Sheila di Fairy21 (/viewuser.php?uid=544006)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** NLDL ***
Capitolo 3: *** Sono "normale" ***
Capitolo 4: *** Nuovo look, Nuova Lila ***
Capitolo 5: *** Luck è solo un ragazzo ***
Capitolo 6: *** Luck mi rende felice ***
Capitolo 7: *** È la tua serata, goditela principessa ***
Capitolo 8: *** Spero tu venga con me ***
Capitolo 9: *** Che cosa ho fatto di male? ***
Capitolo 10: *** Io no ***
Capitolo 11: *** "Cercasi Aiutante" ***
Capitolo 12: *** Effetto Lila ***
Capitolo 13: *** Non lo abbandonerò anch’io ***
Capitolo 14: *** Fidati di me ***
Capitolo 15: *** Mi ha persa ***
Capitolo 16: *** Io e te ***
Capitolo 17: *** Il nostro segreto ***
Capitolo 18: *** Un passo alla volta ***
Capitolo 19: *** Il mio Derek ***
Capitolo 20: *** Un attimo ***
Capitolo 21: *** La cosa non è reciproca ***
Capitolo 22: *** Dove vi porto? ***
Capitolo 23: *** Questo è solo l'inizio ***
Capitolo 24: *** In mezzo al nulla ***
Capitolo 25: *** Meglio così ***
Capitolo 26: *** Niente è più come prima ***
Capitolo 27: *** Indimenticabile ***
Capitolo 28: *** Sarà il nostro segreto ***
Capitolo 29: *** La punta di New York ***
Capitolo 30: *** Tutto sotto controllo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Mi
chiamo Lila, in realtà il mio vero nome è Sheila
Margaret Montgomery ma per gli
amici solo Lila.
Vivo
in New Jersey con la mia famiglia da circa otto anni, da quando ci
siamo
trasferiti dalla splendida New York.
Sono
una ragazza normale, vado a scuola, faccio i compiti, esco con le
amiche, ma
una cosa mi contraddistingue dalle altre ragazze: sono vergine.
In
effetti, ai giorni nostri è una cosa rara che una ragazza di
diciotto anni lo
sia ancora e questo mi rende un esemplare. Proprio questo mi rende
infelice
perché gli esemplari sono specie rare, destinate
all’estinzione e io non voglio
fare la fine degli orsi polari. Tutte le mie amiche non lo sono
più ormai da
qualche tempo, ed io? Perché io no? Che cosa ho in meno
delle altre?
Be
forse cosa ho in più. Sono un po’ più
robusta del normale tanto che da piccola
mi chiamavano “La balenotta dai capelli rossi”.
Sì i miei capelli sono rossi,
di un rosso vivo come il fuoco e sono “naturali”
non come quelli delle ragazze
con la tinta… Ma una cosa mi piace del mio corpo: gli occhi.
I miei occhi verdi,
di un verde acceso come i prati dell’Irlanda. Be almeno
questo.
La
mia famiglia è un po’ stramba, mio padre
è sempre in giro per lavoro e mia
madre sta cercando di disintossicarsi dall’alcool; poi
c’è mia sorella, la
causa dei miei problemi a scuola. Lei è l’opposto
di me: alta, magra, con quei
capelli di seta di un colore indefinito che assomiglia al castano.
Be
però i suoi occhi non sono per niente belli come i miei,
sono castani come la
maggior parte delle persone. Lei somiglia molto alla mamma, io invece
tutta
papà. C’è solo una differenza tra noi
due: lei è bella io no. Be forse c’è ne
è
più di una lei è la tipa più famosa
della scuola ed io la balenotta dai capelli
rossi. Tra i corridoi, quando arriva lei, cala un silenzio di
venerazione e le
file si aprono formando una passerella, come se stesse per passare una
modella.
Be in effetti, da piccola lo faceva, la mamma la faceva partecipare a
molti
eventi, ed io? Ovviamente no.
Da
quando abbiamo lasciato New York per motivi di lavoro di
papà, la mamma ha
cominciato a bere, in effetti, ha dovuto lasciare la sua famiglia e il
suo
amato lavoro per trasferirsi in una fredda cittadina come Millville in
New
Jersey. Mamma era una ballerina molto acclamata del teatro Metropolitan
di New
York. Ama la danza forse più di me e mia sorella e
abbandonarla le è costato
molto caro, difatti è entrata nel giro degli alcolizzati.
Adesso sta cercando
di uscirne ma non è facile per lei. Ha provato a entrare in
una compagnia qui a
Millville ma niente. Però ha un’altra passione che
un po’ la distrae: il
giardinaggio. Infatti, a volte lavora nei giardini dei vicini ma il
nostro
ovviamente è il più bello del quartiere. Tutti si
fermano a guardarlo almeno
per qualche istante, come si può non notare una tale
bellezza come le rose che
sbocciano a primavera? Be io forse sono di parte ma i vicini ci fanno
sempre i
complimenti e quindi sarà vero. Amo i fiori forse
perché sbocciano nella mia
stagione preferita: la primavera.
In
primavera sbocciano anche gli amori ma ovviamente non per me. Io sono
una
ragazza un po’… all’antica. Credo nel
vero amore e l’aspetto ogni giorno. Sono
una romanticona, piango sempre nei film con il lieto fine. Forse le mie
aspettative in quanto ai ragazzi sono troppo alte, forse dovrei
abbassare un
po’ il livello. Le mie amiche mi dicono sempre che
l’amore è dietro l’angolo,
sono io che gli passo davanti senza nemmeno fermarmi. E forse hanno
ragione,
forse è questo il motivo del mio
“problema”.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** NLDL ***
NLDL
<<
Lila, Lila,
svegliati è tardi devi andare a scuola, non hai sentito la
sveglia? >> chiede
mamma.
<<
Mamma ti prego
chiudi le finestre, resto a letto ancora un po’ e poi mi alzo
>>rispondo
ancora dormendo.
<<
Lila sono le
7.45 e l’autobus sarà qui tra poco, sbrigati
>> dicono.
<<
C-cosa? Le
7.45? Non può essere mi ero appisolata un momento
e… >> rispondo
sconvolta balzando giù dal letto.
Mi
sbrigo più che posso,
metto i primi vestiti che trovo nell’armadio, lego i capelli
in una lunga
treccia e m’incammino verso la fermata dell’autobus
rosicchiando un toast. Lo
vedo arrivare e salgo su al volo, per poco non lo perdevo. Appena
arrivata
sull’autobus, vedo Alice in fondo e mi siedo accanto a lei.
Io e Alice siamo
amiche fin da quando sono arrivata qua a Millville. Lei abita due
isolati prima
di dove vivo io quindi in pratica siamo cresciute insieme. Alice
è per me più
di un’amica, è una sorella, qualcuno di cui mi
posso fidare e raccontare tutto
di me.
<<
Ehi Lila, come
stai? Sembri stanca che ti è successo? >>dice
vedendomi.
<<
Ciao ho fatto
una corsa da casa per prendere l’autobus in tempo, non ho
sentito la sveglia
>> rispondo.
<<
Tipico di te
>> dice scherzosa.
Mi
offre una cuffia dell’ipod e insieme ascoltiamo le nostre
canzoni preferite.
Amo la musica, non potrei vivere senza. Mentre scendo
dall’autobus per entrare
a scuola con Alice vedo Samantha, mia sorella, con le sue
“amiche”. Io le definirei
più tirapiedi ma per lei sono delle buone, care e vecchie
amiche. Sam non
prende l’autobus, lei ha sempre un passaggio o dal suo nuovo
ragazzo che cambia
ogni settimana o da una delle sue “amiche”. Ed io
invece no, devo prendere
l’autobus o i mezzi pubblici per spostarmi o fare qualsiasi
cosa. In realtà ho
la patente da due anni e i miei mi avevano regalato una macchina per il
mio
sedicesimo compleanno, ma sono un disastro con la guida,
così è lì in garage e
probabilmente Sam la vorrà subito dopo aver preso la
patente, cioè tra poco.
Io
e Alice le passiamo
davanti ma lei quando è con qualcuno non ci guarda nemmeno,
ovvio ne potrebbe
risentire la sua reputazione. Arriviamo in classe, ci sediamo ai nostri
posti
ed eccolo che arriva lui, Luck Miller, il tipo più bello
della scuola. Lui ed
io siamo nella stessa aula di chimica e stranamente lui mi parla, anche
se solo
prima dei test in classe. Vabbè ma almeno lui si
è accorto che esisto, in
effetti, è venuto a casa qualche volta a cena quando era
fidanzato con Sam,
quindi come poteva non notarmi. È stato davvero
imbarazzante. Vederlo seduto
difronte a me a tavola a mangiare il famoso arrosto della mamma che
cucina solo
per occasioni speciali. Per fortuna la “coppietta”
è durata poco, come del
resto tutte le storie di Sam.
Lei
ha una lista lunga
chilometri di fidanzati, io solo il titolo “I miei
amori” e basta. Tutto il
resto della pagina è bianco.
È
bello tornare a casa
dopo una lunga giornata di scuola, soprattutto oggi che torna
papà. È da circa
tre settimane che non ci vediamo e non vedo l’ora che arrivi.
Lui è un famoso
avvocato newyorkese ma è stato costretto a trasferirsi qui a
Millville dopo
aver perso una causa a New York che gli è quasi costata la
carriera.
<<
Lila la porta
>> urla mamma dalla cucina.
<<
Arrivo >>
rispondo.
Corro
giù per le scale
più veloce che posso per aprire la porta e… non
è papà.
<<
Tiffany
>> dico aprendo la porta.
<<
Ciao Lila, Sam
è in casa? >> chiede.
<<
Sì, prego
accomodati >> rispondo.
Chiamo
Sam per avvisarla della presenza di Tiffany, ma sono delusa che non
è papà.
Controllo il telefono per vedere se ci sono delle chiamate, ma niente,
me lo
aveva promesso.
La
notte passa in fretta e appena mi sveglio il mio primo pensiero
è papà. Avevamo
programmato questo weekend fin dalla sua partenza su cosa avremmo fatto
e
quanto ci saremmo divertiti insieme. Controllo il telefono e trovo un
sms.
Papà.
“Scusa
tesoro non c’è l’ho fatta a venire, ci
vediamo sabato prossimo, Baci papà.”
Ecco
lo sapevo mi ha dato buca di nuovo, proprio oggi che per noi
è un giorno
importante. Oggi arrivano i nonni da New York. È da Natale
che non li vedo e mi
fa piacere poterli riabbracciare, anche se loro non sono stati molto
carini con
me. Da quando è nata Sam, nonno Richard e nonna Margaret (da
lei ho ereditato
il mio secondo nome) hanno cominciato ad avere più interesse
per lei. Forse perché
Sam è sempre stata una bambina dolce e raffinata, proprio
come loro ed io il
maschiaccio di famiglia. Be perché loro sono
ecco… benestanti. Si dice così che
è ricco, no? Io odio i ricchi, quelli che pensano di poter
comprare tutto con
il denaro, che tutto gira intorno ai soldi e al lusso. Be, in effetti,
la casa
dei nonni a New York è una reggia rispetto alla nostra. Ma
una cosa non si può
comprare con i soldi: l’affetto dei propri cari. Tipo il mio
se potessero,
comprerebbero anche quello! Voglio bene ai nonni ma non sopporterei mai
di vivere
con loro. È per questo che quando vengono in visita qui da
noi io e papà ci
divertiamo a prenderli in giro. È l’unico che mi
capisce. Sì ma oggi non sarà
così, non oggi. Sono sola e papà non è
qui.
<<
Lila, Sam venite, sono arrivati i nonni >> urla mamma
dall’ingresso.
<<
Arriviamo >> rispondo.
Ed
eccoli lì seduti sul divano, perfetti, senza un capello
fuori posto; anche mamma
si è sistemata e ovviamente anche Sam. Io a confronto sembro
uscita dallo zoo.
<<
Nonni come state? >> chiedo.
<<
Lila, tesoro, come
sei cresciuta, sei
cambiata sai >> mi dice la nonna stritolandomi.
Aspetta
ma che significa? Sono cambiata in meglio o in peggio?
<<
Nonno sempre in forma eh? >> dico salutandolo.
<<
Io sì,
sempre >> risponde.
Io?
Perché si è soffermato sul pronunciarlo?
Perché io no?
A
salvare la situazione arriva mamma con il caffè, altrimenti
gli avrei risposto
e non so se sarei riuscita a controllarmi.
Il
weekend passa in fretta e per fortuna stanno per andarsene. Finalmente.
Sì
domani dovrò tornare a scuola, ma almeno casa mia
ritornerà “normale”.
<<
Alice non ci credo, non può essere vero >>
dico.
<<
Lila ti dico di
sì, sono in tour e
venerdì saranno qui >> risponde.
<<
Sarebbe fichissimo vederli dal vivo >> dico stupita.
Wow
i Blu Rock a Millville, il mio gruppo preferito sarà qui.
<<
Sarà
impossibile però trovare i
biglietti >> continuo.
<<
E qui ti sbagli
>> risponde.
<<
Perché,
hai i biglietti? >> chiedo.
<<
No, no, io no, ma
Cathy sì >>
risponde.
<<
Cathy ha i biglietti? E come li ha avuti? >> chiedo.
<<
Il manager della
band conosce suo padre
e in cambio della sua sponsorizzazione gli ha regalato tre biglietti
>>
risponde.
<<
Non ci posso credere
e due sono per noi?
>> chiedo.
<<
Ovviamente, Cathy ci vuole bene, sa quanto ci teniamo >>
risponde.
<<
Devo chiamarla per
ringraziarla, a dopo
>> dico riattaccando.
Sono
al settimo cielo, i Blu Rock qui e li potrò vedere dal vivo.
È un sogno, ditemi
che non mi risveglierò.
<<
Cathy? >> dico.
<<
Scommetto che hai parlato con Alice, non è vero?
>> chiede.
<<
Infatti, non so come ringraziarti, farò di tutto per
ricambiare il favore
>> rispondo.
<<
Non serve, ci
vediamo il venerdì
pomeriggio così ci potremo preparare per bene, magari chiamo
la mia estetista
di fiducia >>dice.
<<
Perfetto, a venerdì allora >>dico riattaccando.
La
settimana passa lentamente, forse per l’ansia del concerto,
ma finalmente
stasera li vedrò. Passo
a prendere Alice
e insieme prendiamo l’autobus per andare a casa di Cathy. Lei
vive fuori città,
per questo non ci vediamo spesso. Arrivati davanti al cancello di casa
sua, si
scorge l’enorme villa. Si capisce che è ricca.
Però Cathy è l’eccezione che
conferma la regola, lei non se la tira come la maggior parte delle
persone
“benestanti”.
<<
Cathy, siamo noi >> diciamo all’unisono al
citofono.
<<
La signorina Bermut arriva subito >> risponde la sua
governante.
Appena
arriva Cathy ci conduce verso camera sua. Ad aspettarci c’era
qualcuno: l’estetista
e il parrucchiere di fiducia di Cathy. Ci prepariamo tutte e tre e non
mi
lasciano capacità di scelta. Hanno deciso tutto loro, ma mi
fido dei loro
gusti. Un abitino nero ricco di balze, i capelli ondulati, sciolti al
vento e
un tacco che non avrei ma pensato di indossare. Quando mi guardo allo
specchio,
non mi riconosco. Non sono io. Io non sono bella. Questo look non mi
rappresenta, è più vicino a quello di Sam. Cathy
prende la sua auto e tutte e
tre ci dirigiamo verso lo stadio, dove si esibiranno i Blu Rock. Appena
arriviamo ci mettiamo in fila per entrare. Durante la lunga ed
estenuante
attesa, noto un gruppo di ragazzi che mi sembra di conoscere. Per la
confusione
non riesco a capire chi siano. Ma certo, è Luck e il suo
seguito. Fantastico,
adesso anche lui mi vedrà così. Dovrebbe farmi
piacere che lui, proprio Luck
sia qui, ma perché? Non pensavo gli piacessero i Blu Rock.
Lui non mi nota,
forse non mi riconosce nemmeno. Finalmente la fila si muove e riusciamo
a
entrare.
Il
concerto è fantastico, peccato che sia durato poco. Be tre
ore di concerto,
però per me sono volate. È quasi l’una
e devo essere a casa al massimo tra
mezz’ora. Ci dirigiamo verso la macchina ma non possiamo.
È scoppiata una
rissa, giù al parcheggio e quindi non possiamo andare via.
Volano calci, pugni,
ma tra la confusione riesco a scorgere lui, Luck. Sembra molto
aggressivo, non
conoscevo questa parte di lui. Be in realtà non so niente di
lui, non lo
conosco nemmeno, Però ha un non so ché di
affascinante. Forse è il suo essere
misterioso che mi attrae. Per fortuna arriva la sicurezza a fermare la
rissa,
così potremo raggiungere la macchina. Appoggiato sul cofano
della nostra auto,
c’è un gruppo di ragazzi. Sono loro. È
Luck. Ci avviciniamo per cercare di
farli spostare e lui mi vede. Il suo sguardo è diverso
rispetto a quello di
quando mi chiede le risposte durante i test a scuola. Lui mi guarda,
guarda me.
<<
Ci conosciamo?
>> chiede.
<<
Sì, siamo nella stessa aula di chimica >>
rispondo imbarazzata.
<<
Non mi ricordo una ragazza così bella in classe con me, come
ti chiami?
>>chiede.
<<
Lila >> rispondo.
<<
Lila, Lila non mi dice niente >>dice.
<<
Sono la sorella di Samantha Montgomery >>rispondo.
<<
Samantha? Tu sei quella Lila? Non sembri nemmeno tu
>>dice sorpreso.
<<
Ah, bene, lo prendo come un complimento >>rispondo.
<<
Voleva esserlo, bene allora ci si vede a scuola, Lila >>
dice.
<<
Ciao Luck >>termino.
No.
Ho detto il suo nome senza che lui si sia nemmeno presentato. Ora
sembrerò una
delle sue aspiranti ammiratrici. Speriamo che non se ne sia accorto. Si
spostano dall’auto e ci lasciano passare, così che
Cathy ci possa
riaccompagnare a casa. Finalmente aggiungerei. Appena arrivo a casa,
mamma è
sul divano, forse mi stava aspettando. Sono in ritardo di quasi
un’ora, sarà
arrabbiata con me.
<<
Lila tesoro, ero in pensiero per te >> dice vedendomi
arrivare.
Wow,
lei era in pensiero per me. Stasera non sembra abbia bevuto, forse
perché
domani tornerà papà. Perché
sì, domani verrà papà, non mi
darà buca di nuovo.
Mi
sveglio con il profumo dei muffin della mamma. Forse papà
è già arrivato. Prima
di correre giù per le scale mi guardo allo specchio, una
cosa nuova per me. Oh
mamma, sembro un panda! Ho gli occhi neri dal trucco della scorsa
notte. Ero
troppo stanca per struccarmi ed ecco il risultato. Cerco di porre
riparo ai
miei guai post-trucco e scendo in cucina.
<<
Papà >> esclamo vedendolo.
<<
Lila, amore mio, sono felice di vederti >>dice.
<<
Mi sei mancato tanto, dimmi che ti fermerai per un po’
>> chiedo
speranzosa.
<<
Oggi è il tuo giorno fortunato, perché mi
fermerò per un paio di settimane
>> risponde.
Lo
afferro per il collo e lo stritolo a me. Mi è mancato
poterlo fare. Lo faccio
solo con lui, con mamma e Sam no.
Il
tempo con papà passa in fretta, ed è
già ora di tornare a scuola. Come ogni
giorno, appena arrivo a scuola sono invisibile, nessuno mi guarda,
nessuno mi
saluta. Però oggi è diverso, Luck mi conosce. E
se mi conosce lui, sono quasi
popolare! È così che Sam lo è
diventata. Appena lo vedo nei corridoi e gli
passo accanto, lo saluto, ma lui non ricambia. Forse non mi ha visto.
Arrivo in
classe e mi passa davanti per andarsi a sedere dietro. Allora prendo
coraggio e
lo saluto, di nuovo. E di nuovo lui non ricambia. Ma ora è
diverso, mi ha guardato
negli occhi, non può non avermi visto. Perché non
mi saluta? Al concerto era
così carino con me, cosa sarà cambiato?
Alla
fine delle lezioni decido di parlarne con Alice e Cathy e loro mi danno
la
risposta più ovvia. Non ero io al concerto, la balenotta dai
capelli rossi. Era
l’altra parte di me, l’altra Lila, quella che non
conosco. La parte bella di me
che non sapevo esistesse.
<<
Lila non ti merita >> dice Alice.
<<
Infatti, Lila, lascia stare >> continua Cathy.
<<
E allora chi mi merita? Nessuno, perché nessuno mi vuole
>> dico
demoralizzata.
<<
Non è vero >>dice Alice.
<<
Ci tieni davvero a farti notare da Luck? >> dice Cathy.
<<
Sì,
è l’unica cosa che desidero adesso
>> rispondo.
<<
Allora diamo inizio l’operazione NLDL >> dice
Alice.
<<
Cos’è l’operazione NLDL?
>> chiedo incuriosita.
<<
Nuovo look di Lila >> risponde.
<<
Ci potevamo arrivare >> dice Cathy scherzosa.
Scoppiamo
a ridere tutte e tre e con un gesto (quello di tutti per uno e uno per
tutti)
diamo il via al nostro piano.
Cathy
e Alice stilano una specie di giornata tipo che inizia alle sei del
mattino.
<<
Impossibile ragazze, io non mi sveglierò mai alle 06.30 e
poi c’è un’ora e mezza
prima di andare a scuola, cosa dovrei fare tutto quel tempo?
>> chiedo
sbalordita.
<<
Lila, hai detto che ci tenevi a farti notare da Luck >>
dice Alice.
Annuisco
perché in fondo hanno ragione.
<<
Allora lascia fare a noi >> termina Cathy.
Alla
fine della loro consultazione, cioè due ore di attesa, mi
consegnano in pratica
quella che sarà la mia vita da domani.
Ore
06.30: Yoga mattutino.
Ore
07.00: Colazione (ovviamente hanno eliminato tutti i grassi e il mio
amato
cioccolato).
Ore
08.00-16.00: Scuola.
Ovviamente
c’è il pranzo in mezzo e al posto del mio amato
panino al burro di arachidi ci
sono una misera insalatina e un frutto.
Ore
16.00-18.00: Palestra a casa di Cathy.
Ore
18.00-19.00: Compiti.
Il
resto della “giornata” è libero. Grazie.
Ah e ovviamente cena salutare.
<<
Ragazze non pensate davvero che io possa seguire questo ritmo a lungo
>>
dico.
<<
Lo farai per tutto il tempo necessario, fino a eliminare il soprannome
“balenotta dai capelli rossi” >> dice
Cathy.
<<
Tranquilla, ti aiuteremo noi >> mi rassicura Alice.
<<
Va bene, grazie
dell’aiuto, a domani
>> dico.
Le
saluto e mi dirigo verso casa con questo foglio/inferno che da domani
diventerà
realtà.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Sono "normale" ***
Sono
“normale”
Mi
sveglio come ormai da
due settimane alle 06.30 per iniziare la “mia”
giornata. Ormai non è più la mia
vita. Oggi però a differenza degli altri giorni
c’è la prova peso a casa di
Cathy. La bilancia. La mia peggior nemica dall’età
di tredici anni. Sì a
quell’età ho iniziato a mettere su qualche chilo e
da allora non mi sento più
normale. Ma chi dice cosa sia la normalità? Nessuno.
Però io non mi sento più
in pace con il mio corpo. Dopo aver seguito passo dopo passo la mia
giornata
tipo, dopo la scuola, invece di fare palestra, mi dirigo verso casa di
Cathy
per questo incubo che è la bilancia. Per fortuna che a
sostenermi ho loro,
Alice e Cathy, non c’è l’avrei mai fatta
a iniziare tutto questo senza di loro.
<<
Sei pronta?
>> chiede Cathy.
Annuisco,
tanto non ho
via di scampo. Salgo sulla bilancia e chiudo gli occhi. Non voglio
vedere il
mio peso ancora una volta. Tutto tace, non capisco, che succede?
<<
Puoi scendere
>> m’invita Cathy.
<<
Allora?
>> chiedo curiosa.
Niente,
nessuno mi risponde.
Sono entrambe girate verso la scrivania e penso stiano calcolando
qualcosa.
<<
Evvai, batti
cinque >> dice Alice a Cathy.
Sembrano
soddisfatte.
<<
Scusate? Potrei
sapere anch’io? >> chiedo scherzosa.
<<
Siamo state
perfette, hai perso quattro chili >> dice Alice.
<<
In due
settimane >> continua Cathy.
Wow,
non me lo
aspettavo. Ho perso qualche chilo. Devo ammettere che
all’inizio avevo qualche
riserva in quanto al nostro piano, ma devo riconoscere che ha
funzionato.
Almeno fino ad ora. Corro verso le ragazze e le stringo in un forte
abbraccio.
Grazie a loro c’è l’ho fatta.
<<
Adesso come
procediamo? >> chiedo.
<<
Dobbiamo
cambiare il piano, altrimenti la tua vita diventa monotona
>> dice Cathy.
<<
Mettiamoci al
lavoro allora, non c’è tempo da perdere
>> dice Alice.
E
di nuovo si mettono
alla scrivania a programmare altre settimane dalla
“mia” vita. Questa volta
però il tempo passa più veloce, forse
perché sono felice. Sono fiera di me
stessa. Ho ottenuto quello che volevo. Ancora la strada è
lunga, questo è solo
l’inizio.
<<
E con questo
abbiamo finito >> dice Alice.
Si
girano verso di me e
mi consegnano il foglio. Comincio a leggerlo incuriosita.
Ore
06.30: Stretching
con la musica (senza svegliare il vicinato).
Ore
07.00: Colazione
(ovviamente salutare).
Ore
08.00-16.00: Scuola.
Ore
16.00-17.00: Jogging.
Ore
17.00-18.00: Sport a
piacere.
Ore
18.00-19.00: Compiti.
Il
resto della
“giornata” è libero. Eh grazie!
<<
Sembra più
simpatico rispetto a quello delle scorse settimane >>
dico.
<<
Ci fa piacere
>> dice Cathy anche per Alice.
<<
Da domani cambierà
di nuovo la tua vita >> dice Alice.
<<
Non ti
abbattere, alla fine avrai una sorpresa >> termina
contenta Cathy.
Le
saluto e mi dirigo
verso casa, pensando a cosa potesse essere questa
“sorpresa”. Appena arrivo,
durante la cena, decido di dirlo alla mia famiglia. Non ho avuto il
coraggio di
farlo prima, perché non pensavo riuscissi ad avere dei
risultati. Ma adesso che
è successo, voglio renderli partecipi della mia
felicità. Almeno spero.
<<
Ho una notizia
da darvi >> dico entusiasta.
<<
Che succede,
Lila? >> chiede papà.
<<
Da un paio di
settimane ho iniziato una specie di dieta per perdere qualche chilo di
troppo
>> rispondo.
<<
Non ne hai
bisogno >> dice affettuoso papà.
<<
Non lo sapevo,
perché non me lo hai detto? >> chiede mamma.
<<
Non pensavo di
avere dei risultati, ma sì, ho perso quattro chili
>> dico soddisfatta.
<<
Wow tesoro,
sono fiero di te >> dice papà venendomi ad
abbracciare.
Anche
mamma ne sembra
orgogliosa, Sam invece, non ha detto niente.
<<
Sam? Non hai
niente da dirmi? >> dico.
<<
Brava Lila,
cosa vuoi che ti dica >> risponde.
<<
Sam non essere
sgarbata con tua sorella >> dice mamma.
Lei
mi ha difeso. Ha
ripreso Sam per me, una cosa nuova in questa famiglia. Mentre aiuto
mamma a
lavare le stoviglie, in cucina, ne approfitto per parlare con lei.
<<
Mamma, posso
chiederti una cosa? >> domando.
<<
Certo tesoro
>> risponde.
<<
Cathy e Alice
hanno pensato che dovrei dedicare un’ora al giorno per
praticare uno sport,
quindi mi chiedevo se ti andasse di darmi qualche lezione di danza
>>
dico.
<<
Non so, Lila, è
da un po’ che non lo faccio >> risponde.
<<
Dai, mamma ci
divertiremo >> insisto.
<<
Va bene allora,
da domani cominceremo le nostre lezioni, solo tu ed io >>
risponde.
“Solo
tu ed io”. Mi
suona nuovo. Io e mamma non abbiamo mai fatto qualcosa insieme. Quando
ero piccola,
lavorava, quindi non aveva molto tempo per me. Poi da quando
è nata Sam ci
siamo allontanate. Ed eccoci qui, lontane più che mai. Ma da
domani tutto
questo potrebbe cambiare. Io potrei cambiare.
<<
Pliè, pliè
continua Lila dai >> m’incoraggia mamma.
Sono
distrutta, stanca
di questo ritmo frenetico. Mamma è molto più dura
di quanto pensassi.
<<
Lila tieni la
gamba diritta, busto eretto su >> continua.
Non
ho fiato per risponderle.
Basta, non ne posso più. Ormai non è
un’ora la lezione di danza, occupa pure il
tempo dedicato ai compiti. Così sono costretta a studiare
dopo cena, prima di
andare a letto. Non so quanto resisterò ancora con questo
ritmo.
<<
Basta mamma, ti
prego facciamo una pausa >> dico con un filo di voce.
<<
Cinque minuti
Lila, non uno di più >> mi risponde.
Mamma
è molto
determinata nel suo lavoro e anche con me. Da quando abbiamo iniziato,
quasi
una settimana fa, mamma ha smesso di bere, forse la danza è
la sua medicina. Ma
se continua così, ne avrò bisogno io!
<<
Lila,
ricominciamo >>urla dal piano inferiore.
<<
Arrivo mamma
>> rispondo.
Prima
però, invio un sms
ad Alice.
“SOS
mamma impazzita,
vieni a salvarmi, ti prego”. Speriamo arrivi presto. Corro
giù per le scale e
ricomincia la “lezione”.
<<
Sam, la porta
>>urla mamma.
<<
Se vuoi, vado
io >> dico speranzosa.
<<
No, tu continua
>> risponde.
<<
Va bene, ho
capito, vado io >> dice mamma.
<<
Salve signora,
c’è Lila? >> chiede Alice.
Eccola,
finalmente è
arrivata. Dopo un quarto d’ora estenuante,
c’è l’ha fatta.
<<
Sì, solo che è
impegnata >> risponde mamma.
<<
La prego
signora, è importante >> insiste.
Grazie,
grazie, grazie
grido dentro di me.
<<
Ciao Alice,
sono felice di vederti, che ci fai qui? >> chiedo con la
speranza che si inventi
una scusa.
<<
Ho bisogno di
aiuto per il test di chimica di domani >> risponde.
<<
Ah ok, mamma ti
dispiace se continuiamo domani? >> chiedo speranzosa.
<<
Va bene tesoro,
andate a studiare >> risponde mamma.
La
ringrazio e vado su
in camera con Alice.
<<
Grazie di
avermi salvato >> dico.
<<
Figurati, è a
questo che servono le amiche >> risponde.
E
sì, lei è una vera
amica, la mia migliore amica.
<<
Ti dispiace se
vado a fare una doccia e poi studiamo? >> chiedo.
Ho
bisogno di una
doccia, devo togliermi questi vestiti di dosso. Manca poco che mamma mi
metta
pure il tutù!
<<
Certo, va pure,
in effetti, non era proprio una scusa quella del test di chimica
>>
risponde.
<<
Infatti, non
hai molta fantasia >> dico scherzosa.
Studiamo
tutta la sera,
fino ad appisolarci insieme.
La
mattina dopo non
sentiamo nemmeno la sveglia, è mamma a svegliarci. Ci
prepariamo di corsa e
arriviamo in classe appena in tempo per il test di chimica.
<<
Ehi Lila, come
stai? >> mi chiede Luck.
Sono
sorpresa, non
pensavo Luck mi considerasse.
<<
Ciao Luck
>> dico imbarazzata.
<<
Sei dimagrita
>> mi dice.
Wow,
se n’è accorto.
Sono felicissima.
<<
Be un pochino
>> rispondo.
<<
Mi scrivi le
risposte del compito, Lila? >> chiede.
<<
Ehm… va bene
>> rispondo.
<<
Grazie, sei la
migliore >> termina.
Gli
sorrido, non so
dirgli di no. Certo sono la migliore prima del test, tutto il resto del
tempo
sono invisibile. Le ragazze notano il discorso con Luck e durante la
pausa
pranzo mi chiedono spiegazioni.
<<
Allora, che ti
ha detto? >> chiede Cathy.
<<
Ha notato che
sono dimagrita >> rispondo.
<<
Wow, se n’è
accorto, c’è ne è voluto di tempo
>> dice Alice.
Preferisco
non dirgli
niente riguardo alle risposte del test, resterebbero deluse. Proprio
come me.
Però qualcuno ha notato il mio cambiamento, quindi sono
più fiduciosa e voglio
continuare questo “programma”.
Dopo
il nostro jogging
abituale, le saluto e mi dirigo verso casa. Nonostante siano estenuanti
le
lezioni di danza, sono felice di trascorrere del tempo con la mamma.
Papà è
partito presto stamattina e sicuramente mamma sarà un
po’ giù di morale, però a
farle compagnia ci sono io. Sì io la rendo felice,
finalmente.
È
passata un’altra
settimana e oggi è di nuovo il giorno della prova peso.
Però sono più fiduciosa
rispetto all’altra volta. Appena arrivo a casa di Cathy,
però noto che non
siamo sole. Wow si è aggiunta una nuova compagnia. Non
voglio che qualcun altro
conosca il mio peso, non ancora almeno.
<<
Lila ti
presento Miriam, Julien e Nicole >> dice Cathy.
<<
Piacere di
conoscervi >> rispondo.
<<
Loro sono
rispettivamente l’estetista, il parrucchiere e la
massaggiatrice >>
continua Cathy.
Non
capisco, a cosa ci
servono queste persone? Alice mi vede confusa.
<<
Sono la
sorpresa >> dice contenta Alice.
<<
Ah, non me lo
aspettavo >> rispondo.
Non
me lo aspettavo davvero.
Pensavo a un altro genere di sorpresa, ma va bene lo stesso. Mentre il
resto
della compagnia ci aspetta in salotto, noi, anzi io, salgo sulla
bilancia. È
una strana sensazione, speriamo bene. Chiudo di nuovo gli occhi, non
per paura,
ma spero nella sorpresa. Un’altra.
<<
Puoi scendere
>> m’invita Cathy.
E
di nuovo entrambe alla
scrivania ed io come una sciocca ad aspettare il verdetto.
L’attesa sembra
infinita.
<<
Quindi?
>> chiedo curiosa.
Niente,
di nuovo
silenzio, nessuno mi risponde, poi sento la risatina di Alice.
<<
Allora, sono
trascorse altre due settimane da quando abbiamo iniziato questo
programma e…
>> risponde Cathy.
<<
Quanto la fai
lunga, hai perso altri quattro chili >> la interrompe
Alice.
<<
Quindi otto
chili in poco più di un mese >> dice Cathy.
<<
C-cosa? Otto
chili io? >> chiedo allibita.
<<
Sì, sei stata
bravissima, anzi, lo siamo state e ci meritiamo proprio questa sorpresa
>> dice Alice.
<<
Di cosa si
tratta ragazze? >> chiedo.
<<
Operazione NLDL
>> risponde Alice.
<<
Tu non lo sai,
ma abbiamo chiesto aiuto a un dietologo >> dice Cathy.
<<
Un dietologo?
Perché non me lo avete detto? >> chiedo.
<<
Perché non ci
avresti permesso di aiutarti >> dice Alice.
Forse
hanno ragione, non
ho dei bei ricordi sui dietologi.
<<
Vabbè, ormai è
passato, adesso hai il peso di una ragazza
“normale”, come dici tu, e dobbiamo
goderci la sorpresa >> dice Cathy.
Ci
abbracciamo tutte e
tre e scendiamo giù in salotto. Ho il peso di una ragazza
normale, sono
normale. Ci dividiamo il personale ed io comincio dalla massaggiatrice.
Ho
bisogno di un po’ di relax dopo tutto questo stress. Dopo
quasi un’ora di
massaggi magnifici, è il turno dell’estetista.
Dopo il relax, il dolore. E non
è bastata un’ora tra ceretta, unghie e una lezione
di trucco. Tutto all’insegna
del divertimento. O quasi.
<<
L’ultima tappa
del NLDL sono i capelli >> dice Alice.
<<
Già, proprio
l’ultima >> continua Cathy.
In
fondo mi dispiace
stia finendo l’operazione NLDL.
<<
Abbiamo pensato
con Julien di tagliarli un po’ e… di farti
diventare bionda >> dice
Alice.
<<
Bionda io? Non
se ne parla proprio >> rispondo
<<
Pensavamo ti
potesse stare bene quel colore >> dice Cathy.
<<
Sceglilo tu
allora >> dice Alice.
Sì.
Finalmente qualcosa
che posso scegliere io. Non che contesti le loro scelte, ma almeno il
colore
dei miei capelli lo scelgo io.
<<
Castani?
>> domando.
<<
Castani con
qualche riflesso biondo >> dice Julien.
È
una proposta
accettabile. Dopo mezz’ora di posa per il colore, quindici
minuti per il taglio
e un’altra mezz’ora per la piega, sono pronta. Era
ora aggiungerei. Non mi sono
ancora guardata allo specchio, ma penso che mi piacerà.
Sì, sono più sicura di
me stessa.
<<
Ed ecco l’ora
della verità, ta da! >> dice Alice.
Mi
posiziono davanti
allo specchio, anzi mi trascinano lì con gli occhi bendati e
appena sfilano la
benda… non sono io. Non può essere. È
quasi la sensazione del pomeriggio prima
del concerto dei Blu Rock, ma moltiplicata per mille.
<<
Mi piace la
nuova Lila >> dice Cathy.
<<
Chissà a quanti
piacerà >> continua Alice.
E
già, chissà a quanti.
Loro sono le mie amiche, ma gli altri? Che penseranno del mio nuovo
look?
Saluto tutti, ringraziando per lo splendido pomeriggio e torno a casa;
verso la
verità. Appena entro le luci sono spente, sembra che non ci
sia nessuno in
casa.
<<
Sorpresa!
>> urlano un gruppo di voci che non riesco a decifrare.
Un’altra?
Per oggi
possono bastare le sorprese. Appena accendo la luce, tutti restano a
bocca
aperta. Tutti. Anche papà è tornato per me. Tutti
vengono ad abbracciarmi,
mamma, papà, le ragazze che non so come abbiano fatto ad
arrivare prima di me.
Forse con l’auto di Cathy. Persino Sam. Lei mi sembra
più che sorpresa,
allibita. O forse di più. Cos’è, non si
aspettava che anch’io potessi essere
bella? Solo perché non sto due ore davanti allo specchio per
truccarmi la
mattina, non significa che io non lo sia, In effetti fino a poco tempo
fa non
lo pensavo neanch’io. La serata passa in fretta, forse
perché sono tornata più
tardi del solito, ma sono felice. Sono felice di tornare a scuola
domani, nella
speranza che Lila, la balenotta dai capelli rossi non esista
più.
<<
Montgomery?
>> chiede il professore.
<<
Presente
>> rispondo.
Amo
la chimica, seguo
sempre le lezioni con interesse, prendo appunti, pongo domande ma oggi
no. Non
so cosa sia ambiato in me, ma oggi non mi va di seguire la lezione.
Forse
perché non è cambiato niente. Forse avevo delle
aspettative troppo alte. Non mi
aspettavo che si formasse la passerella quando passavo io, ma almeno
qualche
complimento. Qualunque cosa. Mentre giocherello con la penna, sento
chiamare il
mio nome.
<<
Lila, Lila
girati >> dice Stacy, la ragazza dietro di me.
Mi
giro di scatto.
<<
È da parte di
Luck >> dice.
Mi
consegna un
bigliettino tutto stropicciato, forse perché ha fatto il
giro della classe. Lo
apro lentamente come se avessi paura di leggere, cosa ci
sarà scritto? Qualche
cattiveria o magari qualche complimento?
“Ti
aspetto durante la
pausa pranzo al campo”.
Cosa?
È uno scherzo
vero? Che significa questo? E poi di quale campo sta parlando? Quello
da basket
o quello da football? Sono confusa, ma una piccola speranza si
è accesa in me.
Dopo la lezione corro dalle ragazze per dirgli tutto e per saperne di
più su
questo “campo”. Niente, non lo sanno nemmeno loro.
Forse c’è chi mi può
aiutare, Sam, lei saprà di quale campo si tratta. La cerco
tra i corridoi ma è
impossibile trovare qualcuno durante il cambio dell’ora.
Allora decido di
aspettare la pausa pranzo, lei sarà al suo solito tavolo con
le sue solite
“amiche”.
<<
Sam devo
parlarti >> dico agitata.
<<
Lila, tutto
bene? >> chiede.
<<
Luck vuole
vedermi al campo, sai di quale campo si tratta? >> chiedo.
<<
Luck vuole
vederti? Comunque no, non posso aiutarti >> risponde come
se avesse visto
un fantasma.
<<
Ti prego pensa
ancora, magari ti ci ha portato qualche volta >> insisto.
<<
Ti ho già detto
di no, non insistere >> termina.
La
saluto e mi dirigo
verso la porta. Non ho nemmeno fame e non so se sia colpa della dieta o
di
Luck. Poco prima di uscire dalla porta sento urlare il mio nome.
<<
Quello da
basket >> urla una voce.
Era
Sam, ne sono sicura.
Corro
più che posso
sperando che non sia già andato via. Non appena arrivo non
c’è nessuno. Decido
di aspettare. La pausa è finita da un po’ e di
Luck nemmeno l’ombra. Mi sento
una stupida. Mi ha solo illuso, anzi forse mi sono illusa da sola. Per
la mia
trasformazione, per Luck, per tutto. Torno in classe come uno straccio.
Non
voglio più saperne di lui, per me non esiste più.
Proprio come Lila, la
balenotta dai capelli rossi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Nuovo look, Nuova Lila ***
Nuovo
look, Nuova
Lila
Oggi
è sabato. Questo dovrebbe rendermi felice, non
devo andare a scuola ma no. Non so nemmeno cosa sia la
felicità. Dalla
situazione dell’altra volta ne sono uscita sconfitta,
però mi è servita da
lezione per le prossime volte. Be ovviamente spero non ce ne siano
più come
quella. Mi ha fatto male essere stata presa in giro, però in
fin dei conti ci
sono abituata. Ma ora basta, nuovo look, nuova Lila.
<<
Papà? >> chiedo.
<<
Sì tesoro’ >> risponde.
<<
Ti andrebbe di tirare fuori l’auto dal
garage e darmi qualche lezione di guida? >> chiedo
speranzosa.
<<
Certo che sì, era ora me lo chiedessi.
Prendo le chiavi e andiamo >> risponde contento.
Sono
felce che abbia accettato, la nuova Lila deve
pur saper guidare. Salgo a bordo della “mia” auto
che ancora fa profumo di
nuovo e mi sento un po’ impacciata. Per fortuna
però ho un bravo autista
accanto a me.
<<
Come mai questo cambiamento? >> chiede
papà.
<<
Nuovo look, nuova Lila >> rispondo.
È
solo questo quello che riesco a dire. In realtà non
lo so nemmeno io, ma sono sicura di me. Almeno oggi. È una
sensazione nuova per
me. Dopo un paio d’ore di giri dell’isolato, ho
più padronanza dell’auto.
Almeno questo è quello che dice papà.
<<
Lunedì andrai a scuola con la macchina?
>> chiede.
Vero,
non ci avevo ancora pensato. Perché no?
<<
Ehm… non so tu che ne pensi >>
rispondo.
<<
Solo tu puoi saperlo >> dice.
Ma
sì, in fin dei conti cosa può succedermi?
<<
Sì, penso di sì >> rispondo.
Lascio
papà a casa e vado in auto da Alice. Meno di
seicento metri e son già arrivata. Suono il clacson e Alice
si affaccia dalla
finestra.
<<
Lila, che ci fai con quell’affare? >>
chiede stupita.
Be,
in effetti, non sono brava, ma non mi ha nemmeno visto
alla guida.
<<
Scendi e facciamo un giro su quest’affare
>> dico scherzosa.
In
meno di cinque minuti e già accanto a me. Lei
c’è
sempre per me. Facciamo un giro e arriviamo fino a casa di Cathy.
<<
Ragazze che ci fate qui, e con l’auto?
>> chiede Cathy.
<<
Ti abbiamo voluto fare una sorpresa >>
dice Alice.
<<
Ho deciso di provare a mettermi alla guida
>> continuo.
<<
Bene almeno adesso potrai andare a scuola
con quest’affare e darmi un passaggio >> dice
Alice.
<<
Certo, passerò a prenderti ogni giorno
>> rispondo.
<<
Allora dobbiamo festeggiare, prepariamoci e
andiamo al “Paprika” >> dice Cathy.
Non
son mai stata in quel locale. Forse perché non
amo la vita notturna qui a Millville.
<<
Siete pronte? >> grida dall’altra
stanza Cathy.
<<
Quasi >> rispondo.
Abbiamo
deciso di prepararci da sole, per mettere
alla prova le mie capacità. Mi guardo allo specchio e vedo
un’altra Lila,
diversa da quella del concerto e dalla balenotta dai capelli rossi. Una
nuova
Lila.
<<
Pronta >> dico saltando fuori dalla
stanza.
Nessuno
dice niente. Loro sono bellissime, non hanno
bisogno di sentirselo dire. Io sì.
<<
Lila sei… >> dice Alice.
<<
Bellissima >> continua Cathy.
<<
Ho superato la prova? >> chiedo
speranzosa.
<<
Ovviamente, voto dieci >> dice Alice.
<<
Dai andiamo, il “Paprika” ci aspetta
>> termina Cathy.
Prendiamo
la mia auto e ci dirigiamo verso il locale.
Appena arriviamo, non si capisce niente, la musica ad alto volume, una
folla di
ragazzi e fiumi di alcool. Dove sono capitata?
Tutti ci guardano, anche a me. Che cosa
hanno da guardare? Forse la nuova Lila?
<<
Dai andiamo a ballare >> m’invita
Cathy trascinandosi Alice.
<<
No, no ragazze preferisco sedermi al bar
>> rispondo.
Non
voglio ordinare qualcosa, solo sedermi, i tacchi
mi stanno uccidendo. E pensare che sono stata io a volerli mettere!
<<
Ehi >> dice una voce alle mie spalle.
Mi
giro di scatto. Chi è? Chi mi conosce qui?
<<
Luck, che ci fai qui? >> chiedo.
<<
Vengo sempre qui il sabato sera, tu?
>> risponde.
<<
Sono con le mie amiche >> rispondo.
<<
Ti posso offrire qualcosa? >> chiede
gentilmente.
<<
No grazie, non bevo >> rispondo.
<<
Ah, che ne dici di andare in un posto più
tranquillo e parliamo un po’ >>
m’invita.
Non
so che fare. Vado o no? Alice e Cathy non si
vedono da nessuna parte, che farebbe la vecchia Lila? Non andrebbe. Lei
ha chiuso
con Luck. Ma la nuova Lila?
<<
Allora, andiamo? >> insiste.
<<
Ehm… ok >> rispondo e lo seguo.
<<
Dove mi porti? >> continuo.
<<
È una sorpresa >> risponde.
Posso
fidarmi? Ormai non ho scelta. Si ferma davanti
una panchina e m’invita a sedermi accanto a lui. Che mi
aspettavo?
<<
Perché non sei venuta l’altra volta?
>> chiede.
<<
Io? Tu perché non sei venuto >>
rispondo.
<<
Io ti ho aspettato, ho quasi perso l’ultima
ora. Non mi era mai capitato di essere stato piantato prima
d’ora >>
dice.
<<
Io sono venuta al campo che mi hai detto tu
>> dico.
<<
Ti avrei visto, c’era un sole che spaccava
le pietre >> risponde.
<<
Sole? Quale sole, il campo è al coperto.
Dove hai visto il sole? >> chiedo sorpresa.
<<
Il campo da rugby è all’aperto >>
risponde.
<<
Campo da rugby? Io ero in quello da basket
>> dico.
<<
Quello da basket? Che cosa centra quel
campo, io pratico rugby >> risponde sarcastico.
Vero.
Lui è il capitano della squadra di rugby della
scuola, come ho fatto a non pensarci.
<<
Ma Sam ha detto che… >> dico.
Mi
è sfuggito, non avrei dovuto dirlo.
<<
Non cominciare una frase con “Sam dice” o
“Sam pensa” perché cade già
dall’inizio >> risponde.
Sono
imbarazzata, che dico? Per fortuna è lui a
parlare e a rompere il ghiaccio.
<<
Sam è la mia ex, non ti avrebbe mai aiutato
a trovarmi >> dice.
<<
Sam è mia sorella, lei mi vuole bene
>> rispondo.
<<
Non penso sia così >> dice.
<<
Tu non sai niente di me >> rispondo
infuriata.
<<
Non volevo essere scortese, scusami >>
dice.
Non
rispondo, non so cosa dire. So solo che tremo.
Perché?
<<
Senti freddo? >> chiede.
<<
Sì, un po’ >> rispondo.
Meglio
che pensi che sia il freddo a farmi tremare.
Si toglie la giacca e me la appoggia sulle spalle.
<<
Grazie >> dico.
Non
conoscevo il lato tenero di lui. Sembra un altro
senza il suo gruppo.
<<
Vuoi tornare dalle tue amiche? >>
chiede.
<<
No >> rispondo secca.
Perché
ho detto di no?
La vecchia Lila sarebbe corsa dalle sue amiche per sfuggire a questa
situazione. Adesso no. Si avvicina a me. Forse sta per succedere. Forse
sì,
magari. Mi scosta una ciocca di capelli dal viso e… basta.
Lo guardo dritta
negli occhi senza distogliere lo sguardo. Lui ricambia ma non succede
niente. È
imbarazzante, che faccio? Non voglio che pensi che io sia una delle sue
tante
ammiratrici. Tengo il suo sguardo, lo vedo su di me, ma
perché non fa niente?
Decido di prendere coraggio e fare io la prima mossa. Mi avvicino di
più a lui
e… lo bacio. Un impulso irrefrenabile, non so nemmeno
perché l’ho fatto. Un
bacio veloce, mi distacco subito. Apro gli occhi e noto il suo sguardo
complice. Adesso è lui a ricambiare e ad avvicinarsi a me.
Mi bacia di nuovo.
Bacia me, Lila, la nuova Lila. Amo la nuova Lila, si è fatta
aspettare, ma
finalmente è arrivata. Sento vibrare la mia gamba. No, non
adesso. Mi allontano
da lui e trovo una chiamata da Cathy. Saranno preoccupate per me.
<<
Torniamo dentro
>> dico.
È
solo questo quello che
riesco a dire. E lui non dice una parola. Perché
è così imbarazzato, sarò la
centesima ragazza per lui. Lui mi precede tenendomi per mano. Dentro
non si
capisce niente, dove sono le ragazze? Decido di mandare un sms ad Alice
dicendole di vederci al parcheggio. Luck mi accompagna senza mollare la
presa.
<<
Sei con la tua
auto? >> chiede.
<<
Sì, finalmente
>> rispondo.
<<
Non pensavo che
sapessi guidare >> dice.
<<
Ci sono molte
cose che non sai di me >> rispondo.
<<
Allora mi
piacerebbe conoscerle >> dice.
A
interromperci arrivano
le ragazze che mi guardano stupefatte e arrabbiate. Perché,
che ho fatto di
male? Consegno la giacca a Luck e lo saluto prima che loro arrivassero
più
vicino a noi.
<<
Allora ci
vediamo domani a scuola >> dico.
<<
Certo, a
domani, Lila >> risponde.
Lascia
la presa e si
allontana prima che arrivino le ragazze.
<<
Lila, che fine
hai fatto, eravamo in pensiero per te >> dice Alice.
<<
Era Luck
quello? Eri con lui? >> chiede Cathy sorpresa.
<<
Sì, scusate
ragazze, la prossima volta vi avvertirò, se ci
sarà una prossima volta >>
rispondo.
Saliamo
in macchina e
durante tutto il tragitto non fanno altro che assillarmi di domande.
Non sono abituate
a questo genere di cose e neanch’io.
Dopo
averle riaccompagnate
a casa, finalmente arrivo a casa “mia”. Sprofondo
nel mio comodo letto e penso
a lui, Luck, a quando lo rivedrò. Che cosa
cambierà adesso?
Mi
sveglio felice…
finalmente. Non so nemmeno io perché. Mi preparo, salgo in
macchina e passo a
prendere Alice. Oggi non prenderemo l’autobus dopo cinque
anni, era proprio
ora. Alice non guida perché non può permettersi
un’auto. La sua famiglia non
vive in una situazione economica agiata. Al contrario di Cathy. Io in
pratica
sono al centro dei due opposti. Posteggio l’auto ed entriamo
a scuola. Passo
dall’armadietto per prendere i libri di matematica
e… trovo un biglietto. Luck.
È uguale a quello dell’altra volta solo che ha
specificato di quale campo si
tratta. Quello da rugby, ovviamente. Le ore passano lente, troppo
lentamente,
forse perché non vedo l’ora di incontrarlo. Quando
suona la campana della pausa
pranzo, mi precipito al campo. Appena arrivo lui… non
c’è. Mi guardo intorno ma
niente. Mi ha dato buca di nuovo, anche se la prima volta non
è andata proprio
così. Tutt’a un tratto sento spalancarsi una porta
e lui entra con una palla da
rugby in mano, come se dovesse giocare.
<<
Scusa il
ritardo, mi stavo cambiando >> dice.
<<
Sono appena
arrivata, perché ti sei cambiato? >> chiedo.
<<
Perché voglio
giocare a rugby >> risponde.
<<
Da solo?
>> chiedo sorpresa.
<<
Sciocca, con te
ovviamente >> dice scherzoso.
<<
Con me? Non
l’ho mai fatto prima d’ora e sicuramente
sarò un disastro >> rispondo.
<<
Dai, giusto per
divertirci >> termina.
Mi
lancia la palla e
comincia a correre verso di me. Che faccio? Che si fa in questi casi?
Comincio
a correre anch’io e lui m’insegue. La palla resta
poco nelle mie mani e poco
dopo è il contrario, sono io a inseguire lui. Il tempo con
Luck vola, non voglio
che finisca la pausa. Non faccio altro che pensare a quel bacio, magari
ricapitasse. Nemmeno finisco il mio pensiero che cado e mi ritrovo lui
sopra.
Ridiamo, una risata piena di salute che dura poco perché
lascia il posto a un
bacio. Un altro bacio. Adesso è tutto perfetto: io, lui
e… la campanella. Non
ci voleva un’altra interruzione. Mi aiuta a rialzarmi e si
dirige verso gli
spogliatoi, prima di salutarmi con un altro bacio.
Torno
in classe per la
lezione d’inglese, ma la mia testa è tra le
nuvole, forse con lui. All’uscita
aspetto Alice al parcheggio, ma c’è qualcun altro
ad aspettare me. Luck,
appoggiato alla mia auto con l’aria di chi aspetta da un
po’.
<<
Ciao, che ci
fai qui? >> chiedo.
<<
Ti aspetto
>> risponde.
<<
Perché?
>> chiedo sorpresa.
<<
Perché ho
dimenticato di fare una cosa >> risponde.
<<
Cosa? >>
chiedo incuriosita.
<<
Il tuo numero
>> risponde.
Annuisco
con un piccolo
sorriso che mi scorge dal viso. Che mi aspettavo? Ci scambiamo il
numero e mi
saluta.
<<
Ci vediamo domani
stessa ora, stesso campo >> dice.
<<
Ok, a domani
>> rispondo.
Si
allontana lasciandomi
vicino all’auto. Perché non mi ha baciato? La
domanda ha subito una risposta:
siamo in pubblico, ci sono i suoi amici, perché mai avrebbe
dovuto farlo? Non
sono mica la sua ragazza. Appena torno a casa, il mio primo pensiero
è parlare
con Sam. Perché mi ha fatto questo? Perché mi ha
dato un’indicazione sbagliata?
<<
Sam, hai da
fare >> chiedo.
<<
Ormai mi hai
interrotto, che c’è? >> risponde.
<<
Perché mi hai mandato
al campo da basket se sapevi che Luck è un giocatore di
rugby? >> chiedo.
<<
Non l’ho detto
io >> risponde.
<<
Sam, ti ho sentito
e poi eri l’unica a saperlo >> dico.
Non
risponde. Perché? La
verità fa male mia cara.
<<
Ti dà fastidio
che mi veda con Luck? >> continuo.
<<
A me non
interessa quello che fai, ma non con Luck, cosa possono pensare gli
altri a
scuola? >> chiede.
<<
Pensi troppo al
giudizio degli altri, non m’interessa, che pensino pure
quello che vogliono, ma
tu, tu cosa pensi? >> rispondo.
<<
Luck è tutto
tuo, ho chiuso da tempo con lui >> dice.
Bene,
e con questo ho la
sua benedizione.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Luck è solo un ragazzo ***
Luck
è solo un
ragazzo
Come
ormai da più di una
settimana, la mia vita non aspetta altro che un momento della giornata:
la
pausa pranzo. In pratica per adesso io vivo aspettando le 14.00,
perché è
quella l’ora in cui vedo Luck. Giochiamo ogni giorno,
divertendoci come
bambini, sto iniziando a essere brava!
<<
Time out
>> dice Luck fermandosi.
<<
Ma abbiamo
appena cominciato, cos’è sei già
stanco? >> dico sarcastica.
<<
Ho una proposta
da farti >> dice.
<<
Dimmi, sono
tutt’orecchi >> rispondo scherzosa.
<<
Ti va di venire
alla partita domani? >> chiede.
<<
Certo, così
vedrò le mosse vincenti >> rispondo ironica.
<<
Bene, allora
alle 15.00 qui al campo >> dice.
<<
Ci sarò, adesso
continuiamo >> termino.
Aspettiamo
la campana
per finire la nostra “partita”. Però non
c’è stato più niente
dall’altra volta,
non un bacio, né tantomeno altro. Alla fine delle lezioni
decido di invitare
Alice e Cathy al match.
<<
Ti ha invitato
lui? >> chiede Cathy.
<<
Sì, che c’è di
male >> rispondo.
<<
Chissà cosa ha
intenzione di fare >> dice Alice.
<<
Niente, cosa
può mai voler fare, ci sono i suoi amici >>
rispondo.
Adesso
aspetterò la
giornata di domani con ansia, forse non dormirò neanche
stanotte.
<<
Sam, dov’è il
mio mascara? >> chiedo indaffarata.
<<
Io ho il mio,
non so dove sia il tuo >> risponde.
Dove
può essere? È un
po’ che non lo uso.
<<
Prestami il tuo
>> dico.
<<
Ma a che ti
serve, stiamo per andare a scuola. Cos’è, ti fai
bella per Luck? >>
chiede sarcastica.
<<
Che c’è di male
a truccarmi un po’ >> rispondo.
Be,
forse oggi è una
giornata speciale, oggi vedrò Luck in pubblico.
Non seguo le lezioni con
interesse com’è mio
solito fare, perché non vedo l’ora di vedere Luck.
Oggi non ci vedremo durante
la pausa pranzo, ma avrò un pomeriggio da trascorrere con
lui anche se io in
tribuna e lui in campo.
<<
Ci sediamo qui?
>> chiede Alice.
<<
Da qui c’è una
bella visuale >> dice Cathy.
<<
Va bene
>> rispondo.
Comincia
la partita,
prima la mascotte, poi le cheerleader, poi la squadra e…
Luck. Lui è il capo
squadra, è lui che dirige tutto, lui tiene tutto sotto
controllo, forse anche
me. E in fondo mi fa piacere. La tribuna urla a squarciagola, non ero
mai stata
a una partita, così mi unisco al coro. Controllo le mosse
vincenti, proprio
come ho detto a Luck, ma il mio sguardo è concentrato su di
lui, e forse se n’è
accorto. Appena è entrato, mi cercava, cercava il mio
sguardo, o così mi è
sembrato, e l’ha trovato. La partita va avanti da ore, tra
alti e bassi, sembra
che nessuno debba vincere. Ma alla fine è Luck a segnare il
punto vincente. La
tribuna si alza e corre verso il campo, allora io e le ragazze
decidiamo di
seguire la mandria impazzita. Non vedo Luck, be ovvio non si capisce
niente.
<<
Ah, ecco Luck
>> grida Alice.
<<
Dove, dove non
lo vedo >> rispondo.
<<
Alza gli occhi
>> dice.
Eccolo.
Sta saltellando
di braccio in braccio tra i suoi amici come un vincitore, e in effetti,
oggi lo
è stato. Appena scende mi vede, corro da lui per
congratularmi e… mi bacia. Mi
bacia davanti a centinaia di ragazzi trepidanti che urlano. Un bacio
profondo e
interminabile. Non che non mi renda felice, anzi, però un
po’ m’imbarazza,
davanti alle mie amiche, a Sam e a tutta la scuola. Quando ci
allontaniamo, mi afferra
per mano, saluto le mie amiche e lo seguo. Noto gli sguardi indiscreti
dei
ragazzi, ma non m’interessa. Ho Luck io e me l’ha
dimostrato proprio adesso.
<<
Andiamo a
festeggiare >> dice Luck.
Annuisco
sorridendo, sono
felice che mi porti con lui. Salgo a bordo della sua auto e con la
mandria dei
suoi amici alle spalle ci dirigiamo verso nemmeno io so dove. Arriviamo
in un
locale e tra fiumi di alcool e brindisi io sono rimasta sola. Luck
è con i suoi
amici, io invece no. Ho lasciato le mie amiche per seguirlo e lui che
fa, mi
lascia sola?
<<
Ciao, sei
nuova, non ti ho mai visto qui >> dice un ragazzo
avvicinandosi.
<<
Sì, è la prima
volta che vengo >> rispondo.
<<
Piacere James
>> dice porgendomi la mano.
<<
Lila >>
rispondo.
Cominciamo
a parlare e
noto che Luck sta per avvicinarsi. Appena arriva, mi afferra per mano e
non mi
lascia nemmeno salutare questo ragazzo. Com’è che
si chiama? Non lo ricordo
nemmeno, forse perché non m’interessa.
<<
Dove andiamo?
>> chiedo.
<<
In un posto più
tranquillo >> risponde.
<<
Cos’è, sei
geloso >> chiedo.
Non
risponde, nota
dolente. È geloso, è geloso di me. Quindi in
fondo ci tiene a me. Si ferma di
scatto e mi guarda dritto negli occhi.
<<
Non sono
geloso, non lo sono mai stato >> dice sicuro di
sé.
<<
Allora perché
ti sei accorto di me solo quando parlavo con quel ragazzo?
>> chiedo
curiosa.
<<
Scusa, è vero
ti ho lasciato sola tutta la serata, ma adesso siamo soli, tu ed io
>>
risponde.
<<
Tu dai più
importanza ai tuoi amici che a me >> dico.
<<
Non è vero
>> si affretta a dire.
<<
Sì, è così
>> insisto.
<<
Ti ho
dimostrato prima che ci tengo a te >> dice.
<<
Sì, ma non
basta un gesto perché io diventi la tua sentinella
>> rispondo.
Non
mi lascia nemmeno terminare
la frase che mi bacia. Di nuovo. Però mi allontano subito.
<<
Che cosa
significa questo? >> chiedo.
<<
Che sei mia
>> risponde.
<<
Cioè? >>
insisto.
<<
Che da adesso
in poi io sono tuo e tu sei solo mia >> risponde.
<<
Una coppia in
pratica >> dico.
<<
Se è così che
vuoi definirla >> risponde.
<<
Aspetta, quindi
io sono la tua ragazza, io passeggerò con te tra i corridoi,
io mi siederò
accanto a te a pranzo e usciremo insieme davanti a tutti?
>> chiedo
speranzosa.
<<
Da adesso sì
>> risponde.
Adesso
sono io a
baciarlo. Non l’ha detto esplicitamente ma è
così, io sono la sua ragazza, io,
Lila. Sono più che felice, adesso niente può
rovinare la mia felicità.
Rientriamo per salutare i suoi amici e mi riaccompagna a casa, proprio
da bravo
fidanzato. Perché sì, adesso è il mio
fidanzato, solo mio. Lo ringrazio per la
splendida serata ed entro a casa. La prima cosa che devo fare
è aggiornare la
mia lista “I miei amori”. Il primo rigo adesso non
è bianco e vuoto, ma vi è
inciso il suo nome: Luck.
Come
si fa a cambiare
così radicalmente? Da che nessuno ti saluta a che sei la
tipa più famosa della
scuola, la ragazza di Luck. È così che si diventa
importanti qui. Ho quasi
oscurato mia sorella, non me lo perdonerà mai. Le mie amiche
sono felici per me,
loro mi vogliono bene e appoggiano ogni mia decisione.
<<
Ehi Lila
>>
<<
Ciao bellezza
>>
<<
Lila >>
Ho
esaurito la voce.
Rispondo con un cenno della mano. Chi sono queste persone? Come mi
conoscono, o
perlomeno perché mi salutano?
<<
La metà di
quelli che mi salutano non li conosco >> dico.
<<
Questo è perché
sei con me >> dice scherzoso Luck.
Be,
in effetti, è vero.
Quando attraverso i corridoi mano nella mano con lui succede questo.
Sarà
l’effetto di Luck.
<<
Ci vediamo a
pranzo al mio solito tavolo >> chiede.
<<
Ehm… non so e
le mie amiche? >> chiedo.
<<
Se ti vogliono
bene, capiranno >> termina e mi saluta baciandomi.
Non
rispondo, ma si
capisce che pranzerò al suo tavolo.
Con
il vassoio in mano,
cerco il tavolo di Luck, tra una folla di ragazzi affamati.
<<
Lila, Lila
>>
Mi
giro e noto chi mi ha
chiamato. Spero non siano le ragazze, non ho avuto il coraggio di
riferirgli
niente. Non so come l’avrebbero presa.
<<
Cathy, ciao
>> rispondo.
<<
Ti abbiamo
tenuto il posto >> dice Alice.
<<
Ehm… grazie ma…
>> rispondo.
Le
loro espressioni
diventano interrogative.
<<
Be, in realtà
Luck mi ha invitato al suo tavolo, con i suoi amici, ma se volete io,
rinuncio
>> continuo.
Spero
che non
m’impediscano di stare con Luck per loro. No, non lo
farebbero mai, sanno
quanto è importante per me.
<<
Ah, ok, va da
lui >> dice freddamente Alice.
Si
gira e continua a
mangiare come se io non esistessi. Mi allontano dal loro tavolo e mi
dirigo
verso quello di Luck.
<<
Ehi, tesoro,
vieni, siediti accanto a me >> m’invita Luck.
Faccio
come mi dice e
comincio a mangiare. Sono silenziosa e forse Luck l’ha
notato. Sto pensando
alle mie amiche, alla reazione di Alice. Che cosa è cambiato
tra di noi? Spero
che la mia relazione con Luck non rovini la mia amicizia con Alice e
Cathy.
<<
Tutto bene?
>> mi chiede sottovoce Luck.
<<
Sì, sì
tranquillo >> rispondo.
Non
voglio dirlo a Luck.
Lui andrebbe a parlare con loro per difendermi, ma non ne ho bisogno.
Per
diciotto anni mi sono difesa da sola e ho affrontato problemi ben
peggiori,
posso continuare a farlo da sola.
Come
ormai da più di una
settimana, va avanti così con le mie amiche, sono diventate
fredde nei miei
confronti. Cosa gli ho fatto?
<<
Dopo la scuola
ho gli allenamenti, vieni a vedermi? >> chiede Luck.
<<
Sì, certo, mi
farebbe molto piacere >> rispondo.
Sì,
ho bisogno di
distrarmi e cosa è meglio di una partita di rugby di cui il
tuo ragazzo è il
capitano?
Dopo
la scuola mi dirigo
verso il campo, attraversando mezza scuola. Chissà come
staranno le ragazze,
chissà se sono ancora arrabbiate con me. Ma la mia domanda
ha subito una
risposta. Sento la voce di Cathy, forte e squillante, ma da dove
proviene?
Sento
la voce farsi
sempre più vicina, Cathy sarà a due passi da me.
Ma che ci fa qui? E poi a
quest’ora.
Il
suono proviene da
dietro una porta, allora decido di spalancarla, magari è in
pericolo.
<<
Cathy? >>
dico appena entro.
Un
gruppo di ragazze si
gira di scatto. C’è anche Alice con loro.
<<
Lila, che ci
fai qui? >> chiede Cathy sorpresa.
<<
Io, voi che ci
fate qui? >> rispondo.
<<
Ecco, noi
stiamo… >> dice Cathy.
<<
Stiamo
chiacchierando >> la interrompe Alice.
<<
Qui? Nello
spogliatoio dei giocatori di rugby? Non ci credo >>
rispondo.
Non
so cosa mi faccia
più rabbia, che non mi abbiano coinvolto o che mi stiano
mentendo.
<<
Cos’è quella?
>> chiedo curiosa.
<<
Quella cosa?
>> si affretta a dire Alice.
<<
Quello che hai
tra le mani >> rispondo.
<<
É… >>
dice.
<<
È la felpa di
mio fratello >> dice una ragazza.
Mi
avvicino verso di
loro e noto uno strano movimento.
<<
Che cosa state
nascondendo? >> chiedo.
<<
Niente, perché
dovremmo nascondere qualcosa >> risponde Cathy.
<<
Allora non vi
dispiacerà se controllo cosa c’è in
quella borsa >> dico.
<<
Perché dovresti
farlo, non è tua >> dice Alice.
<<
Ma nemmeno
vostra >> rispondo.
Mi
armo di coraggio e
gli tolgo dalle mani questa borsa. È di Luck. Che cosa fanno
loro con la borsa
di Luck? Non c’è niente dentro che possa
interessarli: i suoi vestiti, i suoi
oggetti personali, il suo telefono. Il suo telefono.
<<
Che cosa
cercavate di fare con la borsa di Luck? >> chiedo
infuriata.
<<
Niente >>
risponde Cathy.
<<
Ragazze, potete
lasciarci sole? >> chiede Alice.
Il
gruppetto di ragazze
si allontana lasciando me, Alice e Cathy nella stanza.
<<
Allora?
>> insisto.
<<
Volevamo
fargliela pagare >> dice Alice.
<<
Lui ci ha tolto
la nostra amica >> continua Cathy.
<<
Luck non ci ha
allontanato >> rispondo.
<<
Invece sì,
trascorri tutto il tempo con lui, e noi? >> ribatte Alice.
<<
Voi siete una
parte di me, vi voglio bene, Luck è solo un ragazzo, ma non
ne ho mai avuto uno
quindi se sbaglio perché non mi aiutate a riparare?
>> dico più calma.
<<
Scusaci
>> dice Cathy.
<<
Almeno ditemi
cosa avevate intenzione di fare >> rispondo.
<<
Volevamo
nascondergli i vestiti >> dice ridendo Alice.
Scoppiamo
a ridere. So
che non dovrei ma la situazione è divertente.
Ci
abbracciamo tutte e
tre, io perdono loro e in fin dei conti loro perdonano me. Mi sono
allontanata
da loro, le ho lasciate sole. Sento la porta chiudersi alle nostre
spalle.
Qualcuno spiava, ma chi? Corro a vedere chi era dietro la porta che
ascoltava
la nostra discussione, ma niente, non si vede nessuno. Torno dentro
dalle
ragazze, sono felice che abbiamo risolto. Siamo di nuovo affiatate,
solo noi.
<<
Da oggi niente
può rovinare la nostra amicizia, niente >>
dice Alice.
<<
Siamo solo noi
tre >> dico.
Ormai
è tardi per vedere
gli allenamenti di Luck, torno a casa pensando a chi può
aver ascoltato da
dietro la porta me e le ragazze. Chi può essere?
Invio
un messaggio a
Luck scusandomi di non essermi presentata agli allenamenti. Ovviamente
non gli
ho riferito la verità, ho inventato una scusa. Lui mi
risponde, sempre gentile
com’è e finisce con un cuoricino. Amo quando
m’invia i cuori, mi fanno sentire
amata, quello che non ho mai provato fin a ora. L’amore.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Luck mi rende felice ***
Luck
mi rende
felice
La
mattina seguente
passo a prendere Alice e ci dirigiamo verso la scuola. Appena arrivo
non è come
di solito, be da qualche settimana, che tutti mi salutano. Oggi no,
cosa sarà
successo? Saluto Alice e vado a cercare Luck. Non lo trovo, non si vede
da nessuna
parte. A interrompere la mia ricerca è il suono della
campana. Vabbè, gli
parlerò durante la pausa pranzo.
Come
ormai da un paio di
settimane, con il vassoio in mano, saluto le mie amiche e mi dirigo
verso il
tavolo di Luck. Ma oggi non è solo. Il
“mio” posto è occupato da
qualcun’altro.
Sam.
<<
Ehi, dove posso
sedermi? >> chiedo.
Luck
mi sembra
arrabbiato.
<<
Non c’è posto
per te, torna dalle tue amiche >> risponde secco Luck.
Decido
di non
contestare, tanto non avrebbe senso farlo con lui. Mi allontano e vado
dalle
mie amiche, lì c’è sempre posto per me.
<<
Che succede?
>> chiede Alice vedendomi avvicinare.
<<
Non lo so, vado
al tavolo di Luck e lui mi ha respinto, che gli ho fatto?
>> rispondo.
<<
Luck è un
farfallone, te l’ho sempre detto >> dice Cathy.
<<
Dopo le lezioni
voglio parlare con lui, voglio sapere cosa è cambiato tra
noi >> dico.
Il
discorso termina qui.
Nessuno parla, nessuno mi rassicura, niente. Che mi aspettavo, loro
detestano
Luck.
Le ultime ore le trascorro
con la testa da
un’altra parte. Da Luck. Perché è
arrabbiato con me? Che gli ho fatto? Prima le
ragazze, ora lui. Perché devo sempre perdere qualcuno? E poi
Sam, che ci faceva
al tavolo di Luck al “mio” posto?
<<
Luck, Luck
fermati >> dico rincorrendolo.
Lo
afferro per la mano ma
lui distoglie la presa, è freddo nei miei confronti. Lo
sento distante anni
luce.
<<
Che succede,
perché sei arrabbiato con me? >> continuo.
<<
Be dimmelo tu >>
dice.
<<
Io non lo so,
perché dovrei saperlo? >> chiedo.
<<
Sei sicura che
non hai niente da dirmi? >> risponde.
Aspetta,
cosa ho fatto?
Niente.
<<
Sì, sicura,
dimmelo tu >> dico.
<<
Qualcuno mi ha
detto qualcosa riguardo te e le tue amiche nello spogliatoio del campo
>>
risponde.
No,
qualcuno, anzi
quello che ha fatto la spia, ha raccontato tutto il nostro discorso a
Luck.
<<
E cosa ti ha
detto questo qualcuno? >> chiedo.
<<
Luck è solo un
ragazzo >> risponde.
No,
lo sapevo, lo
sapevo. Adesso che faccio? Meglio essere sincera con lui.
<<
Ma non è quello
che intendevo dire, tu non sei solo un ragazzo, tu sei il mio primo
ragazzo, se
la spia avesse continuato a origliare >> dico.
<<
Ciò non toglie
che tu l’abbia detto >> risponde.
<<
Luck, credimi
non intendevo dire quello >> dico dispiaciuta.
<<
Non è quello
che mi è stato riferito >> risponde.
<<
A proposito,
chi te l’ha detto? >> chiedo curiosa.
<<
Non importa chi
>> risponde.
<<
Sam? È per
questo che era vicino a te a pranzo? >> chiedo.
Annuisce.
<<
Tu stesso hai
detto non iniziare una frase con “Sam dice” o
“Sam pensa”, perché cade
dall’inizio >> dico.
<<
Ma adesso è
diverso, tu stessa hai confermato le parole di tua sorella
>> risponde.
<<
Lo so e mi
dispiace, ma lei farebbe di tutto per allontanarci e ci sta riuscendo
>>
dico.
Lui
non dice niente.
<<
Perché avrebbe
dovuto dirtelo? Vuole tornare con te, è gelosa che io stia
con te >>
continuo.
<<
Per me Sam non
conta più niente >> risponde.
<<
Bene, allora
mettiamoci una pietra sopra e ricominciamo >> dico
speranzosa.
<<
Non lo so, ho
bisogno di pensare >> dice.
<<
Ok, prenditi
tutto il tempo che vuoi, io sono stata sincera con te, come penso
nessuna delle
tue ex lo sia mai stata. Tu dai peso a questa storia perché
ci tieni a me e non
vuoi perdermi e lo stesso vale per me. Non sei mai stato preso in giro
dalle
ragazze e questo ti spaventa. Sappi solo che io non l’ho
fatto, non ti ho preso
in giro >> termino.
Lo
lascio con queste
parole e mi dirigo verso casa. Non so nemmeno io come mi siano uscite
le parole.
Capisci quanto ci tieni alle persone solo dopo averle perse. Speriamo
che non
abbia perso Luck.
Vorrei
parlare con Sam e
dirgliene quattro. Perché mi ha fatto questo? Ma adesso non
ho le forze per
affrontare una discussione con lei. Non ora, adesso nella mia testa
c’è posto
solo per Luck.
Metto
gli auricolari e
mi lascio trasportare dalla musica. Per oggi ne ho abbastanza dei miei
problemi.
<<
Salve signora
Montgomery >> dice Luck.
<<
Ciao Luck,
accomodati >> risponde mamma.
<<
Cercavi Sam?
>> continua.
<<
No, signora in
realtà cercavo Lila >> risponde lui.
<<
Lila? Ehm… sì,
aspetta che te la chiamo >> dice sorpresa.
<<
Lila, Lila
scendi c’è qualcuno per te >>
continua urlando.
Dopo
qualche minuto.
<<
Non mi sente,
ora salgo io a chiamarla >> continua.
<<
Non si
preoccupi, posso andare io da lei, le farei una sorpresa
>> si offre lui.
<<
Come vuoi, la
seconda porta a destra >> gli indica mamma.
Toc,
toc.
<<
Lila? Sei
presentabile? Sto per entrare >> dice Luck.
Apre
la porta e me lo
trovo davanti. Tolgo gli auricolari e balzo in piedi dal letto.
<<
Luck, che ci
fai qui? >> chiedo sorpresa.
<<
Tua madre mi ha
fatto entrare, posso sedermi? >> risponde.
<<
Certo, arrivo
subito >> dico uscendo dalla stanza.
Corro
in bagno a
sistemarmi. Impresa impossibile, ho i capelli tutti arruffati. Faccio
il meglio
che posso e torno in camera mia.
<<
Eccomi >>
dico entrando.
<<
Non c’era
bisogno di sistemarti, eri già bellissima >>
dice vedendomi.
Arrossisco,
è uno dei
complimenti più belli che mi abbiano mai fatto. Questo mi fa
pensare che non
sia più arrabbiato con me.
<<
Perché sei
venuto? E poi a quest’ora, non potevi aspettare domani?
>> chiedo.
<<
Ho bisogno di
parlarti e non volevo aspettare domani >> risponde.
<<
Ok, ti ascolto
>> dico.
Mi
siedo sul letto e
abbraccio il mio cuscino, ho bisogno di scaricare la tensione.
<<
Vedi Lila, oggi
quando mi hai detto quelle cose, mi hai sconvolto. Mai nessuna si era
rivolta a
me in quel modo. Tu mi hai aperto gli occhi, adesso so quello che
voglio
>> dice guardandomi dritto negli occhi.
<<
E cosa vuoi
Luck? >> rispondo.
<<
Tu sei stata
sincera con me e anch’io voglio esserlo con te
>> dice.
Non
dico niente, mi
limito ad ascoltare.
<<
Sentire quelle
parole da Sam mi ha spaventato. Sarei diventato lo zimbello della
scuola e non posso
permetterlo così ho deciso di ignorarti >>
continua.
<<
Ed è quello che
hai fatto >> rispondo.
<<
Sì, ma non ci
riesco, non posso, tu sei la prima che mi ha tenuto testa, tu sei la
prima che
non mi corre dietro e si scusa per quello che ha fatto >>
dice.
<<
Sono
orgogliosa, non dico scusa facilmente, però mi dispiace. Mi
dispiace di aver
detto quelle cose e di averti messo in imbarazzo davanti ai tuoi amici
>>
rispondo.
<<
E a me dispiace
di averti ignorato e di non averne prima parlato con te
>> dice con un
sorriso.
<<
Quindi pace
fatta? >> chiedo speranzosa.
<<
Spero di sì, se
lo vuoi ancora >> risponde.
Balzo
giù dal letto e
gli salto addosso, mi è mancato poterlo fare.
<<
Sono felice che
sia tutto apposto tra noi >> dico felice.
Non
risponde, mi bacia e
questo mi fa capire che è così.
<<
Lila, è pronto
>> urla mamma dalla cucina.
<<
Forse è meglio
che ora vada >> dice Luck.
Mi
dispiace doverlo
lasciare, ma forse è meglio così.
<<
Bene signora
Montgomery, buona serata e buona cena >> dice Luck.
<<
Aspetta Luck,
fermati a cena con noi >> lo invita mamma.
<<
No signora, non
vorrei disturbare >> risponde timido.
<<
Non disturbi,
dai vieni a sederti >> insiste mamma.
Sì,
Luck si fermerà
ancora un po’. Aspetta, a tavola ci sarà anche
Sam, cosa ne penserà lei? Be,
non si è fatta tanti scrupoli quando era lei che stava con
Luck a tavola a
sbaciucchiarsi davanti a me. Quindi non m’interessa. Non
importa cosa ne pensa
lei, Luck sta con me e siederà accanto a me a tavola.
Proprio al contrario di com’era
prima. E… la vita è una ruota cara mia, una volta
a te e una a me.
<<
Vieni, siediti
vicino a me >> invito Luck.
Prende
posto e lo vedo
un po’ imbarazzato, be, tra la sua ex difronte e la sua
fidanzata di fianco che
è la sorella dell’ex non c’è
da stupirsi. Che confusione!
<<
Buon appetito
>> augura mamma.
Ok,
adesso è
imbarazzante. Sam è silenziosa, forse è
dispiaciuta per quello che ha fatto.
Adesso mi sento un po’ in colpa, so quanto è
difficile e triste vedere tua
sorella con il ragazzo che ti piace. Ma non ho invitato io Luck a cena,
è stata
un’idea della mamma. Quindi meno pensieri e più
fatti. A questa cena, però,
manca papà, lui sarebbe contento di vedermi finalmente
felice. Per fortuna però
torna nel weekend, così lo potrò riabbracciare.
La
cena finisce velocemente
e Luck va via. Mi dispiace doverlo lasciare, ma domani in fin dei conti
lo
rivedrò. Lui è ancora il mio ragazzo e questo mi
permette di dormire sonni
tranquilli.
<<
Papà, sono
felice che sei tornato >> urlo gettandomi tra le sue
braccia.
<<
Piccola mia, mi
sei mancata >> risponde.
<<
Papà, devo
dirti una cosa >> dico contenta.
<<
Dimmi tesoro
>> risponde.
<<
Sono fidanzata
>> urlo saltellando.
<<
Oh, piccola
mia, sono contento per te e… chi è il fortunato,
lo conosco? >> chiede.
<<
Non so se ti
ricordi di lui, si chiama Luck >> rispondo.
<<
E chi è?
>> chiede pensieroso.
<<
Era fidanzato
con Sam >> rispondo.
<<
Così hai
ristretto il campo >> dice ridendo.
Amo
le battute di papà,
a casa quando lui non c’è, è una tale
noia.
<<
È venuto a cena
una volta, ti ricordi? >> chiedo.
<<
Ah sì, forse mi
ricordo, ma non di preciso >> risponde.
<<
Guarda, ti
faccio vedere una sua foto >> dico prendendo il telefono.
<<
Ah sì, adesso
mi ricordo, lui è quello che ha lasciato tua sorella, uno
dei pochi, lui le ha
spezzato il cuore, Lila, e lo farà anche con te. Non mi
piace che frequenti
questo genere di ragazzi >> dice.
Ok,
questa non me la
aspettavo. Sapevo che non l’avrebbe presa bene, sapere che
sua figlia è
fidanzata con l’ex dell’altra figlia non
è il massimo, ma è successo, che colpa
ne ho io se sono innamorata di uno come Luck?
<<
No papà, con me
è diverso, lui mi ama, non farebbe mai una cosa simile a me
>> rispondo
dispiaciuta.
Papà
ha notato che ci
sono rimasta male.
<<
Scusa tesoro,
mi dispiace, non volevo ferirti, solo che tu sei la mia bambina e non
voglio
vederti soffrire >> dice cercando di tirarmi su il morale.
Non
dico niente, non
posso, non ci riesco. Mi dispiace che papà non approvi Luck.
Anche lui.
<<
Lila, tu sei
adulta e vaccinata, anche se io ti vedo ancora come una bambina da
proteggere,
ma non lo sei più. È la tua vita, fa quello che
vuoi, solo che a me non piace
quel ragazzo, tu ti meriti di più >> continua.
Io
voglio Luck, mi
merito lui e niente potrà farmi cambiare idea. Lui non
è più quello che mi
cercava solo per passargli gli appunti di chimica, adesso lui
è il mio ragazzo,
lui mi ama, anche se non me l’ha mai detto. Io lo so, lo
sento.
<<
Papà io voglio
Luck >> dico convinta.
<<
Io voglio solo
che tu sia felice >> risponde.
<<
Lo sono papà,
Luck mi rende felice >> dico.
Detto
questo, abbraccio
papà e che abbia inizio il nostro week-end padre-figlia. Non
importa cosa
facciamo, andiamo a pesca, disputiamo una partita ai videogames o
prepariamo un
gustoso barbecue; l’importante è che siamo
insieme, io e lui.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** È la tua serata, goditela principessa ***
È
la tua
serata, goditela principessa
<<
Eccola >> dice Sam con l’aria di chi
aspetta da un po’.
<<
Lila tesoro, sei in ritardo, sbrighiamoci >>
dice mamma.
<<
Ho fatto il prima possibile >>
rispondo affannata per la corsa.
<<
Dai entriamo >> ci fa strada mamma.
Questo
negozio mi sembra ogni anno più piccolo. Forse
perché è sempre più pieno di abiti.
<<
Posso aiutarvi? >> chiede gentilmente
una ragazza.
<<
Sì grazie, ci servirebbero due abiti per il
ballo della scuola, uno per lei e uno per lei >> risponde
mamma indicando
me e Sam.
<<
Avevate in mente qualcosa, non so il colore,
il taglio… >> chiede la ragazza.
<<
Sì, pensavo a un vestito lungo… >>
risponde prontamente Sam con una lista lunga kilometri.
Lei
e le sue “amiche” organizzano questo ballo da
settimane.
<<
E tu? >> mi chiede.
<<
No, non ho la più pallida idea >>
rispondo onestamente.
Be
è la verità. Io non amo questo genere di cose. Ci
pensa sempre mamma, il vestito, l’accompagnatore, gli
accessori, l’acconciatura
e tutto il resto. Però quest’anno almeno una cosa
l’ho scelta io:
l’accompagnatore. Il mio Luck. Sono più contenta
di partecipare questa volta,
quindi mi metto subito a cercare l’abito giusto per me.
Mentre
Sam va dritta verso gli abiti chiaramente
descritti della sua lista, io mi avventuro per il negozio tutta sola.
Non
riesco a trovare nulla che mi colpisca. Sam è già
nel camerino di prova con una
miriade di abiti, io non ne ho visto nemmeno uno. La ragazza sta
aiutando Sam,
ed io? Io che non me ne intendo di queste cose?
Giro
l’ennesimo angolo del negozio sommersa dai
vestiti e… eccolo. È lui, s’illumina ai
miei occhi tra gli altri. Lo afferro al
volo, leggo la taglia e… è la mia misura. Sono
felice, forse ho trovato l’abito
giusto per me. Ora basta convincere mamma. E Sam. E forse pure la
ragazza. Mi
dirigo verso il camerino di prova con un solo abito tra le braccia.
<<
C’è l’hai fatta, dai, entra a provarlo
>> dice mamma in pratica spingendomi dentro il camerino.
Forse
questa volta vuole darmi un po’ più libero
arbitrio. Forse ha capito che sono cresciuta, questo però
non significa che i
miei gusti siano migliorati.
Esco
soddisfatta dal camerino e incontro lo sguardo
di mia madre e della ragazza che sembrano approvare. Anzi no, quello
della
ragazza no, perché? Mi sta così male? Salgo sul
piedistallo e guardo il mio
riflesso allo specchio. Sono soddisfatta, mi piaccio. Amo la nuova Lila.
<<
Mamma come ti sembra? >> chiedo
speranzosa.
<<
Sei bellissima tesoro >> risponde
contenta.
Mamma
approva, e Sam? Dov’è Sam? Sarà ancora
in
camerino sommersa dagli abiti?
<<
Eccola >> dice la ragazza quasi mi
stesse leggendo nel pensiero.
<<
Mamma che te ne pare, non è bel… >>
dice Sam interrompendosi.
Oh
no.
<<
È il mio stesso abito >> continua
urlando vedendomi.
<<
No Sam, è il mio abito >> rispondo.
<<
Non se ne parla, l’ho visto prima io
>> ribatte.
<<
No, no cara, l’ho provato prima io quindi è
mio >> dico.
<<
Calma, calma ragazze, come avete fatto a
trovare lo stesso abito, dello stesso colore tra migliaia di abiti che
ci sono
in negozio? >> chiede mamma ridendo.
<<
L’ho visto prima io, non te lo lascerò
>>
dice Sam sbuffando.
<<
Scordatelo, ormai è mio >> rispondo.
Ecco
perché la ragazza non mi ha sorriso quando sono
uscita dal camerino. Lei lo aveva già preso per Sam e non
voleva che me ne
innamorassi. Troppo tardi. Amo quest’abito, mi fa sentire
bella. Un abito
bianco, lungo, semplice ed elegante, proprio come me.
<<
Dai Sam, tesoro, lascialo a tua sorella, ne
hai altri dieci in camerino >> dice mamma.
Ben
detto mamma. Non me lo sarei mai aspettato, ma
comunque brava.
<<
No mamma, questa volta no >> risponde
arrabbiata.
<<
Questa volta? L’hai vinta sempre tu >>
dico.
<<
Che cosa dici, casomai è il contrario >>
risponde.
<<
Non è vero, fin da piccola hai avuto sempre
la meglio tu, io mi sono sempre dovuta accontentare >>
ribatto.
<<
Ragazze, dai calmatevi, non è il momento >>
dice mamma tentando di raffreddare gli animi.
<<
Tu, tu hai sempre avuto tutto, papà ha
sempre preferito te, tu vai bene a scuola, tu hai Luck e adesso anche
il mio
abito >> dice scendendo dal piedistallo e dirigendosi
verso il camerino.
<<
Sam tesoro >> dice mamma inseguendola.
Non
dico niente, sono rimasta senza parole. Non
pensavo che Sam fosse così invidiosa di me, casomai
è il contrario. Ecco perché
è sempre stata fredda e distaccata con me. Ed io cosa dovrei
dire? Lei è sempre
stata in primo piano in famiglia. I nonni la adorano, a scuola
è la tipa più famosa,
ha sempre partecipato a concorsi di bellezza e sfilate di moda. E poi
che dire
della sua linea? Perfetta, come sempre. Ed io, chi pensa mai a Lila?
Nessuno, è
così che mi sono sempre sentita. Lila la sorella di
Samantha, Lila la balenotta
dai capelli rossi, Lila quella Lila che…. Nessuno mi ha mai
preso in
considerazione, tranne papà e le mie amiche Alice e Cathy.
Adesso non lo sono
più però. Non conoscevo questo lato di Sam. So
come ci si sente in questi
momenti, forse è meglio lasciarla sbollire per un
po’. Dopo due ore e mezza,
usciamo da quel negozio con due abiti. Il mio e quello di Sam. Ne ha
trovato un
altro, c’era da immaginarselo. Forse la vecchia Lila avrebbe
lasciato l’abito a
sua sorella, ma adesso no, la nuova Lila no. Sono stanca di essere la
seconda
in tutto. Voglio essere la prima.
<<
Tutto pronto per domani? >> chiede
Luck.
<<
Quasi, sarà tutto perfetto >>
rispondo.
<<
Ci vediamo domani a scuola >> dice.
<<
Non penso di venire, devo prepararmi per
bene >> rispondo.
<<
Allora passo a prenderti alle otto, va bene
tesoro? >> chiede gentilmente.
<<
Perfetto, non vedo l’ora che arrivi quel
momento >> rispondo.
<<
Buona notte piccola >> dice.
<<
Notte >> rispondo.
Amo
chiacchierare con Luck prima di andare a dormire.
Ci raccontiamo la nostra giornata, scherziamo, è un modo per
sentirci vicini.
Non so più come farei senza di lui. Ho trascorso una
settimana da incubo senza
le mie amiche. So che mi hanno fatto del male, ma gli voglio troppo
bene per
buttare anni e anni di amicizia al vento. Ormai penso abbiano perso le
speranze, hanno provato in tutti i modi a contattarmi, a scuola con i
bigliettini nell’armadietto, decine di sms al cellulare e una
miriade di viaggi
missionari a casa mia. Ma niente, tutto inutile secondo loro. In
realtà mi fa piacere
che si preoccupino per me, mi fa vedere quanto ci tengono a me. Gli sta
bene un
po’ di sofferenza. Ma ora forse è tempo di
finirla, di perdonarle e di far
tornare tutto alla normalità.
<<
Lila, Lila svegliati, tra mezz’ora arriva il
parrucchiere >> dice mamma buttandomi giù dal
letto.
Già,
oggi è il gran giorno, oggi è il famoso giorno
del ballo. Sam ed io oggi non andiamo a scuola per prepararci per il
ballo,
come penso la maggior parte delle ragazze che parteciperanno. Di solito
quando
mamma mi sveglia, resto a letto almeno altri dieci minuti se non di
più, ma
oggi no, sarà l’ansia pre ballo. Mi sistemo meglio
che posso e scendo a fare
colazione, ma ad aspettarmi vi è già qualcuno.
<<
Eccoti, Lila loro vi aiuteranno a essere
bellissime per stasera >> dice mamma soddisfatta
presentandomi il
parrucchiere e penso l’estetista.
<<
Piacere di conoscervi, ehm… vado a fare
colazione e torno >> dico.
<<
Sbrigati tesoro, non c’è tempo da perdere
>> dice mamma.
<<
Mamma sono le dieci del mattino, c’è tempo
prima che arrivino i nostri accompagnatori >> rispondo.
<<
Il tempo scorre in fretta, quindi datti una
mossa >> dice.
Wow,
sembra che debba andarci lei al ballo. Sembra
più in ansia lei di me e Sam. Noi non abbiamo toccato
più l’argomento del
negozio. Forse è meglio così. Ma non è
oggi il giorno per pensare a questo,
oggi è un giorno speciale per me. Non so cosa mi aspetta, ma
so già che mi
piacerà. Ascolto gli ordini di mamma e seguo la sua tabella
di marcia. È lei a
controllare tutto, però quest’anno ho scelto io
come sistemarmi. Il mio abito,
la mia pettinatura, il mio accompagnatore. Li ho scelti io finalmente.
La
giornata passa in fretta, mamma aveva ragione, il
tempo vola quando si ha da fare. Luck sarà qui tra poco ed
è ora di indossare
il mio abito. È ancora più bello di quanto me lo
ricordassi. Adesso è tutto
perfetto, niente può rovinare questa serata. Papà
non c’è, non potrà vedermi
così, quindi farò delle foto, almeno
potrà vedere come Lila, la sua bambina sia
cresciuta.
<<
Lila, Luck è qui >> urla mamma dal
soggiorno.
<<
Scendo subito >> rispondo.
Un
ultimo sguardo allo specchio e… sono pronta. Sono
pronta per quello che mi aspetta, qualsiasi cosa sia. Scendo le scale
con
questi tacchi altissimi, quasi un’impresa per me e lui
è lì. Luck è davanti a me
sbalordito. Si avvicina tendendomi una mano per aiutarmi a scendere gli
ultimi
scalini.
<<
Sei bellissima >> dice quasi
sussurrando.
Sorrido,
non so cosa dire. Ma certo anche tu, devo
risponde che anche lui lo è. Per me lo è sempre,
ma deve saperlo.
<<
Anche tu >> rispondo poco dopo.
<<
Una foto prima di andare? >> chiede
mamma.
<<
Certo >> risponde lui.
Il
nostro primo ballo e l’ultimo. Tra una settimana
la scuola finirà e gli esami ci martelleranno la testa. Ma
non è il momento di
pensarci adesso. Saluto mamma e ci dirigiamo verso la limousine.
<<
Wow tesoro, è bellissima >> dico
stupefatta.
<<
Tu lo sei >> risponde baciandomi.
Non
lo aveva ancora fatto. Davanti ai miei non l’ha
mai fatto. Con Sam sì però, me lo ricordo bene.
Forse era lei a incitarlo.
<<
Andiamo? >> chiede aprendomi la
portiera.
<<
Certo >> rispondo.
È
tutto bellissimo, tutto perfetto, persino il mio
bouquet s’intona al fiore che porta nel taschino della
giacca. Niente potrà
rovinare questa serata, niente. Appena arriviamo al ballo,
un’enorme sala
elegantemente arredata ci accoglie. Tutti i ragazzi si girano a
guardarci. Un
sogno, il mio sogno si è avverato. Vedo Alice e Cathy con i
loro
accompagnatori. Voglio fare pace stasera. Però non
farò io il primo passo. Luck
m’invita a ballare ed è quello che facciamo per
tutta la serata.
Ballo
dopo ballo arriva il momento dell’incoronazione
del re e della reginetta del ballo. Perché ha tutta questa
importanza, perché
mai una ragazza deve aspettare tutta l’età
adolescenziale per ricevere una coroncina?
Una ragazza deve sentirsi una principessa ogni giorno, e adesso io mi
sento
così. Lo so, parlo proprio io che prima sdegnavo il mio
corpo, ma si cambia per
fortuna nella vita.
<<
Scusate ragazzi è arrivato il momento più
atteso della serata, l’incoronazione del re e della regina
del ballo di
quest’anno >> dice Mandy, colei che ha
organizzato questa serata.
<<
Che salga l’urna sul palco >> continua
chiamando dei ragazzi che trasportano una specie di vaso stracolmo di
bigliettini.
<<
I nostri collaboratori hanno controllato
attentamente ogni bigliettino e da questo è emerso
che… >> dice a
rallentatore per aumentare la suspense.
<<
La reginetta del ballo di quest’anno è…
Lila
>> continua urlando il nome.
Oh
mamma. Ha detto il mio nome? Io non mi sono iscritta
al concorso, non è possibile.
<<
Io, io non mi sono iscritta >> dico
balbettando a Luck.
<<
Vai, è la tua serata, goditela principessa
>> risponde.
<<
Lila dai, vieni qua sul palco >> m’invita
Mandy.
Si
apre un sentiero che porta dritto verso il palco.
<<
Congratulazioni >> dice Mandy
poggiandomi sulla testa la tiara.
<<
Grazie >> rispondo.
Sono
senza parole, non so che dire.
<<
E ovviamente il re del ballo è… Luck
>> dice Mandy senza quasi nemmeno leggere il biglietto.
Ogni
anno ha sempre vinto Luck, sempre. Quindi come
di tradizione anche quest’anno. Si fa strada e mi raggiunge
sul palco. Mandy
poggia sulla sua testa la corona e… ed eccoci qui. Io Lila
al fianco del
ragazzo più bello che ho mai conosciuto, al centro
dell’attenzione tra migliaia
di ragazzi della scuola.
<<
Formiamo un cerchio per dare lo spazio a
Lila e Luck di fare il primo ballo >> dice Mandy.
Il
primo, l’ennesimo ballo. Ho i piedi distrutti,
odio i tacchi. Questo però è il primo ballo da re
e regina del ballo. Il nostro
primo ballo, solo nostro.
Chi
se lo sarebbe mai immaginato che io Sheila
Margaret Montgomery sia arrivata a questo punto? A essere importante, a
essere
la reginetta del ballo. A proposito, come ho fatto a diventarlo? Qui
c’è lo
zampino delle mie amiche. Dopo il primo ballo mi allontano da Luck per
andare a
cercare Alice e Cathy.
<<
Vi ho trovate finalmente >> dico con
un sorriso.
<<
Ti abbiamo trovato, è un miracolo >>
dice ironica Cathy.
<<
Siamo felici di vederti >> continua
Alice.
<<
Anch’io, e… di chi è stata
l’idea? >>
chiedo.
<<
Mia, mia scusa, non volevo farti soffrire
rubando… >> risponde Cathy.
<<
No, no, non mi riferivo a quello, ormai è
acqua passata, chi mi ha iscritto al concorso per diventare reginetta?
>>
chiedo.
<<
Be, quando sono andata a iscrivermi, invece
di scrivere il mio nome, ho scritto il tuo >> dice Alice.
<<
Perché non hai partecipato? >> chiedo.
<<
Non avrei avuto nemmeno una piccola speranza
di vincere >> risponde dispiaciuta.
Tolgo
la coroncina dalla mia testa e la poggio sulla
sua.
<<
Lila sei impazzita? >> dice quasi come
se stessi per compiere un crimine.
<<
La desideri più tu che io, comunque grazie
>> rispondo.
Ci
abbracciamo tutte e tre e in un attimo è tutto
passato. I nostri litigi, le nostre discussioni non esistono
più. Mi sono
davvero mancate le mie amiche.
<<
Bene, detto questo divertitevi, vado a
cercare il mio cavaliere >> dico soddisfatta.
<<
Divertiti anche tu >> rispondono
all’unisono.
Che
fine ha fatto Luck? Non lo vedo da nessuna parte,
be in mezzo a questa confusione neanche un gigante si distinguerebbe.
Odio
restare sola, lo sono stata per troppo tempo, così decido di
andare a cercarlo.
Sì, ma dove? Un’idea, ci vorrebbe
un’idea. Eccola.
Salgo
sul palco e comincio un discorso di
ringraziamento per il titolo di reginetta senza corona! Da
lì potrò vedere
l’intera sala, quindi anche Luck.
Tutti
sono immobili, fermi ad aspettare, nemmeno
stesse parlando il presidente. Nessuno si muove, tranne…
Luck. Sta uscendo
dalla sala.
<<
Bene, quindi grazie, grazie di avermi reso
quest’omaggio >> termino in fretta.
Scendo
dal palco e decido di seguirlo, dove sta
andando? Lo seguo, esco dalla sala, tolgo queste orribili scarpe e
m’incammino.
Dove mi porterà? Ormai è tardi per pensare,
presto lo saprò.
Eccoci,
ad aspettarlo c’è una ragazza che non riesco
a delineare. È troppo buio. Mi nascondo dietro un cespuglio,
stanno parlando,
sono troppo distante, però, per sentirli. Però
questo lo sento, dritto al
cuore. Se mi avessero dato uno schiaffo, avrei sentito meno dolore. Si
stanno
baciando. Questo mi basterebbe per andare là e dirgliene
quattro a tutti e due.
Però Lila in queste situazioni non affronta i problemi,
scappa, la cosa più
semplice. La vecchia Lila è più viva di quanto
pensassi.
Corro via da
quel posto, voglio tornare a casa adesso. Ma come? Non ho nemmeno la
mia auto.
Io no ma Cathy sì. Decido di tornare alla festa anche con le
lacrime che mi
rigano il volto. Devo prendere le chiavi dell’auto di Cathy.
<<
Lila, Lila che è successo? >> chiede
Cathy vedendomi in quello stato.
<<
Prestami la tua auto, ti prego, voglio
andare via da qui >> rispondo.
<<
Ma che è successo? >> insiste.
<<
Cathy ti prego dammi le chiavi >>
rispondo.
<<
Neanche per sogno, ti accompagno io, non
puoi guidare in questo stato >> dice convinta.
<<
No, ho bisogno di stare da sola, goditi la
festa >> rispondo.
Cerca
le chiavi nella sua borsa.
<<
Lila però… >> dice.
Non
sento nient’altro. Ho le chiavi in mano e voglio
solo andare via. Cerco la sua auto tra le mille che ci sono nel
parcheggio, non
tutti possono permettersi la limousine.
Eccola.
Salgo a bordo, accendo la radio e mi dirigo
verso nemmeno io so dove.
È questa
l’ultima cosa che mi ricordo.
Salve
a tutti!
Come promesso a
una mia fan ho cercato
di aggiornare il prima possibile, ma non so se riuscirò a
mantenere questo
ritmo!! Ed ecco a voi il nuovo capitolo. Spero di sapere cosa ne
pensate e…
buona lettura!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Spero tu venga con me ***
Spero
tu venga
con me
<<
Alice, Alice
sbrigati o faremo tardi a lezione >> urlo al citofono di
casa sua.
<<
Arrivo, due
minuti e sono da te >> risponde.
<<
Ti aspetto in
macchina, datti una mossa >> dico.
Come
ogni giorno passo a
prendere Alice che come sempre è in ritardo.
<<
Eccomi, scusa
il ritardo >> dice entrando in macchina.
<<
Era ora, come
mai così elegante stamattina? >> chiedo.
<<
Oggi è il
giorno per candidarsi a reginetta del ballo di fine anno
>> risponde.
<<
E scommetto che
vuoi partecipare, non è vero? >> dico.
<<
Sì, dovresti
farlo anche tu, è divertente >> risponde.
<<
No grazie, non
fanno per me tiare e abiti da principessa >> dico.
Detto
questo, accendo il
motore e ci dirigiamo verso la scuola.
<<
Cos’è questa
confusione? >> chiedo incredula.
<<
Oggi è il
giorno… >> risponde Cathy.
<<
Sì, sì lo so,
ma perché tutta questa euforia? >> la
interrompo.
<<
Be, tutti
vogliono vincere il titolo di reginetta del ballo almeno una volta
>>
risponde.
<<
Io no, non ci
tengo per niente >> dico.
<<
Quest’anno ci
andrai con Luck >> dice.
Vero,
non ci avevo
ancora pensato. Ogni anno ci sono andata da sola, tranne al primo che
mamma mi
ha organizzato un appuntamento con Filip, il nostro vicino. Lui ha
sempre avuto
una cotta per me, me l’ha dimostrato un migliaio di volte, ma
io non ho ceduto
hai suoi corteggiamenti. Per fortuna aggiungerei.
<<
Ragazzi, un
attimo per favore, un attimo >> urla
dall’altoparlante la preside Keller.
<<
Ragazzi,
venerdì prossimo come ben sapete ci sarà il ballo
di fine anno, v’invito a
iscrivervi e a partecipare. Vi ricordo che è un ballo
elegante e raffinato, una
tradizione per la nostra scuola. Quindi vestitevi adeguatamente e
divertitevi.
Adesso tornate in classe e in fretta grazie >> termina
con il suo tono
forte e deciso.
E
con queste parole ci
rechiamo in classe, tutti, non si disubbidisce alla preside Keller,
nessuno l’ha
mai fatto e penso lo farà.
<<
Ehi >>
dice Luck.
<<
Luck, non ti ho
sentito arrivare >> dico sorpresa.
<<
Scusa non
volevo spaventarti, ho una sorpresa per te, chiudi gli occhi
>> dice
nascondendo qualcosa dietro la schiena.
Faccio
come dice. Non
amo le sorprese ma se è lui a farmele.
<<
Adesso li puoi
aprire >> continua.
<<
Wow, Luck tu…
>> rispondo stupita.
<<
Ho i biglietti
per il ballo e spero tu venga con me >>
m’interrompe.
Ok,
ok aspetta un attimo
Lila Montgomery, non correre con la fantasia, resta con i piedi per
terra.
Luck, il tuo ragazzo ti ha invitato al ballo di fine anno, il tuo
ultimo ballo.
È bello andare al ballo con qualcuno che
t’interessa che non sia Filip.
<<
Allora?
>> insiste.
<<
Sì, sì certo
che vengo al ballo con te >> rispondo buttandomi tra le
sue braccia.
<<
Sembravi
titubante >> dice.
<<
Nessuno me lo
aveva mai chiesto, non sono abituata a questo genere di cose
>> rispondo.
Wow,
chi lo avrebbe mai
detto che Luck Miller, il ragazzo che mi piace fin dal primo anno del
liceo, mi
abbia chiesto di andare al ballo con lui. Be, in effetti, è
il mio ragazzo,
perché non avrebbe dovuto chiedermelo? Lui è
sempre andato al ballo con una
ragazza diversa. Con Sam no però. L’ha lasciata
poco prima e al ballo era già
con un’altra. Non so perché si siano lasciati,
anzi lui l’abbia lasciata. È uno
dei pochi che l’ha fatto, perché è
sempre stata Sam a scaricare gli altri e non
viceversa. Forse è per questo che ha sofferto.
<<
Vota Christy
>>
<<
Votate Christy,
mi raccomando >>
<<
Ehi, vota per
me >>
<<
Anche tu Lila,
vota per me >> mi dice.
<< Christy,
che stai facendo? >>
chiedo perplessa.
<<
Distribuisco
volantini per diventare reginetta del ballo >> risponde
come se fosse una
cosa normale.
<<
Ah, non so,
anche Alice si è candidata >> dico.
<<
Alice? E tu
daresti il voto ad Alice dopo quello che ti ha fatto? >>
dice quasi
disgustata.
<<
Perché? Che mi
ha fatto Alice? >> chiedo.
<<
Scusa, ma non avete
parlato quando ci avete mandato via dagli spogliatoi? >>
risponde.
Dove
vuole arrivare? Che
cosa stavano per fare le ragazze? Se io non fossi entrata cosa sarebbe
successo? Decido di stare al gioco per saperne di più.
<<
Ah, sì, agli
spogliatoi, solo che non si sono spiegate bene, raccontami la tua
versione
>> dico.
<<
Perché dovrei
farlo se già lo sai? >> chiede furba.
<<
Perché io ti
darei il mio voto >> rispondo.
Niente
può far cantare
di più come un uccellino una cheerleader se non sapere che
può diventare
reginetta.
<<
Adesso ho da
fare, passami a prendere dopo la scuola e ti dirò tutto
>> dice con aria
complice.
<<
Ok, ci vediamo
dopo >> termino.
Mando
un sms ad Alice
dicendole che non posso accompagnarla a casa dopo la scuola
perché ho un impegno.
Magari si farà accompagnare da Cathy.
<<
Ehi tesoro ci
vediamo dopo la scuola? >> chiede Luck arrivando alle mie
spalle.
<<
Perché arrivi
sempre così, mi farai prendere un colpo >>
rispondo scherzosa.
<<
Comunque non
posso, ho un impegno, magari un’altra volta, ti dispiace?
>> rispondo.
<<
No, certo avrai
da fare per il ballo, comunque tranquilla penso a tutto io, i fiori, la
limousine, tu pensa solo al tuo vestito, al resto ci penso io
>> dice
rassicurandomi.
Già
il vestito, mamma
sarà in subbuglio. Lei adora questo genere di cose, magari
domani andremo a
comprarlo.
<<
Eh sì, i
preparativi, ci vediamo domani ok? >> chiedo sperando non
mi rivolga
altre domande.
<<
Ok, a domani
tesoro >> termina baciandomi.
Aspetto
già da un quarto
d’ora Christy ma ancora niente. Non mi avrà dato
buca? Spero proprio di no,
voglio saperne di più su quel pomeriggio. Nemmeno il tempo
di finire il
pensiero che arriva e si siede nel sedile anteriore, alla mia destra.
<<
Scusa il
ritardo, andiamo? >> chiede.
<<
Tranquilla, ma
dove? >> rispondo.
<<
A casa mia,
ormai mi accompagni a casa, ti racconterò tutto una volta
lì >> dice.
Be
forse è meglio. Non
so cosa mi aspetta ed è meglio non scoprirlo alla guida.
<<
Prego,
accomodati >> m’invita Christy aprendo la porta
d’ingresso.
Mi
fa strada in un
grande salotto, dove domina un caldo caminetto acceso. Forse
è un po’ fuori
stagione.
<<
Vuoi che lo
spenga? >> chiede vedendomi fissarlo.
<<
Ehm… no, va
bene così >> rispondo.
Mento.
Muoio di caldo,
qui dentro si soffoca, perché lo tiene acceso? Siamo a
Maggio, capisco che qui
a Millville la temperatura è un po’ più
fredda rispetto a New York, ma non così
esageratamente però. Introduco il discorso, non vedo
l’ora di uscire da questa
casa.
<<
Allora, cosa
vuoi dirmi? >> chiedo.
<<
Se io te lo
riferisco tu mi prometti che non dirai che sono stata io a dirtelo?
>>
risponde guardandomi dritta negli occhi.
<<
Sì, certo, hai
la mia parola >> dico con ansia.
<<
Vedi, prima che
tu arrivassi, le tue amiche stavano per… >>
comincia a parlare.
<<
Dai, arriva al
dunque >> la interrompo.
<<
Rubare il
cellulare di Luck >> continua.
Rimango
pietrificata. Che
cosa stavano per fare? E questo è proprio quello che le
chiedo.
<<
Perché?
>> chiedo stupita.
<<
Perché volevano
inviarti un sms dal suo telefono dicendoti che era finita tra te e lui
>>
risponde.
<<
E perché tu e
le tue amiche eravate lì? >> chiedo incredula.
<<
Gli abbiamo
aperto noi la porta degli spogliatoi >> risponde
rilassata.
<<
E perché c’è
l’avevate voi la chiave? >> chiedo cominciando
a innervosirmi.
<<
Quante domande,
cos’è un interrogatorio? Comunque siamo
cheerleader, abbiamo i nostri metodi di
persuasione per l’addetto alla palestra… >> risponde.
Non
riesco a credere alle
mie orecchie. Le mie amiche o perlomeno quelle che credevo tali,
stavano per
compiere un gesto così crudele nei miei confronti?
Perché, perché mi chiedo,
che gli ha fatto Luck? Ed io, non pensavano a me?
<<
E voi cosa ne
guadagnavate? >> chiedo interrogativa.
<<
Siamo
cheerleader, faremmo di tutto per avere attenzione da parte dei
giocatori di
rugby >> risponde come se fosse una cosa scontata.
<<
E come
pensavate di ottenerla? >> continuo a chiederle.
Forse
è davvero un
interrogatorio.
<<
Le tue amiche
ci hanno ingannato. Ci hanno convinto che una volta che Luck ti avesse
lasciato,
avrebbe organizzato un party a cui saremmo state invitate anche noi e
ovviamente avrebbero partecipato anche gli altri suoi compagni
>>
risponde.
<<
E perché
avrebbe dovuto organizzare un party? Per festeggiare la nostra
separazione?
>> chiedo con tono scherzoso.
Meglio
prenderla sul
ridere questa situazione.
<<
È così che usa
fare di solito Luck per conoscere nuove ragazze, non lo sapevi? Forse
perché
non sei mai stata invitata >> risponde con aria da so
tutto io.
<<
Va bene, grazie
delle tue risposte, ci vediamo domani >> termino.
<<
Non c’è di che,
e mi raccomando, vota per me >> risponde soddisfatta.
<<
Stanne certa,
io mantengo le mie promesse >> dico uscendo da quella
casa.
Finalmente.
Aria, aria
fresca. Non ne potevo più. Quell’aria soffocante,
le parole di Christy e il suo
risolino soddisfatto. Adesso devo pensare a cosa fare con Alice e
Cathy. Non la
passeranno liscia stavolta. Non solo hanno fatto quello che hanno
fatto, ma in
più mi hanno mentito. Perché mi hanno risposto
che volevano solo nascondere i
vestiti di Luck? Perché non sono state sincere con me?
Presto lo saprò, presto
avrò tutte le risposte che mi servono. E sarà
meglio che si preparino, la
vecchia Lila, dolce e cara, non esiste più.
<<
Lila, Lila mi
stai ascoltando? >> mi chiede mamma.
<<
Ehm… sì, scusa
cosa hai detto? >> rispondo con l’aria di a chi
non interessa il
discorso.
<<
Ci vediamo
pomeriggio al negozio, ok? >> ripete.
<<
Quale negozio?
Di cosa stai parlando? >> chiedo tornando sul pianeta
Terra.
<<
Il negozio di
abiti da cerimonia tesoro, dove hai la testa >> risponde.
<<
Ah, già il
vestito, va bene, ci vediamo lì dopo la scuola
>> dico.
Già
il vestito, chi ci
pensava più, ho ben altro per la testa per il momento. Non
ho dormito tutta la
notte per il pensiero della faccenda di Alice e Cathy. Che cosa faccio,
come mi
devo comportare? Io non sono una ragazza vendicativa, l’unico
metodo che mi è
venuto in mente è l’indifferenza. Farò
come se non esistessero. Alice e Cathy
non contano più niente per me.
<<
Ci vediamo più
tardi >> urlo dalla porta d’ingresso.
<<
A dopo tesoro
>> risponde mamma dalla cucina.
Prendo
l’auto e mi
dirigo verso la scuola. Non passerò a prendere Alice oggi
ovviamente.
Sulle
scale di scuola
vedo Luck chiacchierare con qualche suo amico. Decido di andare da lui,
in fin
dei conti è l’unica persona
“amica” che conosco qui adesso.
<<
Ciao Luck
>> dico avvicinandomi a lui.
<<
Scusate
ragazzi, il dovere mi chiama. Ci vediamo dopo >> dice con
tono scherzoso.
<<
Non volevo
disturbarti >> dico.
<<
Tu non mi
disturbi, non lo pensare nemmeno >> dice convinto.
<<
Tutto bene?
>> continua con lo sguardo interrogativo.
<<
Sì, certo
>> rispondo facendo finta di nulla.
Non
voglio dirgli niente
sulla questione delle ragazze. S’infurierebbe e poi non
voglio essere difesa da
nessuno. Devo cavarmela da sola.
<<
Ci vediamo a
pranzo >> dice.
E
con un bacio le nostre
strade si dividono, io aula di scienze, lui d’inglese.
Vedo
Cathy in fondo
all’aula che mi fa cenno di raggiungerla. Non la guardo
neanche. Prendo posto
in seconda fila accanto ad un ragazzo che non avevo mai notato. Alla
fine della
lezione Cathy mi raggiunge, be ovvio, vorrà delle
spiegazioni sul mio gesto.
<<
Ehi Lila, tutto
bene? >> chiede con l’aria di chi non sa niente
e non ha fatto niente.
“Non
ti rispondo, non ti
rispondo” mi ripeto nella testa.
<<
Lila, ehi che
succede? >> insiste avvicinandosi di più a me
e tenendomi per un braccio.
Mollo
la presa e la
lascio lì, ferma, immobile. Non se lo sarebbe mai aspettato
da parte mia, e chi
lo avrebbe mai pensato? Non ho ancora visto Alice stamattina, forse
aspettando
me ha perso l’autobus. Boh, non è un problema mio.
<<
Hai visto Alice
almeno? >> urla.
Faccio
finta di non aver
sentito. Ero già alla porta, ero distante da lei, come mai
l’avrei potuta
sentire? La sua domanda ha subito una risposta. Parli del diavolo
e…
<<
Lila che è
successo, perché non sei passata a prendermi?
>> chiede innocente.
Non
la degno nemmeno di
uno sguardo. Un po’ mi dispiace trattarle così, ma
se lo meritano. Che cosa
sarebbe successo se io non fossi entrata da quella porta quel giorno in
quel
preciso istante? Meglio non pensarci.
Non
m’insegue neanche
lei è un tipo orgoglioso, come me. Sicuramente
andrà a parlare con Cathy e
capiranno insieme il perché della mia reazione.
Le
ore passano lente,
non vedo l’ora di andarmene da scuola, anche se
dovrò andare a comprare l’abito
per il ballo con mamma. Avevamo programmato il nostro ultimo ballo
insieme fin
da quando eravamo al primo anno, e adesso? Adesso sarò sola,
anzi no, Luck sarà
con me. Ha in serbo per me una sorpresa dopo il ballo. Forse
è quello che penso
io. Non voglio illudermi, non ne abbiamo mai parlato, ma forse
è il momento più
adatto.
<<
Lila, Lila
fermati un attimo, ti prego >> urla Cathy inseguendomi
con Alice.
Non
mi fermo, vado
dritta verso la mia auto.
<<
Lila fermati
per favore >> dice Alice con il fiato corto per la corsa.
<<
Ho da fare
>> rispondo secca.
Questa
è l’unica cosa
che dico prima di salire a bordo della mia auto e andarmene.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Che cosa ho fatto di male? ***
Che
cosa ho
fatto di male?
<<
Eccola, si sta
svegliando >> urla Sam vicino a me.
<<
Lila, amore
mio, stai bene? >> dice mamma piangendo.
<<
Siamo tutti qui
tesoro, tutti >> dice papà.
Non
capisco, dove sono?
<<
Cos’è successo?
>> chiedo con un filo di voce.
<<
Hai avuto un incidente
>> dice Sam accanto a me tenendomi per mano.
<<
Che ti è
saltato in mente? >> urla mamma.
<<
Nancy non è il
momento >> la interrompe papà.
Già,
anche lui è qui per
me. Lui c’è sempre per me.
<<
Vado a chiamare
il medico >> continua papà.
Sam
non si stacca da me,
non molla la presa. Non conoscevo questo lato di lei, è
dolce con me adesso.
Perché? Perché tutte queste apprensioni?
<<
Uscite per
favore >> dice il medico non appena arriva.
Mi
visita ed esce, senza
dire niente. Va sicuramente dai miei genitori.
<<
Si può?
>> chiede Alice alla porta.
<<
Ragazze, siete
bellissime con l’abito del ballo qui >> scherzo.
<<
Vedo che stai
meglio, come ti senti? >> chiede Cathy.
Non
lo so, non so
nemmeno io come sto. Non so se mi fanno più male le ferite o
quello che mi ha
fatto Luck. Perché mi ha fatto tutto questo?
Io mi fidavo di lui.
<<
Bene penso
>> rispondo.
<<
Ci hai fatto
prendere un bello spavento >> dice Alice.
<<
Lo so, mi
dispiace, anche per la tua auto Cathy, è tanto grave?
>> chiedo
dispiaciuta.
<<
Niente che non
si possa riparare >> risponde.
<<
A proposito,
cosa ti è successo? >> chiede Alice.
<<
Ecco, perché
eri così scossa? >> continua Cathy.
<<
Luck, lui…
>> rispondo.
<<
lo sapevo, quel
verme schifoso, se lo vedo… >>
m’interrompe Alice.
Non
le ho nemmeno detto
cosa mi ha fatto e già reagisce così. Loro
avevano ragione, papà aveva ragione.
Lui mi aveva avvertito, tutti lo avevano fatto, solo io non lo avevo
capito.
Pensavo fosse diverso con me. Ma in realtà sono tutti
uguali. Tutti.
Finisco
di raccontargli
la storia, prima a loro, poi ai miei genitori e poi finalmente posso
riposare.
Vorrei tornare a casa, ma mamma mi ha detto che mi tengono sotto
osservazione
fino a domani. Quindi decido di non ribattere, chiudo gli occhi e
sprofondo nel
sonno, anche se è già quasi mattino.
Sono
passate poche ore
da quando mi sono addormentata che già mi svegliano. Questo
perché dopo i controlli,
i medici mi hanno dimesso, così finalmente potrò
tornare a casa. So che è da
poche ore che sono qui in ospedale, ma per me è quasi
un’infinità.
<<
Papà >>
urlo non appena arriva nella camera.
<<
Tesoro come ti
senti, sei pronta a tornare a casa? >> chiede.
<<
Prontissima
>> rispondo felice.
Felice
di tornare a
casa. Felice di buttarmi tutto alle spalle: Luck, la nuova Lila e anche
le
auto. Non penso ne guiderò più una dopo questa
notte.
<<
Andiamo allora
>> dice.
Mi
accompagna in
macchina e per tutto il tragitto è silenzioso.
Perché? Che cosa sarà mai successo
in una sola notte?
<<
Tutto bene?
>> chiedo curiosa per spezzare il silenzio.
<<
Sì, certo,
perché? >> risponde.
<<
Non so, mi
sembri strano >> dico.
<<
No, ho solo
avuto una discussione con tua madre >> risponde.
Ecco,
lo sapevo che
c’era qualcosa sotto.
<<
E perché avete
litigato? >> chiedo.
<<
Purtroppo lo
scoprirai presto >> risponde.
Che
cosa scoprirò? Cosa
mi sta nascondendo papà?
Appena
arriviamo a casa
mamma e Sam corrono ad accogliermi.
<<
Lila, come ti
senti? >> chiede Sam come se avessi avuto qualcosa di
grave.
Be
sì, in effetti, un
incidente lo è, ma sono viva e per fortuna ne sono uscita
quasi del tutto
illesa.
<<
Meglio adesso
che sono a casa >> rispondo.
Si
avvicina a me e mi
abbraccia. Non sono abituata a questo genere di cose da parte sua. Be
sarà per
caso una nuova Sam? Che fine ha fatto mia sorella? Anche mamma viene ad
abbracciarmi, però anche lei è cupa, qualcosa non
va.
<<
Mamma, è tutto
apposto? >> chiedo.
<<
Sì certo amore,
perché me lo chiedi? >> risponde.
<<
So che avete
discusso con papà, potrei sapere perché?
>> chiedo.
<<
Ti avevo detto
che le avremmo parlato insieme >> dice mamma riferendosi
a papà.
<<
Non le ho
ancora detto niente >> risponde papà a sua
difesa.
<<
Che cosa
avrebbe dovuto dirmi? >> continuo a chiedere.
Non
capisco più niente,
perché tutto questo mistero?
<<
Vieni Lila,
sediamoci sul divano >> m’invita mamma.
Ok,
adesso comincio a
preoccuparmi. Mi fanno addirittura sedere come se potessi svenire alle
sue
parole.
<<
Allora?
>> chiedo curiosa.
<<
Vedi Lila, io e
tuo padre… >> comincia mamma.
<<
Non mettermi in
mezzo, io non ero d’accordo >> la interrompe
papà.
<<
Carl non
capisci che è per il suo bene? >> dice mamma
alterandosi.
Per
il mio bene? Che
cosa ho fatto, cosa ho?
<<
Io e tuo padre
abbiamo pensato che dopo gli esami, be potresti…
>> continua mamma.
Dai,
sembra un quiz,
parla a rallentatore.
<<
Potresti andare
dai nonni >> finisce il discorso mamma.
<<
Che cosa?
Andare dai nonni, perché? Che cosa ho fatto di male?
>> chiedo balzando
in piedi.
<<
Tesoro non ti
agitare, in fondo tu adori New York, perché non approfittare
dell’occasione
>> risponde mamma con un sorriso a trentadue denti.
<<
No mamma, non
sarebbe una buona idea, io dai nonni? Papà di qualcosa
>> lo supplico.
<<
Lila, io ci ho
provato per tutta la notte, ma forse ti farà bene
allontanarti da qui per un
po’ >> risponde papà con aria
dispiaciuta.
<<
Sì ma non dai
nonni. Sam potrebbe resistere con loro, ma non io, e poi per quanto
tempo?
>> chiedo.
<<
Per tutta l’estate,
pensala come una vacanza premio >> risponde mamma
soddisfatta.
<<
Vacanza? E
quale sarebbe il premio? I nonni forse? >> dico
infuriata.
Sam
non dice niente,
strano che non appoggi mamma, avere tutta la casa per sé le
farebbe comodo.
<<
Ormai è deciso
Lila, ho già avvertito i nonni >> dice mamma.
<<
Quindi non ho
scelta, devo andarci per forza, hai già deciso tutto tu
>> rispondo.
Basta,
non posso
sopportare un minuto di più questa situazione.
<<
Lila, aspetta,
dove vai? >> mi chiede papà.
<<
Da Alice
>> rispondo secca.
Ho
bisogno di sfogarmi
con qualcuno, e quale persona migliore della tua amica di sempre?
Arrivo
da Alice in
lacrime e le spiego la situazione. Anche lei non è felice
della notizia, chi
mai può esserlo?
<<
Quindi non ci
vedremo per tutta l’estate? >> chiede Alice con
il morale a pezzi.
<<
Già, ma non ti
preoccupare, magari mi lasceranno venire qualche volta, o magari
potreste
venire voi, tu e Cathy >> rispondo.
<<
Mi mancherai
>> dice venendomi incontro per un abbraccio.
<<
Anche tu, ma
adesso non pensiamoci, abbiamo ancora una settimana per stare insieme
>> dico.
<<
Già a studiare,
che bel passatempo >> dice scherzosa.
Infatti,
a studiare. Tra
poco più di una settimana avremo gli esami. Non ho avuto
molto tempo per
pensarci quando stavo con Luck. No, non devo pensare a lui. Lui per me
non
esiste, è acqua passata. Come si dice, tolto un pensiero ne
arriva un altro.
Già, i nonni, New York, gli esami. Forse più di
uno. Mi chiedo solo perché?
Perché mi hanno voluto punire mandandomi dai nonni?
<<
Sei sicura di
voler tornare a scuola? >> chiede mamma.
<<
Non sono malata
mamma, sto bene, quindi sì >> rispondo.
Devo
tornare a scuola,
devo finire l’anno nel migliore dei modi, anche se questo
significa rivedere
lui.
<<
Ti accompagno io
a scuola? >> mi chiede.
Ah
vero, adesso non
guiderò più. Si torna alle vecchie abitudini!
<<
No mamma, sta
tranquilla, prenderò l’autobus come ai vecchi
tempi >> rispondo.
Be,
vecchi tempi, pochi
mesi fa; solo che sembra un’eternità. In questi
ultimi mesi sono cambiate molte
cose, anch’io sono cambiata, forse, però
è tempo di tornare come prima. Forse è
ora di far rinascere la vecchia Lila, la vera Lila. Questi capelli non
mi si
addicono per niente. Voglio di nuovo il mio colore. Rosso. Rosso come
il fuoco.
Voglio tutto della vecchia Lila, tranne una cosa: i chili di troppo.
Quelli
possono restare dove sono!
Lego i capelli in una lunga
treccia e
m’incammino verso la fermata dell’autobus.
<<
C’è l’hai
fatta, sei tornata alle tue vecchie abitudini, anche per quanto
riguarda il
ritardo >> dice Alice non appena mi avvicino a lei.
<<
Già, la vecchia
Lila è tornata >> rispondo.
<<
Mi è mancata la
vecchia Lila >> dice con un sorriso.
<<
Stavo pensando
di tornare rossa, che ne pensi? >> chiedo.
<<
Aspettavo
questo momento fin da quando hai fatto il colore, non che non mi
piacesse, solo
che non ti rappresentava >> risponde contenta.
<<
Infatti, non è
da me >> dico prima che arrivasse l’autobus.
<<
Lila, pensavo
non saresti più venuta >> dice Cathy non
appena arriviamo a scuola.
<<
E invece eccomi
qui >> rispondo.
<<
È tornata la
vecchia Lila >> le dice Alice.
<<
Già, pensavo di
tornare al mio vecchio colore di capelli >> dico
soddisfatta.
<<
Ottima idea,
chiamo il mio parrucchiere così pomeriggio potrai mettere in
atto la tua
trasformazione >> dice Cathy.
<<
Bene, allora
dopo la scuola tutte a casa di Cathy >> dice scherzosa
Alice.
<<
Sì, lì è nata
la nuova Lila e lì morirà >> dico
ridendo.
Sono
felice che le mie
amiche approvino la mia idea. Ma la felicità ha vita breve.
Vedo Luck, lì a
scherzare con i suoi amici come se niente fosse successo. In
realtà ha provato
a chiamarmi, ma io non ho risposto, mi ha anche mandato qualche sms ma
a me non
interessano le sue scuse. A me non interessa più lui. Quando
apro il mio
armadietto, trovo un biglietto. È la sua calligrafia. Non
voglio leggerlo,
quindi lo butto direttamente nel cestino dei rifiuti.
<<
Lo hai letto
almeno? >>
Mi
giro di scatto, è la
sua voce.
<<
Non m’interessa
nemmeno cosa c’è scritto >> rispondo
incamminandomi verso l’aula di
chimica.
Già,
perfetto, anche lui
ha lezione di chimica. Quale notizia migliore di questa? Che cosa
può capitarmi
di peggio?
<<
Lila, ho
bisogno di parlarti, devi sapere cosa è successo
>> dice quasi agitato.
<<
Non
m’interessano le tue scuse Luck >> rispondo.
<<
Non voglio
scusarmi perché io… >> dice.
Queste
sono le uniche
parole che riesco a sentire prima di chiudermi in bagno. Per fortuna
qui non
può entrare. Che cosa vuole dirmi? Non vuole nemmeno
scusarsi, che bravo
ragazzo, di chi mi ero innamorata io? Di chi? Non mi ha neanche chiesto
come
sto. Sto bene, ok, ma non grazie a te. Ho avuto un incidente a causa
sua. Non
che voglia incolparlo, sono io che sono finita fuori strada, ma ero
agitata,
piangevo per lui. Perché mi ha fatto questo,
perché? Sembrava tutto così
perfetto fino a quando ballavamo insieme.
Che cosa è cambiato dopo? Non lo
saprò mai e forse è meglio così.
Quando
sento la
campanella, significa che tutti dovrebbero essere in classe, quindi
decido di
uscire.
<<
Ancora qui sei
>> dico non appena lo vedo appoggiato alla porta del
bagno.
<<
Sì e non me ne
andrò finché non avrò parlato con te
>> risponde.
<<
Non voglio
ascoltarti Luck, tu per me non conti più nulla, non vedo
l’ora che finiscano gli
esami così non ti vedrò più
>> termino.
<<
Lila, io…
>> dice prendendomi la mano.
Mollo
la presa con forza
e mi chiudo la porta alle spalle.
<<
Addio Luck
Miller >> dico.
E
con queste parole mi
dirigo vero la classe, anche se ho perso il primo quarto
d’ora. E anche lui.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Io no ***
Io
no
<<
Procediamo? >> chiede il parrucchiere.
<<
Subito, voglio tornare come prima, il mio
rosso >> rispondo entusiasta.
<<
Bene, mettiamoci al lavoro allora >>
dice.
Ed
è quello che fa. Comincia dal taglio, poi il colore
e… dopo due ore di agonia….
<<
Finito >> dice Julien.
<<
Sei bellissima, mi ero dimenticata quanto ti
donasse il rosso >> dice Alice guardandomi soddisfatta.
<<
Eccoti lo specchio >> dice Cathy
porgendomelo.
Lila.
La mia vecchia e cara Lila. Non pensavo potesse
mancarmi così tanto, sei tornata finalmente. Chi mi ama deve
amarmi per come
sono. La vera Lila. Devo dire che il rosso non è proprio
quello di prima, però
sempre meglio del mio vecchio colore con le meches.
Ringrazio
Julien e Cathy ci riaccompagna a casa.
Chissà cosa ne penserà la mia famiglia del
ritorno della vecchia Lila. Presto
lo scoprirò.
<<
Grazie Cathy, a domani >> dico
saltando giù dall’auto.
Appena
arrivo a casa il mio primo pensiero è papà.
Cosa ne penserà del mio nuovo, ma in fondo vecchio, look?
È la sua opinione che
m’interessa di più tra tutte.
<<
Papà? >> dico.
Non
risponde nessuno.
<<
Papà, papà >> insisto.
<<
Lila, sei tornata >> dice mamma.
<<
Dov’è papà? >> chiedo.
<<
Vedo che hai cambiato look, ti sta molto
bene questo colore >> risponde.
Sembra
ubriaca.
<<
Dov’è papà? >> insisto.
<<
È dovuto partire in fretta >>
risponde.
<<
Così, senza preavviso? >> chiedo
dispiaciuta.
<<
E… tesoro, il lavoro di tuo padre >>
dice andando su per le scale.
Non
mi ha nemmeno avvertito. Poteva anche mandarmi un
sms, invece niente. Perché, che sarà successo?
Vado
in camera mia, la notte porta consiglio e magari
anche qualche spiegazione in più. In questo momento sono
tanti i misteri della
mia famiglia. Forse è meglio fare un bel bagno caldo per
schiarirmi le idee
prima di andare a dormire. E proprio prima di andare a dormire ecco
quello che
mi aspettavo: il messaggio di papà.
“Scusa
tesoro, sono dovuto partire subito, non ho
potuto nemmeno salutarti, in bocca al lupo per gli esami, ci vediamo
prima
della tua partenza. Baci papà.”.
Ecco,
questo è il papà che conosco, quello che mi
racconta sempre tutto e mi rende partecipe della sua vita. Wow,
dovrò passare
gli esami senza di lui, senza il suo sostegno. Ma in fin dei conti
tornerà
subito dopo, prima dell’inizio del mio incubo.
<<
Dai, almeno ci toglieremo il pensiero
>> dice convinta Cathy.
<<
Io non guardo, fatelo voi per me >>
aggiunge Alice tenendoci per mano.
Ci
avviciniamo ai risultati e con un occhio aperto e
uno chiuso cerco il mio nome nella lista. Montgomery, Montgomery,
eccomi.
Montgomery Sheila promossa. Sì, finalmente ho finito il
liceo, ho superato gli
esami e questo è quello che conta di più adesso.
Poi cerco quello di Alice, be
lei è all’inizio della lista.
<<
Promossa >> dico contenta.
<<
Anch’io? >> chiede Alice curiosa.
<<
Ovvio, puoi aprire gli occhi adesso >>
rispondo.
<<
Tutte e tre promosse, visto, che vi avevo
detto? >> dice Cathy.
<<
Adesso dobbiamo festeggiare >>
aggiunge Alice.
<<
Sì, la mia partenza >> rispondo
scherzosa.
<<
Ah ah, divertente, il tuo volo parte stasera
>> dice Cathy.
<<
Infatti, possiamo festeggiare pomeriggio
>> dice Alice.
<<
Mi dispiace ragazze, ma devo fare le valige
>> rispondo dispiaciuta.
<<
Allora festeggeremo aiutandoti a fare le
valige >> dice scherzosa Cathy.
<<
Non penso sarà divertente, però grazie
>> rispondo.
<<
Credimi lo sarà >> dice Alice
allontanandosi.
<<
Ci vediamo dopo allora >> dice Cathy
salutandomi.
<<
A dopo ragazze >> termino.
Mi
aspetta una bella passeggiata fino a casa adesso.
Mi aiuterà a schiarirmi le idee e magari anche a mantenermi
in forma. Metto gli
auricolari e comincio la corsetta.
<<
Ti serve un passaggio? >>
Sento
una macchina alla mia sinistra fermarsi. Ti
prego dimmi che non è lui. Non Luck.
<<
Ehi mi hai sentito? >> insiste.
Mi
giro e… le mie preghiere non sono state ascoltate.
<<
No grazie >> rispondo.
<<
Preferisci camminare piuttosto un comodo
sedile di pelle? >> chiede scherzoso.
<<
Sì, non vado con gli sconosciuti >>
rispondo.
<<
Ed io sarei uno sconosciuto? >> dice
beffardo.
Non
gli rispondo nemmeno, aumento il volume e
comincio a correre più veloce.
<<
Bene, vuol dire che farò una corsa con te
>> continua posteggiando l’auto quasi in mezzo
alla strada.
<<
Fa come vuoi, non posso impedirti di
mantenerti in salute >> rispondo.
E
comincia a parlare, ma non capisco una parola di
quello che dice. Preferisco la musica alle sue parole.
<<
Hai capito? >> dice quasi vicino casa
mia.
Non
dico niente, faccio finta di non sentire.
<<
Lila, hai ascoltato una parola di quello che
ho detto? >> continua togliendomi gli auricolari.
<<
Sinceramente no e non m’interessa, grazie di
avermi accompagnato a casa inutilmente >> termino
entrando nel mio
vialetto.
<<
Sappi solo che io non ho fatto niente
>> dice restando fuori dal cancelletto.
Lo
ignoro, apro la porta e me la richiudo alle spalle
lasciandolo lì. Come può dirmi che non ha fatto
niente? Ha baciato una ragazza
che nemmeno io so chi è, perché insiste su questa
storia? Per fortuna però non
lo vedrò più. Né lui, né i
ragazzi di scuola. Da quando tra me e Luck è finita,
io non conto più niente. Lila chi? Ah, la sorella di Sam.
Non so neanche come
Sam sia rimasta famosa dopo la sua rottura con Luck. Be, non
è il mio caso. È
tornata la vecchia Lila e in fin dei conti non mi dispiace.
<<
E con questo abbiamo finito >> dice
Alice stanca.
<<
Già tutto pronto >> dice Cathy.
<<
Mi mancherete troppo >> rispondo
abbracciandole.
<<
Ci sentiremo tutti i giorni, resteremo in
contatto, in fin dei conti cosa sono tre mesi >> dice
Alice.
<<
Niente in effetti, ma dai miei nonni sono
un’eternità >> rispondo.
<<
Lila, andiamo >> urla papà
dall’ingresso.
<<
È ora di salutarci >> dico con una
lacrima che mi riga il volto.
<<
Ci mancherai >> dice Cathy
salutandomi.
<<
Mi raccomando, fai conquiste >> aggiunge
Alice.
<<
No grazie, io ho chiuso con i ragazzi
>> rispondo.
Scendo
le scale con le valigie in mano e ad
aspettarmi ci sono mamma e Sam.
<<
Abbi cura di te >> dice Sam
abbracciandomi.
<<
Anche tu >> rispondo.
<<
Ciao tesoro, mi raccomando comportati bene
dai nonni >> dice mamma salutandomi.
Solo
questo gli interessa? Pronto, tua figlia sta per
andarsene!
Annuisco, non
posso promettergli niente. Saluto tutti e mi dirigo verso
l’auto di papà.
<<
Hai preso tutto >> mi chiede una volta
salita in auto.
<<
Credo di si >> rispondo.
Mette
in moto e via, direzione aeroporto.
<<
Ciao tesoro, ci vedremo presto, magari
qualche volta ci vediamo a New York, ho qualche cliente lì
>> dice
abbracciandomi.
Be
magari, almeno una figura amica. Non voglio
lasciarlo, no. Ma perché devo andare via, che cosa ho fatto?
Meglio non
chiederglielo, altrimenti ricomincerebbero le discussioni con la mamma.
<<
A presto, papà >> termino.
Prendo
le valige che sono quasi più pesanti di me e
mi dirigo verso il check-in. Non amo gli aerei, soffro di vertigini.
Non potrò
tenere la mano a nessuno o forse potrei chiedere al mio vicino. Non so,
ci
penserò dopo. Dopo un’ora d’attesa, ecco
il mio volo. Salgo a bordo e… non
penso che terrò la mano a qualcuno. È un bambino.
Il mio vicino è un bambino
che sembra più coraggioso di me. Non posso farmi vedere
debole. Quindi chiudo
gli occhi e aspetto che termini il decollo. E in meno di cinque minuti
sono già
tra le nuvole.
<<
Grazie di aver scelto la nostra compagnia e
buona giornata >> dice l’assistente di volo con
il microfono.
Sono
queste le parole che mi svegliano. Sono
arrivata, sono a terra. Scendo dall’aereo e passo a prendere
le valige. Ad
aspettarmi c’è qualcuno. Un uomo che non ho mai
visto con in mano un cartello.
“Montgomery”. Questo c’è
scritto, il mio cognome. Mi avvicino a lui, sarà per
me quel cartello.
<<
Io mi chiamo Sheila Montgomery, sta cercando
me? >> chiedo.
<<
Lei è la nipote del signor Richard
Wanderbilt? >> domanda.
<<
Sì, mio nonno >> rispondo.
<<
Perfetto, devo accompagnarla alla villa. I
suoi nonni si scusano per non essere venuti a prenderla
>> dice.
Wow,
i miei nonni si scusano con me. Questa sì che è
una cosa da scrivere nel calendario.
<<
Non c’è problema, andiamo >>
rispondo.
Prende
le valige e mi accompagna a un’auto bellissima
che mi condurrà verso il mio incubo.
Avevo
dimenticato quanto fosse bella New York.
Quattro anni sono passati dall’ultima visita dai nonni. Poi
sono venuti sempre
loro da noi. Amo New York, i grattacieli, le luci, l’aria che
si respira. È
tutto diverso qui rispetto a Millville.
Questa
è l’unica cosa che mi consola adesso. Sono qui
nella grande Mela ma in pratica da prigioniera. I nonni sono terribili.
A
vederli sembrano gentili e cari, ma poi conoscendoli meglio si rivelano
tutto
il contrario.
Appena
arriviamo al cancello, la casa mi sembra più
grande. Casa, chiamiamola casa quella. È il sogno di ogni
persona. Poi qui a
New York, dove un monolocale costa un occhio della testa, avere due
mila metri
quadri tutti per te è un privilegio. Ma non mi
cambierà questo. Chiunque si
monterebbe la testa, chiunque persino Sam si è fatta
abbindolare da loro. Io
no. A me non interessano i soldi né tantomeno il potere.
Già perché loro hanno
anche quello. I Wanderbilt sono famosi qui a New York. Il nonno
è il
proprietario del famoso teatro Metropolitan, lo stesso dove la mamma si
esibiva
prima di trasferirci a Millville. La nonna le ha trasmesso
l’amore per la danza
e il nonno le ha permesso di diventare una ballerina acclamata.
Già il nonno.
Lui controlla tutto e tutti. Io no. Non potrà controllare
anche me, non glielo
permetterò. Voglio cavarmela da sola e farcela con le mie
forze, non perché
sono la nipote dei Wanderbilt.
<<
Lila tesoro, sono felice di vederti, come
stai? >> dice la nonna venendomi incontro.
<<
Bene grazie nonna, non ricordavo quanto
fosse bella casa vostra >> rispondo.
Che
non mi chieda niente sulla questione di Luck.
<<
È anche casa tua >> dice
abbracciandomi.
Le
sorrido, non so casa dire, preferisco stare zitta.
<<
Sheila, cara, hai fatto buon viaggio?
>> mi chiede il nonno scendendo da delle scale palladiane
che sembrano di
una reggia.
Be,
questa casa in fin dei conti lo è.
<<
Sì grazie >> rispondo garbatamente
come una vera Wanderbilt.
Ma
che sto facendo? Cinque minuti in questa casa e
già mi comporto da brava signorina? È vero, i
ricchi hanno il potere di
persuaderti e di farti cambiare. Non ci credevo fino a poco fa.
“Io no”, forse
diventerà un “Io non lo so”.
<<
Che cosa è successo con quel ragazzo, come
si chiamava? >>dice il nonno facendo finta di non sapere.
Lui
sa tutto, più di quanto vorrei.
<<
Niente, non è successo niente >> rispondo.
<<
Ci sarà un motivo per cui tua madre ti ha
mandato qui >> dice il nonno.
Ecco,
vorrei saperlo anch’io il motivo. Tutti lo
sanno. Io no. Io non so mai niente, sono sempre l’ultima a
sapere le cose.
<<
Me lo stavo chiedendo anch’io >>
rispondo.
Ecco,
questa è la Lila che conosco. Mi ero
preoccupata.
<<
Richard non è il momento di parlarne
>> lo interrompe la nonna che sembra stia prendendo le
mie difese.
<<
Infatti, sono stanca, dove posso sistemarmi?
>> chiedo.
<<
Vieni, ti mostro la tua stanza >>
risponde la nonna facendomi strada.
Wow.
È più grande di camera mia e Sam messe insieme.
È ampia e spaziosa e… tutta rosa. Odio il rosa,
è da femminucce. È più adatto
per una come Sam. Forse l’avevano progettata per lei, la
nipote prediletta, la
nobile erede dei Wanderbilt. Ed io? Io no. Ormai ci ho fatto
l’abitudine, non
mi arrabbio più. E non mi dispiaccio nemmeno. Mi dispiace
una sola cosa: dover
restare per tre mesi in una stanza tutta rosa con i fiocchi. Sembra un
confetto.
<<
Questa è la tua stanza >> dice la
nonna orgogliosa.
<<
Ah, è… grande >> rispondo.
Non
sapevo cosa dire. Non ammetterò mai che mi piace
il rosa, nemmeno sotto tortura.
<<
Bene, se hai bisogno chiama pure. Buonanotte
tesoro >> dice nonna dolcemente.
Non
ci casco nel tranello. Nemmeno quando mi
riempivano di giocattoli, li pensavo persone dolci, tantomeno adesso
che sono
cresciuta.
<<
Grazie nonna, notte >> rispondo.
Be
notte, sono quasi le quattro del mattino. Ho preso
l’ultimo volo da Millville ed eccomi qui, tutta sola in una
stanza che sembra
delle barbie. Non fa per me, mi sa che dovrò rivoluzionarla
un po’. Ci penserò
domattina, adesso non ho neanche le forze per pensare. Una bella
dormita e
tutto tornerà normale. Be, ci vorranno tre mesi prima che
tutto tornerà
“normale”: Dovrò tornare a casa mia.
<<
Eccola la bella addormentata si è svegliata
finalmente >> dice ironico il nonno.
<<
Buongiorno >> rispondo.
<<
Buongiorno, è già ora di pranzo, il sole
è
alto nel cielo e tu hai saltato la colazione >> dice
quasi scocciato.
Che
gli ho fatto? Sono arrivata da meno di dodici ore
di cui più della metà le ho trascorse a dormire,
cosa avrò mai fatto?
<<
Non faccio mai colazione >> rispondo.
<<
Be, da adesso la farai, in questa casa ci
sono delle regole che dovrai rispettare. Oggi è un giorno
per ambientarti, da
domani signorina ti sveglierai come le persone
“normali” >> dice
soffermandosi su quest’ultima parola.
Perché
io non sarei normale? Si è visto lui che per
prendere una tazzina di caffè chiama la cameriera?
Loro
non sanno nemmeno cosa sia la normalità. Ecco
perché mamma è scappata da loro. Lei non lo
ammetterà mai, ma io sono sicura
che sia così. Non è diventata
un’alcolizzata per il lavoro perso, né tantomeno
per la famiglia, ma per lo stile di vita. Anche se papà
lavora come un pazzo
per mantenere la sua famiglia non è abbastanza. Non per lei.
Non apprezza cosa
fa lui per noi, no. Ma in fin dei conti, come potrebbe, è
cresciuta in
quest’ambiente. Chiunque sarebbe come lei ma spero di non
diventarlo io. Io no.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** "Cercasi Aiutante" ***
“Cercasi
aiutante”
<<
Buongiorno
>> dice una donna, anzi forse una ragazza aprendomi le
finestre.
<<
Ma che succede?
>> chiedo con un filo di voce non riuscendo nemmeno a
tenere gli occhi
aperti.
<<
La signora
Wanderbilt mi ha chiesto di svegliarla e la sta aspettando per la
colazione
>> risponde.
Ma
sono le otto del
mattino. Sapevo che questa non sarebbe stata una vacanza, ma siamo in
estate,
non posso svegliarmi presto!
<<
Ah, e non la
faccia attendere troppo >> termina la ragazza uscendo
dalla stanza.
Mi
alzo già di malumore,
comincia bene la giornata. Mi sistemo meglio che posso e scendo
giù in una
delle mille stanze. Quella della colazione.
<<
Buongiorno
>> dico prendendo posto a tavola.
<<
Buongiorno
tesoro, dormito bene? >> chiede la nonna.
<<
Sì grazie
>> rispondo.
Be,
non è vero, non
riesco ad abituarmi al nuovo letto.
<<
Vedo che hai
preso bene l’idea delle regole >> dice il nonno
contento.
<<
Non amo le
regole >> rispondo.
<<
Ma ti adatterai
>> dice con quel sorriso che gli strapperei dal viso.
<<
Ho altra
scelta? >> chiedo.
<<
Certo, c’è
sempre un’alternativa >> risponde.
<<
E quale
sarebbe? >> insisto.
<<
Sta a te
trovarla >> risponde.
E
come dovrei mai fare?
Non sono brava in questi giochi enigmatici.
“C’è sempre
un’alternativa”, la fa
facile lui, ma qual è? Vorrei solo essere più
indipendente, tutto qui. Ma
l’indipendenza loro non sanno neanche cosa sia.
<<
Oggi verrai con
me a teatro, ti farò vedere dove danzava tua madre
>> continua il nonno.
Sono
già stata in quel
posto. Se non ho altra scelta.
<<
Va bene
>> rispondo.
In
men di un minuto
chiama il suo autista e mi fa strada. Non ho nemmeno finito la
colazione.
Prendo un cornetto al volo e lo seguo. Devo farlo per forza.
Appena
arriviamo dentro
il teatro, tutto sembra immerso in un’altra epoca. Tutto
sembra diverso. Questo
è l’effetto del teatro di cui mi parlava mamma.
<<
Sheila >>
mi chiama il nonno.
<<
Eccomi >>
rispondo.
Stavo
contemplando i
dintorni, non posso nemmeno distrarmi un attimo? Allungo il passo per
raggiungerlo e difronte a me vedo un cartello: “Cercasi
aiutante”.
Ecco,
questa è la
risposta ai miei problemi. Un lavoro. Questo mi permetterà
di essere
indipendente. Devo solo dirlo al nonno, l’impresa
più difficile.
<<
Ti piace qui?
>> chiede soddisfatto come se conoscesse già
la risposta.
<<
Sì, è molto
bello. Non sapevo cercassi un aiutante >> rispondo.
<<
Non me lo hai
chiesto >> dice.
<<
Non lo sapevo
>> rispondo.
<<
Comunque sì,
perché? >> chiede curioso.
<<
Potrei esserlo
io >> rispondo.
<<
E per quale
motivo? >> insiste.
<<
Per essere
indipendente e non seguire le regole >> rispondo.
<<
Fin che sarai
in casa mia, le seguirai comunque, ma se vuoi essere autonoma, va bene
>>
dice.
<<
Allora comincerò
domani? >> chiedo.
<<
Se insisti
tanto puoi cominciare anche subito >> risponde.
<<
Bene, cosa devo
fare? >> chiedo volenterosa.
<<
Comincia dal
pulire la sala, stasera ci sarà uno spettacolo importante
>> risponde.
<<
Ma… un aiutante
non è la donna delle pulizie >> dico.
<<
Un aiutante è
anche questo. Fa tutto, lo hai voluto tu >> risponde
contento.
Non
mi tiro indietro. Se
dovrò pulire una sala per non sottomettermi a loro lo
farò. E non mi lamenterò.
Io sono una Montgomery e ne vado fiera, non una Wanderbilt. Quindi mi
rimbocco
le maniche e comincio a lavorare, come le persone normali.
<<
Di là c’è
un’uniforme, indossala e comincia a fare il tuo lavoro
>> dice quasi come
fosse il capo.
Be,
in effetti, lo è, ma
sono pur sempre sua nipote anche se non vorrei.
<<
Bene, mi metto
subito a lavoro >> rispondo volenterosa.
Non
era nei miei
programmi per l’estate un lavoro, ma mi adatterò
anche a questo.
Indosso
l’uniforme e mi
metto subito a lavoro. Un giorno farò quello che sogno fin
da quando ero
piccola, per ora mi limiterò a questo.
<<
Scusa, sai per
caso dove posso trovare il signor Wanderbilt? >>mi chiede
qualcuno alle
spalle.
<<
Perché dovrei
saperlo? >> rispondo senza nemmeno voltarmi.
<<
Perché hai la
divisa e dovresti lavorare per lui >> dice ironico.
Mi
volto e… difronte a
me si presenta la visione più bella che abbia visto fin ora.
Lila, Lila, torna
in te.
<<
Non lavoro per
dare informazioni >> rispondo.
<<
Non ti sto
chiedendo un’informazione, conosco questo posto fin da quando
ero bambino
>> dice.
<<
Allora non ti
dispiacerà camminare un po’ finché non
lo trovi >> rispondo ironica.
<<
Bel
caratterino, sei nuova? Non ti ho mai visto qui >> chiede.
<<
Sì e se
continui a parlarmi, non resterò per molto, non mi pagano
per chiacchierare con
gli sconosciuti >> rispondo.
<<
Piacere Derek
>> dice porgendomi la mano.
<<
Lila >>
rispondo.
<<
Allora ti
lascio al tuo lavoro Lila >> dice scherzoso.
<<
Era ora, come
hai detto che ti chiami? >> chiedo.
Mi
ricordo benissimo il
suo nome. Voglio solo risentirlo pronunciare. Derek.
<<
Pensaci, magari
me lo puoi dire la prossima volta >> risponde ironico.
<<
Quale prossima
volta? >> chiedo.
<<
Vengo spesso
qui e se tu lavori qui, ci vedremo… spesso >>
risponde.
<<
Bene, allora
ciao sconosciuto >> dico sarcastica.
<<
A presto Lila
>> termina.
Si
è soffermato sul pronunciarlo.
Lila. Detto da lui sembra che abbia un altro suono. Ma non mi
lascerò
abbindolare di nuovo da un ragazzo, anche se è il
più bello che abbia mai
incontrato in vita mia. Non stavolta, è tardi ormai. Mi sono
già scottata e non
voglio accada di nuovo.
<<
Allora io vado
nonno >> dico prendendo le mie cose.
<<
Non ti fermi
per lo spettacolo di stasera? >> chiede.
<<
Sono stanca,
magari un’altra volta, dopotutto il mio turno termina alle
sette >>
rispondo.
<<
Va bene, allora
ci vediamo a casa >> dice.
Lo
saluto e accompagnata
dal suo fedele autista, ritorno a casa. Be “casa”,
non è proprio il termine
adatto, ma dopo una giornata di lavoro qualsiasi posto confortevole lo
sarebbe.
Arrivo a casa e non c’è nessuno. Anche la nonna
sarà andata allo spettacolo.
Vediamo, cosa farebbe una ragazza quando ha a disposizione una villa
enorme
nella città che non dorme mai? Organizza una festa.
Sì, ma dove sono gli
invitati? Non conosco nessuno a New York, anzi forse qualcuno
sì. Cloe, la mia
vecchia amica d’infanzia. Ormai non si ricorderà
più di me, è passato troppo
tempo. Come posso rintracciarla?
Ma
certo, i social
network; lì potrò trovare il suo profilo se
è iscritta. Decido di prendere il
mio portatile e mettermi subito alla ricerca. Dopo due ore di ricerca
tra una
miriade di Cloe che vivono a New York, la trovo. Deve essere lei.
È cambiata un
po’, ma i suoi occhi sono sempre gli stessi: a mandorla,
proprio come piacciono
a me. Le mando un messaggio chiedendole di incontrarci uno di questi
giorni,
chissà, magari si ricorda di me e mi risponde. E dopo la
lunga rituale
chiacchierata con Alice e Cathy sprofondo nel sonno.
Stamane
mi sono
svegliata senza nemmeno che la domestica venisse a buttarmi
giù dal letto. Mi
preparo per il mio secondo giorno di lavoro. Non ho mai lavorato in
vita mia e
questa cosa mi elettrizza.
<<
Buongiorno
>> dico scattante procedendo verso il tavolo.
<<
Buongiorno
cara, come mai così energica a quest’ora?
>> chiede la nonna.
<<
Be, sono una
dipendente e non posso fare tardi a lavoro >> rispondo.
<<
Lavoro? Hai
trovato un lavoro? >> chiede stupita.
<<
Già, proprio
così, vero nonno? >> rispondo.
<<
Sì, ha
insistito per diventare aiutante a teatro >> dice il
nonno.
<<
Richard, cosa
ti è saltato in mente? Lei è nostra nipote, non
può svolgere le mansioni di una
cameriera >> risponde davvero stupita la nonna e quasi
infuriata.
<<
Margaret, ha
insistito tanto, e poi ci serviva una mano >> dice.
<<
Ma non da mia
nipote >> risponde nonna.
<<
Perché no
nonna, a me non dispiace >> intervengo.
<<
No, ne
risentirebbe la nostra reputazione >> risponde duramente
la nonna.
<<
Margaret,
facciamo decidere lei, è maggiorenne e può
scegliere lei cosa fare >>
dice il nonno.
Non
so chi mi stia
difendendo, se la nonna che non vuole che io svolga lavori umili o il
nonno che
vuole che sia io a scegliere cosa fare.
<<
Infatti nonna,
io voglio lavorare ed essere autonoma, non voglio essere un peso
>>
rispondo.
<<
Lila, cara tu
non sei un peso per noi e se proprio non vuoi goderti
l’estate e vuoi lavorare,
il nonno ti troverà un incarico più appropriato
>> dice dolcemente la
nonna.
<<
Ma Margaret,
cosa vuoi che le faccia fare, non ha esperienza >> la
interrompe il nonno.
<<
Sono sicura che
troverai qualcosa >> dice la nonna.
<<
Bene, allora ci
vediamo a teatro capo >> dico sarcastica.
<<
Ti chiamo
l’autista >> risponde il nonno.
<<
No, prenderò i
mezzi, sono una ragazza normale no? >> dico.
<<
Ma tesoro…
>> sento dire dalla nonna.
Non
capisco come finisce
la frase perché sono già lontana. Sono solo al
secondo giorno e sono già stata
promossa. Di questo passo farò carriera in fretta!
Prendo
la metro e in men
di quanto pensassi sono già al teatro. Wow, veloci questi
mezzi. A Millville
non esiste, dovrebbero installarne una, è pratica e veloce,
proprio come piace
a me. Amo questa città, amo tutto di New York, proprio tutto.
Vado
verso l’ufficio del
nonno e lui è già qui. Come avrà
fatto? Pensavo che la metro fosse più veloce
della sua auto, ma mi sbagliavo.
<<
Bene, allora
cosa hai pensato per me? >> chiedo.
<<
Sarai la mia segretaria,
prenderai appuntamenti e fisserai i miei impegni >>
risponde.
<<
Perfetto, cosa
posso fare? >> chiedo volenterosa.
<<
Tieni questi
sono la mia agenda, il mio telefono, il telefono del teatro e la lista
dei miei
impegni. Comincia a coordinare il tutto >> risponde come
se fosse felice
di vedermi sopraffatta di lavoro.
Gli
sorrido e mi metto
subito a lavoro. Non pensavo fosse così indaffarato qui. Il
telefono squilla
all’impazzata e gli impegni sono uno dopo l’altro,
non so quanto resisterò.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Effetto Lila ***
Effetto
Lila
La
mia vita a New York
va avanti da settimane ormai, non pensavo di resistere a lungo, ma mi
sbagliavo. Sono sopraffatta dagli impegni del nonno, ma ormai mi sono
abituata.
<<
Pronto risponde
il telefono del signor Wanderbilt, come posso esserle utile?
>> chiedo
gentilmente.
<<
Vorrei tre
biglietti per lo spettacolo di domani sera >> risponde.
<<
E perché li
chiede a me, ehm… cioè al signor Wanderbilt,
esiste la biglietteria >>
dico.
<<
Il signor
Wanderbilt ne riserva sempre qualcuno per me, quindi volevo assicurarmi
che ci
fossero >> risponde.
<<
Non saprei
dirle, se vuole fino a mezzogiorno il signor Wanderbilt è
qui, può
chiederglielo di persona >> dico.
<<
Bene, allora
verrò nella mattinata, grazie >> risponde.
<<
Di niente
arrivederci >> termino.
Il
suo telefono squilla
pure per prenotare dei biglietti? Capisco che sono la sua segretaria,
ma tutto
ha un limite. Chi si crede di essere per prenotare i biglietti
direttamente dal
nonno? Perché non fa la fila come tutti glia altri?
Toc
toc.
<<
Avanti >>
dico.
<<
Buon… >>
risponde bloccandosi una voce che conosco.
<<
Che ci fai qui?
>> chiedo sorpresa.
<<
Cercavo il
signor Wanderbilt, tu che ci fai qui? >> risponde.
<<
Ci lavoro
>> dico ironica.
<<
Vedo che sei
stata promossa allora >> risponde sarcastico.
<<
Già, chi si
rimbocca le maniche… >> dico.
> dice il
nonno interrompendoci.
<<
Buongiorno
signor Wanderbilt, sì, Lila mi stava dicendo del suo nuovo
lavoro >>
risponde.
<<
Vedo che vi
chiamate già per nome >> dice il nonno.
<<
Sì, avevo
chiamato per i biglietti >> risponde lui.
<<
Ah, vero, vado
a prenderteli >> termina il nonno.
Esce
dalla stanza
lasciandoci soli.
<<
Allora eri tu
prima al telefono >> dico.
<<
E mi hai risposto
tu >> risponde.
<<
Sì Derek,
lavoro per questo >> dico.
<<
Vedo che ti
ricordi il mio nome >> risponde sarcastico.
Umm…
cosa faccio? In
realtà non ho mai dimenticato il suo nome.
<<
Ehm… l’appena
detto il signor Wanderbilt >> dico tirando un sospiro di
sollievo.
<<
Sei molto
astuta Lila sai >> risponde.
<<
Ho le mie doti
>> dico.
<<
Sicuro, il
signor Wanderbilt non promuove molto facilmente >>
risponde.
Gli
sorrido, non so cosa
rispondere. Sono sua nipote?
<<
Sei nuova poi
>> continua.
<<
Già, non
conosco New York e i suoi abitanti, ma so fare bene il mio lavoro
>>
rispondo.
<<
Allora mi
piacerebbe fartela visitare, magari domani >> dice.
<<
Be, non saprei,
ho molto lavoro, quindi… >> rispondo.
<<
Domani è
sabato, nessuno lavora e neanche tu, quindi non hai scuse, sempre che
tu non abbia
da fare >> dice.
A
interromperci di nuovo
è l’arrivo del nonno con i biglietti.
<<
Ecco Derek, ci
vediamo domani sera allora >> dice il nonno
porgendoglieli.
<<
Grazie signor
Wanderbilt, a domani >> risponde Derek dirigendosi verso
la porta.
<<
A domani Lila
>> aggiunge.
Ricambio
il saluto ed
esce dall’ufficio. Sì, ma dove? E a che ora? Non
ci siamo messi d’accordo su
niente, come faremo a incontrarci?
<<
Pronto risponde
il telefono del signor Wanderbilt, come posso aiutarla?
>> chiedo
gentilmente.
<<
Times Square
ore dieci >> risponde e riattacca.
Era
lui, era Derek, ne
sono sicura. Adesso ho le risposte alle mie domande; ma Lila non
correre troppo
dopo tutto è un ragazzo come tutti gli altri, solo moro con
gli occhi di ghiaccio.
Occhi dove puoi perderti ed esplorare il suo mondo. Lila, torna in te,
hai
chiuso con l’amore, anche se hai avuto solo una delusione. E
se stesse
riaccadendo tutto? Gli sguardi, i sorrisi, come con Luck? No, no Derek
è diverso
e domani lo mostrerò a me stessa, alla mia coscienza. Non mi
resta altro che
aspettare le dieci di domani e raggiungerlo a Time Square. Se riesco ad
arrivarci.
<<
Scusi, per Time
Square? >> chiedo a un passante.
<<
Non ho tempo,
mi dispiace >> risponde.
E
mi lascia così? In
questa città nessuno ha tempo, tutti corrono, corrono e
poverino chi come me
non sa dove andare.
<<
Ehm… scusi per
Time Square? >> chiedo a un altro.
<<
Prendi la linea
gialla, poi un paio d’isolati a destra >>
risponde una donna senza
nemmeno fermarsi.
<<
Grazie >>
dico.
Non
so se mi ha sentito.
Quindi, metro gialla, poi due isolati a destra e… eccola, la
meravigliosa
piazza affollata più famosa del mondo. Ora bisogna solo
trovare Derek tra
questa confusione.
<<
Ti ho trovato finalmente
>> dice qualcuno alle mie spalle.
Mi
giro di scatto e me
lo ritrovo davanti.
<<
Così sembra
>> rispondo.
<<
Bene, comincia
allora la nostra visita della città, sei pronta?
>> chiede.
<<
Prontissima
>> rispondo.
Comincia
a camminare e
m’invita a seguirlo.
<<
Tieni >>
dice porgendomi un casco.
<<
Cos’è? >>
chiedo.
<<
Un casco
>> risponde ironico.
<<
Sì, cioè, lo so
che è un casco, però perché me lo dai?
>> chiedo.
Sale
in una di quelle
moto di grossa cilindrata.
<<
Non penserai di
visitare New York a piedi >> risponde sarcastico.
Non
rispondo, non so
cosa dire. In realtà sì.
<<
Dai, salta su
>> aggiunge.
Faccio
come dice e mi
stringo a lui, anche se non vorrei. Non amo le moto, però
ormai sono in pista e
devo ballare. E dopo la statua della libertà, un gelato a
Central Park e una
visita a Brooklyn si ferma davanti all’Empire State Building.
<<
Perché ti sei
fermato qui? >> chiedo.
<<
Perché alla
nostra gita non può mancare la vista dall’alto
della città >> risponde.
<<
Ma io… >>
dico.
Mi
afferra per la mano e
mi trascina in pratica verso l’ascensore.
<<
Io non amo
l’altezza >> dico.
<<
Allora è
arrivato il momento di affrontare le tue paure >>
risponde contento.
E
dopo un bel po’ di
tempo dentro l’ascensore, eccoci in cima.
<<
Da qui si vede
tutta la città >> dice soddisfatto.
<<
Lo so, non è la
prima volta che vengo qua >> rispondo.
Fa
una faccia un po’
strana, non capisce.
<<
Io sono nata a
New York, solo che quando ero piccola io e la mia famiglia ci siamo
trasferiti
in un’altra città >> continuo.
<<
Perché non me
lo hai detto? >> chiede.
<<
Perché era da
molto che non visitavo New York e volevo una guida
all’altezza >>
rispondo.
<<
Bastava
chiedermelo >> dice avvicinandosi di più a me.
Sembra tutto perfetto, il
tramonto, lo sfondo di New York, lui, ma… non sono ancora
pronta.
Scosto
la testa e mi
allontano.
<<
Scusa solo che…
>> dico.
<<
No, scusa tu,
io non sono così di solito, non so cosa mi sia successo,
sarà l’effetto Lila
>> risponde.
<<
L’effetto Lila?
>> chiedo sarcastica per spezzare questo momento
imbarazzante.
<<
Sì, tu hai un
effetto strano sulle persone >> risponde.
<<
Spero sia
positivo questo effetto >> dico sarcastica.
<<
Molto >> risponde.
Sorrido,
non posso farne
a meno.
<<
Dove ti
riaccompagno? >> chiede.
Non
voglio che mi porti
alla villa, lui mi ha voluto conoscere per come sono. Io, Lila, niente
di più.
Non voglio che mi consideri perché sono una ricca che vive
in un’enorme villa.
Che poi non lo sono.
<<
Ehm… al teatro
>> rispondo.
<<
Vero, stasera
anzi tra poco comincerà lo spettacolo, non vorrai perdertelo
>> dice.
<<
Già, quindi
andiamo >> rispondo.
E
in men di quanto
pensassi eccoci all’ingresso del teatro. Devo ricredermi, la
moto è molto migliore
della metro e dell’auto.
Entriamo
dentro e
prendiamo posto in tribuna. Lo spettacolo è bellissimo, non
lo ricordavo così
affascinante. Quando mamma si esibiva, io, Sam e papà
eravamo sempre in prima
fila a sostenerla. Bei tempi quelli. Durante la prima pausa il nonno fa
il giro
del teatro per assicurarsi che il pubblico si stia divertendo e
ovviamente
viene anche da noi.
<<
Vedo che andate
d’accordo voi due >> dice il nonno non appena
si avvicina.
Nessuno
dei due
risponde. Forse è meglio che intervenga io.
<<
Bello
spettacolo >> dico.
<<
Sì, come tutti
da noi, vero Derek? >> risponde il nonno.
<<
Certo, io che
vengo spesso a vederli sono uno più bello
dell’altro >> dice.
<<
Bene, allora
buona continuazione >> termina il nonno.
Ci
lanciamo uno sguardo
complice e subito ricomincia lo spettacolo.
<<
Bene allora ci
rivedremo sempre qui >> dice Derek alla fine dello
spettacolo.
<<
Il lavoro
chiama ed io rispondo, quindi sì, sono sempre qui
>> rispondo.
Ecco
la nonna
raggiungerci.
<<
Buonasera
Derek, come sta tuo padre? >> chiede la nonna.
<<
Salve signora
Wanderbilt, bene grazie e lei? >> risponde gentilmente.
Wow,
Derek conosce tutti
qui, come mai tutta quest’unione?
<<
Affaccendata,
come sempre. Vedo che hai già conosciuto mia nipote
>> dice la nonna.
No,
no glielo ha detto.
Volevo dirglielo io al momento giusto. Ma ormai è tardi.
<<
Lila è sua
nipote? >> chiede lui perplesso e quasi stupefatto.
<<
Sì, certo, la
mia cara nipotina, non mi somiglia? >> risponde nonna
ironica.
No
grazie.
Derek
sorride e basta,
non dice una parola.
<<
Bene, buona
serata Derek >> termina la nonna.
<<
Grazie signora,
anche a lei >> risponde.
<<
Ci vediamo a
casa tesoro >> mi dice la nonna.
Annuisco,
vorrei
sprofondare. Appena la nonna si allontana lui fa per andarsene.
<<
Aspetta Derek
io… >> dico fermandolo.
<<
Perché non mi
hai detto che sei la nipote dei Wanderbilt?> chiede quasi
arrabbiato.
<<
Non pensavo
fosse importante, mi dispiace >> rispondo.
<<
Ormai è tardi
>> dice.
<<
Aspetta, io, io
odio i ricchi e non volevo essere considerata una di loro. Pensano di
poter
controllare tutto e tutti con i soldi ma non è
così e non volevo che tu…
>> rispondo.
<<
Che io uscissi
con te per questo, perché sei ricca? >> dice.
Annuisco,
non so cosa
dire.
<<
Ecco perché non
volevi che ti riaccompagnassi a casa, sai una cosa, sei proprio una di
loro
>> continua.
<<
Derek io…
>> rispondo ma sicuramente non mi ha sentito, era
già lontano.
Perché
gli da così
fastidio che non glielo abbia detto? Non può essersi legato
a me così tanto in
mezza giornata da non sopportare i segreti. Non ci conosciamo ancora,
perché
avrei dovuto dirglielo? Io non so niente di lui, perché non
si è aperto lui per
primo? Perché devo sempre essere io la prima a farsi avanti?
Sono stanca,
basta, Lila o si ama o si odia e se lui prova il secondo sentimento,
forse è
meglio che sia andata così.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Non lo abbandonerò anch’io ***
Non
lo
abbandonerò anch’io
Toc
toc.
<<
Avanti >>
rispondo.
<<
C’è una persona
che la sta aspettando giù >> dice la domestica.
<<
A me? Scendo
subito >> rispondo.
Mi
sistemo come meglio
posso e scendo giù all’ingresso. Wow.
<<
Che ci fai qui?
>> chiedo.
<<
Cercavo te e ti
ho trovato >> risponde.
<<
Ma come, come
sapevi dove ero? >> chiedo.
<<
Il signor
Wanderbilt, cioè tuo nonno, mi ha detto dove eri
>> risponde.
<<
Volevi dirmi
qualcosa, perché mi hai cercato? >> insisto.
<<
Quante domande,
vieni >> risponde sarcastico.
<<
Dove mi porti?
>> continuo a chiedere.
<<
Vuoi smetterla
di fare domande? Fidati di me >> risponde ironico.
Facile.
Chi mai si
fiderebbe di qualcuno dopo che l’ha visto solo un paio di
volte? Di certo non
io, ma sono curiosa di scoprire cosa vuole lui da me. Derek. Mi lascio
trasportare dove vuole e arriviamo alla sua moto. Mi porge il casco e
m’invita
a salire in sella alla sua moto. È quasi
un’abitudine ormai, ma non mi
dispiace.
<<
Dove siamo?
>> chiedo.
<<
Ti piace qui?
>> risponde.
<<
Sì, ma non hai
risposto alla mia domanda >> dico.
<<
Siamo in un
posto speciale per me, vengo spesso qui >> risponde.
<<
E perché mi hai
portato qui? >> chiedo.
<<
Perché volevo
farti conoscere una parte di me >> risponde.
Mi
limito a sorridere,
mi lascia sempre senza parole.
<<
Lila, io, mi
dispiace per come ho reagito l’altra volta >>
continua dispiaciuto.
<<
È tutto
apposto, ma… perché hai reagito in quel modo?
>> chiedo azzardando un
po’.
<<
Il fatto è che
sono stanco dei segreti, tutta la mia vita è fondata sui
segreti ed io non ho
sopportato che anche tu ne avessi uno con me >> risponde.
<<
Ma ci
conosciamo appena, come puoi pensare che io ti dica tutto di me se non
so nulla
di te >> dico.
<<
Hai ragione,
non ti ho detto niente di me, ma non sono abituato a farlo
>> risponde.
<<
In che senso?
Non capisco >> dico confusa.
<<
Non mi confido
facilmente con le persone, preferisco ascoltare piuttosto che parlare
di me
>> risponde con gli occhi bassi.
<<
Quando sarai
pronto ad aprirti sappi che io ci sarò, intesi?
>> dico.
<<
Grazie >>
si limita a dire.
Ho
l’istinto di
abbracciarlo, sembra così indifeso e mi sembra che abbia
sofferto molto in
passato. A volte è meglio tenere a freno
l’istinto, ma stavolta no.
Mi
avvicino a lui e lo
abbraccio; lui ne ha bisogno, lo sento. Non respinge il mio gesto, anzi.
<<
Grazie >>
dice.
<<
Di cosa?
>> chiedo.
<<
Di quello che
fai per me >> risponde.
<<
Non ho fatto
niente >> dico.
Dove
è finito il ragazzo
sfrontato che ho conosciuto la prima volta? Non sembra lui adesso, un
altro
Derek.
Facciamo
una passeggiata
e da bravo cavaliere mi riaccompagna a casa. Forse questo soggiorno
newyorkese
non è poi così male. Appena arrivo a casa
è ormai troppo tardi, è notte fonda
per chiamare le mie amiche, così prendo il mio portatile e
mi riverso sui
social. Ormai il sonno è svanito da un po’. Trovo
un messaggio. Cloe.
“Ciao
Lila, quanto
tempo, come stai? Da quanto sei a New York e quanto resterai, mi
piacerebbe
vederti uno di questi giorni. Ti lascio il mio numero nel messaggio
successivo.
Spero di rivederti presto J”.
Si
ricorda di me. Sì,
Cloe si ricorda. Ho un’amica qui, finalmente. Apro il
messaggio dopo e
memorizzo il suo numero, domani la chiamerò, muoio dalla
voglia di rivederla.
<<
Pronto?
>> chiede all’altro capo del telefono.
<<
Cloe? Sono
Lila, la tua vecchia compagna di scuola, ti ricordi? >>
rispondo.
<<
Lila, che
piacere sentirti, come stai? È un po’ che non ci
sentiamo >> dice
contenta.
<<
Infatti, che ne
dici di incontrarci oggi? >> chiedo.
<<
Magari, mi
farebbe davvero piacere >> risponde.
<<
Verso le dieci
a Central Park? >> chiedo.
<<
Purtroppo ho
lezione a quell’ora, che ne dici se ci vediamo a pranzo?
>> risponde.
<<
Certo, ma non
conosco, anzi non ricordo bene i locali qui a New York >>
dico.
<<
Tranquilla,
penso a tutto io, ci vediamo dove abitavi una volta? >>
chiede.
La
mia vecchia casa, la
mia casa d’infanzia. Non ci sono più tornata da
quando ci siamo trasferiti.
<<
Perfetto, a
dopo allora >> rispondo.
<<
Non vedo l’ora,
ciao >> dice riattaccando.
Tra
poche ore rivedrò la
mia vecchia amica, non sto più nella pelle. Mi è
mancata, non ci siamo più
riviste da quando siamo andati via. Ci siamo perse, ma adesso ci siamo
rincontrate. È questo l’importante.
Non
mi ricordavo più che
aspetto avesse. È più bella di quanto me la
ricordassi. La mia casa, la mia
dolce e vera casa. La casa di Millville non la sento proprio mia, non
mi sono
mai abituata e ancora ora non lo sono del tutto.
<<
Lila? >>
chiede qualcuno alle mie spalle.
<<
Cloe? Sei
davvero tu? >> rispondo.
È
cambiata tantissimo.
Non la ricordavo così… bella. Mi abbraccia, come
se otto anni non fossero mai
trascorsi.
<<
Come stai? Che
ci fai qui a New York? >> chiede.
<<
Sono dai miei
nonni per l’estate e tu? >> rispondo.
<<
Solita vita,
sempre super piena d’impegni. Andiamo a mangiare?
>> chiede.
<<
Certo, muoio di
fame >> rispondo.
<<
Ricordavo la
tua buona forchetta >> dice scherzosa.
Ridiamo,
ridiamo insieme
come ai vecchi tempi. Che bellissima sensazione.
Parliamo
tantissimo e ci
raccontiamo gli ultimi otto anni della nostra vita.
<<
Hai detto per
telefono che avevi lezione, cosa studi? >> chiedo.
<<
Vado alla
Columbia, tu hai finito la scuola? >> chiede.
<<
Sì, ho dato gli
esami poche settimane fa >> rispondo.
<<
E ora che pensi
di fare? >> chiede.
<<
Non lo so, non
ci ho ancora pensato >> rispondo.
<<
Volevi
diventare un bravo avvocato come tuo padre quando eri piccola. Hai
cambiato
idea? >> chiede.
<<
No, non è
cambiata la mia aspirazione >> rispondo.
<<
Perché non fai
un salto alla mia università? >> chiede.
<<
Non so e poi le
iscrizioni non sono già terminate? >> chiedo.
<<
Manca meno di
un mese, ma ormai i candidati penso siano già stati segnati,
ameno ché non sei
una figlia di papà o hai una media tanto alta da entrare
automaticamente per
merito >> risponde.
<<
La prima no, ma
per quanto riguarda la media sì, sono uscita con cento
>> dico.
<<
Allora
entreresti di sicuro >> dice entusiasta.
<<
Magari uno di
questi giorni vengo a trovarti >> rispondo.
<<
Dai, saremmo
due perfette compagne di stanza >> dice entusiasta
all’idea.
<<
Non
fantasticare troppo, ancora non è detto nulla
>> rispondo.
Non
mi aveva neanche sfiorato
l’idea di iscrivermi all’università qui
a New York. Sì che se dormissi nel
campus non dovrei sopportare sempre i nonni.
Mentre
mi gusto il mio
pranzo, mi trema la gamba, cos’è?
Un
messaggio.
“Sono
pronto! D”.
Derek.
Ma per cosa è
pronto? Non finisco nemmeno il mio tacos che ne arriva un altro.
“Passo
a prenderti alle
otto”.
Stasera?
Io avrei voluto
vederlo subito. Ma per cosa è pronto, non capisco.
Saluto
la mia amica
ritrovata e corro a lavoro, prima di dovermi preparare per stasera,
cosa vorrà
dirmi?
<<
Buonasera, c’è
Lila? >> chiede lui alla porta.
<<
Sì, un attimo
che gliela chiamo >> risponde la domestica.
<<
Eccomi >>
dico sbucando dalle scale.
Non
riuscivo ad
attendere oltre. Rimane di stucco non appena mi vede.
Cos’è, qualcosa non va?
<<
Andiamo?
>> lo invito.
<<
Sì, arrivederci
>> risponde verso la domestica.
Cammino
più veloce di
lui e mi dirigo verso la moto.
<<
Perché sei così
lento? >> chiedo sarcastica.
<<
Wow >>
risponde.
<<
Wow cosa?
>> chiedo.
<<
Sei bellissima
>> risponde.
Ora
arrossisco. Ho
notato la sua reazione non appena sono scesa dalle scale, ma non
pensavo che me
lo dicesse. Gli piace Lila, la vecchia ed eterna Lila.
<<
Grazie >>
dico imbarazzata indossando il casco che spero non rovini i miei
capelli.
Salgo
in sella e mi
stringo a lui. Non vorrei più staccarmi. Mi porta di nuovo
nel suo posto
speciale che non so dove sia. Non so come ci siamo arrivati, va troppo
veloce perché
abbia la concezione dello spazio!
<<
Per cosa sei
pronto? >> chiedo.
<<
Per aprirmi con
te >> risponde.
Vero.
Non lo ricordavo
più. Che sciocca!
Sorrido
e presto
attenzione a ogni sua singola parola.
<<
Che cosa vuoi
sapere di me? >> chiede.
<<
Tutto >>
rispondo.
<<
Allora, mi
chiamo Derek >> dice.
<<
Questo lo
sapevo già >> dico ironica.
Ride,
ride anche lui,
però è nervoso.
<<
Ho ventun anni
e sono di New York >> dice.
<<
Ci distanziamo
di soli tre anni >> lo interrompo.
<<
Ne hai
diciotto? Non ti avevo ancora chiesto l’età
>> dice.
<<
Non si chiede a
una signora >>rispondo ironica.
<<
Ma ora lo so
>> dice furbo.
Giusto,
adesso lo sa.
<<
Vado alla
Juliard e vivo con mio padre >> continua.
<<
E tua madre?
>> chiedo.
Forse
sto correndo
troppo, non voglio essere invadente.
Di
tratto s’incupisce.
<<
Scusa non
volevo… >> aggiungo.
<<
I miei si sono
separati quando avevo sette anni e lei… lei non
l’ho più rivista >>
risponde triste.
Ecco
perché ha sofferto,
ecco perché non si apre con nessuno. Ha avuto un passato
difficile.
Gli
prendo una mano, non
volevo farlo soffrire.
<<
Mi dispiace,
cambiamo argomento se vuoi >> dico.
<<
No, mi fa
piacere parlarne con te, non l’ho mai fatto con nessun altro
prima d’ora
>> risponde.
Sono
felice che lo
faccia con me.
<<
E non sai
niente di lei? >> chiedo.
<<
Mio padre mi ha
raccontato che lei mi ha abbandonato ed è scappata con i
nostri soldi >>
risponde.
Quanto
bisogna essere
egoisti per abbandonare un figlio e preferirlo al denaro?
<<
Be, forse c’è un’altra
spiegazione >> dico tentando di tirargli su il morale.
<<
E quale altra
spiegazione può mai esserci? >>chiede.
Non
so rispondere, forse
era meglio tacere.
<<
Perché è andata
via e non si è fatta più risentire?
>> aggiunge.
<<
Io, io non lo
so >> rispondo.
<<
Neanch’io, e
sono stanco dei segreti, non ne posso più >>
dice.
<<
Alla fine tutto
si risolve, basta avere le persone giuste al proprio fianco
>> rispondo.
<<
Io non ho
nessuno >> dice dispiaciuto.
<< Non
è così, tu hai me >>
rispondo con un sorriso.
Non
so nemmeno io come
ho fatto a dirlo ma è così. Non lo
abbandonerò anch’io. No.
Una
lacrima gli riga il
volto. Non posso vederlo così, non posso vederlo piangere.
Gli asciugo la
lacrima e gli accarezzo il viso.
<<
Non devi
vedermi così, nessuno deve >> dice con un filo
di voce.
<<
Derek, Derek
guardami >> rispondo sollevandogli il viso.
<<
Tutti hanno le
proprie debolezze e non devi vergognarti di mostrare le tue
>> continuo.
<<
Grazie >>
dice.
<<
Di cosa?
>> chiedo.
<<
Di essere qui
con me >> risponde.
Ho
un impulso
irrefrenabile, ma stavolta lo blocco. Non posso farlo, non adesso.
Si
avvicina a me e mi
bacia. L’ha fatto lui. Il mio impulso è stato
placato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Fidati di me ***
Fidati
di me
<<
Buongiorno
>> dico avvicinandomi al banco.
<<
Buongiorno,
come posso aiutarla? >> mi chiede la segretaria.
<<
Vorrei delle
informazioni sulla vostra università >>
rispondo.
<<
Prego >>
dice.
<<
Arrivo troppo
tardi per l’iscrizione? >> chiedo.
<<
No, giusto le
ultime settimane >> risponde.
<<
Allora come
posso iscrivermi? >> chiedo.
<<
Se devo essere sincera,
non ha molte possibilità di entrare per quest’anno
>> risponde.
Cosa?
Perché mi dice
questo?
<<
Perché?
>> chiedo curiosa.
<<
Le iscrizioni
iniziano a Maggio, c’è persino chi è
iscritto dallo scorso autunno, non so se
la sua domanda sarà visionata >> risponde.
<<
Che cosa posso
fare allora? >> chiedo.
<<
Può iscriversi
l’anno prossimo, ameno ché non voglia provarci
comunque >> risponde.
<<
La mia amica
aveva ragione qui entrano prima i figli di papà e poi tutti
gli altri >>
dico un po’ infuriata.
<<
Questo college
ha moltissimi studenti meritevoli con voti eccezionali e se poi sono
anche
ricchi… >> risponde.
<<
Io non lo sono
ma anch’io ho una media alta, non basta il cento per entrare
qui? >> dico
arrabbiata.
<<
Be allora le
sue possibilità di entrare aumentano >> dice.
Ecco
adesso va meglio.
Sempre i ricchi prima, li odio, li odio, non li sopporto proprio. Ecco
perché
voglio diventare un bravo avvocato, per difendere i più
deboli. Proprio come
papà.
<<
Che cosa devo
fare allora? >> chiedo.
<<
Compili questo
modulo e mi porti prima possibile il suo diploma con la sua ottima
media
>> risponde sarcastica.
Mi
sta prendendo in
giro?
<<
Posso mandarglielo
tramite e-mail? >> chiedo.
<<
No, mi serve la
copia autentica cartacea >> risponde.
Il
diploma è a casa, non
qui, a Millville; come faccio a portarglielo prima del termine delle
iscrizioni? Mamma non mi permetterà di tornare
così in fretta.
<<
Va bene, vedrò
come posso fare, grazie >> rispondo.
<<
Arrivederci
>> termina.
Perfetto
adesso la prima
cosa da fare è dirlo a papà che
convincerà la mamma. Solo lui può riuscirci.
<<
Pronto papà?
>> dico.
<<
Lila, tesoro
come stai, è successo qualcosa? >> chiede.
<<
No, no, ho solo
una notizia da darti >> rispondo.
<<
Dimmi tesoro
>> dice impaziente.
<<
Vedi io… vorrei
dirtelo di persona, non così >> rispondo.
<<
Devo
preoccuparmi? >> chiede.
<<
No, sta
tranquillo >> rispondo.
<<
Be tesoro
venerdì sarò a New York per un cliente, avrei
voluto farti una sorpresa ma come
al solito scopri sempre tutto >> dice.
Sì,
papà verrà qua,
potremo vederci.
<<
Fantastico,
allora ti aspetto venerdì papà >>
rispondo elettrizzata.
<<
A presto tesoro
>> termina.
Papà
sarà qui, così
potrò dirgli del college e di tornare a casa.
Però non per sempre, ormai
qualcosa mi lega a New York, qualcuno. Derek, io, io non posso
lasciarlo solo.
Gliel’ho promesso.
Torno
a teatro per
iniziare il mio turno prima che il nonno si arrabbi.
<<
Scusi? >>
mi chiede qualcuno.
<<
Sì, prego
>> rispondo.
<<
Cercavo il
signor Wanderbilt >> risponde.
<<
Oggi non c’è,
ma io sono la sua segretaria, può dire a me >>
dico.
<<
Vorrei avere
tre biglietti per lo spettacolo di domani sera >>
risponde.
Ma
perché tutti chiedono
i biglietti al nonno? Esiste la biglietteria…
<<
Lo riferirò al
signor Wanderbilt, e… chi li cerca? >> chiedo.
<<
Foster >>
risponde.
<<
Bene signor
Foster, glieli farò avere al più presto,
purtroppo non mi occupo io di queste
cose >> dico.
<<
Non c’è
problema, tornerò domani >> risponde.
<<
Perfetto, a
domani allora >> dico.
<<
Arrivederci
>> termina.
Mi
rimetto al lavoro,
meglio non perdere tempo. Ecco un messaggio.
“Sei
libera stasera?
Passo a prenderti alle otto”.
Derek.
Non sono la sola
a pensare a lui, anche lui pensa a me. Non ci siamo più
visti dopo il bacio
dell’ultima volta; solo qualche sms, tutto qui. Sono felice
di rivederlo, mi è
mancato.
Subito
dopo il turno mi
precipito a casa per prepararmi. Non amo apparire, meglio
l’aspetto interiore
che quello esteriore, ma anche questo va curato.
----------------------------
<<
Ehi, mi
aspettavi qui fuori? >> mi chiede scendendo dalla moto.
<<
Già, per non
perdere tempo >> rispondo.
<<
Allora andiamo
>> dice invitandomi a salire.
<<
Però ti guido
io, ti porto io in un posto speciale >> dico.
<<
Va bene,
andiamo >> risponde.
Ci
dirigiamo verso la
mia vecchia casa, quella dell’infanzia, voglio che mi conosca
a fondo. Lui si è
aperto con me ed io devo, anzi voglio farlo con lui.
<<
Fermati qui
>> dico.
Scendiamo
dalla moto e
fisso la mia casa.
<<
Dove siamo?
>> chiede.
<<
A casa mia,
questa è la mia vecchia casa, quella di quando vivevo a New
York >>
rispondo.
<<
Perché me l’hai
voluta mostrare? >> chiede.
<<
Perché è il mio
posto speciale, tu mi hai mostrato il tuo ed io il mio >>
rispondo.
<<
Mi piace, è
proprio adatta a te >> dice.
<<
Voglio farti
conoscere Lila, quindi andiamo, questa è solo la prima tappa
>> dico.
E
dopo averlo portato a
scuola e nei luoghi dove andavo di solito che mi ricordassi, lui mi
porta nel
suo posto speciale.
<<
Comincio a
conoscerlo bene questo posto >> dico ironica.
<<
Ormai è anche
il tuo posto speciale >> dice.
Però
una cosa è diversa,
lui. Ha una strana luce negli occhi, diversa, piacevole.
<<
Chiudi gli
occhi >> continua.
<<
Perché?
>> chiedo.
<<
Tu fallo e
basta, fidati di me >> risponde convinto.
Chiudo
gli occhi e lui
mi conduce da qualche parte. Non so nemmeno io dove.
<<
Adesso puoi
aprirli >> dice.
Difronte
a me si
presenta un picnic sotto le stelle, con le candele profumate.
<<
Wow, è
bellissimo >> dico sorpresa.
<<
Tu sei
importante per me, tu mi hai ascoltato, tu ti sei fatta conoscere da me
senza
segreti, tu… >> dice.
Interrompo
il suo
discorso con un bacio. Non potevo non farlo, chi mai resisterebbe a
tutto questo?
Anche lei, Lila, che aveva chiuso con l’amore, non
può non farlo. Non con lui.
<<
Tu sei speciale
>> continua subito dopo.
Sorrido,
non posso farne
a meno. Mollo la presa e mi siedo sulla tovaglia.
<<
Non vorrai che
si freddi la cena >> dico scherzosa.
<<
Figurati, con
una buongustaia come te >> risponde ironico.
Conosce
anche questo
lato di me. Comincio a parlargli di Millville, della mia famiglia,
delle mie
amiche e persino di Luck. Posso
raccontargli tutto, io mi fido di lui. Con lui mi sento protetta e al
sicuro, è
una strana sensazione per me. Non mi sono mai sentita così,
neanche con Luck.
<<
La mia casa a
Millville non puoi non riconoscerla, è quella con il
giardino più bello e
fiorito. Mia madre se ne prende cura sempre da quando non lavora
più >>
dico.
<<
È per questo
motivo che è entrata nel giro dell’alcool?
>> chiede.
<<
Credo di sì, ma
non me l’ha mai detto esplicitamente >>
rispondo.
<<
Beh, abbiamo
una cosa in comune, non conosciamo bene le nostre madri
>> dice ironico.
Scoppiamo
a ridere. So
che è un argomento delicato per lui, ma che faccia delle
battute su sua madre
mi fa piacere, vuol dire che si è sbloccato del tutto su
quest’argomento.
Forse
però è meglio non
perseverare su questo discorso.
<<
Oggi sono
andata alla Columbia per iscrivermi >> dico.
<<
Sul serio? E
cosa ti hanno detto? >> chiede.
<<
Che devo
portargli il mio diploma, ma si trova a Millville, quindi penso che
dovrò
tornare a casa >> rispondo.
<<
Come a casa?
Quindi lascerai di nuovo New York? >> chiede stupito.
<<
No, cioè si, ma
non in maniera definitiva, giusto il tempo di avere il diploma e poi
torno, se
i miei me lo permetteranno >> rispondo.
<<
Di ritornare?
Certo che te lo permetteranno, io… >> dice.
<<
Di andare a
Millville sciocco, non ti libererai di me così in fretta
>> rispondo.
<<
Non ne ho la
minima intenzione >> dice.
Alzo
gli occhi al cielo,
da qui si vedono le stelle. Le luci di New York non lo permettono, ma
da questo
posto sì.
<<
Che cosa stai
guardando? >> chiede.
<<
Le stelle, sono
bellissime da qui >> rispondo.
Si stende sulla tovaglia e
m’invita a
stringermi a lui.
<<
Meglio mettersi
comodi allora >> dice invitandomi tra le sue braccia.
Amo
stare con lui, il
tempo passa velocemente quando sono con Der. Vorrei che in questo
momento il
tempo si fermasse per assaporare ogni singolo istante.
--------------------
<<
Ciao Lila
>> dice una voce alle mie spalle.
<<
Cloe, ti stavo
aspettando >> rispondo davanti al campus.
<<
Ah, perché?
>> chiede.
<<
Hai tempo per
un’amica? >> rispondo.
<<
Certo, ho
appena finito le lezioni, sono a tua completa disposizione, che
succede?
>> chiede.
<<
Tuo padre
lavora sempre in quello studio d’investigazione?
>> rispondo.
<<
Sì, lavora
ancora lì, perché? >> continua a
chiedere.
<<
Conosco una
persona che ne avrebbe bisogno, solo che non ne avrebbe mai il
coraggio, quindi
non voglio che lo venga a sapere >> rispondo.
Facciamo
due passi e le
racconto tutta la storia di Derek. Posso
fidarmi di Cloe, lei è una delle mie più care
amiche, so che posso farlo.
<<
Quindi sua
madre è scomparsa e lui non ha più sue notizie
>> dico.
<<
Povero, avrà
sofferto molto >> risponde.
<<
Già e non
voglio che soffra ancora, per questo non deve saperlo, non voglio si
faccia
false speranze >> dico.
<<
Giusto, ora ne
parlo con mio padre e se ci saranno delle novità, ti
farò sapere >>
risponde.
<<
Grazie, grazie
davvero Cloe >> dico.
<<
Figurati, a
cosa servono altrimenti le amiche >> risponde.
Ci
salutiamo e torno al
lavoro, meglio non fare tardi.
<<
Ah, buongiorno
signor Foster >> dico vedendolo.
<<
Buongiorno, ero
venuto per… >> risponde.
<<
Per i
biglietti, eccoli qua >> lo interrompo porgendoli.
<<
Grazie tante
>> dice.
<<
Di niente,
arrivederci >> termino.
Mi
arriva un sms. È
Cloe.
“Mi
servono più
informazioni su sua madre, il suo nome, la sua data di nascita e magari
anche
una sua foto”.
Wow,
come faccio ad
avere tutte queste informazioni? Devo chiederle a Derek senza farmi
scoprire.
Speriamo ci riesca.
Invio
un sms a Derek
nella speranza che stasera venga allo spettacolo.
Sì
verrà, ne sono
sicura.
“Certo
non me ne sono
mai perso uno”.
Mi
ha risposto. Aspetta,
Derek ha detto che viene qua fin da quando era piccolo, quindi magari
anche sua
madre. Devo chiedere al nonno.
<<
Lila hai preso
l’appuntamento con… >> dice il nonno.
Ora
o mai più.
<<
Nonno, posso
chiederti una cosa? >> dico.
<<
Certo, che
succede? >> chiede.
Perché
deve sempre
succedere qualcosa? In realtà è successo
qualcosa, anche più di una ma perché
quando gli chiedo qualcosa pensa sempre che io sia nei guai?
<<
Conosci quel
ragazzo, Derek, fin da quando era piccolo? >> chiedo.
<<
Sì, veniva
sempre con la sua famiglia >> risponde.
Bingo.
<<
E conosci sua
madre? >> insisto.
<<
È da molto che
non la vedo, devono essere passati anni ormai >> risponde.
<<
Sai come si
chiama? >> chiedo sempre più curiosa.
<<
Aspetta fammi
pensare…Mary Cooper mi pare, perché me lo chiedi?
>> risponde.
<<
Così, per
curiosità >> mento.
Curiosità,
altro che
curiosità. Ma nessuno deve saperlo, nessuno.
<<
Ehi Derek
>> bisbiglio facendomi vedere in tribuna.
<<
Ciao, è
cominciato da molto? >> chiede.
<<
Cinque minuti,
tutto ok? >> rispondo.
<<
Sì, solo un po’
di ritardo >> dice.
Si
concentra sullo
spettacolo e niente può turbarlo. È immerso
nell’opera, cosa ci troverà mai di
così attraente?
Finalmente
la pausa,
così potrò parlare con lui.
<<
Bello vero? >>
mi chiede.
<<
Già, mi è
venuta fame >> rispondo.
<<
E quando mai! Vuoi
che vada a prenderti qualcosa? >> chiede ironico.
<<
No, vado io,
solo che non ho la borsa con me, potresti prestarmi il tuo portafoglio?
>> chiedo.
<<
Certo, quanto
ti… >> risponde.
<<
Grazie >>
lo interrompo prendendogli tutto il portafogli.
Ma
allontano alla svelta
prima che mi faccia altre domande. Magari porta con sé la
foto di qualcuno d’importante,
magari di sua madre. Apro velocemente il borsellino e…
eccola. La foto di una
donna con in braccio un bambino. Gli somiglia molto, deve essere lui
con sua
madre.
Vado
subito in ufficio a
fare una fotocopia, così la consegnerò a Cloe. E
prima della seconda parte
dello spettacolo, eccomi di ritorno.
<<
Grazie, ne
avevo proprio bisogno >> dico prendendo posto.
<<
Hai placato il
tuo stomaco? >> chiede ironico.
<<
Divertente!
>> rispondo ridendo.
A
interromperci è
l’inizio dello spettacolo. Come sono stata geniale, non
pensavo filasse tutto
liscio, non con me, ma c’è l’ho fatta.
Ho quello che mi serve per avviare il
caso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Mi ha persa ***
Mi
ha persa
<<
Papà >>
dico saltandogli addosso non appena entra in casa dei nonni.
<<
Tesoro, come
stai, fatti vedere >> risponde.
Mi
è mancato tanto stare
con lui. Troppo.
<<
Carl, ben
arrivato >> ci interrompe la nonna.
<<
Grazie Margaret
>> risponde.
<<
Quanto ti
fermerai? >> chiedo curiosa.
<<
Poco tesoro, ho
l’aereo domani sera >> risponde.
<<
Allora spero
che ti fermerai qui stanotte >> dice nonna.
<<
No grazie, non
vorrei disturbare, ho l’hotel… >>
risponde papà.
<<
Dai papà
fermati qui >> lo interrompo guardandolo con gli occhi
dolci.
Funziona
sempre. Spero.
<<
Ma… va bene,
resterò qui >> risponde.
<<
Grazie, grazie,
grazie >> dico.
<<
Faccio portare
le tue cose in una camera >> dice nonna.
<<
Grazie Margaret
>> risponde.
La
nonna si allontana
lasciandoci soli, è il momento giusto per parlare con
papà.
<<
Hai tempo per
una chiacchierata? >> chiedo.
<<
Non molto, a
pranzo devo vedermi con un cliente, però racconta, cosa
volevi dirmi per
telefono? >> risponde.
Andiamo
in giardino e lo
invito a sedersi. Forse è meglio. Gli parlo del college
prima di tutto, poi…
<<
Che cosa? Lila
non penso sia una buona idea >> dice.
<<
Ma dai papà,
sarebbe solo per pochi giorni, giusto il tempo di andare a scuola a
ritirare il
diploma e poi torno qui >> rispondo supplicandolo.
<<
Lila tua madre
non… >> dice.
<<
Non lo deve
sapere, arrivo a sorpresa così non potrà dire
nulla >> lo interrompo.
<<
Ma perché vuoi
iscriverti qui a New York, c’è quel college a
Millville, come si chiama…
>> dice.
<<
Papà sai
benissimo che la Columbia è molto più adatta a me
rispetto a qualunque college
di Millville >> lo interrompo.
Non
dice niente, sta
pensando.
<<
Ti prego papà
>> lo supplico.
<<
Il mio volo di
domani sera dovrà aspettare. Ti porto a casa io altrimenti
chissà cosa può fare
tua madre vedendoti sola >> risponde.
<<
Grazie papà,
non te ne pentirai >> dico contenta.
<<
Però devi
promettermi che ripartirai subito, non è giusto nei
confronti dei nonni
>> dice.
<<
Te lo prometto
>> rispondo.
<<
E a loro cosa
dirai? >> chiede.
Giusto,
i nonni, non ci
avevo ancora pensato.
<<
Dirò che torno
a casa per qualche giorno a prendere qualcosa e poi tornerò
>> rispondo.
<<
Spero che tu sappia
quello che fai >> dice.
<<
Tranquillo
papà, tutto sotto controllo >> rispondo.
<<
Adesso è meglio
che mi metta al lavoro prima di andare dal cliente >>
dice.
<<
Posso aiutarti,
è la prima volta che lavori nella stessa città
dove sono io e mi piacerebbe
imparare… consideralo un ringraziamento >>
rispondo.
<<
Non so tesoro…
>> dice.
<<
Dai papà, ti prego,
allora, come si chiama il cliente? >> chiedo.
<<
Vinci sempre tu
eh? >> dice scherzoso.
<<
Oggi sarò la
tua tirocinante, dimmi cosa devo fare >> rispondo.
<<
Bene allora
mettiamoci al lavoro. Il signor Eric Foster è stato accusato
di calunnia e mi ha
ingaggiato per la sua difesa… >> comincia.
<<
Il signor
Foster? Posso vedere la sua scheda? >> lo interrompo.
<<
Sì, c’è l’ho
nella valigetta, aspetta che te la prendo >> dice.
Me
la consegna. È
proprio lui, il signore dei biglietti che è venuto
l’altra volta in teatro.
<<
Questo signore
io lo conosco, è venuto a teatro pochi giorni fa. Sembra una
persona apposto,
cosa mai ha potuto fare? >> chiedo.
<<
Vedi il
senatore… >> risponde.
<<
È un senatore?
Non lo sapevo >> dico interrompendolo.
<<
Ne parlano su
tutti i giornali, vedi lui… >>dice.
Mi
racconta la storia
del signor Foster per filo e per segno, come da bravo avvocato.
<<
Posso venire
con te a pranzo per l’incontro con il signor Foster?
>> chiedo.
<<
Tesoro non
penso sia una buona idea, lo hai detto anche tu, sei una tirocinante
quindi…
>> risponde.
<<
Per favore
papà, conosco questa persona e voglio aiutarti a difenderla,
ti prego >>
lo interrompo.
<<
Hai altre
richieste per oggi? Questa è l’ultima che ti
accontento, intesi? >> dice
scherzoso.
<<
Promesso papà
>> rispondo.
<<
Non promettere
qualcosa che non puoi mantenere >> dice.
Mi
conosce bene. Quando
m’impunto su una cosa, non mi fermo fino a quando non
l’ho ottenuta.
<<
Buongiorno
signor Foster >> dice papà entrando in un
enorme ufficio.
<<
Ah buongiorno
avvocato, prego si accomodi >> risponde.
<<
Buongiorno
>> dico entrando dietro papà.
<<
Lei è la
ragazza del teatro vero? Ci siamo visti pochi giorni fa
>> dice
vedendomi.
<<
Esatto io…
>> rispondo.
<<
Lei è la mia
tirocinante, sta facendo pratica per la professione, quindi mi
aiuterà per il
suo caso >> m’interrompe papà.
<<
Bene, allora
cominciamo >> risponde il signor Foster.
Ci
sediamo in delle
morbide poltrone e mi guardo attorno. È davvero bellissimo
qui. Però tutto
questo lusso non mi piace. Lui sembra una persona apposto ma
chissà com’è chi
vive con lui.
Cominciano
a parlare
della strategia di difesa ed io ascolto attentamente. Amo questo lavoro.
Toc
toc.
<<
Avanti >>
dice il signor Foster.
<<
Scusa papà io...
>>
risponde una voce alle mie
spalle.
Conosco
questa voce.
Mi
volto di scatto.
Derek.
Che
ci fa lui qui? È
perché ha chiamato il signor Foster papà? Lui
è…
Resto
pietrificata
incollata alla poltrona. Lui è il padre di Derek?
<<
Scusa papà non
mi sento bene, vado a prendere una boccata d’aria
>> dico con un filo di
voce.
<<
Lila… >> risponde
papà.
Derek
è immobile davanti
alla porta. Gli passo davanti cercando di essere il più
indifferente possibile.
La porta si chiude di scatto subito dopo che sono uscita.
<<
Lila aspetta…
>> dice Derek rincorrendomi.
Cerco
di uscire da
questa casa ma è come un labirinto, è
impossibile.
<<
Lila, ti prego
lasciami spiegare >> dice.
Eccola.
Apro la porta ed
esco da questa strana e orrenda casa.
<<
Lila >>
dice afferrandomi per il braccio.
<<
Lasciami Derek,
non mi toccare >> rispondo infuriata.
<<
Fammi almeno
spiegare >> dice rincorrendomi.
Ma
dove vado, devo
aspettare papà. Esco dal cancello e Derek è
dietro di me.
<<
Puoi fermarti
per favore >> dice.
<<
Qui non sono a
casa tua >> dico sottolineando il pronome.
<<
Quindi non devo
obbedirti >> continuo.
<<
Lasciami spiegare
>> dice.
<<
Cosa, cosa vuoi
dirmi? Che sei un emerito bugiardo, alla faccia dei segreti…
>> rispondo.
<<
Lila tu non
puoi capire >> m’interrompe.
<<
No tu non
capisci Derek, io ti ho detto tutto di me, mi fidavo di te,
perché succedono
tutte a me >> rispondo camminando avanti e indietro
davanti a lui.
<<
Mi dispiace non
avertelo detto, solo che tu… >> dice.
<<
Io? Vuoi forse incolpare
me? >> dico infuriata.
<<
Tu hai detto
che odi i ricchi, disprezzi il loro mondo, tutto di loro. Tu te ne stai
sul tuo
piedistallo a giudicare tutto e tutti, fai di tutta l’erba un
fascio; come
potevo dirti che io sono uno di loro, mi avresti giudicato e forse pure
ignorato solo per la mia condizione sociale >> risponde.
<<
Forse hai
ragione, ma avresti dovuto dirmelo. Se io non fossi venuta oggi qui e
non
l’avrei scoperto da sola, me lo avresti detto?
>> chiedo davvero
infuriata.
Comincio
ad averne
abbastanza anch’io delle bugie.
<<
Io non pensavo
venissi qua, te lo avrei detto al momento giusto >>
risponde dispiaciuto.
<<
E quando
sarebbe arrivato questo momento? Quando mi avresti fatto cadere ai tuoi
piedi e
mi fossi innamorata di te? >> dico.
A
interromperci arriva
papà. Sembra preoccupato.
<<
Lila, tesoro,
tutto bene? >> chiede.
<<
Sì, adesso va
meglio >> rispondo.
<<
Grazie di
esserti preso cura di lei, io sono Carl Montgomery,
l’avvocato di tuo padre
>> dice papà presentandosi a Derek.
<<
Derek, Derek
Foster >> risponde porgendogli la mano.
<<
Andiamo?
>> chiedo con un filo di voce.
<<
Vado a prendere
la mia valigetta e arrivo tesoro >> risponde
papà.
Si
allontana lasciandomi
sola con Derek.
<<
È tuo padre?
>> chiede.
<<
Non ha
importanza ormai >> rispondo allontanandomi.
<<
Lila aspetta
io… >> dice prendendomi la mano.
Mollo
subito la presa.
Chi si crede di essere, io non sono il suo burattino.
<<
Anche tu mi hai
mentito all’inizio con i tuoi nonni >> dice a
sua discolpa.
<<
All’inizio,
come hai detto tu, non dopo un mese che ci conosciamo e che usciamo
insieme.
Che stupida ed io che mi fidavo di te >> rispondo.
<<
Tu puoi fidarti
di me, mi dispiace, so che avrei dovuto dirtelo, ma non ne ho avuto il
coraggio, avevo paura di perderti >> dice.
<<
Ed è proprio
quello che hai ottenuto >> rispondo.
Ecco
papà che arriva.
Finalmente.
<<
Andiamo?
>> mi chiede papà.
Annuisco,
non ho più
voce.
<<
Allora ci
vediamo Derek >> dice papà salutandolo.
Fa
un cenno con la mano
e rimane immobile. Ha capito solo ora le mie parole. Mi ha persa.
----------------------
<<
Fate buon
viaggio >> dice la nonna abbracciandomi.
<<
Grazie nonna, a
presto >> rispondo.
Saluto
anche il nonno e
via, verso l’aeroporto. Si torna a casa, a Millville. Il mio
soggiorno
newyorkese è durato meno del previsto. Adesso niente mi lega
a questa città.
Non so se tornerò. Per la Columbia ho ancora qualche
settimana per
l’iscrizione. Adesso ho solo bisogno delle mie amiche e di
casa mia, della mia
camera e della mia famiglia.
E
in men di qualche ora
eccomi a casa. A Millville.
<<
Mamma >>
dico saltandole addosso.
<<
Lila, che ci
fai qui? >> chiede sbalordita.
<<
Sono tornata
per qualche giorno con papà >> rispondo.
Ed
ecco papà che sbuca
dalle mie spalle. Sembra un facchino, è ricolmo di valige.
Salgo
in camera ed ecco
Sam.
<<
Non saluti la
tua sorellona? >> dico aprendo la porta.
<<
Lila ma… che ci
fai qui? >> dice venendomi ad abbracciare.
<<
Mi fermerò per
qualche giorno >> rispondo.
<<
Ne sono
contenta >> dice.
Non
ne sono sicura, ma
va bene. Voglio solo andare a dormire nel mio amato letto adesso. Mi
è mancato
anche lui. Mi è mancato tutto. E tutti.
New
York è bellissima
sì, però casa mia… la vera casa
è dove ci sono le persone che ami. Anche se i
nonni non sono poi così male. Quando ero con loro, erano del
tutto diversi da
quando vengono in visita qui da noi. Certo, all’inizio
abbiamo avuto qualche problema,
ma poi tutto è andato per il meglio. Poi
c’è Cloe, la mia amica, mi ha fatto
davvero piacere rivederla dopo tutti questi anni. E infine
c’è lui, Derek. Anzi
c’era. Ecco il motivo per cui non mi ha mai portato a casa
sua, non mi ha detto
il suo cognome e non mi ha parlato di suo padre. Il signor Foster.
Dovevo
immaginarlo che era suo padre. In quanti vorrebbero dei biglietti
direttamente
dal proprietario quando esiste la biglietteria? Proprio come ha fatto
Derek.
Tipico dei Foster allora! È vero, anch’io non gli
avevo detto che ero la nipote
dei Wanderbilt, ma non ci conoscevamo neanche. Perché non me
l’ha detto? Aveva
paura di me? Di come avrei reagito? Forse ha ragione, non
l’avrei presa bene,
ma me ne sarei fatta una ragione. Sono destinata a essere circondata
dai
ricchi. Anzi lo ero. Lui era diverso. Io lo sentivo, io lo sapevo.
Adesso è di
nuovo solo. Non lo avrei mai voluto abbandonare, ma per adesso
è meglio
così. Devo
schiarirmi le idee e anche
lui. Un po’ di lontananza non può che farci bene.
Forse ci avvicinerà o forse
ci allontanerà per sempre.
-----------------------
<<
Lila, non mi
avevi detto che saresti tornata >> dice Alice vedendomi.
<<
Non l’avevo
programmato >> rispondo.
Corre
ad abbracciarmi.
Quanto mi è mancata.
<<
Cathy, vieni
c’è Lila >> urla verso
l’interno della casa.
<<
C’è anche
Cathy? >> chiedo.
<<
Sì, da quando
sei andata via, ci vediamo sempre >> risponde.
<<
Lila >>
urla dalle scale vedendomi.
Mi
salta addosso.
<<
Come stai?
>> chiedo.
<<
Bene, tu come
stai? Come va la vita a New York? >> chiede.
<<
Be, insomma
>> rispondo.
Hanno
entrambe quello
sguardo interrogativo. Ci sediamo in terrazza e gli racconto tutta la
faccenda.
Di Derek, di Cloe, dei nonni e anche della Columbia.
<<
Quindi hai
trovato l’amore e non ci dici niente? >> dice
Alice.
<<
Non ho trovato
l’amore, anzi non lo avevo trovato >> rispondo.
<<
Be, in fondo
non è così grave, vedrai, tutto si
risolverà >> dice Cathy.
<<
Certo che lo è,
lui mi ha nascosto una parte di se >> dico.
<<
Ma l’ha fatto a
fin di bene, per non perderti >> dice Alice.
Lei
e le sue perle di
saggezza. Mi sono proprio mancate.
<<
Io gli ho detto
tutto di me e lui non è stato sincero con me
>> rispondo.
<<
Dai, adesso non
pensarci, sei qui e dobbiamo festeggiare, perché non andiamo
in un locale
stasera? >> chiede Cathy.
<<
Dai, sarà
divertente >> aggiunge Alice.
<<
Non so ragazze,
io… >> rispondo.
<<
Passiamo a
prenderti alle otto >> dice Cathy.
<<
Tanto non mi
lascerete scelta >> rispondo.
<<
Fatti bella, mi
raccomando >> dice Alice.
<<
Ma almeno
ditemi dove andiamo? >> chiedo.
<<
Sarà una
sorpresa >> dice Cathy.
Non
mi va molto di festeggiare,
non sono dell’umore adatto. Però sembrano
così contente e non voglio deluderle.
Devo smetterla di pensare a Derek per una sera. Solo per una. Devo
almeno
provarci. Ma so già che sarà impossibile.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Io e te ***
Io
e te
Non
mi è nuovo questo
posto.
<<
Dove siamo?
>> chiedo.
<<
Al “Paprika”
>> risponde Cathy.
Al
“Paprika”? No, qui
no. Qui viene sempre…
Troppo
tardi.
<<
Luck va via, ci
stiamo divertendo, non abbiamo bisogno di uno come te >>
dice subito
Alice.
<<
Non mordo mica,
volevo solo salutare la straniera >> risponde sarcastico.
Ed
io sarei la
straniera? Dopo tutto quello che mi ha fatto, ha pure il coraggio di
prendermi
in giro?
<<
Luck io… se
potessi… >> dice Cathy.
Forse
è meglio
intervenire, Cathy sa essere molto “violenta”
quando è arrabbiata.
<<
Tranquille
ragazze, va tutto bene >> dico cercando di calmare gli
animi.
<<
Possiamo
parlare… in privato >> dice Luck guardandomi
dritto negli occhi.
Avevo
dimenticato il
loro colore indefinito tendente al verde.
<<
Non penso che
Lila abbia qualcosa da dirti >> risponde Alice.
<<
Infatti, quindi
aria… >> interviene Cathy.
Già,
ben detto, mi hanno
tolto le parole di bocca.
Sono
iperprotettive con
me.
Ci
allontaniamo e lo
lasciamo là, fermo in mezzo alla pista. Mi squilla il
cellulare.
<<
Esco un attimo
a rispondere >> dico ad Alice quasi urlando.
La
musica è fortissima,
per fortuna avevo la vibrazione.
<<
Pronto?
>> dico.
<<
Lila, sono la
nonna >> risponde.
<<
Nonna, ciao
come va? >> chiedo.
<<
Bene, ti chiamo
perché ti ha cercato quel ragazzo, come si
chiama… >> risponde.
<<
Derek? >>
chiedo.
<<
Esatto, proprio
lui, gli ho detto che eri partita ed eri tornata a Millville
>> risponde.
Cosa?
Derek mi ha
cercato? Ed è andato dai nonni a farlo?
<<
Perché gli hai
detto che ero partita? >> chiedo.
<<
Che cosa dovevo
dirgli, sembravate buoni amici e forse anche di più
>> risponde.
Già,
anche lei l’ha
notato. È inutile prendersela con la nonna, lei non ha
colpe. La colpa è solo
mia. Anzi no, di Derek.
<<
Grazie di
avermelo detto >> dico.
<<
Di niente,
buona serata tesoro >> termina attaccando.
Ci
mancava solo questa. Che
cosa può succedermi di peggio?
<<
Tutto ok?
>> mi chiede qualcuno alle spalle.
<<
Cos’è, mi
pedini? >> rispondo dopo essermi girata.
<<
Volevo solo
essere gentile >> dice.
<<
Tu non puoi
esserlo >> rispondo.
<<
Possiamo
parlare? >> chiede.
Perché
insiste tanto col
parlare con me? Che cosa vuole dirmi, scusa ti ho tradito la notte del
ballo
con un’altra?
<<
Che cosa vuoi
da me? >> chiedo.
M’invita
a seguirlo
nella panchina del nostro primo bacio. Perché mi ha portato
qui? Non starà
pensando a un ritorno di fiamma?
<<
Io non devo
chiederti scusa >> dice dopo essersi seduto comodamente
sulla panchina.
Cosa?
Ma sei impazzito?
<<
Anche, hai pure
la faccia tosta di dire questo >> rispondo infuriata.
<<
Ma io non ho
fatto niente >> dice.
<<
Per te baciare
una ragazza mentre stai con un’altra, è una cosa
da poco? >> chiedo
incredula.
<<
Se mi avessi
ascoltato una delle tante volte che ho provato a parlarti, la
penseresti come
me >> risponde.
<<
Perché mai
dovrei ascoltare uno come te… >> dico.
<<
Mi lasci
spiegare? >> m’interrompe.
Ok,
parla pure, tanto
cosa ho da perdere?
<<
Quella sera
mentre tu eri sul palco a fare il tuo discorso, Tiffany,
l’amica di tua
sorella… >> comincia.
<<
Che cosa centra
Sam? >> lo interrompo.
<<
Se mi lasci
parlare te lo spiego >> dice scherzoso.
Non
c’è niente da
scherzare.
<<
Tiffany mi ha
detto che Sam era nei guai con un ragazzo, così, tu eri sul
palco e non potevi
aiutarla, l’ho seguita e mi ha portato da Sam…
>> dice.
<<
E in che sorta
di guai era? >> lo interrompo.
<<
Sei proprio
testarda eh! >> dice.
<<
In realtà non
lo era per niente, era solo un tranello per avvicinarmi e baciarmi
>>
continua.
<<
E perché
avrebbe dovuto farlo? >> chiedo incredula.
<<
Perché voleva
me, me lo hai detto tu stessa che avrebbe fatto di tutto per tornare
con me
>> risponde come se fosse una cosa normale.
Già,
questo è vero, ma
non arriverebbe a tanto.
<<
E casualmente
ti ha baciato proprio quando ti ho visto io >> dico.
<<
Non pensavo che
mi avessi seguito e neanche lei lo immaginava, voleva baciarmi sperando
che riuscisse
a risvegliare i sentimenti che provavo per lei >>
risponde.
<<
La tua scusa
non regge >> dico.
Sam
non lo farebbe mai,
non a me.
<<
Chiamala come vuoi,
ma è la verità, secondo te perché
sarei dovuto andare fin lì per baciare una
ragazza? Avrei potuto farlo benissimo in bagno o in qualunque altro
posto
appartato. E perché proprio quella sera che mi avresti
potuto scoprire?
>> risponde.
Non
so cosa rispondere.
Non so perché, in effetti, non è sbagliato
ciò che dice. Se avesse voluto
tradirmi, lo avrebbe fatto in qualsiasi momento e in qualsiasi posto.
<<
Poi che hai
fatto, hai visto il bacio e sei scappata? >> continua.
<<
Che cosa avrei
dovuto fare, restare lì a guardare come ti divertivi con
quella ragazza?
>> rispondo.
<<
Se fossi rimasta,
avresti visto che il bacio con quella ragazza come dici tu,
è durato meno di un
secondo e poi ho fatto una sfuriata a Sam sul perché lo
avesse fatto >>
dice.
Non
dico niente, non ho
parole. Non voglio e non posso crederci.
<<
Credimi, non ti
avrei mai tradito >> continua prendendomi la mano.
Mollo
subito la presa.
<<
Come facevo a
saperlo, tu, tu sei il don Giovanni di tutta Millville, il ragazzo
più famoso
della scuola, come potevo sapere che non mi avevi tradito come hai
fatto con
tutte le altre >> rispondo.
<<
Dovevi fidarti
di me >> dice.
<<
Io mi fidavo di
te >> rispondo.
<<
Allora non
avresti dovuto dubitare della mia fedeltà >>
dice.
<<
Non ho dubitato
di te, io ti ho visto con questi occhi e grazie a te è
successo tutto il resto
>> rispondo.
<<
Vuoi dare per
caso la colpa a me del tuo incidente? >> chiede.
<<
Certo, ero
sconvolta, perché sennò >> rispondo.
<<
E sei andata a
New York a causa mia >> dice.
<<
Sì, sì, come te
lo devo dire e poi non sono andata via, mi hanno mandato via
>> rispondo.
<<
Bene, adesso
che hai trovato il capo espiatorio che cosa vuoi fare? >>
chiede.
<<
Io? Niente,
cosa dovrei fare >> rispondo.
<< Non so,
chiedermi scusa >>
dice.
<<
Io dovrei
chiederti scusa? E perché? Tu dovresti farlo
>> rispondo.
<<
Allora facciamo
così, tu non chiedi scusa a me ed io non lo chiedo a te e ci
perdoniamo a
vicenda >> dice.
Tanto
litigare con lui
non avrebbe senso.
<<
Va bene>>
rispondo.
<<
Pace fatta?
>> chiede.
Annuisco,
sono stanca di
litigare con tutto e tutti.
<<
Adesso può
tornare tutto come prima? >> chiede.
<<
Che cosa
dovrebbe tornare come prima? >> rispondo.
<<
Noi, la nostra
storia >> dice.
<<
Le cose sono
cambiate Luck, non più esiste nessun noi >>
rispondo.
<<
Sappi solo che
io non ti ho dimenticato >> dice.
Non
dico niente. Ma non
mi dispiace.
<<
Non sono stato
con nessun’altra ragazza dopo di te >> continua.
<<
Wow, un record
per Luck Miller, un mese senza ragazze >> rispondo
sarcastica.
<<
E tu, tu mi hai
dimenticato Lila Montgomery? >> chiede con il suo sguardo
indagatorio.
<<
Lila, Lila
andiamo, è tardi, devo riaccompagnarti a casa
>> urla Cathy dell’ingresso
del locale.
Mano
male che è arrivata
lei a interromperci. Che cosa avrei potuto rispondere se non lo so
nemmeno io?
<<
Allora?
>> insiste Luck.
<<
Devo andare
>> rispondo.
<<
Chi tace
acconsente, sappilo Montgomery >> dice sarcastico.
Faccio
finta di non
sentire. Forse ha ragione o forse no, non lo so neanch’io se
l’ho dimenticato. Sono
successe così tante cose in un solo mese, New York, Derek,
il college, i nonni
e ora ci si mette anche Luck. Ho bisogno di tempo per riflettere, per
capire
cosa voglio. Ma la prima cosa da fare domattina è parlare
con Sam. Deve dirmi
la verità finalmente. Se è davvero vera la storia
di Luck deve dirmelo, ho il
diritto di saperlo.
-----------------------
<<
Sam, Sam
svegliati >> dico buttandola giù dal letto.
<<
Lila, lasciami
dormire, siamo in estate >> risponde.
Sarà
il ritmo newyorkese
ma sono già sveglia. Chi dorme non piglia pesci.
È strano che a dirlo sia
proprio io…
<<
Devo parlarti,
dai svegliati >> dico.
<<
Cinque minuti
>> risponde.
<<
No ora, devo
parlarti di Luck >> dico.
Wow
il solo nominare il
suo nome l’ha fatta alzare.
Cos’è
un nuovo infuso di
caffè?
<<
Che cosa centra
Luck? >> chiede.
<<
Ieri sera ho
parlato con lui e mi ha detto una cosa sulla sera del ballo
>> rispondo.
Sembra
agitata. Si è
svegliata da meno di un minuto ed è già
così? Che cosa sarà successo?
<<
Che cosa ti ha
detto? >> chiede con gli occhi sbarrati.
<<
Mi ha detto che
quella sera tu lo hai tratto in inganno e che con una scusa lo hai
baciato
>> rispondo senza tanti giri di parole.
Meglio
non girarci
intorno e arrivare subito al dunque.
<<
Che assurdità,
era drogato? >> dice balzando in piedi.
<<
Non credo, ma
ho bisogno di sapere la verità, tu eri con lui? Eri tu la
ragazza che ho visto?
>> chiedo.
<<
No Lila, che
cosa ti salta in mente, non avrei mai fatto una cosa simile e poi non a
te, a
mia sorella >> risponde senza guardarmi negli occhi e
facendo avanti e
indietro per la stanza.
<<
Vuoi fermarti
un momento e sederti accanto a me >> dico con tono
infuriato.
Fa
come le dico. Sembra
un agnellino che trema. Se voglio scoprire la verità, devo
cambiare strategia,
non devo assillarla di domande, devo farla sentire in colpa.
<<
Io non ti sto
accusando, voglio solo sapere se quello che mi ha detto quel mascalzone
è vero
>> dico tranquillizzandola tenendole la mano.
<<
Io no centro
niente Lila, devi credermi >> risponde.
<<
Ti credo, come
non potrei non fidarmi di mia sorella, solo che c’era un
testimone… >>
dico.
Ok,
adesso trema sul
serio.
<<
Un testimone? A
cosa serve, io non ho fatto niente >> risponde.
<<
Tiffany, la tua
amica come la definisci tu, ha confermato tutto in cambio di una cena
con un
giocatore di rugby >> dico mentendo.
Non
so nemmeno come mi
sia venuta in mente una cosa simile. Sarà una bugia? Vediamo
come reagisce.
Vedo
quasi ribollire il
suo sangue.
<<
Sam, tutto bene?
>> continuo.
<<
No Lila, non lo
è >> risponde piangendo appoggiandosi alla mia
spalla.
Perché
reagisce così?
Aveva ragione Luck?
<<
Dimmi la
verità, eri tu la ragazza del bacio
con
Luck? >> chiedo.
<<
Lila mi
dispiace, io non volevo farti del male, non volevo che avessi
quell’incidente,
credimi io… >> risponde piangendo.
Allora
è vero, era lei
la famosa ragazza. Luck aveva ragione, avrei dovuto credergli.
<<
Ehi, è tutto
apposto >> dico sollevandole il viso.
<<
No Lila non lo
è, mi sento in colpa da quel momento, per
l’incidente, perché sei dovuta andare
via, per Luck, per tutto >> risponde.
Non
ho mai visto mia
sorella così… così fragile. Forse non
la conosco bene, anzi, non la conosco per
niente.
<<
Non è stata
tutta colpa tua >> dico cercando di tranquillizzarla.
Be,
in realtà sì. Ma non
posso arrabbiarmi con lei in questo stato. Non posso, non ci riesco.
Ecco
perché era così apprensiva con me in ospedale e
non era felice che io partissi.
Adesso tutto ha un senso. Chissà cosa sarebbe cambiato se io
fossi rimasta,
anzi se quella notte Sam non avesse fatto quello che poi ha fatto. Non
avrei
incontrato Derek, non sarei andata a New York e rivisto Cloe. Non avrei
conosciuto meglio i nonni e non mi sarei responsabilizzata. Non che
adesso lo
sia molto.
<<
Sì invece, puoi
perdonarmi, farò di tutto affinché mi perdoni
>> risponde.
Certo,
non può cavarsela
solo con le parole ma adesso devo perdonarla. La sua pena è
stata soffrire fino
ad oggi. Lei non è cattiva, questo lo so bene.
<<
Ti perdono e
prima o poi ricambierai il favore >> dico.
<<
Quando vuoi,
farò di tutto >> risponde abbracciandomi.
Questa
è la mia
sorellina. Quella con cui pettinavo le bambole e giocavo a nascondino.
Questa è
la vera Sam. Non quella che conoscono a scuola, la tipa montata e che
si dà le
arie. Be, sì lo fa, ma è solo una maschera. Tutti
ne abbiamo una, anch’io. E
spesso mi nascondo proprio dietro questa maschera. Adesso
però è arrivato il
momento di toglierla e di affrontare la realtà.
<<
Dove vai?
>> chiede vedendomi preparare.
<<
Dove sarei
dovuta andare già da un pezzo >> rispondo.
<<
Ma sono le nove
del mattino >> dice.
<<
L’amore non ha
orari >> rispondo chiudendo la porta alle mie spalle.
<<
Buona fortuna
>> sento urlare da dentro la stanza.
Mi
servirà. Prendo le
chiavi della mia vecchia auto, che in fin dei conti non lo è
per niente, anzi,
e mi dirigo verso dove sarei dovuta andare da tempo. Troppo tempo.
<<
Lila, che ci
fai qui? >> chiede.
<<
Devo dirti una
cosa >> rispondo speranzosa.
<<
Dimmi >>
dice.
Mi
avvicino a lui e lo
bacio. Finalmente le nostre labbra s’incontrano di nuovo.
È passato troppo
tempo dall’ultima volta, dal ballo. Mi è mancato
poterlo fare, mi è mancato
lui.
<<
Questo cosa
significa? >> dice quando ci separiamo.
<<
Che ho la
risposta alla tua domanda. No >> rispondo.
<<
Quale domanda?
>> chiede perplesso.
<<
Se ti avevo
dimenticato >> rispondo.
<<
E la tua
risposta è no? >> chiede.
Annuisco,
cos’altro
potrei rispondere. Sì Luck io non ti ho mai dimenticato? Non
ha bisogno di
sentirselo dire, basta guardarmi negli occhi.
E lui sa scavare a fondo nei miei occhi.
Mi
prende di peso e mi
fa girare su se stesso baciandomi.
<<
Tu sei solo mia
>> dice.
E
sono felice di
esserlo.
<<
Tutta tua
>> rispondo.
<<
Non credevo che
questo giorno potesse arrivare >> dice.
<<
Visto, tutto
può succedere, il destino >> rispondo.
<<
Non è il
destino, siamo noi, io e te >> dice.
Io
e te. È da un po’ che
non lo sento dire. Io e te.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Il nostro segreto ***
Il
nostro
segreto
<<
Adesso che si
fa? >> chiede Alice.
<<
Metti la tua
firma ed è pronta >> rispondo.
<<
Tanto non
servirà a niente >> dice lei.
<<
Non lo sai,
magari ci prendono >> dice Cathy.
<<
Infatti e se
non fosse così pazienza, c’è ne faremo
una ragione >> rispondo.
<<
Ma voi
entrerete di sicuro, tu per la media e tu Cathy non arrabbiarti, ma
perché sei
benestante >> dice Alice.
<<
Questo non
centra nulla >> risponde prontamente Cathy.
<<
L’ha detto
anche Lila >> ribatte Alice.
<<
Il segretario
mi ha detto che le iscrizioni per entrare in autunno alla Columbia
erano quasi
terminate, quindi ameno ché tu non sia ricco o avessi una
media da capogiro,
hai poche probabilità di entrare >> rispondo.
<<
Vedi >>
dice Alice.
<<
Sì, ma non è
detto >> dice Cathy.
<<
Dai,
l’importante è provarci >> rispondo.
<<
Infatti,
sbrigati a portare le domande a tuo padre prima che parta
>> dice Cathy.
Esatto.
Ho deciso di
restare qui ancora un po’. In fondo cosa mi lega a New York?
Niente. Se in
autunno il college mi accetta, anzi ci accetta, anche Alice e Cathy, ci
andremo
tutte insieme. Ma per adesso è inutile.
La mia storia con Luck va avanti da una settimana e anche
se Alice e Cathy
non approvano, io sono felice di stare con lui. Non voglio andarmene di
nuovo.
Corro
a casa a salutare
papà che torna a New York. Senza di me.
<<
Papà >>
dico con l’affanno per la corsa da casa di Alice.
<<
Tesoro, giusto
in tempo >> risponde.
<<
Tieni, queste
sono le domande d’iscrizione e i nostri diplomi, mi
raccomando, consegnali
subito, le iscrizioni stanno per terminare >> dico.
<<
Tranquilla
tesoro, domani sarà la prima cosa che farò
>> risponde.
Lo abbraccio, mi
mancherà, come sempre.
<<
Salutami il
signor Foster >> dico.
<<
Lo farò e se lo
vedo anche suo figlio, come ha detto che si chiamava? >>
chiede.
<<
Derek, Derek
papà possibile che non ti entra in testa >>
rispondo.
Già
Derek, cominciavo a
non pensare più a lui.
Grazie
papà.
<<
Quello sì che è
un ragazzo simpatico, non Luck che ti ha spezzato il cuore una volta e
lo
rifarà prima o poi >> dice.
<<
Non è andata
proprio così >> rispondo.
<<
Così o no, non
è il ragazzo giusto per te, non ti merita e come al solito
quando lo capirai
sarà troppo tardi >> dice.
Non
è mai così severo
con me. So che è per il mio bene ma io sono felice con Luck.
Perché non gli va
giù?
<<
E chi mi merita
papà, Derek? >> chiedo.
<<
Derek, Mark,
Federic o Dylan o qualunque altro ragazzo che non sia lui
>> risponde.
<<
Ma adesso è
diverso, lui è diverso con me >> dico.
<<
Lo hai detto
anche l’altra volta ma come vedi, avevo ragione io e tutte le
persone che ti
vogliamo bene >> risponde.
È
vero. Tutti me lo
ripetono all’infinito, ma io sono testarda. Se non ci provo e
non ci sbatto la testa,
non lo capisco. E forse sarà così, ma cosa posso
farci, sono fatta così.
<<
Adesso devo
andare, pensaci tesoro >> continua.
<<
Ciao papà
>> rispondo.
<<
A presto
>> termina.
Salta
in macchina e va
via. Già mi manca. Forse ha ragione, lui non si sbaglia mai.
Ma magari questa
volta sì.
Ma
chi voglio prendere
in giro, so che ha ragione, ma non ho abbastanza coraggio per
ammetterlo.
Adesso ho bisogno di schiarirmi le idee. Metto gli auricolari
dell’ipod e
comincio a correre. Mi piace correre, mi fa sentire libera, senza
pensieri e
senza limiti. Proprio quello che ci vuole adesso.
E
dopo una lunga corsa
meglio tornare a casa a dissetarsi.
Entro
in casa e mi
precipito in cucina, anzi nel frigo per prendere qualcosa.
<<
Tesoro, tutto
bene? >> chiede mamma.
<<
Sì, sono andata
a correre >> rispondo.
<<
Lo vedo, forse
è meglio che vai a farti una doccia >> dice.
<<
Infatti, meglio
che vada >> rispondo.
<<
Aspetta, sei
ancora arrabbiata con me? >> chiede.
<<
No mamma
perché? >> rispondo.
<<
Per averti
mandato a New York >> dice.
<<
No mamma, mi è
passata già da un po’ >> rispondo.
<<
Meno male,
perché mi sei mancata tesoro >> dice
invitandomi tra le sue braccia.
<<
Anche tu
>> rispondo avvicinandomi.
<<
Credimi non
volevo punirti mandandoti dai nonni, volevo solo che li conoscessi
meglio e poi
avevi bisogno di allontanarti da qui per un po’, tra Luck,
gli esami,
l’incidente e tutto il resto avevi bisogno di evadere per un
po’ >> dice.
<<
Lo so mamma e
ti ringrazio, non mi pento di essere andata a New York, anzi sai, ho
rivisto
Cloe, ti ricordi di lei? >> chiedo.
<<
Non mi è nuovo
questo nome, però sinceramente non mi ricordo
>> risponde.
<<
Eravamo a
scuola insieme, solo che lei è un anno più grande
di me >> dico.
<<
Magari mi
tornerà in mente >> risponde.
Mi
allontano da lei e mi
dirigo verso il bagno. Ho bisogno di una doccia immediatamente.
<<
Ah Lila, quasi
dimenticavo, c’è un ragazzo in giardino che ti
cercava prima e ti sta
aspettando >> urla dalla cucina.
Un
ragazzo in giardino?
Che aspetta me? Chi può essere? Vado subito in giardino,
muoio dalla curiosità.
<<
Sei arrivata
finalmente >> dice alzandosi in piedi da uno scalino.
Il
mio cuore ha perso un
battito.
<<
C-che ci fai
qui? >> chiedo sbalordita.
Non
può vedermi in
questo stato, fradicia di sudore dopo un’ora di corsa!
<<
Sono venuto per
cercare te >> risponde.
<<
E come hai
fatto a trovarmi? >> chiedo.
<<
Ho chiesto ai
tuoi nonni, tutte le sere ti aspettavo davanti al cancello della villa,
speravo
che saresti tornata, ma dato che non l’hai fatto, sono venuto
io da te >>
risponde.
Non
dico niente,
possibile che mi lascia sempre senza parole?
<<
E poi la tua
casa si riconosce tra tutte, hai detto che era quella con il giardino
più bello
e fiorito, quindi è stato facile trovarti >>
continua.
<<
Sei senza
parole? >> continua.
<<
Sì, non posso
credere che tu… >> rispondo.
<<
Ok, allora
parlo io >> dice.
M’invita
a sedermi
vicino a lui su un gradino. Dovrei fare gli onori di casa e invitare
Derek
all’interno, sederci su una comoda poltrona e magari
offrirgli qualcosa, ma non
posso, non ci riesco.
<<
Devo chiederti
scusa, so che avrei dovuto dirti subito chi ero e parlarti di mio padre
e della
nostra condizione >> dice.
<<
Infatti,
avresti dovuto, ma non l’hai fatto >> rispondo.
<<
E cosa avrei
dovuto dirti? Che mio padre è un ricco senatore newyorkese e
che sta con una
ragazza che potrebbe essere la mia fidanzata? >> dice
infuriato.
<<
Scusa, io non…
>> dico dispiaciuta.
<<
Tu non lo
sapevi, è solo questo quello che sai dire >>
risponde infuriato.
<<
Come potevo
saperlo se tu non ti confidi con me >> dico.
<<
Lo stavo
facendo, non lo avevo mai fatto con nessuno prima di te, ma tu vuoi
tutto e
subito ed io… >> risponde.
<<
Tu vuoi i tuoi
tempi >> lo interrompo.
<<
Esatto, quello
che non mi hai dato >> risponde.
<<
E un mese non
ti basta? >> chiedo.
<<
Che cosa vuoi
che sia un mese per raccontare gli ultimi tredici anni della mia vita,
da
quando se n’è andata mia madre >>
risponde.
Non
rispondo, non so
cosa dire. Vorrei mettere da parte il mio orgoglio ma… non
ci riesco.
<<
Io non volevo
perdere anche te e avevo paura che dicendotelo ti saresti allontanata
da me
>> continua.
<<
Non ti avrei
mai abbandonato se fossi stato sincero fino in fondo con me
>> rispondo.
Non
dice niente. Si è
calmato.
<<
Derek, tu sei
diverso e poi sai che ti dico, che i ricchi non sono poi
così male, almeno
quelli che conosco io >> continuo.
<<
Ti chiedo scusa
Lila, io ero venuto qua per scusarmi e invece ho fatto una scenata
>>
dice con un filo di voce che quasi stento a sentire.
<<
Ti sei sfogato con
qualcuno e ne avevi bisogno. Anche questo è un modo per
aprirti >>
rispondo.
<<
Ricominciamo
daccapo e da adesso in poi niente più segreti e bugie
>> dice più
sollevato.
<<
Vedi Derek,
sono cambiate un po’ di cose da quando ho lasciato New York
>> rispondo.
<<
Non è cambiato
niente Lila, io… >> dice.
<<
Io sono
cambiata, vedi io… >> lo interrompo.
<<
Mi adatterò
anche alla nuova Lila, ho due biglietti per New York, uno spero lo
userai tu e
domani saliremo insieme su quell’aereo >>
m’interrompe.
Come
faccio a dirglielo?
Come faccio a dirgli di Luck dopo che ha fatto tutto questo per me.
Però devo
farlo, niente più segreti tra noi.
<<
Poi magari
potrei presentarti mio padre e… >> continua.
<<
Derek io sono
tornata con Luck >> dico secca interrompendolo.
Ferma
il suo discorso di
scatto. Mi guarda dritto negli occhi e resta immobile, come
pietrificato.
<<
Derek mi
dispiace io non volevo… >> continuo.
Si
alza e se ne va.
Lo
seguo cercando di
spiegargli ma è tutto inutile. Non mi ascolta.
<<
Derek >>
urlo fermandomi dopo che l’ho inseguito per un paio
d’isolati.
Non
si ferma, non si
volta. Niente.
Sono
vicina a casa di
Alice, meglio parlarne con lei, ho bisogno del suo conforto.
<<
Lila che…
>> dice vedendomi piangere davanti alla sua porta.
Le
racconto tutto, per
filo e per segno. Non della madre di Derek però, quello
è un segreto tra me e
lui. Il nostro segreto.
<<
Ma come cavolo
puoi farti scappare un tipo così, amica mia, come
>> dice.
<<
Lo so, sono una
stupida Alice, lo so >> rispondo.
Mi
abbraccia. Non so se
i vestiti sono bagnati dal sudore dato che non ho potuto fare la doccia
o dalle
mie lacrime. Non lo so. Non so niente adesso, sono più
confusa di prima.
Passo
la notte a casa di
Alice, ho bisogno di un’amica. Almeno per questa notte.
----------------------
Si
dice che la notte
porti consiglio e in effetti qualcuno me lo ha portato.
L’arrivo improvviso di
Derek ha sconvolto tutti i miei piani, tutte le mie certezze sono
crollate,
tutti i miei sentimenti si sono riaccesi. In realtà non si
sono mai spenti,
sono stati solo offuscati dalla rabbia e dalla delusione. Solo adesso
mi
accorgo che Luck è solo il rimpiazzo di Derek, che la mia
storia con Luck è
solo un modo per sfuggire dalla realtà, per sfuggire da
Derek. Luck è il mio
primo amore, il ragazzo che per la prima volta mi ha fatto battere il
cuore,
forse è per questo che ho voluto rimettermi con lui. Ma non
è lui che voglio, il
mio cuore adesso appartiene a un altro.
<<
Grazie Alice
>> dico.
<<
Di cosa?
>> chiede.
<<
Di avermi
ospitato per questa notte e di essermi stata vicino >>
rispondo davanti
alla porta.
<<
Non devi
ringraziarmi, se volevi, potevi ancora restare >> dice.
<<
Grazie, ma
preferisco tornare a casa >> rispondo.
Adesso
la prima cosa da
fare è andare da Luck e chiarire la nostra situazione. Non
ha più senso ormai…
Mi
trema la gamba. Il
mio telefono.
<<
Pronto?
>> dico.
<<
Lila, ciao sono
Cloe, come va? >> chiede.
<<
Cloe che
piacere sentirti, diciamo bene tu? >> rispondo.
<<
Non mi lamento,
ti chiamavo per dirti che ho delle informazioni sulla madre del tuo
amico
>> dice.
Cosa?
Suo padre ha
trovato la madre di Der?
<<
E cosa avete
scoperto? >> chiedo.
<<
In realtà ha
fatto tutto mio padre e vorrebbe parlarne con te e il tuo amico nel suo
ufficio
>> dice.
<<
Non puoi dirmelo
così? >> insisto.
<<
Io non so
nulla, mio padre mi ha solo detto di fartelo sapere >>
risponde.
<<
Va bene, grazie
Cloe, ci sentiamo >> dico.
<<
Di niente Lila,
a presto >> risponde riattaccando.
Devo
dirlo a Derek, lui
ha il diritto di saperlo, anche se adesso non parla con me.
Torno
a casa e preparo
le valige. Devo salire su quell’aereo.
<<
Stai partendo?
>> chiede Sam entrando in camera.
<<
Sì, torno a New
York >> rispondo.
<<
Che è successo,
va tutto bene? Perché questa decisone improvvisa?
>> chiede.
<<
Adesso non
posso spiegarti Sam, non ho tempo, però ti prometto che te
lo racconterò
>> rispondo.
<<
Ah, quasi
dimenticavo, inventa qualcosa a mamma sul perché torno a New
York così in
fretta >> continuo.
<<
Ma cosa vuoi
che le dica? >> chiede.
<<
Non lo so, sei
tu quella che ha fantasia in famiglia e… un’altra
cosa, dimmi a che ora parte il
volo di oggi per New York, ok? >> rispondo.
<<
Va bene,
controllo su internet >> dice.
<<
Perfetto, ciao
sorellina, ci vediamo presto >> dico abbracciandola.
<<
Fa attenzione
>> risponde.
<<
Lo farò
>> termino.
Prendo
le valige e mi
dirigo verso la mia auto, devo fare una sosta prima.
<<
Ah e prendete
l’auto all’aeroporto poi >> urlo
dall’ingresso.
Non
risponde, spero
abbia capito.
<<
Lila, stavo
venendo da te, mi hai preceduto >> dice vedendomi
arrivare.
<<
Bene, meno male
che ti ho trovato allora, Luck devo dirti una cosa
importante… >>
rispondo.
<<
Vieni
accomodati >> m’invita.
Il
suono di un sms ci
interrompe. È Sam.
“Il
volo parte alle
dodici”.
Alle
dodici? Sono le
undici ed io sono ancora qui.
<<
Non ho tempo
>> dico frettolosamente.
<<
Tutto bene?
>> chiede vedendomi così.
<<
Vedi io… cioè
noi… ehm… devo tornare a New York
>> dico.
Non
c’è l’ho fatta, io
non ho mai scaricato un ragazzo e non posso farlo di fretta, non
adesso. Lui
merita una spiegazione che adesso non posso dargli.
<<
Cosa? E vuoi
lasciarmi di nuovo qui? >> chiede sorpreso.
Sapevo
che avrebbe
reagito così.
<<
Luck credimi
non lo avevo programmato, devo solo partire per un po’
>> rispondo.
<<
E per quale
motivo tanta fretta? >> chiede.
Ecco,
per quale motivo?
Devo inventarmi qualcosa alla svelta.
<<
Ehm… i miei
nonni… loro… loro sono stai derubati e mi hanno
chiamato per testimoniare la
scomparsa di alcuni oggetti di valore >> rispondo.
<<
Ah, mi
dispiace, allora non ti trattengo, vuoi che ti accompagni
all’aeroporto?
>> chiede.
<<
No no, sta
tranquillo, ho la mia auto >> rispondo.
<<
Non sparire,
intesi? >> mi raccomanda.
Annuisco
sorridendo, non
posso prometterglielo. Sarebbe stato meglio se gli avessi detto che era
finita
tra noi ma non c’è la faccio adesso, non con
l’ansia che ho addosso. Mi bacia e
mi lascia andare. Per fortuna mi ha creduto. Sarà pure
bello, ma non è molto
astuto. Mi dirigo subito verso l’aeroporto, speriamo che
Derek sia ancora lì.
Eccolo,
lo vedo là,
seduto in una poltrona con lo sguardo perso. Non posso avergli fatto
così male.
Non voglio credere di averlo ferito così tanto.
<<
È ancora valida
la tua offerta? >> chiedo avvicinandomi a lui dalle
spalle.
Si gira di scatto, come se
mi stesse
aspettando.
<<
Che ci fai qui?
>> chiede freddamente.
<<
Non posso mica
sprecare un biglietto >> rispondo ironica.
<<
Era
rimborsabile, non me la dai a bere >> dice.
Non
posso inventare
ancora scuse e sperare che tutti mi credano. Non con lui. Lui non
è come Luck.
<<
Mi dispiace per
ieri, per quello che ti ho detto di me e Luck >> dico.
<<
No, dispiace a
me, non avrei dovuto reagire così, in fondo tu eri libera,
non eravamo mica una
coppia >> risponde.
<<
Derek io ci
tengo a te e non voglio vederti soffrire >> dico.
<<
Anch’io e forse
è per questo che ho reagito così ieri
>> risponde.
<<
Allora è tutto
apposto, pace fatta? >> chiedo.
Mi
sorride e già mi
basta per capire tutto.
Saliamo
sull’aereo, non
ho ancora avuto il coraggio di dirglielo. Forse è meglio
dirglielo quando
avremo decollato, così non potrà scappare,
perché è questo quello che fa,
scappa. Scappa dalla realtà, proprio come me o perlomeno
come facevo prima. Ma
prima o poi devi affrontarla e meglio farlo subito prima che sia troppo
tardi.
Cominciamo
a parlare
durante il volo come due vecchi amici che si raccontano, si dicono
tutto. Ecco,
tutto, quindi è meglio parargli dell’investigatore.
<<
Devo dirti una
cosa >> lo interrompo dal suo discorso.
È
tutt’orecchi, aspetta
di sapere.
<<
Quando ero a
New York, ho incontrato la mia vecchia amica Cloe, sai te ne avevo
parlato…
>> continuo.
<<
Ah sì, la tua amica
d’infanzia >> m’interrompe.
<<
Ecco, suo padre
ha un’agenzia investigativa ed io avrei potuto parargli di
tua madre… >>
dico.
Rimane
scioccato, come
se lo avesse colpito un fulmine.
Adesso
torna sulla
Terra, anzi tra le nuvole, proprio dove siamo adesso.
<<
Come hai potuto
fare una cosa simile e senza il mio consenso peraltro >>
risponde alzando
la voce.
<<
Non urlare, abbassa
la voce o vuoi che tutti sappiano la tua storia >> dico
sottovoce.
<<
Non ne avevi
nessun diritto >> dice sottovoce.
<<
Lo so e avrei
dovuto dirtelo subito, solo che non volevo darti false speranze se non
la
trovavano >> rispondo.
Non
dice niente, forse è
meglio lasciarlo calmare.
Tutto
il volo continua
così. Resta in silenzio, non dice una parola. Appena
scendiamo dall’aereo,
prendiamo un taxi e mi accompagna a casa dai nonni. Quando arriviamo
davanti al
cancello, scendo dal taxi e prendo le valige.
<<
L’hanno
trovata? >> mi chiede all’improvviso dal taxi.
<<
Non lo so, suo
padre vuole parlarci di persona, ma io non ho preso nessun
appuntamento, sarai
tu a scegliere cosa fare >> rispondo.
<<
Grazie >>
dice.
Chiude
la portiera e il
taxi si allontana lasciandomi davanti al cancello. Prendo le valige ed
entro
nella villa.
<<
Lila, tesoro,
che ci fai qui? >> chiede la nonna vedendomi arrivare.
<<
Sono tornata a
New York >> rispondo.
<<
Mi fa piacere,
ti faccio preparare la tua stanza >> dice.
<<
Grazie nonna
>> rispondo.
Ho
bisogno di
tranquillità. Un bel bagno caldo, una gustosa cenetta e una
bella dormita sono quelli
di cui ho bisogno adesso. Ed è proprio quello che
farò.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Un passo alla volta ***
Un
passo alla volta
<<
Nonno ha
chiamato il signor Doulein per l’appuntamento, è
confermato per le quattro e
anche la signora Jones vuole incontrarti verso le sei, poi ha
chiamato…
>> dico indaffarata guardando l’agenda del
nonno.
<<
Lila, vuoi
darti una calmata, è da quando sei tornata che ti impegni
troppo sul lavoro
>> risponde interrompendomi.
<<
Ma io lo faccio
volentieri, davvero… >> dico.
<<
E mi fa
piacere, ma dammi quell’agenda, per oggi hai finito
>> dice prendendomi
l’agenda dalle mani.
<<
Ma io… >>
rispondo.
<<
Non si discute,
vai adesso >> dice.
<<
Grazie >>
rispondo.
<<
Non
ringraziarmi >> termina.
Lo
so, infatti, perché
lo sto facendo? Lavorare mi distrae da tutto il resto, è un
modo per non
pensare a Derek. Non lo sento da più di tre giorni ormai,
sarà ancora
arrabbiato con me. Beh, come dargli torto, non avrei dovuto
intromettermi, è
una faccenda privata riguarda la sua famiglia ed io non centro niente.
Devo
distrarmi adesso,
quindi meglio inventarmi qualcosa. Prendo la metro e decido di andare
in un
posto speciale, nel suo posto speciale. Ci sono andata abbastanza volte
da imparare
la strada. È davvero un posto speciale,
c’è tanta tranquillità lì e
c’è lui. Ma
a quest’ora non penso ci sarà e forse è
meglio così. Che cosa dovrei dirgli
scusa? Mi dispiace?
Eccomi.
È una sensazione
bellissima stare qui, gli alberi, gli uccellini che cinguettano,
un’atmosfera
davvero rilassante. Mi stendo sull’erba fresca del mattino a
guardare il cielo
e a fantasticare su ogni nuvola che vedo passare sopra di me.
<<
Bello vero
>> dice una voce da dietro un albero.
<<
Derek, mi hai
spaventata >> rispondo.
Si
avvicina e si stende
accanto a me.
<<
Scusa, non
volevo >> dice.
Rimaniamo
distesi a
fissare il cielo, nessuno parla. Nessuno fa la prima mossa.
<<
Scusa >>
diciamo contemporaneamente.
<<
Prima tu
>> dice.
<<
Mi dispiace per
la storia dell’investigatore, non avrei dovuto impicciarmi e
anche per Luck,
per aver reagito male a casa di tuo padre e per tutto quanto
>> dico.
<<
Anche a me
dispiace di averti trattato in quel modo, per non essere stato sincero
fino in
fondo con te, per come ho reagito a casa tua e per il tuo fidanzato
>>
risponde.
<<
Lui non è il
mio fidanzato >> mi affretto a dire.
Beh,
in realtà lo è, ma
mi nascondevo dalla verità. Mi nascondevo da quello che
provavo e provo per
Derek.
<<
Vi siete
lasciati? >> chiede.
<<
In un certo
senso >> rispondo.
<<
Quindi non
ancora >> dice.
<<
Ma lo farò
presto, non ha senso continuare una storia quando non ci sono
più i sentimenti
>> rispondo.
Non
la prenderà bene
Luck. Lo so già. È per questo che ho bisogno di
tempo.
Cala
di nuovo il
silenzio, odio questi momenti imbarazzanti.
<<
Come hai fatto?
>> chiede all’improvviso.
<<
A fare cosa?
>> rispondo.
<<
A descrivere
all’investigatore mia madre, io non ti ho mai parlato di lei
>> dice.
<<
Ho usato
l’astuzia e mi sono fatta dare una mano >>
rispondo scherzosa.
<<
Quindi qualcun
altro è a conoscenza di questa storia? >>
chiede.
<<
No, no, tutto
sotto copertura. Vuoi sapere come ho fatto? >> chiedo
sarcastica.
<< Se non
è chiedere troppo >>
risponde ironico.
<<
Si chiama Mary
Cooper, me l’ha detto mio nonno >> dico.
<<
Astuta >>
risponde.
<<
Te l’avevo
detto >> dico sarcastica.
<<
Ma come ha
fatto ad avviare le ricerche, l’investigatore senza vedere
una sua foto o
qualcosa che la ritraesse? >> chiede.
<<
Lui ha una foto
>> rispondo.
<<
Come? >>
chiede sorpreso.
<<
Gliel’ho data
io >> rispondo.
<<
Come potevi
averla tu? >> insiste.
<<
Infatti non
l’avevo io, l’avevi tu >> rispondo.
Sembra
perplesso. Meglio
spiegarmi meglio.
<<
La sera dello
spettacolo, l’ultimo che abbiamo visto insieme, io non avevo
fame, ti ho
chiesto il portafogli per vedere se avessi una sua foto e
l’ho trovata >>
continuo.
<<
Riesci a
stupirmi ogni giorno di più >> dice incredulo.
<<
Derek davvero,
mi dispiace >> dico avvicinandomi a lui.
<<
È tutto ok, non
sono arrabbiato con te, tu hai fatto quello che io non sarei mai
riuscito a
fare >> risponde.
Lo
abbraccio e lui
ricambia. Ne aveva bisogno, io ne avevo bisogno. Avevo bisogno di
sentirlo
vicino.
<<
L’avresti
fatto, avevi solo bisogno di una spinta >> dico.
<<
E l’ho avuta,
proprio da te e spero verrai con me dall’investigatore
>> risponde.
<<
Certo che verrò
con te, ne sarei davvero felice >> dico contenta.
<<
Hai il suo
numero? >> chiede.
<<
No, ma te lo
farò avere subito >> rispondo.
<<
Un passo alla
volta >> dice.
<<
Giusto, un
passo alla volta >> rispondo.
<<
Cloe? >>
dico al telefono.
<<
Lila, ciao come
stai? >> chiede.
<<
Bene grazie, ti
chiamo per chiederti il numero di tuo padre >> rispondo.
<<
Il tuo amico si
è deciso? >> chiede.
<<
Credo di sì
>> rispondo.
<<
Certo, ti invio
il suo numero tramite sms quando riattacchiamo >> dice.
<<
Grazie, sei una
vera amica >> rispondo.
<<
Ti voglio bene
>> dice.
<<
Anch’io
>> termino riattaccando.
Eccolo,
il messaggio di
Cloe. Lo inoltro subito a Der. Per fortuna stamattina mi ha perdonato,
non so
per quanto ancora l’avrei sopportato. Vedere lui arrabbiato
con me mi fa stare
male. L’ho capito quando è venuto a Millville a
cercarmi ed è venuto per
riportarmi qui. E in un certo senso c’è riuscito.
Io l’ho deluso dicendogli di
me e Luck, ma non voglio più segreti tra noi, basta, lui non
lo merita.
--------------------------
Per
adesso faccio la
vita da reclusa, casa lavoro, lavoro casa e per la mia pigrizia
è l’ideale.
Sono solo le otto di sera ed io sono già in pigiama come una
nonna. Non la mia
ovviamente.
<<
Lila, Lila
tesoro, scendi subito >> urla la nonna
dall’ingresso.
Che
succede? Non è da
lei fare così. Esco dalla stanza e mi precipito da lei.
<<
Nonna che…Derek
>> dico col sopraffiato.
<<
Ciao Lila
>> dice guardandomi dalla testa ai piedi.
Oh
no. Sono in pigiama
davanti a lui. Che figura….
<<
C-che ci fai
qui? >> chiedo cercando di sistemarmi.
<<
Sono venuto a
prenderti >> risponde.
<<
Avevamo un
appuntamento? >> chiedo.
Non
mi dire che ho dimenticato
una cosa del genere!
<<
No, ma adesso
sì, vai a cambiarti o ci vieni così?
>> chiede scherzoso.
<<
Spiritoso
>> dico andando in camera.
Mi
preparo come meglio
posso, i capelli sono un disastro. Li lego in una lunga treccia, metto
un tocco
di mascara e… sono pronta.
<<
Non credevo
fossi così veloce a prepararti >> dice
vedendomi arrivare.
<<
Ci sono molte
cose che non conosci di me >> rispondo.
Beh,
in realtà non c’è
quasi niente. Sa tutto di me.
<<
Grazie signora
Wanderbilt >> dice alzandosi dal divano.
<<
Di nulla Derek,
divertitevi >> risponde.
<<
Tu vai, io ti
raggiungo tra un attimo >> dico a Der.
Si
dirige verso la moto.
<<
Nonna perché
non mi hai avvisato che di sotto c’era Derek?
>> chiedo sottovoce.
<<
L’ho fatto
tesoro, per ben tre volte, ma tu non scendevi >> risponde.
<<
Magari non ti
ho sentito? >> dico ironica.
Avevo
gli auricolari con
la musica ad alto volume, ecco perché!
<<
Non vorrai far
aspettare quel bravo ragazzo >> risponde.
Già,
meglio di no.
<<
Ne riparleremo
>> dico scherzosa.
<<
Buona serata
tesoro >> termina chiudendomi la porta alle spalle.
Mi
dirigo verso di lui,
speriamo non parli ancora di prima.
<<
Era la tua
tenuta da casa? >> chiede scherzoso.
<<
Divertente,
dove hai intenzione di portarmi? >> chiedo.
<<
È una sorpresa
>> risponde.
<<
Tu vivi di
sorprese >> dico.
Salgo
in sella e mi
lascio trasportare da lui.
Arriviamo
in un posto
dove c’è una confusione pazzesca.
<<
Dove siamo?
>> chiedo urlando per il fracasso.
Mi
prende per mano e mi
porta dentro un edificio, sembra uno stadio.
<<
Vuoi dirmi cosa
ci facciamo qui? >> insisto.
<<
Lo scoprirai da
sola >> risponde.
Non
ho neanche il tempo
di rispondere che sul palco, che non vedo molto bene, arrivano loro.
Sono
proprio loro.
I
Blu Rock.
Non
posso crederci, mi
ha portato al concerto del mio gruppo preferito.
<<
Come sapevi che
io adoro i Blu Rock? >> chiedo urlando.
<<
Io so tutto di
te >> risponde.
È
vero, lui sa tutto di
me.
E
dopo un bel po’ di
mesi eccomi di nuovo qui. Non proprio qui. L’ultima volta ero
a Millville e non
ero proprio io, era la nuova Lila, quella tutta perfettina di cui si
è innamorato
Luck. Adesso è tutto diverso, io sono diversa. Sono a New
York, sono proprio
io, la Lila di sempre e sono con lui. Con Derek.
Mi
scateno al ritmo
della musica, la loro musica, la mia musica. Non pensavo che Derek
frequentasse
questi posti, lui è diverso, è più il
tipo da opera che da concerto. E quando
purtroppo il concerto è finito, lui da bravo galantuomo mi
riaccompagna a casa.
<<
Grazie >>
dico indossando il casco.
<<
Non devi
ringraziarmi >> risponde.
<<
E invece sì e
scommetto che adesso mi riaccompagnerai a casa >> dico.
<<
E dove vorresti
andare a quest’ora della notte? >> chiede.
<<
All’Empire
State Building >> rispondo.
<<
Che cosa vuoi
fare all’Empire? >> chiede.
<<
È una sorpresa
>> rispondo.
Mi
sorride, ha il suo
sguardo complice. Non ha bisogno di altre domande, lui si fida di me.
<<
Odio
quest’ascensore, non si arriva mai >> dico.
<<
Lo so, ma tu
sei voluta venire, io… >> risponde.
<<
Sì, sì lo so,
per stasera posso anche sopportare l’ascensore
>> lo interrompo scherzosa.
Finalmente
arriviamo in
cima. La vista è splendida da quassù.
<<
Vuoi dirmi
adesso perché siamo qui? >>chiede.
<<
Perché voglio
ringraziarti, voglio ringraziarti per quello che fai per me,
perché sei con me,
per quello che hai fatto stasera… >> rispondo.
<<
Io non ho fatto
niente, tu… >> m’interrompe.
<<
Shhh… aspetta
>> lo interrompo tappandogli la bocca.
<<
Tu non sei il
tipo da Blu Rock, lo so benissimo e questo significa che lo hai fatto
per me ed
io adesso voglio fare qualcosa per te >> continuo.
Mi
guarda dritto negli
occhi con il suo bellissimo sorriso a cui è impossibile
resistere.
<<
Tutto è
cominciato da qui, anzi stava per iniziare, ma io mi sono tirata
indietro,
adesso no, adesso sono pronta >> dico.
Non
dice niente, meglio
continuare.
<<
Quando ci siamo
conosciuti Der, io ho provato una strana sensazione, che non ho mai
provato
prima d’ora e a questa sensazione adesso so attribuire un
nome, Derek io…
>> continuo ma sono interrotta.
Lui
si avvicina a me e
mi zittisce con un bacio.
<<
Anch’io
>> dice sottovoce.
Non
ho detto ancora
niente ma lui ha già capito. Non servono le parole per
questo genere di cose.
<<
Adesso è meglio
che ti riaccompagni a casa >> dice.
<<
È quasi l’alba
ormai, restiamo qui >> rispondo.
In
realtà all’alba manca
più di un’ora, ma non voglio che questo momento
finisca.
Ci
sediamo in una
panchina e tra le sue braccia mi sento felice. Potrei affrontare e
superare di
tutto e con New York ai nostri piedi aspettiamo l’alba. Tutto
sta per iniziare,
un nuovo giorno, una nuova fase della mia vita. Tutto sta per cambiare
e spero che
questa volta sia per sempre.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Il mio Derek ***
Il
mio Derek
<<
Buongiorno
>> diciamo entrando nell’ufficio.
<<
Buongiorno,
prego accomodatevi >> risponde il padre di Cloe.
Derek
è nervoso, lo
sento da come mi stringe la mano.
<<
Ho fatto delle
ricerche su questa donna Mary Cooper, è sua madre?
>> chiede indicando la
foto.
<<
Sì >>
risponde secco.
<<
Ho trovato
diverse Mary Cooper qui in America e nessuno somiglia alla donna in
foto
>> dice.
Non
so se Derek è
sollevato da queste parole.
<<
Magari è
cambiata, a quanto risale questa foto? >> chiede.
<<
Avevo quattro
anni quindi circa diciassette anni fa >> risponde.
<<
Non hai foto
più recenti? >> chiede.
<<
No, non penso,
a casa mia non ci sono più sue foto >> dice
Derek.
Sicuramente
suo padre le
avrà fatte sparire.
<<
Se magari ne
trovi qualcuna, portamela >> risponde
l’investigatore.
Derek
annuisce, ha lo
sguardo triste che odio vedere nei suoi occhi.
<<
Parlami di lei
>> continua.
<<
Non la ricordo
molto >> risponde.
<<
Quanti anni può
avere, sai la sua data di nascita? >> chiede.
<<
19 Aprile 1968
>> risponde.
<<
Quindi
quarantacinque anni, possiamo elaborare il suo volto sulla base della
foto con
il computer, se ci aiuterai >> dice.
<<
Va bene
>> risponde Der.
Ci
conduce in una stanza
piena di apparecchiature che non ho mai visto in vita mia e ci
avviciniamo a
una specie di computer.
<<
Prego
accomodatevi, non ci siamo ancora presentati, io sono Robert Monroe
>>
dice porgendoci la mano.
<<
Lila Montgomery
>> rispondo.
<<
Derek Foster
>> dice stringendogli la mano.
<<
Allora Derek
tua madre diciassette anni fa era così, adesso vediamo come
potrebbe essere
>> dice il signor Monroe mettendosi al lavoro.
E
dopo un bel po’ di
tempo ecco come potrebbe essere il suo volto. È identica a
Der, si somigliano
davvero molto. Al contrario di suo padre, non avrei mai detto che quei
due
potessero essere padre e figlio.
<<
Bene Derek
adesso ho più informazioni su tua madre, ti farò
sapere se ci saranno novità
>> dice salutandoci.
<<
Grazie signor
Monroe >> risponde Der aprendo la porta.
<<
Grazie ancora,
arrivederci >> termino.
Appena
usciamo da
quest’ufficio, Der tira un sospiro. Non so se di sollievo
però.
<<
Tutto bene?
>> chiedo.
Annuisce,
nei suoi occhi
vedo dispiacere misto a rabbia. Forse sperava che il signor Monroe
l’avesse già
trovata. È per questo che non volevo dirglielo, per non
illuderlo e dargli
false speranze.
<<
La troverà, ne
sono sicura >> dico.
Mi
stringe a se, non
piange ma so che ne avrebbe bisogno. Lo so, lo sento.
<<
Grazie di
essere venuta con me >> dice.
<<
Te l’avevo
promesso, io per te ci sarò sempre >> rispondo.
È
giù, lo vedo, meglio
cambiare argomento.
<<
Sto morendo di
fame, perché non mi porti a mangiare qualcosa?
>> chiedo scherzosa.
<<
Non ti
allontanerei mai dal tuo amato pranzo >> risponde
sarcastico.
Ecco
questo è il Derek
che conosco, il vero Derek, il mio Derek.
E
dopo una giornata come
questa l’unica cosa che desidero è spaparanzarmi
sul letto e fare una bella
dormita. Ma i miei piani non sempre vengono rispettati.
<<
Sorpresa
>> dicono Alice e Cathy quando apro la porta della mia
stanza.
<<
Ragazze, che ci
fate qui? >> chiedo davvero sorpresa.
<<
Siamo venute
per aprire queste >> dice Alice mostrando delle buste.
<<
Sono già
arrivate le lettere di ammissione? >> chiedo.
<<
Sì e dovendoti
portare la tua abbiamo pensato di aprirle tutte insieme
>>dice Cathy.
<<
Allora
facciamolo subito, meglio togliersi il pensiero >>
rispondo.
<<
Non sai che
tentazione abbiamo avuto per tutto il viaggio >> dice
Alice.
<<
Immagino e
grazie di avermi aspettato >> rispondo.
Ci
sediamo sul letto e ognuna
apre lentamente la propria busta.
“Gentile
Sig.na
Montgomery… siamo lieti di comunicarle… che
è stata ammessa alla nostra
università”.
Ecco
le ultime parole
sono quelle che m’interessavano.
<<
Sono stata
ammessa >> urlo esultando.
Loro
leggono attentamente,
non come me.
<<
Anch’io, sì
>> urla Cathy poco dopo.
<<
E tu Alice?
>> chiedo.
Una
lacrima le riga il
volto.
<<
Alice non mi
dire che… >> dice Cathy.
Questo
basta già, la sua
espressione dice tutto. Non è stata ammessa.
<<
Io lo sapevo,
l’ho sempre saputo >> dice piangendo tra le
nostre braccia.
Che
cosa puoi fare di
più che abbracciarla? Quali parole puoi usare: dai riprova
l’anno prossimo nel
frattempo resta a Millville mentre noi restiamo qui?
<<
Allora non ci
andrò neanch’io >> dico cercando di
tirarle su il morale.
<<
Giusto o tutti
o nessuno >> continua Cathy.
<<
No, ragazze non
me lo perdonerei mai, voi siete entrate ed io no, è
così che doveva andare
>> risponde.
<<
Ci sarà pure
qualcosa che potremo fare >> dice Cathy.
<<
Ormai è tardi,
domattina andremo alla Columbia e vedremo cosa fare >>
dico.
Alice
non risponde, è
davvero triste, forse non l’avevo mai vista così
giù.
<<
Dai vedrai che
tutto si aggiusterà >> la consola Cathy.
E
tra i suoi singhiozzi
ci addormentiamo l’une nelle braccia dell’altre.
----------------------------
<<
Ma ci sarà pure
una soluzione >> dico.
<<
Mi dispiace ma
tutte le lettere di ammissione sono state inviate, non so come aiutarvi
>> risponde gentilmente il segretario
dell’università.
Alice
ha lo sguardo per terra,
non ha spiccicato una parola da quando siamo qui.
<<
E si può cedere
il mio posto a lei? >> chiede Cathy.
<<
Cosa dici?
>> risponde in fretta Alice.
<<
No,
impossibile, puoi rinunciare, ma il tuo posto sarà assegnato
al prossimo in
lista >> dice il segretario.
<<
Grazie lo
stesso, arrivederci >> dico.
<<
Arrivederci
>> continuano Alice e Cathy uscendo dal campus.
<<
Dai tirati su,
vedrai che qualcosa ci inventeremo >> dico rassicurandola.
<<
No, ormai non
ho speranze, voglio tornare a Millville >> risponde con
gli occhi lucidi.
Vedo
che si sta
trattenendo, non vuole farci sentire in colpa, ma troppo tardi,
è già successo.
Mi
squilla il telefono e
mi allontano un attimo.
<<
Pronto?
>> dico.
<<
Sei libera
stasera? >> chiede Der.
<<
Derek mi
dispiace ma per adesso sono impegnata, ho altro per la testa
>> rispondo.
<<
Che succede,
tutto bene? >> chiede.
<<
Diciamo di sì…
>> rispondo.
<<
È Derek?
>> chiede Cathy sottovoce.
Annuisco.
<<
Vogliamo
conoscerlo >> continua Alice un po’
più tranquilla.
Non
posso negarle una
piccola gioia, sembra più serena cambiando argomento.
<<
Che né di
vederci adesso? >> chiedo a Der.
<<
Adesso? Non eri
impegnata? >> risponde sarcastico.
<<
Voglio
presentarti qualcuno >> dico.
<<
Central Park
tra mezz’ora? >> chiede.
<<
Va bene, ci
vediamo lì >> termino.
<<
Ha detto sì?
>> chiede Cathy.
<<
Sì, andiamo
>> rispondo.
E
per tutto il tragitto
non fanno altro che assillarmi di domande su di lui, su di noi.
<<
Eccolo >>
dico vedendolo in sella alla sua moto da lontano.
<<
È quello là?
>> chiede Alice.
<<
Già >> mi
limito a dire.
Ci
avviciniamo e lui
scende dalla moto.
<<
Wow lui è…
>> continua Cathy.
<<
Ehi, loro sono
Alice e Cathy >> dico presentandogliele.
<<
Piacere
>> dicono all’unisono.
<<
Mi ha parlato
molto di voi >> dice lui.
<<
Anche a noi di
te >> dice Alice.
Questo
non doveva dirlo!
Non
so se salutarlo come
facciamo di solito ormai o non fare niente. Ed è quello che
sto facendo,
niente. Sono un po’ in imbarazzo.
<<
Cathy guarda
quello dei gelati, andiamo a prenderne uno, muoio di fame
>> dice Alice.
<<
Ma io non ho
fame… >> dice Cathy venendo in pratica
trascinata da Alice.
Mi
ha capito al volo e
restiamo soli.
<<
Simpatiche le
tue amiche >> dice lui.
<<
Già >>
rispondo.
<<
Sei in
imbarazzo? >> chiede.
No,
adesso no. Mi
avvicino a lui e lo bacio, quello che avrei dovuto fare fin
dall’inizio. Solo
che farlo davanti alle mie amiche mi è sembrato un
po’… strano. Ecco strano è
l’aggettivo giusto, non saprei descriverlo meglio.
<<
E mi hai
presentato come? >> chiede.
<<
Come? >>
rispondo.
<<
Un amico,
qualcosa più di un amico, il tuo ragazzo…
>> dice.
Ecco,
come l’ho
presentato? Loro sanno quello che è successo tra noi, quindi
sanno che stiamo
insieme, però non glielo ho mai detto.
<<
Come… Derek
>> rispondo.
<<
Derek chi?
>> chiede scherzoso.
<<
Il mio Derek
>> rispondo.
A
interromperci arrivano
loro con… i gelati.
<<
Non sapevamo
che gusto prenderti così abbiamo pensato di prendertelo come
quello di Lila
>> dice Alice porgendogli il gelato.
<<
Grazie, ma non
era il caso >> risponde.
Passeggiamo
per il parco
per un bel po’ di tempo e gli raccontiamo anche della
Columbia.
<<
E quindi non
c’è nessuna speranza di entrare? >>
chiede lui.
<<
No, siamo
andati stamattina e ci hanno detto che non si può fare
niente >> risponde
Cathy.
<<
E hai provato
con altri college? >> chiede lui.
Vero,
non ci avevo
pensato. New York è piena di college.
<<
No,
sinceramente non mi aveva neanche sfiorato l’idea di
un’altra università
>> risponde Alice.
<<
Mio cugino
frequenta la NYU, se vuoi posso chiedergli se sono terminate le
iscrizioni
>> chiede lui.
<<
Tentar non
nuoce >> risponde Alice.
<<
Sarebbe
fantastico >> dico.
<<
Fatemi fare una
telefonata >> dice Der allontanandosi.
<<
È un ragazzo
stupendo >> dice Alice.
<<
È bellissimo
>> continua Cathy.
<<
Lo so, sono
fortunata ad averlo al mio fianco >> rispondo.
<<
Non come
quell’altro >> dice Alice.
<<
Luck >> sottolinea
Cathy.
<<
Adesso lo so,
per me Luck non conta più niente >> rispondo.
<<
E glielo hai
detto? >> chiede Cathy.
<<
E come se non
ci siamo più sentiti, magari si è dimenticato di
me >> rispondo.
<<
Speriamo
>> dice Alice.
A
interromperci è
l’arrivo di Derek.
<< Allora?
>> chiedo speranzosa.
<<
Dobbiamo
vederci alla NYU nel pomeriggio >> risponde.
<<
Ho qualche
speranza? >> chiede Alice.
<<
Non lo so, il
preside riceve questo pomeriggio, quindi possiamo andare là
e vedere che
succede >> risponde lui.
<<
Ed è quello che
faremo >> dico.
<<
William
>> urla Derek verso un ragazzo.
<<
Derek ciao, che
seguito! >> dice scherzoso.
<<
Lo so, loro
sono Lila, Alice e Cathy e lui è William, mio cugino
>> risponde Der.
E
dopo le presentazioni
ci conduce verso l’ufficio del preside.
<<
Buongiorno,
prego accomodatevi >> dice il preside.
<<
Grazie >>
rispondo.
Siamo
in quattro, sembra
che dobbiamo entrare in battaglia. Anzi in cinque, è
arrivato anche William.
<<
Preside loro
sono quelli di cui vi ho parlato stamattina >> dice
William.
<<
Ah sì e chi di
voi vuole entrare nella nostra università? >>
chiede.
<<
Io >>
risponde timidamente Alice.
Comincia
una
chiacchierata per conoscere meglio Alice, i suoi hobby, le sue
competenze, le
sue abilità…
<<
Bene, per te ho
una buona e una cattiva notizia >> dice il preside.
Perfetto,
ancora enigmi,
non ce ne sono già abbastanza?
<<
Quale vuoi per
prima? >> continua.
<<
La cattiva
>> risponde Alice.
<<
Le iscrizioni
sono terminate >> dice il preside.
Cosa?
Tutto questo per
niente?
<<
Ma la buona
notizia è che se vuoi posso metterti in lista
>> continua.
<<
Che cosa
significa in lista? >> chiede Alice.
<<
Che se qualche
studente che è stato ammesso dovesse tirarsi indietro tu
potresti entrare al
posto suo >> risponde.
<<
Ah, ehm… non
saprei >> dice Alice.
<<
Provaci, non
hai nulla da perdere >> dice Cathy.
<<
Infatti
>> dico tenendole la mano.
<<
Va bene, mi
metta pure in lista >> risponde Alice.
<<
Bene, allora ti
faremo sapere se puoi entrare al posto di qualcun altro
>> dice il
preside.
<<
Grazie >>
risponde Alice.
Lo
salutiamo e usciamo
dal campus.
<<
Grazie Will,
senza di te non avremmo avuto speranze >> dice Der.
<<
Sì, grazie
davvero >> continua Alice.
<<
Ma non ho fatto
niente >> risponde William.
<<
Come posso
sdebitarmi? >> chiede Alice.
Sembra
affascinata dal
cugino di Der.
<<
Magari con una
cena >> risponde William sarcastico.
<<
Certo, quando
vuoi >> dice Alice tutta contenta.
Finalmente
vedo un
sorriso sul suo volto. Non è che anche lei dovrebbe mettersi
con un Foster?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Un attimo ***
Un
attimo
<<
Ragazze, ma
dove volete portarmi conciata così? >> chiedo
curiosa.
<<
Dobbiamo
festeggiare, noi siamo entrate alla Columbia, Alice alla
NYU… >> risponde
Cathy.
<<
Non è ancora
detto >> dice prontamente Alice.
<<
Sì invece, ne
sono sicura, invece non capisco perché siamo tutte
così eleganti >> dico.
<<
Siamo a New
York tesoro, non a Millville >> risponde sarcastica Alice.
<<
Ho capito, ma
almeno ditemi dove andiamo >> dico.
<<
No, è una
sorpresa >> risponde Cathy.
Una
sorpresa? New York è
ricca di sorprese. Non so più cosa aspettarmi.
Arriviamo
in un
ristorante davvero elegante, non è da noi, non è
da loro.
<<
Ma che ci
facciamo qui ragazze? >> chiedo.
<<
Divertiti
>> risponde Alice.
<<
Cosa? >>
chiedo ma loro stanno già andando via.
<<
Ehi >>
dice una voce familiare alle mie spalle.
Mi
volto e davanti a me
si presenta come la prima volta più bello che mai. Solo
più elegante, con
giacca e cravatta.
<<
Der… cosa…
>> dico sbalordita.
<<
Sono state
davvero brave le tue amiche >> risponde.
<<
Hai organizzato
tutto tu? >> chiedo davvero sorpresa.
Mi
prende per mano e mi
conduce al nostro tavolo.
<<
È davvero
bellissimo questo posto >> dico guardandomi intorno.
<<
Tu sei
bellissima >> risponde.
Ok,
adesso mi fa
arrossire.
E
dopo squisiti piatti
che ho davvero apprezzato, mi chiedo il perché di questa
serata romantica.
<<
Perché mi hai
portata qui? >> chiedo.
<<
Perché voglio
chiarire una cosa >> risponde.
Lo
guardo perplessa. Che
succede?
<<
Tu non sai come
presentarmi alle tue amiche, io ai miei, così stasera lo
chiariamo >>
continua uscendo qualcosa dalla tasca della giacca.
<<
Derek >>
dico prendendo in mano quella scatolina.
La
apro lentamente.
<<
È bellissima
>> dico non appena la vedo.
<<
Ti piace?
Appena l’ho vista ho subito pensato a te >>
risponde.
<<
Me la metti,
voglio indossarla subito e non la toglierò più
>> dico.
Scosto
i capelli e
subito al collo ho una catenina con incise le nostre iniziali. L&D
<<
Io l’ho già
indossata, però è un bracciale, uguale alla
collana >> dice.
<<
Grazie, è
davvero un gesto bellissimo >> rispondo baciandolo.
<<
Quindi come
possiamo definirci? >> chiede sarcastico.
<<
Una coppia
>> rispondo.
<<
Proprio quello
che volevo sentirti dire >> dice.
Usciamo
dal locale e
andiamo a fare due passi.
<<
E con Luck, hai
chiuso con lui? >> chiede.
<<
Non ancora,
cioè io sì, ma lui non lo sa, lo farò
il prima possibile >> rispondo.
<<
Ecco, voglio
averti tutta per me >> dice abbracciandomi.
<<
Non posso
lasciarlo per telefono, non è giusto, appena
tornerò a Millville sarà la prima
cosa che farò, te lo prometto >> rispondo.
<<
Adesso sarà
meglio che ti riaccompagni a casa >> dice.
<<
Non voglio, è
ancora presto >> rispondo.
<<
Ma se è notte
fonda e poi dove vuoi andare, di nuovo all’Empire state
Building? >> dice
scherzoso.
Non
sarebbe una cattiva
idea, ma no, non avevo pensato a questo.
Il
nostro sguardo
complice, lo conosco bene.
Ed
è bastato quello per
capirci.
--------------------------
È
stata proprio come
l’avevo sempre immaginata, la mia prima volta,
così come quella che è appena
successa. E risvegliarmi tra le sue braccia è
un’emozione impagabile.
<<
Davvero?
>> esclama Alice dopo avergli raccontato tutto.
<<
Sono davvero
felice per te >> dice Cathy.
<<
Grazie, mi
dispiace che dovete andarvene proprio adesso >> rispondo.
<<
Già, sempre nel
momento più bello >> dice Alice.
Ci
salutiamo e le lascio
andare, prima che perdano l’aereo a causa mia.
Oggi
tutto è più bello,
il mondo è più bello e con più
entusiasmo torno a lavoro dopo le mie “ferie” di
questi ultimi giorni. Il nonno me le ha concesse perché sono
venute le mie
amiche. Ho un po’ di lavoro arretrato ma non
m’importa, significa che lavorerò
di più adesso.
Mi
squilla il telefono.
Derek.
<<
Pronto?
>> dico.
<<
Buongiorno
amore, hai da fare? >> chiede.
<<
Sto lavorando e
il nonno non la prenderà bene se mi trova al telefono a
chiacchierare >>
rispondo scherzosa.
<<
Mi ha chiamato
il signor Monroe, l’investigatore, vuole vedermi tra
mezz’ora >> dice
serio.
<<
Davvero? E cosa
ti ha detto? >> chiedo.
<<
Niente per
telefono, vuole vedermi nel suo ufficio >> risponde.
<<
Avrà delle
novità, vuoi che venga con te? >> chiedo.
<<
Ma tu stai
lavorando, non preoccuparti, io… >> risponde.
Ha
bisogno di me, lo
sento. Anche se non lo vedo di presenza sento il suo tono della voce.
<<
Ci vediamo nel
suo ufficio tra mezz’ora >> dico.
<<
Amore io…
>> dice ma non capisco altro, ho già attaccato.
Adesso
voleva
convincermi a non andare con lui, per non disturbarmi. Lo so, lo
conosco.
<<
Nonno devo
andare >> dico prendendo le mie cose.
<<
Lila dove vai,
abbiamo un mare di lavoro >> risponde.
<<
Lavorerò
stasera, è un’emergenza >> dico
scherzosa.
Be,
in effetti lo è.
<<
Ho delle novità
>> dice il signor Monroe.
<<
Quali? >>
chiede Der ansioso tenendomi per mano.
<<
Vedi Derek io
ho trovato una Mary Cooper che potrebbe essere tua madre
>> risponde lui.
<<
Ma? >>
chiede Der continuando la sua frase.
<<
Ma non sono
sicuro che sia tua madre >> risponde lui.
<<
Questo cosa
vuol dire? >> chiedo.
<<
Che lei si
chiama Mary Cooper, è nata lo stesso giorno di tua madre ma
che non somiglia
alla donna della foto >> risponde.
<<
Può essere
cambiata >> dico.
<<
Certo, ma io
non voglio darti false speranze >> dice lui.
<<
E dove è?
>> chiede Der.
<<
In
Pennsylvania, a Pittsburgh >> risponde lui.
<<
È lontano?
>> chiedo.
Non
sono mai stata brava
in geografia!
<<
Non molto, ci
si può arrivare in auto da qui, se vuoi ti do il suo
indirizzo >>
risponde lui.
<<
No, no grazie e
poi non è sicuro che sia lei >> dice Der.
<<
Infatti, ma io
dovevo dirtelo >> risponde lui.
<<
Grazie signor
Monroe, arrivederci >> dice Der uscendo
dall’ufficio.
<<
Grazie,
arrivederci >> dico alzandomi in piedi.
Der
è già andato via.
<<
Mi dia
l’indirizzo, magari cambia idea >> dico tutto
di un tratto.
Scrive
un post-it e me
lo consegna. Lo ringrazio e raggiungo Derek. Se lo trovo!
<<
Dove eri
finito? >> chiedo non appena lo vedo.
<<
Avevo bisogno
di aria >> risponde.
<<
Tutto bene?
>> chiedo.
<<
Lo sapevo, non
la troverà mai >> risponde.
<<
Magari questa
donna è tua madre, può essere cambiata, ha fatto
il colore… >> dico.
<<
Non m’interessa
>> m’interrompe duramente.
Perché
è così duro con
se stesso? Perché non vuole aprirsi a nessuna
possibilità? Non vuole speranze.
<<
Posso fare
qualcosa per te? >> chiedo.
<<
No, nessuno
può, ho bisogno di riflettere, non arrabbiarti
>> risponde.
<<
No va bene, se
hai bisogno di me chiamami ok? >> dico.
<<
Grazie >>
risponde.
Mi
saluta e sfreccia via
con la sua moto tanto in fretta che dopo qualche istante non riesco
più a
vederlo. Adesso sarà meglio lasciarlo da solo a pensare, non
voglio essergli
d’intralcio, ho abbastanza lavoro arretrato da impedirmi di
pensare a lui.
Forse.
--------------------------
Mi
sbagliavo. Sono
passati solo pochi giorni dall’ultima volta che ho sentito
Der, ma non ho fatto
altro che pensare a lui. Neanche il lavoro riesce a distrarmi da lui,
niente
può farlo. Oggi dopo una giornata di lavoro la prima cosa
che farei quando
torno a casa sarebbe dormire e riposare, ma non stasera, non ho sonno,
voglio
solo vederlo.
Chiamo
l’autista e mi
faccio accompagnare nel ormai nostro posto speciale, sarà
sicuramente lì.
<<
Può lasciarmi
qui grazie >> dico fermando l’auto pochi
isolati prima del posto.
Non
voglio che sappia
del nostro posto speciale.
Come
immaginavo. Eccolo
lì, disteso sull’erba a pensare. Sembra immerso
nel suo mondo a cui nessuno può
accedere, neanch’io. Perché? Mi chiedo
perché non vuole farmi conoscere il suo
mondo?
<<
Immaginavo
fossi qui >> dico sedendomi accanto a lui.
<<
Mi conosci
ormai >> risponde.
<<
Non quanto
vorrei >> dico.
<<
Lila, mi
dispiace di non essermi fatto vivo in questi ultimi giorni, solo
che… >>
dice.
<<
Non devi darmi
spiegazioni >> lo interrompo.
<<
Invece sì, tu
sei la mia ragazza e tra noi non ci sono segreti >>
risponde.
<<
Vorrei che non
ci fossero segreti tra noi, ma tu vivi con loro >> dico.
<<
Sto cercando di
allontanarli, ma non è facile >> risponde.
<<
Lo so e con
loro vuoi allontanare anche me >> dico.
<<
No, non lo
farei mai >> risponde alzandosi di scatto.
Resto
seduta, non so
cosa fare, se lui mi evita io non posso stargli dietro come una
sanguisuga. Se
vuole parlare con me io sono qui, ci sarò sempre per lui.
Comincia
a parlare
mentre cammina avanti e indietro davanti a me.
<<
L’altra volta,
quando il signor Monroe mi ha detto che aveva trovato una Mary Cooper
mi ero
illuso per un attimo che fosse lei, in un attimo ho distrutto gli
ultimi
tredici anni passati a incolparla di avermi lasciato solo, è
bastato un attimo
per far crollare tutte le mie certezze >> dice.
<<
Un attimo può
essere infinito >> rispondo.
<<
Ma quando ha
detto che non le somigliava per niente, in un attimo sono tornato io,
quello
freddo e distaccato che non si fida delle persone >> dice.
<<
Non è questo il
Derek che conosco io >> rispondo.
<<
Infatti, tu sei
l’unica che ha conosciuto il vero Derek, quello che ho
cercato di reprimere con
tutto me stesso in tutti questi anni >> dice.
<<
Perché, perché
volevi soffocare il vero Derek? >> chiedo.
<<
Perché quando
le persone ti fanno del male impari a cavartela da solo, a essere
diffidente e
a chiuderti in te stesso >> risponde.
<<
E perché con me
non l’hai fatto? >> chiedo apprensiva.
<<
Non lo so, non
riesco ancora a capirlo, con te è stato tutto
così naturale e scontato che non
mi sono nemmeno reso conto di essermi tolto la maschera e di aver
abbassato la
guardia >> risponde.
Mi
alzo in piedi e mi
avvicino a lui.
<<
Io non voglio e
non posso vederti soffrire >> dico.
<<
Sono abituato a
farlo >> risponde.
<<
Ma le cose
possono cambiare, tu puoi cambiare >> dico.
<<
E come se non
ci sono riuscito in tredici anni? >> risponde.
<<
Eri solo,
adesso ci sono io con te, lasciati aiutare ti prego, non chiuderti in
te stesso
escludendomi dalla tua vita >> dico.
<<
Io vorrei tanto
credimi, ma non ci riesco >> risponde.
<<
Devi voltare
pagina, chiudere con il passato e iniziare una nuova vita
>> dico.
<<
Resterò sempre
legato al passato >> risponde.
<<
Allora
affrontalo, liberati dai tuoi pensieri e dai tuoi dubbi
>> dico.
<<
E cosa dovrei
fare? >> chiede.
<<
Non posso dirti
io cosa fare, io ti appoggerò in ogni tua decisione
>> rispondo.
<<
Dovrei andare a
Pittsburgh da quella donna? >> chiede.
<<
Se può aiutarti
a chiudere con il passato perché no >>
rispondo.
<<
Ma non so
nemmeno se è lei >> dice.
<<
E se invece lo
fosse? È il tuo primo tentativo, non hai mai provato a
cercarla >>
rispondo.
<<
E l’ultimo, se
quella donna non è mia madre io non la cercherò
più, per me mia madre non è
esistita negli ultimi tredici anni e non esisterà per il
resto della mia vita
>> dice.
<<
Questo
significa che andrai a Pittsburgh? >> chiedo.
<<
Forse >>
risponde.
<<
Io verrò con te
se me lo permetterai >> dico.
<<
No, non puoi
tu… >> risponde.
<<
Io sarei felice
di accompagnarti e di stare al tuo fianco, ti ricordi, ti ho detto che
per te
ci sarei sempre stata >> lo interrompo.
<<
Sì, ma i tuoi?
Non ti permetteranno mai di affrontare un viaggio con un ragazzo da
soli
>> risponde.
<<
M’inventerò
qualcosa, la cosa più importante è che ti
starò vicino >> rispondo.
<<
Grazie,
significa davvero molto per me, io non lo merito >> dice.
<<
Non riuscirai a
disfarti di me molto in fretta >> rispondo.
<<
Non ne ho la
minima intenzione >> dice baciandomi.
<<
Che ne dici di
partire nel weekend? >> chiedo.
<<
Questo fine
settimana? Non sarà troppo presto? >> risponde.
<<
Non c’è tempo
da perdere e poi non vedo l’ora di affrontare il nostro primo
viaggio insieme
>> dico elettrizzata.
<<
Prima sarà,
prima chiuderò con il passato >> risponde.
E
con queste parole
restiamo ad ammirare le stelle per tutta la notte, a pensare al viaggio
e a
fantasticare sul nostro futuro insieme. Perché
sì, da adesso tutto cambierà.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** La cosa non è reciproca ***
La
cosa non è
reciproca
<<
Nonna nel
weekend tornerò a Millville, non so quanto
resterò >> dico mordendo un
fantastico crostino.
<<
Ma per quale
motivo, è successo qualcosa? >> chiede.
<<
No, sta
tranquilla >> rispondo.
<<
E tua madre,
lei lo sa? >> chiede.
<<
Sì, sì, certo,
ma lei non ci sarà, è partita con papà
per un paio di settimane >>
rispondo.
Ma
come mi è venuto in
mente di dire una cosa simile?
<<
Davvero? Non ne
sapevo nulla >> dice.
<<
In realtà
nessuno lo sa, sono andati alla spa quei piccioncini e hanno lasciato i
telefoni a casa, così nessuno potrà disturbarli
>> rispondo.
Ok,
adesso sono davvero
sorpresa di me stessa. Spero che questa storia vada a buon fine!
<<
Be forse un po’
di relax gli farà bene, e Sam, è sola?
>> chiede.
<<
Sam… ehm… sì,
sì, lei è rimasta sola, sai il suo
fidanzato… >> rispondo.
<<
E tu vuoi
andare a farle compagnia, non è vero? >>
chiede.
<<
Già, proprio
così >> rispondo.
<<
Che cara
sorella, va bene tesoro >> dice.
Bene
e dopo questa
chiacchierata con la nonna inizio una nuova giornata ricca di lavoro,
ormai non
faccio altro.
<<
Pronto?
>> chiedo.
<<
Lila ho bisogno
di parlarti >> risponde.
<<
Sam non posso
parlare ora, ti chiamo dopo >> dico.
<<
No ti prego non
riattaccare, è importante >> risponde.
<<
Che succede,
tutto bene? >> chiedo preoccupata.
Sembra
agitata, cosa le
sarà successo?
<<
Sì, sì, vedi,
io… sono a New York >> risponde.
<<
A New York? E
perché? >> chiedo sbalordita.
<<
Luck, lui…
>> risponde.
<<
Che cosa centra
Luck? >> la interrompo.
<<
Eh se mi fai
parlare! >> risponde sarcastica.
Giusto,
meglio non
interromperla.
<<
Lui è venuto a
cercarti e mi ha chiesto di portarlo da te >> continua.
<<
Luck è qui?
>> chiedo sorpresa.
<<
Sì, siamo
all’aeroporto, stiamo per andare dai nonni >>
risponde.
<<
No, no fermati,
dai nonni no, andate in qualche hotel, ma non farti vedere dai nonni
>>
dico agitata.
<<
Perché?
>> chiede.
<<
Tu fai come ti
dico >> rispondo.
<<
Ma non conosco
nessun hotel qui >> dice.
Giusto,
lei non conosce
New York.
<<
Ti prenoterò io
un hotel, t’invio l’indirizzo tra cinque minuti
>> rispondo.
<<
Va bene,
sbrigati, non so come trattenerlo >> dice.
Riattacco
e mi sbrigo a
trovare un hotel. Ci mancava solo questo.
Eccolo,
questo dovrebbe
andare bene, invio il messaggio a Sam sperando che non sia troppo tardi.
Almeno
sarà lontana da
casa dei nonni, se loro la vedessero tutti i miei piani per il weekend
salterebbero in aria, proprio come i miei nervi adesso. Devo avvisare
Derek,
lui deve sapere che Luck è in città e speriamo
che vada via subito, prima del
fine settimana, altrimenti quale altra scusa potrei inventare?
<<
Derek >>
dico.
<<
Tesoro, che
succede, ti sento agitata >> risponde.
<<
Luck è in città
e mi sta cercando, quindi non facciamogli capire che stiamo insieme
>>
dico.
<<
E perché? Sarebbe
anche ora ormai >> risponde.
<<
Non capisci,
lui potrebbe mandare a monte i nostri piani per il weekend
>> dico.
<<
Non m’interessa,
tu sei più importante del viaggio >> risponde.
<<
Derek, Derek
ascoltami, lascia fare a me >> dico.
<<
E cosa vuoi che
faccia, che ti ignori? >> chiede.
<<
Sarebbe una
valida possibilità comunque per adesso non mi chiamare e
soprattutto non fare
pazzie se mi dovessi vedere con lui, intesi? >> rispondo.
<<
Ci proverò, non
ti prometto niente, va bene? >> dice.
<<
Bravo amore,
adesso devo andare, ti chiamo io, ciao >> termino.
<<
Lila asp…
>> dice ma non capisco altro, ho già attaccato.
Aspetto il messaggio di Sam
che mi dica dove
sono, così potrò fare finta di trovarmi
lì per caso.
Eccoli,
faccio finta di
non vederli.
<<
Lila, Lila
>> urla Luck da lontano.
Mi
ha vista, come
immaginavo.
Corre
da me e mi
raggiunge.
<<
Luck, che ci…
>> dico ma sono interrotta dal suo bacio.
Mi
distacco subito,
sperando di non dare nell’occhio.
<<
Come stai, mi
sei mancata molto >> dice.
<<
Bene, bene
grazie, ma che fai qui? >> chiedo.
Sam
ci raggiunge, non
sono mai stata così felice di vederla come adesso prima
d’ora.
Corro
ad abbracciarla,
almeno mi allontano da lui.
<<
Sam come stai?
>> dico.
Luck
ci raggiunge,
sembra felice di vedermi ma la cosa non è reciproca.
<<
Ch-che ci fate
qui? >> chiedo davvero davvero sorpresa.
<<
Volevamo farti
una sorpresa >> risponde lui.
<<
Voleva >>
ribatte Sam.
<<
Sì volevo, non
potevo restare a Millville senza di te >> dice.
<<
Ah, mi fa
piacere, e quanto pensate di trattenervi? >> chiedo con
un sorriso
attaccato al viso più che finto.
<<
Io non lo so,
dato che la scuola è finita e tu sei entrata alla Columbia,
potrei trasferirmi
qui e trovare un lavoro >> risponde lui.
Cosa?
Stai scherzando
vero? Ditemi che è uno scherzo perché non
è divertente, non sto ridendo per
niente, anzi sì, devo recitare questa parte.
<<
Davvero? Sembra
stupendo >> dico.
<<
Io solo pochi
giorni, andrò via presto >> risponde Sam.
<<
No dai, fermati
anche tu >> dice lui.
<<
Tanto qui ho
finito, ho svolto il mio dovere >> risponde.
<<
Dovere?
>> chiedo.
<<
Sì, questo è il
gesto che ho dovuto fare per farmi perdonare per quella sera del ballo
>>
risponde Sam.
E
perché Sam ha qualcosa
da farsi perdonare da Luck? Lui è colpevole tanto quanto
lei, ma forse dal suo
punto di vista non è così. E anche se Sam avesse
avuto qualcosa da farsi
perdonare non era questo il modo. Non voglio pensare a che cosa sarebbe
potuto
succedere se fossero arrivati quando io ero in viaggio con Derek. Anzi,
lo so
già, sarei rimasta in punizione a vita e non è
detto che questo non accada!
<<
E dove
alloggerete? >> chiedo facendo finta di non sapere.
<<
In un hotel,
non mi ricordo il nome è sulla ventiquattresima
>> dice Sam.
<<
Io pensavo
potessimo venire da te >> risponde Luck.
<<
Da me? Ehm… no,
impossibile, ci sono altre ragazze con me e non ci sarebbe posto per
voi
>> rispondo.
<<
Ma non vivi dai
tuoi nonni? >> chiede Luck.
<<
Ehm… no, no,
non potevo mica disturbarli per tutto questo tempo >>
rispondo.
<<
Ah capisco,
peccato, vorrà dire che verrò a trovarti spesso e
andrò via per la notte,
finché non troverò un appartamento
>> dice lui.
Cosa?
Vuole affittare un
appartamento qui? Ditemi che è solo un brutto sogno, vi
prego svegliatemi.
<<
Lila, tutto
bene? >> chiede Sam.
<<
Eh? Sì, sì
certo >> rispondo.
<<
Perché non
andiamo a fare due passi? >> chiede Luck.
<<
No, mi
dispiace, adesso non posso, devo andare a lavoro >>
rispondo.
<<
Allora stasera,
non hai scuse, passo a prenderti alle otto? >> chiede.
<<
Diciamo che
vengo io da te e magari puoi venire anche tu Sam, che ne dici?
>>
rispondo.
<<
No, io non
vorrei disturbare… >> dice lei.
Le
faccio il segno di
venire con noi, basta uno sguardo tra noi.
<<
Ecco, infatti…
>> dice Luck.
<<
Va bene vengo
>> lo interrompe Sam tutta contenta.
La
faccia di Luck sembra
sia caduta per terra.
<<
Perfetto, ci
vediamo alle otto >> dico allontanandomi.
<<
Aspetta, non mi
saluti? >> chiede Luck.
<<
Vero, quasi
dimenticavo, mi ero disabituata >> rispondo dandogli un
bacio veloce.
Disabituata?
Ma che
dico. Grazie a Derek è nata una nuova me e spero sia
l’ultima Lila che conosco.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Dove vi porto? ***
Dove
vi porto?
<<
Sembra carino
qui >> dice Sam appena entriamo.
<<
Non ero mai
stata qui >> rispondo.
<<
C’è sempre una
prima volta >> dice Luck.
Già.
Prendiamo
posto e
ordiniamo la cena e mentre aspettiamo ci raccontiamo l’ultimo
periodo della
nostra vita. Sembra che a Luck sia mancata molto la mia presenza e un
po’ mi
dispiace doverlo ferire dicendogli che tra noi è tutto
finito. Il problema è
che se tronco adesso la nostra storia in meno di qualche giorno tutta
Millville
lo verrebbe a sapere, compresi i miei genitori che preoccupati
verrebbero qua a
“consolarmi”. Questo manderebbe a monte il nostro
viaggio. Non posso farlo
adesso, devo aspettare, magari quando torno dalla Pennsylvania.
Ma
come faccio a
mandarlo via?
La
cena dura un po’
troppo, forse perché non mi piace la compagnia, non per Sam
ovviamente.
<<
Adesso che si
fa? >> chiede Luck.
<<
Che cosa vuoi
fare a quest’ora? >> risponde Sam.
<<
Non so, perché
non ci fai visitare la città? >> chiede lui.
<<
Adesso? Sono un
po’ stanca, magari un’altra volta >>
rispondo.
<<
Domani allora
>> dice lui.
<<
Ehm… vedremo
>> rispondo.
<<
Andiamo in
hotel allora >> dice Sam.
<<
Prima dobbiamo
accompagnare tua sorella >> risponde lui.
<<
No, no, non è
necessario, prenderò un taxi >> mi affretto a
dire.
Ci
mancherebbe solo
questo, dove dovrei andare, non posso mica portarli dai nonni e non
conosco
altri posti qui.
<<
New York è
pericolosa di notte, non penserai che ti mandi da sola >>
risponde Luck.
<<
Ma io non dovrò
girare la città, salirò su un taxi che mi
porterà dritta a casa >> dico.
<<
Vorrà dire che
prenderemo lo stesso taxi >> risponde.
<<
No davvero…
>> rispondo.
<<
Taxi >>
esclama Luck facendo segno di fermarsi davanti a noi.
Saliamo
a bordo e
l’autista fa la fatidica domanda: “Dove vi
porto?”. Ecco, dove ci porta? Perché
non lo so nemmeno io dove. L’unica idea che mi viene in mente
è la casa del
signor Foster, cioè del padre di Derek. Non mi sono ancora
abituata!
Arriviamo
davanti alla
villa e Luck sembra sorpreso.
<<
Non sapevo
vivessi in una villa >> dice lui.
<<
Ehm… sì, è del
padre di una delle mie coinquiline >> rispondo.
<<
Allora a domani,
vuoi che ti accompagni fin dentro casa? >> chiede lui.
Per
carità.
<<
No, no
tranquillo >> mi affretto a dire chiudendo la portiera.
Ora
aspetto che vadano
via e poi chiamerò un altro taxi per andare a
“casa”.
<<
Ciao allora
>> esclamo.
<<
No entra, non
mi fido di questa zona buia >> dice Luck.
<<
Sono arrivata
ormai >> rispondo.
<<
Lo so, ma
meglio evitare, quando sarai dentro il cancello mi sentirò
più sicuro >>
dice lui.
Fantastico,
adesso che
faccio? Suono il campanello, ovvio. Anzi no, cosa dovrei dire,
c’è Derek? Luck
se ne accorgere e mi riempirebbe di domande, meglio chiamare Derek.
<<
Qualche
problema? >> chiede Luck.
<<
No, ho…
dimenticato le chiavi, quindi sto chiamando una delle ragazze
>>
rispondo.
<<
E non puoi
suonare? >> chiede.
<<
Non vorrei
svegliare tutta la casa, è notte fonda >>
rispondo.
<<
Pronto?
>> dice Derek.
<<
Mi apri il
cancello per favore? >> chiedo.
<<
Lila cosa dici?
>> risponde.
<<
Sono davanti al
cancello di casa nostra, ho dimenticato le chiavi, mi apri per favore?
>>
chiedo di nuovo.
Ti
prego capisci al volo
Der.
<<
Sei qui a casa
mia? >> chiede.
<<
Sì, infatti
grazie >> rispondo.
E
il cancello si apre,
finalmente.
Luck
e Sam mi salutano
con un gesto dopo essersi assicurati che fossi entrata. Percorro il
lungo
vialetto fino alla porta d’ingresso che si spalanca al mio
arrivo.
Il
taxi è già andato
via, per fortuna.
<<
Lila, che ci
fai qui? >> chiede Der sorpreso.
<<
Mi hanno dovuto
accompagnare a casa e non sapevo dove andare, non potevo portarli a
casa dei
nonni, avrebbero visto Sam >> rispondo.
<<
E con questo?
>> chiede.
<<
Vuoi tenermi
qui davanti alla porta per tutto il tempo? >> rispondo
sarcastica.
<<
No scusami,
vieni pure >> dice.
Andiamo
in camera sua, è
più sicuro, il signor Foster potrebbe accorgersi che sono
qui.
Non
avevo ancora visto
la sua stanza, cioè in pratica il suo mondo.
<<
Carino qui
>> dico appena entro.
<<
Scusa il
disordine, non pensavo di avere visite >> risponde.
<<
No, scusami tu
per tutto questo, io non volevo disturbarti >> dico
dispiaciuta e un po’
imbarazzata.
<<
Non devi
scusarti >> risponde venendomi incontro penso per darmi
un bacio.
Sì,
avevo ragione.
<<
Vuoi spiegarmi
adesso che succede? >> chiede mettendosi comodo.
Be,
forse è meglio, la
storia è un po’ lunga. Gli racconto quello che
è successo con Luck nei minimi
dettagli, anzi no, ho tralasciato qualcosa, tipo i baci. Non so come la
prenderebbe.
<<
Certo che hai
fantasia per dire a tua nonna che nel weekend torni a Millville per
fare
compagnia a tua sorella >> dice.
<<
Avevi un’idea
migliore? È per questo che non potevo tornare a casa, i
nonni l’avrebbero vista
e… addio viaggio >> rispondo.
<<
E pensare che
hai fatto tutto questo per me, come potrò mai ringraziarti?
>> chiede.
<<
Non devi farlo,
vengo volentieri con te, solo che… >> rispondo.
<<
Cosa? C’è qualche
problema? >> chiede allarmato.
<<
Forse uno sì
>> rispondo.
Mi
guarda perplesso.
<<
Luck >>
continuo.
<<
Luck? Che cosa
centra lui? >> chiede.
<<
Come cosa
centra Der, lui non mi lascerà mai partire >>
rispondo.
<<
Non è mica il
tuo padrone >> dice.
<<
Lo so, ma per
lui sono ancora la sua ragazza e non accetterà mai di
lasciarmi andare con un
altro >> rispondo.
<<
Allora tronca
una volta per tutte questa finta relazione >> dice.
<<
Magari, ma se
lo facessi i miei lo verrebbero a sapere e verrebbero qua pensando che
abbia il
cuore a pezzi >> rispondo.
<<
Be, prima o poi
dovrà succedere >> dice.
<<
Certo, questo
lo so, ma non adesso, manderebbe in aria il nostro piano
>> rispondo.
<<
Quindi? Hai
un’idea migliore? >> chiede.
<<
Non so se sia
migliore ma una sì >> rispondo.
<<
Sentiamo
allora, vediamo adesso fin dove si è spinta la tua fantasia
>> dice
sarcastico.
<<
Be, ecco… Luck
potrebbe… venire con noi >> rispondo.
<<
Cosa? Ma sei
impazzita? >> dice sconvolto.
<<
Pensaci Der, se
lui venisse con noi sarebbe più tranquillo e non manderebbe
tutto a rotoli
>> rispondo.
<<
Preferisco non
partire piuttosto che raccontare la mia storia a uno come lui
>> dice.
<<
Non dobbiamo
per forza raccontargli la tua vera storia, potremmo…
inventarne una >>
rispondo.
<<
Inventarne una?
Dimmi un po’ non è che fai parte della CIA?
>> dice scherzoso.
<<
Divertente,
dico sul serio Der >> rispondo.
<<
Che fine ha
fatto la mia ragazza? >> chiede scherzoso.
<<
Questo è un sì?
>> rispondo.
<<
Non ho detto
niente >> dice.
<<
L’hai presa
bene, pensavo peggio >> rispondo.
<<
L’ho presa sul
ridere, vuoi davvero fare una cosa del genere? >> chiede
seriamente.
<<
Io voglio
affrontare questo viaggio e starti vicino a qualunque costo
>> rispondo.
<<
E questo mi fa
piacere ma pensi davvero che potrei sopportare di vedervi sbaciucchiare
per
tutto il tempo? >> chiede.
Mi
avvicino a lui e gli prendo
le mani.
<<
Der devi
fidarti di me, cercherò di limitare le smancerie, pensi che
sia facile per me
baciare lui e vedere il tuo sguardo addosso? >> chiedo.
<<
E pensi che sia
facile per me vederti stare con lui tutto il tempo, magari dormirete
anche
insieme in uno degli hotel dove ci fermeremo? >> risponde.
Serve
un cuscinetto,
qualcuno che venga con noi ed eviti queste situazioni, ma chi? Ma
certo, ecco
chi farebbe al caso nostro.
<<
Potrebbe venire
anche mia sorella con noi >> dico.
<<
Non so vuoi
portare qualcun altro? >> chiede scherzoso.
<<
Dico sul serio
Der, potrebbe venire anche Sam ed io tutte le notti dormirei con lei
>>
rispondo.
<<
Ed io con lui?
>> chiede.
<<
Preferisci lo
faccia io? >> rispondo sarcasica.
<<
Ci stiamo
cacciando in una situazione più grande di noi, forse
dovremmo… >> dice.
<<
Dovremmo
partire tutti >> lo interrompo.
<<
Tutti insieme
appassionatamente! >> dice scherzoso.
<<
Smettila di scherzare
e aiutami a pensare a quale storia potremmo raccontargli
>> rispondo.
<<
Vuoi davvero
fare tutto questo? >> chiede.
<<
Sì Der, fin dal
primo momento >> rispondo.
<<
Allora lo
affronteremo insieme, cominciando fin da subito >> dice.
Trascorriamo
tutta la
notte a cercare una storia che sembri “vera”, ma
non ha molta fantasia e la mia
sta ormai esaurendo.
<<
E se gli
dicessimo che mi è morto un parente e andiamo là
per il funerale? >>
chiede di un tratto.
<<
Sì, e poi ci
imbuchiamo magari in qualche funerale di non so chi e poi,
perché dovrei venire
con te? Serve una storia migliore >> rispondo.
<<
Hai ragione,
non sono bravo in queste cose >> dice.
<<
Lo vedo,
continua a pensare >> rispondo sarcastica.
È
quasi l’alba ormai e
ancora niente, ho quasi perso le speranze, ma no, non mi
arrenderò. Mai.
<<
E se gli
dicessimo che andiamo a prendere una nostra amica a Pittsburgh?
>>
chiedo.
<<
Sì, e poi se
non la troviamo? Con chi torniamo a New York, con un barbone?
>> risponde
sarcastico.
<<
Vero, non ci
avevo pensato >> dico.
<<
Allora siamo in
due a non avere fantasia >> risponde scherzoso.
<<
Io l’ho già
usata per la storia di mia nonna, sarà esaurita
>> dico sarcastica.
<<
Sì, certo,
dicono tutti così >> risponde scherzoso.
Gli
lancio un cuscino e
riprendo a pensare, possibile che non mi venga niente in mente?
<<
Potremmo
raccontargli la verità solo che il protagonista non saresti
tu >> dico
dopo un po’.
<<
E chi potrebbe
essere? >> chiede.
<<
Non so, una
nostra amica che non ha il coraggio di affrontare questo viaggio
>>
rispondo.
<<
E credi che se
la bevano? >> chiede.
<<
Credo di sì
>> rispondo.
<<
Forse è l’idea
migliore che abbiamo avuto fin ora >> dice.
<<
Tu credi?
>> dico scherzosa.
<<
Meglio del
funerale? >> continuo scherzosa.
<<
Divertente,
allora va bene, è questa la nostra idea? >>
chiede.
<<
Sì, adesso
dobbiamo solo dirlo a loro >> rispondo.
<<
Ci penseremo
domattina >> dice.
<<
È già mattina
>> rispondo.
<<
Giusto, ho
perso la condizione del tempo, allora ci penseremo presto
>> dice.
Giusto,
ci penseremo
presto. Questa è l’ultima parola che mi ricordo
prima di sprofondare nel sonno.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Questo è solo l'inizio ***
Questo
è solo
l’inizio
<<
Buongiorno
dormigliona >> dice Der vedendomi svegliare.
<<
Buongiorno, ma
che ore sono? >> chiedo.
<<
Le dieci
>> risponde.
<<
Come le dieci?
Dovrei essere a lavoro già da un po’
>> dico balzando in piedi.
Mi
sistemo meglio che posso
e vado via.
<<
Ti accompagno
con la moto, faremo prima >> dice Der.
<<
Non è una buona
idea, Luck potrebbe… >> rispondo.
<<
Questa storia
non è nemmeno iniziata ed io già non…
>> dice.
Lo
interrompo con un
bacio, non posso restare qui per un’altra sua scenata di
gelosia.
<<
Scusa il
ritardo nonno, non ho sentito la sveglia >> dico entrando
nell’ufficio.
<<
Non ti ho
sentita rincasare ieri, hai passato la notte fuori? >>
chiede.
<<
No… cioè sì…
ero da un’amica >> rispondo.
<<
Pensi che sia
nato ieri? Ho visto certi sguardi con il ragazzo che viene spesso
qui… >>
dice.
<<
Ma no, cosa
credi… tra me e Derek non… >>
rispondo.
<<
Derek, conosci
pure il suo nome >> dice.
Meglio
non continuare,
mi smaschererei da sola. Comincio subito a lavorare sperando non mi
rivolga
altre domande. Devo anche pensare a come dirlo a Luck e Sam, magari
stasera a
cena.
Mi
vibra una gamba. Il
telefono. Derek. Meglio non parlare davanti al nonno.
<<
Vado un attimo
in bagno >> dico uscendo dalla stanza.
<<
Derek, non
posso parlare adesso >> dico al telefono.
<<
Lila
all’ingresso c’è Luck con credo tua
sorella, gli ho detto che andavo a vedere
se eri in camera tua >> risponde.
<<
Cosa? Loro sono
da te? Inventati qualcosa, ti prego, ma non usare la tua fantasia
>>
dico.
<<
Grazie amore!
>> dice sarcastico.
<<
Digli che sono
al lavoro >> rispondo.
<<
Giusto, vado a
dirglielo >> dice.
<<
Der? Come ti
sei presentato? >> chiedo preoccupata.
<<
Come il
fidanzato di una delle tue coinquiline >> risponde.
<<
Visto, quando
vuoi hai fantasia >> dico scherzosa.
<<
Sì, sì, certo,
adesso devo andare >> risponde.
<<
Ok, e Der…
grazie >> dico.
<<
A dopo piccola
>> risponde riattaccando.
Come
può Luck esser
andato a casa di Derek? Be, in realtà lui pensa che sia casa
mia ma questo conta
poco. Per fortuna Der si è inventato una scusa che in fondo
è la verità. Ma le
bugie hanno le gambe corte e non so quanto riuscirò ad
andare avanti così.
Ancora forse, anzi sicuramente non ho visto niente.
--------------------------------------
<<
Ordiniamo?
>> chiede Luck quando ci accomodiamo al nostro tavolo.
<<
No, aspettiamo
un’altra persona >> rispondo.
<<
E chi è?
>> chiede Sam.
<<
Lo scoprirete
presto >> rispondo.
Molto
prima di quanto
voi pensiate.
Mi
alzo dalla sedia e
faccio cenno di raggiungerci. È arrivato.
<<
Ragazzi lui è
Derek e loro sono Sam e Luck >> dico presentandoli.
<<
Sì, ci siamo
già conosciuti >> dice Luck.
<<
Stamattina
>> continua Sam.
<<
Bene, adesso
siamo tutti >> dico.
<<
Non me ne
voglia lui, ma perché è qui? >>
chiede Luck.
<<
Ecco, adesso ci
arriverò >> rispondo.
Derek
è di fronte a me e
già da questa distanza riesco a percepire il suo nervosismo.
Non credo sia per
il viaggio, ma perché sono vicino a Luck.
<<
Ho invitato
anche Derek perché devo, anzi dobbiamo dirvi una cosa
>> continuo.
Luck
sembra scioccato e
forse dovrebbe, non penserà che dirò che sto con
Derek? In fin dei conti è la
verità ma non sarei così crudele!
<<
Ecco… nel
weekend noi… dobbiamo partire >> continuo.
<<
Partire? E
perché? >> chiede subito Luck.
<<
È una storia un
po’ lunga da raccontare comunque noi dobbiamo andare a
cercare la madre di una
mia amica >> rispondo.
<<
E lui cosa
centra? >> chiede Luck, sembra nervoso.
<<
Io sono il suo
fidanzato >> risponde Der.
Per
un attimo mi crolla
il mondo addosso ma la mia risposta spiega tutto.
<<
Della mia amica
ovviamente >> intervengo.
Lo
sguardo complice di
Derek mi colpisce.
<<
E perché non va
lei al posto tuo? >> chiede Sam.
Ci
si mette anche lei
adesso?
<<
Perché non ne
ha il coraggio e ha chiesto al suo fidanzato e alla sua vecchia amica
di affrontare
il viaggio al posto suo >> rispondo.
<<
Tesoro non mi
sembra il caso che parta con lui, so che Derek non è il tuo
tipo ma non ne vedo
la necessità >> dice Luck.
Derek
non è il mio tipo?
E chi lo è forse, lui? Questo è quello che crede
lui. Vedo Derek agitarsi
inquieto sulla sedia, forse per l’ultima frase di Luck.
<<
Luck io devo
farlo, ormai l’ho promesso >> dico.
<<
Allora vorrà
dire che verrò con voi >> risponde lui.
Come
pensavo, non si
fida e non ha tutti i torti.
<<
Anche tu? Ma
perché, non la conosci nemmeno >> dico.
<<
Vorrà dire che
lo farò, anzi, perché non è qui?
>> chiede Luck.
Ci
mancava solo questo,
adesso chi gli dovrei presentare?
<<
Non ne vedo il
motivo >> rispondo.
<<
Chiamala,
magari verrà >> risponde lui.
<<
Va bene, allora
vado fuori a chiamarla, qui i cellulari non hanno linea
>> dico.
<<
Può farlo
Derek, in fondo è il suo fidanzato >> risponde
Luck.
<<
No, non ti
scomodare, ormai lo faccio io >> dico uscendo.
Bene,
adesso sono
davvero nei guai, chi potrei mai chiamare e fare venire qua stasera?
Sfoglio
la rubrica del
mio telefono, ma i contatti sono tutti di Millville, qui a New York non
conosco
nessuno, a parte Derek e… Cloe. Lei è la
soluzione ai miei problemi.
<<
Cloe? >> dico
al telefono.
<<
Sì Lila, sono
io, come stai? >> risponde.
<<
Non molto bene,
devi aiutarmi >> dico.
<<
Lila mi stai
preoccupando, che succede? >> chiede.
<<
Ho combinato un
guaio e solo tu puoi tirarmi fuori >> rispondo.
<<
Spiegati
meglio, non capisco >> dice.
<<
Dovresti venire
subito al locale sulla trentaseiesima, sai quel ristorante…
>> rispondo.
<<
Sì ho capito,
ma perché? >> chiede.
<<
Dovresti
fingerti la fidanzata di Derek, ti spiegherò meglio quando
arrivi >>
rispondo.
<<
Ehm… va bene,
arrivo subito >> dice.
<<
Quando arrivi
all’ingresso fammi uno squillo, non entrare direttamente,
devo spiegarti la
situazione >> rispondo.
<<
Va bene, a dopo
>> dice.
<<
Grazie >>
termino.
Rientro
dentro e spiego
tutto agli altri, Derek sembra non capire. Tranquillo, ho tutto sotto
controllo, spero.
E
dopo poco ecco lo
squillo di Cloe.
<<
È arrivata,
vado a prenderla >> dico alzandomi dal tavolo.
Sgaiottolo fuori dal locale
e subito mi si
presenta la mia amica, la mia vera amica Cloe.
<<
Meno male che
sei qui >> dico abbracciandola.
<<
Ma che succede?
>> chiede.
<<
Dentro ci sono
Luck il mio fidanzato, Derek che anche lui lo è, e mia
sorella >>
rispondo.
<<
Eh? >>
chiede perplessa.
<<
Tu devi
fingerti la fidanzata di Derek, sabato io e lui partiamo per la
Pennsylvania
per cercare tua madre >> rispondo.
<<
Ma sei
impazzita per caso? >> chiede scherzosa.
<<
Ti prego, dimmi
che lo farai >> rispondo.
<<
Lo farò, ma
perché? >> chiede.
<<
Adesso non
posso spiegarti ma ti prometto che lo farò >>
rispondo.
<<
Va bene, allora
andiamo >> dice.
<<
Grazie, grazie,
grazie >> dico abbracciandola.
Entriamo
dentro il
locale.
<<
Ragazzi, lei è
Cloe, lui è Luck e lei è Sam >>
dico presentandoli.
<<
Piacere
>> dice dando la mano a tutti tranne che a Derek.
<<
Ciao amore
>> dice dando un bacio sulla guancia a Der.
Ok,
ma non esageriamo!
Derek
sembra stupito, ma
sta al gioco.
<<
Bene, allora tu
sei la ragazza per cui Derek e Lila devono andare in Pennsylvania
>> dice
Luck.
<<
Già, per mia
madre >> risponde.
Perfetto,
tutto procede
secondo i piani.
<<
E li lasci
partire da soli? >> chiede scherzoso Luck.
Non
scherza per niente.
<<
Sì, io mi fido
ciecamente di loro >> risponde Cloe.
<<
Be, andrò
anch’io sai? >> chiede Luck.
<<
Ah davvero e
perché? >> risponde lei.
<<
Voglio stare
vicino a Lila >> dice Luck.
Sì,
vicina un corno tu vuoi
controllarmi.
<<
Certo, la tua
fidanzata >> risponde Cloe.
<<
Perché non
vieni anche tu, saremmo due coppie, ci divertiremmo >>
dice Luck.
Ci
mancherebbe solo
questo, già non ho sopportato il bacio sulla guancia che
Cloe ha dato a Der,
figuriamoci di vederli per tutto il viaggio insieme. Adesso capisco
come deve
sentirsi Derek. Non è una bella sensazione, questo
è sicuro.
<<
No io… >>
risponde lei.
<<
Ti ho già detto
che non vuole, non insistere >> la interrompo.
<<
Va bene, vorrà
dire saremo in tre >> dice Luck.
<<
Perché non
vieni anche tu Sam? >> chiedo.
Non
ha parlato per tutta
la serata, non si sente a suo agio.
<<
Io? No, ma
perché… >> risponde Sam.
<<
Dai, almeno mi
faresti compagnia tra i due piccioncini >> interviene Der.
<<
No, ma non mi
sembra il caso… >> risponde lei.
Cerco
di farmi capire
con lo sguardo, speriamo ci riesca.
<<
Be, che faresti
da sola a New York? >> chiedo.
<<
Magari torni a
Millville >> dice Luck sarcastico.
Non
lo sopporto, non lo
sopporto, forse è per questo che Sam non vuole venire.
<<
Va bene,
accetto >> dice con aria di sfida verso Luck.
<<
Perfetto,
allora saremo in quattro >> dico contenta.
La
cena procede così per
tutto il tempo. Non vedo l’ora che si finisca.
<<
Si sta facendo
tardi, forse è meglio andare >> dice Derek.
<<
Infatti, adesso
ti accompagno a casa >> mi dice Luck.
<<
No, non è
necessario >> rispondo.
<<
Tranquillo,
posso farlo io, devo accompagnare Cloe e loro vivono insieme
>>
interviene Derek.
<<
Va bene allora
>> risponde Luck.
Ci
salutiamo tutti e
Luck mi bacia davanti a Der. Ho cercato di evitarlo, sono persino
uscita per
prima dal locale, ma non c’è l’ho fatta.
Appena
Sam e Luck
salgono sul taxi restiamo soli, io, Der e Cloe.
<<
Grazie per
averci aiutato >> dico.
<<
Figurati, ma
potrei sapere il perché di tutto questo? >>
chiede.
Guardo
Der e mi fa cenno
che posso raccontargli la verità, la vera verità.
<<
Tuo padre ha
trovato una donna a Pittsburgh che potrebbe essere la madre di Derek e
noi
vogliamo andare da lei nel weekend, solo che è arrivato
Luck, il mio fidanzato,
e se lo avessi lasciato tutti i nostri piani per il weekend sarebbero
andati a
rotoli >> rispondo.
<<
Quindi tu stai
con Luck, ma anche con Derek e non puoi lasciare Luck altrimenti non ti
lascerebbe partire con Derek? >> chiede lei confusa.
<<
In un certo
senso >> rispondo.
<<
Quindi
partirete tutti insieme >> dice lei.
Annuisco,
non so dire
altro.
<<
Come farai a
sopportare Luck? >> chiede a Der.
<<
Me lo chiedo
anch’io >> risponde lui.
Scoppia
una risata, ci
voleva una scarica di tensione.
Salutiamo
Cloe e Der mi
accompagna a casa, la vera casa.
<<
Mi dispiace
>> dico scendendo dalla moto.
<<
Per cosa?
>> chiede.
<<
Per tutto, per
Luck, per il bacio, io ho cercato di evitarlo, ma non ci sono
riuscita…
>> rispondo.
<<
Questo è solo l’inizio,
devo solo abituarmi >> dice.
<<
Non ci si può
abituare a questo genere di cose, già prima per un innocente
bacio sulla
guancia che ti ha dato Cloe, mi sono infastidita, pensa tu…
>> rispondo.
<<
E mi ha
chiamato amore >> m’interrompe scherzoso.
<<
Giusto, ti ha
chiamato amore >> rispondo.
<<
Lei in una sola
volta che ci siamo visti mi ha chiamato così, tu non lo hai
mai fatto >>
dice sarcastico.
<<
Vuoi che ti
chiami così? Non ho bisogno di chiamarti amore, tu sai
già che ti amo >>
rispondo.
<<
Anche questo
non mi avevi mai detto >> dice.
<<
Lo stavo per
fare all’Empire, ma tu mi hai interrotta >>
rispondo.
<<
Vero, ma è
bello sentirselo dire >> dice.
<<
A proposito, tu
non hai risposto a quelle cinque lettere >> rispondo
scherzosa.
<<
Vuoi sentirtele
dire? >> chiede scherzoso.
<<
Dici che è
bello, quindi sì >> rispondo sarcastica.
<<
Sheila Margaret
Montgomery io ti… >> dice lentamente.
Lo
interrompo con un
bacio, in fondo non ho bisogno di sentirmelo dire, lo so già.
<<
Amo >>
continua dopo esserci separati.
<<
È vero, fa un
bell’effetto >> rispondo.
Un
bellissimo effetto,
mai nessuno me lo aveva detto prima, neanche Luck. Derek mi ha
conosciuta per
la vera Lila e mi ama per quella che sono. Luck invece si è
accorto di me solo
dopo esser diventata “La nuova Lila” e forse, anche
lui mi ama ma non è lo
stesso. Derek e Luck sono due modi opposti, due linee parallele che non
s’incontreranno
mai. Ma solo uno dei due è quello giusto, quello che amo con
tutta me stessa,
per cui farei di tutto, perfino affrontare un viaggio, stando con un
altro e vedere
il suo sguardo ferito addosso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** In mezzo al nulla ***
In mezzo al nulla
<<
Avete preso
tutto? >> chiedo uscendo da casa di Der.
<<
Credo di sì,
dov’è Derek? >> risponde Sam.
<<
Non lo so, ma
arriverà presto >> dico.
Starà
facendo un giro
dell’isolato per far capire che arriva da un altro posto che
non sia la casa
dove loro pensano che stia io. Che confusione! Anzi, Luck lo pensa, Sam
sa che
sto dai nonni.
<<
Ecco Derek
>> dice Luck vedendolo arrivare con l’auto.
<<
Scusate il
ritardo >> dice Der.
<<
Siamo appena
arrivati >> risponde Sam.
<<
Allora possiamo
partire >> dico.
<<
Guidi tu Derek?
>> chiede Luck.
<<
Sì certo, sta
tranquillo >> risponde Der.
<<
Allora posso
stare dietro con la mia fidanzata >> dice Luck tutto
contento.
Derek
non gli risponde,
si limita a un sorriso, finto ovviamente.
<<
Ma chi farà da
guida? >> chiedo sperando possa farlo io.
<<
Lo farò io,
datemi la mappa >> risponde Sam sedendosi sul sedile
anteriore.
Bene,
penso che non mi
resti altro che sedermi dietro con Luck. Purtroppo.
Ed
eccoci qui, noi
quattro in viaggio per Pittsburgh, chi mai lo avrebbe detto. Derek e
Luck nella
stessa auto? Se me lo avessero raccontato, non ci avrei mai creduto.
Peccato
che qualcuno debba sempre soffrire, sia Derek perché mi vede
con Luck o
quest’ultimo quando lo lascerò. Mi dispiace
doverlo fare, ma non provo più
niente per lui, se ne farà una ragione. È un bel
ragazzo e non gli mancheranno
di certo altre ragazze dopo di me.
Mette
il suo braccio
sulle mie spalle e mi stringe a se. Io provo a evitare tutto questo ma
non
posso farlo senza dare nell’occhio. Ero legata a Luck e non
mi sono mai tirata
indietro, si insospettirebbe se di colpo lo allontanassi. Quindi sto al
gioco
sperando che Derek, concentrato sulla strada, non se ne accorga. Ma non
è così.
Di tanto in tanto vedo, anzi immagino lo sguardo di Der su di noi, dato
che
indossa gli occhiali da sole scuri. Quello specchietto retrovisore da
più
visuale di quanto immaginassi!
Siamo
in viaggio ormai
da ore e a parte la radio dentro l’auto nessuno parla. A
volte Sam per dare
indicazioni a Der, ma niente di più. Questo silenzio
imbarazzante deve
terminare.
Quando
sto per dire qualcosa,
sono impedita. Luck blocca la mia bocca con un bacio improvviso. Non
ero
pronta, non me lo aspettavo ed è per questo che non ho
potuto evitarlo. Avevo
abbassato la guardia, ma con Luck non posso permettermelo.
<<
Luck mi
dispiace interrompervi, ma ti andrebbe di darmi il cambio?
>> chiede Der.
Non
mi dispiace per
niente, anzi, grazie di averlo fermato.
<<
No, va bene, mi
fai tu da guida? >> mi chiede.
<<
Preferisco
stare qui dietro e poi Sam è bravissima >>
rispondo.
Scende
dall’auto senza
ribattere e subito mi ritrovo Derek al mio fianco. Con lui mi sento al
sicuro,
protetta, posso abbassare la guardia. Mi sposto proprio dietro il
sedile di
Luck per evitare i suoi sguardi indiscreti. Non li sopporto. Da qui non
può
vedermi. E appoggiata al finestrino, anche se preferirei la comoda
spalla di Der,
mi appisolo giusto un attimo.
Due
ore circa.
<<
Io te l’avevo
detto che era sbagliata >> urla Luck.
È
con queste parole che
mi risveglio e mi ritrovo mano nella mano con Der che penso si sia
addormentato
anche lui. Mollo subito la presa per evitare possibili problemi.
<<
Che succede?
>> chiede Der.
<<
Ci siamo persi
>> risponde Sam.
<<
Come ci siamo
persi? >> chiedo sbalordita e un po’
frastornata dal sonno.
<<
Dato che Luck
fa di testa sua e non segue le mie indicazioni…
>> risponde Sam.
<<
Se tu riuscissi
a dare le giuste indicazioni, forse, non saremmo in mezzo al nulla
>> la
interrompe Luck.
<<
Ok, adesso
calmatevi, ci sarà pure una soluzione >> dico.
<<
I telefoni non
hanno campo >> dice Der.
<<
Come non
prendono!? >> rispondo affrettandomi a vedere il mio.
<<
Sì, niente,
morto cent’anni >> dice Sam controllando il suo.
<<
Perfetto,
adesso che si fa? >> chiede Luck.
<<
Torniamo
indietro percorrendo la stessa strada >> risponde Der.
<<
È da ore che
proseguiamo su questa strada >> dice Luck.
<<
Se tu mi avessi
ascoltata… >> dice Sam.
<<
Io? Se tu…
>> la interrompe Luck.
<<
Non serve a
niente litigare adesso, piuttosto saltate dietro, guiderà
Derek ed io farò da
guida >> li interrompo.
E
senza nemmeno
controbattere fanno proprio come gli ho detto.
<<
Non resta che
proseguire, vediamo dove ci porterà questa strada
>> dico.
Il
tempo non promette
niente di buono e neanche questa strada. Ci siamo persi, ma non voglio
dirlo ad
alta voce per non agitare gli altri. Proseguiamo dritti su questa
strada,
immersi nella natura lontano da tutti e da tutto. E per finire comincia
pure a
piovere, cosa può capitarci di peggio?
<<
Comincia a fare
buio, forse è meglio fermarci qui per stanotte
>> dico.
<<
E dove, in
auto? Non se ne parla nemmeno, non mi fermerò
finché non troverò un posto dove
trascorrere la notte o qualcuno >> risponde Derek.
<<
E chi vuoi
trovare qui più di lepri e scoiattoli! >> dico.
<<
Dormite pure se
volete, ma non possiamo fermarci qui per la notte, è troppo
pericoloso >>
risponde Der.
Sembra
deciso nella sua
scelta, quindi mi limito a stare in silenzio dato che non ha senso fare
da
guida in un posto sperduto come questo. Almeno però siamo
tutti insieme. Luck e
Sam dormono dietro e Der è concentrato sulla strada, non
è così che avevo
immaginato il nostro viaggio insieme. A quest’ora dovremmo
essere nella nostra
prima tappa, in un posto dove poter trascorrere la notte. E invece no,
siamo
stanchi, affamati e in mezzo al nulla.
E
nel buio della sera si
scorge una luce. Sembra un casolare.
<<
Guarda c’è una
luce lì >> dice Der indicando una casa.
<<
Pensi ci sia
qualcuno? >> chiedo.
<<
Possiamo
provare >> risponde.
Si
ferma davanti al
casolare e scende dall’auto. Piove a dirotto e non posso
lasciarlo solo. Scendo
anch’io.
Suona
il campanello.
<<
Torna dentro,
ti stai bagnando tutta >> m’invita Der.
<<
Anche tu >>
rispondo.
Davanti
a noi si apre la
porta e si presenta un uomo robusto e con i baffi.
<<
Chi siete?
>> chiede con tono deciso.
<<
Ci siamo persi,
può indicarci la città più vicina?
>> risponde Der.
<<
Lebanon è la
città più vicina, ma per raggiungerla da qui non
vi basterà tutta la notte
>> dice l’uomo.
<<
Ah, bene,
grazie >> risponde Der facendo per andarsene.
<<
Non vorrete
guidare per tutta la notte con questo tempo >> dice
l’uomo.
<<
Non abbiamo
altra scelta >> risponde Der.
<<
Potete fermarvi
qui per la notte e ripartire domattina >> dice con tono
più amichevole.
<<
Va bene grazie
>> rispondo in fretta.
<<
Prego entrate
pure >> ci invita.
<<
Non siamo soli,
vado a chiamare gli altri >> rispondo.
Der
viene con me.
<<
Come ti è
saltato in mente di accettare, potrebbe essere pericoloso
>> dice Der.
<<
Avevi un’idea
migliore? Siamo stanchi e affamati e poi cosa vuoi che faccia, ci punti
un
fucile addosso? >> rispondo scherzosa.
<<
Divertente, ma
io non ci scherzerei >> dice lui.
<<
Ragazzi,
ragazzi svegliatevi >> dico muovendoli.
<<
Che c’è, che è
successo? >> chiede Luck balzando dal sedile.
<<
Passeremo la
notte qui >> rispondo.
Entriamo
dentro questo
casolare stile antico, tutto in legno all’interno.
<<
Vi prendo degli
asciugamani per asciugarvi >> dice gentilmente
l’uomo.
Sembra
carino qui, ma
perché mai un uomo debba voler viver qui in mezzo al nulla?
All’apparenza
sembra un uomo duro e forte, ma in realtà si è
mostrato gentile con noi.
Ci
ha offerto da
mangiare, ne avevamo davvero bisogno e un posto all’asciutto
dove poter
trascorrere la notte. Grazie.
<<
Purtroppo non è
grande casa mia, due possono dormire in questa camera e gli altri due
sui
divani >> dice.
<<
Non c’è
problema grazie >> rispondo.
Gli
altri sono un po’
diffidenti nei suoi confronti, ma io no, sembra simpatico. Non vi nego
che
appena ha aperto la porta, un brivido mi abbia percorso la schiena, ma
mi
sbagliavo, è davvero gentile quest’uomo. Forse
perché è solo, non penso abbia
molte visite qui.
<<
Buonanotte
allora >> dice entrando in una stanza.
<<
Buonanotte
>> rispondiamo.
<<
Bene, allora
come ci sistemiamo? >> chiede Luck.
<<
Le ragazze in
camera e voi sui divani >> rispondo.
<<
Mi sembra
giusto >> dice Der.
<<
D’accordo
allora, buonanotte >> dice Luck baciandomi.
>
rispondo dopo essermi staccata il prima possibile.
Sam
ed io ci sistemiamo
in camera e tra tuoni e lampi ci addormentiamo vicine, come quando
eravamo
piccole.
<<
Sam, dormi già?
>> chiedo sottovoce.
<<
Più o meno
>> risponde.
<<
Mi dispiace averti
coinvolto in questa situazione >> dico.
<<
Non mi hai
obbligata, sono voluta venire io >> risponde.
<<
Ma io non avrei
dovuto permetterlo >> dico.
<<
A proposito,
perché siamo qui? Non penserai che anch’io abbia
creduto a quella storia della
tua amica? >> risponde.
<<
Sapevo che non
ci saresti cascata >> dico.
<<
Solo uno come
Luck poteva crederci >> risponde ridendo.
<<
Abbassa la voce
o vuoi che ci sentano >> dico.
<<
Allora, perché
siamo qui? >> insiste.
<<
Non avevi sonno
tu? >> rispondo sarcastica.
<<
Non cambiare
argomento, ormai mi è passato >> dice.
<<
La storia è
vera, solo che non stiamo affrontando il viaggio per la mia amica ma
per Derek
>> rispondo.
Posso
raccontarle la
verità, io mi fido di lei.
<<
Derek? È sua
madre che stiamo cercando? >> chiede incredula.
<<
Esatto e non
deve saperlo nessuno, soprattutto Luck >> rispondo.
<<
Da me non
uscirà una parola, soprattutto con quello >>
dice con tono dispregiativo.
<<
Adesso possiamo
dormire? >> chiedo.
<<
Va bene, notte
>> risponde girandosi dall’altra parte.
<<
Ma tu che
centri con Derek? >> chiede dopo nemmeno due minuti.
<<
È una storia
lunga te la racconterò un’altra volta
>> rispondo.
<<
No, no, ti
prego, non posso aspettare >> risponde.
<<
Lasciami
dormire >> dico.
<<
Non sarà mica
il tuo ragazzo? >> chiede.
Mi
volto verso di lei.
<<
Cosa ti salta
in mente >> rispondo.
<<
Conosco quello
sguardo, tu e Derek state insieme >> dice.
<<
No >>
rispondo secca voltandomi dall’altro lato.
<<
E invece sì,
ecco perché Luck non deve saperlo >> dice.
Non
rispondo, faccio
finta di non sentire.
<<
Ti prego, dimmi
solo sì o no >> continua.
La
sua domanda non ha
una risposta.
<<
Sì >>
dico dopo un po’.
Non
so se mi ha sentita,
forse dormiva già.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Meglio così ***
Meglio
così
<<
Sveglia
dormiglioni >> dico vicino a loro in salotto.
<<
Ma che ore
sono? >> chiede Der.
<<
Le 06.30
>> risponde Sam.
<<
È ancora presto
>> dice Luck voltandosi dall’altra parte.
<<
Non arriveremo
mai a Pittsburgh di questo passo >> rispondo.
Si
alzano di malavoglia
e nel frattempo arriva l’uomo.
<<
Siete già in
partenza? >> chiede l’uomo.
<<
Sì, altrimenti
non arriveremo mai >> rispondo scherzosa.
<<
Vi preparo
delle provviste per il viaggio, almeno non patirete la fame se vi
doveste
perdere di nuovo >> dice dirigendosi verso la cucina.
<<
Speriamo di no,
comunque grazie >> rispondo.
Ci
consegna il sacchetto
e ripartiamo dopo ovviamente avergli chiesto indicazioni per
raggiungere la
città più vicina.
Siamo
tutti un po’
stanchi, Derek è concentrato sulla guida, Sam sembra
annoiata e Luck non mi si
stacca di dosso.
<<
Perché non
facciamo un gioco? >> chiede Sam.
<<
Che genere di
gioco? >> rispondo.
<<
Obbligo o
verità >> dice.
<<
Non mi sembra
divertente >> interviene Luck.
<<
Dai proviamo,
giusto per passare un po’ di tempo >> dice
Derek.
<<
Cominciamo
proprio da te allora >> gli dice Sam.
<<
Sono pronto
>> risponde scherzoso Der.
<<
Obbligo o
verità? >> chiede lei.
<<
Verità >>
risponde Der.
<<
Vediamo… cosa
posso chiederti… ami la tua fidanzata? >>
chiede Sam.
Der
mi lancia
un’occhiata dallo specchietto retrovisore.
<<
Sì, certo
>> risponde.
<<
E lei ama te?
>> insiste Sam.
<<
Spero di sì
>> risponde.
<<
E come vi siete
conosciuti? >> continua a chiedere curiosa.
<<
Questa è più di
una domanda Sam, passa oltre >> intervengo.
<<
Bene Lila
allora tocca a te, obbligo o verità? >> chiede
Sam.
Un’altra
scomoda verità
non la posso tollerare. Queste domande a trabocchetto sono tipiche di
Sam.
<<
Obbligo
>> rispondo sodisfatta.
<<
Uhm… devi baciare
il tuo fidanzato >> dice.
Maledetta
a me che ho
detto obbligo e anche a lei. Il mio fidanzato. Chi dei due?
Der
mi lancia certe
occhiate dallo specchietto che mi gelano il sangue. Devo farlo, non ho
scelta.
<<
Per noi non è
proprio un obbligo, vero tesoro? >> dice Luck.
<<
Infatti, che
razza di obbligo è! >> rispondo verso Sam.
Mi
volto verso Luck e
faccio quello che mi ha detto mia sorella. La mia dolce e tenera
sorella.
<<
Adesso tocca a
te Sam, obbligo o verità? >> chiedo.
<<
Obbligo
>> risponde.
Bene,
bene, bene, cosa
posso escogitare per fargliela pagare?
Niente,
non ho idee.
<<
Se vuoi, ho io
in mente cosa farle fare >> dice Luck.
<<
Va bene, dillo
tu >> rispondo.
<<
Devi lasciarmi
dormire con tua sorella una notte >> dice Luck contento.
Cosa?
<<
Non sono io a
scegliere >> risponde lei.
<<
Non credo tua
sorella sia contraria >> dice Luck.
Derek
non dice nulla e
neanch’io. Non saprei cosa dire.
<<
E loro
dovrebbero dormire insieme? >> chiedo.
<<
Non c’è niente
di male e poi Derek è fidanzato >> risponde
Luck.
<<
Ma non hanno
confidenza, si conoscono appena >> dico.
<<
E allora? Non
devono fare niente, solo dividere la stessa stanza >>
risponde lui.
<<
Dovresti
accettare la richiesta del tuo fidanzato >> dice di punto
in bianco Der
sottolineando l’ultima parola.
Sono
stupita dal suo
comportamento, non avrei mai pensato che mi spingesse a fare una cosa
simile.
<<
Vedi, lo dice
anche lui, penso che faresti altrettanto se la tua ragazza fosse qui
>>
dice Luck.
<<
Infatti, se
fosse qui >> risponde Der guardandomi dallo specchietto.
Che
situazione
imbarazzante, come ne usciamo?
<<
Perché non
ascoltiamo un po’ di musica? >> dico facendo
cenno a Sam di accendere la
radio.
Per
fortuna che esiste
la musica, come avrei fatto altrimenti?
Proseguiamo
spediti
verso la nostra prossima tappa o almeno una città dove
trascorrere la notte che
verrà.
<<
Che succede?
>> chiede Sam vedendo rallentare l’auto.
In
effetti, perché ci
stiamo fermando in piena autostrada?
<<
Non lo so, il
motore è acceso ma la macchina non cammina >>
risponde Der.
<<
Che significa?
>> chiedo.
<<
La benzina non
può essere, altrimenti si sarebbe spento il motore
>> dice Luck.
Der
scende dall’auto e
Luck lo segue. Sembra strano vederli insieme a collaborare.
<<
Allora?
>> chiedo abbassando il finestrino.
<<
C’è una gomma a
terra, abbiamo bucato >> risponde Der.
Perfetto,
ci mancava
solo questo. Che viaggio sfortunato.
<<
Riesci a
cambiarla? >> chiedo.
<<
Non lo so, non
l’ho mai fatto >> risponde Der.
<<
L’ho visto fare
una volta, proviamoci >> dice Luck.
Prendono
la ruota di
scorta e tutto l’occorrente per cambiarla e si mettono a
lavoro. Sam ed io
restiamo in auto, ne approfitto per chiedere spiegazioni.
<<
Come ti è
saltato in mente? >> chiedo sottovoce.
<<
Cosa? >>
risponde.
<<
Come cosa il
gioco, per le domande a Derek e per avermi fatto baciare Luck
>> dico.
<<
Io non ho detto
Luck >> risponde.
<<
Ma è scontato
>> dico.
<<
Quindi è un sì?
>> chiede.
<<
Un sì cosa?
>> rispondo.
<<
Che stai con
Derek >> dice.
<<
Tutto apposto,
possiamo ripartire >> dice Der entrando in macchina.
<<
Sì? >>
chiedo.
<<
Era la mia
risposta? >> chiede Sam scherzosa.
<<
Andiamo?
>> dice Luck salendo a bordo.
<<
Sì >>
rispondo.
<<
È un sì alla
mia domanda? >> insiste Sam.
<<
Quale domanda?
>> chiede Der.
<<
Niente, cose da
ragazze >> rispondo.
Accende
il motore e
ripartiamo, speriamo senza intoppi stavolta. È una
situazione un po’ strana
quella in cui mi trovo adesso, sono in auto con il mio fidanzato, il
mio ex che
non sa di esserlo e mia sorella capricciosa. Ci si mette anche lei. Non
bastano
già i problemi che ho?
Derek,
Luck, di nuovo
Derek e poi Luck, io non voglio fare soffrire nessuno, ma che qualcuno
lo farà
è inevitabile. Adesso Der e poi Luck.
<<
Dove siamo?
>> chiede Sam dopo qualche ora.
<<
Non lo so
>> risponde Der.
<<
Ci fermiamo qui
per stanotte? >> chiede Luck.
<<
Non sappiamo
quanto dista la prossima città, forse conviene fermarci qui
>> rispondo.
<<
Come volete,
cerchiamo un hotel allora >> dice Der.
Ci
mettiamo subito
all’opera, Der è concentrato sulla strada ed io,
Sam e Luck guardiamo a destra
e sinistra per cercare qualche hotel. Ma niente, neanche
l’ombra.
<<
Proviamo a
chiedere a qualcuno >> dice Sam.
<<
Là c’è un
signore, accosta vicino a lui >> dico.
<<
Scusi, sa per
caso dove possiamo trovare un hotel? >> chiede Der.
<<
Mi sembra che
ce ne sia uno fuori città, andate sempre dritto e poi dopo
quella rotonda a
destra >> risponde.
<<
E lo troviamo
lì? >> chiede Der.
<<
No, dovete
camminare un bel po’, in pratica dovete uscire dalla
città >> risponde.
<<
Va bene, grazie
>> dice Der ripartendo.
<<
Avete capito
qualcosa? >> chiedo scherzosa.
<<
Non ci sono
hotel qui, ma che razza di città è?
>> risponde Luck.
<<
È un paesino
>> dice Sam.
<<
Si vede
>> risponde Der.
<<
Be, tu sei
abituato alle metropoli come New York… >> dice
Luck.
<<
Anche tu, a
Millville non mancano di certo gli hotel >> intervengo.
Proseguiamo
sulla strada
che ci ha indicato quel passante, speriamo sia giusta.
<<
Guarda, sembra
un hotel >> dice di colpo Sam indicando un posto.
<<
Sì, è vero
>> rispondo.
<<
Più che un
hotel direi un motel >> dice disgustato Luck.
<<
Accontentati,
preferisci dormire in macchina? >> risponde Der
posteggiando.
Prendiamo
le poche
valige che abbiamo, tranne Sam che sembra si sia portata tutto
l’armadio ed
entriamo.
<<
Buonasera
>> dico avvicinandomi al bancone.
<<
Salve, cosa
posso fare per voi? >> chiede.
<<
Avete una
stanza per la notte? >> chiede Der.
<<
Due camere
>> sottolinea Luck.
<<
Controllo
subito >> risponde.
<<
No, mi
dispiace, rimane solo una camera >> continua dopo un
po’.
Un
motel che si trova in
un posto sperduto e non ha due camere per noi?
<<
Una quadrupla
>> sottolinea.
<<
Sarebbe
perfetta, ci andremmo tutti >> dice Sam.
<<
Va bene, la
prendiamo >> dico.
Luck
e Derek non penso
siano d’accordo. Luck perché voleva una camera
solo per noi due e Derek perché
deve dormire nella stessa stanza con Luck. In realtà
è già successo la scorsa
notte ma io non c’ero. Adesso è diverso, credo.
<<
Ecco a voi le
chiavi, buonanotte >> dice consegnandocele.
Saliamo
in camera e sono
io ad aprire la porta. Sembra spaziosa e carina, peccato che abbia un
matrimoniale e due singoli.
<<
Carino qui
>> dice Sam.
<<
Meglio del
divano >> risponde Der.
<<
Avevo la
schiena a pezzi, per fortuna questa notte dormirò in un
comodo letto, a
proposito, come ci sistemiamo? >> chiede Luck.
<<
Le donne nel
matrimoniale e gli uomini nei singoli >> dice Sam.
<<
E l’obbligo di
Sam? >> chiedo.
Meglio
dormire in una
quadrupla con Luck piuttosto che dormire da soli. Penso sia meglio per
Derek.
Sam
sembra avermi
capito.
<<
Giusto, se vuoi,
puoi dormire con mia sorella stanotte >> dice Sam.
<<
Non era questo
quello che intendevo per dormire con tua sorella >>
risponde Luck.
<<
Prendere o lasciare?
>> chiede Sam.
<<
Va bene, mi
accontento per questa volta >> risponde.
Meglio
così. Vedo Der
torcersi dai nervi, anche se all’apparenza sembra
indifferente.
E
sistemati così ci
addormentiamo. Dormire, questa notte non so cosa sia. Penso a Der che
mi vede
nel letto con Luck e non riesco ad alleviare il suo dolore.
È un uomo, avrà
pure un po’ di orgoglio maschile e vedere la propria
fidanzata dormire nel
letto con un altro non credo sia cosa facile.
Basta,
mi alzo, non
posso restare qui. Sgaiottolo fuori dalla stanza cercando di non fare
rumore. È
una tranquilla serata di fine estate, preferisco stendermi
sull’erba a guardare
le stelle piuttosto che stare in quella stanza.
<<
Che ci fai qui
fuori? >> chiede una voce che conosco bene dopo qualche
minuto.
<<
Non riuscivo a
dormire >> rispondo.
Si
avvicina a me e si
stende anche lui a guardare le stelle.
<<
Da qui si
vedono meglio le stelle >> dice.
<<
Anche dal
nostro posto speciale >> rispondo.
<<
Anch’io non
riuscivo a dormire >> dice.
<<
A causa mia?
>> chiedo.
<<
Perché dovrebbe
essere colpa tua? >> risponde.
<<
Perché ero nel letto con Luck davanti a te
>> dico.
<<
Forse anche per quello, ma non solo >>
risponde.
<<
Mi dispiace, pensavo preferissi vederci
nella stessa stanza piuttosto che pensare che fossimo soli in
un’altra >>
dico.
<<
Lo so, tu stai facendo di tutto per evitare
di infastidirmi, lo vedo, solo che non voglio farlo insospettire,
è per questo
che ti ho spinta a dormire con lui >> risponde.
<<
Ecco perché, non capivo questa tua idea
>> dico.
<<
Io non permetterei mai di farti dormire con
un altro se non fossimo in questa situazione >> risponde.
<<
Io non vorrei dividere il letto con nessun
altro se non tu, vedi siamo legati >> dico mostrandogli
il bracciale che
indossa.
<<
Oggi mi era scivolato mentre cambiavo la
gomma, è stato Luck a trovarlo e a consegnarmelo
>> risponde.
<<
Sul serio? E non ti ha detto niente?
>> chiedo.
<<
No, perché avrebbe dovuto? >>
risponde.
<<
Meglio così >> dico.
Sul
bracciale sono incise le nostre iniziali, per
fortuna non se n’è accorto. Era sicuramente preso
dal cambiare la ruota
talmente tanto per farsi vedere “Macio” che non ha
guardato il bracciale.
Meglio così.
<<
Adesso è meglio se torniamo in camera,
potrebbero svegliarsi e non trovarci >> dice Der.
<<
Luck potrebbe pensare male >>
rispondo.
<<
E anche tua sorella >> continua.
<<
No, Sam no >> rispondo.
<<
Come fai a esserne sicura? >> chiede.
<<
Vedi, lei… sa tutto o quasi >>
rispondo.
<<
Sam sa di noi? >> chiede sbalordito.
<<
Credo di sì, l’altra notte mi ha chiesto il
perché del viaggio… >> rispondo.
<<
Non ha creduto alla storia di Cloe? >>
chiede interrompendomi.
<<
No, infatti, le ho dovuto raccontare che eri
tu e non Cloe la causa del viaggio >> rispondo.
<<
E le hai raccontato tutta la storia?
>> chiede.
<<
No, ho detto solo che era tua madre che
stiamo cercando e non quella di Cloe >> rispondo.
<<
E come ha capito di noi? >> chiede.
<<
Non so se l’abbia capito, ma non è mica
stupida, perché sarei dovuta venire con te? >>
rispondo.
<<
Certo e come lei anche Luck lo scoprirà
presto >> dice.
<<
No, Luck non lo scoprirà, sarò io a
dirglielo >> rispondo.
<<
Spero tu abbia ragione >> dice.
<<
Adesso andiamo dai >> rispondo
alzandomi.
Torniamo
in camera, prima di scambiarci segretamente
l’ennesimo bacio. Mi è mancato poterlo fare e se
il destino ci ha voluto fare
questo scherzo, forse è meglio così.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Niente è più come prima ***
Niente
è più
come prima
Ormai
siamo vicini a
Pittsburgh, penso che domani Der potrà rivedere sua madre.
Se è lei. Lo spero
tanto, perché non so se può superare
un’altra delusione. Siamo un po’ in
ritardo con la tabella di marcia a causa di tutti gli intoppi che ci
sono
capitati durante il viaggio. Ma adesso andrà tutto per il
meglio, ne sono
sicura, me lo sento.
<<
Come faremo
quando incontreremo la madre di Cloe? >> chiede Luck.
<<
Cerchiamo di
riportarla a casa >> rispondo.
<<
Sì, ma come?
>> chiede.
<<
Le diremo che
manca molto a sua figlia e che vuole che torni a casa >>
risponde Sam.
Der
sembra non voglia
parlare di quest’argomento davanti a tutti, forse
è meglio cambiare discorso.
<<
Muoio di fame,
ci fermiamo a prendere qualcosa? >> chiedo.
<<
Siamo in piena
autostrada, non penso ci saranno locali >> risponde Luck.
<<
Al prossimo
autogrill possiamo prendere qualcosa e ripartire subito dopo
>> dice Der.
<<
Ottima idea
>> risponde Sam.
E
così faremo.
Prima
di scendere
dall’auto per comprare qualcosa però Luck mi
blocca per un braccio.
<<
Perché non ci
portate qualcosa voi, mentre noi restiamo qui? >> chiede
Luck.
<<
Non mi sembra
il caso, e poi sono stanca di stare seduta >> rispondo.
<<
Dai tesoro
>> insiste.
<<
Va bene, vi
porteremo qualcosa noi >> dice Der mentre si dirige con
Sam verso
l’interno del locale.
<<
Perché sei
voluto restare qui? >> chiedo quando restiamo soli in
auto.
<<
Volevo restare
un po’ da solo con te >> risponde.
<<
Siamo sempre
insieme >> dico.
<<
Non come vorrei,
è quasi un anno che ci conosciamo e che stiamo insieme e non
abbiamo mai…
>> risponde con il suo sguardo malizioso.
So
dove vuole arrivare.
> chiedo facendo finta di niente.
<<
Siamo in
vacanza, quale momento migliore >> risponde.
<<
Non è proprio
una vacanza Luck, lo sai >> dico.
<<
Poco conta, non
siamo mai rimasti soli, sempre con Derek e Sam >>
risponde.
<<
Sapevi fin
dall’inizio la situazione >> dico.
<<
A proposito, i
tuoi sanno che tu e Sam siete qui? >> chiede con tono
sberleffo.
<<
Che cosa
centrano i miei adesso? >> chiedo.
<<
Dalla tua
risposta deduco che sia un no, allora si arrabbierebbero molto se lo
venissero
a sapere >> risponde.
<<
Cos’è, vuoi
fare la spia? >> chiedo con tono seccato.
<<
No, non lo
farei mai, questo significherebbe allontanarmi da te ed è
l’ultima cosa che
voglio >> risponde.
<<
Ma… >> lo
interrompo.
<<
Non c’è nessun
ma, è chiedere troppo voler trascorrere una serata da soli
con la propria
fidanzata? >> dice sarcastico.
<<
Questa non
sembra una richiesta ma una minaccia >> rispondo.
<<
Io non ho detto
questo >> dice.
<<
Ma lo hai fatto
capire >> rispondo.
<<
Non farei mai
una cosa simile contro la tua volontà >> dice.
<<
Saresti capace
di peggio >> rispondo.
<<
Che cosa stai
dicendo, sai benissimo che non è vero >> dice
alterandosi.
<<
Non so più cosa
è vero, Luck >> rispondo.
<<
Io lo sono, il
nostro amore è vero >> dice.
Amore?
E lui mi parla di
amore adesso?
Meglio
non
controbattere, sarebbe inutile.
<<
Dimmi almeno
che ci penserai >> continua.
<<
Eccoli qui, due
panini solo per voi >> ci interrompe Sam aprendo lo
sportello della macchina.
<<
Che succede?
>> chiede Der vedendomi un po’ arrabbiata.
<<
Niente >>
mi limito a dire.
Prendo
il mio panino e
comincio a morderlo a denti stretti e con tutta la forza che ho.
Immagino che
sia Luck. Se prima ero triste e dispiaciuta di doverlo lasciare adesso
non è
più così, per niente. Ma non posso farlo adesso,
Luck lo direbbe ai miei genitori
e questo manderebbe tutto a rotoli. Non posso permetterlo.
Per
tutto il resto del
viaggio resto in silenzio, non ho parole e Der l’ha notato.
Ha notato il mio
stato d’animo e forse anche Sam. Ma non posso dirlo a
nessuno. Se Der venisse a
sapere una cosa simile andrebbe su tutte le furie.
<<
Ci fermiamo qui
per questa notte? >> chiede Der.
<<
Vediamo se è
libero questo hotel >> risponde Luck scendendo
dall’auto.
<<
Aspettate qui
voi, è inutile scendere tutti >> dice Der.
Sam
ed io restiamo in
auto, proprio come ci hanno detto.
<<
Cos’è successo?
>> chiede Sam.
<<
Niente, perché
me lo chiedi? >> rispondo.
<<
È stato Luck?
>> chiede.
<<
Perché insisti,
ti ho già detto che va tutto bene >> rispondo
duramente.
<<
È libero,
possiamo fermarci qui >> ci interrompe Der tornando in
auto.
Scendiamo
dall’auto e ci
dirigiamo verso l’interno.
<<
Sono due doppie
>> dice Luck tutto contento.
<<
Bene allora, Lila
ed io, tu e Derek >> risponde Sam.
<<
Io pensavo che
potessi svolgere il tuo obbligo per questa notte >> dice
Luck.
<<
Ho già svolto
il mio obbligo la scorsa notte, ti ricordi? >> risponde
Sam.
<<
Era un obbligo
a metà e l’altra metà sarà
stanotte >> dice Luck.
<<
Va bene Sam,
tranquilla, dormirò con Luck >> li interrompo.
Derek
sembra sorpreso,
non so che farci, in fondo è per lui quello che sto facendo.
Ci
sistemiamo ognuno
nelle nostre camere e Luck è qui con me. Odio restare con
lui. Proprio così,
non ho mai voluto essere da un’altra parte così
come adesso.
<<
Ci hai pensato?
>> chiede.
<<
A cosa?
>> rispondo facendo finta di non capire.
Quanto
vorrei non aver
capito.
<<
Sai bene a cosa
mi riferisco >> dice.
<<
Alla tua
minaccia? >> chiedo.
<<
Chiamala pure
come vuoi, il fatto è che non posso più
resisterti >> risponde.
<<
Non è così che
si usa fare di solito >> dico.
<<
E come allora,
io ci ho provato in tutti i modi >> risponde.
<<
Non puoi
costringermi a fare qualcosa che non voglio >> dico.
<<
Sai che non lo
farei mai >> risponde.
<<
Ma se io non
farò quello che dici tu dirai ai miei che sono qui, non
è vero? >>
chiedo.
<<
Lila… >>
dice avvicinandosi.
<<
Ho bisogno di
una boccata d’aria >> rispondo uscendo da
questa stanza.
Come
può chiedermi una
cosa simile dopo tutto quello che c’è stato tra
noi? Non lo riconosco più. Lui
non è il mio vecchio Luck o forse è sempre stato
così ed io non me ne sono
voluta accorgere.
<<
Che fai qui?
>> mi chiede una voce che conosco alle mie spalle.
<<
Avevo bisogno
di un po’ d’aria >> rispondo.
<<
Vuoi dirmi
perché sei così? >> chiede.
<<
Non posso, tu
non puoi capire >> rispondo.
<<
Cosa non posso
capire Lila, sono tua sorella, chi meglio di me può capirti?
>> dice.
Una
lacrima mi riga il
viso.
<<
È stato Luck
vero? >> chiede.
Annuisco,
non so cosa
dire.
<<
Cosa ti ha
fatto quello, giuro che… >> continua.
<<
Mi ha chiesto
di passare la notte con lui >> dico con un filo di voce.
<<
E tu non vuoi?
>> chiede.
<<
Certo che no
Sam, io amo Derek >> rispondo.
<<
E allora digli
di no >> dice.
<<
Non posso
>> rispondo.
<<
E perché mai?
>> insiste facendo una faccia strana.
<<
Perché direbbe
a mamma e papà che siamo qui e Derek non potrà
rivedere sua madre >>
rispondo.
<<
Che gran…
>> dice.
<<
Shh… abbassa la
voce, giurami che Derek non saprà mai niente di tutto questo
>> rispondo.
<<
Lila tu non
puoi fare una cosa simile >> dice.
<<
Hai un’altra
soluzione? >> chiedo.
<<
C’è sempre
un’alternativa, è così che dici sempre
tu no? >> risponde.
<<
Anch’io lo
pensavo, ma questa volta no >> dico.
<<
Lo farò io
>> risponde.
<<
Che cosa?
>> chiedo.
<<
Starò io con
Luck, non è mica la prima volta >> risponde
scherzosa.
<<
Non sai quello
che dici Sam >> dico.
<<
Sì invece, è la
soluzione perfetta e poi non è proprio una penitenza
>> risponde
scherzosa.
Mente.
Non sopporta Luck
ormai. Forse in passato sarebbe stata contenta di una cosa
così, ma non adesso.
Non più.
<<
Non permetterò
mai che tu faccia una cosa simile per me >> dico.
<<
Questo è il
modo per farmi perdonare della notte del ballo >>
risponde.
<<
Ti ho già
perdonata per quello >> dico.
<<
Ma io non sento
che ti ho ricambiata >> risponde.
<<
No Sam, è fuori
discussione >> dico.
<<
Dai, perché no,
penso a tutto io >> risponde.
<<
E come credi di
fare, è stupido sì, ma sa riconoscere la
differenza tra me e te >> dico.
<<
Lo benderai,
così sarà tutto più magico
>> risponde.
<<
Hai visto
troppi film, non funzionerà >> dico.
<<
E invece sì,
fidati di me >> risponde.
<<
Io mi fido di
te ma non posso permetterti di fare una cosa simile, non me lo
perdonerei mai
>> dico.
<<
Tu non mi hai
costretto a fare niente, io ti ho rovinato la vita a scuola, con mamma
e ci ho
provato pure con Luck e adesso voglio farmi perdonare, ti prego, lascia
fare a
me >> risponde.
L’abbraccio
forte, quasi
la strozzo. Ho ritrovato Sam, la vera Sam, la mia prima migliore amica.
<<
Dovrai bendarlo
tu, non posso fare tutto io >> dice con tono scherzoso.
<<
Ti voglio bene
Sam >> dico abbracciandola di nuovo.
<<
Dai, devo prepararmi
per la serata >> dice scherzosa.
<<
Scema, lo so
che lo fai solo per me >> rispondo.
Torniamo
in camera e mi
attengo al piano, spero vada tutto bene.
<<
Ehi, dove sei
stata? >> chiede Luck.
<<
Ho fatto due
passi e… sì >> rispondo.
<<
Sì cosa?
>> chiede.
<<
Va bene,
accetto la tua proposta >> rispondo.
<<
Davvero?
>> dice venendo verso di me.
<<
A una
condizione però >> dico.
<<
Non lo dirò ai
tuoi, tranquilla >> risponde.
<<
Non questo,
cioè sì anche, però dovremo bendarci
>> dico.
<<
Bendarci? Che
idea è questa? >> chiede scherzoso.
<<
Sarà tutto più
magico, voglio che tutto sia perfetto >> rispondo.
<<
D’accordo, come
vuoi, allora fammi contemplare ogni singolo particolare del tuo corpo
>>
dice.
<<
Conosci già i
miei lineamenti >> rispondo.
Comincia
a baciarmi il
collo, non vedo l’ora che finisca.
<<
Aspetta
>> dice di colpo.
<<
Cosa? >>
chiedo.
<<
Io ho già visto
questo ciondolo >> risponde toccandomi la collana.
Oh
no, non si prospetta
niente di buono.
<<
Non può essere,
è la prima volta che la indosso >> dico
mentendo.
<<
Non su di te
>> dice uscendo dalla stanza.
<<
Luck, Luck dove
vai… >> dico inseguendolo.
Nella
stanza di Derek.
Oh cavolo!
<<
Ehi, che
succede? >> chiede Der vedendoci arrivare.
Luck
lo afferra per il
braccio e lo guarda attentamente.
Il
bracciale. Ha capito
tutto.
<<
Ecco dove lo
avevo visto >> dice.
<<
Qualcuno può
spiegarmi che succede? >> chiede Der.
<<
Avete qualcosa
da dirmi voi due, perché avete lo stesso ciondolo?
>> chiede Luck
nervoso.
<<
Ciondolo, cosa
dici, dai i numeri per caso? >> risponde Der.
Mi
tira verso di se con
forza e avvicina il mio ciondolo a quello di Derek.
<<
Non trattarla
così >> dice Der avvicinandosi a lui.
<<
Altrimenti?
>> risponde Luck.
<<
Altrimenti
dovrai vedertela con me >> dice Der con tono minaccioso.
<<
Ragazzi non è
necessario tutto questo, calmatevi >> dico cercando di
placare gli animi.
Luck
si avvicina a me e
guarda il ciondolo.
<<
L e D, Lila e
Derek, che romantico >> dice sarcastico tirandomi la
collana che finisce
per terra.
Derek
sferra un pugno a
Luck e lui fa altrettanto. Cominciano a picchiarsi ed io non so cosa
fare.
Resto paralizzata, immobile, ma devo fare qualcosa.
<<
Sam, Sam
>> urlo.
Lei
non risponde. Volevo
dirle di chiamare qualcuno, non voglio e non posso allontanarmi da qui,
ma non
mi ha sentita.
<<
Sai cosa ti
dico, stavo pure per andare a letto con la tua ragazza >>
dice con tono
contento Luck.
Derek
lo attacca con più
ferocia, si accanisce su di lui come non avevo mai visto fare in vita
mia.
Scendo
subito nella hall
a chiamare qualcuno, non durerà a lungo tutto questo.
Per
fortuna due uomini
riescono a dividerli. Sono pieni di lividi e tutto a causa mia.
È tutta colpa
mia.
Sam
resta con Luck, io
vado con Derek. Lui è sconvolto, non mi guarda nemmeno negli
occhi. Penso sia
per quello che gli ha detto Luck.
Prendo
l’alcool e il
cotone per medicargli le ferite, ma lui non vuole. Insisto, non posso
lasciarlo
in questo stato.
<<
Dimmi solo una
cosa, è vero quello che ha detto? >> chiede
Der.
<<
Sì >>
rispondo medicandogli le ferite sul viso.
È
inutile girarci
intorno. Si scosta e si allontana da me.
<<
Come hai potuto
>> dice furioso.
<<
Der non è
successo niente >> rispondo.
<<
Ma sarebbe
successo se non avesse visto la collana >> dice.
<<
Non è proprio
così Der, tu non puoi capire >> rispondo.
<<
Allora aiutami
tu a capire, perché non rispondo più di me stesso
>> dice.
<<
Non posso, ma
ormai è tutto finito >> rispondo.
<<
Lila o mi dici
tutto o lo scoprirò da solo, non so cosa è meglio
>> dice.
Forse
è meglio che sia
io a dirgli tutto. È inutile negare l’evidenza.
<<
Oggi Luck mi ha
proposto una notte con lui ed io ovviamente ho rifiutato, ma se non
l’avessi
fatto, lui avrebbe detto ai miei che sono qui e questo avrebbe rovinato
il
viaggio >> dico.
<<
Quindi hai
pensato di accettare >> risponde furioso.
<<
Che cosa avrei
potuto fare? >> chiedo.
<<
Avrebbe fatto
tutto questo contro la tua volontà? Non vale niente come
uomo >>
risponde.
<<
Non volevo tu
venissi a saperlo >> dico.
<<
Perché sai che
non l’avrei mai permesso. Non scambierei mai te per uno
stupido viaggio per trovare
forse qualcuno che mi ha abbandonato >> risponde.
<<
Io non te
l’avrei mai permesso e non me lo sarei mai perdonata
>> dico.
<<
Stavi per fare
tutto questo per me? >> chiede.
<<
Sam stava per
farlo >> rispondo.
<<
Che cosa centra
Sam? >> chiede.
<<
Lei ha capito
tutto e si è offerta di stare con Luck >>
rispondo.
<<
Tua sorella
avrebbe fatto tutto questo per me? >> chiede sorpreso.
<<
In realtà lo
avrebbe fatto per me, ma in fondo anche per te, per noi
>> rispondo.
<<
Devo
ringraziarla allora >> dice facendo per andarsene.
<<
È con Luck
adesso, non è una buona idea >> rispondo.
<<
Meglio se c’è
anche lui, gli darei un’altra lezione >> dice.
<<
Ormai è finita
Der >> rispondo.
<<
Niente è più
come prima >> dice.
<<
Noi lo siamo
amore, noi >> dico prendendogli il viso tra le mani.
Mi
stringe a se, quasi
non permettendomi di respirare. Adesso sento che è mio e
niente al mondo può
portarmelo via. Ma è vero, da adesso niente è
più come prima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Indimenticabile ***
Indimenticabile
<<
Ma non possiamo
lasciarlo qui >> dico insistendo.
<<
Non m’interessa,
non darò un passaggio a un mascalzone come quello
>> risponde Der.
<<
Ha detto a Sam
che possiamo lasciarlo da sua zia, vive vicino a Pittsburgh, in un
paesino di
passaggio, non ci costerà nulla >> dico.
<<
E per quale
motivo dovrei essere gentile con lui? >> chiede.
<<
Non lo
rivedremo più Der, è l’ultima cosa che
facciamo per lui, promesso >>
rispondo.
<<
Perché insisti
tanto, provi ancora qualcosa per lui? >> chiede geloso.
<<
Ma che
sciocchezze stai dicendo, solo che non voglio lasciarlo qui in mezzo al
nulla
>> rispondo.
<<
Va bene, se ci
tieni tanto lo porteremo dove dici, ma non guiderò io
>> dice.
<<
Vuoi che guidi
lui? >> chiedo.
<<
Assolutamente
no, è già tanto che lo faccio sedere su un sedile
>> risponde.
<<
E allora chi,
Sam non ha la patente >> dico.
<<
Tu >>
risponde.
<<
Io? Io non so
guidare una jeep come questa e poi sai che non amo guidare
>> dico.
<<
Allora è il
momento di superare le tue paure riguardo alla guida >>
risponde.
<<
Non puoi farlo
tu e basta? >> chiedo speranzosa.
<<
Io non
accompagnerò quello lì, se vuoi puoi farlo tu
>> risponde convinto.
<<
E va bene, se
moriremo tutti sarà colpa tua >> dico
scherzosa.
<<
Sarai
bravissima >> risponde baciandomi la fronte.
Ecco
Luck e Sam, sembra
conciato male più di quanto me lo ricordassi. Saliamo a
bordo e in auto cala il
silenzio. Riesco quasi a percepire il gelo.
<<
Perché sei da
quel lato? >> mi chiede Sam.
<<
Secondo te?
>> rispondo sarcastica.
<<
Guiderà tua
sorella >> dice Der.
<<
E perché?
>> chiede Sam.
Derek
non risponde,
meglio così, potrebbe ricominciare a pizzicarsi con Luck.
<<
Perché mi
andava di farlo, tutto qui >> rispondo accendendo il
motore.
Partiti.
Spero vada
tutto bene come dice Derek, non ho mai guidato in autostrada e spero di
non
doverlo fare mai più.
<<
Dove siamo
diretti? >> chiedo concentrata.
<<
A Penn, è lì
dove ho trascorso molte vacanze, da mia zia Caroline >>
risponde Luck.
<<
Bene, allora
dovrò seguire la segnaletica per Penn >> dico.
E
di nuovo cala il
silenzio. Tutto tace, nessuno apre bocca. Mi stupisce che anche Sam non
parli,
non è da lei.
Eccoci
a Penn, sembra
carino qui.
<<
Da che parte
devo andare per la casa di tua zia? >> chiedo.
<<
Ti guido io
>> risponde Luck.
Mi
indica la strada da
percorrere e arriviamo di fronte la casa della zia di Luck. Casa, villa
casomai!
<<
Bene, sono
arrivato al capolinea, grazie del passaggio e…
>> dice Luck.
<<
Ciao Luck
>> lo interrompo.
<<
Infatti, ciao
>> termina scendendo dalla macchina.
Derek
non lo saluta
nemmeno, non gli ha più rivolto la parola da ieri sera.
È arrabbiato, anzi
furioso con lui.
<<
Aspetta ti
aiuto con le valige >> dice Sam seguendolo
all’interno della villa.
Io
e Derek restiamo in
auto ad aspettare Sam.
Un
minuto, due minuti,
cinque minuti, un quarto d’ora, comincio a preoccuparmi,
forse è meglio
scendere a controllare.
<<
Che fine ha
fatto Sam? >> dico.
<<
Starà per
arrivare, aspetta un attimo >> risponde Der.
Altri
dieci minuti.
<<
Der io entro,
devo vedere che succede >> dico scendendo
dall’auto.
<<
Aspetta, vengo
con te >> risponde seguendomi.
Arriviamo
davanti alla
porta d’ingresso e suono il campanello.
<<
Sì? >>
chiede qualcuno.
<<
Sono un’amica di
Luck >> rispondo.
Davanti
a noi si apre la
porta. Che bella casa!
<<
Buongiorno
>> dico entrando.
<<
Bu… Derek
>> esclama colei che ci ha appena aperto la porta.
Questa
donna conosce
Derek? Qui?
Derek
resta
pietrificato, come se avesse visto un fantasma. Poi si muove, se ne va.
<<
Derek aspetta
>> dice la donna inseguendolo.
Non
capisco più niente,
qualcuno può spiegarmi che succede?
Lo
afferra per il
braccio e lo volta verso di lei. Lo abbraccia e lui non la rifiuta. Una
lacrima
gli riga il volto, strano, lui non mostra mai le sue emozioni. Vorrei
avvicinarmi ma non vorrei rovinare questo momento. Forse so chi
è quella donna.
È lei, deve esserlo per forza.
Restano
abbracciati per
almeno cinque minuti a piangere l’uno nelle braccia
dell’altra, come se si
stessero liberando del peso che hanno portato per tutti questi anni:
stare
lontani l’uno dall’altro.
<<
Lila >>
urla Derek verso di me facendomi cenno di avvicinarmi.
Un
altro Derek mi si
presenta davanti.
<<
Ti presento mia
madre e lei è la mia fidanzata Lila >> dice
Der presentandoci.
Di
colpo Der sembra
cambiato. Il suo lato duro e serio sembra svanito lasciando il posto a
quello
che forse solo io conoscevo.
<<
Molto piacere
Mary >> rispondo.
<<
Conosci il mio
nome, Derek deve averti parlato molto di me >> dice.
<<
In realtà è lei
che mi ha spinto a cercarti, ma non sapevo che vivessi qui
>> dice Der.
<<
Lavoro per la
signora Miller da anni ormai, devo e voglio raccontarti tutto, ma prima
devo
chiederti scusa per essermene andata lasciandoti solo con tuo padre
>>
risponde Mary.
<<
Hai tempo
adesso? >> chiede Der.
<<
Non sai quanto
ho aspettato questo momento >> risponde lei in lacrime.
Si
dirigono verso una
panchina, ma non li seguo, avranno molto da raccontarsi.
<<
Lila, vieni
anche tu >> m’invita Der.
<<
Devo
raccontarti tutto >> dice Mary.
<<
Io non ho
segreti con lei, lei è parte di me >> risponde
Der.
<<
Ma non vorrei
rovinare questo momento >> dico.
Lo
sguardo di Der mi ha
fatto capire cosa devo fare. Devo stargli accanto, anche adesso che ha
ritrovato sua madre. Mi siedo vicino a Der e gli tengo la mano mentre
cominciano a parlare. Ma Sam? Dov’è finita? Non
posso lasciare Der da solo
adesso, ma nemmeno Sam. Der ha aspettato questo momento da tredici
anni, non
posso deluderlo adesso. Mi tranquillizzo, speriamo non sia successo
nulla.
<<
Ho assunto un
investigatore privato e ha trovato una Mary Cooper a Pittsburgh, eri
tu?
>> chiede Der.
<<
Sì, cioè in un
certo senso, vedi quando ho lasciato New York, volevo dimenticare
tutto,
rifarmi una vita, magari con te, ma tuo padre me l’ha
impedito. Così sono
arrivata a Pittsburgh e li ho conosciuto la mia amica Rebecca, anche
lei voleva
ricominciare daccapo poiché i suoi genitori non accettavano
il suo fidanzato.
Così ci siamo scambiate i nomi, i documenti e tutto quanto
fosse necessario
affinché io fossi lei e lei me. Io qui mi chiamo Rebecca
Mendel e lei a
Pittsburgh Mary Cooper. Mi è sembrata la cosa migliore da
fare, io avrei potuto
ricominciare e lei avrebbe potuto vivere tranquilla con il suo
compagno, nonché
marito adesso >> risponde Mary o Rebecca o come si chiama
insomma.
<<
Perché non mi
hai portato con te? >> chiede Der.
<<
Tuo padre non
me l’ha permesso, mi ha offerto dei soldi affinché
mi scordassi di te, ma quale
madre baratterebbe suo figlio per del denaro? >> risponde
sua madre.
<<
Tu? >>
insinua Der duramente.
<<
Non l’avrei mai
fatto per niente al mondo. Ho rinunciato al denaro e sono andata via
>>
risponde.
<<
Ma perché non
hai insistito? >> chiede Der deluso.
<<
Che senso
avrebbe avuto, conosci tuo padre, non me lo avrebbe mai permesso e poi
non
volevo rischiare >> risponde.
<<
Che cosa non
volevi rischiare? >> chiede Der.
<<
Che ti
abbandonasse in una casa famiglia, lasciandoti da solo. È
questo quello che mi
ha detto avrebbe fatto se mi fossi fatta rivedere a New York
>> risponde.
Wow,
sembra quasi
impossibile.
<<
Quindi lo hai
fatto per me, cioè mi hai abbandonato per il mio bene?
>> continua a
chiedere Der.
<<
Sarebbe stata
l’ultima cosa che avrei voluto in vita mia >>
risponde.
<<
Gli ultimi
tredici anni della mia vita sono stati un inferno, al pensiero che mi
avessi
abbandonato, lasciandomi solo e senza avere tue notizie
>> dice Der
arrabbiato.
<<
Per me è stato
lo stesso, ogni singolo giorno speravo non ti dimenticassi di me, di
colei che
ti ha messo al mondo e ti ha dovuto lasciare con tuo padre per il tuo
bene.
L’ho fatto solo per te, non avrei mai voluto separarmi da te
>> risponde
Mary.
<<
Non credi che
avrei preferito vivere con mia madre? >> chiede Der.
<<
Lo so tesoro,
ma come avrei dovuto fare? Avrei dovuto “rubarti”
da tuo padre perché non mi
avrebbe mai permesso di portarti con me di sua spontanea
volontà e poi che vita
ti avrei potuto dare? Girovagare per città, cercare un posto
asciutto dove
trascorrere la notte, faticare per arrivare alla fine del mese con un
misero
stipendio che a malapena bastava per sfamarti? Ho preferito lasciarti a
casa
con tuo padre, almeno potevi vivere in condizioni agiate, andare a
scuola…
>> risponde dispiaciuta.
<<
E non avere
nessuno, nessun affetto, nessuna carezza, vivere da solo
>> la interrompe
Der.
<<
Mi dispiace
tesoro, io non avrei mai voluto farti soffrire, non è
passato giorno senza che
io pensassi a te, ad immaginare il tuo volto, i tuoi occhi e a quanti
momenti
mi stessi perdendo della tua vita >> dice Mary piangendo.
Si
abbracciano, si
consolano l’uno nelle braccia dell’altra. Una cosa
che non hanno potuto fare
per tredici anni.
<<
Non sapevo
questa storia >> dice Der più
tranquillo.
<<
Lo immaginavo,
tipico di tuo padre >> risponde Mary.
<<
Ma perché sei
qui a Penn? >> chiede Der.
<<
Non riuscivo a
trovare lavoro a Pittsburgh, così mi sono trasferita qui e
la signora Miller mi
ha assunto >> risponde.
<<
A proposito
come avete fatto a trovarmi? >> chiede Mary.
<<
Grazie a lei, è
lei che mi ha portato qui >> risponde Der indicandomi.
<<
Allora devo
ringraziare te Lila >> dice Mary.
<<
No, io non ho
fatto niente, abbiamo solo riaccompagnato Luck >>
rispondo.
<<
Il nipote della
signora Miller, veniva spesso qui >> dice Mary.
Grazie
a Luck abbiamo
ritrovato la madre di Der. Non pensavo di dirlo ma… grazie
Luck.
<<
Adesso cosa hai
intenzione di fare? >> chiede Der.
<<
Non voglio
perderti di nuovo >> risponde Mary.
<<
Allora vieni
con noi a New York e ricominciamo daccapo insieme >> dice
Der.
<<
Ma non posso,
lo sai, tuo padre… >> risponde Mary.
<<
Mio padre non
può farmi più niente, sono maggiorenne ormai e
non gli permetterò di
allontanarmi di nuovo da te >> dice Der.
<<
Ma come faremo,
non posso mica tornare a casa >> risponde.
<<
Compreremo una
casa e vivremo lì insieme, te lo prometto. A proposito, hai
un compagno o un
marito o magari anche dei figli? >> chiede Der curioso.
<<
No, non ho
avuto più nessuna relazione dopo tuo padre e nessun altro
oltre a te >>
risponde.
<<
Quindi non c’è
niente che ti trattiene qui >> dice Der.
<<
Il lavoro
tesoro >> risponde.
<<
Ne troverai un
altro a New York, è ricca di opportunità
>> dice Der.
Lei
sembra titubante ma
alla fine accetta. Ne sono felice. Sono contenta per Derek. Si
stringono forte
in un abbraccio prima di dare sfogo alle lacrime. Non vorrei rovinare
questo
momento ma sono in pensiero per Sam, cosa le sarà successo?
<<
Der io vado a
cercare Sam >> dico alzandomi.
<<
Vengo con te
>> risponde.
<<
No ti prego,
resta qui con tua madre, non voglio essere io a separarvi
>> dico.
<<
Come vuoi
>> dice stringendomi a se.
È
felice, lo vedo nei
suoi occhi, lo sento nel suo abbraccio. È davvero un nuovo
Der. Sono contenta
che tutti abbiano la possibilità di conoscerlo fino in
fondo. Si è appena tolto
una maschera di dosso, un vero passo avanti.
Lo
bacio prima di
dirigermi verso l’interno della casa. Vorrei trattenermi qui
in giardino con
loro, ma non posso, devo trovare Sam. Sembra sia stata rapita dagli
alieni.
<<
Sam? >>urlo
dall’ingresso.
<<
Salve >>
una signora mi si presenta davanti.
<<
Buongiorno,
cercavo mia sorella Sam >> rispondo.
<<
Tu devi essere
Lila, vero? >> chiede.
<<
Sì, ci
conosciamo? >> rispondo.
<<
Da poco
>> risponde.
Che
cosa sta dicendo
questa donna? Non l’ho mai vista prima d’ora.
<<
Lei deve essere
la zia di Luck >> dico.
<<
Esatto, vieni,
ti porto da tua sorella >> risponde.
<<
Grazie >>
dico seguendola.
Attraverso
mille
corridoi arriviamo in una grande stanza, un salotto e
c’è Sam. Meno male. Ma
non è sola, c’è qualcuno con lei. Un
uomo è vicino a una finestra e guarda
fuori. È di spalle, chi è?
<<
Sam ero in
pensiero per… >> dico vedendola.
L’uomo
si volta di
scatto.
<<
Papà >>
continuo sorpresa, quasi incredula.
Non
posso credere ai
miei occhi, che ci fa lui qui?
Sembra
serio e
arrabbiato, è tutta colpa mia.
<<
Vi lascio soli
>> dice la signora chiudendo la porta alle sue spalle.
<<
Mi avete
davvero deluso >> dice papà.
<<
Sam non centra
papà, è tutta colpa mia >> rispondo.
<<
Peggio, hai coinvolto
tua sorella, non me lo sarei mai aspettato da parte tua
>> dice.
<<
Papà mi
dispiace io non volevo… >> rispondo.
<<
Ormai è tardi
Lila, dovevi pensarci prima >> m’interrompe.
<<
Ma era una
faccenda davvero seria papà, devi credermi >>
rispondo.
<<
E perché non me
lo hai detto? >> chiede.
<<
Non mi avresti
permesso di andare >> rispondo.
<<
Vedo che almeno
ti è rimasto un briciolo di buon senso >> dice.
<<
Mamma lo sa?
>> chiedo preoccupata.
<<
No per vostra
fortuna, crede che siate a New York dai nonni, dove dovreste essere
>>
risponde.
Meno
male, almeno
questo.
<<
Ti ha chiamato
Luck, non è così? >> chiedo.
<<
Magari lo
avesse fatto, ti avrò chiamato un migliaio di volte e tu non
hai mai risposto.
Così sono andato dai nonni e mi hanno detto che eri a
Millville con Sam e
pensavano che io fossi in vacanza con la mamma. Ho inventato una scusa
e ho
chiamato vostra madre. Le ho chiesto di voi e mi ha detto che ancora
non vi aveva
sentito per la giornata così ho capito che non eravate
nemmeno a Millville
>> risponde.
<<
E come hai
scoperto che eravamo qui? >> chiedo.
<<
Ho pensato che
qui a New York avevi un’amica, Cloe, quella di cui mi avevi
parlato poco prima,
magari sapeva qualcosa, l’ho chiamata e le ho chiesto di te.
Mi ha detto che vi
eravate viste da poco a New York e ho pensato di dirle che eri in
pericolo e
avevi bisogno di me. Non avrebbe aperto bocca altrimenti. Mi ha creduto
e siamo
andati da suo padre. Mi ha spiegato tutta la situazione e mi ha detto
che
eravate andate con un certo Derek e con Luck a Pittsburgh per trovare
la madre
del ragazzo. Sono partito subito per Pittsburgh, preoccupato per voi
come non
mai. Sono rimasto lì ad aspettarvi per un po’, ma
niente. Così ho deciso di
informare i genitori di Luck e avvisarli della situazione, ma non sono
potuti
venire e mi hanno dato l’indirizzo della zia di Luck. Sono
qui da ieri e
abbiamo deciso di sporgere denuncia. La signora Miller mi ha invitato a
restare
qui finché la polizia non vi avrebbe trovato, ma vedo che
siete venuti da soli
>> risponde.
<<
Papà mi
dispiace di averti creato così tanti problemi, è
una lunga storia, ti
racconterò tutto per filo e per segno >> dico
dispiaciuta.
<<
Avrai tutto il
viaggio di ritorno a disposizione per raccontarmi la storia, partiamo
subito
>> risponde deciso.
<<
Ma papà io devo
tornare a New York con Derek >> dico.
<<
Tu tornerai a
Millville con me e tua sorella, intesi? >> risponde con
il suo sguardo
furioso.
Annuisco.
Non posso
andargli contro, gli ho arrecato troppi problemi e non voglio
causargliene altri.
Non mi resta altro che dirlo a Derek. Non ne sarà contento.
Mi
dirigo verso il
giardino ed eccolo lì, felice come non l’ho mai
visto, è davvero bello vederlo
così.
<<
Ehi, tutto
bene, hai trovato Sam? >> chiede lui.
Annuisco.
<<
Vi lascio soli
>> dice Mary allontanandosi.
<<
Non me la dai a
bere, cosa è successo? >> chiede.
<<
Di là c’è mio
padre e devo tornare a casa con lui >> rispondo
dispiaciuta.
<<
Tuo padre? Cosa
ci fa qui? >> chiede sorpreso.
<<
Era preoccupato
per me e Sam ed è venuto a cercarci >>
rispondo.
<<
E come sapeva
che eravamo qui? Non era calcolata questa tappa >> chiede.
<<
È una lunga
storia, comunque ci vedremo a New York, spero >> rispondo.
<<
Quindi torni
con lui? >> chiede.
<<
Sì, era furioso
e ne ha tutte le ragioni, gli ho nascosto una cosa troppo grande e non
l’avevo
mai fatto >> rispondo.
<<
Vuoi che parli
io con lui? >> chiede.
<<
No ti prego,
peggioreresti la situazione >> rispondo.
<<
Come vuoi,
tranquilla, tutto si sistemerà >> dice
affettuoso.
<<
Lo spero
>> rispondo abbracciandolo.
Mi
mancheranno i suoi
abbracci, le sue attenzioni, lui. Non so quanto resisterò
senza vederlo.
<<
Allora ci
vediamo a New York >> dice con un sorriso.
<<
Per adesso
torno a Millville, penso che tornerò pesto >>
rispondo.
<<
No pensi, devi
tornare presto, altrimenti vengo io a prenderti >> dice
scherzoso.
Arrivano
papà e Sam con
le valige.
<<
Salve signor
Montgomery >> dice Der.
<<
Buongiorno, tu
devi essere Derek, ci siamo già visti una volta vero?
>> chiede papà.
<<
Sì, mi dispiace
di averle causato tutti questi problemi, io non avrei dovuto
coinvolgere Lila
>> risponde Der.
<<
Non ho nulla da
rimproverarti, è stata Lila a deludermi >>
dice papà.
<<
È venuto in
auto? >> chiede Der.
<<
No, in aereo
>> risponde.
<<
Allora lasci
che vi accompagni io all’aeroporto a Pittsburgh, sarebbe il
mio modo di
scusarmi >> dice Der.
<<
Va bene,
l’alternativa sarebbe stata un taxi >> risponde
papà.
<<
Vado un attimo
a dire a mia madre che passerò più tardi a
prenderla >> dice Der.
Saliamo
a bordo e lo
aspettiamo. Quanti ricordi qui, in quest’auto, belli e
brutti, ma comunque
ricordi indimenticabili come i momenti che ho vissuto in questi ultimi
giorni.
Indimenticabile.
Ecco
Derek. Partiamo
alla volta dell’aeroporto e in men di poche ore mi ritrovo
lontana chilometri
dal mio Der. A casa, a Millville, ma non sento più questa la
mia vera casa.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Sarà il nostro segreto ***
Sarà
il nostro
segreto
<<
Cosa ci fate
qui? >> chiede mamma vedendoci bussare alla porta di casa.
<<
Sorpresa!
>> risponde Sam abbracciandola.
<<
Sono felice di
vederti >> dico facendo altrettanto.
<<
Ma perché avete
lasciato New York? >> chiede mamma.
<<
Volevamo
riunire la famiglia >> interviene papà.
Per
fortuna, non avrei
saputo casa rispondere.
<<
Ne sono
contenta allora >> risponde mamma.
L’ultima
volta che ero
in questa casa stavo con Luck ed ero arrabbiata con Derek. Adesso
è tutto il
contrario. Tutto è cambiato, forse anch’io.
Torno
nella mia stanza e
disfaccio i bagagli, anche se non vorrei farlo. Vorrei ripartire subito
per New
York ma non posso. Mi merito questa “punizione”.
La
prima cosa che devo
fare è andare da Alice e Cathy, non vedo l’ora di
riabbracciarle e raccontarle
tutto. Mi sono davvero mancate.
<<
Vado da Alice
>> dico aprendo la porta d’ingresso.
<<
No Lila
>> risponde papà avvicinandosi.
<<
Perché?
>> chiedo.
<<
Perché siamo
appena arrivati e dobbiamo restare in famiglia >>
risponde.
<<
Non è questo il
vero motivo >> dico.
<<
Se sai qual è
il motivo allora non è il caso di ripetertelo
>> risponde.
<<
Non puoi
impedirmi di vedere le mie amiche >> dico.
<<
Non lo sto
facendo, possono venire loro da te >> risponde.
<<
Quando
terminerà la mia reclusione? >> chiedo.
<<
Chiamala come
vuoi, lo faccio per il tuo bene >> risponde.
Non
può segregarmi in
casa, non sono una prigioniera. Ma in questo momento mi sembra di
esserlo.
Chiamo Alice avvisandola che sono tornata a Millville e che sono in
punizione e
non posso uscire da casa. Sarà lei a venire da me e anche
Cathy.
<<
Ehi, che bello
rivederti >> dice Alice.
<<
Anche per me
>> rispondo abbracciandola.
<<
Che cosa hai
combinato stavolta >> dice scherzosa Cathy.
<<
È una lunga
storia >> rispondo.
<<
Abbiamo tutto
il giorno >> dice Alice.
Gli
racconto tutta la
storia, dal passato di Derek con i problemi con sua madre al viaggio,
fino alla
fine a casa della zia di Luck.
<<
Sembra una
telenovela >> dice Alice sarcastica.
<<
Anche di più
>> continua Cathy.
<<
Già, sembra
impossibile ma è così >> rispondo.
<<
E Derek adesso
dove sarà? >> chiede Alice.
<<
Penso stia
ritornando a New York con sua madre >> rispondo.
<<
Sono felice che
tutto sia andato per il meglio >> dice Cathy.
<<
Beh, non proprio
tutto >> rispondo.
<<
Per tuo padre?
>> chiede Alice.
<<
Già, non so se
mi perdonerà >> rispondo.
<<
Certo che lo
farà, l’ha sempre fatto >> dice
Cathy.
<<
Ma questa volta
è diverso, io l’ho deluso >>
rispondo.
<<
Ti vuole troppo
bene per tenerti il broncio a lungo, vedrai, gli passerà
>> dice Alice.
<<
Lo spero
>> rispondo.
<<
E Luck, l’hai
più risentito? >> chiede Alice.
<<
No, da quando
ci siamo lasciati a Penn non ho più sue notizie
>> rispondo.
<<
Quel verme, se
lo vedo io… >> dice Cathy.
<<
Non lo
rivedrai, tra poco comincerà il college >>
rispondo.
<<
A proposito
>> dice Cathy.
<<
Mi sono persa
qualcosa? >> chiedo curiosa.
<<
Volevo dirtelo
di persona, è per questo che non te l’ho detto
prima >> risponde Alice.
<<
Riguardo alla
NYU? >> chiedo.
<<
Sì, si è
liberato un posto e sono entrata, verrò con voi a New York
>> risponde
Alice esultando.
<<
Davvero? Sono
contentissima. Tutto dipende se potrò tornare a New York
>> dico
abbracciandola.
<<
Certo che lo
farai, tuo padre adesso è arrabbiato con te ma non ti
farà perdere l’occasione
di studiare alla Columbia >> dice Cathy.
<<
E poi Derek,
come faresti con lui? >> chiede Alice sarcastica.
<<
Avete ragione,
tornerò a New York e voi verrete con me >>
rispondo felice.
Ci
abbracciamo tutte e
tre ansiose per la nuova vita che ci aspetta a New York.
<<
E non è tutto
>> dice Cathy.
<<
Che cosa è
successo ancora? >> chiedo sarcastica.
<<
Aspetta, non ho
capito nemmeno io >> risponde Alice scherzosa.
<< William…
>> dice Cathy.
<< Ah sì
Will… >> risponde Alice.
<< Will? Vedo
che siete già in
confidenza…> dico.
<<
Ma cosa dici
>> risponde Alice arrossendo.
<<
Be diciamo di
sì >> dice Cathy.
<<
Possibile che
sa più cose Cathy di te! >> dico scherzosa.
<<
Non è successo
niente, siamo usciti un paio di volte e… >>
risponde Alice.
<<
E… >> la
interrompo.
<<
E niente, poi
sono dovuta ripartire per Millville e quindi…
>> risponde Alice.
<<
Adesso che
tornerai a New York chissà cosa potrà succedere
>> dico.
<<
Chissà >>
risponde Alice.
<<
Chissà se è già
successo >> dice Cathy scherzosa.
Scoppiamo
a ridere tutte
e tre, ci voleva un po’ di svago per alleviare la tensione di
questi ultimi
giorni.
<<
Lila è pronto
il pranzo >> urla mamma dalla cucina.
<<
Noi andiamo
>> dice Alice.
<<
E non andartene
senza salutarci, intesi? >> dice Cathy.
<<
Certo che no
>> rispondo.
Saluto
le ragazze e mi
dirigo verso la cucina.
Che
buon profumo!
<<
Cos’hai
preparato? >> chiedo.
<<
L’arrosto
>> risponde mamma.
Il
famoso arrosto della
mamma, lo cucina solo per le occasioni speciali. E oggi è
una di queste?
<<
E come mai?
>> chiedo scherzosa.
<<
Siamo tutti
insieme >> risponde.
Beh,
in effetti, è da un
po’ che non mangiamo tutti insieme, ma non pensavo che fosse
un evento
speciale.
<<
Dai, aiutami a
portare i piatti di là >> dice mamma.
Ci
sediamo a tavola e
pranziamo come ai vecchi tempi. Mi è mancato poterlo fare.
Mamma sembra diversa
oggi, più radiosa e… felice. Ecco
l’aggettivo giusto, felice. Non lo è quasi
mai.
E
mentre Sam aiuta mamma
a sparecchiare io vado a buttare fuori la spazzatura. Almeno
potrò uscire nel
vialetto!
Apro
il bidone e prima
di buttare dentro i sacchetti noto che è pieno di bottiglie.
Sembra vino e
birra. Ameno ché qui non ci sia stata una festa, mamma deve
essere stata
proprio male in questi giorni. Perché ha bevuto tutte queste
bottiglie?
Torno
dentro facendo
finta di non aver visto niente. Non voglio dirgli che so che si
è ubriacata in
questi giorni, non voglio che si vergogni.
<<
Vuoi una mano?
>> chiedo.
<<
Sì, tieni,
asciuga le stoviglie >> risponde mamma porgendomi un
panno.
<<
Cos’è successo,
perché sei così silenziosa? >>
chiede.
<<
Niente, sono
solo pensierosa >> rispondo.
<<
Ti conosco fin
troppo bene affinché creda a una simile sciocchezza
>> dice.
<<
Le hai bevute
tu tutte quelle bottiglie che sono nella pattumiera? >>
chiedo.
Dovevo
dirglielo, visto
che ha insistito tanto. Mi sono tolta un pensiero di dosso, uno dei
tanti.
<<
Quali
bottiglie? >> chiede indifferente.
<<
Sai a quali mi
riferisco, le ho viste poco fa >> rispondo.
<<
Non puoi
giudicarmi >> dice.
<<
Non lo sto
facendo, voglio solo capire il perché >>
rispondo.
<<
Non c’è un
motivo per queste cose Lila >> dice.
<<
È da quando
siamo qui a Millville che fai così, ti manca New York?
>> chiedo.
<<
Che cosa centra
New York? >> risponde.
Speravo
che fosse quello
il motivo delle sue pene, perché adesso è il mio.
<<
Non lo so, per
via dei nonni o del tuo vecchio lavoro >> dico.
<<
Non dire
sciocchezze >> risponde.
<<
Allora perché
mamma, come posso aiutarti? >> chiedo.
<<
Nessuno può
farlo >> risponde.
<<
Sì invece, se
ti lasci aiutare >> dico.
<<
Siete voi
>> risponde.
<<
Noi? Siamo noi
il motivo del tuo alcolismo? >> chiedo stupita e confusa.
<<
Tu, Sam e tuo
padre >> risponde.
<<
Ma come…
>> dico incredula.
<<
La vostra
mancanza >> m’interrompe.
<<
Mamma ma Sam ed
io siamo sempre rimaste qui con te e tu bevevi comunque
>> rispondo.
<<
Allora tuo
padre >> dice correggendosi.
<<
Vuoi dire che è
per papà tu ti ubriachi? >> chiedo sorpresa.
<<
Ogni volta che
lui se ne va, dentro di me si crea un vuoto che solo l’alcool
riesce a colmare
>> risponde a occhi bassi.
<<
L’alcool non lo
colma, lo riempie e basta, poi si svuota di nuovo e stai peggio di
prima
>> dico.
<<
Lo so, ma non
vedo altra soluzione >> risponde.
<<
C’è sempre
un’alternativa, perché non me lo avevi mai detto?
>> chiedo apprensiva.
<<
E cosa avrei
potuto dirvi, voi soffrivate tanto quanto me per la mancanza di vostro
padre
>> risponde.
<<
Lui lo sa?
>> chiedo.
<<
Cosa, di essere
la causa del mio alcolismo? Certo che no e non voglio che venga mai a
saperlo,
intesi? >> risponde.
<<
Certo, io non
gli dirò niente, sta tranquilla >> dico
abbracciandola.
Devo
aiutarla in qualche
modo, ma come? Chi l’avrebbe mai detto che papà
è la causa dei problemi della
mamma con l’alcool? Adesso è rimasta sola, senza
Sam, né me e né tantomeno papà
e si è sfogata con l’alcool. Come ho fatto a non
accorgermene da sola? Ero
talmente chiusa nei suoi riguardi da non capire tutto questo? Non
abbiamo mai
avuto un buon rapporto madre-figlia, lei ai miei occhi e forse anche a
quelli
di tutti ha sempre preferito Sam. Ed io papà. È
stato lui la mia spalla, era da
lui che piangevo quando ne avevo bisogno, era lui quello con cui mi
confidavo e
condividevo tutto. E adesso ho perso tutto. Ho perso la sua fiducia, la
sua
stima, ho perso papà. A chi mi rivolgerò adesso
quando avrò bisogno?
__________________________
Una
settimana dopo.
Toc
toc.
<<
Avanti >>
rispondo.
<<
Hai due minuti?
>> chiede papà aprendo la porta della mia
stanza.
<<
Certo, vieni
pure >> rispondo.
<<
Volevo salutarti
prima di partire >> dice.
<<
Cosa? Vai già
via? >> chiedo sorpresa.
<<
Il lavoro
chiama ed io rispondo >> risponde scherzoso.
<<
Il lavoro prima
di tutto >> dico sarcastica.
<<
Senti papà mi
dispiace davvero per la storia di Pittsburgh e per non avertelo detto
>>
continuo dispiaciuta.
<<
Lo so, è anche
per questo che sono venuto, per chiarire tutto >>
risponde.
<<
Allora è tutto
chiarito? >> chiedo speranzosa.
<<
Certo tesoro
>> risponde abbracciandomi.
<<
Grazie di
avermi perdonato e di non aver detto nulla alla mamma >>
dico.
<<
Non so se ho
fatto bene, sono diventato un tuo complice >> risponde.
<<
Mi hai coperta
e mi hai fatto capire i miei sbagli >> dico.
<<
Ne sono
contento >> risponde.
<<
Quindi sono di
nuovo libera? Niente più punizione? >> chiedo.
<<
Lo sei sempre
stata, se avresti voluto saresti potuta sgaiottolare fuori di casa
senza che me
ne accorgessi >> risponde.
<<
Penso che
tornerò a New York adesso >> dico contenta.
<<
No Lila, ci
tornerai quando comincerà il college >>
risponde duramente.
<<
Perché non
posso tornarci subito? >> chiedo sorpresa.
<<
Perché non ne
vedo il motivo >> risponde.
<<
Sì invece, c’è
ne è più di uno papà >>
dico.
<<
No Lila, tu
resterai qui a Millville >> risponde secco.
<<
No papà io
torno a New York >> dico decisa.
<<
Lila non mi
provocare >> risponde.
<<
Perché non
resti tu qui? >> chiedo.
<<
Sai il motivo
>> risponde.
<<
Il lavoro, è
per questo che abbandoni sempre la mamma, vero? >> dico
furiosa.
<<
Che cosa centra
tua madre? >> chiede.
Oh
no, non dovevo
lasciarmelo sfuggire. La mamma non me lo perdonerà mai.
<<
Niente, dicevo
così per dire >> rispondo.
<<
No Lila, tu non
dici mai le cose tanto per >> dice.
Non
rispondo, non so
cosa dire.
<<
Dai, perché hai
menzionato tua madre? >> insiste.
<<
Non posso dirti
nulla >> rispondo.
<<
Sai che puoi
dirmi qualsiasi cosa >> dice.
<<
No davvero papà
io… >> rispondo.
<<
Non uscirai da
questa stanza se prima non mi avrai detto di tua madre >>
dice deciso.
<<
Se io te lo
dico tu mi devi giurare che non lo dirai mai alla mamma, rovineresti il
nostro
rapporto in maniera definita >> rispondo.
<<
Sai che non lo
farei mai >> dice.
<<
Conosci il
motivo per cui la mamma ha problemi con l’alcool?
>> chiedo.
<<
Per i vari
problemi… >> risponde.
<<
Quali
“problemi” papà, otto anni di problemi?
>> dico.
<<
E allora qual è
il motivo, tu lo sai? >> chiede.
Sono
un po’ titubante
sul dirglielo o no. Non so cosa fare. Ne soffrirebbe molto sapendo che
è lui la
causa dei “problemi” della mamma.
<<
Lila… >>
continua papà.
<<
Sei tu >>
rispondo sottovoce.
<<
Io? E cosa ho potuto
aver fatto di così grave per causare tutto questo dolore a
tua madre? >>
chiede sconvolto.
<<
Ogni volta che
tu te ne vai la lasci sola e tutto per il lavoro, mai una volta che hai
rinunciato a un incarico per lei. E lei, sai a quante cose ha
rinunciato per
te? >> rispondo.
Resta
in silenzio, come
allibito.
<<
Ha lascito New
York, il suo lavoro, i suoi cari per te e tu come l’hai
ricambiata? >>
continuo.
<<
Dici sul serio,
ti ha detto lei che sono io la causa dei suoi problemi?
>> chiede
sbalordito.
<<
Gliel’ho dovuto
strappare di bocca, lei non voleva lo sapessi >> rispondo.
Si
alza dal letto e fa
per andarsene.
<<
Papà, giurami
che non glielo dirai >> dico.
<<
Sarà il nostro
segreto >> risponde.
Avrò
fatto bene a
raccontargli tutto? Ormai è andata, il mio rapporto con la
mamma è nelle sue
mani. Mi fido di lui, ma so che farà qualcosa dopo le mie
parole.
Guardo
fuori dalla
finestra e lo vedo partire in auto. Una parte di me sperava non lo
facesse dopo
avergli raccontato tutto questo, ma forse è meglio
così, deve metabolizzare il
tutto. L’altra parte di me voleva vederlo soffrire almeno un
quarto di quanto
ha sofferto mamma in tutti questi anni. Sempre forte e decisa di giorno
a
prendersi cura di me e Sam e così fragile di notte da
abbandonarsi all’alcool.
Perché non l’ho capito prima? Come ho fatto a non
accorgermene e lui, come può
non averglielo mai chiesto?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** La punta di New York ***
La
punta di
New York
<<
Pronto?
>> dico assonata mentre sono ancora letto.
<<
Sveglia
dormigliona, non puoi dormire anche oggi >> risponde
Alice elettrizzata.
<<
Ma sono le otto
del mattino Alice, è ancora presto >> rispondo.
<<
Dai
alzati prima che vengo io a tirarti giù dal letto!
>> dice scherzosa.
<<
Va bene, adesso
lo faccio >> rispondo.
<<
Brava e quando
l’avrai fatto affacciati alla finestra >> dice
riattaccando.
<<
Al… >>
dico ma ha già attaccato.
Tanto
non può vedermi,
resto a dormire ancora cinque minuti.
Un’ora
dopo.
Meglio
che mi alzi e la
prima cosa che farò sarà guardare fuori dalla
finestra. Chissà perché mi ha
detto di farlo. Apro le tende e….
Corro
più veloce che
posso per le scale e spalanco la porta d’ingresso.
<<
Derek >>
urlo correndo verso di lui.
Sono
ancora in pigiama e
non mi sono nemmeno guardata allo specchio, non sarà una
bella visione!
Mi
butto tra le sue
braccia, quanto mi è mancato poterlo fare.
<<
Ce ne hai messo
di tempo >> dice lui scherzoso.
Se
avessi saputo che era
qui non avrei nemmeno dormito questa notte!
<<
Che ci fai qui?
>> chiedo sorpresa.
<<
Buon compleanno
>> risponde.
<<
Grazie, è il
regalo più bello che potessi farmi >> dico.
<<
Se tu non vieni
da me, sarò io a venire da te >> risponde.
<<
Mio padre mi ha
impedito di venire a New York prima dell’inizio del college
>> dico.
<<
Ormai non
importa, siamo insieme e non ci separeranno più
>> risponde.
<<
Magari fosse
così >> dico.
<<
Dai, va a fare
le valige, il nostro volo parte tra un paio d’ore
>> risponde.
<<
Volo? Che cosa
stai dicendo? >> chiedo sorpresa.
<<
Che torniamo a
New York, quindi sbrigati >> risponde.
<<
Sai che non
posso, mio padre… >> dico.
<<
Oggi è il tuo
compleanno, non t’impedirà di trascorrere
ventiquattro ore a New York e poi,
lui è qui? >> chiede.
<<
No, è in
viaggio per lavoro >> rispondo.
<<
Allora cosa
aspetti, non lo saprà nemmeno >> dice.
<<
Ma… >>
rispondo.
<<
Cos’è, non vuoi
venire a New York con me? >> chiede sarcastico.
<<
No, certo che
no, non vedo l’ora di tornarci, solo che…
>> rispondo.
<<
Tranquilla, ci
sono io con te >> dice rassicurandomi.
<<
Va bene, dammi
il tempo di prepararmi >> rispondo.
<<
Ecco, questo è
quello che volevo sentirti dire >> dice.
Corro
dentro e preparo
lo zaino, giusto qualcosa per un paio di giorni.
<<
Pronta?
>> chiede.
<<
Sì, aspetta,
scrivo un biglietto a mamma e Sam >> rispondo.
Lo
attacco sul frigo e
ne vedo un altro.
“Sam
ed io siamo andate
a fare compere, non aspettarci. Baci mamma. P.S. Auguri
tesoro”.
Bene,
hanno fatto loro
la sorpresa a me. Con la fretta non l’avevo nemmeno visto.
Meglio così, almeno
non dovrò spiegargli che torno a New York. Starò
facendo la cosa giusta?
Insomma, non ho mai disubbidito a papà e non vorrei farlo
neanche adesso, ma mi
ha costretta. Non può separarmi da Derek, niente
può.
<<
Perfetto,
adesso possiamo andare >> dico.
<<
Preso tutto?
>> chiede.
<<
Sì, ah,
passiamo da Alice un attimo, voglio salutarla, sai è stata
lei a dirmi di
guardare fuori dalla finestra >> rispondo.
<<
Non c’è tempo
amore o perderemo l’aereo >> dice.
<<
Ma… va bene,
vorrà dire che la ringrazierò quando
tornerò >> rispondo.
E
in men di quanto mi
aspettassi eccoci nella splendida New York. La mia New York, la mia
casa. Mi
sei davvero mancata. E anche Derek, Cloe, i nonni, insomma tutto di New
York.
L’aria che si respira, i suoni, le luci, la gente frenetica.
New York.
<<
Passo a
prenderti più tardi >> dice Der lasciandomi a
casa dei nonni.
<<
Ma non ho nulla
da fare >> rispondo.
<<
Preparati, dobbiamo
festeggiare il tuo compleanno più tardi >>
dice.
<<
Ma sono già
pronta così >> rispondo.
<<
Quanto la fai
lunga, ci vediamo tra un po’, ok? >> dice
scherzoso.
<<
Va bene, come
vuoi >> rispondo entrando in casa.
Spero
che i nonni siano
in casa, così potrò salutarli, è da un
po’ che non li vedo.
<<
Nonni… nonna,
nonno, siete in casa? >> urlo girovagando per le stanze.
Niente,
nessuno mi
risponde.
<<
Buongiorno
>> dice di un tratto la domestica.
<<
Ah buongiorno,
sa per caso se i miei nonni sono in casa? >> chiedo.
<<
No mi dispiace,
sono usciti presto stamane >> risponde.
<<
Ah capisco,
vorrà dire che li aspetterò >> dico.
<<
Posso fare
qualcosa per lei? >> chiede.
<<
No grazie, va
bene così >> rispondo.
Mi
siedo sul divano e
aspetto, aspetto e ancora niente. Neanche l’ombra dei nonni.
È ora di pranzo,
strano che non tornino a casa, cosa sarà successo?
Forse
è meglio
cominciare a prepararmi, cioè sono già pronta ma
meglio sistemarmi un po’. Non
so cosa abbia in programma Der per oggi, ma sono certa che mi
piacerà. Apro la
porta della mia stanza e trovo un pacco sul letto.
Cos’è?
C’è
un biglietto sopra:
“Tanti auguri! Se da me vorrai arrivare un percorso dovrai
affrontare! Comincia
dal nostro angolo di mondo speciale, lì troverai il tuo
primo indizio per
raggiungermi. Ah quasi dimenticavo, sbrigati, il tempo
stringe”.
Che
scherzo è mai
questo, una caccia al tesoro per i miei diciannove anni? Wow, non
smette mai di
stupirmi. Apro la scatola e trovo uno splendido abito a fantasia, tutto
colorato e… allegro. Non indosso mai colori molto accesi, ma
se Der ha scelto
questo per me, va bene, vorrà dire che lo
indosserò.
Non
mi sta poi così
male, pensavo peggio. Mi piace il contrasto con la mia carnagione. Ha
davvero
fatto centro.
Scendo
all’ingresso e ad
aspettarmi c’è l’autista del nonno.
Strano che non sia con lui.
<<
Salve signorina
>> dice vedendomi arrivare.
<<
Buongiorno
>> rispondo.
<<
Sono a sua
completa disposizione per l’intera giornata, dove vuole che
la porti? >>
chiede.
Non
voglio che scopra il
nostro posto speciale, così, come la volta precedente mi
faccio lasciare pochi
isolati prima.
Eccomi
finalmente, sono
un po’ agitata, non so cosa mi aspetta. Mi guardo intorno in
cerca di un
indizio.
Eccolo.
Sulla panchina
c’è un biglietto.
“Se
da me vorrai arrivare
un percorso dovrai affrontare! Eccoti, sei alla prima tappa del
percorso. Vai
nel posto in cui ci siamo conosciuti, lì troverai il secondo
indizio per
raggiungermi”.
Comincia
sempre così le
frasi? Il posto dove ci siamo conosciuti… a teatro. Prendo
il biglietto e
scivola giù qualcosa. La mia collana. L’ultima
volta che l’ho vista era per terra,
rotta dalla furia di Luck. Adesso è come nuova. La raccolgo
e la indosso, avevo
dimenticato quanto fosse bella.
Raggiungo
l’autista e mi
dirigo verso il Metropolitan, non vedo l’ora di arrivare.
Entro
e sul palco c’è un
enorme mazzo di rose rosse che dominano la scena. E anche uno
striscione, quasi
non l’avevo visto. “La punta di New
York”. Che cosa vorrà dire?
La
punta di New York.
Prendo le rose e mi siedo su una poltrona a fissare lo striscione. La
punta di
New York. Non capisco, cosa centra con il percorso? Odio questi
indovinelli,
non sono mai stata brava in questo genere di cose. Resto lì
almeno dieci minuti
a pensare, a pensare, ma niente. Poi… la lampadina si
è accesa.
L’illuminazione.
L’Empire
State Building.
Come
ho fatto a non
pensarci prima. Corro verso l’auto e ci dirigiamo verso
l’Empire. Salgo
sull’ascensore in cui il tempo sembra fermarsi. Ma non ho
paura. Non oggi,
l’ansia e la voglia di scoprire cosa mi aspetta sono
più forti di tutto.
Finalmente
arrivo in
cima. Faccio il giro della vetta per trovare Der, ma niente, non
è neanche qui.
Poi, nel punto preciso dove tutto è cominciato, trovo un
biglietto. Un altro.
“Finalmente
sei
arrivata, mi hai trovato”.
No,
non è così, lui non
c’è. Mi guardo di nuovo intorno ma niente. Il mio
sguardo si posa su New York,
la vista è stupenda da qui. Tanta la voglia di vedere Der
che non gli ho
rivolto nemmeno uno sguardo. Ma i miei occhi si oscurano. Delle mani
m’impediscono
di vedere.
<<
Bello vero
>> dice una voce che conosco bene.
<<
Era meglio
prima! >> rispondo scherzosa.
Mi
gira verso di lui e
mi bacia.
<<
Mi hai trovato
finalmente >> dice.
<<
Non è stato
facile, soprattutto l’ultimo indizio, era molto vago
>> rispondo.
<<
Sapevo che
avresti capito >> dice.
<<
Non ne ero
sicura >> rispondo scherzosa.
<<
È per questo
che ho scelto te >> dice.
Tira
fuori qualcosa dal
taschino della giacca. Una scatola, come quando mi ha regalato la
collana. Lo
apre lentamente e dentro c’è… un
anello. Wow.
<<
Possiamo
sostituire la collana con questo? >> dice.
Resto
senza fiato. Non
ho parole.
<<
Credo sia un sì
>> continua.
Prende l’anello e
me lo infila al dito. Come
brilla. Gli salto al collo e lo stringo a me. Mi ha lasciato senza
parole, come
al solito.
<<
Grazie >>
gli sussurro vicino all’orecchio.
Mi
bacia e tra le sue
braccia il tempo sembra fermarsi. Il mondo sembra fermarsi. Io con un
anello al
dito, chi l’avrebbe mai detto. Non mi ha chiesto di sposarlo,
ma so che quel
giorno arriverà, ne sono sicura.
<<
Comunque la
collana la terrò lo stesso >> dico sarcastica.
<<
Furba… manca
solo l’ultima tappa alla meta >> risponde.
<<
Io pensavo
fosse questa la meta >> dico.
<<
Vuol dire che
ti sbagliavi >> risponde.
Mi
prende per mano e mi
conduce verso non so nemmeno io dove. Mi ha bendata, mi sembra ovvio.
<<
Eccoci, siamo
arrivati >> dice di un tratto.
Mi
aiuta a scendere
dall’auto e mi guida passo dopo passo.
<<
Attenta, uno
scalino, poi un altro e… fermati qui >>
continua.
Sento
il suono di chiavi
e lo scricchiolio di una porta. Dove mi avrà portata
stavolta?
Una
mano mi tira dentro,
credo sia Derek. Tutto è buio, ho la benda, questo
è ovvio, ma anche dopo che
Der me la sfila dagli occhi.
Dove
sono?
<<
Sorpresa!
>> urlano un gruppo di persone accendendo le luci e
saltando fuori.
Oh
cavolo, questa è…
questa è la mia casa d’infanzia!
Sono
proprio tutti qui.
Mamma, papà, Sam, i nonni, Alice e Cathy e anche Cloe. Sono
stupita, è davvero
una sorpresa.
<<
Auguri tesoro
>>
<<
Buon compleanno
>>
<<
Auguri >>
Tutti
si avvicinano a me
e mi fanno gli auguri. È davvero il compleanno
più bello della mia vita. E poi,
perché siamo qui? Perché loro sono qui?
L’ultimo a farmi gli auguri è papà. Mi
prende per mano e mi conduce fuori, nel giardino sul retro.
<<
Avevo
dimenticato quanto fosse bello questo posto >> dice
guardandosi intorno.
<<
Io no, è
esattamente come lo ricordavo >> rispondo.
<<
Mi dispiace
tesoro per quello che è successo, per la mamma, per te e per
tutto il resto
>> dice.
<<
Lo so papà
>> rispondo.
<<
È per questo
che ho deciso di cambiare >> dice.
<<
In che senso?
>> chiedo.
<<
Questa è la
nostra nuova e vecchia casa >> risponde contento.
<<
Cosa? Vuoi dire
che… >> dico senza fiato.
<< Torniamo a New York
>> m’interrompe.
Gli
salto al collo e lo
abbraccio più forte che posso.
<<
Ho capito che
era la cosa giusta da fare >> continua.
<<
Chi stabilisce
cosa è giusto o no papà >> dico.
<<
Tu mi hai
aperto gli occhi su tua madre, su te e Sam, sul lavoro, insomma su
tutto
>> risponde.
<<
E così hai
comprato la nostra vecchia casa? >> dico.
<<
Sì, tutto
ricomincerà da qui >> risponde.
Lo
abbraccio, sono
felice mentre gli altri ci raggiungono.
<<
Allora
newyorkese, contenta di questa notizia? >> mi chiede Sam
scherzosa.
Corro
ad abbracciarla.
<<
Ma come farai
con la scuola? >> chiedo scendendo dalle nuvole.
<<
New York è
piena di scuole, mi adatterò >> risponde.
<<
Ne sono
contenta >> dico.
Una
lacrima mi riga il
viso. Di gioia ovviamente.
<<
Che fai, piangi
adesso? >> mi chiede mamma.
<<
È che… non me
lo aspettavo, sono finite le sorprese per oggi, perché non
so se ne reggerò
ancora >> rispondo.
<<
Allora ce n’è
ancora una >> dice il nonno.
<<
Dai tesoro,
dille la novità >> dice la nonna verso la
mamma.
<<
E va bene, io…
torno a teatro >> risponde mamma contenta.
<<
Davvero? Quindi
tornerai alla tua vecchia carriera? >> chiedo stupita.
<<
Esatto, tornerò
a fare quello che amo >> risponde contenta.
Cosa
posso chiedere di
più adesso? Le persone che mi stanno intorno torneranno ad
essere felici.
<<
E per finire abbiamo
preso un appartamento in affitto per noi quattro >> dice
Alice.
Aspetta.
Che cosa ha
detto?
<<
Dato che
andremo in college diversi, abbiamo pensato di affittare un
appartamento per
tutte >> dice Cathy.
<<
Esatto tutte e
quattro, io, tu, Alice e Cathy >> continua Cloe.
Non
so cosa dire,
cominciamo a urlare e saltellare tutte dalla felicità.
Questo
non è il
compleanno più bello della mia vita, è il giorno
più bello della mia vita!
Mamma, papà e Sam torneranno qui a New York nella nostra
vecchia casa, mamma
tornerà al suo vecchio lavoro, io e le ragazze andremo a
vivere insieme, Derek
ha ritrovato sua madre e vive con lei, cosa può accadermi
ancora? È passato un
anno, ma quante cose sono cambiate, tutta la mia vita è
cambiata. Mi ritrovo
qui, nella città più bella al mondo, circondata
dalle persone che amo e che mi
vogliono bene, cosa posso chiedere di più?
Grazie
New York.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Tutto sotto controllo ***
Tutto
sotto
controllo
Un
mese dopo.
<<
Mamma ti ho già detto che non posso >>
dico.
<<
Ma per quale motivo? >> insiste.
<<
Sono con Derek stasera, non so cosa abbia in
mente >> rispondo.
<<
Allora adesso, vieni a pranzo >> dice.
<<
Sto studiando mamma, magari un’altra volta
>> rispondo.
<<
Allora domani, domani a pranzo, non hai
scuse >> dice.
Non
posso ancora dirle di no.
<<
Va bene, domani verrò >> rispondo.
<<
Perfetto, porta anche Derek e le ragazze ok?
>> chiede.
<<
Certo, come vuoi >> rispondo.
<<
Così dirò a tuo padre di preparare il
barbecue e poi… >> dice frenetica.
<<
Non organizzare chissà cosa, siamo in
famiglia >> la interrompo.
<<
Tranquilla, tutto sotto controllo >>
risponde.
<<
A domani >> dico.
<<
Divertiti stasera tesoro, ciao >> dice
riattaccando.
<<
Era tua madre? >> chiede Cloe.
<<
Già, non si era capito >> rispondo
scherzosa.
<<
È apprensiva >> dice.
<<
Anche troppo, da quando siamo a New York,
lei sembra cambiata, non so, è diversa >>
rispondo.
<<
Vero, a Millville era più cupa a triste,
adesso è raggiante >> interviene Cathy.
<<
Questo è l’effetto di New York >>
dice
Cloe contenta.
<<
Alice? >> chiedo.
<<
È con Will, mi sa che quei due… >>
risponde Cathy.
<<
Stanno bene insieme >> dice Cloe.
<<
Ho sempre saputo come sarebbe andata a
finire >> dico.
<<
Meglio tornare a studiare >> dice
Cathy.
<<
Giusto >> risponde Cloe.
<<
Ah, quasi dimenticavo, domani siete invitate
a pranzo dai miei >> dico.
<<
Arrosto? >> chiede scherzosa Cathy.
<<
No, barbecue, la specialità di mio padre e
in fondo anche mia >> rispondo.
<<
Verremo volentieri >> dice Cloe.
<<
Già, più tardi lo diremo anche ad Alice, se
non ha impegni con Will… >> dice Cathy
scherzosa.
<<
Invitate anche lui, almeno conoscerà i miei
>> rispondo.
<<
Allora penso proprio che ci sarà anche Alice!
>> dice scherzosa Cloe.
E
dopo una bella risata, la concentrazione è andata.
Rileggo la stessa frase almeno dieci vote, ma non riesco a farmela
entrare in
testa. Non è facile riprendere a studiare dopo
un’estate come quella che è
appena passata. Tra Luck, Derek e di nuovo Luck e infine Derek non
è stato
facile, ma alla fine tutto è andato per il meglio. Per
fortuna.
<<
Lila è arrivato Derek >> urla Cloe al
citofono.
<<
Digli che scendo subito >> rispondo.
Pronta.
Prendo
l’ascensore ed eccolo lì. Lo vedo attraverso
la porta a vetri, in sella alla sua amata moto, pronto ad aspettarmi.
Non sai
quanto ti ho aspettato io!
<<
C’è l’hai fatta finalmente
>> dice
scherzoso.
<<
Non hai aspettato molto >> rispondo.
<<
Tipico di Lila >> dice.
<<
Cosa? >> chiedo.
<<
Il ritardo >> risponde scherzoso.
<<
Pacchetto completo tesoro, Lila più ritardo
>> dico sarcastica.
<<
Non chiedo di meglio >> risponde
baciandomi.
<<
Allora dove mi porti? >> chiedo.
<<
Non so, dove vuoi andare? >> risponde.
<<
Aspetta, aspetta novità assoluta, Derek
Foster che non ha organizzato il suo tempo? Questa mi è
nuova >> dico
sorpresa.
<<
Infatti, so benissimo dove portarti, volevo
solo sapere cosa avevi in mente >> risponde scherzoso.
Mi
consegna il casco e… via, parte di scatto. Tipico
di Derek.
Arriviamo
davanti alla villa del padre di Der. Perché
siamo qui?
<<
Perché questo sguardo indagatorio? >>
chiede.
<<
Perché siamo qui? >> rispondo.
<<
Non hai risposto alla mia domanda >>
dice.
<<
Neanche tu >> rispondo.
<<
Bene, prima tu >> dice.
<<
Prima io cosa? >> chiedo.
<<
Perché hai questo sguardo? >>
risponde.
<<
Perché non dovrei averlo, non pensavo che
volessi tornare qui >> dico.
<<
Neanch’io lo pensavo, però sono cambiate un
po’ di cose negli ultimi giorni >> risponde.
Ok,
adesso il mio sguardo si fa ancora più
indagatorio.
<<
Perché non mi hai detto niente? >>
chiedo.
<<
Perché non era ancora sicuro >>
risponde.
<<
E adesso lo è? >> insisto.
<<
Forse >> risponde.
Mi
prende per mano e mi guida verso l’interno della
casa. Ad accogliermi ci sono due persone.
Wow!
Non pensavo proprio loro.
<<
Salve Lila >> dice il padre di Der.
<<
Buonasera signor Foster >> rispondo.
<<
Ciao Lila >> dice la madre di Der
abbracciandomi.
Come
possono questi due restare nella stessa stanza?
<<
Buonasera, signora Fos…ehm Mary >>
rispondo.
Stavo
per chiamarla signora Foster. Che brutta figura
avrei fatto!
<<
Prego, accomodiamoci in salotto >>
dice il signor Foster facendoci strada.
Io
e Der restiamo indietro, ne approfitto per
chiedere spiegazioni.
<<
Ma cosa… >> dico.
<<
Tutto sotto controllo >> risponde
baciandomi la fronte.
Non
capisco. Tutti hanno tutto sotto controllo mentre
io resto nell’ombra, all’oscuro di tutto.
Perché?
Ci
sediamo io e Der da una parte e loro due
dall’altra. Siamo in due divani, uno difronte
all’altro. Sembra un
interrogatorio!
Qualcuno
può spiegarmi che succede?
<<
Vuoi qualcosa da bere, non so… >> mi
dice il signor Foster.
<<
No grazie, va bene così >> rispondo.
<<
Dai papà arriva al dunque >> dice Der.
Ecco,
arriviamo al dunque.
<<
Meglio che parli io >> dice Mary.
<<
Ecco, forse è meglio >> risponde il
signor Foster.
<<
Penso tu sia a conoscenza della nostra
storia >> dice Mary.
<<
Sì, Derek mi ha detto qualcosa >>
rispondo.
<<
Conoscendolo ti avrà detto tutto per filo e
per segno >> dice Mary.
Gli
sorrido, in effetti è vero.
<<
Tu hai aiutato la nostra famiglia a tornare
unita come una volta è per questo che volevamo dirtelo di
persona >>
continua Mary.
Unita?
Deve
essere importante.
<<
Mary e Derek tornano a vivere qui con me >>
dice il signor Foster.
Da
non crederci.
<<
Davvero? È una splendida notizia, sono
felice per voi >> rispondo sorpresa.
<<
Già, chi lo avrebbe mai detto >> dice
Mary.
<<
Non lo avrei mai creduto possibile >>
dice Der.
<<
Mi fa davvero piacere per voi, e soprattutto
per Der >> rispondo.
<<
Sì, lui è quello che ha sofferto di
più in tutta
questa storia >> dice Mary.
<<
È tutta colpa mia, io… >> dice il
signor Foster.
<<
Ormai abbiamo chiarito papà, è acqua passata
>> lo interrompe Der.
Wow,
sembra impossibile che queste parole escano
proprio dalla bocca del mio orgoglioso e rancoroso Der!
<<
No Derek non mi perdonerò mai di averti
allontanato da tua madre per così tanto tempo…
>> risponde il padre di
Der.
<<
Non parliamone più, pensiamo al presente
adesso >> dice Mary.
<<
Quindi siete tornati insieme? >>
chiedo.
<<
Un passo alla volta, per adesso viviamo
tutti qui, poi si vedrà >> risponde Mary.
<<
Invece voi due sì che state insieme >>
dice il signor Foster.
Der
mi stringe la mano. È contento, lo vedo.
<<
Benvenuta in famiglia >> mi dice Mary.
<<
Già, benvenuta nella nostra famiglia Lila
>> continua il signor Foster.
<<
Grazie, ne sono contenta >> rispondo.
Si
alzano e mi vengono incontro per abbracciarmi.
Come sono simpatici e pensare che sono i miei futuri suoceri.
Non
sono poi così male come dicono i suoceri!
<<
Perché non venite a pranzo domani a casa dei
miei genitori, così vi potrete conoscere >>
dico.
<<
Certo, molto volentieri >> risponde
Mary.
<<
Vorrà dire che disdirò qualche impegno
>> dice il signor Foster.
<<
Bene, allora domani a pranzo, Derek sa dove
portarvi >> dico contenta.
<<
Restate a cena o avete qualche impegno?
>> chiede Mary.
Der
mi guarda e gli faccio cenno di restare. Non
posso negargli una cena con tutta la sua famiglia riunita attorno allo
stesso
tavolo.
______________________
<<
Mamma ti ho già detto che è una cosa
informale, giusto per conoscervi >> dico.
<<
Sono persone raffinate tesoro, non possiamo
dargli da mangiare la carne arrostita da tuo padre >>
risponde mamma
apparecchiando la tavola.
<<
Invece sì mamma, non facciamoci vedere per
quello che non siamo, sono persone simpatiche e alla mano e non gli
dispiacerà
un bel barbecue >> dico.
<<
Ascolta tua figlia tesoro, e poi cos’hai
contro il mio barbecue? >> dice scherzoso papà.
<<
Infatti, saranno qui tra poco, mi raccomando
niente rievocazioni del passato eh? >> dico.
<<
Tranquilla, tutto sotto controllo >>
dice Sam preparando il giardino.
Ecco
i primi ospiti. Cathy, Cloe, Alice e Will. È
ufficiale, stanno insieme. Un’altra che si aggiudica un
Foster, sono felice per
loro.
<<
La porta >> urla Sam dal giardino.
<<
Carl, sistemati e togliti quel grembiule
>> dice la mamma sistemandolo.
<<
Buongiorno >> dice papà stringendo la
mano del signor Foster.
<<
Ah, buongiorno, lei deve essere il padre di
Lila, le somiglia molto >> risponde il signor Foster.
<<
Salve io sono Mary >> dice verso la
mamma.
<<
Piacere mio, prego accomodatevi >>
risponde mamma.
Derek
è l’ultimo.
<<
Buongiorno signor Montgomery >> dice
Der.
<<
Buongiorno a te Derek, sono felice di
rivederti >> risponde papà.
<<
Ciao Derek >> dice mamma baciandolo.
Ti
prego, non mettermi in imbarazzo mamma!
Si
dirigono verso il giardino tutti insieme mentre io
e Der restiamo indietro.
<<
Sembra vadano d’accordo >> dico.
<<
Già, i futuri consuoceri >> risponde.
<<
È bello che siate qui ed è bello che vi
siate riappacificati >> dico.
<<
Tutto merito tuo >> risponde.
<<
Non è vero, io ti ho solo aiutato a seguire
la strada giusta >> dico.
<<
Hai fatto molto di più per me, lo sai bene
>> risponde.
<<
Perché non mi avevi detto che erano tornati
insieme? >> chiedo.
<<
Ma non lo sono, io e mamma vivremo con mio
padre, come una normale famiglia. Magari un giorno tutto
tornerà come prima
>> risponde.
<<
Ha lasciato quella ragazza, come si
chiamava? >> chiedo.
<<
Blair, sì, appena è tornata mamma,
papà è
cambiato non saprei dirti come, ma è così
>> risponde.
<<
Meglio così >> dico.
<<
Dai raggiungiamo gli altri, prima che si
raccontino qualcosa d’imbarazzante su di noi da piccoli
>> dice Der
scherzoso.
<<
Sbrighiamoci allora >> rispondo.
Tutto
è così perfetto, quasi surreale. Non so come
possa aver avuto tanta fortuna in vita mia. Io, la vecchia balenotta
dai
capelli rossi. Finalmente la vera Lila è emersa.
Questa
sono io.
<<
La porta >> urla Sam.
E
chi può essere?
<<
Aspetti qualcun altro? >> mi chiede
mamma.
<<
Non mi sembra, vado io >> rispondo.
Corro
in salotto e apro la porta.
Non
pensavo di rivederlo in vita mia.
<<
Ehi >> dice con tono confidenziale.
<<
Ehi >> rispondo sorpresa.
<<
Posso entrare? >> chiede.
<<
Ehm… >> rispondo.
<<
Chi è? >> urla Der dal giardino.
<<
Ehm… il postino >> rispondo.
Il
postino.
Salve
a tutte!! E con questo capitolo
ha fine questa storia di “Sheila”. Ho preferito
lasciare alla vostra
immaginazione sapere chi possa aver bussato alla porta, magari qualcuno
del
passato o forse del futuro chi lo sa! Comunque da questo punto
avrà inizio il
sequel a cui sto già lavorando. Spero di sapere cosa ne
pensate su questo
capitolo o in generale su tutta la storia!! Grazie sempre a chi
aggiunge la mia
storia ai preferiti/seguiti/ricordati e ai lettori silenziosi che
passano a
leggere!
Baci
fairy21
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2182468
|