All’altezza di mio padre di 9Pepe4 (/viewuser.php?uid=55513)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Figlia di un sogno ***
Capitolo 2: *** Solo una ragazza ***
Capitolo 3: *** Varie ed eventuali ***
Capitolo 4: *** La proposta di Aliys ***
Capitolo 5: *** Le ragioni di Goku ***
Capitolo 6: *** Echi del passato ***
Capitolo 7: *** Una giornata con papà ***
Capitolo 8: *** Il compleanno di Pan ***
Capitolo 9: *** La reincarnazione ***
Capitolo 10: *** Il Torneo di Arti Marziali ***
Capitolo 11: *** La scelta di Goku ***
Capitolo 12: *** Quattro chiacchiere con Marron ***
Capitolo 13: *** Conseguenze ***
Capitolo 14: *** Il bosco ***
Capitolo 15: *** Arrivo a Satan City ***
Capitolo 16: *** L’aura di Aliys ***
Capitolo 17: *** Mi dispiace ***
Capitolo 18: *** Verso la normalità ***
Capitolo 19: *** Le riserve di Goten ***
Capitolo 20: *** Passaggi di tempo ***
Capitolo 21: *** Ne vale la pena ***
Capitolo 22: *** Dandoci un taglio ***
Capitolo 23: *** In spiaggia ***
Capitolo 24: *** Il mestiere del genitore ***
Capitolo 25: *** Discorsi imbarazzanti ***
Capitolo 26: *** Il valore dei ricordi ***
Capitolo 27: *** Un’ottima notizia ***
Capitolo 28: *** Qualsiasi cosa ***
Capitolo 29: *** Un ritorno poco gradito ***
Capitolo 30: *** Soluzioni temporanee ***
Capitolo 31: *** La decisione di Aliys ***
Capitolo 32: *** Aliys e Crilin ***
Capitolo 33: *** Polveroni ***
Capitolo 34: *** Ansie e sorprese ***
Capitolo 35: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 36: *** Un passatempo ***
Capitolo 37: *** La consulenza di Crilin ***
Capitolo 38: *** La soluzione ***
Capitolo 39: *** Miglioramenti ***
Capitolo 40: *** Carte in tavola ***
Capitolo 1 *** Figlia di un sogno ***
A Nede:
Senza di te, questa storia non sarebbe più tornata ;)
Grazie mille
per tutto l’incoraggiamento che mi hai dato!
All’altezza
di mio padre
Prologo
– Figlia di un sogno
Chichi
giaceva sul letto, sola.
Quel
materasso le sembrava il luogo più sconfinato della
galassia, senza la presenza di Goku accanto a lei.
Erano
ormai due anni che suo marito era morto durante il Cell Game,
costringendo un figlio a diventare adulto troppo in fretta e un altro a
vivere senza un padre.
Gohan,
quella sera, notando la stanchezza sul viso della madre, si era
offerto di mettere a letto il piccolo Goten, e Chichi aveva accettato
con gratitudine.
Amava
quel bambino tenero e vorace con tutta se stessa, ma talvolta le
sembrava di dover spendere tante energie da andare in crisi.
Col
calar del sole, le ombre si erano insinuate mano a mano nella
stanza, sino a immergerla nel buio.
Chichi
chiuse gli occhi e allungò una mano, sfiorando la
metà di letto in cui aveva dormito Goku, immaginando di
toccare la pelle calda del marito.
Era
assurdo. Assurdo che fosse passato tanto tempo
dall’ultima volta che lo aveva visto; assurdo che nonostante
ciò lo ricordasse ancora con tale precisione.
Improvvisamente,
delle dita forti si chiusero sulla mano della donna,
che si lasciò sfuggire un grido.
Spalancò
gli occhi, ma era così buio che tutto
ciò che riuscì a vedere fu una sagoma scura
seduta sul letto accanto a lei, una sagoma terribilmente
familiare…
La
donna ansimò, incapace di credere ai propri occhi.
«Chichi»
mormorò in quel momento una
voce affettuosa.
La
sua voce.
Iniziando
a dubitare anche delle proprie orecchie, la donna
sollevò debolmente la testa. «Goku»
sussurrò, incredula. «Come…?»
«La
vecchia Sibilla mi ha dato mezz’ora di
tempo…» spiegò lui, in tono sereno.
Chichi
si raddrizzò, mettendosi seduta sul materasso.
«Mezz’ora?» ripeté.
«Mezz’ora
in cui tornare in vita…
Mezz’ora da trascorrere con te» precisò
Goku, con lo stesso tono tenero e spensierato.
In
realtà, la vecchia sorella di Muten sarebbe stata
disposta a dargli un giorno intero.
Goku,
però, aveva rifiutato. Se in futuro avrebbe avuto solo
ventiquattro ore a disposizione per rivedere la sua famiglia, voleva
utilizzarle più avanti, quando il suo secondo figlio sarebbe
stato abbastanza grande per conoscerlo e ricordarlo…
Così,
alla fine, la vecchia Sibilla gli aveva proposto un
compromesso.
Quella
sera poteva usare mezz’ora. Le altre
ventitré ore e mezza sarebbero state a sua disposizione
più avanti.
Goku
aveva esitato a lungo, ma alla fine aveva accettato.
E,
quando Chichi si avvinghiò di colpo a lui, stringendolo
con forza quasi furiosa, si rese conto di aver fatto bene.
«Perché?»
chiese la donna, col dolore
nella voce. «Perché non hai voluto che ti
riportassero in vita?»
Le
sue unghie penetrarono nella schiena del saiyan, ma Goku se ne
accorse a stento.
«Perché…
Perché…» Tentennò, indeciso
su cosa dire, come un bambino che ha fatto una scelta senza capirne le
conseguenze, e comprende il dolore che ha causato solo quando se lo
trova davanti.
A
quel punto, però, la solitudine ebbe la meglio sulla
rabbia di Chichi.
La
donna sentiva di odiare il marito perché
l’aveva lasciata, ma al contempo aveva desiderato tanto
rivederlo… Toccarlo, sentire la sua voce… Visto
che aveva solo mezz’ora a disposizione, le sembrò
un sacrilegio spenderla a rimproverarlo.
Con
un movimento repentino, chiuse le labbra del marito in un bacio.
Fu
un bacio feroce, quasi aggressivo.
Goku
vi sentì nostalgia, collera, disperazione… E
forse – forse – anche amore.
Allora
accarezzò le spalle della donna, abbracciandola,
stringendola a sé con dolcezza.
Quei
gesti delicati sembrarono quietare il rancore della donna, e il
bacio successivo fu più leggero, più simile a
quelli che Goku ricordava.
Immersi
nel buio, i due tornarono a toccarsi, a riconoscersi e ad
ascoltarsi… Goku svestì Chichi con delicatezza, e
tra il tiepido fruscio delle coperte si amarono di nuovo come un tempo.
Fu
una mezz’ora breve, ma intensa.
Quando
si dovettero separare, Goku sentì le lacrime di
Chichi contro la propria guancia.
E,
una volta tornato nell’Aldilà, sarebbe stato
proprio quel contatto umido a sembrare impresso nella sua mente
più di tutto il resto.
Almeno,
sinché Sibilla non sarebbe giunta davanti a lui.
«Goku!»
lo chiamò lei, con voce
gracchiante. «Hai usato bene la tua mezz’ora, a
quanto vedo…»
L’uomo
sollevò la testa per rivolgerle un sorriso
sfinito. Si sfiorò distrattamente la guancia.
«Perché dici questo?»
domandò, con voce ingenua.
Lei
lo fissò. «Non lo sai?» fece,
incredula.
Lui
scosse la testa, con espressione smarrita. Allo stesso tempo,
però, avvertì uno strano senso di
vertigine… «Cosa dovrei sapere?»
La
vecchia abbassò il capo, sfiorando con entrambe le mani
la sfera di cristallo su cui era appollaiata. «Tua moglie
è incinta, Goku» lo informò, seriamente.
Il
saiyan sussultò. «Incinta?»
ripeté, con voce roca. «È…
è successo questa notte?»
Lei
annuì gravemente. «Pensavo lo
sapessi…»
Goku
scosse la testa, apparentemente stordito
dall’informazione.
«È
una bambina» precisò la
vecchia, con una sicurezza che avrebbe potuto riscuotere
l’invidia di migliaia di medici.
Goku
sbatté le palpebre. Una bambina…
Improvvisamente,
il saiyan si sentì pervadere da un
piacevole calore.
Sapeva
che a Chichi sarebbe piaciuta molto, una figlia femmina.
Un
sorriso spontaneo gli affiorò alle labbra, ma non
poté illuminare del tutto i suoi occhi scuri.
Ora,
sarebbero stati due i figli a crescere senza di lui.
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Capitolo 2 *** Solo una ragazza ***
Capitolo 1 – Solo una
ragazza
Aliys, in piedi ai margini della
palestra della scuola,
spostò il peso da una gamba all’altra, fissando
con aria mesta la partita di pallavolo che si svolgeva in campo.
I
suoi occhi scuri sbirciavano ansiosi le mosse entusiaste dei suoi
compagni di classe attraverso gli spettinati capelli neri. Quando
sbuffò, alcuni ciuffi le si allontanarono dalla bocca, per
poi ricaderle di nuovo davanti al volto.
Con
una stretta al petto, immaginò cosa avrebbe detto suo
padre non appena avesse saputo che ancora una volta lei aveva inventato
una scusa per evitare l’ora di educazione fisica. Anzi,
probabilmente non avrebbe detto niente, così da non ferirla.
Ma qualcosa lo avrebbe pensato di sicuro, e di certo non sarebbe stato
un giudizio positivo.
Aliys
aveva già visto su di sé lo sguardo
rassegnato dell’insegnante di ginnastica. Il pensiero di
vedere quella stessa espressione disegnata sul volto del genitore le
sembrava intollerabile.
Dopotutto,
però, lui era il mitico Son Goku. In centinaia di
occasioni aveva salvato la Galassia, talvolta anche l’intero
Universo. Era logico che avere una figlia pigra e imbranata come lei lo
abbattesse un po’.
Logico,
sì… Ma ciò non toglieva che
facesse male.
“Neanche
Gohan e Goten fossero goffi come me!”
pensò a disagio la ragazza, mentre un paio di amiche le
passavano davanti correndo per andare a recuperare il pallone finito
fuori campo. “No, figuriamoci, loro sì che hanno
un talento straordinario!”
Purtroppo,
da quelle riflessioni al riportare alla mente il giorno in
cui suo padre l’aveva condotta in una radura per valutare le
sue capacità nascoste, non le ci volle nemmeno un secondo.
All’epoca lei aveva quattro anni, ma l’espressione
sbigottita di Goku quando non era riuscita a prendere una mela al volo,
inciampando goffamente, era ancora incisa nella sua memoria.
Probabilmente
non l’avrebbe mai dimenticata.
Negli
anni che erano seguiti, com’era ovvio, suo padre aveva
fatto altri tentativi per costringere le sue abilità latenti
a portarsi alla luce del sole. Infine, però, si era dovuto
arrendere all’evidenza.
Son
Aliys non aveva nulla degli strepitosi talenti dei Saiyan. Pareva
che la sola cosa che avesse ereditato da quel popolo guerriero fossero
i capelli e gli occhi neri come la notte.
Immersa
in quelle riflessioni che le fecero aggrottare la fronte con
aria malinconica, Aliys trasalì all’improvviso
trillo della campanella di fine lezioni. Sollevata, passò
negli spogliatoi a prendere il proprio zaino, che si caricò
in spalla cercando di ignorare i commenti entusiasti delle compagne,
che, di buonumore, parlavano della partita appena giocata.
Uscì
a passi veloci dalla palestra, e stava attraversando il
corridoio della scuola, quando venne affiancata da Goten.
«Ehi, Aly» esordì lui, in tono
spensierato, evitando qualsiasi convenevole, «hai di nuovo
saltato ginnastica?»
Lei
lo guardò per un istante.
Capelli
neri ed eternamente scompigliati, vivaci occhi dello stesso
colore, Goten era suo fratello, ma a volte Aliys stentava a vedere
delle somiglianze tra loro due.
«Non
lo dirai a papà, vero?»
pigolò.
Il
giovane la fissò, sorpreso.
Aliys
lo guardò di rimando, con aria implorante.
«E
va bene» sospirò lui.
«Tranquilla, non dirò nulla» promise.
Lei,
sollevata, si liberò dallo zaino e gli saltò
addosso, abbracciandolo.
«Piano!»
rise Goten, stringendola a sé
per un momento.
Quando
sciolse l’abbraccio, la sorella
indietreggiò di qualche passo per lasciarlo di nuovo libero
di respirare, e rischiò di inciampare nella borsa che aveva
gettato a terra.
«Ops»
fece, incespicando.
Goten
l’afferrò appena in tempo, evitandole un bel
ruzzolone.
«Al,
sei incredibile!» esclamò quindi.
«Devo sempre starti attento e tu non puoi mai fare a meno di
rischiare di romperti la testa!»
Lei
abbassò lo sguardo. «Già»
sussurrò. «Una vera disfatta, per essere mezza
saiyan».
Il
ragazzo, allora, sentì la reale tristezza della
sorellina. Aspettò pazientemente che lei tornasse a
sistemarsi lo zaino sulle spalle, quindi le disse, seppur in tono
imbarazzato: «Al, tu sei perfetta così come sei,
non farti problemi che non ci sono». Vedendo la smorfia della
ragazzina, decise di buttarla un po’ sullo scherzo
– anche perché non era da lui tenere discorsi di
simile serietà. «Voglio dire, pensa a quanto mi
annoierei se non dovessi salvarti da incidenti mortali ogni volta che
fai un passo!»
Aliys
borbottò un ringraziamento, ancora troppo sconsolata
per essere sarcastica. Di solito il suo sguardo era simile
all’ossidiana, nero e pungente, ma in quel momento sembrava
solamente triste.
Goten
la osservò, senza sapere cosa dire.
Lui,
infatti, a parte i primi imbarazzi iniziali, non aveva avuto
problemi a legare con quel padre che gli era stato sconosciuto per la
maggior parte dell’infanzia.
In
silenzio e camminando l’uno di fianco all’altra,
i due fratelli uscirono dalla scuola, per poi allontanarsi
dall’edificio quel tanto che bastava per trovare una
stradicciola piuttosto deserta.
A
quel punto, si alzarono in volo.
Di
solito, una volta lontani dal centro abitato, iniziavano a
chiacchierare, raccontandosi le novità della giornata, ma
quella volta anche Goten, contagiato dall’umore di Aliys,
trascorse il tempo del viaggio in un silenzio piuttosto meditabondo.
Finalmente,
tra i prati verdeggianti del Paoz, giunsero in vista della
loro abitazione.
La
prima ad atterrare fu Aliys, ma Goten fu più rapido a
raggiungere la porta di casa e ad entrare, spinto dalla fame che i geni
saiyan gli avevano inculcato.
«Ciao,
mamma!» si annunciò, facendo il
suo ingresso in cucina.
«Ciao,
mamma» gli fece sommessamente eco Aliys, al
seguito del fratello.
Chichi,
sino a quel momento impegnata a tritare verdure, si
girò verso i figli. «Goten, Ally!» li
salutò. «Tutto bene, ragazzi?»
«Sì,
certo» risposero i due, in coro.
Se
le loro parole furono le stesse, i toni risultarono radicalmente
diversi: Goten le pronunciò con voce spensierata e
ottimista, mentre Aliys le mugugnò quasi mestamente.
Il
ragazzo la guardò inarcando un sopracciglio, come per
dirle: “E tirati su con il morale!” Lei gli fece
una smorfia.
Goten
scrollò le spalle e diede uno sguardo
tutt’attorno, prima di domandare: «Ma
papà dov’è?»
Aliys
guardò intensamente la madre, aspettando la risposta
con trepidazione. La ragazzina, infatti, provava nei riguardi del
genitore una vera e propria adorazione, che la faceva sentire ancora
più goffa e debole in sua presenza.
«È
uscito» replicò Chichi, in
tono indulgente, tagliando una carota. «Credo volesse
allenare Pan».
A
quelle parole, Aliys abbassò il viso, così che
i capelli, coprendolo in gran parte, non facessero balenare nei suoi
occhi la fitta di gelosia che le aveva punto lo stomaco.
Si
sentiva in colpa – un vero verme – a guardare
con invidia la nipotina, che aveva appena cinque anni, ma non riusciva
propria a farne a meno. Pan era un amore di bambina, con quei capelli
corvini e quegli occhioni grandi e lucenti. Era sempre allegra, e per
di più sì che lei era propensa per il
combattimento.
Per
farla breve, la piccola sembrava fatta apposta per trascorrere del
tempo in compagnia di Goku, e quest’ultimo le voleva un mondo
di bene.
Quando
li vedeva scherzare e svolazzare di qua e di là,
Aliys non poteva fare a meno di sentirsi esclusa da quella relazione
così speciale, e sentiva il proprio cuore gonfiarsi di
rimpianto.
A
distrarla da quei pensieri fu lo sbuffo di sua madre, la quale si era
piazzata con impazienza le mani sui fianchi. «Naturalmente,
com’è logico» commentò,
seccamente, «Goku è in ritardo!»
A
quelle parole, Goten trattenne a stento un risolino.
Aliys
lo guardò storto, ma avrebbe preferito potergli
allungare una gomitata. A volte, per avere diciassette anni, era
proprio immaturo.
«Non
c’è problema, mamma»
dichiarò allegramente il ragazzo. «Anzi, se
iniziamo a mangiare, forse papà imparerà la
lezione e la prossima volta si darà un contegno».
«E
da quando sai cosa vuol dire contegno?» lo
rimbeccò Aliys.
In
realtà non trovava che le parole difficili potessero
essere un ostacolo per Goten – anche se a volte si comportava
come tale, il giovane non era stupido – ma non le piaceva
l’idea di lasciare Goku a stomaco vuoto.
Tuttavia,
quando Chichi mise da parte il coltello e le verdure e li
fece accomodare a tavola, la ragazza non si oppose. A malincuore,
doveva ammettere di sentire un certo languorino. L’importante
era tenere d’occhio la pentola e assicurarsi che Goten non
cercasse di mangiare anche la parte riservata a loro padre.
Chichi
aveva appena servito la minestra nei piatti dei figli quando una
voce echeggiò nell’ingresso: «Ehi, sono
in tempo per il pranzo!»
Aliys
sobbalzò. “Calmati” si disse
subito dopo, non senza una punta di irritazione. “Insomma,
è tuo padre! Sei ridicola!”
E
a quel punto Goku fece il suo ingresso, con un sorriso ad
illuminargli il viso. «Ciao, Chichi, ciao ragazzi!»
Aliys
abbozzò un saluto, poi i suoi occhi si fissarono su
Pan, la quale stava tranquillamente seduta sulla spalla del guerriero
saiyan, con l’espressione serena di un gattino che fa le
fusa. Goku sembrava soddisfatto, e la bimba agitò una mano
nel frenetico saluto alle persone che vedeva davanti a sé.
«Sapete»
annunciò Goku, entusiasta come
un bambino e visibilmente orgoglioso, «oggi Pan ha fatto il
giro del mondo!»
Spettinò
i corti capelli neri della nipotina, che per tutta
risposta si strinse contro di lui, beata come non mai.
Goten
sembrava di gran lunga più interessato alla minestra
che gli era appena stata data – e infatti già
brandiva il cucchiaio – mentre Aliys si sforzò di
concentrarsi sul proprio bicchiere.
“Pan
ha fatto il giro del mondo!” le
riecheggiò nelle orecchie.
In
volo, era ovvio.
La
ragazza si sentì sprofondare.
Lei
a malapena era in grado di fare il viaggio di andata e di ritorno
dalla scuola, il giro del mondo l’avrebbe a dir poco
distrutta. Per nascondere il proprio disagio, inghiottì una
cucchiaiata di minestra che le scottò la lingua.
«Bene,
ragazzi, io porto a casa Pan»
annunciò Goku, scambiando uno sguardo complice con la
bambina.
«Ciao!»
trillò lei, abbracciando la
testa di suo nonno.
«Vedi
di non fare tardi» raccomandò
Chichi, prima di soffiare, come Aliys avrebbe fatto meglio a fare,
sulla cucchiaiata che stava per portare alle labbra.
Per
tutta risposta, Goku agitò la mano e uscì, la
nipotina sempre sulla spalla. Mentre i due si allontanavano,
continuarono a sentirsi le loro risate.
Con
lo stomaco chiuso (“Una bambina, è solo una
bambina! Sei davvero ridicola ad essere gelosa!”), Aliys
ingoiò un altro po’ del pranzo, mentre Goten
finalmente attaccava con frenesia il proprio piatto.
Goku
non tardò a tornare e, una volta che si fu seduto di
fronte alla figlia, reclamò la propria parte di pasto. Nel
momento stesso in cui il suo piatto fu riempito, il saiyan non
esitò e iniziò a mangiare di gran lena.
Aliys
gli diede un’occhiata, trattenendo a stento un sorriso.
C’era poco da dire: quando mangiava, suo padre era proprio
buffo!
Sentendosi
già meglio, la ragazza tornò a
mangiare la propria porzione, finendola in poco tempo.
Mentre
i tre saiyan attendevano che Chichi servisse il delizioso
arrosto che aveva cucinato come secondo piatto, Goku rivolse la propria
attenzione alla figlia. «Com’è andata a
scuola, Al? Tutto bene?»
La
ragazzina rivolse a Goten un’occhiata fugace, per essere
certa che non dicesse nulla riguardo ad educazione fisica, quindi
rispose, annuendo: «Sì, certo. Grazie…
papà».
Goku
le sorrise. «Bene» commentò, prima
di voltarsi verso il figlio. «A te, Goten?»
«Mah,
le solite faccende» replicò il
ragazzo, scrollando le spalle, mentre Aliys, di umore decisamente
migliore, si versava un bicchiere d’acqua dalla caraffa.
«Domani
avete qualcosa di impegnativo? Verifiche o cose del
genere?» aggiunse ancora Goku.
Aliys
sollevò gli occhi. «No»
replicò, immediatamente imitata dal fratello.
«Perché?»
aggiunse Goten, con evidente
curiosità.
Il
saiyan adulto sorrise nuovamente. «Pensavo che potremmo
fare un pic-nic in montagna» rispose, in tono alquanto
candido.
Goten
aderì immediatamente al progetto, con sincero
entusiasmo, anche perché la prospettiva di stare a casa da
scuola non gli dispiaceva affatto. «È una bella
idea, mi piace!» esclamò.
«Anche
a me» si ritrovò a concordare
Aliys, convinta.
Goku,
a quel punto, soddisfatto dal successo che aveva riscosso con la
sua proposta, si voltò verso la moglie, la quale aveva
appena poggiato sul tavolo l’arrosto, e domandò:
«Chichi?»
La
donna indugiò per un istante. Non le piaceva poi molto
l’idea che i figli saltassero la scuola, anche per un solo
giorno.
L’espressione
di Goku, però, avrebbe sciolto anche
un iceberg, così la donna rispose: «Naturalmente
penso sia un’ottima idea».
«E
vai, mamma!» esclamò Goten, prima di
girarsi verso il padre. «Non è
fantastico?» gli domandò.
«Però» aggiunse un momento dopo, in tono
più calmo, «visto che ho intenzione di camminare
di buona lena, dovrai stare tu con Al».
Terminando
la proposta, scoccò un’occhiata furba
alla sorella, la quale si imporporò.
«Goten!»
protestò.
Goku
ridacchiò, divertito da quella piccola scaramuccia.
«E va bene» concordò,
«vorrà dire che mi prenderò un bel
po’ di tempo con la mia principessa».
Aliys
sentì che le guance le andavano ancora più
in fiamme, mentre il cuore le martellava in petto con gioia.
“Sì, sì, sì!”
sembrava esultare ad ogni battito.
Rendendosi
conto che suo padre la stava guardando, abbassò
il viso, e i capelli, misericordiosi, nascosero buona parte delle sue
guance in fiamme.
Goku
percepì il suo imbarazzo, pur senza capire a cosa fosse
dovuto, perciò si rivolse alla moglie, decidendo di cambiare
argomento. «Sai, Chichi? Pan migliora a vista
d’occhio» riferì, con sincera
approvazione.
Non
notò Aliys che contraeva appena la mascella e Goten che
si batteva una mano sulla fronte in un gesto esasperato.
«Parlo
sul serio, quella bimba è una vera saiyan,
fatta e finita per il combattimento!»
Aliys
strinse le labbra.
Una
vera saiyan.
Qualcuno
che, come Goten e Gohan, non inciampava
nell’abbracciare qualcun altro. Qualcuno che non aveva
problemi a prendere una palla al volo. Che, probabilmente, era un
portento in tutti gli sport.
Qualcuno
che non era lei.
Perché
lei… Lei non era nient’altro che
Son Aliys.
Spazio dell’Autrice:
Rieccomi.
Allora, come avrete notato, qui si passa subito al post-saga di
Majin-Bu. È probabile che più avanti ci saranno
alcuni flashback sull’infanzia di Aliys, ma per lo
più sarà tutto incentrato su questo periodo ;)
UAH, accidenti, oggi ho fatto solo due ore di lezione e sono
già esausta. Quand’è che arrivano le
prossime vacanze? :D
Okay, la pianto di dire stupidaggini e vi lascio.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^
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Capitolo 3 *** Varie ed eventuali ***
Capitolo
2 – Varie ed eventuali
Il
giorno dopo, Chichi, Goku e i loro figli minori si alzarono presto,
così da poter arrivare senza problemi alla meta prefissata
intorno a mezzogiorno.
Quell’alzata
mattiniera non aveva incontrato
l’approvazione di Goten, il quale si era lasciato sfuggire in
un borbottio che trovava abbastanza inutile saltare scuola e non
approfittarne per dormire più a lungo. Ma gli fu sufficiente
vedere il cielo azzurro e limpido fuori dalla finestra per dimenticare
completamente il proprio cruccio e tornare perfettamente di buonumore.
In
quanto ad Aliys, dopo infinite incertezze, decise di legarsi i
lunghi capelli neri in un’alta coda di cavallo.
«Al»
la salutò Goku con un sorriso,
quando la ragazza scese per la colazione. «Stai davvero bene
così, senza che i capelli ti vadano in faccia».
Lei,
con un sorriso sulle labbra e una fetta di pane tostato in mano,
urlò di rimando: «Grazie,
papà!»
Appena
si furono saziati, uscirono per iniziare subito la scarpinata.
Goten,
come aveva stabilito la sera prima, andò avanti al
gruppo, seguito da Chichi – la quale, anche se non disse
nulla, temeva che il giovane, camminando così spedito,
potesse trovare il modo di farsi male.
Aliys,
rimasta indietro con Goku, non poteva fare a meno di sentirsi un
po’ a disagio.
Aveva
una paura matta di inciampare. Non certo per timore di farsi
male, dato che aveva la certezza che il padre l’avrebbe
afferrata immediatamente, ma per l’ansia di poter fare la
figura di vera imbranata.
Inspirò
lentamente e cercò di rendere
più fluido il proprio passo, tentando di concentrarsi sul
paesaggio.
Il
sentiero saliva con una pendenza davvero lieve, per il momento.
La
ragazzina si distrasse a osservare il profilo dei monti
più lontani, né grigio né verde, ma
piuttosto di un colore simile ad un azzurrino tenue. Spostò
lo sguardo su alcune delle montagne più vicine, mentre
accanto a sé sentiva i passi sicuri di Goku, e
osservò le chiazze di terra che spuntavano dalle spruzzate
verdi degli alberi.
Per
un istante, si distrasse a seguire con occhi spalancati la forma
delle nuvole sottili che scivolavano lentamente sulla volta celeste. Si
riebbe immediatamente, ricordando di dover stare attenta a dove si
posavano i suoi piedi, così da evitare un bel capitombolo.
«Cosa
ne pensi, Al?» le chiese Goku in quel
momento, interessato alla sua risposta con la genuinità di
un bambino. «Del paesaggio, intendo».
La
ragazzina alzò gli occhi e incrociò quelli
neri del padre, identici ai suoi. Lui sembrava sereno e a proprio agio,
mentre la guardava di rimando in attesa, continuando a camminare.
«Be’»
mormorò Aliys,
guardandosi i piedi in tempo per evitare di inciampare in una radice.
«Lo trovo bellissimo» concluse quindi, con
schiettezza.
Goku
annuì, concordando con quella risposta. «In
questi giorni, con la scuola e le tue uscite pomeridiane, ti vedo
poco» riprese, e ne pareva dispiaciuto. «Quindi?
Raccontami, su. Com’è la vita di
città?»
Aliys
non poté fare a meno di schiudere le labbra in una
breve risata. «Mi piace, ma le mie amiche amano troppo lo
shopping» confidò. «Io, invece,
purtroppo mi annoio subito».
«E
nei bar?» domandò Goku, allungando
appena il passo, per poi tornare ad accorciarlo d’istinto il
momento dopo per non distanziare la figlia.
Aliys
aggrottò la fronte, perplessa.
«Cosa?» chiese.
«Nei
bar ti annoi?» reiterò Goku.
«Dovrete pur andarci, nei bar» aggiunse, ed era
chiaro che per lui era inconcepibile l’idea che un gruppo di
ragazzine potesse gironzolare l’intero pomeriggio senza mai
fermarsi a mangiare qualcosa.
«Uh,
sì, andiamo nei bar» disse Aliys.
«E lì no, non mi annoio» aggiunse,
mentre il suo volto si rischiarava in un timido sorriso.
Goku
sorrise a propria volta. «Una bella scorpacciata non
dovrebbe annoiare mai nessuno!»
Aliys
annuì, ma in quel momento un piede le andò
a cozzare contro una pietra. Con uno strillo di sorpresa, la ragazzina
crollò in avanti, e fortunatamente il padre fu lesto a
trattenerla, afferrandola saldamente per le spalle. «Tutto a
posto?» le chiese, preoccupato, lasciandola solo quando fu
certo che lei avesse recuperato per bene l’equilibrio su
entrambi i piedi.
Aliys
si maledisse, augurandosi che la terra si spalancasse per
inghiottirla. «Sì, penso di
sì» mormorò, depressa.
Cautamente,
mosse un passo di prova, e con somma vergogna non
riuscì a trattenere una smorfia, e la cosa non
sfuggì agli occhi attenti di Goku.
«Cosa
c’è?» domandò
infatti il saiyan, allarmato.
Aliys
lottò contro il desiderio – così
forte da farle prudere le dita – di sciogliere la coda e
lasciare che i capelli le nascondessero il viso.
«Credo… Penso di essermi storta una
caviglia» affermò, deglutendo, senza riuscire a
guardare suo padre.
Goku
si chinò per osservare la gamba offesa. «Vuoi
tornare a casa?» domandò, dopo un istante.
«Se vuoi ti porto in volo».
Aliys
rimpianse di non avere a portata di mano un albero contro il
quale sbattere la testa. «No, grazie, papà. Ce la
posso fare» dichiarò, sperando con tutto il cuore
che fosse vero.
Che
razza di figura, farsi male in una passeggiata simile!
Goku
la prese per mano. «Con calma,
d’accordo?» domandò quindi, con un
sorriso.
La
figlia annuì, a denti stretti.
E
pensare che in un’altra situazione si sarebbe sentita al
settimo cielo, con la mano in quella di Goku e la forte sicurezza del
padre che la guidava.
Un
passo dopo l’altro, un desiderio di sprofondare dopo
l’altro, finalmente Aliys, che ancora teneva saldamente le
proprie dita intrecciate a quelle di Goku, giunse nel luogo dove
già li aspettavano sua madre e Goten.
Al
momento, Chichi stava cercando di convincere Goten ad alzarsi
dall’erba e a sedersi su una pietra, perché
«non è bagnata e non rischi di prendere un
raffreddore», ma non appena vide la figlia zoppicare
spostò su di lei tutta la propria apprensione.
«Ally!»
esclamò, correndo incontro a lei
e al marito. «Cosa le hai fatto fare?»
sbottò poi, in tono di rimprovero, rivolgendosi a Goku.
Istintivamente,
lui si ritrasse dalla moglie, quindi si
grattò la nuca, imbarazzato.
«Non
ha fatto nulla, mamma» intervenne Aliys, in
tono demoralizzato. «Sono solo inciampata, e poi adesso va
già meglio. Dico davvero» sottolineò,
dato che Chichi le aveva gettato un’occhiata poco convinta.
A
quel punto la donna annuì, quindi si rivolse nuovamente al
marito. «Son Goku» lo apostrofò,
«se tu anche solo
osi un’altra volta riportarmi
Aliys in una condizione di salute differente da quella naturale,
garantisco che ti faccio saltare tutti i pasti!»
Goku,
seriamente preoccupato di fronte a quella minaccia,
scambiò uno sguardo con la figlia, che però fu
lesta a distogliere gli occhi.
Dopodiché,
sotto lo strenuo controllo di Chichi, Aliys fu
aiutata da Goku a sedersi su un masso, mentre Goten osservava la scena
da poco lontano, seduto sull’erba e, per quanto dispiaciuto
per la sorella, segretamente felice che qualcuno avesse distolto da lui
le attenzioni della madre.
Non
appena Goku, dopo averle domandato se era comoda e aver ricevuto
una risposta affermativa, si volse a vedere cosa c’era di
buono per il pic-nic, Aliys sospirò. Alzò una
mano e tolse l’elastico che le tratteneva i capelli, i quali
le ricaddero subito ai lati del viso e scivolarono un po’
avanti, finendole davanti agli occhi.
Goten,
che s’era già impossessato di un panino al
prosciutto, notò l’azione della sorella e non
poté fare a meno di sospirare.
A
pic-nic concluso, ripresero subito la via del ritorno.
Chichi
dichiarò che lo facevano perché le nuvole
stavano iniziando ad addensarsi all’orizzonte in modo
preoccupante, ma Aliys sospettava di essere la principale ragione di
una simile decisione, e rimpiangeva di non essere stata attenta.
Suo
padre volle a tutti i costi aiutarla nella discesa, ma per lo meno
Aliys riuscì a convincerlo a non portarla in volo sino a
casa tenendola in braccio come un’invalida.
Ora
teneva l’elastico attorno al polso come un braccialetto
e, concentrata sui propri piedi, ascoltò Goku sperticarsi in
lodi per tutto quel che Chichi aveva preparato.
Quando
arrivarono nei pressi della loro abitazione, trovarono Gohan ad
aspettarli davanti alla porta. Vedendoli, il giovane si
raddrizzò gli occhiali e sorrise. «Ciao, mamma.
Ciao, papà! Ally, Goten…»
Aliys,
senza badare alla caviglia ancora lievemente indolenzita, si
slanciò ad abbracciare il fratello. Non che Gohan vivesse
lontano, anzi! La casa che condivideva con Videl e Pan era proprio di
fianco a quella dove aveva trascorso l’infanzia, ma spesso
era fuori per conferenze e ricerche, e Aliys sentiva di non vederlo mai
abbastanza spesso.
«Perché
sei qui, Gohan?» gli
domandò, curiosa, staccandosi a malincuore da lui.
Il
fratello le rivolse un’occhiata gentile. «Niente
di ché, volevo soltanto portarvi la torta che Videl vi ha
preparato» affermò, mostrando un contenitore di
plastica.
«Torta?»
domandò Goku, protendendosi
come un segugio che annusa la preda. «Urca! Tua moglie
è davvero deliziosa, figliolo!» esclamò
quindi, pronto a ricevere il dono del figlio maggiore.
Chichi,
però, intervenne con una rapidità
incredibile a spegnere il suo entusiasmo. «Ah, no, carino! Tu
prima vai a lavarti, e poi
potrai assaggiare la torta di
Videl!»
Mentre
i tre figli si scambiavano un sorriso, Goku assunse
un’espressione tra il deluso e l’affranto, ma si
rianimò in un istante. «Va bene»
accettò, allegro.
Di
buon grado, si volse a guardare la famiglia.
«Al,
per caso vuoi venire con me?» propose.
Lei
avvampò seduta stante.
«Papà!» protestò, vergognosa,
ma lui la fissò senza capire.
«Papà»
intervenne Goten, in tono
computo, «Al è cresciuta».
Gohan
non poté trattenere un sorriso.
Goku,
dal canto suo, incrociò le braccia dietro la nuca,
imbarazzato, e si lasciò sfuggire una risata.
«Già, già, è
vero!» esclamò. «Non mi viene mai in
mente» ammise quindi, in tono candido.
Infine,
con un saluto e un sorriso a tutti, si voltò,
allontanandosi a larghi passi.
«Aliys»
sospirò Chichi, scuotendo il
capo in ricordo dell’ingenuità del marito,
«ti preparo il bagno, va bene?»
Lei
fece segno di sì, distrattamente, quindi si sporse a
baciare Gohan sulla guancia. «Ci vediamo,
fratellone» gli disse.
Lui
le strizzò l’occhio. «Bada a dove
metti i piedi, la prossima volta, sorellina» le
suggerì.
La
ragazzina gli mostrò la lingua, ma subito dopo non
poté fare a meno di ridere. Quando Gohan le diceva una cosa
simile, non la faceva mai arrabbiare come Goten, forse
perché il maggiore usava sempre un tono affettuoso e
protettivo.
Salutando
il giovane ricercatore per l’ultima volta, la
ragazza entrò in casa e decise di salire in camera. Esausta,
si gettò sul letto, rivolgendo gli occhi al soffitto.
Si
alzò dopo qualche attimo e, stando attenta a come metteva
il piede infortunato, si avvicinò alla scrivania.
Posata
sul piano del tavolo c’era una foto incorniciata.
Lei,
piccolina, in braccio ad un Goku a dir poco raggiante.
Già,
all’epoca lei era ancora troppo minuscola
perché suo padre notasse la sua nulla propensione al
combattimento. All’epoca, tutto quello che si aspettavano da
lei era che imparasse a correre e che cadendo non si facesse
male…
Scuotendo
la testa per liberarsi da quei pensieri, Aliys tese la mano
ed abbassò con decisione la foto, in modo da non vederla
più.
Quindi,
sentendo bussare, si girò, in tempo per vedere Goten
sgusciare nella sua camera.
«Sai»
gli disse, voltando le spalle alla scrivania,
«bussare è superfluo, se poi non aspetti che ti
sia detto “Avanti”».
Lui
la guardò con aria sorpresa. «Ahi, ahi, che
umore» commentò, scuotendo la testa.
«Cos’hai, oggi non è andata
bene?» chiese, andando a sedersi sul letto della sorella.
Aliys
si accigliò. «Andiamo, non fare lo
stupido!» protestò. «Voglio dire, una
volta tanto che sono sola con papà… Che faccio?
Vado ad inciampare! È così tipico di
me…!»
Sbuffò,
girandosi.
«Dai,
Al» le disse Goten, costernato da quello
sfogo. «Ora sei capricciosa».
Lei
si voltò nuovamente verso di lui, incrociando le braccia
sul petto. «Sbaglio o non avevi il permesso di
entrare?» indagò, con voce pungente.
Il
moro alzò gli occhi al cielo. «Qualcuno mi
aiuti e mi salvi da questa adolescente!» invocò,
spalancando le braccia, prima di gettare uno sguardo critico alla
sorella. «Forse saranno gli ormoni, ma tu la fai sempre
troppo complicata!»
«Anche
tu stai passando per
l’adolescenza!» lo rimbeccò lei.
«Sì,
d’accordo, ma io non mi faccio di
questi problemi per ogni volta che metto male un piede» le
fece notare Goten.
Aliys
inclinò le testa come a riconoscergli la
verità di quell’affermazione.
«Ovvio» aggiunse però subito dopo.
«Tu non metti male un piede cento volte al giorno! No, Goten,
tu metti male un piede ad ogni cambiamento di Dio».
Goten
rise e si alzò dal letto della sorella, avvicinandosi
alla ragazzina. «Probabilmente hai ragione, Aliys»
ammise. «Però, che diamine, tu sei speciale lo
stesso, senza avere chissà quale potere. E stai pur certa
che papà lo sa!» concluse, facendole
l’occhiolino.
Aliys
tentò di non darlo a vedere, ma quelle parole la
colpirono.
Goten
se ne accorse e sorrise compiaciuto. «Bene, ora che ho
compiuto il mio dovere di fratello saggio e capace, ti lascio ai tuoi
pensieri» concluse, in tono soddisfatto. Quindi, senza dire
altro né lasciare il tempo ad Aliys di spiccicare una sola
sillaba, uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle
spalle.
Aliys,
rimasta sola, indietreggiò lentamente sino a
lasciarsi cadere seduta sul proprio letto.
Con
un’espressione assorta in viso, ripensò alle
parole di Goten. «E stai pur certa che papà lo
sa» sussurrò a bassa voce.
Un
momento dopo, sospirò e sorrise, dandosi della stupida.
Sapeva
che Goten aveva ragione: Goku le voleva bene, era lei che faceva
la complicata e si sentiva impacciata quasi ogni volta che lui le
rivolgeva la parola.
Eppure
non poteva farne a meno. Invidiava i suoi fratelli per il
rapporto disinvolto che avevano con loro padre.
Ma
forse, rifletté, passandosi le dita tra i capelli neri,
se solo Goku avesse accettato di allenarla… Si
illuminò.
Certo,
poteva essere un’idea! Avrebbe potuto chiedergli di
allenarla nelle Arti Marziali!
Non
seriamente quanto Gohan e Goten, certo, solo quel tanto che bastava
per far sì che lei si irrobustisse un po’.
Pensando
alla marea di figuracce che avrebbe sicuramente collezionato
si morse il labbro, ma poi si disse che dopotutto, se un allenamento le
dava la possibilità di stare più con suo padre e
forse di discutere con lui di alcune tecniche, ne valeva la pena.
Improvvisamente
di buonumore, tornò verso la scrivania e
rimise in piedi la fotografia.
Spazio Autrice:
Okay, rieccomi ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto… E perdonate il
titolo, lo so che non ha molto senso (non ha senso e basta ._.), ma
avevo la testa vuota XD
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Capitolo 4 *** La proposta di Aliys ***
Capitolo 3 – La proposta
di Aliys
Il mattino successivo,
nell’attesa impaziente del pomeriggio,
la scuola fu più scocciante del solito – il
ché, credetemi, è tutto dire.
La
caviglia non le faceva più male, e durante la lezione di
storia Aliys si distrasse agitandola sotto il banco.
Quel
giorno aveva scuola sino alle due del pomeriggio, così
si fermò a pranzare in un bar con alcune sue compagne, ma
durante tutto il tempo non fece che pensare a suo padre, dibattendosi
tra nervosismo e impazienza.
Finalmente,
le lezioni finirono, e Aliys poté tornare a casa.
Come
se l’universo volesse darle una spintarella, quando la
ragazzina fece un salto in cucina vi trovò il padre,
completamente solo.
Il
cuore prese a batterle all’impazzata. Una parte di lei era
così tesa che avrebbe voluto rimandare, ma l’altra
capiva che quello era il momento giusto.
Con
una casa di così modeste dimensioni, era raro riuscire a
trovarsi senza troppa compagnia.
Si
schiarì la gola. «Ciao,
papà» lo salutò, sforzandosi di
apparire disinvolta.
Goku
si girò verso di lei. Teneva in mano un bicchiere,
vuoto ma bagnato.
«Al!»
esclamò. «Sei
già tornata!»
Lei
accennò un sorriso timido.
«Già»
rispose, per poi guardarsi attorno
e aggrottare la fronte: «La mamma non
c’è?»
Goku
si grattò la nuca. «È andata alla
Città dell’Ovest» replicò.
«Per un pomeriggio di shopping con Bulma» aggiunse.
Il
suo tono perplesso esplicava benissimo che, per lui, i passatempi
amati dalle donne erano alquanto bizzarri.
«Be’,
si meritava una pausa»
commentò Aliys.
Goku
scrollò le spalle.
«Senz’altro» concordò, con
voce carica di affetto, fissando la figlia con vera e propria tenerezza.
Davanti
a quel tono così paterno, Aliys si fece coraggio.
«Senti, papà, volevo chiederti una
cosa…» esordì, cercando di ignorare il
cuore che le martellava insistentemente tra le costole.
Dato
che aveva le mani sudate, se le passò sui jeans.
«Pensavo…»
cominciò, prima di
correggersi: «Ti andrebbe di passare un po’ di
tempo a perdere pazienza con me?»
Il
sorriso di Goku vacillò un istante per la
perplessità, ma il saiyan lo recuperò
immediatamente. «Certo» accettò di buon
grado, in un chiaro invito a proseguire nella richiesta.
Aliys,
rassicurata da quella risposta, trasse un respiro, per poi
domandare in un fiato: «Non è che potresti
allenarmi nelle Arti Marziali?»
Ecco.
Lo aveva chiesto.
Azzardò
un’occhiata verso Goku, e
raggelò.
Adesso
il saiyan era serissimo. Ogni traccia di sorriso era svanita dal
suo volto.
«Arti
Marziali?» ripeté piano.
Da
qualche parte, poiché mai lo aveva visto reagire in un
modo simile, Aliys trovò la forza di annuire, con la gola
troppo secca per parlare.
Goku
posò lentamente il bicchiere – la ragazzina
non aveva notato che lo avesse ancora in mano – sopra il
tavolo. Quindi si voltò a squadrare la figlia.
«No» disse, seccamente.
Aliys
lo fissò, incredula e ferita, tentando disperatamente
di capire se stesse scherzando o meno. «Ma
papà» iniziò a protestare,
«Goten e Gohan sanno…»
«Ho
detto di no, Aliys!» sbottò lui, con
tanta violenza da farla ammutolire all’istante.
La
ragazzina notò che lo aveva chiamata con il suo nome per
intero, e non succedeva quasi mai. Lo fissò, stordita,
realizzando che era la prima volta che lo vedeva così
arrabbiato con lei.
Anzi,
prima di allora non aveva mai visto la furia sul suo volto.
Non
era giusto, si disse la ragazzina, stringendo il pugno tanto da
conficcarsi le unghie nel palmo. Che cosa aveva fatto?
«Ma
perché…?» disse, con un
fil di voce.
«Non
ti insegnerò un bel niente, e non voglio
più sentire parlare di questa storia, sono stato
chiaro?» tagliò corto suo padre, in tono
terribilmente severo.
Aliys
sentiva di essere a un passo dalle lacrime.
«Aliys,
è chiaro?» reiterò
bruscamente Goku.
«Sì,
è chiaro»
trovò la forza di pigolare lei.
Iniziava
a tremare, per l’ingiustizia di tutto quello e la
confusione di fronte ad una tale reazione.
Goku
continuava a guardarla duramente, e d’un tratto Aliys
sentì nuovamente le proprie gambe. Poteva usarle per
allontanarsi il più possibile da suo padre arrabbiato, da
quel Goku che non conosceva.
Lo
fece.
Scappò
via, senza badare a suo padre che abbassava il capo,
quindi corse in camera sua e si gettò sul letto,
avvinghiandosi al cuscino.
Tentò
in tutti i modi di trattenersi, ma alla fine
l’esito disastroso della sua proposta ebbe la meglio su di
lei, e la ragazzina scoppiò in singhiozzi.
Qualche
istante dopo, sentì bussare alla propria porta, e
premette il viso contro il materasso nel tentativo di soffocare quanto
più possibile i propri singulti.
«Al,
ci sei? Che è successo?»
chiamò una voce che la ragazzina riconobbe come quella di
Goten.
Aliys
sollevò il capo. «Vai via!»
urlò, in crisi.
E
a quel punto, nonostante la porta chiusa, lo sentì
chiaramente borbottare in tono dubbioso: «Ma che
diavolo…», e poi urlare, mentre si allontanava:
«Papà!»
Aliys
strinse il cuscino e, cuocendo nella propria rabbia impotente, si
toccò il lato del labbro con la lingua, catturando una
piccola lacrima salata.
Sapeva
di amarezza, pensò.
Sospirò
pesantemente, mentre un macigno sembrava gravarle
sullo stomaco. Non era giusto, si disse, per l’ennesima
volta. “Perché papà ha reagito
così, perché?”
Non
era giusto che si fosse arrabbiato con lei in quel momento, non
era…
Dovette
soffocare un singhiozzo e ricacciare indietro le lacrime.
«Perché?»
domandò al muro,
con voce strozzata. «Perché?»
Intanto,
Goten scese le scale in fretta, quasi correndo, immemore di
tutte le volte in cui, quand’era piccolo, era stato ammonito
dalla madre, che gli intimava di non essere così spericolato.
Saltando
gli ultimi gradini, per poco non andò a sbattere
contro Goku. Ritraendosi per non finirgli addosso, alzò la
testa a guardarlo. «Oh, papà» lo
chiamò, sollevato.
Goku
gli rivolse la propria attenzione, e Goten non poté
fare a meno di notare che sembrava turbato da qualcosa.
«Sì?»
domandò il saiyan
adulto.
«Sai
per caso cos’è successo con
Aliys?» chiese di rimando il ragazzo moro, in fretta.
«Mi sembra che sia sconvolta…»
Goku
lo fissò per un momento, mentre un’ombra gli
passava sul viso. «Le ho proibito di imparare le Arti
Marziali» rispose, quasi atono.
Goten
lo guardò, assolutamente smarrito. «Ma
perché?» chiese, sbalordito. «Se lei
vuole im…»
L’occhiata
che Goku gli rivolse fu sufficiente a zittirlo.
Non che fosse uno sguardo poi così tagliente, ma il solo
fatto di vedere suo padre così incupito sorprese il ragazzo
quel tanto che bastava per farlo ammutolire.
«Nessuno»
disse Goku, scandendo con chiarezza le
parole, «nessuno le insegnerà a combattere,
è chiaro?» concluse, tracciando con
perentorietà quel confine come raramente aveva fatto, quindi
voltò le spalle a Goten e uscì in giardino,
lasciando il ragazzo a dir poco sbigottito.
“Papà
che vieta qualcosa?! Aliys che vuole
imparare le Arti Marziali?!” pensò, allibito.
Probabilmente, se un meteorite gli fosse caduto addosso, ne sarebbe
stato meno frastornato, dal momento che non sapeva decidere quale delle
due cose fosse più assurda.
Gli
ritornarono in mente i singhiozzi di Aliys, e a quel punto
sentì emergere il suo lato protettivo da fratello maggiore.
Per
un momento, fu quasi arrabbiato con il genitore. Possibile che non
si rendesse conto dell’adorazione che Aliys nutriva nei suoi
confronti? E perché diavolo era stato così
insensibile da vietarle qualcosa quando non lo aveva mai fatto prima?
Era evidente che Aliys sarebbe stata molto felice di potersi allenare
un po’ con il padre.
Cercando
di allontanare tutti quei pensieri – che erano
decisamente troppi e si accavallavano l’uno
sull’altro – Goten attese un momento per calmarsi.
Si
chiese il perché del rifiuto di Goku. L’uomo
era un combattente nato, amava la battaglia e gli allenamenti, ma
l’unica cosa che avesse mai insegnato ad Aliys era stato
azzerare la propria aura e volare…
In
ogni modo, il problema restava.
Perché
mai Goku – Goku, che aveva addestrato lui e
Gohan con tanto entusiasmo – aveva proibito alla figlia di
allenarsi?
Non
sembrava da lui.
Indeciso,
Goten uscì in giardino.
Ritrovandosi
con il sole in faccia, dovette sbattere le palpebre un
paio di volte, quindi si schermò il viso con una mano e si
guardò attorno.
Goku
era poco distante. Teneva sulle ginocchia una Pan alquanto
entusiasta ma, sebbene le risate della bimba echeggiassero tutto
intorno, il saiyan sembrava distratto da qualcosa.
Goten
sbuffò appena, quindi individuò Gohan.
Il
figlio maggiore di Goku e Chichi sedeva all’ombra di un
albero, con un libro aperto sulle gambe e una matita stretta tra due
dita. Ogni tanto alzava lo sguardo e dava un’occhiata al
padre e alla figlia, per poi sorridere e tornare alla propria lettura.
Goten
si diresse verso il fratello a passi decisi. «Senti,
Gohan» esordì non appena fu a portata
d’orecchio, «potrei parlarti un minuto?»
L’altro
alzò la testa e sorrise.
«Certo» replicò, di buon grado.
«Anche più di un minuto, se vuoi».
Goten
scosse il capo. «Un minuto va bene»
dichiarò, «anche perché tra poco devo
andare da Trunks…»
«D’accordo,
allora parleremo un minuto»
sorrise Gohan, mettendo da parte il libro.
Goten
si sedette sull’erba fresca, accanto al fratello.
«Si tratta di Al» esordì, strappando
qualche stelo verde con una mano.
«Oh».
A quella frase, gli occhi di Gohan saettarono
istintivamente in direzione del padre.
“Hai
capito tutto, fratellone” pensò
Goten, notando lo sguardo dell’altro. «Il
fatto» riprese, «è che papà
le ha vietato di allenarsi nelle Arti Marziali…»
Gohan
aggrottò la fronte. Evidentemente, anche a lui
sembrava assurdo sia che Aliys avesse voglia di diventare una
combattente sia che Goku avesse proibito qualcosa.
«A
quanto pare» proseguì Goten,
«si è arrabbiato con lei, e ora Aliys è
in camera a piangere. Perciò» concluse, abbassando
nervosamente gli occhi e prendendo a torcere un filo d’erba,
«vorrei che tu provassi a parlare con
papà». Ci pensò su. «E non
sarebbe affatto male se tu riuscissi a capire come mai si è
comportato così».
Gohan
rimase in silenzio per qualche attimo, con espressione assorta.
«Gli
parlerò fra poco» annuì
infine.
Goten
sospirò sollevato. «Grazie mille,
fratellone» esclamò. Trovava che Gohan fosse il
più adatto a discutere con loro padre.
«Di
nulla» ribatté subito Gohan.
«Credi forse di essere il solo a preoccuparti per
Aliys?» aggiunse, scuotendo la testa. «In tal caso,
ti ricordo che è anche mia sorella…»
Goten
non poté fare a meno di sorridere.
Per
un momento, si chiese se fosse il caso di parlare con Gohan anche
del fatto che secondo lui Aliys era un poco gelosa di Pan. Poi,
però, decise che era meglio così. In fondo la
piccola era proprio figlia di Gohan, e quest’ultimo lo stava
già aiutando tantissimo…
Perciò
si alzò in piedi, commentando:
«Ora vado, non vorrei arrivare in ritardo da
Trunks».
Gohan
lo salutò con un cenno, e lui tornò dentro
casa per prendere il portafoglio. A quel punto, decise che era meglio
passare da Aliys per assicurarsi che non fosse ancora in lacrime.
Si
diresse verso la stanza della sorella e, quando fu davanti alla
porta, bussò con le nocche. «Al!»
chiamò, rimanendo poi in attesa.
Silenzio.
Una
parte di lui si sentì sollevata: per lo meno
quell’assenza di suoni significava che la sorella aveva
smesso di piangere.
«Al!»
urlò nuovamente.
Ancora
un momento di silenzio, poi… «Va’
via!» si udì la voce della ragazza.
«Affatto!»
ribatté Goten.
«Adesso tu mi apri e la fai finita!» aggiunse.
«Ti
ho detto di andartene!»
Inutile,
Aliys non demordeva.
Il
ragazzo, allora, scosse rassegnato la testa, per poi posizionarsi di
fronte alla porta, con decisione. «Se non apri, abbatto la
porta con un’onda energetica» minacciò.
La
voce di Aliys risuonò immediatamente, arrabbiata:
«Ecco, a te sì che papà ha insegnato
qualcosa!»
Goten
fu privatamente felice nel sentirla tirar fuori quella grinta, ma
anche ben determinato a non farglielo capire.
«Sappi» urlò di rimando, «che
l’onda energetica l’ho imparata da Gohan! E
comunque quel che mi interessa in questo momento è il
saperla usare! E sono deciso ad usarla per togliere di mezzo alla
porta, se non ti decidi ad aprire!»
Attese
un momento.
Quindi,
notando che Aliys sembrava del tutto sorda alle sue minacce, si
preparò a scagliare veramente una Kamehameha. Non fece in
tempo, però, dato che l’attimo dopo la porta si
spalancò, e Goten si ritrovò a fissare in volto
sua sorella. Sembrava abbastanza contrariata.
Goten
la afferrò per un braccio e la sospinse
all’interno della stanza, seguendola. Aliys
strappò il gomito dalla presa del fratello e andò
a sedersi a gambe incrociate sul letto.
Lui
la osservò meglio, notando con preoccupazione che la
ragazzina aveva i capelli spettinati e gli occhi arrossati e un
po’ gonfi. A quel punto, andò ad accomodarsi
accanto a lei. Aliys lo scrutò torva, ma non disse nulla e
non lo spinse via.
«Ha
parlato con papà» le disse Goten,
scegliendo di andare subito al punto. «Ho saputo che ti ha
vietato di imparare le Arti Marziali…» aggiunse,
cautamente.
Di
colpo, Aliys sembrò perdere ogni arrabbiatura. Distolse
lo sguardo da Goten e, battendo freneticamente le palpebre,
annuì. «Ma tanto» disse, tentando di
mostrarsi decisa mentre si asciugava con stizza le lacrime sfuggite al
suo controllo, «chi se ne importa! Non ci tengo proprio a
spaccarmi le ossa per un allenamento!»
La
sua voce, però, suonava troppo mesta e incerta
perché la rabbia simulata risultasse convincente.
Goten
le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse
in un abbraccio fraterno. «Dai, piccola» la
consolò, «vedrai che papà
avrà avuto un suo motivo…»
Aliys
tirò su con il naso, abbracciando il fratello a
propria volta. Ormai aveva rinunciato a qualsiasi maschera
d’ira.
«Gohan
ha detto che gli parlerà»
aggiunse Goten, accarezzando impacciato i capelli neri della sorella
– era così che si faceva, no, per consolare una
ragazza?
Aliys
parve un poco rinfrancata, se per il gesto o per le parole del
fratello, lui non avrebbe saputo dirlo.
«Vedrai»
continuò Goten, «che
riuscirà a farsi dire come mai si è arrabbiato.
Di certo non è colpa tua» stabilì, con
convinzione.
E
finalmente, a quelle ultime parole, Aliys sorrise.
«Grazie» sussurrò, con voce ancora un
po’ debole. Esitò, quindi, in tono più
sicuro, precisò: «Mi dispiace di averti aggredito
così. Ma ero abbastanza arrabbiata»
spiegò, guardandolo a mo’ di scusa.
«Mah»
fece Goten. «Non devi scusarti.
Dopotutto non dimenticare che io ho minacciato di abbattere la tua
porta».
Aliys
si lasciò scappare un altro sorriso e scosse piano la
testa.
Improvvisamente,
sembrò colpita da un pensiero e si rivolse
al fratello. «Ma di’ un po’, tu non
dovevi andare da Trunks?»
Goten
sobbalzò come se fosse stato colpito da una scarica
elettrica. «Accidenti!» esclamò,
allibito. «Grazie per avermelo ricordato, non ci stavo
pensando più!»
Si
alzò di scatto e strinse velocemente in un abbraccio la
sorellina per salutarla quindi, senza fare altro, corse fuori, dove
prese il volo, diretto alla Capsule Corporation.
Aliys
sospirò piano e strinse il cuscino, finalmente
rasserenata.
Spazio Autrice:
No, Goku non è posseduto… Il perché
della sua reazione… be’, be’, lo vedrete
u.u
In ogni modo, spero di non essere caduta nell’OOC =S
Comunque sia, il prossimo aggiornamento sarà il 6
Ottobre
(lo so, è lontano, ma con la scuola di mezzo non credo
riuscirei a fare di meglio ç_ç)…
Alla prossima!
|
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Capitolo 5 *** Le ragioni di Goku ***
Capitolo 4 – Le ragioni
di Goku
Si era ormai fatto buio quando la
ragazzina si alzò dal
letto.
La
sera scuriva il cielo, disegnando in nero le sagome dei monti
circostanti.
Aliys
guardò dubbiosa il quadrante luminoso della sua
sveglia. “Strano che mamma non sia ancora tornata”
rifletté. “Si vede che lo shopping con Bulma
è più emozionante di quanto io
sospettassi!”
Si
stiracchiò, complimentandosi con se stessa per quel
tentativo di fare dell’ironia, e si rese conto di avere una
certa sete.
Scese
piano le scale, diretta in cucina. Stava per entrare, ma il suono
della voce di Gohan la bloccò.
Aliys
si appiattì contro il muro, azzerando la propria forza
spirituale nel tempo di un respiro. Tese le orecchie, col cuore che
già batteva all’impazzata.
«Papà»
stava dicendo il figlio maggiore
dei Son, «scusami, ma perché hai vietato ad Aliys
di imparare le Arti Marziali? Ci è rimasta molto male, e in
fondo voleva solo stare con te…»
Goku
si strofinò le tempie. «Chi te l’ha
detto?» domandò, senza curiosità.
Il
suo primogenito si raddrizzò gli occhiali.
«Goten» disse dopo qualche attimo.
«Però ciò non toglie che mi interessi
davvero» precisò, guardando il padre con
insistenza.
Fuori
dalla stanza, Aliys trattenne il fiato, mentre veniva investita
da un’ondata di gratitudine verso il fratello maggiore.
Goku
invece sospirò, incupendosi d’un tratto.
«Sai cos’è successo quando Aliys aveva
quattro anni?» domandò, con una serietà
che gli era inusuale.
Aliys
rabbrividì, appiattendosi maggiormente e premendo con
forza la schiena contro il muro.
Gohan,
invece, lanciò al padre un’occhiata
perplessa. «Cosa?» chiese.
«Si
è messa a piangere perché
l’ho abbracciata troppo forte» rispose Goku, tetro.
Gohan,
allora, ricordò… Una mattinata soleggiata,
un prato verde, le loro risate infantili, la gioia dei
genitori… Fu sbalordito dal fatto che il padre ancora
rimuginasse su quell’episodio. Di solito non era il tipo da
rinvangare memorie spiacevoli.
«Ma
a quel tempo era piccola» obbiettò.
«Non vedo perché non possa decidere di impegnarsi
a imparare alcune tecniche… Dopotutto è una sua
scelta».
«No,
non è solo sua» lo contraddisse
Goku, passando il peso da una gamba all’altra.
«Aliys è… diversa. Non è
come te, non è come Goten… Non lo so».
Tacque per un momento, corrugando la fronte. «Ma
so» riprese quindi, fissando il figlio con
severità, «che non pare avere doti particolari, in
termini di forza».
Aliys
si morse un labbro, cercando di essere più silenziosa
possibile, trattenendo quasi il respiro.
«Io
non voglio farle del male durante un allenamento. Non
voglio rischiare» aggiunse Goku. Quando vide che Gohan stava
aprendo la bocca per ribattere, lo zittì con un cenno.
«Ma non si tratta solo di questo».
Aliys
attese ansiosamente le parole del padre. Per essere certa che non
le sfuggisse alcun suono, si mise un dito tra i denti.
«Lo
sai, Gohan, all’inizio mi sarebbe piaciuto
allenarla, proprio perché non dimostrava un particolare
talento nella potenza...» Il viso di Goku si
rilassò, cessando quel cipiglio di serietà che
non gli era familiare. «Poi, però, ho parlato con
Chichi. Di certo lo saprai già, ma a vostra madre non piace
il fatto che io vi trascini nella lotta. Ha allenato Goten,
certo» concesse, «ma non perché lo
volesse guerriero».
Gohan
passò una mano sul proprio mento.
«Così»
proseguì Goku,
«mi ha chiesto se per caso avessi intenzione di allenare
anche Al. Mi ci ha fatto riflettere, in qualche modo». Fece
una pausa. «Lei è la mia unica figlia femmina. La
sola che non pareva aver ereditato alcuna dote di guerriero».
Ebbe uno strano sorriso. «Con ogni probabilità non
conoscerà mai la trasformazione in super saiyan, non credi?
E quella un po’ di voglia di combattere la
dà» concluse, guardando il figlio, che
ricambiò l’occhiata.
Dal
canto suo, Gohan pensò a quando aveva raggiunto il
secondo livello e ricordò la bramosia di far soffrire Cell,
nel momento in cui ne era diventato in grado, e non poté
fare a meno di sorridere.
Notandolo,
Goku ammiccò, mentre Aliys trasse un cauto
respiro in quell’atmosfera di colpo più rilassata.
«Quindi»
concluse Goku, «ho deciso che
lei, almeno lei, non avrebbe mai combattuto». Sorrise al
figlio maggiore. «Penso che a questo punto dovrei trovare
qualcosa per passare un po’ di tempo con lei»
aggiunse, nel consueto tono ingenuo.
Gohan
rise. «Ne sarebbe contenta…»
Aliys
si staccò piano dal muro. In silenzio, prestando ben
attenzione a dove metteva i piedi, si diresse verso la propria camera.
Andò a sdraiarsi sul letto e appoggiò il mento
alle proprie mani. Aveva tanto su cui riflettere, ma si sentiva come se
un gran peso le fosse stato tolto dal petto.
Prima
di udire il dialogo tra suo padre e suo fratello, aveva creduto
di avere colpa del fatto che Goku non la voleva allenare. Ora, scoprire
che non era così la rincuorava enormemente.
Dopotutto,
inoltre, non si sentiva poi tanto dispiaciuta per il divieto
di imparare le Arti Marziali. Cercando di recuperare il buonumore,
tentò di dirsi che erano solo tante cadute e botte in meno.
Ciò
che più di tutto le risollevava il morale,
però, era l’ultima frase che aveva detto Goku. Suo
padre avrebbe trovato un po’ di tempo con lei…
Lento
e placido come un’aurora sul mare, un sorriso
sbocciò timidamente sulle labbra della ragazzina.
Goten
rimase a casa di Trunks sino a quando le loro madri non tornarono
dal far compere.
Il
tempo – e il denaro – che le due donne avevano
sperperato in vari negozi fece sì che i giovani saiyan si
scambiassero un’occhiata a sopracciglia inarcate.
Bulma
si offrì di accompagnare a casa tanto Chichi quanto
Goten in aircar, e la donna dai capelli neri accettò di buon
grado, specie per tutte le borse che aveva radunato.
Goten
sedette su un sedile posteriore, indifferente alle chiacchiere
spigliate delle due donne.
Fissava
distrattamente il paesaggio che intravedeva – Bulma
guidava davvero veloce – oltre il finestrino.
Scrutò il cielo che aveva iniziato a scurirsi, e subito il
suo stomaco indicò che era ormai ora di cenare.
Goten
pensò ad Aliys. Probabilmente adesso Gohan doveva aver
già scambiato due parole con Goku, e il giovane era curioso
di sapere cosa ne avesse ricavato.
Quando
entrò in casa, perciò, si diresse
direttamente da Goku.
«Papà,
dov’è
Gohan?» domandò, guardandosi intorno come se si
stesse aspettando di vederlo comparire improvvisamente da qualche parte.
«È
tornato a casa; stasera voleva portare Pan e
Videl a cena in un ristorante» replicò Goku, con
somma delusione del ragazzo. «Certo non mi sarebbe
dispiaciuto accompagnarli…»
In
un altro momento, Goten avrebbe concordato energicamente con il
genitore, ma ora stava pensando che per avere informazioni avrebbe
dovuto attendere come minimo il giorno dopo. E la prospettiva di avere
un’Al depressa per tutto quel tempo lo fece sbiancare.
«Goten,
chiama Aliys, per piacere» lo riscosse la
voce di Chichi, la quale brandiva un enorme mestolo. «La cena
è pronta».
Goten
sobbalzò, accorgendosi di essere rimasto assorto nei
propri pensieri per un bel po’ di tempo. Sperava solo di non
essersi imbambolato a fissare nel vuoto con la bocca aperta.
«Vado
subito» disse, scattando verso la camera di
sua sorella.
«Al!
A mangiare!» gridò, bussando alla
porta con le nocche della mano destra.
Prontamente,
la voce della ragazzina urlò: «Va
bene! Un momento! Arrivo subito!»
Goten
sbatté le palpebre, quindi tornò in cucina.
«Ha detto che arriva subito» comunicò,
andando a sedersi al proprio posto.
In
tutta onestà, non sapeva cosa pensare.
Improvvisamente,
si accorse che Goku, in piedi in un angolo, aveva la
fronte appena aggrottata. Prima che potesse riflettere sul possibile
motivo dell’espressione rabbuiata del padre, però,
Chichi portò la cena in tavola, e Goku si
illuminò, prendendo posto con un sorriso alla moglie.
Poco
dopo, annunciata dal rumore dei suoi passi affrettati, Aliys
comparve in cucina.
Goten
le dedicò un’occhiata fugace ma pur sempre
un po’ apprensiva. In ogni modo, si ritrovò a
constatare che la ragazza sembrava stare bene.
I
capelli le stavano un po’ meno davanti al viso rispetto al
solito, ma li teneva sciolti sulle spalle.
Non
sembrava particolarmente turbata e, dopo aver rivolto un cenno al
fratello, si accomodò di fianco a lui.
Quando
gli strizzò l’occhio, Goten la
fissò sbigottito.
Anche
quell’apparente sbalzo d’umore era da
attribuire al fatto che Aliys fosse un’adolescente?
Ah, fortunatamente
c’era il cibo a distoglierlo da quegli
interrogativi…
Quand’ebbe
spazzolato ogni briciola della prima portata,
Goten si rilassò contro la sedia, ed ebbe modo di notare che
Aliys, di tanto in tanto, lanciava a Goku delle occhiate furtive.
Nel
momento in cui il saiyan ne intercettò una, poi, padre e
figlia avvamparono, per riportare immediatamente gli sguardi sui
rispettivi piatti.
Sempre
più perplesso, Goten rimpianse di non sapere cosa si
era perso andando da Trunks.
Meditabondo,
mentre Chichi rivolgeva a Goku chissà quale
domanda, Goten prese a fissare il proprio tovagliolo con aria assorta.
«Goten,
tesoro» lo distrasse la voce preoccupata di
Chichi, «sei sicuro di stare bene?»
Il
ragazzo alzò lo sguardo. «Eh?»
La
donna si sporse sulla tavola per piazzare una mano contro la fronte
del secondogenito. «Hai per caso preso la febbre?»
chiese, ormai super apprensiva.
Goten
si scostò. «No, mamma, sto bene»
si difese. «Sto benissimo!»
«Ma
sei così silenzioso»
obbiettò Chichi. Per nulla persuasa, sembrava sul punto di
agguantare un termometro per poter verificare che la temperatura
corporea del giovane fosse nella norma.
«Mamma,
non distrarlo» intervenne Aliys.
«Sta pensando, e per lui è una cosa
impegnativa».
Goten
le scoccò un’occhiataccia. «Almeno
io qualche volta lo faccio».
«Mi
stai dando della stupida?» domandò
la ragazzina, mentre le sue guance avvampavano.
Goten
finse di rimirarsi l’unghia del pollice.
«Può darsi…»
replicò, in tono vago.
«Sei
davvero immaturo» disse allora Aliys, in tono
risentito.
Lui
le mostrò una linguaccia. «Senti chi
parla!»
«Qui
non sono io quella che sta facendo le
boccacce!»
«Ragazzi!»
li riprese Chichi, in tono di biasimo.
«Tranquilla,
mamma» disse Goten, scrollando le
spalle.
Nonostante
tutto, in fondo (molto
in fondo, magari) era felice che lui
e sua sorella avessero ripreso a litigare. Se non altro, indicava che
Aliys si era un po’ ripresa.
Quando
la cena finì, Goten si alzò per aiutare
Chichi a mettere in ordine, mentre Goku ed Aliys si spostavano nel
piccolo salotto.
Goten
stava appunto andando in quella stanza quando sentì
suo padre dire, esitante: «Al, riguardo a
stamattina… Devi scusarmi. Ma il mio divieto
resta» aggiunse, con un tono di voce simile a quello di un
bambino che chiede scusa.
Goten
si fermò, corrugando la fronte.
«Non
c’è problema,
papà» replicò la voce di Aliys,
lasciandolo di sasso. Dal tono della ragazzina, il giovane si
stupì di non sentirla saltare al collo di loro padre.
Sembrava… radiosa.
«Non penso che imparare le Arti
Marziali avrebbe fatto bene alla mia salute».
Rise
brevemente, incerta.
Seguì
un silenzio piuttosto lungo e Goten, sospirando e
alzando gli occhi al cielo, li raggiunse per spezzare la tensione.
«Papà»
chiamò, entrando,
«credi che imparerai mai a lavare i piatti?»
Sia
Aliys che Goku si voltarono a guardare il ragazzo, il quale rispose
con un sorriso innocente. «Era solo una domanda» si
giustificò, scrollando le spalle.
A
quel punto, Aliys si stiracchiò appena, annunciando:
«Be’, adesso io andrei a
letto…»
Goku
si voltò per rivolgere un sorriso.
«Buonanotte, tesoro».
Lei
si alzò, ed indugiò un momento prima di
rispondere serenamente: «Grazie…
papà».
«Vengo
con te!» esclamò Goten. Era
ansioso di scoprire cosa diamine fosse accaduto quel pomeriggio,
pertanto rivolse un saluto frettoloso a Goku e seguì la
sorella nella camera di lei.
«Che
è successo, oggi?» chiese non
appena furono entrati, andando a sedersi sulla sedia accanto alla
scrivania della ragazza.
Aliys
lo fissò. «Dovrei saperlo?»
domandò di rimando.
Per
un momento, Goten rimase senza parole, ma poi vide un luccichio
nello sguardo della sorella che gli fece capire che lei lo stava
prendendo in giro. Il giovane assottigliò gli occhi scuri.
«Hai origliato» concluse poi.
La
reazione di Aliys fu immediata: la ragazzina avvampò sino
alla radice dei capelli.
Goten
le rivolse un sorriso. «E brava, hai aspettato che
Gohan arrivasse e sei andata ad ascoltare!» rise, divertito.
Per
un istante, l’espressione di Aliys si fece furente.
«Non è andata così!» si
difese la ragazzina. «Avevo sete e sono scesa… E
quando li ho sentiti parlare mi sono fermata ad ascoltare».
Goten
tentennò per qualche momento, ma alla fine decise di
crederle. «Allora non è stato così
terribile, eh?» chiese, accennando al lieve sorriso che
incurvava le labbra della ragazza.
«Esatto»
sospirò Aliys, felice, e lo
guardò annuendo.
«Mi
racconti?» incalzò Goten, impaziente
di essere messo al corrente di ciò che si era perso.
Semplicemente,
la sorella fece segno di sì, accennandogli di
spostare la sedia accanto a lei.
Spazio Autrice:
Ed ecco svelato il mistero u.u
UAH, oddio, sono morta x_x Sono appena tornata a casa e sono ESAUSTA, e
adesso devo uscire di nuovo per andare al cinema (L’Era
Glaciale 4, arrivo! XD)… Mi sa che schiaccerò un
pisolino durante il film…
Be’, per quanto riguarda il prossimo aggiornamento, andiamo a
sabato 13 Ottobre…
Spero questo capitolo vi sia piaciuto!
Au revoir!
|
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Capitolo 6 *** Echi del passato ***
Capitolo 5 – Echi del
passato
Aliys era nervosa, Goten lo vedeva
chiaramente.
Mentre
raccontava quanto era accaduto, la ragazza si attorcigliava
attorno alle dita dei ciuffi dei propri capelli neri. Non guardava il
fratello negli occhi, salvo per pochi istanti quando voleva sincerarsi
che la stesse ascoltando con attenzione.
E
accidenti se Goten era attento!
Con
il mento appoggiato alle mani, seguiva le parole della sorella
senza dire nulla.
Concludendo
il proprio racconto, Aliys arrossì appena.
Nel
silenzio che seguì, Goten rimase immerso per un istante
in un ammirevole silenzio meditativo.
«Accidenti,
Al» commentò infine,
scuotendo la testa. «Non dirò più una
parola sul fatto che origli! Se ti fa scoprire cose
simili…!»
Ammirato,
si lasciò sfuggire un fischio sommesso.
«Ti
ho detto che non ho…»
iniziò Aliys, ma poi si rese conto che Goten si sforzava con
tutte le sue forze di rimanere serio. «Mi stai prendendo in
giro».
«Io?»
domandò Goten, azzardando
un’occhiata tutto attorno come per dire:
c’è tanta altra gente, qui, perché
proprio io?
Era
uno sguardo notevole, in effetti, ma purtroppo la sua maestria
venne smorzata da un dettaglio reso evidente dal silenzio che i due
ragazzi avevano attorno.
«Ci
siamo solo noi» sottolineò Aliys.
«Chi vuoi che mi prenda in giro, il muro?»
«Sarebbe
davvero scorretto, da parte sua, rubarmi il
mestiere» rispose Goten, fingendosi contrito.
Aliys
gli diede un pugno sulla spalla, ma le scappò da
ridere.
«Be’»
disse Goten, stiracchiandosi,
«parlare con te è stato un piacere, sorellina, ma
ora il mio letto mi chiama».
«Capisco»
mormorò la ragazza, con uno
sbadiglio.
Effettivamente,
anche lei aveva un certo sonno…
Così,
i due fratelli si salutarono e Goten uscì
dalla stanza, socchiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
Rimasta
sola, Aliys si preparò per la notte e
s’infilò sotto le coperte con un sospiro
soddisfatto.
La
sua mente cominciò a vagare, e la ragazzina
riportò alla mente il ricordo di una delle prime volte in
cui aveva sentito parlare di Goku…
Sui Paoz, lo spazio non mancava.
Purtroppo, però, non
mancavano nemmeno i rischi.
Da una parte, era vero che non
c’erano pericolose automobili
come in città, ma in compenso i boschi erano popolati da
animali dai quali era saggio girare al largo.
Gohan lo sapeva bene. Ma il suo
fratellino, il piccolo Goten
– che aveva cinque anni, un visetto adorabile e una
vivacità senza freni –, non se ne preoccupava
affatto.
Per lui, i dinosauri erano amici,
le tigri dai denti a sciabola e i
lupi spelacchiati divertenti compagni di gioco…
Ormai, Gohan aveva perso il conto
di tutte le volte in cui gli era
preso un mezzo infarto nel vedere il fratellino ridacchiare davanti
alle fauci spalancate di un predatore.
L’ultima arrivata di casa
Son, invece, era di tutta
un’altra pasta.
Aveva in comune con Goten il
visetto tondo e i grandi occhi color
carbone, ma aveva un’indole infinitamente più
mansueta e timorosa.
Varie volte, Gohan aveva
ringraziato il cielo per questo…
Lui adorava Goten, per carità, ma non credeva sarebbe
riuscito a tenere a bada ben due bambini che avessero la sua
vivacità…
Quel giorno, il sole splendeva alto
nel cielo.
Era piovuto da poco, e
l’aria tersa odorava d’erba.
Visto che il recente temporale lo
aveva costretto a rimanere in casa,
lontano dalla sua adorata natura, per più tempo del
consueto, Goten era corso fuori non appena se n’era
presentata l’occasione.
Fortunatamente, invece di andare a
girovagare per la foresta, si era
messo a giocare con Aliys.
I due bambini sembravano cuccioli
arruffati, merito dei loro strilli
concitati e delle loro spettinatissime capigliature.
Gohan, seduto al margine della
radura, li osservava con un mezzo
sorriso sulle labbra e un libro sulle ginocchia.
Si sentiva molto responsabile dei
suoi due fratellini, ai quali voleva
un bene dell’anima.
Perciò, quando Goten
balzò addosso alla sorellina
e le gambette della piccola non ressero, facendo sì che
entrambi ruzzolassero a terra, il ragazzo quasi balzò in
piedi, allarmato.
La sua preoccupazione,
però, svanì non appena le
risatine dei bambini si sparsero nell’aria.
Aliys spinse una manina contro la
guancia di Goten, e i piccoli si
rotolarono un po’ sul prato, strillando a pieni polmoni la
loro felicità.
Purtroppo per Gohan,
però, con quei due non si poteva mai
star sicuri, e dopo un istante le grida gioiose si trasformarono in un
pianto a dirotto.
Senza esitare, il figlio maggiore
di Goku lasciò a terra il
suo libro e corse verso i fratellini.
Goten si era separato da Aliys, e
fissava la sorellina con espressione
contrita. In quanto a lei, stava singhiozzando nella maniera disperata
e inconsolabile che solo i bambini conoscono.
«Ehi, Aliys»
disse Gohan, chinandosi su di lei.
«Aliys, cos’è successo?»
Lei scosse la testolina,
continuando a piangere, con grosse lacrime che
le rotolavano sulle guance. Goten, invece, si guardò attorno
e indicò un sasso. «È colpa
sua» dichiarò.
Gohan la trovò
un’affermazione alquanto bizzarra,
ma quando vide il segnaccio rosso e spellato sulla mano della bambina
capì com’erano andate le cose.
Probabilmente, a forza di rotolarsi
per il prato, la bimba doveva aver
sbattuto dolorosamente la mano contro la pietra, guadagnandosi
così il dolore e la paura.
Gohan esaminò con cura
la lesione, e constatò con
sollievo che non sembrava molto grave.
Certo, probabilmente Chichi avrebbe
dissentito e sarebbe corsa subito a
recuperare una boccetta di disinfettante, ma lui concluse che per prima
cosa doveva placare lo spavento della sorellina.
«Ally, Ally, tranquilla,
non è niente»
disse, in tono consolatorio.
La bambina lo fissò.
Aveva gli occhi neri pieni di lacrime,
e non sembrava particolarmente persuasa.
Istintivamente, Gohan
riportò alla memoria le volte in cui
si era fatto male e Goku era arrivato a consolarlo… E gli
venne in mente un’idea improvvisa.
«Ally, guarda. Guarda
lassù» le disse,
indicando il cielo. «Lo sai chi
c’è?»
La bambina emise un piccolo
singhiozzo, poi fece segno di no.
Goten, dal canto suo, sembrava
interessatissimo alla questione.
«C’è
nostro padre»
continuò Gohan. «Lui è in Cielo, sai? E
anche se noi non possiamo vederlo, lui può vedere
noi».
Goten si alzò in piedi,
aguzzando la vista, cercando
incuriosito di scorgere tra le nubi la persona di cui parlava Gohan.
«Su, Ally»
aggiunse il maggiore.
«Fa’ vedere a papà che sei
coraggiosa».
La bambina esitò,
tirando su col naso.
«A…
Papà?»
domandò, con voce esilissima.
Gohan annuì.
Aliys, allora, alzò il
viso verso il cielo, guardando la
volta azzurra cosparsa di nubi. Abbozzò un sorriso incerto.
Poi sorrise di nuovo, con più sicurezza, quasi come se
stesse salutando una persona che conosceva da sempre.
La
mattina dopo, quando Aliys scese a colazione, si stupì
nel trovare Goten in cucina.
«Sei
già alzato?» chiese, sorpresa.
«È successo qualcosa al tuo letto?»
«Spiritosa»
rispose Goten, ma non se la prese. Era
vero, infatti, che di solito lui aspettava fino all’ultimo
momento, prima di uscire dal caldo rifugio delle coperte.
Aliys
sorrise appena e gli si sedette accanto.
Lui
si guardò attorno, poi estrasse un sacchetto colorato
dalla tasca dei propri pantaloni. «Caramella?»
offrì.
Aliys
fece una smorfia. «A colazione?»
domandò, versandosi del latte nella tazza.
Goten
si strinse nelle spalle e si cacciò in bocca una
manciata di dolciumi.
La
ragazza s’impensierì. Non era solo
l’orario che l’aveva spinta a rifiutare le
caramelle… Se ne vergognava un po’, ma dalla
faccenda di Majin Bu non poteva guardare quei piccoli dolci senza
sentire una stretta allo stomaco.
Si
sentiva i nervi a fior di pelle persino quando le veniva offerta una
barretta di cioccolata.
Fortunatamente,
con le torte casalinghe di sua madre non aveva alcun
problema, perché sarebbe stato davvero un peccato dover
rinunciare alle gustose opere di Chichi.
«Tutto
bene?» mugugnò Goten, a bocca
piena.
«Oh,
bleah» disse Aliys, alzando una mano per
difendersi dalla visione del fratello.
Lui
deglutì. «Andiamo, non sono così
disgustoso!»
«Nooo»
fece lei, ironica, ma sorrideva.
«È
per le caramelle?» domandò
Goten, d’impulso.
Aliys
sobbalzò. Ma suo fratello era fatto così.
Per lui, in casi come quelli, la sincerità era la cosa
più importante della discrezione.
La
ragazza arrossì. La imbarazzava ammettere che, dopo dieci
anni, aveva ancora di quei problemi.
«Forse»
disse, cercando di sminuire la cosa con
un’alzata di spalle.
«Su
con la vita, Al» la spronò Goten,
«Majin Bu non tornerà».
A
quelle parole, lei per poco non si mise a ridere. «Vive a
casa di Mister Satan» gli fece notare.
Goten
fece un sorriso di scuse. «Sì,
be’, hai capito… Intendevo che il Majin Bu cattivo
non tornerà. Non ci succederanno più quelle cose
terribili…»
Lei
sorrise appena. «Speriamo». Meditò
in silenzio per qualche istante, poi domandò:
«Goten, ti ricordi la prima volta che abbiamo visto
papà?»
«Intendi
quando mi sono nascosto dietro nostra madre? E tu
sei scoppiata a piangere perché ti avevo lasciata sola
davanti a uno sconosciuto?»
Aliys
arrossì. «Cosa?»
protestò. «Dai, non sono scoppiata a piangere sul
serio… Ero solo spaventata…»
«Molto
spaventata» sottolineò Goten.
«E
intanto sei stato tu a nasconderti» lo
rimbeccò la ragazza.
Lui
sorrise. «In ogni caso me lo ricordo. Mi hai chiamato e
io avrei voluto tornare vicino a te, ma papà si stava
avvicinando ed ero molto, molto intimidito… Poi ho visto che
ti sorrideva e ti accarezzava la testa, e mi sono un po’
rassicurato…»
Aliys
lo ascoltava in silenzio, col cuore che batteva un po’
più forte del consueto.
Si
ricordava benissimo di quel momento. Se chiudeva gli occhi, riusciva
quasi a vedere la faccia di Goku che occupava tutta la sua
visuale… Se si concentrava, riusciva quasi a sentire la mano
del padre sulla testa.
«Allora»
continuò Goten, «ho
fatto qualche passo in avanti, pur continuando a tenermi attaccato alla
gonna di nostra madre… Lei mi ha sorriso, invitandomi ad
andare a conoscere il papà… E a quel punto lui mi
ha notato, e ha detto qualcosa sul fatto che gli somigliavo
tantissimo».
«Sì»
ricordò Aliys,
«e tu sei corso tra le sue braccia…»
Rise. «Io non credevo ai miei occhi. Mi sembravi
coraggiosissimo a fare una cosa del genere, poi…»
Si
interruppe, pensierosa.
Poi
aveva sentito Goku ridere, e aveva capito che era buono, che era
suo padre… E si era resa conto di volergli bene,
così come ne voleva a sua madre, a Gohan e a
Goten…
«Perché
questa passeggiata sul viale dei
ricordi?» domandò Goten, distogliendola dalle sue
riflessioni.
Aliys
fece un gesto vago. «Niente, è che stanotte
ho pensato ad una delle prime volte in cui Gohan mi aveva parlato di
papà…»
In
quel momento, Goten nascose il sacchetto di caramelle con un gesto
repentino. Aliys sussultò, poi capì il
perché di quella mossa.
«Buongiorno,
ragazzi» li salutò Chichi,
entrando in cucina. «Avete mangiato?»
«Io
no, mamma» si affrettò a rispondere
Goten, mostrandole la tazza immacolata. «Non ho voglia di
latte e biscotti, oggi… Abbiamo delle uova?»
«Ma
certo, Goten» sorrise la donna, di buonumore.
Si
voltò verso i fornelli e Aliys ne approfittò
per dare di gomito a Goten. Lui la guardò e lei rispose con
un’occhiata ammonitrice.
«Hai
già mangiato le caramelle» disse
lei, in un sussurro appena udibile.
«E
allora?» bisbigliò lui di rimando.
Aliys
scosse la testa, ma sapeva tanto quanto Goten che non avrebbe mai
fatto la spia.
Spazio Autrice:
Buondì!
Okay, forse molti di voi si aspettavano che a questo punto saltasse
fuori come Goku ha deciso di passare più tempo con la
figlia…
Però era da un po’ di tempo che mi ronzava in
testa l’idea del flashback e del primo incontro tra Goku e i
suoi due figli minori, così ho fatto questa sorta
d’intermezzo.
So che è poco dinamico, ma spero non sia risultato noioso ^^
Al prossimo aggiornamento, che naturalmente sarà Sabato
20!
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Capitolo 7 *** Una giornata con papà ***
Capitolo 6 – Una giornata
con papà
Circa sette ore più
tardi, la figlia di Goku stava uscendo
da scuola.
Si
fermò sullo spiazzo davanti all’edificio,
girandosi a destra e a sinistra nel tentativo di individuare Goten.
E
dire che solitamente, nonostante la calca di gente, era facile
vederlo, per merito della sua inconfondibile zazzera nera.
Mentre
continuava a cercare il fratello con lo sguardo, Aliys colse di
sfuggita il dialogo di due ragazze che dovevano avere più o
meno la sua età.
«Oddio.
Hai visto quello?»
«Credo
di no. Perché?»
«Perché
è davvero un
bell’uomo! Forse giusto un po’ vecchiotto per
noi…»
«Dov’è?»
«Là».
«Ah,
lo vedo! Quello lì con la capigliatura
decisamente originale?»
Aliys
sbatté le palpebre.
«Be’,
però è bello,
vero?»
«Ma
sì».
«Oddio,
viene verso di noi!»
A
quel punto, la ragazzina si girò verso le sue due
coetanee, e così facendo poté vedere suo padre
che le si avvicinava con un grosso sorriso stampato in faccia.
Com’era
prevedibile, Goku non si accorse minimamente delle
due studentesse che lo fissavano a bocca aperta, ma si diresse subito
verso la figlia.
«Al!»
la salutò, calorosamente.
«Come va?»
«Ciao,
papà» replicò lei,
sentendo le proprie labbra piegarsi in un sorriso emozionato.
«Come mai da queste parti?»
Personalmente,
si chiedeva se Chichi lo avesse spedito lì
per un colloquio con gli insegnanti, ma le pareva un’idea un
po’ strampalata, visto che sua madre, interessatissima al
rendimento scolastico dei suoi figli, preferiva andare di persona.
Goku
sorrise in maniera disarmante. «Sono passato a
prenderti, ovviamente».
«Ovviamente?»
ripeté Aliys,
automaticamente.
«Ah,
e ho già detto a Goten che penserò
io a te, oggi, quindi si è già avviato verso
casa…» aggiunse Goku.
La
ragazzina quasi non credeva alle proprie orecchie. Era troppo bello
per essere vero!
«Vuoi
dire che… ehm… passeremo il
pomeriggio insieme?» azzardò, speranzosa.
Il
saiyan annuì. «Per prima cosa, pensavo di
andare a pranzo».
A
quelle parole, il sorriso di Aliys si fece raggiante. Era felicissima.
«Wow!
È… be’, è
una bella prospettiva» disse, faticando a trattenersi
dall’iniziare a saltellare per la gioia. «Vieni,
conosco un posto dove si mangia davvero bene».
Goku
la seguì, prendendole lo zaino dalle spalle –
«La mia bambina non deve portare pesi» –,
e le due ragazze che stavano ammirando Goku espressero la loro
incredulità sul fatto che un così
bell’uomo fosse padre di famiglia. Aliys, però,
neanche se ne accorse…
Era
al settimo cielo.
Anche
Goku aveva gradito il pranzo, e lo aveva dimostrato ordinando
più e più porzioni di ogni piatto.
Aliys
aveva rivolto un paio di sorrisetti di scuse ai camerieri
allibiti. A dire il vero, però, le sembrava che avrebbero
dovuto rallegrarsi, invece di fare quelle facce stupefatte: in fondo,
più Goku mangiava, più loro guadagnavano.
Nemmeno
lei si fece pregare per riempirsi lo stomaco.
Come
mezza saiyan, nutriva un amore smodato nei confronti del cibo,
eppure quel giorno non fu certo il pranzo a darle il piacere maggiore.
No,
il piacere maggiore era essere lì, ed esservi con Goku,
e poter chiacchierare con lui, e sentirsi al centro
dell’attenzione del padre.
Per
qualche istante, Aliys trovò persino assurdi il disagio
e la soggezione che di solito la colpivano quando si trovava ad avere a
che fare con suo padre.
In
quel momento, si sentiva benissimo, come se tutto fosse perfetto.
«Allora?»
domandò quando ebbe finito
anche il dolce, passandosi una lingua tra i denti. «Hai
pensato a cosa fare oggi pomeriggio».
Goku
sorrise, alzandosi. «Ma certo» rispose, e le
strizzò l’occhio.
Aliys
aggrottò la fronte, mettendosi in piedi a propria
volta. «È una sorpresa?»
«Uhm,
penso di sì. Spero che ti
piacerà…»
La
ragazzina gli sorrise.
Goku
andò a pagare il conto, poi entrambi uscirono.
Senza
dubbio, uno dei vantaggi di conoscere uno stuolo di guerrieri,
era che non c’era quasi mai bisogno dell’auto: la
tecnica del volo bastava e avanzava.
Quando
vide la meta programmata da Goku, però, Aliys si
preoccupò un po’.
Un
circolo sportivo?
Si
vedeva già a coprirsi la testa con le mani per paura di
essere colpita dalla palla.
«Oddio»
gemette fra sé e sé,
cacciando quell’immagine.
Goku
si girò a guardarla, mentre atterravano.
«Tutto bene, Al?»
Lei
si sforzò di assumere un’espressione
tranquilla. «Certo, papà».
Lui
le sorrise, e si avvicinò ad uno degli inservienti del
circolo.
Aliys
li osservò stando distante di alcuni passi, quindi si
distrasse guardandosi intorno. Senza dubbio era un bel posto: uno
spiazzo erboso punteggiato da qualche albero ed attraversato da un
viale di ghiaia… Verso la fine della stradicciola, si
vedevano le reti che delimitavano i vari campi di gioco… La
ragazzina immaginò che ce ne fossero da pallavolo, da
calcio, da basket…
Poi
si riscosse, perché Goku era tornato verso di lei e le
stava porgendo qualcosa.
«Una
racchetta?» fece Aliys. «Giocheremo
a tennis?»
Goku
si grattò la nuca. «Sì,
l’idea era questa» rispose, con aria imbarazzata.
«Non so benissimo come funzioni, ma sembra
divertente».
«Okay»
mormorò Aliys, un po’
incerta ma immensamente sollevata alla prospettiva di non dover giocare
a volley.
Lei
e Goku s’incamminarono lungo il viale, e poco dopo
raggiunsero il campo da tennis.
Si
posizionarono dai due lati della rete, e il saiyan prese la prima
pallina.
La
soppesò con aria dubbiosa, poi la fece rimbalzare a terra
e la colpì con la racchetta.
Un
po’ troppo forte, probabilmente… Per fortuna,
laddove le mancava l’agilità, Aliys possedeva
comunque un po’ di istinto di sopravvivenza, che la fece
reagire con tempismo… La ragazzina si buttò a
terra, mentre la palla le passava fischiando sopra la testa alla
velocità di un missile… Per poi sfondare il
reticolato che circondava il campo, perdendosi qualche chilometro
più avanti.
Goku
corse subito dalla figlia.
«Al!
Al, stai bene?» le domandò,
chinandosi su di lei.
La
ragazzina si sollevò a sedere con estrema cautela.
«Ehm… Sì» rispose.
«Forse l’hai lanciata con troppa forza».
«Sicuramente
l’ho lanciata con troppa
forza» rettificò Goku, con aria un po’
mogia. Si rianimò quasi subito, però, e
afferrò Aliys per il braccio per aiutarla a rimettersi in
piedi. «Per fortuna sei stata svelta».
«A
quanto pare qualche riflesso che funziona ce
l’ho anch’io» rispose lei, un
po’ sorpresa.
«Sta’
qui un momento» le disse Goku,
«io vado a recuperare la palla».
«Certo»
rispose Aliys.
Il
padre fu rapidissimo, e nel giro di venti secondi era già
tornato.
«Per
fortuna ha questo colore giallo fosforescente»
commentò il saiyan. «L’ho ritrovata
subito».
«Eh,
già» fece eco Aliys, senza sapere
cosa dire.
«Forse
è meglio che andiamo»
dichiarò Goku. «Il tennis non è stata
una buona idea».
Su
quella nota contrita, padre e figlia uscirono dal campo ed andarono
a consegnare le racchette al padrone.
Goku
fece per restituire anche la pallina, ma l’uomo
agitò la mano e disse: «Tenetela pure, ne abbiamo
tante!»
«Chissà
cosa me ne dovrei
fare…» fu il commento del saiyan, mentre lui e
Aliys si allontanavano.
«Be’,
può essere un ricordo»
propose la ragazzina.
Goku
la osservò, poi le porse la pallina. «La
vuoi?» offrì.
Lei
sbatté le palpebre, e la prese piano tra le mani.
«Uh. Grazie».
Il
saiyan sembrò un po’ costernato. «Ma
guarda, volevo regalarti una giornata piacevole e divertente e invece
ho finito per donarti una pallina spelacchiata!»
Aliys
scoppiò a ridere. «Non preoccuparti,
papà!» esclamò. «Dopotutto
non è stato così brutto…»
Era
sincera. Le era sufficiente aver trascorso del tempo con Goku, e a
dirla tutta lo scoprire di essere capace di reagire in caso di pericolo
non le era dispiaciuto.
E
poi, ora che suo padre le aveva fatto un regalo – okay,
magari un regalo strano, tondo, spelacchiato e giallo fosforescente, ma
che le avrebbe ricordato quei momenti trascorsi con l’uomo
– si sentiva incredibilmente di buonumore.
«Dici?»
chiese Goku.
«Certo!»
assicurò Aliys, con un gran
sorriso, mettendo la pallina nella propria tasca. «Ho solo
una domanda: ora cosa si fa?»
Goku
scrollò il capo. «Se devo essere onesto, non
ne ho idea» confessò, e sembrava sinceramente
dispiaciuto.
«Possiamo
sempre tornare a casa» propose Aliys.
«Magari la mamma ci cucinerà qualcosa per fare
merenda…»
Quell’ipotesi
risollevò immediatamente il morale a
suo padre.
«È
una buona idea!» approvò,
tendendo una mano a scompigliarle i capelli neri. «Mi
dispiace che il nostro pomeriggio sia già
finito…»
Aliys
scrollò le spalle, sentendosi incredibilmente
ottimista. «Oh, ma ci sono moltissimi altri pomeriggi che
potremo passare insieme, giusto?»
E
a quel punto, Goku le fece un altro grande regalo, donandole un
sorriso aperto e solare. «Giusto, piccola».
Aliys
toccò la pallina che aveva in tasca.
Le
venne da ridere, pensando che d’ora in avanti avrebbe
tenuto quell’oggetto come il più prezioso dei
portafortuna.
Spazio dell’Autrice:
Prima di tutto, vi chiedo scusa per aver posticipato
l’aggiornamento, ma non avevo ancora scritto il capitolo ed
avevo un sacco di cose da fare.
E poi, be’, spero vivamente che, così come alla
fine è uscito, vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato.
A Sabato 27! (Spero di riuscire a rispettare
l’appuntamento,
stavolta!)
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Capitolo 8 *** Il compleanno di Pan ***
Capitolo 7 – Il
compleanno di Pan
Finalmente, giunse il tempo delle
vacanze estive tanto agognate.
Aliys
era raggiante: si trovava bene con i suoi compagni di classe, ma
era nata tra le montagne e non poteva negarlo – non
c’era niente che le piacesse più della sensazione
di essere completamente immersa nella natura.
Tra
l’altro, cominciava a chiacchierare con suo padre come
non aveva mai fatto prima, ed era una cosa che le piaceva da impazzire.
Perciò,
quando quella mattina si svegliò di
completo buonumore, non si stupì più di tanto.
Sorprendentemente,
ormai il suo morale volava verso le stelle.
Quando
uscì da camera sua, però,
inciampò nel corpo di Goten: suo fratello, per qualche
oscura ragione, era accucciato davanti alla sua porta.
«Ma
che diamine…?» imprecò
Aliys, dopo essere finita col sedere a terra e le gambe sulla schiena
dell’altro.
Goten
riuscì a districarsi dalla sorella e si
alzò in piedi, per poi tendere la mano ad Aliys e aiutarla a
sollevarsi a propria volta.
Lei
era interdetta. «Si può sapere cosa stavi
facendo?»
Il
giovane fece spallucce. «Volevo controllare se eri
sveglia» replicò, come se fosse stata la cosa
più naturale del mondo.
Poi,
dato che la sorella continuava a fissarlo con aria esterrefatta,
spiegò: «Stavo cercando di spiare dalla fessura
sotto la porta per vedere se la luce era accesa».
Aliys
scosse il capo. «Sei incredibile»
commentò, in tono stupito.
Goten
le scoccò uno di quei sorrisi candidi e disarmanti che
aveva senza dubbio ereditato da Goku, poi si portò una mano
alla nuca – anche quello un gesto dovuto al retaggio paterno.
«Be’,
visto che ci siamo, comunque, hai dei
soldi?»
Aliys
si portò una mano alla fronte. Si era appena svegliata
e, per quanto si sentisse tranquilla, non era sicura di riuscire a
reggere l’abitudine di Goten di andare dritto al punto.
«Ehm,
puoi spiegarti meglio?» gli chiese,
aggrottando la fronte. «Perché ti servono dei
soldi? Anzi, perché ti servono i miei
soldi?»
Goten
si strinse nelle spalle. «In realtà non
servono a me» rispose. «Non so se ti ricordi,
ma… il compleanno di Pan… La mamma ha detto che
se vogliamo andare a prenderle un regalo, dobbiamo sbrigarci».
Aliys
si portò una mano alla bocca. In tutta
onestà, si era completamente dimenticata
dell’anniversario della nascita della bambina.
«Ouch»
commentò. «Sono una
pessima zia, vero?»
«Nah»
fece Goten, «più che
altro sei una pessima sorella, ma io non mi lamento».
Aliys
scoppiò a ridere, gettandogli le braccia al collo.
«Che tu sia maledetto, come farei senza di te?»
«Tu
dici che le piacerà?»
Aliys
sollevò lo sguardo. Era più o meno la
settantesima volta che Goten le rivolgeva quella domanda, sempre
più dubbioso, con gli occhi puntati sulla scatola di lego
che avevano comprato.
In
effetti, scegliere un regalo si era dimostrato più arduo
del previsto.
Cosa
comprare ad una bambina il cui interesse principale era il
combattimento?
Goten
avrebbe voluto acquistarle una tuta da allenamento, ma Aliys gli
aveva fatto giustamente notare che Pan ne possedeva già a
bizzeffe. Avevano scartato bambole e barbie senza esitazione, e alla
fine – ormai disperati – si erano decisi a comprare
quella confezione di costruzioni.
«In
ogni caso» mormorò Aliys, con
un’occhiata eloquente all’orologio,
«ormai è tardi».
Quasi
a sottolineare le sue parole, in quel momento Chichi irruppe
nella stanza dove si trovavano i due fratelli.
«Allora?»
s’informò,
ansiosamente. «Siete pronti?»
«Non
è una serata di gala, mamma»
rispose Goten, mentre lei si chinava a dargli una sistemata alla
camicia che lo aveva costretto ad indossare.
«Lo
so bene» replicò poi, severa,
«ma se non sai essere puntuale al compleanno di tua nipote,
come puoi sperare di trovarti una fidanzata, in futuro?»
E
su quella nota, si alzarono per uscire e dirigersi a casa di Gohan.
Per
prima cosa, la piccola Pan si catapultò addosso a Goku,
accogliendolo con un entusiasmo e un’adorazione che
arrivavano alle stelle. Poi, dietro esortazione di Videl,
accettò il pacchetto che le porgevano Aliys e Goten,
cinguettando un allegro «Grazie, zii!».
L’ultimogenita
di Goku e Chichi ne fu impressionata. Dubitava
si sarebbe mai abituata a sentirsi chiamare “zia”.
Tuttavia,
non ebbe modo di rimuginarvi su a lungo, poiché di
lì a poco arrivarono Trunks e Bra – con bambola
della bambina allegata –, seguiti dalla biondissima Marron.
Vegeta
e Bulma, spiegò il migliore amico di Goten, non erano
potuti venire a causa di un importante impegno della scienziata, che
tuttavia faceva i suoi migliori auguri a Pan.
Aliys,
fra sé e sé, si disse che forse Gohan
aveva esagerato invitando quella manciata di persone. A quel che
pareva, infatti, Pan non voleva altro che restarsene sulle ginocchia di
Goku a fare le fusa.
Inarcando
un sopracciglio, la ragazza osservò la bambina che
veniva coccolata dal saiyan… E con sollievo,
scoprì che la sua invidia nei confronti di Pan, se non era
svanita del tutto, si era per lo meno acquietata.
A
quel punto, la sua attenzione venne catalizzata dal
piccolo buffet preparato da Videl.
Per
quanto all’inizio la moglie di Gohan avesse sudato sette
camice per diventare quella che Chichi definiva “una brava
capofamiglia”, oramai aveva cominciato a prenderci la mano,
con faccende quali cucinare e occuparsi della casa.
I
suoi dolcetti forse non potevano far concorrenza a quelli di Chichi,
ma erano tutt’altro che disprezzabili.
Mentre
si rimpinzava per bene, Aliys sentì una manina che le
tirava il fondo della giacca, e abbassò lo sguardo sulla
piccola Bra.
«Aly»
la chiamò la bambina, con
un’espressione angelica, «mi passi
quello?»
La
ragazza sorrise, e le porse il dolcetto che la bimba indicava.
A
quel punto, Bra la ringraziò con un sorriso e
trotterellò dall’altra parte della stanza, dove
prese ad occuparsi della propria bambola con una
meticolosità impressionante, e con uno sguardo
incredibilmente serio.
Dopo
un po’, giunse il momento di aprire i regali –
e, con enorme sollievo di Goten ed Aliys, Pan si dimostrò
abbastanza entusiasta nello scoprire la confezione di lego.
«Mamma,
mammina!» chiamò.
«Guarda cosa mi hanno regalato gli zii!»
A
quel punto, Trunks si girò verso la sorellina –
che stava tendendo la mano a prendere un altro dolcetto dal tavolo
– e chiamò: «Bra, non vuoi dare il
nostro regalo a Pan?»
«Daglielo
tu» fu la perentoria risposta della
bambina.
Aliys
e Marron risero, mentre Trunks alzò gli occhi al cielo
e corse a recuperare la piccola Bra.
Lei
non oppose molta resistenza, ma da brava saiyan diede la precedenza
alla fine del proprio spuntino. Solo dopo arraffò il regalo
e lo porse a Pan.
Questa
volta, si trattava di un orsacchiotto morbidissimo e molto
peloso.
Pan
se lo strinse al petto con un piccolo strillo di gioia, mentre
Goten assumeva un’aria stupefatta e bisbigliava
all’indirizzo di Aliys: «Io credevo fosse allergica
ai giocattoli carini e coccolosi!»
La
sorella gli diede di gomito.
«Ti
piace?» s’informò Bra.
«L’ho scelto io».
«È
bellissimissimo» squittì
Pan, tutta contenta.
A
quella risposta, la figlia di Vegeta si girò verso Trunks
e gli disse, in tono trionfante: «Visto? Te l’avevo
detto che sapevo scegliere bene!»
«Nonnino»
chiamò Pan, correndo incontro
a Goku e a Mr. Satan, al momento seduti l’uno accanto
all’altro sul divano. «Nonno Goku! Nonno Satan!
Guardate il regalo di Bra!»
«Oh,
tesorino, ma è bellissimo!»
esclamò subito il padre di Videl, mentre Goku si chinava a
prendere il peluche che la nipotina le mostrava con tanta fierezza.
Aliys
si rese conto di essersi ipnotizzata a fissare quella scena solo
quando la voce squillante di Bra la riportò alla
realtà.
«Marron»
stava implorando la bambina, «mi
fai le trecce? Trunks non le sa fare!»
Marron
sorrise, mentre il ragazzo diventava rosso come un peperone.
«E
perché dovrei saper fare delle
trecce?» chiese lui, indignato.
Sia
la bimba dai capelli turchini che la ragazza bionda,
però, lo ignorarono, mentre Marron si inginocchiava e
prendeva ad intrecciare i ciuffi della piccola.
Sotto
gli sguardi di Aliys e Goten – sorpreso quello della
prima, divertito quello del secondo – Trunks
borbottò qualcosa e fece per allontanarsi, ma la voce di
Marron lo fermò.
«Ehi,
tu! Dove vai?» lo interpellò la
ragazzina. «Guarda e impara, piuttosto».
A
Bra quella frase dovette piacere parecchio, poiché si
illuminò e ripeté: «Giusto, Trunks,
guarda e impara».
Il
ragazzo sembrava costernato. «Oddio. Cosa può
fare, un uomo, davanti alle donne?»
«Sottomettersi,
è ovvio» rispose Marron,
con una risata.
«Sai»
sussurrò Aliys, rivolta a Goten,
«Marron mi piace sempre di più».
Lui
rise. «Sì, ti voglio vedere a sottomettere
papà».
Lei
arrossì. «Che cosa?»
«Mmm,
vediamo… Va’ a chiedergli di
venire un momento qui… Digli, che ne so, che deve
assolutamente assaggiare queste rose del deserto» propose,
accennando ai dolcetti che la sorella aveva apprezzato più
di tutti.
Aliys
sbatté le palpebre e guardò verso Goku, che
stava chiacchierando spensieratamente con Pan e Mr. Satan, quindi
riportò gli occhi su Goten.
«Non
vedi che è occupato?»
protestò, con le guance arroventate.
Il
fratello sbuffò. «Ma cosa importa, devi
prenderlo da parte solo per un istante! Avanti, dai. Voglio proprio
vedere se ci riesci».
Aliys
lo fissò, combattuta tra l’imbarazzo che la
inchiodava a terra e l’orgoglio che la spronava a fare come
aveva detto Goten.
«È
una cosa stupida» gemette.
«Macché»
replicò suo
fratello, prendendo una tartina tra due dita, «è
l’occasione di un intimo momento padre-figlia».
Aliys
arrossì ancor di più e gli
piantò il gomito nel fianco.
«Ah,
lo sapevo» sospirò allora Goten.
«Tutta quella faccenda sulla donna che sottomette
l’uomo… Stupidaggini».
«Però»
obiettò Aliys,
«se faccio come dici tu sarebbe come se mi
sottomettessi».
L’altro
scosse la testa. «Per l’amor del
cielo, Al! Io non ti sto sottomettendo, ti sto aiutando. Datti una
mossa, va’».
Lei
indugiò ancora un istante. Poi, però, trasse
un respiro profondo, si disse: “Ce la posso fare” e
si diresse verso suo padre.
Bizzarramente,
le sembrava di avere le orecchie tappate, e di non
sentire altro che il proprio respiro, mentre le chiacchiere delle
persone presenti si facevano stranamente ovattate.
Quasi
senza rendersi conto dello spazio percorso, si ritrovò
a poggiare timidamente una mano sul braccio di Goku per attirare la sua
attenzione.
«Al»
disse lui, lasciando per un momento la piccola
Pan alle attenzioni di nonno Satan, «che
c’è?»
Lei
lo fissò, incapace di rispondere per qualche istante. Si
schiarì la gola, ma a quel punto si rese conto che aveva
completamente dimenticato cosa avrebbe dovuto dire.
“Oddio,
no!” pensò, terrorizzata.
“Ecco, lo sapevo. Ho quindici anni e già mi
dimentico le cose. Sono fregata”.
A
quel punto, però, arrivò
l’illuminazione, e Aliys si riebbe.
«Vuoi
venire ad assaggiare le rose del deserto che ha
preparato Videl? Sono davvero buone».
Goku
si aprì in un sorriso. «Ma certo»
assicurò, alzandosi in piedi. Guardò Pan e le
disse: «Il nonno torna subito, tesoro», poi si
girò verso la figlia.
E
a quel punto, contro ogni aspettativa di Aliys, la prese saldamente
per mano.
La
ragazzina rispose alla stretta con una sorta di incredula gioia.
Mentre passavano davanti a Goten, comunque, recuperò quella
presenza di spirito che le bastava per accennare una linguaccia verso
il fratello.
Lui
non parve aversene a male, poiché scrollò le
spalle e le mostrò i pollici alzati in segno di vittoria.
Spazio dell’Autrice:
Bonjour à tout le monde! ^^
È stato un po’ difficile gestire tutti gli
invitati al compleanno di Pan, quindi spero di non aver combinato
qualche pasticcio…
Riguardo alla festa, be’, per me il fatto che Marron faccia
le trecce a Bra è quasi un’ossessione, e trovo il
modo di accennare a ‘sta cosa in un sacco di fic XD
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A sabato prossimo!
P. S. Quasi dimenticavo... Il carini e
coccolosi di Goten è ovviamente una
citazione dei Pinguini di Madagascar XD
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Capitolo 9 *** La reincarnazione ***
Capitolo 8 – La
reincarnazione
«Al, tu devi
aiutarmi».
La
ragazzina fissò Goten. Se non ricordava male,
l’ultima volta che suo fratello le aveva rivolto una frase
simile… Oh, sì, era stato quando avevano otto e
sette anni, e lui aveva appena rotto un intero servizio di piatti
– Dio solo sapeva come ci fosse riuscito.
«Che
succede?» gli domandò, cautamente.
Il
giovane si guardò attorno, poi riportò
l’attenzione sulla sorella. «Si tratta di
papà» rispose, scuotendo il capo.
Aliys
si sentì improvvisamente rizzare i peli sulla nuca.
«Che
vuoi dire?» chiese, senza riuscire a evitare
un tono quasi di sfida.
Non
poteva farci niente: non appena le sembrava che qualcuno si stesse
spingendo a parlar male di Goku, le veniva del tutto naturale scattare
sulla difensiva.
«Vuole
allenarmi a tutti i costi, chissà poi
perché» si lamentò Goten.
«Okay, ho capito che ci sarà un Torneo di Arti
Marziali, ma chi se ne importa!»
Aliys
si rilassò, cominciando a capire la reazione del
fratello, che era sempre più propenso a volatilizzarsi non
appena sentiva la parola “allenamento”.
Si
strinse nelle spalle. «Dai, sei sopravvissuto a tragedie
peggiori» osservò, incoraggiante –
almeno nelle proprie intenzioni.
«Non
capisci!» Goten sembrava frustrato.
«Non posso perdere tempo ad allenarmi!»
Da
come sputò l’ultima parola, riuscì
quasi a farla suonare come una volgarità.
«Come
mai?» domandò Aliys.
«Cos’altro devi fare di tanto importante?»
Il
giovane, di solito sempre così schietto, distolse di
colpo gli occhi e disse: «Niente».
Quella
reazione, naturalmente, incuriosì sua sorella, che
gli pungolò il petto con un dito e insistette: «Di
cosa si tratta?»
Goten
arrossì. «Niente»
ripeté.
«Dai,
fratellino, dimmelo» implorò
Aliys, utilizzando un’arma che aveva sguainato solo
quand’era davvero piccola… E solo ai danni di
Gohan.
Gli
occhi dolci.
Probabilmente,
in una situazione normale, Goten – molto meno
protettivo del fratello maggiore – li avrebbe liquidati con
una risata.
Ora,
però, era imbarazzato e a disagio, e il comportamento
inusuale della sorella parve innervosirlo improvvisamente.
«Al,
è un segreto» gemette.
«Okay»
cinguettò lei, rianimandosi,
«prometto di mantenerlo!»
Goten
emise un sospiro esasperato, ma Aliys non se ne
preoccupò, perché qualcosa le diceva che il
fratello stava per vuotare il sacco.
«E
va bene, eccoti la verità»
esordì il giovane, in tono incredibilmente tragico.
«Ho una ragazza, okay? E vorrei uscire un po’ con
lei».
Aliys
rimase interdetta per un momento.
Dentro
di sé, giudicava improbabile che questa ragazza
sarebbe durata più di un mese: Goten era ancora un
ragazzino, e in quel periodo le sue infatuazioni erano frequenti quanto
passeggere.
Allo
stesso tempo, però, da brava sorella, Aliys capiva che
Goten, finché stava assieme a una ragazza, ne era davvero
innamorato.
In
modo immaturo, forse, ma certamente sincero.
«Be’,
scusa, ma quanto tempo vuole allenarti
papà?» gli domandò allora.
«Di certo ti rimarrà del tempo per
vederla…»
«Ma
non lo so» bofonchiò Goten, poco
convinto. «Il programma che mi ha illustrato sembrava
piuttosto terrificante».
Aliys
scosse la testa e si morse il labbro, combattuta.
Cosa
fare? Aveva un consiglio da dare a Goten, ma ciò
avrebbe voluto dire schierarsi contro Goku…
Poi
si ricordò di come il fratello l’aveva aiutata
durante la festa di Pan, e decise che era tempo di ricambiargli il
favore.
«Se
papà spera di tenerti sotto allenamento per
più di quattro ore al giorno, dillo a mamma»
consigliò. «Sono pronta a scommettere che lo
costringerà a lasciarti più tempo
libero».
La
predizione di Aliys si rivelò esatta.
Il
deciso intervento di Chichi spazzò via un bel
po’ della ferrea determinazione di Goku a spaccare la schiena
al figlio minore a suon di esercizi, e il saiyan si ritrovò
a dover patteggiare con voce supplichevole…
Alla
fine, ottenne di poter addestrare Goten per tre ore al
dì, non un minuto di più.
Fu
chiaramente un po’ deluso da quel risultato, ma non
osò contraddire la moglie.
Goten
ne fu raggiante, e nei giorni che seguirono Aliys ebbe anche modo
di vedere la nuova fiamma del fratello: una ragazzina dai capelli
castani e l’aria innocua.
Molto,
molto meglio della precedente. Aliys aveva ancora i brividi,
pensando all’ultima ragazza di Goten: una ventiquattrenne dallo sguardo spiritato che pareva capacissima di rapirlo e tenerlo prigioniero nel proprio scantinato.
A
distrarla da quei pensieri, fu Goku che, seguito da una
saltellante Pan, si avvicinò all’albero sotto il
quale Aliys si era rintanata a leggere qualcosa.
«Ehi,
Al» la salutò il saiyan,
«ti dispiace se ci mettiamo qui?»
Lei
lo osservò: aveva il volto sudato, segno che doveva aver
iniziato l’allenamento da un bel po’ di tempo.
«No,
fate pure» rispose la ragazzina, accennando un
sorriso.
Goku
le sorrise e si accomodò accanto a lei, tra le radici
della pianta, mentre Pan si accucciò tra le ginocchia del
nonno.
«Allora»
esordì Aliys, un po’
impacciata, «come procede
l’addestramento?»
«Tutto
bene» rispose Goku, in tono sereno.
«Pan è davvero una piccola eroina».
Aliys
sbatté le palpebre, senza sapere cosa dire di fronte
al padre che scoccava alla bambina un’occhiata raggiante.
A
cavarla da quell’impiccio, però, fu la stessa
Pan, che improvvisamente si rialzò.
«Vado
dalla mamma, devo fare merenda!»
annunciò. «Ciao, nonno Goku! Ciao, zia
Aliys!»
«Ciao»
fece in tempo a rispondere la ragazzina,
prima che la piccola si mettesse a trottare di gran carriera.
«Ah,
beata gioventù» commentò
Goku, allegramente.
«Sembra
una miniera di energie» osservò
Aliys, desiderosa di chiacchierare un po’ col padre.
Il
saiyan annuì. «La è»
concordò. «Ed ha ereditato tutta la passione per
le sfide del popolo guerriero da cui discende».
A
quelle parole, Aliys sentì una stretta di disagio.
Anche
lei discendeva dai saiyan, eppure…
Si
affrettò a cacciare quella sensazione spiacevole, e
replicò: «Be’, papà, che ne
sai? Questo talento potrebbe venirle da Videl… Anche lei ama
le Arti Marziali».
Goku
aggrottò la fronte, stupito, come se quel pensiero non
l’avesse mai sfiorato. «Hai ragione»
disse alla fine, passando un braccio attorno alle spalle della figlia e
avvicinandola a sé. «Non avevo considerato questa
ipotesi».
Aliys
appoggiò la testa alla sua spalla, godendo di quella
sensazione di pace e protezione.
Poi
un pensiero la colpì, e lei si raddrizzò.
«Papà, posso chiederti una cosa? Come mai
quest’anno vuoi partecipare al Torneo? Anzi,
perché vuoi che partecipi persino Goten? Delle altre
edizioni non ti è importato molto…»
Goku
si girò a guardarla e le sue labbra si contrassero in
un sorriso.
«Be’»
tentennò,
«pensavo di tenerlo per me, però… Se ti
interessa…»
«Certo
che sì» si affrettò a
dichiarare la ragazzina, incuriosita.
«Il
fatto è che quest’anno
parteciperà un guerriero molto, molto
forte…» L’espressione di Goku si fece
sinceramente entusiasta, facendolo somigliare ad un bambino.
«E io vorrei tanto avere l’occasione di
affrontarlo».
Aliys
sgranò gli occhi, sorpresa. «Ma…
ma chi è questo guerriero? Non vedo come potrebbe essere
più forte di te… o di
Vegeta…» disse, in tutta onestà.
Improvvisamente,
lo sguardo di Goku si fece più serio.
«Vedi, Al. Quando sconfissi Majin Bu, io… Ecco,
diciamo che espressi una sorta di desiderio».
La
ragazzina si era irrigidita istintivamente, nell’udire il
nome di quel mostro, ma in breve la curiosità vinse sulla
diffidenza, e lei attese le seguenti parole del padre.
«Desiderai
di rincontrarlo, un giorno… Desiderai
che potesse rinascere, e rinascere buono» raccontò
Goku, con estremo candore.
Aliys
era stupefatta.
L’unica
cosa che avrebbe pensato lei, sarebbe stato:
“Spero di non rivederti mai più”. Suo
padre era incredibile.
«E
il buon vecchio Re dell’Inferno ha esaudito
questo mio desiderio» concluse Goku.
All’improvviso,
Aliys iniziò a tremare. Lei stessa
ne fu sorpresa: il suo corpo aveva reagito d’istinto a quello
shock imprevisto.
«Vuoi…»
sussurrò la
ragazzina, con un filo di voce. «Vuoi dire che Majin Bu
è tornato?»
Non
avrebbe mai creduto che quella notizia potesse sconvolgerla in modo
simile.
Improvvisamente,
Goku iniziò a strofinarle le mani sulle
braccia, assumendo un’espressione quasi allarmata.
«Al?» la chiamò, preoccupato.
«Al, respira».
Lei
sbatté le palpebre e inalò una bella boccata
d’aria fresca.
A
quel punto, il suo corpo si rilassò.
«Temevo
stessi per svenire» disse Goku, accigliato.
«Lo
credevo anch’io» replicò
lei, evitando con cautela di ragionare troppo sulla novità
che le aveva svelato suo padre.
Temeva
che, se solo avesse speso un pensiero di più sul
ritorno di Majin Bu, sarebbe stata assalita da una crisi di nervi.
Goku,
però, non aveva dimenticato la domanda della figlia.
«Sì,
comunque» disse, tranquillamente,
pur scrutandola con attenzione per assicurarsi che si fosse davvero
ripresa, «Majin Bu è tornato».
Aliys
provò una fitta di panico, e il suo respiro
accelerò vertiginosamente.
«Al!
Al!» La mano di Goku, forte e calda, si
strinse attorno alla sua. «Majin Bu è tornato, ma
non è più una minaccia. È rinato
buono».
La
ragazzina deglutì a fatica. «Ne sei
sicuro?» domandò.
«Certo»
assicurò lui.
«Altrimenti sarei già andato a sconfiggerlo.
Fidati di me, Al. Majin Bu non ci farà più del
male».
Lei
lo fissò negli occhi a lungo, prima di sentirsi davvero
convinta.
Però,
se suo padre ne era così sicuro…
Lei non poteva che credergli.
«Va
bene» disse alla fine, e riuscì
persino a sorridere. «Va bene».
Goku
rispose al suo sorriso, e le scompigliò i capelli.
«Sono
davvero una codarda, eh?» disse quindi la
ragazzina, assumendo un’aria contrita.
Il
saiyan scoppiò a ridere. «No, Al, non la
sei» rispose, con franchezza. «Anzi, perdonami se
te l’ho detto così… Non pensavo di
risvegliare i traumi del passato…»
«Non
fa niente, papà» rispose lei,
sorridendo, e con grande sorpresa si accorse che era vero.
Non
fece parola con nessuno di ciò che le aveva detto Goku.
Un
giorno, però, Goten andò a lamentarsi con lei
che il padre aveva deciso di aumentare le ore di allenamento.
«Così
sarai preparato» fu tutto
ciò che ebbe da dire la ragazzina, scrollando le spalle.
In
cuor suo, infatti, pensava che se suo fratello doveva affrontare
Majin Bu, anche se buono e reincarnato… Be’, era
meglio che fosse il più pronto possibile.
Goten
rimase di stucco di fronte a quella risposta, deluso di non aver
trovato un aiuto da parte della sua unica alleata.
Purtroppo
per lui, infatti, non poteva più contare neanche
su Chichi.
Chissà
come, Goku era riuscito a far sì che lei
gli permettesse di allenare il ragazzo più a
lungo…
Aliys
pensava che c’entrassero i soldi della vincita, ma
anche alcune cose da adulti, come lunghe chiacchierate sul lettone
matrimoniale e… altre azioni, sempre svolte sotto le
lenzuola… Ma visto che quella sola ipotesi la faceva
arrossire, preferiva non rimuginarci sopra.
E,
con l’avvicinarsi del Torneo, cominciò a
sentire a propria volta un misto di tensione e curiosità.
Come
poteva essere, questo nuovo Majin Bu?
Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti =)
Sto per addormentarmi sulla tastiera – ormai avrete capito
che è questo l’effetto che mi fa la scuola XD
–, perciò mi limiterò a dire che spero
che questo capitolo vi sia piaciuto ^^
Al prossimo aggiornamento, che naturalmente sarà sabato
prossimo!
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Capitolo 10 *** Il Torneo di Arti Marziali ***
Capitolo 9 – Il Torneo di
Arti Marziali
Alla fine, il gran giorno
arrivò.
Aliys
ricordava ben poco del Torneo di Arti Marziali a cui aveva
assistito quando aveva conosciuto suo padre, così rimase
piuttosto sorpresa dalla gran quantità di gente che era
accorsa per partecipare all’evento.
La
piccola Pan, da parte sua, era altrettanto smaniosa: dopo poco,
trascinò Goku via, tra le bancarelle e i passanti.
Aliys
li guardò allontanarsi, e provò il
desiderio di essere al posto della nipotina… Oh, come le
sarebbe piaciuto correre via così, insieme a suo padre!
Si
girò verso Goten, che camminava di fianco a lei con le
braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo che vagava da una
direzione all’altra.
Sapeva
che il fratello era stato piuttosto demoralizzato nel conoscere
la data del Torneo, visto che quel giorno avrebbe dovuto uscire con la
sua ragazza, perciò gli rivolse un mezzo sorriso di
incoraggiamento.
Per
un po’, non accadde nulla, e Aliys iniziava ad
annoiarsi… Finalmente, però, Goku e Pan furono di
ritorno – la piccola stava leccando con gusto un bel gelato
– e dopo poco la famiglia Son fu raggiunta dal resto del
solito gruppo di amici.
Dopo
alcuni saluti, i partecipanti al Torneo – ovvero Vegeta,
Trunks, Goku, Goten e Pan – si separarono dagli altri per
recarsi negli spogliatoi e alle eliminatorie.
Aliys
si era bloccata a seguire con lo sguardo suo fratello, che si
allontanava chiacchierando col proprio migliore amico, quando un tocco
sul braccio la riscosse.
Alzando
gli occhi, la ragazzina si ritrovò a fissare il viso
ovale di Marron.
«Preoccupata?»
domandò la biondina, con
l’accenno di un sorriso.
Subito,
Aliys provò una punta di timidezza. Infatti, se era
vero che aveva visto più volte la figlia di Crilin, lo era
altrettanto il fatto che con lei non aveva mai avuto un rapporto degno
di nota.
«Un
po’» ammise dopo un attimo.
«Lo
capisco» si lasciò sfuggire Marron.
Arrossì per chissà quale motivo, poi si
affrettò ad aggiungere: «Ma andrà tutto
bene, vedrai. Sono dei duri».
Aliys
riuscì ad abbozzare un sorriso.
«Non
credevo fossi un’esperta di Arti
Marziali» osservò.
Marron
ridacchiò. «Infatti non ne so
niente» disse. «Però dovresti vedere
Trunks e Goten al centro commerciale. Sembrano terrorizzati, quando
c’è tanta gente, ma poi affrontano stoici anche la
calca peggiore!»
Aliys
sentì un fiotto di interesse.
Se
si trattava di portarlo a far compere, infatti, Goten doveva
solitamente essere scongiurato in ginocchio.
«Riesci
a portarli al centro commerciale? Davvero? Tutti e
due?»
Marron
sembrò stupita dalla domanda.
«Sì, perché?»
domandò. «Cosa c’è di
straordinario?»
Aliys
fece un gesto vago. «Mmm, no,
niente…»
Di
colpo, le venne in mente quando, durante il compleanno di Pan,
Marron aveva affermato che un uomo non poteva che sottomettersi,
davanti a due donne… Lei aveva sempre considerato la
biondina come una persona tranquilla e solare, molto simile a
Crilin… Ma forse aveva preso qualcosa anche da C-18.
«Ti
ricordi lo scorso Torneo?» domandò
improvvisamente Marron. «I miei genitori erano andati tutti e
due a combattere, così io mi sono incollata a tua madre, e
lei ci ha comprato lo zucchero filato… Era
delizioso!»
Aliys
aggrottò la fronte, sorpresa. «Davvero? Non
me lo ricordo…»
«Be’,
eravamo piccole» disse Marron, in
tono pratico. «Però tu hai mangiato il tuo e anche
metà del mio…»
«Mi
dispiace» rise Aliys.
«Ma
figurati!» replicò Marron.
«La saiyan sei tu. E se lo vuoi sapere, a questo proposito ti
invidio a morte».
«Tu
invidi me?» fece Aliys. Per lei, si trattava di
un’idea strabiliante. «E per cosa?»
«Per
il fatto di poter mangiare tutto ciò che vuoi
senza ingrassare» replicò Marron, allegramente.
«Non è ovvio?»
Aliys
scoppiò a ridere. Ormai aveva superato ogni disagio, e
iniziava a rilassarsi. «Sì, in effetti quello
è molto bello!»
Aveva
appena parlato, che la piccola Bra sgusciò tra loro
due. «Di cosa parlate?» domandò,
fissando prima l’una e poi l’altra ragazza con
curiosità.
«Del
fatto che odio voi saiyan!» esclamò
Marron, afferrando la bambina e sollevandola da terra.
Bra
emise uno strillo eccitato, poi passò le braccine
attorno al collo della ragazza.
«E
perché ci odi?» domandò.
«Perché
non metterete mai un grammo di ciccia su
queste ossicine» rispose Marron, strofinando il naso contro
quello della bambina.
Bra
rise di gusto, ma poi sembrò preoccuparsi.
Sempre
tenendosi saldamente aggrappata a Marron, guardò
verso Aliys.
«Non
può odiarci per questo, vero? Vero?»
La
figlia di Goku gettò un’occhiata a Marron, che
fingeva uno sguardo inferocito, poi tornò a guardare Bra.
«Be’,
in effetti può» ammise.
Non
ci aveva mai pensato, però Marron aveva ragione. Lei
adorava
mangiare… Sarebbe stato terribile, se avesse dovuto
preoccuparsi di dosare i propri spuntini!
«Quando
sarai grande capirai» disse Marron, rivolta
a Bra.
La
piccola atteggiò il viso ad un broncio grazioso.
«Sono già grande!» protestò,
e Marron dovette blandirla con un bacio sulla guancia, mentre Aliys le
osservava sinceramente divertita.
Così
procedette la giornata, finché non andarono
ad occupare i posti che Mr. Satan aveva approntato per loro…
Purtroppo per loro, i suddetti posti si trovavano sullo stesso livello
del ring, e quindi sotto gli occhi incuriositi di tutte le persone
sedute in tribuna.
Rossa
come un peperone, Aliys si mise ad osservare intensamente le
proprie ginocchia, poi sbirciò le reazioni di chi le stava
attorno.
Avevano
tutti un’aria di profondo disagio, persino Piccolo e
Dende…
Anche
le guance di Marron erano arrossate dall’imbarazzo,
mentre la piccola Bra guardava per aria con espressione
spaesata…
La
prima a non poterne più fu Bulma, e a quel punto Videl
corse dal padre per pregarlo di trovar loro un’altra
sistemazione.
Fortunatamente,
l’acclamato eroe della Terra seppe
accontentarli.
Affacciandosi
alla finestra della nuova postazione, Aliys
poté osservare il ring dall’alto. La vista era
ottima, ed era meraviglioso non aver più la sensazione di
essere un capo di vestiario esposto in una vetrina.
Dopo
qualche istante, il presentatore salì sul ring, e ben
presto lo seguirono i vari concorrenti.
Lo
sguardo di Aliys corse subito a Goku, poi si spostò su
Goten, mentre il cuore della ragazzina cominciava a battere
all’impazzata.
Si
ricordò con fermezza ciò che aveva detto
Marron: i loro amici erano dei duri. Sarebbe andato tutto bene.
Allo
stesso tempo, però, cominciò a frugare con
gli occhi tra gli altri concorrenti, tentando d’immaginare
quale potesse essere la reincarnazione del Majin Bu malvagio.
La
logica le venne in aiuto, suggerendole che il combattente in
questione doveva avere un’età corrispondente al
tempo trascorso dalla morte del mostro, ovvero dieci anni…
Sbalordita,
Aliys fissò lo sguardo su uno dei partecipanti,
un ragazzino dalla pelle color cioccolato con un ciuffo di capelli
neri. Quel bambino, infatti, era il solo ad avere
l’età giusta…
Aliys
non riusciva a credere che quel soldo di cacio potesse
c’entrare qualcosa con Majin Bu, tanto più che si
guardava attorno con quello che pareva terrore.
Non
le riusciva proprio, di conciliare l’immagine che
conservava del mostro crudele che tanto l’aveva spaventata
con quella del ragazzino smarrito che ora si trovava davanti.
Forse
Goku si era ingannato?
Anche
lo stesso nome del fanciullo, però, pareva andare a
favore della tesi del saiyan – Ub, si ripeté
Aliys, mentre il cuore le balzava in petto, quel ragazzino si chiamava
Ub!
E
quando fu estratto come avversario di suo padre nel primo girone, la
ragazzina vide l’espressione soddisfatta che si era dipinta
sul volto di Goku, e fu di colpo certa che la reincarnazione di Majin
Bu fosse proprio Ub.
Quasi
senza accorgersene, congiunse le mani e le strinse forte, quasi
al punto da stritolarsi le ossa, e cominciò a pregare che
andasse tutto bene.
Era
tanto in ansia che, quando Vegeta mise K.O. il suo avversario prima
ancora che il Torneo fosse iniziato, gli fu intimamente grata. Con quel
gesto, per lo meno, l’aveva un po’ distratta.
Mentre
Bulma si portava una mano alla fronte, gemendo: «Oh,
Vegeta è sempre il solito, non cambierà
mai!», la piccola Bra rise e si sporse dalla finestra,
esclamando: «Vai, papà, sei grande!»
A
quel punto, Aliys riuscì ad accennare un sorriso.
Il
primo incontro, disputato da Pan contro un omone talmente gigantesco
da dare l’impressione di poter mangiare la bambina in un sol
boccone, non fu una sorpresa.
Non
per i conoscenti della piccola, per lo meno; gli altri spettatori
furono completamente sbalorditi, quando Pan vinse con un solo colpo.
Ci
fu qualche istante di rumoreggiamento, poi Goku e Ub uscirono sul
ring.
Aliys,
che era riuscita a darsi una calmata, si sentì di
colpo nuovamente in preda all’ansia.
Stranamente,
il giovane Ub sembrava teso quanto lei, se non di
più.
Forse
fu per quello che, invece di attaccarlo subito, Goku
iniziò a motteggiarlo e a punzecchiarlo.
«Ma
che sta facendo?» domandarono più
voci.
Aliys
non se lo chiese nemmeno, limitandosi a tenere gli occhi fissi su
suo padre. “Sei davvero sicuro” avrebbe voluto
chiedergli, “che provocare la reincarnazione di Majin Bu sia
una buona idea?”
Le
prese in giro, però, non sembravano sortire un grande
effetto… Almeno, sino a quando Goku non tirò in
ballo la famiglia del giovane Ub.
Quello
parve pungere sul vivo il ragazzino, che improvvisamente
ribatté con una grinta del tutto insospettata.
Aliys
si spaventò, ma Goku ritornò
all’attacco verbale con maggior insistenza, finché
Ub non perse del tutto le staffe.
A
quel punto, il ragazzino si lanciò sul saiyan, urlando
mentre lo raggiungeva.
Aliys
avrebbe voluto chiudere gli occhi.
Si
disse, però, che sarebbe stata un’azione troppo
vigliacca, così rimase a fissare l’incontro che
finalmente stava avendo inizio.
Un
misto di paura e sorpresa si agitò nel suo stomaco: per
la prima volta, vedeva Goku combattere con un terrestre che non gli era
inferiore.
Per
la prima volta, si rese conto di quanto suo padre fosse mortale,
vulnerabile, un uomo in carne ed ossa, e la cosa la
terrorizzò.
Gli
spettatori impiegarono qualche istante per riaversi dalla sorpresa
di vedere un bambino combattere così, poi iniziarono ad
inneggiare al giovane Ub.
Aliys
sentì che la bocca le si apriva in
un’espressione di orrore.
In
uno strano impulso, avrebbe voluto gridare che Goku era suo padre,
per l’amor del
cielo, era suo padre!
Come
potevano, tutte quelle persone, provare diletto nel vederlo in
pericolo?
Nella
sua ansia, infatti, la ragazzina aveva perso completamente di
vista il fatto che si trattava di un incontro regolato da norme ben
precise, che escludevano tassativamente l’eliminazione
dell’avversario, e al contrario era stata totalmente
assorbita dalla consapevolezza che suo padre stava combattendo con la
reincarnazione di Majin Bu.
Un
avversario pericoloso, pericolosissimo!
Poi,
Goku si mise fuori dalla portata del rivale volando verso
l’alto, e il cuore di Aliys sembrò seguirlo con
sollievo…
Quando
il padre iniziò a preparare una Kamehameha, Gohan
esclamò, allarmato: «Cosa fai,
papà?!»
Ad
Aliys, invece, non interessava: che Goku distruggesse pure il ring
– già ridotto male, tra l’altro, dal
combattimento tra lui e Ub –, l’importante era che
si salvasse!
Ma
a quel punto ci fu un nuovo colpo di scena: Ub rischiò di
cadere dal rettangolo, e Goku intervenne per afferrarlo prima che
toccasse terra, e lo riportò al sicuro sul ring.
L’ansia
di Aliys lasciò spazio alla confusione, e
lei si sporse in avanti, cercando di capire cosa stesse accadendo.
Suo
padre stava dicendo qualcosa ad Ub, ed il ragazzino lo guardava a
bocca aperta.
Era
una scena incredibilmente tranquilla, in effetti. Stranamente,
però, Aliys non si sentì affatto rassicurata:
aveva uno spiacevole presentimento, come se quella fosse la calma prima
di una nuova tempesta.
Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti! :D
Ho pensato a lungo a come gestire questo capitolo, e alla fine ho
deciso di non soffermarmi troppo sul combattimento, di incentrare la
narrazione più su Aliys.
In fondo, lo scontro tra Goku e Ub l’abbiamo tutti visto in
tv o sul manga u.u
Insomma, spero che il risultato non sia pessimo!
Ovviamente, vi do appuntamento a sabato 17 novembre =)
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Capitolo 11 *** La scelta di Goku ***
Capitolo 10 – La scelta
di Goku
Quando le intenzioni di Goku si
palesarono, sua figlia
faticò a credervi.
Davvero
suo padre voleva andar via e lasciare la sua famiglia per
accompagnare Ub a casa ed allenarlo?
Aliys
si disse sino all’ultimo che no, doveva aver capito
male, ma quando suo padre svanì in lontananza con il
ragazzino sulle spalle, dovette arrendersi all’evidenza.
E
si sentì sprofondare.
Alle
proprie spalle, sentì Piccolo commentare:
«Sapete, era da molto tempo che non vedevo Goku
così felice», e si sentì come se
qualcuno le avesse dato uno schiaffo.
Ripensò
ai giorni che avevano preceduto il Torneo.
Alle
chiacchierate con Goku, al compleanno di Pan… Al
pomeriggio che lei aveva trascorso con suo padre.
In
quei momenti, si era sentita felice.
Tanto
felice da impazzire.
E
le era sembrato che Goku condividesse la sua gioia, ma se Piccolo
diceva la verità… Allora non era così.
Allora a Goku non bastavano loro – non gli bastavano lei, sua
madre e i suoi fratelli –, preferiva di gran lunga un
moccioso che neanche conosceva.
Nel
frattempo, il Torneo si era rimesso in moto, nonostante
l’aperto disappunto degli spettatori nel veder volar via Ub e
Son Goku.
Aliys,
però, non aveva più voglia di stare
lì a guardare come si svolgevano gli incontri.
Adesso
che la reincarnazione di Majin Bu se n’era andata, non
si sentiva nemmeno preoccupata che potesse accadere qualcosa a Goten.
Si
alzò, con le gambe un po’ molli.
Gettò un’occhiata a sua madre, che era sprofondata
sulla sedia con aria stravolta, e che era affiancata da Gohan e Videl.
I due sembravano preoccupati, e le facevano aria con un paio di
ventagli.
Aliys
chinò il capo e se ne andò.
Arrivò
sino alle scale che li avevano condotti ai loro nuovi
posti, e scese una decina di gradini, poi si lasciò cadere
seduta sull’undicesimo.
Le
parole di Piccolo continuavano a martellarle nella mente senza
tregua. Sapete, era da
molto tempo che non vedevo Goku così
felice.
La
ragazzina si mordicchiò il labbro.
Subdolo
e opprimente, il senso di colpa iniziava a farsi strada nel suo
stomaco.
Possibile
che suo padre se ne fosse andato a causa sua?
In
fondo, lui era un guerriero. Forse, se lei avesse dimostrato le doti
di una vera saiyan, invece di rivelarsi una debole e opaca ragazzina,
lui si sarebbe gettato con entusiasmo nel compito di allenarla, e
questo l’avrebbe reso felice.
Aliys
scosse la testa per cacciare quei pensieri, ma era più
facile a dirsi che a farsi.
Allora
si schiacciò le mani contro le orecchie e,
così facendo, non udì i passi esitanti che si
dirigevano – dall’alto – verso di lei.
Qualcuno
le toccò la schiena, e Aliys sussultò,
girandosi di scatto.
Era
Marron.
La
ragazzina bionda sembrava imbarazzata. «Stai
bene?» domandò.
Aliys
sbatté le palpebre e inghiottì velocemente.
«Sì» mentì.
Marron
fece un sorriso nervoso. Poi, un po’ a disagio, prese
posto accanto a lei. «Io… non sono sicura che sia
la verità».
Aliys
si strinse nelle spalle. La vicinanza di Marron e la sua premura
le fecero venire una voglia tremenda di scoppiare a piangere. E dato
che le sembrava che aprir bocca equivalesse a perdere la
capacità di contenere i singhiozzi, serrò con
forza le proprie labbra.
«Sta’
tranquilla» azzardò
Marron. «Quell’Ub mi sembrava un talento. Non ci
impiegherà molto ad imparare, e poi tuo padre
tornerà a casa».
Aliys
annuì, distogliendo lo sguardo. Era terrorizzata alla
prospettiva di mettersi a piangere come una bambina. Il suo orgoglio
glielo vietava: sarebbe stata una reazione troppo umiliante!
Un
po’ impacciata, Marron le passò un braccio
attorno alle spalle. Non disse nulla, limitandosi a tenerla stretta.
Di
colpo, Aliys desiderò di poter dare libero sfogo a tutte
le sue ansie, ma c’era qualcosa che la frenava.
Marron
le piaceva, d’accordo, ma alla fine non si conoscevano.
Non
avevano mai parlato da sole, prima di quel giorno.
Una
parte di Aliys si chiese perché… Dopotutto,
avevano più o meno la stessa età, e Marron era
molto amica di Goten e Trunks.
“Tutti
sono amici” si disse improvvisamente la
ragazzina.
Pensò
a come i suoi fratelli scherzavano con Bulma, a come
quest’ultima e sua madre passassero alcuni pomeriggi
insieme… Pensò alla piccola Bra e alla
familiarità che aveva con Marron…
“Sono
solo io ad esserne fuori”.
Di
colpo, si sentì totalmente estranea al resto del mondo,
così esclusa da dover dare fondo a tutte le proprie energie
per non scoppiare in lacrime.
Sola.
Lei era sola.
E
suo padre se n’era andato.
«Dai»
riprovò Marron.
Aliys
si dispiacque per lei. Stava cercando di aiutarla, e doveva
essere una situazione tremendamente imbarazzante.
«Quell’Ub
è solo un allievo, voi siete
la sua famiglia».
Aliys
chiuse gli occhi per un istante. Sapete,
era da molto tempo che
non vedevo Goku così felice.
«Sì»
riuscì a dire, con un
fil di voce. «Ma è lui che lo rende felice. Non
noi».
Marron
sbatté le palpebre, poi assunse un piglio deciso.
«Sono sicura che non è vero».
«Non
è che ci abbia pensato molto, prima di
andarsene» obiettò Aliys. Con suo grande sollievo,
la diga che le bloccava le parole in gola sembrava essersi rotta, e ora
le frasi si riversavano fuori dalle sue labbra come un fiume in piena.
«Be’,
ma questo perché lui…
è Goku» mormorò Marron. «Da
quanto mi racconta mio padre, non pensa mai più di tanto,
prima di fare le cose. Se ne pentirà nel giro di due giorni,
quando inizierete a mancargli tanto da farlo star male».
Aliys
fissò l’altra ragazzina. Quel pensiero le
risultava in qualche modo confortante.
Poi,
però, la desolazione scese di nuovo su di lei,
facendole abbassare lo sguardo.
«Non
mi ha neanche salutata» disse, in un soffio,
esprimendo finalmente il peso che le gravava sul cuore come un macigno.
Perché
sì, lei si era aspettata almeno quello.
Che
suo padre la prendesse un istante tra le braccia, le regalasse un
bacio di arrivederci.
E
invece no, Goku si era limitato a farle un cenno, e poi si era
allontanato.
«Ah»
sussurrò Marron, che evidentemente
non sapeva cosa dire.
Con
estremo disagio, Aliys sentì che il nodo che aveva alla
gola saliva, saliva sempre più in alto…
“Oh,
no!” pensò,
terrorizzata… Giusto un momento prima di scoppiare a
piangere.
Vergognosa,
nascose il volto tra le proprie mani. Tremando
irrefrenabilmente, cercò di girarsi di lato, di dare la
schiena a Marron.
La
figlia di Crilin, però, reagì attirandola a
sé, e Aliys si ritrovò a singhiozzare sulla
spalla della ragazza.
Quel
contatto la riscaldò, ma le tolse anche ogni speranza
di riuscire ad arginare il pianto.
Con
singulti sempre più violenti, mentre le lacrime
scendevano una dopo l’altra, la figlia di Goku
sentì lo sfogo divenire sempre più aspro.
In
cuor suo, sperava che – una volta raggiunto il picco
– la crisi si calmasse, ma non fu così: sembrava,
al contrario, che ogni singhiozzo ne portasse con sé altri
cento.
Marron
continuò a tenerla abbracciata senza dir nulla.
Aliys
non sapeva cosa fare. Si vergognava, ma allo stesso tempo non
riusciva a fermarsi, né a spingere via l’altra
ragazza.
Al
contrario, l’istinto la spinse ad aggrapparsi a lei ancora
di più.
Le
serviva un appiglio, un appiglio qualsiasi… Ora come non
mai.
«Andrà
tutto bene» le
sussurrò Marron. «Tornerà presto.
Vedrai che tornerà presto».
Aliys
si ripeté quelle parole nella mente, ancora e ancora,
quasi al punto di trasformarle in un’ossessiva cantilena.
Ci
voleva credere. Oh, se ci voleva credere!
E
alla fine, chissà come, ci credette.
Il
suo cuore abbracciò speranzoso quell’ipotesi, e
Aliys sentì che il volume del suo pianto andava
scemando…
Alla
fine, riuscì a far cessare i propri singhiozzi, e
sollevò il volto dalla spalla di Marron.
Sapeva
che piangere le faceva venire una faccia orrenda, e per un
po’ non fece altro che asciugarsi le guance e stropicciarsi
gli occhi, vergognosa.
«Marron…»
iniziò, non appena
si sentì in grado di parlare.
La
sua voce era un po’ roca, ma quello era il male minore.
«Grazie».
La
ragazzina bionda scosse la testa. Anche lei, però,
sembrava un po’ imbarazzata. «Di niente»
disse, «immagino che tu ne avessi bisogno».
Aliys
si strinse nelle spalle.
Sollevata,
si accorse che le parole di Piccolo avevano smesso di
prenderle a pedate il cranio.
Ma
sì, non doveva angustiarsi così tanto! Goku
non avrebbe avuto bisogno di molto tempo, e quando avrebbe finito di
allenare Ub sarebbe tornato. Anzi, magari avrebbe fatto loro visita
ancor prima che l’allievo fosse pronto.
Erano
la sua famiglia, no?
Udendo
qualcuno che scendeva le scale, Marron e Aliys si girarono.
Era
Gohan.
«Ragazze»
le chiamò. Sembrava un
po’ preoccupato – specialmente per la sorellina, a
giudicare dallo sguardo che le lanciò. «Che ci
fate qui? State…?»
«Stiamo
bene» rispose Marron in fretta, ancor prima
che lui concludesse la domanda.
Aliys
le lanciò uno sguardo grato.
Gohan
rimase zitto, poi sorrise e disse: «Be’, in
tal caso…»
Scese
ancora un paio di gradini e si sedette vicino ad Aliys,
dall’altra parte rispetto a Marron.
«Ehi,
Aly» le sussurrò. «Tutto
a posto, sorellina?»
La
ragazzina gli indirizzò un sorriso. «Penso di
sì» rispose.
E
a dir la verità, con suo fratello da una parte e la sua
nuova amica dall’altra, stava cominciando a sentire che le
cose erano davvero sul punto di rimettersi a posto.
Spazio dell’Autrice:
Scusate il rinvio dell’aggiornamento =(
Riguardo questo capitolo… Io credo che Goku sia un egoista,
per certi versi… E che Piccolo dimostri una gran mancanza di
tatto, facendo quel commento quando il saiyan se ne va.
Insomma, mi sono sempre chiesta come potesse essere suonato per i
membri della famiglia Son >_>
Comunque, spero non sia saltato fuori qualcosa di troppo
melodrammatico… E che vi sia piaciuto!
Il prossimo aggiornamento sarà sabato 25 (spero di
rispettare la data, questa volta!) ^^
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Capitolo 12 *** Quattro chiacchiere con Marron ***
Capitolo 11 – Quattro
chiacchiere con Marron
Esattamente due giorni dopo al
Torneo, qualcuno arrivò a far
visita alla famiglia Son.
Goten
andò ad aprire la porta, e rimase stupefatto nel
trovarsi di fronte Marron.
«Ciao»
la salutò, con aria preoccupata.
Si era per caso dimenticato di avere un appuntamento con lei e Trunks?
Diamine, si era già messo d’accordo per uscire con
la sua ragazza!
«Non
fare quella faccia» lo apostrofò
però la figlia di Crilin. «Sono venuta a trovare
tua sorella».
Goten
la fissò come se avesse parlato ostrogoto.
«Eh?»
Marron
scrollò le spalle. «A proposito,
è in casa?»
«Certo
che è in casa!»
esclamò Goten. Buttò indietro la testa, chiamando
a gran voce: «Al!»
Poi
tornò a guardare la biondina, stavolta con un enorme
sorriso. Dal momento che aveva capito di essere libero di uscire con la
sua fidanzata, aveva recuperato in un attimo il buonumore.
«Ma
voi due… da quando siete amiche?»
«Faccende
da ragazze, non puoi capire» lo prese in
giro Marron, dato che Goten si vantava sempre di essere un gran
conoscitore delle donne.
Il
figlio minore di Goku parve capire l’antifona, ma per
astenersi dal rispondere si voltò di nuovo verso
l’interno della casa. «Al!»
ripeté.
Marron,
da parte sua, gettò un’occhiata
all’amico che ingombrava la soglia. «Ehm, per
quanto mi riguarda posso entrare o…?»
Goten
si fece immediatamente da parte. «Sì,
sì, certo, scusa! Accomodati».
Marron
gli sorrise, entrando.
A
quel punto, udirono entrambi dei passi precipitosi, e Aliys comparve
nell’ingresso, chiedendo: «Che succede?»
Si
bloccò di colpo alla vista di Marron.
«Marron
vuole vederti» annunciò Goten.
Stampò un bacio sulla guancia della sorella e fece un cenno
all’amica. «E ora, madamigelle, ho una dama che mi
attende. Statemi bene».
Ciò
detto, oltrepassò Marron e uscì
dalla porta.
Rimasta
sola con Aliys, Marron le rivolse un sorriso un po’
imbarazzato. «Spero di non disturbare» disse.
La
figlia di Goku scosse la testa. «Non disturbi,
figurati» replicò. «Anzi, mi stavo
annoiando… Vieni, andiamo in camera mia».
«Va
bene» disse Marron, e la seguì.
Aliys,
dentro di sé, si sentiva stupita
dall’audacia che aveva dimostrato. E fu in quel momento,
pressappoco, che si rese conto di una cosa. Lei voleva essere amica di
Marron. Voleva esserlo, perché aveva bisogno di
un’amica, e perché l’altra ragazza le
piaceva.
Quando
furono nella sua stanza, però, provò un
attimo di panico.
E
adesso?
Fortunatamente,
Marron sembrò interessarsi alla fotografia
sulla scrivania di Aliys.
«Oh»
commentò, guardando la piccolina
coi capelli neri in braccio a un Goku che sfoderava un sorriso radioso.
«Sei tu, vero?»
La
ragazzina mora annuì.
«Già» confermò, avvicinandosi.
Provò
una fitta al cuore nello sbirciare il volto sorridente
di suo padre… Era assente solo da due giorni,
però già le mancava da morire.
Istintivamente,
pensò a Goten. Sapeva bene, infatti, che
nonostante suo fratello sfoderasse la consueta disinvoltura, anche lui
ci era rimasto male per la partenza improvvisa del genitore.
«Sei
carinissima» osservò Marron.
«E Goku, poi! Pensavo di averlo visto felice al Torneo, ma
qui è più
felice!»
Si
accorse dell’occhiata sorpresa che Aliys le
indirizzò e assunse un’aria interrogativa.
«Ho
detto qualcosa di male?» si
preoccupò.
«No,
no» si affrettò a rispondere la
ragazzina. «Certo che no, anzi!»
«Bene»
disse Marron, chiaramente sollevata.
«Sai» confessò quindi, «ho
l’abitudine di dire sempre quello che penso».
«Ma
è un pregio» obiettò
Aliys. “Non sai quanto ti invidio per questo”
aggiunse mentalmente.
«Ti
ringrazio» rispose Marron, con
l’accenno di un sorriso. «È solo che, a
volte, esagero, e non so proprio tenere a freno la lingua».
«Qualcosa
mi dice che Goten sarebbe dispostissimo a
confermarmelo» scherzò Aliys.
«Ci
scommetto» concordò Marron.
«A
proposito, tu hai visto la sua nuova fidanzata?»
La
figlia di Crilin annuì. «Sì, me
l’ha anche presentata. È un po’
distratta, ma non è male. Sempre meglio di certe scelte che
ha fatto in passato…»
Aliys
scoppiò a ridere. «Vero? L’ho
pensato anch’io!»
Marron
si aprì in un sorriso. «Ti ricordi quella
ventiquattrenne
con cui era uscito una volta? Quella che parlava sempre di come insonorizzare una stanza o come fare nodi impossibili da sciogliere».
«Sì,
e ancor meglio ricordo la faccia che ha fatto
mia madre quando l’ha vista!» esclamò
Aliys, mettendosi di nuovo a ridere. «Prima è
parsa sul punto di svenire, poi ha stretto le labbra tanto da farle
scomparire! Goten è fortunato ad essere il suo
cocco… Credo che se Gohan le avesse portato in casa una
ragazza simile, mia mamma l’avrebbe disconosciuto».
Marron
ridacchiò a sua volta. «Avrebbe fatto
bene» disse poi. «Ma Gohan non mi sembra il tipo da
portarsi in casa ragazze poco raccomandabili».
«Non
lo è» concordò Aliys.
«La prima ragazza che ha portato in casa è stata
Videl, e poi l’ha sposata».
Ricordava
ancora la prima volta che aveva visto Videl, e la diffidenza
iniziale di Chichi, andata in fumo non appena la donna aveva scoperto
che la giovane era ricca sfondata.
«Che
gran bravo ragazzo» sospirò Marron.
«Ehi,
non ci starai facendo un pensierino!»
esclamò Aliys. «Ha una moglie e una
figlia».
Marron
si mise a ridere. «No, niente pensierini per
Gohan…»
«Meno
male. Mi stavo preoccupando»
scherzò Aliys.
Era
incredula e felice di riuscire a parlare a Marron con tanta
disinvoltura. Si sentiva scoppiare di gioia, e sperò che
l’altra provasse almeno la metà di
quell’allegria.
Poi,
inevitabilmente, i suoi pensieri andarono nuovamente a Goku.
Chissà com’era la casa di Ub, quanto era
lontana… Chissà se suo padre stava bene,
là, chissà se adesso la stava pensando…
«Sai»
disse, un po’ timidamente,
«ho comprato un regalo per mio padre. Per quando
tornerà».
«È
un’idea fantastica»
dichiarò Marron.
Aliys
si diresse verso il suo armadio. «Aspetta di vederlo,
no?»
Aprì
le ante e prese un sacchetto, dal quale trasse una
tazza lucida, sulla cui superficie erano dipinti dei biscotti.
Guardandoli, Aliys sentì quasi l’acquolina in
bocca: sembravano veri.
Sopra
di essi, però, era scritto un avvertimento a lettere
svolazzanti: Non
mangiare noi che siamo qui fuori, ma i nostri sosia
reali che inzupperai dentro.
«Dai»
rise Marron, prendendo la tazza.
«È magnifica!»
«Spero
che anche mio padre la penserà
così» sorrise Aliys. Anche se Goten aveva
borbottato che la frase gli sembrava un po’ troppo
sofisticata, per Goku…
«Deve
pensarlo!» asserì Marron.
«Se no, sai cosa? Se non gli piace, la puoi regalare a me.
Dopo avergli dato un paio di schiaffi per la sua ingratitudine,
chiaro».
A
quel punto, notò l’espressione di Aliys.
«Guarda
che sto scherzando. Personalmente non schiaffeggerei
mai mio padre» disse, senza accorgersi di quanto suonasse
protettiva la sua voce quando parlava di Crilin, «e di certo
non pretendo che lo faccia tu col tuo!»
Aliys
accennò un sorriso, un po’
imbarazzata. «Be’, potrei
rimproverarlo…»
«Potresti»
disse Marron, restituendole la tazza.
«Sai»
raccontò Aliys,
«è fatta proprio per mio padre. È di un
materiale molto resistente. Una tazza a prova di saiyan».
«Allora
dovrà piacergli per forza»
ridacchiò Marron.
Poi
sbatté le palpebre, come se fosse stata colpita da un
pensiero improvviso.
«Ehi,
sai cosa? Non ho salutato tua
madre…»
«Non
fa niente» replicò Aliys.
«Non è in casa, è andata da
Bulma».
Pensando
a sua madre, lo stomaco le si strinse. Chichi sembrava aver
preso peggio di tutti gli altri la partenza improvvisa del marito.
Marron
parve capire che dietro l’informazione della figlia di
Goku c’era una questione molto delicata, così si
limitò a dire, in tono neutro: «Ah».
Aliys,
però, recuperò il buonumore non appena lo
sguardo le cadde sulla fotografia che la ritraeva con Goku. La voce di
Marron le riecheggiò nella mente: Pensavo di averlo visto
felice al Torneo, ma qui è più felice!
Era
contenta che la biondina lo avesse detto, perché le
parole di Piccolo avevano continuato a tormentarla per un bel
po’, e l’esclamazione dell’amica sembrava
averle finalmente cancellate.
Certo,
suo padre era stato felice di incontrare qualcuno come Ub, ma
certamente non era una felicità che si poteva paragonare a
quella che veniva dall’affetto di una famiglia.
E
Aliys cominciò a credere che avrebbe presto rivisto suo
padre.
Spazio dell’Autrice:
Buondì!
Spero che il presente capitolo vi sia piaciuto ^^”
Il prossimo aggiornamento sarà sabato 1 dicembre,
ma
penso l’aveste immaginato… ;)
(Questo capitolo è più che altro un intermezzo, ma spero di non avervi annoiato... E di non avervi fatto odiare Marron XD)
|
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Capitolo 13 *** Conseguenze ***
Capitolo 12 – Conseguenze
E invece i giorni passavano, e di
Goku nemmeno l’ombra.
Aliys
iniziò a sentirsi sempre più nervosa.
Tentava di aggrapparsi alla propria speranza con le unghie e coi denti,
ma la sua fiducia nel ritorno del padre minacciava di farsi
più fragile.
Le
scuole ricominciarono, e il saiyan non si era ancora fatto vivo.
Aliys faticava a prendere sonno, la notte, e durante le lezioni si
distraeva spesso e volentieri.
Un
incubo iniziò ad ossessionarla quasi ogni volta che
chiudeva occhio.
In
questo sogno, Goku tornava a casa mentre lei era a scuola, e Chichi
le telefonava per avvertirla, ma le bidelle rifiutavano di lasciarla
uscire.
«Potresti
farti male» dicevano, con espressioni
grottesche, facendole carezze e trattenendola per la giacca.
Alla
fine, lei scappava da una finestra, e volava più
velocemente che poteva, ma dato che era debole e imbranata, arrivava
troppo tardi, quando suo padre se n’era già andato.
Aliys
si rendeva conto dell’assurdità di un sogno
simile, ma ciò non le impediva di starci male.
Se
non altro, non era la sola ad avere dei problemi. Neanche Goten,
infatti, se la cavava molto bene. Tutt’altro: un giorno,
Aliys sentì Chichi che lo rimproverava. Le era arrivata una
comunicazione che la informava che il figlio era stato dal preside ben
tre volte in una sola settimana.
Col
cuore in gola, senza sapere dove guardare, Aliys ascoltò
Chichi rimproverare il suo secondogenito sino a sgolarsi.
Poi
la donna uscì a grandi passi dalla stanza, e la
ragazzina sbirciò verso il fratello, pentendosene
immediatamente.
Goten
– proprio Goten, di solito sempre allegro e ottimista
– teneva gli occhi puntati sul pavimento, con espressione
terribilmente cupa.
Mordendosi
il labbro, Aliys entrò nella camera del fratello.
«Goten?»
osò chiamarlo.
Lui
alzò lo sguardo. Ora non sembrava più tanto
arrabbiato. Sembrava solo triste, e forse era anche peggio.
«Sì?»
domandò.
«Che
è successo?»
Lui
scrollò le spalle. «Ma niente… Ho
solo fatto a botte, e a quanto pare mi distraggo troppo di
frequente».
«Hai
fatto a botte?» ripeté Aliys.
La
storia della distrazione non la stupiva più di tanto.
Goten era eccitabile come un bambino e non gli piaceva molto stare
fermo e concentrato su qualcosa, e tra l’altro anche lei, in
quel periodo, faticava a non far vagare i pensieri… Le
botte, però…
«È
quello che ho detto»
borbottò il ragazzo, che evidentemente non era disposto a
fornire dettagli al riguardo.
Aliys
lo guardò, completamente spaesata. Per un istante, si
ricordò di quando Goku aveva rifiutato di insegnarle le Arti
Marziali. Allora, le era parso di trovarsi davanti un estraneo, non suo
padre… E adesso le sembrava di trovarsi davanti un estraneo
e non suo fratello.
«Ti
manca papà?» chiese, in un soffio.
A
spingerla, fu l’urgenza di ritrovare il Goten che
riconosceva, quello che poteva capire.
Il
ragazzo la guardò. «Sì»
mormorò, semplicemente.
Aliys
rimase in silenzio, e dopo un po’ lui sembrò
trovare altre parole.
«Non
è solo che mi manca… Penso di
essere anche arrabbiato con lui» confessò Goten.
«Vorrei che mi avesse almeno salutato».
Aliys
sentì un groppo in gola.
«Anch’io» rispose.
«Però… Tornerà,
vedrai».
«Forse
è vero» concordò il
ragazzo, più serio di quanto lei lo avesse mai visto.
«È
vero» ritorse Aliys, con
determinazione.
Lui
la fissò, e finalmente la sua espressione si
ammorbidì nel solito sorriso. «Bizzarro»
osservò, «da quando in qua sei tu, la persona
più battagliera della famiglia?»
Aliys
ci pensò su. «Da quando ho iniziato a
prendere Marron ad esempio».
«Uhm».
Goten corrugò le sopracciglia,
poi scherzò: «Basta che non mi diventi una piccola
tiranna bionda…»
«Piccola
tiranna bionda?» ripeté Aliys.
Le venne quasi da ridere. «E da quando in qua sono bionda,
io? Semmai sarò una piccola tiranna mora!»
«Sì,
ma ora devo chiamare la mia ragazza, quindi
esci o ti tiro una scarpa in testa» minacciò Goten.
Aliys
gli indirizzò un piccolo sorriso e scappò
fuori.
Era
rinfrancata dal fatto di averlo tirato su di morale… E
la faceva sentire sollevata che lui stesse chiamando la fidanzata.
Chissà,
magari a lei sarebbe stato disposto a raccontare che
cos’era successo per spingerlo alla rissa.
Il
sorriso, però, le morì sul volto quando
ricordò cosa, o meglio chi,
era alla base di tutto.
«Papà»
mormorò, giusto per
sentire se quel suono le era ancora familiare.
Aliys
sospirò. La verità, era che invidiava la
sicurezza con la quale la piccola Pan raccontava a tutti che suo nonno
sarebbe tornato al più presto. Perché lei non
poteva esserne certa quanto la bambina?
Quella
notte, l’incubo sul ritorno di Goku tornò a
disturbarla.
Aliys
si svegliò alle tre del mattino, col respiro pesante e
il cuore agitato.
«Al
diavolo» sussurrò, imprecando contro
il suo stupido cervello che prendeva le sue insicurezze e le utilizzava
per cucinare dei sogni così assurdi.
Assurdi
e inquietanti.
La
ragazzina spinse di lato le coperte e uscì dal letto.
Non
vedeva quasi niente, ma l’idea di accendere la luce non
le parve buona: con il fatto di avere gli occhi abituati
all’oscurità, si sarebbe accecata e basta.
Un
po’ a tentoni – sia per il buio, sia per il
sonno – uscì dalla stanza e si diresse verso la
cucina, sbadigliando a più riprese.
Bevve
un bicchier d’acqua e tornò verso camera
propria.
Quando
passò davanti alla stanza dei suoi genitori,
però, le parve di udire qualcosa.
Si
arrestò, aggrottando la fronte. La porta era chiusa, e
Aliys avvicinò la testa nera per cercare di capire che
rumore aveva attirato la sua attenzione.
Quando
capì, si ritrovò senza fiato.
Rimase
lì davanti, col suo pigiama azzurro e gli occhi
sgranati, totalmente impietrita.
Singhiozzi.
Erano singhiozzi.
Sua
madre stava piangendo.
Aliys
si sentì come se una mano invisibile fosse salita a
stringerle il cuore, e allo stesso tempo fu invasa da
un’ondata di panico.
Chichi
era sempre stata forte. Era stata il suo appoggio, la sua guida,
e non solo per tutta la sua infanzia.
Aliys
ricordava vagamente di averla vista piangere durante la vicenda
di Majin Bu, quando Gohan era stato dato per morto e quando Goku era
dovuto tornare nell’Aldilà… In quel
momento, però, si sentì atterrita come se non
avesse mai udito niente di simile.
E
alla fine, comprese perché.
Il
punto, era che questa volta non c’era nessun nemico a
spaventare sua madre e a farla soffrire… Questa volta, era
colpa di Goku se lei stava male.
Aliys
non sapeva cosa fare. Alla fine, lasciò che la bambina
che si agitava verso di lei avesse la meglio: abbassò al
volo la maniglia e corse dentro la stanza, arrampicandosi sul lettone
matrimoniale per raggiungere Chichi.
«Ally?»
la sentì chiedere, con voce roca.
«Mamma»
rispose lei, cercandola nel buio e
abbracciandola. «Mamma».
«Ally,
stai bene?»
Aliys
sentì la mano della madre tra i propri capelli.
Pensò di risponderle: “Sì, sto bene,
è per te che sono preoccupata”, ma poi
cambiò idea.
Non
disse niente, limitandosi ad affondare il viso
nell’incavo del collo della donna.
Il
profumo di Chichi lo avvolse, buono e familiare. Confortante.
«Ti
prego, mamma, posso restare a dormire qui?»
chiese, continuando a tenersi aggrappata a lei.
«Ally,
hai la tua camera!» la rimproverò
Chichi, in tono quasi scandalizzato. «E non hai
più cinque anni».
«Lo
so, ma per favore, mamma, per favore!
C’è tanto spazio, vicino a te».
Chichi
tacque a lungo, prima di rispondere.
«Già»
disse alla fine.
«C’è troppo spazio,
com’è già successo una
volta…» Sospirò. «E va bene,
monellaccia, resta pure qui».
«Grazie!»
Immensamente
sollevata dal fatto che la madre sembrasse essersi
ripresa, Aliys si staccò da lei per infilarsi sotto le
coperte. Nel posto dove, di solito, stava Goku.
La
ragazzina premette la faccia contro il cuscino del padre, nella
speranza che fosse rimasto un po’ del profumo del saiyan, ma
sentì soltanto odore di pulito.
Allora
tornò a rannicchiarsi accanto a Chichi.
La
donna la strinse come se fosse stata ancora una bambina, e Aliys si
beò del calore materno. Impiegò pochissimo tempo
ad addormentarsi e, quando fu scivolata nel sonno, non vide nemmeno la
traccia del suo ansiogeno sogno.
Spazio dell’Autrice:
Goku, Goku! Non lo vedi, ma hai fatto dei bei danni! >_>
Okay, eroici lettori, spero che questo capitolo vi sia
piaciuto… Anche perché, se non sbaglio, finora
non era stato detto molto del rapporto che Aliys ha con la sua mamma, e
qualcosa ci voleva ;)
A sabato prossimo (l’8 dicembre…
Oooh, è
festa *^*)!
AGGIORNAMENTO RIMANDATO al 10 dicembre: Perdonatemi, ma il prossimo capitolo non è pronto. Ci sto lavorando su, ma è più difficile da scrivere di quanto avessi pensato… E piuttosto che proporvi il semi-pasticcio che è adesso, preferisco rimandare di un poco l’aggiornamento per poter finire di scriverlo con calma e di fare tutti gli aggiustamenti che devo. Scusatemi ç_ç
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Capitolo 14 *** Il bosco ***
Capitolo 13 – Il bosco
La mattina successiva non
c’era scuola.
Aliys
si svegliò che Chichi si era già alzata, e
rimase immobile per un po’, avvolta nelle coperte come in un
bozzolo di sonno e calore.
Poi
iniziò a percepire qualcosa di strano… E non
si trattava della tranquillità che stava provando, ma di
qualcos’altro, che le mordicchiava il cervello come un tarlo
e le risultava difficile da identificare… Improvvisamente,
capì di cosa si trattava.
Lei non voleva pensare a Goku.
E
non le era mai successo. Prima di allora, suo padre aveva sempre
occupato la sua testa, anche quando riflettere su di lui faceva male.
Quella
notte, però, erano cambiate due cose:
l’abbraccio di sua madre le aveva portato un po’ di
serenità, ma la vista delle lacrime della donna le aveva
indurito qualcosa dentro, spingendo la sua mente a ergere un muro tra
lei e suo padre.
Perché
Aliys adorava Goku, ma non poteva sopportare di
vedere sua madre stare male a causa sua.
Chichi
l’aveva cresciuta e le era stata sempre accanto,
mentre Goku…
Col
cuore dolente, la ragazzina allontanò il suo pensiero,
dirigendosi in cucina per fare colazione.
Dopo
aver soddisfatto il proprio stomaco, salì nella propria
stanza.
Lì,
però, i suoi occhi continuavano ad andare
alla fotografia che la ritraeva col padre, e di colpo la ragazzina non
ce la fece più.
Si
alzò di scatto e prese la fotografia per la cornice,
quindi si avvicinò alla cassettiera che conteneva i suoi
vestiti. La biancheria intima occupava il primo cassetto, i pigiami il
secondo, le magliette il terzo, i pantaloni il quarto e le felpe il
quinto… In quanto al sesto, era vuoto, e Aliys lo
aprì per mettervi dentro la foto.
Una
volta nascosto l’oggetto, si sentì un
po’ meno agitata, ma da “meno agitata” a
“tranquilla” passava una bella differenza.
«Basta»
gemette, premendosi le mani contro le
tempie e serrando gli occhi. «Basta. Non ci voglio
più pensare, a te».
Certo,
era più facile a dirsi che a farsi.
Tutto,
dentro di lei, fremeva dal desiderio di perdonare Goku,
perché sembrava molto più facile perdonarlo che
chiuderlo fuori dalla propria mente… Ogni volta che stava
per farlo, però, interveniva il ricordo di sua madre in
lacrime.
Per
distrarsi, la ragazzina prese a rovistare tra le proprie
cose… E si ritrovò in mano una pallina da tennis
gialla e pelosa, il souvenir del pomeriggio che lei e suo padre avevano
passato insieme.
Aliys
si morse il labbro, serrando le dita sull’oggetto.
Si
lasciò cadere sulla propria sedia. Sullo schienale, era
appesa la sua giacca, e la ragazzina infilò la pallina in
una delle tasche.
Poi,
stringendo forte i denti per non piangere, tornò in
cucina.
Fortunatamente,
vi trovò Goten, e si poté
distrarre a guardare suo fratello che divorava un muffin dopo
l’altro.
Lui
era più silenzioso del consueto, ma rispetto ai giorni
precedenti sembrava meno cupo.
Nel
pomeriggio, Chichi annunciò loro che doveva andare a far
compere in città.
«Vengo
anch’io, mamma»
dichiarò Aliys.
La
donna la fissò. «Va bene»
accettò, prendendo la capsula che conteneva la loro air-car
– un modello, come Goten ripeteva spesso, vecchio di millenni.
«Sicuro
che non vuoi venire anche tu, tesoro?»
domandò poi Chichi, rivolta al figlio.
Goten
non esitò: «Sicurissimo».
Da
parte sua, Aliys sospettava che lui volesse approfittare
dell’assenza materna per invitare la propria fidanzata, ma
non disse nulla, limitandosi ad inarcare le sopracciglia mentre Chichi
faceva mille raccomandazioni al giovane.
Scrollando
la testa, andò in camera a prendere la propria
giacca, e quando tornò Chichi aveva finito di parlare e
stava baciando Goten sulla guancia.
Aliys
sapeva che sua madre non amava molto la città. Del
resto, anche lei preferiva di gran lunga le montagne.
Negli
ultimi giorni, però, le pareva che la natura fosse fin
troppo silenziosa, e sperava che il caos della Città
dell’Ovest la aiutasse ad allontanare parte delle sue ansie.
Effettivamente,
la metropoli le offrì una confusione
allucinante, nonché una quantità enorme di
vetrine illuminate.
Aliys
si fermò più volte, come imbambolata, a
guardare la merce esposta, e poi doveva fare una piccola corsa per
raggiungere la madre ed evitare di perdersi come una bimba di cinque
anni.
Disgraziatamente,
sembrava che ogni cosa cercasse di farle venire in
mente Goku. Per la prima volta in vita sua, Aliys provò un
senso di nausea nel passare davanti a un ristorante.
A
quel punto, accettò di seguire sua madre in un negozio di
abbigliamento. Chichi le fece provare qualche vestito.
Inizialmente
lei era un po’ insofferente, ma poi si accorse
che quell’attività distraeva sua madre, e
perciò decise di mostrarsi meno smaniosa, e tra un abito e
l’altro iniziò persino a prenderci gusto.
Infine,
cariche di cibo e di vestiti, si apprestarono a tornare a casa.
In
quel momento, lo sguardo di Aliys cadde su un uomo che stava uscendo
da una libreria… E la ragazzina sussultò, facendo
come per nascondersi dietro Chichi.
La
donna osservò il suo comportamento con una certa
perplessità. «Ally, cosa fai?» le
chiese. «Conosci quell’uomo? Non dirmi che hai una
cotta per lui! Avrà almeno trent’anni in
più di te, e…»
«Mamma!»
protestò Aliys, in tono
vergognoso. «Cosa dici! Quello è il mio professore
di scienze…»
Chichi
alzò il capo. «Ma davvero? Forse potrei
fare due chiacchiere con lui…» Lo sguardo le cadde
sull’espressione inorridita della ragazzina, e la donna
sospirò. «Come non detto. Andiamo a
casa».
Durante
il viaggio di ritorno, Aliys tenne gli occhi incollati al
finestrino, accigliandosi sempre di più.
Dopodiché, spostò lo sguardo su sua madre,
osservandone il profilo concentrato sulla strada buia.
Forse
Chichi non era il massimo dell’eleganza, coi capelli
neri e lunghi raccolti in una trasandata coda di cavallo… ma
non era neanche male.
«Il
mio prof» esordì improvvisamente la
ragazzina. «Tu pensavi che io avessi una cotta per lui, cosa
che non ho. Però… Lui è un
bell’uomo, vero?»
Chichi
aggrottò la fronte, tenendo lo sguardo dritto davanti
a sé. «Non ci ho badato, Ally».
«Be’,
io credo che se avessi la tua età
ci farei un pensierino» osservò la ragazzina.
«È anche intelligente».
Chichi
le scoccò un’occhiata, ma poi
sterzò: erano arrivate a casa.
La
donna scese dall’auto lasciando la figlia senza una
risposta, e chiamò Goten perché venisse a
prendere le borse.
Il
ragazzo comparve quasi subito. Sembrava essere di buonumore
– Aliys dedusse che fosse riuscito a incontrare la sua
fidanzata – e portò dentro la spesa della madre e
della sorella senza protestare.
Aliys,
dal canto suo, tallonò Chichi verso la porta.
«Allora?» insistette. «Il mio prof
è messo bene per la sua età, vero?»
Chichi
si fermò, voltandosi verso la figlia con un sospiro.
«Non ho idea di quanti anni abbia, Ally» fece
notare.
La
ragazzina non demorse. «Be’, però
è messo bene in generale, no?»
«Aliys,
insomma!» esclamò Chichi a quel
punto. «Si può sapere cosa ti succede?»
Siccome
la figlia aveva abbassato il capo, lei la afferrò
per spalle, così da costringerla a guardarla negli occhi.
Aliys
parve scalpitare, inquieta. «Dico solo che era davvero
un bell’uomo» obiettò. «Di
sicuro l’avrai notato…»
«E
di sicuro tu avrai notato che sono sposata!»
esclamò Chichi, che iniziava seriamente ad arrabbiarsi.
La
ragazzina si ritrasse, strappandosi alla presa della donna.
«Sì, come papà! Ma dato che
ciò non gli toglie il diritto di sparire, non vedo
perché tu abbia l’obbligo di aspettarlo!»
Chichi
restò senza fiato, e Aliys sentì che le
lacrime le salivano agli occhi.
«Perché,
mamma? Perché ha il diritto di
fare questo?»
Automaticamente,
infilò le mani nelle tasche… E
le sue dita sfiorarono la superficie morbida della pallina da tennis.
Chissà
come, quel contatto fece sì che lei
venisse invasa da un’ondata di panico.
Improvvisamente,
si sentì come se il paesaggio scuro che
aveva attorno la stesse imprigionando in una morsa… E
perciò non agì in modo razionale. Dando retta
all’istinto, si voltò di scatto, iniziando a
correre a rotta di collo verso le sagome nere degli alberi.
«Aliys!»
Dai
richiami e da altri rumori dietro di sé, la ragazzina
capì che Chichi la stava inseguendo, ma non si
girò né rallentò la corsa.
Le
parve passare un tempo infinito, prima che lo spiazzo erboso finisse
e lei riuscisse finalmente ad infilarsi tra le piante.
A
quel punto, senza fermarsi, azzerò la propria aura.
Siccome
ormai la sera era calata, in mezzo alla boscaglia non si vedeva
quasi niente.
Aliys,
però, continuò a correre come se sapesse
dove andare, col cuore che le batteva all’impazzata nel petto.
Le
sembrava che la voce di sua madre si stesse perdendo in lontananza,
ma non ci badò poi molto.
Un
paio di volte, inciampò e cadde rovinosamente a terra, ma
ogni volta si tirò su in fretta e furia, riprendendo la
propria fuga.
Non
voleva far altro che scappar via dal pensiero continuo di suo
padre… E forse, da qualche parte dentro di sé,
voleva vendicarsi di Goku.
“Se
io scompaio” pensò confusamente, ad
un certo punto, “dovrà sentirsi male per
forza…”
Ormai,
il suo respiro era ridotto a un sibilo accelerato, e le sembrava
di avere il petto sul punto di scoppiare.
Le
gambe le cedettero improvvisamente, e la ragazzina cadde bocconi sul
terreno umido.
Con
gli occhi serrati e la faccia premuta contro alcune foglie secche,
Aliys respirò a pieni polmoni, cercando di riprendere fiato.
Il
cuore le martellava nel petto ad una velocità
vertiginosa, e ogni battito le pulsava nel collo e nelle orecchie.
Quando
il respiro le si calmò un poco, la ragazzina
staccò il viso dal terreno e si mise seduta.
Si
guardò attorno ad occhi spalancati, ma non vedeva altro
che alberi e buio.
Fu
a quel punto, più o meno, in cui si rese davvero conto di
quanto aveva appena fatto… E restò senza fiato.
Il
bosco la inquietava, e Aliys considerò l’idea
di tirarsi su e di tornare a casa, o per lo meno di smettere di
trattenere l’aura, così che Goten potesse trovarla.
Qualcosa,
però, la bloccava, tenendola col sedere incollato
al terreno.
Cosa
sarebbe successo, se fosse tornata a casa?
La
risposta era semplicissima: niente.
Forse sua madre
l’avrebbe rimproverata, ma non sarebbe accaduto nulla di
più.
E
Aliys era stanca di quella calma piatta. Non ne poteva più
di aspettare, aspettare e aspettare, nella speranza che Goku si facesse
vedere.
Le
parve che il suo respiro si ghiacciasse, nella consapevolezza che
ormai la sua vita si stava riducendo a quello, all’attesa del
ritorno di suo padre.
Lentamente,
la ragazzina si tirò in piedi.
Vivere
nel bosco era – naturalmente – fuori
discussione. Però, procedendo verso nord-est, sarebbe
arrivata a Satan City, e lì avrebbe potuto… Non
sapeva cosa, con esattezza, ma preferì non pensarci per non
farsi assalire dal panico.
Dato
che non aveva per niente sonno e si sentiva invece perfettamente
lucida, iniziò subito a camminare, le orecchie tese e il
cuore in gola.
Non
si fidava ad alzarsi in volo: temeva che in tal caso Goten avrebbe
potuto percepire la sua aura e localizzarla.
Se
fosse stata nelle condizioni di pensare nitidamente, di certo si
sarebbe spaventata davanti all’inconsistenza del suo piano
per l’immediato futuro. Ma aveva la mente paralizzata, e non
riusciva a far altro che concentrarsi sui propri passi.
E
così, falcata dopo falcata, si allontanò sempre
più dalla propria casa…
Spazio dell’Autrice:
Allora, innanzitutto vi chiedo scusa per aver rimandato
l’aggiornamento.
Ma la prima stesura faceva proprio schifo, ve lo garantisco…
Spero che questa sia un po’ meglio ._.
Come avrete capito, per ora la fuga di Aliys è una mossa
istintiva, un gesto avventato… I sentimenti e i pensieri
della ragazzina verranno chiariti meglio più avanti...
A sabato 15 dicembre!
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Capitolo 15 *** Arrivo a Satan City ***
Capitolo 14 – Arrivo a
Satan City
In seguito, Aliys avrebbe
conservato immagini molto confuse di quella
nottata nel bosco.
Le
sarebbe parso incredibile, aver camminato per ore e ore nella
foresta, eppure non ricordava di essersi mai fermata a riposare.
Quando
sbucò dagli alberi, stava iniziando ad albeggiare, e
quando vide in lontananza la cittadina era quasi mezzogiorno.
La
ragazzina si sentiva tutta intirizzita e le facevano male i piedi.
Come
se non bastasse, la sua natura saiyan si faceva sentire, e il suo
stomaco brontolava come un vecchietto scorbutico.
Con
una smorfia, Aliys si premette la mano sul ventre e
continuò a camminare.
Conosceva
bene Satan City, ma la familiarità di strade e
abitazioni non la rincuorò in alcun modo. Era spaventata a
morte, e se pensava a come doveva sentirsi sua madre veniva assalita da
un’ondata di orrore.
Ma
non poteva tornare indietro.
Si
sentiva troppo offesa per farlo, troppo derubata.
Lei
aveva sempre adorato Goku, e non ne aveva mai fatto mistero. Era
sicura che suo padre, per quanto ingenuo, se ne fosse accorto.
Però ciò non gli aveva impedito di abbandonarla,
e Aliys si sentiva come se lui le avesse strappato qualcosa dal petto.
Qualcosa di prezioso.
Anche
se preferiva non pensarci, la ragazzina sapeva di voler ancora
bene a suo padre. Quel sentimento era troppo radicato dentro di lei per
essere estirpato con facilità.
Il
fatto di amarlo, però, non le impediva affatto di
detestarlo. Anzi, ce l’aveva con lui – e anche con
sé – proprio perché gli voleva un bene
immenso.
Cercando
di trattenere il pianto, Aliys si morse le labbra.
Infilò
la mano in tasca… E toccò la
pallina da tennis.
Per
un istante, pensò di prenderla e lanciarla lontano, ma
alla fine non fece nulla di tutto ciò, riprendendo a
camminare lungo il marciapiede.
Ad
un certo punto, la sua attenzione venne attirata da un gruppo di
ragazzetti fermi sull’altro lato della strada.
A
turno, saltavano per cercare di toccare con la mano un cornicione che
si trovava a poco meno di tre metri da terra.
Improvvisamente
attenta, Aliys attraversò la strada per dare
un’occhiata più da vicino.
Come
sperava, il ragazzo che aveva proposto la sfida prometteva in
cambio una banconota da venti zeny.
«Scusate,
posso provare?»
Tutti
i membri del gruppetto si girarono a guardarla con aria
sbalordita, e Aliys pensò a come doveva apparire loro: una
ragazzina magra e scarmigliata, magari col viso tirato a causa della
notte passata in bianco.
Poi
tutte le teste ruotarono verso lo sfidante.
Lui
indossava un capellino blu con visiera, e squadrò Aliys
con aria perplessa, ma alla fine si strinse nelle spalle.
«Se
vuoi».
«Se
vinco mi dai venti zeny, ho capito bene?»
chiese la ragazzina.
Arrivare
a quel cornicione non sarebbe stato un grosso sforzo, per lei,
ma non voleva comunque farlo per niente.
«Se
vinci» confermò il ragazzo.
Aliys
allora annuì, alzando gli occhi verso il cornicione.
Si
mordicchiò il labbro, poi balzò verso
l’alto. Forse non aveva le qualità di un guerriero
saiyan, ma quello sarebbe stato un gioco da ragazzi anche per un
terrestre ben allenato, così la mano della ragazzina
batté sul cornicione prima che i suoi piedi piombassero di
nuovo sul marciapiede.
Il
silenzio era caduto sul gruppetto. I ragazzini la fissavano
esterrefatti, come se avessero visto un alieno – e, in
effetti, non era un’impressione del tutto errata.
Aliys
si girò verso lo sfidante, che era rimasto di stucco.
«I
venti zeny?» domandò lei, tendendo il
palmo.
Lui
si riscosse. «Tieni» disse, in tono sbalordito,
allungandole una banconota.
“Cibo”
fu la prima cosa che pensò la
ragazzina come ebbe in mano i soldi.
«Ma…
ma come… dove hai
imparato?»
Aliys
guardò il ragazzo. Aveva la pelle chiara, i capelli
biondi e ordinati e gli occhi azzurri.
«Conosco
un po’ di Arti Marziali»
replicò lei, scrollando le spalle.
«Fico»
commentò l’altro.
La
ragazzina azzardò un sorriso sfinito. Era strano riuscire
a sorridere, mentre dentro di sé moriva di paura.
«Già».
Ciò
detto, accennò un saluto con la mano
– «Ci vediamo» – e si
avviò lungo la strada.
Si
fermò ad una panetteria e comprò un pezzo di
pizza. Lo divorò in pochi morsi, riprendendo a camminare, ma
almeno le erano rimasti dei soldi.
Esausta
e impaurita, la ragazzina si sedette sulla prima panchina che
trovò, cercando di decidere il da farsi.
Ub
ruzzolò sulla sabbia, ma ebbe abbastanza presenza di
spirito per piazzare una mano a terra e rialzarsi con un balzo.
Alcuni
granelli ocra erano rimasti nel suo ciuffo nero, ma lui non se
ne accorse nemmeno.
I
suoi occhi scuri, pieni di determinazione, si puntarono su Goku.
«Ancora».
Il
saiyan sorrise, mettendosi in posizione di guardia.
Gli
piaceva l’instancabilità di quel
ragazzo… Così come – tutto sommato
– gli piaceva quell’isoletta in mezzo al nulla.
Persino i genitori e i fratelli minori di Ub gli stavano simpatici, era
capitato proprio bene!
Quei
bimbetti, poi, erano tutti entusiasti della Nuvola d’Oro.
Goku
l’aveva regalata ad Ub subito dopo la fine del Torneo,
scoprendo senza troppa meraviglia che il ragazzino era perfettamente in
grado di cavalcarla.
«Allora?»
lo spronò. «Sei
pronto?»
Prima
che Ub potesse rispondere, però, il saiyan
percepì qualcosa. Aggrottò la fronte e si
voltò, alzando lo sguardo verso il cielo.
«Goku?»
chiamò Ub, disorientato.
«Che succede?»
Goku
si schermò dal sole con la mano destra.
«Non…» iniziò, ma si
interruppe subito.
Ormai
non aveva più dubbi: la sagoma che si stava
avvicinando in volo a tutta velocità apparteneva nientemeno
che a Gohan.
«Ehi,
ma quello… È un uomo!»
esclamò Ub. «E sa volare come te!»
«Lo
credo bene» mormorò Goku.
«È mio figlio».
Ub
lo fissò. «Eh?»
Sapeva
che Goku aveva dei figli, ma non capiva come mai uno di loro
dovesse arrivare sin lì, su quell’isoletta in
mezzo al niente.
Proprio
in quel momento, Gohan atterrò sulla spiaggia, a
qualche metro da Goku.
«Che
ci fai qui, figliolo?» domandò il
saiyan, facendosi incontro al figlio con aria perplessa.
Gohan
si era rabbuiato. Diede una rapida occhiata a Ub,
dopodiché riportò lo sguardo su suo padre.
«Si tratta di Al» disse, senza preamboli.
D’istinto,
Goku guardò alle spalle del
primogenito, come se si aspettasse di vedere sbucare la figlia dal
nulla.
«Cosa
vuoi dire, Gohan?» chiese poi, aggrottando la
fronte. «Che cos’ha Al?»
Il
giovane aveva un’aria mortalmente seria. Si
massaggiò le tempie e fece un respiro profondo.
«È scappata».
Per
un istante, Goku non disse né fece nulla, limitandosi a
fissare Gohan.
Poi
si irrigidì, e una moltitudine di sentimenti percorse il
suo viso: smarrimento, incredulità, preoccupazione.
«Che cosa?!»
esclamò. «Come
sarebbe?! Cos’è successo?»
Gohan
sospirò pesantemente. «Te l’ho
detto, papà, è scappata. Goten l’ha
cercata per tutta la notte, ma lei ha azzerato la sua aura…
La mamma ha chiamato la polizia, ma ora come ora non abbiamo la
più pallida idea di dove si trovi».
Goku
indietreggiò di qualche passo, come per prendere le
distanze dalla notizia che il figlio gli aveva portato.
Al
era scappata?
La
sola idea era di un’assurdità inconcepibile.
Al
era sempre stata una ragazzina tranquilla, affettuosa, e non aveva
mai amato particolarmente l’avventura. Perché
avrebbe dovuto fuggire?
Alla
fine, però, il motivo non aveva importanza.
Per
un istante, Goku si figurò i mille pericoli che si
celavano sul monte Paoz, per non parlare di tutti i malintenzionati che
popolavano il mondo… E una paura densa come catrame gli
piombò sullo stomaco.
Se
la ragazzina era finita chissà dove, lui doveva
ritrovarla al più presto.
«Andiamo»
disse, rivolto al figlio maggiore.
Gohan
annuì rapidamente.
Un
attimo prima di alzarsi in volo, Goku si girò verso Ub.
«Dovremo
riprendere le nostre lezioni un altro
giorno» gli disse, «dopo che avrò
trovato mia figlia».
Il
ragazzino lo guardò con aria smarrita.
«Va… va bene» mormorò, prima
che i due saiyan si sollevassero da terra e volassero in alto, per poi
sparire all’orizzonte.
Spazio dell’Autrice:
E così, Goku è ritornato in scena u.u
Il fatto che il saiyan abbia regalato a Ub la nuvola d’oro
non me lo sono inventata io, ma il buon vecchio Toriyama.
Niente da dire, appuntamento a sabato 22 dicembre!
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Capitolo 16 *** L’aura di Aliys ***
Capitolo 15 –
L’aura di Aliys
Chichi era andata alla
Città dell’Ovest. La
polizia locale, infatti, voleva farle delle domande su Aliys, e la
donna pensava di approfittarne per avvertire anche la famiglia Brief.
Sul
monte Paoz, pertanto, erano rimasti Goten e Videl.
Il
giovane, ancora arruffato per la ricerca notturna, stava parlando
con la cognata, spiegandole, a grandi linee, quali erano i posti che
Aliys conosceva.
Quando
Goku e Gohan atterrarono lì vicino, Goten tacque di
colpo.
Avvicinandosi,
Goku alzò la mano in segno di saluto:
«Ciao, figliolo».
Il
suo secondogenito lo fissò come se avesse visto un
fantasma, poi si girò bruscamente verso Videl. «Io
comincio con Satan City, okay?»
Lei
scambiò un’occhiata con Gohan.
«Okay».
Così,
senza degnare il padre di uno sguardo, Goten si
alzò in volo.
In
tutta franchezza, sperava che Goku ci fosse rimasto male.
Era
un desiderio infantile, forse, ma gli bruciava ancora che il padre
se ne fosse andato così, su due piedi, senza nemmeno
salutarlo.
Dopo
la chiacchierata con Aliys, aveva preso in considerazione
l’idea di perdonare Goku, ma poi… Poi sua sorella
era scappata.
Goten
aveva capito quanto le aveva fatto male l’abbandono del
padre, e aveva iniziato a domandarsi se fosse davvero possibile scusare
le azioni di Goku.
Volando
piuttosto spedito, riuscì a giungere in vista di
Satan City dopo pochi minuti.
Si
disse che doveva solo concentrarsi su Aliys, ma in qualche modo la
sua mente continuava ad indugiare su suo padre… E a tornare
al momento in cui, dopo il Torneo, lo aveva visto svanire
all’orizzonte azzurro, e non gli era rimasto altro che
mormorare: «Non ci credo. Se n’è andato
veramente!»
Per
lui, quella reticenza a perdonare Goku era strana: sin da piccolo,
aveva sempre avuto un’indole buona e spensierata.
Ora,
però, ricordava che quando era un bambino aveva sognato
tante volte di conoscere quel papà di cui Gohan gli
raccontava spesso… E quando Goku era resuscitato dopo la
lotta contro Majin Bu, Goten si era sentito scoppiare di gioia.
Lo
aveva conosciuto solo pochi giorni prima, eppure gli voleva
già un bene dell’anima.
E
anche se, più avanti, aveva desiderato svicolare dai
continui allenamenti a cui Goku lo sottoponeva, non aveva mai smesso di
sentirsi felice per il ritorno del padre.
A
quanto pareva, però, Goku non voleva bene a loro quanto
loro ne volevano a lui.
Intento
com’era a rimuginare su quei pensieri, il giovane non
si curò di cercare una zona isolata della città,
ma atterrò proprio davanti a un ragazzino.
Quest’ultimo
lo fissò a bocca aperta.
«Come
va?» gli domandò Goten, in tono
innocente.
L’altro
– un biondino con due grandi occhioni
azzurri – si ritrasse. «Oddio!»
commentò. «Oggi ne vedo di tutti i
colori!»
Quell’esclamazione
attirò l’attenzione
del saiyan mezzosangue. «In che senso? Che altro hai
visto?»
Il
ragazzetto si strinse nelle spalle. Sembrava un po’
nervoso. «Be’, una tipa ha fatto un salto di almeno
due metri».
Ovviamente,
Goten drizzò subito le orecchie.
«Sì?» domandò, stentando a
credere a quel colpo di fortuna. «Sai dirmi com’era
fatta?»
«Ehm,
non so» rispose l’altro,
aggrottando la fronte. «Magrolina. Capelli neri, occhi
scuri… Credo».
Goten
provò sia l’impulso di abbracciare il
giovane sia quello di gridare di gioia, ma si contenne in entrambi i
sensi.
Dopotutto,
si rimproverò, la ricerca non era finita.
«Grazie
mille, amico» disse, frugando nella tasca
della giacca alla ricerca del proprio cellulare.
Chiamò
Gohan, scalpitando d’impazienza.
«Pronto?
Goten?» La voce del fratello era poco
più di un soffio.
«Ehi,
fratellone» esclamò Goten,
«penso che Al sia qui, a Satan City. Un tizio mi ha
raccontato di aver visto una ragazza fare un salto di almeno due metri.
Una ragazza magra. Coi capelli neri».
«Oh,
grazie a dio» sospirò
l’altro. «Be’, adesso sono dalla
polizia… Li informo e lo dico anche a
papà… Scommetto che ti raggiungerà
subito».
«Va
bene». Goten non era entusiasta
all’idea di vedere Goku, ma sapeva anche che il saiyan
sarebbe stato prezioso in quella ricerca, così non
obiettò.
Dopo
aver riattaccato, ringraziò il suo stranito informatore
e si buttò di corsa lungo la strada.
Cercò
di non pensare al fatto che una città era
comunque un’area piuttosto ampia, nella quale sarebbe stato
difficile trovare Aliys senza poterne percepire l’aura.
Se
voleva essere efficiente, non doveva mandare al diavolo
l’ottimismo.
Circa
cinque minuti più tardi, percepì una forza
spirituale in rapido avvicinamento.
Si
fermò e si girò, alzando lo sguardo verso il
cielo con aria interrogativa.
Ben
presto, Goku atterrò davanti a lui.
«Eccomi» annunciò. «Tracce di
Al?»
«Non
l’ho ancora trovata»
sbottò Goten, in tono scontroso.
Gli
sembrò che Goku ci fosse rimasto male, ma non se ne
preoccupò. Meglio così.
«Ah.
E dove…?»
«Senti,
papà» tagliò corto,
«è meglio se ci dividiamo, così
riusciremo a trovarla più in fretta».
E
dentro di sé, sperò con tutto il cuore che
Aliys fosse ancora a Satan City.
Sì,
Aliys era ancora a Satan City, e stava passeggiando
soprappensiero lungo un marciapiede.
Sapeva
che colpi di fortuna come la sfida di quel mattino difficilmente
le sarebbero capitati un’altra volta, e cercava
disperatamente di farsi venire in mente un piano per guadagnarsi i
soldi.
“Forse
dovrò chiedere
l’elemosina” si disse alla fine, scoraggiata.
Coll’avanzare
del pomeriggio, l’aria si stava
facendo più fredda, e la ragazzina si stringeva alla propria
giacca nel tentativo di scaldarsi.
Teneva
le mani in tasca, e accarezzava distrattamente la pallina da
tennis.
Accennò
a svoltare in un’altra via… E
si tirò indietro immediatamente, il cuore che batteva
all’impazzata contro le costole.
“Goten!
Papà!” pensò,
premendosi una mano sulla bocca. “Come fanno a sapere che mi
trovo qui?”
Azzardò
un’altra occhiata, vedendo che i due
saiyan si stavano dividendo.
Per
un istante, il suo sguardo indugiò su Goku.
Contro
ogni aspettativa, ci fu un momento in cui non si
sentì affatto arrabbiata con lui, in cui desiderò
solo corrergli incontro e saltargli al collo.
Ma…
no. Non poteva farlo. Non voleva farlo.
Con
respiri veloci e frustrati, indietreggiò lungo la via,
cercando di mischiarsi alla folla e stando ben attenta a tenere
azzerata l’aura.
Un
paio di volte, si girò a controllare che né
Goku né Goten avessero imboccato la strada in cui si trovava
lei, ma per il resto pensò solo ad allontanarsi il
più in fretta possibile.
Intanto,
il sole aveva iniziato il suo declino. Il cielo si era fatto
più scuro, e la gente per strada aveva cominciato a
diminuire.
Il
cuore di Aliys quasi mancò un battito quando vide un paio
di poliziotti, ma la ragazzina li oltrepassò guardando da
un’altra parte, e loro non la notarono.
Nervosissima,
iniziò a inoltrarsi in una parte della
città che non conosceva, fatta di stradine più
strette impossibili da percorrere in auto.
Le
case erano più alte, dall’aspetto
più vecchio.
Chiunque
vi abitasse, non doveva essere interessato alle uscite serali:
le imposte delle finestre erano chiuse, le porte sbarrate.
Quando
Aliys inciampò in una buca nel cemento, la sua spalla
sbatté contro il muro di un’abitazione,
sbriciolando un po’ d’intonaco.
La
ragazzina strofinò la mano sulla giacca per pulirla dalla
polvere, quindi riprese a camminare.
Le
sembrava che il tempo si dilatasse all’infinito. Era
passato meno di un giorno da quando era scappata, ma le sembrava fosse
trascorso un secolo.
Pensandoci,
Aliys si sentì sprofondare. Era stanca, affamata
e infreddolita… Dove avrebbe dormito quella notte? E le
notti a venire? Cosa avrebbe mangiato?
Improvvisamente,
un concetto spinse prepotentemente da parte tutte
quelle congetture: “È venuto a cercarmi.
Papà è venuto a cercarmi”.
Provò
il desiderio di piangere, perché quel fatto
non le era sufficiente per perdonare Goku.
Il
suono di alcuni passi le fece alzare lo sguardo.
In
fondo alla stradina, vide un gruppo di ragazzi. A differenza di
quelli che l’avevano sfidata a toccare il cornicione, questi
sembravano molto più grandi di lei.
E
da come ridevano e si spintonavano a vicenda, barcollando ed
emettendo suoni sgangherati, dovevano anche aver bevuto.
La
ragazzina sentì che i capelli le si drizzavano sulla nuca.
Si
voltò lentamente, cercando di passare inosservata, e
iniziò a percorrere a ritroso la stradina.
Quando
azzardò un’occhiata indietro,
però, si rese conto che i giovani, tra gomitate e sguardi
d’intesa, avevano cominciato a seguirla.
«Ehi,
tesoro!» la chiamò uno.
«Non correre! Vogliamo solo offrirti un bicchiere!»
«Sì»
fece eco un altro.
«Aspettaci! Vieni a divertirti con noi!»
Ormai
in preda al panico, la ragazzina decise che fingere di star calma
non serviva, e si mise a correre.
Pensava
di alzarsi in volo una volta sbucata in una strada
più ampia, in modo da non rischiare di sbattere contro muri
vari, ma quella scelta la mise nei guai.
Quasi
subito, infatti, si sentì agguantare rudemente.
Cacciò un urlo: non si era accorta che fossero
già così vicini.
«No,
tesoro, non fare così!» rise il
ragazzo che l’aveva afferrata, stringendola in un abbraccio
prepotente.
Aliys
si dimenò. Riuscì anche ad assestargli un
pugno sul mento, ma a quel punto altri due giovani si erano avvicinati.
«Oh,
che carina! Guardatela, è poco più
di una bambina!»
Aliys
cercò di liberarsi dal ragazzo che la stringeva, ma
non ebbe molto successo, e cercò di mordergli una mano.
Lui,
però, le sbatté un manrovescio sul volto, e
lei emise un gemito più di paura che di dolore.
Uno
degli altri ridacchiò. «Certo che è
una tigre!» commentò, divertito, afferrandola per
il braccio.
«Ehi,
ehi!» lo rimproverò quello che
stringeva la ragazzina. «Sono arrivato prima io!»
«Ma
che egoista, non vorrai mica tenerla tutta per
te!»
Terrorizzata,
Aliys diede uno strattone, tirando un calcio ad uno dei
ragazzi: «Lasciatemi andare!» E poi
attaccò a gridare: «Aiuto! Aiuto!»
Il
giovane che la tratteneva la sbatté contro il muro.
«Macché, sei scema?» domandò,
e per la prima volta sembrò arrabbiarsi. «Tappati
immediatamente quella bocca!»
Aliys,
naturalmente, si guardò bene dal farlo.
«Aiuto! Vi prego, aiutatemi!»
Furibondo,
il ragazzo la schiacciò contro il muro col
proprio peso. «Sta’ zitta o te ne farò
pentire» minacciò, e Aliys sentì la sua
mano sulla gamba.
E
a quel punto, fece ciò che avrebbe dovuto fare sin
dall’inizio: smise di trattenere l’aura,
aumentandola quanto più poteva e sperando ardentemente che
qualcuno la percepisse.
Come
sentì quell’esplosione di forza spirituale,
Goku la riconobbe immediatamente.
«Aliys…»
mormorò, scattando
nella direzione da cui proveniva.
Sorvolò
rapidamente le strade più ampie,
arrivando in poco tempo sul centro storico di Satan City.
Lì,
in un vicoletto, vide un gruppo di ragazzi che ridevano,
divertendosi a tormentare una ragazzina…
Sua
figlia.
Incontrollata,
la rabbia scoppiò dentro di lui, e il saiyan
si trasformò, gridando: «Lasciatela
immediatamente!»
Smarriti,
i giovani guardarono verso l’alto.
Atterriti
dall’apparizione di quell’uomo che non
solo sembrava sfuggire alle leggi di gravità, ma era anche
circondato da una fiamma dorata, i ragazzi si allontanarono di scatto
da Aliys.
Goku
atterrò senza indugiare.
Il
suo sguardo smeraldino, terribile e pieno di furia, vagò
sui giovani impietriti, per poi soffermarsi sulla figlia.
Aliys
era seduta scompostamente a terra, una gamba allungata
sull’asfalto, l’altra piegata contro il petto. Era
tutta scarmigliata e lo fissava ad occhi sbarrati, ma sembrava incolume.
«Andatevene»
disse Goku, con voce vibrante
d’ira repressa.
I
ragazzi indietreggiarono, scambiandosi delle occhiate
incerte…
«ORA!»
urlò il saiyan, furibondo.
Quelli
non se lo fecero ripetere un’altra volta: si diedero
alla fuga lungo la stradina, urtandosi l’un l’altro
e rischiando più volte di inciampare.
A
quel punto, Goku riportò lo sguardo su Aliys.
Lei
non si era mossa, ma stava iniziando a tremare.
Imponendosi
di calmarsi, il saiyan tornò al suo stato
normale e si avvicinò alla figlia.
«Al?»
la chiamò.
La
ragazzina era visibilmente scossa.
«Papà…»
Lui
si chinò su di lei, sollevandola tra le braccia.
A
quel punto, Aliys si aggrappò al suo collo, scoppiando in
singhiozzi e nascondendo il volto contro la spalla di lui.
Goku
la strinse più forte e appoggiò le labbra
sui suoi capelli, neri e setosi.
Aliys
continuò a piangere, balbettando frasi scomposte tra
un singulto e l’altro.
«Ti
porto a casa» le sussurrò Goku,
spinto dall’urgenza di consolarla. «Ti porto subito
a casa».
Lei
riuscì a scuotere la testa.
«N-no…» balbettò.
Quella
risposta colse il saiyan alla sprovvista.
«No?»
«No»
ripeté lei. «Ti prego.
Non subito. Non voglio che la… che la mamma mi veda
così. Per favore».
«Ma…»
iniziò Goku, smarrito.
«Per
favore, papà!» esclamò
Aliys, tra i singhiozzi convulsi. «F-falle sapere che mi hai
trovato, ma… ma fermiamoci da qualche parte, per
stanotte… Voglio…»
«Va
bene» disse Goku, portando una mano sulla nuca
della figlia e stringendo con forza la ragazzina. «Va
bene».
Aliys
riprese a piangere, abbracciandolo più stretto.
Spazio dell’Autrice:
Quasi non ci credo, ma ce l’ho fatta.
Sono riuscita a finire il capitolo *_* Dite la verità, ormai
non ci speravate più (non ci speravo
neanch’io!)…
Comunque, spero ardentemente di non aver fatto pasticci, e che vi sia
piaciuto.
A sabato 29 dicembre!
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Capitolo 17 *** Mi dispiace ***
Capitolo
16 – Mi dispiace
I’m sorry
So what?
But you don’t think I’ve said
enough
I’m sorry
I don’t care!
You were never there
Fortunatamente,
Mister Satan non abitava molto lontano.
Aveva
saputo della fuga di Aliys, e fu più che disponibile
ad offrire una stanza per la ragazzina e a fornire un telefono per
avvertire Chichi e tutti gli altri.
Goku
trasportò in braccio la ragazzina lungo il corridoio.
Aliys tenne la faccia affondata nella sua spalla per tutto il tempo
– si accorse a stento del padre di Videl, del Majin Bu
cicciottello che la guardava, e del cagnone di Mister Satan che si
avvicinava ad annusare Goku.
Quando
suo padre la posò sul letto, Aliys si
raggomitolò. Dopo un momento, Goku si sedette accanto a lei
sul materasso e telefonò a Chichi.
Convincere
la donna a non precipitarsi immediatamente sul posto per
verificare le condizioni della propria bambina fu difficile, ma alla
fine il saiyan riuscì a persuaderla ad aspettare il mattino
successivo.
«Al
vuole riposare» spiegò, passando una
mano sui capelli della figlia.
Dal
canto suo, la ragazzina lo osservava in silenzio. Ne esaminava il
profilo, la capigliatura nera e impossibile, la linea dei muscoli.
Poi
Goku spense il telefono e lo mise da parte.
«Allora?»
mormorò Aliys. Non sapeva bene
perché, ma non se la sentiva di parlare a voce
più alta.
«L’ho
convinta» rispose suo padre.
«Però mi ha raccomandato di riferirti che non vede
l’ora di riabbracciarti».
Aliys
non commentò. Anche lei non vedeva l’ora di
rifugiarsi contro il petto di sua madre. Però era fin troppo
consapevole del proprio aspetto pallido e scarmigliato, e non voleva
che Chichi, vedendola, si preoccupasse ancora di più.
«L’hai
fatta preoccupare molto» aggiunse
Goku, con cautela. Sembrò quasi impacciato, mentre
domandava: «Non mi vuoi dire perché sei
scappata?»
Nel
sentire quelle parole, Aliys si mise seduta di colpo.
Provava
una sensazione bizzarra, come se
l’ingenuità di Goku l’avesse scossa al
pari di uno schiaffo in piena faccia.
«Non
lo sai?» chiese, incredula. «Davvero
non lo sai?»
Goku
la fissò ad occhi sgranati. «No»
disse. «Al, cosa…?»
La
ragazzina esitò. Gli voleva sempre un gran bene,
perciò una parte di lei non voleva fargli del
male… Ma l’altra parte… Voleva
dirglielo perché lui capisse, o entrava in gioco la
meschinità che voleva vendicarsi?
Aliys
non lo sapeva, e non le andava di ragionarci su.
«Sono
scappata per te» affermò, tutto
d’un fiato.
Ecco.
L’aveva detto.
Per
un istante, Goku la fissò come se non capisse, poi si
impietrì.
«Cosa?»
le chiese, aggrottando la fronte con un
respiro brusco.
«Perché
te ne sai andato»
precisò Aliys. Il cuore le batteva all’impazzata
nel petto. «E mi hai lasciata».
Il
saiyan boccheggiò, come se non trovasse ossigeno.
«Io…
io non…»
farfugliò. «Non credevo che…»
L’orrore
e la sorpresa lo avvolgevano. Improvvisamente,
capì anche il comportamento diffidente che Goten aveva
tenuto nei suoi confronti. Goku aveva pensato che il figlio fosse
arrabbiato con lui perché era giunto in ritardo a cercare
Aliys, ma ora comprese che c’era dell’altro.
Aliys
distolse lo sguardo, e suo padre le posò urgentemente
una mano sulla spalla.
«Aliys,
mi dispiace» disse, in tono sincero,
accorato.
La
ragazzina annuì, stringendo i denti, sempre senza
guardarlo. «E quindi?» le uscì dalle
labbra.
Goku
le tolse la mano dalla spalla, turbato.
Aliys
piegò le ginocchia contro il proprio petto, e le
strinse forte. «E quindi?» ripeté,
fissando un punto indefinito del muro. «Ti dispiace, e
allora? Potevi pensarci prima, papà. Potevi restare, invece
di andartene via con Ub».
«Al…»
Lei
non gli permise di continuare. Non voleva ascoltarlo.
«Lo
sai?» disse, aspramente. «Sono
diventata amica di Marron. Della figlia del tuo migliore amico. Non ci
eravamo mai parlate, e ora siamo amiche, e tu nemmeno lo sai. E come
potevi? Non c’eri».
«Al».
Goku la afferrò per i polsi,
costringendola a voltarsi verso di lui. «Mi dispiace davvero.
Non avevo… Sono andato ad allenare Ub, ma non volevo
abbandonare voi».
«Non
volevi, ma l’hai fatto»
ribatté la ragazzina, con un filo di voce.
Goku
la lasciò come se si fosse scottato. «Mi
dispiace» ripeté, mortificato.
Stranamente,
quella battuta la fece arrabbiare. «Ho capito
che ti dispiace!» esplose. «E non mi importa! Non
mi importa!» Lo colpì sulla spalla e lui
sussultò – eppure non era possibile che lei gli
avesse fatto male. «Io…» La voce le si
spezzò. «Io ti voglio bene, tanto da impazzire, e
tu… Tu non c’eri mai».
Incapace
di sopportare gli occhi della figlia –
così accusatori, eppure tanto infelici –, il
saiyan tornò ad agguantarla.
Aliys
fece l’impensabile: si divincolò, ma lui
riuscì comunque ad attirarla contro il proprio petto.
«Mi
dispiace» le sussurrò.
«Perché
fai così?»
sibilò la ragazzina, mentre lacrime di frustrazione le
salivano agli occhi. «Perché non ti
difendi?»
«Mi
dispiace».
«Smettila
di ripeterlo, papà!»
Diede
uno strattone, ma le braccia di Goku non la lasciavano.
«Mi
dispiace, ma io… Non sono bravo con le parole,
Al» mormorò il saiyan. «Non so cosa
dirti… So solo che non volevo farti soffrire. Non pensavo
che ti avrei fatto soffrire. E mi dispiace».
Lei
iniziò a tremare, ma non per il freddo, né
per la paura. Era solo che stava facendo una fatica tremenda a
trattenersi dallo scoppiare a piangere.
«Al,
Al…» la chiamò Goku,
accarezzandole il viso e baciandole una guancia. Sembrava addolorato.
«Sei la mia bambina e io ti voglio bene. Non volevo farti
soffrire».
Lei
non sapeva cosa fare. Era confusa. Era giusto perdonarlo? Se lo
meritava?
Esitò.
In quel momento, la voce di sua madre le
riecheggiò nella testa, ripetendole una cosa che Chichi
aveva detto tanto tempo prima.
Orgoglio saiyan? Ridicolo! L’orgoglio
è la cosa
peggiore al mondo. Separa le persone… quando hanno
più bisogno l’una dell’altra.
Per
poco, ad Aliys non andò di traverso la sua stessa saliva.
Cercò
di ragionare, ma era più facile a dirsi che
a farsi. Il cuore le batteva all’impazzata, e la voglia di
mettersi a piangere la distraeva.
Goku
era lì, adesso. Allora cosa le impediva di perdonarlo,
se non l’orgoglio?
E
sua madre… Forse Chichi era la persona di cui Aliys si
fidava di più al mondo. E se lei aveva detto quelle cose
sull’orgoglio, in tono così sprezzante…
D’impulso,
Aliys si aggrappò alla tuta azzurra del
padre e lo tirò ancora più vicino a
sé, finché non poté affondare il viso
contro il petto dell’uomo.
«Non
andartene» gli disse, con voce strozzata.
«Non andartene più».
Lui
sussultò per la sorpresa.
Aliys
si sentiva tesa sino allo spasmo, mentre aspettava che suo padre
dicesse qualcosa – qualsiasi cosa, per l’amor del
cielo!
E
alla fine Goku parlò.
«Va
bene» le disse, un po’ impacciato.
Aliys
annuì, mentre il sollievo le invadeva la gola e le
scendeva giù, dilatandole i polmoni. Lo chiamò
con una voce sottilissima: «Papà?»
«Sì?»
domandò subito lui,
ansioso.
«Lo
so che ti dispiace» ammise lei, con un groppo
in gola. Deglutì. Al diavolo l’orgoglio!
«E ti perdono, davvero».
Goku
non disse niente, limitandosi a cercare il suo viso con le dita e
ad accarezzarle di nuovo la guancia.
Forse
era vero, lui non era bravo con le parole. In quel momento,
però, Aliys pensò che fosse giusto
così.
Perché
in quel momento, le parole non servivano proprio.
Spazio dell’Autrice:
Innanzitutto, vi chiedo scusa, ma ieri la connessione ad internet ha
dato i numeri.
Cioè, riuscivo ad andare su YouTube e non su EFP o tumblr.
Bah!
Vabbe’, l’importante è che ora tutto
funzioni.
Lo so, questo capitolo è bello corto, ma volevo un piccolo
chiarimento tra Goku ed Aliys (sperando che non suoni ripetitivo
rispetto al finale dello scorso capitolo >_>).
Comunque, la battuta “L’orgoglio
è la
cosa peggiore al mondo. Separa le persone… quando hanno
più bisogno l’una dell’altra”
è presa da The
Amazing Spider-Man #147, quindi non
è farina del mio sacco ^^” Ho solo pensato che
stesse bene sulle labbra di Chichi :D
E la canzone citata a inizio capitolo è “Another
heart calls” degli The
All-American Rejects.
Appuntamento a sabato 5 gennaio!
Buon ultimo dell’anno a tutti!
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Capitolo 18 *** Verso la normalità ***
Capitolo 17 – Verso la
normalità
Quando Aliys e Goku tornarono a
casa, trovarono ad aspettarli tutta la
famiglia.
La
ragazzina guardò subito verso sua madre, e Chichi la
strinse a sé nel più saldo degli abbracci.
Aliys
sentì che tutta l’aria veniva strizzata
fuori dai suoi polmoni, ma non se ne curò. Il sollievo di
non essere stata accolta con una sfuriata era immenso.
«Ally,
fatti vedere» le ordinò Chichi,
staccandosi da lei.
Le
mise una mano sotto il mento e le esaminò il volto.
«Stai
bene? Non ti sei fatta male, vero?»
La
ragazzina scosse la testa. «Sto benissimo»
assicurò.
«Bene»
sospirò Chichi, e un istante dopo
assunse un cipiglio severo. «Comunque, signorina, guai a te
se provi a farmi prendere di nuovo uno spavento simile».
«Non
lo farò più» si
affrettò a promettere Aliys.
«Molto
bene» concluse Chichi, e si girò
verso Goku come una furia. «In quanto a te!»
sbottò, e la ragazzina non poté biasimare suo
padre quando questi fece un passo indietro. «Se farai ancora
del male ai miei figli, puoi star certo che ti butterò fuori
casa! Che non cucinerò mai più per te!
Che…!»
Poi,
con gran sorpresa di Aliys, la donna si gettò tra le
braccia del marito.
Goku
aveva un’espressione colpevole, e diede qualche pacca
affettuosa sulla schiena di Chichi. «Mi dispiace,
tesoro» disse, in tono un po’ vergognoso.
«Non lo farò più».
A
quel punto, Goten emise uno sbuffo infastidito e
scompigliò i capelli della sorellina. Aliys distolse lo
sguardo dai propri genitori.
«Ti
sono mancata?» chiese al fratello.
Lui
scrollò le spalle. «Mancata? Nemmeno mi ero
accorto che fossi sparita!»
Poi,
però, le fece un sorriso dei suoi, semplice e sincero,
e le arruffò nuovamente i capelli.
«Non
te l’ha detto la mamma, perciò te
lo dico io» sussurrò. «Se riprovi ad
andartene in quel modo, ti spacco tutte le ossa».
Aliys
trovò che quella minaccia fosse stranamente
confortante.
Un
istante dopo, vide Gohan farsi avanti – evitando di
fissare nella direzione in cui si trovavano i loro genitori –
e sollevarla tra le braccia.
«Bentornata,
sorellina» le disse, scoccandole un
bacio sulla guancia. «Sono felice di vederti sana e
salva».
Poi
la riappoggiò a terra, e Videl gli fece eco:
«Bentornata, Aliys».
La
ragazzina le rivolse un sorriso grato. A dire il vero, iniziava a
sentirsi un po’ imbarazzata, vedendo quanta gente si era
preoccupata per lei.
A
distrarla da quei pensieri fu Pan che, con grande sorpresa di Aliys,
le offrì un mazzolino di fiori un po’ schiacciati.
«Sono
contenta che stai bene, zia!»
cinguettò.
«Ehm…
grazie» rispose Aliys.
Parve
subito chiaro, comunque, che Pan aveva altre priorità.
Non appena Aliys accettò quel piccolo dono, la bambina fece
un sorriso radioso e si precipitò verso Goku, aggrappandosi
alla gamba destra del saiyan e facendogli mille feste.
Aliys
notò che Chichi e Goku si scambiarono uno sguardo al
di sopra della testolina arruffata di Pan, e si domandò cosa
significasse. Chichi aveva già perdonato il marito, o a Goku
sarebbe toccata un’altra bella sgridata?
«E
così» commentò Goten,
riscuotendola, «hai guadagnato venti zeny toccando un
cornicione».
Aliys
lo guardò, interdetta. «Come fai a
saperlo?»
«Ho
incontrato il ragazzino che ti ha sfidato»
spiegò il giovane.
«Davvero,
figliolo?» intervenne Goku.
«Allora è così che hai capito che Al si
trovava a Satan City…»
Con
sommo stupore di Aliys, Goten non degnò il padre di
un’occhiata.
«Capelli
biondi, occhioni azzurri»
proseguì invece, ignorando Goku. «Di’ un
po’, Al… Ti sei avvicinata a lui perché
era carino? Ti sei presa una cotta?»
«Io…
Cosa?» farfugliò lei,
disorientata dal comportamento del fratello.
«Ti
ho chiesto se ti sei presa una cotta per il tuo
benefattore» ripeté Goten, dando deliberatamente
le spalle a Goku.
Aliys
non poté fare a meno di notare l’espressione
ferita del saiyan.
«No»
rispose, riportando gli occhi su Goten.
«Non mi sono presa una cotta, perché il mio cuore
è già impegnato».
Quella
frase stupì il giovane. «Che
cosa?!»
«Oh,
Goten-Goty, è ovvio!»
esclamò Aliys, saltandogli al collo. «Sono
innamorata di te!»
Con
un’esclamazione inorridita, Goten se la staccò
di dosso.
«Non.
Farlo. Mai. Più»
sillabò, mentre gli altri presenti – eccetto Goku,
che sembrava ancora turbato – scoppiavano a ridere.
Anche
Aliys ridacchiò, piena di sollievo. Goten le era
mancato così tanto!
Altro
che un giorno! Le sembrava di essere stata via per mesi e
mesi…
Quella
giornata, poi, le parve la più bella della sua vita.
Non
riusciva a credere che Goku fosse tornato – tornato
davvero,
tornato per lei – e quindi gli gettava
un’occhiata dopo l’altra.
E
ogni volta che il suo sguardo si posava sul saiyan e lui le
sorrideva, Aliys si sentiva scoppiare di gioia.
Per
l’occasione, Chichi invitò Gohan e Videl e Pan
a rimanere per pranzo e cucinò tutti i piatti preferiti di
Aliys.
Quest’ultima
avrebbe voluto piangere. Sapeva di aver fatto
preoccupare da morire sua madre, e vedere Chichi che si dava da fare
per farla contenta la faceva sentire un po’ in colpa.
I
suoi geni saiyan, comunque, accolsero il cibo con immensa
felicità.
Durante
il pasto, la ragazzina osservò Goku a più
riprese.
La
fece sentire sollevata, il constatare che il saiyan si abbuffava
come sempre. Sollevata e rassicurata, perché le cose erano
tornate come prima.
L’unica
nota dolente nella ritrovata normalità era
Goten.
Il
ragazzo la prendeva in giro e le sorrideva come sempre, ma se Goku
gli rivolgeva la parola si rabbuiava e lo ignorava puntualmente.
Guardandosi
intorno, Aliys notò che nessuno sembrava sapere
come risolvere quella situazione.
Lei
stessa non sapeva come prendere il comportamento di Goten, forse
anche perché non sapeva se sentirsi più
dispiaciuta per il padre o per il fratello.
A
metà del pomeriggio, prese Goten da parte.
«Ti
faccio vedere una cosa» gli disse, mettendogli
in mano la pallina da tennis recuperata dalla propria giacca.
Il
giovane se la passò da una mano all’altra.
«Bella» commentò, incerto.
«E… perché me l’hai
data?»
«Me
l’ha regalata papà»
rispose Aliys, con semplicità. «O meglio,
è un ricordo di un pomeriggio che abbiamo passato
insieme».
Goten
distolse lo sguardo. «Ah».
«Sei
ancora arrabbiato con lui?» domandò
la ragazzina, tutto d’un fiato.
Il
fratello non le rispose, tenendo lo sguardo incollato alla pallina.
«Non capisco perché me l’hai fatta
vedere» borbottò, restituendogliela.
Aliys
fece un sorriso imbarazzato. Bella domanda: perché
gliel’aveva mostrata? «Non lo so nemmeno
io» confessò. Cercò di pensarci su, poi
azzardò: «Forse perché…
be’, il ricordo di quel pomeriggio è un bel
ricordo».
Goten
la fissò. «E allora?»
Lei
si strinse nelle spalle, un po’ a disagio.
«Allora immagino che anche tu abbia dei bei ricordi legati a
papà».
«Certo
che ce li ho» ribatté Goten.
«Ne ho di bellissimi. Però ce ne sono anche di
brutti».
«È
vero» ammise Aliys a malincuore.
«E lo sai? Io volevo buttare via questa pallina, ma alla fine
me la sono tenuta. Preferivo pensare ai ricordi belli, piuttosto che a
quelli brutti».
Goten
le arruffò i capelli. «Brava
bimba» disse, in tono cantilenante.
«Dai,
Goten! Ascoltami seriamente» si
lamentò Aliys.
«Ti
sto ascoltando» replicò lui.
«È solo che penso che i ricordi brutti esistono
anche se li lascio da parte. E che se papà avesse fatto
altre scelte, molti di loro non esisterebbero. Non ti sembra?»
«Sì,
ma…» balbettò
la ragazzina.
Goten
scrollò le spalle. «Tieniti la tua pallina
gialla, Al. Io non sono in vena».
Detto
ciò, si allontanò.
Aliys
lo seguì con espressione desolata, e
sussultò quando Goku le giunse accanto.
Il
saiyan saltò ogni preambolo: «È
arrabbiato con me, eh?»
Aliys
lo guardò. Goku aveva nello sguardo una
serietà inusuale, e alla ragazzina parve di scorgere anche
una traccia di tristezza.
“Come
un bambino che, di colpo, si rende conto di tutte le
conseguenze delle sue azioni” le venne da pensare.
«Io…
cioè, lui…
non…» Tacque, con le guance in fiamme. Non sapeva
cosa dire.
Goku
le scompigliò i capelli con affetto – Aliys
non poté fare a meno di chiedersi perché tutti i
membri della famiglia sembrassero avere quell’abitudine.
«Non
preoccuparti, Al» le disse il saiyan.
«Penso… Penso sia una cosa che…
insomma, che devo cercare di risolvere da me».
Aliys
si sentì invadere dal sollievo. Era proprio quello che
sperava: che suo padre decidesse di provare a far pace con Goten.
Così
gli rivolse un sorriso grato e gli strinse la mano.
«Sono
contenta che sei tornato».
Spazio dell’Autrice:
Okay, potete impiccarmi. È la seconda volta che vi faccio
aspettare un giorno di troppo.
Disgraziatamente, ieri avevo un po’ di febbre, e diciamo che
i miei mi hanno vietato di mettermi al computer. Per la serie:
maggiorenne un piffero, finché vivi a casa loro, devi
obbedire XD
Come avrete capito, Goku ha molte cose da risolvere… Aliys
non basta per mettere pace tra lui e Goten.
Ah, se avete provato la sensazione che questo capitolo abbia lasciato
alcune cose in sospeso, è una sensazione più che
giusta ;) (Goku ha fatto davvero un bel casino, che purtroppo non sono
capace di risolvere in un solo capitolo XD)
Vi do appuntamento a domenica 13 gennaio!
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Capitolo 19 *** Le riserve di Goten ***
Capitolo
18 – Le riserve di Goten
La mattina successiva, quando Aliys
si svegliò, Goku e
Chichi erano chiusi in camera a parlare.
La
ragazzina si stupì: suo padre non era mai stato tipo da
tenere grandi discorsi.
Per
un istante, fu tentata di fermarsi ad origliare cosa dicessero, ma
poi si allontanò con discrezione, sentendosi scaldare il
cuore dal pensiero che Goku fosse lì.
Ovviamente,
Goten era in cucina. Era davanti al frigorifero spalancato,
ed esaminava meticolosamente i cibi disposti nei vari scomparti.
«Attento
a non mangiare quello che la mamma pensa di fare per
pranzo» lo avvertì Aliys.
Il
giovane si voltò verso di lei con aria offesa.
«Ehi! Non è… Okay, è
successo. Una volta sola, però!»
La
ragazzina sorrise, scuotendo la testa.
Ricordava
benissimo quel giorno, e la reazione di Chichi quando aveva
scoperto che il cibo che avrebbe voluto cucinare era scomparso.
A
parere di Aliys, Goten era stato salvato – quella volta
come in tante altre occasioni – dal fatto di essere il cocco
della loro madre.
«Uffa»
brontolò il giovane, corrucciato,
tirando fuori la testa dal frigorifero. «Come faccio a sapere
se questi pomodori ha intenzione di servirli a mezzogiorno?»
Aliys
scosse la testa. «Non puoi mangiare pomodori per
colazione» obiettò, poco convinta.
«Perché
no?» replicò Goten.
«A proposito, hai idea di dove sia la mamma?»
«È
in camera sua con papà»
rispose Aliys, esitante. «Penso che stiano…
parlando…»
Goten
tornò a frugare nel frigorifero.
«Perché non è rimasto
dov’era, dico io…»
La
ragazzina fu sorpresa e ferita da quelle parole. Avrebbe voluto
obiettare che, se Goku fosse rimasto dov’era, nessuno
l’avrebbe salvata da quei brutti ceffi. Goten ancora non
sapeva cosa fosse successo quella notte, ma forse era il caso di
informarlo…
Così,
Aliys aprì la bocca per replicare. Proprio
in quel momento, però, si udirono dei passi avvicinarsi alla
cucina, e Goku fece presto la sua entrata.
«Ciao,
ragazzi» li salutò, con un
sorriso smagliante.
Aliys
non poté fare a meno di sorridere a propria volta.
«Ciao, papà» rispose.
Goten
si limitò a immergersi maggiormente nel frigo, senza
dire nulla.
«Io
e la mamma pensavamo di andare a fare una gita, questo
pomeriggio» annunciò Goku, dopo aver lanciato
un’occhiata alla schiena del proprio secondogenito.
«Che ne dite?»
Aliys
si affrettò ad annuire. «Sarebbe
fantastico!» asserì.
Forse,
pensò tra sé e sé, durante la
passeggiata Goku avrebbe potuto prendere Goten da parte e chiarirsi con
lui…
La
voce sostenuta di Goten emerse dal frigorifero: «Io non
vengo».
Davanti
a quella risposta, Goku fece qualche passo in avanti, dicendo:
«Avanti, figliolo, potremmo…»
Goten
chiuse bruscamente la porta del frigorifero, girandosi di scatto
verso il padre. «Ho detto che non vengo!»
Aliys
impietrì.
Goku,
invece, fece per avvicinarsi di più al secondogenito.
«Goten, so che sei arrabbiato, e…»
«Tu
non sai niente!» esplose il ragazzo.
«Niente, hai capito?! Io non voglio venire a una
stramaledetta gita! Non voglio venirci con te!»
Goku
si ritrasse, e Aliys gli gettò un’occhiata.
Si
sentiva quasi spaventata: non aveva mai visto Goten –
Goten, che di solito era la placidità fatta persona
– arrabbiarsi in quel modo.
In
quanto al giovane, sembrava più sconvolto della
sorellina. Le rivolse uno sguardo, borbottando un
«Di’ alla mamma che sono da Trunks»,
quindi infilò la porta senza guardare Goku e se ne
andò.
Aliys
deglutì, girandosi verso suo padre.
Goku
era immobile, in una posizione fin troppo rigida.
Forse
pensava alla prima volta in cui Goten gli era balzato tra le
braccia? Piccolo e caldo come un cucciolo, e altrettanto fiducioso.
Dopo
qualche istante, Chichi entrò nella cucina.
«Cosa…?»
iniziò, ma le
bastò accorgersi dell’espressione del marito e
dell’assenza del secondogenito per capire.
Aliys
si schiarì la gola. «Goten
è… è andato da Trunks»
disse, con voce tremula.
***
Gohan era nella propria camera da
letto, un libro tra le mani.
Non studiava, però:
supervisionava la piccola Aliys, seduta
sul pavimento e intenta a comporre un puzzle colorato.
Qualche momento più
tardi, Goten entrò nella
stanza.
«Fratellone?»
chiamò, evitando per un
pelo di inciampare nella sorellina.
Gohan mise il libro da parte.
«Che succede?»
Il bambino andò verso di
lui con espressione contrita
– Aliys, imperturbabile, continuava ad occuparsi del suo
puzzle.
«Gohan, perché
io non ho un
papà?» chiese Goten. «Ho fatto qualcosa
di brutto?»
***
Un
sassolino grande come un’unghia compì un arco
nell’aria, andando a finire con precisione
all’interno di un bicchiere di vetro abbandonato tra
l’erba.
«Centro!»
si rallegrò Trunks.
«Di nuovo».
«Anch’io»
gli fece eco Goten.
Erano
seduti nel giardino della Capsule Corporation, accanto a una
stradicciola di ghiaia. Era da lì che prendevano i
sassolini, mentre il bicchiere… Ovviamente proveniva dalla
cucina.
Quando
Goten era comparso senza preavviso, Trunks non gli aveva fatto
domande, limitandosi a prenderlo da parte.
«Come
sta Al?» domandò ora il figlio di
Vegeta, prendendo la mira con l’ennesima pietruzza.
Goten
scrollò le spalle. «Oh, lei sta
benissimo».
«Meglio»
commentò Trunks, mentre il
sassolino atterrava all’interno del bicchiere.
Rimasero
zitti per un po’, in un silenzio rotto solamente dal
regolare ticchettare della ghiaia contro il vetro.
«Ti
ricordi i tempi di Majin Bu? Ricordi quando mio padre ci
aveva detto che Vegeta e mio fratello erano stati uccisi?»
domandò Goten, improvvisamente.
Trunks
annuì, e si rabbuiò appena.
«Certo che lo ricordo». Poi si rianimò.
«Gli avevamo dato del codardo e della femminuccia».
«Già»
disse Goten.
Lanciò
un sassolino, e questo cozzò malamente
contro il bicchiere per poi cadere tra l’erba.
Trunks
lanciò un’occhiata stupefatta
all’amico. «Che ti prende?»
domandò.
«Niente»
mormorò Goten, in maniera per
nulla convincente.
«Come
no» fece Trunks, inarcando un sopracciglio.
«Hai appena sbagliato il lancio più facile del
mondo…»
Goten
esitò. Ma così come non era bravo a
mentire, non era nemmeno bravo a mantenere segreti col suo migliore
amico.
«È
solo che… All’epoca
credevamo che mio padre li avesse abbandonati».
«Va
bene, ma poi ci siamo ricreduti» gli fece
notare Trunks.
«Sì,
però…» Goten
parlò tenendo gli occhi puntati a terra. «Se
avessimo avuto ragione? Mio padre ha dimostrato di essere capacissimo
di andarsene di punto in bianco. E se quella volta li avesse
abbandonati sul serio?»
«Ma
che stai dicendo?» esclamò Trunks.
«Sai benissimo che non è così. Goku che
abbandona suo figlio e – mio padre mi ucciderebbe se mi
sentisse – un suo amico durante una battaglia?»
Goten
tirò un respiro, raccogliendo un altro sassolino.
«Hai
ragione» mormorò. «Era un
dubbio stupido».
«Già,
ma non ti biasimo»
replicò Trunks, stringendosi nelle spalle. «Se mio
padre se ne fosse andato…»
Non
concluse la frase.
Ripresero
a lanciare sassolini nel bicchiere.
Goten
ripensò alla trasformazione in super saiyan di terzo
livello di Goku. Era grazie a quella che si era ricreduto sul conto di
suo padre.
Da
quel momento, aveva iniziato a considerarlo un vero eroe.
Però…
Ora non credeva di reputarlo più
tale.
Sapeva
che Trunks aveva ragione, Goku non avrebbe sicuramente
abbandonato un figlio e un amico nel mezzo di una battaglia…
Ma allora la questione com’era?
Goten
avrebbe tanto voluto andare da suo padre e chiedergli:
“Occorre essere in pericolo o potentissimi, per avere la tua
attenzione?”
***
«Gohan, Gohan!»
Il giovane si svegliò di
soprassalto.
«Cosa… Chi…?»
farfugliò, disorientato.
Dopo un istante di allarme,
riconobbe l’aura del proprio
fratellino.
«Goten? Che ci fai
qui?» biascicò,
cercando di distinguerne il visetto nel buio della notte.
«Sono andato nel lettone
della mamma, ma è
occupato» riferì il bimbo, in tono accorato.
«C’è il papà,
adesso!»
«E allora?»
sospirò Gohan, assonnato.
«Non ci stai lo stesso?»
Dal silenzio che seguì,
capì di aver lasciato
interdetto il proprio fratellino.
«Come?»
domandò Goten, strabiliato.
«Posso dormire lì anche se
c’è il papà?»
Gohan non poté fare a
meno di sorridere.
«Certo» assicurò.
«E dove mi
metto?» indagò Goten.
«Ah, ho capito!» esclamò raggiante,
prima che Gohan potesse rispondere. «In mezzo!»
«Esatto»
confermò Gohan, divertito.
«Così sto
vicino sia alla mamma che al
papà!» continuò Goten, contento.
«Sono sicuro che si sta benissimo!»
Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto… E che i flashback
non l’abbiano reso meno fluido da leggere…
Appuntamento a domenica 20 gennaio!
AVVISO DI DOMENICA 20 GENNAIO:
L’aggiornamento è rimandato a giovedì 24 gennaio.
Dopo aver scritto questo, vorrei andare a seppellirmi in giardino: voi mi lasciate delle recensioni bellissime, e io non riesco nemmeno a ripagarvi con un aggiornamento settimanale.
Ma ho una montagna di roba da studiare, i nervi a pezzi, e ispirazione zero.
So cosa devo scrivere nel nuovo capitolo, ho anche buttato giù qualche frase, ma non sono in condizioni di riuscire a svilupparlo decentemente.
Sono più che mortificata, mi dispiace da morire. |
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Capitolo 20 *** Passaggi di tempo ***
Capitolo 19 – Passaggi di
tempo
Goku era in giardino con la piccola
Pan.
Lei
scalpitava, indicandogli questo e quello con i suoi squillanti:
«Guarda, nonno!», ma lui le presentava la
metà dell’attenzione che le riservava di solito.
Con
aria assente, era volto verso il profilo di alcuni monti lontani.
Quando
Pan si avvicinò ad un albero e si mise ad esaminarlo
attentamente – come per valutare se arrampicarsi sarebbe
stata una buona idea –, Goku non se ne accorse nemmeno.
Continuava
a pensare a Goten, e alla rabbia del suo secondogenito.
E
si sentiva quasi smarrito, perché non aveva messo in conto
che, andandosene, avrebbe portato tanto dolore alla sua famiglia.
Goku
non avrebbe mai
voluto far del male a Chichi, o ai suoi figli.
Non
aveva pensato che il suo seguire Ub sarebbe stato interpretato come
un abbandono.
Lui
non li aveva abbandonati. Era soltanto… Soltanto cosa?
Era
andato via, non si era fatto più sentire.
Ma
era così impegnato nell’addestrare il
ragazzino, e non aveva minimamente considerato che il suo silenzio
potesse ferire tanto i suoi figli.
E
invece aveva fatto danni enormi.
Aliys
era scappata di casa – il saiyan strinse il pugno per
un istante, ricordando il gruppetto di ragazzi che l’aveva
aggredita – e Goten…
Goten
non si fidava più di lui.
Il
suo secondogenito non si fidava più di lui.
E
dire che, da bambino, era così fiducioso…
Se
chiudeva gli occhi, Goku riusciva quasi a sentirlo, quel soldo di
cacio che si aggrappava alla sua gamba, che lo implorava di prenderlo
in braccio.
E
poi rideva, quando lui lo sollevava in alto.
Papà!,
lo chiamava, e strofinava il visetto contro la
guancia paterna. Papà!
«Nonno,
io vado a casa, ho detto alla mamma che avrei messo a
posto la camera» lo informò la piccola Pan.
Goku
si voltò a guardarla con un sussulto, e notò
che aveva alcune foglie tra i capelli lucidi e corvini.
Aggrottò
la fronte, smarrito.
«Tesoro?
Quelle vengono da un albero?» le
domandò.
«Sì,
mi sono arrampicata molto in alto»
ci tenne a precisare Pan. «Sono stata brava, vero,
nonno?»
Per
un momento, Goku si preoccupò. Se Chichi avesse saputo
che aveva perso di vista la loro nipotina… No, preferiva non
pensarci.
Perciò,
si sforzò di sorridere alla bambina.
«Brava? Sei stata bravissima» asserì,
scompigliandole i capelli. «Tra qualche tempo, diventerai
forte come il tuo nonno».
Pan
fece un gran sorriso e abbracciò la gamba del saiyan.
Goku
fremette appena, ricordando quand’era Goten a fare quel
gesto…
«Ti
voglio bene, nonnino!» tubò la
bambina.
«Anch’io
ti voglio bene, tesoro»
replicò lui, prima che Pan si staccasse e corresse svelta
verso casa sua.
Goku
tornò a voltarsi verso i monti, con un sospiro.
«Papà?
Stai bene?»
Aliys
gli si avvicinò, prendendogli timidamente una mano.
Aveva
i capelli neri infilati dietro le orecchie, così non
le stavano davanti alla faccia come succedeva anche troppo spesso.
«Sì»
disse lui, senza convinzione.
«Sì, sto bene».
«Io…»
La ragazzina esitò, poi
parve prendere una decisione. «Vieni» disse,
iniziando a trascinarlo verso casa.
Goku
non oppose resistenza, ma assunse un’aria perplessa.
«Che c’è, Al?»
«Mi
sono scordata di darti una cosa» rispose lei.
Lo
condusse sino alla propria camera, quindi accennò al
proprio letto.
«Siediti
lì» ordinò,
«e chiudi gli occhi».
Il
saiyan aggrottò la fronte, ma poi obbedì.
Sentì
la ragazzina allontanarsi e trafficare, poi lei gli
tornò davanti e dichiarò: «Bene, ora
puoi aprire gli occhi».
Goku
sollevò le palpebre… E vide che sua figlia
gli tendeva una tazza.
Un
po’ stupito, prese l’oggetto, vedendo che sopra
vi erano dipinti a regola d’arte alcuni biscotti.
«L’ho
comprata poco dopo il Torneo» disse
Aliys, cautamente. «Era un regalo di bentornato».
Goku
rimase interdetto, poi le sorrise. «Grazie,
piccola» le disse, tendendosi ad abbracciarla per un istante.
Poi
tornò a guardare la tazza e, di punto in bianco, gli
tornò in mente il modo in cui Goten lo aveva
aggredito… Si rabbuiò.
«Poco
dopo il Torneo…»
mormorò. Alzò gli occhi su Aliys. «Ti
aspettavi tornassi prima, vero?»
La
ragazzina arrossì, quindi si strinse nelle spalle.
«Prima,
dopo, alla fine non importa» gli disse, con
un sorriso timido. «Importa solo che sei tornato».
Goku
sbatté le palpebre. Improvvisamente, gli
sembrò che Aliys non fosse mai stata tanto simile a Chichi
come in quel momento.
Ecco,
pensò, sua figlia non aveva ereditato dalla madre solo
il viso dolce e la forza d’animo… Aveva ereditato
anche la sua capacità di perdonare.
Di
ritorno dalla Capsule Corporation, Goten si rese conto di non aver
alcuna voglia di incrociare suo padre.
Così,
invece di dirigersi a casa sua, fece una piccola
deviazione ed andò a bussare alla porta di Gohan.
Ad
aprirgli fu proprio il fratello maggiore, che lo guardò
stupito da dietro il suo paio di occhiali.
«Goten!»
disse, facendosi da parte per lasciarlo
entrare. «Come mai da queste parti?»
«Disturbo?»
mormorò il più
giovane. Teneva la testa china, come un cagnolino che si aspetti una
bella bastonata.
«Figurati,
certo che no» lo rassicurò il
fratello. «Vieni».
Il
divano era ingombro di libri – tutti tomi piuttosto
voluminosi e dai titoli tremendamente astrusi – e Gohan si
affrettò a spostarli, così che lui e Goten
potessero accomodarsi sul sofà.
«Allora?»
fece Gohan, guardando il fratello.
Goten
si strinse nelle spalle con aria mesta.
«Niente».
Il
maggiore per poco non alzò gli occhi al cielo.
«Goten, è evidente che c’è
qualcosa».
«Okay»
ammise subito l’altro,
«qualcosa c’è. Non so bene cosa sia,
però. È solo che… sono arrabbiato con
papà. Tanto».
«Capisco».
Gohan si diede una sistemata agli
occhiali. «È per questo che sei qui?»
«No,
be’… sì, in
parte» rispose Goten. «Cioè, sono qui
perché non me la sentivo di vedere
papà… E anche perché tu sei la persona
di cui mi fido di più, fratellone».
Gohan
gli sorrise. «Ne sono lusingato»
commentò, con una strizzata d’occhio.
Dopo
un istante, Goten ricambiò un sorriso.
«Ne
vuoi parlare?» domandò Gohan,
gentilmente.
«Non
credo» rispose Goten.
«Come
vuoi» acconsentì subito il
maggiore.
Il
giovane non credeva alle proprie orecchie. «Tutto
qui?» chiese, fissandolo.
Gohan
lo guardò con aria sorpresa.
«Perché?» replicò,
tranquillamente. «Se non vuoi parlarne, non voglio
obbligarti».
«Ma
come?» si stupì Goten.
«Quando ero piccolo mi costringevi sempre a confessare che
ero stato io a finire la marmellata. O le fragole. O il
cioccolato».
«O
i dolci che la mamma aveva regalato ad Al» gli
fece eco il maggiore.
«Ehi»
si difese Goten, «lei non sarebbe
mai riuscita a finirli tutti da sola…»
«Da
come piangeva disperata quando ha visto la scatola vuota,
direi che aveva un’altra opinione» gli fece notare
Gohan.
Si
sorrisero, ma poi il silenzio calò tra di loro.
Alla
fine, fu Gohan a romperlo. «Fratellino?»
Goten
lo guardò. «Sì?»
«Io
non sto prendendo le difese di papà»
gli disse Gohan, seriamente, «perché trovo
ingiusto quello che ha fatto passare a te e ad Al.
Però… Tu ricordati che lui ti vuole bene,
d’accordo?»
Goten
si mise a giocherellare col bordo della propria maglia.
Goku
gli voleva bene? Davvero? Non era proprio un campione, nel
dimostrarlo.
D’altro
canto, se lo diceva Gohan…
Goten
annuì. «Ci proverò»
mormorò, pur sapendo che non era abbastanza.
Per
una volta, voleva più di quel che Goku provava a
pensava. Voleva più delle sue buone intenzioni. Voleva le
sue azioni.
O
forse neanche quello. Forse non voleva più vederlo per il
resto della sua vita.
Spazio dell’Autrice:
Innanzitutto, vi ringrazio per tutta la comprensione e
l’incoraggiamento che mi avete mostrato la volta scorsa.
Siete stati gentilissimi :°)
Per quanto riguarda questo capitolo… Doveva contenere almeno
un’altra scena, ma visto che non
l’ho finita di
scrivere e che non volevo rimandare di nuovo, l’ho tagliato
qui.
Spero che ciò che n’è rimasto vi sia
piaciuto.
Ah, per il titolo del capitolo non avevo proprio idee, così
ho ripiegato su una citazione della canzone “Anime
Salve” di De André (tra l’altro, una mia
one-shot su Dragonball, con Goku e Bulma protagonisti, si chiama
proprio Passaggi
di tempo. Insomma, non ho una grande fantasia XD).
Bien, io torno a scervellarmi/deprimermi su Dead man walking (la mia
continua occupazione in questi giorni...),
appuntamento a domenica
3 febbraio!
|
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Capitolo 21 *** Ne vale la pena ***
Capitolo 20 – Ne vale la
pena
Per come andarono le cose, Goten
scoprì subito che non
vedere più Goku non era proprio fattibile.
Non
appena il giovane mise piede in casa, infatti, incrociò
suo padre.
«Goten»
disse Goku, vedendolo. «Possiamo
parlare un momento?»
Il
giovane abbassò rapido lo sguardo, con aria scontrosa.
«Non ho tempo, adesso» mugugnò, cercando
di sgusciare via.
Goku,
però, lo afferrò per il braccio.
«Aspetta,
figliolo, voglio solo…»
«Io
voglio un padre che non vada via per l’aria che
tira» ribatté Goten, in tono rancoroso.
«Ma a quanto pare non si può avere ciò
che si vuole».
Goku
sbarrò gli occhi, e la presa sul braccio del figlio si
allentò.
Per
quanto l’osservazione di Goten lo avesse ferito,
però, non era minimamente intenzionato ad arrendersi
così presto.
«Goten,
so che ho sbagliato».
«Ah,
sì?» ribatté il giovane.
Il cuore gli batteva fortissimo tra le costole; si sentiva come un
animale in gabbia, e quella frustrazione dava forza e veleno alle sue
parole. «E perché lo sai? Perché Al non
è riuscita a sopportare la tua assenza ed è
scappata via. Se lei non ci fosse stata, non avresti mai capito. Non
saresti mai tornato».
Goku
aprì la bocca, ma Goten lo precedette.
«O
forse sì, saresti tornato, ma tra anni e anni,
alla fine dell’allenamento di Ub. E sai cosa? Forse
l’avrei preferito, perché…»
“Perché
magari a quel punto non mi sarebbe
importato più niente, di te” aggiunse mentalmente.
Non
lo disse ad alta voce, però. Non voleva ammettere
davanti a Goku che gli importava ancora di lui.
Con
uno strattone, si liberò dalla stretta del padre, e Goku
rimase immobile a fissarlo mentre si allontanava.
Quando
Goten fu scomparso alla vista del saiyan, qualcuno
suonò alla porta.
Riscuotendosi,
Goku andò ad aprire, e si ritrovò
davanti una ragazzina esile e bionda.
Marron.
«Salve,
signor Goku» lo salutò lei.
«Bentornato».
Lui
aggrottò la fronte. Era ancora frastornato dal confronto
avuto col figlio. «Ehm… Grazie».
«È
un brutto momento?» aggiunse la
ragazzina. «Volevo vedere Aliys…»
Goku
la guardò davvero solo a quel punto, mentre gli tornava
in mente che sua figlia aveva detto di aver fatto amicizia con la
biondina.
«Entra
pure» disse, facendosi da parte.
Un
po’ di curiosità si fece strada nella sua
espressione cupa…
Tra
sé e sé, considerò che la ragazza
somigliava molto alla madre, ma allo stesso tempo gli ricordava Crilin.
E se davvero Marron aveva preso qualcosa dal padre, era un bene il
fatto che Aliys avesse fatto amicizia con lei. Goku conosceva bene il
cuore generoso dell’amico.
Marron
guardò l’uomo con aria perplessa.
«Va tutto bene?» azzardò.
«Uhm»
rispose Goku. Non era bravo a dire bugie,
così cambiò argomento. «Al è
in camera sua. Devo accompagnarti, o…?»
«Non
c’è problema, so la
strada» replicò la ragazzina, sfoderando un
sorriso. «Posso andare da sola».
Goku
avvertì un certo rimpianto.
A
quel che pareva, Marron era già stata a trovare Al
lì sui Paoz… Chissà
cos’altro aveva fatto sua figlia –
cos’altro avevano fatto i suoi figli – mentre lui
non c’era…
Quando
Aliys sentì bussare alla propria porta,
pensò che si trattasse di Goten.
Così,
quando si trovò davanti Marron, non
poté fare a meno di assumere un’espressione
sbalordita.
La
biondina, comunque, non le lasciò il tempo di dire nulla:
si slanciò in avanti e la abbracciò forte.
Aliys
strinse le mani sulla schiena dell’altra con un certo
stupore. E anche con un po’ di vergogna: dopo aver urlato in
faccia a Goku che lei e Marron erano diventate amiche, non
aveva pensato all’altra ragazza nemmeno una volta.
«Wow»
si lasciò sfuggire,
«ciao».
Marron
si staccò da lei. «Scusami se sono venuta
solo adesso» disse, con aria colpevole. «Ma pensavo
che ieri fossi occupata con la tua famiglia».
«Pensavi
bene» si affrettò a dire Aliys.
«Tra i saluti di mia mamma, di Goten, Gohan, Videl e Pan,
dubito che saremmo riuscite a passare un secondo insieme».
«Ma
avrei dovuto telefonarti per sapere se stavi
bene…» aggiunse Marron, scuotendo la testa come
per rimproverarsi quella dimenticanza.
«No,
no, non c’è problema» la
contraddisse Aliys. «Io preferisco vedere le persone,
piuttosto che parlare loro al telefono».
Marron
le rivolse un sorriso. «Okay, allora non è
stata una brutta idea quella di venire… Anche se avrei
dovuto avvertirti» aggiunse, corrucciandosi.
«È solo che sono stata alla Città
dell’Ovest, e sulla via del ritorno ho pensato di fare un
salto qui».
Aliys
era un po’ imbarazzata dalle scuse più o
meno implicite dell’altra ragazza. «Marron,
davvero, non devi giustificarti» disse. «Va bene
così».
«Okay».
La biondina la guardò con un
sorriso sulle labbra, poi assunse un’aria seria.
«Allora stai bene, giusto?»
Aliys
annuì. «Sono sana e salva».
«Bene…»
Marron si sfregò le
mani. «Goku è tornato e tutto si è
sistemato».
Ahi.
Aliys
non riuscì a trattenere una smorfia.
Senza
volerlo, Marron aveva giusto girato il coltello in una certa
piaga…
«Ho
detto qualcosa che non va?» si
preoccupò la ragazzina bionda.
«No,
non sei tu» rispose Aliys,
«è solo che…»
Esitò
un attimo. Era il caso di parlare con Marron di una
questione così delicata?
“Al
diavolo” si disse alla fine. “Io
posso parlare con chi voglio, non è un segreto di stato.
Tanto più che non lo faccio per pettegolezzo: se non mi
sfogo subito con qualcuno esplodo…”
«È
solo che li vorrei tutti e due»
affermò, tutto d’un fiato.
Marron
la fissò. «Come, scusa?»
Aliys
si sentì arrossire sino alla radice dei capelli.
Gran
bella figura.
«Voglio
dire…
cioè…» farfugliò.
«Si tratta di Goten. È arrabbiato con nostro
padre… E io… Io mi sento come se… Non
lo so. Quando papà era via, pensavo che sarebbe bastato il
suo ritorno per mettere a posto le cose… Ma non è
così. Goten non vuole perdonarlo, e io mi sento come se la
mia famiglia fosse comunque spaccata… Non so se ha
senso».
Tacque,
con le guance in fiamme.
Da
parte sua, Marron si concesse un momento per pensare.
«Be’,
penso che ce l’abbia»
disse alla fine. «Voglio dire, io non sono mai stata in una
situazione simile, anche perché non ho
fratelli…»
Aliys
annuì. «Sì, lo so…
Scusami, introduco sempre questi discorsi…»
«Figurati»
replicò Marron, decisa.
«Sarei un’amica scadente, se tu non potessi
parlarmi dei tuoi problemi».
Aliys
la guardò con gratitudine.
«Comunque»
proseguì Marron,
«credo che tu ti senta in colpa, e questo non va
bene».
La
figlia di Goku fu presa alla sprovvista da quel commento.
«Cosa?» cercò di protestare.
«Io non mi sento…»
Poi
tacque.
Non
era vero. Si sentiva in colpa eccome, anche se non sapeva bene
perché.
«Accidenti»
mormorò. «Mi sento
proprio in colpa».
«Non
dovresti» disse Marron, stringendosi nelle
spalle. «Non è colpa tua se non puoi aggiustare le
cose tra loro. Voglio dire, non è compito tuo…
Forse devono sbrigarsela da soli».
Aliys
arrossì. Era proprio vero: lei si sentiva inutile
perché non poteva far sì che Goku e Goten si
riappacificassero.
«Sì,
ma…» iniziò a
dire. Poi si interruppe, ricordando che Goku stesso le aveva detto che
quella era una cosa che doveva cercare di risolvere da sé.
E
si sentì come se qualcuno le avesse appena tolto un gran
peso dallo stomaco.
Doveva
avere fiducia in suo padre e in suo fratello. Loro potevano
superare quella fase, potevano farlo, potevano farlo…
Più
tardi, Marron e Aliys parlarono di cose più
leggere, finché per la biondina non arrivò il
tempo di tornare a casa.
Nell’ingresso,
incrociò Goku.
«Ciao,
Marron» le disse lui – sembrava
stranamente imbarazzato. «Vai già via?»
«Sì,
ho detto a mia mamma che sarei tornata
presto» replicò Marron.
Goku
fece una risata un po’ nervosa. «Meglio non
contrariarla» disse.
«Infatti»
concordò Marron. Aveva
già la mano sulla maniglia, quando si voltò
indietro. «Signor Goku, se posso darle un
suggerimento… Credo che mio padre le direbbe di non
arrendersi».
Goku
sbatté le palpebre. Dopo un secondo, capì
che parlava di Goten.
«“Se
ne vale la pena” dice
papà, “lotta sino allo
sfinimento”» continuò Marron. Fece
spallucce. «Io cerco di farlo, perché mio padre ha
ragione spesso e volentieri».
Goku
aggrottò la fronte. «Ah».
Marron
sorrise. «Arrivederci» disse, uscendo dalla
porta.
Rimasto
solo, Goku tornò a pensare a Goten.
Se
ne valeva la pena… Certo che ne valeva la pena.
Lui
era un saiyan. Era un guerriero. Arrendersi non rientrava nel suo
DNA.
Eppure,
il fatto che il suo avversario, in quella lotta, fosse suo
figlio, lo aveva bloccato.
No,
doveva pensarla in un altro modo… Suo figlio non era
l’avversario. Suo figlio era il premio da ottenere in caso di
vittoria.
E,
certamente, era il premio più importante per il quale
avesse mai combattuto.
Quella
sera, a cena, Goten ignorò Goku per tutto il tempo.
Chichi
e Aliys cercavano continuamente di alleggerire
l’atmosfera, ma la tensione nell’aria non
svanì mai del tutto.
Verso
la fine del pasto, Goten alzò la testa e
guardò la madre.
Fece
un respiro profondo, quindi domandò: «Stasera
posso uscire, mamma?»
Chichi
gli scoccò un’occhiata. «Devi
proprio?»
Lui
alzò le spalle, cercando di sfoderare
l’espressione più implorante del suo repertorio.
«Ho un appuntamento con la mia ragazza…»
«Non
mi piace molto, come idea» osservò
Chichi. «È già tardi».
«Dai,
Chichi, lascialo uscire» intervenne Goku, con
grande sorpresa di tutti i commensali.
Non
capitava spesso che il saiyan prendesse parte a quel genere di
discussioni.
«Sono
giovani e sono innamorati» aggiunse lui.
«L’amore è importante, no?»
Chichi
guardò il marito come se fosse impazzito, ma poi
sembrò ammorbidirsi.
Aliys
era stupefatta, mentre Goten sembrava indeciso su come prendere
l’intervento del padre. Alla fine, decise di mettersi a
fissare il proprio piatto con la fronte aggrottata, ma più
che arrabbiato sembrava incerto.
«E
va bene» cedette Chichi, dopo un po’.
«Puoi uscire. Ma solo perché lo ha detto tuo
padre».
Non
fece quella precisazione per caso. Sapeva bene cosa stava
succedendo tra suo figlio e suo marito, e se poteva appianare un poco
le loro divergenze… Non si faceva certo pregare.
«Bene,
mamma! Grazie» disse Goten, alzandosi in
piedi.
«Forse
dovresti ringraziare tuo padre»
insinuò la donna.
Il
giovane sbatté le palpebre e gettò
un’occhiata a Goku. Quest’ultimo lo guardava, e
sembrava teso come prima di un difficile combattimento.
Il
giovane distolse lo sguardo.
«Forse»
mormorò, per poi uscire dalla
stanza senza aggiungere altro.
Spazio dell’Autrice:
Mah. Questo capitolo è uscito diversissimo da come me
l’ero immaginato.
Spero vi sia piaciuto…
A domenica 10 febbraio, miei prodi!
|
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Capitolo 22 *** Dandoci un taglio ***
Capitolo
21 – Dandoci un taglio
«A
che ora sei tornato, ieri?» domandò
Chichi, posando un piatto di muffin caldi e morbidi davanti a Goten.
Lui
fece spallucce, servendosi. «Sono passato a darti la
buonanotte».
«Lo
so, ma non ho guardato l’orologio.
Però era piuttosto tardi, vero?»
Lui
addentò il suo muffin. «Fo, fon era
tarfi».
Aliys
lo fissò con aria un po’ inorridita.
Lui
inghiottì il boccone e reiterò:
«No, non era tardi».
«Mezzanotte
era passata» osservò Chichi,
accigliata.
Un
po’ preoccupato, Goten guardò il lungo
cucchiaio di legno che sua madre teneva tra le mani.
«Uh,
be’, non lo so» cercò di
tenersi sul vago. «Non ho guardato
l’orologio nemmeno io».
«Mezzanotte
era passata eccome»
bisbigliò Aliys, con un sorrisetto, e lui le
gettò un’occhiataccia.
«Come,
tesoro?» chiese Chichi.
Lei
trattenne un sorriso e prese un muffin a sua volta.
«Niente di importante, mamma».
In
quel momento, Goku si affacciò alla porta della cucina
col sorriso di un bambino. «È profumo di muffin
quello che sento?»
«Sì,
li ha preparati la mamma» rispose
Aliys, facendosi radiosa. «Ci sono anche alle mele».
Il
sorriso di Goku vacillò un po’ quando il suo
sguardo si posò su Goten.
Il
ragazzo si era accigliato e si era incurvato sul proprio muffin,
iniziando a sbocconcellarlo furiosamente.
Chichi
guardò il figlio, poi porse un muffin al marito.
«Tieni, siediti».
Goku
si accomodò senza dire una parola, tenendo gli occhi
fissi sul suo secondogenito.
Goten
si ficcò in bocca quel che restava del muffin e si
alzò precipitosamente. Inghiottì e disse:
«Devo andare», poi sgusciò fuori dalla
stanza.
Aliys
rivolse un’occhiata desolata a sua madre, ma Goku si
mise in piedi a sua volta.
«Torno
subito, Chichi».
Si
precipitò dietro al figlio, raggiungendolo giusto un
momento prima che Goten potesse rifugiarsi nella sua stanza.
«Aspetta,
Goten. Aspetta un attimo!»
Il
ragazzo si fermò. Lentamente, con una certa
rigidità, si girò verso il padre. «Cosa
c’è?»
«Voglio
dirti una cosa. Solo una cosa».
Lui
distolse lo sguardo. «E dimmela»
borbottò, mentre tutto il suo corpo gli urlava di scappare.
Goku
si inumidì le labbra. «Ho pensato a quello
che hai detto ieri» cominciò, impacciato.
In
effetti, ci aveva pensato tutta la notte.
«E
allora?»
«Probabilmente
hai ragione: se Al non fosse scappata, non
sarei tornato se non tra… molto tempo» disse Goku,
un po’ a fatica. «Non avrei capito di avere fatto
uno sbaglio».
«Ma…?»
Goten era impaziente.
Non
voleva altro che chiudersi nella sua camera. Lontano da suo padre.
«Ma
Al è scappata.
Io ho
capito».
Goten
scosse la testa, contraendo le labbra in un sorriso amaro.
«E
ti garantisco, figliolo, che non vi farei questo mai
più».
Goten
deglutì, ma non mostrò nessun segno di
cedimento. «Va bene. Okay, grazie per la garanzia.
Grazie».
Senza
dire altro, aprì la porta della propria camera e
sparì oltre la soglia.
Goku,
invece, rimase fermo dov’era per qualche istante
interminabile.
Il
rifiuto del figlio lo feriva, ma rifiutava di
scoraggiarsi… Lui non era bravo a portar pazienza, ad essere
perseverante, ma capiva che non poteva risolvere questo danno in un
momento.
Goten
aveva bisogno di tempo, e lui gliel’avrebbe dato.
Pensò
al bimbo allegro e rumoroso che suo figlio era stato,
all’adolescente che era diventato.
Per
lui, avrebbe atteso anche sino alla fine del mondo.
Ma
di una cosa era certo: non avrebbe atteso passivamente.
Non
avrebbe fatto lo spettatore mentre suo figlio ce l’aveva
con lui.
Avrebbe
continuato a lottare.
Più
tardi, Aliys andò a bussare energicamente
alla porta del fratello. «Goten? Goten, ci sei? Vuoi venire a
fare una passeggiata?»
Davanti
al silenzio che le rispose, la ragazzina aggrottò la
fronte.
«Goten?
Puoi rispondermi, sai?»
Di
nuovo, nessun suono arrivò dall’interno della
stanza.
Aliys
sentì che il proprio cuore accelerava i
battiti… E se per caso suo fratello fosse arrabbiato anche
con lei, adesso?
La
maggior parte del suo cervello tentava di dirle che Goten non aveva
ragione di prendersela con lei, ma una piccola porzione della sua testa
ribatteva che lei aveva perdonato tutto a Goku.
Forse
Goten si era sentito tradito.
«Goten,
guarda che entro!»
Guidata
dall’ansia, Aliys aprì la porta senza
attendere un’autorizzazione… E sgranò
gli occhi.
Suo
fratello era seduto sul pavimento a gambe incrociate, la testa
china in avanti, e stava…
«Oh.
Mio. Dio. Che stai facendo?»
Il
giovane non accennò minimamente ad alzare il capo.
«Non lo vedi? Mi taglio i capelli».
Lei
sbatté le palpebre. Il suo sguardo scivolò
verso il pavimento, dove giacevano alcune ciocche nere come
l’ebano, poi tornò verso l’alto,
soffermandosi sulla forbice che Goten teneva tra le mani.
«E
te li tagli così?» chiese la
ragazzina. «Senza uno specchio né
niente?»
«Non
ne ho bisogno» bofonchiò lui.
«E poi non li sto proprio tagliando… Li sto
solo… sforbiciando
un po’, ecco. E ne ho una
criniera. Che differenza vuoi che faccia, un ciuffo di più o
uno di meno?»
Aliys
mosse qualche passo verso di lui, increspando le labbra.
«Non lo so» replicò, lentamente.
«Ma se non fa differenza, allora perché lo
fai?»
A
quel punto – finalmente – Goten alzò
la testa.
Tenere
il collo piegato in avanti non doveva essere uno spasso, e il
giovane aveva le guance decisamente accaldate.
«Be’,
lo faccio perché così
non crescono troppo» rispose.
Aliys
si accigliò. Tese istintivamente la mano in avanti,
come a chiedere al fratello di darle la forbice.
«Troppo?»
Goten
si strinse nelle spalle, poi distolse lo sguardo. «Lo
sai cosa succede se lascio che i miei capelli crescano liberamente.
Diventano uguali a quelli di papà. E io non voglio
somigliare a papà».
Lo
sguardo di Aliys cambiò rapidamente: prima si fece
ferito, poi supplichevole.
«Goten,
ma lui… ma lui è
tornato» obiettò la ragazzina, con un fil di voce.
«Perché
tu eri in pericolo»
ribatté lui.
Il
fatto di star ripetendo la stessa cosa che già aveva
detto a Goku gli diede la voglia bizzarra di mettersi a ridere.
Più
che una risata, però, sarebbe somigliata ad
una crisi di nervi.
«Se
tu non fossi scappata, non sarebbe mai tornato».
Aliys
si ritrasse come se lui l’avesse insultata.
«Però… La storia non si fa con i
“se”, non te l’hanno mai detto?»
Goten
scrollò le spalle.
Notò
che la sorella aveva ancora la mano tesa verso di lui,
così emise un sospiro e le diede le forbici.
Aliys
se le rigirò tra le dita come se non sapesse bene cosa
farci.
«Al,
è solo…» Goten
sospirò, a metà strada tra la stanchezza e una
tristezza infantile. «È solo che non so se voglio
più fidarmi di lui».
Lei
gli rivolse uno sguardo mesto, poi si sforzò di
sorridere.
Non
era compito suo sistemare le cose tra suo padre e suo fratello, si
disse, cercando di convincersene.
Non
era colpa sua se non riuscivano ad andare d’accordo.
Lei
non poteva fare più di tanto, doveva accettarlo e
smetterla di star male.
Voleva
solo… Voleva solo che Goten capisse che, anche se lei
era felice che Goku fosse tornato, non ce l’aveva col
fratello, non l’aveva tradito.
«Allora?
Puliamo un po’ la tua stanza?»
propose, accennando ai capelli di Goten sul pavimento.
Il
giovane guardò quei ciuffi come se li avesse dimenticati.
Fortunatamente
non erano tanti. Aliys lo aveva fermato quasi subito.
«Oh,
sì. Giusto! Non penso che mamma sarebbe
contenta, se li vedesse».
Aliys
si chinò. «Non sarebbe contenta per
niente».
Spazio dell’Autrice:
Capitolo un po’ corto, eh?
L’ispirazione continua a prendermi e a mollarmi…
Cattivaaa D:
Be’, spero vi sia piaciuto!
E vorrei spendere un pensiero particolare per princess_serenity_92
(lei
sa perché ^^), e augurarle tutta la fortuna del mondo!
Ci vediamo domenica
17 febbraio :D
|
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Capitolo 23 *** In spiaggia ***
Capitolo 22 – In spiaggia
Era una mattina soleggiata.
L’isoletta
su cui si ergeva la Kame House sembrava bearsi di
quel calore, mentre il mare blu la lambiva placidamente.
Goten,
Marron e Trunks erano seduti sulla spiaggia, a scarsa distanza
dal bagnasciuga.
I
due ragazzi parlavano animatamente di un nuovo modello di auto
sportiva che la Capsule Corporation aveva appena messo sul mercato,
mentre la giovane tra di loro sfogliava pigramente una rivista.
«…Yamcha
è venuto a chiederne una in
omaggio a mia mamma» stava dicendo Trunks.
«È stata una scena indimenticabile: lei gli ha
fatto una predica lunga un’ora, dicendogli che non deve
approfittare della loro amicizia… E che deve trovarsi un
lavoro che gli faccia guadagnare più soldi».
Goten
sorrise. «Se le facessi la stessa richiesta…
Pensi che sgriderebbe anche me?»
Trunks
si strinse nelle spalle. «Probabilmente»
rispose. «Ma scusa, tu per cosa useresti un’auto
simile? Non certo per rimorchiare ragazze, sei fidanzato».
Goten
avvampò. «Certo»
borbottò, imbarazzato. «Ma potrei portare in giro
la mia fidanzata, invece non facciamo mai niente di
eccitante».
«Come,
non fate niente di eccitante?» finse di
stupirsi Trunks. «Io pensavo che passaste tutte le notti
insieme…»
Goten
avrebbe voluto allungargli una gomitata, ma il fatto che tra loro
ci fosse Marron rendeva la cosa piuttosto ardua.
«Sì,
e dove?» ribatté.
«Suo padre mi guarda sempre malissimo, quando vado a casa
loro, e riguardo casa mia…» Sospirò.
«Non ne parliamo. Più tardi verrà,
questo pomeriggio… E so già che mia madre si
presenterà in camera mia ogni cinque minuti per controllare
cosa facciamo…»
Trunks
rise di gusto. «E brava Chichi»
commentò.
In
quel momento, Marron chiuse la rivista e la abbandonò
sulle propria gambe, dopodiché si girò verso
Goten.
«Al
come sta?» s’informò.
Lui
la fissò, poi si strinse nelle spalle. «Sta
bene».
La
ragazza sospirò, alzando la testa verso il sole e
chiudendo gli occhi. «Perché non è
venuta qui anche lei?»
«Stava
aiutando mia madre in cucina».
Marron
annuì. «Giusto». Gettò
un’occhiata in tralice alla rivista che teneva in grembo, poi
aggiunse: «E tua madre sta bene?»
Quell’interrogatorio
sullo stato di salute dei suoi
famigliari fece inarcare a Goten un sopracciglio.
«Sì, sta bene» rispose, lentamente.
«E
tuo padre?» proseguì Marron, in tono
indifferente.
A
quella domanda, Trunks si mise a fissare intensamente la sabbia
accanto ai propri piedi.
Goten,
dal canto suo, guardò l’amica con aria
urtata.
«Sta
bene anche lui» disse dopo un po’.
«Immagino».
«Immagini?»
chiese Marron. «Scusa, ma non
vivete nella stessa casa? Vuoi dire che lo eviti?»
Goten
la guardò un po’ male.
Il
tono di Marron era perfettamente innocente, noncurante, ma lui
sospettava che lo facesse apposta, ad insistere su
quell’argomento.
«Mi
piacerebbe» rispose alla fine, prendendo un
pugno di sabbia e lasciando che i granelli scivolassero via lentamente
dalle sue dita. «Però ultimamente sembra che mi
stia sempre addosso».
Marron
lo fissò. «Così sembra che ti
stalkerizzi» commentò, inarcando le sopracciglia.
«Se
posso intervenire» osservò Trunks,
«non credo che il verbo “stalkerizzare”
esista…»
Marron
agitò una mano. «Oh, be’, ha
capito lo stesso».
«Sì,
ho capito» confermò
Goten. «Comunque no, non mi fa da stalker. È
solo… è solo che quando siamo a pranzo, o ci
incrociamo nel corso della giornata, cerca sempre di farmi qualche
domanda».
«Sai
chi ha una stalker?» chiese Marron.
«Tenshinhan. Non hai mai conosciuto Lunch? Io
sì».
«Be’»
s’intromise Trunks,
«se vuoi parlare di Lunch…»
«In
realtà non voglio»
replicò la biondina. Si voltò verso Goten e
assunse un’aria di scuse. «Mi dispiace di averti
interrotto. Cosa stavi dicendo?»
Lui
la fissò. «In realtà avevo
finito» mormorò. «Che altro potrei
dire?»
Lei
scrollò le spalle. «Che genere di domande ti
fa tuo padre?»
«Come
che genere…?» Goten si interruppe
e si grattò la nuca. «Non lo so. Delle domande
normali».
«Ad
esempio?» incalzò la ragazza.
«Ad
esempio, come vanno i compiti, se sono stato in un certo
bar con la mia ragazza, se sono andato al cinema e se il film che ho
visto mi è piaciuto…» Goten
sbuffò. «Figuriamoci. L’unico lato della
mia vita che gli è sempre interessato sono gli
allenamenti».
Trunks
alzò la testa. «Dai, Goten»
obiettò. «Questo non è del tutto
vero».
Lui
scrollò il capo, abbassando gli occhi.
«Può darsi. Comunque» aggiunse,
sforzandosi di suonare allegro, «mi piacerebbe avere Lunch
come stalker».
La
sua battuta non ruppe la tensione.
I
suoi amici, infatti, la accolsero in un silenzio un po’
imbarazzato.
Marron
sospirò e tese appena la schiena
all’indietro.
Per
un po’, restò a fissare il cielo, poi
studiò di sottecchi Goten e si decise a rivolgergli la
parola.
«Goten,
sei fidanzato. Non dovresti desiderare di avere Lunch
come stalker, tanto più che dubito che tu possa competere
con Tenshinhan» snocciolò spedita.
Il
ragazzo era impressionato dalla sua capacità di parlare
senza prendere fiato.
«Ehi,
ma io ho due
occhi» puntualizzò.
«E
lui tre tonnellate di muscoli in più»
replicò Marron, asciutta. «Comunque, questo non
è tutto».
«Ah,
no?» disse lui, con un’aria smarrita
che lo rendeva più che mai simile ad un bambino.
«No»
confermò Marron. «Il
fatto è che sei in una brutta situazione, quindi non cercare
di renderla peggiore».
Lui
la fissò, stupefatto.
«Non
cercare di convincerti che tuo padre è peggio
di quello che è» spiegò la ragazza, in
tono pratico.
In
tutta onestà, Goten non aveva la più pallida
idea di cosa replicare.
Marron
gli rivolse un piccolo sorriso, poi aggrottò la
fronte e si girò rapida verso Trunks.
«E
tu smettila di fissarmi il seno».
Il
ragazzo sussultò e distolse di scatto gli occhi,
facendosi bordeaux.
Davanti
a quella reazione, Marron assunse un’aria soddisfatta
che era decisamente degna di C-18.
«Scusa»
disse Trunks, rosso come un peperone,
continuando a guardare altrove.
«Se
non volevi che lui ti fissasse il seno»
intervenne Goten, «non dovevi metterti in bikini».
Marron
si girò verso di lui, aggrottando la fronte.
«Dovevo venire in spiaggia con un maglione a collo
alto?» chiese, sconcertata.
Lui
non si aspettava una domanda simile, e sembrò essere in
difficoltà. «Ehm, no» rispose, poi
sembrò avere un’idea. «Magari avresti
potuto metterti una maglietta».
«E
come avrei fatto ad abbronzarmi?»
obiettò lei.
«Goten?»
intervenne Trunks.
Goten
e Marron si girarono a guardarlo. Il ragazzo fissava verso il
mare, con le orecchie ancora in fiamme.
«Sì?»
chiese il secondogenito di Goku.
«So
che la tua intenzione è quella di difendermi,
ma… Davvero, stai peggiorando le cose. Non potremmo cambiare
argomento?»
Spazio dell’Autrice:
Ecco un altro capitolo tagliato a metà
ç_ç
Ho cercato di scrivere anche il resto, ma sta venendo fuori qualcosa di
orriPile…
E mi dispiace, mi dispiace, ma adesso devo assolutamente tornare a
studiare ._.
Spero di rifarmi col prossimo aggiornamento, che naturalmente
sarà domenica
24 febbraio. Spero di non avervi deluso!
(E riguardo l'accenno Lunch/Tenshinhan... Non ho saputo trattenermi!)
|
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Capitolo 24 *** Il mestiere del genitore ***
Capitolo 23 – Il mestiere
del genitore
Quando Goten tornò a
casa, fu strabiliato nello scoprire che
Aliys e Chichi erano ancora in cucina.
“Le
donne…!” pensò,
sbigottito, prima di salutarle: «Ciao, mamma, ciao,
Al».
Per
lo meno, notò, avevano cambiato occupazione: prima
stavano riordinando la credenza, adesso stavano pulendo della verdura.
«Non
pensavo di trovarvi ancora al lavoro»
commentò il ragazzo.
«Potresti
approfittarne e darci una mano» disse
Chichi, in tono severo.
Goten
si guardò intorno nervosamente, alla ricerca di una
via di scampo.
«Ehm…
Lo vorrei tanto… Ma sai
com’è, mamma, oggi pomeriggio viene la mia
ragazza, e…»
Si
morse la lingua.
Oh,
diavolo! Perché aveva dovuto per forza ricordare a sua
madre che aveva un appuntamento?
Chichi
non replicò, ma strinse le labbra in modo sin troppo
eloquente.
Davanti
a quell’espressione, Goten non vide altra scelta che
capitolare.
«Come
non detto» disse, «vi do una
mano».
Aliys
gli rivolse un gran sorriso. «È un piacere
lavorare con te» affermò, porgendogli un cespo di
radicchio.
Lui
scosse la testa, staccando un paio di foglie, poi diede
un’occhiata a quelle che erano già state messe in
una terrina.
«Caspita»
considerò, «ma chi
mangia tutta questa verdura?!»
«Oh,
Goten, lo sai benissimo» replicò
Chichi, scuotendo la testa. «Finirà tutta nei
vostri stomaci di saiyan».
«Mamma,
non è colpa nostra se siamo mezzi
saiyan» osservò Goten. «È
colpa di papà».
A
quelle parole, Aliys sollevò la testa e lo
fissò.
Prima
di riuscire a frenarsi, obiettò: «No, in
realtà non è colpa sua».
Goten
la guardò di rimando, e lei si sentì
improvvisamente agitata.
Cercava
sempre di non prendere troppo le parti di Goku, spaventata dal
pensiero che in tal caso suo fratello avrebbe potuto sentirsi tradito,
ma quella volta non era riuscita a trattenersi.
Forse
si era spinta troppo in là?
«Insomma»
disse, precipitosamente, cercando di
assumere un tono scherzoso, «nessuno può decidere
la sua natura».
Goten
annuì. «È vero, non siamo
responsabili delle nostre capacità, ma solo delle scelte che
facciamo».
Aliys
si sentì ferita.
Sapeva
bene che suo fratello stava parlando della decisione presa da
loro padre, ma cercò di non mostrarlo.
«Quindi
tu dovresti scegliere di riempire meno il tuo
stomaco!» esclamò, con allegria un po’
forzata.
Con
suo enorme sollievo, Goten prese la palla al balzo.
«Io?»
domandò, scuotendo la testa.
«Sei tu quella che è sempre impegnata a
mangiare!»
Aliys
rise. A quanto pareva, suo fratello non se l’era presa
con lei.
Intanto,
alla Kame House, Marron stava ancora prendendo il sole.
Era
distesa sulla schiena, e teneva gli occhi chiusi.
Sentendo
un lieve tonfo – come di piedi che toccano la sabbia
– si alzò a sedere e si guardò attorno.
«Signor
Goku!» esclamò, sorpresa,
vedendo il saiyan.
Questi
le si avvicinò con aria un po’ imbarazzata.
«Ciao» la salutò.
Marron
lo guardò, confusa. «Ehm… Goten
è già andato a casa, lo sa?»
«Sì,
io… Sono venuto a cercare
Crilin».
La
ragazzina si tolse qualche granello di sabbia dalla pancia.
«Papà non è in casa» disse.
«Lui e mia madre sono andati a fare compere…
C’è solo il maestro Muten, adesso, ma sta ronfando
della grossa…»
Goku
aggrottò la fronte, lasciandosi sfuggire un lieve:
«Oh».
«Sa»
disse Marron, vivacemente, «per
certi versi è un bene, il fatto che lui fosse
via… Di solito, quando ci sono Trunks e Goten, sbircia verso
di noi almeno ogni mezz’ora…»
Il
saiyan le indirizzò un’occhiata perplessa.
«Io
gliel’ho detto, che siamo solo amici, ma a
quanto pare questo non basta a farlo desistere»
proseguì Marron, scrollando le spalle. «Oh,
be’, in fondo si sa che è il mestiere del
genitore».
«Del
genitore?» ripeté Goku, guardandola
con più attenzione.
La
ragazzina rise. «In realtà, è
più il mestiere del papà apprensivo» si
corresse, alzando gli occhi al cielo con scherzosa esasperazione.
Goku,
però, non poté fare a meno di notare una
cosa.
Al
di là dei suoi gesti, Marron sembrava sinceramente
contenta del fatto che Crilin fosse tanto attento a lei.
Il
mestiere del genitore…
Goku
si raddrizzò d’improvviso.
«Devo
andare» affermò. «Mi
è venuta in mente una cosa».
Marron
sbatté le palpebre. «Devo dire a
papà che sei passato?» domandò.
Lui
annuì. «Sì,
salutamelo…» rispose, prima di spiccare il volo.
Più
tardi, quel pomeriggio, Goten era in camera sua con la
propria ragazza.
Gli
sembrava che il seno di lei fosse più grande del solito,
ma non osava chiedere conferma del suo sospetto.
«Ehi»
le disse invece, «sembri
dimagrita».
Doveva
essere il commento giusto, poiché lei
arrossì e sorrise con aria radiosa.
«Oh,
che bello, l’hai notato!»
esclamò, ma dopo un istante sembrò impensierirsi.
«Va
tutto bene?» le chiese il ragazzo, aggrottando
la fronte.
«Sì,
sono solo un po’
preoccupata…» rispose lei. «Sai,
mettersi a dieta… Ho sentito che a volte può
risultare pericoloso… Forse non prendo abbastanza proteine,
o vitamine, o carboidrati…»
«Ah».
Goten non sapeva cosa dire. Com’era
logico, la sua mente non era mai stata sfiorata dal concetto
“dieta”. Non trovava strano che potesse essere
pericoloso (mangiare di meno doveva esserlo per forza), ma non aveva la
più pallida idea di come rassicurare la sua ragazza.
«Be’,
magari…» disse alla
fine, titubante. «Potresti chiedere a tua madre».
La
giovane lo guardò e annuì, sollevata.
«Sì, hai ragione! È la cosa giusta da
fare!»
“Meno
male” pensò Goten.
“Perché non avrei proprio saputo
cos’altro suggerire…”
A
quel punto, la sua ragazza gli gettò le braccia al collo,
abbracciandolo stretto.
Il
giovane saiyan restò senza fiato, mentre le sue guance si
infiammavano e il cuore si metteva a battergli in petto come un tamburo.
«Grazie,
Goten» disse la ragazza, lasciandolo
andare.
Lui
la fissò. «Figurati» disse alla
fine. «Quando vuoi».
Le
fece un piccolo sorriso e le strinse la mano.
In
quel momento, qualcuno bussò alla porta…
Pensando
che si trattasse di Chichi, Goten lasciò
immediatamente la mano della sua ragazza, prima di schiarirsi la gola e
rispondere: «Avanti».
Ad
entrare, però, non fu sua madre, bensì Goku.
«Papà»
disse Goten, irrigidendosi.
La
sua ragazza gli gettò un’occhiata stupita, ma
non disse nulla.
«Che…
che cosa ci fai, qui?»
Per
un istante, il saiyan non disse nulla, osservando intensamente il
figlio.
Poi
mostrò un sorriso imbarazzato e si grattò
dietro la nuca.
«Ehm,
ho sentito che hai visite» spiegò,
accennando col mento alla ragazza, «e volevo conoscere la tua
fidanzata…»
Goten
aggrottò la fronte.
La
sua ragazza, però, era già scattata in piedi,
diretta verso Goku.
Quando
gli fu giunta di fronte, gli strinse la mano con entusiasmo.
«Per me è un piacere, signore»
affermò.
Goku
la osservò attentamente, dai capelli castani appena
ondulati alle labbra ben disegnate, soffermandosi un momento sullo
sguardo dolce.
Pensò
a Crilin.
Certamente,
l’amico avrebbe valutato il fidanzato di sua
figlia, cercando di decidere se fosse o no un bravo ragazzo…
Forse, lui doveva fare lo stesso.
Comunque,
non gli parve di vedere nulla di male, in quella ragazza,
perciò si aprì in un sorriso ampio e genuino.
«È
un piacere anche per me»
affermò. «Da quanto vedo, mio figlio è
fortunato».
Lei
parve lusingata. «Grazie, signore!»
esclamò.
Goku
si domandò perché quella semplice
constatazione le avesse fatto tanto piacere, poi azzardò
un’occhiata verso Goten.
Il
suo secondogenito sembrava accigliato. Più che
infastidito, però, sembrava sorpreso, e Goku
sperò di aver fatto la cosa giusta.
«Ora
vi lascio soli» disse il saiyan.
«Bene»
rispose Goten, «ciao».
Gli
occhi di Goku rimasero fermi a lungo sul viso del figlio, poi il
saiyan si girò ed uscì dalla stanza.
Una
ragazza a dir poco entusiasta si catapultò al fianco di
Goten.
«Oddio,
tuo padre mi approva! È una cosa
fantastica!»
Spazio dell’Autrice:
Salve a tutti!
Com’è il capitolo? Passabile?
Spero vivamente che vi sia piaciuto!
L’attuale ragazza di Goten è un personaggio molto
secondario, ma è utile al fine di mostrare che Goku sta
cercando di interessarsi alla vita del figlio – anche al di
là degli allenamenti :D
A domenica 3 marzo!
|
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Capitolo 25 *** Discorsi imbarazzanti ***
Capitolo
24 – Discorsi imbarazzanti
In
un’altra stanza della casa, Chichi era molto meno
entusiasta.
«Bah,
bah» considerò, storcendo le
labbra, «una ragazza di
città…»
«Non
sembra male» osservò Aliys, in tono
casuale. «E poi, mamma… Scusa, ma anche le scorse
ragazze di Goten vivevano in città».
La
donna alzò lo sguardo sulla figlia. «E infatti
non credo che mi siano mai piaciute» osservò, in
tono quasi severo.
Aliys
accennò un piccolo sorriso. «È
vero» ammise.
Chichi
annuì, poi alzò lo sguardo verso il
soffitto e sospirò. «Goten è ancora un
bambino!
Non sono sicura che sia pronto per una fidanzata».
«Be’»
mormorò Aliys,
«ha diciassette anni…»
«E
tuttavia non è ancora pronto»
replicò Chichi. «Le ragazze di città
sono poco raccomandabili…»
«Le
mie compagne di classe non sono male»
obiettò Aliys.
«Ally!»
esclamò Chichi, con un tocco di
esasperazione. «Mi vuoi spiegare da che parte stai?»
La
ragazzina assunse un’aria di scuse. «Da quella
di Goten, no?»
La
donna scosse la testa, ma arruffò affettuosamente i
capelli neri della figlia.
Un
istante dopo, era tornata ad assumere un’espressione
preoccupata.
«Al
giorno d’oggi, si sa, è difficile
che i giovani aspettino di sposarsi, prima di…»
«Mamma,
per favore!» la interruppe Aliys, con aria
inorridita. «Non possiamo parlare di
qualcos’altro?»
La
sola idea di Goten che… No, non riusciva nemmeno a
pensarci. Era troppo imbarazzante.
«E
di cosa vuoi parlare?» replicò
Chichi. «Tuo fratello è probabilmente prigioniero
di una donnaccia e tu vuoi cambiare argomento…»
«Chi
è che vuole cambiare argomento?»
domandò Goku, entrando nella stanza in quel momento.
«Papà!»
esclamò Aliys,
felicissima di vederlo.
Lui
le rivolse un ampio sorriso. «Ehi, Al» la
salutò.
«Allora?»
domandò Chichi, assottigliando
gli occhi. «Cosa stavano facendo, quando sei
entrato?»
«Uhm».
Goku si grattò la nuca.
«Niente di ché, in realtà…
Penso stessero chiacchierando…»
Chichi
scosse la testa. «Forse dovrei andare a controllare
io».
«Non
saprei, Chichi» osservò Goku.
«A me sembra una brava ragazza… Non è
che ti stai preoccupando un po’ troppo?»
Aliys
si preparò all’esplosione…
«Un
po’ troppo?» sbuffò
Chichi. «È il mio bambino, non credo ci sia da
preoccuparsi “un po’ troppo”…
C’è da preoccuparsi com’è
giusto preoccuparsi!»
«Ma
non corre nessun pericolo» obiettò
Goku.
“Ahi”
pensò Aliys. “Mossa
sbagliata”.
Mossa
molto, molto sbagliata.
«Tu
dici?» domandò Chichi, ergendosi in
tutta la sua altezza. «Mio caro Goku, forse tu dimentichi i
rischi!»
Il
marito la guardò. «Quali rischi?»
chiese, senza capire.
Aliys
accarezzò l’idea di svignarsela
finché era in tempo… Purtroppo, però,
Goku e Chichi si trovavano proprio davanti alla porta. Per uscire,
avrebbe dovuto passare in mezzo a loro, e si sarebbe trovata
inevitabilmente al centro dell’attenzione.
«I
rischi, Goku, i rischi!» esclamò
Chichi. «Se tuo figlio facesse sesso non
protetto…»
A
quelle parole, Aliys si sentì come se la temperatura della
stanza si fosse alzata di almeno nove gradi.
Goku,
invece, non pareva minimamente a disagio.
Tutt’altro:
era scoppiato a ridere.
«Non
vedo perché Goten dovrebbe fare
l’amore» commentò, con assoluto candore,
«non ha mica promesso alla sua fidanzata di
sposarla!»
«Ehm,
papà» intervenne tempestivamente
Aliys, «veramente ci sono un sacco di ragazzi che…
sì, insomma, che fanno l’amore… e poi
dopo non si sposano tra loro…»
Goku
la guardò, stupito. «Sul serio? E dopo come
fanno se hanno dei bambini…? Ah, ma Goten no, non lo
farà. Non è pronto per avere un figlio!»
«Appunto!»
esclamò Chichi.
«Ragion per cui, tu ora vai là e gli fai un bel
discorsetto!»
Improvvisamente,
il saiyan impallidì. «Come
sarebbe a dire, un discorsetto?»
«Spiegagli
ciò che hai detto!»
replicò Chichi. «Che non è pronto per
avere un figlio!»
«Ma
io…» Goku gettò
un’occhiata smarrita verso Aliys, che si strinse nelle
spalle. Si chiese se fosse il caso di spiegare a suo padre
dell’esistenza dei contraccettivi, ma poi pensò
che sarebbe morta di vergogna affrontando un argomento simile.
«Va’
di là» scandì
Chichi, perforandolo con lo sguardo.
«Immediatamente».
E
così, al saiyan non restò altra scelta che
obbedire.
«Ah,
però aspetta che la fidanzata di Goten se ne
sia andata, prima!» esclamò Aliys, balzando dietro
al padre. «Non fargli il discorsetto di fronte a
lei!»
Goku
si girò a guardarla con espressione un po’
stralunata.
In
quel momento (parli del diavolo…), Goten e la sua ragazza
fecero la loro comparsa.
«Arrivederci,
signori Son! Devo andare a casa, mio padre non
vuole che stia fuori molto tempo…» disse lei, con
voce squillante. «Ci vediamo, tesoro!»
Chichi
strinse le labbra nel vederla schioccare un bacio sulla guancia
di Goten, mentre Aliys abbozzava un sorriso imbarazzato e Goku sembrava
ancora frastornato dal compito affidatogli dalla moglie.
«Arrivederci
a tutti!» cinguettò la
ragazza.
E
su quell’ultima, pimpante nota, andò verso la
porta con Goten.
Quando
il ragazzo tornò indietro, Chichi fu svelta a
spingere Goku verso il figlio.
«Goten»
chiamò, «tuo padre
deve dirti qualcosa…»
Goten
non parve per niente felice dell’informazione.
«Deve proprio?» domandò, senza il minimo
entusiasmo.
«Devo
propr…?» iniziò Goku,
per poi correggersi e trasformare la domanda in
un’affermazione: «Devo proprio».
Chichi
annuì, soddisfatta, e prese Aliys per mano.
«Vieni, Ally, lasciamoli soli…»
Accigliato,
Goten incrociò lo sguardo della sorellina, che
lo ricambiò con un’espressione
impietosita…
Piuttosto
preoccupato da quel fatto, Goten si voltò per
fronteggiare Goku.
«Che
c’è?» chiese, bruscamente.
Goku
sembrava imbarazzato. «Be’… Tua
madre vuole che ti parli di una cosa…»
«Di
una cosa?» ripeté Goten, cercando di
suonare diffidente.
Non
voleva che suo padre pensasse che lui l’aveva perdonato.
«Sì,
vuole che io ti faccia un
discorsetto» spiegò Goku.
A
quelle parole, Goten sgranò gli occhi.
“Discorsetto” era un sostantivo che non prometteva
nulla di buono.
«Papà,
aspetta… Vuoi dire…
quel
discorsetto?»
Goku
parve confuso. «Non lo so… Devo farti un
discorsetto, ma non so se è quello che intendi
tu…»
«Vuoi
dirmi che non sono pronto per avere bambini?»
Goku
s’illuminò. «Sì,
decisamente! È proprio quello che devo dirti!»
Goten
si mise le mani tra i capelli. «Okay, allora
è proprio il discorsetto che intendo
io…» disse, facendosi rosso come un peperone.
«E non c’è bisogno che tu me lo
faccia…»
«Ma
tua madre…»
«Papà,
so tutto, dico davvero»
asserì Goten, profondamente imbarazzato.
Goku
esitò, con lo sguardo puntato sul figlio. «Ma
credo sia mio dovere dirti…»
«Per
favore» proruppe Goten, supplichevole,
«non farlo. Non voglio parlare di… quelle
cose».
Il
saiyan adulto si bloccò. Era la prima volta, da quando
era partito per allenare Ub, che Goten lo guardava così. Con
aria implorante, non accusatoria.
Spostò
il proprio peso da un piede all’altro,
indeciso. «Be’, se la metti così, allora
forse potremmo…»
«Sì!»
esclamò Goten, prima
ancora che il padre suggerisse qualsiasi cosa.
«Diciamo… Tu di’ alla mamma che mi hai
fatto il discorsetto, anche se non è
vero…»
Goku
esitò ancora. Da una parte, si sentiva in dovere di
portare a termine il suo compito, ma dall’altra…
Il pensiero che Goten stesse chiedendo la sua complicità, il
pensiero di condividere un segreto col figlio… era qualcosa
che lo tentava immensamente.
Però…
dire una bugia alla sua Chichi…
«Goten,
non posso mentire a Chichi» disse,
accigliato.
«Allora
non farlo» replicò Goten,
improvvisamente spazientito. «Dille solo che so tutto,
okay?»
Prima
che Goku potesse aprir bocca, girò sui tacchi e
uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle.
Rimasto
solo, Goku abbassò lo sguardo. Sembrava che non
riuscisse mai a fare la scelta giusta, con Goten…
Eppure
quel giorno, per un momento, non aveva sentito
l’ostilità del figlio… Per un momento,
avevano condiviso lo stesso imbarazzo…
«Allora?»
chiese Chichi, entrando nella stanza.
«Com’è andata?»
Goku
si strinse nelle spalle. «Sa tutto» rispose,
laconicamente.
La
donna assunse un cipiglio severo. «Son Goku! Mi stai
dicendo che non gli hai detto niente?»
«Sa
tutto» ripeté Goku.
Lei
scosse la testa, e si fece avanti per abbracciare il marito.
«Voi due siete uguali» borbottò,
«avete una testa dura come il granito».
Goku
sospirò. «È ancora arrabbiato con
me, Chichi».
«Lo
vedo» replicò lei, «ma
questa storia è andata avanti sin troppo tempo».
Spazio dell’Autrice:
TADADAN! Super Chichi alla riscossa! :’D
Esclamazioni deliranti a parte, spero che il capitolo vi sia
piaciuto… E che non sia confusionario…
Per il prossimo aggiornamento c’è un piccolissimo
problema: domenica prossima io parto per la Francia, e starò
là sino al 15.
Ora, se riesco aggiornerò sabato 9,
altrimenti va tutto a
domenica 17… ’m sorry
^^”
Si vedrà!
|
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Capitolo 26 *** Il valore dei ricordi ***
Capitolo 25 – Il valore
dei ricordi
Quando Chichi entrò
nella sua stanza, Goten era stravaccato
sul letto.
«Tu»
lo apostrofò la donna, con la mano
ancora sulla maniglia, «alzati».
Il
giovane si sollevò di scatto, balzando in piedi.
«Che ho fatto?» domandò.
L’espressione
severa di sua madre lo preoccupava non poco.
«Ehm…
Papà ti ha detto qualcosa
sul… discorsetto?»
«Mi
ha detto che sai già tutto»
replicò Chichi, impassibile.
Goten
sbatté le palpebre. «Oh». Si
schiarì la gola. «Allora cosa succede?»
L’espressione
della donna si ammorbidì appena.
«Vieni» gli disse.
Un
po’ titubante, il ragazzo la seguì in
corridoio, e Chichi lo guidò sino alla stanza sua e di Goku.
Quando
entrò, Goten non poté fare a meno di
rievocare una manciata di ricordi dell’infanzia: quando da
piccolo sgattaiolava con Aliys nel lettone della loro madre…
Quando, dopo il ritorno di Goku, saltava sul materasso chiamando
eccitato il padre e chiedendogli di prenderlo…
Sbatté le palpebre e distolse lo sguardo.
«Allora?»
chiese, rivolto a sua madre.
Con
sua enorme sorpresa, Chichi lo condusse sino al comodino dalla
parte del letto in cui dormiva Goku.
«Mamma»
iniziò Goten, confuso,
«che stai…?»
Per
tutta risposta, la donna si chinò ad aprire il cassetto,
e ne estrasse un fagottino.
Guardando
meglio, Goten si accorse che era una cuffietta di lana.
«Questa
è stata la prima cuffia di
Gohan» spiegò Chichi. «L’avevo
cucita io stessa mentre lo aspettavo… E quando ha smesso di
andargli bene, dissi a tuo padre di buttarla via. Lui mi
fissò con aria completamente smarrita, dicendomi che era
bellissima, che era assurdo gettarla nella spazzatura. Io gli feci
notare che non serviva più a niente, e alla fine lui la
conservò a mia insaputa…»
La
donna trasse un profondo respiro.
«L’ho
ritrovata solo dopo il Cell Game, qui nel
suo comodino. L’ho lasciata dov’era».
Goten
aggrottò la fronte. D’impulso,
allungò la mano ad accarezzare il braccio della madre, in un
gesto consolatorio e spontaneo.
«Va
bene» disse poi. «Però
perché…?»
Si
interruppe, vedendo che Chichi stava infilando una mano nella cuffia.
«Quando
tuo padre è tornato da noi, ha iniziato ad
usare questa cuffietta come una specie di
sacchetto…» spiegò la donna, estraendo
una conchiglia bianca e sottile.
«Che
cos’è?»
domandò Goten, con una curiosità da bambino.
«Questa»
rispose Chichi, «è
stata il primo regalo che Ally ha fatto a vostro padre. L’ha
trovata sulla spiaggia della Kame House».
Goten
allungò una mano per sfiorare la conchiglia.
«E
papà l’ha conservata?»
domandò, aggrottando la fronte.
Gli
sembrava un’idea incredibile. Suo padre era
più il genere di persona che si dimentica gli oggetti, che
non li tiene in grande conto… Non avrebbe mai pensato che
potesse mettere da parte la prima cuffietta di Gohan, e tantomeno una
conchiglia che Al aveva trovato in mezzo a un mucchio di sabbia.
Chichi
prese qualcos’altro dalla cuffietta. Qualcosa di molto
piccolo e bianco.
Goten
si sporse in avanti, ed emise un’esclamazione sorpresa.
«Questo»
affermò la donna,
«è il primo dente da latte che tu hai
perso».
Glielo
mise in mano, e Goten se lo rigirò tra le dita, con
aria stupefatta, mentre stralci di un episodio che credeva di aver
dimenticato si affacciavano alla sua mente…
Rivide
se stesso, accovacciato sulle ginocchia di Goku, intento a
tirare su col naso, ad aggrapparsi alle spalle del padre.
Ricordava
il saiyan intento a tranquillizzarlo, a spiegargli che
presto, al posto del dentino che aveva perso, ne sarebbe cresciuto un
altro, più forte ed efficiente.
«Tuo
padre ci vuole bene, Goten» affermò
Chichi, guardandolo dritto in viso. «Non è
perfetto, e ha fatto tanti sbagli… Ma ti ama, lo
sai».
Goten
corrugò le sopracciglia, restituendo il suo dente da
latte alla madre.
Sentiva
un nodo alla gola, e dovette distogliere lo sguardo.
Quando
alla fine parlò, aveva la voce roca. «Lo
so» sussurrò.
Aliys
era in camera sua. Era seduta per terra, e stava leggendo un
libro.
A
giudicare dalla sua espressione – bocca dischiusa e occhi
ansiosi – era ad un punto cruciale, ma Goten non riusciva ad
aspettare.
«Al,
credo di avere un problema» le disse,
sedendosi di fronte a lei.
La
ragazzina alzò la testa dal libro con espressione un
po’ stralunata, come se faticasse a staccarsi dal racconto.
«Torna
tra un po’» gli disse.
«Al,
dai» la supplicò Goten,
«è urgente».
Aliys
lo fissò, e notò che sembrava davvero
agitato, così mise da parte il libro e si sfregò
il polso contro la fronte.
«Che
c’è?» gli chiese.
«Se si tratta di papà, io…»
«Okay»
la interruppe Goten.
«Sì, si tratta di papà, ma non per
quello che credi tu. Io… cioè, io credo di
essermi sbagliato».
Lei
sbatté le palpebre e lo fissò. «In
che senso?»
Goten
alzò le spalle. «Be’, nel senso
che io… Non lo so, credevo che a lui non importasse
abbastanza di noi. Credevo che gli potessimo interessare solo nel caso
possedessimo chissà quale talento nel combattere, o nel caso
in cui ci trovassimo in pericolo mortale».
La
ragazzina raddrizzò un po’ la schiena,
fissandolo con occhi enormi.
«Però»
proseguì Goten,
«la mamma mi ha fatto vedere una cosa – alcune
cose, a dire il vero – e mi ha fatto capire che mi ero
sbagliato…»
Un’espressione
speranzosa comparve sul viso di Aliys.
«Stai
dicendo che l’hai perdonato?»
domandò la ragazzina, con cautela.
Goten
assunse un’aria stupita. «Uh. Wow. Non
l’avevo pensata in questi termini»
considerò. «Però sì, penso
proprio di sì».
Immediatamente,
un sorriso sollevato si aprì sul volto di
Aliys.
«Davvero?»
chiese lei, con occhi che brillavano.
«Davvero davvero?»
Goten
era un po’ sbigottito da quella reazione.
«Davvero davvero» confermò.
«Oh,
ma Goten, è fantastico!»
esclamò Aliys, d’impulso. Sembrava sinceramente
contenta.
Lui
abbozzò un sorriso.
Si
sentiva ancora un po’ oppresso – non era facile
liberarsi dell’arrabbiatura – ma iniziava a stare
già meglio.
Solo
in quel momento, si rese conto che il risentimento che aveva
nutrito nei riguardi del padre era stato come un peso sullo stomaco.
Stava meglio, adesso che quel rancore aveva iniziato ad alleggerirsi.
Sì,
Goku aveva fatto degli sbagli.
Però
stava a lui decidere se perdonarlo o meno, e
perdonarlo… Lo faceva sentire meglio.
Goten
ripensò a quando Aliys gli aveva detto che esistevano
tanti bei ricordi legati a loro padre. Lui l’aveva sempre
saputo, ma aveva temuto che quei ricordi, per Goku, valessero meno di
quanto valevano per lui.
Vedere
quella cuffietta, quella conchiglia e quel dentino gli aveva
fatto capire di essersi sbagliato.
Goku
non era un tipo nostalgico, ma anche lui teneva al tempo che
avevano trascorso insieme. Anche per lui quelle memorie avevano un
significato.
La
voce di Aliys lo riscosse dai suoi pensieri: «E gli hai
parlato?»
Goten
sbatté le palpebre. «Ehm…
no». Scrollò la testa e si alzò in
piedi. «Direi…» iniziò,
passandosi un po’ nervosamente le mani sui pantaloni.
«Direi che è il caso di farlo».
Aliys
gli sorrise.
Incoraggiato,
Goten si voltò e uscì dalla stanza
della sorella, quindi si concentrò per cercare
l’aura di suo padre…
Goku
si trovava in giardino.
Goten
gli si avvicinò camminando spedito, senza esitazioni.
Il
saiyan percepì la sua presenza e si girò verso
di lui, con espressione incredula… Espressione che si
distese in una lieta meraviglia.
«Ci
alleniamo un po’?» chiese Goten,
semplicemente.
Goku
sorrise. «Non potrei chiedere di meglio»
replicò.
Goten,
allora, fece per muoversi verso il prato, ma
all’ultimo istante suo padre lo afferrò per un
gomito e lo trasse a sé, abbracciandolo con forza.
In
un primo momento, Goten si irrigidì, preso alla
sprovvista, ma si rilassò quasi subito.
Un
po’ esitante, ricambiò la stretta, poi
affondò il viso nella spalla del padre.
Solo
in quel momento, si rese conto di quanto Goku gli era mancato.
Spazio dell’Autrice:
Eccolo qua.
Il momento che tutti aspettavamo (penso).
Spero di non aver deluso nessun aspettativa. Di non aver scritto niente
di banale e/o scontato, insomma =)
Per il resto, be’… In Francia è stato
bellissimo (mi sono divertita un sacco, e spero di essere riuscita a
migliorare il mio francese :D)… Scusate se non sono riuscita
ad aggiornare prima della partenza, ma ero un po’ scalpitante
e nervosa XD
Appuntamento a domenica 24 marzo!
|
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Capitolo 27 *** Un’ottima notizia ***
Capitolo 26 –
Un’ottima notizia
C’era uno spiazzo verde,
poco lontano.
Non
era molto ampio, e di solito Goku preferiva portare i suoi figli ad
allenarsi sui monti circostanti, ma per quella volta sarebbe bastato.
Lui
e Goten vi arrivarono camminando, e vennero accolti dalle macchie
gialle e bianche di alcuni fiori selvatici.
Goku
trasse un respiro profondo, fermandosi.
«Papà?»
Al
suono della voce del figlio, alzò immediatamente la testa.
Goten
si era bloccato a propria volta, e lo guardava con aria
interrogativa.
Goku
non poté che sorridere, invaso dalla semplice
perfezione di quel momento. Perché suo figlio lo stava
guardando senza ostilità, lo stava chiamando… Lo
stava aspettando.
«Possiamo
fermarci qui» gli rispose. «Che
ne dici, figliolo?»
Goten
rispose al sorriso – aveva un sorriso morbido, da
bambino – e scrollò le spalle.
«Okay».
Si
fronteggiarono per un momento, quindi si misero in posizione di
guardia.
«Sei
pronto?» s’informò Goku.
«Ci
puoi scommettere!» rispose Goten, scattando in
avanti.
Aveva
il pugno teso, ma il saiyan adulto riuscì a fermarlo
senza difficoltà, spostandosi di lato per evitare
l’attacco.
Il
ragazzo se lo aspettava, e fu lesto a togliersi di mezzo quando il
padre tentò di afferrarlo.
Durante
tutto il tempo, Goku sorrideva senza riuscire a farne a meno,
come se le sue labbra si incurvassero per conto loro.
Lui
aveva sempre amato allenarsi. Non solo per i propri geni di saiyan,
ma anche perché quell’attività gli
ricordava suo nonno…
L’allenamento
di quel giorno, però, era un
allenamento speciale.
Il
saiyan sentiva che lo avrebbe sempre portato nel cuore.
Eppure
non era nemmeno al massimo della propria
concentrazione… Più che impegnarsi nella lotta,
infatti, si soffermava ad osservare il volto di suo figlio, e rideva
tra sé delle piccole espressioni che riusciva a
cogliersi… Uno sbuffo contrariato, una mezza esclamazione
vittoriosa… Quei suoni appena accennati sembravano
riecheggiare nella mente del saiyan.
Soprattutto,
però, Goku gioì nel vedere gli occhi
del figlio di nuovo colmi di spensieratezza… Erano due degli
occhi che lui amava di più.
Gohan
era in piedi davanti agli scaffali del salotto, e stava
riordinando alcuni libri.
Dopo
aver messo tutto sottosopra per trovare un volume, infatti, aveva
deciso che era il caso di catalogarli con maggiore
attenzione…
Se
quella baraonda di libri si fosse ripetuta, infatti, Gohan temeva
che sua moglie avrebbe potuto decidere di bruciarli.
In
quel momento, la voce di Videl lo chiamò.
«Gohan! C’è Aliys!»
Il
saiyan mezzosangue si voltò, stupito, poi
sistemò i volumi che aveva in mano e si diresse verso la
porta.
Sua
moglie aveva già fatto entrare Aliys, e la ragazzina
sembrava scalpitare.
«Ciao,
Al» la salutò Gohan,
avvicinandosi.
Sua
sorella gli rivolse un gran sorriso.
Era
da molto tempo – pensò lui – che non
la vedeva fare un sorriso tanto aperto e sincero.
«Che
cosa ti porta qui?» le domandò,
gentilmente.
A
quelle parole, Videl gli lanciò un’occhiataccia.
«Perché, Gohan? Tua sorella ha per caso bisogno di
un motivo per passarti a trovare?»
«Certo
che no» si affrettò a rispondere
lui. «Era soltanto per fare
conversazione…»
Talvolta,
sua moglie gli ricordava Chichi in modo terrificante.
Da
parte sua, Aliys si lasciò sfuggire una mezza risata, e
si portò svelta una mano sulla bocca.
«Scusalo,
Aliys» disse Videl, rivolta alla
ragazzina.
Quest’ultima
scosse la testa, abbassando la mano.
«No, non c’è problema. In effetti,
c’è un motivo se sono venuta
qui…»
«Di
che si tratta?» chiese Gohan, in tono
servizievole.
Aliys
sorrise di nuovo. «Devo dirti una cosa».
Lui
aggrottò appena la fronte. «È una
buona notizia, spero».
La
ragazzina, però, scosse la testa.
«No» disse, «non la definirei
buona».
Gohan
sbatté le palpebre, sorpreso… Eppure lei
sembrava così tranquilla e di buonumore…
«Come non è buona?»
«Non
la è» ribadì Aliys,
«perché è ottima!»
A
quelle parole, Gohan tornò a sorridere, e la ragazzina gli
afferrò la mano.
Senza
dire una parola, lo condusse fuori dalla porta, mentre Videl
seguiva i due con espressione incuriosita.
«Guardate
lì» disse sommessamente Aliys,
indicando in direzione della radura del monte Paoz.
Gohan
obbedì, con aria perplessa… Poi riconobbe
le due persone che si stavano allenando insieme, e il sorriso
tornò ad affiorare sulle sue labbra.
«Hanno
fatto pace» confermò Aliys, in
tono felice.
«Wow»
commentò Gohan, stringendo appena
la spalla della sorellina. «Altro che ottima, questa notizia
è… be’, credo che debbano ancora
inventare un termine capace di descriverla!»
Aliys
rise. «Se lo dice il genio di famiglia, non
può che essere così!»
Gohan
le spettinò i capelli corvini.
Era
sinceramente sollevato.
Lui
voleva bene a suo padre, per non parlare di quanto ne voleva a
Goten… Dopotutto, suo padre era sempre stato il suo eroe, e
il suo fratellino… lui lo aveva
praticamente allevato…
Negli
ultimi giorni, aveva deciso di rispettare il diritto di Goten di
essere arrabbiato col genitore, ma non aveva potuto fare a meno di
notare che quella situazione li feriva entrambi.
Vedere
che le cose si erano finalmente risolte… Lo faceva
sentire come se un peso enorme gli fosse stato tolto dal cuore.
«Ci
ha pensato la mamma» aggiunse Aliys, tenendo
gli occhi puntati su Goku e Goten.
«La
mamma…» ripeté Gohan,
sorridendo ancora di più.
Chichi.
Sempre forte, sempre tenace. Sempre pronta ad occuparsi della
sua famiglia.
In
quel momento, si udì uno scalpiccio, e la piccola Pan
sbucò fuori dalla casa, andando ad aggrapparsi ai pantaloni
del padre con le sue minuscole dita.
«Che
cosa guardate?» domandò, tendendo
il collo con fare incuriosito.
Aliys
abbassò lo sguardo sulla bambina, ma fu Gohan a
rispondere: «Lo zio Goten e il nonno Goku che si
allenano».
A
quella risposta, Pan si illuminò. «Il nonno si
allena? Posso andare ad allenarmi con lui?»
Aliys
si morse il labbro. Quel momento era così speciale,
era un momento per Goku e Goten… Ma lei non avrebbe saputo
come spiegarlo alla piccola senza confonderla.
Istintivamente,
alzò lo sguardo su Gohan.
Quest’ultimo
strinse a sé la propria bambina.
«Magari più tardi, tesoro» le disse.
«Adesso, lui e lo zio hanno bisogno di passare un
po’ di tempo assieme…»
Pan
assunse un’aria un po’ delusa, ma alla fine
annuì. «Va bene, papà».
Aliys
fece un piccolo sorriso.
In
un impeto di felicità, si disse che era davvero fortunata.
Goku
e Goten avevano fatto pace, e Gohan… Gohan sapeva
sistemare anche i dettagli più piccoli, e far sì
che tutto andasse per il meglio.
Spazio dell’Autrice:
Okay, il capitolo è corto, e non succede un
granché, ma credo sia importante lo stesso, e adesso (ahi-ahi) devo scappare!
Spero che vi sia piaciuto…
A domenica 31 marzo!
|
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Capitolo 28 *** Qualsiasi cosa ***
Capitolo
27 – Qualsiasi cosa
Quella
sera, Marron e Trunks si presentarono a casa Son.
Fu
Aliys che andò ad aprire la porta, e così
facendo si trovò davanti uno spettacolo piuttosto bizzarro:
la ragazza bionda, infatti, stava tirando dei gran pugni sulla testa
del povero saiyan, che cercava di proteggersi con le proprie braccia.
«Marron,
basta, dai» le stava dicendo,
«ho capito l’antifona!»
«Guai!»
sbottò lei. «Guai,
Trunks Brief! Guai a te, se tenti di spaventarmi un’altra
volta in questo modo!»
«Non
lo farò più, lo
prometto» le assicurò lui, «ma adesso
basta!»
La
ragazza si fermò e gli indirizzò uno sguardo
ardente, ma dopo qualche istante sembrò calmarsi.
Aliys
contemplò la possibilità di tossicchiare
per attirare la loro attenzione. Alla fine, però, rimase
zitta, perché era curiosa di vedere come sarebbe finita la
faccenda.
Prudentemente,
Trunks tolse le mani dalla propria testa,
raddrizzandosi. «Wow» commentò,
«dovresti evitare di maltrattare così le
persone».
Marron
scosse la testa. «Ma andiamo!»
esclamò. «Sei un saiyan, non ti sei fatto
niente!»
Dopodiché,
si girò verso Aliys e le sorrise:
«Ehi. Come va?»
La
ragazzina si illuminò. «Tutto bene».
«Oh,
ciao, Al» la salutò Trunks,
aprendosi in un sorriso. «Goten è in
casa?»
La
figlia di Goku annuì energicamente.
«Certo» replicò,
«perché? Se posso chiederlo…»
«Naturale
che puoi chiederlo» replicò
Marron. «E la risposta è: stasera dobbiamo andare
al cinema… Ehi!» aggiunse, drizzando la testa
bionda. «Potresti venire anche tu, che ne dici?»
Aliys
tentennò. L’offerta la lusingava…
Allo stesso tempo, però, in casa sua c’era ora una
tale atmosfera di pace… che la rendeva un po’
riluttante al pensiero di uscire.
«Non
so…»
«Sì,
ti prego, vieni anche tu»
intervenne Trunks, per poi scherzare: «Così
qualcuno terrà a bada questa bestia
bionda…»
Marron
fece una faccia offesa e gli allungò una gomitata
nello stomaco. «Bestia un corno!»
Il
ragazzo quasi non batté ciglio, ma lanciò
un’occhiata eloquente ad Aliys, come a dire: “Che
ti avevo detto?”
La
ragazzina non poté fare a meno di ridere.
«Be’,
mi piacerebbe venire…»
iniziò poi a spiegare.
«Allora
siamo d’accordo!»
esclamò Marron.
Aliys
avanzò di un passo.
Gettò
un’occhiata a Trunks: sapeva che era il
migliore amico di suo fratello, e lo conosceva da una vita,
però non si sentiva completamente disinvolta, in sua
presenza… Forse anche perché era davvero un bel
ragazzo… Comunque fosse, alla fine decise di rivolgersi a
Marron senza preoccuparsi: «Il punto è che Goten
ha appena fatto pace con Goku».
A
quelle parole, Trunks si aprì in un sorriso colmo di
sollievo.
«E…
ecco…» Aliys
deglutì e si fermò. La sua preoccupazione suonava
stupida anche alle sue orecchie, e si vergognava un po’
troppo per riuscire ad esprimerla ad alta voce.
Fortunatamente,
Marron capì, e la sua espressione scanzonata
si fece seria.
«E
temi che, se resteranno un po’ lontani
l’uno dall’altro, Goten potrebbe rimettere il
muso» disse, con aria comprensiva.
La
ragazzina annuì, imbarazzata. «È
stupido, lo so…» mormorò.
«No,
non è stupido» replicò
Marron, avvicinandosi all’amica.
Trunks
guardò le due ragazze e decise di mettersi a fissare
il muro di casa Son come se non ci fosse niente di più
interessante al mondo.
Marron
meditò per qualche istante, poi drizzò la
testa: «Sai cosa? Anche Goku e Chichi possono venire al
cinema!»
Trunks
sbatté le palpebre. Il suo sguardo, dalla casa, si
spostò su Marron.
Aliys
assunse un’aria incerta. «Be’, non
so…»
Marron,
però, non sembrava dell’umore giusto per
prestare ascolto a certi dubbi. «Macché,
macché, è un’idea perfetta»
si rallegrò invece. «Vengo io ad
invitarli…»
«Okay»
mormorò Aliys, basita.
«No,
lascia stare» intervenne Trunks,
precipitosamente, «li invito io».
E
senza lasciare a Marron il tempo di replicare, si infilò
in casa Son.
Aliys
sbatté le palpebre e si girò verso la
ragazza bionda. Quest’ultima si strinse nelle spalle.
«Credo
di averlo terrorizzato» mormorò.
Di
fronte a quell’affermazione, Aliys ripensò alla
scena di poco prima. «Perché lo stavi
picchiando?»
«Oh».
Marron arrossì appena.
«Be’, non è niente: il mio aereo della
Capsule Corporation non funziona, quindi Trunks mi ha portato fin qui
in volo… E un paio di volte ha avuto la brillante idea di
fingere che stessi scivolando dalla sua presa… Non
è stato affatto carino, da parte sua».
Aliys
non riuscì a non ridere. «Credo che Trunks
pensi che, da parte tua, non sia stato affatto carino
picchiarlo…»
«Quello…»
Marron agitò una
mano come per scacciare quell’ipotesi assurda.
«Credimi, Al, lo conosco da quando eravamo piccoli, e so che
non si è fatto male. È questo il vantaggio
nell’avere degli amici saiyan… Ti puoi sfogare
senza temere di ferirli».
Aliys
aggrottò la fronte. «Devo
preoccuparmi?» scherzò.
Marron
le sorrise e le mise un braccio attorno alle spalle.
«Per niente» le assicurò.
«Sarò manesca, ma non sono senza onore. Non
picchierei mai
una ragazza».
A
quelle parole, Aliys scoppiò a ridere.
Trunks
riuscì senza problemi a convincere Goku ad
accompagnarli al cinema.
Persuadere Chichi fu un po’
più difficile, poiché la donna sosteneva di avere
del lavoro da fare in casa, ma alla fine l’intervento di
Aliys fece capitolare anche lei.
Per
la gioia di Marron, non ci fu bisogno che Trunks le desse un altro
passaggio, visto che Chichi la prese con sé nella propria
air-car. Anche Aliys, sebbene fosse in grado di volare,
preferì accomodarsi nell’automobile.
Una
volta sprofondata nella comoda poltroncina del cinema, la ragazzina
non guardò nemmeno un quarto del film.
Di
fianco a lei, si trovava Goku. E la felicità di essere
vicina a suo padre era sovrastata, se possibile, dalla gioia di sapere
che, dall’altro lato del saiyan, si trovava Goten.
Sorridendo
tra sé e sé, la ragazzina
abbassò lo sguardo sui propri pop-corn… E quando
una mano entrò nella sua visuale, chiaramente diretta verso
il prezioso bottino, gli occhi neri della ragazzina si sgranarono per
l’indignazione.
«Papà!»
sussurrò, scacciando
la mano del saiyan. «Questi sono miei!»
Son
Aliys avrebbe fatto qualsiasi cosa, per suo padre. Eccetto
condividere il proprio cibo.
Nella
semioscurità della sala, Goku la guardò con
aria quasi supplichevole. «Andiamo, Al… I miei
sono finiti…»
Aliys
si attaccò testardamente al pacco dei pop-corn.
«Chiedili a Goten».
«Sono
finiti anche i suoi» rispose Goku, a bassa
voce. «In effetti, vorrebbe che ne prendessi qualcuno anche
per lui…»
A
quelle parole, la ragazzina gettò un’occhiata
oltre la figura del padre, verso il fratello.
Da
parte sua, Goten si sporse per farsi vedere meglio. «Dai,
Al» bisbigliò, con un enorme sorriso.
«Guarda dentro il tuo cuore e nutri questi
bisognosi».
Lei
scosse la testa, facendo scorrere lo sguardo
dall’espressione di scuse di Goku a quella sorridente di
Goten.
Le
sue dita si strinsero…
Alla
fine, però, vedere suo padre e suo fratello
così vicini, sapere che si sarebbero divisi i pop-corn che
lei gli avrebbe dato, la fece capitolare.
E
forse, a dirla tutta, lei per suo padre avrebbe fatto qualsiasi cosa,
incluso
condividere il proprio cibo.
«E
va bene» mormorò, prendendo una
manciata di pop-corn e passandoli a Goku. «Tenete
questi… E vedete di farveli bastare».
Il
saiyan adulto le sorrise, prima di voltarsi per condividere parte
del bottino con Goten.
«Grazie,
Al!» sussurrò il giovane.
La
ragazzina scrollò la testa e puntò lo sguardo
verso lo schermo… Si rese conto, però, di non
avere la minima idea riguardo a quanto stesse succedendo nel film.
Un
tocco delicato sulla nuca la fece voltare.
Goku
le arruffò affettuosamente i capelli neri,
sussurrandole: «Grazie, tesoro», e il cuore della
ragazzina sussultò, per poi esibirsi in una capriola di
felicità.
Spazio dell’Autrice:
Altro mini-capitolo >_>
Spero vi sia piaciuto! E non temete: dal prossimo dovrebbe cominciare
un’altra parte significativa della storia ^^
A sabato 6 aprile, dunque!
|
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Capitolo 29 *** Un ritorno poco gradito ***
Capitolo
28 – Un ritorno poco gradito
Nei giorni che seguirono, Aliys si
sentì la persona
più felice dell’universo.
Aveva
di nuovo la sua famiglia: unita, completa, formata da persone che
si volevano bene e non si tenevano il muso.
Anche
Goku doveva provare una contentezza simile a quella della figlia,
poiché tornò ad organizzare con entusiasmo le
escursioni che amava tanto.
Un
paio di volte, anche Gohan, Videl e la piccola Pan parteciparono a
quelle brevi gite… Aliys trovava un po’
scoraggiante il fatto che la sua nipotina riuscisse sempre ad arrivare
alla meta prima di lei, ma era troppo felice perché la cosa
le importasse davvero.
Ovviamente,
nel corso delle escursioni, lei trovava sempre il modo di
incespicare da qualche parte, ma non guadagnò né
un livido né una slogatura: Goku era sempre accanto a lei, e
non mancò di prenderla al volo nemmeno una volta.
Chichi
era immensamente soddisfatta di come stavano andando le cose,
tanto che la sera iniziò a proporre una serie di giochi da
tavolo.
Ovviamente,
c’entravano tutti con l’intelligenza e
le parole.
Goten
tentò di tirarsene fuori, dicendo che la sera doveva
uscire con i suoi amici, ma un’occhiataccia della madre fu
sufficiente a farlo capitolare.
«Va
bene» sospirò il giovane.
«Però io sto in squadra con te, mamma!»
Chichi
annuì, mentre Aliys sgranava gli occhi.
Un
istante dopo, comunque, la ragazzina abbracciò il fianco
di Goku e ribatté, rivolta al fratello: «Te la
faremo vedere».
Alla
fine dei conti, non era seccata per la composizione delle due
squadre.
Era
vero: essere con Chichi le avrebbe senza dubbio dato più
possibilità di vittoria, ma stare con Goku la rendeva
raggiante.
All’inizio,
il saiyan era reclutante quanto suo figlio. Si
vedeva lontano un miglio che avrebbe preferito un’altra
sfiancante battaglia a quei giochi sveglia-cervello, ma poi diede una
scrollata di spalle e si lasciò coinvolgere.
Aliys
amava l’impegno sincero che suo padre metteva in quelle
sfide, amava vederlo scuotere la testa e aggrottare la fronte con aria
spaesata quando si trovava di fronte ad un indovinello troppo elaborato.
E,
soprattutto, amava quando lui le stringeva la mano e la guardava con
complicità.
Quando
vincevano, Goku la imprigionava in un abbraccio mozzafiato,
congratulandosi con lei… Quando perdevano, la guardava con
un sorriso disarmante e faceva spallucce, come per dire:
“Sarà per la prossima volta, no?”.
Aliys
ammirava molto quell’atteggiamento: a quanto pareva,
persino un saiyan, che sul campo di battaglia non avrebbe mai, mai e
poi mai accettato una sconfitta, poteva diventare ragionevole se
c’era di mezzo una sfida d’intelligenza.
Una
sera, mentre fuori infuriava un bel temporale, la famiglia radunata
in salotto fu sorpresa dal suono del campanello.
Chichi
alzò subito la testa. «Chi può
essere?» si domandò ad alta voce, riservando
un’occhiata indagatrice a Goten.
Quest’ultimo
sollevò le mani, sulla difensiva.
«Non ho invitato nessuno».
Aliys
sorrise… Poi pensò che potesse trattarsi di
Marron, e balzò in piedi, esclamando: «Vado
io!»
Percorse
il corridoio quasi di corsa, sicura che la sua amica non fosse
contenta di essere lasciata sotto l’acqua,
spalancò la porta… E raggelò.
Davanti
a lei, intento a battere i denti a più non posso,
c’era un ragazzino dalla pelle color cioccolato, e con un
ciuffo fradicio di capelli neri che gli ricadeva sul viso.
Siccome
il nuovo arrivato indossava solo un paio di pantaloncini, le
sue labbra iniziavano a farsi quasi bluastre.
Aliys,
però, lungi dal farsi da parte ed accoglierlo in
casa, lo fissava stando ferma sulla soglia, come se avesse dovuto
difendere la propria abitazione da quel bambino.
«C-ciao»
disse lui alla fine.
«Ciao»
replicò lei, senza muoversi di un
passo.
Gli
occhi scuri del ragazzino la fissarono, incerti. «Sei
Aliys, vero?» domandò poi, sotto lo scroscio della
pioggia. «Io sono Ub».
Aliys
annuì. «So chi sei»
replicò.
Dentro
di sé, gemette. Perché, perché
non aveva controllato l’aura dell’ospite, prima di
precipitarsi ad aprire?
Si
rispose da sola: perché percepire le forze spirituali non
le veniva così naturale come a suo padre e ai suoi
fratelli…
Una
parte della sua testa le fece notare che Ub doveva essere mezzo
congelato, e che lei si stava comportando in modo assurdo.
Pur
sapendolo, però, Aliys non riusciva ad invitare il
bambino ad entrare.
L’ultima
volta che aveva visto Ub, lui le aveva portato via
suo padre.
Dato
lo stato d’animo della ragazzina, probabilmente quella
situazione di stallo sarebbe potuta durare
all’infinito…
Dopo
qualche secondo, però, Aliys sentì dei passi
alle proprie spalle, e poi una mano calda sulla spalla.
«Ub?»
domandò la voce di Goku,
genuinamente stupita. «Che fai qui, figliolo?»
«Ciao,
Goku» lo salutò il bambino,
continuando a rabbrividire sotto la pioggia. «S-sono venuto a
cercare te…»
Aliys
restò immobile, paralizzata, finché Goku
non la tirò indietro con gentilezza, dicendo:
«Be’, comunque ora entra, altrimenti finirai per
congelare!»
Sul
volto tondo del ragazzino si disegnò
un’espressione immensamente grata, e lui non se lo fece
ripetere due volte.
Aliys
non disse nulla, guardando Ub fin troppo fissamente.
«Chichi?»
chiamò Goku. «Hai
per caso un asciugamano?»
La
donna comparve nell’ingresso, domandando: «Un
asciugamano? E perché?»
Vedendo
Ub, si bloccò: «Oh».
«Buongiorno,
signora» la salutò il
ragazzino, con un veloce inchino.
«Ciao»
replicò Chichi, per poi
dichiarare: «Sì, dovrei averlo un
asciugamano».
E
uscì rapidamente dalla vista, proprio mentre Goten
arrivava a curiosare.
Anche
lui si irrigidì un po’, alla vista di Ub, ma
non si bloccò come aveva fatto Aliys, salutando il ragazzino
in modo abbastanza amichevole.
Poco
dopo, Chichi fu di ritorno con un gran asciugamano, che fu avvolto
intorno allo zuppo Ub.
A
quel punto, Goku lo portò con sé in salotto, e
Aliys non poté fare a meno di seguirli.
«Allora,
figliolo?» esordì il saiyan.
«Cosa stavi dicendo?»
Il
ragazzino si sfregò energicamente le braccia.
«Sono venuto a cercare te» dichiarò.
«Non sei più tornato, ed ero
preoccupato… Tua figlia sta bene, vero?»
Ponendo
l’ultima domanda, guardò timidamente verso
Aliys.
«Sì,
per fortuna sta bene» rispose Goku.
Ub
annuì, e si asciugò la faccia con un lembo
dell’asciugamano. «Non sono venuto subito
perché dovevo badare ai miei fratelli, ma poi un fratello di
mia madre ha detto che l’avrebbe aiutata mentre ero
via» raccontò il ragazzino.
Aliys
spostò lo sguardo da lui a Goku.
Il
saiyan restò in silenzio per qualche istante, poi si
grattò la nuca.
«Be’,
a questo punto penso che potresti restare a
dormire qui… Di tutto il resto ne parleremo
domani».
«Se
è un disturbo…»
iniziò Ub, ma Goku si allungò per stringergli una
spalla con fare affettuoso.
«Nessun
disturbo» affermò, con un ampio
sorriso.
«Grazie»
disse allora il ragazzino, illuminandosi.
Da
una certa distanza, Aliys osservava la scena senza fiatare.
Una
punta di angoscia, causata dall’autentico calore con cui
Goku trattava Ub, iniziò a trapanarle il fondo dello stomaco.
Soprattutto,
non riusciva a smettere di pensare alla frase di Goku: Di
tutto il resto ne parleremo domani.
Cosa
intendeva il saiyan? Di cosa avrebbe dovuto parlare con Ub?
Pensava
di andare nuovamente via col bambino?
Aliys
incrociò fermamente le braccia sul proprio ventre in
subbuglio.
“No”
pensò. “Non
sparirà di nuovo. Me l’ha promesso”.
Anche
se voleva crederci, però, si sentiva tesa e
preoccupata come non era più stata da giorni interi.
Spazio dell’Autrice:
*suona il campanello di casa Son*
OBI-WAN KENOBI: I have a bad feeling about this.
…
Okay, scusatemi XD
Dunque, come qualcuno di voi si aspettava, Ub è
tornato… E Aliys non l’ha presa benissimo… Vedremo come si evolveranno le cose ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A domenica 14 aprile! ^^
P. S. Nessun Ub è stato maltrattato durante la stesura di
questo capitolo.
|
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Capitolo 30 *** Soluzioni temporanee ***
Capitolo
29 – Soluzioni temporanee
Il
mattino successivo era quieto, pigro e dorato.
La
pioggia del giorno precedente aveva spazzato via le nubi, e ora i
raggi del sole scaldavano lentamente la terra bagnata, facendo brillare
la rugiada sull’erba.
Entrando
in cucina, Goten vide prima di tutto la finestra spalancata, e
Chichi che si affaccendava davanti ai fornelli.
Poi
si voltò verso il tavolo, dove sedevano Ub ed Aliys.
«È
tutto squisito, grazie signora
Chichi» stava dicendo il ragazzino, timidamente.
La
donna gli indirizzò un sorriso, chiaramente ammorbidita
dal complimento. «Figurati, Ub» gli disse, prima di
notare il suo secondogenito che indugiava sulla soglia.
«Goten,
piccolo mio! Hai dormito bene?»
Il
ragazzo borbottò una conferma, imbarazzato nel sentirsi
chiamare “piccolo mio” a diciassette anni suonati.
Una
parte di lui si aspettava che Al alzasse la testa e gli
indirizzasse un sorriso malizioso, ma la ragazzina sembrava troppo
impegnata ad ignorare Ub.
«Ecco,
siediti lì» lo istruì
Chichi, come se Goten si fosse dimenticato dov’era il suo
posto. «Ti ho preparato uova e pancetta… Ora vado,
ho detto a Gohan che stamattina sarei passata da lui».
Stampò
un bacio sulla nuca di Aliys, rivolse un cenno ad Ub,
scompigliò i capelli di Goten e quindi uscì.
Il
giovane saiyan mezzosangue scosse la testa, accomodandosi.
Ub
stava piluccando la sua colazione come se volesse farla durare anni,
con gli occhi pieni di meraviglia di chi spesso e volentieri
è costretto a digiunare.
Goten
inarcò un sopracciglio: «Ma non ti sono
arrivati i soldi del premio?»
Il
ragazzino alzò la testa e lo guardò con aria
spaesata. Probabilmente non si aspettava di venir interpellato
così direttamente. «Eh?»
«Ho
sentito che mio padre aveva fatto un patto con Mr.
Satan» affermò Goten. «E che lui, dopo
aver vinto il Torneo, ti ha spedito i soldi del premio».
«Sì,
sì, me li ha spediti»
rispose Ub, confuso. «Perché?»
«Be’,
perché hai la faccia di uno che
non vede del cibo da due secoli» replicò Goten,
senza preoccuparsi di suonare sfacciato.
Ub
sembrò un po’ imbarazzato.
«Ultimamente mangiamo benissimo» spiegò.
«Ma credo che il mio stomaco ancora non riesca a
crederci».
Azzardò
un sorriso, e Goten annuì.
Soddisfatta
quella curiosità, il saiyan mezzosangue
gettò un’occhiata a sua sorella.
Aliys
aveva l’aria più svogliata del mondo, ma
ciò che colpì maggiormente il ragazzo fu il fatto
che i capelli neri della ragazzina le ricadevano davanti alla faccia.
Era
da un bel po’ di settimane – se non mesi
– che non la vedeva così.
Negli
ultimi tempi, infatti, lei aveva preso l’abitudine di
pettinarsi in modo che nessun ciuffo le limitasse la visuale.
Forse
aveva perso la sua spazzola, ipotizzò mentalmente
Goten.
Per
quanto lui stesso portasse i capelli abbastanza lunghi, aveva poche
ed oscure idee sui metodi utilizzati dalle ragazze per domare le loro
capigliature.
«Al,
hai perso la tua spazzola?» le
domandò perciò, ficcandosi in bocca una
forchettata di uova e pancetta.
Lei
lo fissò da dietro la cortina dei capelli neri.
«No» rispose, inarcando un sopracciglio.
«Perché?»
Masticando
di buona lena, lui lanciò un’occhiata
perplessa alla ragazza, poi inghiottì e si strinse nelle
spalle. «Niente, era così per dire».
Il
suo istinto di conservazione, nonché il suo amore per il
quieto vivere, si suggerivano che era meglio non farla parlare troppo,
quando era così immusonita.
Per
un istante, nessuno dei tre disse nulla, poi Ub azzardò:
«È davvero carina, la vostra casa».
Goten
aprì la bocca per replicare, ma Aliys lo precedette.
«A-ah»
disse, con voce atona, rigirando la frittata
che aveva nel piatto.
Ub
la guardò con espressione quasi preoccupata, mentre Goten
si domandava quanto avesse dormito male per diventare così.
Prima
che potesse chiederglielo, però, la ragazza mise il
piatto da parte.
«Non
ho fame» dichiarò.
Ub
sgranò gli occhi, e Goten rimase a bocca aperta.
Senza
guardare nessuno dei due, la ragazzina si alzò ed
uscì dalla cucina.
«Wow»
fiatò Goten.
Qualche
altro alieno era giunto sulla Terra e aveva fatto il lavaggio
del cervello a sua sorella? Come si poteva non avere fame?
Per
quanto fosse un po’ preoccupato, decise che comunque non
era il caso di sprecare della buona frittata. Prese il piatto di Aliys
e ne versò il contenuto nel proprio.
Ub
stava ancora guardando verso la porta.
«Strano»
commentò, aggrottando la
fronte. «Goku mi aveva detto che voi avevate ereditato
l’appetito da lui. E lui mangia parecchio».
Goten
guardò il bambino. «Vuoi dire che nostro
padre ti ha parlato di noi?»
Ub
annuì. «Sì, e anche abbastanza
spesso».
«Di
me cosa ti ha detto?» domandò Goten,
interessato.
«Be’…»
Il ragazzino dalla
pelle color cioccolato alzò le spalle. «Non
è che mi abbia raccontato niente in particolare.
Più che altro, quando facevamo qualcosa, saltava spesso
fuori con commenti come: “A Goten sarebbe
piaciuto”, “Gohan l’ha imparato
subito”, “Aliys era più alta alla tua
età”».
«Capisco».
Assorto, Goten, passò il dito
sui denti della propria forchetta. «Se ti capita, dillo anche
a mia sorella. Credo le farebbe piacere saperlo».
«Uh,
okay» disse Ub, con aria un po’
perplessa.
Prima
che potesse chiedere qualsiasi chiarimento, però, Goku
fece il suo ingresso in cucina, esclamando: «Buongiorno,
ragazzi! Tutto bene?»
«Sissignore»
disse Goten, buttandosi su
ciò che restava nel suo piatto, mentre Ub annuiva:
«Sì, Goku».
Il
saiyan fece un gran sorriso, poi assunse un’aria
interrogativa. «L’aura di Al non veniva da
qui?»
Goten
fece un gesto vago. Mandò giù quel che
aveva in bocca e rispose: «Sì, se
n’è appena andata».
Goku
aggrottò la fronte. «Capisco».
Un
momento dopo, però, si rianimò e
guardò verso Ub.
«Posso
parlarti un momento, giovanotto?»
Il
ragazzino sorrise, e i suoi occhi neri brillarono.
«Certo!» esclamò.
Con
un balzo, scese dalla sedia e raggiunse Goku.
Goten
agitò una mano nella loro direzione, quindi
tornò al proprio cibo… Un istante dopo, i suoi
occhi si concentrarono sul piatto di Ub.
«Neanche
lui ha finito la colazione»
osservò tra sé e sé.
Si
concesse un momento per riflettere, ma alla fine scrollò
le spalle e si tese in avanti, così da poter finire anche il
cibo del loro ospite.
Diamine,
sprecare qualcosa di quella buona pietanza sarebbe stato un
crimine!
Nel
frattempo, Goku ed Ub si erano fermati nel salotto.
Il
saiyan indugiò un istante, quindi esordì:
«Immagino che tu sia un po’ preoccupato per il tuo
allenamento, dico bene?»
Ub
annuì, accennando un sorriso.
«Infatti».
Goku
passeggiò avanti e indietro, dopodiché
propose: «Che ne dici di rimanere qui per qualche giorno? Il
monte Paoz è un bel posto dove allenarsi».
L’espressione
sorridente di Ub svanì, sostituita
dall’incertezza. «Non saprei… A casa
hanno bisogno di me».
Goku
si passò una mano sul viso, pensando alla famiglia di
Ub. «Giusto».
«Goku,
scusa, ma perché non vieni tu a casa
mia?» domandò il bambino, con una punta di
speranza che non sfuggì al saiyan. «Come
prima…»
Goku
esitò. Lui comprendeva bene il desiderio di Ub di
essere messo alla prova e di diventare sempre più forte,
però…
Lui
aveva fatto del male alla propria famiglia, andandosene per
allenare il bambino.
Pensò
a Goten, alla sua espressione in qualche modo dura, al
tempo che aveva impiegato prima di riuscire a perdonarlo.
Pensò
ad Aliys, alla sua fuga da casa, al modo in cui
l’aveva ritrovata.
La
ricordò impaurita e singhiozzante tra le sue
braccia…
E
per un istante, gli parve quasi di risentire il viso della figlia
contro il proprio petto. Gli parve quasi di sentire la sua voce
strozzata che implorava: Non
andartene. Non andartene più.
Lui
aveva fatto una promessa a sua figlia, le aveva promesso che non
avrebbe più abbandonato la propria famiglia. E non poteva
– semplicemente non poteva – venir meno alla parola
data.
Si
schiarì la gola. «Mi dispiace, Ub, ma non
è più possibile» affermò, in
tono serio. «Ho capito che devo badare alla mia famiglia,
proprio come tu devi badare alla tua».
«Ah».
Il ragazzino arrossì e si
mordicchiò il labbro. «Be’, per fortuna
mio zio starà con i miei fratelli per un
po’» azzardò poi. «Credo di
poter rimanere per qualche giorno».
Goku
sbatté le palpebre.
Era
consapevole del fatto che quella proposta da Ub era una situazione
temporanea.
Lui
teneva molto all’addestramento di quel ragazzino, e
sapeva che qualche giorno non sarebbe stato sufficiente per sfruttare
tutto il potenziale di Ub.
Per
il momento, però, ritenne fosse meglio non pensarci, e
accolse quella proposta con un enorme sollievo.
«Sì»
disse, «credo sia
un’ottima idea».
Ub
gli sorrise, e in quel momento Aliys entrò nel salotto.
«Papà»
disse la ragazza, sorpresa.
Il
saiyan la guardò con più attenzione, ed
assunse un’aria perplessa. «Di nuovo i capelli
davanti alla faccia, Al?»
«Ecco,
io…» iniziò lei, poi
lo sguardo le cadde su Ub. «Avete parlato?»
Goku
si stupì del tono guardingo che impregnava la sua
domanda.
«Sì»
si affrettò a spiegare,
«dovevamo discutere del suo allenamento…»
A
quelle parole, Aliys sentì il proprio cuore farsi di
piombo. Era una sua impressione, o aveva cominciato a battere dieci
volte più veloce del consueto?
«E…?»
riuscì a dire,
paventando la risposta.
«E
Ub starà qui per qualche giorno»
rispose Goku.
Ub
strusciò i piedi per terra. Tra sé e
sé, temeva di essere antipatico alla figlia del suo maestro,
perciò si aspettava che quella notizia le facesse storcere
le labbra.
Invece,
con sua grande sorpresa, Aliys si aprì in un sorriso
– un sorriso di autentica gioia – e si
gettò tra le braccia di Goku.
Imbarazzato,
il ragazzino decise che era meglio tornare in cucina,
così da lasciar loro un po’ di privacy.
Goku,
da parte sua, fu così preso alla sprovvista da quello
slancio di affetto che nemmeno notò il suo allievo uscire
dalla stanza.
Accarezzò
i capelli della figlia, un po’ dubbioso.
Aliys
alzò la testa per guardarlo in faccia.
«Grazie» gli disse, la riconoscenza evidente nella
sua voce.
Goku
aggrottò la fronte, poi la sua espressione si
ammorbidì. «Non devi ringraziarmi, Al»
affermò.
Quasi
senza pensarci, le lisciò i capelli neri, tirandoli
indietro in modo che il volto della ragazzina non restasse
più nascosto.
Spazio dell’Autrice:
Okay, immaginate la mia faccia quando ieri – IERI, tra tutti
i giorni che esistono – il router ha dato i numeri.
Niente internet per un intero, lunghissimo giorno D:
E proprio il giorno dell’aggiornamento!
…Sigh.
Comunque, il lato positivo è che ne ho approfittato per
rendere il capitolo più corposo, ed ora eccolo qui! Spero vi
sia piaciuto =)
Appuntamento a domenica 21 aprile!
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Capitolo 31 *** La decisione di Aliys ***
Capitolo 30 – La
decisione di Aliys
Sapere che suo padre sarebbe
rimasto era stato un sollievo immenso.
Allo
stesso tempo, però, l’affermazione di Goku e
i suoi gesti di affetto non erano stati sufficienti a placare del tutto
la paura.
Perciò,
quando Aliys vide il padre che si apprestava ad
uscire con Ub, corse verso di loro, esclamando: «Aspettate!
Vengo anch’io!»
Goku
l’aveva guardata con aria interrogativa,
poiché di solito la figlia prendeva le distanze da qualsiasi
genere di allenamento fisico.
Ma
poi, visto che non aveva nessun motivo per negarglielo, le sorrise e
la invitò ad avvicinarsi con un gesto.
A
quel punto, i tre si alzarono in volo.
Goku
guidava gli altri due, inconsapevole delle occhiate incerte che Ub
lanciava ad Aliys, o delle labbra della ragazza serrate in una piega
determinata.
Atterrò
in una radura non molto lontana, dove talvolta si
era già allenato insieme a Goten.
Aliys
si sedette a terra a gambe incrociate, lo sguardo puntato sui due
guerrieri che si mettevano l’uno davanti all’altro.
Ub
sembrava aver dimenticato ogni genere di disagio, e sembrava
impaziente di iniziare. «Mi insegni una nuova
tecnica?» chiese, con voce carica di aspettativa.
Aliys
gli scoccò un’occhiata stupita. Senza
poterlo evitare, pensò che Goten non si era mai mostrato
così eccitato di fronte a un combattimento – se
non quando era ancora un bambino.
Goku,
da parte sua, si limitò a sorridere. «Forse
è meglio iniziare con un po’ di lotta senza
tecniche impegnative. Come riscaldamento».
La
ragazzina spostò di nuovo lo sguardo su Ub, per vedere se
sarebbe apparso deluso.
Invece,
il bambino annuì con vigore e trepidazione,
mettendosi in posizione per iniziare il combattimento.
Di
lì a poco, lui e Goku si scagliarono l’uno
contro l’altro.
Lottavano
a terra, a mezz’aria, senza esclusione di pugni,
calci o testate.
Dati
i suoi parenti, Aliys era abituata sin da bambina ad assistere a
duelli sorprendentemente veloci. In quel momento, però,
faticava a seguire i movimenti dei due sfidanti.
Goku
e Ub erano poco più di due figure sfocate, e ogni tanto
lei coglieva lampi di immagini: un pugno andato a segno di qua, un
calcio evitato per un soffio di là.
Sempre
più spesso, tuttavia, le parve di scorgere il largo
sorriso di Goku.
Suo
padre sembrava divertirsi molto, a combattere contro Ub.
Ad
un certo punto, afferrò il bambino per i polsi e
riuscì a bloccarlo. Solo per un momento, però: Ub
lo colpì con una ginocchiata, costringendolo a lasciare la
presa.
Aliys
era sbalordita.
Ciò
che la sorprese più della
spettacolarità dei combattenti, però, fu la
risata di Ub, echeggiata da quella di Goku.
Suo
padre aveva un legame con quel bambino, e lei non poteva negarlo.
Stranamente,
ammetterlo non la fece sentire ferita o spaventata. Forse
perché Goku aveva deciso comunque di restare a
casa… Perché suo padre aveva un cuore grande, e
poteva affezionarsi a quel ragazzino dalla pelle scura senza che il suo
amore per la propria famiglia diminuisse.
Mentre
quella realizzazione la colpiva, Aliys inspirò dal
naso, sorpresa.
Forse,
meditò, mentre un sorriso mesto le piegava le labbra,
avrebbe dovuto cercare di essere più gentile, con Ub.
Si
scostò una ciocca di capelli neri dal viso, riprendendo a
seguire il combattimento.
Sì,
ora si sentiva più tranquilla e
sicura… Ma, allo stesso tempo, avvertiva una strana
malinconia sul fondo del petto.
Perché
la felicità che suo padre provava in quel
momento, era la felicità di affrontare una sfida
elettrizzante. Era una felicità che lei non gli poteva dare.
Fu
in quel momento, più o meno, che un’idea
iniziò a roderle il retro della mente come un piccolo tarlo.
Quando
tornarono a casa, Aliys si precipitò a cercare Goten.
Naturalmente,
lo trovò in cucina.
Il
giovane doveva aver deciso che era tempo di far merenda, e stava
mangiando un muffin dopo l’altro.
Aliys
si chiese come fosse riuscito a convincere Chichi a cucinargli
tutto quel ben di dio, poi scrollò le spalle.
«Ce
l’hai il numero di telefono della Kame
House?» lo interpellò.
Goten
alzò gli occhi dal proprio cibo, inarcando un
sopracciglio. «Ciao anche a te, Al» disse, ironico.
«Ciao»
si affrettò a rispondere lei.
«Allora, ce l’hai o no?»
Masticando
lentamente, lui prese il proprio cellulare dalla tasca dei
jeans. Controllò la rubrica, poi ammise:
«Sì, eccolo qui».
«Posso?»
chiese Aliys, tendendo la mano.
«Perché
vuoi chiamare la Kame House?»
domandò Goten di rimando.
La
ragazzina esitò un istante. «Voglio sentire
Marron» affermò alla fine, sentendosi un
po’ in colpa poiché non era del tutto vero.
Goten
inghiottì un boccone. «E posso chiederti se
ti sei divertita, guardando combattere Ub e papà?»
Lei
drizzò la schiena. «Certo» rispose,
gli occhi puntati sul cellulare del fratello, «è
stato molto istruttivo».
Il
fratello emise un mezzo grugnito. Poi, però, scosse la
testa e le passò il telefonino. «Guai a te se lo
rovini» minacciò, prima di tornare a dedicare
tutta la sua attenzione alla merenda.
Aliys
gli fece un sorriso svelto e scappò via, rifugiandosi
nella propria camera.
Per
un istante, rimase ferma a fissare il numero della Kame House. Il
cuore aveva iniziato a batterle un po’ più forte
del consueto.
Era
sicura di volerlo fare?
Lo
sguardo le cadde sulla foto che la ritraeva bambina con Goku, e la
ragazzina assunse un’aria decisa.
Era
sicura.
Avviò
la chiamata e avvicinò il cellulare
all’orecchio, in trepidante attesa.
Dopo
un paio di squilli, rispose la voce gracchiante del maestro Muten:
«Se sei una bella ragazza, lasciami il tuo indirizzo! Vengo
subito a trovarti!»
Aliys
rimase impietrita, ma fortunatamente in sottofondo si
udì una voce femminile che chiedeva: «Ma cosa fai,
nonno? Dammi il telefono?»
La
figlia di Goku sbatté le palpebre, e dopo un momento la
voce di Marron chiese: «Pronto?»
«Pronto,
Marron? Sono Aliys» disse la ragazzina,
con un sospiro di sollievo che partiva dritto dal cuore.
«Ah,
ciao! Spero che il vecchio Muten non ti abbia
spaventata… Ha alzato un po’ troppo il gomito,
questa mattina…»
Dal
tono che assunse verso la fine della frase, era probabile che si
fosse girata a fulminare l’Eremita della Tartaruga con
un’occhiataccia.
«No,
non mi ha spaventata» mentì Aliys.
«Meglio»
replicò Marron.
«Allora? Che c’è?»
«Ehm…
Ecco, senti, ti ho chiamato per chiederti
se, secondo te, tuo padre sarebbe disposto ad allenarmi»
buttò fuori Aliys, tutto d’un fiato.
«Allenarti?
Mio padre?» ripeté Marron,
sbalordita.
«Sì»
rispose Aliys, incerta.
Mentre
tornava dalla radura dove si erano scontrati Goku e Ub, aveva
valutato attentamente tutti quelli che avrebbero potuto aiutarla, e
aveva scartato in fretta i suoi fratelli e Trunks, perché
voleva che lo sapessero meno persone possibile.
Poi
aveva scartato anche Vegeta e C-18… Probabilmente la
cyborg e il principe dei saiyan avrebbero mantenuto il segreto, ma
altrettanto verosimilmente l’avrebbero mandata in ospedale in
un batter d’occhio.
Così,
alla fine, aveva optato per Crilin. Affidabile
senz’altro, e le ispirava più sicurezza.
«Boh,
penso di sì» disse alla fine
Marron. «Ma perché vuoi allenarti?»
«Per
scoprire se davvero non ho ereditato un bel niente dai
saiyan» rispose Aliys. Si morse il labbro, poi aggiunse:
«E anche perché… be’, ieri Ub
si è presentato a casa nostra».
«Cosa?»
chiese Marron. «Goku è
ancora da voi, vero?»
«Sì»
si affrettò a
rassicurarla Aliys, «è ancora da noi…
Ma oggi li ho visti lottare e… Non lo so, ho capito quanto
per mio padre è bello il combattimento, e… E
vorrei che potessimo condividerlo».
In
quel momento, ripensò a quando aveva chiesto a Goku di
allenarla. Per un istante, il ricordo dell’apparente rabbia
del padre e delle sue motivazioni la bloccò. Poi,
però, la ragazzina si accigliò.
Lei
voleva che Goku potesse ridere con lei come aveva riso con Ub.
«Capisco»
asserì Marron. «Al
momento, mio papà non è in casa, ma gli
riferirò il tutto quando
tornerà…»
Aliys
annuì, sollevata, poi si diede della stupida: la sua
amica non poteva certo vederla. «Okay» disse
perciò. «E… Marron?»
«Sì?»
«Potresti
chiedergli di non dire niente a nessuno, su questa
cosa?»
La
ragazza bionda impiegò qualche istante, prima di
rispondere, ed Aliys aspettò con una certa trepidazione.
«D’accordo»
disse Marron alla fine.
«Gli dirò che vuoi fare una sorpresa a Goku, e
perciò deve rimanere un segreto. Va bene?»
Aliys
si ritrovò a sorridere.
«Benissimo!»
Con
la conclusione della telefonata, ovviamente, arrivarono i sensi di
colpa.
La
ragazzina sapeva che se suo padre non avrebbe voluto che lei
imparasse a combattere.
Mordicchiandosi
il labbro, ripensò al discorso che aveva
origliato qualche tempo prima…
Lo sai, Gohan, all’inizio
mi sarebbe piaciuto allenarla,
proprio perché non dimostrava un particolare talento nella
potenza... Poi, però, ho parlato con Chichi. Di certo lo
saprai già, ma a vostra madre non piace il fatto che io vi
trascini nella lotta. Così, mi ha chiesto se per caso avessi
intenzione di allenare anche Al. Mi ci ha fatto riflettere, in qualche
modo. Lei è la mia unica figlia femmina. La sola che non
pareva aver ereditato alcuna dote di guerriero. Quindi, ho deciso che
lei, almeno lei, non avrebbe mai combattuto.
Esitò,
guardando il cellulare che teneva in mano.
Doveva
richiamare Marron e ritirare la propria richiesta?
Per
qualche motivo, l’idea non le piaceva.
Insomma,
sarebbe stato davvero un male, imparare qualcosa sulle Arti
Marziali? Sicuramente non sarebbe mai diventata brava come suo padre, i
suoi fratelli e i loro amici… Ma che male c’era
nel farsi insegnare un paio di mosse?
“Mi
dispiace, papà” pensò
alla fine, scostandosi un ciuffo di capelli dal volto, “credo
di avere il diritto di provare. E forse, se mai riuscirò a
diventare almeno discreta, potresti anche divertirti con me come ti
diverti con Gohan e Goten. Come ti diverti con Pan e Ub”.
Spazio dell’Autrice:
Mi piace troppo l’idea di Marron che chiama Muten
“nonno” ♥
Non dico altro: a voi il giudizio.
Ah, scusatemi se non ho aggiornato ieri: il computer era occupato (come
ho già detto a Nede, forse dovrei comprarmi un portatile o
andare a vivere da sola XD).
Comunque, appuntamento a domenica 28!
(Spero di riuscire a non spostare la data, ma visto che quel giorno
c’è la cresima di mia cugina… Boh,
vedremo :D)
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Capitolo 32 *** Aliys e Crilin ***
Capitolo 31 – Aliys e
Crilin
Il sole splendeva alto sul tetto a
spiovente della Kame House.
Per
un istante, Aliys chiuse gli occhi e si godette il calore sul
proprio volto e l’arietta fresca, ascoltando lo sciabordio
delle onde.
Attentamente,
estese la propria percezione, sino a sentire le aure
delle persone presenti sull’isolotto.
Riconobbe
subito quella di Marron, visto che ormai le era molto
familiare, e un momento dopo anche quella di Crilin e del Maestro Muten.
Ovviamente,
non sentì la presenza di C-18… In
quanto cyborg, infatti, la donna non aveva
un’aura… Aliys ricordò che in un primo
momento, da bambina, aveva trovato quell’assenza di forza
spirituale alquanto inquietante… Poi, con l’andare
del tempo, si era abituata, e la cosa non la disturbava
più…
Sentendo
che l’aura di Marron si stava avvicinando, la
ragazzina riaprì gli occhi, in tempo per vedere
l’amica uscire dalla porta della casetta.
«Al!»
la salutò Marron, con un sorriso.
Aliys
non riuscì a fare a meno di sorridere in risposta.
«Ehi».
La
biondina le si avvicinò, prendendola sotto braccio.
«Vieni» disse, trascinandola verso il bordo della
spiaggia lambito dalle onde…
Aliys
sbatté le palpebre, ma non oppose resistenza.
«Sei
tutta tesa» osservò Marron,
aggrottando la fronte e staccandosi di colpo da lei. «Ti do
fastidio?»
La
figlia di Goku le gettò un’occhiata, sorpresa
dalla sua capacità di osservazione. «No, non sei
tu» si affrettò a rassicurarla.
«È solo… So che mio padre non
andrà via, stavolta, ma… Be’, sapere
che è a casa, e che è con Ub, mentre io sono
qui… Mi mette un po’ in ansia». Si
strinse nelle spalle.
«Oh»
si limitò a dire Marron. Poi
sorrise. «Magari quando avrai messo un po’ di
muscoli su quelle braccine, sarai meno preoccupata».
Per
sottolineare le proprie parole, si tese a pizzicare la pelle di
Aliys sotto il gomito.
La
ragazzina dai capelli neri sorrise timidamente.
«È quello che spero…»
sospirò. «Perché tu non ti fai un
po’ di allenamento, Marron?»
La
biondina parve inorridire. «Stai scherzando? La mia
giornata ideale è shopping e ozio… Non sono fatta
per correre e sudare».
«Sei
un po’ monotona…»
scherzò Aliys.
Marron
rise e la colpì sul braccio. «Non
credere» la avvertì poi. «Mia madre mi
ha insegnato qualcosa per difendersi dai malintenzionati».
Aliys
la guardò, interessata. «Davvero?»
«A-ah»
annuì Marron. «Trunks e
tuo fratello dicono che non avrebbe dovuto farlo, e che sono
pericolosa… Io li ho sfidati ad andare da lei e dirglielo in
faccia… Per qualche strano motivo hanno subito ritirato
tutto…»
«Già,
per qualche strano motivo»
ironizzò Aliys, pensando all’espressione glaciale
di C-18. Da parte sua, lei non avrebbe mai, mai osato dire alla cyborg
che aveva sbagliato a fare qualcosa.
Marron
le sorrise come se le avesse letto nel pensiero, poi
batté una volta le mani. «Forse ora è
meglio chiamare mio padre e chiedergli di
allenarti…»
Aliys
la fissò. «Credevo glielo avessi
già chiesto».
Marron
scosse la testa con aria di scuse. «Be’, ho
pensato fosse meglio che glielo chiedessi tu di
persona…»
L’altra
si morse il labbro. Per quanto Crilin le sembrasse la
persona più buona e disponibile del mondo, il pensiero di
fargli la propria richiesta la innervosiva. Prima, quando aveva creduto
che lui fosse già stato informato da Marron, si era sentita
più tranquilla.
«Lo
spero» mormorò.
Marron
le fece un sorriso, poi aggrottò la fronte e
guardò verso la casa. «Oh, ciao,
papà!»
Aliys
si voltò di scatto in direzione della Kame House.
Sulla
soglia, stava un ometto piuttosto basso, con una zazzera di
capelli neri striati di grigio e due occhi scuri e preoccupati.
«Ciao,
tesoro» disse, avvicinandosi alle due
ragazze. «E ciao, Aliys… È tanto tempo
che non ti vedo… Come sta Goku? E Chichi?»
La
ragazzina accennò un sorriso. «Stanno tutti
bene… Anche i miei fratelli» aggiunse, per
prevenire la domanda che sapeva le sarebbe stata rivolta.
Crilin
annuì, poi si schiarì la gola.
«Sei venuta qui per Marron?»
«Be’…»
tentennò la
ragazzina.
«Sai,
papà» interloquì
Marron, «quando ti ho visto, ho pensato: “Parli del
diavolo, e spuntano le corna”!»
Crilin
sbatté le palpebre. «Devo
preoccuparmi?»
Marron
rise. «No» disse, per poi dare di gomito ad
Aliys.
Quest’ultima
trasse un bel respiro. «Non sono qui
per Marron» disse poi, tutto d’un fiato,
«sono qui per te».
L’istante
dopo, si diede della cretina. Perché gli
aveva dato subito del “tu”? D’accordo,
era un amico di famiglia che la conosceva da prima che lei imparasse a
camminare, però era pur sempre un adulto.
«Davvero?»
le chiese gentilmente Crilin, seppur con
aria un po’ perplessa. «Cosa posso fare per
te?»
Aliys
arrossì. «Ecco»
mormorò, «vorrei chiederti se puoi
allenarmi».
Sul
viso tondo di Crilin si disegnò un’espressione
stupita. «Allenarti?» ripeté lui.
Lei
si strinse nelle spalle. «Mi piacerebbe imparare le Arti
Marziali» riuscì a mormorare.
«Non
capisco» disse Crilin.
«Perché lo chiedi a me? Goku, Gohan e Goten sono
ben più forti del sottoscritto…»
«Ecco…»
Aliys esitò,
guardando Marron con impotenza.
La
ragazza bionda trasse un respiro profondo.
«Papà, il fatto è che Al vorrebbe fare
una sorpresa a Goku» intervenne poi. «Per questo lo
chiede a te».
Crilin
aggrottò la fronte.
«Capisco…»
«E
allora?» azzardò Aliys.
Il
padre di Marron scrollò le piccole spalle.
«Be’, io non sono un gran guerriero,
però… Se ti vado bene come maestro, sono felice
di aiutarti».
Immediatamente,
la ragazzina si aprì in un sorriso colmo di
sollievo. «Grazie!» esclamò.
«Grazie, davvero!»
Contagiato,
Crilin sorrise di rimando. «Sarà un
piacere, Aliys».
«E…
papà?» chiamò
Marron, che sembrava ancora un po’ preoccupata. «Ti
ricorderai che è una sorpresa, vero? Non dirai niente a
Goku?»
Crilin
aggrottò la fronte. «Certo che me ne
ricorderò» protestò, in tono un
po’ offeso. «Abbi più fiducia in me,
tesoro».
Marron
sorrise appena, contrita. «Scusa,
papà…» Il suo sorriso si fece
più aperto. «Lo sai che sei l’uomo
migliore del mondo, per me!»
Crilin
alzò gli occhi al cielo, e allungò una
mano verso i capelli biondi della figlia. «Certo,
certo» le disse, in tono di rimprovero. «Ora non
esagerare».
Marron
rise, ed anche Aliys si lasciò sfuggire un sorriso.
Alla
fine, Crilin si girò verso la figlia del suo migliore
amico. Non per la prima volta, pensò che Aliys somigliava
sì a Chichi, ma anche a Goku.
E
se era simile a suo padre anche nella potenza…
Be’, lui pregava solo di non collezionare qualche brutto
livido durante i loro allenamenti.
Scosse
la testa. Stava correndo troppo. Per ora, Aliys era solo una
ragazzina, mezza saiyan, certo, ma pur sempre una ragazzina…
E finora non era mai stata addestrata nelle Arti Marziali.
«Okay»
disse Crilin, sfregandosi le mani.
«Dammi solo qualche giorno per organizzarmi, e poi inizieremo
con l’allenamento».
Aliys
gli rivolse un sorriso grato.
«Chissà…»
aggiunse Crilin,
meditabondo, ripensando agli esercizi che il Maestro Muten aveva
propinato a lui e a Goku. «Forse dovrei farti distribuire del
latte».
«Del
latte?» ripeté Aliys, chiaramente
sconcertata.
Crilin
agitò una mano. «Lascia perdere».
Si portò un pugno sotto il mento, riflettendo.
«Intanto, visto che ormai sei arrivata sin qui…
che ne dici di entrare a far merenda?»
Pur
non avendo ancora mostrato grandi doti da guerriera, Aliys era
sempre una mezza saiyan, giusto?
Tanto
più che, dall’appetito di Marron, gli
sembrava che le ragazze in generale fossero sempre affamate…
Anche se, sempre nel caso di Marron, cercavano di trattenersi per non
ingrassare troppo…
In
quel momento, la voce di Aliys ruppe il silenzio, spazzando via ogni
dubbio.
«Mi
piacerebbe tantissimo!»
Crilin
sorrise. Di lì a poco, avrebbe assistito alla prova
inconfutabile che quella ragazzina era veramente la figlia di Son Goku.
Spazio dell’Autrice:
Yes, I know.
Il capitolo è breve, ma negli ultimi giorni ho
incredibilmente avuto un po’ di vita sociale (oh, yeah XD), e
oggi, data la cresima di mia cugina, sono tornata a casa
tardi… E poi, lo ammetto, mi sono fatta distrarre da
internet (cattivo, tumblr, cattivo!).
Gli allenamenti di Al non sono ancora iniziati, ma spero che il primo
accenno del rapporto con Crilin non vi abbia annoiato (e spero anche di non aver fatto un pasticcio col migliore amico di Goku!) ^^”
A domenica 5 maggio!
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