Into the Deep

di Clira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Grifondoro e Serpeverde ***
Capitolo 2: *** "Solo un malinteso" ***
Capitolo 3: *** Giochi pericolosi ***
Capitolo 4: *** Tamburi ***
Capitolo 5: *** Gite notturne e profezie ***
Capitolo 6: *** Viaggio Mortale ***
Capitolo 7: *** Into the Deep ***
Capitolo 8: *** Nella Foresta (I Parte) ***



Capitolo 1
*** Grifondoro e Serpeverde ***


Capitolo 1  

PREMESSA:

Innanzitutto ciao a tutti e grazie per essere passati a dare un’occhiata!

L’idea è un po’ strana, mi è venuta in mente qualche settimana fa una sera che in tv hanno dato prima Jumanji e poi Harry Potter. Nel mentre era il periodo in cui leggevo Shadowhunters e così, purtroppo per voi, la mia mente contorta ha iniziato a lavorare a quest’idea malsana.

Volevo darvi qualche avvertimento:

1.   Di Jumanji ci sarà solo l’idea del gioco, che però arriverà tra diversi capitoli; i personaggi del film saranno completamente ASSENTI.

2.   La storia sarà narrata in terza persona sia dal punto di vista dei personaggi di Shadowhunters, sia dal punto di vista del trio di Harry Potter (più che altro i principali punti di vista saranno di Harry/Jace/Clary).

3.   Simon non sarà molto presente perché, sia che fosse umano o vampiro (ancora non ho deciso), non sapevo come farlo entrare ad Hogwarts, ma ho già in mente qualche sua apparizione, non temete!

4.   Cercherò di rispettare il più possibile i punti salienti di ognuna delle due saghe; sono una grande appassionata di entrambe e di entrambe ho letto tutti i libri e visto i film, quindi vi prego, se trovate qualcosa di strano, fatemelo notare!

5.   In questa storia Clary e Jace non sono fratelli e non hanno mai pensato di esserlo!

6.   Di Shadowhunters ci saranno avvenimenti di TUTTI i libri, spero di non crearvi confusione, ma per ogni evenienza, sono sempre qui.

 
Gli aggiornamenti saranno ogni mercoledì sera! Buona lettura e fatemi sapere come vi sembra!

CAPITOLO 1: GRIFONDORO E SERPEVERDE

 

La Sala Grande era immersa in un silenzio quasi innaturale. Il preside aveva appena annunciato che a fine ottobre, sarebbero arrivati dei giovani ragazzi provenienti dall’Inghilterra e dell’America. Shadowhunters, li aveva chiamati il professor Silente.

«Shadowhunters? E che diavolo sono?!», chiese Ron, stupito.

Harry lo guardò alzando le spalle, neanche lui aveva mai sentito quella strana parola, quindi i due ragazzi si voltarono verso Hermione, così come anche Fred, George, Ginny e Neville.

Hermione  li passò in rassegna con lo sguardo per un momento e poi disse: «Beh, non ne so molto neanch’io, ma ho già sentito quella parola. Shadowhunters vuol dire cacciatori di demoni».

«Demoni?».

«Sì, e non sono demoni come i nostri. Sono i demoni che abitano nel mondo dei babbani; demoni che arrivano da altre dimensioni».

«Hermione, io proprio non capisco», fece Ron.

«Beh, fai conto che se i loro demoni fossero i nostri maghi oscuri, loro equivarrebbero agli Auror. Uccidono i demoni e mantengono la pace con quelli che loro chiamano Nascosti, ossia vampiri, licantropi e altre creature sovrannaturali», spiegò pazientemente Hermione.

Il rosso ora parve un po’ più convinto.

«Ad ogni modo, tra due mesi li conosceremo… », tagliò corto Fred.

 

[…]

 

Clary guardava il paesaggio sfrecciare fuori dal finestrino ad una velocità impressionante.

Negli ultimi giorni erano successe un’infinità di cose che pensava non potessero essere possibili, ma dopotutto… cosa nella sua vita era normale?

Nei mesi scorsi, aveva scoperto di essere una Shadowhunter: una cacciatrice di demoni, così come sua madre, che era stata indotta in una sorta di coma magico da suo padre: uno spietato assassino che aveva provato ad uccidere anche lei e Luke: l’uomo che Clary considerava il suo vero padre.

Erano trascorsi mesi da quell’ultima collaborazione con i giovani Cacciatori dell’Istituto di New York: Alec e Isabelle Lightwood e Jace Wayland, ma quella volta, Valentine, il padre di Clary, era riuscito a sparire portando con sé la Coppa Mortale, uno dei tre oggetti sacri per i Cacciatori.

Da quel momento, la ragazza aveva condotto una vita tranquilla da Luke, che aveva però deciso di cominciare ad addestrarla semmai si fosse trovata in situazioni pericolose.

Poi era arrivata la lettera da Hogwarts e così la vita di Clary era nuovamente cambiata.

Hogwarts era una scuola di magia e stregoneria e da quanto aveva capito, dati i recenti avvenimenti, tra ciò che stava succedendo nel suo mondo a causa dei demoni, di suo padre e di suo fratello Sebastian, era stato ritenuto il caso di dare rifugio ai più giovani Cacciatori per istruirli in luoghi sicuri, perché ormai neanche gli Istituti lo erano più.

Clary chiuse gli occhi e appoggiò la testa al finestrino. Stava quasi per addormentarsi quando una familiare voce alle sue spalle la fece sobbalzare.

«Tu?».

Lei si voltò.

«Oddio, non di nuovo tu!».

Jace Wayland se ne stava di fronte a lei, appoggiato contro la porta scorrevole del suo vagone vuoto. La solita espressione strafottente stampata su quel bel visino d’angelo.

Lui alzò gli occhi al cielo.

«A quanto pare in quella inutile scuola ammettono proprio tutti», disse il biondo con aria di superiorità.

Clary sentì le guance imporporarsi.

«Almeno quando arrossisci diventi carina».

La ragazza percepì un moto di rabbia dentro di lei.

«Fuori da qui!», sibilò tra i denti, furiosa.

«Che permalosa… », disse lui mentre le voltava le spalle e spariva dalla sua vista.

Ora Clary avrebbe voluto sbatterla la testa contro il finestrino. O magari sbatterci quella di lui.

Possibile che quel tizio insopportabile le capitasse tra i piedi in ogni circostanza? Anche lì se lo doveva trovare!

Ma dopotutto… forse Jace Wayland aveva più diritto di lei di stare su quel treno diretto alla scuola; in fin dei conti… era un Cacciatore molto più esperto e ben addestrato.

Sbuffò… sarebbe stata davvero una lunga permanenza.

 

[…]

 

Era la sera del 31 ottobre e la Sala Grande era gremita e piena di elettricità: tra poco sarebbero arrivati i nuovi ragazzi: gli Shadowhunters.

Il banchetto di Halloween, già portentoso di per sé ogni anno, era ancor più ricco del solito, in occasione dell’arrivo dei nuovi ospiti.

Ad un tratto la professoressa McGranitt si alzò e si avviò verso la Sala d’Ingresso; probabilmente si sarebbe occupata lei dell’accoglienza dei ragazzi, come accadeva per gli studenti del primo anno.

Una decina di minuti dopo infatti, rientrò con uno sciame ben compatto di ragazzi e ragazze molto giovani interamente vestiti di nero, ma senza la solita divisa della scuola. Indossavano dei pesanti abiti di cuoio; dagli stivali alle giacche.

«Che dite, saranno smistati anche loro nelle varie Case?», domandò Ron, curioso.

«Credo di sì, altrimenti sarà un gran caos, sistemarli», gli rispose Harry.

«E poi lì c’è il Cappello Parlante», fece notare a tutti Ginny.

La professoressa McGranitt estrasse una lista di nomi, più corta di quella che di solito portava per gli alunni del primo anno; non erano così tanti, anche se il numero era comunque consistente.

Non c’era nessuno che iniziasse con la lettera “A”, quindi la vicepreside, cominciò dalla successiva e proseguì con tutti gli altri.

Arrivata alla lettera “H”, chiamò: «Herondale Jace».

Un ragazzo alto e magro si fece avanti con passo sicuro.

 

[…]

 

Quando Jace udì chiamare il suo nome venne avanti.

“Per l’Angelo, non mi faranno mica indossare quella specie di cappello orrendo!?”, pensò avvicinandosi.

Notò che la giovane Cacciatrice che li aveva aiutati a trovare la Coppa Mortale, lo fissava con aria stupita.

Ah, sì, lei pensava che si chiamasse Jace Wayland, per questo doveva avere quell’espressione tanto buffa in quel momento.

Il Cappello stava parlando, ma Jace non prestò la minima attenzione a ciò che diceva; più che altro era concentrato su tutto quello che vedeva attorno a sé: dalle candele sospese sul soffitto ai volti che lo fissavano dietro il tavolo degli insegnanti al brutto e ossuto gatto che teneva quei suoi occhi sporgenti fissi su di lui.

Jace lo guardò con aria piuttosto schifata. “Niente a che fare con Church”, pensò.

Si chiese se il suo gatto stesse bene; non lo aveva più visto da quando aveva lasciato il treno. Dal momento che Hodge era scappato dall’istituto; Jace aveva portato Church con sé, dato che sulla lettera era scritto che agli studenti era consentito portare o un gufo o un gatto o un rospo.

Ad un tratto il cappello gridò: «GRIFONDORO!», facendogli balzare il cuore in gola, ma lui non lo diede a vedere.

Al contrario, con quel suo solito portamento elegante, si rimise in piedi e si avviò con calma verso la lunga tavolata dalla quale provenivano applausi ed esclamazioni di benvenuto.

Jace passò in rassegna i volti di quelli che da quel momento sarebbero stati i suoi compagni e si mise a sedere al fianco di una ragazza dai capelli rossi e gli occhi scuri.

«Piacere! Io sono Ginny Weasley!», esclamò lei con un gran sorriso.

Lui la guardò e, un attimo prima di rispondere al saluto della ragazza e presentarsi, si chiese: “Ma possibile che io debba essere costantemente circondato da rosse?”.

Dopodiché, riprese a seguire la cerimonia.

 

[…]

 

Herondale”? E che diavolo di fine aveva fatto Jace Wayland?”, si chiese Clary stupita.

D’altra parte anche lei pensava di chiamarsi Clarissa Fray, ma aveva scoperto che il suo vero nome era Clarissa Morgenstern.

Ad ogni modo, osservò il ragazzo sedersi sullo sgabello ed attendere, con la sua solita aria impassibile, che quello strano cappello decretasse la sua Casa di destinazione.

Quando l’oggetto annunciò a gran voce “Grifondoro”, Clary sperò soltanto che non ci finisse anche lei.

Poteva fare amicizia con tanti altri Cacciatori e studenti di Hogwarts, perciò perché doveva finire a stretto contatto proprio con Mr. Presunzione?

È vero, lei aveva collaborato con Jace ed i fratelli Lightwood; Isabelle non era neanche tanto male quando scalfivi la superficie di superbia e freddezza, ma quel Jace era proprio insopportabile; non le andava giù davvero. Certo, c’era stato quell’episodio, il bacio, la sera del suo compleanno, ma ormai non le capitava più di pensarci.

Alec invece era solo un po’ strano, ma si poteva tenere a bada, nonostante avesse cercato di ucciderla quando lei gli aveva apertamente detto che sarebbe stato meglio se lui avesse dichiarato a Jace i sentimenti che provava nei suoi confronti.

Ad ogni modo erano passati mesi, le cose potevano anche essere cambiate.

La donna che li chiamava, che si era presentata come “professoressa McGranitt”, andò avanti con la sua lista fino ad arrivare a Lightwood Alexander ed Isabelle, che furono mandati entrambi a Grifondoro, la stessa casa a cui era stato assegnato Jace.

Dovette aspettare come minimo altri dieci minuti prima che la vicepreside dicesse il suo nome.

«Morgenstern Clarissa!», chiamò.

A Clary sudavano le mani; non le era mai piaciuto stare al centro dell’attenzione. E meno male che lì nel mondo magico non sapevano di Valentine e Sebastian perché se avessero saputo che lei era rispettivamente la figlia e la sorella, era certa che sarebbe stata sempre al centro dei loro discorsi.

A quanto ne sapeva, loro erano solo a conoscenza del fatto che due Cacciatori erano molto molto cattivi. Se sapessero del Conclave e tutto il resto, questo non lo poteva dire.

Comunque, da quanto Clary aveva sentito, anche  nel mondo magico avevano il loro bel da fare in quel periodo a causa di un certo mago oscuro; il nome adesso non lo ricordava.

Si avviò a piccoli passi allo sgabello posto sulla pedana e vi si sedette sopra.

Il cappello disse qualcosa a proposito del fatto che lei avesse molte potenzialità e che due specifiche case avrebbero potuto aiutarla molto a migliorare, finché non annunciò: «SERPEVERDE!».

Clary tirò un sospiro di sollievo, sia per il fatto che poteva scendere da lì e filarsela, sia per il fatto di non dover stare sempre a contatto con Jace Wayland o insomma… Herondale.

Si avviò velocemente verso il tavolo a cui era stata assegnata, ma, nell’allontanarsi, colse con la coda dell’occhio l’espressione di Jace. Era forse delusione quella che vedeva sul suo volto?

Trovò posto vicino ad un ragazzo dai capelli così biondi da sembrare quasi bianchi.

Dio, le ricordava orribilmente suo padre… così come anche Sebastian, che gli somigliava molto.

Prese un appunto mentale di passare con quel ragazzo il minor tempo possibile.

«Piacere, il mio nome è Draco Malfoy», si presentò lui con aria pomposa. «Appartengo ad una delle più antiche famiglie Purosangue del mondo magico», proseguì.

Purosangue? A Clary venne da ridere; sembrava quasi che stesse parlando di un cavallo e poi tutta quella faccenda del sangue puro non faceva altro che riportarle alla memoria gli ideali di Valentine.

“Dalla padella alla brace”, pensò tra sé.

Per tutto il resto della cerimonia di smistamento, il ragazzo non fece altro che parlare dell’importanza del sangue puro e da quanto fosse disgustato dal fatto che non facessero una selezione per chi ammettere o meno in quella scuola.

Si ricordò delle parole di Jace sul treno, qualche ora prima “A quanto pare in quella inutile scuola ammettono proprio tutti”.

Ma probabilmente lui non si riferiva alla purezza del sangue dato che era perfettamente a conoscenza del fatto che Clary fosse la figlia di Valentine, quindi proveniente da una delle più antiche famiglie di Cacciatori.

Lo sproloquio di Draco Malfoy fu interrotto dalla comparsa di un portentoso banchetto che fece letteralmente saltare Clary sulla panca. Nonostante tutto… una cosa del genere non le era mai capitata.

Si avventò sul cibo, assaggiando di tutto fino a che il suo stomaco non minacciò di far tornare in superficie tutto quello che aveva ingurgitato con tanta foga.

Pensò a Luke e a quel tritarifiuti di Simon con una fitta di nostalgia; loro di certo avrebbero apprezzato tutto quel ben di Dio.

Di tanto in tanto, lanciando sguardi di perlustrazione per la Sala Grande, aveva colto lo sguardo di Jace posato su di lei, ma il ragazzo aveva spostato gli occhi talmente in fretta, che Clary si chiese se non se lo fosse solo immaginato.

A fine serata, seguì i suoi nuovi compagni in una galleria che portava ai sotterranei.

Perché diavolo dovevano andare lì sotto? Lei detestava stare sotto terra.

“Splendido”, pensò. Quella serata andava di bene in meglio; Clary sperò soltanto che non tutti i Serpeverde fossero come Draco Malfoy.

Il ragazzo poi, le aveva detto di stare lontana da “quelli del Grifondoro”, come li aveva definiti in tono sprezzante.

Da quanto aveva capito, tra i fondatori delle due Case non correva buon sangue, perciò di conseguenza, era un po’ come se si fossero create due fazioni nemiche. Ora si spiegava il fatto che lei e Jace si fossero ritrovati in quelle due Case.

Ad ogni modo, lei sarebbe rimasta lì solo fino a quando le cose a casa non si fossero rimesse a posto.

Voleva tornare a New York, voleva rivedere sua madre e sapere come stava, ma fino a quel momento, Luke aveva ritenuto più sicuro lasciare che andasse ad Hogwarts.

Con quei pensieri, entrò nella sala comune e si diresse verso il dormitorio a lei assegnato.

Ecate, il suo gatto bianco che aveva comprato in quel negozio magico, “Il Serraglio Stregato”, se ne stava pigramente acciambellato sul suo letto.

Era una palla bianca piena di pelo dagli occhi verdi; quando lo aveva visto se n’era subito innamorata.

Luke le aveva dato i soldi per comprare un animale e lei aveva pensato che quello più di compagnia sarebbe stato un gatto, quindi eccolo lì.

Infilandosi sotto le coperte le venne in mente Luke, il suo abbraccio confortante e solido, la sua barba che le solleticava il viso.

E poi, non seppe perché, le tornò improvvisamente in mente la sera del suo ultimo compleanno e… quell’unico isolato, da non ripetersi mai più, bacio con Jace Wayland.

Poi tutto fu buio.

 

[…]

 

Quando Harry si svegliò la mattina successiva, Ron dormiva ancora della grossa. Ormai non mancava molto all’ora di alzarsi, quindi rimase qualche altro minuto sdraiato a letto e poi cominciò a vestirsi con calma.

Quella situazione era del tutto nuova, insomma… gli Shadowhunters.

La sera precedente aveva fatto la conoscenza di alcuni di loro che erano stati smistati in Grifondoro: Alec ed Isabelle Lightwood e Jace Herondale.

Non erano male, ma erano come dire… un circolo chiuso.

D’altra parte… erano abituati ad uccidere demoni, forse addirittura a veder morire i loro stessi compagni, quindi quel comportamento schivo e tendenzialmente asociale forse era anche normale.

Hermione comunque ci aveva parlato per tutta la sera; aveva voluto farsi spiegare ogni cosa, come al solito.

Per lei era inconcepibile non trovare la soluzione ai problemi del mondo tra i libri, quindi, durante quei due mesi di ricerche, da quando Silente aveva annunciato l’arrivo di quegli ospiti speciali, era rimasta barricata in biblioteca quasi costantemente, ma non aveva trovato granché.

Perciò per lei era stato di vitale importanza l’arrivo dei Cacciatori, ed in effetti anche per Harry e per Ron, perché sopportarla ormai era diventato pressoché impossibile.

Arrivati in Sala Grande per la colazione, la maggior parte degli Shadowhunters era già lì. Harry notò una ragazza dai capelli rossi al tavolo dei Serpeverde che la sera prima parlava con quell’ameba di Malfoy. Certo, era normale che se ne stesse in disparte ora, dopo che aveva passato la prima sera con un tale imbecille. Tra l’altro sembrava molto pallida ed i suoi occhi erano cerchiati da profonde ombre scure.

Era una ragazza così minuta e delicata che pareva quasi sbagliata in mezzo ai Serpeverde.

«Ehi amico, ci sei?», chiese Ron sventolandogli la mano davanti agli occhi.

«Cosa, parli con me?».

«Che ti prende, ti sei preso una cotta per la rossa dei Serpeverde?».

Harry lo fissò sbigottito e proprio in quel momento arrivarono Alec, Jace ed Isabelle.

«Ma quale cotta, se non la conosco nemmeno!».

«Una cotta? Per chi? Una Shadowhunter? Magari te la possiamo presentare!».

Disse Isabelle in tono allegro.

Beh, se si contava solo l’aspetto fisico, la Cacciatrice dai capelli neri era una delle ragazze più belle che avesse mai visto in vita sua. Così alta e flessuosa, con quella cascata di capelli corvini.

«Quella lì», indicò Ron con un vago cenno della mano.

Hermione lo guardò come si può guardare solo una persona senza speranza e scosse il capo, mentre Ginny si agitava sulla sedia e Fred e George, come al solito, si godevano la sceneggiata.

«Ma chi, Clary?», continuò Isabelle.

«Izzy, per una volta nella tua vita, riesci a farti gli affari tuoi?», intervenne Jace in tono duro.

«Ma senti senti… solo perché tu e la piccola Morgenstern avete avuto dei trascorsi, questo non fa di lei una tua proprietà, mio caro», aggiunse la mora con un sorriso serafico.

I giovani maghi la guardarono sbigottiti e gli occhi color oro di Jace parvero lampeggiare per un momento.

«Ci volete dare un taglio, voi due? Possibile che ovunque andiate e qualunque cosa facciate, trovate sempre il modo di battibeccare? Insomma… Izzy, non lo facciamo neanche noi che siamo fratelli!», prese parola Alec.

«Ti devo forse ricordare, che negli ultimi sette anni ho vissuto con voi? Non penso che il nostro rapporto sia molto più diverso dal vostro… » disse Jace soprappensiero, infilzando una fetta di bacon.

«Già, con la differenza che voi due siete molto più simili di quanto vorreste ammettere e per questo litigate di continuo».

«Simili noi?! Mai!», esclamarono entrambi in coro, facendo ridere tutti gli altri.

Poco dopo passò la professoressa McGranitt per distribuire gli orari come faceva ogni anno.

«Oh bene, Pozioni doppie con Serpeverde, altre due ore con la Cooman sempre con Serpeverde e un’ora di Erbologia con Tassorosso grandioso», si lamentò Ron.

Per fortuna quel suo commento aveva lasciato cadere nel dimenticatoio l’argomento precedente. E poi Harry non era interessato a Clary in quel senso; lei semplicemente… lo incuriosiva.

Si avviarono nei sotterranei per le due ore con Piton e lungo la strada, Harry si chiese come sarebbero funzionate ora le cose; insomma… adesso gli Shadowhunters avrebbero seguito le loro lezioni? Immaginava di sì perché i due Lightwood, Jace e gli altri Cacciatori smistati in Grifondoro li stavano seguendo, così come i Serpeverde percorrevano la loro stessa direzione.

Una volta entrati nell’aula di pozioni, notarono dei lunghi tavoli in disparte in fondo alla stanza.

«Venite avanti e prendete posto, i banchi in fondo sono per i nostri ospiti».

Il professor Piton calcò quell’ultima parola in modo estremamente sgradevole.

«I vostri nuovi compagni non prenderanno parte alle stesse lezioni che voi frequentate, ma avranno dei corsi propri delle loro specializzazioni, da seguire. Questo non impedisce comunque che chi vuole può restare a guardare le lezioni come voi potrete osservare le loro».

La bocca del professore si muoveva appena nel parlare.

E nessuno degli Shadowhunters si mosse; a quanto pareva tutti loro erano rimasti congelati sul posto dopo il discorsetto di Piton.

«Molto bene… cominciamo allora».

 

NOTE:

 

Ed ecco qua il primo capitolo della mia nuova ff! Allora… cosa ne dite? Vi ispira? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate soprattutto perché è un esperimento nuovo che faccio, quindi qualche parere mi aiuterebbe ad indirizzarmi meglio sulla “retta via”. Potete anche dire che fa schifo, tranquilli ;-)

Bene, detto questo, ci risentiamo la settimana prossima; buon proseguimento a tutti!


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Capitolo 2
*** "Solo un malinteso" ***


2  

CAPITOLO 2: “SOLO UN MALINTESO”

 

Jace avrebbe ricordato quella prima lezione di Pozioni per tutto il resto della vita.

Per l’Angelo, quel professore era davvero orribile! Per non parlare del fatto che probabilmente non si lavava i capelli dai tempi della Rivolta e questa cosa urtò il ragazzo forse anche più di tutto il resto.

Come se non bastasse, quando aveva detto che agli Shadowhunters era permesso assentarsi dalla lezione, lo aveva annunciato con un tono che più che un’informazione sembrava una minaccia di morte, tanto che tutti i ragazzi erano rimasti inchiodati al proprio posto, ammutoliti.

Poi, pareva avercela a morte con quel ragazzo… Harry Potter.

Hermione invece era una super secchiona e per fortuna ogni volta era riuscita a rispondere alle domande del professore guadagnando così qualche punto. Quel Piton non si sprecava certo a dare punti ai Grifondoro, mentre abbondava con i Serpeverde.

Ron gli aveva riferito che era il direttore di quella Casa e li favoriva sempre, cosa che negli anni aveva portato gli studenti del Grifondoro ad odiarlo sempre di più.

Dopo quella lezione, i ragazzi furono bloccati dalla professoressa McGranitt in corridoio, che disse loro che  quella mattina, avrebbero avuto la prima lezione del loro corso: erboristeria.

A quanto pareva, i maghi avevano una materia chiamata “Erbologia” e la professoressa che la insegnava aveva messo a disposizione una delle sue serre.

Ad ogni modo, prima della loro lezione, avrebbero avuto un’ora con una certa professoressa Cooman, aveva detto Ron a colazione; cosa insegnasse quella donna, questo non lo sapeva.

Gli studenti di Hogwarts li condussero attraverso un groviglio di scale che cambiavano da sole e di corridoi ed infine arrivarono in cima ad una torre, nella quale dovettero entrare attraverso una botola servendosi di una scala a pioli.

Subito un forte odore di incenso invase le narici di Jace.

“Per l’Angelo, non sarà mica un’altra ciarlatana fissata con la chiromanzia?”, pensò il ragazzo non appena vide il modo in cui era adornata l’aula.

Qualche istante dopo, si udì un’ultraterrena voce femminile che diceva loro di sedersi in coppie per ogni tavolo.

Gli studenti abituali presero i loro soliti posti, Alec ed Isabelle si sedettero insieme in un angolino e l’unico posto vuoto che Jace notò fu uno sgabello in terza fila attorno ad un tavolino che già era occupato da… Clary.

Il ragazzo le si avvicinò e prese posto maledicendo mentalmente Alec per essersi seduto con la sorella anziché con lui.

Quando prese posto, Clary roteò gli occhi al cielo.

«Sono contento che la mia compagnia ti faccia tanto piacere», ironizzò il ragazzo.

Lei sfoderò un sorriso di plastica. «Come potrebbe essere altrimenti?», disse con evidente sarcasmo. «Questo posto mi ricorda la casa di Madame Dorothea», aggiunse poi.

Jace sogghignò.

«Già, ha il sapore dei ricordi, non trovi?».

«Oh, sì, signor “io odio i cetrioli e il bergamotto, quindi niente Earl Grey”».

«Però, Fray, che memoria».

«Ti ho già detto di non chiamarmi così!», sbottò la ragazza.

«Oh, giusto, preferisci Morgenstern?».

Clary lo fissò con sguardo furente, ma il loro battibecco fu interrotto dai richiami stizziti di due ragazze, entrambe di Grifondoro, che occupavano il tavolo accanto al loro.

«Silenzio! Seguite Divinazione!», e detto questo si voltarono nuovamente con aria corrucciata.

Jace alzò un sopracciglio.

«Dio, pensavo che non potessero esistere persone veramente interessate a questa spazzatura».

«Zitto, prima che ti sentano!», lo ammonì Clary.

E detto questo, la lezione cominciò.

 

[…]

 

Ci mancò poco che Clary non si addormentasse sul banco, era così stanca a causa della notte senza sonno, che avrebbe davvero potuto addormentarsi lì.

Il suo dolce dormiveglia fu interrotto da un dolore acuto al piede, perché quell’idiota di Jace glielo aveva pestato.

Stava per voltarsi e sbraitargli contro qualcosa di molto scortese, quando si accorse di due enormi occhi azzurri che la fissavano da dietro delle lenti esageratamente grandi.

Era la professoressa Cooman, avvolta in un tripudio di foulard e scialli colorati e pieni di perline, tanto che quando si muoveva si poteva sentirne il tintinnio.

«Trovi interessante la lezione, mia cara?», chiese la donna con voce lontana.

«Io… ehm… sì, molto!» esclamò Clary, imbarazzatissima.

Jace si voltò dall’altra parte cercando di soffocare una risata, ma la ragazza lo udì ugualmente e ricambiò il pestone al piede.

Lui si irrigidì.

«Puoi darmi la tua mano, Cacciatrice?».

«La mia… perché?».

«Ma per leggerla, è ovvio!».

Splendido.

Clary le porse la mano con riluttanza e la professoressa Cooman la afferrò più saldamente di quanto si sarebbe aspettata.

Anche Jace si chinò in avanti.

«Potrebbe comunque non vedere niente, dato il tuo blocco mentale», le sussurro in modo che solo lei potesse sentire, ma Clary lo scacciò via come se fosse una zanzara fastidiosa.

«Oh, cara! Tu sei in pericolo! Corri un grande rischio qui!».

La ragazza ritrasse svelta la mano e guardò Jace, che osservava la professoressa Cooman tra l’arrabbiato e l’annoiato.

«Ma per favore!», sibilò.

La donna ora guardò lui. «Pensi che non sia vero, ragazzo?», lei prese a forza la mano di Jace, che la osservò tra lo stizzito ed il ferito, come se si sentisse violato, e poi proseguì: «Tu stesso sarai convolto e vi troverete in un pericolo mortale!».

Jace tirò indietro la mano e si alzò di scatto.

«Questo corso decisamente non fa per me!».

Detto questo si mise la giacca in spalla e si avviò a grandi passi verso la scala a pioli, sparendo dalla vista della classe attonita.

Clary non sapeva cosa fare; per diversi secondi rimase immobile al suo posto, poi si decise a seguire Jace, farfugliando un imbarazzato “Mi scusi”, alla professoressa Cooman.

Quando la ragazza arrivò all’ingresso della botola si guardò intorno, ma lui era già sparito. Aveva dimenticato quando dannatamente veloce riuscisse ad essere quel ragazzo. Svoltò di corsa un po’ di corridoi finché non andò letteralmente a sbattergli contro.

Lui l’afferrò prontamente in una presa salda.

«Perché così trafelata?», le chiese a pochi centimetri dal suo volto.

«Ti stavo cercando».

«Beh, direi che mi hai trovato».

Clary era imbarazzata, adesso non sapeva più cosa dire. Ci pensò lui a toglierla dall’impiccio.

«Sai che hai proprio una brutta cera oggi?».

«Tu sei sempre tanto gentile, vero?».

Jace si esibì in uno dei suoi soliti sorrisi strafottenti da togliere il fiato. «Chiedevo soltanto. Sembra che tu non abbia chiuso occhio stanotte».

«Infatti, penso di aver dormito solo mezz’ora».

«E perché?».

«Io… diciamo che non amo stare sottoterra».

«In che senso?».

«La sala comune dei Serpeverde è nei sotterranei e insomma… non è il massimo».

Jace ghignò.

«Lo sai che dalla Casa di Serpeverde sono usciti i più grandi maghi oscuri della storia del mondo magico? Me lo ha detto Hermione».

«Chi?».

«La ragazza che stamattina ha risposto a tutte le domande di Piton».

«Oh. Beh… non è una buona cosa che io sia finita lì allora, no? Insomma… vuol dire che ho qualcosa che non va… forse è a causa di mio padre», lo disse più che altro come se fosse una domanda.

«Tu non hai nulla che non vada, se non l’altezza di un folletto».

Clary gli lanciò uno sguardo omicida.

«Ehi, non guardarmi in quel modo; è vero! Non credo di aver mai visto qualcuno della tua età che fosse tanto basso… ».

«La vuoi piantare!?».

Jace scoppiò in una fragorosa risata e Clary fece per allontanarsi, ma lui la bloccò per un polso, facendola voltare nuovamente.

«L’ho detto io sul treno, che eri permalosa». Poi parve farsi più serio «Come mai mi sei corsa dietro?», le chiese.

«Quella donna, quello che ha detto… non so, è inquietante».

«Non l’avrai mica presa sul serio; è una ciarlatana!».

«Beh, il preside mi sembra uno sveglio, non credo che l’avrebbe assunta se lo fosse… ».

Jace fece spallucce. «Facciamo un giro?».

«Cosa?».

«Sì, vediamo la scuola, insomma… abbiamo deciso di non seguire Divinazione, perciò abbiamo quasi un’altra ora prima di erboristeria».

«Io penso che mi perderei dentro questa scuola da sola».

«Oh, avanti! Prima o poi dovrai imparare a muoverti, qui dentro!».

Clary sbuffò.

«Va bene, ma se finiamo in qualche posto in cui non dovremmo essere, darò la colpa a te!».

«Tanto non possiamo far perdere punti alle nostre Case… o sì?».

«Certo! Altrimenti non ci avrebbero smistato, razza di genio che non sei altro!».

«Ehi! Attenta a come parli, Fr… Clary», si corresse all’occhiataccia della ragazza.

I due ripercorsero la strada inversa e si trovarono nuovamente nella Sala d’Ingresso, all’entrata dei sotterranei.

«Ti va di visitare il parco? Così controlliamo dove sarà la lezione di erboristeria».

Suo malgrado, Clary sorrise; Jace aveva il disturbo ossessivo-compulsivo di avere sempre tutto sotto controllo: persino lì, al sicuro dentro un castello lontano migliaia di kilometri da Valentine e Sebastian, voleva sapere esattamente dove andare per seguire una lezione.

«Va bene».

Camminarono con calma, scendendo i gradini di pietra che davano sul grande parco e si avviarono verso le serre.

«Ci si potrebbe perdere davvero qui».

«Non finché resterai con me», la prese in giro lui, ostentando, come sempre, il suo spiccato senso dell’orientamento, cosa che a Clary mancava completamente.

«Che freddo… », commentò lei sovrappensiero, mentre camminavano per i giardini che si stendevano a perdita d’occhio.

«Cos’è, un modo indiretto per dire che vuoi un abbraccio?», come al solito, Jace aveva sempre la risposta pronta.

Clary lo fissò di traverso.

«No, se volessi un abbraccio decisamente non verrei da te».

Negli occhi del ragazzo per un momento guizzò un lampo.

«E allora da chi andresti? Dal biondo ossigenato con cui parlavi ieri sera?».

«Draco Malfoy? Ma per favore. E poi… perché tutto quest’interessamento? Non sarai mica geloso, Herondale… ?».

«Geloso io? Tsé, ti piacerebbe. È solo che in fin dei conti tu sei una dei nostri, una Shadowhunter, mi sembra doveroso metterti in guardia dalle cattive compagnie».

«Ammesso e non concesso che io frequenti cattive compagnie… tu sei stato quello che ne ha aperto la strada».

Jace parve ferito.

«Ma guardala… io ho rischiato la vita per salvarti, mesi fa! E anche più di una volta; come se non bastasse poi, anche quello psicopatico di tuo padre ha cercato di farmi fuori!».

Il ragazzo si pentì di quelle parole nel momento stesso in cui gli uscirono di bocca, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Clary si sentì punta sul vivo, arrestò subito la sua marcia, ed il suo sguardò si incupì immediatamente.

«Io… Clary, mi dispiace, non intendevo dire questo… », cercò di giustificarsi.

«Però lo hai detto».

«Sì, l’ho detto».

«Per quanto possa valere per te questa cosa… l’unico padre che io conosco è Luke. Non Valentine. L’unico padre che io conosco è l’uomo che mi ha cresciuta e non quello che ha provato a distruggere tutto ciò che amavo».

Qualcosa negli occhi di Jace parve addolcirsi, ma solo per un momento.

«Lo so, Clary».

Camminarono in silenzio per qualche altro minuto, poi arrivarono alle serre.

«La nostra serra dovrebbe essere la numero tre; eccola lì», disse Jace indicandone una. Così i due proseguirono ed entrarono.

Una volta dentro, Clary notò il ragazzo ridere sotto i baffi.

«C’è qualcosa di divertente che mi sfugge, per caso?».

«Potrei sentirmi molto ferito, Clarissa Morgenstern, non ricordi l’ultima volta in cui siamo stati in una serra insieme?».

Clary si sentì avvampare improvvisamente.

E che diamine, stava scherzando?! Perché ora riportava a galla certi ricordi?

Jace, vedendo la ragazza sgranare gli occhi e arrossire di colpo, scoppiò in una fragorosa risata.

«Tu! Razza di…!», ma non riuscì a trovare il termine adatto.

«Sì? Sto aspettando… cosa sono?», lui sembrava sempre più divertito.

«Un vero imbecille! E te lo dico dal profondo del mio cuore».

Il sorrisetto di Jace si allargò ancora di più, se possibile.

«Sembri una gattina esagitata che rizza il pelo».

«Me ne torno al castello!», sbottò Clary a quel punto.

Stava correndo via quando si sentì afferrare per il gomito.

Era già pronta a sputare in faccia a Jace una delle sue solite battute velenose, quando si ritrovò davanti Draco Malfoy e per un momento rimase impietrita.

«Che stai facendo?», gli chiese con una rabbia nella voce appena controllata.

Al fianco del ragazzo ce n’erano altri due: uno erano i suoi due tirapiedi;  Clary  li aveva visti a cena la sera precedente, se aveva capito bene, si chiamavano Tiger e Goyle, ma la ragazza non avrebbe saputo dire chi fosse l’uno e chi l’altro.

«Ti avevo messo in guardia da quelli del Grifondoro, Clarissa… non dovresti frequentare certa gentaccia», disse in tono altezzoso.

Clary quasi non ci vide più dalla rabbia anche perché tutto in Malfoy, dai capelli biondi che quasi sembravano bianchi, al modo imperioso di parlare, le riportava alla mente Valentine.

Jace, che l’aveva inseguita e aveva assistito alla scena, si stava facendo avanti a grandi falcate, con tutte le intenzioni di spaccare la faccia a Malfoy, ed inoltre, come se non bastasse, i Grifondoro che prima erano a lezione con la Cooman e un gruppetto di Tassorosso, si stavano dirigendo da quella parte. Divinazione doveva essere terminata.

“Dannazione…”.

Clary pensò in fretta; non poteva certo permettere a Jace di cacciarsi nei guai fin dal primo giorno attaccando una rissa con uno studente, anche piuttosto in vista nel bene e nel male, di Hogwarts. D’altro canto non poteva nemmeno passare lei per una stupida, dando l’impressione di essere la classica damigella in difficoltà.

Così, prese il braccio di Malfoy, sperò non troppo forte, fece trazione in modo da girargli il braccio e piegò la schiena in avanti. Il ragazzo staccò i piedi da terra e Clary lo sollevò, facendogli fare una sorta di capriola a mezz’aria e infine, il biondo si schiantò a terra di schiena, un secondo prima che Jace gli fosse addosso.

Tutto, nel parco, rimase immobile per un istante.

Jace la guardava sbalordito, così come Alec ed Isabelle che stavano accorrendo, probabilmente per bloccare l’amico, e tutti gli studenti di Hogwarts nei paraggi fissavano Clary a bocca aperta.

La rossa, da parte sua, disse soltanto: «Grazie, ma sono grande abbastanza per decidere con chi voglio passare il mio tempo».

Un attimo dopo filò via, verso la serra numero tre, più veloce di un razzo.

“È fatta, sarò espulsa”, continuava a pensare mentre correva velocemente lungo il parco senza guardarsi indietro.

Entrò nella serra precipitosamente, spaventando a morte una donna dai capelli grigi che, a quanto pareva, sarebbe stata la loro insegnante di erboristeria.

«Oh, per l’Angelo, ma insomma! Clary, un po’ di modo!», esclamò la donna portandosi una mano all’altezza del cuore.

Clary la fissò, costernata. Riconobbe all’istante quella donna.

«Amatis!».

Sì… era proprio la sorella di Luke.

 

[…]

 

Quando Jace entrò nella serra, sulla scia di Clary, si trovò faccia a faccia con Amatis Herondale: la prima moglie di suo padre, nonché sorella di Luke.

«Amatis?».

«Oh, bene, sono contenta che voi ragazzi non abbiate dimenticato il mio nome; sembra che non sappiate dire altro!».

«Tu insegni qui?!»

«Già, e non sono l’unica Cacciatrice che vedrete girare per i corridoi di questo castello; pensavate forse che i maghi si sarebbero messi ad insegnarvi le rune, l’erboristeria per l’uso che ne facciamo noi e i combattimenti? Noi non siamo qui per agitare bacchette! E poi Luke mi ha detto di tenervi d’occhio», disse lei in tono pratico.

In quel momento entrò il resto della classe, così lasciarono cadere l’argomento.

Era la prima lezione interamente di Shadowhunters; i maghi erano entrati nella serra accanto alla loro per la lezione di Erbologia.

Jace avrebbe voluto parlare con Clary riguardo a ciò che era accaduto poco prima nel cortile con Draco Malfoy, ma non appena provò ad aprire bocca, Amatis lo fulminò con un’occhiataccia che gli fece desiderare di essere da tutt’altra parte.

La lezione cominciò e la sorella di Luke si dimostrò essere davvero ferrata riguardo all’utilizzo delle piante, sia per scopi medicamentosi, sia  per utilizzarle in pozioni di altro genere.

Quando l’ora trascorse, i ragazzi uscirono velocemente dalla serra e Jace prese Clary da parte; insieme a loro si fermarono anche Alec ed Isabelle.

«Si può sapere cosa diavolo è successo prima?», chiese quest’ultima in tono molto animato.

«Niente; è stato solo un malinteso… », si mise sulla difensiva la rossa.

«Sì, ma… come hai fatto a lanciarlo in aria in quel modo?», prese parola Jace, in tono più calmo rispetto alla sorella adottiva.

«Che intendi? Sono una Shadowhunter anch’io!», esclamò lei, con aria ferita.

 «Sì, ma tu non hai mai ricevuto un vero addestramento e quella mossa… beh, diceva proprio il contrario!», continuò il biondo.

«Luke mi ha addestrata. Dopo quello che è successo a Renwick con Valentine e lui che se l’è filata con la Coppa Mortale, insomma… la miglior difesa è l’attacco, no? E Luke era uno Shadowhunter prima di essere morso».

Jace si passò una mano sul mento, con fare interessato.

«Bene bene, e chi l’avrebbe mai detto… ci sarà da divertirsi durante gli allenamenti!».

Clary lo guardò di traverso, mentre Isabelle ed Alec continuavano a fissarli incuriositi.

Poi, Jace si stiracchiò con aria soddisfatta, flettendo i suoi muscoli ben delineati e lasciando intravedere un pezzo di pelle scoperta tra l’orlo della maglietta e l’inizio dei jeans.

Era stato deciso che agli Shadowhunters era consentito indossare abiti normali, tranne durante le ore di addestramento, durante le quali avrebbero dovuto mettere la classica divisa da battaglia.

Il ragazzo notò Clary distogliere in fretta lo sguardo dalla pelle scoperta del suo addome e con un sorriso compiaciuto disse: «Ora di pranzo, sto morendo di fame», così, il gruppetto si riavviò verso il castello per la pausa pranzo.

 

NOTE:

Ed eccomi qui con il secondo capitolo di ItD! Allora… che ve ne pare? Spero abbiate apprezzato e che continuerete a seguirmi!

Intanto ringrazio tutte le persone che hanno recensito il primo capitolo e che hanno inserito la mia storia tra le preferite e tra le seguite!

A mercoledì prossimo!

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Capitolo 3
*** Giochi pericolosi ***


3  

CAPITOLO 3: GIOCHI PERICOLOSI

 

Durante il pranzo, Clary si trovò improvvisamente isolata. Dopo quello che era accaduto con Malfoy, ogni Serpeverde la guardava con circospezione e si teneva ben distante.

Sembrava invece che avesse acquisito popolarità in tutte le altre Case; specialmente tra gli studenti di Grifondoro.

Dopotutto però, come lei stessa si era aspettata, quel suo gesto impulsivo non poteva passare inosservato, e proprio durante il pranzo, il professor Piton le si avvicinò con il suo solito passo spedito, dicendole di seguirlo.

A Clary balzò il cuore in gola; quell’uomo la intimoriva e lei non sapeva cosa diavolo avesse in mente; non poteva certo mettere a tappeto anche lui, anche avrebbe tanto voluto farlo.

Certo, il professore avrebbe potuto tramutarla in una lucertola prima che lei potesse anche solo accorgersene, dopotutto lei era una Shadowhunter alle prime armi e lui un insegnante navigato e molto abile nel suo lavoro.

Lo seguì a testa bassa senza opporre alcun tipo di resistenza.

Mentre si allontanava, Clary vide Jace, i Lightwood ed Harry e il suo gruppo di amici guardarla in modo preoccupato.

Non stavano sicuramente andando a fare una bella chiacchierata davanti ad una tazza di thè fumante.

La ragazza seguì il professore di Pozioni lungo i corridoi fino ad arrivare nei sotterranei, nel suo ufficio.

«Prego, si sieda signorina Morgenstern», disse lui senza alcuna inflessione nella voce.

Clary obbedì senza fiatare e poi prese dei profondi respiri.

Si comportava sempre così quando sua madre era in quello stato che lei era solita chiamare “spaventocalma”.

Solo che in fin dei conti, sua madre non avrebbe mai fatto nulla che poteva nuocerle; di quel Piton non poteva dire altrettanto.

«Sono venuto a sapere del, come chiamarlo… incidente, avvenuto nei giardini della scuola con il signor Malfoy. Ha qualcosa da dire?».

Clary inghiottì il vuoto.

«Lui mi stava facendo male… ».

Non era proprio una bugia; Malfoy le stava stritolando il gomito.

«Questo non giustifica il suo comportamento, Morgenstern».

Nel pronunciare il suo cognome, a Clary parve che Piton sputasse veleno puro, tanto che lei rimase raggelata.

«Pensi che non sappia chi sono tuo padre e tuo fratello? Pensi che non sappia da quale brutale e violenta famiglia tu vieni? Perché credi di essere stata smistata nella mia Casa? Da Serpeverde sono usciti i peggiori maghi oscuri di tutti i tempi e tu puoi andare in giro con quell’aria innocente finché vuoi, ma io non ci casco, Morgenstern. Fa solo un altro passo falso e ti farò buttare fuori da qui! Non credere che convincere il resto del corpo insegnanti sarà difficile, tu che sei la figlia di un assassino traditore!».

Clary pensò che per un momento il cuore le si fermasse. Va bene, quell’uomo non le aveva fatto una buona impressione fin da subito, ma parlarle così era come… ricevere uno schiaffo in pieno viso. Dovette ricacciare a forza indietro le lacrime, poi il professore continuò: «Non so com’eri abituata a casa tua in America, se andavi in giro ad uccidere qualunque cosa ti passava sotto mano e quella feccia che voi chiamate Nascosti, ma… ».

«Oh, cielo, no! Così potrei davvero sentirmi profondamente offeso!».

Una voce familiare alle spalle di Clary interruppe la tetra litania di Piton, che rimase raggelato sul posto, apparentemente inorridito da ciò che gli stava di fronte.

Clary si voltò di scatto, sapendo già perfettamente chi si sarebbe ritrovata davanti: stivali di un lucido verde scuro, pantaloni marroni in pelle e una maglietta così gialla che dava fastidio agli occhi.

Capelli sempre a punta e glitter ovunque.

«Magnus!», esclamò Clary esterrefatta.

Cosa diavolo ci faceva lui ad Hogwarts?!

E poi Clary sperava che almeno lì avesse un certo contegno nel vestire; ma a quanto pareva, a Magnus non importava granché. Quello era il suo stile e non sarebbe mai cambiato.

«Sono Magnus Bane!», si presentò l’uomo al professore di Pozioni, che sembrava avesse perso l’uso della parola.

«Sono spiacente, ma temo di doverle portare via Clarissa, ora».

Così, senza aspettare la risposta dell’altro, afferrò Clary per un braccio e la portò via dai sotterranei.

«Zuccherino, si può sapere che cos’hai combinato?», le chiese quando furono sufficientemente lontani dall’ufficio di Piton.

Ma le parole accusatorie del professore continuavano a rimbombarle nelle orecchie come una sentenza di morte e le  lacrime tornarono a farsi sentire nei suoi occhi, appannandole la vista.

«Oh, per favore, capisco che tu sia felice di vedermi, ma niente piagnistei cara, altrimenti me ne torno da dove sono venuto».

«Già, a proposito di questo… come mai sei qui?» gli chiese la ragazza con voce un po’ incrinata, ma dandosi un contegno.

«Ma per il cibo gratis, è ovvio!», esclamò con un sorriso abbagliante.

«Ah, già… di quello ce n’è davvero molto», disse lei con un sorriso triste. «Seriamente, Magnus… perché sei qui?».

«Per te, Clary».

«Per me?».

«Ci sono novità su tua madre… cioè… non proprio novità, ma si è fatta avanti una sua vecchia amica e mi ha detto che c’è un modo per svegliarla. Serve una pozione e gli ingredienti li potrò trovare soltanto da queste parti, quindi… eccomi qui».

Clary non poteva credere alle sue orecchie. Non le importava più delle parole cattive di Piton di poco prima, ora riusciva a pensare solo a sua madre e di slancio abbracciò Magnus, che parve colto alla sprovvista.

Proprio in quel momento arrivarono Jace, Alec ed Isabelle, seguiti da Harry, Ron e Hermione.

Il trio di Hogwarts fissò Magnus con tanto d’occhi; il Sommo Stregone di Brooklyn era probabilmente la persona più egocentrica che esistesse sulla faccia della Terra.

Alec invece era rimasto decisamente impietrito.

«Ciao, sexy!», salutò allegramente Magnus, rivolgendosi proprio al maggiore dei Lightwood.

Clary rimase esterrefatta per un momento, come d’altronde sembravano tutti gli altri, a parte Isabelle, che se la rideva sotto i baffi.

“Sexy”? Che Magnus ed Alec avessero una relazione?! D’altro canto… Clary sapeva per certo delle preferenze sessuali di Alec, ma non sapeva che stesse con Magnus.

«Tranquilli ragazzi, sono solo di passaggio, non mi fermerò per molto!», esclamò l’uomo come se quella fosse la situazione più normale del mondo. «Infatti, ora devo andare a parlare con il vostro preside, quindi… vi auguro una buona giornata!», e detto questo si avviò con passo spedito in cima alle scale, dopo aver rivolto un occhiolino ad Alec.

Clary si chiese se sapesse effettivamente dove stesse andando o se, tra due ore, lo avrebbero ancora ritrovato a vagare per i corridoi che si snodavano all’interno del castello.

 

[…]

 

Harry rimase a fissare quell’uomo mentre si allontanava. Lui di gente strana ne aveva conosciuta nella sua vita, ma quel tipo, li superava di gran lunga tutti quanti!

«Chi cavolo era quello?», fu Ron a rompere il silenzio.

«Quello lì è Magnus Bane: il Sommo Stregone di Brooklyn», spiegò Isabelle con noncuranza.

«Beh… è strano forte».

Harry guardava la Cacciatrice dai lunghi capelli neri, ma poi i suoi occhi si spostarono su Clary.

«Oggi ti ho vista lanciare in aria Malfoy».

La ragazza arrossì di colpo.

«Sai, sei diventata il mio idolo».

«Io… Piton mi ha dato una bella strigliata, forse se non fosse arrivato Magnus, mi avrebbe espulsa»

«Sì, sarebbe tipico da parte sua. Voi venite mandati qui per la vostra sicurezza e lui ti butta fuori. Molto maturo».

«È anche vero che quello che ho fatto non è stato molto corretto».

«E chi se ne importa? Sei stata mitica!», riprese parola Ron.

Lei rise sommessamente.

«Non avrei dovuto, ma mi aveva fatto arrabbiare».

«Oh, Malfoy a quest’innata capacità e direi che è l’unica cosa che gli viene molto bene».

«Ma noi non dovremmo tipo… odiarci per contratto? Insomma… tutta la storia di Serpeverde e Grifondoro… ».

«Io non odio nessuno che mandi gambe all’aria Malfoy in quel modo», riprese Harry con un gran sorriso.

A quel punto Clary rise apertamente e, Harry notò, che Jace osservava la scena a braccia conserte e con un sopracciglio inarcato.

Quel ragazzo era strano. Era come se fosse costantemente teso per qualcosa e girava sempre attorno a Clary.

Poi si ricordò delle parole di Isabelle quella mattina a colazione: “Solo perché tu e la piccola Morgenstern avete avuto dei trascorsi, questo non fa di lei una tua proprietà, mio caro”.

Allora Clary e Jace stavano insieme? O insomma… lo erano stati?

Quegli Shadowhunters lo incuriosivano sempre di più.

«Che lezioni ci sono adesso?», sentì poi dire ad Hermione.

Ron guardò il suo orario: «Storia della Magia con Corvonero e Trasfigurazione doppia con Tassorosso».

«Voi invece? Avete qualcuna delle vostre lezioni?», chiese la strega rivolta agli Shadowhunters.

«Rune», disse Alec con scarso interesse.

Da quando quel Magnus Bane se n’era andato, il ragazzo pareva essere tornato in quel suo stato di noia misto a diffidenza nei confronti di tutti tranne che sua sorella e Jace.

«Anche noi abbiamo una materia che si chiama Rune Antiche», proseguì Hermione.

«Allora infondo non siamo poi così diversi; in fin dei conti… studiamo materie simili, voi avete i maghi oscuri e noi abbiamo i demoni. Per combatterli voi avete gli Auror e noi siamo Shadowhunters e poi… voi avete i doni della morte, mentre noi gli strumenti mortali… », disse Clary.

«E tu come fai a sapere dei doni?», chiese Harry, stupito.

«Già, Clary, come lo sai?» gli occhi di Jace la scrutarono, inquisitori.

Lei parve in imbarazzo e si mise a tormentare una ciocca di capelli, rigirandosela tra le dita e infilandola dietro un orecchio.

«Luke mi ha dato un libro, voleva che fossi preparata».

«Dev’essere un libro molto particolare, è strano che sia sfuggito alla supervisione del Conclave; un manufatto del genere dovrebbe stare nella biblioteca dell’Istituto», continuò il biondo.

«Era nella biblioteca di Valentine, d’accordo!? Nella tenuta dei Wayland, forse dovevi accorgerti tu della sua esistenza, dato che ci hai vissuto per dieci anni!».

Quelle parole uscirono con impeto dalla bocca di Clary, tanto che si portò una mano alla gola, come se fosse improvvisamente sul punto di strozzarsi, e guardò Jace con aria stranita, non credendo lei stessa alle parole che aveva appena  pronunciato.

Il ragazzo, dal canto suo, divenne di colpo rigido e perfino Alec ed Isabelle parevano guardinghi e a disagio.

Clary non aspettò un secondo di più e filò via lasciandosi il gruppo alle spalle.

Harry non capiva cosa fosse successo; insomma… si comportavano tutti in modo così strano!

 

[…]

 

Clary era seduta sui gradini di pietra che davano sul giardino, con indosso nient’altro che un paio di jeans vecchi e una felpa. Seduta sullo scalino più in basso, continuava a tormentare l’erba, strappando dal prato dei consistenti ciuffi verdi e buttandoli all’aria.

Respirava a fondo e si sentiva tremendamente in colpa. Aveva sbagliato a rivolgersi in quel modo a Jace.

Dopo diversi minuti di meditazione, sentì una voce chiamarla alle sue spalle. Si voltò, per trovarsi davanti Harry.

«Ciao», disse in tono mesto la ragazza.

«Ciao. Impressione mia o tu e Jace non riuscite ad andare molto d’accordo?».

«Abbiamo alti e bassi».

«E quel Valentine che hai nominato prima c’entra qualcosa?».

«Valentine è il punto della situazione. Lui è il nostro… nemico da combattere; è lui il Cacciatore cattivo che ha costretto il Conclave a mandarci tutti qui. Pensano che questo sia l’unico luogo sufficientemente sicuro. Ed è mio padre».

A quelle parole Harry la guardò stupito.

«Che cosa?».

«Già. Lui mi odia, ma ha cresciuto Jace per i primi dieci anni della sua vita, anche se poi ha cercato di ucciderlo. Mio fratello, Jonathan, ha ucciso il fratellino minore di Alec, Isabelle e Jace».

Clary non sapeva perché stesse dicendo tutte quelle cose a Harry, ma quel ragazzo… in qualche modo le ricordava Simon e Simon le mancava da morire. Aveva bisogno del suo migliore amico, ma lui era troppo lontano.

«Mi dispiace», le disse solo Harry.

«Beh, adesso è il caso di andare in classe; non voglio arrivare in ritardo alla prima lezione di Rune».

«Certo, anch’io devo andare», e detto questo i due rientrarono nel castello.

 

[…]

 

Jace camminava a passo spedito lungo i corridoi della scuola; non capiva come diavolo quella ragazza riuscisse a farlo imbestialire tanto.

Isabelle aveva provato ad inseguirlo, ma Alec l’aveva fermata. Il suo parabatai lo conosceva a fondo e sapeva che in quel momento l’unica cosa di cui Jace aveva bisogno era stare da solo.

Percorreva a grandi passi i corridoi, passando davanti ad aule vuote dalle porte spalancate e altre stanze chiuse a chiave. C’era così tanto da scoprire in quel castello! Ad un certo punto udì delle voci provenire da una rampa di scale alle sue spalle, così tornò indietro e, senza fare alcun rumore, si avvicinò.

Nascosto in un’intercapedine tra la scala ed il muro, distinse chiaramente la voce di Magnus Bane e un’altra, più anziana, che lo ricondusse al professor Silente.

Quando aveva sentito il nome del preside per la prima volta, Jace aveva pensato che si sarebbe trovato di fronte qualcuno di simile ad i Fratelli Silenti; non avrebbe potuto sbagliarsi di più.

Ad ogni modo, riuscì a cogliere un brandello di conversazione.

«Io capisco la sua preoccupazione, signor preside, ma non c’è nulla che la mia magia possa fare per localizzare una cosa talmente intrisa di potere e persa nei secoli. Senza contare il fatto che la sua magnifica scuola non è un posto esattamente… piccolo. Mi servirebbero mesi per setacciarla da cima a fondo e l’oggetto in questione potrebbe trovarsi ovunque. Io ho detto alla ragazza che sono qui per ritrovare gli ingredienti per la pozione che mi aiuterà a risvegliare sua madre, ma non è così semplice mentirle. Clary è sveglia e se si accorgerà che resto qui troppo a lungo, comincerà a farsi domande. A peggiorare le cose, e questo è stato, lo confesso, un mio errore, è stato il fatto che ai ragazzi ho detto che sarei ripartito nel giro di poco e quando noteranno che sono ancora qui, beh… ».

Magnus lasciò in sospeso la frase.

«Questo potrebbe rappresentare un problema, signor Bane, ma le garantisco che metterò a disposizione tutto il personale di cui dispongo per aiutarla nella ricerca. Quel… gioco, deve essere ritrovato».

«Su questo non potrei essere più d’accordo, professor Silente. Sono dell’opinione che certi giochi pericolosi non dovrebbero essere presi tanto a cuor leggero e un posto come la sua scuola non è certo il posto adatto per custodirlo, in mezzo a tanti ragazzi curiosi e, ahimè, terribilmente inconsapevoli del pericolo che correrebbero affrontando una cosa simile».

A quel punto il preside riprese parola e Jace avrebbe voluto stare ancora ad ascoltarli, ma un rumore di passi lo avvertì che qualcuno si stava avvicinando, così, con la solita grazia che lo contraddistingueva, scivolò via come un’ombra.

 

«Jace, sei sicuro di aver sentito bene?», gli chiese Isabelle quella sera, mentre lei e i due fratelli se ne stavano in disparte nelle sedie della sala comune di Grifondoro.

«Stai forse mettendo in dubbio il mio udito da Cacciatore, Izzy?».

«Non sia mai, vostra maestà il Re dei Fraintendimenti!».

«Ehi!», scattò Jace, piccato.

Alec scosse la testa tra il divertito e l’esasperato.

«Jace, penso che Iz voglia dire che è estremamente improbabile che Magnus e Silente si stessero riferendo ad un vero gioco».

«Ah, adesso prendi pure le sue difese? Alla faccia del parabatai!» esclamò ferito.

«Ehi, Mr-Chioma-Fluente, prima che essere tuo parabatai, lui è mio fratello!».

«Zitta tu, Medusa! Dì un po’, usi una runa per quei capelli? Dove li tieni nascosti i serpenti?».

«Non pensavo di essere così conteso», intervenne Alec in tono conciliante, prima che sua sorella potesse rispondere a tono, cosa che avrebbe fatto senz’ombra di dubbio. Come sempre toccava a lui mediare tra i due fratelli.

Sia Isabelle che Jace avevano degli animi che prendevano fuoco molto facilmente.

«Piuttosto… sbaglio o oggi Magnus ti ha chiamato… “sexy”?».

Alle parole di Jace, Alec rimase di sasso.

«Credo che dovremmo parlare di quello che hai sentito oggi», disse senza affrettandosi a cambiare argomento.

«E di cosa vuoi parlare? Ma sì, forse sarà stato una specie di linguaggio in codice per non farsi capire da eventuali orecchie indiscrete», continuò il biondo.

«Sì, tipo le tue». Isabelle parlò sovrappensiero, girando la pagina di un libro intitolato “Storia di Hogwarts”, che aveva preso in biblioteca quel pomeriggio.

Jace però sapeva che era tutta scena; a Isabelle non piaceva leggere.

«Sarebbe uno strano quadretto. Intendo… Magnus e Silente a fare una partita ad un qualche strambo gioco da tavola magico. Tipo Risiko con i carri armati che si sparano davvero a vicenda».

«Cosa diavolo è Risiko?», chiese Isabelle quasi infastidita.

«Un gioco da tavola dei mondani».

«E da quando tu sei un appassionato?».

«Non è colpa mia, questo è l’influsso negativo di quel Lewis».

«Simon? Ma lui non era più un tipo da videogames?».

«Che differenza fa? Mi immagino Silente con una specie di vestaglia da notte color porpora e Magnus con uno dei suoi soliti completi imbarazzanti che cercano di distruggersi a vicenda».

Alec si mosse a disagio sulla sedia.

«Ma sì… se si tratta di un gioco non sarà nulla di importante», sentenziò infine Isabelle.

 

NOTE:

Ed eccoci arrivati al terzo capitolo! Allora… cosa ne pensate? Le cose cominciano a farsi un po’ più complicate e nei prossimi capitoli vedremo come si svilupperà la trama.

Se passaste a lasciare un commento per sapere cosa ne pensate mi farebbe piacere e per eventuali dubbi/domande, potete scrivermi sia qui che su facebook; il mio nome è Clira Efp!

Alla settimana prossima!

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Tamburi ***


4  

CAPITOLO 4: TAMBURI

 

Clary non riusciva a dormire.

Si girava e rigirava nel letto piuttosto nervosa, ma niente, il sonno non voleva saperne di arrivare.

Era trascorsa più di una settimana dall’arrivo degli Shadowhunters ad Hogwarts e cominciava ad ambientarsi e ad orientarsi all’interno della scuola.

Secondo lei però, c’era qualcosa che non andava, negli ultimi giorni si sentiva sempre più irrequieta, come se sentisse che qualcosa di enorme incombesse sulle loro teste. Inoltre, le stavano succedendo delle cose strane. All’inizio non ci aveva prestato molta attenzione, ma percepiva come se una parte di lei lottasse per liberarsi e venire fuori. Era una sensazione che non aveva mai provato e decisamente, non le piaceva.

Come se non bastasse, era successo quel fatto durante la lezione di rune. Non ne aveva fatto parola con nessuno, ma era come se, tutto d’un tratto, avesse sentito un’improvvisa esplosione di potere generarsi dallo stilo e propagarsi lungo tutto il braccio, spandendosi poi al resto del corpo.

Non era stata però una cosa piacevole. Aveva sentito come se una forza sconosciuta guidasse la sua mano e aveva iniziato a tracciare una serie di linee e curve, ma tutto ciò che ne veniva fuori le era parso terribilmente sbagliato. Quella runa che stava riproducendo le era apparsa per un momento nella mente e aveva subito iniziato a disegnarla, anche se in quel momento la classe di Cacciatori stava lavorando ad un semplice runa di protezione proveniente dal Libro Grigio, tanto che Jace continuava a lamentarsi che gli sembrava tutto troppo facile.

Le era servito un notevole sforzo per fermare la sua mano e, quando aveva staccato lo stilo dal foglio, si era accorta che la pergamena, lì dove la punta dello strumento aveva tracciato i suoi segni, era tutta bruciata e rovinata. Clary aveva cambiato pergamena prima che l’insegnante potesse accorgersi della cosa.

Fece un profondo respiro, e poi lo sentì: un rumore, come quello che avrebbe potuto fare un tamburo, ma più… sinistro.

Si rizzò a sedere sul letto con il cuore che le martellava nella gabbia toracica.

TUM!

Eccolo di nuovo, adesso più forte.

Tum, tum, tum!

Sempre più veloce e più forte, come se si stesse avvicinando.

Clary scattò in piedi e scese nella sala comune, deserta alle tre del mattino.

Aveva il cuore in gola e le mani fredde, ma ferme.

Il rumore si stava indebolendo man mano che si avvicinava alla porta che dava verso il sotterraneo buio, fuori dalla sala comune dei Serpeverde.

«Clary?», quella voce alle sue spalle la fece sobbalzare.

«Oddio, Aline!», esclamò la rossa portandosi una mano al petto. «Mi hai fatto venire un infarto!»

Aline Penhallow sorrise. Era una Cacciatrice come lei e proveniente da una delle famiglie più in vista di tutta Idris.

«Scusami. È solo… che cosa ci fai qui sveglia a quest’ora?».

«Io… », stava per dire la verità, stava per dire che aveva sentito degli strani rumori, ma all’improvviso cambiò idea.

«Niente, non riuscivo semplicemente a dormire».

«Già… dà i brividi questo posto, eh?».

Clary annuì.

«Su, adesso è meglio se torniamo a letto; domani ci sarà la prima lezione di addestramento, dobbiamo essere in forma!».

«Hai ragione».

E detto questo, con ancora quell’inquietante rumore che le rimbombava nelle orecchie, Clary scosse la testa per allontanare i pensieri che continuavano ad affollarle la mente e tornò nel suo dormitorio.

 

[…]

 

Quella mattina Jace si svegliò con un fastidioso cerchio alla testa.

Church non era lì, segno che doveva essere sgusciato fuori a fare un giro di ricognizione del castello.

Alec stava ancora dormendo nel letto accanto al suo; era così diverso a guardarlo mentre dormiva… di solito aveva l’aria di uno che reggeva il peso del mondo sulle sue spalle ed in effetti… il ragazzo era sempre costretto a mediare e a vigilare su di lui e su Isabelle.

Dalla morte di Max, poi, questo suo atteggiamento iperprotettivo era aumentato ancora di più. Adesso invece poteva passare per un qualunque normalissimo ragazzo.

Ripensare a Max provocò in Jace una dolorosa fitta allo stomaco e gli parve che la sua morte appartenesse a secoli prima, ma che al contempo fosse ancora tremendamente vicina.

Cercò di spostare i suoi pensieri altrove e prese dal piccolo armadio che gli spettava, la sua divisa da battaglia. Pensò che non era mai stato così tanto tempo senza averla addosso, ma ad Hogwarts era permessa solo durante le ore di addestramento e quindi oggi avrebbe dovuto metterla.

Sentire addosso i resistenti indumenti di cuoio in un certo senso fu confortante per lui, lo fece sentire a casa. E poi, la divisa ormai era diventata una specie di seconda pelle, a proteggere il suo corpo.

Si stiracchiò in piedi, fletté tranquillamente i muscoli allenati e aprì e chiuse le dita delle mani, indossando i guanti  di cuoio che lasciavano scoperte le dita.

Era pronto per quella giornata.

Siccome però, restava pur sempre Jace, assestò un improvviso e potente calcio al letto del suo parabatai, facendo quasi cadere il povero Alec dal letto; il quale scattò subito in piedi.

«Jace! Che cosa succede? I demoni ci stanno attaccando?», chiese il ragazzo, con gli occhi ancora pieni di sonno. Poi parve rendersi conto della situazione.  «Ehi, ma… si può sapere perché mi hai svegliato così?».

«Mi annoiavo; stavi dormendo un po’ troppo per i miei gusti… ».

Jace, pigramente appoggiato con una spalla contro il baldacchino del letto, si prese un’occhiata omicida dal fratello adottivo.

«Avresti anche potuto farlo un po’ più delicatamente, anche se in effetti la delicatezza non può far parte di Jace Lightwood».

«Così mi ferisci», disse il biondo portandosi una mano al cuore e sfoderando un’espressione falsamente addolorata.

A quella scena, Alec non poté fare a meno di sorridere, anche se disse, in tono perfettamente udibile: «Sei proprio un idiota».

«Oh, grazie», continuò Jace con quel suo tono falsamente melodrammatico. «La prossima volta dovrò svegliarti a suon di moine come farebbe Magnus».

Per un momento, Alec divenne prima incredibilmente rosso, cosa che, sulla sua pelle chiara, si notava veramente tanto, poi si irrigidì per un attimo.

«Mi cambio e arrivo; tu comincia a scendere, razza di demonio che non sei altro, controlla se Izzy è giù».

E detto questo, il moro gli voltò le spalle ed estrasse dall’armadio la sua divisa.

Quando arrivò in sala comune, Jace notò che Isabelle  era in piedi proprio al centro della stanza, le braccia incrociate al petto e un cipiglio corrucciato.

Inoltre, si accorse del fatto che praticamente tutti i maschi presenti nella stanza la stavano fissando con aria piuttosto inebetita. E dopotutto come dargli torto? La ragazza così bardata sembrava una terribile e bellissima dea della guerra.

Jace non poté fare a meno di sorridere, vedendo la frusta di elettro della sorella adottiva, attorcigliata come sempre intorno al suo braccio destro.

La ragazza se la portava ovunque dal giorno in cui suo padre gliel’aveva regalata in occasione dei suoi dodici anni.

«Cos’è quella faccia, Iz? Continua così e diventerai una maschera di rughe… ».

«Dove cavolo è mio fratello?», chiese lei non facendo caso al commento di Jace.

«Si veste e arriva».

«Per l’Angelo, e poi quelle con i tempi lunghi saremmo noi donne?!».

«Perché ti agiti tanto? Non è tardi… ».

«Che importa? A me non piace aspettare!».

Jace sorrise; Isabelle non sarebbe mai cambiata.

Quando Alec scese dal dormitorio, la ragazza esclamò: «Sia ringraziato Raziel! Ora avanti, voi due smidollati, muovetevi!».

«Si può sapere che cos’ha?», sussurrò Alec al suo parabatai, in modo che Isabelle, che li precedeva di qualche passo, non lo sentisse.

«Sai com’è fatta, è una a cui non piace aspettare. E non escludo il fatto che possa essere in quel periodo del mese».

A quelle ultime parole, Isabelle si voltò e mandò un’occhiata di fuoco a Jace.

«Prego?».

«Niente Iz, ho solo detto che sei bellissima a tutti i mesi».

 Alec scosse la testa divertito, mentre la diretta interessata cercò di restare seria, ma un piccolo sorriso le increspò le labbra.

«Ti salvi sempre all’ultimo, eh fratellino?».

E tra una battuta e l’altra, il trio arrivò nella Sala Grande.

 

[…]

 

Quando Harry, Ron e Hermione arrivarono nella Sala Grande per la colazione quella mattina, per un momento rimasero bloccati sul portone d’ingresso.

Vedere tutti quegli Shadowhunters nella loro tenuta da battaglia era impressionante, anche se erano tutti molto giovani. Sembrava una mare d’inchiostro nero che si spandeva per tutta la stanza.

«Miseriaccia… », disse Ron.

I tre ragazzi trovarono posto, come sempre, di fronte ai tre Cacciatori di New York, intenti a parlare con Ginny e Neville.

«Ciao, ragazzi», li salutò quest’ultimo quando presero posto.

«Ciao. Allora… oggi avete l’addestramento?», chiese Harry ad Alec.

«Già, la prima lezione. Potrebbe essere qualcuno che conosciamo», gli rispose il moro.

«Può darsi; dopotutto Amatis aveva detto che ci sarebbero stati altri Cacciatori».

«Chi è Amatis?», domandò Ron, curioso come sempre.

«Amatis Herondale, è la Cacciatrice che insegna erboristeria», spiegò Jace.

«Herondale? Come te? È tua madre?».

Per un momento, ai ragazzi parve di vedere Jace irrigidirsi e Alec ed Isabelle mandargli sguardi +allarmati, ma la cosa durò solo un momento, poi lui rispose.

«No. Lei è stata la prima moglie di mio padre».

A Harry sembrò che da sotto il tavolo, Hermione pestasse il piede a Ron, il quale si lasciò sfuggire un fievole gemito di dolore.

«E voi? Che lezioni avete oggi?», Isabelle cambiò argomento con disinvoltura.

«Un’ora di Trasfigurazione con Corvonero, un’ora di Storia della Magia con Tassorosso, un’ora libera e due ore di Difesa contro le Arti Oscure con Serpeverde», rispose subito Hermione.

Dopo il pasto, i due gruppetti si separarono e, quando il trio di Hogwarts fu in prossimità dell’aula di Trasfigurazione, Hermione si voltò a osservare Ron.

«Ma possibile che tu abbia sempre così poco tatto?».

«Che intendi dire?», chiese il rosso, colto alla sprovvista.

«Intendo dire… ma l’hai vista la faccia di Jace? Dovresti essere un po’ meno curioso, Ron».

«Oh beh, scusami tanto, sai! Non credevo che chiedere fosse diventato un crimine!».

«Loro sono Shadowhunters! Rischiano di morire ogni giorno e dall’espressione che ha fatto Jace quando gli hai chiesto se quella donna fosse sua madre, beh… mi sa proprio che lei sì, che è morta!».

Solo in quel momento il trio si accorse della presenza di Clary, pallida e col fiatone, a meno di due metri di distanza da loro. La ragazza aveva un’espressione piuttosto sofferente e stravolta.

«Scusate, io… non volevo origliare… », disse lei in evidente imbarazzo e in un momento fu già lontana.

«È incredibile quanto riescano ad essere veloci quei ragazzi», prese parola Harry per la prima volta.

«Pensate che lo andrà a dire a Jace? Dopotutto si conoscono… ».

«No, non credo. Clary sembra una che se ne sta per i fatti suoi».

«Cosa che dovresti imparare a fare anche tu, Ronald».

«Ma poi avete visto che faccia che aveva?»

«Di chi stai parlando, Harry?»

«Clary. Sembrava un po’ sconvolta».

«Beh, non mi sorprende; circondata da quella marmaglia di troll che stanno a Serpeverde».

«Ron!».

«Cosa c’è? Adesso dopo il Crepa, farai anche il comitato a sostegno di Malfoy e della sua gang di scagnozzi senza cervello?».

«Si chiamava C.R.E.P.A.», scandì Hermione ai limiti della sua pazienza.

A quel punto però, cominciarono ad arrivare anche gli altri studenti, così i tre lasciarono cadere l’argomento ed entrarono in classe.

 

[…]

 

Clary scese di corsa le scale che portavano al pianterreno e si imbatté in Harry, Ron ed Hermione; sembrava che gli ultimi due stessero avendo un acceso dibattito.

«Loro sono Shadowhunters! Rischiano di morire ogni giorno e dall’espressione che ha fatto Jace quando gli hai chiesto se quella donna fosse sua madre, beh… mi sa proprio che lei sì, che è morta!», stava dicendo Hermione in quel momento.

Per un attimo, quelle parole fecero dimenticare a Clary ciò che era appena accaduto.

Quando i tre si accorsero della sua presenza, la ragazza farfugliò delle scuse imbarazzate e corse via, verso il portone d’ingresso; aveva bisogno di prendere aria.

Aveva di nuovo sentito quel rumore, quei tamburi. Stava indossando la sua tenuta da battaglia quando l’aveva udito e subito si era precipitata laddove la fonte del suono era più forte.

Così, era uscita dalla sala comune senza aspettare Aline e aveva salito di corsa quattro rampe di scale fino ad arrivare al secondo piano e lì, era arrivata in un bagno. Non aveva nulla di che rispetto a tutti gli altri del castello, solo che quello era stranamente deserto e allagato.

In quella stanza, il rumore di tamburi era diventato veramente forte, tanto che Clary si era messa le mani a coprire le orecchie e poi, tutto ad un tratto, si era fermato.

C’era stato un solo inquietante momento in cui la ragazza aveva pensato che qualcuno alle sue spalle la stesse fissando, e, voltandosi di scatto, si era ritrovata faccia a faccia con una ragazzina dal colore bianco perlaceo sospesa a mezzo metro da terra: un fantasma.

Clary aveva lanciato un urlo strozzato e aveva fatto un balzo indietro, andando a sbattere dolorosamente il tallone sinistro  contro la struttura in marmo del lavandino, schizzando acqua dappertutto.

Dopodiché, era corsa via al doppio della velocità con cui era arrivata e, una volta che fu giunta al pianterreno, si era imbattuta in Harry, Hermione e Ron.

Ora, fuori nell’aria fredda di inizio novembre, pensò più razionalmente a ciò che stava accadendo in quei giorni e si chiese se non fosse il caso di dirlo a qualcuno; magari a Jace o ai Lightwood, ma poi si disse che probabilmente Jace l’avrebbe presa in giro fino alla morte ritenendola una paranoica, quindi accantonò l’idea.

Il suo tallone pulsava ancora per il dolore della botta presa poco prima nel bagno, così, decise di fermarsi un momento a disegnare un iratze; non poteva certo affrontare l’addestramento in quelle condizioni.

Aveva ormai poggiato la punta dello stilo sulla sua pelle, quando una mano pallida e dalle dita affusolate avvolse il suo polso.

«Che ti è successo, Clary?».

Splendido, era Jace.

«Sono scivolata in bagno, ho sbattuto il tallone», disse piuttosto di malumore. Tra la notte passata in bianco e poi ciò che era accaduto quella mattina, non si poteva certo dire che la giornata fosse iniziata al meglio.

Jace sogghignò.

«Ti diverti a prenderti gioco di me, Herondale?».

«Dovresti fare attenzione a dove metti i piedi. E stai ferma con quello stilo, te la disegno io la runa, sono più bravo».

Clary ritirò la mano, piccata.

«Oh beh, accomodati allora».

«Perché così scontrosa di prima mattina?».

«Non sono affari tuoi».

«Ancora problemi a dormire per i sotterranei? Se mi lasci entrare, potrei venire a tenerti compagnia la notte».

Il sorriso sulle labbra del ragazzo la diceva lunga.

«Ma la vuoi piantare?».

Ora Jace rise apertamente.

«Ok, così dovrebb+e andare. Adesso muoviamoci, principessa, altrimenti arriveremo tardi all’addestramento».

E infatti arrivarono in ritardo.

Nell’aula, il loro insegnante aveva già iniziato la spiegazione e quando li vide, lanciò loro uno sguardo ammonitore.

Clary conosceva quell’uomo, lo aveva già visto da qualche parte, ma non ricordava dove.

«Jace, chi è quel Cacciatore?».

«È Kadir, un importante membro del Consiglio; era il secondo di mia madre».

«Maryse?».

«Sì. È uno che fa sul serio, non possiamo permetterci di fare troppi errori qui».

«Va bene».

Detto questo, la lezione cominciò.

Kadir li mise a coppie e per le prime tre ore, lavorarono sulla teoria di alcune basilari tecniche di difesa; le rimanenti due ore, li fece esercitare tra di loro, mentre lui passava a controllare per vedere a che livello fossero.

Clary se la cavava piuttosto bene, gli allenamenti con Luke erano stati intensi, ma di certo non poteva competere con la forza e la velocità di Jace.

Il ragazzo a un certo punto la sollevò da terra e, con un movimento fluido, Clary si ritrovò sdraiata sul tappetino con il Cacciatore sopra di lei.

«Devo ammetterlo, nanerottola… sei meglio di quanto mi aspettassi, così sarà più divertente», quelle parole, soffiate a così poca distanza dal suo viso, le provocarono un brivido lungo la schiena.

«Basta così ragazzi, ci vediamo oggi pomeriggio, adesso andate a pranzo».

 

[…]

 

Dopo l’allenamento, Jace tornò nel suo dormitorio per fare una doccia prima di andare in Sala Grande per il pranzo, così come Alec.

Doveva ammetterlo a sé stesso: si era divertito con Clarissa Morgenstern e poi era decisamente migliorata da quando si erano visti per l’ultima volta, prima di ritrovarsi ad Hogwarts.

Il suo parabatai si accorse del suo sorrisetto, così chiese: «Come mai quell’espressione, Jace?».

«L’hai vista Clary? È stata brava per essere una che ha iniziato ad allenarsi pochi mesi fa».

«Se lo dici tu… », ma anche sul viso di Alec cominciava a spuntare l’ombra di un sorriso.

«Che c’è?».

«Oh, niente, Jace, solo che… ti ho visto piuttosto preso con Clary».

Il fratello gli diede uno spintone.

«Ma smettila».

Peccato che il suo tono fosse assolutamente divertito.

A pranzo, i ragazzi parlarono ancora con i maghi riguardo a quella mattinata e gli studenti di Hogwarts vollero saperne di più riguardo ai loro allenamenti.

«Oggi pomeriggio abbiamo un’altra ora buca; dite che potremmo assistere per un po’ alla vostra lezione?», chiese Hermione interessata.

«Sì, insomma… noi possiamo assistere alle vostre, quindi immagino che valga anche per voi se siete liberi», rispose Isabelle, rigirandosi tra le dita una forchetta sulla quale stava infilzato un pezzo di carne.

«Bene! Allora ci rivediamo questo pomeriggio!», esclamò allegra la ragazza.

Quando finirono di pranzare, i Cacciatori ebbero un’ora libera prima di tornare ad allenarsi e Jace decise di andare a fare una passeggiata per il castello, ancora c’erano molti posti che doveva vedere e un giro in più non poteva certo fargli male.

Così, insieme ai suoi due fratelli, si avviò lungo i corridoi della scuola.

«Secondo voi quanto tempo ci hanno messo prima di costruirlo tutto?», chiese Isabelle.

«Beh, hanno la magia, immagino prima di quanto farebbero un gruppo di operai mondani».

«Sempre geniale tu, eh Jace?».

Lui le rivolse un sorriso d’angelo e riprese a camminare.

Ad un certo punto, mentre percorrevano il corridoio del secondo piano, sentirono uno strano rumore, una sorta di basso tamburo.

«Che cosa è stato?», fece Alec.

«Non lo so, ma non mi piace. State attenti», continuò Jace.

Un altro colpo.

«Proveniva da là».

Isabelle si mise in testa al gruppo, la frusta, prima attorcigliata intorno al suo braccio, adesso stretta saldamente in mano.

Si muovevano con movimenti fluidi, come un’unica entità, ora dei veri letali Cacciatori.

«Sembra che il rumore provenga da questa stanza… ».

«È un bagno femminile».

«Ok, entro io, voi state qui».

«Non se ne parla»; il tono di Alec era deciso.

«Vado io per prima, se dentro non c’è nessuno vi faccio entrare, ma se c’è qualche ragazza è il caso che stiate qui».

«D’accordo Iz, ma sta attenta».

«Lo sono sempre».

Detto questo, la ragazza sparì oltre la porta.

Sentirono un’altra volta quel rumore, poi udirono la voce della ragazza dire: «Va bene, è libero, potete entrare».

Jace si fece avanti e Alec chiuse coda, poi si sparpagliarono all’interno della stanza, ma non vennero altri suoni.

«Eppure proveniva da qui, ne sono certa».

Ad un tratto la porta si spalancò e…

«Clary, che cosa ci fai qui?».

«Lo stai chiedendo tu a me, Jace? Questo è un bagno per ragazze! Cosa diamine ci fate qui tu ed Alec?».

«Abbiamo sentito dei rumori strani. Come tamburi», le spiegò Isabelle.

«Tamburi? Li avete sentiti anche voi?».

Ora Jace la fissava palesemente stupito.

«Cosa vuol dire anche voi? Tu li hai sentiti?».

«Sì, e non è la prima volta. Anche stanotte e… stamattina».

Le sue parole sembravano aver attirato l’attenzione di Alec ed Isabelle.

«E stamattina anch’io sono arrivata qui. Il bagno era allagato, ma quando sono entrata, dopo qualche secondo, il rumore è sparito».

«Più o meno la stessa cosa che è successa a noi adesso e la cosa comincia a piacermi sempre meno. Perché non ce lo hai detto prima, Clary?».

«Che cosa avrei dovuto dirti? Che sentivo dei tamburi la notte? Già ti avevo detto che ero terrorizzata dai sotterranei», rispose la rossa sulla difensiva. «Magari è soltanto un’altra stranezza della scuola», aggiunse, per cercare di sviare il discorso.

Jace ci rifletté un momento, poi scosse la testa.

«No, non credo, è qualcos’altro, qualcosa di più grande».

«Jace, secondo te… secondo te potrebbe avere a che fare con ciò di cui hai sentito discutere Magnus e Silente?», chiese Alec.

«Aspettate, sono rimasta indietro».

Così, Jace, Alec ed Isabelle le spiegarono brevemente dello scorcio di conversazione che il ragazzo aveva origliato tra il preside e il Sommo stregone di Brooklyn.

«Un gioco? Che razza di gioco potrebbe essere tanto pericoloso?».

«Non lo so, ma intendo scoprirlo», proseguì il ragazzo.

«Va bene, ma ora è il caso di tornare a lezione, se voi due arrivate in ritardo anche stavolta, Kadir potrebbe farvi fuori», intervenne Izzy.

«D’accordo. Allora su, andiamo, parleremo stasera del resto».

Detto questo, il quartetto riprese la via per l’aula degli allenamenti.

 

[…]

 

Vedere gli Shadowhunters nel loro ambiente quel pomeriggio, per Harry e gli altri fu una vera novità.

Era incredibile come quei ragazzi riuscissero a muoversi con una tale rapidità, ma al contempo con una tale forza.

Persino Clary, con la sua corporatura minuta, avrebbe potuto essere davvero pericolosa in un combattimento corpo a corpo.

Ron rimase profondamente colpito ed Hermione emetteva dei lievi versi striduli ogni volta che uno degli Shadowhunters finiva a terra, nonostante si stessero semplicemente allenando.

A cena, i maghi che avevano assistito agli addestramenti, erano tutti elettrizzati.

«Wow, siete stati davvero straordinari oggi!».

«Facciamo questo da molto tempo, ormai», rispose Isabelle con un sorriso.

«E voi insomma… non vi spaventa?».

«La consapevolezza che quando un nostro familiare esce dalla porta di casa potremmo non rivederlo mai più? Certo che ci spaventa, ma fa parte della nostra educazione, diciamo. È una cosa che abbiamo dentro e che... beh, sappiamo che non sarebbe poi così impossibile».

«Ma è orribile vivere in questo modo!», esclamò Ginny.

«Siamo Shadowhunters. Fa parte di noi».

La cena si spostò su argomenti un po’ più leggeri e infine, i ragazzi tornarono nelle proprie sale comuni, tranne i quattro Shadowhunters che, senza farsi scorgere da nessuno, si staccarono dal gruppo.

 

[…]

Come prestabilito dopo l’addestramento, Clary, Jace e i Lightwood, si ritrovarono nella Guferia.

«A qualcuno è venuta qualche idea geniale in queste ore?», chiese Jace.

«A parte rapire Magnus e farlo parlare? No, anche perché immagino che potrebbe trasfigurarci tutti in delle formiche, se volesse», rispose Clary.

«Magari non rapirlo, ma… seguirlo?».

«Jace sei impazzito? Lui è Magnus Bane!».

«E io sono Jace Lightwood e tu Isabelle, è questo il nuovo gioco?».

La mora sbuffò.

«Basta parlare di giochi vi prego, mi scoppierà la testa», intervenne Clary.

«Io propongo di far finta di niente e aspettare per un paio di giorni. Stiamo a vedere cosa succede e poi decideremo il da farsi. Studiamo la situazione  per adesso, quando ci capiremo un po’ di più in tutta questa storia, capiremo come agire», le parole erano provenute da Alec.

«D’accordo. Allora aspetteremo, ma ora è meglio tornare nelle sale comuni prima che qualcuno si accorga che non ci siamo».

E così fecero.

Clary sperò soltanto che non la attendesse una notte come la precedente, ma, per sua sfortuna, non appena si mise a letto e chiuse gli occhi, i tamburi ricominciarono.

NOTE:

Salve a tutti! Scusate, ma stasera sono no di fretta, di più! Perdonate gli eventuali errori ortografici ma devo proprio scappare, un bacio a tutti e fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 5
*** Gite notturne e profezie ***


5  

CAPITOLO 5: GITE NOTTURNE E PROFEZIE

 

Clary si tirò su a sedere sul letto, di nuovo, preda di una crisi di nervi. Ci mancava davvero poco che si mettesse a sbuffare dalle narici stile toro impazzito; non poteva credere a tutto quello che stava succedendo.

Avrebbe voluto prendere in mano delle matite da disegno e mettersi a dare vita alla confusione che affollava la sua mete. Così era davvero troppo e le venne da chiedersi se anche Jace, Isabelle ed Alec stessero sentendo a loro volta i tamburi.

Si portò le mani alle tempie, massaggiandole con le dita ad occhi chiusi.

Se avesse trascorso così un’altra settimana, sarebbe impazzita del tutto.

Scrivere a Luke e raccontargli che cosa stava succedendo? Era un possibilità.

Ok, forse no, se lo avesse saputo, c’era una buona probabilità che si potesse precipitare a scuola seduta stante e portarla via. No. Doveva aspettare; aspettare e vedere, proprio come aveva detto Alec.

Dio, moriva di sonno e non riusciva a dormire a causa di quei maledetti tamburi.

Infilò un paio di pantaloni di una tuta e una felpa pesante. Dannazione, si sentiva il cervello a pezzi.

Scese nella sala comune, come al solito la temperatura di quella stanza era pari a quella di un’era glaciale, ma si buttò a peso morto sul divano davanti al caminetto, andando a finire dolorosamente contro qualcosa di duro che, per di più, strillò, e lei fece altrettanto.

«Per la barba di Merlino!».

«Per l’Angelo!».

Le due esclamazioni si fusero insieme.

«Morgenstern!».

«Malfoy?! Che cavolo ci fai qui?».

«Potrei farti la stessa domanda».

«I vostri dormitori fanno schifo, è questo il mio problema», rispose burbera lei.

La risposta del ragazzo fu un grugnito svogliato.

Clary notò che teneva tra le mani un grosso volume di Pozioni. Lo prese dalle mani di Malfoy e cominciò a sfogliarlo. Non si sarebbe mai aspettata di trovarvi appunti su appunti scritti in una grafia decisamente leggibile per appartenere ad un ragazzo.

Quella di Simon era pessima, quasi indecifrabile, mentre Luke… beh, lasciamo perdere. Faceva eccezione Jace, che era perfetto in un modo decisamente irritante.

Girando le pagine, lesse di complicate pozioni per ottenere gli effetti più controversi e strani che si potessero desiderare.

Clary abbassò lo sguardo su Malfoy, ancora sdraiato sul divano, e inarcò un sopracciglio, cosa che, con sua somma gioia, aveva imparato a fare da poco. Prima aveva invidiato moltissimo Magnus, Jace ed Isabelle, che ci riuscivano alla perfezione senza tanti sforzi e senza smorfie orribili come quelle che le erano spuntate sul viso ogni volta che aveva provato a farlo.

«Che c’è, Morgenstern?».

«Magia nera? Davvero?».

«Come diavolo fai a… ?».

«Ho visto i libri di testo durante quella prima e beh… inquietante lezione con Piton  e non era questo. Questi incantesimi sono piuttosto… equivoci».

Il biondo sbuffò.

«Dio, adesso parli come la Granger. Mi chiedo se il cappello parlante non abbia fatto male a smistarti nella nostra casa».

«Francamente Malfoy, la cosa non mi tocca in modo particolare. Non appena sarà sistemata la situazione a casa mia, ci voglio tornare il più in fretta possibile».

Lui sbuffò.

«E adesso che diavolo c’è?», chiese Clary irritata.

«Voi donne siete insopportabili».

«E voi uomini siete presuntuosi».

«Tu poi sei… ».

«Malfoy… piantala. Potrei metterti a tappeto prima ancora che tu possa tirare fuori la bacchetta».

«E… di preciso, Morgenstern… quale delle due?».

Clary all’inizio non capì a cosa si stesse riferendo, poi le arrivò l’illuminazione e fulminò il ragazzo con uno sguardo che poteva promettere solo una cosa: morte.

«Io me ne vado a letto», scandì lentamente.

Sentì Malfoy sghignazzare alle sue spalle, ma non si voltò. Salì le scale e tornò nel suo dormitorio.

 

[…]

 

Jace era rimasto sveglio tutta la notte. Alec come al solito aveva dormito beato, ma lui non era riuscito a chiudere occhio. Pensava continuamente a quei tamburi, chiedendosi cosa potessero significare e perché li avevano condotti in quel bagno.

Maledizione.

Era tutto completamente insensato.

Sbuffò, rigirandosi nel letto.

Niente. Non gli veniva in mente assolutamente nulla.

Non aveva mai studiato o letto niente in proposito a qualcosa di simile, ma poi… lui non sapeva nemmeno di cosa si trattasse!

Parlare con Magnus era fuori discussione, non si sarebbe fatto cavare una sola parola da quella bocca che invece si sarebbe fatta cavare molto volentieri altro, dalla bocca di Alec.

Scosse la testa allontanando quel pensiero e si mise a sedere sul letto, le gambe fuori, buttate da una parte, il petto nudo e le braccia ricoperte dai marchi permanenti.

Infilò una maglietta nera con le maniche lunghe, fuori stava appena albeggiando e lui non aveva idea di come sarebbero andate le cose, adesso.

Se all’inizio non aveva dato peso alle parole di Magnus e Silente, ora stava seriamente cominciando a ricredersi e poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordò di quella prima mattina di lezione.

In quella torre, la professoressa di Divinazione che aveva previsto che a lui e a Clary sarebbe successo qualcosa, che erano in pericolo.

Lui, Jace Lightwood, non credeva a quelle cose, ma cominciò a credersi. Come aveva detto anche Clary; Silente non era un ciarlatano qualunque, se aveva assunto proprio quella donna, un motivo doveva pur esserci.

Inspirò a fondo e tirò fuori l’orario di quel giorno: tre ore di erboristeria con Amatis e poi una di rune, prima di pranzo.

Tra le due materie c’era un’ora buca e l’avrebbe usata per andare a parlare con quella Cooman.

Infilò il solito paio di stivali in cuoio nero e scese in sala comune, arrampicandosi poi sulla scala a pioli che portava al buco del ritratto e uscendo davanti alla Signora Grassa.

Percorse la strada il più silenziosamente possibile, fino ad arrivare al bagno delle ragazze in cui era finito il pomeriggio precedente con Alec, Isabelle e Clary.

Sfortunatamente, trovò il singhiozzante fantasma di una ragazzina seduta sul termosifone a piangere disperatamente e, non appena Jace entrò e lei lo vide, cominciò a strillare come una forsennata, tanto che il ragazzo credette che avrebbe svegliato tutto il castello e se la diede a gambe.

Come se non bastasse, svoltato un corridoio, trovò l’orrenda gatta di Gazza, che aveva scoperto che si chiamava Mrs. Purr (che razza di nome era, per altro?).

Saltò oltre l’animale con agilità e corse ancor più in fretta, consapevole del fatto che quel dannato custode sarebbe arrivato subito dopo la sua gatta e, in men che non si dica, fu di nuovo nella sala comune di Grifondoro.

Per l’Angelo, era una gabbia di matti quel posto. Come diavolo faceva un fantasma a piangere poi? Di cosa erano fatti?

Jace dubitava seriamente che avesse un qualche tipo di liquido in corpo, o magari stava solo singhiozzando, ad ogni modo preferì non porsi altre domande.

Sapeva che, anche se fosse tornato a letto, non sarebbe comunque riuscito a dormire, quindi preferì restare seduto lì nel salotto davanti al camino e cercare di mettere insieme tutti gli indizi che avevano raccolto fino a quel momento, anche se in realtà pareva solo essere un’accozzaglia di informazioni che tra di loro non avevano alcun filo conduttore.

La testa cominciò a fargli male. Dannazione, tutta quella storia era frustrante.

Quando fece giorno, i primi studenti scesero dai loro dormitori, riversandosi nella sala comune, lui aspettò Izzy ed Alec e poi, insieme, si avviarono verso la Sala Grande.

Durante il tragitto, Jace raccontò ai due di quella notte.

«Sei un vero imbecille, Jace», decretò Isabelle dopo averlo squadrato dall’alto della sua statura.

Lui le lanciò un’occhiata omicida.

«Grazie, sorellina».

«Forse Iz avrà utilizzato le parole sbagliate… », intervenne Alec.

«Come al solito… », borbottò il suo parabatai, interrompendolo.

« … ma devi ammettere che quello che hai fatto non è stato poi così geniale».

«Ma piantala».

«Jace», lo riprese il moro.

Lui sfoderò uno dei soliti sorrisi che tirava fuori per svignarsela da un guaio in cui si era appena cacciato.

«Senti biondino, sta zitto e muovi il tuo scultoreo culo, ho fame», riprese parola Isabelle, con fare alquanto scocciato.

Sul viso di Jace, ora il sorriso era compiaciuto, mentre l’espressione di Alec esasperata. Non sapeva proprio come lui ed Isabelle potessero essere fratelli e non riusciva a capire come ancora lei e Jace fossero vivi entrambi.

In Sala Grande, si sedettero ai soliti posti e, guardando verso la tavolata dei Serpeverde, notarono che Clary era nuovamente seduta al fianco di Malfoy, anche se aveva un’espressione piuttosto spiritata.

“Non ha dormito neanche stanotte”, pensò Jace guardandola.

La ragazza, come se avesse sentito che la stava fissando, levò lo sguardo e i loro occhi si incrociarono.

Ok, aveva due occhiaie spaventose, i capelli arruffati e la pelle di un pallore spettrale.

Il biondo finì di masticare, mandò giù quello che aveva in bocca, e si avviò in direzione della ragazza.

Da quando erano arrivati ad Hogwarts, Jace non ci aveva fatto caso, ma ora notò che molte teste femminili si voltarono a guardarlo mentre attraversava la sala.

Arrivò ad un lato di Clary e richiamò la sua attenzione.

«Cosa c’è, Jace?».

«Ti posso parlare?».

La ragazza annuì e si alzò dal tavolo, seguita da molti sguardi incuriositi.

I due Shadowhunters camminarono fuori dalla Sala Grande e cominciarono ad avviarsi nel parco, verso la serre in cui Amatis teneva le sue lezioni.

«Che cosa c’è, allora?», chiese lei stringendosi le braccia al petto per tenersi al caldo.

“Come ha potuto non portarsi una giacca, sapendo che bisogna attraversare il parco per arrivare alla serra?”, pensò Jace.

Si sfilò allora il suo giubbotto di pelle nera e lo posò sulle spalle della ragazza che lo guardò e lo ringraziò.

Jace sorrise.

«Allora mi dici che succede?».

«Perché non me lo dici tu, Clary?».

«Che vuoi dire?».

«Che… beh, sembri stare sempre peggio ogni giorno che passa».

Lei si aprì in un mezzo sorriso.

«Non riesco a dormire. Mai».

«Sono davvero i tamburi a farti questo effetto?».

«I tamburi. Mia madre. Valentine. Sebastian. È dura».

Lui annuì.

«Non puoi parlare con qualche insegnante? O magari con l’infermiera della scuola, potrebbe avere qualcosa da darti per aiutarti a dormire… ».

Clary scosse la testa.

«No, non voglio niente».

«Com’è che sei sempre così testarda?».

La ragazza fece spallucce, con fare divertito e Jace sorrise, un po’ esasperato.

«Su, la lezione comincia tra poco».

 

[…]

 

Harry, Ron e Hermione si avviarono verso l’aula di Pozioni, li attendevano due lunghe ore nella  piacevole compagnia di Piton.

«Caspita Ron, che faccia da funerale che hai stamattina».

«Due ore con Piton e i Serpeverde, due ore di Storia della Magia e un’ora di Erbologia sempre con Serpeverde. Ti stai davvero chiedendo perché ho una faccia da funerale, Hermione?».

Stavolta, Harry non poteva dare torto al suo amico; quella sarebbe stata una mattinata davvero pesante.

Fin da subito infatti, Piton cercò di rendergli la vita impossibile, facendo delle domande impossibili e togliendo punti alla casa di Grifondoro. Come se non bastasse, Malfoy fu spocchioso come sempre.

Il professore di Pozioni, fece preparare loro un complicato intruglio che solo Hermione riuscì a preparare alla perfezione.

Uscirono dai sotterranei che dire sfiniti era probabilmente un eufemismo e Ron aveva assunto un colorito pressoché cadaverico.

Con Rϋf non andò tanto meglio: il professore di Storia della Magia fu mortalmente noioso e, nonostante la lezione fosse in comune con Tassorosso, Harry dovette fare un notevole sforzo pur di non addormentarsi.

Tirò fuori il tema a metà di Trasfigurazione che la McGranitt gli aveva assegnato per il giorno dopo, quando anche quello per lui fu troppo, tornò con la mente al giorno prima; agli allenamenti degli Shadowhunters. Quella sì che era stata una cosa interessante da vedere.

Sperò solo che avrebbero potuto assistere a qualcun’altra di quelle lezioni.

 

[…]

 

Jace era arrivato sulla torre in cui una sola volta era stato, quel primo giorno di scuola e tra l’altro, posto da cui era scappato di gran carriera. Tornarci per chiedere a quella donna strana delucidazioni su ciò che gli aveva detto riguardo all’imminente pericolo che lui e Clary correvano, era fonte di irritazione per lui.

Ad ogni modo, doveva farlo.

Salì la scala a pioli e si ritrovò nel familiare spazio circolare, come sempre impestato dall’odore fastidioso degli incensi.

La professoressa Cooman, venne fuori dal suo ufficio come se avesse sentito la presenza del ragazzo.

«Cosa ti porta qui, mio caro ragazzo?», chiese lei sempre accompagnata da quel tintinnio dovuto ai vari braccialetti e cantenelle che portava sempre addosso, addobbata come un albero di Natale.

«Volevo… parlarle», cominciò lui.

Per l’Angelo, stava davvero chiedendo a quella ciarlatana di aiutarlo?

«Dimmi, caro».

«La prima lezione, lei mi disse che io e la mia… amica, Clarissa Morgenstern, eravamo in pericolo. Vorrei saperne di più».

La donna si rabbuiò e Jace non seppe dire se fosse perché era preoccupata e in qualche modo la cosa la turbasse, oppure perché si era ricordata di come lui l’aveva trattata quel giorno. Sperò più che altro nella prima opzione, ma ne dubitava.

«Dammi la tua mano ragazzo».

Lui si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo, ma si costrinse a restare serio. Impassibile, più che altro.

La professoressa Cooman gli prese con forza la mano e si concentrò, o almeno parve farlo e quando parlò, la sua voce era diversa, alterata… sinistra.

«Il pericolo arriverà… stanotte».

Poi tutto cadde nel silenzio.

 

NOTE:

Ciao a tutti! Perdonatemi, il capitolo è più corto e sto pubblicando abbastanza tardi, ma l’ho scritto oggi in pratica e… questo è ciò che ne è uscito.

Spero che vi sia piaciuto ugualmente e nel prossimo capitolo mi farò perdonare… credo! XP

Ad ogni modo, ora vi saluto perché il mio letto mi reclama e l’influenza mi sta spaccando la testa…

Alla prossima, un abbraccio a tutti e spero che lascerete qualche recensione.

Buonanotte!

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Capitolo 6
*** Viaggio Mortale ***


6  


CAPITOLO 6: VIAGGIO MORTALE

 

A Jace non era piaciuto ciò che era appena accaduto nella torre di Divinazione, e la professoressa Cooman, quando si era “risvegliata” da quell’anomalo stato di trance, non ricordava nulla di quello che aveva detto solo pochi istanti prima, come se non fosse stata lei a pronunciare quelle parole.

Non appena Jace aveva provato a chiederle spiegazioni, si era subito alterata negando tutto e lo aveva sbattuto fuori.

Avrebbe dovuto parlarne con Alec, Isabelle e Clary e subito.

Trovò i primi due a discutere mentre attraversavano la Sala d’Ingresso e, insieme, andarono a cercare Clary.

«Jace, si può sapere cosa succede? Hai proprio una brutta faccia», fece Isabelle.

Lui la fulminò con un’occhiataccia, ma non rispose.

«Dove diavolo si è cacciata quella ragazza?».

Isabelle ed Alec, alle sue spalle, si scambiarono uno sguardo di traverso, come se il fratello fosse improvvisamente impazzito.

«Eccola lì», disse Izzy ad un tratto, indicando un punto sopra di loro.

«Clary!», chiamò subito Jace cominciando a correre nella sua direzione.

La ragazza ebbe un sussulto e si voltò, vedendo arrivare i tre di gran carriera.

«Che succede?», chiese notando le loro espressioni.

«Non lo sappiamo, Jace fa il misterioso, ma è ora di avviarsi verso l’aula di rune, altrimenti arriveremo in ritardo e non è il caso, a meno che voi due non vogliate farvi un fama come “gli Shadowhunters che bidonano le lezioni”», rispose Isabelle rimirando con attenzione le unghie perfette della sua mano sinistra.

Jace emise una sorta di ringhio dal fondo della gola, guadagnandosi una strana occhiata da Clary.

«Allora ne parleremo dopo pranzo, ma la cosa non può aspettare oltre».

Gli altri tre annuirono, poi si avviarono tutti insieme verso l’aula di rune.

Quella lezione, a Jace parve infinita; continuava a muoversi nervosamente sulla sedia, disegnando con precisione ed estrema facilità tutte le rune che il professore spiegava.

Non gli andava proprio di stare lì a perdere tempo per imparare qualcosa che già sapeva benissimo fare da solo, ma non poteva semplicemente alzarsi, rapire Clary, Alec ed Isabelle dalla classe e portarseli via sotto braccio come se fossero dei pacchi postali.

Si accorse con sorpresa di stare stringendo lo stilo così forte da fargli sbiancare le nocche e rendere ancor più lucide le sue sottili cicatrici di Shadowhunter.

Mollò un po’ la presa sullo strumento e si rilassò contro lo schienale della sedia.

Clary, dietro di lui, diede un colpetto di tosse, che lo fece voltare.

«Vuoi piantarla di muoverti come se fossi in preda alle convulsioni? Che cavolo ti succede? Stai facendo venire il nervoso anche a me!».

Lui le rivolse un mezzo sorriso sarcastico.

«E da quando ti preoccupi per me?».

«Non mi preoccupo per te, mi preoccupo per… ».

«Sì?».

«La mia lucidità mentale. Sta’ fermo, altrimenti sì, che ti disegno addosso una bella runa di immobilizzazione».

Jace scosse la testa, voltandosi e rivolgendo nuovamente l’attenzione al foglio che gli stava davanti.

 

[…]

 

Per tutta la lezione di rune, Clary non fece altro che fissare la schiena e le spalle larghe di Jace, che continuava a muoversi come se fosse appena stato punto da un insetto particolarmente velenoso, cosa che, per altro, non era decisamente da lui, che di solito manteneva il controllo in ogni situazione.

Quando l’ora trascorse, lo vide saettare in piedi ad una tale velocità che quasi non se ne accorse. Un attimo prima era seduto davanti a lei ed il momento dopo in piedi al suo fianco.

«Andiamo», disse solo.

Lo seguì senza fare domande, sapeva che sarebbe stato inutile e così fecero anche Izzy e Alec.

«Oggi non pranzeremo, vero?» gli chiese ad un tratto Isabelle, spazientita dall’atteggiamento scostante di suo fratello.

«No. Il pranzo è il momento più adatto per parlarne; non c’è gente in giro che si mette ad origliare».

Clary sospirò, con lo stomaco che brontolava e gli rimase dietro, seguendolo lungo svariate rampe di scale.

Non sapeva dove Jace li stesse conducendo, ma, ad un certo punto, arrivarono in una stanza grande e circolare, sporca per terra e quando guardò in alto ne capì il motivo: centinaia di gufi se ne stavano appollaiati sulle travi del soffitto, senza fare troppo caso ai nuovi venuti.

«Jace, dove diavolo mi hai portata?!», chiese Isabelle, piuttosto inorridita da quel luogo.

«Siamo sulla torre ovest, nella Guferia. Difficile che qualcuno venga a cercarci qui a quest’ora».

«Beh, almeno adesso parla, è tutta la mattina che sei strano».

E così, il ragazzo raccontò cos’era accaduto con la professoressa Cooman solo poche ore prima.

«E tu ci credi?», chiese Isabelle inarcando elegantemente un sopracciglio.

Inutile, per quanto Clary si fosse sforzata, non avrebbe mai potuto farlo bene come Izzy.

«Vorrei ignorarla, tu mi conosci e sai che in genere non mi faccio impressionare troppo da queste cose, ma sento che c’è qualcosa di sbagliato, che non torna», disse il ragazzo, a braccia incrociate, le anche poggiate contro il muro e il torace leggermente piegato in avanti.

Alec sospirò pesantemente.

«Non ha accennato a quale possa essere questo fantomatico pericolo?».

«Niente di niente, non una parola».

«Pensi che Valentine e Sebastian potrebbero… sì, insomma… essere qui vicino?», prese parola Clary.

«Loro qui? No, lo escludo. Ma non riesco nemmeno ad immaginare cosa potrebbe essere, a questo punto».

Clary riusciva a vedere la tensione in ogni singolo particolare del corpo di Jace, anche se il suo atteggiamento era calmo.

I pugni stretti, i muscoli che guizzavano a scatti sotto la pelle pallida del ragazzo e la mascella serrata.

«Quindi cosa pensi di fare?».

«Non lo so, Izzy. Quello che so è che noi non staremo separati stanotte».

«Non si può fare, Jace, e tu lo sai. Io sono in Serpeverde; la mia sala comune è in tutt’altro posto rispetto alla vostra».

«Clary… non mi interessa». Scandì bene le parole, come se avesse a che fare con una bambina piccola.

«Allora illuminami: qual è il tuo grande piano?».

«Nessun grande piano, se non il solito: tenerci vivi come abbiamo sempre fatto e tu ne hai avuto un assaggio mesi fa. Clary, ti sei allenata con Luke, è vero e ora sei qui e sei brava, molto meglio di quanto mi aspettassi dato che fino a sei mesi fa vivevi insieme ai mondani pensando di essere una di loro e ignorando completamente la realtà delle cose. Ora però la conosci questa realtà e sei una Shadowhunter, ma a differenza di te, noi abbiamo vissuto con questa consapevolezza per tutta la vita e ci siamo allenati, conosciamo i demoni e i nostri nemici. Tu sei più… vulnerabile».

Clary lo guardò a bocca aperta; sembrava davvero preoccupato.

«Questo non cambia il fatto che non posso sgattaiolare nella vostra sala comune, ormai dopo l’incidente con Malfoy, tutta la scuola mi conosce».

Jace sbuffò, in un misto tra lo spazientito e l’irritato.

«Le rune devono pur servire a qualcosa, usa quella dell’invisibilità e vieni davanti al ritratto della signora grassa a mezzanotte. Io mi farò trovare fuori».

Aveva parlato con tono deciso. Un tono che non ammetteva repliche.

«Come vuoi», si arrese infine.

«Bene. E Clary… se mancherai, per me vorrà dire che ti è successo qualcosa e verrò a cercarti. Ovunque tu sia».

La ragazza lo guardò con occhi sgranati.

Da quando Jace Wayland o Lightwood o Herondale, parlava in un modo del genere?

«Ok», disse più perché il suo discorso l’aveva lasciata senza parole che per altro.

A quel punto, i quattro ragazzi si avviarono nuovamente verso la Sala Grande.

Magari il pranzo non era ancora finito…

 

[…]

 

Harry si guardò intorno. Ormai tutti erano a pranzo, compresi gli Shadowhunters, eppure Jace, Alec ed Isabelle mancavano.

Lanciò un’occhiata alle sue spalle, constatando che anche Clary era assente.

Chissà cosa stavano combinando quei quattro; era ormai da un paio di giorni che i Cacciatori si comportavano in modo strano.

I suoi pensieri furono interrotti da una dolorosa gomitata di Ron.

«Ehi! Ma che ti prende?».

«Tu lo hai sentito?».

Il suo amico aveva una faccia piuttosto stranita, così come anche Hermione.

«Sentito cosa?», fece il moro.

«Quel rumore!».

«No, Ron, non ho sentito nessun rumore».

Ma non finì nemmeno la frase che si irrigidì.

Ora aveva sentito qualcosa.

Una specie di rumore basso e sinistro.

«Adesso l’hai sentito!», esclamò Ron.

«Che accidenti è stato?».

Hermione si sporse dietro le spalle di Ron per guardarlo e disse: «Venite, c’è una cosa che devo dirvi».

 

[…]

 

Clary e gli altri stavano scendendo le scale che portavano dal terzo al secondo piano quando udirono due voci familiari: erano di nuovo Magnus e Silente; Jace li aveva già trovati a parlare una volta mentre non c’erano studenti in giro per i corridoi.

I quattro si appiattirono lungo un muro, ma le voci si avvicinavano, così, Alec aprì la porta più vicina e li fece entrare tutti.

Purtroppo, la stanza in realtà si rivelò essere uno sgabuzzino e loro dovettero stiparsi dentro.

Jace ed Isabelle dovettero piegarsi notevolmente per starci data la loro statura, mentre Clary si limitò a chinarsi leggermente in avanti.

Ad un tratto, sentì due mani affusolate stringersi attorno ai suoi fianchi e subito si irrigidì.

Jace, alle sue spalle, la stava trascinando contro il suo corpo per toglierla dallo spiraglio di luce che tagliava il pavimento proprio nel punto in cui lei si trovava fino ad un attimo prima.

Le voci del preside e dello Stregone si fecero più vicine, ma stranamente, Clary riusciva a sentire solo il suo corpo aderire perfettamente a quello di Jace.

Poi però, la sua attenzione fu catturata da uno stralcio di conversazione.

«Non sarà così semplice risvegliare Jocelyn Fairchild, professor Silente. Vede… la pozione è complicata. Fattibile, ma complicata. Mi ci vorrà tempo per trovare tutto l’occorrente e con la minaccia imminente che adesso incombe sulla scuola, non so se posso rischiare di distrarmi anche con la situazione di Jocelyn, per quanto questo mi dispiaccia».

Clary in quel momento sentì come se il terreno si stesse aprendo sotto i suoi piedi e, se non fosse stato per le braccia salde di Jace che la stringevano, forse sarebbe finita sul pavimento.

Gli occhi le si riempirono di lacrime e tremò leggermente nell’abbraccio di lui, che rafforzò la presa.

«A tal proposito, signor Bane… si hanno novità?».

«Nessuna. La scatola non è stata ancora reperita; non si può localizzare con un semplice incantesimo».

Dal loro nascondiglio, i quattro ragazzi udirono il preside sospirare.

«Mi tenga informato».

«Certamente».

 Detto questo, i due si allontanarono.

Isabelle si sporse oltre la porta per controllare se si vedessero ancora, ma disse: «Via libera»; così gli altri tre poterono uscire, senza più doversi piegare in quel ripostiglio.

«Clary?».

La ragazza sentì come un’eco la voce di Jace che la chiamava e si girò lentamente, con gli occhi inondati di lacrime che non aveva nessuna intenzione di versare.

«Non riavrò mai più mia madre», sussurrò in tono appena percettibile.

Jace l’abbracciò, percorrendo con le dita la linea della sua colonna vertebrale e lei si abbandonò contro il suo corpo caldo e rassicurante.

«Magnus ha detto che un modo c’è. Magari ci vorrà del tempo, ma vedrai, lo farà».

La ragazza si staccò da Jace perché, con sua grande sorpresa, quelle parole erano provenute da Alec.

Annuì appena, accennando ad un sorriso.

«Su, ora andiamo».

 

 

[…]

 

«E non sai a cosa potrebbe essere dovuto?».

Harry e Ron guardavano stupiti Hermione, che aveva appena raccontato loro che, ormai da qualche giorno, sentiva degli strani rumori, come di tamburi, specialmente la notte.

«Hermione, perché non ce ne hai parlato prima?», chiese Ron.

«Io… io non lo so», confessò lei.

«Scopriremo di cosa si tratta, vedrai. Ora lo abbiamo sentito anche noi».

Il tono di Harry era rassicurante, la sua amica era palesemente spaventata.

Lei gli rivolse un sorriso grato e poi, uscirono dalla biblioteca nella quale si erano rintanati.

Harry aveva cercato di tranquillizzare la ragazza, ma la realtà era che non aveva la minima idea di cosa potesse trattarsi.

Non aveva mai sentito parlare di una cosa del genere ed ora che anche lui aveva sentito quel rumore, la cosa non prometteva nulla di buono.

Non sapeva che pensare, come neanche Ron e Hermione.

Sospirò. Sapendo già che si stava preparando ad un periodo molto lungo e problematico.

 

[…]

 

Tum tum tum tum tum.

Era come se fosse un macabro battito cardiaco.

Erano le undici passate quando Clary si tirò su dal letto spazientita.

Sentiva i tamburi sempre più spesso e la stavano mandando fuori di testa.

Possibile che quei sotterranei fossero tanto inquietanti? Stare sotto terra non le era mai piaciuto, ed essere smistata nella Casa di Serpeverde, la cui sala comune si trovava proprio nei sotterranei, per lei non era stata esattamente una gran cosa.

E quando poi era quasi riuscita ad abituarsi, erano iniziati quei rumori.

Clary sgusciò fuori dal letto e indossò la divisa da battaglia. Non sapeva perché, ma in qualche modo era rassicurante. Mancava ancora un po’ all’appuntamento con Jace davanti al ritratto della Signora Grassa, quindi decise di provare a seguire quel rumore.

Come al solito, pareva provenire dall’alto, quindi lasciò i dormitori e la sala comune, cominciando a salire lungo la rampa di scale.

Ad un tratto, sentì una voce sprezzante dietro di sé, che la fece voltare di scatto.

«Vai da qualche parte, Morgenstern?».

«Malfoy?! Che diavolo ci fai qui?».

«E tu?».

Clary lo guardò diffidente.

«Senti quei rumori, vero?», le chiese ad un tratto Malfoy, pallido come un lenzuolo.

«Li senti anche tu?».

Lui annuì.

«Io lo sto seguendo; se tu vuoi venire vieni, altrimenti lasciami in pace e torna a letto», disse Clary in tono duro.

«Bene. Andiamo allora».

I due ragazzi camminarono lentamente e facendo attenzione.

Non era di certo Malfoy che Clary si aspettava di avere al suo fianco.

La ragazza stringeva lo stilo di sua madre nella mano sinistra e teneva un pugnale infilato nello stivale.

Il rumore, come s’immaginava, li portò nel bagno delle ragazze al secondo piano.

Questa volta però, Clary s’irrigidì non appena varcata la soglia.

Il suono esplose come una bomba e, sia lei che Malfoy, si portarono le mani alle orecchie.

Poi, qualcosa sul pavimento di nuovo allagato, vicino al lavandino, attirò la sua attenzione.

Qualcosa di ben diverso da ciò che si sarebbe immaginata. Davanti a sé non aveva tamburi, ma una scatola. Una strana scatola con su scritto: “Your Mortal Journey”.

Il tuo viaggio mortale.

“Ma dove sono finita?!”.

 

NOTE:

 

Ed eccoci qui con il sesto capitolo! Spero che sia venuto in modo decente, io non ne sono molto convinta; voi che dite?

Comunque, finalmente abbiamo scoperto cosa fossero quei famosi tamburi e, dal prossimo capitolo… comincia la partita!

A presto!

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Capitolo 7
*** Into the Deep ***


07  

CAPITOLO 7: INTO THE DEEP

 

«E quello cosa diavolo sarebbe?».

Anche se Clary dava le spalle a Draco Malfoy, poteva perfettamente udire quanto fosse anormale il suo tono, come se avesse mandato giù un blocco di ghiaccio.

La ragazza si voltò lentamente.

«Non lo so, ma non mi piace».

«Aprilo».

«Scusa?».

«Cosa c’è, Morgenstern? Hai paura?».

«Non ho paura, ma vorrei sapere se è sicuro prima di metterci le mani».

«In altre parole, hai paura».

Ora sul volto del ragazzo si era aperto un ghigno di scherno.

«Oh, al diavolo».

A quel punto, Clary posò nuovamente la scatola, che aveva preso tra le mani, sul pavimento, e, con cautela, sollevò il coperchio.

«Ma che cavolo è?».

La rossa, piuttosto irritata dai continui strilletti del compagno Serpeverde, roteò gli occhi al cielo e tirò fuori dalla scatola un tabellone con un percorso fatto di caselle al cui centro sembrava incastrato un semicerchio di vetro color verde scuro.

«Malfoy, innanzitutto se non la smetti di urlare come una ragazzina, ti prendo a calci, non sarebbe una novità. Seconda cosa… sembra un gioco da tavolo… come quelli che hanno i mondani… ».

«Un gioco? Ma stai scherzando? Tutto questo per un dannato gioco?».

Qualcosa in quel momento scattò nella testa della ragazza: un gioco. Le tornò in mente la conversazione tra Magnus e Silente e poi ciò che Jace aveva raccontato ancor prima, quando li aveva sentiti parlare di un misterioso gioco che Magnus avrebbe dovuto rintracciare.

I suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta che si spalancava, facendo entrare di gran carriera un Jace teso come una corda di violino, in tenuta da battaglia, seguito da Alec e Isabelle, nel suo stesso abbigliamento.

Con grande sorpresa della rossa, alle loro spalle arrivarono Harry, Ron e Hermione.

«Clary!».

«Jace?».

Le loro voci si sovrapposero.

Jace le andò incontro prendendola saldamente per le spalle.

«Che cosa ti è saltato in mente?! Ti avevo detto di raggiungermi davanti la sala comune dei Grifondoro!».

«Io… lo so, è che poi ho sentito di nuovo i tamburi e ho incontrato lui e quando siamo arrivati qui abbiamo trovato quello», si giustificò lei indicando la scatola.

Solo in quel momento i nuovi arrivati parvero accorgersene.

Alec ci girò attorno con fare circospetto, esaminando tutto ciò che si trovava all’interno, poi si sedette per terra.

Dentro la scatola, oltre al tabellone che Isabelle aveva tirato fuori, c’erano un paio di dadi e svariate pedine. Ai lati invece, il regolamento.

Malfoy afferrò i due dadi che stavano adagiati all’interno della scatola e, non appena li prese in mano, Clary poté quasi percepire la loro vibrazione, tanto che al ragazzo sfuggirono di mano, rotolando sul tabellone.

Una pedina, scattò subito all’inizio del percorso e si mosse di otto caselle, il numero indicato dai dadi, mentre tutti restavano a guardarla attoniti.

«Ma che accidenti… ?», commentò Ron, ma il resto della frase gli morì in gola quando sul semicerchio verde cominciò a formarsi una scritta gialla.

“Il viaggio è cominciato, tornare indietro non si può che voi siate pronti oppure no”.

«È uno scherzo, vero? Ditemi che è uno scherzo».

«Izzy, leggi il regolamento», ordinò Alec in tono perentorio.

La sorella puntò i suoi occhi scuri sui lati del tabellone e cominciò a leggere ad alta voce: «A voi viaggiatori: non cominciate questo gioco se non avete intenzione di finire perché, solo quando una pedina avrà raggiunto il centro del tabellone, le conseguenze spaventose da esso scaturite spariranno. I numeri doppi tirano due volte e attenzione: se il gioco cercherete in ingannare, i vostri più grandi incubi si potrebbero avverare».

«Magnifico», commentò Jace. «Non avresti neanche dovuto prenderli in mano quei dadi, adesso… », ma un rumore lo costrinse a lasciare la frase a metà e voltarsi di scatto.

«Che cosa è stato?».

Il cuore batteva forte nel petto di Clary, quasi volesse uscire dalla gabbia toracica e, quando vide un’immensa ombra passare sul pavimento, si sentì gelare il sangue nelle vene.

Poco a poco, una figura massiccia si stagliò proprio davanti ai loro occhi e tutti i presenti rimasero raggelati.

Malfoy trattenne a stento uno strillo, così come anche Ron, mentre Hermione, sul punto di svenire, si portò una mano alla bocca e impallidì di colpo.

A pochi metri da loro, i ragazzi si trovarono una grande bestia grigia con la pelle che sembrava decisamente spessa per essere lacerata da una semplice arma. Sul naso aveva un grosso corno che prometteva solo guai per chiunque si fosse avvicinato e, quando Jace ed Alec fecero per sfilare una spada angelica dalla loro cintura, Hermione parlò.

«Fermi! Fermi. Questo è un Erumpent. È una bestia molto pericolosa, ma se non viene provocata in alcun modo, da sola non attacca. Ha una pelle troppo spessa per essere ferito con dei normali incantesimi, perciò io non tirerei fuori delle armi, a meno che non abbia in progetto di fare una fine molto molto brutta. Dentro il suo corno c’è veleno e secondo me la cosa migliore è andarcene di qui alla svelta».

«Hermione, ma sei matta? Hai intenzione di lasciare qui questa cosa?».

«Nessuno mai entra qui; questo è il bagno di Mirtilla Malcontenta e se noi non lo provochiamo, lui non ci attaccherà, ma dobbiamo finire questo gioco e non lo possiamo fare qui, altrimenti finiremo per svegliare tutto il castello, o magari finiremo ammazzati noi. Dunque, io propongo di spostarci in un luogo in cui non attireremo l’attenzione».

«Tipo?», s’intromise Isabelle.

«La Foresta Proibita», intervenne Harry.

«Io lì non ci torno!».

«Ron, Harry ha ragione. Dobbiamo finire a tutti i costi questa partita e se c’è il pericolo che dal gioco escano creature simili, la Foreste Proibita è il luogo ideale! È uno spazio aperto, ci darebbe almeno delle possibilità di fuga, ma tu te lo immagini se quell’affare cominciasse a correre per i corridoi di Hogwarts? Non possiamo restare qui».

Alla fine, il rosso parve convincersi.

«D’accordo allora, andiamo».

«Fate strada voi», prese parola Jace.

Così, Harry si mise a capo del gruppo e, il più silenziosamente possibile, i ragazzi si fecero strada lungo i corridoi.

 

[…]

 

Per evitare incontri indesiderati durante il percorso fino alla Foresta Proibita, Harry tirò fuori la Mappa del Malandrino, guidando così tutti gli altri attraverso passaggi deserti del castello.

Il ragazzo ormai era rassegnato: lui non avrebbe mai avuto un anno tranquillo, ad Hogwarts, ma nonostante tutto quella situazione era forse ancor più assurda di tutto il resto.

Chi aveva potuto inventare un gioco dal quale scaturissero certe mostruosità con il solo scopo di ucciderti?

Harry scosse la testa per allontanare quei pensieri e tornò a concentrarsi sulla Mappa.

Jace era al suo fianco, entrambe le sue mani erano occupate, la destra da una sottile arma che non aveva mai visto, che lo Shadowhunter aveva chiamato “spada angelica”. L’altra invece, da un frammento della stessa sostanza dell’arma che però illuminava il corridoio: una stregaluce.

I quattro Cacciatori non si sentivano nemmeno mentre camminavano, mentre gli studenti di Hogwarts, sembravano produrre un frastuono assordante in quel silenzio sepolcrale, nonostante cercassero di essere il più silenzioso possibile.

Quando giunsero all’aperto, il freddo sferzò i loro volti ed Harry, come tutti gli altri, s’irrigidì.

Nessuno aveva messo in conto una “gita al parco”.

Gli otto si fecero strada nell’ampio spazio aperto, oltrepassarono la capanna di Hagrid e cominciarono ad addentrarsi nel folto della foresta.

Il freddo era davvero pungente, penetrava fin dentro le ossa di Harry quasi volesse congelarlo lì dove si trovava. Tutto, quella notte, stava andando dannatamente male.

Quando il gruppo fu sufficientemente nascosto dalla vegetazione della foresta, il ragazzo decise di fermarsi.

«Eccoci. Direi che qui può andare».

Si voltò a guardare i suoi compagni d’avventura, o meglio… di disavventura e notò che tutti loro erano pallidi e intirizziti dal freddo.

Poi, Clary si mise una mano in tasca e ne estrasse qualcosa.

«Questo è uno stilo», spiegò non appena notò che il ragazzo la stava osservando.

«Lo usiamo per disegnare le rune sul nostro corpo, in battaglia».

Detto questo, la ragazza cominciò a tracciare delle linee decise sulla pelle scoperta del corpo di Jace, il quale rimase immobile fino a quando lei non ebbe completato. Alec ed Isabelle  stavano facendo la stessa cosa tra di loro.

«Questa è una semplice runa contro il freddo. Ma di solito usiamo quelle per la forza, per la velocità e tante altre ancora. Penso sia il caso di fare un “servizio completo”, a questo punto».

Jace annuì e poi Harry, alle sue spalle, udì Ron lamentarsi: «Non è che potreste farla anche a noi quelle per il freddo?».

Clary accennò ad un sorriso.

«Mi dispiace, ma voi rimarreste uccisi; le rune sono troppo potenti per chi non è uno Shadowhunter».

Il rosso impallidì.

«Oh, allora credo che ne farò a meno».

Stranamente, pensò Harry; Malfoy non si era più lamentato da quando erano usciti dal castello.

Quando i quattro Shadowhunters ebbero terminato, si disposero tutti in cerchio, sedendosi per terra e piazzando il gioco al centro, sul terreno gelato.

«Ragazzi, ma se questo è il gioco di cui Magnus parlava… non credete che sarebbe meglio andare a chiamarlo? Insomma… potrebbe esserci d’aiuto, dopotutto lui è vecchio, potrebbe sapere molte più cose di noi», propose Clary ad un certo punto.

«Forse non è una cattiva idea», concordò Isabelle.

«Va bene. Allora Alec, tu vai a chiamare Magnus, noi intanto… continuiamo la partita», sentenziò Jace.

«No, non esiste. Siamo parabatai. O aspettate il mio ritorno, oppure qualcun altro dovrà andare a chiamare Magnus».

«Oh, d’accordo, ci vado io, ma vedete di non farvi ammazzare, nel frattempo».

Detto questo, Isabelle si tracciò velocemente una runa dell’invisibilità sull’avambraccio sinistro e corse via in fretta, ripercorrendo la strada inversa.

«Ok. Dunque… chi vuole tirare adesso?».

«Sicuri che non dovremmo aspettare Isabelle? Insomma… lei è brava».

«Sì, Clary, ma prima iniziamo, prima finiamo».

«D’accordo, allora tiro io».

Harry notò l’occhiata combattuta che Jace le lanciò mentre lei stendeva una mano per afferrare i dadi.

Quel ragazzo poteva fare il duro finché voleva, ma era perfettamente visibile quanto ci tenesse a Clary e quanto si preoccupasse per lei.

A quel punto, la rossa afferrò i dadi e prese un respiro profondo.

Dopodiché, con un movimento fluido, lanciò i due oggetti sul tabellone e subito, un’altra pedina scattò e si mosse di undici caselle.

Sul cerchio verde questa volta comparve un simbolo, un simbolo che Harry non aveva mai visto.

«Che cosa vuol dire?», chiese Hermione.

Ma tutto ciò che Alec rispose, fu: «Niente di buono».

 

[…]

 

Quando Jace vide il simbolo demoniaco formarsi all’interno del cerchio s’irrigidì.

«Demoni», disse solo. «Stanno arrivando».

Non ebbe quasi il tempo di finire la frase, che furono accerchiati da una dozzina di demoni Ahiab.

I grossi corpi da lucertola si muovevano velocemente nella loro direzione perché, benché fossero ciechi, erano dotati di un olfatto molto sviluppato.

Simultaneamente, Jace, Alec e Clary si pararono davanti ai quattro maghi di Hogwarts, rimasti impietriti sul posto alla vista delle creature.

I tre Shadowhunters sfoderarono le loro spade angeliche, che cominciarono a brillare illuminando il piccolo spiazzo della foresta nel quale si trovavano e si prepararono alla battaglia.

Con una rapidità di cui solo Jace poteva essere capace, il ragazzo decapitò immediatamente un demone che stava per balzare verso Hermione. Il sangue schizzò ovunque e la ragazza gridò.

I demoni Ahiab avevano una linea di denti seghettati sulla fronte, nel punto in cui avrebbero dovuto esserci gli occhi e un’altra bocca sulla parte inferiore del viso con zanne gocciolanti liquido corrosivo se veniva in contatto con la pelle e una lingua biforcuta.

«Clary, dietro di te!», gridò Alec un momento prima che un demone si avventasse sulla ragazza, che ebbe appena il tempo di rotolare per terra prima che la bestia le fosse addosso.

Jace avrebbe voluto aiutarla, ma se lo avesse fatto avrebbe lasciato scoperti i quattro maghi, che da soli non sarebbero durati più di cinque minuti.

«Reducto!», esclamò ad un tratto Hermione, puntando la bacchetta contro uno dei demoni, che, con sorpresa di tutti, esplose schizzando icore ovunque.

«Non sapevo che la vostra magia funzionasse contro i demoni», le disse Jace mentre teneva a bada altre due di quelle creature rivoltanti.

«Nemmeno io lo sapevo… ».

Hermione sembrava piuttosto sconvolta e sorpresa insieme.

A quel punto anche Malfoy, Harry e Ron imitarono la strega e, con le bacchette alla mano, cominciarono a combattere contro i demoni.

Jace stava combattendo contro un altro di quei demoni quando si sentì travolgere da un peso  che gli si scaraventava addosso.

Quando riuscì a districarsi da quell’ammasso di gambe e braccia, scoprì che si trattava di Clary, che lo aveva buttato per terra per impedire che uno dei mostri gli trapassasse lo stomaco da parte a parte con i suoi artigli.

«Stai bene?», gli chiese la ragazza tenendolo per le spalle, ancora sdraiata  sopra di lui.

Lui fece un breve cenno di assenso con il capo e si sollevò nuovamente portando Clary con sé e posandola nuovamente a terra con estrema facilità.

Si guardò intorno: i quattro maghi, piuttosto sconvolti, pallidi e sudati giravano la testa da ogni parte per controllare che nessun’altra delle creature li attaccasse, mentre Alec stava estraendo in quel momento la sua spada angelica dal corpo ormai senza vita di uno dei demoni.

Fu una voce alle sue spalle a farlo voltare.

«AVETE TIRATO I DADI?! Per Lilith… stupidi Shadowhunters, ci farete ammazzare tutti»

 

NOTE:

 

Ciao a tutti! Mi dispiace per non aver aggiornato ieri come da programma, ma dovevo studiare per un esame che oggi il professore ha deciso di rimandare… quanto amore.

Comunque… il gioco è cominciato… cosa ne dite di questa prima parte? Spero di non aver deluso le vostre aspettative!

Ah, con le rime faccio schifo, quindi abbiate pietà e io vi prometto che cercherò di farne il meno possibile XD

Vi lascio il link del mio profilo su facebook se qualcuno avesse voglia di aggiungermi tra gli amici; stavo prendendo in considerazione l’idea di creare una pagina dedicata alle mie storie (per adesso ho in corso solo ItD, ma a breve spero di pubblicarne un’ altra) e… beh, voi fatemi sapere!

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Capitolo 8
*** Nella Foresta (I Parte) ***


Cap. 8  

CAPITOLO 8: NELLA FORESTA (I PARTE)

 

Clary riconobbe quella voce ancor prima di voltarsi: Magnus Bane era arrivato, seguito da Isabelle.

«Vi rendete conto di cosa avete appena fatto?».

Il tono dello Stregone era di un’ottava più alto di quanto fosse normalmente. Cominciò a massaggiarsi le tempie come preso da un terribile mal di testa e passò i suoi occhi da gatto su ognuno dei presenti.

«Era esattamente questo che cercavo di impedire».

«Quindi avresti dovuto avvertirci, Magnus»

Jace aveva un’espressione dura quando parlò.

«Come potevo immaginare che voi… combriccola di disagiati mentali, avreste avuto voglia di farvi una partitina a quel maledetto gioco nel cuore della notte?».

«Non è… non è iniziata esattamente così», intervenne Harry.

«E com’è cominciata allora?», lo sguardo di Magnus avrebbe potuto uccidere in quel momento; sembrava che da un momento all’altro avrebbe potuto iniziare a sputare fuoco.

Così, i ragazzi ricostruirono gli avvenimenti di quelle ultime settimane.

«Dannazione».

«Non c’è niente che tu possa fare per fermarlo?».

«No. Non ora che già tutto è in atto. Dovete andare avanti con la partita e… sperare vivamente di finirla, altrimenti ci saranno conseguenze che non potreste neanche immaginarvi. Io starò con voi, vi posso guidare, ma i miei poteri non hanno effetto su ciò che uscirà dal gioco. Cacciatori, maghi… a voi la prossima mossa».

Il discorso di Magnus era stato piuttosto incisivo.

«D’accordo… tiro io adesso», si offrì Harry.

Il gruppo si dispose seduto in cerchio attorno al gioco, con il Sommo Stregone di Brooklyn che torreggiava sopra di loro e fissava dall’alto il tabellone, con occhi alienati.

Poi, Harry lanciò.

La sua pedina si mosse di sette caselle e sul cerchio apparve una scritta: “Qualcosa dal vostro passato sta per tornare, attenti… farete meglio a non indugiare”.

«Qualcosa dal vostro passato? Che cosa c’è stato esattamente nel vostro passato?», chiese Jace, scattando in piedi.

Clary poteva vederlo benissimo nel suo volto: era allarmato, i muscoli tesi, una spada angelica in mano.

«Credimi… qualunque cosa stia per uscire da quel gioco, non vi piacerà. Nel nostro passato ci sono troppe cose che vorremmo dimenticare», rispose il moro.

Una sorta di basso grugnito però, li fece voltare tutti, simultaneamente.

Clary alzò la testa e sentì il sangue fluire via dal suo volto in modo pericolosamente  veloce, tanto che per un momento le girò la testa.

Hermione gridò, Alec, il calmo, posato Alec, imprecò e Isabelle fece scattare la sua frusta prima di tutti.

«Che diavolo è quella cosa?», chiese la mora, puntando gli occhi sulla creatura alta almeno tre metri e mezzo e che emanava un odore a dir poco sgradevole.

«Un troll! Attenti!», esclamò Harry mentre la bestia calava la sua clava verso i due fratelli Lightwood, che però si scostarono senza grosse difficoltà.

Il troll si guardò attorno con aria piuttosto stupida; era risaputo infatti, che quelle creature non fossero poi così intelligenti, e questo fu un punto a loro favore perché, mentre Alec ed Isabelle attirarono la sua attenzione, i quattro maghi, Clary e Jace lo attaccarono.

Il combattimento si risolse velocemente: i due Cacciatori lo ferirono alle caviglie con le loro spade angeliche, facendolo crollare a terra, mentre e i maghi gli scagliarono contro degli incantesimi per disorientarlo.

Infine, Alec, gli piantò una lama dritta nel petto, uccidendolo.

Per diversi secondi regnò il silenzio tra i presenti, poi Jace parlò: «Esattamente… di cos’altro ci dovremmo preoccupare  che potrebbe sputare fuori dal vostro passato?».

Clary vide Ron sbuffare divertito: «Amico… abbiamo una lista lunga sei anni e davvero… sarebbe meglio non perdere tempo».

«Io devo avvertire il vostro preside».

«No, Magnus, non puoi andare via!», esclamò Clary.

«Deve essere messo al corrente di una cosa del genere e devo dirgli che cerchi di tenere tutti il più lontano possibile da qui mentre la partita è in corso. Torno presto, tanto ho visto che per ora ve la cavate piuttosto bene».

«Ma non possiamo sapere cosa uscirà da quel gioco al prossimo turno!», intervenne Hermione.

«Volete mettere in pericolo le vite dei vostri compagni e professori? Io non credo, perciò devo lanciare un allarme. Ora continuate, sarò di ritorno prima di quanto immaginiate».

Detto questo, lo Stregone voltò le spalle al gruppo e tornò a grandi passi verso il castello.

«D’accordo allora… chi gioca adesso?», chiese Clary.

«Vado io», rispose Jace.

Il ragazzo prese in mano i dadi e li tirò sul tabellone, facendo scattare un’altra pedina, che si mosse di dodici caselle.

Sul cerchio di vetro apparve un altro simbolo demoniaco e, tenendo gli occhi fissi sul ragazzo, Clary lo vide scambiarsi un’occhiata allarmata con Alec, poi entrambi scattarono in piedi, imitati dagli altri.

«Cosa dobbiamo aspettarci?», chiese Malfoy, con la bacchetta stretta bene in pugno.

«Quelli!», esclamò Isabelle puntando il dito davanti a sé.

Clary conosceva quei demoni, li aveva già visti ad Alicante.

Esseri disgustosi, enormi, viscidi e informi, con una doppia fila di denti che correva per tutta la lunghezza del loro corpo.

La ragazza ricordava diverse cose di quei demoni: potevano teletrasportarsi e il loro muco era letale. Si nutrivano di qualunque cosa, inclusi esseri umani ed erano semicorporei, quindi difficili da uccidere. Riuscivano a rigenerare le loro ferite, ma questo costava loro energia, quindi era fondamentale colpirli ripetutamente per ucciderli.

Si chiamavano demoni Behemoth.

«Ok, dobbiamo restare uniti e agire tutti insieme, d’accordo?», disse Isabelle.

«Aspettate ancora un secondo e… adesso!».

Dalle bacchette dei quattro maghi partirono scintille rosse e verdi, mentre gli Shadowhunters si avventavano sui demoni con le loro armi.

Clary cercò di evitare il muco di quelle creature il più possibile, ma non c’era molto da fare… era impossibile non essere schizzati da quella sostanza ustionante.

Nonostante tutto, la ragazza continuò a colpire più e più volte quella creatura che la attaccava e si contorceva, tornando poi a riformarsi.

Purtroppo erano almeno in quattro e per ucciderne uno si perdeva parecchio tempo, dando così modo agli altri di avvicinarsi.

I maghi ne stavano mettendo alle strette uno, ma per loro era più semplice dato che con le bacchette non c’era bisogno di avvicinarsi.

Loro riuscirono ad ucciderne uno piuttosto in fretta, passando così al successivo, mentre i Cacciatori dovettero infilzare il loro ancora parecchie volte prima che questo morisse, dissolvendosi in una pozza di fluido verde e bollente.

A quel punto, i quattro si avventarono sull’altro, che però sparò contro di loro un getto di muco che andò a colpire in pieno Isabelle, che urlò dal dolore.

«Izzy!», gridò Alec, correndo vicino alla sorella.

«Allontanala da qui e falle l’iratze; di questo ci occupiamo io e Clary!», esclamò Jace.

«D’accordo».

Clary poté udire i lamenti di Isabelle mentre il fratello la sollevava da terra per portarla distante da quei demoni e curarla.

«Ce la farà, vero?», chiese Clary a Jace, mentre affondava nuovamente la sua spada angelica nel corpo del demone.

«Certo che ce la farà! Stiamo parlando di Isabelle».

La ragazza fu un po’ rassicurata da quelle parole e nel giro di altri due minuti, i Cacciatori ebbero ucciso il demone.

Quando si voltarono, trovarono i maghi seduti per terra, provati e con il fiatone.

«Accidenti… erano brutti quelli», disse Ron.

«Vanno da così a peggio, credimi».

In quel momento arrivò Alec, sorreggendo una Isabelle un po’ traballante, ma comunque in piedi.

«Credo che dovremmo fermarci un momento e riprendere fiato».

Propose Hermione.

«Va bene. Intanto pensate a chi vuole tirare il prossimo turno».

«No, tocca di nuovo a Jace, è uscito dodici, un doppio. Deve tirare un’altra volta».

«Cerca di non fare troppi danni, Jace. I demoni Behemoth non mi sono piaciuti molto», disse Isabelle.

«Oh, scusami, la prossima volta farò uscire degli agnellini impauriti».

La sorella adottiva lo fulminò con un’occhiataccia e Alec fece un mezzo sorriso.

«Smettetela voi due e cercate di riposare. Prendiamoci un quarto d’ora, poi ricominciamo», propose Alec.

«D’accordo».

Clary guardò Jace.

All’apparenza sembrava calmo, ma in realtà era nervoso, lo si capiva da ogni suo movimento.

Si era allontanato dal gruppo e Clary non riusciva quasi più a vederlo.

In un momento, scattò in piedi e lo seguì a passo svelto.

Si addentrò ancor di più nella foresta per stargli dietro e alla fine lo trovò in una piccola radura, seduto su una roccia.

Si era tolto la maglietta e solo guardarlo a Clary fece venire i brividi di freddo, ma non solo.

Vederlo lì, a torso nudo, illuminato dall’argentea luce della luna, provocò in lei un lungo fremito che le percorse tutta la spina dorsale.

Lui aveva in mano lo stilo e si stava tracciando delle rune.

«Jace… », lo chiamò piano Clary.

Lui si voltò e puntò i suoi occhi da un impossibile colore che si fondeva tra l’oro e l’argento, a causa di quella luce, nei suoi.

«Clary… cosa ci fai qui?».

«Ti ho seguito. Non dobbiamo dividerci dal gruppo, non è sicuro. Va bene che per adesso il gioco è fermo, ma la Foresta rappresenta ugualmente un pericolo. Torniamo dagli altri, ok?».

Il ragazzo, che intanto si era rimesso la maglietta, le si avvicinò.

«Aspetta ancora un momento».

«Cosa c’è?».

Lui distese il suo braccio, che in quel momento le parve bianco come quella stessa luna che in quel momento risplendeva su di loro, porgendole una mano che, dopo un istante di esitazione, la ragazza afferrò.

«Jace… ».

Ma inaspettatamente, lui la tirò a sé, e Clary sentì il proprio corpo irrigidirsi contro quello del ragazzo.

«Sssh», sussurrò lui stringendola forte tra le sue braccia.

Clary era immobile come una statua.

Quello non era decisamente un comportamento da Jace.

«Mi dispiace. Mi dispiace averti messa in pericolo».

«Jace… non dipende da te; ogni volta che tiriamo i dadi… ».

«Non mi riferivo a stasera… al gioco. Da quando sono entrato nella tua vita… », ma a quel punto Clary si staccò e lo guardò negli occhi.

«Tu mi hai salvato la vita. Se non fosse stato per te, quel giorno, nel mio appartamento a New York, quel Divoratore mi avrebbe uccisa. Tu mi hai solo aperto gli occhi, mi hai fatto capire chi sono».

A quelle parole, il ragazzo la strinse forte per le spalle e  poggiò la sua fronte a quella della ragazza, chiudendo gli occhi.

«Comunque andrà stasera, sappi che… ».

Ma Clary non seppe mai cosa Jace stesse per dirle, perché in quel momento arrivò Harry ad avvertirli che dovevano riprendere il gioco e i due si staccarono bruscamente l’uno dall’altra.

Tornando dagli altri, i due ragazzi si accorsero della presenza di Magnus, che aveva avvertito il preside, che in quel momento stava già ergendo delle misure di sicurezza per fare in modo che nessuno, studente o insegnante che fosse, si avvicinasse alla Foresta.

La cosa però era rimasta segreta; nessuno era stato avvertito al di fuori del professor Silente.

Meno persone ne erano a conoscenza, meno il pericolo era esteso.

«Allora tocca di nuovo a te, Jace… », disse Hermione porgendogli i dadi.

Lui li prese, lanciando un ultimo sguardo a Clary e tirò.

Stavolta la pedina si spostò di cinque caselle.

Il gruppo aspettò che comparisse il simbolo demoniaco e, quando apparve, subito i ragazzi sentirono degli strani rumori.

«Demoni Moloch», disse Isabelle, che si era quasi ripresa.

«Combattono in gruppo, hanno artigli affilatissimi e occhi vuoti da cui gettano fiamme. State attenti».

Tutti si prepararono e quando i demoni furono vicini, scattarono in avanti e cominciarono a colpirli con incantesimi e spade angeliche.

I demoni però erano troppi, Clary sentì una fitta lancinante quando uno di loro le dilaniò il braccio sinistro con uno dei suoi artigli.

La ragazza gridò, assestandogli un potente calciò su quello che avrebbe dovuto essere il muso, infilzandolo poi con la sua spada. Era già la terza che usava e se andavano avanti di questo passo, avrebbe finito le armi.

Per fortuna, Jace, Alec ed Isabelle ne avevano in abbondanza.

Tutti loro stavano combattendo accanitamente, Magnus guardava preoccupato; i suoi incantesimi non potevano essere usati sui demoni scaturiti dal gioco e lo stregone si era reso invisibile per fare in modo di non essere attaccato dalle creature.

La situazione però stava peggiorando in fretta, sfuggendo di mano agli Shadowhunters, tanto che ad un tratto Alec urlò: «Dobbiamo separarci! Così divideremo anche loro!».

Clary non se lo fece ripetere due volte; agguantò un braccio a caso nella mischia e lo trascinò via, correndo all’impazzata nel folto della Foresta Proibita.

Dopo almeno un paio di minuti si voltò a guardare chi aveva afferrato, trovandosi davanti il volto pallido di un Malfoy dall’aria sconvolta.

«Corri più veloce!», disse la ragazza notando i due demoni alle loro spalle.

Erano grossi, ma incredibilmente rapidi.

«Andiamo!», lo incitò lei.

Il ragazzo però aveva il fiato grosso e  gocce di sudore che gli colavano lungo le tempie.

Allora la rossa agì in fretta: spinse il mago da una parte dietro un albero e si voltò ad affrontare i due demoni.

Ognuna delle sue mani era occupata da una spada angelica, ma si trovavano nella quasi totale oscurità perché in quel punto della Foresta, gli alberi erano talmente alti da non far filtrare la luce lunare.

Dopo un momento però, uno dei demoni le sputò contro del fuoco dalle sue orbite vuote e Clary si scansò, rotolando da una parte.

Almeno le fiamme avevano bruciato una striscia di terreno che adesso rischiarava parzialmente la zona.

La ragazza chiamò le due spade angeliche che si misero a brillare e, con un movimento fluido, scattò in avanti e affondò entrambe le lame ognuna in uno degli avversari, che continuavano ad avvicinarsi.

La ferita al braccio le provocava un dolore d’inferno, ma non poteva certo abbassare la guardia, altrimenti sarebbe morta nel giro di un minuto.

Continuò a colpire i due demoni, riuscendo ad ucciderne uno, ma poi, perse l’equilibrio mettendo un piede sopra una pietra e cadde rovinosamente a terra, picchiando forte la testa contro un albero.

Per un momento le passò davanti agli occhi una scintilla bianca e tutto ciò che la ragazza riuscì a pensare fu “Sto per morire”, ma poi venne distratta da parole che non aveva mai udito in vita sua prima di allora.

«Avada Kedavra!».

Ci fu un lampo di luce verde ed ebbe la sensazione di scivolare nelle tenebre, poi tutto fu buio.

 

NOTE:

 

Eccomi qui! Ebbene, che dire? In questo capitolo il gioco prosegue, sempre tra spade angeliche e colpi di magia.

Come avrete notato ho mantenuto tutto il capitolo dal punto di vista di Clary; più che altro perché qui sono sempre stati tutti insieme, perciò abbiamo potuto osservare ognuno di loro, ma dal prossimo capitolo, “le strade si divideranno” nuovamente! XD

Spero di non aver fatto errori di battitura o altro, in caso, perdonatemi, ma sono esaltata perché tra un’oretta andrò a vedere “Catching Fire”, quindi non ci sto con la testa!

Ad ogni modo, volevo fare un piccolo annuncio: dato che non riesco molto a rispettare la puntualità in questo periodo, non assicuro più che gli aggiornamenti saranno di mercoledì.

Vi garantisco che ce ne sarà almeno uno alla settimana, ma sul giorno non mi pronuncio, soprattutto la settimana prossima che i miei genitori mi trascinano a Bolzano per andare a vedere i mercatini di Natale.

Un’altra cosa: siccome sono un genio (-.-‘), la settimana scorsa avevo detto che vi avrei lasciato il link della mio account FB, cosa che poi ho dimenticato di fare, quindi ve lo lascio qui oggi.

Detto ciò, ringrazio di cuore le persone che hanno aggiunto ItD alle preferite/seguite o qualunque altra categoria e anche le meravigliose persone che recensiscono!

Mi migliorate le giornate, davvero!

Ecco, insomma… metto il link e smetto di tediarvi; buona serata e un bacio a tutti!

Il mio account Facebook:  https://www.facebook.com/profile.php?id=100002495356960

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