Cucchiaio da gelato e altre amenità

di lady hawke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cucchiai da gelato ***
Capitolo 2: *** Vento nelle orecchie ***
Capitolo 3: *** To infinity and beyond ***



Capitolo 1
*** Cucchiai da gelato ***


Note: E' da tempo che voglio scrivere una Loki/Darcy, ma fatico sempre a trovare una scusa per farli incontrare, perchè sembra facile, ma non lo è. Così, approfittando del prompt gentilmente concessomi dall'amica Emme, tento con una breve shot senza collocazione temporale precisa, sperando che vi piaccia!

Pacchetto Ornitorinco. Prompt: “So che questa è una domanda indiscreta, ma lei è clinicamente pazzo?” N. Gaiman. Parole: 626

Cucchiaio da gelato

Darcy cammina per la strada svagata, con la musica alta in cuffia, spostandosi da un autore all’altro, da una nuova uscita ad un disco vecchio di decenni. E’ molto affezionata al suo nuovo mp3, e non ha alcuna intenzione di farselo fregare da nessuno. Non di nuovo, lo ha giurato a se stessa.
Aveva anche giurato a se stessa, tempo addietro, di comportarsi bene, di non andare mai a letto dopo le quattro e di non frequentare persone di cui avrebbe potuto pentirsi. Qualcuno tipo il cognato incazzoso di Jane. Aveva un altro nome, in verità, e un altro titolo, ma entrambi gli avrebbero dato troppa importanza, e “CognatoIncazzoso” era un’invenzione di cui andava fiera, soprattutto perché faceva incazzare da morire colui a cui era diretto.
C’era da dire che Loki avrebbe potuto anche incenerirla per molto meno. Era un’abitudine che aveva spesso. Era come un bambino che per hobby sventrava lucertole, solo che crescendo non aveva perso il suo vizio. L’unico vantaggio che Darcy aveva è che Loki sembrava essersi affezionato a lei come un umano qualunque avrebbe fatto ad un cane, e incenerire il proprio cane è sempre un problema. Darcy l’aveva imparato, e aveva imparato anche a prendere con umorismo gli istinti omicidi del dio dell’Inganno, altrimenti avrebbe semplicemente dovuto fuggire a gambe levate come faceva Jane.
Così rientra a casa dopo la sua lunga passeggiata pomeridiana, scovando Loki immerso in uno dei libri di Darcy. Si è sempre ritenuta una in grado di leggere un sacco di spazzatura, ma crede che sia suo dovere educare Loki alle meraviglie della letteratura classica midgardiana, e lo obbliga con la ferrea volontà che avrebbe usato una madre. Il dio protesta, ma finisce spesso per cedere, perché la curiosità è uno dei suoi difetti peggiori.
“Ti ho preso un regalo.” Annuncia, contenta e soddisfatta.
“Ovvero?” il lampo di curiosità passò in un attimo, negli occhi del dio, nascosto subito dal sospetto.
“Un cucchiaio da gelato!” risponde lei, posandolo sul tavolo, debitamente decorato da un fiocchetto color malva.
“Che dovrei farci?”
“Mangiarci il gelato, è a questo che serve.” Spiega Darcy con sussiego, e con una voce volutamente irritante. “Almeno è per questo che è stato inventato, ma mi sembrava ottimo per cavarci degli occhi, nel caso ti venisse ancora voglia. Credo darebbe problemi con il nervo ottico, ma è della misura giusta per un occhio umano.”
Loki si avvicina, alzando pericolosamente un sopracciglio. “Scusa la domanda, sei pazza o cosa?”
Darcy sorride. “Non clinicamente, o sarei in ospedale psichiatrico. O meglio ci sarei se mi avessero diagnosticato una malattia mentale, cosa che non è mai successa, anche se non ne escludo la possibilità. E comunque non vedo il problema, ci sono stati scienziati che gli occhi umani li hanno bolliti per vedere com’erano fatti dentro. Sono stati presi da gente morta, ma sempre occhi sono.”
Loki chiude i suoi, di occhi, cercando di non pensare alla possibilità di testare l’oggetto sull’umana che ha di fronte.
“Comunque hai davvero della sfacciataggine, a darmi della pazza. Tu lo sei. Sei un caso clinico evidente, da camicia di forza.”
“Non sono io che ho comprato un cucchiaio cava-occhi.”
Darcy prende l’oggetto dal tavolo con fare possessivo, e se lo stringe al petto. “Sicuro, ma solo perché non lo conoscevi, e solo perché io saprei su chi usarlo… c’è la signora del terzo piano che ci spia sempre dallo spioncino, per dire, potremmo farle passare la voglia.”
“Potremmo?”
“Beh, ora il cucchiaio è mio, e dovrai chiedere il mio permesso per usarlo, se lo vuoi.”
Darcy si volta e lascia Loki lì, da solo, a chiedersi chi dei due necessita di più di una camicia di forza, e a quanto resisteranno i poveri occhi della vicina del terzo piano.

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Capitolo 2
*** Vento nelle orecchie ***


Note: Loki/Darcy. Pacchetto Hemingway Prompt: «Dovranno uccidere il tuo nome prima di uccidere te», Il Gladiatore  Parole: 418


Vento nelle orecchie

Loki è stato convinto a lungo di essere un dio, per poi scoprire di essere un gigante di ghiaccio. Non dovrebbe essere uno shock, per uno che non si è mai sentito né carne né pesce, ma non è così. Loki, il dio dell’Inganno ha fatto del suo nome il suo scudo, e ci ha nascosto dietro la sua natura. Del resto, anche combinare disastri è nella sua natura, e quando si è un dio le proporzioni sono ingigantite, in tutto.
Ad esempio, essere svegliati per colpa di una stupida umana che ti soffia nelle orecchie, dimostra come la razza di Midgard conosca torture veramente rudimentali, ma non per questo meno efficaci. Loki si tira su di scatto, dando una testata alla ragazza, che era molto, troppo vicino al dio.
“Ahia!”
“Che ti sia di lezione. Non svegliarmi mai più.”
“Volevo compagnia.” Darcy è seduta a gambe incrociate, dentro ad una enorme maglietta che raffigura i Vendicatori. Indubbiamente una scelta voluta e di pessimo gusto. Loki volta la testa verso la sveglia. Sono le quattro di mattina, e c’è buio pesto. Mentre pensa a come insultarla, è Darcy che riapre il discorso. “Non credere che non mi sia dispiaciuto svegliarti, dormivi come un bambino, tanto che non parevi manco tu. Non avevi la faccia incazzosa come al tuo solito, sai?”
Loki questo non lo sapeva, e non ti teneva particolarmente a scoprirlo. E’ permaloso, e non ama essere colto in fallo. “Dubito che un dio dorma come un bambino.”
“Si vede che quando dormi ti dimentichi il tuo nome.”
La reazione di Loki è sorprendente: si lancia su Darcy come un felino, sovrastandola e stringendole il collo. “Mai, questo mai. Senza il mio nome sarei morto.”
“Per me potresti anche chiamarti Giustino, e ti tratterei allo stesso modo. Che differenza fa?” Darcy è tesa, ma non crede che Loki aumenterebbe per davvero la stretta. Non c’è abbastanza rabbia, nei suoi occhi, anche se il sonno è scomparso.
“Tutta la differenza del mondo.” Loki ringhia, e a Darcy non resta che attendere qualche secondo, togliere la mano del dio dalla sua trachea, alzarsi un po’ e sporgersi per baciarlo.
“Volevo compagnia, ho detto.” Dice subito dopo. E mentre Loki si impegna a far sparire quella maglietta davvero grondante cattivo gusto Darcy pensa che davvero, Loki potrebbe chiamarsi in qualunque modo, e farebbe lo stesso. Ma è proprio il suo nome, quello che sussurra nel buio, e ne è felice, perché così il piccolo dio degli Inganni può sentirsi vivo.



 

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Capitolo 3
*** To infinity and beyond ***



- Potremmo farlo, sai? Scappare. Vivere nei boschi. Tu e io potremmo farcela. (Hunger Games)


Darcy non aveva mai considerato quanta influenza potesse aver avuto Loki su di lei, finché Jane non le aveva fatto notare che avere a che fare con lui l’aveva fatta diventare una bugiarda. Darcy non si considerava tale, ma sentire la propria migliore, nonché unica, amica urlarle contro l’aveva messa davanti alla necessità di fare due conti. 
Darcy non era bugiarda, Darcy evitava di far soffrire le persone dicendo loro cose che avrebbero potuto davvero ferirle, perdendosi in commenti scemi e spesso solo finto-acidi. Tuttavia nessuno si chiedeva mai quale influenza avesse potuto avere lei su Loki, e questo le dispiaceva. Tutte le persone cambiano, frequentando altre, o almeno anche solo resistendo all’impulso di uccidere. Senza farsene un vanto, Darcy era convinta di aver addomesticato Loki. Certo, voleva sempre ammazzare gente, distruggere il fratello e vedere il mondo ai suoi piedi, ma non aveva mai ucciso lei. Non ci aveva mai nemmeno davvero provato, e questo, per Darcy, faceva tutta la differenza del mondo. 
Non importava quanti fossero i tentativi di Loki di diventare un Napoleone spaziale, importava che, tutte le volte, loro due finissero per incontrarsi. Il più delle volte accadeva attraverso il vetro di una prigione, ma Darcy sapeva che non tutto poteva essere perfetto. 
“Ancora una volta in catene, Loki.” Darcy si sentiva sempre una mamma troppo comprensiva, quando cercava di rimproverarlo. Sorrideva quasi, perché era sempre stata brava a trovare il lato comico di tutte le situazioni, ed era il vero motivo per cui Loki aveva sempre avuto bisogno di lei. 
“Ancora una volta, non per molto.”
“Anche io giocavo a guardie e ladri, da bambina, ma ogni tanto mi prendevo la parte della guardia, così potevo picchiare chi mi stava antipatico.”
Darcy abbassò lo sguardo e frugò nella tasca della sua felpa, estraendone il cellulare. “Ho scaricato un’app per tenere il conto delle volte che ti fai beccare, facendo classifiche sulle fughe più rocambolesche e sul migliore piano malvagio.”
A Loki non interessava sapere cosa fosse un’app, ma gli interessava vedere il fondo del pozzo di follia di Darcy, così diverso dal suo. 
“E qual è il migliore?”
“La slitta trainata da alci per una Quinta Strada di ghiaccio che sapeva di menta stravince. La prossima volta però proviamo con l’assenzio.”
C’era qualcosa di adorabile nella sua professionalità, e Loki si chiedeva semplicemente come ci riuscisse. Si sedette a terra e si appoggiò con la testa alla parete, un gesto di rilassatezza che con un altro di fronte non si sarebbe concesso. 
“Quale vorresti che fosse la nostra prossima avventura?” le chiese. 
“Una in cui io non vengo lasciata qui ad aspettarti per sempre.” Rispose Darcy, riponendo il telefono. “Una in cui io non devo aspettare che a te venga voglia di venirmi a trovare, ma una in cui io sono lì per tutto il tempo come comprimario.” Disse, avvicinandosi. “Potremmo farlo, sai? Scappare, vivere nei boschi. Tu ed io potremmo farcela.”
“Darcy…” stette a Loki rimproverarla bonariamente. “Sei la persona meno autosufficiente che conosca.”
“La stessa persona che ti ha nutrito, che si è presa cura di te e che è stata una tua amica.” Insistette Darcy. Vorrebbe aggiungere che è la persona che lo ha addomesticato, ma forse è stata lei quella veramente addomesticata, e non vuole una ramanzina proprio ora. 
“E come farai, senza i tuoi libri, i tuoi stupidi film, i tuoi dolci industriali? Come farai, Darcy, senza il mondo che ti circonda.” 
Darcy tirò un pugno al vetro, e si fece male. Loki stentò a non ridere. “Perché tutti mi credono stupida? Non progetto di scappare con l’ultimo degli imbecilli, progetto la fuga perfetta con il Dio delle Balle, colui che può fare tutto.” 
E fu su quella sviolinata palese e senza filtri che Loki prese la sua decisione, perché in fondo, pur essendo un Dio, era mosso da motivazioni semplici. Decise ma non disse nulla, perché ormai sapeva che Darcy adorava blaterare.
“Potremmo trasformarci in due gatti grassissimi e scorrazzare per le periferie della città. Potremmo essere scimmie allo zoo e fare boccacce ai visitatori… potremmo…”
“Potremmo essere lupi in una foresta vera.” Le disse, quasi annoiato dalla banalità delle idee di Darcy. 
“Esci di lì, e saremo qualunque cosa per sempre.”
Loki si alzò in piedi, sapendo che Darcy mentiva. Non avrebbero potuto avere mai un per sempre, e non necessariamente solo perché Darcy era mortale. Le vite in fuga logoravano e distruggevano. Ma sapeva che avrebbero potuto essere qualunque cosa avessero voluto, almeno per un po’.
Darcy se lo trovò di fronte all’improvviso, perché il pregio migliore di Loki era il non essere fatto per le catene. 
“Verso l’infinito ed oltre.” Darcy sorrise, e Loki sentì che quella frase doveva essere una citazione presa da qualche parte, anche se non ricordava da dove. La prese per un braccio e la trascinò via, pronti a disperdersi nel mondo.

 

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