Flashback to '60

di Michelle Diamonds
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non saprei dire di preciso come finii lì, ma di sicuro era successo qualcosa di strano, straordinario. Il mio telefonino segnava le 13:10, ma l’orologio della stazione dove mi trovavo sosteneva fossero le 12:10. E comunque, non ricordavo nemmeno di essere andata alla stazione. Sentivo un po’ di freddo: indossavo una maglietta a maniche corte grigia con sopra una felpa dello stesso colore, un paio di jeans scuri e ai piedi avevo le mie sneakers bianche; eppure ricordavo che ci fosse il sole, non che tirasse il vento; dopotutto, a Maggio a Viterbo è più che normale. Tuttavia, mi resi presto conto di non trovarmi nella mia città. Mi accorsi di avere ancora il mio zaino di scuola in spalla, così controllai di avere tutto a presso a me; dentro non c’era molto, avevamo avuto una giornata piuttosto fiacca: il libro di letteratura inglese, block notes, astuccio, portafogli, specchietto, spazzola, fazzoletti, burro di cacao, mascara, elastici per capelli, ipod, caricatore per cellulare, ombrello e il mio giacchetto impermeabile bianco ripiegato. Stavo giusto tornando a casa quando mi sono ritrovata da un’altra parte. Il bello era che era accaduto all’improvviso. Intorno a me sentivo parlare solo inglese, britannico per la precisione. Era tutto … diverso. Persino la gente, vestiva in modo differente.
     Decisi di muovermi per cercare di capirne di più. Mi diressi verso l’uscita della stazione e vidi appeso in un ufficio un calendario. Strinsi gli occhi per vedere meglio e mi accorsi che era effettivamente il 2 Maggio, ma dell’anno 1964. Sbarrai gli occhi. Effettivamente, tutto intorno a me sembrava assomigliare a quell’epoca: le auto, le strade, il modo di vestire. Uscii, per vedere in che città mi trovavo: così, percorsi pochi metri, trovai la risposta. Liverpool.

     Ero capitata nel bel mezzo degli anni ’60 inglesi. Leggere il nome della città che da tempo sognavo di visitare non poté non portarmi a un’ovvia deduzione, anche se in quel momento quello non era il primo dei miei pensieri. Mentre io avevo trascorso quei pochi minuti a raccapezzarmi, avevo attirato gli sguardi curiosi della gente, che mi guardava come venissi da un altro pianeta. O un’altra epoca.
Decisa ad andare in fondo alla faccenda, rientrai in stazione e chiesi informazioni a un sorvegliante:
- Ci troviamo a Liverpool e sono le 12:17 della mattina, per la precisione.
Mi aspettavo una simile cortesia da un inglese, anche se non poteva nascondere un nota perplessa della sua voce.
- Ecco, sono un po’ smarrita e … Perdoni la domanda, potrebbe dirmi per cortesia se poco fa è successo qualcosa di … strano?
- Strano?  – mi rivolse uno sguardo come a dire “Qui quella strana sei tu” – Mi dispiace, posso solo dirle che tra circa cinque minuti arriveranno i Beatles qui in stazione …
- I Beatles???
     Ecco, quel pensiero che poco prima mi aveva solo sfiorato ora rischiava di farmi andare fuori di testa. I Beatles erano il mio gruppo preferito (insieme ai Green Day) da quando avevo all’incirca cinque anni. Quelle voci mi avevano letteralmente incantato e a volte potevano mettere in seria discussione la mia sanità mentale. Come ora, del resto, dato che avevo ormai appurato di trovarmi proprio nell’anno in cui i Beatles erano già famosissimi e in procinto di rilasciare il loro terzo album, A hard day’s night.
- Sì, però se vuole vederli dovrà correre … Anche se penso che sarà piuttosto inutile, scendono dal treno salgono in un’auto, o viceversa. Succede sempre con loro, hanno sempre una folla di ragazze intorno che assorda le orecchie, tanto sono forti le loro urla …
Risvegliandomi con impeto dall’incanto di quella notizia, ringraziai frettolosamente il sorvegliante e corsi via alla velocità della luce.
- Binario 5!! – sentii la voce dell’uomo in lontananza che gridava verso di me. Riuscii a comprenderlo, ma a me, che avevo già visto il film che i Fab Four avrebbero girato di lì a poco, bastava seguire le fan che correvano in un’unica direzione e che aumentavano a ogni passo che facevo. Il pensiero di poter anche intravvedere i Beatles mi assillava e mi faceva correre sempre più veloce, riuscendo anche a superare l’imbarazzo che mi causavano i jeans in mezzo a così tante gonne.
     Arrivai al binario 5, ma la folla era tale che occupava l’intera banchina per diversi metri. Non era saggio infilarsi lì dentro, perciò cercai di spostarmi verso l’esterno. Capii che la mia intuizione era esatta, anche perché tra le fans cominciavano a serpeggiare intuibili novità. I Beatles erano già arrivati, il treno era arrivato in anticipo, anche se di pochi minuti. Continuai a correre e girai a molte svolte in un disperato tentativo. Tuttavia, avevo capito che ormai c’era poco da fare. Sicuramente erano già in viaggio per chissà dove, Londra magari.
     Nonostante questa quasi piacevole parentesi, la mia intenzione rimaneva la stessa che avevo avuto dall’inizio: tornarmene da dove ero venuta. Il pensiero dei Beatles difficilmente avrebbe potuto fermarmi, anche se erano il sogno irrealizzabile di una vita: mi rendevo benissimo conto che erano introvabili e inavvicinabili, come d’altra parte mi ero sempre immaginata. Eppure trascuravo il fatto che non avevo la minima idea di come andarmene via dagli anni ’60 per tornare nel 2013. In sintesi, mi trovavo in una situazione abbastanza disastrosa.
     All’improvviso, qualcuno decise di svegliarmi di nuovo dai miei pensieri; o meglio, lo volli io, dato che andai a sbattere addosso a uno sconosciuto, e l’urto rischiò quasi di farmi cadere.
- Ehi, tutto bene? – mi chiese.
- Sì sì, mi scusi, avevo la testa tra le nuvole …
In quel momento, alzai gli occhi (non saprei dire se fortunatamente o malauguratamente) e mi trovai davanti un volto conosciuto che mi mozzò le parole in gola.
- P-P-Paul McCartney??
Ero incredula. Penso che una persona normale avrebbe urlato in un simile momento, ma non era mia abitudine; lo stavo solo fissando, ormai convinta che una simile assurdità fosse frutto solo di un sogno, quando vidi gli altri tre che sbucavano da dietro le spalle di Paul.
- Come stai? – mi chiese John.
- B-bene … - balbettai.
-Sembra tu sia una nostra fan! – rise George.
- Sì … E credo proprio di essere diventata pazza … - mormorai.
Paul, John e George si scambiarono un’occhiata perplessa, mentre Ringo probabilmente pensava davvero di telefonare a un manicomio, visto il modo in cui mi fissava.
- Non sei di qui? – mi chiese di nuovo John.
- No, infatti … E’ che … Bah, storia lunga. Sinceramente, non ci capisco niente nemmeno io.
Improvvisamente sentii delle urla in lontananza, che crescevano sempre di più. Riconobbi negli occhi dei quattro quello che speravo non fosse.
- Oh, no! – esclamò Paul.
- Dai muoviti, o non ce la facciamo a prendere il treno! – mi gridò George, prendendomi la mano e fuggendo via al seguito di John.
- Corri, Ringo! – gridò Paul, venendoci dietro.
In un lampo, fummo sul treno tutti e cinque. Nel giro di pochissimo, mi ritrovai seduta sulla poltroncina di un treno che correva verso chissà dove, circondata dai Beatles. Probabilmente trascuravo la mia priorità di tornare a casa, ma, considerato il fatto che non sapessi minimamente dove mettere le mani, quel viaggetto con i miei miti di sempre non poteva certo nuocermi. Guardai fuori e fissai il mio riflesso per un secondo. Nonostante mi rifiutassi di credere in quella assurda situazione, ero quasi al settimo cielo. Forse era proprio quell’assurdità che mi faceva sentire stranamente libera da ogni vincolo, come se in quel momento avessi potuto seguire qualsiasi via avessi scelto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


- Ce l’abbiamo fatta – sospirò John, stirandosi sul sedile. Poi si voltò e mi chiese:
- Allora, perché non ci racconti qualcosa di te?
- Certo – risposi ricomponendomi – Ma prima posso chiedervi qualcosa io?
- Fai pure.
- Perché mi avete trascinato su questo treno? Non che mi dispiaccia, è che … Non mi conoscete neppure …
- Sai, ci sei sembrata in difficoltà, veramente confusa … - fece Paul.
- Senza contare che quelle fan ti avrebbero sicuramente travolta … E poi ci stai simpatica – continuò George con un gran sorriso.
- Poi ci hai detto di non essere di qui … Da dove vieni? Sei americana, per caso? – mi chiese John.
- Ecco, in realtà no, io sono italiana, vengo da una città vicino Roma.
- Wow, è questa la moda in Italia? – fece Ringo, squadrandomi, anche se non con cattiveria.
- Sì … Ma … E’ difficile da spiegare. Vi giuro, sono in una situazione abbastanza problematica.
- Ehi, perché non vieni a stare con noi? Sai che stiamo per girare un film? – fece John tutto orgoglioso.
- Ah sì? E dove? – chiesi, cercando di fare la faccia interessata alla “novità”.
- A Londra! Non vedo l’ora!
Sorrisi. Ero proprio a pochi giorni prima dell’inizio delle riprese. Sarebbe stato fantastico assistervi.
- Allora, possiamo contare su di te? Ci farai compagnia! – mi chiese Paul.
- Ehm … Va bene, se insistete … - risposi un po’ imbarazzata.
George si voltò a guardare Ringo, che guardava fuori dal finestrino, e che sembrava tra il pensieroso e il turbato.
- Ehi, Ringooo?? Sei sveglio?
- Eeeeh?! Non c’è bisogno di urlare così! – sobbalzò lui.
- Che hai oggi? Hai perso il tuo sorriso?
- Certo che no!
- E allora fallo vedere alla nostra ospite!
- Ok … - Detto questo si voltò verso di me (mi sedeva accanto) e sfoggiò un sorriso a trentadue denti, così bello che non si era mai visto. Fortunatamente, ero seduta. Io però già conoscevo quel sorriso. E conoscevo perfettamente il futuro che li aspettava. Questo un po’ mi spaventava: immischiandomi nella loro storia avrei potuto cambiare qualcosa? Avrei potuto peggiorarla? Per ora, ci conoscevamo appena; non potevo combinare troppi danni. Avrei solo potuto cercare di migliorare qualcosa, ma ero ancora un po’ timorosa riguardo a questa idea.
     Il viaggio verso Londra durò qualche ora e io le trascorsi piacevolmente in compagnia dei miei miti di sempre. Io non ero più timida e ormai avevo fatto amicizia con tutti e quattro. Finalmente ebbi l'occasione di conoscere in prima persona le battutine di John, la dolcezza di Paul, la fame di George e i leggendari occhi azzurri di Ringo. E anche la sua macchinetta fotografica, dato che non perse tempo a scattarmi un paio di foto. Raccontai molte cose su di me, dalla mia passione per il canto ai miei gusti e preferenze. Cercavo sempre di non toccare qualche argomento che riguardasse il futuro in modo diretto. Tuttavia, videro il mio telefonino e dissi loro che era una nuova tecnologia in prova. C’erano moltissime cose che avrei potuto raccontare; ma preferii restarmene in silenzio. Purtroppo il mio atteggiamento li insospettiva non poco e sicuramente mi trovavano davvero molto strana.
- Comunque tu non sembri come una di quelle fans isteriche … - disse a un certo punto John.
- Già, diciamo che ho imparato a trattenermi – risposi con un sorriso. Del resto, già il viaggio nel tempo mi pareva del tutto inverosimile: avrei solo potuto aspettarmi di incontrare i Beatles.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Non l'avevo nemmeno vista. Invece era davanti a me, e io sono andato a sbatterle addosso come uno stupido, essendo intento a guardarmi alle spalle. Per fortuna, non è caduta. Poi quando ha alzato gli occhi, ci ha riconosciuto e si è immobilizzata. Comunque, non le ho fatto male. Ci ha detto di non essere di Liverpool. Prima che potessi anche fare un solo pensiero, abbiamo sentito le urla delle fans che si avvicinavano. Ormai esasperati dalle continue corse, ci siamo dati di nuovo alla fuga, stavolta per ritrovarci tutti sul vagone del treno. Lì, mi sono accorto che George aveva portato con noi la ragazza che avevo urtato e io ne fui felice, anche perché sembrava veramente smarrita e senza idea di dove andare, e magari noi le avremmo potuto dare una mano.

Ero proprio dietro a Paul. Mentre ci avviavamo verso il nostro binario, lui, distratto com’è, è andato a sbattere contro una ragazza che camminava nella direzione opposta alla nostra. Poi si è fermato e le ha chiesto se stava bene: comunque, non era caduta, ma appena ha alzato gli occhi, si è bloccata. Probabilmente era una nostra fan, ma stranamente non si era messa a urlare. Sarà che era un po’ sconvolta, dalla faccia si vedeva che non sapeva dove andare. Quando poi ho sentito le fans che correvano verso di noi, sono filato via: gli altri mi hanno seguito e George ha portato a bordo anche la nostra fan.

Stavamo camminando a passo svelto per prendere il treno. Avevamo seminato momentaneamente le fans, in modo da poter salire in pace e andarcene a Londra. Quando all’improvviso, Paul si è fermato: era andato a sbattere addosso a una ragazza. Lei ci ha riconosciuto ed è rimasta quasi immobile. Ci ha detto di non essere di lì, sembrava smarrita. Purtroppo abbiamo sentito di nuovo le urla delle fans avvicinarsi, così ho preso la mano della ragazza e l’ho portata sul treno con noi, per paura che la trascinassero via. Era davvero simpatica: mi ha anche offerto una gomma da masticare.

Mi era saltata subito all'occhio, perché vestiva in modo … non strano, ma diverso. E camminava a testa china, aveva uno zainetto nero in spalla. Ma quando Paul le era andato addosso, l’aveva fatta quasi cadere. L’ho guardata meglio. Aveva i capelli castani scuri, lisci e lunghi fin sotto le spalle. Sulla pelle chiara brillavano due occhi verde smeraldo. Portava gli occhiali, la frangetta e un nastrino verde chiaro tra i capelli che le passava dietro le orecchie. Indossava un paio di jeans blu scuri, una maglietta e una felpa grigia e delle scarpe da ginnastica bianche. Aveva l'aria un po' spaesata e sbarrò gli occhi appena ci vide.
Era davvero bellissima, anche se non riuscivo a nascondere il turbamento che mi provocava.
C’era qualcosa in lei ... Come se non appartenesse alla nostra epoca.
Ero quasi pietrificato da quella strana vista, quando abbiamo sentito delle urla che diventavano sempre più forti: prima che potessi accorgermene, già correvamo via e salivamo sul treno, e ci trascinavamo dietro la misteriosa ragazza.
Abbiamo deciso di farla restare con noi, dato che non era del posto. Ci ha raccontato molto di sé: per esempio, era italiana, aveva 17 anni, il suo compleanno era a Novembre, adorava cantare, in particolare le nostre canzoni, e desiderava da molto tempo andare a Londra. Si chiamava Chiara.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Poco dopo, vennero ad avvertirci che nel giro di dieci minuti saremmo arrivati alla stazione di Londra, dove ci aspettava un taxi. Così prendemmo le nostre cose. Paul in quel momento mi disse:
- Mi raccomando, restaci vicina se non vuoi perderti, o, peggio essere schiacciata tra la folla. Appena scendiamo, seguici, ci precipiteremo nel taxi che ci sta aspettando.
Io annuii e, appena le porte del vagone si aprirono, ci fiondammo fuori. Era proprio come in una scena del film: le fans si erano ammucchiate tutte a una ventina di metri di distanza e, appena ci videro scendere, cominciarono a urlare e a correre verso di noi. Questa volta fu Ringo a salvarmi, afferrandomi per il braccio e trascinandomi via a una velocità impressionante. Dovevano essere proprio abituati a correre, ma nemmeno quelle ragazze urlanti erano da sottovalutare. Ci tuffammo quasi letteralmente in un’auto in sosta che corse via appena fummo tutti dentro: John si era seduto sul sedile anteriore, accanto all’autista, mentre Ringo, io, George e Paul ci ritrovavamo compressi nei posti dietro.  Dopo poco, arrivammo all’albergo dove avremmo alloggiato.
Quando scesi dall’auto, rimasi estasiata e mi guardavo intorno, stupita dalla bellezza di quel posto: eravamo nel centro di Londra e la via era piena di alberi e fiori appesi ai lampioni e già intravvedevo un paio di cabine telefoniche che si trovavano a pochi metri di distanza sul marciapiede opposto. Era tutto stupendo. Era come vedere una vecchia fotografia, non in bianco e nero, bensì a colori, ed è così bella che con la mente si viene trasportati in essa. Quasi non mi sembrava possibile che quegli anni avessero dei colori: sembrerà anche un’affermazione stupida, ma a trovarsi lì dentro è un’altra cosa . Tutto ciò, però accadde in un paio di secondi, perché i Beatles mi invitarono subito a seguirli all’interno dell’albergo; così mi misi lo zaino in spalla e li seguii.
All’inizio,pensavo che sarebbero stati dei problemi riguardo ai posti letto della stanza prenotata a nome dei quattro ragazzi, e pertanto chiesi una stanza singola, ma mi fu detto che la stanza prenotata era per cinque, perciò potevo anche alloggiare nella loro stanza, se non mi dava fastidio. Su insistenza dei diretti interessati, accettai volentieri quest’ultima condizione, dopodiché salimmo. Quando John aprì la porta, non potei trattenere un’esclamazione di stupore: mi trovavo nella stanza che avrebbe ospitato a breve le riprese di A hard day’s night, ovvero la camera d’albergo dei Beatles. Toccai il divano, sfiorai i tasti del pianoforte, mi guardai allo specchio e vidi le stanze non mostrate nelle scene del film.
Tutto quello che stavo vivendo aveva dell’irreale e dell’impossibile, eppure mi ci trovavo realmente. Avevo, in un certo senso, realizzato il mio sogno di sempre: vivere nell’epoca dei Beatles. Tuttavia, mi trovavo lì (seppur involontariamente) sottraendomi alla realtà a cui appartenevo, per errore o per effetto di qualche strana magia o giratempo, non aveva importanza. Nonostante avessi voluto rimanere lì per sempre, avevo paura: una parte di me voleva tornare all’epoca in cui era giusto che stessi. Riflettevo soprattutto sul perché di un simile accaduto: perché ero stata trasportata lì? E come? Poi, come l’avrei messa con i ragazzi? Se avessi detto loro che venivo dal futuro, come avrebbero reagito? La cosa migliore era tacere e aspettare di risolvere la questione. Non solo temevo di combinare qualcosa di letteralmente storico, dato che i Beatles stessi ne facevano parte a pieno titolo, ma probabilmente non avevo il coraggio di sfuggire ai miei doveri che avevo nella mia realtà per rifugiarmi nei miei sogni dove potevo fare ciò che volevo.
Mentre mi scervellavo su quegli interrogativi, i Beatles non avevano fatto caso alla mia emozione di fronte a quella apparentemente semplice camera d’albergo, si erano già abituati alla mia “stranezza”. Anzi, erano andati a esplorare la loro nuova stanza, come dei bambini curiosi ed eccitati per una nuova esperienza. Già si erano buttati sui letti, ci avevano saltati sopra, avevano aperto armadi e cassetti, curiosato tra gli oggettini omaggio che si trovavano in bagno e Paul non aveva perso l’occasione di provare il pianoforte, strimpellando allegramente una musichetta che non avevo mai sentito.
La nostra stanza era composta da un grande soggiorno, due bagni, cinque stanzette da letto e un piccolo ripostiglio. Più che altro sembrava un mini-appartamento. Ci dividemmo le stanze e io andai a vedere la mia: anche se non era molto grande, era veramente carina. I ragazzi inoltre misero un bagno in comune per loro quattro e diedero l’altro a me. Quasi mi sentivo in colpa: erano davvero disponibilissimi con me.
Sistemate le nostre cose, ci sedemmo sul divano a riposare un po’.
-Comunque tra poco dovrebbero portarci su gli strumenti … -disse John.
-Fantastico! –esclamò Ringo che non vedeva l’ora di mettere tra le dita le sue adorate bacchette.
-Così possiamo farti sentire qualcosa … - mi disse Paul – Tanto dovremmo cominciare provare alcuni pezzi prima di iniziare le riprese.
-Che bello, mi piacerebbe davvero molto! – ero davvero felice, stavo per sentire i Beatles suonare dal vivo, stando in mezzo a loro e senza le assordanti urla proprie del pubblico della band. E pensare che io ero nata nel 1995, perciò avevo nel DNA la rassegnazione di non poterli mai sentire tutti insieme dal vivo.
-Sentite – chiesi – vi dispiace se vado in bagno a darmi una sistemata? Non ci metterò molto.
-Certo che no! Fai pure con comodo – mi disse John in tono tranquillo. – Non faremo nulla di male.
Alzai un sopracciglio, quasi conoscessi già cosa avesse intenzione di fare John. Poi, resa fiduciosa dallo sguardo di Paul, realizzai che lo diceva per prendermi in giro, così presi alcune cose dal mio zainetto, lasciandolo aperto su una sedia del salotto, poi mi diressi verso il bagno.
John aveva la fama di essere un monello e di certo non stava deludendo quelle aspettative. Tutti avevano già preso confidenza con me e io con loro. Si stavano dimostrando dei giocherelloni immaturi, proprio come li avevo conosciuti tramite i loro film e i loro video musicali. Mi faceva comunque male vederli in quel momento così uniti e pensare a come avrebbero rotto in futuro. Tuttavia, quelli di fronte erano esattamente i Beatles che volevo conoscere, quelli scherzosi e divertenti, che si lasciavano andare, che ridevano. Era il tipo di atmosfera in cui sognavo di vivere da anni.




                                                                                                      **********

Salve a tutti! So di non essermi mai fatta viva, chiedo scusa per questo.
Innanzitutto, vi ringrazio per le parecchie visualizzazioni che stanno ricevendo i capitoli di questa fan fiction, mi fa molto piacere. Mi piacerebbe comunque che qualcuno mi faccia avere la propria opinione, qualunque essa sia, non vergognatevi. Fatemi sapere se la storia vi piace!
Ho dimenticato di avvertirvi che potreste incontrare incongruenze tra la fan fiction e i fatti accaduti realmente. Non sorprendetevi: penso che ormai avrete capito come è sviluppata la storia, perciò se c’è qualcosa che non coincide, ho cambiato per mia comodità.
POSTERO' I CAPITOLI IN MODO PIUTTOSTO DISCONTINUO, POICHE' NON SEMPRE RIESCO A SCRIVERE. SICURAMENTE LA SITUAZIONE PEGGIORERA' A META' SETTEMBRE, DATO CHE MI ATTENDE IL QUINTO ANNO DI LICEO.
Un'ultima cosa: non aspettatevi sempre questi miei commenti sotto i capitoli. Mi piace vedere i capitoli ordinati e senza roba superflua.
Un saluto a tutti, spero di vedervi sempre più numerosi e aspetto le vostre recensioni!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


- Secondo voi, abbiamo fatto male a portarla con noi? – esordì John.
- Perché? E’ una ragazza tanto carina! – disse Paul.
- E mi ha anche dato una gomma da masticare! – esclamò George raggiante, che sembrava non volerla sputare per nessuna ragione al mondo.
- E tu che dici, Ringo? – mi chiese John, vedendo che me ne stavo in silenzio.
- Dico che avete ragione riguardo al fatto che sia molto carina e simpatica, ma … ecco, secondo me, è un po’ sospetta – dissi calmo.
- Che intendi con “sospetta”? - mi chiese Paul con un’aria interrogativa.
- Paul, come fai a non averci fatto caso? Prima di tutto: non che non stia bene, ma avete visto che vestiti … strani? Io non ne ho mai visti di simili. E poi cosa fa in giro per Liverpool con uno zaino?  Inoltre, direi che fosse abbastanza smarrita quando l’abbiamo vista, azzarderei a dire totalmente confusa …
- Questo perché siamo i Beatles, e lei è una nostra fan! – fece Paul orgoglioso.
- Non intendevo questo, Paul – ribattei – ma parlavo del fatto che alla stazione non sapeva minimamente dove fosse. E poi, quando è entrata qui … Non è che io abbia prestato molta attenzione, ma dalla sua reazione sembrava che fosse già stata qui …
- Dì un po’, Ringo, che hai oggi? – rise George.
- Beh, in effetti non che io possa darti torto, – disse John, reso finalmente serio dal mio ragionamento – Non posso fare a meno di pensarci … Ma come può essere possibile una cosa del genere?!? – esclamò a un tratto, alzandosi di scatto dal divano.
- Ehi, e quello? – John aveva visto che dallo zainetto aperto di Chiara sbucava un angolo di un libro.
- John, non credo che sia una cosa bella frugare nei bagagli degli altri … - lo rimproverò Paul.
- Zitto, guastafeste – lo azzittì John - E poi non sto frugando da nessuna parte, questo libro è già mezzo fuori, e io sono curioso – continuò, tirando fuori il libro.
- Oh, credo che concluderai parecchio con un libro scolastico! – rise George, intuendo il genere di libro che John aveva in mano.
- Zitto e fammi posto – ribatté John, sedendosi sul divano – “Literary Highlights”? Wow, questo sì che è un volume interessante … Letteratura inglese … La ragazza ha gusto, non sapevo che la insegnassero in Italia … – continuò scherzoso. Sfogliò le prime pagine, finché non giunse a Shakespeare e si mise a declamare versi sparsi, passando da “Romeo e Giulietta” ad “Amleto”. Quando si decise a smettere di fare lo sciocco, continuò a sfogliare tranquillo il libro di Chiara. A un certo punto, vidi che era arrivato alle ultime pagine e la sua faccia era diventata turbata.
- Ragazzi, qui ci siamo noi – disse piano. Io e Paul ci avvicinammo: John stava guardando una nostra foto, scattata l’anno precedente.
- Non sapevo fossimo finiti sui libri di scuola … - mormorò George, che sbirciava accanto a John – Un momento! -  esclamò -  Qui dice che questa poesia è stata scritta nel 1967, e non mi sembra che quest’anno sia passato …
John sembrava sempre più preoccupato. Andò avanti con le pagine, finché non lo vidi che era quasi sbiancato.
- Ragazzi …  - mormorò – io non ricordo di essere morto nel 1980 … E non ricordo nemmeno che quest’anno sia il 2005! – esclamò chiudendo di scatto il libro e fissando allibito la data di pubblicazione.
Ora ero seriamente preoccupato. Quel libro era forse uno scherzo? Chiara ci doveva senza dubbio una convincente spiegazione. Mi sembrava di stare in un incubo, qualcosa di irreale e assurdo e mi diedi un pizzico sul braccio nella speranza di svegliarmi. Ma nulla accadde.

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