La salvezza dell'angelo

di Give_me_only_kiss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Lui non era niente. Era nero.                                                                                                                                                      

Questo pensava un piccolo Scorpius di appena undici anni, fissando le gocce di pioggia che bagnavano il vetro della finestra di camera sua. Si alzò sbuffando e si mise davanti allo specchio, scompigliandosi i capelli con la mano destra.

Tutto quello che vide fu la luce più assoluta: capelli biondi, quasi bianchi, da angelo e carnagione lattea, labbra sottili e lineamenti taglienti, occhi azzurro lucente eppure slavato, con picchiettature grigie.            

Assomigliava ad un angelo.

Scorpius ghignò, ricordandosi un detto che aveva letto in un libro babbano.

L’apparenza inganna.

Perché per quanto Scorpius fosse bello fuori, dentro era marcio. Nero.

Aveva sempre vissuto con il padre. Sua madre Astoria era morta portandolo alla luce. Scorpius abbassò lo sguardo. Aveva sempre vissuto all’ombra degli errori di suo padre e di suo nonno, tutti lo trattavano con sdegno, disprezzo o peggio, non lo consideravano. Sembrava che fosse invisibile.  
E sapeva che sarebbe stato anche peggio lì. Lì dove tutti conoscevano quello che suo padre aveva fatto. Lo avrebbero trattato con disprezzo, l’avrebbero isolato sin dal primo momento.

Eppure Scorpius non chiedeva molto. Solo, degli amici.

Non ne aveva mai avuti. Suo padre gli ripeteva sempre “Figlio mio, mi dispiace, mi dispiace. Mi dispiace perché non potrai mai vivere una vita serena e felice. Mi dispiace, è tutta colpa mia…” dopo si ritirava nelle sue stanze e non ne  usciva per un giorno intero.

La famiglia Malfoy era caduta nella sfortuna più nera, dopo la guerra. Non economicamente, no. Scorpius e suo padre vivevano in un castello di tutto rispetto, dotato di ogni sorta di lusso. No. Socialmente. Ogni volta che andavano a Diagon Alley o a Hogsmeade le persone non facevano altro che parlare loro dietro e puntarli con il dito, per poi fare qualche acido commento. Era dal giorno in cui era nato che Scorpius sentiva frasi del tipo “Sì, Draco Malfoy.. è stato un Mangiamorte” oppure “ha tradito la sua scuola e ha tentato di uccidere il suo preside” o ancora “quello è suo figlio? Ma chi ha avuto il coraggio di fare un figlio con lui??”.

E Scorpius sentiva la rabbia montargli dentro come una fenice che sorge dalle ceneri. Così, la sua rabbia cresceva giorno dopo giorno, senza aver occasione di uscire. Così l’aveva corroso dentro, fino a farlo diventare un guscio vuoto, incapace di provare un qualsiasi tipo di emozione. Tranne la rabbia.

Nero. Lui era solo questo. Nero. Un angelo delle tenebre.

Fisso con disgusto la lettera con il simbolo di Hogwarts buttata sul letto e sbuffò sonoramente.                                
Si prospettavano davvero sette anni d’inferno.

Ma Scorpius, si rimproverò, dovresti esserci abituato. La tua vita è sempre stata così. Un inferno di fiamme nere.
E lo sarà sempre.  
 
Il giorno dopo il padre lo svegliò presto. Scorpius lo fissò. Una sua copia ingrandita, ma con gli occhi stanchi e già contornati di qualche piccola ruga. Gli sorrise debolmente. Scorpius non ricambiò il sorriso e si alzò, in silenzio. Si preparò e scese nell’immenso salone, dove suo padre lo aspettava, vicino al camino.                             
Usarono la Metropolvere e arrivarono vicino alla stazione di King’s Cross. Appena entrati, Scorpius spinse in silenzio il suo carrello, tra una folla di babbani che fissavano la sua civetta, Pam, con occhi curiosi.            
Il biondo non ci fece caso e si diresse verso il muro tra i binari nove e dieci. Lo attraversò, senza nemmeno aspettare il padre. Rimase senza fiato davanti a una coltre di fumo bianco che avvolgeva un treno rosso sangue.

Il treno per l’inferno, finalmente. O forse sono salito già non appena sono nato?

Scorpius venne riscosso dai suoi pensieri da suo padre che, mettendogli una mano sulla spalla, lo diresse verso un’altra famiglia.
Scorpius li riconobbe subito. Erano i Potter. Harry Potter, capo del dipartimento degli Auror, dove lavorava anche suo padre, era venuto diverse volte al Manor, per questioni di lavoro. Scorpius l’aveva visto solo di sfuggita in quelle occasioni ma ora aveva l’opportunità di guardarlo da più vicino.

Aveva capelli neri così scompigliati che sembravano non aver mai avuto il piacere di conoscere un pettine nella loro vita. Occhi verde smeraldo spuntavano sotto la montatura rotonda e leggera degli occhiali. Aveva tratti leggermente spigolosi ed era piuttosto basso. Accanto a lui c’era una donna dai fluenti capelli rossi e occhi azzurro lucente. La carnagione chiara del viso era infantilmente spruzzata di lentiggini.                       

Vicino a loro c’erano tre bambini. Il più alto, che doveva essere il maggiore, aveva capelli neri e sbarazzini, occhi scuri e un ghigno malandrino finemente disegnato sulle labbra sottili. Il bambino accanto aveva gli stessi capelli, ma occhi smeraldo e carnagione chiara. Aveva l’aria di uno che sta per avere un attacco di panico, ma lo nascondeva abilmente sotto un sorriso ingenuo. La più piccola era identica alla madre, e la stava pregando di lasciarla andare a Hogwarts, mentre la madre rispondeva pazientemente di no.                      

-Potter – li salutò amichevolmente suo padre. Scorpius sapeva che dopo la guerra suo padre aveva tentato di ricucire i rapporti con il Salvatore del Mondo Magico, e ci era riuscito, dato che ora erano buoni amici. O almeno, non si saltavano addosso non appena si incrociavano.

Il moro ricambiò il saluto, mentre il suo sguardo si posava su Scorpius. Gli sorrise e Scorpius lo fissò impassibile. Il Bambino Sopravvissuto lo fissò interrogativo, per poi partire all’attacco:

-È tuo figlio, Draco? – chiese. Suo padre annuì e gli battette la mano sulla spalla, con fare orgoglioso.                        
– Esatto. Lui è Scorpius Hyperion Malfoy – Scorpius fece una smorfia al sentire il cognome che l’aveva condannato a quella patetica esistenza – vedo che tu invece ti sei dato da fare – commentò il padre, indicando i tre bambini.

Harry si grattò la nuca imbarazzato e rise.

-E già. Loro sono James Sirius – il moro sorriso-malandrino – Albus Severus – Scorpius non riusciva a trovare un buon soprannome – e Lily Luna Potter –la rossa petulante – James è al secondo anno, Grifondoro. Albus inizia quest’anno.
- E in che Casa vorresti essere smistato? – chiese suo padre. Albus deglutì e balbettò:                                                          
- Gri- Grifondoro – rispose. Suo padre fece una smorfia d’ovvietà, mentre sorriso- da-deficiente (oggi Scorpius si sente particolarmente creativo ) scoppiava a ridere e Albus lo fulminava con lo sguardo.                 

-Cos’hai da ridere, Jamie? – sibilò il moretto. Sorriso-da-deficiente ricambiò lo sguardo di sfida e disse:            

- Oh andiamo Al. Non ci spererai ancora, vero? Lo sanno tutti in famiglia che tu sei la pecora nera, destinata a finire a Serpeverde – Albus diventò ancora più bianco, mentre Scorpius si interessava ancora di più alla conversazione tra i due fratelli.
-Jamie, Al, smettetela – li richiamò il padre – Jamie, smettila con questi razzismi tra Case, e tu Al, ricorda che i Serpeverde non sono feccia e che se tu lo diventerai…                                                                                                 

 - E questo è scontato… - s’introdusse faccia-da-deficiente..                                                                                                          

– Non cambierà assolutamente niente – concluse Harry. Scorpius rise maligno e tutti gli sguardi si puntarono su di lui.
-E tu ci credi anche? – sibilò il biondino con voce elegante ma maligna – tutto dipende da quello. La gente di questo mondo ti giudica per tre cose: Casa, famiglia, sangue. Tu dovresti essere un Mezzosangue, giusto?

La madre dei ragazzi digrignò i denti a quell’insulto, ma Scorpius continuò impettito.

-A famiglia sei messo bene. La Casa a questo punto è relativa. Grifondoro o Serpeverde, che differenza fa?        
È tutta una grandissima buffonata. Alla fine non dipende da te, ma dagli altri. Che sia un Cappello o un potente mago oscuro a segnare la tua vita, non ha differenza. Tutti e due lasceranno solchi incolmabili. Nessuno è artefice del proprio destino. Potresti essere un perfetto Grifondoro, ma il Cappello potrebbe decidere, per puro divertimento, di metterti in Serpeverde – il discorso di Scorpius fece rabbrividire tutti i presenti.

Era fatto da un animo ormai morto, che ha perso qualsiasi tipo di attrazione per la vita. Un animo nero, che ormai ha perso ogni speranza per sé stesso.

-Non sono d’accordo – la voce proveniva da una donna dietro di loro. Aveva la carnagione chiara, occhi ambrati e orgogliosi, lineamenti aggraziati e capelli color cioccolato, ricci e fluenti. Accanto a lei c’era una bambina dal portamento fiero, dai lunghi capelli rossi e occhi azzurro cielo.                                               
-Granger – disse suo padre. Scorpius ghignò. E così quella era Hermione Granger, la Nata Babbana che aveva dato filo da torcere a suo padre. Guardò la bambina e i loro sguardi si intrecciarono.

C’era qualcosa in lei che lo attraeva. Eppure non aveva niente di speciale. Doveva avere la sua stessa età, ed era alta più o meno come lui. Aveva gli occhi accesi da un orgoglio imperturbabile e lo scrutava con aria curiosa. E Scorpius capì cosa di quella ragazza lo attraeva tanto.

Era pura. Bianca fuori e dentro. Tutto quello che lui non era mai stato.

Quegli occhi, quel portamento, quel sorriso. Tutto in lei era genuino, puro come acqua di montagna, incontaminato dal dolore in cui Scorpius era cresciuto.

-Malfoy – ricambiò il saluto la donna con un sorriso – è un piacere rivederti. Lei è mia figlia, Rose. Rosy, saluta, su – la incoraggiò Hermione. Rose salutò con un sorriso.
-Salve signor Malfoy. Ciao zii, ciao Al – salutò tutti con un sorriso contagioso e poi si voltò di nuovo verso Scorpius – e tu sei…
-Scorpius – disse il biondo. Rose aggrottò la fronte, poi i suoi occhi si accesero di un lampo di comprensione. 
-Come la costellazione – commentò la bimba. Scorpius sorrise. Suo padre sbarrò gli occhi e lui stesso si sorprese di quel gesto.

 Aveva sorriso. Come poche volte prima di allora.                                                                       

-Già – constatò, mentre si tastava le labbra.

Come poteva una bambina indurlo persino a sorridere?               

-Allora Hermione…. dov’è Ron? – chiese Harry. La donna all’improvviso si incupì.
-Non te l’ha detto? Che vigliacco… - commentò con tono amaro – sappi Harry, che Ronald e io abbiamo divorziato una settimana fa. Lui ha preso Hugo e io Rose – Harry stava per dire qualcosa, ma la ex-Grifondoro lo interruppe con un gesto della mano – Harry, non dire niente. Ronald è stato un errore e io voglio ricominciare. Tornando a te, ragazzino… - lo sguardo di Hermione si posò nuovamente su Scorpius – non sono d’accordo. Io credo che ognuno di noi abbia la possibilità di costruirsi la propria vita da solo, indipendentemente dal parere e dalle scelte degli altri. Le nostre scelte sono solo nostre e sono esse che determinano il tipo di persona che siamo – espose Hermione. Scorpius rimase attonito. Il discorso era quello di una animo vivo, pieno di speranza per sé e per il futuro. Sorrise ancora e si stupì di nuovo.

-Per le mutande di Merlino, Granger, dimmi come ci riesci – imprecò suo padre.                                             

-Cosa intendi Malfoy? – chiese Hermione.
-Sono anni che non vedevo Scorpius sorridere. Ti ringrazio di cuore, Granger, e anche tu, Rose. Grazie.
Non fece in tempo in tempo a finire che Scorpius lo fulminò con un’occhiataccia e salì sul treno, senza nemmeno salutarlo.
 
Aveva sorriso. Davanti a molte persone. Si era sentito bene. Quella donna e quella bambina lo facevano sentire bene. Ma sapeva che non sarebbe durata. Non appena Rose avesse capito chi era, non sarebbe più voluta diventare sua amica.

Guardò fuori dal finestrino. Hermione stava dicendo qualcosa a Rose, indicando ogni tanto suo padre. Rose sbiancò e disse qualcosa, decisa. Hermione scosse la testa, ma la baciò sulla fronte e Rose salì sul treno.

Poco dopo la rossa passò davanti al suo scompartimento, insieme a suo cugino Albus. Scorpius la guardò, cercando il suo sguardo e Rose lo ricambiò con disprezzo. Poi proseguì per la sua strada, camminando impettita.

Scorpius si sentì sprofondare. Il suo cuore era stato trafitto da mille pugnali. La sua anima – o quello che ne era rimasto – sottoposta a una seria estenuante di Crucio.

Aveva perso dopo nemmeno due minuti l’unica cosa che lo facesse sentire un po’ meno di merda del solito.

Adesso sì che poteva dirsi veramente nero. Perché lui non era altro che l’ombra di una persona. L’ombra di suo padre, degli errori di suo nonno. L’ombra di una famiglia che aveva commesso tanti errori. E ora lui stava pagando per tutti questi errori.

Scorpius, ripetè nella sua mente, da oggi il mio nome è solo questo. Scorpius è ciò che sono dentro, Malfoy è ciò che sono fuori. Prego che ci sia qualcuno là fuori che possa tirare fuori Scorpius dal baratro dove si è gettato.

Ma Scorpius sapeva che l’unica persona che avrebbe potuto veramente aiutarlo era appena passata davanti allo scompartimento, guardandolo con disprezzo.

Perché l’unica salvezza dell’angelo delle tenebre era una rossa pura e orgogliosa fino al midollo.

Salve a tutti! questo è solo un piccolo esperimento, se piacerà – voglio arrivare almeno a cinque recensioni – lo continuerò. Sappiate che questa è una Rose/Scorpius, ma anche una Draco/Hermione.                                     
Spero che vi piaccia, un bacione,

Selenakilla89  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Salve salve salve! Diavolo, non solo la storia è piaciuta, ma sono arrivata a quota sette recensioni per il primo capitolo! Grandioso! Spero che questo riscuoterà altrettanto successo, e mi lasciate qualche commentino come nel primo. Naturalmente continuerò la storia, ma vi avverto. Sarà lunga. Tanto lunga. O almeno spero. Nella mia testa contorta si sta già formando la trama e spero di riuscire a portare questa storia alla fine, perché mi ci sono già affezionata. Un ultimo avvertimento: ho scritto che questa sarà anche una Dramione, perciò inserirò ogni due-tre capitoli un capitolo sui nostri piccioncini cresciuti, ma non descriverò attentamente il loro amore, anzi, lo farò sviluppare piuttosto velocemente.                                          
Infine, ringrazio tutte le persone che hanno gentilmente recensito, quelle che mi seguono e quelle che semplicemente leggono in silenzio.

Un bacione,
Selenakilla89

Capitolo 2

Scorpius tirò fuori dal baule il libro di Pozioni e iniziò a leggerlo, nel silenzio del suo scompartimento.

La lettura era da sempre una sua grande passione. I libri nascondevano segreti meravigliosi, a suo parere, che bramavano solo di essere scoperti da occhi assetati di sapere. Quando leggeva, Scorpius si immergeva in quei mondi meravigliosi, immaginando di esserne il protagonista, di viaggiare in mondi fantastici.

Di avere compagni di viaggio e di essere apprezzato, per una volta.

Aver praticamente divorato la biblioteca del Manor, tanto da aver ripiegato sui libri babbani, che aveva scoperto essere belli e fantasiosi quanto quelli magici.

Dovevano essere passate all’incirca due ore quando la porta dello scompartimento si aprì. Scorpius sollevò appena lo sguardo e ghignò sotto i baffi.
Sulla soglia c’erano tre bambini della sua età. Li riconobbe all’istante.

Paul Zabini, suo cugino di secondo grado, dalla carnagione scura e i capelli castani, in contrasto con un paio di occhi azzurro cielo, accesi da una luce maligna. 
Gli altri due erano Alex Tiger e Lucas Flitt. Due colossi senza cervello, entrambi castani e grossi.

Scorpius tornò con lo sguardo sul libro, schioccando la lingua con aria di sufficienza. Sentì Paul ringhiare, mentre si avvicinava.

-Malfoy, potresti anche degnarti di salutare, sai. O sua magnificenza mi ritiene indegno della sua regale voce? – lo punzecchiò suo cugino. Scorpius rimase in silenzio, girando pagina.
Paul serrò la mascella e lo spintonò.

-Parla, figlio di puttana! – Scorpius scattò. Si alzò in piedi e lo sovrastò in tutta la sua altezza, guardandolo con occhi omicidi.

-Non mi toccare. E non provare più a insultare mia madre – sibilò. Poi successe ancora. Una forza sconosciuta si impossessò di lui e avvolse i tre bulli in un vortice d’aria, per trascinarli fuori, lasciandoli inerti nel corridoio, pieni di graffi e ferite.

Scorpius chiuse le porte e le tende dello scompartimento. Poi si sedette e si prese la testa fra le mani.
Era successo di nuovo. Ogni volta che perdeva le staffe una magia sconosciuta si scatenava in lui, come attivata dalla rabbia dentro di lui che si dimenava nelle catene per uscire fuori, e faceva del male a colui che era la causa del suo malumore.

Un’ottima difesa, certo. Ma le origini di questo potere erano sconosciute al biondo, che semplicemente aveva finito per assecondarlo, lasciarlo fare. Non gli dispiaceva, avere un qualcosa che lo proteggeva dai bulli come Paul. 

Ma sapeva che Paul lo avrebbe raccontato in giro. E questo altro non avrebbe fatto che scavare un ulteriore solco tra lui e i suoi compagni. Altro non avrebbe fatto che aumentare la paura e il disprezzo che avevano le persone di lui. 

Sospirò e riprese a leggere. Dopo un po’, sentì un fischio e una potente frenata, segno che il treno aveva finalmente concluso la sua corsa.

Scese dal treno, mentre le persone facevano di tutto per non toccarlo ed evitare di incrociare il suo sguardo di ghiaccio. Scorpius scorse un gigante dalla barba maltenuta e i riccioli ribelli che gridava:

-Primo anno! Qui, primo anno! – Scorpius si avvicinò con una smorfia di disgusto e seguì gli altri bambini sulle barche che avrebbero attraversato il Lago Nero.

Hogwarts si stagliava in tutta la sua imponenza sulla riva opposta. Le torri svettavano nelle tenebre di quella notta senza luna, creando ombre che davano al castello un’aria inquietante, eppure stranamente irresistibile. Scorpius lo fissava a bocca aperta, proprio come tutti gli altri bambini.
Conclusa la traversata, il gigante li condusse nel castello, davanti a un immenso portone in quercia.

Lì attendeva una donna dai lineamenti duri e il volto anziano, solcato da numerose rughe. Aveva i capelli raccolti in una cipollina e indossava una svolazzante veste verde smeraldo.
La preside non che professoressa di Trasfigurazione, Minerva Mc Granitt. 

-Salve a tutti e benvenuti a Hogwarts.. tra poco avrà inizio lo Smistamento…
Tutto il resto non arrivò alle orecchie di Scorpius per due precisi motivi.

Primo, il ragazzo era troppo intento a fissare la ragazzina rossa davanti a lui, che ascoltava attentamente le parole della professoressa, con una luce decisa negli occhi.

Secondo, una domanda gli rimbombava nella mente, oscurando tutto il resto. Ecco, aveva sentito chiaramente la preside dire “Benvenuti a Hogwarts” giusto?

Allora perché io ho l’impressione che abbia detto benvenuti all’inferno?
 

I bambini vennero smistati uno dopo l’altro, chi a Grifondoro, chi a Tassorosso, chi a Corvonero o Serpeverde. Scorpius attendeva il suo turno, ma nei suo lineamenti non appariva né l’ansia che lo attanagliava, né il terrore di rimanere seduto lì per sempre.

Il giovane infatti sentiva di non appartenere a nessuna di quelle Case.

-Malfoy Scorpius! – chiamò il professor Paciock. La sala tacque e tutti gli occhi vennero puntati sul biondino che a passo esitante si dirigeva verso lo sgabello, digrignando i denti non appena sentiva un commento del tipo “è il figlio di Draco Malfoy… ”  “il figlio del Mangiamorte traditore e codardo” “ma con quale coraggio si presenta qui?”

Si sedette e si mise il Cappello. Questi si adattò perfettamente alla sua testa.
-Uhm, difficile, molto difficile. Sei molto diverso da tuo padre – e ne vado fiero – ma qualcosa di lui in te c’è. La sua grande ambizione, ad esempio, ma tu hai qualcosa di più… c’è tanto talento e un cervello niente male. Una passione per i libri inconsumabile e una saggezza pessimista che non avevo mai visto in un bambino. Ma anche una grande freddezza e un orgoglio senza limiti, uniti ad un modesto coraggio e ad un grande potere che ti porterà lontano, molto lontano.. ma dove ti colloco? – Scorpius non seppe dire per quanto tempo rimase lì seduto, in attesa del verdetto finale. Alla fine il Cappello parlò, senza decretare nulla. Si rivolse invece alla Mc Granitt, annunciando:

-Il ragazzo è uno di quelli difficili. Minerva, ti dispiacerebbe lasciarmici pensare un po’, mentre smisto gli altri? Intanto il signor Malfoy potrebbe attendere in piedi – Scorpius rimase impassibile e si alzò, rimanendo accanto allo sgabello. La Mc Granitt esitò un attimo mentre la stanza veniva percorsa da mormorii malnascosti. Non era mai successo che un bambino rimanesse senza verdetto.

-Potter Albus – chiamò il professor Paciock, ripresosi dallo shock. Il moretto si diresse allo sgabello, dirigendo uno sguardo al biondino. Scorpius lo ricambiò, cercando di dargli coraggio. Dopotutto, Albus gli era simpatico. Il Potter sorrise e si sedette. Il Cappello ci mise meno di un minuto.

-SERPEVERDE! – Albus tremò. Scorpius cercò il suo sguardo e lo incoraggiò con un lieve, quasi impercettibile movimento del mento. Albus annuì e si diresse al suo tavolo, accolto da un applauso incerto, che via via si fece più scrosciante.

-Weasley Rose – la rossa si fece avanti. Scorpius la fissò con aria ammirata. Il Cappello non sfiorò nemmeno la sua testa che gridò:
-GRIFONDORO! – Rose sorrise soddisfatta e venne accolta dai rosso-oro con calore. Tiger e Zabini vennero mandati a Serpeverde. Alla fine, solo Scorpius rimaneva senza bandiera. Si sistemò ancora sullo sgabello. 

-Niente da fare, non riesco a decidere. E allora, a mali estremi, estremi rimedi – disse il Cappello – Minerva, vai a prendere le pietre. Useremo l’altro metodo – annunciò infine.

La preside annuì con aria grave e si diresse fuori dalla Sala Grande, seguita da mormorii concitata. Scorpius deglutì rumorosamente, mentre coglieva impassibile gli sguardi di disprezzo di molti – compresa Rose – e gli occhi smeraldo di Albus che cercavano invano di trasmettergli un po’ di coraggio.
In realtà, Scorpius non era spaventato. Il coraggio era sempre stata una sua dote, e ne andava fiero. Perciò anche in quella situazione, rimase a testa alta, mentre attendeva seduto sullo sgabello, il ritorno della Mc Granitt.

Quando la preside tornò, era seguita da una scatola di legno chiaro, lunga e rettangolare. Arrivò al tavolo degli insegnanti e fece alzare Scorpius, appoggiando il Cappello su un cuscinetto rosso e la scatola sullo sgabello. Poi si rivolse a tutta la Sala.

-Ragazzi, quello che state per vedere è un rito che non si celebra da secoli, che veniva usato dai Quattro Fondatori per esaminare più attentamente i ragazzi da collocare nelle loro Case, prima che il Cappello venisse creato. È molto più preciso del Cappello Parlante,  in quanto le pietre non sono in grado di pensare. Signor Malfoy, la prego di avvicinarsi – Scorpius fece un passo avanti. Due. Tre.

La Mc Granitt aprì la scatola, rivelando quattro pietre di colori diversi – giallo, rosso, verde, nero – e le sollevò in aria. Le pietre si disposero intorno a Scorpius, splendendo di luci proprie. All’improvviso, quella rossa e quella verde si sollevarono, risplendendo. Poi solo quella verde rimase.                                                           

– Allora è deciso – disse la Mc Granitt – Serpeverde. Mi chiedo cosa ti abbia trattenuto dal metterlo nella Casa più ovvia, Cappello – il Cappello sbuffò e borbottò qualcosa. Scorpius sospirò e fece per dirigersi al suo tavolo, quando un boato fece tremare i muri della Sala Grande.

Il giovane Malfoy si voltò e rimase senza fiato. Dalla pietra verde stava scaturendo una luce nera, che si dissolse in fumo color carbone. Il fumo andò a formare una figura demoniaca, che gridò qualcosa, in sibili.

Scorpius sentì il suo cuore tremare di paura e di terrore, mentre qualcosa si risvegliava dentro di lui. Il fumo lo avvolse in un vortice nero. Scorpius sentiva l’aria mancargli. Si accasciò a terra, tenendosi la gola e tossendo. Si sentiva come se tutto il mondo intorno a lui stesse scomparendo. Vedeva il mondo farsi nero e la sua vista annebbiarsi, mentre ansimava per cercare di raccogliere aria.  

Cosa poteva fare se non arrendersi all’inevitabile?

Poi gli venne in mente quello che era successo sul treno. Chiuse gli occhi. Dentro di lui vide la sua rabbia dimenarsi nelle catene e lui che la liberava. Fu un attimo. La solita forza si impossessò di lui e gridò.
Gridò di dolore, di tristezza, di rabbia. E tutto si fece bianco.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Vide sua madre che gli sorrideva. Non era in foto, come sempre, no. Era proprio lì, davanti a lui, e sorrideva. Era talmente bella. Scorpius tese una mano verso di lei, come per afferrarla, per chiederle di restare con lui.

Poi sua madre scomparve e rimase solo il grande senso di stanchezza che lo attanagliava. Si sentiva le membra esauste, i muscoli indolenziti, la mente stanca. Si sentiva di schifo.

Poi aprì gli occhi, sbattendo le palpebre per abituarsi alla luce. Si trovava in un letto dalle lenzuola bianche. Tutto intorno a lui era bianco. L’infermeria.
Si mise a sedere con difficoltà e quando lo fece sentì un dolore straziante che gli piegava la schiena. Gridò. 

-Scorpius, Scorpius, calmo! – lo rassicurò una voce. Scorpius strizzò gli occhi e rimase stizzito quando i suoi occhi di ghiaccio ne incontrarono due verde smeraldo.                                                     

-Albus? – chiese, chiedendosi se anche il ragazzino sorridente seduto al suo capezzale fosse un’allucinazione. Il moretto sorrise e annuì.

-Sono venuto a trovarti. Mia cugina Rose dice che tu sei cattivo e che con la scena in Sala Grande volevi solo attirare l’attenzione. Io penso invece che lei si sia fatta condizionare dal fatto che tuo p
adre è stato un Mangiamorte. Ma cosa importa? Tuo padre è tuo padre e tu sei tu. E mi sembri anche simpatico – le parole del secondogenito Potter riscaldarono il cuore del piccolo Malfoy – ma cosa ti è successo in Sala Grande?

Scorpius sbiancò alla domanda. Scosse la testa. non ne aveva la minima idea. Non si ricordava nemmeno cos’era successo. Lo chiese ad Albus, che rimase allibito nel constatare che il biondo non ricordava nulla.

-Bè, dopo che ti hanno smistato in Serpeverde è comparso una specie di mostro, un Demone, da quanto ho capito, anche se non ho la minima idea di cosa sia. Potremo cercare in biblioteca, quando uscirai da qui. comunque, il Demone ha detto qualcosa in serpentese, del tipo “sei condannato a morte, tu che sei nato dalla luce mista alle tenebre, dalla morte mista alla creazione”.                                                                            

-Aspetta, aspetta- lo interruppe Scorpius – come hai fatto a capirlo? Sei un Rettilofono? -  Albus annuì, imbarazzato.

-Non dirlo a nessuno, per favore – disse – lo sapete solo tu e Rose. Tornando a noi, il Demone ti ha intrappolato. I professori hanno provato a liberarti, lanciando incantesimi di ogni genere. Ti abbiamo sentito urlare e il Demone dissolversi velocemente in una luce bianca accecante. Poi, sei svenuto e i professori ti hanno portato qui. Sei rimasto incosciente per due giorni – gli disse.

Scorpius annuì e si lasciò cadere sul cuscino con aria stanca. Poi si alzò e con un colpo di bacchetta trasformò il suo pigiama nella divisa di Serpeverde.

-Scorpius ma che fai… Madama Chips dice che devi restare a riposo, hai una grave ferita alla schiena… - provò a dire Albus, ma Scorpius non lo ascoltò e si infilò anche le scarpe.

-Non preoccuparti, sono uno che guarisce in fretta. Su, andiamo a lezione – disse. Albus annuì e lo seguì finì all’aula di Pozioni. Entrarono. Tutti gli studenti si voltarono verso di loro, compreso il professor Lumacorno.  

-Signor Potter, signor Malfoy, che cosa ci fate qui? Signor Malfoy, lei dovrebbe essere in infermeria – ordinò. Scorpius fece un gesto noncurante con la mano e si andò a sedere. Albus, dopo un attimo di esitazione, lo seguì, sedendosi accanto a lui.

Lumacorno fece per dire qualcosa, poi sospirò e riprese la lezione.
-Come stavo dicendo, per preparare una buona pozione contro i foruncoli….
 

-Al! Al, aspettami! – Albus e Scorpius, che si stavano dirigendo nei sotterranei, si voltarono alla voce che chiamava il moro. Era Rose. Scorpius rimase attonito.

Perché la vista di quella bambina riusciva sempre a togliergli il fiato?
Aveva i capelli raccolti in due trecce ordinate e gli occhi accesi da una luce orgogliosa. Corse verso di loro e abbracciò suo cugino. Scorpius li guardò con invidia.

-Al! Perché stai con questo qui? È il figlio di un Mangiamorte! – esclamò Rose. Scorpius sentì il suo cuore mentre veniva trafitto da una lama tagliente. Albus indurì lo sguardo e si staccò da lei.

-Te lo ripeto per l’ultima volta Rosy. Tu sei intelligente come tua madre, ma hai gli stessi punti di vista di tuo padre, e così sprechi la tua intelligenza. E ti ripeto anche che suo padre è suo padre e lui è lui. E poi, è un mio amico.

Il cuore di Scorpius perse un battito. Amico. Lui e Albus erano amici.

Aveva un amico.

Si sentì riempire da una gioia incalcolabile, avrebbe voluto urlare per la felicità e mettersi a saltellare. Ma non lo fece. Rimase impassibile come sempre e guardò la reazione della rossa.
Rose si morse il labbro e si allontanò, con passo impettito, non prima di scoccare a Scorpius l’ennesimo sguardo carico di sdegno.

Scorpius si sentì morire a quello sguardo. Ma perché? Perché?

Sopportava quegli sguardi un giorno sì e l’altro pure, perché se venivano da lei lo facevano sentire così male? Perché se quegli occhi azzurro mare si riempivano di disprezzo a lui diretto si sentiva come trafitto da mille pugnali affilati?
 

-Dimmi Albus – chiese quella sera al moro, una volta che si furono sistemati nella loro stanza – come è essere il figlio di Harry Potter?

Il neo Serpeverde si scrollò nelle spalle, sedendosi sul letto e infilandosi sotto le coperte.

-Sono sempre al centro dell’attenzione e tutti si aspettano grandi cose da me. Ecco com’è – confessò con aria afflitta – comunque, mi dispiace.
-Di cosa? – domandò Scorpius, stendendosi sul letto.

-Che tutti ti trattino come ti trattano. Come se avessi la Febbre del Drago. E che anche mia cugina faccia parte della mischia – rispose Albus. Scorpius scosse la testa.

-Non voglio la tua compassione – sibilò.

-Oh, ma io non ti compatisco – rise invece il moro, stupendo il biondo – certo, non vorrei essere al tuo posto, ma un po’ ti invidio. Tutti hanno paura di te, non ti corrono dietro come se fossi un eroe in grado
di guarirli da ogni male – fece una smorfia, ma poi sorrise – e poi da oggi siamo in due.     

-In che senso? – quel ragazzo gli piaceva. Diretto, astuto. Un perfetto Serpeverde.

- Che da oggi saremo in due a farci parlare dietro da tutta la scuola. Immagina, il grande duo: il Rinnegato della famiglia Potter e l’erede dei Malfoy – mosse le mani come se si trovasse davanti a un titolo invisibile.

Scorpius lo guardò e Albus si voltò verso di lui. Il biondo continuò a fissarlo.

-Cosa c’è? – chiese infine il moro. Scorpius scoppiò a ridere. Rideva. Stava ridendo.

-C’è che sei proprio un cretino.

-Ah sì? – sibilò Albus buttandosi sul suo letto con un cuscino in mano. Scorpius urlò di sorpresa quando Albus tirò a segno la prima cuscinata.
Fecero la lotta con i cuscini e poi parlarono per tutta la notte. Si addormentarono insieme, scomposti sotto le coperte.

Quello, Scorpius lo sapeva, era l’inizio di una bellissima amicizia.
Un’amicizia che lo avrebbe aiutato a ritrovare sé stesso, anche se non completamente, perché l’unica medicina che poteva guarirlo del tutto rifiutava persino la sua esistenza.
 
 
Ok, lo so che in questo capitolo non succede un gran che, faccio sol in modo che si accumulino migliaia di domande. Perché il Demone ha aggredito Scorpius? Cos’è un Demone? E da dove arrivano i poteri di Scorp? Lo scoprirete nelle prossime puntate! No scherzo, ci vorranno almeno altri dieci capitoli prima di arrivare a quello rivelatore. Perciò, seguitemi se volete sapere e lasciate qualche commento con le vostre opinioni.           
Un bacio, Selenakilla89

 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Una donna camminava per i corridoi del Ministero con aria orgogliosa e imperturbabile. I riccioli castani le ricadevano morbidi sulle spalle. Indossava una camicetta bianca infilata nei pantaloni scuri a vita alta e un paio di tacchi alti.

Arrivò nel Dipartimento Auror. Stava per dirigersi nell’ufficio dove era stata convocata, quando si sentì afferrare per un braccio. Si voltò e si ritrovò davanti il suo ex.

-Ronald – disse Hermione con aria di sufficienza. Ron sorrise debolmente e le lasciò il braccio.
-Sei venuta qui per me? – chiese con aria ingenua. Hermione sbottò e mise le mani sui fianchi.

-No, Ronald. E come puoi pensare una cosa del genere? Ti vai a sbattere quattro puttane a sera, torni a casa di tuoi figli e lasci anche evidenti segnali in giro di ciò che combini. E poi hai persino il coraggio di dirmi “Sei venuta per me”?!?! – la rabbia della ragazza era lampante.

-Weasley, vai a finire i tuoi rapporti. La signorina Granger è mia ospite – l’arrivo di Malfoy la fece trasalire. I due uomini si guardarono in cagnesco. Ron aveva digrignato i denti quando Malfoy aveva sottolineato con un ghigno la parola signorina.
Alla fine fu il biondo a vincere la lotta di sguardi e il rosso si allontanò, imprecando pesantemente.                         

-Grazie Malfoy – sussurrò Hermione. Poi si ricompose e chiese con un sorriso:

-Allora, come mai mi hai mandato a chiamare? – Malfoy si guardò in giro e disse con un mormorio:                      

-Non qui. Vieni con me – la prese per mano e la portò in un ufficio. Hermione sentì il suo cuore accelerare il battito alla vista delle loro mani intrecciate. Il suo tocco era delicato, la sua mano fredda e gelida. Eppure, quel tocco le bruciava il petto, l’anima.

Si sedette sulla sedia davanti ad una scrivania di legno intagliato. Malfoy si sedette dietro la scrivania e unì i polpastrelli delle dita, con fare drammatico. Poi rise. Una risata per nulla eccessiva, cristallina.
Ma allo stesso tempo amara.

-Dimmi come fai Granger – sbottò all’improvviso Malfoy, sbattendo le mani sulla scrivania.
-Co-me come faccio? – balbettò Hermione, confusa. Malfoy annuì.

-Già. Come fai, Granger. Devi sapere che mia moglie Astoria è morta per dare alla luce Scorpius. Era una donna meravigliosa. Il nostro è stato un matrimonio combinato, è vero, per mandare avanti la stupida tradizione Purosangue della mia famiglia. Mi posso ritenere fortunato. A differenza di Blaise Zabini, a cui è toccata quella oca della Parkinson, io ero stato graziato dalla dea bendata. Astoria era una Purosangue posata, gentile, dolce, premurosa. Tutto quello che avrei potuto desiderare.

-E quando rimase incinta, la mia gioia era incalcolabile. Ma poi Astoria si ammalò. Una malattia che all’inizio pareva una banale influenza, tanto che più per la sua salute, io mi preoccupavo per il bambino. E non mi accorsi che Astoria peggiorava sempre di più. Un giorno, la trovai svenuta sul letto e mi venne un attacco di panico.

-Chiamai il medico. La notizia che mi diede fu terribile. La mia Astoria aveva una malattia incurabile. Era destinata a morire tra nemmeno due settimane. E la settimana dopo era previsto il parto.                                
Mi disperai, ma comunque, Astoria perse la vita dando alla luce Scorpius.                                                                        
E ora tu ti stai chiedendo perché ti sto raccontando tutto questo.

Hermione rimase basita davanti a quel racconto di sofferenza. Annuì.

-Perché, vedi… - continuò Malfoy – Scorpius è sempre stato un bambino… ecco. Non so come dirlo. Se dico strano, sembrerebbe una maledizione. Se dico speciale, sembrerebbe una benedizione. Ma il… dono, diciamo così, di Scorpius, è qualcosa di unico. Ha sempre avuto un grande talento magico, tanto che sin da bambino era capace di compiere qualche piccola magia anche se senza bacchetta. Era qualcosa di meraviglioso. Se andavamo al parco o comunque in un prato, al suo passaggio tutti i fiori sbocciavano, l’aria si riempiva di armonia. Ma quando compì sette anni andammo per la prima volta a Diagon Alley e Scorpius capì in che famiglia era nato. Capì che tutti lo disprezzavano e lo odiavano per colpa dei miei errori. E si chiuse in sé stesso. Non usciva mai di casa se non per lo stretto necessario e non parlava mai.

- Era diventato l’ombra di una persona. Forse al primo impatto non dà questa impressione. Al primo incontro Scorpius può sembrare un bambino viziato e arrogante, ma se si va a fondo si trova solo una grande rabbia e dolore. Tanto. Perché nella sua vita non c’è mai stata una figura materna o qualcuno da seguire, perché la gente lo giudica ancora prima di conoscerlo. Basterebbe qualche parola per far capire a chiunque che vale la pena di essere amici di Scorpius, per quanto sia un bambino stupendo.

-E non lo dico perché sono suo padre. Lo dico perché è così. E invece la gente lo giudica in base ai miei errori e a quelli di mio padre – strinse i pugni per la rabbia – e Scorpius si è trasformato in un’ombra, in un bambino gelido e pessimista, il suo cuore si è chiuso a qualsiasi contatto. E poi arrivate tu e tua figlia, come se niente fosse, e lo fate sorridere… - Hermione inarcò un sopracciglio.

-E non guardami così Granger. Lo sai da quanti anni non vedevo un sorriso sulle labbra di Scorpius? Tre, forse quattro. Non so come tu ci sia riuscita, ma l’hai fatto. Inoltre, la scuola mi ha avvertito di un incidente avvenuto durante il suo Smistamento. Sono preoccupato marcio, ma non posso muovermi di qui perché io e Potter stiamo lavorando su un caso particolarmente difficile.

- E perciò ti chiedo di aiutarmi a risollevare Scorpius, a farlo vivere di nuovo, a farlo tornare quello di una volta. Ti sto implorando, Granger. Non pensare a tutto quello che ti ho fatto, fai appello al tuo spirito Grifondoro e aiuta il mio bambino.

Hermione rimase senza parole davanti a quello spettacolo insolito che mai avrebbe pensato di vedere. Draco Lucius Malfoy era davanti a lei, le mani strette tra le sue, tremava e aveva gli occhi lucidi di lacrime.  Sorrise e annuì.

-Ti aiuterò Malfoy. Dimmi solo come – disse. Gli occhi del biondo si illuminarono e sorrise radioso.

-Grazie. Io stavo pensando che potresti venire ogni tanto al Malfoy Manor, durante le vacanze e stare con Scorpius. Potremmo usare come scusa il lavoro, tanto sei una dipendente del Ministero, no?

-Sì, ma come farei ad avvicinarlo? – chiese Hermione, curiosa. La storia di quel bambino la incuriosiva tantissimo, anche se la cosa che l’attraeva di più erano i suoi poteri misteriosi.

-Scorpius è sempre stato un bambino chiuso e riservato, ma il suo punto debole è anche il tuo. La sua più grande passione. Ho provato invano a farlo interessare al Quidditch, ma lui rimane sempre sulla sua posizione. È testardo, il ragazzo. Hai capito di cosa parlo, Granger?
Hermione ci pensò un attimo. Una passione inversa a quella del Quidditch. Il suo stesso punto debole…

-La lettura? – ipotizzò. Malfoy annuì.

-Vedo che sei rimasta la stessa, dopo tutti questi anni. La solita arguta – commentò con un ghigno che stranamente Hermione trovò delizioso e che la fece arrossire – ma tornando a noi, potresti avvicinarlo con una scusa che riguardi i suoi adorati libri. So che troverai il modo… e per quanto riguarda tua figlia…

-Mi dispiace, Malfoy – lo interruppe Hermione con tono amaro – ma Rose non accetterà mai.

-E perché? – chiese l’Auror, con tono interrogativo. Hermione sorrise amara e disse:

-Per quanto tutti dicano che Rose ha il mio stesso cervello, io sono dell’opinione che Rose sia tutta suo padre. È impulsiva, eccessivamente orgogliosa, golosa. Ha ereditato dai Weasley il loro tipico spirito combattivo e il talento per il Quidditch. E ha, purtroppo, gli stessi punti di vista del padre.

-Non sto dando tutta la colpa a Ronald. In parte è anche colpa mia, che ho lasciato che questi stupidi pregiudizi influenzassero il suo modo di pensare. Ho provato in tutti i modi a farle cambiare idea, ma è testarda e non demorde facilmente. Hugo, lo stesso, anche se penso che lui sia proprio irrecuperabile, dato che Ronald è riuscito ad averlo in custodia. Ma Rose potrebbe ancora cambiare…
Malfoy parve incupirsi al racconto della ex Grifondoro e abbassò lo sguardo, riflettendo.

-Potremo sempre provare a farli diventare amici – propose. Hermione scosse la testa alla sua ingenuità, tradita dall’espressione disperata sul suo volto.

-No. Quando alla stazione lei mi ha chiesto chi fossi e io le ho risposto, ha arricciato il naso al tuo cognome e mi ha chiesto se fossi mai stato un Mangiamorte. Probabilmente quel cretino del mio ex marito ti aveva nominato. Quando ha annuito, ha detto decisa “allora mi sono sbagliata. Il biondino mi sembrava simpatico, ma se è il figlio di un Mangiamorte è chiaramente malvagio”. Ho provato a farla desistere, senza esiti positivi. È più cocciuta di un mulo.
Malfoy sospirò e si prese la testa tra le mani. Poi parve rassegnarsi all’evidenza e commentò, ghignando:

-Proprio come te – Hermione arrossì e fece per ribattere, ma poi sorrise e annuì.

-Già – ammise – ma con James e Roxanne dalla sua parte, credo che tuo figlio dovrà stare attento.
-Che intendi? – chiese curioso Malfoy. Hermione sorrise.

-Devi sapere che in tutto a casa Weasley ci sono almeno una ventina di ragazzi, tra maschi e femmine. Si vogliono bene tutti tra loro e molto spesso li vedo riunirsi tutti in una stanza, per quella che loro chiamano A.A.W. cioè, Assemblea Aiuto Weasley – rise, una risata cristallina che Draco trovò adorabile – si aiutano l’uno con l’altro, insomma.

-Ma alcuni sono legati più di altri. Ad esempio Hugo e Lily, essendo i piccoli di casa, sono sempre stati molto uniti. O Fred Junior e Roxanne, che sono un po’ come i nuovi Fred e George, sempre lì a inventare o pubblicizzare nuovi prodotti della ditta dei loro genitori. Ma Roxanne è anche la migliore amica di Rose, e James è il compagno di baldoria preferito di quella pazza di mia figlia. Non fanno altro che organizzare scherzi, combinare guai insieme. E sono sicura che avranno in mente qualche bello scherzetto ai danni del povero Albus che, sono sicura, sarà finito in Serpeverde, e quindi anche alla sua Casa in particolare. 

-Come mai siete tutti convinti che il figlio di Potter finirà in Serpeverde?

-Perché è tutto suo padre – disse Hermione semplicemente, sorridendo. Malfoy inarcò un sopracciglio.

-Harry doveva finire a Serpeverde, non a Grifondoro. Chiese al Cappello di metterlo nei rosso-oro – spiegò brevemente Hermione – e inoltre, non si è mai integrato con i suoi cugini. Forse i rapporti con Rose sono i migliori, ma Albus mi ha sempre dato l’impressione di essere un pesce fuor d’acqua in mezzo a tutti quei Grifondoro sicuri – Malfoy annuì e Hermione aggiunse – sono sicura che lui e Scorpius diventeranno amici.

-Tu credi? – lo sguardo dell’Auror era acceso da una luce nuova. Hermione annuì.

-Al cento per cento – poi il suo sguardo si posò sull’orologio – oh diavolo, è tardissimo, devo scappare!
Si alzò e fece per dirigersi alla porta, ma Malfoy la bloccò.

-Granger… - mormorò, attirandola a sé. La ragazza sentì il suo cuore infiammarsi e non ne capiva il perché.

-Sì? – chiese. Il biondo sorrise e le stampò un piccolo bacio sulla guancia destra. Hermione si toccò incredula la guancia dove poco prima quelle labbra paradisiache si erano poggiate.

-Grazie. Per Scorpius – rispose Malfoy sorridendo. Hermione annuì e ricambiò il sorriso. Poi, ancora intontita, uscì dall’ufficio dell’Auror a passo incerto.

Perché, perché le faceva quell’effetto?    


Eccomi qui! Devo dire che ero abbastanza scoraggiata, dato che lo scorso capitolo non ha ricevuto recensioni… ma vabbè, speriamo che questo abbia maggior successo! Qui si incomincia a formare la Dramione che, come ho già annunciato, si evolverà piuttosto in fretta. Spero che mi lasciate almeno tre recensioni, altrimenti io smetto (sì è un ricatto!!! – no scherzo, continuo comunque, questa storia è la mia preferita tra quelle che sto scrivendo, ma per favore lasciate qualche commento, anche minuscolo).                 
Un bacio,
Selenakilla89 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6



Rose era preoccupata. Oh diavolo. Rose era preoccupata. E se Rose –ovvero la persona di solito più calma e posata di loro dopo Victoire - era preoccupata allora c’era da allarmarsi.

Questo pensava James Potter mentre guardava la cugina mordersi le mani e camminare avanti e indietro per la stanza. Era preoccupata, tanto che aveva convocato un’ A.A.W. in estremis per la sera della partita, poco dopo il risveglio di Albus.

Ecco. Albus. James e il fratello minore non erano mai andati molto d’accordo, ma questa volta James sapeva di aver esagerato, anche se non lo aveva fatto volontariamente. Al massimo credeva che Albus si sarebbe rotto un braccio e non il collo. Merlino, grazie per le donne come Madama Chips…

-Ci siamo tutti? – chiese Rose per l’ennesima volta quando vide entrare quella ritardataria di Domenique.

-No. Manca Roxanne – notò il fratello di quest’ultima. Rose ringhiò qualcosa e lanciò un’imprecazione contro le mutande di quel povero straccione di Merlino.
Finalmente, la riccia dai capelli neri e gli occhi scuri fece il suo ingresso nell’aula vuota dove la figlia della strega più brillante della sua generazione aveva convocato i suoi cugini.

-Roxy! – sbottò la rossa – ma si può sapere dov’eri finita?! – la sua migliore amica arrossì e fece un gesto vago con la mano, andando a sedersi in braccio a James. Rose si morse il labbro, riflettendo sull’approfondire o no la questione.

Rose, concentrati, si disse, pensa ad Al.

-Bene ragazzi, vi starete chiedendo perché ho convocato la nostra Assemblea Aiuto Weasley all’ultimo minuto e soprattutto in un’ora così tarda – alcuni annuirono e Rose continuò – la risposta è semplice.    Albus Severus Potter. O meglio, quel cretino di mio cugino che si è lasciato abbindolare dalle chiacchiere di quel lurido figlio di Mangiamorte che è Malfoy – Luis alzò timidamente la mano per chiedere la parola e Rose gli diede il consenso con un gesto del mento.

-Pensavo fossimo qui per discutere dell’incidente di Al – confessò il bel moro. Rose scosse la testa.

-No. È passato e quindi non c’è più bisogno di parlarne – ed ecco sfoderata la più grande qualità di Rose. che consisteva nel prendere tutto alla leggera. Tuo cugino si è spezzato il collo ma si è ripreso? Allora cosa ti tormenti a fare? Quello era il suo modo di pensare.

-Siamo qui per affrontare un problema diverso. E cioè, l’amicizia di Al con Scorpius Malfoy. Dobbiamo allontanarli prima che Malfoy influenzi il nostro Al con le sue idee strampalate sul sangue o altre cose..

-Secondo me lo state mal giudicando – intervenne Domenique con il suo solito tono di voce pacato ed elegante – se avesse avuto veramente le strampalate idee di suo padre sul sangue puro non avrebbe nemmeno toccato Albus – osservò, scostandosi una ciocca di capelli biondi – biondissimi – dal viso e mettendosela dietro l’orecchio.

Rose le rivolse uno sguardo di sufficienza, nonostante sapesse che la cugina che detestava profondamente aveva ragione. Perché detestava Domenique? Perché era tutto ciò che lei non era: pacata, bella, intelligente e seducente. Lei invece cos’era? Un maschiaccio, combina guai che usava l’intelligenza per architettare stupidi scherzi infantili. Fred invece chiese ingenuo:

-Perché scusa? – Domenique alzò gli occhi al cielo e fece un cenno al fratello, chiedendogli di rispondere al posto suo:

-Perché – fece Luis in tono saccente da perfetto Corvonero qual era – zio Harry è un Mezzosangue e di conseguenza lo è anche Albus. Se Malfoy avesse gli stessi pregiudizi di suo padre, non lo avrebbe nemmeno guardato o considerato – Rose abbassò lo sguardo.

-Ma resta il fatto che è figlio di un ex Mangiamorte, perciò non può essere nemmeno uno stinco di santo – replicò James. Luis si zittì e Rose mandò un sguardo di ringraziamento al suo cugino preferito, sperando che cogliesse la grande gratitudine per il suo intervento nei suoi occhi.

-Per me vi state facendo influenzare dai pregiudizi! – sbottò Domenique, alzandosi e dirigendosi alla porta – vieni Luis. Se non volete ascoltarmi, io me ne tiro fuori – detto così la Veela sparì nel buio del corridoio, seguita dal fratello minore.

Rose sospirò. Sapeva che nelle parole di Domenique c’era del vero, eppure non riusciva a capacitarsi del fatto che Malfoy fosse anche lontanamente un bravo ragazzo e che non c’era da preoccuparsi per suo cugino. Suo padre le aveva ripetuto all’infinito che i Malfoy erano snob e arroganti e poi c’erano anche i racconti di zio George sulla morta di zio Fred, per mano di un Mangiamorte.

Rose riflettè a lungo, mentre un pesante silenzio si impossessava dell’aula. Il silenzio venne rotto da un rumore di passi provenienti dal corridoio.

-Ehi ragazzi – li salutò allegramente Albus. Rose rimase senza parole. Il cugino pareva sempre lo stesso, nonostante il collare al collo e il volto più pallido del solito. Eppure, anche se per poco non aveva tirato le cuoia a causa della caduta dalla scopa, sorrideva.

-Al! Ma si può sapere cosa ci fai qui??? Non dovresti essere in infermeria?? – lo rimproverò Rose, agitando il dito e mettendo la mano sinistra sul fianco, in stile Molly Weasley Senior.

-Rosy, calmati – la rassicurò Albus, con il suo solito tono leggermente arrogante che faceva di lui il Serpeverde perfetto – stavo solo cercando Scorp, quando mi sono imbattuto in Luis e Dome, che mi hanno detto che eravate tutti qui – le spiegò. Rose inarcò un sopracciglio.

-Come sarebbe? Malfoy non era in infermeria con te? – Albus divenne serio e annuì.

-Sì, fino ad una ora fa. Ma è praticamente allergico a quel posto. Probabilmente è andato a farsi un giro, ma Madama Chips sta per tornare e non penso che sarebbe felice di trovarlo fuori dal letto.

-Ma tu come fai a sapere che Madama Chips sta tornando? – chiese James. Anche Rose lo trovava strano: sia il Mantello dell’Invisibilità che la Mappa del Malandrino erano in possesso di James.
Albus non rispose, limitando la sua risposta a un vago cenno del mento. Rose fece passare anche quello, ma tornò all’attacco, dopo aver rivolto uno sguardo di intesa ai suoi cugini.

-Senti Al, noi volevamo dirti una cosa su Malfoy… - iniziò Rose, ma Albus la interruppe.

-So cosa volete dirmi. Che Scorp è una compagnia sbagliata, che devo stare lontano da lui. Ma vi dirò una cosa. Non me ne frega un fico secco che il padre di Scorp fosse un Mangiamorte, che non mi importa che suo nonno fosse il braccio destro di Voldemort – pronunciò il nome del Signore Oscuro con estrema disinvoltura, come se si trattasse di un suo vecchio amico e questo fece rabbrividire Rose – Scorp è fantastico ed è mio amico. Il mio miglior amico. Sentito Scorp? – quest’ultima esclamazione di Albus fece voltare tutti i ragazzi presenti verso la porta, dove stava appoggiata una figura angelica dai capelli biondi.

-Ho sentito – rispose Malfoy con un ghigno divertito che aleggiava sulle labbra sottili e perfette – ma si può sapere come fai? – chiese. Albus si mise un dito sulle labbra.
-It’s a secret – disse quello, facendo sbuffare sonoramente il biondo.

-E va bene – concesse – ma adesso andiamo, prima che Madama Chips ci scopra fuori dal letto.

-E va bene, mamma – lo canzonò Albus, poi si voltò verso i suoi cugini – ‘notte ragazzi – Malfoy invece li salutò con un cenno della mano, ma prima che scomparisse nel buio oltre la porta, rivolse a Rose un sorriso.

La rossa rimase senza fiato. Era uno dei sorrisi più… non avrebbe saputo come definirlo. Non c’era tratta di arroganza nelle sue labbra, né di presa in giro. E non era nemmeno un sorriso allegro.
Era un po’ come se avesse del cioccolato amaro in bocca e non riuscisse a mandarlo giù.

Insomma, era un sorriso colmo d’amarezza e di sofferenza. Era un sorriso, eppure non lo era. Era una muta richiesta d’aiuto. Rose rabbrividì. Quel ragazzo le stava praticamente urlando in silenzio di aiutarlo a tirarsi fuori da un baratro.

No, si disse, scuotendo la testa, è solo una mia impressione.

-Non posso non dire che questa scena mi abbia lasciata perplessa – disse, rivolta ai suoi cugini – ma questo non cambia la mia opinione su Malfoy. Per ora non faremo niente, ma appena noteremo anche il più piccolo cambiamento del carattere di Al, metteremo Malfoy con le spalle al muro.

Detto questo, corse via il più velocemente possibile e si diresse sul campo da Quidditch.

Quel luogo avrebbe potuto apparire inappropriato per una situazione del genere- Rose era super confusa – ma non per la rossa.

Quello era il luogo a cui aveva consacrato la sua vita, quel luogo la faceva sentire bene. Era la sua casa. Era l’unico luogo in cui si sentiva veramente sé stessa, libera dalle aspettative di sua madre e dai rimproveri di suo padre. Libera di poter fare ciò che voleva, senza i continui paragoni che la gente faceva tra lei e Domenique, o tra lei e sua madre.
Si sedette al centro del campo, tirandosi le ginocchia al petto e affondando la testa tra di esse, pensando a quante cose nella sua vita erano sbagliate.

Il divorzio dei suoi, prima di tutto. Il fatto che sua madre non accettasse che sua figlia aveva consacrato la sua vita alla Pluffa. O il fatto che a scuola tutti si aspettassero grandi cose da lei, mentre Rose prendeva a malapena voti accettabili.

E infine, quel sorriso. Uno stramaledetto sorriso  che le aveva stravolto la giornata.
Che diavolo significava? Cosa voleva da lei quel bambino angelico?

Rose arrossì quando lo definì angelico, ma non potette farne a meno. Quel ragazzino – è pur sempre il figlio di un Mangiamorte, Rosy, ricordalo – era semplicemente bellissimo. I capelli sembravano filamenti d’oro puro e la carnagione pallida, ma non eccessivamente, che gli conferiva un’aria eterea, come se fosse un essere al di fuori della norma, un essere che nessun comune normale poteva sperare di eguagliare.

Ma poi due cose spezzavano l’armonia di quel viso angelico: gli occhi grigi-azzurri, color tempesta e la sua aria perennemente tormentata. Gli occhi di un animo rabbioso, che aspetta solo di esplodere e l’aria di chi ha perduto ogni speranza per sé stesso.

Rose si riscosse. Ma cosa vado a pensare?
Cercò di pensare a qualcos’altro, ma il sorriso rivoltele da Malfoy le tornava sempre in mente, in un modo o nell’altro, senza lasciarle via di scampo.

Cercò ancora di distrarsi, dondolando un po’ la testa. Fu allora che uno strano luccichio attirò la sua attenzione. Proveniva dalla parte di campo leggermente rovinata dal tifone misterioso di quel pomeriggio. Si avvicinò carponi e rimase spiazzata.

In mezzo all’erba mal tagliata c’era una piccola catenella con un ciondolo di cristallo, una piccolo goccia che pulsava di luce propria.

Rose la prese tra le mani, meravigliandosi di tanta perfezione e tanta bellezza. Se la mise al collo con delicatezza, per paura di romperla.
Poi sorrise e si sistemò il ciondolo sotto il maglioncino che indossava sotto la divisa.

Si alzò, rincuorata dal piacevole tepore sprigionato dal pulsare del ciondolo, proprio all’altezza del suo cuore.

Eccomi qui! allora, in primis, vi avverto che i miei capitoli rallenteranno un po’, perché ho altre due long, facciamo tre, in corso. Sono scema? Sì, lo sono, ma cosa posso farci?
Comunque, seguendo il consiglio di UraniaSloanus, ho lasciato questo capitolo sotto la giurisdizione di Rose, che appare molto confusa dal comportamento inaspettato del giovane Malfoy.
Vi consiglio di puntare gli occhi su Albus e sulle sue capacità segrete (It’s a secret eheh) e sul ciondolo di Rose, perché entrambi avranno un ruolo chiave nella storia.
Alla prossima,
un bacio,
Selenakilla89 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


-Scorpius, ti va di venire alla partita, oggi? – chiese Albus all’amico biondo che tranquillamente leggeva un libro seduto comodamente su una delle poltrone della loro Sala Comune. Scorpius alzò lo sguardo dal libro che aveva in grembo e scosse la testa.

-Lo sai che odio il Quidditch – rispose solamente, girando la pagina. Albus si piazzò davanti a lui e sporse il labbro inferiore, sfoderando quella che lui chiamava la sua irresistibile – e sottolineo irresistibile – faccia da cucciolo. Scorpius sbuffò.

-E daaiiii Scorp! – lo pregò Albus – è la mia prima partita da Cercatore. Ed è contro Grifondoro, per giunta! Significa che avrò bisogno del tuo sostegno per battere mio fratello!!

-Ma quale sostegno e sostegno – disse Scorpius – mi addormenterò prima che Madama Boom fischi.

Albus si spostò e abbassò il capo, riflettendo un attimo sulla questione. Poi sembrò prendere una decisione. Tirò fuori la bacchetta e mormorò, cercando di non fare errori:
-Levicorpus! – Scorpius ghignò e sussurrò:
-Protego! – l’incantesimo del moro rimbalzò sullo scudo creato dal giovane Malfoy. Albus sbuffò.

-Scorp, te lo chiedo per favore, dai! – lo implorò ancora a mani giunte. Scorpius sbuffò sonoramente e chiuse il libro con un movimento secco. Albus prese lo sbuffo per un sì e battette le mani, contento. Poi trascinò l’amico al campo da Quidditch, elencandogli i nomi dei giocatori e tutte le regole.

Scorpius ascoltava a malapena. Certo, negli ultimi mesi lui e Albus erano diventati come fratelli. Lui sapeva tutto del moro e viceversa.

Sapeva che adorava Pozioni ma che lo infastidiva l’atteggiamento “leccaculo” di Lumacorno. Sapeva che amava il mare e che non sopportava l’inverno, più che altro per i maglioni di lana che gli pizzicavano il petto. Sapeva che era fiero di essere l’unico Serpeverde in famiglia e che non sopportava suo fratello James e suo cugino Fred. Sapeva che gli piaceva correre sotto la pioggia e che da grande voleva fare il Medimago.
E Scorpius adorava lui, il suo carattere così solare ma leggermente arrogante, che faceva di lui l’amico perfetto per il biondo.  

Ma per quanto la vicinanza con Albus gli facesse bene, il ricordo di quel Demone che lo aveva aggredito il giorno dello Smistamento lo tormentava ogni notte. Non gli dava pace. E le sue parole.
Sei condannato a morte, tu che sei nato dalla luce mista alle tenebre, dalla morte mista alla creazione.

Che diavolo significava? Lui era solo tenebre, solo morte. Non era mai stato luce. Era sempre stato quello che era per gli altri. Un’ombra nera, da guardare ma non notare. Qualcosa di oscuro, tabù.
Ma quelle parole avevano un significato preciso, lo sentiva. Sentiva che dietro quella minaccia si nascondeva qualcosa, qualcosa che lo avrebbe aiutato a scoprire di più su sé stesso.

-Domani ti va di andare in biblioteca, Al? –domandò all’amico, interrompendolo. Albus non dovette gradire molto l’interferenza alla sua interessantissima conversazione sul Quidditch, ma annuì.

-Per quella storia? – chiese, mentre si separavano: il moro si diresse agli spogliatoi e il biondo alle gradinate.

-Per quella storia – confermò Scorpius con un sorriso. Mentre si dirigeva sugli spalti, si toccò le labbra. Sorrideva sempre più spesso, di recente. Era una cosa strana, ma non spiacevole. Gli piaceva
sorridere. Ma non aveva più riso da quella sera. Sorrisi, sì. Ma risate pure non ne aveva più fatte. Un po’ gli dispiaceva, ma poi rammentava che, dopotutto, sorridere per lui era già un buon traguardo.

Si sedette il più possibile in alto e prese dalla tasca interna del giacchetto un piccolo cannocchiale.
Poco dopo le due squadre entrarono in campo. I Serpeverde avrebbero giocato in verde, come era loro solito. Il capitano era uno dei Battitori, Charlie Bucket, un colosso che aveva l’aria minacciosa.

Scorpius notò con un lieve stupore che la squadra era composta da tutti ragazzi dal quinto anno in su, e che la figura esile di Albus spuntava timida in mezzo a quei giganti.
Scorpius non aveva mai visto l’amico giocare ma, diavolo, doveva essere davvero bravo se era riuscito ad entrare al primo anno in quella squadra di adolescenti.

Il biondo si voltò verso la squadra in rosso e rimase a bocca aperta: cos’era, la rimpatriata Weasley-Potter?

I Battitori erano Roxanne e Fred Weasley, se non si sbagliava, del secondo e terzo anno, fratelli. In porta c’era Dean Baston, i Cacciatori, o per meglio dire, le Cacciatrici erano Lucy, Molly e Rose Weasley. Chiamato anche da tutti il trio delle rosse o trio delle meraviglie. E infine, a capo della squadra c’era il nemico numero uno di Al. Suo fratello, James Sirius Potter.

Albus aveva riso quando Scorpius gli aveva rivelato di aver affibbiato a suo fratello il soprannome di sorriso-da-deficiente. Ma da allora anche lui lo chiamava così.

Al fischio di Madama Boom, i Cacciatori si lanciarono sulla Pluffa, mentre Scorpius seguiva la cronaca di quel degno erede di Luna Lovegood, Lysander Scamandro.

-ED ECCO CHE LA PLUFFA VIENE INTERCETTATA DA STEVENSON, DI SERPEVERDE, CHE SI DIRIGE ALLA PORTA GRIFONDORO SCORTATO DAI SUOI COMPAGNI, SI AVVICINA ALLA PORTA MA VIENE FATTO SOBBALZARE DA QUALCOSA, FORSE UN NARGILLO? NO, SIGNORI E SIGNORE, MA DA UN BOLIDE SCAGLIATO DALLA PRECISA MAZZA DI ROXANNE WEASLEY! VAI COSì, CUGINA! – Scorpius non resistette e attento a non farsi vedere da Albus, tirò fuori il libro che stava leggendo e continuò la sua lettura, mentre nelle sue orecchie rimbombavano le urla dei tifosi e le parole ovattate di Lysander…

-ASPETTATE, MA QUELLO NON ERA IL BOCCINO? – l’improvvisa osservazione fece scattare lo sguardo di Scorpius dal libro al Campo da Quidditch. Al e sorriso-da-deficiente erano in alto, rincorrevano una piccola macchiolina gialla. Vide Albus spingere suo fratello dalla sua scopa per cercare di buttarlo giù.

Allora non scherzava quando aveva detto di volerlo morto! Rabbrividì, per poi tornare ad osservare i due fratelli che con paragonabile maestria si gettavano in picchiata seguendo il Boccino.

-No! – urlò quando si rese conto del pericolo – Albus fermati! – il Boccino voleva probabilmente eseguire un volo rasoterra, ma a quella velocità se i Potter non si fossero fermati sarebbero andati incontro a una bella caduta. James rallentò, ma Albus no, stringendo i denti con ferocia e lanciandosi sul Boccino.

Poi, fu come se il tempo si fosse fermato. Scorpius urlò ancora ma nessuno parve sentirlo. Eppure lo stadio era caduto nel silenzio più completo da quando Albus era caduto dalla scopa. Caduto da un’altezza spropositata e in una posizione sfavorevole, soprattutto per la testa del povero moretto. Vide i professori scendere in campo e trasportare Albus su una barella, mentre Scorpius udiva chiaramente le parole “collo” e “rotto”.

Scorpius rimase immobile, mentre la rabbia dentro di lui ruggiva di dolore. Perché? Perché era successo proprio a l’unico essere in quel dannato mondo che riusciva a dargli un po’ di sollievo?

Scese le gradinate a grandi passi, i pugni stretti e il viso da angelo deformato in una espressione di rabbia pura. Tutti gli sguardi si puntarono su di lui, ma Scorpius non ci fece caso.
Scese nel campo e arrivò da sorriso-da-deficiente, che era sceso dalla scopa come tutti i giocatori e ora fissava confuso il punto in cui suo fratello era sparito. Scorpius lo spinse a terra e gli urlò contro:

-Perché non l’hai avvertito, razza di stupido?!?! Avresti potuto avvertito del pericolo o sei talmente stupido da considerare la vittoria di una stupidissima partita di Quidditch più importante della salute di Al?!?!

-Non parlargli così – intervenne quella che doveva essere Lucy – Jamie è sconvolto quanto te. Posso capire che tu sia arrabbiato ma…

-Ma un cazzo! – sbottò Scorpius, mentre sentiva la sua rabbia dentro di lui che si dimenava dalle catene, cercando di emergere – Al si è rotto il collo per colpa della sua voglia di gloria!

-Sta zitto! – gridò James – forse io ho anche sbagliato, ma tu sei solo il figlio di un Mangiamorte, e non hai il diritto di parlarmi così – si difese stupidamente. Scorpius non ce la fece più. Chiuse gli occhi e lasciò che la forza scorresse liberamente in lui, lasciando libero sfogo alla sua collera.

Il campo piombò in un silenzio irreale. Il vento cominciò a vorticare e andò a formare un ciclone alle spalle di Scorpius, mentre un’unica, gelida lacrima osava solcare la sua guancia pallida, per poi disperdersi nel vento.

-Ma che diavolo sta succedendo?! – la voce di Rose arrivava ovattata alle orecchie di Scorpius, intento come era a controllare l’uragano.  
-Evanesco! – gridò la preside, appena entrata in campo. Sentì i professori lanciare altri incantesimi al suo tornado, invano. Di nuovo, si stupì della portata della sua magia. Poi però incrociò lo sguardo di Rose. Fu come se si fosse risvegliato da un brutto sogno, quegli occhi puri e azzurri riuscirono in qualche modo a sedare la sua collera, anche se non del tutto. Quegli occhi che lo accusavano. Bloccò il flusso di energia e si lasciò cadere in ginocchio sul prato, svenendo. Le uniche parole che sentì furono:

-È stato lui ad evocare il ciclone! – a giudicare dalla voce, era stato sorriso-da-deficiente.
-Non dica sciocchezza Potter! Malfoy è solo al primo anno, non possiede né l’energia magica né i requisiti per compiere un incantesimo del genere! Anche se devo ammettere che non so dare una spiegazione a questo fenomeno…

Benvenuta nel mio mondo, pensò sarcasticamente Scorpius.

Poi tutto si fece nero. Proprio come lui.      
 

Nero. Vedeva nero. Solo nero. Sentì la testa che gli doleva. Per un momento non ricordò nulla. Passato, presente e futuro… erano solo una macchia nera e indistinta in un universo ancora più nero.

I ricordi gli piombarono addosso come una scarica di Cruciatus indirizzate al cuore. Il corpo inerte di sua madre, gli insulti diretti a suo padre e a lui, il suo Smistamento, il Demone, e infine, le uniche luci: Rose, con i suoi occhi che erano riusciti a farlo tornare in sé e il suo profumo di rose, e l’amicizia con Albus. I sorrisi del moro, i pomeriggi passati a giocare a Scacchi Magici con lui e a scartare Cioccorane. I loro scambi di figurine e poi ancora le lotte di solletico che si scatenavano quando Albus tentava di cercava di copiare i compiti di Scorpius.
Il biondo sentì il suo cuore mentre veniva trafitto da un pugnale dalla lama gelida, che lo fece rabbrividire. Quelli erano ricordi felici. E allora perché si sentiva così?

La verità gli venne sbattuta in faccia con una violenza inaudita. Al che cadeva dalla scopa, la barella e la sua ira che si scatenava in un ciclone che aveva come bersaglio James Potter. Poi gli occhi di Rose che lo accusavano con disperazione e il suo svenimento.

Dove sono? Si chiese. La sua voce rimbombò nell’antro buio che lo circondava, stringendosi intorno a lui come un le spire di un serpente sulla sua preda inerte.

Dove sono?! Ripetè, questa volta con disperazione, con rabbia, perché erano le due uniche emozioni che riusciva a provare in quel momento. Le uniche due emozioni che provava da tutta una vita.

Sei dentro di te, Scorpius aprì gli occhi al sentire quella voce profonda che aveva risposto alla sua domanda. Si guardò intorno, ma vide solo nero. Nero a destra, a sinistra, sotto di sé e anche sopra. Non c’era nessuno, eppure sapeva che aveva detto la verità. L’unico posto esistente su quella terra – mondo babbano compreso – così buio e desolato altro non poteva essere che la sua anima.

Chi sei? E dove sei? Chiese Scorpius, attendendo pazientemente una risposta dall’entità misteriosa.

Sono tutto ciò che è intorno a te. Sono te eppure non lo sono, rispose la voce. Scorpius inarcò un sopracciglio a quella risposta enigmatica. Non era mai stato bravo con gli indovinelli.
Non potresti essere più chiaro?, domandò sarcastico. Sentì un rumore strano intorno a lui. Cos’era, una risata?

Sono quello che ti sei sempre ostinato a nascondere, eppure anche quello che sei sempre stato.

Così non migliora, commentò sarcasticamente il biondo, poi pensò ad Albus, Al! Devo tornare da lui, devo vedere se sta bene!

Stai calmo, lo rassicurò la voce, il tuo amico sta bene. Certo, la ferita era grave, ma Madama Chips è riuscita a risanarla del tutto appena in tempo. Certo, avrà delle limitazione e non potrà giocare a Quidditch per un bel po’, ma è meglio di tirare le cuoia, no?

Scorpius sentì uno confortevole senso di sollievo impadronirsi del suo cuore e finalmente si rilassò.
Meno male, sospirò, allora, come faccio a uscire da qui?

Ti facevo più arguto, ragazzino ,lo rimproverò la voce.
Illuminami, lo incoraggiò il biondo. La voce ridacchiò.

Devi solo aprire gli occhi, gli disse. Scorpius annuì e stava per farlo, quando la sua curiosità prevalse e chiese ancora una volta alla voce misteriosa:

Ma si può sapere chi sei? E non rispondermi come farebbe Albus Silente!, si raccomandò. La voce rise ancora, tonante in quell’antro buio.
Sono ciò che sei e ciò che non sei, ciò che nascondi e ciò che sei sempre stato, ciò che ti circonda e ciò che è dentro di te.

Vaffanculo, ebbe il tempo di pensare Scorpius, prima che i suoi occhi di tempesta si spalancassero, rivelando un sorridente Albus sopra di lui.

Salve! Che aggiornamento fulmineo, eh? Mi merito un applauso? No, dato che non potrò aggiornare per circa una settimana, data la mia imminente partenza per le vacanze di Pasqua con le mie amiche. Quindi approfitto per ringraziarvi delle recensioni e per avermi messo tra le storie seguite, e vi auguro una buona Pasqua.
Un bacione al cioccolato, Selenakilla89 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


-Sapete tutti perché siete qui – annunciò la Mc Granitt in tono grave, rivolta al corpo insegnanti e alla squadra di Auror Professionista davanti a lei – il risveglio del Demone.
Il nome di quella antica e temuta creatura fece sobbalzare tutti i presenti.

-Minerva, ma i Demoni sono stati sigillati da Albus Silente in persona tanti anni fa nel regno di Sotto. Come è possibile che si siano risvegliati? – intervenne la professoressa Sprite e alcuni annuirono, come a confermare le parole dell’esperta di Erbologia.

- Lo so. Ma il sigillo di Albus non è eterno, lo sapevamo benissimo. Perciò ora ci ritroveremo ad affrontare questi temibili creature. Ci sono stati già diversi avvistamenti e alcuni fenomeni inspiegabili, perfino dal punto di vista magico, senza dimenticare il fatto avvenuto all’inizio dell’anno. Certo, ci vorranno anni prima che i Demoni tornino effettivamente su questa terra, ma intanto dobbiamo prepararci in vista della battaglia.

La squadra di Auror parlottò animatamente fra loro a quella affermazione, mentre i professori rabbrividivano quella terribile prospettiva.

-Mi scusi, preside- intervenne un Auror – ma come spera di sconfiggere i Demoni? Che io sappia, e spero di non diffondere conoscenze errate, solo… loro sono capaci di sconfiggere un Demone – osservò.
Il nome delle creature ignote non affiorò sulle labbra dell’Auror, e la Mc Granitt sapeva il perché.

Prima dei Demoni, loro erano le creature più potenti e temute di tutto il mondo magico. Certo, la maggior parte di loro era benigna e non causava molti problemi, ma alcuni di loro – talvolta proprio i più potenti – erano esseri capricciosi e oggetti di repentini cambi d’umore.
Certo, aveva saputo che alcuni studiosi avevano trovato un rimedio anche a quello, ma era molto raro trovare uno di loro che si fosse legato a un comune mortale.

-Non è errato – confermò la vecchia preside – perciò ho chiamato qui Fen l’Eremita.
Un nuovo brusio attraversò la piccola folla di persone riunite nel suo ufficio. Questa volta fu Harry, capitano della squadra di Auror convocata dalla preside, a replicare, facendosi avanti.

-Ma, professoressa, Fen non era morto? È a che scopo lo ha chiamato qui?
La preside sospirò e spiegò brevemente, voltandosi verso la finestra e guardando fuori:

-Fen non è morto. Da quello che ho capito, è immortale. Ci vorranno alcuni anni per trovarlo, dato che nessuno conosce l’esatta collocazione della sua sperduta dimora. E lo scopo è semplice. Fen è l’unico in grado di riconoscere loro.

-Ma non sappiamo nemmeno se esistono ancora! Potrebbero essersi estinte da secoli ormai! – notò con disperazione il professor Lumacorno.

-Infatti nel mio piano ci son ben due pecche e tutte e due riguardano il problema da te citato, Horace – ammise mestamente la Mc Granitt – primo, Fen passerà in rassegna tutti i nostri studenti ma se non ne troverà nemmeno una, non so proprio da dove cominciare a cercare. Secondo, a noi serve una creatura potente, molto potente. Perciò sarà sicuramente di carattere capriccioso, orgoglioso e soggetto a repentini cambi d’umore. L’unica cosa in cui possiamo sperare è di trovare una di queste creature che si sia già legata ad un essere  mortale. Purtroppo, questo tipo era già raro ai tempi in cui loro prosperavano su questa terra. Ora, che ne sono rimaste poche sarà ancora più difficoltoso trovarne una che sia disposta a sostenere la nostra causa – il silenzio cadde agghiacciante sulla stanza, mentre il capo degli Auror si faceva avanti e guardava fuori dalla finestra, mormorando:

-Questo è l’inizio di una nuova guerra. E stavolta, il Prescelto è lì in mezzo alla mischia, senza nessun segno che lo contraddistingua.
 

-Trovato niente? – chiese Scorpius per l’ennesima volta ad Albus, che scosse la testa sbuffando sonoramente.

Scorpius sospirò, tirando fuori un altro libro dallo scaffale. Non appena Albus era uscito dall’infermeria – fatto che risaliva a poco più di tre giorni prima – erano andati in biblioteca, per iniziare la loro ricerca sui Demoni. Erano ormai tre pomeriggi che passavano in quel luogo polveroso, senza esiti positivi.

-Possibile che non ci sia niente?! – sbottò all’improvviso Scorpius, esasperato, chiudendo di botto il libro che aveva in mano. Albus fece lo stesso e si prese la testa tra le mani, scompigliandosi i capelli.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi il viso di Albus si illuminò.

-C’è ancora un posto dove non abbiamo cercato! – disse, gli occhi pieni di speranza – il Reparto Proibito!
Scorpius annuì, ma poi scosse la testa, sovrappensiero.

-Ma nessun professore ci darà il permesso. Non dopo che tu hai fatto “accidentalmente” scivolare una ventina di Caccabombe nell’ufficio di Gazza! – lo rimproverò il biondo. Albus ghignò maleficamente, ma poi si mise una mano sul cuore.

-Lo giuro Scorp! Mi sono scivolate dalla scatola! – Scorpius alzò gli occhi al cielo.

-Certo, e poi le Caccabombe si sono collegate da sole a un congegno che le avrebbe fatte esplodere non appena qualcuno avrebbe aperto la porta, vero? – Albus ghignò ancora e allargò le braccia.

-Oh andiamo, sono stato bravo, ammettilo – lo incoraggiò, ma Scorpius rimase impassibile – e poi, chi ha mai detto che lo chiederemo ai professori? – il moro concluse con un ghigno malefico e Scorpius rabbrividì.

Ricordate, quando Albus Severus Potter sfodera il suo micidiale ghigno da “Voldemort 2” fate una sola cosa: datevela a gambe.
 

-No! Non presterò il Mantello a te e a il tuo amichetto! – sbottò per l’ennesima volta sorriso-da-deficiente. Scorpius sbuffò. Erano almeno dieci minuti che Albus e suo fratello discutevano in un angolo, mentre lui aspettava vicino a Rose.

Da un lato quella cosa lo infastidiva, perché Albus non gli aveva praticamente spiegato niente del contorto piano che la sua mente contorta aveva contortamente elaborato. D’altro canto, stare lì, vicino alla rossa non gli dispiaceva affatto. Cercò di fare conversazione.
-Allora.. Rose, giusto? – si morse la lingua. Una domanda più cretina di questa non poteva farla. Lei si limitò ad annuire, continuando a scrutare attenta i suoi due cugini.

Scorpius annuì a sua volta, dandosi ancora del cretino. Poi notò qualcosa che scintillava sul petto della bambina. Aguzzò la vista, e si meravigliò quando si ritrovò davanti a un piccolo ciondolo di cristallo puro.

-Dove lo hai preso? – le chiese indicando il ciondolo. Rose trasalì alla domanda e si sistemò il ciondolo dentro il maglioncino.

-È un regalo – rispose brevemente lei. Scorpius stava per chiedere qualcos’altro, ma venne preceduto da un trionfante Al che stringeva tra le mani un fagotto morbido.

-Vittoria – annunciò, salutando con un cenno la cugina e trascinando via Scorpius. Il biondo però si accorse che non stavano andando nella biblioteca, bensì nel loro dormitorio, nei sotterranei. Si dimenò dalla stretta dell’amico e gli ricordò:

-Al! Che fai? Dobbiamo andare in biblioteca! – il moro sbuffò e gli spiegò brevemente:

-Ci andremo stanotte. Adesso ci sta andando la Mc Granitt e potrebbe scoprirci, dopotutto questo trucco lo usava anche mio padre – concluse con un sorriso. Scorpius aggrottò la fronte, chiedendosi come faceva Albus a sapere sempre tutto di tutti. Dove si trovavano, cosa stavano facendo.

Come se avesse percepito il suo pensiero, Albus disse:
-It’s a secret – ripetette il moro, come quella notte. Scorpius alzò gli occhi e lo seguì, mogio.
 

-Fai piano – disse Albus, muovendosi con Scorpius sotto il Mantello dell’Invisibilità. Suo padre aveva chiaramente dichiarato che sia il Mantello sia la Mappa del Malandrino erano di tutti e tre, ma James aveva rivendicato tutti e due i doni, con la scusa della primogenitura. Albus fino a quel momento non aveva avuto il bisogno né dell’uno né dell’altro, ma per Scorpius aveva fatto quel sacrificio.

Quel biondino lo aveva attratto dal primo momento che l’aveva visto. Con i suoi movimenti eleganti, il suo atteggiamento pessimista e quello sguardo… vuoto, rabbioso, un mare in tempesta. E poi tutta quella paura che aveva la gente di lui… se solo avessero indagato più a fondo avrebbe scoperto cos’era veramente Scorpius.

Un bambino riservato, a volte anche timido, intelligente, dotato di uno straordinario talento magico. Purtroppo, aveva nascosto tutto questo sotto due maschere. La prima era una maschera di ferro, impassibile a tutto ciò che accadeva intorno a lui. La seconda più che una maschera era una grande riserva di rabbia che aveva accumulato in tanti anni di repressione. Era come una bomba che andava maneggiata con cura, se non si voleva farla esplodere.

Ogni volta che lo guardava si domandava come aveva fatto a sopportare tutti quegli insulti sussurrati, quei commenti alle sue spalle, quella paura irrazionale che aveva la gente di lui. E lo ammirava.
Ammirava la grande forza di quel ragazzo e ogni volta che il biondo gli sorrideva si sentiva onorato perché sapeva che era tra i pochi che ricevevano in regalo uno dei suoi rari e preziosi sorrisi.

-Siamo arrivati – annunciò Scorpius, scoprendosi – su, cominciamo a cercare.
Albus annuì e cominciò ad aggirarsi tra gli scaffali pieni di libri dalle copertine scure e decorate con disegni terrificanti. Albus si imbattette in più libri sulle torture, su creature misteriose e perfino sui segreti dello stesso Voldemort. Ma sui Demoni, zero.

Stava quasi per perdere ogni speranza, quando Scorpius lo chiamò dall’altra parte della biblioteca. Lo raggiunse. Il biondo teneva in mano un piccolo libricino rilegato in pelle, che al massimo doveva contare una decina di pagine, rovinato. Dall’aspetto malconcio doveva avere almeno due centinaia d’anni.

-Vieni a vedere – gli disse Scorpius. Albus si avvicinò al biondo che mormorò qualcosa che fece accendere la punta della bacchetta. Scorpius illuminò le pagine del libro e iniziò a leggere.

I Demoni sono probabilmente le creature oscure più potenti conosciute nel mondo magico. Hanno corpo di dimensioni gigantesche, la media della loro altezze è di due metri e ottanta. Hanno sembianze semi - umane ma alcune caratteristiche del loro corpo tradiscono la loro natura demoniaca (es. corna di bue, coda di serpente, carnagione rossastra e a volte anche becco). Hanno poteri che consentono loro di controllare gli elementi del fuoco e della terra, detti anche gli Elementi Rossi, proprio in riferimento alla carnagione rossastra dei Demoni che possono controllarli. Inoltre possiedono i poteri tipici di un mago e una forza sovrumana. Albus Percival Wulfric Brian Silente stesso, nell’anno 1958 impresse un sigillo alle porte del Mondo di Sotto, il mondo dei Demoni (di cui nessuno conosce l’esatta collocazione, tranne il sopracitato Albus Silente). Ma nessun sigillo è eterno.

Il resto delle pagine parlava di come si nutrivano i Demoni, delle loro abitudini e le loro modalità di accoppiamento. Albus notò con orrore che quelle creature si nutrivano di carne umana e animale e bevevano il loro sangue.

Scorpius arrivò all’ultima pagina e notò che era strappata proprio all’altezza dell’ultima pagina.

I Demoni non sono completamente sconfiggibili da un solo mago. Una sola creature conosciuta di questo mondo è in grado di vantarsi di tale impresa, gli

-Scorp…. – mormorò Albus, cercando di riscuotere l’amico dallo stato di trance in cui era caduto – svegliati! Sta arrivando Gazza! – Scorpius si riscosse e lo guardò truce. Albus rabbrividì nel vedere i suoi occhi in balia a una tempesta. Ecco. La bomba era esplosa.

-E tu come fai a sapere che sta arrivando?!? – gridò, sibilando e sovrastandolo minaccioso.

-Non c’è tempo per spiegarlo. Vieni sotto – lo liquidò Albus, avvolgendosi nel mantello. Scorpius digrignò i denti, ma lo seguì sotto il Mantello. Poco dopo si sentì la porta cigolare e i passi del vecchio custode risuonare sul pavimento. Gazza fece un piccolo giro di ronda, poi se ne andò borbottando che non aveva trovato nessuno da punire.

Quando fu certo che se ne fosse andato, Albus scoprì sé stesso e Scorpius. Temeva di dover dare delle spiegazioni, ma notò con sollievo che l’attenzione di Scorpius era ritornata sul libro. Aveva uno sguardo vacuo, vuoto, ma illuminato al tempo stesso da una consapevolezza nuova e terribile.

-Scorp, cosa c’è? – gli chiese Albus. Il biondo lo guardò e lo prese per le spalle:

-Promettimi una cosa Al – disse. Albus inarcò un sopracciglio, preoccupato per l’amico.
-Scorpius, si può sapere che succede? – Scorpius ripetette:

-Tu prometti – Albus annuì e si mise una mano sul cuore. Scorpius annuì e disse, lasciandolo andare e voltandosi:
-Non parleremo mai più di questa storia.

Qui scopriamo cosa sono i Demoni, ma si accumulano altre domande: chi sono e cosa sono i famigerati loro? Cos’è che ha lasciato Scorpius così sconvolto? E chi è Fen? Che ruolo avrà Scorpius in questa guerra? E Al, con i suoi misteriosi poteri?
Spero che vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito. Vorrei conoscere le vostre opinioni a proposito delle domande sopracitate. Ringrazio chi legge/recensisce/preferisce/segue/ricorda e vi invito a recensire.
Un bacio,
Selenakilla89

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Il treno arrivò in stazione fischiando e frenando bruscamente. Onde di ragazzi dagli undici ai diciassette anni si riversarono fuori, incontro ai propri genitori.

Scorpius e Albus scesero insieme dal treno rosso sangue, sorridendosi e dirigendosi verso i loro genitori che, constatarono con un sorriso, chiacchieravano allegramente.

-Mamma! Papà! – Albus andò incontro ai suoi fiondandosi nell’abbraccio stritolante della madre, mentre il padre gli dava generose pacche sulla spalla. Scorpius si avvicinò a suo padre e lo salutò con un cenno.

Lo sguardo di Malfoy senior si spense per un attimo, ma si rincuorò quando vide Albus venire vicino a Scorpius e mettergli un braccio intorno alle spalle.

-Mamma, papà, Scorp può venire a casa da noi ogni tanto quest’estate? – chiese, sfoderando la sua micidiale faccia da cucciolo. Harry rimase interdetto così come Draco, mentre Ginny sorrise radiosa, felice che suo figlio fosse stato d’aiuto a quel bambino così solo e triste.

-Ma certo. Draco, per te va bene? – chiese. Il biondo si affrettò ad annuire.

-Va più che bene – rispose, guardando Scorpius con gli occhi pieni di speranza, poi chiamò – Ehi Granger!

Scorpius alzò lo sguardo e incontrò un paio di occhi d’oro colato, orgogliosi che gli sorridevano. Ricambiò il sorriso, quasi istintivamente. Quella donna aveva il potere di farlo sentire bene, semplicemente con la sua presenza. Aveva un che di rassicurante, un che di casa… un che di mamma. E Scorpius ne aveva altamente bisogno.

Accanto a lei c’era Rose. Solo allora Scorpius si accorse di quanto si assomigliavano: stesso sguardo fiero, stesso portamento elegante. Eppure in Rose c’era qualcosa di diverso. Quella ragazza l’aveva sempre attratto come una calamita con la sua purezza, eppure ora Scorpius sentiva che l’attrazione era come aumentata.

Si scoprì a desiderare di passare un pomeriggio con lei, a parlare, a scherzare. Per sentire il suo profumo, per ascoltare la sua voce.

Si riscosse da quel pensiero.

-Allora Granger, per quella cosa… - iniziò suo padre gesticolando con le mani. Hermione annuì e sorrise.

-Sì. Pensavo di venire tra qualche giorno a casa tua e, dato che Ron è partito con la sua squadra, Rose verrà con me – rispose l’ex Grifondoro, facendo un impercettibile occhiolino al biondo. Occhiolino che però, non sfuggì all’occhio attento di Scorpius. Rose invece sbuffò contrariata.

-Ma mamma! Se dovete fare una cosa di lavoro non potrei andare da zio Harry o nonna Molly? – Scorpius sentì un dolore allucinante al petto mentre l’ennesimo pugnale si conficcava nel suo cuore a quelle parole.

Hermione scosse la testa, ma non diede spiegazioni. Si limitò a scoccare a Rose un’occhiata truce e a salutare tutti, mentre si smaterializzava con la figlia.
 

-Secondo te funzionerà? – chiese Draco a Hermione, tormentandosi le mani e camminando avanti e indietro per l’immensa cucina del Malfoy Manor. La riccia lo guardò intenerita.

Quando era preoccupato sembrava un piccolo cucciolo indifeso. Si passava continuamente la mano destra tra i capelli biondi e morbidi e si mordicchiava insistentemente il labbro inferiore.

Quelle labbra… erano così fine e ben disegnate. Tutto quello che Hermione avrebbe voluto era solo assaggiarle… si riscosse e rispose al biondo:

-Certo. Non preoccuparti – lo rassicurò – sono riuscita a convincere Rose. Ora dobbiamo solo sperare che trovino qualcosa su cui andare d’accordo – Draco annuì, non del tutto convinto. Poi Hermione sbuffò.

-Allora, cosa facciamo mentre loro socializzano? – domandò la riccia. Draco sorrise e si scrollò nelle spalle, avvicinandosi vertiginosamente alla ragazza. Draco poteva sentire il cuore di Hermione aumentare mentre si avvicinava ancora di più. Ormai i loro nasi si toccavano.

Draco ispirò forte il suo profumo di cannella, mentre le baciava il naso dolcemente.

-Grazie – sussurrò. Hermione sorrise e lo canzonò:

-Sei sicuro di essere Draco Malfoy? Hai detto grazie troppe volte – Draco ghignò – e Hermione perse un battito a quel ghigno così meravigliosamente sexy – e replicò:

-Oh, mai io sono cambiato, Hermione. Se vuoi te lo dimostro -  il biondo la baciò sulla fronte.
Hermione sentì il sangue salirle alle guance mentre il suo cuore batteva come un trapano impazzito. In gran parte per il bacio, in parte perché lui l’aveva chiamata Hermione.

E il suo nome pronunciato da lui assumeva un suono meraviglioso, nuovo. Si sentì piena di una sensazione nuova, a cui non sapeva dare nome. Sapeva solo che le riempiva il cuore di un piacevole tepore.

Qualcosa che non aveva mai provato prima, nemmeno con Ron, con Harry o con i suoi più intimi amici. Qualcosa che mosse una consapevolezza nuova dentro di lei, qualcosa che la sconvolse completamente.

Sono innamorata persa di lui.
 

La riccia rimase impietrita davanti a lui, gli occhi persi e la mente chissà dove. Draco la guardò preoccupato. Forse ho esagerato, si disse. Voleva esserle amico, per di più per aiutare suo figlio, ma anche perché quella ragazza per lui aveva sempre rappresentato qualcosa di difficile da comprendere.

Era orgogliosa, cocciuta, testarda come una Serpeverde; intelligente e sveglia come una Corvonero; sincera e generosa come una Tassorosso; coraggiosa e altruista come la Grifondoro che era.
La ammirava, certo, e la temeva al tempo stesso.

-Hermione, cosa c’… - si accorse solo allora che l’aveva chiamata per nome. Si toccò le labbra, come se non credesse che il nome della Salvatrice del Mondo Magico potesse mai comparire su di loro. Poi però sorrise. Forse era per questo che ci era rimasta di sasso.

-Mi hai chiamata Hermione… - sussurrò la ragazza. Il biondo annuì, anche se quella della riccia era più un’affermazione che una domanda. Poi Hermione intrecciò lo sguardo al suo e sorrise come una bambina.

-Mi piace come dici il mio nome –disse, arrossendo. Draco arrossì a sua volta, stupito dalle parole della Grifondoro. Poi si accorse di una cosa che gli riscaldò il cuore in modo incredibilmente piacevole.

-Sai una cosa, Hermione… - mormorò, carezzandole la guancia liscia con delicatezza e Hermione arrossì – assomigli tanto ad Astoria quando arrossisci – Hermione ritornò al suo colore originale e abbassò lo sguardo. Draco capì di averla ferita, perché l’aveva paragonata alla sua ex-moglie.

- Senti, Hermione, scusami… - cominciò, ma la riccia lo interruppe, mettendogli un dito sulle labbra e sorridendo maliziosa. Draco sentì un brivido che gli percorreva la spina dorsale, mentre si godeva il dolce tocco delle dita affusolate di lei.

-Non fa niente – lo rassicurò Hermione – piuttosto, raccontami di più su Astoria. A scuola la vedevo poco e non l’ho mai conosciuta. Vorrei sapere cosa ha affascinato tanto il gelido Principe delle Serpi da farlo innamorare – Draco ghignò e si sedette sul tavolo della cucina, mentre Hermione si accomodava accanto a lui e poggiava la testa sulla sua spalla.

Draco sentì il suo cuore perdere un battito e ispirò forte il suo profumo di cannella.

-Allora… - iniziò, perdendosi tra i meravigliosi ricordi degli anni con la sua bella – Astoria era fantastica. Aveva un mucchio di interessi: giardinaggio, cucina… in mezzo alla foresta qui intorno aveva creato un giardino magnifico, di cui solo lei conosceva la collocazione. Lei non me lo volle mai dire, più che altro perché lo finì prima che si ammalasse.

-So che lasciò un biglietto a Scorpius per informarlo della collocazione del giardino. Ricordo che aveva la passione per le rose bianche. Al nostro matrimonio volle un mazzo di rose su ogni tavolo, una rosa bianca tra i capelli e un vestito bianco decorato di piccole rose di seta – Draco ridacchiò – era la sua piccola ossessione. E poi c’era la cucina. Aveva la fissa per i dolci. Torte, bignè, crostate… faceva di tutto.

-Devi sapere che io ho la passione per le mele verdi. Le adoro in qualunque loro forma, soprattutto nelle torte. E lei me ne preparava sempre una, quando tornavo a casa dal lavoro – ricordò, mentre le lacrime gli pizzicavano gli occhi grigi e facendoli diventare eterei, quasi trasparenti.
 

Hermione fissò quegli occhi tanto meravigliosi quanto tristi. Sentiva una morsa allo stomaco che stringeva sempre di più, affaticandole la respirazione.

Draco stava piangendo davanti a lei. Bello come un cucciolo appena nato, triste come una pioggia estiva.

E in quel momento, Hermione mandò tutto al diavolo e lo strinse tra le sue braccia, respirando il suo dolce profumo di menta e tabacco. Draco, all’inizio sconcertato, ricambiò l’abbraccio.               

Si staccarono dopo quelli che furono attimi ma che a Hermione parvero eternità, e si sorrisero dolcemente. Draco tossicchiò imbarazzato e si allontanò da lei, asciugandosi velocemente gli occhi.

-Scusami… e non raccontarlo a nessuno –aggiunse, con il suo solito tono arrogante che a lei era così familiare. La riccia sorrise e annuì.

-Acqua in bocca – promise, poi si guardò intorno e notò un paio di mele verdi nel cestino della frutta. Un’idea per avvicinarsi al suo biondino le balenò in mente.

Scese dal tavolo e le prese in mano, rigirandosele tra le dita. Draco la fissò interrogativo e Hermione sorrise.
-Ti va di provare a fare una torta?
 
E così Hermione scopre cosa prova per Draco e anche lui viene travolto da dolci e  nuove sensazioni in compagnia della bella Grifona.
Nel prossimo vedremo  l’incontro tra Rose e Scorpius e… bè, vedrete.          
Ringrazio chi preferisce/ricorda e chi segue (sono arrivata a quota 119 <3) e vi invito a recensire.                 
Un bacio,
Selenakilla89

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


Scorpius era in camera sua, sdraiato sul letto al buio, quando sentì il campanello suonare. Non si mosse, continuando a fissare il soffitto affrescato della sua stanza. Probabilmente era uno dei colleghi di suo padre.                            

Continuò a respirare piano, tracciando con un dito i contorni dei disegni di creature magiche sul soffitto.

Era da piccolo che si era accorto di vederci benissimo anche al buio. Da allora, aveva sempre cercato di affinare questa sua capacità, insieme all’udito fine. Perciò, trascorreva ore nella sua stanza, a cercare di rendere invisibile agli orecchi altrui il suo respiro.

Poi però si accorse di qualcosa che non andava. Sentiva il rumore di passi familiare di suo padre, quello di un’altra persona nella sua stessa stanza, che doveva essere per forza il suo ospite-collega di lavoro. Ma c’era anche un’altra presenza, più flebile, che si aggirava per la casa.

Scorpius aprì gli occhi di scatto quando notò che la presenza si stava dirigendo in camera sua. Battè le mani due volte e le luci si accesero, prese un libro da uno scaffale e iniziò a leggerlo.

-C’è qualcuno..? – chiese una voce dolce e piccola, entrando nella stanza. Scorpius alzò lo sguardo scocciato, ma poi sgranò gli occhi non appena si ritrovò davanti la piccola ma orgogliosa figura di Rose Weasley.   

Aveva i capelli rossi raccolti in una coda alta e quella acconciatura le lasciava scoperto il viso pallido e pieno di lentiggini, che le circondavano gli occhi azzurro cielo. Indossava una maglietta rossa a maniche corte e un paio di pantaloncini a tre quarti neri. Semplice, eppure per Scorpius parve meravigliosa lo stesso.
Al collo portava una catenina d’argento. Il ciondolo era nascosto nella maglietta dei Tornados, ma era abbastanza sicuro che fosse lo stesso che portava a scuola.

-Weasley.. – disse, chiudendo il libro e sedendosi composto sul letto – cosa ci fai qui?

-Io.. ecco – rispose lei – mia madre doveva discutere con tuo padre per lavoro e dato che mio padre è fuori con la sua squadra di Quidditch… - divagò.

-Sei stata costretta a venire qui – completò Scorpius, sorridendo amaramente – e sarai costretta a sopportare la presenza di un figlio di un Mangiamorte per non annoiarti – Rose arrossì per l’imbarazzo, che poi diventò rabbia.

-Credi davvero che io sia così superficiale?!? – sbottò. Scorpius rimase impassibile, anche se avrebbe voluto gridarle che no, non pensava che lei fosse superficiale, anzi, per lui era fantastica, intelligente…

-Non ho detto questo – replicò il biondo, cercando di mantenere uno sguardo impassibile davanti a quello ribollente di rabbia della ragazza – ma ho semplicemente tratto le mie conclusioni da quello che Al mi ha riferito – la rossa arrossì e abbassò lo sguardo, tenendolo sulle sue scarpe da ginnastica.

-Quello lo pensavo all’inizio dell’anno… - mormorò, tentando di giustificarsi, poi sollevò lo sguardo e Scorpius vide l’orgoglio rifluire in quei meravigliosi pozzi di cielo che erano i suoi occhi.

-Perché, ora la pensi in modo diverso?- le chiese Scorpius. Rose annuì.

-Sì – rispose con un sussurro flebile, poi sorrise – la tua amicizia con Al mi ha fatto capire che non sei come gli altri ti dipingono. Se tu fossi il pregiudizioso snob che tutti dicono, non avresti nemmeno considerato mio cugino alla tua altezza, dato il suo essere Mezzosangue. E poi si vede che ci tieni a lui, come quando si è fatto male e tu ti sei infuriato come una Banshee senza controllo. Gli vuoi bene, è evidente.

Scorpius abbassò lo sguardo. Non pensava che lei lo osservasse con tanta attenzione. Anzi, pensava che non lo considerasse nemmeno. Sorrise lievemente e sentì Rose sedersi accanto a lui, a gambe incrociate.
 

Il biondino aveva un buon profumo. Sapeva di menta. Si avvicinò a lui, inclinando la testa per osservare meglio il lieve sorriso che incrinava quelle labbra perfette e sottili. Il sorriso si estinse subito, sostituito da un’impressione di impassibilità. Il cuore di Rose perse un battito. Quel sorriso era talmente bello che non desiderava altro che vederlo di nuovo.

-Allora, perché non mi mostri il vero Scorpius Malfoy? – domandò con un sorriso. Scorpius si scrollò nelle spalle e sporse il labbro inferiore.

-Non saprei che dirti – rispose – fammi una domanda e io ti risponderò – Rose guardò il soffitto e mugugnò, pensando a una semplice domanda da fargli.

-Il tuo colore preferito – sparò alla fine. Scorpius roteò gli occhi e poi intrecciò il suo sguardo al suo. Rose rimase a bocca aperta, mentre il biondo le accarezzava una guancia e la fissava con i suoi occhi color tempesta.

-L’azzurro cielo – rispose, con il viso a un soffio dal suo – sì, decisamente l’azzurro cielo – confermò. Rimasero così per qualche minuto. Gli occhi azzurro – azzurro cielo – di Rose correvano dalle labbra perfette di Scorpius ai suoi occhi. Rose sentiva il suo cuore battere come un tamburo, e aveva quasi paura che scappasse dalla sua gabbia toracica.

Dopo un tempo che parve infinito, Scorpius si riscosse e tossicchiò, allontanando il suo viso da quello della ragazza. Rose si sistemò la coda, sbattendo velocemente gli occhi e schiarendosi la voce.
Poi il silenzio cadde sui due. Fu Rose a romperlo, con un’altra innocente domanda:

-Ti piace il Quidditch? – il ragazzo fece una smorfia e scosse la testa. Rose annuì e il silenzio di nuovo chiuse le sue possenti spire su quella stanza, ingabbiandoli in un gelo irreale.

 
Scorpius ebbe un’idea all’improvviso. Un’idea stupida, ma almeno era un’idea. Si alzò e le porse la mano. All’inizio Rose rimase diffidente, poi sorrise e intrecciò la mano alla sua. Scorpius la guidò fuori dal Manor, nella foresta che circondava il castello.

-Scorpius – il biondo si bloccò quando la sentì pronunciare il suo nome – dove stiamo andando?

Il Serpeverde rimase in silenzio, fissandola, meravigliato e allo stesso tempo sbigottito. Rose lo fissò di rimando, e alla fine gli chiese, ridendo:

-Cosa c’è Scorpius? – il biondo allora si decise a parlare.

-Mi hai chiamato Scorpius – disse solamente. Rose inarcò un sopracciglio e poi sorrise.

-Certo, il tuo è un bel nome. Come la costellazione – Scorpius riconobbe la stessa frase da lei usata il giorno che l’aveva conosciuta. Si passò una mano tra i capelli, imbarazzato.

-Grazie. È una stupida tradizione di famiglia, portare i nomi delle stelle o delle costellazioni – le spiegò.

-Non è stupida – replicò Rose – è qualcosa di originale e molto… elegante, ecco. E poi è un qualcosa che comunque affascina. Ad esempio, a me il mio nome non piace per niente. È il tuo nome ad esprimere ciò che sei, per certi versi, e il mio esprime la banalità più assoluta.

-Non sono del tutto d’accordo – ribattette Scorpius, avvicinandosi a lei e prendendo le sue mani tra le sue – è vero che per certi versi il nostro nome rappresenta ciò che siamo. Ad esempio, se conosci una ragazza antipatica di nome Danielle, da allora in poi assocerai quel nome all’antipatia che provavi per quella ragazza. Ma nel caso del tuo nome è diverso. È vero, Rose è un nome piuttosto comune e banale..

La rossa fece una smorfia scocciata e inarcò un sopracciglio, in un broncio che fece sorridere Scorpius.

-E fammi finire! – disse stizzito, poi si avvicinò a una zona in cui i rami degli alberi erano più fitti e la guidò lì in mezzo.

-Ma Scorpius, lì non si passa! – replicò Rose, ma il biondo non la ascoltò e la trascinò in mezzo ai mille rami intricati. Non appena Scorpius sfiorò con la mano il primo ramo, gli altri si diradarono facendo passare lui e Rose. La rossa rimase a bocca aperta e chiese spiegazioni.

-Vedi – le rispose dolcemente Scorpius, mettendole le mani sugli occhi – mia madre creò questo luogo prima di concepirmi e lo incantò in modo che solo io potessi raggiungerlo. Nemmeno mio padre può entrare, perché gli unici ospiti che gli Alberi Guardiani ammettono siamo mia madre e io. E gli amici che mi porto dietro.

-Ci hai portato molte persone qui? – chiese Rose, leggermente delusa, mentre si chiedeva perché Scorpius aveva messo le mani sui suoi occhi.

-Solo Al, quando è venuto a trovarmi all’inizio dell’estate – rispose Scorpius, rasserenando Rose. Poi la guidò per un piccolo tratto di strada e subito le scoprì gli occhi.

Rose rimase senza fiato, sbalordita dalla bellezza irreale di ciò che vedeva.

Era in un giardino di forma circolare, circondato da alberi alti e possenti che formavano una cupola sopra di esso. Eppure, il giardino era illuminato come se il sole si trovasse a pochi metri di distanza sopra la loro testa. L’erba verde e tagliata risplendeva di rugiada, nonostante fosse pomeriggio inoltrato.
C’erano fiori di tutti i tipi: da i fiordalisi ai gigli, dai ciclamini alle rose di tutti i colori e sfumature. E poi ancora piccoli alberi da frutto: meli, peri… perfino una palma da cocco!
Al centro del giardino c’era una fontana di marmo bianca, circolare, con al centro un cuneo sempre bianco, dalla cui punta usciva acqua cristallina.

-È meraviglioso… - commentò Rose, avvicinandosi alla fontana e specchiandosi nell’acqua pura. Scorpius la raggiunse, dopo aver raccolto una rosa bianca da uno dei cespugli, e si sedette accanto a lei, sul margine della fontana. Si rigirò la rosa tra le mani, per poi guardarla negli occhi.

-Tornando al discorso di prima… -iniziò, perdendosi in quei pozzi di cielo che lo guardavano luminosi – è vero, il tuo nome è piuttosto comune, ma sei tu che non lo sei. Sei come questa rosa. Pura come il bianco più lucente, piena di sorprese. Non appena credi di aver sfogliato tutti i petali, ecco che ne compare un altro come dal nulla, magari di una sfumatura di colore diverso.

-Così sei tu. Non appena credi di conoscerti perfettamente, spunta fuori un’altra sfaccettatura del tuo carattere, magari anche completamente diversa dalle altre. Tu sei Rose, la mia rosa. Colei che mi affascina ma che non posso avvicinare per via delle spine che la proteggono. Tu che, con il tuo profumo, mi arringhi della tua purezza.

Rose avvampò a quelle parole talmente belle che le fecero aumentare il battito del cuore. Sorrise timidamente, mentre Scorpius continuava a fissare la rosa bianca che teneva tra le mani.
Poi gli venne un’altra idea. Chiuse gli occhi e cercò dentro di sé la sua rabbia in catene. La liberò, lasciando che la forza scorresse dentro di lui, concentrandosi nella rosa.

Bastò un attimo e la rosa si illuminò di una luce azzurrina. Poi tutto tornò normale, almeno all’apparenza.

Rose fissò interrogativa Scorpius mentre quest’ultimo gli sistemava la rosa tra i capelli, a mo’ di fermaglio.

-Ecco – annunciò il biondo – questa rosa non appassirà mai, non si rovinerà, non si sciuperà e non perderà mai il suo profumo. Rimarrà sempre uguale a ricordarti che tu sei la mia rosa e che niente potrà mai cambiare questa cosa.

Rose si toccò incredula la rosa tra i capelli e sorrise come un’ebete.

-Come hai fatto? – chiese al Serpeverde. Scorpius si scrollò nelle spalle e sorrise, semplicemente. Rose si morse il labbro, ma non approfondì la questione.

-Grazie – sussurrò invece e Scorpius sorrise ancora. Poi il biondino scoppiò a ridere. Aveva una risata meravigliosa, simile al canto di mille usignoli. Rose rimase inebetita a guardarlo.

-Sei incredibile – commentò infine il biondo. Rose inarcò un sopracciglio.

-In che senso? – Scorpius tornò serio, impassibile come sempre, e quell’espressione risultò un ossimoro completo alla frase che pronunciò poco dopo.

-In tutti i sensi – rispose come se la risposta che avesse appena dato non fosse degna di Albus Silente – ma ti trovo fantastica lo stesso.
Rose avvampò ancora, mentre Scorpius le porgeva la mano e la trascinava via dal guardino.

-Andiamo a vedere cosa stanno combinando i nostri genitori?

Ciao, ciao! Allora, questo è il mio capitolo preferito – fino a ora – e quindi spero di ricevere tante recensioni.
Ringrazio chi preferisce/segue/ricorda e chi recensisce (per favore, un commentino *-*).                               
Un bacio,
Selenakilla89

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Draco e Hermione erano intenti a tagliare la torta di mele quando Rose e Scorpius entrarono in cucina.

Draco si illuminò nel vedere il suo bambino che sorrideva alla figlia di Hermione, e quest’ultima si meravigliò nel vedere sua figlia così a suo agio con Scorpius e nel vedere una rosa bianca tra i suoi capelli.

-Mamma! – la chiamò Rose, fiondandosi tra le sue braccia. Hermione la strinse a sé, dolcemente, come solo una madre può fare con sua figlia, mentre Scorpius le guardava con un pizzico di invidia negli occhi apparentemente impassibili.

Poi Rose si staccò da lei e le mostrò la rosa bianca che teneva tra i capelli.

-Me l’ha data Scorp – le disse – l’ha incantata. Questa rosa non appassirà mai e resterà sempre così. Non è bellissima, mami? – chiese. Hermione accarezzò incredula i petali e provò leggermente a strapparne uno. Non appena lo fece, la rosa si illuminò di luce azzurrina e il petalo di ripristinò immediatamente.

Hermione avvertì tra le dita una sensazione di grande disagio unita a un piacevole benessere. Curiosa, chiese al biondino, che si era seduto al tavolo e che stava gustando con calma una fetta della torta che aveva preparato con Draco:

-Che incantesimo hai usato? – il bambino non le rispose e allora fu Rose a rispondere:

-Non ha usato la bacchetta, mami. E ha usato un incantesimo non verbale. Non vuole dirmi dove l’ha imparato – concluse. Hermione rimase basita. Senza bacchetta, e un incantesimo non verbale, per giunta! Inoltre, se ricordava bene il programma di Hogwarts – e vi assicuro che lo ricordava bene – quel tipo di incantesimi facevano parte del programma del sesto anno.
E Scorpius era al primo. La curiosità irrefrenabile tipica dei Grifondoro si fece strada in lei e prese Scorpius per un braccio.

-Posso parlarti un attimo di là? – gli chiese. Scorpius si voltò verso di lei, facendo intrecciare i loro sguardi opposti. Oro fiero e tempesta di rabbia. Speranza e dolore. Purezza e morte.

-Ok – disse semplicemente, precedendola nella grande biblioteca adiacente alla cucina.

Hermione scambiò uno sguardo d’intesa e un sorriso con Draco. Un sorriso che le riempì il cuore di speranza e di un calore ormai a lei familiare.

È il calore di quando sei innamorata, si disse.

 

Draco sospirò e si schiarì la voce, cercando di attirare l’attenzione della bambina davanti a lui. Rose si girò e lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri.

Draco sentì una morsa alla bocca dello stomaco non appena si rese conto di quanto somigliava alla madre. Aveva lo stesso sguardo fiero e la stessa aria orgogliosa, leggermente saccente. Lo stesso portamento elegante. La stessa bocca carnosa della madre su cui, ricordò, poco prima avrebbe voluto tanto poggiare la sua.

Intendiamoci, lui non era attratto da Hermio… dalla Granger. Con quei suoi capelli morbidi e setosi, le mani affusolate e un sorriso che avrebbe fatto sciogliere anche il più duro dei cuori….

No, non ne era attratto. Gli piaceva. Con la sua aria testarda, la sua arguzia e quel suo ghigno malandrino che avrebbe fatto invidia anche alle più Serpeverde tra le Serpeverdi..

E va bene, ne era innamorato. Non ricambiato, sicuramente. Dopo tutto quello che le aveva fatto…

Ma forse poteva provare a conquistare qualche punto con sua figlia.

-Allora Rose, cosa ti piace fare? – domandò, sfregandosi le mani. Rose sorrise e alzò gli occhi, mugugnando.

-Giocare a Quidditch – quella risposta per Draco fu come un pugno nello stomaco, perché gli ricordò che quella non era solo la figlia di Hermione, ma anche di Weasley. I capelli rossi, gli occhi azzurri, le lentiggini… eppure, non sembrava una Weasley al cento per cento.

-Davvero? Ah giusto – ricordò – Scorpius mi aveva detto che tu sei nella squadra. Cacciatrice, vero?
Rose confermò con un sorriso e abbassò lo sguardo.

-Papà voleva che diventassi Portiere come lui – disse, con voce piccola, poi alzò la testa e sorrise – mentre mamma voleva –e vuole- che io smetta di giocare. Ha paura che mi faccia male, e delle volte diventa veramente paranoica.

-Non dirlo a me – replicò Draco con un sorriso – mia madre era terribile. All’inizio si oppose categoricamente al fatto che entrassi nella squadra, poi la convinsi, anche se dovetti portare una doppia imbottitura sotto la divisa in ogni partita – Rose sorrise ancora e Draco si rese conto amaramente che Scorpius era davvero diverso da Rose.

Infatti, mentre lui non sorrideva quasi mai, Rose dispensava sorrisi a destra e a manca.

-Giocavi come Cercatore, vero? – chiese la rossa. Draco annuì.

-Chi te l’ha detto?

-Zio Harry – rispose la bimba con l’ennesimo sorriso – quando ci racconta delle sue partite, ci dice sempre che tu eri l’unico avversario che riusciva a tenergli testa, l’unico con cui non si annoiava e con cui aveva una leggera paura di perdere – continuò a raccontare – zio George invece dice che tu sei sempre stato il bersaglio preferito dei suoi Bolidi micidiali – disse con una risata – ma scommetto che dal tuo punto di vista la cosa non è altrettanto rosea.

-Puoi scommetterci… - commentò, massaggiandosi la spalla, lì dove una lunga cicatrice gli ricordava del Bolide che George Weasley gli aveva scagliato contro al suo sesto anno. Rose rise ancora e poi continuò:      

-Mentre la mia mamma dice che tu eri bravissimo a Quidditch. Dice sempre “era l’unico che riusciva a portare il suo portamento elegante anche sopra una scopa” – Draco sorrise a quella definizione, che gli scaldò il cuore – e lì mio padre e mamma iniziavano a litigare. Ancora – concluse in tono amaro.

Draco tentò di rassicurarla, ma Rose lo interruppe sul nascere, guardandolo implorante con i suoi due grandi occhi color cielo.

-Promettimi una cosa, signor Malfoy – disse – mi sono accorta di come guardi la mia mamma. è lo stesso modo in cui la guardava il mio papà, prima che… insomma, se mai tu e la mamma vi metterete insieme – Draco avvampò e fece per interromperla ma Rose continuò imperterrita – e io so che succederà, promettimi che non la farai soffrire come ha fatto il mio papà.

Draco rimase all’inizio senza parole per l’arguzia della bambina, poi si ricordò di chi era figlia e sorrise.

-Te lo prometto, Rose.

 

-Questo è il paradiso… - mormorò Hermione, entrando nella biblioteca del Malfoy Manor. La stanza era enorme, le pareti erano gli stessi scaffali di legno che contenevano milioni di migliaia di libri. Neanche la biblioteca di Hogwarts era così fornita.

Scorpius osservò la donna divertito la donna che si muoveva incredula tra gli scaffali, come se avesse scoperto il tesoro più grande del mondo.

-Puoi prendere qualche libro, se vuoi – le disse Scorpius, facendo immediatamente illuminare il suo sguardo. Hermione sorrise e lo ringraziò.

-Cosa mi consigli? – chiese Hermione. Scorpius le indicò un paio di libri e lei li prese.

-Quale è il tuo preferito? – domandò improvvisamente la donna. Scorpius rimase all’inizio inebetito alla domanda, poi si avvicinò silenzioso come una pantera a un piccolo libricino del secondo scaffale della seconda libreria. Lo prese tra le mani e accarezzò piano la copertina azzurra con le dita.

-Ho letto milioni di libri – disse – tutti i libri di questa biblioteca e buona parte di quelli di Hogwarts. Storia, romanzi, di tutti i tipi. Eppure questo libro per bambini mi torna sempre in mente.
Le mostrò la copertina. Hermione sorrise. Le fiabe di Beda il Bardo. Non avrebbe potuto scegliere di meglio.

Fu il tono con cui ne aveva parlato che la paralizzò. Era il tono amaro di qualcuno che ha perso interesse per la vita, di chi è saggio ma ha ancora tanto da imparare. E quel tono le ricordò del perché lei era lì.
-Scorpius, io volevo chiederti una cosa – gli rammentò. Il biondino annuì, rimettendo con cura il suo libricino preferito a posto.

-Come hai fatto l’incantesimo alla rosa di Rose, tanto per cominciare – iniziò, con tono severo – oppure perché sei stato attaccato all’inizio dell’anno e come hai fatto a liberarti da un assalto di un Demone. Come riesci a fare certe magie anche senza bacchetta e senza pronunciando l’incantesimo, anche se sei solo al primo anno ad Hogwarts.

Scorpius sospirò e si sedette su una poltrona verde su un lato di una stanza.

-Tutti noi cerchiamo delle risposte in questo mondo. Tutte le persone normali lo fanno. Mio padre si chiede ogni giorno perché mia madre sia dovuta morire, Albus si chiede perché non riesce a eguagliare le mie Pozioni nonostante il suo indiscutibile talento e tu ti chiedi come hai fatto ad innamorarti di mio padre, nonostante il suo essere un bastardo – Hermione arrossì a quel riferimento, mentre il bambino continuava imperturbabile.

-Io non lo faccio, perché sono diverso. Ho smesso da tempo di cercare i miei perché, Hermione. E non perché io abbia perso la speranza. No, io so che una risposta c’è, ben nascosta da qualche parte. Una risposta ai miei poteri, all’odio dei Demoni nei miei confronti. Il motivo per cui ho smesso di cercarli è molto semplice: non mi interessano. Non credo che sapere la risposta a queste domande cambierebbe se non di una sola virgola la mia vita, destinata a essere un buco nero con un solo raggio di luce rappresentato dalla speranza che qualcuno riesca in qualche modo ad allievare il mio dolore.

Hermione rabbrividì al sentirlo parlare in quel modo. E capì cos’era Scorpius veramente. Un animo rabbioso, tormentato da sé stesso e dagli altri, dannato per l’eternità.

In parole povere, era nero.

Ma quando era tornato con Rose aveva visto in lui qualcosa di nuovo, qualcosa che gli illuminava il viso, come una piccola luce infondo a una galleria di tenebra. Il modo in cui guardava sua figlia…

Era come se la considerasse la propria salvezza, l’unica ancora che ancora lo teneva legato a quella terra. Il modo in cui lo guardava era magico. Forse un termine banale se usato da una strega, ma era quello giusto.  

Si sedette accanto a lui, facendolo sedere sulle proprie gambe. Poi gli disse, accarezzandogli le guance scarne e bianche come la neve:

-Scorpius, ascoltami. So che la rabbia che provi per il mondo intorno a te è immensa, che questa rabbia è generata dal fatto che tutti ti giudichino in base agli errori di Draco e che sei come una bomba a mano, pronta a esplodere al minimo movimento. Ma sei comunque un bambino meraviglioso: tuo padre ti ama, non ti fa mancare niente, hai Albus e Rose –che ti assicuro hai conquistato – e hai me.

Scorpius abbassò lo sguardo e parve riflettere su quelle parole in silenzio, muovendo poco le labbra sottili.

-E per tutti noi, e anche per tua madre lassù in cielo, non buttare via la tua vita. Impegnati e non lasciarti manipolare dalla tua stessa rabbia, perché altrimenti sarei lei stessa a rivoltarti contro di te. Per favore, Scorpius – concluse Hermione, prendendo le sue mani tra le proprie e baciandogliele con dolcezza.

Scorpius trasalì per quel gesto, a cui non era abituato. Sorrise a quella donna. Aveva un che di protettivo, di rassicurante, di premuroso che gli scaldava il cuore. Non come i sorrisi di Rose, no, quelli erano diversi.

Quella donna lo faceva sentire speciale, importante.

E così che ti fa sentire una mamma? si chiese, mentre si avvicinava a Hermione e si fiondava tra le sue braccia, stringendosi a lei. Aveva un buon profumo, sapeva di cannella.
La riccia strinse a sé il bambino e sorrise, felice di averlo fatto sentire meglio. Poi, quasi senza rendersene conto, si addormentò con il biondo stretto tra le braccia, e Scorpius con lei.
 


Rose entrò poco dopo nella grande biblioteca, luogo a cui di solito era allergica. Vide sua madre e Scorpius che dormivano abbracciati sulla poltrona e sorrise.

Era leggermente gelosa di quel contatto tra i due, ma era felice nel sapere che anche Scorpius si era trovato bene con sua madre, così come lei si era trovata bene con Draco.

Si avvicinò piano a loro e si sedette alla destra di sua madre, accoccolandosi sul suo petto. Poco dopo, anche lei fu accolta dalle calde e accoglienti braccia di Morfeo…



Draco arrivò poco dopo e la scena di cui fu testimone gli scaldò il cuore. Sorrise e baciò sulla fronte Scorpius, poi Rose e infine Hermione.

Si sedette sulla poltrona davanti a loro e osservò rapito i tre, che parevano una famigliola felice. Il suo sguardo si posò sul quadro di Astoria, sopra il camino, che gli sorrideva.

Draco avvertì una morsa allo stomaco, che si dissolse non appena tornò con gli occhi sulla Grifondoro che dormiva tra i due bambini abbracciati a lei.

Che fosse finalmente arrivato il momento di lasciarsi alle spalle il passato?
Che fossero finalmente arrivate? La seconda occasione per lui e la salvezza per Scorpius?



Ta ta taaaa…. Questo è un altro capitolo che mi piace molto, mentre i prossimi non mi convincono. Uhm….
Tornando alla storia, voglio tante tante recensioni. Ringrazio chi segue/preferisce/ricorda e soprattutto chi recensisce. Vi voglio un mondo di bene <3.                                                                                                                        
Nel prossimo capitolo, quello che non mi convince ma che è la chiave di tutta la storia, ci sarà un salto temporale di cinque anni, per contribuire allo sviluppo della storia.                                                                                    
Vi amo tutti. Bleah, oggi mi sento terribilmente sdolcinata. Un altro po’ e mi prendo il diabete.                                
Un bacione enorme (ecco, ora mi sento veramente male), Selenakilla89             

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

Cinque anni dopo….

Scorpius cercò lo sguardo Albus in mezzo alla folla che circondava l’Espresso per Hogwarts.

Era al suo sesto anno ad Hogwarts. Non credeva che ci sarebbe mai arrivato completamente illeso come aveva fatto. Certo, tralasciando la media di almeno sette risse l’anno- quattro delle quali le aveva generalmente con suo cugino Paul - e quella volta in cui Albus lo coinvolse in uno dei suo stupidi scherzi troppo Grifondoro per i suoi gusti e rischiò l’espulsione…

-Scorp! – appunto. Parli del Diavolo e spuntano le corna. Corse dal suo amico e lo abbracciò. Albus era cambiato moltissimo dall’ultima volta che l’aveva visto. Era cresciuto e ormai doveva sfiorare almeno il metro e settantacinque, si era irrobustito e i suoi tratti si erano fatti più marcati. Strizzando gli occhi, Scorpius poteva perfino intravedere un’ombra di barba sul viso dell’amico di sempre.

Al si staccò improvvisamente da lui e lo guardò da capo e piedi con aria corrucciata. Scorpius inarcò un sopracciglio, nel suo modo di chiedere spiegazioni, e Al colse al volo.

-Bè, ecco Scorp… - iniziò, grattandosi la nuca, come se non sapesse da dove cominciare – in poche parole, sei uguale a cinque anni fa. Sei solo cresciuto in altezza. Non ti incuriosisce questa cosa?

Eccome se lo incuriosiva. Se ne erano accorti tutti. Hermione, che ormai passava da loro quasi tutti i giorni, per chiacchierare con suo padre, che ormai era cotto di lei. Rose, che veniva almeno due volte la settimana. Suo padre e perfino il padre di Albus, nelle poche e rare volte in cui era andato a trovarlo a casa sua.

Anche le persone che gli stavano intorno – quelle che non facevano finta che non esistesse – se ne erano accorte, ma non ci voleva un genio per capire che in Scorpius qualcosa non andava.

In parole povere, non cresceva. Gli altri ragazzi si irrobustivano, cambiavano voce, i loro lineamenti si facevano più marcati e sul volto si incominciava a intravedere un’ombra di barba.
Scorpius, invece, era sempre lo stesso. Stessi lineamenti fanciulleschi, stessa pelle eternamente eterea e liscia, stessa corporatura gracile, anche se era cresciuto molto in altezza e ora sfiorava il metro e ottanta. Anche dentro era sempre lo stesso: un pozzo nero di rabbia pronto a esplodere.

E la sua unica medicina era sempre lei, che comparve proprio in quel momento in mezzo alla folla.

Scorpius sorrise. La sua rosa era una donna, ormai. I suoi lineamenti si erano fatti meno paffuti e più aggraziati. Era sempre molto magra, ma aveva tutte le curve al punto giusto, che compensavano il fatto che fosse alta non più un metro e sessanta.

I capelli rosso fuoco e leggermente ondulati le ricadevano morbidi sulle spalle, incorniciandole il viso in cui spiccavano i pozzi di cielo che aveva per occhi e le sue labbra rosse e carnose, in contrasto con la pelle bianca e ancora leggermente spruzzata di lentiggini.

Solo tre cose erano rimaste immutate in quei cinque anni: i suoi occhi, per cominciare. Erano sempre le pozze di cielo illuminate da quella luce ottimista, come se niente potesse scalfire la loro purezza.

Secondo, la rosa che le aveva regalato Scorpius. La portava sempre con sé, o nella borsa o a mo’ di fermaglio.

Terzo, il suo profumo. Perché per Scorpius Rose avrebbe sempre profumato di rose.

Avevano praticamente passato tutte le estati insieme, giocando e chiacchierando. E Scorpius si sentiva più leggero ogni volta. Ogni suo sorriso era come un’esplosione di benessere dentro di lui, che dichiarava guerra all’eterno nero che aveva sempre abitato in lui.

Ma poi a scuola lei faceva finta di non conoscerlo. E gli faceva male. Tanto. Rose si era scusata mille volte con lui per quella mancanza e lui l’aveva perdonata, in un certo senso. Sapeva perché lo faceva:
Rose era pur sempre la figlia di due eroi di guerra e non poteva certo andare in giro con il figlio Serpeverde di un ex-Mangiamorte, per di più il ragazzo più impopolare della scuola.

Ad Albus questo non importava, ma Scorpius sapeva che Rose ci teneva all’opinione di tutti. Inoltre, aveva capito che Rose era considerata il “gioiello” e Albus la “pecora nera” della famiglia a causa della sua appartenenza a Serpeverde e di suoi innumerevoli atteggiamenti che lo portavano a essere molto spesso arrogante e maligno.

E così a scuola Scorpius riceveva solo occhiolini repentini e sorrisi di sfuggita, che doveva farsi bastare. Anche se avrebbe tanto voluto urlare al mondo che erano migliori amici, che la conosceva in tutte le sue sfumature: conosceva i suoi sogni, ogni sua più piccola espressione, ogni sua insicurezza, ogni sua paura. Avrebbe voluto urlare al mondo che Rose Weasley era la sua rosa e che lui era…

No, non ne era innamorato. Ne era attratto inconfutabilmente e inevitabilmente ma non ne era innamorato, no. Rose era la sua droga.

Ne aveva bisogno a ogni ora del giorno e della notte, aveva bisogno di lei, dei suoi occhi, del suo profumo. Aveva bisogno dei suoi sorrisi e dei suoi abbracci, per allievare il suo dolore, la sua rabbia. Forse era un egoista, ma il benessere che gli procurava stare in compagnia di Rose gli faceva dimenticare anche i sensi di colpa.

Rose era dall’altro lato della stazione. Gli sorrise, poi, senza farsi vedere da cugini e parenti vari, gli mandò un bacio e gli mostrò sorridente la rosa bianca che portava al polso, legata a un bracciale.

Scorpius ricambiò il sorriso e raccolse al volo il bacio – sì, quando voleva sapeva essere un Don Giovanni come suo padre – poi le fece l’occhiolino e salì sul treno, mentre la rossa arrossiva lievemente.

Il biondo raggiunse Albus nel loro solito scompartimento e si sedette.

E ancora non sapeva che da quell’anno la sua vita sarebbe stata completamente sconvolta.
 

Intanto, dall’altra parte della stazione due adulti si rincorrevano giocando come due bambini spensierati. Draco aveva tolto di mano l’ennesimo libro che Scorpius aveva prestato a Hermione, e ora stava correndo tra la gente con il libro in mano, ridendo, mentre la riccia lo rincorreva.

-Dray! Molla il libro! Sono arrivata a un punto cruciale, per favore! – lo pregava la donna con il respiro affannato per la corsa. Draco si appoggiò a una colonna e alzò il braccio, tenendo fuori il libro dalla portata di Hermione e ridendo.

-Per favore Herm! Stai attaccata da quel libro da questa mattina, tra un po’ te lo sposi – replicò, mentre osservava divertito la riccia che saltava cercando di raggiungere il libro.
La gente intorno a loro li osservava, chi ridendo, chi scuotendo la testa. Erano proprio due bambini. Due bambini innamorati l’uno dell’altra che ancora non lo sapevano.

-Ehi Potter – Hermione approfittò del momento di distrazione di Draco per saltare e afferrare il libro, aprendolo alla pagina dove era arrivata, mentre il biondo la guardava scuotendo la testa e andando incontro alla famiglia Potter.

-Potter, che tu sappia, c’è un modo per farla staccare dai libri? – chiese sarcastico, mentre Hermione sbuffava, pur continuando a leggere. Harry sorrise e scosse la testa.

-Ahimè, sono anni che sono suo amico Malfoy, ma non ho mai trovato il modo – rispose, con aria  fintamente melodrammatica. Hermione sbuffò ancora e chiuse di scatto il libro, agitando le braccia.

-Ecco, contenti?! – Draco le si avvicinò e la baciò sulle fronte, facendola arrossire.

-Moltissimo – sussurrò il biondo con le labbra a un centimetro di distanza dal viso della riccia. Hermione arrossì e sorrise, poi si allontanò, schiarendosi la voce e rimproverando con un’occhiataccia Ginny e Harry, che si stavano evidentemente trattenendo dallo scoppiare a ridere.

Ginny tossicchiò e diede una gomitata al marito, che annuì e tornò serio:

-Senti Malfoy, Hermione.. – iniziò, sorridendo – sabato è il compleanno di Ginny e volevamo chiedervi se vi andava di venire a farci un salto.

-Sarà una festa in grande stile! – intervenne Ginny, con gli occhi che brillavano – mi aspetto abito da sera e niente libri – Draco rise, mentre Hermione alzava gli occhi al cielo.

-Per me va bene – acconsentì l’ex-Grifondoro, guardando il biondo accanto a lei.
-Anche per me, ma siete sicuri che il resto della famiglia Weasley accetterà la mia presenza? – chiese. Harry si strinse nelle spalle mentre Ginny sorrideva.

-Non preoccuparti. È la mia festa e decido io – disse – e poi, ci vuole proprio una distrazione in questi tempi di bufera, no?
E parlando di bufera….
 

-Ragazzi, un attimo di attenzione per favore! Silenzio! – Scorpius sollevò lo sguardo dal suo piatto, giusto in tempo per schivare un Frisbie Zannuto proveniente da James Potter e vedere la Mc Granitt che sbraitava per avere silenzio.

Lanciò uno sguardo di fuoco a sorriso-da-deficiente e rivolse la sua attenzione alla preside, che finalmente aveva ottenuto il silenzio.

-Bene, finalmente – sospirò la vecchia insegnante di Trasfigurazione – studenti, vi sarete accorti che negli ultimi anni ci sono stati parecchi problemi nel mondo magico.
In effetti Scorpius sapeva, avendo un padre Auror, che delle creature magiche avevano portato parecchio scompiglio nel loro mondo, ma credeva che il problema fosse stato risolto.

-Quello che mi aspetto che voi non sappiate è che questi problemi sono stati causati da alcune delle creature più potenti e temibili del mondo magico, i Demoni – Scorpius s’irrigidì – gli Auror non riescono a
fermarli e in pochi mesi potremmo ritrovarci in piena guerra..

-Ma perché gli Auror non riescono a fermarli?! – chiese Lorcan Scamandro, dal tavolo dei Corvonero.

-Perché i Demoni hanno poteri che noi maghi non abbiamo, ci sovrastano e non possiamo combatterli – rispose grave la preside. Un mormorio concitato percorse i tavoli delle Sala, mentre Albus e Scorpius si scambiavano un’occhiata preoccupata.

-Per questo noi abbiamo chiamato… - continuò la Mc Granitt, che però venne interrotta dal rumore del portone che si spalancava. Gli sguardi di tutti si posarono sulla figura maschile che camminava tra i tavoli con aria sicura e spavalda, fino al tavolo dei professori.

Aveva lunghi capelli castani che teneva raccolti in un codino basso all’altezza della nuca, con qualche striatura di grigio, lineamenti marcati e volto spigoloso. Aveva la carnagione scura e gli occhi azzurri. Non come quelli di Rose o di Scorpius, però. Era un azzurro spento, come un cielo pieno di nuvole scure.

Indossava una lunga veste nera, che sul petto aveva un’immagine di una spada rivolta verso il basso a cui era intrecciata una rosa bianca, che comunque lasciava intravedere i muscoli ben delineati delle braccia.

Fece un piccolo inchino quando fu davanti al tavolo dei professori e poi si voltò verso gli studenti, incrociando le braccia, mentre i suoi occhi svettavano da un tavolo all’altro.
La Mc Granitt sorrise e scese dal suo tavolo, mettendosi accanto all’uomo.

-Ragazzi, salutate Fen, detto l’Emerita o Colui che Cammina da Solo. Lui ci aiuterà a scoprire se tra di voi ci sono alcuni maghi particolari, gli… - la preside si bloccò e si voltò verso Fen, facendogli cenno di continuare.

Del canto suo, l’uomo scoppiò a ridere.

-Credevo che le mia creature avessero conquistato la fiducia dei maghi anni fa, Minerva. E invece perfino tu hai paura del loro nome. Che poi è un nome talmente comune che assume questo aspetto minaccioso solo se collegato alle mie creature- aveva una voce tonante e ammaliatrice da cui tutti rimasero incantati, Scorpius compreso.

Fen riprese in seguito il suo contegno da guerriero e si rivolse a tutta la Sala Grande:

-Le mie creature sono l’ultima speranza per questo mondo, e sento che tra di voi ce ne è una, particolarmente potente – il viso stanco della Mc Granitt s’illuminò.

-Chi è? – chiese, ansiosa. Fen scosse la testa, sconsolato e allo stesso tempo divertito.

-Non posso dirlo con certezza. Sento la sua presenza, e in passato avrei potuto dirti nome e cognome, Minerva cara, ma adesso i miei sensi si sono affievoliti e non riesco nemmeno a capire da quale tavolo proviene – spiegò – ma riesco a scorgere alcune caratteristiche del suo carattere: è un ragazzo, questo è certo, e ama le sfide. Perciò per individuarlo… io sfido tutti voi in un duello magico!

Tutti i ragazzi in sala cominciarono a parlottare. Poi si sentì un brusio sempre più forte provenire dal tavolo dei Grifondoro e James Potter si fece avanti, accompagnato da un applauso scrosciante e da fischi.
Fen lo osservò attentamente, mentre sorriso-da-deficiente si avvicinava spavaldo all’Eremita.

-Il tuo nome, ragazzo? Per intero, possibilmente – chiese, estraendo una bacchetta dalla manica della tunica. James fece lo stesso.

-James Sirius Potter – rispose quello. Fen aggrottò la fronte alla vista della bacchetta e abbassò la sua.             

– Vai a sederti, Potter – ordinò, teso. Sorriso-da-deficiente lo guardò confuso e chiese spiegazioni. L’uomo si limitò a indicare con il mento la bacchetta.

-Le mie creature non hanno bisogno della bacchetta per combattere – spiegò brevemente. James strinse i pugni e imprecò sottovoce, ma tornò a posto.

-Allora, c’è qualcuno così temerario da volermi sfidare senza la propria bacchetta? – chiese Fen con voce tonante. La sala restò in silenzio, nessuno si faceva avanti.

Scorpius strinse i pugni. Lui aveva più volte compiuto magie senza bacchetta, perfino senza pronunciare l’incantesimo, ma non credeva di essere una delle creature di cui Fen parlava per un semplice motivo: quelle magie che aveva compiuto erano avvenute per puro caso, lui non le aveva mai volute. Era sempre stata quella forza dentro di lui ad agire per suo conto. Probabilmente semplice magia accidentale.

Il silenzio venne rotto da un improvviso stridio, il tipico suono di una panca che si sposta. Scorpius si voltò verso la fonte del rumore e sbiancò.

-Il tuo nome, ragazzo? Per intero, possibilmente – ripetette Fen, brandendo la bacchetta.
-Albus Severus Potter, signore – rispose Al, con la sua solita e impeccabile educazione – ma non voglio sfidarla. Al contrario, volevo proporre una persona – disse. Fen inarcò un sopracciglio.

-Vedo grandi poteri in te, giovane Potter. Tu sei Colui che Parla alle Creature della Terra, vero? – chiese l’Eremita. Un mormorio incerto percorse la sala, mentre Albus annuiva. Fen sorrise, forse lieto che i suoi poteri non si fossero affievoliti tanto da non potersi più permettere di riconoscere Colui che… ma come cavolo aveva chiamato Al?

-Allora, Venerabile – disse Fen con un inchino –lasciate che vi porga i miei più sentiti saluti – Albus si fece avanti, mentre tutta la scuola non aveva occhi che per lui. Scorpius sgranò gli occhi.

Perché Fen si rivolgeva ad Albus con tanto rispetto? Perché l’aveva chiamato Venerabile? C’era qualcosa dell’amico che lui non conosceva?

-Mi scusi, Minerva – disse Fen, rivolto alla preside – forse era la presenza del Venerabile quella che ho avvertito, e non quella di una delle mie creature. Ne sono desolato – Albus lo interruppe alzando la mano.

-Non così in fretta, Camminatore Solitario. Quella che hai avvertito era davvero la presenza di un Angelo.

Tutta la sala rabbrividì a quel nome, pronunciato con tanta disinvoltura dal secondogenito Potter. Quest’ultimo si voltò verso Scorpius, che lo guardava a bocca aperta, e gli sillabò “Ci vediamo nell’ufficio della preside”. Poi tornò a rivolgersi a Fen e alla Mc Granitt e li condusse fuori dalla Sala Grande, mentre tutti gli studenti lo guardavano sbigottiti, compreso Scorpius.

Mezz’ora dopo, Scorpius bussò alla porta dell’ufficio della Mc Granitt. Venne accolto da un brusco avanti e da sguardi increduli, escluso quello luminoso di Albus che sorridente annunciò:

-Camminatore Solitario, ecco a te il tuo Angelo.

Questo è il capitolo più importante, insieme al prossimo.
Vi avverto: rallenterò un po’ il ritmo, ho il blocco dello scrittore. È terribile: sto interi minuti davanti al computer ma non riesco a scrivere niente, è come avere un tappo sulla fantasia. Brr… comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto tanto da lasciare un piccolo commento.
Un bacio, Selenakilla89
  

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Un Angelo. Scorpius un Angelo. Bè, lui stesso si era sempre definito così, ma solo per il suo aspetto. E poi, gli Angeli erano solo dei miti, perfino nel mondo dei maghi. Come poteva lui, un Malfoy, appartenere a quella potente e temuta categoria?                   

Eppure a quel nome aveva sentito la rabbia dentro di lui risvegliarsi, dopo anni in cui era stata sopita con pochi risvegli istantanei, e dimenarsi dalle catene.

-Che cosa… Albus, si può sapere che diavolo sta succedendo qui? – balbettò Scorpius. La domanda isterica del biondo venne totalmente ignorata, e Albus rimase in silenzio, sorridendo. Intanto Fen socchiuse le palpebre e fissò Scorpius con evidente interesse.

-Bè, Venerabile, devo dire che le caratteristiche fisiche ci sono tutte. Ma magari è solo l’apparenza… sinceramente, non sento provenire da lui nessuna forza in particolare – osservò l’Emerita. Albus strinse i pugni e sibilò:

-Sta per caso dubitando della mia convinzione, Camminatore Solitario?!? – Fen sbiancò. Scorpius non potette non trattenere un ghigno divertito. Che quell’uomo spavaldo avesse paura di Albus – per quanto i suoi poteri che aveva nascosto al biondo fossero potenti – che per di più aveva la metà della metà dei suoi anni, era alquanto divertente.

-No, no, Venerabile – si affrettò a precisare l’Emerita – come potrei?

-Bene. Allora… per il suo addestramento avevo in mente… - Albus parlava completamente sicuro di sé, come se avesse finalmente trovato il suo posto su questa terra. Quel suo linguaggio forbito, ma allo stesso tempo così sciolto, gli….donava, in un certo senso. Sembrava veramente sé stesso.

Scorpius però non gli diede modo di finire. Lo interruppe in tono isterico:                                                                                   

-Tu sapevi cos’è questa cosa dentro di me, questa terribile forza che mi differenzia da tutti gli altri, e non mi hai detto nulla? – lo accusò, mentre la carnagione eterea del biondo assumeva una sfumatura rosso fuoco.

Albus però rimase impassibile, con la sua solita aria sicura e “malandrina” e annuì.

-E mi dispiace. Avrei tanto voluto vederti sollevato perché, per quanto tu ti ostini a dire che non sei interessato a quelli che definisci “i tuoi perché”, so che muori dalla voglia di sapere di più sui tuoi poteri, e ora lo sai. Sei un Angelo, anche piuttosto potente direi, a occhio e croce.

- E perché non me l’hai mai detto? – chiese Scorpius, con la voce piccola. Albus sorrise.

-Perché dovevo aspettare il momento giusto. L’arrivo del Camminatore Solitario – spiegò.

Scorpius annuì ancora, poi, stanco, si lasciò cadere su una sedia e si prese la testa tra le mani, chiudendo gli occhi. Era un Angelo. Finalmente conosceva l’origine dei suoi poteri. Avrebbe potuto salvare il mondo dai Demoni e riscattarsi per gli errori di suo padre.

Si chiese se valesse la pena di combattere per della gente così superficiale. E si rispose di no. Ma lui aveva Rose, e doveva proteggere la sua rosa.

 

Rose era arrivata in Sala Grande insieme a Roxanne, come tutti gli anni, e si era seduta vicino a lei e a Lily.

Aveva ascoltato con interesse il discorso della Mc Granitt e successivamente, di Fen. Quella storia la incuriosiva, soprattutto perché il suo ciondolo, alla vicinanza dell’Eremita, aveva iniziato a scaldarsi, pulsando. Aveva assistito alla figuraccia di Jamie e alla figuraccia di Albus, senza fare una piega.

Ma quando aveva visto Scorpius così preoccupato e insieme confuso, qualcosa dentro di lei era scattato.

Ora basta, si era detta. Per tutti quegli anni aveva fatto finta di non conoscere Scorpius, addirittura di disprezzarlo. Ora basta. Sarebbe stato diverso, quell’anno.

Aveva deciso di smettere quella farsa. Sarebbe andata in giro a braccetto con lui, si sarebbero rincorsi ridendo come facevano del giardino di Malfoy Manor durante le estati, sarebbero andati insieme a Hogsmeade. Alla faccia dei suoi cugini e della sua reputazione di Grifondoro senza pecche.

Perciò quando, sotto gli occhi di tutti, il suo Scorpius si era alzato ed era uscito dalla Sala Grande, si era alzata a sua volta e l’aveva chiamato e, sotto gli sguardi stupiti degli studenti e quelli sconvolti dei suoi cugini, lo aveva seguito.

Fuori dalla Sala Grande, Roxy, Jamie, Lily e Hugo l’avevano raggiunta.

-Rose, si può sapere cosa succede? – chiese Lily (la Grifondoro petulante per eccellenza, seconda nella scala delle cugine insopportabili dopo Domenique) con tono stizzito. Rose si voltò e alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto.

-Niente che ti riguardi, Lils – rispose scocciata la rossa. James si fece avanti e aggrottò le sopracciglia.

-E invece ci riguarda, Rosy – disse – stavi chiamando Malfoy come se fosse un vecchio amico e lui… è Malfoy, dannazione! – Rose digrignò i denti e sbottò, mentre si faceva rossa in viso dalla rabbia:

- Per tua informazione, Jamie, Scorpius è un mio amico! Il mio migliore amico! – Hugo si avvicinò alla sorella e digrignò i denti:

-Rosalinda Jane Weasley – sibilò – hai forse dimenticato cosa hanno fatto suo padre e suo nonno? Erano Mangiamorte diavolo! Mangiamorte! Quelli che hanno ucciso zio Fred e i genitori di Teddy!

Rose non lo ascoltò nemmeno. Sapeva che suo fratello era stato influenzato molto dalla vicinanza con suo padre, perciò non disse niente. Semplicemente il suo ciondolo si illuminò e schiantò suo fratello a dieci metri di distanza da lei.

I suoi cugini la guardarono spaventati, ma lei non ci fece caso e corse verso l’ufficio della Mc Granitt. Il ciondolo lo faceva molto spesso. La proteggeva, come se avesse vita propria. All’inizio l’aveva trovato molto strano, ma alla fine ci si era abituata. Dopotutto, abitava in un mondo pieno di magia, chi si stupiva più?

Arrivata all’ufficio, bussò alla porta che, stranamente aperta, si aprì con un lento cigolio. Dentro la preside, Fen e Albus stavano parlando. Rose si schiarì la voce, attirando l’attenzione del cugino.

-Al, dov’è Scorp? – chiese, con voce piccola. Albus sorrise quasi a forza. Rose notò che aveva gli occhi lucidi.  

-È di sotto, in cortile – rispose. Rose lo ringraziò e scese veloce le scale, mentre la discussione prendeva un piega ancor peggiore.     

-Dobbiamo prepararlo in fretta, la guerra si sta avvicinando e lui deve combattere in prima fila.

-E morire – aggiunse Minerva, con tono grave.

-Non necessariamente – disse Albus, bianco in volto. Fen scosse la testa.

-Vedere una mia creatura con un così terribile destino mi fa sempre piangere, ma è necessario, Venerabile. Il Animan pro anima è inevitabile, in questo caso estremo. E per far sì che il rito funzioni, dobbiamo avere un Angelo nel pieno delle sue facoltà, fisiche e mentali. Dobbiamo addestrarlo a dovere per poi…  

-Io non sono d’accordo – protestò Albus, con voce rotta. 

- So che ci tieni al giovane Malfoy – disse Fen – ma il tuo Patto è di ferro. Non ci sono scappatoie.

E Albus annuì, dirigendosi alla finestra che dava sul cortile. Vide Scorpius seduto e Rose che da dietro l’abbracciava.

Cos’ho fatto?, si chiese, chiudendo i pugni e lasciando che le lacrime gli percorressero le guance, lasciando solchi salati e che sapevano di sensi di colpa.

Quello stupido Patto. Avrebbe tanto voluto infrangerlo, ma purtroppo ci sarebbero state due gravi conseguenze.

In primis, non sarebbero riusciti a sconfiggere i Demoni.

Secondo, lui sarebbe morto. Per una volta avrebbe voluto avere un po’ del coraggio Grifondoro del padre, per sacrificarsi per Scorpius. Ma no, lui era un Serpeverde codardo. E anche se si fosse sacrificato, ci avrebbero pensato i Demoni a far polpette di Scorpius.

Perché, per quanto il biondo fosse potente, non poteva nulla da solo. A meno che…

 

-Allora – disse Rose, sorridendo e camminando al fianco di Scorpius – sei un Angelo?

-Già – rispose Scorpius. Rose sorrise ancora. Era contenta per lui, finalmente aveva trovato il suo perché.

-Il mio Angelo custode? – chiese, inclinando la testa come una bambina davanti a un giocattolo nuovo. E Scorpius rise, come rideva solo con Rose.

-Se vuoi, principessa – concesse. Lei battè le mani felice, per poi tornare seria.

-Dimmi, ora dovrai addestrarti? – domandò. Scorpius annuì.

-Sì. Albus mi ha dato un programma: la mattina partecipo alle lezioni con tutti, anche se Fen probabilmente me le “personalizzerà”.

-In che senso?

-Bè, ad esempio, a Pozioni potrebbe darmi da preparare pozioni un po’ più difficoltose, così come a Incantesimi e a Trasfigurazione potrei trattare programmi avanzati. Capisci ora? – Rose annuì.

- Bene. Il  pomeriggio invece andrò sulla riva opposta del Lago Nero, quella disabitata, dove Fen mi istruirà sulle usanze del mio popolo e sulla sua storia.

Rimasero un po’ in silenzio, fin che Rose non disse:

-Io l’ho sempre saputo – Scorpius si voltò di scatto verso di lei. Rose sorrise, continuando a guardare il sole che spariva nel suo nascondiglio dietro le montagne che costeggiavano il Lago Nero.                                               

-Sei sempre stato un mago eccezionale. E questa… - disse indicando la rosa che portava al polso – ne è l’esempio più concreto che ho. E poi… lo sapevo e basta.

Scorpius sorrise. Guardò Rose che sorrideva al sole e la trovò meravigliosa. La rossa di voltò verso id lui e immerse i suoi pozzi di cielo nel suo sguardo di tempesta.

-Sono contenta per te – disse solamente. Scorpius annuì e si alzò, porgendole la mano.

-Vieni. Dovresti tornare al castello, no? – lei annuì e si alzò, per poi prenderlo sottobraccio.

-E tu vieni con me – rispose Rose. Scorpius sgranò gli occhi e lei annuì, semplicemente. Il biondo sorrise, felice come una Pasqua.

Si diressero al castello. Scorpius accompagnò Rose alla Torre dei Grifondoro, sotto sguardi stupiti e altri indignati. La rossa lo baciò sulla guancia ed entrò dentro il ritratto, mentre il biondo saltellava per la contentezza verso i sotterranei.

Lasciando Rose ad affrontare i suoi cugini.

-Rose, proprio tu che dicevi che Al doveva essere allontanato da Malfoy, vai a braccetto con lui per i corridoi di Hogwarts? – domandò Fred, indignato. Rose alzò le spalle, continuando a sorridere.

-Ho cambiato idea. E dovreste farlo anche voi. Anche perché ho intenzione di inventare Draco e Scorpius a Natale da noi – annunciò. Roxanne la fulminò con un’occhiataccia, mentre Domenique la guardava fiera.

-Bravissima, Rosy. Sono fiera di te.

E per la prima volta, Rose rivolse un sorriso di gratitudine a sua cugina Dome. L’inizio di una splendida amicizia.

Sono felice come una Pasqua! Mi sono sbloccata, finalmente riesco a scrivere come prima (anche se l’università non mi dà pace) e a buttare giù capitoli come questo in meno di un’ora.                                              
Ma ora torniamo alla storia: finalmente abbiamo capito la causa dei poteri di Scorp (anche se nel prossimo capitolo li tratterò meglio) ma ho lasciato nuovi interrogativi (quanto sono cattiva!).                                      
Perché il ciondolo di Rose si comporta in quel modo? E di cosa stavano parlando Albus, Fen e la Mc Granitt?  
Vi sarei grata se lasciaste qualche recensione. 
Un bacio, 

Izzy Nihal Potter (il mio nuovo e meraviglioso nickname).

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Il giorno dopo Albus svegliò Scorpius prima del previsto. Non aveva dormito. Si sentiva uno schifo.

E quando il suo migliore amico aprì gli occhi e gli sorrise, si sentì ancora peggio.

-Ehi Al, dormito bene? – chiese Scorpius, mettendosi a sedere e passandosi la mano destra tra i capelli, come era sua abitudine. Albus sorrise forzatamente e annuì. Scorpius aggrottò la fronte, ma non chiese nulla. Per la prima volta in cinque anni, tra i due c’era imbarazzo. Non sapevano cosa dirsi.

Dopotutto erano saliti di livello. Ora, invece del Potter Rinnegato e del giovane della famiglia Malfoy, c’erano un Angelo e un… cos’era Al?

-Albus – iniziò il biondo – perché Fen ti chiama Venerabile? – Albus, che si era alzato dal letto, provò ribrezzo al nome che esprimeva quello che era.

-Perché… - rispose, vestendosi – è una lunga storia, in realtà. Il mio vero nome sarebbe Colui che Parla alle Creature della Terra, che poi è l’antico nome dei Rettilofoni. Si credeva che… oddio, lascia stare, tanto te lo spiegherà Fen, probabilmente oggi o domani, dato che è una delle dottrine principali del tuo popolo.

Scorpius annuì e si alzò, iniziando a vestirsi. Quando furono entrambi pronti, scesero le scale. Scorpius notò con stupore che molti degli studenti guardavano con timore Albus, che camminava a testa alta e con un ghigno compiaciuto sulle labbra.

-Ti piace molto questa storia, vero? – chiese Scorpius, mentre si sedevano in disparte al tavolo dei Serpeverde. Albus annuì, ghignando. Ma la verità era che no, odiava quella situazione, odiava essere un Venerabile e odiava dover pugnalare alle spalle il suo migliore amico.

 

Rose si svegliò di buon umore quella mattina. Scese fischiettando e notò con piacere che Domenique la stava aspettando fuori dal buco del ritratto. Bellissima come sempre.

-Rosy, andiamo insieme a fare colazione? – domandò, sorridendo. Rose annuì, dapprima sconcertata. Domenique la prese sottobraccio e si diressero in Sala Grande.

-Dome – cominciò Rose – pensavo che mi odiassi – Domenique si bloccò e si voltò lentamente verso di lei, con lentezza.

-Rose – disse con un sorriso – io sono una Custode. Sai cosa significa?- Rose scosse la testa.

-Bene, meglio così, sarà più divertente insegnarti.

-Insegnarmi? – chiese Rose, interrogativa. Domenique annuì.

-Certo – rispose, come se fosse la cosa più naturale del mondo – dopotutto, è mio dovere di Custode insegnare alle nuove Designate. Però adesso lascia stare i tuoi dubbi. Scoprirai tutto oggi pomeriggio, nella Stanza delle Necessità alle cinque. Comunque, io non ti ho mai odiato. Aspettavo solo il momento giusto.

Detto questo scomparve nella folla della Sala Grande, lasciando Rose con più dubbi che risposte.

 

Scorpius si diresse nei sotterranei per le due ore di Pozioni, accompagnato da Albus e Rose. I due però gli sembravano strani. Albus pareva indossare una maschera, lui che era sempre così aperto e solare. Rose invece non pareva particolarmente cambiata. Al contrario, stava parlando alla velocità della luce, come faceva sempre quando era nervosa.

-Rose – la interruppe, quando davvero non ce la faceva più ad ascoltare il suo  interminabile monologo sulle prime squadre di Quidditch in classifica – ti prego, risparmiami.

Rose sorrise debolmente e si scusò con voce piccola.

-Mi dispiace Scorp, ma sono talmente nervosa. Domenique mi ha detto che dovrà insegnarmi a essere una Custode e io non so minimamente cosa significhi. E sai quanto mi dia fastidio non sapere le cose.

Albus ridacchiò. Scorpius e Rose si voltarono simultaneamente verso di lui e la rossa si fece avanti.

-Sputa il rospo, Severus – lo minacciò, tirando fuori la bacchetta. Albus alzò le mani in segno di resa e sembrò tornare sé stesso per un attimo.

-Calmati, rosellina – la canzonò – ma è proprio divertente sapere che finalmente la nostra Domi si è data una mossa e ha scelto una delle sue tante cugine come sua erede. A quanto pare non vede l’ora di poggiare il suo fardello sulle spalle di qualcun altro. Magari potessi farlo anch’io – Albus sembrava parlare più a sé stesso che con la ragazza che aveva davanti.

Perciò, a nessuno dei due parve strano che Albus entrasse in aula borbottando tra se e se e imprecando contro le Custodi e Domenique.

-Tu ne sai qualcosa? – domandò Rose a Scorpius, sedendosi accanto a lui. Scorpius scosse la testa, mentre il professor Lumacorno entrava in aula e dirigeva uno sguardo interessato al giovane Malfoy.

-Ragazzi, oggi prepareremo il Distillato di Morte Vivente. Le istruzioni sono sulla lavagna e a pagina duecentoquattro del vostro libro – ordinò – signorina Weasley, mi farebbe il piacere di andare a sedersi accanto al signor Potter? – Rose annuì. Se lo aspettava. Augurò buona fortuna a Scorpius e si sedette accanto a suo cugino, che sembrava ancora impegnato a parlare con sé stesso.

-Signor Malfoy, Fen mi ha detto di darvi questo – Lumacorno porse a Scorpius un libricino rilegato in quella che pareva pelle di drago – andate a pagina tre e preparate la lezione illustrata. Avete un’ora e mezza. Via!

Scorpius prese il libricino e lo aprì a pagina tre. E quello che vide lo sconvolse. Avrebbe dovuto preparare la “Riportatrice all’Origine”, una Pozione ricostituente complicatissima. Solo la lista degli ingredienti occupava due pagine.

-Santo Salazar… - sussurrò. Poi però si rimboccò le maniche e cominciò.

La Pozione era complicata e gli ingredienti delicatissimi. Bastava una goccia in più e avrebbe fatto esplodere tutta Hogwarts. Così si concentrò al massimo, liberando la forza dentro di lui e lasciando che scorresse libera nelle sue vene.

Era meraviglioso. Si sentiva libero, per la prima volta. E non vuoto, come sempre. Si sentiva pieno di quell’energia, di quella magia che aveva lo stesso effetto dell’acqua fredda. 

Lui mescolava, aggiungeva e tagliava. Ma non si muoveva dalla sua postazione. Gli ingredienti arrivavano da soli alle sue mani, illuminati da una luce azzurrina. La luce della sua magia.

-Ottimo lavoro, signor Malfoy. L’Eremita sarà fiero di lui – commentò Lumacorno alla fine, quando la sua Pozione aveva assunto un delicato colore violetto. Scorpius annuì e ringraziò il professore, prendendo una fiala della Pozione per Fen.

Uscì dall’aula esausto, ma soddisfatto. I Grifondoro e i Serpeverde si riversarono fuori, guardandolo chi ammirati, chi invidiosi. Ma l’unico parere che voleva Scorpius era quello del Venerabile.

-Accettabile – disse Albus, quando si incontrarono nel cortile, avendo un’ora buca – per me. Ma direi che per Fen questo è un risultato piuttosto scadente.

Scorpius sgranò gli occhi. Era convinto di aver fatto una Pozione perfetta, di non aver sbagliato niente. Albus si accorse della sua espressione delusa e si affrettò a dire:

-Scorp, non preoccuparti. Per essere il primo tentativo è un gran risultato. Anzi, se tu fossi un mago normale sarebbe un risultato degno di Albus Silente.

- Ma non lo sei – disse Rose con un sorriso di incoraggiamento.

- Già – confermò Albus – essendo un Angelo, questa Pozione è piuttosto scadente.

-Ma sono sicuro di non aver sbagliato niente! – protestò Scorpius, esasperato. Albus fece un sorriso sghembo.

-Perché non hai sbagliato nulla. Ti ho controllato. Hai fatto tutto nel modo giusto e hai dato anche un po’ di spettacolo – Al gli fece l’occhiolino – ma la vera essenza delle Pozioni angeliche è un’altra. Tu devi concentrare la tua magia non nei movimenti o negli ingredienti, come hai fatto. Devi concentrarla nella Pozione. Prova – disse, porgendogli la fiala. Scorpius fece come aveva detto e la Pozione divenne di un azzurro cielo acceso e vivo.

Scorpius arrossì, rendendosi conto che la sua magia aveva lo stesso colore degli occhi di Rose. Anche la rossa parve accorgersene, perché distolse lo sguardo. Al rimase impassibile.

-Bravissimo, questo per Fen è un buon risultato, anche se naturalmente devi migliorare, concentrando la magia nella Pozione durante la sua preparazione. Vedo che la tua magia è azzurra… sai che la magia di un Angelo varia dal colore degli occhi della persona a cui si è più legati? Non sai quanti Angeli hanno la magia di colore marrone… bleah!

A quel punto Scorpius arrossì ancora di più e si alzò, dirigendosi verso l’aula di Incantesimi.

 

Per tutta la mattinata Scorpius dovette effettuare Incantesimi di livello avanzato. A Trasfigurazione addirittura la Mc Granitt gli disse, sotto ordine di Fen, di trasfigurare il proprio corpo in un falco. Non c’era riuscito del tutto, aveva preso le sembianza di un falco, ma era rimasto della sua grandezza normale.

Per andare a mangiare dovrebbe praticamente farsi trascinare da Albus e Rose. La rossa pareva piuttosto divertita da quella situazione e lo prendeva in giro, mentre Albus era preoccupato.

-Amico, se il primo giorno sei già a terra, arriverai dai Demoni strisciando – gli disse, mentre si sedevano al loro tavolo. Scorpius gli lanciò un’occhiata di fuoco.

-Io li farò a pezzi, Al, non rompere – Scorpius era deciso a portare a termine il suo compito. E a proteggere Rose. E suo padre. E Hermione, che praticamente era diventata come una mamma per lui.

Sua madre. Quanto gli mancava. Delle volte si sedeva nella biblioteca, davanti al ritratto della madre, e passava ore a studiarla, a sorriderle. Era talmente bella… talmente dolce..

All’improvviso ebbe un flashback. Il suo Smistamento. Il Demone. La frase in Serpentese del Demone tradotta da Albus. Sei condannato a morte, tu che sei nato dalla luce mista alle tenebre, dalla morte mista alla creazione. Un terribile dubbio si insinuò nella sua mente.

E la rabbia tornò, cominciando a graffiargli il petto con le catene da cui si dimenava. Si alzò facendo cigolare la panca, e si diresse a passo di marcia verso il Lago Nero.

Arrivato lì, la sua rabbia esplose in un urlo disumano. Le lacrime gli sgorgarono dagli occhi. non poteva crederci. Non era possibile.

Si specchiò nelle acque scure e sputò sulla propria immagine.

-È il grande peso che ognuno di noi deve sopportare – disse Fen avvicinandosi a lui. Scorpius si voltò e si alzò, gli occhi accesi da una luce irosa.

-Un peso? È colpa mia se mia madre è morta, e tu lo chiami peso??? –sbottò  il biondo, dandogli addosso.

Fen sorrise debolmente e gli posò una mano sulla spalla. Pronunciò qualcosa e Scorpius si ritrovò improvvisamente sulla riva opposta del Lago, una pianura desolata in mezzo a una fitta foresta.

Aveva una fitta all’altezza del cuore e un groppo alla gola. Un groppo che lui aveva conosciuto solo una volta: cinque anni prima, quando Al aveva rischiato la vita.

Stava piangendo.

Fen se ne accorse e fece una smorfia, prendendo una provetta da una tasca dentro il mantello.            

-Non piangere. Ma se proprio devi, metti le lacrime qui. le lacrime di voi Angeli sono preziosissime.      

-Perché? Perché proprio la mia mamma? – domandò lui, tra i singhiozzi.

 !!!!-Allora, per spiegarti questo concetto, dobbiamo partire da qualche secolo fa. I Demoni allora erano liberi di scorrazzare liberi su questa terra, portando con loro scompiglio, morte e distruzione. A quel tempo ero il preside di Hogwarts. Cercai di contrastare i Demoni con i miei soli poteri, senza riuscirci.

-Allora, con l’aiuto di un antenato di Albus, il Venerabile Simon, e un altro strega sua amica, creai il primo angelo, con un antico rito. Purtroppo, per farlo, sacrificai buona parte dei miei poteri, così come fece il Venerabile. Donammo ai primi due angeli, Perseus ed Eltanin, poteri sovrannaturali. Il controllo dell’acqua e dell’aria, ad esempio, vita lunga e una grande predisposizione sia alla magia che all’arte della guerra. Li addestrammo e grazie a loro riuscimmo a vincere la sanguinosa guerra che in quegli anni si stava disputando e a tenere i Demoni nel Mondo di Sotto. Gli angeli, riconoscenti a me e al Venerabile per averli creati, ci donarono il dono dell’immortalità. Il Venerabile però, al contrario di me, ci rinunciò, ma si rese immortale in un’altra forma. Purtroppo, negli anni gli angeli, moltiplicandosi sempre più, avevano cominciato a dimenticare la gratitudine che li legava a me, e avevano cominciato a ribellarsi. Erano creature capricciose di natura, nonostante la loro grande saggezza. I Demoni, approfittando di questo momento di “caos” tra gli angeli e i propri creatori, attaccarono.

-Fu una strage. Gli Angeli rimasero in pochissimi, e quei pochi rimasti non riuscivano a tenere sotto controllo i Demoni. Fortunatamente, in quegli anni, Albus Silente, divenne preside e riuscì a sigillare i Demoni nel Mondo di Sotto.

-E questa è la storia del mio popolo, e ti ringrazio di avermela raccontata. Ma questo cosa c’entra con la morte di mia madre?

-Te l’ho detto, no? Alla creazione di Perseus ed Eltanin parteciparono oltre a me il primo Venerabile e un'altra strega. Quest’ultima strega, nel rito, perse la vita. è così che funziona: per ogni Angelo nato, muore una persona nel mondo. Negli ultimi tempi gli Angeli sono diventati sempre di meno, perciò hanno bisogno di un sacrificio più grande. Un genitore. Nel tuo caso, tua madre.

Scorpius sospirò e chiuse la boccetta, ormai piena delle sue lacrime. Cercò di ricomporsi, anche se sembrava che la rabbia fosse aumentata ancora di più.

-E chi era quella strega? – domandò, sedendosi a gambe incrociate.

-Oh, una strega molto particolare, chiamata Custode.

Capitolo lampo eh? Sembra che dopo il blocco dello scrittore sia tornata con una marea di idee in più. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Recensite, mi raccomando. Un bacio, Izzy Nihal Potter

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

-Quindi, Dome, cosa devi insegnarmi? – Rose era impaziente, e sedendosi sul prato in cui si era trasformata la Stanza della Necessità, sbuffò. Domenique era a gambe incrociate davanti a lei, i capelli biondissimi raccolti con una fascia verde. Sorrideva.

-A essere una Custode. Devi sapere che io sono stata scelta da Sally Jackson, la Custode dell’ultimo Angelo presente in questa terra, purtroppo morto in un incontro con un Demone.

-Aspetta, aspetta – disse Rose, gesticolando – vuoi dire che le Custodi sono legate agli Angeli? – Domenique sorrise, quasi intenerita.

-Ma certo cara. Gli Angeli non esisterebbero se non ci fossero le Custodi, e viceversa.

-E perché?

-è piuttosto semplice da capire. Alla creazione dei primi Angeli, Perseus ed Eltanin, partecipò la prima Custode, che venne detta così perché sacrificò la sua vita per la creazione degli Angeli. Da allora le Custodi sono state rese quasi sacre dagli stessi Angeli. Fen, resosi conto del grande affetto provato dalle sue creature per noi, ci rese.. non so come definirlo… importanti per loro, siamo come una specie di legante.

-Come un legante? – l’interruppe ancora Rose, confusa. Domenique la fulminò con un’occhiataccia.

-Preferirei che non mi interrompessi – la riprese. Rose si zittì e annuì e la Veela continuò:

-Ognuna di noi ha cinque anni per trovare un Angelo su cui vegliare. Infatti, se un Angelo sceglie di  legarsi a noi donandoci un Enirì, noi diventiamo essenziali per il nostro angelo. Siamo una specie di calmanti per loro. Quando perdono il controllo, siamo le sole che riescono a farli tornare in sé. è una specie di potere speciale, a conti fatti, che si mantiene in noi a patto che continuiamo a proteggere il nostro Angelo. Purtroppo, io sono venuta a conoscenza della mia natura a undici anni, e l’unico Angelo che conosco è Scorpius, e lui si è già legato.

-A chi?

- A te. Non so come, ma lui, ancora inconsapevole della sua natura, ti ha donato un Enirì, cioè una parte di sé, che ti protegge e ti ricorda del tuo compito. Il vostro legame è fortissimo, è impossibile non percepirlo. E credo che la risposta sia nel ciondolo che tu porti sempre al collo. Emana un’Aura molto simile a quella degli Angeli.                                                         

Rose si toccò istintivamente la goccia di cristallo che portava appesa al collo e la accarezzò con dolcezza.

-Ma questo non me lo ha dato Scorp. L’ho trovato cinque anni fa sul campo da Quidditch – disse Rose, corrugando la fronte.

-E ricordi cosa è successo quella stessa giornata sul campo da Quidditch? – chiese Domenique, con fare saccente e calcando ancora di più il suo accento francese.

- Bè, sì… - rispose Rose, tentando di ricordare – Albus si era fatto male ed era comparso un ciclone sul campo da Quidditch – all’improvviso la rossa sgranò gli occhi, incredula, e guardò la cugina dritta negli occhi.

Dome sorrise e annuì. Rose abbassò lo sguardo e sorrise debolmente.

-È stato Scorp…. – sussurrò – e ha pianto…

-Già. Devi sapere che le lacrime degli Angeli sono preziosissime. Una solo di esse ha tanto potere magico quanto un mago alle prime armi. Riconoscendoti come Custode deve essersi trasformato nel tuo Enirì.

Rose annuì e si prese la testa tra le mani, per assorbire meglio le informazioni. Era una Custode. La Custode di Scorpius, il suo Angelo. Sentì crescere l’euforia nel petto. Avrebbe tanto voluto mettersi a saltellare come una bambina che riceve il suo regalo di Natale.

-È fantastico. Lo faccio – annunciò, con un sorriso deciso – sì, lo faccio. Dimmi, cos’è esattamente un Enirì?

Domenique sospirò e sorrise.

-Se usassi questa energia per studiare… - Rose alzò gli occhi al cielo facendo capire alla cugina di aver sprecato il fiato, perciò la bionda continuò:

- È una specie di segno di riconoscimento di noi Custodi, ci permetteva in antichità di accedere a tutti i luoghi accessibile solo agli Angeli. Ci protegge in battaglia e amplifica i nostri poteri magici. È tutto ciò che siamo, rappresenta la nostra appartenenza all’antico ordine e il nostro legame con gli Angeli.    

- Che forza – fu tutto quello che riuscì a dire. La sua gioia era immensa. Era legata fino alla fine con Scorpius. Per sempre.

 

Scorpius era stremato. Fen lo aveva massacrato con esercizi estenuanti. Aveva praticato magie avanzate, preso appunti, ascoltato storie sul suo popolo. Era stanco morto, ed era solo il primo giorno.

E non è ancora finita, pensò con un sorriso amaro. L’Emerita infatti gli aveva assegnato un ultimo, difficoltoso esercizio che avrebbe dovuto provare per i prossimi giorni. Fen si sarebbe assentato per un po’ e lui si sarebbe dovuto allenare. Inoltre, sarebbe andato con Rose da Domenique per studiare altra storia del popolo degli Angeli.

Si avvicinò alla riva del Lago Nero e osservò con sguardo ammaliato il sole che con i suoi raggi tinti di sangue cominciava la discesa verso il suo rifugio tra le montagne.

Ispirò forte. Sospirò e chiuse gli occhi. Visualizzò il suo corpo e vide come una rete di fili che scorrevano in esso, in cui fluiva una corrente di energia azzurra.

La concentrò nei piedi e la modellò fino a formare come dei piccoli scudi. E fece un passo.

E rimase sull’acqua. Piccole onde concentriche si formavano attorno ai suoi piedi, con un rumore dolce e rassicurante che gli scaldava il cuore, placando quasi la bestia di paura che dimorava in esso.

Fen gli aveva spiegato che gli Angeli erano stati creati dall’unione sì, dei tre poteri magici della Custode, del Venerabile e di lui stesso, ma anche da due Elementi, i più puri che esistano: l’aria e l’acqua.

Per questo riusciva a camminare sull’acqua. Per questo, Fen gli aveva detto, un giorno sarebbe anche riuscito a volare. Non vedeva l’ora.

Avanzò di altri passi, piccoli ma sicuri. Era quasi arrivato dall’altra parte, quando vide in lontananza una chioma rossa che si avvicinava.

-Scorp! – lo chiamò Rose, salutandolo con la mano. Scorpius sorrise e sentì il suo cuore riempirsi di gioia, mescolata all’euforia per la vicinanza con uno degli Elementi da cui era nata la sua razza.

-Rosy! – fu un attimo. Perse la concentrazione e sprofondò nell’acqua fredda. Lui non sapeva nuotare e non era mai entrato  in acqua. Suo padre gli aveva raccontato però che nell’acqua tutti i sensi si attutivano e tutta si appesantiva.

Per lui non fu così. Fu come essere diventato un animale. I suoi sensi si amplificarono, vedeva tutto con chiarezza, sentiva tutto con precisione e udiva tutti i suoni quasi amplificati.

Era meraviglioso. Cominciò a nuotare e si rese conto che non aveva bisogno di prendere aria. Era bellissimo, rigenerante, era come nascere di nuovo.

Arrivò a riva e si appoggiò con i gomiti ad essa, ai piedi di Rose. Le sorrise. Un sorriso vero, nuovo, che aveva solo quando era con Rose, ma stavolta non dipendeva da lei. Era stata l’acqua a dargli quella sensazione nuova, calda, dolce.

Scorpius incominciò a ridere e prese Rose per mano sporgendosi fuori dall’acqua. La tirò a sé e la buttò in acqua. Rose scomparve nel Lago e quando riemerse stava ridendo, e lo spintonò scherzosamente.

Risero e nuotarono fino a tarda sera, fin quando le stelle non cominciarono a far capolino nel cielo.

 

Albus camminava a passo deciso nei corridoi bui. Non temeva Gazza, era Gazza che temeva lui. Per questo quando girava per i corridoi dopo il coprifuoco nessuno gli diceva nulla. Tutti i professori avevano paura di lui. Sapevano che, se avesse voluto, avrebbe potuto distruggere la scuola con uno schiocco delle dita, proprio come avrebbero potuto fare Scorpius o Rose, quando avrebbero terminato il loro addestramento.

Arrivò nella Stanza delle Necessità, dove Domenique stava sistemando dei libri su uno scaffale. Era di spalle.

-Buonasera, Albus – lo salutò con voce calma e controllata, scendendo dalla scala. Albus incrociò le braccia e aggrottò la fronte.

-Stai preparando Rose, Custode? – chiese il moro. Dome si voltò e sorrise, con il suo solito sorriso angelico e sereno.

-Custode? Siamo cugini Al, non c’è bisogno di essere tanto formali. Comunque sì, è già a buon punto.       

-Bene. Sospetta qualcosa? – chiese, passandosi una mano tra i capelli come suo nonno. Domenique sospirò e scosse la testa. Albus annuì e distese la fronte.

-Io non credo che sia giusto. Sacrificarlo e il resto – disse Domenique, incrociando le braccia. Albus sbuffò.

-Ma è necessario.

-E da quando tu pensi solo al necessario? – domandò la Veela. Albus rimase in silenzio e si strinse nelle spalle, come se non sapesse come rispondere. Ma in cuor suo, la risposta la sapeva già.

-Da quando ti sei piegato al volere di qualcosa di più grande – rispose Dome, leggendo nel pensiero di Albus e uscendo dalla stanza.

E il Venerabile rimase al buio nella Sala, mettendosi in ginocchio.

Era così. Si era piegato. Aveva smesso di ardere e si era spento, sottomesso al vento che lo trasportava in balia della sua corrente. E il suo migliore amico era una vittima del suo aver mollato.

Si alzò, asciugandosi le lacrime. Strinse i pugni.

Decise che Scorpius avrebbe saputo. E lui lo avrebbe salvato.  

 

Salve! Scusate il ritardo! Ringrazio tutti coloro che recensiscono/seguono/ricordano/preferiscono. Un bacio!       

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

Hermione non sapeva cosa le stava succedendo. Non le era mai importato tanto del suo aspetto. Si era sempre vestita in modo piuttosto semplice, sportivo e sobrio.

Eppure quel giorno, il giorno del compleanno di Ginny, l’aveva passato davanti allo specchio, provando un vestito dopo l’altro, un’acconciatura dopo l’altra. E non capiva il perché.

Si sedette sul letto. E si chiese cos’era cambiato in quegli ultimi anni da averla ridotta a fare la sfilata davanti allo specchio. E due volti furono la risposta.

Scorpius, che per lei era come il suo terzo figlio, e Draco. L’uomo che le aveva rubato il cuore. Con quella sua aria testarda, orgogliosa, arrogante, ma allo stesso tempo tormentata e quasi tenera.

Lo faceva per lui. Per renderlo suo. Sorrise e si alzò di scatto, ritornando con la testa affondata nell’armadio. E lo trovò.

Era un vestito che le aveva regalato la madre per il suo compleanno, anni prima. Era un turbino verde smeraldo con una fascia nera sotto il seno, lungo fino alle ginocchia. Ci abbinò un paio di scarpe con un piccolo tacco nero, aperte davanti.

Grazie a un incantesimo rese i suoi ricci indomabili dei boccoli morbidi e li sistemò in un crocchia da cui sfuggivano poche ciocche le incorniciavano il viso dolcemente. Un po’ di trucco e voilà!

Draco era rimasto a bocca aperta non appena aveva aperto la porta.                                                                        
Sorrise. Era l’effetto a cui puntava. Si chiuse la porta alle spalle con eleganza, leggermente imbarazzata.

-Sei bellissima… - sussurrò lui con un sussurrò, prendendola per mano. Lei abbozzò un sorrisino, arrossendo. Draco sorrise a sua volta.

Lui indossava un paio di jeans neri e una camicia dello stesso colore. Quel colore così scuro in contrasto con la sua pelle diafana. Eppure era bellissimo.

Si smaterializzarono e si ritrovarono davanti alla porta della Tana. Hermione espirò forte e fece per bussare. Draco le bloccò la mano, lanciandole uno sguardo che valeva più di mille parole. La Grifondoro lo rassicurò con uno sguardo a sua volta e bussò.

Fu Molly ad aprirle, rivelando il soggiorno agghindato a festa. Paralleli alle pareti correvano i tavoli del buffet, stracarichi di ogni leccornia. Era presente tutta la famiglia Weasley, e qualche vecchio compagno di scuola. Michael, Luna, Neville, Dean….

Tutti però, ammutolirono alla vista di Hermione appesa al braccio di Draco. Quest’ultima tossicchiò imbarazzata, mentre Draco non sembrò farci caso e andò incontrò a Ginny, avvolta in uno svolazzante vestito rosso.

Le fece gli auguri e fece un cenno a Hermione. Questa si riprese dall’imbarazzo e augurò buon compleanno a Ginny, porgendole il regalo. Lei sorrise.

-Non dovevate, ragazzi… - mormorò, mentre ammirava la collana di Tiffany nella scatola argentata – è bellissima.. davvero, io non posso accettare, sarà costata una fortuna.

-Figurati Gin. Sei tu – disse Draco, con un ghigno divertito. Ginny lo abbracciò.

Poi la musica cessò, e la folla si divise in due, facendo passare uno dei tanti uomini dai capelli rossi presenti nella stanza. A differenza degli altri però, che avevano un’espressione di sdegno, il viso dell’uomo trasudava rabbia.

-Cosa ci fai qui, Malfoy? – chiese Ron, indurendo la mascella. Draco ghignò e stava per parlare, quando Ginny lo fermò, temendo che dicesse qualche cattiveria, e si mise davanti al biondo.

-L’ho invitato io Ron, non fare il cretino – lo rimproverò. Ron però rimase impassibile e si rivolse a Hermione. 

-E tu?! Tu avresti dovuto portarmi Rose l’ultimo weekend, o sbaglio? E perché sei venuto con questo viscido Mangiamorte, snob… - Draco si fece avanti e lo rimbeccò:

- Come dici Pel di Carota?! – Hermione li divise con un urlo esasperato.

-Smettetela di comportarvi come due idioti! – urlò la riccia. Ron espirò forte e fece un passo indietro, mentre Draco rimase immobile e ghignò. E Hermione lo conosceva abbastanza da sapere che quel ghigno in particolare annunciava la tempesta.

-Oh, la smettiamo Herm… - disse con tono accondiscendente – ma perché non spieghi al tuo ex-marito dov’era Rosy lo scorso weekend? – Hermione lo fulminò con un’occhiataccia e lui si strinse nelle spalle, ghignando.

-Sei una serpe, lasciatelo dire – gli disse, poi si rivolse a Ron – Draco ha organizzato una festa per il compleanno di Scorpius e Rose non voleva mancare, ecco – spiegò in un sussurro.

Ron a quel punto esplose.

-Vuoi dire che Rosy, la mia Rosy, ha saltato uno dei nostri preziosi weekend per stare con il figlio di questo qua? Ma che razza d’incantesimo le hai fatto?! – Draco però non fu da meno. Diventò tutto rosso (per quanto potè) e gonfiò il petto, cominciando a inveire contro Ron.

-Nessun incantesimo, razza d’ignorante! Sappi che mio figlio Scorpius è il miglior amico di Rose, che a questo punto, non credo che tu possa considerare tua, dato che non conosci nemmeno la persona con cui passa la maggior parte delle giornate!

-Quelle che dici sono tutte cazzate, Malfoy!

- Ah, davvero? Quindi tu dici di conoscere Rose?

-Per quanto quei pochi weekend a me concessi me lo abbiano permesso, sì!

-Bene. Quale è il suo colore preferito?

-Mi credi davvero un padre così sprovveduto? Il viola!

-Ok. Il suo passatempo preferito?

-Giocare a Quidditch.

-Perfetto. Se rispondi a questa ultima e semplice domanda, giuro che starò lontano sia da Rose che da Hermione per il resto della mia vita. Se sbaglierai però, non darai più fastidio a Hermione, con chiamate, messaggi ecc. Chi è la persona più importante nella vita di Rose?

-Hermione – rispose sicuro il rosso, incrociando le braccia beffardo.

-Sbagliato – disse Hermione con un sorriso amaro. Ron si voltò di scatto, lo sguardo di fuoco. Hermione si strinse nelle spalle.

-Non sono io. È Scorpius, il figlio di Dray. È tutto l’universo di Rose. Se gli accadesse qualcosa, probabilmente Rosy non riuscirebbe a vivere senza di lui.

-E da quando il figlio di uno schifoso Mangiamorte è il punto di riferimento di mia figlia?

-Da circa sei anni – rispose Hermione – dovresti saperlo. Da quando Draco e io..

-Cosa, state insieme? – sbottò Ron. Draco per la prima volta arrossì un poco, mentre Hermione diventava un pomodoro e tutti nella stanza ammutolivano, attendendo la risposta della Grifona.

-Diciamo che…  - iniziò Hermione, ma Ron non la lasciò finire. Sbottò.

-Ma certo, dovevo immaginarlo, sei solo una puttana! Mi lasci e non passa neanche un mese che ti metti con un altro! Puttana! – Hermione strinse i pugni.

- Ma come ti permetti?! Tu che stavi con Hugo e Rose due giorni sì e quattro no, che andavi tutte le sere ai bar con una ragazza diversa ogni volta e che non mi aiutavi mai con la casa! Sei solo un porco!

-Puttana! – ripetè Ron. Draco non ce la fece più. Hermione ormai era sull’orlo delle lacrime e Ron non esitava a smettere di insultarla. La signora Weasley cercava di calmarlo, mentre i suoi fratelli lo trattenevano.

-Ora basta! – gridò Draco – lasciala stare! Non hai nemmeno il diritto di parlarle! A questa donna meravigliosa, fantastica, dolce, che sei stato capace di tradire senza pensarci due volte!

Ron fece per dire qualcosa, poi però imprecò sottovoce e si smaterializzò.

Draco si rilassò e si voltò verso Hermione, che lo guardava con un sorriso pieno di gratitudine.

-Figurati – disse Draco, poi si rivolse a Ginny – scusami Gin, ti ho rovinato la festa. Mi dispiace molto.

Ginny sorrise e li guardò entrambi.

-Vi perdonerò se farete quello che Scorpius e Rose vogliono da cinque anni.

-Cioè? – domandò Hermione, mentre si asciugava le lacrime e Draco la stringeva a sé per consolarla.

-Che ne dite di un bacio? – s’intromise Harry. Draco e Hermione strabuzzarono gli occhi, mentre tutti cominciavano a battere le mani e a scandire ba-cio! Ba-cio!, capendo il grande amore che univa i due.

E i due si guardarono, immergendosi l’uno negli occhi dell’altro, trovandocisi solo l’amore più profondo e meraviglioso che ognuno dei due potesse desiderare. E Hermione si protese in avanti, mettendosi in punta di piedi e intrecciando le mani dietro la nuca di Draco.

-Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata – disse Draco, a un centimetro dalla labbra della riccia.              

-Idem – rispose la Grifona, poggiando le sue labbra su quelle del biondo.

Fu un bacio dolce, accolto da un applauso. Un bacio che era la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Un bacio che sugellava qualcosa. Che dava inizio a una delle più grandi storie d’amore che siano state mai raccontate.

Intanto, ad Hogwarts….

Salve salve! Vedete, mi sono fatta perdonare, più o  meno, ma per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po’. Questo è un periodo piuttosto turbolento, sapete, esami e tutto il resto. Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto.

Un bacio, Izzy Nihal Potter

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Albus era un codardo. Si sentiva un codardo. Erano quasi arrivate le vacanze di Natale e non aveva ancora detto nulla a Scorpius. In compenso, lui e Rose stavano migliorando in fretta.

Scorpius ormai maneggiava abilmente tutte le magie avanzate e Rose era diventata un’esperta di storia angelica. Erano tutti e due a buon punto. Quanto avrebbe voluto che avessero incontrato delle difficoltà, almeno Scorpius non sarebbe stato quasi pronto.

Quasi pronto al sacrificio.

 

-Allora, Scorp, vieni a casa mia per Natale, vero? – chiese Rose mentre lei e Scorp andavano da Domenique, per la solita lezione. Scorpius la guardò sorridendo.

-Poi vedremo – rispose, mentre le cingeva le spalle con il braccio. Rose fece una smorfia, liberandosi dalla stretta dall’amico.

- Le vacanze iniziano dopodomani, miseriaccia! Devi darmi una risposta!  - sbottò la rossa. Scorpius abbassò lo sguardo e Rose capì quale era il problema.

-Non preoccuparti, non andremo alla Tana, ma alla casa dove viviamo la mamma e io. Probabilmente la Vigilia la trascorreremo con i nonni, ma a Natale inviteremo te e Dray e la famiglia di Al a casa.

-Sicura? – domandò Scorp, mentre apriva le porte della stanza delle Necessità.

-Sicura – gli assicurò Rose con un sorriso smagliante. Entrarono.

La Stanza era trasfigurata come al solito. Un grande prato verde sconfinato, con una quercia nel bel mezzo, alla cui ombra stava seduta Domenique. La Veela stava facendo yoga, con le gambe incrociate e gli occhi chiusi.

Rose e Scorpius si sedettero di fronte a lei, aspettando che la Grifondoro uscisse da quello stato di meditazione assoluta. Delle volte ci volevano secondi, a volte ore.  

Passato qualche minuto, fortunatamente, gli occhi azzurri di Domenique si spalancarono, e lei sorrise.

-Ma che puntualità impeccabile, ragazzi – disse – mi piace molto. Mantenete questo ritmo, mi raccomando. Allora, oggi parleremo della natura dei Venerabili.

-Quindi di Albus? – chiese Rose, tirando fuori dalla borsa una piuma e un quadernino, dove teneva tutti gli appunti di storia angelica.

-Esattamente. Allora, prima della creazione degli Angeli, il primo Venerabile, un mago di nome Simon, abitava a Diagon Alley. Era temuto in tutto il villaggio, poiché era il primo Rettilofono non appartenente alla discendenza di Salazar Serpeverde. Cominciarono a chiamarlo Colui che Parla alle Creature della Terra. Era solo un ragazzino, e Fen lo prese sotto la sua ala.

-Lo addestrò come si deve a un mago d’elitè e nel giro di pochi anni, Simon divenne un mago eccellente e potente. Dovete sapere che alla creazione degli Angeli, ognuno dei tre – Fen, la Custode, il Venerabile – donarono una parte di loro agli Angeli.

-Il dono più grande fu quello della Custode, che donò la propria forza vitale. Fen donò parte dei suoi poteri magici. Il Venerabile donò la propria saggezza. Simon era cresciuto in un ambiente ostile, ma era di carattere ottimista e gli insegnamenti di Fen lo avevano fatto maturare prima del tempo. Per questo la saggezza è un’innata dote dei Venerabili.

- Simon salvò più volte il villaggio dai Demoni, anche se con molta fatica, e la gente cominciò a chiamarlo Venerabile. Dovete sapere che, avendo donato una parte di lui ai primi Angeli, Simon morì quando Perseus ed Eltanin morirono. Così sempre.

-Ogni Angelo ha una propria Custode e un Venerabile al suo fianco, e questi sono inesorabilmente legati a lui.

Scorpius abbassò lo sguardo. Rose e Albus dipendevano da lui. Guardò la rossa, che gli sorrideva. E si sentì colmo di fiducia in sé stesso.

-Dome? – intervenne il biondo – Fen ha detto di essere immortale, e che i Venerabili si resero immortali in un’altra forma. Quale? – Domenique sospirò.

-Proprio come noi Custodi siamo scelte attraverso un legame naturale che abbiamo con gli Angeli, i Venerabili devono cercare un Angelo a cui fare da guida, occuparsi della sua istruzione e aiutarlo anche in guerra, se serve. La forma che Simon scelse per rendere immortale lui e la stirpe dei Venerabili è la rincarnazione. Molto spesso lo spirito dei Venerabili sceglie persone vicine all’Angelo a cui deve fare da guida.

Scorpius annuì, mentre osservava la penna veloce di Rose che prendeva appunti.

 

-Buon Natale! – gridò Draco, stappando una bottiglia di champagne, abbracciato a Hermione.

Rose li osservò, sorridendo. Alla fine avevano optato per passare il Natale al Malfoy Manor, e avevano invitato anche la famiglia Potter. James e Lily erano rimasti a Hogwarts, ma Albus aveva accolto l’invito.

Draco e Hermione avevano resa pubblica la loro relazione, scatenando la felicità dei ragazzi.

In quel momento, dopo il brindisi, Albus, Rose e Scorpius stavano per annunciare la natura del biondo.

-Scusate, possiamo avere un attimo di attenzione? – chiese Rose. Scorpius era seduto accanto a lei, sorridendo in modo sghembo. Albus invece, non sembrava particolarmente felice di render e pubblica la notizia della natura sua, di Scorp e Rose.

Ma non appena tutti rivolsero lo sguardo verso la rossa a capotavola, Rose sganciò la bomba.

-Scorpius è un Angelo! – esclamò, portandosi le mani alla bocca. Hermione mise le mani sul cuore e Draco rimase a bocca aperta. Ginny applaudì. Solo Harry aggrottò la fronte, capendo la gravità della cosa, e scambiandosi un’occhiata d’intesa con il figlio.

-Quindi… - incominciò Harry – vuoi sconfiggere i Demoni? – chiese Harry. Scorpius si fece serio.

-Certo. È questo il mio obiettivo. E riscatterò il nostro nome, papà, te lo prometto – disse al padre. Draco annuì, guardandolo con gratitudine e orgoglio.

-E io lo aiuterò! – annunciò Rose con un sorriso smagliante. Hermione scattò.

-Non ci pensare nemmeno! Scorpius è un conto, è potente! Ma tu sei solo una ragazzina! Nemmeno gli Auror hanno potuto fare qualcosa contro quei mostri! – Rose però continuava a sorridere.

-Mamma, se non lo aiuterò, ne andrà della maggior parte della mia forza vitale! Sono una Custode, la sua Custode – indicò Scorpius – e lo aiuterò, che tu lo voglia o no!

Hermione rimase seria.

-Sei una Custode?

-Sì. E Albus è un Venerabile, anche lui dovrà aiutare Scorp e poi…

-Scorpius deve morire! – esclamò Albus. Il silenzio calò tra i presenti. Scorpius si voltò lentamente verso il Venerabile, l’incredulità negli occhi.

-Ecco, l’ho detto! – continuò, con le lacrime agli occhi – Scorpius, per quanto sia infinitamente potente, non potrà mai farcela contro un esercito di Demoni!

-E tu me lo dici solo adesso?! – gridò Scorp, alzandosi, mentre la rabbia gli graffiava il petto e le sue mani cominciavano a illuminarsi di azzurro. Albus si concentrò e uno scudo verde si stagliò intorno a lui, mentre Scorpius scagliava una fiammata azzurra contro di lui.

-Senti, te lo avrei detto prima, ma Fen… senti, lui crede che non sarai mai in grado di sconfiggere un esercito di Demoni da solo. Vuole sacrificarti non appena terminerai il tuo addestramento (credimi, gli duole il cuore al solo pensiero) per far risorgere Perseus ed Eltanin, gli Angeli più potenti mai esistiti.

-Quel bastardo! – urlò Scorpius, scagliando un’altra fiammata che corrose lo scudo di Al. Albus cercò di calmarlo dicendogli:

-Sta calmo! C’è un modo per evitare il sacrificio! – Scorpius si rilassò, respirando pesantemente, mentre Rose tentava di calmarlo e fulminava con lo sguardo Albus.

-Allora dimmi, prima che ti faccia a pezzi! – lo minacciò, estraendo due coltelli dalle tasche posteriori dei jeans e facendoli roteare. Albus deglutì. Domenique aveva istruito Rose all’arte della guerra, e gli aveva detto che Rose aveva una specie di.. insomma, sì.. di “talento naturale”.

-C’è un altro Angelo presente su questo pianeta. Un’altra, in realtà – disse Albus, con voce tremante – si chiama Diana. È potente quasi quanto te, Scorp. Forse con il suo aiuto, e quello della sua Custode, potremo farcela.

-E perché non ce l’avete detto prima? Perché Diana non ha iniziato il suo addestramento? Sa di essere un Angelo?

-Certo che lo sa – rispose una voce in fondo alla sala. Fen era là, guardava i presenti, serio.

-Ma non vuole combattere – continuò Albus – perché..

-Perché, miei cari ragazzi, i Demoni sono malvagi, e hanno tolto a Diana l’unica ragione che aveva per vivere. L’uomo che amava, il suo Venerabile. Lei ha provato a vendicarsi, ma non ce l’ha fatta. E ora vive spersa per questo mondo, con la sua Custode, in attesa della fine.

Scorpius guardò Rose, e i suoi occhi di tempesta parlarono da soli. Strinse la mano della rossa e disse:

-La troveremo. E sconfiggeremo quei mostri.   

È un capitolo schifoso, lo so, ma con gli esami scritti che mi perseguitano, non riesco a scrivere di meglio. Ma volevo pubblicare qualcosa. Spero che non ci siano errori, ho riletto velocemente. Nel caso ci siano, mi scuso.

Un bacio, Nihal Potter

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

L’angelo delle nevi

-Rose, Rose, svegliati, dobbiamo andare! – Rose si destò stropicciandosi gli occhi, e subito se ne pentì. Il freddo la investì con una folata gelida che le congelò le ossa. Si strinse le braccia intorno al corpo, ma a parte un dolce tepore che le attraversò per un attimo le membra, l’azione non servì a nulla.

Si alzò e si infilò due maglioni di lana, pantaloni pesanti e un paio di stivali da montagna. Uscì dalla tenda.  Fuori c’erano Scorpius e Albus, intenti ad accendere un fuoco con la magia e a scaldare la colazione. 

-Ehi – la salutò Scorp, buio in volto. Rose sorrise amaramente. Il suo Angelo non aveva ancora digerito il torto subito da Al. Per questo erano partiti immediatamente per il Monte Bianco, in Italia, dove Fen aveva localizzato Diana. Fen non era potuto venire, era andato con gli Auror al fronte della guerra con i Demoni, che si stava trasformando in una vera e propria carneficina per i maghi.

Inoltre, i Demoni si stavano avvicinando sempre di più a Hogwarts. Per questo dovevano trovare Diana al più presto e convincerla ad aiutare Scorp nella guerra. Erano tre giorni che stavano cercando Diana su quella montagna, e dovevano sbrigarsi.

-Allora, ci siamo Al? – chiese Rose, avvicinandosi al fuoco per scaldarsi. Scorpius si voltò verso Albus e gli lanciò un’occhiataccia del tipo “vedi di non sbagliare oppure ti butto giù”. Albus deglutì rumorosamente e corse a prendere il suo ciondolo.

Rose guardò giù, fuori dallo spuntone di roccia dove si erano accampati. Quell’enorme distesa di roccia e gelo era al contempo spaventosa e affascinante. Ma l’idea di venir scaraventato di sotto da un Angelo in preda a un attacco d’ira… bè, doveva per di più essere spaventoso.

Intanto Al aveva incominciato la solita tiritera: prendeva il suo ciondolo (una specie di giglio che, da quanto Rose aveva capito, era il simbolo dei Venerabili) e lo impregnava della sua magia. Recitava un’antica formula in una lingua alla rossa incomprensibile e il ciondolo indicava la strada.

La magia di Albus era color nocciola, il colore degli occhi di Lily. Rose sorrideva ogni volta alla sua vista: sapeva che Albus avrebbe fatto di tutto per la sua sorellina.

Rose sapeva che saper fare magie senza bacchetta era una caratteristica degli Angeli, ma che potevano sviluppare anche Custodi e Venerabili. Poi, quando si assumeva una certa dimestichezza con la magia “manuale” (così definita da Domenique) questa assumeva il colore degli occhi della persona cui si teneva di più.

Per Scorpius era stato automatico, e la sua magia era color azzurro cielo (cosa per cui Rose arrossiva sempre). Per Albus era stata una passeggiata imparare, e la sua magia era color nocciola. Ma per lei no.

Se aveva un “talento naturale” per l’arte della guerra, era negata per la magia “manuale”. Era un disastro. Ma conosceva il colore della sua magia. Grigio. La sua magia era grigia, con screziature azzurre.

Gli occhi di Scorpius.

Ok, sapeva di essere come una specie di medicina per il biondo. Glielo aveva confessato lui stesso, una sera. “Davvero, Rose, tu sei la mia unica salvezza. Tutti mi disprezzano per il mio cognome, tu sei stata l’unica che, nonostante gli iniziali pregiudizi, ha saputo guardare oltre e ha trovato il vero me. Promettimi di non lasciarmi mai, Rosy.”

Anche per lei era lo stesso. Insomma, Scorpius era dolce, il suo migliore amico, il centro dell’universo per lei ma… negli ultimi tempi qualcosa era cambiato.

Ogni volta che lo vedeva sentiva il bisogno di sorridere e il clima farsi più tranquillo, come se la sua sola presenza le suscitasse una sorta di calma totale. Non capiva il perché di quelle sensazioni, miseriaccia!

Strinse forte la tracolla della borsa dove custodiva la rosa che le aveva regalato il biondo.

-Rose! Rose, attenta! Dietro di te! – l’urlo di Albus la riscosse dai suoi pensieri. Si voltò di scatto e rabbrividì. A circa una quindicina di metri da lei c’era un orso dagli occhi pieni d’ira, la bocca ringhiante e bavosa.

Ma cosa ci faceva lì? Quella era un’altitudine spropositata per un orso, era innaturale. E un’altra cosa innaturale era il colore della pelliccia dell’animale, di  un bianco panna-azzurro immacolato.

L’orso corse verso di lei. Rose cercò frenetica la bacchetta nelle pieghe della giacca, senza trovarla. In preda al terrore, tentò di evocare uno scudo con le mani, ma questi risultò debolissimo. La membrana grigio-azzurra tremolò, per poi svanire.

Rose gridò e Scorpius si parò davanti a lei, evocando uno scudo e contemporaneamente lanciando una fiammata azzurra contro il muso dell’orso, retto sulle zampe anteriori.

Inaspettatamente, l’orso agitò il muso, semplicemente infastidito, e scagliò una zampata contro lo scudo, che si increspò.

Rose e Scorpius imprecarono, mentre il Serpeverde biondo tentava di rafforzare lo scudo. Rose corse indietro verso il cugino, intento a lanciare sfere color nocciola contro l’orso, invano.

-Al! – gridò la rossa – ma cosa sta succedendo?! Perché l’orso è immune alla magia? – Albus alzò le spalle.

-Non ne ho la più pallida idea, Rose! Forse un incantesimo molto antico… - proprio in quel momento, l’orso spalancò la bocca, da cui fuoriuscì un fumo verde che investì i tre ragazzi.

Rose cominciò a sentirsi stordita, come se tutt’a un tratto avesse perso i cinque sensi. Cadde nella neve.        E poi, fu buio.

 

Scorpius vedeva nero. All’improvviso vide formarsi la figura di sua madre nella sua mente, circondata da un alone azzurro. Una luce in mezzo al buio. Le corse incontro.

-Mamma! Mamma! – la donna si voltò, sorridendo con dolcezza. Allargò le braccia e Scorpius la abbracciò forte, con le lacrime agli occhi, venendo inondato da un calma e da una pace mai provate prima, diverse da quelle che gli provocava Rose.

-Piccolo mio… - sussurrò Astoria, svanendo a poco a poco. Scorpius si ritrovò a piangere, in ginocchio e al buio, abbracciando il nulla. Urlò.

 

Albus si svegliò di botto, mettendosi a sedere e guardandosi intorno. Scorpius e Rose erano sdraiati accanto a lui, immersi in un sonno profondo.

Si trovavano in una grotta, agghindata come una casa. C’era di tutto: due letti, un divano, una tv, angolo cottura e un tavolo con un paio di sedie.

Là dentro faceva anche piuttosto caldo. Albus si sfilò il maglione che aveva e rimase con una semplice maglietta dei Tornados. Si alzò e cominciò a ispezionare la grotta, cercando di capire come diavolo erano finiti lì. All’improvviso un tintinnio a lui molto familiare lo fece voltare.

C’era una ragazza, a pochi passi da lui, con accanto l’orso che li aveva aggrediti. Era… bellissima, sì, ma strana.

Aveva lunghi capelli corvini che le arrivavano fino a metà schiena, incorniciandole il viso dai tratti delicati. Occhi che parevano macchie d’inchiostro spiccavano sul volto bianco e pallido. Quegli stessi occhi che lampeggiavano di dolore, frustrazione e desiderio mai appagato.

Indossava un corpetto di cuoio che lasciava scoperta la pancia piatta e un paio di pantaloni a tre quarti neri. Calzava stivali bassi neri.

Albus la riconobbe all’istante. O meglio, non l’aveva mai vista, ma sapeva, in qualche modo, che quella era Diana. Dopotutto, solo un Angelo avrebbe potuto quella bellezza mozzafiato. Ma c’era un'altra cosa.

Lui sentiva di conoscerla. Era come se la conoscesse da tanto tempo e quello fosse solo un incontro avvenuto dopo tanto tempo di distanza. E si sentiva a casa, davanti a quella ragazza che lo scrutava con occhi severi e avidi di vendetta.

Albus si inginocchiò, com’era da regola per i Venerabili davanti a un Angelo anziano. Diana sembrò riconoscere il gesto e sgranò gli occhi, mentre il sangue le coloriva le guance.

-Chi siete voi, e come avete osato profanare la mia casa? – il suo tono era severo e ghiacciava il sangue nelle vene. Albus deglutì rumorosamente e tenne lo sguardo fisso a terra.

-Il mio nome è Albus Severus Potter, signorina. Il mio amico lì svenuto risponde al nome di Scorpius Malfoy, ed è un Angelo, proprio come lei, suppongo. Il suo nome è Diana, non è vero?

L’Angelo rimase un attimo immobile, poi creò una spada dal nulla e la puntò alla gola di Albus, mentre l’orso rimaneva in disparte.

-E cosa vuole un Angelo da me? E come mai tu e l’altra ragazza l’avete accompagnato? – chiese, mentre il suo tono si faceva via via sempre più irato e alto.

-C’è una guerra, e abbiamo bisogno del suo aiuto. In quanto a me e mia cugina Rose, siamo rispettivamente il Venerabile e la Custode di Scorpius – rispose Albus, con voce tremante.

Il moro avvertì la lama vibrare, mentre Diana scoppiava in una risata amara.

-E così i Demoni sono tornati eh? E da quanto ho capito e percepito dalle vostre aure – Diana ritirò la lama e incominciò a giocarci, rigirandosela tra le mani – il tuo amico è un Angelo potente, ma piuttosto giovane e inesperto. Lo stesso vale per la sua Custode, anche se sento che sarebbe disposta a fare di tutto per proteggere il suo Angelo. E a causa della vostra inesperienza volete il mio aiuto…

-Tu sai leggere le aure? – chiese Albus, alzando uno sguardo un attimo e guardando con ammirazione Diana. Quest’ultima ripuntò la spada contro di lui e il moro tornò con gli occhi smeraldo verso il pavimento.

-Certo. E so che tu sei un Venerabile, e che muoio dalla voglia di farti a pezzi! – urlò, disegnando un taglio superficiale ma doloroso sul petto di Albus, che gemette.

-Che… - ansimò il moro – che cosa ti ho fatto? – Diana ghignò amaramente.

-Fen non ti ha spiegato proprio nulla eh? I Venerabili nascono grazie alla rincarnazione degli spiriti dei loro predecessori. In passato, lo spirito di Simon e degli altri si poteva dividere al massimo in tre persone, e solo gli Angeli più potenti o importanti potevano contare sull’assistenza di un Venerabile. E oggi, che gli Angeli sono diventati sempre più rari, può esistere un solo Venerabile al mondo. E se tu sei qui… - Diana non completò la frase, ma Albus aveva capito benissimo.

-Se sono qui significa che il tuo Venerabile è morto – il viso di Diana si contrasse in una smorfia di puro dolore. Vedere quella creatura meravigliosa soffrire era quanto di più Albus potesse sopportare, perciò distolse lo sguardo.

-Per quanto l’accertamento della morte del mio Venerabile Luis, che credevo prigioniero dei Demoni ma ancora vivo, mi addolori, rifletterò sulla tua richiesta. Dammi solo un po’ di tempo.

-Ma non c’è tempo! – esclamò Albus – i Demoni… - si bloccò quando Diana gli scoccò un’occhiataccia – okay, va bene, prenditi tutto il tempo che vuoi – acconsentì.

Diana annuì e si allontanò, scomparendo nelle tenebre della grotta.

 

Diana era certa che li avrebbe aiutati. Come si fa a negare aiuto alla persona che si ama?

Sapeva di non amare Albus, ma di amare Luis. Purtroppo però, c’erano tanti attributi fisici che li accomunavano. Gli occhi verdi, i capelli neri, il fisico mingherlino.

Sicuramente Albus aveva anche lo stesso carattere di Luis: riservato, silenzioso, ma ambizioso e a volte un po’ maligno.

“Li aiuterò. Ma devo togliermelo dalla testa. Non è lui che amo, ma la spirito che si è rincarnato in lui.”  

 

Albus sbuffò sonoramente, mentre attendeva il risveglio di Scorpius e Rose e la risposta di Diana.

Oddio quell’Angelo… era talmente bella. Con quegli neri come la pece che nascondevano un passato inconfessabile.. ma dopotutto ad Albus l'ignoto era sempre piaciuto.

La ferita bruciò. Albus pronunciò un veloce incantesimo di guarigione e passò la mano sopra il taglio.

Sorrise quando, intorno alla sua mano, si formò un alone nero come la notte.

Allora, c’è da dire che Diana è il mio personaggio preferito. Basta sapere che le ho dato il nome che preferisco di più al mondo. Comunque, questo capitolo (recensite) è un piccolo regalo che vi faccio perché starò assente una settimana. Mare, aspettami!

Spero che vi sia piaciuto. Non l’ho riletto, mi scuso se ci sono errori.

Un bacio, Nihal Potter

P.S. un avviso anche a tutti quelli che seguono “Il giglio nero” che purtroppo non ho fatto in tempo ad aggiornare L

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

Rose si svegliò in preda ad atroci dolori alla schiena. Doveva aver sbattuto contro qualcosa. Si mise a sederea fatica, massaggiandosi la tempia. Scorpius era seduto accanto a lei, e sorrideva.

Non un sorriso vero, però. Era di nuovo quel sorriso, lo stesso di cinque anni prima, che le aveva rivolto durante il loro incontro notturno. Un sorriso amaro, che assomigliava tanto a una smorfia che avrebbe fatto qualcuno con del cioccolato amaro in bocca.

-Che è successo? – chiese, allarmata. Di solito quel sorriso non annunciava nulla di buono. Scorpius accennò una risata stanca e la rassicurò subito.

-Nulla Rosy. Caspita, ormai mi conosci fin troppo bene… - mormorò, sorridendo – nulla. Dobbiamo andare. Diana ha deciso di aiutarci. Non so come, ma quell’idiota di Potter è riuscito a convincerla.

-Non chiamarlo così – lo rimproverò. Scorpius la zittì con un’occhiataccia. Rose avrebbe tanto voluto sfuriare per il modo in cui aveva osato zittirla, ma era troppo stanca anche per quello.

Si alzò a fatica, stringendosi nel pesante maglione nero che indossava. Scorpius si diresse fuori dalla caverna e lei lo seguì. Fuori Albus stava discutendo animatamente con una ragazza meravigliosa dai lunghi capelli neri. Doveva essere Diana. Nessun comune mortale poteva sperare di arrivare a raggiungere la perfezione, che quella mora trasudava da tutti i pori.

-Non c’è tempo per questi capricci, Diana! – stava urlando Albus – dobbiamo arrivare al più presto al fronte, prima che i Demoni raggiungano Hogwarts! Dobbiamo smaterializzarci – Diana però rimase impassibile, alzò gli occhi al cielo e sbuffò, come se stesse parlando come un bambino che si ostinava a non capire un concetto elementare.

Albus se ne accorse e strinse i pugni dalla rabbia. Rose sgranò gli occhi quando vide un alone di magia nera formarsi intorno alle mani del cugino. Anche Diana se ne accorse e ghignò maliziosa.                                           Solo allora Rose si accorse che gli occhi dell’Angelo erano dello stesso colore della notte più scura.

-Senti Albus, lo vuoi il mio aiuto sì o no? – chiese Diana. Albus si costrinse ad annuire dopo un’occhiata di Scorpius, ma non rilassò i pugni. Diana allora battè le mani come una bambina che ha appena aperto il suo regalo di Natale trovandoci quello che desiderava.

 

-Dovremmo arrivare sul campo di battaglia con quella?!? – esclamò scandalizzato Scorpius, quando vide il mezzo di trasporto sul quale Diana aveva intenzione di viaggiare.

Era una barca a vela lunga quindici metri e larga otto, in legno di quercia. Sulla prua, in nero, era stato dipinto il nome della barca “La regina dei cieli”. Sulla vela Scorpius riconobbe il simbolo degli Angeli, una spada con la punta rivolta verso il basso intrecciata ad una rosa.

-Questa barca è stata creata da uno dei primi Venerabili, che l’aveva impregnata della sua magia per farla volare, da poter in questo modo seguire il suo Angelo quando viaggiava in volo. Il tempo su questa barca scorre diversamente. Ci metteremo una giornata ad arrivare, ma in realtà non saranno trascorse più di due ore. Ho bisogno di parlare attentamente con il tuo Angelo, Albus, e di esaminare la situazione.

Diana scoccò un’occhiata di rimprovero ad Albus, che abbassò lo sguardo.

-Perciò questo non è affatto un capriccio.

 

Scorpius si diresse nella cabina del comandante, dove Diana lo stava aspettando. L’Angelo era seduto scompostamente sulla sedia della scrivania, con i piedi sul tavolo in legno.

Scorpius aveva paura di quella ragazza dall’aspetto lontanamente dark. Sapeva di essere più potente di lei per quanto riguardava la forza, ma l’esperienza e la conoscenza di Diana la portavano su un altro piano rispetto a lui.

-Allora.. – cominciò Diana, senza neanche guardarlo – chiudi la porta e iniziamo. Tu sei Scorpius, giusto?                   Il biondo annuì. la ragazza sorrise amaramente.

-Un nome appropriato per un Angelo. La costellazione dello Scorpione… - mormorò tra sé e sé – dimmi, quanti anni hai? Quattordici? – Scorpius ghignò malevolo e incrociò le braccia.

-Sedici – rispose. Diana parve sorpresa, poi inarcò un sopracciglio. Sembrava soddisfatta ma anche spaventata.

-Quindi se più potente di me. Interessante… ma non credo che andrai molto lontano, ragazzo mio, se continui a incanalare la tua magia nel mostro che ti graffia il petto – Scorpius sgranò gli occhi e chiese spiegazioni.

-Fen non ti ha detto nulla, vero? Raccontami – lo incitò. Così Scorpius le raccontò tutto: quando aveva scoperto di essere un Angelo, come era stato felice quando aveva scoperto che Rose era la sua Custode e Albus il suo Venerabile, l’addestramento di Fen. Fino a concludere con il tradimento di Albus.

-Così – disse l’Angelo, mentre aggrottava la fronte cercando di assimilare tutte le informazioni – Fen aveva intenzione di sacrificarti per riportare in vita Perseus ed Eltanin? Non mi sorprende, anch’io avrei fatto lo stesso. Con una minaccia come quella dei Demoni, non avrei perso tempo nemmeno ad addestrare la tua Custode. Ti avrei sacrificato e basta.

-Ti ringrazio – sbottò Scorpius, arricciando il naso. Diana si strinse nelle spalle.

-Ragazzo mio, per quanto tu sia potente, nessun Angelo potrà mai eguagliare la forza dei Primi. Perseus ed Eltanin avrebbero distrutto in un attimo i Demoni e Fen non si sarebbe dovuto preoccupare oltre. Invece il tuo Venerabile ha parlato, rivelandoti il piano del mago, e mandando tutto a monte.

-Già – confermò Scorpius, stringendo i pugni – quel viscido doppiogiochista…. – Diana alzò un sopracciglio e alzò gli occhi al cielo.

-Più sono potenti più sono capricciosi – sospirò lei – scommetto che non hai lasciato ad Albus il tempo di spiegare vero? I Venerabili sono stretti in un Patto di ferro che li lega a Fen. Dopotutto, è stato lui ad addestrare il primo di loro, quando tutti lo consideravano un mostro. Non possono né cambiare fazione in guerra né far lui un torto, anche se si tratta della semplice rivelazione del più stupido dei segreti. Pena, la morte.

Scorpius sgranò gli occhi, ritrovando il suo equilibrio. Albus non lo aveva tradito. Era stato costretto a tradirlo, alla fine però gli aveva rivelato tutto, mettendo a rischio la sua stessa vita.

-Probabilmente Fen aveva deciso di dirti tutto, per questo Albus è ancora vivo – constatò la ragazza.                      Scorpius annuì, e la ringraziò. Poi le chiese come aveva fatto a carpire il mostro che dimorava nel suo petto.

-Io so leggere le Aure. Suppongo che Fen non ti abbia spiegato nemmeno questo, perciò inizierò dall’origine. Noi Angeli abbiamo due tipi di magia: lo In, che usiamo per portare a termine le magie più semplici e benevole, e lo An, che invece è il nostro potere nascosto, travolgente e distruttivo. Ognuno di noi incanala questi due tipi di magie in diverse emozioni o in immagini. Io, ad esempio, incanalo lo In nell’immagine del mio Venerabile Luis – la sua sicurezza vacillò un attimo – e lo An nel mio odio per i Demoni, nella mia ricerca di vendetta – strinse i pugni e una luce verde illuminò la stanza, donandole un’atmosfera spettrale.

-Questi due tipi di magia formano l’Aura di ogni Angelo. Imparando a leggerla, si possono apprendere diverse informazioni. Tu incanali il tuo In nell’immagine di tua madre, e lo An nella rabbia che ti porti dietro verso l’intera umanità, che ti ha disprezzato da quando eri bambino. Odiandoti, trattandoti come un mostro, esiliandoti nella solitudine… - Scorpius si tappò le orecchie, mentre le orribili immagini della sua infanzia correvano davanti ai suoi occhi.

-Capisci ora, Scorpius? Saper leggere le Aure è importante per un Angelo, perché è da questo che deriva uno dei nostri più grandi e temibili poteri. Noi leggiamo l’ animo umano, percependone i suoi meandri più profondi e nascosti. Sappiamo torturare anche solo con le parole, portando le persone alla completa disperazione. Per quanto me ne vergogni, questa capacità mi stata utile più di una volta.

-Vuoi dire che quando vedo mia madre nella mia mente…

-È solo un’immagine, una materializzazione della tua magia, nulla di più. Un vago ricordo che impersona lo In – spiegò Diana. Scorpius abbassò lo sguardo.

Un vago ricordo. Solo questo. Un’immagine vacua di sua madre, che per colpa sua, per dare alla luce un Angelo dannato, aveva perso la vita.

-Non ti crucciare – disse Diana, leggendogli nel pensiero – anch’io ho perso mio padre per questa stupida regola. So che fa male. Ma non ti devi abbandonare alla disperazione. E ora chiamami la tua Custode, ho bisogno di scambiare due chiacchiere anche con lei.

 

Rose avanzò incerta verso la scrivania dove era seduta Diana. Aveva visto l’aria sconvolta di Scorpius quando era tornato dalla “chiacchierata” con lei, e non era affatto tranquilla. Poche erano le cose che riuscivano a sconvolgere il suo biondo amico. L’unica cosa buona era che Scorpius aveva fatto pace con Albus. Alla loro maniera però.

Rose avrebbe giurato di non aver mai visto un Serpeverde chiedere scusa. Scorpius aveva chiesto scusa a suo cugino con un cenno, che Albus aveva accettato. Genio chi li capisce.

-Avvicinati, non mordo mica – disse Diana con un sorriso stanco – Rose giusto? Volevo semplicemente chiederti se volevi farmi qualche domanda – Rose annuì. qualche domanda ce l’aveva eccome.

-Un po’, in realtà – confessò, sorridendo – tu sai leggere le Aure, giusto? Allora perché io non riesco a usare la magia manuale? Insomma, sono talmente incapace che mi stupisco ogni volta che Scorpius mi abbia scelta… Dov’è la tua Custode? E se posso chiederlo, quanti anni hai?

Diana sorrise dolcemente. Quella ragazzina le ricordava tanto Seira, la sua Custode…

-Perché è difficile usarla, soprattutto per chi è alle prime armi. Abbi pazienza e fai esercizio. Scorpius non ti ha “scelto”. Semplicemente, il forte sentimento che ti lega a lui ha fatto in modo che diventassi la sua Custode. La mia Custode è morta due anni fa nel proteggermi in una missione per cercare di recuperare il mio Venerabile. E ho centoventiquattro anni.

Rose rimase senza fiato. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma un’esplosione proveniente da fuori la fece sobbalzare. Le due ragazze si precipitarono fuori.

-Siamo arrivati – annunciò spettralmente Albus. Rose deglutì e tirò fuori i suoi fidati coltelli, mentre osservava nubi rosse come il sangue innalzarsi verso il cielo, rompendo la sua perfetta armonia.

 

Lo so, è un ritardo pazzesco, e non ho scusanti. Sono stata due settimane (per il tempo brutto da una sono diventate due) e poi…. Avevo da fare. scusate ancora, ma non so se riprenderò i tempi di prima. In realtà non so nemmeno se concluderò questa storia, avendola iniziata come un esperimento e nient’altro.                                                                               Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, grazie a tutti.                                                                                                                  

I commenti sono sempre graditi, anche se negativi.

Alla prossima :-*

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

L’odore della disperazione

I quattro atterrarono vicino all’accampamento magico dei maghi, che si trovava a circa quaranta chilometri da Hogwarts. Il fronte sembrava stranamente tranquillo, ci doveva essere stata una battaglia e in quel momento c’era una tregua. Nonostante però quella calma surreale, c’era qualcosa di strano nell’aria, che non sfuggì a nessuno di loro.

Rose strinse forte il manico dei suoi coltelli, mentre tentava, con parole sussurrate, di erigere uno scudo intorno a sé. Scorpius lo fece invece quasi inconsapevolmente, mentre le sue mani, chiuse a pugno, fremevano di luce azzurra, emettendo bagliori incandescenti.

Albus aveva stretto a sé il giglio simbolo dei Venerabili, e si preparò a colpire. Diana eresse uno scudo e preparò alcune delle sue palle di magia verde spettrale, mentre il suo An fremeva. La sua rabbia e la sua sete di vendetta non potevano contenersi davanti allo spettacolo che aveva davanti.

Più si guardavano intorno, più si chiedevano come si poteva disperdere tanta desolazione. Nel grande spazio che divideva il fronte dei maghi da quello dei Demoni (che si erigeva lontano, dove spiccavano tende rosse come il sangue) il terreno era arido e deserto.

Qua e là, riluceva di rosso. Macchie di sangue. Magico, sicuramente, perché i Demoni avevano il sangue nero. Erano ovunque. L’odore metallico del sangue riempiva l’aria, stordendo, offuscando i sensi dei quattro. Mischiato a un altro odore.

Immaginate di provare disperazione, paura, di vedere la morte concretamente per la prima volta. Poi provate a dare a tutto questo un odore. Ecco. Quel campo di battaglia odorava di rassegnazione, disperazione, paura, morte. E sangue.

Stavano perdendo. Diana approfittò del momento di tregua per dare un’occhiata in giro.

Corpi di maghi erano sparsi dappertutto. Alcuni avevano gli occhi aperti e imploravano pietà, il viso costretto per l’eternità in una smorfia d’orrore. Alcuni invece erano messi a pancia in giù, trafitti da lance, spade, e chi più ne ha più ne metta. Rose sbiancò dall’orrore. Albus strinse i pugni e le piccole saette rilasciate dalla sua magia nera riempirono l’aria.

Gli unici che non parevano impressionati erano Scorpius e Diana. Certo, quello spettacolo era orribile sotto tutti i punti di vista conosciuti e sconosciuti. Ma loro conoscevano la morte. Conoscevano l’impatto devastante che aveva. L’avevano provato sulla loro pelle.

L’uno aveva perso la propria madre, per una stupida regola. In quei volti terrorizzati, privati della gioia di un sorriso, rivedeva quello del padre, nei giorni in cui gli raccontava di sua madre piangendo, per poi rinchiudersi nelle sue stanze per giorni, senza mangiare né parlare.

L’altra aveva perso il proprio padre, morto in un incidente stradale prima di raggiungere l’ospedale dove l’avrebbe vista appena nata. E poi ancora il volto contratto dal dolore di sua madre, del suo sorriso stanco. Il suo ultimo sorriso, quello che le aveva rivolto poco prima di togliersi la vita.

-Scorpius! Rose! Albus! – i rispettivi genitori dei ragazzi corsero fuori dalle tende, andando ad abbracciare i propri figli. Una piccola folla si formò intorno a loro. Ovunque i ragazzi guardassero vedevano sorrisi rassicuranti ma al tempo stesso dispiaciuti. Forse per quei quattro ragazzi che erano stati coinvolti in una guerra ingiusta e causata dalla voglia di potere di quelle creature mostruose.

Fen si fece avanti tra la folla e, tra gli occhi sbalorditi di tutti, fece un inchino a Scorpius e a Diana.

-Miei Angeli, non so come esprimere la felicitò di vedervi. Signorina Diana, sono lieto che lei abbia deciso di appoggiare la nostra causa – disse, rivolgendosi alla ragazza dark. Quelle parole fecero scattare come un clic nella mente di Diana, scatenando nell’Angelo una sorta di reazione a catena.

Rivide tutta la sua vita, fino al momento in cui Fen gli aveva rivolto, tempo prima, le stesse identiche parole.   Rivide la sua infanzia, il suicidio di sua madre, le sue fughe da un orfanotrofio all’altro, la felicità nel ricevere la sua lettera per Hogwarts. E poi ancora il treno, lo Smistamento, che le aveva regalato una famiglia blu-nero, i suoi anni ad Hogwarts. Infine, vide la nascita della sua amicizia con Seira, Fen che le spiegava la sua natura, lei che l’accettava. E poi Fen che pronunciava quelle parole.

“Grazie per aver appoggiato la nostra causa”. Certo, come se avesse avuto scelta. Poi c’era stato Luis, che le aveva dato finalmente un motivo per vivere, altro che quella stramaledetta causa, l’amore della sua vita.         ma poi i Demoni gliel’avevano portato via. Vide i loro disperati tentativi (suoi e di Seira) di riportarlo indietro, invano. E infine la morte più dolorosa della sua vita, dopo quella di sua madre.

Quella della sua quasi-sorella. Vide Seira mentre le urlava di mettersi in salvo, di correre via, mentre scagliava il suo ultimo incantesimo contro un Demone. Quest’ultimo aveva riso. Riso del debole tentativo della sua meravigliosa Custode di darle un po’ di tempo per fuggire. L’aveva visto evocare una fiamma e scaraventarla contro la figura esile di Seira, di cui non era rimasta che un mucchietto di cenere.

Voltò il viso, cercando di nascondere gli occhi lucidi. Fino ad allora non aveva più avuto un motivo per combattere. Ma ora vedeva tutte quelle persone che guardavano lei e Scorpius speranzose, e sentiva tornare in sé la forza, come un fiume che tornava a scorrere dopo il gelido letargo dell’inverno.

E sorrise. Dopo tanto tempo, sorrise. Sorrise perché aveva ritrovato una ragione di vita, anche se era scaturita da quell’orrenda guerra.

Si voltò verso Albus e vide che anche lui le stava sorridendo, gli occhi verde smeraldo che rilucevano di felicità. Guardò Scorpius, che fissava Rose, come se stesse tentando di trovare in quella rossa tutto pepe la migliore strategia di guerra. E infine rivolse il suo sguardo alla rossa in questione, che guardava Scorpius sorridendo e arrossendo.

Quei tre le avevano fatto ritrovare la forza, per quanto li conoscesse da così poco tempo. Certo, Albus era un conto. Teoricamente, lei lo aveva già conosciuto e l’aveva amato. Ma Rose e Scorpius. L’amore che univa quei due la faceva sentire come se al mondo fosse rimasto qualcosa di buono, qualcosa per cui valeva la pena lottare.  Si guardò di nuovo intorno ed esclamò:          

-Andiamo a vincere questa guerra.

 

-Abbiamo perso molti maghi nell’ultima battaglia – illustrò Harry, che di guerre ne sapeva qualcosa – e i Demoni ci stanno costringendo ad arretrare di giorno in giorno. Di questo passo, sarebbero arrivati ad Hogwarts nel giro di pochi giorni.

Sarebbero, pensò Scorpius, stringendo la mano di Rose, perché adesso c’erano loro e non li avrebbero fatti passare.

-Quanti sono i Demoni? Sono sempre stati più numerosi di noi Angeli, ma ora dovrebbero essere diminuiti nettamente anche loro, no? – chiese Scorpius.

-Una decina, più o meno – rispose Draco. Scorpius sgranò gli occhi.

-E quanti ne avete fatti fuori, fino ad ora? – chiese Albus, passandosi le mani tra i capelli, segno evidente che era agitato. Hermione sospirò.

-Uno. E con l’aiuto di Fen – Rose deglutì rumorosamente e strinse in una morsa ferrea la mano di Scorpius. Diana si mordicchiò il labbro inferiore. 

Draco in realtà, mentre stringeva Hermione, si sentiva un po’ stupido. Stavano praticamente affidando la sorte di quella battaglia (e quindi, la loro vita) a quattro ragazzini. Senza il ben che minimo battito di ciglio. E il fatto che, tra questi ragazzini ci fosse anche suo figlio, lo rendeva anche un po’ orgoglioso.

-Ma come mai non c’è sangue nero sul terreno di battaglia? Insomma, non potrete distruggerli, ma almeno riuscite a ferirli, spero – intervenne Rose, isterica. Sua madre la fulminò con lo sguardo.

-Chi ha mai detto che i Demoni agiscono direttamente in battaglia? Guardate voi stessi.

 

Quella sera ci fu un’altra piccola battaglia. Niente di grave, non ci furono morti, solo un paio di feriti, nemmeno troppo gravemente. Ma l’orrore che si presentò davanti agli occhi dei quattro ragazzini fu davvero troppo.

I Demoni che si presentarono in battaglia erano solo due, più che sufficienti a fare fuori una ventina di Auror esperti. Ma quegli omaccioni di due metri dalla carnagione rossastra e il volto deforme, dall’aspetto orribile e vagamente simile a uno schizzo stilizzato di Satana, non fecero assolutamente nulla.

Semplicemente, si godettero lo spettacolo.

Lo spettacolo di un esercito di un centinaio di maghi urlare di dolore davanti a zombie. Esatto, zombie.

Per quanto ne sapeva Albus (e lui di magie proibite ne sapeva abbastanza) quella era di alto livello, pericolosa e, soprattutto, super proibita. Ma a quanto pare, i Demoni non avevano problemi come quello di farsi trovare in flagrante da Gazza in piena notte, nel Reparto Proibito, sotto il Mantello dell’Invisibilità.

Avevano evocato la magia dello Zombie del Dolore. Può sembrare una cosa stupida a sentirlo dire così, e in realtà un po’ lo è. Ma è orribile da vedere. Non appena un mago si avvicinava a uno degli zombie, per schiantarlo o roba simile, questi si trasformava nella persona morta al mago più cara.

Scorpius assistette paralizzato al combattimento impari tra suo padre e la versione zombiesca di Astoria Greengrass. Rose vide sua madre mentre cercava di fare qualcosa davanti a un Silente dagli occhi vacui.  Vide suo zio in lacrime mentre tagliava la testa di uno zombie con le fattezze di Fred Weasley.

Albus non ci vedette più quando suo padre gettò a terra la bacchetta davanti a uno zombie con le fattezze del suo padrino, Sirius Black. Il moro corse davanti a suo padre ed evocò la sua magia, incurante dello zombie che aveva perso le sembianze di suo nonno Arthur. In pochi secondi, una decina di saette nere spezzarono il collo di altrettanti zombie-nonno Arthur, che si erano radunati intorno ad Albus.

Diana si gettò nella mischia. Esitò incerta quando i quattro-cinque zombie davanti a lei assunsero le sembianze gentili di una ragazza con i capelli castani e gli occhi scuri, poi si fece coraggio ed evocò una decina di sfere verdi, con cui tagliò la testa ad ognuna di loro.

Rose guardò Scorpius e tirò fuori i coltelli. Il biondo si voltò verso di lei e appoggiò le mani sulle lame, impregnandole della propria magia. Le lame assunsero una tonalità azzurrina. Rose sorrise, per poi lanciarsi nella battaglia.

Non vedeva nulla intorno a lei, era tutto sfocato. Udiva in lontananza incantesimi urlati, fragorio delle lame e il tuono inconfondibile delle saette di Albus. Per il resto, vedeva solamente gli zombie che le si presentavano davanti, assumendo la stessa forma di quelli di Albus, per poi staccar loro il collo con un movimento netto dei coltelli.

Domenique, che combatteva poco lontano con una spada a doppio filo in una mano e la bacchetta nell’altra, la guardò fiera. Rose non sarebbe mai stata un asso nella magia manuale, ma era una vera e propria macchina da guerra.

Scorpius guardò la battaglia dall’alto, sentendo il mostro dentro di sé che fremeva per uscire. Non aveva nessuna voglia di tagliare la testa a uno zombie con il viso di sua madre, perciò chiuse gli occhi.

Visualizzò il suo An, il mostro di sé, e nient’altro. Sorrise quando vide che il mostro aveva la stessa forma del suo Patronus: una volpe a nove code. Solamente che questa era infinitamente più mostruosa e decisamente molto lontana dall’essere adorabile, come Rose aveva definito il suo Patronus.

Fammi prendere il possesso del tuo corpo, gli ordinò la volpe con voce roca, e di quei mostri non ne rimarrà nemmeno l’ombra.

Già, e la stessa fine farai fare ai miei amici, non è vero?, ironizzò Scorpius, no, ho solo bisogno del tuo potere.

Sei strano, Scorpius Malfoy, oppure semplicemente ipocrita, sbuffò la volpe, contrariata, non vuoi concedermi il tuo corpo ma vuoi il mio potere. E va bene, attingi. Dopotutto, è il tuo.

Detto questo, gli occhi di Scorpius si spalancarono, risplendendo di luce azzurra. Come gli aveva spiegato Diana, visualizzò il suo An intorno a sé, come una gigantesca ombra, e indirizzò il suo potere verso i due Demoni. Sentì quell’energia spaventosa scorrergli nelle vene, mentre tutti gli zombie svanivano e i Demoni gridavano terrorizzati, tentando di sfuggire all’enorme tornado di energia che la volpe stava creando vorticando le code.

I Demoni cercarono di difendersi, evocando fiammate, scudi e quant’altro, ma nulla riuscirono a fare, e di loro non rimase nulla.

Scorpius si afflosciò su sé stesso, esausto ma sorridente.

Meno due, pensò, forse possiamo vincerla questa guerra.

Sorrise ancora, prima che Morfeo lo accogliesse tra le sue calde e morbide braccia.

Salve a tutti! Al diavolo il mio pessimismo, l’ispirazione è tornata! Purtroppo però starò via circa venti giorni, andrò in montagna dai miei nonni e, indovinate un po’, niente connessione internet!                                      

                                                                                  Ma come farò a sopravvivere??                                                                                                                               Comunque, cercherò di scrivere qualcosa su carta mentre sono lì, per velocizzare i ritmi.                                     

Mi dispiace, a tutti coloro che seguono anche il giglio nero, per non essere riuscita ad aggiornare in tempo.     
                                                                           Mi rifarò, almeno spero.                                                                                                                          
Quando torno voglio vedere tante recensioni, tante tante! Me lo fate questo regalo? Dai, tra pochi giorni è anche il mio compleanno! Please!

Un bacione, a presto, Nihal Potter

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD HTML 4.01 Transitional//EN"> Volevo comunicare che ho trovato una beta. Grazie a chi si è proposto.

Capitolo 20

Un ricatto demoniaco

Scorpius aprì gli occhi, infastidito da una dolce voce che ripeteva il suo nome. Rimase a bocca aperta dalla visone che si stagliò davanti ai suoi occhi.

Questa volta, a differenza delle altre, intorno a lui era tutto bianco, completamente, anziché nero. E una dolce e gentile figura lo guardava con le mani davanti alla bocca, come se stesse cercando di trattenere l’emozione.

Aveva lunghi capelli biondi che le sfioravano la metà schiena in dolci boccoli. Gli occhi erano di un verde molto chiaro pieni di vitalità. Era poco più bassa di lui e aveva tratti gentili ma decisi. Indossava una elaborata ma allo stesso tempo semplice veste verde smeraldo.

La riconobbe all’istante. Come non poteva, del resto? Una delle stanze al Malfoy Manor era completamente rivestita di fotografie di quella giovane e bellissima donna.  

-Mamma… - sussurrò, incredulo. La donna sorrise emozionata e allargò le braccia. Scorpius non aspettò nemmeno un secondo e si fiondò tra le braccia della madre. Questa volta la madre era lì, in carne e ossa, non si dissolse in fumo come le altre volte. Scorpius si sentì felice, immensamente felice.

-Oh, piccolo mio – sussurrò la madre tra i singhiozzi. Stava piangendo di gioia. Finalmente poteva abbracciare suo figlio. Il suo splendido, meraviglioso, potente figlio. Si staccò da lui e ne osservò i tratti, così simili a quelli di suo padre. Del suo Draco.

Il loro era stato un matrimonio combinato, vero, ma lei aveva sempre voluto un bene dell’anima a Draco. E mentre guardava il frutto dell’unica notte d’amore che avevano condiviso, non poteva fare a meno di dirsi che quel matrimonio era stata la cosa più bella che fosse mai capitata in vita sua.

-Mamma – disse Scorpius con le lacrime agli occhi – che sta succedendo? Come fai a essere qui? Sta accadendo nella mia testa?

-Oh piccolo – disse la madre – certo che sta accadendo nella tua testa. Ma dovrebbe voler dire che non è vero? – Scorpius, che di solito aveva la risposta pronta, rimase per la prima volta senza parole.

Cominciarono a camminare, senza parlare, semplicemente beandosi l’uno della compagnia dell’altro, cosa che ad entrambi era sempre mancata.

-Piccolo mio, è stupefacente di quanto sia uguale a tuo padre. Di me hai solo le labbra, che cosa triste. Ma forse è un bene, tuo padre è bellissimo, e tu lo sei di conseguenza. Dio, se sei bello.

Scorpius non trattenne più le lacrime, toccandosi le labbra. Non si era mai accorto che le sue non erano sottili come il padre, ma morbide e carnose. Gli era sempre sembrata una cosa futile, e invece quelle labbra, l’unica cosa che aveva ereditato fisicamente dalla madre, in quel momento gli sembravano la cosa più bella del suo aspetto.

-Piccolo mio, ora devo andare – annunciò la madre, dopo averlo abbracciato un’ultima volta. La sua forma stava scomparendo in una nuvola di fumo – ricordati di non dimenticare né disperarti di quello che stai per vedere. Ti aiuterà a fare chiarezza, a sconfiggere il male. Delle immagini non sembreranno chiare e per ora ti faranno disperare, ma tutto ciò che vedrai ti preparerà a quello che ti aspetta.

-Mamma, aspetta! – esclamò Scorpius – non andartene! – ma l’immagine della donna era già sparita, e Scorpius era stato trascinato in avanti, come da una presa all’altezza dell’ombelico, come se avesse preso una Passaporta.

Si ritrovò catapultato in uno dei saloni del Malfoy Manor. Una bambina era nel bel mezzo del salone e giocava con una scopa giocattolo. Aveva dolci riccioli biondissimi, quasi bianchi e occhi azzurro cielo. Era bellissima, pareva una piccola bambola di porcellana. Doveva avere appena quattro anni, eppure aveva un’aria abbastanza matura, e un sorriso dolcissimo incorniciato da piccole fossette. Al collo aveva una collana d’argento con un piccolo ciondolo. Una A, d’argento anch’essa, adornata da piccoli brillanti.  

La scena cambiò e lui si ritrovò in quella che riconobbe come casa Potter. Harry era chino sulla moglie, la stava abbracciando, e piangeva di dolore insieme a lei. Lily era stretta a James, singhiozzava con il volto affondato nel petto del fratello maggiore, scosso da singulti.

Anche quell’immagine svanì di nuovo, sostituita dalla bellissima visione di una anello in argento con un piccolo smeraldo sulla punta ed il simbolo dei Venerabili inciso sopra. E vide due mani che lo prendevano nello stesso momento, generando un’enorme luce rosso sangue.   

E poi di nuovo Scorpius aprì gli occhi, incrociandone immediatamente un altro paio, neri come la pece.

-Scorpius, ti sei svegliato finalmente! – esclamò la ragazza. Nella sua voce c’era un evidente sollievo, ma al biondo non sfuggì la nota di preoccupazione di cui era intriso il suo tono.

-Diana, cos’è successo? – domandò immediatamente il Serpeverde. Diana si sforzò di sorridere.

- Bè, dopo la tua performance sul campo sei svenuto e ti abbiamo portato qui in infermeria. Sei stato incosciente per tre ore, ma finalmente sei tornato in te e sei fuori pericolo.

- Non quello, Diana! E dimmi la verità, porca miseria! – sbottò Scorpius, alzandosi dal letto. Sentì la testa girare e le gambe intorpidirsi. Si appoggiò al letto in preda a un capogiro, ma quello che disse Diana poco dopo ebbe il potere di farlo riprendere.

-Hanno preso Rose, Scorp. L’hanno rapita.

 

Scorpius era fuori di sé. Avevano un patto, minchia, doveva solo proteggerla! Lui doveva rimanere fuori dalla battaglia per fare quello che alla fine aveva fatto, scatenare il suo An, ma lui no! non l’aveva protetta dalla grinfie di quei mostri!

-Albus! Dove cazzo sei?!?- urlò, girando per l’accampamento avvolto in una spirale di energia azzurra, incazzato nero. Finchè una testa nera non fece capolino da una delle tende. Scorpius si avvicinò al giovane Potter e lo prese per la collottola.

-Dovevi proteggerla! Solo questo! – urlò, mentre le lacrime gli pizzicavano gli occhi. Albus distolse lo sguardo e strinse i pugni.

-Senti, Scorp, mi dispiace. Ma l’ho persa di vista, e uno di quegli zombie l’ha afferrata e… sono preoccupato anch’io, cosa credi?! Mi so rodendo l’anima dal senso di colpa e tu non migliori certo la situazione! Sarà la tua migliore amica, ma è anche mia cugina, ci sono cresciuto insieme, cazzarola!!

Scorpius lo lasciò stare. Non ci aveva pensato, ma non aveva intenzione di perdonarlo. Lo lasciò andare spingendolo via. Poi affrettò il passo e percorse a grandi e decise falcate il tratto che separava l’accampamento dei maghi da quello dei Demoni.

Come previsto, era protetto da una barriera magica. Scorpius non resistette. Posò le mani sulla barriera che gli bloccava il passaggio e urlò. Concentrò tutta la sua magia nelle mani e a poco a poco la barriera si spezzò in mille frammenti, come di vetro, che colorarono l’area aerea intorno all’accampamento di riflessi splendenti.

Il biondo cadde in ginocchio, ansimando per riprendere fiato. Sorrise amaramente. Se i Demoni l’avessero trovato in quello stato, lo avrebbero ucciso all’istante, e lui non avrebbe più potuto vedere Rose.

In quel momento una nuova forza si impossessò di lui. Non gli importava più di niente. Né del destino del mondo magico, né dell’esito di quella guerra. Voleva solo rivedere il suo sorriso, i suoi occhi color del cielo. Voleva rivedere la sua Rose.

-O guarda guarda cosa abbiamo qui – la voce del Demone era strascicata e inquietante. Scorpius alzò la testa e si rimise in piedi. Uno scudo piuttosto debole si innalzò intorno a lui, ma il Demone, ora circondato da altri tre della sua specie, vi soffiò sopra una fiammata che lo fece crollare miseramente e senza troppi complimenti.

- Il piccolo Angelo vendicatore ridotto a uno straccio per un’inutile Custode… - lo sbeffeggiò un altro Demone. Scorpius gli indirizzò uno sguardo pieno di astio e scagliò verso di lui una fiamma azzurra. Colpì il Demone di striscio, ma gli procurò una brutta ustione sulla spalla. Il ferito fulminò il giovane Malfoy con un’occhiataccia e fece per colpirlo, ma il Demone che l’aveva trovato lo bloccò.

Scorpius notò con un’occhiata veloce che a una di quelle dita tozze e rossastre il Demone (che sembrava essere il loro capo) portava lo stesso anello che aveva visto nella sua… visione.

-Ci serve vivo, l’hai dimenticato?  - disse, rimproverando l’altro, per poi sussurrargli qualcosa all’orecchio. Scorpius non riuscì a sentire, ma dal ghigno che si dipinse sulle labbra dell’altro mostro, non doveva essere nulla di buono.

-Vieni qui stasera, al tramonto, e riavrai la tua Custode. Da SOLO, e non dire a nessuno che verrai qui – ordinò il Demone con un ghigno, facendogli un incantesimo, in modo che lui non potesse parlare.

Scorpius li guardò a uno a uno. Quei mostri immondi, quelle creature senza cuore… una volta anche lui aveva creduto di essere senza cuore, ma il suo odio contro chi lo disprezzava ingiustamente era nulla paragonato all’odio insensato di quei mostri contro il resto dell’umanità.

E rivide i momenti che aveva passato chiuso nella sua stanza, il suo piccolo nido di salvezza da quel mondo che lo odiava e disprezzava. Le volte che si era appoggiato alla porta della stanza del padre e aveva udito il suo pianto sommesso, poco dopo che gli aveva raccontato qualcosa della madre.

E l’arrivo di Hermione e Rose nelle loro vite, come questo aveva sconvolto due uomini ormai rassegnati al proprio deprimente destino. I sorrisi nascosti suoi e di Rose, gli sguardi timidi di suo padre e Hermione.

-Verrò – disse. Detto questo, si allontanò, mentre giurava sulla propria vita che Rose sarebbe uscita da lì, viva. Perché se una volta lei era stata la sua salvezza, ora le parti si erano invertite, e lui doveva portare a termine il suo compito come la rossa aveva fatto con lui.

 

Eccomi qui, sono tornata ieri! Il tempo di aggiornare il giglio nero (che aveva la precedenza) e di ricopiare questo sul computer, ed ecco a voi il nuovo capitolo. Vorrei davvero ringraziarvi una a una, adesso sono 132 le persone che seguono la mia storia. E io che all’inizio mi stupivo se arrivavo a 33.. 132 capite? Vi amo, davvero. Voi siete davvero la speranza di una piccola aspirante scrittrice, vi ringrazio di cuore.                            
Che dire delle 76 recensioni? Davvero, grazie. Siete davvero meravigliosi. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Mi è piaciuto tantissimo descrivere la scena tra Scorpius e sua madre, mi sono quasi commossa da sola. Rose è stata rapita, sembra che nelle mie storie succeda sempre. Nel giglio nero, ora in questa…                    
Una cosa.. tra voi 132 c’è qualcuno disposto a betare questa povera scapestrata? Vi prego! Nessuna delle mie amiche scrive o legge su questo sito, e nessuna di loro è appassionata di HP. Perciò.. cerco beta piena di fantasia e pazienza. Vi prego!

Lasciate un commento, vi amo e vi ringrazio,

Nihal                                                             

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Non ho aspettato che Sonounmuffin betasse questo capitolo per due motivi: primo, il mio computer fa cilecca e non so nemmeno se abbia ricevuto la mail. In secondo luogo, volevo dedicarlo a una persona speciale. E si proprio oggi, sì. Era, diciamo, urgente.                                           
Ringrazio tutti coloro che ancora seguono questa psicopatica. Questo probabilmente è il terzultimo capitolo, a conti fatti. Ditemi ciò che ne pensate.                                                                         
Per Sonounmuffin, mi dispiace. Ti chiedo di essere la mia beta e poi nemmeno aspetto una tua risposta. Mi dispiace. Spero che il capitolo ti piaccia.

A mia nonna. Spero che lassù ti piaccia e che tu abbia già trovato un’amica da assillare con le tue dolci chiacchiere. Mi manchi di già. Dedicarti questo capitolo è solo un piccolo gesto per dirti grazie. Grazie di avermi sempre sostenuto. Sei stata la prima a dirmi che avevo “le mani d’oro” come ti piaceva chiamarle, e che sarei potuta diventare una grande scrittrice. Se solo avessi abbandonato il fantasy, ovviamente. Mi dispiace, se mai diventerò qualcuno, sarà grazie a questo meraviglioso genere. Ti voglio bene, nonna.

 

Capitolo 21

Ritorno dall’oltretomba – prior incantatio

Scorpius non aveva mai affrontato veramente l’idea della morte. Ok, sua madre era morta, aveva affrontato la vista di un campo di battaglia in piena regola, ma l’idea di morire in prima persona, non l’aveva mai nemmeno sfiorato.

Si era sentito morire delle volte, certo. Quando aveva ricevuto la sua lettera per Hogwarts, e aveva capito che quello era il suo pass per l’inferno. Quando aveva litigato con Rose, al quarto anno, e non si erano parlati per settimane. E quando Diana aveva pronunciato quelle poche, semplici parole: “hanno preso Rose, l’hanno rapita”.

Quelle poche parole l’avevano fatto agire d’impulso, come un qualsiasi stupidissimo Grifondoro, invece di pensare a un buon piano. E ora si ritrovava nella merda fino al collo.

Doveva salvare Rose, ovviamente. Anche a costo della vita. Ma avrebbe dovuto infiltrarsi furtivamente nell’accampamento, invece di sfidare apertamente e inconsciamente la cricca di Demoni.

E questo lo riportava al problema iniziale. Magari si sarebbe ritrovato in un paradiso bianco, insieme a sua madre, libero finalmente da i giudizi degli altri. Oppure avrebbe sentito il suo corpo spegnersi, fino a che anche la voce che governava i suoi pensieri non si fosse zittita per sempre.

Fatto sta, che era pronto. Quella sera prese dalla borsa di Rose la rosa che le aveva regalato cinque anni prima, la rimpicciolì e se la mise in tasca. Come portafortuna.

Non gli portò molta fortuna, visto che Albus e Diana lo videro allontanarsi dall’accampamento furtivamente, e decisero di seguirlo, coperti da un incanto di Disillusione.

 

-Dove credi che stia andando? – chiese Diana, mentre sgusciavano silenziosi dietro a Scorpius. Albus alzò gli occhi al cielo.

-Da Rose, ovviamente. Scorpius di solito non è una persona impulsiva, ma se si tratta di Rose non esiterebbe un attimo a buttarsi nel burrone più vicino per lei – spiegò con un sussurro, mentre assisteva a una bruttissima scena.

Scorpius si avvicinò alla barriera dei Demoni, che alla luce della luna emetteva strani bagliori rossastri, indeciso su cosa fare. Alla fine, come se fosse la cosa più ovvia da fare, bussò goffamente alla barriera.

Uno strano rumore risuonò nell’aria scura nella notte nascente, non appena la nocche del biondo batterono sulla barriera magica. Come di campane scosse dopo tanto tempo. Un rumore affascinante… da far venire i brividi. Diana rabbrividì alla sola vista di Scorpius che si consegnava, ma Albus la trattenne per un braccio.

Alcuni Demoni sbucarono dalle tende più vicine al confine e ghignarono alla vista di Scorpius. Con un gesto, il più grosso fece svanire parte della barriera, in uno spazio abbastanza largo per consentire a Scorpius di entrare. Questo fece un gran sospiro ed entrò lentamente. Albus bloccò Diana e si lanciò nel varco, poco prima che questo si richiudesse. Diana però non aveva intenzione di restare indietro a fare la dolce donzella. Balzò in avanti ed entrò anche lei nell’accampamento dei Demoni.

Prima di proseguire, attirò a sé Albus per un braccio e lo rimproverò aspramente con lo sguardo.

-Prova ancora a fare l’eroe e comincerò a darti dello stronzo Grifondoro – Albus assottigliò lo sguardo e gli fece cenno di stare zitta. Dietro di lei, un Demone stava ghignando e annusando l’aria in modo sospetto.

-Chi va là? – chiese. Albus si pietrificò dal terrore di avere un Demone così vicino. Quest’ultimo era più basso degli altri che aveva già visto, con la coda di serpente e le corna caprine, che non stonavano più di tanto sul corpo mostruoso e rossastro dell’uomo.

Diana invece agì prontamente. Si portò silenziosamente alle spalle del mostro e gli conficcò il suo fidato pugnale nelle scapole. Quello sussultò, ma si portò le mani alla schiena come se avesse solo un fastidioso prurito in un qualche punto.

L’Angelo fece un segno ad Albus, della serie “Attacca!”. Il moro rimase pietrificato ancora un attimo, prima di evocare le sue micidiali saette nere come la pece e di colpire il Demone dritto in volto, sulle orbite.                  
Il mostro indietreggiò, tenendosi gli occhi e mugugnando dal dolore. Diana evocò una delle sue sfere e lo colpì in piena nuca. Albus fece un Incantesimo Silenziante e quello urlò a vuoto, mentre si accasciava a terra.

-È morto? – chiese Albus, avvicinandosi piano al corpo steso e immobile del Demone. Diana scosse la testa, estraendo il pugnale d’argento dalla schiena del mostro con un colpo secco.

-No, solo svenuto. Ci vuole ben altro per farlo fuori. Muoviamoci – rinfoderò il pugnale ancora sporco di sangue nero e corse verso la tenda al centro dell’accampamento, molto più grande delle altre, dove avevano condotto poco prima Scorpius.

I due entrarono cercando di fare il minimo rumore possibile, ma la scena che si propose ai loro occhi li fece impietrire.

Si trovavano in una gigantesca sala delle cerimonie. Le pareti, a differenza dell’esterno, erano nere come la pece, sembravano fatte di pietra. Sei Demoni erano disposti al centro della stanza, intorno a un rettangolare tavolo di pietra bianca, dove stava stesa Rose, senza maglietta ma con il reggiseno, con un grande taglio sulla pancia da cui fuoriusciva lentamente sangue che andava a scolare in una grande tinozza di marmo rosso ai piedi del tavolo.

Scorpius, in mezzo a due Demoni, guardava impietrito la scena. Non riusciva a muoversi, ma dalle sue dita fuoriuscivano scintille elettriche, segno evidente che la sua rabbia stava per essere sfogata. Ma Diana non era affatto sicura che Scorpius ce l’avrebbe potuta fare, contro sei Demoni. Due sì, massimo tre. Ma sei…

 Pregò che se ne stesse buono, almeno per ora, e studiò la situazione.

Conosceva quel rito, Fen gliene aveva parlato, ma non riusciva a ricordare. Il sangue di Demone non è puro, è sporco e contaminato dall’odio e dal rancore che la creatura provava dal momento della nascita verso il resto del mondo, esclusi i propri simili. Ma per evocare o liberare un Demone da un sigillo o una prigionia ci vuole il sangue puro di una donna vergine. Se questa ha sangue magico, ancora meglio. Se poi era legata in qualche modo a un Angelo, era perfetta.

Bastava una sola tinozza e avrebbero potuto riportare in vita qualsiasi Demone, magari anche il più potente della storia. E ce ne era uno in particolare che poteva essere un vero flagello, imbattibile anche per lei, Albus, Scorpius e Rose messi insieme.

Il Principe dei Demoni. Il mostro più temibile conosciuto dalla storia. Perseus ed Eltanin si impegnarono al massimo per sconfiggerlo e ci riuscirono quasi per miracolo, imprigionandolo nella terra grazie a un sigillo potentissimo.

Volevano riportare in vita il Principe con il sangue di Rose. E se ci fossero riusciti… Diana non voleva nemmeno pensarci.

 

Scorpius assistì alla scena impietrito. La sua Rose. Quella non poteva essere la sua Rose. La stessa ragazza che lo rimproverava ogni volta che non sorrideva per una giornata, ridendo spensieratamente. La stessa ragazza che correva come una matta quando erano in ritardo per la lezione. La stessa ragazza che ogni volta che Grifondoro vinceva una partita di Quidditch urlava fino a perdere la voce.

Non poteva essere lei, no. Non poteva essere la stessa ragazza che in quel momento, davanti a lui, stava morendo lentamente, dissanguata.

Avrebbe voluto mettersi a urlare. No. No, quella non era la sua salvezza. Quella non era la sua piccola rosa bianca di luce. No. No. No.

Non riusciva a muoversi, stretto tra la morsa di ferro dei due Demoni. Avrebbe anche potuto liberarsi usando la sua magia, ma non ci riusciva. La sola vista di Rose in quello stato gli aveva fatto perdere qualunque forza, come se la sua magia fosse scomparsa del tutto.

Ma qualcun altro, quasi del tutto inconsciamente, stava già facendo qualcosa per salvare la piccola Rose.

 

Albus non si era quasi accorto della cugina in fin di vita. Il suo sguardo era stato catturato da un piccolo smeraldo incastonato in un anello d’oro al dito di uno dei Demoni. Era… affascinante.

Mentre lo guardava, e i suoi occhi di smeraldo si facevano sempre più grandi e ammaliati, sentiva una voce proveniente dalla pietra che lo invitava ad avvicinarsi. Precisamente, proveniva dal giglio inciso sulla pietra. Il Demone con l’anello si allontanò dal cerchio, avvertendo una strana sensazione alla mano. 

Albus gli si avvicinò silenziosamente, quasi in trance. Evocò una decina di saette nere come la pece e gliele scagliò contro. Il Demone svenì e Albus gli rubò l’anello, mettendoselo al dito.

“Grazie Albus. Mi dispiace tanto di prenderti il corpo, ma devo rivedere Diana. Salverò sia tua cugina che il giovane Scorpius, non preoccuparti. Tu semplicemente dormi, in seguito condurrò Diana da te.” Una voce gli parlò nella mente. Una voce calda, profonda, che gli fece venire un po’ di sonnolenza.

E dopo un attimo, Albus si ritrovò steso in una calda tomba, in un corpo che non gli apparteneva, ma che trovava così immensamente caldo… si addormentò, inconscio di quello che aveva combinato semplicemente infilandosi un anello al dito.

 

Albus non era più lui. I suoi occhi erano trasfigurati in due pozze di bianco lucente. Si voltò lentamente verso i cinque Demoni rimasti, evocando lame di un nero incandescente e colpendo i Demoni che tenevano Scorpius, che si voltò verso Albus incredulo.

-Al… ma che diavolo… - mormorò, con gli occhi sbarrati. Diana lo affiancò, tornando visibile. Riconobbe subito le lame nere e disse solamente:

-Luis.

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Ringrazio Alice, che corregge le mie sviste.

Capitolo 22

La fine di un inizio

Luis. Non era possibile. Eppure era lui, ne era più che sicura. Quello sguardo sicuro e pieno di sé, così diverso eppure così simile a quello di Albus, quel modo di muoversi fluido ed elegante…

E le lame. Quelle lame che all’inizio aveva temuto, poi sfidato e infine ammirato. Le lame nere che in questo momento stavano mandando al tappeto due Demoni, con difficoltà, ma sempre con quell’eleganza che lo contraddistingueva e che lei aveva imparato ad amare.

Sorrise e corse ad aiutarlo, mettendosi schiena a schiena con lui ed evocando le sue sfere verde intenso. Diede il colpo di grazia a un Demone ormai esanime, immerso in una pozza di sangue nero, che ancora fuoriusciva dalla ferita inferta da Luis.

-Bel colpo, Diana – commentò Luis, dando un calcio in bocca all’altro Demone ed evitando per un soffio la fiammata che gli sparò il secondo Demone, più tosto del primo. Diana alzò gli occhi al cielo e lanciò un’altra sfera che il Demone schivò, ma dentro di sé sentì un enorme calore crescerle nel petto. Era tornato. Il suo Luis era tornato. Ed ora era lì, dietro di lei, a combattere al suo fianco come aveva sempre fatto.

Una nuova forza proveniente da quella consapevolezza la riempì. Evocò un’enorme sfera di magia e colpì in pieno volto il Demone, uccidendolo sul colpo.

Nonostante fossero rimasti solo in quattro, i Demoni stavano cercando di completare il rito, aumentando sempre di più il ritmo della cantilena. Scorpius era immobile, sembrava non riuscire a muoversi, completamente in balia della vista orribile che aveva sotto gli occhi.

-Scorpius, reagisci! – gli gridò l’Angelo anziano, colpendo il Demone più prossimo a lei e che le dava le spalle – salvala, accidenti! Vai fuori di qui!

Scorpius sembrò destarsi da un brutto incubo. Gli occhi grigio-azzurro si illuminarono di un’ira incontenibile alla vista della sua Rose in quelle condizioni ed esplose. Letteralmente.

Dal suo corpo si sprigionò una luce azzurra e intensa. Gli ultimi Demoni vicino a lui ne vennero travolti.              Diana e Luis stessi rimasero immobili davanti a quell’esplosione di energia pura. Diana avvertì in quella magia azzurra come il cielo rabbia, dolore… e amore.

Stranamente, nell’ esplosione dell’An di Scorpius c’era anche amore. L’amore che lo legava a Rose, intuì. Quell’amore così forte da far rivivere un animo morto, da far tornare a vivere quel ragazzo che aveva perso tutte le speranze. Diana non capiva cosa avesse di speciale quella ragazza dai capelli rossi.

Era bella. Modestamente. Simpatica, dolce. Ma la sua magia era debole, nulla di speciale. Ma Scorpius si era aggrappato a lei come se fosse la sua unica salvezza, e Rose l’aveva fatto innamorare, facendolo vivere ancora, ricambiandolo con lo stesso amore.

In quell’esplosione di energia che disintegrò i Demoni Diana capì che la sua magia non valeva nulla, per quanto fosse potente. Perché per quanto si esercitasse, potenziasse, non avrebbe mai potuto eguagliare Scorpius.

Dalla morte di Luis e Seira, lei viveva senza amore. Aveva trovato degli amici, ma non li amava. Erano importanti. Invece Scorpius da animo morto, aveva imparato ad amare e aveva trovato dentro di sé quella forza, sprigionandola per salvare chi amava.

Diana si guardò le mani incredula, quando tutto finì, e si sentì inutile.

Ce l’avevano fatta. Scorpius teneva la mano di Rose, piangendo, e le curava la ferita con la magia. Tra un singhiozzo e l’altro, le sussurrava  parole dolci e amorevoli. Forse aveva finalmente capito che quello che lo legava a Rose era un sentimento molto più forte dell’amicizia.

Diana invece era al punto di partenza. C’era Luis accanto a lei, che la rassicurava. Ma Luis era ormai morto, e il suo amore per lui se n’era andato da tempo.

Senza volerlo, Diana immaginò accanto a sé l’unico che a prima vista l’aveva amata abbastanza da farla sentire ancora viva. Immaginò un profilo da bambino e occhi verde smeraldo, sotto una folta zazzera nera.

“Albus, dove sei?”

 

-Dov’è il mio bambino? – chiese all’improvviso Ginny. Scorpius era tornato all’accampamento con in braccio Rose, che era subito stata affidata alle cure dei Medimaghi, e con al seguito Diana e Albus. O Luis? Ancora non aveva capito cosa era successo all’amico di sempre.

Li avevano festeggiati, urlando il loro nome. Ma Ginny, da brava madre, aveva capito subito che quello non era suo figlio e che qualcosa non andava.

Era calato il silenzio, mentre Albus\Luis spiegava:

-Ecco… ho fatto una sciocchezza, e mi dispiace, signora Potter. Il mio nome è Luis Valdez, ero il Venerabile di Diana prima di morire, rapito dai Demoni. Deve sapere che non appena morto, i poteri e la saggezza di Simon, il primo Venerabile, scivolarono fuori dal mio corpo, in cerca di un nuovo Venerabile. Ma io sono cocciuto, non volevo morire, non del tutto, così trasferii anche tutto il mio spirito insieme a quello di Simon. Purtroppo i Demoni riuscirono a intrappolarne un po’ in quest’anello, così da usare la mia magia per i loro loschi scopi. L’altra metà del mio spirito viveva in Albus. Sicuramente avrete notato la nostra inquietante somiglianza fisica.

Molti nella stanza annuirono. Ginny aveva le lacrime agli occhi, come prevedendo una brutta notizia, e si strinse al marito, mentre Lily abbracciava James in preda ai singhiozzi.

Scorpius sgranò gli occhi, riconoscendo la scena della sua visione. Si avvicinò a suo padre e a Hermione. La donna gli sorrise dolcemente ma piangendo, e Scorpius l’abbracciò forte. Suo padre si unì all’abbraccio e Scorpius si sentì finalmente parte di una famiglia. Mancava solo una cosa.

Rose.

-Purtroppo, quando ho visto Albus, da dentro l’anello, non sono riuscito a resistere alla tentazione di riunire il mio spirito, dovevo fare ancora una cosa prima di andarmene per sempre, perciò non appena Albus si è infilato l’anello, ho riunito il mio spirito prendendo possesso del suo corpo. Lui ora è nel mio, con lo spirito intrappolato nell’anello gemello a questo, che io portavo sempre – alzò il dito e mostrò l’anello con il giglio.

Lily chiese, tra i singhiozzi e staccandosi un attimo dal petto del fratello maggiore:

-Ma allora come facciamo a riavere il nostro Albus? – Luis sospirò e indicò Diana.

-È nella mia tomba, che i Demoni hanno nascosto nei monti qui vicino, protetta da una barriera formata dal sentimento più forte che questi ultimi possono provare: dolore. Perciò solo chi prova la forma più pura dell’opposto di questo sentimento può salvarlo. Sto parlando di Diana, che è innamorata di tuo fratello.           

Diana rimase sconvolta da quelle parole. Guardò Luis e lui le sorrise amaramente.

-Vieni con me, parliamone – e la condusse fuori, mentre Lily riprendeva a piangere. Scorpius riuscì solo a dire:

-Vado da Rose – prima che le lacrime iniziassero a scorrere, per la paura di perdere il suo primo e unico vero amico.

 

-Sei qui – disse Diana con un sussurro, quando lei e Luis furono fuori. Erano seduti in una piccola radura poco distante l’accampamento. Lui si era accomodato elegantemente sul prato, cogliendo una piccola viola e rigirandosela tra le mani, completamente rilassato.

Diana invece non sapeva cosa decidere tra mangiarsi le unghie o strapparsi i capelli. Era talmente confusa.

Amava Albus? Bè, era stato gentile con lei. Era sveglio e astuto, e aveva quell’aria da bambino innocente e angelico. E poi c’erano quegli occhi insieme chiari e scuri, che sembravano poter contenere tutto l’universo…

Ma c’era Luis. Luis che le aveva insegnato tutto, che le aveva fatto scoprire l’amore. Il suo amore per lui c’era ancora, o era morto con lui tempo fa, sostituito dalla bramosia di vendetta?

-Non angosciarti, mia chica – la rassicurò Luis e Diana sorrise quando udì il dolce nomignolo che le aveva affibbiato nella sua lingua natale, lo spagnolo.

-Tu sai già, ciò che provi. Devi riconnettere di nuovo il tuo cervello al tuo cuore.  Hai pensato troppo tempo immersa nei tuoi pensieri, non preoccupandoti di ciò che diceva la tua anima. Vivi, e non preoccuparti per me. Verrò con te, per indicarti la strada fino alla grotta. Quando libererai Albus, io dovrò essere lì, e tornerò nel mio corpo felice, perché saprò che tu finalmente ti godi la vita.

Diana sorrise e annuì. Lo abbracciò. Senti un grande calore riempirle il cuore, segno di grande affetto. Voleva bene a Luis, certo. Ma amava Albus. E l’avrebbe ritrovato.

 

Scorpius strinse forte la mano di Rose, ancora incosciente nel letto bianco nella tenda dell’infermeria. Ammirò ancora una volta quel piccolo angelo dai capelli rossi come l’inferno.

Aveva capito di amarla. Non sapeva come, ma quando finalmente aveva realizzato che la sua Rose era in fin di vita, dentro di sé si era fatto finalmente tutto chiaro.

Se Rose moriva, lui sarebbe morto con lei. Perché era la sua più cara amica, la sorella che aveva sempre voluto, ma soprattutto, era la donna che amava.

Amava quel sorriso pazzerello che delle volte lo irritava, perché lui non sarebbe mai riuscito a essere così spensierato. Amava quel broncio che assumeva quando la faceva arrabbiare. Amava il suo modo elegante eppure naturale di muoversi, come se fosse una fata che cammina sulle nuvole.

All’improvviso sentì un gemito provenire da quelle labbra perfette. Sgranò gli occhi, ma non si azzardò a spostare la mano. Rose aprì gli occhi, rivelando al cielo il nascondiglio di due suoi frammenti.

Si mise a sedere a fatica, tra smorfie di dolore, tenendosi l’addome, ma quando vide il biondino che le stringeva la mano i suoi occhi si illuminarono e le sue guance si tinsero teneramente di un dolce rossore.

-Rose! Stai bene? – chiese preoccupato Scorpius. Rose sorrise e annuì.

-Tralasciando questa piccola ferita… - e indicò sorridendo forzatamente la ferita alla pancia bendata – scusa – Scorpius aggrottò la fronte di fronte alle scuse della rossa Weasley.

-Perché ti scusi? – Rose abbassò lo sguardo, come se tutt’ad un tratto le coperte fossero diventate molto interessanti.

-Mi sono lasciata rapire come una sciocca e voi avete rischiato la vita per un mio errore – spiegò ingenuamente Rose. Scorpius alzò gli occhi al cielo, stupito dall’immensa innocenza di quella ragazza. Ma amava anche quel lato terribilmente Grifondoro di lei.

-Rose, ficcatelo bene in testa perché non te lo ripeterò, tu non sei stata sciocca. Poteva capitare a tutti. E inoltre, io arriverei anche ai limiti della Terra per salvarti – non appena Scorpius si rese conto della cosa terribilmente melensa che aveva detto, si morse la lingua.

Poi la passò sui denti, come a controllare che fosse ancora biforcuta. Metaforicamente. Chissà cosa avrebbe detto Albus se lo avesse sentito parlare così. Probabilmente lo avrebbe preso in giro a vita.

Già, Albus. Si augurò che Diana riuscisse a ritrovarlo, perché senza di lui gli mancava un pezzo.

Scorpius ci mise un attimo a realizzare che tra lui e Rose era caduto un silenzio abbastanza imbarazzante.  Abbassò lo sguardo. Voleva dirle che l’amava, che aveva bisogno di lei come dell’ossigeno, ma non ci riusciva. Non era mai stato bravo a esprimere i suoi sentimenti, tranne il dolore e l’indifferenza verso il resto del mondo.

“Fai ciò che ti riesce meglio, piccolo mio” la voce di sua madre, più concreta e presente delle altre volte, gli suggerì nella mente “segui l’istinto”. E lo fece.

Si avvicinò sempre di più a Rose e le sussurrò all’orecchio, mettendo la mano libera vicino al suo fianco, per non pesarle addosso:

-Sei la mia salvezza, Rose Weasley – detto questo, la baciò delicatamente sulle labbra. Non fu nulla di più che un bacio a fior di labbra, che esprimeva tutto l’amore che i due provavano.

Il ciondolo al collo di Rose scintillò. Perché Scorpius aveva finalmente donato l’anima a quella piccola rossa pestifera. Altro che un piccolo frammento.

Rose era di Scorpius. E Scorpius era di Rose. Si sarebbero appartenuti per l’eternità.

 

Intanto due adulti, abbracciati, spiavano la scena sorridendo, dall’entrata della tenda dell’infermeria.

-Oh santo Salazar, mio figlio, un Malfoy, con una Weasley… - mormorò, scherzando, Draco. Hermione rise ma si divincolò e mise su un finto broncio.  

-Ah, è così? E tu, che stai con una Granger, eh? Cosa direbbero i tuoi avi?

-Non me ne frega niente. Io ti amo, Granger, mettitelo bene in testa – disse Draco, riavvolgendola in un caldo abbraccio e baciandola sulla fronte. Hermione sorrise, felice come una bimba.

-Senti… - iniziò Draco, abbassando lo sguardo e frugando nervosamente nella tasca – nella mia famiglia c’è una stupida legge che dice che quando un Malfoy si sposa con una Purosangue, resta con lei fino al momento della morte (la sua, non quella della moglie). Perciò agli occhi della legge Malfoy, io sono ancora sposato, anche se Astoria non è più tra noi. Quindi, io mi chiedevo…

-Draco Malfoy, mi stai per caso chiedendo di sposarti? – lo interruppe Hermione emozionata.

- Non ufficialmente, però, se vorresti diventare la mia compagna, ne sarei felice – detto questo, tirò fuori una scatoletta rivestita di velluto blu e la aprì, rivelando un piccolo anello con uno zaffiro (la pietra preferita di Hermione) – e poi, se non ci sposeremo, non ci saranno intralci per Scorpius e Rose. Quindi…

-Preparo le valige e sono subito a casa tua. E la biblioteca da oggi è ufficialmente mio territorio! – esordì Hermione, infilandosi l’anello al dito e baciandolo dolcemente sulle labbra.

La guerra era finita, ma per tutti loro era solo l’inizio.

The end

Allora, è vero. È finita. Scriverò un minuscolo epilogo e poi finirà tutto. Amo questa storia e l’amerò sempre, è stato il mio primo vero lavoro fantasy. Insomma, magari un giorno potrei usare le stesse idee per scrivere un libro, no? Magari. Perciò se vedrete il nome Giulia Serafini su un libro, beh, sappiate che ci sono riuscita, ho realizzato il mio sogno. Ho iniziato a scrivere su questo sito perché volevo vedere se il mio modo di scrivere piaceva, e insomma, 134 persone mi hanno seguita fino a qui! 134! Oddio, mi sto commuovendo. Grazie a tutti voi che mi avete sostenuto fino a ora. Tornerò tra poco con una Drarry, spero di ritrovare tutti voi:

1 - 3ragon
2 - AbcdefG97
3 - addictedtoskins15
4 - Alaxeia
5 - AlexandrovinaMalfoy
6 - Alys_19
7 - Annaj
8 - aquizziana
9 - aranciata
10 - AriPotter
11 - aurarossa
12 - aww
13 - BeaBlu
14 - bertula
15 - Black_Yumi
                                                                                                                                                             16 - blood_mary95
17 - blue eyes 97
18 - bluenocturne93
19 - Blueraven
20 - bluesea
21 - Bride29
22 - Bulm88
                                                                                                                                                                               23 - caostheory
24 - caroline_directioner
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126 - Yaku
127 - Yuki Cross
128 - _Acqua di Cristallo_
129 - _Elly
130 - _Niklas_
131 - _RedRose_
132 - _steffi_yolo
133 - _wr1ter_
134 - __cannonball

 

Grazie ancora, davvero, sto piangendo. Vi adoro. Un bacio a tutti,

Nihal

(me lo lasciate un ultimo commentino? Anche negativo J )

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


Ed eccomi con il piccolo epilogo che metterà veramente la parola fine a tutto.                                                                
Scusate il ritardo, ma ho avuto problemi con il pc, e poi… sinceramente mi ero dimenticata di questo capitoletto… scusate, perdonate questa smemorata che un giorno o l’altro dimenticherà a casa anche la testa!

Epilogo

Finalmente

Diana cinse con le braccia i fianchi di Luis da dietro e gli chiese, seria e determinata:

-Sei sicuro che sia quello il posto? – erano ormai cinque giorni che viaggiavano su quelle montagne sperdute. Diana si era affidata completamente all’istinto di Luis, che percepiva Albus, essendo esso una parte di lui. O era il contrario. No, forse… insomma, quella roba là!

Quella mattina Luis l’aveva svegliata, aveva gli occhi verde scuro immersi nella luce folle della scoperta. L’aveva tormentata mentre faceva colazione, incitandola ripetutamente a muoversi (lui, come una specie di zombie, non aveva bisogno di mangiare). Dopo di che l’aveva condotta davanti a quella parete di roccia, indicando la grotta in cima. Il suo Albus si trovava lì.

-Ne sono più che certo – confermò Luis, per l’ennesima volta. Diana non riusciva a credere di aver finalmente trovato il suo Albus. Sorrise.

Poi si diede delicatamente la spinta con i piedi e un attimo dopo, era in aria, e volava velocemente verso la caverna, con Luis tra le braccia.

Arrivarono alla sporgenza di roccia in pochi minuti. Diana era sempre stata un vero e proprio talento nel volo. Un giorno o l’altro avrebbe potuto sfidare Scorpius… si sarebbero divertiti, insieme.

A quel pensiero il suo sorriso divenne ancora più grande. Era tornata a vivere, finalmente. Voleva amare, voleva divertirsi, urlare, essere una bambina. Tutto ciò che non aveva mai potuto essere a causa della scoperta della sua natura e, precedentemente, dalla fughe dai vari istituti in cui l’avevano rinchiusa.

-Ricordi quello che devi fare? – le chiese Luis, sul ciglio della sporgenza. Non poteva avvicinarsi troppo per non rischiare di toccare la barriera. Diana invece poteva sperare di riuscire ad attraversarla perché amava Albus. La barriera di dolore e odio non conosceva amore, e lei avrebbe potuto entrare senza pericolo.

Annuì e chiuse gli occhi. Doveva riempirsi d’amore. Diventare un vero e proprio sentimento d’amore puro.  Pensò ad Albus, ai suoi occhi e al suo sorriso, che le facevano esplodere il cuore nel petto.                                  

Pensò al suo sguardo meravigliato la prima volta che l’aveva incontrato, come se avesse visto una creatura che non credeva potesse esistere.

Pensò allo sguardo ansioso e protettivo, pieno di preoccupazione, che aveva assunto quando l’aveva vista combattere da sola contro una dozzina di zombie.                                                                                                               

Pensò a quando si era resa conto, qualche giorno prima, che la sua magia aveva cambiato leggermente colore, passando dal verde scuro al verde smeraldo. E quando aveva visto la magia di Albus fare lo stesso, diventare dello stesso colore inquietante dei suoi occhi, aveva sentito il cuore riempirsi di una strana sensazione.

Solo ora aveva capito cos’era quella stessa sensazione che le riempiva il cuore ogni volta che si parlavano o lui la guardava.

Era amore.

Fece pochi passi in avanti ed entrò nella caverna. La barriera si illuminò appena di luce rossastra, ma non fece una piega. Diana sorrise e corse in fondo, dove stava una bara di legno grezzo, sigillata.

Evocò le sue sfere di magia e ne passò una sull’attaccatura della bara, sciogliendola. Poi trattene il fiato.    Dentro c’era Albus, il suo Albus, che sembrava addormentato placidamente.

Diana prese coraggio e si chinò su di lui. Annullò con uno scatto la distanza tra le loro labbra. Le labbra del moro erano morbide e carnose, e Diana le assaporò a pieno e a occhi chiusi. Non si accorse nemmeno della luce che si stava sprigionando dal corpo del ragazzo.

Si staccò da lui solo quando il calore si fece impossibile da sopportare. La stessa luce proveniva dal fondo della caverna, sprigionata da Luis.

Con una magia ammirevole che nemmeno un’esperta come Diana capì a pieno, lo spirito di Luis tornò nella bara, mentre Albus si risvegliò fuori dalla caverna, sbattendo le palpebre confuso.

Diana salutò velocemente Luis con un bacio sulla fronte, poi corse da Albus per abbracciarlo. Al ragazzo si illuminò il viso quando la vide, e sorrise calorosamente. Purtroppo perse l’equilibrio e cadde giù, urlando.

Diana rimase un attimo immobile, impietrita, poi prese la rincorsa e si buttò giù. Albus si stava dimenando, in preda al terrore. Lei accelerò e gli cinse i fianchi con le braccia, e lo stesso fece il ragazzo.

Poco dopo erano in aria, abbracciati l’uno all’altra, con i visi a pochi centimetri di distanza.

-Oddio… grazia Diana, non so che avrei fatto…- ma non riuscì a terminare la frase, perché le labbra dell’Angelo si posarono nuovamente sulle sue. Albus strabuzzò inizialmente gli occhi, poi li chiuse, ricambiando il bacio.

E Diana si sentì finalmente completa.

 

Anni dopo….

-Rose, davvero, così mi fai commuovere! – esclamò Diana, portandosi le mani a coprire la bocca, per cercare di trattenere le emozioni.

-E perché no? Allora te lo ripeto, sarai la madrina! – ripetè la rossa sorridendo. Albus e Scorpius, che aveva in braccio la bimba, si scambiarono uno sguardo d’intesa.

-Sì, amico, tu sarai il padrino – confermò il biondo con lo sguardo. Albus ricambiò il sorriso, commosso, guardando la sua piccola figlioccia, di appena poche ore. Era bellissima, con il volto paffuto e roseo, e le labbra morbide. Ma era il nome che aveva scelto Rose il vero motivo per cui le lacrime gli scorrevano umilianti sul viso.

-Amore, sei sicura? – chiese ancora una volta, tanto che Rose indurì lo sguardo e alzò gli occhi al cielo. Diana rise sotto i baffi a quell’adorabile scena.

-Sì, Scorp, sono sicura. Nostra figlia si chiamerà Astoria Jean Malfoy, e non rompere. La storia finisce qui!

 

Tutti risero. Senza sapere che la nostra finisce davvero qui.

Grazie a tutti per aver seguito questa malata di mente fino a qui. Che dire, vi avevo promesso una Drarry e ci sto lavorando, ma non credo che arriverà molto presto perché mi ci voglio davvero impegnare, stavolta. Però ogni tanto potrei farmi viva con qualche one-shot o cose così, chi lo sa.

Vi amo tutti. Alla prossima! 

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