La voce del sangue di michiredfox (/viewuser.php?uid=33511)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***
Capitolo 4: *** Parte 4 ***
Capitolo 5: *** Parte 5 ***
Capitolo 6: *** Parte 6 ***
Capitolo 7: *** Parte 7 ***
Capitolo 8: *** Parte 8 ***
Capitolo 9: *** Parte 9 ***
Capitolo 10: *** Parte 10 ***
Capitolo 11: *** Parte 11 ***
Capitolo 12: *** Parte 12 ***
Capitolo 1 *** Parte 1 ***
Aprii lentamente gli occhi, tutto era ancora confuso ed offuscato nella mia
mente, non ero sicura di ricordare bene dove mi trovassi…
"003… 003… come ti senti mia cara?" la voce paterna del Dottor Gilmoure mi
riportò alla realtà.
Mi guardai intorno… il laboratorio… ero sdraiata sul lettino... tentai di
alzarmi, ma il mondo cominciò a ruotare velocemente e, non volendo, mi lasciai
sfuggire un gemito di dolore.
"Non devi fare sforzi, l’intervento è stato lungo e difficile… devi
riposare…" Chissà per quale motivo il Dottor Gilmoure riusciva sempre a
calmarmi… obbedii… in lui rivedevo mio padre… papà… mamma… Jean, fratello
mio…
Improvvisamente, ricordai tutto: ero lì perché avevo deciso di sottopormi ad
un’operazione che avrebbe migliorato le mie capacità combattive.
Durante le nostre missioni sono sempre stata ai margini della squadra, mai
completamente operativa come Joe… Joe… un altro problema da affrontare; mio
marito non aveva accettato di buon grado la mia volontà. "Proprio non ti
capisco… hai sempre sofferto la tua condizione di cyborg, più di tutti noi
altri, e adesso vuoi diventare addirittura come Ivan! Sei solo una gran
testarda!"
Ma poi senti da che pulpito viene la predica… perché non capisce che l’ho
fatto anche per lui, per poterlo aiutare di più…
"L’intervento è riuscito perfettamente 003" le parole del Professore
interruppero il fiume dei miei pensieri "ho installato nel tuo cervello un
microchip che agisce sui tuoi centri nervosi. D’ora in poi sarai in grado di
comunicare in modo telepatico e spostare gli oggetti a tuo piacimento, soltanto
con la forza della mente".
Mi sorpresi nel rispondere: "Grazie, dottore." Grazie? Grazie di cosa? Invece
di tornare indietro, avevo confermato la mia condizione di cyborg.
"Non credo che tu debba ringraziarmi" aveva ragione "so benissimo perché hai
voluto farlo, ma questo non mi fa sentire meglio".
"E’ stata una mia scelta".
Il Dottor Gilmoure sospirò profondamente e tacque per un lungo momento. Nei
suoi occhi potevo leggere una grande sofferenza; poi… qualcos’altro giunse a me…
i pensieri di un uomo pieno di rimorsi.
"Mi dispiace… mi dispiace veramente… tu sei come una figlia per me, la figlia
che non ho mai avuto… non dovevo farti diventare un cyborg tanti anni fa…
perdonami bambina mia, perdonami…"
"Non aveva altra possibilità, i Fantasmi Neri l’avrebbero uccisa" sentivo la
mia voce uscire dalla bocca come un’eco lontano…
Il Dottor Gilmoure volse il suo sguardo su di me… aveva gli occhi rossi di
chi sta per piangere, ma riuscì a dominarsi "Mi hai letto nel pensiero, questo
significa che l’impianto funziona" lo disse con malcelata noncuranza, come un
bambino che aveva svolto bene un compito, ma io capivo che stava soffrendo.
Tesi la mia mano verso di lui… si avvicinò… la prese tra le sue e la
strinse.
"Dottore… io sono felice adesso… qui, con tutti voi… siete la mia
famiglia…"
Le lacrime soffocate fino a quel momento uscirono dagli occhi del Professor
Gilmoure… non avrei mai voluto dargli tanto dolore.
"Non ha nessuna colpa da farsi perdonare" dissi.
L’anziano dottore sollevò il capo e mi guardò riconoscente…
"Grazie, figliola…"
Restammo così per un po’… in silenzio… con la mia mano tra le sue… avevo
quasi dimenticato che cosa si provava ad essere amata come una figlia…
"Beh… vado a chiamare tuo marito adesso. Così smetterà di consumare il
pavimento di casa a forza di camminare avanti e indietro".
Sorrisi al pensiero e anuii… ora veniva il momento più difficile…
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Capitolo 2 *** Parte 2 ***
G
"Vuoi darti una calmata 009? Tra non molto ti ritroverai a
camminare sottoterra!"
Joe si fermò al suono della voce di Albert, guardò per un
momento l’amico senza dire una parola, poi riprese il suo angosciante avanti e
indietro per la sala, aspettando… ancora… e ancora…
"Dannazione!" alla fine esplose "Basta! Quest’attesa è
insopportabile! Vado al laboratorio."
"Non fare stupidaggini come al solito! Andrà tutto bene vedrai.
Cerca di stare buono e tranquillo" disse Jet.
"Parli bene tu! Ma c’è mia moglie sotto i ferri!"… si accorse
immediatamente di aver sbagliato ad usare quel tono… in fondo stavano solo
tentando di rincuorarlo… non avrebbe dovuto aggredirli così.
"Scusami Jet… scusatemi tutti… non sono in me in questo
momento"
005 rispose "Non preoccuparti 009, comprendiamo perfettamente la
situazione… ma Françoise è una donna molto forte… andrà bene".
Joe gli sorrise con non molta convinzione.
In quello stesso istante la porta della grande sala si aprì e
sulla soglia comparve il Dottor Gilmoure, le braccia incrociate dietro la
schiena, lo sguardo perso nel vuoto… sembrava molto più anziano degli anni che
aveva in realtà.
"Allora, professore? Com’è andata?" chiese Bretagna.
"Sì, ci dica tutto dottore, come sta?" intervenne
Chang.
"Si è svolto tutto correttamente" rispose il Dottor Gilmoure
"Non poteva andare meglio", poi si rivolse a Joe: "009…"
"Sì Professore"
"Adesso puoi vederla, è sveglia e sta bene… ti accompagno da
lei" nel dire queste parole, tornò sui suoi passi e Joe lo seguì
immediatamente.
Gli altri rimasero in silenzio, un silenzio
interminabile…
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Percorrevano il lungo corridoio che portava al laboratorio senza
dire una parola, fianco a fianco, poi… finalmente… arrivarono.
Il Dottor Gilmoure si fermò, appoggiò la sua mano sul braccio di
Joe e disse: "Ascolta, ragazzo…003 ha subito dei grandi cambiamenti con questa
operazione, te ne rendi conto vero?"
"Sì" rispose con un filo di voce.
"Vedi… ora è un cyborg molto più potente, se riuscirà con il
tempo ad imparare ad usare bene i suoi nuovi poteri, potrebbe diventare molto
più forte di 001".
"Capisco" non sapeva se esserne felice o meno.
"Devi stare molto vicino a Françoise… in questo momento ha
bisogno di te più di qualsiasi altra persona… potrebbe attraversare un periodo
difficile a causa delle sue nuove capacità…"
"Cosa intende dire dottore?"
"003 non è abituata ad avere poteri… per così dire… attivi, come
i tuoi. Da adesso in poi li avrà invece e dovrà imparare a gestirli… per lei è
come nascere cyborg una seconda volta".
Joe distolse lo sguardo dal volto del Professore… "Perché?…
ancora non riesco a spiegarmi il motivo… non doveva… non era necessario… non…" i
suoi occhi erano colmi di tristezza "… ma in fondo la colpa è anche mia… non
avrei dovuto permetterle di farlo".
"Sei così sicuro che ti avrebbe dato ascolto?" aggiunse il
Dottor Gilmoure.
Joe sorrise involontariamente "No… e, a quanto pare, ne ho avuto
la dimostrazione".
"Figliolo… capisco quello che provi, ma non far pesare a
Françoise la sua decisione" Joe stava per rispondere ma il Professore gli fece
cenno di tacere "No… ascoltami… l’intervento a cui si è sottoposta quella
ragazza è stato molto pesante, non materialmente, bensì psicologicamente. La sua
vita cambierà d’ora in poi; i suoi nuovi poteri sono per lei un traguardo ora,
ma in futuro potrebbero anche trasformarsi nella sua maledizione se non imparerà
ad usarli o se voi tutti, e tu in particolare, la farete sentire in
colpa".
Joe ascoltava il saggio scienziato senza dire una
parola.
"Adesso lei ha acquisito una grande forza psichica, può arrivare
ai tuoi pensieri prima ancora che tu sia in grado di esprimerli a parole, è in
grado di spostare gli oggetti, anche quelli più improbabili da muovere. Devi
aiutarla ad essere orgogliosa di questo e mai pentita. Mi capisci
009?"
Joe ascoltava esterrefatto; sì, capiva perfettamente le parole
del Dottor Gilmoure, ma la sua mente si rifiutava di accettarle.
"Non so se ci riuscirò…"
"Invece dovrai esserne capace! Lei è tua moglie, ti ama e si
fida totalmente soltanto di te. Dovrai farlo Joe o giuro su tutto ciò che ho di
più caro che se la farai soffrire ti smonterò pezzo per pezzo, così come ti ho
costruito, sono stato chiaro?"
009 non sapeva bene se ridere o prendere seriamente quella che
sembrava una vera e propria minaccia…
"Guarda che non sto scherzando affatto!" ma al buon dottore
sfuggì una smorfia ironica che smorzò un poco la tensione "ti smonterò e con i
tuoi pezzi mi costruirò un bel frullatore!"
Joe, allora, sorrise di rimando e disse: "Non c’è bisogno di
avvertimenti minatori dottore. Darei anche la mia vita per lei".
Il Professor Gilmoure tornò di nuovo serio "Lo so ragazzo…" e
pensò "Chissà, forse un giorno potrebbe essere
necessario…"
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Capitolo 3 *** Parte 3 ***
G
Non avevo più la
cognizione del tempo, mi sembrava che fosse trascorsa un’eternità da quando il
Dottor Gilmoure era andato a cercare Joe, invece mi resi conto dalle lancette
dell’orologio a parete del laboratorio che era passata solo un’ora. Ero
immersa nel silenzio quando sulla porta della stanza comparve mio marito,
accompagnato dal Professore. Prima dell’operazione era molto arrabbiato con
me, ma ora che lo guardavo negli occhi, mi pareva che fosse svanito tutto.
Sospirai di sollievo… non volevo creare ulteriori tensioni tra di noi… non avrei
potuto sopportarlo… “Joe…” sollevai la mano destra verso di lui, desideravo
tanto che venisse da me… “Vi lascio ora, ma non farla stancare d’accordo?”
disse il Dottor Gilmoure. “Va bene… grazie, dottore” rispose Joe. La porta
si richiuse, lasciandoci soli; mio marito prese la mano che gli avevo offerto e
pose l’altra sulla mia fronte. “Come ti senti?” “Meglio… ora che sei qui
con me…” Cadde un silenzio terrificante tra di noi… Joe non parlava, si
limitava a stringere la mia mano… ed io non sapevo bene cosa pensare… cosa poter
dire per rompere quell’atmosfera gelida che si era creata. Alla fine, parlai…
lui aveva bisogno di una spiegazione ed io non volevo perderlo per nessun motivo
al mondo. “Sei ancora arrabbiato?” Joe prese tempo, ponderando la risposta
“Sinceramente… non lo so. Da una parte lo sono perché non riesco proprio ad
accettare la tua decisione, ma… dall’altra, vederti così mi fa star male più di
quanto immagini…” “Mi dispiace… ma non devi più preoccuparti adesso. Sto bene
e mi riprenderò presto vedrai.” Lui lasciò la mia mano, si alzò e si diresse
verso la finestra, voltandomi le spalle… “Perché Françoise? Spiegami il
motivo, il perché di tutto questo…” “Joe… tesoro, guardami…” si voltò verso
di me “ti ricordi che cosa mi hai promesso quando ci siamo sposati?” “Come
posso averlo dimenticato? Mi credi così superficiale?” Non capiva dove volevo
arrivare… “Che cosa mi hai promesso, Joe?” “Ho giurato di amarti, proteggerti
e aver cura di te, nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non ci
separi”. La sua voce tremava… stava soffrendo… ed ero stata proprio io a
dargli questo dolore… io, che avrei preferito morire pur di non vederlo
così… “Joe… io ho fatto la stessa promessa a te…” “Non è una
giustificazione per… aprì le braccia “…questo”. “Tesoro… ascoltami. E’ stata
una decisione molto dura per me, ma era la più giusta che potessi mai
prendere…” “Continuo a non capirti…” si avvicinò di nuovo al mio letto e si
sedette. “Vedi, quello che ho fatto, è vero, l’ho fatto per noi, per tutti i
nostri amici, ma… soprattutto, per me… Fino ad ora non ho mai completamente
imparato a camminare con le mie gambe. Non sto parlando solo degli ultimi anni;
fin da bambina, sono sempre stata la piccola di casa… i miei genitori, mio
fratello, mi tenevano lontano dalle difficoltà e dai dispiaceri della vita. Non
ho mai conosciuto il vero dolore finché non sono stata rapita dai Fantasmi Neri
e trasformata in una macchina…” “Françoise…” stava per replicare, ma io posi
due dita sulle sue labbra per impedirgli di parlare. “No… ti prego… lasciami
finire” e continuai “Anche dopo, quando ormai ero un cyborg, tutti voi mi avete
sempre protetta, spesso rischiando di morire per me… ed io non voglio che accada
questo… mi capisci Joe?” “Credo di sì…” “Ora che so di poter essere
indipendente in battaglia, di potervi aiutare… sono finalmente
soddisfatta”. Lui non disse nulla, prese di nuovo la mia mano e la baciò; le
mie parole dovevano averlo sconvolto, perché quando alzò lo sguardo su di me,
aveva gli occhi pieni di lacrime. Niente mi aveva preparato a quello che
disse dopo “Amore mio… perdonami…” “Perdonarti? Per quale motivo?” Non capivo
dove voleva arrivare. “Perché in tutti questi anni ho commesso molti sbagli
con te, primo tra tutti quello di farti soffrire. Tu eri sempre presente quando
avevo bisogno, sei rimasta accanto a me, anche quando ti rifiutavo, ed io? Sono
stato un grande egoista, Françoise, ma saprò rimediare ai miei errori, te lo
prometto tesoro…” Non riuscivo a rispondere… era la prima volta che mi
parlava in questo modo, a cuore aperto; mi sentii di nuovo viva, amata come
avevo sempre desiderato da lui. Avrei voluto dire qualcosa, ma una voce alle mie
spalle me lo impedì. “Già… e sarà meglio per te mantenere la promessa
bello!” Alzai gli occhi “Jet!” “Anche se campassi cent’anni, non
troveresti mai un’altra come la nostra ballerina, vero 007?” “Albert, ci sei
anche tu!” “Sicuro” aggiunse Bretagna “oh… e sia chiaro piccolina… se un
giorno dovessi stancarti del qui presente Mister Bellimbusto… io sono sempre
disponibile!” Joe bofonchiò offeso ed io scoppiai a ridere “Non contarci
troppo però…” Di lì a poco arrivarono tutti gli altri… Geronimo, Chang,
Punma… il mio piccolo Ivan… sì, le cose sarebbero cambiate da adesso in poi… la
mia vita stava finalmente percorrendo il binario giusto… ero viva, circondata
dall’affetto delle persone che più amavo… avrei voluto che quel momento durasse
per sempre…
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Capitolo 4 *** Parte 4 ***
G
“Allora, 003… fa
attenzione! Noi siamo i nemici e tu devi cercare di evitare i nostri attacchi,
capito?” “Va bene Jet, tutto chiaro!” Eravamo fuori dalla nostra base, sul
grande spazio vuoto che fronteggiava la casa; i miei amici erano disposti in
cerchio intorno a me, tutti tranne Joe, che stava in disparte, con Ivan in
braccio e il Dottor Gilmoure al suo fianco. Raccolsi tutta la mia
concentrazione. Erano passati circa sei mesi dal mio intervento e dalla
successiva acquisizione dei miei nuovi poteri; durante il tempo trascorso avevo
imparato abbastanza bene a controllare le mie capacità, anche se non avevo avuto
ancora modo di metterle alla prova, poiché non c’era stata alcuna missione da
sostenere. Così, continuavo ad allenarmi per cercare di sfruttare le mie nuove
abilità, in attesa del momento in cui avrei potuto dimostrarle
pienamente. “Via!” 002 spiccò il volo, mentre tutti gli altri cominciarono a
muoversi intorno a me. Chiusi gli occhi… il primo ad attaccare fu 005, che mi
lanciò contro un masso, avvolto in una sfera di fuoco creata appositamente da
006. Ordinai mentalmente alle fiamme di spegnersi ed esse mi obbedirono, quindi
scagliai l’enorme sasso contro 004 che stava per colpire; ovviamente lo fermai
prima che potesse fare del male ad Albert, ma questo bastò a farlo desistere dai
suoi propositi belligeranti… Fu la volta di 008; estrasse la sua pistola, ma
rimase immobile, poiché Ivan chiamò a raccolta le acque del mare che circondava
la base, creando un’onda gigantesca… nel momento in cui quella massa informe
stava arrivando contro di me, alzai la mano destra e riuscii a bloccarla a
mezz’aria. Le onde continuarono a vorticare per un istante, poi abbassai la mano
ed esse si infransero di nuovo sulla spiaggia. Mi voltai verso 007… “Ehm…
passo!” detto questo, si trasformò in un coloratissimo uccellino e volò
via. “Ma tu guarda con chi devo lavorare!” esclamò 002, portandosi una mano
alla fronte “Ok piccola, vediamo se riesci a fermare anche me!” Si mosse
velocemente verso di me, ma io avevo previsto tutto “Non lo farei se fossi in te
Jet!” “Paura?” “Come non detto…” scrollai le spalle, alzai di nuovo la
mano e fermai 002, tenendolo sospeso per un momento nel cielo. “Ehi fammi
scendere!... Non vale, questo viola le regole!” “Quali regole, Jet? Non mi
sembra di averti mai sentito parlare di regole…” “E su… sii buona, mettimi
giù…” “D’accordo, come preferisci…” lo scaraventai letteralmente al suolo,
per poi fermarlo un secondo prima che toccasse terra. 002 emise una specie di
grugnito offeso “Grazie tante… Ehi Joe, tua moglie sta diventando sempre più
cattiva con me”. “Non sarai tu invece che ti stai rammollendo?” rispose
lui. “Accidenti… siete proprio due arpie…” Tutti scoppiarono a ridere,
finché Joe non riprese la parola “E va bene tesoro… adesso vediamo come te la
cavi contro di me…” Non aspettavo altro, finalmente potevo dimostrare a mio
marito che cosa ero capace di fare. Joe porse Ivan al Dottor Gilmoure e si
avvicinò dicendo: “Mi sposterò alla velocità del mio acceleratore; tu devi
cercare di fermarmi, sei pronta?” Annuii. “Accelerazione!” Scomparve
dalla mia vista… cercai di concentrarmi ancora di più… si muoveva davvero in
fretta… ecco… un lampo… “Ti vedo!” gridai… aprii entrambe le mani… si bloccò
davanti a me… Sorrideva: “Sei stata bravissima” L’allenamento era terminato,
ero stanca ma felice di quello che finalmente sapevo fare; gettai le braccia
attorno al collo di Joe e lo baciai. Lui ricambiò il mio bacio tenendomi stretta
a sé… ormai non provavamo più timore nel mostrare i nostri sentimenti agli
altri. “Sempre a lui tutte le fortune… e mica è giusto pero!” Mi staccai
un momento da mio marito e guardai oltre… “007… non essere geloso, lo sai che
tu sei il mio attore preferito!” “Ehi… smettila di leggermi nel
pensiero!...no dico, non esiste più la privacy?... devo ricordarmi di starti più
lontano…” disse Bretagna arrossendo… Gli altri risero… Il Dottor Gilmoure
interruppe la scenetta familiare: “Bene, ragazzi, siete stati davvero molto
bravi, soprattutto tu 003, complimenti davvero… ma adesso torniamo alla realtà…
devo illustrarvi una nuova missione… seguitemi”. Ci avviammo velocemente per
tornare alla base; durante il breve percorso, la mia mente vorticava di mille
pensieri: finalmente la mia prima vera
missione! __________________________________________________________________
Seduta al tavolo della
sala comandi, continuavo a chiedermi mentalmente quali sarebbero stati i miei
compiti nella prossima battaglia. Il Dottor Gilmoure iniziò a parlare “Ragazzi
miei, la missione che vi illustrerò tra poco richiederà tutta la vostra
attenzione. Vi prego di non interrompermi durante la spiegazione… dopo potrete
farmi qualsiasi domanda”. Il Professore spense le luci e proiettò a video
l’immagine di un’enorme fabbrica “Questa è la Tenax… è una grossa industria
farmaceutica francese che opera in tutto il mondo. Sembra però che non si occupi
solo di medicinali…” Sullo schermo apparve la diapositiva di un uomo calvo,
con occhiali scuri e lunghi baffi “Questo è uno dei due soci proprietari della
Tenax, Maurice Girodin…non sappiamo l’identità dell’altro, tuttavia ho scoperto
che il nostro individuo misterioso è la vera e propria mente creatrice del
Voltrex” nuova diapositiva “il Voltrex, come vedete, sembra un comune palliativo
influenzale, in realtà è una droga potentissima, che non lascia residui
nell’organismo umano, ma porta ad assuefazione ed alla morte in pochissimo
tempo. Il nostro compito è distruggere la Tenax ed eventuali altre fabbriche
produttrici del Voltrex. Ci sono domande?” “Sì” intervenne Joe “perché questa
droga è in commercio se tutti sanno chi la produce? Non potrebbero semplicemente
chiudere l’industria ed arrestare i proprietari?” “Pare che non sia così
semplice… i nostri due soci hanno contatti nelle alte sfere che permettono loro
di fare ciò che vogliono…” “Potremmo far parlare questo Girodin e
costringerlo a rivelarci il nome del suo compare, visto che è a lui che dobbiamo
arrivare” disse Punma. “E’ proprio quello che avevo in mente”…altra
diapositiva… “ecco qui… questo che vedete è il Club La Ville Lumière; è uno dei
locali più in voga a Parigi in questo momento e indovinate a chi
appartiene?” “Mmmmh… a Girodin per caso?” disse Bretagna. “Esatto! Il
nostro amico ne possiede una vera e propria catena, dislocata in tutte le più
grandi città di Francia. Il Club di Parigi è quello più famoso perché ospita
tutte le sere personaggi importanti dell’alta società francese” “Che cosa
dobbiamo fare, dottore?” chiese Albert. “Partiremo domani mattina con il
primo aereo per Parigi e, una volta arrivati, 003 si recherà in questo locale e
cercherà di avvicinare Girodin… pare abbia un debole per le belle donne…
ovviamente non andrai sola Françoise, tuo marito e 002 verranno insieme a te,
senza farsi notare e, in caso di necessità, interverranno. “Va bene”
risposi. “Bene ragazzi miei, andate a riposare ora, ci aspetta una lunga
giornata…” Il Dottor Gilmoure si ritirò nella sua stanza; noi tutti lo
imitammo… dovevamo preparare i bagagli per il viaggio… ero così
emozionata…domani… domani dopo così tanto tempo avrei rivisto la mia bellissima
Parigi…
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Capitolo 5 *** Parte 5 ***
G
“Uff… sono esausta!”
richiusi finalmente l’enorme valigia che avevo preparato con cura per il nostro
viaggio. “Dovresti riposare tesoro… negli ultimi tempi ti sei stancata
molto…” disse Joe, che mi guardava dall’altra parte della nostra camera. “Sì
hai ragione… comunque qua ho finito… adesso vado a farmi una doccia e poi subito
a dormire… domani dobbiamo alzarci presto…” Mio marito sorrise: “Sai… in
questo momento sembri una bambina che ha appena ricevuto un bel
regalo…” “Beh… sì, è vero… in fondo rivedere Parigi ha sempre un effetto
positivo su di me!” “L’avevo notato… dovrò portarti in Francia più
spesso!” Mi avvicinai con fare vagamente minaccioso, puntando il dito indice
contro di lui, dicendo: “Non in Francia mon amour… a Paris!” “Oh… come
desidera, madame!” fece un inchino che aveva qualcosa di comico, così non
potemmo fare a meno di scoppiare a ridere entrambi. “Purtroppo non sarà un
viaggio di piacere…” disse Joe, tornando di nuovo serio. “Oh no… non
ricordarmelo… ci penseremo domani” sfiorai le sue labbra con un bacio e mi recai
in bagno, lasciandolo alle prese con il suo bagaglio… L’acqua scorreva sopra
di me… era una sensazione strana, il suo cadere lento aveva il potere di lavare
via i miei dispiaceri, tutti i miei brutti ricordi… era solo un momento, sapevo
che sarebbero tornati, ma più il tempo passava e più riuscivo ad attutire il
dolore e le sofferenze di una vita da cyborg… Improvvisamente sentii un tocco
leggero, diverso, prima sulle mie spalle… poi lungo la schiena… per finire sui
fianchi… “Non sapevo che l’acqua avesse le dita…” dissi. Joe non rispose,
ma riuscii ad intuire il suo sorriso, prima che cominciasse a baciarmi sul
collo… “Tesoro… è molto tardi…” tentai invano di resistere, ma lo volevo
davvero? Mi voltò verso di sé, prendendo il mio viso tra le sue mani… i suoi
occhi scuri mi fissavano in silenzio… era come se mi vedesse per la prima volta
in vita sua… Quel suo sguardo profondo aveva sempre avuto un effetto ipnotico
su di me… “Joe…” tentai di parlare… ma non sapevo bene che cosa voler dire
con precisione. Lui sfiorò i miei capelli bagnati… “Sei così bella…” la sua
voce era rotta dall’emozione… “sei la cosa migliore che sia capitata in tutta la
mia esistenza… ti amo Françoise… ti ho sempre amata tanto…” Avevo le lacrime
agli occhi… prese le mie mani e le poggiò sul suo petto… “Senti?... Anche se
sono un cyborg, ho ancora un cuore e appartiene solo a te… tu sei entrata qui
dentro e farò in modo che niente e nessuno possa portarti via da me…” “Amore
mio… questo non succederà mai…” Mi attirò a sé, cingendomi la vita e mi baciò
profondamente… non riuscivo più a percepire il mondo intorno a me, soltanto le
sue labbra sulle mie… soltanto i nostri sentimenti… Ci amammo per tutta la
notte… __________________________________________________________________
Il viaggio per Parigi
era stato molto lungo e la differenza di fuso orario si era fatta sentire… come
se non bastasse, Joe ed io ci eravamo sorbiti per tutto il tempo le battutine
ironiche di 002… “Ma guarda che facce pallidocce… qualcuno si è stancato
parecchio stanotte!” disse, mentre facevamo il nostro ingresso all’hotel La
Paix, che ci avrebbe ospitato per i giorni avvenire. Alla fine, esausta, gli
risposi per le rime “Hai proprio ragione Jet… sai, dovresti provare a farlo
anche tu ogni tanto... potrebbe anche piacerti…” Gli altri scoppiarono a
ridere, mentre 002 diventava rosso in viso come i suoi capelli… Bretagna si
avvicinò e gli dette una pacca amichevole sulla spalla “Te la sei proprio
cercata, amico!” Jet emise quello che sembrava un ringhio soffocato che
aumentò ancora di più l’ilarità generale. “Ah… ehm…” il Dottor Gilmoure
interruppe quella che per me era diventata una situazione imbarazzante “andate a
sistemarvi nelle camere ragazzi… 002, 003, 009… ci troviamo qui nella hall alle
22.00 in punto” detto questo si avviò alla reception per ritirare le chiavi
della sua stanza e noi lo imitammo… La missione era ufficialmente
iniziata.
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Capitolo 6 *** Parte 6 ***
G
“E questo è tutto…” il Dottor
Gilmoure aveva appena terminato di ricapitolare i nostri compiti principali…
erano più o meno le dieci e trenta di sera… “E’ chiaro ragazzi?” “Sì”
rispondemmo all’unisono. “Mi raccomando, ricordate… niente gesti avventati…
dobbiamo solo ottenere il nome del socio di Girodin senza destare clamore,
d’accordo?” “Va bene professore…” “Buona fortuna…” Ci avviammo tutti e
tre verso la limousine noleggiata per l’occasione… l’autista ci stava aspettando
proprio davanti l’hotel e, non appena ci vide camminare nella sua direzione, si
affrettò ad aprire la portiera posteriore con un inchino, facendo segno di
accomodarsi… “Perdindirindina… che lusso!” disse sottovoce Jet… “Cerchiamo
di stare al gioco…” risposi, entrando nell’auto… anche se chiamarla auto era
alquanto riduttivo… Una volta saliti, lo chauffeur prese posto alla guida e
partì lentamente. Il Club La Ville Lumière non era molto lontano ed arrivammo
nel giro di pochi minuti… c’era una gran folla all’ingresso, di fronte al quale
la limousine si fermò. “Sei semplicemente meravigliosa” non mi ero accorta
dello sguardo di Joe… ero talmente assorta nei miei pensieri… Per quella
serata dovevamo portare abiti eleganti per cercare di passare inosservati, così
io indossavo un lungo vestito di seta azzurra, con una profonda scollatura sulla
schiena, mentre Jet e mio marito avevano ciascuno un bellissimo smoking scuro…
tuttavia mi sentivo molto a disagio in quell’abito per me troppo
provocante… “Non è un po’ esagerato?” dissi voltandomi. “Ma no… stai
benissimo, vero Jet?” “Sicuro! Dovresti vestirti così un po’ più
spesso…” “Sarà…” Joe tornò di nuovo serio, dopo aver fulminato con gli
occhi 002 per il suo apprezzamento “Bene… ci siamo… dovrai entrare da sola e
localizzare Girodin… noi ti seguiremo e non ti perderemo di vista un
istante…” “D’accordo…” “La macchina tornerà a prenderci tra circa un’ora”
disse 002 “muoviamoci”. “Sta’ attenta” Joe sembrava preoccupato… cercai di
tranquillizzarlo con un bacio… “Andrà tutto bene… ci vediamo tra poco”, mi
voltai senza dargli il tempo di replicare e mi tuffai nel vortice di persone che
affollavano il locale. Il Club era davvero molto chic, arredato con gusto,
anche se ostentava un certo sfarzo… Aveva numerosi tavoli, ovviamente tutti
occupati, ed un enorme bancone che aveva funzione di bar; le pareti erano
coperte di specchi e drappi di seta… “Questo tizio non si fa mancare proprio
niente…” Guardandomi intorno, notai subito una porticina che presumibilmente
dava sul retro del locale… “Joe… Joe… mi senti?” cercai di contattare
mentalmente mio marito… “Forte e chiaro…” “C’è una porta in fondo alla
sala… vado a controllare…” “Va bene… siamo dentro anche noi… seduti al bar,
riesci a vederci?” Mi voltai… “Sì…” sapere della loro presenza mi dava
sicurezza. Mi diressi verso la porta… non era sorvegliata e neppure chiusa a
chiave… aprii pensando che mi sarebbero piovuti addosso perlomeno sette o otto
gorilla, ma non accadde nulla e riuscii ad entrare indisturbata… Richiusi la
porta dietro di me… la stanza che avevo davanti era piccola, senza finestre, con
solo una scrivania colma di fogli, su cui campeggiava il nome Directeur:
Monsieur Maurice Girodin, scritto sopra una targa… “E’ l’ufficio del capo
dunque!” pensai, cominciando a passare in rassegna le carte sul tavolo… forse
avrei potuto trovare facilmente informazioni interessanti… Purtroppo la mia
ricerca si interruppe molto presto, perché qualche minuto dopo la porta della
stanza si spalancò ed io mi ritrovai davanti all’uomo che avevo visto in una
diapositiva soltanto un giorno prima… Non ero riuscita a prevedere il suo
arrivo, nonostante le mie capacità. Mi squadrò dall’alto in basso, poi sulla
sua bocca comparve un largo sorriso, quasi lussurioso… “Guarda un po’ chi
abbiamo qui… un’affascinante signora…” Dissi la prima cosa che mi venne in
mente “Mi dispiace monsieur… cercavo la toilette e devo essermi persa” che scusa
idiota Françoise! “La prego mademoiselle… non fa niente… mi permetta di
presentarmi… il mio nome è Maurice Girodin e sono il proprietario de La Ville
Lumière” afferrò la mia mano e la baciò sul dorso… quell’uomo era un essere
viscido, dovevo liberarmene alla svelta… “Mi scusi… devo proprio andare adesso…”
ma lui mi bloccò, forzando la sua mano sulle mie dita… “Che fretta c’è? Posso
offrirle qualcosa da bere?” Non avevo bisogno di entrare nella sua testa per
capire quali pensieri attraversavano la sua mente… ero disgustata… quasi senza
rendermene conto, ordinai al tagliacarte che si trovava sulla scrivania di
muoversi… in un attimo il piccolo coltello volò sotto il viso di quel serpente,
fermandosi a poca distanza dalla sua gola… terrorizzato, mollò la presa… “Ma…
ma… come diamine hai fatto?” chiese spaventato e immobile per la paura… “Non
provare mai più a toccarmi, verme schifoso…” sibilai. “Fossi in te farei come
dice amico, se non vuoi ritrovarti con una cerniera-lampo al posto del collo…”
disse 002, che era entrato nella stanza insieme a Joe… Avevano entrambi la
pistola in pugno… “Chi… chi diavolo siete? Che cosa volete da me?” Girodin
stava cominciando a sudare freddo… “Chi è il tuo socio alla Tenax? Vogliamo
il suo nome.” Joe aveva parlato con fermezza, senza tanti preamboli… era
completamente immerso nella missione… “Non so di cosa state parlando…” “Sì
che lo sai, bastardo! Parla o ti faccio il terzo occhio in fronte!” disse Jet,
alzando la sua arma e puntandola verso il capo di Girodin. “Va bene, va bene…
calmatevi… vi dirò tutto… ma per favore non uccidetemi” piagnucolò… Afferrai
il tagliacarte ancora sospeso a mezz’aria: “Siediti” L’uomo crollò a terra,
supplicando nuovamente di risparmiargli la vita. Joe si avvicinò e cominciò
ad interrogarlo… “Te lo chiedo di nuovo… chi è il tuo socio?” Girodin alzò
gli occhi, osservandoci tutti e tre… “Ma si può sapere chi siete?” “Non ha
nessuna importanza per te conoscere la nostra identità… rispondi alla domanda!”
gridò Jet. “Se ve lo dico sono un uomo morto…” “Sei morto se non parli”
continuò Jet. Sempre più in preda alla paura, cominciò a cantare come un
uccellino: “Lui ed io passiamo per i proprietari della Tenax, ma in realtà non
lo siamo affatto…” “Come sarebbe a dire?” Girodin annuì “Sì… l’industria
farmaceutica appartiene ad un’organizzazione estera che ha acquisito la fabbrica
non molto tempo fa…” I nostri sguardi si incrociarono… avevamo già
compreso… “… Si fanno chiamare Fantasmi Neri o qualcosa del genere…” continuò
“… hanno preso possesso del mercato internazionale della droga, grazie al
Voltrex; il mio socio si occupa del controllo della produzione ed io ho il
compito di venderla… abbiamo molte importanti personalità tra i nostri clienti…”
sorrise ironicamente. Aveva capito che avevamo bisogno di lui, per cui era
tornato di nuovo spavaldo. Joe mantenne la calma “Dicci il suo nome e ti
lasceremo andare…” “009!” esclamò Jet, ma mio marito gli fece cenno di tacere
e continuò: “Avanti!” “Mi dai la tua parola?” “Hai la mia parola” “E va
bene…” Tutto potevo aspettarmi, ma mai avrei immaginato le parole che
seguirono… “Si chiama Arnoul… Jean-Paul Arnaul”
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Capitolo 7 *** Parte 7 ***
La voce del sangue - Parte 1
“Come sta, Joe?” i cyborg erano in ansia per
Françoise, chiusa nella sua stanza d’albergo ormai da due giorni.
“Male ragazzi… molto male… non dorme più e
non vuole mangiare niente…”
“Lo credo bene” disse Bretagna “sapere che
il fratello è diventato un trafficante di droga… povera bambina, sarà distrutta
dal dispiacere…”
Albert intervenne “Però deve reagire…
chiudersi in se stessa non le servirà…”
Il Dottor Gilmoure cercò di cambiare
discorso “Perlomeno sappiamo dove cercarlo?”
Jet prese la parola “Sì, abbiamo fatto delle
ricerche con Punma e abbiamo scoperto che passa tutti i pomeriggi alla fabbrica,
vero 008?”
“Già, è molto meticoloso nei suoi programmi,
a volte si trattiene fino a tarda notte... se le nostre informazioni sono
esatte, dovrebbe trovarsi là in questo momento… potremmo andarci anche
subito…”
“Ben fatto” disse il professore “tra l’altro
dobbiamo fare in fretta o rischiamo di non trovarlo
vivo…”
“Cosa?” esclamarono i
cyborg.
“Proprio così… ho appurato dai giornali
francesi che Maurice Girodin è morto ieri…”
“Ma come è successo, dottore?” chiese
Chang.
“Pare che sia andato fuori strada con la sua
auto…”
“Sicuramente c’entra il Fantasma Nero” disse
Geronimo.
“Avranno scoperto che ormai era compromesso,
così hanno deciso di eliminarlo, facendo sembrare il tutto un incidente” parlò
Ivan.
“Per questo motivo dobbiamo trovare Arnaul
al più presto… andate subito ragazzi” ordinò il Dottor
Gilmoure.
I cyborg fecero per muoversi, ma una voce
perentoria li fermò “No!”
__________________________________________________________________
Si voltarono tutti al suono della mia
voce... dovevo avere un aspetto orribile perché i loro volti erano pieni di
apprensione, ma non mi importava affatto…
“No! Andrò io e andrò da
sola!”
Nonostante avessi parlato con decisione, Joe
cominciò ad irritarsi…
“Levatelo dalla testa! Non ti permetterò di
farti uccidere!”
“Non ho assolutamente voglia di discutere
con te in questo momento!” ma in realtà ero già in preda alla
collera…
Mio marito si rivolse agli altri, che
assistevano allibiti alla scena… non erano abituati a vederci litigare
“Scusateci un momento…” detto questo mi afferrò letteralmente per un braccio e
mi trascinò dall’altro lato della hall… Qui si fermò, tenendomi ancora stretta…
“Sei completamente impazzita per caso?”
Il suo tono di voce scatenò la mia rabbia,
soffocata per due interi giorni. Mi liberai con uno scatto improvviso, gridando:
“Non riuscirai a fermarmi, capito? E’ mio
fratello!”
“E tu sei mia moglie, Cristo! Non ti lascerò
andare incontro al suicidio!” urlò.
La mia ira cresceva “Ma che ne sai tu… tu
che sei cresciuto e vissuto sempre da solo, cosa vuoi saperne della
famiglia!”
Joe si immobilizzò… un lampo attraversò i
suoi occhi… lo avevo ferito a morte, ero stata tremendamente ingiusta… come
avevo potuto parlare così all’uomo che amavo? Tanto valeva avergli conficcato
una lama in mezzo al cuore, forse gli avrebbe fatto meno
male…
Lui mi afferrò per le spalle e mi obbligò ad
avvicinare il mio volto al suo… credevo volesse meritatamente punirmi, invece
disse soltanto “So che cosa significa avere una famiglia soltanto da quando ho
te!”
Restammo in silenzio per un momento, poi Joe
mi lasciò… lacrime amare iniziarono a scendere lungo il mio viso… io gli avevo
procurato un grande dolore e lui invece… mi resi conto che mi amava davvero
moltissimo…
“Perdonami” dissi “non avevo il diritto di
parlarti così…sai bene che non è quello che penso
veramente…”
Lui si calmò, si avvicinò a me e mi
abbracciò “Sì… lo so… capisco che sei
sconvolta…”
Alzai gli occhi “Devo parlare con Jean… devo
farlo… devo capire perché è cambiato così
tanto…”
Joe mi baciò… dopodiché disse “Va bene, ma
io verrò con te… ti accompagnerò soltanto e ti aspetterò fuori, così potrò
intervenire in caso di necessità… non mi intrometterò tra te e tuo fratello,
promesso.”
Sorrisi per la prima volta in due
giorni.
“Grazie… ti
amo…”
“Ti amo tanto anch’io… andiamo
adesso”
“Va bene”… ci dirigemmo verso il resto del
gruppo, rimasto discretamente in disparte… volevamo spiegare loro ciò che
avevamo deciso, ma… improvvisamente… non riuscii a vedere più niente… tutto si
fece buio intorno a me ed ebbi la sensazione di cadere nel
vuoto…
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Capitolo 8 *** Parte 8 ***
La voce del sangue - Parte 1
L’uomo dai
capelli chiari stava in piedi davanti alla grande finestra del suo ufficio,
contemplando il panorama della campagna francese… Dopo molto tempo, con un lieve
sospiro, si avvicinò alla sua scrivania e si sedette. Lentamente, aprì un
cassetto e ne estrasse una fotografia di vecchia data, logora e quasi
completamente consumata… tuttavia, vi si potevano ancora vedere i volti di due
giovani ragazzi sorridenti, nella piena stagione delle loro vite: uno era l’uomo
stesso, che abbracciava una giovane dai capelli biondi e gli occhi
azzurri…
Le sue dita
accarezzarono il viso della donna con delicatezza, quasi con timore che quel
leggero tocco potesse farla scomparire per sempre…
“Sto cercando un
passato che non tornerà mai più… se solo sapessi dove trovarti,
sorellina…”
La sua mente
tornò a quel maledetto giorno, quando le fu portata via sotto gli occhi… “Avrei
potuto fare di più… forse ora saremmo insieme… forse mamma e papà non sarebbero
morti di dolore…”
Forse…
forse…
Com’è strana la
vita… lui era un uomo affermato ormai, ma tutto quel potere gli era stato dato
proprio dai criminali che l’avevano rapita. Aveva pensato di entrare
nell’organizzazione perché così sarebbe stato più facile trovarla… ma le cose
erano andate diversamente da come sperava… erano passati quasi sei anni e non
aveva scoperto nulla sul destino di sua sorella… aveva finito per arrendersi,
convincendosi che forse era morta anche lei…
“Magari è stato
meglio così… almeno ora non puoi vedere quello che sono diventato e vergognarti
di me…”
Dai suoi occhi
cadde una lacrima che andò a sciogliersi sul bel viso della ragazza… Lui, che
non piangeva mai, che non si mostrava mai debole, si era lasciato trasportare
dalle sue emozioni… Irritato per quella mancanza di autocontrollo, scaraventò la
fotografia che aveva in mano nel cassetto della scrivania ancora aperto e lo
richiuse con forza, imprecando.
Nella foga del
suo gesto, si accorse di essersi lievemente ferito il dito indice con la carta
della foto… rimase immobile, fissando minuscole goccioline di sangue uscire
dalla sua pelle… fu assalito da una grande, inspiegabile
ansia…
I suoi pensieri
non riuscirono a prendere forma, perché sulla porta del suo ufficio comparve un
uomo… alto… il volto preoccupato…
“Chi è lei? Come
ha fatto ad entrare qui dentro?” l’uomo riprese il controllo di
sé…
“Sei Arnoul?”
chiese il misterioso individuo, passando direttamente al
tu…
Nessuna risposta,
l’altro ripeté “Jean-Paul Arnoul?”
“Perché vuole
saperlo?”
“E’ questione di
vita o di morte… sei tu Jean-Paul Arnaul?”
L’uomo esitò un
istante, poi… di nuovo quell’ansia… allora disse “Sono io, ma lei chi diamine
è?”
“Mi chiamo Joe
Shimamura… e sono tuo cognato…”
__________________________________________________________________
“009!” gridò
Albert, fissando un punto oltre Joe… Lui si voltò e fece appena in tempo a
sostenere 003, che cadde svenuta tra le sue braccia…
“Françoise!...
Françoise!... Tesoro, rispondimi! Françoise!...”
Gli altri si
radunarono intorno ai due ragazzi… 003 giaceva a terra e non mostrava alcun
segno di ripresa.
Il Dottor
Gilmoure le prese il polso e disse “Mmmmh… il battito è molto debole… dobbiamo
portarla subito in ospedale!”
“Cosa?” esclamò
002 “Professore, ma noi siamo cyborg… non possiamo andare in
ospedale!”
“Non dire
idiozie! Voi non siete completamente artificiali e comunque le parti robotiche e
meccaniche di 003 sono situate solo nel cervello… inoltre, qui all’ospedale di
Parigi lavora una mia collega ed amica, Caroline Fourier, che sa tutto di voi…
dobbiamo andare da lei, io non ho a disposizione gli strumenti necessari a
capire che cosa le ha provocato questo…” rispose lo
scienziato.
“Va bene,
sbrighiamoci” esclamò 009 “Ivan… puoi teletrasportarci
tutti?”
“Certamente!”
“Andiamo!”
__________________________________________________________________
In pochi secondi,
giunsero in ospedale e consegnarono Françoise alle cure della dottoressa
Fourier, assistita dal Dottor Gilmoure.
I cyborg
attendevano pazienti i risultati di quella visita in una piccola sala d’aspetto,
isolata dal resto della struttura sanitaria: nessuno doveva sapere che si
trovavano lì…
Joe era sempre
più in ansia: “Mi sento così inutile…”
“Siamo tutti
preoccupati” cercò di confortarlo Geronimo “ma l’unica cosa che possiamo fare è
aspettare…”
Rimasero in
religioso silenzio… 009 continuava a ripetersi mentalmente “Non voglio perderla…
no… non può lasciarmi solo”, come se le sue parole potessero in qualche modo
esorcizzare il fantasma della morte, di nuovo così vicina a
lui.
Dopo un’attesa
interminabile, la dottoressa Fourier comparve davanti agli otto cyborg, con il
Dottor Gilmoure al suo fianco.
Era una donna di
mezz’età, con i capelli corti ed il volto di una persona che aveva visto tanto
dolore nella sua vita; tuttavia, i suoi occhi emanavano ancora una luce vivida,
quasi un segno di speranza… teneva una cartella clinica…
Joe si avvicinò
immediatamente… davanti all’espressione interrogativa della dottoressa, disse
“Sono il marito… che cos’ha?”
I due scienziati
si scambiarono uno sguardo ed il Professor Gilmoure disse “Vieni con noi,
ragazzo…”
009, esitando, li
seguì; lo accompagnarono a quella che doveva sicuramente essere la sala
rianimazione, poiché era separata dalle altre camere e circondata da vetri molto
spessi. Françoise giaceva ancora svenuta all’interno della stanza, circondata da
tubicini, apparecchi medici e collegata ad una maschera che le consentiva di
respirare.
Joe era
sconvolto… non l’aveva mai vista in quello stato, neanche dopo il suo precedente
intervento: “Ma che cos’ha, dottore?”
Lo scienziato
sospirò e rispose: “Parla pure tu, Caroline…”
La donna porse la
mano destra a 009 “Innanzitutto, piacere di conoscerti… anche se avrei preferito
averlo fatto in circostanze diverse…” e continuò “…
siediti.”
Joe non resisteva
più in quell’incertezza… obbedì.
“Dunque, ragazzo…
ho due notizie per te: una buona ed una cattiva,
purtroppo…”
Lui guardò il
Dottor Gilmoure, che annuì con il capo.
“Quale vuoi
sapere per prima?”
Non rispose, era
come se qualcuno gli avesse serrato la gola per impedirgli di
parlare.
La dottoressa
Fourier continuò maternamente: “Beh, credo sia meglio cominciare con quella
buona… tua moglie aspetta un bambino…”
Era come aver
ricevuto un pugno nello stomaco… ma la sensazione non era affatto
dolorosa…
“Ma… io… come…
lei…” iniziò a balbettare, volgendo gli occhi dall’uno
all’altra.
“Sì, sì…
reagiscono tutti così…” disse la donna, porgendo la cartellina che aveva in mano
a Joe… lui la aprì e quello che riuscì a vedere prima che le lacrime gli
offuscassero lo sguardo fu un’ecografia che mostrava un esserino minuscolo, con
piccole manine davanti al faccino…
“Oddio!”
singhiozzò…
La dottoressa gli
prese la cartella dalle mani e disse: “Considerato il risultato delle analisi,
lo stadio della gravidanza è di dieci settimane, poco più di due
mesi…”
“Ma… io… insomma…
noi non ci siamo mai resi conto di…”
“Sì, capisco” lo
prevenne la dottoressa Fourier “ma ad una donna può capitare di non accorgersi
di niente, finché non ha i primi sintomi… inoltre, la situazione di Françoise è
molto particolare… essendo un cyborg certamente non avrebbe mai immaginato di
rimanere incinta…”
Joe si ammutolì…
lei purtroppo continuò dispiaciuta: “Devo darti però anche la cattiva
notizia…”
Lui cercò di
ricomporsi… ascoltando attentamente…
“Françoise non
sta bene… vedi… la gestazione è già fisicamente impegnativa per una donna
normale… per lei lo è ancora di più”
“Che
significa?”
“Il bambino sta
assorbendo tutte le sue energie… e lei non ha la capacità di reagire… non è in
grado nelle sue… diciamo… condizioni, di affrontare una gravidanza… mi dispiace
molto ragazzo, ma temo che se non si riprenderà sarà necessario ricorrere
all’aborto…”
Joe schizzò in
piedi “No! Ci dev’essere un altro modo… Mi rifiuto di credere che non esista
un’altra strada!”
Caroline Fourier
rispose tranquillamente: “L’unica maniera consiste in trasfusioni di sangue, da
effettuare con una certa regolarità per tutti i nove mesi di gestazione… ma a
quanto ne so, Françoise non ha parenti e voi non potete certo prestarvi alle
cure…”
“Si sbaglia!”
gridò 009 “mia moglie ha un fratello, vive proprio qui a Parigi. Lo contatterò e
gli spiegherò la situazione… mi aiuterà… dovrà farlo!” Un lumicino flebile di
speranza si accese di nuovo in lui… serrò i pugni… la dottoressa comprese
perfettamente la sofferenza del ragazzo.
“E va bene” disse
“però cerca di sbrigarti… secondo i miei calcoli, dovrò eseguire la prima
trasfusione tra meno di due ore, altrimenti…”
“Farò molto prima
può giurarci…” detto questo, corse dai suoi amici, spiegando loro che cosa aveva
intenzione di fare…
La missione era
definitivamente cambiata…
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Capitolo 9 *** Parte 9 ***
G
Forse era stato troppo diretto… Jean
doveva avere il tempo necessario per rendersi conto della situazione, tuttavia
era proprio il tempo che mancava a Joe… poco meno di un’ora…
“Cosa vai blaterando,
ragazzo!”
“Ascoltami ti prego” Joe lo
interruppe con un cenno della mano “può sembrarti assurdo tutto questo, ma è la
verità. So che tu sei il fratello di Françoise e lei è mia moglie… ho bisogno
del tuo aiuto”.
Jean era rimasto sconcertato da
quelle parole, ma si riprese velocemente; la vita gli aveva insegnato a non
fidarsi di nessuno e non aveva alcuna intenzione di cominciare proprio
ora…
Si ricompose e sibilò: “Capisco… mi
stai ricattando per estorcermi del denaro… bene… quanto vuoi per sparire dalla
mia vista?”
Joe sospirò, si portò la mano destra
al collo, togliendosi una catenina d’oro con appeso un piccolo
medaglione.
La lanciò letteralmente all’uomo che
gli stava di fronte, dicendo: “Se non mi credi, guarda qui
dentro”.
Jean lo afferrò al volo, rimanendo
nell’incertezza se aprirlo o meno… “Avanti!”
Sussultò al suono di quel comando
perentorio e quindi osservò il ciondolo: aveva una forma rotonda, regolare, ed
all’esterno recava una lieve incisione “Insieme per sempre”… lo rigirò tra le
mani un paio di volte e finalmente lo aprì… quello che vide gli strappò un
singulto: la foto di sua sorella che sorrideva felice… le sue mani iniziarono a
tremare…
“Chi mi assicura che non lo hai
trovato da qualche parte… o forse addirittura rubato?”… la sua voce però era
malferma…
Joe, con molta calma, si avvicinò,
si tolse la fede nuziale dal dito e disse: “Leggi…”
“Françoise… 22 ottobre
1984”
“Ci siamo sposati proprio nel giorno
in cui l’hai vista per l’ultima volta… è stata lei a
volerlo…”
Jean alzò gli occhi, incontrando lo
sguardo di Joe, pieno di apprensione: “Mi credi adesso?”
“Io…” scosse la testa più e più
volte “… io… ma come è possibile… è viva… dopo tutti questi anni… l’ho cercata
così tanto…” le parole uscivano confuse dalla sua bocca, miste a lacrime di
gioia… “dov’è? Sta bene? Parla!”
“È proprio qui a
Parigi”.
Scattò in piedi, rapidamente, mosso
dal desiderio di correre dalla sua sorellina, dirle che non l’aveva dimenticata
e che le voleva bene… ma… fu bloccato dalla presa di Joe che lo afferrò per le
spalle e lo obbligò a fermarsi davanti a lui… la sua forza era davvero
impressionante…
“Tu…” disse Jean allibito “…anche tu
sei un cyborg?”
L’altro annuì.
“Lasciamo andare
immediatamente!”
“Per favore cerca di controllarti!
Non sai neanche dove trovarla!”
“E allora portami da lei!
Tu sai
dov’è!”
”Devi calmarti o Françoise morirà!”
le parole di Joe sortirono l’effetto sperato; Jean tacque e 009 lasciò ricadere
le mani lungo i fianchi… rimasero faccia a faccia per qualche istante: “Ti prego
di farmi parlare una volta per tutte… non abbiamo molto
tempo…”
Jean lesse il dolore nei suoi occhi:
“Perdonami… ti ascolto…”
In pochi minuti, Joe gli raccontò
ogni cosa: la fuga dai Fantasmi Neri, le loro battaglie, le loro sofferenze…
fino al loro matrimonio ed alla scoperta della gravidanza di Françoise, per la
quale stava rischiando di morire…”
“Adesso sai tutto” concluse “non
voglio scegliere tra la vita di mia moglie e di mio figlio… devi aiutarmi
Jean!”
L’altro non mostrò la minima
esitazione “Farò tutto ciò che è in mio potere per salvare mia sorella” e mentre
diceva questo porse a Joe la mano destra “ti chiedo scusa per aver dubitato di
te”.
“Non fa niente, dobbiamo andare
ora…”
“Ma come faremo ad uscire da qui? I
corridoi sono costantemente sorvegliati…”
“Usciremo da dove sono entrato… dai
sotterranei!”
“Ma… sono dei veri e propri
labirinti… la tua è stata solo fortuna!”
“Non preoccuparti… non sono venuto
qui da solo… ho amici che ci daranno una mano… fidati di
me…”
Jean era titubante… ma lo sguardo di
quel ragazzo era fermo e sicuro: sì, avrebbe fatto di tutto per salvare
Françoise.
“D’accordo!” disse infine “Vieni,
passiamo da questa parte… c’è una porta che arriva dritta all’uscita secondaria
del palazzo…”
Mentre si avviavano, Jean disse
“Posso farti una domanda?”
“Sì, ma
sbrigati…”
“Se fossi
costretto…”
Joe non gli permise di terminare
quella frase “Come ti ho già detto, non voglio scegliere tra la vita di mia
moglie e di mio figlio… ma se fossi costretto… non sacrificherei mai Françoise,
lei è l’aria che respiro… e nessuno vive senza respirare… neanche un
cyborg!”
L’altro si lasciò sfuggire un
sorriso… “Era quello che volevo sapere… andiamo presto!”
Richiusero la porta dell’ufficio di
Jean dietro di loro… la chiusero per non aprirla mai più…
__________________________________________________________________
“Accidenti… questi cunicoli non
finiscono più…”
“Smettila di lamentarti 006 e
muoviti!”
Joe aveva davvero una gran fretta…
il tempo correva velocemente… troppo velocemente…
Arrivarono ad una strana diramazione
e si bloccarono tutti quanti…
Jean fece il primo passo. “Per di
qua” disse, indicando alla sua sinistra…
“Ne sei sicuro?” chiese
004.
“Francamente no… ho percorso questi
corridoi solo una volta e ricordo vagamente la strada”.
“Così rischiamo di rimanere
intrappolati qua dentro…” disse 007, allarmato, ma 009 rispose “Non abbiamo
scelta, dobbiamo tentare…”
Continuarono a camminare per quelli
che a Joe sembrarono minuti interminabili, poi…
finalmente…
“Ecco l’uscita!” gridò Jean…
Cominciarono a correre… ma, una volta spalancata la porta un’amara sorpresa li
attendeva: decine di soldati del Fantasma Nero puntavano le loro armi contro di
loro, pronti a far fuoco.
Joe si rivolse a Jet: “002, porta
immediatamente Jean da Françoise”.
“Ma…”
“Non discutere!” 009 era
irremovibile “Al resto pensiamo noi”.
002 annuì, afferrò Jean per le
braccia e spiccò il volo… A quel movimento, si scatenò l’inferno: i soldati
cominciarono a sparare contro i cyborg…
“004! Lancia uno dei tuoi missili
contro il palazzo!” urlò Joe, mentre abbattevano un uomo dopo
l’altro.
“Va bene!”
Albert prese la mira… un lampo
attraversò il cielo… pochi secondi dopo la Tenax non esisteva
più…
Nella confusione generale, Joe si
voltò verso l’armata nera, riuscendo a scorgere uno dei soldati ancora vivi
mirare a Jet ed al suo prezioso fardello…
“Non te lo permetterò…
Accelerazione!”
I cyborg non fecero in tempo a
rendersi conto della situazione… dal fucile del nemico partì un colpo… in
quell’istante Joe venne a trovarsi nella traiettoria del proiettile, nel
tentativo di salvare i suoi amici… la pallottola lo trafisse in pieno
petto…
Mentre ricadeva a terra, un fiotto
di sangue sgorgò dalla sua bocca…con le ultime forze che gli restavano, mormorò
“Françoise”… poi giacque privo di conoscenza.
008 sparò al nemico, dopodiché i
cyborg corsero verso 009, ma… inspiegabilmente… Joe non era più dov’era
caduto.
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Capitolo 10 *** Parte 10 ***
G
La dottoressa Fourier era nella stanza dove si trovava
Françoise e stava controllando attentamente i suoi parametri vitali e quelli di
suo figlio, grazie alle sofisticate apparecchiature mediche che le aveva messo a
disposizione.
“Sei davvero forte bambina mia…”
disse tra sé e sé, osservando i risultati dell’elettrocardiogramma che
monitorava continuamente la situazione… “siete in gamba tutti e
due…”
Si avvicinò alla ragazza e le sfiorò
il ventre con delicatezza, poi mormorò “…il tuo piccolo vedrà la luce, cara… te
lo prometto…”
Improvvisamente, Françoise spalancò
gli occhi e gridò con tutte le sue forze, inarcando la schiena… fu un suono
terribile che durò pochi secondi… la dottoressa Fourier ritrasse la mano,
rimanendo pietrificata da quell’urlo agghiacciante…
Françoise giacque di nuovo svenuta,
dapprima ansimando, poi… il suo respiro si fece lentamente più regolare e si
placò… come se nulla fosse accaduto…
Caroline osservò il monitor… il
battito cardiaco della donna aveva subito in quegli istanti un picco irregolare,
ma adesso era tornato alla normalità…
“Ma… che cosa è successo?” si chiese
allibita “Che significa?”
Sentì perfettamente dei passi
concitati avvicinarsi sempre di più a loro… si voltò verso la porta della
camera, che si spalancò… Ai suoi occhi apparve una giovane infermiera… il viso
stravolto…
“Marie! Che cosa è
successo?”
“Dottoressa… presto… venga… è…
incredibile…” disse, cercando di riprendere fiato…
Il medico le afferrò le spalle,
cominciando a preoccuparsi seriamente: “Calmati, Marie! Cerca di spiegarti per
l’amor del cielo!”
Per tutta risposta, l’infermiera
prese la mano della dottoressa e la trascinò con sé…
Le due donne percorsero velocemente
il corridoio che separava la stanza di Françoise dal resto della clinica e
giunsero ad una delle sale del pronto soccorso.
Qui la dottoressa Fourier rimase
paralizzata da ciò che vide: Joe giaceva supino sul pavimento dell’ospedale… sul
petto una profonda ferita… accanto a lui due uomini, l’uno che cercava
disperatamente di fargli riprendere conoscenza, l’altro che tentava di tenere
lontani gli altri pazienti…
Caroline Fourier riprese in
controllo: “Che cosa diavolo è successo, Marie!” disse, rivolgendosi
all’infermiera al suo fianco…
“Non lo so, dottoressa… è… è apparso
dal nulla…” rispose, indicando il ragazzo svenuto “cioè… prima non c’era… poi… è
comparso qui… noi non…”
“Taci!” la dottoressa Fourier aveva
compreso perfettamente… di certo erano stati i poteri telecinetici di sua moglie
a condurlo fin lì… Françoise stava cercando disperatamente di salvare l’uomo che
amava…
Caroline si avvicinò a Joe, si
inginocchiò accanto a lui e gli ascoltò prima il polso, poi il respiro… cadde un
religioso silenzio…
“In sala operatoria,
presto!”
Al suono di quell’ordine perentorio
due infermieri raccolsero Joe e lo adagiarono con grande attenzione sopra una
barella, correndo via… la dottoressa Fourier si rivolse ad uno dei due uomini
che un momento prima stavano cercando di aiutare 009:
“Tu!”
“Jet…”
“Jet, va’ subito a chiamare il
dottor Gilmoure… avrò bisogno del suo aiuto durante l’operazione… fa’
presto!”
“Volo…”
“Tu chi saresti?” chiese,
rivolgendosi al giovane dai capelli biondi che le stava davanti… nel momento
stesso in cui formulò la domanda seppe già la risposta… del resto la somiglianza
era evidente…
“Sono il fratello di Françoise
Arnoul, il mio nome è Jean…” fece per porgere la mano destra alla dottoressa, ma
lei lanciò uno sguardo all’orologio e disse: “Le presentazioni a più tardi, non
c’è tempo! Marie…” si voltò verso l’infermiera “accompagna il signore dalla
paziente in sala rianimazione ed effettua la prima trasfusione come ti ho
spiegato, svelta!”
La ragazza annuì prontamente “Mi
segua signore…”
Jean obbedì all’infermiera… Il
medico li vide allontanarsi e trasse un profondo respiro… “Coraggio, Caroline…
adesso tocca a te”… si diresse alla sala operatoria…
Si fermò di fronte alla porta della
stanza dove aveva salvato tante vite… e si sentì improvvisamente molto
stanca…
__________________________________________________________________
Jean oltrepassò la soglia della
stanza di Françoise, immersa nel silenzio più totale; sua sorella giaceva sopra
un lettino che la faceva sembrare ancora più piccola di quanto ricordasse… i
capelli biondi sparsi sul cuscino… il giovane volto spossato dalle fatiche e
dalle sofferenze degli ultimi giorni…
“In parte è anche colpa mia” pensò…
sentì un nodo in gola, ma ricacciò indietro le lacrime… doveva essere forte, ora
finalmente aveva molto per continuare a vivere…
I suoi occhi si spostarono da
Françoise al monitor dell’elettrocardiogramma: si udivano chiaramente due suoni
ben distinti, uno un po’ più veloce dell’altro…
L’infermiera notò immediatamente la
direzione dello sguardo di Jean e disse, indicando una linea in movimento sullo
schermo: “Questo è il battito cardiaco di sua sorella… questo qua sotto invece è
quello del cuore del bambino… Non si preoccupi, è normale che sia più veloce del
battito materno…”
Poi, fece cenno all’uomo di
sdraiarsi sopra una poltroncina posizionata accanto a Françoise “Cerchi di
rilassarsi… purtroppo non abbiamo molto tempo… devo effettuare una trasfusione
diretta…”
“Faccia ciò che ritiene
opportuno…”
La donna si mosse velocemente ed in
pochi minuti Jean vide defluire il proprio sangue dal suo corpo a quello della
sorella… chiuse gli occhi e per la prima volta in vita sua, pregò… pregò perché
Françoise potesse riprendersi… pregò perché suo marito si salvasse… pregò perché
Dio potesse perdonarlo…
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Capitolo 11 *** Parte 11 ***
Parte 11
“Bisturi…
Divaricatore… Pinze…” i comandi della dottoressa Fourier erano chiari e ben
precisi, l’equipe medica si muoveva veloce nella sala operatoria… l’intervento
andava avanti ormai da più di due ore…
“Fa’ attenzione,
Caroline… i suoi livelli di energia si stanno abbassando…” disse il Dottor
Gilmoure.
“Sta’ calmo
Isaac… so benissimo quello che faccio…” rispose la donna, ostentando una
sicurezza che in quel momento non sentiva affatto…
“Forza Caroline”
disse tra sé e sé “ne hai viste di peggiori… avanti… estrai quella maledetta
pallottola!”
Le sue mani
agivano con estrema cautela… una mossa sbagliata avrebbe condannato Joe ad una
morte istantanea…
“Eccola… la
vedo!”
La dottoressa
Fourier cercò di afferrare il corpo estraneo con un paio di pinze, ma il primo
tentativo fallì…
“Che
succede?”
“E’ troppo vicina
al cuore… rischio di provocargli un’emorragia interna…” poi pensò “Se muore
sotto i ferri non avrò più il coraggio di guardare in faccia sua moglie…” ma si
trattenne dal pronunciare queste parole…
Il Dottor
Gilmoure le afferrò la mano che stringeva lo strumento medico… “Morirà comunque
se non ci provi… Caroline sei la nostra unica speranza!”
Osservò l’uomo
accanto a lei: i suoi occhi la stavano supplicando… voleva davvero molto bene a
quei ragazzi, erano la sua famiglia, il suo mondo, rappresentavano tutto ciò per
cui valeva la pena lottare…
Fu allora che
ricordò perché aveva scelto di fare il medico: salvare esseri umani era il suo
scopo, la sua missione… aveva sacrificato la sua vita privata per questo… “No”
si disse “non è stato un sacrificio… sono stata io a scegliere questa
professione, nessuno mi ha obbligata e se potessi tornare indietro non cambierei
una virgola della mia esistenza… niente ti può dare una gioia paragonabile al
sorriso ed alla felicità delle persone che hai aiutato a
guarire…”
Annuì allo
scienziato e si concentrò nuovamente… “Bene piccola stupida pallina di latta…
non mi impedirai di salvare questa vita…”
Stavolta riuscì
nel suo intento: un movimento rapido e la pallottola sgusciò fuori dal petto di
Joe senza fare il minimo rumore.
Caroline Fourier
la tenne sollevata per un lungo istante, poi gettò uno sguardo all’apparecchio
che monitorava costantemente il cuore del ragazzo… nessun cambiamento anomalo…
“Bene” esclamò, rivolta ai suoi collaboratori “potete
ricucire…”.
Gettò via la
pallottola e si diresse all’esterno della sala operatoria, seguita da un
sollevato Dottor Gilmoure.
L’anziano
professore la bloccò prima che potesse uscire e le disse: “Non so davvero come
ringraziarti Caroline…”
“Al contrario…”
rispose la donna con un cenno della mano “sono io che devo ringraziare
te”.
Lui non riusciva
a capire, allora lei continuò “Vedi Isaac, oggi dopo tanto tempo ho scoperto di
nuovo il significato del mio lavoro: fare del bene al tuo prossimo. E’ una
sensazione bellissima che ti apre il cuore… non so bene come
spiegarlo…”
Il buon dottore
le porse la mano, scuotendo il capo “Non ce n’è bisogno… capisco perfettamente
quello che vuoi dire… sei una donna in gamba Caroline ed un ottimo medico.
Grazie… grazie infinite…”.
La dottoressa
Fourier contraccambiò la sua stretta calorosamente “Torna pure dagli altri
adesso… saranno molto in pensiero… spiega loro com’è andato l’intervento… io
devo andare a controllare Françoise”.
Detto questo si
incamminò verso la stanza della ragazza… sul suo volto comparve finalmente un
bellissimo sorriso…
__________________________________________________________________
Stavo in piedi,
immobile come una statua, ad osservare una bambina che giocava spensieratamente
nel giardino di quella che doveva essere la sua casa… era tutto così strano…
quella dimora… quella ragazzina allegra… sembrava una scenetta così
familiare…
Improvvisamente
ricordai, portandomi una mano alla bocca… quella piccola ero io! Quella casa era
la mia!
“Non… non è
possibile… non può essere reale…”
“Lo è invece…
almeno in parte…”
Sussultai al
suono della voce alle mie spalle, così dolce e serena…
Ebbi quasi timore
nel voltarmi verso la direzione da cui proveniva… vidi una donna venire verso di
me… una bella signora con i capelli color dell’oro…
“Mamma!”
“La mia piccola
ballerina…” aprì le braccia ed io mi persi per un lungo momento in quel contatto
che non avevo mai dimenticato…
Lei cominciò ad
accarezzarmi i capelli, come faceva sempre quand’ero bambina, continuando a
ripetere quanto mi voleva bene e quanto le ero mancata.
Non mi ero
neanche resa conto di aver iniziato a piangere… stavo letteralmente
singhiozzando.
Mia madre allora
prese il mio viso tra le mani e mi asciugò le lacrime: “Suvvia, tesoro… adesso
basta… ti verranno gli occhi gonfi…”
Sorrisi… erano le
stesse parole che mi diceva quand’ero piccolina…
“Ecco… vedi?
Diventi molto più bella quando ridi”.
“O mamma!” non
riuscivo a parlare… avrei voluto rimanere così per sempre, al sicuro tra le
braccia di mia madre, lontano da dolori e dispiaceri…
“Cara… so che
stai attraversando un momento molto difficile, ma ogni cosa tornerà al suo posto
e tu sarai di nuovo felice”.
Mi indicò la
bambina che correva nel verde prato che si stendeva in
lontananza…
“Come vorrei
poter tornare a quell’età, poter rivivere la mia infanzia…”
dissi.
“Oh Françoise… ma
quella bambina non sei tu!”
Non riuscivo a
capire… “Ma… ma somiglia a me da piccola!”
Mia madre sorrise
“Tesoro, è normale… è tua figlia!”
Dovevo aver
stampata in volto un’espressione davvero stupida, perché mia madre non riuscì
più a trattenere le risate…
“Oh sì” disse,
quando riprese il controllo di sé “è proprio la mia nipotina” posò la sua mano
sulla mia pancia “ed è già qui… anche se ancora non si
vede…”
Avevo perso
completamente il dono della parola, dalla mia bocca uscivano sillabe
incomprensibili… tutto questo non poteva essere vero… io sono un cyborg ora… non
posso più avere figli…
Il dolce sorriso
della mamma interpretò i miei pensieri (ma non ero io che avevo il potere di
leggere nella mente?) “L’amore può tutto figlia mia, è il motore dell’intero
universo e non soggiace ai voleri della scienza… Guarda a che cosa porterà il
vostro amore…” mi fece voltare di nuovo verso quell’angioletto
biondo…
Non riuscivo più
a controllare le mie emozioni… piansi lacrime miste a dolore e gioia… dolore per
il timore di perdere Joe, che sapevo lottare contro la morte… gioia per quella
nuova vita che già cresceva dentro di me…
Mia madre prese
le mie mani e continuò a parlare “Tesoro… tuo marito starà di nuovo bene vedrai…
lo hai salvato… e non mi riferisco soltanto agli ultimi giorni… il tuo amore
così forte, così infinito, lo ha reso una persona migliore e, di conseguenza, ti
ha portato ad essere la meravigliosa donna che sei diventata. Sono così
orgogliosa di te…”
“Mamma…” la
abbracciai, piangendo “mamma… voglio… voglio restare qui con
te…”
“Oh cara… no…”
rispose, scuotendo la testa “non è ancora il momento… verrà il giorno in cui
potremo stare insieme, ma soltanto dopo molto… moltissimo
tempo…”
In quell’istante
compresi che non avrei più rivisto mia madre, se non nei miei
sogni…
“Però… angelo
mio… Jean sarà di nuovo accanto a te… sii buona con lui Françoise… quello che
può aver commesso di sbagliato, lo ha fatto solo per arrivare a te, perché ti
vuole bene… è tuo fratello, lo stesso sangue scorre nelle vostre vene…
promettimi che baderai a lui, cara…”
“Te lo giuro
mamma… te lo giuro…”
Lei accarezzò la
mia guancia un’ultima volta “E’ ora di tornare bambina mia… svegliati Françoise…
Françoise…”
La sua voce si
trasformò lentamente… che strano… era diventata più profonda… aprii gli occhi…
la prima cosa che vidi al mio risveglio fu il volto sorridente di mio fratello…
la prima cosa che sentii fu la sua voce che pronunciava il mio
nome…
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Capitolo 12 *** Parte 12 ***
Parte 11
Ebbene… sei mesi
sono ormai trascorsi dal giorno in cui, svegliandomi dal mio sonno, ho potuto
abbracciare di nuovo mio fratello…
La vita mi ha
sorriso ancora una volta; spesso penso di essere stata molto fortunata della mia
conversione in cyborg… può sembrare assurdo, ma è così. Se non fosse accaduto,
adesso probabilmente non sarei felice…
Joe è tornato
quello di prima, mi vizia un po’ più del solito… ma credo sia normale nelle mie
condizioni e poi… adoro essere coccolata da mio marito…
Jean non mi
lascia sola un istante da quando ci siamo ritrovati… sta prendendo molto
seriamente il ruolo di fratello maggiore, continua a ripetermi che deve
recuperare il tempo perduto…
Finalmente
abbiamo chiarito tutto ciò che è accaduto ed io ho capito i motivi che lo hanno
spinto ad agire contro la sua volontà… non posso biasimarlo… se fossi stata al
suo posto mi sarei comportata nello stesso modo…
Da quando hanno
scoperto che sono incinta, i miei amici stanno letteralmente incollati a me,
seguendo un preciso ordine di 007 che recitava più o meno così: “Ehi, noi siamo
gli zii del pargolo! Quindi non ci perderemo neanche un secondo della sua vita
pre e post parto!”
Il sole era ormai
calato sulla mia città… Parigi… non è cambiata affatto… al contrario di me: sono
una persona nuova ora, molto più matura della ragazzina che una volta poteva
solo sognare quello che possiede adesso…
Istintivamente
porto le mani sul mio pancione… La mia bambina nascerà qui, perché in fondo io
sono parte di Parigi ed anche lei lo sarà…
“Sento il rumore
dei tuoi pensieri…” dissi, volgendomi verso mio marito dal balcone della nostra
camera.
Joe si avvicinò a
me e mi abbracciò… o almeno tentò di farlo…
“Accipicchia…
sono diventata una balena…”
Lui baciò la
punta del mio naso poi rimase un momento con la fronte poggiata sulla mia “Stai
scherzando? Amore mio… non sei mai stata così bella…”
Sorrisi… Joe
continuò “Dovremmo riposare… è molto tardi sai?”
“Sì, ma adoro
guardare la città di notte… e poi… anche tua figlia deve imparare a
conoscerla…”
Joe alzò un
sopracciglio “Ma come fai ad essere così sicura che sarà una femmina? Non hai
mai voluto fare neanche un’ecografia…”
“E’ solo che… lo
so ecco… lo sento…” Ne ero certa… grazie a mia madre… la mia creatura sarebbe
stata una bellissima bambina…
Mio marito
sorrise “Non ci resterai male se sarà il contrario?”
“Oh no! Ci
mancherebbe altro! Però… ti ripeto… sarà una bambina”.
“Ok mi sta bene”
disse, prendendomi per mano e conducendomi verso il letto “adesso però a nanna…
tutt’e due!”
Mi lasciai
avvolgere dal caldo abbraccio di Joe e, pian piano, caddi in un sonno profondo e
tranquillo…
__________________________________________________________________
Mi svegliai di
soprassalto, con una strana sensazione di caldo-umido al basso ventre… compresi
immediatamente ed iniziai a scuotere mio marito, che dormiva beatamente accanto
a me…
“Tesoro… tesoro…
apri gli occhi, presto…”
Niente…
“Amore… mi si
sono rotte le acque…”
Un bofonchio
incomprensibile “Non preoccuparti, pulirò io domani
mattina…”
“Joseph
Shimamura! Svegliati subito!” gridai.
Joe scattò a
sedere sul letto, ancora stravolto dal sonno, con i capelli scomposti e gli
occhi socchiusi…
Riuscii a stento
a contenere le risate “Dobbiamo andare subito in ospedale… ahia!” una
contrazione ed il dolore che seguì mi impedirono di continuare a
parlare…
“Accidenti!” si
alzò come un razzo, raccogliendo la valigetta già pronta per l’occasione e
correndo a chiamare gli altri…
Intanto, seppur
con fatica, mi alzai ed infilai una lunga vestaglia da notte sopra il pigiama;
scesi al piano sottostante, dove mi accolsero le facce confuse dei miei
coinquilini… incredibile, e pensare che dovrei essere io quella in preda al
panico!
Ivan disse “Posso
teletrasportarvi tutti…”
“No!” esclamai
“sei impazzito? Vuoi farmi partorire in mezzo allo spazio
tridimensionale?”
“Scusa… non ci
avevo pensato…”
Joe intervenne
“Ok… noi due andremo con la mia macchina… voi raggiungeteci pure come
preferite…” non terminò neanche la frase che mi trovavo già seduta in auto… mio
marito partì a tutta birra…
“Ehm… amore…
vorrei arrivarci viva in clinica, se non ti dispiace…”
“Ma sì
tranquilla, sono pur sempre un pilota di Formula Uno,
ricordi?”
Così, tra
sgommate e curve varie, finalmente giungemmo all’ospedale della dottoressa
Fourier che, nel frattempo, era già stata avvisata del nostro arrivo dal
Professor Gilmoure e ci attendeva sulla porta d’ingresso, insieme a due
infermiere.
Alla vista di mio
marito in preda al panico, mi strizzò un occhio in cenno d’intesa “Ma non sei tu
quella che deve partorire cara?”
Cercai di
sorridere, ma le contrazioni aumentavano ed il mio sorriso si trasformò presto
in una smorfia di dolore…
“Oh… sembra che
il nostro piccolino abbia fretta di vedere il mondo” disse “diamoci da fare
allora!”
Mi portarono
velocemente in sala parto, dove la dottoressa Fourier mi depose semisdraiata
sopra un lettino ed ordinò a Joe di posizionarsi dietro di me per sostenermi la
schiena, dopodichè tolse i pantaloni del mio pigiama e sollevò la
vestaglia…
“Ehi… ma qui vedo
già una bella testolina…” esclamò.
Intanto provavo
dolori sempre più forti e lancinanti, non mi ero neanche resa conto di
stritolare letteralmente le dita di Joe che, stoicamente, non fiatò neppure;
tuttavia, la dottoressa, notando che il suo volto stava diventando viola, disse
ridendo “Cara… sarà meglio che tu lasci la mano di tuo marito se vuoi rivederlo
vivo più tardi…”
“Scu… scusate”
allentai la presa… non resistevo davvero più…
“Coraggio
Françoise… un ultimo sforzo e ci siamo…”
“Avanti tesoro…
avanti…” la voce di Joe al mio orecchio mi spronava a non
mollare…
Gridai con tutta
la voce che avevo in corpo… una spinta… sentii qualcosa sgusciare via da me…
poi… il vagito di un neonato…
La dottoressa
Fourier teneva tra le braccia una piccola creatura… mi sentii
mancare…
“Eccola qui… una
bellissima e sanissima signorina!”
Udii la voce
rotta dall’emozione di mio marito che diceva “Avevi ragione amore
mio…”
Non risposi… era
accaduto tutto così velocemente… ero stanchissima ma dentro provavo una grande
felicità, quella felicità che ti spacca il cuore e ti fa sentire al settimo
cielo… tesi le mani e la dottoressa poggiò la mia bambina sul mio petto… era
semplicemente perfetta, meravigliosa… le sue manine, i suoi piedini, i suoi
capelli chiari…
Non riuscii più a
contenermi… piansi… piansi a lungo fino a sciogliere tutto il dolore che avevo
sempre portato con me per lasciare il posto ad un’immensa
gioia.
La dottoressa
Fourier disse “Allora, ragazzi… avete scelto il nome da
darle?”
Mi resi conto di
non averci mai neanche pensato un attimo in tutti questi lunghi nove mesi, ma…
un barlume si accese nella mia mente e prima che Joe potesse parlare, esclamai
“Sì… la chiameremo Caroline… vero tesoro?”
Mio marito annuì
sorridendo… la donna di fronte a me era visibilmente commossa… “Oh santo cielo…
non so che dire… se non… grazie… ne sono molto onorata… grazie
davvero…”
Joe prese in
braccio sua figlia, cullandola dolcemente, come solo l’amore di un padre può
dimostrare…
Rimasi a
guardarli non so per quanto tempo… le mie due ragioni di
vita…
Ecco… questa è la
mia storia finora… questo è ciò che il fato ha riservato per me… un destino che
non ringrazierò mai abbastanza… ciò che il futuro ha in serbo per le nostre
esistenze non mi è concesso sapere adesso… da parte mia cercherò di vivere il
presente, giorno per giorno, vicino alla mia famiglia e alle persone a me care…
in fondo non sono così diversa da tutte le donne di questa terra… come loro ho
sofferto, ho lottato, ho amato e come loro continuerò forse a soffrire,
probabilmente a lottare, sicuramente ad amare… perché sono io… Françoise… sono
003… sono un cyborg… sono un essere umano…
Nota
dell’autrice: Salve! Vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che hanno seguito,
letto e commentato questa fanfic. Inoltre, ringrazio tutti i membri del
meraviglioso forum dei Cyborg (www.cyborg009.it), in particolare
Nicoletta, Lucia e Laura che mi hanno sempre sostenuta ed incoraggiata. Grazie
davvero ragazze e grazie ancora a chi vorrà seguirmi nelle mie prossime storie.
Con affetto – Michi.
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