Butterfly fly away.

di LastHope
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Capitolo 1 - ***
Capitolo 2: *** - Capitolo 2 - ***
Capitolo 3: *** - Capitolo 3 - ***



Capitolo 1
*** - Capitolo 1 - ***


Butterly fly away 


Erza

Era il secondo mese che mi recavo lì; in quel luogo che aveva firmato prepotentemente la mia infanzia e che si stava prendendo quella di altri bambini.
Non so quale stupida forza mi avesse spinta nuovamente tra quelle mura rovinate e non capivo nemmeno con quale coraggio firmavo la mia entrata alla vecchia signora che dietro quel pannello sottile di vetro osservava i miei capelli con fare curioso.
- Ci siamo già viste, signorina? – azzardò prima di attirare a sé il foglio per leggere il mio nome.
- Erza Scarlet – la anticipai – ero qui 12 anni fa. Buona giornata signora Luisa -
Sentii i suoi occhi seguirmi fino alla porta che conduceva alle camere e sospirai appoggiando una mano sul legno azzurro, quando io ero lì era marrone e piena di schegge, avevo imparato a toccare esclusivamente il ferro solo a cinque anni quando avevo compreso che era il legno la causa delle dita doloranti.
Spinsi la porta e camminai in quel corridoio silenzioso guardando dalle vetrate il giardino spento che per tanti anni avevo sognato di visitare.
- Non puoi andarci. Sei stata cattiva, Erza. -
Quelle parole ormai impresse nella mia memoria accompagnarono la mia entrate nel dormitorio e fui piacevolmente sorpresa di vedere Sho seduto a gambe incrociate ad ascoltare i discorsi petulanti di un’altra bambina.
Sho era un bambino sfortunato, come tutti quelli rinchiusi qui del resto, ma in lui qualcosa non gli permetteva di accettare quell’esistenza forzata e si rinchiudeva a bozzolo in sé stesso, ignorando gli altri, i suoi stessi bisogni anche a costo di farsi male davvero.
Mi ero decisa a tornare in quel luogo specialmente per lui quando sul giornale la notizia che quel bambino, all’età di soli 7 anni, avesse provato a togliersi la vita era stato con uno schiaffo e mi aveva risvegliato quella voglia di far del bene che avevo sempre avuto.
Senza far rumore gli coprii gli occhi con le mani facendo segno alla bambina di fronte a lui di rimanere in silenzio.
- Chi sono? – camuffai la voce parlando vicino al suo orecchio.
- Erza-san, immagino, qui non viene nessun altro – mise le mani sulle mie per spostarle.
Mi sedetti vicino a loro sul letto abbozzando un sorriso e estraendo dalla borsa il telefono.
- Sho, ti ricordi che mi hai chiesto perché fossi qui invece che a lavoro? -
Lui annuì non capendo il perché di quella domanda.
- Perché finalmente hanno bisogno di personale in un bar, inizio la prossima settimana -
Il suo sguardo sembrò vacillare qualche secondo poi la sua risposta mi fece tremare.
- Ti sei già stancata di venire qui. -
Afferrai il suo braccio con una presa morbida per non fargli male e avvicinai il viso al suo scontrandomi con i suoi occhi cioccolato che in qualche altra vita, forse, avrebbero potuto esprimere tanto calore.
- Sho, non ti lascerò. – il mio sguardo restò fermo mentre le sue pupille guizzavano veloci pur di non scontrarsi con le mie – il bar è vicino a casa mia e farò i turni di notte per poter venire qui al pomeriggio. -
Quel sorriso dolce che increspò le sue labbra mi fece sperare per un momento che quel bambino non fosse davvero perduto.


Premetti con forza il bottone di una macchinetta per ordinare un caffè, come al solito avevo dormito poco, avevo bisogno di qualcosa che mi tenesse sveglia.
Riflettevo su quello che era accaduto a me, tra quelle mura e portai il caffè alle labbra mentre i ricordi fluttuavano come ogni volta che respiravo quell’aria intrisa di sogni distrutti.

- Signora – sussurrò una bambina dai capelli scarlatti, così infuocati da essere in contrasto con il bianco passivo che bruciava gli occhi. – perché non posso andare mai a giocare con i miei amici fuori? -
La donna roteò gli occhi stanca di quella domanda che si ripeteva ogni giorno dall’arrivo di quella ragazzina.
- Potrai andare quando smetterai di prendere tutto come un gioco. Per oggi non andrai. Sei stata cattiva, Scarlet. -
La bambina seguiva i suoi passi come una melodia triste, fin troppo conosciuta, e si accasciava al muro, le gambe strette al petto e le lacrime calde a scivolare viscide sulle cosce magre.


Sussultai al toccò rovente del caffè rovesciandolo per terra mentre i ricordi si dissolvevano guardando il mio riflesso nella macchia marrone che inquinava il pavimento bianco.
- Merda – mi leccai il labbro ancora caldo per il contatto con la bevanda e mi passai una mano tra i capelli, un gesto fin troppo intriso di dolore per una ragazza di diciotto anni.
Cercai velocemente dei fazzoletti nella borsa e ne stesi due sopra la pozzanghera quando due mani si sostituirono alle mie e presero a muoversi convulsamente per asciugare il pavimento.
- Se ci muoviamo a ripulire questa roba scapperemo alla sfuriata di Miverva. – sussurrò una voce.
Alzai gli occhi incontrando quelli di un ragazzo, semicoperti dai capelli azzurri, e troppo impegnato a pulire per accorgersi della sorpresa nel mio sguardo.
- Ti ringrazio – sussurrai affrettandomi ad aiutarlo ma una domanda mi uscì spontanea.
- Conosci Minerva? -
Lui si limitò ad annuire alzandosi per buttare quei fazzoletti intrisi di caffè e mi guardò a lungo prima di parlare.
- Non sei un po’ grande per stare ancora qui dentro? – sorrise.
Mi soffermai a osservare il suo sorriso e c’era qualcosa di dannatamente famigliare in quelle leggere fossette che si intravedevano e in quel bizzarro simbolo subito sotto l’occhio destro.
- Non sono più qui da 12 anni – mi limitai a dire guardando disinteressata il muro dietro di lui.
- Ti piace così tanto da tornare anche quando sei libera? – il suo sguardo si fece duro mentre i pugni stretti lungo i fianchi mi intimidirono.
- Anche tu sei qui. -
Lui sembrò rilassarsi e sorrise per la mia risposta evasiva.
- Giusto – si avvicinò un po’ mostrando il suo sorriso sghembo, intimidatorio, che mi fece indietreggiare – Erza -
Sgranai gli occhi quando dalle sue labbra uscì il mio nome; cercai di mettere a fuoco la sua figura così misteriosa ma mi ritrovai a pensare che lo avesse letto mentre firmava per entrare.
Non dissi nulla ma distolsi lo sguardo ancora una volta da quelle iridi verdi che tentavano in tutti i modi di scoprire le mie difese.
- Felice di averti rivisto, Erza – sussurrò mentre lui e i suoi vestiti scuri sparivano dietro la porta azzurra nella stanza che poco prima avevo visitato anch’io.
Mi ritrovai a pensare a Sho, aveva detto che nessuno veniva a parte me ma quel ragazzo sembrava conoscere il luogo considerando la sicurezza con la quale aveva svoltato a sinistra prima di superare la porta turchina.
- Scarlet? – una voce femminile che mai avrei desiderato risentire fece scivolare nuovamente il bicchiere dalle mie mani tremanti mentre la mia mente si perse in un altro atomo del passato.


- Sei stata davvero fortunata –  sussurrò Minerva all’orecchio di quella bambina che mai avrebbe pensato di lasciare   – te ne andrai tra qualche giorno – ripeté per la terza volta con voce languida che la fece rabbrividire.
- Come rivedrò i miei amici? – sussurrò innocente la bambina.
- Non li rivedrai. – la interruppe prima ancora che potesse terminare la frase – sei stata fortunata, Scarlet, te l’ho detto. Tu – strinse i pugni mentre la gelosia per quel viso dolce le fece ribollire il sangue – sei appena stata adottata. -
Se ne andò senza aggiungere altro mentre l’improvvisa felicità di Erza venne smorzata dalla paura dell’ignoto, dal timore che la sua nuova famiglia non le volesse bene, dal dolore di non rivedere più il giardino dei suoi sogni e le lacrime scavarono in fretta la tomba al suo sorriso mentre tentava di non pensare al fatto che non avrebbe più rivisto
lui.


 
Note 
Primo capitolo della GerZa, so che per ora non c'è molto sul loro incontro, ma molte cose si chiariranno in seguito con l'aggiunta di nuovi personaggi:)
Volevo specificare che il nome Sho o Minerva sono solo per ricondurre i personaggi all'opera di Fairy tail anche se in questa AU l'età di Sho è parecchio differente, esattamente come in molti altri personaggi che seguiranno:)
Ringazio tutti quelli che leggeranno e che sprecheranno anche solo pochi istanti per farmi sapere cosa ne pensano. 

- LastHope 
 

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Capitolo 2
*** - Capitolo 2 - ***


Butterfly fly away 


Gerard

Sapevo chi fosse, lo avevo intuito appena entrato quando, a distanza di anni, quel rosso caldo mi aveva illuminato gli occhi.
Ero certo che non sarei più stato in grado di provare emozioni ma qualcosa, nel mio petto, aveva sofferto quando Erza aveva distolto lo sguardo come fossi un semplice estraneo, uno di quelli che incontri per strada e dei quali pochi minuti dopo non ricordi nemmeno l’esistenza.
- Cazzo.. – sussurrai scuotendo l’accendino per farlo funzionare.
Affacciato alla finestra dell’orfanotrofio mi ritrovai a pensare a quanto fossi cambiato, a quanto avevo combattuto e a quanto avessi perso.
Vivere in un piccolo appartamento con Laxus Dreher, uno stronzo di prima classe, non era certo ciò che la vita mi doveva per ripagarmi dell’infanzia bruciata.
Dopo vari tentativi riuscii ad accendere la sigaretta e il gusto forte del fumo che aspirai mi calmò all’istante.
- Chi sei? – una vocina mi risvegliò dal mio stato attuale di apatia e velocemente rivolsi lo sguardo verso di lei.
Era magra, dannatamente ossuta per essere una bambina di circa 8 anni. I capelli marroni le coprivano le coprivano le orecchie e subito non mi accorsi degli occhi profondi che quella ragazzina tentava di celare guardando il pavimento.
Mi sorrise appena, mostrando la fessura, probabilmente dovuta alla caduta di un dente, imbarazzata mentre si sistemava accanto a me per guardare fuori in attesa della mia risposta.
- Gerard – la guardai incuriosito facendole spazio – tu? -
- Miliana, vuoi essere mio amico, vero? -
Sorrisi mentre buttavo la sigaretta fumata a metà nel giardinetto interno.
- Quante domande per essere solo una bambina – risi – va bene, accetto, amica -
Mi prese la mano e la strinse sentendo quanto fosse calda rispetto alla propria.
- Vieni nel mio castello? – mi sorrise mentre con la mano indicava il proprio letto che, con due cuscini e una leggera coperta sopra, sembrava un rifugio perfetto per chi era così piccolo di corporatura.
- Credo di essere un po’ cresciuto per entrare nel tuo castello delle principesse -
Mi sedetti nel letto accanto al suo mentre Miliana sgattaiolava all’interno della sua capanna con una grazia da invidiare davvero a una principessa.
- Allora sarai il mio principe – concluse annuendo mentre da una piccola apertura tra i cuscini mi porse la mano.
- Che tipo – commentai divertito mentre le mie labbra incontrarono le sue dita ossute.



Scaricai la bambina con una scusa di merda, inventai che dovevo recarmi a scuola per un esame importante quando nemmeno ci andavo a scuola.
Scossi la testa attraversando nuovamente il corridoio; ero entrato di nuovo in quell’edificio per una questione importante, che poteva cambiarmi la vita, e come uno stupido non trovavo il coraggio di affrontarla.
Mi ero sempre  comportato così, fin da piccolo, scappavo da quello che mi terrorizzava ma ancora di più da quello che avrebbe potuto rendermi.. felice.
Risi da solo mentre pensavo a quella parola, felice, era un’emozione che la mia stessa mente tentava di sfuggire, una malattia perché, come quando ero piccolo avevo compreso, la felicità durava solo qualche secondo, il tempo giusto per rendertene conto e tutto spariva, senza spiegazione.
Arrivai all’uscita ma una figura minuta accanto a quella di Erza attirò la mia attenzione.
Mi avvicinai a loro fingendo di voler prendere qualcosa alla macchinetta ma solo quando riuscii a vederla in volto compresi davvero chi fosse.
- Oh, Fernandes? – mi guardò sorpresa spettinandomi i capelli come faceva quando ero piccolo.
- Minerva. – mi sistemai irritato la frangetta ribelle sulla fronte e osservai il suo viso invecchiato, modellato dalle rughe, ma quegli occhi piccoli e vigili, che mi avevano consumato l’anima, erano incastonati esattamente come allora.
- Avete fatto una riunione di vecchi amici e non mi avete invitata? -
Guardai Erza mentre i suoi occhi stupiti si rivolgevano verso di me probabilmente impegnati a ricordare chi, tra le tante persone che affollavano la sua vita, io fossi.
- No, è stato un caso e – guardai Erza divertito – la mia amicizia non è corrisposta -
Il volto di Erza era contratto, le sopracciglia aggrottate e una smorfia di dolore le sollevava appena le labbra verso destra. Non aveva proferito parola ne aveva mai staccato gli occhi dai miei, sapevo esattamente che quella luce fredda che contrastava il calore dei suoi grandi occhi non erano altro che la polvere dei muri che si era sempre costruita che crollavano sotto la potenza di quei ricordi.
Quella donna aveva sempre avuto qualcosa contro quella bambina dai capelli rossi, la teneva segregata dentro quelle mura, la custodiva come il suo oggetto più prezioso, ma ciò non faceva che scemare l’allegria che Erza, fin dai primi giorni aveva portato nel nostro peggior incubo.
- Questo è strano – rise lei – ero convinta che la piccola Erza avesse una stupida cotta per te, che cosa sciocca, è ovvio che non è possibile!  -
Dischiusi le labbra, ferito da quelle parole, non per Erza, sapevo esattamente che per lei non ero altro che uno sconosciuto che l’aveva aiutata a pulire il pavimento ma tremai per il valore che mi diede, pari a quello di un altro bambino con genitori morti e nessuno scopo nella vita.
- Non è vero – la voce di Erza era un misto di rabbia e tristezza e sorrise mentre guardava il mio sguardo sorpreso – credo che davvero avessi una cotta per te, G-Gerard – ammise divertita.
Arrossii leggermente nascondendo divertito gli occhi dietro i capelli ma felice che ricordasse il mio nome, io il suo non avrei mai potuto dimenticarlo, non dopo quello che aveva fatto per me.
- Che tenera scena – storse il naso mentre alzai la mano di spalle, in segno di saluto, scappando verso la porta d’uscita per sottrarmi a quella conversazione.
- Fernandes – mi richiamò quella – il bicchiere. - 
Suonò quasi come un ordine, il suo, quello di raccogliere il bicchiere ai piedi di Erza e che, indubbiamente, era caduto a essa.
- Quale bicchiere? – risi guardando Erza raccoglierlo mentre il vento freddo dell’inverno mi accolse gelido.



Camminai fino a casa, con le dita e il naso rossi e intorpiditi per il freddo e, irritato per la giornata andata male, mi fiondai in casa non desiderando altro che infilarmi sotto le coperte.. magari con Meredy.
Meredy abitava vicino all’appartamento che avevamo affittato io e Laxus, aveva una cotta per me da quando, per fare i bravi vicini andammo a presentarci direttamente suonando a casa sua.
Lei non sa che Laxus aveva realmente pensato di andarci, io ero solo di compagnia, ed era solo per fare amicizia, in caso ci fosse qualche problemino con le sue solite sbronze.
 In ogni caso, Laxus mi ha da sempre spinto più volte a farci sesso perciò, considerando che accade ogni due-tre giorni, siamo molto intimi.
- Gerard – mi fermò prima ancora che potessi togliermi la giacca – siamo a corto di soldi, ancora. -
Sgranai gli occhi guardandolo incazzato e gli presi violentemente la busta che reggeva in mano leggendo il prezzo dell’affitto che era aumentato nuovamente.
- Li avevamo fino alla settimana scorsa, che cazzo ci hai fatto? – lo presi per la maglia che strinsi in un pugno.
Sapevo esattamente essere una domanda inutile poiché ero a conoscenza dei suoi fottuti problemi con la droga e l’alcool, molte volte gli avevo ordinato di smetterla e che non faceva altro che mettere tutti e due nella merda ma la sua presa di coscienza più lunga durò cinque giorni poi riprese a distruggersi esattamente come prima.
- Cazzo Gerard quella roba costa – mi spinse per aumentare lo spazio tra i mio pugno e il suo volto che era diventato minimo.
Sbattei la busta sul tavolo intimandogli di starmi lontano o lo avrei preso realmente a pugni questa volta e lo avrei fatto davvero se i suoi occhi rossi per il fumo erano come una richiesta di aiuto implicita che mi calmò.
- Lo dici sempre – ironizzò lui divertito.
- Giuro che questa volta lo faccio. – venni interrotto dal campanello e una cosa sembrò andare bene in quella giornata quando da dietro la porta intravidi i capelli rosa di Meredy coperti da una cuffia.
La trascinai dentro e prima che potesse anche solo azzardare un saluto a Laxus la portai in camera spogliandola del giubbotto.
- Ciao anche a te Gerard – rise e, intuendo le mie intenzioni si liberò anche della maglia.
- Si, ciao – non badai nemmeno a ciò che diceva, troppo impegnato a osservarle il reggiseno nuovo di pizzo nero che non faceva altro che invitarmi ad avvicinarmi.
La presi per i fianchi e la portai sul letto mentre anche la mia maglia finiva sul pavimento ai piedi del letto.
- Compri reggiseni nuovi e non mi dici nulla? – ghignai per nulla dispiaciuto di prendermi prepotentemente il corpo di Meredy ogni volta che volessi.
- Sorpresa – sussurrò lei mentre dai miei jeans già abbassati iniziava a massaggiare l’erezione che non faceva che crescere a contatto con la sua pelle calda.
Le liberai i seni prosperosi dall’impiccio del reggiseno e li baciai con violenza, pronto a cancellare quell’intera giornata di merda con del sesso.
Raggiunsi con la mano la sua quando sentii di essere quasi all’apice; le abbassai la gonna e affondai in lei con spinte sempre più profonde, violenti, che racchiudevano tutta la frustrazione della mia vita.
Venne prima lei ma attese che venni anche io prima di sussurrarmi all’orecchio che era stato bellissimo.
Come consuetudine mi infilai i boxer e, attraversando la stanza, mi persi a osservare un tramonto più rosso del solito.

note 

ecco il secondo capitolo e ho deciso di cambiare ogni volta il punto di vista dei personaggi inspirandomi a un'altra ff presente in un altro fandom:)
Ecco che è entrata in scena Meredy che, povera anche lei, è innamorata di Gerard ovviamente però è usata come un oggetto a scopo sessuale *picchia Gerard* 
Non dico nulla o spoilero metà storia, dico solo che il personaggio di Laxus sarà dannatamente..ehm..problematico!?
Grazie a tutte quelle che continuerano a seguire la mia storia e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate 

- LastHope

 

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Capitolo 3
*** - Capitolo 3 - ***


Butterfly fly away 
Laxus

Diedi un calcio al letto troppo incazzato e fatto per pensare al fatto che Gerard, nella stanza accanto, stesse scopando Meredy.
- Che troia.. – sospirai sedendomi sul letto appoggiando i gomiti alle cosce dai muscoli ancora contratti e misi le mani tra i capelli tirandomi piano le ciocche bionde ribelli.
Meredy non era davvero una poco di buono, era solo innamorata di Gerard tanto da concedersi come fosse la cosa più comune del mondo ed ero fottutamente geloso di quelle attenzioni.
Non facevo sesso da mesi, troppo nella merda per pensarci o stavo troppo male per riuscirci.
Mi infilai il giubbotto quando i gemiti della ragazza si udirono attraverso la parete sottile che separava le due camere; scesi velocemente saltando qualche gradino per la fretta e appena giunsi alla porta mi bloccai.
Mi rimanevano pochi soldi, circa la metà di quelli che servivano per pagare l’affitto ma in quel momento l’unica cosa che la mia testa riuscisse a pensare era da quale spacciatore vicino potessi andare.
Aprii lo sportello e frugai nel barattolo dello zucchero sottraendo il mazzetto di banconote infilandomele nella tasca posteriore dei jeans scuri mentre sbattevo la porta per far comprendere al mio inquilino che poteva anche non trattenersi, se mai lo facesse.
Guardai la moto e sospirai poiché ero rimasto oltretutto senza benzina.
- Che palle! – ringhiai optando per il posto più vicino: il magazzino.
Era a circa cinque minuti da casa e considerando la neve che aveva appena iniziato a cadere se fossi andato di fretta nessuno avrebbe considerato il mio comportamento sospetto.
Contai i soldi pulendoli dalla neve che costantemente li bagnava interrompendo i miei calcoli.
Dopo quella visita al magazzino mi sarebbero rimasti solo settanta euro, Gerard mi avrebbe ammazzato davvero, ne ero sicuro.
Una voce dietro il portone di metallo del magazzino mi chiesi chi fossi con tono visibilmente preoccupato, immaginai che avessero rischiato di nuovo di essere sgamati dalla polizia: era la 3 volta in un mese che cambiavano posto.
- Laxus – passai una mano tra i capelli bagnati dai leggeri fiocchi di neve che si erano posati sopra.
La porta si sollevò con un rumore sinistro e, ad attendermi, c’era Hades con un ghigno sinistro che lo rendeva ancora più inquietante di quanto di solito fosse.
- Laxus, pensavo ormai di aver perso uno dei miei clienti migliori – rise mentre totalmente a mio agio mi sedetti nel divano di pelle rossa all’interno.
- Non dire sciocchezze – mi strinsi nelle spalle appoggiando gli stivali umidi al tavolino – cos’hai per me? -
- Il solito – si affrettò ad aprire una valigetta nascosta in un cassetto dell’armadio – con gli sbirri attaccati al culo non possiamo nemmeno aggiornarci. Ma ho ciò che vuoi, sta tranquillo – mi consegnò un sacchetto rosso e lo strinsi tra le dita per sentirne la consistenza.
- Spero almeno mi farai un buon prezzo – mi alzai mettendo una mano in tasca per consegnargli i soldi.
- Il solito, Laxus, non aspettarti di meno. -
Gli consegnai le banconote sbuffando divertito prima di tornare verso il portone con la roba ancora stretta tra le dita frette.
- Alla prossima – mi salutò lui ma la sua voce si dissolse nel vento freddo che mi fece rimpiangere di essermene andato cosi velocemente da quel tepore.


 
Dovevo calmarmi.
Dovevo rimanere fottutamente tranquillo anche se le sirene della polizia che continuavo ad udire mi stringevano la mente in una gabbia di paura.
Che cazzo avrei fatto se mi avessero sgamato?
Scossi la testa senza nemmeno l’intenzione di pensare a cosa sarebbe potuto accadere se mi avessero fermato e, senza nessuna fatica, avessero trovato il fagotto rosso stretto tra le mie dita.
- Signore, la prego – non capii da dove arrivasse quella voce ma mi imbattei nel petto di qualcuno prima di finire con sedere sulla strada umida e fredda.
- Ma che cazzo? – mi massaggiai la schiena prima di spingere il barbone anziano che aveva osato farmi cadere. – stammi lontano, spazzatura. – gli ringhiai prima che una voce femminile interrompesse la mia risata.
- Che succede qui? – si avvicinò al vecchio e sorrise raccogliendogli il bastone rovinato che era scivolato lungo i gradini di un palazzo.
Stavo per risponderle che non erano cazzi suoi quando il rosso dei suoi capelli mi ricordò la mia missione.
Mi guardai la mano vuota prima di prendere per il colletto il barbone fino ad alzarlo da terra tenendo salda la presa sulla sua vestaglia sudicia.
- Ridammi quello che mi hai preso – ringhiai ormai fuori controllo a pochi centimetri dal suo volto.
- Consegnamelo o ti spacco la faccia – urlai sentendo i suoi arti pietrificati dalla paura.
- Credo che tu stia cercando questo – sussurrò la ragazza alle mie spalle.
Mi girai sconvolto lasciando cadere il peso che tenevo sulle braccia prima di avvicinarmi a lei e provarglielo a strappare dalle mani.
- Non costringermi a farti del male, dolcezza – ringhiai fermandole un polso.
- Lo sai che esistono strutture per questi problemi? -
I suoi occhi mi squadrarono curiosi, ispezionarono i miei alla ricerca di qualche prova che quella roba appartenesse davvero a me.
- Si, non posso permettermele, storia davvero commovente – irritato la strattonai per le spalle, pronto a tutto per riavere ciò che mi apparteneva, ciò per cui stavo rischiando e ciò per cui probabilmente Gerard mi avrebbe preso a pugni.
- Immagino che in questi casi bisognerebbe chiamare la polizia –
Aveva gli occhi sicuri, non vacillava come il resto delle persone le quali mi mettevo contro ma quelle parole svegliarono in me la paura di rimanere solo, ancora più solo di ora, a marcire in una cella sudicia e nel momento in cui il mio pugno raggiunse la sua guancia capì che ero nella merda.
Cadde a terra e il colore dei capelli si mischiò a quello del sangue che stava iniziando a imbrattare il marciapiede.
- T-Tu! – urlai rivolgendomi al barbone – non farai parola di questa storia con nessuno, hai capito? -
Quello annuì tremando, mi pregò di lasciarlo in pace mentre io mi rifilavo in tasca ciò che mi stava rovinando la vita.
Pensai qualche secondo a cosa fare, avrei dovuto chiamare qualcuno, lo sapevo, ma poi avrebbero iniziato a fare domande e scartai l’idea; avrei potuto lasciarla lì ma le probabilità che mi riconoscesse e mi denunciasse non erano poche così la sollevai caricandomela in spalla e sospirai nel vedere la neve scendere più forte e le strade deserte per rendere il passaggio libero a noi.
Dovevo rimanere calmo.


Arrivai a casa con la spalla dolorante per la cinghia della ragazza conficcata nell’epidermide.
- Ora si incazza davvero – esitai prima di bussare forte alla porta guardandomi intorno con la costante paura che qualcuno potesse vedere ciò che avevo fatto.
Mi aspettavo gli occhi di Gerard squadrarmi da testa piedi, sentirlo urlare mentre mi ripeteva quanto dannatamente fossi idiota ma la sua reazione quando vide quei capelli rossi ondeggiare vicino al mio petto fu totalmente diversa poichè si limito a dischiudere le labbra pietrificato.
- Ho un problema – parlai prima di spostarlo con una mano per entrare e fu così che Gerard sembrò svegliarsi da quella semi-pietrificazione.
- Cosa cazzo le hai fatto? – si precipitò verso di me prendendo la ragazza saldamente tra le braccia e le osservò preoccupato il taglio sullo zigomo dove il mio pugno l’aveva colpita.
- Questa troia si è messa in mezzo – provai di difendermi portando le mani sugli occhi.
- Lei non è affatto una troia -
Lo disse con tono deciso, fui perfino spaventato dall’occhiata rovente che mi fulminò.
- Da quando sei il difensore delle ragazzine impiccione? -
- Stai lontano  da lei, Laxus. – sparì sulle scale ancora in boxer e con la ragazza tra le braccia.
Mi sentivo un fottuto idiota, avevo preso della droga, quasi picchiato un barbone innocente e steso con un destro quella puttanella dai capelli rossi; ero sempre stato un tipo che agiva senza pensare, uno di quelli che si gettava a fare la prima cosa che gli passava per la testa ignorando ciò che avrebbe comportato ma non mi sarei mai immaginato talmente squallido da tirare un pugno ad una ragazza per un po’ di droga.
Sentii la sua porta sbattere e scossi la testa mentre il divano inglobò l’inutilità della mia vita regalandomi almeno una notte di sonno tranquillo.





Erza


Spostai una foglia, una di quelle giganti che si trovano solo nei film di avventura, e scavalcai un tronco facendomi forza sugli avambracci.
Cercai di comprendere perché tra tutta quella vegetazione facesse così freddo, una sensazione di gelo che trapassava la pelle, lo sentivo dentro, prendere parte del mio essere e fu così fino a quando il terreno solido dopo quell’albero caduto si sbriciolò in una cascata senza forma di sabbia.
Persi il controllo quando pensai di volare ma non avevo le ali.


Lanciai un urlo svegliandomi nel bel mezzo della notte in un letto che non era il mio. In una stanza che non era la mia.
Gridai di nuovo.
Forse ero convinta che qualcuno mi potesse aiutare e troppo frastornata per pensare al fatto che, se mi trovassi in mani non sicure, non avrei fatto altro che attirare il lupo alla preda.
Mi passai la mano sulla fronte bagnata mentre raggiunsi la finestra dalla parte opposta della camera.
Il giardino che si intravedeva era buio, piccolo, un paio di metri lo distanziavano dalla ringhiera bianca in legno e dalla strada; se mi fossi calata piano, senza farmi sentire da nessuno sarei scappata da qualunque luogo fossi in quel momento.
Scavalcai con una gamba la finestra aperta ma fu in quel momento che una figura aprì la porta socchiusa, troppo assonnata per rendersi realmente conto che stessi scappando dalla finestra della sua camera.
- G-Gerard? – sgranai gli occhi sbattendo le ciglia più volte, non seppi dire se per le continue fitte alla nuca che si prolungavano o per lo stupore.
- Erza, che diavolo fai? – sembrò riprendersi quando, adattatosi al buio, riconobbe la mia gamba destra completamente nel vuoto.
- Torna dentro! – mi ordinò riducendo piano la distanza che ci separava.
Trattenni  una risata quando notai la sua espressione preoccupata e mi ritrovai a pensare che avesse frainteso le mie intenzioni e che si aspettasse di vedermi buttare nel suo giardino senza più voglia di vivere.
Fu in quel momento che scossi la testa recitando la parte che lui stesso aveva immaginato.
- No – sussurrai mentre anche l’altra gamba raggiungeva il vuoto.
- Oh merda..- lo sentii sussurrare prima che con tutta la forza che aveva in corpo mi afferrò un polso incastonando gli occhi ai miei illuminati dalla tiepida luce della luna.
- Non puoi farlo..-
Sospirai, intenerita dall’espressione dipinta sul suo volto e pensai di essere stata egoista mentre con l’aiuto della sua mano sul fianco ritornavo all’interno della stanza.
- Volevo solo scappare, sta tranquillo – sorrisi.
Lui appoggiò una mano sulla mia nuca stringendo tra le dita le ciocche rosse e facendomi avvicinare al suo petto caldo.
- Ti hanno mai detto che non si fanno scherzi a una persona che si è appena svegliata? – sussurrò vicino al mio orecchio mentre io, dalla mia posizione tra le sue braccia, riuscii a udire distintamente il cuore battere nella cassa toracica a un ritmo assai più veloce.
- Non devi preoccuparti per me – mi allontanai un po’ imbarazzata stringendo tra le mani il lembo della maglia lunga che indossavo.
- Oh si – rise lui piano – il mio migliore amico ti porta a casa mia sanguinante e non dovrei preoccuparmi? Rendi tutto più difficile, Scarlet -
Fu in quel momento che ricordai il perché ero il quella stanza.
Il perché la mia testa continuasse a pulsare a causa della ferita.
- Lo prendo a pugni – ringhia ricordando il volto del ragazzo che nel pomeriggio mi aveva stesa con un unico, imbarazzante, colpo allo zigomo.
- Non credo ti convenga – sussurrò divertito mentre con un dito tracciava il contorno bruciante della guancia.
- So difendermi – ribattei pronta – in quel momento ero.. distratta -
Lui sospirò prendendomi per il braccio e riconducendomi sul letto celeste appoggiato al muro.
- Oh potremo prenderlo a pugni entrambi domani – rise appena probabilmente per il mio scatto verso la porta che lui, prontamente, riuscì a bloccare.
Mi sedetti sul piumone senza guardarlo e solo in quel momento notai quanto la sua stanza fosse accogliente.
C’erano poche foto, i muri erano bianchi, spogli, ma una strana aria di casa arieggiava tra quelle pareti che sembrava mettere a proprio agio entrambi.
Notai solo una foto sul comodino, un signore anziano che non avevo mai visto, ma non mi azzardai a chiedere nulla sul suo conto.
- Tu dove dormi? – lo guardai dopo diversi minuti accorgendomi di aver dormito indisturbatamente per ore nel suo letto.
- Sul divano – si strinse nelle spalle – non è come il mio letto ma non è male – sussurrò divertito mentre buttava giù dalla finestra il mozzicone della sigaretta che si era appena fumato.
Guardai l’orologio sopra la mia testa e notai che segnava le 4 del mattino; oltre ad avergli rubato un letto confortevole lo avevo anche svegliato nel bel mezzo della notte.
- Puoi dormire tu qui – mi alzai arrossendo per lo sguardo confuso che mi squadrò – v-voglio dire che io posso anche tornare a casa! -
Successe tutto in pochi secondi.
La sua mano si appoggiò alla mia spalla ordinandomi di sdraiarmi e, accanto a me, nel letto, il petto caldo di Gerard premette contro la mia schiena.
- Spero che ora non farai storie – ghignò vicino al mio orecchio.
Fui tentata di alzarmi più volte per il suo tono scherzoso, era così chiaro quanto fosse divertito dalla situazione e dalla posa imbarazzante.
- Buonanotte, Erza – sussurrò prima di avvolgere un braccio attorno al mio fianco stringendomi in un abbraccio del tutto fuori luogo e costringendomi a una nottata priva di sonno.




Avevo preso sonno verso le sei e trenta, quando il sole stava già cercando di farsi vedere e una debole luce faceva intravedere dalla finestra il volo degli uccelli.
Il respiro regolare di Gerard vicino al mio orecchio aveva aiutato a rilassarmi mentre le palpebre scendevano pesanti ma ciò che continuava a infrangere i miei sogni prima ancora che essi potessero iniziare era il suo braccio stretto al fianco.
Era pesante, caldo, e.. imbarazzante.
Non avevo mai dormito con un ragazzo a parte l’uomo che mi aveva adottato all’età di 7 anni.
Aveva una famiglia numerosa e pochi erano davvero suoi veri parenti ma tra di noi c’era un’affinità magica che mi fece davvero credere di avere la famiglia migliore del mondo fino a quando non inizia a crescere ovviamente.
Comincia a comprendere il significato di madre e padre, e perfino i piccoli gesti come il tornare a casa da scuola da sola si fecero insostenibili quando vedevo altri bambini correre tra le braccia della loro madre che aveva preso una pausa dal lavoro esclusivamente per passarli a prendere.
Chiusi gli occhi quando, in un movimento volontario, Gerard mi diede la schiena e finalmente mi sentii libera di dormire.




Mi svegliai che l’orologio aveva segnato le 10 ormai da pochi minuti; aspettai pochi secondi prima di girare piano la testa e constatare effettivamente che il fresco che sentivo era dovuto alla parte di letto vuota.
Sospirai immediatamente presa dalla consapevolezza che non ero tornata a casa e che non avevo nemmeno avvisato Makarov con una telefonata.
Mi premetti il cuscino morbido sul volto per nascondere il rossore dovuto al pensiero di dover nascondere alla mia famiglia quella assurda notte passata tra le braccia di un semisconosciuto.
- Stai tentando nuovamente il suicidio? – una voce divertita premette di più il cuscino sul mio volto prima di lanciarlo ai piedi del letto.
- Non ce ne sarà bisogno, a casa mi uccideranno – sorrisi alzandomi dal letto.
Mi toccò lo zigomo con l’indice scendendo fino al collo con una scia rapida e bollente.
Pregai di non arrossire ma non servì a molto poiché pochi secondi dopo si trovò a ridere della mia espressione imbarazzata.
- Non se ti accompagno -
Quella che doveva sembrare la classica domanda ‘ti accompagno a casa?’ sembrava una cosa già prestabilita dal tono sicuro con cui pronunciò la frase.

note

Ok, so che è un capitolo enorme ma ho dovuto farlo poichè con la scuola riuscirò ad aggiornare più raramente ma in compenso i capitoli saranno decisamente più lunghi:)
Ecco che si è scoperto un po' il problema di Laxus che lo porta per fino a picchiare una ragazza *sospira* povero Gerard, con che persone ha a che fare <3
Grazie a tutte quelle che continuano a leggere\recensire la mia storia, spero vi piaccia:)
-LastHope 

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