Sheila

di Fairy21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** NLDL ***
Capitolo 3: *** Sono "normale" ***
Capitolo 4: *** Nuovo look, Nuova Lila ***
Capitolo 5: *** Luck è solo un ragazzo ***
Capitolo 6: *** Luck mi rende felice ***
Capitolo 7: *** È la tua serata, goditela principessa ***
Capitolo 8: *** Spero tu venga con me ***
Capitolo 9: *** Che cosa ho fatto di male? ***
Capitolo 10: *** Io no ***
Capitolo 11: *** "Cercasi Aiutante" ***
Capitolo 12: *** Effetto Lila ***
Capitolo 13: *** Non lo abbandonerò anch’io ***
Capitolo 14: *** Fidati di me ***
Capitolo 15: *** Mi ha persa ***
Capitolo 16: *** Io e te ***
Capitolo 17: *** Il nostro segreto ***
Capitolo 18: *** Un passo alla volta ***
Capitolo 19: *** Il mio Derek ***
Capitolo 20: *** Un attimo ***
Capitolo 21: *** La cosa non è reciproca ***
Capitolo 22: *** Dove vi porto? ***
Capitolo 23: *** Questo è solo l'inizio ***
Capitolo 24: *** In mezzo al nulla ***
Capitolo 25: *** Meglio così ***
Capitolo 26: *** Niente è più come prima ***
Capitolo 27: *** Indimenticabile ***
Capitolo 28: *** Sarà il nostro segreto ***
Capitolo 29: *** La punta di New York ***
Capitolo 30: *** Tutto sotto controllo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Mi chiamo Lila, in realtà il mio vero nome è Sheila Margaret Montgomery ma per gli amici solo Lila.

Vivo in New Jersey con la mia famiglia da circa otto anni, da quando ci siamo trasferiti dalla splendida New York.

Sono una ragazza normale, vado a scuola, faccio i compiti, esco con le amiche, ma una cosa mi contraddistingue dalle altre ragazze: sono vergine.

In effetti, ai giorni nostri è una cosa rara che una ragazza di diciotto anni lo sia ancora e questo mi rende un esemplare. Proprio questo mi rende infelice perché gli esemplari sono specie rare, destinate all’estinzione e io non voglio fare la fine degli orsi polari. Tutte le mie amiche non lo sono più ormai da qualche tempo, ed io? Perché io no? Che cosa ho in meno delle altre?

Be forse cosa ho in più. Sono un po’ più robusta del normale tanto che da piccola mi chiamavano “La balenotta dai capelli rossi”. Sì i miei capelli sono rossi, di un rosso vivo come il fuoco e sono “naturali” non come quelli delle ragazze con la tinta… Ma una cosa mi piace del mio corpo: gli occhi. I miei occhi verdi, di un verde acceso come i prati dell’Irlanda. Be almeno questo.

La mia famiglia è un po’ stramba, mio padre è sempre in giro per lavoro e mia madre sta cercando di disintossicarsi dall’alcool; poi c’è mia sorella, la causa dei miei problemi a scuola. Lei è l’opposto di me: alta, magra, con quei capelli di seta di un colore indefinito che assomiglia al castano.

Be però i suoi occhi non sono per niente belli come i miei, sono castani come la maggior parte delle persone. Lei somiglia molto alla mamma, io invece tutta papà. C’è solo una differenza tra noi due: lei è bella io no. Be forse c’è ne è più di una lei è la tipa più famosa della scuola ed io la balenotta dai capelli rossi. Tra i corridoi, quando arriva lei, cala un silenzio di venerazione e le file si aprono formando una passerella, come se stesse per passare una modella. Be in effetti, da piccola lo faceva, la mamma la faceva partecipare a molti eventi, ed io? Ovviamente no.

Da quando abbiamo lasciato New York per motivi di lavoro di papà, la mamma ha cominciato a bere, in effetti, ha dovuto lasciare la sua famiglia e il suo amato lavoro per trasferirsi in una fredda cittadina come Millville in New Jersey. Mamma era una ballerina molto acclamata del teatro Metropolitan di New York. Ama la danza forse più di me e mia sorella e abbandonarla le è costato molto caro, difatti è entrata nel giro degli alcolizzati. Adesso sta cercando di uscirne ma non è facile per lei. Ha provato a entrare in una compagnia qui a Millville ma niente. Però ha un’altra passione che un po’ la distrae: il giardinaggio. Infatti, a volte lavora nei giardini dei vicini ma il nostro ovviamente è il più bello del quartiere. Tutti si fermano a guardarlo almeno per qualche istante, come si può non notare una tale bellezza come le rose che sbocciano a primavera? Be io forse sono di parte ma i vicini ci fanno sempre i complimenti e quindi sarà vero. Amo i fiori forse perché sbocciano nella mia stagione preferita: la primavera.

In primavera sbocciano anche gli amori ma ovviamente non per me. Io sono una ragazza un po’… all’antica. Credo nel vero amore e l’aspetto ogni giorno. Sono una romanticona, piango sempre nei film con il lieto fine. Forse le mie aspettative in quanto ai ragazzi sono troppo alte, forse dovrei abbassare un po’ il livello. Le mie amiche mi dicono sempre che l’amore è dietro l’angolo, sono io che gli passo davanti senza nemmeno fermarmi. E forse hanno ragione, forse è questo il motivo del mio “problema”.

 

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Capitolo 2
*** NLDL ***


NLDL

<< Lila, Lila, svegliati è tardi devi andare a scuola, non hai sentito la sveglia? >> chiede mamma.

<< Mamma ti prego chiudi le finestre, resto a letto ancora un po’ e poi mi alzo >>rispondo ancora dormendo.

<< Lila sono le 7.45 e l’autobus sarà qui tra poco, sbrigati >> dicono.

<< C-cosa? Le 7.45? Non può essere mi ero appisolata un momento e… >> rispondo sconvolta balzando giù dal letto.

Mi sbrigo più che posso, metto i primi vestiti che trovo nell’armadio, lego i capelli in una lunga treccia e m’incammino verso la fermata dell’autobus rosicchiando un toast. Lo vedo arrivare e salgo su al volo, per poco non lo perdevo. Appena arrivata sull’autobus, vedo Alice in fondo e mi siedo accanto a lei. Io e Alice siamo amiche fin da quando sono arrivata qua a Millville. Lei abita due isolati prima di dove vivo io quindi in pratica siamo cresciute insieme. Alice è per me più di un’amica, è una sorella, qualcuno di cui mi posso fidare e raccontare tutto di me.

<< Ehi Lila, come stai? Sembri stanca che ti è successo? >>dice vedendomi.

<< Ciao ho fatto una corsa da casa per prendere l’autobus in tempo, non ho sentito la sveglia >> rispondo.

<< Tipico di te >> dice scherzosa.

Mi offre una cuffia dell’ipod e insieme ascoltiamo le nostre canzoni preferite. Amo la musica, non potrei vivere senza. Mentre scendo dall’autobus per entrare a scuola con Alice vedo Samantha, mia sorella, con le sue “amiche”. Io le definirei più tirapiedi ma per lei sono delle buone, care e vecchie amiche. Sam non prende l’autobus, lei ha sempre un passaggio o dal suo nuovo ragazzo che cambia ogni settimana o da una delle sue “amiche”. Ed io invece no, devo prendere l’autobus o i mezzi pubblici per spostarmi o fare qualsiasi cosa. In realtà ho la patente da due anni e i miei mi avevano regalato una macchina per il mio sedicesimo compleanno, ma sono un disastro con la guida, così è lì in garage e probabilmente Sam la vorrà subito dopo aver preso la patente, cioè tra poco.

Io e Alice le passiamo davanti ma lei quando è con qualcuno non ci guarda nemmeno, ovvio ne potrebbe risentire la sua reputazione. Arriviamo in classe, ci sediamo ai nostri posti ed eccolo che arriva lui, Luck Miller, il tipo più bello della scuola. Lui ed io siamo nella stessa aula di chimica e stranamente lui mi parla, anche se solo prima dei test in classe. Vabbè ma almeno lui si è accorto che esisto, in effetti, è venuto a casa qualche volta a cena quando era fidanzato con Sam, quindi come poteva non notarmi. È stato davvero imbarazzante. Vederlo seduto difronte a me a tavola a mangiare il famoso arrosto della mamma che cucina solo per occasioni speciali. Per fortuna la “coppietta” è durata poco, come del resto tutte le storie di Sam.

Lei ha una lista lunga chilometri di fidanzati, io solo il titolo “I miei amori” e basta. Tutto il resto della pagina è bianco. 

 

È bello tornare a casa dopo una lunga giornata di scuola, soprattutto oggi che torna papà. È da circa tre settimane che non ci vediamo e non vedo l’ora che arrivi. Lui è un famoso avvocato newyorkese ma è stato costretto a trasferirsi qui a Millville dopo aver perso una causa a New York che gli è quasi costata la carriera.

<< Lila la porta >> urla mamma dalla cucina.

<< Arrivo >> rispondo.

Corro giù per le scale più veloce che posso per aprire la porta e… non è papà.

<< Tiffany >> dico aprendo la porta.

<<  Ciao Lila, Sam è in casa? >> chiede.

<<  Sì, prego accomodati >> rispondo.

Chiamo Sam per avvisarla della presenza di Tiffany, ma sono delusa che non è papà. Controllo il telefono per vedere se ci sono delle chiamate, ma niente, me lo aveva promesso.

La notte passa in fretta e appena mi sveglio il mio primo pensiero è papà. Avevamo programmato questo weekend fin dalla sua partenza su cosa avremmo fatto e quanto ci saremmo divertiti insieme. Controllo il telefono e trovo un sms. Papà.

“Scusa tesoro non c’è l’ho fatta a venire, ci vediamo sabato prossimo, Baci papà.”

Ecco lo sapevo mi ha dato buca di nuovo, proprio oggi che per noi è un giorno importante. Oggi arrivano i nonni da New York. È da Natale che non li vedo e mi fa piacere poterli riabbracciare, anche se loro non sono stati molto carini con me. Da quando è nata Sam, nonno Richard e nonna Margaret (da lei ho ereditato il mio secondo nome) hanno cominciato ad avere più interesse per lei. Forse perché Sam è sempre stata una bambina dolce e raffinata, proprio come loro ed io il maschiaccio di famiglia. Be perché loro sono ecco… benestanti. Si dice così che è ricco, no? Io odio i ricchi, quelli che pensano di poter comprare tutto con il denaro, che tutto gira intorno ai soldi e al lusso. Be, in effetti, la casa dei nonni a New York è una reggia rispetto alla nostra. Ma una cosa non si può comprare con i soldi: l’affetto dei propri cari. Tipo il mio se potessero, comprerebbero anche quello! Voglio bene ai nonni ma non sopporterei mai di vivere con loro. È per questo che quando vengono in visita qui da noi io e papà ci divertiamo a prenderli in giro. È l’unico che mi capisce. Sì ma oggi non sarà così, non oggi. Sono sola e papà non è qui.

<< Lila, Sam venite, sono arrivati i nonni >> urla mamma dall’ingresso.

<< Arriviamo >> rispondo.

Ed eccoli lì seduti sul divano, perfetti, senza un capello fuori posto; anche mamma si è sistemata e ovviamente anche Sam. Io a confronto sembro uscita dallo zoo.

<< Nonni come state? >> chiedo.

<<  Lila, tesoro, come sei cresciuta, sei cambiata sai >> mi dice la nonna stritolandomi.

Aspetta ma che significa? Sono cambiata in meglio o in peggio?

<< Nonno sempre in forma eh? >> dico salutandolo.

<<  Io sì, sempre >> risponde.

Io? Perché si è soffermato sul pronunciarlo? Perché io no?

A salvare la situazione arriva mamma con il caffè, altrimenti gli avrei risposto e non so se sarei riuscita a controllarmi.

Il weekend passa in fretta e per fortuna stanno per andarsene. Finalmente. Sì domani dovrò tornare a scuola, ma almeno casa mia ritornerà “normale”.

 

 

<< Alice non ci credo, non può essere vero >> dico.

<<  Lila ti dico di sì, sono in tour e venerdì saranno qui >> risponde.

<< Sarebbe fichissimo vederli dal vivo >> dico stupita.

Wow i Blu Rock a Millville, il mio gruppo preferito sarà qui.

<<  Sarà impossibile però trovare i biglietti >> continuo.

<<  E qui ti sbagli >> risponde.

<<  Perché, hai i biglietti? >> chiedo.

<<  No, no, io no, ma Cathy sì >> risponde.

<< Cathy ha i biglietti? E come li ha avuti? >> chiedo.

<<  Il manager della band conosce suo padre e in cambio della sua sponsorizzazione gli ha regalato tre biglietti >> risponde.

<<  Non ci posso credere e due sono per noi? >> chiedo.

<< Ovviamente, Cathy ci vuole bene, sa quanto ci teniamo >> risponde.

<<  Devo chiamarla per ringraziarla, a dopo >> dico riattaccando.

Sono al settimo cielo, i Blu Rock qui e li potrò vedere dal vivo. È un sogno, ditemi che non mi risveglierò.

<< Cathy? >> dico.

<< Scommetto che hai parlato con Alice, non è vero? >> chiede.

<< Infatti, non so come ringraziarti, farò di tutto per ricambiare il favore >> rispondo.

<<  Non serve, ci vediamo il venerdì pomeriggio così ci potremo preparare per bene, magari chiamo la mia estetista di fiducia >>dice.

<< Perfetto, a venerdì allora >>dico riattaccando.

 

 

La settimana passa lentamente, forse per l’ansia del concerto, ma finalmente stasera li vedrò.  Passo a prendere Alice e insieme prendiamo l’autobus per andare a casa di Cathy. Lei vive fuori città, per questo non ci vediamo spesso. Arrivati davanti al cancello di casa sua, si scorge l’enorme villa. Si capisce che è ricca. Però Cathy è l’eccezione che conferma la regola, lei non se la tira come la maggior parte delle persone “benestanti”.

<< Cathy, siamo noi >> diciamo all’unisono al citofono.

<< La signorina Bermut arriva subito >> risponde la sua governante.

Appena arriva Cathy ci conduce verso camera sua. Ad aspettarci c’era qualcuno: l’estetista e il parrucchiere di fiducia di Cathy. Ci prepariamo tutte e tre e non mi lasciano capacità di scelta. Hanno deciso tutto loro, ma mi fido dei loro gusti. Un abitino nero ricco di balze, i capelli ondulati, sciolti al vento e un tacco che non avrei ma pensato di indossare. Quando mi guardo allo specchio, non mi riconosco. Non sono io. Io non sono bella. Questo look non mi rappresenta, è più vicino a quello di Sam. Cathy prende la sua auto e tutte e tre ci dirigiamo verso lo stadio, dove si esibiranno i Blu Rock. Appena arriviamo ci mettiamo in fila per entrare. Durante la lunga ed estenuante attesa, noto un gruppo di ragazzi che mi sembra di conoscere. Per la confusione non riesco a capire chi siano. Ma certo, è Luck e il suo seguito. Fantastico, adesso anche lui mi vedrà così. Dovrebbe farmi piacere che lui, proprio Luck sia qui, ma perché? Non pensavo gli piacessero i Blu Rock. Lui non mi nota, forse non mi riconosce nemmeno. Finalmente la fila si muove e riusciamo a entrare.

Il concerto è fantastico, peccato che sia durato poco. Be tre ore di concerto, però per me sono volate. È quasi l’una e devo essere a casa al massimo tra mezz’ora. Ci dirigiamo verso la macchina ma non possiamo. È scoppiata una rissa, giù al parcheggio e quindi non possiamo andare via. Volano calci, pugni, ma tra la confusione riesco a scorgere lui, Luck. Sembra molto aggressivo, non conoscevo questa parte di lui. Be in realtà non so niente di lui, non lo conosco nemmeno, Però ha un non so ché di affascinante. Forse è il suo essere misterioso che mi attrae. Per fortuna arriva la sicurezza a fermare la rissa, così potremo raggiungere la macchina. Appoggiato sul cofano della nostra auto, c’è un gruppo di ragazzi. Sono loro. È Luck. Ci avviciniamo per cercare di farli spostare e lui mi vede. Il suo sguardo è diverso rispetto a quello di quando mi chiede le risposte durante i test a scuola. Lui mi guarda, guarda me.

<<  Ci conosciamo? >> chiede.

<< Sì, siamo nella stessa aula di chimica >> rispondo imbarazzata.

<< Non mi ricordo una ragazza così bella in classe con me, come ti chiami? >>chiede.

<< Lila >> rispondo.

<< Lila, Lila non mi dice niente >>dice.

<< Sono la sorella di Samantha Montgomery >>rispondo.

<< Samantha? Tu sei quella Lila? Non sembri nemmeno tu >>dice sorpreso.

<< Ah, bene, lo prendo come un complimento >>rispondo.

<< Voleva esserlo, bene allora ci si vede a scuola, Lila >> dice.

<< Ciao Luck >>termino.

No. Ho detto il suo nome senza che lui si sia nemmeno presentato. Ora sembrerò una delle sue aspiranti ammiratrici. Speriamo che non se ne sia accorto. Si spostano dall’auto e ci lasciano passare, così che Cathy ci possa riaccompagnare a casa. Finalmente aggiungerei. Appena arrivo a casa, mamma è sul divano, forse mi stava aspettando. Sono in ritardo di quasi un’ora, sarà arrabbiata con me.

<< Lila tesoro, ero in pensiero per te >> dice vedendomi arrivare.

Wow, lei era in pensiero per me. Stasera non sembra abbia bevuto, forse perché domani tornerà papà. Perché sì, domani verrà papà, non mi darà buca di nuovo.

 

 

Mi sveglio con il profumo dei muffin della mamma. Forse papà è già arrivato. Prima di correre giù per le scale mi guardo allo specchio, una cosa nuova per me. Oh mamma, sembro un panda! Ho gli occhi neri dal trucco della scorsa notte. Ero troppo stanca per struccarmi ed ecco il risultato. Cerco di porre riparo ai miei guai post-trucco e scendo in cucina.

<< Papà >> esclamo vedendolo.

<< Lila, amore mio, sono felice di vederti >>dice.

<< Mi sei mancato tanto, dimmi che ti fermerai per un po’ >> chiedo speranzosa.

<< Oggi è il tuo giorno fortunato, perché mi fermerò per un paio di settimane >> risponde.

Lo afferro per il collo e lo stritolo a me. Mi è mancato poterlo fare. Lo faccio solo con lui, con mamma e Sam no.

 

Il tempo con papà passa in fretta, ed è già ora di tornare a scuola. Come ogni giorno, appena arrivo a scuola sono invisibile, nessuno mi guarda, nessuno mi saluta. Però oggi è diverso, Luck mi conosce. E se mi conosce lui, sono quasi popolare! È così che Sam lo è diventata. Appena lo vedo nei corridoi e gli passo accanto, lo saluto, ma lui non ricambia. Forse non mi ha visto. Arrivo in classe e mi passa davanti per andarsi a sedere dietro. Allora prendo coraggio e lo saluto, di nuovo. E di nuovo lui non ricambia. Ma ora è diverso, mi ha guardato negli occhi, non può non avermi visto. Perché non mi saluta? Al concerto era così carino con me, cosa sarà cambiato?

Alla fine delle lezioni decido di parlarne con Alice e Cathy e loro mi danno la risposta più ovvia. Non ero io al concerto, la balenotta dai capelli rossi. Era l’altra parte di me, l’altra Lila, quella che non conosco. La parte bella di me che non sapevo esistesse.

<< Lila non ti merita >> dice Alice.

<< Infatti, Lila, lascia stare >> continua Cathy.

<< E allora chi mi merita? Nessuno, perché nessuno mi vuole >> dico demoralizzata.

<< Non è vero >>dice Alice.

<< Ci tieni davvero a farti notare da Luck? >> dice Cathy.

<<  Sì, è l’unica cosa che desidero adesso >> rispondo.

<< Allora diamo inizio l’operazione NLDL >> dice Alice.

<< Cos’è l’operazione NLDL? >> chiedo incuriosita.

<< Nuovo look di Lila >> risponde.

<< Ci potevamo arrivare >> dice Cathy scherzosa.

Scoppiamo a ridere tutte e tre e con un gesto (quello di tutti per uno e uno per tutti) diamo il via al nostro piano.

Cathy e Alice stilano una specie di giornata tipo che inizia alle sei del mattino.

<< Impossibile ragazze, io non mi sveglierò mai alle 06.30 e poi c’è un’ora e mezza prima di andare a scuola, cosa dovrei fare tutto quel tempo? >> chiedo sbalordita.

<< Lila, hai detto che ci tenevi a farti notare da Luck >> dice Alice.

Annuisco perché in fondo hanno ragione.

<< Allora lascia fare a noi >> termina Cathy.

Alla fine della loro consultazione, cioè due ore di attesa, mi consegnano in pratica quella che sarà la mia vita da domani.

Ore 06.30: Yoga mattutino.

Ore 07.00: Colazione (ovviamente hanno eliminato tutti i grassi e il mio amato cioccolato).

Ore 08.00-16.00: Scuola.

Ovviamente c’è il pranzo in mezzo e al posto del mio amato panino al burro di arachidi ci sono una misera insalatina e un frutto.

Ore 16.00-18.00: Palestra a casa di Cathy.

Ore 18.00-19.00: Compiti.

Il resto della “giornata” è libero. Grazie. Ah e ovviamente cena salutare.

<< Ragazze non pensate davvero che io possa seguire questo ritmo a lungo >> dico.

<< Lo farai per tutto il tempo necessario, fino a eliminare il soprannome “balenotta dai capelli rossi” >> dice Cathy.

<< Tranquilla, ti aiuteremo noi >> mi rassicura Alice.

<<  Va bene, grazie dell’aiuto, a domani >> dico.

Le saluto e mi dirigo verso casa con questo foglio/inferno che da domani diventerà realtà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                            

 

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Capitolo 3
*** Sono "normale" ***


Sono “normale”

Mi sveglio come ormai da due settimane alle 06.30 per iniziare la “mia” giornata. Ormai non è più la mia vita. Oggi però a differenza degli altri giorni c’è la prova peso a casa di Cathy. La bilancia. La mia peggior nemica dall’età di tredici anni. Sì a quell’età ho iniziato a mettere su qualche chilo e da allora non mi sento più normale. Ma chi dice cosa sia la normalità? Nessuno. Però io non mi sento più in pace con il mio corpo. Dopo aver seguito passo dopo passo la mia giornata tipo, dopo la scuola, invece di fare palestra, mi dirigo verso casa di Cathy per questo incubo che è la bilancia. Per fortuna che a sostenermi ho loro, Alice e Cathy, non c’è l’avrei mai fatta a iniziare tutto questo senza di loro.

<< Sei pronta? >> chiede Cathy.

Annuisco, tanto non ho via di scampo. Salgo sulla bilancia e chiudo gli occhi. Non voglio vedere il mio peso ancora una volta. Tutto tace, non capisco, che succede?

<< Puoi scendere >> m’invita Cathy.

<< Allora? >> chiedo curiosa.

Niente, nessuno mi risponde. Sono entrambe girate verso la scrivania e penso stiano calcolando qualcosa.

<< Evvai, batti cinque >> dice Alice a Cathy.

Sembrano soddisfatte.

<< Scusate? Potrei sapere anch’io? >> chiedo scherzosa.

<< Siamo state perfette, hai perso quattro chili >> dice Alice.

<< In due settimane >> continua Cathy.

Wow, non me lo aspettavo. Ho perso qualche chilo. Devo ammettere che all’inizio avevo qualche riserva in quanto al nostro piano, ma devo riconoscere che ha funzionato. Almeno fino ad ora. Corro verso le ragazze e le stringo in un forte abbraccio. Grazie a loro c’è l’ho fatta.

<< Adesso come procediamo? >> chiedo.

<< Dobbiamo cambiare il piano, altrimenti la tua vita diventa monotona >> dice Cathy.

<< Mettiamoci al lavoro allora, non c’è tempo da perdere >> dice Alice.

E di nuovo si mettono alla scrivania a programmare altre settimane dalla “mia” vita. Questa volta però il tempo passa più veloce, forse perché sono felice. Sono fiera di me stessa. Ho ottenuto quello che volevo. Ancora la strada è lunga, questo è solo l’inizio.

<< E con questo abbiamo finito >> dice Alice.

Si girano verso di me e mi consegnano il foglio. Comincio a leggerlo incuriosita.

Ore 06.30: Stretching con la musica (senza svegliare il vicinato).

Ore 07.00: Colazione (ovviamente salutare).

Ore 08.00-16.00: Scuola.

Ore 16.00-17.00: Jogging.

Ore 17.00-18.00: Sport a piacere.

Ore 18.00-19.00: Compiti.

Il resto della “giornata” è libero. Eh grazie!

<< Sembra più simpatico rispetto a quello delle scorse settimane >> dico.

<< Ci fa piacere >> dice Cathy anche per Alice.

<< Da domani cambierà di nuovo la tua vita >> dice Alice.

<< Non ti abbattere, alla fine avrai una sorpresa >> termina contenta Cathy.

Le saluto e mi dirigo verso casa, pensando a cosa potesse essere questa “sorpresa”. Appena arrivo, durante la cena, decido di dirlo alla mia famiglia. Non ho avuto il coraggio di farlo prima, perché non pensavo riuscissi ad avere dei risultati. Ma adesso che è successo, voglio renderli partecipi della mia felicità. Almeno spero.

<< Ho una notizia da darvi >> dico entusiasta.

<< Che succede, Lila? >> chiede papà.

<< Da un paio di settimane ho iniziato una specie di dieta per perdere qualche chilo di troppo >> rispondo.

<< Non ne hai bisogno >> dice affettuoso papà.

<< Non lo sapevo, perché non me lo hai detto? >> chiede mamma.

<< Non pensavo di avere dei risultati, ma sì, ho perso quattro chili >> dico soddisfatta.

<< Wow tesoro, sono fiero di te >> dice papà venendomi ad abbracciare.

Anche mamma ne sembra orgogliosa, Sam invece, non ha detto niente.

<< Sam? Non hai niente da dirmi? >> dico.

<< Brava Lila, cosa vuoi che ti dica >> risponde.

<< Sam non essere sgarbata con tua sorella >> dice mamma.

Lei mi ha difeso. Ha ripreso Sam per me, una cosa nuova in questa famiglia. Mentre aiuto mamma a lavare le stoviglie, in cucina, ne approfitto per parlare con lei.

<< Mamma, posso chiederti una cosa? >> domando.

<< Certo tesoro >> risponde.

<< Cathy e Alice hanno pensato che dovrei dedicare un’ora al giorno per praticare uno sport, quindi mi chiedevo se ti andasse di darmi qualche lezione di danza >> dico.

<< Non so, Lila, è da un po’ che non lo faccio >> risponde.

<< Dai, mamma ci divertiremo >> insisto.

<< Va bene allora, da domani cominceremo le nostre lezioni, solo tu ed io >> risponde.

“Solo tu ed io”. Mi suona nuovo. Io e mamma non abbiamo mai fatto qualcosa insieme. Quando ero piccola, lavorava, quindi non aveva molto tempo per me. Poi da quando è nata Sam ci siamo allontanate. Ed eccoci qui, lontane più che mai. Ma da domani tutto questo potrebbe cambiare. Io potrei cambiare.

 

 

<< Pliè, pliè continua Lila dai >> m’incoraggia mamma.

Sono distrutta, stanca di questo ritmo frenetico. Mamma è molto più dura di quanto pensassi.

<< Lila tieni la gamba diritta, busto eretto su >> continua.

Non ho fiato per risponderle. Basta, non ne posso più. Ormai non è un’ora la lezione di danza, occupa pure il tempo dedicato ai compiti. Così sono costretta a studiare dopo cena, prima di andare a letto. Non so quanto resisterò ancora con questo ritmo.

<< Basta mamma, ti prego facciamo una pausa >> dico con un filo di voce.

<< Cinque minuti Lila, non uno di più >> mi risponde.

Mamma è molto determinata nel suo lavoro e anche con me. Da quando abbiamo iniziato, quasi una settimana fa, mamma ha smesso di bere, forse la danza è la sua medicina. Ma se continua così, ne avrò bisogno io!

<< Lila, ricominciamo >>urla dal piano inferiore.

<< Arrivo mamma >> rispondo.

Prima però, invio un sms ad Alice.

“SOS mamma impazzita, vieni a salvarmi, ti prego”. Speriamo arrivi presto. Corro giù per le scale e ricomincia la “lezione”.

<< Sam, la porta >>urla mamma.

<< Se vuoi, vado io >> dico speranzosa.

<< No, tu continua >> risponde.

<< Va bene, ho capito, vado io >> dice mamma.

<< Salve signora, c’è Lila? >> chiede Alice.

Eccola, finalmente è arrivata. Dopo un quarto d’ora estenuante, c’è l’ha fatta.

<< Sì, solo che è impegnata >> risponde mamma.

<< La prego signora, è importante >> insiste.

Grazie, grazie, grazie grido dentro di me.

<< Ciao Alice, sono felice di vederti, che ci fai qui? >> chiedo con la speranza che si inventi una scusa.

<< Ho bisogno di aiuto per il test di chimica di domani >> risponde.

<< Ah ok, mamma ti dispiace se continuiamo domani? >> chiedo speranzosa.

<< Va bene tesoro, andate a studiare >> risponde mamma.

La ringrazio e vado su in camera con Alice.

<< Grazie di avermi salvato >> dico.

<< Figurati, è a questo che servono le amiche >> risponde.

E sì, lei è una vera amica, la mia migliore amica.

<< Ti dispiace se vado a fare una doccia e poi studiamo? >> chiedo.

Ho bisogno di una doccia, devo togliermi questi vestiti di dosso. Manca poco che mamma mi metta pure il tutù!

<< Certo, va pure, in effetti, non era proprio una scusa quella del test di chimica >> risponde.

<< Infatti, non hai molta fantasia >> dico scherzosa.

Studiamo tutta la sera, fino ad appisolarci insieme.

 

La mattina dopo non sentiamo nemmeno la sveglia, è mamma a svegliarci. Ci prepariamo di corsa e arriviamo in classe appena in tempo per il test di chimica.

<< Ehi Lila, come stai? >> mi chiede Luck.

Sono sorpresa, non pensavo Luck mi considerasse.

<< Ciao Luck >> dico imbarazzata.

<< Sei dimagrita >> mi dice.

Wow, se n’è accorto. Sono felicissima.

<< Be un pochino >> rispondo.

<< Mi scrivi le risposte del compito, Lila? >> chiede.

<< Ehm… va bene >> rispondo.

<< Grazie, sei la migliore >> termina.

Gli sorrido, non so dirgli di no. Certo sono la migliore prima del test, tutto il resto del tempo sono invisibile. Le ragazze notano il discorso con Luck e durante la pausa pranzo mi chiedono spiegazioni.

<< Allora, che ti ha detto? >> chiede Cathy.

<< Ha notato che sono dimagrita >> rispondo.

<< Wow, se n’è accorto, c’è ne è voluto di tempo >> dice Alice.

Preferisco non dirgli niente riguardo alle risposte del test, resterebbero deluse. Proprio come me. Però qualcuno ha notato il mio cambiamento, quindi sono più fiduciosa e voglio continuare questo “programma”.

Dopo il nostro jogging abituale, le saluto e mi dirigo verso casa. Nonostante siano estenuanti le lezioni di danza, sono felice di trascorrere del tempo con la mamma. Papà è partito presto stamattina e sicuramente mamma sarà un po’ giù di morale, però a farle compagnia ci sono io. Sì io la rendo felice, finalmente.

 

 

È passata un’altra settimana e oggi è di nuovo il giorno della prova peso. Però sono più fiduciosa rispetto all’altra volta. Appena arrivo a casa di Cathy, però noto che non siamo sole. Wow si è aggiunta una nuova compagnia. Non voglio che qualcun altro conosca il mio peso, non ancora almeno.

<< Lila ti presento Miriam, Julien e Nicole >> dice Cathy.

<< Piacere di conoscervi >> rispondo.

<< Loro sono rispettivamente l’estetista, il parrucchiere e la massaggiatrice >> continua Cathy.

Non capisco, a cosa ci servono queste persone? Alice mi vede confusa.

<< Sono la sorpresa >> dice contenta Alice.

<< Ah, non me lo aspettavo >> rispondo.

Non me lo aspettavo davvero. Pensavo a un altro genere di sorpresa, ma va bene lo stesso. Mentre il resto della compagnia ci aspetta in salotto, noi, anzi io, salgo sulla bilancia. È una strana sensazione, speriamo bene. Chiudo di nuovo gli occhi, non per paura, ma spero nella sorpresa. Un’altra.

<< Puoi scendere >> m’invita Cathy.

E di nuovo entrambe alla scrivania ed io come una sciocca ad aspettare il verdetto. L’attesa sembra infinita.

<< Quindi? >> chiedo curiosa.

Niente, di nuovo silenzio, nessuno mi risponde, poi sento la risatina di Alice.

<< Allora, sono trascorse altre due settimane da quando abbiamo iniziato questo programma e… >> risponde Cathy.

<< Quanto la fai lunga, hai perso altri quattro chili >> la interrompe Alice.

<< Quindi otto chili in poco più di un mese >> dice Cathy.

<< C-cosa? Otto chili io? >> chiedo allibita.

<< Sì, sei stata bravissima, anzi, lo siamo state e ci meritiamo proprio questa sorpresa >> dice Alice.

<< Di cosa si tratta ragazze? >> chiedo.

<< Operazione NLDL >> risponde Alice.

<< Tu non lo sai, ma abbiamo chiesto aiuto a un dietologo >> dice Cathy.

<< Un dietologo? Perché non me lo avete detto? >> chiedo.

<< Perché non ci avresti permesso di aiutarti >> dice Alice.

Forse hanno ragione, non ho dei bei ricordi sui dietologi.

<< Vabbè, ormai è passato, adesso hai il peso di una ragazza “normale”, come dici tu, e dobbiamo goderci la sorpresa >> dice Cathy.

Ci abbracciamo tutte e tre e scendiamo giù in salotto. Ho il peso di una ragazza normale, sono normale. Ci dividiamo il personale ed io comincio dalla massaggiatrice. Ho bisogno di un po’ di relax dopo tutto questo stress. Dopo quasi un’ora di massaggi magnifici, è il turno dell’estetista. Dopo il relax, il dolore. E non è bastata un’ora tra ceretta, unghie e una lezione di trucco. Tutto all’insegna del divertimento. O quasi.

<< L’ultima tappa del NLDL sono i capelli >> dice Alice.

<< Già, proprio l’ultima >> continua Cathy.

In fondo mi dispiace stia finendo l’operazione NLDL.

<< Abbiamo pensato con Julien di tagliarli un po’ e… di farti diventare bionda >> dice Alice.

<< Bionda io? Non se ne parla proprio >> rispondo

<< Pensavamo ti potesse stare bene quel colore >> dice Cathy.

<< Sceglilo tu allora >> dice Alice.

Sì. Finalmente qualcosa che posso scegliere io. Non che contesti le loro scelte, ma almeno il colore dei miei capelli lo scelgo io.

<< Castani? >> domando.

<< Castani con qualche riflesso biondo >> dice Julien.

È una proposta accettabile. Dopo mezz’ora di posa per il colore, quindici minuti per il taglio e un’altra mezz’ora per la piega, sono pronta. Era ora aggiungerei. Non mi sono ancora guardata allo specchio, ma penso che mi piacerà. Sì, sono più sicura di me stessa.

<< Ed ecco l’ora della verità, ta da! >> dice Alice.

Mi posiziono davanti allo specchio, anzi mi trascinano lì con gli occhi bendati e appena sfilano la benda… non sono io. Non può essere. È quasi la sensazione del pomeriggio prima del concerto dei Blu Rock, ma moltiplicata per mille.

<< Mi piace la nuova Lila >> dice Cathy.

<< Chissà a quanti piacerà >> continua Alice.

E già, chissà a quanti. Loro sono le mie amiche, ma gli altri? Che penseranno del mio nuovo look? Saluto tutti, ringraziando per lo splendido pomeriggio e torno a casa; verso la verità. Appena entro le luci sono spente, sembra che non ci sia nessuno in casa.

<< Sorpresa! >> urlano un gruppo di voci che non riesco a decifrare.

Un’altra? Per oggi possono bastare le sorprese. Appena accendo la luce, tutti restano a bocca aperta. Tutti. Anche papà è tornato per me. Tutti vengono ad abbracciarmi, mamma, papà, le ragazze che non so come abbiano fatto ad arrivare prima di me. Forse con l’auto di Cathy. Persino Sam. Lei mi sembra più che sorpresa, allibita. O forse di più. Cos’è, non si aspettava che anch’io potessi essere bella? Solo perché non sto due ore davanti allo specchio per truccarmi la mattina, non significa che io non lo sia, In effetti fino a poco tempo fa non lo pensavo neanch’io. La serata passa in fretta, forse perché sono tornata più tardi del solito, ma sono felice. Sono felice di tornare a scuola domani, nella speranza che Lila, la balenotta dai capelli rossi non esista più.

 

 

<< Montgomery? >> chiede il professore.

<< Presente >> rispondo.

Amo la chimica, seguo sempre le lezioni con interesse, prendo appunti, pongo domande ma oggi no. Non so cosa sia ambiato in me, ma oggi non mi va di seguire la lezione. Forse perché non è cambiato niente. Forse avevo delle aspettative troppo alte. Non mi aspettavo che si formasse la passerella quando passavo io, ma almeno qualche complimento. Qualunque cosa. Mentre giocherello con la penna, sento chiamare il mio nome.

<< Lila, Lila girati >> dice Stacy, la ragazza dietro di me.

Mi giro di scatto.

<< È da parte di Luck >> dice.

Mi consegna un bigliettino tutto stropicciato, forse perché ha fatto il giro della classe. Lo apro lentamente come se avessi paura di leggere, cosa ci sarà scritto? Qualche cattiveria o magari qualche complimento?

“Ti aspetto durante la pausa pranzo al campo”.

Cosa? È uno scherzo vero? Che significa questo? E poi di quale campo sta parlando? Quello da basket o quello da football? Sono confusa, ma una piccola speranza si è accesa in me. Dopo la lezione corro dalle ragazze per dirgli tutto e per saperne di più su questo “campo”. Niente, non lo sanno nemmeno loro. Forse c’è chi mi può aiutare, Sam, lei saprà di quale campo si tratta. La cerco tra i corridoi ma è impossibile trovare qualcuno durante il cambio dell’ora. Allora decido di aspettare la pausa pranzo, lei sarà al suo solito tavolo con le sue solite “amiche”.

<< Sam devo parlarti >> dico agitata.

<< Lila, tutto bene? >> chiede.

<< Luck vuole vedermi al campo, sai di quale campo si tratta? >> chiedo.

<< Luck vuole vederti? Comunque no, non posso aiutarti >> risponde come se avesse visto un fantasma.

<< Ti prego pensa ancora, magari ti ci ha portato qualche volta >> insisto.

<< Ti ho già detto di no, non insistere >> termina.

La saluto e mi dirigo verso la porta. Non ho nemmeno fame e non so se sia colpa della dieta o di Luck. Poco prima di uscire dalla porta sento urlare il mio nome.

<< Quello da basket >> urla una voce.

Era Sam, ne sono sicura.

Corro più che posso sperando che non sia già andato via. Non appena arrivo non c’è nessuno. Decido di aspettare. La pausa è finita da un po’ e di Luck nemmeno l’ombra. Mi sento una stupida. Mi ha solo illuso, anzi forse mi sono illusa da sola. Per la mia trasformazione, per Luck, per tutto. Torno in classe come uno straccio. Non voglio più saperne di lui, per me non esiste più. Proprio come Lila, la balenotta dai capelli rossi.

 

 

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Capitolo 4
*** Nuovo look, Nuova Lila ***


Nuovo look, Nuova Lila

Oggi è sabato. Questo dovrebbe rendermi felice, non devo andare a scuola ma no. Non so nemmeno cosa sia la felicità. Dalla situazione dell’altra volta ne sono uscita sconfitta, però mi è servita da lezione per le prossime volte. Be ovviamente spero non ce ne siano più come quella. Mi ha fatto male essere stata presa in giro, però in fin dei conti ci sono abituata. Ma ora basta, nuovo look, nuova Lila.

<< Papà? >> chiedo.

<< Sì tesoro’ >> risponde.

<< Ti andrebbe di tirare fuori l’auto dal garage e darmi qualche lezione di guida? >> chiedo speranzosa.

<< Certo che sì, era ora me lo chiedessi. Prendo le chiavi e andiamo >> risponde contento.

Sono felce che abbia accettato, la nuova Lila deve pur saper guidare. Salgo a bordo della “mia” auto che ancora fa profumo di nuovo e mi sento un po’ impacciata. Per fortuna però ho un bravo autista accanto a me.

<< Come mai questo cambiamento? >> chiede papà.

<< Nuovo look, nuova Lila >> rispondo.

È solo questo quello che riesco a dire. In realtà non lo so nemmeno io, ma sono sicura di me. Almeno oggi. È una sensazione nuova per me. Dopo un paio d’ore di giri dell’isolato, ho più padronanza dell’auto. Almeno questo è quello che dice papà.

<< Lunedì andrai a scuola con la macchina? >> chiede.

Vero, non ci avevo ancora pensato. Perché no?

<< Ehm… non so tu che ne pensi >> rispondo.

<< Solo tu puoi saperlo >> dice.

Ma sì, in fin dei conti cosa può succedermi?

<< Sì, penso di sì >> rispondo.

Lascio papà a casa e vado in auto da Alice. Meno di seicento metri e son già arrivata. Suono il clacson e Alice si affaccia dalla finestra.

<< Lila, che ci fai con quell’affare? >> chiede stupita.

Be, in effetti, non sono brava, ma non mi ha nemmeno visto alla guida.

<< Scendi e facciamo un giro su quest’affare >> dico scherzosa.

In meno di cinque minuti e già accanto a me. Lei c’è sempre per me. Facciamo un giro e arriviamo fino a casa di Cathy.

<< Ragazze che ci fate qui, e con l’auto? >> chiede Cathy.

<< Ti abbiamo voluto fare una sorpresa >> dice Alice.

<< Ho deciso di provare a mettermi alla guida >> continuo.

<< Bene almeno adesso potrai andare a scuola con quest’affare e darmi un passaggio >> dice Alice.

<< Certo, passerò a prenderti ogni giorno >> rispondo.

<< Allora dobbiamo festeggiare, prepariamoci e andiamo al “Paprika” >> dice Cathy.

Non son mai stata in quel locale. Forse perché non amo la vita notturna qui a Millville.

 

 

<< Siete pronte? >> grida dall’altra stanza Cathy.

<< Quasi >> rispondo.

Abbiamo deciso di prepararci da sole, per mettere alla prova le mie capacità. Mi guardo allo specchio e vedo un’altra Lila, diversa da quella del concerto e dalla balenotta dai capelli rossi. Una nuova Lila.

<< Pronta >> dico saltando fuori dalla stanza.

Nessuno dice niente. Loro sono bellissime, non hanno bisogno di sentirselo dire. Io sì.

<< Lila sei… >> dice Alice.

<< Bellissima >> continua Cathy.

<< Ho superato la prova? >> chiedo speranzosa.

<< Ovviamente, voto dieci >> dice Alice.

<< Dai andiamo, il “Paprika” ci aspetta >> termina Cathy.

Prendiamo la mia auto e ci dirigiamo verso il locale. Appena arriviamo, non si capisce niente, la musica ad alto volume, una folla di ragazzi e fiumi di alcool. Dove sono capitata?       Tutti ci guardano, anche a me. Che cosa hanno da guardare? Forse la nuova Lila?

<< Dai andiamo a ballare >> m’invita Cathy trascinandosi Alice.

<< No, no ragazze preferisco sedermi al bar >> rispondo.

Non voglio ordinare qualcosa, solo sedermi, i tacchi mi stanno uccidendo. E pensare che sono stata io a volerli mettere!

<< Ehi >> dice una voce alle mie spalle.

Mi giro di scatto. Chi è? Chi mi conosce qui?

<< Luck, che ci fai qui? >> chiedo.

<< Vengo sempre qui il sabato sera, tu? >> risponde.

<< Sono con le mie amiche >> rispondo.

<< Ti posso offrire qualcosa? >> chiede gentilmente.

<< No grazie, non bevo >> rispondo.

<< Ah, che ne dici di andare in un posto più tranquillo e parliamo un po’ >> m’invita.

Non so che fare. Vado o no? Alice e Cathy non si vedono da nessuna parte, che farebbe la vecchia Lila? Non andrebbe. Lei ha chiuso con Luck. Ma la nuova Lila?

<< Allora, andiamo? >> insiste.

<< Ehm… ok >> rispondo e lo seguo.

<< Dove mi porti? >> continuo.

<< È una sorpresa >> risponde.

Posso fidarmi? Ormai non ho scelta. Si ferma davanti una panchina e m’invita a sedermi accanto a lui. Che mi aspettavo?

<< Perché non sei venuta l’altra volta? >> chiede.

<< Io? Tu perché non sei venuto >> rispondo.

<< Io ti ho aspettato, ho quasi perso l’ultima ora. Non mi era mai capitato di essere stato piantato prima d’ora >> dice.

<< Io sono venuta al campo che mi hai detto tu >> dico.

<< Ti avrei visto, c’era un sole che spaccava le pietre >> risponde.

<< Sole? Quale sole, il campo è al coperto. Dove hai visto il sole? >> chiedo sorpresa.

<< Il campo da rugby è all’aperto >> risponde.

<< Campo da rugby? Io ero in quello da basket >> dico.

<< Quello da basket? Che cosa centra quel campo, io pratico rugby >> risponde sarcastico.

Vero. Lui è il capitano della squadra di rugby della scuola, come ho fatto a non pensarci.

<< Ma Sam ha detto che… >> dico.

Mi è sfuggito, non avrei dovuto dirlo.

<< Non cominciare una frase con “Sam dice” o “Sam pensa” perché cade già dall’inizio >> risponde.

Sono imbarazzata, che dico? Per fortuna è lui a parlare e a rompere il ghiaccio.

<< Sam è la mia ex, non ti avrebbe mai aiutato a trovarmi >> dice.

<< Sam è mia sorella, lei mi vuole bene >> rispondo.

<< Non penso sia così >> dice.

<< Tu non sai niente di me >> rispondo infuriata.

<< Non volevo essere scortese, scusami >> dice.

Non rispondo, non so cosa dire. So solo che tremo. Perché?

<< Senti freddo? >> chiede.

<< Sì, un po’ >> rispondo.

Meglio che pensi che sia il freddo a farmi tremare. Si toglie la giacca e me la appoggia sulle spalle.

<< Grazie >> dico.

Non conoscevo il lato tenero di lui. Sembra un altro senza il suo gruppo.

<< Vuoi tornare dalle tue amiche? >> chiede.

<< No >> rispondo secca.

Perché ho detto di no? La vecchia Lila sarebbe corsa dalle sue amiche per sfuggire a questa situazione. Adesso no. Si avvicina a me. Forse sta per succedere. Forse sì, magari. Mi scosta una ciocca di capelli dal viso e… basta. Lo guardo dritta negli occhi senza distogliere lo sguardo. Lui ricambia ma non succede niente. È imbarazzante, che faccio? Non voglio che pensi che io sia una delle sue tante ammiratrici. Tengo il suo sguardo, lo vedo su di me, ma perché non fa niente? Decido di prendere coraggio e fare io la prima mossa. Mi avvicino di più a lui e… lo bacio. Un impulso irrefrenabile, non so nemmeno perché l’ho fatto. Un bacio veloce, mi distacco subito. Apro gli occhi e noto il suo sguardo complice. Adesso è lui a ricambiare e ad avvicinarsi a me. Mi bacia di nuovo. Bacia me, Lila, la nuova Lila. Amo la nuova Lila, si è fatta aspettare, ma finalmente è arrivata. Sento vibrare la mia gamba. No, non adesso. Mi allontano da lui e trovo una chiamata da Cathy. Saranno preoccupate per me.

<< Torniamo dentro >> dico.

È solo questo quello che riesco a dire. E lui non dice una parola. Perché è così imbarazzato, sarò la centesima ragazza per lui. Lui mi precede tenendomi per mano. Dentro non si capisce niente, dove sono le ragazze? Decido di mandare un sms ad Alice dicendole di vederci al parcheggio. Luck mi accompagna senza mollare la presa.

<< Sei con la tua auto? >> chiede.

<< Sì, finalmente >> rispondo.

<< Non pensavo che sapessi guidare >> dice.

<< Ci sono molte cose che non sai di me >> rispondo.

<< Allora mi piacerebbe conoscerle >> dice.

A interromperci arrivano le ragazze che mi guardano stupefatte e arrabbiate. Perché, che ho fatto di male? Consegno la giacca a Luck e lo saluto prima che loro arrivassero più vicino a noi.

<< Allora ci vediamo domani a scuola >> dico.

<< Certo, a domani, Lila >> risponde.

Lascia la presa e si allontana prima che arrivino le ragazze.

<< Lila, che fine hai fatto, eravamo in pensiero per te >> dice Alice.

<< Era Luck quello? Eri con lui? >> chiede Cathy sorpresa.

<< Sì, scusate ragazze, la prossima volta vi avvertirò, se ci sarà una prossima volta >> rispondo.

Saliamo in macchina e durante tutto il tragitto non fanno altro che assillarmi di domande. Non sono abituate a questo genere di cose e neanch’io.

Dopo averle riaccompagnate a casa, finalmente arrivo a casa “mia”. Sprofondo nel mio comodo letto e penso a lui, Luck, a quando lo rivedrò. Che cosa cambierà adesso?

 

 

Mi sveglio felice… finalmente. Non so nemmeno io perché. Mi preparo, salgo in macchina e passo a prendere Alice. Oggi non prenderemo l’autobus dopo cinque anni, era proprio ora. Alice non guida perché non può permettersi un’auto. La sua famiglia non vive in una situazione economica agiata. Al contrario di Cathy. Io in pratica sono al centro dei due opposti. Posteggio l’auto ed entriamo a scuola. Passo dall’armadietto per prendere i libri di matematica e… trovo un biglietto. Luck. È uguale a quello dell’altra volta solo che ha specificato di quale campo si tratta. Quello da rugby, ovviamente. Le ore passano lente, troppo lentamente, forse perché non vedo l’ora di incontrarlo. Quando suona la campana della pausa pranzo, mi precipito al campo. Appena arrivo lui… non c’è. Mi guardo intorno ma niente. Mi ha dato buca di nuovo, anche se la prima volta non è andata proprio così. Tutt’a un tratto sento spalancarsi una porta e lui entra con una palla da rugby in mano, come se dovesse giocare.

<< Scusa il ritardo, mi stavo cambiando >> dice.

<< Sono appena arrivata, perché ti sei cambiato? >> chiedo.

<< Perché voglio giocare a rugby >> risponde.

<< Da solo? >> chiedo sorpresa.

<< Sciocca, con te ovviamente >> dice scherzoso.

<< Con me? Non l’ho mai fatto prima d’ora e sicuramente sarò un disastro >> rispondo.

<< Dai, giusto per divertirci >> termina.

Mi lancia la palla e comincia a correre verso di me. Che faccio? Che si fa in questi casi? Comincio a correre anch’io e lui m’insegue. La palla resta poco nelle mie mani e poco dopo è il contrario, sono io a inseguire lui. Il tempo con Luck vola, non voglio che finisca la pausa. Non faccio altro che pensare a quel bacio, magari ricapitasse. Nemmeno finisco il mio pensiero che cado e mi ritrovo lui sopra. Ridiamo, una risata piena di salute che dura poco perché lascia il posto a un bacio. Un altro bacio. Adesso è tutto perfetto: io, lui e… la campanella. Non ci voleva un’altra interruzione. Mi aiuta a rialzarmi e si dirige verso gli spogliatoi, prima di salutarmi con un altro bacio.

Torno in classe per la lezione d’inglese, ma la mia testa è tra le nuvole, forse con lui. All’uscita aspetto Alice al parcheggio, ma c’è qualcun altro ad aspettare me. Luck, appoggiato alla mia auto con l’aria di chi aspetta da un po’.

<< Ciao, che ci fai qui? >> chiedo.

<< Ti aspetto >> risponde.

<< Perché? >> chiedo sorpresa.

<< Perché ho dimenticato di fare una cosa >> risponde.

<< Cosa? >> chiedo incuriosita.

<< Il tuo numero >> risponde.

Annuisco con un piccolo sorriso che mi scorge dal viso. Che mi aspettavo? Ci scambiamo il numero e mi saluta.

<< Ci vediamo domani stessa ora, stesso campo >> dice.

<< Ok, a domani >> rispondo.

Si allontana lasciandomi vicino all’auto. Perché non mi ha baciato? La domanda ha subito una risposta: siamo in pubblico, ci sono i suoi amici, perché mai avrebbe dovuto farlo? Non sono mica la sua ragazza. Appena torno a casa, il mio primo pensiero è parlare con Sam. Perché mi ha fatto questo? Perché mi ha dato un’indicazione sbagliata?

 

 

<< Sam, hai da fare >> chiedo.

<< Ormai mi hai interrotto, che c’è? >> risponde.

<< Perché mi hai mandato al campo da basket se sapevi che Luck è un giocatore di rugby? >> chiedo.

<< Non l’ho detto io >> risponde.

<< Sam, ti ho sentito e poi eri l’unica a saperlo >> dico.

Non risponde. Perché? La verità fa male mia cara.

<< Ti dà fastidio che mi veda con Luck? >> continuo.

<< A me non interessa quello che fai, ma non con Luck, cosa possono pensare gli altri a scuola? >> chiede.

<< Pensi troppo al giudizio degli altri, non m’interessa, che pensino pure quello che vogliono, ma tu, tu cosa pensi? >> rispondo.

<< Luck è tutto tuo, ho chiuso da tempo con lui >> dice.

Bene, e con questo ho la sua benedizione.

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Luck è solo un ragazzo ***


Luck è solo un ragazzo

Come ormai da più di una settimana, la mia vita non aspetta altro che un momento della giornata: la pausa pranzo. In pratica per adesso io vivo aspettando le 14.00, perché è quella l’ora in cui vedo Luck. Giochiamo ogni giorno, divertendoci come bambini, sto iniziando a essere brava!

<< Time out >> dice Luck fermandosi.

<< Ma abbiamo appena cominciato, cos’è sei già stanco? >> dico sarcastica.

<< Ho una proposta da farti >> dice.

<< Dimmi, sono tutt’orecchi >> rispondo scherzosa.

<< Ti va di venire alla partita domani? >> chiede.

<< Certo, così vedrò le mosse vincenti >> rispondo ironica.

<< Bene, allora alle 15.00 qui al campo >> dice.

<< Ci sarò, adesso continuiamo >> termino.

Aspettiamo la campana per finire la nostra “partita”. Però non c’è stato più niente dall’altra volta, non un bacio, né tantomeno altro. Alla fine delle lezioni decido di invitare Alice e Cathy al match.

<< Ti ha invitato lui? >> chiede Cathy.

<< Sì, che c’è di male >> rispondo.

<< Chissà cosa ha intenzione di fare >> dice Alice.

<< Niente, cosa può mai voler fare, ci sono i suoi amici >> rispondo.

Adesso aspetterò la giornata di domani con ansia, forse non dormirò neanche stanotte.

 

 

<< Sam, dov’è il mio mascara? >> chiedo indaffarata.

<< Io ho il mio, non so dove sia il tuo >> risponde.

Dove può essere? È un po’ che non lo uso.

<< Prestami il tuo >> dico.

<< Ma a che ti serve, stiamo per andare a scuola. Cos’è, ti fai bella per Luck? >> chiede sarcastica.

<< Che c’è di male a truccarmi un po’ >> rispondo.

Be, forse oggi è una giornata speciale, oggi vedrò Luck in pubblico.

 Non seguo le lezioni con interesse com’è mio solito fare, perché non vedo l’ora di vedere Luck. Oggi non ci vedremo durante la pausa pranzo, ma avrò un pomeriggio da trascorrere con lui anche se io in tribuna e lui in campo.

 

 

<< Ci sediamo qui? >> chiede Alice.

<< Da qui c’è una bella visuale >> dice Cathy.

<< Va bene >> rispondo.

Comincia la partita, prima la mascotte, poi le cheerleader, poi la squadra e… Luck. Lui è il capo squadra, è lui che dirige tutto, lui tiene tutto sotto controllo, forse anche me. E in fondo mi fa piacere. La tribuna urla a squarciagola, non ero mai stata a una partita, così mi unisco al coro. Controllo le mosse vincenti, proprio come ho detto a Luck, ma il mio sguardo è concentrato su di lui, e forse se n’è accorto. Appena è entrato, mi cercava, cercava il mio sguardo, o così mi è sembrato, e l’ha trovato. La partita va avanti da ore, tra alti e bassi, sembra che nessuno debba vincere. Ma alla fine è Luck a segnare il punto vincente. La tribuna si alza e corre verso il campo, allora io e le ragazze decidiamo di seguire la mandria impazzita. Non vedo Luck, be ovvio non si capisce niente.

<< Ah, ecco Luck >> grida Alice.

<< Dove, dove non lo vedo >> rispondo.

<< Alza gli occhi >> dice.

Eccolo. Sta saltellando di braccio in braccio tra i suoi amici come un vincitore, e in effetti, oggi lo è stato. Appena scende mi vede, corro da lui per congratularmi e… mi bacia. Mi bacia davanti a centinaia di ragazzi trepidanti che urlano. Un bacio profondo e interminabile. Non che non mi renda felice, anzi, però un po’ m’imbarazza, davanti alle mie amiche, a Sam e a tutta la scuola. Quando ci allontaniamo, mi afferra per mano, saluto le mie amiche e lo seguo. Noto gli sguardi indiscreti dei ragazzi, ma non m’interessa. Ho Luck io e me l’ha dimostrato proprio adesso.

<< Andiamo a festeggiare >> dice Luck.

Annuisco sorridendo, sono felice che mi porti con lui. Salgo a bordo della sua auto e con la mandria dei suoi amici alle spalle ci dirigiamo verso nemmeno io so dove. Arriviamo in un locale e tra fiumi di alcool e brindisi io sono rimasta sola. Luck è con i suoi amici, io invece no. Ho lasciato le mie amiche per seguirlo e lui che fa, mi lascia sola?

<< Ciao, sei nuova, non ti ho mai visto qui >> dice un ragazzo avvicinandosi.

<< Sì, è la prima volta che vengo >> rispondo.

<< Piacere James >> dice porgendomi la mano.

<< Lila >> rispondo.

Cominciamo a parlare e noto che Luck sta per avvicinarsi. Appena arriva, mi afferra per mano e non mi lascia nemmeno salutare questo ragazzo. Com’è che si chiama? Non lo ricordo nemmeno, forse perché non m’interessa.

<< Dove andiamo? >> chiedo.

<< In un posto più tranquillo >> risponde.

<< Cos’è, sei geloso >> chiedo.

Non risponde, nota dolente. È geloso, è geloso di me. Quindi in fondo ci tiene a me. Si ferma di scatto e mi guarda dritto negli occhi.

<< Non sono geloso, non lo sono mai stato >> dice sicuro di sé.

<< Allora perché ti sei accorto di me solo quando parlavo con quel ragazzo? >> chiedo curiosa.

<< Scusa, è vero ti ho lasciato sola tutta la serata, ma adesso siamo soli, tu ed io >> risponde.

<< Tu dai più importanza ai tuoi amici che a me >> dico.

<< Non è vero >> si affretta a dire.

<< Sì, è così >> insisto.

<< Ti ho dimostrato prima che ci tengo a te >> dice.

<< Sì, ma non basta un gesto perché io diventi la tua sentinella >> rispondo.

Non mi lascia nemmeno terminare la frase che mi bacia. Di nuovo. Però mi allontano subito.

<< Che cosa significa questo? >> chiedo.

<< Che sei mia >> risponde.

<< Cioè? >> insisto.

<< Che da adesso in poi io sono tuo e tu sei solo mia >> risponde.

<< Una coppia in pratica >> dico.

<< Se è così che vuoi definirla >> risponde.

<< Aspetta, quindi io sono la tua ragazza, io passeggerò con te tra i corridoi, io mi siederò accanto a te a pranzo e usciremo insieme davanti a tutti? >> chiedo speranzosa.

<< Da adesso sì >> risponde.

Adesso sono io a baciarlo. Non l’ha detto esplicitamente ma è così, io sono la sua ragazza, io, Lila. Sono più che felice, adesso niente può rovinare la mia felicità. Rientriamo per salutare i suoi amici e mi riaccompagna a casa, proprio da bravo fidanzato. Perché sì, adesso è il mio fidanzato, solo mio. Lo ringrazio per la splendida serata ed entro a casa. La prima cosa che devo fare è aggiornare la mia lista “I miei amori”. Il primo rigo adesso non è bianco e vuoto, ma vi è inciso il suo nome: Luck.

 

Come si fa a cambiare così radicalmente? Da che nessuno ti saluta a che sei la tipa più famosa della scuola, la ragazza di Luck. È così che si diventa importanti qui. Ho quasi oscurato mia sorella, non me lo perdonerà mai. Le mie amiche sono felici per me, loro mi vogliono bene e appoggiano ogni mia decisione.

<< Ehi Lila >>

<< Ciao bellezza >>

<< Lila >>

Ho esaurito la voce. Rispondo con un cenno della mano. Chi sono queste persone? Come mi conoscono, o perlomeno perché mi salutano?

<< La metà di quelli che mi salutano non li conosco >> dico.

<< Questo è perché sei con me >> dice scherzoso Luck.

Be, in effetti, è vero. Quando attraverso i corridoi mano nella mano con lui succede questo. Sarà l’effetto di Luck.

<< Ci vediamo a pranzo al mio solito tavolo >> chiede.

<< Ehm… non so e le mie amiche? >> chiedo.

<< Se ti vogliono bene, capiranno >> termina e mi saluta baciandomi.

Non rispondo, ma si capisce che pranzerò al suo tavolo.

 

 

Con il vassoio in mano, cerco il tavolo di Luck, tra una folla di ragazzi affamati.

<< Lila, Lila >>

Mi giro e noto chi mi ha chiamato. Spero non siano le ragazze, non ho avuto il coraggio di riferirgli niente. Non so come l’avrebbero presa.

<< Cathy, ciao >> rispondo.

<< Ti abbiamo tenuto il posto >> dice Alice.

<< Ehm… grazie ma… >> rispondo.

Le loro espressioni diventano interrogative.

<< Be, in realtà Luck mi ha invitato al suo tavolo, con i suoi amici, ma se volete io, rinuncio >> continuo.

Spero che non m’impediscano di stare con Luck per loro. No, non lo farebbero mai, sanno quanto è importante per me.

<< Ah, ok, va da lui >> dice freddamente Alice.

Si gira e continua a mangiare come se io non esistessi. Mi allontano dal loro tavolo e mi dirigo verso quello di Luck.

<< Ehi, tesoro, vieni, siediti accanto a me >> m’invita Luck.

Faccio come mi dice e comincio a mangiare. Sono silenziosa e forse Luck l’ha notato. Sto pensando alle mie amiche, alla reazione di Alice. Che cosa è cambiato tra di noi? Spero che la mia relazione con Luck non rovini la mia amicizia con Alice e Cathy.

<< Tutto bene? >> mi chiede sottovoce Luck.

<< Sì, sì tranquillo >> rispondo.

Non voglio dirlo a Luck. Lui andrebbe a parlare con loro per difendermi, ma non ne ho bisogno. Per diciotto anni mi sono difesa da sola e ho affrontato problemi ben peggiori, posso continuare a farlo da sola.

 

 

Come ormai da più di una settimana, va avanti così con le mie amiche, sono diventate fredde nei miei confronti. Cosa gli ho fatto?

<< Dopo la scuola ho gli allenamenti, vieni a vedermi? >> chiede Luck.

<< Sì, certo, mi farebbe molto piacere >> rispondo.

Sì, ho bisogno di distrarmi e cosa è meglio di una partita di rugby di cui il tuo ragazzo è il capitano?

Dopo la scuola mi dirigo verso il campo, attraversando mezza scuola. Chissà come staranno le ragazze, chissà se sono ancora arrabbiate con me. Ma la mia domanda ha subito una risposta. Sento la voce di Cathy, forte e squillante, ma da dove proviene?

Sento la voce farsi sempre più vicina, Cathy sarà a due passi da me. Ma che ci fa qui? E poi a quest’ora.

Il suono proviene da dietro una porta, allora decido di spalancarla, magari è in pericolo.

<< Cathy? >> dico appena entro.

Un gruppo di ragazze si gira di scatto. C’è anche Alice con loro.

<< Lila, che ci fai qui? >> chiede Cathy sorpresa.

<< Io, voi che ci fate qui? >> rispondo.

<< Ecco, noi stiamo… >> dice Cathy.

<< Stiamo chiacchierando >> la interrompe Alice.

<< Qui? Nello spogliatoio dei giocatori di rugby? Non ci credo >> rispondo.

Non so cosa mi faccia più rabbia, che non mi abbiano coinvolto o che mi stiano mentendo.

<< Cos’è quella? >> chiedo curiosa.

<< Quella cosa? >> si affretta a dire Alice.

<< Quello che hai tra le mani >> rispondo.

<< É… >> dice.

<< È la felpa di mio fratello >> dice una ragazza.

Mi avvicino verso di loro e noto uno strano movimento.

<< Che cosa state nascondendo? >> chiedo.

<< Niente, perché dovremmo nascondere qualcosa >> risponde Cathy.

<< Allora non vi dispiacerà se controllo cosa c’è in quella borsa >> dico.

<< Perché dovresti farlo, non è tua >> dice Alice.

<< Ma nemmeno vostra >> rispondo.

Mi armo di coraggio e gli tolgo dalle mani questa borsa. È di Luck. Che cosa fanno loro con la borsa di Luck? Non c’è niente dentro che possa interessarli: i suoi vestiti, i suoi oggetti personali, il suo telefono. Il suo telefono.

<< Che cosa cercavate di fare con la borsa di Luck? >> chiedo infuriata.

<< Niente >> risponde Cathy.

<< Ragazze, potete lasciarci sole? >> chiede Alice.

Il gruppetto di ragazze si allontana lasciando me, Alice e Cathy nella stanza.

<< Allora? >> insisto.

<< Volevamo fargliela pagare >> dice Alice.

<< Lui ci ha tolto la nostra amica >> continua Cathy.

<< Luck non ci ha allontanato >> rispondo.

<< Invece sì, trascorri tutto il tempo con lui, e noi? >> ribatte Alice.

<< Voi siete una parte di me, vi voglio bene, Luck è solo un ragazzo, ma non ne ho mai avuto uno quindi se sbaglio perché non mi aiutate a riparare? >> dico più calma.

<< Scusaci >> dice Cathy.

<< Almeno ditemi cosa avevate intenzione di fare >> rispondo.

<< Volevamo nascondergli i vestiti >> dice ridendo Alice.

Scoppiamo a ridere. So che non dovrei ma la situazione è divertente.

Ci abbracciamo tutte e tre, io perdono loro e in fin dei conti loro perdonano me. Mi sono allontanata da loro, le ho lasciate sole. Sento la porta chiudersi alle nostre spalle. Qualcuno spiava, ma chi? Corro a vedere chi era dietro la porta che ascoltava la nostra discussione, ma niente, non si vede nessuno. Torno dentro dalle ragazze, sono felice che abbiamo risolto. Siamo di nuovo affiatate, solo noi.

<< Da oggi niente può rovinare la nostra amicizia, niente >> dice Alice.

<< Siamo solo noi tre >> dico.

Ormai è tardi per vedere gli allenamenti di Luck, torno a casa pensando a chi può aver ascoltato da dietro la porta me e le ragazze. Chi può essere?

Invio un messaggio a Luck scusandomi di non essermi presentata agli allenamenti. Ovviamente non gli ho riferito la verità, ho inventato una scusa. Lui mi risponde, sempre gentile com’è e finisce con un cuoricino. Amo quando m’invia i cuori, mi fanno sentire amata, quello che non ho mai provato fin a ora. L’amore.

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Capitolo 6
*** Luck mi rende felice ***


Luck mi rende felice

La mattina seguente passo a prendere Alice e ci dirigiamo verso la scuola. Appena arrivo non è come di solito, be da qualche settimana, che tutti mi salutano. Oggi no, cosa sarà successo? Saluto Alice e vado a cercare Luck. Non lo trovo, non si vede da nessuna parte. A interrompere la mia ricerca è il suono della campana. Vabbè, gli parlerò durante la pausa pranzo.

Come ormai da un paio di settimane, con il vassoio in mano, saluto le mie amiche e mi dirigo verso il tavolo di Luck. Ma oggi non è solo. Il “mio” posto è occupato da qualcun’altro. Sam.

<< Ehi, dove posso sedermi? >> chiedo.

Luck mi sembra arrabbiato.

<< Non c’è posto per te, torna dalle tue amiche >> risponde secco Luck.

Decido di non contestare, tanto non avrebbe senso farlo con lui. Mi allontano e vado dalle mie amiche, lì c’è sempre posto per me.

<< Che succede? >> chiede Alice vedendomi avvicinare.

<< Non lo so, vado al tavolo di Luck e lui mi ha respinto, che gli ho fatto? >> rispondo.

<< Luck è un farfallone, te l’ho sempre detto >> dice Cathy.

<< Dopo le lezioni voglio parlare con lui, voglio sapere cosa è cambiato tra noi >> dico.

Il discorso termina qui. Nessuno parla, nessuno mi rassicura, niente. Che mi aspettavo, loro detestano Luck.

 Le ultime ore le trascorro con la testa da un’altra parte. Da Luck. Perché è arrabbiato con me? Che gli ho fatto? Prima le ragazze, ora lui. Perché devo sempre perdere qualcuno? E poi Sam, che ci faceva al tavolo di Luck al “mio” posto?

<< Luck, Luck fermati >> dico rincorrendolo.

Lo afferro per la mano ma lui distoglie la presa, è freddo nei miei confronti. Lo sento distante anni luce.

<< Che succede, perché sei arrabbiato con me? >> continuo.

<< Be dimmelo tu >> dice.

<< Io non lo so, perché dovrei saperlo? >> chiedo.

<< Sei sicura che non hai niente da dirmi? >> risponde.

Aspetta, cosa ho fatto? Niente.

<< Sì, sicura, dimmelo tu >> dico.

<< Qualcuno mi ha detto qualcosa riguardo te e le tue amiche nello spogliatoio del campo >> risponde.

No, qualcuno, anzi quello che ha fatto la spia, ha raccontato tutto il nostro discorso a Luck.

<< E cosa ti ha detto questo qualcuno? >> chiedo.

<< Luck è solo un ragazzo >> risponde.

No, lo sapevo, lo sapevo. Adesso che faccio? Meglio essere sincera con lui.

<< Ma non è quello che intendevo dire, tu non sei solo un ragazzo, tu sei il mio primo ragazzo, se la spia avesse continuato a origliare >> dico.

<< Ciò non toglie che tu l’abbia detto >> risponde.

<< Luck, credimi non intendevo dire quello >> dico dispiaciuta.

<< Non è quello che mi è stato riferito >> risponde.

<< A proposito, chi te l’ha detto? >> chiedo curiosa.

<< Non importa chi >> risponde.

<< Sam? È per questo che era vicino a te a pranzo? >> chiedo.

Annuisce.

<< Tu stesso hai detto non iniziare una frase con “Sam dice” o “Sam pensa”, perché cade dall’inizio >> dico.

<< Ma adesso è diverso, tu stessa hai confermato le parole di tua sorella >> risponde.

<< Lo so e mi dispiace, ma lei farebbe di tutto per allontanarci e ci sta riuscendo >> dico.

Lui non dice niente.

<< Perché avrebbe dovuto dirtelo? Vuole tornare con te, è gelosa che io stia con te >> continuo.

<< Per me Sam non conta più niente >> risponde.

<< Bene, allora mettiamoci una pietra sopra e ricominciamo >> dico speranzosa.

<< Non lo so, ho bisogno di pensare >> dice.

<< Ok, prenditi tutto il tempo che vuoi, io sono stata sincera con te, come penso nessuna delle tue ex lo sia mai stata. Tu dai peso a questa storia perché ci tieni a me e non vuoi perdermi e lo stesso vale per me. Non sei mai stato preso in giro dalle ragazze e questo ti spaventa. Sappi solo che io non l’ho fatto, non ti ho preso in giro >> termino.

Lo lascio con queste parole e mi dirigo verso casa. Non so nemmeno io come mi siano uscite le parole. Capisci quanto ci tieni alle persone solo dopo averle perse. Speriamo che non abbia perso Luck.

 

Vorrei parlare con Sam e dirgliene quattro. Perché mi ha fatto questo? Ma adesso non ho le forze per affrontare una discussione con lei. Non ora, adesso nella mia testa c’è posto solo per Luck.

Metto gli auricolari e mi lascio trasportare dalla musica. Per oggi ne ho abbastanza dei miei problemi.

<< Salve signora Montgomery >> dice Luck.

<< Ciao Luck, accomodati >> risponde mamma.

<< Cercavi Sam? >> continua.

<< No, signora in realtà cercavo Lila >> risponde lui.

<< Lila? Ehm… sì, aspetta che te la chiamo >> dice sorpresa.

<< Lila, Lila scendi c’è qualcuno per te >> continua urlando.

Dopo qualche minuto.

<< Non mi sente, ora salgo io a chiamarla >> continua.

<< Non si preoccupi, posso andare io da lei, le farei una sorpresa >> si offre lui.

<< Come vuoi, la seconda porta a destra >> gli indica mamma.

Toc, toc.

<< Lila? Sei presentabile? Sto per entrare >> dice Luck.

Apre la porta e me lo trovo davanti. Tolgo gli auricolari e balzo in piedi dal letto.

<< Luck, che ci fai qui? >> chiedo sorpresa.

<< Tua madre mi ha fatto entrare, posso sedermi? >> risponde.

<< Certo, arrivo subito >> dico uscendo dalla stanza.

Corro in bagno a sistemarmi. Impresa impossibile, ho i capelli tutti arruffati. Faccio il meglio che posso e torno in camera mia.

<< Eccomi >> dico entrando.

<< Non c’era bisogno di sistemarti, eri già bellissima >> dice vedendomi.

Arrossisco, è uno dei complimenti più belli che mi abbiano mai fatto. Questo mi fa pensare che non sia più arrabbiato con me.

<< Perché sei venuto? E poi a quest’ora, non potevi aspettare domani? >> chiedo.

<< Ho bisogno di parlarti e non volevo aspettare domani >> risponde.

<< Ok, ti ascolto >> dico.

Mi siedo sul letto e abbraccio il mio cuscino, ho bisogno di scaricare la tensione.

<< Vedi Lila, oggi quando mi hai detto quelle cose, mi hai sconvolto. Mai nessuna si era rivolta a me in quel modo. Tu mi hai aperto gli occhi, adesso so quello che voglio >> dice guardandomi dritto negli occhi.

<< E cosa vuoi Luck? >> rispondo.

<< Tu sei stata sincera con me e anch’io voglio esserlo con te >> dice.

Non dico niente, mi limito ad ascoltare.

<< Sentire quelle parole da Sam mi ha spaventato. Sarei diventato lo zimbello della scuola e non posso permetterlo così ho deciso di ignorarti >> continua.

<< Ed è quello che hai fatto >> rispondo.

<< Sì, ma non ci riesco, non posso, tu sei la prima che mi ha tenuto testa, tu sei la prima che non mi corre dietro e si scusa per quello che ha fatto >> dice.

<< Sono orgogliosa, non dico scusa facilmente, però mi dispiace. Mi dispiace di aver detto quelle cose e di averti messo in imbarazzo davanti ai tuoi amici >> rispondo.

<< E a me dispiace di averti ignorato e di non averne prima parlato con te >> dice con un sorriso.

<< Quindi pace fatta? >> chiedo speranzosa.

<< Spero di sì, se lo vuoi ancora >> risponde.

Balzo giù dal letto e gli salto addosso, mi è mancato poterlo fare.

<< Sono felice che sia tutto apposto tra noi >> dico felice.

Non risponde, mi bacia e questo mi fa capire che è così.

<< Lila, è pronto >> urla mamma dalla cucina.

<< Forse è meglio che ora vada >> dice Luck.

Mi dispiace doverlo lasciare, ma forse è meglio così.

<< Bene signora Montgomery, buona serata e buona cena >> dice Luck.

<< Aspetta Luck, fermati a cena con noi >> lo invita mamma.

<< No signora, non vorrei disturbare >> risponde timido.

<< Non disturbi, dai vieni a sederti >> insiste mamma.

Sì, Luck si fermerà ancora un po’. Aspetta, a tavola ci sarà anche Sam, cosa ne penserà lei? Be, non si è fatta tanti scrupoli quando era lei che stava con Luck a tavola a sbaciucchiarsi davanti a me. Quindi non m’interessa. Non importa cosa ne pensa lei, Luck sta con me e siederà accanto a me a tavola. Proprio al contrario di com’era prima. E… la vita è una ruota cara mia, una volta a te e una a me.

<< Vieni, siediti vicino a me >> invito Luck.

Prende posto e lo vedo un po’ imbarazzato, be, tra la sua ex difronte e la sua fidanzata di fianco che è la sorella dell’ex non c’è da stupirsi. Che confusione!

<< Buon appetito >> augura mamma.

Ok, adesso è imbarazzante. Sam è silenziosa, forse è dispiaciuta per quello che ha fatto. Adesso mi sento un po’ in colpa, so quanto è difficile e triste vedere tua sorella con il ragazzo che ti piace. Ma non ho invitato io Luck a cena, è stata un’idea della mamma. Quindi meno pensieri e più fatti. A questa cena, però, manca papà, lui sarebbe contento di vedermi finalmente felice. Per fortuna però torna nel weekend, così lo potrò riabbracciare.

La cena finisce velocemente e Luck va via. Mi dispiace doverlo lasciare, ma domani in fin dei conti lo rivedrò. Lui è ancora il mio ragazzo e questo mi permette di dormire sonni tranquilli.

 

 

<< Papà, sono felice che sei tornato >> urlo gettandomi tra le sue braccia.

<< Piccola mia, mi sei mancata >> risponde.

<< Papà, devo dirti una cosa >> dico contenta.

<< Dimmi tesoro >> risponde.

<< Sono fidanzata >> urlo saltellando.

<< Oh, piccola mia, sono contento per te e… chi è il fortunato, lo conosco? >> chiede.

<< Non so se ti ricordi di lui, si chiama Luck >> rispondo.

<< E chi è? >> chiede pensieroso.

<< Era fidanzato con Sam >> rispondo.

<< Così hai ristretto il campo >> dice ridendo.

Amo le battute di papà, a casa quando lui non c’è, è una tale noia.

<< È venuto a cena una volta, ti ricordi? >> chiedo.

<< Ah sì, forse mi ricordo, ma non di preciso >> risponde.

<< Guarda, ti faccio vedere una sua foto >> dico prendendo il telefono.

<< Ah sì, adesso mi ricordo, lui è quello che ha lasciato tua sorella, uno dei pochi, lui le ha spezzato il cuore, Lila, e lo farà anche con te. Non mi piace che frequenti questo genere di ragazzi >> dice.

Ok, questa non me la aspettavo. Sapevo che non l’avrebbe presa bene, sapere che sua figlia è fidanzata con l’ex dell’altra figlia non è il massimo, ma è successo, che colpa ne ho io se sono innamorata di uno come Luck?

<< No papà, con me è diverso, lui mi ama, non farebbe mai una cosa simile a me >> rispondo dispiaciuta.

Papà ha notato che ci sono rimasta male.

<< Scusa tesoro, mi dispiace, non volevo ferirti, solo che tu sei la mia bambina e non voglio vederti soffrire >> dice cercando di tirarmi su il morale.

Non dico niente, non posso, non ci riesco. Mi dispiace che papà non approvi Luck. Anche lui.

<< Lila, tu sei adulta e vaccinata, anche se io ti vedo ancora come una bambina da proteggere, ma non lo sei più. È la tua vita, fa quello che vuoi, solo che a me non piace quel ragazzo, tu ti meriti di più >> continua.

Io voglio Luck, mi merito lui e niente potrà farmi cambiare idea. Lui non è più quello che mi cercava solo per passargli gli appunti di chimica, adesso lui è il mio ragazzo, lui mi ama, anche se non me l’ha mai detto. Io lo so, lo sento.

<< Papà io voglio Luck >> dico convinta.

<< Io voglio solo che tu sia felice >> risponde.

<< Lo sono papà, Luck mi rende felice >> dico.

Detto questo, abbraccio papà e che abbia inizio il nostro week-end padre-figlia. Non importa cosa facciamo, andiamo a pesca, disputiamo una partita ai videogames o prepariamo un gustoso barbecue; l’importante è che siamo insieme, io e lui.

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Capitolo 7
*** È la tua serata, goditela principessa ***


È la tua serata, goditela principessa

<< Eccola >> dice Sam con l’aria di chi aspetta da un po’.

<< Lila tesoro, sei in ritardo, sbrighiamoci >> dice mamma.

<< Ho fatto il prima possibile >> rispondo affannata per la corsa.

<< Dai entriamo >> ci fa strada mamma.

Questo negozio mi sembra ogni anno più piccolo. Forse perché è sempre più pieno di abiti.

<< Posso aiutarvi? >> chiede gentilmente una ragazza.

<< Sì grazie, ci servirebbero due abiti per il ballo della scuola, uno per lei e uno per lei >> risponde mamma indicando me e Sam.

<< Avevate in mente qualcosa, non so il colore, il taglio… >> chiede la ragazza.

<< Sì, pensavo a un vestito lungo… >> risponde prontamente Sam con una lista lunga kilometri.

Lei e le sue “amiche” organizzano questo ballo da settimane.

<< E tu? >> mi chiede.

<< No, non ho la più pallida idea >> rispondo onestamente.

Be è la verità. Io non amo questo genere di cose. Ci pensa sempre mamma, il vestito, l’accompagnatore, gli accessori, l’acconciatura e tutto il resto. Però quest’anno almeno una cosa l’ho scelta io: l’accompagnatore. Il mio Luck. Sono più contenta di partecipare questa volta, quindi mi metto subito a cercare l’abito giusto per me.

Mentre Sam va dritta verso gli abiti chiaramente descritti della sua lista, io mi avventuro per il negozio tutta sola. Non riesco a trovare nulla che mi colpisca. Sam è già nel camerino di prova con una miriade di abiti, io non ne ho visto nemmeno uno. La ragazza sta aiutando Sam, ed io? Io che non me ne intendo di queste cose?

Giro l’ennesimo angolo del negozio sommersa dai vestiti e… eccolo. È lui, s’illumina ai miei occhi tra gli altri. Lo afferro al volo, leggo la taglia e… è la mia misura. Sono felice, forse ho trovato l’abito giusto per me. Ora basta convincere mamma. E Sam. E forse pure la ragazza. Mi dirigo verso il camerino di prova con un solo abito tra le braccia.

<< C’è l’hai fatta, dai, entra a provarlo >> dice mamma in pratica spingendomi dentro il camerino.

Forse questa volta vuole darmi un po’ più libero arbitrio. Forse ha capito che sono cresciuta, questo però non significa che i miei gusti siano migliorati.

Esco soddisfatta dal camerino e incontro lo sguardo di mia madre e della ragazza che sembrano approvare. Anzi no, quello della ragazza no, perché? Mi sta così male? Salgo sul piedistallo e guardo il mio riflesso allo specchio. Sono soddisfatta, mi piaccio. Amo la nuova Lila.

<< Mamma come ti sembra? >> chiedo speranzosa.

<< Sei bellissima tesoro >> risponde contenta.

Mamma approva, e Sam? Dov’è Sam? Sarà ancora in camerino sommersa dagli abiti?

<< Eccola >> dice la ragazza quasi mi stesse leggendo nel pensiero.

<< Mamma che te ne pare, non è bel… >> dice Sam interrompendosi.

Oh no.

<< È il mio stesso abito >> continua urlando vedendomi.

<< No Sam, è il mio abito >> rispondo.

<< Non se ne parla, l’ho visto prima io >> ribatte.

<< No, no cara, l’ho provato prima io quindi è mio >> dico.

<< Calma, calma ragazze, come avete fatto a trovare lo stesso abito, dello stesso colore tra migliaia di abiti che ci sono in negozio? >> chiede mamma ridendo.

<< L’ho visto prima io, non te lo lascerò >> dice Sam sbuffando.

<< Scordatelo, ormai è mio >> rispondo.

Ecco perché la ragazza non mi ha sorriso quando sono uscita dal camerino. Lei lo aveva già preso per Sam e non voleva che me ne innamorassi. Troppo tardi. Amo quest’abito, mi fa sentire bella. Un abito bianco, lungo, semplice ed elegante, proprio come me.

<< Dai Sam, tesoro, lascialo a tua sorella, ne hai altri dieci in camerino >> dice mamma.

Ben detto mamma. Non me lo sarei mai aspettato, ma comunque brava.

<< No mamma, questa volta no >> risponde arrabbiata.

<< Questa volta? L’hai vinta sempre tu >> dico.

<< Che cosa dici, casomai è il contrario >> risponde.

<< Non è vero, fin da piccola hai avuto sempre la meglio tu, io mi sono sempre dovuta accontentare >> ribatto.

<< Ragazze, dai calmatevi, non è il momento >> dice mamma tentando di raffreddare gli animi.

<< Tu, tu hai sempre avuto tutto, papà ha sempre preferito te, tu vai bene a scuola, tu hai Luck e adesso anche il mio abito >> dice scendendo dal piedistallo e dirigendosi verso il camerino.

<< Sam tesoro >> dice mamma inseguendola.

Non dico niente, sono rimasta senza parole. Non pensavo che Sam fosse così invidiosa di me, casomai è il contrario. Ecco perché è sempre stata fredda e distaccata con me. Ed io cosa dovrei dire? Lei è sempre stata in primo piano in famiglia. I nonni la adorano, a scuola è la tipa più famosa, ha sempre partecipato a concorsi di bellezza e sfilate di moda. E poi che dire della sua linea? Perfetta, come sempre. Ed io, chi pensa mai a Lila? Nessuno, è così che mi sono sempre sentita. Lila la sorella di Samantha, Lila la balenotta dai capelli rossi, Lila quella Lila che…. Nessuno mi ha mai preso in considerazione, tranne papà e le mie amiche Alice e Cathy. Adesso non lo sono più però. Non conoscevo questo lato di Sam. So come ci si sente in questi momenti, forse è meglio lasciarla sbollire per un po’. Dopo due ore e mezza, usciamo da quel negozio con due abiti. Il mio e quello di Sam. Ne ha trovato un altro, c’era da immaginarselo. Forse la vecchia Lila avrebbe lasciato l’abito a sua sorella, ma adesso no, la nuova Lila no. Sono stanca di essere la seconda in tutto. Voglio essere la prima.

 

 

<< Tutto pronto per domani? >> chiede Luck.

<< Quasi, sarà tutto perfetto >> rispondo.

<< Ci vediamo domani a scuola >> dice.

<< Non penso di venire, devo prepararmi per bene >> rispondo.

<< Allora passo a prenderti alle otto, va bene tesoro? >> chiede gentilmente.

<< Perfetto, non vedo l’ora che arrivi quel momento >> rispondo.

<< Buona notte piccola >> dice.

<< Notte >> rispondo.

Amo chiacchierare con Luck prima di andare a dormire. Ci raccontiamo la nostra giornata, scherziamo, è un modo per sentirci vicini. Non so più come farei senza di lui. Ho trascorso una settimana da incubo senza le mie amiche. So che mi hanno fatto del male, ma gli voglio troppo bene per buttare anni e anni di amicizia al vento. Ormai penso abbiano perso le speranze, hanno provato in tutti i modi a contattarmi, a scuola con i bigliettini nell’armadietto, decine di sms al cellulare e una miriade di viaggi missionari a casa mia. Ma niente, tutto inutile secondo loro. In realtà mi fa piacere che si preoccupino per me, mi fa vedere quanto ci tengono a me. Gli sta bene un po’ di sofferenza. Ma ora forse è tempo di finirla, di perdonarle e di far tornare tutto alla normalità.

 

 

<< Lila, Lila svegliati, tra mezz’ora arriva il parrucchiere >> dice mamma buttandomi giù dal letto.

Già, oggi è il gran giorno, oggi è il famoso giorno del ballo. Sam ed io oggi non andiamo a scuola per prepararci per il ballo, come penso la maggior parte delle ragazze che parteciperanno. Di solito quando mamma mi sveglia, resto a letto almeno altri dieci minuti se non di più, ma oggi no, sarà l’ansia pre ballo. Mi sistemo meglio che posso e scendo a fare colazione, ma ad aspettarmi vi è già qualcuno.

<< Eccoti, Lila loro vi aiuteranno a essere bellissime per stasera >> dice mamma soddisfatta presentandomi il parrucchiere e penso l’estetista.

<< Piacere di conoscervi, ehm… vado a fare colazione e torno >> dico.

<< Sbrigati tesoro, non c’è tempo da perdere >> dice mamma.

<< Mamma sono le dieci del mattino, c’è tempo prima che arrivino i nostri accompagnatori >> rispondo.

<< Il tempo scorre in fretta, quindi datti una mossa >> dice.

Wow, sembra che debba andarci lei al ballo. Sembra più in ansia lei di me e Sam. Noi non abbiamo toccato più l’argomento del negozio. Forse è meglio così. Ma non è oggi il giorno per pensare a questo, oggi è un giorno speciale per me. Non so cosa mi aspetta, ma so già che mi piacerà. Ascolto gli ordini di mamma e seguo la sua tabella di marcia. È lei a controllare tutto, però quest’anno ho scelto io come sistemarmi. Il mio abito, la mia pettinatura, il mio accompagnatore. Li ho scelti io finalmente.

La giornata passa in fretta, mamma aveva ragione, il tempo vola quando si ha da fare. Luck sarà qui tra poco ed è ora di indossare il mio abito. È ancora più bello di quanto me lo ricordassi. Adesso è tutto perfetto, niente può rovinare questa serata. Papà non c’è, non potrà vedermi così, quindi farò delle foto, almeno potrà vedere come Lila, la sua bambina sia cresciuta.

<< Lila, Luck è qui >> urla mamma dal soggiorno.

<< Scendo subito >> rispondo.

Un ultimo sguardo allo specchio e… sono pronta. Sono pronta per quello che mi aspetta, qualsiasi cosa sia. Scendo le scale con questi tacchi altissimi, quasi un’impresa per me e lui è lì. Luck è davanti a me sbalordito. Si avvicina tendendomi una mano per aiutarmi a scendere gli ultimi scalini.

<< Sei bellissima >> dice quasi sussurrando.

Sorrido, non so cosa dire. Ma certo anche tu, devo risponde che anche lui lo è. Per me lo è sempre, ma deve saperlo.

<< Anche tu >> rispondo poco dopo.

<< Una foto prima di andare? >> chiede mamma.

<< Certo >> risponde lui.

Il nostro primo ballo e l’ultimo. Tra una settimana la scuola finirà e gli esami ci martelleranno la testa. Ma non è il momento di pensarci adesso. Saluto mamma e ci dirigiamo verso la limousine.

<< Wow tesoro, è bellissima >> dico stupefatta.

<< Tu lo sei >> risponde baciandomi.

Non lo aveva ancora fatto. Davanti ai miei non l’ha mai fatto. Con Sam sì però, me lo ricordo bene. Forse era lei a incitarlo.

<< Andiamo? >> chiede aprendomi la portiera.

<< Certo >> rispondo.

È tutto bellissimo, tutto perfetto, persino il mio bouquet s’intona al fiore che porta nel taschino della giacca. Niente potrà rovinare questa serata, niente. Appena arriviamo al ballo, un’enorme sala elegantemente arredata ci accoglie. Tutti i ragazzi si girano a guardarci. Un sogno, il mio sogno si è avverato. Vedo Alice e Cathy con i loro accompagnatori. Voglio fare pace stasera. Però non farò io il primo passo. Luck m’invita a ballare ed è quello che facciamo per tutta la serata.

Ballo dopo ballo arriva il momento dell’incoronazione del re e della reginetta del ballo. Perché ha tutta questa importanza, perché mai una ragazza deve aspettare tutta l’età adolescenziale per ricevere una coroncina? Una ragazza deve sentirsi una principessa ogni giorno, e adesso io mi sento così. Lo so, parlo proprio io che prima sdegnavo il mio corpo, ma si cambia per fortuna nella vita.

<< Scusate ragazzi è arrivato il momento più atteso della serata, l’incoronazione del re e della regina del ballo di quest’anno >> dice Mandy, colei che ha organizzato questa serata.

<< Che salga l’urna sul palco >> continua chiamando dei ragazzi che trasportano una specie di vaso stracolmo di bigliettini.

<< I nostri collaboratori hanno controllato attentamente ogni bigliettino e da questo è emerso che… >> dice a rallentatore per aumentare la suspense.

<< La reginetta del ballo di quest’anno è… Lila >> continua urlando il nome.

Oh mamma. Ha detto il mio nome? Io non mi sono iscritta al concorso, non è possibile.

<< Io, io non mi sono iscritta >> dico balbettando a Luck.

<< Vai, è la tua serata, goditela principessa >> risponde.

<< Lila dai, vieni qua sul palco >> m’invita Mandy.

Si apre un sentiero che porta dritto verso il palco.

<< Congratulazioni >> dice Mandy poggiandomi sulla testa la tiara.

<< Grazie >> rispondo.

Sono senza parole, non so che dire.

<< E ovviamente il re del ballo è… Luck >> dice Mandy senza quasi nemmeno leggere il biglietto.

Ogni anno ha sempre vinto Luck, sempre. Quindi come di tradizione anche quest’anno. Si fa strada e mi raggiunge sul palco. Mandy poggia sulla sua testa la corona e… ed eccoci qui. Io Lila al fianco del ragazzo più bello che ho mai conosciuto, al centro dell’attenzione tra migliaia di ragazzi della scuola.

<< Formiamo un cerchio per dare lo spazio a Lila e Luck di fare il primo ballo >> dice Mandy.

Il primo, l’ennesimo ballo. Ho i piedi distrutti, odio i tacchi. Questo però è il primo ballo da re e regina del ballo. Il nostro primo ballo, solo nostro.

Chi se lo sarebbe mai immaginato che io Sheila Margaret Montgomery sia arrivata a questo punto? A essere importante, a essere la reginetta del ballo. A proposito, come ho fatto a diventarlo? Qui c’è lo zampino delle mie amiche. Dopo il primo ballo mi allontano da Luck per andare a cercare Alice e Cathy.

<< Vi ho trovate finalmente >> dico con un sorriso.

<< Ti abbiamo trovato, è un miracolo >> dice ironica Cathy.

<< Siamo felici di vederti >> continua Alice.

<< Anch’io, e… di chi è stata l’idea? >> chiedo.

<< Mia, mia scusa, non volevo farti soffrire rubando… >> risponde Cathy.

<< No, no, non mi riferivo a quello, ormai è acqua passata, chi mi ha iscritto al concorso per diventare reginetta? >> chiedo.

<< Be, quando sono andata a iscrivermi, invece di scrivere il mio nome, ho scritto il tuo >> dice Alice.

<< Perché non hai partecipato? >> chiedo.

<< Non avrei avuto nemmeno una piccola speranza di vincere >> risponde dispiaciuta.

Tolgo la coroncina dalla mia testa e la poggio sulla sua.

<< Lila sei impazzita? >> dice quasi come se stessi per compiere un crimine.

<< La desideri più tu che io, comunque grazie >> rispondo.

Ci abbracciamo tutte e tre e in un attimo è tutto passato. I nostri litigi, le nostre discussioni non esistono più. Mi sono davvero mancate le mie amiche.

<< Bene, detto questo divertitevi, vado a cercare il mio cavaliere >> dico soddisfatta.

<< Divertiti anche tu >> rispondono all’unisono.

Che fine ha fatto Luck? Non lo vedo da nessuna parte, be in mezzo a questa confusione neanche un gigante si distinguerebbe. Odio restare sola, lo sono stata per troppo tempo, così decido di andare a cercarlo. Sì, ma dove? Un’idea, ci vorrebbe un’idea. Eccola.

Salgo sul palco e comincio un discorso di ringraziamento per il titolo di reginetta senza corona! Da lì potrò vedere l’intera sala, quindi anche Luck.

Tutti sono immobili, fermi ad aspettare, nemmeno stesse parlando il presidente. Nessuno si muove, tranne… Luck. Sta uscendo dalla sala.

<< Bene, quindi grazie, grazie di avermi reso quest’omaggio >> termino in fretta.

Scendo dal palco e decido di seguirlo, dove sta andando? Lo seguo, esco dalla sala, tolgo queste orribili scarpe e m’incammino. Dove mi porterà? Ormai è tardi per pensare, presto lo saprò.

Eccoci, ad aspettarlo c’è una ragazza che non riesco a delineare. È troppo buio. Mi nascondo dietro un cespuglio, stanno parlando, sono troppo distante, però, per sentirli. Però questo lo sento, dritto al cuore. Se mi avessero dato uno schiaffo, avrei sentito meno dolore. Si stanno baciando. Questo mi basterebbe per andare là e dirgliene quattro a tutti e due. Però Lila in queste situazioni non affronta i problemi, scappa, la cosa più semplice. La vecchia Lila è più viva di quanto pensassi.

 Corro via da quel posto, voglio tornare a casa adesso. Ma come? Non ho nemmeno la mia auto. Io no ma Cathy sì. Decido di tornare alla festa anche con le lacrime che mi rigano il volto. Devo prendere le chiavi dell’auto di Cathy.

<< Lila, Lila che è successo? >> chiede Cathy vedendomi in quello stato.

<< Prestami la tua auto, ti prego, voglio andare via da qui >> rispondo.

<< Ma che è successo? >> insiste.

<< Cathy ti prego dammi le chiavi >> rispondo.

<< Neanche per sogno, ti accompagno io, non puoi guidare in questo stato >> dice convinta.

<< No, ho bisogno di stare da sola, goditi la festa >> rispondo.

Cerca le chiavi nella sua borsa.

<< Lila però… >> dice.

Non sento nient’altro. Ho le chiavi in mano e voglio solo andare via. Cerco la sua auto tra le mille che ci sono nel parcheggio, non tutti possono permettersi la limousine.

Eccola. Salgo a bordo, accendo la radio e mi dirigo verso nemmeno io so dove.

 È questa l’ultima cosa che mi ricordo.

 

 

 

Salve a tutti!

Come promesso a una mia fan ho cercato di aggiornare il prima possibile, ma non so se riuscirò a mantenere questo ritmo!! Ed ecco a voi il nuovo capitolo. Spero di sapere cosa ne pensate e… buona lettura!

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Capitolo 8
*** Spero tu venga con me ***


Spero tu venga con me

<< Alice, Alice sbrigati o faremo tardi a lezione >> urlo al citofono di casa sua.

<< Arrivo, due minuti e sono da te >> risponde.

<< Ti aspetto in macchina, datti una mossa >> dico.

Come ogni giorno passo a prendere Alice che come sempre è in ritardo.

<< Eccomi, scusa il ritardo >> dice entrando in macchina.

<< Era ora, come mai così elegante stamattina? >> chiedo.

<< Oggi è il giorno per candidarsi a reginetta del ballo di fine anno >> risponde.

<< E scommetto che vuoi partecipare, non è vero? >> dico.

<< Sì, dovresti farlo anche tu, è divertente >> risponde.

<< No grazie, non fanno per me tiare e abiti da principessa >> dico.

Detto questo, accendo il motore e ci dirigiamo verso la scuola.

<< Cos’è questa confusione? >> chiedo incredula.

<< Oggi è il giorno… >> risponde Cathy.

<< Sì, sì lo so, ma perché tutta questa euforia? >> la interrompo.

<< Be, tutti vogliono vincere il titolo di reginetta del ballo almeno una volta >> risponde.

<< Io no, non ci tengo per niente >> dico.

<< Quest’anno ci andrai con Luck >> dice.

Vero, non ci avevo ancora pensato. Ogni anno ci sono andata da sola, tranne al primo che mamma mi ha organizzato un appuntamento con Filip, il nostro vicino. Lui ha sempre avuto una cotta per me, me l’ha dimostrato un migliaio di volte, ma io non ho ceduto hai suoi corteggiamenti. Per fortuna aggiungerei.

<< Ragazzi, un attimo per favore, un attimo >> urla dall’altoparlante la preside Keller.

<< Ragazzi, venerdì prossimo come ben sapete ci sarà il ballo di fine anno, v’invito a iscrivervi e a partecipare. Vi ricordo che è un ballo elegante e raffinato, una tradizione per la nostra scuola. Quindi vestitevi adeguatamente e divertitevi. Adesso tornate in classe e in fretta grazie >> termina con il suo tono forte e deciso.

E con queste parole ci rechiamo in classe, tutti, non si disubbidisce alla preside Keller, nessuno l’ha mai fatto e penso lo farà.

<< Ehi >> dice Luck.

<< Luck, non ti ho sentito arrivare >> dico sorpresa.

<< Scusa non volevo spaventarti, ho una sorpresa per te, chiudi gli occhi >> dice nascondendo qualcosa dietro la schiena.

Faccio come dice. Non amo le sorprese ma se è lui a farmele.

<< Adesso li puoi aprire >> continua.

<< Wow, Luck tu… >> rispondo stupita.

<< Ho i biglietti per il ballo e spero tu venga con me >> m’interrompe.

Ok, ok aspetta un attimo Lila Montgomery, non correre con la fantasia, resta con i piedi per terra. Luck, il tuo ragazzo ti ha invitato al ballo di fine anno, il tuo ultimo ballo. È bello andare al ballo con qualcuno che t’interessa che non sia Filip.

<< Allora? >> insiste.

<< Sì, sì certo che vengo al ballo con te >> rispondo buttandomi tra le sue braccia.

<< Sembravi titubante >> dice.

<< Nessuno me lo aveva mai chiesto, non sono abituata a questo genere di cose >> rispondo.

Wow, chi lo avrebbe mai detto che Luck Miller, il ragazzo che mi piace fin dal primo anno del liceo, mi abbia chiesto di andare al ballo con lui. Be, in effetti, è il mio ragazzo, perché non avrebbe dovuto chiedermelo? Lui è sempre andato al ballo con una ragazza diversa. Con Sam no però. L’ha lasciata poco prima e al ballo era già con un’altra. Non so perché si siano lasciati, anzi lui l’abbia lasciata. È uno dei pochi che l’ha fatto, perché è sempre stata Sam a scaricare gli altri e non viceversa. Forse è per questo che ha sofferto.

<< Vota Christy >>

<< Votate Christy, mi raccomando >>

<< Ehi, vota per me >>

<< Anche tu Lila, vota per me >> mi dice.

 << Christy, che stai facendo? >> chiedo perplessa.

<< Distribuisco volantini per diventare reginetta del ballo >> risponde come se fosse una cosa normale.

<< Ah, non so, anche Alice si è candidata >> dico.

<< Alice? E tu daresti il voto ad Alice dopo quello che ti ha fatto? >> dice quasi disgustata.

<< Perché? Che mi ha fatto Alice? >> chiedo.

<< Scusa, ma non avete parlato quando ci avete mandato via dagli spogliatoi? >> risponde.

Dove vuole arrivare? Che cosa stavano per fare le ragazze? Se io non fossi entrata cosa sarebbe successo? Decido di stare al gioco per saperne di più.

<< Ah, sì, agli spogliatoi, solo che non si sono spiegate bene, raccontami la tua versione >> dico.

<< Perché dovrei farlo se già lo sai? >> chiede furba.

<< Perché io ti darei il mio voto >> rispondo.

Niente può far cantare di più come un uccellino una cheerleader se non sapere che può diventare reginetta.

<< Adesso ho da fare, passami a prendere dopo la scuola e ti dirò tutto >> dice con aria complice.

<< Ok, ci vediamo dopo >> termino.

Mando un sms ad Alice dicendole che non posso accompagnarla a casa dopo la scuola perché ho un impegno. Magari si farà accompagnare da Cathy.

 

<< Ehi tesoro ci vediamo dopo la scuola? >> chiede Luck arrivando alle mie spalle.

<< Perché arrivi sempre così, mi farai prendere un colpo >> rispondo scherzosa.

<< Comunque non posso, ho un impegno, magari un’altra volta, ti dispiace? >> rispondo.

<< No, certo avrai da fare per il ballo, comunque tranquilla penso a tutto io, i fiori, la limousine, tu pensa solo al tuo vestito, al resto ci penso io >> dice rassicurandomi.

Già il vestito, mamma sarà in subbuglio. Lei adora questo genere di cose, magari domani andremo a comprarlo.

<< Eh sì, i preparativi, ci vediamo domani ok? >> chiedo sperando non mi rivolga altre domande.

<< Ok, a domani tesoro >> termina baciandomi.

 

Aspetto già da un quarto d’ora Christy ma ancora niente. Non mi avrà dato buca? Spero proprio di no, voglio saperne di più su quel pomeriggio. Nemmeno il tempo di finire il pensiero che arriva e si siede nel sedile anteriore, alla mia destra.

<< Scusa il ritardo, andiamo? >> chiede.

<< Tranquilla, ma dove? >> rispondo.

<< A casa mia, ormai mi accompagni a casa, ti racconterò tutto una volta lì >> dice.

Be forse è meglio. Non so cosa mi aspetta ed è meglio non scoprirlo alla guida.

 

<< Prego, accomodati >> m’invita Christy aprendo la porta d’ingresso.

Mi fa strada in un grande salotto, dove domina un caldo caminetto acceso. Forse è un po’ fuori stagione.

<< Vuoi che lo spenga? >> chiede vedendomi fissarlo.

<< Ehm… no, va bene così >> rispondo.

Mento. Muoio di caldo, qui dentro si soffoca, perché lo tiene acceso? Siamo a Maggio, capisco che qui a Millville la temperatura è un po’ più fredda rispetto a New York, ma non così esageratamente però. Introduco il discorso, non vedo l’ora di uscire da questa casa.

<< Allora, cosa vuoi dirmi? >> chiedo.

<< Se io te lo riferisco tu mi prometti che non dirai che sono stata io a dirtelo? >> risponde guardandomi dritta negli occhi.

<< Sì, certo, hai la mia parola >> dico con ansia.

<< Vedi, prima che tu arrivassi, le tue amiche stavano per… >> comincia a parlare.

<< Dai, arriva al dunque >> la interrompo.

<< Rubare il cellulare di Luck >> continua.

Rimango pietrificata. Che cosa stavano per fare? E questo è proprio quello che le chiedo.

<< Perché? >> chiedo stupita.

<< Perché volevano inviarti un sms dal suo telefono dicendoti che era finita tra te e lui >> risponde.

<< E perché tu e le tue amiche eravate lì? >> chiedo incredula.

<< Gli abbiamo aperto noi la porta degli spogliatoi >> risponde rilassata.

<< E perché c’è l’avevate voi la chiave? >> chiedo cominciando a innervosirmi.

<< Quante domande, cos’è un interrogatorio? Comunque siamo cheerleader, abbiamo i nostri metodi di persuasione per l’addetto alla palestra…  >> risponde.

Non riesco a credere alle mie orecchie. Le mie amiche o perlomeno quelle che credevo tali, stavano per compiere un gesto così crudele nei miei confronti? Perché, perché mi chiedo, che gli ha fatto Luck? Ed io, non pensavano a me?

<< E voi cosa ne guadagnavate? >> chiedo interrogativa.

<< Siamo cheerleader, faremmo di tutto per avere attenzione da parte dei giocatori di rugby >> risponde come se fosse una cosa scontata.

<< E come pensavate di ottenerla? >> continuo a chiederle.

Forse è davvero un interrogatorio.

<< Le tue amiche ci hanno ingannato. Ci hanno convinto che una volta che Luck ti avesse lasciato, avrebbe organizzato un party a cui saremmo state invitate anche noi e ovviamente avrebbero partecipato anche gli altri suoi compagni >> risponde.

<< E perché avrebbe dovuto organizzare un party? Per festeggiare la nostra separazione? >> chiedo con tono scherzoso.

Meglio prenderla sul ridere questa situazione.

<< È così che usa fare di solito Luck per conoscere nuove ragazze, non lo sapevi? Forse perché non sei mai stata invitata >> risponde con aria da so tutto io.

<< Va bene, grazie delle tue risposte, ci vediamo domani >> termino.

<< Non c’è di che, e mi raccomando, vota per me >> risponde soddisfatta.

<< Stanne certa, io mantengo le mie promesse >> dico uscendo da quella casa.

Finalmente. Aria, aria fresca. Non ne potevo più. Quell’aria soffocante, le parole di Christy e il suo risolino soddisfatto. Adesso devo pensare a cosa fare con Alice e Cathy. Non la passeranno liscia stavolta. Non solo hanno fatto quello che hanno fatto, ma in più mi hanno mentito. Perché mi hanno risposto che volevano solo nascondere i vestiti di Luck? Perché non sono state sincere con me? Presto lo saprò, presto avrò tutte le risposte che mi servono. E sarà meglio che si preparino, la vecchia Lila, dolce e cara, non esiste più.

 

 

<< Lila, Lila mi stai ascoltando? >> mi chiede mamma.

<< Ehm… sì, scusa cosa hai detto? >> rispondo con l’aria di a chi non interessa il discorso.

<< Ci vediamo pomeriggio al negozio, ok? >> ripete.

<< Quale negozio? Di cosa stai parlando? >> chiedo tornando sul pianeta Terra.

<< Il negozio di abiti da cerimonia tesoro, dove hai la testa >> risponde.

<< Ah, già il vestito, va bene, ci vediamo lì dopo la scuola >> dico.

Già il vestito, chi ci pensava più, ho ben altro per la testa per il momento. Non ho dormito tutta la notte per il pensiero della faccenda di Alice e Cathy. Che cosa faccio, come mi devo comportare? Io non sono una ragazza vendicativa, l’unico metodo che mi è venuto in mente è l’indifferenza. Farò come se non esistessero. Alice e Cathy non contano più niente per me.

<< Ci vediamo più tardi >> urlo dalla porta d’ingresso.

<< A dopo tesoro >> risponde mamma dalla cucina.

Prendo l’auto e mi dirigo verso la scuola. Non passerò a prendere Alice oggi ovviamente.

Sulle scale di scuola vedo Luck chiacchierare con qualche suo amico. Decido di andare da lui, in fin dei conti è l’unica persona “amica” che conosco qui adesso.

<< Ciao Luck >> dico avvicinandomi a lui.

<< Scusate ragazzi, il dovere mi chiama. Ci vediamo dopo >> dice con tono scherzoso.

<< Non volevo disturbarti >> dico.

<< Tu non mi disturbi, non lo pensare nemmeno >> dice convinto.

<< Tutto bene? >> continua con lo sguardo interrogativo.

<< Sì, certo >> rispondo facendo finta di nulla.

Non voglio dirgli niente sulla questione delle ragazze. S’infurierebbe e poi non voglio essere difesa da nessuno. Devo cavarmela da sola.

<< Ci vediamo a pranzo >> dice.

E con un bacio le nostre strade si dividono, io aula di scienze, lui d’inglese.

Vedo Cathy in fondo all’aula che mi fa cenno di raggiungerla. Non la guardo neanche. Prendo posto in seconda fila accanto ad un ragazzo che non avevo mai notato. Alla fine della lezione Cathy mi raggiunge, be ovvio, vorrà delle spiegazioni sul mio gesto.

<< Ehi Lila, tutto bene? >> chiede con l’aria di chi non sa niente e non ha fatto niente.

“Non ti rispondo, non ti rispondo” mi ripeto nella testa.

<< Lila, ehi che succede? >> insiste avvicinandosi di più a me e tenendomi per un braccio.

Mollo la presa e la lascio lì, ferma, immobile. Non se lo sarebbe mai aspettato da parte mia, e chi lo avrebbe mai pensato? Non ho ancora visto Alice stamattina, forse aspettando me ha perso l’autobus. Boh, non è un problema mio.

<< Hai visto Alice almeno? >> urla.

Faccio finta di non aver sentito. Ero già alla porta, ero distante da lei, come mai l’avrei potuta sentire? La sua domanda ha subito una risposta. Parli del diavolo e…

<< Lila che è successo, perché non sei passata a prendermi? >> chiede innocente.

Non la degno nemmeno di uno sguardo. Un po’ mi dispiace trattarle così, ma se lo meritano. Che cosa sarebbe successo se io non fossi entrata da quella porta quel giorno in quel preciso istante? Meglio non pensarci.

Non m’insegue neanche lei è un tipo orgoglioso, come me. Sicuramente andrà a parlare con Cathy e capiranno insieme il perché della mia reazione.

Le ore passano lente, non vedo l’ora di andarmene da scuola, anche se dovrò andare a comprare l’abito per il ballo con mamma. Avevamo programmato il nostro ultimo ballo insieme fin da quando eravamo al primo anno, e adesso? Adesso sarò sola, anzi no, Luck sarà con me. Ha in serbo per me una sorpresa dopo il ballo. Forse è quello che penso io. Non voglio illudermi, non ne abbiamo mai parlato, ma forse è il momento più adatto.

<< Lila, Lila fermati un attimo, ti prego >> urla Cathy inseguendomi con Alice.

Non mi fermo, vado dritta verso la mia auto.

<< Lila fermati per favore >> dice Alice con il fiato corto per la corsa.

<< Ho da fare >> rispondo secca.

Questa è l’unica cosa che dico prima di salire a bordo della mia auto e andarmene.

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Capitolo 9
*** Che cosa ho fatto di male? ***


Che cosa ho fatto di male?

<< Eccola, si sta svegliando >> urla Sam vicino a me.

<< Lila, amore mio, stai bene? >> dice mamma piangendo.

<< Siamo tutti qui tesoro, tutti >> dice papà.

Non capisco, dove sono?

<< Cos’è successo? >> chiedo con un filo di voce.

<< Hai avuto un incidente >> dice Sam accanto a me tenendomi per mano.

<< Che ti è saltato in mente? >> urla mamma.

<< Nancy non è il momento >> la interrompe papà.

Già, anche lui è qui per me. Lui c’è sempre per me.

<< Vado a chiamare il medico >> continua papà.

Sam non si stacca da me, non molla la presa. Non conoscevo questo lato di lei, è dolce con me adesso. Perché? Perché tutte queste apprensioni?

<< Uscite per favore >> dice il medico non appena arriva.

Mi visita ed esce, senza dire niente. Va sicuramente dai miei genitori.

<< Si può? >> chiede Alice alla porta.

<< Ragazze, siete bellissime con l’abito del ballo qui >> scherzo.

<< Vedo che stai meglio, come ti senti? >> chiede Cathy.

Non lo so, non so nemmeno io come sto. Non so se mi fanno più male le ferite o quello che mi ha fatto Luck. Perché mi ha fatto tutto questo?

 Io mi fidavo di lui.

<< Bene penso >> rispondo.

<< Ci hai fatto prendere un bello spavento >> dice Alice.

<< Lo so, mi dispiace, anche per la tua auto Cathy, è tanto grave? >> chiedo dispiaciuta.

<< Niente che non si possa riparare >> risponde.

<< A proposito, cosa ti è successo? >> chiede Alice.

<< Ecco, perché eri così scossa? >> continua Cathy.

<< Luck, lui… >> rispondo.

<< lo sapevo, quel verme schifoso, se lo vedo… >> m’interrompe Alice.

Non le ho nemmeno detto cosa mi ha fatto e già reagisce così. Loro avevano ragione, papà aveva ragione. Lui mi aveva avvertito, tutti lo avevano fatto, solo io non lo avevo capito. Pensavo fosse diverso con me. Ma in realtà sono tutti uguali. Tutti.

Finisco di raccontargli la storia, prima a loro, poi ai miei genitori e poi finalmente posso riposare. Vorrei tornare a casa, ma mamma mi ha detto che mi tengono sotto osservazione fino a domani. Quindi decido di non ribattere, chiudo gli occhi e sprofondo nel sonno, anche se è già quasi mattino.

 

Sono passate poche ore da quando mi sono addormentata che già mi svegliano. Questo perché dopo i controlli, i medici mi hanno dimesso, così finalmente potrò tornare a casa. So che è da poche ore che sono qui in ospedale, ma per me è quasi un’infinità.

<< Papà >> urlo non appena arriva nella camera.

<< Tesoro come ti senti, sei pronta a tornare a casa? >> chiede.

<< Prontissima >> rispondo felice.

Felice di tornare a casa. Felice di buttarmi tutto alle spalle: Luck, la nuova Lila e anche le auto. Non penso ne guiderò più una dopo questa notte.

<< Andiamo allora >> dice.

Mi accompagna in macchina e per tutto il tragitto è silenzioso. Perché? Che cosa sarà mai successo in una sola notte?

<< Tutto bene? >> chiedo curiosa per spezzare il silenzio.

<< Sì, certo, perché? >> risponde.

<< Non so, mi sembri strano >> dico.

<< No, ho solo avuto una discussione con tua madre >> risponde.

Ecco, lo sapevo che c’era qualcosa sotto.

<< E perché avete litigato? >> chiedo.

<< Purtroppo lo scoprirai presto >> risponde.

Che cosa scoprirò? Cosa mi sta nascondendo papà?

Appena arriviamo a casa mamma e Sam corrono ad accogliermi.

<< Lila, come ti senti? >> chiede Sam come se avessi avuto qualcosa di grave.

Be sì, in effetti, un incidente lo è, ma sono viva e per fortuna ne sono uscita quasi del  tutto illesa.

<< Meglio adesso che sono a casa >> rispondo.

Si avvicina a me e mi abbraccia. Non sono abituata a questo genere di cose da parte sua. Be sarà per caso una nuova Sam? Che fine ha fatto mia sorella? Anche mamma viene ad abbracciarmi, però anche lei è cupa, qualcosa non va.

<< Mamma, è tutto apposto? >> chiedo.

<< Sì certo amore, perché me lo chiedi? >> risponde.

<< So che avete discusso con papà, potrei sapere perché? >> chiedo.

<< Ti avevo detto che le avremmo parlato insieme >> dice mamma riferendosi a papà.

<< Non le ho ancora detto niente >> risponde papà a sua difesa.

<< Che cosa avrebbe dovuto dirmi? >> continuo a chiedere.

Non capisco più niente, perché tutto questo mistero?

<< Vieni Lila, sediamoci sul divano >> m’invita mamma.

Ok, adesso comincio a preoccuparmi. Mi fanno addirittura sedere come se potessi svenire alle sue parole.

<< Allora? >> chiedo curiosa.

<< Vedi Lila, io e tuo padre… >> comincia mamma.

<< Non mettermi in mezzo, io non ero d’accordo >> la interrompe papà.

<< Carl non capisci che è per il suo bene? >> dice mamma alterandosi.

Per il mio bene? Che cosa ho fatto, cosa ho?

<< Io e tuo padre abbiamo pensato che dopo gli esami, be potresti… >> continua mamma.

Dai, sembra un quiz, parla a rallentatore.

<< Potresti andare dai nonni >> finisce il discorso mamma.

<< Che cosa? Andare dai nonni, perché? Che cosa ho fatto di male? >> chiedo balzando in piedi.

<< Tesoro non ti agitare, in fondo tu adori New York, perché non approfittare dell’occasione >> risponde mamma con un sorriso a trentadue denti.

<< No mamma, non sarebbe una buona idea, io dai nonni? Papà di qualcosa >> lo supplico.

<< Lila, io ci ho provato per tutta la notte, ma forse ti farà bene allontanarti da qui per un po’ >> risponde papà con aria dispiaciuta.

<< Sì ma non dai nonni. Sam potrebbe resistere con loro, ma non io, e poi per quanto tempo? >> chiedo.

<< Per tutta l’estate, pensala come una vacanza premio >> risponde mamma soddisfatta.

<< Vacanza? E quale sarebbe il premio? I nonni forse? >> dico infuriata.

Sam non dice niente, strano che non appoggi mamma, avere tutta la casa per sé le farebbe comodo.

<< Ormai è deciso Lila, ho già avvertito i nonni >> dice mamma.

<< Quindi non ho scelta, devo andarci per forza, hai già deciso tutto tu >> rispondo.

Basta, non posso sopportare un minuto di più questa situazione.

<< Lila, aspetta, dove vai? >> mi chiede papà.

<< Da Alice >> rispondo secca.

Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno, e quale persona migliore della tua amica di sempre?

Arrivo da Alice in lacrime e le spiego la situazione. Anche lei non è felice della notizia, chi mai può esserlo?

<< Quindi non ci vedremo per tutta l’estate? >> chiede Alice con il morale a pezzi.

<< Già, ma non ti preoccupare, magari mi lasceranno venire qualche volta, o magari potreste venire voi, tu e Cathy >> rispondo.

<< Mi mancherai >> dice venendomi incontro per un abbraccio.

<< Anche tu, ma adesso non pensiamoci, abbiamo ancora una settimana per stare insieme >> dico.

<< Già a studiare, che bel passatempo >> dice scherzosa.

Infatti, a studiare. Tra poco più di una settimana avremo gli esami. Non ho avuto molto tempo per pensarci quando stavo con Luck. No, non devo pensare a lui. Lui per me non esiste, è acqua passata. Come si dice, tolto un pensiero ne arriva un altro. Già, i nonni, New York, gli esami. Forse più di uno. Mi chiedo solo perché? Perché mi hanno voluto punire mandandomi dai nonni?

 

 

<< Sei sicura di voler tornare a scuola? >> chiede mamma.

<< Non sono malata mamma, sto bene, quindi sì >> rispondo.

Devo tornare a scuola, devo finire l’anno nel migliore dei modi, anche se questo significa rivedere lui.

<< Ti accompagno io a scuola? >> mi chiede.

Ah vero, adesso non guiderò più. Si torna alle vecchie abitudini!

<< No mamma, sta tranquilla, prenderò l’autobus come ai vecchi tempi >> rispondo.

Be, vecchi tempi, pochi mesi fa; solo che sembra un’eternità. In questi ultimi mesi sono cambiate molte cose, anch’io sono cambiata, forse, però è tempo di tornare come prima. Forse è ora di far rinascere la vecchia Lila, la vera Lila. Questi capelli non mi si addicono per niente. Voglio di nuovo il mio colore. Rosso. Rosso come il fuoco. Voglio tutto della vecchia Lila, tranne una cosa: i chili di troppo. Quelli possono restare dove sono!

 Lego i capelli in una lunga treccia e m’incammino verso la fermata dell’autobus.

<< C’è l’hai fatta, sei tornata alle tue vecchie abitudini, anche per quanto riguarda il ritardo >> dice Alice non appena mi avvicino a lei.

<< Già, la vecchia Lila è tornata >> rispondo.

<< Mi è mancata la vecchia Lila >> dice con un sorriso.

<< Stavo pensando di tornare rossa, che ne pensi? >> chiedo.

<< Aspettavo questo momento fin da quando hai fatto il colore, non che non mi piacesse, solo che non ti rappresentava >> risponde contenta.

<< Infatti, non è da me >> dico prima che arrivasse l’autobus.

 

<< Lila, pensavo non saresti più venuta >> dice Cathy non appena arriviamo a scuola.

<< E invece eccomi qui >> rispondo.

<< È tornata la vecchia Lila >> le dice Alice.

<< Già, pensavo di tornare al mio vecchio colore di capelli >> dico soddisfatta.

<< Ottima idea, chiamo il mio parrucchiere così pomeriggio potrai mettere in atto la tua trasformazione >> dice Cathy.

<< Bene, allora dopo la scuola tutte a casa di Cathy >> dice scherzosa Alice.

<< Sì, lì è nata la nuova Lila e lì morirà >> dico ridendo.

Sono felice che le mie amiche approvino la mia idea. Ma la felicità ha vita breve. Vedo Luck, lì a scherzare con i suoi amici come se niente fosse successo. In realtà ha provato a chiamarmi, ma io non ho risposto, mi ha anche mandato qualche sms ma a me non interessano le sue scuse. A me non interessa più lui. Quando apro il mio armadietto, trovo un biglietto. È la sua calligrafia. Non voglio leggerlo, quindi lo butto direttamente nel cestino dei rifiuti.

<< Lo hai letto almeno? >>

Mi giro di scatto, è la sua voce.

<< Non m’interessa nemmeno cosa c’è scritto >> rispondo incamminandomi verso l’aula di chimica.

Già, perfetto, anche lui ha lezione di chimica. Quale notizia migliore di questa? Che cosa può capitarmi di peggio?

<< Lila, ho bisogno di parlarti, devi sapere cosa è successo >> dice quasi agitato.

<< Non m’interessano le tue scuse Luck >> rispondo.

<< Non voglio scusarmi perché io… >> dice.

Queste sono le uniche parole che riesco a sentire prima di chiudermi in bagno. Per fortuna qui non può entrare. Che cosa vuole dirmi? Non vuole nemmeno scusarsi, che bravo ragazzo, di chi mi ero innamorata io? Di chi? Non mi ha neanche chiesto come sto. Sto bene, ok, ma non grazie a te. Ho avuto un incidente a causa sua. Non che voglia incolparlo, sono io che sono finita fuori strada, ma ero agitata, piangevo per lui. Perché mi ha fatto questo, perché? Sembrava tutto così perfetto fino a quando ballavamo insieme.  Che cosa è cambiato dopo? Non lo saprò mai e forse è meglio così.

Quando sento la campanella, significa che tutti dovrebbero essere in classe, quindi decido di uscire.

<< Ancora qui sei >> dico non appena lo vedo appoggiato alla porta del bagno.

<< Sì e non me ne andrò finché non avrò parlato con te >> risponde.

<< Non voglio ascoltarti Luck, tu per me non conti più nulla, non vedo l’ora che finiscano gli esami così non ti vedrò più >> termino.

<< Lila, io… >> dice prendendomi la mano.

Mollo la presa con forza e mi chiudo la porta alle spalle.

<< Addio Luck Miller >> dico.

E con queste parole mi dirigo vero la classe, anche se ho perso il primo quarto d’ora. E anche lui.

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Capitolo 10
*** Io no ***


Io no

<< Procediamo? >> chiede il parrucchiere.

<< Subito, voglio tornare come prima, il mio rosso >> rispondo entusiasta.

<< Bene, mettiamoci al lavoro allora >> dice.

Ed è quello che fa. Comincia dal taglio, poi il colore e… dopo due ore di agonia….

<< Finito >> dice Julien.

<< Sei bellissima, mi ero dimenticata quanto ti donasse il rosso >> dice Alice guardandomi soddisfatta.

<< Eccoti lo specchio >> dice Cathy porgendomelo.

Lila. La mia vecchia e cara Lila. Non pensavo potesse mancarmi così tanto, sei tornata finalmente. Chi mi ama deve amarmi per come sono. La vera Lila. Devo dire che il rosso non è proprio quello di prima, però sempre meglio del mio vecchio colore con le meches.

Ringrazio Julien e Cathy ci riaccompagna a casa. Chissà cosa ne penserà la mia famiglia del ritorno della vecchia Lila. Presto lo scoprirò.

<< Grazie Cathy, a domani >> dico saltando giù dall’auto.

Appena arrivo a casa il mio primo pensiero è papà. Cosa ne penserà del mio nuovo, ma in fondo vecchio, look? È la sua opinione che m’interessa di più tra tutte.

<< Papà? >> dico.

Non risponde nessuno.

<< Papà, papà >> insisto.

<< Lila, sei tornata >> dice mamma.

<< Dov’è papà? >> chiedo.

<< Vedo che hai cambiato look, ti sta molto bene questo colore >> risponde.

Sembra ubriaca.

<< Dov’è papà? >> insisto.

<< È dovuto partire in fretta >> risponde.

<< Così, senza preavviso? >> chiedo dispiaciuta.

<< E… tesoro, il lavoro di tuo padre >> dice andando su per le scale.

Non mi ha nemmeno avvertito. Poteva anche mandarmi un sms, invece niente. Perché, che sarà successo?

Vado in camera mia, la notte porta consiglio e magari anche qualche spiegazione in più. In questo momento sono tanti i misteri della mia famiglia. Forse è meglio fare un bel bagno caldo per schiarirmi le idee prima di andare a dormire. E proprio prima di andare a dormire ecco quello che mi aspettavo: il messaggio di papà.

“Scusa tesoro, sono dovuto partire subito, non ho potuto nemmeno salutarti, in bocca al lupo per gli esami, ci vediamo prima della tua partenza. Baci papà.”.

Ecco, questo è il papà che conosco, quello che mi racconta sempre tutto e mi rende partecipe della sua vita. Wow, dovrò passare gli esami senza di lui, senza il suo sostegno. Ma in fin dei conti tornerà subito dopo, prima dell’inizio del mio incubo.

 

 

<< Dai, almeno ci toglieremo il pensiero >> dice convinta Cathy.

<< Io non guardo, fatelo voi per me >> aggiunge Alice tenendoci per mano.

Ci avviciniamo ai risultati e con un occhio aperto e uno chiuso cerco il mio nome nella lista. Montgomery, Montgomery, eccomi. Montgomery Sheila promossa. Sì, finalmente ho finito il liceo, ho superato gli esami e questo è quello che conta di più adesso. Poi cerco quello di Alice, be lei è all’inizio della lista.

<< Promossa >> dico contenta.

<< Anch’io? >> chiede Alice curiosa.

<< Ovvio, puoi aprire gli occhi adesso >> rispondo.

<< Tutte e tre promosse, visto, che vi avevo detto? >> dice Cathy.

<< Adesso dobbiamo festeggiare >> aggiunge Alice.

<< Sì, la mia partenza >> rispondo scherzosa.

<< Ah ah, divertente, il tuo volo parte stasera >> dice Cathy.

<< Infatti, possiamo festeggiare pomeriggio >> dice Alice.

<< Mi dispiace ragazze, ma devo fare le valige >> rispondo dispiaciuta.

<< Allora festeggeremo aiutandoti a fare le valige >> dice scherzosa Cathy.

<< Non penso sarà divertente, però grazie >> rispondo.

<< Credimi lo sarà >> dice Alice allontanandosi.

<< Ci vediamo dopo allora >> dice Cathy salutandomi.

<< A dopo ragazze >> termino.

Mi aspetta una bella passeggiata fino a casa adesso. Mi aiuterà a schiarirmi le idee e magari anche a mantenermi in forma. Metto gli auricolari e comincio la corsetta.

<< Ti serve un passaggio? >>

Sento una macchina alla mia sinistra fermarsi. Ti prego dimmi che non è lui. Non Luck.

<< Ehi mi hai sentito? >> insiste.

Mi giro e… le mie preghiere non sono state ascoltate.

<< No grazie >> rispondo.

<< Preferisci camminare piuttosto un comodo sedile di pelle? >> chiede scherzoso.

<< Sì, non vado con gli sconosciuti >> rispondo.

<< Ed io sarei uno sconosciuto? >> dice beffardo.

Non gli rispondo nemmeno, aumento il volume e comincio a correre più veloce.

<< Bene, vuol dire che farò una corsa con te >> continua posteggiando l’auto quasi in mezzo alla strada.

<< Fa come vuoi, non posso impedirti di mantenerti in salute >> rispondo.

E comincia a parlare, ma non capisco una parola di quello che dice. Preferisco la musica alle sue parole.

<< Hai capito? >> dice quasi vicino casa mia.

Non dico niente, faccio finta di non sentire.

<< Lila, hai ascoltato una parola di quello che ho detto? >> continua togliendomi gli auricolari.

<< Sinceramente no e non m’interessa, grazie di avermi accompagnato a casa inutilmente >> termino entrando nel mio vialetto.

<< Sappi solo che io non ho fatto niente >> dice restando fuori dal cancelletto.

Lo ignoro, apro la porta e me la richiudo alle spalle lasciandolo lì. Come può dirmi che non ha fatto niente? Ha baciato una ragazza che nemmeno io so chi è, perché insiste su questa storia? Per fortuna però non lo vedrò più. Né lui, né i ragazzi di scuola. Da quando tra me e Luck è finita, io non conto più niente. Lila chi? Ah, la sorella di Sam. Non so neanche come Sam sia rimasta famosa dopo la sua rottura con Luck. Be, non è il mio caso. È tornata la vecchia Lila e in fin dei conti non mi dispiace.

 

<< E con questo abbiamo finito >> dice Alice stanca.

<< Già tutto pronto >> dice Cathy.

<< Mi mancherete troppo >> rispondo abbracciandole.

<< Ci sentiremo tutti i giorni, resteremo in contatto, in fin dei conti cosa sono tre mesi >> dice Alice.

<< Niente in effetti, ma dai miei nonni sono un’eternità >> rispondo.

<< Lila, andiamo >> urla papà dall’ingresso.

<< È ora di salutarci >> dico con una lacrima che mi riga il volto.

<< Ci mancherai >> dice Cathy salutandomi.

<< Mi raccomando, fai conquiste >> aggiunge Alice.

<< No grazie, io ho chiuso con i ragazzi >> rispondo.

Scendo le scale con le valigie in mano e ad aspettarmi ci sono mamma e Sam.

<< Abbi cura di te >> dice Sam abbracciandomi.

<< Anche tu >> rispondo.

<< Ciao tesoro, mi raccomando comportati bene dai nonni >> dice mamma salutandomi.

Solo questo gli interessa? Pronto, tua figlia sta per andarsene!

 Annuisco, non posso promettergli niente. Saluto tutti e mi dirigo verso l’auto di papà.

<< Hai preso tutto >> mi chiede una volta salita in auto.

<< Credo di si >> rispondo.

Mette in moto e via, direzione aeroporto.

 

<< Ciao tesoro, ci vedremo presto, magari qualche volta ci vediamo a New York, ho qualche cliente lì >> dice abbracciandomi.

Be magari, almeno una figura amica. Non voglio lasciarlo, no. Ma perché devo andare via, che cosa ho fatto? Meglio non chiederglielo, altrimenti ricomincerebbero le discussioni con la mamma.

<< A presto, papà >> termino.

Prendo le valige che sono quasi più pesanti di me e mi dirigo verso il check-in. Non amo gli aerei, soffro di vertigini. Non potrò tenere la mano a nessuno o forse potrei chiedere al mio vicino. Non so, ci penserò dopo. Dopo un’ora d’attesa, ecco il mio volo. Salgo a bordo e… non penso che terrò la mano a qualcuno. È un bambino. Il mio vicino è un bambino che sembra più coraggioso di me. Non posso farmi vedere debole. Quindi chiudo gli occhi e aspetto che termini il decollo. E in meno di cinque minuti sono già tra le nuvole.

 

 

<< Grazie di aver scelto la nostra compagnia e buona giornata >> dice l’assistente di volo con il microfono.

Sono queste le parole che mi svegliano. Sono arrivata, sono a terra. Scendo dall’aereo e passo a prendere le valige. Ad aspettarmi c’è qualcuno. Un uomo che non ho mai visto con in mano un cartello. “Montgomery”. Questo c’è scritto, il mio cognome. Mi avvicino a lui, sarà per me quel cartello.

<< Io mi chiamo Sheila Montgomery, sta cercando me? >> chiedo.

<< Lei è la nipote del signor Richard Wanderbilt? >> domanda.

<< Sì, mio nonno >> rispondo.

<< Perfetto, devo accompagnarla alla villa. I suoi nonni si scusano per non essere venuti a prenderla >> dice.

Wow, i miei nonni si scusano con me. Questa sì che è una cosa da scrivere nel calendario.

<< Non c’è problema, andiamo >> rispondo.

Prende le valige e mi accompagna a un’auto bellissima che mi condurrà verso il mio incubo.

Avevo dimenticato quanto fosse bella New York. Quattro anni sono passati dall’ultima visita dai nonni. Poi sono venuti sempre loro da noi. Amo New York, i grattacieli, le luci, l’aria che si respira. È tutto diverso qui rispetto a Millville.

Questa è l’unica cosa che mi consola adesso. Sono qui nella grande Mela ma in pratica da prigioniera. I nonni sono terribili. A vederli sembrano gentili e cari, ma poi conoscendoli meglio si rivelano tutto il contrario.

Appena arriviamo al cancello, la casa mi sembra più grande. Casa, chiamiamola casa quella. È il sogno di ogni persona. Poi qui a New York, dove un monolocale costa un occhio della testa, avere due mila metri quadri tutti per te è un privilegio. Ma non mi cambierà questo. Chiunque si monterebbe la testa, chiunque persino Sam si è fatta abbindolare da loro. Io no. A me non interessano i soldi né tantomeno il potere. Già perché loro hanno anche quello. I Wanderbilt sono famosi qui a New York. Il nonno è il proprietario del famoso teatro Metropolitan, lo stesso dove la mamma si esibiva prima di trasferirci a Millville. La nonna le ha trasmesso l’amore per la danza e il nonno le ha permesso di diventare una ballerina acclamata. Già il nonno. Lui controlla tutto e tutti. Io no. Non potrà controllare anche me, non glielo permetterò. Voglio cavarmela da sola e farcela con le mie forze, non perché sono la nipote dei Wanderbilt.

<< Lila tesoro, sono felice di vederti, come stai? >> dice la nonna venendomi incontro.

<< Bene grazie nonna, non ricordavo quanto fosse bella casa vostra >> rispondo.

Che non mi chieda niente sulla questione di Luck.

<< È anche casa tua >> dice abbracciandomi.

Le sorrido, non so casa dire, preferisco stare zitta.

<< Sheila, cara, hai fatto buon viaggio? >> mi chiede il nonno scendendo da delle scale palladiane che sembrano di una reggia.

Be, questa casa in fin dei conti lo è.

<< Sì grazie >> rispondo garbatamente come una vera Wanderbilt.

Ma che sto facendo? Cinque minuti in questa casa e già mi comporto da brava signorina? È vero, i ricchi hanno il potere di persuaderti e di farti cambiare. Non ci credevo fino a poco fa. “Io no”, forse diventerà un “Io non lo so”.

<< Che cosa è successo con quel ragazzo, come si chiamava? >>dice il nonno facendo finta di non sapere.

Lui sa tutto, più di quanto vorrei.

<< Niente, non è successo niente >> rispondo.

<< Ci sarà un motivo per cui tua madre ti ha mandato qui >> dice il nonno.

Ecco, vorrei saperlo anch’io il motivo. Tutti lo sanno. Io no. Io non so mai niente, sono sempre l’ultima a sapere le cose.

<< Me lo stavo chiedendo anch’io >> rispondo.

Ecco, questa è la Lila che conosco. Mi ero preoccupata.

<< Richard non è il momento di parlarne >> lo interrompe la nonna che sembra stia prendendo le mie difese.

<< Infatti, sono stanca, dove posso sistemarmi? >> chiedo.

<< Vieni, ti mostro la tua stanza >> risponde la nonna facendomi strada.

Wow. È più grande di camera mia e Sam messe insieme. È ampia e spaziosa e… tutta rosa. Odio il rosa, è da femminucce. È più adatto per una come Sam. Forse l’avevano progettata per lei, la nipote prediletta, la nobile erede dei Wanderbilt. Ed io? Io no. Ormai ci ho fatto l’abitudine, non mi arrabbio più. E non mi dispiaccio nemmeno. Mi dispiace una sola cosa: dover restare per tre mesi in una stanza tutta rosa con i fiocchi. Sembra un confetto.

<< Questa è la tua stanza >> dice la nonna orgogliosa.

<< Ah, è… grande >> rispondo.

Non sapevo cosa dire. Non ammetterò mai che mi piace il rosa, nemmeno sotto tortura.

<< Bene, se hai bisogno chiama pure. Buonanotte tesoro >> dice nonna dolcemente.

Non ci casco nel tranello. Nemmeno quando mi riempivano di giocattoli, li pensavo persone dolci, tantomeno adesso che sono cresciuta.

<< Grazie nonna, notte >> rispondo.

Be notte, sono quasi le quattro del mattino. Ho preso l’ultimo volo da Millville ed eccomi qui, tutta sola in una stanza che sembra delle barbie. Non fa per me, mi sa che dovrò rivoluzionarla un po’. Ci penserò domattina, adesso non ho neanche le forze per pensare. Una bella dormita e tutto tornerà normale. Be, ci vorranno tre mesi prima che tutto tornerà “normale”: Dovrò tornare a casa mia.

 

<< Eccola la bella addormentata si è svegliata finalmente >> dice ironico il nonno.

<< Buongiorno >> rispondo.

<< Buongiorno, è già ora di pranzo, il sole è alto nel cielo e tu hai saltato la colazione >> dice quasi scocciato.

Che gli ho fatto? Sono arrivata da meno di dodici ore di cui più della metà le ho trascorse a dormire, cosa avrò mai fatto?

<< Non faccio mai colazione >> rispondo.

<< Be, da adesso la farai, in questa casa ci sono delle regole che dovrai rispettare. Oggi è un giorno per ambientarti, da domani signorina ti sveglierai come le persone “normali” >> dice soffermandosi su quest’ultima parola.

Perché io non sarei normale? Si è visto lui che per prendere una tazzina di caffè chiama la cameriera?

Loro non sanno nemmeno cosa sia la normalità. Ecco perché mamma è scappata da loro. Lei non lo ammetterà mai, ma io sono sicura che sia così. Non è diventata un’alcolizzata per il lavoro perso, né tantomeno per la famiglia, ma per lo stile di vita. Anche se papà lavora come un pazzo per mantenere la sua famiglia non è abbastanza. Non per lei. Non apprezza cosa fa lui per noi, no. Ma in fin dei conti, come potrebbe, è cresciuta in quest’ambiente. Chiunque sarebbe come lei ma spero di non diventarlo io. Io no.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** "Cercasi Aiutante" ***


“Cercasi aiutante”

<< Buongiorno >> dice una donna, anzi forse una ragazza aprendomi le finestre.

<< Ma che succede? >> chiedo con un filo di voce non riuscendo nemmeno a tenere gli occhi aperti.

<< La signora Wanderbilt mi ha chiesto di svegliarla e la sta aspettando per la colazione >> risponde.

Ma sono le otto del mattino. Sapevo che questa non sarebbe stata una vacanza, ma siamo in estate, non posso svegliarmi presto!

<< Ah, e non la faccia attendere troppo >> termina la ragazza uscendo dalla stanza.

Mi alzo già di malumore, comincia bene la giornata. Mi sistemo meglio che posso e scendo giù in una delle mille stanze. Quella della colazione.

<< Buongiorno >> dico prendendo posto a tavola.

<< Buongiorno tesoro, dormito bene? >> chiede la nonna.

<< Sì grazie >> rispondo.

Be, non è vero, non riesco ad abituarmi al nuovo letto.

<< Vedo che hai preso bene l’idea delle regole >> dice il nonno contento.

<< Non amo le regole >> rispondo.

<< Ma ti adatterai >> dice con quel sorriso che gli strapperei dal viso.

<< Ho altra scelta? >> chiedo.

<< Certo, c’è sempre un’alternativa >> risponde.

<< E quale sarebbe? >> insisto.

<< Sta a te trovarla >> risponde.

E come dovrei mai fare? Non sono brava in questi giochi enigmatici. “C’è sempre un’alternativa”, la fa facile lui, ma qual è? Vorrei solo essere più indipendente, tutto qui. Ma l’indipendenza loro non sanno neanche cosa sia.

<< Oggi verrai con me a teatro, ti farò vedere dove danzava tua madre >> continua il nonno.

Sono già stata in quel posto. Se non ho altra scelta.

<< Va bene >> rispondo.

In men di un minuto chiama il suo autista e mi fa strada. Non ho nemmeno finito la colazione. Prendo un cornetto al volo e lo seguo. Devo farlo per forza.

Appena arriviamo dentro il teatro, tutto sembra immerso in un’altra epoca. Tutto sembra diverso. Questo è l’effetto del teatro di cui mi parlava mamma.

<< Sheila >> mi chiama il nonno.

<< Eccomi >> rispondo.

Stavo contemplando i dintorni, non posso nemmeno distrarmi un attimo? Allungo il passo per raggiungerlo e difronte a me vedo un cartello: “Cercasi aiutante”.

Ecco, questa è la risposta ai miei problemi. Un lavoro. Questo mi permetterà di essere indipendente. Devo solo dirlo al nonno, l’impresa più difficile.

<< Ti piace qui? >> chiede soddisfatto come se conoscesse già la risposta.

<< Sì, è molto bello. Non sapevo cercassi un aiutante >> rispondo.

<< Non me lo hai chiesto >> dice.

<< Non lo sapevo >> rispondo.

<< Comunque sì, perché? >> chiede curioso.

<< Potrei esserlo io >> rispondo.

<< E per quale motivo? >> insiste.

<< Per essere indipendente e non seguire le regole >> rispondo.

<< Fin che sarai in casa mia, le seguirai comunque, ma se vuoi essere autonoma, va bene >> dice.

<< Allora comincerò domani? >> chiedo.

<< Se insisti tanto puoi cominciare anche subito >> risponde.

<< Bene, cosa devo fare? >> chiedo volenterosa.

<< Comincia dal pulire la sala, stasera ci sarà uno spettacolo importante >> risponde.

<< Ma… un aiutante non è la donna delle pulizie >> dico.

<< Un aiutante è anche questo. Fa tutto, lo hai voluto tu >> risponde contento.

Non mi tiro indietro. Se dovrò pulire una sala per non sottomettermi a loro lo farò. E non mi lamenterò. Io sono una Montgomery e ne vado fiera, non una Wanderbilt. Quindi mi rimbocco le maniche e comincio a lavorare, come le persone normali.

<< Di là c’è un’uniforme, indossala e comincia a fare il tuo lavoro >> dice quasi come fosse il capo.

Be, in effetti, lo è, ma sono pur sempre sua nipote anche se non vorrei.

<< Bene, mi metto subito a lavoro >> rispondo volenterosa.

Non era nei miei programmi per l’estate un lavoro, ma mi adatterò anche a questo.

Indosso l’uniforme e mi metto subito a lavoro. Un giorno farò quello che sogno fin da quando ero piccola, per ora mi limiterò a questo.

 

<< Scusa, sai per caso dove posso trovare il signor Wanderbilt? >>mi chiede qualcuno alle spalle.

<< Perché dovrei saperlo? >> rispondo senza nemmeno voltarmi.

<< Perché hai la divisa e dovresti lavorare per lui >> dice ironico.

Mi volto e… difronte a me si presenta la visione più bella che abbia visto fin ora. Lila, Lila, torna in te.

<< Non lavoro per dare informazioni >> rispondo.

<< Non ti sto chiedendo un’informazione, conosco questo posto fin da quando ero bambino >> dice.

<< Allora non ti dispiacerà camminare un po’ finché non lo trovi >> rispondo ironica.

<< Bel caratterino, sei nuova? Non ti ho mai visto qui >> chiede.

<< Sì e se continui a parlarmi, non resterò per molto, non mi pagano per chiacchierare con gli sconosciuti >> rispondo.

<< Piacere Derek >> dice porgendomi la mano.

<< Lila >> rispondo.

<< Allora ti lascio al tuo lavoro Lila >> dice scherzoso.

<< Era ora, come hai detto che ti chiami? >> chiedo.

Mi ricordo benissimo il suo nome. Voglio solo risentirlo pronunciare. Derek.

<< Pensaci, magari me lo puoi dire la prossima volta >> risponde ironico.

<< Quale prossima volta? >> chiedo.

<< Vengo spesso qui e se tu lavori qui, ci vedremo… spesso >> risponde.

<< Bene, allora ciao sconosciuto >> dico sarcastica.

<< A presto Lila >> termina.

Si è soffermato sul pronunciarlo. Lila. Detto da lui sembra che abbia un altro suono. Ma non mi lascerò abbindolare di nuovo da un ragazzo, anche se è il più bello che abbia mai incontrato in vita mia. Non stavolta, è tardi ormai. Mi sono già scottata e non voglio accada di nuovo.

 

<< Allora io vado nonno >> dico prendendo le mie cose.

<< Non ti fermi per lo spettacolo di stasera? >> chiede.

<< Sono stanca, magari un’altra volta, dopotutto il mio turno termina alle sette >> rispondo.

<< Va bene, allora ci vediamo a casa >> dice.

Lo saluto e accompagnata dal suo fedele autista, ritorno a casa. Be “casa”, non è proprio il termine adatto, ma dopo una giornata di lavoro qualsiasi posto confortevole lo sarebbe. Arrivo a casa e non c’è nessuno. Anche la nonna sarà andata allo spettacolo. Vediamo, cosa farebbe una ragazza quando ha a disposizione una villa enorme nella città che non dorme mai? Organizza una festa. Sì, ma dove sono gli invitati? Non conosco nessuno a New York, anzi forse qualcuno sì. Cloe, la mia vecchia amica d’infanzia. Ormai non si ricorderà più di me, è passato troppo tempo. Come posso rintracciarla?

Ma certo, i social network; lì potrò trovare il suo profilo se è iscritta. Decido di prendere il mio portatile e mettermi subito alla ricerca. Dopo due ore di ricerca tra una miriade di Cloe che vivono a New York, la trovo. Deve essere lei. È cambiata un po’, ma i suoi occhi sono sempre gli stessi: a mandorla, proprio come piacciono a me. Le mando un messaggio chiedendole di incontrarci uno di questi giorni, chissà, magari si ricorda di me e mi risponde. E dopo la lunga rituale chiacchierata con Alice e Cathy sprofondo nel sonno.

 

 

Stamane mi sono svegliata senza nemmeno che la domestica venisse a buttarmi giù dal letto. Mi preparo per il mio secondo giorno di lavoro. Non ho mai lavorato in vita mia e questa cosa mi elettrizza.

<< Buongiorno >> dico scattante procedendo verso il tavolo.

<< Buongiorno cara, come mai così energica a quest’ora? >> chiede la nonna.

<< Be, sono una dipendente e non posso fare tardi a lavoro >> rispondo.

<< Lavoro? Hai trovato un lavoro? >> chiede stupita.

<< Già, proprio così, vero nonno? >> rispondo.

<< Sì, ha insistito per diventare aiutante a teatro >> dice il nonno.

<< Richard, cosa ti è saltato in mente? Lei è nostra nipote, non può svolgere le mansioni di una cameriera >> risponde davvero stupita la nonna e quasi infuriata.

<< Margaret, ha insistito tanto, e poi ci serviva una mano >> dice.

<< Ma non da mia nipote >> risponde nonna.

<< Perché no nonna, a me non dispiace >> intervengo.

<< No, ne risentirebbe la nostra reputazione >> risponde duramente la nonna.

<< Margaret, facciamo decidere lei, è maggiorenne e può scegliere lei cosa fare >> dice il nonno.

Non so chi mi stia difendendo, se la nonna che non vuole che io svolga lavori umili o il nonno che vuole che sia io a scegliere cosa fare.

<< Infatti nonna, io voglio lavorare ed essere autonoma, non voglio essere un peso >> rispondo.

<< Lila, cara tu non sei un peso per noi e se proprio non vuoi goderti l’estate e vuoi lavorare, il nonno ti troverà un incarico più appropriato >> dice dolcemente la nonna.

<< Ma Margaret, cosa vuoi che le faccia fare, non ha esperienza >> la interrompe il nonno.

<< Sono sicura che troverai qualcosa >> dice la nonna.

<< Bene, allora ci vediamo a teatro capo >> dico sarcastica.

<< Ti chiamo l’autista >> risponde il nonno.

<< No, prenderò i mezzi, sono una ragazza normale no? >> dico.

<< Ma tesoro… >> sento dire dalla nonna.

Non capisco come finisce la frase perché sono già lontana. Sono solo al secondo giorno e sono già stata promossa. Di questo passo farò carriera in fretta!

Prendo la metro e in men di quanto pensassi sono già al teatro. Wow, veloci questi mezzi. A Millville non esiste, dovrebbero installarne una, è pratica e veloce, proprio come piace a me. Amo questa città, amo tutto di New York, proprio tutto.

Vado verso l’ufficio del nonno e lui è già qui. Come avrà fatto? Pensavo che la metro fosse più veloce della sua auto, ma mi sbagliavo.

<< Bene, allora cosa hai pensato per me? >> chiedo.

<< Sarai la mia segretaria, prenderai appuntamenti e fisserai i miei impegni >> risponde.

<< Perfetto, cosa posso fare? >> chiedo volenterosa.

<< Tieni questi sono la mia agenda, il mio telefono, il telefono del teatro e la lista dei miei impegni. Comincia a coordinare il tutto >> risponde come se fosse felice di vedermi sopraffatta di lavoro.

Gli sorrido e mi metto subito a lavoro. Non pensavo fosse così indaffarato qui. Il telefono squilla all’impazzata e gli impegni sono uno dopo l’altro, non so quanto resisterò.

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Effetto Lila ***


Effetto Lila

La mia vita a New York va avanti da settimane ormai, non pensavo di resistere a lungo, ma mi sbagliavo. Sono sopraffatta dagli impegni del nonno, ma ormai mi sono abituata.

<< Pronto risponde il telefono del signor Wanderbilt, come posso esserle utile? >> chiedo gentilmente.

<< Vorrei tre biglietti per lo spettacolo di domani sera >> risponde.

<< E perché li chiede a me, ehm… cioè al signor Wanderbilt, esiste la biglietteria >> dico.

<< Il signor Wanderbilt ne riserva sempre qualcuno per me, quindi volevo assicurarmi che ci fossero >> risponde.

<< Non saprei dirle, se vuole fino a mezzogiorno il signor Wanderbilt è qui, può chiederglielo di persona >> dico.

<< Bene, allora verrò nella mattinata, grazie >> risponde.

<< Di niente arrivederci >> termino.

Il suo telefono squilla pure per prenotare dei biglietti? Capisco che sono la sua segretaria, ma tutto ha un limite. Chi si crede di essere per prenotare i biglietti direttamente dal nonno? Perché non fa la fila come tutti glia altri?

 

Toc toc.

<< Avanti >> dico.

<< Buon… >> risponde bloccandosi una voce che conosco.

<< Che ci fai qui? >> chiedo sorpresa.

<< Cercavo il signor Wanderbilt, tu che ci fai qui? >> risponde.

<< Ci lavoro >> dico ironica.

<< Vedo che sei stata promossa allora >> risponde sarcastico.

<< Già, chi si rimbocca le maniche… >> dico.

> dice il nonno interrompendoci.

<< Buongiorno signor Wanderbilt, sì, Lila mi stava dicendo del suo nuovo lavoro >> risponde.

<< Vedo che vi chiamate già per nome >> dice il nonno.

<< Sì, avevo chiamato per i biglietti >> risponde lui.

<< Ah, vero, vado a prenderteli >> termina il nonno.

Esce dalla stanza lasciandoci soli.

<< Allora eri tu prima al telefono >> dico.

<< E mi hai risposto tu >> risponde.

<< Sì Derek, lavoro per questo >> dico.

<< Vedo che ti ricordi il mio nome >> risponde sarcastico.

Umm… cosa faccio? In realtà non ho mai dimenticato il suo nome.

<< Ehm… l’appena detto il signor Wanderbilt >> dico tirando un sospiro di sollievo.

<< Sei molto astuta Lila sai >> risponde.

<< Ho le mie doti >> dico.

<< Sicuro, il signor Wanderbilt non promuove molto facilmente >> risponde.

Gli sorrido, non so cosa rispondere. Sono sua nipote?

<< Sei nuova poi >> continua.

<< Già, non conosco New York e i suoi abitanti, ma so fare bene il mio lavoro >> rispondo.

<< Allora mi piacerebbe fartela visitare, magari domani >> dice.

<< Be, non saprei, ho molto lavoro, quindi… >> rispondo.

<< Domani è sabato, nessuno lavora e neanche tu, quindi non hai scuse, sempre che tu non abbia da fare >> dice.

A interromperci di nuovo è l’arrivo del nonno con i biglietti.

<< Ecco Derek, ci vediamo domani sera allora >> dice il nonno porgendoglieli.

<< Grazie signor Wanderbilt, a domani >> risponde Derek dirigendosi verso la porta.

<< A domani Lila >> aggiunge.

Ricambio il saluto ed esce dall’ufficio. Sì, ma dove? E a che ora? Non ci siamo messi d’accordo su niente, come faremo a incontrarci?

<< Pronto risponde il telefono del signor Wanderbilt, come posso aiutarla? >> chiedo gentilmente.

<< Times Square ore dieci >> risponde e riattacca.

Era lui, era Derek, ne sono sicura. Adesso ho le risposte alle mie domande; ma Lila non correre troppo dopo tutto è un ragazzo come tutti gli altri, solo moro con gli occhi di ghiaccio. Occhi dove puoi perderti ed esplorare il suo mondo. Lila, torna in te, hai chiuso con l’amore, anche se hai avuto solo una delusione. E se stesse riaccadendo tutto? Gli sguardi, i sorrisi, come con Luck? No, no Derek è diverso e domani lo mostrerò a me stessa, alla mia coscienza. Non mi resta altro che aspettare le dieci di domani e raggiungerlo a Time Square. Se riesco ad arrivarci.

 

 

<< Scusi, per Time Square? >> chiedo a un passante.

<< Non ho tempo, mi dispiace >> risponde.

E mi lascia così? In questa città nessuno ha tempo, tutti corrono, corrono e poverino chi come me non sa dove andare.

<< Ehm… scusi per Time Square? >> chiedo a un altro.

<< Prendi la linea gialla, poi un paio d’isolati a destra >> risponde una donna senza nemmeno fermarsi.

<< Grazie >> dico.

Non so se mi ha sentito. Quindi, metro gialla, poi due isolati a destra e… eccola, la meravigliosa piazza affollata più famosa del mondo. Ora bisogna solo trovare Derek tra questa confusione.

<< Ti ho trovato finalmente >> dice qualcuno alle mie spalle.

Mi giro di scatto e me lo ritrovo davanti.

<< Così sembra >> rispondo.

<< Bene, comincia allora la nostra visita della città, sei pronta? >> chiede.

<< Prontissima >> rispondo.

Comincia a camminare e m’invita a seguirlo.

<< Tieni >> dice porgendomi un casco.

<< Cos’è? >> chiedo.

<< Un casco >> risponde ironico.

<< Sì, cioè, lo so che è un casco, però perché me lo dai? >> chiedo.

Sale in una di quelle moto di grossa cilindrata.

<< Non penserai di visitare New York a piedi >> risponde sarcastico.

Non rispondo, non so cosa dire. In realtà sì.

<< Dai, salta su >> aggiunge.

Faccio come dice e mi stringo a lui, anche se non vorrei. Non amo le moto, però ormai sono in pista e devo ballare. E dopo la statua della libertà, un gelato a Central Park e una visita a Brooklyn si ferma davanti all’Empire State Building.

<< Perché ti sei fermato qui? >> chiedo.

<< Perché alla nostra gita non può mancare la vista dall’alto della città >> risponde.

<< Ma io… >> dico.

Mi afferra per la mano e mi trascina in pratica verso l’ascensore.

<< Io non amo l’altezza >> dico.

<< Allora è arrivato il momento di affrontare le tue paure >> risponde contento.

E dopo un bel po’ di tempo dentro l’ascensore, eccoci in cima.

<< Da qui si vede tutta la città >> dice soddisfatto.

<< Lo so, non è la prima volta che vengo qua >> rispondo.

Fa una faccia un po’ strana, non capisce.

<< Io sono nata a New York, solo che quando ero piccola io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in un’altra città >> continuo.

<< Perché non me lo hai detto? >> chiede.

<< Perché era da molto che non visitavo New York e volevo una guida all’altezza >> rispondo.

<< Bastava chiedermelo >> dice avvicinandosi di più a me. Sembra tutto perfetto, il tramonto, lo sfondo di New York, lui, ma… non sono ancora pronta.

Scosto la testa e mi allontano.

<< Scusa solo che… >> dico.

<< No, scusa tu, io non sono così di solito, non so cosa mi sia successo, sarà l’effetto Lila >> risponde.

<< L’effetto Lila? >> chiedo sarcastica per spezzare questo momento imbarazzante.

<< Sì, tu hai un effetto strano sulle persone >> risponde.

<< Spero sia positivo questo effetto >> dico sarcastica.

<< Molto >> risponde.

Sorrido, non posso farne a meno.

<< Dove ti riaccompagno? >> chiede.

Non voglio che mi porti alla villa, lui mi ha voluto conoscere per come sono. Io, Lila, niente di più. Non voglio che mi consideri perché sono una ricca che vive in un’enorme villa. Che poi non lo sono.

<< Ehm… al teatro >> rispondo.

<< Vero, stasera anzi tra poco comincerà lo spettacolo, non vorrai perdertelo >> dice.

<< Già, quindi andiamo >> rispondo.

E in men di quanto pensassi eccoci all’ingresso del teatro. Devo ricredermi, la moto è molto migliore della metro e dell’auto.

Entriamo dentro e prendiamo posto in tribuna. Lo spettacolo è bellissimo, non lo ricordavo così affascinante. Quando mamma si esibiva, io, Sam e papà eravamo sempre in prima fila a sostenerla. Bei tempi quelli. Durante la prima pausa il nonno fa il giro del teatro per assicurarsi che il pubblico si stia divertendo e ovviamente viene anche da noi.

<< Vedo che andate d’accordo voi due >> dice il nonno non appena si avvicina.

Nessuno dei due risponde. Forse è meglio che intervenga io.

<< Bello spettacolo >> dico.

<< Sì, come tutti da noi, vero Derek? >> risponde il nonno.

<< Certo, io che vengo spesso a vederli sono uno più bello dell’altro >> dice.

<< Bene, allora buona continuazione >> termina il nonno.

Ci lanciamo uno sguardo complice e subito ricomincia lo spettacolo.

<< Bene allora ci rivedremo sempre qui >> dice Derek alla fine dello spettacolo.

<< Il lavoro chiama ed io rispondo, quindi sì, sono sempre qui >> rispondo.

Ecco la nonna raggiungerci.

<< Buonasera Derek, come sta tuo padre? >> chiede la nonna.

<< Salve signora Wanderbilt, bene grazie e lei? >> risponde gentilmente.

Wow, Derek conosce tutti qui, come mai tutta quest’unione?

<< Affaccendata, come sempre. Vedo che hai già conosciuto mia nipote >> dice la nonna.

No, no glielo ha detto. Volevo dirglielo io al momento giusto. Ma ormai è tardi.

<< Lila è sua nipote? >> chiede lui perplesso e quasi stupefatto.

<< Sì, certo, la mia cara nipotina, non mi somiglia? >> risponde nonna ironica.

No grazie.

Derek sorride e basta, non dice una parola.

<< Bene, buona serata Derek >> termina la nonna.

<< Grazie signora, anche a lei >> risponde.

<< Ci vediamo a casa tesoro >> mi dice la nonna.

Annuisco, vorrei sprofondare. Appena la nonna si allontana lui fa per andarsene.

<< Aspetta Derek io… >> dico fermandolo.

<< Perché non mi hai detto che sei la nipote dei Wanderbilt?> chiede quasi arrabbiato.

<< Non pensavo fosse importante, mi dispiace >> rispondo.

<< Ormai è tardi >> dice.

<< Aspetta, io, io odio i ricchi e non volevo essere considerata una di loro. Pensano di poter controllare tutto e tutti con i soldi ma non è così e non volevo che tu… >> rispondo.

<< Che io uscissi con te per questo, perché sei ricca? >> dice.

Annuisco, non so cosa dire.

<< Ecco perché non volevi che ti riaccompagnassi a casa, sai una cosa, sei proprio una di loro >> continua.

<< Derek io… >> rispondo ma sicuramente non mi ha sentito, era già lontano.

Perché gli da così fastidio che non glielo abbia detto? Non può essersi legato a me così tanto in mezza giornata da non sopportare i segreti. Non ci conosciamo ancora, perché avrei dovuto dirglielo? Io non so niente di lui, perché non si è aperto lui per primo? Perché devo sempre essere io la prima a farsi avanti? Sono stanca, basta, Lila o si ama o si odia e se lui prova il secondo sentimento, forse è meglio che sia andata così.

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Capitolo 13
*** Non lo abbandonerò anch’io ***


Non lo abbandonerò anch’io

Toc toc.

<< Avanti >> rispondo.

<< C’è una persona che la sta aspettando giù >> dice la domestica.

<< A me? Scendo subito >> rispondo.

Mi sistemo come meglio posso e scendo giù all’ingresso. Wow.

<< Che ci fai qui? >> chiedo.

<< Cercavo te e ti ho trovato >> risponde.

<< Ma come, come sapevi dove ero? >> chiedo.

<< Il signor Wanderbilt, cioè tuo nonno, mi ha detto dove eri >> risponde.

<< Volevi dirmi qualcosa, perché mi hai cercato? >> insisto.

<< Quante domande, vieni >> risponde sarcastico.

<< Dove mi porti? >> continuo a chiedere.

<< Vuoi smetterla di fare domande? Fidati di me >> risponde ironico.

Facile. Chi mai si fiderebbe di qualcuno dopo che l’ha visto solo un paio di volte? Di certo non io, ma sono curiosa di scoprire cosa vuole lui da me. Derek. Mi lascio trasportare dove vuole e arriviamo alla sua moto. Mi porge il casco e m’invita a salire in sella alla sua moto. È quasi un’abitudine ormai, ma non mi dispiace.

 

<< Dove siamo? >> chiedo.

<< Ti piace qui? >> risponde.

<< Sì, ma non hai risposto alla mia domanda >> dico.

<< Siamo in un posto speciale per me, vengo spesso qui >> risponde.

<< E perché mi hai portato qui? >> chiedo.

<< Perché volevo farti conoscere una parte di me >> risponde.

Mi limito a sorridere, mi lascia sempre senza parole.

<< Lila, io, mi dispiace per come ho reagito l’altra volta >> continua dispiaciuto.

<< È tutto apposto, ma… perché hai reagito in quel modo? >> chiedo azzardando un po’.

<< Il fatto è che sono stanco dei segreti, tutta la mia vita è fondata sui segreti ed io non ho sopportato che anche tu ne avessi uno con me >> risponde.

<< Ma ci conosciamo appena, come puoi pensare che io ti dica tutto di me se non so nulla di te >> dico.

<< Hai ragione, non ti ho detto niente di me, ma non sono abituato a farlo >> risponde.

<< In che senso? Non capisco >> dico confusa.

<< Non mi confido facilmente con le persone, preferisco ascoltare piuttosto che parlare di me >> risponde con gli occhi bassi.

<< Quando sarai pronto ad aprirti sappi che io ci sarò, intesi? >> dico.

<< Grazie >> si limita a dire.

Ho l’istinto di abbracciarlo, sembra così indifeso e mi sembra che abbia sofferto molto in passato. A volte è meglio tenere a freno l’istinto, ma stavolta no.

Mi avvicino a lui e lo abbraccio; lui ne ha bisogno, lo sento. Non respinge il mio gesto, anzi.

<< Grazie >> dice.

<< Di cosa? >> chiedo.

<< Di quello che fai per me >> risponde.

<< Non ho fatto niente >> dico.

Dove è finito il ragazzo sfrontato che ho conosciuto la prima volta? Non sembra lui adesso, un altro Derek.

Facciamo una passeggiata e da bravo cavaliere mi riaccompagna a casa. Forse questo soggiorno newyorkese non è poi così male. Appena arrivo a casa è ormai troppo tardi, è notte fonda per chiamare le mie amiche, così prendo il mio portatile e mi riverso sui social. Ormai il sonno è svanito da un po’. Trovo un messaggio. Cloe.

“Ciao Lila, quanto tempo, come stai? Da quanto sei a New York e quanto resterai, mi piacerebbe vederti uno di questi giorni. Ti lascio il mio numero nel messaggio successivo. Spero di rivederti presto J”.

Si ricorda di me. Sì, Cloe si ricorda. Ho un’amica qui, finalmente. Apro il messaggio dopo e memorizzo il suo numero, domani la chiamerò, muoio dalla voglia di rivederla.

 

 

<< Pronto? >> chiede all’altro capo del telefono.

<< Cloe? Sono Lila, la tua vecchia compagna di scuola, ti ricordi? >> rispondo.

<< Lila, che piacere sentirti, come stai? È un po’ che non ci sentiamo >> dice contenta.

<< Infatti, che ne dici di incontrarci oggi? >> chiedo.

<< Magari, mi farebbe davvero piacere >> risponde.

<< Verso le dieci a Central Park? >> chiedo.

<< Purtroppo ho lezione a quell’ora, che ne dici se ci vediamo a pranzo? >> risponde.

<< Certo, ma non conosco, anzi non ricordo bene i locali qui a New York >> dico.

<< Tranquilla, penso a tutto io, ci vediamo dove abitavi una volta? >> chiede.

La mia vecchia casa, la mia casa d’infanzia. Non ci sono più tornata da quando ci siamo trasferiti.

<< Perfetto, a dopo allora >> rispondo.

<< Non vedo l’ora, ciao >> dice riattaccando.

Tra poche ore rivedrò la mia vecchia amica, non sto più nella pelle. Mi è mancata, non ci siamo più riviste da quando siamo andati via. Ci siamo perse, ma adesso ci siamo rincontrate. È questo l’importante.

 

 

Non mi ricordavo più che aspetto avesse. È più bella di quanto me la ricordassi. La mia casa, la mia dolce e vera casa. La casa di Millville non la sento proprio mia, non mi sono mai abituata e ancora ora non lo sono del tutto.

<< Lila? >> chiede qualcuno alle mie spalle.

<< Cloe? Sei davvero tu? >> rispondo.

È cambiata tantissimo. Non la ricordavo così… bella. Mi abbraccia, come se otto anni non fossero mai trascorsi.

<< Come stai? Che ci fai qui a New York? >> chiede.

<< Sono dai miei nonni per l’estate e tu? >> rispondo.

<< Solita vita, sempre super piena d’impegni. Andiamo a mangiare? >> chiede.

<< Certo, muoio di fame >> rispondo.

<< Ricordavo la tua buona forchetta >> dice scherzosa.

Ridiamo, ridiamo insieme come ai vecchi tempi. Che bellissima sensazione.

Parliamo tantissimo e ci raccontiamo gli ultimi otto anni della nostra vita.

<< Hai detto per telefono che avevi lezione, cosa studi? >> chiedo.

<< Vado alla Columbia, tu hai finito la scuola? >> chiede.

<< Sì, ho dato gli esami poche settimane fa >> rispondo.

<< E ora che pensi di fare? >> chiede.

<< Non lo so, non ci ho ancora pensato >> rispondo.

<< Volevi diventare un bravo avvocato come tuo padre quando eri piccola. Hai cambiato idea? >> chiede.

<< No, non è cambiata la mia aspirazione >> rispondo.

<< Perché non fai un salto alla mia università? >> chiede.

<< Non so e poi le iscrizioni non sono già terminate? >> chiedo.

<< Manca meno di un mese, ma ormai i candidati penso siano già stati segnati, ameno ché non sei una figlia di papà o hai una media tanto alta da entrare automaticamente per merito >> risponde.

<< La prima no, ma per quanto riguarda la media sì, sono uscita con cento >> dico.

<< Allora entreresti di sicuro >> dice entusiasta.

<< Magari uno di questi giorni vengo a trovarti >> rispondo.

<< Dai, saremmo due perfette compagne di stanza >> dice entusiasta all’idea.

<< Non fantasticare troppo, ancora non è detto nulla >> rispondo.

Non mi aveva neanche sfiorato l’idea di iscrivermi all’università qui a New York. Sì che se dormissi nel campus non dovrei sopportare sempre i nonni.

Mentre mi gusto il mio pranzo, mi trema la gamba, cos’è?

Un messaggio.

“Sono pronto! D”.

Derek. Ma per cosa è pronto? Non finisco nemmeno il mio tacos che ne arriva un altro.

“Passo a prenderti alle otto”.

Stasera? Io avrei voluto vederlo subito. Ma per cosa è pronto, non capisco.

Saluto la mia amica ritrovata e corro a lavoro, prima di dovermi preparare per stasera, cosa vorrà dirmi?

 

 

<< Buonasera, c’è Lila? >> chiede lui alla porta.

<< Sì, un attimo che gliela chiamo >> risponde la domestica.

<< Eccomi >> dico sbucando dalle scale.

Non riuscivo ad attendere oltre. Rimane di stucco non appena mi vede. Cos’è, qualcosa non va?

<< Andiamo? >> lo invito.

<< Sì, arrivederci >> risponde verso la domestica.

Cammino più veloce di lui e mi dirigo verso la moto.

<< Perché sei così lento? >> chiedo sarcastica.

<< Wow >> risponde.

<< Wow cosa? >> chiedo.

<< Sei bellissima >> risponde.

Ora arrossisco. Ho notato la sua reazione non appena sono scesa dalle scale, ma non pensavo che me lo dicesse. Gli piace Lila, la vecchia ed eterna Lila.

<< Grazie >> dico imbarazzata indossando il casco che spero non rovini i miei capelli.

Salgo in sella e mi stringo a lui. Non vorrei più staccarmi. Mi porta di nuovo nel suo posto speciale che non so dove sia. Non so come ci siamo arrivati, va troppo veloce perché abbia la concezione dello spazio!

<< Per cosa sei pronto? >> chiedo.

<< Per aprirmi con te >> risponde.

Vero. Non lo ricordavo più. Che sciocca!

Sorrido e presto attenzione a ogni sua singola parola.

<< Che cosa vuoi sapere di me? >> chiede.

<< Tutto >> rispondo.

<< Allora, mi chiamo Derek >> dice.

<< Questo lo sapevo già >> dico ironica.

Ride, ride anche lui, però è nervoso.

<< Ho ventun anni e sono di New York >> dice.

<< Ci distanziamo di soli tre anni >> lo interrompo.

<< Ne hai diciotto? Non ti avevo ancora chiesto l’età >> dice.

<< Non si chiede a una signora >>rispondo ironica.

<< Ma ora lo so >> dice furbo.

Giusto, adesso lo sa.

<< Vado alla Juliard e vivo con mio padre >> continua.

<< E tua madre? >> chiedo.

Forse sto correndo troppo, non voglio essere invadente.

Di tratto s’incupisce.

<< Scusa non volevo… >> aggiungo.

<< I miei si sono separati quando avevo sette anni e lei… lei non l’ho più rivista >> risponde triste.

Ecco perché ha sofferto, ecco perché non si apre con nessuno. Ha avuto un passato difficile.

Gli prendo una mano, non volevo farlo soffrire.

<< Mi dispiace, cambiamo argomento se vuoi >> dico.

<< No, mi fa piacere parlarne con te, non l’ho mai fatto con nessun altro prima d’ora >> risponde.

Sono felice che lo faccia con me.

<< E non sai niente di lei? >> chiedo.

<< Mio padre mi ha raccontato che lei mi ha abbandonato ed è scappata con i nostri soldi >> risponde.

Quanto bisogna essere egoisti per abbandonare un figlio e preferirlo al denaro?

<< Be, forse c’è un’altra spiegazione >> dico tentando di tirargli su il morale.

<< E quale altra spiegazione può mai esserci? >>chiede.

Non so rispondere, forse era meglio tacere.

<< Perché è andata via e non si è fatta più risentire? >> aggiunge.

<< Io, io non lo so >> rispondo.

<< Neanch’io, e sono stanco dei segreti, non ne posso più >> dice.

<< Alla fine tutto si risolve, basta avere le persone giuste al proprio fianco >> rispondo.

<< Io non ho nessuno >> dice dispiaciuto.

 << Non è così, tu hai me >> rispondo con un sorriso.

Non so nemmeno io come ho fatto a dirlo ma è così. Non lo abbandonerò anch’io. No.

Una lacrima gli riga il volto. Non posso vederlo così, non posso vederlo piangere. Gli asciugo la lacrima e gli accarezzo il viso.

<< Non devi vedermi così, nessuno deve >> dice con un filo di voce.

<< Derek, Derek guardami >> rispondo sollevandogli il viso.

<< Tutti hanno le proprie debolezze e non devi vergognarti di mostrare le tue >> continuo.

<< Grazie >> dice.

<< Di cosa? >> chiedo.

<< Di essere qui con me >> risponde.

Ho un impulso irrefrenabile, ma stavolta lo blocco. Non posso farlo, non adesso.

Si avvicina a me e mi bacia. L’ha fatto lui. Il mio impulso è stato placato.

 

 

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Capitolo 14
*** Fidati di me ***


Fidati di me

<< Buongiorno >> dico avvicinandomi al banco.

<< Buongiorno, come posso aiutarla? >> mi chiede la segretaria.

<< Vorrei delle informazioni sulla vostra università >> rispondo.

<< Prego >> dice.

<< Arrivo troppo tardi per l’iscrizione? >> chiedo.

<< No, giusto le ultime settimane >> risponde.

<< Allora come posso iscrivermi? >> chiedo.

<< Se devo essere sincera, non ha molte possibilità di entrare per quest’anno >> risponde.

Cosa? Perché mi dice questo?

<< Perché? >> chiedo curiosa.

<< Le iscrizioni iniziano a Maggio, c’è persino chi è iscritto dallo scorso autunno, non so se la sua domanda sarà visionata >> risponde.

<< Che cosa posso fare allora? >> chiedo.

<< Può iscriversi l’anno prossimo, ameno ché non voglia provarci comunque >> risponde.

<< La mia amica aveva ragione qui entrano prima i figli di papà e poi tutti gli altri >> dico un po’ infuriata.

<< Questo college ha moltissimi studenti meritevoli con voti eccezionali e se poi sono anche ricchi… >> risponde.

<< Io non lo sono ma anch’io ho una media alta, non basta il cento per entrare qui? >> dico arrabbiata.

<< Be allora le sue possibilità di entrare aumentano >> dice.

Ecco adesso va meglio. Sempre i ricchi prima, li odio, li odio, non li sopporto proprio. Ecco perché voglio diventare un bravo avvocato, per difendere i più deboli. Proprio come papà.

<< Che cosa devo fare allora? >> chiedo.

<< Compili questo modulo e mi porti prima possibile il suo diploma con la sua ottima media >> risponde sarcastica.

Mi sta prendendo in giro?

<< Posso mandarglielo tramite e-mail? >> chiedo.

<< No, mi serve la copia autentica cartacea >> risponde.

Il diploma è a casa, non qui, a Millville; come faccio a portarglielo prima del termine delle iscrizioni? Mamma non mi permetterà di tornare così in fretta.

<< Va bene, vedrò come posso fare, grazie >> rispondo.

<< Arrivederci >> termina.

Perfetto adesso la prima cosa da fare è dirlo a papà che convincerà la mamma. Solo lui può riuscirci.

 

<< Pronto papà? >> dico.

<< Lila, tesoro come stai, è successo qualcosa? >> chiede.

<< No, no, ho solo una notizia da darti >> rispondo.

<< Dimmi tesoro >> dice impaziente.

<< Vedi io… vorrei dirtelo di persona, non così >> rispondo.

<< Devo preoccuparmi? >> chiede.

<< No, sta tranquillo >> rispondo.

<< Be tesoro venerdì sarò a New York per un cliente, avrei voluto farti una sorpresa ma come al solito scopri sempre tutto >> dice.

Sì, papà verrà qua, potremo vederci.

<< Fantastico, allora ti aspetto venerdì papà >> rispondo elettrizzata.

<< A presto tesoro >> termina.

Papà sarà qui, così potrò dirgli del college e di tornare a casa. Però non per sempre, ormai qualcosa mi lega a New York, qualcuno. Derek, io, io non posso lasciarlo solo. Gliel’ho promesso.

Torno a teatro per iniziare il mio turno prima che il nonno si arrabbi.

 

 

<< Scusi? >> mi chiede qualcuno.

<< Sì, prego >> rispondo.

<< Cercavo il signor Wanderbilt >> risponde.

<< Oggi non c’è, ma io sono la sua segretaria, può dire a me >> dico.

<< Vorrei avere tre biglietti per lo spettacolo di domani sera >> risponde.

Ma perché tutti chiedono i biglietti al nonno? Esiste la biglietteria…

<< Lo riferirò al signor Wanderbilt, e… chi li cerca? >> chiedo.

<< Foster >> risponde.

<< Bene signor Foster, glieli farò avere al più presto, purtroppo non mi occupo io di queste cose >> dico.

<< Non c’è problema, tornerò domani >> risponde.

<< Perfetto, a domani allora >> dico.

<< Arrivederci >> termina.

Mi rimetto al lavoro, meglio non perdere tempo. Ecco un messaggio.

“Sei libera stasera? Passo a prenderti alle otto”.

Derek. Non sono la sola a pensare a lui, anche lui pensa a me. Non ci siamo più visti dopo il bacio dell’ultima volta; solo qualche sms, tutto qui. Sono felice di rivederlo, mi è mancato.

Subito dopo il turno mi precipito a casa per prepararmi. Non amo apparire, meglio l’aspetto interiore che quello esteriore, ma anche questo va curato.

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<< Ehi, mi aspettavi qui fuori? >> mi chiede scendendo dalla moto.

<< Già, per non perdere tempo >> rispondo.

<< Allora andiamo >> dice invitandomi a salire.

<< Però ti guido io, ti porto io in un posto speciale >> dico.

<< Va bene, andiamo >> risponde.

Ci dirigiamo verso la mia vecchia casa, quella dell’infanzia, voglio che mi conosca a fondo. Lui si è aperto con me ed io devo, anzi voglio farlo con lui.

<< Fermati qui >> dico.

Scendiamo dalla moto e fisso la mia casa.

<< Dove siamo? >> chiede.

<< A casa mia, questa è la mia vecchia casa, quella di quando vivevo a New York >> rispondo.

<< Perché me l’hai voluta mostrare? >> chiede.

<< Perché è il mio posto speciale, tu mi hai mostrato il tuo ed io il mio >> rispondo.

<< Mi piace, è proprio adatta a te >> dice.

<< Voglio farti conoscere Lila, quindi andiamo, questa è solo la prima tappa >> dico.

E dopo averlo portato a scuola e nei luoghi dove andavo di solito che mi ricordassi, lui mi porta nel suo posto speciale.

<< Comincio a conoscerlo bene questo posto >> dico ironica.

<< Ormai è anche il tuo posto speciale >> dice.

Però una cosa è diversa, lui. Ha una strana luce negli occhi, diversa, piacevole.

<< Chiudi gli occhi >> continua.

<< Perché? >> chiedo.

<< Tu fallo e basta, fidati di me >> risponde convinto.

Chiudo gli occhi e lui mi conduce da qualche parte. Non so nemmeno io dove.

<< Adesso puoi aprirli >> dice.

Difronte a me si presenta un picnic sotto le stelle, con le candele profumate.

<< Wow, è bellissimo >> dico sorpresa.

<< Tu sei importante per me, tu mi hai ascoltato, tu ti sei fatta conoscere da me senza segreti, tu… >> dice.

Interrompo il suo discorso con un bacio. Non potevo non farlo, chi mai resisterebbe a tutto questo? Anche lei, Lila, che aveva chiuso con l’amore, non può non farlo. Non con lui.

<< Tu sei speciale >> continua subito dopo.

Sorrido, non posso farne a meno. Mollo la presa e mi siedo sulla tovaglia.

<< Non vorrai che si freddi la cena >> dico scherzosa.

<< Figurati, con una buongustaia come te >> risponde ironico.

Conosce anche questo lato di me. Comincio a parlargli di Millville, della mia famiglia, delle mie amiche e persino di Luck.  Posso raccontargli tutto, io mi fido di lui. Con lui mi sento protetta e al sicuro, è una strana sensazione per me. Non mi sono mai sentita così, neanche con Luck.

<< La mia casa a Millville non puoi non riconoscerla, è quella con il giardino più bello e fiorito. Mia madre se ne prende cura sempre da quando non lavora più >> dico.

<< È per questo motivo che è entrata nel giro dell’alcool? >> chiede.

<< Credo di sì, ma non me l’ha mai detto esplicitamente >> rispondo.

<< Beh, abbiamo una cosa in comune, non conosciamo bene le nostre madri >> dice ironico.

Scoppiamo a ridere. So che è un argomento delicato per lui, ma che faccia delle battute su sua madre mi fa piacere, vuol dire che si è sbloccato del tutto su quest’argomento.

Forse però è meglio non perseverare su questo discorso.

<< Oggi sono andata alla Columbia per iscrivermi >> dico.

<< Sul serio? E cosa ti hanno detto? >> chiede.

<< Che devo portargli il mio diploma, ma si trova a Millville, quindi penso che dovrò tornare a casa >> rispondo.

<< Come a casa? Quindi lascerai di nuovo New York? >> chiede stupito.

<< No, cioè si, ma non in maniera definitiva, giusto il tempo di avere il diploma e poi torno, se i miei me lo permetteranno >> rispondo.

<< Di ritornare? Certo che te lo permetteranno, io… >> dice.

<< Di andare a Millville sciocco, non ti libererai di me così in fretta >> rispondo.

<< Non ne ho la minima intenzione >> dice.

Alzo gli occhi al cielo, da qui si vedono le stelle. Le luci di New York non lo permettono, ma da questo posto sì.

<< Che cosa stai guardando? >> chiede.

<< Le stelle, sono bellissime da qui >> rispondo.

 Si stende sulla tovaglia e m’invita a stringermi a lui.

<< Meglio mettersi comodi allora >> dice invitandomi tra le sue braccia.

Amo stare con lui, il tempo passa velocemente quando sono con Der. Vorrei che in questo momento il tempo si fermasse per assaporare ogni singolo istante.

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<< Ciao Lila >> dice una voce alle mie spalle.

<< Cloe, ti stavo aspettando >> rispondo davanti al campus.

<< Ah, perché? >> chiede.

<< Hai tempo per un’amica? >> rispondo.

<< Certo, ho appena finito le lezioni, sono a tua completa disposizione, che succede? >> chiede.

<< Tuo padre lavora sempre in quello studio d’investigazione? >> rispondo.

<< Sì, lavora ancora lì, perché? >> continua a chiedere.

<< Conosco una persona che ne avrebbe bisogno, solo che non ne avrebbe mai il coraggio, quindi non voglio che lo venga a sapere >> rispondo.

Facciamo due passi e le racconto tutta la storia di Derek.  Posso fidarmi di Cloe, lei è una delle mie più care amiche, so che posso farlo.

<< Quindi sua madre è scomparsa e lui non ha più sue notizie >> dico.

<< Povero, avrà sofferto molto >> risponde.

<< Già e non voglio che soffra ancora, per questo non deve saperlo, non voglio si faccia false speranze >> dico.

<< Giusto, ora ne parlo con mio padre e se ci saranno delle novità, ti farò sapere >> risponde.

<< Grazie, grazie davvero Cloe >> dico.

<< Figurati, a cosa servono altrimenti le amiche >> risponde.

Ci salutiamo e torno al lavoro, meglio non fare tardi.

 

<< Ah, buongiorno signor Foster >> dico vedendolo.

<< Buongiorno, ero venuto per… >> risponde.

<< Per i biglietti, eccoli qua >> lo interrompo porgendoli.

<< Grazie tante >> dice.

<< Di niente, arrivederci >> termino.

Mi arriva un sms. È Cloe.

“Mi servono più informazioni su sua madre, il suo nome, la sua data di nascita e magari anche una sua foto”.

Wow, come faccio ad avere tutte queste informazioni? Devo chiederle a Derek senza farmi scoprire. Speriamo ci riesca.

Invio un sms a Derek nella speranza che stasera venga allo spettacolo.

Sì verrà, ne sono sicura.

“Certo non me ne sono mai perso uno”.

Mi ha risposto. Aspetta, Derek ha detto che viene qua fin da quando era piccolo, quindi magari anche sua madre. Devo chiedere al nonno.

<< Lila hai preso l’appuntamento con… >> dice il nonno.

Ora o mai più.

<< Nonno, posso chiederti una cosa? >> dico.

<< Certo, che succede? >> chiede.

Perché deve sempre succedere qualcosa? In realtà è successo qualcosa, anche più di una ma perché quando gli chiedo qualcosa pensa sempre che io sia nei guai?

<< Conosci quel ragazzo, Derek, fin da quando era piccolo? >> chiedo.

<< Sì, veniva sempre con la sua famiglia >> risponde.

Bingo.

<< E conosci sua madre? >> insisto.

<< È da molto che non la vedo, devono essere passati anni ormai >> risponde.

<< Sai come si chiama? >> chiedo sempre più curiosa.

<< Aspetta fammi pensare…Mary Cooper mi pare, perché me lo chiedi? >> risponde.

<< Così, per curiosità >> mento.

Curiosità, altro che curiosità. Ma nessuno deve saperlo, nessuno.

 

 

<< Ehi Derek >> bisbiglio facendomi vedere in tribuna.

<< Ciao, è cominciato da molto? >> chiede.

<< Cinque minuti, tutto ok? >> rispondo.

<< Sì, solo un po’ di ritardo >> dice.

Si concentra sullo spettacolo e niente può turbarlo. È immerso nell’opera, cosa ci troverà mai di così attraente?

Finalmente la pausa, così potrò parlare con lui.

<< Bello vero? >> mi chiede.

<< Già, mi è venuta fame >> rispondo.

<< E quando mai! Vuoi che vada a prenderti qualcosa? >> chiede ironico.

<< No, vado io, solo che non ho la borsa con me, potresti prestarmi il tuo portafoglio? >> chiedo.

<< Certo, quanto ti… >> risponde.

<< Grazie >> lo interrompo prendendogli tutto il portafogli.

Ma allontano alla svelta prima che mi faccia altre domande. Magari porta con sé la foto di qualcuno d’importante, magari di sua madre. Apro velocemente il borsellino e… eccola. La foto di una donna con in braccio un bambino. Gli somiglia molto, deve essere lui con sua madre.

Vado subito in ufficio a fare una fotocopia, così la consegnerò a Cloe. E prima della seconda parte dello spettacolo, eccomi di ritorno.

<< Grazie, ne avevo proprio bisogno >> dico prendendo posto.

<< Hai placato il tuo stomaco? >> chiede ironico.

<< Divertente! >> rispondo ridendo.

A interromperci è l’inizio dello spettacolo. Come sono stata geniale, non pensavo filasse tutto liscio, non con me, ma c’è l’ho fatta. Ho quello che mi serve per avviare il caso.

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Mi ha persa ***


Mi ha persa

<< Papà >> dico saltandogli addosso non appena entra in casa dei nonni.

<< Tesoro, come stai, fatti vedere >> risponde.

Mi è mancato tanto stare con lui. Troppo.

<< Carl, ben arrivato >> ci interrompe la nonna.

<< Grazie Margaret >> risponde.

<< Quanto ti fermerai? >> chiedo curiosa.

<< Poco tesoro, ho l’aereo domani sera >> risponde.

<< Allora spero che ti fermerai qui stanotte >> dice nonna.

<< No grazie, non vorrei disturbare, ho l’hotel… >> risponde papà.

<< Dai papà fermati qui >> lo interrompo guardandolo con gli occhi dolci.

Funziona sempre. Spero.

<< Ma… va bene, resterò qui >> risponde.

<< Grazie, grazie, grazie >> dico.

<< Faccio portare le tue cose in una camera >> dice nonna.

<< Grazie Margaret >> risponde.

La nonna si allontana lasciandoci soli, è il momento giusto per parlare con papà.

<< Hai tempo per una chiacchierata? >> chiedo.

<< Non molto, a pranzo devo vedermi con un cliente, però racconta, cosa volevi dirmi per telefono? >> risponde.

Andiamo in giardino e lo invito a sedersi. Forse è meglio. Gli parlo del college prima di tutto, poi…

<< Che cosa? Lila non penso sia una buona idea >> dice.

<< Ma dai papà, sarebbe solo per pochi giorni, giusto il tempo di andare a scuola a ritirare il diploma e poi torno qui >> rispondo supplicandolo.

<< Lila tua madre non… >> dice.

<< Non lo deve sapere, arrivo a sorpresa così non potrà dire nulla >> lo interrompo.

<< Ma perché vuoi iscriverti qui a New York, c’è quel college a Millville, come si chiama… >> dice.

<< Papà sai benissimo che la Columbia è molto più adatta a me rispetto a qualunque college di Millville >> lo interrompo.

Non dice niente, sta pensando.

<< Ti prego papà >> lo supplico.

<< Il mio volo di domani sera dovrà aspettare. Ti porto a casa io altrimenti chissà cosa può fare tua madre vedendoti sola >> risponde.

<< Grazie papà, non te ne pentirai >> dico contenta.

<< Però devi promettermi che ripartirai subito, non è giusto nei confronti dei nonni >> dice.

<< Te lo prometto >> rispondo.

<< E a loro cosa dirai? >> chiede.

Giusto, i nonni, non ci avevo ancora pensato.

<< Dirò che torno a casa per qualche giorno a prendere qualcosa e poi tornerò >> rispondo.

<< Spero che tu sappia quello che fai >> dice.

<< Tranquillo papà, tutto sotto controllo >> rispondo.

<< Adesso è meglio che mi metta al lavoro prima di andare dal cliente >> dice.

<< Posso aiutarti, è la prima volta che lavori nella stessa città dove sono io e mi piacerebbe imparare… consideralo un ringraziamento >> rispondo.

<< Non so tesoro… >> dice.

<< Dai papà, ti prego, allora, come si chiama il cliente? >> chiedo.

<< Vinci sempre tu eh? >> dice scherzoso.

<< Oggi sarò la tua tirocinante, dimmi cosa devo fare >> rispondo.

<< Bene allora mettiamoci al lavoro. Il signor Eric Foster è stato accusato di calunnia e mi ha ingaggiato per la sua difesa… >> comincia.

<< Il signor Foster? Posso vedere la sua scheda? >> lo interrompo.

<< Sì, c’è l’ho nella valigetta, aspetta che te la prendo >> dice.

Me la consegna. È proprio lui, il signore dei biglietti che è venuto l’altra volta in teatro.

<< Questo signore io lo conosco, è venuto a teatro pochi giorni fa. Sembra una persona apposto, cosa mai ha potuto fare? >> chiedo.

<< Vedi il senatore… >> risponde.

<< È un senatore? Non lo sapevo >> dico interrompendolo.

<< Ne parlano su tutti i giornali, vedi lui… >>dice.

Mi racconta la storia del signor Foster per filo e per segno, come da bravo avvocato.

<< Posso venire con te a pranzo per l’incontro con il signor Foster? >> chiedo.

<< Tesoro non penso sia una buona idea, lo hai detto anche tu, sei una tirocinante quindi… >> risponde.

<< Per favore papà, conosco questa persona e voglio aiutarti a difenderla, ti prego >> lo interrompo.

<< Hai altre richieste per oggi? Questa è l’ultima che ti accontento, intesi? >> dice scherzoso.

<< Promesso papà >> rispondo.

<< Non promettere qualcosa che non puoi mantenere >> dice.

Mi conosce bene. Quando m’impunto su una cosa, non mi fermo fino a quando non l’ho ottenuta.

 

 

<< Buongiorno signor Foster >> dice papà entrando in un enorme ufficio.

<< Ah buongiorno avvocato, prego si accomodi >> risponde.

<< Buongiorno >> dico entrando dietro papà.

<< Lei è la ragazza del teatro vero? Ci siamo visti pochi giorni fa >> dice vedendomi.

<< Esatto io… >> rispondo.

<< Lei è la mia tirocinante, sta facendo pratica per la professione, quindi mi aiuterà per il suo caso >> m’interrompe papà.

<< Bene, allora cominciamo >> risponde il signor Foster.

Ci sediamo in delle morbide poltrone e mi guardo attorno. È davvero bellissimo qui. Però tutto questo lusso non mi piace. Lui sembra una persona apposto ma chissà com’è chi vive con lui.

Cominciano a parlare della strategia di difesa ed io ascolto attentamente. Amo questo lavoro.

Toc toc.

<< Avanti >> dice il signor Foster.

<< Scusa papà io...  >> risponde una voce alle mie spalle.

Conosco questa voce.

Mi volto di scatto.

Derek.

Che ci fa lui qui? È perché ha chiamato il signor Foster papà? Lui è…

Resto pietrificata incollata alla poltrona. Lui è il padre di Derek?

<< Scusa papà non mi sento bene, vado a prendere una boccata d’aria >> dico con un filo di voce.

<< Lila… >> risponde papà.

Derek è immobile davanti alla porta. Gli passo davanti cercando di essere il più indifferente possibile. La porta si chiude di scatto subito dopo che sono uscita.

<< Lila aspetta… >> dice Derek rincorrendomi.

Cerco di uscire da questa casa ma è come un labirinto, è impossibile.

<< Lila, ti prego lasciami spiegare >> dice.

Eccola. Apro la porta ed esco da questa strana e orrenda casa.

<< Lila >> dice afferrandomi per il braccio.

<< Lasciami Derek, non mi toccare >> rispondo infuriata.

<< Fammi almeno spiegare >> dice rincorrendomi.

Ma dove vado, devo aspettare papà. Esco dal cancello e Derek è dietro di me.

<< Puoi fermarti per favore >> dice.

<< Qui non sono a casa tua >> dico sottolineando il pronome.

<< Quindi non devo obbedirti >> continuo.

<< Lasciami spiegare >> dice.

<< Cosa, cosa vuoi dirmi? Che sei un emerito bugiardo, alla faccia dei segreti… >> rispondo.

<< Lila tu non puoi capire >> m’interrompe.

<< No tu non capisci Derek, io ti ho detto tutto di me, mi fidavo di te, perché succedono tutte a me >> rispondo camminando avanti e indietro davanti a lui.

<< Mi dispiace non avertelo detto, solo che tu… >> dice.

<< Io? Vuoi forse incolpare me? >> dico infuriata.

<< Tu hai detto che odi i ricchi, disprezzi il loro mondo, tutto di loro. Tu te ne stai sul tuo piedistallo a giudicare tutto e tutti, fai di tutta l’erba un fascio; come potevo dirti che io sono uno di loro, mi avresti giudicato e forse pure ignorato solo per la mia condizione sociale >> risponde.

<< Forse hai ragione, ma avresti dovuto dirmelo. Se io non fossi venuta oggi qui e non l’avrei scoperto da sola, me lo avresti detto? >> chiedo davvero infuriata.

Comincio ad averne abbastanza anch’io delle bugie.

<< Io non pensavo venissi qua, te lo avrei detto al momento giusto >> risponde dispiaciuto.

<< E quando sarebbe arrivato questo momento? Quando mi avresti fatto cadere ai tuoi piedi e mi fossi innamorata di te? >> dico.

A interromperci arriva papà. Sembra preoccupato.

<< Lila, tesoro, tutto bene? >> chiede.

<< Sì, adesso va meglio >> rispondo.

<< Grazie di esserti preso cura di lei, io sono Carl Montgomery, l’avvocato di tuo padre >> dice papà presentandosi a Derek.

<< Derek, Derek Foster >> risponde porgendogli la mano.

<< Andiamo? >> chiedo con un filo di voce.

<< Vado a prendere la mia valigetta e arrivo tesoro >> risponde papà.

Si allontana lasciandomi sola con Derek.

<< È tuo padre? >> chiede.

<< Non ha importanza ormai >> rispondo allontanandomi.

<< Lila aspetta io… >> dice prendendomi la mano.

Mollo subito la presa. Chi si crede di essere, io non sono il suo burattino.

<< Anche tu mi hai mentito all’inizio con i tuoi nonni >> dice a sua discolpa.

<< All’inizio, come hai detto tu, non dopo un mese che ci conosciamo e che usciamo insieme. Che stupida ed io che mi fidavo di te >> rispondo.

<< Tu puoi fidarti di me, mi dispiace, so che avrei dovuto dirtelo, ma non ne ho avuto il coraggio, avevo paura di perderti >> dice.

<< Ed è proprio quello che hai ottenuto >> rispondo.

Ecco papà che arriva. Finalmente.

<< Andiamo? >> mi chiede papà.

Annuisco, non ho più voce.

<< Allora ci vediamo Derek >> dice papà salutandolo.

Fa un cenno con la mano e rimane immobile. Ha capito solo ora le mie parole. Mi ha persa.

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<< Fate buon viaggio >> dice la nonna abbracciandomi.

<< Grazie nonna, a presto >> rispondo.

Saluto anche il nonno e via, verso l’aeroporto. Si torna a casa, a Millville. Il mio soggiorno newyorkese è durato meno del previsto. Adesso niente mi lega a questa città. Non so se tornerò. Per la Columbia ho ancora qualche settimana per l’iscrizione. Adesso ho solo bisogno delle mie amiche e di casa mia, della mia camera e della mia famiglia.

E in men di qualche ora eccomi a casa. A Millville.

<< Mamma >> dico saltandole addosso.

<< Lila, che ci fai qui? >> chiede sbalordita.

<< Sono tornata per qualche giorno con papà >> rispondo.

Ed ecco papà che sbuca dalle mie spalle. Sembra un facchino, è ricolmo di valige.

Salgo in camera ed ecco Sam.

<< Non saluti la tua sorellona? >> dico aprendo la porta.

<< Lila ma… che ci fai qui? >> dice venendomi ad abbracciare.

<< Mi fermerò per qualche giorno >> rispondo.

<< Ne sono contenta >> dice.

Non ne sono sicura, ma va bene. Voglio solo andare a dormire nel mio amato letto adesso. Mi è mancato anche lui. Mi è mancato tutto. E tutti.

New York è bellissima sì, però casa mia… la vera casa è dove ci sono le persone che ami. Anche se i nonni non sono poi così male. Quando ero con loro, erano del tutto diversi da quando vengono in visita qui da noi. Certo, all’inizio abbiamo avuto qualche problema, ma poi tutto è andato per il meglio. Poi c’è Cloe, la mia amica, mi ha fatto davvero piacere rivederla dopo tutti questi anni. E infine c’è lui, Derek. Anzi c’era. Ecco il motivo per cui non mi ha mai portato a casa sua, non mi ha detto il suo cognome e non mi ha parlato di suo padre. Il signor Foster. Dovevo immaginarlo che era suo padre. In quanti vorrebbero dei biglietti direttamente dal proprietario quando esiste la biglietteria? Proprio come ha fatto Derek. Tipico dei Foster allora! È vero, anch’io non gli avevo detto che ero la nipote dei Wanderbilt, ma non ci conoscevamo neanche. Perché non me l’ha detto? Aveva paura di me? Di come avrei reagito? Forse ha ragione, non l’avrei presa bene, ma me ne sarei fatta una ragione. Sono destinata a essere circondata dai ricchi. Anzi lo ero. Lui era diverso. Io lo sentivo, io lo sapevo. Adesso è di nuovo solo. Non lo avrei mai voluto abbandonare, ma per adesso è meglio così.  Devo schiarirmi le idee e anche lui. Un po’ di lontananza non può che farci bene. Forse ci avvicinerà o forse ci allontanerà per sempre.

 

-----------------------

 

<< Lila, non mi avevi detto che saresti tornata >> dice Alice vedendomi.

<< Non l’avevo programmato >> rispondo.

Corre ad abbracciarmi. Quanto mi è mancata.

<< Cathy, vieni c’è Lila >> urla verso l’interno della casa.

<< C’è anche Cathy? >> chiedo.

<< Sì, da quando sei andata via, ci vediamo sempre >> risponde.

<< Lila >> urla dalle scale vedendomi.

Mi salta addosso.

<< Come stai? >> chiedo.

<< Bene, tu come stai? Come va la vita a New York? >> chiede.

<< Be, insomma >> rispondo.

Hanno entrambe quello sguardo interrogativo. Ci sediamo in terrazza e gli racconto tutta la faccenda. Di Derek, di Cloe, dei nonni e anche della Columbia.

<< Quindi hai trovato l’amore e non ci dici niente? >> dice Alice.

<< Non ho trovato l’amore, anzi non lo avevo trovato >> rispondo.

<< Be, in fondo non è così grave, vedrai, tutto si risolverà >> dice Cathy.

<< Certo che lo è, lui mi ha nascosto una parte di se >> dico.

<< Ma l’ha fatto a fin di bene, per non perderti >> dice Alice.

Lei e le sue perle di saggezza. Mi sono proprio mancate.

<< Io gli ho detto tutto di me e lui non è stato sincero con me >> rispondo.

<< Dai, adesso non pensarci, sei qui e dobbiamo festeggiare, perché non andiamo in un locale stasera? >> chiede Cathy.

<< Dai, sarà divertente >> aggiunge Alice.

<< Non so ragazze, io… >> rispondo.

<< Passiamo a prenderti alle otto >> dice Cathy.

<< Tanto non mi lascerete scelta >> rispondo.

<< Fatti bella, mi raccomando >> dice Alice.

<< Ma almeno ditemi dove andiamo? >> chiedo.

<< Sarà una sorpresa >> dice Cathy.

Non mi va molto di festeggiare, non sono dell’umore adatto. Però sembrano così contente e non voglio deluderle. Devo smetterla di pensare a Derek per una sera. Solo per una. Devo almeno provarci. Ma so già che sarà impossibile.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Io e te ***


Io e te

Non mi è nuovo questo posto.

<< Dove siamo? >> chiedo.

<< Al “Paprika” >> risponde Cathy.

Al “Paprika”? No, qui no. Qui viene sempre…

Troppo tardi.

<< Luck va via, ci stiamo divertendo, non abbiamo bisogno di uno come te >> dice subito Alice.

<< Non mordo mica, volevo solo salutare la straniera >> risponde sarcastico.

Ed io sarei la straniera? Dopo tutto quello che mi ha fatto, ha pure il coraggio di prendermi in giro?

<< Luck io… se potessi… >> dice Cathy.

Forse è meglio intervenire, Cathy sa essere molto “violenta” quando è arrabbiata.

<< Tranquille ragazze, va tutto bene >> dico cercando di calmare gli animi.

<< Possiamo parlare… in privato >> dice Luck guardandomi dritto negli occhi.

Avevo dimenticato il loro colore indefinito tendente al verde.

<< Non penso che Lila abbia qualcosa da dirti >> risponde Alice.

<< Infatti, quindi aria… >> interviene Cathy.

Già, ben detto, mi hanno tolto le parole di bocca.

Sono iperprotettive con me.

Ci allontaniamo e lo lasciamo là, fermo in mezzo alla pista. Mi squilla il cellulare.

<< Esco un attimo a rispondere >> dico ad Alice quasi urlando.

La musica è fortissima, per fortuna avevo la vibrazione.

<< Pronto? >> dico.

<< Lila, sono la nonna >> risponde.

<< Nonna, ciao come va? >> chiedo.

<< Bene, ti chiamo perché ti ha cercato quel ragazzo, come si chiama… >> risponde.

<< Derek? >> chiedo.

<< Esatto, proprio lui, gli ho detto che eri partita ed eri tornata a Millville >> risponde.

Cosa? Derek mi ha cercato? Ed è andato dai nonni a farlo?

<< Perché gli hai detto che ero partita? >> chiedo.

<< Che cosa dovevo dirgli, sembravate buoni amici e forse anche di più >> risponde.

Già, anche lei l’ha notato. È inutile prendersela con la nonna, lei non ha colpe. La colpa è solo mia. Anzi no, di Derek.

<< Grazie di avermelo detto >> dico.

<< Di niente, buona serata tesoro >> termina attaccando.

Ci mancava solo questa. Che cosa può succedermi di peggio?

<< Tutto ok? >> mi chiede qualcuno alle spalle.

<< Cos’è, mi pedini? >> rispondo dopo essermi girata.

<< Volevo solo essere gentile >> dice.

<< Tu non puoi esserlo >> rispondo.

<< Possiamo parlare? >> chiede.

Perché insiste tanto col parlare con me? Che cosa vuole dirmi, scusa ti ho tradito la notte del ballo con un’altra?

<< Che cosa vuoi da me? >> chiedo.

M’invita a seguirlo nella panchina del nostro primo bacio. Perché mi ha portato qui? Non starà pensando a un ritorno di fiamma?

<< Io non devo chiederti scusa >> dice dopo essersi seduto comodamente sulla panchina.

Cosa? Ma sei impazzito?

<< Anche, hai pure la faccia tosta di dire questo >> rispondo infuriata.

<< Ma io non ho fatto niente >> dice.

<< Per te baciare una ragazza mentre stai con un’altra, è una cosa da poco? >> chiedo incredula.

<< Se mi avessi ascoltato una delle tante volte che ho provato a parlarti, la penseresti come me >> risponde.

<< Perché mai dovrei ascoltare uno come te… >> dico.

<< Mi lasci spiegare? >> m’interrompe.

Ok, parla pure, tanto cosa ho da perdere?

<< Quella sera mentre tu eri sul palco a fare il tuo discorso, Tiffany, l’amica di tua sorella… >> comincia.

<< Che cosa centra Sam? >> lo interrompo.

<< Se mi lasci parlare te lo spiego >> dice scherzoso.

Non c’è niente da scherzare.

<< Tiffany mi ha detto che Sam era nei guai con un ragazzo, così, tu eri sul palco e non potevi aiutarla, l’ho seguita e mi ha portato da Sam… >> dice.

<< E in che sorta di guai era? >> lo interrompo.

<< Sei proprio testarda eh! >> dice.

<< In realtà non lo era per niente, era solo un tranello per avvicinarmi e baciarmi >> continua.

<< E perché avrebbe dovuto farlo? >> chiedo incredula.

<< Perché voleva me, me lo hai detto tu stessa che avrebbe fatto di tutto per tornare con me >> risponde come se fosse una cosa normale.

Già, questo è vero, ma non arriverebbe a tanto.

<< E casualmente ti ha baciato proprio quando ti ho visto io >> dico.

<< Non pensavo che mi avessi seguito e neanche lei lo immaginava, voleva baciarmi sperando che riuscisse a risvegliare i sentimenti che provavo per lei >> risponde.

<< La tua scusa non regge >> dico.

Sam non lo farebbe mai, non a me.

<< Chiamala come vuoi, ma è la verità, secondo te perché sarei dovuto andare fin lì per baciare una ragazza? Avrei potuto farlo benissimo in bagno o in qualunque altro posto appartato. E perché proprio quella sera che mi avresti potuto scoprire? >> risponde.

Non so cosa rispondere. Non so perché, in effetti, non è sbagliato ciò che dice. Se avesse voluto tradirmi, lo avrebbe fatto in qualsiasi momento e in qualsiasi posto.

<< Poi che hai fatto, hai visto il bacio e sei scappata? >> continua.

<< Che cosa avrei dovuto fare, restare lì a guardare come ti divertivi con quella ragazza? >> rispondo.

<< Se fossi rimasta, avresti visto che il bacio con quella ragazza come dici tu, è durato meno di un secondo e poi ho fatto una sfuriata a Sam sul perché lo avesse fatto >> dice.

Non dico niente, non ho parole. Non voglio e non posso crederci.

<< Credimi, non ti avrei mai tradito >> continua prendendomi la mano.

Mollo subito la presa.

<< Come facevo a saperlo, tu, tu sei il don Giovanni di tutta Millville, il ragazzo più famoso della scuola, come potevo sapere che non mi avevi tradito come hai fatto con tutte le altre >> rispondo.

<< Dovevi fidarti di me >> dice.

<< Io mi fidavo di te >> rispondo.

<< Allora non avresti dovuto dubitare della mia fedeltà >> dice.

<< Non ho dubitato di te, io ti ho visto con questi occhi e grazie a te è successo tutto il resto >> rispondo.

<< Vuoi dare per caso la colpa a me del tuo incidente? >> chiede.

<< Certo, ero sconvolta, perché sennò >> rispondo.

<< E sei andata a New York a causa mia >> dice.

<< Sì, sì, come te lo devo dire e poi non sono andata via, mi hanno mandato via >> rispondo.

<< Bene, adesso che hai trovato il capo espiatorio che cosa vuoi fare? >> chiede.

<< Io? Niente, cosa dovrei fare >> rispondo.

 << Non so, chiedermi scusa >> dice.

<< Io dovrei chiederti scusa? E perché? Tu dovresti farlo >> rispondo.

<< Allora facciamo così, tu non chiedi scusa a me ed io non lo chiedo a te e ci perdoniamo a vicenda >> dice.

Tanto litigare con lui non avrebbe senso.

<< Va bene>> rispondo.

<< Pace fatta? >> chiede.

Annuisco, sono stanca di litigare con tutto e tutti.

<< Adesso può tornare tutto come prima? >> chiede.

<< Che cosa dovrebbe tornare come prima? >> rispondo.

<< Noi, la nostra storia >> dice.

<< Le cose sono cambiate Luck, non più esiste nessun noi >> rispondo.

<< Sappi solo che io non ti ho dimenticato >> dice.

Non dico niente. Ma non mi dispiace.

<< Non sono stato con nessun’altra ragazza dopo di te >> continua.

<< Wow, un record per Luck Miller, un mese senza ragazze >> rispondo sarcastica.

<< E tu, tu mi hai dimenticato Lila Montgomery? >> chiede con il suo sguardo indagatorio.

<< Lila, Lila andiamo, è tardi, devo riaccompagnarti a casa >> urla Cathy dell’ingresso del locale.

Mano male che è arrivata lei a interromperci. Che cosa avrei potuto rispondere se non lo so nemmeno io?

<< Allora? >> insiste Luck.

<< Devo andare >> rispondo.

<< Chi tace acconsente, sappilo Montgomery >> dice sarcastico.

Faccio finta di non sentire. Forse ha ragione o forse no, non lo so neanch’io se l’ho dimenticato. Sono successe così tante cose in un solo mese, New York, Derek, il college, i nonni e ora ci si mette anche Luck. Ho bisogno di tempo per riflettere, per capire cosa voglio. Ma la prima cosa da fare domattina è parlare con Sam. Deve dirmi la verità finalmente. Se è davvero vera la storia di Luck deve dirmelo, ho il diritto di saperlo.

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<< Sam, Sam svegliati >> dico buttandola giù dal letto.

<< Lila, lasciami dormire, siamo in estate >> risponde.

Sarà il ritmo newyorkese ma sono già sveglia. Chi dorme non piglia pesci. È strano che a dirlo sia proprio io…

<< Devo parlarti, dai svegliati >> dico.

<< Cinque minuti >> risponde.

<< No ora, devo parlarti di Luck >> dico.

Wow il solo nominare il suo nome l’ha fatta alzare.

Cos’è un nuovo infuso di caffè?

<< Che cosa centra Luck? >> chiede.

<< Ieri sera ho parlato con lui e mi ha detto una cosa sulla sera del ballo >> rispondo.

Sembra agitata. Si è svegliata da meno di un minuto ed è già così? Che cosa sarà successo?

<< Che cosa ti ha detto? >> chiede con gli occhi sbarrati.

<< Mi ha detto che quella sera tu lo hai tratto in inganno e che con una scusa lo hai baciato >> rispondo senza tanti giri di parole.

Meglio non girarci intorno e arrivare subito al dunque.

<< Che assurdità, era drogato? >> dice balzando in piedi.

<< Non credo, ma ho bisogno di sapere la verità, tu eri con lui? Eri tu la ragazza che ho visto? >> chiedo.

<< No Lila, che cosa ti salta in mente, non avrei mai fatto una cosa simile e poi non a te, a mia sorella >> risponde senza guardarmi negli occhi e facendo avanti e indietro per la stanza.

<< Vuoi fermarti un momento e sederti accanto a me >> dico con tono infuriato.

Fa come le dico. Sembra un agnellino che trema. Se voglio scoprire la verità, devo cambiare strategia, non devo assillarla di domande, devo farla sentire in colpa.

<< Io non ti sto accusando, voglio solo sapere se quello che mi ha detto quel mascalzone è vero >> dico tranquillizzandola tenendole la mano.

<< Io no centro niente Lila, devi credermi >> risponde.

<< Ti credo, come non potrei non fidarmi di mia sorella, solo che c’era un testimone… >> dico.

Ok, adesso trema sul serio.

<< Un testimone? A cosa serve, io non ho fatto niente >> risponde.

<< Tiffany, la tua amica come la definisci tu, ha confermato tutto in cambio di una cena con un giocatore di rugby >> dico mentendo.

Non so nemmeno come mi sia venuta in mente una cosa simile. Sarà una bugia? Vediamo come reagisce.

Vedo quasi ribollire il suo sangue.

<< Sam, tutto bene? >> continuo.

<< No Lila, non lo è >> risponde piangendo appoggiandosi alla mia spalla.

Perché reagisce così? Aveva ragione Luck?

<< Dimmi la verità, eri tu la ragazza del  bacio con Luck? >> chiedo.

<< Lila mi dispiace, io non volevo farti del male, non volevo che avessi quell’incidente, credimi io… >> risponde piangendo.

Allora è vero, era lei la famosa ragazza. Luck aveva ragione, avrei dovuto credergli.

<< Ehi, è tutto apposto >> dico sollevandole il viso.

<< No Lila non lo è, mi sento in colpa da quel momento, per l’incidente, perché sei dovuta andare via, per Luck, per tutto >> risponde.

Non ho mai visto mia sorella così… così fragile. Forse non la conosco bene, anzi, non la conosco per niente.

<< Non è stata tutta colpa tua >> dico cercando di tranquillizzarla.

Be, in realtà sì. Ma non posso arrabbiarmi con lei in questo stato. Non posso, non ci riesco. Ecco perché era così apprensiva con me in ospedale e non era felice che io partissi. Adesso tutto ha un senso. Chissà cosa sarebbe cambiato se io fossi rimasta, anzi se quella notte Sam non avesse fatto quello che poi ha fatto. Non avrei incontrato Derek, non sarei andata a New York e rivisto Cloe. Non avrei conosciuto meglio i nonni e non mi sarei responsabilizzata. Non che adesso lo sia molto.

<< Sì invece, puoi perdonarmi, farò di tutto affinché mi perdoni >> risponde.

Certo, non può cavarsela solo con le parole ma adesso devo perdonarla. La sua pena è stata soffrire fino ad oggi. Lei non è cattiva, questo lo so bene.

<< Ti perdono e prima o poi ricambierai il favore >> dico.

<< Quando vuoi, farò di tutto >> risponde abbracciandomi.

Questa è la mia sorellina. Quella con cui pettinavo le bambole e giocavo a nascondino. Questa è la vera Sam. Non quella che conoscono a scuola, la tipa montata e che si dà le arie. Be, sì lo fa, ma è solo una maschera. Tutti ne abbiamo una, anch’io. E spesso mi nascondo proprio dietro questa maschera. Adesso però è arrivato il momento di toglierla e di affrontare la realtà.

<< Dove vai? >> chiede vedendomi preparare.

<< Dove sarei dovuta andare già da un pezzo >> rispondo.

<< Ma sono le nove del mattino >> dice.

<< L’amore non ha orari >> rispondo chiudendo la porta alle mie spalle.

<< Buona fortuna >> sento urlare da dentro la stanza.

Mi servirà. Prendo le chiavi della mia vecchia auto, che in fin dei conti non lo è per niente, anzi, e mi dirigo verso dove sarei dovuta andare da tempo. Troppo tempo.

 

 

<< Lila, che ci fai qui? >> chiede.

<< Devo dirti una cosa >> rispondo speranzosa.

<< Dimmi >> dice.

Mi avvicino a lui e lo bacio. Finalmente le nostre labbra s’incontrano di nuovo. È passato troppo tempo dall’ultima volta, dal ballo. Mi è mancato poterlo fare, mi è mancato lui.

<< Questo cosa significa? >> dice quando ci separiamo.

<< Che ho la risposta alla tua domanda. No >> rispondo.

<< Quale domanda? >> chiede perplesso.

<< Se ti avevo dimenticato >> rispondo.

<< E la tua risposta è no? >> chiede.

Annuisco, cos’altro potrei rispondere. Sì Luck io non ti ho mai dimenticato? Non ha bisogno di sentirselo dire, basta guardarmi negli occhi.  E lui sa scavare a fondo nei miei occhi.

Mi prende di peso e mi fa girare su se stesso baciandomi.

<< Tu sei solo mia >> dice.

E sono felice di esserlo.

<< Tutta tua >> rispondo.

<< Non credevo che questo giorno potesse arrivare >> dice.

<< Visto, tutto può succedere, il destino >> rispondo.

<< Non è il destino, siamo noi, io e te >> dice.

Io e te. È da un po’ che non lo sento dire. Io e te.

 

 

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Capitolo 17
*** Il nostro segreto ***


Il nostro segreto

<< Adesso che si fa? >> chiede Alice.

<< Metti la tua firma ed è pronta >> rispondo.

<< Tanto non servirà a niente >> dice lei.

<< Non lo sai, magari ci prendono >> dice Cathy.

<< Infatti e se non fosse così pazienza, c’è ne faremo una ragione >> rispondo.

<< Ma voi entrerete di sicuro, tu per la media e tu Cathy non arrabbiarti, ma perché sei benestante >> dice Alice.

<< Questo non centra nulla >> risponde prontamente Cathy.

<< L’ha detto anche Lila >> ribatte Alice.

<< Il segretario mi ha detto che le iscrizioni per entrare in autunno alla Columbia erano quasi terminate, quindi ameno ché tu non sia ricco o avessi una media da capogiro, hai poche probabilità di entrare >> rispondo.

<< Vedi >> dice Alice.

<< Sì, ma non è detto >> dice Cathy.

<< Dai, l’importante è provarci >> rispondo.

<< Infatti, sbrigati a portare le domande a tuo padre prima che parta >> dice Cathy.

Esatto. Ho deciso di restare qui ancora un po’. In fondo cosa mi lega a New York? Niente. Se in autunno il college mi accetta, anzi ci accetta, anche Alice e Cathy, ci andremo tutte insieme. Ma per adesso è inutile.  La mia storia con Luck va avanti da una settimana e anche se Alice e Cathy non approvano, io sono felice di stare con lui. Non voglio andarmene di nuovo.

Corro a casa a salutare papà che torna a New York. Senza di me.

<< Papà >> dico con l’affanno per la corsa da casa di Alice.

<< Tesoro, giusto in tempo >> risponde.

<< Tieni, queste sono le domande d’iscrizione e i nostri diplomi, mi raccomando, consegnali subito, le iscrizioni stanno per terminare >> dico.

<< Tranquilla tesoro, domani sarà la prima cosa che farò >> risponde.

 Lo abbraccio, mi mancherà, come sempre.

<< Salutami il signor Foster >> dico.

<< Lo farò e se lo vedo anche suo figlio, come ha detto che si chiamava? >> chiede.

<< Derek, Derek papà possibile che non ti entra in testa >> rispondo.

Già Derek, cominciavo a non pensare più a lui.

Grazie papà.

<< Quello sì che è un ragazzo simpatico, non Luck che ti ha spezzato il cuore una volta e lo rifarà prima o poi >> dice.

<< Non è andata proprio così >> rispondo.

<< Così o no, non è il ragazzo giusto per te, non ti merita e come al solito quando lo capirai sarà troppo tardi >> dice.

Non è mai così severo con me. So che è per il mio bene ma io sono felice con Luck. Perché non gli va giù?

<< E chi mi merita papà, Derek? >> chiedo.

<< Derek, Mark, Federic o Dylan o qualunque altro ragazzo che non sia lui >> risponde.

<< Ma adesso è diverso, lui è diverso con me >> dico.

<< Lo hai detto anche l’altra volta ma come vedi, avevo ragione io e tutte le persone che ti vogliamo bene >> risponde.

È vero. Tutti me lo ripetono all’infinito, ma io sono testarda. Se non ci provo e non ci sbatto la testa, non lo capisco. E forse sarà così, ma cosa posso farci, sono fatta così.

<< Adesso devo andare, pensaci tesoro >> continua.

<< Ciao papà >> rispondo.

<< A presto >> termina.

Salta in macchina e va via. Già mi manca. Forse ha ragione, lui non si sbaglia mai. Ma magari questa volta sì.

Ma chi voglio prendere in giro, so che ha ragione, ma non ho abbastanza coraggio per ammetterlo. Adesso ho bisogno di schiarirmi le idee. Metto gli auricolari dell’ipod e comincio a correre. Mi piace correre, mi fa sentire libera, senza pensieri e senza limiti. Proprio quello che ci vuole adesso.

E dopo una lunga corsa meglio tornare a casa a dissetarsi.

Entro in casa e mi precipito in cucina, anzi nel frigo per prendere qualcosa.

<< Tesoro, tutto bene? >> chiede mamma.

<< Sì, sono andata a correre >> rispondo.

<< Lo vedo, forse è meglio che vai a farti una doccia >> dice.

<< Infatti, meglio che vada >> rispondo.

<< Aspetta, sei ancora arrabbiata con me? >> chiede.

<< No mamma perché? >> rispondo.

<< Per averti mandato a New York >> dice.

<< No mamma, mi è passata già da un po’ >> rispondo.

<< Meno male, perché mi sei mancata tesoro >> dice invitandomi tra le sue braccia.

<< Anche tu >> rispondo avvicinandomi.

<< Credimi non volevo punirti mandandoti dai nonni, volevo solo che li conoscessi meglio e poi avevi bisogno di allontanarti da qui per un po’, tra Luck, gli esami, l’incidente e tutto il resto avevi bisogno di evadere per un po’ >> dice.

<< Lo so mamma e ti ringrazio, non mi pento di essere andata a New York, anzi sai, ho rivisto Cloe, ti ricordi di lei? >> chiedo.

<< Non mi è nuovo questo nome, però sinceramente non mi ricordo >> risponde.

<< Eravamo a scuola insieme, solo che lei è un anno più grande di me >> dico.

<< Magari mi tornerà in mente >> risponde.

Mi allontano da lei e mi dirigo verso il bagno. Ho bisogno di una doccia immediatamente.

<< Ah Lila, quasi dimenticavo, c’è un ragazzo in giardino che ti cercava prima e ti sta aspettando >> urla dalla cucina.

Un ragazzo in giardino? Che aspetta me? Chi può essere? Vado subito in giardino, muoio dalla curiosità.

<< Sei arrivata finalmente >> dice alzandosi in piedi da uno scalino.

Il mio cuore ha perso un battito.

<< C-che ci fai qui? >> chiedo sbalordita.

Non può vedermi in questo stato, fradicia di sudore dopo un’ora di corsa!

<< Sono venuto per cercare te >> risponde.

<< E come hai fatto a trovarmi? >> chiedo.

<< Ho chiesto ai tuoi nonni, tutte le sere ti aspettavo davanti al cancello della villa, speravo che saresti tornata, ma dato che non l’hai fatto, sono venuto io da te >> risponde.

Non dico niente, possibile che mi lascia sempre senza parole?

<< E poi la tua casa si riconosce tra tutte, hai detto che era quella con il giardino più bello e fiorito, quindi è stato facile trovarti >> continua.

<< Sei senza parole? >> continua.

<< Sì, non posso credere che tu… >> rispondo.

<< Ok, allora parlo io >> dice.

M’invita a sedermi vicino a lui su un gradino. Dovrei fare gli onori di casa e invitare Derek all’interno, sederci su una comoda poltrona e magari offrirgli qualcosa, ma non posso, non ci riesco.

<< Devo chiederti scusa, so che avrei dovuto dirti subito chi ero e parlarti di mio padre e della nostra condizione >> dice.

<< Infatti, avresti dovuto, ma non l’hai fatto >> rispondo.

<< E cosa avrei dovuto dirti? Che mio padre è un ricco senatore newyorkese e che sta con una ragazza che potrebbe essere la mia fidanzata? >> dice infuriato.

<< Scusa, io non… >> dico dispiaciuta.

<< Tu non lo sapevi, è solo questo quello che sai dire >> risponde infuriato.

<< Come potevo saperlo se tu non ti confidi con me >> dico.

<< Lo stavo facendo, non lo avevo mai fatto con nessuno prima di te, ma tu vuoi tutto e subito ed io… >> risponde.

<< Tu vuoi i tuoi tempi >> lo interrompo.

<< Esatto, quello che non mi hai dato >> risponde.

<< E un mese non ti basta? >> chiedo.

<< Che cosa vuoi che sia un mese per raccontare gli ultimi tredici anni della mia vita, da quando se n’è andata mia madre >> risponde.

Non rispondo, non so cosa dire. Vorrei mettere da parte il mio orgoglio ma… non ci riesco.

<< Io non volevo perdere anche te e avevo paura che dicendotelo ti saresti allontanata da me >> continua.

<< Non ti avrei mai abbandonato se fossi stato sincero fino in fondo con me >> rispondo.

Non dice niente. Si è calmato.

<< Derek, tu sei diverso e poi sai che ti dico, che i ricchi non sono poi così male, almeno quelli che conosco io >> continuo.

<< Ti chiedo scusa Lila, io ero venuto qua per scusarmi e invece ho fatto una scenata >> dice con un filo di voce che quasi stento a sentire.

<< Ti sei sfogato con qualcuno e ne avevi bisogno. Anche questo è un modo per aprirti >> rispondo.

<< Ricominciamo daccapo e da adesso in poi niente più segreti e bugie >> dice più sollevato.

<< Vedi Derek, sono cambiate un po’ di cose da quando ho lasciato New York >> rispondo.

<< Non è cambiato niente Lila, io… >> dice.

<< Io sono cambiata, vedi io… >> lo interrompo.

<< Mi adatterò anche alla nuova Lila, ho due biglietti per New York, uno spero lo userai tu e domani saliremo insieme su quell’aereo >> m’interrompe.

Come faccio a dirglielo? Come faccio a dirgli di Luck dopo che ha fatto tutto questo per me. Però devo farlo, niente più segreti tra noi.

<< Poi magari potrei presentarti mio padre e… >> continua.

<< Derek io sono tornata con Luck >> dico secca interrompendolo.

Ferma il suo discorso di scatto. Mi guarda dritto negli occhi e resta immobile, come pietrificato.

<< Derek mi dispiace io non volevo… >> continuo.

Si alza e se ne va.

Lo seguo cercando di spiegargli ma è tutto inutile. Non mi ascolta.

<< Derek >> urlo fermandomi dopo che l’ho inseguito per un paio d’isolati.

Non si ferma, non si volta. Niente.

Sono vicina a casa di Alice, meglio parlarne con lei, ho bisogno del suo conforto.

<< Lila che… >> dice vedendomi piangere davanti alla sua porta.

Le racconto tutto, per filo e per segno. Non della madre di Derek però, quello è un segreto tra me e lui. Il nostro segreto.

<< Ma come cavolo puoi farti scappare un tipo così, amica mia, come >> dice.

<< Lo so, sono una stupida Alice, lo so >> rispondo.

Mi abbraccia. Non so se i vestiti sono bagnati dal sudore dato che non ho potuto fare la doccia o dalle mie lacrime. Non lo so. Non so niente adesso, sono più confusa di prima.

Passo la notte a casa di Alice, ho bisogno di un’amica. Almeno per questa notte.

----------------------

Si dice che la notte porti consiglio e in effetti qualcuno me lo ha portato. L’arrivo improvviso di Derek ha sconvolto tutti i miei piani, tutte le mie certezze sono crollate, tutti i miei sentimenti si sono riaccesi. In realtà non si sono mai spenti, sono stati solo offuscati dalla rabbia e dalla delusione. Solo adesso mi accorgo che Luck è solo il rimpiazzo di Derek, che la mia storia con Luck è solo un modo per sfuggire dalla realtà, per sfuggire da Derek. Luck è il mio primo amore, il ragazzo che per la prima volta mi ha fatto battere il cuore, forse è per questo che ho voluto rimettermi con lui. Ma non è lui che voglio, il mio cuore adesso appartiene a un altro.

<< Grazie Alice >> dico.

<< Di cosa? >> chiede.

<< Di avermi ospitato per questa notte e di essermi stata vicino >> rispondo davanti alla porta.

<< Non devi ringraziarmi, se volevi, potevi ancora restare >> dice.

<< Grazie, ma preferisco tornare a casa >> rispondo.

Adesso la prima cosa da fare è andare da Luck e chiarire la nostra situazione. Non ha più senso ormai…

Mi trema la gamba. Il mio telefono.

<< Pronto? >> dico.

<< Lila, ciao sono Cloe, come va? >> chiede.

<< Cloe che piacere sentirti, diciamo bene tu? >> rispondo.

<< Non mi lamento, ti chiamavo per dirti che ho delle informazioni sulla madre del tuo amico >> dice.

Cosa? Suo padre ha trovato la madre di Der?

<< E cosa avete scoperto? >> chiedo.

<< In realtà ha fatto tutto mio padre e vorrebbe parlarne con te e il tuo amico nel suo ufficio >> dice.

<< Non puoi dirmelo così? >> insisto.

<< Io non so nulla, mio padre mi ha solo detto di fartelo sapere >> risponde.

<< Va bene, grazie Cloe, ci sentiamo >> dico.

<< Di niente Lila, a presto >> risponde riattaccando.

Devo dirlo a Derek, lui ha il diritto di saperlo, anche se adesso non parla con me.

Torno a casa e preparo le valige. Devo salire su quell’aereo.

<< Stai partendo? >> chiede Sam entrando in camera.

<< Sì, torno a New York >> rispondo.

<< Che è successo, va tutto bene? Perché questa decisone improvvisa? >> chiede.

<< Adesso non posso spiegarti Sam, non ho tempo, però ti prometto che te lo racconterò >> rispondo.

<< Ah, quasi dimenticavo, inventa qualcosa a mamma sul perché torno a New York così in fretta >> continuo.

<< Ma cosa vuoi che le dica? >> chiede.

<< Non lo so, sei tu quella che ha fantasia in famiglia e… un’altra cosa, dimmi a che ora parte il volo di oggi per New York, ok? >> rispondo.

<< Va bene, controllo su internet >> dice.

<< Perfetto, ciao sorellina, ci vediamo presto >> dico abbracciandola.

<< Fa attenzione >> risponde.

<< Lo farò >> termino.

Prendo le valige e mi dirigo verso la mia auto, devo fare una sosta prima.

<< Ah e prendete l’auto all’aeroporto poi >> urlo dall’ingresso.

Non risponde, spero abbia capito.

 

 

<< Lila, stavo venendo da te, mi hai preceduto >> dice vedendomi arrivare.

<< Bene, meno male che ti ho trovato allora, Luck devo dirti una cosa importante… >> rispondo.

<< Vieni accomodati >> m’invita.

Il suono di un sms ci interrompe. È Sam.

“Il volo parte alle dodici”.

Alle dodici? Sono le undici ed io sono ancora qui.

<< Non ho tempo >> dico frettolosamente.

<< Tutto bene? >> chiede vedendomi così.

<< Vedi io… cioè noi… ehm… devo tornare a New York >> dico.

Non c’è l’ho fatta, io non ho mai scaricato un ragazzo e non posso farlo di fretta, non adesso. Lui merita una spiegazione che adesso non posso dargli.

<< Cosa? E vuoi lasciarmi di nuovo qui? >> chiede sorpreso.

Sapevo che avrebbe reagito così.

<< Luck credimi non lo avevo programmato, devo solo partire per un po’ >> rispondo.

<< E per quale motivo tanta fretta? >> chiede.

Ecco, per quale motivo? Devo inventarmi qualcosa alla svelta.

<< Ehm… i miei nonni… loro… loro sono stai derubati e mi hanno chiamato per testimoniare la scomparsa di alcuni oggetti di valore >> rispondo.

<< Ah, mi dispiace, allora non ti trattengo, vuoi che ti accompagni all’aeroporto? >> chiede.

<< No no, sta tranquillo, ho la mia auto >> rispondo.

<< Non sparire, intesi? >> mi raccomanda.

Annuisco sorridendo, non posso prometterglielo. Sarebbe stato meglio se gli avessi detto che era finita tra noi ma non c’è la faccio adesso, non con l’ansia che ho addosso. Mi bacia e mi lascia andare. Per fortuna mi ha creduto. Sarà pure bello, ma non è molto astuto. Mi dirigo subito verso l’aeroporto, speriamo che Derek sia ancora lì.

 

Eccolo, lo vedo là, seduto in una poltrona con lo sguardo perso. Non posso avergli fatto così male. Non voglio credere di averlo ferito così tanto.

<< È ancora valida la tua offerta? >> chiedo avvicinandomi a lui dalle spalle.

 Si gira di scatto, come se mi stesse aspettando.

<< Che ci fai qui? >> chiede freddamente.

<< Non posso mica sprecare un biglietto >> rispondo ironica.

<< Era rimborsabile, non me la dai a bere >> dice.

Non posso inventare ancora scuse e sperare che tutti mi credano. Non con lui. Lui non è come Luck.

<< Mi dispiace per ieri, per quello che ti ho detto di me e Luck >> dico.

<< No, dispiace a me, non avrei dovuto reagire così, in fondo tu eri libera, non eravamo mica una coppia >> risponde.

<< Derek io ci tengo a te e non voglio vederti soffrire >> dico.

<< Anch’io e forse è per questo che ho reagito così ieri >> risponde.

<< Allora è tutto apposto, pace fatta? >> chiedo.

Mi sorride e già mi basta per capire tutto.

Saliamo sull’aereo, non ho ancora avuto il coraggio di dirglielo. Forse è meglio dirglielo quando avremo decollato, così non potrà scappare, perché è questo quello che fa, scappa. Scappa dalla realtà, proprio come me o perlomeno come facevo prima. Ma prima o poi devi affrontarla e meglio farlo subito prima che sia troppo tardi.

Cominciamo a parlare durante il volo come due vecchi amici che si raccontano, si dicono tutto. Ecco, tutto, quindi è meglio parargli dell’investigatore.

<< Devo dirti una cosa >> lo interrompo dal suo discorso.

È tutt’orecchi, aspetta di sapere.

<< Quando ero a New York, ho incontrato la mia vecchia amica Cloe, sai te ne avevo parlato… >> continuo.

<< Ah sì, la tua amica d’infanzia >> m’interrompe.

<< Ecco, suo padre ha un’agenzia investigativa ed io avrei potuto parargli di tua madre… >> dico.

Rimane scioccato, come se lo avesse colpito un fulmine.

Adesso torna sulla Terra, anzi tra le nuvole, proprio dove siamo adesso.

<< Come hai potuto fare una cosa simile e senza il mio consenso peraltro >> risponde alzando la voce.

<< Non urlare, abbassa la voce o vuoi che tutti sappiano la tua storia >> dico sottovoce.

<< Non ne avevi nessun diritto >> dice sottovoce.

<< Lo so e avrei dovuto dirtelo subito, solo che non volevo darti false speranze se non la trovavano >> rispondo.

Non dice niente, forse è meglio lasciarlo calmare.

Tutto il volo continua così. Resta in silenzio, non dice una parola. Appena scendiamo dall’aereo, prendiamo un taxi e mi accompagna a casa dai nonni. Quando arriviamo davanti al cancello, scendo dal taxi e prendo le valige.

<< L’hanno trovata? >> mi chiede all’improvviso dal taxi.

<< Non lo so, suo padre vuole parlarci di persona, ma io non ho preso nessun appuntamento, sarai tu a scegliere cosa fare >> rispondo.

<< Grazie >> dice.

Chiude la portiera e il taxi si allontana lasciandomi davanti al cancello. Prendo le valige ed entro nella villa.

<< Lila, tesoro, che ci fai qui? >> chiede la nonna vedendomi arrivare.

<< Sono tornata a New York >> rispondo.

<< Mi fa piacere, ti faccio preparare la tua stanza >> dice.

<< Grazie nonna >> rispondo.

Ho bisogno di tranquillità. Un bel bagno caldo, una gustosa cenetta e una bella dormita sono quelli di cui ho bisogno adesso. Ed è proprio quello che farò.

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Un passo alla volta ***


Un passo alla volta

<< Nonno ha chiamato il signor Doulein per l’appuntamento, è confermato per le quattro e anche la signora Jones vuole incontrarti verso le sei, poi ha chiamato… >> dico indaffarata guardando l’agenda del nonno.

<< Lila, vuoi darti una calmata, è da quando sei tornata che ti impegni troppo sul lavoro >> risponde interrompendomi.

<< Ma io lo faccio volentieri, davvero… >> dico.

<< E mi fa piacere, ma dammi quell’agenda, per oggi hai finito >> dice prendendomi l’agenda dalle mani.

<< Ma io… >> rispondo.

<< Non si discute, vai adesso >> dice.

<< Grazie >> rispondo.

<< Non ringraziarmi >> termina.

Lo so, infatti, perché lo sto facendo? Lavorare mi distrae da tutto il resto, è un modo per non pensare a Derek. Non lo sento da più di tre giorni ormai, sarà ancora arrabbiato con me. Beh, come dargli torto, non avrei dovuto intromettermi, è una faccenda privata riguarda la sua famiglia ed io non centro niente.

Devo distrarmi adesso, quindi meglio inventarmi qualcosa. Prendo la metro e decido di andare in un posto speciale, nel suo posto speciale. Ci sono andata abbastanza volte da imparare la strada. È davvero un posto speciale, c’è tanta tranquillità lì e c’è lui. Ma a quest’ora non penso ci sarà e forse è meglio così. Che cosa dovrei dirgli scusa? Mi dispiace?

Eccomi. È una sensazione bellissima stare qui, gli alberi, gli uccellini che cinguettano, un’atmosfera davvero rilassante. Mi stendo sull’erba fresca del mattino a guardare il cielo e a fantasticare su ogni nuvola che vedo passare sopra di me.

<< Bello vero >> dice una voce da dietro un albero.

<< Derek, mi hai spaventata >> rispondo.

Si avvicina e si stende accanto a me.

<< Scusa, non volevo >> dice.

Rimaniamo distesi a fissare il cielo, nessuno parla. Nessuno fa la prima mossa.

<< Scusa >> diciamo contemporaneamente.

<< Prima tu >> dice.

<< Mi dispiace per la storia dell’investigatore, non avrei dovuto impicciarmi e anche per Luck, per aver reagito male a casa di tuo padre e per tutto quanto >> dico.

<< Anche a me dispiace di averti trattato in quel modo, per non essere stato sincero fino in fondo con te, per come ho reagito a casa tua e per il tuo fidanzato >> risponde.

<< Lui non è il mio fidanzato >> mi affretto a dire.

Beh, in realtà lo è, ma mi nascondevo dalla verità. Mi nascondevo da quello che provavo e provo per Derek.

<< Vi siete lasciati? >> chiede.

<< In un certo senso >> rispondo.

<< Quindi non ancora >> dice.

<< Ma lo farò presto, non ha senso continuare una storia quando non ci sono più i sentimenti >> rispondo.

Non la prenderà bene Luck. Lo so già. È per questo che ho bisogno di tempo.

Cala di nuovo il silenzio, odio questi momenti imbarazzanti.

<< Come hai fatto? >> chiede all’improvviso.

<< A fare cosa? >> rispondo.

<< A descrivere all’investigatore mia madre, io non ti ho mai parlato di lei >> dice.

<< Ho usato l’astuzia e mi sono fatta dare una mano >> rispondo scherzosa.

<< Quindi qualcun altro è a conoscenza di questa storia? >> chiede.

<< No, no, tutto sotto copertura. Vuoi sapere come ho fatto? >> chiedo sarcastica.

 << Se non è chiedere troppo >> risponde ironico.

<< Si chiama Mary Cooper, me l’ha detto mio nonno >> dico.

<< Astuta >> risponde.

<< Te l’avevo detto >> dico sarcastica.

<< Ma come ha fatto ad avviare le ricerche, l’investigatore senza vedere una sua foto o qualcosa che la ritraesse? >> chiede.

<< Lui ha una foto >> rispondo.

<< Come? >> chiede sorpreso.

<< Gliel’ho data io >> rispondo.

<< Come potevi averla tu? >> insiste.

<< Infatti non l’avevo io, l’avevi tu >> rispondo.

Sembra perplesso. Meglio spiegarmi meglio.

<< La sera dello spettacolo, l’ultimo che abbiamo visto insieme, io non avevo fame, ti ho chiesto il portafogli per vedere se avessi una sua foto e l’ho trovata >> continuo.

<< Riesci a stupirmi ogni giorno di più >> dice incredulo.

<< Derek davvero, mi dispiace >> dico avvicinandomi a lui.

<< È tutto ok, non sono arrabbiato con te, tu hai fatto quello che io non sarei mai riuscito a fare >> risponde.

Lo abbraccio e lui ricambia. Ne aveva bisogno, io ne avevo bisogno. Avevo bisogno di sentirlo vicino.

<< L’avresti fatto, avevi solo bisogno di una spinta >> dico.

<< E l’ho avuta, proprio da te e spero verrai con me dall’investigatore >> risponde.

<< Certo che verrò con te, ne sarei davvero felice >> dico contenta.

<< Hai il suo numero? >> chiede.

<< No, ma te lo farò avere subito >> rispondo.

<< Un passo alla volta >> dice.

<< Giusto, un passo alla volta >> rispondo.

 

 

<< Cloe? >> dico al telefono.

<< Lila, ciao come stai? >> chiede.

<< Bene grazie, ti chiamo per chiederti il numero di tuo padre >> rispondo.

<< Il tuo amico si è deciso? >> chiede.

<< Credo di sì >> rispondo.

<< Certo, ti invio il suo numero tramite sms quando riattacchiamo >> dice.

<< Grazie, sei una vera amica >> rispondo.

<< Ti voglio bene >> dice.

<< Anch’io >> termino riattaccando.

Eccolo, il messaggio di Cloe. Lo inoltro subito a Der. Per fortuna stamattina mi ha perdonato, non so per quanto ancora l’avrei sopportato. Vedere lui arrabbiato con me mi fa stare male. L’ho capito quando è venuto a Millville a cercarmi ed è venuto per riportarmi qui. E in un certo senso c’è riuscito. Io l’ho deluso dicendogli di me e Luck, ma non voglio più segreti tra noi, basta, lui non lo merita.

 

--------------------------

 

Per adesso faccio la vita da reclusa, casa lavoro, lavoro casa e per la mia pigrizia è l’ideale. Sono solo le otto di sera ed io sono già in pigiama come una nonna. Non la mia ovviamente.

<< Lila, Lila tesoro, scendi subito >> urla la nonna dall’ingresso.

Che succede? Non è da lei fare così. Esco dalla stanza e mi precipito da lei.

<< Nonna che…Derek >> dico col sopraffiato.

<< Ciao Lila >> dice guardandomi dalla testa ai piedi.

Oh no. Sono in pigiama davanti a lui. Che figura….

<< C-che ci fai qui? >> chiedo cercando di sistemarmi.

<< Sono venuto a prenderti >> risponde.

<< Avevamo un appuntamento? >> chiedo.

Non mi dire che ho dimenticato una cosa del genere!

<< No, ma adesso sì, vai a cambiarti o ci vieni così? >> chiede scherzoso.

<< Spiritoso >> dico andando in camera.

Mi preparo come meglio posso, i capelli sono un disastro. Li lego in una lunga treccia, metto un tocco di mascara e… sono pronta.

<< Non credevo fossi così veloce a prepararti >> dice vedendomi arrivare.

<< Ci sono molte cose che non conosci di me >> rispondo.

Beh, in realtà non c’è quasi niente. Sa tutto di me.

<< Grazie signora Wanderbilt >> dice alzandosi dal divano.

<< Di nulla Derek, divertitevi >> risponde.

<< Tu vai, io ti raggiungo tra un attimo >> dico a Der.

Si dirige verso la moto.

<< Nonna perché non mi hai avvisato che di sotto c’era Derek? >> chiedo sottovoce.

<< L’ho fatto tesoro, per ben tre volte, ma tu non scendevi >> risponde.

<< Magari non ti ho sentito? >> dico ironica.

Avevo gli auricolari con la musica ad alto volume, ecco perché!

<< Non vorrai far aspettare quel bravo ragazzo >> risponde.

Già, meglio di no.

<< Ne riparleremo >> dico scherzosa.

<< Buona serata tesoro >> termina chiudendomi la porta alle spalle.

Mi dirigo verso di lui, speriamo non parli ancora di prima.

<< Era la tua tenuta da casa? >> chiede scherzoso.

<< Divertente, dove hai intenzione di portarmi? >> chiedo.

<< È una sorpresa >> risponde.

<< Tu vivi di sorprese >> dico.

Salgo in sella e mi lascio trasportare da lui.

Arriviamo in un posto dove c’è una confusione pazzesca.

<< Dove siamo? >> chiedo urlando per il fracasso.

Mi prende per mano e mi porta dentro un edificio, sembra uno stadio.

<< Vuoi dirmi cosa ci facciamo qui? >> insisto.

<< Lo scoprirai da sola >> risponde.

Non ho neanche il tempo di rispondere che sul palco, che non vedo molto bene, arrivano loro. Sono proprio loro.

I Blu Rock.

Non posso crederci, mi ha portato al concerto del mio gruppo preferito.

<< Come sapevi che io adoro i Blu Rock? >> chiedo urlando.

<< Io so tutto di te >> risponde.

È vero, lui sa tutto di me.

E dopo un bel po’ di mesi eccomi di nuovo qui. Non proprio qui. L’ultima volta ero a Millville e non ero proprio io, era la nuova Lila, quella tutta perfettina di cui si è innamorato Luck. Adesso è tutto diverso, io sono diversa. Sono a New York, sono proprio io, la Lila di sempre e sono con lui. Con Derek.

Mi scateno al ritmo della musica, la loro musica, la mia musica. Non pensavo che Derek frequentasse questi posti, lui è diverso, è più il tipo da opera che da concerto. E quando purtroppo il concerto è finito, lui da bravo galantuomo mi riaccompagna a casa.

<< Grazie >> dico indossando il casco.

<< Non devi ringraziarmi >> risponde.

<< E invece sì e scommetto che adesso mi riaccompagnerai a casa >> dico.

<< E dove vorresti andare a quest’ora della notte? >> chiede.

<< All’Empire State Building >> rispondo.

<< Che cosa vuoi fare all’Empire? >> chiede.

<< È una sorpresa >> rispondo.

Mi sorride, ha il suo sguardo complice. Non ha bisogno di altre domande, lui si fida di me.

 

 

<< Odio quest’ascensore, non si arriva mai >> dico.

<< Lo so, ma tu sei voluta venire, io… >> risponde.

<< Sì, sì lo so, per stasera posso anche sopportare l’ascensore >> lo interrompo scherzosa.

Finalmente arriviamo in cima. La vista è splendida da quassù.

<< Vuoi dirmi adesso perché siamo qui? >>chiede.

<< Perché voglio ringraziarti, voglio ringraziarti per quello che fai per me, perché sei con me, per quello che hai fatto stasera… >> rispondo.

<< Io non ho fatto niente, tu… >> m’interrompe.

<< Shhh… aspetta >> lo interrompo tappandogli la bocca.

<< Tu non sei il tipo da Blu Rock, lo so benissimo e questo significa che lo hai fatto per me ed io adesso voglio fare qualcosa per te >> continuo.

Mi guarda dritto negli occhi con il suo bellissimo sorriso a cui è impossibile resistere.

<< Tutto è cominciato da qui, anzi stava per iniziare, ma io mi sono tirata indietro, adesso no, adesso sono pronta >> dico.

Non dice niente, meglio continuare.

<< Quando ci siamo conosciuti Der, io ho provato una strana sensazione, che non ho mai provato prima d’ora e a questa sensazione adesso so attribuire un nome, Derek io… >> continuo ma sono interrotta.

Lui si avvicina a me e mi zittisce con un bacio.

<< Anch’io >> dice sottovoce.

Non ho detto ancora niente ma lui ha già capito. Non servono le parole per questo genere di cose.

<< Adesso è meglio che ti riaccompagni a casa >> dice.

<< È quasi l’alba ormai, restiamo qui >> rispondo.

In realtà all’alba manca più di un’ora, ma non voglio che questo momento finisca.

Ci sediamo in una panchina e tra le sue braccia mi sento felice. Potrei affrontare e superare di tutto e con New York ai nostri piedi aspettiamo l’alba. Tutto sta per iniziare, un nuovo giorno, una nuova fase della mia vita. Tutto sta per cambiare e spero che questa volta sia per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Il mio Derek ***


Il mio Derek

<< Buongiorno >> diciamo entrando nell’ufficio.

<< Buongiorno, prego accomodatevi >> risponde il padre di Cloe.

Derek è nervoso, lo sento da come mi stringe la mano.

<< Ho fatto delle ricerche su questa donna Mary Cooper, è sua madre? >> chiede indicando la foto.

<< Sì >> risponde secco.

<< Ho trovato diverse Mary Cooper qui in America e nessuno somiglia alla donna in foto >> dice.

Non so se Derek è sollevato da queste parole.

<< Magari è cambiata, a quanto risale questa foto? >> chiede.

<< Avevo quattro anni quindi circa diciassette anni fa >> risponde.

<< Non hai foto più recenti? >> chiede.

<< No, non penso, a casa mia non ci sono più sue foto >> dice Derek.

Sicuramente suo padre le avrà fatte sparire.

<< Se magari ne trovi qualcuna, portamela >> risponde l’investigatore.

Derek annuisce, ha lo sguardo triste che odio vedere nei suoi occhi.

<< Parlami di lei >> continua.

<< Non la ricordo molto >> risponde.

<< Quanti anni può avere, sai la sua data di nascita? >> chiede.

<< 19 Aprile 1968 >> risponde.

<< Quindi quarantacinque anni, possiamo elaborare il suo volto sulla base della foto con il computer, se ci aiuterai >> dice.

<< Va bene >> risponde Der.

Ci conduce in una stanza piena di apparecchiature che non ho mai visto in vita mia e ci avviciniamo a una specie di computer.

<< Prego accomodatevi, non ci siamo ancora presentati, io sono Robert Monroe >> dice porgendoci la mano.

<< Lila Montgomery >> rispondo.

<< Derek Foster >> dice stringendogli la mano.

<< Allora Derek tua madre diciassette anni fa era così, adesso vediamo come potrebbe essere >> dice il signor Monroe mettendosi al lavoro.

E dopo un bel po’ di tempo ecco come potrebbe essere il suo volto. È identica a Der, si somigliano davvero molto. Al contrario di suo padre, non avrei mai detto che quei due potessero essere padre e figlio.

<< Bene Derek adesso ho più informazioni su tua madre, ti farò sapere se ci saranno novità >> dice salutandoci.

<< Grazie signor Monroe >> risponde Der aprendo la porta.

<< Grazie ancora, arrivederci >> termino.

Appena usciamo da quest’ufficio, Der tira un sospiro. Non so se di sollievo però.

<< Tutto bene? >> chiedo.

Annuisce, nei suoi occhi vedo dispiacere misto a rabbia. Forse sperava che il signor Monroe l’avesse già trovata. È per questo che non volevo dirglielo, per non illuderlo e dargli false speranze.

<< La troverà, ne sono sicura >> dico.

Mi stringe a se, non piange ma so che ne avrebbe bisogno. Lo so, lo sento.

<< Grazie di essere venuta con me >> dice.

<< Te l’avevo promesso, io per te ci sarò sempre >> rispondo.

È giù, lo vedo, meglio cambiare argomento.

<< Sto morendo di fame, perché non mi porti a mangiare qualcosa? >> chiedo scherzosa.

<< Non ti allontanerei mai dal tuo amato pranzo >> risponde sarcastico.

Ecco questo è il Derek che conosco, il vero Derek, il mio Derek.

 

 

E dopo una giornata come questa l’unica cosa che desidero è spaparanzarmi sul letto e fare una bella dormita. Ma i miei piani non sempre vengono rispettati.

<< Sorpresa >> dicono Alice e Cathy quando apro la porta della mia stanza.

<< Ragazze, che ci fate qui? >> chiedo davvero sorpresa.

<< Siamo venute per aprire queste >> dice Alice mostrando delle buste.

<< Sono già arrivate le lettere di ammissione? >> chiedo.

<< Sì e dovendoti portare la tua abbiamo pensato di aprirle tutte insieme >>dice Cathy.

<< Allora facciamolo subito, meglio togliersi il pensiero >> rispondo.

<< Non sai che tentazione abbiamo avuto per tutto il viaggio >> dice Alice.

<< Immagino e grazie di avermi aspettato >> rispondo.

Ci sediamo sul letto e ognuna apre lentamente la propria busta.

“Gentile Sig.na Montgomery… siamo lieti di comunicarle… che è stata ammessa alla nostra università”.

Ecco le ultime parole sono quelle che m’interessavano.

<< Sono stata ammessa >> urlo esultando.

Loro leggono attentamente, non come me.

<< Anch’io, sì >> urla Cathy poco dopo.

<< E tu Alice? >> chiedo.

Una lacrima le riga il volto.

<< Alice non mi dire che… >> dice Cathy.

Questo basta già, la sua espressione dice tutto. Non è stata ammessa.

<< Io lo sapevo, l’ho sempre saputo >> dice piangendo tra le nostre braccia.

Che cosa puoi fare di più che abbracciarla? Quali parole puoi usare: dai riprova l’anno prossimo nel frattempo resta a Millville mentre noi restiamo qui?

<< Allora non ci andrò neanch’io >> dico cercando di tirarle su il morale.

<< Giusto o tutti o nessuno >> continua Cathy.

<< No, ragazze non me lo perdonerei mai, voi siete entrate ed io no, è così che doveva andare >> risponde.

<< Ci sarà pure qualcosa che potremo fare >> dice Cathy.

<< Ormai è tardi, domattina andremo alla Columbia e vedremo cosa fare >> dico.

Alice non risponde, è davvero triste, forse non l’avevo mai vista così giù.

<< Dai vedrai che tutto si aggiusterà >> la consola Cathy.

E tra i suoi singhiozzi ci addormentiamo l’une nelle braccia dell’altre.

 

----------------------------

 

<< Ma ci sarà pure una soluzione >> dico.

<< Mi dispiace ma tutte le lettere di ammissione sono state inviate, non so come aiutarvi >> risponde gentilmente il segretario dell’università.

Alice ha lo sguardo per terra, non ha spiccicato una parola da quando siamo qui.

<< E si può cedere il mio posto a lei? >> chiede Cathy.

<< Cosa dici? >> risponde in fretta Alice.

<< No, impossibile, puoi rinunciare, ma il tuo posto sarà assegnato al prossimo in lista >> dice il segretario.

<< Grazie lo stesso, arrivederci >> dico.

<< Arrivederci >> continuano Alice e Cathy uscendo dal campus.

<< Dai tirati su, vedrai che qualcosa ci inventeremo >> dico rassicurandola.

<< No, ormai non ho speranze, voglio tornare a Millville >> risponde con gli occhi lucidi.

Vedo che si sta trattenendo, non vuole farci sentire in colpa, ma troppo tardi, è già successo.

Mi squilla il telefono e mi allontano un attimo.

<< Pronto? >> dico.

<< Sei libera stasera? >> chiede Der.

<< Derek mi dispiace ma per adesso sono impegnata, ho altro per la testa >> rispondo.

<< Che succede, tutto bene? >> chiede.

<< Diciamo di sì… >> rispondo.

<< È Derek? >> chiede Cathy sottovoce.

Annuisco.

<< Vogliamo conoscerlo >> continua Alice un po’ più tranquilla.

Non posso negarle una piccola gioia, sembra più serena cambiando argomento.

<< Che né di vederci adesso? >> chiedo a Der.

<< Adesso? Non eri impegnata? >> risponde sarcastico.

<< Voglio presentarti qualcuno >> dico.

<< Central Park tra mezz’ora? >> chiede.

<< Va bene, ci vediamo lì >> termino.

<< Ha detto sì? >> chiede Cathy.

<< Sì, andiamo >> rispondo.

E per tutto il tragitto non fanno altro che assillarmi di domande su di lui, su di noi.

 

 

<< Eccolo >> dico vedendolo in sella alla sua moto da lontano.

<< È quello là? >> chiede Alice.

<< Già >> mi limito a dire.

Ci avviciniamo e lui scende dalla moto.

<< Wow lui è… >> continua Cathy.

<< Ehi, loro sono Alice e Cathy >> dico presentandogliele.

<< Piacere >> dicono all’unisono.

<< Mi ha parlato molto di voi >> dice lui.

<< Anche a noi di te >> dice Alice.

Questo non doveva dirlo!

Non so se salutarlo come facciamo di solito ormai o non fare niente. Ed è quello che sto facendo, niente. Sono un po’ in imbarazzo.

<< Cathy guarda quello dei gelati, andiamo a prenderne uno, muoio di fame >> dice Alice.

<< Ma io non ho fame… >> dice Cathy venendo in pratica trascinata da Alice.

Mi ha capito al volo e restiamo soli.

<< Simpatiche le tue amiche >> dice lui.

<< Già >> rispondo.

<< Sei in imbarazzo? >> chiede.

No, adesso no. Mi avvicino a lui e lo bacio, quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio. Solo che farlo davanti alle mie amiche mi è sembrato un po’… strano. Ecco strano è l’aggettivo giusto, non saprei descriverlo meglio.

<< E mi hai presentato come? >> chiede.

<< Come? >> rispondo.

<< Un amico, qualcosa più di un amico, il tuo ragazzo… >> dice.

Ecco, come l’ho presentato? Loro sanno quello che è successo tra noi, quindi sanno che stiamo insieme, però non glielo ho mai detto.

<< Come… Derek >> rispondo.

<< Derek chi? >> chiede scherzoso.

<< Il mio Derek >> rispondo.

A interromperci arrivano loro con… i gelati.

<< Non sapevamo che gusto prenderti così abbiamo pensato di prendertelo come quello di Lila >> dice Alice porgendogli il gelato.

<< Grazie, ma non era il caso >> risponde.

Passeggiamo per il parco per un bel po’ di tempo e gli raccontiamo anche della Columbia.

<< E quindi non c’è nessuna speranza di entrare? >> chiede lui.

<< No, siamo andati stamattina e ci hanno detto che non si può fare niente >> risponde Cathy.

<< E hai provato con altri college? >> chiede lui.

Vero, non ci avevo pensato. New York è piena di college.

<< No, sinceramente non mi aveva neanche sfiorato l’idea di un’altra università >> risponde Alice.

<< Mio cugino frequenta la NYU, se vuoi posso chiedergli se sono terminate le iscrizioni >> chiede lui.

<< Tentar non nuoce >> risponde Alice.

<< Sarebbe fantastico >> dico.

<< Fatemi fare una telefonata >> dice Der allontanandosi.

<< È un ragazzo stupendo >> dice Alice.

<< È bellissimo >> continua Cathy.

<< Lo so, sono fortunata ad averlo al mio fianco >> rispondo.

<< Non come quell’altro >> dice Alice.

<< Luck >> sottolinea Cathy.

<< Adesso lo so, per me Luck non conta più niente >> rispondo.

<< E glielo hai detto? >> chiede Cathy.

<< E come se non ci siamo più sentiti, magari si è dimenticato di me >> rispondo.

<< Speriamo >> dice Alice.

A interromperci è l’arrivo di Derek.

 << Allora? >> chiedo speranzosa.

<< Dobbiamo vederci alla NYU nel pomeriggio >> risponde.

<< Ho qualche speranza? >> chiede Alice.

<< Non lo so, il preside riceve questo pomeriggio, quindi possiamo andare là e vedere che succede >> risponde lui.

<< Ed è quello che faremo >> dico.

 

 

<< William >> urla Derek verso un ragazzo.

<< Derek ciao, che seguito! >> dice scherzoso.

<< Lo so, loro sono Lila, Alice e Cathy e lui è William, mio cugino >> risponde Der.

E dopo le presentazioni ci conduce verso l’ufficio del preside.

<< Buongiorno, prego accomodatevi >> dice il preside.

<< Grazie >> rispondo.

Siamo in quattro, sembra che dobbiamo entrare in battaglia. Anzi in cinque, è arrivato anche William.

<< Preside loro sono quelli di cui vi ho parlato stamattina >> dice William.

<< Ah sì e chi di voi vuole entrare nella nostra università? >> chiede.

<< Io >> risponde timidamente Alice.

Comincia una chiacchierata per conoscere meglio Alice, i suoi hobby, le sue competenze, le sue abilità…

<< Bene, per te ho una buona e una cattiva notizia >> dice il preside.

Perfetto, ancora enigmi, non ce ne sono già abbastanza?

<< Quale vuoi per prima? >> continua.

<< La cattiva >> risponde Alice.

<< Le iscrizioni sono terminate >> dice il preside.

Cosa? Tutto questo per niente?

<< Ma la buona notizia è che se vuoi posso metterti in lista >> continua.

<< Che cosa significa in lista? >> chiede Alice.

<< Che se qualche studente che è stato ammesso dovesse tirarsi indietro tu potresti entrare al posto suo >> risponde.

<< Ah, ehm… non saprei >> dice Alice.

<< Provaci, non hai nulla da perdere >> dice Cathy.

<< Infatti >> dico tenendole la mano.

<< Va bene, mi metta pure in lista >> risponde Alice.

<< Bene, allora ti faremo sapere se puoi entrare al posto di qualcun altro >> dice il preside.

<< Grazie >> risponde Alice.

Lo salutiamo e usciamo dal campus.

<< Grazie Will, senza di te non avremmo avuto speranze >> dice Der.

<< Sì, grazie davvero >> continua Alice.

<< Ma non ho fatto niente >> risponde William.

<< Come posso sdebitarmi? >> chiede Alice.

Sembra affascinata dal cugino di Der.

<< Magari con una cena >> risponde William sarcastico.

<< Certo, quando vuoi >> dice Alice tutta contenta.

Finalmente vedo un sorriso sul suo volto. Non è che anche lei dovrebbe mettersi con un Foster?

 

 

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Capitolo 20
*** Un attimo ***


Un attimo

<< Ragazze, ma dove volete portarmi conciata così? >> chiedo curiosa.

<< Dobbiamo festeggiare, noi siamo entrate alla Columbia, Alice alla NYU… >> risponde Cathy.

<< Non è ancora detto >> dice prontamente Alice.

<< Sì invece, ne sono sicura, invece non capisco perché siamo tutte così eleganti >> dico.

<< Siamo a New York tesoro, non a Millville >> risponde sarcastica Alice.

<< Ho capito, ma almeno ditemi dove andiamo >> dico.

<< No, è una sorpresa >> risponde Cathy.

Una sorpresa? New York è ricca di sorprese. Non so più cosa aspettarmi.

Arriviamo in un ristorante davvero elegante, non è da noi, non è da loro.

<< Ma che ci facciamo qui ragazze? >> chiedo.

<< Divertiti >> risponde Alice.

<< Cosa? >> chiedo ma loro stanno già andando via.

<< Ehi >> dice una voce familiare alle mie spalle.

Mi volto e davanti a me si presenta come la prima volta più bello che mai. Solo più elegante, con giacca e cravatta.

<< Der… cosa… >> dico sbalordita.

<< Sono state davvero brave le tue amiche >> risponde.

<< Hai organizzato tutto tu? >> chiedo davvero sorpresa.

Mi prende per mano e mi conduce al nostro tavolo.

<< È davvero bellissimo questo posto >> dico guardandomi intorno.

<< Tu sei bellissima >> risponde.

Ok, adesso mi fa arrossire.

E dopo squisiti piatti che ho davvero apprezzato, mi chiedo il perché di questa serata romantica.

<< Perché mi hai portata qui? >> chiedo.

<< Perché voglio chiarire una cosa >> risponde.

Lo guardo perplessa. Che succede?

<< Tu non sai come presentarmi alle tue amiche, io ai miei, così stasera lo chiariamo >> continua uscendo qualcosa dalla tasca della giacca.

<< Derek >> dico prendendo in mano quella scatolina.

La apro lentamente.

<< È bellissima >> dico non appena la vedo.

<< Ti piace? Appena l’ho vista ho subito pensato a te >> risponde.

<< Me la metti, voglio indossarla subito e non la toglierò più >> dico.

Scosto i capelli e subito al collo ho una catenina con incise le nostre iniziali. L&D

<< Io l’ho già indossata, però è un bracciale, uguale alla collana >> dice.

<< Grazie, è davvero un gesto bellissimo >> rispondo baciandolo.

<< Quindi come possiamo definirci? >> chiede sarcastico.

<< Una coppia >> rispondo.

<< Proprio quello che volevo sentirti dire >> dice.

Usciamo dal locale e andiamo a fare due passi.

<< E con Luck, hai chiuso con lui? >> chiede.

<< Non ancora, cioè io sì, ma lui non lo sa, lo farò il prima possibile >> rispondo.

<< Ecco, voglio averti tutta per me >> dice abbracciandomi.

<< Non posso lasciarlo per telefono, non è giusto, appena tornerò a Millville sarà la prima cosa che farò, te lo prometto >> rispondo.

<< Adesso sarà meglio che ti riaccompagni a casa >> dice.

<< Non voglio, è ancora presto >> rispondo.

<< Ma se è notte fonda e poi dove vuoi andare, di nuovo all’Empire state Building? >> dice scherzoso.

Non sarebbe una cattiva idea, ma no, non avevo pensato a questo.

Il nostro sguardo complice, lo conosco bene.

Ed è bastato quello per capirci.

 

--------------------------

 

È stata proprio come l’avevo sempre immaginata, la mia prima volta, così come quella che è appena successa. E risvegliarmi tra le sue braccia è un’emozione impagabile.

<< Davvero? >> esclama Alice dopo avergli raccontato tutto.

<< Sono davvero felice per te >> dice Cathy.

<< Grazie, mi dispiace che dovete andarvene proprio adesso >> rispondo.

<< Già, sempre nel momento più bello >> dice Alice.

Ci salutiamo e le lascio andare, prima che perdano l’aereo a causa mia.

Oggi tutto è più bello, il mondo è più bello e con più entusiasmo torno a lavoro dopo le mie “ferie” di questi ultimi giorni. Il nonno me le ha concesse perché sono venute le mie amiche. Ho un po’ di lavoro arretrato ma non m’importa, significa che lavorerò di più adesso.

Mi squilla il telefono. Derek.

<< Pronto? >> dico.

<< Buongiorno amore, hai da fare? >> chiede.

<< Sto lavorando e il nonno non la prenderà bene se mi trova al telefono a chiacchierare >> rispondo scherzosa.

<< Mi ha chiamato il signor Monroe, l’investigatore, vuole vedermi tra mezz’ora >> dice serio.

<< Davvero? E cosa ti ha detto? >> chiedo.

<< Niente per telefono, vuole vedermi nel suo ufficio >> risponde.

<< Avrà delle novità, vuoi che venga con te? >> chiedo.

<< Ma tu stai lavorando, non preoccuparti, io… >> risponde.

Ha bisogno di me, lo sento. Anche se non lo vedo di presenza sento il suo tono della voce.

<< Ci vediamo nel suo ufficio tra mezz’ora >> dico.

<< Amore io… >> dice ma non capisco altro, ho già attaccato.

Adesso voleva convincermi a non andare con lui, per non disturbarmi. Lo so, lo conosco.

<< Nonno devo andare >> dico prendendo le mie cose.

<< Lila dove vai, abbiamo un mare di lavoro >> risponde.

<< Lavorerò stasera, è un’emergenza >> dico scherzosa.

Be, in effetti lo è.

 

 

<< Ho delle novità >> dice il signor Monroe.

<< Quali? >> chiede Der ansioso tenendomi per mano.

<< Vedi Derek io ho trovato una Mary Cooper che potrebbe essere tua madre >> risponde lui.

<< Ma? >> chiede Der continuando la sua frase.

<< Ma non sono sicuro che sia tua madre >> risponde lui.

<< Questo cosa vuol dire? >> chiedo.

<< Che lei si chiama Mary Cooper, è nata lo stesso giorno di tua madre ma che non somiglia alla donna della foto >> risponde.

<< Può essere cambiata >> dico.

<< Certo, ma io non voglio darti false speranze >> dice lui.

<< E dove è? >> chiede Der.

<< In Pennsylvania, a Pittsburgh >> risponde lui.

<< È lontano? >> chiedo.

Non sono mai stata brava in geografia!

<< Non molto, ci si può arrivare in auto da qui, se vuoi ti do il suo indirizzo >> risponde lui.

<< No, no grazie e poi non è sicuro che sia lei >> dice Der.

<< Infatti, ma io dovevo dirtelo >> risponde lui.

<< Grazie signor Monroe, arrivederci >> dice Der uscendo dall’ufficio.

<< Grazie, arrivederci >> dico alzandomi in piedi.

Der è già andato via.

<< Mi dia l’indirizzo, magari cambia idea >> dico tutto di un tratto.

Scrive un post-it e me lo consegna. Lo ringrazio e raggiungo Derek. Se lo trovo!

<< Dove eri finito? >> chiedo non appena lo vedo.

<< Avevo bisogno di aria >> risponde.

<< Tutto bene? >> chiedo.

<< Lo sapevo, non la troverà mai >> risponde.

<< Magari questa donna è tua madre, può essere cambiata, ha fatto il colore… >> dico.

<< Non m’interessa >> m’interrompe duramente.

Perché è così duro con se stesso? Perché non vuole aprirsi a nessuna possibilità? Non vuole speranze.

<< Posso fare qualcosa per te? >> chiedo.

<< No, nessuno può, ho bisogno di riflettere, non arrabbiarti >> risponde.

<< No va bene, se hai bisogno di me chiamami ok? >> dico.

<< Grazie >> risponde.

Mi saluta e sfreccia via con la sua moto tanto in fretta che dopo qualche istante non riesco più a vederlo. Adesso sarà meglio lasciarlo da solo a pensare, non voglio essergli d’intralcio, ho abbastanza lavoro arretrato da impedirmi di pensare a lui. Forse.

 

--------------------------

 

Mi sbagliavo. Sono passati solo pochi giorni dall’ultima volta che ho sentito Der, ma non ho fatto altro che pensare a lui. Neanche il lavoro riesce a distrarmi da lui, niente può farlo. Oggi dopo una giornata di lavoro la prima cosa che farei quando torno a casa sarebbe dormire e riposare, ma non stasera, non ho sonno, voglio solo vederlo.

Chiamo l’autista e mi faccio accompagnare nel ormai nostro posto speciale, sarà sicuramente lì.

<< Può lasciarmi qui grazie >> dico fermando l’auto pochi isolati prima del posto.

Non voglio che sappia del nostro posto speciale.

Come immaginavo. Eccolo lì, disteso sull’erba a pensare. Sembra immerso nel suo mondo a cui nessuno può accedere, neanch’io. Perché? Mi chiedo perché non vuole farmi conoscere il suo mondo?

<< Immaginavo fossi qui >> dico sedendomi accanto a lui.

<< Mi conosci ormai >> risponde.

<< Non quanto vorrei >> dico.

<< Lila, mi dispiace di non essermi fatto vivo in questi ultimi giorni, solo che… >> dice.

<< Non devi darmi spiegazioni >> lo interrompo.

<< Invece sì, tu sei la mia ragazza e tra noi non ci sono segreti >> risponde.

<< Vorrei che non ci fossero segreti tra noi, ma tu vivi con loro >> dico.

<< Sto cercando di allontanarli, ma non è facile >> risponde.

<< Lo so e con loro vuoi allontanare anche me >> dico.

<< No, non lo farei mai >> risponde alzandosi di scatto.

Resto seduta, non so cosa fare, se lui mi evita io non posso stargli dietro come una sanguisuga. Se vuole parlare con me io sono qui, ci sarò sempre per lui.

Comincia a parlare mentre cammina avanti e indietro davanti a me.

<< L’altra volta, quando il signor Monroe mi ha detto che aveva trovato una Mary Cooper mi ero illuso per un attimo che fosse lei, in un attimo ho distrutto gli ultimi tredici anni passati a incolparla di avermi lasciato solo, è bastato un attimo per far crollare tutte le mie certezze >> dice.

<< Un attimo può essere infinito >> rispondo.

<< Ma quando ha detto che non le somigliava per niente, in un attimo sono tornato io, quello freddo e distaccato che non si fida delle persone >> dice.

<< Non è questo il Derek che conosco io >> rispondo.

<< Infatti, tu sei l’unica che ha conosciuto il vero Derek, quello che ho cercato di reprimere con tutto me stesso in tutti questi anni >> dice.

<< Perché, perché volevi soffocare il vero Derek? >> chiedo.

<< Perché quando le persone ti fanno del male impari a cavartela da solo, a essere diffidente e a chiuderti in te stesso >> risponde.

<< E perché con me non l’hai fatto? >> chiedo apprensiva.

<< Non lo so, non riesco ancora a capirlo, con te è stato tutto così naturale e scontato che non mi sono nemmeno reso conto di essermi tolto la maschera e di aver abbassato la guardia >> risponde.

Mi alzo in piedi e mi avvicino a lui.

<< Io non voglio e non posso vederti soffrire >> dico.

<< Sono abituato a farlo >> risponde.

<< Ma le cose possono cambiare, tu puoi cambiare >> dico.

<< E come se non ci sono riuscito in tredici anni? >> risponde.

<< Eri solo, adesso ci sono io con te, lasciati aiutare ti prego, non chiuderti in te stesso escludendomi dalla tua vita >> dico.

<< Io vorrei tanto credimi, ma non ci riesco >> risponde.

<< Devi voltare pagina, chiudere con il passato e iniziare una nuova vita >> dico.

<< Resterò sempre legato al passato >> risponde.

<< Allora affrontalo, liberati dai tuoi pensieri e dai tuoi dubbi >> dico.

<< E cosa dovrei fare? >> chiede.

<< Non posso dirti io cosa fare, io ti appoggerò in ogni tua decisione >> rispondo.

<< Dovrei andare a Pittsburgh da quella donna? >> chiede.

<< Se può aiutarti a chiudere con il passato perché no >> rispondo.

<< Ma non so nemmeno se è lei >> dice.

<< E se invece lo fosse? È il tuo primo tentativo, non hai mai provato a cercarla >> rispondo.

<< E l’ultimo, se quella donna non è mia madre io non la cercherò più, per me mia madre non è esistita negli ultimi tredici anni e non esisterà per il resto della mia vita >> dice.

<< Questo significa che andrai a Pittsburgh? >> chiedo.

<< Forse >> risponde.

<< Io verrò con te se me lo permetterai >> dico.

<< No, non puoi tu… >> risponde.

<< Io sarei felice di accompagnarti e di stare al tuo fianco, ti ricordi, ti ho detto che per te ci sarei sempre stata >> lo interrompo.

<< Sì, ma i tuoi? Non ti permetteranno mai di affrontare un viaggio con un ragazzo da soli >> risponde.

<< M’inventerò qualcosa, la cosa più importante è che ti starò vicino >> rispondo.

<< Grazie, significa davvero molto per me, io non lo merito >> dice.

<< Non riuscirai a disfarti di me molto in fretta >> rispondo.

<< Non ne ho la minima intenzione >> dice baciandomi.

<< Che ne dici di partire nel weekend? >> chiedo.

<< Questo fine settimana? Non sarà troppo presto? >> risponde.

<< Non c’è tempo da perdere e poi non vedo l’ora di affrontare il nostro primo viaggio insieme >> dico elettrizzata.

<< Prima sarà, prima chiuderò con il passato >> risponde.

E con queste parole restiamo ad ammirare le stelle per tutta la notte, a pensare al viaggio e a fantasticare sul nostro futuro insieme. Perché sì, da adesso tutto cambierà.

 

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Capitolo 21
*** La cosa non è reciproca ***


La cosa non è reciproca

<< Nonna nel weekend tornerò a Millville, non so quanto resterò >> dico mordendo un fantastico crostino.

<< Ma per quale motivo, è successo qualcosa? >> chiede.

<< No, sta tranquilla >> rispondo.

<< E tua madre, lei lo sa? >> chiede.

<< Sì, sì, certo, ma lei non ci sarà, è partita con papà per un paio di settimane >> rispondo.

Ma come mi è venuto in mente di dire una cosa simile?

<< Davvero? Non ne sapevo nulla >> dice.

<< In realtà nessuno lo sa, sono andati alla spa quei piccioncini e hanno lasciato i telefoni a casa, così nessuno potrà disturbarli >> rispondo.

Ok, adesso sono davvero sorpresa di me stessa. Spero che questa storia vada a buon fine!

<< Be forse un po’ di relax gli farà bene, e Sam, è sola? >> chiede.

<< Sam… ehm… sì, sì, lei è rimasta sola, sai il suo fidanzato… >> rispondo.

<< E tu vuoi andare a farle compagnia, non è vero? >> chiede.

<< Già, proprio così >> rispondo.

<< Che cara sorella, va bene tesoro >> dice.

Bene e dopo questa chiacchierata con la nonna inizio una nuova giornata ricca di lavoro, ormai non faccio altro.

<< Pronto? >> chiedo.

<< Lila ho bisogno di parlarti >> risponde.

<< Sam non posso parlare ora, ti chiamo dopo >> dico.

<< No ti prego non riattaccare, è importante >> risponde.

<< Che succede, tutto bene? >> chiedo preoccupata.

Sembra agitata, cosa le sarà successo?

<< Sì, sì, vedi, io… sono a New York >> risponde.

<< A New York? E perché? >> chiedo sbalordita.

<< Luck, lui… >> risponde.

<< Che cosa centra Luck? >> la interrompo.

<< Eh se mi fai parlare! >> risponde sarcastica.

Giusto, meglio non interromperla.

<< Lui è venuto a cercarti e mi ha chiesto di portarlo da te >> continua.

<< Luck è qui? >> chiedo sorpresa.

<< Sì, siamo all’aeroporto, stiamo per andare dai nonni >> risponde.

<< No, no fermati, dai nonni no, andate in qualche hotel, ma non farti vedere dai nonni >> dico agitata.

<< Perché? >> chiede.

<< Tu fai come ti dico >> rispondo.

<< Ma non conosco nessun hotel qui >> dice.

Giusto, lei non conosce New York.

<< Ti prenoterò io un hotel, t’invio l’indirizzo tra cinque minuti >> rispondo.

<< Va bene, sbrigati, non so come trattenerlo >> dice.

Riattacco e mi sbrigo a trovare un hotel. Ci mancava solo questo.

Eccolo, questo dovrebbe andare bene, invio il messaggio a Sam sperando che non sia troppo tardi.

Almeno sarà lontana da casa dei nonni, se loro la vedessero tutti i miei piani per il weekend salterebbero in aria, proprio come i miei nervi adesso. Devo avvisare Derek, lui deve sapere che Luck è in città e speriamo che vada via subito, prima del fine settimana, altrimenti quale altra scusa potrei inventare?

<< Derek >> dico.

<< Tesoro, che succede, ti sento agitata >> risponde.

<< Luck è in città e mi sta cercando, quindi non facciamogli capire che stiamo insieme >> dico.

<< E perché? Sarebbe anche ora ormai >> risponde.

<< Non capisci, lui potrebbe mandare a monte i nostri piani per il weekend >> dico.

<< Non m’interessa, tu sei più importante del viaggio >> risponde.

<< Derek, Derek ascoltami, lascia fare a me >> dico.

<< E cosa vuoi che faccia, che ti ignori? >> chiede.

<< Sarebbe una valida possibilità comunque per adesso non mi chiamare e soprattutto non fare pazzie se mi dovessi vedere con lui, intesi? >> rispondo.

<< Ci proverò, non ti prometto niente, va bene? >> dice.

<< Bravo amore, adesso devo andare, ti chiamo io, ciao >> termino.

<< Lila asp… >> dice ma non capisco altro, ho già attaccato.

 Aspetto il messaggio di Sam che mi dica dove sono, così potrò fare finta di trovarmi lì per caso.

 

Eccoli, faccio finta di non vederli.

<< Lila, Lila >> urla Luck da lontano.

Mi ha vista, come immaginavo.

Corre da me e mi raggiunge.

<< Luck, che ci… >> dico ma sono interrotta dal suo bacio.

Mi distacco subito, sperando di non dare nell’occhio.

<< Come stai, mi sei mancata molto >> dice.

<< Bene, bene grazie, ma che fai qui? >> chiedo.

Sam ci raggiunge, non sono mai stata così felice di vederla come adesso prima d’ora.

Corro ad abbracciarla, almeno mi allontano da lui.

<< Sam come stai? >> dico.

Luck ci raggiunge, sembra felice di vedermi ma la cosa non è reciproca.

<< Ch-che ci fate qui? >> chiedo davvero davvero sorpresa.

<< Volevamo farti una sorpresa >> risponde lui.

<< Voleva >> ribatte Sam.

<< Sì volevo, non potevo restare a Millville senza di te >> dice.

<< Ah, mi fa piacere, e quanto pensate di trattenervi? >> chiedo con un sorriso attaccato al viso più che finto.

<< Io non lo so, dato che la scuola è finita e tu sei entrata alla Columbia, potrei trasferirmi qui e trovare un lavoro >> risponde lui.

Cosa? Stai scherzando vero? Ditemi che è uno scherzo perché non è divertente, non sto ridendo per niente, anzi sì, devo recitare questa parte.

<< Davvero? Sembra stupendo >> dico.

<< Io solo pochi giorni, andrò via presto >> risponde Sam.

<< No dai, fermati anche tu >> dice lui.

<< Tanto qui ho finito, ho svolto il mio dovere >> risponde.

<< Dovere? >> chiedo.

<< Sì, questo è il gesto che ho dovuto fare per farmi perdonare per quella sera del ballo >> risponde Sam.

E perché Sam ha qualcosa da farsi perdonare da Luck? Lui è colpevole tanto quanto lei, ma forse dal suo punto di vista non è così. E anche se Sam avesse avuto qualcosa da farsi perdonare non era questo il modo. Non voglio pensare a che cosa sarebbe potuto succedere se fossero arrivati quando io ero in viaggio con Derek. Anzi, lo so già, sarei rimasta in punizione a vita e non è detto che questo non accada!

<< E dove alloggerete? >> chiedo facendo finta di non sapere.

<< In un hotel, non mi ricordo il nome è sulla ventiquattresima >> dice Sam.

<< Io pensavo potessimo venire da te >> risponde Luck.

<< Da me? Ehm… no, impossibile, ci sono altre ragazze con me e non ci sarebbe posto per voi >> rispondo.

<< Ma non vivi dai tuoi nonni? >> chiede Luck.

<< Ehm… no, no, non potevo mica disturbarli per tutto questo tempo >> rispondo.

<< Ah capisco, peccato, vorrà dire che verrò a trovarti spesso e andrò via per la notte, finché non troverò un appartamento >> dice lui.

Cosa? Vuole affittare un appartamento qui? Ditemi che è solo un brutto sogno, vi prego svegliatemi.

<< Lila, tutto bene? >> chiede Sam.

<< Eh? Sì, sì certo >> rispondo.

<< Perché non andiamo a fare due passi? >> chiede Luck.

<< No, mi dispiace, adesso non posso, devo andare a lavoro >> rispondo.

<< Allora stasera, non hai scuse, passo a prenderti alle otto? >> chiede.

<< Diciamo che vengo io da te e magari puoi venire anche tu Sam, che ne dici? >> rispondo.

<< No, io non vorrei disturbare… >> dice lei.

Le faccio il segno di venire con noi, basta uno sguardo tra noi.

<< Ecco, infatti… >> dice Luck.

<< Va bene vengo >> lo interrompe Sam tutta contenta.

La faccia di Luck sembra sia caduta per terra.

<< Perfetto, ci vediamo alle otto >> dico allontanandomi.

<< Aspetta, non mi saluti? >> chiede Luck.

<< Vero, quasi dimenticavo, mi ero disabituata >> rispondo dandogli un bacio veloce.

Disabituata? Ma che dico. Grazie a Derek è nata una nuova me e spero sia l’ultima Lila che conosco.

 

 

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Capitolo 22
*** Dove vi porto? ***


Dove vi porto?

<< Sembra carino qui >> dice Sam appena entriamo.

<< Non ero mai stata qui >> rispondo.

<< C’è sempre una prima volta >> dice Luck.

Già.

Prendiamo posto e ordiniamo la cena e mentre aspettiamo ci raccontiamo l’ultimo periodo della nostra vita. Sembra che a Luck sia mancata molto la mia presenza e un po’ mi dispiace doverlo ferire dicendogli che tra noi è tutto finito. Il problema è che se tronco adesso la nostra storia in meno di qualche giorno tutta Millville lo verrebbe a sapere, compresi i miei genitori che preoccupati verrebbero qua a “consolarmi”. Questo manderebbe a monte il nostro viaggio. Non posso farlo adesso, devo aspettare, magari quando torno dalla Pennsylvania.

Ma come faccio a mandarlo via?

La cena dura un po’ troppo, forse perché non mi piace la compagnia, non per Sam ovviamente.

<< Adesso che si fa? >> chiede Luck.

<< Che cosa vuoi fare a quest’ora? >> risponde Sam.

<< Non so, perché non ci fai visitare la città? >> chiede lui.

<< Adesso? Sono un po’ stanca, magari un’altra volta >> rispondo.

<< Domani allora >> dice lui.

<< Ehm… vedremo >> rispondo.

<< Andiamo in hotel allora >> dice Sam.

<< Prima dobbiamo accompagnare tua sorella >> risponde lui.

<< No, no, non è necessario, prenderò un taxi >> mi affretto a dire.

Ci mancherebbe solo questo, dove dovrei andare, non posso mica portarli dai nonni e non conosco altri posti qui.

<< New York è pericolosa di notte, non penserai che ti mandi da sola >> risponde Luck.

<< Ma io non dovrò girare la città, salirò su un taxi che mi porterà dritta a casa >> dico.

<< Vorrà dire che prenderemo lo stesso taxi >> risponde.

<< No davvero… >> rispondo.

<< Taxi >> esclama Luck facendo segno di fermarsi davanti a noi.

Saliamo a bordo e l’autista fa la fatidica domanda: “Dove vi porto?”. Ecco, dove ci porta? Perché non lo so nemmeno io dove. L’unica idea che mi viene in mente è la casa del signor Foster, cioè del padre di Derek. Non mi sono ancora abituata!

Arriviamo davanti alla villa e Luck sembra sorpreso.

<< Non sapevo vivessi in una villa >> dice lui.

<< Ehm… sì, è del padre di una delle mie coinquiline >> rispondo.

<< Allora a domani, vuoi che ti accompagni fin dentro casa? >> chiede lui.

Per carità.

<< No, no tranquillo >> mi affretto a dire chiudendo la portiera.

Ora aspetto che vadano via e poi chiamerò un altro taxi per andare a “casa”.

<< Ciao allora >> esclamo.

<< No entra, non mi fido di questa zona buia >> dice Luck.

<< Sono arrivata ormai >> rispondo.

<< Lo so, ma meglio evitare, quando sarai dentro il cancello mi sentirò più sicuro >> dice lui.

Fantastico, adesso che faccio? Suono il campanello, ovvio. Anzi no, cosa dovrei dire, c’è Derek? Luck se ne accorgere e mi riempirebbe di domande, meglio chiamare Derek.

<< Qualche problema? >> chiede Luck.

<< No, ho… dimenticato le chiavi, quindi sto chiamando una delle ragazze >> rispondo.

<< E non puoi suonare? >> chiede.

<< Non vorrei svegliare tutta la casa, è notte fonda >> rispondo.

<< Pronto? >> dice Derek.

<< Mi apri il cancello per favore? >> chiedo.

<< Lila cosa dici? >> risponde.

<< Sono davanti al cancello di casa nostra, ho dimenticato le chiavi, mi apri per favore? >> chiedo di nuovo.

Ti prego capisci al volo Der.

<< Sei qui a casa mia? >> chiede.

<< Sì, infatti grazie >> rispondo.

E il cancello si apre, finalmente.

Luck e Sam mi salutano con un gesto dopo essersi assicurati che fossi entrata. Percorro il lungo vialetto fino alla porta d’ingresso che si spalanca al mio arrivo.

Il taxi è già andato via, per fortuna.

<< Lila, che ci fai qui? >> chiede Der sorpreso.

<< Mi hanno dovuto accompagnare a casa e non sapevo dove andare, non potevo portarli a casa dei nonni, avrebbero visto Sam >> rispondo.

<< E con questo? >> chiede.

<< Vuoi tenermi qui davanti alla porta per tutto il tempo? >> rispondo sarcastica.

<< No scusami, vieni pure >> dice.

Andiamo in camera sua, è più sicuro, il signor Foster potrebbe accorgersi che sono qui.

Non avevo ancora visto la sua stanza, cioè in pratica il suo mondo.

<< Carino qui >> dico appena entro.

<< Scusa il disordine, non pensavo di avere visite >> risponde.

<< No, scusami tu per tutto questo, io non volevo disturbarti >> dico dispiaciuta e un po’ imbarazzata.

<< Non devi scusarti >> risponde venendomi incontro penso per darmi un bacio.

Sì, avevo ragione.

<< Vuoi spiegarmi adesso che succede? >> chiede mettendosi comodo.

Be, forse è meglio, la storia è un po’ lunga. Gli racconto quello che è successo con Luck nei minimi dettagli, anzi no, ho tralasciato qualcosa, tipo i baci. Non so come la prenderebbe.

<< Certo che hai fantasia per dire a tua nonna che nel weekend torni a Millville per fare compagnia a tua sorella >> dice.

<< Avevi un’idea migliore? È per questo che non potevo tornare a casa, i nonni l’avrebbero vista e… addio viaggio >> rispondo.

<< E pensare che hai fatto tutto questo per me, come potrò mai ringraziarti? >> chiede.

<< Non devi farlo, vengo volentieri con te, solo che… >> rispondo.

<< Cosa? C’è qualche problema? >> chiede allarmato.

<< Forse uno sì >> rispondo.

Mi guarda perplesso.

<< Luck >> continuo.

<< Luck? Che cosa centra lui? >> chiede.

<< Come cosa centra Der, lui non mi lascerà mai partire >> rispondo.

<< Non è mica il tuo padrone >> dice.

<< Lo so, ma per lui sono ancora la sua ragazza e non accetterà mai di lasciarmi andare con un altro >> rispondo.

<< Allora tronca una volta per tutte questa finta relazione >> dice.

<< Magari, ma se lo facessi i miei lo verrebbero a sapere e verrebbero qua pensando che abbia il cuore a pezzi >> rispondo.

<< Be, prima o poi dovrà succedere >> dice.

<< Certo, questo lo so, ma non adesso, manderebbe in aria il nostro piano >> rispondo.

<< Quindi? Hai un’idea migliore? >> chiede.

<< Non so se sia migliore ma una sì >> rispondo.

<< Sentiamo allora, vediamo adesso fin dove si è spinta la tua fantasia >> dice sarcastico.

<< Be, ecco… Luck potrebbe… venire con noi >> rispondo.

<< Cosa? Ma sei impazzita? >> dice sconvolto.

<< Pensaci Der, se lui venisse con noi sarebbe più tranquillo e non manderebbe tutto a rotoli >> rispondo.

<< Preferisco non partire piuttosto che raccontare la mia storia a uno come lui >> dice.

<< Non dobbiamo per forza raccontargli la tua vera storia, potremmo… inventarne una >> rispondo.

<< Inventarne una? Dimmi un po’ non è che fai parte della CIA? >> dice scherzoso.

<< Divertente, dico sul serio Der >> rispondo.

<< Che fine ha fatto la mia ragazza? >> chiede scherzoso.

<< Questo è un sì? >> rispondo.

<< Non ho detto niente >> dice.

<< L’hai presa bene, pensavo peggio >> rispondo.

<< L’ho presa sul ridere, vuoi davvero fare una cosa del genere? >> chiede seriamente.

<< Io voglio affrontare questo viaggio e starti vicino a qualunque costo >> rispondo.

<< E questo mi fa piacere ma pensi davvero che potrei sopportare di vedervi sbaciucchiare per tutto il tempo? >> chiede.

Mi avvicino a lui e gli prendo le mani.

<< Der devi fidarti di me, cercherò di limitare le smancerie, pensi che sia facile per me baciare lui e vedere il tuo sguardo addosso? >> chiedo.

<< E pensi che sia facile per me vederti stare con lui tutto il tempo, magari dormirete anche insieme in uno degli hotel dove ci fermeremo? >> risponde.

Serve un cuscinetto, qualcuno che venga con noi ed eviti queste situazioni, ma chi? Ma certo, ecco chi farebbe al caso nostro.

<< Potrebbe venire anche mia sorella con noi >> dico.

<< Non so vuoi portare qualcun altro? >> chiede scherzoso.

<< Dico sul serio Der, potrebbe venire anche Sam ed io tutte le notti dormirei con lei >> rispondo.

<< Ed io con lui? >> chiede.

<< Preferisci lo faccia io? >> rispondo sarcasica.

<< Ci stiamo cacciando in una situazione più grande di noi, forse dovremmo… >> dice.

<< Dovremmo partire tutti >> lo interrompo.

<< Tutti insieme appassionatamente! >> dice scherzoso.

<< Smettila di scherzare e aiutami a pensare a quale storia potremmo raccontargli >> rispondo.

<< Vuoi davvero fare tutto questo? >> chiede.

<< Sì Der, fin dal primo momento >> rispondo.

<< Allora lo affronteremo insieme, cominciando fin da subito >> dice.

Trascorriamo tutta la notte a cercare una storia che sembri “vera”, ma non ha molta fantasia e la mia sta ormai esaurendo.

<< E se gli dicessimo che mi è morto un parente e andiamo là per il funerale? >> chiede di un tratto.

<< Sì, e poi ci imbuchiamo magari in qualche funerale di non so chi e poi, perché dovrei venire con te? Serve una storia migliore >> rispondo.

<< Hai ragione, non sono bravo in queste cose >> dice.

<< Lo vedo, continua a pensare >> rispondo sarcastica.

È quasi l’alba ormai e ancora niente, ho quasi perso le speranze, ma no, non mi arrenderò. Mai.

<< E se gli dicessimo che andiamo a prendere una nostra amica a Pittsburgh? >> chiedo.

<< Sì, e poi se non la troviamo? Con chi torniamo a New York, con un barbone? >> risponde sarcastico.

<< Vero, non ci avevo pensato >> dico.

<< Allora siamo in due a non avere fantasia >> risponde scherzoso.

<< Io l’ho già usata per la storia di mia nonna, sarà esaurita >> dico sarcastica.

<< Sì, certo, dicono tutti così >> risponde scherzoso.

Gli lancio un cuscino e riprendo a pensare, possibile che non mi venga niente in mente?

<< Potremmo raccontargli la verità solo che il protagonista non saresti tu >> dico dopo un po’.

<< E chi potrebbe essere? >> chiede.

<< Non so, una nostra amica che non ha il coraggio di affrontare questo viaggio >> rispondo.

<< E credi che se la bevano? >> chiede.

<< Credo di sì >> rispondo.

<< Forse è l’idea migliore che abbiamo avuto fin ora >> dice.

<< Tu credi? >> dico scherzosa.

<< Meglio del funerale? >> continuo scherzosa.

<< Divertente, allora va bene, è questa la nostra idea? >> chiede.

<< Sì, adesso dobbiamo solo dirlo a loro >> rispondo.

<< Ci penseremo domattina >> dice.

<< È già mattina >> rispondo.

<< Giusto, ho perso la condizione del tempo, allora ci penseremo presto >> dice.

Giusto, ci penseremo presto. Questa è l’ultima parola che mi ricordo prima di sprofondare nel sonno.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Questo è solo l'inizio ***


Questo è solo l’inizio

<< Buongiorno dormigliona >> dice Der vedendomi svegliare.

<< Buongiorno, ma che ore sono? >> chiedo.

<< Le dieci >> risponde.

<< Come le dieci? Dovrei essere a lavoro già da un po’ >> dico balzando in piedi.

Mi sistemo meglio che posso e vado via.

<< Ti accompagno con la moto, faremo prima >> dice Der.

<< Non è una buona idea, Luck potrebbe… >> rispondo.

<< Questa storia non è nemmeno iniziata ed io già non… >> dice.

Lo interrompo con un bacio, non posso restare qui per un’altra sua scenata di gelosia.

 

 

<< Scusa il ritardo nonno, non ho sentito la sveglia >> dico entrando nell’ufficio.

<< Non ti ho sentita rincasare ieri, hai passato la notte fuori? >> chiede.

<< No… cioè sì… ero da un’amica >> rispondo.

<< Pensi che sia nato ieri? Ho visto certi sguardi con il ragazzo che viene spesso qui… >> dice.

<< Ma no, cosa credi… tra me e Derek non… >> rispondo.

<< Derek, conosci pure il suo nome >> dice.

Meglio non continuare, mi smaschererei da sola. Comincio subito a lavorare sperando non mi rivolga altre domande. Devo anche pensare a come dirlo a Luck e Sam, magari stasera a cena.

Mi vibra una gamba. Il telefono. Derek. Meglio non parlare davanti al nonno.

<< Vado un attimo in bagno >> dico uscendo dalla stanza.

<< Derek, non posso parlare adesso >> dico al telefono.

<< Lila all’ingresso c’è Luck con credo tua sorella, gli ho detto che andavo a vedere se eri in camera tua >> risponde.

<< Cosa? Loro sono da te? Inventati qualcosa, ti prego, ma non usare la tua fantasia >> dico.

<< Grazie amore! >> dice sarcastico.

<< Digli che sono al lavoro >> rispondo.

<< Giusto, vado a dirglielo >> dice.

<< Der? Come ti sei presentato? >> chiedo preoccupata.

<< Come il fidanzato di una delle tue coinquiline >> risponde.

<< Visto, quando vuoi hai fantasia >> dico scherzosa.

<< Sì, sì, certo, adesso devo andare >> risponde.

<< Ok, e Der… grazie >> dico.

<< A dopo piccola >> risponde riattaccando.

Come può Luck esser andato a casa di Derek? Be, in realtà lui pensa che sia casa mia ma questo conta poco. Per fortuna Der si è inventato una scusa che in fondo è la verità. Ma le bugie hanno le gambe corte e non so quanto riuscirò ad andare avanti così. Ancora forse, anzi sicuramente non ho visto niente.

 

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<< Ordiniamo? >> chiede Luck quando ci accomodiamo al nostro tavolo.

<< No, aspettiamo un’altra persona >> rispondo.

<< E chi è? >> chiede Sam.

<< Lo scoprirete presto >> rispondo.

Molto prima di quanto voi pensiate.

Mi alzo dalla sedia e faccio cenno di raggiungerci. È arrivato.

<< Ragazzi lui è Derek e loro sono Sam e Luck >> dico presentandoli.

<< Sì, ci siamo già conosciuti >> dice Luck.

<< Stamattina >> continua Sam.

<< Bene, adesso siamo tutti >> dico.

<< Non me ne voglia lui, ma perché è qui? >> chiede Luck.

<< Ecco, adesso ci arriverò >> rispondo.

Derek è di fronte a me e già da questa distanza riesco a percepire il suo nervosismo. Non credo sia per il viaggio, ma perché sono vicino a Luck.

<< Ho invitato anche Derek perché devo, anzi dobbiamo dirvi una cosa >> continuo.

Luck sembra scioccato e forse dovrebbe, non penserà che dirò che sto con Derek? In fin dei conti è la verità ma non sarei così crudele!

<< Ecco… nel weekend noi… dobbiamo partire >> continuo.

<< Partire? E perché? >> chiede subito Luck.

<< È una storia un po’ lunga da raccontare comunque noi dobbiamo andare a cercare la madre di una mia amica >> rispondo.

<< E lui cosa centra? >> chiede Luck, sembra nervoso.

<< Io sono il suo fidanzato >> risponde Der.

Per un attimo mi crolla il mondo addosso ma la mia risposta spiega tutto.

<< Della mia amica ovviamente >> intervengo.

Lo sguardo complice di Derek mi colpisce.

<< E perché non va lei al posto tuo? >> chiede Sam.

Ci si mette anche lei adesso?

<< Perché non ne ha il coraggio e ha chiesto al suo fidanzato e alla sua vecchia amica di affrontare il viaggio al posto suo >> rispondo.

<< Tesoro non mi sembra il caso che parta con lui, so che Derek non è il tuo tipo ma non ne vedo la necessità >> dice Luck.

Derek non è il mio tipo? E chi lo è forse, lui? Questo è quello che crede lui. Vedo Derek agitarsi inquieto sulla sedia, forse per l’ultima frase di Luck.

<< Luck io devo farlo, ormai l’ho promesso >> dico.

<< Allora vorrà dire che verrò con voi >> risponde lui.

Come pensavo, non si fida e non ha tutti i torti.

<< Anche tu? Ma perché, non la conosci nemmeno >> dico.

<< Vorrà dire che lo farò, anzi, perché non è qui? >> chiede Luck.

Ci mancava solo questo, adesso chi gli dovrei presentare?

<< Non ne vedo il motivo >> rispondo.

<< Chiamala, magari verrà >> risponde lui.

<< Va bene, allora vado fuori a chiamarla, qui i cellulari non hanno linea >> dico.

<< Può farlo Derek, in fondo è il suo fidanzato >> risponde Luck.

<< No, non ti scomodare, ormai lo faccio io >> dico uscendo.

Bene, adesso sono davvero nei guai, chi potrei mai chiamare e fare venire qua stasera?

Sfoglio la rubrica del mio telefono, ma i contatti sono tutti di Millville, qui a New York non conosco nessuno, a parte Derek e… Cloe. Lei è la soluzione ai miei problemi.

<< Cloe? >> dico al telefono.

<< Sì Lila, sono io, come stai? >> risponde.

<< Non molto bene, devi aiutarmi >> dico.

<< Lila mi stai preoccupando, che succede? >> chiede.

<< Ho combinato un guaio e solo tu puoi tirarmi fuori >> rispondo.

<< Spiegati meglio, non capisco >> dice.

<< Dovresti venire subito al locale sulla trentaseiesima, sai quel ristorante… >> rispondo.

<< Sì ho capito, ma perché? >> chiede.

<< Dovresti fingerti la fidanzata di Derek, ti spiegherò meglio quando arrivi >> rispondo.

<< Ehm… va bene, arrivo subito >> dice.

<< Quando arrivi all’ingresso fammi uno squillo, non entrare direttamente, devo spiegarti la situazione >> rispondo.

<< Va bene, a dopo >> dice.

<< Grazie >> termino.

Rientro dentro e spiego tutto agli altri, Derek sembra non capire. Tranquillo, ho tutto sotto controllo, spero.

E dopo poco ecco lo squillo di Cloe.

<< È arrivata, vado a prenderla >> dico alzandomi dal tavolo.

 Sgaiottolo fuori dal locale e subito mi si presenta la mia amica, la mia vera amica Cloe.

<< Meno male che sei qui >> dico abbracciandola.

<< Ma che succede? >> chiede.

<< Dentro ci sono Luck il mio fidanzato, Derek che anche lui lo è, e mia sorella >> rispondo.

<< Eh? >> chiede perplessa.

<< Tu devi fingerti la fidanzata di Derek, sabato io e lui partiamo per la Pennsylvania per cercare tua madre >> rispondo.

<< Ma sei impazzita per caso? >> chiede scherzosa.

<< Ti prego, dimmi che lo farai >> rispondo.

<< Lo farò, ma perché? >> chiede.

<< Adesso non posso spiegarti ma ti prometto che lo farò >> rispondo.

<< Va bene, allora andiamo >> dice.

<< Grazie, grazie, grazie >> dico abbracciandola.

Entriamo dentro il locale.

<< Ragazzi, lei è Cloe, lui è Luck e lei è Sam >> dico presentandoli.

<< Piacere >> dice dando la mano a tutti tranne che a Derek.

<< Ciao amore >> dice dando un bacio sulla guancia a Der.

Ok, ma non esageriamo!

Derek sembra stupito, ma sta al gioco.

<< Bene, allora tu sei la ragazza per cui Derek e Lila devono andare in Pennsylvania >> dice Luck.

<< Già, per mia madre >> risponde.

Perfetto, tutto procede secondo i piani.

<< E li lasci partire da soli? >> chiede scherzoso Luck.

Non scherza per niente.

<< Sì, io mi fido ciecamente di loro >> risponde Cloe.

<< Be, andrò anch’io sai? >> chiede Luck.

<< Ah davvero e perché? >> risponde lei.

<< Voglio stare vicino a Lila >> dice Luck.

Sì, vicina un corno tu vuoi controllarmi.

<< Certo, la tua fidanzata >> risponde Cloe.

<< Perché non vieni anche tu, saremmo due coppie, ci divertiremmo >> dice Luck.

Ci mancherebbe solo questo, già non ho sopportato il bacio sulla guancia che Cloe ha dato a Der, figuriamoci di vederli per tutto il viaggio insieme. Adesso capisco come deve sentirsi Derek. Non è una bella sensazione, questo è sicuro.

<< No io… >> risponde lei.

<< Ti ho già detto che non vuole, non insistere >> la interrompo.

<< Va bene, vorrà dire saremo in tre >> dice Luck.

<< Perché non vieni anche tu Sam? >> chiedo.

Non ha parlato per tutta la serata, non si sente a suo agio.

<< Io? No, ma perché… >> risponde Sam.

<< Dai, almeno mi faresti compagnia tra i due piccioncini >> interviene Der.

<< No, ma non mi sembra il caso… >> risponde lei.

Cerco di farmi capire con lo sguardo, speriamo ci riesca.

<< Be, che faresti da sola a New York? >> chiedo.

<< Magari torni a Millville >> dice Luck sarcastico.

Non lo sopporto, non lo sopporto, forse è per questo che Sam non vuole venire.

<< Va bene, accetto >> dice con aria di sfida verso Luck.

<< Perfetto, allora saremo in quattro >> dico contenta.

La cena procede così per tutto il tempo. Non vedo l’ora che si finisca.

<< Si sta facendo tardi, forse è meglio andare >> dice Derek.

<< Infatti, adesso ti accompagno a casa >> mi dice Luck.

<< No, non è necessario >> rispondo.

<< Tranquillo, posso farlo io, devo accompagnare Cloe e loro vivono insieme >> interviene Derek.

<< Va bene allora >> risponde Luck.

Ci salutiamo tutti e Luck mi bacia davanti a Der. Ho cercato di evitarlo, sono persino uscita per prima dal locale, ma non c’è l’ho fatta.

Appena Sam e Luck salgono sul taxi restiamo soli, io, Der e Cloe.

<< Grazie per averci aiutato >> dico.

<< Figurati, ma potrei sapere il perché di tutto questo? >> chiede.

Guardo Der e mi fa cenno che posso raccontargli la verità, la vera verità.

<< Tuo padre ha trovato una donna a Pittsburgh che potrebbe essere la madre di Derek e noi vogliamo andare da lei nel weekend, solo che è arrivato Luck, il mio fidanzato, e se lo avessi lasciato tutti i nostri piani per il weekend sarebbero andati a rotoli >> rispondo.

<< Quindi tu stai con Luck, ma anche con Derek e non puoi lasciare Luck altrimenti non ti lascerebbe partire con Derek? >> chiede lei confusa.

<< In un certo senso >> rispondo.

<< Quindi partirete tutti insieme >> dice lei.

Annuisco, non so dire altro.

<< Come farai a sopportare Luck? >> chiede a Der.

<< Me lo chiedo anch’io >> risponde lui.

Scoppia una risata, ci voleva una scarica di tensione.

Salutiamo Cloe e Der mi accompagna a casa, la vera casa.

<< Mi dispiace >> dico scendendo dalla moto.

<< Per cosa? >> chiede.

<< Per tutto, per Luck, per il bacio, io ho cercato di evitarlo, ma non ci sono riuscita… >> rispondo.

<< Questo è solo l’inizio, devo solo abituarmi >> dice.

<< Non ci si può abituare a questo genere di cose, già prima per un innocente bacio sulla guancia che ti ha dato Cloe, mi sono infastidita, pensa tu… >> rispondo.

<< E mi ha chiamato amore >> m’interrompe scherzoso.

<< Giusto, ti ha chiamato amore >> rispondo.

<< Lei in una sola volta che ci siamo visti mi ha chiamato così, tu non lo hai mai fatto >> dice sarcastico.

<< Vuoi che ti chiami così? Non ho bisogno di chiamarti amore, tu sai già che ti amo >> rispondo.

<< Anche questo non mi avevi mai detto >> dice.

<< Lo stavo per fare all’Empire, ma tu mi hai interrotta  >> rispondo.

<< Vero, ma è bello sentirselo dire >> dice.

<< A proposito, tu non hai risposto a quelle cinque lettere >> rispondo scherzosa.

<< Vuoi sentirtele dire? >> chiede scherzoso.

<< Dici che è bello, quindi sì >> rispondo sarcastica.

<< Sheila Margaret Montgomery io ti… >> dice lentamente.

Lo interrompo con un bacio, in fondo non ho bisogno di sentirmelo dire, lo so già.

<< Amo >> continua dopo esserci separati.

<< È vero, fa un bell’effetto >> rispondo.

Un bellissimo effetto, mai nessuno me lo aveva detto prima, neanche Luck. Derek mi ha conosciuta per la vera Lila e mi ama per quella che sono. Luck invece si è accorto di me solo dopo esser diventata “La nuova Lila” e forse, anche lui mi ama ma non è lo stesso. Derek e Luck sono due modi opposti, due linee parallele che non s’incontreranno mai. Ma solo uno dei due è quello giusto, quello che amo con tutta me stessa, per cui farei di tutto, perfino affrontare un viaggio, stando con un altro e vedere il suo sguardo ferito addosso.

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** In mezzo al nulla ***


In  mezzo al nulla

<< Avete preso tutto? >> chiedo uscendo da casa di Der.

<< Credo di sì, dov’è Derek? >> risponde Sam.

<< Non lo so, ma arriverà presto >> dico.

Starà facendo un giro dell’isolato per far capire che arriva da un altro posto che non sia la casa dove loro pensano che stia io. Che confusione! Anzi, Luck lo pensa, Sam sa che sto dai nonni.

<< Ecco Derek >> dice Luck vedendolo arrivare con l’auto.

<< Scusate il ritardo >> dice Der.

<< Siamo appena arrivati >> risponde Sam.

<< Allora possiamo partire >> dico.

<< Guidi tu Derek? >> chiede Luck.

<< Sì certo, sta tranquillo >> risponde Der.

<< Allora posso stare dietro con la mia fidanzata >> dice Luck tutto contento.

Derek non gli risponde, si limita a un sorriso, finto ovviamente.

<< Ma chi farà da guida? >> chiedo sperando possa farlo io.

<< Lo farò io, datemi la mappa >> risponde Sam sedendosi sul sedile anteriore.

Bene, penso che non mi resti altro che sedermi dietro con Luck. Purtroppo.

Ed eccoci qui, noi quattro in viaggio per Pittsburgh, chi mai lo avrebbe detto. Derek e Luck nella stessa auto? Se me lo avessero raccontato, non ci avrei mai creduto. Peccato che qualcuno debba sempre soffrire, sia Derek perché mi vede con Luck o quest’ultimo quando lo lascerò. Mi dispiace doverlo fare, ma non provo più niente per lui, se ne farà una ragione. È un bel ragazzo e non gli mancheranno di certo altre ragazze dopo di me.

Mette il suo braccio sulle mie spalle e mi stringe a se. Io provo a evitare tutto questo ma non posso farlo senza dare nell’occhio. Ero legata a Luck e non mi sono mai tirata indietro, si insospettirebbe se di colpo lo allontanassi. Quindi sto al gioco sperando che Derek, concentrato sulla strada, non se ne accorga. Ma non è così. Di tanto in tanto vedo, anzi immagino lo sguardo di Der su di noi, dato che indossa gli occhiali da sole scuri. Quello specchietto retrovisore da più visuale di quanto immaginassi!

 

Siamo in viaggio ormai da ore e a parte la radio dentro l’auto nessuno parla. A volte Sam per dare indicazioni a Der, ma niente di più. Questo silenzio imbarazzante deve terminare.

Quando sto per dire qualcosa, sono impedita. Luck blocca la mia bocca con un bacio improvviso. Non ero pronta, non me lo aspettavo ed è per questo che non ho potuto evitarlo. Avevo abbassato la guardia, ma con Luck non posso permettermelo.

<< Luck mi dispiace interrompervi, ma ti andrebbe di darmi il cambio? >> chiede Der.

Non mi dispiace per niente, anzi, grazie di averlo fermato.

<< No, va bene, mi fai tu da guida? >> mi chiede.

<< Preferisco stare qui dietro e poi Sam è bravissima >> rispondo.

Scende dall’auto senza ribattere e subito mi ritrovo Derek al mio fianco. Con lui mi sento al sicuro, protetta, posso abbassare la guardia. Mi sposto proprio dietro il sedile di Luck per evitare i suoi sguardi indiscreti. Non li sopporto. Da qui non può vedermi. E appoggiata al finestrino, anche se preferirei la comoda spalla di Der, mi appisolo giusto un attimo.

Due ore circa.

<< Io te l’avevo detto che era sbagliata >> urla Luck.

È con queste parole che mi risveglio e mi ritrovo mano nella mano con Der che penso si sia addormentato anche lui. Mollo subito la presa per evitare possibili problemi.

<< Che succede? >> chiede Der.

<< Ci siamo persi >> risponde Sam.

<< Come ci siamo persi? >> chiedo sbalordita e un po’ frastornata dal sonno.

<< Dato che Luck fa di testa sua e non segue le mie indicazioni… >> risponde Sam.

<< Se tu riuscissi a dare le giuste indicazioni, forse, non saremmo in mezzo al nulla >> la interrompe Luck.

<< Ok, adesso calmatevi, ci sarà pure una soluzione >> dico.

<< I telefoni non hanno campo >> dice Der.

<< Come non prendono!? >> rispondo affrettandomi a vedere il mio.

<< Sì, niente, morto cent’anni >> dice Sam controllando il suo.

<< Perfetto, adesso che si fa? >> chiede Luck.

<< Torniamo indietro percorrendo la stessa strada >> risponde Der.

<< È da ore che proseguiamo su questa strada >> dice Luck.

<< Se tu mi avessi ascoltata… >> dice Sam.

<< Io? Se tu… >> la interrompe Luck.

<< Non serve a niente litigare adesso, piuttosto saltate dietro, guiderà Derek ed io farò da guida >> li interrompo.

E senza nemmeno controbattere fanno proprio come gli ho detto.

<< Non resta che proseguire, vediamo dove ci porterà questa strada >> dico.

Il tempo non promette niente di buono e neanche questa strada. Ci siamo persi, ma non voglio dirlo ad alta voce per non agitare gli altri. Proseguiamo dritti su questa strada, immersi nella natura lontano da tutti e da tutto. E per finire comincia pure a piovere, cosa può capitarci di peggio?

<< Comincia a fare buio, forse è meglio fermarci qui per stanotte >> dico.

<< E dove, in auto? Non se ne parla nemmeno, non mi fermerò finché non troverò un posto dove trascorrere la notte o qualcuno >> risponde Derek.

<< E chi vuoi trovare qui più di lepri e scoiattoli! >> dico.

<< Dormite pure se volete, ma non possiamo fermarci qui per la notte, è troppo pericoloso >> risponde Der.

Sembra deciso nella sua scelta, quindi mi limito a stare in silenzio dato che non ha senso fare da guida in un posto sperduto come questo. Almeno però siamo tutti insieme. Luck e Sam dormono dietro e Der è concentrato sulla strada, non è così che avevo immaginato il nostro viaggio insieme. A quest’ora dovremmo essere nella nostra prima tappa, in un posto dove poter trascorrere la notte. E invece no, siamo stanchi, affamati e in mezzo al nulla.

 

E nel buio della sera si scorge una luce. Sembra un casolare.

<< Guarda c’è una luce lì >> dice Der indicando una casa.

<< Pensi ci sia qualcuno? >> chiedo.

<< Possiamo provare >> risponde.

Si ferma davanti al casolare e scende dall’auto. Piove a dirotto e non posso lasciarlo solo. Scendo anch’io.

Suona il campanello.

<< Torna dentro, ti stai bagnando tutta >> m’invita Der.

<< Anche tu >> rispondo.

Davanti a noi si apre la porta e si presenta un uomo robusto e con i baffi.

<< Chi siete? >> chiede con tono deciso.

<< Ci siamo persi, può indicarci la città più vicina? >> risponde Der.

<< Lebanon è la città più vicina, ma per raggiungerla da qui non vi basterà tutta la notte >> dice l’uomo.

<< Ah, bene, grazie >> risponde Der facendo per andarsene.

<< Non vorrete guidare per tutta la notte con questo tempo >> dice l’uomo.

<< Non abbiamo altra scelta >> risponde Der.

<< Potete fermarvi qui per la notte e ripartire domattina >> dice con tono più amichevole.

<< Va bene grazie >> rispondo in fretta.

<< Prego entrate pure >> ci invita.

<< Non siamo soli, vado a chiamare gli altri >> rispondo.

Der viene con me.

<< Come ti è saltato in mente di accettare, potrebbe essere pericoloso >> dice Der.

<< Avevi un’idea migliore? Siamo stanchi e affamati e poi cosa vuoi che faccia, ci punti un fucile addosso? >> rispondo scherzosa.

<< Divertente, ma io non ci scherzerei >> dice lui.

<< Ragazzi, ragazzi svegliatevi >> dico muovendoli.

<< Che c’è, che è successo? >> chiede Luck balzando dal sedile.

<< Passeremo la notte qui >> rispondo.

Entriamo dentro questo casolare stile antico, tutto in legno all’interno.

<< Vi prendo degli asciugamani per asciugarvi >> dice gentilmente l’uomo.

Sembra carino qui, ma perché mai un uomo debba voler viver qui in mezzo al nulla? All’apparenza sembra un uomo duro e forte, ma in realtà si è mostrato gentile con noi.

Ci ha offerto da mangiare, ne avevamo davvero bisogno e un posto all’asciutto dove poter trascorrere la notte. Grazie.

<< Purtroppo non è grande casa mia, due possono dormire in questa camera e gli altri due sui divani >> dice.

<< Non c’è problema grazie >> rispondo.

Gli altri sono un po’ diffidenti nei suoi confronti, ma io no, sembra simpatico. Non vi nego che appena ha aperto la porta, un brivido mi abbia percorso la schiena, ma mi sbagliavo, è davvero gentile quest’uomo. Forse perché è solo, non penso abbia molte visite qui.

<< Buonanotte allora >> dice entrando in una stanza.

<< Buonanotte >> rispondiamo.

<< Bene, allora come ci sistemiamo? >> chiede Luck.

<< Le ragazze in camera e voi sui divani >> rispondo.

<< Mi sembra giusto >> dice Der.

<< D’accordo allora, buonanotte >> dice Luck baciandomi.

> rispondo dopo essermi staccata il prima possibile.

Sam ed io ci sistemiamo in camera e tra tuoni e lampi ci addormentiamo vicine, come quando eravamo piccole.

<< Sam, dormi già? >> chiedo sottovoce.

<< Più o meno >> risponde.

<< Mi dispiace averti coinvolto in questa situazione >> dico.

<< Non mi hai obbligata, sono voluta venire io >> risponde.

<< Ma io non avrei dovuto permetterlo >> dico.

<< A proposito, perché siamo qui? Non penserai che anch’io abbia creduto a quella storia della tua amica? >> risponde.

<< Sapevo che non ci saresti cascata >> dico.

<< Solo uno come Luck poteva crederci >> risponde ridendo.

<< Abbassa la voce o vuoi che ci sentano >> dico.

<< Allora, perché siamo qui? >> insiste.

<< Non avevi sonno tu? >> rispondo sarcastica.

<< Non cambiare argomento, ormai mi è passato >> dice.

<< La storia è vera, solo che non stiamo affrontando il viaggio per la mia amica ma per Derek >> rispondo.

Posso raccontarle la verità, io mi fido di lei.

<< Derek? È sua madre che stiamo cercando? >> chiede incredula.

<< Esatto e non deve saperlo nessuno, soprattutto Luck >> rispondo.

<< Da me non uscirà una parola, soprattutto con quello >> dice con tono dispregiativo.

<< Adesso possiamo dormire? >> chiedo.

<< Va bene, notte >> risponde girandosi dall’altra parte.

<< Ma tu che centri con Derek? >> chiede dopo nemmeno due minuti.

<< È una storia lunga te la racconterò un’altra volta >> rispondo.

<< No, no, ti prego, non posso aspettare >> risponde.

<< Lasciami dormire >> dico.

<< Non sarà mica il tuo ragazzo? >> chiede.

Mi volto verso di lei.

<< Cosa ti salta in mente >> rispondo.

<< Conosco quello sguardo, tu e Derek state insieme >> dice.

<< No >> rispondo secca voltandomi dall’altro lato.

<< E invece sì, ecco perché Luck non deve saperlo >> dice.

Non rispondo, faccio finta di non sentire.

<< Ti prego, dimmi solo sì o no >> continua.

La sua domanda non ha una risposta.

<< Sì >> dico dopo un po’.

Non so se mi ha sentita, forse dormiva già.

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Meglio così ***


Meglio così

<< Sveglia dormiglioni >> dico vicino a loro in salotto.

<< Ma che ore sono? >> chiede Der.

<< Le 06.30 >> risponde Sam.

<< È ancora presto >> dice Luck voltandosi dall’altra parte.

<< Non arriveremo mai a Pittsburgh di questo passo >> rispondo.

Si alzano di malavoglia e nel frattempo arriva l’uomo.

<< Siete già in partenza? >> chiede l’uomo.

<< Sì, altrimenti non arriveremo mai >> rispondo scherzosa.

<< Vi preparo delle provviste per il viaggio, almeno non patirete la fame se vi doveste perdere di nuovo >> dice dirigendosi verso la cucina.

<< Speriamo di no, comunque grazie >> rispondo.

Ci consegna il sacchetto e ripartiamo dopo ovviamente avergli chiesto indicazioni per raggiungere la città più vicina.

Siamo tutti un po’ stanchi, Derek è concentrato sulla guida, Sam sembra annoiata e Luck non mi si stacca di dosso.

<< Perché non facciamo un gioco? >> chiede Sam.

<< Che genere di gioco? >> rispondo.

<< Obbligo o verità >> dice.

<< Non mi sembra divertente >> interviene Luck.

<< Dai proviamo, giusto per passare un po’ di tempo >> dice Derek.

<< Cominciamo proprio da te allora >> gli dice Sam.

<< Sono pronto >> risponde scherzoso Der.

<< Obbligo o verità? >> chiede lei.

<< Verità >> risponde Der.

<< Vediamo… cosa posso chiederti… ami la tua fidanzata? >> chiede Sam.

Der mi lancia un’occhiata dallo specchietto retrovisore.

<< Sì, certo >> risponde.

<< E lei ama te? >> insiste Sam.

<< Spero di sì >> risponde.

<< E come vi siete conosciuti? >> continua a chiedere curiosa.

<< Questa è più di una domanda Sam, passa oltre >> intervengo.

<< Bene Lila allora tocca a te, obbligo o verità? >> chiede Sam.

Un’altra scomoda verità non la posso tollerare. Queste domande a trabocchetto sono tipiche di Sam.

<< Obbligo >> rispondo sodisfatta.

<< Uhm… devi baciare il tuo fidanzato >> dice.

Maledetta a me che ho detto obbligo e anche a lei. Il mio fidanzato. Chi dei due?

Der mi lancia certe occhiate dallo specchietto che mi gelano il sangue. Devo farlo, non ho scelta.

<< Per noi non è proprio un obbligo, vero tesoro? >> dice Luck.

<< Infatti, che razza di obbligo è! >> rispondo verso Sam.

Mi volto verso Luck e faccio quello che mi ha detto mia sorella. La mia dolce e tenera sorella.

<< Adesso tocca a te Sam, obbligo o verità? >> chiedo.

<< Obbligo >> risponde.

Bene, bene, bene, cosa posso escogitare per fargliela pagare?

Niente, non ho idee.

<< Se vuoi, ho io in mente cosa farle fare >> dice Luck.

<< Va bene, dillo tu >> rispondo.

<< Devi lasciarmi dormire con tua sorella una notte >> dice Luck contento.

Cosa?

<< Non sono io a scegliere >> risponde lei.

<< Non credo tua sorella sia contraria >> dice Luck.

Derek non dice nulla e neanch’io. Non saprei cosa dire.

<< E loro dovrebbero dormire insieme? >> chiedo.

<< Non c’è niente di male e poi Derek è fidanzato >> risponde Luck.

<< Ma non hanno confidenza, si conoscono appena >> dico.

<< E allora? Non devono fare niente, solo dividere la stessa stanza >> risponde lui.

<< Dovresti accettare la richiesta del tuo fidanzato >> dice di punto in bianco Der sottolineando l’ultima parola.

Sono stupita dal suo comportamento, non avrei mai pensato che mi spingesse a fare una cosa simile.

<< Vedi, lo dice anche lui, penso che faresti altrettanto se la tua ragazza fosse qui >> dice Luck.

<< Infatti, se fosse qui >> risponde Der guardandomi dallo specchietto.

Che situazione imbarazzante, come ne usciamo?

<< Perché non ascoltiamo un po’ di musica? >> dico facendo cenno a Sam di accendere la radio.

Per fortuna che esiste la musica, come avrei fatto altrimenti?

Proseguiamo spediti verso la nostra prossima tappa o almeno una città dove trascorrere la notte che verrà.

 

<< Che succede? >> chiede Sam vedendo rallentare l’auto.

In effetti, perché ci stiamo fermando in piena autostrada?

<< Non lo so, il motore è acceso ma la macchina non cammina >> risponde Der.

<< Che significa? >> chiedo.

<< La benzina non può essere, altrimenti si sarebbe spento il motore >> dice Luck.

Der scende dall’auto e Luck lo segue. Sembra strano vederli insieme a collaborare.

<< Allora? >> chiedo abbassando il finestrino.

<< C’è una gomma a terra, abbiamo bucato >> risponde Der.

Perfetto, ci mancava solo questo. Che viaggio sfortunato.

<< Riesci a cambiarla? >> chiedo.

<< Non lo so, non l’ho mai fatto >> risponde Der.

<< L’ho visto fare una volta, proviamoci >> dice Luck.

Prendono la ruota di scorta e tutto l’occorrente per cambiarla e si mettono a lavoro. Sam ed io restiamo in auto, ne approfitto per chiedere spiegazioni.

<< Come ti è saltato in mente? >> chiedo sottovoce.

<< Cosa? >> risponde.

<< Come cosa il gioco, per le domande a Derek e per avermi fatto baciare Luck >> dico.

<< Io non ho detto Luck >> risponde.

<< Ma è scontato >> dico.

<< Quindi è un sì? >> chiede.

<< Un sì cosa? >> rispondo.

<< Che stai con Derek >> dice.

<< Tutto apposto, possiamo ripartire >> dice Der entrando in macchina.

<< Sì? >> chiedo.

<< Era la mia risposta? >> chiede Sam scherzosa.

<< Andiamo? >> dice Luck salendo a bordo.

<< Sì >> rispondo.

<< È un sì alla mia domanda? >> insiste Sam.

<< Quale domanda? >> chiede Der.

<< Niente, cose da ragazze >> rispondo.

Accende il motore e ripartiamo, speriamo senza intoppi stavolta. È una situazione un po’ strana quella in cui mi trovo adesso, sono in auto con il mio fidanzato, il mio ex che non sa di esserlo e mia sorella capricciosa. Ci si mette anche lei. Non bastano già i problemi che ho?

Derek, Luck, di nuovo Derek e poi Luck, io non voglio fare soffrire nessuno, ma che qualcuno lo farà è inevitabile. Adesso Der e poi Luck.

 

 

<< Dove siamo? >> chiede Sam dopo qualche ora.

<< Non lo so >> risponde Der.

<< Ci fermiamo qui per stanotte? >> chiede Luck.

<< Non sappiamo quanto dista la prossima città, forse conviene fermarci qui >> rispondo.

<< Come volete, cerchiamo un hotel allora >> dice Der.

Ci mettiamo subito all’opera, Der è concentrato sulla strada ed io, Sam e Luck guardiamo a destra e sinistra per cercare qualche hotel. Ma niente, neanche l’ombra.

<< Proviamo a chiedere a qualcuno >> dice Sam.

<< Là c’è un signore, accosta vicino a lui >> dico.

<< Scusi, sa per caso dove possiamo trovare un hotel? >> chiede Der.

<< Mi sembra che ce ne sia uno fuori città, andate sempre dritto e poi dopo quella rotonda a destra >> risponde.

<< E lo troviamo lì? >> chiede Der.

<< No, dovete camminare un bel po’, in pratica dovete uscire dalla città >> risponde.

<< Va bene, grazie >> dice Der ripartendo.

<< Avete capito qualcosa? >> chiedo scherzosa.

<< Non ci sono hotel qui, ma che razza di città è? >> risponde Luck.

<< È un paesino >> dice Sam.

<< Si vede >> risponde Der.

<< Be, tu sei abituato alle metropoli come New York… >> dice Luck.

<< Anche tu, a Millville non mancano di certo gli hotel >> intervengo.

Proseguiamo sulla strada che ci ha indicato quel passante, speriamo sia giusta.

<< Guarda, sembra un hotel >> dice di colpo Sam indicando un posto.

<< Sì, è vero >> rispondo.

<< Più che un hotel direi un motel >> dice disgustato Luck.

<< Accontentati, preferisci dormire in macchina? >> risponde Der posteggiando.

Prendiamo le poche valige che abbiamo, tranne Sam che sembra si sia portata tutto l’armadio ed entriamo.

<< Buonasera >> dico avvicinandomi al bancone.

<< Salve, cosa posso fare per voi? >> chiede.

<< Avete una stanza per la notte? >> chiede Der.

<< Due camere >> sottolinea Luck.

<< Controllo subito >> risponde.

<< No, mi dispiace, rimane solo una camera >> continua dopo un po’.

Un motel che si trova in un posto sperduto e non ha due camere per noi?

<< Una quadrupla >> sottolinea.

<< Sarebbe perfetta, ci andremmo tutti >> dice Sam.

<< Va bene, la prendiamo >> dico.

Luck e Derek non penso siano d’accordo. Luck perché voleva una camera solo per noi due e Derek perché deve dormire nella stessa stanza con Luck. In realtà è già successo la scorsa notte ma io non c’ero. Adesso è diverso, credo.

<< Ecco a voi le chiavi, buonanotte >> dice consegnandocele.

Saliamo in camera e sono io ad aprire la porta. Sembra spaziosa e carina, peccato che abbia un matrimoniale e due singoli.

<< Carino qui >> dice Sam.

<< Meglio del divano >> risponde Der.

<< Avevo la schiena a pezzi, per fortuna questa notte dormirò in un comodo letto, a proposito, come ci sistemiamo? >> chiede Luck.

<< Le donne nel matrimoniale e gli uomini nei singoli >> dice Sam.

<< E l’obbligo di Sam? >> chiedo.

Meglio dormire in una quadrupla con Luck piuttosto che dormire da soli. Penso sia meglio per Derek.

Sam sembra avermi capito.

<< Giusto, se vuoi, puoi dormire con mia sorella stanotte >> dice Sam.

<< Non era questo quello che intendevo per dormire con tua sorella >> risponde Luck.

<< Prendere o lasciare? >> chiede Sam.

<< Va bene, mi accontento per questa volta >> risponde.

Meglio così. Vedo Der torcersi dai nervi, anche se all’apparenza sembra indifferente.

 

E sistemati così ci addormentiamo. Dormire, questa notte non so cosa sia. Penso a Der che mi vede nel letto con Luck e non riesco ad alleviare il suo dolore. È un uomo, avrà pure un po’ di orgoglio maschile e vedere la propria fidanzata dormire nel letto con un altro non credo sia cosa facile.

Basta, mi alzo, non posso restare qui. Sgaiottolo fuori dalla stanza cercando di non fare rumore. È una tranquilla serata di fine estate, preferisco stendermi sull’erba a guardare le stelle piuttosto che stare in quella stanza.

<< Che ci fai qui fuori? >> chiede una voce che conosco bene dopo qualche minuto.

<< Non riuscivo a dormire >> rispondo.

Si avvicina a me e si stende anche lui a guardare le stelle.

<< Da qui si vedono meglio le stelle >> dice.

<< Anche dal nostro posto speciale >> rispondo.

<< Anch’io non riuscivo a dormire >> dice.

<< A causa mia? >> chiedo.

<< Perché dovrebbe essere colpa tua? >> risponde.

<< Perché ero nel letto con Luck davanti a te >> dico.

<< Forse anche per quello, ma non solo >> risponde.

<< Mi dispiace, pensavo preferissi vederci nella stessa stanza piuttosto che pensare che fossimo soli in un’altra >> dico.

<< Lo so, tu stai facendo di tutto per evitare di infastidirmi, lo vedo, solo che non voglio farlo insospettire, è per questo che ti ho spinta a dormire con lui >> risponde.

<< Ecco perché, non capivo questa tua idea >> dico.

<< Io non permetterei mai di farti dormire con un altro se non fossimo in questa situazione >> risponde.

<< Io non vorrei dividere il letto con nessun altro se non tu, vedi siamo legati >> dico mostrandogli il bracciale che indossa.

<< Oggi mi era scivolato mentre cambiavo la gomma, è stato Luck a trovarlo e a consegnarmelo >> risponde.

<< Sul serio? E non ti ha detto niente? >> chiedo.

<< No, perché avrebbe dovuto? >> risponde.

<< Meglio così >> dico.

Sul bracciale sono incise le nostre iniziali, per fortuna non se n’è accorto. Era sicuramente preso dal cambiare la ruota talmente tanto per farsi vedere “Macio” che non ha guardato il bracciale. Meglio così.

<< Adesso è meglio se torniamo in camera, potrebbero svegliarsi e non trovarci >> dice Der.

<< Luck potrebbe pensare male >> rispondo.

<< E anche tua sorella >> continua.

<< No, Sam no >> rispondo.

<< Come fai a esserne sicura? >> chiede.

<< Vedi, lei… sa tutto o quasi >> rispondo.

<< Sam sa di noi? >> chiede sbalordito.

<< Credo di sì, l’altra notte mi ha chiesto il perché del viaggio… >> rispondo.

<< Non ha creduto alla storia di Cloe? >> chiede interrompendomi.

<< No, infatti, le ho dovuto raccontare che eri tu e non Cloe la causa del viaggio >> rispondo.

<< E le hai raccontato tutta la storia? >> chiede.

<< No, ho detto solo che era tua madre che stiamo cercando e non quella di Cloe >> rispondo.

<< E come ha capito di noi? >> chiede.

<< Non so se l’abbia capito, ma non è mica stupida, perché sarei dovuta venire con te? >> rispondo.

<< Certo e come lei anche Luck lo scoprirà presto >> dice.

<< No, Luck non lo scoprirà, sarò io a dirglielo >> rispondo.

<< Spero tu abbia ragione >> dice.

<< Adesso andiamo dai >> rispondo alzandomi.

Torniamo in camera, prima di scambiarci segretamente l’ennesimo bacio. Mi è mancato poterlo fare e se il destino ci ha voluto fare questo scherzo, forse è meglio così.

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Niente è più come prima ***


Niente è più come prima

Ormai siamo vicini a Pittsburgh, penso che domani Der potrà rivedere sua madre. Se è lei. Lo spero tanto, perché non so se può superare un’altra delusione. Siamo un po’ in ritardo con la tabella di marcia a causa di tutti gli intoppi che ci sono capitati durante il viaggio. Ma adesso andrà tutto per il meglio, ne sono sicura, me lo sento.

<< Come faremo quando incontreremo la madre di Cloe? >> chiede Luck.

<< Cerchiamo di riportarla a casa >> rispondo.

<< Sì, ma come? >> chiede.

<< Le diremo che manca molto a sua figlia e che vuole che torni a casa >> risponde Sam.

Der sembra non voglia parlare di quest’argomento davanti a tutti, forse è meglio cambiare discorso.

<< Muoio di fame, ci fermiamo a prendere qualcosa? >> chiedo.

<< Siamo in piena autostrada, non penso ci saranno locali >> risponde Luck.

<< Al prossimo autogrill possiamo prendere qualcosa e ripartire subito dopo >> dice Der.

<< Ottima idea >> risponde Sam.

E così faremo.

Prima di scendere dall’auto per comprare qualcosa però Luck mi blocca per un braccio.

<< Perché non ci portate qualcosa voi, mentre noi restiamo qui? >> chiede Luck.

<< Non mi sembra il caso, e poi sono stanca di stare seduta >> rispondo.

<< Dai tesoro >> insiste.

<< Va bene, vi porteremo qualcosa noi >> dice Der mentre si dirige con Sam verso l’interno del locale.

<< Perché sei voluto restare qui? >> chiedo quando restiamo soli in auto.

<< Volevo restare un po’ da solo con te >> risponde.

<< Siamo sempre insieme >> dico.

<< Non come vorrei, è quasi un anno che ci conosciamo e che stiamo insieme e non abbiamo mai… >> risponde con il suo sguardo malizioso.

So dove vuole arrivare.

> chiedo facendo finta di niente.

<< Siamo in vacanza, quale momento migliore >> risponde.

<< Non è proprio una vacanza Luck, lo sai >> dico.

<< Poco conta, non siamo mai rimasti soli, sempre con Derek e Sam >> risponde.

<< Sapevi fin dall’inizio la situazione >> dico.

<< A proposito, i tuoi sanno che tu e Sam siete qui? >> chiede con tono sberleffo.

<< Che cosa centrano i miei adesso? >> chiedo.

<< Dalla tua risposta deduco che sia un no, allora si arrabbierebbero molto se lo venissero a sapere >> risponde.

<< Cos’è, vuoi fare la spia? >> chiedo con tono seccato.

<< No, non lo farei mai, questo significherebbe allontanarmi da te ed è l’ultima cosa che voglio >> risponde.

<< Ma… >> lo interrompo.

<< Non c’è nessun ma, è chiedere troppo voler trascorrere una serata da soli con la propria fidanzata? >> dice sarcastico.

<< Questa non sembra una richiesta ma una minaccia >> rispondo.

<< Io non ho detto questo >> dice.

<< Ma lo hai fatto capire >> rispondo.

<< Non farei mai una cosa simile contro la tua volontà >> dice.

<< Saresti capace di peggio >> rispondo.

<< Che cosa stai dicendo, sai benissimo che non è vero >> dice alterandosi.

<< Non so più cosa è vero, Luck >> rispondo.

<< Io lo sono, il nostro amore è vero >> dice.

Amore? E lui mi parla di amore adesso?

Meglio non controbattere, sarebbe inutile.

<< Dimmi almeno che ci penserai >> continua.

<< Eccoli qui, due panini solo per voi >> ci interrompe Sam aprendo lo sportello della macchina.

<< Che succede? >> chiede Der vedendomi un po’ arrabbiata.

<< Niente >> mi limito a dire.

Prendo il mio panino e comincio a morderlo a denti stretti e con tutta la forza che ho. Immagino che sia Luck. Se prima ero triste e dispiaciuta di doverlo lasciare adesso non è più così, per niente. Ma non posso farlo adesso, Luck lo direbbe ai miei genitori e questo manderebbe tutto a rotoli. Non posso permetterlo.

Per tutto il resto del viaggio resto in silenzio, non ho parole e Der l’ha notato. Ha notato il mio stato d’animo e forse anche Sam. Ma non posso dirlo a nessuno. Se Der venisse a sapere una cosa simile andrebbe su tutte le furie.

 

<< Ci fermiamo qui per questa notte? >> chiede Der.

<< Vediamo se è libero questo hotel >> risponde Luck scendendo dall’auto.

<< Aspettate qui voi, è inutile scendere tutti >> dice Der.

Sam ed io restiamo in auto, proprio come ci hanno detto.

<< Cos’è successo? >> chiede Sam.

<< Niente, perché me lo chiedi? >> rispondo.

<< È stato Luck? >> chiede.

<< Perché insisti, ti ho già detto che va tutto bene >> rispondo duramente.

<< È libero, possiamo fermarci qui >> ci interrompe Der tornando in auto.

Scendiamo dall’auto e ci dirigiamo verso l’interno.

<< Sono due doppie >> dice Luck tutto contento.

<< Bene allora, Lila ed io, tu e Derek >> risponde Sam.

<< Io pensavo che potessi svolgere il tuo obbligo per questa notte >> dice Luck.

<< Ho già svolto il mio obbligo la scorsa notte, ti ricordi? >> risponde Sam.

<< Era un obbligo a metà e l’altra metà sarà stanotte >> dice Luck.

<< Va bene Sam, tranquilla, dormirò con Luck >> li interrompo.

Derek sembra sorpreso, non so che farci, in fondo è per lui quello che sto facendo.

Ci sistemiamo ognuno nelle nostre camere e Luck è qui con me. Odio restare con lui. Proprio così, non ho mai voluto essere da un’altra parte così come adesso.

<< Ci hai pensato? >> chiede.

<< A cosa? >> rispondo facendo finta di non capire.

Quanto vorrei non aver capito.

<< Sai bene a cosa mi riferisco >> dice.

<< Alla tua minaccia? >> chiedo.

<< Chiamala pure come vuoi, il fatto è che non posso più resisterti >> risponde.

<< Non è così che si usa fare di solito >> dico.

<< E come allora, io ci ho provato in tutti i modi >> risponde.

<< Non puoi costringermi a fare qualcosa che non voglio >> dico.

<< Sai che non lo farei mai >> risponde.

<< Ma se io non farò quello che dici tu dirai ai miei che sono qui, non è vero? >> chiedo.

<< Lila… >> dice avvicinandosi.

<< Ho bisogno di una boccata d’aria >> rispondo uscendo da questa stanza.

Come può chiedermi una cosa simile dopo tutto quello che c’è stato tra noi? Non lo riconosco più. Lui non è il mio vecchio Luck o forse è sempre stato così ed io non me ne sono voluta accorgere.

<< Che fai qui? >> mi chiede una voce che conosco alle mie spalle.

<< Avevo bisogno di un po’ d’aria >> rispondo.

<< Vuoi dirmi perché sei così? >> chiede.

<< Non posso, tu non puoi capire >> rispondo.

<< Cosa non posso capire Lila, sono tua sorella, chi meglio di me può capirti? >> dice.

Una lacrima mi riga il viso.

<< È stato Luck vero? >> chiede.

Annuisco, non so cosa dire.

<< Cosa ti ha fatto quello, giuro che… >> continua.

<< Mi ha chiesto di passare la notte con lui >> dico con un filo di voce.

<< E tu non vuoi? >> chiede.

<< Certo che no Sam, io amo Derek >> rispondo.

<< E allora digli di no >> dice.

<< Non posso >> rispondo.

<< E perché mai? >> insiste facendo una faccia strana.

<< Perché direbbe a mamma e papà che siamo qui e Derek non potrà rivedere sua madre >> rispondo.

<< Che gran… >> dice.

<< Shh… abbassa la voce, giurami che Derek non saprà mai niente di tutto questo >> rispondo.

<< Lila tu non puoi fare una cosa simile >> dice.

<< Hai un’altra soluzione? >> chiedo.

<< C’è sempre un’alternativa, è così che dici sempre tu no? >> risponde.

<< Anch’io lo pensavo, ma questa volta no >> dico.

<< Lo farò io >> risponde.

<< Che cosa? >> chiedo.

<< Starò io con Luck, non è mica la prima volta >> risponde scherzosa.

<< Non sai quello che dici Sam >> dico.

<< Sì invece, è la soluzione perfetta e poi non è proprio una penitenza >> risponde scherzosa.

Mente. Non sopporta Luck ormai. Forse in passato sarebbe stata contenta di una cosa così, ma non adesso. Non più.

<< Non permetterò mai che tu faccia una cosa simile per me >> dico.

<< Questo è il modo per farmi perdonare della notte del ballo >> risponde.

<< Ti ho già perdonata per quello >> dico.

<< Ma io non sento che ti ho ricambiata >> risponde.

<< No Sam, è fuori discussione >> dico.

<< Dai, perché no, penso a tutto io >> risponde.

<< E come credi di fare, è stupido sì, ma sa riconoscere la differenza tra me e te >> dico.

<< Lo benderai, così sarà tutto più magico >> risponde.

<< Hai visto troppi film, non funzionerà >> dico.

<< E invece sì, fidati di me >> risponde.

<< Io mi fido di te ma non posso permetterti di fare una cosa simile, non me lo perdonerei mai >> dico.

<< Tu non mi hai costretto a fare niente, io ti ho rovinato la vita a scuola, con mamma e ci ho provato pure con Luck e adesso voglio farmi perdonare, ti prego, lascia fare a me >> risponde.

L’abbraccio forte, quasi la strozzo. Ho ritrovato Sam, la vera Sam, la mia prima migliore amica.

<< Dovrai bendarlo tu, non posso fare tutto io >> dice con tono scherzoso.

<< Ti voglio bene Sam >> dico abbracciandola di nuovo.

<< Dai, devo prepararmi per la serata >> dice scherzosa.

<< Scema, lo so che lo fai solo per me >> rispondo.

Torniamo in camera e mi attengo al piano, spero vada tutto bene.

<< Ehi, dove sei stata? >> chiede Luck.

<< Ho fatto due passi e… sì >> rispondo.

<< Sì cosa? >> chiede.

<< Va bene, accetto la tua proposta >> rispondo.

<< Davvero? >> dice venendo verso di me.

<< A una condizione però >> dico.

<< Non lo dirò ai tuoi, tranquilla >> risponde.

<< Non questo, cioè sì anche, però dovremo bendarci >> dico.

<< Bendarci? Che idea è questa? >> chiede scherzoso.

<< Sarà tutto più magico, voglio che tutto sia perfetto >> rispondo.

<< D’accordo, come vuoi, allora fammi contemplare ogni singolo particolare del tuo corpo >> dice.

<< Conosci già i miei lineamenti >> rispondo.

Comincia a baciarmi il collo, non vedo l’ora che finisca.

<< Aspetta >> dice di colpo.

<< Cosa? >> chiedo.

<< Io ho già visto questo ciondolo >> risponde toccandomi la collana.

Oh no, non si prospetta niente di buono.

<< Non può essere, è la prima volta che la indosso >> dico mentendo.

<< Non su di te >> dice uscendo dalla stanza.

<< Luck, Luck dove vai… >> dico inseguendolo.

Nella stanza di Derek. Oh cavolo!

<< Ehi, che succede? >> chiede Der vedendoci arrivare.

Luck lo afferra per il braccio e lo guarda attentamente.

Il bracciale. Ha capito tutto.

<< Ecco dove lo avevo visto >> dice.

<< Qualcuno può spiegarmi che succede? >> chiede Der.

<< Avete qualcosa da dirmi voi due, perché avete lo stesso ciondolo? >> chiede Luck nervoso.

<< Ciondolo, cosa dici, dai i numeri per caso? >> risponde Der.

Mi tira verso di se con forza e avvicina il mio ciondolo a quello di Derek.

<< Non trattarla così >> dice Der avvicinandosi a lui.

<< Altrimenti? >> risponde Luck.

<< Altrimenti dovrai vedertela con me >> dice Der con tono minaccioso.

<< Ragazzi non è necessario tutto questo, calmatevi >> dico cercando di placare gli animi.

Luck si avvicina a me e guarda il ciondolo.

<< L e D, Lila e Derek, che romantico >> dice sarcastico tirandomi la collana che finisce per terra.

Derek sferra un pugno a Luck e lui fa altrettanto. Cominciano a picchiarsi ed io non so cosa fare. Resto paralizzata, immobile, ma devo fare qualcosa.

<< Sam, Sam >> urlo.

Lei non risponde. Volevo dirle di chiamare qualcuno, non voglio e non posso allontanarmi da qui, ma non mi ha sentita.

<< Sai cosa ti dico, stavo pure per andare a letto con la tua ragazza >> dice con tono contento Luck.

Derek lo attacca con più ferocia, si accanisce su di lui come non avevo mai visto fare in vita mia.

Scendo subito nella hall a chiamare qualcuno, non durerà a lungo tutto questo.

Per fortuna due uomini riescono a dividerli. Sono pieni di lividi e tutto a causa mia. È tutta colpa mia.

Sam resta con Luck, io vado con Derek. Lui è sconvolto, non mi guarda nemmeno negli occhi. Penso sia per quello che gli ha detto Luck.

Prendo l’alcool e il cotone per medicargli le ferite, ma lui non vuole. Insisto, non posso lasciarlo in questo stato.

<< Dimmi solo una cosa, è vero quello che ha detto? >> chiede Der.

<< Sì >> rispondo medicandogli le ferite sul viso.

È inutile girarci intorno. Si scosta e si allontana da me.

<< Come hai potuto >> dice furioso.

<< Der non è successo niente >> rispondo.

<< Ma sarebbe successo se non avesse visto la collana >> dice.

<< Non è proprio così Der, tu non puoi capire >> rispondo.

<< Allora aiutami tu a capire, perché non rispondo più di me stesso >> dice.

<< Non posso, ma ormai è tutto finito >> rispondo.

<< Lila o mi dici tutto o lo scoprirò da solo, non so cosa è meglio >> dice.

Forse è meglio che sia io a dirgli tutto. È inutile negare l’evidenza.

<< Oggi Luck mi ha proposto una notte con lui ed io ovviamente ho rifiutato, ma se non l’avessi fatto, lui avrebbe detto ai miei che sono qui e questo avrebbe rovinato il viaggio >> dico.

<< Quindi hai pensato di accettare >> risponde furioso.

<< Che cosa avrei potuto fare? >> chiedo.

<< Avrebbe fatto tutto questo contro la tua volontà? Non vale niente come uomo >> risponde.

<< Non volevo tu venissi a saperlo >> dico.

<< Perché sai che non l’avrei mai permesso. Non scambierei mai te per uno stupido viaggio per trovare forse qualcuno che mi ha abbandonato >> risponde.

<< Io non te l’avrei mai permesso e non me lo sarei mai perdonata >> dico.

<< Stavi per fare tutto questo per me? >> chiede.

<< Sam stava per farlo >> rispondo.

<< Che cosa centra Sam? >> chiede.

<< Lei ha capito tutto e si è offerta di stare con Luck >> rispondo.

<< Tua sorella avrebbe fatto tutto questo per me? >> chiede sorpreso.

<< In realtà lo avrebbe fatto per me, ma in fondo anche per te, per noi >> rispondo.

<< Devo ringraziarla allora >> dice facendo per andarsene.

<< È con Luck adesso, non è una buona idea >> rispondo.

<< Meglio se c’è anche lui, gli darei un’altra lezione >> dice.

<< Ormai è finita Der >> rispondo.

<< Niente è più come prima >> dice.

<< Noi lo siamo amore, noi >> dico prendendogli il viso tra le mani.

Mi stringe a se, quasi non permettendomi di respirare. Adesso sento che è mio e niente al mondo può portarmelo via. Ma è vero, da adesso niente è più come prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Indimenticabile ***


Indimenticabile

<< Ma non possiamo lasciarlo qui >> dico insistendo.

<< Non m’interessa, non darò un passaggio a un mascalzone come quello >> risponde Der.

<< Ha detto a Sam che possiamo lasciarlo da sua zia, vive vicino a Pittsburgh, in un paesino di passaggio, non ci costerà nulla >> dico.

<< E per quale motivo dovrei essere gentile con lui? >> chiede.

<< Non lo rivedremo più Der, è l’ultima cosa che facciamo per lui, promesso >> rispondo.

<< Perché insisti tanto, provi ancora qualcosa per lui? >> chiede geloso.

<< Ma che sciocchezze stai dicendo, solo che non voglio lasciarlo qui in mezzo al nulla >> rispondo.

<< Va bene, se ci tieni tanto lo porteremo dove dici, ma non guiderò io >> dice.

<< Vuoi che guidi lui? >> chiedo.

<< Assolutamente no, è già tanto che lo faccio sedere su un sedile >> risponde.

<< E allora chi, Sam non ha la patente >> dico.

<< Tu >> risponde.

<< Io? Io non so guidare una jeep come questa e poi sai che non amo guidare >> dico.

<< Allora è il momento di superare le tue paure riguardo alla guida >> risponde.

<< Non puoi farlo tu e basta? >> chiedo speranzosa.

<< Io non accompagnerò quello lì, se vuoi puoi farlo tu >> risponde convinto.

<< E va bene, se moriremo tutti sarà colpa tua >> dico scherzosa.

<< Sarai bravissima >> risponde baciandomi la fronte.

Ecco Luck e Sam, sembra conciato male più di quanto me lo ricordassi. Saliamo a bordo e in auto cala il silenzio. Riesco quasi a percepire il gelo.

<< Perché sei da quel lato? >> mi chiede Sam.

<< Secondo te? >> rispondo sarcastica.

<< Guiderà tua sorella >> dice Der.

<< E perché? >> chiede Sam.

Derek non risponde, meglio così, potrebbe ricominciare a pizzicarsi con Luck.

<< Perché mi andava di farlo, tutto qui >> rispondo accendendo il motore.

Partiti. Spero vada tutto bene come dice Derek, non ho mai guidato in autostrada e spero di non doverlo fare mai più.

<< Dove siamo diretti? >> chiedo concentrata.

<< A Penn, è lì dove ho trascorso molte vacanze, da mia zia Caroline >> risponde Luck.

<< Bene, allora dovrò seguire la segnaletica per Penn >> dico.

E di nuovo cala il silenzio. Tutto tace, nessuno apre bocca. Mi stupisce che anche Sam non parli, non è da lei.

 

 

Eccoci a Penn, sembra carino qui.

<< Da che parte devo andare per la casa di tua zia? >> chiedo.

<< Ti guido io >> risponde Luck.

Mi indica la strada da percorrere e arriviamo di fronte la casa della zia di Luck. Casa, villa casomai!

<< Bene, sono arrivato al capolinea, grazie del passaggio e… >> dice Luck.

<< Ciao Luck >> lo interrompo.

<< Infatti, ciao >> termina scendendo dalla macchina.

Derek non lo saluta nemmeno, non gli ha più rivolto la parola da ieri sera. È arrabbiato, anzi furioso con lui.

<< Aspetta ti aiuto con le valige >> dice Sam seguendolo all’interno della villa.

Io e Derek restiamo in auto ad aspettare Sam.

Un minuto, due minuti, cinque minuti, un quarto d’ora, comincio a preoccuparmi, forse è meglio scendere a controllare.

<< Che fine ha fatto Sam? >> dico.

<< Starà per arrivare, aspetta un attimo >> risponde Der.

Altri dieci minuti.

<< Der io entro, devo vedere che succede >> dico scendendo dall’auto.

<< Aspetta, vengo con te >> risponde seguendomi.

Arriviamo davanti alla porta d’ingresso e suono il campanello.

<< Sì? >> chiede qualcuno.

<< Sono un’amica di Luck >> rispondo.

Davanti a noi si apre la porta. Che bella casa!

<< Buongiorno >> dico entrando.

<< Bu… Derek >> esclama colei che ci ha appena aperto la porta.

Questa donna conosce Derek? Qui?

Derek resta pietrificato, come se avesse visto un fantasma. Poi si muove, se ne va.

<< Derek aspetta >> dice la donna inseguendolo.

Non capisco più niente, qualcuno può spiegarmi che succede?

Lo afferra per il braccio e lo volta verso di lei. Lo abbraccia e lui non la rifiuta. Una lacrima gli riga il volto, strano, lui non mostra mai le sue emozioni. Vorrei avvicinarmi ma non vorrei rovinare questo momento. Forse so chi è quella donna. È lei, deve esserlo per forza.

Restano abbracciati per almeno cinque minuti a piangere l’uno nelle braccia dell’altra, come se si stessero liberando del peso che hanno portato per tutti questi anni: stare lontani l’uno dall’altro.

<< Lila >> urla Derek verso di me facendomi cenno di avvicinarmi.

Un altro Derek mi si presenta davanti.

<< Ti presento mia madre e lei è la mia fidanzata Lila >> dice Der presentandoci.

Di colpo Der sembra cambiato. Il suo lato duro e serio sembra svanito lasciando il posto a quello che forse solo io conoscevo.

<< Molto piacere Mary >> rispondo.

<< Conosci il mio nome, Derek deve averti parlato molto di me >> dice.

<< In realtà è lei che mi ha spinto a cercarti, ma non sapevo che vivessi qui >> dice Der.

<< Lavoro per la signora Miller da anni ormai, devo e voglio raccontarti tutto, ma prima devo chiederti scusa per essermene andata lasciandoti solo con tuo padre >> risponde Mary.

<< Hai tempo adesso? >> chiede Der.

<< Non sai quanto ho aspettato questo momento >> risponde lei in lacrime.

Si dirigono verso una panchina, ma non li seguo, avranno molto da raccontarsi.

<< Lila, vieni anche tu >> m’invita Der.

<< Devo raccontarti tutto >> dice Mary.

<< Io non ho segreti con lei, lei è parte di me >> risponde Der.

<< Ma non vorrei rovinare questo momento >> dico.

Lo sguardo di Der mi ha fatto capire cosa devo fare. Devo stargli accanto, anche adesso che ha ritrovato sua madre. Mi siedo vicino a Der e gli tengo la mano mentre cominciano a parlare. Ma Sam? Dov’è finita? Non posso lasciare Der da solo adesso, ma nemmeno Sam. Der ha aspettato questo momento da tredici anni, non posso deluderlo adesso. Mi tranquillizzo, speriamo non sia successo nulla.

<< Ho assunto un investigatore privato e ha trovato una Mary Cooper a Pittsburgh, eri tu? >> chiede Der.

<< Sì, cioè in un certo senso, vedi quando ho lasciato New York, volevo dimenticare tutto, rifarmi una vita, magari con te, ma tuo padre me l’ha impedito. Così sono arrivata a Pittsburgh e li ho conosciuto la mia amica Rebecca, anche lei voleva ricominciare daccapo poiché i suoi genitori non accettavano il suo fidanzato. Così ci siamo scambiate i nomi, i documenti e tutto quanto fosse necessario affinché io fossi lei e lei me. Io qui mi chiamo Rebecca Mendel e lei a Pittsburgh Mary Cooper. Mi è sembrata la cosa migliore da fare, io avrei potuto ricominciare e lei avrebbe potuto vivere tranquilla con il suo compagno, nonché marito adesso >> risponde Mary o Rebecca o come si chiama insomma.

<< Perché non mi hai portato con te? >> chiede Der.

<< Tuo padre non me l’ha permesso, mi ha offerto dei soldi affinché mi scordassi di te, ma quale madre baratterebbe suo figlio per del denaro? >> risponde sua madre.

<< Tu? >> insinua Der duramente.

<< Non l’avrei mai fatto per niente al mondo. Ho rinunciato al denaro e sono andata via >> risponde.

<< Ma perché non hai insistito? >> chiede Der deluso.

<< Che senso avrebbe avuto, conosci tuo padre, non me lo avrebbe mai permesso e poi non volevo rischiare >> risponde.

<< Che cosa non volevi rischiare? >> chiede Der.

<< Che ti abbandonasse in una casa famiglia, lasciandoti da solo. È questo quello che mi ha detto avrebbe fatto se mi fossi fatta rivedere a New York >> risponde.

Wow, sembra quasi impossibile.

<< Quindi lo hai fatto per me, cioè mi hai abbandonato per il mio bene? >> continua a chiedere Der.

<< Sarebbe stata l’ultima cosa che avrei voluto in vita mia >> risponde.

<< Gli ultimi tredici anni della mia vita sono stati un inferno, al pensiero che mi avessi abbandonato, lasciandomi solo e senza avere tue notizie >> dice Der arrabbiato.

<< Per me è stato lo stesso, ogni singolo giorno speravo non ti dimenticassi di me, di colei che ti ha messo al mondo e ti ha dovuto lasciare con tuo padre per il tuo bene. L’ho fatto solo per te, non avrei mai voluto separarmi da te >> risponde Mary.

<< Non credi che avrei preferito vivere con mia madre? >> chiede Der.

<< Lo so tesoro, ma come avrei dovuto fare? Avrei dovuto “rubarti” da tuo padre perché non mi avrebbe mai permesso di portarti con me di sua spontanea volontà e poi che vita ti avrei potuto dare? Girovagare per città, cercare un posto asciutto dove trascorrere la notte, faticare per arrivare alla fine del mese con un misero stipendio che a malapena bastava per sfamarti? Ho preferito lasciarti a casa con tuo padre, almeno potevi vivere in condizioni agiate, andare a scuola… >> risponde dispiaciuta.

<< E non avere nessuno, nessun affetto, nessuna carezza, vivere da solo >> la interrompe Der.

<< Mi dispiace tesoro, io non avrei mai voluto farti soffrire, non è passato giorno senza che io pensassi a te, ad immaginare il tuo volto, i tuoi occhi e a quanti momenti mi stessi perdendo della tua vita >> dice Mary piangendo.

Si abbracciano, si consolano l’uno nelle braccia dell’altra. Una cosa che non hanno potuto fare per tredici anni.

<< Non sapevo questa storia >> dice Der più tranquillo.

<< Lo immaginavo, tipico di tuo padre >> risponde Mary.

<< Ma perché sei qui a Penn? >> chiede Der.

<< Non riuscivo a trovare lavoro a Pittsburgh, così mi sono trasferita qui e la signora Miller mi ha assunto >> risponde.

<< A proposito come avete fatto a trovarmi? >> chiede Mary.

<< Grazie a lei, è lei che mi ha portato qui >> risponde Der indicandomi.

<< Allora devo ringraziare te Lila >> dice Mary.

<< No, io non ho fatto niente, abbiamo solo riaccompagnato Luck >> rispondo.

<< Il nipote della signora Miller, veniva spesso qui >> dice Mary.

Grazie a Luck abbiamo ritrovato la madre di Der. Non pensavo di dirlo ma… grazie Luck.

<< Adesso cosa hai intenzione di fare? >> chiede Der.

<< Non voglio perderti di nuovo >> risponde Mary.

<< Allora vieni con noi a New York e ricominciamo daccapo insieme >> dice Der.

<< Ma non posso, lo sai, tuo padre… >> risponde Mary.

<< Mio padre non può farmi più niente, sono maggiorenne ormai e non gli permetterò di allontanarmi di nuovo da te >> dice Der.

<< Ma come faremo, non posso mica tornare a casa >> risponde.

<< Compreremo una casa e vivremo lì insieme, te lo prometto. A proposito, hai un compagno o un marito o magari anche dei figli? >> chiede Der curioso.

<< No, non ho avuto più nessuna relazione dopo tuo padre e nessun altro oltre a te >> risponde.

<< Quindi non c’è niente che ti trattiene qui >> dice Der.

<< Il lavoro tesoro >> risponde.

<< Ne troverai un altro a New York, è ricca di opportunità >> dice Der.

Lei sembra titubante ma alla fine accetta. Ne sono felice. Sono contenta per Derek. Si stringono forte in un abbraccio prima di dare sfogo alle lacrime. Non vorrei rovinare questo momento ma sono in pensiero per Sam, cosa le sarà successo?

<< Der io vado a cercare Sam >> dico alzandomi.

<< Vengo con te >> risponde.

<< No ti prego, resta qui con tua madre, non voglio essere io a separarvi >> dico.

<< Come vuoi >> dice stringendomi a se.

È felice, lo vedo nei suoi occhi, lo sento nel suo abbraccio. È davvero un nuovo Der. Sono contenta che tutti abbiano la possibilità di conoscerlo fino in fondo. Si è appena tolto una maschera di dosso, un vero passo avanti.

Lo bacio prima di dirigermi verso l’interno della casa. Vorrei trattenermi qui in giardino con loro, ma non posso, devo trovare Sam. Sembra sia stata rapita dagli alieni.

<< Sam? >>urlo dall’ingresso.

<< Salve >> una signora mi si presenta davanti.

<< Buongiorno, cercavo mia sorella Sam >> rispondo.

<< Tu devi essere Lila, vero? >> chiede.

<< Sì, ci conosciamo? >> rispondo.

<< Da poco >> risponde.

Che cosa sta dicendo questa donna? Non l’ho mai vista prima d’ora.

<< Lei deve essere la zia di Luck >> dico.

<< Esatto, vieni, ti porto da tua sorella >> risponde.

<< Grazie >> dico seguendola.

Attraverso mille corridoi arriviamo in una grande stanza, un salotto e c’è Sam. Meno male. Ma non è sola, c’è qualcuno con lei. Un uomo è vicino a una finestra e guarda fuori. È di spalle, chi è?

<< Sam ero in pensiero per… >> dico vedendola.

L’uomo si volta di scatto.

<< Papà >> continuo sorpresa, quasi incredula.

Non posso credere ai miei occhi, che ci fa lui qui?

Sembra serio e arrabbiato, è tutta colpa mia.

<< Vi lascio soli >> dice la signora chiudendo la porta alle sue spalle.

<< Mi avete davvero deluso >> dice papà.

<< Sam non centra papà, è tutta colpa mia >> rispondo.

<< Peggio, hai coinvolto tua sorella, non me lo sarei mai aspettato da parte tua >> dice.

<< Papà mi dispiace io non volevo… >> rispondo.

<< Ormai è tardi Lila, dovevi pensarci prima >> m’interrompe.

<< Ma era una faccenda davvero seria papà, devi credermi >> rispondo.

<< E perché non me lo hai detto? >> chiede.

<< Non mi avresti permesso di andare >> rispondo.

<< Vedo che almeno ti è rimasto un briciolo di buon senso >> dice.

<< Mamma lo sa? >> chiedo preoccupata.

<< No per vostra fortuna, crede che siate a New York dai nonni, dove dovreste essere >> risponde.

Meno male, almeno questo.

<< Ti ha chiamato Luck, non è così? >> chiedo.

<< Magari lo avesse fatto, ti avrò chiamato un migliaio di volte e tu non hai mai risposto. Così sono andato dai nonni e mi hanno detto che eri a Millville con Sam e pensavano che io fossi in vacanza con la mamma. Ho inventato una scusa e ho chiamato vostra madre. Le ho chiesto di voi e mi ha detto che ancora non vi aveva sentito per la giornata così ho capito che non eravate nemmeno a Millville >> risponde.

<< E come hai scoperto che eravamo qui? >> chiedo.

<< Ho pensato che qui a New York avevi un’amica, Cloe, quella di cui mi avevi parlato poco prima, magari sapeva qualcosa, l’ho chiamata e le ho chiesto di te. Mi ha detto che vi eravate viste da poco a New York e ho pensato di dirle che eri in pericolo e avevi bisogno di me. Non avrebbe aperto bocca altrimenti. Mi ha creduto e siamo andati da suo padre. Mi ha spiegato tutta la situazione e mi ha detto che eravate andate con un certo Derek e con Luck a Pittsburgh per trovare la madre del ragazzo. Sono partito subito per Pittsburgh, preoccupato per voi come non mai. Sono rimasto lì ad aspettarvi per un po’, ma niente. Così ho deciso di informare i genitori di Luck e avvisarli della situazione, ma non sono potuti venire e mi hanno dato l’indirizzo della zia di Luck. Sono qui da ieri e abbiamo deciso di sporgere denuncia. La signora Miller mi ha invitato a restare qui finché la polizia non vi avrebbe trovato, ma vedo che siete venuti da soli >> risponde.

<< Papà mi dispiace di averti creato così tanti problemi, è una lunga storia, ti racconterò tutto per filo e per segno >> dico dispiaciuta.

<< Avrai tutto il viaggio di ritorno a disposizione per raccontarmi la storia, partiamo subito >> risponde deciso.

<< Ma papà io devo tornare a New York con Derek >> dico.

<< Tu tornerai a Millville con me e tua sorella, intesi? >> risponde con il suo sguardo furioso.

Annuisco. Non posso andargli contro, gli ho arrecato troppi problemi e non voglio causargliene altri. Non mi resta altro che dirlo a Derek. Non ne sarà contento.

Mi dirigo verso il giardino ed eccolo lì, felice come non l’ho mai visto, è davvero bello vederlo così.

<< Ehi, tutto bene, hai trovato Sam? >> chiede lui.

Annuisco.

<< Vi lascio soli >> dice Mary allontanandosi.

<< Non me la dai a bere, cosa è successo? >> chiede.

<< Di là c’è mio padre e devo tornare a casa con lui >> rispondo dispiaciuta.

<< Tuo padre? Cosa ci fa qui? >> chiede sorpreso.

<< Era preoccupato per me e Sam ed è venuto a cercarci >> rispondo.

<< E come sapeva che eravamo qui? Non era calcolata questa tappa >> chiede.

<< È una lunga storia, comunque ci vedremo a New York, spero >> rispondo.

<< Quindi torni con lui? >> chiede.

<< Sì, era furioso e ne ha tutte le ragioni, gli ho nascosto una cosa troppo grande e non l’avevo mai fatto >> rispondo.

<< Vuoi che parli io con lui? >> chiede.

<< No ti prego, peggioreresti la situazione >> rispondo.

<< Come vuoi, tranquilla, tutto si sistemerà >> dice affettuoso.

<< Lo spero >> rispondo abbracciandolo.

Mi mancheranno i suoi abbracci, le sue attenzioni, lui. Non so quanto resisterò senza vederlo.

<< Allora ci vediamo a New York >> dice con un sorriso.

<< Per adesso torno a Millville, penso che tornerò pesto >> rispondo.

<< No pensi, devi tornare presto, altrimenti vengo io a prenderti >> dice scherzoso.

Arrivano papà e Sam con le valige.

<< Salve signor Montgomery >> dice Der.

<< Buongiorno, tu devi essere Derek, ci siamo già visti una volta vero? >> chiede papà.

<< Sì, mi dispiace di averle causato tutti questi problemi, io non avrei dovuto coinvolgere Lila >> risponde Der.

<< Non ho nulla da rimproverarti, è stata Lila a deludermi >> dice papà.

<< È venuto in auto? >> chiede Der.

<< No, in aereo >> risponde.

<< Allora lasci che vi accompagni io all’aeroporto a Pittsburgh, sarebbe il mio modo di scusarmi >> dice Der.

<< Va bene, l’alternativa sarebbe stata un taxi >> risponde papà.

<< Vado un attimo a dire a mia madre che passerò più tardi a prenderla >> dice Der.

Saliamo a bordo e lo aspettiamo. Quanti ricordi qui, in quest’auto, belli e brutti, ma comunque ricordi indimenticabili come i momenti che ho vissuto in questi ultimi giorni. Indimenticabile.

Ecco Derek. Partiamo alla volta dell’aeroporto e in men di poche ore mi ritrovo lontana chilometri dal mio Der. A casa, a Millville, ma non sento più questa la mia vera casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 28
*** Sarà il nostro segreto ***


Sarà il nostro segreto

<< Cosa ci fate qui? >> chiede mamma vedendoci bussare alla porta di casa.

<< Sorpresa! >> risponde Sam abbracciandola.

<< Sono felice di vederti >> dico facendo altrettanto.

<< Ma perché avete lasciato New York? >> chiede mamma.

<< Volevamo riunire la famiglia >> interviene papà.

Per fortuna, non avrei saputo casa rispondere.

<< Ne sono contenta allora >> risponde mamma.

L’ultima volta che ero in questa casa stavo con Luck ed ero arrabbiata con Derek. Adesso è tutto il contrario. Tutto è cambiato, forse anch’io.

Torno nella mia stanza e disfaccio i bagagli, anche se non vorrei farlo. Vorrei ripartire subito per New York ma non posso. Mi merito questa “punizione”.

La prima cosa che devo fare è andare da Alice e Cathy, non vedo l’ora di riabbracciarle e raccontarle tutto. Mi sono davvero mancate.

<< Vado da Alice >> dico aprendo la porta d’ingresso.

<< No Lila >> risponde papà avvicinandosi.

<< Perché? >> chiedo.

<< Perché siamo appena arrivati e dobbiamo restare in famiglia >> risponde.

<< Non è questo il vero motivo >> dico.

<< Se sai qual è il motivo allora non è il caso di ripetertelo >> risponde.

<< Non puoi impedirmi di vedere le mie amiche >> dico.

<< Non lo sto facendo, possono venire loro da te >> risponde.

<< Quando terminerà la mia reclusione? >> chiedo.

<< Chiamala come vuoi, lo faccio per il tuo bene >> risponde.

Non può segregarmi in casa, non sono una prigioniera. Ma in questo momento mi sembra di esserlo. Chiamo Alice avvisandola che sono tornata a Millville e che sono in punizione e non posso uscire da casa. Sarà lei a venire da me e anche Cathy.

<< Ehi, che bello rivederti >> dice Alice.

<< Anche per me >> rispondo abbracciandola.

<< Che cosa hai combinato stavolta >> dice scherzosa Cathy.

<< È una lunga storia >> rispondo.

<< Abbiamo tutto il giorno >> dice Alice.

Gli racconto tutta la storia, dal passato di Derek con i problemi con sua madre al viaggio, fino alla fine a casa della zia di Luck.

<< Sembra una telenovela >> dice Alice sarcastica.

<< Anche di più >> continua Cathy.

<< Già, sembra impossibile ma è così >> rispondo.

<< E Derek adesso dove sarà? >> chiede Alice.

<< Penso stia ritornando a New York con sua madre >> rispondo.

<< Sono felice che tutto sia andato per il meglio >> dice Cathy.

<< Beh, non proprio tutto >> rispondo.

<< Per tuo padre? >> chiede Alice.

<< Già, non so se mi perdonerà >> rispondo.

<< Certo che lo farà, l’ha sempre fatto >> dice Cathy.

<< Ma questa volta è diverso, io l’ho deluso >> rispondo.

<< Ti vuole troppo bene per tenerti il broncio a lungo, vedrai, gli passerà >> dice Alice.

<< Lo spero >> rispondo.

<< E Luck, l’hai più risentito? >> chiede Alice.

<< No, da quando ci siamo lasciati a Penn non ho più sue notizie >> rispondo.

<< Quel verme, se lo vedo io… >> dice Cathy.

<< Non lo rivedrai, tra poco comincerà il college >> rispondo.

<< A proposito >> dice Cathy.

<< Mi sono persa qualcosa? >> chiedo curiosa.

<< Volevo dirtelo di persona, è per questo che non te l’ho detto prima >> risponde Alice.

<< Riguardo alla NYU? >> chiedo.

<< Sì, si è liberato un posto e sono entrata, verrò con voi a New York >> risponde Alice esultando.

<< Davvero? Sono contentissima. Tutto dipende se potrò tornare a New York >> dico abbracciandola.

<< Certo che lo farai, tuo padre adesso è arrabbiato con te ma non ti farà perdere l’occasione di studiare alla Columbia >> dice Cathy.

<< E poi Derek, come faresti con lui? >> chiede Alice sarcastica.

<< Avete ragione, tornerò a New York e voi verrete con me >> rispondo felice.

Ci abbracciamo tutte e tre ansiose per la nuova vita che ci aspetta a New York.

<< E non è tutto >> dice Cathy.

<< Che cosa è successo ancora? >> chiedo sarcastica.

<< Aspetta, non ho capito nemmeno io >> risponde Alice scherzosa.

<< William… >> dice Cathy.

<< Ah sì Will… >> risponde Alice.

<< Will? Vedo che siete già in confidenza…> dico.

<< Ma cosa dici >> risponde Alice arrossendo.

<< Be diciamo di sì >> dice Cathy.

<< Possibile che sa più cose Cathy di te! >> dico scherzosa.

<< Non è successo niente, siamo usciti un paio di volte e… >> risponde Alice.

<< E… >> la interrompo.

<< E niente, poi sono dovuta ripartire per Millville e quindi… >> risponde Alice.

<< Adesso che tornerai a New York chissà cosa potrà succedere >> dico.

<< Chissà >> risponde Alice.

<< Chissà se è già successo >> dice Cathy scherzosa.

Scoppiamo a ridere tutte e tre, ci voleva un po’ di svago per alleviare la tensione di questi ultimi giorni.

<< Lila è pronto il pranzo >> urla mamma dalla cucina.

<< Noi andiamo >> dice Alice.

<< E non andartene senza salutarci, intesi? >> dice Cathy.

<< Certo che no >> rispondo.

Saluto le ragazze e mi dirigo verso la cucina.

Che buon profumo!

<< Cos’hai preparato? >> chiedo.

<< L’arrosto >> risponde mamma.

Il famoso arrosto della mamma, lo cucina solo per le occasioni speciali. E oggi è una di queste?

<< E come mai? >> chiedo scherzosa.

<< Siamo tutti insieme >> risponde.

Beh, in effetti, è da un po’ che non mangiamo tutti insieme, ma non pensavo che fosse un evento speciale.

<< Dai, aiutami a portare i piatti di là >> dice mamma.

Ci sediamo a tavola e pranziamo come ai vecchi tempi. Mi è mancato poterlo fare. Mamma sembra diversa oggi, più radiosa e… felice. Ecco l’aggettivo giusto, felice. Non lo è quasi mai.

 

E mentre Sam aiuta mamma a sparecchiare io vado a buttare fuori la spazzatura. Almeno potrò uscire nel vialetto!

Apro il bidone e prima di buttare dentro i sacchetti noto che è pieno di bottiglie. Sembra vino e birra. Ameno ché qui non ci sia stata una festa, mamma deve essere stata proprio male in questi giorni. Perché ha bevuto tutte queste bottiglie?

Torno dentro facendo finta di non aver visto niente. Non voglio dirgli che so che si è ubriacata in questi giorni, non voglio che si vergogni.

<< Vuoi una mano? >> chiedo.

<< Sì, tieni, asciuga le stoviglie >> risponde mamma porgendomi un panno.

<< Cos’è successo, perché sei così silenziosa? >> chiede.

<< Niente, sono solo pensierosa >> rispondo.

<< Ti conosco fin troppo bene affinché creda a una simile sciocchezza >> dice.

<< Le hai bevute tu tutte quelle bottiglie che sono nella pattumiera? >> chiedo.

Dovevo dirglielo, visto che ha insistito tanto. Mi sono tolta un pensiero di dosso, uno dei tanti.

<< Quali bottiglie? >> chiede indifferente.

<< Sai a quali mi riferisco, le ho viste poco fa >> rispondo.

<< Non puoi giudicarmi >> dice.

<< Non lo sto facendo, voglio solo capire il perché >> rispondo.

<< Non c’è un motivo per queste cose Lila >> dice.

<< È da quando siamo qui a Millville che fai così, ti manca New York? >> chiedo.

<< Che cosa centra New York? >> risponde.

Speravo che fosse quello il motivo delle sue pene, perché adesso è il mio.

<< Non lo so, per via dei nonni o del tuo vecchio lavoro >> dico.

<< Non dire sciocchezze >> risponde.

<< Allora perché mamma, come posso aiutarti? >> chiedo.

<< Nessuno può farlo >> risponde.

<< Sì invece, se ti lasci aiutare >> dico.

<< Siete voi >> risponde.

<< Noi? Siamo noi il motivo del tuo alcolismo? >> chiedo stupita e confusa.

<< Tu, Sam e tuo padre >> risponde.

<< Ma come… >> dico incredula.

<< La vostra mancanza >> m’interrompe.

<< Mamma ma Sam ed io siamo sempre rimaste qui con te e tu bevevi comunque >> rispondo.

<< Allora tuo padre >> dice correggendosi.

<< Vuoi dire che è per papà tu ti ubriachi? >> chiedo sorpresa.

<< Ogni volta che lui se ne va, dentro di me si crea un vuoto che solo l’alcool riesce a colmare >> risponde a occhi bassi.

<< L’alcool non lo colma, lo riempie e basta, poi si svuota di nuovo e stai peggio di prima >> dico.

<< Lo so, ma non vedo altra soluzione >> risponde.

<< C’è sempre un’alternativa, perché non me lo avevi mai detto? >> chiedo apprensiva.

<< E cosa avrei potuto dirvi, voi soffrivate tanto quanto me per la mancanza di vostro padre >> risponde.

<< Lui lo sa? >> chiedo.

<< Cosa, di essere la causa del mio alcolismo? Certo che no e non voglio che venga mai a saperlo, intesi? >> risponde.

<< Certo, io non gli dirò niente, sta tranquilla >> dico abbracciandola.

Devo aiutarla in qualche modo, ma come? Chi l’avrebbe mai detto che papà è la causa dei problemi della mamma con l’alcool? Adesso è rimasta sola, senza Sam, né me e né tantomeno papà e si è sfogata con l’alcool. Come ho fatto a non accorgermene da sola? Ero talmente chiusa nei suoi riguardi da non capire tutto questo? Non abbiamo mai avuto un buon rapporto madre-figlia, lei ai miei occhi e forse anche a quelli di tutti ha sempre preferito Sam. Ed io papà. È stato lui la mia spalla, era da lui che piangevo quando ne avevo bisogno, era lui quello con cui mi confidavo e condividevo tutto. E adesso ho perso tutto. Ho perso la sua fiducia, la sua stima, ho perso papà. A chi mi rivolgerò adesso quando avrò bisogno?

 

__________________________

 

 

Una settimana dopo.

Toc toc.

<< Avanti >> rispondo.

<< Hai due minuti? >> chiede papà aprendo la porta della mia stanza.

<< Certo, vieni pure >> rispondo.

<< Volevo salutarti prima di partire >> dice.

<< Cosa? Vai già via? >> chiedo sorpresa.

<< Il lavoro chiama ed io rispondo >> risponde scherzoso.

<< Il lavoro prima di tutto >> dico sarcastica.

<< Senti papà mi dispiace davvero per la storia di Pittsburgh e per non avertelo detto >> continuo dispiaciuta.

<< Lo so, è anche per questo che sono venuto, per chiarire tutto >> risponde.

<< Allora è tutto chiarito? >> chiedo speranzosa.

<< Certo tesoro >> risponde abbracciandomi.

<< Grazie di avermi perdonato e di non aver detto nulla alla mamma >> dico.

<< Non so se ho fatto bene, sono diventato un tuo complice >> risponde.

<< Mi hai coperta e mi hai fatto capire i miei sbagli >> dico.

<< Ne sono contento >> risponde.

<< Quindi sono di nuovo libera? Niente più punizione? >> chiedo.

<< Lo sei sempre stata, se avresti voluto saresti potuta sgaiottolare fuori di casa senza che me ne accorgessi >> risponde.

<< Penso che tornerò a New York adesso >> dico contenta.

<< No Lila, ci tornerai quando comincerà il college >> risponde duramente.

<< Perché non posso tornarci subito? >> chiedo sorpresa.

<< Perché non ne vedo il motivo >> risponde.

<< Sì invece, c’è ne è più di uno papà >> dico.

<< No Lila, tu resterai qui a Millville >> risponde secco.

<< No papà io torno a New York >> dico decisa.

<< Lila non mi provocare >> risponde.

<< Perché non resti tu qui? >> chiedo.

<< Sai il motivo >> risponde.

<< Il lavoro, è per questo che abbandoni sempre la mamma, vero? >> dico furiosa.

<< Che cosa centra tua madre? >> chiede.

Oh no, non dovevo lasciarmelo sfuggire. La mamma non me lo perdonerà mai.

<< Niente, dicevo così per dire >> rispondo.

<< No Lila, tu non dici mai le cose tanto per >> dice.

Non rispondo, non so cosa dire.

<< Dai, perché hai menzionato tua madre? >> insiste.

<< Non posso dirti nulla >> rispondo.

<< Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa >> dice.

<< No davvero papà io… >> rispondo.

<< Non uscirai da questa stanza se prima non mi avrai detto di tua madre >> dice deciso.

<< Se io te lo dico tu mi devi giurare che non lo dirai mai alla mamma, rovineresti il nostro rapporto in maniera definita >> rispondo.

<< Sai che non lo farei mai >> dice.

<< Conosci il motivo per cui la mamma ha problemi con l’alcool? >> chiedo.

<< Per i vari problemi… >> risponde.

<< Quali “problemi” papà, otto anni di problemi? >> dico.

<< E allora qual è il motivo, tu lo sai? >> chiede.

Sono un po’ titubante sul dirglielo o no. Non so cosa fare. Ne soffrirebbe molto sapendo che è lui la causa dei “problemi” della mamma.

<< Lila… >> continua papà.

<< Sei tu >> rispondo sottovoce.

<< Io? E cosa ho potuto aver fatto di così grave per causare tutto questo dolore a tua madre? >> chiede sconvolto.

<< Ogni volta che tu te ne vai la lasci sola e tutto per il lavoro, mai una volta che hai rinunciato a un incarico per lei. E lei, sai a quante cose ha rinunciato per te? >> rispondo.

Resta in silenzio, come allibito.

<< Ha lascito New York, il suo lavoro, i suoi cari per te e tu come l’hai ricambiata? >> continuo.

<< Dici sul serio, ti ha detto lei che sono io la causa dei suoi problemi? >> chiede sbalordito.

<< Gliel’ho dovuto strappare di bocca, lei non voleva lo sapessi >> rispondo.

Si alza dal letto e fa per andarsene.

<< Papà, giurami che non glielo dirai >> dico.

<< Sarà il nostro segreto >> risponde.

Avrò fatto bene a raccontargli tutto? Ormai è andata, il mio rapporto con la mamma è nelle sue mani. Mi fido di lui, ma so che farà qualcosa dopo le mie parole.

Guardo fuori dalla finestra e lo vedo partire in auto. Una parte di me sperava non lo facesse dopo avergli raccontato tutto questo, ma forse è meglio così, deve metabolizzare il tutto. L’altra parte di me voleva vederlo soffrire almeno un quarto di quanto ha sofferto mamma in tutti questi anni. Sempre forte e decisa di giorno a prendersi cura di me e Sam e così fragile di notte da abbandonarsi all’alcool. Perché non l’ho capito prima? Come ho fatto a non accorgermene e lui, come può non averglielo mai chiesto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** La punta di New York ***


La punta di New York

<< Pronto? >> dico assonata mentre sono ancora letto.

<< Sveglia dormigliona, non puoi dormire anche oggi >> risponde Alice elettrizzata.

<< Ma sono le otto del mattino Alice, è ancora presto >> rispondo.

<< Dai alzati prima che vengo io a tirarti giù dal letto! >> dice scherzosa.

<< Va bene, adesso lo faccio >> rispondo.

<< Brava e quando l’avrai fatto affacciati alla finestra >> dice riattaccando.

<< Al… >> dico ma ha già attaccato.

Tanto non può vedermi, resto a dormire ancora cinque minuti.

Un’ora dopo.

Meglio che mi alzi e la prima cosa che farò sarà guardare fuori dalla finestra. Chissà perché mi ha detto di farlo. Apro le tende e….

Corro più veloce che posso per le scale e spalanco la porta d’ingresso.

<< Derek >> urlo correndo verso di lui.

Sono ancora in pigiama e non mi sono nemmeno guardata allo specchio, non sarà una bella visione!

Mi butto tra le sue braccia, quanto mi è mancato poterlo fare.

<< Ce ne hai messo di tempo >> dice lui scherzoso.

Se avessi saputo che era qui non avrei nemmeno dormito questa notte!

<< Che ci fai qui? >> chiedo sorpresa.

<< Buon compleanno >> risponde.

<< Grazie, è il regalo più bello che potessi farmi >> dico.

<< Se tu non vieni da me, sarò io a venire da te >> risponde.

<< Mio padre mi ha impedito di venire a New York prima dell’inizio del college >> dico.

<< Ormai non importa, siamo insieme e non ci separeranno più >> risponde.

<< Magari fosse così >> dico.

<< Dai, va a fare le valige, il nostro volo parte tra un paio d’ore >> risponde.

<< Volo? Che cosa stai dicendo? >> chiedo sorpresa.

<< Che torniamo a New York, quindi sbrigati >> risponde.

<< Sai che non posso, mio padre… >> dico.

<< Oggi è il tuo compleanno, non t’impedirà di trascorrere ventiquattro ore a New York e poi, lui è qui? >> chiede.

<< No, è in viaggio per lavoro >> rispondo.

<< Allora cosa aspetti, non lo saprà nemmeno >> dice.

<< Ma… >> rispondo.

<< Cos’è, non vuoi venire a New York con me? >> chiede sarcastico.

<< No, certo che no, non vedo l’ora di tornarci, solo che… >> rispondo.

<< Tranquilla, ci sono io con te >> dice rassicurandomi.

<< Va bene, dammi il tempo di prepararmi >> rispondo.

<< Ecco, questo è quello che volevo sentirti dire >> dice.

Corro dentro e preparo lo zaino, giusto qualcosa per un paio di giorni.

 

<< Pronta? >> chiede.

<< Sì, aspetta, scrivo un biglietto a mamma e Sam >> rispondo.

Lo attacco sul frigo e ne vedo un altro.

“Sam ed io siamo andate a fare compere, non aspettarci. Baci mamma. P.S. Auguri tesoro”.

Bene, hanno fatto loro la sorpresa a me. Con la fretta non l’avevo nemmeno visto. Meglio così, almeno non dovrò spiegargli che torno a New York. Starò facendo la cosa giusta? Insomma, non ho mai disubbidito a papà e non vorrei farlo neanche adesso, ma mi ha costretta. Non può separarmi da Derek, niente può.

<< Perfetto, adesso possiamo andare >> dico.

<< Preso tutto? >> chiede.

<< Sì, ah, passiamo da Alice un attimo, voglio salutarla, sai è stata lei a dirmi di guardare fuori dalla finestra >> rispondo.

<< Non c’è tempo amore o perderemo l’aereo >> dice.

<< Ma… va bene, vorrà dire che la ringrazierò quando tornerò >> rispondo.

 

 

E in men di quanto mi aspettassi eccoci nella splendida New York. La mia New York, la mia casa. Mi sei davvero mancata. E anche Derek, Cloe, i nonni, insomma tutto di New York. L’aria che si respira, i suoni, le luci, la gente frenetica. New York.

<< Passo a prenderti più tardi >> dice Der lasciandomi a casa dei nonni.

<< Ma non ho nulla da fare >> rispondo.

<< Preparati, dobbiamo festeggiare il tuo compleanno più tardi >> dice.

<< Ma sono già pronta così >> rispondo.

<< Quanto la fai lunga, ci vediamo tra un po’, ok? >> dice scherzoso.

<< Va bene, come vuoi >> rispondo entrando in casa.

Spero che i nonni siano in casa, così potrò salutarli, è da un po’ che non li vedo.

<< Nonni… nonna, nonno, siete in casa? >> urlo girovagando per le stanze.

Niente, nessuno mi risponde.

<< Buongiorno >> dice di un tratto la domestica.

<< Ah buongiorno, sa per caso se i miei nonni sono in casa? >> chiedo.

<< No mi dispiace, sono usciti presto stamane >> risponde.

<< Ah capisco, vorrà dire che li aspetterò >> dico.

<< Posso fare qualcosa per lei? >> chiede.

<< No grazie, va bene così >> rispondo.

Mi siedo sul divano e aspetto, aspetto e ancora niente. Neanche l’ombra dei nonni. È ora di pranzo, strano che non tornino a casa, cosa sarà successo?

Forse è meglio cominciare a prepararmi, cioè sono già pronta ma meglio sistemarmi un po’. Non so cosa abbia in programma Der per oggi, ma sono certa che mi piacerà. Apro la porta della mia stanza e trovo un pacco sul letto. Cos’è?

C’è un biglietto sopra: “Tanti auguri! Se da me vorrai arrivare un percorso dovrai affrontare! Comincia dal nostro angolo di mondo speciale, lì troverai il tuo primo indizio per raggiungermi. Ah quasi dimenticavo, sbrigati, il tempo stringe”.

Che scherzo è mai questo, una caccia al tesoro per i miei diciannove anni? Wow, non smette mai di stupirmi. Apro la scatola e trovo uno splendido abito a fantasia, tutto colorato e… allegro. Non indosso mai colori molto accesi, ma se Der ha scelto questo per me, va bene, vorrà dire che lo indosserò.

Non mi sta poi così male, pensavo peggio. Mi piace il contrasto con la mia carnagione. Ha davvero fatto centro.

Scendo all’ingresso e ad aspettarmi c’è l’autista del nonno. Strano che non sia con lui.

<< Salve signorina >> dice vedendomi arrivare.

<< Buongiorno >> rispondo.

<< Sono a sua completa disposizione per l’intera giornata, dove vuole che la porti? >> chiede.

Non voglio che scopra il nostro posto speciale, così, come la volta precedente mi faccio lasciare pochi isolati prima.

Eccomi finalmente, sono un po’ agitata, non so cosa mi aspetta. Mi guardo intorno in cerca di un indizio.

Eccolo. Sulla panchina c’è un biglietto.

“Se da me vorrai arrivare un percorso dovrai affrontare! Eccoti, sei alla prima tappa del percorso. Vai nel posto in cui ci siamo conosciuti, lì troverai il secondo indizio per raggiungermi”.

Comincia sempre così le frasi? Il posto dove ci siamo conosciuti… a teatro. Prendo il biglietto e scivola giù qualcosa. La mia collana. L’ultima volta che l’ho vista era per terra, rotta dalla furia di Luck. Adesso è come nuova. La raccolgo e la indosso, avevo dimenticato quanto fosse bella.

Raggiungo l’autista e mi dirigo verso il Metropolitan, non vedo l’ora di arrivare.

Entro e sul palco c’è un enorme mazzo di rose rosse che dominano la scena. E anche uno striscione, quasi non l’avevo visto. “La punta di New York”. Che cosa vorrà dire?

La punta di New York. Prendo le rose e mi siedo su una poltrona a fissare lo striscione. La punta di New York. Non capisco, cosa centra con il percorso? Odio questi indovinelli, non sono mai stata brava in questo genere di cose. Resto lì almeno dieci minuti a pensare, a pensare, ma niente. Poi… la lampadina si è accesa. L’illuminazione.

L’Empire State Building.

Come ho fatto a non pensarci prima. Corro verso l’auto e ci dirigiamo verso l’Empire. Salgo sull’ascensore in cui il tempo sembra fermarsi. Ma non ho paura. Non oggi, l’ansia e la voglia di scoprire cosa mi aspetta sono più forti di tutto.

Finalmente arrivo in cima. Faccio il giro della vetta per trovare Der, ma niente, non è neanche qui. Poi, nel punto preciso dove tutto è cominciato, trovo un biglietto. Un altro.

“Finalmente sei arrivata, mi hai trovato”.

No, non è così, lui non c’è. Mi guardo di nuovo intorno ma niente. Il mio sguardo si posa su New York, la vista è stupenda da qui. Tanta la voglia di vedere Der che non gli ho rivolto nemmeno uno sguardo. Ma i miei occhi si oscurano. Delle mani m’impediscono di vedere.

<< Bello vero >> dice una voce che conosco bene.

<< Era meglio prima! >> rispondo scherzosa.

Mi gira verso di lui e mi bacia.

<< Mi hai trovato finalmente >> dice.

<< Non è stato facile, soprattutto l’ultimo indizio, era molto vago >> rispondo.

<< Sapevo che avresti capito >> dice.

<< Non ne ero sicura >> rispondo scherzosa.

<< È per questo che ho scelto te >> dice.

Tira fuori qualcosa dal taschino della giacca. Una scatola, come quando mi ha regalato la collana. Lo apre lentamente e dentro c’è… un anello. Wow.

<< Possiamo sostituire la collana con questo? >> dice.

Resto senza fiato. Non ho parole.

<< Credo sia un sì >> continua.

 Prende l’anello e me lo infila al dito. Come brilla. Gli salto al collo e lo stringo a me. Mi ha lasciato senza parole, come al solito.

<< Grazie >> gli sussurro vicino all’orecchio.

Mi bacia e tra le sue braccia il tempo sembra fermarsi. Il mondo sembra fermarsi. Io con un anello al dito, chi l’avrebbe mai detto. Non mi ha chiesto di sposarlo, ma so che quel giorno arriverà, ne sono sicura.

<< Comunque la collana la terrò lo stesso >> dico sarcastica.

<< Furba… manca solo l’ultima tappa alla meta >> risponde.

<< Io pensavo fosse questa la meta >> dico.

<< Vuol dire che ti sbagliavi >> risponde.

Mi prende per mano e mi conduce verso non so nemmeno io dove. Mi ha bendata, mi sembra ovvio.

 

<< Eccoci, siamo arrivati >> dice di un tratto.

Mi aiuta a scendere dall’auto e mi guida passo dopo passo.

<< Attenta, uno scalino, poi un altro e… fermati qui >> continua.

Sento il suono di chiavi e lo scricchiolio di una porta. Dove mi avrà portata stavolta?

Una mano mi tira dentro, credo sia Derek. Tutto è buio, ho la benda, questo è ovvio, ma anche dopo che Der me la sfila dagli occhi.

Dove sono?

<< Sorpresa! >> urlano un gruppo di persone accendendo le luci e saltando fuori.

Oh cavolo, questa è… questa è la mia casa d’infanzia!

Sono proprio tutti qui. Mamma, papà, Sam, i nonni, Alice e Cathy e anche Cloe. Sono stupita, è davvero una sorpresa.

<< Auguri tesoro >>

<< Buon compleanno >>

<< Auguri >>

Tutti si avvicinano a me e mi fanno gli auguri. È davvero il compleanno più bello della mia vita. E poi, perché siamo qui? Perché loro sono qui? L’ultimo a farmi gli auguri è papà. Mi prende per mano e mi conduce fuori, nel giardino sul retro.

<< Avevo dimenticato quanto fosse bello questo posto >> dice guardandosi intorno.

<< Io no, è esattamente come lo ricordavo >> rispondo.

<< Mi dispiace tesoro per quello che è successo, per la mamma, per te e per tutto il resto >> dice.

<< Lo so papà >> rispondo.

<< È per questo che ho deciso di cambiare >> dice.

<< In che senso? >> chiedo.

<< Questa è la nostra nuova e vecchia casa >> risponde contento.

<< Cosa? Vuoi dire che… >> dico senza fiato.

<< Torniamo a New York >> m’interrompe.

Gli salto al collo e lo abbraccio più forte che posso.

<< Ho capito che era la cosa giusta da fare >> continua.

<< Chi stabilisce cosa è giusto o no papà >> dico.

<< Tu mi hai aperto gli occhi su tua madre, su te e Sam, sul lavoro, insomma su tutto >> risponde.

<< E così hai comprato la nostra vecchia casa? >> dico.

<< Sì, tutto ricomincerà da qui >> risponde.

Lo abbraccio, sono felice mentre gli altri ci raggiungono.

<< Allora newyorkese, contenta di questa notizia? >> mi chiede Sam scherzosa.

Corro ad abbracciarla.

<< Ma come farai con la scuola? >> chiedo scendendo dalle nuvole.

<< New York è piena di scuole, mi adatterò >> risponde.

<< Ne sono contenta >> dico.

Una lacrima mi riga il viso. Di gioia ovviamente.

<< Che fai, piangi adesso? >> mi chiede mamma.

<< È che… non me lo aspettavo, sono finite le sorprese per oggi, perché non so se ne reggerò ancora >> rispondo.

<< Allora ce n’è ancora una >> dice il nonno.

<< Dai tesoro, dille la novità >> dice la nonna verso la mamma.

<< E va bene, io… torno a teatro >> risponde mamma contenta.

<< Davvero? Quindi tornerai alla tua vecchia carriera? >> chiedo stupita.

<< Esatto, tornerò a fare quello che amo >> risponde contenta.

Cosa posso chiedere di più adesso? Le persone che mi stanno intorno torneranno ad essere felici.

<< E per finire abbiamo preso un appartamento in affitto per noi quattro >> dice Alice.

Aspetta. Che cosa ha detto?

<< Dato che andremo in college diversi, abbiamo pensato di affittare un appartamento per tutte >> dice Cathy.

<< Esatto tutte e quattro, io, tu, Alice e Cathy >> continua Cloe.

Non so cosa dire, cominciamo a urlare e saltellare tutte dalla felicità.

Questo non è il compleanno più bello della mia vita, è il giorno più bello della mia vita! Mamma, papà e Sam torneranno qui a New York nella nostra vecchia casa, mamma tornerà al suo vecchio lavoro, io e le ragazze andremo a vivere insieme, Derek ha ritrovato sua madre e vive con lei, cosa può accadermi ancora? È passato un anno, ma quante cose sono cambiate, tutta la mia vita è cambiata. Mi ritrovo qui, nella città più bella al mondo, circondata dalle persone che amo e che mi vogliono bene, cosa posso chiedere di più?

Grazie New York.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** Tutto sotto controllo ***


Tutto sotto controllo

Un mese dopo.

<< Mamma ti ho già detto che non posso >> dico.

<< Ma per quale motivo? >> insiste.

<< Sono con Derek stasera, non so cosa abbia in mente >> rispondo.

<< Allora adesso, vieni a pranzo >> dice.

<< Sto studiando mamma, magari un’altra volta >> rispondo.

<< Allora domani, domani a pranzo, non hai scuse >> dice.

Non posso ancora dirle di no.

<< Va bene, domani verrò >> rispondo.

<< Perfetto, porta anche Derek e le ragazze ok? >> chiede.

<< Certo, come vuoi >> rispondo.

<< Così dirò a tuo padre di preparare il barbecue e poi… >> dice frenetica.

<< Non organizzare chissà cosa, siamo in famiglia >> la interrompo.

<< Tranquilla, tutto sotto controllo >> risponde.

<< A domani >> dico.

<< Divertiti stasera tesoro, ciao >> dice riattaccando.

<< Era tua madre? >> chiede Cloe.

<< Già, non si era capito >> rispondo scherzosa.

<< È apprensiva >> dice.

<< Anche troppo, da quando siamo a New York, lei sembra cambiata, non so, è diversa >> rispondo.

<< Vero, a Millville era più cupa a triste, adesso è raggiante >> interviene Cathy.

<< Questo è l’effetto di New York >> dice Cloe contenta.

<< Alice? >> chiedo.

<< È con Will, mi sa che quei due… >> risponde Cathy.

<< Stanno bene insieme >> dice Cloe.

<< Ho sempre saputo come sarebbe andata a finire >> dico.

<< Meglio tornare a studiare >> dice Cathy.

<< Giusto >> risponde Cloe.

<< Ah, quasi dimenticavo, domani siete invitate a pranzo dai miei >> dico.

<< Arrosto? >> chiede scherzosa Cathy.

<< No, barbecue, la specialità di mio padre e in fondo anche mia >> rispondo.

<< Verremo volentieri >> dice Cloe.

<< Già, più tardi lo diremo anche ad Alice, se non ha impegni con Will… >> dice Cathy scherzosa.

<< Invitate anche lui, almeno conoscerà i miei >> rispondo.

<< Allora penso proprio che ci sarà anche Alice! >> dice scherzosa Cloe.

E dopo una bella risata, la concentrazione è andata. Rileggo la stessa frase almeno dieci vote, ma non riesco a farmela entrare in testa. Non è facile riprendere a studiare dopo un’estate come quella che è appena passata. Tra Luck, Derek e di nuovo Luck e infine Derek non è stato facile, ma alla fine tutto è andato per il meglio. Per fortuna.

 

 

<< Lila è arrivato Derek >> urla Cloe al citofono.

<< Digli che scendo subito >> rispondo.

Pronta.

Prendo l’ascensore ed eccolo lì. Lo vedo attraverso la porta a vetri, in sella alla sua amata moto, pronto ad aspettarmi. Non sai quanto ti ho aspettato io!

<< C’è l’hai fatta finalmente >> dice scherzoso.

<< Non hai aspettato molto >> rispondo.

<< Tipico di Lila >> dice.

<< Cosa? >> chiedo.

<< Il ritardo >> risponde scherzoso.

<< Pacchetto completo tesoro, Lila più ritardo >> dico sarcastica.

<< Non chiedo di meglio >> risponde baciandomi.

<< Allora dove mi porti? >> chiedo.

<< Non so, dove vuoi andare? >> risponde.

<< Aspetta, aspetta novità assoluta, Derek Foster che non ha organizzato il suo tempo? Questa mi è nuova >> dico sorpresa.

<< Infatti, so benissimo dove portarti, volevo solo sapere cosa avevi in mente >> risponde scherzoso.

Mi consegna il casco e… via, parte di scatto. Tipico di Derek.

Arriviamo davanti alla villa del padre di Der. Perché siamo qui?

<< Perché questo sguardo indagatorio? >> chiede.

<< Perché siamo qui? >> rispondo.

<< Non hai risposto alla mia domanda >> dice.

<< Neanche tu >> rispondo.

<< Bene, prima tu >> dice.

<< Prima io cosa? >> chiedo.

<< Perché hai questo sguardo? >> risponde.

<< Perché non dovrei averlo, non pensavo che volessi tornare qui >> dico.

<< Neanch’io lo pensavo, però sono cambiate un po’ di cose negli ultimi giorni >> risponde.

Ok, adesso il mio sguardo si fa ancora più indagatorio.

<< Perché non mi hai detto niente? >> chiedo.

<< Perché non era ancora sicuro >> risponde.

<< E adesso lo è? >> insisto.

<< Forse >> risponde.

Mi prende per mano e mi guida verso l’interno della casa. Ad accogliermi ci sono due persone.

Wow! Non pensavo proprio loro.

<< Salve Lila >> dice il padre di Der.

<< Buonasera signor Foster >> rispondo.

<< Ciao Lila >> dice la madre di Der abbracciandomi.

Come possono questi due restare nella stessa stanza?

<< Buonasera, signora Fos…ehm Mary >> rispondo.

Stavo per chiamarla signora Foster. Che brutta figura avrei fatto!

<< Prego, accomodiamoci in salotto >> dice il signor Foster facendoci strada.

Io e Der restiamo indietro, ne approfitto per chiedere spiegazioni.

<< Ma cosa… >> dico.

<< Tutto sotto controllo >> risponde baciandomi la fronte.

Non capisco. Tutti hanno tutto sotto controllo mentre io resto nell’ombra, all’oscuro di tutto. Perché?

Ci sediamo io e Der da una parte e loro due dall’altra. Siamo in due divani, uno difronte all’altro. Sembra un interrogatorio!

Qualcuno può spiegarmi che succede?

<< Vuoi qualcosa da bere, non so… >> mi dice il signor Foster.

<< No grazie, va bene così >> rispondo.

<< Dai papà arriva al dunque >> dice Der.

Ecco, arriviamo al dunque.

<< Meglio che parli io >> dice Mary.

<< Ecco, forse è meglio >> risponde il signor Foster.

<< Penso tu sia a conoscenza della nostra storia >> dice Mary.

<< Sì, Derek mi ha detto qualcosa >> rispondo.

<< Conoscendolo ti avrà detto tutto per filo e per segno >> dice Mary.

Gli sorrido, in effetti è vero.

<< Tu hai aiutato la nostra famiglia a tornare unita come una volta è per questo che volevamo dirtelo di persona >> continua Mary.

Unita?

Deve essere importante.

<< Mary e Derek tornano a vivere qui con me >> dice il signor Foster.

Da non crederci.

<< Davvero? È una splendida notizia, sono felice per voi >> rispondo sorpresa.

<< Già, chi lo avrebbe mai detto >> dice Mary.

<< Non lo avrei mai creduto possibile >> dice Der.

<< Mi fa davvero piacere per voi, e soprattutto per Der >> rispondo.

<< Sì, lui è quello che ha sofferto di più in tutta questa storia >> dice Mary.

<< È tutta colpa mia, io… >> dice il signor Foster.

<< Ormai abbiamo chiarito papà, è acqua passata >> lo interrompe Der.

Wow, sembra impossibile che queste parole escano proprio dalla bocca del mio orgoglioso e rancoroso Der!

<< No Derek non mi perdonerò mai di averti allontanato da tua madre per così tanto tempo… >> risponde il padre di Der.

<< Non parliamone più, pensiamo al presente adesso >> dice Mary.

<< Quindi siete tornati insieme? >> chiedo.

<< Un passo alla volta, per adesso viviamo tutti qui, poi si vedrà >> risponde Mary.

<< Invece voi due sì che state insieme >> dice il signor Foster.

Der mi stringe la mano. È contento, lo vedo.

<< Benvenuta in famiglia >> mi dice Mary.

<< Già, benvenuta nella nostra famiglia Lila >> continua il signor Foster.

<< Grazie, ne sono contenta >> rispondo.

Si alzano e mi vengono incontro per abbracciarmi. Come sono simpatici e pensare che sono i miei futuri suoceri.

Non sono poi così male come dicono i suoceri!

<< Perché non venite a pranzo domani a casa dei miei genitori, così vi potrete conoscere >> dico.

<< Certo, molto volentieri >> risponde Mary.

<< Vorrà dire che disdirò qualche impegno >> dice il signor Foster.

<< Bene, allora domani a pranzo, Derek sa dove portarvi >> dico contenta.

<< Restate a cena o avete qualche impegno? >> chiede Mary.

Der mi guarda e gli faccio cenno di restare. Non posso negargli una cena con tutta la sua famiglia riunita attorno allo stesso tavolo.

 

______________________

 

 

<< Mamma ti ho già detto che è una cosa informale, giusto per conoscervi >> dico.

<< Sono persone raffinate tesoro, non possiamo dargli da mangiare la carne arrostita da tuo padre >> risponde mamma apparecchiando la tavola.

<< Invece sì mamma, non facciamoci vedere per quello che non siamo, sono persone simpatiche e alla mano e non gli dispiacerà un bel barbecue >> dico.

<< Ascolta tua figlia tesoro, e poi cos’hai contro il mio barbecue? >> dice scherzoso papà.

<< Infatti, saranno qui tra poco, mi raccomando niente rievocazioni del passato eh? >> dico.

<< Tranquilla, tutto sotto controllo >> dice Sam preparando il giardino.

Ecco i primi ospiti. Cathy, Cloe, Alice e Will. È ufficiale, stanno insieme. Un’altra che si aggiudica un Foster, sono felice per loro.

<< La porta >> urla Sam dal giardino.

<< Carl, sistemati e togliti quel grembiule >> dice la mamma sistemandolo.

<< Buongiorno >> dice papà stringendo la mano del signor Foster.

<< Ah, buongiorno, lei deve essere il padre di Lila, le somiglia molto >> risponde il signor Foster.

<< Salve io sono Mary >> dice verso la mamma.

<< Piacere mio, prego accomodatevi >> risponde mamma.

Derek è l’ultimo.

<< Buongiorno signor Montgomery >> dice Der.

<< Buongiorno a te Derek, sono felice di rivederti >> risponde papà.

<< Ciao Derek >> dice mamma baciandolo.

Ti prego, non mettermi in imbarazzo mamma!

Si dirigono verso il giardino tutti insieme mentre io e Der restiamo indietro.

<< Sembra vadano d’accordo >> dico.

<< Già, i futuri consuoceri >> risponde.

<< È bello che siate qui ed è bello che vi siate riappacificati >> dico.

<< Tutto merito tuo >> risponde.

<< Non è vero, io ti ho solo aiutato a seguire la strada giusta >> dico.

<< Hai fatto molto di più per me, lo sai bene >> risponde.

<< Perché non mi avevi detto che erano tornati insieme? >> chiedo.

<< Ma non lo sono, io e mamma vivremo con mio padre, come una normale famiglia. Magari un giorno tutto tornerà come prima >> risponde.

<< Ha lasciato quella ragazza, come si chiamava? >> chiedo.

<< Blair, sì, appena è tornata mamma, papà è cambiato non saprei dirti come, ma è così >> risponde.

<< Meglio così >> dico.

<< Dai raggiungiamo gli altri, prima che si raccontino qualcosa d’imbarazzante su di noi da piccoli >> dice Der scherzoso.

<< Sbrighiamoci allora >> rispondo.

Tutto è così perfetto, quasi surreale. Non so come possa aver avuto tanta fortuna in vita mia. Io, la vecchia balenotta dai capelli rossi. Finalmente la vera Lila è emersa.

Questa sono io.

<< La porta >> urla Sam.

E chi può essere?

<< Aspetti qualcun altro? >> mi chiede mamma.

<< Non mi sembra, vado io >> rispondo.

Corro in salotto e apro la porta.

Non pensavo di rivederlo in vita mia.

<< Ehi >> dice con tono confidenziale.

<< Ehi >> rispondo sorpresa.

<< Posso entrare? >> chiede.

<< Ehm… >> rispondo.

<< Chi è? >> urla Der dal giardino.

<< Ehm… il postino >> rispondo.

Il postino.

 

Salve a tutte!! E con questo capitolo ha fine questa storia di “Sheila”. Ho preferito lasciare alla vostra immaginazione sapere chi possa aver bussato alla porta, magari qualcuno del passato o forse del futuro chi lo sa! Comunque da questo punto avrà inizio il sequel a cui sto già lavorando. Spero di sapere cosa ne pensate su questo capitolo o in generale su tutta la storia!! Grazie sempre a chi aggiunge la mia storia ai preferiti/seguiti/ricordati e ai lettori silenziosi che passano a leggere!

Baci fairy21

 

 

 

 

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