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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove la situazione non è tanto male... Di più. ***
Capitolo 2: *** Dove tutto sembrava andare così bene ***
Capitolo 3: *** Quando si è messi talmente tanto male che ci si accorge di aver appena chiesto aiuto alla concorrenza ***
Capitolo 4: *** Quando ci si rende conto di quanto sia effettivamente possibile compatire il povero, piccolo zio Sev ***
Capitolo 5: *** Quando – finalmente – tutto sembra andare per il meglio ***
Capitolo 6: *** Pace. Finalmente ***
Capitolo 7: *** Dove tutti loro sperano – disperatamente – che tutto stia ancora andando per il meglio ***
Capitolo 8: *** Fuori Controllo ***
Capitolo 9: *** Dove si medita Vendetta – anche se non si sa esattamente contro chi ***
Capitolo 10: *** Mai nessuno che si faccia un dannato mazzo di cazzi propri! ***
Capitolo 11: *** Sotto a chi tocca ***
Capitolo 12: *** La piega della vita si fa sempre più strana, ma ancora c’è qualcuno che non se ne accorge ***
Capitolo 13: *** Dove ci si chiede in che mondo parallelo si è finiti ***
Capitolo 14: *** Rimedi e Lezioni di Vita ***
Capitolo 15: *** Dove tutto sembra ricominciare da dove si era interrotto. Forse… ***
Capitolo 16: *** Prima pensa, poi parla, perché parola poco pensata porta pena. Pirla! ***
Capitolo 17: *** Ad occhi chiusi ***
Capitolo 18: *** La resa dei conti ***
Capitolo 19: *** Dove si parla di fine, relazioni e morsi ***
Capitolo 1 *** Dove la situazione non è tanto male... Di più. ***
[Dove
la
situazione non è tanto male… Di più!]
«Così non si può andare
avanti, lo capisci vero?» Hermione Granger, Caposcuola e
presunta (perché
quanto ci sia di vero, nell’affermazione a seguire,
è ancora tutto da chiarire)
migliore amica del Salvatore del Mondo Magico della loro generazione.
Altresì definito Harry
Potter.
Ma dal suo punto di vista
potete anche dimenticarvi del nome.
Perché, il sempre
sopracitato Potter, si trovava nella condizione di finire a marcire in
un
angolo del castello sotto forma si spirito vagante. E si sa che gli
spiriti
vaganti non hanno un nome.
Solo soprannomi.
Che ne pensate di
Sfregiato? (No, a chiunque se lo chiedesse, non è stata
un’idea mia. Un
biondino di passaggio me l’ha suggerito in cambio di una
piccola proroga della
sua comparsa. Povero, non aveva finito i compiti di Pozioni).
«Non vedo il problema»
Harry Potter, stravaccato su una delle poltrone della Sala Comune,
stava
leggendo una copia del Cavillo che qualcuno – probabilmente
Ginny – aveva
dimenticato davanti al camino.
«Non capisci…?»
Ron si chiese se non fosse
il caso di alzarsi dalla comodissima poltrona, che lo ospitava da ormai
un paio
d’ore – quando quella discussione era cominciata
– e andare a pararsi tra quei
due. Davvero, non capiva nemmeno lui il problema.
Chissà cos’aveva tanto da
lamentarsi Hermione.
In fondo Harry aveva solo
sfottuto il furetto brillantinato e si erano rotolati per un
po’ senza che
nessuno li fermasse. E poi il moro aveva rimediato solo un occhio nero
e un
graffio sulla guancia.
Il Serpeverde invece aveva
qualche ciocca di capelli in meno ed entrambi gli occhi pesti.
Era una buona azione
quotidiana.
«La Professoressa McGranitt
ha tolto duecento punti a Grifondoro. Duecento»
ripeté, raggiungendo toni che
mai aveva sfiorato prima. Persino Neville, impegnatissimo a leggere
l’ultima
uscita di Pollice Verde – la Bibbia per
chiunque anche solo apprezzasse
Erbologia – alzò gli occhi per un nanosecondo.
«Tanto i punti che perdo
li recuperi tu subito» alzò le spalle Harry,
deciso a non farsi deconcentrare
da tali quisquilie. I Paddelngton United avevano perso
un’altra partita,
accidenti.
«Ma ti sembra una cosa su
cui contare?» strillò scocciata la mora,
altrettanto determinata a non lasciare
cadere la questione.
«Perché? È vero».
«Ronald! Tu non
intrometterti!» Ron decise saggiamente di battere in
ritirata. Quando Hermione
lo chiamava a quel modo gli ricordava troppo sua madre e lui, povero,
troppi
traumi infantili non li poteva più sopportare. Doveva
tenersi qualcosa per
l’adolescenza.
«Insomma Harry!» esclamò
per l’ennesima volta.
Nessuno ne poteva
veramente più.
Non Neville che aveva
alzato nuovamente la testa dal libro per sospirare affranto. Non Ginny,
che era
tornata a recuperare la propria rivista e aveva sentito quanto era
stato detto
negli ultimi due secondi, decidendo che ne aveva già
abbastanza e che se ne
sarebbe tornata in camera. Al diavolo la nuova ricetta per la lozione
dei
capelli.
Non Seamus e Dean, che
passavano più tempo dietro ai casini che stavano nascendo
piuttosto che al loro
personale divertimento, e quello non era affatto giusto.
Né Hermione, che ne aveva
fin sopra i capelli, e questo era tutto dire.
Non Ron, nonostante si
divertisse da morire nel vedere il Malfuretto uscirne malconcio.
Sì, perché non passava
giorno che quei due idioti non si mettessero le mani addosso.
Sfortunatamente
togliendole solo dopo aver lasciato dei souvenir non esattamente
graziosi all’altro.
«Mi spieghi perché?»
sbottò alla fine Hermione, dopo un paio di minuti di
snervante silenzio, mentre
sperava che Harry riflettesse sull’accaduto –
quando in realtà stava contando
quanti galeoni aveva perso nella scommessa con Seamus, sui Paddelngton
–.
«Perché, cosa?» chiese
invece questi distrattamente, sfogliando la rivista fino ad arrivare al
capitolo dedicato ad una miracolosa lozione per capelli, si stava
giusto
chiedendo se avrebbe potuto aiutarlo nel domare il cespuglio
– l’ultima battuta
di Malfoy l’aveva colpito nel profondo del suo spirito
estetico – che si
trovava in testa.
«Non mi dire che non mi
stavi ascoltando?» i ricci abitualmente arruffati della
ragazza sembrarono
diventare ancora più aggrovigliati e selvaggi. Fu solo per
forza dell’abitudine
che Ron si mise sulla difensiva, chiudendo le gambe e tirandosi
indietro.
«No» ammise ingenuamente,
chiedendosi oltretutto di cosa diavolo stesse parlando.
«Non mi ascoltavi…»
La catastrofe.
***
«Stai decisamente
superando il limite, te ne rendi conto, vero?» Pansy
Parkinson non è mai stata
la pazienza fatta persona, ma quel giorno somigliava più che
mai ad una Banshee
inferocita dopo che il cantante di turno le ha soffiato la scena al
festival della
Cultura Musicale del Mondo Magico.
E tutto per quel
decerebrato teppistello biondo che si ostinava a scarrozzarsi dietro da
anni
con il nomignolo di migliore amico.
Altrimenti
detto Draco
Malfoy.
E se ne fregava altamente
del suo secondo nome.
«Non capisco proprio a
cosa ti riferisci» fu la serafica risposta che la raggiunse
da oltre la
spalliera del divano, dove Draco Malfoy se ne stava comodamente
sdraiato e
apparentemente in pace con il mondo intero.
Pansy ebbe come
l’impressione che i capelli le si sollevassero con la sola
forza della rabbia.
«Non capisci?» strepitò
«oggi la McGranitt ci ha tolto duecento punti per la tua
bravata ai danni di
Potter».
«Li hanno tolti anche a
loro» liquidò la questione con una scrollata di
spalle rilassatissima.
«E così adesso ci troviamo
terzi dopo Tassorosso!!»
«E Grifondoro è quarto.
Non va bene?»
«No che non va bene! Non è
una gara solo con i Grifondoro! Di
questo passo rischiamo di non vincere la Coppa delle Case nemmeno
quest’anno!!»
«Tanto i punti che perdo
ce li ridà Piton con gli interessi» altra
scrollatina di spalle, e per un
momento Pansy si chiese da chi avesse imparato un gesto tanto rozzo
«non ti
preoccupare».
«Ma ti sembra un
ragionamento da fare?»
«Perché? È vero».
La mora avrebbe veramente
desiderato prendere di peso il biondino e gettarlo nel bel mezzo della
foresta
proibita senza bacchetta, una candela in testa e con un cartello che
diceva
“Venite a mangiarmi, sono buono”.
Daphne e Theo si
guardarono per un breve momento prima di tornare ognuno alla propria
occupazione: strappare i petali di una margherita carnivora per sapere
se il
suo amore l’amava o meno (il fatto che lui non ne fosse
ancora a conoscenza non
importava, i Grifondoro dovevano essere sempre gli ultimi a sapere) e
stilare
una lista di bevande illegali che sarebbero dovute essere imbucate alla
prossima festa clandestina.
Nessuno dei presenti
quindi poteva prestare seriamente orecchio alle lamentele che la
ragazza
strillacchiava da ormai un’ora. Dove cavolo erano gli stupidi
di Serpeverde quando
servivano? Tiger e Goyle, tanto per fare un esempio. Quelli
sì che sarebbero
rimasti ad ascoltare il suo monologo – perché
rifiutava di considerare le
risposte di Draco come parte della conversazione – come fosse
la Madonna di
Lourdes.
«Dove diavolo è quel
rincoglionito di Blaise?» sbottò alla fine.
«Cos’è? Aspetti che io non
sia nei paraggi per insultarmi?» eccolo l’altro
ingrato migliore amico, che
insieme al teppista biondo la facevano dannare un giorno sì
e l’altro pure.
«Dov’eri? Non hai idea di quello
che-» cominciò ad alzare la voce la mora,
abbandonando per un momento il fianco
della piaga numero uno e piazzandosi con le mani sui fianchi davanti
alla
numero due. Per quel giorno almeno.
«Lo sai che così somigli
proprio alla madre di Weasley?» scosse la testa seriamente,
come fosse sinceramente
sconcertato dal fatto «E le rughe non è che siano
omaggio-»
«Tappati quella fogna»
sibilò, interrompendolo.
«Ma si può sapere cos’è
successo?» chiese finalmente il moro, vedendo lo stato dei
capelli di lei e le
facce scure dei compagni – eccetto ovviamente il loro ingrato
Caposcuola che,
nonostante fosse stato eletto grazie al loro appoggio, non faceva un
fico secco
dalla mattina alla sera – (e dire che Blaise
l’aveva detto che sarebbe stato
meglio eleggerne un altro, ma no….Silente non da mai ascolto
a nessuno).
«È successo» Pansy
sembrava veramente sforzarsi di non gridare qualcosa
d’inappropriato per una
ragazza di buona famiglia quale era «che quel decerebrato
biondo che ci
portiamo dietro ci ha appena fatto perdere altri duecento punti. Dico,
duecento! E tutto perché non ha saputo resistere al saltare
addosso a Potter».
E
poi Blaise si chiedeva perché mai le sfighe
non sembrassero venire mai da sole.
Qualcuno aveva mai provato
a chiudere Draco in una stanza e dimenticare accidentalmente la chiave?
Avrebbe
sicuramente giovato a molti.
«Draco…» il tono scelto da
Blaise era forse l’unica cosa in grado di smuovere il
biondino. Più che altro
perché gli faceva nascere il desiderio di prenderlo per il
collo e rispondergli
per le rime «possibile che tu non riesca a stargli lontano?
Lo odi a tal punto
da volerlo vedere morto e vedere te ad Azkaban? Lo so che adesso che i
Dissennatori sono stati rieducati è diventato un luogo
più vivibile, ma non
credo tu voglia veramente-»
«Tappati quella fogna,
Blaise» sibilò mettendosi a sedere e fulminandolo,
gli occhi chiari carichi di
promesse che il moro sperò seriamente non sarebbe mai
riuscito a mettere in
atto.
«Blay ha ragione» Merlino
grazie, Pansy tornò alla ribalta, riportando
l’attenzione (e i desideri
omicidi) nella sua direzione «questa storia deve finire. O tu
ti chiarisci con
Potter-»
«Quello può pure schiattare
che io gioirei ballando il tiptap con degli stivali chiodati sulla
sua
tomba».
«Wow…» non che Blaise
avesse molto altro da dire riguardo alla poetica
dell’amico.
«Lo immaginavo» continuò
la ragazza, come se l’interruzione non fosse mai avvenuta
«l’alternativa è
ignorarlo completamente. Sii superiore e trattalo con aristocratico
sdegno,
come fai con tutti gli altri».
Draco mugugnò qualcosa
contrariato e tornò a sdraiarsi, posando un braccio sugli
occhi. Poggiandolo
delicatamente, i lividi stavano cominciando a farsi sentire.
Evidentemente
avrebbe preferito la seconda opzione, alzò le spalle Blaise,
facendo per
imboccare il corridoio per le camere.
Anche Pansy sorrise
soddisfatta, accingendosi a riprendere in mano il libro che stava
leggendo un
attimo prima di venire a conoscenza del disastro.
Peccato solo Tiger e Goyle
avessero deciso di entrare proprio in quel momento in Sala Comune, dopo
essere
stati a trafugare la dispensa di Piton di pozioni guarenti per il
povero
principe, confabulando tra loro l’accaduto.
«…e l’hai sentito quello
che ha detto poi, no? Quel Potter».
«Già, che Malfoy non gli
aveva fatto niente».
«Potter ha detto CHE
COSA!?»
Pansy si unì a Blaise (e
ad ogni singolo Serpeverde presente in Sala) in un gemito disperato.
Decisamente non se ne
poteva più.
E fu la catastrofe.
Ho
appena finito di postare Verrat e già arrivo con una nuova
storia su Draco e Harry
(che sia una malattia?). Se devo essere sincera non credo che queste
due storie
possano essere più diverse (se non fosse per il fatto che
hanno gli stessi
attori, si potrebbe dire che non abbiano praticamente niente in
comune), ma ho
pensato che – per la mia salute mentale – un
po’ di sano romanticismo (?) e del
comico facciano più che bene.
Chi
leggerà vedrà (se sopravvive).
Un
bacio
|
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Capitolo 2 *** Dove tutto sembrava andare così bene ***
Reverse.
[Dove
tutto sembrava andare così bene]
«C’è qualcosa che vorresti
dirmi?»
Ron alzò gli occhi al
cielo reprimendo l’istinto di sbuffare e palesare il suo
stato d’animo.
Hermione lo avrebbe preso a pugni, come minimo.
In questo momento infatti,
stava curvata sul tavolo della Sala Grande, i capelli semiraccolti ad
un niente
dalla ciotola di yogurt che campeggiava tra lei e Harry. Il quale Potter se ne
stava seduto con la
schiena curvata all’indietro, nel palese quanto infantile
tentativo di sfuggire
alle richieste, sempre più pressanti, di quella che si
avviava a diventare la
sua ex migliore amica.
«No, Hermione, non devo
dirti nulla» sillabò azzannando –
perché non c’era altro modo di definire la
brutale decapitazione di quel povero biscottino in pan di zenzero
– quello che
gli rimaneva nel piatto il più velocemente possibile, nella
speranza di
scappare in fretta a lezione.
Fregandosene del fatto che
lo aspettavano niente meno che due ore di Pozioni, seguite poi da altre
due di
Divinazione e una di Erbologia – giusto per finire in
bellezza la mattinata –.
«Io vado» si affrettò a
raccogliere i libri che si erano sparsi per terra quando aveva lasciato
cadere
la borsa senza alcun garbo, sotto la panca «devo ripassare
prima della lezione»
e, con uno scatto degno del suo ruolo di Cercatore, si
dileguò tra gli studenti
che erano appena scesi a mangiare.
Nella speranza di essere
riuscito a distanziare la mora.
E colpendo qualcuno con la
spalla mentre si trovava all’altezza del portone.
«Ehi!» il ragazzo che
aveva accidentalmente colpito lo trattenne per un braccio
«Vedi di stare
attento quando camini!»
«Scusa» bofonchiò Harry,
raccogliendo i libri che gli erano caduti prima di alzare lo sguardo
per
guardare in faccia l’altro «non ti avevo visto mi
disp-» il moro sgranò gli
occhi un momento prima di fare un secco passo indietro –
imitato dal ragazzo
che gli mollò il braccio con la stessa veemenza –
come si fosse scottato.
Davanti a lui stavano
Draco Malfoy, i capelli perfettamente in ordine e
l’espressione che diventava
man mano più disgustata ogni secondo che passava; Blaise
Zabini, attorniato da
uno o due paia di ragazzine dei primi anni che lo ammiravano con gli
occhi a
cuoricino, e Pansy Parkinson, che si era messa sulla punta dei piedi
per vedere
meglio cosa mai avesse potuto interrompere il solitamente solenne
– e continuo
– incedere del loro Caposcuola.
«Ah, sei tu Malfoy» la
voce del moro trasudava disprezzo «ad averlo saputo di avrei
colpito più forte»
«Ma tu sentilo questo stronzetto…»
sibilò il biondo, arrossendo dall’indignazione
«vedi di abbassare a cresta,
Sfregiato» l’odio intriso era il medesimo,
così come la noia e la
preoccupazione dei rispettivi amici – tranne le ragazzine
adoranti che non
avevano mollato Zabini per un attimo.
«Granger» salutò il moro
Serpeverde vedendola avvicinarsi ad Harry con le sopracciglia
aggrottate,
seguita da altri Grifondoro, scorta abituale del
Ragazzo-che-non-sopravviverà-ad-altre-punizioni-della-McGranitt,
imitato dal
cenno del capo di Pansy «Weasley, Paciock».
«Zabini» annuì
solennemente questa, imitata in modo meno formale dagli altri due
«anche
stamattina non ce ne risparmiano una, vero?»
«Puoi dirlo forte,
Granger» Pansy sospirò rassegnata, scuotendo la
testa stancamente «come se ieri
non fosse stato abbastanza».
«Io non so se riusciremo a
resistere ancora molto a lungo con così pochi
punti» Hermione adocchiò alle
clessidre, in bella mostra dietro la vetrina dall’altra parte
della Sala Grande
«di questo passo non riusciremo a racimolare nemmeno i punti
sufficienti per
mantenere il diritto di rimanere nelle nostre Case».
«Miseriaccia, mi sembra
incredibile credere sia unicamente colpa di questi due»
Ronald non sapeva se
continuare quella conversazione ricca di inutili constatazioni o
avvicinarsi al
suo migliore amico e cercare di scollarlo da Malfoy. Non sapeva il
perché, ma
aveva come l’impressione che da un momento
all’altro gli si sarebbe attaccato
al collo.
«Chiedimi scusa prima che
ti faccia rinchiudere per oltraggio alla pubblica decenza»
Malfoy ringhiò
quelle parole ad un niente dal naso del moro.
«Peter Parker indosserà
una calzamaglia rosa shocking prima che io chieda scusa ad uno come
te» ricambiò
Harry con altrettanta veemenza,
puntando le mani ai fianchi e piegandosi a propria volta per guardarlo
negli
occhi. Detestava quella parte da quando Malfoy era cresciuto in altezza
più di
lui.
«Chi diavolo è Peter
Parker?»
«Una persona troppo
importante perché tu la conosca, Mangiamorte».
Hermione alzò gli occhi al
cielo rassegnata al dover nuovamente intervenire mentre gli altri
scuotevano la
testa desolati. Davvero Ron non riusciva a capire come mai dovessero
litigare
ogni singola volta. Oltretutto iniziavano a diventare monotoni.
«Scommetto due galeoni che
adesso parla di suo padre» Blaise si chinò
leggermente verso Ron, esternando
perfettamente la sua stessa linea di pensiero.
«Mio padre era un
Mangiamorte, Potter, e nel caso la cosa ti fosse sfuggita io sono stato
scagionato da tutte le accuse» sibilò chiaramente
alterato «sottospecie di
Grifondoro ritardato. Cerca di pensare prima di aprire quella tua
boccaccia».
«Hai un bel tatuaggio sul
braccio, serpe rincoglionita, sempre se tu te ne sia reso conto
ovviamente»
storse il naso Potter, sorridendo come ad evidenziare l’ovvio.
«Non trattarmi come un
deficiente Potter, non quando devi continuamente ripetere a te stesso
che lo
sei, tutte le mattine. Cosa fai? Te lo dici davanti allo
specchio?»
«No, Malfoy» rispose
sarcastico quello «quello sei tu che baci il tuo
riflesso».
«Questa è pesante»
socchiuse gli occhi Blaise serafico, mentre si toglieva un inesistente
granello
di polvere dalla divisa «colpirlo
nell’orgoglio».
«Il mio riflesso» tremò
appena la voce del biondo, osservando il sorrisino di derisione sulla
faccia
dell’odiato compagno di scuola «il mio…
Potter, sei morto» le dita si
contrassero come desiderasse stringerle attorno al collo
dell’altro. Cosa che
effettivamente avrebbe fatto se un lampo verde argento non fosse
piombato tra
loro strillando.
«Signor Potter, Signor
Malfoy, cosa sta succedendo qui?» Minerva McGranitt sembrava
troppo agitata per
essere solo le sette e mezza della mattina «Non
un’altra delle vostre liti
spero».
«Certo che no,
Professoressa» iniziò, con un secondo di troppo di
ritardo, Harry adocchiando
il biondo al suo fianco «no».
«Molto bene, signor
Potter» annuì seccamente la donna, lanciando
occhiate indagatorie
tutt’intorno «allora
vi suggerisco di
andare a lezione».
«Subito professoressa, ci
scusi» si affrettò a dire Hermione, imitata da una
Pansy sempre più scocciata
dal comportamento dell’amico che, afferrato anche Blaise, li
spinse fuori dalla
Sala, ignorando ogni sua protesta e ogni suo: “Ma io non ho
ancora fatto
colazione”.
«Andiamo» aggiunse poi
Hermione agguantò il proprio, di amico, e lo
trascinò con sé seguita a vista da
Neville e Ron, tutti diretti alla stessa lezione.
Pozioni.
***
«Mi devi ancora delle
scuse».
«Cruciati, Malfoy».
«Dopo di te, Potter».
«Oppure magari
preferiresti un bel bagno di sangue, no?»
«Solo se il tuo».
«Non ci tengo a
condividere qualcosa con te».
«La morte men che meno».
«Finalmente d’accordo su
qualcosa».
«Me ne compiaccio» una
lenta voce strisciante s’intromise tra le prima due, facendo
sobbalzare i loro
proprietari e sospirare molte altre all’unisono. Quelle di
tutti gli altri
studenti del settimo anno di Serpeverde e Grifondoro, per
l’esattezza.
«P-professore».
«Faccia silenzio, Signor
Malfoy, la prego» Severus Piton non avrebbe mai creduto
sarebbe mai arrivato il
giorno in cui avrebbe desiderato che il suo figlioccio svanisse dalla
faccia
della terra, almeno il tempo necessario perché il suo mal di
testa evaporasse.
Si portò due dita a stringersi la radice del naso facendo
violenza su sé stesso
per evitare di mostrare eccessivo attaccamento alla sua vena sadica. E
ad
eliminare Potter sotto gli occhi dei ficcanaso senza una vita sociale
che lo
circondavano. Maledetti studenti.
«E lei, Signor Potter, se
non fosse perché è certo sia colpa sua se la
pozione sta prendendo il colore
riprovevole che ha ora, darei a lei e al Signor Malfoy un voto tanto
basso da
far impallidire i risultati ottenuti in Babbanologia da Bellatrix
Lestrange».
«Ma Profess-»
«Dieci punti in meno per
Grifondoro, Signor Potter. Per la tua incapacità di lavorare
in gruppo».
«Prof-»
«Altri dieci punti» ghignò
il professore compiaciuto dalla situazione. Era sempre uno spasso avere
quel
ragazzo a lezione; ovviamente tolta l’astrusa somiglianza con
il padre e il
disturbante colore dei suoi occhi «vogliamo andare avanti
così, Signor Potter o
preferisci che ti sbatta fuori dall'aula e ti mandi diritto dal Preside
con una
punizione che ti farà rimpiangere il non essere rimasto a
perdere punti?»
Harry strinse i pugni,
desiderando poter spaccare la faccia al ragazzo biondo e ghignante
accanto a
lui. E anche a Piton ovviamente, per averlo messo in coppia con lui per
quella
stramaledetta Pozione del Controllo. E
anche per fargliela pagare per i punti
sottratti, chiaramente. Mica solo per Malfoy. non era certo lui il
centro
dell'Universo.
Ah, quanto desiderava
potergli spaccare la faccia.
«Signor Potter, è ancora
tra noi?» la voce melliflua dell'uomo lo riscosse dai suoi
sogni di vendetta,
obbligandolo ad alzare gli occhi su di lui «Desidera forse
che le tolga altri
punti, Potter?»
«No, Professore. Mi perdoni».
«Altri cinque punti,
Signor Potter» sibilò l'uomo allontanarsi e
tornando a veleggiare per i banchi
a terrorizzare altri poveri ignari Grifondoro «per non aver
capito che la mia
era una domanda retorica. Spero così di aver colmato la sua
ignoranza».
Harry cercò di evitare di
saltare addosso al Professore per strappargli tutti quei suoi capelli
unti uno
per uno. Così come dovette farsi violenza per evitare di
saltare addosso al
momentaneo collega di lavoro.
E se avesse sentito
nuovamente l'espressione "Signor Potter", avrebbe dato di matto.
***
«Signor Potter, sei con
noi, caro?»
Reprimendo
l'istinto di
lanciare qualunque cosa avesse in mano in direzione di quella voce,
Harry alzò
gli occhi dalla sfera di cristallo - quella che, per l'appunto, teneva
mollemente nella mano destra - e volse lo sguardo in direzione
dell'insegnante.
«Mi scusi professoressa»
borbottò in direzione di una Cooman meno eterea e mistica
del solito, in favore
ad un'espressione vagamente accigliata.
«Che idiota che sei,
Potter» un sussurrò da poco più in
basso lo costrinse a tornare a fare quello
che stava facendo prima di venire richiamato anche da una svampita come
quella.
fissare in cagnesco al nuca di Malfoy, nel banco al gradino di sotto.
Ignorando
chiaramente che la sopracitata nuca si voltava verso di lui ogni
momento in cui
Blaise Zabini - l'elegantone dalla divisa personalizzata, amico sempre
della
stessa nuca di prima - ridacchiava ad indicare che Potter non lo stava
fissando
in quel preciso attimo.
«Cruciati Malfoy» gli
sibilò ignorando tutto il resto che non fosse il Principino
viziato delle Serpi
e le sue parole.
«Stai diventando monotono,
Potter. Vedi di cambiare registro» ghignò in
risposta «oppure devo iniziare a
credere che tu non sia in grado di fare più di
questo?»
«Scusa se uso la mia
capacità intellettiva per altro che non sia tu,
Malfoy»
«Vedi di fare poco lo
spiritoso, Potter» sibilò voltando anche il busto,
altre che solo il viso, in
direzione del Grifondoro «non sei divertente nemmeno la
metà di quanto credi».
«E tu non sei superiore
proprio per niente» rispose allo stesso tono il moro
«a questo punto mi chiedo
perché mai io stia perdendo tempo con uno come te».
«No, idiota, la domanda la
pongo io a te, non certo viceversa»
sibilò il biondo alterato.
«Non sforzare quel tuo
cervellino da furetto, Malferret. Non ne caverai nulla di buono se non
un mal
di testa per l'improvviso sforzo».
«Ti credi spiritoso,
vero?»
«Anche questa è vecchia.
Riaggiornati».
«Harry, basta, smettila»
Ron cercò di arginare la follia divagante con un falso tono
serio – perché
diavolo Hermione doveva decidere, oramai quattro anni or sono, di
mollare
proprio Divinazione? Fosse stata lì in quel momento avrebbe
saputo cosa dire.
«Draco» Blaise ammonì
l’amico alzando teatralmente gli occhi al cielo e sospirando
rassegnato. Se
solo Pansy non avesse deciso di fare sega e si fosse presentata alla
lezione,
ci sarebbe stato qualcuno in grado di tenere il principino viziato
sotto
controllo. Sia pure con due ceffoni e la promessa di bruciare tutti i
libri di
vampiri – il cui sopracitato principino aveva collezionato
con la speranza di
rivenderli a tre volte il loro prezzo.
«Suicidati, Malfoy. Ti
sembra più originale questo?» strinse i pugni
Harry, lampeggiando
pericolosamente dagli occhi.
«Tutto qui?» storse il
naso Draco, in un chiaro gesto di superiorità.
«Fottiti, Malfoy!»
«Spiacente, non mi piace
farlo da solo» rise quasi quello, cogliendo anche fin troppo
bene il doppio
senso.
«Non ti aspetterai che
qualcuno ne abbia veramente voglia e sia lì ad aspettarti,
vero?» arrossì
furiosamente Harry, gesticolando «Chi mai vorrebbe un frigido
stoccafisso come
te?»
«Questo è troppo!» gridò
Malfoy, alzandosi all'improvviso e lanciandosi su Harry con le mani
protese
verso la sua faccia e le dita contratte come a mostrare quanto
impellente fosse
il desiderio di stringerle attorno a qualunque parte del corpo del moro
e
strappargli la carne con le unghie.
Harry rispose con un
ghigno e un ringhio analogo a quello che emise Draco nel saltare.
La professoressa Cooman
lanciò uno strillo terrorizzato prima di svenire
drammaticamente sul suo
tavolino
«Sturati la bocca quando parli
con me, Furetto» stava intanto gridando Harry, le mani sulle
braccia di Malfoy
mentre rotolavano giù per i gradoni dove erano seduti, tra
le urla spaventate
di molti Tassi e quelle infuriate di Blaise –
perché nella loro rovinosa
discesa gli avevano rovesciato la borsa con i suoi indispensabili
vestiti di
ricambio, ora totalmente imbrattati di inchiostro anti copiatura.
Nel frattempo i due
contendenti avevano raggiunto la fase di stallo – oltre che
il pavimento gelido
della torre non coperto da pulciosi tappeti – in cui si cerca
di soffocare
l’avversario, intrecciati peggio che nodi marinari e con
numerose estremità
punzonate ficcate qua e là.
«Attento a dove tocchi,
idiota» strillò Harry nel sentire una mano anche
fin troppo ben identificata
scendere – ovviamente nel tentativo di colpirlo –
tra le sue gambe.
«Ma a che diavolo sta
pensando il tuo cervello malato, Sfregiato?» rispose
soffocato l’altro (perché
Harry gli stava tenendo il collo con un braccio) mentre annaspava e
arraffava
con le mani in luoghi che mai avrebbe voluto toccare –
ovviamente – per
liberarsi.
«Se proprio devi pensare
ad un cervello, Malfoy, non usare il tuo! Altrimenti ne senti la
nostalgia»
«Vedi di moderare i
termini, Potter!»
«Non darmi ordini, Malfoy!»
Gridarono in contemporanea.
Grido coperto da un altro – decisamente meno maschile e
assolutamente più
maturo degli strilli da loro prodotti fino a quel momento. Un grido che
aveva
il sapore dei bei tempi andati – e che se si sarebbe andati
avanti così, dei
tempi futuri.
«Cinquanta punti in meno,
Signor Potter» Minerva McGranitt, implacabile nella sua
tenuta da mago verde e
infuriata nelle sue parole «cinquanta anche per lei Signor
Malfoy. E ora filate
dritti in infermeria a curarvi le vostre ferite. E sappiate»
aggiunse con gli
occhi lucidi di eccitazione – almeno secondo il modesto e
imparziale parere di
Draco Malfoy «che quando vi sarete rimessi vi
aspetterà una punizione tale da
farvi perdere il desiderio di litigare per
l’eternità».
***
«Così non si può
continuare» fu la prima cosa che Hermione –
tenendosi la testa tra le mani –
disse quando Ron, con il supporto di Blaise e Neville, gli
raccontò
dell’accaduto alla lezione successiva. In risposta alla
legittima domanda di
lei sul perché Harry non fosse presente. Se non altro, in
ogni caso, la sua
reazione fu infinitamente più controllata rispetto a quella
di Pansy – che era
stata dovuta essere trattenuta da Theodore e Belby per evitare che
scappasse in
infermeria ed evirasse il presunto migliore amico.
Benebene, ecco a voi il
primo vero capitolo (considerate l’altro un po’
come un prologo, dai…)
La situazione è
tutt’altro che rosea e quei due non sembrano prendersi
minimamente la briga di
capire che con il loro comportamento non arriveranno da nessuna parte
(ovvero
alla camera da letto invece che in infermeria) ma questo dettaglio
teniamocelo
per noi, che ne dite?
Un grazie a Rowan936 che
è la
prima a recensire (vai, continua così) e ci vediamo al
prossimo!
Un
bacio
|
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Capitolo 3 *** Quando si è messi talmente tanto male che ci si accorge di aver appena chiesto aiuto alla concorrenza ***
Reverse.
[Quando
si è messi talmente tanto male che ci si accorge di aver
appena chiesto aiuto
alla concorrenza]
«De affectuum commutatione potionem»
proclamò Hermione
sbucando da dietro uno scaffale della libreria, adibita a sala studio,
dove una
buona parte degli studenti era solita riunirsi per studiare –
o meglio, far
fiorire un giro di affari illegali,
alcolici e nuove conoscenze.
La ragazza
aveva riunito i suoi amici più fidati – quelli che
non sarebbero andati a
ridacchiare da Harry nel caso il piano che aveva in mente sarebbe
andato in
porto, vale a dire Ron e Neville – e aveva spedito
quest’ultimo alla ricerca
dei due Serpeverde che, sempre lei, aveva ritenuto i più
adatti a sapere. O i
più bisognosi, a seconda dalle interpretazioni.
Per quel
motivo, ad un’ora indecente – nel pomeriggio, alla
fine di tutte le lezioni,
quando ci si poteva stravaccare sulla poltrona a dire che
sì, anche quel giorno
si era sopravvissuti – Hermione Granger, Ronald
Weasley, Neville Paciock, Pansy
Parkinson e Blaise Zabini si trovavano in biblioteca – dove
il sacro the verde
delle cinque, il preferito da ogni Serpe di buona famiglia che si
rispetti, non
era ammesso.
A dire la
verità c’erano anche altri due ragazzi, ma vennero
lasciati in disparte a
bisticciare come criceti per un seme di girasole.
E se la quasi totalità
degli studenti fissava la scena a bocca aperta, i due unici che
avrebbero
dovuto veramente preoccuparsi dell’improvvisa situazione si
accorgevano a mala
pena dell’esistenza della scuola in cui erano.
«Potter, il nodo della tua
cravatta fa orrore».
«Sarà bello il tuo. Ma
l’hai visto? Sembra un vermicello con il gesso».
«E i tuoi capelli sembrano
un nido di un qualche non ben identificato uccello. Allevi picchi,
Potter?»
«Fottiti Malfoy».
«Sembri un selvaggio.
Oppure lo sei diventato perché quel poco che rimaneva del
tuo cervello è stato bucato
dal tuo simpatico affittuario?»
«E tu allevi mucche,
Furetto?»
«I miei capelli sono
perfetti idiota».
«Ma io non ho detto nulla
sui tuoi capelli. Siamo furetti nervosetti, Malfoy?»
«Cruciati Potter».
«Perché invece non stai
zitto?»
«Perché altrimenti mi
annoierei a non fare nulla» esclamò come fosse la
cosa più naturale del mondo –
scassare le scatole al suo acerrimo nemico, perché non aveva
null’altro da fare
se non cercare di convincere i suoi amici (e dell’acerrimo
nemico) a far
partire accidentalmente un paio di maledizioni nella loro direzione. In
quel
periodo gli Avada Kedavra stavano diventando più ordinari
che i Lumos (ma chi
cazzo mai lo usa il Lumos?).
Nella speranza –
assolutamente giustificata e totalmente inesistente – di
ignorare i due ragazzi
che si sibilavano gentilezze dall’altra parte dal tavolo,
Blaise, Hermione
Ronald, Pansy e Neville voltarono loro le spalle, riunendosi di modo da
nascondere il libro che la riccia aveva aperto sul piano.
«De affectuum commutatione potionem»
lo rilesse lei come se pronunciandolo nuovamente la pozione si sarebbe
animata
e preparata da sola davanti ai loro sguardi allucinati e si sarebbe
sparsa –
accidentalmente – sulle loro croci giornaliere.
Poiché
la
biblioteca rimase al suo posto e l’incessante miagolio alle
loro spalle non si
interruppe che per un momento di respiro – incredibile quanto
l’aria fosse
necessaria – la ragazza continuò a leggere
«è un composto estremamente
difficile da preparare non tanto per il procedimento quanto per il
reperimento
di alcuni ingredienti. Altrimenti denominata Reverse
dalla comunità magica, questa pozione permette
l’incanalamento di alcuni specifici sentimenti selezionati
nella pozione stessa
e il ribaltamento dei suddetti, di modo da cambiare antipatia in
simpatia,
interesse con indifferenza, rabbia con allegria» la ragazza
concluse la breve
spiegazione soddisfatta, lanciando occhiate allusive agli improvvisati
compagni
di disavventura – più abbonati che improvvisati a
dire il vero.
«Una
pozione che cambia sentimenti?» ripeté Neville
insicuro, adocchiando alla lista
di ingredienti con colorito terreo. Non aveva mai neanche sentito
nominare
certi elementi.
«Ma
è
un’idea geniale!» esclamò Pansy
sorridendo smagliante «Potrebbero diventare
amici! Non è fantastico?»
Ron, che
diventare il migliore amico del furetto platinato non rappresentava
certo un
sogno nel cassetto, storse il naso e adocchiò scettico a
Zabini, l’unico che
ancora non sembrava essersi pronunciato in alcun modo. In quel momento
la
bilancia sembrava assolutamente pendere per l’attuazione del
piano – con le due
donne a favore. Lui e Neville scettici e mancava l’ultimo
parere. Totalmente
assurdo, si disse in un momento, come il mondo sembrava essersi
capovolto: lui
che attendeva un Serpeverde.
«Amici?»
disse questo tra sé, a bassa voce come a voler assaporare la
parola sulla
lingua «Oddio, io non è sprizzi di gioia nel poter
condividere le sfighe del
ragazzo-che-è-sopravvissuto» e qui a Ron
scappò una risatina «ma se è Draco che
farà comunella con lui non sarò certo obbligato a
seguire il suo esempio.
Purché non lo inviti alle serate in sala
comune…»
«Quindi?»
sollecitò Hermione picchettando un dito sulla pagina,
proprio sotto uno degli
ingredienti che Neville non aveva mai sentito nominare –
cos’era mai la Rosa
Chinensis? E lui che si vantava (tra sé e sé,
chiaramente non in giro) di
essere bravo in Erbologia.
«Quindi»
ripeté il moro fissandola di sottecchi, aspettando forse
qualche secondo di
troppo «io dico… Per Salasar sì. Io ci
sto!» l’aplomb del ragazzo sembrò
svanire per un momento in confronto alla possibilità di
mettere a tacere per
sempre le due piattole, attaccate l’una all’altra
come patelle bisbetiche.
«Quali
sono gli ingredienti?» domandò allora Pansy, che
non vedeva l’ora di iniziare e
porre fine a tutto.
«Qui
dice
che sono necessari, nell’ordine, mezzo litro di acqua piovana
lasciata macerare
con tre foglie di Mandragora e sei spruzzate di polline di Clochidea
selvatica
per una mezza giornata. E questo è semplice»
iniziò ad elencare la mora
Grifondoro, facendo scorrere gli occhi sulla pagina.
«Me ne
posso occupare io» si offrì Blaise togliendosi
distrattamente della polvere
invisibile dal maglione «è relativamente semplice
e ieri notte ha piovuto. Sono
certo che Piton ha raccolto acqua sufficiente per tutti i sette anni.
Non credo
che si accorgerà se ne manca un quarto di
calderone».
«Perfetto»
concordò Pansy «e poi se ti dovesse vedere non si
insospettirebbe. Puoi sempre
dirgli che ti serve per preparare una delle tue creme da
notte».
«Veramente
per le creme non sono necessar-» tentò di dire
prima che l’amica si sporgesse
da sopra la spalla della Granger e continuasse a scorrere la lista di
ingredienti, interrompendolo. Blaise scosse la spalle con
condiscendenza e
tornò a curare la propria bellezza.
«Ah,
questo
è facile. Dice di farla bollire a fuoco basso per una notte
di luna nuova –
guarda caso è domani – mescolando tre volte in
senso orario e quattro in
antiorario ogni mezz’ora. Dalle ventitré fino alle
quattro della mattina
successiva» tornò a sedersi soddisfatta
«questo lo faccio io. Così poi sarò
troppo stanca per la lezione della Cooman».
«Pan,
non
puoi saltare così tutte le sue ore»
cercò di farla ragionare Blaise,
inascoltato peraltro.
«Allora
è
deciso» asserì Hermione, che alla prospettiva di
sabotare le lezioni della
falsa profetessa mandava all’aria ogni proposito di
studentessa modello «alla
fine della notte, subito dopo l’ultima mescolata, devi
aggiungere sedici punte
di coda di camaleonte albino e alzare il fuoco. Lasciar bollire per tre
ore e
poi travasare in una ampolla, precedentemente congelata per sette ore
sotto le
radici di una Giunchiglia Siberiana di tre secoli».
«E dove
la
troviamo?» Pansy rilesse il nome senza che alcuna sua
conoscenza venisse in
aiuto.
«Sono
certa di aver visto degli esemplari nella serra numero
quattro» affermò decisa
Hermione, passando oltre «a questo punto va lasciata riposare
per un giorno
intero e poi rotta l’ampolla, ridotta in polvere e aggiunta
al composto. A
questo punto la pozione deve aver assunto un colore blu scuro e deve
essere
dura ma malleabile come argilla morbida».
«A me
sembra un controsenso…» sentirono borbottare
Neville. O meglio. Neville lo
mormorò, ignorato dai più e osservato con
nonchalance da Blaise.
«Successivamente
il composto deve essere fatto riposare in un luogo umido per mezza
giornata
avvolto in foglie di fico siberiano e infine immerso
in un decotto di Belladonna e Camiglia
durante l’ebollizione, attendere quarantasei secondi e poi
aggiungere otto
fiori di Rosa Chinensis in polvere. Mescolare in senso orario per un
minuto e
lasciar sobbollire per due ore» Hermione fece una pausa
«direi che questo posso
farlo io. Dopodiché la pozione va filtrata e lasciata
riposare fino a quando il
composto non prende un colore chiaro. Giallo o arancio».
«Quanto
impiegheremo in tutto a preparala?» domando Blaise segnandosi
il procedimento
su un blocchetto.
«Occhio
e
croce direi una settimana» Pansy occhieggiò alla
pagina «se non ci saranno
problemi con gli ingredienti, si intende».
«Pansy
ha
ragione» Hermione si morse un labbro nel leggere
l’ultima parte della
preparazione «sono richiesti venti grammi di DNA delle
persone interessate per
la pozione, fusi e filtrati in un colino di coda di unicorno, vanno
aggiunti
alla pozione un’ora prima della somministrazione con polvere
d’oro, alito di
mangusta acquatica e spine di margherita carnivora»
aggrottò le sopracciglia,
riflettendo «credo che questi ultimi si troveranno nella
dispensa privata del
professor Piton».
«E come
farai a prenderli?» domandò Blaise sorridendo
sornione «Vuoi che ci pensiamo
noi?»
«No,
non è
necessario» lo informò distrattamente lei
«non sarebbe la prima volta, comunque».
«Ma
guarda»
ridacchiò il moro, sogghignando sotto i baffi «ed
ecco che gli altarini dei
buoni e puri Grifondoro vengono allo scoperto».
Passarono
alcuni minuti in cui la ragazza trascrisse l’intero
procedimento su un pezzo di
pergamena.
«E per
il
DNA?»
«A
Draco
ci penso io» asserì Blaise convinto «a
costo di strappargli tutti i capelli».
«Basterà
intasare il gabinetto» alzò le spalle Pansy
«oppure spiarlo mentre si tira una
sega e attirare con la magia quello che esce».
«Io mi
rifiuto» si tirò subito indietro Zabini
«non ci penso neanche».
«Allora
faremo un bell’incantesimo per la calvizie»
borbottò lei.
«Basterà
dirgli che i suoi capelli sono troppo lunghi e vedrai che mi
chiederà di
tagliarglieli. Oppure possiamo chiedere a Pierre di tenere i ciuffi che
gli
toglie».
«Chi
è Pierre?»
domandò Hermione.
«Il suo
parrucchiere» risposero in coro le due Serpi.
La ragazza
annuì comprensiva e tornò a scrivere
«Ron» alla
fine si rivolse a lui con efficienza «tu dovrai occuparti di
recuperare un
barattolo di DNA di Harry. Deve essere pieno, mi raccomando»
si prese un attimo
per leggere a piè pagina di cosa esattamente avrebbe dovuto
occuparsi «vanno
bene capelli, pelle, saliva, urina, feci o sperma. Tu vedi un
po’ quello che
riesci a trovare».
Il rosso
impiegò più di qualche secondo ad elaborare
quanto gli era stato detto. Poi
rischiò di strozzarsi per aver tentato di lanciare un grido
terrorizzato e
molto, molto scioccato nel momento esatto in cui riuscì a
deglutire.
«COSA!?»
«Cielo,
Ron. Quanto fai il difficile».
«Diff-
Io
faccio il diff-» il rosso faceva fatica a respirare
«difficile?»
«Sì,
Weasley» confermò la mora con sufficienza
«il difficile. In fondo che ti ha
chiesto? Solo di raccogliere un po’ di materiale genetico
dello Sfregiato».
«Pansy
ha
ragione» confermò la riccia fissandolo da sotto le
ciglia «mica ti ho detto di
andarci a letto».
Zabini
cercò di ignorare il tonfo alla sua destra per non vedere il
colorito verde
assunto dalla pelle del rosso – due tonalità orripilanti se accostate e ancora peggio
se nella stessa persona.
«Merlino,
Ron, come sei impressionabile».
Impressionabile
o no, al rosso servirono intere manciate di minuti per riprendersi
– se non del
tutto almeno in parte. Minuti che Hermione avrebbe preferito si
allungassero a
dismisura perché, non appena il sesto figlio di casa Weasley
tornò a sedersi
composto, iniziò a strepitare contro quella che ormai era
diventata la missione
di quell’anno.
«È… è
contro ogni morale, contro ogni regola!» Ron chiuse
l’improvvisata filippica –
che per motivi di noia non riporterò nella versione
integrale – con un verso
stridulo, incoraggiato con lo sguardo da Neville «Non puoi
fare un maleficio ad
Harry! È Harry, Hermione».
«Non
è un
maleficio» puntualizzò lei offesa
«è un sorso di salutare e assolutamente
innocua goccia di una totalmente sicura pozione. Lo facciamo per il
bene comune».
«Per la
salvezza dei miei capelli» aggiunse Blaise torcendosi con un
dito uno dei serici
boccoli scuri, lucenti «sono opachi poveri cari. Ho troppe
preoccupazioni per
colpa di Draco».
«È per un
bene superiore» ribadì Pansy convinta.
Ron
guardò
Neville allucinato, aspettandosi chissà quale uscita da lui
– a quel punto si
sarebbe aspettato di tutto. Ma il ragazzo scosse tristemente la testa e
la
incassò nelle spalle, come desiderasse scomparire nella
sedia.
Il rosso
sospirò rassegnato e tornò a fronteggiare la
furia di una febbrile Hermione,
che a quanto pareva non desiderava altro che maledire il suo migliore
amico di
sempre.
«Io non
ci
sto Herm» sussurrò – perché
non riusciva a trovare abbastanza fiato per poterlo
semplicemente dire «non
Harry».
«Ron!»
sbuffò lei contrariata, battendo – con una certa
moderazione nonostante il tono
usato – i palmi sul tavolo «Non essere
testardo!»
«È per il
loro bene» rincarò la dose Pansy.
«E da
quando a voi Serpi interessa il bene di qualcuno?» le chiese
scettico.
«Da
quando
ne va del nostro di benessere, mi pare chiaro»
esalò Zabini come fosse esausto.
«No»
ripeté Ron, ben deciso a preservare la salute
dell’amico – si è migliori amici
proprio per motivi come questo, per la miseriaccia!
«Weasley!»
«Ronald».
«Hermione»
ribatté lui. Lo conosceva quel gioco.
«Ron».
«Herm».
«Potter!!!»
Ronald
aggrottò le sopracciglia confuso. E quello che centrava?
Non fece
in tempo a chiederselo interamente – o a girarsi per trovare
l’origine di
quella voce infuriata – che un’esplosione lo
costrinse, imitato dai presenti, a
gettarsi a terra per non rimanere coinvolto o prendere un libro volante
– che
sbatteva le pagine nel disperato tentativo di fuggire lontano da quello
che era
stato il suo letto prima che si trasformasse in un ammasso di ceneri
traballanti. Molti altri volumi si appollaiarono sulle travi del
soffitto,
frusciando offesi dal disturbo.
Tossendo,
quando la situazione parve essersi calmata. Blaise alzò la
testa alla ricerca
di uno specchio con estrema urgenza: se tutta quella polvere gli aveva
imbiancato i capelli, qualcuno l’avrebbe pagata. Ancora non
sapeva chi, ma
qualcuno avrebbe ricevuto la sua ira tra la seconda e la terza vertebra.
Poi,
mentre Hermione toglieva di mezzo la sua voluminosa capigliatura, la
scena di
fronte a lui diventò chiara e visibile, rendendogli evidente
chi fosse il
responsabile – i responsabili. Nella fattispecie, Draco
Malfoy e Harry Potter,
sbucarono doloranti dal mucchio più disastrato di macerie
della Biblioteca,
capelli arruffati, arti doloranti e bacchette in pugno.
Alla sua
destra – o almeno, a quella che pensava essere la sua
sinistra, c’era troppa
confusione – Blaise sentì Pansy ringhiare. E la
Granger sibilare – che
piacevole cambio di prospettiva.
Ron,
d’altro canto, si guardò attorno spaesato, un
graffio pulsante sulla tempia.
Aveva capito che qualcosa di terribile era successo, ma non era ancora
riuscito
a rendersi pienamente conto di quanto fosse grave la portata. Meno male
che
c’era Hermione a colmargli le lacune esistenziali che non
riusciva a sistemare
da solo.
«Allora»
il tono di Hermione somigliava pericolosamente a quello di mamma
Weasley quando
Fred e George verniciavano Errol con la magia, oppure quando Ginny
faceva
entrare animali trasformisti – che puzzavano di mago da tutti
i pori – nella
sua camera per prendersi cura di loro, a
detta sua. O il tipico tono da Hermione quando mostrava
qualcosa di
straordinariamente semplice (per lei) a qualcuno di straordinariamente
stupido
(come lui) «ancora del parere che sia un’azione
contro ogni morale?»
Ron deglutì e passò uno
sguardo sconfortato sullo scempio che nel frattempo si era creato sotto
i suoi
occhi. Due scaffali erano stati rovesciati e molti dei libri erano
finiti
chissà come fuori dalla finestra – anche se forse
in questo caso non ci sarebbe
stato molto spazio per lo stupore. Madama Pince fumava dalle orecchie
–
letteralmente. E di un vapore stranamente violaceo che stonava con il
maglioncino verde acido indossato quel giorno – e la
Professoressa McGranitt
fulminava chiunque intralciasse il suo cammino e quello dei due
colpevoli.
Ron studiò il profilo
ammaccato del moro, gli occhiali incrinati, un livido sullo zigomo, i
capelli
bruciacchiati e gli abiti a brandelli. E una gamba zoppicante.
«Scusa amico, ma lo faccio
per il tuo bene» mormorò affranto prima di fare un
cenno significativo alla
ragazza, mettendo fine all’attesa.
…
Non sono sicura se sia il
caso di commentare o no.
[Minuto
di profonda riflessione in cui risponde a un
sms, mangia un pacchetto di fonzie e ma finta di ascoltare i borbottii
della
nonna]
Credo che non
commenterò
e lascerò interamente la parola a voi recensori e lettori.
(che stronza che sono!)
Beh, direi che il
capitolo si commenta da sé, o no? – interrogativi
della vita -.
Spero vi siate goduti la
lettura e tante grazie!!
Un
bacio
NLH
|
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Capitolo 4 *** Quando ci si rende conto di quanto sia effettivamente possibile compatire il povero, piccolo zio Sev ***
Reverse.
[Quando
ci si rende conto di quanto sia effettivamente possibile compatire il
povero,
piccolo zio Sev]
«Solo
una domanda» Neville, che quasi non era stato interpellato e
che si era ben
guardato dal mostrarlo per paura di Hermione – le doveva la
vita, ma era in
grado di terrorizzarlo più di tutti i Serpeverde messi
assieme, quando le
prendevano quei cinque minuti «ma se Harry o Malfoy lo
scoprono? Non saranno
contenti».
«E perché
dovrebbero scoprirlo?» Hermione era intenta ad immergere la
poltiglia color
notte nel calderone e stava contando i secondi necessari prima di
avvolgerlo in
alcune foglie di fico dal sospetto colore azzurrino.
«Perché prima o
poi questa faccenda verrà fuori» cercò
di essere ragionevole il ragazzo,
gesticolando più di quanto non avrebbe voluto.
«Non se nessuno
di noi parlerà» replicò con
ovvietà la ragazza «e nessuno di noi
parlerà».
Evidentemente
Neville impiegò qualche secondo di troppo nel scegliere una
risposta, perché
Hermione si voltò finalmente a guardarlo,
l’espressione decisa.
«Non avrai in
mente qualcosa di strano, vero?»
«Non… io» tentò
il ragazzo, preso in contropiede.
«Non sarebbe da
te Neville. A cosa stai pensando?» insistette Hermione
alzandosi in piedi e
cercando di sovrastarlo per far valere la propria presenza. E se in
altezza non
era più in grado di farlo, in quanto al resto ci riusciva
ancora benissimo.
«No, io… non ho
in mente niente!» fece Neville agitato «Dico solo
che è sbagliato!»
«Non diciamo
sciocchezze!» sbuffò lei nel tornare alla pozione
«E poi mi eri sembrato
d’accorto all’inizio».
«Ma veramente…»
tentò ancora, inascoltato.
«Ora stammi a
sentire, Neville» le ragazza tornò a voltarsi
verso di lui, l’indice spianato
nella sua direzione e una luce febbrile negli occhi – che lo
aveva spaventato
ancora più del tono determinato «io sono stanca,
mi hai capito? Stufa di esser
costretta a sopportare quelle due piattole! Quasi due…
furetti rimbalzanti» si
stava sinceramente sforzando di descriverli senza usare termini
altamente
offensivi, bisognava rendergliene merito «svegliarmi ogni
mattina non con
l’angoscia del loro primo incontro a colazione, farmi venire
il fegato acido
per i loro siparietti a lezione e gli incontro di boxe nei corridoi!
Per non
parlare delle continue filippiche che Harry mi fa su Malfoy:
“E il mal furetto
di qua, Malfoy di là” e tutti i suoi
“Sospetto che Malfoy sta tramando
qualcosa” quando la Serpe non mangia il solito piatto a
cena!»
Adesso Neville
aveva il serio terrore di interromperla.
«Con questa
innocua pozioncina saremo sistemati a vita» si
apprestò a concludere, il fiato
corto e un’evidente soddisfazione in volto «niente
più risse, niente più punti
tolti a causa loro e, soprattutto, niente più
problemi!»
«Ma Herm-»
«Niente ma!» lo
interruppe nuovamente, seccata «e non provare ad andare a
spiattellare
alcunché, ci siamo capiti?»
L’occhiata che
gli rivolse gli fece tornare in mente l’incantesimo della
pastoia che si era
beccato al primo anno. I foruncoli permanenti su Marietta Edgecombe al
quinto,
per non parlare della storia con la camera dei segreti in cui era stata
coinvolta al secondo, con Black al terzo. La guerra, tutta quella
faccenda
degli Horcrux e via a seguire con una lista di malefatte e imprese
più o meno
legali..
«Non dirò nulla»
mormorò ormai rassegnato, ma improvvisamente fermo sulla sua
decisione «ma non
parteciperò neanche più».
«Come hai
detto?» si sincerò la ragazza, che si era persa le
ultime parole per via del
tono basso in cui erano state pronunciate.
«Ho detto che
non ci sto» ripeté un po’ più
deciso, stringendo i pugni «se volete farlo,
fatelo senza di me!»
«Va bene» si
limitò a commentare Hermione, tornando alla pozione.
«Dico sul serio,
non dovremmo farlo» insistette Neville, sentendosi patetico
anche da solo «ci
sono in ballo troppi fattori. Insomma… stiamo parlando di
una pozione del
Reparto Proibito, mica di un decotto energizzante!»
«Quanto la fai
lunga. Hai detto che non ci stai e allora non starci, ma smettila di
impicciarti!»
«Non esiste un
unico sentimento, ce ne sono a centinaia, con migliaia di sfumature!
Cosa
faremo se la pozione andasse ad intaccare un’emozione
sbagliata?»
«Questo non
potrà mai succedere» replicò la mora
convinta «la pozione sta venendo pressoché
perfetta».
«Si tratta di
Harry, Hermione, e anche di Malfoy» tentò
un’ultima volta Neville implorante
«non sapremo come potrebbe andare a finire. Sono troppe poche
le informazioni
in nostro possesso».
«Infatti anche
io vorrei saperne di più» una nuova voce si
aggiunse alla conversazione –
fredda, sintetica e tutt’altro che benvenuta.
Severus Piton,
completo di mantello da vampiro e capelli mossi lungo le guance, li
scrutava arcigno
da sotto le sopracciglia aggrottate.
***
«Fatemi capire
bene» il tono gelido e il lampo negli occhi del Professore di
Pozioni fece
tremare Hermione – per non parlare di Neville,
improvvisamente nascosto dietro
le spalle di Zabini, spuntato da chissà dove mentre la scena
era in pieno
svolgimento. Il Serpeverde alternò un paio di occhiate tra
il Capocasa e il
Grifondoro tremante – aggrappato all’orlo del suo
maglione come ad un’ancora di
salvezza – decidendo che rimanere a seguire il corso degli
eventi non sarebbe
stato deleterio.
«Voi state
preparando la Pozione di Scambio alla luce del giorno, senza la dovuta
autorizzazione, trafugando dalla mia dispensa personale per poi
somministrarla
– illegalmente – al Signor Malfoy e al Signor
Potter?»
Cos’avrebbero
dovuto rispondere? No professore, era tutto uno scherzo?
«Esatto
professore» rispose Hermione, senza sapere dove fosse andato
a finire il suo
solitamente più che pronto cervello – giungendo
alla conclusione fosse finito a
fare compagnia al buonsenso di Harry.
«Capisco»
commentò socchiudendo gli occhi e portentosi pollice e
indice della mano destra
alla radice del naso, inspirando profondamente
«capisco…»
Neville, che
invece ci stava capendo poco o niente, si spalmò contro la
schiena di uno
Zabini sempre meno preoccupato – e quando mai – e
divertito ogni secondo che
passava in quella stanza.
«Ancora una cosa
signorina Granger, prima che inizi a pensare seriamente a come
comportarmi con
lei e…» lanciò un’occhiata a
Paciock tremante, seminascosto dietro ad un
solitamente strafottente Zabini e immaginando che la lista di
sospettati
dovesse essere allargata anche ad un certo rosso Grifondoro e un'altra
piuttosto scontata mora Serpeverde. Ammirevole come avessero iniziato a
coesistere.
Hermione deglutì
a fatica.
«A che punto
della preparazione siete?»
Hermione Granger
si sarebbe aspettata molte parole – intere frasi e discorsi
che si era vista
passare in mente e per cui aveva già elaborato una possibile
risposta (compresa
quella riguardante le minacce di morte) – ma mai
avrebbe immaginato che
la prima domanda che il professore gli avrebbe posto sarebbe stata
quella.
In
un momento di
confusione si chiese se il fatto che fosse proprio un professore di
Pozioni
centrasse con l’interrogativo inaspettato.
«Sto per lasciar
riposare il composto in foglie di fico siberiano»
iniziò a spiegare la ragazza,
la voce vagamente tremante, dopo essersi resa conto che Neville non
avrebbe
aperto bocca e Zabini non avrebbe fatto altro se non stare a guardare
la scena
con un sorriso stampato sulle labbra.
«Anche quelle
trafugate dalla mia dispensa, immagino» s’intromise
il Professore a denti
stretti.
«Veramente le
abbiamo comprate» si affrettò a spiegare la
ragazza «le sue sono state trattate
con polvere di caprifoglio è non sarebbero state
adatte».
«Ma guarda…»
sibilò Piton, la voce troppo bassa perché
potessero sentirlo «ringraziamo
Merlino allora, per questo mio lampo di genio».
«Più tardi
inizierò a preparare il decotto di Belladonna e Camiglia in
cui immergere il
composto» concluse Hermione, lo sguardo basso.
«Dove ha
lasciato a riposare il composto?»
s’informò impassibile.
«Sotto una
Giunchiglia Siberiana».
«Di tre secoli?»
«Purtroppo non è
stato possibile, la professoressa Sprite possiede solo un esemplare di
quattro
secoli, ci siamo dovuti adeguare».
«Immagino
abbiate calcolato le tempistiche di congelamento» suppose
l’uomo.
«Non
esattamente» precisò Hermione «ma ho
immerso la pianta in un estratto di
giratempo concentrata» annuì orgogliosa
«solo tredici secondi».
«Capisco…» ripeté
Piton.
Il silenzio
tornò a scendere nella camera sotterranea prima che il
professore sospirasse e
sfoggiasse il sorrisetto di superiorità che tanto amava
mostrare durante le
lezioni dei primo anno di Tassorosso, con conseguanti svenimenti e
crisi di
panico a seguire.
«Allora,
vediamo…» fece sadico «sono dieci punti
per uso improprio di una pozione, per
non parlare d’illegalità. Altri dieci per aver
trafugato nella mia dispensa,
quindici per le sue risposte irriverenti e facciamo altri cinque
perché mi sta
antipatica».
Hermione non
poteva credere alle proprie orecchie mentre, qualche passo dietro di
lei,
Blaise stava facendo seriamente fatica a non scoppiare in una risata
satanica.
«Infine» si
apprestò a concludere «immagino che a coinvolgere
i qui presenti signori Zabini
e Paciock – per non parlare degli assenti ma certamente
affiliati Weasley (che
è sempre in mezzo, anche quando non serve a niente) e la
signorina Parkinson,
sia stata lei. Esattamente come è stata lei a prendere il
libro in cui è contenuta
la ricetta di questa pozione dal reparto proibito. Così come
è stata lei ad
ideare il piano per mettere in atto e farla assumere ai signori Malfoy
e
Potter» Piton la guardò come in attesa di una
risposta, poi voltò i tacchi,
soddisfatto dell’espressione terrorizzata comparsa sul volto
della giovane. Era
un’autentica goduria.
Il
professore
attese di essere sulla porta, pronto a varcarla per tornare nelle
proprie
stanze, prima di riprendere la parola.
«Sono quaranta
punti in più a Grifondoro, signorina Granger. E ora, se
volete scusarmi, vado a
terminare la pozione per il mal di testa».
***
«Ti prego Hermione, dimmi che sto
sognando».
«Stai sognando» ribatté lei,
serafica.
«Hermione!»
«Cosa?»
«Non può essere vero, deve
essere un sogno!»
«E io cosa ti ho detto?»
«Ma hai usato un tono sarcastico,
mentre avresti dovuto dire-»
«Adesso piantala Ronald,
altrimenti ti ci mando a forza nel mondo dei sogni!»
scattò la ragazza
esasperata, i capelli scarmigliati per via della pozione in ebollizione
su cui
li aveva tenuti negli ultimi quaranta minuti, il sonno residuo e il
profondo
desiderio di compiere un omicidio e occultarne ogni prova.
«Ma tu hai detto-» tentò ancora
Ron, piagnucolante.
«So perfettamente cosa ho detto,
non serve che tu lo ripeta perché ti entri nella testa.
Cerca di farlo in
silenzio!»
«Ma Piton-»
«Argh!» gemette Hermione,
trapassandolo con gli occhi e impugnando la bacchetta, con intenti
omicidi
parecchio evidenti.
«Scusa» mormorò Ron.
Hermione scosse il capo, decisa a
togliersi dalla mente quei minuti scioccanti.
Possibile che Piton fosse favorevole
alla loro iniziativa?
In
quel momento Harry entrò nella
Sala Comune sbattendo il mantello a terra e buttandosi sulla prima
poltrona
libera a disposizione, il tutto con furia.
«Lo sapete cosa ha appena fatto
Malfoy?»
La
ragazza si premette le dita
alle tempie, desiderando esistesse un pulsante per spegnerlo.
In
effetti Harry – e Malfoy –
sapeva essere estremamente pesante.
…
Giuro
che quando arrivo qui e devo scrivere un commento… la mente
diventa completamente
bianca.
Ovviamente,
non è che sia costretta a scrivere, ma
mi dispiace lasciare questo
spazio vuoto. Mi sembra incompleto…
Lo
so, lo so, mi faccio un casino di fisime mentali – ma, ehi,
non
prendetevela, se non me le facessi a quest’ora non avrei mai
scritto questa
fic, né quelle precedenti.
Gioite.
Okay,
direi che posso smettere e ringraziare chi a letto, recensito e non si
è
gettato dalla finestra a causa mia. Tanti saluti e alla prossima!
Un bacio
NLH
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Capitolo 5 *** Quando – finalmente – tutto sembra andare per il meglio ***
Reverse.
[Quando
– finalmente – tutto sembra andare per il meglio]
Era
una mattina
come centinaia di migliaia di altre, nella scuola di magia e
stregoneria di
Hogwarts.
Gli
studenti –
quelli già svegli, non quelli che ancora contribuivano alla
cacofonia di
russate nei dormitori – stavano scendendo in stato
più o meno comatoso diretti
in Sala Grande. I professori controllavano che nei corridoi nessuno si
fosse
addormentato nuovamente, magari poggiato ad una colonna – e
tenevano
sott’occhio le risse che puntualmente nascevano quando un
assonnato Grifondoro dal
sangue caldo finiva per sfiorare la spalla di un Serpeverde dalla
pressione
bassa.
Una
mattina di
una giornata qualunque, non fosse stato per il fatto che –
per tre certi
Grifoni e due particolari Serpi – non rimanessero quasi
più nella pelle per
vedere se la pozione, che avevano somministrato nei piatti di porridge
a cena
dei rispettivi amici, avesse dato gli effetti sperati.
Erano quasi
quaranta minuti che Hermione passeggiava avanti e indietro per il
corridoio
adiacente alla Sala Grande e ancora nessuna traccia di Ron o Zabini.
«Sei sicura che
l’abbiano bevuta?» novità della giornata
era la presenza di Pansy alle sue
spalle, che aspettava in ansia esattamente come lei.
«Harry l’ha
presa tutta» ripeté per l’ennesima volta
la Grifondoro.
«Esattamente
come Draco» annuì la Serpeverde «ma
perché ci mettono tanto?»
«Sai come sono
fatti i maschi… ci impiegano secoli a svegliarsi. Ho mandato
apposta Ron a
prendere Harry».
«Questo però
vale solo per Potter!» replicò stizzita Pansy
«Draco si alza sempre presto!
Piuttosto è Blaise che se ne sta a dormire fino a quando non
siamo costretti a
sbatterlo giù dal letto».
«Non lo facevo
un tipo pigro» aggrottò le sopracciglia la riccia,
distogliendo gli occhi dalla
scalinata e puntandoli su Pansy, interrogativa.
«Oh, ma non lo
fa per quello…» la mora fece una smorfia
«dice che se non dorme almeno sei ore
per notte gli si rovina la pelle».
«Oh…» Hermione
non fece in tempo ad aggiungere altro che un certo biondo
varcò la soglia che
conduceva dai sotterranei al corridoio principale,
l’espressione impassibile e
gli occhi socchiusi.
«Ecco Draco!»
sussurrò Pansy indicandolo «Dove diavolo
è finito Potter! Sarebbe dovuto essere
già qui».
«Dove è finito
Ronald piuttosto!» sibilò Hermione nel tenere
d’occhio la situazione «L’ho
mandato apposta a svegliarlo».
«Buongiorno
signore» Blaise si era appena materializzato alle loro
spalle, un sorriso benevolo
ad illuminargli il volto rilassato «possiamo dare inizio allo
show?»
«Potter non è
ancor arrivato» si affrettò a comunicargli la
compagna di casa, gli occhi fissi
su Draco in caso fosse stato necessario bloccarlo nel mezzo del
corridoio per
impedirgli di proseguire e mandare in fumo il loro piano.
«Ma insomma…»
Blaise scosse la testa «Potter deve fare una cosa sola,
perché fa tanto il
difficile?»
Hermione gli
lanciò un’occhiata obliqua prima di tornare alle
scale. In quel momento Neville
scese l’ultimo gradino osservando, come suo solito, timoroso
tutto intorno,
pronto a scansarsi in caso di possibile contatto ravvicinato con una
Serpe
appena sveglia.
Proprio in quel
momento intercettò gli occhi di Hermione, che lo fissavano
accusatori.
Sorprendentemente
Neville non abbassò i propri, sostenendo quelli castani
della compagna e
continuando ad avvicinarsi alla Sala Grande.
«Pare che non
abbia cambiato idea» anche Blaise si era accorto di lui
«devo dire che non lo
facevo tanto deciso»,
«Tu non l’hai
visto il giorno della battaglia qui ad Hogwarts, quando ha sfidato
Tu-sai-chi»
mormorò automaticamente Hermione.
«Invece c’ero»
rivelò il moro, con un sorriso triste.
Hermione lo
guardò – anche se solo per un momento –
con sorpresa. Aveva pensato se ne fosse
andato come molti altri Serpeverde. Tuttavia non fece in tempo ad
aggiungere
altro che, con una mezza imprecazione, Harry si fece vivo.
Si
era appena
scontrato – e da qui il primo mezzo insulto della giornata
– con una
studentessa di Tassorosso, mentre scendeva le scale. Si era aggiustato
gli
occhiali e aveva saltato due gradini pensando che così
avrebbe guadagnato due
secondi di colazione in più, visto il già
clamoroso ritardo.
Peccato non
avesse calcolato che il gradino, su cui aveva appena posato il piede,
fosse il
terzo da terra.
Ed
era
ovviamente risaputo che quel gradino va saltato perché si
diverte a scivolare
da sotto il piede di qualunque malcapitato avesse la sfortuna di
pestargli il
capo.
A
tutti,
evidentemente, a parte un certo studente sonnolento della torre
Grifondoro.
Con
un volo
spettacolare, il ragazzo perse l’equilibrio e urtò
con violenza la prima
persona che si era trovata a passare proprio davanti a lui, ai piedi
della
scalinata.
Il
silenzio
scese pesante e chiunque – in quel corridoio, compreso il
Professor Vitious,
che si era trovato a passare per caso – si bloccò
nel mezzo di un passo o di
uno sbadiglio.
A
pochi passi di
distanza, dove erano stati scaraventato nel momento in cui Potter aveva
inciampato e travolto Malfoy, i due si guardavano, riconoscendosi.
Vitious pregò
tutti gli dei disponibili di fare sì che la Professoressa
McGranitt – o anche
Piton, per quanto gli riguardava – si trovasse a passare
lì per sbaglio.
Purtroppo per
lui nessuno dei due arrivò in suo soccorso e fu costretto ad
assistere alla
scena dei due ragazzi che si sbilanciavano e cadevano a terra in un
groviglio
di gambe e braccia, con un tonfo sordo e delle imprecazioni di dolore
– non
troppo colorite, fortunatamente.
«Ehi!»
Harry fu il
primo a reagire, mentre ancora il biondo era ad occhi spalancati e
increduli. Si
districò dal groviglio tirandosi a sedere, massaggiandosi la
nuca e ritraendosi
da sotto il corpo contro cui era finito, permettendo la nuova
circolazione del
sangue.
Draco ci mise
solo un attimo di più, ma non appena sentì le
gambe venire liberate dalla
stretta di alzò sui gomiti per controllare di non essersi
rotto nulla. Dopo un
veloce check-up decise che in fondo gli era andata anche bene, vestiti
spiegazzati a parte, e indirizzò tutta la sua irritazione
sul ragazzo colpevole
di tanto sfacelo.
Riconobbe subito
quella massa d’indisciplinati capelli neri e occhiali storti.
Sospirò
rassegnato.
«Potter» disse
soltanto nell’aggiustarsi il nodo della cravatta –
apparentemente incurante del
fatto che fossero ancora a terra.
Harry si
aggiustò gli occhiali sul naso – constatando che,
per una qualche colpo di
fortuna, non si erano rotti o incrinati nell’impatto
– e notando di aver
travolto un certo biondino nella sua goffaggine.
«Oh, Malfoy, mi
dispiace, non ti avevo visto» si affrettò a
scusarsi Harry, alzandosi in piedi
e sfregando il palmo della mano sul maglione prima di allungarla verso
il
nemico di sempre.
«Questo lo avevo
notato anche io, grazie» borbottò Draco in
risposta, accettando l’aiuto del
Grifondoro. Una volta in piedi gli fece un cenno del capo e si
voltò per
continuare a camminare verso la Sala Grande.
«Fai maggiore
attenzione a dove metti i piedi la prossima volta, Potter. Non vorrai
incappare
in Severus, vero?»
«Non ci tengo
molto in effetti, Malfoy, ti ringrazio» rise Harry finendo di
sistemarsi gli
abiti spiegazzati e, raccogliendo la borsa, seguì il
Serpeverde con tutta
l’intenzione di sedersi a tavola, brindare con un bicchiere
di succo di zucca e
augurarsi una buona giornata.
Lasciandosi alle
spalle un silenzio attonito e un incantesimo Pastoia Total
Body
inconsapevolmente lanciato con due parole insolite e molte altre
nemmeno
pensate.
***
Due
ore di
Pozioni e ancora nessun calderone era scoppiato (per puro miracolo,
visto che
quasi nessuno stava prestando attenzione agli infusi ribollenti
– Piton per
primo). Nessun decotto aveva assunto il caratteristico colore rosa
antico delle
pozioni rigeneranti.
Nessuna, tranne
quelle di Harry Potter e Draco Malfoy.
I
due ragazzi
lavoravano chini sui rispettivi calderoni, seguendo le istruzioni del
libro e
della lavagna – che Piton si era dimenticato
di cancellare. Draco stava
borbottando qualcosa mentre mescolava in senso orario il suo decotto
mentre
Harry aggiungeva dei pezzi grandi al fuoco, per farlo bollire
più lentamente.
Da
quando era
iniziata quella lezione – un’ora e quarantasette
minuti prima – i due ragazzi
non solo si erano ignorati – arrivando persino a non reagire
quando, per
sbadataggine, Harry aveva fatto cadere un barattolo accanto ai piedi di
Malfoy
– ma Malfoy si era persino astenuto dal commentare o dire
alcunché quando Harry
era riuscito a schizzarsi la camicia con il pus di Butubero.
Si
ignoravano,
semplicemente, se non per quelle occasioni in cui rivolgersi la parola
non era
strettamente necessario. Come chinare il capo in segno di saluto se si
incrociavano per i corridoi.
Non
erano
diventati amici.
E,
di questo,
Ron gioiva come non avrebbe mai creduto di poter fare.
Esattamente come
Zabini, che veleggiava da un lido spensierato ad un altro, mescendo la
pozione
con una mano e ravviandosi i capelli con l’altra, un sorriso
beato in volto.
Hermione
alternava occhiate soddisfatte a sguardi quasi increduli, tra Harry al
proprio
fianco, Malfoy dall’altra parte del tavolo di lavoro e un
Piton che seguiva il
suo esempio – e che sbatteva gli occhi a palla ogni qualvolta
incrociava lo
sguardo della sua studentessa più brillante (ovviamente non
lo avrebbe mai
ammesso).
Il
professore
faceva decisamente fatica a capacitarsi del fatto che il piano della
Signorina
Granger avesse avuto successo, e non poteva fare a meno di guardarla di
tanto
in tanto, chiedendosi come mai una mente come la sua non fosse stata
smistata a
Serpeverde.
Forse avrebbe
dovuto farle un bel trapianto di sangue per ovviare al piccolo problema
della
purezza.
Piton scosse la
testa esausto. Doveva essere stato proprio male per colpa di Draco e
Potter se
si trovava a pensare una cosa del genere.
Pansy, d’altro
canto, scuoteva la testa soddisfatta, mettendo in mostra un taglio
nuovo di
capelli – fatto giusto la sera prima da Pierre, per
festeggiare l’occasione –
alternando occhiate tra le ex piattole e un certo studente –
troppo preso a
fissare a bocca aperta i due ex contendenti per rendersi conto di
essere
oggetto di attenzione da parte della mora.
Ma,
in fondo,
difficilmente Seamus sarebbe riuscito a credere che quelle occhiate
penetranti
fossero in realtà sguardi di ammirazione.
In
ogni caso, in
quella stanza piena di fumi colorati – e maleodoranti,
considerato il fatto che
molte pozioni venivano lasciate a sé stesse – e
soffocanti calderoni che
ribollivano su fuochi accesi, era scesa finalmente una calma che non si
vedeva
dal piccolo intervallo di anni che aveva visto Potter Senior e
compagnia
andarsene e quello in cui Potter Junior e Malfoy Junior si erano
presentati in
Sala Grande.
Piton avrebbe
voluto sorridere soddisfatto, brindare con sé stesso in
compagnia di una tazza
di tisana al finocchio e dire ai suoi libri che era finalmente una
persona
felice, ma preferì aspettare che la torma di insett- ops,
voleva dire di
studenti, se ne andasse.
Mancavano ancora
dieci minuti alla fine della lezione. Non molto.
E
poi, anche se
per una volta si fosse trovato costretto a dare una sufficienza a
Potter,
avrebbe potuto facilmente rifarsi con tutti gli altri studenti
– e una cascata
di Troll non gliel’avrebbe tolta nessuno, considerato il
disastro che stavano
combinando.
«Il tempo è
scaduto» disse maligno, godendo nel vedere le espressioni
terrorizzate dei più
e – con un certo di dispiacere – il viso sollevato
di Potter «mettete un
campione delle vostre… pozioni» certo che doveva
avere un bel coraggio per
chiamare pozioni quegli avanzi di borsch annacquato «nelle
fiale davanti a voi e portatemele qui. Per la prossima lezione voglio
dieci
pollici di pergamena sugli errori che si possono commettere nella
preparazione
della pozione rigenerante e sulle possibili conseguenze».
Un
gemito
collettivo si levò dal silenzio, portando un minimo di
sollievo al suo mal di
testa.
Che,
per inciso,
stava migliorando proporzionalmente al periodo di tempo che passava
senza
litigi tra Potter e Draco.
Il
primo ad
avvicinarsi fu il biondo Serpeverde, che posò con sicurezza
un provetta davanti
a lui.
«Molto bene,
signor Malfoy» commentò Piton compiaciuto, nel
vedere il liquido perfettamente
composto nella boccetta che il ragazzo gli aveva depositato sulla
cattedra
«signor Potter» aggiunse poi a denti stretti, nel
notare quanto il preparato
del moro fosse simile a quello del suo pupillo.
Forse per quella
volta avrebbe anche potuto assegnargli un voto decente.
Forse.
Avrebbe deciso
in seguito.
«Solo un minuto»
li richiamò indietro mentre gli studenti se ne andavano
dall’aula, borbottando
scontenti dai risultati ottenuti – e seguente insufficienza
– continuando
comunque a osservare con la coda dell’occhio i due.
«Signor Malfoy,
signor Potter» il secondo nome lo sputò con voce
secca, ma Harry fece finta di
niente, tanto ci era abituato «mi duole informarvi che la
professoressa
McGranitt ha passato a me il colpito di punirvi per la bravata che
avete fatto
durante la lezione di divinazione» fece una pausa durante la
quale si chiese
perché mai si sarebbero dovuti punire degli studenti per
aver interrotto una
lezione tanto insulsa, ma non lo lasciò trapelare
– specie perché uno dei due
rispondeva al nome di Harry Potter.
In
ogni caso
Draco lo capì lo stesso e cercò di trattenere un
risolino, scoccando
un’occhiata a Potter.
Il
quale inarcò
un sopracciglio confuso, chiedendosi cosa mai ci potesse essere da
ridere
nell’attesa di essere puniti da Severus Piton –
salvo poi ricordarsi che era di
un Serpeverde che stava parlando.
Loro
avevano una
visione diversa del professore di Pozioni rispetto a quella dei poveri
Grifondoro.
«E per quanto mi
dispiaccia che anche lei sia coinvolto, signor Malfoy, vi comunico che
sconterete le tre ore di punizione in biblioteca, dove Madama Pince vi
troverà
un lavoro utile da fare» terminò secco, facendo un
gesto con la mano – che
poteva essere interpretato sia come un congedo che come un gestaccio,
Harry preferì
non indagare «sabato, dopo colazione. Puntuali».
***
«Harry, potresti
passarmi la salsa?» un primino – che il moro non
aveva mai visto – allungò una
mano nella sua direzione in attesa di ricevere quanto chiesto.
Harry lo
accontentò e rimase un attimo a guardare mentre il ragazzino
ridacchiava e si
vantava con gli amici di aver parlato al grande Harry Potter, con un
sopracciglio incurvato verso l’alto, gesto di estrema
perplessità.
Una
copia di
quello che aveva sfoggiato poche ore prima nei sotterranei.
«Cosa c’è
Harry?» Ron – alzando per un momento la testa dal
piatto fumante che aveva
davanti – lo guardava ugualmente perplesso
dall’altra parte del tavolo.
«Niente»
bofonchiò contrariato «solo non
capisco…»
«Cosa non
capisci?» s’intromise Hermione, emergendo da un
tomo di Trasfigurazione con la
forchetta in bocca e gli occhi vacui – evidentemente colta
nell’atto di lettura
di un passaggio particolarmente difficile e appassionante
«Hai qualche domanda
sulla lezione di Storia della Magia?» aggiunse riferendosi
alle due ore appena
trascorse in compagnia del Professor Ruf e di un insolito blitz
– doveva essere
una specie di lezione sperimentale – tra la rivolta dei
Goblin (che non
sembravano aver mai fatto altro in qualunque parte del mondo dalla
creazione fino
ad oggi) e l’invasione del Libano.
«Ma veramente…»
«Non crederò mai
che gli israeliani si siano forniti di Goblin per invadere il
Libano!» saltò su
Dean, convinto, agitando un pugno in aria e rischiando di decapitare
Ginny con la
forchetta «I Goblin in quel periodo si trovavano impegnati
nella rivolta
Irlandese! Lo ha detto la settimana scorsa».
«Ma per favore»
sorrise Lavanda accondiscendente «lo sanno tutti che gli
irlandesi sono solo
dei mangiapatate che non valgono una cacca di doxie. L’hanno
pure persa quella
rivolta, sono stati tutti idioti a pensare di riuscire a
spuntarla».
«Tu pensi che
sia scemo?» saltò su Seamus, sentendosi ferito nel
pieno del suo orgoglio
patriottico.
«Ovviamente»
scosse la testa Lavanda, chiudendo gli occhi con fare saputo
«perché, non lo
sapevi?»
«Che punizione
vi ha dato Piton?» chiese Hermione ad Harry, passando a
faccende più serie (?)
e rifiutandosi di ascoltare oltre.
«Considerato il
fatto che dovrai condividerla con Malfoy immagino non avrà
assegnato niente di
troppo raccapricciante» rise Seamus – con Lavanda
ridotta al silenzio grazie ad
uno specchio e una frase buttata innocentemente, sulla linea del:
“Ma quello è
un brufolo?”, decretando l’ovvia
superiorità della sua specie – servendosi del
terzo piato di gulasch (gli elfi domestici stavano sperimentando nuovi
piatti
quella settimana, il giorno prima erano state presentate delle escargot
che
avevano fatto scappare Ron a gambe levate e una mano alla bocca, di
modo da
riuscire a resistere fino all’arrivo ai bagni).
«Come dividere
gli organi di una rana» ricordò Dean,
rabbrividendo della sua sfortuna, due
anni prima.
«O travasare
cuori di drago» scosse la testa Colin, sbucato da
chissà dove per partecipare
alla conversazione.
«Allora?»
insistette la ragazza brusca, per nulla desiderosa di far degenerare la
conversazione su dettagli macabri mentre stava mangiando con tanto
gusto.
«Qualcosa in
biblioteca» rispose vago, facendo spallucce «non so
cosa. Ha detto solo che la
Pince ci troverà da fare».
«Mi sembra
strano» socchiuse gli occhi perplessa – un
po’ come tutti quella sera «di
solito Piton non lascia le punizione ad altri, o al caso. Specie se si
tratta
di te» fece una pausa che somigliò molto ad una
richiesta di scuse.
«L’ho pensato
anche io» borbottò dubbioso, prima di sfoggiare un
sorriso felice «per lo meno
non dovrò poi dannare per cercare di togliere fibre di cuore
di qualche povero
animale da sotto le unghie».
«Quello non
sarebbe mai successo se tu non ti fossi scordato di portare i
guanti» lo
rimproverò dolcemente la ragazza.
«Ma io mica sapevo
che cosa mi avrebbe fatto fare…»
ribatté con voce lamentosa, ripetendo una
scenetta che era la stessa da tre mesi a quella parte.
«Si trattava di
una punizione di Piton» lo fece ragionare Hermione,
pazientemente «possibile
che dopo tutti questi anni ancora tu non lo conosca?»
«Forse hai
ragione» pigolò.
Certo che aveva
ragione, ribatté la giovane nella propria testa. Lei era un
genio.
E fu
proprio in
quel momento – in piena della seconda fase di compiacimento
per sé stessa – che
un gruppetto Serpeverde si alzò dal tavolo e percorse il
corridoio centrale per
uscire dalla Sala.
In
testa c’era
Pansy, che la salutò con un sorriso – erano
diventate più o meno amiche, per
via della storia di Harry e Malfoy, e la cosa non dispiaceva proprio
per
niente: avevano scoperto che, dopo un pomeriggio passato assieme
immerse nella
preparazione della pozione, era piacevole parlare del più e
del meno, sdraiate
sul freddo pavimento del bagni di Mirtilla.
I
Serpeverde
potevano essere delle persone piacevoli, era questo
l’insegnamento che Hermione
stava traendo da quella situazione assurda.
Abbozzò un
sorriso nel vedere gli occhi neri di Pansy alzarsi al cielo dopo un
commento di
Zabini. Anche il moro si era rivelato più piacevole di
quanto non avesse mai
immaginato: dopo avergli parlato un paio di volte – tra un
travaso e l’altro –
si era resa conto che non era il ragazzo scostante e unicamente frivolo
che
pensava fosse. Certo, teneva molto al proprio aspetto ed era quasi sempre seguito da uno stuolo di
ragazzine adoranti, ma c’era molto più di questo
il lui.
Oltre ad uno
spiccato senso dell’umorismo e una punta di sadismo, tutta
Serpeverde.
Persa in quelle
considerazioni, tuttavia, si accorse troppo tardi del fatto che Malfoy,
poco
dietro Pansy, si era distratto a leggere una lettera –
arrivata con la posta
quella mattina – e non si rese conto di essersi avvicinato un
po’ troppo alla
tavolata Grifondoro e alla seduta di un grifone in particolare.
Istintivamente
si irrigidì sulla panca, temendo il peggio.
Fu
un attimo e
Malfoy prese dentro la sacca di Harry, malamente nascosta sotto il
tavolo, ma
abbastanza in vista da costituire un pericolo per i passanti distratti.
Come
al
rallentatore lo vide barcollare in avanti e fare qualche passo
frettoloso prima
di voltarsi e fulminare la sacca, partendo subito alla ricerca dal
possessore –
presumibilmente per crucizzarlo.
Tuttavia, non
appena i suoi occhi si posarono sulla chioma arruffata di Harry
– mai che si
prendesse la briga di darsi una sistemata o farsi un taglio decente
– l’espressione
inviperita venne sostituita da una vacua, indifferente.
Alzò un
sopracciglio e sospirò rassegnato –
presumibilmente al disordine del
proprietario di quella sacca fedifraga – e scrollò
le spalle disinteressato.
Blaise e Pansy
ghignarono, scambiandosi un’occhiata soddisfatta.
Osservando
Malfoy allontanarsi, Hermione non poté fare a meno di
gongolare per la
genialità del suo piano. Harry continuò a far
ruotare il cucchiaio nella
minestra, incurante del piccolo dettaglio che riguardava un certo
biondo.
Preoccupato e la
fonte aggrottata, tanto da far quasi scomparire la cicatrice.
«Hermione» la
chiamò a bassa voce, quasi pigolando.
«Cosa?» si
distrasse dalla sessione di autocompiacimento per tornare
all’amico di sempre.
«Dici che dovrei
portare i guanti anche se vado in biblioteca?»
La
ragazza
sembrò rifletterci seriamente prima di guardarlo dritto
negli occhi.
«Sarebbe meglio,
almeno non andrai impreparato».
Harry guaì
piano.
…
Evviva!
La pozione sembra funzionare, nessuno è più
costretto a rimediare lividi nel
tentativo di dividere i due contendenti e Piton è riuscito
ad elargire un’altra
delle sue punizioni – vabbé, più o meno.
È
bello quando tutto va per il meglio, non è così?
Il mondo ci sorride: amen, alleluia
and peanuts butter (citazione presa liberamente da Black Lagoon, of course)
Domande?
Hihi
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 6 *** Pace. Finalmente ***
Reverse.
[Pace.
Finalmente]
«Buongiorno
Harry, tutto bene stamattina?» cinguettò Hermione
premurosa, mentre il ragazzo
sedeva a tavola e si appropriava dell’ultima brioche alla
nutella – sfilandola
da sotto il naso di un sonnolento Seamus, che si trovò a
mettere in bocca un
tovagliolo.
«Benissimo»
bofonchiò a bocca piena, masticando lentamente.
«Lo sai che non
si parla a bocca piena, vero Potter?» una ben conosciuta voce
strascicata li
raggiunse dalle spalle, palesando la presenza di un certo gruppo di
Serpeverde
che si stava dirigendo al loro tavolo per la colazione.
Malfoy stava lì
accanto, le braccia conserte e un’espressione neutra in volto.
«Non hai tutti i
torti, Malfoy» alzò le spalle Harry.
«Sono semplici
regole di cortesia» si limitò a constatare
l’altro in risposta «esattamente
come quella di attendere a porre una domanda, se
l’interlocutore sta mangiando»
concluse guardando Hermione con un pizzico di cattiveria, sogghignando
malevolo
«capito Granger? Sii più educata».
«Ciao Malfoy»
disse Harry prima di riprendere a mangiare, mentre il biondo si
allontanava per
raggiungere il proprio posto.
Hermione aprì la
bocca un paio di volte, prima di richiuderla definitivamente, per poi
tornare a
rivolgere la propria attenzione ad Harry – rilassando
vistosamente le spalle.
Ancora faceva
fatica ad abituarsi al fatto che quei due non fossero più in
guerra e, ad ogni
contatto, temeva lo scatenarsi della follia che aveva dilagato fino ad
una
settimana prima. Eppure – per fortuna – ogni volta
si vedeva sorpresa a
rilassarsi e farsi i complimenti da sola.
Eh
sì, aveva
fatto proprio un bel lavoro.
Ma
che stava
dicendo? Un ottimo lavoro!
«Hermione, va
tutto bene? Perché stai sghignazzando?» Harry la
costrinse a tornare coi piedi
per terra – cominciavano ad essere numerose le volte in cui
la ragazza sembrava
persa in chissà quali riflessioni, quello strano sorriso
sulle labbra, tanto
che il ragazzo si chiese, non senza una certa dose di preoccupazione,
se la
giovane avesse ripreso a fare uso di un giratempo.
«Nulla Harry,
non essere sciocco, certo che va tutto bene»
liquidò lei, con un gesto
noncurante della mano – convincendolo ben poco, ma tanto non
ci avrebbe cavato
un ragno dal buco ad insistere, quindi preferì cambiare
argomento.
«Hai sentito di
Natalie McDonald? Quella del terzo anno?» disse, contento di
avere un argomento
con cui distrarre la ragazza dalla strana abitudine che aveva
sviluppato negli
ultimi giorni – sebbene si trattasse di un pettegolezzo
rubato durante un’ora
passata a fare origami con le pergamene che avrebbero dovuto tenere il
tema
sugli effetti del pus di rabarbaro albino usato nella prima fase lunare
–
pozioni of course.
Un
fruttuoso
pomeriggio di dolce far niente in biblioteca.
«La ragazza che
ha piantato Dennis Canon nel bel mezzo della lezione di
Divinazione?» completò
la ragazza poggiando la forchetta e frugando sotto la panca alla
ricerca di un
libro nella borsa «Sarebbe stato impossibile in contrario, le
grida della
Cooman si sono sentite fino ai sotterranei».
«Ne ha avuto di
fegato» ritentò il
ragazzo-che-è-sopravvissuto.
«Non ne dubito»
concordò Hermione sempre meno interessata, mentre sfogliava
il volume alla
ricerca di chissà quale capitolo da ripassare «la
Professoressa McGranitt si è
infuriata non poco. Credo abbia colto l’occasione per sfogare
un po’ della
frustrazione che non può più riversare su te e
Malfoy».
«Cosa?» il moro alzò
la voce di una mezza ottava, non essendo sicuro su come prendere le sue
parole.
Era un rimprovero sul non essere più in grado di far sfogare la McGranitt, aveva capito bene?
Stava iniziando a sentirsi
male…
«Niente Harry,
niente» scrollò le spalle la riccia, immergendosi
nello studio e ignorandolo,
con sommo sollievo dell’altro.
Se
lo ignorava
non doveva intrattenerla – e distrarla. Se lo ignorava,
quindi, poteva dirsi
libero di far divagare la mente, finalmente tranquillo.
La
scuola era
iniziata da pochi mesi e nel giro di tre settimane sarebbero arrivare
le
vacanze di Natale. Si chiese se per quell’anno non fosse il
caso di andarsene
dalla scuola, magari con Ron – che in quel periodo non faceva
altro che
raccontare, a chiunque lo stesse a sentire, che suo fratello Charlie
sarebbe
tornato dalla Romania.
Harry sogghignò.
Era sempre andato d’accordo con quel particolare fratello. Molto d’accordo. Specie durante
l’estate di due anni prima.
Oppure si
sarebbe fatto un viaggio in solitaria. In Italia magari. Aveva sentito
dire da
Zabini che da quelle parti si festeggiava il Natale in grande stile. E
lui
doveva saperlo bene, essendo suo padre originario di quelle parti.
Certo, sarebbe
stato un peccato non approfittare della confortevole accoglienza della
famiglia
Weasley e della deliziosa cena che Molly preparava tutti gli anni.
Tacchino arrosto
e salsa di mele con contorno di patate novelle fatte cuocere sul fuoco.
Focaccine dolci di crema e frutta a seguito di torte salate e ogni
altro ben di
Dio le sarebbe venuto in mente durante le due settimane precedenti.
Pensare a tante
prelibatezze gli fece tornare fame e, involontariamente, si
trovò a guardare
Neville che mangiava con gusto un bignè alla crema.
Lo
stomaco
brontolò una sola volta, facendo sentire la propria opinione.
Si
accorse che
il cesto lì vicino – fino a poco prima pieno di
scones – conteneva ancora un
ultimo solitario ospite.
Stava quasi per
prendere quell’ultima focaccina quando la voce di Hermione lo
costrinse a
tornare con i piedi a terra.
Maledetta
realtà.
«Non devi andare
alla punizione di Piton?» gli ricordò
improvvisamente, dopo aver dato
un’occhiata all’orologio. Il ragazzo
sperò disperatamente per una breve
manciata di secondi che quelle parole non fossero dirette a lui, poi fu
costretto
ad arrendersi all’evidenza dei fatti. In fondo gli occhi
cioccolato dell’amica
lo stavano fissando.
«Giusto…» sibilò
a denti stretti.
Harry gemette –
aveva sperato che distrarla con futili chiacchiere l’avrebbe
distolta da quel
dettaglio, ma evidentemente il suo brillante piano aveva appena preso
un bolide
il piena pancia.
Svogliatamente
si chinò a raccogliere le sue cose – sbirciando le
lancette sul polso della
ragazza e rendendosi conto di essere non proprio in orario –
e scavalcò la
panca, accingendosi a precipitarsi verso la biblioteca. Nessuno meglio
di lui
sapeva quanto Piton detestasse aspettare.
«Ci sarà anche
Malfoy» si premurò di comunicargli Hermione,
acciuffandolo per un pelo, in
trepidante attesa di una risposta.
Harry la guardò
per un attimo accigliato, poi alzò le spalle in un chiaro
gesto di noncuranza.
«E allora?»
Se
ne andò,
lasciandosi alle spalle una Hermione più gongolante che mai.
***
Arrivarono in
biblioteca quasi contemporaneamente.
Harry correndo
per evitare di far diventare la sua piccola svista un ritardo di
mezz’ora, e
Draco camminando con passo cadenzato, il maglione sul braccio,
l’espressione
annoiata in volto e la borsa penzolante da una spalla.
Una
bella borsa
in pelle nera dalla chiusure in argento. Rigida e ordinata.
Non
come la sua,
di un marrone liso dal troppo utilizzo, sformata e dalla tracolla
sbrindellata.
Forse ne avrebbe
comprata un altra, un giorno di quelli.
Ad
attenderli
trovarono solo Madama Pince, in piedi accanto alla propria scrivania e
le
braccia conserte.
«Dov’è il Pit-
il Professor Piton?» ci sorresse in corner Potter, non
vedendo la veste plumbea
e svolazzante in nessun anfratto polveroso di quel posto.
«Il Professor
Piton» ripeté arcigna la
donna, squadrandolo malevola da capo a piedi «non
sarà qui quest’oggi. Ha
lasciato a me il colpito di
decidere
della vostra sorte» evidenziò il concetto
battendosi un palmo al petto.
Harry sgranò gli
occhi, sperando di non aver affatto capito quello che aveva sentito.
Per
sicurezza
lanciò un’occhiata al ragazzo di fianco a lui.
Draco non aveva mosso un muscolo
e sarebbe potuto sembrare perfettamente calmo e distaccato, non fosse
stato per
la mascella rigida e gli occhi leggermente socchiusi.
Chiaro segno di
confusione.
La
seguirono per
il corridoio principale e si arrestarono di colpo –
rischiando di finirle
addosso, o meglio, Harry rischiò di finirle addosso, per
disattenzione. Madama
pince si voltò a fulminarlo e lui si ritrasse istintivamente
di mezzo passo.
Evidentemente
non gli aveva ancora perdonato l’aver fatto saltare in aria
la sua
preziosissima biblioteca.
Persino Hermione
– quando l’argomento veniva toccato o si trovavano
a passare assieme da quelle
parti – si premurava di lanciargli un’occhiataccia.
Donne, chi le
capiva era bravo.
E
Piton era una
sadico bastardo.
«Da questa parte
signori» disse malefica, indicando con un gesto secco la
scrivania al proprio
fianco.
Per
un qualche
strano motivo il Grifondoro non ebbe bisogno di chiedere ulteriori
istruzioni.
Conosceva fin troppo bene quel compito.
«Vado nel mio
ufficio» aggiunge la donna un attimo prima di sparire nei
meandri di uno dei
tanti corridoi «ma non pensate che non continui a tenervi
d’occhio» e, con
un’ultima fulminata malevola, si ritirò nelle sue
stanze.
Harry si
avvicinò di malavoglia ad una delle due sedie e ci
buttò sotto la sacca, già
infastidito della mattinata che avrebbe dovuto passare. Gli sarebbe
venuto un
cancro alla mano, avesse trascritto altri di quei disgustosi registri.
Quante volte
gliel’avevano già fatto fare, da quando era
arrivato in quella scuola?
Ovviamente il
pensiero che, se non si fosse impegnato così alacremente nel
farsi punire,
nessuno di quelle torture gli sarebbe stata inflitta, non gli
passò nemmeno per
l’anticamera del cervello.
Sperò solo
sarebbe riuscito a fare un po’ più in fretta
quella volta, visto che non era da
solo.
«Togliti Potter,
lì mi siedo io» era la prima volta che Malfoy
apriva la bocca.
«Cosa hai detto?»
domandò sorpreso, tenendo la tracolla della borsa ancora in
mano.
Malfoy sbuffò –
magari non troppo scocciato, solo annoiato.
«Togliti. Lì ci
sto io?» ripeté lentamente, come stesse cercando
di chiarirgli il concetto con
parole più semplici – un’ironia tutta
Serpeverde a coronare il tutto, facendo
sembrare quella seconda affermazione una domanda a prova di idiota.
«Cosa intendi
fare?» sul serio, Harry ce la stava mettendo tutta, ma stava
facendo comunque
fatica a comprendere cosa diavolo volesse dire quello.
«Io mi siedo a
destra e tu a sinistra, cosa non ti è chiaro?»
«Ho capito cosa
vuoi dire» aggrottò la fronte
il moro «quello
che voglio sapere è perché».
«Perché sei
mancino» constatò il Serpeverde non senza una
punta di superiorità, posando
ordinatamente la propria borsa alla gamba della sedia e sedendosi.
Harry sbatté le
palpebre instupidito, sorpreso dal fatto che Malfoy conoscesse quel
piccolo
dettaglio. Lui nemmeno aveva notato se il biondo era destro o mancino
– destro
se la memoria non lo ingannava.
Anche se negli
anni gli era capitato di venire a conoscenza di un paio di sue manie:
ad
esempio quando era nervoso si tirava una ciocca di capelli a lato della
frangia, oppure quando si sentiva sotto pressione teneva le spalle
contratte,
leggermente più alte del normale.
Aveva notato che
quando era pieno posava la forchetta per le punte, invece che per il
dorso.
Conosceva ogni
cicatrice lasciata sulla pelle – incredibilmente pallida
– dalla guerra, gli
incantesimi andati storti, le unghiate di Ippogrifi e quelle che gli
aveva
lasciato lui stesso con il Sectumsempra.
Sapeva seguire alla
perfezione, come in un disegno mentale, la curva della schiena che
s’interrompeva – fin troppo bruscamente –
nell’asciugamano legato a fianchi
dopo la doccia.
S’interruppe
bruscamente a quell’immagine – preferendo non
chiedersi come mai la sua memoria
l’avesse tirata in partita. Cosa stava dicendo?, si chiese
improvvisamente
accaldato.
«Quindi?» Harry
tornò con i piedi per terra, tornando
all’affermazione del biondo. Sì, era
mancino, quindi? Cosa centrava su dove avesse dovuto sedersi?
«Sei più lento di
quanto pensassi, Potter» nonostante le parole, il tono era
rimasto colloquiale;
non sembrava nemmeno un insulto «non hai notato quanto la
scrivania sia
piccola? Tu mancino e io destro, se ci sediamo come vorresti tu, faremo
scontrare i gomiti ad ogni riga» chiuse gli occhi come a
mostrare un’ovvietà
che il moro sembrava non avere colto – cosa effettivamente
vera «come dico io,
invece, il problema non si porrebbe».
Il
ragionamento
non faceva una piega. Si sedette in modo quasi automatico.
Non
aveva mai pensato
che Malfoy potesse essere tanto accorto.
Non
pensava
sarebbe mai arrivato il giorno in cui Draco Malfoy lo avrebbe stupito.
Piacevolmente stupito a dire il vero.
Dovette essere
rimasto a riflettere a riguardo per un tempo maggiore a quello stimato,
perché
gli occhi grigi dal Serpeverde si spostarono dalla pergamena per
puntarli nei
suoi – sul fondo una domanda.
«Che hai da
guardare?» sbuffò agitando la mano, quella che
teneva la piuma di corvo con cui
– lo aveva notato a lezione – ricopiava in bella
gli appunti presi
frettolosamente dalla normale piuma (quella che avrebbe usato lui, ad
esempio),
e che stava usando in quel momento «Ho sbavato da qualche
parte?» aggiunse poi,
controllando le poche righe scritte – constatando che non
c‘erano imperfezioni
nelle lettere sottili – per poi tornare a squadrarlo.
Il
fatto che uno
come Draco Malfoy potesse preoccuparsi per lo stato della propria
scrittura lo
fece sorridere, ancora una volta piacevolmente
impressionato.
Lentamente un
sorriso aperto – di quelli che gli venivano tanto bene
– si fece largo
nell’espressione sconfortata che aveva accompagnato la
maggior parte della sua
permanenza nella biblioteca. Dente dopo dente, le labbra scoprirono un
sorriso
disarmante e un poco divertito.
Fu
solo grazie
alla lunga esperienza come bugiardo che il biondo non rispose con un
gesto
altrettanto sincero.
Maledetto
Salazar, lui non avrebbe mai
sorriso
a Potter.
Esattamente come non avrebbe mai
pensato che Potter avrebbe potuto sorridere
così
a lui.
Qualcosa gli si
rivoltò nello stomaco.
«Inizia a
lavorare Potter» disse bruscamente nel tornare al proprio
lavoro – un colore
vagamente rosato a imporporargli le gote «o sarò
costretto ad aspettare che tu
abbia finito, prima di andarmene da qui».
Con
un’ultima
occhiata perplessa, Harry alzò le spalle e smise di
preoccuparsi di Malfoy,
cercando di concentrarsi sul compito che gli era stato assegnato e non
sul
desiderio di strappare quelle stramaledette caramelle da sotto il naso
della
Pince – per toglierle quello stupido compiacimento che aveva
scorto nel vederli
sgobbare su una punizione elargita da lei.
Stupida megera.
***
«Granger,
abbiamo un problema!»
Con
uno slancio
che nessuno degli studenti (presenti o meno) avrebbe mai pensato
sarebbe stato
in grado di fare, Severus Piton aprì il quadro della Signora
Grassa – che si
mise a strillare con la sua solita voce spacca timpani – e se
lo chiuse alle
spalle mozzicando frasi a mezza voce che somigliavano molto a:
“Stramaledetta
megera, ma vai a fare a chi urla più forte con
l’isterica madre del cane”,
Tutto questo
prima rendersi conto che la quasi totalità dei Grifondoro si
trovavano nella
Sala Comune – con lui improvvisamente apparso al loro centro,
borbottando come
una vecchia teiera.
Ricomponendosi,
Severus si schiarì la gola e fulminò un paio di
ragazzi con una delle sue
famose occhiate al vetriolo, condite di sarcasmo e una spolverata di
cattiveria.
In
men che non
si dica, nella Sala erano rimati i pochi pavidi incapaci di reggersi
sulle
proprie gambe e il Trio dei Miracoli 2.0.
Arricciò il naso
nel vedere una cioccorana penzolare agonizzante dalla bocca semiaperta
di
Weasley, così come del naso sporco d’inchiostro di
Paciock – che osservava
tutto da sotto le ciglia socchiuse, seminascosto da un enorme volume di
Erbologia. Per un decimo di secondo Piton squadrò sorpreso
la copertina,
riconoscendola, e chiedendosi come mai si trovasse nelle mani incapaci
di
Paciock – liquidando immediatamente la questione,
perché c’era qualcosa di
decisamente più grave e urgente da riportare, prima.
Hermione Granger
sedeva appallottolata sulla poltrona più vicina al camino,
un grembo un volume
chiuso e un foglio di pergamena su cui stava scrivendo qualcosa.
Sembrava una
lettera.
Piton riuscì a
scorgerne l’intestazione, ma non fece in tempo a leggere per
chi fosse, perché
la riccia la ripiegò non appena si accorse di essere
osservata.
«Professor
Piton» disse solamente, osservandolo guardinga.
Che
aveva da
guardare tanto fissa?, si chiese l’uomo con una punta di
fastidio – salvo poi
ricordarsi di essere stato lui a precipitarsi nel loro covo.
Si
schiarì
nuovamente la voce e tornò ad essere il solito insegnante
intransigente e
parecchio stronzo.
Così come
parecchio allarmato.
«Signorina
Granger» esordì «Signor Weasley, Signor
Paciock» aggiunse sibilando «abbiamo un
problema» fece una pausa – che sembrava strozzata
«un problema di una certa…
gravità».
…
Huston,
we’ve a problem!
Ma
chissà di che problema di tratta? *me fa la gnorri, anche se lo sa
benissimo*
Forse
una altra rissa scoppiata sotto il naso adunco della Pince –
o quello era
Piton? Adesso sono confusa.
*me va a
rileggere quanto scritto per il capitolo successivo prima di tornare
con le
idee (un po’ più) chiare*
Bene,
dunque…
Ma
chissà quale sarà il grave
problema!
L’autrice
sghignazza sfregandosi le mani e scoppiando in una risata
satanica…
E
poi. Lasciatemelo dire: e bravo Charlie!!
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 7 *** Dove tutti loro sperano – disperatamente – che tutto stia ancora andando per il meglio ***
Reverse.
[Dove
tutti loro sperano – disperatamente – che tutto
stia ancora
andando per il meglio]
Non
si dovrebbe
correre per i corridoi.
Terza regola non
scritta della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts –
preceduta solo da
“Non avventurarsi nella foresta proibita” e
“Non pietrificare Mrs Purr”.
E,
ovviamente,
come le due regole precedenti, tranquillamente ignorata e infranta dai
nostri
protagonisti.
Se
non altro, a
variare dalla solita solfa del non-facciamoci-beccare, potevano essere
certi di
non dover temere l’agguato di un certo professore di pozioni,
pronto a togliere
punti ed elargire punizioni rivoltanti.
Infatti, il
docente in questione, apriva il piccolo gruppo di corridori, la veste
svolazzante attorno alle caviglie e un’espressione tirata in
volto.
Non
erano
passati che dieci minuti, dal momento in cui Piton si era precipitato
nella
Sala Comune, che già il piccolo gruppetto si trovava dalle
parti della
biblioteca, muovendosi con la sicurezza di essere nel giusto e che
nessun
professore sarebbe sbucato dal nulla per punirli.
Hermione –
incurante del fatto che il libro si fosse rovesciato e il dorso
graffiato, così
come la pergamena era finita, per un angolo, nel camino – si
era alzata in
piedi di scatto, portandosi i capelli dietro le orecchie.
«Cosa succede?» aveva
domandato frettolosa – sebbene fosse rimasta sorpresa, non
aveva perso la
parola come invece era successo a Ronald
«Professore» si era anche premurata di
aggiungere dopo un attimo, rendendosi conto di essere stata
più brusca di
quanto avesse voluto. Di quanto credeva lui le avrebbe permesso.
Alla
domanda non
era seguita alcuna risposta, se non un sollecito fermo da parte del
professore
e un’altra occhiata preoccupata.
Alla
ragazza non
era servito altro per capire che – avesse voluto fare
chiarezza sull’intera
faccenda – avrebbe dovuto seguirlo e basta.
Nemmeno Ron,
dopo essersi ripreso dallo sconcerto causato dalla presenza improvvisa
di una
serpe – sebbene ex da
anni – nel suo
caldo antro confortevole, ebbe bisogno di ulteriori sollecitazioni.
Era
bastata
l’occhiata minacciosa della riccia a convincerlo ad alzarsi e
a abbondare il
calore e la sicurezza del suo
camino.
Neville non si
era nemmeno mosso, ma per un attimo – un breve secondo
durante il quale
Hermione si era voltata a guardare la pergamena sgualcita a terra
chiedendosi
confusamente se non sarebbe stato meglio raccoglierla – nel
suo sguardo era
passato qualcosa. Un fulmine di quello che – Hermione fu
costretta a
riconoscerlo – sembrava consapevolezza.
Te l’avevo detto, le stava comunicando.
Poi
si era
girata e aveva seguito Ron e Piton fuori dal ritratto, dove avevano
trovato ad
attenderli Parkinson e Zabini. Piton li aveva raccattati poco prima di
muoversi
a chiamare loro, allontanandoli a forza delle loro occupazioni del
sabato
mattina: rifarsi lo smalto e farsi spuntare i capelli.
Non
fu
specificato dalle serpi in questione chi stesse facendo uno e chi
l’altro.
Da
quel momento
– senza una spiegazione più precisa
perché il Professore sembrava avere le
labbra cucite – si erano affettati a seguirlo.
Quando
arrivarono alla biblioteca, avevano tutti il fiatone.
E li
videro.
Harry e Malfoy
erano seduti alla scrivania della bibliotecaria, dove di solito stava
rintanata
Mrs Pince a ingozzarsi di caramelle all’arancia babbane e
fulminare ogni
studente mormorante.
La
scrivania era
piccola e stretta, scomoda per via del bancone che la delimitava dal
resto
della biblioteca, e ogni singolo centimetro disponibile era stato
ricoperto di
cassettine in legno colme di fogli.
I
registri delle
punizioni degli studenti dalla nascita di Matusalemme ad oggi,
probabilmente.
Ronald perse
alcune brevi istanti a rabbrividire nel ricordare quando era toccato a
lui –
sempre in compagnia di Harry, perché certe cose si fanno in
coppia – copiare
paragrafo per paragrafo, nome per nome e data per data. Interminabili
serate
spese a starnutire per polvere e prendere
in prestito impacchi per il gonfiore alla mano da Piton.
Hermione aveva
pensato avesse imparato a farseli da solo. Certe volte era una
credulona.
Era
giusto sul
punto di ricordare altri episodi in cui aveva dimostrato di saperne una
più
della riccia – quella volta a quidditch, magari –
quando un sospiro strozzato
della suddetta lo costrinse a tornare con i piedi per terra.
E
vedere –
sebbene avrebbe preferito farne a meno – cosa avesse
scandalizzato il puro e
duro Piton.
I
due ragazzi
non si erano accorti di essere diventati un’attrazione e
continuavano a
trascrivere chissà quale abominevole punizione sulla
pergamena. Ad intervalli
abbastanza regolari s’interrompevano per cambiare foglio,
leggere quanto c’era
scritto in quello vecchio e intingere le penne nel calamaio.
Questo nel più
assoluto silenzio.
Non
si parlavano
– e di conseguenza non erano impegnati in
un’impegnata sessione di insulti e
complimenti di vario genere – né si guardavano. E
questo di per sé sarebbe
potuto essere un punto a favore dello sconcerto di Piton. Ops, del Professor Piton, scusassero
l’errore.
Ma
grazie alla
pozione quella non era più un’opzione praticabile.
Eppure nel
teatrino c’era anche qualcos’altro di insolito. E
non si trattava del nuovo
dopobarba indossato dal professore, come Hermione aveva constatato nel
momento
in cui si era trovata ad affrettarsi al suo fianco.
Il
primo a
riprendersi fu Blaise, che emise un basso fischio –
penetrante – a denti
chiusi.
«Harry» gracchiò
allora Ron strozzandosi sulle sillabe, gli occhi fuori dalle orbite. Il
sudore
freddo gli stava imperlando la fronte e il labbro superiore mentre un
rossore
molto, ma molto scandalizzato si faceva strada sulle orecchie e il
collo.
Il
moro e il
biondo alzarono la testa e sussultarono, allontanando le punte delle
piume
dalle pergamene su cui stavano lavorano – accorgendosi solo
in quel momento
della presenza dei cinque alle loro spalle. Fecero per voltarsi quando
il
movimento gli venne impedito.
Sotto gli
sguardi sconvolti – persino dei due protagonisti della
faccenda – la mano destra
di Harry Potter era inesorabilmente intrecciata alla sinistra di Draco
Malfoy,
ed entrambe sembravano ben decise a non spostarsi di un solo millimetro.
***
“… se le emozioni
riverse risultano essere
troppo forti o particolarmente radicate, con il passare del tempo
l’efficacia
della pozione potrebbe venire meno, esprimendo scoppi incontrollati
dell’emozione stessa a scapito del volere attuale delle
persone cui è stata
somministrata. Lo stesso effetto si mostra quando il sentimento scelto
per
essere imbrigliato risale ad un periodo più lungo di cinque
anni ...”
Più Hermione
leggeva e meno riusciva a capire il contatto – perfettamente
assurdo – avvenuto
tra Harry e Malfoy.
Insomma, quei
due di erano odiati per anni – va bene, detestati e tutto il
resto – ma mai
avevano tentato di toccarsi per un motivo che fosse differente da
quello di
fare il maggior male possibile all’altro, ad iniziare da
quella famosa stretta
di mano mai avvenuta, sette anni prima.
«Non può
essere!» sbotto seccata, chiudendo il libro con un tonfo e
infilandosi le dita
tra i ricci, scompigliandoli più di quanto non fossero
già.
Ovviamente Ron
si curò bene dal farglielo notare.
«Non capisco cosa
diavolo vuol dire» sbottò nuovamente la ragazza,
lanciando occhiatacce al
volume – nuovamente preso in
prestito
dal Reparto Proibito – come fosse tutta colpa sua.
«A me sembra
chiaro» Blaise – che evidentemente aveva manie
suicide – si stava accendendo
una sigaretta con la bacchetta, preannunciando uno scoppio di lamentele
da
parte di Pansy, che non sopportava il fumo.
Esattamente come
non riusciva a capire come avesse potuto un mago come lui entrare in
possesso
di vizi così bassamente babbani come quello.
«Cosa ci sarebbe
di chiaro?» chiese seccata.
«Le opzioni sono
due e portano entrambe alla stessa conclusione» riprese la
parola il moro,
l’espressione neutra e modi di fare da guru «la
prima è che l’emozione che
abbiamo cercato di eliminare – rabbia, odio e tutto il resto
– siano talmente
forti e radicate da non essere state altro che scalfite dalla pozione.
E la seconda
– e ben chiaramente più deprecabile –
è che abbiamo fatto un errore di calcolo
e frainteso il sentimento che provavano – che provano,
mi sentirei di dire in effetti. Noi abbiamo supposto che
tutto quel litigare e cercare fossero frutto di odio e repulsione, ma
ora mi
chiedo se sia effettivamente così».
«Cosa significa?»
chiese la riccia, volendo una conclusione.
«Significa che
forse sotto quella superficie di ostilità si stava
nascondendo qualcos’altro,
che non abbiamo notato. Curiosità, desiderio di
accettazione, amicizia forse…
attrazione» aggiunse dopo un attimo, molto più
piano delle precedenti.
«Sciocchezze»
liquidò il ragionamento con un gesto sprezzante della mano.
Pansy, seduta lì
accanto, decise saggiamente di non intervenire. Poteva trattarsi di un
sesto
senso da Serpe – o intuito femminile – ma aveva
come l’impressione che non
sarebbe stata in grado di uscirne tutta intera dallo scambio che
stavano
mettendo in atto quel due maniaci cervellotici.
Stavano seduti
in biblioteca, defilati rispetto a chiunque altro – ma chi
sarebbe mai potuto
essere in quel luogo a quell’ora della domenica poi?
– coperti da orecchie
indiscrete grazie all’incantesimo muffilato,
di cui ora sapevano poter ingraziare il professor Piton.
Per
un attimo si
era chiesta che uso ne facesse quel tristo professore, ma
l’interrogativo si
perse bel presto.
Anche Ronald
aveva avuto la sua stessa idea, constatò nel vederlo immerso
in chissà quale
pensiero, mentre osservava lo scambio come stesse guardando una pluffa
che
andava da una parte all’altra del campo. Ma forse quello era
un riflesso
condizionato che lo prendeva ogni volta che Hermione iniziava ad
infervorarsi.
Ora
che lo
guardava bene, stava seduto anche abbastanza raggomitolato e inclinato
all’indietro, il più possibile lontano dalla
ragazza.
«Personalmente
penso si tratti della seconda» stava dicendo Blaise,
riprendendo il discorso
fatto in precedenza.
«Ovviamente è la
prima» gli parlò sopra Hermione decisa.
Si
guardarono
per un momento.
«Cosa vorresti
dire?» sibilò lei, gelida.
«Solo che mi
sembra strano che si odino in quel modo da così tanto tempo.
Prima non era
altro che uno scambiarsi dispetti e piccole rivalità
scolastiche, te lo concedo.
Ma niente di tanto radicato. Non sarebbe stato in ogni modo naturale,
per dei
ragazzini di dodici anni».
«Quindi, secondo
il tuo ragionamento, dovrei credere che quei due in realtà
volessero fare
amicizia?» Hermione storse il naso alla
possibilità «E che non fossero capaci
di mettere da parte i piccoli dispetti con cui avevano iniziato il
loro…
chiamiamolo rapporto. Tanti dispetti e inutili sfide per attirare
l’attenzione
l’uno dell’altro?»
«In fondo non
conoscevano alcun altro modo per relazionarsi».
«È la cosa più
ridicola che abbia mai sentito!» decretò.
«Sbaglio o è un
detto babbano a dire: “Chi disprezza
compra”?»
«Non pensare di
insegnarmi la mia cultura!» scattò lei.
«In fondo cosa sappiamo
di come si sentono veramente?» scosse la testa
all’espressione scettica di
Hermione «Cosa sappiamo di quello che li spingeva a seguirsi
scoprire ogni più
infimo segreto, tenersi costantemente d’occhio e spostare
tutta la propria
attenzione sull’altro quando entrava in una stanza
– o quando lo ignorava?»
«Ovviamente il
timore di una prima mossa da parte dell’altro» fece
la mora pronta «il trovarsi
in inferiorità o perdere. Quella era pura competizione e
odio viscerale, non
c’è nessuna
altra spiegazione».
«Se quello che
dici è vero» Blaise sorrise con fare saputo
«perché allora non sono diventati
amici? Perché hanno iniziato ad ignorarsi e a non
considerarsi più di alcun
interesse? Non te lo sei chiesta?»
«Io non-» la
ragazza si interruppe. In effetti non ci aveva dato molto
peso…
«È per questo
che dico sarebbe il caso di spendere
un
po’ più di tempo adesso
a capire, per
evitare ulteriori complicazioni dopo!»
«Cosa vorresti
dire?» tornò alla carica Hermione «Che
se non troviamo una soluzione si
ammazzeranno per via dei “scoppi
incontrollati dell’emozione stessa a scapito del volere
attuale delle persone
cui è stata somministrata”»
citò il paragrafo appena letto.
«Ma, non saprei»
sembrava una punta di sarcasmo, quella che coloriva il tono serio del
Serpeverde «se per te quel tenersi per mano era il preludio
di una scazzottata
in piena regola… allora sì, è questo
che temo».
«Perché? ci
sarebbe un’altra spiegazione?»
«Tensione sessuale?»
ridacchio il moro, scherzando solo in parte ma non mostrando come il
pensiero
avesse in realtà iniziato a radicarsi nel suo animo. Non
riusciva a trovare
alcuna altra spiegazione per quel comportamento.
O
per meglio
dire, ora che ci stava riflettendo alla luce di quanto accaduto,
nient’altro
gli sembrava fornire sufficienti prove a sostegno della tesi.
«Ma lo sai che
il ragionamento di Blaise potrebbe non fare una piega?»
s’intromise
improvvisamente il rosso con fare pensieroso – probabilmente
non rendendosi
conto di quanto in effetti stesse per dire «pensa che una
volta ho beccato
Harry a fissare Malfoy mentre si faceva una doccia negli spogliatoi.
All’inizio
ho pensato volesse solo lanciargli addosso il suo asciugamano
– visto come lo
teneva stretto – ma se mi ci fai pensare la sua
mano-»
Per
la riccia fu
troppo e si gettò a volo d’angelo sul secondo ex migliore amico.
«Scusa Blay»
Pansy si era sporta verso di lui, curiosa, mentre Hermione si
apprestava a
scorticare vivo Ron e a nasconderne le prove all’intera
comunità magica. In
fondo il mondo non avrebbe sofferto per un Weasley pel-di-carota in
meno.
«Dimmi Pan» sogghigno
nel risponderle, pur continuando a guardare l’opera di
metodica distruzione
portata avanti da quella che sarebbe dovuta essere la migliore
studentessa
dell’ultimo mezzo secolo a quella parte.
«Prima hai detto
che entrambi i ragionamenti portavano ad una sola
conclusione» tentennò un momento,
come non fosse del tutto certa di voler veramente conoscere la risposta.
«Sì?» la esortò
– ben sapendo dove sarebbe andata a parare.
«Quale…»
s’interruppe ancora una volta «quale
sarebbe?»
«Che Paciock ha
avuto ragione» si godette ogni secondo
dell’espressione scandalizzata della
compagna di casa mentre finiva la frase «che non ci saremmo
dovuti impicciare e
che abbiamo messo mano in qualcosa che non abbiamo compreso
pienamente».
***
Harry non
riusciva a stare fermo.
Era
tutto il
pomeriggio che faceva avanti indietro per il castello.
Un
pensiero
fisso che non riusciva a togliersi dalla mente.
I
suoi
vagabondaggi l’avevano portato fino al settimo piano senza
una ragione precisa.
Ci
mise poco a
decidersi e a raggiungere l’arazzo di Barnaba il Babbeo.
La
Camera delle
necessità era stata una delle più utili scoperte
avvenute in quella scuola da
quando ci era entrato la prima volta e – quel che era il
meglio – non si tirava
mai indietro, a totale disposizione di chiunque e per qualunque cosa.
Pregò di essere
lui quel qualcuno.
Per
un breve
momento attese che comparisse la solita porta in ferro battuto
– che si
materializzava quando chiedeva quella pericolare stanza –
senza che succedesse
nulla.
Seppe
istintivamente che la Camera era in uso e che un altro qualcuno era
ancora al
suo interno.
Ma
infondo lui
non era Harry Potter per nulla
Il
che
significava che aveva un buon amico che sapeva cosa fare in casi come
quelli.
E
non
aspettatevi che venga a rivelarvi in che modo riuscì a far
apparire quella
fantomatica porta, altrimenti si ritroverebbe tutti voi che vanno a
disturbarlo
mentre si fa gli affaracci suoi. E magari anche quelli di qualcun altro.
Quando aprì la
porta si ritrovò in uno spazio grande quanto
un’aula, pieno di banchi e sedie,
senza una cattedra o una lavagna, privo di finestre ma provvista di
torce
fiammeggianti in abbondanza, da illuminare tutta la zona a giorno.
Per
un attimo il
ragazzo si chiese se, nonostante le origini magiche, la camera fosse in
grado
di riprodurre anche le modernità babbane, come lampade
alogene o televisione.
La
sua
attenzione, tuttavia, venne ben presto calamitata
dall’occupante della stanza,
da quel qualcuno che aveva osato frapporsi tra lui e il relax di cui
era
disperatamente alla ricerca.
Una
familiare
testa bionda era profondamente immersa in un tomo dall’aria
noiosa – pozioni,
possibile? – mentre una mano sottile – familiare
anche quella, e che sapeva
essere tiepida e fredda solo sulle punte – giocherellava con
una piuma d’oca
dalle penne superiori di un vivace marrone pino.
Per
un qualche
strano motivo l’irritazione di poco prima si sciolse nello
stomaco, seguita da
un istinto ben poco familiare – nei confronti di quel
particolare ragazzo, in
verità.
Una
inspiegabile
fame. Ebbe l’impressione di stare perdendo il controllo.
Fu
proprio in
quel momento che il Malfoy avvertì qualcosa, forse uno
spiffero d’aria fredda
che non aveva desiderato ricevere sul collo, e si voltò a
controllare.
«Cosa diavolo ci
fai qui, Potter?» fu lo strillo – perché
non si poteva definire in altro modo
quel tono scandalizzato – che lo accolse sulla porta.
«Ci vivo» alzò
le spalle, fraintendendo volutamente.
«No, non
intendevo nel castello, ma qui!»
replicò improvvisamente infastidito dalla vaghezza della
risposta «Intendevo
come hai fatto ad entrare».
«Devi sapere che
Neville ha passato parecchio del suo settimo anno – quello
della guerra – qui
dentro» sorrise con aria saputa, in automatico, nel vederlo
reagire con così
tanta sorpresa «e mi ha spiegato un paio di cosette
interessanti» il sorriso
diventò un ghigno sfrontato «come entrare anche se
è utilizzata da qualcuno, ad
esempio».
«Cosa vuoi, Potter?»
sibilò bruscamente, sentendosi stranamente in colpa per
avergli risposto così
rudemente – salvo poi chiedersi confusamente da dove diavolo
venisse quel
pensiero.
Era
da qualche
giorno che si sentiva fiacco, confuso, come se non riuscisse a mettere
bene a
fuoco qualcosa.
E la
presenza di
Potter – come era ovvio – non lo aiutava certo a
metterlo nella situazione
migliore per tornare a fare chiarezza sulla sua vita.
«Volevo trovare
un posticino tranquillo, visto che la mia sala comune sembra essere
stata presa
di mira da idioti patentati e primini che fanno finta di
conoscermi» fece una
pausa carica di significato «e l’unico posto che mi
è venuto in mente è stato
questo. Peccato fosse già occupato, da te»
sottolineò, come se ce ne fosse
stato bisogno.
«Ti è venuto in mente
solo questo? Non mi sorprende che il tuo cervello non ci sia
arrivato» avrebbe
voluto – avrebbe dovuto – sembrare sarcastico, ma
in verità si sentiva un
blocco alla gola. Proprio sotto il pomo d’Adamo. Non riusciva
a respirare
agevolmente.
«Mi pare che
anche tu non abbia avuto molte altre brillanti idee»
mormorò il moro suadente?
senza dare segno di essersela
presa per l’insulto più o meno velato.
«Cosa fai
Potter? Prendi in giro?» se non altro, quelle risposte
automatiche gli stavano
permettendo di non fare la figura del vermicolo fritto, a rimanere a
fissarlo per
un motivo non ancora del tutto definito.
Al
che, senza
degnarlo nuovamente di una risposta, il ragazzo lo fissò
dritto negli occhi,
costringendolo a guardarlo a propria volta, incapace di distogliersi da
quella
presenza ingombrante.
Poi
vi fu un
lampo verde in quelle iridi seminascoste dalle lenti e Draco
iniziò ad avere
seri problemi a capire cosa gli
stava
accadendo attorno.
La
stanza parve
restringersi – fisicamente! I muri si avvicinarono fino a
diventare non più di
quattro metri per lato e l’aria si fece irrespirabile.
Soffocante.
Fu
con uno
sguardo di sfida che Harry mosse qualche passo nella stanza,
staccandosi dallo
stipite, e avvicinandosi con fare…
Draco si sentì
improvvisamente a disagio
– cioè,
voleva dire, non propriamente a suo agio. Giusto un poco in ansia.
…predatore.
«Allora» disse,
facendo luccicare quei maledetti occhi verdi che si ritrovava
«ora che
facciamo?»
…
Giusto
*me
deglutisce carica di aspettativa* adesso cosa
facciamo?
Voglio
dire… sono insieme, da soli, con la pozione che fa bizze e
rischia di evaporare
sotto i nostri occhi.
Perché
cazzo l’autrice si è fermata qui!?
…
Me
si ferma un momento, smettendo di urlare e guardandosi attorno
– per scoprire
che tutti la stanno guardando – prima di ricordarsi che
è lei l’autrice.
Oh,
shit…
Ehm.
Vado
a scrivere il seguito?
Ah,
quasi dimenticavo… sto pensando di mettere il rating rosso da adesso in poi
(non si sa mai, e mi hanno consigliato in merito) quindi mi dispiace
per coloro
che non possono più leggerla – sperando non ci sia
nessuno! Mi sentirei troppo
in colpa...
Gomen
Un bacio
NLH
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Fuori Controllo ***
Reverse.
[Fuori
Controllo]
Avviso:
Okay, per
prima cosa non allarmatevi:
questo non è un post per preannunciare la chiusura
anticipata della storia, la
mia prematura dipartita o l’avviso di incompiuta.
È
un semplice avvertimento riguardo a
questo capitolo.
Dovere
sapere che in origine la storia
era stata pensata con rating Arancione –
come effettivamente è ora, ma anche
che ad un certo punto la trama è diventata differente da
come sarebbe dovuta
essere in origine.
Al che mi
sono vista costretta a
rivedere il rating da Arancio a Rosso.
E non
l’ho trovato giusto – visto che
ho iniziato il racconto e adesso costringo i lettori minorenni a non
sapere
come va a finire…
Quindi ho
trovato un’alternativa. Ho
postato il capitolo come storia separata (qui sotto troverete il link)
così
potrò mantenere la stessa storia e premettere a tutti di continuare a leggere –
in fondo senza la lettura di questo
specifico capitolo non è che non si capisca
qualcosa… devo solo aggiustare un
po’ il resto, ma niente di grave J
Perciò…
divertitevi!
Reverse
-
Fuori Controllo
Un bacio
NLH
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Dove si medita Vendetta – anche se non si sa esattamente contro chi ***
Reverse.
[Dove
si medita Vendetta – anche se non si sa esattamente contro
chi]
Quella mattina,
a colazione, c’erano due posti vuoti che spiccavano come
strappi nel tessuto
della routine della scuola, come piccole – enormi –
bruciature circolari
nell’albero genealogico della famiglia Hogwarts.
Quando
erano arrivati in Sala Grande (ovviamente parlo dei cospiratori
più un’aggiunta
– nella fattispecie trattasi di un certo docente di Pozioni)
e non avevano
visto i rispettivi compagni di casa, c’era stata la conferma
che qualcosa fosse
andato storto.
Blaise,
che quando si era svegliato e non aveva visto né Draco
né il letto disfatto –
cosa alquanto anomala, visto che il principino lottava con le coperte
ogni
notte – aveva provato un brivido tutt’altro che
piacevole. Districandosi dalle
lenzuola si era precipitato alle porte del dormitorio femminile e aveva
iniziato a bussare con esasperante costanza fino a quando una Daphne
assonnata
e dalle sopracciglia aggrottate in una smorfia decisamente seccata non
gli
aveva aperto – borbottando una domanda che poteva essere
interpretata con un:
“Cosa diavolo vuoi?”
Senza
degnarla di una risposta l’aveva scostata ed era entrato a
forza –
evidentemente non doveva essere ancora del tutto sveglio e in possesso
delle
sue solitamente pronte facoltà mentali – riuscendo
a fare giusto tre passi
prima di essere investito da tre schiantesimi contemporaneamente.
Daphne,
facilmente ripresasi dallo choc e dalla sonnolenza; Astoria, sorella di
Daphne
e due anni più giovane, che l’aveva seguita nel
sentirla alzarsi e con una
propensione per gli incantesimi ben piazzati. E infine Pansy, svegliata
dal
baccano e la camicia da notte arrotolata sulle gambe per combattere
meglio.
Aveva
dimenticato quanto le ragazze potessero essere ospitali.
«Buongiorno»
era riuscito a biascicare Blaise, dopo che una delle tre lo aveva
caritatevolmente rianimato (dopo averlo trascinato fuori
dal loro dormitorio).
«Per
Salazar, Blay» Pansy era di una finezza spaventosa quando
veniva svegliata
prima dell’orario da lei stabilito «cosa diavolo
pensavi di fare? Ti sentivi
così tanto solo da non poter resistere al richiamo della
natura?»
«Non
dire sciocchezze» seppur con difficoltà il moro
era riuscito a mettersi a
sedere a far funzionare abbastanza il cervello – il sonno
scomparso ma ancora
annebbiato dagli strascichi delle maledizioni «sai
perfettamente che non ho
alcun bisogno di andare a prendere, io».
Storcendo
il naso per il chiaro doppio senso, la ragazza fece oscillare in modo
allusivo
la bacchetta – ancora accuratamente stretta in mano e puntata
non proprio sul
pavimento – e gli affibbiò una delle sue occhiate
al vetriolo.
«Mi vuoi
spiegare?» chiese nuovamente. Perché proprio non
riusciva ad immaginare nessun
altro motivo per cui un ragazzo sarebbe potuto entrare
nell’ala riservata alle
ragazze, in pigiama e all’alba delle cinque di mattina (cosa
poi il ragazzo in
questione ci facesse sveglio a quell’ora, era un altro
mistero).
Blaise
tacque un attimo, come stesse cercando di raccogliere le idee, poi
sospirò
affranto e puntò un paio di occhi allucinati in quelli
sospettosi di Pansy.
«Draco
non è nel suo letto».
Erano
bastati pochi secondi perché la mora Serpeverde collegasse i
fatti alla
catastrofe, un’altra esigua manciata durante la quale corse a
vedere la stanza
incriminata e un paio di minuti in cui venne presa la più
improbabile delle
decisioni.
Ovviamente
se si parlava di tre settimane prima.
***
Hermione
Jane Granger si alzava tutte le mattine alle cinque e dieci per
ripassare le
materie che avrebbe avuto durante la giornata e bersi una tazza di
caffè –
opportunamente preparato con la caffettiera che i genitori le avevano
regalato
dopo essere stati in vacanza in Italia.
Per
questo, quando un gufo bruno dall’aria sospetta – e
sconosciuta – aveva
iniziato a picchettare alla finestra della sua stanza, non aveva
ricevuto il
brusco risveglio toccato al proprietario della bestiola.
Frugando
tra le buste nel baule, prese un biscottino da offrire al pennuto e
glielo
porse, nella speranza che mollasse la lettera che aveva –
stranamente – nel
becco. Nel beccare il dolce – e graffiarle due dita
– lasciò cadere il rotolo
di pergamena, che rischiò seriamente di finirle nella tazza.
Succhiandosi
i graffi – e maledicendo l’uccello – lo
prese e lo srotolò.
C’erano
scritte poche righe, vergate in una grafia sottile e inclinata verso
destra –
elegante a modo suo.
Granger,
Draco
non
è tornato stanotte. Non è normale.
Non vorrei che la situazione sia peggiorata. Potter
dov’è?
Sto
andando alle cucine per vedere se per caso
è lì. Vediamoci vicino al quadro delle
“Vergini decapitate” al primo piano, tra
venti minuti. Portati Weasley se Potter non è in dormitorio.
Pansy
P.s.
Aster, il gufo di Blaise, è un pennuto
appiccicoso. Non offrirgli niente o non te lo toglierai più
di torno.
Stringendo
spasmodicamente la pergamena tra le dita, la ragazza aveva cercato di
ignorare
un improvvisa pressione che sembrava essere stata felice di accomodarsi
sulle
sue spalle.
Esattamente
come il gufo – Aster, ricordò – che le
si era appollaiato addosso e in quel
preciso momento aveva iniziato a tirarle gentilmente un riccio a
portata di
becco.
Passò i
successivi quindici minuti a riflettere, mentre meccanicamente si
preparava per
la giornata, ma solo all’ultimo momento si ricordò
che avrebbe dovuti fare
qualcosa. Infilandosi il mantello e nascondendovi la lettera della
Serpeverde
tra le pieghe, uscì dalla stanza da Caposcuola e si
presentò davanti al
dormitorio maschile del settimo anno.
Nonostante
vi fosse abituata, lo spettacolo rimaneva disgustoso.
Dean
e
Seamus stavano, fortunatamente nei rispettivi letti, seminascosti dalla
tendina
tirata malamente, dormendo alla grossa, gli abiti tolti la sera prima
accuratamente sparsi per tutto il pavimento in mucchi maleodoranti,
comprese le
mutande che – dall’improbabile stemma –
Hermione scoprì appartenere al primo
dei due. Sperò con tutta sé stessa che non si
alzasse prima che se ne fosse
andata.
Neville si
era già alzato, perché il suo letto era sfatto e
di lui non c’era traccia, ma
Ron contribuiva ancora alla cacofonia di russate nella stanza.
Reprimendo
il desiderio di invocare un qualche incantesimo, gli si
avvicinò e lo scrollò
con forza.
Harry
non c’era.
«Svegliati
Ronald, abbiamo un problema» gli sibilò in un
orecchio nel vederlo socchiudere
gli occhi e ondeggiare la testa verso di lei in stato comatoso
– ritenendo di
averlo opportunamente svegliato – prima di mollarlo
lì e andare ad aspettarlo
in Sala Comune.
Per
un
qualche miracoloso motivo, il ragazzo la raggiunse in sette minuti
netti –
sufficientemente vestito da evitarle una sfuriata mattutina.
Di
Harry
nessuna traccia.
Il
suo
letto era immacolato e in ordine – se vogliamo sorvolare sui
libri polverosi
ammassati sul cuscino, ovviamente. Non era tornato a dormire.
***
Quando quella
mattina si erano svegliati, era stato fin troppo immediato capire che
qualcosa
non era al proprio posto.
Anzi, che il
mondo intero si era capovolto senza che nessuno dei due se ne fosse
accorto.
Il
primo ad aver
ripreso conoscenza era stato Malfoy.
Probabilmente
perché non abituato a tutta quella luce di prima mattina, o
forse perché un
braccio pesante gli premeva sul fianco, fatto sta che ad un certo punto
si era
trovato – più o meno lucidamente – a
chiedersi per quale motivo si sentisse
così tanto spossato. Che la sessione di studio della sera
precedente gli fosse
stata più deleteria del previsto?
Mugugnando
soddisfatto – perché nonostante un sospetto
indolenzimento a tutto il corpo quello era stato uno dei risvegli
più piacevoli da qualche
mese a quella parte –
aveva fatto per voltarsi, deciso a scendere dal letto e godersi una
più che
meritata doccia bollente, magari seguita da scones e cappuccino.
Poi
– ancora
rigorosamente ad occhi chiusi – il suo naso aveva incontrato
una resistenza decisamente non
prevista. Un ringhio era
nato legittimo dal fondo della gola: se Blaise avesse ancora ammassato
i suoi
abiti sul suo letto mentre dormiva, gli avrebbe bruciato le
sopracciglia nel
sonno.
Ci
mise qualche
lungo secondo a rendersi conto che nessuno
di sua conoscenza possedeva un abito rosa – o per lo meno,
non di quella
tonalità – esattamente come nessuno
aveva una fottuta uniforme con sopra stampata la faccia del Golden Boy.
Nessuno di sua
conoscenza ovviamente.
Reprimendo un
grido di puro terrore – trasformandolo in uno strillo molto,
ma molto
scandalizzato – Draco spinse il petto – su cui si
rese conto di essere rimasto appoggiato
fino a quel momento – con tutte le proprie forze, gettando il
ragazzo giù dal
letto.
«Ehi! Ma che
cazz-»
Cosa
cazzo ci
faceva a dormire tra le braccia di Potter?
Il
sopracitato Salvatore
del Mondo Magico si tirò a sedere, puntellandosi al
materasso e massaggiandosi
il fianco con espressione dolorante. Con sguardo infuriato si
voltò ad
osservare il pazzo che lo aveva svegliato tanto bruscamente, pronto a
fargliela
pagare.
Cercò
inutilmente di mettere a fuoco il volto che torreggiava su di lui,
salvo
ricordarsi di non avere gli occhiali sul naso. Annaspando,
frugò tra le
lenzuola a terra – ma aveva lottato quella notte? –
nella speranza di trovarli.
Fortunatamente li individuò poco distanti e se li
calò deciso in faccia.
Gli
occhi
spiritati di Draco Lucius Malfoy ricambiarono i suoi.
Le
sopracciglia
si aggrottarono quasi inconsciamente.
Che
ci faceva il
malfuretto nel suo letto?
«Malfoy? Ma
cosa-»
«Potter!» lo
interruppe l’altro secco «Che cazzo ci fai nel mio
letto?»
«Veramente stavo
per chiederti al stessa cosa» ribatté piccato,
alzandosi in piedi – lasciare
che lo guardasse mezzo raggomitolato per terra gli dava come
l’impressione di
inferiorità. Non gli stava piacendo proprio per nulla.
Anche se non
capì subito per quale motivo il biondo gli avesse gettato
addosso un cuscino,
strillando scioccato.
«Mettiti
qualcosa addosso, cazzo!»
Sconvolto, Harry
si accorse di essere nudo. Completamente.
Ad
una velocità
assurda – da degno Sekeer qual’era –
afferrò il cuscino e se lo portò a coprire
le parti basse. Anche perché la mattina lui
stava… così.
Notò a malapena
che l’improvvisato compagno versava più o meno
nelle stesse condizioni.
«Cosa cazzo ci
fai nudo nel mio letto?» riprese a strepitare Malfoy, non
appena ebbe appurato
che il moro fosse sufficientemente coperto.
«Che cosa?
Questo non è il tuo letto!» ribatté
piccato, rosso come un tizzone.
«Beh, nemmeno il
tuo!»
Si
fermarono
ansanti, forse accorgendosi per la prima volta di quanto li circondasse
effettivamente. Giusto… dove diavolo si trovavano?
La
marea di
ricordi – evidentemente i cervelli avevano ripreso a
funzionare prima del
previsto – li sommerse prima di poter aggiungere altro.
Harry avvampò più
furiosamente di prima mentre il biondo affondò la faccia nel
secondo cuscino
superstite, soffocando un verso tragicamente simile ad uno squittio.
Cosa
avevano
fatto!?
Cosa cazzo era successo?
Perché!?
Si
lasciarono un
unico sguardo terrorizzato – puro panico, come non era mai
successo prima –
prima di iniziare a raccattare gli abiti sparsi a terra, mentre la
stanza si
modificava seguendo i loro desideri.
Giusto, la
Stanza delle Necessità.
Un
paravento
comparve tra entrambi e le luci si levarono alte lungo le pareti.
Nessuno
specchio apparve a mostrare il loro aspetto – chiaramente
terrorizzati di
guardarsi e scoprire senza
più ombra
di dubbio che no, non era solo un brutto sogno – ma proprio
per quel motivo
alcuni dettagli – importanti o meno – non vennero
notati.
Evitarono di
guardarsi nell’uscire e rimasero a distanza di sicurezza
durante tutto il
tragitto per il primo piano.
Erano talmente
turbati che non si accorsero di aver quasi raggiunto al sala grande.
Così tanto
a disagio che intuirono sono troppo tardi di essere finiti alle spalle
dei
rispettivi amici, intenti confabulare.
Istintivamente –
sempre senza guardarsi – si nascosero dietro ad una colonna,
ben sapendo non
sarebbero riusciti a spiegare per quale motivo fossero insieme, con i
vestiti
spiegazzati e l’aria di chi evidentemente non aveva dormito tutta notte.
Il
povero Ron
sarebbe morto sul colpo, si morse il labbro Harry, profondamente a
disagio.
Malfoy invece,
si chiese cosa diavolo ci facessero Blaise e Pansy in compagnia dei
Grifoni.
«…da nessuna
parte» stava dicendo Hermione allarmata, gesticolando
vistosamente «come
potrebbe essere successo?»
«Cosa vuoi che
ne sappia?» sentirono Zabini borbottare «So solo
che stamattina Draco non era
nel suo letto».
«E nemmeno Harry»
ci tenne a precisare Ron, chiaramente torcendosi le mani – se
Harry lo
conosceva almeno un po’. E lo conosceva.
«Ora abbiamo una
chiara visione dell’ovvio» s’intromise
acidamente Pansy.
«Cosa vorresti
dire?» lo sentirono ribattere.
«Che se devi
aprire bocca solo per darle aria, faresti meglio a stare
zitto!»
«Ma come ti
permetti, sottospecie di serpe boriosa-»
«Smettetela» la
maestrina li fece smettere imperiosamente, riportando la conversazione
al punto
in cui era stata interrotta «non abbiamo tempo di stare qui a
litigare. In
questo momento Harry e Malfoy potrebbero essere dovunque a fare
chissà cosa» e
qui per un qualche misterioso motivo, i due personaggi citati
avvamparono
incontrollabilmente «potrebbero starsi massacrando da qualche
parte del
Castello…»
«O della Foresta
Proibita» ci tenne ad aggiungere Ron, fissato.
«…oppure uno dei
due si sta dando da fare ad occultare il corpo
dell’altro» la ragazza proseguì
imperterrita, come il commento non fosse mai esistito «e io
non credo sia quello che vogliamo,
o
sbaglio?»
«Perché sei
tanto convinta che loro due siano costantemente sul punto di
massacrarsi a
morte?» Zabini ovviamente, signore e signori, e chi altri?
«Io penso invece che
loro ci stiano dando-»
«Non voglio
sentire!» Ron si premette le mani sulle orecchie, in un gesto
infantile «Mi
rifiuto di crederlo».
«Ma non eri tu,
proprio ieri, ad aver detto che sarebbe potuta essere una ipotesi
possibile?»
Blaise aggrottò le sopracciglia, seccato dal fatto di essere
stato interrotto.
Quinta regola
della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts: mai e dico mai interrompere Blaise Zabini quando
sta parlando.
«Sono affetto da
disturbi bipolari» recitò a memoria il ragazzo,
ripetendo parola per parola
quanto gli era stato inculcato da Hermione, in alternativa allo
scorticamento a
mani nude «non sapevo quello che stavo dicendo. Mi sto ancora
curando».
Il
moro
Serpeverde lanciò un’occhiata allucinata
– e un poco spaventata –
all’espressione soddisfatta della riccia. Era spaventosa.
Si
chiese cosa
ci facesse tra i grifoni.
«In ogni caso»
riprese cautamente – più
cautamente,
in effetti «il problema rimane – qualunque cosa
stiano facendo ora. Non
sappiamo dove siano».
«Tutto questo
non era nei programmi» da come aveva iniziato a bofonchiare
le parole, Pansy si
stava quasi sicuramente mordicchiando un’unghia
«non era così che doveva andare».
«Mi sembra
ovvio, altrimenti ora non saremmo qui, a chiederci in quale angolo del
castello
siano ad ammazzarsi di botte» la riccia incrociò
le braccia.
«Non sappiamo se
sia veramente così!» ribatté Blaise,
stufo di vedere la propria opinione
ignorata.
«Quindi cosa suggerisci
di fare?» sbottò la ragazza, sempre più
irritata e infastidita dalla piega che
quella conversazione stava prendendo – oltre che dal gufetto
che le voleggiava
attorno tubando felice «Di chiuderli in una stanza e spiarli
fino a quando non
capiamo quali sono gli effetti collaterali?»
Probabilmente
sarebbero andati avanti così ancora per un bel pezzo, se una
domanda – posta da
una persona purtroppo conosciuta – non li avesse gelati sul
posto.
«Potrei sapere»
perché la voce di Harry fosse tanto gentile, Hermione poteva
solo immaginarlo,
ma ciò non toglieva nulla al fatto che l’aveva
appena terrorizzata a morte «di
cosa state parlando?»
Sconcertato, il
moro uscì allo scoperto – seguito a ruota dal
biondo, strisciando i piedi sulla
pietra e palesando vistosamente – e fisicamente –
la propria presenza. Il
gruppetto che si era voltato allarmato alla sua voce,
sbiancò improvvisamente.
«Hermione…»
Harry sembrò sul punto di dire qualcosa d’altro,
ma le parole gli si bloccarono
da qualche parte nella trachea.
Tacque, mentre
il silenzio scendeva pesante e Ron cercava di non vedere quel sospetto
segno
rosso che ornava il collo candido di Malfoy, così come
evitò volutamente di
notare uno stranissimo luccichio negli occhi dell’amico.
Dopo
un attimo,
i pugni chiusi e lo sguardo furente, Draco fece un passo avanti.
«Voglio sapere
cosa cazzo ci avete fatto!»
Il
tono non ammetteva
repliche.
…
Ed ecco a
vostra caritatevole
disposizione i tre bei risvegli!
Mh, pare
sia arrivato il momento
delle spiegazioni – e noi che sappiamo tutto non diremo
nemmeno bé (lasciamo
che se li risolvano da soli, i loro problemi!!)
Ci tengo
solo a precisare che
piacerebbe anche a me svegliarmi abbracciata a qualcuno –
anche nudo va bene,
sul serio – e che li invidio tantotanto (fosse anche solo per
gettare quel
fantomatico qualcuno giù dal letto, santo cielo, e poter
dire di aver finalmente
passato una notte degna di quel nome invece che essere – come
al solito – con
la sola compagnia del cuscino e un libro…).
E poi,
ammettiamolo, chi non vorrebbe avere un qualcuno da buttare giù dalle coperte?
Avete
notato che man mano che vado avanti
a scrivere, la parlata di Malfoy si fa più scurrile ogni
frase che passa? Non
riesco a farne a meno…
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 10 *** Mai nessuno che si faccia un dannato mazzo di cazzi propri! ***
Reverse.
[Mai
nessuno che si faccia un dannato mazzo di cazzi propri!]
Adesso, a quelle
che sembravano ore o minuti di distanza, si trovavano proprio davanti a
quelle
persone responsabili. Scioccati, tanto per dirne una.
Harry fece un
passo verso i suoi amici – spiazzato, incredulo e con lo
sguardo pieno di
tradimento – senza essere in grado di profferire parola. Ron
si ritrasse
istintivamente, ferito dall’occhiata dell’amico.
«Come avete
potuto farmi questo?» persino la voce gli uscì
tormentata. Si sentiva lacerato
nel profondo. Non credeva avrebbe mai dovuto provare nuovamente quella
sensazione.
Era
già tanto se
riusciva a non piangere, ma solo perché era troppo
arrabbiato. Troppo deluso,
troppo confuso, troppo tutto.
Evidentemente
era arrivato il momento della risposta a tutti i come.
Una pozione.
Come
avessero fatto a lasciarsi andare senza
inibizioni. Come fossero riusciti
ad
arrivare nudi su un letto e, soprattutto, come
era stato possibile che gli avesse detto che forse
lo amava.
Lui,
che non lo
aveva detto a nessuno!
Non
ai suoi
genitori, perché cazzo, non ne aveva mai avuta
l’occasione o il tempo.
Non
a Cho –
perché, ammettiamolo, non era mai riuscito a dire
granché a parte: perché
piangi stamattina/oggi pomeriggio/stasera?
Non
a Ginny,
perché lei era stata troppo impegnata a dirlo per tutti e
due.
Non
a Charlie,
perché non si amavano, ma avevano trovato un ottimo
diversivo ai pomeriggi noiosi.
Non
a Ron o
Hermione – perché, pur amandoli con tutto
sé stesso, avrebbero potuto
fraintendere, quindi no, pessima idea. Specie con Ron.
A
nessuno. Mai.
Fino
a quando
non lo aveva avuto la brillante idea di spiattellarlo a Draco Malfoy.
Che qualcuno mi uccida, era stato il
pensiero, dopo che i ricordi della sera prima gli erano tornati per la
prima
volta in mente, alla ribalta con tanto di luci al neon e indicazioni
lampeggianti.
La
sera prima.
E
anche le due
volte successive, durante il resto della notte.
Per
Godric,
aveva tutto stampato a fuoco nel cervello. Non sarebbe più
riuscito a guardare
una cravatta senza ricordare… o i suoi occhiali, dopo che li
aveva messi
addosso a Draco, quando era stato lui a…
«Harry!» ringraziando
il cielo, Zeus, Morgana e tutti i vichinghi per l’esistenza
di persone come
Hermione, i fotogrammi – precisi, precisissimi –
della notte appena trascorsa
vennero interrotti dalla voce angosciata dell’amica che stava
cercando di
dirgli qualcosa.
Salvo poi
ricordarsi che lei era una della cause di tutto quello.
«Niente Harry,
Hermione» riprese, lucido «non
c’è giustificazione, non c’è
scusa di sorta che
tenga. Non osare nemmeno dirmi…»
«Possiamo
spiegare!» s’intromise Ron, disperato.
«…che potete
spiegarmi, ecco appunto» concluse il moro, stringendo i pugni.
Una
pozione, per
le mutande di Merlino. Una fottutissima pozione che gli aveva mandato a
puttane
il cervello.
«Amico, eravate…
insopportabili! Dovevamo fare qualcosa» riprese Ron, la voce
sempre più
angosciata e le orecchio rosse dalla vergogna.
«Potevate
parlarci» nessuno – forse
– fece caso
al fatto che Harry avesse parlato anche a nome del biondo –
che per inciso non
era ancora riuscito ad aprire bocca, lasciando nel disagio
più profondo i suoi
due amici, che rimanevano a fissarlo tesi. Pansy come una corda di
violino.
Zabini sembrava
tranquillo, ma con lui non si poteva mai sapere.
«Non sarebbe
servito a niente. Non è mai servito»
ripeté con convinzione la ragazza «come
quella volta in cui eri convinto che Malfoy fosse un Mangiamorte e
stesse
architettando qualcosa. Ci abbiamo provato, ma tu non hai voluto
sentire
ragioni. L’hai seguito, pedinato e spiato per tutto
l’anno!»
Per
un qualche
strano motivo, Zabini sembrava un po’ troppo interessato a
quel lato del moro
che non aveva ancora avuto modo di scoprire. Anche Pansy, pur
continuando a
fissare le spalle immobili di Draco, immerso nella lettura del volume
di
pozioni, si era spostata leggermente, segno che era rimasta in ascolto.
«Beh, i fatti
hanno dimostrato che avevo ragione, o no?»
«Te lo concedo»
ammise la ragazza «ma non sapevi quando smettere, non ti
staccavi da lui. Come
sempre».
«Scusa un attimo»
la bloccò irritato – non aveva certo intenzione di
far scoprire alle altre due
Serpi in ascolto i suoi altarini «ma come siamo arrivati da
quello che avete
fatto voi a questo?»
Hermione
deglutì. In qualche modo stava iniziando a sembrargli
pericoloso, con quel tono
e quella espressione. Esattamente come quella volta, durante la
guerra…
«Amico» ritentò
il rosso, cercando di tirare un po’ di acqua al suo mulino
«dovevamo trovare un
modo per-»
«Certo» lo
interruppe Harry gelido, glaciandolo sul posto «e questo
implicava farmi- farci
assumere» si corresse lanciando una fugace occhiata ad una
certa testa bionda,
ancora immersa nel volume di pozioni che Hermione gli aveva dato
«una pozione
dal Reparto Proibito» fosse stato più presente,
avrebbe anche iniziato a battere
le mani per congratularsi dell’idea più deficiente
del secolo «bravi, bel
lavoro».
«Harry» tentò
Hermione supplicante.
«Harry un cazzo»
il ragazzo non era volgare – di solito, quando non scopriva
essere stato
avvelenato dalle persone a cui teneva di più
«credevo foste miei amici»
s’interruppe un momento, poi riprese, la voce spezzata, tanto
che persino sul
cuore fermo di Pansy iniziò ad intravedersi qualche crepa
«i miei migliori
amici».
Il
silenzio
scese colpevole e pesante. Detta così, suonava terribilmente
brutta.
Proprio in quel
momento, si udì uno sbuffo. Molto più simile ad
un ringhio. O ad un sibilo, a
pensarci bene.
Draco riemerse dal
tomo con la faccia livida, provando l’esistenza di tinte al
di là del pallido.
«Tu mi hai fatto
bere una pozione fatta con fiori babbani!» sibilò
piantando un paio di occhi
allucinati in quelli blu fiordaliso dell’ex
– così aveva deciso – migliore amico.
Se
Blaise si
fosse aspettato di vedersi arrivare quel libro pesante – e
dagli spigoli
dolorosamente rivestiti in metallo – in testa, rimase deluso.
E lontano
dall’infermeria, per il momento.
«Non credo che
il punto sia questo» cercò di comunicargli, usando
quanto più tatto possibile
perché con i pazzi non si poteva mai sapere.
Harry si
avvicinò per vedere meglio la lista di ingredienti elencati,
trovandosi
improvvisamente nel raggio di azione della Serpe, che puntò
la mano nella sua
direzione, pur continuando ad avadakedavrizzare
Zabini con gli occhi.
«Ho bevuto
qualcosa contenente del suo sperma»
strillò allora, ficcandogli un
indice nella guancia nella foga di sottolineare di chi fosse.
«Come se
stanotte tu non lo avessi fatto» bofonchiò Harry,
trovando difficile
pronunciare correttamente le parole, con un dito che cercava di
penetrargli in
bocca attraverso la pelle.
«Stanotte era
diverso, Potter!» continuò a strepitare incurante
del fatto che non solo si
trovavano in mezzo al corridoio – e non uno qualunque, ma
quello che dava sulla
Sala Grande – ma anche che le porte erano spalancate e la
colazione era appena
stata servita ad un’accozzaglia di gente che generalmente
rispondeva al nome di
studenti e professori della
Scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts.
«Oh sì?» Harry
incrociò le braccia alterato «E in cosa sarebbe
stato diverso, sentiamo!»
«Tanto per
cominciare al momento non mi sei sopra, né mi stai tenendo
legato alla testata
di un letto» precisò il biondo con aria di
sufficienza.
«Chiedo scusa
principino, se vuoi ora rimediamo» ribatté
sarcasticamente Harry nell’iniziare
a sfilarsi la cravatta «adesso vedo di legarti per bene al
primo banco che
trovo, così ricominciamo da capo e tu la smetterai di aprire
bocca per dire
cazzate».
«Scusa tanto se
parlo, sfregiato» Draco arricciò il labbro
superiore, incrociando a propria
volta le braccia con fare polemico.
«Non serve
scusarti, tanto tra poco non potrai fare altro che pregarmi di
prendertelo in
bocca. Ancora» la smorfia irritata del
moro si era rapidamente
trasformata in un ghigno che stonava spaventosamente con il suo essere
Grifondoro – ma che, come molti in seguito commentarono,
sembrava fatto apposta
per aleggiare sulle sue labbra.
«Non dire
cazzate, sarai tu ad implorarmi di ficcarmelo nel-» le labbra
di Draco Malfoy
si bloccarono, socchiuse, ad una decina di centimetri da quelle di
Potter. Una
sorta di brivido gelato gli percorse la schiena e, per un qualche
motivo, rimase
immobile, incapace di proseguire oltre.
Ma
forse la
causa erano gli occhi spalancati a palla di tutto il corpo studenti e
insegnanti.
…
Alor, sa
va?
Ma,
guardate, non saprei proprio cosa dire (e quando mai?) ma stavolta
proprio non
saprei.
Meglio
stare zitti?
O
riempire questo angolo di fesserie?
A
qualcuno interessa che stamattina sono scivolata e ho battuto la testa?
(e qui
chi mi conosce potrebbe solo scuotere la testa rassegnato). Vi assicuro
che il cerotto
pulsa dolosamente – questo si chiama contrappasso.
Be’,
è vero, forse si spiegano molte cose…
Capitolo
breve stavolta, non ho avuto molto tempo per lavorarci, è
stata una settimana a
dir poco allucinante, spero vi siate divertiti ugualmente!
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 11 *** Sotto a chi tocca ***
Reverse.
[Sotto
a chi tocca]
«Non
dire cazzate, sarai tu ad implorarmi di
ficcarmelo nel-» le labbra di Draco Malfoy si bloccarono,
socchiuse, ad una
decina di centimetri da quelle di Potter. Una sorta di brivido gelato
gli
percorse la schiena e, per un qualche motivo, rimase immobile, incapace
di
proseguire oltre.
Ma
forse la causa erano gli occhi spalancati a palla
di tutto il corpo studenti e insegnanti.
¨¨
Molti, tra gli
studenti e gli insegnanti della scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts, si
erano alzati quella mattina gemendo per le lezioni, disperandosi per i
compiti
non fatti e lamentandosi per la mancanza di svago – tradotto
in computer o
televisione dai nati babbani, o più comunemente chiamati
mezzosangue, e in battute
di caccia al lemure con scope truccate per gli altri. O Quidditch, a
pensarci
meglio.
Tanti si erano
trascinati stancamente in Sala Grande, con la speranza di riuscire a
risvegliare quel poco di cervello che sarebbe servito a riuscire
indenni alle
prime tre ore di lezione.
Fiumi di caffè
erano stati consumati proprio a questo scopo.
Ed
ora, quegli
stessi litri, rischiavano di risalire alla scena inaspettata
– e totalmente
fuori luogo, per loro, poveri cari – di Harry Potter e Draco
Malfoy che si
scambiavano gentilezze sulle porte della Sala.
Peccato solo non
fossero le solite cortesie a cui erano abituati – vedi
scazzottate, maledizioni
e improperi, con i quali sarebbero anche potuti convivere –
piuttosto con
frammenti di racconti hard seriamente avvenuti sopra le loro teste di
ignari
studenti dormienti.
A
quel pensiero
un ragazzino del primo anno di Grifondoro – probabilmente
quello che pochi
giorni prima aveva chiesto ad Harry di passargli la salsa –
rigettò quanto era
riuscito a mangiare per colazione, dritto sui piedi di uno stralunato
Dean –
che nemmeno se ne accorse.
Ma
c’era chi
versava in condizioni peggiori.
Severus, ad
esempio. Seduto per metà sulla sedia – da dove
aveva rischiato di scivolare a
terra alla comparsa dei nostri due protagonisti – aveva la
bocca spalancata,
gli occhi fuori dalle orbite ed era talmente tanto chinato in avanti
che, si
fosse lasciato andare ancora un po’ alla sorpresa –
e al disgusto – sarebbe
finito dritto dritto nel piatto di porridge della sua esimia collega.
Ma
come aveva
osato Draco cadere tanto in basso da mettersi
con Potter? Da scopare con lui!
Per
Salazar, si
stava sentendo male.
Neville,
seminascosto dietro Cormac McLaggen, era arrossito furiosamente a
quelle parole
e si era tuffato nel suo caffèlatte con tanta foga da
rischiare di strozzarsi.
Una trasognata e incredula Calì gli diede alcune pacchette
sulla schiena, senza
nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Motivo per cui
rischiò di trovarsi quelle dita unghiate di perfetta
manicure dritte in un
occhio.
Hagrid
borbottava scioccato.
La
professoressa
McGranitt, come gran parte del corpo studenti e insegnanti, fissava
attonita la
scena.
Ovviamente ad
esclusione della Cooman, che non si era resa conto dello scompiglio,
continuando a sorseggiare nella beata ignoranza la sua tazza di tisana
alla
malva.
E un
numero
imprecisato di gente era arrossita in modo incontrollato. Qualcuno
fischiò –
avrei detto i gemelli Weasley, ma poiché non si trovavano
più a scuola da
parecchio, mi sarei sbagliata e non di poco. In effetti avrebbe potuto
anche
essere stato Dobby, forte di contentezza che i suoi due Padroni
avessero deciso di darsi una mossa.
Ma
le
espressioni più impagabili si ottennero da coloro che si
trovavano
accidentalmente nel raggio di azione più ravvicinato alla coppia (?)
Pansy sembrava
sul punto di vomitare, tanto teneva in fuori il mento e la carnagione
si era
fatta del colore dei vermicelli appena nati. Un poco sano verde
pallido, per
chi fosse interessato all’argomento.
Ronald, poco
distante, avrebbe imitato il suo esempio non si fosse trovato
improvvisamente
privo di sostegno – le sue gambe avevano ceduto – e
si fosse accasciato a terra
con un’espressione di puro panico e sconcerto. In effetti, si
poteva dire che somigliasse
molto a qualcuno che aveva appena smesso di vomitare lumache ed era
stato Confuso
per far si che non si accorgesse di essere sommerso da quegli esserini
striscianti.
Hermione
boccheggiava la stessa frase, che somigliava molto ad un “che
cosa” misto a
“legato al letto”, “metterlo
in…” e molte altre espressioni appena udite e che
non riusciva a pronunciare e forse nemmeno pensare. Era arrossita
furiosamente,
segno che in ogni caso aveva ben
compreso quanto era successo. Compreso dannatamente bene, per sua
sfortuna.
Forse solamente
Blaise era riuscito a mantenere una parvenza di espressione umana, ma
nessuno
ci fece caso. In ogni modo si sentì in dovere di far cadere
la sua sigaretta –
segno di chiaro sconvolgimento. Altrimenti non avrebbe mai osato
rischiare di
rovinarsi la camicia e il suo aspetto perfetto
in favore di un vizio tanto grossolano.
Nel
silenzio e
sconcerto generali, due voci dalla stessa identica sfumatura di
terrore,
esclamarono la stessa parola.
«Ops…»
***
«Qui c’è
qualcosa che non va».
Ma
che bravo,
ecco l’illuminazione della giornata.
Hermione fulminò
Blaise e il suo commento inopportuno, chiarendo specificatamente dove
potesse
infilarselo.
Zabini sorrise
pigramente a quella occhiata omicida e tornò a soffiare
fuori il fumo della
boccata precedentemente persa – segno di sconvolgimento,
ricordate? – cercando
di ignorare un tale Ronald Bilius Weasley che gemeva agonizzante,
accasciato
sulla sedia accanto alla sua.
Da
quando si era
ripreso a sufficienza da potersi alzare in piedi – e si parla
almeno di venti
minuti dopo la fuga dei due colpevoli – erano riusciti a
trascinarlo lontano da
sguardi indiscreti, nascondendosi nel bagno di Mirtilla – la
quale se ne stava
gongolante in cima ad una colonna, senza perdersi una sola sillaba
– e iniziare
una discussione improntata sul: siam
fottuti, che facciamo?
Hermione, quella
che aveva fortunatamente materializzato delle seggiole prima che
l’amico di
sempre cadesse nuovamente a terra, scoccava al fantasma, di quando in
quando,
un’occhiata preoccupata. Non sapeva esattamente quanto
sapesse a riguardo –
della pozione, dei loro errorini e
di
tutta la faccenda, per non parlare poi di ogni singolo segreto di
quella scuola
di frustrati adolescenti – e questo la metteva in una
posizione scomoda. E
fosse andata in giro a raccontare qualcosa?
Ma
in fondo,
rifletté in un’ottimistica visione del mondo, se
Mirtilla non fosse stata una
ragazza (fantasma) discreta per quanto riguardava le loro allegre
scorribande più
o meno illecite, probabilmente tutti loro si sarebbero già
ritrovati davanti al
Wizengamot con una decina e più di accuse – a
spaziare tutti i sette anni
passati in quella scuola.
Forzandosi
comunque di non fare qualcosa potesse scontentarla, tornò a
fissare le mani
intrecciate sul suo grembo.
Cercando di
ignorare tutti attorno a lei.
Avevano sospettato
fosse successo qualcosa. Sapevano era successo qualcosa, altrimenti i
due non
sarebbero spariti così. Ma di certo non li aveva nemmeno
sfiorati potesse
essere la cosa che era
effettivamente
successa.
Merlino, nemmeno
nei loro sogni più sfrenati avrebbero potuto immaginare
che…
No,
non riusciva
nemmeno a pensarci.
Hermione si
portò entrambe le mani alle orecchie, come potesse
scongiurare qualsiasi
dichiarazione politicamente scorretta. Come se Malfoy stesse ancora
tutto
intento a spiattellare alla scuola intera i trascorsi delle notte
precedente.
Harry e Malfoy
assieme a fare…
«Ancora non
riesco a crederci» Pansy, tornata quella di sempre almeno di
facciata,
camminava incessantemente avanti e indietro per tutta la lunghezza
della stanza,
battendo rumorosamente i piedi e imprecando di quanto in quanto. La
ragazza era
forse una delle persone più provate da quella faccenda.
Ovvio, il
primato lo deteneva Ron, ma era stata lei ad iniziare il biondo
– ora
catalogato come soggetto altamente psicolabile – al sesso, al
quinto anno.
Insomma, la sua prima volta era stata con lei!
Va
bene, da
ubriachi e quando ancora lei pensava che lui fosse il meglio che
potesse
capitarle nella vita, ma quella è un’altra storia.
Immaginarsi
Draco con Potter… rabbrividì.
Per
Salazar,
allucinante.
«Cosa possiamo
fare?» chiese ad Hermione, cercando di interrompere la marcia
che stava
portando avanti da troppo tempo «Voglio dire, come possiamo
rimediare?»
«Quello che è
successo è chiaramente indotto dalla pozione»
esordì Hermione con fare sicuro –
per nascondere il dubbio celato dietro le sue parole, gentilmente
offerto da
Zabini, tasse escluse «quello che hanno fatto-»
s’interruppe per scacciare
dalla memoria le immagini che il racconto frazionato di quei due le
erano
fiorite in mente «è stato un errore catastrofico,
grande quanto Hogwarts».
«Grande quanto
Malfoy Manor» ci tenne a precisare il moro, spazzando dalla
gamba una microparticella
di polvere.
«La casa di
Malfoy è più grande di Hogwarts?» si
riscosse Ron scioccato – troppe per lui
quel giorno – iniziando a metabolizzare la notiziona del
momento.
Hermione lo
fulminò per quell’interrogativo fuori luogo, pur
non riuscendo ad impedire che
il rosso intercettasse le sopracciglia sollevate di Zabini ad
espressione, in
quel minimo movimento, della veridicità della cosa.
Ronald
ricominciò a deprimersi.
«Dobbiamo fare
qualcosa» ripeté la ragazza, tornando a torturarsi
i capelli.
«Sì, ma cosa?»
chiese Pansy alzando le braccia al cielo – al soffitto sporco
e umido del
bagno, dove Mirtilla era tutta intenta a fare finta di nascondersi. Il
fantasma
sembrava decisamente un po’ troppo elettrizzato da tutto
quello.
«Dobbiamo
trovarci un altro posto» borbotto Hermione, troppo piano
perché potessero
sentirla.
«Come?» le
chiese la mora, che evidentemente ci sentiva benissimo.
«Ho detto che
dobbiamo fare qualcosa» ripeté la riccia sbuffando.
«Questo l’ho
capito» ripose l’altra con ovvietà
«non hai fatto che ripeterlo da quando siamo
qui».
«E ci sarà un
buon motivo, no?» ribatté piccata.
«Beh, non mi
pare che finora siamo giunti a chissà quale
conclusione».
Per
un momento
la riccia smise di considerare Zabini come il più irritante
tra le Serpi e
indirizzo la propria frustrazione verso la mora verdeargento.
«Ma voi
Serpreverde siete tutto così?» sbottò
piccata «Così fastidiosamente-»
«Hermione!» Ron
– che sembrava essersi improvvisamente ripreso – si
alzò di scatto dalla sedia
su cui era rimasto accasciato fino a quel momento, il volto illuminato
da una
rivelazione.
«Cosa Ronald?»
la ragazza non avrebbe più tollerato errori –
glielo si leggeva negli occhi –
considerato poi che le avvisaglie di un’emicrania allucinante
le si stavano
parando all’orizzonte.
«Possiamo fare
qualcosa!» esordì improvvisamente allegro.
Blaise lo guardò
interessato, curioso di conoscere quello che le sue puffole avevano
prodotto, a
furia di sbattersi contro. Aveva sempre pensato suonasse più
elegante di
cellule in corso di sinapsi.
«Possiamo
cercare un libro di antidoti! Ci deve per essere! Oppure nel libro
stesso»
aggiunse indicando il volume che Hermione si stava trascinando dietro
da una
settimana a quella parte «non è possibile che non
sia indicata una formula o
una pozione per contrastare gli effetti della Reverse!»
«Non lo so…» la
ragazza adocchiò, improvvisamente dubbiosa, al libro
«non mi pare di aver letto
niente».
«Oppure tornare
nel Reparto proibito» insistette il rosso «tra le
migliaia di libri ce ne sarà
pur qualcuno sull’argomento».
«Non dire
sciocchezze Ronald!» lo rimbeccò aspramente nel
ricominciare a sfogliare il
testo con espressione concentrata – con tutta
l’intenzione di scovare qualunque
dettaglio le fosse sfuggito in precedenza, e nella fattispecie una
certa
formula per contrastare un certo tipo di effetti «Non sono
certo migliaia, ma
milioni!»
«E credi sul
serio che esista qualcuno che conosce la pozione – e che non
ci denunci?» Pansy
scosse la testa rassegnata, completando la risposta della ragazza,
senza
accorgersi cha la riccia si era improvvisamente irrigidita, come avesse
avuto
un’idea.
«Giusto»
Hermione assottigliò gli occhi e si voltò con
millimetrica precisione per fare
in modo di fissare il migliore amico di
sempre negli occhi – inutile dire che lui si
sentì in dovere di
rabbrividire «qualcuno c’è».
***
«Piton non si
trova!»
Hermione serrò
gli occhi, portandosi le dita alle tempie doloranti e desiderando
l’autorizzazione per avadakedavrizzare
l’ormai ex amico di sempre.
Aveva
chiesto una sola e semplice cosa a Ron, e non era stato in grado di
fare
nemmeno quella. Per un attimo si chiese se la costante vicinanza con le
Serpi
potesse averla influenzata in qualche modo.
«Hai provato
nell’Aula di pozioni?» mormorò
seccamente, lasciando chiaramente trasparire
quanto lo trovasse idiota.
«Certo» borbottò
il rosso offeso «e in quella di Difesa, nella Sala Grande, in
Aula Professori,
in Biblioteca e nelle cucine» per un attimo
rabbrividì «sono andato persino a
bussare alla porta dei suoi alloggi» alzò un
braccio, sbottonandosi il bottone
del polsino «guarda, ho ancora la pelle
d’oca!»
Morgana, dammi la
forza!
«E cosa pensi
possa farci nelle cucine?» gli chiese lentamente
«Era lì ad aspettare te per
vedere se conoscevi l’ingresso – che dovrebbe
essere segreto a noi studenti –
pronto a toglierti una marea di punti?»
Ron,
che non ci
aveva pensato minimante, preferì rimanere in silenzio,
lanciando un’occhiata di
insolita richiesta di complicità in direzione di una seconda
ragazza, anche lei
seduta a quello stesso tavolo.
Fortunatamente,
per quella volta avevano optato per un’aula vuota piuttosto
che la biblioteca –
se si fossero presentati ancora una volta tutti insieme Madama Pince li
avrebbe
gettati in pasto alla Piovra. Per non parlare del giusto sospetto che
avrebbe
animato la maggior parte degli studenti – per non parlare dei
professori. Mentre,
al contrario, quegl’unici due che avrebbero dovuto
preoccuparsi non sarebbero
andati tanto per il sottile.
Probabilmente
avrebbero fatto due più due – ed era anche ora
– e avrebbero attuato la loro giusta
vendetta sulle loro teste.
O
anche qualcosa
più in basso, si trovò improvvisamente a
rabbrividire il rosso, lasciando per
una volta che il terrore derivante dall’essere il migliore
amico del Salvatore
del Mondo Magico superasse quello della Migliore Studentessa degli
ultimi
vent’anni. E del quasi
peggior nemico
del figlio di uno dei peggiori mangiamorte in circolazione prima che il
sopracitato Salvatore non li togliesse di mezzo.
Come
aveva fatto
a non mettere in conto questa eventualità?
Perché non aveva
dato ascolto a Neville, quanto ne aveva avuta l’occasione?
«A cosa stai
pensando Ronald?» la voce di Hermione era gelida, e
improvvisamente il ragazzo
si accorse di non aver sentito una parola di quello che gli aveva
detto.
Deglutendo la osservò tamburellare le dita sul volume di
pozioni che aveva al
fianco.
«Cerca di
concentrarti» lo riprese freddamente nel vederlo tentare di
tornare sul pezzo «c’è
qualcosa che io posso considerare di una qualche rilevanza?
Un’informazione che
non mi hai ancora detto?»
In
effetti c’era
un’altra cosa.
Hermione,
intercettando quel fremito di esitazione nella sua espressione, gli
piombò
addosso come un falco.
«C’è
qualcos’altro che devi dirmi?» gli ruggì
ad un niente dal naso lentigginoso – e
qui vediamo un’improbabile compassionevole Pansy Parkinson
che si chiede se per
caso tra quei due non sia sempre così tra loro. Per un
attimo – breve, ma per
sempre presente – sentì di provare una punta di
compassione per quel Weasley,
un minimo di comprensione e anche quel tanto che bastava di beneficio
del
dubbio.
Forse non era
così sciocco come poteva sembrare ad una prima occhiata.
Magari quella era una
facciata difensiva per avere una buona scusa ed evitare di vedere la
propria
faccia usata come lima per unghie dall’amica
di sempre.
Nel
contempo, il
volto di Ron era impallidito precipitosamente. Ma cos’era
quella donna? Una
strega?
In
effetti era
proprio così, si trovò a constatare nel vedere la
massa riccia della compagna
circondargli l’intero campo visivo non fosse occupato dal suo
viso corrucciato.
Era una donna diabolica.
«Ecco…» esordì
schiarendosi rumorosamente la gola, nel cercare le parole adatte
«c’è una voce…»
s’interruppe nuovamente, tossicchiando a disagio.
«Che voce?» gli
mise pressione la ragazza – che forse non era del
tutto sicura di volerlo sapere.
«Un- un
pettegolezzo» precisò, senza tuttavia accennare
alcuna intenzione di aggiungere
altro.
«E tu credi che
questa affermazione contenga qualcosa in più della
precedente?» gli sibilò
Hermione afferrandogli il braccio con una mano, come avesse voluto
scrollarlo
per fargliela sputare fuori «Sapevo che le tue
facoltà mentali sono state
rovinate da qualche bolide vagante, ma non pensavo a
tali livelli di idiozia».
Ci
stava andando
giù pesante, come una Serpeverde. Blaise non sapeva se dirsi
oltraggiato o
ammirato, da quel lato nascosto della Granger.
Nella
fattispecie, il volto della riccia Grifondoro era illuminato
– ombreggiato, se
si voleva essere del tutto sinceri – da una smorfia seccata,
molto simile ad un
ghigno, mentre gli occhi erano illuminati da una luce febbrile.
In
due parole: voleva sapere. Di
sicuro stavolta.
Subito.
Il
grande e
grosso (e alto) Ron, cercò di reprimere il sempre
più pressante desiderio di
chiudersi da qualche parte da inveire contro la vita, tentando nel
contempo di
trovare la parole adatte a dire
quanto era venuto a conoscenza.
Come
avrebbe
potuto dire che tutta la scuola
spettegolava sul fatto che il Golden Boy e il Principe delle Serpi ci
davano
dentro come ippogrifi in calore!?
Certo, magari la
versione vera a propria non era proprio così – e
per loro che conoscevano la
verità, sarebbe stato parecchio difficile credere a quelle
parole – ma
l’effetto sarebbe stato pur sempre devastante.
Per
lui, in
primo luogo.
Ancora una
volta, da quando erano spariti dalla circolazione, Ron si chiese che
fine
potessero avere fatto il suo migliore amico e il Serpeverde.
Che
si fossero
buttati dalla torre di astronomia per la vergogna?
«Quale
pettegolezzo?» gli sibilò nuovamente la
Caposcuola, scrollandolo con forza e
affondandogli le unghie nella pelle.
Il
rosso
sobbalzò.
«Che Harry e
Malfoy se la fanno assieme» gli uscì dalle labbra
prima di poter riflettere.
Hermione
spalancò lentamente gli occhi, liberandolo dalla presa e
allontanandosi
leggermente. Ron fece altrettanto, portandosi fuori dal suo raggio di
azione e
più vicino a Zabini, che sembrava essere l’unico
lì in mezzo a possedere una
qualche forma di calma e autocontrollo a prova di dissennatore.
Il
sopracitato
moro Serpeverde gli lanciò un’occhiata obliqua
prima di prendere un’altra
boccata dalla sigaretta che teneva tra due dita. Aveva perso il conto,
a che
numero era salito?
Il
vecchio
Lucius, se quella storia fosse giunta alle sue orecchie, avrebbe dato
di matto.
Nel
frattempo
Hermione aveva portato una mano alla bocca, riflettendo freneticamente.
«La situazione è
anche peggio di quanto mi aspettasti. Provate anche solo ad immaginare
se
questa storia trapelasse dalle mura della scuola… o peggio,
se arrivasse alle
orecchie di qualche professore».
«Ma è già
arrivata alle orecchie di qualche professore» Blaise sembrava
aver sviluppato
un insano divertimento nel cercare di sconvolgerla in ogni occasione,
beccandosi l’ennesima occhiataccia «dimentichi che
Piton sa».
«Beh, e allora?
È proprio per questo motivo che stiamo cercando lui e non
Silente!» gli rispose
piccata la riccia «Ma tu dimentichi che Piton non si trova!
Se sapesse sul
serio non credo che a quest’ora se ne starebbe nascosto in
qualche oscuro
anfratto, lasciando che il suo pupillo si faccia sbat-» si
bloccò fulminea,
probabilmente realizzando solo in qual momento quanto era stata sul
punto di
dire.
«È vero, hai
perfettamente ragione» spesso Pansy si chiedeva
perché lasciasse così tante
volte la parola a Blaise, questo si chiese nel vederlo rispondere
nuovamente
per le rime alla riccia; magari, gli avesse tappato la bocca in
un’occasione o
due, molte delle loro grane non sarebbero mai arrivate a bussare alla
porta dei
sotterranei «probabilmente si sarà impiccato dalla
vergogna di sapere il
proprio figlioccio tra le gambe del
Bambino-che-è-sopravvissuto, che ora tanto
bambino più non è».
«Ma che finezza»
commentò piano la Serpeverde, ignorata dai più e
guardata con timore da Ron,
che temeva potesse entrare anche lei nel circo senza fine che stava
diventando
quella conversazione – inizialmente nata come unica
possibilità di sistemare
le cose.
«In ogni caso
non si trova» ribadì Hermione battendo un piede e
incrociando le braccia «quindi?
Che facciamo?»
«Nel libro»
Blaise indicò il volume da cui era stata presa la ricetta
della pozione
somministrata una settimana prima – era veramente solo una
settimana? – ai loro
amici «non esiste un antidoto?»
«Se fosse stato
segnato credi forse che ora avremmo bisogno del professor
Piton?» il tono della
ragazza si stava avvicinando pericolosamente a vibrazioni isteriche
«E non sono
riuscita a trovare niente in Biblioteca! Sembra che non abbiano il
volume
dedicato agli antidoti!»
«Non potrebbe
essere invece che non l’hai trovato?»
s’informò in tono inaspettatamente
cortese Pansy, capendo che sarebbe stato il caso di tastare il terreno
con
tatto.
«Impossibile»
rispose sicura.
«E chiedere a
Madama pince?» Ron s’intromise, dimenticando quanto
il proprio candore in
quelle situazioni fisse estremamente fuori luogo. Se non altro se ne
accorse
nel momento in cui Hermione lo guardò come se desiderasse
sbranarselo vivo.
«Ovviamente no,
Ronald!» ribatté «A meno che non volessi
beccarmi una punizione! Stiamo
parlando di un volume del Reparto Proibito! Avrei dovuto giustificare
il mio
interesse, spiegare a cosa mi servisse e chiedere al professor Silente
di firmarmi
un permesso per consultarlo, ma che bella idea…»
«Ma chiedere-»
boccheggiò impreparato – per non dire ferito
– al tono e all’astio mostrati
dalla compagna di casa. Da quanto, esattamente, era diventata tanto
bisbetica?
Sarebbe morta zitella avesse continuato così.
«Stessa cosa!»
sbuffò di rimando senza dargli l’occasione di
concludere la frase «avrei dovuto
in ogni caso spiegare il mio interesse per quella pozione».
«E qualcun altro
che-» tentò di pigolare Ron, subito interrotto da
una fulminata malevola.
«Certo» sibilò
sarcastica la riccia «perché di esperti in pozioni
ne trovi uno ad ogni angolo.
Ne è piena così Hogwarts, vero?»
Blaise emise una
breve quanto perfettamente udibile risatina, che fece voltare tutti
nella sua
direzione.
«Che hai tanto
da sghignazzare?» gli chiese.
«C’è una persona
che potrebbe saperlo, in effetti…»
…
E chi
sarà mai?
*Io mi ostino a fare la gnorri, ma
mi
chiedo se qualcuno ci creda…*
Oggi, per
mancare alla cortezza (so perfettamente
che il mio uso di questo
termine è discutibilmente
improprio, ma sono stanza e reduce
da
una bevuta e non mi va di pensare a qualcosa di maggiormente
appropriato,
‘kay?) ne ho postato uno più lungo!
Vi auguro
una buon proseguimento e
regalerò un bacio a chi indovina chi sarà quel
fantomatico qualcuno!
bye
NLH
|
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Capitolo 12 *** La piega della vita si fa sempre più strana, ma ancora c’è qualcuno che non se ne accorge ***
Reverse.
[La
piega della vita si fa sempre più strana, ma ancora
c’è qualcuno che non se ne
accorge]
Blaise non ebbe
bisogno di girare tutto il castello per trovare Paciock.
Non
si diresse
in biblioteca, come gli aveva consigliato Hermione – certa
che il ragazzo
sarebbe stato lì fino a quando non fosse stato in grado di
fare, senza
l’ausilio di nessuno, un tema di pozioni.
Hermione era una
cara ragazza, ma a volte tendeva a dimenticare di appartenere al genere
umano.
Preferì evitare
di seguire l’idea di Weasley e chiedere a Mirtilla
Malcontenta – ogni volta che
aveva la sfortuna di incrociare quel particolare fantasma, si trovava
costretto
ad inventare una scusa dietro l’altra per non rivelargli che
il suo Draco non sarebbe mai
più passato
a trovarla, che trasaliva ancora quando sentiva pronunciare il suo nome
e che
il sopracitato sembrava aver perso interesse per le donne come specie,
non
preferendo gli uomini in generale, ma uno in particolare.
E
che questo
fantomatico uno era niente poco di meno che l’altro suo Potter.
Non
ascoltò
neanche Pansy, che gli suggerì di cercare sotto ogni pietra
e dentro ogni
calderone per vedere dove potesse essersi nascosto.
Come
se Neville
fosse ancora il ragazzino grassoccio e terrorizzato del loro primo anno.
Gli
bastò uscire
dal portone principale, costeggiare per un pezzo le solide mura ed
entrare
nella più buia e colma serra della scuola. Aveva notato
– per caso, badate, non
si era mica messo a pedinarlo! – che capitava spesso che il
Grifondoro andasse
a rifugiarsi nelle serre quanto aveva bisogno di pensare o nascondersi
dal
resto del mondo.
Varcando la
soglia – e venendo investito da un mare di odori
più o meno piacevoli – storse
il naso e allungò il collo alla ricerca di un lembo di
stoffa rosso-oro (nella
speranza di portare a termine la missione senza essere costretto ad
impuzzolentirsi più dello stretto necessario).
Speranza vana,
perché il buio gli permise sì e no di capire che
proprio di fronte a lui c’era
un esemplare parecchio vivace di Mimbulus
Mimbletonia che, dalla dimensione e dal sospetto colore verde
mela, doveva
avere almeno diciassette anni.
Non
nascose a sé
stesso che si chiese, nel girarle attorno cautamente, se per caso
quella pianta
non potesse essere Neville, trasfiguratosi come giusto contrappasso per
amare a
tal punto quella materia.
Certe volte si
lasciava andare a voli pindarici del tutto fuori luogo,
rifletté nello scorgere
una luce fioca e traballante che illuminava a malapena la serra piena
zeppa di
vegetali più o meno amichevoli.
Neville era
seduto al bancone di lavoro dove di solito la professoressa Sprite
nascondeva
le sue orride gonne color verde pistacchio e amaranto. Era chino e
concentrato
su qualcosa e si stava mordendo ossessivamente il labbro inferiore.
Blaise cercò di
cancellare quel dettaglio, concentrandosi su quanto stava facendo.
Il
Grifondoro
era tutto intento a scrivere su un pezzo di pergamena sgualcito e pieno
di
ditate con la sua grafia arrotondata. Teneva gli occhi socchiusi per la
concentrazione e si mordeva il labbro inferiore con insistenza.
Aveva detto di cancellare quel
dettaglio!
Il
Serpeverde si
lasciò sfuggire uno sbuffo divertito –
tragicamente simile ad una risata – che
lo fece voltare dalla sorpresa. Il moro ghignò apertamente
nel vederlo riconoscerlo
e spalancare ancora di più gli occhi. Due piattini color
cioccolato fissi su di
lui.
Neville si sentì
un’inguaribile deficiente, nel momento in cui si accorse
della presenza
dell’altro alle proprie spalle. Non lo sentiva mai arrivare
– da brava serpe
qual’era, strisciava e si nascondeva a vantaggio –
e gli faceva fare delle
figure tremende.
Come, in quel
caso, rimanere a fissarlo muto e sconcertato.
«Ciao Paciock»
lo salutò cordiale inclinando brevemente il capo, nella
speranza che smettesse
di fissarlo come una statua e gli dicesse qualcosa. Per quanto Blaise
amasse
trovarsi al centro dell’attenzione – specie se si
trattava di ammirazione – si
sentiva in qualche modo a disagio nell’essere squadrato con
tanto
sbigottimento. Specie se il soggetto in questione si trovava ad
arrossire
peggio di un’aragosta «puoi parlare, non mi offendo
mica».
Blaise rise
internamente alla fitta di puro panico che si era formata dietro le
iridi scure
del compagno.
«Zabini» disse
di rimando, arrossendo furiosamente sulle gote e distogliendo lo
sguardo per
tornare a puntarlo sul piano di lavoro «cosa ci fai
qui?»
Mentire? Spesso
il giovane Zabini si poneva a quella domanda quando gli veniva posto un
interrogativo – anche solo vagamente personale. Una sorta di
abitudine.
Mentire forse
no, ma abbellire la realtà, per volgerla a proprio vantaggio
e divertirsi, era
un altro conto.
«Ti stavo
cercando» sillabò il più lentamente
possibile – ma non troppo, non voleva
vederselo svenire a terra sdilinquito (che modestia).
«Ah sì, aehm…
aha?»
Il
moro avrebbe
voluto iniziare a gongolare almeno tanto quanto l’altro
avrebbe voluto
sprofondare in un buco nero. Possibilmente inghiottito da una delle sue
adorabili pianticelle.
«Ti stavo
cercando» ripeté sempre lentamente
«perché sembra che le cose
tra Draco e Potter siano… come dire, cambiate».
Cambiate, come
no…
«Questo lo so…»
lo sentì mormorare mentre con un gesto lento girava la
pagina del libro di
fronte a sé. C’era anche lui in Sala Grande,
quando quei due avevano più o meno
allegramente spiattellato tutto.
«Quindi è per
questo motivo che te ne stai rinchiuso qui dentro?»
domandò il Serpeverde
avvicinandosi e sbirciando da sopra la sua spalla.
«Non avremmo
dovuto- non avrei dovuto permettere che bevessero quella
pozione!» adesso la voce
del Grifone era più ferma e decisa.
Il
moro preferì
non commentare, concentrando lo sguardo su quanto l’altro
stava lavorando.
Appunti scritti frettolosamente e un libro dalla copertina in rigido
cuoio,
familiare.
Rimedi, controindicazioni e fatture sull’uso
improprio del fiore Chinensis.
«Lo sai che la
Granger sta cercando questo volume in lungo e in largo per la
scuola?» gli
sussurrò suadente, facendolo nuovamente arrossire
«Hai idea di quello che ti
farà nel momento in cui verrà a sapere che ce lo
avevi tu?»
Ma
che diavolo
gli prendeva a Zabini? Da quando gli stava tanto appiccicato?
«E-ehm, sì?»
ecco che il tono sicuro venne nuovamente sostituito dalla solita voce
esitante.
«Già» confermò
tranquillo, portandosi – fortunatamente per il Grifondoro
– ad una distanza di
sicurezza, incrociando le braccia con eleganza «è
diventata isterica».
Neville non
rispose – doveva provare proprio un terrore cieco per quella
ragazza, e Blaise
non si sentì il cuore di contraddirlo.
«Vuole sistemare
le cose» lo informò candidamente «e le
serve quel volume per creare una pozione
che annulli, o quantomeno contrasti gli effetti della prima».
«Non esiste una
pozione per quello» lo ragguagliò il ragazzo,
voltandosi finalmente a
guardarlo, sebbene sulle guancie fosse rimasta una vaga traccia del
rossore
precedente.
Zabini inarcò un
sopracciglio.
«Intendo…» si
spiegò meglio il Grifondoro, rendendosi conto di non essersi
espresso al meglio
«non c’è una pozione. Esiste un decotto
però» con un cenno sbrigativo indicò le
carte sul tavolo «non è troppo difficile
prepararlo, ma le piante vanno colte
in momenti specifici della fase lunare. Domani notte potrò
sfogliare l’ultimo
frutto di pianta Gregoriana e poi…»
esitò brevemente «iniziare la preparazione.
Non ci vorrà molto. Solo un giorno».
Per
la prima
volta – cazzata, non era veramente
la
prima volta – Blaise si sentì quasi in grado di
provare una feroce ammirazione
per quel grifone tanto goffo e insicuro che proseguiva testardamente
nella sua
strada nonostante il terrore di aver imboccato quella sbagliata,
sebbene i suoi
sedicenti amici lo lasciassero indietro. Per un attimo si chiese da
quando
avesse iniziato a provare qualcosa di diverso dalla totale indifferenza
per
Paciock.
E
come fosse
possibile definire un ragazzo diciassettenne adorabile.
Come
aveva fatto
a non accorgersi di lui, prima? E
perché aveva così tanta voglia di abbracciarlo e
sprofondare in quel suo odore
tanto particolare?
«Come te la cavi
con i decotti?» gli chiese invece – sempre
ringraziando il cervello pronto, che
gli impediva di dire la prima cazzata che vi passava.
«I decotti non
sono come le pozioni» adesso sembrava quasi a proprio agio
nel parlargli; forse
era come trattare con un animaletto selvatico, nel tentativo di
addomesticarlo «non
vanno trattate con agenti pericolosi o incendiari, non devono bollire
ma
sobbollire dolcemente o adagiarsi nella macerazione. Sono totalmente a
base di
elementi naturali, esfoliati o trattati con cura» aveva
persino iniziato a
gesticolare entusiasta «è come curare le piante,
cullarle in acqua o impacchi
liquidi e poi-» s’interruppe improvvisamente,
rendendosi forse conto di aver
iniziato a parlare a ruota. Si morse la lingua. Ma che stava facendo? A
Zabini
sicuramente non interessava affatto.
Nel
frattempo
Blaise non era stato in grado di staccare lo sguardo da lui, deglutendo
con
lentezza esasperante.
Un
moscardino
entusiasta della sua nuova casa, ma ancora insicuro sul suo padrone.
E
lui
gliel’avrebbe fatto vedere, chi era il padrone.
Cancellando
quell’ultimo pensiero come politicamente scorretto
e totalmente fuori luogo, Zabini
sorrise veramente, socchiudendo gli occhi con una dolcezza che
zittì Neville
ancora più di quanto non avesse fatto in precedenza. Non
aveva idea che il
Serpeverde potesse avere anche un’espressione come quella.
«Credo che tu
debba andare dalla Granger» disse alla fine, interrompendo il
continuo flusso
di pensiero – che per un qualche strano motivo non lo
avrebbero portato fuori
da lì «è preoccupata oltre che
arrabbiata».
Neville annuì
energicamente.
«Però domani»
aggiunse poi timidamente, forse riferendosi al fatto che le piante non
sarebbero state pronte prima di quella notte. Oppure per rimandare il
momento
dello scontro con la Caposcuola.
Blaise, già
raggiunta l’uscita, si voltò indietro per
guardarlo.
Spalle
incassate, capelli arruffati, occhi sgranati e guance morbide rosate.
Dita
lunghe e paffute, unghie spezzate e sporche di terra. La divisa
sgualcita e
spiegazzata. Scarpe e calze fuori moda. Tracolla in cuoio chiaro, lisa
e
macchiata d’inchiostro.
La
totale
antitesti di tutto quello che lui rappresentava in fatto estetico.
«Sai Paciock»
Zabini attese un attimo, la mano posata sullo stipite della porta della
serra e
gli occhi ancora socchiusi in un’espressione piacevolmente
divertita «penso che
tu debba imparare ad avere maggiore cura di te stesso» il
sorriso si distese
fino a diventare disarmante – spiazzandolo non poco
«non vorrai che il primo
che passa possa assaggiarti, vero?»
Neville avvampò
– più per il tono malizioso che per una reale
comprensione di quanto gli era
stato detto – e scosse la testa con forza, cercando di
concentrarsi su quanto
stava facendo prima che la più improbabile delle visite
arrivasse a
scombussolargli la giornata.
***
Per
un qualche
strano motivo, nel momento in cui Neville iniziò a scegliere
gli ingredienti
dallo scaffale, Hermione non si mise in mezzo, gridando al pericolo e
togliendogli le ampolle delicate dalle mani.
Ma
forse la
situazione non era così eccezionale come poteva sembrare.
Sebbene l’amico
non fosse – ancora, nonostante dopo anni di ripetizioni e
l’impegno infuso
nella materia – una cima in pozioni, per quanto riguardava
decotti di altra
natura Neville era forse già uno dei migliori della scuola.
Una
decotto a
base di Rosa Chinensis stava dolcemente macerando in una bacinella al
suo
fianco, riempita di acqua piovana, spine di rododendro selvatico posate
con
aghi d’istrice e alito di cane. Sarebbe dovuta rimanere in
posa ancora per
dieci minuti e poi immersa in una pozione Coagulante.
Per
una volta il
ragazzo era riuscito dove la studentessa più brillante non
era stata in grado
di arrivare.
Dopo
essersi
dissociato dal piano perfetto, non era rimasto con
le mani in mano ed
era tornato a cercare il volume da cui la pozione era stata tratta e,
con una
certa difficoltà doveva ammetterlo, era riuscito a fare
ricerche su ognuno
degli ingredienti utilizzati, nella speranza di individuare quello che
avrebbe
permesso di creare un corretto rimedio.
Alla
fine era
stata la professoressa Sprite – seppur involontariamente
– ad indirizzarlo
sulla strada giusta.
L’aveva bloccato
durante uno dei suoi momenti di ritiro e solitudine nelle serre. Aveva
attaccato a parlare di una non ben identificata pianta babbana
– una Clodicachea
– che sarebbe stata presto
usata per la prima volta in alcuni test, per essere utilizzata come
pianta per
pozioni. Era semplicemente entusiasta del fatto che si stavano aprendo
alle
piante babbane!
Nel
bel mezzo
della sua arringa aveva nominato la Rosa
Chinensis Mutabilis e i suoi usi nelle pozioni e decotti di
scambio.
Mutabilis.
Non
l’aveva mai
sentita prima.
Da
lì era stato
incredibilmente semplice trovare le varietà di Rosa Chinensis e studiarne i particolari
effetti. E scoprire che
per contrastare la Mutabilis era
necessaria un’altra varietà.
Rosa Chinensis Viridiflora.
C’era un intero
scaffale dedicato ai rimedi di pozioni, eppure per quella piccola
pianticella
aveva trovato solo un volumetto sottile di venti, trenta pagine che la
ragazza
Caposcuola aveva cercato in lungo e in largo.
E
adesso, nella
stessa stanza, non sapeva bene cosa dire.
Neville rimestò
il composto granuloso che stava realizzando prima di lasciarlo riposare
e
prendere in mano la mezzaluna.
Doveva fare
qualcosa. Detestava quella situazione.
Con
un lieve
sospiro afferrò alcuni tralicci di Verbenia
e lo posizionò paralleli sul tagliere.
La
sentì
stringersi nelle braccia e passare il peso da un piede
all’altro. La sentiva,
la colpa e il disagio nel sapere che lui, Neville, era riuscito e aveva
fatto
meglio di quanto non avesse fatto lei. Sapeva che Neville aveva avuto
più
ragione e fegato di loro, di lei.
Doveva essere
proprio uno smacco.
Il
ragazzo alzò
per una frazione di secondo gli occhi al cielo.
Si
sentiva estremamente a disagio nel
sapere che
lei lo stava fissando da dietro le spalle. E aveva bisogno di tutta la
sua
concentrazione, per non sbagliare.
«Hermione» la
chiamò pacato, senza alzare lo sguardo dalle radici che
stava triturando e
allungando una mano chiusa a pugno in direzione della ragazza, che si
era
avvicinata di qualche passo al suono del proprio nome «non
è che ti occuperesti
della preparazione della pozione di Alghe?» le chiese con
tono volutamente
indifferente, indicando il calderone con il mestolo che teneva stretto
nel
palmo.
Hermione
sorrise, raggiante, mentre annuiva.
«Certamente
Neville» gli sussurrò – qualcosa le
stava dicendo di non rompere quel nuovo
strano equilibrio creatasi tra loro.
Neville era un
ragazzo prevalentemente timido, ma sincero con sé stesso. E
quello era il suo
modo per dire che la perdonava.
E
anche che,
sebbene fosse in grado di lavorare al decotto, per quanto riguardava la
pozione
in cui avrebbe dovuto riposare per tutta la notte non avrebbe saputo da
dove
iniziare.
Blaise, nascosto
dietro la porta, sorrise silenziosamente nel vedere i due Grifoni
tornare a
collaborare.
Era
stato facile
trovare Draco, più facile del previsto in effetti.
Dopo
aver
diligentemente riportato il cagnolino sperduto alla sua torre
– e averlo
lasciato nelle mani di Hermione con tanto di libro a seguito
– era stato
mandato a cercare l’amico di sempre.
Blaise Zabini
aveva la presunzione – e a ragione – di affermare
di conoscere Draco come le
proprie tasche. Certo, non proprio tutto di lui, ma parecchio.
Quindi aveva
escluso a priori la Sala Comune e la camera da letto –
scontati, lo avrebbe
trovato chiunque. Esattamente come tutti i rimanenti sotterranei e il
Lago Nero
(e giardini e
Foresta Proibita e
Serre e la capanna di Hagrid).
Non
che fossero
rimaste poi molte scelte alla fine; solo tutto il resto del Castello.
Ma
Blaise Zabini
era lui proprio per un motivo e si
diresse tranquillamente verso l’aula che era stata usata come
stanza di ritrovo
per la Squadra di Inquisizione – o come cavolo si chiamava,
lui non ne aveva
certo fatto parte – al quinto anno, sotto la supervisione
della Umbridge.
Un
luogo dove
nessuno sarebbe mai più voluto entrare.
Lo
aveva trovato
accasciato sulla sedia, l’espressione impenetrabile
– un broncio perenne, con
tanto di sopracciglia aggrottate e labbra arricciate – e la
testa pesantemente
poggiata sulla mano chiusa a pugno, puntata nella guancia.
«Lo sai che in
quel modo ti rimarrà un bel segno in volto?» aveva
chiesto con fare saccente,
rimanendo sulla soglia e vedendolo reagire alla sua presenza con totale
indifferenza, disinteresse e nemmeno un’alzata di spalle.
Un
sorriso, era
chiedere troppo?
A
Zabini non
piaceva essere ignorato – e in quei giorni stava accadendo un
po’ troppo spesso
per i suoi gusti, non stava andando affatto bene.
«Hai intenzione
di rimanere lì per tutta la notte?»
Il
biondo fece
scrollare le spalle.
Se
non altro,
aveva avuto la certezza non fosse morto nella posizione in cui lo stava
guardando.
«Sei sempre stato
qui?» aveva domandato poi, facendo intendere di essere stato
alla sua ricerca
per tutto il pomeriggio – falso, falsissimo.
Draco annuì.
«Hai…» si era
fermato un momento, forse non del tutto certo di voler sapere certi
dettagli «avete
fatto veramente quello che hai detto?»
Le
spalle del
biondo si erano irrigidite, ma il moro interpretò quel gesto
come una conferma.
In caso contrario avrebbe parlato, giusto?
«E ti sei
svegliato con lui» non era una domanda, ma Draco aveva
annuito nuovamente,
accompagnando il movimento del capo con un piegamento degli angoli
della bocca.
«Sai cosa fare
ora?»
Una
smorfia
disgustata aveva percorso il volto di Malfoy, interpretata
più che
correttamente dal moro.
«Non credo sia
il caso di obliviarti, potresti trarre un qualche insegnamento da
questa tua…
particolare reazione a Potter».
Draco aveva
ringhiato in modo piuttosto convincente.
«Ti prego, non
sommergermi con tutti i tuoi discorsi» occhi al cielo
«non riesco a seguirti».
Il
biondo aveva
ripreso ad ignorarlo bellamente, voltando con maggiore convinzione le
spalle,
di modo da non guardarlo neanche per errore.
Blaise aveva
sorriso teneramente – c’era così tanto
in lui del piccolo Draco con cui
scorrazzava per i corridoi, facendo impazzire le loro governanti.
Ma
non erano più
bambini, e non avevano appena fatto levitare – in modo
estremamente maldestro –
uno dei vasi Ming all’ingresso.
Sospirando,
aveva fatto scivolare furtivamente la bacchetta fuori dalla tasca e gli
si era
portato alle spalle.
«Scusa amico, ma
non posso fare altrimenti se non mi vuoi parlare» aveva
mormorato prima di fare
un cenno alla ragazza alle proprie spalle.
Pansy mosse il
primo passo nell’aula e sorrise incoraggiante. Sarebbe
rimasta lei lì con lui,
in attesa che trovassero anche Potter.
Blaise aveva
chiuso gli occhi e puntato la sua dodici pollici e tre quarti tra le
scapole
dell’amico – che ancora si ostinava a far finta non
fosse lì.
Tasso, con
nucleo di corde di cuore di drago. Piuttosto elastica.
«Incarceramus».
…
Toh,
guardate… qualcuno lo hanno trovato XD (e qualcuno ha
riportato me fuori da una
qualche landa desolata, direi… considerato il tempo in cui
non mi sono fatta
sentire! Chissà quanto arriverà la prossima
volta…)
In
ogni caso..
Non
ve l’aspettavate Neville, vero? Muahahaha, quanto mi piace
rompere le uova nel
paniere.
Dai,
in fondo si tratta di trovare un modo per neutralizzare una pianta… chi meglio di lui?
Piton
continua ad essere introvabile (e l’autrice sta per dare di
matto..). Speriamo
vivamente che per la fine torni a farsi vivo…
Giusto,
quasi dimenticavo… questo capitolo è tutto per garwood (che ha
indovinato XD).
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 13 *** Dove ci si chiede in che mondo parallelo si è finiti ***
Reverse.
[Dove
ci si chiede in che mondo parallelo si è finiti]
Non
fu semplice
reperire l’esatta ubicazione di Harry Potter invece.
Ron
imprecò
allegramente a voce alta – strafregandosene di essere in
pieno giorno nel mezzo
di uno dei corridoi principali del secondo piano.
Erano iniziate
le vacanze, nessun – o quasi – primino sarebbe
rimasto scandalizzato dal suo
linguaggio, checché ne dicesse Hermione.
Ringraziando
Merlino e tutti i Grandi, la maggior parte degli studenti era partita
per le
festività natalizie poche ore dopo quella disastrosa
colazione. In quel momento
stavano, molto probabilmente, raccontando alle rispettive famiglie il
gossip,
sottolineando l’eccezionalità della faccenda con
richiami ai rapporti dei
suddetti nuovi amanti durante tutti gli anni precedenti.
Ma
non potevano
andarsene prima, per la miseriaccia!?
Continuando a
pestare il pavimento aprì l’ennesima porta.
Un’aula vuota.
Ancora.
Imprecò.
Sembrava svanito
nel nulla. Come Piton.
Tralasciando il
brivido nel vedere delle somiglianze tra il Migliore Amico e il
Peggiore
Insegnante, Ron infilò la prima scalinata che
riuscì a trovare e scese al piano
inferiore, nella vana speranza di trovarlo in Sala Grande, magari
intento a far
finta di magiare e tutto occupato a trattenersi dall’iniziare
a tirare fatture
sui compagni superstiti che lo fissavano un po’ troppo
insistenti.
«Ancora alla
ricerca di Potter, Weasley?»
Il
rosso fece un
salto per lo spavento. Blaise Zabini si era appena materializzato alle
sue
spalle, un sorriso soddisfatto in volto e una luce sorniona negli occhi.
«Per la
miseriaccia, Zabini!» guaì acuto, portandosi
istintivamente una mano al petto «Mi
hai fatto prendere un colpo».
«Fosse bastato
così poco a farti fuori, Weasley, avremmo adottato questa
tecnica molto prima»
lo prese in giro, affiancandosi «per metterti fuori gioco
durante le partite».
«Per quello
avete già fatto un lavoro più che
buono» borbottò in risposta, ricordando i
disegni animati di ragni che tutti i giocatori Serpeverde si erano
fatti sulle
divise.
Zabini rise
bonario.
«Stai ancora
cercando Potter?» chiese nuovamente – aspettando
una risposta più che scontata.
«Non riesco a
trovarlo da nessuna parte!» borbottò il rosso
scrutando ogni quadro e dietro ed
ogni angolo, nella vana speranza che l’amico sbucasse fuori
da dietro una casa
rupestre o una tenda polverosa «Quando non vuole farsi
trovare…» s’interruppe,
lanciando un’occhiata timorosa alla Serpe.
«Non serve
essere timidi» lo precedette Blaise «Draco mi ha
detto tutto del mantello
dell’invisibilità, non stavi per tradire nessun
segreto».
Ron
sospirò
silenziosamente, ringraziando che il moro non avesse nominato la Mappa
del Malandrino
– quello che stava per dire lui, tra parentesi.
«In ogni caso»
riprese il moro portandosi le mani alle tasche e gettando la testa
all’indietro
per guardarlo – era qualche passo aventi a lui, accidenti a
quelle gambe
lunghe! «Ti si sentiva sin dal terzo piano. Non vorrai certo
che la tua dolce
metà ti senta e si precipiti qui ad infliggerti la giusta
punizione per i tuoi
sproloqui».
Davvero, una
cosa che aveva imparato nello stare a stretto contato con Blaise
Zabini, era
che spesso e volentieri – molto poco volentieri,
perché faceva fatica a
decidere se lo stesse prendendo in giro o meno – non capiva cosa stesse dicendo.
C’erano volte in cui aveva
l’impressione di trovarsi in compagnia di un libro parlante
– o di Hermione al
maschile. Solo più
sofisticata, perfida (forse) e con un gusto diverso
della moda.
E
dirgli “parla come mangi”
non sarebbe stato
utile, rifletté in fretta. Il moro mangiava solo roba
sofisticata e osservando
tutte le regole sconosciute del galateo.
Ma
non è che non capisse
proprio tutto.
«Hermione non è
la mia ragazza» disse tranquillamente – decisamente
più tranquillamente di quanto avrebbe detto appena
l’anno prima, quando ancora
sperava di poterla rendere tale. Prima di rendersi conto, in effetti,
che il
profondo amore che credeva di provare per l’amica di sempre
non era altro che
l’ultimo strascico di una cotta mai lasciata sviluppare,
avvizzita con il
tempo.
Aveva amato
Hermione e ancora la amava, ma in un modo molto diverso. Era la sua
amica, sua
sorella e, a volte troppo spesso, anche una madre.
Decisamente non
la sua ragazza.
«Avrei detto il
contrario» smentì Zabini con
un’espressione che non riuscì a decifrare
–
compiaciuta forse? Bah, con lui non si sapeva mai dire «ho un
ricordo piuttosto
vivido di una sera al Ballo del Ceppo».
«Forse in quel
periodo» ammise Ron, un po’ rosso in zona orecchie,
mentre cercava di sottrarsi
all’imbarazzo frugando con lo sguardo un’altra
classe «ma l’ho superata».
«E, che tu
sappia» continuò mellifluo il moro, indagando per
chissà quale motivo «adesso
la dolce Granger è per caso impegnata?»
Ron
lo guardò
stranito.
«Non che io
sappia» fece una pausa «ti piace
Hermione?» aggiunse a bruciapelo, ormai pronto
ad aspettarsi qualunque cosa.
Dopo
Harry e
Malfoy…
«Non esattamente»
sorrise enigmatico il Serpeverde, seguendolo giù per le
scale.
«E allora per
cosa-» tentò di indagare nuovamente il rosso prima
di finire contro una figura
più o meno solida, battendo il naso
«ehi!»
«Potter!»
Ronald aprì gli
occhi, chiusi nell’impatto, e scoccò
un’occhiata veloce a Blaise prima di
cercare la figura incriminata.
Di
fronte a
loro, in piedi nel mezzo del corridoio, stava – finalmente
– l’oggetto della
loro ricerca.
Harry Potter,
dall’alto del suo metro e qualcosa. O meglio: la testa di
Harry Potter, che
galleggiava a mezz’aria, un’espressione sorpresa
– ma non eccessivamente
sconvolta – e un paio di occhiaie da far paura.
Blaise preferì
non soffermarsi sui capelli – che era meglio.
«Miseria, Harry!»
aveva iniziato a strepitare il rosso nel rialzarsi e afferrare
l’amico per il
mantello – dell’Invisibilità ovvio
– che scivolò via dalle spalle del Bambino
Sopravvissuto.
Magari avrebbero
dovuto trovargli un nuovo soprannome, rifletté il moro
distrattamente, nel
vedere l’espressione del Grifondoro passare dallo stupore
alla pacata
convinzione di aver preso una qualche decisione. Non era più
un bambino ora.
«…Hermione
impazzita che mi afferrava per le braccia e i suoi occhi!»
nel frattempo il
rosso non sembrava essere in grado di arginare i pensieri che
l’incontro
improvviso con la causa di tutti i suoi
guai – da interpretazione libera ovvio –
gli aveva liberato «Quagli occhi,
Harry! Faceva paura! E ti sei perso anche quando sono andato a cercare Piton! Nei suoi alloggi!
Per le mutante di merlino!» la
mano libera di Ron andò ad artigliare i capelli,
arruffandoli inesorabilmente «Piton!
E tu che non ti si trovava da nessuna parte! Cosa cazzo hai fatto in
questo
giorni? Domani è Natale, per la miseria! Te lo immagini
passare il Natale con
questa faccenda del furetto- argh!».
«Molto eloquente
Weasley» Blaise si decise a farsi avanti. Fossero andati
avanti così non avrebbero
finito prima di domani «ma adesso credo sia il caso
di-»
«Un paio di
palle che è il caso di essere ragionevoli!» lo
interruppe – sacrilegio! – Ron «Non
voglio essere ragionevole! Lui non lo è stato!»
«Veramente
volevo dire che non è il caso di spiattellare tutto in mezzo
ad un corridoio»
per un qualche motivo Harry arrossì, stonando non di poco
con l’espressione
seria che aveva in volto «e che forse sarebbe meglio andare a
raggiungere la
Granger e Pansy…»
«Ah» anche Ron
arrossì – in zona orecchie – lasciando
la presa sull’amico «giusto».
Anche Harry
annuì all’idea, facendo fermare il moro Serpeverde
a metà di un passo.
Blaise Zabini,
era risaputo, era tutt’altro che stupido e non fece fatica ad
afferrare un
certo dettaglio – e non si trattava del succhiotto residuo
che si poteva
intravedere da dietro il colletto stropicciato della camicia. Aveva
occhi per
guardare e orecchie per intendere, per non parlare di un più
che discreto gusto
estetico e un acume straordinario – e
un’umiltà radicata, soprattutto (perché
non andava certo in giro a vantarsi, a svantaggio di tutte le altre
persone che
ne erano sprovviste).
Perciò si pose
una certa domanda – prima tra molte.
Precisamente,
cosa ci faceva Potter lì?
«Perché ti sei
fatto trovare, Potter?» chiese, andando direttamente al
nocciolo della
questione. Non aveva certo intenzione di stare a ripetersi e chiedere:
“Ma sei
andato sul serio a letto con Draco?” come avrebbe
probabilmente fatto qualcun
altro. Era ovvio che ci fosse stato.
Weasley annuì
convinto in attesa di una risposta. Anche lui voleva sapere.
Era
stato tutto
troppo facile – senza ovviamente considerare i giorni di
ricerche infruttuose.
Perché? Altra
bella domanda.
Harry chinò il
capo.
«Ho pensato…
sarebbe stato meglio-» sembrava fare fatica a trovare le
parole «voglio fare
chiarezza. Ho delle domande».
«Mi sembra
chiaro a questo punto» commentò sarcastico Blaise,
incrociando le braccia «ma
sapresti dirmi cosa hai fatto fino ad ora?»
«Mentre noi ti
cercavamo?» rincarò Ron con una nota di rimprovero
«Non hai idea di quanto
fossimo preoccupati!»
«Beh, ora sono
qui» alzò le spalle il moro Grifondoro, con un
tono abbastanza freddo, segno
che non aveva certo dimenticato come
ci fosse arrivato a quel punto.
Ron
incassò la
testa tra le spalle e riprese a camminare, facendo guida fino al sesto
piano,
dove sapevano che un certo Serpeverde si trovava ancora confinato.
°°°
«Lo avete
trovato» Pansy era seduta a gambe incrociate appena poco
più in là della porta
chiusa, un volume sulle ginocchia e la bacchetta tra i capelli.
«Non è stato poi
tanto difficile» alzò le spalle Zabini, fulminato
da Ron.
«Si è fatto
trovare» borbottò poco dopo
quest’ultimo, accennando all’amico, ancora alle
loro spalle e stranamente silenzioso. Aveva in viso
un’espressione vacua,
accentuata dagli occhiali, scivolati maldestramente fino alla punta del
naso e
dimenticati lì dal suo padrone.
Un’espressione
che Pansy non sembrò affatto stupita di vedergli in volto.
«Tu cosa ci fai
qui fuori?» s’informò Ron curioso.
L’ultima volta che l’aveva vista era
comodamente sdraiata sul divanetto dentro
la stanza, intenta a tenere sott’occhio il principe delle
Serpi.
Con
un cenno del
capo la ragazza indicò la stanza alle proprie spalle.
«Ha avuto
un’altra… crisi, non so come definirla
altrimenti» scrollò le spalle prima di
segnare con il mento anche il moro Grifondoro «e adesso se ne
sta buono buono
con quella stessa espressione».
«Deve essere un
effetto della pozione» ragionò Blaise grattandosi
distrattamente la radice del
naso, soppesando le parole «a quanto pare i danni stanno
aumentando».
«La Granger ha
detto che la pozione sta cercando…» la ragazza si
portò un dito alle labbra,
stuzzicandole come se quel gesto l’avrebbe aiutata a
ricordare l’espressione
utilizzata dalla Caposcuola «di riprendere il controllo, in
un certo senso,
sulle emozioni di Draco – e Potter da quanto posso vedere. Il
problema è che
gli stati di furia e apatia si stanno facendo più
frequenti».
«Cosa… Draco ha
detto qualcosa?» domandò Zabini con tono
volutamente indifferente, lasciando in
ogni caso trasparire un certo grado di preoccupazione per
l’amico.
Pansy lo guardò
eloquente di sottecchi.
«Una specie di
mix direi» iniziò lentamente «tutto
quello che la pozione gli ha inibito fino
allo scoppio. Ha detto-»
«Cosa Pansy?»
sbuffò spazientito dalla sua reticenza. Cosa poteva avere
detto il loro
principino viziato, in piena crisi da checca isterica? Che il suo nodo
della
cravatta era volgare? O che il nuovo taglio di capelli della mora lo
lasciava scan-da-liz-za-to? Con
quel suo modo
affettato di scandire le parole quando era alterato.
Blaise incrociò
le braccia, un sospiro perfettamente udibile pronto a far sentire la
propria
opinione su fatti del genere – in piena crisi.
«Ha detto di volere
Potter».
«Oh» fu tutto
quello che Ron riuscì a dire, mentre il sopracitato moro
Grifondoro continuava
a tenere la testa china – senza dare segno di aver
effettivamente compreso dove
si trovasse.
Zabini deglutì
lentamente.
Va
bene, la
situazione stata decisamente peggiorando.
«Ti prego»
mugolò Weasley, indicando l’amico apatico alle
spalle «dimmi che aveva voglia
di spaccargli la faccia e buttarlo giù dalla torre di
Astronomia, potrei anche
pensare di perdonarlo in questo caso…»
«Mi pare che
questa opzione si da escludere, alla luce dei fatti
dell’ultima settimana…»
sbottò gelidamente il Serpeverde, agguantando Harry per un
braccio e cercando
di guardarlo negli occhi «tu cosa ti aspetti dal vederlo?
Cosa vuoi?»
Le
iridi verdi
del Grifondoro erano vacue da dietro le lenti – che
già da loro distorcevano
quel contatto – e fissavano senza guardare. Sembrava una
bambola inerme – altro
che l’eroe del mondo magico – priva di emozioni.
Serviva forse
altro per dare la batosta finale? Avevano sbagliato, su tutta la linea.
In
cuor suo
pregò che Neville avesse veramente trovato una cura per il
casino che avevano
messo in atto (maledetto il giorno in cui aveva pensato che una pozione
–
maledizione, neanche un incantesimo – avrebbe potuto mettere
fine a quella
follia dilagante che avevano contribuito a sguinzagliare per la scuola).
Non
aveva alcuna
intenzione di mettere un instabile Harry Potter nella stessa stanza del
suo
amico (sfortunatamente ugualmente ben poco cosciente delle proprie
azioni)
senza la garanzia di trovarli ancora vivi e vegeti. Lasciarli insieme
in un
momento come quello era un azzardo, ma non potevano fare altrimenti.
La
McGranitt
aveva sicuramente iniziato a sospettare qualcosa. E non tanto per il
fatto che
fossero tutti rimasti sconvolti da quella scena davanti alla Sala
Grande (che
di per sé sarebbe potuta costare qualche scoppio di
coronaria), né per il fatto
che loro tutti fossero rimasti ad Hogwarts per le vacanze di Natale
(altro
fattore insolito, specie per lui) o perché la Granger
sembrava più isterica dal
solito.
No,
ad insospettirla
erano state le frequenti e ben poco caute riunioni tra loro
all’inizio di tutta
quella storia.
Cosa
mai
avrebbero potuto fare per far sviare i sospetti? Ovvio, concentrare i
loro
incontri – e riunioni – in un solo posto
insospettabile, anche se questo avesse
significato costringere i due contendenti in uno spazio ristretto e a
portata
di voce (e mani). Sperò vivamente non decidessero di
saltarsi addosso – a fare
cosa esattamente non sapeva – nell’attesa che la
Granger e Paciock terminassero
il decotto.
Magari sarebbe
potuto andare a vedere come se la stavano cavando, rifletté
per un attimo,
prima di tornare a concentrarsi sul problema più imminente.
Come
avrebbe
reagito il Grifondoro, trovandosi a così breve distanza dal
Serpeverde? Strinse
inconsciamente le dita un po’ più a fondo
nell’avambraccio dell’altro.
Guardò ancora
Harry.
«Cosa vuoi da
Draco?» riprovò Blaise, scuotendolo con meno forza
rispetto a prima, cercando
in quegli occhi spenti una risposta. Cosa
gli faresti?, avrebbe voluto chiedergli in realtà.
«Harry» anche
Ronald gli si era avvicinato, cauto «cosa pensi di Draco
Malfoy?»
Blaise ammiccò.
Bene o male la richiesta era la stessa.
Cosa gli faresti?
Il
salvatore del
Mondo Magico, occhiali storti, camicia spiegazzata, mantello
appallottolato in
mano e ombre di succhiotti lungo tutto il collo, sbatté
ripetutamente le
ciglia.
Inclinò la testa
curioso, una domanda che aleggiava dietro le iridi spente e sulle
labbra
socchiuse.
«Chi è Draco
Malfoy?»
…
Giusto,
mi sembra una domanda sensata…
Chi
è Draco Malfoy?
Ma
ovvio, il ragazzo che ti sei sbattuto per-ouch (arriva la censura da
parte di
Laura – che non è affatto contenta quanto una
certa persona diventa volgare…).
Cioè…
Chi
è? Boh… O.o
Sapete
dirmelo voi?
Quindi…
dopo un secondo ritardo mostruoso che non giustificherò (non
saprei proprio
come e – secondo finti certe – il: “Non
mi sono accorta di essere finita in una
macchina del tempo nel finesettimana! Come avrei fatto a postare in
tempo?” non
funziona più come una volta) spero ci sia qualcuno ancora
disposto a darmi il
beneficio del dubbio per la puntualità del prossimo capitolo
XD
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 14 *** Rimedi e Lezioni di Vita ***
Reverse.
[Rimedi
e Lezioni di Vita]
Quando Hermione
e Neville tornarono all’Aula non più tanto in
disuso, trovarono Harry e Malfoy
seduti ai lati opposti della stanza – a più di sei
metri l’uno dall’altro –
controllati a vista da Pansy e Ron, che si tenevano alla media distanza
tra
loro, le bacchette sguainate, anche se tenute lungo il fianco.
Non
che ve ne
fosse bisogno a tutti gli effetti: Harry si era presentato di sua
spontanea
volontà e Draco era ancora legato alla sedia da fili
invisibili. Dal suo
sguardo si poteva tranquillamente dedurre pene atroci e ritorsioni
pesanti.
Per
Zabini,
soprattutto.
Fortunatamente,
l’espressione di Potter era ancora vacuamente persa nel
vuoto, mentre quella di
Draco prevedeva unicamente orride torture in direzione
dell’ex migliore amico.
Per
sicurezza
erano stati fatti sedere con la faccia rivolta al muro, per evitare
anche solo
uno sguardo che avrebbe potuto scatenare l’inferno
– e Blaise si trovò a
rimpiangere amaramente i giorni in cui “Inferno”
era sinonimo di scazzottate e
maledizioni da dietro le spalle.
Preferiva non
pensare all’eventualità di vederseli rotolarsi sul
pavimento, dopo aver
schiantato Pansy e Ronald dalla passione.
Da
qui il
sospiro di sollievo nel vedere la faccenda ancora vagamente
sotto controllo.
Non
che fosse
contrario per carità, solo non aveva alcuna intenzione di vederlo.
In
ogni caso –
considerate le espressioni vagamente
rilassate di Pansy e Lenticchia, poteva dire che niente era successo.
I
due rivali in
amore sedevano lontani e del tutto ignari l’uno
della presenza dell’altro. Non
avrebbero potuto chiedere di meglio.
Sì in effetti,
che tutta quella dannata situazione svanisse nel nulla! Ah, e che
Potter e
Draco non ricominciassero a prendersi a pugni nei corridoi, grazie.
«Come andiamo?»
la Granger aveva già ripreso il comando del piccolo plotone.
Pansy scrollò le
spalle mettendo via la bacchetta, mentre Ron scosse la testa,
lasciandosi
cadere sulla poltroncina lì vicino. Adesso che lei era arrivata tutto sarebbe andato per
il meglio, vero?
«Sembrano due
vegetali» indicò Malfoy con la faccia ancora
rivolta alla parete e Harry, che
fissava il pavimento senza veramente vederlo «mi fanno paura.
Sembra come in
quel film dove tutto succede all’improvviso. Quello che
abbiamo visto a durante
le vacanze…»
Hermione si
ripromise di non permettere mai più a quei due di guardare L’alba dei morti viventi
Solo
film
d’autore, decise. E musical.
«È uno degli
effetti collaterali della pozione» fece Neville, intervenendo
inaspettatamente
nella conversazione, lasciando le spalle dell’amica a
portando due contenitori,
uno per mano. Blaise sbirciò da sopra la sua spalla
– curandosi di non
soffiargli il proprio respiro sul collo, non voleva certo che
rovesciasse il
frutto del suo lavoro, no? – per sbirciarne il contenuto.
«Cos’è
esattamente?» chiese scettico.
«Il liquido
colato dall’impasto del decotto» disse
candidamente, porgendogliene uno e
facendo attenzione a non lasciare che ondeggiasse troppo, per evitarne
il
contatto con la pelle nuda o sprecarne anche solo una goccia
«devono berlo
tutto».
«Sembra acqua»
commentò nel muovere circolarmente la ciotola, constatandone
la consistenza.
«In effetti
nell’aspetto può ricordarlo» ammise il
ragazzo a disagio nel parlarne – non era
certo Hermione lui «ma il sapore… ehm,
è un po’ diverso…»
«Di cosa sa?»
curioso, Blaise guardo il Grifondoro scambiarsi un’occhiata
con la riccia prima
che lei scrollasse le spalle.
«Non lo sappiamo»
gli comunicò affiancando Ron e lanciando contemporaneamente
occhiatacce ai due
e facendo un cenno a Pansy – la quale rispose con un sorriso
tremulo «secondo
il libro dovrebbero sapere “dell’emozione opposta e
contraria a quella che si è
cercato di mettere sotto legame”, ma secondo me-»
«Io e Hermione
non siamo molto d’accordo su questo
punto…» s’intromise timidamente Neville
–
nel tentativo di arginare la spiegazione scientificamente provata della
ragazza
«ma questo è influente al successo del
decotto».
«Vorresti dire
che se un tuo amico si troverà a bere qualcosa al sapore dei
cerume vanigliato,
la cosa sarebbe ininfluente?» non riuscì a
trattenersi Hermione, le mani già
posati sui fianchi, pronta ad avere la meglio sul compagno di Casa.
Evidentemente la
sconfitta le bruciava eccome, nonostante tutta la facciata di brava
amica e dei
“l’importante è sapere come aiutare
Harry, il resto non conta”.
«Ho solo detto
che a noi non serve saperlo» replicò Neville
concentrato, allungando la ciotola
rimanente verso Ron, facendo attenzione a non inciampare nei suoi
stessi piedi «se
sei così interessata glielo si potrà sempre
chiedere, poi».
Arrossendo di
frustrazione – e imbarazzo per aver insistito a quel modo
– Hermione si chiuse
in un breve silenzio (che durò il tempo necessario a far
avvicinare Zabini
all’amico, con la ciotola in mano).
«In ogni caso»
riprese cercando di mostrarsi il più imparziale possibile
«la quantità di
effetti collaterali ha superato di gran lunga le aspettative».
«Su questo non
ci sono dubbi» borbottò Blaise, concentrato nel
tentativo di non far rovesciare
nemmeno una goccia di quel prezioso liquido e, nel contempo, intento a
schivare
le occhiatacce di Malfoy.
Malfoy che sembrava
perfettamente indifferente a qualunque cosa gli stesse accadendo alle
spalle.
«Cosa vorresti
dire?» lo apostrofo allora, acida. Non le piaceva sbagliare,
certo, ma
sopportava ancora meno che qualcuno glielo facesse notare. E quel poco
di
tolleranza rimastale era stata spazzata via da Neville e il suo
discorsetto
logico da ragazzo maturo. Maturo,
lui!
«Che Potter si è
dimenticato di Draco» infierì invece Blaise
– che di istinto di conversazione
sembrava non sapesse dove fosse di casa «o che a Draco non
importi più niente
di Potter, ora, dopo aver passato venti minuti buoni a dire di volerlo! Questo intendevo».
«Non è che
potessi immaginarmi tutto questo,
va
bene?» scattò allora la ragazza, i pugni serrati e
gli occhi socchiusi «Pensavo
di fare qualcosa di buono, nel trovare una soluzione! Non
certo… questo!»
«Non ti sto
colpevolizzando, Granger» anche Blaise sembrava sul punto di
perdere la calma,
pur mantenendo la solita facciata pacata «sto solo dicendo
che non ce lo
saremmo mai aspettati. Se poi tu hai la coda di
paglia…»
«Okay, adesso
basta ragazzi» Pansy – ragionevole e
sufficientemente stufa di entrambi da
intervenire – alzò le mani a bloccare la
discussione «se volete lanciarvi
addosso calderoni fatelo più tardi, quando questa faccenda
sarà chiusa».
«Se si chiuderà
mai» il borbottio di Ron si perse nel silenzio a seguito
dall’affermazione
della Serpeverde, ignorato dai più, ma fulminato debitamente
dalla mora.
«Cosa intendi
dire?» chiese Hermione, un’altra che non aveva
altro da fare nella vita se non
mettere i puntini anche dove non avrebbe dovuto.
«Intendo dire»
riprese il rosso alzando la voce di modo da farsi sentire da tutti
«che quando
avranno ripreso il solito atteggiamento – senza
più la pozione a inibirli o
scatenarli, come volete – tutto continuerà come
prima? Come se niente fosse
successo? Riprenderanno ad ammazzarsi di botte per i
corridoi?»
«Io non credo»
mormorò Neville, intervenendo a sorpresa.
Blaise non fu
l’unico a guardarlo interrogativo, ma certamente fu il primo.
«Beh» il
Grifondoro arrossì, stringendosi nelle spalle «per
quanto confusi, non è detto
che i ricordi di quest’ultima settimana svaniscano con gli
effetti della
pozione. E se loro sono andati a… se hanno fatto quello che
pensiamo» il
rossore si diffuse fino alle orecchie al pensiero di quello che stava
per dire «se
lo ricorderanno».
«Se lo hanno
fatto» ci tenne a precisare
il rosso, ancora del tutto convinto a non prendere nulla per vero
– nonostante
le numerose conferme.
«Che hanno
fatto» Pansy, molto meno
scrupolosa nel cancellare certe immagini suscitate dalla sua mente nel
momento
della rivelazione – e dotata di fervida immaginazione
– ignorando l’occhiata di
accusa e il pallore sul volto dell’altro «non serve
a niente far finta di nulla».
«Quindi
ricorderanno?» chiese Blaise, guardando il volto di Paciock
farsi via via più
tranquillo.
«È molto
probabile» si strinse nelle spalle, preferendo rimanere sul
vago e lanciando
uno sguardo di sfuggita alla Granger, come aspettandosi una sortita su
quanto
affermato.
Blaise cercò di
trattenere un sorriso
«Perciò saranno
costretti ad affrontarlo» dal tono sembrava più
una riflessione ad alta voce
piuttosto che un’affermazione, ma tutti annuirono –
sebbene qualcuno con scarsa
convinzione «prima o
poi».
«Meglio prima
che poi» bofonchiò Pansy, portandosi al centro
della stanza ed estraendo la
bacchetta, rendendo evidente un dettaglio che agli altri sembrava
essere
sfuggito «o qui finisce male».
Harry, che era
rimasto appollaiato sulla sedia, aveva alzato al testa e stava
guardando la
schiena di Malfoy, come imbambolato. Gli occhi, non più
nascosti dalle lenti –
sequestrate da Ron un imprecisata fetta di tempo prima, allo scopo di
prevenire
qualunque danno – erano spalancati come non lo erano mai
stati da quando era
entrato in quella stanza e le pupille dilatate quasi a nascondere il
verde
delle iridi.
Pansy conosceva
quello sguardo, e non c’erano dubbi su cosa avrebbe seguito
quell’ultimo attimo
calma.
Blaise ed Hermione,
afferrando al volo le possibili conseguenze, si lanciarono
istintivamente verso
i rispettivi amici; il primo afferrando con decisione i capelli sulla
nuca del
biondo, facendogli inclinare la testa all’indietro e
poggiandogli la ciotola
alle labbra e la seconda gesticolando ampiamente verso Ron.
«Faglielo bere!»
esclamò «Ora!»
Fortunatamente
per tutti, il rosso non si scompose – dimostrando che
sì, anche lui era
cresciuto e che i riflessi da
Quidditch che si vantava di avere erano reali – e,
dimostrando una delicatezza
che era mancata alla sua controparte Serpeverde, si pose tra gli occhi
allucinati del moro e la sua preda,
accostandogli
il recipiente alla bocca.
«Su» mormorò
nervoso – mostrano quanto in realtà non
si sentisse rilassato «tutto in un sorso».
Non
si seppe mai
– perché con il senno di poi nessuno se la
sentì di indagare a riguardo – se
Harry avesse aperto le labbra e accettato quanto gli stava venendo
offerto
perché aveva sentito l’amico oppure per inerzia,
istintivamente.
Si
seppe solo
che, quando il liquido scivolò bollente giù per
la gola e acido nello stomaco,
ebbe un effetto, se non immediato, almeno abbastanza fulmineo da
scongiurare il
peggio.
Harry,
arricciando il naso e aggrottando le sopracciglia, gli occhi socchiusi
dal
disgusto – doveva essere decisamente cattiva –
sentì un forte peso allo stomaco
e un dolore lanciante alla testa. Immagini, colori sfocati e suoni si
susseguirono incessantemente per quelli che gli parvero minuti
– in realtà
pochi secondi – ricomponendogli febbrilmente i fili logici
che sapeva essere
stati mancanti, di recente.
Spalancando le
palpebre alla consapevolezza delle immani cazzate degli ultimi giorni
– quei
periodi di non-proprio-lucidità –
registrò a malapena la scena nella stanza.
Ron,
proprio
davanti a lui, che gli copriva la maggior parte della visuale, una
ciotola da
una parte e i suoi occhiali dall’altra. Hermione, una mano di
poco sollevata
sulla sua spalla, come colta nel gesto di conforto che le era tanto
solito.
Neville, di cui intravedeva solo la chioma arruffata. E la Parkinson,
voltata
nella direzione opposta, con la bacchetta sguainata.
Tutto aveva
perso importanza alla luce del fatto che era rimasto quasi due
settimane in
balia delle più infime forme di subdola manipolazione da
parte di-
Cazzo, aveva
passato ore intere senza la minima inibizione, senza controllo.
In
un lampo
ripercorse giorni interi, una luce di dolorosa consapevolezza dietro le
pupille
sconvolte e sottili come capocchie di spillo.
Ricordandone la
maggior parte con lancinante precisione.
Ad
una manciata
di secondi dall’aver ingerito quel decotto, l’unico
pensiero ricorrente che era
riuscito ad estrapolare dalla massa aggrovigliata di memorie era stato:
“Cosa cazzo ho fatto!?”
…
Bene, ma
piacere di rivedervi
(presto rispetto all’ultima agognata attesa, non
più settimane, ma giorni?).
Non che ci
sia molto da dire, ma se
non altro hanno finalmente dato il via all’operazione di
“sistemare tutto per
il bene superiore”. Qualcuno ci crede?
In ogni
caso la situazione non è più
così tanto di stallo e qualcosa ha iniziato a muoversi per
il verso giusto. Ora
la domanda è: cosa succederà ai due poveri
sfigati lasciati in balia dei loro
migliori amici?
Va bene,
so che è un capitolo corto
e in origine sarebbe dovuto essere ben più lungo, ma non
riuscivo a concludere
la parte finale, quindi ho deciso di spezzarlo in due. Non me ne
vogliate.
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 15 *** Dove tutto sembra ricominciare da dove si era interrotto. Forse… ***
Reverse.
[Dove
tutto sembra
ricominciare da dove si era interrotto.
Forse…]
Ron,
dalla sua
posizione di spalle, non poté vedere la reazione sul volto e
sulla mente di
Draco Malfoy, ma gli fu sufficiente osservare Harry per capire che
aveva
funzionato.
Lo
aveva visto
irrigidirsi – forse a causa della pressione e della mole di
informazioni che
gli avevano attraversato il cervello – per poi rilassare
impercettibilmente le
spalle. Aveva osservato la sua espressione farsi prima confusa, poi
dolorante,
arrabbiata e piena di sconcerto man mano che iniziava a prendere
coscienza di
sé.
Aveva visto,
finalmente, il loro Harry Potter
dietro le iridi verdi, ora tornate normali.
Solo
allora si
azzardò a lasciare la vista dell’amico per
controllare la situazione.
Dall’altra parte
della stanza un certo biondo Serpeverde aveva preso ad inveire a denti
stretti
e sibilanti contro Zabini.
Aveva funzionato
eccome!
Con
un sorriso
di sollievo misto a pura felicità – il mondo stava
finalmente tornando tutto al
proprio posto – allungo il contenitore a Neville, che si era
avvicinato per
osservare, e posò la mano libera sulla spalla
dell’amico, togliendosi dalla
linea del suo sguardo e chinandosi per guardarlo bene in viso.
«Lì c’è Malfoy»
Ron lo indicò trepidante, mentre lo vedeva tirare fuori la
lingua per il
disgusto «cosa vorresti fargli adesso?»
Harry alzò la
testa, facendolo attendere – per Godric, se lo meritava.
Anche senza occhiali
poteva benissimo distinguere la figura di Draco Malfoy e i suoi capelli
dall’inconfondibile colore biondo chiaro.
Cosa
provava per
lui ora? Cosa sentiva adesso che era padrone delle sue azioni
– di tutte le sue azioni.
«Sbatterlo
contro un muro» fu la riposta, lapidaria, nel sistemarsi
istintivamente un
ciuffo ribelle dietro l’orecchio.
Ron
rise di
sollievo, dandogli una pacca sonora sulla spalla. Alla quale Harry non
rispose.
«Anche se ora è
tutto a posto» fece Harry gelido «non significa che
possa perdonare tanto
facilmente quello che mi avete fatto».
Si
sentiva
estremamente confuso, e irritato; il suo mal di testa –
perenne da qualche
giorno a quella parte e lanciante fino a poco prima –
sembrava fortunatamente
meno pressante, ma non per questo gli permetteva di ragionare
più lucidamente.
Aveva ancora solo
ricordi frammentari e ben poco in ordine cronologico
dell’ultima settimana –
con sprazzi di lucidità e immagini estremamente vivide per
la metà del tempo –
e grossi buchi nelle ultime ventiquattro ore.
Non
ricordava
come avesse fatto a finire lì, tanto per dirne una.
L’ultimo ricordo che aveva,
prima di trovarsi con una ciotola in mano, un sapore tremendo in bocca
e la
faccia preoccupata di Ron, era di lui, seduto al freddo della guferia,
con il
mantello malamente gettato sulle spalle, gli occhiali storti e Edwige
– formato
2.0 – che lo squadrava interrogativa da sopra il ginocchio su
cui si era
appollaiata.
E
quello prima
riguardava-
«Potter».
Una
voce anche
fin troppo familiare gli esplose da qualche parte da dietro le palpebre
socchiuse, costringendolo a tornare alla realtà.
Realtà dove un
certo biondino stava venendo liberato da delle corde invisibili, mezzo
seduto
su una sedia e l’espressione irosa – più
che chiaramente nella sua direzione.
Con un gesto distratto raccolse gli occhiali – finiti
chissà come in mano al
suo migliore amico – e se
li infilò
deciso.
Il
Serpeverde
gli sembrava più slanciato del solito. E con i capelli
più lunghi.
«Malfoy» ribatté
con lo stesso tono, incrociando poi le braccia per mostrarsi
più minaccioso –
se non poteva essere il più alto, almeno sarebbe stato il
più grosso.
«Che dispiacere
vederti» riprese la Serpe con un ghigno malevolo sulla labbra.
«Se proprio ti
do fastidio potresti voltarti dall’altra parte.
C’è un muro interessantissimo
alle tue spalle» ribatté Harry pronto, come sempre
quando si trattava di
rispondere ad una certa Serpe.
Serpe che
sembrava costantemente impegnata a scassargli le balle e stare in mezzo
ai
piedi, anche quando non centrava niente.
«Ti spiacerebbe smettere di guardarmi? Non vorrei che quella
tua orrida
cicatrice si imprima anche sulla mia pelle».
«Ripeto» riprese il Grifondoro
«girati!»
«Mi hai appena dato un ordine?» gli occhi del
biondo sembravano lanciare
scintille, tanta era la furia che si agitava dietro le sue iridi.
Sembrava sul
punto di saltare ad azzannargli la gola.
Istintivamente Harry deglutì, carico di chissà
quale aspettativa. Da
quando, esattamente, l’essere morso era sinonimo di
aspettativa?
«Ti ho appena dato un consiglio» disse alla fine
«poi tu sei libero di
interpretarlo come meglio riesci».
«Aveva un punto esclamativo alla fine» ci tenne a
precisare la Serpe
infastidita «Grifondoro ritardato, era ovviamente un
ordine!»
«Ma che viaggi mentali ti fai? A volte mi chiedo se sei tu a
non parlare il
linguaggio umano o sono io che non parlo il Malfoyese!»
scattò immediatamente
Harry.
«Che vuoi che ne sappia? Non ho mica tempo di badare a quello
che il tuo
cervello ti dice. Chiedilo a lui, così magari ti fa sognare
la risposta».
«Molto divertente Malfoy, bravo» non fosse stato
impegnato a tenere le dita
strettamente legate attorno ai propri avambracci, Harry si sarebbe
messo ad applaudire.
«Lo so da solo, la tua imitazione è quella che mi
riesce meglio» sibilò
sprezzante l’altro, cogliendo perfettamente
l’ironia insita in ogni singola
sillaba.
«Non dirlo neanche» continuò Harry sulla
stessa onda di sarcasmo congenito «credo
ti risulterebbe più semplice quella del vermicolo, con il
cuore in culo».
«Ma che finezza» arricciò il naso
l’aristocratico biondo. Ma chi glielo
aveva fatto fare di mischiarsi con la plebaglia della risma di Potter e
Weasley? – solo in quel momento lo notò, sempre,
costantemente, a fianco del
ragazzo-che-è-sopravvissuto. O Paciock.
«E il cervello ti è finito nello
stomaco» proseguì ancora l’altro,
incurante del fatto che gli occhi grigi del biondo si erano spostati
sul resto
della gente nella stanza. La Granger?
Che cazzo ci faceva lì la
mezzosangue-non-più-zannuta?
«Può darsi. Sempre meglio che in mezzo alle gambe
come il tuo» rispose
comunque – in automatico – Draco.
«Certo, solo il mio…»
«Ovviamente» convenne, facendo finta di non aver
sentito il sarcasmo neanche
di striscio, tornando al moro, non senza aver gettato una frecciata
sprezzante
alla mezzosangue «Altrimenti a quest’ora me ne
starei a farmi fottere da
qualcuno, invece di rimanere ad ascoltare le tue cazzate».
«Ma certo, principino» ghignò
improvvisamente lascivo Harry «dimenticavo
che a te piace».
Il
volto pallido del Serpeverde sembrò sbiancare ancora di
più, arrivando a
pericolose tonalità di gesso. Questo un attimo prima di
arrossire vagamente
sulle gote e prepararsi a rispondere a tono.
«Sembri decisamente ben informato»
biascicò, strascicando le parole in un
finto tono di indifferenza «hai avuto recenti esperienze nel
prenderlo?»
aggiunse, intendendo esplicitante quello che era ormai passato nella
mente di
tutti.
Ricordavano. E bene, quella
notte.
Neville era diventato di un incarnato cadaverico e teneva gli occhi
spalancati sui due. Comportamento simile a quello tenuto da Ron e
Pansy, anche
se quest’ultima in modo decisamente meno evidente. Mentre
Hermione seguiva lo
scambio come stesse osservando una partita di tennis.
«Dacci un fottuto taglio, ‘kay?» Harry
era tornato ad arrossire
furiosamente, dimenticandosi di essere stato lui il primo ad introdurre
l’argomento.
«Solo se mi rispondi» insistette Draco malefico,
ben consapevole di aver
appena segnato un punto – e non da poco –
all’avversario.
«Ti ho detto di no, you understand?»
caricò ancora Harry «No, not, nej, não,
nein, нет-»
«Ne hai ancora per molto?» sbuffò
Malfoy, interrompendo la sequela di
Potter.
«A dire il vero sì» ribatté
seccato, cercando di resistere al desiderio di
disincrociare le braccia e tirargli un cazzotto sul muso –
forse «sono
fermo al russo».
«Se hai proprio voglia di far prendere aria alla
bocca…»
«Senti un po’ tu-»
«Ascolta Sfregiato, sono stanco di starti a
sentire» il Serpeverde alzò
entrambe le mani in un gesto teatrale «sono rimasto legato ad
una sedia e devo
farla pagare al mio amico! Quindi, scusami, ma ti
devi togliere dai
coglioni!».
«Non chiamarmi Sfregiato, Furetto candeggiato».
«Non sono un furetto, Potter!»
«No, è vero. Sembri più un pesce palla,
gonfiato e velenoso!»
«Potter!» Draco fece per alzarsi di scatto, le
guance rosate da quello che
poteva sembrare rabbia, così come imbarazzo «Chi
cazzo sarebbe un pallone
gonfiato?»
Peccato solo che il movimento improvviso non comprendesse anche
un’attenta
analisi della finestra – sempre presente e sempre
aperta alle sua spalle – perché vi
sbatté contro con forza, infilzandosi la
nuca ben poco dolcemente con lo spigolo in ferro battuto.
Gemendo in modo teatrale – sua signoria la prima donna mai
che riuscisse a
controllarsi – si accasciò sulle ginocchia,
strizzando gli occhi e afferrandosi
la tasta dolorante.
Istintivamente, Blaise afferrò il polso di Pansy,
impedendole di accorrere
in soccorso dell’amico. Qualcun altro aveva fatto un altro istintivo
scatto in avanti, avvicinandosi di qualche prezioso metro.
«Brutto colpo» commentò Harry
aggrottando la fronte – e abbassando il tono
di parecchi decibel.
«Ma guarda, non me n’ero accorto, grazie»
gli occhi serrati, il Serpeverde si stava massaggiando con vigore la
nuca,
cercando di trattenere delle lacrime di dolore –
assolutamente umilianti per il
suo onore Malfoy, trasudando acidità da tutti i pori.
«Dai, fa’ vedere» sospirò il
Grifondoro arrivandogli di fronte e posando
una mano su quella dell’altro, per toglierla e vedere il
punto colpito.
Con
uno scatto, Draco si ritrasse imbufalito.
«Non provare a toccarmi, idiota!»
«Non ti mettere a fare la donnicciola adesso»
alzò gli occhi al cielo
Harry, tornando ad afferrargli il polso e facendo pressione
affinché lo
allontanasse dalla testa.
Non
appena riuscì ad avere un decente spazio di manovra,
depositò la mano
del principino sul suo grembo e infilò le dita tra le
ciocche, tastando per
cercare un bozzo o il bagnato del sangue. Arruffandoli a dovere
– sotto gli
sguardi scioccati dei più e impaziente di uno in particolare
– trovò finalmente
il punto incriminato, allungandosi su di lui per vedere meglio.
«Cerca di essere un po’ più
delicato!» piagnucolò il biondo, la testa
imprigionata da entrambe le mani del Grifondoro.
«Beh, non sono stato certamente io a dirti di sbattere contro
la finestra»
rispose Harry in tono pratico, esaminando con attenzione la pelle
arrossata che
intravedeva tra le ciocche scostate di capelli lisci «ma
sembra tutto a posto.
Forse solo qualche conseguenza neurologica?»
ridacchiò, scherzando almeno in
parte.
«Se proprio si deve parlare di ritorsioni celebrali
perché non ti fai un bel
discorsetto allo specchio?» ribatté acido il
biondo, parlando direttamente
contro la camicia del moro, tanto si era sporto il secondo per
controllare la
situazione.
Camicia e petto, che iniziarono a
sussultare lievemente, seguendo il ritmo della risata leggera del
Grifondoro.
«Ti assicuro che ogni tanto mi capita».
Per
un qualche imprecisato motivo, a quella affermazione, Draco si
sentì in
dovere di rispondere in qualche modo, stirando le labbra in un vago
sorriso.
«Mi hai fatto
male» soffiò, ricordando e cercando di ignorare di
aver usato le stesse parole
e lo stesso tono tempo prima, durante una certa notte.
«Scusa» mormorò
Harry in risposta, istintivamente.
«Non le accetto le
tue scuse» ancora uno sorriso lieve – praticamente
invisibile – un altro
ricordo e un calore improvviso.
«Allora cosa
vuoi che faccia?»
Malfoy deglutì
lentamente e a fatica, mente la lava bollente scendeva da un punto
imprecisato
del viso fino allo stomaco. E forse
più giù.
Draco gemette senza freni, dimenandosi e
strattonando la cravatta che gli impediva di affondare le unghie nella
schiena
del moro. Dio, quanto avrebbe voluto farlo.
«Mi hai fatto male» soffiò, il respiro
bollente sul
suo.
«Scusa» lo sentì mormorare in risposta,
istintivamente.
«Non le accetto le tue scuse» ancora uno
sfioramento, altro calore.
«Allora cosa vuoi che faccia?»
«Muoviti» gli sibilò il biondo,
più rigido di quanto avesse voluto. Harry
si puntellò sui gomiti affondati nel
lenzuolo ai lati della testa dell’altro e si tirò
indietro, avvertendo con ogni
singola cellula lo scorrere della pelle sulla carne. Lentamente,
respiro dopo
respiro, beandosi dell’espressione del compagno.
Poi, inspirando profondamente, tornò a-
«Muoviti»
espirò strozzato il biondo, le
labbra socchiuse – come in attesa.
Sarebbe stato
difficile, per loro due, definire con esattezza quale fosse stato il
momento in
cui avessero smesso di essere solo vicini a quando avevano alzato il
volto, di
modo da potersi guardare dritti negli occhi.
«E dove vuoi che
vada?» fu la risposta sussurrata del moro, perfettamente
incurante di una
evidente presenza di terzi incomodi – che si erano
improvvisamente sentiti tutti di
troppo.
Tutti,
che erano rimasti perfettamente
immobili, nel tentativo di non mandare per aria la situazione che si
era appena
venuta a creare, che vedeva come protagonisti i più
improbabili tra loro.
Qualcuno
tossicchiò.
«Ecco, bene,
forse è il caso che voi due ne…
parliate» per quanto esitante, quella
inflessione ben presente nella voce di Blaise era decisamente
divertimento.
…
Ma
certo, è perché no? Una bella chiacchierata non
ha mai fatto del male a
nessuno.
Tranne
a Sigfrido in effetti, che si è trovato assassinato
perché sua moglie Crimilde
ha mostrato un certo anello e una certa cintura alla sorella Brunilde,
pensando
di farla sfigurare, durante un adorabile têt-a-têt
davanti ad una tazza di the.
Peccato
solo si sia trovata vedova…
Ma
questa è un’altra storia.
Ed
ecco a voi la seconda parte – sperando di non aver
scontentato nessuno
(Crimilde a parte, che non è mai felice quando mi metto a
rispolverare vecchi
affari di famiglia XD).
Un bacio
NLH
|
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Capitolo 16 *** Prima pensa, poi parla, perché parola poco pensata porta pena. Pirla! ***
Reverse.
[Prima
pensa, poi parla, perché parola poco pensata porta pena.
Pirla!]
Parlare.
Loro
due
dovevano parlare.
Il
cervello
infuriato di Draco continuava a ripetere quelle parole, intrappolate in
un
ciclo continuo. Quanto avrebbe desiderato potersi spegnare.
Ma
non potevano
proporre prima di parlare, invece di piantare un
casino che la metà
bastava?
E che gli era costata una notte di fuoco tra le
braccia del suo pegg-
No, per Salazar!
Draco di portò i pugni chiusi alle tempie mentre –
indesiderati – i ricordi
della notte appena trascorsa tornavano a marchiargli il cervello,
precisi
fotogramma dopo fotogramma. Avvampò.
Avvertì quasi
fisicamente la carezza rude delle mani di Harry che scivolavano sulle
sue cosce
e il respiro bollente che si infrangeva sulle sue labbra.
Aveva seriamente
pensato che avrebbe voluto bere da
quella labbra per sempre. Lo aveva paragonato a Dioniso, cazzo! Avrebbe
potuto
cadere più in basso?
Evidentemente
sì, perché un altro preciso ricordo della notte
gli si conficcò nel cervello.
Lo
aveva
guardato negli occhi e biascicato qualcosa sul volerli guardare per
sempre.
E
Potter aveva
detto che forse lo amava.
Si
portò
faticosamente entrambe le mani in grembo – o dei suoi capelli
sarebbe rimasto
ben poco – desiderando essere solo e quindi del tutto
giustificato a scoppiare
in lacrime per la figuraccia, l’umiliazione e
quant’altro.
Cazzo!
Si era fatto scopare da Potter! E con
sommo godimento pure…
Aveva
ringraziato della sua esistenza!
Suo
padre lo avrebbe
ammazzato. Minimo.
Harry, nel
frattempo, aveva deciso di sfruttare meglio il tempo concessogli dal
silenzio
del biondo per chiedersi quanto di vero ci fosse stato quella notte.
Quanto di
quello che si erano detti o fatti fosse stato frutto di reale desiderio
e
quanto indotto dalla pozione.
Lui
non era una
cima nella materia – ma dai, che novità
– ma non era sciocco, come certe
persone erano portate a pensare.
Non sarebbe riuscito a sconfiggere Voldemort altrimenti –
sebbene un’immane
botta di culo l’aveva ricevuta.
Proprio come
quando il biondino-
Si
impose di non
andare avanti, altrimenti non sarebbe giunto a capo di niente.
Aveva passato i
due giorni precedenti a riflettere (forte che le vacanze di Natale
fossero
appena iniziate e gli studenti ufficialmente in vacanza).
Celato alla vista sotto il Mantello
dell’Invisibilità,
rifugiato nella Stanza delle Necessità o nascosto in Aule in
disuso o nella
guferia, aveva pensato, macchinato e sbollito la rabbia e la delusione
per
lasciare spazio ad un interrogativo – va bene, molti
interrogativi, ma quello
in particolare.
Perché lo aveva
fatto?
Per
la pozione,
era stata la risposta immediata, ma non lo aveva soddisfatto appieno.
Con
la coda
dell’occhio sbirciò Malfoy torturarsi le dita e
trovò quel gesto estremamente
familiare. Esattamente coma la mania di mordersi insistentemente la
punta della
lingua con i canini, bocca socchiusa, quando era intento a riflettere
su
qualcosa.
E
alla fine
aveva dovuto ammettere che sì,
lo
aveva spiato osservato per lungo tempo.
Ma
anche
perfettamente giustificato.
Perché,
ammettiamolo, l’erede dei Malfoy era sempre stato una
maledetta spina nel
fianco sin dal primo giorno. Aveva dovuto tenerlo d’occhio in
ogni momento –
una costante che non veniva a mancare nemmeno durante le vacanze
– avrebbe
potuto sempre incontrarlo in giro per Diagon Alley, oppure per Privet
Drive –
okay, era piuttosto sicuro del fatto che uno della leva
risma di Draco
Malfoy non avrebbe mai osato avventurarsi nella periferia della Londra
babbana,
ma capitelo, aveva dovuto essere pronto, sempre. Vigilanza
costante.
Poi,
con tutte
quelle volte in cui il biondo si era messo in mezzo: al primo anno con
la
ricordella, il drago e il mancato duello, al secondo con la Camera dei
Segreti
– e consecutivo uso della Pozione Polisucco, al terzo con
Fierobecco e il
padre, al quarto con tutte quelle spille idiote e suo padre…
Per
non parlare
poi del quinto anno, con la squadra d’Inquisizione e
l'attacco dei servitori di
Voldemort (sempre suo padre).
E
quando aveva
avuto il sospetto – giustamente fondato – di una
sua affiliazione ai
Mangiamorte? Lo aveva ovviamente pedinato, spiato, seguito e maledetto.
E a
ragione!
Aveva tentato di
uccidere Silente!
E
lui, Harry, lo
aveva salvato dall’essere arso vivo.
Cosa,
esattamente, in tutto quello era sbagliato? Da quando, di preciso, il
suo
comportamento era passato dalla prudenza nei confronti di un nemico all’attrazione
per un amante?
A quello. Punto.
Perché era
diventata quella la domanda, alla fine. Non come, non perché.
Ma quando.
Ricordava ancora
con confusa esattezza le riflessioni che lo avevano colto durante i
giorni
precedenti, dopo il fatto.
Una
sola,
semplice, linea di pensiero era stata il risultato:
Malfoy mi ha insultato.
Di
nuovo.
Io
ho perso le staffe.
Ancora.
Non ho tentato
di spaccargli il naso.
Novità.
Abbiamo fatto sesso nella Stanza delle Necessità per
tutta la notte.
Novità assoluta.
Lo
abbiamo fatto. E più di una volta.
Ulteriore novità, indiscutibilmente benaccolta sul
momento – ma non avrebbe saputo dire a posteriori.
Gli
ho detto che forse lo amo.
Altra novità, benché relativa alla luce del fatto
che
avevano fatto sesso.
Forse lo amo sul serio.
A
quel punto si sarebbe potuto dire fottuto. Letteralmente.
Harry ricordava anche fin troppo bene della prima – e
unica – notte passata tra le lenzuola in compagnia del
Serpeverde per
eccellenza, quella sera di quasi una settimana prima e poteva dire che
certezza
che era stata – Merlino, quasi non riusciva a pensarlo
– strepitosa. Ora, non
che lui fosse un Dio del Sesso o qualcosa del genere – le sue
esperienza si
erano fermate un po’ di tempo prima
-
causa
Guerra - a Cho (molto pianto e qualche bacio), Ginny (molto baci,
qualche
palpata, ma niente di più) e Charlie (decisamente di
più, per tre fantastiche
settimana estive) – o che Malfoy avesse tirato fuori qualche
strano giochetto o
feticismo – Morgana, avvampava ancora quando ricordava della
cravatta – ma era
stato intenso. Non poteva certo negarlo.
E
inizialmente aveva pensato tutto fosse stato causa
della pozione propinata, ma sfortunatamente questa sua unica
spiegazione non si
era rivelata del tutto corretta.
In
quel momento non era riuscito a ragionare
lucidamente.
La
seconda volta – un’ora dopo la prima –
era stata
consumata molto meno in fretta, ancora caldi e appagati, si erano
lasciati
andare ad un languore che era mancato completamente al primo assalto,
che li
aveva portati ad un piacere lento e bollente, ma altrettanto devastante.
La
terza, quando si erano trascinati sul pavimento,
aveva avuto la splendida visione di un Draco Malfoy che prendeva il
controllo,
si infilava i suoi occhiali e lo bloccava a pancia in giù
per restituirgli il
favore – parole sue.
Alla
quarta aveva smesso di trovare giustificazioni,
perdendosi nel calore che il Serpeverde era riuscito a risvegliare
nuovamente,
nonostante la stanchezza.
God,
avrebbe voluto sprofondare.
A
quel punto era perfettamente inutile continuare a
mentire a sé stessi – da bravo Grifondoro
qual’era, si sarebbe dovuto prendere
le proprie responsabilità.
Lui
non era – come sempre sostenuto da Hermione – ossessionato
da Draco Malfoy.
Lui
ne era innamorato.
E
nel momento stesso in cui quella epifania si faceva
largo nella sua mente, in quella del biondino si era fatto spazio un
pensiero
ben diverso.
Senza dire una parola, il Serpeverde smise di
torturarsi le mani e voltò le spalle al Grifone, dirigendosi
verso la porta
poco tempo prima chiusasi alle loro spalle.
«Dove stai andando?» chiese il moro a bruciapelo,
cogliendo
con la coda dell'occhio non solo la postura rigida del biondo, ma anche
l'espressione sull'incazzato andante. O almeno così era
riuscito ad
interpretare la smorfia corrucciata che aleggiava sulle labbra e sugli
occhi
del ragazzo in questione.
Stava dandosi alla fuga? Proprio come quella volta al
primo anno, con la punizione assieme ad Hagrid.
Eccolo, sempre
lui.
Com'era stato possibile non accorgersi di tutto quel
desiderio? Insomma, non era certo nato da un giorno all'altro e certo, era pur vero che la pozione e i
suoi effetti collaterali avevano aiutato non poco a fargli aprire gli
occhi, ma
prima di quello. Come aveva fatto ad essere così cieco!?
Cosa
portava a fare gli occhiali se poi al vero
momento del bisogno non servivano una beata mazza?
«Non sono affari tuoi, Potter» sibilò a
denti stretti
l’altro, voltandosi finalmente a guardarlo - e per un attimo
Harry si sentì
morire al pensiero di aver desiderato quel contatto visivo prima di
desiderare
immancabilmente qualcosa di più.
«Dobbiamo parlare» istintivamente Harry
allungò una
mano per chiuderla con prepotenza attorno al suo polso sottile
«e parleremo»
concluse dopo un attimo, il tempo necessario a riprendersi dopo essersi
reso
conto di stare ancora una volta stringendo la pelle tiepida del biondo
tra le
dita. Ecco un assaggio di quel di più.
Ma non era
ancora abbastanza.
«Stronzate» Draco arricciò il naso
contrariato,
lanciando un’intensa occhiata intrisa di veleno
l’arto «io e te non abbiamo
niente da dirci».
«Io non credo proprio» doveva stare calmo, si
costrinse a ricacciare indietro qualunque emozione violenta - rabbia,
irritazione, desiderio - in favore di un tono più
ragionevole.
Dovevano
parlare.
«Lasciami in
pace Sfregiato» alla fine il biondo riuscì a
divincolarsi, strappandosi alla
presa con uno strattone «vai a salvare la Weasley o qualche
altra donnicciola
pericolosa- in pericolo volevo dire! Non scassare le balle a
me!»
«Ti ho detto di smetterla di chiamarmi Sfregiato!»
le
abitudini erano dure a morire, nonostante – o forse
soprattutto – le novità di
quel giorno.
«E tu piantala di insistere!»
«È una cosa che riguarda n- è una cosa
che dobbiamo
risolvere tutti e due!» si morse un labbro nella fretta
– autocensurandosi,
perché non era certo il caso di farli diventare un noi; non quando la parte bionda del
sopracitato noi era tanto ostile
all’idea «Pensavo
volessi una risposta a tutto».
«Beh, guarda caso ora ho cambiato idea!» Draco non
aveva proprio iniziato a strepitare, ma poco ci mancava, specie con il
tono
acuto e l'espressione scandalizzata a fare da contorno alle guance
rosse dalla
frustrazione - rabbia, imbarazzo, desiderio?
Harry non lo sapeva, faticava seriamente a rendersi conto di qualcosa
non fosse
la sua vicinanza e la disperata urgenza che sentiva di parlare e
spiegargli
tutto.
Se
non altro, quel familiare botta e risposta aveva
avuto il potere di schiarirgli la mente.
E
Malfoy era tornato a voltarsi per uscire e sparire
un'altra volta. Era sempre stato un vigliacco - ricordò gli
innumerevoli
episodi, estremamente vividi nella sua memoria - come
cazzo aveva fatto a non accorgersene prima!?
Un
vigliacco, lo sapeva, e un approfittatore, sempre
pronto mettere in mezzo terzi pur di non sporcarsi le mani e rimanere
scottato
in caso di fallimento. Draco era un ragazzo introverso, che lasciava
trasparire
poco delle sue vere emozioni, e si comportava per la maggior parte del
tempo
come un presuntuoso viziato, con un umorismo del cazzo - troppo british e macabro - che, tuttavia,
riusciva immancabilmente a calamitare la sua attenzione.
E
poi era pallido - una carnagione poco più colorata
del bianco, con profonde ombreggiature in corrispondenza degli zigomi
sottili e
delle dita lunghe - con i capelli biondo chiaro slavati e degli occhi
grigi
dalle mille e più sfumature. Monocromatico che vestiva nero
e verde argento.
Magro, alto e sottile, l'elemento più femminile che
era mai riuscito a trovare il lui era la spiccata mania per i vestiti e
i
capricci. Nemmeno le mani, per quanto pallide e apparentemente
delicate,
avevano nulla di femmineo: lunghe e curate, mantenevano sempre una
sorta di
minaccia alla sua incolumità - come quella volta in cui
aveva cercato di
strappargli gli occhi dalle orbite, durante la loro ultima lite.
E,
infine ma non ultimo per importanza - aveva un
carattere tutt'altro che semplice o accomodante.
Era pronto a
scommettere che al mondo esistessero ben poche cose peggiori allo
scoprirsi
innamorato di Draco Malfoy.
Eppure non riusciva più a fare a meno di lui.
Forse era vero quel detto babbano sui ragazzini
pestiferi, le gonne delle bambine e le trecce tirate.
«Almeno ascoltami» tentò
un’ultima carta – perché
sentiva, non si sa come non si sa perché – che se
Malfoy avesse varcato quella
porta prima di sentire tutto quello che aveva da dire, qualcosa si
sarebbe
rotto definitivamente «poi puoi andartene, ma adesso ascolta.
Per favore».
A
quel tono – e a quelle parole – la camminata
dell’altro si fermò.
Il
cuore di Harry balzò improvviso nel petto. Era lui il Grifondoro, era lui
quello coraggioso ed era sempre lui
a dover impedire che la subdola
serpe non svicolasse dalle mani. Era dura scoprirsi innamorati di una
Serpe,
perché non si sapeva mai cosa stesse pensando dietro quella
maschera di rigida
indifferenza, o quali piani avrebbe messo in atto per sfuggire.
Era
estremamente difficile scoprirsi innamorati di
Draco Malfoy in generale, a dire il vero.
Soprattutto quando ti guardava con un ghigno che
avrebbe fatto tremare di terrore chiunque - per il grado di
bastardaggine che
vi era impresso - e fremere di eccitazione lui.
Per
un attimo Harry chiuse gli occhi, rischiando di
perdersi lo scintillio nelle iridi grigie dell'altro quando si decise a
parlare.
«È così che ti ho sempre voluto vedere,
Potter.
Implorante ai miei piedi» si limitò a frecciare
sprezzante il biondo senza
accennare ad allontanarsi dalla porta. Che, fortunatamente per le
intenzioni
del moro, rimase chiusa.
Per
il momento.
Harry inspirò profondamente e – prendendo quella
frase
come una (blanda) disposizione ad ascoltarlo –
cercò di riordinare le idee.
Perché, per la prima volta consciamente, si rendeva
conto dei motivi che lo avevano
portato lì.
«La prima volta in cui sono rimasto a guardarti senza
pensare a come fare in caso di una tua maledizione o a spaccarti il
naso è
stato al quarto anno. Io stavo aspettando che la mia dama tornasse dal
bagno e
tu stavi cercando un angolo isolato dove sederti per sfuggire alla
ressa. Ti
sei seduto sulla poltrona dietro la mia, dandomi le spalle e io avevo
gli occhi
chiusi-»
…
Ho
come l’impressione di sentire, da qualche parte tra le
scapole, la canna di una
pistola. Siete voi? *sorriso
sbarluccicante e occhioni spalancati al porre la domanda innocente ai
lettori/recensori che la stanno per freddare, causa (ennesima) brusca
interruzione del capitolo*.
No,
no.. non si fa… XD
Lo
ammetto, sono un pochino bastarda a finire così, ma
capitemi… l’alternativa era
aspettare altre 2 settimane che mi decidessi a trovare la giusta
ispirazione…
dovreste ringraziarmi invece *me fa crocettini dietro la schiena
nella speranza
che qualcuno le creda ancora…* anzi 4 settimane,
visto che andrò in ferie – sempre nel solito buco
dimenticato da Dio, come
tutti gli anni – e lì internet non c'è.
E no, non è una scusa.
Perciò…
spero vi siate divertiti (a non uccidermi) XD ci vediamo a settembre
Un bacio
NLH
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Capitolo 17 *** Ad occhi chiusi ***
Reverse.
[Ad
occhi chiusi]
«Non ti eri reso conto fossi io, probabilmente
perché vestivo i colori della tua casa, oppure
perché non avevo gli occhiali e
i capelli erano domati. Non lo so. Magari hai notato la somiglianza con
qualche
Serpeverde e mi hai raggiunto».
Per
un qualche ignoto motivo, Draco era
rimasto ad ascoltarlo. E non si stava neanche chiedendo il perché.
Non
si era propriamente girato nella sua
direzione, non si era affatto seduto a guardarlo per concentrare la sua
attenzione
sulle parole del moro. Semplicemente si era fermato e non aveva detto
più
niente.
Forse
perché aveva voglia si sentiva costretto
ad ascoltare le sue spiegazioni
patetiche scuse. Magari perché quella storia gli
interessava se la
ricordava vagamente.
O,
molto più semplicemente ma sempre parecchio
difficile da accettare a livello conscio, perché quando
Harry Potter iniziava a
parlare, lui si sintonizzava sulle sue onde vocali.
Capitelo, il moro avrebbe potuto lasciarsi
sfuggire qualche dettaglio a lui utile, oppure stralci di
chissà quale
fantomatico piano per renderlo ridicolo di fronte alla scuola
– come aveva già
ampiamente fatto.
Ad
esempio quella volta al primo anno, quando
lui, Malfoy, aveva rubato la ricordella a Paciock, oppure per quella
storia del
drago di Hagrid - mai una volta che Potter non centrasse, vero? O non
si
divertisse a passargli davanti con il solo intento di attirare la sua
attenzione (perché si era certamente pentito di aver
rifiutato la sua mano) e
coinvolgerlo nelle situazioni peggiori.
Per
colpa sua non riusciva nemmeno a
ricordarsi quante volte fosse finito in punizione.
E
poi c'era stata quella volta al secondo
anno: prima le allusioni sull'Erede di Serpeverde, poi quell'assurda
storia
della Pozione Polisucco - vabbé, di questa seconda parte era
venuto a
conoscenza solo dopo, per vie traverse, ma tanto bastava da aggiungerlo
alla
lista.
Per
l'ennesima volta Potter gli si era
avvicinato in cerca di attenzioni informazioni.
E la
lista poteva andare avanti per ore!
Terzo anno: Potter e il pennuto che per poco
non gli ha staccato un braccio di netto. Era più che certo
che il moro avesse
fatto apposta a provocarlo, attirare la sua attenzione e spingerlo a
fare la
sciocc- quello che aveva fatto!
Merda, maledizione a Potter!
Perché?
L'espressione impassibile, gli occhi socchiusi
dalla derisione e la bocca lievemente piegata in un ghigno strafottente
nascondevano la realtà dei fatti, la confusione e le grida
che risuonavano
nella testa di Draco dal momento stesso in cui erano stati chiusi
lì dentro.
A
parlare.
Perché, stava continuando a domandarsi nel
vedere Harry Potter di fronte a lui, intento a parlare;
Perché gli aveva sempre
prestato così tanta attenzione?
Da
buon Serpeverde, non faceva altro che
scappare dalla realtà.
Maledetto Potter!
E
maledetto Zabini, per le sue sedute
psicologiche non richieste!
«Non ti ho riconosciuto subito, a dire il
vero» stava proseguendo intanto il moro «non ti
avevo mai sentito parlare in
tono normale - senza maledirmi, ghignare, sfottermi o gridare intendo -
dal
nostro primissimo incontro e la tua voce stava cambiando. Era diversa.
Insomma,
ti sei limitato a sederti e hai sospirato…»
«Se
stasera Zabini osa tornare in dormitorio con più di una tra
le ragazze con cui
ha ballato, giuro che gli nascondo l'intera collezione di camicie
firmate»
aveva esordito il biondo, una lieve risata a colorare il tono
impassibile «è
una calamita per gli ormoni, quanto c'è lui nelle vicinanze
mi sembra di essere
invisibile».
«È
un sentimento comune» aveva riso leggero Harry, senza curarsi
di voltarsi ad
osservare il suo interlocutore perché, insomma, se qualcuno
si era preso la
briga di parlargli così tranquillamente non poteva essere
certo un Serpeverde o
qualcosa del genere «anche a me piacerebbe sparire in sua
presenza a dire il
vero… ma non è possibile».
«Perché
temi possa attaccare bottone cianciando dell'ultima sciarpa alla moda
che si è
fatto arrivare dall'Italia?»
«Magari
fosse così» ancora una risata nella voce del moro
«no, niente del genere».
«Non
sai quanto sei fortunato allora… mi è capitato di
assistere a scene del genere
e posso assicurarti che venire ignorati è una manna dal
cielo» sospirò
teatralmente, passandosi una mano guantata sugli occhi chiusi.
«Pensavo
fosse ben voluto, a dire il vero» commentò Harry
facendo spallucce.
«E
lo è… anche se nella nostra definizione di
amicizia» altra risata leggera,
stavolta appartenente al biondo «ma delle volte è
decisamente insopportabile. E
capisce solo quello che vuole capire. Non ascolta…»
«Anche
io ho un amico così…» aggiunse il moro
«beh, più o meno. Senza tutto quel
narcisismo».
«Siamo
messi bene allora».
Ci
fu ben più di qualche attimo di silenzio, dove Harry si
chiese cosa diavolo
stava impedendo a Calì di finire in fretta quello che doveva
fare in bagno,
liberandolo dal dover rimanere lì ad aspettarla, prima che
Malfoy riprendesse
parola.
«Ti
capita mai di chiederti cosa non va nella tu vita?»
Quello
fu il momento in cui Harry smise di guardare il nulla e si
voltò interrogativo
verso il suo interlocutore.
«Come?»
Capelli
biondi, chiarissimi, tirati indietro da una mano attenta, ma acconciati
da
tempo sufficiente da far sì che qualche ciuffo sfuggisse
alla massa
disciplinata, arrivando ad accarezzare distrattamente le orecchie.
«Intendo» cercò di spiegarsi meglio, riuscendo a
sembrare a disagio anche con quella sola parola, come non fosse affatto
abituato a certe argomentazioni «come
quando ti alzi a mattina, o vai a letto e già tutti gli
altri dormono. Non ti
chiedi mai cosa ci fai lì? Come mi hai avuto un determinato
comportamento
con... un certo qualcuno?»
Pelle
chiara, chiarissima, ancora più dei capelli, stranamente
rosata in prossimità
delle gote, ombreggiate da sottili ciglia biondissime.
Mascella
affilata e non ancora un accenno di barba.
«Ad
esempio quando cerchi di dire una cosa e ne dici un'altra. Non ti
chiedi per
quale motivo?»
Labbra
sottili e pallide - come tutto il resto - atteggiate in un'espressione
pensierosa e il colletto formale della camicia bianca che faceva
capolino da
dietro il rigoglioso cespuglio di agrifoglio e Christmas' tree.
«Uno
cerca di essere gentile, ma l'altro non fa nulla per comprenderlo.
Fraintende e
lo prende in giro. Ti è mai capitato?»
Mentre
gli occhi verdi di Harry si spalancavano e la voce veniva meno, quella
bassa e
quasi adulta dell'altro si levava chiara tra loro due, inascoltata da
chiunque
altro ma ben compresa da Harry.
Palpebre
chiuse su occhi che sapeva essere grigi.
«Capisci
cosa intendo?»
Harry
si forzò a rispondere.
«Mah...» esitò parecchio a disagio «più o meno».
Malfoy annuì.
«Immaginavo» la linea sottile della bocca si alzò ad
un angolo - in una pallida
imitazione di un ghigno sarcastico, più nostalgico che altro
«Sei bravo ad ascoltare,
dovrei farlo più
spesso».
Certo,
come no. Harry si sforzò di smettere di guardarlo, tornare a
girare la faccia
verso la direzione opposta e fare in modo di camuffare la voce - e se
Malfoy si
fosse accorto di chi fosse in realtà lo studente con cui
stava parlando?
«Ti
capita spesso di parlare... così?»
certo non se lo figurava a fare certe confidenze. Non calzava affatto
con
l'immagine di lui che sapeva mostrare al mondo intero.
Solo
un momento di silenzio.
«Forse
solo quando sono ubriaco»
ridacchiò,
mostrando un bicchiere pieno di sospetto liquido marrone chiaro, molto
ambrato
alla luce delle candele nella penombra.
Per
un attimo, lo sconcerto di aver scoperto la vera identità
dell'improvvisato
interlocutore superò l’appena ritrovato senso di
sopravvivenza, perché il moro
si voltò completamente verso Malfoy e venne meno anche al
proposito di camuffare
la voce.
«Quello
è alcool! Dove diavolo sei andato a trovarlo? Non ne davano
al buffet!»
«Certo
che no sciocco!» lo riprese come se fosse ovvio
«Non dirmi che ti sei inimicato
Daphne e Theo! Sono loro che dettano legge sugli alcolici».
«Ma
veramente...» tentò di ricomporsi «non
è che siamo mai andati troppo...»
«Dico
sul serio» lo interruppe Malfoy, alzando il bicchiere come a
brindare - risparmiando
fortunatamente Harry dal dire una sciocchezza come quella che gli stava
per fuggire
dalle labbra «sei messo male! Che hai fatto per alterare la
principessa di
ghiaccio?» altra risatina - doveva essere proprio brillo, per
non dire ubriaco,
se riusciva a lasciarsi andare così «gli hai detto
che i suoi cocktail sono
imbevibili? Oppure hai fregato la pozione lisciacapelli della
biondina?»
Harry
attese il tempo necessario per metabolizzare il fatto che Draco Malfoy
avesse
appena chiamato Theodore Nott principessina e
poi tornò a girarsi verso i bagni.
Ma
quanto cavolo di tempo ci stava impiegando Calì? Stava
facendo le uova?
«In
ogni caso rallegrati» alzò un'ultima volta il
bicchiere prima di scolarselo «almeno
più tardi potrai approfittare della festicciola che stanno
organizzando per dopo
questo mortorio di Ballo. Lì non devi corrompere nessuno per
del Firewhiskey
d'annata».
«…poi te ne sei andato, ridacchiando»
concluse
Harry mestamente, guardando il pavimento a qualche centimetro di
distanza dalle
scarpe del biondo «mi è venuto in mente ora. Era
un casino di tempo che non
ripensavo a questo episodio».
Malfoy non aveva mosso un muscolo, non aveva
dato cenni di comprensione né, fortunatamente per i
propositi del moro, non lo
aveva affatturato per poi uscirsene a passo di marcia dall'Aula.
Anche se, per gli ultimi due punti, c'era ancora
tutto il tempo.
Incoraggiato dalla sua non-reazione e ormai
lanciato - perché ogni buon Grifondoro, una volta imboccata
la strada considerata
giusta, non lasciava nulla d'intentato o d'incompiuto.
«Mentre te ne stavi lì a parlare di te - te
stesso, non il Malfoy della situazione - eri-» finalmente, il
motivo per cui in
precedenza a quel pensiero si era trovato a deglutire come se si fosse
ficcato
un Bezoar in gola, era chiaro. Limpido «Mi sei sembrato quasi
tener- carino».
Che
sciocco era stato a non accorgersene
prima.
Con
quelle guance rosa e l'espressione quasi
innocente era stato reso partecipe di un lato di Draco - Draco, non
Malfoy,
perché c'era differenza. Ce n'era eccome! - che aveva
semplicemente relegato a
forza in un angolo della sua mente per dare spazio ad un'assurda faida
e una
puerile vendetta.
Possibile che gli fossero occorsi altri tre
anni prima di rendersi conto di quella realtà? Il biondo
faceva bene a
chiamarlo tardo.
«Non dici niente?» si arrischiò a
chiedere quindi
l’impavido Grifondoro, deciso ad avere quantomeno una
risposta degna di quel
nome.
Per
sapere di quale morte morire.
Senza lasciare trasparire nulla, il biondo gli
lanciò un'occhiata in tralice.
A
differenza di quanto molti erano portati a
pensare, Draco Malfoy non era del tutto privo di emozioni. Anzi, era un
ragazzo
come centinaia di altri – ovviamente senza contare la classe
innata, il
pedigree da concorso internazionale e un'educazione da perfetto
gentiluomo
(senza tralasciare un'umiltà degna del suo rango)
– e come tutti provava qualcosa.
Anche lui aveva dei sentimenti. E anche lui
ricordava la prima volta in cui era rimasto affascinato dal bambino che
Harry
Potter era stato.
A
differenza di quel beota – che aveva avuto
bisogno di un'improvvisa cecità e una mezza ubriacatura
degna del Ballo del
ceppo per accorgersi della sua eccelsa persona, lui era stato
consapevole del
moro ben prima di arrivare ad Hogwarts.
Aveva sentito raccontare di lui, del Grande
Harry Potter che da neonato aveva tolto di mezzo il Signore Oscuro,
dalle sue
bambinaie, che si erano susseguite numerose nella sua
infanzia. Sapeva tante di
quelle versioni della storia che non era più necessario
gliela raccontassero
ogni sera per farlo addormentare, ma era lui a declamarla ad alta voce
fino a
quando non era troppo esausto e crollava addormentato, facendo
deliziare le
donne che lo accudivano.
Dicevano, ridendo, che Harry Potter era
l'unico in grado di farlo ubbidire.
Che
sciocchezza.
Questo,
il tronfio Grifondoro, non lo avrebbe mai saputo.
«Cosa
dovrei dire?» disse soltanto, vagamente sprezzante,
perché lasciar trasparire
dello sconcerto non era ceto nelle sue intenzioni.
«Qualcosa»
lo incitò sempre meno deciso il moro «qualunque
cosa».
«Sei
un'idiota, Potter» lo insultò, non riuscendo a
trovare niente di meglio da
dire, cercando di prendere tempo.
Per
Merlino e Morgana, cosa si aspettava di ricevere come riposta, quel
tonto
Grifondoro?
Rimasero a lungo senza parlare.
Cosa
avrebbe dovuti dirgli?, se nemmeno lui
stesso sapeva cosa pensare…
«Perché hai parlato di Ginny prima?»
domandò
infine Harry, apparentemente senza logica.
Draco alzò un sopracciglio interrogativo,
sempre curandosi di non guardarlo direttamente.
«Parlo di prima, di quando mi hai detto di
tornare dalla fanciulla pericolosa, o meglio, in pericolo. Ti riferivi
a lei,
vero?» insistette l'altro.
«Cosa ti fa credere che tra tutte le bamboccie
da te salvate sia proprio la Weasley?» prese ancora tempo la
Serpe, presa in contropiede
dalla domanda.
«Perché Ginny ti ha colpito, al quinto anno.
Fattura Orcovolante» gli ricordò, a sproposito,
facendo arricciare l'angolo
delle labbra del biondo «pericolo, pericolosa» lo
citò, come se non fosse già
abbastanza chiaro.
«Grazie per la brillante deduzione Potter.
Potevi anche lasciartela scappare, come tutto il resto».
«Allora, perché?» chiese nuovamente.
«Non è forse così che
funziona?» ribatté
allora sprezzante «Tu sei l'eroe delle cause perse
– basti guardare con che
gente vai in giro - e
sono certo che
piuttosto che salvare me dalla situazione in cui i tuoi amici mi hanno
messo-»
«I miei amici?» lo interruppe incredulo
«I miei?
Perché allora non citare pure i
tuoi? Non mi pare che i miei abbiano fatto tutto da soli».
«Ma devi ammettere che la tua
Granger ha fatto proprio un buon lavoro»
s'intestardì Draco.
«Beh» ribatté Harry piccato –
perché, non
importava cosa avessero fatto e quanto meritassero una giusta
punizione, erano
pure sempre i suoi amici «e il tuo
Blaise? Non mi pare che si sia fatto pregare».
«Mi hai messo nelle mani di Paciock» il
Serpeverde non lo stava esattamente ascoltando, ad
essere del tutto
sinceri «Paciock. Lui e il
suo
fottutissimo decotto! È un miracolo che ora non sia
ricoperto di pustole
arancioni!»
«Io non ti ho messo proprio nelle mani di
nessuno!»
«Tu, è tutta colpa tua» certo, forse
quello
non era certo il miglior modo di metabolizzare la faccenda, ma Draco
era più
che certo che alla fine tutto ricadesse su Potter. In fondo era stato
lui a
cacciarlo in quella situazione, non accettando la sua amicizia, avendo
degli
amici tanto deficienti e essendoselo portato a letto.
Potter.
Sempre e solo colpa di Potter.
PotterPotterPotter.
«Vaffanculo!»
Potter.
Doveva toglierselo dalla testa!
«Si può sapere che ti prende!?» Harry
– no,
sbagliato, sbagliassimo, Potter! – scosse la testa esasperato
«Soffri di
sdoppiamento di personalità?»
«Tu non capisci niente!» lo attaccò,
senza
saper fare di meglio.
«Io capisco che quello che ti ho detto l'altra
notte è vero. Senza alcun forse! Sei tu a non capire un
cazzo!»
«Fottiti!»
«Dannazione, Malfoy» esalò Harry con
tutto il
fiato che aveva in corpo, al limite di qualunque umana sopportazione
«quale
parte del fatto che ti amo non ti risulta chiara!?»
«Tutte le parti, deficiente!» ribatté
Draco,
colto alla sprovvista da quella dichiarazione tanto diretta
«Perché non vedo
come mai dovrebbe importarmene».
«Allora vattene a fanculo! È portaci tutta
quella tua spocchiosa classe da Malfoy stronzo e bastardo, egocentrico,
fanatico, sessista e fancazzista, misogino e figlio di puttana che
tieni tanto
che il mondo veda!» strinse i pugni, esausto
«Con piacere!»
Si
fermarono entrambi, ansanti, avendo dato
fiato a tutta l'aria a disposizione nei loro corpi. Reprimendo un
conato
causato dall'improvvisa secchezza della gola, Malfoy si
sforzò di non notare
quanto le guance imporporate di Potter fossero
sembrassero tanto carine.
Aveva detto che lo amava.
Davvero.
Senza alcun forse.
E
lui non riusciva a toglierselo dalla mente.
Sospirò stancamente, passandosi una mano sugli
occhi. Non ricordava di essersi mai sentito così stanco,
eppure allo stesso
tempo così assurdamente vivo.
«Potter» lo chiamò piano. Cercando di
ignorare
delle ombre fin troppo lucide agli angoli di quegli occhi verdi
– maledetti «Potter»
ancora, sempre più con calma «io non sono come te.
Io non metto i miei
sentimenti in piazza come fai tu, non rischio».
Harry lo vide espirare ancora una volta,
lentamente e con un'espressione stanca.
«Guardaci. Non siamo capaci di stare per
cinque minuti nella stessa stanza senza desiderare di saltarci alla
gola. E tu
dici di amarmi».
Senza sapere bene cosa fare, né come
replicare, Harry si limitò ad annuire.
Assecondarlo sembrava essere meno doloroso che
cercare ancora una volta di fargli capire.
«Quindi
mi ami» non era una domanda.
Lo
assecondò ancora.
«E io cosa dovrei fare, secondo te?» attimo di
pausa, indeciso se sbilanciarsi o meno «Se,
se io… accettassi. Te. Se ti accettassi».
In
fondo, alla fine, non era poi così
difficile.
Accettarlo, intendeva.
Forse.
Insomma, era Harry Potter.
Quindi?
Lo
stesso irrecuperabile deficiente su cui
aveva fantasticato da bambino. Lo stesso bambino dagli occhi sgranati
del
colore della sua Casa che lo aveva colpito quel giorno lontano da
Madama McClan,
a Diagon Alley.
Lo
stesso che aveva spiato, sfidato e preso in
giro per tutti i sette anni successivi.
Era
il ragazzo che aveva finto di non
riconoscere durante la guerra, quello che lo aveva salvato dal bruciare
vivo.
Era
lo stesso ragazzo con cui aveva desiderato
andare a letto.
Quindi?
Per
la prima volta ammise di non sapere
affatto come comportarsi.
Harry si stava torturando le mani, sfregando
le dita nervosamente e rigirandosi l'orlo del maglione come volesse
ridurlo in
poltiglia o allargare i buchi già presenti.
«Dimmelo» gli chiese nuovamente il Serpeverde
«cosa
dovremmo fare?»
«Potremmo iniziare con poco» tentò
lentamente,
le sopracitate guance ormai tinte delle sfumature più accese
di carminio
«studiare insieme, passare del tempo noi due. Andare ad
Hogsmeade insieme, se
ci va, oppure fare qualche altra cosa. Insieme. Per vedere se mi
sopporti o se
la cosa non… non è fattibile».
«Hai detto troppe volte insieme» obiettò
il
biondo con fare saputo «devi rivedere qualcosa
nell'esposizione».
«La pianti di stressarmi, Malfoy? Che
ansia…»
alzò gli occhi al cielo, la familiarità di quel
botta e risposta che arrivava a
spazzare via le nuvole di delusione e dolore che lo avevano coperto,
fino a
poco prima.
Era
sempre stato così, tra loro.
«Io» Draco tentennò «tu non
mi-dannazione
Potter! Non puoi venire qui a dirmi certe cose e aspettare che io ti
risponda
smielato! Non sono una ragazzetta in piena tempesta ormonale!»
Il
Grifondoro si mosse a disagio.
«Per te è tutto facile, vero?»
rincarò la dose
il primo «Tu sei fermo sulla tua scelta, ti sei convinto e
quindi ti aspetti
che anche io lo sia. Beh, notizia del secolo, a me serve un po'
più di tempo».
Cosa
cavolo stava dicendo?
Il
viso di Harry sembrò rianimarsi. Una
speranza, era questo che il Serpeverde gli stava dando?
«Io non sono un'amabile principessa delle
fiabe, lo sai questo vero?» perché lo stava
avvertendo? Certo che lo sapeva «Sebbene
posso capire per quale motivo tu abbia scelto me. Sono sicuramente
più
affascinante».
«Lo so» ammise, costringendosi a reprimerne un
sorrisino – Draco era molto meglio di una principessa delle
favole – e preparandosi
a scoprirsi per quella che sperava essere l'ultima volta
«allora mi dici cosa pensi?»
Draco osservò il ragazzo di fronte a lui,
guardandolo per bene, per la prima volta da tempo.
Basso, più di lui, di almeno dieci centimetri.
Capelli neri, arruffati e arricciati in posizioni improponibili,
cicatrice
antiestetica, occhiali rotondi e d'altri tempi, abiti lisi, sbiaditi e
scarpe
sporche e slacciate. Grifondoro.
Dita
fredde, abili e scattanti, spalle larghe
e solide, rassicuranti.
Fossette assassine agli angoli delle labbra e
sorrisi improvvisi che fanno tremare le ginocchia. Umorismo sboccato,
sarcastico.
Occhi grandi, meravigliosi e seducenti.
Ricordò quegli stessi occhi lucidi di rabbia,
scuriti di passione e luminosi di felicità.
«Penso che ci troveremo a fare tanto, tanto
sesso riparatore» scrollò le spalle, reprimendo un
ghigno dietro un finto
broncio nel vedere il sorriso di Potter allargarsi sempre di
più, dente per
dente, fino a mostrare quella che era l'universale emanazione di
felicità nel
mondo.
Per
un attimo – stava succedendo un po' troppo
speso, con quello stupido Grifondoro – si trovò a
desiderare di potergli
rispondere con la stessa intensità.
Harry, d'altro canto, non riusciva più a
pensare lucidamente. Cioè, meno del solito.
«Quindi… ora che facciamo?» gli occhi
che
indugiavano sul Serpeverde, brillanti di eccitazione.
«Non saprei Potter, vedi tu» lo provocò
Malfoy
– ora che nella sua testolina era tutto sistemato, era
diventato decisamente
meno difficile cercare di convincerlo «io sono la Serpe
tentatrice, sei tu il
Grifondoro. Agisci, per la miseria,
devo spiegarti proprio tutt-mphf»
Le
dita di Harry affondarono maggiormente
della pelle chiara del compagno, stringendo la presa e obbligandolo ad
avvicinarsi di più. In fondo glielo aveva detto lui.
Di agire.
Lo
morse.
Non
gli diede il tempo di ritrattare, finire e
colludere il concetto o anche solo cambiare idea. Gli tappò
la bocca nel modo
migliore che conosceva e leccò via con foga le piccole
stille di sangue che
erano scivolate dalle labbra secche.
Si
spinse contro di lui con tale violenza da
fargli sbattere la testa contro la porta, tanto che Draco fu costretto
a
reprimere un grugnito di dolore sulla lingua dell'altro. Poi, per
vendetta, lo
costrinse ad invertire le posizioni, afferrando i ricci scomposti di
Potter con
una mano e obbligandolo a perdersi nel bacio, il respiro strozzato e i
movimenti frenetici dei loro corpi che si strusciavano a stretto
contatto.
Merlino,
quello era ancora più fottutamente eccitante dello
spaccargli il naso.
La
bocca, esigente, umida e morsa dall'urgenza
con cui il biondino aveva risposto a quell'assalto, scivolò
decisa sull'altra,
altrettanto martoriata. Peccato solo si ritrovò nuovamente
spalmato tra il muro
e Potter, mentre quest'ultimo riprendeva il controllo della situazione
con un
sibilo di apprezzamento.
Era
una guerra, lo aveva detto. Lo era sempre
stata.
Ma
così era meglio. Molto
meglio.
Quando finalmente gli diede il permesso di
respirare, si sentì un tonfo sordo alle loro spalle.
Senza staccarsi, ma allontanando i volti qual
tanto che bastava da poter voltare la testa, i due tornarono a mettere
a fuoco
la stanza circostante.
Sulla porta, a terra privo di sensi, stava Ron
Weasley – che a quanto pareva era andato lì per
scusarsi nuovamente e con
maggiore convinzione – azzeccando con precisione il momento
migliore.
O
peggiore, dipende dai punti di vista.
«Tu lo avevi visto, vero?» era stata posta
come una domanda, ma Malfoy la interpretò liberamente come
affermazione.
«L’hai detto tu, non io».
«Sei una merda» commentò solamente
Harry, un
sorriso leggero sulle labbra e le mani ancora saldamente ancorate su di
lui
«Due minuti fa sembravi pensarla diversamente»
fece spallucce. Aveva imparato da Pansy.
«Il tuo saper baciare con un certo trasporto
non significa che io abbia cambiato l’opinione che ho della
tua persona».
«Mi sembra che tu abbia già avuto una
più che
ampia visione della mia persona, o sbaglio?» il biondo
inarcò un sopracciglio
con ovvietà «Dovresti esserne innamorato perso a
quest’ora».
«L’hai detto tu, non io».
«Ma tu guarda che razza di Grifondoro ingrato.
Non meriti neanche un centimetro dell’eccelso me»
sbottò indignato, ritraendosi
impercettibilmente pur continuando a tenere le dita saldamente
impegnate sulla
camicia stropicciata dell’altro «credo che non ti
concederò più niente».
«Oh, ma non serve che tu mi conceda nulla»
ghignò il Grifondoro – mancato Serpeverde
– colmando quel poco di distanza che
era rimasta, soffiandogli direttamente sulle labbra «posso
prendere quello che
voglio senza problemi».
«Certo Potter. Continua così e sta’ pur
certo
che qualcosa lo prenderai-»
strascicò
le parole Draco, rispondendo alla provocazione con un’altra.
«Che finezza».
«Nel culo» completò maligno «e
no, non si
tratta di quello che pensi».
«Una
visita laparoscopica?»
«Credo
sia il caso di interrompere qui qualunque tipo di rapporto tra noi,
Potter»
Draco scosse la testa come sconsolato – sebbene la sua
espressione facesse a pugni
con il resto «davvero. La situazione è
più sfavorevole che altro».
«Non capisco cosa intendi» continuò a
dargli
corda, un sorriso che faceva capolino dalla finto espressione innocente
del
moro. La stessa espressione del gatto che ha appena mangiato il
canarino.
Malfoy sbuffò leggero.
«Hai degli amici inadeguati» iniziò ad
elencare, allungando le dita a tenere il conto di quanto detto
«dei parenti del
tutto inferiori rispetto ai miei, appartieni ad una casa di deficienti
ritardati – quindi lo sei – hai un guardaroba che
fa schifo, una scopa più
bella della mia, la spiccata propensione a ficcarti nei guai
e una
cicatrice che ti deturpa la fronte e che non ti sei mai fatto
curare» concluse
come se fosse tutto perfettamente logico, notando a malapena
l’espressione
sconcertata del ragazzo ancora tra le sue braccia «mi pare
abbastanza per ora».
«Allora devi essere tu che devi farti curare visto
che mi ami» disse infatti Harry non appena riuscì
a mettere una parola in fila
all’altra – sorvolando sul “Devi farti
curare la cicatrice”, in quanto
quest’ultima, nonostante i motivi scatenanti, lo aveva
salvato più di una
volta.
«Io
ho appena fatto svenire uno dei tuoi preziosissimi amici solo
perché ti ho
baciato» Draco scosse le spalle con fare noncurante, senza
preoccuparsi di
correggere o smentire il Grifondoro.
«IO ti ho baciato» alzò un sopracciglio
in
risposta, concentrato non tentativo di impedire a quel ragazzo di
sgusciare
via, reprimendo un sorriso compiaciuto. Lo amava. Certo
che lo amava.
Come
poteva essere altrimenti?
«Fa lo stesso, non stare a cercare il pelo
nell'uovo Fatto sta che è svenuto!»
«Se la smetti di fare inutili obiezioni e
spegni quel cervello iperattivo che ti ritrovi»
espirò Harry, ancora troppo a
contatto con il suo corpo per non aver iniziato a fare pensieri poco
casti «ti
prometto che potrai far svenire Ron ogni volta che vuoi. Non mi
arrabbierò».
Draco sorrise prima di tornare a passare
pigramente le proprie labbra contro quelle morbide di Harry, ancora
rosse dai
baci che si erano scambiati fino a quel momento.
«Oh, beh. Questo sistema tutto allora».
Harry non ebbe nemmeno la decenza di
trattenere le risate.
E
baciarlo nuovamente. Contro il muro su cui
lo aveva sbattuto.
Non
si poteva certo dire che Harry Potter non
fosse un uomo di parola.
…
Anche
io voglio essere sbattuta al muro!!
Ragazzo – o ragazza,
davvero, non
faccio la difficile – cercasi!
*Me
sbatte gli occhi e sorride speranzosa*
Ovviamente
ci tengo a precisare che tutta la scena è stata costruita
– sin dalla prima
ideazione – con l’intento di far svenite una certo
ragazzo. Muhahah povero Ronald, gli
faccio sempre
fare scene indesiderate.
Dai,
prometto che prima o poi scriverò una storia in cui
sarà un bravo giovane simpatico,
poco sfigato e magari anche non troppo bistrattato.
Che
dite? Ce la farò?
Ah, non so
se l'avete notato, ma per farmi perdonare dell'ennesimo
ritardo, ne ho postato uno bello lungo!
Un bacio
NLH
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Capitolo 18 *** La resa dei conti ***
Reverse.
[La
resa dei conti]
Sapevano sarebbe finita così.
Avevano sperato che i ritrovi clandestini, gli
ingredienti trafugati e le strane vicinanze Grifondoro-Serpeverde
sarebbero rimasti
inosservati, ma Hogwarts non sarebbe stata la stessa senza i pettegoli,
i
quadri e Mrs Purr.
Forse fu per quello che, quando la mattina
successiva – la mattina della Vigilia, allo scandaloso orario
delle otto e un
quarto – una coppia di leziosi gufi bruni aveva raggiunto le
sale comuni degli
interessati, recando una lettera di comparizione per il Signor Potter,
il
Signor Weasley, la Signorina Granger, il Signor Malfoy, il Signor
Zabini e la
Signorina Parkinson, non si stupirono più di tanto.
In
quel momento, quindi, si trovavano
allineati davanti alla scrivania del Preside, con una McGranitt che
camminava
rigidamente avanti e indietro, un Professor Vitious placidamente
accomodato su
una poltroncina a lato della stanza e un Professor Silente comodamente
appoggiato alla sopracitata scrivania con i gomiti, le mani intrecciate
davanti
alla bocca.
Che
Blaise sospettava essere piegata in un
sorrisetto compiaciuto. E ben informato, temeva.
Chissà come mai, ma Neville non era stato
convocato.
Fosse per il fatto che nemmeno la McGranitt –
che pure lo aveva visto all’opera contro l’Oscuro
Signore – si era immaginata
un suo coinvolgimento (pecca tremenda, a ripensarci, visto che tale
Paciock
aveva fatto parte dell’ES ed era stato l’ideatore
del rifugio anti-Carrow nella
Stanza delle Necessità). Oppure perché, nel
momento in cui avevano fatto le
famose riunioni d’emergenza, lui non c’era.
Blaise soppresse un lieve sorriso – ancora.
«Signori» prese finalmente la parola la
Vicepreside «immagino siate a conoscenza del motivo per cui
vi trovate qui
oggi».
Sei
paia d'occhi innocentemente sgranati dalla
curiosità risposero al suo sguardo truce.
«Negli ultimi giorni sono state registrate
delle- ci sono stati degli scambi e degli incontri sospett-
insoliti» la
Professoressa sembrava seriamente in difficoltà nella scelta
delle parole «e,
aggiungo, in concomitanza di una serie di fatti ancora da
chiarire».
Altre occhiate innocenti, facce di bronzo e
interrogativi irrisolti.
Certo che la McGranitt sembrava proprio
furibonda.
Sembrò pensarlo anche il Preside, perché
alzò
una mano per attirare l’attenzione e si stampò in
faccia il miglior sorriso
accondiscendente del suo repertorio.
«Alla luce degli avvenimenti che hanno seguito
la guerra, la vostra amicizia» pausa, in attesa di venire
smentito, cosa che
non avvenne, perché i ragazzi rimasero impassibili tranne
– forse – un
sopracciglio alzato da parte di Draco «mi fa solo piacere. Il
fatto che vi
frequentiate è solo motivo di gioia per me».
«Tuttavia» la Professoressa McGranitt
intervenne nuovamente – e se a Silente la cosa non fece
piacere, non è dato
saperlo «sono successe… cose- avvenimenti strani.
Molto strani. E come vostri
docenti non possiamo fare finta di nulla. Sì, signor
Zabini?»
«Per “avvenimenti strani” esattamente,
cosa
intende?» domandò pacatamente il ragazzo, sempre
più curioso di sapere cosa in
realtà fosse stato scoperto.
«Incontri fuori dall’orario di lezione,
riunioni, lasciatemelo dire, segrete in biblioteca, uso improprio dei
bagni del
secondo piano – parlo per voi, signor Zabini e signor
Weasley. Bagni delle donne»
sembrò pensarci un attimo prima di aggiungere
l’ultima voce della lista «e una
scena assolutamente fuori luogo di fronte all’intera
scolaresca, signori Potter
e Malfoy!»
I
due interessati non ebbero nemmeno il buon
costume di arrossire; forse solo Harry si mosse a disagio, ma non diede
cenno
di abbassare lo sguardo né sottrarsi all'esame
dell'insegnante.
Dopo
alcuni imbarazzanti minuti di silenzio,
Hermione sospirò – ben conscia che, seguendo
quella linea di pensiero, non
sarebbero arrivati da nessuna parte – e si mosse leggermente
in avanti,
attirando l'attenzione su di sé.
«Ecco, riguardo a quello-»
«Riguardo a quello» s’intromise Harry,
coraggiosamente a suo parere e incoscientemente secondo quello di
altrui
Serpi «a
riguardo… Io» fece un respiro profondo
«Io e Malfoy abbiamo avuto un certo-»
«La verità» lo interruppe Malfoy di
slancio,
le guance stranamente rosse – che non mancarono di far
sollevare un
sopracciglio all'intransigente insegnate, stupita dalla piega che stava
prendendo la situazione «la verità che
è io e Po- Harry» altra breve pausa –
come se la McGranitt si sarebbe persa l'uso del nome «abbiamo
iniziato a
comportarci-»
Harry aggrottò le sopracciglia. Davvero,
Malfoy si stava comportando in modo strano.
«Quello che sto cercando di dire…»
sembrò
tentare nuovamente Malfoy, pestando con discrezione il piede a Harry
nel
tentativo di comunicargli un qualche arcano messaggio
«è che- ecco, che noi…»
Blaise, sempre di un passo avanti, spalancò
gli occhi dalla comprensione e si costrinse a sopprimere un ghigno estremamente divertito.
«Quello che vuole dire» intervenne Hermione
–
illuminata «è che li abbiamo visti in una
situazione che creava forte disagio
ad entrambi e a noi. E abbiamo deciso di aiutarli. Per questo motivo ci
siamo
trovati tanto spesso».
«Temo di non capire» se la McGranitt prima era
spazientita, adesso mostrava chiaramente la sua irritazione per quei
continui
cambi di parola e interruzioni a metà frase «Se
lei e il signor Malfoy avete
ancora avuto da ridire o tenuto comportamenti sconvenienti –
sebbene la
scenetta irrispettosa in Sala Grande sia da collocare nella vostra
ampia gamma
di atteggiamenti affatto consoni a questa struttura scolastica
– sarete
debitamente puniti. E se in tutto questo centrano pozioni o
incantesimi-»
«Pozioni, Minerva?»
Blaise vide il sorriso del Preside allargarsi
ulteriormente e iniziò seriamente a sudare freddo.
«Sì, Albus, pozioni» iniziava veramente
a
stancarsi di venire interrotta continuamente «se questi
ragazzi – come so per
certo essere già successo – hanno messo in atto un
altro dei loro-»
«Io e Potter abbiamo iniziato ad uscire assieme
e loro ci hanno scoperti mentre stavamo facendo sesso. Per questo, la
scena in
Sala Grande» sparò fuori di getto il biondo
Serpeverde, ammutolendo i presenti
e gelando l'atmosfera «per questo non ne volevamo parlare.
Avremmo preferito
mantenere il segreto ancora per un po’».
Silente aveva finalmente abbandonato il
sorrisino pacato in favore di una smorfia incredula.
«Come-» la McGranitt deglutì con estrema
difficoltà «potrebbe ripetere, signor
Malfoy?»
«Io e Potter» ripeté il Serpeverde
godendosi
ogni secondo e miscroespressione passare sui volti della maggior parte
dei
presenti «usciamo. Stiamo insieme. Fottiam-»
«Moderi i termini, signor Malfoy, o sarò costretta
a trattenerla per- per…» la professoressa si
gettò con foga sulla frase del
ragazzo, gesticolando agitata, le guance rosse dall'imbarazzo.
Draco represse l'ennesimo ghigno.
Oh
sì,
che si stava divertendo.
Il
Professor Vitious, che non aveva aperto
bocca per tutta la durata dell'interrogatorio, l'aveva spalancata di
getto,
fissando imbambolato i ragazzi che avevano avuto l’ardire di
sfidare così
apertamente. O meglio, il giovane che aveva avuto il fegato di parlare
di sesso di fronte alla
Professoressa
McGranitt.
Professoressa che, continuando a tenere gli
occhi spalancati e l'espressione inorridita, boccheggiava, annaspando
disperatamente alla ricerca di una replica, una spiegazione logica o
anche solo
di un buco in cui sotterrarsi.
Hermione sembrava la meno scioccata – in
effetti, sembrava non avere la minima espressione in volto –
risultando
stranamente simile ad una delle statue gargoyle fuori dalla porta
della Presidenza. Sarebbe potuta sembrare tranquillamente pietrificata,
non
fosse stato per l'insistente tic all'occhio.
A
seguire veniva Blaise, le labbra socchiuse
dalla sorpresa, imitato da Pansy – che se ne era rimasta
calma e tranquilla nel
suo angolino fino a quel momento, preferendo intervenire il meno
possibile
considerati i precedenti – che non riusciva a capacitarsi di
quello che aveva
sentito. Ma che si era fumato?
Tuttavia, quello messo peggio era
indubbiamente Ron.
Il
povero ragazzo – che ancora non si era
messo il cuore in pace al fatto che il suo Migliore Amico si fosse concesso – non innamorato,
quello era
ancora un concetto troppo astratto per essere concepito – al
suo Peggior
Nemico.
Osservava pallido e irrigidito i due amanti
studenti, la mascella contratta e l'espressione implorante –
dedicata d Harry –
affinché smentisse tutta quella selva di boiate.
E
Harry decise, all'ultima vista dello stato
catatonico dell'amico, che forse era il caso di prendere in mano le
redini
della conversazione. Per spiegare.
«Io e Draco» esordì pacatamente,
arrossendo al
pensiero di quello che il semplice binomio riportava alla memoria
– riuscendo
persino a sembrare un verginello innamorato agli occhi dei
più «abbiamo
iniziato ad… avvicinarci, dopo la guerra per
prenderci a pugni più
apertamente e questo ha permesso di conoscerci. Ci
è capitato spesso di
stare assieme, nella stessa stanza per via delle punizioni
assegnateci e
di trovarci a parlare per insultarci.
«Insomma…
abbiamo imparato a conoscere i punti
migliori dell'altro per colpirlo dove fa più male
e poi, una cosa tira
l'altra» Harry chiuse gli occhi – probabilmente per
nascondere il lampo verde
che era passato sulle iridi – sospirando pacato «ci
siamo scoperti… compatibili
a letto. Più di quanto avessimo mai
immaginato. E questo ci ha portato a
riflettere e a capire che in tutto questo c'entravano
certamente quei
ficcanaso dei nostri compagni e una pozione proibita.
«Alla fine non ce l'abbiamo più fatta a stare
lontani. Non dopo esserci scoperti…» il ragazzo
deglutì pesantemente, riuscendo
a mostrarsi ancora più impacciato ed innocente –
maledetto Grifondoro – e
cercando con lo sguardo appena socchiuso, nascosto da sotto le ciglia,
quello
di Draco, come alla ricerca di una conferma
«innamorati».
Ad
Hermione si strinse il cuore, intenerita.
Blaise a Pansy sogghignarono soddisfatti, forse un po' addolciti pure
loro. Ron
temette di vomitare.
Malfoy afferrò di scatto la mano del moro,
stringendola d'istinto per stritolargliela.
Non
avrebbe saputo dire se per l'imbarazzo in
cui Potter lo aveva messo – e vergogna, perché
dichiararsi apertamente di
fronte al tuo Preside e ai gufacci rompipalle di altri Professori era ben diverso dallo scandalizzarli per
vendetta nei confronti delle angherie subite da parte di tutti i
presenti – o
per l'emozione che gli aveva serrato la gola a quelle parole.
Non
era ancora abituato, maledettissimo
Grifondoro.
«Ma proprio perché si trattava di noi avremmo
preferito mantenere tutto segreto» il moro scosse la testa,
aggiungendo enfasi
al racconto e sentendo la lingua impastarsi per tutto il lecchinaggio
«ma come
vede, non è stato possibile».
Ovviamente la McGranitt si sciolse dalla
commozione alle parole accorate del suo Studente Preferito. Malfoy si
vide
costretto a trattenere una smorfia disgustata.
«Mi dispiace avervi costretti a spiegare… la
situazione» la donna si mosse a disagio – troppo
sconvolta per rendersi conto
di essere stata raggirata «ma dovete capire che la faccenda
richiede un certo
grado di- dobbiamo chiarire i fatti, e voi siete certamente i primi con
cui mi
scuso per il disagio».
I
presenti – studenti – trassero un più
che
breve sospiro di sollievo. Persino Draco fu costretto a lanciare al
Bambino-nuovamente-sopravvissuto un'occhiata ammirata per l'aplomb con
cui era
riuscito a spiegare il tutto – senza effettivamente mentire
platealmente,
giusto dimenticando qualche dettaglio.
Silente agitò una mano per aria con fare
noncurante.
«Ma tornando alla faccenda iniziale…»
«Sì, giusto. Sono stati trafugati degli
ingredienti dalla dispensa privata del Professor Piton»
Minerva, a discapito
dell’espressione vagamente scandalizzata, rossa sulle guance
e la spiccata
sensazione di aver appena abusato del proprio ruolo – alzando
un polverone
inutile e mettendo a nudo dei sentimenti che i diretti interessati non
avrebbero voluto rendere pubblici «quindi ho
pensato…»
Blaise
tentò di resistere dallo scoppiare a ridere nuovamente
all’espressione di colpa
scavata sul volto della Vicepreside. Gli altri ragazzi rimasero in
attesa,
trincerati dietro le collaudate maschere di candida indifferenza.
«Perché
lo state dicendo a noi?» chiese Hermione, alzando un
sopracciglio confusa,
prendendosi l'onere di fare da portavoce a quell'ultima accusa.
«Perché, signorina Granger» la McGranitt
sembrava aver ritrovato la solita verve, superando lo sconcerto e
l'imbarazzo
iniziali «per quanto io possa considerarvi degli studenti
meritevoli, so anche
che avete compiuto delle azioni non esattamente conformi alle
regole» le labbra
si assottigliarono al ricordo «spesso con conseguenze
pericolose».
«Non posso contraddirla» si limitò a
incassare
Hermione con stile, abbassando gli occhi con espressione contrita
«ma sono
certa che capirà che questa volta si tratta di una
situazione del tutto
diversa».
Una
stoccata ben congegnata, perché la
Vicepreside sembrò esitare ancora un momento, dopo aver
lanciato un'occhiata
rapidissima ad una certa coppia che stava proprio lì accanto.
«È certamente differente»
confermò allora la
donna stirando le labbra in una riga sottile «ma deve
convenire con me,
signorina Granger, che le particolari circostanze mi hanno indotta a
chiedermi
se per caso non ne foste a conoscenza».
«Sa perfettamente, Professoressa» davvero,
poche volte Hermione era stata altrettanto seria come in quel momento
«che le
volte precedenti, i nostri… le nostre contravvenzioni al
regolamento scolastico
sono state conseguenti alla Guerra e a lei-sa-ch e a
Voldemort» fece un respiro
profondo – sebbene fosse passato del tempo, era sempre
difficile chiamarlo per
nome «sa che non useremmo mai le nostre conoscenze per
qualcosa
di frivolo o privo di fondamento. La guerra è
finita… sono certa che può
capirci».
Pansy scelse proprio quell'istante per
soffocare una risata con un colpo di tosse.
La
McGranitt la guardò di traverso.
«Tutto bene, signorina Parkinson?»
«Certo, Professoressa» gracchiò lei
cercando
di controllarsi. Era stata accanto ad Hermione per le due settimane
precedenti
e mai si era accorta – così apertamente
– di quanto fosse diabolica quella
ragazza. Quanto tempo sprecato – a cercare di combatterla,
negli anni
precedenti – invece di sfruttare il suo potenziale e la sua
intelligenza.
Ma
avrebbe recuperato il tempo perduto.
Poco
ma sicuro.
Cercando di darsi un
contegno prese un paio di respiri profondi, accorgendosi di stare
lacrimando.
Le era costato parecchio non ridere apertamente.
«Tieni» Ron le allungò
un fazzoletto stropicciato, ma indubbiamente pulito, con un mezzo
sorriso
divertito. Pansy sorrise appena in ringraziamento, usandolo per
tamponarsi
delicatamente gli angoli degli occhi.
La
scena venne – ovviamente – seguita con
interesse dal Preside.
«In ogni caso posso affermare per certo che il
o i colpevoli non sono tra noi» concluse con fermezza
Hermione, scuotendo il
capo con esercitata serietà e incredulità, come
se l'interruzione non fosse mai
avvenuta – che fece riconsiderare ancora una volta la sua
appartenenza al
Casato Grifondoro da parte di certi Serpeverde.
Ma
in fondo non c’era nemmeno poi tanto da
stupirsi; altrimenti come avrebbero fatto i tanto puri RossoOro a
cavarsela
durante i loro precedenti anni in quella scuola senza essere accusati e
gettati
ad Azkaban?
E
poi non era esattamente una bugia. In fondo
gli ingredienti incriminati erano stati trafugati da Neville durante
una delle
sue immancabili punizioni nei sotterranei.
«Dov’è il professor Piton?»
domandò Zabini,
nella forma curiosamente garbata che gli era solita – quando
voleva prendere
per i fondelli qualcuno.
«Non è tra noi» rispose sbrigativa la
Professoressa, facendo sorridere più d’uno dietro
i baffi.
Vitious ridacchio più
apertamente.
«Ve lo chiederò un'ultima volta» il
Professor
Silente si spinse appena sulla scrivania per guardare bene i ragazzi
negli
occhi «siete stati voi a trafugare gli ingredienti dalla
dispensa di Severus?»
«No» non risposero in coro, ma poco ci
mancava, sostenendo lo sguardo azzurro del Preside, forti del fatto che
fosse
la verità.
L'uomo si riaccomodò sulla poltrona,
soddisfatto.
«Molto bene, non vi tratterrò oltre»
sorrise
calmo, sfilandosi i famosi occhiali a mezzaluna per pulirli con cura
«anche
perché so che stamattina ci sarà un ricco
rinfresco per gli studenti che si
sono fermati per il Natale. Per festeggiare la Vigilia. Fossi in voi
non me lo
perderei».
«Silente» lo ammonì Vitious, alzandosi
dalla
poltrona ed evitando accuratamente di guardare i suoi studenti. Lui si
trovava
lì solo per sostituire Severus come terzo Professore per
l'interrogatorio e –
lo giurò a sé stesso – non avrebbe mai
e poi mai più accettato una cosa del
genere. Se Piton avesse deciso di darsi nuovamente alla macchia,
avrebbe
proposto la Professoressa Sinistra, al suo posto.
Oppure la Cooman.
I
ragazzi si mossero a disagio, insicuri se
quello del Preside fosse un congedo o il preludio di una nuova
discussione. Poi
Ron prese il coraggio e voltò le spalle ai professori,
seguito dai compagni
senza essere più fermati.
Draco si mosse prima di Harry e, avendo ancora
la mano stretta a quella di lui, se lo trascinò dietro,
attirando una certa
attenzione.
«E lei, signor Malfoy» ora che l'imbarazzo era
svanito e la questione stata chiarita (?), la professoressa McGranitt
sembrava
tornata quella di
sempre, con alla mente
solo il comportamento sconveniente tenuto dal ragazzo durante quella
piccola
riunione «la prego di moderarsi ed evitare di ripetere a cuor
leggero certe
cose».
«Cosa, Professoressa?» davvero, Harry si stava
seriamente chiedendo cosa diavolo fosse preso a Draco «Che io
e Potter fott-»
«Malfoy!
Punizione!»
°°°
Ad
aspettarli, dietro l’angolo, c'era forse
l'ultimo ragazzo che si sarebbero aspettati di trovare dalle parti
della
presidenza, in una situazione come quella.
Blaise fu il primo a notarlo - come stava
succedendo sempre più di frequente - e si prese un attimo,
necessario a
riempire ancora una volta i suoi sensi di quell'immagine di
inconsapevole
sensuale innocenza che Paciock emanava ad ogni respiro.
Per
un momento si chiese come fosse stato
possibile non averlo notato prima. E ringraziò chiunque in
ascolto che nessun
altro sembrava essersene reso conto. Oltre al fatto che Malfoy fosse
troppo
impegnato a fare gli occhi dolci al suo piccione RossoOro per prestare
attenzione
ai suoi pensieri, mandando letteralmente a far fottere la sua immagine
di
Blaise Zabini.
Neville non stava guardando nella loro
direzione, ma sembrava piuttosto impegnato a fissarsi le scarpe
– mocassini
logori, come sempre. I capelli, sempre troppo lunghi, sembravano essere
stati
domati e pettinati all'indietro, disciplinati contro la loro
volontà a
giudicare dai sottili ciuffi che sfuggivano a sfiorare la fronte,
lievemente
ondulati. Con lo sguardo seguì una di quelle ciocche fino
alle guance piene e
rosate.
Socchiuse le palpebre per vedere meglio nella
penombra del corridoio. Più rosse, in effetti.
Ma
cosa…
«Neville!»
Zabini represse un moto di fastidio nel
sentire la voce squillante di Harry Potter squarciare la sua
concentrazione. Ma
non poteva aspettare a notarlo?
Neville si staccò dal muro, sorridendo con
espressione mesta, stirando le labbra secche. Blaise non
poté fare a meno di
notare il tendersi della pelle e una lieve spaccatura rosea su di esse.
«Ciao ragazzi» disse titubante, osservando
ugualmente
i Grifoni così come le Serpi «come è
andata?»
«Come vuoi che sia andata-» iniziò Ron
deciso
a raccontare la sua versione dei fatti, per come si erano svolti
all'interno
della Presidenza, prima di venire interrotto da Hermione.
«Non credo sia il caso di parlarne qui, non
trovate?» obiettò con un cenno affermativo
al'espressione contrariata di Ron «potrebbero
essere benissimo sentire e poi» occhiataccia ai quadri che si
sporgevano
interessati e senza ritegno dalle cornici «anche i muri hanno
orecchie».
E,
seguiti da uno sciame di voci arrabbiate e
scandalizzate, si spostarono in un luogo più consono e al
riparo da orecchie
indiscrete.
Ma
fu soltanto quando Ron si chiuse la porta
della stanza delle Necessità alle spalle che Hermione si
rese conto della
mancanza dei due piccioncini, di Zabini e Neville.
Con
Ron e Pansy, si guardarono confusi.
«E quindi?»
°°°
A
Zabini era servito poco per staccarsi dal
gruppo e convincere Neville a fare lo stesso.
Stavano percorrendo il corridoio –
miracolosamente deserto – del secondo piano quando aveva
visto Draco afferrare
da dietro il gomito di Potter e portare il petto ad aderire alla
schiena del
moretto. Ovviamente Blaise non aveva sentito quello che gli aveva
sussurrato
nell'orecchio, ma aveva potuto immaginarlo senza problemi.
Un
attimo dopo i due erano spariti dietro un
arazzo – che presumibilmente nascondeva chissà
quale passaggio segreto – e lui
si era ritrovato senza più nessuno che lo dividesse da
Neville.
Il
ragazzo era accodato al gruppetto di testa
– Ron e Pansy stavano scambiando qualche parola ed Hermione
guidava il gruppo
con passo marziale – e si stava insistentemente torturando il
gomito sinistro
con la mano destra.
Era
un movimento ipnotizzante.
Senza più fermarsi a riflettere – aveva capito
che spesso, con i Grifondoro, la tattica migliore era quella di non
avere
tattiche, buttandosi d'istinto – lo aveva raggiunto con due
falcate e,
trattenendo il respiro perché quella situazione era nuova
per lui, gli sfiorò
la mano con la punta delle dita.
Lo
sentì irrigidirsi immediatamente, ma non si
ritrasse. Neville, dopo essersi immobilizzato in mezzo al corridoio, si
voltò
lentamente, lo sguardo sgranato e gli zigomi rosati. Blaise
poté giurare di
sentire la mano diventare più calda in confronto alle
proprie dita fredde.
Il
moro di costrinse a non saltargli addosso.
Ma
come aveva fatto a non accorgersi di quanto
fosse delizioso, prima?
Erano veramente dovuti servire quello stupido
piano e quella ancora più stupida pozione per accorgersi di
Paciock?
«Senti» chiuse gli occhi per tornare a
riflettere lucidamente «se restiamo con loro
finirà come al solito, con un
casino più grande dell'altro. Se vuoi ti spiego io tutto. Da
soli».
Grande, Blaise, adesso si mette e strillare,
dandoti del maniaco. Almeno staccati!
La
mano, che precedentemente aveva fermato il
Grifondoro, era ancora saldamente ancorata si di lui e il pollice,
traditore,
stava vagando inconsapevole del pericolo sul polso scoperto di Neville.
Da
soli.
Neville arrossì maggiormente.
Poi
annuì.
…
Va
bene, direi che siamo alla resa dei conti (insomma, all'epilogo, ormai
non
manca poi molto alla fine di tutto…). Mi dispiace, come
sempre quando termino
di scrivere un racconto… perché mi sono
affezionata da morire ai personaggi a
cui do vita e alla storia da raccontare, esattamente come a voi lettori
e
recensori – che mi seguite nonostante le mie innumerevoli
mancanze ecc…
Nonostante
le incazzature per i miei ritardi XD e ovviamente la mia bastardaggine!
Perciò,
giusto perché se non mi dimostro almeno un po'
approfittatrice (e in questo cap
sono stata anche sin troppo buona) mi servo di questo spazio per
pubblicizzare
il mio prossimo progetto (dovrei postare il primo
capitolo a breve,
questione di due o tre settimane).
Si
tratta di un'originale (altra Slash, ovviamente) di rating arancione
– non
sesso esplicito, ma assaggi nei limiti consentiti XD promesso stavolta,
niente
ripensamenti.
Il
titolo è "I'm not a murderer"
e, nonostante le premesse, non è un thriller! È
una storia d'amore (sempre
rispetto ai miei standard, ovviamente, non aspettatevi rose e fiori e
dolci
frasi melense, ma incazzature, fraintendimenti e amici ficcanaso che,
personalmente, adoro - specie un certo Bach) tra un rampollo di ricca
famiglia,
genio e un tantino eccentrico e un atleta, nuotatore, che si ritrova
suo
malgrado tra le grinfie del primo.
Chissà
se sono riuscita ad incuriosirvi un po', o abbastanza da andare a darci
almeno
un'occhiata *soliti
occhi sbarluccicosi di una innocente
richiesta*.
Un
grande bacio a chi mi ha seguito e vi do appuntamento all'ultimo
capitolo!!!
Sperando di riuscire ad essere puntuale, almeno per questa volta!
Ah,
avverto già subito che non posterò prima del 25
Settembre (così siete pronti
XD)
NLH
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Capitolo 19 *** Dove si parla di fine, relazioni e morsi ***
Reverse.
[Dove
si
parla di fine, relazioni e morsi]
Ma c’è ancora
chi si ostina a chiamarlo Epilogo.
Alla
fine, tutta quell’assurda faccenda, sembrava essere esplosa
come una bolla
d’aria.
Una
stramaledetta sfera che conteneva quanto ancora non era stato liberato
da
Pandora.
Le
voci – sempre presenti, sempre pronte ad essere gonfiate
– si erano rincorse
per tutta la giornata in quel nido di pettegoli che era la migliore
scuola di
magia e stregoneria del Nord della Union, ingigantendosi fino a
raggiungere
dimensioni spropositate.
Tutti
sapevano, ma in realtà nessuno era a conoscenza di un bel
niente.
Da
quella famosa mattina passata ad agonizzare nell’ufficio
della Preside, la
notizia ufficiale che ne era trapelata era che i seguaci di
Colui-che-non-deve-essere-nominato-e-quindi-ne-parliamo-sempre e una
torma di
folletti, che riuscivano a mettere guerra sempre e ovunque, si erano
introdotti
furtivamente – ma come si fa a fare una guerra furtivamente?
– nei confini del
castello e avevano dato fondo alle scorte di Piton – motivo
per cui era sparito
dalla circolazione – per creare il Filtro Finale, che avrebbe
permesso la
riconquista del castello da parte dei Mangiamorte. Il piano consisteva
inoltre
nel recuperare il corpo del Bambino-che-è-sopravvissuto con
l’utilizzo di
quello del rampollo Malfoy e la suddetta pozione – per poi
utilizzarlo a
piacimento.
Perciò il pettegolezzo
più succulento dell’ultimo anno – Potter
e Malfoy – era presto diventato uno
sfondo sul nuovo piano di riconquista dell’ormai
definitivamente defunto ex
Signore Oscuro, pronto a tornare alla ribalta sfruttando il corpo
dell’erede
dei Malfoy come veicolo per un potente incantesimo oscuro, di modo da
farlo
entrare in contatto con Potter e trasmettere la sopracitata sconosciuta
e
malvagia fattura sul ragazzo-sopravvissuto-anche-troppe-volte.
E
ora potete pure
respirare.
Ovviamente,
l’ipotesi di sincero affetto interesse
tra i due non fu nemmeno
sfiorata.
Tra
l'altro, ad essere del tutto limpidi, non si era certi
dell’esatta dinamica
degli eventi – chi per primo avesse messo in giro quella
diceria, chi l’avesse
ingrossata a dismisura e chi, nella fattispecie, avesse avuto la
brillante idea
di spiattellarla a Draco Malfoy.
Secondo
voci di corridoio – non ben confermate – pare che
il suddetto Malfoy non ne
fosse stato molto felice e che, il sempre fantomatico qualcuno, si
fosse visto
costretto a sigillare il quadro posto all’ingresso della Sala
Comune Serpeverde
– costringendo non pochi studenti a trovarsi un letto
alternativo – Daphne ne
aveva requisito uno dall’infermeria, imitata da alcune sue
amiche, in compagnia
di una merendina marinara –; dormire in corridoio –
Tiger e Goyle, perché non
trovavano giusto allontanarsi troppo dal loro Principe (e dalle scorte
non
troppo segrete di Bolle Bollenti) –; lanciare epiteti,
maledizioni e caricare
imbufaliti il povero Harper (che non centrava nulla, reo unicamente di
non
essere in grado di spezzare la fattura del fantomatico
studente) per poi andarsene con un diavolo per capello e requisire la
Stanza
delle Necessità – Pansy – oppure
semplicemente scomparire dalla circolazione
nel letto di qualcun altro – Theo, tanto per fare un altro
esempio.
Fantomatico
studente che era rimasto chiuso dentro a sorbirsi le lagne del
principino.
Persona
che – incurante dello occhiate al vetriolo della Grifondoro
– continuava
imperterrita a sistemarsi un riccio ribelle (accidenti a lui a quando
aveva
lasciato lo specchio in Sala Comune – in balia della furia
del biondo, che lo
aveva lanciato contro una parete) dietro l’orecchio,
l’espressione beata di chi
sa di non avere altro problema se non quello di scegliere tra un
tortino al
limone o un krapfen alla mandorla vanigliata dal buffet
All’ennesimo sbuffo,
da parte di Hermione, ed ennesimo sorriso compiaciuto da parte del moro
Serpeverde – che non la stava affatto guardando, ma sapeva esattamente di avere i suoi occhi
piantati addosso – un movimento
inconsulto iniziò a prendere il largo dal capo visivo della
ragazza, mentre gli
studenti, compagni di casa, si allontanavano sempre meno
impercettibilmente.
I
Grifondoro, molto
meno stupidi di quanto le loro controparti verdeargento potessero
pensare,
avevano già da tempo imparato a catalogare i vari soffi
spazientiti della loro
Caposqualo-aehm, Caposcuola.
C’era il
soffio breve e stanco di quando si rendeva conto di aver sorpassato di
parecchio l’orario per andare a letto, troppo presa dalla
lettura di un libro o
da una ricerca. C’era quello per i ritardi degli studenti,
per i loro errori
ripetuti sullo stesso incantesimo e per i compiti dimenticati.
Poi
c’era quello sconsolato di quando perdeva il posto in
biblioteca, qualcuno le
soffiava un particolare volume da sotto il naso e i compagni di casa si
dimostravano estremamente stupidi riguardo al Quidditch.
C’era
il flebile respiro dell’attesa e quello ansioso degli esami.
E
poi quello.
Dedicato
ad Harry al sesto anno – in occasione dell’utilizzo
del libro del Principe
Mezzosangue – e per ogni volta in cui lui e il suo degno
compare finivano in
punizione – il più delle volte immersi fino al
gomito in disgustosi agglomerati
di intestini di animali magici, destinati alle pozioni.
Ognuno
dei quali richiedeva l’allontanamento immediato da parte di
chiunque nei primi
casi e una fuga precipitosa nell’ultimo.
Perciò,
non furono in pochi ad allontanarsi dal tavolino accanto cui era
ancorata la
ragazza, un piattino colmo di prelibatezze incapaci di addolcire il suo
umore
nero.
Ron
aveva saggiamente deciso di darsi alla macchia molto prima. Lo si
poteva vedere
ai margini opposti dell’improvvisata pista da ballo, un
bicchiere di sangria in
mano e lo sguardo perso tra le dame – come alla ricerca di
qualcuno.
Hermione
lo fulminò con lo sguardo per la sua codardia – e
lungimiranza, che le stavano
impedendo di sfogarsi come Morgana comandava – e strinse con
maggiore forza la
presa sul bicchiere.
«Dovrebbe
darsi un contegno, signorina Granger, oppure nessuno la
inviterà a ballare
questa sera» una voce calma e colorata solo da una punta di
acido naturale si
fece largo nel ronzio che erano diventate le orecchie della ragazza,
portandola
a smettere di cercare di frantumare il bicchiere e far evanescere Ron e
Zabini
a turno.
Se
era rimasta sorpresa di trovarsi Severus Piton, arrivatole di soppiatto
alle
spalle, durante la celebrazione del Natale, in una stanza piena di
studenti
testimoni, Hermione non lo diede a vedere.
«Non
accetterei comunque» disse invece, continuando a fissare
torvamente l'altra
parte della sala «il livello dei ballerini di questo posto
è penoso, non ne
varrebbe la pena. In più a questo tavolo servono le migliori
prelibatezze della
Sala».
Tavolo,
peraltro, rimasto vuoto e sguarnito dalla maggior parte degli studenti
– con
una sola ovvia eccezione.
«Vorrà
dire che ci faremo buona compagnia quindi» glissò
il Professore, affiancandola,
accompagnato unicamente da un calice pieno di quella che sembrava acqua
«siamo
d’accordo su qualcosa, me ne stupisco».
«Anche
lei ha una predilezione per le focaccine dolci?»
Il
ghigno tirato di Piton si distese fino a diventare quasi
un sorriso.
«Anche
io non desidero concludere la serata con i piedi doloranti a causa dei
tacchi
insulsi delle ballerine imbranate che hanno il coraggio di chiamare il
loro
muoversi ballare».
«È
solito danzare con le studentesse?»
s’informò Hermione un pizzico più
rilassata, osservando le coppie volteggiare più o meno
– meno, molto meno –
aggraziatamente per la pista.
Con
la coda dell’occhio vide il Professor Silente e la
Professoressa McGranitt
farsi strada nella ressa per tornare a sedersi e abbandonare la nuova
canzone
suonata, vivace e allegra, in favore alle più nuove
generazioni.
«Forse
le sfugge che non ci sono studentesse disposte a concedermi un
ballo» stava
dicendo intanto Piton «Minerva è la migliore
ballerina con cui abbia mai
rischiato di fare un giro di valzer, ma negli ultimi trent'anni è diventata
esclusiva del Preside».
Per
un qualche motivo la ragazza preferì non indagare oltre.
«Posso chiederle dove
è stato?» chiese invece, lasciando cadere la
domanda con fare casuale,
rigirandosi il bicchiere ancora mezzo pieno tra le dita, indecisa se
lasciarlo
sul tavolo o berne il contenuto.
«No, non può» sul
volto dell’insegnante si disegnò una seconda ombra
di espressione non ostile.
Nell’occhiata che si arrischiò di lanciargli,
Hermione ebbe la netta sensazione
che la stesse prendendo in giro.
«Capisco»
si limitò a dire.
«Non
può» rincarò la dose il professore, con
ben più di una punta di esasperazione
nella voce pacata «perché non verrò
certo a raccontarle di come il Preside mi
abbia biecamente allontanato dalla scuola con la patetica scusa di un
Mangiamorte redivivo e di una possibile ritorsione contro Hogwarts solo
per
lasciarvela cavare da soli e vedere come le cose si sarebbero
evolute».
Le
dita della ragazza si strinsero impercettibilmente sullo stelo del
calice.
«Facendomi
perdere tempo e pazienza» concluse il professore, guardandola
di sbieco, gli
occhi neri contenenti un più che chiaro messaggio.
Hermione
socchiuse gli occhi, scuotendo lievemente il capo, rassegnata.
Silente
sapeva. Aveva sempre saputo.
Ovviamente.
Rimasero
in silenzio a guardare studenti e insegnanti che si univano alla
mischia
quando, cambiata la musica e tornata la melodia lenta di un valzer a
fare da
padrona, il professor Vitious fece volteggiare una delle sue
studentesse tra le
coppie, guadagnandosi una cascata di fischi di apprezzamento per lo
stile
impeccabile.
Piton
li osservò più a lungo di quanto avesse voluto
prima di voltarsi verso Hermione
e notare il suo sguardo fisso sulle coppie e il piedino, calzato da
comode
scarpe dal tacco basso, che batteva lievemente a ritmo di musica.
In
fondo, pensò, che male poteva fare un giro di valzer?
«Vuole
ballare, signorina Granger?» le domandò
garbatamente, chinandosi leggermente in
avanti in quello che poteva essere l’imitazione beffarda di
un inchino, gli
occhi fissi in quelli della giovane.
Se
Hermione fosse rimasta stupita dalla richiesta dell'uomo, non lo diede
a
vedere.
«No,
non voglio» sorrise lei posando il bicchiere e posando la
propria mano su
quella tesa del Professore, avvicinandosi per mettersi in posizione.
E,
con una mano sulla spalla dell’insegnante e l’altra
intrecciata alle dita
lunghe del pozionista, Hermione si trovò a constatare che
Piton l’aveva presa
in giro ancora una volta.
Lui
non era capace di ballare.
Lui
era un eccellente ballerino.
«Si
vede che è Natale!» il commento di Dean, munito di
cioccolatini ripieni di
salsa al ribes attirò l’attenzione
dell’immancabile compagno di scorribande, Seamus,
e di un Neville seduto poco distante, apparentemente impegnato a
fissare il
vuoto, le guance più rosse del solito.
E
un bicchiere vuoto in mano.
«Cosa?»
domandò meccanicamente, posandolo con attenzione.
«Perché?»
aggiunse ingenuamente Seamus, scrutando tutt'intorno alla ricerca di
chissà
quale segno.
«Perché
sono tutti più buoni» rispose il primo, senza
aggiungere alcunché alle
conoscenze base della festa. E probabilmente se ne accorse,
perché le occhiate
impassibili dei due lo convinsero a proseguire.
«Ma
non avete visto?» cercò di spiegarsi, indicando la
pista da ballo «Vitious e Leanne,
Silente con la McGranitt. Piton con
Hermione!» pausa
necessaria
all'assorbimento di tale informazione scioccante «Persino
Harry e Malfoy… ormai
più nulla può essere in grado di
sconvolgermi!»
«Nulla?»
Finnegan si fermò un attimo a scrutare con attenzione
l'amico «Nulla, sul
serio?»
«Seam?»
sembrava allarmato dal tono calmo con cui gli aveva posto la domanda.
Dagli
occhi seri e l'espressione decisa «Tutto bene?»
«Bene»
annuì il biondo, voltandosi in direzione della pista da
ballo «benissimo,
grazie».
«Seamus?»
lo chiamò interrogativo Dean, vedendolo allontanarsi
«Dove stai andando?»
Ignorando
quale fosse stata la risposta, perché ancora troppo
impegnato a scrutare un
certo gruppetto Serpeverde, Neville sospirò per l'ennesima
volta.
La
mente rivolta a quanto successo la mattina precedente.
Quando Blaise aveva
chiuso la porta di quella stanza in disuso, Neville si era chiesto se
fosse
stato saggio, seguire quella
Serpe in particolare. Poi, dopo pochi minuti passati lì
dentro, si era
chiesto se effettivamente fosse il caso di sottrarsi al suo abbraccio – nato mentre faceva
finta di ascoltare il resoconto
di quanto successo in presidenza.
Alla fine, dopo un
buono quarto d'ora, risolse dicendosi – con quel poco che
riuscì a racimolare
della sua lucidità – che forse la cosa migliore
che avesse deciso di fare fosse
stato accettare il bacio di Blaise e rispondere a propria volta.
Blaise
rispose allo sguardo fisso del Grifondoro con un lieve sorriso, appena
accennato, del tutto dimentico del famoso ricciolo ribelle e della
gente lì
attorno.
Ignorò
tranquillamente Tiger e sorrise apertamente alzandosi per raggiungere
un certo
ragazzo, realizzando che forse quella era la situazione migliore
potesse
capitargli: Natale, un ballo e un principio di innamoramento.
Un imprecisato lasso
di tempo dopo, il giovane Zabini si ritrovò –
ancora con tutti i vestiti
addosso, fatto più unico che raro, prova forse di quanto
stava effettivamente
accadendo con Neville e che non era successo con altri – a
guardarlo andare il Sala
Grande, sorridendo come un ebete.
Poi, mentre ancora se
ne stava fermo al centro della stanza, Neville si voltò
un'ultima volta verso
di lui, sorridendogli timidamente. Un sorriso appena accennato,
nascosto da un
forte rossore non più così innocente e dall'ombra
di due profonde fossette.
Merlino, se le adorava.
Blaise non ce la fece
più e lo afferrò repentinamente per un braccio,
tornando a chiudere la porta
alle loro spalle.
«Neville»
Ginny era ferma alle loro spalle e non si accorsero di lei fino a
quando non
palesò la propria presenza afferrando l’amico per
una spalla e costringendolo a
voltarsi «quello che hai sul collo è il segno di
un morso?»
°°°
«Vuoi
assaggiare?» bofonchiò Goyle porgendogli una fetta
di torta al cioccolato e
sputacchiando i pochi rimasugli della propria, investendo in pieno
Astoria –
che aveva avuto la sfortuna di sedersi davanti a lui e al suo ingordo
compare.
Astoria
che, dopo essersi guardata la manica rovinata – con
un’espressione di palese
disgusto sul viso sottile – fece scivolare la bacchetta dal
mantello e, dando
prova di grande maestria e notevole buonsenso, schiantò
l’energumeno fino alla
tavolata dei Tassorosso – provocando un’ondata di
panico tra le povere e
innocenti creature.
Qualcuno
applaudì tra le grida di terrore.
«Non
penso ne mangerò mai più in vita mia»
declinò Blaise il modo disgustato, come
se tutta quella confusione non esistesse «se quella
è la fine che fanno nella
sua bocca».
«Concordo»
assentì Draco, spalmando con tutta calma il cioccolato fuso
sulla sua fetta di
pancake «assolutamente disgustoso».
«Ma
fanno sempre così?»
Giusto,
si erano dimenticati di un dettaglio non trascurabile – Pansy
e Blaise si
fissarono per un momento prima di voltarsi verso il proprietario della
voce.
Pochi
giorni da quando tutto il pasticcio della pozione Reverse e ovvie
conseguenze –
compresa la sessione di chiarimento
–
e quei due si comportavano come se non avessero mai fatto altro nella
vita se
non stare assieme.
Cosa,
effettivamente, vera, da un certo punto di vista.
Ora
era frequente vederli insieme – la maggior parte delle volte
impegnati in
discussioni senza capo né coda o, più raramente,
soli in silenzio a studiare.
Ed erano due notti che Harry non rientrava nel dormitorio Grifondoro
per stare
nella più spaziosa camera del loro
Caposcuola. Nella fattispecie, in quel preciso momento, in giovane
Golden Boy
era seduto alla tavola da loro requisita, la testa posata placidamente
alla
spalla del suo ragazzo – come suonava bene – e la
mano sempre pronta a rubare
uno o due pasticcini dal piatto gelosamente custodito dal sopracitato
ragazzo.
«Sì,
Potter, fanno sempre così» confermo Draco, con
appena una punta di acido «è il
loro modo per esprimere l’irrefrenabile passione che li
accomuna».
«Una
travolgente storia d’amore travagliata e contrastata dai
genitori di lui?»
s’informò educatamente Harry, per nulla toccato
dal tono del compagno, con pari
sarcasmo.
Pansy
sbuffò divertita.
Quei
due erano così tragicamente simili da farsi chiedere come
avessero fatto a non
accorgersene prima!
«Magari
potrei chiedere a Weasley di farmi ballare» esordì
alla fine, distratta,
lanciando quelle che le era sembrata un’occhiata puramente annoiata in direzione del
sopracitato ragazzo, che stava
effettivamente adocchiando nella loro direzione «sembra non
sia in grado di
trovare una dama adeguata».
Le
sopracciglia di Blaise si alzarono di colpo, interessate.
«Considerata
la figuraccia al Ballo del Ceppo la cosa non mi stupisce»
arricciò il naso
sdegnato il principino «non so se l’avete notato,
ma ha passato la metà del
tempo del Ballo del Ceppo a guardare male chiunque e l’altra
metà a far finta
di essere un umano con addosso quella sottospecie di-»
«Malfoy!»
Harry raddrizzò la schiena, interrompendo il contatto con il
biondo, girandosi
a guardarlo seccato «Smettila di insultare i miei
amici!»
«Amici
tuoi per l’appunto» confermò
l’altro serafico «sbaglio o abbiamo già
fatto
questo discorso?»
«Per
l’appunto» affermò Harry, imitando il
tono saccente dell'altro «e se non
ricordo male avevi detto che ci avresti convissuto».
«Beh,
se la tua memoria fa tanto schifo sono certo di non esserne
responsabile in
alcun modo!»
«Malfoy!»
«Potter!»
«Ma
guardatevi» s’intromise Pansy con un sorriso da
mamma chioccia degno dell’Oscar
«sembrate proprio una coppietta di vecchietti in
pensione».
Draco
la fulminò nell’immediato, regalando una gomitata
ad un certo grifone
ridacchiante.
«Quindi
perché vuoi andare a ballare con lui?» chiese
– sorvolando con garbo tipico della
nobiltà quale apparteneva – insistendo.
«Magari
è migliorato» alzo le spalle la mora, rimanendo
volutamente vaga.
«In
effetti ha preso qualche lezione per il matrimonio di suo
fratello» confermò
Harry, un sorriso nascosto sotto i baffi (che non aveva).
«E
tu lo sai perché?» indagò
immediatamente Malfoy.
«Perché
gli ho insegnato io» ammise innocentemente Harry alzando le
spalle.
«Tu
non sai ballare» lo smentì duramente
l’altro «e poi cosa significa che gli hai
insegnato tu? Hai fatto la parte della donna con la…
donnola?»
«Non
chiamare Ron in quel modo» lo rimbeccò stringendo
i pugni.
«Non
è certo colpa mia se Weasley è un
weasel» insistette Malfoy incrociando le
braccia «ma non è certo questa la parte
importante! Cosa diavolo vuol dire che
gli hai insegnato tu?»
«Io
so ballare! Sei tu che-»
«Hai
fatto ballare la donnola? L’hai abbracciato?» la
voce del principe aveva
raggiunto preoccupanti toni acuti mentre con una mano era corso a
spazzolarsi
invisibili granelli di polvere plebea dalla camicia «Potresti
avermi
infettato!»
«Piantala
di fare il cretino!»
«Hai
abbracciato weasel! Mi pare un giustificazione più che
buona!»
«Malfoy!»
alzò gli occhi al cielo Harry, al limite della sopportazione.
«E
quella specie di… quel Weasley» sputò
fuori il nome del Grifondoro come avrebbe
fatto con quello di una piattola particolarmente ripugnante trovata a
nascondersi tra le sue cravatte «ti ha abbracciato?»
«Che
domande! Non sai come si balla?»
«Certo
che lo so» ringhiò Draco arrabbiato, immaginando
il traditore del suo sangue
mettere quelle sue sudice mani sul suo
Harry «è proprio per questo che deve
pagare».
«Per
Merlino, sei geloso!» rise di gusto il suo Harry, centrando
finalmente il punto
della situazione.
«Non
dire idiozie Potter! Il tuo cervello ha subito troppi colpi, vai a
fartelo
revisionare!»
«Malfoy!»
«Da
quando sei così generosa?» Blaise
preferì sorvolare sui due – inascoltabili ora
più di prima – riportando l’attenzione
al filo principale della discussione.
Pansy,
se non altro, ebbe il buon gusto di arrossire almeno un filo, in zona
orecchie.
Premurosamente coperte dai capelli scuri, s’intende.
«Beh»
tentennò, cercando di non mostrare un minino di disagio
«perché non ne posso
più di stare qui a fare tappezzeria. Non lo faccio per lui,
lo faccio per me
ovviamente!»
Altro
sopracciglio sollevato di Zabini.
«E
poi non posso certo chiederlo a Finnegan» aggiunse lievemente
imbronciata,
indicando quella che era stata la recente passione del mese
«non più».
Seamus,
ignaro come sempre delle occhiate lanciate nella sua direzione dalla
mora, si
trovava in una certa difficoltà – notarono. Aveva,
evidentemente, lasciato la
sua posizione contro il muro dall'altra parte della Sala e si era
piazzato
davanti a un certo studente,
chiedendo con voce decisa - rosso come un pomodoro - un ballo.
Draco
cercò di ignorare i lampi di pura felicità che
poteva intravedere da dietro
l’aplomb di Theo – tipico dei Nott – alla
richiesta del Grifondoro. In fondo
era risaputo a tutti che il moro Serpeverde avesse intrapreso una
relazione,
curandosi di nasconderne l'identità.
In
fondo, nonostante le precauzioni, tutta la Casa Serpeverde sapeva che
il
fantomatico amante doveva per forza essere un Grifondoro - altrimenti
perché
tenerlo nascosto? - esattamente come sapevano che quei due non vedevano
l'ora
di uscire finalmente allo scoperto.
E
quale occasione migliore del coming out
di Potter e Malfoy?
Il
biondo intercettò lo sguardo neutro dell'amica.
Pansy
alzo le spalle.
«Avrei
dovuto capirlo, credo» ammise.
Blaise
ammiccò. Certo, come no…
«Io
sospettavo di Dean Thomas» ci tenne a far sapere Daphne,
spuntata da chissà
dove «in fondo gli lanciava di quelle
occhiate…»
«Probabilmente
perché temeva potesse portargli via il suo
Grifondoro» si limitò a commentare
Zabini, guardando i due allontanarsi dal gruppo e posizionarsi per la
danza. Tiger,
attirato dalla voce vicina del compagno, alzò la testa dal
piattino ricolmo di
dolci e pasticci per cercare la figura del ragazzo.
«Blaise,
vuoi-» tentò di allungargli una fetta di
millefoglie, perché se il moro aveva
tanto tempo per parlare, allora avrebbe dovuto impiegarlo meglio.
Mangiando,
magari.
Il
moro alzò una mano, prevenendo qualsiasi spettacolo di
dubbio gusto.
«Ho
assaggiato da poco una pietanza deliziosa»
ammiccò, passandosi allusivamente la
lingua sulle labbra piene «non penso la coprirò
con altro cibo per il momento».
«La
zuppa inglese?» domandò ingenuamente,
sputacchiando tutto intorno.
Il
sorriso di Zabini rimase impietrito mentre una briciola di
indistinguibile
miscuglio di dolci rischiava di macchiargli l'abito. Fortunatamente
cadde poco
distante, sfiorando le scarpe firmate - italiane.
Per
un momento tutti si chiesero che fine avessero fatto Astoria e le sue
pesanti
fatture.
«Credo
che andrò da Weasley» Pansy arricciò il
naso disgustata «o qui rischio di dare
di stomaco».
Dopo
una manciata interminabile di secondi, Blaise la imitò,
posando con grazia il
tovagliolo sul tavolo.
«E
tu dove stai andando?» s’informò Draco,
sospettoso, vedendolo dirigersi non
verso l'uscita - come aveva immaginato inizialmente - ma preparandosi a
fendere
la folla di ballerini.
«A
prenderne ancora» fu la risposta – piena di
sottointesi – che ricevette prima
di vederlo sparire nella massa danzante, diretto chissà dove.
«Non
hai impressione che Blaise ci stia nascondendo qualcosa?»
Pansy, che non si era
ancora allontanata a sufficienza per evitare di ascoltare la risposta
sibillina
dell'amico, tornò indietro e si piazzò discreta
accanto ad Harry «Questo suo
fare il vago e quella strana ossessione che sembra avere per quel
rammollito di
Paciock…»
Draco
la fissò sconcertato, gli occhi spalancati, mentre il moro
Grifondoro sembrava
scosso da un lieve tremito, che il compagno interpretò come
disgusto e assoluta
incredulità.
«Ma
cosa dici?» liquidò la questione il biondo
«Figurati».
Harry
non resistette più e scoppiò a ridere, gli occhi
socchiusi e il timbro alto di
una risata genuina e i denti scoperti. Malfoy lo squadrò per
un momento,
registrando a livello conscio le guance rosate, le sottili righe di
espressione
attorno agli occhi, uno sbaffo di zucchero a velo sul labbro superiore
e il capo
gettato indietro, lasciando scoperto il collo, con il pomo
d’Adamo che vibrava
voluttuoso (almeno secondo il modesto parere del Serpeverde) al ritmo
delle
risa.
Draco
non perse tempo a chiedergli perché
stesse ridendo. Si limitò ad affondargli una mano tra i
riccioli arruffati
della nuca e a tappargli la bocca con un bacio.
…
È finita.
Oddio, non riesco a
crederci…
…
…
…
Attimo di silenzio e
cordoglio.
Ho adorato questi
personaggi, sul
serio – sì, lo so che lo dico tutte le volte, ma
è vero!
In ogni caso sono
più che certa che
non ce l'avrei fatta a finirla senza di voi (che mi venivate a cercare
per
dirmi di darmi una mossa… vero animelover?). Ringrazio
inoltre il fatto che questa fic mi abbia permesso di incontrare la mia beta! (notare la
possessione).
Un grande bacio a 3ragon che si è
accollata l'incarico di aiutarmi con I'm
not a
Murderer – e
successivi, se riuscirò a non farla scappare a gambe
levate!
Baci e ringraziamenti a
tutti i
lettori, quelli che l'hanno messa tra i preferiti, da ricordare e da
seguire/recensire. Tutti insomma. Nessuno escluso!!!
E un grazie spaziale a
mamma Rowling
che ha creato questi adorabili
personaggi, giornalmente vittima delle nostre torture XD
Spero di vedervi
presto, anzi…
prestissimo!!!!
Un bacio
AliasNLH
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