La salvezza dell'angelo di Give_me_only_kiss (/viewuser.php?uid=309147)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Capitolo 1
Lui non era niente. Era nero.
Questo pensava un piccolo Scorpius di appena undici anni, fissando le gocce di pioggia che bagnavano il vetro della finestra di camera sua. Si alzò sbuffando e si mise davanti allo specchio, scompigliandosi i capelli con la mano destra.
Tutto quello che vide fu la luce più assoluta: capelli biondi, quasi bianchi, da angelo e carnagione lattea, labbra sottili e lineamenti taglienti, occhi azzurro lucente eppure slavato, con picchiettature grigie.
Assomigliava ad un angelo.
Scorpius ghignò, ricordandosi un detto che aveva letto in un libro babbano.
L’apparenza inganna.
Perché per quanto Scorpius fosse bello fuori, dentro era marcio. Nero.
Aveva sempre vissuto con il padre. Sua madre Astoria era morta portandolo alla luce. Scorpius abbassò lo sguardo. Aveva sempre vissuto all’ombra degli errori di suo padre e di suo nonno, tutti lo trattavano con sdegno, disprezzo o peggio, non lo consideravano. Sembrava che fosse invisibile.
E sapeva che sarebbe stato anche peggio lì. Lì dove tutti conoscevano quello che suo padre aveva fatto. Lo avrebbero trattato con disprezzo, l’avrebbero isolato sin dal primo momento.
Eppure Scorpius non chiedeva molto. Solo, degli amici.
Non ne aveva mai avuti. Suo padre gli ripeteva sempre “Figlio mio, mi dispiace, mi dispiace. Mi dispiace perché non potrai mai vivere una vita serena e felice. Mi dispiace, è tutta colpa mia…” dopo si ritirava nelle sue stanze e non ne usciva per un giorno intero.
La famiglia Malfoy era caduta nella sfortuna più nera, dopo la guerra. Non economicamente, no. Scorpius e suo padre vivevano in un castello di tutto rispetto, dotato di ogni sorta di lusso. No. Socialmente. Ogni volta che andavano a Diagon Alley o a Hogsmeade le persone non facevano altro che parlare loro dietro e puntarli con il dito, per poi fare qualche acido commento. Era dal giorno in cui era nato che Scorpius sentiva frasi del tipo “Sì, Draco Malfoy.. è stato un Mangiamorte” oppure “ha tradito la sua scuola e ha tentato di uccidere il suo preside” o ancora “quello è suo figlio? Ma chi ha avuto il coraggio di fare un figlio con lui??”.
E Scorpius sentiva la rabbia montargli dentro come una fenice che sorge dalle ceneri. Così, la sua rabbia cresceva giorno dopo giorno, senza aver occasione di uscire. Così l’aveva corroso dentro, fino a farlo diventare un guscio vuoto, incapace di provare un qualsiasi tipo di emozione. Tranne la rabbia.
Nero. Lui era solo questo. Nero. Un angelo delle tenebre.
Fisso con disgusto la lettera con il simbolo di Hogwarts buttata sul letto e sbuffò sonoramente.
Si prospettavano davvero sette anni d’inferno.
Ma Scorpius, si rimproverò, dovresti esserci abituato. La tua vita è sempre stata così. Un inferno di fiamme nere.
E lo sarà sempre.
Il giorno dopo il padre lo svegliò presto. Scorpius lo fissò. Una sua copia ingrandita, ma con gli occhi stanchi e già contornati di qualche piccola ruga. Gli sorrise debolmente. Scorpius non ricambiò il sorriso e si alzò, in silenzio. Si preparò e scese nell’immenso salone, dove suo padre lo aspettava, vicino al camino.
Usarono la Metropolvere e arrivarono vicino alla stazione di King’s Cross. Appena entrati, Scorpius spinse in silenzio il suo carrello, tra una folla di babbani che fissavano la sua civetta, Pam, con occhi curiosi.
Il biondo non ci fece caso e si diresse verso il muro tra i binari nove e dieci. Lo attraversò, senza nemmeno aspettare il padre. Rimase senza fiato davanti a una coltre di fumo bianco che avvolgeva un treno rosso sangue.
Il treno per l’inferno, finalmente. O forse sono salito già non appena sono nato?
Scorpius venne riscosso dai suoi pensieri da suo padre che, mettendogli una mano sulla spalla, lo diresse verso un’altra famiglia.
Scorpius li riconobbe subito. Erano i Potter. Harry Potter, capo del dipartimento degli Auror, dove lavorava anche suo padre, era venuto diverse volte al Manor, per questioni di lavoro. Scorpius l’aveva visto solo di sfuggita in quelle occasioni ma ora aveva l’opportunità di guardarlo da più vicino.
Aveva capelli neri così scompigliati che sembravano non aver mai avuto il piacere di conoscere un pettine nella loro vita. Occhi verde smeraldo spuntavano sotto la montatura rotonda e leggera degli occhiali. Aveva tratti leggermente spigolosi ed era piuttosto basso. Accanto a lui c’era una donna dai fluenti capelli rossi e occhi azzurro lucente. La carnagione chiara del viso era infantilmente spruzzata di lentiggini.
Vicino a loro c’erano tre bambini. Il più alto, che doveva essere il maggiore, aveva capelli neri e sbarazzini, occhi scuri e un ghigno malandrino finemente disegnato sulle labbra sottili. Il bambino accanto aveva gli stessi capelli, ma occhi smeraldo e carnagione chiara. Aveva l’aria di uno che sta per avere un attacco di panico, ma lo nascondeva abilmente sotto un sorriso ingenuo. La più piccola era identica alla madre, e la stava pregando di lasciarla andare a Hogwarts, mentre la madre rispondeva pazientemente di no.
-Potter – li salutò amichevolmente suo padre. Scorpius sapeva che dopo la guerra suo padre aveva tentato di ricucire i rapporti con il Salvatore del Mondo Magico, e ci era riuscito, dato che ora erano buoni amici. O almeno, non si saltavano addosso non appena si incrociavano.
Il moro ricambiò il saluto, mentre il suo sguardo si posava su Scorpius. Gli sorrise e Scorpius lo fissò impassibile. Il Bambino Sopravvissuto lo fissò interrogativo, per poi partire all’attacco:
-È tuo figlio, Draco? – chiese. Suo padre annuì e gli battette la mano sulla spalla, con fare orgoglioso.
– Esatto. Lui è Scorpius Hyperion Malfoy – Scorpius fece una smorfia al sentire il cognome che l’aveva condannato a quella patetica esistenza – vedo che tu invece ti sei dato da fare – commentò il padre, indicando i tre bambini.
Harry si grattò la nuca imbarazzato e rise.
-E già. Loro sono James Sirius – il moro sorriso-malandrino – Albus Severus – Scorpius non riusciva a trovare un buon soprannome – e Lily Luna Potter –la rossa petulante – James è al secondo anno, Grifondoro. Albus inizia quest’anno.
- E in che Casa vorresti essere smistato? – chiese suo padre. Albus deglutì e balbettò:
- Gri- Grifondoro – rispose. Suo padre fece una smorfia d’ovvietà, mentre sorriso- da-deficiente (oggi Scorpius si sente particolarmente creativo ) scoppiava a ridere e Albus lo fulminava con lo sguardo.
-Cos’hai da ridere, Jamie? – sibilò il moretto. Sorriso-da-deficiente ricambiò lo sguardo di sfida e disse:
- Oh andiamo Al. Non ci spererai ancora, vero? Lo sanno tutti in famiglia che tu sei la pecora nera, destinata a finire a Serpeverde – Albus diventò ancora più bianco, mentre Scorpius si interessava ancora di più alla conversazione tra i due fratelli.
-Jamie, Al, smettetela – li richiamò il padre – Jamie, smettila con questi razzismi tra Case, e tu Al, ricorda che i Serpeverde non sono feccia e che se tu lo diventerai…
- E questo è scontato… - s’introdusse faccia-da-deficiente..
– Non cambierà assolutamente niente – concluse Harry. Scorpius rise maligno e tutti gli sguardi si puntarono su di lui.
-E tu ci credi anche? – sibilò il biondino con voce elegante ma maligna – tutto dipende da quello. La gente di questo mondo ti giudica per tre cose: Casa, famiglia, sangue. Tu dovresti essere un Mezzosangue, giusto?
La madre dei ragazzi digrignò i denti a quell’insulto, ma Scorpius continuò impettito.
-A famiglia sei messo bene. La Casa a questo punto è relativa. Grifondoro o Serpeverde, che differenza fa?
È tutta una grandissima buffonata. Alla fine non dipende da te, ma dagli altri. Che sia un Cappello o un potente mago oscuro a segnare la tua vita, non ha differenza. Tutti e due lasceranno solchi incolmabili. Nessuno è artefice del proprio destino. Potresti essere un perfetto Grifondoro, ma il Cappello potrebbe decidere, per puro divertimento, di metterti in Serpeverde – il discorso di Scorpius fece rabbrividire tutti i presenti.
Era fatto da un animo ormai morto, che ha perso qualsiasi tipo di attrazione per la vita. Un animo nero, che ormai ha perso ogni speranza per sé stesso.
-Non sono d’accordo – la voce proveniva da una donna dietro di loro. Aveva la carnagione chiara, occhi ambrati e orgogliosi, lineamenti aggraziati e capelli color cioccolato, ricci e fluenti. Accanto a lei c’era una bambina dal portamento fiero, dai lunghi capelli rossi e occhi azzurro cielo.
-Granger – disse suo padre. Scorpius ghignò. E così quella era Hermione Granger, la Nata Babbana che aveva dato filo da torcere a suo padre. Guardò la bambina e i loro sguardi si intrecciarono.
C’era qualcosa in lei che lo attraeva. Eppure non aveva niente di speciale. Doveva avere la sua stessa età, ed era alta più o meno come lui. Aveva gli occhi accesi da un orgoglio imperturbabile e lo scrutava con aria curiosa. E Scorpius capì cosa di quella ragazza lo attraeva tanto.
Era pura. Bianca fuori e dentro. Tutto quello che lui non era mai stato.
Quegli occhi, quel portamento, quel sorriso. Tutto in lei era genuino, puro come acqua di montagna, incontaminato dal dolore in cui Scorpius era cresciuto.
-Malfoy – ricambiò il saluto la donna con un sorriso – è un piacere rivederti. Lei è mia figlia, Rose. Rosy, saluta, su – la incoraggiò Hermione. Rose salutò con un sorriso.
-Salve signor Malfoy. Ciao zii, ciao Al – salutò tutti con un sorriso contagioso e poi si voltò di nuovo verso Scorpius – e tu sei…
-Scorpius – disse il biondo. Rose aggrottò la fronte, poi i suoi occhi si accesero di un lampo di comprensione.
-Come la costellazione – commentò la bimba. Scorpius sorrise. Suo padre sbarrò gli occhi e lui stesso si sorprese di quel gesto.
Aveva sorriso. Come poche volte prima di allora.
-Già – constatò, mentre si tastava le labbra.
Come poteva una bambina indurlo persino a sorridere?
-Allora Hermione…. dov’è Ron? – chiese Harry. La donna all’improvviso si incupì.
-Non te l’ha detto? Che vigliacco… - commentò con tono amaro – sappi Harry, che Ronald e io abbiamo divorziato una settimana fa. Lui ha preso Hugo e io Rose – Harry stava per dire qualcosa, ma la ex-Grifondoro lo interruppe con un gesto della mano – Harry, non dire niente. Ronald è stato un errore e io voglio ricominciare. Tornando a te, ragazzino… - lo sguardo di Hermione si posò nuovamente su Scorpius – non sono d’accordo. Io credo che ognuno di noi abbia la possibilità di costruirsi la propria vita da solo, indipendentemente dal parere e dalle scelte degli altri. Le nostre scelte sono solo nostre e sono esse che determinano il tipo di persona che siamo – espose Hermione. Scorpius rimase attonito. Il discorso era quello di una animo vivo, pieno di speranza per sé e per il futuro. Sorrise ancora e si stupì di nuovo.
-Per le mutande di Merlino, Granger, dimmi come ci riesci – imprecò suo padre.
-Cosa intendi Malfoy? – chiese Hermione.
-Sono anni che non vedevo Scorpius sorridere. Ti ringrazio di cuore, Granger, e anche tu, Rose. Grazie.
Non fece in tempo in tempo a finire che Scorpius lo fulminò con un’occhiataccia e salì sul treno, senza nemmeno salutarlo.
Aveva sorriso. Davanti a molte persone. Si era sentito bene. Quella donna e quella bambina lo facevano sentire bene. Ma sapeva che non sarebbe durata. Non appena Rose avesse capito chi era, non sarebbe più voluta diventare sua amica.
Guardò fuori dal finestrino. Hermione stava dicendo qualcosa a Rose, indicando ogni tanto suo padre. Rose sbiancò e disse qualcosa, decisa. Hermione scosse la testa, ma la baciò sulla fronte e Rose salì sul treno.
Poco dopo la rossa passò davanti al suo scompartimento, insieme a suo cugino Albus. Scorpius la guardò, cercando il suo sguardo e Rose lo ricambiò con disprezzo. Poi proseguì per la sua strada, camminando impettita.
Scorpius si sentì sprofondare. Il suo cuore era stato trafitto da mille pugnali. La sua anima – o quello che ne era rimasto – sottoposta a una seria estenuante di Crucio.
Aveva perso dopo nemmeno due minuti l’unica cosa che lo facesse sentire un po’ meno di merda del solito.
Adesso sì che poteva dirsi veramente nero. Perché lui non era altro che l’ombra di una persona. L’ombra di suo padre, degli errori di suo nonno. L’ombra di una famiglia che aveva commesso tanti errori. E ora lui stava pagando per tutti questi errori.
Scorpius, ripetè nella sua mente, da oggi il mio nome è solo questo. Scorpius è ciò che sono dentro, Malfoy è ciò che sono fuori. Prego che ci sia qualcuno là fuori che possa tirare fuori Scorpius dal baratro dove si è gettato.
Ma Scorpius sapeva che l’unica persona che avrebbe potuto veramente aiutarlo era appena passata davanti allo scompartimento, guardandolo con disprezzo.
Perché l’unica salvezza dell’angelo delle tenebre era una rossa pura e orgogliosa fino al midollo.
Salve a tutti! questo è solo un piccolo esperimento, se piacerà – voglio arrivare almeno a cinque recensioni – lo continuerò. Sappiate che questa è una Rose/Scorpius, ma anche una Draco/Hermione.
Spero che vi piaccia, un bacione,
Selenakilla89
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Salve salve salve! Diavolo, non solo la storia è piaciuta, ma sono arrivata a quota sette recensioni per il primo capitolo! Grandioso! Spero che questo riscuoterà altrettanto successo, e mi lasciate qualche commentino come nel primo. Naturalmente continuerò la storia, ma vi avverto. Sarà lunga. Tanto lunga. O almeno spero. Nella mia testa contorta si sta già formando la trama e spero di riuscire a portare questa storia alla fine, perché mi ci sono già affezionata. Un ultimo avvertimento: ho scritto che questa sarà anche una Dramione, perciò inserirò ogni due-tre capitoli un capitolo sui nostri piccioncini cresciuti, ma non descriverò attentamente il loro amore, anzi, lo farò sviluppare piuttosto velocemente.
Infine, ringrazio tutte le persone che hanno gentilmente recensito, quelle che mi seguono e quelle che semplicemente leggono in silenzio.
Un bacione,
Selenakilla89
Capitolo 2
Scorpius tirò fuori dal baule il libro di Pozioni e iniziò a leggerlo, nel silenzio del suo scompartimento.
La lettura era da sempre una sua grande passione. I libri nascondevano segreti meravigliosi, a suo parere, che bramavano solo di essere scoperti da occhi assetati di sapere. Quando leggeva, Scorpius si immergeva in quei mondi meravigliosi, immaginando di esserne il protagonista, di viaggiare in mondi fantastici.
Di avere compagni di viaggio e di essere apprezzato, per una volta.
Aver praticamente divorato la biblioteca del Manor, tanto da aver ripiegato sui libri babbani, che aveva scoperto essere belli e fantasiosi quanto quelli magici.
Dovevano essere passate all’incirca due ore quando la porta dello scompartimento si aprì. Scorpius sollevò appena lo sguardo e ghignò sotto i baffi.
Sulla soglia c’erano tre bambini della sua età. Li riconobbe all’istante.
Paul Zabini, suo cugino di secondo grado, dalla carnagione scura e i capelli castani, in contrasto con un paio di occhi azzurro cielo, accesi da una luce maligna.
Gli altri due erano Alex Tiger e Lucas Flitt. Due colossi senza cervello, entrambi castani e grossi.
Scorpius tornò con lo sguardo sul libro, schioccando la lingua con aria di sufficienza. Sentì Paul ringhiare, mentre si avvicinava.
-Malfoy, potresti anche degnarti di salutare, sai. O sua magnificenza mi ritiene indegno della sua regale voce? – lo punzecchiò suo cugino. Scorpius rimase in silenzio, girando pagina.
Paul serrò la mascella e lo spintonò.
-Parla, figlio di puttana! – Scorpius scattò. Si alzò in piedi e lo sovrastò in tutta la sua altezza, guardandolo con occhi omicidi.
-Non mi toccare. E non provare più a insultare mia madre – sibilò. Poi successe ancora. Una forza sconosciuta si impossessò di lui e avvolse i tre bulli in un vortice d’aria, per trascinarli fuori, lasciandoli inerti nel corridoio, pieni di graffi e ferite.
Scorpius chiuse le porte e le tende dello scompartimento. Poi si sedette e si prese la testa fra le mani.
Era successo di nuovo. Ogni volta che perdeva le staffe una magia sconosciuta si scatenava in lui, come attivata dalla rabbia dentro di lui che si dimenava nelle catene per uscire fuori, e faceva del male a colui che era la causa del suo malumore.
Un’ottima difesa, certo. Ma le origini di questo potere erano sconosciute al biondo, che semplicemente aveva finito per assecondarlo, lasciarlo fare. Non gli dispiaceva, avere un qualcosa che lo proteggeva dai bulli come Paul.
Ma sapeva che Paul lo avrebbe raccontato in giro. E questo altro non avrebbe fatto che scavare un ulteriore solco tra lui e i suoi compagni. Altro non avrebbe fatto che aumentare la paura e il disprezzo che avevano le persone di lui.
Sospirò e riprese a leggere. Dopo un po’, sentì un fischio e una potente frenata, segno che il treno aveva finalmente concluso la sua corsa.
Scese dal treno, mentre le persone facevano di tutto per non toccarlo ed evitare di incrociare il suo sguardo di ghiaccio. Scorpius scorse un gigante dalla barba maltenuta e i riccioli ribelli che gridava:
-Primo anno! Qui, primo anno! – Scorpius si avvicinò con una smorfia di disgusto e seguì gli altri bambini sulle barche che avrebbero attraversato il Lago Nero.
Hogwarts si stagliava in tutta la sua imponenza sulla riva opposta. Le torri svettavano nelle tenebre di quella notta senza luna, creando ombre che davano al castello un’aria inquietante, eppure stranamente irresistibile. Scorpius lo fissava a bocca aperta, proprio come tutti gli altri bambini.
Conclusa la traversata, il gigante li condusse nel castello, davanti a un immenso portone in quercia.
Lì attendeva una donna dai lineamenti duri e il volto anziano, solcato da numerose rughe. Aveva i capelli raccolti in una cipollina e indossava una svolazzante veste verde smeraldo.
La preside non che professoressa di Trasfigurazione, Minerva Mc Granitt.
-Salve a tutti e benvenuti a Hogwarts.. tra poco avrà inizio lo Smistamento…
Tutto il resto non arrivò alle orecchie di Scorpius per due precisi motivi.
Primo, il ragazzo era troppo intento a fissare la ragazzina rossa davanti a lui, che ascoltava attentamente le parole della professoressa, con una luce decisa negli occhi.
Secondo, una domanda gli rimbombava nella mente, oscurando tutto il resto. Ecco, aveva sentito chiaramente la preside dire “Benvenuti a Hogwarts” giusto?
Allora perché io ho l’impressione che abbia detto benvenuti all’inferno?
I bambini vennero smistati uno dopo l’altro, chi a Grifondoro, chi a Tassorosso, chi a Corvonero o Serpeverde. Scorpius attendeva il suo turno, ma nei suo lineamenti non appariva né l’ansia che lo attanagliava, né il terrore di rimanere seduto lì per sempre.
Il giovane infatti sentiva di non appartenere a nessuna di quelle Case.
-Malfoy Scorpius! – chiamò il professor Paciock. La sala tacque e tutti gli occhi vennero puntati sul biondino che a passo esitante si dirigeva verso lo sgabello, digrignando i denti non appena sentiva un commento del tipo “è il figlio di Draco Malfoy… ” “il figlio del Mangiamorte traditore e codardo” “ma con quale coraggio si presenta qui?”
Si sedette e si mise il Cappello. Questi si adattò perfettamente alla sua testa.
-Uhm, difficile, molto difficile. Sei molto diverso da tuo padre – e ne vado fiero – ma qualcosa di lui in te c’è. La sua grande ambizione, ad esempio, ma tu hai qualcosa di più… c’è tanto talento e un cervello niente male. Una passione per i libri inconsumabile e una saggezza pessimista che non avevo mai visto in un bambino. Ma anche una grande freddezza e un orgoglio senza limiti, uniti ad un modesto coraggio e ad un grande potere che ti porterà lontano, molto lontano.. ma dove ti colloco? – Scorpius non seppe dire per quanto tempo rimase lì seduto, in attesa del verdetto finale. Alla fine il Cappello parlò, senza decretare nulla. Si rivolse invece alla Mc Granitt, annunciando:
-Il ragazzo è uno di quelli difficili. Minerva, ti dispiacerebbe lasciarmici pensare un po’, mentre smisto gli altri? Intanto il signor Malfoy potrebbe attendere in piedi – Scorpius rimase impassibile e si alzò, rimanendo accanto allo sgabello. La Mc Granitt esitò un attimo mentre la stanza veniva percorsa da mormorii malnascosti. Non era mai successo che un bambino rimanesse senza verdetto.
-Potter Albus – chiamò il professor Paciock, ripresosi dallo shock. Il moretto si diresse allo sgabello, dirigendo uno sguardo al biondino. Scorpius lo ricambiò, cercando di dargli coraggio. Dopotutto, Albus gli era simpatico. Il Potter sorrise e si sedette. Il Cappello ci mise meno di un minuto.
-SERPEVERDE! – Albus tremò. Scorpius cercò il suo sguardo e lo incoraggiò con un lieve, quasi impercettibile movimento del mento. Albus annuì e si diresse al suo tavolo, accolto da un applauso incerto, che via via si fece più scrosciante.
-Weasley Rose – la rossa si fece avanti. Scorpius la fissò con aria ammirata. Il Cappello non sfiorò nemmeno la sua testa che gridò:
-GRIFONDORO! – Rose sorrise soddisfatta e venne accolta dai rosso-oro con calore. Tiger e Zabini vennero mandati a Serpeverde. Alla fine, solo Scorpius rimaneva senza bandiera. Si sistemò ancora sullo sgabello.
-Niente da fare, non riesco a decidere. E allora, a mali estremi, estremi rimedi – disse il Cappello – Minerva, vai a prendere le pietre. Useremo l’altro metodo – annunciò infine.
La preside annuì con aria grave e si diresse fuori dalla Sala Grande, seguita da mormorii concitata. Scorpius deglutì rumorosamente, mentre coglieva impassibile gli sguardi di disprezzo di molti – compresa Rose – e gli occhi smeraldo di Albus che cercavano invano di trasmettergli un po’ di coraggio.
In realtà, Scorpius non era spaventato. Il coraggio era sempre stata una sua dote, e ne andava fiero. Perciò anche in quella situazione, rimase a testa alta, mentre attendeva seduto sullo sgabello, il ritorno della Mc Granitt.
Quando la preside tornò, era seguita da una scatola di legno chiaro, lunga e rettangolare. Arrivò al tavolo degli insegnanti e fece alzare Scorpius, appoggiando il Cappello su un cuscinetto rosso e la scatola sullo sgabello. Poi si rivolse a tutta la Sala.
-Ragazzi, quello che state per vedere è un rito che non si celebra da secoli, che veniva usato dai Quattro Fondatori per esaminare più attentamente i ragazzi da collocare nelle loro Case, prima che il Cappello venisse creato. È molto più preciso del Cappello Parlante, in quanto le pietre non sono in grado di pensare. Signor Malfoy, la prego di avvicinarsi – Scorpius fece un passo avanti. Due. Tre.
La Mc Granitt aprì la scatola, rivelando quattro pietre di colori diversi – giallo, rosso, verde, nero – e le sollevò in aria. Le pietre si disposero intorno a Scorpius, splendendo di luci proprie. All’improvviso, quella rossa e quella verde si sollevarono, risplendendo. Poi solo quella verde rimase.
– Allora è deciso – disse la Mc Granitt – Serpeverde. Mi chiedo cosa ti abbia trattenuto dal metterlo nella Casa più ovvia, Cappello – il Cappello sbuffò e borbottò qualcosa. Scorpius sospirò e fece per dirigersi al suo tavolo, quando un boato fece tremare i muri della Sala Grande.
Il giovane Malfoy si voltò e rimase senza fiato. Dalla pietra verde stava scaturendo una luce nera, che si dissolse in fumo color carbone. Il fumo andò a formare una figura demoniaca, che gridò qualcosa, in sibili.
Scorpius sentì il suo cuore tremare di paura e di terrore, mentre qualcosa si risvegliava dentro di lui. Il fumo lo avvolse in un vortice nero. Scorpius sentiva l’aria mancargli. Si accasciò a terra, tenendosi la gola e tossendo. Si sentiva come se tutto il mondo intorno a lui stesse scomparendo. Vedeva il mondo farsi nero e la sua vista annebbiarsi, mentre ansimava per cercare di raccogliere aria.
Cosa poteva fare se non arrendersi all’inevitabile?
Poi gli venne in mente quello che era successo sul treno. Chiuse gli occhi. Dentro di lui vide la sua rabbia dimenarsi nelle catene e lui che la liberava. Fu un attimo. La solita forza si impossessò di lui e gridò.
Gridò di dolore, di tristezza, di rabbia. E tutto si fece bianco.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3
Vide sua madre che gli sorrideva. Non era in foto, come sempre, no. Era proprio lì, davanti a lui, e sorrideva. Era talmente bella. Scorpius tese una mano verso di lei, come per afferrarla, per chiederle di restare con lui.
Poi sua madre scomparve e rimase solo il grande senso di stanchezza che lo attanagliava. Si sentiva le membra esauste, i muscoli indolenziti, la mente stanca. Si sentiva di schifo.
Poi aprì gli occhi, sbattendo le palpebre per abituarsi alla luce. Si trovava in un letto dalle lenzuola bianche. Tutto intorno a lui era bianco. L’infermeria.
Si mise a sedere con difficoltà e quando lo fece sentì un dolore straziante che gli piegava la schiena. Gridò.
-Scorpius, Scorpius, calmo! – lo rassicurò una voce. Scorpius strizzò gli occhi e rimase stizzito quando i suoi occhi di ghiaccio ne incontrarono due verde smeraldo.
-Albus? – chiese, chiedendosi se anche il ragazzino sorridente seduto al suo capezzale fosse un’allucinazione. Il moretto sorrise e annuì.
-Sono venuto a trovarti. Mia cugina Rose dice che tu sei cattivo e che con la scena in Sala Grande volevi solo attirare l’attenzione. Io penso invece che lei si sia fatta condizionare dal fatto che tuo p
adre è stato un Mangiamorte. Ma cosa importa? Tuo padre è tuo padre e tu sei tu. E mi sembri anche simpatico – le parole del secondogenito Potter riscaldarono il cuore del piccolo Malfoy – ma cosa ti è successo in Sala Grande?
Scorpius sbiancò alla domanda. Scosse la testa. non ne aveva la minima idea. Non si ricordava nemmeno cos’era successo. Lo chiese ad Albus, che rimase allibito nel constatare che il biondo non ricordava nulla.
-Bè, dopo che ti hanno smistato in Serpeverde è comparso una specie di mostro, un Demone, da quanto ho capito, anche se non ho la minima idea di cosa sia. Potremo cercare in biblioteca, quando uscirai da qui. comunque, il Demone ha detto qualcosa in serpentese, del tipo “sei condannato a morte, tu che sei nato dalla luce mista alle tenebre, dalla morte mista alla creazione”.
-Aspetta, aspetta- lo interruppe Scorpius – come hai fatto a capirlo? Sei un Rettilofono? - Albus annuì, imbarazzato.
-Non dirlo a nessuno, per favore – disse – lo sapete solo tu e Rose. Tornando a noi, il Demone ti ha intrappolato. I professori hanno provato a liberarti, lanciando incantesimi di ogni genere. Ti abbiamo sentito urlare e il Demone dissolversi velocemente in una luce bianca accecante. Poi, sei svenuto e i professori ti hanno portato qui. Sei rimasto incosciente per due giorni – gli disse.
Scorpius annuì e si lasciò cadere sul cuscino con aria stanca. Poi si alzò e con un colpo di bacchetta trasformò il suo pigiama nella divisa di Serpeverde.
-Scorpius ma che fai… Madama Chips dice che devi restare a riposo, hai una grave ferita alla schiena… - provò a dire Albus, ma Scorpius non lo ascoltò e si infilò anche le scarpe.
-Non preoccuparti, sono uno che guarisce in fretta. Su, andiamo a lezione – disse. Albus annuì e lo seguì finì all’aula di Pozioni. Entrarono. Tutti gli studenti si voltarono verso di loro, compreso il professor Lumacorno.
-Signor Potter, signor Malfoy, che cosa ci fate qui? Signor Malfoy, lei dovrebbe essere in infermeria – ordinò. Scorpius fece un gesto noncurante con la mano e si andò a sedere. Albus, dopo un attimo di esitazione, lo seguì, sedendosi accanto a lui.
Lumacorno fece per dire qualcosa, poi sospirò e riprese la lezione.
-Come stavo dicendo, per preparare una buona pozione contro i foruncoli….
-Al! Al, aspettami! – Albus e Scorpius, che si stavano dirigendo nei sotterranei, si voltarono alla voce che chiamava il moro. Era Rose. Scorpius rimase attonito.
Perché la vista di quella bambina riusciva sempre a togliergli il fiato?
Aveva i capelli raccolti in due trecce ordinate e gli occhi accesi da una luce orgogliosa. Corse verso di loro e abbracciò suo cugino. Scorpius li guardò con invidia.
-Al! Perché stai con questo qui? È il figlio di un Mangiamorte! – esclamò Rose. Scorpius sentì il suo cuore mentre veniva trafitto da una lama tagliente. Albus indurì lo sguardo e si staccò da lei.
-Te lo ripeto per l’ultima volta Rosy. Tu sei intelligente come tua madre, ma hai gli stessi punti di vista di tuo padre, e così sprechi la tua intelligenza. E ti ripeto anche che suo padre è suo padre e lui è lui. E poi, è un mio amico.
Il cuore di Scorpius perse un battito. Amico. Lui e Albus erano amici.
Aveva un amico.
Si sentì riempire da una gioia incalcolabile, avrebbe voluto urlare per la felicità e mettersi a saltellare. Ma non lo fece. Rimase impassibile come sempre e guardò la reazione della rossa.
Rose si morse il labbro e si allontanò, con passo impettito, non prima di scoccare a Scorpius l’ennesimo sguardo carico di sdegno.
Scorpius si sentì morire a quello sguardo. Ma perché? Perché?
Sopportava quegli sguardi un giorno sì e l’altro pure, perché se venivano da lei lo facevano sentire così male? Perché se quegli occhi azzurro mare si riempivano di disprezzo a lui diretto si sentiva come trafitto da mille pugnali affilati?
-Dimmi Albus – chiese quella sera al moro, una volta che si furono sistemati nella loro stanza – come è essere il figlio di Harry Potter?
Il neo Serpeverde si scrollò nelle spalle, sedendosi sul letto e infilandosi sotto le coperte.
-Sono sempre al centro dell’attenzione e tutti si aspettano grandi cose da me. Ecco com’è – confessò con aria afflitta – comunque, mi dispiace.
-Di cosa? – domandò Scorpius, stendendosi sul letto.
-Che tutti ti trattino come ti trattano. Come se avessi la Febbre del Drago. E che anche mia cugina faccia parte della mischia – rispose Albus. Scorpius scosse la testa.
-Non voglio la tua compassione – sibilò.
-Oh, ma io non ti compatisco – rise invece il moro, stupendo il biondo – certo, non vorrei essere al tuo posto, ma un po’ ti invidio. Tutti hanno paura di te, non ti corrono dietro come se fossi un eroe in grado
di guarirli da ogni male – fece una smorfia, ma poi sorrise – e poi da oggi siamo in due.
-In che senso? – quel ragazzo gli piaceva. Diretto, astuto. Un perfetto Serpeverde.
- Che da oggi saremo in due a farci parlare dietro da tutta la scuola. Immagina, il grande duo: il Rinnegato della famiglia Potter e l’erede dei Malfoy – mosse le mani come se si trovasse davanti a un titolo invisibile.
Scorpius lo guardò e Albus si voltò verso di lui. Il biondo continuò a fissarlo.
-Cosa c’è? – chiese infine il moro. Scorpius scoppiò a ridere. Rideva. Stava ridendo.
-C’è che sei proprio un cretino.
-Ah sì? – sibilò Albus buttandosi sul suo letto con un cuscino in mano. Scorpius urlò di sorpresa quando Albus tirò a segno la prima cuscinata.
Fecero la lotta con i cuscini e poi parlarono per tutta la notte. Si addormentarono insieme, scomposti sotto le coperte.
Quello, Scorpius lo sapeva, era l’inizio di una bellissima amicizia.
Un’amicizia che lo avrebbe aiutato a ritrovare sé stesso, anche se non completamente, perché l’unica medicina che poteva guarirlo del tutto rifiutava persino la sua esistenza.
Ok, lo so che in questo capitolo non succede un gran che, faccio sol in modo che si accumulino migliaia di domande. Perché il Demone ha aggredito Scorpius? Cos’è un Demone? E da dove arrivano i poteri di Scorp? Lo scoprirete nelle prossime puntate! No scherzo, ci vorranno almeno altri dieci capitoli prima di arrivare a quello rivelatore. Perciò, seguitemi se volete sapere e lasciate qualche commento con le vostre opinioni.
Un bacio, Selenakilla89
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4
Una donna camminava per i corridoi del Ministero con aria orgogliosa e imperturbabile. I riccioli castani le ricadevano morbidi sulle spalle. Indossava una camicetta bianca infilata nei pantaloni scuri a vita alta e un paio di tacchi alti.
Arrivò nel Dipartimento Auror. Stava per dirigersi nell’ufficio dove era stata convocata, quando si sentì afferrare per un braccio. Si voltò e si ritrovò davanti il suo ex.
-Ronald – disse Hermione con aria di sufficienza. Ron sorrise debolmente e le lasciò il braccio.
-Sei venuta qui per me? – chiese con aria ingenua. Hermione sbottò e mise le mani sui fianchi.
-No, Ronald. E come puoi pensare una cosa del genere? Ti vai a sbattere quattro puttane a sera, torni a casa di tuoi figli e lasci anche evidenti segnali in giro di ciò che combini. E poi hai persino il coraggio di dirmi “Sei venuta per me”?!?! – la rabbia della ragazza era lampante.
-Weasley, vai a finire i tuoi rapporti. La signorina Granger è mia ospite – l’arrivo di Malfoy la fece trasalire. I due uomini si guardarono in cagnesco. Ron aveva digrignato i denti quando Malfoy aveva sottolineato con un ghigno la parola signorina.
Alla fine fu il biondo a vincere la lotta di sguardi e il rosso si allontanò, imprecando pesantemente.
-Grazie Malfoy – sussurrò Hermione. Poi si ricompose e chiese con un sorriso:
-Allora, come mai mi hai mandato a chiamare? – Malfoy si guardò in giro e disse con un mormorio:
-Non qui. Vieni con me – la prese per mano e la portò in un ufficio. Hermione sentì il suo cuore accelerare il battito alla vista delle loro mani intrecciate. Il suo tocco era delicato, la sua mano fredda e gelida. Eppure, quel tocco le bruciava il petto, l’anima.
Si sedette sulla sedia davanti ad una scrivania di legno intagliato. Malfoy si sedette dietro la scrivania e unì i polpastrelli delle dita, con fare drammatico. Poi rise. Una risata per nulla eccessiva, cristallina.
Ma allo stesso tempo amara.
-Dimmi come fai Granger – sbottò all’improvviso Malfoy, sbattendo le mani sulla scrivania.
-Co-me come faccio? – balbettò Hermione, confusa. Malfoy annuì.
-Già. Come fai, Granger. Devi sapere che mia moglie Astoria è morta per dare alla luce Scorpius. Era una donna meravigliosa. Il nostro è stato un matrimonio combinato, è vero, per mandare avanti la stupida tradizione Purosangue della mia famiglia. Mi posso ritenere fortunato. A differenza di Blaise Zabini, a cui è toccata quella oca della Parkinson, io ero stato graziato dalla dea bendata. Astoria era una Purosangue posata, gentile, dolce, premurosa. Tutto quello che avrei potuto desiderare.
-E quando rimase incinta, la mia gioia era incalcolabile. Ma poi Astoria si ammalò. Una malattia che all’inizio pareva una banale influenza, tanto che più per la sua salute, io mi preoccupavo per il bambino. E non mi accorsi che Astoria peggiorava sempre di più. Un giorno, la trovai svenuta sul letto e mi venne un attacco di panico.
-Chiamai il medico. La notizia che mi diede fu terribile. La mia Astoria aveva una malattia incurabile. Era destinata a morire tra nemmeno due settimane. E la settimana dopo era previsto il parto.
Mi disperai, ma comunque, Astoria perse la vita dando alla luce Scorpius.
E ora tu ti stai chiedendo perché ti sto raccontando tutto questo.
Hermione rimase basita davanti a quel racconto di sofferenza. Annuì.
-Perché, vedi… - continuò Malfoy – Scorpius è sempre stato un bambino… ecco. Non so come dirlo. Se dico strano, sembrerebbe una maledizione. Se dico speciale, sembrerebbe una benedizione. Ma il… dono, diciamo così, di Scorpius, è qualcosa di unico. Ha sempre avuto un grande talento magico, tanto che sin da bambino era capace di compiere qualche piccola magia anche se senza bacchetta. Era qualcosa di meraviglioso. Se andavamo al parco o comunque in un prato, al suo passaggio tutti i fiori sbocciavano, l’aria si riempiva di armonia. Ma quando compì sette anni andammo per la prima volta a Diagon Alley e Scorpius capì in che famiglia era nato. Capì che tutti lo disprezzavano e lo odiavano per colpa dei miei errori. E si chiuse in sé stesso. Non usciva mai di casa se non per lo stretto necessario e non parlava mai.
- Era diventato l’ombra di una persona. Forse al primo impatto non dà questa impressione. Al primo incontro Scorpius può sembrare un bambino viziato e arrogante, ma se si va a fondo si trova solo una grande rabbia e dolore. Tanto. Perché nella sua vita non c’è mai stata una figura materna o qualcuno da seguire, perché la gente lo giudica ancora prima di conoscerlo. Basterebbe qualche parola per far capire a chiunque che vale la pena di essere amici di Scorpius, per quanto sia un bambino stupendo.
-E non lo dico perché sono suo padre. Lo dico perché è così. E invece la gente lo giudica in base ai miei errori e a quelli di mio padre – strinse i pugni per la rabbia – e Scorpius si è trasformato in un’ombra, in un bambino gelido e pessimista, il suo cuore si è chiuso a qualsiasi contatto. E poi arrivate tu e tua figlia, come se niente fosse, e lo fate sorridere… - Hermione inarcò un sopracciglio.
-E non guardami così Granger. Lo sai da quanti anni non vedevo un sorriso sulle labbra di Scorpius? Tre, forse quattro. Non so come tu ci sia riuscita, ma l’hai fatto. Inoltre, la scuola mi ha avvertito di un incidente avvenuto durante il suo Smistamento. Sono preoccupato marcio, ma non posso muovermi di qui perché io e Potter stiamo lavorando su un caso particolarmente difficile.
- E perciò ti chiedo di aiutarmi a risollevare Scorpius, a farlo vivere di nuovo, a farlo tornare quello di una volta. Ti sto implorando, Granger. Non pensare a tutto quello che ti ho fatto, fai appello al tuo spirito Grifondoro e aiuta il mio bambino.
Hermione rimase senza parole davanti a quello spettacolo insolito che mai avrebbe pensato di vedere. Draco Lucius Malfoy era davanti a lei, le mani strette tra le sue, tremava e aveva gli occhi lucidi di lacrime. Sorrise e annuì.
-Ti aiuterò Malfoy. Dimmi solo come – disse. Gli occhi del biondo si illuminarono e sorrise radioso.
-Grazie. Io stavo pensando che potresti venire ogni tanto al Malfoy Manor, durante le vacanze e stare con Scorpius. Potremmo usare come scusa il lavoro, tanto sei una dipendente del Ministero, no?
-Sì, ma come farei ad avvicinarlo? – chiese Hermione, curiosa. La storia di quel bambino la incuriosiva tantissimo, anche se la cosa che l’attraeva di più erano i suoi poteri misteriosi.
-Scorpius è sempre stato un bambino chiuso e riservato, ma il suo punto debole è anche il tuo. La sua più grande passione. Ho provato invano a farlo interessare al Quidditch, ma lui rimane sempre sulla sua posizione. È testardo, il ragazzo. Hai capito di cosa parlo, Granger?
Hermione ci pensò un attimo. Una passione inversa a quella del Quidditch. Il suo stesso punto debole…
-La lettura? – ipotizzò. Malfoy annuì.
-Vedo che sei rimasta la stessa, dopo tutti questi anni. La solita arguta – commentò con un ghigno che stranamente Hermione trovò delizioso e che la fece arrossire – ma tornando a noi, potresti avvicinarlo con una scusa che riguardi i suoi adorati libri. So che troverai il modo… e per quanto riguarda tua figlia…
-Mi dispiace, Malfoy – lo interruppe Hermione con tono amaro – ma Rose non accetterà mai.
-E perché? – chiese l’Auror, con tono interrogativo. Hermione sorrise amara e disse:
-Per quanto tutti dicano che Rose ha il mio stesso cervello, io sono dell’opinione che Rose sia tutta suo padre. È impulsiva, eccessivamente orgogliosa, golosa. Ha ereditato dai Weasley il loro tipico spirito combattivo e il talento per il Quidditch. E ha, purtroppo, gli stessi punti di vista del padre.
-Non sto dando tutta la colpa a Ronald. In parte è anche colpa mia, che ho lasciato che questi stupidi pregiudizi influenzassero il suo modo di pensare. Ho provato in tutti i modi a farle cambiare idea, ma è testarda e non demorde facilmente. Hugo, lo stesso, anche se penso che lui sia proprio irrecuperabile, dato che Ronald è riuscito ad averlo in custodia. Ma Rose potrebbe ancora cambiare…
Malfoy parve incupirsi al racconto della ex Grifondoro e abbassò lo sguardo, riflettendo.
-Potremo sempre provare a farli diventare amici – propose. Hermione scosse la testa alla sua ingenuità, tradita dall’espressione disperata sul suo volto.
-No. Quando alla stazione lei mi ha chiesto chi fossi e io le ho risposto, ha arricciato il naso al tuo cognome e mi ha chiesto se fossi mai stato un Mangiamorte. Probabilmente quel cretino del mio ex marito ti aveva nominato. Quando ha annuito, ha detto decisa “allora mi sono sbagliata. Il biondino mi sembrava simpatico, ma se è il figlio di un Mangiamorte è chiaramente malvagio”. Ho provato a farla desistere, senza esiti positivi. È più cocciuta di un mulo.
Malfoy sospirò e si prese la testa tra le mani. Poi parve rassegnarsi all’evidenza e commentò, ghignando:
-Proprio come te – Hermione arrossì e fece per ribattere, ma poi sorrise e annuì.
-Già – ammise – ma con James e Roxanne dalla sua parte, credo che tuo figlio dovrà stare attento.
-Che intendi? – chiese curioso Malfoy. Hermione sorrise.
-Devi sapere che in tutto a casa Weasley ci sono almeno una ventina di ragazzi, tra maschi e femmine. Si vogliono bene tutti tra loro e molto spesso li vedo riunirsi tutti in una stanza, per quella che loro chiamano A.A.W. cioè, Assemblea Aiuto Weasley – rise, una risata cristallina che Draco trovò adorabile – si aiutano l’uno con l’altro, insomma.
-Ma alcuni sono legati più di altri. Ad esempio Hugo e Lily, essendo i piccoli di casa, sono sempre stati molto uniti. O Fred Junior e Roxanne, che sono un po’ come i nuovi Fred e George, sempre lì a inventare o pubblicizzare nuovi prodotti della ditta dei loro genitori. Ma Roxanne è anche la migliore amica di Rose, e James è il compagno di baldoria preferito di quella pazza di mia figlia. Non fanno altro che organizzare scherzi, combinare guai insieme. E sono sicura che avranno in mente qualche bello scherzetto ai danni del povero Albus che, sono sicura, sarà finito in Serpeverde, e quindi anche alla sua Casa in particolare.
-Come mai siete tutti convinti che il figlio di Potter finirà in Serpeverde?
-Perché è tutto suo padre – disse Hermione semplicemente, sorridendo. Malfoy inarcò un sopracciglio.
-Harry doveva finire a Serpeverde, non a Grifondoro. Chiese al Cappello di metterlo nei rosso-oro – spiegò brevemente Hermione – e inoltre, non si è mai integrato con i suoi cugini. Forse i rapporti con Rose sono i migliori, ma Albus mi ha sempre dato l’impressione di essere un pesce fuor d’acqua in mezzo a tutti quei Grifondoro sicuri – Malfoy annuì e Hermione aggiunse – sono sicura che lui e Scorpius diventeranno amici.
-Tu credi? – lo sguardo dell’Auror era acceso da una luce nuova. Hermione annuì.
-Al cento per cento – poi il suo sguardo si posò sull’orologio – oh diavolo, è tardissimo, devo scappare!
Si alzò e fece per dirigersi alla porta, ma Malfoy la bloccò.
-Granger… - mormorò, attirandola a sé. La ragazza sentì il suo cuore infiammarsi e non ne capiva il perché.
-Sì? – chiese. Il biondo sorrise e le stampò un piccolo bacio sulla guancia destra. Hermione si toccò incredula la guancia dove poco prima quelle labbra paradisiache si erano poggiate.
-Grazie. Per Scorpius – rispose Malfoy sorridendo. Hermione annuì e ricambiò il sorriso. Poi, ancora intontita, uscì dall’ufficio dell’Auror a passo incerto.
Perché, perché le faceva quell’effetto?
Eccomi qui! Devo dire che ero abbastanza scoraggiata, dato che lo scorso capitolo non ha ricevuto recensioni… ma vabbè, speriamo che questo abbia maggior successo! Qui si incomincia a formare la Dramione che, come ho già annunciato, si evolverà piuttosto in fretta. Spero che mi lasciate almeno tre recensioni, altrimenti io smetto (sì è un ricatto!!! – no scherzo, continuo comunque, questa storia è la mia preferita tra quelle che sto scrivendo, ma per favore lasciate qualche commento, anche minuscolo).
Un bacio,
Selenakilla89
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Capitolo 5 *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6
Rose era preoccupata. Oh diavolo. Rose era preoccupata. E se Rose –ovvero la persona di solito più calma e posata di loro dopo Victoire - era preoccupata allora c’era da allarmarsi.
Questo pensava James Potter mentre guardava la cugina mordersi le mani e camminare avanti e indietro per la stanza. Era preoccupata, tanto che aveva convocato un’ A.A.W. in estremis per la sera della partita, poco dopo il risveglio di Albus.
Ecco. Albus. James e il fratello minore non erano mai andati molto d’accordo, ma questa volta James sapeva di aver esagerato, anche se non lo aveva fatto volontariamente. Al massimo credeva che Albus si sarebbe rotto un braccio e non il collo. Merlino, grazie per le donne come Madama Chips…
-Ci siamo tutti? – chiese Rose per l’ennesima volta quando vide entrare quella ritardataria di Domenique.
-No. Manca Roxanne – notò il fratello di quest’ultima. Rose ringhiò qualcosa e lanciò un’imprecazione contro le mutande di quel povero straccione di Merlino.
Finalmente, la riccia dai capelli neri e gli occhi scuri fece il suo ingresso nell’aula vuota dove la figlia della strega più brillante della sua generazione aveva convocato i suoi cugini.
-Roxy! – sbottò la rossa – ma si può sapere dov’eri finita?! – la sua migliore amica arrossì e fece un gesto vago con la mano, andando a sedersi in braccio a James. Rose si morse il labbro, riflettendo sull’approfondire o no la questione.
Rose, concentrati, si disse, pensa ad Al.
-Bene ragazzi, vi starete chiedendo perché ho convocato la nostra Assemblea Aiuto Weasley all’ultimo minuto e soprattutto in un’ora così tarda – alcuni annuirono e Rose continuò – la risposta è semplice. Albus Severus Potter. O meglio, quel cretino di mio cugino che si è lasciato abbindolare dalle chiacchiere di quel lurido figlio di Mangiamorte che è Malfoy – Luis alzò timidamente la mano per chiedere la parola e Rose gli diede il consenso con un gesto del mento.
-Pensavo fossimo qui per discutere dell’incidente di Al – confessò il bel moro. Rose scosse la testa.
-No. È passato e quindi non c’è più bisogno di parlarne – ed ecco sfoderata la più grande qualità di Rose. che consisteva nel prendere tutto alla leggera. Tuo cugino si è spezzato il collo ma si è ripreso? Allora cosa ti tormenti a fare? Quello era il suo modo di pensare.
-Siamo qui per affrontare un problema diverso. E cioè, l’amicizia di Al con Scorpius Malfoy. Dobbiamo allontanarli prima che Malfoy influenzi il nostro Al con le sue idee strampalate sul sangue o altre cose..
-Secondo me lo state mal giudicando – intervenne Domenique con il suo solito tono di voce pacato ed elegante – se avesse avuto veramente le strampalate idee di suo padre sul sangue puro non avrebbe nemmeno toccato Albus – osservò, scostandosi una ciocca di capelli biondi – biondissimi – dal viso e mettendosela dietro l’orecchio.
Rose le rivolse uno sguardo di sufficienza, nonostante sapesse che la cugina che detestava profondamente aveva ragione. Perché detestava Domenique? Perché era tutto ciò che lei non era: pacata, bella, intelligente e seducente. Lei invece cos’era? Un maschiaccio, combina guai che usava l’intelligenza per architettare stupidi scherzi infantili. Fred invece chiese ingenuo:
-Perché scusa? – Domenique alzò gli occhi al cielo e fece un cenno al fratello, chiedendogli di rispondere al posto suo:
-Perché – fece Luis in tono saccente da perfetto Corvonero qual era – zio Harry è un Mezzosangue e di conseguenza lo è anche Albus. Se Malfoy avesse gli stessi pregiudizi di suo padre, non lo avrebbe nemmeno guardato o considerato – Rose abbassò lo sguardo.
-Ma resta il fatto che è figlio di un ex Mangiamorte, perciò non può essere nemmeno uno stinco di santo – replicò James. Luis si zittì e Rose mandò un sguardo di ringraziamento al suo cugino preferito, sperando che cogliesse la grande gratitudine per il suo intervento nei suoi occhi.
-Per me vi state facendo influenzare dai pregiudizi! – sbottò Domenique, alzandosi e dirigendosi alla porta – vieni Luis. Se non volete ascoltarmi, io me ne tiro fuori – detto così la Veela sparì nel buio del corridoio, seguita dal fratello minore.
Rose sospirò. Sapeva che nelle parole di Domenique c’era del vero, eppure non riusciva a capacitarsi del fatto che Malfoy fosse anche lontanamente un bravo ragazzo e che non c’era da preoccuparsi per suo cugino. Suo padre le aveva ripetuto all’infinito che i Malfoy erano snob e arroganti e poi c’erano anche i racconti di zio George sulla morta di zio Fred, per mano di un Mangiamorte.
Rose riflettè a lungo, mentre un pesante silenzio si impossessava dell’aula. Il silenzio venne rotto da un rumore di passi provenienti dal corridoio.
-Ehi ragazzi – li salutò allegramente Albus. Rose rimase senza parole. Il cugino pareva sempre lo stesso, nonostante il collare al collo e il volto più pallido del solito. Eppure, anche se per poco non aveva tirato le cuoia a causa della caduta dalla scopa, sorrideva.
-Al! Ma si può sapere cosa ci fai qui??? Non dovresti essere in infermeria?? – lo rimproverò Rose, agitando il dito e mettendo la mano sinistra sul fianco, in stile Molly Weasley Senior.
-Rosy, calmati – la rassicurò Albus, con il suo solito tono leggermente arrogante che faceva di lui il Serpeverde perfetto – stavo solo cercando Scorp, quando mi sono imbattuto in Luis e Dome, che mi hanno detto che eravate tutti qui – le spiegò. Rose inarcò un sopracciglio.
-Come sarebbe? Malfoy non era in infermeria con te? – Albus divenne serio e annuì.
-Sì, fino ad una ora fa. Ma è praticamente allergico a quel posto. Probabilmente è andato a farsi un giro, ma Madama Chips sta per tornare e non penso che sarebbe felice di trovarlo fuori dal letto.
-Ma tu come fai a sapere che Madama Chips sta tornando? – chiese James. Anche Rose lo trovava strano: sia il Mantello dell’Invisibilità che la Mappa del Malandrino erano in possesso di James.
Albus non rispose, limitando la sua risposta a un vago cenno del mento. Rose fece passare anche quello, ma tornò all’attacco, dopo aver rivolto uno sguardo di intesa ai suoi cugini.
-Senti Al, noi volevamo dirti una cosa su Malfoy… - iniziò Rose, ma Albus la interruppe.
-So cosa volete dirmi. Che Scorp è una compagnia sbagliata, che devo stare lontano da lui. Ma vi dirò una cosa. Non me ne frega un fico secco che il padre di Scorp fosse un Mangiamorte, che non mi importa che suo nonno fosse il braccio destro di Voldemort – pronunciò il nome del Signore Oscuro con estrema disinvoltura, come se si trattasse di un suo vecchio amico e questo fece rabbrividire Rose – Scorp è fantastico ed è mio amico. Il mio miglior amico. Sentito Scorp? – quest’ultima esclamazione di Albus fece voltare tutti i ragazzi presenti verso la porta, dove stava appoggiata una figura angelica dai capelli biondi.
-Ho sentito – rispose Malfoy con un ghigno divertito che aleggiava sulle labbra sottili e perfette – ma si può sapere come fai? – chiese. Albus si mise un dito sulle labbra.
-It’s a secret – disse quello, facendo sbuffare sonoramente il biondo.
-E va bene – concesse – ma adesso andiamo, prima che Madama Chips ci scopra fuori dal letto.
-E va bene, mamma – lo canzonò Albus, poi si voltò verso i suoi cugini – ‘notte ragazzi – Malfoy invece li salutò con un cenno della mano, ma prima che scomparisse nel buio oltre la porta, rivolse a Rose un sorriso.
La rossa rimase senza fiato. Era uno dei sorrisi più… non avrebbe saputo come definirlo. Non c’era tratta di arroganza nelle sue labbra, né di presa in giro. E non era nemmeno un sorriso allegro.
Era un po’ come se avesse del cioccolato amaro in bocca e non riuscisse a mandarlo giù.
Insomma, era un sorriso colmo d’amarezza e di sofferenza. Era un sorriso, eppure non lo era. Era una muta richiesta d’aiuto. Rose rabbrividì. Quel ragazzo le stava praticamente urlando in silenzio di aiutarlo a tirarsi fuori da un baratro.
No, si disse, scuotendo la testa, è solo una mia impressione.
-Non posso non dire che questa scena mi abbia lasciata perplessa – disse, rivolta ai suoi cugini – ma questo non cambia la mia opinione su Malfoy. Per ora non faremo niente, ma appena noteremo anche il più piccolo cambiamento del carattere di Al, metteremo Malfoy con le spalle al muro.
Detto questo, corse via il più velocemente possibile e si diresse sul campo da Quidditch.
Quel luogo avrebbe potuto apparire inappropriato per una situazione del genere- Rose era super confusa – ma non per la rossa.
Quello era il luogo a cui aveva consacrato la sua vita, quel luogo la faceva sentire bene. Era la sua casa. Era l’unico luogo in cui si sentiva veramente sé stessa, libera dalle aspettative di sua madre e dai rimproveri di suo padre. Libera di poter fare ciò che voleva, senza i continui paragoni che la gente faceva tra lei e Domenique, o tra lei e sua madre.
Si sedette al centro del campo, tirandosi le ginocchia al petto e affondando la testa tra di esse, pensando a quante cose nella sua vita erano sbagliate.
Il divorzio dei suoi, prima di tutto. Il fatto che sua madre non accettasse che sua figlia aveva consacrato la sua vita alla Pluffa. O il fatto che a scuola tutti si aspettassero grandi cose da lei, mentre Rose prendeva a malapena voti accettabili.
E infine, quel sorriso. Uno stramaledetto sorriso che le aveva stravolto la giornata.
Che diavolo significava? Cosa voleva da lei quel bambino angelico?
Rose arrossì quando lo definì angelico, ma non potette farne a meno. Quel ragazzino – è pur sempre il figlio di un Mangiamorte, Rosy, ricordalo – era semplicemente bellissimo. I capelli sembravano filamenti d’oro puro e la carnagione pallida, ma non eccessivamente, che gli conferiva un’aria eterea, come se fosse un essere al di fuori della norma, un essere che nessun comune normale poteva sperare di eguagliare.
Ma poi due cose spezzavano l’armonia di quel viso angelico: gli occhi grigi-azzurri, color tempesta e la sua aria perennemente tormentata. Gli occhi di un animo rabbioso, che aspetta solo di esplodere e l’aria di chi ha perduto ogni speranza per sé stesso.
Rose si riscosse. Ma cosa vado a pensare?
Cercò di pensare a qualcos’altro, ma il sorriso rivoltele da Malfoy le tornava sempre in mente, in un modo o nell’altro, senza lasciarle via di scampo.
Cercò ancora di distrarsi, dondolando un po’ la testa. Fu allora che uno strano luccichio attirò la sua attenzione. Proveniva dalla parte di campo leggermente rovinata dal tifone misterioso di quel pomeriggio. Si avvicinò carponi e rimase spiazzata.
In mezzo all’erba mal tagliata c’era una piccola catenella con un ciondolo di cristallo, una piccolo goccia che pulsava di luce propria.
Rose la prese tra le mani, meravigliandosi di tanta perfezione e tanta bellezza. Se la mise al collo con delicatezza, per paura di romperla.
Poi sorrise e si sistemò il ciondolo sotto il maglioncino che indossava sotto la divisa.
Si alzò, rincuorata dal piacevole tepore sprigionato dal pulsare del ciondolo, proprio all’altezza del suo cuore.
Eccomi qui! allora, in primis, vi avverto che i miei capitoli rallenteranno un po’, perché ho altre due long, facciamo tre, in corso. Sono scema? Sì, lo sono, ma cosa posso farci?
Comunque, seguendo il consiglio di UraniaSloanus, ho lasciato questo capitolo sotto la giurisdizione di Rose, che appare molto confusa dal comportamento inaspettato del giovane Malfoy.
Vi consiglio di puntare gli occhi su Albus e sulle sue capacità segrete (It’s a secret eheh) e sul ciondolo di Rose, perché entrambi avranno un ruolo chiave nella storia.
Alla prossima,
un bacio,
Selenakilla89
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Capitolo 5
-Scorpius, ti va di venire alla partita, oggi? – chiese Albus all’amico biondo che tranquillamente leggeva un libro seduto comodamente su una delle poltrone della loro Sala Comune. Scorpius alzò lo sguardo dal libro che aveva in grembo e scosse la testa.
-Lo sai che odio il Quidditch – rispose solamente, girando la pagina. Albus si piazzò davanti a lui e sporse il labbro inferiore, sfoderando quella che lui chiamava la sua irresistibile – e sottolineo irresistibile – faccia da cucciolo. Scorpius sbuffò.
-E daaiiii Scorp! – lo pregò Albus – è la mia prima partita da Cercatore. Ed è contro Grifondoro, per giunta! Significa che avrò bisogno del tuo sostegno per battere mio fratello!!
-Ma quale sostegno e sostegno – disse Scorpius – mi addormenterò prima che Madama Boom fischi.
Albus si spostò e abbassò il capo, riflettendo un attimo sulla questione. Poi sembrò prendere una decisione. Tirò fuori la bacchetta e mormorò, cercando di non fare errori:
-Levicorpus! – Scorpius ghignò e sussurrò:
-Protego! – l’incantesimo del moro rimbalzò sullo scudo creato dal giovane Malfoy. Albus sbuffò.
-Scorp, te lo chiedo per favore, dai! – lo implorò ancora a mani giunte. Scorpius sbuffò sonoramente e chiuse il libro con un movimento secco. Albus prese lo sbuffo per un sì e battette le mani, contento. Poi trascinò l’amico al campo da Quidditch, elencandogli i nomi dei giocatori e tutte le regole.
Scorpius ascoltava a malapena. Certo, negli ultimi mesi lui e Albus erano diventati come fratelli. Lui sapeva tutto del moro e viceversa.
Sapeva che adorava Pozioni ma che lo infastidiva l’atteggiamento “leccaculo” di Lumacorno. Sapeva che amava il mare e che non sopportava l’inverno, più che altro per i maglioni di lana che gli pizzicavano il petto. Sapeva che era fiero di essere l’unico Serpeverde in famiglia e che non sopportava suo fratello James e suo cugino Fred. Sapeva che gli piaceva correre sotto la pioggia e che da grande voleva fare il Medimago.
E Scorpius adorava lui, il suo carattere così solare ma leggermente arrogante, che faceva di lui l’amico perfetto per il biondo.
Ma per quanto la vicinanza con Albus gli facesse bene, il ricordo di quel Demone che lo aveva aggredito il giorno dello Smistamento lo tormentava ogni notte. Non gli dava pace. E le sue parole.
Sei condannato a morte, tu che sei nato dalla luce mista alle tenebre, dalla morte mista alla creazione.
Che diavolo significava? Lui era solo tenebre, solo morte. Non era mai stato luce. Era sempre stato quello che era per gli altri. Un’ombra nera, da guardare ma non notare. Qualcosa di oscuro, tabù.
Ma quelle parole avevano un significato preciso, lo sentiva. Sentiva che dietro quella minaccia si nascondeva qualcosa, qualcosa che lo avrebbe aiutato a scoprire di più su sé stesso.
-Domani ti va di andare in biblioteca, Al? –domandò all’amico, interrompendolo. Albus non dovette gradire molto l’interferenza alla sua interessantissima conversazione sul Quidditch, ma annuì.
-Per quella storia? – chiese, mentre si separavano: il moro si diresse agli spogliatoi e il biondo alle gradinate.
-Per quella storia – confermò Scorpius con un sorriso. Mentre si dirigeva sugli spalti, si toccò le labbra. Sorrideva sempre più spesso, di recente. Era una cosa strana, ma non spiacevole. Gli piaceva
sorridere. Ma non aveva più riso da quella sera. Sorrisi, sì. Ma risate pure non ne aveva più fatte. Un po’ gli dispiaceva, ma poi rammentava che, dopotutto, sorridere per lui era già un buon traguardo.
Si sedette il più possibile in alto e prese dalla tasca interna del giacchetto un piccolo cannocchiale.
Poco dopo le due squadre entrarono in campo. I Serpeverde avrebbero giocato in verde, come era loro solito. Il capitano era uno dei Battitori, Charlie Bucket, un colosso che aveva l’aria minacciosa.
Scorpius notò con un lieve stupore che la squadra era composta da tutti ragazzi dal quinto anno in su, e che la figura esile di Albus spuntava timida in mezzo a quei giganti.
Scorpius non aveva mai visto l’amico giocare ma, diavolo, doveva essere davvero bravo se era riuscito ad entrare al primo anno in quella squadra di adolescenti.
Il biondo si voltò verso la squadra in rosso e rimase a bocca aperta: cos’era, la rimpatriata Weasley-Potter?
I Battitori erano Roxanne e Fred Weasley, se non si sbagliava, del secondo e terzo anno, fratelli. In porta c’era Dean Baston, i Cacciatori, o per meglio dire, le Cacciatrici erano Lucy, Molly e Rose Weasley. Chiamato anche da tutti il trio delle rosse o trio delle meraviglie. E infine, a capo della squadra c’era il nemico numero uno di Al. Suo fratello, James Sirius Potter.
Albus aveva riso quando Scorpius gli aveva rivelato di aver affibbiato a suo fratello il soprannome di sorriso-da-deficiente. Ma da allora anche lui lo chiamava così.
Al fischio di Madama Boom, i Cacciatori si lanciarono sulla Pluffa, mentre Scorpius seguiva la cronaca di quel degno erede di Luna Lovegood, Lysander Scamandro.
-ED ECCO CHE LA PLUFFA VIENE INTERCETTATA DA STEVENSON, DI SERPEVERDE, CHE SI DIRIGE ALLA PORTA GRIFONDORO SCORTATO DAI SUOI COMPAGNI, SI AVVICINA ALLA PORTA MA VIENE FATTO SOBBALZARE DA QUALCOSA, FORSE UN NARGILLO? NO, SIGNORI E SIGNORE, MA DA UN BOLIDE SCAGLIATO DALLA PRECISA MAZZA DI ROXANNE WEASLEY! VAI COSì, CUGINA! – Scorpius non resistette e attento a non farsi vedere da Albus, tirò fuori il libro che stava leggendo e continuò la sua lettura, mentre nelle sue orecchie rimbombavano le urla dei tifosi e le parole ovattate di Lysander…
-ASPETTATE, MA QUELLO NON ERA IL BOCCINO? – l’improvvisa osservazione fece scattare lo sguardo di Scorpius dal libro al Campo da Quidditch. Al e sorriso-da-deficiente erano in alto, rincorrevano una piccola macchiolina gialla. Vide Albus spingere suo fratello dalla sua scopa per cercare di buttarlo giù.
Allora non scherzava quando aveva detto di volerlo morto! Rabbrividì, per poi tornare ad osservare i due fratelli che con paragonabile maestria si gettavano in picchiata seguendo il Boccino.
-No! – urlò quando si rese conto del pericolo – Albus fermati! – il Boccino voleva probabilmente eseguire un volo rasoterra, ma a quella velocità se i Potter non si fossero fermati sarebbero andati incontro a una bella caduta. James rallentò, ma Albus no, stringendo i denti con ferocia e lanciandosi sul Boccino.
Poi, fu come se il tempo si fosse fermato. Scorpius urlò ancora ma nessuno parve sentirlo. Eppure lo stadio era caduto nel silenzio più completo da quando Albus era caduto dalla scopa. Caduto da un’altezza spropositata e in una posizione sfavorevole, soprattutto per la testa del povero moretto. Vide i professori scendere in campo e trasportare Albus su una barella, mentre Scorpius udiva chiaramente le parole “collo” e “rotto”.
Scorpius rimase immobile, mentre la rabbia dentro di lui ruggiva di dolore. Perché? Perché era successo proprio a l’unico essere in quel dannato mondo che riusciva a dargli un po’ di sollievo?
Scese le gradinate a grandi passi, i pugni stretti e il viso da angelo deformato in una espressione di rabbia pura. Tutti gli sguardi si puntarono su di lui, ma Scorpius non ci fece caso.
Scese nel campo e arrivò da sorriso-da-deficiente, che era sceso dalla scopa come tutti i giocatori e ora fissava confuso il punto in cui suo fratello era sparito. Scorpius lo spinse a terra e gli urlò contro:
-Perché non l’hai avvertito, razza di stupido?!?! Avresti potuto avvertito del pericolo o sei talmente stupido da considerare la vittoria di una stupidissima partita di Quidditch più importante della salute di Al?!?!
-Non parlargli così – intervenne quella che doveva essere Lucy – Jamie è sconvolto quanto te. Posso capire che tu sia arrabbiato ma…
-Ma un cazzo! – sbottò Scorpius, mentre sentiva la sua rabbia dentro di lui che si dimenava dalle catene, cercando di emergere – Al si è rotto il collo per colpa della sua voglia di gloria!
-Sta zitto! – gridò James – forse io ho anche sbagliato, ma tu sei solo il figlio di un Mangiamorte, e non hai il diritto di parlarmi così – si difese stupidamente. Scorpius non ce la fece più. Chiuse gli occhi e lasciò che la forza scorresse liberamente in lui, lasciando libero sfogo alla sua collera.
Il campo piombò in un silenzio irreale. Il vento cominciò a vorticare e andò a formare un ciclone alle spalle di Scorpius, mentre un’unica, gelida lacrima osava solcare la sua guancia pallida, per poi disperdersi nel vento.
-Ma che diavolo sta succedendo?! – la voce di Rose arrivava ovattata alle orecchie di Scorpius, intento come era a controllare l’uragano.
-Evanesco! – gridò la preside, appena entrata in campo. Sentì i professori lanciare altri incantesimi al suo tornado, invano. Di nuovo, si stupì della portata della sua magia. Poi però incrociò lo sguardo di Rose. Fu come se si fosse risvegliato da un brutto sogno, quegli occhi puri e azzurri riuscirono in qualche modo a sedare la sua collera, anche se non del tutto. Quegli occhi che lo accusavano. Bloccò il flusso di energia e si lasciò cadere in ginocchio sul prato, svenendo. Le uniche parole che sentì furono:
-È stato lui ad evocare il ciclone! – a giudicare dalla voce, era stato sorriso-da-deficiente.
-Non dica sciocchezza Potter! Malfoy è solo al primo anno, non possiede né l’energia magica né i requisiti per compiere un incantesimo del genere! Anche se devo ammettere che non so dare una spiegazione a questo fenomeno…
Benvenuta nel mio mondo, pensò sarcasticamente Scorpius.
Poi tutto si fece nero. Proprio come lui.
Nero. Vedeva nero. Solo nero. Sentì la testa che gli doleva. Per un momento non ricordò nulla. Passato, presente e futuro… erano solo una macchia nera e indistinta in un universo ancora più nero.
I ricordi gli piombarono addosso come una scarica di Cruciatus indirizzate al cuore. Il corpo inerte di sua madre, gli insulti diretti a suo padre e a lui, il suo Smistamento, il Demone, e infine, le uniche luci: Rose, con i suoi occhi che erano riusciti a farlo tornare in sé e il suo profumo di rose, e l’amicizia con Albus. I sorrisi del moro, i pomeriggi passati a giocare a Scacchi Magici con lui e a scartare Cioccorane. I loro scambi di figurine e poi ancora le lotte di solletico che si scatenavano quando Albus tentava di cercava di copiare i compiti di Scorpius.
Il biondo sentì il suo cuore mentre veniva trafitto da un pugnale dalla lama gelida, che lo fece rabbrividire. Quelli erano ricordi felici. E allora perché si sentiva così?
La verità gli venne sbattuta in faccia con una violenza inaudita. Al che cadeva dalla scopa, la barella e la sua ira che si scatenava in un ciclone che aveva come bersaglio James Potter. Poi gli occhi di Rose che lo accusavano con disperazione e il suo svenimento.
Dove sono? Si chiese. La sua voce rimbombò nell’antro buio che lo circondava, stringendosi intorno a lui come un le spire di un serpente sulla sua preda inerte.
Dove sono?! Ripetè, questa volta con disperazione, con rabbia, perché erano le due uniche emozioni che riusciva a provare in quel momento. Le uniche due emozioni che provava da tutta una vita.
Sei dentro di te, Scorpius aprì gli occhi al sentire quella voce profonda che aveva risposto alla sua domanda. Si guardò intorno, ma vide solo nero. Nero a destra, a sinistra, sotto di sé e anche sopra. Non c’era nessuno, eppure sapeva che aveva detto la verità. L’unico posto esistente su quella terra – mondo babbano compreso – così buio e desolato altro non poteva essere che la sua anima.
Chi sei? E dove sei? Chiese Scorpius, attendendo pazientemente una risposta dall’entità misteriosa.
Sono tutto ciò che è intorno a te. Sono te eppure non lo sono, rispose la voce. Scorpius inarcò un sopracciglio a quella risposta enigmatica. Non era mai stato bravo con gli indovinelli.
Non potresti essere più chiaro?, domandò sarcastico. Sentì un rumore strano intorno a lui. Cos’era, una risata?
Sono quello che ti sei sempre ostinato a nascondere, eppure anche quello che sei sempre stato.
Così non migliora, commentò sarcasticamente il biondo, poi pensò ad Albus, Al! Devo tornare da lui, devo vedere se sta bene!
Stai calmo, lo rassicurò la voce, il tuo amico sta bene. Certo, la ferita era grave, ma Madama Chips è riuscita a risanarla del tutto appena in tempo. Certo, avrà delle limitazione e non potrà giocare a Quidditch per un bel po’, ma è meglio di tirare le cuoia, no?
Scorpius sentì uno confortevole senso di sollievo impadronirsi del suo cuore e finalmente si rilassò.
Meno male, sospirò, allora, come faccio a uscire da qui?
Ti facevo più arguto, ragazzino ,lo rimproverò la voce.
Illuminami, lo incoraggiò il biondo. La voce ridacchiò.
Devi solo aprire gli occhi, gli disse. Scorpius annuì e stava per farlo, quando la sua curiosità prevalse e chiese ancora una volta alla voce misteriosa:
Ma si può sapere chi sei? E non rispondermi come farebbe Albus Silente!, si raccomandò. La voce rise ancora, tonante in quell’antro buio.
Sono ciò che sei e ciò che non sei, ciò che nascondi e ciò che sei sempre stato, ciò che ti circonda e ciò che è dentro di te.
Vaffanculo, ebbe il tempo di pensare Scorpius, prima che i suoi occhi di tempesta si spalancassero, rivelando un sorridente Albus sopra di lui.
Salve! Che aggiornamento fulmineo, eh? Mi merito un applauso? No, dato che non potrò aggiornare per circa una settimana, data la mia imminente partenza per le vacanze di Pasqua con le mie amiche. Quindi approfitto per ringraziarvi delle recensioni e per avermi messo tra le storie seguite, e vi auguro una buona Pasqua.
Un bacione al cioccolato, Selenakilla89
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo 7
-Sapete tutti perché siete qui – annunciò la Mc Granitt in tono grave, rivolta al corpo insegnanti e alla squadra di Auror Professionista davanti a lei – il risveglio del Demone.
Il nome di quella antica e temuta creatura fece sobbalzare tutti i presenti.
-Minerva, ma i Demoni sono stati sigillati da Albus Silente in persona tanti anni fa nel regno di Sotto. Come è possibile che si siano risvegliati? – intervenne la professoressa Sprite e alcuni annuirono, come a confermare le parole dell’esperta di Erbologia.
- Lo so. Ma il sigillo di Albus non è eterno, lo sapevamo benissimo. Perciò ora ci ritroveremo ad affrontare questi temibili creature. Ci sono stati già diversi avvistamenti e alcuni fenomeni inspiegabili, perfino dal punto di vista magico, senza dimenticare il fatto avvenuto all’inizio dell’anno. Certo, ci vorranno anni prima che i Demoni tornino effettivamente su questa terra, ma intanto dobbiamo prepararci in vista della battaglia.
La squadra di Auror parlottò animatamente fra loro a quella affermazione, mentre i professori rabbrividivano quella terribile prospettiva.
-Mi scusi, preside- intervenne un Auror – ma come spera di sconfiggere i Demoni? Che io sappia, e spero di non diffondere conoscenze errate, solo… loro sono capaci di sconfiggere un Demone – osservò.
Il nome delle creature ignote non affiorò sulle labbra dell’Auror, e la Mc Granitt sapeva il perché.
Prima dei Demoni, loro erano le creature più potenti e temute di tutto il mondo magico. Certo, la maggior parte di loro era benigna e non causava molti problemi, ma alcuni di loro – talvolta proprio i più potenti – erano esseri capricciosi e oggetti di repentini cambi d’umore.
Certo, aveva saputo che alcuni studiosi avevano trovato un rimedio anche a quello, ma era molto raro trovare uno di loro che si fosse legato a un comune mortale.
-Non è errato – confermò la vecchia preside – perciò ho chiamato qui Fen l’Eremita.
Un nuovo brusio attraversò la piccola folla di persone riunite nel suo ufficio. Questa volta fu Harry, capitano della squadra di Auror convocata dalla preside, a replicare, facendosi avanti.
-Ma, professoressa, Fen non era morto? È a che scopo lo ha chiamato qui?
La preside sospirò e spiegò brevemente, voltandosi verso la finestra e guardando fuori:
-Fen non è morto. Da quello che ho capito, è immortale. Ci vorranno alcuni anni per trovarlo, dato che nessuno conosce l’esatta collocazione della sua sperduta dimora. E lo scopo è semplice. Fen è l’unico in grado di riconoscere loro.
-Ma non sappiamo nemmeno se esistono ancora! Potrebbero essersi estinte da secoli ormai! – notò con disperazione il professor Lumacorno.
-Infatti nel mio piano ci son ben due pecche e tutte e due riguardano il problema da te citato, Horace – ammise mestamente la Mc Granitt – primo, Fen passerà in rassegna tutti i nostri studenti ma se non ne troverà nemmeno una, non so proprio da dove cominciare a cercare. Secondo, a noi serve una creatura potente, molto potente. Perciò sarà sicuramente di carattere capriccioso, orgoglioso e soggetto a repentini cambi d’umore. L’unica cosa in cui possiamo sperare è di trovare una di queste creature che si sia già legata ad un essere mortale. Purtroppo, questo tipo era già raro ai tempi in cui loro prosperavano su questa terra. Ora, che ne sono rimaste poche sarà ancora più difficoltoso trovarne una che sia disposta a sostenere la nostra causa – il silenzio cadde agghiacciante sulla stanza, mentre il capo degli Auror si faceva avanti e guardava fuori dalla finestra, mormorando:
-Questo è l’inizio di una nuova guerra. E stavolta, il Prescelto è lì in mezzo alla mischia, senza nessun segno che lo contraddistingua.
-Trovato niente? – chiese Scorpius per l’ennesima volta ad Albus, che scosse la testa sbuffando sonoramente.
Scorpius sospirò, tirando fuori un altro libro dallo scaffale. Non appena Albus era uscito dall’infermeria – fatto che risaliva a poco più di tre giorni prima – erano andati in biblioteca, per iniziare la loro ricerca sui Demoni. Erano ormai tre pomeriggi che passavano in quel luogo polveroso, senza esiti positivi.
-Possibile che non ci sia niente?! – sbottò all’improvviso Scorpius, esasperato, chiudendo di botto il libro che aveva in mano. Albus fece lo stesso e si prese la testa tra le mani, scompigliandosi i capelli.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi il viso di Albus si illuminò.
-C’è ancora un posto dove non abbiamo cercato! – disse, gli occhi pieni di speranza – il Reparto Proibito!
Scorpius annuì, ma poi scosse la testa, sovrappensiero.
-Ma nessun professore ci darà il permesso. Non dopo che tu hai fatto “accidentalmente” scivolare una ventina di Caccabombe nell’ufficio di Gazza! – lo rimproverò il biondo. Albus ghignò maleficamente, ma poi si mise una mano sul cuore.
-Lo giuro Scorp! Mi sono scivolate dalla scatola! – Scorpius alzò gli occhi al cielo.
-Certo, e poi le Caccabombe si sono collegate da sole a un congegno che le avrebbe fatte esplodere non appena qualcuno avrebbe aperto la porta, vero? – Albus ghignò ancora e allargò le braccia.
-Oh andiamo, sono stato bravo, ammettilo – lo incoraggiò, ma Scorpius rimase impassibile – e poi, chi ha mai detto che lo chiederemo ai professori? – il moro concluse con un ghigno malefico e Scorpius rabbrividì.
Ricordate, quando Albus Severus Potter sfodera il suo micidiale ghigno da “Voldemort 2” fate una sola cosa: datevela a gambe.
-No! Non presterò il Mantello a te e a il tuo amichetto! – sbottò per l’ennesima volta sorriso-da-deficiente. Scorpius sbuffò. Erano almeno dieci minuti che Albus e suo fratello discutevano in un angolo, mentre lui aspettava vicino a Rose.
Da un lato quella cosa lo infastidiva, perché Albus non gli aveva praticamente spiegato niente del contorto piano che la sua mente contorta aveva contortamente elaborato. D’altro canto, stare lì, vicino alla rossa non gli dispiaceva affatto. Cercò di fare conversazione.
-Allora.. Rose, giusto? – si morse la lingua. Una domanda più cretina di questa non poteva farla. Lei si limitò ad annuire, continuando a scrutare attenta i suoi due cugini.
Scorpius annuì a sua volta, dandosi ancora del cretino. Poi notò qualcosa che scintillava sul petto della bambina. Aguzzò la vista, e si meravigliò quando si ritrovò davanti a un piccolo ciondolo di cristallo puro.
-Dove lo hai preso? – le chiese indicando il ciondolo. Rose trasalì alla domanda e si sistemò il ciondolo dentro il maglioncino.
-È un regalo – rispose brevemente lei. Scorpius stava per chiedere qualcos’altro, ma venne preceduto da un trionfante Al che stringeva tra le mani un fagotto morbido.
-Vittoria – annunciò, salutando con un cenno la cugina e trascinando via Scorpius. Il biondo però si accorse che non stavano andando nella biblioteca, bensì nel loro dormitorio, nei sotterranei. Si dimenò dalla stretta dell’amico e gli ricordò:
-Al! Che fai? Dobbiamo andare in biblioteca! – il moro sbuffò e gli spiegò brevemente:
-Ci andremo stanotte. Adesso ci sta andando la Mc Granitt e potrebbe scoprirci, dopotutto questo trucco lo usava anche mio padre – concluse con un sorriso. Scorpius aggrottò la fronte, chiedendosi come faceva Albus a sapere sempre tutto di tutti. Dove si trovavano, cosa stavano facendo.
Come se avesse percepito il suo pensiero, Albus disse:
-It’s a secret – ripetette il moro, come quella notte. Scorpius alzò gli occhi e lo seguì, mogio.
-Fai piano – disse Albus, muovendosi con Scorpius sotto il Mantello dell’Invisibilità. Suo padre aveva chiaramente dichiarato che sia il Mantello sia la Mappa del Malandrino erano di tutti e tre, ma James aveva rivendicato tutti e due i doni, con la scusa della primogenitura. Albus fino a quel momento non aveva avuto il bisogno né dell’uno né dell’altro, ma per Scorpius aveva fatto quel sacrificio.
Quel biondino lo aveva attratto dal primo momento che l’aveva visto. Con i suoi movimenti eleganti, il suo atteggiamento pessimista e quello sguardo… vuoto, rabbioso, un mare in tempesta. E poi tutta quella paura che aveva la gente di lui… se solo avessero indagato più a fondo avrebbe scoperto cos’era veramente Scorpius.
Un bambino riservato, a volte anche timido, intelligente, dotato di uno straordinario talento magico. Purtroppo, aveva nascosto tutto questo sotto due maschere. La prima era una maschera di ferro, impassibile a tutto ciò che accadeva intorno a lui. La seconda più che una maschera era una grande riserva di rabbia che aveva accumulato in tanti anni di repressione. Era come una bomba che andava maneggiata con cura, se non si voleva farla esplodere.
Ogni volta che lo guardava si domandava come aveva fatto a sopportare tutti quegli insulti sussurrati, quei commenti alle sue spalle, quella paura irrazionale che aveva la gente di lui. E lo ammirava.
Ammirava la grande forza di quel ragazzo e ogni volta che il biondo gli sorrideva si sentiva onorato perché sapeva che era tra i pochi che ricevevano in regalo uno dei suoi rari e preziosi sorrisi.
-Siamo arrivati – annunciò Scorpius, scoprendosi – su, cominciamo a cercare.
Albus annuì e cominciò ad aggirarsi tra gli scaffali pieni di libri dalle copertine scure e decorate con disegni terrificanti. Albus si imbattette in più libri sulle torture, su creature misteriose e perfino sui segreti dello stesso Voldemort. Ma sui Demoni, zero.
Stava quasi per perdere ogni speranza, quando Scorpius lo chiamò dall’altra parte della biblioteca. Lo raggiunse. Il biondo teneva in mano un piccolo libricino rilegato in pelle, che al massimo doveva contare una decina di pagine, rovinato. Dall’aspetto malconcio doveva avere almeno due centinaia d’anni.
-Vieni a vedere – gli disse Scorpius. Albus si avvicinò al biondo che mormorò qualcosa che fece accendere la punta della bacchetta. Scorpius illuminò le pagine del libro e iniziò a leggere.
I Demoni sono probabilmente le creature oscure più potenti conosciute nel mondo magico. Hanno corpo di dimensioni gigantesche, la media della loro altezze è di due metri e ottanta. Hanno sembianze semi - umane ma alcune caratteristiche del loro corpo tradiscono la loro natura demoniaca (es. corna di bue, coda di serpente, carnagione rossastra e a volte anche becco). Hanno poteri che consentono loro di controllare gli elementi del fuoco e della terra, detti anche gli Elementi Rossi, proprio in riferimento alla carnagione rossastra dei Demoni che possono controllarli. Inoltre possiedono i poteri tipici di un mago e una forza sovrumana. Albus Percival Wulfric Brian Silente stesso, nell’anno 1958 impresse un sigillo alle porte del Mondo di Sotto, il mondo dei Demoni (di cui nessuno conosce l’esatta collocazione, tranne il sopracitato Albus Silente). Ma nessun sigillo è eterno.
Il resto delle pagine parlava di come si nutrivano i Demoni, delle loro abitudini e le loro modalità di accoppiamento. Albus notò con orrore che quelle creature si nutrivano di carne umana e animale e bevevano il loro sangue.
Scorpius arrivò all’ultima pagina e notò che era strappata proprio all’altezza dell’ultima pagina.
I Demoni non sono completamente sconfiggibili da un solo mago. Una sola creature conosciuta di questo mondo è in grado di vantarsi di tale impresa, gli
-Scorp…. – mormorò Albus, cercando di riscuotere l’amico dallo stato di trance in cui era caduto – svegliati! Sta arrivando Gazza! – Scorpius si riscosse e lo guardò truce. Albus rabbrividì nel vedere i suoi occhi in balia a una tempesta. Ecco. La bomba era esplosa.
-E tu come fai a sapere che sta arrivando?!? – gridò, sibilando e sovrastandolo minaccioso.
-Non c’è tempo per spiegarlo. Vieni sotto – lo liquidò Albus, avvolgendosi nel mantello. Scorpius digrignò i denti, ma lo seguì sotto il Mantello. Poco dopo si sentì la porta cigolare e i passi del vecchio custode risuonare sul pavimento. Gazza fece un piccolo giro di ronda, poi se ne andò borbottando che non aveva trovato nessuno da punire.
Quando fu certo che se ne fosse andato, Albus scoprì sé stesso e Scorpius. Temeva di dover dare delle spiegazioni, ma notò con sollievo che l’attenzione di Scorpius era ritornata sul libro. Aveva uno sguardo vacuo, vuoto, ma illuminato al tempo stesso da una consapevolezza nuova e terribile.
-Scorp, cosa c’è? – gli chiese Albus. Il biondo lo guardò e lo prese per le spalle:
-Promettimi una cosa Al – disse. Albus inarcò un sopracciglio, preoccupato per l’amico.
-Scorpius, si può sapere che succede? – Scorpius ripetette:
-Tu prometti – Albus annuì e si mise una mano sul cuore. Scorpius annuì e disse, lasciandolo andare e voltandosi:
-Non parleremo mai più di questa storia.
Qui scopriamo cosa sono i Demoni, ma si accumulano altre domande: chi sono e cosa sono i famigerati loro? Cos’è che ha lasciato Scorpius così sconvolto? E chi è Fen? Che ruolo avrà Scorpius in questa guerra? E Al, con i suoi misteriosi poteri?
Spero che vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito. Vorrei conoscere le vostre opinioni a proposito delle domande sopracitate. Ringrazio chi legge/recensisce/preferisce/segue/ricorda e vi invito a recensire.
Un bacio,
Selenakilla89
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo 8
Il treno arrivò in stazione fischiando e frenando bruscamente. Onde di ragazzi dagli undici ai diciassette anni si riversarono fuori, incontro ai propri genitori.
Scorpius e Albus scesero insieme dal treno rosso sangue, sorridendosi e dirigendosi verso i loro genitori che, constatarono con un sorriso, chiacchieravano allegramente.
-Mamma! Papà! – Albus andò incontro ai suoi fiondandosi nell’abbraccio stritolante della madre, mentre il padre gli dava generose pacche sulla spalla. Scorpius si avvicinò a suo padre e lo salutò con un cenno.
Lo sguardo di Malfoy senior si spense per un attimo, ma si rincuorò quando vide Albus venire vicino a Scorpius e mettergli un braccio intorno alle spalle.
-Mamma, papà, Scorp può venire a casa da noi ogni tanto quest’estate? – chiese, sfoderando la sua micidiale faccia da cucciolo. Harry rimase interdetto così come Draco, mentre Ginny sorrise radiosa, felice che suo figlio fosse stato d’aiuto a quel bambino così solo e triste.
-Ma certo. Draco, per te va bene? – chiese. Il biondo si affrettò ad annuire.
-Va più che bene – rispose, guardando Scorpius con gli occhi pieni di speranza, poi chiamò – Ehi Granger!
Scorpius alzò lo sguardo e incontrò un paio di occhi d’oro colato, orgogliosi che gli sorridevano. Ricambiò il sorriso, quasi istintivamente. Quella donna aveva il potere di farlo sentire bene, semplicemente con la sua presenza. Aveva un che di rassicurante, un che di casa… un che di mamma. E Scorpius ne aveva altamente bisogno.
Accanto a lei c’era Rose. Solo allora Scorpius si accorse di quanto si assomigliavano: stesso sguardo fiero, stesso portamento elegante. Eppure in Rose c’era qualcosa di diverso. Quella ragazza l’aveva sempre attratto come una calamita con la sua purezza, eppure ora Scorpius sentiva che l’attrazione era come aumentata.
Si scoprì a desiderare di passare un pomeriggio con lei, a parlare, a scherzare. Per sentire il suo profumo, per ascoltare la sua voce.
Si riscosse da quel pensiero.
-Allora Granger, per quella cosa… - iniziò suo padre gesticolando con le mani. Hermione annuì e sorrise.
-Sì. Pensavo di venire tra qualche giorno a casa tua e, dato che Ron è partito con la sua squadra, Rose verrà con me – rispose l’ex Grifondoro, facendo un impercettibile occhiolino al biondo. Occhiolino che però, non sfuggì all’occhio attento di Scorpius. Rose invece sbuffò contrariata.
-Ma mamma! Se dovete fare una cosa di lavoro non potrei andare da zio Harry o nonna Molly? – Scorpius sentì un dolore allucinante al petto mentre l’ennesimo pugnale si conficcava nel suo cuore a quelle parole.
Hermione scosse la testa, ma non diede spiegazioni. Si limitò a scoccare a Rose un’occhiata truce e a salutare tutti, mentre si smaterializzava con la figlia.
-Secondo te funzionerà? – chiese Draco a Hermione, tormentandosi le mani e camminando avanti e indietro per l’immensa cucina del Malfoy Manor. La riccia lo guardò intenerita.
Quando era preoccupato sembrava un piccolo cucciolo indifeso. Si passava continuamente la mano destra tra i capelli biondi e morbidi e si mordicchiava insistentemente il labbro inferiore.
Quelle labbra… erano così fine e ben disegnate. Tutto quello che Hermione avrebbe voluto era solo assaggiarle… si riscosse e rispose al biondo:
-Certo. Non preoccuparti – lo rassicurò – sono riuscita a convincere Rose. Ora dobbiamo solo sperare che trovino qualcosa su cui andare d’accordo – Draco annuì, non del tutto convinto. Poi Hermione sbuffò.
-Allora, cosa facciamo mentre loro socializzano? – domandò la riccia. Draco sorrise e si scrollò nelle spalle, avvicinandosi vertiginosamente alla ragazza. Draco poteva sentire il cuore di Hermione aumentare mentre si avvicinava ancora di più. Ormai i loro nasi si toccavano.
Draco ispirò forte il suo profumo di cannella, mentre le baciava il naso dolcemente.
-Grazie – sussurrò. Hermione sorrise e lo canzonò:
-Sei sicuro di essere Draco Malfoy? Hai detto grazie troppe volte – Draco ghignò – e Hermione perse un battito a quel ghigno così meravigliosamente sexy – e replicò:
-Oh, mai io sono cambiato, Hermione. Se vuoi te lo dimostro - il biondo la baciò sulla fronte.
Hermione sentì il sangue salirle alle guance mentre il suo cuore batteva come un trapano impazzito. In gran parte per il bacio, in parte perché lui l’aveva chiamata Hermione.
E il suo nome pronunciato da lui assumeva un suono meraviglioso, nuovo. Si sentì piena di una sensazione nuova, a cui non sapeva dare nome. Sapeva solo che le riempiva il cuore di un piacevole tepore.
Qualcosa che non aveva mai provato prima, nemmeno con Ron, con Harry o con i suoi più intimi amici. Qualcosa che mosse una consapevolezza nuova dentro di lei, qualcosa che la sconvolse completamente.
Sono innamorata persa di lui.
La riccia rimase impietrita davanti a lui, gli occhi persi e la mente chissà dove. Draco la guardò preoccupato. Forse ho esagerato, si disse. Voleva esserle amico, per di più per aiutare suo figlio, ma anche perché quella ragazza per lui aveva sempre rappresentato qualcosa di difficile da comprendere.
Era orgogliosa, cocciuta, testarda come una Serpeverde; intelligente e sveglia come una Corvonero; sincera e generosa come una Tassorosso; coraggiosa e altruista come la Grifondoro che era.
La ammirava, certo, e la temeva al tempo stesso.
-Hermione, cosa c’… - si accorse solo allora che l’aveva chiamata per nome. Si toccò le labbra, come se non credesse che il nome della Salvatrice del Mondo Magico potesse mai comparire su di loro. Poi però sorrise. Forse era per questo che ci era rimasta di sasso.
-Mi hai chiamata Hermione… - sussurrò la ragazza. Il biondo annuì, anche se quella della riccia era più un’affermazione che una domanda. Poi Hermione intrecciò lo sguardo al suo e sorrise come una bambina.
-Mi piace come dici il mio nome –disse, arrossendo. Draco arrossì a sua volta, stupito dalle parole della Grifondoro. Poi si accorse di una cosa che gli riscaldò il cuore in modo incredibilmente piacevole.
-Sai una cosa, Hermione… - mormorò, carezzandole la guancia liscia con delicatezza e Hermione arrossì – assomigli tanto ad Astoria quando arrossisci – Hermione ritornò al suo colore originale e abbassò lo sguardo. Draco capì di averla ferita, perché l’aveva paragonata alla sua ex-moglie.
- Senti, Hermione, scusami… - cominciò, ma la riccia lo interruppe, mettendogli un dito sulle labbra e sorridendo maliziosa. Draco sentì un brivido che gli percorreva la spina dorsale, mentre si godeva il dolce tocco delle dita affusolate di lei.
-Non fa niente – lo rassicurò Hermione – piuttosto, raccontami di più su Astoria. A scuola la vedevo poco e non l’ho mai conosciuta. Vorrei sapere cosa ha affascinato tanto il gelido Principe delle Serpi da farlo innamorare – Draco ghignò e si sedette sul tavolo della cucina, mentre Hermione si accomodava accanto a lui e poggiava la testa sulla sua spalla.
Draco sentì il suo cuore perdere un battito e ispirò forte il suo profumo di cannella.
-Allora… - iniziò, perdendosi tra i meravigliosi ricordi degli anni con la sua bella – Astoria era fantastica. Aveva un mucchio di interessi: giardinaggio, cucina… in mezzo alla foresta qui intorno aveva creato un giardino magnifico, di cui solo lei conosceva la collocazione. Lei non me lo volle mai dire, più che altro perché lo finì prima che si ammalasse.
-So che lasciò un biglietto a Scorpius per informarlo della collocazione del giardino. Ricordo che aveva la passione per le rose bianche. Al nostro matrimonio volle un mazzo di rose su ogni tavolo, una rosa bianca tra i capelli e un vestito bianco decorato di piccole rose di seta – Draco ridacchiò – era la sua piccola ossessione. E poi c’era la cucina. Aveva la fissa per i dolci. Torte, bignè, crostate… faceva di tutto.
-Devi sapere che io ho la passione per le mele verdi. Le adoro in qualunque loro forma, soprattutto nelle torte. E lei me ne preparava sempre una, quando tornavo a casa dal lavoro – ricordò, mentre le lacrime gli pizzicavano gli occhi grigi e facendoli diventare eterei, quasi trasparenti.
Hermione fissò quegli occhi tanto meravigliosi quanto tristi. Sentiva una morsa allo stomaco che stringeva sempre di più, affaticandole la respirazione.
Draco stava piangendo davanti a lei. Bello come un cucciolo appena nato, triste come una pioggia estiva.
E in quel momento, Hermione mandò tutto al diavolo e lo strinse tra le sue braccia, respirando il suo dolce profumo di menta e tabacco. Draco, all’inizio sconcertato, ricambiò l’abbraccio.
Si staccarono dopo quelli che furono attimi ma che a Hermione parvero eternità, e si sorrisero dolcemente. Draco tossicchiò imbarazzato e si allontanò da lei, asciugandosi velocemente gli occhi.
-Scusami… e non raccontarlo a nessuno –aggiunse, con il suo solito tono arrogante che a lei era così familiare. La riccia sorrise e annuì.
-Acqua in bocca – promise, poi si guardò intorno e notò un paio di mele verdi nel cestino della frutta. Un’idea per avvicinarsi al suo biondino le balenò in mente.
Scese dal tavolo e le prese in mano, rigirandosele tra le dita. Draco la fissò interrogativo e Hermione sorrise.
-Ti va di provare a fare una torta?
E così Hermione scopre cosa prova per Draco e anche lui viene travolto da dolci e nuove sensazioni in compagnia della bella Grifona.
Nel prossimo vedremo l’incontro tra Rose e Scorpius e… bè, vedrete.
Ringrazio chi preferisce/ricorda e chi segue (sono arrivata a quota 119 <3) e vi invito a recensire.
Un bacio,
Selenakilla89
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo 9
Scorpius era in camera sua, sdraiato sul letto al buio, quando sentì il campanello suonare. Non si mosse, continuando a fissare il soffitto affrescato della sua stanza. Probabilmente era uno dei colleghi di suo padre.
Continuò a respirare piano, tracciando con un dito i contorni dei disegni di creature magiche sul soffitto.
Era da piccolo che si era accorto di vederci benissimo anche al buio. Da allora, aveva sempre cercato di affinare questa sua capacità, insieme all’udito fine. Perciò, trascorreva ore nella sua stanza, a cercare di rendere invisibile agli orecchi altrui il suo respiro.
Poi però si accorse di qualcosa che non andava. Sentiva il rumore di passi familiare di suo padre, quello di un’altra persona nella sua stessa stanza, che doveva essere per forza il suo ospite-collega di lavoro. Ma c’era anche un’altra presenza, più flebile, che si aggirava per la casa.
Scorpius aprì gli occhi di scatto quando notò che la presenza si stava dirigendo in camera sua. Battè le mani due volte e le luci si accesero, prese un libro da uno scaffale e iniziò a leggerlo.
-C’è qualcuno..? – chiese una voce dolce e piccola, entrando nella stanza. Scorpius alzò lo sguardo scocciato, ma poi sgranò gli occhi non appena si ritrovò davanti la piccola ma orgogliosa figura di Rose Weasley.
Aveva i capelli rossi raccolti in una coda alta e quella acconciatura le lasciava scoperto il viso pallido e pieno di lentiggini, che le circondavano gli occhi azzurro cielo. Indossava una maglietta rossa a maniche corte e un paio di pantaloncini a tre quarti neri. Semplice, eppure per Scorpius parve meravigliosa lo stesso.
Al collo portava una catenina d’argento. Il ciondolo era nascosto nella maglietta dei Tornados, ma era abbastanza sicuro che fosse lo stesso che portava a scuola.
-Weasley.. – disse, chiudendo il libro e sedendosi composto sul letto – cosa ci fai qui?
-Io.. ecco – rispose lei – mia madre doveva discutere con tuo padre per lavoro e dato che mio padre è fuori con la sua squadra di Quidditch… - divagò.
-Sei stata costretta a venire qui – completò Scorpius, sorridendo amaramente – e sarai costretta a sopportare la presenza di un figlio di un Mangiamorte per non annoiarti – Rose arrossì per l’imbarazzo, che poi diventò rabbia.
-Credi davvero che io sia così superficiale?!? – sbottò. Scorpius rimase impassibile, anche se avrebbe voluto gridarle che no, non pensava che lei fosse superficiale, anzi, per lui era fantastica, intelligente…
-Non ho detto questo – replicò il biondo, cercando di mantenere uno sguardo impassibile davanti a quello ribollente di rabbia della ragazza – ma ho semplicemente tratto le mie conclusioni da quello che Al mi ha riferito – la rossa arrossì e abbassò lo sguardo, tenendolo sulle sue scarpe da ginnastica.
-Quello lo pensavo all’inizio dell’anno… - mormorò, tentando di giustificarsi, poi sollevò lo sguardo e Scorpius vide l’orgoglio rifluire in quei meravigliosi pozzi di cielo che erano i suoi occhi.
-Perché, ora la pensi in modo diverso?- le chiese Scorpius. Rose annuì.
-Sì – rispose con un sussurro flebile, poi sorrise – la tua amicizia con Al mi ha fatto capire che non sei come gli altri ti dipingono. Se tu fossi il pregiudizioso snob che tutti dicono, non avresti nemmeno considerato mio cugino alla tua altezza, dato il suo essere Mezzosangue. E poi si vede che ci tieni a lui, come quando si è fatto male e tu ti sei infuriato come una Banshee senza controllo. Gli vuoi bene, è evidente.
Scorpius abbassò lo sguardo. Non pensava che lei lo osservasse con tanta attenzione. Anzi, pensava che non lo considerasse nemmeno. Sorrise lievemente e sentì Rose sedersi accanto a lui, a gambe incrociate.
Il biondino aveva un buon profumo. Sapeva di menta. Si avvicinò a lui, inclinando la testa per osservare meglio il lieve sorriso che incrinava quelle labbra perfette e sottili. Il sorriso si estinse subito, sostituito da un’impressione di impassibilità. Il cuore di Rose perse un battito. Quel sorriso era talmente bello che non desiderava altro che vederlo di nuovo.
-Allora, perché non mi mostri il vero Scorpius Malfoy? – domandò con un sorriso. Scorpius si scrollò nelle spalle e sporse il labbro inferiore.
-Non saprei che dirti – rispose – fammi una domanda e io ti risponderò – Rose guardò il soffitto e mugugnò, pensando a una semplice domanda da fargli.
-Il tuo colore preferito – sparò alla fine. Scorpius roteò gli occhi e poi intrecciò il suo sguardo al suo. Rose rimase a bocca aperta, mentre il biondo le accarezzava una guancia e la fissava con i suoi occhi color tempesta.
-L’azzurro cielo – rispose, con il viso a un soffio dal suo – sì, decisamente l’azzurro cielo – confermò. Rimasero così per qualche minuto. Gli occhi azzurro – azzurro cielo – di Rose correvano dalle labbra perfette di Scorpius ai suoi occhi. Rose sentiva il suo cuore battere come un tamburo, e aveva quasi paura che scappasse dalla sua gabbia toracica.
Dopo un tempo che parve infinito, Scorpius si riscosse e tossicchiò, allontanando il suo viso da quello della ragazza. Rose si sistemò la coda, sbattendo velocemente gli occhi e schiarendosi la voce.
Poi il silenzio cadde sui due. Fu Rose a romperlo, con un’altra innocente domanda:
-Ti piace il Quidditch? – il ragazzo fece una smorfia e scosse la testa. Rose annuì e il silenzio di nuovo chiuse le sue possenti spire su quella stanza, ingabbiandoli in un gelo irreale.
Scorpius ebbe un’idea all’improvviso. Un’idea stupida, ma almeno era un’idea. Si alzò e le porse la mano. All’inizio Rose rimase diffidente, poi sorrise e intrecciò la mano alla sua. Scorpius la guidò fuori dal Manor, nella foresta che circondava il castello.
-Scorpius – il biondo si bloccò quando la sentì pronunciare il suo nome – dove stiamo andando?
Il Serpeverde rimase in silenzio, fissandola, meravigliato e allo stesso tempo sbigottito. Rose lo fissò di rimando, e alla fine gli chiese, ridendo:
-Cosa c’è Scorpius? – il biondo allora si decise a parlare.
-Mi hai chiamato Scorpius – disse solamente. Rose inarcò un sopracciglio e poi sorrise.
-Certo, il tuo è un bel nome. Come la costellazione – Scorpius riconobbe la stessa frase da lei usata il giorno che l’aveva conosciuta. Si passò una mano tra i capelli, imbarazzato.
-Grazie. È una stupida tradizione di famiglia, portare i nomi delle stelle o delle costellazioni – le spiegò.
-Non è stupida – replicò Rose – è qualcosa di originale e molto… elegante, ecco. E poi è un qualcosa che comunque affascina. Ad esempio, a me il mio nome non piace per niente. È il tuo nome ad esprimere ciò che sei, per certi versi, e il mio esprime la banalità più assoluta.
-Non sono del tutto d’accordo – ribattette Scorpius, avvicinandosi a lei e prendendo le sue mani tra le sue – è vero che per certi versi il nostro nome rappresenta ciò che siamo. Ad esempio, se conosci una ragazza antipatica di nome Danielle, da allora in poi assocerai quel nome all’antipatia che provavi per quella ragazza. Ma nel caso del tuo nome è diverso. È vero, Rose è un nome piuttosto comune e banale..
La rossa fece una smorfia scocciata e inarcò un sopracciglio, in un broncio che fece sorridere Scorpius.
-E fammi finire! – disse stizzito, poi si avvicinò a una zona in cui i rami degli alberi erano più fitti e la guidò lì in mezzo.
-Ma Scorpius, lì non si passa! – replicò Rose, ma il biondo non la ascoltò e la trascinò in mezzo ai mille rami intricati. Non appena Scorpius sfiorò con la mano il primo ramo, gli altri si diradarono facendo passare lui e Rose. La rossa rimase a bocca aperta e chiese spiegazioni.
-Vedi – le rispose dolcemente Scorpius, mettendole le mani sugli occhi – mia madre creò questo luogo prima di concepirmi e lo incantò in modo che solo io potessi raggiungerlo. Nemmeno mio padre può entrare, perché gli unici ospiti che gli Alberi Guardiani ammettono siamo mia madre e io. E gli amici che mi porto dietro.
-Ci hai portato molte persone qui? – chiese Rose, leggermente delusa, mentre si chiedeva perché Scorpius aveva messo le mani sui suoi occhi.
-Solo Al, quando è venuto a trovarmi all’inizio dell’estate – rispose Scorpius, rasserenando Rose. Poi la guidò per un piccolo tratto di strada e subito le scoprì gli occhi.
Rose rimase senza fiato, sbalordita dalla bellezza irreale di ciò che vedeva.
Era in un giardino di forma circolare, circondato da alberi alti e possenti che formavano una cupola sopra di esso. Eppure, il giardino era illuminato come se il sole si trovasse a pochi metri di distanza sopra la loro testa. L’erba verde e tagliata risplendeva di rugiada, nonostante fosse pomeriggio inoltrato.
C’erano fiori di tutti i tipi: da i fiordalisi ai gigli, dai ciclamini alle rose di tutti i colori e sfumature. E poi ancora piccoli alberi da frutto: meli, peri… perfino una palma da cocco!
Al centro del giardino c’era una fontana di marmo bianca, circolare, con al centro un cuneo sempre bianco, dalla cui punta usciva acqua cristallina.
-È meraviglioso… - commentò Rose, avvicinandosi alla fontana e specchiandosi nell’acqua pura. Scorpius la raggiunse, dopo aver raccolto una rosa bianca da uno dei cespugli, e si sedette accanto a lei, sul margine della fontana. Si rigirò la rosa tra le mani, per poi guardarla negli occhi.
-Tornando al discorso di prima… -iniziò, perdendosi in quei pozzi di cielo che lo guardavano luminosi – è vero, il tuo nome è piuttosto comune, ma sei tu che non lo sei. Sei come questa rosa. Pura come il bianco più lucente, piena di sorprese. Non appena credi di aver sfogliato tutti i petali, ecco che ne compare un altro come dal nulla, magari di una sfumatura di colore diverso.
-Così sei tu. Non appena credi di conoscerti perfettamente, spunta fuori un’altra sfaccettatura del tuo carattere, magari anche completamente diversa dalle altre. Tu sei Rose, la mia rosa. Colei che mi affascina ma che non posso avvicinare per via delle spine che la proteggono. Tu che, con il tuo profumo, mi arringhi della tua purezza.
Rose avvampò a quelle parole talmente belle che le fecero aumentare il battito del cuore. Sorrise timidamente, mentre Scorpius continuava a fissare la rosa bianca che teneva tra le mani.
Poi gli venne un’altra idea. Chiuse gli occhi e cercò dentro di sé la sua rabbia in catene. La liberò, lasciando che la forza scorresse dentro di lui, concentrandosi nella rosa.
Bastò un attimo e la rosa si illuminò di una luce azzurrina. Poi tutto tornò normale, almeno all’apparenza.
Rose fissò interrogativa Scorpius mentre quest’ultimo gli sistemava la rosa tra i capelli, a mo’ di fermaglio.
-Ecco – annunciò il biondo – questa rosa non appassirà mai, non si rovinerà, non si sciuperà e non perderà mai il suo profumo. Rimarrà sempre uguale a ricordarti che tu sei la mia rosa e che niente potrà mai cambiare questa cosa.
Rose si toccò incredula la rosa tra i capelli e sorrise come un’ebete.
-Come hai fatto? – chiese al Serpeverde. Scorpius si scrollò nelle spalle e sorrise, semplicemente. Rose si morse il labbro, ma non approfondì la questione.
-Grazie – sussurrò invece e Scorpius sorrise ancora. Poi il biondino scoppiò a ridere. Aveva una risata meravigliosa, simile al canto di mille usignoli. Rose rimase inebetita a guardarlo.
-Sei incredibile – commentò infine il biondo. Rose inarcò un sopracciglio.
-In che senso? – Scorpius tornò serio, impassibile come sempre, e quell’espressione risultò un ossimoro completo alla frase che pronunciò poco dopo.
-In tutti i sensi – rispose come se la risposta che avesse appena dato non fosse degna di Albus Silente – ma ti trovo fantastica lo stesso.
Rose avvampò ancora, mentre Scorpius le porgeva la mano e la trascinava via dal guardino.
-Andiamo a vedere cosa stanno combinando i nostri genitori?
Ciao, ciao! Allora, questo è il mio capitolo preferito – fino a ora – e quindi spero di ricevere tante recensioni.
Ringrazio chi preferisce/segue/ricorda e chi recensisce (per favore, un commentino *-*).
Un bacio,
Selenakilla89
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10
Draco e Hermione erano intenti a tagliare la torta di mele quando Rose e Scorpius entrarono in cucina.
Draco si illuminò nel vedere il suo bambino che sorrideva alla figlia di Hermione, e quest’ultima si meravigliò nel vedere sua figlia così a suo agio con Scorpius e nel vedere una rosa bianca tra i suoi capelli.
-Mamma! – la chiamò Rose, fiondandosi tra le sue braccia. Hermione la strinse a sé, dolcemente, come solo una madre può fare con sua figlia, mentre Scorpius le guardava con un pizzico di invidia negli occhi apparentemente impassibili.
Poi Rose si staccò da lei e le mostrò la rosa bianca che teneva tra i capelli.
-Me l’ha data Scorp – le disse – l’ha incantata. Questa rosa non appassirà mai e resterà sempre così. Non è bellissima, mami? – chiese. Hermione accarezzò incredula i petali e provò leggermente a strapparne uno. Non appena lo fece, la rosa si illuminò di luce azzurrina e il petalo di ripristinò immediatamente.
Hermione avvertì tra le dita una sensazione di grande disagio unita a un piacevole benessere. Curiosa, chiese al biondino, che si era seduto al tavolo e che stava gustando con calma una fetta della torta che aveva preparato con Draco:
-Che incantesimo hai usato? – il bambino non le rispose e allora fu Rose a rispondere:
-Non ha usato la bacchetta, mami. E ha usato un incantesimo non verbale. Non vuole dirmi dove l’ha imparato – concluse. Hermione rimase basita. Senza bacchetta, e un incantesimo non verbale, per giunta! Inoltre, se ricordava bene il programma di Hogwarts – e vi assicuro che lo ricordava bene – quel tipo di incantesimi facevano parte del programma del sesto anno.
E Scorpius era al primo. La curiosità irrefrenabile tipica dei Grifondoro si fece strada in lei e prese Scorpius per un braccio.
-Posso parlarti un attimo di là? – gli chiese. Scorpius si voltò verso di lei, facendo intrecciare i loro sguardi opposti. Oro fiero e tempesta di rabbia. Speranza e dolore. Purezza e morte.
-Ok – disse semplicemente, precedendola nella grande biblioteca adiacente alla cucina.
Hermione scambiò uno sguardo d’intesa e un sorriso con Draco. Un sorriso che le riempì il cuore di speranza e di un calore ormai a lei familiare.
È il calore di quando sei innamorata, si disse.
Draco sospirò e si schiarì la voce, cercando di attirare l’attenzione della bambina davanti a lui. Rose si girò e lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri.
Draco sentì una morsa alla bocca dello stomaco non appena si rese conto di quanto somigliava alla madre. Aveva lo stesso sguardo fiero e la stessa aria orgogliosa, leggermente saccente. Lo stesso portamento elegante. La stessa bocca carnosa della madre su cui, ricordò, poco prima avrebbe voluto tanto poggiare la sua.
Intendiamoci, lui non era attratto da Hermio… dalla Granger. Con quei suoi capelli morbidi e setosi, le mani affusolate e un sorriso che avrebbe fatto sciogliere anche il più duro dei cuori….
No, non ne era attratto. Gli piaceva. Con la sua aria testarda, la sua arguzia e quel suo ghigno malandrino che avrebbe fatto invidia anche alle più Serpeverde tra le Serpeverdi..
E va bene, ne era innamorato. Non ricambiato, sicuramente. Dopo tutto quello che le aveva fatto…
Ma forse poteva provare a conquistare qualche punto con sua figlia.
-Allora Rose, cosa ti piace fare? – domandò, sfregandosi le mani. Rose sorrise e alzò gli occhi, mugugnando.
-Giocare a Quidditch – quella risposta per Draco fu come un pugno nello stomaco, perché gli ricordò che quella non era solo la figlia di Hermione, ma anche di Weasley. I capelli rossi, gli occhi azzurri, le lentiggini… eppure, non sembrava una Weasley al cento per cento.
-Davvero? Ah giusto – ricordò – Scorpius mi aveva detto che tu sei nella squadra. Cacciatrice, vero?
Rose confermò con un sorriso e abbassò lo sguardo.
-Papà voleva che diventassi Portiere come lui – disse, con voce piccola, poi alzò la testa e sorrise – mentre mamma voleva –e vuole- che io smetta di giocare. Ha paura che mi faccia male, e delle volte diventa veramente paranoica.
-Non dirlo a me – replicò Draco con un sorriso – mia madre era terribile. All’inizio si oppose categoricamente al fatto che entrassi nella squadra, poi la convinsi, anche se dovetti portare una doppia imbottitura sotto la divisa in ogni partita – Rose sorrise ancora e Draco si rese conto amaramente che Scorpius era davvero diverso da Rose.
Infatti, mentre lui non sorrideva quasi mai, Rose dispensava sorrisi a destra e a manca.
-Giocavi come Cercatore, vero? – chiese la rossa. Draco annuì.
-Chi te l’ha detto?
-Zio Harry – rispose la bimba con l’ennesimo sorriso – quando ci racconta delle sue partite, ci dice sempre che tu eri l’unico avversario che riusciva a tenergli testa, l’unico con cui non si annoiava e con cui aveva una leggera paura di perdere – continuò a raccontare – zio George invece dice che tu sei sempre stato il bersaglio preferito dei suoi Bolidi micidiali – disse con una risata – ma scommetto che dal tuo punto di vista la cosa non è altrettanto rosea.
-Puoi scommetterci… - commentò, massaggiandosi la spalla, lì dove una lunga cicatrice gli ricordava del Bolide che George Weasley gli aveva scagliato contro al suo sesto anno. Rose rise ancora e poi continuò:
-Mentre la mia mamma dice che tu eri bravissimo a Quidditch. Dice sempre “era l’unico che riusciva a portare il suo portamento elegante anche sopra una scopa” – Draco sorrise a quella definizione, che gli scaldò il cuore – e lì mio padre e mamma iniziavano a litigare. Ancora – concluse in tono amaro.
Draco tentò di rassicurarla, ma Rose lo interruppe sul nascere, guardandolo implorante con i suoi due grandi occhi color cielo.
-Promettimi una cosa, signor Malfoy – disse – mi sono accorta di come guardi la mia mamma. è lo stesso modo in cui la guardava il mio papà, prima che… insomma, se mai tu e la mamma vi metterete insieme – Draco avvampò e fece per interromperla ma Rose continuò imperterrita – e io so che succederà, promettimi che non la farai soffrire come ha fatto il mio papà.
Draco rimase all’inizio senza parole per l’arguzia della bambina, poi si ricordò di chi era figlia e sorrise.
-Te lo prometto, Rose.
-Questo è il paradiso… - mormorò Hermione, entrando nella biblioteca del Malfoy Manor. La stanza era enorme, le pareti erano gli stessi scaffali di legno che contenevano milioni di migliaia di libri. Neanche la biblioteca di Hogwarts era così fornita.
Scorpius osservò la donna divertito la donna che si muoveva incredula tra gli scaffali, come se avesse scoperto il tesoro più grande del mondo.
-Puoi prendere qualche libro, se vuoi – le disse Scorpius, facendo immediatamente illuminare il suo sguardo. Hermione sorrise e lo ringraziò.
-Cosa mi consigli? – chiese Hermione. Scorpius le indicò un paio di libri e lei li prese.
-Quale è il tuo preferito? – domandò improvvisamente la donna. Scorpius rimase all’inizio inebetito alla domanda, poi si avvicinò silenzioso come una pantera a un piccolo libricino del secondo scaffale della seconda libreria. Lo prese tra le mani e accarezzò piano la copertina azzurra con le dita.
-Ho letto milioni di libri – disse – tutti i libri di questa biblioteca e buona parte di quelli di Hogwarts. Storia, romanzi, di tutti i tipi. Eppure questo libro per bambini mi torna sempre in mente.
Le mostrò la copertina. Hermione sorrise. Le fiabe di Beda il Bardo. Non avrebbe potuto scegliere di meglio.
Fu il tono con cui ne aveva parlato che la paralizzò. Era il tono amaro di qualcuno che ha perso interesse per la vita, di chi è saggio ma ha ancora tanto da imparare. E quel tono le ricordò del perché lei era lì.
-Scorpius, io volevo chiederti una cosa – gli rammentò. Il biondino annuì, rimettendo con cura il suo libricino preferito a posto.
-Come hai fatto l’incantesimo alla rosa di Rose, tanto per cominciare – iniziò, con tono severo – oppure perché sei stato attaccato all’inizio dell’anno e come hai fatto a liberarti da un assalto di un Demone. Come riesci a fare certe magie anche senza bacchetta e senza pronunciando l’incantesimo, anche se sei solo al primo anno ad Hogwarts.
Scorpius sospirò e si sedette su una poltrona verde su un lato di una stanza.
-Tutti noi cerchiamo delle risposte in questo mondo. Tutte le persone normali lo fanno. Mio padre si chiede ogni giorno perché mia madre sia dovuta morire, Albus si chiede perché non riesce a eguagliare le mie Pozioni nonostante il suo indiscutibile talento e tu ti chiedi come hai fatto ad innamorarti di mio padre, nonostante il suo essere un bastardo – Hermione arrossì a quel riferimento, mentre il bambino continuava imperturbabile.
-Io non lo faccio, perché sono diverso. Ho smesso da tempo di cercare i miei perché, Hermione. E non perché io abbia perso la speranza. No, io so che una risposta c’è, ben nascosta da qualche parte. Una risposta ai miei poteri, all’odio dei Demoni nei miei confronti. Il motivo per cui ho smesso di cercarli è molto semplice: non mi interessano. Non credo che sapere la risposta a queste domande cambierebbe se non di una sola virgola la mia vita, destinata a essere un buco nero con un solo raggio di luce rappresentato dalla speranza che qualcuno riesca in qualche modo ad allievare il mio dolore.
Hermione rabbrividì al sentirlo parlare in quel modo. E capì cos’era Scorpius veramente. Un animo rabbioso, tormentato da sé stesso e dagli altri, dannato per l’eternità.
In parole povere, era nero.
Ma quando era tornato con Rose aveva visto in lui qualcosa di nuovo, qualcosa che gli illuminava il viso, come una piccola luce infondo a una galleria di tenebra. Il modo in cui guardava sua figlia…
Era come se la considerasse la propria salvezza, l’unica ancora che ancora lo teneva legato a quella terra. Il modo in cui lo guardava era magico. Forse un termine banale se usato da una strega, ma era quello giusto.
Si sedette accanto a lui, facendolo sedere sulle proprie gambe. Poi gli disse, accarezzandogli le guance scarne e bianche come la neve:
-Scorpius, ascoltami. So che la rabbia che provi per il mondo intorno a te è immensa, che questa rabbia è generata dal fatto che tutti ti giudichino in base agli errori di Draco e che sei come una bomba a mano, pronta a esplodere al minimo movimento. Ma sei comunque un bambino meraviglioso: tuo padre ti ama, non ti fa mancare niente, hai Albus e Rose –che ti assicuro hai conquistato – e hai me.
Scorpius abbassò lo sguardo e parve riflettere su quelle parole in silenzio, muovendo poco le labbra sottili.
-E per tutti noi, e anche per tua madre lassù in cielo, non buttare via la tua vita. Impegnati e non lasciarti manipolare dalla tua stessa rabbia, perché altrimenti sarei lei stessa a rivoltarti contro di te. Per favore, Scorpius – concluse Hermione, prendendo le sue mani tra le proprie e baciandogliele con dolcezza.
Scorpius trasalì per quel gesto, a cui non era abituato. Sorrise a quella donna. Aveva un che di protettivo, di rassicurante, di premuroso che gli scaldava il cuore. Non come i sorrisi di Rose, no, quelli erano diversi.
Quella donna lo faceva sentire speciale, importante.
E così che ti fa sentire una mamma? si chiese, mentre si avvicinava a Hermione e si fiondava tra le sue braccia, stringendosi a lei. Aveva un buon profumo, sapeva di cannella.
La riccia strinse a sé il bambino e sorrise, felice di averlo fatto sentire meglio. Poi, quasi senza rendersene conto, si addormentò con il biondo stretto tra le braccia, e Scorpius con lei.
Rose entrò poco dopo nella grande biblioteca, luogo a cui di solito era allergica. Vide sua madre e Scorpius che dormivano abbracciati sulla poltrona e sorrise.
Era leggermente gelosa di quel contatto tra i due, ma era felice nel sapere che anche Scorpius si era trovato bene con sua madre, così come lei si era trovata bene con Draco.
Si avvicinò piano a loro e si sedette alla destra di sua madre, accoccolandosi sul suo petto. Poco dopo, anche lei fu accolta dalle calde e accoglienti braccia di Morfeo…
Draco arrivò poco dopo e la scena di cui fu testimone gli scaldò il cuore. Sorrise e baciò sulla fronte Scorpius, poi Rose e infine Hermione.
Si sedette sulla poltrona davanti a loro e osservò rapito i tre, che parevano una famigliola felice. Il suo sguardo si posò sul quadro di Astoria, sopra il camino, che gli sorrideva.
Draco avvertì una morsa allo stomaco, che si dissolse non appena tornò con gli occhi sulla Grifondoro che dormiva tra i due bambini abbracciati a lei.
Che fosse finalmente arrivato il momento di lasciarsi alle spalle il passato?
Che fossero finalmente arrivate? La seconda occasione per lui e la salvezza per Scorpius?
Ta ta taaaa…. Questo è un altro capitolo che mi piace molto, mentre i prossimi non mi convincono. Uhm….
Tornando alla storia, voglio tante tante recensioni. Ringrazio chi segue/preferisce/ricorda e soprattutto chi recensisce. Vi voglio un mondo di bene <3.
Nel prossimo capitolo, quello che non mi convince ma che è la chiave di tutta la storia, ci sarà un salto temporale di cinque anni, per contribuire allo sviluppo della storia.
Vi amo tutti. Bleah, oggi mi sento terribilmente sdolcinata. Un altro po’ e mi prendo il diabete.
Un bacione enorme (ecco, ora mi sento veramente male), Selenakilla89
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo 11
Cinque anni dopo….
Scorpius cercò lo sguardo Albus in mezzo alla folla che circondava l’Espresso per Hogwarts.
Era al suo sesto anno ad Hogwarts. Non credeva che ci sarebbe mai arrivato completamente illeso come aveva fatto. Certo, tralasciando la media di almeno sette risse l’anno- quattro delle quali le aveva generalmente con suo cugino Paul - e quella volta in cui Albus lo coinvolse in uno dei suo stupidi scherzi troppo Grifondoro per i suoi gusti e rischiò l’espulsione…
-Scorp! – appunto. Parli del Diavolo e spuntano le corna. Corse dal suo amico e lo abbracciò. Albus era cambiato moltissimo dall’ultima volta che l’aveva visto. Era cresciuto e ormai doveva sfiorare almeno il metro e settantacinque, si era irrobustito e i suoi tratti si erano fatti più marcati. Strizzando gli occhi, Scorpius poteva perfino intravedere un’ombra di barba sul viso dell’amico di sempre.
Al si staccò improvvisamente da lui e lo guardò da capo e piedi con aria corrucciata. Scorpius inarcò un sopracciglio, nel suo modo di chiedere spiegazioni, e Al colse al volo.
-Bè, ecco Scorp… - iniziò, grattandosi la nuca, come se non sapesse da dove cominciare – in poche parole, sei uguale a cinque anni fa. Sei solo cresciuto in altezza. Non ti incuriosisce questa cosa?
Eccome se lo incuriosiva. Se ne erano accorti tutti. Hermione, che ormai passava da loro quasi tutti i giorni, per chiacchierare con suo padre, che ormai era cotto di lei. Rose, che veniva almeno due volte la settimana. Suo padre e perfino il padre di Albus, nelle poche e rare volte in cui era andato a trovarlo a casa sua.
Anche le persone che gli stavano intorno – quelle che non facevano finta che non esistesse – se ne erano accorte, ma non ci voleva un genio per capire che in Scorpius qualcosa non andava.
In parole povere, non cresceva. Gli altri ragazzi si irrobustivano, cambiavano voce, i loro lineamenti si facevano più marcati e sul volto si incominciava a intravedere un’ombra di barba.
Scorpius, invece, era sempre lo stesso. Stessi lineamenti fanciulleschi, stessa pelle eternamente eterea e liscia, stessa corporatura gracile, anche se era cresciuto molto in altezza e ora sfiorava il metro e ottanta. Anche dentro era sempre lo stesso: un pozzo nero di rabbia pronto a esplodere.
E la sua unica medicina era sempre lei, che comparve proprio in quel momento in mezzo alla folla.
Scorpius sorrise. La sua rosa era una donna, ormai. I suoi lineamenti si erano fatti meno paffuti e più aggraziati. Era sempre molto magra, ma aveva tutte le curve al punto giusto, che compensavano il fatto che fosse alta non più un metro e sessanta.
I capelli rosso fuoco e leggermente ondulati le ricadevano morbidi sulle spalle, incorniciandole il viso in cui spiccavano i pozzi di cielo che aveva per occhi e le sue labbra rosse e carnose, in contrasto con la pelle bianca e ancora leggermente spruzzata di lentiggini.
Solo tre cose erano rimaste immutate in quei cinque anni: i suoi occhi, per cominciare. Erano sempre le pozze di cielo illuminate da quella luce ottimista, come se niente potesse scalfire la loro purezza.
Secondo, la rosa che le aveva regalato Scorpius. La portava sempre con sé, o nella borsa o a mo’ di fermaglio.
Terzo, il suo profumo. Perché per Scorpius Rose avrebbe sempre profumato di rose.
Avevano praticamente passato tutte le estati insieme, giocando e chiacchierando. E Scorpius si sentiva più leggero ogni volta. Ogni suo sorriso era come un’esplosione di benessere dentro di lui, che dichiarava guerra all’eterno nero che aveva sempre abitato in lui.
Ma poi a scuola lei faceva finta di non conoscerlo. E gli faceva male. Tanto. Rose si era scusata mille volte con lui per quella mancanza e lui l’aveva perdonata, in un certo senso. Sapeva perché lo faceva:
Rose era pur sempre la figlia di due eroi di guerra e non poteva certo andare in giro con il figlio Serpeverde di un ex-Mangiamorte, per di più il ragazzo più impopolare della scuola.
Ad Albus questo non importava, ma Scorpius sapeva che Rose ci teneva all’opinione di tutti. Inoltre, aveva capito che Rose era considerata il “gioiello” e Albus la “pecora nera” della famiglia a causa della sua appartenenza a Serpeverde e di suoi innumerevoli atteggiamenti che lo portavano a essere molto spesso arrogante e maligno.
E così a scuola Scorpius riceveva solo occhiolini repentini e sorrisi di sfuggita, che doveva farsi bastare. Anche se avrebbe tanto voluto urlare al mondo che erano migliori amici, che la conosceva in tutte le sue sfumature: conosceva i suoi sogni, ogni sua più piccola espressione, ogni sua insicurezza, ogni sua paura. Avrebbe voluto urlare al mondo che Rose Weasley era la sua rosa e che lui era…
No, non ne era innamorato. Ne era attratto inconfutabilmente e inevitabilmente ma non ne era innamorato, no. Rose era la sua droga.
Ne aveva bisogno a ogni ora del giorno e della notte, aveva bisogno di lei, dei suoi occhi, del suo profumo. Aveva bisogno dei suoi sorrisi e dei suoi abbracci, per allievare il suo dolore, la sua rabbia. Forse era un egoista, ma il benessere che gli procurava stare in compagnia di Rose gli faceva dimenticare anche i sensi di colpa.
Rose era dall’altro lato della stazione. Gli sorrise, poi, senza farsi vedere da cugini e parenti vari, gli mandò un bacio e gli mostrò sorridente la rosa bianca che portava al polso, legata a un bracciale.
Scorpius ricambiò il sorriso e raccolse al volo il bacio – sì, quando voleva sapeva essere un Don Giovanni come suo padre – poi le fece l’occhiolino e salì sul treno, mentre la rossa arrossiva lievemente.
Il biondo raggiunse Albus nel loro solito scompartimento e si sedette.
E ancora non sapeva che da quell’anno la sua vita sarebbe stata completamente sconvolta.
Intanto, dall’altra parte della stazione due adulti si rincorrevano giocando come due bambini spensierati. Draco aveva tolto di mano l’ennesimo libro che Scorpius aveva prestato a Hermione, e ora stava correndo tra la gente con il libro in mano, ridendo, mentre la riccia lo rincorreva.
-Dray! Molla il libro! Sono arrivata a un punto cruciale, per favore! – lo pregava la donna con il respiro affannato per la corsa. Draco si appoggiò a una colonna e alzò il braccio, tenendo fuori il libro dalla portata di Hermione e ridendo.
-Per favore Herm! Stai attaccata da quel libro da questa mattina, tra un po’ te lo sposi – replicò, mentre osservava divertito la riccia che saltava cercando di raggiungere il libro.
La gente intorno a loro li osservava, chi ridendo, chi scuotendo la testa. Erano proprio due bambini. Due bambini innamorati l’uno dell’altra che ancora non lo sapevano.
-Ehi Potter – Hermione approfittò del momento di distrazione di Draco per saltare e afferrare il libro, aprendolo alla pagina dove era arrivata, mentre il biondo la guardava scuotendo la testa e andando incontro alla famiglia Potter.
-Potter, che tu sappia, c’è un modo per farla staccare dai libri? – chiese sarcastico, mentre Hermione sbuffava, pur continuando a leggere. Harry sorrise e scosse la testa.
-Ahimè, sono anni che sono suo amico Malfoy, ma non ho mai trovato il modo – rispose, con aria fintamente melodrammatica. Hermione sbuffò ancora e chiuse di scatto il libro, agitando le braccia.
-Ecco, contenti?! – Draco le si avvicinò e la baciò sulle fronte, facendola arrossire.
-Moltissimo – sussurrò il biondo con le labbra a un centimetro di distanza dal viso della riccia. Hermione arrossì e sorrise, poi si allontanò, schiarendosi la voce e rimproverando con un’occhiataccia Ginny e Harry, che si stavano evidentemente trattenendo dallo scoppiare a ridere.
Ginny tossicchiò e diede una gomitata al marito, che annuì e tornò serio:
-Senti Malfoy, Hermione.. – iniziò, sorridendo – sabato è il compleanno di Ginny e volevamo chiedervi se vi andava di venire a farci un salto.
-Sarà una festa in grande stile! – intervenne Ginny, con gli occhi che brillavano – mi aspetto abito da sera e niente libri – Draco rise, mentre Hermione alzava gli occhi al cielo.
-Per me va bene – acconsentì l’ex-Grifondoro, guardando il biondo accanto a lei.
-Anche per me, ma siete sicuri che il resto della famiglia Weasley accetterà la mia presenza? – chiese. Harry si strinse nelle spalle mentre Ginny sorrideva.
-Non preoccuparti. È la mia festa e decido io – disse – e poi, ci vuole proprio una distrazione in questi tempi di bufera, no?
E parlando di bufera….
-Ragazzi, un attimo di attenzione per favore! Silenzio! – Scorpius sollevò lo sguardo dal suo piatto, giusto in tempo per schivare un Frisbie Zannuto proveniente da James Potter e vedere la Mc Granitt che sbraitava per avere silenzio.
Lanciò uno sguardo di fuoco a sorriso-da-deficiente e rivolse la sua attenzione alla preside, che finalmente aveva ottenuto il silenzio.
-Bene, finalmente – sospirò la vecchia insegnante di Trasfigurazione – studenti, vi sarete accorti che negli ultimi anni ci sono stati parecchi problemi nel mondo magico.
In effetti Scorpius sapeva, avendo un padre Auror, che delle creature magiche avevano portato parecchio scompiglio nel loro mondo, ma credeva che il problema fosse stato risolto.
-Quello che mi aspetto che voi non sappiate è che questi problemi sono stati causati da alcune delle creature più potenti e temibili del mondo magico, i Demoni – Scorpius s’irrigidì – gli Auror non riescono a
fermarli e in pochi mesi potremmo ritrovarci in piena guerra..
-Ma perché gli Auror non riescono a fermarli?! – chiese Lorcan Scamandro, dal tavolo dei Corvonero.
-Perché i Demoni hanno poteri che noi maghi non abbiamo, ci sovrastano e non possiamo combatterli – rispose grave la preside. Un mormorio concitato percorse i tavoli delle Sala, mentre Albus e Scorpius si scambiavano un’occhiata preoccupata.
-Per questo noi abbiamo chiamato… - continuò la Mc Granitt, che però venne interrotta dal rumore del portone che si spalancava. Gli sguardi di tutti si posarono sulla figura maschile che camminava tra i tavoli con aria sicura e spavalda, fino al tavolo dei professori.
Aveva lunghi capelli castani che teneva raccolti in un codino basso all’altezza della nuca, con qualche striatura di grigio, lineamenti marcati e volto spigoloso. Aveva la carnagione scura e gli occhi azzurri. Non come quelli di Rose o di Scorpius, però. Era un azzurro spento, come un cielo pieno di nuvole scure.
Indossava una lunga veste nera, che sul petto aveva un’immagine di una spada rivolta verso il basso a cui era intrecciata una rosa bianca, che comunque lasciava intravedere i muscoli ben delineati delle braccia.
Fece un piccolo inchino quando fu davanti al tavolo dei professori e poi si voltò verso gli studenti, incrociando le braccia, mentre i suoi occhi svettavano da un tavolo all’altro.
La Mc Granitt sorrise e scese dal suo tavolo, mettendosi accanto all’uomo.
-Ragazzi, salutate Fen, detto l’Emerita o Colui che Cammina da Solo. Lui ci aiuterà a scoprire se tra di voi ci sono alcuni maghi particolari, gli… - la preside si bloccò e si voltò verso Fen, facendogli cenno di continuare.
Del canto suo, l’uomo scoppiò a ridere.
-Credevo che le mia creature avessero conquistato la fiducia dei maghi anni fa, Minerva. E invece perfino tu hai paura del loro nome. Che poi è un nome talmente comune che assume questo aspetto minaccioso solo se collegato alle mie creature- aveva una voce tonante e ammaliatrice da cui tutti rimasero incantati, Scorpius compreso.
Fen riprese in seguito il suo contegno da guerriero e si rivolse a tutta la Sala Grande:
-Le mie creature sono l’ultima speranza per questo mondo, e sento che tra di voi ce ne è una, particolarmente potente – il viso stanco della Mc Granitt s’illuminò.
-Chi è? – chiese, ansiosa. Fen scosse la testa, sconsolato e allo stesso tempo divertito.
-Non posso dirlo con certezza. Sento la sua presenza, e in passato avrei potuto dirti nome e cognome, Minerva cara, ma adesso i miei sensi si sono affievoliti e non riesco nemmeno a capire da quale tavolo proviene – spiegò – ma riesco a scorgere alcune caratteristiche del suo carattere: è un ragazzo, questo è certo, e ama le sfide. Perciò per individuarlo… io sfido tutti voi in un duello magico!
Tutti i ragazzi in sala cominciarono a parlottare. Poi si sentì un brusio sempre più forte provenire dal tavolo dei Grifondoro e James Potter si fece avanti, accompagnato da un applauso scrosciante e da fischi.
Fen lo osservò attentamente, mentre sorriso-da-deficiente si avvicinava spavaldo all’Eremita.
-Il tuo nome, ragazzo? Per intero, possibilmente – chiese, estraendo una bacchetta dalla manica della tunica. James fece lo stesso.
-James Sirius Potter – rispose quello. Fen aggrottò la fronte alla vista della bacchetta e abbassò la sua.
– Vai a sederti, Potter – ordinò, teso. Sorriso-da-deficiente lo guardò confuso e chiese spiegazioni. L’uomo si limitò a indicare con il mento la bacchetta.
-Le mie creature non hanno bisogno della bacchetta per combattere – spiegò brevemente. James strinse i pugni e imprecò sottovoce, ma tornò a posto.
-Allora, c’è qualcuno così temerario da volermi sfidare senza la propria bacchetta? – chiese Fen con voce tonante. La sala restò in silenzio, nessuno si faceva avanti.
Scorpius strinse i pugni. Lui aveva più volte compiuto magie senza bacchetta, perfino senza pronunciare l’incantesimo, ma non credeva di essere una delle creature di cui Fen parlava per un semplice motivo: quelle magie che aveva compiuto erano avvenute per puro caso, lui non le aveva mai volute. Era sempre stata quella forza dentro di lui ad agire per suo conto. Probabilmente semplice magia accidentale.
Il silenzio venne rotto da un improvviso stridio, il tipico suono di una panca che si sposta. Scorpius si voltò verso la fonte del rumore e sbiancò.
-Il tuo nome, ragazzo? Per intero, possibilmente – ripetette Fen, brandendo la bacchetta.
-Albus Severus Potter, signore – rispose Al, con la sua solita e impeccabile educazione – ma non voglio sfidarla. Al contrario, volevo proporre una persona – disse. Fen inarcò un sopracciglio.
-Vedo grandi poteri in te, giovane Potter. Tu sei Colui che Parla alle Creature della Terra, vero? – chiese l’Eremita. Un mormorio incerto percorse la sala, mentre Albus annuiva. Fen sorrise, forse lieto che i suoi poteri non si fossero affievoliti tanto da non potersi più permettere di riconoscere Colui che… ma come cavolo aveva chiamato Al?
-Allora, Venerabile – disse Fen con un inchino –lasciate che vi porga i miei più sentiti saluti – Albus si fece avanti, mentre tutta la scuola non aveva occhi che per lui. Scorpius sgranò gli occhi.
Perché Fen si rivolgeva ad Albus con tanto rispetto? Perché l’aveva chiamato Venerabile? C’era qualcosa dell’amico che lui non conosceva?
-Mi scusi, Minerva – disse Fen, rivolto alla preside – forse era la presenza del Venerabile quella che ho avvertito, e non quella di una delle mie creature. Ne sono desolato – Albus lo interruppe alzando la mano.
-Non così in fretta, Camminatore Solitario. Quella che hai avvertito era davvero la presenza di un Angelo.
Tutta la sala rabbrividì a quel nome, pronunciato con tanta disinvoltura dal secondogenito Potter. Quest’ultimo si voltò verso Scorpius, che lo guardava a bocca aperta, e gli sillabò “Ci vediamo nell’ufficio della preside”. Poi tornò a rivolgersi a Fen e alla Mc Granitt e li condusse fuori dalla Sala Grande, mentre tutti gli studenti lo guardavano sbigottiti, compreso Scorpius.
Mezz’ora dopo, Scorpius bussò alla porta dell’ufficio della Mc Granitt. Venne accolto da un brusco avanti e da sguardi increduli, escluso quello luminoso di Albus che sorridente annunciò:
-Camminatore Solitario, ecco a te il tuo Angelo.
Questo è il capitolo più importante, insieme al prossimo.
Vi avverto: rallenterò un po’ il ritmo, ho il blocco dello scrittore. È terribile: sto interi minuti davanti al computer ma non riesco a scrivere niente, è come avere un tappo sulla fantasia. Brr… comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto tanto da lasciare un piccolo commento.
Un bacio, Selenakilla89
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Capitolo 12
Un Angelo. Scorpius un Angelo.
Bè, lui stesso si era sempre
definito così, ma solo per il suo aspetto. E poi, gli Angeli
erano solo dei
miti, perfino nel mondo dei maghi. Come poteva lui, un Malfoy,
appartenere a
quella potente e temuta categoria?
Eppure a quel nome aveva sentito la
rabbia dentro di lui
risvegliarsi, dopo anni in cui era stata sopita con pochi risvegli
istantanei,
e dimenarsi dalle catene.
-Che cosa… Albus, si
può sapere che diavolo sta succedendo
qui? – balbettò Scorpius. La domanda isterica del
biondo venne totalmente
ignorata, e Albus rimase in silenzio, sorridendo. Intanto Fen socchiuse
le
palpebre e fissò Scorpius con evidente interesse.
-Bè, Venerabile, devo dire
che le caratteristiche fisiche ci
sono tutte. Ma magari è solo
l’apparenza… sinceramente, non sento provenire da
lui nessuna forza in particolare – osservò
l’Emerita. Albus strinse i pugni e
sibilò:
-Sta per caso dubitando della mia
convinzione, Camminatore
Solitario?!? – Fen sbiancò. Scorpius non potette
non trattenere un ghigno
divertito. Che quell’uomo spavaldo avesse paura di Albus
– per quanto i suoi
poteri che aveva nascosto al biondo fossero potenti – che per
di più aveva la
metà della metà dei suoi anni, era alquanto
divertente.
-No, no, Venerabile – si
affrettò a precisare l’Emerita –
come potrei?
-Bene. Allora… per il suo
addestramento avevo in mente… - Albus
parlava completamente sicuro di sé, come se avesse
finalmente trovato il suo
posto su questa terra. Quel suo linguaggio forbito, ma allo stesso
tempo così
sciolto, gli….donava, in un certo senso. Sembrava veramente
sé stesso.
Scorpius però non gli
diede modo di finire. Lo interruppe in
tono isterico:
-Tu sapevi cos’è
questa cosa dentro di me, questa terribile
forza che mi differenzia da tutti gli altri, e non mi hai detto nulla?
– lo
accusò, mentre la carnagione eterea del biondo assumeva una
sfumatura rosso
fuoco.
Albus però rimase
impassibile, con la sua solita aria sicura
e “malandrina” e annuì.
-E mi dispiace. Avrei tanto voluto
vederti sollevato perché,
per quanto tu ti ostini a dire che non sei interessato a quelli che
definisci
“i tuoi perché”, so che muori dalla
voglia di sapere di più sui tuoi poteri, e
ora lo sai. Sei un Angelo, anche piuttosto potente direi, a occhio e
croce.
- E perché non me
l’hai mai detto? – chiese Scorpius, con la
voce piccola. Albus sorrise.
-Perché dovevo aspettare
il momento giusto. L’arrivo del
Camminatore Solitario – spiegò.
Scorpius annuì ancora,
poi, stanco, si lasciò cadere su una
sedia e si prese la testa tra le mani, chiudendo gli occhi. Era un
Angelo.
Finalmente conosceva l’origine dei suoi poteri. Avrebbe
potuto salvare il mondo
dai Demoni e riscattarsi per gli errori di suo padre.
Si chiese se valesse la pena di
combattere per della gente
così superficiale. E si rispose di no. Ma lui aveva Rose, e
doveva proteggere
la sua rosa.
Rose era arrivata in Sala Grande
insieme a Roxanne, come
tutti gli anni, e si era seduta vicino a lei e a Lily.
Aveva ascoltato con interesse il
discorso della Mc Granitt e
successivamente, di Fen. Quella storia la incuriosiva, soprattutto
perché il
suo ciondolo, alla vicinanza dell’Eremita, aveva iniziato a
scaldarsi,
pulsando. Aveva assistito alla figuraccia di Jamie e alla figuraccia di
Albus, senza
fare una piega.
Ma quando aveva visto Scorpius
così preoccupato e insieme
confuso, qualcosa dentro di lei era scattato.
Ora basta, si era detta. Per tutti
quegli anni aveva fatto
finta di non conoscere Scorpius, addirittura di disprezzarlo. Ora
basta.
Sarebbe stato diverso, quell’anno.
Aveva deciso di smettere quella
farsa. Sarebbe andata in
giro a braccetto con lui, si sarebbero rincorsi ridendo come facevano
del
giardino di Malfoy Manor durante le estati, sarebbero andati insieme a
Hogsmeade. Alla faccia dei suoi cugini e della sua reputazione di
Grifondoro
senza pecche.
Perciò quando, sotto gli
occhi di tutti, il suo Scorpius si
era alzato ed era uscito dalla Sala Grande, si era alzata a sua volta e
l’aveva
chiamato e, sotto gli sguardi stupiti degli studenti e quelli sconvolti
dei
suoi cugini, lo aveva seguito.
Fuori dalla Sala Grande, Roxy, Jamie,
Lily e Hugo l’avevano
raggiunta.
-Rose, si può sapere cosa
succede? – chiese Lily (la
Grifondoro petulante per eccellenza, seconda nella scala delle cugine
insopportabili dopo Domenique) con tono stizzito. Rose si
voltò e alzò gli
occhi al cielo, incrociando le braccia al petto.
-Niente che ti riguardi, Lils
– rispose scocciata la rossa.
James si fece avanti e aggrottò le sopracciglia.
-E invece ci riguarda, Rosy
– disse – stavi chiamando Malfoy
come se fosse un vecchio amico e lui… è Malfoy,
dannazione! – Rose digrignò i
denti e sbottò, mentre si faceva rossa in viso dalla rabbia:
- Per tua informazione, Jamie,
Scorpius è un mio amico! Il
mio migliore amico! – Hugo si avvicinò alla
sorella e digrignò i denti:
-Rosalinda Jane Weasley –
sibilò – hai forse dimenticato
cosa hanno fatto suo padre e suo nonno? Erano Mangiamorte diavolo!
Mangiamorte!
Quelli che hanno ucciso zio Fred e i genitori di Teddy!
Rose non lo ascoltò
nemmeno. Sapeva che suo fratello era
stato influenzato molto dalla vicinanza con suo padre,
perciò non disse niente.
Semplicemente il suo ciondolo si illuminò e
schiantò suo fratello a dieci metri
di distanza da lei.
I suoi cugini la guardarono
spaventati, ma lei non ci fece
caso e corse verso l’ufficio della Mc Granitt. Il ciondolo lo
faceva molto
spesso. La proteggeva, come se avesse vita propria.
All’inizio l’aveva trovato
molto strano, ma alla fine ci si era abituata. Dopotutto, abitava in un
mondo
pieno di magia, chi si stupiva più?
Arrivata all’ufficio,
bussò alla porta che, stranamente
aperta, si aprì con un lento cigolio. Dentro la preside, Fen
e Albus stavano
parlando. Rose si schiarì la voce, attirando
l’attenzione del cugino.
-Al, dov’è
Scorp? – chiese, con voce piccola. Albus sorrise
quasi a forza. Rose notò che aveva gli occhi lucidi.
-È di sotto, in cortile
– rispose. Rose lo ringraziò e scese
veloce le scale, mentre la discussione prendeva un piega ancor peggiore.
-Dobbiamo prepararlo in fretta, la
guerra si sta avvicinando
e lui deve combattere in prima fila.
-E morire – aggiunse
Minerva, con tono grave.
-Non necessariamente –
disse Albus, bianco in volto. Fen
scosse la testa.
-Vedere una mia creatura con un
così terribile destino mi fa
sempre piangere, ma è necessario, Venerabile. Il Animan pro
anima è
inevitabile, in questo caso estremo. E per far sì che il
rito funzioni,
dobbiamo avere un Angelo nel pieno delle sue facoltà,
fisiche e mentali.
Dobbiamo addestrarlo a dovere per poi…
-Io non sono d’accordo
– protestò Albus, con voce
rotta.
- So che ci tieni al giovane Malfoy
– disse Fen – ma il tuo
Patto è di ferro. Non ci sono scappatoie.
E Albus annuì, dirigendosi
alla finestra che dava sul
cortile. Vide Scorpius seduto e Rose che da dietro
l’abbracciava.
Cos’ho
fatto?, si
chiese, chiudendo i pugni e lasciando che le lacrime gli percorressero
le
guance, lasciando solchi salati e che sapevano di sensi di colpa.
Quello stupido Patto. Avrebbe tanto
voluto infrangerlo, ma
purtroppo ci sarebbero state due gravi conseguenze.
In primis, non sarebbero riusciti a
sconfiggere i Demoni.
Secondo, lui sarebbe morto. Per una
volta avrebbe voluto
avere un po’ del coraggio Grifondoro del padre, per
sacrificarsi per Scorpius.
Ma no, lui era un Serpeverde codardo. E anche se si fosse sacrificato,
ci
avrebbero pensato i Demoni a far polpette di Scorpius.
Perché, per quanto il
biondo fosse potente, non poteva nulla
da solo. A meno che…
-Allora – disse Rose,
sorridendo e camminando al fianco di
Scorpius – sei un Angelo?
-Già – rispose
Scorpius. Rose sorrise ancora. Era contenta
per lui, finalmente aveva trovato il suo perché.
-Il mio Angelo custode? –
chiese, inclinando la testa come
una bambina davanti a un giocattolo nuovo. E Scorpius rise, come rideva
solo
con Rose.
-Se vuoi, principessa –
concesse. Lei battè le mani felice,
per poi tornare seria.
-Dimmi, ora dovrai addestrarti?
– domandò. Scorpius annuì.
-Sì. Albus mi ha dato un
programma: la mattina partecipo
alle lezioni con tutti, anche se Fen probabilmente me le
“personalizzerà”.
-In che senso?
-Bè, ad esempio, a Pozioni
potrebbe darmi da preparare
pozioni un po’ più difficoltose, così
come a Incantesimi e a Trasfigurazione
potrei trattare programmi avanzati. Capisci ora? – Rose
annuì.
- Bene. Il
pomeriggio
invece andrò sulla riva opposta del Lago Nero, quella
disabitata, dove Fen mi
istruirà sulle usanze del mio popolo e sulla sua storia.
Rimasero un po’ in
silenzio, fin che Rose non disse:
-Io l’ho sempre saputo
– Scorpius si voltò di scatto verso
di lei. Rose sorrise, continuando a guardare il sole che spariva nel
suo
nascondiglio dietro le montagne che costeggiavano il Lago Nero.
-Sei sempre stato un mago
eccezionale. E questa… - disse
indicando la rosa che portava al polso – ne è
l’esempio più concreto che ho. E
poi… lo sapevo e basta.
Scorpius sorrise. Guardò
Rose che sorrideva al sole e la
trovò meravigliosa. La rossa di voltò verso id
lui e immerse i suoi pozzi di
cielo nel suo sguardo di tempesta.
-Sono contenta per te –
disse solamente. Scorpius annuì e si
alzò, porgendole la mano.
-Vieni. Dovresti tornare al castello,
no? – lei annuì e si
alzò, per poi prenderlo sottobraccio.
-E tu vieni con me –
rispose Rose. Scorpius sgranò gli occhi
e lei annuì, semplicemente. Il biondo sorrise, felice come
una Pasqua.
Si diressero al castello. Scorpius
accompagnò Rose alla
Torre dei Grifondoro, sotto sguardi stupiti e altri indignati. La rossa
lo
baciò sulla guancia ed entrò dentro il ritratto,
mentre il biondo saltellava
per la contentezza verso i sotterranei.
Lasciando Rose ad affrontare i suoi
cugini.
-Rose, proprio tu che dicevi che Al
doveva essere
allontanato da Malfoy, vai a braccetto con lui per i corridoi di
Hogwarts? –
domandò Fred, indignato. Rose alzò le spalle,
continuando a sorridere.
-Ho cambiato idea. E dovreste farlo
anche voi. Anche perché
ho intenzione di inventare Draco e Scorpius a Natale da noi –
annunciò. Roxanne
la fulminò con un’occhiataccia, mentre Domenique
la guardava fiera.
-Bravissima, Rosy. Sono fiera di te.
E per la prima volta, Rose rivolse un
sorriso di gratitudine
a sua cugina Dome. L’inizio di una splendida amicizia.
Sono felice
come una
Pasqua! Mi sono sbloccata, finalmente riesco a scrivere come prima
(anche se
l’università non mi dà pace) e a
buttare giù capitoli come questo in meno di
un’ora.
Ma ora torniamo alla storia: finalmente abbiamo capito la
causa dei
poteri di Scorp (anche se nel prossimo capitolo li tratterò
meglio) ma ho
lasciato nuovi interrogativi (quanto sono cattiva!).
Perché
il ciondolo di Rose si comporta in quel modo? E di cosa stavano
parlando Albus,
Fen e la Mc Granitt?
Vi sarei grata se lasciaste
qualche recensione.
Un bacio,
Izzy Nihal
Potter (il mio nuovo e meraviglioso
nickname).
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo 13
Il giorno dopo Albus
svegliò Scorpius prima del previsto.
Non aveva dormito. Si sentiva uno schifo.
E quando il suo migliore amico
aprì gli occhi e gli sorrise,
si sentì ancora peggio.
-Ehi Al, dormito bene? –
chiese Scorpius, mettendosi a
sedere e passandosi la mano destra tra i capelli, come era sua
abitudine. Albus
sorrise forzatamente e annuì. Scorpius aggrottò
la fronte, ma non chiese nulla.
Per la prima volta in cinque anni, tra i due c’era imbarazzo.
Non sapevano cosa
dirsi.
Dopotutto erano saliti di livello.
Ora, invece del Potter
Rinnegato e del giovane della famiglia Malfoy, c’erano un
Angelo e un… cos’era
Al?
-Albus – iniziò
il biondo – perché Fen ti chiama Venerabile?
– Albus, che si era alzato dal letto, provò
ribrezzo al nome che esprimeva
quello che era.
-Perché… -
rispose, vestendosi – è una lunga storia, in
realtà. Il mio vero nome sarebbe Colui che Parla alle
Creature della Terra, che
poi è l’antico nome dei Rettilofoni. Si credeva
che… oddio, lascia stare, tanto
te lo spiegherà Fen, probabilmente oggi o domani, dato che
è una delle dottrine
principali del tuo popolo.
Scorpius annuì e si
alzò, iniziando a vestirsi. Quando
furono entrambi pronti, scesero le scale. Scorpius notò con
stupore che molti
degli studenti guardavano con timore Albus, che camminava a testa alta
e con un
ghigno compiaciuto sulle labbra.
-Ti piace molto questa storia, vero?
– chiese Scorpius,
mentre si sedevano in disparte al tavolo dei Serpeverde. Albus
annuì,
ghignando. Ma la verità era che no, odiava quella
situazione, odiava essere un
Venerabile e odiava dover pugnalare alle spalle il suo migliore amico.
Rose si svegliò di buon
umore quella mattina. Scese
fischiettando e notò con piacere che Domenique la stava
aspettando fuori dal
buco del ritratto. Bellissima come sempre.
-Rosy, andiamo insieme a fare
colazione? – domandò,
sorridendo. Rose annuì, dapprima sconcertata. Domenique la
prese sottobraccio e
si diressero in Sala Grande.
-Dome – cominciò
Rose – pensavo che mi odiassi – Domenique
si bloccò e si voltò lentamente verso di lei, con
lentezza.
-Rose – disse con un
sorriso – io sono una Custode. Sai cosa
significa?- Rose scosse la testa.
-Bene, meglio così,
sarà più divertente insegnarti.
-Insegnarmi? – chiese Rose,
interrogativa. Domenique annuì.
-Certo – rispose, come se
fosse la cosa più naturale del
mondo – dopotutto, è mio dovere di Custode
insegnare alle nuove Designate. Però
adesso lascia stare i tuoi dubbi. Scoprirai tutto oggi pomeriggio,
nella Stanza
delle Necessità alle cinque. Comunque, io non ti ho mai
odiato. Aspettavo solo
il momento giusto.
Detto questo scomparve nella folla
della Sala Grande,
lasciando Rose con più dubbi che risposte.
Scorpius si diresse nei sotterranei
per le due ore di
Pozioni, accompagnato da Albus e Rose. I due però gli
sembravano strani. Albus
pareva indossare una maschera, lui che era sempre così
aperto e solare. Rose
invece non pareva particolarmente cambiata. Al contrario, stava
parlando alla
velocità della luce, come faceva sempre quando era nervosa.
-Rose – la interruppe,
quando davvero non ce la faceva più
ad ascoltare il suo interminabile
monologo sulle prime squadre di Quidditch in classifica – ti
prego, risparmiami.
Rose sorrise debolmente e si
scusò con voce piccola.
-Mi dispiace Scorp, ma sono talmente
nervosa. Domenique mi
ha detto che dovrà insegnarmi a essere una Custode e io non
so minimamente cosa
significhi. E sai quanto mi dia fastidio non sapere le cose.
Albus ridacchiò. Scorpius
e Rose si voltarono
simultaneamente verso di lui e la rossa si fece avanti.
-Sputa il rospo, Severus –
lo minacciò, tirando fuori la
bacchetta. Albus alzò le mani in segno di resa e
sembrò tornare sé stesso per
un attimo.
-Calmati, rosellina – la
canzonò – ma è proprio divertente
sapere che finalmente la nostra Domi si è data una mossa e
ha scelto una delle
sue tante cugine come sua erede. A quanto pare non vede l’ora
di poggiare il
suo fardello sulle spalle di qualcun altro. Magari potessi farlo
anch’io –
Albus sembrava parlare più a sé stesso che con la
ragazza che aveva davanti.
Perciò, a nessuno dei due
parve strano che Albus entrasse in
aula borbottando tra se e se e imprecando contro le Custodi e Domenique.
-Tu ne sai qualcosa? –
domandò Rose a Scorpius, sedendosi
accanto a lui. Scorpius scosse la testa, mentre il professor Lumacorno
entrava
in aula e dirigeva uno sguardo interessato al giovane Malfoy.
-Ragazzi, oggi prepareremo il
Distillato di Morte Vivente.
Le istruzioni sono sulla lavagna e a pagina duecentoquattro del vostro
libro –
ordinò – signorina Weasley, mi farebbe il piacere
di andare a sedersi accanto
al signor Potter? – Rose annuì. Se lo aspettava.
Augurò buona fortuna a
Scorpius e si sedette accanto a suo cugino, che sembrava ancora
impegnato a
parlare con sé stesso.
-Signor Malfoy, Fen mi ha detto di
darvi questo – Lumacorno
porse a Scorpius un libricino rilegato in quella che pareva pelle di
drago –
andate a pagina tre e preparate la lezione illustrata. Avete
un’ora e mezza.
Via!
Scorpius prese il libricino e lo
aprì a pagina tre. E quello
che vide lo sconvolse. Avrebbe dovuto preparare la
“Riportatrice all’Origine”,
una Pozione ricostituente complicatissima. Solo la lista degli
ingredienti
occupava due pagine.
-Santo Salazar… -
sussurrò. Poi però si rimboccò le
maniche
e cominciò.
La Pozione era complicata e gli
ingredienti delicatissimi.
Bastava una goccia in più e avrebbe fatto esplodere tutta
Hogwarts. Così si
concentrò al massimo, liberando la forza dentro di lui e
lasciando che
scorresse libera nelle sue vene.
Era meraviglioso. Si sentiva libero,
per la prima volta. E
non vuoto, come sempre. Si sentiva pieno di quell’energia, di
quella magia che
aveva lo stesso effetto dell’acqua fredda.
Lui mescolava, aggiungeva e tagliava.
Ma non si muoveva
dalla sua postazione. Gli ingredienti arrivavano da soli alle sue mani,
illuminati da una luce azzurrina. La luce della sua magia.
-Ottimo lavoro, signor Malfoy.
L’Eremita sarà fiero di lui –
commentò Lumacorno alla fine, quando la sua Pozione aveva
assunto un delicato
colore violetto. Scorpius annuì e ringraziò il
professore, prendendo una fiala
della Pozione per Fen.
Uscì dall’aula
esausto, ma soddisfatto. I Grifondoro e i
Serpeverde si riversarono fuori, guardandolo chi ammirati, chi
invidiosi. Ma
l’unico parere che voleva Scorpius era quello del Venerabile.
-Accettabile – disse Albus,
quando si incontrarono nel
cortile, avendo un’ora buca – per me. Ma direi che
per Fen questo è un
risultato piuttosto scadente.
Scorpius sgranò gli occhi.
Era convinto di aver fatto una
Pozione perfetta, di non aver sbagliato niente. Albus si accorse della
sua
espressione delusa e si affrettò a dire:
-Scorp, non preoccuparti. Per essere
il primo tentativo è un
gran risultato. Anzi, se tu fossi un mago normale sarebbe un risultato
degno di
Albus Silente.
- Ma non lo sei – disse
Rose con un sorriso di
incoraggiamento.
- Già –
confermò Albus – essendo un Angelo, questa Pozione
è
piuttosto scadente.
-Ma sono sicuro di non aver sbagliato
niente! – protestò
Scorpius, esasperato. Albus fece un sorriso sghembo.
-Perché non hai sbagliato
nulla. Ti ho controllato. Hai
fatto tutto nel modo giusto e hai dato anche un po’ di
spettacolo – Al gli fece
l’occhiolino – ma la vera essenza delle Pozioni
angeliche è un’altra. Tu devi
concentrare la tua magia non nei movimenti o negli ingredienti, come
hai fatto.
Devi concentrarla nella Pozione. Prova – disse, porgendogli
la fiala. Scorpius
fece come aveva detto e la Pozione divenne di un azzurro cielo acceso e
vivo.
Scorpius arrossì,
rendendosi conto che la sua magia aveva lo
stesso colore degli occhi di Rose. Anche la rossa parve accorgersene,
perché
distolse lo sguardo. Al rimase impassibile.
-Bravissimo, questo per Fen
è un buon risultato, anche se
naturalmente devi migliorare, concentrando la magia nella Pozione
durante la
sua preparazione. Vedo che la tua magia è
azzurra… sai che la magia di un
Angelo varia dal colore degli occhi della persona a cui si è
più legati? Non
sai quanti Angeli hanno la magia di colore marrone… bleah!
A quel punto Scorpius
arrossì ancora di più e si alzò,
dirigendosi verso l’aula di Incantesimi.
Per tutta la mattinata Scorpius
dovette effettuare
Incantesimi di livello avanzato. A Trasfigurazione addirittura la Mc
Granitt
gli disse, sotto ordine di Fen, di trasfigurare il proprio corpo in un
falco.
Non c’era riuscito del tutto, aveva preso le sembianza di un
falco, ma era
rimasto della sua grandezza normale.
Per andare a mangiare dovrebbe
praticamente farsi trascinare
da Albus e Rose. La rossa pareva piuttosto divertita da quella
situazione e lo
prendeva in giro, mentre Albus era preoccupato.
-Amico, se il primo giorno sei
già a terra, arriverai dai
Demoni strisciando – gli disse, mentre si sedevano al loro
tavolo. Scorpius gli
lanciò un’occhiata di fuoco.
-Io li farò a pezzi, Al,
non rompere – Scorpius era deciso a
portare a termine il suo compito. E a proteggere Rose. E suo padre. E
Hermione,
che praticamente era diventata come una mamma per lui.
Sua madre. Quanto gli mancava. Delle
volte si sedeva nella
biblioteca, davanti al ritratto della madre, e passava ore a studiarla,
a
sorriderle. Era talmente bella… talmente dolce..
All’improvviso ebbe un
flashback. Il suo Smistamento. Il
Demone. La frase in Serpentese del Demone tradotta da Albus. Sei condannato a morte, tu che sei nato
dalla luce mista alle tenebre, dalla morte mista alla creazione. Un
terribile
dubbio si insinuò nella sua mente.
E la rabbia tornò,
cominciando a graffiargli il petto con le
catene da cui si dimenava. Si alzò facendo cigolare la
panca, e si diresse a
passo di marcia verso il Lago Nero.
Arrivato lì, la sua rabbia
esplose in un urlo disumano. Le
lacrime gli sgorgarono dagli occhi. non poteva crederci. Non era
possibile.
Si specchiò nelle acque
scure e sputò sulla propria
immagine.
-È il grande peso che
ognuno di noi deve sopportare – disse
Fen avvicinandosi a lui. Scorpius si voltò e si
alzò, gli occhi accesi da una
luce irosa.
-Un peso? È colpa mia se
mia madre è morta, e tu lo chiami
peso??? –sbottò il
biondo, dandogli
addosso.
Fen sorrise debolmente e gli
posò una mano sulla spalla.
Pronunciò qualcosa e Scorpius si ritrovò
improvvisamente sulla riva opposta del
Lago, una pianura desolata in mezzo a una fitta foresta.
Aveva una fitta all’altezza
del cuore e un groppo alla gola.
Un groppo che lui aveva conosciuto solo una volta: cinque anni prima,
quando Al
aveva rischiato la vita.
Stava piangendo.
Fen se ne accorse e fece una smorfia,
prendendo una provetta
da una tasca dentro il mantello.
-Non piangere. Ma se proprio devi,
metti le lacrime qui. le
lacrime di voi Angeli sono preziosissime.
-Perché? Perché
proprio la mia mamma? – domandò lui, tra i
singhiozzi.
!!!!-Allora, per
spiegarti questo
concetto, dobbiamo partire da qualche secolo fa. I Demoni allora erano
liberi
di scorrazzare liberi su questa terra, portando con loro scompiglio,
morte e
distruzione. A quel tempo ero il preside di Hogwarts. Cercai di
contrastare i
Demoni con i miei soli poteri, senza riuscirci.
-Allora, con l’aiuto di un
antenato di Albus, il Venerabile
Simon, e un altro strega sua amica, creai il primo angelo, con un
antico rito.
Purtroppo, per farlo, sacrificai buona parte dei miei poteri,
così come fece il
Venerabile. Donammo ai primi due angeli, Perseus ed Eltanin, poteri
sovrannaturali. Il controllo dell’acqua e
dell’aria, ad esempio, vita lunga e
una grande predisposizione sia alla magia che all’arte della
guerra. Li
addestrammo e grazie a loro riuscimmo a vincere la sanguinosa guerra
che in
quegli anni si stava disputando e a tenere i Demoni nel Mondo di Sotto.
Gli
angeli, riconoscenti a me e al Venerabile per averli creati, ci
donarono il
dono dell’immortalità. Il Venerabile
però, al contrario di me, ci rinunciò, ma
si rese immortale in un’altra forma. Purtroppo, negli anni
gli angeli,
moltiplicandosi sempre più, avevano cominciato a dimenticare
la gratitudine che
li legava a me, e avevano cominciato a ribellarsi. Erano creature
capricciose
di natura, nonostante la loro grande saggezza. I Demoni, approfittando
di
questo momento di “caos” tra gli angeli e i propri
creatori, attaccarono.
-Fu una strage. Gli Angeli rimasero
in pochissimi, e quei
pochi rimasti non riuscivano a tenere sotto controllo i Demoni.
Fortunatamente,
in quegli anni, Albus Silente, divenne preside e riuscì a
sigillare i Demoni
nel Mondo di Sotto.
-E questa è la storia del
mio popolo, e ti ringrazio di
avermela raccontata. Ma questo cosa c’entra con la morte di
mia madre?
-Te l’ho detto, no? Alla
creazione di Perseus ed Eltanin parteciparono
oltre a me il primo Venerabile e un'altra strega.
Quest’ultima strega, nel
rito, perse la vita. è così che funziona: per
ogni Angelo nato, muore una
persona nel mondo. Negli ultimi tempi gli Angeli sono diventati sempre
di meno,
perciò hanno bisogno di un sacrificio più grande.
Un genitore. Nel tuo caso,
tua madre.
Scorpius sospirò e chiuse
la boccetta, ormai piena delle sue
lacrime. Cercò di ricomporsi, anche se sembrava che la
rabbia fosse aumentata
ancora di più.
-E chi era quella strega? –
domandò, sedendosi a gambe
incrociate.
-Oh, una strega molto particolare,
chiamata Custode.
Capitolo
lampo eh? Sembra
che dopo il blocco dello scrittore sia tornata con una marea di idee in
più. Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto. Recensite, mi raccomando. Un
bacio, Izzy
Nihal Potter
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo 14
-Quindi, Dome, cosa devi insegnarmi?
– Rose era impaziente,
e sedendosi sul prato in cui si era trasformata la Stanza della
Necessità,
sbuffò. Domenique era a gambe incrociate davanti a lei, i
capelli biondissimi
raccolti con una fascia verde. Sorrideva.
-A essere una Custode. Devi sapere
che io sono stata scelta
da Sally Jackson, la Custode dell’ultimo Angelo presente in
questa terra,
purtroppo morto in un incontro con un Demone.
-Aspetta, aspetta – disse
Rose, gesticolando – vuoi dire che
le Custodi sono legate agli Angeli? – Domenique sorrise,
quasi intenerita.
-Ma certo cara. Gli Angeli non
esisterebbero se non ci
fossero le Custodi, e viceversa.
-E perché?
-è piuttosto semplice da
capire. Alla creazione dei primi
Angeli, Perseus ed Eltanin, partecipò la prima Custode, che
venne detta così
perché sacrificò la sua vita per la creazione
degli Angeli. Da allora le
Custodi sono state rese quasi sacre dagli stessi Angeli. Fen, resosi
conto del
grande affetto provato dalle sue creature per noi, ci rese.. non so
come
definirlo… importanti per loro, siamo come una specie di
legante.
-Come un legante? –
l’interruppe ancora Rose, confusa.
Domenique la fulminò con un’occhiataccia.
-Preferirei che non mi interrompessi
– la riprese. Rose si
zittì e annuì e la Veela continuò:
-Ognuna di noi ha cinque anni per
trovare un Angelo su cui
vegliare. Infatti, se un Angelo sceglie di
legarsi a noi donandoci un Enirì, noi
diventiamo essenziali per il
nostro angelo. Siamo una specie di calmanti per loro. Quando perdono il
controllo, siamo le sole che riescono a farli tornare in sé.
è una specie di
potere speciale, a conti fatti, che si mantiene in noi a patto che
continuiamo
a proteggere il nostro Angelo. Purtroppo, io sono venuta a conoscenza
della mia
natura a undici anni, e l’unico Angelo che conosco
è Scorpius, e lui si è già
legato.
-A chi?
- A te. Non so come, ma lui, ancora
inconsapevole della sua
natura, ti ha donato un Enirì, cioè una parte di
sé, che ti protegge e ti
ricorda del tuo compito. Il vostro legame è fortissimo,
è impossibile non
percepirlo. E credo che la risposta sia nel ciondolo che tu porti
sempre al
collo. Emana un’Aura molto simile a quella degli Angeli.
Rose si toccò
istintivamente la goccia di cristallo che
portava appesa al collo e la accarezzò con dolcezza.
-Ma questo non me lo ha dato Scorp.
L’ho trovato cinque anni
fa sul campo da Quidditch – disse Rose, corrugando la fronte.
-E ricordi cosa è successo
quella stessa giornata sul campo
da Quidditch? – chiese Domenique, con fare saccente e
calcando ancora di più il
suo accento francese.
- Bè,
sì… - rispose Rose, tentando di ricordare
– Albus si
era fatto male ed era comparso un ciclone sul campo da Quidditch
–
all’improvviso la rossa sgranò gli occhi,
incredula, e guardò la cugina dritta
negli occhi.
Dome sorrise e annuì. Rose
abbassò lo sguardo e sorrise
debolmente.
-È stato
Scorp…. – sussurrò – e ha
pianto…
-Già. Devi sapere che le
lacrime degli Angeli sono
preziosissime. Una solo di esse ha tanto potere magico quanto un mago
alle
prime armi. Riconoscendoti come Custode deve essersi trasformato nel
tuo Enirì.
Rose annuì e si prese la
testa tra le mani, per assorbire
meglio le informazioni. Era una Custode. La Custode di Scorpius, il suo
Angelo.
Sentì crescere l’euforia nel petto. Avrebbe tanto
voluto mettersi a saltellare
come una bambina che riceve il suo regalo di Natale.
-È fantastico. Lo faccio
– annunciò, con un sorriso deciso –
sì, lo faccio. Dimmi, cos’è esattamente
un Enirì?
Domenique sospirò e
sorrise.
-Se usassi questa energia per
studiare… - Rose alzò gli
occhi al cielo facendo capire alla cugina di aver sprecato il fiato,
perciò la
bionda continuò:
- È una specie di segno di
riconoscimento di noi Custodi, ci
permetteva in antichità di accedere a tutti i luoghi
accessibile solo agli
Angeli. Ci protegge in battaglia e amplifica i nostri poteri magici.
È tutto
ciò che siamo, rappresenta la nostra appartenenza
all’antico ordine e il nostro
legame con gli Angeli.
- Che forza – fu tutto
quello che riuscì a dire. La sua
gioia era immensa. Era legata fino alla fine con Scorpius. Per sempre.
Scorpius era stremato. Fen lo aveva
massacrato con esercizi
estenuanti. Aveva praticato magie avanzate, preso appunti, ascoltato
storie sul
suo popolo. Era stanco morto, ed era solo il primo giorno.
E non
è ancora finita,
pensò con un sorriso amaro. L’Emerita
infatti gli aveva assegnato un ultimo,
difficoltoso esercizio che avrebbe dovuto provare per i prossimi
giorni. Fen si
sarebbe assentato per un po’ e lui si sarebbe dovuto
allenare. Inoltre, sarebbe
andato con Rose da Domenique per studiare altra storia del popolo degli
Angeli.
Si avvicinò alla riva del
Lago Nero e osservò con sguardo
ammaliato il sole che con i suoi raggi tinti di sangue cominciava la
discesa
verso il suo rifugio tra le montagne.
Ispirò forte.
Sospirò e chiuse gli occhi. Visualizzò il suo
corpo e vide come una rete di fili che scorrevano in esso, in cui
fluiva una
corrente di energia azzurra.
La concentrò nei piedi e
la modellò fino a formare come dei
piccoli scudi. E fece un passo.
E rimase sull’acqua.
Piccole onde concentriche si formavano
attorno ai suoi piedi, con un rumore dolce e rassicurante che gli
scaldava il
cuore, placando quasi la bestia di paura che dimorava in esso.
Fen gli aveva spiegato che gli Angeli
erano stati creati
dall’unione sì, dei tre poteri magici della
Custode, del Venerabile e di lui
stesso, ma anche da due Elementi, i più puri che esistano:
l’aria e l’acqua.
Per questo riusciva a camminare
sull’acqua. Per questo, Fen
gli aveva detto, un giorno sarebbe anche riuscito a volare. Non vedeva
l’ora.
Avanzò di altri passi,
piccoli ma sicuri. Era quasi arrivato
dall’altra parte, quando vide in lontananza una chioma rossa
che si avvicinava.
-Scorp! – lo
chiamò Rose, salutandolo con la mano. Scorpius
sorrise e sentì il suo cuore riempirsi di gioia, mescolata
all’euforia per la
vicinanza con uno degli Elementi da cui era nata la sua razza.
-Rosy! – fu un attimo.
Perse la concentrazione e sprofondò
nell’acqua fredda. Lui non sapeva nuotare e non era mai
entrato in acqua.
Suo padre gli aveva raccontato però
che nell’acqua tutti i sensi si attutivano e tutta si
appesantiva.
Per lui non fu così. Fu
come essere diventato un animale. I
suoi sensi si amplificarono, vedeva tutto con chiarezza, sentiva tutto
con
precisione e udiva tutti i suoni quasi amplificati.
Era meraviglioso. Cominciò
a nuotare e si rese conto che non
aveva bisogno di prendere aria. Era bellissimo, rigenerante, era come
nascere
di nuovo.
Arrivò a riva e si
appoggiò con i gomiti ad essa, ai piedi
di Rose. Le sorrise. Un sorriso vero, nuovo, che aveva solo quando era
con
Rose, ma stavolta non dipendeva da lei. Era stata l’acqua a
dargli quella
sensazione nuova, calda, dolce.
Scorpius incominciò a
ridere e prese Rose per mano
sporgendosi fuori dall’acqua. La tirò a
sé e la buttò in acqua. Rose scomparve
nel Lago e quando riemerse stava ridendo, e lo spintonò
scherzosamente.
Risero e nuotarono fino a tarda sera,
fin quando le stelle
non cominciarono a far capolino nel cielo.
Albus camminava a passo deciso nei
corridoi bui. Non temeva
Gazza, era Gazza che temeva lui. Per questo quando girava per i
corridoi dopo
il coprifuoco nessuno gli diceva nulla. Tutti i professori avevano
paura di
lui. Sapevano che, se avesse voluto, avrebbe potuto distruggere la
scuola con
uno schiocco delle dita, proprio come avrebbero potuto fare Scorpius o
Rose,
quando avrebbero terminato il loro addestramento.
Arrivò nella Stanza delle
Necessità, dove Domenique stava
sistemando dei libri su uno scaffale. Era di spalle.
-Buonasera, Albus – lo
salutò con voce calma e controllata,
scendendo dalla scala. Albus incrociò le braccia e
aggrottò la fronte.
-Stai preparando Rose, Custode?
– chiese il moro. Dome si
voltò e sorrise, con il suo solito sorriso angelico e
sereno.
-Custode? Siamo cugini Al, non
c’è bisogno di essere tanto
formali. Comunque sì, è già a buon
punto.
-Bene. Sospetta qualcosa? –
chiese, passandosi una mano tra
i capelli come suo nonno. Domenique sospirò e scosse la
testa. Albus annuì e
distese la fronte.
-Io non credo che sia giusto.
Sacrificarlo e il resto –
disse Domenique, incrociando le braccia. Albus sbuffò.
-Ma è necessario.
-E da quando tu pensi solo al
necessario? – domandò la
Veela. Albus rimase in silenzio e si strinse nelle spalle, come se non
sapesse
come rispondere. Ma in cuor suo, la risposta la sapeva già.
-Da quando ti sei piegato al volere
di qualcosa di più
grande – rispose Dome, leggendo nel pensiero di Albus e
uscendo dalla stanza.
E il Venerabile rimase al buio nella
Sala, mettendosi in
ginocchio.
Era così. Si era piegato.
Aveva smesso di ardere e si era
spento, sottomesso al vento che lo trasportava in balia della sua
corrente. E
il suo migliore amico era una vittima del suo aver mollato.
Si alzò, asciugandosi le
lacrime. Strinse i pugni.
Decise che Scorpius avrebbe saputo. E
lui lo avrebbe
salvato.
Salve!
Scusate il
ritardo! Ringrazio tutti coloro che
recensiscono/seguono/ricordano/preferiscono. Un bacio!
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo 15
Hermione non sapeva cosa le stava
succedendo. Non le era mai
importato tanto del suo aspetto. Si era sempre vestita in modo
piuttosto
semplice, sportivo e sobrio.
Eppure quel giorno, il giorno del
compleanno di Ginny,
l’aveva passato davanti allo specchio, provando un vestito
dopo l’altro,
un’acconciatura dopo l’altra. E non capiva il
perché.
Si sedette sul letto. E si chiese
cos’era cambiato in quegli
ultimi anni da averla ridotta a fare la sfilata davanti allo specchio.
E due
volti furono la risposta.
Scorpius, che per lei era come il suo
terzo figlio, e Draco.
L’uomo che le aveva rubato il cuore. Con quella sua aria
testarda, orgogliosa,
arrogante, ma allo stesso tempo tormentata e quasi tenera.
Lo faceva per lui. Per renderlo suo.
Sorrise e si alzò di
scatto, ritornando con la testa affondata nell’armadio. E lo
trovò.
Era un vestito che le aveva regalato
la madre per il suo
compleanno, anni prima. Era un turbino verde smeraldo con una fascia
nera sotto
il seno, lungo fino alle ginocchia. Ci abbinò un paio di
scarpe con un piccolo
tacco nero, aperte davanti.
Grazie a un incantesimo rese i suoi
ricci indomabili dei
boccoli morbidi e li sistemò in un crocchia da cui
sfuggivano poche ciocche le
incorniciavano il viso dolcemente. Un po’ di trucco e
voilà!
Draco era rimasto a bocca aperta non
appena aveva aperto la
porta.
Sorrise. Era l’effetto a cui puntava. Si chiuse la porta alle
spalle con
eleganza, leggermente imbarazzata.
-Sei bellissima… -
sussurrò lui con un sussurrò, prendendola
per mano. Lei abbozzò un sorrisino, arrossendo. Draco
sorrise a sua volta.
Lui indossava un paio di jeans neri e
una camicia dello
stesso colore. Quel colore così scuro in contrasto con la
sua pelle diafana.
Eppure era bellissimo.
Si smaterializzarono e si ritrovarono
davanti alla porta
della Tana. Hermione espirò forte e fece per bussare. Draco
le bloccò la mano,
lanciandole uno sguardo che valeva più di mille parole. La
Grifondoro lo
rassicurò con uno sguardo a sua volta e bussò.
Fu Molly ad aprirle, rivelando il
soggiorno agghindato a
festa. Paralleli alle pareti correvano i tavoli del buffet, stracarichi
di ogni
leccornia. Era presente tutta la famiglia Weasley, e qualche vecchio
compagno
di scuola. Michael, Luna, Neville, Dean….
Tutti però, ammutolirono
alla vista di Hermione appesa al
braccio di Draco. Quest’ultima tossicchiò
imbarazzata, mentre Draco non sembrò
farci caso e andò incontrò a Ginny, avvolta in
uno svolazzante vestito rosso.
Le fece gli auguri e fece un cenno a
Hermione. Questa si
riprese dall’imbarazzo e augurò buon compleanno a
Ginny, porgendole il regalo.
Lei sorrise.
-Non dovevate, ragazzi… -
mormorò, mentre ammirava la
collana di Tiffany nella scatola argentata – è
bellissima.. davvero, io non
posso accettare, sarà costata una fortuna.
-Figurati Gin. Sei tu –
disse Draco, con un ghigno
divertito. Ginny lo abbracciò.
Poi la musica cessò, e la
folla si divise in due, facendo
passare uno dei tanti uomini dai capelli rossi presenti nella stanza. A
differenza degli altri però, che avevano
un’espressione di sdegno, il viso
dell’uomo trasudava rabbia.
-Cosa ci fai qui, Malfoy? –
chiese Ron, indurendo la
mascella. Draco ghignò e stava per parlare, quando Ginny lo
fermò, temendo che
dicesse qualche cattiveria, e si mise davanti al biondo.
-L’ho invitato io Ron, non
fare il cretino – lo rimproverò.
Ron però rimase impassibile e si rivolse a Hermione.
-E tu?! Tu avresti dovuto portarmi
Rose l’ultimo weekend, o
sbaglio? E perché sei venuto con questo viscido Mangiamorte,
snob… - Draco si
fece avanti e lo rimbeccò:
- Come dici Pel di Carota?!
– Hermione li divise con un urlo
esasperato.
-Smettetela di comportarvi come due
idioti! – urlò la
riccia. Ron espirò forte e fece un passo indietro, mentre
Draco rimase immobile
e ghignò. E Hermione lo conosceva abbastanza da sapere che
quel ghigno in
particolare annunciava la tempesta.
-Oh, la smettiamo Herm… -
disse con tono accondiscendente –
ma perché non spieghi al tuo ex-marito dov’era
Rosy lo scorso weekend? –
Hermione lo fulminò con un’occhiataccia e lui si
strinse nelle spalle,
ghignando.
-Sei una serpe, lasciatelo dire
– gli disse, poi si rivolse
a Ron – Draco ha organizzato una festa per il compleanno di
Scorpius e Rose non
voleva mancare, ecco – spiegò in un sussurro.
Ron a quel punto esplose.
-Vuoi dire che Rosy, la mia Rosy, ha
saltato uno dei nostri
preziosi weekend per stare con il figlio di questo qua? Ma che razza
d’incantesimo le hai fatto?! – Draco
però non fu da meno. Diventò tutto rosso
(per quanto potè) e gonfiò il petto, cominciando
a inveire contro Ron.
-Nessun incantesimo, razza
d’ignorante! Sappi che mio figlio
Scorpius è il miglior amico di Rose, che a questo punto, non
credo che tu possa
considerare tua, dato che non conosci nemmeno la persona con cui passa
la
maggior parte delle giornate!
-Quelle che dici sono tutte cazzate,
Malfoy!
- Ah, davvero? Quindi tu dici di
conoscere Rose?
-Per quanto quei pochi weekend a me
concessi me lo abbiano
permesso, sì!
-Bene. Quale è il suo
colore preferito?
-Mi credi davvero un padre
così sprovveduto? Il viola!
-Ok. Il suo passatempo preferito?
-Giocare a Quidditch.
-Perfetto. Se rispondi a questa
ultima e semplice domanda,
giuro che starò lontano sia da Rose che da Hermione per il
resto della mia
vita. Se sbaglierai però, non darai più fastidio
a Hermione, con chiamate,
messaggi ecc. Chi è la persona più importante
nella vita di Rose?
-Hermione – rispose sicuro
il rosso, incrociando le braccia
beffardo.
-Sbagliato – disse Hermione
con un sorriso amaro. Ron si
voltò di scatto, lo sguardo di fuoco. Hermione si strinse
nelle spalle.
-Non sono io. È Scorpius,
il figlio di Dray. È tutto
l’universo di Rose. Se gli accadesse qualcosa, probabilmente
Rosy non
riuscirebbe a vivere senza di lui.
-E da quando il figlio di uno
schifoso Mangiamorte è il
punto di riferimento di mia figlia?
-Da circa sei anni –
rispose Hermione – dovresti saperlo. Da
quando Draco e io..
-Cosa, state insieme? –
sbottò Ron. Draco per la prima volta
arrossì un poco, mentre Hermione diventava un pomodoro e
tutti nella stanza
ammutolivano, attendendo la risposta della Grifona.
-Diciamo che… -
iniziò Hermione, ma Ron non la lasciò finire.
Sbottò.
-Ma certo, dovevo immaginarlo, sei
solo una puttana! Mi
lasci e non passa neanche un mese che ti metti con un altro! Puttana!
–
Hermione strinse i pugni.
- Ma come ti permetti?! Tu che stavi
con Hugo e Rose due
giorni sì e quattro no, che andavi tutte le sere ai bar con
una ragazza diversa
ogni volta e che non mi aiutavi mai con la casa! Sei solo un porco!
-Puttana! –
ripetè Ron. Draco non ce la fece più. Hermione
ormai era sull’orlo delle lacrime e Ron non esitava a
smettere di insultarla.
La signora Weasley cercava di calmarlo, mentre i suoi fratelli lo
trattenevano.
-Ora basta! –
gridò Draco – lasciala stare! Non hai nemmeno
il diritto di parlarle! A questa donna meravigliosa, fantastica, dolce,
che sei
stato capace di tradire senza pensarci due volte!
Ron fece per dire qualcosa, poi
però imprecò sottovoce e si
smaterializzò.
Draco si rilassò e si
voltò verso Hermione, che lo guardava
con un sorriso pieno di gratitudine.
-Figurati – disse Draco,
poi si rivolse a Ginny – scusami
Gin, ti ho rovinato la festa. Mi dispiace molto.
Ginny sorrise e li guardò
entrambi.
-Vi perdonerò se farete
quello che Scorpius e Rose vogliono
da cinque anni.
-Cioè? –
domandò Hermione, mentre si asciugava le lacrime e
Draco la stringeva a sé per consolarla.
-Che ne dite di un bacio? –
s’intromise Harry. Draco e
Hermione strabuzzarono gli occhi, mentre tutti cominciavano a battere
le mani e
a scandire ba-cio! Ba-cio!, capendo il grande amore che univa i due.
E i due si guardarono, immergendosi
l’uno negli occhi
dell’altro, trovandocisi solo l’amore
più profondo e meraviglioso che ognuno
dei due potesse desiderare. E Hermione si protese in avanti, mettendosi
in
punta di piedi e intrecciando le mani dietro la nuca di Draco.
-Sei la cosa più bella che
mi sia mai capitata – disse
Draco, a un centimetro dalla labbra della riccia.
-Idem – rispose la Grifona,
poggiando le sue labbra su
quelle del biondo.
Fu un bacio dolce, accolto da un
applauso. Un bacio che era
la fine di un’era e l’inizio di un’altra.
Un bacio che sugellava qualcosa. Che
dava inizio a una delle più grandi storie d’amore
che siano state mai
raccontate.
Intanto, ad Hogwarts….
Salve salve!
Vedete,
mi sono fatta perdonare, più o
meno, ma
per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po’. Questo
è un periodo
piuttosto turbolento, sapete, esami e tutto il resto. Fatemi sapere se
il
capitolo vi è piaciuto.
Un bacio,
Izzy Nihal
Potter
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Capitolo 16
Albus era un codardo. Si sentiva un
codardo. Erano quasi arrivate
le vacanze di Natale e non aveva ancora detto nulla a Scorpius. In
compenso,
lui e Rose stavano migliorando in fretta.
Scorpius ormai maneggiava abilmente
tutte le magie avanzate
e Rose era diventata un’esperta di storia angelica. Erano
tutti e due a buon
punto. Quanto avrebbe voluto che avessero incontrato delle
difficoltà, almeno
Scorpius non sarebbe stato quasi pronto.
Quasi pronto al sacrificio.
-Allora, Scorp, vieni a casa mia per
Natale, vero? – chiese
Rose mentre lei e Scorp andavano da Domenique, per la solita lezione.
Scorpius
la guardò sorridendo.
-Poi vedremo – rispose,
mentre le cingeva le spalle con il
braccio. Rose fece una smorfia, liberandosi dalla stretta
dall’amico.
- Le vacanze iniziano dopodomani,
miseriaccia! Devi darmi
una risposta! -
sbottò la rossa.
Scorpius abbassò lo sguardo e Rose capì quale era
il problema.
-Non preoccuparti, non andremo alla
Tana, ma alla casa dove
viviamo la mamma e io. Probabilmente la Vigilia la trascorreremo con i
nonni,
ma a Natale inviteremo te e Dray e la famiglia di Al a casa.
-Sicura? –
domandò Scorp, mentre apriva le porte della
stanza delle Necessità.
-Sicura – gli
assicurò Rose con un sorriso smagliante.
Entrarono.
La Stanza era trasfigurata come al
solito. Un grande prato
verde sconfinato, con una quercia nel bel mezzo, alla cui ombra stava
seduta
Domenique. La Veela stava facendo yoga, con le gambe incrociate e gli
occhi
chiusi.
Rose e Scorpius si sedettero di
fronte a lei, aspettando che
la Grifondoro uscisse da quello stato di meditazione assoluta. Delle
volte ci
volevano secondi, a volte ore.
Passato qualche minuto,
fortunatamente, gli occhi azzurri di
Domenique si spalancarono, e lei sorrise.
-Ma che puntualità
impeccabile, ragazzi – disse – mi piace
molto. Mantenete questo ritmo, mi raccomando. Allora, oggi parleremo
della
natura dei Venerabili.
-Quindi di Albus? – chiese
Rose, tirando fuori dalla borsa
una piuma e un quadernino, dove teneva tutti gli appunti di storia
angelica.
-Esattamente. Allora, prima della
creazione degli Angeli, il
primo Venerabile, un mago di nome Simon, abitava a Diagon Alley. Era
temuto in
tutto il villaggio, poiché era il primo Rettilofono non
appartenente alla
discendenza di Salazar Serpeverde. Cominciarono a chiamarlo Colui che
Parla
alle Creature della Terra. Era solo un ragazzino, e Fen lo prese sotto
la sua
ala.
-Lo addestrò come si deve
a un mago d’elitè e nel giro di
pochi anni, Simon divenne un mago eccellente e potente. Dovete sapere
che alla
creazione degli Angeli, ognuno dei tre – Fen, la Custode, il
Venerabile –
donarono una parte di loro agli Angeli.
-Il dono più grande fu
quello della Custode, che donò la
propria forza vitale. Fen donò parte dei suoi poteri magici.
Il Venerabile donò
la propria saggezza. Simon era cresciuto in un ambiente ostile, ma era
di
carattere ottimista e gli insegnamenti di Fen lo avevano fatto maturare
prima
del tempo. Per questo la saggezza è un’innata dote
dei Venerabili.
- Simon salvò
più volte il villaggio dai Demoni, anche se
con molta fatica, e la gente cominciò a chiamarlo
Venerabile. Dovete sapere
che, avendo donato una parte di lui ai primi Angeli, Simon
morì quando Perseus
ed Eltanin morirono. Così sempre.
-Ogni Angelo ha una propria Custode e
un Venerabile al suo
fianco, e questi sono inesorabilmente legati a lui.
Scorpius abbassò lo
sguardo. Rose e Albus dipendevano da
lui. Guardò la rossa, che gli sorrideva. E si
sentì colmo di fiducia in sé
stesso.
-Dome? – intervenne il
biondo – Fen ha detto di essere
immortale, e che i Venerabili si resero immortali in un’altra
forma. Quale? –
Domenique sospirò.
-Proprio come noi Custodi siamo
scelte attraverso un legame
naturale che abbiamo con gli Angeli, i Venerabili devono cercare un
Angelo a
cui fare da guida, occuparsi della sua istruzione e aiutarlo anche in
guerra,
se serve. La forma che Simon scelse per rendere immortale lui e la
stirpe dei
Venerabili è la rincarnazione. Molto spesso lo spirito dei
Venerabili sceglie
persone vicine all’Angelo a cui deve fare da guida.
Scorpius annuì, mentre
osservava la penna veloce di Rose che
prendeva appunti.
-Buon Natale! –
gridò Draco, stappando una bottiglia di
champagne, abbracciato a Hermione.
Rose li osservò,
sorridendo. Alla fine avevano optato per
passare il Natale al Malfoy Manor, e avevano invitato anche la famiglia
Potter.
James e Lily erano rimasti a Hogwarts, ma Albus aveva accolto
l’invito.
Draco e Hermione avevano resa
pubblica la loro relazione, scatenando
la felicità dei ragazzi.
In quel momento, dopo il brindisi,
Albus, Rose e Scorpius stavano
per annunciare la natura del biondo.
-Scusate, possiamo avere un attimo di
attenzione? – chiese
Rose. Scorpius era seduto accanto a lei, sorridendo in modo sghembo.
Albus
invece, non sembrava particolarmente felice di render e pubblica la
notizia
della natura sua, di Scorp e Rose.
Ma non appena tutti rivolsero lo
sguardo verso la rossa a
capotavola, Rose sganciò la bomba.
-Scorpius è un Angelo!
– esclamò, portandosi le mani alla
bocca. Hermione mise le mani sul cuore e Draco rimase a bocca aperta.
Ginny
applaudì. Solo Harry aggrottò la fronte, capendo
la gravità della cosa, e
scambiandosi un’occhiata d’intesa con il figlio.
-Quindi… -
incominciò Harry – vuoi sconfiggere i Demoni?
–
chiese Harry. Scorpius si fece serio.
-Certo. È questo il mio
obiettivo. E riscatterò il nostro
nome, papà, te lo prometto – disse al padre. Draco
annuì, guardandolo con
gratitudine e orgoglio.
-E io lo aiuterò!
– annunciò Rose con un sorriso smagliante.
Hermione scattò.
-Non ci pensare nemmeno! Scorpius
è un conto, è potente! Ma
tu sei solo una ragazzina! Nemmeno gli Auror hanno potuto fare qualcosa
contro
quei mostri! – Rose però continuava a sorridere.
-Mamma, se non lo aiuterò,
ne andrà della maggior parte
della mia forza vitale! Sono una Custode, la sua Custode –
indicò Scorpius – e
lo aiuterò, che tu lo voglia o no!
Hermione rimase seria.
-Sei una Custode?
-Sì. E Albus è
un Venerabile, anche lui dovrà aiutare Scorp
e poi…
-Scorpius deve morire! –
esclamò Albus. Il silenzio calò tra
i presenti. Scorpius si voltò lentamente verso il
Venerabile, l’incredulità
negli occhi.
-Ecco, l’ho detto!
– continuò, con le lacrime agli occhi –
Scorpius, per quanto sia infinitamente potente, non potrà
mai farcela contro un
esercito di Demoni!
-E tu me lo dici solo adesso?!
– gridò Scorp, alzandosi,
mentre la rabbia gli graffiava il petto e le sue mani cominciavano a
illuminarsi di azzurro. Albus si concentrò e uno scudo verde
si stagliò intorno
a lui, mentre Scorpius scagliava una fiammata azzurra contro di lui.
-Senti, te lo avrei detto prima, ma
Fen… senti, lui crede
che non sarai mai in grado di sconfiggere un esercito di Demoni da
solo. Vuole
sacrificarti non appena terminerai il tuo addestramento (credimi, gli
duole il
cuore al solo pensiero) per far risorgere Perseus ed Eltanin, gli
Angeli più
potenti mai esistiti.
-Quel bastardo! –
urlò Scorpius, scagliando un’altra
fiammata che corrose lo scudo di Al. Albus cercò di calmarlo
dicendogli:
-Sta calmo! C’è
un modo per evitare il sacrificio! –
Scorpius si rilassò, respirando pesantemente, mentre Rose
tentava di calmarlo e
fulminava con lo sguardo Albus.
-Allora dimmi, prima che ti faccia a
pezzi! – lo minacciò,
estraendo due coltelli dalle tasche posteriori dei jeans e facendoli
roteare.
Albus deglutì. Domenique aveva istruito Rose
all’arte della guerra, e gli aveva
detto che Rose aveva una specie di.. insomma, sì.. di
“talento naturale”.
-C’è un altro
Angelo presente su questo pianeta. Un’altra,
in realtà – disse Albus, con voce tremante
– si chiama Diana. È potente quasi
quanto te, Scorp. Forse con il suo aiuto, e quello della sua Custode,
potremo
farcela.
-E perché non ce
l’avete detto prima? Perché Diana non ha
iniziato il suo addestramento? Sa di essere un Angelo?
-Certo che lo sa – rispose
una voce in fondo alla sala. Fen
era là, guardava i presenti, serio.
-Ma non vuole combattere –
continuò Albus – perché..
-Perché, miei cari
ragazzi, i Demoni sono malvagi, e hanno
tolto a Diana l’unica ragione che aveva per vivere.
L’uomo che amava, il suo
Venerabile. Lei ha provato a vendicarsi, ma non ce l’ha
fatta. E ora vive
spersa per questo mondo, con la sua Custode, in attesa della fine.
Scorpius guardò Rose, e i
suoi occhi di tempesta parlarono
da soli. Strinse la mano della rossa e disse:
-La troveremo. E sconfiggeremo quei
mostri.
È
un capitolo
schifoso, lo so, ma con gli esami scritti che mi perseguitano, non
riesco a
scrivere di meglio. Ma volevo pubblicare qualcosa. Spero che non ci
siano
errori, ho riletto velocemente. Nel caso ci siano, mi scuso.
Un bacio,
Nihal Potter
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Capitolo 17
L’angelo
delle nevi
-Rose, Rose, svegliati, dobbiamo
andare! – Rose si destò
stropicciandosi gli occhi, e subito se ne pentì. Il freddo
la investì con una
folata gelida che le congelò le ossa. Si strinse le braccia
intorno al corpo,
ma a parte un dolce tepore che le attraversò per un attimo
le membra, l’azione
non servì a nulla.
Si alzò e si
infilò due maglioni di lana, pantaloni pesanti
e un paio di stivali da montagna. Uscì dalla tenda. Fuori c’erano
Scorpius e Albus, intenti ad
accendere un fuoco con la magia e a scaldare la colazione.
-Ehi – la salutò
Scorp, buio in volto. Rose sorrise
amaramente. Il suo Angelo non aveva ancora digerito il torto subito da
Al. Per
questo erano partiti immediatamente per il Monte Bianco, in Italia,
dove Fen
aveva localizzato Diana. Fen non era potuto venire, era andato con gli
Auror al
fronte della guerra con i Demoni, che si stava trasformando in una vera
e
propria carneficina per i maghi.
Inoltre, i Demoni si stavano
avvicinando sempre di più a Hogwarts.
Per questo dovevano trovare Diana al più presto e
convincerla ad aiutare Scorp
nella guerra. Erano tre giorni che stavano cercando Diana su quella
montagna, e
dovevano sbrigarsi.
-Allora, ci siamo Al? –
chiese Rose, avvicinandosi al fuoco
per scaldarsi. Scorpius si voltò verso Albus e gli
lanciò un’occhiataccia del
tipo “vedi di non sbagliare oppure ti butto
giù”. Albus deglutì rumorosamente e
corse a prendere il suo ciondolo.
Rose guardò
giù, fuori dallo spuntone di roccia dove si
erano accampati. Quell’enorme distesa di roccia e gelo era al
contempo spaventosa
e affascinante. Ma l’idea di venir scaraventato di sotto da
un Angelo in preda
a un attacco d’ira… bè, doveva per di
più essere spaventoso.
Intanto Al aveva incominciato la
solita tiritera: prendeva
il suo ciondolo (una specie di giglio che, da quanto Rose aveva capito,
era il
simbolo dei Venerabili) e lo impregnava della sua magia. Recitava
un’antica
formula in una lingua alla rossa incomprensibile e il ciondolo indicava
la
strada.
La magia di Albus era color nocciola,
il colore degli occhi
di Lily. Rose sorrideva ogni volta alla sua vista: sapeva che Albus
avrebbe
fatto di tutto per la sua sorellina.
Rose sapeva che saper fare magie
senza bacchetta era una
caratteristica degli Angeli, ma che potevano sviluppare anche Custodi e
Venerabili. Poi, quando si assumeva una certa dimestichezza con la
magia
“manuale” (così definita da Domenique)
questa assumeva il colore degli occhi
della persona cui si teneva di più.
Per Scorpius era stato automatico, e
la sua magia era color
azzurro cielo (cosa per cui Rose arrossiva sempre). Per Albus era stata
una
passeggiata imparare, e la sua magia era color nocciola. Ma per lei no.
Se aveva un “talento
naturale” per l’arte della guerra, era
negata per la magia “manuale”. Era un disastro. Ma
conosceva il colore della
sua magia. Grigio. La sua magia era grigia, con screziature azzurre.
Gli occhi di Scorpius.
Ok, sapeva di essere come una specie
di medicina per il
biondo. Glielo aveva confessato lui stesso, una sera.
“Davvero, Rose, tu sei la
mia unica salvezza. Tutti mi disprezzano per il mio cognome, tu sei
stata
l’unica che, nonostante gli iniziali pregiudizi, ha saputo
guardare oltre e ha
trovato il vero me. Promettimi di non lasciarmi mai, Rosy.”
Anche per lei era lo stesso. Insomma,
Scorpius era dolce, il
suo migliore amico, il centro dell’universo per lei
ma… negli ultimi tempi
qualcosa era cambiato.
Ogni volta che lo vedeva sentiva il
bisogno di sorridere e
il clima farsi più tranquillo, come se la sua sola presenza
le suscitasse una
sorta di calma totale. Non capiva il perché di quelle
sensazioni, miseriaccia!
Strinse forte la tracolla della borsa
dove custodiva la rosa
che le aveva regalato il biondo.
-Rose! Rose, attenta! Dietro di te!
– l’urlo di Albus la
riscosse dai suoi pensieri. Si voltò di scatto e
rabbrividì. A circa una
quindicina di metri da lei c’era un orso dagli occhi pieni
d’ira, la bocca
ringhiante e bavosa.
Ma cosa ci faceva lì?
Quella era un’altitudine spropositata
per un orso, era innaturale. E un’altra cosa innaturale era
il colore della
pelliccia dell’animale, di
un bianco
panna-azzurro immacolato.
L’orso corse verso di lei.
Rose cercò frenetica la bacchetta
nelle pieghe della giacca, senza trovarla. In preda al terrore,
tentò di evocare
uno scudo con le mani, ma questi risultò debolissimo. La
membrana
grigio-azzurra tremolò, per poi svanire.
Rose gridò e Scorpius si
parò davanti a lei, evocando uno
scudo e contemporaneamente lanciando una fiammata azzurra contro il
muso
dell’orso, retto sulle zampe anteriori.
Inaspettatamente, l’orso
agitò il muso, semplicemente
infastidito, e scagliò una zampata contro lo scudo, che si
increspò.
Rose e Scorpius imprecarono, mentre
il Serpeverde biondo
tentava di rafforzare lo scudo. Rose corse indietro verso il cugino,
intento a
lanciare sfere color nocciola contro l’orso, invano.
-Al! – gridò la
rossa – ma cosa sta succedendo?! Perché
l’orso è immune alla magia? – Albus
alzò le spalle.
-Non ne ho la più pallida
idea, Rose! Forse un incantesimo
molto antico… - proprio in quel momento, l’orso
spalancò la bocca, da cui
fuoriuscì un fumo verde che investì i tre
ragazzi.
Rose cominciò a sentirsi
stordita, come se tutt’a un tratto
avesse perso i cinque sensi. Cadde nella neve.
E poi, fu buio.
Scorpius vedeva nero.
All’improvviso vide formarsi la figura
di sua madre nella sua mente, circondata da un alone azzurro. Una luce
in mezzo
al buio. Le corse incontro.
-Mamma! Mamma! – la donna
si voltò, sorridendo con dolcezza.
Allargò le braccia e Scorpius la abbracciò forte,
con le lacrime agli occhi,
venendo inondato da un calma e da una pace mai provate prima, diverse
da quelle
che gli provocava Rose.
-Piccolo mio… -
sussurrò Astoria, svanendo a poco a poco.
Scorpius si ritrovò a piangere, in ginocchio e al buio,
abbracciando il nulla.
Urlò.
Albus si svegliò di botto,
mettendosi a sedere e guardandosi
intorno. Scorpius e Rose erano sdraiati accanto a lui, immersi in un
sonno
profondo.
Si trovavano in una grotta,
agghindata come una casa. C’era di
tutto: due letti, un divano, una tv, angolo cottura e un tavolo con un
paio di
sedie.
Là dentro faceva anche
piuttosto caldo. Albus si sfilò il
maglione che aveva e rimase con una semplice maglietta dei Tornados. Si
alzò e
cominciò a ispezionare la grotta, cercando di capire come
diavolo erano finiti
lì. All’improvviso un tintinnio a lui molto
familiare lo fece voltare.
C’era una ragazza, a pochi
passi da lui, con accanto l’orso
che li aveva aggrediti. Era… bellissima, sì, ma
strana.
Aveva lunghi capelli corvini che le
arrivavano fino a metà
schiena, incorniciandole il viso dai tratti delicati. Occhi che
parevano
macchie d’inchiostro spiccavano sul volto bianco e pallido.
Quegli stessi occhi
che lampeggiavano di dolore, frustrazione e desiderio mai appagato.
Indossava un corpetto di cuoio che
lasciava scoperta la
pancia piatta e un paio di pantaloni a tre quarti neri. Calzava stivali
bassi neri.
Albus la riconobbe
all’istante. O meglio, non l’aveva mai
vista, ma sapeva, in qualche modo, che quella era Diana. Dopotutto,
solo un
Angelo avrebbe potuto quella bellezza mozzafiato. Ma c’era
un'altra cosa.
Lui sentiva di conoscerla. Era come
se la conoscesse da
tanto tempo e quello fosse solo un incontro avvenuto dopo tanto tempo
di
distanza. E si sentiva a casa, davanti a quella ragazza che lo scrutava
con
occhi severi e avidi di vendetta.
Albus si inginocchiò,
com’era da regola per i Venerabili
davanti a un Angelo anziano. Diana sembrò riconoscere il
gesto e sgranò gli
occhi, mentre il sangue le coloriva le guance.
-Chi siete voi, e come avete osato
profanare la mia casa? –
il suo tono era severo e ghiacciava il sangue nelle vene. Albus
deglutì
rumorosamente e tenne lo sguardo fisso a terra.
-Il mio nome è Albus
Severus Potter, signorina. Il mio amico
lì svenuto risponde al nome di Scorpius Malfoy, ed
è un Angelo, proprio come
lei, suppongo. Il suo nome è Diana, non è vero?
L’Angelo rimase un attimo
immobile, poi creò una spada dal
nulla e la puntò alla gola di Albus, mentre l’orso
rimaneva in disparte.
-E cosa vuole un Angelo da me? E come
mai tu e l’altra
ragazza l’avete accompagnato? – chiese, mentre il
suo tono si faceva via via
sempre più irato e alto.
-C’è una guerra,
e abbiamo bisogno del suo aiuto. In quanto
a me e mia cugina Rose, siamo rispettivamente il Venerabile e la
Custode di
Scorpius – rispose Albus, con voce tremante.
Il moro avvertì la lama
vibrare, mentre Diana scoppiava in
una risata amara.
-E così i Demoni sono
tornati eh? E da quanto ho capito e
percepito dalle vostre aure – Diana ritirò la lama
e incominciò a giocarci,
rigirandosela tra le mani – il tuo amico è un
Angelo potente, ma piuttosto
giovane e inesperto. Lo stesso vale per la sua Custode, anche se sento
che
sarebbe disposta a fare di tutto per proteggere il suo Angelo. E a
causa della
vostra inesperienza volete il mio aiuto…
-Tu sai leggere le aure? –
chiese Albus, alzando uno sguardo
un attimo e guardando con ammirazione Diana. Quest’ultima
ripuntò la spada
contro di lui e il moro tornò con gli occhi smeraldo verso
il pavimento.
-Certo. E so che tu sei un
Venerabile, e che muoio dalla
voglia di farti a pezzi! – urlò, disegnando un
taglio superficiale ma doloroso
sul petto di Albus, che gemette.
-Che… - ansimò
il moro – che cosa ti ho fatto? – Diana
ghignò
amaramente.
-Fen non ti ha spiegato proprio nulla
eh? I Venerabili
nascono grazie alla rincarnazione degli spiriti dei loro predecessori.
In passato,
lo spirito di Simon e degli altri si poteva dividere al massimo in tre
persone,
e solo gli Angeli più potenti o importanti potevano contare
sull’assistenza di
un Venerabile. E oggi, che gli Angeli sono diventati sempre
più rari, può esistere
un solo Venerabile al mondo. E se tu sei qui… - Diana non
completò la frase, ma
Albus aveva capito benissimo.
-Se sono qui significa che il tuo
Venerabile è morto – il viso
di Diana si contrasse in una smorfia di puro dolore. Vedere quella
creatura
meravigliosa soffrire era quanto di più Albus potesse
sopportare, perciò
distolse lo sguardo.
-Per quanto l’accertamento
della morte del mio Venerabile
Luis, che credevo prigioniero dei Demoni ma ancora vivo, mi addolori,
rifletterò
sulla tua richiesta. Dammi solo un po’ di tempo.
-Ma non c’è
tempo! – esclamò Albus – i
Demoni… - si bloccò
quando Diana gli scoccò un’occhiataccia
– okay, va bene, prenditi tutto il
tempo che vuoi – acconsentì.
Diana annuì e si
allontanò, scomparendo nelle tenebre della
grotta.
Diana era certa che li avrebbe
aiutati. Come si fa a negare
aiuto alla persona che si ama?
Sapeva di non amare Albus, ma di
amare Luis. Purtroppo però,
c’erano tanti attributi fisici che li accomunavano. Gli occhi
verdi, i capelli
neri, il fisico mingherlino.
Sicuramente Albus aveva anche lo
stesso carattere di Luis:
riservato, silenzioso, ma ambizioso e a volte un po’ maligno.
“Li aiuterò. Ma
devo togliermelo dalla testa. Non è lui che
amo, ma la spirito che si è rincarnato in lui.”
Albus sbuffò sonoramente,
mentre attendeva il risveglio di
Scorpius e Rose e la risposta di Diana.
Oddio
quell’Angelo… era talmente bella. Con quegli neri
come
la pece che nascondevano un passato inconfessabile.. ma dopotutto ad
Albus l'ignoto era
sempre piaciuto.
La ferita bruciò. Albus
pronunciò un veloce incantesimo di
guarigione e passò la mano sopra il taglio.
Sorrise quando, intorno alla sua
mano, si formò un alone
nero come la notte.
Allora,
c’è da dire
che Diana è il mio personaggio preferito. Basta sapere che
le ho dato il nome
che preferisco di più al mondo. Comunque, questo capitolo
(recensite) è un
piccolo regalo che vi faccio perché starò assente
una settimana. Mare,
aspettami!
Spero che vi
sia
piaciuto. Non l’ho riletto, mi scuso se ci sono errori.
Un bacio,
Nihal Potter
P.S. un
avviso anche a
tutti quelli che seguono “Il giglio nero” che
purtroppo non ho fatto in tempo
ad aggiornare L
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Capitolo 18
Rose si svegliò in preda
ad atroci dolori alla schiena.
Doveva aver sbattuto contro qualcosa. Si mise a sederea fatica,
massaggiandosi
la tempia. Scorpius era seduto accanto a lei, e sorrideva.
Non un sorriso vero, però.
Era di nuovo quel sorriso, lo
stesso di cinque anni prima, che le aveva rivolto durante il loro
incontro
notturno. Un sorriso amaro, che assomigliava tanto a una smorfia che
avrebbe
fatto qualcuno con del cioccolato amaro in bocca.
-Che è successo?
– chiese, allarmata. Di solito quel sorriso
non annunciava nulla di buono. Scorpius accennò una risata
stanca e la
rassicurò subito.
-Nulla Rosy. Caspita, ormai mi
conosci fin troppo bene… -
mormorò, sorridendo – nulla. Dobbiamo andare.
Diana ha deciso di aiutarci. Non
so come, ma quell’idiota di Potter è riuscito a
convincerla.
-Non chiamarlo così
– lo rimproverò. Scorpius la zittì con
un’occhiataccia. Rose avrebbe tanto voluto sfuriare per il
modo in cui aveva
osato zittirla, ma era troppo stanca anche per quello.
Si alzò a fatica,
stringendosi nel pesante maglione nero che
indossava. Scorpius si diresse fuori dalla caverna e lei lo
seguì. Fuori Albus
stava discutendo animatamente con una ragazza meravigliosa dai lunghi
capelli
neri. Doveva essere Diana. Nessun comune mortale poteva sperare di
arrivare a
raggiungere la perfezione, che quella mora trasudava da tutti i pori.
-Non c’è tempo
per questi capricci, Diana! – stava urlando
Albus – dobbiamo arrivare al più presto al fronte,
prima che i Demoni
raggiungano Hogwarts! Dobbiamo smaterializzarci – Diana
però rimase impassibile,
alzò gli occhi al cielo e sbuffò, come se stesse
parlando come un bambino che
si ostinava a non capire un concetto elementare.
Albus se ne accorse e strinse i pugni
dalla rabbia. Rose
sgranò gli occhi quando vide un alone di magia nera formarsi
intorno alle mani
del cugino. Anche Diana se ne accorse e ghignò maliziosa.
Solo
allora Rose si accorse che gli occhi dell’Angelo erano dello
stesso colore
della notte più scura.
-Senti Albus, lo vuoi il mio aiuto
sì o no? – chiese Diana.
Albus si costrinse ad annuire dopo un’occhiata di Scorpius,
ma non rilassò i
pugni. Diana allora battè le mani come una bambina che ha
appena aperto il suo
regalo di Natale trovandoci quello che desiderava.
-Dovremmo arrivare sul campo di
battaglia con quella?!? –
esclamò scandalizzato Scorpius, quando vide il mezzo di
trasporto sul quale
Diana aveva intenzione di viaggiare.
Era una barca a vela lunga quindici
metri e larga otto, in
legno di quercia. Sulla prua, in nero, era stato dipinto il nome della
barca
“La regina dei cieli”. Sulla vela Scorpius
riconobbe il simbolo degli Angeli,
una spada con la punta rivolta verso il basso intrecciata ad una rosa.
-Questa barca è stata
creata da uno dei primi Venerabili,
che l’aveva impregnata della sua magia per farla volare, da
poter in questo
modo seguire il suo Angelo quando viaggiava in volo. Il tempo su questa
barca
scorre diversamente. Ci metteremo una giornata ad arrivare, ma in
realtà non
saranno trascorse più di due ore. Ho bisogno di parlare
attentamente con il tuo
Angelo, Albus, e di esaminare la situazione.
Diana scoccò
un’occhiata di rimprovero ad Albus, che abbassò
lo sguardo.
-Perciò questo non
è affatto un capriccio.
Scorpius si diresse nella cabina del
comandante, dove Diana
lo stava aspettando. L’Angelo era seduto scompostamente sulla
sedia della
scrivania, con i piedi sul tavolo in legno.
Scorpius aveva paura di quella
ragazza dall’aspetto
lontanamente dark. Sapeva di essere più potente di lei per
quanto riguardava la
forza, ma l’esperienza e la conoscenza di Diana la portavano
su un altro piano
rispetto a lui.
-Allora.. –
cominciò Diana, senza neanche guardarlo – chiudi
la porta e iniziamo. Tu sei Scorpius, giusto?
Il biondo annuì. la ragazza
sorrise amaramente.
-Un nome appropriato per un Angelo.
La costellazione dello
Scorpione… - mormorò tra sé e
sé – dimmi, quanti anni hai? Quattordici?
–
Scorpius ghignò malevolo e incrociò le braccia.
-Sedici – rispose. Diana
parve sorpresa, poi inarcò un
sopracciglio. Sembrava soddisfatta ma anche spaventata.
-Quindi se più potente di
me. Interessante… ma non credo che
andrai molto lontano, ragazzo mio, se continui a incanalare la tua
magia nel
mostro che ti graffia il petto – Scorpius sgranò
gli occhi e chiese spiegazioni.
-Fen non ti ha detto nulla, vero?
Raccontami – lo incitò.
Così Scorpius le raccontò tutto: quando aveva
scoperto di essere un Angelo,
come era stato felice quando aveva scoperto che Rose era la sua Custode
e Albus
il suo Venerabile, l’addestramento di Fen. Fino a concludere
con il tradimento
di Albus.
-Così – disse
l’Angelo, mentre aggrottava la fronte cercando
di assimilare tutte le informazioni – Fen aveva intenzione di
sacrificarti per
riportare in vita Perseus ed Eltanin? Non mi sorprende,
anch’io avrei fatto lo
stesso. Con una minaccia come quella dei Demoni, non avrei perso tempo
nemmeno
ad addestrare la tua Custode. Ti avrei sacrificato e basta.
-Ti ringrazio –
sbottò Scorpius, arricciando il naso. Diana
si strinse nelle spalle.
-Ragazzo mio, per quanto tu sia
potente, nessun Angelo potrà
mai eguagliare la forza dei Primi. Perseus ed Eltanin avrebbero
distrutto in un
attimo i Demoni e Fen non si sarebbe dovuto preoccupare oltre. Invece
il tuo
Venerabile ha parlato, rivelandoti il piano del mago, e mandando tutto
a monte.
-Già –
confermò Scorpius, stringendo i pugni – quel
viscido
doppiogiochista…. – Diana alzò un
sopracciglio e alzò gli occhi al cielo.
-Più sono potenti
più sono capricciosi – sospirò lei
– scommetto
che non hai lasciato ad Albus il tempo di spiegare vero? I Venerabili
sono
stretti in un Patto di ferro che li lega a Fen. Dopotutto, è
stato lui ad
addestrare il primo di loro, quando tutti lo consideravano un mostro.
Non
possono né cambiare fazione in guerra né far lui
un torto, anche se si tratta
della semplice rivelazione del più stupido dei segreti.
Pena, la morte.
Scorpius sgranò gli occhi,
ritrovando il suo equilibrio.
Albus non lo aveva tradito. Era stato costretto a tradirlo, alla fine
però gli
aveva rivelato tutto, mettendo a rischio la sua stessa vita.
-Probabilmente Fen aveva deciso di
dirti tutto, per questo
Albus è ancora vivo – constatò la
ragazza.
Scorpius annuì, e la
ringraziò. Poi le chiese come aveva fatto a carpire il
mostro che dimorava nel
suo petto.
-Io so leggere le Aure. Suppongo che
Fen non ti abbia
spiegato nemmeno questo, perciò inizierò
dall’origine. Noi Angeli abbiamo due
tipi di magia: lo In, che usiamo per portare a termine le magie
più semplici e
benevole, e lo An, che invece è il nostro potere nascosto,
travolgente e
distruttivo. Ognuno di noi incanala questi due tipi di magie in diverse
emozioni o in immagini. Io, ad esempio, incanalo lo In
nell’immagine del mio
Venerabile Luis – la sua sicurezza vacillò un
attimo – e lo An nel mio odio per
i Demoni, nella mia ricerca di vendetta – strinse i pugni e
una luce verde
illuminò la stanza, donandole un’atmosfera
spettrale.
-Questi due tipi di magia formano
l’Aura di ogni Angelo.
Imparando a leggerla, si possono apprendere diverse informazioni. Tu
incanali
il tuo In nell’immagine di tua madre, e lo An nella rabbia
che ti porti dietro
verso l’intera umanità, che ti ha disprezzato da
quando eri bambino. Odiandoti,
trattandoti come un mostro, esiliandoti nella solitudine… -
Scorpius si tappò
le orecchie, mentre le orribili immagini della sua infanzia correvano
davanti
ai suoi occhi.
-Capisci ora, Scorpius? Saper leggere
le Aure è importante
per un Angelo, perché è da questo che deriva uno
dei nostri più grandi e
temibili poteri. Noi leggiamo l’ animo umano, percependone i
suoi meandri più
profondi e nascosti. Sappiamo torturare anche solo con le parole,
portando le
persone alla completa disperazione. Per quanto me ne vergogni, questa
capacità
mi stata utile più di una volta.
-Vuoi dire che quando vedo mia madre
nella mia mente…
-È solo
un’immagine, una materializzazione della tua magia,
nulla di più. Un vago ricordo che impersona lo In
– spiegò Diana. Scorpius
abbassò lo sguardo.
Un vago ricordo. Solo questo.
Un’immagine vacua di sua
madre, che per colpa sua, per dare alla luce un Angelo dannato, aveva
perso la
vita.
-Non ti crucciare – disse
Diana, leggendogli nel pensiero –
anch’io ho perso mio padre per questa stupida regola. So che
fa male. Ma non ti
devi abbandonare alla disperazione. E ora chiamami la tua Custode, ho
bisogno
di scambiare due chiacchiere anche con lei.
Rose avanzò incerta verso
la scrivania dove era seduta
Diana. Aveva visto l’aria sconvolta di Scorpius quando era
tornato dalla
“chiacchierata” con lei, e non era affatto
tranquilla. Poche erano le cose che
riuscivano a sconvolgere il suo biondo amico. L’unica cosa
buona era che
Scorpius aveva fatto pace con Albus. Alla loro maniera però.
Rose avrebbe giurato di non aver mai
visto un Serpeverde chiedere
scusa. Scorpius aveva chiesto scusa a suo cugino con un cenno, che
Albus aveva
accettato. Genio chi li capisce.
-Avvicinati, non mordo mica
– disse Diana con un sorriso
stanco – Rose giusto? Volevo semplicemente chiederti se
volevi farmi qualche domanda
– Rose annuì. qualche domanda ce l’aveva
eccome.
-Un po’, in
realtà – confessò, sorridendo
– tu sai leggere
le Aure, giusto? Allora perché io non riesco a usare la
magia manuale? Insomma,
sono talmente incapace che mi stupisco ogni volta che Scorpius mi abbia
scelta…
Dov’è la tua Custode? E se posso chiederlo, quanti
anni hai?
Diana sorrise dolcemente. Quella
ragazzina le ricordava
tanto Seira, la sua Custode…
-Perché è
difficile usarla, soprattutto per chi è alle prime
armi. Abbi pazienza e fai esercizio. Scorpius non ti ha
“scelto”.
Semplicemente, il forte sentimento che ti lega a lui ha fatto in modo
che
diventassi la sua Custode. La mia Custode è morta due anni
fa nel proteggermi
in una missione per cercare di recuperare il mio Venerabile. E ho
centoventiquattro
anni.
Rose rimase senza fiato. Avrebbe
voluto dire qualcosa, ma
un’esplosione proveniente da fuori la fece sobbalzare. Le due
ragazze si
precipitarono fuori.
-Siamo arrivati –
annunciò spettralmente Albus. Rose deglutì
e tirò fuori i suoi fidati coltelli, mentre osservava nubi
rosse come il sangue
innalzarsi verso il cielo, rompendo la sua perfetta armonia.
Lo so, è
un ritardo pazzesco, e non ho scusanti. Sono stata due
settimane (per il tempo brutto da una sono diventate due) e
poi…. Avevo da
fare. scusate ancora, ma non so se riprenderò i tempi di
prima. In realtà non
so nemmeno se concluderò questa storia, avendola iniziata
come un esperimento e
nient’altro.
Spero che
questo capitolo vi sia piaciuto, grazie a tutti.
I
commenti sono sempre graditi, anche se negativi.
Alla prossima :-*
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Capitolo 19
L’odore
della disperazione
I quattro atterrarono vicino
all’accampamento magico dei
maghi, che si trovava a circa quaranta chilometri da Hogwarts. Il
fronte
sembrava stranamente tranquillo, ci doveva essere stata una battaglia e
in quel
momento c’era una tregua. Nonostante però quella
calma surreale, c’era qualcosa
di strano nell’aria, che non sfuggì a nessuno di
loro.
Rose strinse forte il manico dei suoi
coltelli, mentre
tentava, con parole sussurrate, di erigere uno scudo intorno a
sé. Scorpius lo
fece invece quasi inconsapevolmente, mentre le sue mani, chiuse a
pugno,
fremevano di luce azzurra, emettendo bagliori incandescenti.
Albus aveva stretto a sé
il giglio simbolo dei Venerabili, e
si preparò a colpire. Diana eresse uno scudo e
preparò alcune delle sue palle
di magia verde spettrale, mentre il suo An fremeva. La sua rabbia e la
sua sete
di vendetta non potevano contenersi davanti allo spettacolo che aveva
davanti.
Più si guardavano intorno,
più si chiedevano come si poteva
disperdere tanta desolazione. Nel grande spazio che divideva il fronte
dei
maghi da quello dei Demoni (che si erigeva lontano, dove spiccavano
tende rosse
come il sangue) il terreno era arido e deserto.
Qua e là, riluceva di
rosso. Macchie di sangue. Magico,
sicuramente, perché i Demoni avevano il sangue nero. Erano
ovunque. L’odore
metallico del sangue riempiva l’aria, stordendo, offuscando i
sensi dei
quattro. Mischiato a un altro odore.
Immaginate di provare disperazione,
paura, di vedere la
morte concretamente per la prima volta. Poi provate a dare a tutto
questo un
odore. Ecco. Quel campo di battaglia odorava di rassegnazione,
disperazione,
paura, morte. E sangue.
Stavano perdendo. Diana
approfittò del momento di tregua per
dare un’occhiata in giro.
Corpi di maghi erano sparsi
dappertutto. Alcuni avevano gli
occhi aperti e imploravano pietà, il viso costretto per
l’eternità in una
smorfia d’orrore. Alcuni invece erano messi a pancia in
giù, trafitti da lance,
spade, e chi più ne ha più ne metta. Rose
sbiancò dall’orrore. Albus strinse i
pugni e le piccole saette rilasciate dalla sua magia nera riempirono
l’aria.
Gli unici che non parevano
impressionati erano Scorpius e
Diana. Certo, quello spettacolo era orribile sotto tutti i punti di
vista
conosciuti e sconosciuti. Ma loro conoscevano la morte. Conoscevano
l’impatto devastante
che aveva. L’avevano provato sulla loro pelle.
L’uno aveva perso la
propria madre, per una stupida regola.
In quei volti terrorizzati, privati della gioia di un sorriso, rivedeva
quello
del padre, nei giorni in cui gli raccontava di sua madre piangendo, per
poi
rinchiudersi nelle sue stanze per giorni, senza mangiare né
parlare.
L’altra aveva perso il
proprio padre, morto in un incidente
stradale prima di raggiungere l’ospedale dove
l’avrebbe vista appena nata. E
poi ancora il volto contratto dal dolore di sua madre, del suo sorriso
stanco.
Il suo ultimo sorriso, quello che le aveva rivolto poco prima di
togliersi la
vita.
-Scorpius! Rose! Albus! – i
rispettivi genitori dei ragazzi
corsero fuori dalle tende, andando ad abbracciare i propri figli. Una
piccola
folla si formò intorno a loro. Ovunque i ragazzi guardassero
vedevano sorrisi
rassicuranti ma al tempo stesso dispiaciuti. Forse per quei quattro
ragazzi che
erano stati coinvolti in una guerra ingiusta e causata dalla voglia di
potere
di quelle creature mostruose.
Fen si fece avanti tra la folla e,
tra gli occhi sbalorditi
di tutti, fece un inchino a Scorpius e a Diana.
-Miei Angeli, non so come esprimere
la felicitò di vedervi.
Signorina Diana, sono lieto che lei abbia deciso di appoggiare la
nostra causa
– disse, rivolgendosi alla ragazza dark. Quelle parole fecero
scattare come un
clic nella mente di Diana, scatenando nell’Angelo una sorta
di reazione a
catena.
Rivide tutta la sua vita, fino al
momento in cui Fen gli
aveva rivolto, tempo prima, le stesse identiche parole.
Rivide la sua infanzia, il suicidio di sua
madre, le sue fughe da un orfanotrofio all’altro, la
felicità nel ricevere la
sua lettera per Hogwarts. E poi ancora il treno, lo Smistamento, che le
aveva
regalato una famiglia blu-nero, i suoi anni ad Hogwarts. Infine, vide
la
nascita della sua amicizia con Seira, Fen che le spiegava la sua
natura, lei
che l’accettava. E poi Fen che pronunciava quelle parole.
“Grazie per aver appoggiato
la nostra causa”. Certo, come se
avesse avuto scelta. Poi c’era stato Luis, che le aveva dato
finalmente un
motivo per vivere, altro che quella stramaledetta causa,
l’amore della sua
vita.
ma poi i Demoni
gliel’avevano portato via. Vide i loro disperati tentativi
(suoi e di Seira) di
riportarlo indietro, invano. E infine la morte più dolorosa
della sua vita,
dopo quella di sua madre.
Quella della sua quasi-sorella. Vide
Seira mentre le urlava
di mettersi in salvo, di correre via, mentre scagliava il suo ultimo
incantesimo contro un Demone. Quest’ultimo aveva riso. Riso
del debole
tentativo della sua meravigliosa Custode di darle un po’ di
tempo per fuggire.
L’aveva visto evocare una fiamma e scaraventarla contro la
figura esile di
Seira, di cui non era rimasta che un mucchietto di cenere.
Voltò il viso, cercando di
nascondere gli occhi lucidi. Fino
ad allora non aveva più avuto un motivo per combattere. Ma
ora vedeva tutte
quelle persone che guardavano lei e Scorpius speranzose, e sentiva
tornare in
sé la forza, come un fiume che tornava a scorrere dopo il
gelido letargo
dell’inverno.
E sorrise. Dopo tanto tempo, sorrise.
Sorrise perché aveva
ritrovato una ragione di vita, anche se era scaturita da
quell’orrenda guerra.
Si voltò verso Albus e
vide che anche lui le stava
sorridendo, gli occhi verde smeraldo che rilucevano di
felicità. Guardò
Scorpius, che fissava Rose, come se stesse tentando di trovare in
quella rossa
tutto pepe la migliore strategia di guerra. E infine rivolse il suo
sguardo
alla rossa in questione, che guardava Scorpius sorridendo e arrossendo.
Quei tre le avevano fatto ritrovare
la forza, per quanto li
conoscesse da così poco tempo. Certo, Albus era un conto.
Teoricamente, lei lo
aveva già conosciuto e l’aveva amato. Ma Rose e
Scorpius. L’amore che univa
quei due la faceva sentire come se al mondo fosse rimasto qualcosa di
buono,
qualcosa per cui valeva la pena lottare.
Si guardò di nuovo intorno ed
esclamò:
-Andiamo a vincere questa guerra.
-Abbiamo perso molti maghi
nell’ultima battaglia – illustrò
Harry, che di guerre ne sapeva qualcosa – e i Demoni ci
stanno costringendo ad
arretrare di giorno in giorno. Di questo passo, sarebbero arrivati ad
Hogwarts
nel giro di pochi giorni.
Sarebbero, pensò Scorpius,
stringendo la mano di Rose,
perché adesso c’erano loro e non li avrebbero
fatti passare.
-Quanti sono i Demoni? Sono sempre
stati più numerosi di noi
Angeli, ma ora dovrebbero essere diminuiti nettamente anche loro, no?
– chiese
Scorpius.
-Una decina, più o meno
– rispose Draco. Scorpius sgranò gli
occhi.
-E quanti ne avete fatti fuori, fino
ad ora? – chiese Albus,
passandosi le mani tra i capelli, segno evidente che era agitato.
Hermione
sospirò.
-Uno. E con l’aiuto di Fen
– Rose deglutì rumorosamente e
strinse in una morsa ferrea la mano di Scorpius. Diana si
mordicchiò il labbro
inferiore.
Draco in realtà, mentre
stringeva Hermione, si sentiva un
po’ stupido. Stavano praticamente affidando la sorte di
quella battaglia (e
quindi, la loro vita) a quattro ragazzini. Senza il ben che minimo
battito di
ciglio. E il fatto che, tra questi ragazzini ci fosse anche suo figlio,
lo
rendeva anche un po’ orgoglioso.
-Ma come mai non
c’è sangue nero sul terreno di battaglia?
Insomma, non potrete distruggerli, ma almeno riuscite a ferirli, spero
–
intervenne Rose, isterica. Sua madre la fulminò con lo
sguardo.
-Chi ha mai detto che i Demoni
agiscono direttamente in
battaglia? Guardate voi stessi.
Quella sera ci fu un’altra
piccola battaglia. Niente di
grave, non ci furono morti, solo un paio di feriti, nemmeno troppo
gravemente.
Ma l’orrore che si presentò davanti agli occhi dei
quattro ragazzini fu davvero
troppo.
I Demoni che si presentarono in
battaglia erano solo due,
più che sufficienti a fare fuori una ventina di Auror
esperti. Ma quegli
omaccioni di due metri dalla carnagione rossastra e il volto deforme,
dall’aspetto orribile e vagamente simile a uno schizzo
stilizzato di Satana,
non fecero assolutamente nulla.
Semplicemente, si godettero lo
spettacolo.
Lo spettacolo di un esercito di un
centinaio di maghi urlare
di dolore davanti a zombie. Esatto, zombie.
Per quanto ne sapeva Albus (e lui di
magie proibite ne
sapeva abbastanza) quella era di alto livello, pericolosa e,
soprattutto, super
proibita. Ma a quanto pare, i Demoni non avevano problemi come quello
di farsi
trovare in flagrante da Gazza in piena notte, nel Reparto Proibito,
sotto il
Mantello dell’Invisibilità.
Avevano evocato la magia dello Zombie
del Dolore. Può
sembrare una cosa stupida a sentirlo dire così, e in
realtà un po’ lo è. Ma è
orribile da vedere. Non appena un mago si avvicinava a uno degli
zombie, per
schiantarlo o roba simile, questi si trasformava nella persona morta al
mago
più cara.
Scorpius assistette paralizzato al
combattimento impari tra
suo padre e la versione zombiesca di Astoria Greengrass. Rose vide sua
madre
mentre cercava di fare qualcosa davanti a un Silente dagli occhi vacui. Vide suo zio in lacrime
mentre tagliava la
testa di uno zombie con le fattezze di Fred Weasley.
Albus non ci vedette più
quando suo padre gettò a terra la
bacchetta davanti a uno zombie con le fattezze del suo padrino, Sirius
Black.
Il moro corse davanti a suo padre ed evocò la sua magia,
incurante dello zombie
che aveva perso le sembianze di suo nonno Arthur. In pochi secondi, una
decina
di saette nere spezzarono il collo di altrettanti zombie-nonno Arthur,
che si
erano radunati intorno ad Albus.
Diana si gettò nella
mischia. Esitò incerta quando i
quattro-cinque zombie davanti a lei assunsero le sembianze gentili di
una
ragazza con i capelli castani e gli occhi scuri, poi si fece coraggio
ed evocò
una decina di sfere verdi, con cui tagliò la testa ad ognuna
di loro.
Rose guardò Scorpius e
tirò fuori i coltelli. Il biondo si
voltò verso di lei e appoggiò le mani sulle lame,
impregnandole della propria
magia. Le lame assunsero una tonalità azzurrina. Rose
sorrise, per poi
lanciarsi nella battaglia.
Non vedeva nulla intorno a lei, era
tutto sfocato. Udiva in
lontananza incantesimi urlati, fragorio delle lame e il tuono
inconfondibile
delle saette di Albus. Per il resto, vedeva solamente gli zombie che le
si
presentavano davanti, assumendo la stessa forma di quelli di Albus, per
poi
staccar loro il collo con un movimento netto dei coltelli.
Domenique, che combatteva poco
lontano con una spada a
doppio filo in una mano e la bacchetta nell’altra, la
guardò fiera. Rose non
sarebbe mai stata un asso nella magia manuale, ma era una vera e
propria
macchina da guerra.
Scorpius guardò la
battaglia dall’alto, sentendo il mostro
dentro di sé che fremeva per uscire. Non aveva nessuna
voglia di tagliare la
testa a uno zombie con il viso di sua madre, perciò chiuse
gli occhi.
Visualizzò il suo An, il
mostro di sé, e nient’altro.
Sorrise quando vide che il mostro aveva la stessa forma del suo
Patronus: una
volpe a nove code. Solamente che questa era infinitamente
più mostruosa e
decisamente molto lontana dall’essere adorabile, come Rose
aveva definito il
suo Patronus.
Fammi
prendere il
possesso del tuo corpo, gli ordinò la volpe con
voce roca, e di quei mostri non ne
rimarrà nemmeno
l’ombra.
Già,
e la stessa fine
farai fare ai miei amici, non è vero?, ironizzò
Scorpius, no, ho solo bisogno del tuo potere.
Sei strano,
Scorpius
Malfoy, oppure semplicemente ipocrita, sbuffò la
volpe, contrariata, non vuoi concedermi il
tuo corpo ma vuoi il
mio potere. E va bene, attingi. Dopotutto, è il tuo.
Detto questo, gli occhi di Scorpius
si spalancarono,
risplendendo di luce azzurra. Come gli aveva spiegato Diana,
visualizzò il suo
An intorno a sé, come una gigantesca ombra, e
indirizzò il suo potere verso i
due Demoni. Sentì quell’energia spaventosa
scorrergli nelle vene, mentre tutti
gli zombie svanivano e i Demoni gridavano terrorizzati, tentando di
sfuggire
all’enorme tornado di energia che la volpe stava creando
vorticando le code.
I Demoni cercarono di difendersi,
evocando fiammate, scudi e
quant’altro, ma nulla riuscirono a fare, e di loro non rimase
nulla.
Scorpius si afflosciò su
sé stesso, esausto ma sorridente.
Meno due, pensò, forse
possiamo vincerla questa guerra.
Sorrise ancora, prima che Morfeo lo
accogliesse tra le sue
calde e morbide braccia.
Salve a tutti! Al
diavolo il mio pessimismo, l’ispirazione è
tornata!
Purtroppo però starò via circa venti giorni,
andrò in montagna dai miei nonni
e, indovinate un po’, niente connessione internet!
Ma come
farò a sopravvivere??
Comunque, cercherò di scrivere qualcosa su
carta mentre sono lì, per
velocizzare i ritmi.
Mi
dispiace, a tutti coloro che seguono anche il giglio nero, per non
essere
riuscita ad aggiornare in tempo.
Mi
rifarò, almeno spero.
Quando
torno voglio vedere tante recensioni, tante tante! Me lo fate questo
regalo?
Dai, tra pochi giorni è anche il mio compleanno! Please!
Un bacione, a
presto, Nihal Potter
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
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Volevo comunicare che ho trovato una beta. Grazie a chi si è proposto.
Capitolo 20
Un ricatto
demoniaco
Scorpius aprì gli occhi,
infastidito da una dolce voce che
ripeteva il suo nome. Rimase a bocca aperta dalla visone che si
stagliò davanti
ai suoi occhi.
Questa volta, a differenza delle
altre, intorno a lui era
tutto bianco, completamente, anziché nero. E una dolce e
gentile figura lo
guardava con le mani davanti alla bocca, come se stesse cercando di
trattenere
l’emozione.
Aveva lunghi capelli biondi che le
sfioravano la metà
schiena in dolci boccoli. Gli occhi erano di un verde molto chiaro
pieni di
vitalità. Era poco più bassa di lui e aveva
tratti gentili ma decisi. Indossava
una elaborata ma allo stesso tempo semplice veste verde smeraldo.
La riconobbe all’istante.
Come non poteva, del resto? Una
delle stanze al Malfoy Manor era completamente rivestita di fotografie
di
quella giovane e bellissima donna.
-Mamma… -
sussurrò, incredulo. La donna sorrise emozionata e
allargò le braccia. Scorpius non aspettò nemmeno
un secondo e si fiondò tra le
braccia della madre. Questa volta la madre era lì, in carne
e ossa, non si
dissolse in fumo come le altre volte. Scorpius si sentì
felice, immensamente
felice.
-Oh, piccolo mio –
sussurrò la madre tra i singhiozzi. Stava
piangendo di gioia. Finalmente poteva abbracciare suo figlio. Il suo
splendido,
meraviglioso, potente figlio. Si staccò da lui e ne
osservò i tratti, così
simili a quelli di suo padre. Del suo Draco.
Il loro era stato un matrimonio
combinato, vero, ma lei
aveva sempre voluto un bene dell’anima a Draco. E mentre
guardava il frutto
dell’unica notte d’amore che avevano condiviso, non
poteva fare a meno di dirsi
che quel matrimonio era stata la cosa più bella che fosse
mai capitata in vita
sua.
-Mamma – disse Scorpius con
le lacrime agli occhi – che sta
succedendo? Come fai a essere qui? Sta accadendo nella mia testa?
-Oh piccolo – disse la
madre – certo che sta accadendo nella
tua testa. Ma dovrebbe voler dire che non è vero?
– Scorpius, che di solito
aveva la risposta pronta, rimase per la prima volta senza parole.
Cominciarono a camminare, senza
parlare, semplicemente
beandosi l’uno della compagnia dell’altro, cosa che
ad entrambi era sempre
mancata.
-Piccolo mio, è
stupefacente di quanto sia uguale a tuo
padre. Di me hai solo le labbra, che cosa triste. Ma forse è
un bene, tuo padre
è bellissimo, e tu lo sei di conseguenza. Dio, se sei bello.
Scorpius non trattenne più
le lacrime, toccandosi le labbra.
Non si era mai accorto che le sue non erano sottili come il padre, ma
morbide e
carnose. Gli era sempre sembrata una cosa futile, e invece quelle
labbra,
l’unica cosa che aveva ereditato fisicamente dalla madre, in
quel momento gli sembravano
la cosa più bella del suo aspetto.
-Piccolo mio, ora devo andare
– annunciò la madre, dopo
averlo abbracciato un’ultima volta. La sua forma stava
scomparendo in una
nuvola di fumo – ricordati di non dimenticare né
disperarti di quello che stai
per vedere. Ti aiuterà a fare chiarezza, a sconfiggere il
male. Delle immagini
non sembreranno chiare e per ora ti faranno disperare, ma tutto
ciò che vedrai
ti preparerà a quello che ti aspetta.
-Mamma, aspetta! –
esclamò Scorpius – non andartene! – ma
l’immagine della donna era già sparita, e Scorpius
era stato trascinato in
avanti, come da una presa all’altezza
dell’ombelico, come se avesse preso una
Passaporta.
Si ritrovò catapultato in
uno dei saloni del Malfoy Manor.
Una bambina era nel bel mezzo del salone e giocava con una scopa
giocattolo.
Aveva dolci riccioli biondissimi, quasi bianchi e occhi azzurro cielo.
Era
bellissima, pareva una piccola bambola di porcellana. Doveva avere
appena
quattro anni, eppure aveva un’aria abbastanza matura, e un
sorriso dolcissimo
incorniciato da piccole fossette. Al collo aveva una collana
d’argento con un
piccolo ciondolo. Una A, d’argento anch’essa,
adornata da piccoli brillanti.
La scena cambiò e lui si
ritrovò in quella che riconobbe
come casa Potter. Harry era chino sulla moglie, la stava abbracciando,
e
piangeva di dolore insieme a lei. Lily era stretta a James,
singhiozzava con il
volto affondato nel petto del fratello maggiore, scosso da singulti.
Anche quell’immagine
svanì di nuovo, sostituita dalla
bellissima visione di una anello in argento con un piccolo smeraldo
sulla punta
ed il simbolo dei Venerabili inciso sopra. E vide due mani che lo
prendevano
nello stesso momento, generando un’enorme luce rosso sangue.
E poi di nuovo Scorpius
aprì gli occhi, incrociandone
immediatamente un altro paio, neri come la pece.
-Scorpius, ti sei svegliato
finalmente! – esclamò la
ragazza. Nella sua voce c’era un evidente sollievo, ma al
biondo non sfuggì la
nota di preoccupazione di cui era intriso il suo tono.
-Diana, cos’è
successo? – domandò immediatamente il
Serpeverde. Diana si sforzò di sorridere.
- Bè, dopo la tua
performance sul campo sei svenuto e ti
abbiamo portato qui in infermeria. Sei stato incosciente per tre ore,
ma
finalmente sei tornato in te e sei fuori pericolo.
- Non quello, Diana! E dimmi la
verità, porca miseria! –
sbottò Scorpius, alzandosi dal letto. Sentì la
testa girare e le gambe
intorpidirsi. Si appoggiò al letto in preda a un capogiro,
ma quello che disse
Diana poco dopo ebbe il potere di farlo riprendere.
-Hanno preso Rose, Scorp.
L’hanno rapita.
Scorpius era fuori di sé.
Avevano un patto, minchia, doveva
solo proteggerla! Lui doveva rimanere fuori dalla battaglia per fare
quello che
alla fine aveva fatto, scatenare il suo An, ma lui no! non
l’aveva protetta
dalla grinfie di quei mostri!
-Albus! Dove cazzo sei?!?-
urlò, girando per l’accampamento
avvolto in una spirale di energia azzurra, incazzato nero.
Finchè una testa
nera non fece capolino da una delle tende. Scorpius si
avvicinò al giovane
Potter e lo prese per la collottola.
-Dovevi proteggerla! Solo questo!
– urlò, mentre le lacrime
gli pizzicavano gli occhi. Albus distolse lo sguardo e strinse i pugni.
-Senti, Scorp, mi dispiace. Ma
l’ho persa di vista, e uno di
quegli zombie l’ha afferrata e… sono preoccupato
anch’io, cosa credi?! Mi so
rodendo l’anima dal senso di colpa e tu non migliori certo la
situazione! Sarà
la tua migliore amica, ma è anche mia cugina, ci sono
cresciuto insieme,
cazzarola!!
Scorpius lo lasciò stare.
Non ci aveva pensato, ma non aveva
intenzione di perdonarlo. Lo lasciò andare spingendolo via.
Poi affrettò il
passo e percorse a grandi e decise falcate il tratto che separava
l’accampamento dei maghi da quello dei Demoni.
Come previsto, era protetto da una
barriera magica. Scorpius
non resistette. Posò le mani sulla barriera che gli bloccava
il passaggio e
urlò. Concentrò tutta la sua magia nelle mani e a
poco a poco la barriera si
spezzò in mille frammenti, come di vetro, che colorarono
l’area aerea intorno
all’accampamento di riflessi splendenti.
Il biondo cadde in ginocchio,
ansimando per riprendere
fiato. Sorrise amaramente. Se i Demoni l’avessero trovato in
quello stato, lo
avrebbero ucciso all’istante, e lui non avrebbe
più potuto vedere Rose.
In quel momento una nuova forza si
impossessò di lui. Non gli
importava più di niente. Né del destino del mondo
magico, né dell’esito di
quella guerra. Voleva solo rivedere il suo sorriso, i suoi occhi color
del
cielo. Voleva rivedere la sua Rose.
-O guarda guarda cosa abbiamo qui
– la voce del Demone era
strascicata e inquietante. Scorpius alzò la testa e si
rimise in piedi. Uno scudo
piuttosto debole si innalzò intorno a lui, ma il Demone, ora
circondato da
altri tre della sua specie, vi soffiò sopra una fiammata che
lo fece crollare
miseramente e senza troppi complimenti.
- Il piccolo Angelo vendicatore
ridotto a uno straccio per un’inutile
Custode… - lo sbeffeggiò un altro Demone.
Scorpius gli indirizzò uno sguardo
pieno di astio e scagliò verso di lui una fiamma azzurra.
Colpì il Demone di
striscio, ma gli procurò una brutta ustione sulla spalla. Il
ferito fulminò il
giovane Malfoy con un’occhiataccia e fece per colpirlo, ma il
Demone che l’aveva
trovato lo bloccò.
Scorpius notò con
un’occhiata veloce che a una di quelle dita
tozze e rossastre il Demone (che sembrava essere il loro capo) portava
lo
stesso anello che aveva visto nella sua… visione.
-Ci serve vivo, l’hai
dimenticato? -
disse, rimproverando l’altro, per poi
sussurrargli qualcosa all’orecchio. Scorpius non
riuscì a sentire, ma dal
ghigno che si dipinse sulle labbra dell’altro mostro, non
doveva essere nulla
di buono.
-Vieni qui stasera, al tramonto, e
riavrai la tua Custode. Da
SOLO, e non dire a nessuno che verrai qui – ordinò
il Demone con un ghigno,
facendogli un incantesimo, in modo che lui non potesse parlare.
Scorpius li guardò a uno a
uno. Quei mostri immondi, quelle
creature senza cuore… una volta anche lui aveva creduto di
essere senza cuore,
ma il suo odio contro chi lo disprezzava ingiustamente era nulla
paragonato all’odio
insensato di quei mostri contro il resto
dell’umanità.
E rivide i momenti che aveva passato
chiuso nella sua
stanza, il suo piccolo nido di salvezza da quel mondo che lo odiava e
disprezzava. Le volte che si era appoggiato alla porta della stanza del
padre e
aveva udito il suo pianto sommesso, poco dopo che gli aveva raccontato
qualcosa
della madre.
E l’arrivo di Hermione e
Rose nelle loro vite, come questo
aveva sconvolto due uomini ormai rassegnati al proprio deprimente
destino. I sorrisi
nascosti suoi e di Rose, gli sguardi timidi di suo padre e Hermione.
-Verrò – disse.
Detto questo, si allontanò, mentre giurava
sulla propria vita che Rose sarebbe uscita da lì, viva.
Perché se una volta lei
era stata la sua salvezza, ora le parti si erano invertite, e lui
doveva
portare a termine il suo compito come la rossa aveva fatto con lui.
Eccomi qui,
sono
tornata ieri! Il tempo di aggiornare il giglio nero (che aveva la
precedenza) e
di ricopiare questo sul computer, ed ecco a voi il nuovo capitolo.
Vorrei davvero
ringraziarvi una a una, adesso sono 132 le persone che seguono la mia
storia. E
io che all’inizio mi stupivo se arrivavo a 33.. 132 capite?
Vi amo, davvero. Voi
siete davvero la speranza di una piccola aspirante scrittrice, vi
ringrazio di
cuore.
Che dire
delle 76 recensioni? Davvero, grazie. Siete davvero meravigliosi. Spero
che
questo capitolo vi sia piaciuto. Mi è piaciuto tantissimo
descrivere la scena
tra Scorpius e sua madre, mi sono quasi commossa da sola. Rose
è stata rapita,
sembra che nelle mie storie succeda sempre. Nel giglio nero, ora in
questa…
Una cosa.. tra voi 132 c’è
qualcuno disposto a betare questa povera scapestrata? Vi prego! Nessuna
delle
mie amiche scrive o legge su questo sito, e nessuna di loro
è appassionata di
HP. Perciò.. cerco beta piena di fantasia e pazienza. Vi
prego!
Lasciate un
commento,
vi amo e vi ringrazio,
Nihal
|
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Non
ho aspettato che
Sonounmuffin betasse questo capitolo per due motivi: primo, il mio
computer fa
cilecca e non so nemmeno se abbia ricevuto la mail. In secondo luogo,
volevo
dedicarlo a una persona speciale. E si proprio oggi, sì.
Era, diciamo,
urgente.
Ringrazio tutti coloro che ancora seguono questa psicopatica. Questo
probabilmente è il terzultimo capitolo, a conti fatti.
Ditemi ciò che ne
pensate.
Per Sonounmuffin, mi dispiace. Ti chiedo di essere la mia beta e poi
nemmeno aspetto una tua risposta. Mi dispiace. Spero che il capitolo ti
piaccia.
A mia nonna.
Spero che lassù ti piaccia e che tu abbia già
trovato un’amica da assillare con le tue dolci chiacchiere.
Mi manchi di già.
Dedicarti questo capitolo è solo un piccolo gesto per dirti
grazie. Grazie di
avermi sempre sostenuto. Sei stata la prima a dirmi che avevo
“le mani d’oro”
come ti piaceva chiamarle, e che sarei potuta diventare una grande
scrittrice. Se
solo avessi abbandonato il fantasy, ovviamente. Mi dispiace, se mai
diventerò
qualcuno, sarà grazie a questo meraviglioso genere. Ti
voglio bene, nonna.
Capitolo 21
Ritorno
dall’oltretomba – prior
incantatio
Scorpius non aveva mai affrontato
veramente l’idea della
morte. Ok, sua madre era morta, aveva affrontato la vista di un campo
di
battaglia in piena regola, ma l’idea di morire in prima
persona, non l’aveva
mai nemmeno sfiorato.
Si era sentito morire delle volte,
certo. Quando aveva
ricevuto la sua lettera per Hogwarts, e aveva capito che quello era il
suo pass
per l’inferno. Quando aveva litigato con Rose, al quarto
anno, e non si erano
parlati per settimane. E quando Diana aveva pronunciato quelle poche,
semplici
parole: “hanno preso Rose, l’hanno
rapita”.
Quelle poche parole
l’avevano fatto agire d’impulso, come un
qualsiasi stupidissimo Grifondoro, invece di pensare a un buon piano. E
ora si
ritrovava nella merda fino al collo.
Doveva salvare Rose, ovviamente.
Anche a costo della vita.
Ma avrebbe dovuto infiltrarsi furtivamente nell’accampamento,
invece di sfidare
apertamente e inconsciamente la cricca di Demoni.
E questo lo riportava al problema
iniziale. Magari si
sarebbe ritrovato in un paradiso bianco, insieme a sua madre, libero
finalmente
da i giudizi degli altri. Oppure avrebbe sentito il suo corpo
spegnersi, fino a
che anche la voce che governava i suoi pensieri non si fosse zittita
per
sempre.
Fatto sta, che era pronto. Quella
sera prese dalla borsa di
Rose la rosa che le aveva regalato cinque anni prima, la
rimpicciolì e se la
mise in tasca. Come portafortuna.
Non gli portò molta
fortuna, visto che Albus e Diana lo
videro allontanarsi dall’accampamento furtivamente, e
decisero di seguirlo,
coperti da un incanto di Disillusione.
-Dove credi che stia andando?
– chiese Diana, mentre sgusciavano
silenziosi dietro a Scorpius. Albus alzò gli occhi al cielo.
-Da Rose, ovviamente. Scorpius di
solito non è una persona
impulsiva, ma se si tratta di Rose non esiterebbe un attimo a buttarsi
nel
burrone più vicino per lei – spiegò con
un sussurro, mentre assisteva a una
bruttissima scena.
Scorpius si avvicinò alla
barriera dei Demoni, che alla luce
della luna emetteva strani bagliori rossastri, indeciso su cosa fare.
Alla
fine, come se fosse la cosa più ovvia da fare,
bussò goffamente alla barriera.
Uno strano rumore risuonò
nell’aria scura nella notte
nascente, non appena la nocche del biondo batterono sulla barriera
magica. Come
di campane scosse dopo tanto tempo. Un rumore affascinante…
da far venire i
brividi. Diana rabbrividì alla sola vista di Scorpius che si
consegnava, ma
Albus la trattenne per un braccio.
Alcuni Demoni sbucarono dalle tende
più vicine al confine e
ghignarono alla vista di Scorpius. Con un gesto, il più
grosso fece svanire
parte della barriera, in uno spazio abbastanza largo per consentire a
Scorpius
di entrare. Questo fece un gran sospiro ed entrò lentamente.
Albus bloccò Diana
e si lanciò nel varco, poco prima che questo si richiudesse.
Diana però non
aveva intenzione di restare indietro a fare la dolce donzella.
Balzò in avanti
ed entrò anche lei nell’accampamento dei Demoni.
Prima di proseguire,
attirò a sé Albus per un braccio e lo
rimproverò aspramente con lo sguardo.
-Prova ancora a fare l’eroe
e comincerò a darti dello
stronzo Grifondoro – Albus assottigliò lo sguardo
e gli fece cenno di stare
zitta. Dietro di lei, un Demone stava ghignando e annusando
l’aria in modo
sospetto.
-Chi va là? –
chiese. Albus si pietrificò dal terrore di
avere un Demone così vicino. Quest’ultimo era
più basso degli altri che aveva
già visto, con la coda di serpente e le corna caprine, che
non stonavano più di
tanto sul corpo mostruoso e rossastro dell’uomo.
Diana invece agì
prontamente. Si portò silenziosamente alle
spalle del mostro e gli conficcò il suo fidato pugnale nelle
scapole. Quello
sussultò, ma si portò le mani alla schiena come
se avesse solo un fastidioso
prurito in un qualche punto.
L’Angelo fece un segno ad
Albus, della serie “Attacca!”. Il
moro rimase pietrificato ancora un attimo, prima di evocare le sue
micidiali
saette nere come la pece e di colpire il Demone dritto in volto, sulle
orbite.
Il mostro
indietreggiò, tenendosi gli occhi e mugugnando dal dolore.
Diana evocò una
delle sue sfere e lo colpì in piena nuca. Albus fece un
Incantesimo Silenziante
e quello urlò a vuoto, mentre si accasciava a terra.
-È morto? –
chiese Albus, avvicinandosi piano al corpo steso
e immobile del Demone. Diana scosse la testa, estraendo il pugnale
d’argento
dalla schiena del mostro con un colpo secco.
-No, solo svenuto. Ci vuole ben altro
per farlo fuori.
Muoviamoci – rinfoderò il pugnale ancora sporco di
sangue nero e corse verso la
tenda al centro dell’accampamento, molto più
grande delle altre, dove avevano
condotto poco prima Scorpius.
I due entrarono cercando di fare il
minimo rumore possibile,
ma la scena che si propose ai loro occhi li fece impietrire.
Si trovavano in una gigantesca sala
delle cerimonie. Le
pareti, a differenza dell’esterno, erano nere come la pece,
sembravano fatte di
pietra. Sei Demoni erano disposti al centro della stanza, intorno a un
rettangolare tavolo di pietra bianca, dove stava stesa Rose, senza
maglietta ma
con il reggiseno, con un grande taglio sulla pancia da cui fuoriusciva
lentamente sangue che andava a scolare in una grande tinozza di marmo
rosso ai
piedi del tavolo.
Scorpius, in mezzo a due Demoni,
guardava impietrito la
scena. Non riusciva a muoversi, ma dalle sue dita fuoriuscivano
scintille
elettriche, segno evidente che la sua rabbia stava per essere sfogata.
Ma Diana
non era affatto sicura che Scorpius ce l’avrebbe potuta fare,
contro sei
Demoni. Due sì, massimo tre. Ma sei…
Pregò
che se ne
stesse buono, almeno per ora, e studiò la situazione.
Conosceva quel rito, Fen gliene aveva
parlato, ma non
riusciva a ricordare. Il sangue di Demone non è puro,
è sporco e contaminato
dall’odio e dal rancore che la creatura provava dal momento
della nascita verso
il resto del mondo, esclusi i propri simili. Ma per evocare o liberare
un
Demone da un sigillo o una prigionia ci vuole il sangue puro di una
donna
vergine. Se questa ha sangue magico, ancora meglio. Se poi era legata
in
qualche modo a un Angelo, era perfetta.
Bastava una sola tinozza e avrebbero
potuto riportare in
vita qualsiasi Demone, magari anche il più potente della
storia. E ce ne era
uno in particolare che poteva essere un vero flagello, imbattibile
anche per
lei, Albus, Scorpius e Rose messi insieme.
Il Principe dei Demoni. Il mostro
più temibile conosciuto
dalla storia. Perseus ed Eltanin si impegnarono al massimo per
sconfiggerlo e
ci riuscirono quasi per miracolo, imprigionandolo nella terra grazie a
un
sigillo potentissimo.
Volevano riportare in vita il
Principe con il sangue di
Rose. E se ci fossero riusciti… Diana non voleva nemmeno
pensarci.
Scorpius assistì alla
scena impietrito. La sua Rose. Quella
non poteva essere la sua Rose. La stessa ragazza che lo rimproverava
ogni volta
che non sorrideva per una giornata, ridendo spensieratamente. La stessa
ragazza
che correva come una matta quando erano in ritardo per la lezione. La
stessa
ragazza che ogni volta che Grifondoro vinceva una partita di Quidditch
urlava
fino a perdere la voce.
Non poteva essere lei, no. Non poteva
essere la stessa
ragazza che in quel momento, davanti a lui, stava morendo lentamente,
dissanguata.
Avrebbe voluto mettersi a urlare. No.
No, quella non era la
sua salvezza. Quella non era la sua piccola rosa bianca di luce. No.
No. No.
Non riusciva a muoversi, stretto tra
la morsa di ferro dei
due Demoni. Avrebbe anche potuto liberarsi usando la sua magia, ma non
ci
riusciva. La sola vista di Rose in quello stato gli aveva fatto perdere
qualunque forza, come se la sua magia fosse scomparsa del tutto.
Ma qualcun altro, quasi del tutto
inconsciamente, stava già
facendo qualcosa per salvare la piccola Rose.
Albus non si era quasi accorto della
cugina in fin di vita.
Il suo sguardo era stato catturato da un piccolo smeraldo incastonato
in un
anello d’oro al dito di uno dei Demoni. Era…
affascinante.
Mentre lo guardava, e i suoi occhi di
smeraldo si facevano sempre
più grandi e ammaliati, sentiva una voce proveniente dalla
pietra che lo
invitava ad avvicinarsi. Precisamente, proveniva dal giglio inciso
sulla
pietra. Il Demone con l’anello si allontanò dal
cerchio, avvertendo una strana
sensazione alla mano.
Albus gli si avvicinò
silenziosamente, quasi in trance.
Evocò una decina di saette nere come la pece e gliele
scagliò contro. Il Demone
svenì e Albus gli rubò l’anello,
mettendoselo al dito.
“Grazie Albus. Mi dispiace
tanto di prenderti il corpo, ma
devo rivedere Diana. Salverò sia tua cugina che il giovane
Scorpius, non
preoccuparti. Tu semplicemente dormi, in seguito condurrò
Diana da te.” Una
voce gli parlò nella mente. Una voce calda, profonda, che
gli fece venire un
po’ di sonnolenza.
E dopo un attimo, Albus si
ritrovò steso in una calda tomba,
in un corpo che non gli apparteneva, ma che trovava così
immensamente caldo… si
addormentò, inconscio di quello che aveva combinato
semplicemente infilandosi
un anello al dito.
Albus non era più lui. I
suoi occhi erano trasfigurati in
due pozze di bianco lucente. Si voltò lentamente verso i
cinque Demoni rimasti,
evocando lame di un nero incandescente e colpendo i Demoni che tenevano
Scorpius, che si voltò verso Albus incredulo.
-Al… ma che
diavolo… - mormorò, con gli occhi sbarrati.
Diana lo affiancò, tornando visibile. Riconobbe subito
le lame nere e
disse solamente:
-Luis.
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Ringrazio
Alice, che
corregge le mie sviste.
Capitolo 22
La fine di un
inizio
Luis. Non era possibile. Eppure era
lui, ne era più che
sicura. Quello sguardo sicuro e pieno di sé, così
diverso eppure così simile a
quello di Albus, quel modo di muoversi fluido ed elegante…
E le lame. Quelle lame che
all’inizio aveva temuto, poi
sfidato e infine ammirato. Le lame nere che in questo momento stavano
mandando
al tappeto due Demoni, con difficoltà, ma sempre con
quell’eleganza che lo
contraddistingueva e che lei aveva imparato ad amare.
Sorrise e corse ad aiutarlo,
mettendosi schiena a schiena
con lui ed evocando le sue sfere verde intenso. Diede il colpo di
grazia a un
Demone ormai esanime, immerso in una pozza di sangue nero, che ancora
fuoriusciva dalla ferita inferta da Luis.
-Bel colpo, Diana –
commentò Luis, dando un calcio in bocca
all’altro Demone ed evitando per un soffio la fiammata che
gli sparò il secondo
Demone, più tosto del primo. Diana alzò gli occhi
al cielo e lanciò un’altra
sfera che il Demone schivò, ma dentro di sé
sentì un enorme calore crescerle
nel petto. Era tornato. Il suo Luis era tornato. Ed ora era
lì, dietro di lei,
a combattere al suo fianco come aveva sempre fatto.
Una nuova forza proveniente da quella
consapevolezza la
riempì. Evocò un’enorme sfera di magia
e colpì in pieno volto il Demone,
uccidendolo sul colpo.
Nonostante fossero rimasti solo in
quattro, i Demoni stavano
cercando di completare il rito, aumentando sempre di più il
ritmo della
cantilena. Scorpius era immobile, sembrava non riuscire a muoversi,
completamente in balia della vista orribile che aveva sotto gli occhi.
-Scorpius, reagisci! – gli
gridò l’Angelo anziano, colpendo
il Demone più prossimo a lei e che le dava le spalle
– salvala, accidenti! Vai
fuori di qui!
Scorpius sembrò destarsi
da un brutto incubo. Gli occhi
grigio-azzurro si illuminarono di un’ira incontenibile alla
vista della sua
Rose in quelle condizioni ed esplose. Letteralmente.
Dal suo corpo si sprigionò
una luce azzurra e intensa. Gli
ultimi Demoni vicino a lui ne vennero travolti.
Diana e Luis stessi rimasero
immobili davanti a quell’esplosione di energia pura. Diana
avvertì in quella
magia azzurra come il cielo rabbia, dolore… e amore.
Stranamente, nell’
esplosione dell’An di Scorpius c’era
anche amore. L’amore che lo legava a Rose, intuì.
Quell’amore così forte da far
rivivere un animo morto, da far tornare a vivere quel ragazzo che aveva
perso
tutte le speranze. Diana non capiva cosa avesse di speciale quella
ragazza dai
capelli rossi.
Era bella. Modestamente. Simpatica,
dolce. Ma la sua magia
era debole, nulla di speciale. Ma Scorpius si era aggrappato a lei come
se
fosse la sua unica salvezza, e Rose l’aveva fatto innamorare,
facendolo vivere
ancora, ricambiandolo con lo stesso amore.
In quell’esplosione di
energia che disintegrò i Demoni Diana
capì che la sua magia non valeva nulla, per quanto fosse
potente. Perché per
quanto si esercitasse, potenziasse, non avrebbe mai potuto eguagliare
Scorpius.
Dalla morte di Luis e Seira, lei
viveva senza amore. Aveva
trovato degli amici, ma non li amava. Erano importanti. Invece Scorpius
da
animo morto, aveva imparato ad amare e aveva trovato dentro di
sé quella forza,
sprigionandola per salvare chi amava.
Diana si guardò le mani
incredula, quando tutto finì, e si
sentì inutile.
Ce l’avevano fatta.
Scorpius teneva la mano di Rose,
piangendo, e le curava la ferita con la magia. Tra un singhiozzo e
l’altro, le
sussurrava parole
dolci e amorevoli.
Forse aveva finalmente capito che quello che lo legava a Rose era un
sentimento
molto più forte dell’amicizia.
Diana invece era al punto di
partenza. C’era Luis accanto a
lei, che la rassicurava. Ma Luis era ormai morto, e il suo amore per
lui se
n’era andato da tempo.
Senza volerlo, Diana
immaginò accanto a sé l’unico che a
prima vista l’aveva amata abbastanza da farla sentire ancora
viva. Immaginò un
profilo da bambino e occhi verde smeraldo, sotto una folta zazzera
nera.
“Albus, dove sei?”
-Dov’è il mio
bambino? – chiese all’improvviso Ginny.
Scorpius era tornato all’accampamento con in braccio Rose,
che era subito stata
affidata alle cure dei Medimaghi, e con al seguito Diana e Albus. O
Luis?
Ancora non aveva capito cosa era successo all’amico di
sempre.
Li avevano festeggiati, urlando il
loro nome. Ma Ginny, da
brava madre, aveva capito subito che quello non era suo figlio e che
qualcosa
non andava.
Era calato il silenzio, mentre
Albus\Luis spiegava:
-Ecco… ho fatto una
sciocchezza, e mi dispiace, signora Potter.
Il mio nome è Luis Valdez, ero il Venerabile di Diana prima
di morire, rapito
dai Demoni. Deve sapere che non appena morto, i poteri e la saggezza di
Simon,
il primo Venerabile, scivolarono fuori dal mio corpo, in cerca di un
nuovo
Venerabile. Ma io sono cocciuto, non volevo morire, non del tutto,
così
trasferii anche tutto il mio spirito insieme a quello di Simon.
Purtroppo i
Demoni riuscirono a intrappolarne un po’ in
quest’anello, così da usare la mia
magia per i loro loschi scopi. L’altra metà del
mio spirito viveva in Albus.
Sicuramente avrete notato la nostra inquietante somiglianza fisica.
Molti nella stanza annuirono. Ginny
aveva le lacrime agli occhi,
come prevedendo una brutta notizia, e si strinse al marito, mentre Lily
abbracciava James in preda ai singhiozzi.
Scorpius sgranò gli occhi,
riconoscendo la scena della sua
visione. Si avvicinò a suo padre e a Hermione. La donna gli
sorrise dolcemente
ma piangendo, e Scorpius l’abbracciò forte. Suo
padre si unì all’abbraccio e
Scorpius si sentì finalmente parte di una famiglia. Mancava
solo una cosa.
Rose.
-Purtroppo, quando ho visto Albus, da
dentro l’anello, non
sono riuscito a resistere alla tentazione di riunire il mio spirito,
dovevo
fare ancora una cosa prima di andarmene per sempre, perciò
non appena Albus si
è infilato l’anello, ho riunito il mio spirito
prendendo possesso del suo
corpo. Lui ora è nel mio, con lo spirito intrappolato
nell’anello gemello a
questo, che io portavo sempre – alzò il dito e
mostrò l’anello con il giglio.
Lily chiese, tra i singhiozzi e
staccandosi un attimo dal
petto del fratello maggiore:
-Ma allora come facciamo a riavere il
nostro Albus? – Luis
sospirò e indicò Diana.
-È nella mia tomba, che i
Demoni hanno nascosto nei monti
qui vicino, protetta da una barriera formata dal sentimento
più forte che
questi ultimi possono provare: dolore. Perciò solo chi prova
la forma più pura
dell’opposto di questo sentimento può salvarlo.
Sto parlando di Diana, che è
innamorata di tuo fratello.
Diana rimase sconvolta da quelle
parole. Guardò Luis e lui
le sorrise amaramente.
-Vieni con me, parliamone –
e la condusse fuori, mentre Lily
riprendeva a piangere. Scorpius riuscì solo a dire:
-Vado da Rose – prima che
le lacrime iniziassero a scorrere,
per la paura di perdere il suo primo e unico vero amico.
-Sei qui – disse Diana con
un sussurro, quando lei e Luis
furono fuori. Erano seduti in una piccola radura poco distante
l’accampamento. Lui
si era accomodato elegantemente sul prato, cogliendo una piccola viola
e
rigirandosela tra le mani, completamente rilassato.
Diana invece non sapeva cosa decidere
tra mangiarsi le
unghie o strapparsi i capelli. Era talmente confusa.
Amava Albus? Bè, era stato
gentile con lei. Era sveglio e
astuto, e aveva quell’aria da bambino innocente e angelico. E
poi c’erano
quegli occhi insieme chiari e scuri, che sembravano poter contenere
tutto
l’universo…
Ma c’era Luis. Luis che le
aveva insegnato tutto, che le
aveva fatto scoprire l’amore. Il suo amore per lui
c’era ancora, o era morto
con lui tempo fa, sostituito dalla bramosia di vendetta?
-Non angosciarti, mia chica
– la rassicurò Luis e Diana
sorrise quando udì il dolce nomignolo che le aveva
affibbiato nella sua lingua
natale, lo spagnolo.
-Tu sai già,
ciò che provi. Devi riconnettere di nuovo il
tuo cervello al tuo cuore. Hai
pensato
troppo tempo immersa nei tuoi pensieri, non preoccupandoti di
ciò che diceva la
tua anima. Vivi, e non preoccuparti per me. Verrò con te,
per indicarti la
strada fino alla grotta. Quando libererai Albus, io dovrò
essere lì, e tornerò
nel mio corpo felice, perché saprò che tu
finalmente ti godi la vita.
Diana sorrise e annuì. Lo
abbracciò. Senti un grande calore
riempirle il cuore, segno di grande affetto. Voleva bene a Luis, certo.
Ma amava
Albus. E l’avrebbe ritrovato.
Scorpius strinse forte la mano di
Rose, ancora incosciente
nel letto bianco nella tenda dell’infermeria.
Ammirò ancora una volta quel
piccolo angelo dai capelli rossi come l’inferno.
Aveva capito di amarla. Non sapeva
come, ma quando
finalmente aveva realizzato che la sua Rose era in fin di vita, dentro
di sé si
era fatto finalmente tutto chiaro.
Se Rose moriva, lui sarebbe morto con
lei. Perché era la sua
più cara amica, la sorella che aveva sempre voluto, ma
soprattutto, era la
donna che amava.
Amava quel sorriso pazzerello che
delle volte lo irritava,
perché lui non sarebbe mai riuscito a essere così
spensierato. Amava quel
broncio che assumeva quando la faceva arrabbiare. Amava il suo modo
elegante
eppure naturale di muoversi, come se fosse una fata che cammina sulle
nuvole.
All’improvviso
sentì un gemito provenire da quelle labbra
perfette. Sgranò gli occhi, ma non si azzardò a
spostare la mano. Rose aprì gli
occhi, rivelando al cielo il nascondiglio di due suoi frammenti.
Si mise a sedere a fatica, tra
smorfie di dolore, tenendosi
l’addome, ma quando vide il biondino che le stringeva la mano
i suoi occhi si
illuminarono e le sue guance si tinsero teneramente di un dolce
rossore.
-Rose! Stai bene? – chiese
preoccupato Scorpius. Rose
sorrise e annuì.
-Tralasciando questa piccola
ferita… - e indicò sorridendo
forzatamente la ferita alla pancia bendata – scusa
– Scorpius aggrottò la fronte
di fronte alle scuse della rossa Weasley.
-Perché ti scusi?
– Rose abbassò lo sguardo, come se
tutt’ad
un tratto le coperte fossero diventate molto interessanti.
-Mi sono lasciata rapire come una
sciocca e voi avete
rischiato la vita per un mio errore – spiegò
ingenuamente Rose. Scorpius alzò
gli occhi al cielo, stupito dall’immensa innocenza di quella
ragazza. Ma amava
anche quel lato terribilmente Grifondoro di lei.
-Rose, ficcatelo bene in testa
perché non te lo ripeterò, tu
non sei stata sciocca. Poteva capitare a tutti. E inoltre, io arriverei
anche
ai limiti della Terra per salvarti – non appena Scorpius si
rese conto della
cosa terribilmente melensa che aveva detto, si morse la lingua.
Poi la passò sui denti,
come a controllare che fosse ancora
biforcuta. Metaforicamente. Chissà cosa avrebbe detto Albus
se lo avesse
sentito parlare così. Probabilmente lo avrebbe preso in giro
a vita.
Già, Albus. Si
augurò che Diana riuscisse a ritrovarlo,
perché senza di lui gli mancava un pezzo.
Scorpius ci mise un attimo a
realizzare che tra lui e Rose
era caduto un silenzio abbastanza imbarazzante.
Abbassò lo sguardo. Voleva dirle che
l’amava, che aveva bisogno di lei
come dell’ossigeno, ma non ci riusciva. Non era mai stato
bravo a esprimere i
suoi sentimenti, tranne il dolore e l’indifferenza verso il
resto del mondo.
“Fai ciò che ti
riesce meglio, piccolo mio” la voce di sua
madre, più concreta e presente delle altre volte, gli
suggerì nella mente
“segui l’istinto”. E lo fece.
Si avvicinò sempre di
più a Rose e le sussurrò all’orecchio,
mettendo la mano libera vicino al suo fianco, per non pesarle addosso:
-Sei la mia salvezza, Rose Weasley
– detto questo, la baciò
delicatamente sulle labbra. Non fu nulla di più che un bacio
a fior di labbra,
che esprimeva tutto l’amore che i due provavano.
Il ciondolo al collo di Rose
scintillò. Perché Scorpius
aveva finalmente donato l’anima a quella piccola rossa
pestifera. Altro che un
piccolo frammento.
Rose era di Scorpius. E Scorpius era
di Rose. Si sarebbero
appartenuti per l’eternità.
Intanto due adulti, abbracciati,
spiavano la scena
sorridendo, dall’entrata della tenda
dell’infermeria.
-Oh santo Salazar, mio figlio, un
Malfoy, con una Weasley… -
mormorò, scherzando, Draco. Hermione rise ma si
divincolò e mise su un finto
broncio.
-Ah, è così? E
tu, che stai con una Granger, eh? Cosa
direbbero i tuoi avi?
-Non me ne frega niente. Io ti amo,
Granger, mettitelo bene
in testa – disse Draco, riavvolgendola in un caldo abbraccio
e baciandola sulla
fronte. Hermione sorrise, felice come una bimba.
-Senti… -
iniziò Draco, abbassando lo sguardo e frugando
nervosamente nella tasca – nella mia famiglia
c’è una stupida legge che dice
che quando un Malfoy si sposa con una Purosangue, resta con lei fino al
momento
della morte (la sua, non quella della moglie). Perciò agli
occhi della legge
Malfoy, io sono ancora sposato, anche se Astoria non è
più tra noi. Quindi, io
mi chiedevo…
-Draco Malfoy, mi stai per caso
chiedendo di sposarti? – lo
interruppe Hermione emozionata.
- Non ufficialmente, però,
se vorresti diventare la mia
compagna, ne sarei felice – detto questo, tirò
fuori una scatoletta rivestita
di velluto blu e la aprì, rivelando un piccolo anello con
uno zaffiro (la
pietra preferita di Hermione) – e poi, se non ci sposeremo,
non ci saranno
intralci per Scorpius e Rose. Quindi…
-Preparo le valige e sono subito a
casa tua. E la biblioteca
da oggi è ufficialmente mio territorio! –
esordì Hermione, infilandosi l’anello
al dito e baciandolo dolcemente sulle labbra.
La guerra era finita, ma per tutti
loro era solo l’inizio.
The end
Allora, è vero. È finita.
Scriverò un minuscolo epilogo e poi finirà
tutto. Amo questa storia e l’amerò sempre,
è stato il mio primo vero lavoro
fantasy. Insomma, magari un giorno potrei usare le stesse idee per
scrivere un
libro, no? Magari. Perciò se vedrete il nome Giulia Serafini
su un libro, beh,
sappiate che ci sono riuscita, ho realizzato il mio sogno. Ho iniziato
a
scrivere su questo sito perché volevo vedere se il mio modo
di scrivere
piaceva, e insomma, 134 persone mi hanno seguita fino a qui! 134!
Oddio, mi sto
commuovendo. Grazie a tutti voi che mi avete sostenuto fino a ora.
Tornerò tra
poco con una Drarry, spero di ritrovare tutti voi:
1
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4 - Alaxeia
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6 - Alys_19
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125 - Wald_Arya
126 - Yaku
127 - Yuki
Cross
128 - _Acqua
di
Cristallo_
129 - _Elly
130 - _Niklas_
131 - _RedRose_
132 - _steffi_yolo
133 - _wr1ter_
134 - __cannonball
Grazie
ancora, davvero,
sto piangendo. Vi adoro. Un bacio a tutti,
Nihal
(me
lo lasciate un ultimo
commentino? Anche negativo J )
|
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Capitolo 23 *** Epilogo ***
Ed
eccomi con il piccolo epilogo che metterà veramente la
parola
fine a tutto.
Scusate
il ritardo, ma ho avuto problemi con il pc, e poi…
sinceramente mi ero
dimenticata di questo capitoletto… scusate, perdonate questa
smemorata che un
giorno o l’altro dimenticherà a casa anche la
testa!
Epilogo
Finalmente
Diana
cinse con le braccia i fianchi di Luis da dietro e gli chiese, seria e
determinata:
-Sei
sicuro che sia quello il posto? – erano ormai cinque giorni
che viaggiavano su
quelle montagne sperdute. Diana si era affidata completamente
all’istinto di
Luis, che percepiva Albus, essendo esso una parte di lui. O era il
contrario.
No, forse… insomma, quella roba là!
Quella
mattina Luis l’aveva svegliata, aveva gli occhi verde scuro
immersi nella luce
folle della scoperta. L’aveva tormentata mentre faceva
colazione, incitandola
ripetutamente a muoversi (lui, come una specie di zombie, non aveva
bisogno di
mangiare). Dopo di che l’aveva condotta davanti a quella
parete di roccia,
indicando la grotta in cima. Il suo Albus si trovava lì.
-Ne
sono più che certo – confermò Luis, per
l’ennesima volta. Diana non riusciva a
credere di aver finalmente trovato il suo Albus. Sorrise.
Poi
si diede delicatamente la spinta con i piedi e un attimo dopo, era in
aria, e
volava velocemente verso la caverna, con Luis tra le braccia.
Arrivarono
alla sporgenza di roccia in pochi minuti. Diana era sempre stata un
vero e
proprio talento nel volo. Un giorno o l’altro avrebbe potuto
sfidare Scorpius…
si sarebbero divertiti, insieme.
A
quel pensiero il suo sorriso divenne ancora più grande. Era
tornata a vivere,
finalmente. Voleva amare, voleva divertirsi, urlare, essere una
bambina. Tutto
ciò che non aveva mai potuto essere a causa della scoperta
della sua natura e,
precedentemente, dalla fughe dai vari istituti in cui
l’avevano rinchiusa.
-Ricordi
quello che devi fare? – le chiese Luis, sul ciglio della
sporgenza. Non poteva
avvicinarsi troppo per non rischiare di toccare la barriera. Diana
invece
poteva sperare di riuscire ad attraversarla perché amava
Albus. La barriera di
dolore e odio non conosceva amore, e lei avrebbe potuto entrare senza
pericolo.
Annuì
e chiuse gli occhi. Doveva riempirsi d’amore. Diventare un
vero e proprio
sentimento d’amore puro.
Pensò ad Albus,
ai suoi occhi e al suo sorriso, che le facevano esplodere il cuore nel
petto.
Pensò al
suo sguardo meravigliato la prima volta che l’aveva
incontrato,
come se avesse visto una creatura che non credeva potesse esistere.
Pensò
allo sguardo ansioso e protettivo, pieno di preoccupazione, che aveva
assunto
quando l’aveva vista combattere da sola contro una dozzina di
zombie.
Pensò a
quando si era resa conto, qualche giorno prima, che la sua magia
aveva cambiato leggermente colore, passando dal verde scuro al verde
smeraldo. E
quando aveva visto la magia di Albus fare lo stesso, diventare dello
stesso
colore inquietante dei suoi occhi, aveva sentito il cuore riempirsi di
una
strana sensazione.
Solo
ora aveva capito cos’era quella stessa sensazione che le
riempiva il cuore ogni
volta che si parlavano o lui la guardava.
Era
amore.
Fece
pochi passi in avanti ed entrò nella caverna. La barriera si
illuminò appena di
luce rossastra, ma non fece una piega. Diana sorrise e corse in fondo,
dove
stava una bara di legno grezzo, sigillata.
Evocò
le sue sfere di magia e ne passò una
sull’attaccatura della bara,
sciogliendola. Poi trattene il fiato.
Dentro c’era Albus, il suo Albus, che sembrava
addormentato
placidamente.
Diana
prese coraggio e si chinò su di lui. Annullò con
uno scatto la distanza tra le
loro labbra. Le labbra del moro erano morbide e carnose, e Diana le
assaporò a
pieno e a occhi chiusi. Non si accorse nemmeno della luce che si stava
sprigionando dal corpo del ragazzo.
Si
staccò da lui solo quando il calore si fece impossibile da
sopportare. La
stessa luce proveniva dal fondo della caverna, sprigionata da Luis.
Con
una magia ammirevole che nemmeno un’esperta come Diana
capì a pieno, lo spirito
di Luis tornò nella bara, mentre Albus si
risvegliò fuori dalla caverna,
sbattendo le palpebre confuso.
Diana
salutò velocemente Luis con un bacio sulla fronte, poi corse
da Albus per abbracciarlo.
Al ragazzo si illuminò il viso quando la vide, e sorrise
calorosamente.
Purtroppo perse l’equilibrio e cadde giù, urlando.
Diana
rimase un attimo immobile, impietrita, poi prese la rincorsa e si
buttò giù. Albus
si stava dimenando, in preda al terrore. Lei accelerò e gli
cinse i fianchi con
le braccia, e lo stesso fece il ragazzo.
Poco
dopo erano in aria, abbracciati l’uno all’altra,
con i visi a pochi centimetri
di distanza.
-Oddio…
grazia Diana, non so che avrei fatto…- ma non
riuscì a terminare la frase,
perché le labbra dell’Angelo si posarono
nuovamente sulle sue. Albus strabuzzò
inizialmente gli occhi, poi li chiuse, ricambiando il bacio.
E
Diana si sentì finalmente completa.
Anni
dopo….
-Rose,
davvero, così mi fai commuovere! –
esclamò Diana, portandosi le mani a coprire
la bocca, per cercare di trattenere le emozioni.
-E
perché no? Allora te lo ripeto, sarai la madrina!
– ripetè la rossa sorridendo.
Albus e Scorpius, che aveva in braccio la bimba, si scambiarono uno
sguardo
d’intesa.
-Sì,
amico, tu sarai il padrino – confermò il biondo
con lo sguardo. Albus ricambiò
il sorriso, commosso, guardando la sua piccola figlioccia, di appena
poche ore.
Era bellissima, con il volto paffuto e roseo, e le labbra morbide. Ma
era il
nome che aveva scelto Rose il vero motivo per cui le lacrime gli
scorrevano
umilianti sul viso.
-Amore,
sei sicura? – chiese ancora una volta, tanto che Rose
indurì lo sguardo e alzò
gli occhi al cielo. Diana rise sotto i baffi a
quell’adorabile scena.
-Sì,
Scorp, sono sicura. Nostra figlia si chiamerà Astoria Jean
Malfoy, e non
rompere. La storia finisce qui!
Tutti
risero. Senza sapere
che la nostra finisce davvero qui.
Grazie
a tutti per aver
seguito questa malata di mente fino a qui. Che dire, vi avevo promesso
una
Drarry e ci sto lavorando, ma non credo che arriverà molto
presto perché mi ci
voglio davvero impegnare, stavolta. Però ogni tanto potrei
farmi viva con
qualche one-shot o cose così, chi lo sa.
Vi
amo tutti. Alla
prossima!
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