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'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
Il Johnny’s Education Institute era una delle scuole più prestigiose di tutta Tokyo. Raccoglieva studenti di vari tipi: dai figli di papà particolarmente ricchi, ai giovani geni portati per qualche campo del sapere; chiunque volesse diventare qualcuno nel suo futuro tentava di entrare in quella scuola.
La
"Saltellando sui confini della demenza Production"
presenta
Aiba Masaki, nel modulo di richiesta d’iscrizione, alla voce “Perché vorresti diventare uno studente del nostro prestigioso istituto?” aveva scritto semplicemente “Voglio giocare nella vostra squadra di basket!!”. Chissà perché l’avevano accettato lo stesso.
La seconda fanfiction nata dalle menti perverse delle autrici:
Hika86
Reru-chan
«Oh… Ohno Satoshi» lo notò abbassando lo sguardo su di lui
«Oh, Sakurai Sho» borbottò in risposta quello
«Un sociopatico come te in campo è un evento più unico che raro: a cosa dobbiamo la tua presenza qui?»
Con un cast d'eccezione i soliti cinque:
Aiba Masaki ("Si ricomincia!!")
Sakurai Sho ("Finalmente un po' di virilità")
Ohno Satoshi ("Devo proprio?")
Ninomiya Kazunari ("Dovevo essere io il protagonista")
Matsumoto Jun ("Solito? SOLITO? Non datemi per scontato!")
«Dai, chiunque ha un passatempo. Per esempio, dopo la scuola di solito cosa fai?»
«Pesco»
«Oh... e nei weekend?»
«Pesco»
«E durante le vacanze da scuola?»
«Pesco»
E tutti gli altri vari ed eventuali ospiti illustri che ben conosciamo
Masaki alzò gli occhi al soffitto del corridoio, pensieroso. «Insomma, pescare di piace proprio tanto»
Una grande sfida attende i nostri eroi, ma semplicemente loro non lo sanno ancora
«E’ quello laggiù: alto, coi capelli neri»
«Quale dei tanti?» osò chiedere di nuovo
«Quello che corre credendosi il dio della scuola»
Se siete pronti, anche quest'inverno niente sarà più come prima...
«Però c’è una cosa non mi è chiara: la rete in mezzo al campo devo saltarla o passarci sotto?»
Se però contate che "niente è più come prima" già dalla fine di "Mago Majokko Arashi", allora siamo pronte fin da subito a specificare che qui non stiamo tornando indietro alla normalità: semplicemente sondiamo nuovi livelli della mente umana.
È verità universalmente riconosciuta che uno studente appena trasferito, bello e simpatico, sia necessariamente alla ricerca di nuove amicizie.
Di questa stessa opinione era per l’appunto Il ragazzo appena arrivato davanti ai cancelli del Cazzi e Mazzi Johnny’s Education Institute. Masaki strinse tra le mani il foglio con la cartina per arrivare alla scuola e sospirò rumorosamente. «E se non dovessi piacere a nessuno?» si domandò tra sè «Farsi amici non è mica facile, soprattutto se le persone si conoscono già dal primo anno. Ma io voglio un terzo anno di liceo indimenticabile... non posso finire solo e isolato» mugugnò cominciando ad abbattersi.
In quel momento passò il lattaio in bicicletta «Yeah Yeah Yeah!!». E subito dopo un bidello aprì la finestra di uno sgabuzzino al primo piano della scuola «Yeah Yeah Yeah!» seguito poi da un gruppetto di studentesse in minigonna «Yeah Yeah Yeah Yeah Yeah...». Ridacchiavano tra loro mentre entravano nel cortile e lo fissavano incuriosite. «Il sole nel cielo spende già, è una nuova giornata
Che mi aspetterà? Non lo so: avrò una nuova scuola
e i compagni son sicuro che mi aspettan già» cominciò a cantare Aiba fuori dal cancello «Sotto questo cielo azzurro son certo che tutto andrà ben
E anche se sarà, si vedrai, gli studenti di quaggiù
Saran miei amici e noi ci aiuterem.
Tu pensa che, io vengo da lontan per il lavoro che facciamo in famiglia.
Sarà la terza o la quarta volta che dobbiamo trasferirci, ma ce la farò!» concluse chiudendo le mani a pugno. Un gruppo di vecchine di quartiere fecero coretto alle sue spalle «Corri Masaki! Corri Masaki!
Mostra la tua grinta! No, non mollar!
Con la tua allegria certo li conquisterai, nessuno ti può resistere» poi seguite da una scolaresca di bambini delle elementari con i loro sgargianti cappellini gialli «Dai non ti fermar! Dai non ti fermar!
Solo non sarai se sorriderai
Nessun pregiudizio solo la curiosità
Basta solo un po' di Happineeeeeeeeess!!!!». I bambini si allontanarono corricchiando e battendo le mani tutti divertiti. «Ehi, ma ti levi?» chiese un tipo che arrivava da dietro le spalle di Aiba, dandogli una spallata ed entrando nel cortile. Il ragazzo contemplò la schiena del cafone sconosciuto senza riuscire a ribattere nulla, ma in quel momento suonò la prima campana per l’inizio delle lezioni. «Perdindirindina! Faccio tardi» esclamò riprendendosi e avviandosi verso la segreteria.
Cognome: Aiba Nome: Masaki Altezzaepeso: 1,76 metri per 56 chili Punto forte: il mio carattere allegro Puntodebole: il solletico sotto i piedi Ama: le persone! Odia: i broccoli… Cosa ti aspetti da questa nuova esperienza scolastica? Incontrare tante nuove persone meravigliose!! (*vecchine* Yeah Yeah Yeah)
Il Johnny’s Education Institute era una delle scuole più prestigiose di tutta Tokyo. Raccoglieva studenti di vari tipi: dai figli di papà particolarmente ricchi, ai giovani geni portati per qualche campo del sapere; chiunque volesse diventare qualcuno nel suo futuro tentava di entrare in quella scuola. Aiba Masaki, nel modulo di richiesta d’iscrizione, alla voce “Perché vorresti diventare uno studente del nostro prestigioso istituto?” aveva scritto semplicemente “Voglio giocare nella vostra squadra di basket!!”. Chissà perché l’avevano accettato lo stesso.
Il giovane entrò tutto sorridente nella segreteria che si era già svuotata dato che gli studenti erano andati alle loro lezioni. Si guardò intorno trovando solo una donna libera, mentre le altre erano tutte prese a correre su e giù per l’ufficio, quindi si avvicinò al bancone e preparò uno dei suoi migliori sorrisi. «Buongiorno gentile signora! Potrebbe gentilmente rispondere a qualche mia domanda?» chiese allegro. Quella, lentamente, alzò lo sguardo dal computer e lo fissò da sopra le lenti degli occhiali «Senti giovanotto» sospirò ficcandosi la penna dietro un orecchio «La scuola è cominciata da meno di un mese e io già mi sono stufata di questo lavoro, quindi taglia corto e prendi poco per i fondelli». Il sorriso gli scemò rapido dalle labbra e tutta l’allegria scomparve il secondo successivo «Oh, va bene» pronunciò con il tono di voce abbassato di due ottave «Allora… io sono lo studente nuovo. Avrei bisogno del mio programma giornaliero»
«Ma no, povero caro, guarda: questo è la tua scheda» rispose la segretaria, subito intenerita dallo sguardo afflitto di Masaki «Qui trovi l’orario delle tue lezioni con il nome dell’aula e del professore, le istruzioni per la mensa e… guarda, ti regalo anche una caramella»
«Uh? Sul serio?» chiese il ragazzo stupito «All’arancia? Grazie mille!» esclamò tornando vivace «Allora grazie di tutto» concluse facendo un inchino e avviandosi verso l’uscita
«Aspetta caro!» lo richiamò la segretaria «Ti stai dimenticando del tutor. Assegniamo sempre un tutor ai nuovi studenti per aiutarli ad ambientarsi nella scuola e cominciare ad avere amici» spiegò uscendo da dietro il bancone e facendogli segno di seguirla
«Oh, ma davvero? E chi è il mio?» chiese facendosi condurre in una saletta d’attesa. Lì, seduto su uno scolorito divanetto verde, lo attendeva un ragazzo dai corti capelli a spazzola castano chiari, le braccia incrociate e l’aria assente. «Ohno san, questo è il nuovo studente che aspettavamo per oggi» annunciò lei indicando Aiba al ragazzo «Vi lascio così cominciate il vostro giro» e con ultimo sorriso materno al nuovo arrivato tornò al suo lavoro.
Cognome: Ohno Nome: Satoshi Altezzae peso: 1,66 metri per 49 chili Punto forte: riuscire ad addormentarmi ovunque Punto debole: il cibo Ama: la pesca Odia: la gente Perché hai scelto di fare il tutor al nuovo arrivato? Mi mancavano crediti extra
Lo sconosciuto nemmeno lo guardò, si alzò dal divanetto e si avviò verso l’uscita della sala «Andiamo» pronunciò mestamente. Masaki gli andò dietro obbediente, squadrandolo rapidamente da capo a piedi, notando i suoi abiti un po’ dismessi e larghi, certo non alla moda. «Allora piacere» tentò di dire mentre uscivano «Io mi chiamo Aiba Masaki, mi sono appena trasferito perché i miei hanno cominciato a gestire un ristorante cinese poco fuori Tokyo». Il suo tutor continuò a camminare per il corridoio, diretto verso l’uscita della sezione della segreteria. Non rispondeva ancora nulla alla sua presentazione. «Dunque… mi piace mangiare, qualsiasi cosa va bene, giocare a basket con gli amici e uscire in compagnia» aggiunse mentre uscivano dalla porta e si avviavano al corridoio principale delle aule. Lo sconosciuto continuava a camminare, quasi strusciando le scarpe a terra e tenendo le mani nelle tasche. «Beh, tu come ti chiami?» tentò di chiedergli, mettendosi al suo fianco
«Ohno» rispose quello laconico
«E di nome?» insistè vedendo che almeno alle domande dava una risposta
«Satoshi»
«Oh bene, e a te cosa piace fare Satoshi?» domandò senza accorgersi che l’altro gli aveva lanciato un’occhiata meravigliata al sentirsi subito chiamato per nome. «Niente in particolare» rispose, come risentito da quell’improvvisa confidenza. Si fermarono in quel momento all’ingresso della scuola «Però dai, chiunque ha un passatempo. Per esempio, dopo la scuola di solito cosa fai?»
«Pesco» fece Ohno con un sospiro
«Oh... che attività tranquilla» annuì Aiba. Tacque per qualche secondo: non sapeva come portare avanti la discussione la cartella “pesca” nel suo cervello non conteneva alcun file. «E poi, vediamo… nei weekend cosa fai?» tentò
«Pesco» disse ancora il suo tutor
«Ah. E durante le vacanze da scuola?»
«Pesco».
Masaki alzò gli occhi al soffitto del corridoio, pensieroso. «Insomma, pescare di piace proprio tanto» concluse
«Perspicace» sospirò quello «Bene» cominciò subito dopo « Questa è l’entrata principale. Lì ci sono le aule, laggiù c’è la palestra, a destra il laboratorio. Buona permanenza» concluse facendogli “ciao” con la mano e avviandosi verso la propria aula.
«Come? No, no aspetta!» esclamò Masaki correndogli dietro e piazzandoglisi davanti «Aspetta, aspetta! Hai parlato della palestra: io sono interessato al club di basket. Mi ci accompagni?» domandò
«Ma io veramente…» provò a ribattere senza convinzione Ohno
«Fantastico, grazie!» esclamò prendendolo sotto braccio.
In palestra si stavano già svolgendo alcune attività e infatti un bel po’ di gente correva a destra e a sinistra per il campo da basket, ancora diviso in due dalla rete da pallavolo. Masaki sapeva perfettamente, anche senza che il suo asociale tutor glielo dicesse, che quelli in divisa rossa erano i giocatori titolari della SMAP, la squadra di basket dell’istituto. «Sono loro» sospirò sognante «Ho sempre sognato di giocare a basket con gli SMAP». Erano una delle squadre migliori di tutto il Giappone a livello scolastico e i suoi giocatori, una volta diplomati, godevano di ottime borse di studio o di raccomandazioni della scuola per entrare nelle migliori università del paese. Un paio di matricole si lamentavano in un angolo canticchiando «Senti che hight tension, l'aria si scalda già» sospirarono, per poi notare i due nuovi arrivati «Guarda che situation, noi ci stiamo ad allenà.
Del basket son campioni. Vuoi entrar? Vuoi giocar? A-ah, a-ah! A-ah, a-ah!» chiesero cantando verso di loro, poi altre matricole si unirono «Questi gli SMAP, che squadra in-su-pe ra-bi-le! Ooooh!» fecero in coro. I giocatori titolari si mettessero in formazione in una metà campo per ballare e cantare tutti in coro, minacciosi «In attacco e in difesa voi
Boom Boom Non potrete Boom Boom Batterci mai
Una volta in vantaggio, voi
Boom Boom Avrete ormai Boom Boom Perso tutto
Ci alleniamo dalla mattina fino a sera Il nostro livello Nessuno raggiungerà
Anche se ci provate voi
Boom Boom Non potrete battere gli SMAP Boom Boom Boom!!» conclusero battendosi il cinque tra di loro. Le matricole sudavano freddo, terrorizzate da quella specie di danza di battaglia: indubbiamente quella era una delle squadre più abili e più selettive di tutta la prefettura. «Come mai giocano durante le lezioni?» domandò curioso Aiba. Satoshi alzò lo sguardo a fissarlo (era giusto un po’ più basso di lui) «E lo chiedi a me?»
«Hai ragione, scusa» sorrise alzando gli occhi al cielo «Almeno sai chi è il capitano? Già che ci siamo vorrei annunciare la mia iscrizione»
«E’ quello laggiù: alto, coi capelli neri» rispose con un sospiro e un cenno del capo. Guardando in campo però almeno il 70% dei ragazzi presenti erano alti e coi capelli neri. «Quale dei tanti?» osò chiedere di nuovo
«Quello che corre credendosi il dio della scuola» e guardando i presenti con quell’informazione in più fu ben chiaro di chi stesse parlando. «Tu lo conosci?» indugiò sulla soglia della palestra, indeciso su come presentarsi
«E’ dell’ultimo anno come me» rispose semplicemente facendo spallucce «Adesso io…» fece per tornare al corridoio
«Bene! Allora andiamo da lui e presentami!» esclamò Masaki riprendendolo sotto braccio prima che lui potesse allontanarsi abbastanza da fuggire. I due non in divisa o tuta vennero subito notati dai giocatori che smisero di correre. «Ehi che succede? Si batte la fiacca?» domandò il capitano vedendoli tutti fermi
«Intrusi in campo» gli venne risposto mentre Aiba passava sotto la rete da gioco invece di girarci intorno
«Ehilà! Salve, mi chiamo Aiba Masaki e vorrei iscrivermi al club di basket» esclamò alzando il braccio come se non fosse già stato sufficientemente notato. Il ragazzo indicato da Ohno lasciò la sua postazione in campo «Ehilà! Salve, io sono il capitano. Mi chiamo Sakurai Sho» disse con lo stesso tono di voce di Aiba mentre gli andava incontro «Molto piacere!»
«Molto piacere!» rispose il nuovo arrivato, tutto contento, sentendo di aver trovato un’anima a lui affine.
Cognome: Sakurai Nome: Sho Altezza e peso: 1,71 metri per 60 chili Punto forte: la potenza fisica!! Punto debole: i posti alti Ama: vincere Odia: gli snob arroganti Molti dicono che sei un gasato presuntuoso, come rispondi a queste accuse? Non mi interessa ciò che pensano gli altri, anche se fosse sappiamo bene che non sarò mai peggio di un certo damerino di nostra conoscenza
«Bene, non puoi iscriverti» esordì il capitano l'attimo successivo
«Cooooosa? Perché?» domandò Masaki sgonfiandosi dalla delusione
«Devi fare la selezione prima» gli rispose indicando le matricole del primo anno, senza divisa «Oh… Ohno Satoshi» lo notò abbassando lo sguardo su di lui
«Oh, Sakurai Sho» borbottò in risposta quello
«Un sociopatico come te in campo è un evento più unico che raro: a cosa dobbiamo la tua presenza qui?»
«Sono il suo tutor» rispose con una smorfia, indicando Masaki
«Per un momento ho avuto il terrore che volessi iscriverti anche tu» ridacchiò Sho, in risposta Satoshi fece solo un’altra smorfia. Ad un cenno del capitano gli altri continuarono a giocare mentre lui accompagnava i due a bordo capo «Adesso stiamo facendo degli allenamenti speciali e siamo esonerati dalla lezioni solo se ci diamo da fare, quindi non possiamo poltrire. Se vuoi provare ad entrare in squadra trovi la bacheca con il foglio su cui scrivere il tuo nome all’ingresso. Domani mattina alle 6 facciamo l’appello degli aspiranti e un allenamento di prova» gli spiegò Sho lasciandogli in mano il volantino di promozione degli SMAP «Potrai mostrarci le tue capacità e se ci piacerai sarai dei nostri»
«Uh d’accordo, allora mi presenterò domani mattina» annuì Masaki «Grazie mille!» esclamò alzando il pollice
«Mi raccomando!» gli rispose Sakurai imitando il suo gesto e facendoli un sorriso smagliante «Buona continuazione» canticchiò salutando Ohno, immaginando la gioia che doveva provare nell’avere a che fare con chicchessia.
Mentre uscivano dalla palestra, lasciandosi alle spalle il fischio delle scarpe da ginnastica, i tonfi dei palloni e un "Boom Boom" molto sinistro, Satoshi si infilò le mani in tasca con un sospiro e poi prese fiato. «Lungi da me voler smorzare il tuo dilagante entusiasmo, ma gli SMAP sono selettivi: da quanto tempo giochi a basket?»
«Io? Mai provato in vita mia» rispose tranquillo «Ma non può essere così difficile no?» si strinse nelle spalle e mise le mani nelle tasche, imitando la posa di Ohno. Dopo qualche secondo si picchiettò l’indice sul mento, con aria dubbiosa «Però c’è una cosa non mi è chiara: la rete in mezzo al campo devo saltarla o passarci sotto?».
FINE DEL PRIMO CAPITOLO
Fanfiction written by
Hika86 & Reruchan
Original music by
Arashi
(Happiness & Boom Boom)
Terrible lyric by
Hika86
Il grande ritorno de... Saltellando sui confini della demenza: le autrici di confessano.
(prima della pubblicazione)
Zukky: ooh però ci vuole il solito corner finale
Reru: cazzo è vero. Facciamolo domani
Zukky: oh cazz XD ho già formattato il capitolo per pubblicarlo XD
Reru: eh sei un genio del male XD Ecco, metti questo scambio di battute
Zukky: °_° ma che scambio di battute del piffero. Se dobbiamo confessarci allora dovremmo rispondere a domande... anzi no. O forse sì: domande stupide
Reru: oh diamine, quindi oltre alla fanfiction facciamo anche il "post fanfiction" serio? AccidOnti, potremmo quasi diventare delle scrittrici degne di questo nome XD
Zukky: no, direi che possiamo rispondere con la nostra nuova risposta standard appena clonata *_* Tipo... perchè avete cominciato a scrivere questa ff?
Reru: pesco
Zukky: AHAHAHAHAH!!! Cosa pensi succederà nel prossimo capitolo?
Reru: qualcuno pescherà.
Zukky: YODA!
Capitolo 2 *** Boom! Boom! Tell me what you wanna be ***
Quando Aiba Masaki si svegliò una mattina da sogni inquieti, si trovò trasformato nel suo letto in uno studente del Johnny’s Education Institute. La sera prima era andato a letto già con indosso la divisa nel caso in cui si fosse svegliato tardi e non avesse avuto tempo di vestirsi.
Come primo giorno da studente dell'istituto doveva prendere possesso del suo armadietto e prima di tutto del codice per poterlo aprire. Arrivato a scuola, e dopo aver richiesto la combinazione in segreteria, si mise a cercarlo lungo il corridoio. La fiumana di gente che vi si affollava era composta dalle più svariate tipologie umane, tutte intente a salutarsi e prepararsi per l'inizio delle lezioni. Il suo armadietto era vicino a quello di una ragazza che gli parve una via di mezzo tra un vaso di orchidee tropicali e un panda visto al negativo: il temine comunemente utilizzato per definire questo esemplare di femmina umana era "ganguro". Capelli platinati e addobbati con fiori multicolori, pelle scurita da un numero non ben definito di lampade e trucco, invece, dai colori chiari, come chili di ombretto bianco spalmato lungo tutto il contorno degli occhi. Aiba si imambolò a fissarla perchè, nonostante vestisse la divisa come tutte le altre, era impossibile non notarla, inoltre teneva la gonna più corta rispetto a quanto concedesse il regolamento. Si riprese dallo stato di trance in cui fissava il fiorellone fuxia e celeste che la tipa aveva fissato poco sopra l'orecchio sinistro grazie al potente rombo del motore di una macchina che entrava in quel momento nel parcheggio della scuola e che lui, dal suo armadietto davanti all'entrata, vedeva perfettamente. Era una decappottabile color borgogna, lucente e dal chiaro design delle macchine da corsa. Senza nemmeno aprire la portiera, il guidatore ne uscì con balzo, mentre le due ragazze, sul lato passeggero e sul sedile posteriore, scesero in maniera più umana. Senza distrarsi ancora a guardare il giovane che si avviava all'entrata tenendo un braccio sulle spalle di entrambe le donne, Aiba si decise a dedicarsi al suo nuovo armadietto. Lesse sul foglio della segreteria la combinazione di cinque cifre e la inserì nel lucchetto automatico. La serratura scattò, lui girò la maniglia... e l'armadietto non si aprì! «Ma che ca...» semi imprecò lui, tirando la maniglia verso di sè nella speranza che si decidesse a sbloccarsi. Continuò imperterrito in questa lotta per qualche secondo finchè un braccio entrò nel suo campo visivo e una mano diede un fortissimo pugno contro l'anta. Masaki sobbalzò per lo spavento, ma finalmente si aprì. «Era il mio l'anno scorso» spiegò il proprietario del braccio. Il ragazzo si girò a vedere chi lo avesse aiutato e si trovò davanti il tizio della macchina sportiva, che lo fissava con uno smagliante sorriso.
Cognome: Matsumoto Nome: Jun Altezza e peso: 1,73 metri per 58 chili Punto forte: il mio irresistibile charme Punto debole: la mia sconfinata pignoleria Ama: i miei capelli Odia: i palestrati gasati e presuntuosi Molti dicono che tu sia uno snob arrogante, come rispondi a queste accuse? Non mi interessa ciò che pensano gli altri, io almeno per conquistare una donna non devo sudare come un maiale
«Ciao. Io sono Matsumoto Jun» si presentò senza smettere di sorridere. Masaki non rispose subito, ma rimase incantato ad osservarlo per un manciata di secondi. «Ah...» sospirò sognante «Aiba Masaki» riuscì infine a presentarsi
«Tu sei quello nuovo giusto?» domandò questi, senza minimamente scomporsi davanti alla faccia da stoccafisso dell'altro e aprendo senza problemi l'armadietto di fianco al suo
«Sì... sì sono io, grazie per l'armadietto» disse con un lieve inchino
«Devi solo essere un po' rude per fargli capire chi comanda, poi si apre» gli spiegò mentre frugava nel suo, tirando fuori i libri che gli servivano «Te l'hanno detto che puoi sceglierti la combinazione che preferisci una volta che l'hai aperto?» aggiunse vedendolo col foglietto in mano e i numeri della combinazione in bella vista, scritti a caratteri cubitali
«Oh, davvero? Forse sì... o forse no, non mi ricordo» farfugliò guardando il lucchetto automatico e cominciando a impostare dei nuovi numeri «uno... poi, duuue... tre, quattro.... cinque» sussurrò piano «Bene, grazie! Sono ancora un po' spaesato qui a scuola e non so bene come muovermi»
«E' comprensibile, ma fidati, è semplicissimo capire come funziona qui» gli rispose quell'altro che vestiva la divisa perfettamente stirata e in maniera impeccabile: nonostante fosse uguale alla sua, lui sembrava uno studentello sfigato, Jun invece era più simile ad un ricco rampollo pronto per una serata d'affari. «Ti darò io qualche dritta» si propose chiudendo il proprio armadietto «Per sopravvivere a questo mondo devi capire che ci sono due categorie di persone: quelli che possono e... tutti gli altri»
«"possono" cosa?» domandò Aiba confuso mentre seguiva il suo nuovo amico lungo il corridoio
«Tutto» rispose criptico l'altro
«Oh... non credo di aver afferrato il concetto, ma vai pure avanti» annuì poco convinto
«Vedi carissimo» disse schiarendosi la gola prima di cominciare a cantare «You don't care about il tuo stile ma In my head
Penso tu voglia esser qualcuno Is it true?
E in questo ti serve una guida Time to find me
ti darò io la Chance e poi sarai free» cantò con voce piena, mentre alcuni studenti, precedentemente piegati a frugare nei loro armadietti, si voltarono improvvisamente formando una piccola banda di ottoni «Ti dici All the time
Vorrei solo essere qualcuno in My life!» A quel punto Aiba notò che c'era anche un tipo alle loro spalle, vestito in pantaloni e giacca di pelle, che strimpellava energicamente su una chitarra elettrica «Allora
Tell me what you wanna be
Tell me what you wanna be, Aiba?»
«Yeah, yeah, yeah, yeah» si aggiunsero in coro cinque giovani studentesse che guardavano Jun con occhi sognanti
«Scegli chi vuoi essere, il tuo stile e avrai All your friend...
Su forza
Tell me what you wanna be
Tell me what you wanna be, Aiba?»
«Yeah, yeah, yeah, yeah» cantarono di nuovo quelle, sculettando al loro seguito, insieme allo strimpellatore vestito di pelle
«Tell me Forza
Everybody cercan notorietà
Ti guiderò io All right!» concluse con un gesto elegante, scostandosi il ciuffo di capelli morbidi che si era scompigliato durante l'estasi canterina. Quando la musica finì le cinque studentesse sospirarono innamorate, mentre del chitarrista sadomaso non c'era più traccia. Stessa cosa per la piccola banda di ottoni: gli studenti avevano preso i libri e chiuso i loro armadietti. «Capisci cosa voglio dire? Che o sei qualcuno o sei uno di tutti gli altri. E tutti gli altri a loro volta si dividono in diversi sottogruppi» aveva ripreso a spiegare come se nulla fosse «Ci sono quelli da evitare ad ogni costo, in particolare: palestrati sudaticci e pieni di sè, nerd incalliti e donne che si prendono troppo sul serio per curarsi di cosa si mettono addosso» cominciò ad elencare mentre Masaki annuiva leggermente col capo cercando di seguire il suo discorso «Ci sono poi quelli accettabili: ragazze carine e disponibili, se poi hanno anche un cervello è meglio altrimenti ci si accontenta, secchioni, che possono sempre tornare utili, e tutti quelli che paiono vagamente normali» concluse con un gesto plateale sulla folla di studenti che si affrettava nelle aule. Anche loro avevano raggiunto la porta di una classe «Mmmh, capisco...» continuava ad annuire «Ho solo una domanda: e quelli che possono?»
«Ne hai uno davanti» gli sorrise tranquillo, quindi gli diede una pacca sulla spalla «E se frequenterai le persone giuste potresti diventare uno di noi! Jaà...» lo salutò prima di entrare in aula.
Aiba rimase impalato nel corridoio per qualche secondo, forse cercando di dare un senso a tutto il fiume di parole che Jun gli aveva appena propinato, poi la campanella lo risvegliò ricordandogli che anche lui doveva andare a lezione.
Ci sono molti modi per costringere una persona a fare qualcosa, il peggiore è convincerla per mezzo di subdoli ricatti, ma un diabolico surplus è quando chi ricatta lo fa senza accorgersene, ma, anzi, con ottime intenzioni!
Ohno Satoshi, studente sociopatico e tutor del nuovo arrivato, stava deambulando nel corridoio, strascicando svogliatamente i piedi, quando la sua tranquillità fu turbata da un unica singola parola, detta in maniera cantilenante «TooOOooooshiiIIIiiiii....»
«Cazzo, no...» bofonchiò alzando gli occhi al cielo e fermandosi
«ToooooooooOOOOOOOOooshiiiiiIIIIIIiiiiiii...» insisteva la vocina sempre più vicina
«Che cosa vuoi?» domandò infine girando il capo, Masaki ormai l'aveva raggiunto
«Ho bisogno della tua consulenza di tutoooooor...» gli spiegò con un sorriso degno del miglior piazzista
«Che c'è, hai perso il cervello?» domandò scocciato
«Come scusa?»
«Troppo tardi» e gli diede le spalle riprendendo a camminare a passo più sostenuto
«No, aspetta!» si mise a rincorrerlo «Ho davvero bisogno di te!» insistè con tono implorante. Mosso a pietà Satoshi si fermò di nuovo e ancora una volta lo guardò con infinita pazienza «Dimmi»
«Accompagnami agli allenamenti di basket»
«Esula dalle mie competenze» rispose lapidario riprendendo ad allontanarsi e lasciando il nuovo studente solo nel corridoio. «Ma... ma... e io cosa scrivo poi sulla "scheda di valutazione tutor"?» domandò con vocina affranta. Ohno si bloccò all'istante nell'udire le parole "SCHEDA DI VALUTAZIONE" e al ricordo dei crediti mancanti. A quel punto, rassegnato, fece marcia indietro «E andiamo» sospirò. Una volta convinto poterono dirigersi verso la palestra della scuola. Il corridoio era semi deserto, dopo le lezioni gli studenti andavano a casa o ai propri club, quindi non c'era nulla con cui Satoshi potesse distrarsi per evitare di stare ad ascoltare le chiacchiere di Masaki. La soluzione migliore, molto spesso, era semplicemente staccare il cervello e annuire di tanto in tanto.
Arrivati in palestra il capitano Sakurai gli andò incontro palleggiando. «Eccoti Masaki! Ti stavo aspettando. Siamo tutti ansiosi di vedere il nostro nuovo acquisto come se la cava»
«E io non vedo l'ora di giocare insieme a voi!» rispose entusiasta lui
«Questa non me la voglio perdere» boffonchiò Satoshi
«Oh, Ohno» salutò Sho notando il tutor alle spalle di Aiba «Accomodati pure, sarà uno spettacolo magnifico e non si sa mai che venga voglia di giocare anche a te» e quello, senza rispondere nulla, si andò a sedere sugli spalti. «Bene, Masaki» proseguì Sho «Ti farò qualche domanda e poi ci farai una dimostrazione pratica per mostrarci il tuo livello»
«Nessunissimo problema!»
«Per cominciare, in che posizione giochi di solito?» cominciò Sho leggendo da una cartelletta plastificata piena di fogli
«Bah non saprei... in piedi?» rispose corrugando la fronte
«Come sei spiritoso! Mi piacciono i tipi come te» scoppiò a ridere il capitano «Comunque, intendevo il ruolo»
«Aaaah, certo. Vanno bene tutti direi»
«Quindi se un giocatore versatile? Interessante. Allora potresti giocare come ala, guardia o playmaker» riflettè picchiettandosi un dito sul mento e osservando i fogli nella cartelletta
«Suppongo di sì» rispose annuendo
«Escluderei il pivot, comunque, sei troppo mingherlino» continuava a ragionare
«Suppongo di sì» ripetè Aiba tutto sorridente
«Sì, hai ragione. Che sciocco che sono. Allora, per la prova pratica facciamo un uno contro uno, vince chi va a canestro per primo» concluse avviandosi verso il campo e lasciando la cartellina in mano alla prima matricola che incontrò sul suo cammino. Uno degli altri giocatori lanciò la palla a Masaki che la prese al volo e la osservò perplesso «Questa è una invitation a giocare qui con noi» cantò quello che l'aveva tirata
«Mostraci il tuo motion, se puoi starci dietro» aggiunse un altro
«C'è gente che ci prova e poi non ce la fa più
Tu forse sei quello che invece può sopportar
Oooooh!» presero a cantare di nuovo tutti in coro, schierandosi a lato del campo «Su dai prova a sopportare
Boom Boom L'allenamento Boom Boom Se non crolli già
Siamo i primi in Giappone e
Boom Boom Per esserlo Boom Boom Ci vuol fisico
Ci alleniamo dalla mattina fino a sera Il nostro livello Nessuno raggiungerà
Anche se ci provate voi
Boom Boom Non potrete battere gli SMAP Boom Boom Boom!!» conclusero con lo stesso ritornello che Aiba aveva già sentito. Sembravano veramente una squadra minacciosa e potente: quella canzone sembrava il loro equivalente della haka. «Bene, comincia tu e io tenterò di fermarti. Se ti ruberò la palla sarai tu a cercare di bloccare me» spiegò Sho, come nulla fosse successo, prima di farsi tutto serio e mettersi in posizione. Ci fu poco da dimostrare: Aiba aveva camminato tranquillamente verso di lui, palleggiando disinvolto, mentre l'attimo successivo questi gli aveva già rubato la palla e, con un terzo tempo, era andato a canestro. «Beh? Non hai nemmeno cercato di fermarmi» osservò Sho stupito, tornando verso l'avversario «Che succede?» domandò vedendolo corrucciato e pensieroso in mezzo al campo
«Non capisco...» fece lui
«Cosa?»
«NOn so, penso mi sfuggano alcuni punti fondamentali. Tipo: la rete lì in mezzo... si salta prima o dopo?» fece indicandola. Sho seguì il suo gesto e sbattè le palpebre, perplesso. «Quella è da pallavolo» gli rispose
«Ooooh» esclamò spalancando gli occhi
«Toglimi una curiosità: hai mai giocato a basket?» gli domandò incrociando le braccia
«No, affatto» disse tornando a sorridere. Da qualche parte sugli spalti sembrò partire una risatina soffocata. Il capitano si passò una mano sugli occhi, sospirando profondamente «Potevi dirlo prima» mormorò
«Non l'hai chiesto» obiettò serio Masaki
«Va bene, allora comincerai dai fondamentali» propose, ma dato che quella sottospecie di risatina sommessa che aveva sentito stava continuando, si girò spazientito verso le gradinate. «Dato che partiamo da zero vuoi unirti anche tu, Ohno? Un po' di movimento ti farebbe bene e poi sembri uno che ha un sacco di tempo libero» gli disse piccato
«Io sono occupato e poi faccio già sport» gli rispose stringendosi nelle spalle con aria svogliata
«Chi l'avrebbe mai detto!» esclamò sorpreso mettendo le mani sui fianchi «E sarebbe?»
«Pesco».
FINE DEL SECONDO CAPITOLO
Fanfiction written by
Hika86 & Reruchan
Original music by
Arashi
(Tell me what you wanna be & Boom Boom)
Terrible lyric by
Hika86
Il grande ritorno de... Saltellando sui confini della demenza: le autrici di confessano.
Indiciamo un concorso (ahahah!): riuscite a individuare le citazioni -leggermente modificate- presenti nei capitoli?
L'anno 2002 presentò un bizzarro avvenimento, un fenomeno inspiegato e inesplicabile che certamente nessuno ha dimenticato. Sakurai Sho e Matsumoto Jun allo stesso tavolo.
Tutto era cominciato 20 minuti prima quando Aiba e Jun erano entrati in mensa per il pranzo. Il menù del giorno prevedeva: tonkatsu come piatto principale, zuppa di miso e riso normale o riso al curry. Proprio mentre stavano facendo la fila, spingendo la loro porzione sullo scorrivassoio, il novellino aveva tentato di allungare le mani sulla ciotola del riso al curry, subito bloccato dall'amico che lo precedeva. «No che poi diventi ciccione» aveva detto lapidario, piazzandogli la triste ciotolina di riso scondito a lato del vassoio. Aiba l'aveva fissata sconsolato per qualche secondo, alzando poi lo sguardo sull'altro che stava andando avanti. «Ma perchè?»
«Hai già dimenticato il discorso sulla gente che può e quella che non può? Io posso, quindi non posso non ingrassare, sono quelli che non possono a non poterlo fare. Perciò io che posso, posso rimanere magro» aveva spiegato mentre pescava una gelatina di frutta dal cesto alla fine del percorso dello scorrivassoio. Masaki lo aveva seguito alzando gli occhi al cielo e mormorando tra sè, nel tentativo di ripercorrere il ragionamento appena ascoltato. «Significa che devo rimanere magro allora?»
«Esatto, mio giovane padawan» aveva ridacchiato lui uscendo dalla fila e guardandosi intorno per cercare un posto dove sedersi.
La mensa della scuola era un grosso stanzone dalle ampie vetrate che davano sul campetto di atletica. I tavoli in legno erano tutti ordinati in varie file, abbastanza lontani tra loro per far gironzolare gli studenti e non inciampare nelle sedie -alternate bianche e rosse. Puntualmente però qualcuno ci finiva contro e un menù finiva spalmato per terra, ogni giorno. Jun aveva scelto un tavolo vicino alle finestre e si era seduto dando le spalle all'entrata, così Aiba aveva fatto il giro, mettendosi di fronte a lui. «Allora, guarda bene» aveva cominciato il giovane «Quellò là infondo è il tavolo dei nerd» gli aveva indicato con un cenno del capo
«Nerd...» aveva ripetuto lui con la bocca piena di riso insipido
«Poi, vedi quello con due orecchie di Pikachu in testa? Ecco, lì ci sono gli otaku. Dalla parte opposta della stanza trovi tutti i tavoli femminili, perchè cercano di tenersi a distanza. Mi raccomando: più sono colorate, meno devi frequentarle» aveva continuato ad elencare, ma dopo un po' le parole erano diventate troppe e Masaki era più bravo a dirle che ad ascoltarle, così aveva fissato alternativamente il piatto, Jun e la gente in mensa per un paio di minuti. Tutto questo finchè non aveva individuato il capitano della squadra di basket che stava finendo in quel momento di fare la fila per il cibo. «Ah! Ho visto una persona che conosco, posso invitarla al tavolo?» aveva domandato a Jun, interrompendolo proprio mentre gli illustrava l'utilità di tenersi buoni tutti gli occupanti del tavolo dei secchioni. «Cos- ah, sì... sì certo». Aiba aveva sollevato il braccio sventolandolo in aria per farsi notare e il giovane compagno di squadra gli aveva sorriso non appena lo aveva individuato nella folla ai tavoli. Senza notare la persona con cui era seduto, Sakurai Sho li aveva raggiunti e si era accomodato al fianco di Masaki.
Insomma era successo per puro caso. No, anzi, per sfiga: e infatti da quel momento scoppiò il finimondo.
«Buongiorno capitano!» salutò allegramente Aiba
«Ehi, matricola!» rispose tutto pimpante «Oh, ma cosa fai? Solo una ciotola di riso in bianco? Guarda che uno sportivo ha bisogno di energie: la prossima volta prendi anche il curry» gli consigliò. A quelle poche parole Jun, con ancora lo sguardo rivolto al piatto, bloccò il proprio gesto a metà. «Sento un'interferenza nella forza» mormorò per poi alzare lentamente la testa. I due davanti a lui si zittirono e lo fissarono.
Jun guardò Sho.
Sho guardò Jun.
Aiba li guardò entrambi.
Poi Jun guardò Aiba «Cosa ci fa quest'essere al nostro desco?»
«Il nostro... cosa?»
«Potrei dire la stessa cosa di te» ribattè Sakurai appoggiando il cucchiaio del riso
«C'ero prima io»
«Ma io sono stato invitato»
«Vi conoscete?» si intromise Masaki
«Adesso dai pure consigli sul tipo di dieta? Cos'è, hai preso una laurea in scienze alimentari e non ce l'hai detto?»
«Sempre meglio di te che mangi come una modella anoressica a stretto regime dietetico»
«Non è vero! Ho addirittura preso la gelatina di frutta!» esclamò Jun, piccato, sbattendo il dolce sul tavolo per mostrarglielo
«C'è scritto "con il 30% di grassi in meno", idiota!» ribattè Sho indicandogli la scritta sul coperchio. Nel frattempo Aiba si piegò a sbirciare sotto il proprio tovagliolo «... io ho preso il creme caramel» ma nessuno dei due lo calcolava più. «Non ti permetto di chiamarmi "idiota", puzzone!»
«Sempre meglio che spalmarsi di creme per avere la faccia come il culo di un neonato!». A quel punto Sho doveva aver esagerato, perchè un gruppo di ragazze, dal loro lato di mensa, sbattè le mani sui tavoli e si alzò all'unisono. Parti un assolo di chitarra elettrica. «Ha vestiti griffati e gira sopra una porsche (ye ye ye)
Farà un aperitivo anche Tonight? (ye ye ye)» cominciarono a cantare cinque di loro che avanzavano verso il tavolo di Aiba, mentre il resto faceva da coro in seconda fila «Ha soldi e classe si sà, è il sogno di ogni donna
Dai Fallo! Go to floor
Da da da da dance!» incitarono verso Jun. Improvvisamente la parte centrale della mensa era stata sgombrata dai tavoli, le luci erano state spente e fari colorati illuminavano a tempo la sala, come una discoteca. «Di 'sto liceo è la Superstar
Con lui nessuno può competere
Il migliore dell'Universo
Move your body!» incitarono ancora Jun, mentre tutte loro avevano già preso a ballare a ritmo. «Il suo charme conquista Boys and girls
Ricco, bello ed elegante e poi
guardarlo sotto la Mirror ball
Don't stop music!»
«Super super super dupa star?» intervenne cantando Sho. Alcuni compagni della squadra avevano fermato le luci stroboscopiche e puntato i fari solo su di lui, lanciato in un velocissimo rap. «Ma dite un po', ragazzi, qui "Wazzap?"
E' solo una femminuccia che si agita
Vestiti, profumi e balletti? Sei un uomo?». Com'era facile da immaginare, anche Sho aveva il suo stuolo di fan, ma non gli prendevano la scena, lasciandolo solo a mostrare la sua abilità nel rap «Ci vogliono muscoli, fatica, sudore e... daidai smettela!
Guardate me e Shake, shake ya body
Quando le donne cercheranno un uomo, sai chi vorranno? AH! Move ya body» e a quel "ah!" -seguito da uno studiato movimento del bacino- tutte le ragazze sospirarono, desiderando sciogliersi all'istante tra le braccia del ragazzo che era indubbiamente uno dei più sexy di tutto l'istituto.
«Basta!» sbottò improvvisamente Jun. Tutti si zittirono, le luci tornarono normali e la mensa era di nuovo in ordine come se nulla fosse stato spostato. «Non ho motivo di star qui a sprecare fiato per confrontarmi con una persona che non penso sia nemmeno dotata di un cervello con cui poter effettivamente comunicare» sbottò Jun alzandosi in piedi e sbattendo le mani sul tavolo «Parlare con te è come parlare con un paramecio!». Per una volta fu Sho a non capire la parola usata, invece di Aiba. «E... E tu invece sei... sei un ammasso di cloruro di sodio!» tentò di ribattere Sho. Gli altri due lo guardarono sbattendo gli occhi. «Dovrei offendermi?» fece Matsumoto prima di prendere il suo vassoio e allontanarsi a grandi falcate. Tutta la mensa li fissava in silenzio. «Se non mi segui non ti aiuto più!» esclamò girandosi di scatto verso Masaki, il quale si ficcò il creme caramel in tasca e si alzò dal tavolo portando via il vassoio. «Ci vediamo agli allenamenti capitano!» salutò con un sorrisino poco convinto.
«Aiutami Obi Wan Kenobi, sei la mia unica speranza!» esclamò Jun aprendo di colpo la porta dell'aula computer. Da dietro un gruppo di tre schermi computer spuntò la testa di un ragazzo dai capelli corti e gli occhiali dalla montatura spessa. «Non avrei mai dovuto prestarti i miei DVD di "Star Wars"» scosse la testa alzando gli occhi al cielo
«Scherzi? Le ragazze sono impazzite per la Principessa Leila!» ridacchiò lui, nuovamente allegro. Sembrava proprio che fosse la vicinanza di Sho a guastargli l'umore. «Comunque domani te li riporto, sta tranquillo» gli disse sedendosi contro un angolo del tavolo su cui stavano i computer. Quando Aiba lo seguì fin lì si rese conto che lo sconosciuto non stava usando tre schermi, come invece aveva pensato vedendolo dall'ingresso. Anzi, non ne stava usando nemmeno uno: era semplicemente rannicchiato sulla sedia a giocare con un Nintendo DS.
Cognome: Ninomiya Nome: Kazunari Altezza e peso: 1,68 metri per 55 chili Punto forte: Il mio record: finire tutti i livelli di "Super Mario" in un pomeriggio Punto debole: Non riesco a estrudere il componente piezoelettrico del variatore di fase Ama: il mio Nintendo DS Odia: L'interruzione del servizio ADSL per manutenzione sulla linea Che consolle preferisci: Playstation o XBox? Mai provato ad usare uno stesso videogioco, nello stesso momento, ma su due piattaforme diverse? Uno sballo!
«Cosa ti porta da queste parti dato che non mi hai ancora riportato i film?» domandò mettendo da parte il Nintendo
«Ti presento il nuovo studente» gli disse indicandogli l'altro ragazzo
«Molto piacere, sono Aiba Masaki» fece lui con un inchino cortese
«Ninomiya Kazunari» rispose raddrizzandosi gli occhiali sul naso «Nuovo eh? Ho fatto il tutor per uno l'anno scorso, una palla... chi ti hanno affibbiato?»
«Si chiama Ohno Satoshi»
«Chi?» domandò Nino aggrottando le sopracciglia «Vabbè, di cosa hai bisogno novellino?»
«Il cellulare. Mi è caduto l'altro giorno e non si accende più, volevo cambiarlo, ma Jun mi ha detto che forse tu puoi farci qualcosa» spiegò tirando fuori l'apparecchio dalla tasca. Nino lo prese e cominciò ad aprirlo e ad esplorarlo aprendo un piccolo set di cacciavite. «Senti un po', Ninomiya» accennò Jun
«Mmmh?» borbottò quello, tutto piegato sul telefono
«Già che ci siamo, a che punto sei con la base?»
«Base...» farfugliò cambiando cacciavite
«Dai, quattrocchi: il mixaggio per il festival» insistè il giovane
«Festival?» si intromise Masaki
«La festa di fine anno. Il tuo tutor non te l'ha spiegato?» domandò Jun incrociando le braccia «Una settimana prima della fine delle lezioni a scuola si tiene un festival con una competizione a cui partecipiamo solo noi del terzo anno. E' una competizione musicale e ho chiesto al nostro esperto di tecnologia di sistemarmi l'mp3 del mio pezzo»
«Oh, sembra interessante! Quindi partecipi?» chiese Masaki lasciando lavorare il ragazzo appena conosciuto
«Sì... o meglio, quella è l'intenzione» spiegò rabbuiandosi «Il problema è che non si può partecipare da solisti, bisogna formare un gruppo come minimo di cinque persone»
«Beh, ma tu sei quello che può, giusto? Quindi faranno la fila per fare questa cosa con te» ragionò incrociando le braccia al petto
«Uhm... beh...» mugugnò quello «No, in realtà non mi sono ancora attivato per cercare qualcuno» rispose scrollando le spalle
«In effetti c'è ancora tempo» annuì Aiba «E poi beh... è solo un festival di fine anno»
«Non è "solo" un festival, Aiba» lo corresse puntiglioso Jun «E' IL festival. Il premio per il gruppo che vince la competizione è la possibilità di debuttare!»
«Oh... ed è così esclusiva come possibilità?»
«Hai idea di quanti studenti ci siano in questo istituto? E sono qui per prepararsi a quando troveranno l'occasione per sfondare, ma quante probabilità ci sono che tutti ci riescano?»
«Sono.... poche?» azzardò
«Pochissime! Per quello la competizione di fine anno, con il relativo premio, sono un'opportunità imperdibile!» gli spiegò concitato, con gli occhi che gli luccicavano
«Ma se ti interessa così tanto perchè non hai ancora trovato nessuno?» chiese allora Masaki
«Perchè è un pignolo spocchioso...» rispose prontamente Nino, senza alzare lo sguardo dal suo lavoro «Comunque... puoi tornare dopo le lezioni? Credo mi ci vorrà un po'»
«Ehi, sbaglio o mi hai appena insultato?» borbottò Jun «Non fare finta di niente»
«Oh, quindi puoi sistemarlo? Grazie!» esclamò Aiba «Ripasso prima degli allenamenti di basket allora»
«Basket...» riflettè Nino prima di posare il cellulare sul tavolo e tornare a guardare Jun «Com'è che il tuo adepto se la fa con la cricca di Sakurai?»
«"Conflitto tra sistemi operativi", per usare un linguaggio a te familiare» rispose quello muovendo la mano in aria, come a scacciare una mosca fastidiosa
«Continuo a chiedermi se il trojan di questo istituto sia lui o tu» scosse il capo Nino, ma alla sua provocazione venne risposto con uno sbuffo, dopodichè lo lasciarono nuovamente solo con il suo videogioco.
Come si erano accordati, Masaki tornò nell'aula computer dopo la fine delle lezioni per ritirare il suo cellulare, presumibilmente funzionante. Non aveva l'ego di Jun, quindi non aprì la porta come fosse quella di casa propria, ma bussò. Non ricevette risposta, così abbassò la maniglia e spinse leggermente, quanto bastava per cacciar dentro la testa e controllare la situazione. Nino non era più alla scrivania, ma si era messo su uno sgabello alto, con dei fogli appoggiati su una sedia di fronte a sè. Era girato di tre quarti quindi non guardava la porta, ma Aiba poteva vedere che aveva un paio di auricolari nelle orecchie, per quello non l'aveva sentito bussare. Il ragazzo teneva tra le braccia una chitarra e canticchiava quella che, presumibilmente, doveva essere la base che aveva nel lettore e per la quale stava cercando di arrangiare un accompagnamento con lo strumento. Per un po' rimase impalato sulla porta, ad ascoltarlo, poi dopo un po' notò l'orario e si decise a farsi vedere per recuperare il cellulare e correre in palestra. Bastò battergli sulla spalla e Nino si girò di scatto, come fosse stato colto con le mani nella marmellata. «Ehi, ciao. Sono Masaki, ti ricordi? Son passato per il cellulare» gli spiegò sorridente. Lui lo squadrò per un secondo e si tolse gli auricolari «Ti ho visto cinque ore fa, non sono mica stupido» gli spiegò. Scese dallo sgabello mettendo da parte la chitarra e il lettore. Il ragazzo sbirciò lo spartito tutto pasticciato, corretto e riscritto, pieno di annotazioni. «Ti piace suonare vedo»
«E' solo un hobby» rispose stringendosi nelle spalle e cominciando a sistemare la batteria dell'apparecchio al suo posto, prima di chiudere la cover
«Quindi non partecipi al festival di fine anno?»
«Io?» fece ridacchiando «E dove li trovo altri quattro? Nah... è un hobby e rimarrà tale»
«Ma sei bravo! E' un peccato, secondo me se un gruppo che ti accettasse come membro potrebbe vincere» insistè Masaki riprendendosi il cellulare «Oh grazie, funziona?»
«Sì, è tutto a posto.... purchè non lo lanci di nuovo da qualche parte, si intende» spiegò Nino «Comunque non sono tipo da fare gruppo con qualcuno. Non sono uno con cui è facile rapportarsi, lo hai visto anche tu: vado d'accordo con Matsumoto, ma non chiacchieriamo più di qualche minuto. Alla fine, non abbiamo niente in comune» concluse laconico
«Ah, ho capito» mormorò l'altro, lanciando un'ultima occhiata allo spartito scarabocchiato «Beh, grazie del cellulare. Ci si vede in giro lunedì» lo salutò subito dopo.
Aiba uscì dall'aula computer con un senso di insoddisfazione, ma senza le idee chiare su come aiutare quel ragazzo appena conosciuto. Mentre si dirigeva verso l'uscita vide Ohno Satoshi, il suo tutor, passargli davanti sbucando da un corridoio laterale. «Toshi! Vai a casa anche tu? Facciamo la strada insieme» propose corricchiando verso di lui, per raggiungerlo e mettersi al suo fianco. Questi, silenzioso, lo guardò irritato. «Finalmente è arrivato il weekend, possiamo rilassarci!» continuò quell'altro «Però mi sembrerà strano: non ci vedremo per due giorni»
«Grazie a dio» sospirò
«Beh, per rimediare... cosa fai nel fine settimana? Potremmo vederci» propose mentre uscivano dall'edificio e attraversavano il parcheggio
«Ma anche no» rispose Satoshi, continuando a voler sprecare meno fiato possibile con il suo tutorato
«Perchè? Sei già occupato?»
«Sì»
«E cosa fai di bello?»
«Pesco».
FINE DEL TERZO CAPITOLO
Fanfiction written by
Hika86 & Reruchan
Original music by
Arashi
(Move your body)
Terrible lyric by
Hika86
Z: cominciamo con questo cazzo di coso
Reru: wahahahahah!!!
Zukky: ahahahaahh!!
Reru: e dai scrivi...
Zukky: ...
Reru: ...
Z&R: uuuuuuuuh *imitando un gatto ne "il gatto con gli stivali"*
Zukky: Di solito in queste cose commentiamo i capitoli, quindi commenta
Reru: va bene... devo andare in bagno a lavarmi la faccia, i denti e togliermi le lenti... ho fatto la rima
Zukky: ma se le togli non vedi il concerto! O_O
Reru: ... Zucchina, ho gli occhiali
Zukky: aaaah...
Reru: Ma perchè...? =_= *alzandosi* Ahi...
Zukky: Cosa?
Reru: Hai presente l'osso della caviglia? Quello che sporge
Zukky: Sì...
Reru: L'ho sbattuto contro la gamba della sedia...
Zukky: Ahi...
Reru: Sì...
Zukky: *abbraccia* partecipo al tuo dolore... comunque non abbiamo commentato nulla
Reru: Ma chissenefrega!
Tutti gli studenti felici si somigliano; ogni studente infelice è invece disgraziato a modo suo. Tuttavia non si può dire che Aiba Masaki somigliasse ad un qualsiasi studente felice mentre, saltellante, si dirigeva verso gli armadietti. Si avvicinò baldanzoso alla figura di spalle di Jun che armeggiava davanti al suo sportello aperto e con impeto gli posò una mano sulla spalla. «Amicizia!» esclamò facendo fare all’altro un salto per lo spavento
«”amicizia” un corno!» rispose quello con gli occhi sgranati e una mano sul cuore «Hai intenzione di farmi venire un infarto a soli diciotto anni?»
«Il camice da ospedale ti donerebbe» ridacchiò aprendo il suo armadietto lì di fianco
«Bleah… piuttosto, a cosa si deve tutta questa tua allegria dato che è Lunedì e non c’è proprio niente di cui essere allegri?» sbuffò Jun, scocciato quanto tutto il resto degli alunni in corridoio con loro
«Questo weekend ho pensato…»
«Attività interessante. Io invece ho fatto pilates» lo interruppe con fare saccente e avviandosi verso le aule di lezione
«Ehm… non vado molto bene in inglese, comunque ho trovato una soluzione al tuo problema per il festival»
«E sarebbe?» chiese sollevando le sopracciglia, incredulo
«Lo vedrai!» esclmaò Aiba tutto contento, prendendolo per un braccio e trascinandolo verso l’aula computer. «Hello Nino!» strillò aprendo di colpo la porta «This is a pen?». Ninomiya, intento ad aprire le finestre per cambiare l’aria alla stanza dopo il weekend, fece un salto per lo spavento e si girò a guardare i due intrusi come se fosse stato beccato nel momento meno opportuno. «Cosa vai blaterando? Se non sai l’inglese usa il giapponese» sospirò andando verso di loro
«Ha cominciato lui» ribattè Aiba indicando Jun al suo fianco
«Sì, sì d’accordo. Che c’è? Altri problemi con il cellulare?» domandò accendendo due computer
«No, con quello è tutto a posto. Sono qui per comunicarvi una grande notizia!» annunciò sorridente
«Questo weekend ha pensato» sussurò Jun a Nino
«Oooh…» fu la sua risposta di falsa meraviglia ed entrambi ridacchiarono
«Ho trovato i membri per il gruppo di Jun» spiegò trionfante, incrociando le braccia. A quel punto aveva tutta l’attenzione del ragazzo. Dato che nessuno disse niente, creando un attimo di suspance, Aiba andrò avanti con la sua idea. «Noi!» spiegò sbrigativo. Nino, che fino a quel momento aveva ascoltato ma era stato impegnato dall’avvio dei computer, alzò lo sguardo su Masaki «Noi chi?» domandò sospettoso
«Noi» ripetè l’altro
«Noi? Vuoi dire un, due, tre: noi?» fece indicando se stesso e gli altri con il dito
«Sì, tre, due, uno: noi!» confermò Aiba imitandolo nel contare i presenti con l'indice. Nino si voltò verso Jun, ancora senza parole, e lo riproverò «La prossima volta portalo a fare pilates con te»
«No, no, no» farfugliò Jun portandosi una mano sotto il mento con fare pensoso «Aspetta, non è male come idea»
«Vero?» fece Masaki allegro
«Li ho persi tutti e due…» sospirò Nino scuotendo il capo «Perché mai dovrei farlo?»
«Perché no? Ti ho sentito venerdì, sei bravo con la chitarra. E poi hai sistemato la base di Jun, quindi devi avere un buon orecchio musicale» spiegò Aiba «Non hai detto che non partecipi solo perché non trovi altre persone? Con me e con Jun vai d’accordo, quindi perché non farlo con noi?»
«Beh, sì… non hai tutti i torti» ammise sorridendo tra sé, elogiarlo per le sue capacità alla chitarra era stata la mossa vincente, ma Masaki non poteva saperlo. «Si potrebbe fare…»
«Ottimo, allora è deciso!» fu Jun ad annunciarlo battendo le mani «Rimane un solo piccolo problema, genio del male» aggiunse verso la matricola
«Sarebbe?»
«Tre non è cinque: ci servono ancora due persone» gli spiegò un po’ affranto
«Nessun problema, le cercherò» si propose Masaki «Tanto domani comincia il festival dello sport e conoscerò un sacco di gente, qualcuno di adatto ci sarà, no?»
«Auguri» dissero in coro gli altri due, consapevoli uno di essere popolare per la sua inesistente abilità nel farsi amici e l'altro per il suo scarso spirito di squadra.
Il cielo era sereno quel giorno e il grande cortile dell’istituto era occupato dalla folla di studenti in tuta o pantaloncini che partecipavano alle gare della festa dello spot. Altri ancora incitavano i colleghi. Aiba stava a lato del campo dove si sarebbe svolta la gara del percorso militare, ma era lì solo per tifare per i suoi compagni, lui in realtà era stato assegnato alla prova di velocità e infatti teneva tra le mani la bandiera del primo posto. Chiacchierava con un paio di compagni dopo essersi messo in prima fila per assistere alla gara, quando il fischio del professore di ginnastica fece partire i tre concorrenti delle tre sezioni. Il percorso militare prevedeva che l’atleta corresse da una struttura all’altra compiendo, senza bloccarsi, gli esercizi di ognuna. Dopo le prime tre prove la sezione di Masaki era in vantaggio sulle altre anche se il concorrente della prima sezione lo distanziava di poco. Fortunatamente per la terza sezione, il partecipante non era il capitano Sakurai: ad Aiba avevano raccontato che una volta era rimasto per tutta l’ora di ginnastica bloccato sulla cima del quadro dell’arrampicata perché soffriva di vertigini e non riusciva a scendere. Il tifo della seconda e della prima sezione si faceva sempre più acceso dato che gli atleti si avvicinavano alla fine del percorso ed erano ancora a poca distanza gli uni dagli altri. Aiba partecipava attivamente insieme ai compagni dopo che si era allenato tutto il weekend ad imparare le parole del coro della sua sezione. «Con la pioggia o con il sole noi dimostreremo
Che abbiamo un coraggio estremo» cominciava il loro inno «E anche l'amico accanto a noi
Fedele ci sosterrà:
tenendoci per mano, bye bye!
Ogni sfida, vedrai, sempre accetterem
Indovina un po' chi siam?» a quel punto tutti i suoi compagni si alzarono dal prato del campo e cominciarono a fare un balletto a tempo di musica perfettamente coordinato tra ragazzi e ragazze «Vai seconda sezione! La più forte tra tutte
Le sezioni. Chiunque, sempre, ci può sfidar!
E anche se il destino ci sarà
sfavorevole, diciam: non ci fermerem!». Masaki non aveva ancora imparato i passi quindi si univa semplicemente al coretto dei meno atletici che strillavano un «Wow Wow» ogni tanto. La gara intanto proseguiva e il risultato cambiò quando gli atleti cominciarono a salire su uno degli ultimi attrezzi: la scalata con la corda. Consisteva nel salire in cima ad una struttura in legno a triangolo reggendosi, nella salita, ad una corda spessa fissata in cima. L’atleta della seconda sezione finì improvvisamente col sedere a terra quando era ancora a metà della salita. «Cos’è successo?» «Si è fatto male?» «Siamo squalificati! E dire che stava andando così bene…» voci deluse e disapprovazione si alzarono dal gruppetto del tifo della seconda sezione. «Peccato, se la stava cavando bene» sospirò Aiba stropicciando la sua bandierina. Il vincitore fu l’atleta della prima sezione e mentre tutti si stavano disperdendo per andare a seguire altre gare ci fu una discussione che attirò l’attenzione del nostro eroe. «Secondo me non è stato casuale»
«No, ormai è difficile pensare siano solo incidenti. Cos’è? La quinta gara in cui succede una cosa simile?» ragionavano due studentesse della terza sezione, alle sue spalle
«E’ andata bene che non era in alto stavolta, altrimenti avrebbe potuto farsi male seriamente»
«Scusate» si intromise girando su se stesso. Le due si bloccarono e lo fissarono sorprese. «Di cosa state parlando esattamente?»
«Degli strani incidenti delle gare» spiegò la prima arrossendo leggermente
«Mh? Quali incidenti?» domandò aggrottando le sopracciglia
«Durante tutte le gare della mattinata è successo qualcosa che le ha compromesse» disse l’altra «Nella gara 1, 3 e 4 si sono fatti male due nostri compagni»
«Oh… e nella 5 il nostro atleta si è fatto male» rimuginò Aiba
«Durante la 2 cos’è successo?» chiesero loro
«Non ne ho idea, ho vinto io quindi se è successo qualcosa era dietro di me» spiegò sventolando la sua bandiera. Ringraziò le ragazze e si diresse ad assistere alla gara 6. Si svolgeva lungo la pista di atletica, quindi andò a sistemarsi sugli spalti dopo aver trovato Ohno nella folla. «Hai vinto?» domandò quello vedendogli la bandiera del primo posto tra le mani. Masaki non gli rispose, fissava concentrato la pista e borbottava tra sé. «Sei così ansioso di vedere il tuo amico del cuore?» fece sarcastico dopo qualche minuto di silenzio, incrociando le braccia
«Eh? Cosa?» fece l’altro riprendendosi dai suoi pensieri «Beh sono qui per tifare per Jun, certo, è della nostra classe!» spiegò con poca enfasi
«Non ne sembri particolarmente entusiasta…»
«No è che… stavo pensando»
«Wow…» fu il caustico commento di Satoshi
«La nostra sezione ha appena perso la gara 5… però ho parlato con delle ragazze della terza sezione. Sembra che per una serie di incidenti abbiano perso 3 gare sulle 6 già disputate, mentre noi abbiamo perso la prima e l’ultima appena fatta. Sempre per via di qualche incidente»
«E quindi?» domandò annoiato l’altro mentre osservava Jun che, in pista, stava strillando contro il compagno per la gara di mukade. «Quindi… se la terza sezione ha perso 3 gare per incidente ai loro atleti, 2 per incidente ai nostri e 1 perché l’ho vinta io… qualcuno ce l’ha con loro. Anzi… qualcuno ce l’ha con tutti noi!» esclamò Aiba mettendosi le mani sulle guance e facendo cadere la bandiera «Tranne la prima sezione» aggiunse subito dopo accarezzandosi il mento con fare pensoso «Huston, abbiamo un problema»
«Stai parlando di sabotaggio?»
«Per l’esattezza! Soprattutto dato che tutti gli attrezzi sono stati manomessi per ogni gara… a questo punto ho anche il sospetto che quella pozza d’olio sulla pista della mia gara e le bucce di banana sul finale non fossero lì per caso»
«Mh, questo spiega perché io abbia visto gente poco raccomandabile uscire dal capanno degli attrezzi per il festival stamattina» mugugnò Satoshi pescando un takoyaki dalla vaschetta d’asporto che aveva sulle ginocchia. Nel frattempo il compagno di gara di Jun sembrava sull’orlo di una crisi di pianto e annuiva meccanicamente a tutto quello che il dispotico ragazzo gli urlava nel dirgli come svolgere la corsa con lui. «E me lo dici solo ora!?» esclamò Masaki afferrando Ohno per le spalle «Sputa il rospo, chi hai visto?»
«Ma che ne so, io odio la gente, mica sto a guardarla!» sbuffò Toshi cercando di divincolarsi dalla presa di Aiba
«Erano della prima sezione?»
«Bah, sì… boh, forse» rispose stringendosi nelle spalle
«Dobbiamo indagare» affermò perentorio l’altro
«Dobbiamo?».
Recuperata la sua bandiera di Masaki e finiti i takoyaki di Satoshi, i due scesero dagli spalti per confondersi con la folla di studenti che andava a seguire la gara 8 (Jun e il suo compare erano arrivati terzi, ma almeno lui non era finito a terra in maniera vergognosa). Per quella competizione Aiba e Ohno lavoravano in coppia il che li aiutava a portare avanti le ricerche. Confermarono la propria presenza agli incaricati della gara e ricevettero il loro biglietto con l’oggetto da trovare: il gioco consisteva proprio nel cercare in giro per la scuola la cosa scritta sul foglio che veniva loro dato. In realtà Masaki lo girò e costrinse il compagno a disegnare un identikit delle persone che aveva visto, dimenticandosi totalmente della gara che doveva disputare. «Accidenti tutor… non sapevo disegnassi così bene» diceva Aiba mentre camminavano per un corridoio della scuola «La proporzione del corpo con la testa è perfetta. Anche le ombre sono così realistiche… ma il volto di questo tizio è totalmente anonimo, mi spieghi cosa me ne faccio di un identikit così?»
«E hai pure il coraggio di lamentarti? Te l’ho detto che non le guardo le persone» sbuffò Satoshi girando un angolo. Erano diretti ad uno sgabuzzino del secondo piano: essendo praticamente impossibile usare i ricordi di Satoshi avevano deciso di cominciare con il cercare il loro oggetto per la competizione, magari avrebbero incrociato delle persone che lui avrebbe potuto riconoscere. «Ooooh fermo lì!» bisbigliò Aiba tirando il compagno per il braccio e riportandolo dietro l’angolo
«Che c’è? Smettila di mettermi le mani addosso» storse il naso e camminò all’indietro per mettersi al suo fianco
«Guarda, non è lo sgabuzzino dove pensavamo ci fosse il nostro oggetto?» chiese Masaki indicando poi un ragazzo in pantaloncini che usciva da una porticina con fare sospetto. «Non dovevamo cercare un detersivo per pavimenti rosso?» domandò Satoshi
«Se l’è preso quel tizio! E quel tizio non è nella nostra classe, ma…»
«Della prima»
«Ohmamma!!» esclamò Aiba «Allora è vero, seguiamolo!» e lo prese a braccetto per trascinarlo all’inseguimento. Il losco figuro scese a piano terra e con fare furtivo entrò in un aula della prima sezione. I due si appostarono dentro i bagni di fronte allungando il collo da dietro la porta per sbirciare eventuali movimenti alla porta della classe. Lì dentro dovevano essere un po' di persone perchè un coro di voci melliflue intonava una canzone che ben si addiceva a ciò che Aiba aveva visto fino a quel momento. «Honey, che cosa ci vuoi far se siamo i più scaltri di questa scuola?
Drive me, se sei furba, collabori per noi e te ne stai zitta» entrambi ebbero un brivido a quelle parole minacciose, la cosa più assurda era che il motivetto era accompagnato da un'allegra banda di ottoni che nulla aveva a che fare con quel testo così cupo «Ogni altro sforzo sarà inutile e sai perchè: con qualche trucco noi
Vinceremo (Sooner or later) Questa è la nostra abilità
Siamo la prima sezione e siamo scaltri, noi siamo dei Lucky man
Ti battiam con metodi un poco loschi. Fregato... Get! Get! Get! ... sempre sarai!». Mentre la canzone andava avanti, dall'aula uscirono due studenti, con la fascetta dei partecipanti alla competizione e con un oggetto in mano, probabilmente quello che loro dovevano cercare. «Hanno sbirciato i fogli prima della gara» sussurrò Aiba «E una volta saputo quale era capitato a loro hanno spedito altri compagni a tirar via gli altri oggetti di modo da non farli trovare alla seconda e alla terza sezione»
«Hanno sabotato tutti tranne loro stessi e si sono nascosti nella loro classe… sono proprio scaltri come delle faine nella prima sezione»
«Adesso vado lì dentro e gliene dico quattro: come possono infangare così l’onore con cui gli altri studenti si confrontano in questa giornata? La lealtà con cui ognuno combatte per la propria classe? Il fairplay!»
«E cosa vorresti fare?» domandò annoiato Satoshi
«Maciullarli» rispose scrocchiandosi le dita e mettendo già un piede fuori dal bagno
«Ma maciullare chi? Appena metti piede lì dentro quelli ti fanno lo scalpo» gli spiegò acchiappandolo per la maglietta «Avvisiamo gli insegnanti che è meglio»
«Oh tutor… ti preoccupi della mia incolumità?» chiese con le lacrime agli occhi «Allora il mio piano per cementificare la nostra amicizia sta funzionando»
«L’unica cosa cementificata qui è il tuo cervello. Muoviamoci e non facciamoci scoprire» lo incitò Satoshi scuotendo il capo e avviandosi con passo felpato fuori dai bagni, lungo il corridoio, per andare ad avvisare chi di dovere.
Il complotto della prima sezione venne sventato, ma la giornata dello sport era stata totalmente sabotata. Quando ormai già tramontava il sole, gli studenti di ogni classe erano stati riportati nelle loro aule ed erano stati ad ascoltare un discorso da parte degli insegnanti su quanto l’accaduto fosse stato disdicevole e su come lo spirito di cooperazione e sana competizione fossero stati macchiati da un simile gesto. «Bla, bla, bla… perché dobbiamo sorbirci questa ramanzina anche noi che non abbiamo fatto nulla?» borbottò Jun girandosi sulla sedia per guardare dietro di sé, dove stava il banco di Aiba «Insomma, io ho giocato pulito, ci ho messo tutto il mio impegno e adesso vengo a sapere che il mio misero terzo posto probabilmente non è stata per colpa delle mancanze del mio collega di corsa, ma perché quelli della prima sezione sono degli infami?» continuò ad imprecare
«Povero compagno di corsa, si sarà preso tante di quelle madonne…» mormorò Masaki ciucciando un bastoncino di liquirizia
«E poi che diavolo! E’ anche una questione di rispetto per quelli che hanno organizzato l’evento. Cioè… io ho aiutato a preparare il campo di atletica! Poi arrivano questi, belli tranquilli, e zic-zac ti rovinano tutto: taglia una corda, sposta un ostacolo, mozza una mano a qualcuno, facciamo saltare la giornata a tutti e yuppidù!» gesticolava Jun con fare esasperato «Giuro che appena becco uno della prima sezione nei bagni lo spruzzo con l’acqua del lavandino!»
«Pensa che siamo stati io e Satoshi a scoprire che sono stati loro» annunciò Aiba con un sorrisone «Volevo picchiarli tutti, ma alla fino ho pensato che…» fece una pausa e fissò in faccia il compagno «Che… che io posso, e quindi sono andato dagli insegnanti a fare il mio dovere»
«Bravo padawan, me ne compiaccio» ridacchiò lui
«E c’è dell’altro! Ho trovato il quarto membro»
«E chi sarebbe?» domandò Jun incuriosito
«Adesso te lo presento. Toshi!» richiamò girandosi verso il fondo dell’aula. Il ragazzo stava facendo il suo zaino, probabilmente ansioso di tornare a casa, infatti quando si sentì chiamare alzò gli occhi al cielo. «Toshi vieni qui!» lo chiamò ancora «Ecco, siamo stati io e lui a sventare i diabolici piani della prima sezione e abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra, sono certo che la sua sarà una collaborazione preziosa» spiegò a Jun. Questi squadrò seriamente Satoshi da capo a piedi, come valutandolo, dopodiché gli fece un sorriso smagliante «Oh, ma guarda! Sei un nuovo iscritto anche tu?» domandò affabile
«... siamo nella stessa classe da tre anni...» fu la pacata risposta dell’altro ragazzo. I due si fissarono in un silenzio imbarazzante per qualche minuto, poi, quando fu Jun ad abbassare lo sguardo per primo, Ohno si rivolse ad Aiba. «Mi hai già incastrato con la storia del tutor: non farò un bel niente» pronunciò lapidario. I due si fissarono in un silenzio inquietante per qualche minuto e stavolta fu Satoshi ad abbassare lo sguardo per primo «Devo proprio?» domandò sconsolato
«Sìììì!» rispose l’altro entusiasta.
FINE DEL TERZO CAPITOLO
Fanfiction written by
Hika86 & Reruchan
Original music by
Arashi
(Sakura sake & Lucky Man)
Terrible lyric by
Hika86
Z: Aspetta, pipì…
R: Va bene…
*aspetta*
*aspetta*
*aspetta*
*aspetta*
Z *tornata dal bagno*: Comunque lo smalto bluetto che hai tu è veramente bello *tenta di accendere il ventilatore*
R: non và…
Z: chuchuchuuu….*motivetto della nona sinfonia di beethoven* Ma tu hai scritto “aspetta” mentre io ero in bagno! Ma perché scriviamo sempre cagate quando facciamo queste cose?
R: C’è roba che vibra!
Z: E’ il mio cellulare!
R: Ehi!
Z: oddio è il mio amante!
R: La tim!
Z: dal 2 settembre, cambia la tariffa base
R: Forse dovremmo smetterla…
«Io sono Aiba. Un ruolo ancora non ce l’ho» borbottava il ragazzo, accucciato in un angolo degli spogliatoi
«Capitano, capitano» bisbigliavano intanto alcuni compagni di squadra che si allontanavano da lui
«Cosa sto facendo?» si domandava ancora «Non ne ho la più vaga idea»
«La matricola lì infondo è inquietante»
«Su stai tranquillo Aiba, è normale essere nervosi alla prima partita» disse il capitano Sho, alzandosi dalla panca per raggiungere l’angolino in cui si era rintanato Masaki «Ascolta le mie parole, l’importante è: correre veloci nel contropiede, passare la palla e non incartarsi col terzo tempo»
«Il terzo cosa?» domandò Aiba sbattendo le palpebre perplesso
«E soprattutto non devi mai, assolutamente, per nessun motivo…»
«Capitano!» chiamarono dalla porta
«Eccomi!» rispose Sho voltandosi e raggiungendo gli altri compagni
«Eh? Cos… cosa? Ehi!» balbettò confuso, ma ormai era troppo tardi perché l’amico non lo stava più a sentire.
Era il primo giorno del campionato prefetturale per gli SMAP, la squadra di basket del Johnny’s Education Institute, tutta la scuola era in fermento e buona parte degli studenti si accalcava sugli spalti della palestra per poter seguire la prima partita di una delle squadre scolastiche più forti di tutto il Giappone.
Quando gli SMAP entrarono in campo per cominciare il riscaldamento ci fu un boato di entusiasmo e scosciarono applausi ovunque. I tifosi della squadra avversaria sembravano non avere alcuna chance di far sentire la loro voce.
«Aiba chaaan!!» si sentì urlare dagli spalti. Il ragazzo si voltò pensando di aver già un piccolo gruppo di fan, invece nel pubblico trovò solo Jun che, in prima fila, si sporgeva dalla balaustra e agitava un braccio per farsi notare.
«Jun, sei venuto a vedermi!» esclamò Masaki tutto contento, correndo sotto le tribune per potergli parlare senza urlare
«Sì, e guarda chi ha deciso di venire» gli disse per poi voltarsi a guardare dietro di sè «Ehi, non c’è un modo per mettere in pausa quella partita?». Nino smanettò ancora un po’ sul suo Nintendo, poi una musichetta annunciò il salvataggio in corso. «Che c’è? Cominciano?»
«No, ma c’è qui Aiba chan. Salutalo prima della partita» gli rispose indicando verso il basso
«Ciao Ninooooo!!!!» gridava Masaki saltellando in mezzo al campo
«Se continui così non comincerai a giocare già stanco?» gli fece notare il ragazzo, alzandosi dalla tribuna e sporgendosi insieme a Jun
«Ma no tranquillo! Il capitano mi ha svelato tutti i trucchi, ce la posso fare!»
«Sentiamo» lo incitarono i due
«Allora» cominciò ad elencare contando sulle dita «Correre veloce nel terzo tempo, passare il contropiede, non incartarsi con la palla e poi una cosa che non devo mai-mai-mai fare, ma che non so cosa sia!»
«Mi dicono che vinceremo» commentò Jun
«Sei sicuro? Secondo me hai confuso verbi e complementi oggetti» osservò perplesso Nino
«Ma và! Ho un capitano in gamba io, cosa ne vuoi sapere tu che hai esperienza della vita solo attraverso i videogiochi» sbuffò Aiba risentito prima di girare sui tacchi e raggiungere i compagni per cominciare il riscaldamento.
«Prevenuto» storse il naso Nino «Io leggo anche manga» specificò tornando a sedersi.
Quando le squadre furono pronte e il pubblico seduto sugli spalti, i giocatori si riunirono al centro del campo attendendo il fischio dell’arbitro e il lancio del pallone.
A partita conclusa Masaki aveva perso tempo a chiacchierare con Jun e Nino nei corridoi della palestra, quindi rientrò negli spogliatoi quando ormai la maggior parte della squadra era già andata via. Avevano vinto, il che lo aveva reso particolarmente felice, quindi aprì il suo armadietto che ancora gongolava per l’ottimo risultato della partita, ma non sapeva che presto il suo umore sarebbe stato irrimediabilmente guastato.
Mentre si stava cambiando, infatti, sentì una voce provenire dall’altra fila di armadietti dove alcuni compagni di squadra stavano chiacchierando tra loro senza sapere della sua presenza. «Abbiamo vinto per puro miracolo» disse una prima voce
«Per un attimo ho pensato di dare forfait» si aggiunse un altro
«Ma cosa pensava di fare quella matricola? Non ho mai visto niente del genere: correva come un fulmine nel terzo tempo, si incartava con la palla e passava il contropiede»
«Che poi… cosa significa “passare il contropiede”?»
«Non lo so, l’ho visto fare e basta!» sospirò il terzo
«Il capitano non avrebbe dovuto metterlo in campo tanto presto, ha ancora molto da imparare: nemmeno palleggiava mentre correva! È fondamentale»
«E’ il meno. Quando ha fatto punto nel canestro avversario non potevo crederci!»
«Perché, ha anche fatto canestro?» chiese il secondo
«Ah no, era un altro. Queste matricole si somigliano tutte»
«Hai finito di cambiarti? Torniamo a casa, sono troppo depresso»
«Sì, ho fatto. Certo che una vittoria simile è proprio demoralizzante per noi che siamo abituati a vincere con 30 punti di scarto…» e fu l’ultima cosa che Masaki riuscì a sentire di quel discorso perché i tre uscirono dallo spogliatoio.
Sconsolato si sedette sulla panca davanti all'armadietto, prendendosi la testa tra le mani, in silenzio. Non c'era più nessuno nella stanza, era solo con la nuova consapevolezza di essere stato solo un peso per i suoi compagni. «Mi ero esaltato un po'» cominciò a cantare con voce roca «Che cosa pensavo di combinar?
Sono pochi mesi che io so giocar
Pensavo veramente che
Alla prima partita io avrei
Fatto la differenza tra questi giocator» continuò tristemente, mettendosi l'asciugamano sulla testa e le mani sugli occhi «Ancora non so
Cos'è un terzo tempo
O un rimbalzo
Per non parlare di
Un tiro in sospensione o un alley-oop
E non mi so proprio smarcare» realizzò con angoscia, alzandosi in piedi di scatto e tirando un pugno all'armadietto «Forse farei meglio a ritirarmi
Non sarò mai un bravo giocatore
Chi lo vuole uno che non sa tirare
Se poi si sbaglia anche il canestro
Si fa più bella figura a non giocare
E' stato breve ma io smetto e ormai mi arrendo» tirò sul con il naso, sentendo che stava per mettersi a piangere. Con vocina debole cantò le frasi successive «Hello Hello My new fail
Hello Hello Sing a little fail».
Improvvisamente, però, si interruppe, notando con la coda dell’occhio qualcuno sulla porta. Il capitano Sakurai era in piedi che lo fissava stranito, con la testa leggermente reclinata a destra. «E tu? Da quanto eri lì?»
«Da "ancora non so cos'è un terzo tempo"» rispose canticchiando il verso
«Dovevi palesare la tua presenza!» esclamò Aiba imbarazzato. Sho gli si avvicinò e si sedette sulla panca tra le file di armadietti «Cosa ti fa pensare di aver giocato male?» domandò preoccupato
«Ho sentito dei compagni che si lamentavano. Non sapevano che fossi qui e non erano molto contenti del mio gioco» spiegò sedendosi al fianco del capitano «Come principiante immaginavo che non avrei giocato meravigliosamente, ma mi sembra di capire che io sia stato proprio un disastro. Eppure Jun e Nino non mi hanno detto nulla»
«Magari non se ne intendono» ipotizzò Sho
«No, Nino la sa lunga. Sai, lui legge manga sul basket» spiegò laconico Aiba
«Non è proprio la stessa cosa» gli fece notare il capitano «Magari non ti hanno detto nulla per non smorzare il tuo entusiasmo. Sei solo al’inizio, può capitare a tutti di fare qualche errorino»
«Tipo passare la palla all’avversario?» cominciò a chiedere Masaki fissando Sho con la speranza negli occhi
«Ehm… no, quello non mi è mai successo»
«Colpire in faccia il compagno quando hai finalmente capito a chi passarla?»
«No, nemmeno»
«Fare punto nel canestro della tua squadra?» tentò ancora, con sempre meno entusiasmo
«Ma tu non hai mai fatto canestro» gli fece notare Sho aggrottando le sopracciglia
«Allora vedi? Sono senza speranza» sospirò prendendosi la testa tra le mani e piegandosi su se stesso, disperato
«Oh, dai non è niente a cui non si possa rimediare con un po’ di allenamento in più. Che ne dici se per un po’ di tempo ti do qualche lezione extra, dopo le lezioni?»
«Lo faresti?» domandò per poi abbracciare il capitano in un impeto di gioia «Grazie!» esclamò senza nemmeno aspettare la risposta.
Passarono un paio di settimane e arrivò Maggio.
Durante quel periodo Jun si era convinto ad abbandonare l’idea iniziale della canzone per il concorso e Nino si era proposto di comporre e arrangiare una base che potesse piacere a tutti. Ne aveva già fatte due: cassate entrambe. Ohno non partecipava quasi mai alle riunioni del gruppo perché, a quanto diceva: «Questo mese molte specie si avvicinano alla riva per la riproduzione e io posso pescare usando il bolentino costiero». I tre presero la giustificazione come buona e nessuno ebbe mai il coraggio di chiedergli cosa fosse un bolentino costiero. In ogni caso, anche quando il ragazzo era presente, il suo apporto al lavoro del gruppo era minimo o nullo. Nel frattempo Aiba avrebbe dovuto cercare un quinto membro, dato che il termine per la consegna dei nominativi dei partecipanti al concorso era Giugno, ma tra gli allenamnti con la quadra e quelli speciali con Sho si era ritrovato tutti i giorni occupati. Inoltre, tutta quell’attività fisica lo stancava moltissimo: la sera a casa si ingozzava, la notte dormiva e a lezione… pure. Insomma, prima di cercare il fatidico quinto membro doveva anche occuparsi di mantenere una media scolastica decente. Il che non era semplice in quelle condizioni.
Per quanto riguardava il basket, per lo meno, non poteva lamentarsi. Il capitano aveva fatto chiedere scusa ai compagni che avevano parlato male di lui: non l’avevano fatto con cattiveria (essere cattivi con Aiba sarebbe stato impossibile), ma Sho non aveva tollerato che si fossero lamentati senza dire niente, comportandosi in maniera tanto infantile; poi le matricole erano state messe sotto torchio perché non facessero più sfigurare la squadra e gli allenamenti supplementari che Masaki faceva con lui si stavano rivelando efficaci. Ora per lo meno sapeva cos'era un terzo tempo e sapeva che il contropiede non si "passava".
Un giorno in cui avrebbero dovuto giocare insieme, Aiba aspettava il capitano all’ingresso e lo vide arrivare tutto trafelato mentre ancora indossava la felpa e teneva in mano lo zaino. «Ti dico subito che non posso» disse questi passandogli di fianco senza fermarsi
«Aspetta, che succede?» domandò Masaki cominciando a seguirlo
«Mi dispiace, ma ho un impegno imprevisto» aggiunse avviandosi dritto verso il cancello, tradendo una certa fretta «Se l’avessi saputo prima ti avrei avvisato, perdonami. Facciamo domani?» domandò unendo le mani a chiedere scusa nel voltarsi verso Aiba, ma continuando a camminare, seppur all’indietro
«Sì, certo... va bene» annuì in risposta
«Bene, allora ci vediamo. Scusa ancora!» disse per poi mettersi letteralmente a correre lungo il marciapiede.
Aiba rimase solo vicino al cancello, mentre altri studenti gli sfilavano di fianco salutandosi e andando verso la stazione. Dove stava andando Sho così in fretta? Cosa poteva averlo agitato tanto da mettersi a correre? «Magari soffre di... di... uuuh, diarrea fulminante!» cominciò a rimuginare tra sé «Naaa, farebbe prima ad andare nei bagni della scuola. Per domani mattina la puzza sarà già scomparsa. Ah, ho capito! Ha un incontro. Sì, un incontro romantico con la sua fidanzata segreta! Ma certo, la fidanzata di cui nessuno sa niente e che è sicuramente più grande di lui» concluse battendosi un pugno sul palmo della mano «Un amore proibito! Nelle grandi città queste cose sono normali, lo sanno tutti!»
«Ehi tu» si sentì richiamare improvvisamente. Quando si girò vide che alle sue spalle stava un professore, appoggiato al cancello. «Io devo chiudere, levati e vai a fare il tuo monologo da un’altra parte».
Ormai conosciamo Aiba Masaki: entusiasta, travolgente, ottimista e impiccione. Decise di pedinare Sho.
Non fu facile ritrovarlo dato che era corso avanti qualche minuto prima. Sapeva in che zona abitava , ma quando arrivò nei pressi cominciò a non capire più da che parte andare. La fortuna volle che il capitano fosse nel parco di quartiere, non a casa, infatti Masaki riconobbe un suo strillo a metri di distanza: «Ferma Mei! Non toccarlo!».
Aiba si girò e si mise a correre verso il parco con gli occhi spalancati: possibile che stesse facendo una cosa simile in un luogo pubblico!? Superata la siepe però si ritrovò un bimbo tra i piedi e per poco non inciampò cadendo a terra. «Signore, faccia attenzione» lo rimproverò il piccolo
«Scu-scusa» farfigliò prima di sentire di nuovo la voce di Sho
«Mei, non metterlo in bocca!». A quel punto Masaki afferrò il bambino e gli coprì gli occhi con la mano «No! Sei ancora puro e innocente!» esclamò, chiudendoli a sua volta
«Aiuto! Fratello, mi molestano!» strillò il bimbo cercando di divincolarsi
«Shu, quante volte ti ho detto di non allontanarti!?» e finalmente Sho emerse dal recinto della sabbia con una paletta in mano «Ai maniaci piacciono i bambini cattivi, quindi tu devi fare il bravo» sospirò pulendosi i pantaloni
«Capitano» mormorò Masaki aprendo un occhio per sbirciare davanti a sé «Ti piace fare certe cose nella sabbia?»
«Oh, Aiba» farfugliò sorpreso quello «Sei tu che stai molestando mio fratello?»
«Non lo sto molestando! Io... Ahio!» il bambino aveva cominciato a tentare di morderlo pur di liberarsi «Cercavo di impedire che subisse un trauma infantile»
«E’ veramente traumatizzante giocare nella sabbia: oh, una paletta, potrebbe aggredirmi!» sbuffò Sho. Il piccolo rientrò nel recinto della sabbia alle sue spalle, unendosi ad una seconda bambina, tutta presa ad usare un secchiello celeste. Era quello l’impegno urgente dell’amico: curare i fratelli più piccoli, Shu e Mei (che aveva fatto cadere il Taiyaki per terra e pretendeva di raccoglierlo e mangiarlo comunque).
«Mia madre mi ha mandato una mail all’ultimo momento chiedendomi di occuparmi di loro al suo posto, perché è dovuta tornare di corsa al lavoro» gli spiegò il capitano. Si erano seduti su una panchina vicino alla sabbia, di modo da tenere d’occhio i due fratellini. «A parte quello che dedico alla squadra di basket, di tempo libero non ne ho molto: i miei lavorano duro per mantenere una famiglia così numerosa e sanno che vorrei frequentare una buona università il prossimo anno. Anche per questo servono molti soldi»
«Università?» domandò stupito Aiba mentre beveva un succo all’albicocca da un cartoccio «Non l’avrei mai detto. A quale istituto pensavi?»
«Alla Keio» rispose Sho tranquillo, ma per poco l’altro non si strozzò ficcandosi la cannuccia in gola. Tossì e sputacchiò succo un po’ ovunque, poi, con le lacrime agli occhi, riuscì a riacquistare la capacità di parola. «Alla Keio? TU?» domandò sbalordito
«Mh? Io, sì, perché ti stupisci? Ho la media di voti più alta di tutta la scuola» gli spiegò sbattendo le palpebre perplesso. Aiba lo fissò sbalordito. «Ti avevo sottovalutato. Quindi sei capitano della squadra di basket, sei il miglior studente dell’istituto e devi anche accudire due fratellini più piccoli» elencò pensieroso «Ammirevole» concluse prendendo altro succo
«Grazie» arrossì Sho «Sei stato gentile ad averci fatto compagnia, ma per noi è ora di tornare a casa: quelle pesti devono fare il bagno, mentre io devo cucinare e fare i compiti per domani»
«Non ho niente da fare, posso darti una mano se vuoi. A me piace giocare con i bambini» si propose Masaki
«Sììì, fallo venire con noi!» cantilenarono i due piccoli dimenando le palette nell’aria
«Se hai voglia» rispose allora Sho, facendo un mezzo inchino «Grazie per l’aiuto»
«Allora andiamo!» li incitò Aiba agitando il cartoccio del succo, ormai vuoto
«Ah, Shu ha avuto la tonsillite la settimana scorsa» spiegò l’amico, alzandosi dalla panchina «Non credo ti convenga bere dalla sua cannuccia»
«Nooooooooo!!!» strillò Masaki terrorizzato, tenendosi la gola con una mano e guardando il cartoccio del succo come fosse una carogna putrida.
In realtà Masaki non fu di grande aiuto. A Sho sembrò di dover curare tre bambini invece che due. Magari Mei masticava i calzini a tutta la famiglia e la cena di Shu era più sul tavolo che nel piatto, ma l’amico aveva fatto scattare l’allarme antincendio quando aveva quasi fatto bruciare la cena e il rumore aveva traumatizzato il cane che era andato avanti ad abbaiare per un’ora.
Alla fine Aiba e i bambini erano stati piazzati davanti alla televisione a guardare “Crayon Shin chan”, così forse avrebbero fatto meno danni.
Dopo una decina di minuti sia Mei che Shu si erano addormentati sul divano, così Masaki se li scrollò di dosso e sgattaiolò verso la cucina per raggiungere Sho. Lo trovò che indossava ancora il grembiule con cui aveva cucinato, e mentre lavava i piatti sembrava canticchiare tra sé. «Fare la colazione e andare a scuola
Seguire le lezioni e mai bigiar
Ehy boy la squadra non ti puoi scordar
Ah, ho anche Aiba chan da allenar» lo sentì cantare. In realtà non era una vera e propria canzone la sua, era più un rap: parlava velocissimo e ogni parola era studiata sillaba per sillaba. «Poi torno a casa, mangio e una doccia calda
Non dimenticar i compiti per doman
E aiutare un po' Shu e Mei a studiar
Poi finalmente la giornata è finita» andò avanti ancora per un po' ad elencare le cose che doveva fare i giorni successivi, doveva essere un modo bislacco di ricordare tutti i suoi impegni. Masaki rimase seminascosto dietro lo stipite della porta ad ascoltarlo e dopo i primi momenti di serio ascolto, cominciò a ridacchiare tra sé sfregando tra loro le mani, con grande soddisfazione. «Eccellente…» mormorò tra sé stringendosi nelle spalle con una risatina
«Aiba chan» lo richiamò Sho che aveva improvvisamente smesso di cantare «Che diamine stai facendo lì dietro?».
FINE DEL QUINTO CAPITOLO
Fanfiction written by
Hika86 & Reruchan
Original music by
Arashi
(Subarashiki Sekai & Summer Splash)
Terrible lyric by
Hika86
Saltellando sui confini della demenza: le autrici di confessano.
Z: Aspetta, pipì…
R: Va bene…
*prende il suo posto alla tastiera*
*aspetta*
*aspetta*
*aspetta*
*aspetta*
Z: *tornata dal bagno* Comunque lo smalto bluetto che hai tu è veramente bello *tenta di accendere il ventilatore*
R: non và…
Z: chu-chu-chu-chuuu….*Nona sinfonia di beethoven* Ma tu hai scritto “aspetta” mentre io ero in bagno! Ma perché scriviamo sempre cagate quando facciamo queste cose?
R: C’è roba che vibra!
Z: E’ il mio cellulare!
R: Ehi!
Z: oddio è il mio amante!
R: La tim!
Z: "Dal 2 settembre, cambia la tariffa base"
R: Forse dovremmo smetterla…
Quando il signor Aiba Masaki di casa Aiba annunziò di aver trovato il loro quinto membro tramite messaggio, tutti gli altri si misero in agitazione.
Nino perché nutriva seri dubbi sulla capacità di scelta di Masaki e poi lui andava d’accordo con poche persone, Ohno perché sentiva il progetto farsi tremendamente reale e Jun perché era un pignolo spocchioso. Dal suo punto di vista non era un difetto: “pignolo” era sinonimo di “zelo”, faceva venire in mente l’ordine e la perfezione. Quest’ultima era una qualità che non tutti avevano, anzi, quasi nessuno, per quello Jun si stava avviando all’incontro in aula computer con l’idea di criticare a priori chiunque Aiba avesse scelto come quinto membro: non importava di fosse, non sarebbe andato bene!
Aprì la porta dell’aula facendo un profondo respiro. «Sappi che la mia risposta è “no”» disse che non aveva nemmeno messo entrambi i piedi nella stanza. Quando fu dentro tutto sembrava normale: c’era Nino dietro un computer che ascoltava la musica, Ohno seduto in un angolo, silenzioso, e Aiba che parlava; un solo dettaglio rovinava tutto l’insieme, il suo interlocutore: un brutto ceffo in tuta da ginnastica. «Sakurai...» mormorò a denti stretti
«Matsumoto...» rispose l’interpellato con lo stesso tono
«AIBA!» esclamò Masaki alzando una mano, entusiasta, ma nessuno reagì a quel suo autoproclamarsi.
«Comunque» riprese a parlare Jun, rompendo il silenzio generale. «Lui cosa ci fa qui?»
«Già, cosa ci faccio io qui?» domandò Sho.
Aiba fece un sorrisino malizioso, quindi fece cenno a Jun di avvicinarsi a lui e a Sho. Poi bussò sulle cuffie che indossava Nino e con il dito lo invitò ad unirsi al cerchio che stavano formando ed infine afferrò le gambe della sedia su cui stava Satoshi e la trascinò fino a loro. «Siamo oggi qui riuniti perché ho il sommo piacere di informarvi che il gruppo è al completo» disse a mezza voce.
Sho e Jun si guardarono intorno cercando nello sguardo degli altri una spiegazione a quella frase, poi si rivolsero entrambi ad Aiba. «No, scusa ma non ho capito» gli dissero.
Ciò che accadde nei minuti successivi fu molto confuso. Da una parte Sho cercava di fare domande e si rivolgeva ad Ohno, l’unico che conoscesse lì dentro, ma che gli rispondeva a monosillabi e non era di grande utilità. Allo stesso tempo Aiba cercava di dargli delle risposte più complete, ma questi era anche occupato a tranquillizzare Jun, in preda ad un attacco isterico perché il suo cervello non riusciva a concepire l’idea di collaborare con il suo più temibile rivale, la sua nemesi: Sakurai Sho.
«Non capisco, perché questa reazione?» domandò Masaki che tentava di calmare Jun
«Non si sono mai sopportati. Quello che hai visto in mensa mesi fa non era un episodio isolato, è che solitamente evitano di respirare la stessa aria, figuriamoci mangiare allo stesso tavolo!» spiegò Nino che aveva finalmente immobilizzato le mani dell’amico di modo che smettesse di gesticolare
«Ma non è possibile che mettano da parte i loro dissapori per collaborare almeno una volta?»
«Tu non capisci!» strillò Jun, finalmente riprendendo ad interagire con le persone intorno a sé, pur senza smettere di essere nevrotico.
«E’ come se io fossi Luke Skywalker e lui Darth Vader!»
«Io non sono tuo padre» disse Sho, lapidario
«Oh, hai capito a cosa mi riferivo» fece Jun, strabuzzando gli occhi e smettendo di agitarsi. «Mi stupisci… questo però non cambia la situazione!» strillò nuovamente verso Aiba.
In contrasto con la totale contrarietà di Matsumoto, Sakurai sembrava piuttosto tranquillo, ma la realtà era che ancora non aveva realizzato la situazione. «Fammi capire» esordì passandosi le dita sugli occhi. «Voi state cercando di formare un gruppo per partecipare al concorso di fine anno»
«Esatto» annuì Aiba
«Cioè, tu vorresti che lui facesse gruppo con voi?» domandò indicando Satoshi alla sua sinistra
«Perché? Cos’ha che non va?» gli rispose Masaki perplesso
«E’ un sociopatico incapace di interagire col prossimo, non puoi pretendere che passi del tempo con degli altri esseri umani»
«Vabbè ma ce li avrà degli amici!» gli disse allargando le braccia
«Oltre a se stesso intendi?» rispose ironico.
A quel punto Satoshi spostò lo sguardo su Sho e fece un debole sorrisino. «Invece dev'essere proprio facile fare lavoro di squadra con un capitano primadonna» asserì subito dopo. Quella frecciatina fu tanto gelida che tutti gli altri quattro ebbero un brivido lungo la schiena.
Vedendo che Ohno, seppur tranquillo e silenzioso, non poteva essere un facile bersaglio, Sho decise di dirottare le sue critiche su qualcun altro. «Beh, e lui invece?» indicò Nino. «Mi sembra che nemmeno lui eccella nelle relazioni interpersonali»
«Ma come parli forbito…» commentò Aiba, pieno di ammirazione
«A parte la fissazione per i videogiochi, Nino è una persona in grado di interagire col prossimo» disse Jun in suo favore
«Guarda che so difendermi anche da solo» borbottò leggermente imbarazzato Nino
«E scusa tanto allora!» esclamò quell’altro alzando le braccia al cielo. A quel punto girò sui tacchi e si allontanò a grandi falcate, uscendo di scena sbattendo teatralmente la porta.
Infastidito per la reazione di Matsumoto, anche Nino raccolse le sue cose e, borbottando qualcosa di incomprensibile, se ne andò.
Quando Aiba si guardò attorno si rese conto che anche Satoshi, chissà quando, se l’era svignata. «Bene» fece Sho rompendo il silenzio improvviso dell’aula computer. «Direi che non se ne fa nulla, giusto?» chiese con un sorriso trionfante: era riuscito nel suo diabolico intento.
Il progetto di fare un gruppo per il concorso sembrava ormai sfumato, ma Aiba aveva ancora un briciolo di speranza e non voleva abbandonare l'idea di cooperare con i nuovi compagni e divertirsi con loro pur di non studiare.
Il punto fondamentale era fare una nuova riunione: solo così avrebbe potuto mettere Jun e Sho uno davanti all'altro e convincerli a collaborare. Il punto era che ormai tutti sapevano che, se Masaki chiedeva una riunione, lo scopo era quello, quindi gli rispondevano picche; il che significava che doveva inventarsi trucchi alternativi per attirare i quattro amici in uno stesso luogo.
Aveva provato attaccando un pesce fresco ad un amo, facendolo dondolare da dietro un angolo per non essere visto, ma non aveva funziona nemmeno con Satoshi e alla fine Aiba era dovuto rimanere oltre l'orario scolastico per pulire il corridoio che puzzava come una pescheria.
Aveva tentato anche la via della forza, con l'idea di legarli tutti come salami, ma anche se avrebbe potuto funzionare con Nino e Ohno, Sho era più muscoloso di lui e Jun più alto, quindi aveva abbandonato il progetto a metà. E la stessa fine fecero un altro paio di piani.
Ma infine elaborò un disegno geniale che avrebbe finalmente potuto funzionare!
Prima di tutto mandò la stessa mail ai cellulari dei 4 amici:
Amico,
Ti ho preparato un succulento pranzetto.
Consumiamolo insieme nel bagno del 3° piano alla pausa dell'una!♥
Dopodichè attese l'una e dieci prima di dirigersi verso la toilette. Da dentro non arrivava alcun rumore: o i ragazzi si erano incontrati e si era già verificata una strage, oppure il suo piano non aveva funzionato. Abbassò la maniglia lentamente, cercando di fare il meno rumore possibile, quindi sbriciò dentro.
Il suo piano non aveva funzionato.
«Ma ci sei solo tu?» domandò Aiba aprendo del tutto la porta e guardando Satoshi, appoggiato alla parete di fondo del bagno con le braccia incrociate
«Purtroppo sì»
«Perchè il mio piano non ha funzionato?» si lamentò mettendosi le mani nei capelli
«Col linguaggio che hai usato in quel messaggio, era palese che tu stessi cercando di fregarci» sospirò staccandosi dalla parete. «Sei scaltro come una faina»
«Ma allora perchè tu sei qui?»
«Ho dimenticato a casa la schiscetta»* rispose stringendosi nelle spalle
«Qualcosa non mi quadra» fece l'altro accarezzandosi il mento con le dita. «Se era palese che il mio era un trucco, allora avresti dovuto immaginare che non esisteva nessun pranzo da mangiare in bagno»
«Giusta osservazione» rispose senza aggiungere altro
«Ma quindi... significa che ho il tuo appoggio?» domandò Aiba fissandolo speranzoso
«... diciamo, la presenza» rispose Satoshi alzando gli occhi al cielo e deglutendo a fatica.
A quel punto, con l'appoggio la presenza di Satoshi, sarebbe stato tutto un po' più facile: si doveva ideare un trabocchetto rivolto a tre persone invece che a quattro.
Dall'ultimo fallimento, Masaki aveva capito che il fatto di firmare lui stesso un messaggio rendeva palese che qualsiasi cosa dicesse era finalizzata a radunarli. Così, uno di quei giorni, stranamente, fu Ohno a dargli l'idea. «Potresti fingerti una ragazza» disse quando ormai erano già 20 minuti che il compagno borbottava fastidiosamente tra sè come una pentola di fagioli.
Quello si voltò verso di lui con un sorriso raggiante. «E' una splendida, splendida, splendida idea! Geniale direi!» esclamò cominciando a rovistare nello zaino per trovare fogli e penna.
Forse tu non sai chi io sono, ma io ti vedo tutti i giorni a scuola.
Ho una cosa importante da dirti, ti aspetterò domani mattina in palestra, prima delle lezioni.
Una tua ammiratrice
Una copia del messaggio fu ritrovata da ognuno dei tre ragazzi a cui era stata fatta recapitare, nascosta nell'armadietto dei corridoi.
La mattina del giorno dopo, quando il cancello dell'istituto era già stato aperto, i primi ad incontrarsi fuori dalla palestra furono Satoshi e Nino. «Non pensavo cadessi nella trappola del novellino rompipalle: ti credevo più sveglio» commentò Ohno
«E tu? Hai istinti suicidi?» chiese l'altro
«Solo di mattina» rispose con un lieve sorrisino
«Comunque ho immaginato che il messaggio fosse suo, semplicemente non ho niente in contrario al progetto: io mi diverto» spiegò Nino abbassando i maniglioni delle porte della palestra. «Solo che le altre volte i suoi tentativi erano troppi stupidi, oppure avevo di meglio da fare».
Sorprendentemente, Masaki era dentro e aveva già acciuffato Sho. La cosa inquietante era che, non si sa come, lo aveva steso a terra e stava trascinando il suo corpo all'ombra degli spalti, come se stesso occultando un cadavere.
«E' ancora vivo?» domandò Nino
«Sì, sì, è vivo» rispose Aiba, ma quale trucco avesse usato, rimase un mistero. «Prepariamoci a placcare l'altro, a meno che non debba tramortire anche te»
«No, grazie» gli rispose Kazunari alzando le mani in segno di resa.
A quel punto i maniglioni delle porte si abbassarono con un leggero cigolio e Masaki fece segno ai due amici di raggiungerlo per nascondersi vicino alle tribune.
Il rumore dei tacchetti dei mocassini risuonò limpido sul parquet lucidato, mentre i ragazzi nascosti respiravano a malapena.
«C'è nessuno?» domandò Jun a voce alta
«In palestra non si entra con le scarpe~!» farfugliò Sho con un tono tale che sembrava ubriaco, più che leggermente tramortito
«Nooo!! Dovevi stare zitto!!» strillò Aiba disperato. «Voi due: placcatelo!» disse agli altri indicando loro Jun.
Era chiedere troppo se ci si rivolgeva a Nino e Ohno, ma almeno chiusero l'entrata e ci si piazzarono davanti come due buttafuori (nani). «Lo sapevo che c'eri di mezzo tu!» esclamò l'ultimo arrivato. «Non avrei mai dovuto dare retta a quel messaggio: la calligrafia non era per niente femminile! E poi si dice "chi io sia" e non "chi io sono"!» gli rinfacciò sventolandogli davanti al naso la letterina con l'errore grammaticale. «E voi due» aggiunse girando su se stesso e lanciando un'occhiata fiammeggiante verso la porta. «Voi lo aiutate pure? Potrei denunciarvi tutti per associazione a delinquere»
«E tentato omicidio» aggiunse Sho alzando una mano ora che riprendeva i sensi.
Masaki alzò le mani e le allungò verso Jun, come a fargli segno di fermarsi. «Ok, time out» pronunciò prendendo un profondo respiro. «Potresti almeno ascoltare quello che ho da dire» cercò di dirgli in tono conciliante. «Non ho scelto Sho come quinto membro per farti un dispetto, ma c'è un preciso motivo se ho proposto lui. Io l'ho ascoltato e posso dirti che ha talento, è ciò che manca per dare un po' di verza al nostro gruppo»
«Volevi dire "verve"?» chiese Jun sollevando le sopracciglia. Aveva incrociato le braccia con aria scettica, segno che non avrebbe dato retta a nessuna delle scuse inventate dall'amico.
«Quella» sorrise Aiba
«Beh, e cosa saprebbe fare?»
«Una volta sono stato a casa sua. L'ho beccato da solo che lavava i piatti e nel frattempo cantava tra sè: non era una cosa qualsiasi, era un rap!»
«Ma uno cosa reppa nella sua intimità?» bisbigliò Nino verso Satoshi
«Ti giuro che è bravissimo!» continuava Masaki. «E' ciò che serve al nostro gruppo. E poi...» aggiunse tossicchiando leggermente per darsi un'aria seria. «Mi duole ricordarti che la prossima settimana scade il termine di consegna delle domande per la partecipazione al concorso».
Davanti a quell'argomentazione non c'era attacco isterico giustificabile, quindi Jun dovette arrendersi a dare una chance (o fingere di darla) alla proposta dell'amico.
«Va bene» si arrese infine. «Ma voglio una dimostrazione prima di dare la mia risposta definitiva»
«Scusa, scusa? Non vi state dimenticando di una cosa?» chiese allora Sho, facendo un passo avanti. «Io non ho mai voluto unirmi al vostro gruppetto, quindi non vedo perchè dovrei dimostrare qualcosa a questo qui»
«Ma dai, capitano» sospirò Aiba che continuava a veder sfumare e ricomparire, alternativamente, la speranza di completare il gruppo. «Quella sera sei stato tu a raccontarmi di questa tua passione segreta per il rap, di quanto ti piaccia il genere e di come sia divertente comporre pezzi da te»
«Ti scrivi i testi da solo?» domandò ammirato Nino: non era mai stato particolarmente contrario all'entrata di Sho nel gruppo, ma da quel momento l'idea dello sportivo tutto muscoli che aveva di lui cominciò a cambiare.
«Sì» ammise timidamente. «Veramente non penso di essere bravo, è un hobby per il quale non sono molto portato quindi non vado a raccontarlo in giro. Il fatto che questa matricola mi abbia sentito è stato un puro incidente, per nulla calcolato»
«Ma questa matricola ti sta dicendo che, al contrario di quanto pensi, sei bravo! Questa potrebbe essere la tua occasione per mostrare questo lato di te agli altri e una scusa per impegnarti seriamente a comporre qualcosa»
«Oh mio dio, sta facendo un discorso vagamente serio» mormorò Jun, sconvolto. Aiba lo sentì, ma con aria stizzita lo ignorò spudoratamente.
«Comunque, o adesso o mai più» concluse verso Sho.
Il capitano lo fissò per qualche momento, silenzioso, poi guardò il pavimento e ancora Aiba. «Se la metti così... I'm in!» accettò infine
«Ah no» lo interruppe quello. «Parla in giapponese, io il pilates non lo capisco»
«Ma non è una lingua...» esclamò Jun esasperato, passandosi una mano sugli occhi.
Sho si schiarì la voce e fece un passo avanti. Gli altri quattro ammutolirono e lo fissarono mentre una ritmata musica di accompagnamento cominciava a risuonare frenetica per tutta la palestra. Si poteva sentire una batteria pestare con tamburi e piatti, un gruppo di ottoni e anche un coretto di voci femminili che, come tutto il resto, chissà da dove veniva.
Il giovane capitano guardò Jun negli occhi e sorrise con aria di sfida. «Hey! Hey! Vuoi sentire un pezzo Matsumoto?» cominciò a cantare dopo un rullo di batteria, avvicinandosi al ragazzo e mettendogli un braccio sulle spalle «Sentirai un vuoto dopo il terremoto
Di parole che dirò. Dai fai una foto!» cantò stritolando Jun come fosse una spugna e facendo cenno a Nino. «Che strana faccia hai, solo ora la noto
Jazz band, hip hop uso rime chiare
Per cantare la morale del hip na pop (That's right)» lasciò andare Jun e tenendo il tempo muovendo le mani nell'aria di avvicinò prima a Nino e poi a Satoshi. «E' così che mando un messaggio: questo è solo un assaggio
Di ciò che so fare usando il linguaggio
e fantasia! (Yeah) Ho un amnesia (Yeah)
La fama maggiore nella scuola è tua o mia?» domandò ancora acido, verso Jun. «(World is mine)
The World is mine
The words are mine
Rimare non è banale sunshine».
Continuò ancora, frenetico, in quel suo rap improvvisato, e gli altri non riuscirono a fare a meno di cominciare a tenere il tempo anche loro.
Il piano di Aiba era riuscito.
FINE DEL SESTO CAPITOLO
Fanfiction written by
Hika86 & Reruchan
Original music by
Sakurai Sho - Arashi
(Hip hop boogie)
Terrible lyric by
Hika86
Saltellando sui confini della demenza: le autrici di confessano.
R: Zucchina, perchè stai ridendo da sola, tossendo e morendo
Z: Cazzo... sto sudando *tossisce* abbiamo finito le cose intelligenti
R: "Sbatti le uova con lo zucchero" *leggendo una ricetto*
Z: *tossisce*
R: Ti prego Zucchina, vai a bere.
Z: Ok *va e torna* C'è qualcosa sul pavimento del bagno che fa scivolare.
R: E' stato un capitolo ricco di battute esilaranti e... modestamente. Punto... è il tuo turno
Z: Quanti punti di sospensione ho messo?
R: Troppi
Z: "Questi punti sono troppi per tutti e due!"
R: No, semmai "sono troppo pochi"
Z: *ci ragiona su* oh, hai ragione... troppo pochi. Allora, per la prima volta abbiamo scritto un capitolo in due giorni diversi lontani da loro, il che, al secondo giorno, ci ha risparmiato l'ansia. Ansia che non potete capire dato che ancora nessuno di voi ha capito dove stanno le citazioni u.u fedigrafe (cit. gli errori della Reru)
R: Ma non è un errore! Chuuu... Lo faccio apposta a sbagliare! *silenzio* Ok, forse la prima volta è stato un errore, ma adesso lo faccio apposta
Z: Come tutte le volte che dici "deskopt"?
R: Ma lo dico bene ora! *silenzio* Perchè, prima come lo dicevo?
Z: Appuntoooo!!! XD
Ninomiya Kazunari, di Katsushika a Tokyo, era un ragazzo che mai, per suo proprio svago, apriva altro libro all'infuori di una guida per videogiochi.
Nonostante questo, era un discreto studente con una media di voti sufficiente a non renderlo un alunno problematico. Inoltre era raramente assente (soprattutto perché la tecnologia che c'era a scuola non l'aveva a casa), eppure un giorno, senza preavviso, il gruppo entrò nell'aula audiovisivi e non lo trovò al suo posto.
«Sbaglio o qui manca qualcosa?» domandò Jun guardandosi intorno
«Il folletto dei computer» ridacchiò Aiba. «Magari è solo in ritardo. Oggi era in classe, no?» chiese girandosi verso Sho, che stava nella stessa sezione di Nino
«Bah, non saprei» rispose stringendosi nelle spalle. «Non ho la tendenza a preoccuparmi delle presenze altrui a lezione, però ora che mi ci fai pensare... no, oggi non c'era»
«Ma come!? Doveva portarci la base finale!» esclamò Masaki mettendosi le mani sulle guance e spalancando gli occhi
«Ragazzi!» esclamò un professore entrando nella sala
«Takada sensei, buongiorno» salutarono tutti (Ohno escluso)
«Avete notizie di Ninomiya kun? Sono cinque giorni che manca e la segreteria non riesce a contattare la famiglia» spiegò loro allarmato.
Tutti (Ohno incluso) si voltarono verso Sho, fissandolo interdetti:mancava da cinque giorni, non da uno! A quell'occhiata lui sollevò le spalle allargando le braccia. «Ve l'ho detto che non mi preoccupo degli altri!» si giustificò
«Ho notato che ultimamente Ninomiya kun si era fatto degli amici e ho saputo che si è iscritto al concorso con voi, quindi speravo sapeste qualcosa. Siamo molto preoccupati»
«Se quel cerebroleso non ne sa niente, si figuri noi che siamo in una sezione diversa» rispose Jun
«Cerebro... ehi!» fece per ribattere Sho
«OHMMIODDIO!» esclamò Aiba con gli occhi spalancati, realizzando in ritardo quello che era stato detto. «Significa che Nino chan è scomparso da cinque giorni e nessuno ne sa niente!?» domandò cominciando ad agitarsi
«E' quello che ti ha appena detto» gli fece Ohno con uno sbadiglio
«Era una domanda retorica!» gli fece notare Masaki. «Potrebbe essere stato rapito dagli alieni oppure essere stato esposto ad agenti chimici ed essersi trasformato in un mutante a cinque teste»
«Ma come funziona il tuo cervello? Come ti vengono in mente certe idiozie?» sospirò Jun
«Non hai visto X-files?»
«Guardo solo Heroes»
«Visto che siete suoi amici, perché non andate a casa sua a vedere come sta? Vado a prendervi l'indirizzo dai registri se non ce l'avete» propose il professore.
Dopo la scuola Satoshi avrebbe preferito tornarsene a casa a fare compagnia a se stesso, invece venne costretto a seguire il gruppo fino a casa di Nino. Lì ad accoglierli trovarono solo un uomo in una casa silenziosa.
«Salve, siamo amici di Kazunari» salutò Jun quando questi aprì la porta e squadrò la banda di adolescenti che gli era arrivata all'entrata. «A scuola dicono che manca da alcuni giorni e non riescono a contattarlo»
«Buffo, pensavo che la parola "amici" non sarebbe mai comparsa della stessa frase col nome di mio figlio» commentò questi incrociando le braccia senza accennare a farli entrare. «Comunque lui non abita più qui»
«Lo sapevo! Gli alieni!» esclamò Aiba che era stato costretto a mettersi dietro a tutti proprio perchè volevano evitare che sparasse idiozie in faccia alla gente.
«Come non abita più qui? E dov'è?» chiese Jun ignorando l'esclamazione alle sue spalle
«E' con quell'altra e con sua sorella... non mi riguarda più, tanto prima o poi divorzieremo ufficialmente» concluse l'uomo senza riuscire a nascondere la rabbia mentre parlava.
Fece per chiudere la porta, ma Sho vi posò la mano per bloccarlo. «Aspetti, avrà almeno un indirizzo, no? O se ne frega a tal punto?» lo accusò seriamente
«Persino un animale ha più senso paterno di lei» pronunciò d'improvviso Ohno rompendo il suo classico silenzio.
Il signore sulla soglia divenne livido di rabbia lanciando al ragazzo un'occhiata carica di odio, dopodiché si girò a rovistare in un mobiletto vicino all'ingresso e porse loro un foglietto. «Mi hanno dato solo questo. Prendetevelo e andatevene» pronunciò lapidario, con voce tremante nel tentativo di trattenersi dal litigare con dei ragazzini.
Per arrivare al nuovo appartamento di Nino dovettero riprendere il treno e cambiare zona. Nessuno di loro sapeva cosa commentare: non conoscevano molto bene Nino nè la sua situazione familiare, ma la questione sembrava seria e si chiedevano in che stato emotivo avrebbero trovato l'amico.
Rispetto alla zona della casa precedente, un villino bifamiliare, il nuovo quartiere era più modesto, con un'alta densità di popolazione e con molti palazzi alti non proprio di nuova costruzione. Però c'era molto verde e sembrava una zona animata.
Indovinarono subito il palazzo dato che davanti c'era parcheggiato un camion dei traslochi e Nino era lì vicino che tentava di scaricare un paio di scatoloni.
«Ninomiya san!» lo richiamò Sho mentre si avvicinavano
«Nino chaaaan!!» lo strillo di Aiba superò in altezza l'esclamazione di Sho e questi si girò proprio sentendosi richiamare a quel modo.
Masaki gli trottò incontro a braccia aperte. «Nino chan!» disse ancora abbracciandolo
«Ma che diavolo. Mollami, ho degli scatoloni tra le braccia!» protestò lui
«Abbraccio anche loro» propose Aiba e così fece
«Aiba chan, lascialo andare» cercò di convincerlo Jun
«Sei fastidiosamente appiccicoso» commentò Ohno
«Concordo» borbottò Nino, cercando di non farsi sfuggire le scatole dalle braccia. «Ma voi cosa ci fate qui?» domandò sbalordito
«A scuola ci hanno detto che non venivi a lezione da qualche giorno e non eri rintracciabile» gli spiegò Jun. «No, non guardare Sakurai san. Lui non si cura degli altri a quanto pare» aggiunse acido
«Non posso immaginare come ti senti, ma puoi contare su di me se sei triste» si propose Masaki mettendogli una mano sulla spalla
«Non sono triste» ribattè Nino
«Se hai bisogno di una spalla su cui piangere, io sono disponibile» aggiunse Jun mettendosi sul lato opposto
«E non devo piangere!» esclamò irritato. «Piuttosto, dato che siete qui e avete tanta voglia di rendevi utili» aggiunse con un sorrisino furbo. «Datemi una mano, su» e mollò le scatole tra le braccia di Aiba.
Scoprirono così che Nino era un pelandrone. Dopo il loro arrivo non spostò quasi niente e non trasportò nessuno scatolone su per le scale. Al massimo svuotò quelli con dentro gli oggetti più leggeri.
Aiba, Sho e Jun continuavano ad andare avanti e indietro dalla strada al terzo piano, aiutando la signora Ninomiya. Nel frattempo canticchiavano a bassa voce. «Perchè non dici nulla? Il tuo silenzio
E' carico di dolore e non vuoi dire
Che cosa ti tormenta. Non devi piangere da solo, parlane con noi» cantavano facendo su e giù per le scale. «Perchè passano i giorni e non si sa
Che cosa c'è nel tuo cuore che non mostri?
Se ce lo dirai potremmo cominciare a camminare insieme».
Ohno e Nino se ne stavano in disparte, principalmente a battere sulle sbarre della gabbietta del gerbillo di casa, ma anche Ohno, boffonchiava quella stessa canzone, ma si sentiva a malapena. «Quando lo vorrai Noi ti ascolterem
E' questo quello che fanno gli amici
Non hai bisogno di Gridare forte ma
Sussurra il tuo problema e poi vedrai
Che basterà quello per averci lì»
«Mi sa che gli stai simpatico, Ohno san» fece Nino ridendo mentre l'animaletto afferrava il dito del ragazzo e lo annusava interessato: non si era accorto della canzone o fingeva di non averla sentita.
«E' amichevole» fece Satoshi smettendo di cantare. «Somiglia a qualcuno di mia conoscenza» osservò pensieroso
«Vero? Saranno quei dentini sporgenti» aggiunse Nino, ed entrambi si trovarono a ridacchiare accucciati nell'angolo.
«Insomma voi due! Volete dare una mano o no!?» gridò Jun che non riusciva a far passare un comodino dalla porta.
In quel momento uno strillo squarciò l'aria del vicinato. «KAZUNARI! Porta subito qui quel tuo culo flaccido!».
Nino spalancò gli occhi, impallidì e cominciò a sudare. «Di chi è questa voce paradisiaca?» fece Jun mentre cercava di girare il comodino di traverso
«Non è chiaro se sei ironico o meno» borbottò Satoshi
«E' mia sorella maggiore» rispose Nino alzandosi con poca voglia
«Uuuh! Sorella maggiore?» fece l'altro spalancando gli occhi con aria estasiata: mollò il comodino sul pianerottolo e si fiondò giù per le scale.
Vicino al camion e di fianco alla signora Ninomiya, c'era una giovane donna ben vestita, con i capelli stretti in una coda di cavallo e del trucco leggero. Quando Jun arrivò ai piedi delle scale rimase affascinato a contemplarla, senza accorgersi che anche Sho, che stava sbrogliando dei cavi, aveva avuto la sua stessa reazione.
«Kazunari! La mamma dice che i tuoi amici vi stanno aiutando, ma non ti ho ancora visto scendere a prendere qualcosa» disse lei in tono deciso, sovrastando il fratello in altezza. «Non starai evitando di faticare come al solito?»
«Hai notato anche tu?» bisbigliò Aiba accostandosi a Ohno che arrivava dietro a Jun. «La sorella lo supera di una spanna» ridacchiò
«Non ci vuole molto» commentò l'amico.
«Non pretenderai che io porti da sola il divano? O che lo faccia la mamma?» insisteva la ragazza
«Ci penso io!» si fece avanti Jun con un sorriso smagliante
«Anche io! Anche io! Sono un grande trasportatore di divani!» aggiunse Sho saltando giù dal camion.
Quella li squadrò da capo a piedi e addolcì il tono della voce. «Ma siete sicuri?» chiese con scrupolo verso gli estranei
«Lasci fare a noi» la rassicurò il primo
«Sono un grande trasportatore di divani!» insistette Sakurai
«Sì, sì lasciali fare» annuì Nino
«Almeno tu fagli strada» insistette lei verso il fratello, poi si voltò e riempì di scatoloni le braccia degli altri due.
I volontari presero il divano da una parte e dall'altra e sollevarono il mobile. Seguendo la voce di Nino, Sho cominciò a salire le scale di spalle, un gradino dopo l'altro. «A destra, a destra!» diceva lo scansafatiche dal pianerottolo, tenendo le braccia incrociate
«Ma destra dove? C'è il muro!» ribatteva Sho
«La mia destra»
«Appunto! La tua destra ha la parete!»
«Allora la tua sinistra!»
«Mi prendi per il culo!?» rimbombavano le loro urla su per le scale
«La piantate voi due? Questo coso pesa! Di cosa è fatto il tuo divano?» sbraitava Jun, che non era proprio un tipo muscoloso.
Lentamente arrivarono fino al secondo piano e mancava loro ancora una rampa di scale, ma erano sudati da far schifo e facevano loro male le mani. «Cosa tocca fare per le donne» borbottò Matsumoto
«E io come un'idiota a seguirti» borbottò Sho
«Vedi a fare lo sgargiante come vai a finire?» ridacchiò l'altro. «Spero che almeno ne valga la pena»
«Siete degli illusi se pensate che vi farò alzare anche solo un dito su mia sorella» mormorò Nino nell'orecchio di Sakurai: aveva sceso silenziosamente i gradini per raggiungerlo senza che se ne accorgesse.
Lui si spaventò e per la paura perse la presa sul divano. Tutto il peso gravò quindi sulle mani di Jun che fortunatamente non aveva ancora cominciato a salire i gradini, ma spinto dal divano si ritrovò schiacciato tra il muro del pianerottolo e il mobile, con un urlo di dolore.
«SHO!» strillò una volta a terra. «Grande trasportatori di divani di 'sto cazzo!» e fu solo l'inizio di una lunga lista di imprecazioni, cosa in cui era molto portato.
L'altro si affrettò a scendere alcuni gradini per recuperare il divano e sollevare Jun dal suo peso, nel frattempo Nino si ficcò le mani in tasca e li fissò dall'altro. «Umpf, fuori uno».
Dopo qualche ora di lavoro il gruppo si prese una pausa e la signora Ninomiya preparò del tè con dei dolcetti per tutti quanti. L'appartamento, dopo tanto lavoro, era stato riempito di tutti i mobili e di buona parte degli scatoloni che ora andavano solo svuotati e sistemati.
I cinque si erano messi in quella che sarebbe stata la camera di Nino: Satoshi girava la ruota nella gabbietta del gerbillo sul balcone per farlo correre più veloce, Aiba ballonzolava sul materasso del letto, mentre Jun leggeva i titoli della libreria mono-tematica e Sho aspettava di vedere tè e dolcetti arrivare dalla cucina.
Quando arrivò la merenda venne poggiata nel tavolinetto basso al centro della stanza e tutti vi si radunarono intorno. «La merenda dei campioni» fece Masaki soddisfatto.
Ognuno si servì e dopo qualche minuto tutti si resero conto che Nino era tranquillo e silenzioso da troppo tempo: osservava sconsolato la sua tazza e mangiava il dolcetto senza appetito.
Gli altri quattro si scambiarono un'occhiata, indecisi sul da farsi o su cosa dire, avendo intuito che il buon umore precedente era stato una finta. «Ho capito, ci penso io come al solito» borbottò Aiba finendo la sua merendina.
Diede una leggera spinta alla spalla dell'amico con la propria. «Cosa c'è che non va?»
«Il dolcetto fa schifo» gli rispose in un borbottio
«Davvero?» domandò Masaki allungando il braccio per prenderne uno uguale, ma Jun lo schiaffeggiò sulla mano e gli lanciò un'occhiataccia.
«Ce l'hai ancora con noi per tua sorella?» domandò Sho con aria colpevole
«Nah. E' troppo intelligente per filarsi uno di voi due» rispose il padrone di casa senza alzare gli occhi dalla tazza
«Sei ancora arrabbiato perchè non abbiamo sistemato le tue consolle come le volevi tu?» provò Jun. «Guarda che è questione di stile, in quel modo si vedono meno cavi» spiegò prima di allungare il braccio a colpire di nuovo Aiba: se sperava di approfittare di un suo momento di distrazione per arraffare un secondo dolce, poteva morire digiuno.
«Tanto quando ve ne andate le sposto» sbottò Nino stringendosi nelle spalle.
Dopo quella risposta cadde il silenzio. I tre amici si guardarono disperati non sapendo cos'altro dire per interpretare l'umore del ragazzo.
«Credo...» disse una voce rompendo la tranquillità della stanza.
Tutti quanti si girarono verso la finestra che dava sul balcone, dove Ohno spilluzzicava la sua merenda lanciando quale briciola al roditore nella gabbia.
«... che tuo padre sia un idiota» concluse dopo qualche secondo.
Ci fu di nuovo silenzio, l'affermazione di Satoshi sembrava un po' azzardata ed eccessiva detta da uno che non conosceva nulla della situazione della famiglia.
«Hai perfettamente ragione!» esclamò Nino con rabbia. Da quel momento in poi tutta la sua ira esplose con furore.
«Non lo so perdonar / pensavo sempre che / potessi contare / su di lui e invece
Ora no / non mi posso più fidare / me la dovrò cavare
Dovrò pensare io alla mia famiglia ormai» cominciò a cantare abbassando la voce di un tono
«So time to go» lo incoraggiarono gli altri quattro
«Lui ci ha lasciato / Sono tutto solo» continuò con più durezza, incitato dal gruppo
«One way, no doubt» continuarono gli amici battendo il tempo con le mani sul tavolo
«A questo punto / Che significato ha avuto?» domandò accartocciando la confezione della merendina. «Che senso ha avuto avere un padre se ora sono solo? It's a moment of my life
E' tutto finito e non c'è più niente ormai / I can't believe
Devo farcela / So never end / Non posso mollare ora
Ma il mio legame con lui non c'è più / Lui non esiste più / Io non mi fido più».
Dopo lo strano sfogo canterino, vennero a conoscenza del fatto che il rapporto tra lui e il padre aveva cominciato a logorarsi già da tempo e che si era inasprito quando i genitori avevano cominciato a parlare di divorzio: la persona che doveva essere per lui un esempio da emulare si era rivelata inaffidabile e Nino si era sentito tradito e abbandonato.
«Sai cosa penso?» intervenne Aiba pensieroso. «Che abbia sbagliato anche tu. Non puoi dare tutta la colpa a tuo padre, tu stesso hai detto di non avergli più voluto parlare, ma magari lui avrebbe voluto spiegarsi e tu invece non gli hai dato l'occasione» gli fece notare
«Io non voglio parlarci con quello lì. Non vuole affatto spiegarsi, urla e basta» borbottò Nino
«Forse perchè la separazione era vicina e lui era nervoso. Vai da lui tra qualche settimana, quando anche tu sarai più tranquillo, e provate a confrontarvi» suggerì
«E' un peccato rovinare così il rapporto col proprio padre» si intromise Sho.
L'amico lo fissò per un po', imbronciato e visivamente poco propenso ad accettare quella predica, poi sospirò e annuì mestamente. «Va bene, va bene. Farò un tentativo» cedette.
Ormai il sole stava calando ed era arrivata per tutti l'ora di tornare a casa.
Nino li accompagnò fino alla stazione e li ringraziò dell'aiuto che avevano dato, mettendo da parte per una volta la sua solita ironia.
«Comunque vedi di tornare a scuola la prossima settimana, dobbiamo cominciare a lavorare sulla tua base» gli disse Jun con un sorriso incoraggiante
«Avete ragione, dovevamo incontrarci oggi e io non c'ero. Mi spiace» fece Nino inchinandosi
«Non importa, non importa!» esclamò Aiba con allegria. «Però lunedì ci lavoriamo su»
«Tra l'altro, vorrei ricordarvi che il nostro gruppo non ha ancora un nome» fece notare Sho
«La banda del divano» propose Masaki su due piedi
«Fa schifo» disse immediatamente Nino. «Di solito si usano le iniziali dei nomi, no?»
«Oni sama ai?» ipotizzò Sho
«Scriviamolo col cuore! "Oni sama ♥"» propose Aiba ridendo
«Non parlava sul serio» sbottò Jun
«Sembra il nome di una setta satanica»* osservò Satoshi
«Non importa, abbiamo tempo per pensarci» scosse il capo Nino. «Ora sbrigatevi o perderete il treno».
I quattro amici lo salutarono e si diressero insieme ai tornelli. «Che cosa devo dire? Come si esprime la gratiTudine
Io proprio non lo so» cominciò a canticchiare riprendendo il motivetto che i ragazzi avevano usato mentre portavano su e giù mobili e scatoloni. «Avere degli amici per me è
Una cosa nuova, che devo far?».
Ninomiya Kazunari li guardò allontanarsi e non riuscì a trattenere un sorriso sereno a guardare quel gruppetto strampalato di ragazzi che per la prima volta poteva definire "amici". «Se apro gli occhi so
Che nell'oscurità ora luce c'è E quelli siete voi
E' solo debolezza la mia, ma un giorno, sì
Saprò come camminare insieme con voi».
FINE DEL SETTIMO CAPITOLO
Fanfiction written by
Hika86 & Reruchan
Original music by
Arashi
(My Girl & Calling)
Terrible lyric by
Hika86
* oni in giapponese sono i demoni
Saltellando sui confini della demenza: le autrici di confessano.
Z&R: Ooooooh *intenerite al leggere la fine*
Z: ho gli occhi appannati...
R: ooh, non piangere
Z: non sto piangendo, me li sto sgrattando e mò non ci vedo un fico. Che commento faresti a questo capitolo?
R: è stato un capitolo diciamo... *ride*... più serioso. Ma siccome le cose serie non ci vanno mai bene, dovevamo ficcarci dentro qualche cazzata
Z: Divani per esempio
R: e trasportatori di divani
Z: e CHE trasportatori di divani *ammicca*
R: accidOnti
Z: La smetti di aprirmi il braccio con la USB?
R: apriti sesam... APRITI ZUCCHINA!
Z: zucchina? ... ah perchè la mangi
R: non è che si mangia il sesamo ma sì... comunque, andiamo avanti. Secondo me Jun può essere un ottimo incentivo alla dieta
Z: "no che poi diventi ciccione"
R: e Jun non ti guarda più
Z: e non puoi più fare pilates con lui
Z&R: *ridono*
R: che tragedia!
Z: chiudiamo. Saluta gli amici a casa
R: ciAO *misto a sbadiglio*
Z: cheke!