a mandare
avanti le indagini: le piste di ricerca sono molte, e non si lascia
niente al
caso. Gli stessi compagni e amici si sono offerti di partecipare alle
ricerche,
e…]
Yuuto
strizzò gli occhi più e più volte,
senza
successo: niente, non riusciva più a leggere nulla. Gli
occhi erano annebbiati
dalle lacrime. Lo stomaco in
subbuglio,
la mente vuota, ma pesante. Terribilmente pesante.
Si accorse troppo tardi che le manine, tremando, allentarono la presa
sul
giornale, e senza riuscire a far nulla accompagnò con lo
sguardo la caduta dei
fogli ingialliti.
Adesso erano tornati vecchi e impolverati articoli di giornale, ma le
parole
che ci aveva trovato erano state più terribili di quanto
avrebbe mai
immaginato.
Portò istintivamente le mani in avanti, in cerca di un
abbraccio. Kageyama fu
subito su di lui, lo prese fra le braccia con la stessa delicatezza ed
emozione
della prima sera; Yuuto si appoggiò sul petto duro,
strofinandosi il volto
umido di lacrime contro quell’appoggio sicuro che era il suo
Comandante.
Rimasero così a lungo, mentre Kidou si calmava:
avvertì lo scalpiccio dei
ragazzini che uscivano dall’edificio scolastico, immergendosi
nel candore della
neve che aveva continuato a scendere, imperterrita e indifferente a
quello che
succedeva là dentro.
Tirò un sospiro profondo, un
“-Kageyama-san…-“ gli uscì
dalle labbra come un
richiamo, come una richiesta di parole. Non sopportava più
il silenzio che li
circondava, aveva bisogno di sapere il
“perché”.
Perché gli avevano fatto leggere quello? Cosa poteva dire
lui?
Lui… Lui si sentiva terribilmente in colpa. Era colpa sua,
non avrebbe dovuto
entrare in quel…
Un momento. Quel… Quel… Quel “coso”
in
cui era caduto! Ecco cos’era successo!
I ragazzi non l’avevano più trovato…
Perché era finito in quello “specchio di
luce”! Come aveva fatto a non pensarci prima?!
Ecco risolto il mistero della sua scomparsa: probabilmente, per quanto
assurdo
e incredibile che fosse, era caduto dentro un “portale
magico” che gli aveva
fatto fare “un salto nel futuro”. Un futuro
sbagliato però, un futuro
parallelo. Un futuro dove tutti lo credevano morto… Un non-futuro: cadendo in quel portale aveva
abbandonato il suo
presente, cancellando il futuro…
Sarebbe stato sufficiente riuscire a riaprire il portale per riportarlo
al suo
presente, e tutto sarebbe tornato alla normalità…
Ma certo!
Rimaneva tuttavia un altro mistero: come era possibile che fosse
tornato
bambino? A rigor di logica, gli anni avrebbero dovuto passare per lui,
e quindi
sarebbe dovuto apparire a venticinque anni compiuti! Oppure, al
massimo,
immaginare che gli anni per lui non fossero passati – di
fatto era stato così –
e quindi sarebbe dovuto rimanere ragazzino…
Perché aveva cinque anni? Perché si era
rimpicciolito?
Scrollò la testa, afferrando con forza la camicia
dell’uomo all’altezza delle
spalle, poi alzò lo sguardo. La testa gli sembrava
incredibilmente pesante…!
-Hai da raccontarci qualcosa Kidou-kun? – Sakuma. Lo
avvertì dietro di sé, vide
la sua immagine celeste riflessa nelle lenti scure dell’uomo
che lo teneva in
braccio.
-I-Io…-
Kageyama con un sorriso incoraggiante lo sedette sul tavolo, ma Yuuto
si tirò su in piedi, nonostante la testa gli dolesse
all’inverosimile.
Voleva
guardarli tutti negli occhi, voleva parlare: non avrebbe più
affogato le parole
nelle lacrime. – ... Io penso di aver capito come ho fatto ad
arrivare fin qui…-
-Quindi
è andata così, davvero?!-
-A quanto pare…- Kidou sbuffò, mettendosi seduto,
le gambe a penzolare nel
vuoto: i suoi compagni non gli credevano! Continuavano a guardarlo come
se
avesse raccontato una fiaba!
-Ho detto la verità! – sentiva di nuovo le lacrime
impigliate fra le ciglia, ma
si sforzò perché non ricominciassero a scendere.
– Perché non mi credete?!-
-Non è che dubitiamo di te, Kidou. E’ solo
che… Anni di ricerca, e poi tutto si
risolve con un portale magico? Un tuffo nel
“Domani”?-
-Un “domani” in cui io sono morto,
però… -
-Non dire così. Non dirlo neanche per scherzo! –
Sakuma gli si avvicinò,
facendo per prenderlo in braccio, ma il piccolo
indietreggiò; la fronte
contratta, gli occhi annebbiati.
Lacrime di rabbia? Di disperazione? Di paura? Jirou non volle saperlo.
Kidou, con una strana luce negli occhi, cominciò a scrollare
le braccia intorno
a sé:
-Guardami!-
Diceva. Ripeteva.
Urlava. Piangeva.
-GUARDATEMI!-
Gli crollarono le ginocchia, cadde sul tavolo freddo. Si fece male,
sentirono
un sussulto scivolare fuori dalle labbra sottili.
-Non tornerò mai alla normalità…-
Risuonò il silenzio nella stanza e nei cuori dei presenti.
La scuola era vuota
e silenziosa adesso.
Se n’erano andati tutti, non
c’era più
nessuno.
Hikaru sarà tornato a casa da solo, affondando gli stivali
caldi in quella neve
candida, ma trovando la casa vuota e buia sarà rimasto in
piedi sulla soglia.
Negli occhi di Yuuto i grandi occhi color carbone del ragazzino
vagavano per
l’atrio deserto; poi un sorriso si increspava fra le labbra
intirizzite dal
freddo, e con una luce bella negli occhi si tuffava di nuovo nella coltre
di
neve che era il giardino, che era la città, che era il mondo.
Sarà andato a cercare Fideo e Rushe, li avrà
dentro qualche bar a mangiare un
piatto freddo, si sarà a loro per passare il pomeriggio a
consigliare alla
ragazzina i diversi capi d’abbigliamento.
“No, forse mi stava meglio
quell’altro…” E con un broncio di sfida,
la bionda
Rushe sarà rientrata nel camerino, mentre Hikaru e Fideo si
saranno lanciati sguardi
scoraggiati, gli occhi stravolti dal troppo e confuso cambio
d’abbigliamento
della giovane.
Rise di cuore il piccolo, e sorrise mentre il suo sguardo cadeva senza
volere
sulla figura del suo allenatore; forse
anche lui stava pensando a queste cose…
Cercò di ritornare sui suoi passi, ritrovare il filo
sperduto dei suoi
pensieri, ma non ci riuscì.
“Un bambino perde il filo del
discorso un
po’ troppo facilmente…!”
-Te l’ho già detto stamattina: dovresti vedere le
facce che fai!
-I-Io…!- Yuuto abbassò il capo, le labbra
contratte in un sorriso imbarazzato.
Infilò la manina nella tasca dei pantaloni, era sudata. Fra
le dita umidicce
fece rigirare più volte la pallina che teneva lì
nascosta. Non ricordava come
ci fosse finita, ma se l’era trovata fra le dita da quando si
era risvegliato
al Fifth Sector, e sentiva che era importante, per questo se la metteva
sempre
in tasca, e non se ne separava mai.
-Cos’hai lì?
-Che occhio Mido-kun! Come hai fatto a vederlo fare… Fare
cosa? Cos’hai fatto
Yuuto?!-
Kidou rise di gusto, mentre il suo sorriso si faceva sempre
più grande e
sincero: forse lo faceva apposta, Hiroto. Ma a lui sarebbe andata bene
qualunque cosa, pur di sentirli di nuovo vicini. Gli erano proprio
mancati…
-H-Ho… Questo. E’… - E fu in quel
momento che Kidou se ne rese conto per la
prima volta… Il pallone! Lui si era
ritrovato a cadere in quel
portale lucente…
Perché doveva
recuperare il pallone! E lui sì, l’aveva
recuperato.
Solo ora se ne ricordava: - Avevo la palla da calcio in mano quando
sono
caduto…- biascicò, gli occhi fissi in qualche
momento indietro nel tempo.
-Come?-
-Il pallone è caduto con
me… E con me si
è rimpicciolito!- Tirò su la piccola
sfera bianca, stringendola fra le dita
e facendo in modo che tutti la potessero vedere.
-Allora è andata così. Non sono stati quelli del
Fifth Sector a farti tornare
bambino… E’ stato quel portale!-
-E basterà farti rientrare perché tu possa
recuperare la tua età e il tuo
presente...-
**
-Dobbiamo
fare qualcosa signore. Stanno cominciando ad ottenere troppe
informazioni…-
-Lei dice? Io penso invece che la questione si fa sempre più
interessante…-
*Angolino
dei fogli volanti*
Ehi!
<3<3
Come ve la passate, mnh?!
Qui per una volta abbiamo avuto delle notizie un po’
più chiare… Beh, almeno si
spera ^^
Io ho cercato di descrivere la situazione nel modo più
dettagliato e preciso
possibile, ma nessuno è perfetto – e
tantomeno Sissy v.v– e quindi
potrei avervi
confuso ancora di più.
In questo
caso, non abbiate paura di chiedermi spiegazioni… Mi
cimenterò nel
rispondervi nel modo più esauriente possibile, yay!
*ç*
Beh, adesso
che abbiamo tutto più o meno chiaro… I
protagonisti dovranno solo
capire come aprire il portale… Vedremo come se la caveranno,
yay! <3<3
Chiedo perdono
per quanto riguarda l’articolo di giornale: non sono mai
stata
brava a scrivere questa tipologia di testo, quindi potrei aver
fatto… Un lavoro
indecente, me ne rendo conto. -.-“
E…
Ehi ehi! Ho una sorpresa per tutti voi, la scoprirete fra…
Uno, due capitoli
penso ^^
-E Yuuto sta
sempre male… Ma è mai possibile?! Sto cominciando
a stancarmi
anch’io di tutta questa continua debolezza…
*//*”
Ho voluto in
questo capitolo approfondire un poco la figura di Sakuma, che
secondo me è molto importante per Yuuto. Purtroppo in questa
long non è stato
un granché come personaggio, ma al di là di
questo penso che siano due amici
fantastici, lui e Kidou <3 Per questo ci ho tenuto a fare questa
piccola
parentesi… ^^”
Spero che il
capitolo vi sia piaciuto come i precedenti, come al solito
ringrazio moltissimo chi legge, recensisce, e chi segue in generale
questa
long: siete importantissimi per me, sappiatelo. *ç*
Devo avvisarvi
che a causa di alcuni miei lavori arretrati non potrò
aggiornare fino ai primi di marzo... So che è tanto, e mi
dispiace ma non posso fare altrimenti. >.<
Ah, una dedica
speciale per _Lady
Nonsense_, che oggi compie gli ani!! Auguri cara, spero di
sentirti presto! *ç*
Bacioni a tutti,
Sissy-chan
<3<3
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ; Di ricordi e divise. ***
Capitolo
13; Di ricordi e divise.
-Kuroiwa-san.
Le posso parlare?-
-Dimmi,
cosa posso fare per te?-
-Kidou
non può più stare con lei. Deve portarlo alla
Raimon, e subito.-
-…
D’accordo, d’altra parte anch’io avevo
pensato…-
-A
presto allenatore.-
-…
A presto.-
**
-Brr!!- Yuuto
affondò le mani nelle tasche e sorrise
guardando la nuvoletta di vapore ghiacciato che si diffondeva
nell’aria.
Quando avevano deciso di andarsene, l’avevano abbracciato
tutti, e per un
attimo avrebbe anche voluto rimanere lì. Poi Kageyama
l’aveva preso per mano, e
così si era lasciato convincere a tornare a casa.
Adesso camminavano lentamente nel viale, ovunque spruzzato da neve
ghiacciata.
Erano crollate le temperature, c’era davvero freddo.
Kidou non si sentiva più il naso, le orecchie invece erano
rosse, ‘sì calde che
quasi bruciavano. Il piccolo spostò il suo sguardo tremante
sulla mano di
Kageyama che stringeva la sua, e la teneva al caldo. Sorrise di fronte
a quella
stretta: non era abituato.
Quando era alla Teikoku, il Comandante non lo prendeva mai per mano: lo
si
doveva seguire da dietro, senza dir nulla, senza nessun contatto.
Ricordava una volta in cui era arrabbiato… L’aveva
afferrato, ma per il polso.
Stringeva forte, mentre lo trascinava per il corridoio della scuola.
Gli aveva fatto male quella volta… Gli aveva lasciato un
livido all’altezza del
polso.
Non aveva voluto dire niente a nessuno di quello che era realmente
successo.
Aveva raccontato di essersi fatto male cadendo durante un allenamento.
Era stata l’unica volta che Kageyama aveva usato le mani su
di lui…
L’aveva trascinato fino in presidenza, stringendolo forte per
il polso
sinistro. E poi non era riuscito a scrivere per una settimana dal
dolore.
Non ricordava esattamente come l’avesse picchiato,
probabilmente era svenuto…
I suoi ricordi cominciavano a essere nitidi ore più tardi,
quando si era
risvegliato a casa sua. Kageyama aveva detto che la squadra si era
allenata
fino a tardi quel giorno, e così aveva preferito riportarlo
a casa lui stesso,
essendosi fatta sera. Yuuto non aveva obbiettato nulla, limitandosi ad
acconsentire, sfinito.
Il giorno dopo il Comandante gli aveva dato il permesso di non venire a
scuola:
aveva dormito tutto il giorno.
Kidou
sbatté qualche volta le palpebre, e una spira
di vento gelido lo riportò alla realtà con un
brivido tremolante.
Adesso Kageyama lo teneva per mano, ma non gli avrebbe fatto del male.
L’avrebbe portato a casa, avrebbero cenato insieme e gli
avrebbe rimboccato le
coperte prima di dormire.
Come un papà, non un Comandante.
Sorrise, e nemmeno lui sapeva spiegarsi perché si
tranquillizzava così
tanto a pensarsi insieme a Kageyama…
-Otosan…!- chiamò piano fra le labbra, e quasi
quasi una parte di lui desiderò
davvero che l’allenatore lo sentisse, ma in quel momento un
alito di vento
trascinò via il suo sussurro insieme ai fiocchi di neve.
Kageyama non lo udì,
si voltò solo verso di lui, e sorrise.
E Yuuto riuscì solo a pensare che
doveva
essere diventato un papà perfetto, nei suoi mille difetti.
Poi scoppiò a
ridere. I bambini ridono sempre quando c’è la
neve...
-Pensavo che ti saresti sconvolto di più… Invece
tutto sommato sei sereno.-
-Beh… Mi sono spaventato, è innegabile. E non
è che mi sentissi proprio molto
tranquillo, là sotto… Adesso sto già
meglio.-
Il bambino fece scivolare la sua manina dalle dita calde di Kageyama,
si chinò
un attimo per terra e affondando la presa in un cumulo di candida neve
ritornò
al fianco dell’uomo con una pallina biancastra fra le dita.
Kageyama lo squadrò
per un attimo, senza smettere di sorridere: -Così ti
diventeranno blu dal
freddo…-
Con gli occhi poggiati sulla pallina inversamente sferica fra le sue
dita,
Kidou commentò, ignorando bellamente l’intervento
dell’uomo – Comunque abbiamo
messo al loro posto molti tasselli del puzzle… Siamo a buon
punto, non trova?-
Kageyama scosse il capo dolcemente, e le labbra secche si incresparono
in un
sorrisetto maligno: - Quando questa storia sarà finita,
dovremo scriverci un
libro.-
-E come la chiamiamo?! “La storia della mia vita”?!
Mi rifiuto!-
-Non parlavo di tutta la nostra storia, sciocchino! Solo di quello che
sta
succedendo ora!-
-Mmh… Il Fifth Sector censurerebbe questo
“capolavoro” fin dalle prime righe!-
-Lo venderemo clandestinamente…!-
-Credevo che dopo tutto questo tempo avesse imparato ad attenersi alle
regole,
Soushi…!-
-Io?! Regole?! Ti ho appena portato alla
base segreta della Resistenza! Credevo che fosse
sufficientemente chiaro
che le “leggi” con cui Onigawara cerca di
assoggettare tutti al suo volere non
mi hanno fatto e mai mi faranno un baffo!-
-A proposito… Che fine ha fatto Onigawara-san?-
-Mai più visto…!-
Kidou affondò in un cumulo di neve fresca, e ne riemersero
soltanto alcuni
ciuffi di rasta e un sorrisetto imbarazzato. Kageyama si
fermò, affondando le
braccia fino ai gomiti e tirandolo su: - Ma che mi combini?! Bravo
com’eri nei
dribbling, pensavo fossi in grado di scartare due ammassi di neve sul
marciapiedi!-
-Sono un po’ fuori allenamento mi sa…
Dovrà farmi qualche seduta di allenamento
di ripasso…!-
Ripresero a camminare, ridevano entrambi, mentre il bimbo saltellava da
una
parte all’altra del marciapiedi nel tentativo di togliersi di
dosso più neve
possibile.
-Sono diventato troppo vecchio per queste cose… Girati, su!-
Con due pacche al
fondoschiena, Kageyama gli tolse di dosso i residui di neve, ma il
corpicino
cominciava a raffreddarsi…
-Scherza allenatore?! Non l’ho mai vista così in
forma!-
La voce chiara del bambino stava cominciando a farsi più
rotta… L’uomo lo
sollevò per le braccia, e se lo strinse al petto. Lo
avvertì gelido. Sperava
solo che rimanesse cosciente di sé, almeno finché
non sarebbero stati a casa.
Yuuto si limitò a sbuffare, ma lasciò le braccia
a penzolare contro il bacino
dell’uomo, senza cingergli il collo come al solito.
-Sei gelido… Se siamo fortunati comincerai a starnutire e
soffiarti il naso
stanotte. Nel peggiore dei casi ti buscherai la febbre… E
reggiti bene! Non
vorrai mica cadere di nuovo?!-
Sentì il ventre del bambino contrarsi, probabilmente colpito
da una fitta che
Kageyama non riuscì a spiegarsi, e senza dire una parola
avvolgere il caldo
collo dell’uomo con le braccia.
Anche Reiji avvertì un brivido, talmente intenso che gli
parve di perdere i
sensi: quella stretta era mortalmente fredda.
Kageyama affrettò il passo verso casa, e mentre
l’eco delle loro risate
rimbombava nell’aria buia e ghiacciata, Yuuto gli svenne fra
le braccia.
**
-Bentornati!
-Com’è andata?!-
-Sssh…-
Kageyama entrò in casa con lo sguardo più serio
che i ragazzi si aspettavano di
incrociare. Senza degnarli di attenzione posò il bimbo sul
divano,
delicatamente.
Rushe gli si avvicinò curiosa, ma appena scorse il piccolo
scosso dai brividi e
con gli occhi bianchi dovette trattenersi per tirare un grido di
spavento.
Fideo andò subito in cucina, e con Hikaru preparò
una borsa d’acqua calda.
Dopo qualche
minuto, Yuuto chiuse gli occhi per
riaprirli, subito dopo, rossi e vividi.
-Fiiiuu!! Sta
bene!-
-Come ti senti adesso?-
Il bambinetto si tirò su, con un sorriso piuttosto stanco
sulle labbra.
Si voltò subito verso il suo allenatore: - Scusi Soushi.
L’ho fatta spaventare
vero?-
-Adesso non pensarci. L’importante è che tu stia
meglio.-
-Vieni Kidou-kun! Ti facciamo vedere cos’abbiamo fatto di
là!-
-Sì, sì! Giochiamo insieme!-
Quando i tre
ragazzi salirono al piano di sopra,
Fideo guardò serio il padrone di casa.
-Cosa intende fare? Yuuto non può continuare a
scombussolarsi così.-
-Lo so. – Parve un attimo dubitare delle sue stesse parole -
Lo so… - lo ripeté
con più fermezza, mentre gli poggiava una mano sulla spalla,
ma cercò di
evitare di guardare negli occhi il giovane italiano. Affogare
nel blu oltremare sarebbe stato rilassante, in qualsiasi
altro momento. Ma non ora. – E domani rimedio. Promesso,
Yuuto da domani starà
meglio.-
Vide Ardena inarcare un sopracciglio, e gli venne quasi da ridere.
Scansò i pensieri troppo preoccupanti e precedette Fideo in
cucina. – Dimmi
piuttosto, com’è andato il giro di oggi?-
**
-Bene ragazzi!
E’ ora di fare la nanna… Tutti a letto!-
-Nooooooo!! Daaaaiiiii…!! E’ ancora
presto…!!-
-Ma è possibile che dobbiate sempre fare i capricci come
quando eravate dei
bambini?!-
-Ma noi non abbiamo ssooooo… nnnoooo…-
Kageyama squadrò il nipote sbadigliare, aprendo la bocca in
maniera oltremodo esagerata.
Il suo sguardo dava a capire tutto.
-Uffiiiiii… Però non è giusto!
– Rushe scosse i capelli color del grano più e
più volte, con le guance gonfie e la fronte contratta.
-La mia principessina fa i capricci?-
-Signorsì! Io PRETENDO di stare ancora in piedi!-
-Il tuo Romeo sta andando a dormire… Cosa fai, qui, tutta sola…-
Rushe per tutta risposta mostrò la lingua, strizzando gli
occhi e saltando giù
dalla sedia. Dopodiché, corse su per le scale
all’inseguimento del suo
cavaliere mezzo addormentato.
Fideo ridacchiò, mentre Kageyama cominciava a sparecchiare.
-Tsk! Sta diventando sempre più facile…-
-Beh! Certo che anche lei… Usando la carta
dell’amore…-
-EHI! Che dovrei fare, andarci a leggere la favola della buonanotte
come quando
avevano sei anni?!-
-Potrebbe essere un’idea, sa?-
-Bah!-
-Più il tempo passa, più diventa scorbutico.-
-Ah. Grazie. Sempre gentile.-
-Faccio del mio meglio.-
-E più il tempo passa, più diventi cretino.-
-Ehi ehi! Piano con gli unsulti… Sono un mezzo laureato, io!-
-E cosa centra? Tu pensi che essere dottori significhi avere la testa a
posto?!-
-Conoscendo lei… No. Proprio no.-
-Adesso fili anche a tu a letto, se non la smetti di prendermi in giro
alle
spalle!-
-Ma non lo sto facendo alle sue spalle… Glielo sto dicendo
apertamente!-
-Ancora peggio. Sto cominciando a rivalutare la tua posizione, lo sai
questo?-
-Che vuol dire? Che non si fida più di me?! Dopotutto quello
che ho fatto per
lei?-
-Smettila di usare la carta dell’altruismo perché
cominci a risultare noioso.
Non hai altri mezzi per convincermi?-
-Beh… Le pare poco quello che ho fatto?-
-Vedrai che sforzo…!-
Risero entrambi
e parlarono ancora per qualche
tempo, poi il giovane decise di ritirarsi nella sua camera. Quando
Kageyama
rimase solo, tirò un sospiro di sollievo sedendosi sulla sua
poltrona. Poggiò
la testa contro lo schienale imbottito, concentrandosi solo sul
silenzio che
regnava ora nella casa. I ragazzini dovevano dormire già da
un pezzo, già…
Mentre stava anche lui cominciando ad assopirsi, sentì
qualcosa muoversi sotto
i suoi piedi.
Spalancò allora gli occhi, abbassando lo sguardo sul tappeto
sotto di lui.
Incontrò un bambino con la pancia in giù, tutto
intento a completare un puzzle.
Non riusciva a vedere l’immagine completa, ma i colori erano
tenui. Sembrava un
cielo, forse un tramonto, o un’ alba. Il bambino teneva le
gambe in su, e i
suoi piedi involontariamente gli avevano colpito le gambe, ma il
piccolo
sembrava non se ne fosse accorto. Alcuni ciuffi di rasta erano
scivolati dalla
coda e gli ricadevano sulle spalle. Kageyama sorrise, sentendo il cuore
invadersi di tenerezza.
-Yuuto…?- Lo chiamò, piano, per non spaventarlo.
Pareva fuori dal mondo, forse
non si era manco accorto che si era seduto. –Yuuto tutto
bene?-
Il piccolo si voltò, di scatto, e dalla sorpresa il pezzo
che teneva in mano
schizzò di lato, sulle frange del tappeto. –
Chantokou… Scusi, non l’ho
sentita.-
-Tranquillo. L’avevo immaginato.- Kageyama scese dalla
poltrona, accucciandosi
accanto al bambino – Non sei stanco? I ragazzi sono andati a
dormire da un po’…
Pensavo fossi lassù con loro. -
-Non riuscivo a dormire. – fu la risposta, lo sguardo
vermiglio di nuovo sul
puzzle.
-Dove l’hai trovato questo?-
-In camera mi… Sì,
insomma… In quella
di Hikaru. L’avevo lasciato nell’armadio
l’ultima volta. Me lo sono ricordato.
Era ancora lì, e ho pensato che vale la pena di finirlo.-
-Hai ragione, è molto bello. Sei… Bravo.-
-Grazie. Ma in realtà lo ero, adesso non mi ricordo neanche
più che cos’era.-
-Mi pare un tramonto. Sulla baia di Okinawa…-
-Vero. Non è affatto facile.-
-C’hai passato dei pomeriggi interi, con lo sguardo chino su
questi pezzi.-
-Beh, mi hanno sempre rilassato tanto, i puzzle.-
-Giusto. Me lo dicevi spesso…-
Reiji sospirò, mentre Yuuto incastrava un altro pezzo. Era
un bel rosso acceso,
stracciato al bordo. Una nuvola, o forse
il suo riflesso sull’acqua.
-Vieni qui.- Senza incontrare resistenza alcuna, Kageyama
sollevò il
bambino, poggiandoselo sulle ginocchia. Il piccolo posò la
testa contro il
petto dell’uomo, chiudendo gli occhi. Rimase così
a lungo, poi rizzò la schiena
mettendosi ben seduto, le gambe che dondolavano nel vuoto.
Si ricordò della prima volta che l’avevano preso
in braccio in quel modo, che
lui ricordasse ovvio.
Forse anche i suoi genitori l’avevano tenuto così,
quando erano ancora con lui
e sua sorella, però era talmente piccolo che non lo
ricordava. La prima volta
che aveva memoria di un abbraccio del genere era un giorno speciale, di
molti
anni prima…
Era quasi
Natale, il loro primo Natale senza mamma e
papà. Il primo Natale all’orfanotrofio. Tutti i
bambini avevano fremuto
ininterrottamente durante la mattinata, e nel primo
pomeriggio… Era arrivato.
Proprio lui, Babbo Natale. Se lo
ricordava come un omone tutto vestito di rosso, con dei grandi occhi
grigi, un
viso tondo incorniciato da una lunga barba bianca e una voce profonda.
I
bambini avevano tutti fatto festa, poi uno per uno Babbo Natale li
aveva presi
sulle ginocchia e aveva chiesto loro cosa volessero per Natale.
Era una cosa piuttosto cattiva, a pensarci ora. Perché i
bambini che stavano lì
non chiedevano certo il nuovo modello di macchinina telecomandata, o
Barbie
ballo in maschera vestita di rosso. No no, niente di tutto quello.
Erano
desideri più umili, più semplici.
La maggior parte di loro, chiedeva di
poter passare il Natale con mamma e papà, a casa.
E alla fine si stava tutti lì, in quelle sale
ricreative, a sognare tutti
la stessa cosa, insieme. Babbo Natale era tornato qualche giorno dopo
con un
sacco pieno zeppo di giocattoli… Ma niente casa,
né l’abbraccio della mamma.
Sorrise, sentiva
gli occhi lucidi. Abbassò lo
sguardo sul puzzle lì per terra, mentre un nodo gli
stringeva forte la gola.
Il regalo che aveva ricevuto quell’anno gli era piaciuto
davvero tanto,
comunque. Quando era stato adottato, gli avevano permesso di portarlo
con sé.
Ma non era mai riuscito a completarlo,
quel bellissimo puzzle…
-A cosa pensi?-
-A Babbo Natale, Soushi.-
E non ci fu bisogno di ulteriori spiegazioni.
Poco dopo,
entrambi dormivano sereni sulla poltrona,
Yuuto stretto al petto dell’uomo e Kageyama che lo stringeva
a sé in un
abbraccio delicato.
**
La stanza ora
era completamente avvolta da una luce
pallida e poco calda del sole che stava sorgendo. Nonostante tutto, il
bambino
dormiva ancora sereno… Fino a quando qualcosa non
cominciò a pizzicargli il
naso. Era un qualcosa di davvero fastidioso. Non so a chi di voi
è mai capitato
di svegliarsi per un insistente pizzicore al naso: è
qualcosa di terribile.
Yuuto si tirò su dal divano, la fronte corrucciata e gli
occhi ancora pesti di
sonno. Una domanda fugace gli attraversò per un attimo la
mente “Ma dove mi
sono addormentato, ieri?”
Non fece in tempo a pensare alcunché, che la porta davanti a
lui si spalancò.
Una figura emerse dal buio del corridoio, ma era controluce, e il
bambino non
la vedeva chiaramente. La figura intanto si avvicinava sempre di
più, sempre di
più… Yuuto la vedeva piuttosto alta –
senz’altro più di lui. –due occhi bigi
illuminati da una luce piuttosto cattiva e… Tanti,
tanti capelli.
Alla fine, il ragazzo fu sopra di lui, un ghignetto poco raccomandabile
stampato sul viso . – Ben svegliato, Kidou-kun…!-
Un solo pensiero, un solo nome attraversò la mente del
bambino…
Fudou.
… Dopodiché, lanciò un urlo.
Si
svegliò di soprassalto, con il fiatone, tutto
sudato.
“Che incubo…” pensò.
“C’è solo da sperare che resti solo un
sogno…”
-Bel modo di iniziare la giornata! – sentì una
voce provenire dalle scale, e
per un attimo ebbe paura che ci fosse sul serio Fudou Akio, in quella
casa.
Alla vista di Hikaru però, si tranquillizzò non
poco.
-Eheheh… - ridacchiò nervosamente. –Ho
fatto un incubo terribile.-
-Come quelli delle altre volte?- sovvenne Rushe, spuntata magicamente alle spalle del ragazzo.
-No. Era… Un incubo diverso. Molto peggio, forse. Ho
sognato… Un mio compagno
di squadra… Fudou.- sputò il nome del ragazzo
quasi fosse disgustoso. Era
davvero terribile.
-Un sogno allucinante. Sei stato fin bravo a lanciare solo un
urlo… Io non mi
sarei più mosso dal letto dalla fifa…!-
-Soushi! Buongiorno!-
-Eh, se il buongiorno si vede dal mattino…-
-No no, ma mi sono già ripreso. E’ stato
spaventoso lì per lì…-
Kageyama gli dedicò un sorriso. Ma era un sorriso diverso
dal solito. Era…
Strano. Nascondeva qualcosa, quel luccichio sospetto negli occhi
dell’allenatore.
-Cosa c’è? Perché ride così?-
-Vieni, oggi ti aiuto a vestirti ché dobbiamo uscire.-
-Davvero? E dove andiamo?-
-Uh, lo scoprirai tra poco, tranquillo…-
Mentre salivano le scale, Yuuto sentì chiaramente Hikaru
bisbigliare qualcosa
all’orecchio di Rushe, e poi li sentì ridacchiare
entrambi. Ebbe paura, per un
attimo.
In quella casa, ci si poteva aspettare davvero qualunque cosa.
Kageyama lo
lasciò fare tutto da solo, rimase fuori
dalla porta mentre lui si lavava. Quando fece per prendere i vestiti
del giorno
prima che aveva lasciati appesi dietro la porta del bagno, Kageyama lo
fermò e
fra le sue mani come per magia apparve un’uniforme scolastica
blu con i bottoni
dorati e il fulmine su entrambe le spalle.
Kidou strabuzzò gli occhi dalla sorpresa: l’uniforme
della Raimon Jr High?!
*Angolino
dei puzzle*
-Certo, io
che
penso ancora al Natale… Aah, come sono
nostalgica… -ç-“
Buondì
minna-san, eccomi di nuovo qui con un capitoletto dolce e pieno di
ricordi…
Ci
tenevo a fare questa parentesi. Mi sono presa un respiro dalla
narrazione veloce:
nello scorso capitolo abbiamo svelato un bel po’ di
misteri… Mi ci voleva un
pausa ^^”
In
questo capitolo ho approfondito due o tre ricordini (?) che da tanto
tempo
mi frullavano in testa… Spero che siano piaciuti anche a
voi! <3
Come
al solito, se non avete capito chiedete e… Bah. Penso che
Juddy mi vorrà
del male, ma molto male (?), perché ho scritto un dialogo
fra Kageyama e Fideo
che a me pare troppo simpatico ma che a lei sicuro non
piacerà. *^* Vabboh,
sicuro rimedio prossimamente perché… Ahi! Ho
già svelato il mistero… Udite
udite, si va alla Raimon gente! <3<3
Me
la spasserò con qualsiasi cosa, ve lo garantisco…
Ho in mente due o tre
scenette fantastiche…E un finale a sorpresa piuttosto
commovente, come mio
solito *ç*
Sono
troppo romantica… ^^”
Comunque,
spero che al momento questo capitolo vi sia piaciuto e che con me
aspettiate con trepidazione il prossimo capitolo. *^*
Approfitto
per scusarmi del ritardo della pubblicazione di questo capitolo,
prometto che non succederà più, grazie a chi
legge soltanto e alle anime pie
che trovano il tempo di recensire… Siete tutti
importantissimi per me!
<3<3
Bacioni
a tutti,
Sissy-chan
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ; Alla Raimon!! Le cose cambiano... ***
Capitolo 14;
Alla Raimon!! Le cose cambiano…
-Voglio
proprio vedere come se la caveranno, ora che hanno capito
qualcosa…-
-Signore? Ha detto qualcosa?-
-Uh…? No, niente d’importante… A quando
la prossima partita della Raimon?-
**
Quando
fece per
prendere i vestiti del giorno prima che aveva lasciati appesi dietro la
porta
del bagno, Kageyama lo fermò e fra le sue mani come per
magia apparve
un’uniforme scolastica blu con i bottoni dorati e il fulmine
su entrambe le
spalle.
Kidou strabuzzò gli occhi dalla sorpresa:
l’uniforme della Raimon Jr High?!
-CHE
COS’E’?!- strillò
Yuuto, quasi spaventato.
Kageyama sorrise di un sorrisetto furbastro, ma per qualche assurdo
motivo il
bambino si tranquillizzò.
-Considerala un regalo di compleanno… In ritardo, ma sempre
un regalo è. Non è
stato facile trovarla della tua misura, di norma saresti troppo piccolo
per
indossare un’uniforme del genere…-
-E’ stupenda…- osservò Yuuto,
rigirandosela tra le mani, quasi con il timore di
indossarla. - Ma
perché?-
-Te l’ho detto.- Kageyama gli raccolse velocemente i rasta in
una coda alta,
dopodiché gli cinse le spalle di rosso. – Oggi
andiamo in un posto speciale…-
Quando si sentì caricarsi sulle spalle dell’uomo,
Kidou non poté trattenersi
dal sorridere: “La
Raimon… Haruna… I miei
compagni…!” Era troppo bello per essere
vero!
**
-Quante volte te
lo
devo ripete?! E’ fuorigioco!!-
Kirino
sbuffò, ma al
cenno d’assenso del Capitano fece continuare il gioco con un
passaggio in
avanti.
-Fuorigioco!
Fuorigioco! Fuorigioco! Kirino Kirino Kirinooooo!! Mi senti quando
parlo?! E’
fuorigiocoooooo!!-
A quel punto il
rosa
difensore si avvicinò con un’espressione famelica
a Masaki, mollandogli un
calcio nel polpaccio destro.
Il pollo starnazzante si accasciò al suolo, tenendosi la
gamba, e i ragazzi
presenti in campo confermarono che Ranmaru in quel momento era il
ritratto del trionfo.
Non l’avevano mai visto più
soddisfatto di sé come il quel momento.
-Sei fortunato,
potrei
tirartene tanti quante le volte che mi hai esasperato. Ma
sarò magnanimo, e per
questa volta ti lascerò in vita. Vedi però di non
starnazzare più come un pollo
perché ti faccio arrosto!!-
-Bene,
riprendiamo
all’allenamento.- Ma anche Shindou rideva.
-Capitano, ma
non
potremmo fermarci?! Ancora in molti non sono arrivati…
Dovremmo aspettarli…-
-… In compagnia di quella meraviglioso splendore di ragazza,
per esempio…!-
E mentre tutti
si
voltavano e sfrecciavano
letteralmente incontro alla giovane in questione, a lato del campo,
Kirino si
chiese solamente come Kariya fosse riuscito a rialzarsi così
velocemente.
Ne
seguì quindi la seguente conclusione: la prossima volta che
se ne sarebbe
presentata l’occasione, gli avrebbe affibbiato uno o due
calci in più.
Se
intanto si riprendeva rapidamente, tanto valeva che si vendicasse di
più!
**
Kageyama scese
le scale
e con passo svelto si chiuse la porta di casa alle spalle. Hikaru
fremeva già
dentro la macchina, mentre Fideo li stava aspettando appoggiato con la
schiena
contro il portellone dell’auto.
-E’ meglio che ci affrettiamo; Hikaru-kun da tempo sbuffa che
è tardi…-
Il giovane italiano strizzò l’occhiolino
all’allenatore, o almeno così parve di
scorgere a Yuuto: ma era troppo su di giri per occuparsi di queste
piccolezze.
Mentre saliva sull’auto, per un attimo una vaga sensazione
che mancasse
qualcosa – o qualcuno.- sorvolò
la
sua mente, ma subito la soffocò in uno strillo di gioia.
Era davvero troppo felice…!
Kageyama che lo portava alla Raimon era incredibile quasi quanto aver
scoperto
che amava la neve, o che faceva parte di una resistenza per riportare
il vero
calcio…
… In effetti ne aveva fatte di scoperte assurde negli ultimi
giorni!
**
-E
così saresti
italiana, eeeehh??-
-Già. Ma da quando ero piccola mio zio mi ha sempre
insegnato un po’ di
giapponese, e adesso lo so parlare bene!-
-Sei bravissimaaaaa…-
-E mi piace anche il calcio, per questo vi stavo guardando.-
-Aaahhh… Ti piace il calcio…-
-Minna? Ma vi sentite bene?-
-Lasciali perdere. – con una manata Tsurugi si fece largo fra
l’ammasso di
occhioni a forma di cuore dei suoi degeneri
compagni e stelline che sembravano volare da tutte le parti.
– Sono
cerebralmente infermi, soprattutto a quest’ora del mattino.-
E ammiccò,
passandosi una mano fra il ciuffo blu profondo, il bel Kyosuke.
-Aaahhh… Rushee…-
-E non si accorgono manco che li insulti, perfetto! – Il
ragazzo con
un’occhiataccia rimise Hamano al suo posto. Stavano veramente
esagerando, quel
branco di idioti… Se perdevano la testa per ogni fan che
provava ad avvicinarsi
al loro campo era finita! – Scusali, non è colpa
tua.-
-Oh, meno male! Arigatou Tsurugi-kun!-
-Tsk! – Ma non poté fare a meno di arrossire, il
giovane Tsurugi, e per un
attimo spostò lo sguardo su Tenma. Aveva un sorriso
decisamente diverso dal
solito, mentre gli tirava una gomitata che per poco non gli faceva
perdere
l’equilibrio! Accidenti, non
davanti a
Rushe!
-Ma che fai?!-
-Eheheheheh… Tsurugi fa il furbo, eh?-
-Ma cosa dici?! Sei completamente fuori strada, Matsukaze!-
-Però sei arrossito…-
-Shindou-san?! Anche tu?! Ma siete impazziti?!-
I due ridacchiarono, e Tsurugi li guardò malissimo.
-Voi avete bevuto qualcosa stamattina. Qualcosa di pesante.-
-Minnaaa!! Siamo
arrivati!!- Kyosuke fu lietissimo di voltare lo sguardo, ma alla vista
dell’allenatore Endou correre come se ne andasse della sua
vita giù, verso il
campo, si chiese seriamente perché a lui fosse toccato
vivere in quella gabbia
di matti. Quasi provò pena per Tenma, per Endou, per
Rushe… O forse per se
stesso, che era quello ridotto peggio.
-Coraggio, che ci fate tutti qui?! IKE MINNA! Fate qualche giro di
corsa, che
cominciamo l’allenamento!-
I ragazzi inizialmente esitarono, poi con passo lento e strascinato
lasciarono
la panchina, gli occhi puntati all’indietro, sulla figura
aggraziata che
rimaneva seduta.
Haruna, in compagnia di Mamoru, alzò un po’ il
tono in modo che i giocatori si
allontanassero dalla panchina, smettendo di accerchiare quello che
rimaneva
fermo, e che non riusciva ancora a vedere chiaramente.
– E tu, non ti alleni?!-
Ma quando finalmente la calca fu sfusa incontrò due
occhietti ridenti, di un
bel verde smeraldo, che proprio non si aspettava di incrociare.
– Oh! – balzò
subito la giovane insegnante dai capelli blu, perennemente sbarazzini
che
incorniciavano in modo infantile il suo volto – E tu chi sei?-
-Sono un’amica! – squittì allegra la
ragazzina che doveva avere qualche anno in
più dei ragazzi – Sono venuta a guardare un
po’ la squadra… Posso?-
-Ma certo!- esclamò Endou a quel punto, grande ma con quel
sorriso che non
l’aveva mai abbandonato nonostante fossero passati degli
anni, sedendosi sulla
panchina per poi rialzarsi subito dopo. – E’ un
piacere averti qui con noi!-
**
-Finalmente zio!
Ma si
può sapere da quando guidi così piano?! Avranno
già iniziato da un pezzo!!-
-Hikaru, c’è il ghiaccio sulla strada, non posso
volare.-
-Uff…!- borbottò il viola, fiondandosi fuori
dalla macchina, verso il campo
gremito di ragazzini.
-Wow, che fretta!- sorrise Fideo, mentre prendeva in braccio Yuuto
facendolo
uscire dalla macchina.
-Troverà una bella sorpresa ad aspettarlo…-
-Ma si può sapere cosa continuate a sghignazzare voi due?!
E’ da quando siamo
saliti in auto che state fremendo più di Hikaru!-
Kageyama ridacchiò, spettinandogli i capelli mentre Yuuto si
arrabbiava e
metteva su quel broncio adorabile.
Lo rimise per terra, e quando il piccolo
senza guardarlo si diresse sicuro e svelto verso il cancello della
scuola, quasi correndo con il mantello
rosso al vento, l’uomo sentì una grande fitta
stringergli il cuore, ma buttò
fuori il fiato e si costrinse a continuare a sorridere. Già
gli mancava come fosse lontano…
**
-MINNAA!!
Ho fatto prima che ho potuto,
scusatemi sono in ritardo!-
-Oh Kageyama sei arrivato! Non preoccuparti, abbiamo appena cominciato!-
Mentre Hikaru frugava nella sua borsa, con lo sguardo chino dentro la borsa, cercando le scarpe da
indossare una volta raggiunta la panchina, Masaki smise di correre per
andargli
al fianco.
-Non immagini che cosa è successo oggi! Prova ad indovinare!-
-Uhm…- e intanto guardava dentro
il
borsone, e non davanti a sé come invece avrebbe dovuto fare.
-Hikaru-chan!! Ciao!-
Una voce. Una voce chiara, ridente, luminosa. Una voce lo
investì in pieno,
bloccandolo sul posto. Gli cadde la scarpa dalla mano, adesso che
finalmente
era riuscito a trovarla, almeno una. Ma non se ne curò
nemmeno, rimase così,
come un cretino, il piccolo Kageyama, con lo sguardo chino nella borsa
che gli
stava scivolando, e i fiocchi di neve che lenti riprendendo a scendere
gli
inumidivano i capelli. Avrebbe voluto affondare in un cumolo di neve,
mentre
improvvisamente si era fatto tutto silenzio. Persino Kariya taceva, e
questa sì
che era una cosa strana. Persino più strana di pensare che
aveva sentito dalla
panchina la voce di…
-R-R-R-R-RUSHE?! C-C-C-C-Che diavolo ci fai tu qui?!?!-
No, non era un sogno. Rushe stava venendo verso di lui, sorridente,
luminosa e
chiara come un angelo su una nuvoletta di panna montata.
Perché doveva essere
così bella!? Perché ogni volta che la vedeva ne
rimaneva abbagliato?! Perché, maledizione,
non riusciva a dire nulla?!
La giovane rideva adesso, e lo stava abbracciando. Intorno era tutto
luce e
silenzio, e calma. Nessuno rideva, nessuno correva, nessuno diceva
niente,
nessuno si muoveva. Forse Rushe era davvero un angelo, una specie di
figura
celeste, che abbracciandolo l’aveva portato con sé
in un universo di pace e
armonia, dove magari, finalmente, avrebbe potuto dirle quello che gli
agitava
nel petto ogni volta che la vedeva, di quelle farfalle nello stomaco
che non lo
lasciavano dormire al pensiero di lei, avrebbe potuto chiederle tutto
allora,
senza paura di nulla, senza pensare a nulla, semplicemente lei e lui,
come
quando erano piccoli, come quando era facile abbracciarsi e baciarsi
sulla
guancia, come quando lei era la sua principessa e lui, una volta
sconfitto il
drago, la portava nel suo castello sulle nuvole…
Sì, le nuvole, il cielo, la
neve, la terra, il campo, Masaki, la squadra, suo zio… SUO
ZIO?!
-Oji-san!! T-T-T-Tu! Essere infame, ti rendi conto che spaventi che mi
fai
prendere?!-
-Ah, ecco! Bene, basta saperlo, che è sempre colpa mia!
Spiegami come posso
aver organizzato io questo: spiegami come potevo io
sapere che Rushe ci aveva preceduto qui sul campo. Dai, su,
spiegamelo!-
-Zio!! Non girare la frittata, sei stato TU a dare il permesso a Rushe
di
venire qui prima!-
-Suvvia, così la fai sembrare una colpa…-
-E’ una colpa, eccome se la è!!-
-Hikaru, sei un
po’ nervoso
stamattina o è una mia impressione?-
-Kageyama-san! Che sorpresa averla qui! E’ da tanto che non
ci vediamo…-
-Hai ragione Endou, sono contento di rivederti.-
-ZIO?! Mi stai ignorando?!-
-Tornate ad allenarvi ragazzi, arrivo subito.-
-Ma allenatore!-
-Posso giocare anch’io?!-
-I patti sono che stai in panchina, Rushe.-
-PATTI?! Avete anche fatto dei patti?! Zio, questa me la
paghi…-
-E stai zitto un attimo, Hikaru! Non vedi che lo zio sta parlando?-
-No, vedo solo un babbeo che mi ignora completamente!-
-Magari il babbeo fa bene a ignorarti. Magari tu sei ancora
più babbeo del
babbeo, non ci hai mai pensato?-
-Ti odio quando fai così… Sei insopportabile!-
-Faccio del mio meglio.-
Con un
sorrisetto
soddisfatto, come se tutto rientrasse
perfettamente nei suoi piani supremi, Kageyama
osservò i ragazzi della
Raimon con a capo Rushe trascinare Hikaru in campo.
-Tutto come previsto.- ridacchiò Fideo con
un’alzata di spalle, mentre
abbracciava Endou.
-Tutto come previsto…! E anche Hikaru è
sistemato. Bene, ora possiamo occuparci
di…-
E un dubbio a Kageyama venne: in effetti era strano che Yuuto fosse
stato zitto
per tutto quel tempo… Abbassò lo sguardo, e quasi
si sentì mancare quando non
ritrovò con lo sguardo il bambino. Era impossibile che fosse
scomparso nel
nulla, aveva un mantello più grande di lui addosso! E che si
fosse perso era
ancora più incredibile… Erano alla Raimon!
-Tutto bene Kuroiwa-san? Doveva parlarci di qualcosa?- Alzò
lo sguardo per
incontrare quello celeste della giovane, e scorse una lembo rosso
spuntare da
dietro la panchina.
Lanciò un’occhiata eloquente a Fideo, chiedendogli
di spiegar
lui la situazione, per poi esclamare: -Scusatemi un attimo
ragazzi…-
Attraversò come un lampo quel metro di panca, e girando si
trovò faccia a
faccia con un frugoletto tutto nascosto dietro i pali della panchina.
Il
piccolo per poco non cadde a terra dalla sorpresa, e Kageyama per farlo
star
più tranquillo gli si accovacciò accanto.
Così lo guardava negli occhi… Un’ultima
volta…
-Si può sapere perché ti stai
nascondendo, adesso? Ti ho portato da Haruna
e Endou, non sei contento?-
-Io…- il piccolo abbassò lo sguardo, torturandosi
le manine. Kageyama gliele
prese, costringendolo a guardarlo di nuovo. – Cosa
c’è? Qual è il problema ora?
Va tutto bene, no? -
Yuuto lanciò un’altra occhiata furtiva verso la
panchina, e strizzò gli occhi,
come se non volesse credere a quello che vedeva. Poi parlò,
e quasi a Kageyama
venne da ridere: -Ma sono così grandi…-
L’uomo gli si avvicinò per prenderlo in braccio,
ma il piccolo si ritrasse.
Un’altra fitta, dolorosa e
terribile. “Ti
faccio davvero così paura piccolo mio?”
Scrollò la testa, ritirandosi in piedi. Era sempre
stato forte, aveva
superato questo e altro. E questo era
per il bene di Yuuto, quindi a maggior ragione non doveva esitare.
Sorrise al bambino, che adesso aggrappato alla gamba si sporgeva
ancora,
timido, a guardare il campo: -Beh… Che differenza fa? Sono
grande anch’io, ti
pare?-
Kidou allora alzò gli occhi su di lui, luminosi e quasi
ridenti. – Ma cosa
c’entra! Tu sei sempre
stato grande…
Haruna no…!-
-Giusto. Giusto non ci avevo pensato. –
-CHE COSA?!
Yuuto…
Davvero?!-
-Fideo, è la verità? Kidou è tornato?!-
Kageyama lo
guardò: guardò il bambino davanti a lui,
il suo bambino, il suo Kidou, e quasi gli venne da piangere.
Ricordò la prima
volta che l’aveva preso in braccio, quando Hikaru
l’aveva tratto in casa, tutto
sanguinante e spoglio. Ricordò quando l’aveva
tenuto sulle ginocchia mentre il
piccolo raccontava del Fifth Sector, ricordò gli abbracci e
ricordò le risate.
E lì, in quel momento, sentendo gli strilli entusiasti dalla
panchina dietro di
loro, realizzò che era tutto finito. Che non sarebbe
più entrato nella stanza
da letto con il buio per rimboccargli le coperte, che non
l’avrebbe più sentito
ridere per casa, o in giardino… Che quel puzzle del tramonto
sulla baia del
mare sarebbe rimasto incompiuto su quel tappeto, in quella stanza, in
quella
casa in cui sarebbe tornato da solo.
Che ora doveva farsi da parte, perché Yuuto con lui stava
male, continuava ad
avere gli incubi. Invece con Haruna e con Endou sarebbe stato meglio,
avrebbe
potuto riprendersi completamente e sarebbe anche riuscito a tornare a
casa,
dove doveva stare. “Non con me,
è giusto
così…”
-E’ meglio che tu ora vada da Endou… E
da tua sorella. Avranno una voglia
matta di parlarti e sapere tutto quello che è
successo… Vai, coraggio. Io devo
tornare a casa…-
Kageyama volse lo sguardo in alto: aveva
ripreso a nevicare. Avrebbe dovuto sorridere, probabilmente,
ma proprio non
ci riuscì.
-Soushi…
No. Non mi aspetta? Saluto
Endou e Haruna e poi vengo con lei… Io voglio stare con
lei…-
-Yuuto. Basta.-
-M-Ma… Perché? Perché mi sta parlando
così, ora?-
Negli occhi del piccolo si riflettevano i fiocchi di neve che lenti e
eleganti
cadevano su di loro, mentre dietro la panchina, in
lontananza, i due giovani tempestavano di domande Ardena.
-Che figura ci fai, davanti a tua sorella, a voler venire con me?- Voce
tremante. Tono spezzato. “Perché
vuoi
rendere tutto ancora più difficile? Vai con loro,
e sarai più felice che
con me…”
-Sta scherzando spero! Non mi verrà a dire che
lei…-
-Kidou, non una parola di più.-
-Io… Io non capisco. Non mi vuole più? Ho fatto
qualcosa di sbagliato?-
Tremava anche il bambino adesso: lacrime d’argento
appannavano i suoi occhi
rubizzi. Quelle lacrime gelavano il cuore dell’uomo e il viso
del bambino;
erano taglienti, i solchi profondi...
-Ascoltami. Non ti sto abbandonando, ti sto portando al sicuro.-
Kageyama sfilò dalle spalle del piccolo la mantella rossa.
Yuuto lo guardava
disperato, ma non accennava a intralciarlo. Parlava: sembrava quasi
che, con le
parole, cercasse un appiglio per reggersi ancora all’uomo.
“Perché non mi sono
fatto prendere in braccio? La prego mi perdoni, non volevo
ferirla… Ho avuto
paura, ma non di lei… La prego mi
creda…!”
-Stavo benissimo a casa sua! A sei anni io ero con lei, non con mia
sorella!
Starò ancora peggio di prima se mi lascia qui. Mi porti con
lei, per favore… Torniamo a
casa…- Yuuto si sporse in
avanti, tirando su le braccia. “Mi prenda in braccio, ora, la
prego… Ne ho
bisogno…”
-Non dire sciocchezze. Me ne sono accorto, che ti faccio soggezione.
E’ giusto
così, è sempre stato così…-
Kageyama si ritrasse, e Yuuto si sentì in colpa
come non si era mai sentito.
-Non è vero! E’ lei che dice cose assurde!
– Quando però sentì l’uomo
chinarsi
su di lui, e senza toccarlo avvolgergli le spalle con una mantella blu
sfilata
da sotto il cappotto, quasi non ci credeva.
-… Sono stati gli uomini della
Resistenza vero? E’ stato Sakuma? A dirti che io con te male?
Che è colpa sua
se ho gli incubi? Che lontano da casa sua sarei al sicuro?!-
Non poteva essere altrimenti. Ma come…?! Non poteva davvero
star pensando di
lasciarlo solo. “No… No!”
-…- Senza dire una
parola, senza
nemmeno voltarsi, Kageyama con un passo
lo lasciò solo.
A Yuuto apparve davanti agli occhi la medesima scena: lui di fianco a
Fideo, e
Kageyama che scendeva le scale dello stadio. E poi il rumore
dell’ambulanza, e
tutte quelle sirene, e quella paura…
-No. Soushi! Aspetti… Io!
…- Poi il
vuoto. Il vuoto più assoluto.
Vide Kageyama già lontano, a tre
passi di
distanza, stringere la mano ad Endou, che quasi gli stava
saltando al collo
“Lascialo stare! Lascialo stare! Non vedi, Endou!, che
l’avete fatto piangere?
Che mi avete fatto piangere?! Ci
avete separati, voi, per cosa poi?! Perché con lui io ho gli
incubi? Li avrò
anche con mia sorella… Ma voi questo non lo sapete, e intanto adesso Kageyama se ne sta
andando!”
Sua sorella, da dietro, con mani morbide e una stretta
delicata, che lo
prendeva in braccio, e stringeva quella mantellina azzurra in cui il
bambino
tremava.
-Oh Yuu-chan! Sei adorabile, vieni, fatti vedere…! Sei
davvero tu, fratellone…!-
-Le voglio bene…- Si
sentiva in trance.
Gli avevano strappato un parte di lui, l’avevano preso e
fatto a pezzi. Chi, poi, non lo
sapeva. Perché, era un
mistero.
-Anch’io Onii-chan. Mi sei mancato tanto…-
Yuuto tirò
su lo
sguardo; con gli occhi lucidi di lacrime, forzatamente, sorrise.
Nelle lenti di
Kageyama, che voltato di schiena camminava già lesto fuori
dal
campo, si riflettevano i fiocchi di neve, ora.
*Angolino
della disperazione*
Buuuuuuuuuuaaaaaahhhh!!!!
*piange disperata*
Come ho potuto?!?!?!?!
I-Io… Buuuaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhh!! *^*
No, sul serio.
E’ uno strazio (?) v.v
Non so quanti di voi si siano commossi, io sinceramente faccio invidia
a una
fontana >.<
Ma perché devo scrivere queste cose che mi fanno piangere,
dico io?! v.v
Sarebbe tutto molto più facile se, non so, AD ESEMPIO, Yuuto
rimanesse con
Kageyama per sempre, no? – è solo un esempio,
ovviamente ^//^”
Nel senso… No, dai! Perché devono essere tutti
così cattivi…?! *^*
Non so se si
è capito molto: praticamente quando
Kageyama ha portato Yuuto alla Resistenza, il caro e coccoloso Sakuma
(potrei
iniziare a odiarlo… E non voglio, accidenti! *^*) prima ha
fatto tutto il
tenero con Yuuto, poi è andato da Kageyama a dirgli che
è colpa sua se sta male
e che quindi deve lasciarlo a qualcun altro.
Kageyama, che anche lui si era accorto che in effetti il bambino aveva
ripreso
recentemente ad essere tormentato dagli incubi, è rimasto
colpito da questa
“cattiveria” e si è convinto che
è davvero colpa sua se Kidou sta male. Allora
l’ha subito portato alla Raimon.
Notare come nell’altro capitolo e nell’inizio di
questo non avesse fatto
trapelare praticamente nulla, é stato se stesso
probabilmente per godersi fino
all’ultimo il tempo passato con Yuuto. Poi, dietro la
panchina del campo della
Raimon, si è consumato un saluto veramente straziante (e non
provate a dire il
contrario v.v): Kidou era confuso, non capiva e quando ha capito era
troppo
tardi, e Kageyama… Eh, sarà stato parecchio
triste, voi che ne dite?? *^*
- Io odiavo già di per sé i vecchietti della
Resistenza. Adesso ho un motivo
ancora più valido per farli tutti fuori. *^*
Me li hanno fatti piangere, questi due tesori!! *ç*
MaH! Cerchiamo
di essere felici (?)
La prima parte del capitolo invece ho voluto farlo più
allegro e simpatico, con
Rushe che fa strage di cuori e… Eh, il piccolo Hikaru
innamorato. Mi piace
troppo quest’immagine di lui, completamente imbambolato
davanti a Rushe,
bellissima e splendente.
Non so, ci scriverei una long solo su di loro <3<3
Adesso basta,
per favore. Vado a deprimermi in un
angolino, ma soprattutto a meditare vendette atroci contro Sakuma,
Hibiki e
compagnia bella… Sono degli esseri Malvagi
(con la “m” maiuscola!) *^*
A presto, e grazie a tutti. ^^
Sissy <3
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ; Inquietudine ***
Capitolo 15;
Inquietudine
Il
pomeriggio passò quieto e in ombra.
Kidou stava seduto in panchina, torturandosi le manine livide e
osservando
Endou.
Endou, il ragazzo che aveva seguito senza esitazioni, con la promessa
di un
calcio e di un futuro… E pensava con che aggettivo
concludere la frase.
Non “migliore”, no. Non era quello giusto.
Solo… Forse, solo “diverso”. Forse era
stato quello, era stata solo curiosità,
ricerca di qualcosa di nuovo, di diverso.
Eppure lì, in quel momento, mentre osservava Mamoru che con
quel sorriso gaio
organizzava la squadra e l’allenamento che stava svolgendo,
rifletteva che a
volte la vita è davvero strana.
“O meglio, che vita e vita… Sempre a parlar di
vita e destino.
No, non è la vita, è quel filo teso e sottile e
trasparente che lega insieme
Kageyama e me.”
Si toccava le dita, con insistenza, massaggiando i polpastrelli, quasi
a
volerlo cercare questo filo, quasi a volerlo trovare. Per farci cosa
esattamente non lo sapeva: se l’avesse trovato e strappato?
Che sarebbe
successo? Si sarebbe sentito bene? Si sarebbe fatto male? Si sarebbe
liberato
di quel groppo in gola che quasi non lo faceva respirare, rendendogli
intorno l’aria
afosa e acida?
Non lo sapeva. Però sarebbe stato interessante, trovarlo.
Insomma, avrebbe avuto la conferma di quello che pensava, dopo tanti
anni. Un filo legato al dito, una promessa da
ricordare.
“-Papà! Chi è? Chi
c’è?-
-Guarda un po’ chi è venuto a trovarti?-
-Ciao diavoletto.-
-Kageyama-san!”
A distanza di anni… - Quanti?
Quanti anni
erano passati? – avrebbe potuto ugualmente giurare
che gli si erano
illuminati gli occhi, a vedere la figura di Kageyama
sull’uscio della sua nuova
casa.
Quasi sentiva ancora le gote arrossarsi di colpo e iniziare a pizzicare.
“Ma no, forse non è il ricordo della gioia, forse
è solo quest’acqua ghiacciata
che cade dal cielo e che mi ricorda quanto sono freddo e solo,
ora…”
Inutile,
non ci riusciva.
I ricordi più limpidi che riusciva a evocare erano i primi
momenti a casa
Kidou, e le visite di Kageyama… La
Teikoku,
e il preside che lo fermava nei corridoi
e gli diceva che la sua classe era dall’altra parte,
i primi approcci con
la squadra, e gli allenamenti di Kageyama…
Niente, non riusciva a toglierselo dalla testa. Ora che era lontano,
gli
sembrava ancora più nitido il ricordo, la presenza...
E provava a pensare ad altro, a pensare a Endou, e i ricordi
c’erano, certo…
Haruna, gli allenamenti, l’attacco alieno, Kudou, le prime
partite al Liocott,
l’Italia… L’Italia…
E qui c’era un punto strano.
Come quando vai a capo a metà della frase. Quando sai che
potresti ancora
scrivere qualcosa, e probabilmente qualcosa da scrivere ancora
c’è, ma proprio
non ti viene in mente nulla, e allora vai a capo, e lasci quello spazio
vuoto,
quello spazio in cui avrebbe potuto esserci scritto qualcosa, qualcosa
di
bello, di divertente, di triste, di commovente… Invece
c’è solo del bianco, del
bianco perché tu non sai cosa scrivere, non sai cosa fare.
E vai a capo, e poi ricominci a scrivere.
Però quello spazio bianco rimane sempre, e mentre ti fermi a
riflettere ti
colpisce per il suo vuoto, e rimpiangi di non averlo riempito quando
potevi
farlo.
Invece sei andato a capo.
-Bene
ragazzi, per oggi abbiamo finito!-
-Mi raccomando, continuate ad impegnarvi così e insieme
riporteremo il vero
calcio!-
La
voce di Haruna e quella di Endou erano molto differenti fra loro:
sua sorella, nonostante gli anni, aveva mantenuto un tono allegro e
cristallino, e mentre trillava come un campanello con quella sua voce
dolce,
distribuendo asciugamani e bottigliette d’acqua, Yuuto quasi
si sentiva
chiamato in causa anche lui, perché infondo prima
c’era lui su quel campo in
cui avevano corso per ore dei ragazzini sconosciuti, che a detta della
Resistenza portavano avanti lo “spirito della
Raimon”.
Kidou a guardare quei ragazzi si sentiva strano: si sentiva come a
guardare dei
tipi qualunque che alla televisione commentano uno spettacolo che tu
non hai
visto. Come un festival, un concerto, un nuovo film. E tu stai
lì, e ascolti i
loro pareri senza avere uno straccio d’idea tua. Ecco,
così si sentiva.
Guardava quei ragazzi che dicevano di portare avanti i loro sogni e la
loro
gloria come se lui di sogni e gloria non ne avesse mai avuti.
Era strano, era davvero parecchio strano.
Aveva già sentito Hikaru parlare di questa storia, di questa
“rivoluzione”, di
questo “spirito della Raimon”… Ma ora
che aveva passato un pomeriggio a
guardarli, questi ragazzi, questi “spiriti
guerrieri”, si sarebbe dovuto
sentire orgoglioso, invece era solo confuso.
Non riusciva davvero a capire.
-Yuu-chan??
Che hai, ti sei imbambolato? Vieni Onii-chan, andiamo a
casa!-
Kidou sbatté gli occhioni purpurei come se sua sorella fosse
apparsa davanti a
lui in quel momento. Come un’allucinazione, un sogno, uno
specchio di qualche
realtà distorta.
Mentre lei con un risolino lo prendeva in braccio, il piccolo
pensò davvero,
per uno, un solo istante, di essere finito dentro uno di quei spaziali
e
misteriosi buchi neri: era finito in una realtà alternativa,
una concezione di
esistenza diversa da quella che noi fin ora abbiamo creduto unica ed
insostituibile.
Poi scrollò le spalle, aggrappandosi a quel seno fermo e
caldo, a quel collo
morbido e setoso, che quasi erano estranei, che quasi gli mettevano
paura.
Era più normale essere presi per mano da Kageyama o
abbandonarsi a
quell’abbraccio sensuale e giovane di sua sorella che
sembrava più una mamma?
“Un universo parallelo… Il mio scetticismo sta
iniziando a venir meno,
sull’argomento…”
**
Fuori
era buio.
Dentro era buio.
Non riusciva a vedere altro che l’oscurità,
Kageyama, seduto su quella poltrona
da dove tutto era iniziato, e dove tutto finiva, adesso.
“E se stesse piangendo? E se gli venisse freddo? E se venisse
di nuovo
posseduto da un incubo? E se si perdesse? E se…”
-Zio! Zio mi senti?-
Kageyama si ritrovò a sbattere stupidamente le palpebre,
confuso, davanti allo
sguardo preoccupato di Hikaru. Non ne riusciva a combinare una giusta,
ultimamente.
-Scusa.- riuscì solo a dire, troppo occupato a reprimere le
lacrime per
inventarsi una scusa decente.
Hikaru, il suo nipotino, gli sorrise debolmente, mettendosi accucciato
fra le
sue ginocchia. –Zio, ti sei accorto di quando siamo
rientrati, io e Rushe?- chiese con tono dolce, delicato.
-No.-
Ne aveva abbastanza, delle bugie. E poi, anche volendo, non avrebbe
saputo inventarsene
neanche una convincente.
Hikaru sorrise di nuovo, ma anche i suoi occhi erano lucidi.
-Zio… So che non ne vuoi parlare, ed è giusto, se
non vuoi non sei obbligato,
però… Io volevo…-
-Non ha importanza. Davvero, sto bene.-
Di nuovo il ragazzino annuì, increspando le labbra.
Gli avevano sempre descritto suo zio come un uomo forte e carismatico
in
qualsiasi situazione, ma in quel momento gli sembrava solo una persona
angustiata dalla preoccupazione e dai sensi di colpa.
Era più bello vederlo
così, dopotutto; dava un’idea di
umanità stravolgente… Però era anche
triste,
terribilmente triste.
A Hikaru vennero in mente quelle volte in cui da bambino piangeva
perché i suoi
genitori dovevano andarsene a causa del lavoro, e suo zio che riusciva
sempre a
distrarlo, a farlo sorridere di nuovo…
Se pensava a quante volte era stato capace di asciugare le sue lacrime:
con un
sorriso, una battuta, un pallone…!
E adesso che avrebbe voluto fare qualcosa lui, per suo zio, non aveva
idea di
come comportarsi.
Poi sorrise, perché probabilmente era l’unica cosa
che in quel momento si
sentiva di fare.
Sorrise, e abbracciò quel grande Kageyama Reiji che era
tutto tranne che un
uomo privo di sensibilità, come invece lo descrivevano gli
altri, senza
riflettere, senza conoscere.
-Vieni adesso, zio. Accendiamo la luce e prepariamo qualcosa da
mangiare. Ti
aiuto anch’io, va bene? –
**
-Eccoti
qui! Finalmente soli!-
-Ehi ehi! Piano eh. Mi stavo quasi assopendo… E non mi
sballottare troppo
Endou! Non sono un peluche!-
-Sei paffutello e caldo proprio come un bambino, sai? Sei adorabile!-
-E perché, cosa ti sembravo? Una scimmia?!-
Otonashi e Endou camminavan lesti per le già buie strade di
Tokyo, passandosi
il piccolo Kidou di mano in mano, increduli e affascinati come del
resto c’era
da aspettarsi… Il piccolo però non sembrava molto
d’accordo sul fatto che i due
lo tormentassero con così tanta insistenza.
-Ditemi una cosa… E per favore mettetemi giù!-
-Kidou per carità! Hai delle gambe talmente tanto vessate
che non…-
-Ma che vessate e vessate… Questi sono graffi alle ginocchia
perché Hikaru mi
ha messo in porta, quando giocavano a calcio! Le mie gambe stanno
benissimo!-
-Hai giocato in porta Onii-chan?! Davvero?-
-Haruna… Ti prego. Da coetanei ancora ancora… Ma
non mi puoi chiamare
“fratellone” adesso! Potresti essere mia madre!-
-Oh! Sai che idea…? -
-Non ci pensare nemmeno. Piuttosto scappo di casa. -
-Perché, non pensi che potrei prendermi cura di te?-
-No, sei negata. -
-Ehi! Bada a come parli, nanerottolo!-
-Ah! Visto? Prima “onii-chan” e adesso
“nanerottolo”?! -
-Beh, ma sei mi fai arrabbiare colpa mia non è…!-
-Siete proprio fratelli, è innegabile.-
-QUALCUNO TI HA CHIESTO QUALCOSA?!?!-
-No no, per carità. Scusate, era tanto per dire…-
-Bene, taci Endou-kun che devo dare una lezione al mio
bambino…-
-Ehi ehi ehi! Lasciami stareeee!!-
-Ehm… Non vorrei disturbare ulteriormente, ma non potremmo
posticipare il tutto
a quando saremo a casa? Ci stanno guardando tutti…-
-Tsk! E che guardino…!- Haruna si ravvivò gli
capelli ondulati, socchiudendo
gli occhi con fare allusivo.
-Wow! Questa sì che è nuova… Endou che
si preoccupa di cosa pensa la gente
quando ci vede correre per la strada…-
-Ma non si possono fare paragoni del genere! Adesso sono cresciuto, un
minimo
di reputazione da mantenere ce l’ho
anch’io…-
“-Hikaru…!
Kidou è forse l’unico che
ancora mi considera una persona con una reputazione dignitosa! Cosa gli
vai a
raccontare?!- “
Il bambino ebbe
per un attimo un
capogiro, il suono delle risate in quel tavolo risuonarono nelle
orecchie
taglienti e incrinate.
La voce secca e provocante della sorella lo riportò alla
realtà…
-Ptf! Lascia perdere… Che oggi per arrivare al campo abbiamo
fatto ridere metà
Tokyo!-
-Non è colpa mia se Natsumi non ci mollava! Io glielo avevo
detto, che dovevamo
andare, ma lei niente! Quando si fissa, non c’è
verso di farla star
tranquilla…-
-Ehi ehi! Calma calma calma. Non riesco a seguire… Una cosa
per volta, per
favore. Voi abitate nella stessa casa? E c’è anche
Natsumi-san? Perché nessuno
mi ha avvertito?! Dovevo prepararmi psicologicamente ad incontrare
quella serpe
di “delicata” fanciulla…! E
perché non vi voleva far andare all’allenamento?
Cosa voleva fare?-
Endou lo prese delicatamente dalle braccia di Haruna, e mentre lei
ridacchiava
e Yuuto osservava quegli occhi grandi e ghiacciati e le lunghe ciglia
messe in
evidenza dal mascara nero, gli scompigliò le ciocche
intrecciate.
Kidou non si era mai sentito così a disagio, era una
sensazione orribile… Endou
che lo prendeva in braccio e gli scompigliava i capelli? Ma quando mai?!
-Oh no, non temere! – faceva intanto la voce di un uomo, un giovane uomo, con dei sogni a
brillare negli occhi scuri e
grandi, come sempre, come allora… Forse
gli occhi di tutti erano l’unica cosa che rimaneva, del
passato che lento gli
sfumava nella mente come fuliggine impalpabile…
– Haruna mi viene sempre a
chiamare per andare agli allenamenti, e per strada ci mettiamo
già d’accordo
per schemi e tattiche d’allenamento, così una
volta in campo si inizia subito a
lavorare. Sono io che vivo con Natsumi, ci siamo sposati…-
-CHEEE?!?-
**
Rimase
un attimo in piedi, quando tutto si fu quietato.
Aspettò che Hikaru salisse le scale fino a chiudersi in
camera sua, e
stette immerso nel silenzio serale.
Sospirò, lo sguardo perso nel vuoto.
Hikaru era stato dolcissimo con lui in quel frangente,
l’aveva aiutato a
riprendersi, almeno un poco, almeno per salutare Fideo e Rushe.
Sarebbe stato
veramente brutto, e anche egoista, da parte sua, salutarli
così sconvolto.
Avevano cenato insieme, e poi avevano accompagnato i due italiani
all’aeroporto.
“Allora ciao Oji-san!”
“Ciao Rushe. Ci risentiamo presto, promesso.”
“Ciao
romanticone, mi mancherai un sacco!”
“C-Ciao Rushe… Torna
p-presto…”
“Il tempo di un bacio e sarò di nuovo qui con te,
d’accordo Hika?”
“D-D’accordo… Ti-Ti
aspetto…”
“A
presto!”
“Buon viaggio ragazzo mio. Continuate così, mi
raccomando.”
“Ciao!
Ciao zio! Ciao Hikaru! Vi scriverò presto!”
Durante
il viaggio di ritorno avevano ascoltato della musica alla
radio, nessuno dei due sentiva il bisogno di dire qualcosa.
Hikaru era subito andato a letto, senza farsi pregare, e adesso era
solo.
Di nuovo, solo, immerso in una notte senza stelle.
Sedette sulla poltrona vellutata senza pensare a nulla.
Accese la televisione. Squadrò lo schermo, tentò
di concentrarsi su quelle
immagini sfavillanti nel buio del salotto. Cambiò canale.
Lanciò un'altra
occhiata. Cambiò di nuovo.
“Non
mi lasciare…”
Quel premere il pulsante e vedere quei puntini luminosi formare
un’altra
immagine, altre facce, era quasi
diventato un movimento catatonico. Non riusciva a fare altro.
“… Fa meno male quando
sono con te…”
Altre voci qualunque, ad un volume talmente alto per coprire i sussurri
di
qualche giorno prima.
Altre facce qualunque, luminose e finte, per annebbiare
nella mente quegli occhi commossi che continuava a vedere ovunque si
voltasse…
“… Mi prendi in braccio,
e il dolore non
lo sento più…”
Kageyama si prese la testa fra le mani, le orecchie battevano
dal dolore.
-E’ giusto così, è per il tuo
bene… Starai meglio, senza di me. -
Lanciò uno sguardo terribile contro la presentatrice di un
gioco televisivo.
Poco ci mancò che non la incenerisse sul serio.
“E comunque mi sono sempre annoiato, a guardare la
televisione.”
Prese il telecomando, e premette con forza il pulsante rosso.
Lo schermo si spense, e
lui piombò nel buio.
**
-Oh!
Bene, ho preso tutto?-
-Sì, tranquilla Natsumi-chan. Vieni a sederti con noi, dai!
Ci fai mangiare da
soli?-
-No no, arrivo arrivo!-
Natsumi Endou finalmente prese posto a tavola, dopo averci poggiato
sopra
qualsiasi, dico qualsiasi, tipologia di alimento. Sembrava che dovesse
sfamare
un esercito...
-Com’è ragazzi? Non ho esagerato con le salse,
vero?-
-Oh assolutamente! E’ perfetta!-
-Uh, che sollievo!-
Le facce di Haruna e Mamoru erano contratte in smorfie adorabili, fatte
su
misura per compiacere la “donna di casa”. La
Otonashi bevve un sorso d’acqua,
buttando giù un boccone che altrimenti avrebbe rimesso, e
dopo aver
tossicchiato prese coraggio, infilandosi un altro boccone di cibo in
bocca. Non
era sicura di voler sapere esattamente quel che stava mangiando.
-Ma ditemi un po’, che fine ha fatto Yuuto?-
-Perché, non è qui con noi?- Esclamò
Endou, ben contento di poter intervenire e
sospendere, almeno per poco, la trangugiazione di quel
“cibo”.
-No. – sorrise calma Haruna. – Appena siamo entrati
mi ha detto che si sentiva
stanco, così l’ho accompagnato di sopra, in
camera. Ho fatto bene Natsumi?-
-Oh certo certo! Ci mancherebbe! Sarà stremato piccino, ha
passato una
giornataccia…-
-Sono sicuro che si riprenderà presto. – sorrise
sereno Mamoru
-Lo spero davvero…-
Nella
stanza di sopra intanto, Kidou si guardava intorno.
Non era stanco per niente, semplicemente non aveva minimamente
intenzione di
mangiare qualcosa preparato da Natsumi: non aveva voglia di essere
costretto a
sottoporsi a una lavanda gastrica solo per compiacere una ragazza. O
una donna.
O, insomma, quello che era…!
La camera era molto diversa da quella di Hikaru, però non
era male. Anzi,
c’erano un sacco di cose interessanti…
C’era un grande armadio, appoggiato alla
parete davanti, un letto matrimoniale al centro e di lato delle tende
pesanti,
di un bordeaux intenso, a coprire le finestre e a rendere
l’ambiente ancora più
scuro. Evidente, dovevano assorbire molta luce…
Si avvicinò a quel punto, e scostandole si rese conto invece
di quanto buio
fosse già, fuori. I suoi occhi scarlatti si muovevano
agitati, cercando di
capire dove si trovasse, mentre si spingeva più in alto che
poteva, sulle punte
dei piedini.
Affaticato, si staccò dalla finestra e la sua attenzione fu
catturata da
diverse cornici appese alle pareti; c’erano delle
riproduzioni di quadri
famosi, dediche, ritratti, delle immagini satiriche di Endou e
Natsumi… “Devono
essere felici insieme… Già, d’altra
parte si sono sposati…”
In fondo alla stanza, quasi nell’angolo, Kidou intravide un
quadretto piccolo e
piuttosto in alto. Vagò subito con lo sguardo sulle pareti
della stanza, ma non
trovò interruttori della luce. Si faceva sempre
più buio là dentro, ma lui
voleva vedere cosa raffigurasse l’ultima cornice…
Allora prese uno sgabello che stava vicino al letto, e con fatica lo
spostò
sotto il quadretto; ci si arrampicò sopra e
staccò la cornice dal muro.
Ridiscese sul pavimento, scostò di nuovo le tende e un poco
di luce illuminò
opaca la superficie lucida del quadretto.
Era
un dipinto ad olio, i colori erano caldi, molto accesi. Un bel
tramonto sul mare, dei gabbiani che volavano stracciando sugli orli le
nuvolette infiammate dal sole morente.
Kidou si sentì avvolgere da un capogiro, mentre si ostinava
a tenere lo sguardo
su quei colori brillanti. Piano piano questi iniziarono a sfumare nei
suoi occhi
rossi, d’un opaco come nessuno aveva mai visto: di rosso nel
suo sguardo ormai
c’era solo l’idea, il ricordo. L’utopia.
Affondò nel giallo, rosso e arancio del cielo e del mare in
fiamme.
Fiamme… Fiamme…
Sentì l’ardore del fuoco avvolgerlo,
mentre affogava nell’acqua.
Si sentiva lì, in quel preciso punto in cui il sole, caldo, caldissimo, si scioglieva
nell’acqua bluastra del mare, buio,
freddo, profondo…
Si sentiva l’acqua alla gola, tutto avvolto dalle fiamme.
Caldo… Caldo…
Acqua… Acqua…
D’un tratto il cielo e il mare scomparvero, ora
c’era solo del verde.
Verde del campo di fiori. Del campo da calcio.
E c’era del blu. Il blu del cielo. Oh,
che bel cielo blu… Blu delle divise.
Era tutto buio, tutto nero.
Nero… Nero…
Freddo… Freddo…
Poi una luce, improvvisa. Lontana.
Lontano… Troppo lontano…
Gli altri, tutti, tutti gli altri,
che si tuffavano nella luce.
Bello, bellissimo…
Lui rimaneva indietro.
Chiamava.
“Aiuto! Aiuto!”
Aveva male alle gambe.
Le gambe erano rotte, a pezzi. Raccoglieva i pezzi delle sue gambe,
aveva paura
di perderli per strada. Per strada…
Quant’è buia la strada…! Per
raggiungere la luce, la strada, la strada…
Strisciava per terra, intorno a lui tutti correvano, tutti
andavano. Verso
la luce.
Lui strisciava lento, raccogliendo il suo corpo che cadeva a pezzi.
Pezzo per pezzo… Pazzo per
pazzo… Pozzo
per pozzo…
Un pozzo, sì. Quanto può essere buio
e freddo e profondo
un pozzo?
Però è anche calmo.
Non c’è più rumore, non corre
più nessuno, qui nel pozzo.
Un pezzo di pozzo di un pazzo.
Un pazzo pozzo. Un pazzo nel pozzo. Un pozzo nel pazzo.
“Che differenza fa?
Tanto qui nessuno può sentire me che parla.
Me che grida.
Me che piange.
Me che muore.”
*Angolino
della paura*
Beneeee…
Buondì minna-san! <3
(?)
Prendete un
respiro profondo e
affilate i coltelli. Immagino che ce l’avrete a morte con me,
e come
biasimarvi? Anch’io sono un po’ arrabbiata, sto
facendo soffrire tutti in modo
spropositato… *^*
Ah beh. Sono cose che capitano. *la freddano*
Uhè uhè! Un attimo, please. ^^” Abbiate
la decenza di lasciarmi spiegare, poi
sarete liberi di farmi quello che più desiderate opportuno
v.v
Prima di tutto… Diciamo che è un capitolo
particolarissimo, pieno di
riflessioni e manifestazioni di mancanza profonde.
Volevo fare due o tre punti, tanto per avere le cose chiare in
testa…
Prima fra tutti, quel paragone che ho fatto con la sensazione
d’angoscia che
prova Kidou e quella provata da noi quando andiamo a capo. (?) Mi rendo
conto
che quel pezzo, preso da solo, è a se stante, come dire, ha
significato
compiuto, se però si considera solo la nostra condizione di
autori. Se invece
si trasferisce il paragone sulla figura di Yuuto… Allora
voglio vedere chi è
che è così bravo da capire da cosa è
causato questo stato d’animo.
Vi do una traccia, dai: Yuuto dice che si sente come se, mentre
scriveva -
faceva un percorso… - ad un certo punto non sapeva
più come continuare, non si
sentiva più in grado di continuare, e allora ha cambiato
idea, ha ricominciato
a scrivere su un'altra riga, andando a capo. Cercando di dimenticare
quello che
stava scrivendo prima, per non soffrire più. La sofferenza
però lo tormentava
sempre quando si fermava a riflettere, a pensare, e sentiva pesare
addosso
quello “spazio bianco” - quel vuoto… -
che lui non ha voluto o saputo riempire.
Lui è andato a capo, si è voluto lasciare tutto
alle spalle, e quello spazio
bianco è stato riempito da qualcun altro, che non
è lui, perché lui è andato a
capo.
Adesso chi è così bravo da dirmi quando ha
cominciato ad avvertire questo stato
d’animo e perché è tormentato da esso?
Suvvia, conosco delle persone che
avrebbero dovuto spiegarmi questo paragone senza bisogno del mio aiuto,
comunque chi mi spiegherò ciò…
Avrà la mia gratitudine (?) Cosa ci può essere
di meglio?? Come premio di consolazione tutti riceveranno una banana
(?) uou
Ora andiamo oltre.
Kageyama in questo capitolo è umanissimo e disperato, ma
d’altra parte questa
separazione mi ha permesso di scrivere questi pezzi: se Yuuto fosse
rimasto
sempre in questa casa, non avrei potuto raccontare il loro legame in
questo
modo romantico e struggente!! *la freddano x2 (?)*
Mi state facendo fuori un po’ troppe volte! Le mie vite mi
servono, eh!
>.<
Hikaru… Aaaawwww!! <3<3 Non ditemi che solo io
l’ho trovato dolcissimo tanto
che mi sono messa a piangere, ché altrimenti vi freddo io v.v
Insomma… Yay! E’ un amore, punto. <3
E’ un personaggio che sa amare, in
tutti i sensi. Se non l’avesse inventato la Level-5 dovevamo
inventarcelo noi,
un personaggio così. v.v
Penso
che sia chiaro a tutti, comunque mentre guardava la televisione
sono tornate in mente a Reiji le parole di Yuuto del capitolo 4
^^”
E… Vabbeh, le scene a casa di Endou non mi ci sono
soffermata tanto ché
sinceramente me ne importa poco. v.v Li odio tutti (?)
perché hanno separato
brutalmente i miei due cuccioli (?) >.< E questa
è una cosa che non
tollero, anche se alla fine la long la scrivo io, quindi dovrei
prendermela
solo con me stessa (?) *^* Ma è più bello
prendersela con gli altri. v.v
MaH! Penso che stiate strepitando dalla voglia di capire qualcosa
dell’incubo
di Yuuto, gnègnè.
Quindi quindi… Allora, inizialmente Kidou ha preso questo
quadro, e i colori
caldi hanno avuti un effetto drammatico su di lui, trasportandolo
lontano nel
suo inconscio oscuro e tormentato. Qui ha visto del verde, del blu e
del buio
seguito da una luce.
Allora… Torniamo sempre allo stesso punto, ovvero al momento
in cui ha perso
Kageyama. La partita, il campo verde, le uniformi sia della nazionale
giapponese che di quella italiana che sono blu, e il cielo che Kageyama
ha
guardato prima di essere investito. Blu è anche il colore
degli occhi di Fideo,
gnè~
Poi, la luce. Beh, il concetto è facile: lui è
caduto dentro una luce (il
portale) e si è trovato da solo, al buio. Sapeva che tutti
gli altri, fuori da
lì, fuori da lui, sono rimasti nella luce e hanno continuato
a inseguirla,
mentre lui, dolorante e ferito, è stato costretto a rimanere
nel buio a lungo.
Finché è riuscito ad uscire – vi
ricordate, il secondo capitolo? ^^” – e con le
gambe martoriate camminava lungo la strada buia.
Poi ho parlato di un pozzo, neh? Beh, semplicemente ha funzionato
così: Yuuto
per la prima volta durante il suo incubo si è mosso, si
è come buttato giù
dalla finestra – infatti dice di sentire dolore alle gambe,
probabilmente si è
ferito – e ha cominciato a camminare lungo questa strada
buia, fino a quando
non è caduto dentro una fossa, un burrone, un pozzo. -Devo
ancora pensarci ^^”-
Qui si è sentito insanguinato e solo, e in preda
all’incubo perde i sensi
convinto di star morendo.
Ovviamente non morirà, eh. Ci manca solo. ~
Arriverà
la fanteria in suo soccorso! (inutile dire chi si metterà in
moto per
primo, vero?? *ç* Amorriiii!! Non vedo l’ora che
si riabbraccino!! <3<3 –
sono un caso perso, ignoratemi. -.-“)
Probabilmente
qualcuno protesterà perché Haruna e Endou sono
descritti come
degli esseri orribili e cattivi che volevano solo il male di Yuuto
portandolo
via da Kageyama: in realtà la questione è
più complicata. Vedete, non è che
Kidou non vuole bene a sua sorella o a Mamoru, per carità,
è solo che è piccolo
e come abbiamo visto nei capitoli prima ha alcuni ricordi un
po’ discordanti:
per questo ha bisogno di un appiglio sicuro, che è Kageyama,
perché quando lui
aveva sei anni pensava sì ad Haruna, ma il suo punto di
riferimento era il
Comandante. Inoltre nel capitolo prima, quando si sono salutati, non so
quanti
di voi ci abbiano fatto caso, ma Yuuto ha detto una cosa interessante:
“Ma tu
sei sempre stato grande! (…)”
Kageyama
è sempre stato “adulto” è
sempre stato una figura di riferimento,
mentre Haruna è la sua sorellina, e Endou è un
suo coetaneo… E’ molto difficile
per lui aggrapparsi ad Haruna “che quasi sembra una
mamma” che a Kageyama,
perché in qualche modo lui è sempre stato adulto.
Capito? No,
perché non vorrei mai che qualcuno - non faccio
nomi *^* - mi venga a dire che ho espresso troppo
esplicitamente il mio disinteresse nei confronti della sorella di Yuuto
^^” Mnh~
Bene bene, non
mi pare ci sia altro.
A voi la
parola e…
“Fu
vera vittoria? Ai posteri l’ardua sentenza.” ~
Alias: Ditemi se merito
davvero la pena di morte, e ricordatevi che vi voglio bene!
*//*”
Baci baci,
Sissy
<3<3
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 ; Luci nella notte ***
Capitolo 16; Luci
nella notte
-Aaaaahhh…!
Com’è tardi ragazzi…!-
-Faremo meglio ad andarcene tutti a letto, che ne dite?-
-Ottima idea Mamo-kun! A questo punto è meglio che io vi
lasci…-
-Ma Haruna! Cosa dici? Ormai è molto tardi, di sicuro Kidou
si sarà già
addormentato da un pezzo… Dormite da noi, è la
cosa migliore!-
-Io… Non vorrei disturbare…-
-Non dire sciocchezze e seguimi, così andiamo a prepararci.-
-D’accordo Natsumi-chan! Arigatou…- Mentre le due
giovani donne stavano per
sparire nel corridoio che portava alle stanze da letto, la blu
rallentò il
passo per volgersi verso l’uomo di casa.
-Endou mi faresti un favore?-
-Dimmi pure; cosa c’è?
-Non potresti per
caso andare di sopra a
controllare Yuuto? E’ da molto che non lo sentiamo
più, penso che si sia
addormentato…-
-Lascia fare a me, tranquilla.-
-Grazie!- trillò allora, chiudendosi la porta del bagno alle
spalle.
Il moro finì di sparecchiare la tavola, dopodiché
facendo attenzione a fare
meno rumore possibile salì le scale che portavano in camera
da letto.
Socchiuse
la porta debolmente, facendo trasparire solo un fascio di luce:
già si
immaginava Kidou tutto rannicchiato a dormire nel grande letto
matrimoniale… Ma
dovette ricredersi.
Forti e rumorose spire di vento sbattevano le tende.
Una sedia era rovesciata.
Poco distante, un quadro a pezzi.
Il buio più totale. Il silenzio più totale.
Mamoru gelò sul posto, si sentì travolgere da un
terrore indicibile.
La stanza era vuota.
**
Nella
sua
stanza, Hikaru guardava il soffitto, senza riuscire a prendere sonno.
Di norma, quei giorni che passavano in compagnia di Rushe e Fideo erano
già di
per sé emozionanti e fantastici… Ma questa volta
era successo qualcosa di più,
qualcosa di pazzesco che stentava ancora a spiegarsi.
Non era strano che dopo la partenza dei loro amici italiani rimanesse a
lungo
sveglio: faceva mente locale di tutto quello che era successo, contava
le volte
in cui Rushe l’aveva preso per mano o gli aveva sorriso, si
scriveva tutte le
cose che lei gli aveva raccontato sull’Italia…
Insomma, era una veglia piacevole.
Invece questa volta era diverso.
Pensieri confusi, aspri e bigi gli toglievano il sonno. Non era
tranquillo.
Si girò su un fianco, e si accorse di aver lasciato le tende
aperte: si alzò
allora per chiuderle, e preso dalla troppa curiosità
guardò fuori.
La notte era gelida e scura, le stelle sembravano essersi tutte spente.
“Un black-out nel cielo… E’
possibile?”
Pensò a Rushe, la sua Rushe che adesso era su un aereo e
stava correndo contro
la notte: sarebbe arrivata a casa e forse lì ci sarebbe
stata la luce del
giorno.
Pensò a Masaki, perché il suo amico gli aveva
sempre detto di non sopportare la
notte, perché era buia, triste ed inutile –
così aveva detto – ma Hikaru sapeva
che è solo nei momenti bui che è bello credere
alla luce: e Kariya alla luce ci
credeva, ne era certo.
Pensò alla sua mamma e al suo papà, che vedeva
così raramente, e chissà se
adesso anche loro stavano pensando a lui, guardando le
stelle…
Pensò a quel bambino, quel Kidou, che era arrivato fin a
casa loro in una notte
buia come quella.
Pensò a suo zio, perché suo zio gli aveva detto
una cosa bellissima riguardo la
sua nascita. Gli aveva raccontato che lui era nato di notte, ma aveva
gli occhi
tanto brillanti che i suoi genitori l’avevano voluto chiamare
Hikaru. “Una
stella è rimasta intrappolata nei tuoi occhi neri, e
così per quanto buio sarà
intorno a te, tu saprai sempre che la luce c’è, si
può trovare; e si trova in
noi stessi, nei nostri occhi.”
Anche suo zio aveva gli occhi neri, e anche se lui si ostinava a non
pensarla così,
Hikaru sapeva che, infondo infondo, la luce di una stella brillava
anche negli occhi
del suo oji-san.
Sorrise, pensando che forse era davvero troppo poetico a volte; lui
pensava
sempre, pensava a tante cose… Al momento di doverle esporre
però, al momento di
dover parlare, non riusciva a combinare nulla di serio, balbettava,
diventava rosso
rosso e rovinava tutto.
Ma dentro di sé conservava un mondo di parole e
pensieri… Un mondo di sogni.
D’un tratto sentì il telefono di casa squillare.
Ma era così immerso nel silenzio e nella quiete notturna che
inizialmente non
se ne accorse; gli arrivò alle orecchie solo un rumore
flebile e indistinto.
Pian piano qualcosa tuttavia cambiò:
all’improvviso divenne un suono d’allarme,
vibrando per la casa silenziosa le onde sonore lo fecero trasalire.
Si lanciò allora al piano inferiore, alzò la
cornetta e rispose.
All’inizio non capiva, non capiva nulla, si sentiva stordito
dalla sua stessa
paura: all’improvviso si autoimpose di calmarsi, e
riuscì a capire quel che era
sufficiente sapere.
“-Arriviamo!-” Fu l’unica cosa che
proferirono le sue
labbra prima di riattaccare.
Afferrò subito la giacca pesante e si fiondò in
salotto… Ma attonito dalla
tenerezza si fermò.
Suo zio era seduto a gambe incrociate sul tappeto, la testa che
ricadeva
dolcemente in avanti mentre fra le mani teneva ancora alcuni pezzi di
puzzle.
Sorrise Hikaru, mentre nel suo cuore si battagliava tra il desiderio di
abbracciarlo
forte e dirgli che gli voleva davvero bene, scrollarlo e svegliarlo
immediatamente perché era successa una cosa grave e dovevano
subito fare
qualcosa, oppure semplicemente godersi l’attimo pensando che
era l’unico a
potersi permettere di vedere suo zio ridotto in quello stato, a detta
di
qualcuno, patetico.
Ridacchiò sottovoce, e poi lentamente si avvicinò
all’uomo ancora addormentato.
-Zio… Zio svegliati… Dobbiamo andare…-
Vide chiaramente le palpebre dell’altro stropicciarsi, ma non
ci misero molto
ad aprirsi in quanto nella stanza era ancora tutto buio.
-Hikaru…- Appena si accorse di essersi addormentato in
quella posizione
ridicola suo zio si alzò in piedi, e mentre nel buio il
ragazzino scorgeva
chiaramente il rossore sulle guance dell’uomo, di nuovo gli
venne da sorridere.
– H-Hikaru… C-Cosa succede…?-
-Sai zio. – Esordì il ragazzino, porgendo la
sciarpa all’uomo che gli stava di
fronte. – Ho come l’impressione che questa giornata
non sia ancora finita.-
-Che intendi? E’ notte fonda ormai…-
-Sì zio, è notte. E noi dobbiamo uscire a cercare
la luce del giorno.-
-La luce del domani… Il portale!-
Hikaru sorrise, anche se il suo assomigliava di più a un
broncio.
-Uff! Non riuscirò mai a dirti qualcosa che ti
impensierisca, senza che tu mi
dica subito il senso di quello che intendevo!-
-Ehi! In questo non mi batterai mai, mi dispiace… Sei ancora
troppo inesperto
per superare il maestro…-
-Zio, adesso andiamo. Volevo solo dirti… Io-Io sono con te.
Io ti voglio bene,
e so che per te è importante…-
-Hikaru…-
-… Però domani a scuola non ci vado, se stiamo
tutta la notte in giro a cercare
quel bambino!-
Kageyama scrollò la testa, lacrime insapori inumidivano le
labbra sorridenti: -
Avrei dovuto aspettarmelo… Buon sangue non mente, sei
veramente mio nipote.-
-Ne dubitavi forse?-
-Assolutamente no.-
-Andiamo zio, troviamo Kidou.-
**
Yuuto
si destò
frastornato ed infreddolito.
Non riconosceva il luogo in cui era né rammentava come ci
fosse arrivato.
Per un attimo si sentì freddo e vuoto, con tanta paura nel
cuore che batteva
forte.
Già una volta si era trovato in quella situazione; intorno
c’era solo oscurità,
silenzio mentre lui aveva freddo e paura.
Quella volta però, per quanto fosse
indolenzito, aveva chissà dove trovato la forza per correre,
per scappare, per
cercare riparo.
Ora invece era solo nel buio della foresta, le ombre spettrali dei rami
spogli
lo ghermivano e lo bloccavano sul posto.
A ogni rumore sobbalzava, il cuore batteva talmente forte nel petto che
– ne era
sicuro – sarebbe potuto schizzar via da un momento
all’altro.
Si accucciò per terra, nascose la testa fra le ginocchia e
chiuse gli occhi.
Persino la Luna non aveva più luce per lui, per infondergli
un po’ di
sicurezza; era solo nel buio della notte, eppure qualcosa brillava
ancora.
Qualcosa si agitava nel suo petto di bambino, mentre piccoli cristalli
rimanevano
congelati sulle ciglia; qualcosa di tiepido e tranquillo, come la
fiamma tenue
e gialla di una candela, lo tranquillizzava.
Pensò alla neve bianca e lucente, pensò alle
candeline sopra la sua torta,
pensò all’abbraccio con cui Hikaru
l’aveva accolto, ospite senza nome, e tratto
in salvo.
Pensò alla luce, e placidamente il suo respiro si fece calmo
e regolare.
E
nello specchio di luce tenue, d’un
azzurro quasi argenteo, l’immagine di un bambino addormentato
ai piedi di un
grosso masso si rispecchiò quasi d’incanto.
*Angolino
delle lanterne (?)*
Tadàààà!
^^”
Sì lo so, sono in mostruoso ritardo. -.-“
Non vi ho mai fatto aspettare così tanto, e sicuramente
avrò perso metà dei
miei lettori, se non di più *^*
La colpa è mia, sono un essere spregevole; sul finale penso
di starvi deludendo
parecchio, ma sinceramente il tempo è poco e la signorina
Ispirazione non aiuta
affatto x.x
Si fa i comodi suoi e basta, quell’arrogante!
Quindi lo so che questo capitolo è una cosa abominevole,
pensavate al gran
finale e invece no! Non ancora… Non immaginate quanto tempo
c’ho speso dietro a
questo capitolo, ogni finale che provavo a ideare mi sembrava orrido e
poco
esauriente e lo cancellavo, così alla fine ho deciso di
scrivere questa cosetta
più breve ma quanto meno decente – spero.
Farò il possibile per pubblicare il prima possibile il
“vero” finale, questa è
più che altro di nuovo una pausa riflessiva. ^^”
Au revoir, e scusatemi ancora.
Sissy <3
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 17 ; Dentro un sogno pericoloso ***
Capitolo
17; Dentro un sogno pericoloso
La
foresta buia,
spaventosa e tetra di qualche ora prima sembrava non essere mai
esistita.
Kidou era un ragazzo, al fianco aveva Endou e Fideo, con addosso le
divise di
quando erano al Liocott.
Brillava il sole, alto nel cielo terso, i suoi piedi scalzi affondavano
delicatamente nella sabbia umida del bagnasciuga. La spiaggia era
deserta,
c’erano solo loro: sorridevano, sereni.
Mamoru aveva gli occhi lucenti, d’un castano intenso e
tranquillizzante.
Lo sguardo di Ardena era più chiaro e movimentato, la luce
faceva risplendere i
suoi occhi blu come il mare davanti a loro di mille sfumature
verdazzurre.
Si sentiva tranquillo, le palme ondeggiavano adagio cullate dal vento
tiepido e
carezzevole: erano immersi in una calma quasi inimmaginabile per Yuuto,
dopo
tutta la paura dei giorni precedenti.
In quel momento, di fronte a un paesaggio così idilliaco,
non riusciva a
concentrarsi su nulla di preciso.
Non importava più niente; necessitava di calma, aveva
bisogno di non pensare a
qualcosa di importante o urgente.
Sentiva solo il rumore delle onde, lento, come una ninna nanna soave, e
gli
occhi tranquilli di Endou e Fideo appoggiati delicatamente sulla
distesa
infinita d’acqua davanti a loro.
“Il resto non conta, il resto può
aspettare…”
All’improvviso i ragazzi al suo fianco mossero qualche passo
verso la
superficie lucente del mare.
Kidou rimase immobile a fissarli, mentre
sorridenti si allontanavano sempre di più, camminando a pelo
dell’acqua, fino a
scomparire nel punto in cui cielo e mare non si distinguono
più, l’orizzonte.
Nel suo cuore era tranquillo nonostante i suoi amici si fossero
allontanati,
perché dentro, da qualche parte, forse nel cuore, sentiva
che non l’avevano
lasciato solo, che avrebbe potuto raggiungerli in qualsiasi momento;
allora si
volse e davanti a lui stava Kageyama.
Non sembrava né arrabbiato né preoccupato: era
sereno, e guardava il mare.
Kidou gli si avvicinò, Kageyama allora abbassò lo
sguardo su di lui.
-Sei felice Kidou?-
Era
una domanda strana, Yuuto s’incupì.
Sì, si sentiva tranquillo, c’era forse qualcosa di
sbagliato?
-Ho avuto tanta paura, qui ora sto bene. Possiamo rimanerci? L-Lei
può rimanere
qui con me?-
Il ragazzo si accorse che le parole non avevano la loro voce, ma erano
portate dagli
sbuffi del vento e del mare.
“Non importa! Non importa! Stiamo qui, va bene
così…”
-Qual è la fonte della tua
felicità,
Kidou? Questo posto ti rende felice perché è
cosiffatto, oppure è la
consapevolezza di star scappando da un pericolo che ti rende felice?-
-Scappando? Un pericolo? Kageyama, io non…-
Yuuto sentì che stava succedendo qualcosa: il sole brillava
tanto, troppo, la
sua pelle si stava strappando, cominciava ad uscire sangue…
Sangue, sangue!
D’un tratto ai suoi piedi si formò una pozza di
sangue bollente, il sole era
caldo, troppo caldo, il sangue evaporava e continuava a scorrere.
Yuuto guardava sconvolto quello che gli stava succedendo. Impotente.
Appena una goccia vermiglia venne a contatto con il mare, tutta quella
bellissima
distesa lucente si tinse di rosso.
Si fece tutto buio, il mare brillava insanguinato in quella notte
generata da
un incubo.
Kidou era girato verso il mare terribile, quando avvertì la
mano di Kageyama
sulla sua spalla.
Non ebbe il coraggio di voltarsi: qualcosa, dentro, ma
forse questa volta non era il cuore, perché il cuore adesso
aveva
sbagliato – Endou non era più tornato. E
neanche Ardena. Non erano tornati,
e lui non avrebbe potuto raggiungerli. – forse ora era la
mente, gli diceva che
era sua la colpa.
Aveva sbagliato… In cosa non lo sapeva. Non riusciva a
capirlo. E proprio per
questo era stato punito. Da sempre così funziona e per
sempre così funzionerà.
Appena avvertì il contatto con Kageyama si sentì
travolgere da un capogiro, ma
tenne gli occhi aperti.
Tutto scomparve.
Bianco più assoluto.
Kidou aspettò.
Aspettò.
E aspettò ancora.
Ma non successe nulla. Assolutamente nulla.
L’uomo ancora teneva la presa sulla sua spalla, ma davanti a
lui c’era solo del
bianco.
-Che significa?-
Neanche questa volta uscì niente dalle sue labbra.
Si convinse di aver parlato, doveva convincersene.
-Se tu fossi a casa, Kidou… Saresti
felice?-
-Mi può riportare a casa Soushi? E’
riuscito a farmi tornare ragazzo e ora
mi riporterà a casa?-
Sentiva gioia e adrenalina. Aveva avuto una paura orribile, ma il suo
comandante l’aveva aiutato anche in quel momento, e ora
finalmente sarebbe
ritornato a casa sua, nel suo tempo…
Non fece in tempo a voltarsi che si ritrovò sommerso da
colori e forme.
Gli piovvero direttamente addosso: d’istinto si difese la
testa con le braccia
e quando non avvertì più movimenti si
guardò attorno.
Lanciò subito uno strillo di gioia, quella davanti a lui era
la sua casa.
Casa… Casa. Casa!
-Comandante!- Yuuto si voltò, immaginava di averlo ancora di
fianco.
Invece non vide nulla. Kageyama era scomparso.
-Comandante? Kageyama? Do-Dove siete?-
Nell’agitazione non si accorse di scontrare contro il
cancello di casa.
Avvertì di nuovo una vertigine.
Il cancello si era deformato al suo tocco. Se avesse provato ad
oltrepassarlo
l’avrebbe distrutto.
-Comandante, che significa? So che riesce a sentirmi! Dove mi ha
portato…? Dove
siamo…?-
-Sei vicino a casa Kidou.-
-Questa non è casa mia!- ribatté sicuro
il giovane in piedi su un muretto
che si stava sciogliendo – Nulla di quello che è
intorno a me è reale!-
-Potrà diventarlo, se tu
risponderai alla
mia domanda.- Le parole di Kageyama perdevano sempre meno
consistenza e
volume, sembravano invisibili fili di vento.
-Alla sua domanda?-
-Se tu fossi a casa, Kidou… Saresti
felice? Se questa fosse realmente casa tua, saresti felice?-
-S-Sì! Certo che sarei felice…
E’ tanto tempo ormai che cerco di tornare a
casa, lei lo sa…-
La sua rabbia era sfumata, si sentiva solo confuso.
All’improvviso Kageyama apparve davanti a lui, girato di
schiena. Yuuto aprì la
bocca per chiamarlo, ma il tono forte, fermo e reale del Comandante lo
zittì.
-Allora avevo ragione.
La tua felicità deriva dalla
consapevolezza di star scappando da qualcosa che ti spaventa.
E pensare che ti consideravo un ragazzo forte…
Va’ allora, rifugiati nella tua
felicità, codardo.-
Detto questo, Kageyama scomparve così
com’era apparso, e al suo posto Yuuto
vide una piccola chiave argentata che brillava appena, sospesa
nell’aria.
Poi una forza più potente di lui lo spinse dentro il
cancello, che al tatto era
tornato rigido, freddo e resistente.
Con un colpo secco il cancello si chiuse alle sue spalle, e il ragazzo
si
ritrovò solo, all’interno del suo giardino, con
davanti la porta d’ingresso.
Scoppiò a piangere, nelle orecchie sentiva ancora lento
brontolio delle onde in
riva al mare…
*Dreams’
corner*
-Oggi mi sono
data all’inglese (?) uu
Buongiorno ragazzuoli~
Nel precedente capitolo non ho ricevuto recensioni a parte la mia cara
Juddy
<3
Ma spero che non abbiate pensato che io mi sia arresa: guai a voi, eh!
Avevo solo, come tanti suppongo, una valangata di scadenze,
interrogazioni e
compiti che mi hanno rubato un sacco di tempo.
Ohibò, è stata dura, e ancora lo è.
Infatti per altre due settimane sarò piena
di lavoro, ma ci tenevo a non sparire completamente; ecco
perché ho deciso di
pubblicare questo capitolo.
E’ corto, lo so, ma unire tutto il sogno/incubo sarebbe stato
eccessivamente
lungo e pedante per voi. Invece in questo modo potete leggere qualcosa
e spero
che qualcuno riesca a ritagliare qualche minutino per lasciarmi una
recensione,
anche corta, non importa **
Notizia super: ho il numero ufficiale dei capitoli… Saranno
20 in totale, e
vedrò di pubblicarli tutti entro Giugno, salvo problemi
ovviamente. Spero che
continuerete a seguire questa long nonostante gli impegni scolastici ed
extra-scolastici, gnè~
Per quanto riguarda il capitolo… Ho pressoché
poco da dire, nel senso che è
solo e solamente un sogno di Yuuto, ma questo è piuttosto
chiaro, spero. Nel
prossimo capitolo lo vedremo a ragionare sulle parole di Kageyama e
chissà se
riuscirà a risvegliarsi e tornare a casa?
Bene bene ragazzi, alla prossima e grazie a tutti!
Sissy
<3
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 18 ; Sono felice dove brilla il sole ***
Capitolo 18; Sono
felice dove brilla il sole
Yuuto
si sedette
sul divano, tenendosi la testa fra le mani.
Non riusciva a capire…
Era tornato ragazzo.
Era tornato a casa.
Ma mancava ancora qualcosa.
Per quanto si ostinasse a non pensarci, non riusciva a non rievocare le
parole
di Kageyama…
“La tua felicità deriva
dalla
consapevolezza di star scappando da qualcosa che ti spaventa.”
Cosa aveva voluto intendere? Non era forse giusto essere
felici di essere
tornati a casa?
E poi lui non stava scappando da niente, piuttosto aveva continuato a
inseguire
per tutto il tempo il suo desiderio di ritornare a casa, alla
normalità…
Perché Kageyama aveva voluto lasciarlo così,
però? Per tutto quel tempo si era
comportato talmente bene con lui… Perché aveva
dovuto mettergli
quest’agitazione addosso?
E soprattutto come aveva fatto a portarlo dov’era adesso?
Kageyama era riuscito
a tornare indietro? E perché non l’aveva salutato?
Non gli aveva permesso di
salutare neanche i ragazzi…
No, c’era sicuramente qualcosa sotto. Non era possibile che
l’avventura finisse
così. Doveva ancora fare qualcosa… Capire
qualcosa… Ma non riusciva a
concludere nulla.
Una cosa era certa, doveva ritrovare Kageyama. Di sicuro lui sapeva
come fare a
tornare a casa davvero. Perché non era a casa, non ancora.
Kidou si alzò in piedi, perlustrò per
l’ultima volta l’abitazione e varcò la
soglia.
Attraversò in fretta il giardino, oltrepassò il
cancello e si incamminò per
strada, diretto al centro.
In casa non aveva trovato nessuno… In effetti era pieno
giorno, e suo padre
teoricamente avrebbe anche potuto trovarsi al lavoro… Ma gli
aveva fatto un
effetto orribile ritornare a casa e trovarla vuota. Sentire lo
schiamazzo della
gente al centro l’avrebbe tranquillizzato, e una volta calmo
avrebbe pensato a
cosa fare.
Per strada non
incontrò nessuno.
I
negozi erano tutti
aperti, a dimostrazione che non era stato indetto nessuno sciopero
generale.
Eppure non c’era anima viva per strada, né passava
un’auto o un pullman.
Si voltò verso la stazione, tese l’orecchio ma non
avvertì alcun rumore dello
sfrecciare dei treni.
Possibile che fosse tutto fermo quel giorno?
Mentre sentiva l’agitazione montargli nel petto si diresse a
passo lesto verso
la scuola, entrò come una furia e corse per i corridoi della
Teikoku.
Nulla.
Eppure i vari club avrebbero dovuto allenarsi e lavorare, si sarebbe
dovuto
sentire lo schiamazzo dalle aule dei bambini più
piccoli… Possibile che tutti
lavorassero in perfetto silenzio?
Uscì sconfortato dall’imponente scuola, si
appoggiò ad un muretto e attese.
Sarebbe dovuta passare un’auto prima o poi, per forza. Non
era concepibile un
silenzio del genere.
Eppure quell’immobilità lo stava logorando,
sembrava che il tempo si fosse
fermato.
Riprese la strada verso casa, ora era davvero senza idee.
Come poteva essere quello il suo mondo? Come avrebbe potuto riprendere
la vita
di sempre, se ora era solo in una città silenziosa e
gigantesca? Dov’erano le
altre persone, i suoi amici, gli uccellini sui rami degli alberi nel
parco, i
mezzi di trasporto, il traffico, il vento, i cani che abbaiano, i
bambini che
piangono nei passeggini, la confusione, gli impegni?
Il sole non si era ancora mosso dalla sua posizione, nulla si muoveva.
C’era solo lui, e tutta la sua gioia si era consumata tanto
in fretta che
neanche aveva fatto in tempo ad accorgersi di provarla, che
già era scomparsa.
Camminava, e gli sembrava di non riuscire più ad avanzare.
-KAGEYAMA!-
Era l’unica persona con cui era riuscito a parlare, da quando
quel mondo gli
era caduto addosso. Doveva essere ancora lì, da qualche
parte.
Doveva avergli
lasciato qualcosa per capire dove fosse e come si doveva comportare.
Alzò gli occhi dalla strada, era di nuovo
all’inizio di quel giro dell’oca
terrificante.
La sua casa, immersa nell’oblio del silenzio, si ergeva
davanti a lui
facendogli venire il capogiro.
Si volse di lato, dove aveva visto Kageyama per l’ultima
volta.
La chiave!
Credeva di essersela immaginata, invece era reale, ed era ancora
lì!
Yuuto si affrettò a prenderla in mano, era piccola e
sembrava ricoperta di una
polvere argentata e brillante.
La strinse fra le dita, e mentre lo faceva venne travolto da
un’incontenibile e
assurda voglia di pianto.
Prese a singhiozzare convulsamente, senza riuscire a controllarsi.
-No… No Comandante non sono felice. Aveva ragione, sono solo
un codardo che sa
disperarsi e piangere e nient’altro. Io non so dove sono,
né tantomeno dove sia
lei adesso, e mi dispiace solo di non essere riuscito a ringraziarla,
perché
per quanto io fossi stato testardo e disobbediente lei ha continuato a
prendersi cura di me e a cercare in tutti i modi di riportarmi a
casa… Ora non
so dove ho sbagliato, cos’ho fatto per meritare questo
silenzio logorante, ma
di una cosa sono sicuro. Questa che ho davanti non è casa
mia, che io possa toccarla o meno, né questa è
la mia città: non
è la mia casa a rendermi felice, ma le persone che ci vivono
con me. Qui io non sono felice e non potrò mai
esserlo, anzi non potrò mai
essere nulla se non questo silenzio che pesa sugli edifici e sul mio
cuore in
modo crudele; io sarò felice quando saprò di
essere con i miei amici, la mia
famiglia, le persone che si prendono cura di me e mi vogliono
bene. Il posto non è importante, non è
questa la “casa” che mi rende felice…-
Le lacrime appannavano la vista al giovane che, in ginocchio al margine
della
strada, lentamente scompariva nel bianco di una luce
brillante…
Si
svegliò di
soprassalto, l’alba rosata lo accolse. Kidou si
alzò in piedi, si guardò le
manine e constatò meravigliato che era ancora un bambino.
Che era di nuovo un bambino.
Si guardò attorno, sentiva il cuore straboccare di una gioia
incontenibile
mentre il sole sorgeva rischiarando l’oscurità
notturna con bellissime
sfumature d’arancio e di rosa.
Si sentì avvolgere dalla vita, respirò a fondo
chiudendo gli occhi, e quando li
riaprì vide una coccinella che si era posata sul suo nasino
all’insù.
Lanciò allora uno trillo di gioia, era troppo felice di
essere tornato a far
parte di un mondo animato, vivo e colorato.
Prese a correre per il bosco, doveva assolutamente tornare a casa e far
vedere
a Kageyama che ci era riuscito, non era scappato e stava tornando a
casa, dove
c’era sua sorella e i suoi amici e la squadra della Raimon e
le cotte di Hikaru
e il suo puzzle, dove c’era tutto ciò a cui teneva
e che non voleva perdere
più, per nulla al mondo.
Correva veloce e tranquillo, quasi non sentiva il terreno sotto i piedi
ma
soprattutto sentiva il cuore talmente leggero e scoppiettante che
avrebbe potuto
continuare all’infinito.
All’improvviso però qualcosa ostruì la
sua corsa, ma lui andava talmente veloce
che non riuscì a fermarsi in tempo, allora rotolò
insieme all’altro giù per un
bel pezzo di sentiero dove finalmente si fermarono, ai piedi di un
cespuglio di
bacche rosse e umide di rugiada.
-YUUTO! Sei tu!- Sentì esclamare dalla figura che aveva
investito, ancora tutta
incastrata fra i rami del cespuglio. Lui era piccino e si era riuscito
a
districare facilmente, e stava aiutando l’altro a uscire
quando riconobbe il
tono di voce cristallino e meravigliato.
-Hikaru! Sei tu? Che ci fai qui? Io stavo giusto…- Non
riuscì a finire che si
ritrovò sollevato in aria; Hikaru lo reggeva dal bacino,
saltellando e ridendo
come un matto.
-Sei tu sei tu sei tu! Finalmente ti abbiamo trovato, è
tutta la notte che ti
cerchiamo!-
-T-T-Tutta la notte?- Kidou si dimenò appena, guardando il
ragazzino con
espressione confusa.
-Eccome! Erano tutti preoccupatissimi, mio zio appena ha capito cosa
era
successo non è andato su tutte le furie solo
perché c’eri tu in pericolo. … Ad
Haruna è andata piuttosto bene in effetti…-
Il violetto ora aveva smetto di saltare e gridare, stava fermo con lo
sguardo
concentrato su riflessioni che a Yuuto parevano non avere né
capo né coda. Okay
che era tornato piccolo, ma Hikaru stava davvero spiegandosi in modo
contorto…
-Hikaru, per favore, dimmi bene cos’è successo,
perché non ho capito nulla.-
chiese, pacato.
-Uh sì!- balzò subito quello, riposando la sua
attenzione sul bambino -Ma tu
non ti sei accorto di nulla? Che strano… Eheh, mi sa che lo
zio aveva ragione
anche ‘sta volta. Vedi, a quanto sembra Haruna ti aveva
portato in camera da
letto nella casa dell’allenatore Endou per riposarti, ma
quando sono venuti a
controllare come stavi, ore dopo, di te in quella stanza non
c’era più traccia!
Strano però supporre che te ne fossi andato di testa
tua… Evidentemente sei
stato posseduto di nuovo da un incubo, o almeno questo è
quello che ha pensato
Oji-san…-
Yuuto trasalì. “ Posseduto da un
incubo…? “
-Appena ci hanno avvisato io e mio zio siamo subito andati a casa
dell’allenatore Endou, e da lì abbiamo cominciato
a cercarti. E’ stata
veramente una nottataccia, non hai idea dello spavento che si sono
presi tutti
quanti… Che ti è saltato in mente?-
-I-Io… Non so, non ricordo…-
L’espressione indagatrice sparì immediatamente dal
volto di Hikaru, che prese
il bambino in braccio e lo strinse forte.
Kidou si sentì avvolgere da un brivido di piacere, e
sussurrò al ragazzino: -
Lo sai che solo tuo zio riesce ad abbracciarmi
così…?-
-Oh mammina!-
-Che succede?- si allarmò subito il piccolo appoggiato alla
spalla di Hikaru
-Allora secondo te ci assomiglio davvero così tanto io a mio
zio?-
Kidou scoppiò a ridere, il tono drammatico e serio con cui
l’altro aveva
esposto questo dubbio era stato esilarante. – No no!
Tranquillo… Siamo tutti
unici, ma l’unicità di Kageyama Reiji è
particolarmente difficile da imitare…-
-Fiiuuu…! Okay, ora che me lo hai detto sono più
tranquillo.-
E intanto Hikaru aveva cominciato a camminare lungo il sentiero.
-Tu sai come ritrovare gli altri, vero?-
-Ma certo! Quel ruzzolone non mi ha confuso più di tanto,
tranquillo…-
-Meno male, scusa ancora, mi dispiace per prima… -
-A proposito, perché correvi a quel modo? Ti stava
inseguendo qualcosa?-
-No no, niente del genere. E’ solo che… Volevo
tornare a casa.
-Lo posso capire. Passare tutta la notte da solo nel bosco deve essere
stato brutto.
Lo sai che una volta è successo pure a me?-
-Dici davvero!?-
-Certo! Il fatto è che stavamo passeggiando con lo zio qua
intorno, e quando
lui mi dice che è ora di tornare a casa io mi metto a fare i
capricci. E’ una
cosa che fanno spesso i bambini, ma il suo modo di reagire è
stato
completamente diverso dal solito comportamento adottato dagli adulti.
Mi ha detto “Benissimo Hikaru, se tu vuoi stare qui stacci
pure, io vado a
casa.” E se n’è tornato indietro per
conto suo, lasciandomi solo! Io pensavo
che mi avrebbe aspettato poco distante, e quando ho cominciato a
chiamarlo e ad
andare dove era andato lui mi sono accorto che ero davvero solo! Ho
avuto
tantissima paura, ho pianto tutta la notte. Poi il mattino. quando mi
sono
svegliato, me lo sono di nuovo trovato davanti, e mi ha detto
“Buongiorno
Hikaru-chan. Ora hai voglia di venire a casa?” Io ho annuito
e da quel momento
ho capito che razza di persona malvagia era mio zio.-
Kidou da un bel pezzo rideva come un matto: Kageyama nonostante
l’incidente non
era cambiato di una virgola, e aveva fatto subito rigare dritto suo
nipote…
Accipicchia, anche Hikaru doveva averne passate parecchie, convivendo
con un
uomo di una simile portata di pensiero…!
-Ti fa tanto ridere questa storia? Guarda che è terribile!
Come si può lasciare
abbandonato a se stesso un bambino solo perché non ha capito
subito quello che
intendevi?-
Yuuto si bloccò all’improvviso, anche nel suo
sogno era accaduto lo stesso.
Kageyama l’aveva sgridato e l’aveva lasciato solo a
disperarsi perché non aveva
capito cosa intendesse lui con “Se tu fossi a casa saresti
felice?”. Ma gli
aveva lasciato anche quella chiave, che sicuramente insieme al suo
pentimento
l’avevano fatto risvegliare: nello stesso modo appena sorto
il sole era andato
a riprendere Hikaru.
Il piccoletto sorrise, Kageyama aveva un modo di insegnare ai propri
beniamini
piuttosto particolare, ma senza dubbio efficace.
-Lo ha fatto per insegnarci, Hikaru. Per trasmettere un insegnamento
che ci
aiuta ogni giorno a essere più forti, più
indipendenti e più maturi. E poi sono
sicuro che non ti ha lasciato completamente da solo; magari a te
è sembrato
perché eri piccolo, ma sono certo che non è
tornato nemmeno a casa. Si sarà
allontanato e messo in una postazione dove poteva guardarti e vedere
come
reagivi. E appena ti ha visto pentito e pronto a dargli retta
è venuto a
prenderti.-
-Lo sai, piccoletto… Sembri avere più esperienza
di me per quanto riguardo il
confronto con mio zio.-
-Oh no, è solo che ho imparato a conoscerlo. Riesce
più facile se è una persona
che ti vuole bene e comunque ti considera.-
-Guarda Kidou! Ecco l’allenatore con la signorina Otonashi!
EHIII! Siamo qui!!
Ho trovato KIDOU!!-
-Fammi scendere fammi scendere…!-
Il bimbo scivolò con entusiasmo dalle braccia del ragazzino
e si tuffò fra le
gambe della sorella.
-Haruna! Haruna! Haruna!-
-Yuuto… Onii-chan… -
Entrambi piangevano rasserenati, e mentre lei si accucciava ad
abbracciarlo lui
strofinava il viso contro le gambe e le mani della giovane donna.
-Ti voglio bene fratellone…-
-Anch’io Haruna anch’io… Non volevo
andarmene, è stato… Non so…
E’ solo che
io…-
-Tranquillo, è tutto passato, non importa… Ora
sei qui, va tutto bene…-
Endou commosso osservava la scena, poi porse una mano alla Otonashi per
rialzarsi e prese in braccio il piccolino.
-A quanto pare ti sei di nuovo perso, Kidou-kun?-
-Endou…! Io…!-
-Stai tranquillo, qualsiasi cosa sia successa non ha più
importanza, perché
adesso ci siamo qui noi e tu sei al sicuro. Sei certo di sentirti bene
Yuuto?
Sei tanto rosso…-
-Uh no, è solo che per strada Hikaru mi ha fatto ridere un
sacco, e poi quando
mi sono svegliato ho corso tantissimo e allora è possibile
che mi sia
leggermente surriscaldato.-
-Ma leggermente, neh? L’importante è che adesso
è tutto a posto.-
-Grazie Endou, grazie a tutti.-
-Onii-chan, vieni qui che ti do da bere qualcosa… Avrai fame
tesoro, ecco,
tieni…-
-Ehi Yuuto!-
Mentre il piccolo stava già andando verso sua sorella la
voce di Hikaru lo fece
voltare di scatto: - Che c’è?-
-Mio zio sarà ancora in giro a cercarti, lo vado a chiamare.-
A quel punto si alzò in piedi Mamoru – Sei sicuro
che ce la fai da solo? E’
mattina presto, molti animali si saranno appena svegliati, non
è prudente
andare in giro per il bosco…-
-Oh tranquillo allenatore, non c’è problema.
Seguendo le tracce che ha lasciato
mio zio non correrò pericoli: è talmente
preoccupato e furioso che persino gli
animali non oseranno avvicinarglisi! Oji-san non fa paura solo a noi,
questo è
certo!-
Haruna, Endou e Kidou osservarono il cespuglietto di capelli viola
sparire per
il bosco e mentre Haruna ridacchiava Mamoru esclamò: -Penso
che sia l’unica
persona al mondo che riesce a prendersi gioco di Kageyama Reiji in
questo modo
e a farla costantemente franca.-
Yuuto annuì, mentre tutto intento finalmente metteva
qualcosa di buono sotto i
denti.
*Angolino
dell’estate*
YAY!
Per la gioia di grandi e piccini Sissy è tornata!! *applausi
e pomodori
volanti*
Grazie, troppo buoni troppo buoni ~ XDD Umh! Sugo (?) *ç*
Bene bene… Minna è finita la scuola, i libri di
scuola possono pure stare in un
angolo a marcire per tre mesi perché è estateee!
Finalmente, wow!
E estate è sinonimo di sole, spiaggia, caldo e fan fiction!
Ho tanta voglia di
scrivere e di fare, quindi sappiate che d’ora in avanti
sarò molto più presente
e aggiornerò con più regolarità questa
long. A proposito, voglio anche chiedere
scusa se ho aspettato tanto ad aggiornare, e intendo ringraziare le
anime pie
che hanno letto e recensito durante anche i mesi di duro lavoro
scolastico…
Ehi, continuate a leggere questa long perché ormai siamo
alle battute finali, e
entro Giugno intendo concluderla <3
Bene bene, per quello che riguarda il capitolo Yuuto ha capito il senso
delle
parole di Kageyama e si è risvegliato ^^
Ormai manca poco, dobbiamo solo ritrovare il portale per rispedire
Kidou da
dove è venuto (?) XD
Bacioni a tutti, siete fantastici! *ç*
Sissy
<3<3
|
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Capitolo 20 *** Capitolo 19 ; Lacrime e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce ***
Capitolo 19;
Lacrime
e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce
Hikaru camminava
tranquillo per il sentiero, stretto nel suo cappotto e con lo sguardo
vigile:
per fortuna aveva nevicato da poco, quindi le impronte che lasciavano
erano
piuttosto facili da seguire, però nello stesso tempo tutto
quel bianco faceva perdere l’orientamento.
Camminava sereno, senza fretta, pensando a cosa avrebbe detto una volta
trovato
suo zio: quell’uomo era sempre stato bravissimo con le
parole, e anche se
spesso Hikaru aveva cercato di imitarlo e rispondere per le rime, era
sempre
stato anni luce lontano dalle capacità oratorie e
linguistiche di suo zio. Per
questo, era certo che sarebbe stato, anche in quel caso, un fiasco
colossale.
Però lui si ostinava a volerci provare lo stesso.
Parlare con suo zio aveva poca attrattiva in effetti: gli bastava che
lui
aprisse bocca che aveva già capito tutto quello che
intendeva dirgli. Per
questo non capiva come Fideo riuscisse a parlarci per interi pomeriggi
insieme…
Parlare con Rushe invece era tutt’altra cosa. Quella
ragazzina era
meravigliosa, quando diceva qualcosa la sua voce era delicata e
cristallina,
nonostante fosse ormai quasi maggiorenne. E quando le rivolgeva la
parola lei
lo ascoltava incantata e attenta, dava davvero importanza a quello che
diceva,
anche se era una cosa di poco conto: suo zio a confronto era
già un miracolo se
guardava nella sua direzione quando gli parlava!
O almeno, con lui funzionava così, poi era anche possibile
che selezionasse i
suoi interlocutori…
Uff, che uomo complicato…!
D’un tratto, alzando lo sguardo, gli parve di vedere una
figura oltre l’alto
arbusto innevato alla sua destra. Si lanciò in quella
direzione senza
esitazioni, ma aveva calcolato troppo approssimativamente le distanze,
e in
poche parole piombò addosso all’uomo, che dalla
sorpresa si esibì in un
principio di salto ma si convinse che il ragazzino non
l’aveva notato e Hikaru
preferì non fargli intendere il contrario; come se si
fossero messi tacitamente
d’accordo che quel moto di sorpresa non si era mai
manifestato, l’uomo esordì
con: -Hikaru. Sei tu.- che dovevano essere rispettivamente
un’esclamazione e
una domanda, ma entrambe uscirono senza intonazione alcuna.
Hikaru preferì non fargli notare nemmeno questo. Si vedeva
che era agitato, e
in cuor suo rideva sapendo che avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa
riguardo la
situazione di Yuuto e, in questo frangente, suo zio gli avrebbe creduto
in
qualsiasi caso. Quasi quasi si sentì tentato di dirgli una
cattiveria, esibirsi
con seriosa drammaticità in una descrizione
dell’atroce ritrovamento del corpo
maciullato da morsi di belve feroci, e il sangue rappreso sulla neve
che aveva
coperto parzialmente l’arbusto sotto il quale aveva ritrovato
il corpo al
sorgere del sole… Poi si sentì in colpa per aver
solo pensato una cosa del
genere, ed esclamò soltanto.
-Sì sì oji-san, scusa.- Ma nel frattempo suo zio
si era già allontanato di
qualche metro.
-ZIO! Aspettami…- Corse appresso all’uomo, ma
questo non sembrava affatto
intenzionato al dialogo. Poteva capire che era agitato, faceva quasi
compassione, ma non per questo aveva il diritto di ignorarlo
così palesemente!
D’un tratto si fermò, osservando con attenzione i
movimenti dell’uomo e le
occhiate che lanciava ogni tanto al di là di
quell’albero dai rami nodosi o
sotto quell’arbusto secco…
-Zio, sai che facendo così non troverai mai nulla, vero?
Pensi davvero che
comportandoti in maniera così penosa saresti in grado di
ritrovare Kidou? Di
riportarlo al sicuro?-
L’uomo si voltò verso di lui.
Dall’espressione rabbiosa del volto non sembrava
esattamente felice di quello che aveva sentito. Ma a Hikaru non
importava
granché; a volte gli piaceva far arrabbiare suo zio. Con il
tempo aveva capito
che, a dispetto delle apparenze, era un uomo facilmente suscettibile:
bastava
saperlo punzecchiare con l’argomento giusto al momento
giusto…
Ora avanzava verso di lui, le impronte che lasciava sulla neve erano
piuttosto
profonde. Hikaru poteva giurare che fumava di rabbia dal naso.
-Wow, che scena drammatica…!- Proferì quando si
ritrovò il volto di Reiji a
pochi centimetri dal suo, a metà fra il divertito e
l’ampolloso.
Ora lo afferrava per il colletto della giacca pesante; d’un
tratto il ragazzino
non avvertì più la terra sotto i piedi, ma era
tranquillo e continuava a
sorridere. In che modo, non avrebbe saputo descriverlo.
Nonostante suo zio cercasse di fargli paura, Hikaru sapeva benissimo di
averlo completamente
in pugno.
Anche se con i suoi compagni non l’avrebbe mai ammesso, in
questi momenti
provava un pizzico di adrenalina e piacere; intanto suo zio non si
arrabbiava
mai sul serio… E poi lui era portatore di buone notizie,
anche se stava quasi
per dimenticarsene.
-Zio, senti. Non intendo attaccar briga, ma penso che non sia il
momento di
picchiarmi fino a farmi perdere i sensi, sempre che tu ne abbia il
coraggio,
perché sinceramente ho moltissimi dubbi in proposito. Ma al
di là di questo,
penso che sarebbe più utile adesso cercare di darsi una
calmata.-
Lentamente, come se fosse la cosa più normale da fare in una
situazione del
genere, Hikaru, sempre sollevato di qualche centimetro da terra,
calò giù un
braccio e afferrando un po’ di neve la appoggiò
delicatamente sulle guance di
Kageyama. Questo sbollì all’istante, accennando
anche a un’espressione serena.
Poi il suo viso divenne paonazzo; dal freddo a causa del contatto con
la neve
ghiacciata o dall’imbarazzo di ritrovarsi in una situazione
che sfiorava l’assurdo?
Allorché rimise il nipote per terra senza fare troppe
storie, e mentre si
asciugava il viso Hikaru ridacchiava.
-Ti pare zio? Ogni volta che voglio la tua attenzione devo inventarmi
dei
numeri assurdi! Se tu fossi un po’ meno concentrato su TE
STESSO sarebbe più
facile parlare!
-Non stavo pensando a me stesso, stavo pensando…-
-A Kidou, lo so, lo so e hai ragione a farlo. Intendevo in generale.-
-D’accordo. Scusa, va
bene?-
-Bravo zio, ora sì che cominciamo a ragionare.-
Kageyama gli rivolse un sorriso a metà fra il riconoscente e
lo scocciato, ma
Hikaru preferì non indagare. Si era preso il suo
divertimento, adesso era il
momento di tranquillizzare anche quel povero diavolo che aveva davanti.
Sorrise conciliante, e porse una mano all’uomo in modo che la
prendesse.
-Vieni oji-san, torniamo al limitare del bosco. Ho trovato Yuuto, sta
benone;
allora l’ho lasciato con l’allenatore e
Haruna-sempai per venirti a cercare.
Avrà voglia di…- Sentì in quel momento
una stretta calda sulla sua mano, e
istintivamente sorrise.
Con le dita intrecciate le une nelle altre, il ragazzino condusse
l’uomo sul
sentiero e lo riattraversarono insieme, mentre i respiri rasserenati si
confondevano nel biancore del mattino.
**
Yuuto stava
quasi
assopendosi appoggiato al tronco di un albero; i mormorii di Haruna e
Mamoru
ormai gli arrivavano confusi alle orecchie, ma qualcosa nonostante
tutto lo
teneva vigile.
Voleva vedere Kageyama, sentiva che da un momento all’altro
sarebbe arrivato.
La pesantezza delle palpebre ad un tratto si fece pressoché
insopportabile,
così chiuse gli occhi. “Solo per poco”,
si premurò di pensare. “Solo per poco,
così quando arrivano sono sveglio e gli racconto cosa ho
sognato.”
Il sonno lo colse subito, e rimase dormiente contro la corteccia fredda
dell’albero cullato dal sussurrare lieve del vento fra i rami
più alti.
Un poco di neve
gli
inzuppò il viso, facendolo trasalire e svegliandolo
completamente.
Tutto infreddolito si sfregò il volto con le manine
stranamente calde e subito
vide che c’era qualcosa di strano; non c’era di
nuovo nessuno. Il cielo era
buio ma intorno a lui era tutta luce. Trasalì, riconosceva
quel luccichio. Era
il portale in cui era caduto all’inizio di tutto, quel
pomeriggio lontano nel
tempo e nello spazio… Agitato si guardò intorno,
alla ricerca disperata di
qualche segno, qualche cosa che lo aiutasse a tranquillizzarsi, a
convincersi
che non era ancora arrivato quel momento.
Aveva ancora troppe cose da fare, da dire, da vedere… Non
poteva finire così,
in un sogno, senza salutare nessuno…
Il terrore lo colse quando si sentì trascinare da quella
luce azzurrognola, ma
all’improvviso una luce diversa, più calda e
più rassicurante lo avvolse e si
trovò a riaprire di nuovo gli occhi, e davanti a
sé stavano Endou e Kageyama, e
parlavano.
Accantonò all’istante ogni complesso, ogni
riflessione, e si lanciò ad
abbracciare le gambe dell’uomo come la prima volta, quando si
erano rincontrati
in quella cucina calda e accogliente, immersi nel silenzio della
mattina e
nell’odore amaro del caffè fumante.
Voleva ancora tempo. Doveva esserci
ancora tempo.
-Soushi…-
Avvertì Kageyama trasalire. Come sempre. Come la prima volta.
-Kidou…-
Lo sollevò con una dolcezza strabiliante. Anche se ormai
doveva esserci
abituato, il contatto lo meravigliò moltissimo. Era sempre
bello abbandonarsi
in quell’abbraccio che non aveva conosciuto per tanti
anni…
-…- Il piccolo aprì la bocca per parlare, e un
fiume di parole allagò il cuore.
Alla gola non arrivò nulla,
era
secca.
Avrebbe voluto (o dovuto?) dirgli del suo sogno (o incubo?), delle
parole che
gli aveva rivolto e di come era venuto a capo del problema, di come in
realtà
non fosse lui, ma fossero la sua coscienza, le sue paure, i suoi
rimorsi ad
averlo posto in quella situazione; di come in realtà avesse paura di andarsene, di tornare a casa e
non trovare più nessuno, non trovare più lui e
Hikaru a cui si era affezionato
tantissimo, di come se avesse potuto avrebbe voluto dimenticare tutto e
rimanere lì, sarebbe guarito, non era importante; avrebbe
ricominciato ad
andare a scuola, avrebbe fatto di tutto pur di non andarsene, di non fuggire per tornare dove magari
l’avevano dimenticato, dove all’improvviso gli
sembrava non gli volessero così
bene come credeva, e poi voleva parlargli di Hikaru, di calcio, della
casa, dei
boschi, delle albe e di tutte le cose belle che
all’improvviso aveva voglia di
fare con lui, con il suo comandante, con il suo…
-Per fortuna stai bene, Yuuto. Ero molto preoccupato.-
Queste poche parole, espresse con modestia e pacatezza sciolsero
qualcosa nel
cuore del bambino. Scoppiò a piangere a dirotto, stretto
forte al collo
dell’uomo.
E se intorno i ragazzi cominciavano ad agitarsi, Kageyama manteneva
calma e
compostezza; avvicinò una mano alla testa di Yuuto,
accarezzò lentamente le
ciocche raccolte nella coda troppo bassa per tenerle tutte a bada e
l’altra
l’appoggiò sulla schiena del piccolo.
Lo sentiva singhiozzare forte contro il suo petto, pronunciava parole
rotte e
slegate da ogni contesto e contenuto.
Si stava solo sfogando. Aveva solo paura.
Anche Kageyama ne aveva tanta, in cuor suo, perché tutti
avevano capito cosa
stava succedendo.
Hikaru tirò una manica dell’uomo per attirare la
sua attenzione: davanti a loro
si stava materializzando uno specchio luminoso, brillante e
inconsistente.
Se
non lo avessero avuto davanti agli occhi, loro stessi non ci avrebbero
creduto.
Kageyama sentì Haruna deglutire rumorosamente, mentre Hikaru
teneva ancora
stretta la presa sulla manica della sua giacca anche se non lo tirava
più.
Strinse forte il bambino, qualcosa dentro gli impediva di posarlo per
terra.
Sapeva che nel momento in cui l’avrebbe fatto avrebbe posto
la parola “fine” a
qualcosa di importante.
Qualcosa che entrambi non volevano che finisse.
Passarono secondi travestiti da secoli, mentre la luce azzurra del
portale si
faceva sempre più intensa.
Yuuto si lasciò sfuggire un ultimo, disperato singhiozzo. Ma
ormai nessuno
poteva più fare nulla.
Kidou toccò il suolo innevato come in sogno.
Si avvicinò prima a Mamoru.
Alzò il capo e incontrò un sorriso sorridente e
vivace, come nei suoi ricordi
sempre più sbiaditi.
Endou, il suo capitano, l’asse portante della Raimon, gli
porse il pugno e
Yuuto ricambiò, pieno di riconoscenza.
-Addio allenatore Endou. Siete fortissimi, continuate così.-
-Puoi contarci Kidou! Riporteremo il vero calcio, te lo prometto.-
Haruna lo prese in braccio, lui si concentrò sui loro occhi.
Si rispecchiò nel suo blu cristallino, da quanto erano
lucidi e commossi.
I suoi non sapeva come fossero, quanto brillassero, ma
l’intensità con cui il
suo fuoco si scioglieva nel mare tranquillo dello sguardo di lei
bastava. Ad
entrambi.
-Addio sorellina, sei una splendida giovane donna e tantissime sorprese
ti
aspettano dietro l’angolo. Coglile, e continua a sorridere.-
-Onii-chan… Vedrai, andrà tutto bene.- Yuuto le
sorrise, ma non capì se con
quella frase intendeva consolare più lui o se stessa.
Hikaru gli si avvicinò, e gli porse il palmo chiuso. Kidou
lo guardò senza
capire, ma quando il ragazzino aprì la mano scoprendo il suo
pallone da calcio
ridimensionato a una pallina sentì troppo forte
l’impulso di abbracciarlo.
-Buon proseguimento Hikaru, fa’ del tuo meglio, sempre. Tieni
a bada tuo zio e
non dargli ascolto: sei dolcissimo e anche Rushe voleva baciarti, quel
pomeriggio.-
A quest’ultima frase il giovane avvampò, ma
continuò a sorridere.
-Buon viaggio Kidou, stammi bene. Sei un vero campione,
solo… Fai più
attenzione. La prossima volta che vedi un portale sconosciuto stacci
alla
larga.-
-Ottimo consiglio, me ne ricorderò.-
Yuuto era
sull'orlo del
portale, ancora un passo e sarebbe sparito.
Indugiò un attimo sull'abisso, guardò quel
luccichio che sapeva di speranza per
un nuovo giorno e si girò, un sorriso stanco e commosso
appeso sulle labbra.
-Soushi...
Per quello che vale, è
stato un papà meraviglioso.-
Kageyama
avvertì un brivido caldo,
qualcosa che lo scosse da capo a piedi e lo fece sorridere.
-Ti
voglio bene Yuuto.-
-Anch'io...-
A
quel punto si voltò nuovamente
davanti a sé, e ad occhi chiusi sentì la luce del
portale avvolgerlo e portarlo
via, senza commozione, verso il suo presente che valeva la pena di
essere
vissuto.
Col
cuore e con la mente lanciò loro un grido di addio e
sperò che riuscissero a
sentirlo.
I
ragazzi presenti rimasero a lungo a fissare quel punto dove in un
attimo era
scomparso tutto.
In quel punto dove si era consumato un "arrivederci" che sapeva solo
di addio.
E mentre con un sorriso avvertirono di star piano dissolvendosi, si
guardarono
negli occhi.
Sorridevano tutti, sapevano che quello che stava succedendo era la cosa
più
giusta.
Sarebbero riapparsi, in un altro futuro, più bello,
più giusto, forse.
Kageyama lanciò uno sguardo al suo Hikaru che guardava in
alto, mentre una
nuvola chiara era stracciata agli orli dal passaggio di un aereo.
Probabilmente Rushe era lassù, in quel momento, e forse li
stava guardando.
Sarebbe scomparsa senza accorgersene, come tutti, dormendo, salutando
con la
mano la terra là sotto, con il suo sorriso raggiante e
l'amore per la vita a
brillarle negli occhi verdi.
E Kageyama sentì che
un pezzo di sé se n'era appena andato, con il suo Kidou, e
solo lui avrebbe
potuto ridarglielo.
Nel
prossimo futuro.
Perché si sarebbero rincontrati ancora, ne era certo.
*Angolino degli addii*
Sigh
sigh…
Per
la felicità di grandi e piccini, Sissy è
finalmente giunta con l’ultimo
capitolo! **
Mi
dispiace di averci messo tanto, ma ora questa long è QUASI
conclusa.
Esatto
ragazzi, perché ho pronto per voi un epilogo, un qualcosa di
molto
tenero che chiuderà in bellezza questa long.
L’avventura
è però giunta a termine, Yuuto si è
rituffato nel ormai famoso
portale e tornerà a casa.
Eheh,
è stata dura separarsi da questi simpatici amici (?) che si
era trovato,
ma il presente merita di essere vissuto. Non si può viverlo
immersi in un
futuro sbagliato, illudendosi di poter tornare al passato.
Per
questo, nonostante il distacco doloroso per tutti, Kidou riattraversa
il
portale uu
Spero
che questi addiucci teneri (?) vi siano piaciuti, io ci ho lavorato
molto
e spero che il risultato sia gradito a tutti ^^
Volevo
ringraziare e dedicare questo capitolo alle persone che ieri mi hanno
coccolata per il mio compleanno a partire dalla mezzanotte con regali e
tante
attenzioni, quelle care ragazze di “We, girls”.
Perché loro sono la mia
Inazuma, anche se non ho l’arroganza di considerarmi io il
loro capitano **
Un
ringraziamento speciale va come al solito anche a tutte le persone che
leggono e recensiscono questa long ormai agli sgoccioli; vi voglio un
mondo di
bene, arigatou! <3
Ora
devo andare, ma ci si risentirà presto con
l’epilogo, oh yeah! (?)
Bacioni
a tutti,
Sissy
<3<3
|
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Capitolo 21 *** Epilogo ; Va tutto bene. ***
Epilogo ; Va tutto
bene
Kidou si
destò, ma rimase con gli occhi chiusi. Non
voleva svegliarsi di nuovo in un sogno; essere nuovamente intrappolato
in un
incubo.
Per questo stette fermo, a occhi chiusi, desto e improvvisamente
terrorizzato
dall’esser sveglio.
Aveva paura di che cosa avrebbe trovato, o meglio di come lui avrebbe
reagito a
qualsiasi cosa avesse percepito intorno a sé: non voleva
sbagliare ancora.
Cercò di cacciare fuori da sé le angosce e
provare a capire dove si trovava, se
percepiva qualcun altro vicino al suo corpo.
La prima cosa che sentì, fu l’erba.
Percepì il verde, il verde fresco e luminoso
dell’erba estiva.
Poi, il tepore.
Non era né caldo né sensazione di freddo: stava
bene, un sottile strato di
calore gli avvolgeva le membra immobili.
Poi, i suoni.
All’improvviso, come se il mondo gli fosse arrivato addosso
in quel momento,
ora avvertiva il frinire di cicale e grilli, l’oscillare
delle chiome degli
alberi, cinguettii in cielo.
Tutto era
colorato, caldo e rumoroso intorno a lui. Yuuto
sentì il bisogno di sorridere, e sulle sue labbra
sbocciò lentamente un sorriso
delicato, come un papavero umido di rugiada luccicante di lacrime
nell’erba
alta.
Il
cuore batteva ad un ritmo nuovo, si sentiva tranquillo e bisognoso di
alzarsi, e godere dello spettacolo della vita che brulicava intorno a
lui.
Allora
aprì gli occhi sul suo presente, raggiunto dopo tante
tribolazioni, ma
se li ustionò: troppa era la luce intorno a lui.
Poi
la bruciò a sua volta con la luminosità del fuoco
che scoppiettava nel suo
sguardo; il viso tutto rosso, tanta la voglia di ridere.
Alzò
gli occhi al cielo; era di varie sfumature di celeste, con qualche
spennellata di nuvole qua e là, che sembrava panna a
imbiancare il blu di
quella giornata di fine estate.
Perché
era quello che Kidou percepiva; estate.
Era
tornata l’estate. Era tornato in estate!
Si
toccò il viso, si guardò le mani; questo era lui,
era ragazzo, e al suo
fianco giaceva tranquillo il pallone, come se non si fosse mosso da
lì fino a
quel momento.
Kidou
alla sua vista sorrise, e si chinò a prenderlo fra le
braccia.
Lo
tenne come si tiene un bambino, e per questo si diede quasi dello
stupido.
Poi sorrise.
All’improvviso
aveva voglia di correre e abbracciare tutti, persino Fudou,
persino un pallone.
Poi
gli sorse un dubbio, anzi due. Per la prima volta, si chiese se tutto
quello che aveva vissuto potesse essere stato solo un sogno.
Poi si allarmò: ma
se si era addormentato, quanto tempo era rimasto lì? Magari
avevano già
cominciato a cercarlo… Le parole di quella vecchia stampa
gli piovvero addosso,
e fu percorso da un brivido. Con il cuore pesante e una strana angoscia
ad
agitarlo, percorse a passo lesto quel breve spiazzo alberato
poi… Ecco il campo
erboso.
Si
fermò all’ombra di un albero al limitare del
boschetto, a guardare i suoi
amici.
C’era
Sakuma – riconobbe la chioma azzurra – che correva
inseguito da Fudou –
inconfondibile.
Intorno
gli altri – Kazemaru, Gouenji, Endou, Fubuki, le
ragazze… - che
tifavano per l’uno o per l’altro.
Quanto
gli erano mancati… Corse loro incontro, un sorriso sereno a
celare la
sua gioia.
-Minna!
Sono qui.- Disse, e vide i suoi compagni voltarsi a guardarlo e
sorridere.
-Eccoti!
Adesso possiamo continuare… Appena questi due la piantano.-
Avvertì
ilarità, una punta di sarcasmo, ma soprattutto
tranquillità nel sorriso e nelle
parole di Mamoru.
E
Kidou sorrise complice, poi con Gouenji ad aiutarlo separò i
due indiavolati.
Il
giovane regista avvertì un brivido di fianco a Shuuya, e per
un attimo fu
tentato di raccontare la sua avventura.
Poi la sua attenzione fu catturata da
Akio, che con aria da sbruffone si passava una mano fra il ciuffo
castano:
-D’accordo, ora che hai recuperato il pallone che questo id-
-Fudou!?
Non ricominciare… Altrimenti…!-
-Wow
Jirou sto tremando di paura! Comunque, ora che abbiamo di nuovo il
pallone… Giochiamo?-
Kidou
lo guardò, intensamente, poi volse lo sguardo alla sua
squadra.
Aveva
il cuore pieno di parole ed espressioni, ma non ne articolò
una; non era
necessario.
Loro
non avrebbero capito, inoltre non era ancora tempo. Il loro futuro era
tutto da scrivere, inutile angosciarsi prima.
-Certo!-
esclamò solo – Giochiamo a calcio!-
Un
coro di esclamazioni gioiose accompagnò il suo calcio
d’inizio: il gioco
ricominciava.
Era
tornato, era lì, ora, in quel momento, con i suoi amici.
Questa
era la cosa più importante, e il tempo avrebbe fatto il suo
dovere.
**
Sulla strada verso
casa aveva insistito per
accompagnare gli amici.
Ora era solo, e camminava.
Aveva il cuore leggero e tranquillo, la testa piena di pensieri sereni.
Era solo un ragazzo che tornava a casa dopo un pomeriggio passato con
gli
amici.
Le giornate erano ancora calde e lunghe, ma per quel giorno andava bene
così.
Ora aveva bisogno di riposare: nel momento di salutare i ragazzi aveva
stretto
tutti, e nessuno aveva chiesto il perché. Solo Fudou gli
aveva dato del
“coccolone” – parola che dubitava
esistesse, ma si era astenuto dal ribattere
in quel momento – e poi aveva ricambiato
l’abbraccio. Akio aveva tutt’ora uno
strano modo per dimostrare che gli voleva bene, ma in fondo andava bene
così:
gli era mancato anche lui, sotto sotto.
Nel salutare sua sorella l’aveva baciata sulla fronte,
dandole la buonanotte:
Haruna gli aveva chiesto di stare da lei per cena, ma lui aveva
declinato
l’offerta con un sorriso: -Ho voglia di tornare a casa,
facciamo un’altra
volta. Buonanotte Haru-chan, ti voglio bene.-
Lei l’aveva guardato allontanarsi, poi aveva chiuso la porta.
Sorrise Yuuto, ora
solo.
Haruna non l’avrebbe più preso in braccio, e
questa era una consolazione e nel
contempo un dispiacere.
Poi, passò davanti a una casa.
Ne aveva oltrepassate molte, eppure davanti a quella
rallentò, fino a fermarsi
completamente. Da dietro le lenti sbatteva lentamente gli occhi, come
incantato.
Osservò le persiane abbassate, annegò nel
silenzio che trasmetteva.
Sembrava disabitata, ma Yuuto sapeva che era solo apparenza. Ora lo sapeva.
Sorrise, mentre sentiva di nuovo l’adrenalina formicolare in
tutto il corpo.
Si avvicinò al portone, stava per bussare ma poi si
ritrasse. Aveva bisogno di
una cosa.
Corse indietro ed entrò nel primo negozio che gli
capitò sott’occhio: dopo
qualche minuto era di nuovo davanti al pesante portone.
Prese coraggio e con
una mano batté tre volte, senza fretta ma con decisione;
nell’altra aveva un
pallone da calcio morbido, grande come una pallina da biliardo.
Per qualche istante non sentì nulla.
Dopo un minuto di attesa stava per gettare la spugna e magari
convincersi di
aver sbagliato edificio, di essersi illuso di averlo riconosciuto.
Poi la porta si aprì, cigolando appena, e il cuore di Kidou
fece un balzo fino
in gola.
Non si trovò nessuno davanti, e quando abbassò lo
sguardo si sentì scoppiare di
euforia: un bambinetto di appena un anno con due occhioni neri
scintillanti e
qualche ciuffetto viola sulla testolina lo guardava sorridendo.
Kidou si chinò a prenderlo in braccio; non riusciva a non
ridere.
-Ciao Hikaru-kun!- Il piccolo non si ritrasse, non
un’increspatura del suo
sorriso tradì la paura… Quindi le cose erano due.
O suo zio era stato talmente veloce ed efficace ad impartigli
impersonalità,
oppure Hikaru non era per niente spaventato dall’apparizione
improvvisa di un
ragazzo sconosciuto alla sua porta, a meno che non l’avesse
scambiato per
Fidio.
E sinceramente Yuuto non sapeva quale fra le opzioni fosse la
più credibile.
Il bambino intanto si era già impossessato del suo regalo;
sorrideva, lanciando
sgrilletti di gioia, mentre si passava fra le mani il mini-pallone.
-Dov’è lo zio Hikaru?- si rivolse al piccolo,
dandogli un buffetto sulle guance
piene e rosee.
Hikaru battè le manine, e cominciò a correre per
casa con quelle gambette
traballanti.
Yuuto gli andava dietro, il mantello scivolava tranquillo alle sue
spalle: da
quando era tornato non aveva smesso un attimo di sorridere.
Hikaru lo guidò fin sopra le scale, e si fermò
davanti alla camera da letto.
Il ragazzo riflettè che, seppur piccolo, camminava
già tranquillo e svelto:
aveva buone gambe, si vedeva che era abituato a correre.
Dal modo in cui lo guardava, Kidou comprese che voleva che aprisse la
porta.
Sentì un improvviso un senso di smarrimento, quasi si
pentì di essere arrivato
fin lì: ma ora non poteva tornare indietro.
Aprì di un poco la porta, uno spiraglio di luce si
infiltrò in quella camera
buia che odorava di chiuso.
Tapparelle abbassate.
Un letto.
Una sedia a rotelle.
Lettere sul comodino.
Kidou chiuse la porta. Aveva il fiatone.
Si sedette per terra, gli occhi sul pavimento.
Si era infiltrato in casa di Kageyama per vedere cosa?
Cosa si aspettava di trovare?
L’euforia con cui era entrato si era dispersa di colpo; aveva
il batticuore, e
il fiato grosso.
Non aveva pensato, non aveva riflettuto quando aveva bussato a quel
portone.
Nella sua mente c’era Kageyama con i capelli bianchi e un
sorriso delicato,
quelle braccia forti che l’avevano sempre preso in braccio e
quella voce ancora
più profonda e calda in cui aveva riposato e ripreso
conoscenza.
Niente di tutto questo esisteva. Non
ancora.
Kageyama era in quel letto in condizioni gravi, e c’erano le
lettere
dall’Italia e i passi svelti di Hikaru in casa, ora.
Lui no. Lui ora non doveva esserci. Era
giusto così.
Kidou sapeva che Kageyama appena sarebbe stato meglio sarebbe
tornato.
Da lui e dal calcio… Doveva solo aspettare.
Si riscosse dai suoi
pensieri, ritrovandosi Hikaru
accovacciato al suo fianco.
Faceva rimbalzare il pallone che gli aveva regalato; le labbra umide di
bollicine di saliva.
Yuuto sorrise, e nei suoi occhi si riflettè il giovane che
aveva spinto per
baciare Rushe, chiusi nella stanza di sopra, Hikaru Kageyama che
giocava a
calcio nella Raimon Eleven e chiamava Endou
“allenatore”.
Sorrise, intenerito, e prese in braccio il piccolo: -Hikaru-chan, devo
tornare
a casa.-
Si accorse di aver detto una cosa
piuttosto stupida, ma non gli era uscito niente di meglio.
-Un giorno- continuò mentre scendevano le scale
– Ci rivedremo piccolo. Tu
verrai a giocare alla Raimon e io sarò lì, te lo
prometto. Giocheremo insieme a
calcio.-
Hikaru battè di nuovo le mani, poi gli si strinse al petto.
Lo abbracciò come abbracciano i bambini, senza dire nulla,
senza un vero motivo
– oh, in verità un
motivo c’è, è solo che
sono ancora troppo piccoli per spiegarlo. O forse siamo noi troppo
grandi per
capirlo davvero. – e Kidou gli baciò la
fronte. Aveva gli occhi lucidi.
-Abbi cura di tuo zio, mi raccomando. Ora ha tanto bisogno di te.-
Poi il ragazzo lo riposò per terra e aprì la
porta d’ingresso.
Il piccolo lo guardò confuso, gli abbracciò le
gambe.
-Kiduu…!-
sussurrò.
Il ragazzo si fermò.
-T-Tu sai il m-mio… Tu sai chi sono?-
Hikaru alzò lo sguardo; era particolarmente luminoso,
sembrava quasi piangere,
ma annuì.
Yuuto allora si chinò, sorridendo intenerito: -Ora non posso
restare qui.- un
singhiozzo trattenuto a stento – Mi dispiace… Ma
ti prometto che ci rivedremo.-
il bimbo sorrise.
Kidou lo abbracciò ancora, qualcosa gli impediva di
separarsi da quel frugoletto:
-Ti voglio bene piccolo. Arigatou…-
Hikaru tenne la porta
aperta mentre Yuuto si
allontanava.
-Ciao ciau Kiouu!-
Il ragazzo si volse, e lo salutò con la mano; il
bambino disse qualcosa che Yuuto non udì, poi
chiuse la porta.
Mentre camminava spedito verso casa, Kidou pensò che forse
aveva parlato a
Hikaru con troppa serietà. Eppure… Eppure quel
bambino dava l’impressione di
aver capito perfettamente.
“Forse lui ricorda” si ritrovò a
pensare, e poi sorrise. “Forse anche Kageyama
ricorda, e nel sonno in cui l’ho colto riposare forse ha
creduto di sognare di
avermi sentito aprire la porta. Forse mi sentito davvero, ma una volta
sveglio
si convincerà che era tutto un sogno.”
Kidou svoltò e questa volta era davanti a casa sua.
Con la coda dell’occhio vide una macchina fermarsi davanti al
portone di casa
Kageyama, ma ormai era dentro il suo cancello.
… E alla fine, il sogno quale
sarebbe
stato?
**
-Papà!
Sono a casa!-
-Ciao Yuuto. Com’è andata la giornata?-
Il ragazzo osservò il padre adottivo apparire
all’ingresso per salutarlo e
corse ad abbracciarlo.
-Tutto bene papà, grazie.-
L’uomo subito non disse nulla, limitandosi a ricambiare
l’abbraccio.
-Sono contento. Ora va a cambiarti, oggi arriva la mamma lo sai.-
-A proposito di questo, ho pensato che forse alla mamma farà
più piacere
mangiare in casa, invece che fuori. Sai, ha mangiato in hotel e
ristoranti
molto in questo periodo, mentre era in trasferta per lavoro. Penso che
la cosa
che le farebbe più piacere sia mangiare a casa con noi, in
tranquillità. Cosa
ne pensi?-
Il ragazzo guardava il padre che sorrise di rimando: - Penso che sia
un’idea
fantastica.-
-D’accordo allora, vado a prepararmi, non posso accogliere la
mamma conciato
così!- E corse di sopra, in camera sua.
“Tu sei sempre conciato
così…!” sorrise l’uomo ma
evitò di dirlo ad alta voce:
il ragazzo era già di sopra.
Yuuto si
chiuse la porta della sua camera alle spalle,
tirando un sospiro di sollievo.
Si
prese un secondo per guardare la sua stanza, le sue cose, poi chiuse le
tende e iniziò a svestirsi per la doccia.
“Ciao
Yuuto. Com’è andata la giornata?”
“Tutto bene papà, grazie.”
-Tutto
bene…- ripeté, mentre faceva scaldare
l’acqua per il bagno.
Tutto
bene…
Pensa
papà, se io non fossi tornato a
casa oggi.
Avresti aspettato, cominciando ad agitarti, poi sarebbe arrivata la
mamma e
l’avresti accolta con un sorriso tirato, che non nasconde
l’ansia.
Lei avrebbe
subito chiesto di me; allora non avresti retto più e avresti
detto che ero
uscito per giocare con i ragazzi ma non ero rientrato
all’orario stabilito, né
avevo avvisato un possibile ritardo.
Allora avreste chiamato la polizia e sarebbero iniziate delle ricerche
che non
avrebbero portato a niente.
Io mi sarei dissolto nel nulla e non mi avresti più rivisto,
mai più…
Però va tutto
bene papà,
perché non è
successo nulla e io sono qui, sono tornato a casa, adesso mi lavo e mi
preparo
per la serata.
La
mamma ci racconterà del suo viaggio, e io parlerò
della partita e della
possibilità di iscrivermi al club di calcio anche alle
scuole superiori.
Mangeremo tutti insieme, finirà anche l’estate ma
io sono qui papà.
“Tutto
bene, sono a casa. Grazie.”
**
In
un altro
luogo, in un altro tempo…
-Hai visto? Ha pure
detto “grazie”!! Siamo stati bravi
vero? Siamo stati super! Anzi, IPER-BRAVISSIMISSIMI!
-Tutto quello che vuoi, ma ora smettila di strillare.-
La ragazza si tolse
il cappello che teneva nascosti i
capelli castani, che dolcemente ricaddero sulle spalle. Poi si
levò anche la
camicia nera che portava, e due ali lucenti illuminarono la stanza
avvolta
nella penombra.
Il giovane uomo al suo fianco sbuffò, infastidito.
-Sai Gouenji-kun, sei davvero stressato di recente!
Cos’è, adesso sei in
imbarazzo perché mi sto togliendo questa divisa assurda?!
Guarda che è
soffocante! Se proprio devi obbligare i tuoi uomini a vestirsi con
un’uniforme,
dovresti trovare qualcosa di più fresco e leggero,
perché con questo addosso io
non resisto più!
-Nessuno ti ha mai chiesto di indossarlo, quello.- rispose seccato
l’uomo,
lasciandosi cadere seduto sul trono alle sue spalle.
-Avresti proprio bisogno di una vacanza…- continuava intanto
la fatina,
imperterrita. – Magari potrei… Con la mia
magia…!- E gli sventolò
scherzosamente la mano piena di polvere luminosa davanti al viso.
-NON MI TOCCARE CON QUELLA ROBA!- Si ritrasse subito il Grande
Imperatore,
leggermente impallidito. –Ne ho già avuto in fin
troppa.-
-Eeeehhh… Ti ricordi? Che bei tempi, quelli. Quando eravate
ancora piccoli ed
indifesi…- blaterava la fatina, stropicciandosi le ali
brillanti. -Non ce l’avrei
mai fatta senza il tuo aiuto Gouenji-kun. Grazie mille!-
-Ah, e per cosa?! Per aver fatto passare a Kidou
un’esperienza traumatica?! Mi
sembrava che fosse già abbastanza maturo di suo, senza
doverlo obbligare anche
in quel mondo distorto…-
-Era un mondo distorto ma tenero tenero…-
-Tenero nella tua concezione distorta di tenero! Mi hai obbligato a
ridurlo in
fin di vita! Questo tu lo chiami “tenero”?Q
- si alzò
in piedi l’uomo vestito di rosso.
-Beh, però poi l’abbiamo liberato!- Sorrise la
fatina, tutta gongolante.
-E ci mancava solo che lo lasciassi lì!-
-Dai Gouenji-kun, non scaldarti. – la fatina gli si
avvicinò con un sorriso,
poggiandogli una mano sulla spalla. Gouenji la scosse subito,
allontanandosi. -
E’ finito tutto per il meglio, è questa la cosa
positiva!-continuò ancora la
giovane, sorridendo.
-Finchè tu sei qui non è finito un bel niente.
Pussa via, fatina ficcanaso!-
-Oh, così mi offendi… -
-Questo è un problema solo tuo, vecchia mia… A
proposito, e l’altra che fine ha
fatto? Non eravate due?-
-Sssh! – l’essere fatato si portò una
dito sulle labbra, mimando il silenzio - Non
ho detto niente alla mia compare, era uno sfizio che volevo togliermi
da sola.-
-Sadica e pure esibizionista. Ma guarda te che razza di fata sei!-
-Devo scappare tesoruccio, vedi di fare il bravo! Grazie per avermi
appoggiata
in questa parapiglia, è stato uno spasso ma ora devo tornare!
-Va’ va’, che finisce che fai qualche altro
disastro… E attenta ad aprire il
portale giusto!-
-Suvvia Gouenji… - sospirò la fatina mentre con
uno schiocco di dita si trovava
di fronte uno specchio luminoso – Pensi che non sappia ancora
come si apre un
portale? Ormai sono esperta, io!-
L’uomo
guardò la giovane con le ali luminose sparire
all’interno del portale magico, che si spense in un attimo
alle sue spalle. Poi
alzò un sopracciglio, lasciandosi cadere di nuovo a sedere.
-Speriamo
bene…! Non vorrei che si ritrovasse nel Giurassico. E
conoscendola ne
è in grado… Oh beh, comunque non è un
problema mio.
A quanto pare si
è tutto
risolto per il meglio.
E per questa volta
è andata così.-
*Angolino finale*
Tadààà!
Ahahah, chi se l’aspettava la fatina Sissy nel finale?
Mi sono dovuta inventare qualcosa di carino per spiegare una volta per
tutte
chi era quel tizio vestito di un colore “intenso”
che ha ridotto Kidou in
quello stato pietoso che abbiamo visto per tutta la long ^^
Dietro c’era Ishido Shuuji, il Grande Imperatore…
Ma impazzito non è, era stato
contattato da moi (?), ovvero la fatina che avete visto dulcis in
fundo, e
grazie a questa strana alleanza e alla magia di Sissy è nato
il mondo distorto
dove Kidou ha vissuto per qualche tempo ^^
Come finale mi sembrava potesse funzionare, poi ditemi voi.
Come epilogo comunque ho mosso Yuuto che riprende il suo presente in
mano e
decide di continuare.
Ho affrontato all’incirca tutti i personaggi con cui ha
avuto a che fare: prima i compagni, poi la sorellina, suo
padre… Mi sembrava
sbagliato non citarlo nemmeno, quell’uomo.
Insomma, Yuuto per tutta la long non
l’ha manco nominato e quando me ne sono accorta me ne sono
dispiaciuta. E’ pur
sempre suo padre uwu Quindi ho voluto fare la scena finale con lui
<3
Ah, poi ovviamente non poteva mancare la visita in casa Kageyama.
Come la prima
volta, è stato Hikaru ad aprire e poi… Poi
abbiamo visto tutti, Kidou si è reso
conto che è ancora troppo presto, quando Kageyama si
rimetterà come lui ricorda
potranno di nuovo vedersi. Adesso sta male e ha bisogno di altre
attenzioni. <3
Per chi potesse sorgere un dubbio… Allora, ho messo Kageyama
in casa anche in
queste condizioni gravi perché, fingendosi morto, non penso
abbia potuto stare
in ospedale a lungo; doveva nascondersi da qualche parte.
L’ho portato nella sua vecchia casa in Giappone dove
è assistito dalla sorella –
citata già all’inizio della long dallo stesso
Reiji – che è madre di Hikaru.
Ovviamente il piccolo non è in casa da solo -
perché seppur ci sia anche Reiji,
sinceramente non so tra il bambino di un anno e il convalescente quale
abbia
più bisogno di attenzioni uwu
Come Yuuto ha ben notato appena lui si è allontanato
è arrivata una macchina,
dove presumibilmente c’erano i genitori di Hikaru. ^^
Kidou è stato semplicemente molto fortunato a beccare un
momento dove Hikaru
era solo con lo zio; i genitori si saranno allontanati per breve tempo
magari
per comprare qualcosa uwu – le mie spiegazioni molto
accurate, oh yeah! (?) *^*
Bene,
della
fatina ho già parlato quindi penso di poter salutare.
Ringrazio moltissimo le persone che hanno preferito/seguito e ricordato
questa
shot <3
Le persone che hanno letto in silenzio e i miei recensori di fiducia
(?) <3
E’ stata un’avventura emozionante e sono contenta
di averla vissuta insieme a
tutti voi!
Con quest’ultimo bacio vi saluto! A risentirci bellezze~
Sissy <3
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