Into the Deep di Clira (/viewuser.php?uid=57512)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Grifondoro e Serpeverde ***
Capitolo 2: *** "Solo un malinteso" ***
Capitolo 3: *** Giochi pericolosi ***
Capitolo 4: *** Tamburi ***
Capitolo 5: *** Gite notturne e profezie ***
Capitolo 6: *** Viaggio Mortale ***
Capitolo 7: *** Into the Deep ***
Capitolo 8: *** Nella Foresta (I Parte) ***
Capitolo 1 *** Grifondoro e Serpeverde ***
Capitolo 1
PREMESSA:
Innanzitutto ciao a tutti e grazie per essere
passati a dare un’occhiata!
L’idea è un po’ strana, mi è venuta in mente
qualche settimana fa una sera che in tv hanno dato prima Jumanji e poi Harry
Potter. Nel mentre era il periodo in cui leggevo Shadowhunters e così, purtroppo
per voi, la mia mente contorta ha iniziato a lavorare a quest’idea malsana.
Volevo darvi qualche avvertimento:
1.
Di Jumanji ci sarà solo l’idea del
gioco, che però arriverà tra diversi capitoli; i personaggi del film saranno
completamente ASSENTI.
2.
La storia sarà narrata in terza
persona sia dal punto di vista dei personaggi di Shadowhunters, sia dal punto
di vista del trio di Harry Potter (più che altro i principali punti di vista
saranno di Harry/Jace/Clary).
3.
Simon non sarà molto presente perché,
sia che fosse umano o vampiro (ancora non ho deciso), non sapevo come farlo
entrare ad Hogwarts, ma ho già in mente qualche sua apparizione, non temete!
4.
Cercherò di rispettare il più
possibile i punti salienti di ognuna delle due saghe; sono una grande appassionata
di entrambe e di entrambe ho letto tutti i libri e visto i film, quindi vi
prego, se trovate qualcosa di strano, fatemelo notare!
5.
In questa storia Clary e Jace non sono
fratelli e non hanno mai pensato di esserlo!
6.
Di Shadowhunters ci saranno
avvenimenti di TUTTI i libri, spero di non crearvi confusione, ma per ogni
evenienza, sono sempre qui.
Gli aggiornamenti saranno ogni mercoledì sera!
Buona lettura e fatemi sapere come vi sembra!
CAPITOLO
1: GRIFONDORO E SERPEVERDE
La Sala Grande era
immersa in un silenzio quasi innaturale. Il preside aveva appena annunciato che
a fine ottobre, sarebbero arrivati dei giovani ragazzi provenienti
dall’Inghilterra e dell’America. Shadowhunters,
li aveva chiamati il professor Silente.
«Shadowhunters? E che
diavolo sono?!», chiese Ron, stupito.
Harry lo guardò
alzando le spalle, neanche lui aveva mai sentito quella strana parola, quindi i
due ragazzi si voltarono verso Hermione, così come anche Fred, George, Ginny e
Neville.
Hermione li passò in rassegna con lo sguardo per un
momento e poi disse: «Beh, non ne so molto neanch’io, ma ho già sentito quella
parola. Shadowhunters vuol dire cacciatori di demoni».
«Demoni?».
«Sì, e non sono
demoni come i nostri. Sono i demoni che abitano nel mondo dei babbani; demoni
che arrivano da altre dimensioni».
«Hermione, io proprio
non capisco», fece Ron.
«Beh, fai conto che
se i loro demoni fossero i nostri maghi oscuri, loro equivarrebbero agli Auror.
Uccidono i demoni e mantengono la pace con quelli che loro chiamano Nascosti, ossia vampiri, licantropi e
altre creature sovrannaturali», spiegò pazientemente Hermione.
Il rosso ora parve un
po’ più convinto.
«Ad ogni modo, tra due
mesi li conosceremo… », tagliò corto Fred.
[…]
Clary guardava il
paesaggio sfrecciare fuori dal finestrino ad una velocità impressionante.
Negli ultimi giorni
erano successe un’infinità di cose che pensava non potessero essere possibili,
ma dopotutto… cosa nella sua vita era normale?
Nei mesi scorsi, aveva
scoperto di essere una Shadowhunter: una cacciatrice di demoni, così come sua
madre, che era stata indotta in una sorta di coma magico da suo padre: uno
spietato assassino che aveva provato ad uccidere anche lei e Luke: l’uomo che
Clary considerava il suo vero padre.
Erano trascorsi mesi
da quell’ultima collaborazione con i giovani Cacciatori dell’Istituto di New
York: Alec e Isabelle Lightwood e Jace Wayland, ma quella volta, Valentine, il
padre di Clary, era riuscito a sparire portando con sé la Coppa Mortale, uno
dei tre oggetti sacri per i Cacciatori.
Da quel momento, la
ragazza aveva condotto una vita tranquilla da Luke, che aveva però deciso di
cominciare ad addestrarla semmai si fosse trovata in situazioni pericolose.
Poi era arrivata la lettera
da Hogwarts e così la vita di Clary era nuovamente cambiata.
Hogwarts era una
scuola di magia e stregoneria e da quanto aveva capito, dati i recenti
avvenimenti, tra ciò che stava succedendo nel suo mondo a causa dei demoni, di
suo padre e di suo fratello Sebastian, era stato ritenuto il caso di dare
rifugio ai più giovani Cacciatori per istruirli in luoghi sicuri, perché ormai
neanche gli Istituti lo erano più.
Clary chiuse gli
occhi e appoggiò la testa al finestrino. Stava quasi per addormentarsi quando
una familiare voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
«Tu?».
Lei si voltò.
«Oddio, non di nuovo
tu!».
Jace Wayland se ne
stava di fronte a lei, appoggiato contro la porta scorrevole del suo vagone
vuoto. La solita espressione strafottente stampata su quel bel visino d’angelo.
Lui alzò gli occhi al
cielo.
«A quanto pare in
quella inutile scuola ammettono proprio tutti», disse il biondo con aria di
superiorità.
Clary sentì le guance
imporporarsi.
«Almeno quando
arrossisci diventi carina».
La ragazza percepì un
moto di rabbia dentro di lei.
«Fuori da qui!», sibilò tra i denti, furiosa.
«Che permalosa… »,
disse lui mentre le voltava le spalle e spariva dalla sua vista.
Ora Clary avrebbe
voluto sbatterla la testa contro il
finestrino. O magari sbatterci quella di lui.
Possibile che quel
tizio insopportabile le capitasse tra i piedi in ogni circostanza? Anche lì se
lo doveva trovare!
Ma dopotutto… forse
Jace Wayland aveva più diritto di lei di stare su quel treno diretto alla
scuola; in fin dei conti… era un Cacciatore molto più esperto e ben addestrato.
Sbuffò… sarebbe stata
davvero una lunga permanenza.
[…]
Era la sera del 31
ottobre e la Sala Grande era gremita e piena di elettricità: tra poco sarebbero
arrivati i nuovi ragazzi: gli Shadowhunters.
Il banchetto di
Halloween, già portentoso di per sé ogni anno, era ancor più ricco del solito,
in occasione dell’arrivo dei nuovi ospiti.
Ad un tratto la
professoressa McGranitt si alzò e si avviò verso la Sala d’Ingresso;
probabilmente si sarebbe occupata lei dell’accoglienza dei ragazzi, come
accadeva per gli studenti del primo anno.
Una decina di minuti
dopo infatti, rientrò con uno sciame ben compatto di ragazzi e ragazze molto
giovani interamente vestiti di nero, ma senza la solita divisa della scuola. Indossavano
dei pesanti abiti di cuoio; dagli stivali alle giacche.
«Che dite, saranno
smistati anche loro nelle varie Case?», domandò Ron, curioso.
«Credo di sì,
altrimenti sarà un gran caos, sistemarli», gli rispose Harry.
«E poi lì c’è il
Cappello Parlante», fece notare a tutti Ginny.
La professoressa
McGranitt estrasse una lista di nomi, più corta di quella che di solito portava
per gli alunni del primo anno; non erano così tanti, anche se il numero era
comunque consistente.
Non c’era nessuno che
iniziasse con la lettera “A”, quindi la vicepreside, cominciò dalla successiva
e proseguì con tutti gli altri.
Arrivata alla lettera
“H”, chiamò: «Herondale Jace».
Un ragazzo alto e
magro si fece avanti con passo sicuro.
[…]
Quando Jace udì
chiamare il suo nome venne avanti.
“Per l’Angelo, non mi
faranno mica indossare quella specie di cappello orrendo!?”, pensò
avvicinandosi.
Notò che la giovane
Cacciatrice che li aveva aiutati a trovare la Coppa Mortale, lo fissava con
aria stupita.
Ah, sì, lei pensava
che si chiamasse Jace Wayland, per questo doveva avere quell’espressione tanto
buffa in quel momento.
Il Cappello stava
parlando, ma Jace non prestò la minima attenzione a ciò che diceva; più che
altro era concentrato su tutto quello che vedeva attorno a sé: dalle candele
sospese sul soffitto ai volti che lo fissavano dietro il tavolo degli
insegnanti al brutto e ossuto gatto che teneva quei suoi occhi sporgenti fissi
su di lui.
Jace lo guardò con
aria piuttosto schifata. “Niente a che fare con Church”, pensò.
Si chiese se il suo
gatto stesse bene; non lo aveva più visto da quando aveva lasciato il treno.
Dal momento che Hodge era scappato dall’istituto; Jace aveva portato Church con
sé, dato che sulla lettera era scritto che agli studenti era consentito portare
o un gufo o un gatto o un rospo.
Ad un tratto il
cappello gridò: «GRIFONDORO!», facendogli balzare il cuore in gola, ma lui non
lo diede a vedere.
Al contrario, con
quel suo solito portamento elegante, si rimise in piedi e si avviò con calma
verso la lunga tavolata dalla quale provenivano applausi ed esclamazioni di
benvenuto.
Jace passò in
rassegna i volti di quelli che da quel momento sarebbero stati i suoi compagni
e si mise a sedere al fianco di una ragazza dai capelli rossi e gli occhi
scuri.
«Piacere! Io sono
Ginny Weasley!», esclamò lei con un gran sorriso.
Lui la guardò e, un
attimo prima di rispondere al saluto della ragazza e presentarsi, si chiese:
“Ma possibile che io debba essere costantemente circondato da rosse?”.
Dopodiché, riprese a
seguire la cerimonia.
[…]
“Herondale”? E che diavolo di fine aveva fatto Jace Wayland?”, si
chiese Clary stupita.
D’altra parte anche
lei pensava di chiamarsi Clarissa Fray, ma aveva scoperto che il suo vero nome
era Clarissa Morgenstern.
Ad ogni modo, osservò
il ragazzo sedersi sullo sgabello ed attendere, con la sua solita aria
impassibile, che quello strano cappello decretasse la sua Casa di destinazione.
Quando l’oggetto
annunciò a gran voce “Grifondoro”,
Clary sperò soltanto che non ci finisse anche lei.
Poteva fare amicizia
con tanti altri Cacciatori e studenti di Hogwarts, perciò perché doveva finire a
stretto contatto proprio con Mr. Presunzione?
È vero, lei aveva
collaborato con Jace ed i fratelli Lightwood; Isabelle non era neanche tanto
male quando scalfivi la superficie di superbia e freddezza, ma quel Jace era
proprio insopportabile; non le andava giù davvero. Certo, c’era stato
quell’episodio, il bacio, la sera del suo compleanno, ma ormai non le capitava
più di pensarci.
Alec invece era solo
un po’ strano, ma si poteva tenere a bada, nonostante avesse cercato di
ucciderla quando lei gli aveva apertamente detto che sarebbe stato meglio se
lui avesse dichiarato a Jace i sentimenti che provava nei suoi confronti.
Ad ogni modo erano
passati mesi, le cose potevano anche essere cambiate.
La donna che li
chiamava, che si era presentata come “professoressa McGranitt”, andò avanti con
la sua lista fino ad arrivare a Lightwood Alexander ed Isabelle, che furono
mandati entrambi a Grifondoro, la stessa casa a cui era stato assegnato Jace.
Dovette aspettare
come minimo altri dieci minuti prima che la vicepreside dicesse il suo nome.
«Morgenstern
Clarissa!», chiamò.
A Clary sudavano le
mani; non le era mai piaciuto stare al centro dell’attenzione. E meno male che
lì nel mondo magico non sapevano di Valentine e Sebastian perché se avessero
saputo che lei era rispettivamente la figlia e la sorella, era certa che
sarebbe stata sempre al centro dei
loro discorsi.
A quanto ne sapeva,
loro erano solo a conoscenza del fatto che due Cacciatori erano molto molto
cattivi. Se sapessero del Conclave e tutto il resto, questo non lo poteva dire.
Comunque, da quanto
Clary aveva sentito, anche nel mondo
magico avevano il loro bel da fare in quel periodo a causa di un certo mago
oscuro; il nome adesso non lo ricordava.
Si avviò a piccoli
passi allo sgabello posto sulla pedana e vi si sedette sopra.
Il cappello disse
qualcosa a proposito del fatto che lei avesse molte potenzialità e che due
specifiche case avrebbero potuto aiutarla molto a migliorare, finché non
annunciò: «SERPEVERDE!».
Clary tirò un sospiro
di sollievo, sia per il fatto che poteva scendere da lì e filarsela, sia per il
fatto di non dover stare sempre a contatto con Jace Wayland o insomma…
Herondale.
Si avviò velocemente
verso il tavolo a cui era stata assegnata, ma, nell’allontanarsi, colse con la
coda dell’occhio l’espressione di Jace. Era forse delusione quella che vedeva sul suo volto?
Trovò posto vicino ad
un ragazzo dai capelli così biondi da sembrare quasi bianchi.
Dio, le ricordava
orribilmente suo padre… così come anche Sebastian, che gli somigliava molto.
Prese un appunto
mentale di passare con quel ragazzo il minor tempo possibile.
«Piacere, il mio nome
è Draco Malfoy», si presentò lui con aria pomposa. «Appartengo ad una delle più
antiche famiglie Purosangue del mondo magico», proseguì.
Purosangue?
A Clary venne da ridere; sembrava quasi che stesse parlando di un cavallo e poi
tutta quella faccenda del sangue puro non faceva altro che riportarle alla
memoria gli ideali di Valentine.
“Dalla padella alla
brace”, pensò tra sé.
Per tutto il resto
della cerimonia di smistamento, il ragazzo non fece altro che parlare
dell’importanza del sangue puro e da quanto fosse disgustato dal fatto che non
facessero una selezione per chi ammettere o meno in quella scuola.
Si ricordò delle
parole di Jace sul treno, qualche ora prima “A quanto pare in quella inutile scuola ammettono proprio tutti”.
Ma probabilmente lui
non si riferiva alla purezza del sangue dato che era perfettamente a conoscenza
del fatto che Clary fosse la figlia di Valentine, quindi proveniente da una
delle più antiche famiglie di Cacciatori.
Lo sproloquio di
Draco Malfoy fu interrotto dalla comparsa di un portentoso banchetto che fece
letteralmente saltare Clary sulla panca. Nonostante tutto… una cosa del genere
non le era mai capitata.
Si avventò sul cibo,
assaggiando di tutto fino a che il suo stomaco non minacciò di far tornare in
superficie tutto quello che aveva ingurgitato con tanta foga.
Pensò a Luke e a quel
tritarifiuti di Simon con una fitta di nostalgia; loro di certo avrebbero
apprezzato tutto quel ben di Dio.
Di tanto in tanto,
lanciando sguardi di perlustrazione per la Sala Grande, aveva colto lo sguardo
di Jace posato su di lei, ma il ragazzo aveva spostato gli occhi talmente in
fretta, che Clary si chiese se non se lo fosse solo immaginato.
A fine serata, seguì
i suoi nuovi compagni in una galleria che portava ai sotterranei.
Perché diavolo
dovevano andare lì sotto? Lei detestava stare sotto terra.
“Splendido”, pensò.
Quella serata andava di bene in meglio; Clary sperò soltanto che non tutti i
Serpeverde fossero come Draco Malfoy.
Il ragazzo poi, le
aveva detto di stare lontana da “quelli
del Grifondoro”, come li aveva definiti in tono sprezzante.
Da quanto aveva capito,
tra i fondatori delle due Case non correva buon sangue, perciò di conseguenza,
era un po’ come se si fossero create due fazioni nemiche. Ora si spiegava il
fatto che lei e Jace si fossero ritrovati in quelle due Case.
Ad ogni modo, lei
sarebbe rimasta lì solo fino a quando le cose a casa non si fossero rimesse a
posto.
Voleva tornare a New
York, voleva rivedere sua madre e sapere come stava, ma fino a quel momento,
Luke aveva ritenuto più sicuro lasciare che andasse ad Hogwarts.
Con quei pensieri,
entrò nella sala comune e si diresse verso il dormitorio a lei assegnato.
Ecate, il suo gatto
bianco che aveva comprato in quel negozio magico, “Il Serraglio Stregato”, se
ne stava pigramente acciambellato sul suo letto.
Era una palla bianca
piena di pelo dagli occhi verdi; quando lo aveva visto se n’era subito
innamorata.
Luke le aveva dato i
soldi per comprare un animale e lei aveva pensato che quello più di compagnia
sarebbe stato un gatto, quindi eccolo lì.
Infilandosi sotto le
coperte le venne in mente Luke, il suo abbraccio confortante e solido, la sua
barba che le solleticava il viso.
E poi, non seppe
perché, le tornò improvvisamente in mente la sera del suo ultimo compleanno e…
quell’unico isolato, da non ripetersi mai più, bacio con Jace Wayland.
Poi tutto fu buio.
[…]
Quando Harry si
svegliò la mattina successiva, Ron dormiva ancora della grossa. Ormai non
mancava molto all’ora di alzarsi, quindi rimase qualche altro minuto sdraiato a
letto e poi cominciò a vestirsi con calma.
Quella situazione era
del tutto nuova, insomma… gli Shadowhunters.
La sera precedente
aveva fatto la conoscenza di alcuni di loro che erano stati smistati in
Grifondoro: Alec ed Isabelle Lightwood e Jace Herondale.
Non erano male, ma
erano come dire… un circolo chiuso.
D’altra parte… erano
abituati ad uccidere demoni, forse addirittura a veder morire i loro stessi
compagni, quindi quel comportamento schivo e tendenzialmente asociale forse era
anche normale.
Hermione comunque ci
aveva parlato per tutta la sera; aveva voluto farsi spiegare ogni cosa, come al
solito.
Per lei era
inconcepibile non trovare la soluzione ai problemi del mondo tra i libri,
quindi, durante quei due mesi di ricerche, da quando Silente aveva annunciato
l’arrivo di quegli ospiti speciali, era rimasta barricata in biblioteca quasi
costantemente, ma non aveva trovato granché.
Perciò per lei era
stato di vitale importanza l’arrivo dei Cacciatori, ed in effetti anche per Harry
e per Ron, perché sopportarla ormai era diventato pressoché impossibile.
Arrivati in Sala
Grande per la colazione, la maggior parte degli Shadowhunters era già lì. Harry
notò una ragazza dai capelli rossi al tavolo dei Serpeverde che la sera prima
parlava con quell’ameba di Malfoy. Certo, era normale che se ne stesse in
disparte ora, dopo che aveva passato la prima sera con un tale imbecille. Tra
l’altro sembrava molto pallida ed i suoi occhi erano cerchiati da profonde
ombre scure.
Era una ragazza così
minuta e delicata che pareva quasi sbagliata
in mezzo ai Serpeverde.
«Ehi amico, ci sei?»,
chiese Ron sventolandogli la mano davanti agli occhi.
«Cosa, parli con
me?».
«Che ti prende, ti
sei preso una cotta per la rossa dei Serpeverde?».
Harry lo fissò
sbigottito e proprio in quel momento arrivarono Alec, Jace ed Isabelle.
«Ma quale cotta, se
non la conosco nemmeno!».
«Una cotta? Per chi?
Una Shadowhunter? Magari te la possiamo presentare!».
Disse Isabelle in
tono allegro.
Beh, se si contava
solo l’aspetto fisico, la Cacciatrice dai capelli neri era una delle ragazze
più belle che avesse mai visto in vita sua. Così alta e flessuosa, con quella
cascata di capelli corvini.
«Quella lì», indicò
Ron con un vago cenno della mano.
Hermione lo guardò
come si può guardare solo una persona senza speranza e scosse il capo, mentre
Ginny si agitava sulla sedia e Fred e George, come al solito, si godevano la
sceneggiata.
«Ma chi, Clary?»,
continuò Isabelle.
«Izzy, per una volta
nella tua vita, riesci a farti gli affari tuoi?», intervenne Jace in tono duro.
«Ma senti senti… solo
perché tu e la piccola Morgenstern avete avuto dei trascorsi, questo non fa di lei una tua proprietà, mio caro»,
aggiunse la mora con un sorriso serafico.
I giovani maghi la
guardarono sbigottiti e gli occhi color oro di Jace parvero lampeggiare per un
momento.
«Ci volete dare un
taglio, voi due? Possibile che ovunque andiate e qualunque cosa facciate,
trovate sempre il modo di battibeccare? Insomma… Izzy, non lo facciamo neanche
noi che siamo fratelli!», prese parola Alec.
«Ti devo forse
ricordare, che negli ultimi sette anni ho vissuto con voi? Non penso che il
nostro rapporto sia molto più diverso dal vostro… » disse Jace soprappensiero,
infilzando una fetta di bacon.
«Già, con la
differenza che voi due siete molto più simili di quanto vorreste ammettere e
per questo litigate di continuo».
«Simili noi?! Mai!», esclamarono entrambi in
coro, facendo ridere tutti gli altri.
Poco dopo passò la
professoressa McGranitt per distribuire gli orari come faceva ogni anno.
«Oh bene, Pozioni doppie
con Serpeverde, altre due ore con la Cooman sempre con Serpeverde e un’ora di
Erbologia con Tassorosso grandioso», si lamentò Ron.
Per fortuna quel suo
commento aveva lasciato cadere nel dimenticatoio l’argomento precedente. E poi
Harry non era interessato a Clary in quel senso; lei semplicemente… lo
incuriosiva.
Si avviarono nei
sotterranei per le due ore con Piton e lungo la strada, Harry si chiese come
sarebbero funzionate ora le cose; insomma… adesso gli Shadowhunters avrebbero
seguito le loro lezioni? Immaginava di sì perché i due Lightwood, Jace e gli
altri Cacciatori smistati in Grifondoro li stavano seguendo, così come i
Serpeverde percorrevano la loro stessa direzione.
Una volta entrati
nell’aula di pozioni, notarono dei lunghi tavoli in disparte in fondo alla
stanza.
«Venite avanti e
prendete posto, i banchi in fondo sono per i nostri ospiti».
Il professor Piton
calcò quell’ultima parola in modo estremamente sgradevole.
«I vostri nuovi
compagni non prenderanno parte alle stesse lezioni che voi frequentate, ma
avranno dei corsi propri delle loro specializzazioni, da seguire. Questo non
impedisce comunque che chi vuole può restare a guardare le lezioni come voi
potrete osservare le loro».
La bocca del
professore si muoveva appena nel parlare.
E nessuno degli
Shadowhunters si mosse; a quanto pareva tutti loro erano rimasti congelati sul
posto dopo il discorsetto di Piton.
«Molto bene…
cominciamo allora».
NOTE:
Ed ecco qua il primo
capitolo della mia nuova ff! Allora… cosa ne dite? Vi ispira? Mi piacerebbe
sapere cosa ne pensate soprattutto perché è un esperimento nuovo che faccio,
quindi qualche parere mi aiuterebbe ad indirizzarmi meglio sulla “retta via”.
Potete anche dire che fa schifo, tranquilli ;-)
Bene, detto questo,
ci risentiamo la settimana prossima; buon proseguimento a tutti!
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Capitolo 2 *** "Solo un malinteso" ***
2
CAPITOLO
2: “SOLO UN MALINTESO”
Jace avrebbe
ricordato quella prima lezione di Pozioni per tutto il resto della vita.
Per l’Angelo, quel
professore era davvero orribile! Per non parlare del fatto che probabilmente
non si lavava i capelli dai tempi della Rivolta e questa cosa urtò il ragazzo
forse anche più di tutto il resto.
Come se non bastasse,
quando aveva detto che agli Shadowhunters era permesso assentarsi dalla
lezione, lo aveva annunciato con un tono che più che un’informazione sembrava
una minaccia di morte, tanto che tutti i ragazzi erano rimasti inchiodati al
proprio posto, ammutoliti.
Poi, pareva avercela
a morte con quel ragazzo… Harry Potter.
Hermione invece era
una super secchiona e per fortuna ogni volta era riuscita a rispondere alle
domande del professore guadagnando così qualche punto. Quel Piton non si sprecava certo a dare punti
ai Grifondoro, mentre abbondava con i Serpeverde.
Ron gli aveva riferito
che era il direttore di quella Casa e li favoriva sempre, cosa che negli anni
aveva portato gli studenti del Grifondoro ad odiarlo sempre di più.
Dopo quella lezione,
i ragazzi furono bloccati dalla professoressa McGranitt in corridoio, che disse
loro che quella mattina, avrebbero avuto
la prima lezione del loro corso: erboristeria.
A quanto pareva, i
maghi avevano una materia chiamata “Erbologia” e la professoressa che la
insegnava aveva messo a disposizione una delle sue serre.
Ad ogni modo, prima
della loro lezione, avrebbero avuto un’ora con una certa professoressa Cooman,
aveva detto Ron a colazione; cosa insegnasse quella donna, questo non lo
sapeva.
Gli studenti di
Hogwarts li condussero attraverso un groviglio di scale che cambiavano da sole
e di corridoi ed infine arrivarono in cima ad una torre, nella quale dovettero
entrare attraverso una botola servendosi di una scala a pioli.
Subito un forte odore
di incenso invase le narici di Jace.
“Per l’Angelo, non
sarà mica un’altra ciarlatana fissata con la chiromanzia?”, pensò il ragazzo
non appena vide il modo in cui era adornata l’aula.
Qualche istante dopo,
si udì un’ultraterrena voce femminile che diceva loro di sedersi in coppie per
ogni tavolo.
Gli studenti abituali
presero i loro soliti posti, Alec ed Isabelle si sedettero insieme in un
angolino e l’unico posto vuoto che Jace notò fu uno sgabello in terza fila
attorno ad un tavolino che già era occupato da… Clary.
Il ragazzo le si
avvicinò e prese posto maledicendo mentalmente Alec per essersi seduto con la
sorella anziché con lui.
Quando prese posto,
Clary roteò gli occhi al cielo.
«Sono contento che la
mia compagnia ti faccia tanto piacere», ironizzò il ragazzo.
Lei sfoderò un
sorriso di plastica. «Come potrebbe essere altrimenti?», disse con evidente
sarcasmo. «Questo posto mi ricorda la casa di Madame Dorothea», aggiunse poi.
Jace sogghignò.
«Già, ha il sapore
dei ricordi, non trovi?».
«Oh, sì, signor “io odio i cetrioli e il bergamotto, quindi
niente Earl Grey”».
«Però, Fray, che
memoria».
«Ti ho già detto di non chiamarmi così!», sbottò la ragazza.
«Oh, giusto,
preferisci Morgenstern?».
Clary lo fissò con
sguardo furente, ma il loro battibecco fu interrotto dai richiami stizziti di
due ragazze, entrambe di Grifondoro, che occupavano il tavolo accanto al loro.
«Silenzio! Seguite
Divinazione!», e detto questo si voltarono nuovamente con aria corrucciata.
Jace alzò un
sopracciglio.
«Dio, pensavo che non
potessero esistere persone veramente interessate a questa spazzatura».
«Zitto, prima che ti
sentano!», lo ammonì Clary.
E detto questo, la
lezione cominciò.
[…]
Ci mancò poco che
Clary non si addormentasse sul banco, era così stanca a causa della notte senza
sonno, che avrebbe davvero potuto addormentarsi lì.
Il suo dolce
dormiveglia fu interrotto da un dolore acuto al piede, perché quell’idiota di
Jace glielo aveva pestato.
Stava per voltarsi e
sbraitargli contro qualcosa di molto scortese, quando si accorse di due enormi
occhi azzurri che la fissavano da dietro delle lenti esageratamente grandi.
Era la professoressa
Cooman, avvolta in un tripudio di foulard e scialli colorati e pieni di
perline, tanto che quando si muoveva si poteva sentirne il tintinnio.
«Trovi interessante
la lezione, mia cara?», chiese la donna con voce lontana.
«Io… ehm… sì, molto!»
esclamò Clary, imbarazzatissima.
Jace si voltò
dall’altra parte cercando di soffocare una risata, ma la ragazza lo udì
ugualmente e ricambiò il pestone al piede.
Lui si irrigidì.
«Puoi darmi la tua
mano, Cacciatrice?».
«La mia… perché?».
«Ma per leggerla, è
ovvio!».
Splendido.
Clary le porse la
mano con riluttanza e la professoressa Cooman la afferrò più saldamente di
quanto si sarebbe aspettata.
Anche Jace si chinò
in avanti.
«Potrebbe comunque
non vedere niente, dato il tuo blocco mentale», le sussurro in modo che solo
lei potesse sentire, ma Clary lo scacciò via come se fosse una zanzara
fastidiosa.
«Oh, cara! Tu sei in
pericolo! Corri un grande rischio qui!».
La ragazza ritrasse
svelta la mano e guardò Jace, che osservava la professoressa Cooman tra
l’arrabbiato e l’annoiato.
«Ma per favore!»,
sibilò.
La donna ora guardò
lui. «Pensi che non sia vero, ragazzo?», lei prese a forza la mano di Jace, che
la osservò tra lo stizzito ed il ferito, come se si sentisse violato, e poi proseguì: «Tu stesso
sarai convolto e vi troverete in un pericolo mortale!».
Jace tirò indietro la
mano e si alzò di scatto.
«Questo corso
decisamente non fa per me!».
Detto questo si mise
la giacca in spalla e si avviò a grandi passi verso la scala a pioli, sparendo
dalla vista della classe attonita.
Clary non sapeva cosa
fare; per diversi secondi rimase immobile al suo posto, poi si decise a seguire
Jace, farfugliando un imbarazzato “Mi scusi”, alla professoressa Cooman.
Quando la ragazza
arrivò all’ingresso della botola si guardò intorno, ma lui era già sparito.
Aveva dimenticato quando dannatamente veloce riuscisse ad essere quel ragazzo.
Svoltò di corsa un po’ di corridoi finché non andò letteralmente a sbattergli
contro.
Lui l’afferrò
prontamente in una presa salda.
«Perché così
trafelata?», le chiese a pochi centimetri dal suo volto.
«Ti stavo cercando».
«Beh, direi che mi
hai trovato».
Clary era
imbarazzata, adesso non sapeva più cosa dire. Ci pensò lui a toglierla
dall’impiccio.
«Sai che hai proprio
una brutta cera oggi?».
«Tu sei sempre tanto
gentile, vero?».
Jace si esibì in uno
dei suoi soliti sorrisi strafottenti da togliere il fiato. «Chiedevo soltanto.
Sembra che tu non abbia chiuso occhio stanotte».
«Infatti, penso di
aver dormito solo mezz’ora».
«E perché?».
«Io… diciamo che non
amo stare sottoterra».
«In che senso?».
«La sala comune dei
Serpeverde è nei sotterranei e insomma… non è il massimo».
Jace ghignò.
«Lo sai che dalla
Casa di Serpeverde sono usciti i più grandi maghi oscuri della storia del mondo
magico? Me lo ha detto Hermione».
«Chi?».
«La ragazza che
stamattina ha risposto a tutte le domande di Piton».
«Oh. Beh… non è una
buona cosa che io sia finita lì allora, no? Insomma… vuol dire che ho qualcosa
che non va… forse è a causa di mio padre», lo disse più che altro come se fosse
una domanda.
«Tu non hai nulla che
non vada, se non l’altezza di un folletto».
Clary gli lanciò uno
sguardo omicida.
«Ehi, non guardarmi
in quel modo; è vero! Non credo di aver mai visto qualcuno della tua età che
fosse tanto basso… ».
«La vuoi piantare!?».
Jace scoppiò in una
fragorosa risata e Clary fece per allontanarsi, ma lui la bloccò per un polso,
facendola voltare nuovamente.
«L’ho detto io sul
treno, che eri permalosa». Poi parve farsi più serio «Come mai mi sei corsa
dietro?», le chiese.
«Quella donna, quello
che ha detto… non so, è inquietante».
«Non l’avrai mica presa
sul serio; è una ciarlatana!».
«Beh, il preside mi
sembra uno sveglio, non credo che l’avrebbe assunta se lo fosse… ».
Jace fece spallucce.
«Facciamo un giro?».
«Cosa?».
«Sì, vediamo la
scuola, insomma… abbiamo deciso di non seguire Divinazione, perciò abbiamo quasi
un’altra ora prima di erboristeria».
«Io penso che mi
perderei dentro questa scuola da sola».
«Oh, avanti! Prima o
poi dovrai imparare a muoverti, qui dentro!».
Clary sbuffò.
«Va bene, ma se
finiamo in qualche posto in cui non dovremmo essere, darò la colpa a te!».
«Tanto non possiamo
far perdere punti alle nostre Case… o sì?».
«Certo! Altrimenti
non ci avrebbero smistato, razza di genio che non sei altro!».
«Ehi! Attenta a come
parli, Fr… Clary», si corresse all’occhiataccia della ragazza.
I due ripercorsero la
strada inversa e si trovarono nuovamente nella Sala d’Ingresso, all’entrata dei
sotterranei.
«Ti va di visitare il
parco? Così controlliamo dove sarà la lezione di erboristeria».
Suo malgrado, Clary
sorrise; Jace aveva il disturbo ossessivo-compulsivo di avere sempre tutto
sotto controllo: persino lì, al sicuro dentro un castello lontano migliaia di
kilometri da Valentine e Sebastian, voleva sapere esattamente dove andare per
seguire una lezione.
«Va bene».
Camminarono con
calma, scendendo i gradini di pietra che davano sul grande parco e si avviarono
verso le serre.
«Ci si potrebbe
perdere davvero qui».
«Non finché resterai
con me», la prese in giro lui, ostentando, come sempre, il suo spiccato senso
dell’orientamento, cosa che a Clary mancava completamente.
«Che freddo… »,
commentò lei sovrappensiero, mentre camminavano per i giardini che si
stendevano a perdita d’occhio.
«Cos’è, un modo
indiretto per dire che vuoi un abbraccio?», come al solito, Jace aveva sempre
la risposta pronta.
Clary lo fissò di
traverso.
«No, se volessi un
abbraccio decisamente non verrei da te».
Negli occhi del
ragazzo per un momento guizzò un lampo.
«E allora da chi
andresti? Dal biondo ossigenato con cui parlavi ieri sera?».
«Draco Malfoy? Ma per
favore. E poi… perché tutto quest’interessamento? Non sarai mica geloso, Herondale… ?».
«Geloso io? Tsé, ti
piacerebbe. È solo che in fin dei conti tu sei una dei nostri, una
Shadowhunter, mi sembra doveroso metterti in guardia dalle cattive compagnie».
«Ammesso e non
concesso che io frequenti cattive compagnie… tu sei stato quello che ne ha
aperto la strada».
Jace parve ferito.
«Ma guardala… io ho
rischiato la vita per salvarti, mesi fa! E anche più di una volta; come se non
bastasse poi, anche quello psicopatico di tuo padre ha cercato di farmi
fuori!».
Il ragazzo si pentì
di quelle parole nel momento stesso in cui gli uscirono di bocca, ma ormai era
troppo tardi per tornare indietro.
Clary si sentì punta
sul vivo, arrestò subito la sua marcia, ed il suo sguardò si incupì
immediatamente.
«Io… Clary, mi
dispiace, non intendevo dire questo… », cercò di giustificarsi.
«Però lo hai detto».
«Sì, l’ho detto».
«Per quanto possa
valere per te questa cosa… l’unico padre che io conosco è Luke. Non Valentine.
L’unico padre che io conosco è l’uomo che mi ha cresciuta e non quello che ha
provato a distruggere tutto ciò che amavo».
Qualcosa negli occhi
di Jace parve addolcirsi, ma solo per un momento.
«Lo so, Clary».
Camminarono in
silenzio per qualche altro minuto, poi arrivarono alle serre.
«La nostra serra
dovrebbe essere la numero tre; eccola lì», disse Jace indicandone una. Così i
due proseguirono ed entrarono.
Una volta dentro,
Clary notò il ragazzo ridere sotto i baffi.
«C’è qualcosa di
divertente che mi sfugge, per caso?».
«Potrei sentirmi
molto ferito, Clarissa Morgenstern, non ricordi l’ultima volta in cui siamo
stati in una serra insieme?».
Clary si sentì
avvampare improvvisamente.
E che diamine, stava
scherzando?! Perché ora riportava a galla certi ricordi?
Jace, vedendo la
ragazza sgranare gli occhi e arrossire di colpo, scoppiò in una fragorosa
risata.
«Tu! Razza di…!», ma non riuscì a trovare il termine adatto.
«Sì? Sto aspettando…
cosa sono?», lui sembrava sempre più divertito.
«Un vero imbecille! E te lo dico dal profondo del
mio cuore».
Il sorrisetto di Jace
si allargò ancora di più, se possibile.
«Sembri una gattina
esagitata che rizza il pelo».
«Me ne torno al
castello!», sbottò Clary a quel punto.
Stava correndo via
quando si sentì afferrare per il gomito.
Era già pronta a
sputare in faccia a Jace una delle sue solite battute velenose, quando si
ritrovò davanti Draco Malfoy e per un momento rimase impietrita.
«Che stai facendo?»,
gli chiese con una rabbia nella voce appena controllata.
Al fianco del ragazzo
ce n’erano altri due: uno erano i suoi due tirapiedi; Clary
li aveva visti a cena la sera precedente, se aveva capito bene, si
chiamavano Tiger e Goyle, ma la ragazza non avrebbe saputo dire chi fosse l’uno
e chi l’altro.
«Ti avevo messo in
guardia da quelli del Grifondoro, Clarissa… non dovresti frequentare certa gentaccia», disse in tono altezzoso.
Clary quasi non ci
vide più dalla rabbia anche perché tutto in Malfoy, dai capelli biondi che
quasi sembravano bianchi, al modo imperioso di parlare, le riportava alla mente
Valentine.
Jace, che l’aveva
inseguita e aveva assistito alla scena, si stava facendo avanti a grandi falcate,
con tutte le intenzioni di spaccare la faccia a Malfoy, ed inoltre, come se non
bastasse, i Grifondoro che prima erano a lezione con la Cooman e un gruppetto
di Tassorosso, si stavano dirigendo da quella parte. Divinazione doveva essere
terminata.
“Dannazione…”.
Clary pensò in
fretta; non poteva certo permettere a Jace di cacciarsi nei guai fin dal primo
giorno attaccando una rissa con uno studente, anche piuttosto in vista nel bene
e nel male, di Hogwarts. D’altro canto non poteva nemmeno passare lei per una
stupida, dando l’impressione di essere la classica damigella in difficoltà.
Così, prese il
braccio di Malfoy, sperò non troppo forte, fece trazione in modo da girargli il
braccio e piegò la schiena in avanti. Il ragazzo staccò i piedi da terra e
Clary lo sollevò, facendogli fare una sorta di capriola a mezz’aria e infine,
il biondo si schiantò a terra di schiena, un secondo prima che Jace gli fosse
addosso.
Tutto, nel parco,
rimase immobile per un istante.
Jace la guardava
sbalordito, così come Alec ed Isabelle che stavano accorrendo, probabilmente
per bloccare l’amico, e tutti gli studenti di Hogwarts nei paraggi fissavano
Clary a bocca aperta.
La rossa, da parte
sua, disse soltanto: «Grazie, ma sono grande abbastanza per decidere con chi
voglio passare il mio tempo».
Un attimo dopo filò
via, verso la serra numero tre, più veloce di un razzo.
“È fatta, sarò
espulsa”, continuava a pensare mentre correva velocemente lungo il parco senza
guardarsi indietro.
Entrò nella serra
precipitosamente, spaventando a morte una donna dai capelli grigi che, a quanto
pareva, sarebbe stata la loro insegnante di erboristeria.
«Oh, per l’Angelo, ma
insomma! Clary, un po’ di modo!», esclamò la donna portandosi una mano
all’altezza del cuore.
Clary la fissò,
costernata. Riconobbe all’istante quella donna.
«Amatis!».
Sì… era proprio la
sorella di Luke.
[…]
Quando Jace entrò
nella serra, sulla scia di Clary, si trovò faccia a faccia con Amatis
Herondale: la prima moglie di suo padre, nonché sorella di Luke.
«Amatis?».
«Oh, bene, sono
contenta che voi ragazzi non abbiate dimenticato il mio nome; sembra che non
sappiate dire altro!».
«Tu insegni qui?!»
«Già, e non sono
l’unica Cacciatrice che vedrete girare per i corridoi di questo castello;
pensavate forse che i maghi si sarebbero messi ad insegnarvi le rune,
l’erboristeria per l’uso che ne facciamo noi e i combattimenti? Noi non siamo
qui per agitare bacchette! E poi Luke mi ha detto di tenervi d’occhio», disse
lei in tono pratico.
In quel momento entrò
il resto della classe, così lasciarono cadere l’argomento.
Era la prima lezione
interamente di Shadowhunters; i maghi erano entrati nella serra accanto alla
loro per la lezione di Erbologia.
Jace avrebbe voluto
parlare con Clary riguardo a ciò che era accaduto poco prima nel cortile con
Draco Malfoy, ma non appena provò ad aprire bocca, Amatis lo fulminò con
un’occhiataccia che gli fece desiderare di essere da tutt’altra parte.
La lezione cominciò e
la sorella di Luke si dimostrò essere davvero ferrata riguardo all’utilizzo
delle piante, sia per scopi medicamentosi, sia
per utilizzarle in pozioni di altro genere.
Quando l’ora
trascorse, i ragazzi uscirono velocemente dalla serra e Jace prese Clary da
parte; insieme a loro si fermarono anche Alec ed Isabelle.
«Si può sapere cosa
diavolo è successo prima?», chiese quest’ultima in tono molto animato.
«Niente; è stato solo
un malinteso… », si mise sulla difensiva la rossa.
«Sì, ma… come hai
fatto a lanciarlo in aria in quel modo?», prese parola Jace, in tono più calmo
rispetto alla sorella adottiva.
«Che intendi? Sono
una Shadowhunter anch’io!», esclamò lei, con aria ferita.
«Sì, ma tu non hai mai ricevuto un vero
addestramento e quella mossa… beh, diceva proprio il contrario!», continuò il
biondo.
«Luke mi ha
addestrata. Dopo quello che è successo a Renwick con Valentine e lui che se l’è
filata con la Coppa Mortale, insomma… la miglior difesa è l’attacco, no? E Luke
era uno Shadowhunter prima di essere morso».
Jace si passò una
mano sul mento, con fare interessato.
«Bene bene, e chi
l’avrebbe mai detto… ci sarà da divertirsi durante gli allenamenti!».
Clary lo guardò di
traverso, mentre Isabelle ed Alec continuavano a fissarli incuriositi.
Poi, Jace si
stiracchiò con aria soddisfatta, flettendo i suoi muscoli ben delineati e
lasciando intravedere un pezzo di pelle scoperta tra l’orlo della maglietta e
l’inizio dei jeans.
Era stato deciso che
agli Shadowhunters era consentito indossare abiti normali, tranne durante le
ore di addestramento, durante le quali avrebbero dovuto mettere la classica
divisa da battaglia.
Il ragazzo notò Clary
distogliere in fretta lo sguardo dalla pelle scoperta del suo addome e con un
sorriso compiaciuto disse: «Ora di pranzo, sto morendo di fame», così, il
gruppetto si riavviò verso il castello per la pausa pranzo.
NOTE:
Ed eccomi qui con il
secondo capitolo di ItD! Allora… che ve ne pare? Spero abbiate apprezzato e che
continuerete a seguirmi!
Intanto ringrazio
tutte le persone che hanno recensito il primo capitolo e che hanno inserito la
mia storia tra le preferite e tra le seguite!
A mercoledì prossimo!
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Capitolo 3 *** Giochi pericolosi ***
3
CAPITOLO
3: GIOCHI PERICOLOSI
Durante il pranzo,
Clary si trovò improvvisamente isolata. Dopo quello che era accaduto con
Malfoy, ogni Serpeverde la guardava con circospezione e si teneva ben distante.
Sembrava invece che
avesse acquisito popolarità in tutte le altre Case; specialmente tra gli
studenti di Grifondoro.
Dopotutto però, come
lei stessa si era aspettata, quel suo gesto impulsivo non poteva passare
inosservato, e proprio durante il pranzo, il professor Piton le si avvicinò con
il suo solito passo spedito, dicendole di seguirlo.
A Clary balzò il
cuore in gola; quell’uomo la intimoriva e lei non sapeva cosa diavolo avesse in
mente; non poteva certo mettere a tappeto anche lui, anche avrebbe tanto voluto
farlo.
Certo, il professore
avrebbe potuto tramutarla in una lucertola prima che lei potesse anche solo
accorgersene, dopotutto lei era una Shadowhunter alle prime armi e lui un
insegnante navigato e molto abile nel suo lavoro.
Lo seguì a testa
bassa senza opporre alcun tipo di resistenza.
Mentre si
allontanava, Clary vide Jace, i Lightwood ed Harry e il suo gruppo di amici
guardarla in modo preoccupato.
Non stavano
sicuramente andando a fare una bella chiacchierata davanti ad una tazza di thè
fumante.
La ragazza seguì il
professore di Pozioni lungo i corridoi fino ad arrivare nei sotterranei, nel
suo ufficio.
«Prego, si sieda
signorina Morgenstern», disse lui senza alcuna inflessione nella voce.
Clary obbedì senza
fiatare e poi prese dei profondi respiri.
Si comportava sempre
così quando sua madre era in quello stato che lei era solita chiamare
“spaventocalma”.
Solo che in fin dei
conti, sua madre non avrebbe mai fatto nulla che poteva nuocerle; di quel Piton
non poteva dire altrettanto.
«Sono venuto a sapere
del, come chiamarlo… incidente,
avvenuto nei giardini della scuola con il signor Malfoy. Ha qualcosa da dire?».
Clary inghiottì il
vuoto.
«Lui mi stava facendo
male… ».
Non era proprio una
bugia; Malfoy le stava stritolando il gomito.
«Questo non
giustifica il suo comportamento, Morgenstern».
Nel pronunciare il
suo cognome, a Clary parve che Piton sputasse veleno puro, tanto che lei rimase
raggelata.
«Pensi che non sappia
chi sono tuo padre e tuo fratello? Pensi che non sappia da quale brutale e
violenta famiglia tu vieni? Perché credi di essere stata smistata nella mia
Casa? Da Serpeverde sono usciti i peggiori maghi oscuri di tutti i tempi e tu
puoi andare in giro con quell’aria innocente finché vuoi, ma io non ci casco,
Morgenstern. Fa solo un altro passo falso e ti farò buttare fuori da qui! Non
credere che convincere il resto del corpo insegnanti sarà difficile, tu che sei
la figlia di un assassino traditore!».
Clary pensò che per
un momento il cuore le si fermasse. Va bene, quell’uomo non le aveva fatto una
buona impressione fin da subito, ma parlarle così era come… ricevere uno
schiaffo in pieno viso. Dovette ricacciare a forza indietro le lacrime, poi il
professore continuò: «Non so com’eri abituata a casa tua in America, se andavi
in giro ad uccidere qualunque cosa ti passava sotto mano e quella feccia che
voi chiamate Nascosti, ma… ».
«Oh, cielo, no! Così
potrei davvero sentirmi profondamente offeso!».
Una voce familiare
alle spalle di Clary interruppe la tetra litania di Piton, che rimase raggelato
sul posto, apparentemente inorridito da ciò che gli stava di fronte.
Clary si voltò di
scatto, sapendo già perfettamente chi si sarebbe ritrovata davanti: stivali di
un lucido verde scuro, pantaloni marroni in pelle e una maglietta così gialla
che dava fastidio agli occhi.
Capelli sempre a
punta e glitter ovunque.
«Magnus!», esclamò
Clary esterrefatta.
Cosa diavolo ci
faceva lui ad Hogwarts?!
E poi Clary sperava
che almeno lì avesse un certo contegno nel vestire; ma a quanto pareva, a
Magnus non importava granché. Quello era il suo stile e non sarebbe mai
cambiato.
«Sono Magnus Bane!»,
si presentò l’uomo al professore di Pozioni, che sembrava avesse perso l’uso
della parola.
«Sono spiacente, ma
temo di doverle portare via Clarissa, ora».
Così, senza aspettare
la risposta dell’altro, afferrò Clary per un braccio e la portò via dai
sotterranei.
«Zuccherino, si può
sapere che cos’hai combinato?», le chiese quando furono sufficientemente lontani
dall’ufficio di Piton.
Ma le parole
accusatorie del professore continuavano a rimbombarle nelle orecchie come una
sentenza di morte e le lacrime tornarono
a farsi sentire nei suoi occhi, appannandole la vista.
«Oh, per favore,
capisco che tu sia felice di vedermi, ma niente piagnistei cara, altrimenti me
ne torno da dove sono venuto».
«Già, a proposito di
questo… come mai sei qui?» gli chiese la ragazza con voce un po’ incrinata, ma
dandosi un contegno.
«Ma per il cibo
gratis, è ovvio!», esclamò con un sorriso abbagliante.
«Ah, già… di quello
ce n’è davvero molto», disse lei con un sorriso triste. «Seriamente, Magnus…
perché sei qui?».
«Per te, Clary».
«Per me?».
«Ci sono novità su
tua madre… cioè… non proprio novità, ma si è fatta avanti una sua vecchia amica
e mi ha detto che c’è un modo per svegliarla. Serve una pozione e gli
ingredienti li potrò trovare soltanto da queste parti, quindi… eccomi qui».
Clary non poteva
credere alle sue orecchie. Non le importava più delle parole cattive di Piton
di poco prima, ora riusciva a pensare solo a sua madre e di slancio abbracciò
Magnus, che parve colto alla sprovvista.
Proprio in quel
momento arrivarono Jace, Alec ed Isabelle, seguiti da Harry, Ron e Hermione.
Il trio di Hogwarts
fissò Magnus con tanto d’occhi; il Sommo Stregone di Brooklyn era probabilmente
la persona più egocentrica che esistesse sulla faccia della Terra.
Alec invece era
rimasto decisamente impietrito.
«Ciao, sexy!», salutò
allegramente Magnus, rivolgendosi proprio al maggiore dei Lightwood.
Clary rimase
esterrefatta per un momento, come d’altronde sembravano tutti gli altri, a
parte Isabelle, che se la rideva sotto i baffi.
“Sexy”? Che Magnus ed
Alec avessero una relazione?! D’altro canto… Clary sapeva per certo delle preferenze sessuali di Alec, ma non
sapeva che stesse con Magnus.
«Tranquilli ragazzi,
sono solo di passaggio, non mi fermerò per molto!», esclamò l’uomo come se
quella fosse la situazione più normale del mondo. «Infatti, ora devo andare a
parlare con il vostro preside, quindi… vi auguro una buona giornata!», e detto
questo si avviò con passo spedito in cima alle scale, dopo aver rivolto un
occhiolino ad Alec.
Clary si chiese se
sapesse effettivamente dove stesse andando o se, tra due ore, lo avrebbero
ancora ritrovato a vagare per i corridoi che si snodavano all’interno del
castello.
[…]
Harry rimase a
fissare quell’uomo mentre si allontanava. Lui di gente strana ne aveva
conosciuta nella sua vita, ma quel tipo, li superava di gran lunga tutti
quanti!
«Chi cavolo era
quello?», fu Ron a rompere il silenzio.
«Quello lì è Magnus
Bane: il Sommo Stregone di Brooklyn», spiegò Isabelle con noncuranza.
«Beh… è strano
forte».
Harry guardava la
Cacciatrice dai lunghi capelli neri, ma poi i suoi occhi si spostarono su
Clary.
«Oggi ti ho vista
lanciare in aria Malfoy».
La ragazza arrossì di
colpo.
«Sai, sei diventata
il mio idolo».
«Io… Piton mi ha dato
una bella strigliata, forse se non fosse arrivato Magnus, mi avrebbe espulsa»
«Sì, sarebbe tipico
da parte sua. Voi venite mandati qui per la vostra sicurezza e lui ti butta
fuori. Molto maturo».
«È anche vero che
quello che ho fatto non è stato molto corretto».
«E chi se ne importa?
Sei stata mitica!», riprese parola Ron.
Lei rise
sommessamente.
«Non avrei dovuto, ma
mi aveva fatto arrabbiare».
«Oh, Malfoy a
quest’innata capacità e direi che è l’unica cosa che gli viene molto bene».
«Ma noi non dovremmo
tipo… odiarci per contratto? Insomma… tutta la storia di Serpeverde e
Grifondoro… ».
«Io non odio nessuno
che mandi gambe all’aria Malfoy in quel modo», riprese Harry con un gran
sorriso.
A quel punto Clary
rise apertamente e, Harry notò, che Jace osservava la scena a braccia conserte
e con un sopracciglio inarcato.
Quel ragazzo era
strano. Era come se fosse costantemente teso per qualcosa e girava sempre attorno
a Clary.
Poi si ricordò delle
parole di Isabelle quella mattina a colazione: “Solo perché tu e la piccola Morgenstern avete avuto dei trascorsi,
questo non fa di lei una tua proprietà, mio caro”.
Allora Clary e Jace
stavano insieme? O insomma… lo erano stati?
Quegli Shadowhunters
lo incuriosivano sempre di più.
«Che lezioni ci sono
adesso?», sentì poi dire ad Hermione.
Ron guardò il suo
orario: «Storia della Magia con Corvonero e Trasfigurazione doppia con
Tassorosso».
«Voi invece? Avete
qualcuna delle vostre lezioni?», chiese la strega rivolta agli Shadowhunters.
«Rune», disse Alec
con scarso interesse.
Da quando quel Magnus
Bane se n’era andato, il ragazzo pareva essere tornato in quel suo stato di
noia misto a diffidenza nei confronti di tutti tranne che sua sorella e Jace.
«Anche noi abbiamo
una materia che si chiama Rune Antiche», proseguì Hermione.
«Allora infondo non
siamo poi così diversi; in fin dei conti… studiamo materie simili, voi avete i
maghi oscuri e noi abbiamo i demoni. Per combatterli voi avete gli Auror e noi
siamo Shadowhunters e poi… voi avete i doni della morte, mentre noi gli
strumenti mortali… », disse Clary.
«E tu come fai a
sapere dei doni?», chiese Harry, stupito.
«Già, Clary, come lo
sai?» gli occhi di Jace la scrutarono, inquisitori.
Lei parve in
imbarazzo e si mise a tormentare una ciocca di capelli, rigirandosela tra le
dita e infilandola dietro un orecchio.
«Luke mi ha dato un
libro, voleva che fossi preparata».
«Dev’essere un libro
molto particolare, è strano che sia sfuggito alla supervisione del Conclave; un
manufatto del genere dovrebbe stare nella biblioteca dell’Istituto», continuò
il biondo.
«Era nella biblioteca
di Valentine, d’accordo!? Nella tenuta dei Wayland, forse dovevi accorgerti tu della sua esistenza, dato che ci hai
vissuto per dieci anni!».
Quelle parole
uscirono con impeto dalla bocca di Clary, tanto che si portò una mano alla gola,
come se fosse improvvisamente sul punto di strozzarsi, e guardò Jace con aria
stranita, non credendo lei stessa alle parole che aveva appena pronunciato.
Il ragazzo, dal canto
suo, divenne di colpo rigido e perfino Alec ed Isabelle parevano guardinghi e a
disagio.
Clary non aspettò un
secondo di più e filò via lasciandosi il gruppo alle spalle.
Harry non capiva cosa
fosse successo; insomma… si comportavano tutti in modo così strano!
[…]
Clary era seduta sui
gradini di pietra che davano sul giardino, con indosso nient’altro che un paio
di jeans vecchi e una felpa. Seduta sullo scalino più in basso, continuava a
tormentare l’erba, strappando dal prato dei consistenti ciuffi verdi e
buttandoli all’aria.
Respirava a fondo e
si sentiva tremendamente in colpa. Aveva sbagliato a rivolgersi in quel modo a
Jace.
Dopo diversi minuti
di meditazione, sentì una voce chiamarla alle sue spalle. Si voltò, per
trovarsi davanti Harry.
«Ciao», disse in tono
mesto la ragazza.
«Ciao. Impressione
mia o tu e Jace non riuscite ad andare molto d’accordo?».
«Abbiamo alti e
bassi».
«E quel Valentine che
hai nominato prima c’entra qualcosa?».
«Valentine è il punto
della situazione. Lui è il nostro… nemico da combattere; è lui il Cacciatore
cattivo che ha costretto il Conclave a mandarci tutti qui. Pensano che questo
sia l’unico luogo sufficientemente sicuro. Ed è mio padre».
A quelle parole Harry
la guardò stupito.
«Che cosa?».
«Già. Lui mi odia, ma
ha cresciuto Jace per i primi dieci anni della sua vita, anche se poi ha
cercato di ucciderlo. Mio fratello, Jonathan, ha ucciso il fratellino minore di
Alec, Isabelle e Jace».
Clary non sapeva
perché stesse dicendo tutte quelle cose a Harry, ma quel ragazzo… in qualche
modo le ricordava Simon e Simon le mancava da morire. Aveva bisogno del suo
migliore amico, ma lui era troppo lontano.
«Mi dispiace», le
disse solo Harry.
«Beh, adesso è il
caso di andare in classe; non voglio arrivare in ritardo alla prima lezione di
Rune».
«Certo, anch’io devo
andare», e detto questo i due rientrarono nel castello.
[…]
Jace camminava a
passo spedito lungo i corridoi della scuola; non capiva come diavolo quella
ragazza riuscisse a farlo imbestialire tanto.
Isabelle aveva
provato ad inseguirlo, ma Alec l’aveva fermata. Il suo parabatai lo conosceva a
fondo e sapeva che in quel momento l’unica cosa di cui Jace aveva bisogno era
stare da solo.
Percorreva a grandi
passi i corridoi, passando davanti ad aule vuote dalle porte spalancate e altre
stanze chiuse a chiave. C’era così tanto da scoprire in quel castello! Ad un
certo punto udì delle voci provenire da una rampa di scale alle sue spalle,
così tornò indietro e, senza fare alcun rumore, si avvicinò.
Nascosto in
un’intercapedine tra la scala ed il muro, distinse chiaramente la voce di
Magnus Bane e un’altra, più anziana, che lo ricondusse al professor Silente.
Quando aveva sentito
il nome del preside per la prima volta, Jace aveva pensato che si sarebbe
trovato di fronte qualcuno di simile ad i Fratelli Silenti; non avrebbe potuto
sbagliarsi di più.
Ad ogni modo, riuscì
a cogliere un brandello di conversazione.
«Io capisco la sua
preoccupazione, signor preside, ma non c’è nulla che la mia magia possa fare
per localizzare una cosa talmente intrisa di potere e persa nei secoli. Senza
contare il fatto che la sua magnifica scuola non è un posto esattamente…
piccolo. Mi servirebbero mesi per setacciarla da cima a fondo e l’oggetto in
questione potrebbe trovarsi ovunque. Io ho detto alla ragazza che sono qui per
ritrovare gli ingredienti per la pozione che mi aiuterà a risvegliare sua
madre, ma non è così semplice mentirle. Clary è sveglia e se si accorgerà che
resto qui troppo a lungo, comincerà a farsi domande. A peggiorare le cose, e
questo è stato, lo confesso, un mio errore, è stato il fatto che ai ragazzi ho
detto che sarei ripartito nel giro di poco e quando noteranno che sono ancora
qui, beh… ».
Magnus lasciò in
sospeso la frase.
«Questo potrebbe
rappresentare un problema, signor Bane, ma le garantisco che metterò a
disposizione tutto il personale di cui dispongo per aiutarla nella ricerca. Quel…
gioco, deve essere ritrovato».
«Su questo non potrei
essere più d’accordo, professor Silente. Sono dell’opinione che certi giochi pericolosi non dovrebbero essere
presi tanto a cuor leggero e un posto come la sua scuola non è certo il posto
adatto per custodirlo, in mezzo a tanti ragazzi curiosi e, ahimè, terribilmente
inconsapevoli del pericolo che correrebbero affrontando una cosa simile».
A quel punto il
preside riprese parola e Jace avrebbe voluto stare ancora ad ascoltarli, ma un
rumore di passi lo avvertì che qualcuno si stava avvicinando, così, con la
solita grazia che lo contraddistingueva, scivolò via come un’ombra.
«Jace, sei sicuro di
aver sentito bene?», gli chiese Isabelle quella sera, mentre lei e i due
fratelli se ne stavano in disparte nelle sedie della sala comune di Grifondoro.
«Stai forse mettendo
in dubbio il mio udito da Cacciatore, Izzy?».
«Non sia mai, vostra
maestà il Re dei Fraintendimenti!».
«Ehi!», scattò Jace,
piccato.
Alec scosse la testa
tra il divertito e l’esasperato.
«Jace, penso che Iz
voglia dire che è estremamente
improbabile che Magnus e Silente si stessero riferendo ad un vero gioco».
«Ah, adesso prendi
pure le sue difese? Alla faccia del parabatai!» esclamò ferito.
«Ehi, Mr-Chioma-Fluente,
prima che essere tuo parabatai, lui è mio
fratello!».
«Zitta tu, Medusa! Dì
un po’, usi una runa per quei capelli? Dove li tieni nascosti i serpenti?».
«Non pensavo di
essere così conteso», intervenne Alec in tono conciliante, prima che sua
sorella potesse rispondere a tono, cosa che avrebbe fatto senz’ombra di dubbio.
Come sempre toccava a lui mediare tra i due fratelli.
Sia Isabelle che Jace
avevano degli animi che prendevano fuoco molto facilmente.
«Piuttosto… sbaglio o
oggi Magnus ti ha chiamato… “sexy”?».
Alle parole di Jace,
Alec rimase di sasso.
«Credo che dovremmo
parlare di quello che hai sentito oggi», disse senza affrettandosi a cambiare
argomento.
«E di cosa vuoi
parlare? Ma sì, forse sarà stato una specie di linguaggio in codice per non
farsi capire da eventuali orecchie indiscrete», continuò il biondo.
«Sì, tipo le tue».
Isabelle parlò sovrappensiero, girando la pagina di un libro intitolato “Storia
di Hogwarts”, che aveva preso in biblioteca quel pomeriggio.
Jace però sapeva che
era tutta scena; a Isabelle non piaceva leggere.
«Sarebbe uno strano
quadretto. Intendo… Magnus e Silente a fare una partita ad un qualche strambo
gioco da tavola magico. Tipo Risiko con i carri armati che si sparano davvero a
vicenda».
«Cosa diavolo è
Risiko?», chiese Isabelle quasi infastidita.
«Un gioco da tavola
dei mondani».
«E da quando tu sei
un appassionato?».
«Non è colpa mia,
questo è l’influsso negativo di quel Lewis».
«Simon? Ma lui non
era più un tipo da videogames?».
«Che differenza fa? Mi
immagino Silente con una specie di vestaglia da notte color porpora e Magnus
con uno dei suoi soliti completi imbarazzanti che cercano di distruggersi a
vicenda».
Alec si mosse a
disagio sulla sedia.
«Ma sì… se si tratta
di un gioco non sarà nulla di importante», sentenziò infine Isabelle.
NOTE:
Ed eccoci arrivati al
terzo capitolo! Allora… cosa ne pensate? Le cose cominciano a farsi un po’ più
complicate e nei prossimi capitoli vedremo come si svilupperà la trama.
Se passaste a
lasciare un commento per sapere cosa ne pensate mi farebbe piacere e per eventuali
dubbi/domande, potete scrivermi sia qui che su facebook; il mio nome è Clira
Efp!
Alla settimana
prossima!
|
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Capitolo 4 *** Tamburi ***
4
CAPITOLO
4: TAMBURI
Clary non riusciva a
dormire.
Si girava e rigirava
nel letto piuttosto nervosa, ma niente, il sonno non voleva saperne di arrivare.
Era trascorsa più di
una settimana dall’arrivo degli Shadowhunters ad Hogwarts e cominciava ad
ambientarsi e ad orientarsi all’interno della scuola.
Secondo lei però,
c’era qualcosa che non andava, negli ultimi giorni si sentiva sempre più
irrequieta, come se sentisse che qualcosa di enorme incombesse sulle loro
teste. Inoltre, le stavano succedendo delle cose strane. All’inizio non ci
aveva prestato molta attenzione, ma percepiva come se una parte di lei lottasse
per liberarsi e venire fuori. Era una sensazione che non aveva mai provato e
decisamente, non le piaceva.
Come se non bastasse,
era successo quel fatto durante la lezione di rune. Non ne aveva fatto parola
con nessuno, ma era come se, tutto d’un tratto, avesse sentito un’improvvisa
esplosione di potere generarsi dallo stilo e propagarsi lungo tutto il braccio,
spandendosi poi al resto del corpo.
Non era stata però
una cosa piacevole. Aveva sentito come se una forza sconosciuta guidasse la sua
mano e aveva iniziato a tracciare una serie di linee e curve, ma tutto ciò che
ne veniva fuori le era parso terribilmente sbagliato. Quella runa che stava
riproducendo le era apparsa per un momento nella mente e aveva subito iniziato
a disegnarla, anche se in quel momento la classe di Cacciatori stava lavorando
ad un semplice runa di protezione proveniente dal Libro Grigio, tanto che Jace
continuava a lamentarsi che gli sembrava tutto troppo facile.
Le era servito un
notevole sforzo per fermare la sua mano e, quando aveva staccato lo stilo dal
foglio, si era accorta che la pergamena, lì dove la punta dello strumento aveva
tracciato i suoi segni, era tutta bruciata e rovinata. Clary aveva cambiato
pergamena prima che l’insegnante potesse accorgersi della cosa.
Fece un profondo
respiro, e poi lo sentì: un rumore, come quello che avrebbe potuto fare un
tamburo, ma più… sinistro.
Si rizzò a sedere sul
letto con il cuore che le martellava nella gabbia toracica.
TUM!
Eccolo di nuovo,
adesso più forte.
Tum, tum, tum!
Sempre più veloce e
più forte, come se si stesse avvicinando.
Clary scattò in piedi
e scese nella sala comune, deserta alle tre del mattino.
Aveva il cuore in
gola e le mani fredde, ma ferme.
Il rumore si stava
indebolendo man mano che si avvicinava alla porta che dava verso il sotterraneo
buio, fuori dalla sala comune dei Serpeverde.
«Clary?», quella voce
alle sue spalle la fece sobbalzare.
«Oddio, Aline!»,
esclamò la rossa portandosi una mano al petto. «Mi hai fatto venire un
infarto!»
Aline Penhallow
sorrise. Era una Cacciatrice come lei e proveniente da una delle famiglie più
in vista di tutta Idris.
«Scusami. È solo… che
cosa ci fai qui sveglia a quest’ora?».
«Io… », stava per
dire la verità, stava per dire che aveva sentito degli strani rumori, ma
all’improvviso cambiò idea.
«Niente, non riuscivo
semplicemente a dormire».
«Già… dà i brividi
questo posto, eh?».
Clary annuì.
«Su, adesso è meglio
se torniamo a letto; domani ci sarà la prima lezione di addestramento, dobbiamo
essere in forma!».
«Hai ragione».
E detto questo, con
ancora quell’inquietante rumore che le rimbombava nelle orecchie, Clary scosse
la testa per allontanare i pensieri che continuavano ad affollarle la mente e
tornò nel suo dormitorio.
[…]
Quella mattina Jace
si svegliò con un fastidioso cerchio alla testa.
Church non era lì,
segno che doveva essere sgusciato fuori a fare un giro di ricognizione del
castello.
Alec stava ancora
dormendo nel letto accanto al suo; era così diverso a guardarlo mentre dormiva…
di solito aveva l’aria di uno che reggeva il peso del mondo sulle sue spalle ed
in effetti… il ragazzo era sempre costretto a mediare e a vigilare su di lui e
su Isabelle.
Dalla morte di Max,
poi, questo suo atteggiamento iperprotettivo era aumentato ancora di più.
Adesso invece poteva passare per un qualunque normalissimo ragazzo.
Ripensare a Max
provocò in Jace una dolorosa fitta allo stomaco e gli parve che la sua morte
appartenesse a secoli prima, ma che al contempo fosse ancora tremendamente
vicina.
Cercò di spostare i
suoi pensieri altrove e prese dal piccolo armadio che gli spettava, la sua
divisa da battaglia. Pensò che non era mai stato così tanto tempo senza averla
addosso, ma ad Hogwarts era permessa solo durante le ore di addestramento e
quindi oggi avrebbe dovuto metterla.
Sentire addosso i
resistenti indumenti di cuoio in un certo senso fu confortante per lui, lo fece
sentire a casa. E poi, la divisa ormai era diventata una specie di seconda
pelle, a proteggere il suo corpo.
Si stiracchiò in
piedi, fletté tranquillamente i muscoli allenati e aprì e chiuse le dita delle
mani, indossando i guanti di cuoio che
lasciavano scoperte le dita.
Era pronto per quella
giornata.
Siccome però, restava
pur sempre Jace, assestò un improvviso e potente calcio al letto del suo
parabatai, facendo quasi cadere il povero Alec dal letto; il quale scattò
subito in piedi.
«Jace! Che cosa
succede? I demoni ci stanno attaccando?», chiese il ragazzo, con gli occhi
ancora pieni di sonno. Poi parve rendersi conto della situazione. «Ehi, ma… si può sapere perché mi hai
svegliato così?».
«Mi annoiavo; stavi
dormendo un po’ troppo per i miei gusti… ».
Jace, pigramente
appoggiato con una spalla contro il baldacchino del letto, si prese un’occhiata
omicida dal fratello adottivo.
«Avresti anche potuto
farlo un po’ più delicatamente, anche
se in effetti la delicatezza non può far parte di Jace Lightwood».
«Così mi ferisci»,
disse il biondo portandosi una mano al cuore e sfoderando un’espressione
falsamente addolorata.
A quella scena, Alec
non poté fare a meno di sorridere, anche se disse, in tono perfettamente
udibile: «Sei proprio un idiota».
«Oh, grazie»,
continuò Jace con quel suo tono falsamente melodrammatico. «La prossima volta
dovrò svegliarti a suon di moine come farebbe Magnus».
Per un momento, Alec
divenne prima incredibilmente rosso, cosa che, sulla sua pelle chiara, si
notava veramente tanto, poi si irrigidì per un attimo.
«Mi cambio e arrivo;
tu comincia a scendere, razza di demonio che non sei altro, controlla se Izzy è
giù».
E detto questo, il
moro gli voltò le spalle ed estrasse dall’armadio la sua divisa.
Quando arrivò in sala
comune, Jace notò che Isabelle era in
piedi proprio al centro della stanza, le braccia incrociate al petto e un
cipiglio corrucciato.
Inoltre, si accorse
del fatto che praticamente tutti i maschi presenti nella stanza la stavano
fissando con aria piuttosto inebetita. E dopotutto come dargli torto? La
ragazza così bardata sembrava una terribile e bellissima dea della guerra.
Jace non poté fare a
meno di sorridere, vedendo la frusta di elettro della sorella adottiva,
attorcigliata come sempre intorno al suo braccio destro.
La ragazza se la
portava ovunque dal giorno in cui suo padre gliel’aveva regalata in occasione
dei suoi dodici anni.
«Cos’è quella faccia,
Iz? Continua così e diventerai una maschera di rughe… ».
«Dove cavolo è mio
fratello?», chiese lei non facendo caso al commento di Jace.
«Si veste e arriva».
«Per l’Angelo, e poi
quelle con i tempi lunghi saremmo noi donne?!».
«Perché ti agiti tanto?
Non è tardi… ».
«Che importa? A me
non piace aspettare!».
Jace sorrise;
Isabelle non sarebbe mai cambiata.
Quando Alec scese dal
dormitorio, la ragazza esclamò: «Sia ringraziato Raziel! Ora avanti, voi due
smidollati, muovetevi!».
«Si può sapere che
cos’ha?», sussurrò Alec al suo parabatai, in modo che Isabelle, che li
precedeva di qualche passo, non lo sentisse.
«Sai com’è fatta, è
una a cui non piace aspettare. E non escludo il fatto che possa essere in quel
periodo del mese».
A quelle ultime
parole, Isabelle si voltò e mandò un’occhiata di fuoco a Jace.
«Prego?».
«Niente Iz, ho solo
detto che sei bellissima a tutti i mesi».
Alec scosse la testa divertito, mentre la
diretta interessata cercò di restare seria, ma un piccolo sorriso le increspò
le labbra.
«Ti salvi sempre
all’ultimo, eh fratellino?».
E tra una battuta e
l’altra, il trio arrivò nella Sala Grande.
[…]
Quando Harry, Ron e
Hermione arrivarono nella Sala Grande per la colazione quella mattina, per un
momento rimasero bloccati sul portone d’ingresso.
Vedere tutti quegli
Shadowhunters nella loro tenuta da battaglia era impressionante, anche se erano
tutti molto giovani. Sembrava una mare d’inchiostro nero che si spandeva per
tutta la stanza.
«Miseriaccia… »,
disse Ron.
I tre ragazzi
trovarono posto, come sempre, di fronte ai tre Cacciatori di New York, intenti
a parlare con Ginny e Neville.
«Ciao, ragazzi», li
salutò quest’ultimo quando presero posto.
«Ciao. Allora… oggi
avete l’addestramento?», chiese Harry ad Alec.
«Già, la prima
lezione. Potrebbe essere qualcuno che conosciamo», gli rispose il moro.
«Può darsi; dopotutto
Amatis aveva detto che ci sarebbero stati altri Cacciatori».
«Chi è Amatis?»,
domandò Ron, curioso come sempre.
«Amatis Herondale, è
la Cacciatrice che insegna erboristeria», spiegò Jace.
«Herondale? Come te?
È tua madre?».
Per un momento, ai
ragazzi parve di vedere Jace irrigidirsi e Alec ed Isabelle mandargli sguardi +allarmati,
ma la cosa durò solo un momento, poi lui rispose.
«No. Lei è stata la
prima moglie di mio padre».
A Harry sembrò che da
sotto il tavolo, Hermione pestasse il piede a Ron, il quale si lasciò sfuggire
un fievole gemito di dolore.
«E voi? Che lezioni
avete oggi?», Isabelle cambiò argomento con disinvoltura.
«Un’ora di
Trasfigurazione con Corvonero, un’ora di Storia della Magia con Tassorosso,
un’ora libera e due ore di Difesa contro le Arti Oscure con Serpeverde»,
rispose subito Hermione.
Dopo il pasto, i due
gruppetti si separarono e, quando il trio di Hogwarts fu in prossimità
dell’aula di Trasfigurazione, Hermione si voltò a osservare Ron.
«Ma possibile che tu
abbia sempre così poco tatto?».
«Che intendi dire?»,
chiese il rosso, colto alla sprovvista.
«Intendo dire… ma
l’hai vista la faccia di Jace? Dovresti essere un po’ meno curioso, Ron».
«Oh beh, scusami
tanto, sai! Non credevo che chiedere fosse diventato un crimine!».
«Loro sono Shadowhunters! Rischiano di morire ogni
giorno e dall’espressione che ha fatto Jace quando gli hai chiesto se quella
donna fosse sua madre, beh… mi sa proprio che lei sì, che è morta!».
Solo in quel momento
il trio si accorse della presenza di Clary, pallida e col fiatone, a meno di
due metri di distanza da loro. La ragazza aveva un’espressione piuttosto
sofferente e stravolta.
«Scusate, io… non
volevo origliare… », disse lei in evidente imbarazzo e in un momento fu già
lontana.
«È incredibile quanto
riescano ad essere veloci quei ragazzi», prese parola Harry per la prima volta.
«Pensate che lo andrà
a dire a Jace? Dopotutto si conoscono… ».
«No, non credo. Clary
sembra una che se ne sta per i fatti suoi».
«Cosa che dovresti
imparare a fare anche tu, Ronald».
«Ma poi avete visto
che faccia che aveva?»
«Di chi stai
parlando, Harry?»
«Clary. Sembrava un
po’ sconvolta».
«Beh, non mi
sorprende; circondata da quella marmaglia di troll che stanno a Serpeverde».
«Ron!».
«Cosa c’è? Adesso dopo
il Crepa, farai anche il comitato a sostegno di Malfoy e della sua gang di
scagnozzi senza cervello?».
«Si chiamava
C.R.E.P.A.», scandì Hermione ai limiti della sua pazienza.
A quel punto però,
cominciarono ad arrivare anche gli altri studenti, così i tre lasciarono cadere
l’argomento ed entrarono in classe.
[…]
Clary scese di corsa
le scale che portavano al pianterreno e si imbatté in Harry, Ron ed Hermione;
sembrava che gli ultimi due stessero avendo un acceso dibattito.
«Loro sono Shadowhunters! Rischiano di morire ogni
giorno e dall’espressione che ha fatto Jace quando gli hai chiesto se quella
donna fosse sua madre, beh… mi sa proprio che lei sì, che è morta!», stava
dicendo Hermione in quel momento.
Per un attimo, quelle
parole fecero dimenticare a Clary ciò che era appena accaduto.
Quando i tre si
accorsero della sua presenza, la ragazza farfugliò delle scuse imbarazzate e
corse via, verso il portone d’ingresso; aveva bisogno di prendere aria.
Aveva di nuovo
sentito quel rumore, quei tamburi. Stava indossando la sua tenuta da battaglia
quando l’aveva udito e subito si era precipitata laddove la fonte del suono era
più forte.
Così, era uscita
dalla sala comune senza aspettare Aline e aveva salito di corsa quattro rampe
di scale fino ad arrivare al secondo piano e lì, era arrivata in un bagno. Non
aveva nulla di che rispetto a tutti gli altri del castello, solo che quello era
stranamente deserto e allagato.
In quella stanza, il
rumore di tamburi era diventato veramente forte, tanto che Clary si era messa
le mani a coprire le orecchie e poi, tutto ad un tratto, si era fermato.
C’era stato un solo
inquietante momento in cui la ragazza aveva pensato che qualcuno alle sue
spalle la stesse fissando, e, voltandosi di scatto, si era ritrovata faccia a faccia
con una ragazzina dal colore bianco perlaceo sospesa a mezzo metro da terra: un
fantasma.
Clary aveva lanciato
un urlo strozzato e aveva fatto un balzo indietro, andando a sbattere
dolorosamente il tallone sinistro contro
la struttura in marmo del lavandino, schizzando acqua dappertutto.
Dopodiché, era corsa
via al doppio della velocità con cui era arrivata e, una volta che fu giunta al
pianterreno, si era imbattuta in Harry, Hermione e Ron.
Ora, fuori nell’aria
fredda di inizio novembre, pensò più razionalmente a ciò che stava accadendo in
quei giorni e si chiese se non fosse il caso di dirlo a qualcuno; magari a Jace
o ai Lightwood, ma poi si disse che probabilmente Jace l’avrebbe presa in giro
fino alla morte ritenendola una paranoica, quindi accantonò l’idea.
Il suo tallone
pulsava ancora per il dolore della botta presa poco prima nel bagno, così,
decise di fermarsi un momento a disegnare un iratze; non poteva certo affrontare l’addestramento in quelle
condizioni.
Aveva ormai poggiato
la punta dello stilo sulla sua pelle, quando una mano pallida e dalle dita
affusolate avvolse il suo polso.
«Che ti è successo,
Clary?».
Splendido, era Jace.
«Sono scivolata in
bagno, ho sbattuto il tallone», disse piuttosto di malumore. Tra la notte
passata in bianco e poi ciò che era accaduto quella mattina, non si poteva
certo dire che la giornata fosse iniziata al meglio.
Jace sogghignò.
«Ti diverti a
prenderti gioco di me, Herondale?».
«Dovresti fare
attenzione a dove metti i piedi. E stai ferma con quello stilo, te la disegno
io la runa, sono più bravo».
Clary ritirò la mano,
piccata.
«Oh beh, accomodati
allora».
«Perché così
scontrosa di prima mattina?».
«Non sono affari tuoi».
«Ancora problemi a
dormire per i sotterranei? Se mi lasci entrare, potrei venire a tenerti
compagnia la notte».
Il sorriso sulle
labbra del ragazzo la diceva lunga.
«Ma la vuoi
piantare?».
Ora Jace rise
apertamente.
«Ok, così dovrebb+e
andare. Adesso muoviamoci, principessa, altrimenti arriveremo tardi
all’addestramento».
E infatti arrivarono
in ritardo.
Nell’aula, il loro
insegnante aveva già iniziato la spiegazione e quando li vide, lanciò loro uno
sguardo ammonitore.
Clary conosceva
quell’uomo, lo aveva già visto da qualche parte, ma non ricordava dove.
«Jace, chi è quel
Cacciatore?».
«È Kadir, un
importante membro del Consiglio; era il secondo di mia madre».
«Maryse?».
«Sì. È uno che fa sul
serio, non possiamo permetterci di fare troppi errori qui».
«Va bene».
Detto questo, la
lezione cominciò.
Kadir li mise a
coppie e per le prime tre ore, lavorarono sulla teoria di alcune basilari
tecniche di difesa; le rimanenti due ore, li fece esercitare tra di loro,
mentre lui passava a controllare per vedere a che livello fossero.
Clary se la cavava
piuttosto bene, gli allenamenti con Luke erano stati intensi, ma di certo non
poteva competere con la forza e la velocità di Jace.
Il ragazzo a un certo
punto la sollevò da terra e, con un movimento fluido, Clary si ritrovò sdraiata
sul tappetino con il Cacciatore sopra di lei.
«Devo ammetterlo,
nanerottola… sei meglio di quanto mi aspettassi, così sarà più divertente»,
quelle parole, soffiate a così poca distanza dal suo viso, le provocarono un
brivido lungo la schiena.
«Basta così ragazzi,
ci vediamo oggi pomeriggio, adesso andate a pranzo».
[…]
Dopo l’allenamento,
Jace tornò nel suo dormitorio per fare una doccia prima di andare in Sala
Grande per il pranzo, così come Alec.
Doveva ammetterlo a
sé stesso: si era divertito con Clarissa Morgenstern e poi era decisamente
migliorata da quando si erano visti per l’ultima volta, prima di ritrovarsi ad
Hogwarts.
Il suo parabatai si
accorse del suo sorrisetto, così chiese: «Come mai quell’espressione, Jace?».
«L’hai vista Clary? È
stata brava per essere una che ha iniziato ad allenarsi pochi mesi fa».
«Se lo dici tu… », ma
anche sul viso di Alec cominciava a spuntare l’ombra di un sorriso.
«Che c’è?».
«Oh, niente, Jace,
solo che… ti ho visto piuttosto preso
con Clary».
Il fratello gli diede
uno spintone.
«Ma smettila».
Peccato che il suo
tono fosse assolutamente divertito.
A pranzo, i ragazzi
parlarono ancora con i maghi riguardo a quella mattinata e gli studenti di
Hogwarts vollero saperne di più riguardo ai loro allenamenti.
«Oggi pomeriggio
abbiamo un’altra ora buca; dite che potremmo assistere per un po’ alla vostra
lezione?», chiese Hermione interessata.
«Sì, insomma… noi
possiamo assistere alle vostre, quindi immagino che valga anche per voi se
siete liberi», rispose Isabelle, rigirandosi tra le dita una forchetta sulla
quale stava infilzato un pezzo di carne.
«Bene! Allora ci
rivediamo questo pomeriggio!», esclamò allegra la ragazza.
Quando finirono di
pranzare, i Cacciatori ebbero un’ora libera prima di tornare ad allenarsi e
Jace decise di andare a fare una passeggiata per il castello, ancora c’erano molti
posti che doveva vedere e un giro in più non poteva certo fargli male.
Così, insieme ai suoi
due fratelli, si avviò lungo i corridoi della scuola.
«Secondo voi quanto
tempo ci hanno messo prima di costruirlo tutto?», chiese Isabelle.
«Beh, hanno la magia,
immagino prima di quanto farebbero un gruppo di operai mondani».
«Sempre geniale tu,
eh Jace?».
Lui le rivolse un
sorriso d’angelo e riprese a camminare.
Ad un certo punto,
mentre percorrevano il corridoio del secondo piano, sentirono uno strano rumore,
una sorta di basso tamburo.
«Che cosa è stato?»,
fece Alec.
«Non lo so, ma non mi
piace. State attenti», continuò Jace.
Un altro colpo.
«Proveniva da là».
Isabelle si mise in
testa al gruppo, la frusta, prima attorcigliata intorno al suo braccio, adesso
stretta saldamente in mano.
Si muovevano con
movimenti fluidi, come un’unica entità, ora dei veri letali Cacciatori.
«Sembra che il rumore
provenga da questa stanza… ».
«È un bagno
femminile».
«Ok, entro io, voi
state qui».
«Non se ne parla»; il
tono di Alec era deciso.
«Vado io per prima,
se dentro non c’è nessuno vi faccio entrare, ma se c’è qualche ragazza è il
caso che stiate qui».
«D’accordo Iz, ma sta
attenta».
«Lo sono sempre».
Detto questo, la
ragazza sparì oltre la porta.
Sentirono un’altra
volta quel rumore, poi udirono la voce della ragazza dire: «Va bene, è libero,
potete entrare».
Jace si fece avanti e
Alec chiuse coda, poi si sparpagliarono all’interno della stanza, ma non
vennero altri suoni.
«Eppure proveniva da
qui, ne sono certa».
Ad un tratto la porta
si spalancò e…
«Clary, che cosa ci
fai qui?».
«Lo stai chiedendo tu
a me, Jace? Questo è un bagno per ragazze!
Cosa diamine ci fate qui tu ed Alec?».
«Abbiamo sentito dei
rumori strani. Come tamburi», le spiegò Isabelle.
«Tamburi? Li avete sentiti
anche voi?».
Ora Jace la fissava
palesemente stupito.
«Cosa vuol dire anche voi? Tu li hai sentiti?».
«Sì, e non è la prima
volta. Anche stanotte e… stamattina».
Le sue parole
sembravano aver attirato l’attenzione di Alec ed Isabelle.
«E stamattina anch’io
sono arrivata qui. Il bagno era allagato, ma quando sono entrata, dopo qualche
secondo, il rumore è sparito».
«Più o meno la stessa
cosa che è successa a noi adesso e la cosa comincia a piacermi sempre meno. Perché
non ce lo hai detto prima, Clary?».
«Che cosa avrei
dovuto dirti? Che sentivo dei tamburi la notte? Già ti avevo detto che ero
terrorizzata dai sotterranei», rispose la rossa sulla difensiva. «Magari è
soltanto un’altra stranezza della scuola», aggiunse, per cercare di sviare il
discorso.
Jace ci rifletté un
momento, poi scosse la testa.
«No, non credo, è
qualcos’altro, qualcosa di più grande».
«Jace, secondo te…
secondo te potrebbe avere a che fare con ciò di cui hai sentito discutere
Magnus e Silente?», chiese Alec.
«Aspettate, sono
rimasta indietro».
Così, Jace, Alec ed
Isabelle le spiegarono brevemente dello scorcio di conversazione che il ragazzo
aveva origliato tra il preside e il Sommo stregone di Brooklyn.
«Un gioco? Che razza di gioco potrebbe
essere tanto pericoloso?».
«Non lo so, ma
intendo scoprirlo», proseguì il ragazzo.
«Va bene, ma ora è il
caso di tornare a lezione, se voi due arrivate in ritardo anche stavolta, Kadir
potrebbe farvi fuori», intervenne Izzy.
«D’accordo. Allora
su, andiamo, parleremo stasera del resto».
Detto questo, il
quartetto riprese la via per l’aula degli allenamenti.
[…]
Vedere gli
Shadowhunters nel loro ambiente quel pomeriggio, per Harry e gli altri fu una
vera novità.
Era incredibile come
quei ragazzi riuscissero a muoversi con una tale rapidità, ma al contempo con
una tale forza.
Persino Clary, con la
sua corporatura minuta, avrebbe potuto essere davvero pericolosa in un
combattimento corpo a corpo.
Ron rimase
profondamente colpito ed Hermione emetteva dei lievi versi striduli ogni volta
che uno degli Shadowhunters finiva a terra, nonostante si stessero
semplicemente allenando.
A cena, i maghi che
avevano assistito agli addestramenti, erano tutti elettrizzati.
«Wow, siete stati
davvero straordinari oggi!».
«Facciamo questo da
molto tempo, ormai», rispose Isabelle con un sorriso.
«E voi insomma… non
vi spaventa?».
«La consapevolezza
che quando un nostro familiare esce dalla porta di casa potremmo non rivederlo
mai più? Certo che ci spaventa, ma fa parte della nostra educazione, diciamo. È
una cosa che abbiamo dentro e che... beh, sappiamo che non sarebbe poi così
impossibile».
«Ma è orribile vivere
in questo modo!», esclamò Ginny.
«Siamo Shadowhunters.
Fa parte di noi».
La cena si spostò su
argomenti un po’ più leggeri e infine, i ragazzi tornarono nelle proprie sale
comuni, tranne i quattro Shadowhunters che, senza farsi scorgere da nessuno, si
staccarono dal gruppo.
[…]
Come prestabilito
dopo l’addestramento, Clary, Jace e i Lightwood, si ritrovarono nella Guferia.
«A qualcuno è venuta
qualche idea geniale in queste ore?», chiese Jace.
«A parte rapire
Magnus e farlo parlare? No, anche perché immagino che potrebbe trasfigurarci
tutti in delle formiche, se volesse», rispose Clary.
«Magari non rapirlo,
ma… seguirlo?».
«Jace sei impazzito?
Lui è Magnus Bane!».
«E io sono Jace
Lightwood e tu Isabelle, è questo il nuovo gioco?».
La mora sbuffò.
«Basta parlare di
giochi vi prego, mi scoppierà la testa», intervenne Clary.
«Io propongo di far
finta di niente e aspettare per un paio di giorni. Stiamo a vedere cosa succede
e poi decideremo il da farsi. Studiamo la situazione per adesso, quando ci capiremo un po’ di più
in tutta questa storia, capiremo come agire», le parole erano provenute da Alec.
«D’accordo. Allora
aspetteremo, ma ora è meglio tornare nelle sale comuni prima che qualcuno si
accorga che non ci siamo».
E così fecero.
Clary sperò soltanto
che non la attendesse una notte come la precedente, ma, per sua sfortuna, non
appena si mise a letto e chiuse gli occhi, i tamburi ricominciarono.
NOTE:
Salve a tutti!
Scusate, ma stasera sono no di fretta, di più! Perdonate gli eventuali errori
ortografici ma devo proprio scappare, un bacio a tutti e fatemi sapere cosa ne
pensate!
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Capitolo 5 *** Gite notturne e profezie ***
5
CAPITOLO
5: GITE NOTTURNE E PROFEZIE
Clary si tirò su a
sedere sul letto, di nuovo, preda di una crisi di nervi. Ci mancava davvero
poco che si mettesse a sbuffare dalle narici stile toro impazzito; non poteva
credere a tutto quello che stava succedendo.
Avrebbe voluto
prendere in mano delle matite da disegno e mettersi a dare vita alla confusione
che affollava la sua mete. Così era davvero troppo e le venne da chiedersi se
anche Jace, Isabelle ed Alec stessero sentendo a loro volta i tamburi.
Si portò le mani alle
tempie, massaggiandole con le dita ad occhi chiusi.
Se avesse trascorso
così un’altra settimana, sarebbe impazzita del tutto.
Scrivere a Luke e
raccontargli che cosa stava succedendo? Era un possibilità.
Ok, forse no, se lo
avesse saputo, c’era una buona probabilità che si potesse precipitare a scuola
seduta stante e portarla via. No. Doveva aspettare; aspettare e vedere, proprio
come aveva detto Alec.
Dio, moriva di sonno
e non riusciva a dormire a causa di quei maledetti tamburi.
Infilò un paio di
pantaloni di una tuta e una felpa pesante. Dannazione, si sentiva il cervello a
pezzi.
Scese nella sala
comune, come al solito la temperatura di quella stanza era pari a quella di
un’era glaciale, ma si buttò a peso morto sul divano davanti al caminetto,
andando a finire dolorosamente contro qualcosa di duro che, per di più,
strillò, e lei fece altrettanto.
«Per la barba di
Merlino!».
«Per l’Angelo!».
Le due esclamazioni
si fusero insieme.
«Morgenstern!».
«Malfoy?! Che cavolo
ci fai qui?».
«Potrei farti la
stessa domanda».
«I vostri dormitori
fanno schifo, è questo il mio problema», rispose burbera lei.
La risposta del
ragazzo fu un grugnito svogliato.
Clary notò che teneva
tra le mani un grosso volume di Pozioni. Lo prese dalle mani di Malfoy e
cominciò a sfogliarlo. Non si sarebbe mai aspettata di trovarvi appunti su
appunti scritti in una grafia decisamente leggibile per appartenere ad un
ragazzo.
Quella di Simon era
pessima, quasi indecifrabile, mentre Luke… beh, lasciamo perdere. Faceva
eccezione Jace, che era perfetto in un modo decisamente irritante.
Girando le pagine,
lesse di complicate pozioni per ottenere gli effetti più controversi e strani
che si potessero desiderare.
Clary abbassò lo
sguardo su Malfoy, ancora sdraiato sul divano, e inarcò un sopracciglio, cosa
che, con sua somma gioia, aveva imparato a fare da poco. Prima aveva invidiato
moltissimo Magnus, Jace ed Isabelle, che ci riuscivano alla perfezione senza
tanti sforzi e senza smorfie orribili come quelle che le erano spuntate sul
viso ogni volta che aveva provato a farlo.
«Che c’è,
Morgenstern?».
«Magia nera?
Davvero?».
«Come diavolo fai a…
?».
«Ho visto i libri di
testo durante quella prima e beh… inquietante lezione con Piton e non era questo. Questi incantesimi sono
piuttosto… equivoci».
Il biondo sbuffò.
«Dio, adesso parli
come la Granger. Mi chiedo se il cappello parlante non abbia fatto male a
smistarti nella nostra casa».
«Francamente Malfoy,
la cosa non mi tocca in modo particolare. Non appena sarà sistemata la
situazione a casa mia, ci voglio tornare il più in fretta possibile».
Lui sbuffò.
«E adesso che diavolo
c’è?», chiese Clary irritata.
«Voi donne siete
insopportabili».
«E voi uomini siete
presuntuosi».
«Tu poi sei… ».
«Malfoy… piantala.
Potrei metterti a tappeto prima ancora che tu possa tirare fuori la bacchetta».
«E… di preciso,
Morgenstern… quale delle due?».
Clary all’inizio non
capì a cosa si stesse riferendo, poi le arrivò l’illuminazione e fulminò il
ragazzo con uno sguardo che poteva promettere solo una cosa: morte.
«Io me ne vado a
letto», scandì lentamente.
Sentì Malfoy
sghignazzare alle sue spalle, ma non si voltò. Salì le scale e tornò nel suo
dormitorio.
[…]
Jace era rimasto
sveglio tutta la notte. Alec come al solito aveva dormito beato, ma lui non era
riuscito a chiudere occhio. Pensava continuamente a quei tamburi, chiedendosi
cosa potessero significare e perché li avevano condotti in quel bagno.
Maledizione.
Era tutto
completamente insensato.
Sbuffò, rigirandosi
nel letto.
Niente. Non gli
veniva in mente assolutamente nulla.
Non aveva mai
studiato o letto niente in proposito a qualcosa di simile, ma poi… lui non
sapeva nemmeno di cosa si trattasse!
Parlare con Magnus
era fuori discussione, non si sarebbe fatto cavare una sola parola da quella
bocca che invece si sarebbe fatta cavare molto volentieri altro, dalla bocca di
Alec.
Scosse la testa
allontanando quel pensiero e si mise a sedere sul letto, le gambe fuori,
buttate da una parte, il petto nudo e le braccia ricoperte dai marchi
permanenti.
Infilò una maglietta
nera con le maniche lunghe, fuori stava appena albeggiando e lui non aveva idea
di come sarebbero andate le cose, adesso.
Se all’inizio non
aveva dato peso alle parole di Magnus e Silente, ora stava seriamente
cominciando a ricredersi e poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordò di
quella prima mattina di lezione.
In quella torre, la
professoressa di Divinazione che aveva previsto che a lui e a Clary sarebbe
successo qualcosa, che erano in pericolo.
Lui, Jace Lightwood,
non credeva a quelle cose, ma cominciò a credersi. Come aveva detto anche
Clary; Silente non era un ciarlatano qualunque, se aveva assunto proprio quella
donna, un motivo doveva pur esserci.
Inspirò a fondo e
tirò fuori l’orario di quel giorno: tre ore di erboristeria con Amatis e poi
una di rune, prima di pranzo.
Tra le due materie
c’era un’ora buca e l’avrebbe usata per andare a parlare con quella Cooman.
Infilò il solito paio
di stivali in cuoio nero e scese in sala comune, arrampicandosi poi sulla scala
a pioli che portava al buco del ritratto e uscendo davanti alla Signora Grassa.
Percorse la strada il
più silenziosamente possibile, fino ad arrivare al bagno delle ragazze in cui
era finito il pomeriggio precedente con Alec, Isabelle e Clary.
Sfortunatamente,
trovò il singhiozzante fantasma di una ragazzina seduta sul termosifone a
piangere disperatamente e, non appena Jace entrò e lei lo vide, cominciò a
strillare come una forsennata, tanto che il ragazzo credette che avrebbe
svegliato tutto il castello e se la diede a gambe.
Come se non bastasse,
svoltato un corridoio, trovò l’orrenda gatta di Gazza, che aveva scoperto che
si chiamava Mrs. Purr (che razza di nome era, per altro?).
Saltò oltre l’animale
con agilità e corse ancor più in fretta, consapevole del fatto che quel dannato
custode sarebbe arrivato subito dopo la sua gatta e, in men che non si dica, fu
di nuovo nella sala comune di Grifondoro.
Per l’Angelo, era una
gabbia di matti quel posto. Come diavolo faceva un fantasma a piangere poi? Di
cosa erano fatti?
Jace dubitava
seriamente che avesse un qualche tipo di liquido in corpo, o magari stava solo
singhiozzando, ad ogni modo preferì non porsi altre domande.
Sapeva che, anche se
fosse tornato a letto, non sarebbe comunque riuscito a dormire, quindi preferì
restare seduto lì nel salotto davanti al camino e cercare di mettere insieme
tutti gli indizi che avevano raccolto fino a quel momento, anche se in realtà
pareva solo essere un’accozzaglia di informazioni che tra di loro non avevano
alcun filo conduttore.
La testa cominciò a
fargli male. Dannazione, tutta quella storia era frustrante.
Quando fece giorno, i
primi studenti scesero dai loro dormitori, riversandosi nella sala comune, lui
aspettò Izzy ed Alec e poi, insieme, si avviarono verso la Sala Grande.
Durante il tragitto,
Jace raccontò ai due di quella notte.
«Sei un vero
imbecille, Jace», decretò Isabelle dopo averlo squadrato dall’alto della sua
statura.
Lui le lanciò un’occhiata
omicida.
«Grazie, sorellina».
«Forse Iz avrà
utilizzato le parole sbagliate… », intervenne Alec.
«Come al solito… »,
borbottò il suo parabatai, interrompendolo.
« … ma devi ammettere
che quello che hai fatto non è stato poi così geniale».
«Ma piantala».
«Jace», lo riprese il
moro.
Lui sfoderò uno dei
soliti sorrisi che tirava fuori per svignarsela da un guaio in cui si era
appena cacciato.
«Senti biondino, sta
zitto e muovi il tuo scultoreo culo, ho fame», riprese parola Isabelle, con
fare alquanto scocciato.
Sul viso di Jace, ora
il sorriso era compiaciuto, mentre l’espressione di Alec esasperata. Non sapeva
proprio come lui ed Isabelle potessero essere fratelli e non riusciva a capire
come ancora lei e Jace fossero vivi entrambi.
In Sala Grande, si
sedettero ai soliti posti e, guardando verso la tavolata dei Serpeverde,
notarono che Clary era nuovamente seduta al fianco di Malfoy, anche se aveva un’espressione
piuttosto spiritata.
“Non ha dormito
neanche stanotte”, pensò Jace guardandola.
La ragazza, come se
avesse sentito che la stava fissando, levò lo sguardo e i loro occhi si
incrociarono.
Ok, aveva due
occhiaie spaventose, i capelli arruffati e la pelle di un pallore spettrale.
Il biondo finì di
masticare, mandò giù quello che aveva in bocca, e si avviò in direzione della
ragazza.
Da quando erano
arrivati ad Hogwarts, Jace non ci aveva fatto caso, ma ora notò che molte teste
femminili si voltarono a guardarlo mentre attraversava la sala.
Arrivò ad un lato di
Clary e richiamò la sua attenzione.
«Cosa c’è, Jace?».
«Ti posso parlare?».
La ragazza annuì e si
alzò dal tavolo, seguita da molti sguardi incuriositi.
I due Shadowhunters
camminarono fuori dalla Sala Grande e cominciarono ad avviarsi nel parco, verso
la serre in cui Amatis teneva le sue lezioni.
«Che cosa c’è,
allora?», chiese lei stringendosi le braccia al petto per tenersi al caldo.
“Come ha potuto non
portarsi una giacca, sapendo che bisogna attraversare il parco per arrivare
alla serra?”, pensò Jace.
Si sfilò allora il
suo giubbotto di pelle nera e lo posò sulle spalle della ragazza che lo guardò
e lo ringraziò.
Jace sorrise.
«Allora mi dici che
succede?».
«Perché non me lo
dici tu, Clary?».
«Che vuoi dire?».
«Che… beh, sembri
stare sempre peggio ogni giorno che passa».
Lei si aprì in un
mezzo sorriso.
«Non riesco a
dormire. Mai».
«Sono davvero i
tamburi a farti questo effetto?».
«I tamburi. Mia
madre. Valentine. Sebastian. È dura».
Lui annuì.
«Non puoi parlare con
qualche insegnante? O magari con l’infermiera della scuola, potrebbe avere
qualcosa da darti per aiutarti a dormire… ».
Clary scosse la
testa.
«No, non voglio
niente».
«Com’è che sei sempre
così testarda?».
La ragazza fece
spallucce, con fare divertito e Jace sorrise, un po’ esasperato.
«Su, la lezione
comincia tra poco».
[…]
Harry, Ron e Hermione
si avviarono verso l’aula di Pozioni, li attendevano due lunghe ore nella piacevole compagnia di Piton.
«Caspita Ron, che
faccia da funerale che hai stamattina».
«Due ore con Piton e
i Serpeverde, due ore di Storia della Magia e un’ora di Erbologia sempre con
Serpeverde. Ti stai davvero chiedendo perché ho una faccia da funerale,
Hermione?».
Stavolta, Harry non
poteva dare torto al suo amico; quella sarebbe stata una mattinata davvero
pesante.
Fin da subito
infatti, Piton cercò di rendergli la vita impossibile, facendo delle domande
impossibili e togliendo punti alla casa di Grifondoro. Come se non bastasse,
Malfoy fu spocchioso come sempre.
Il professore di
Pozioni, fece preparare loro un complicato intruglio che solo Hermione riuscì a
preparare alla perfezione.
Uscirono dai
sotterranei che dire sfiniti era probabilmente un eufemismo e Ron aveva assunto
un colorito pressoché cadaverico.
Con Rϋf non andò
tanto meglio: il professore di Storia della Magia fu mortalmente noioso e,
nonostante la lezione fosse in comune con Tassorosso, Harry dovette fare un
notevole sforzo pur di non addormentarsi.
Tirò fuori il tema a
metà di Trasfigurazione che la McGranitt gli aveva assegnato per il giorno
dopo, quando anche quello per lui fu troppo, tornò con la mente al giorno
prima; agli allenamenti degli Shadowhunters. Quella sì che era stata una cosa
interessante da vedere.
Sperò solo che
avrebbero potuto assistere a qualcun’altra di quelle lezioni.
[…]
Jace era arrivato
sulla torre in cui una sola volta era stato, quel primo giorno di scuola e tra
l’altro, posto da cui era scappato di gran carriera. Tornarci per chiedere a
quella donna strana delucidazioni su ciò che gli aveva detto riguardo all’imminente
pericolo che lui e Clary correvano, era fonte di irritazione per lui.
Ad ogni modo, doveva
farlo.
Salì la scala a pioli
e si ritrovò nel familiare spazio circolare, come sempre impestato dall’odore
fastidioso degli incensi.
La professoressa Cooman,
venne fuori dal suo ufficio come se avesse sentito la presenza del ragazzo.
«Cosa ti porta qui,
mio caro ragazzo?», chiese lei sempre accompagnata da quel tintinnio dovuto ai
vari braccialetti e cantenelle che portava sempre addosso, addobbata come un
albero di Natale.
«Volevo… parlarle»,
cominciò lui.
Per l’Angelo, stava
davvero chiedendo a quella ciarlatana di aiutarlo?
«Dimmi, caro».
«La prima lezione,
lei mi disse che io e la mia… amica, Clarissa Morgenstern, eravamo in pericolo.
Vorrei saperne di più».
La donna si rabbuiò e
Jace non seppe dire se fosse perché era preoccupata e in qualche modo la cosa
la turbasse, oppure perché si era ricordata di come lui l’aveva trattata quel
giorno. Sperò più che altro nella prima opzione, ma ne dubitava.
«Dammi la tua mano
ragazzo».
Lui si trattenne a
stento dall’alzare gli occhi al cielo, ma si costrinse a restare serio.
Impassibile, più che altro.
La professoressa
Cooman gli prese con forza la mano e si concentrò, o almeno parve farlo e
quando parlò, la sua voce era diversa, alterata… sinistra.
«Il pericolo arriverà…
stanotte».
Poi tutto cadde nel
silenzio.
NOTE:
Ciao a tutti!
Perdonatemi, il capitolo è più corto e sto pubblicando abbastanza tardi, ma l’ho
scritto oggi in pratica e… questo è ciò che ne è uscito.
Spero che vi sia
piaciuto ugualmente e nel prossimo capitolo mi farò perdonare… credo! XP
Ad ogni modo, ora vi
saluto perché il mio letto mi reclama e l’influenza mi sta spaccando la testa…
Alla prossima, un
abbraccio a tutti e spero che lascerete qualche recensione.
Buonanotte!
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Capitolo 6 *** Viaggio Mortale ***
6
CAPITOLO
6: VIAGGIO MORTALE
A Jace non era
piaciuto ciò che era appena accaduto nella torre di Divinazione, e la
professoressa Cooman, quando si era “risvegliata” da quell’anomalo stato di
trance, non ricordava nulla di quello che aveva detto solo pochi istanti prima,
come se non fosse stata lei a pronunciare quelle parole.
Non appena Jace aveva
provato a chiederle spiegazioni, si era subito alterata negando tutto e lo
aveva sbattuto fuori.
Avrebbe dovuto
parlarne con Alec, Isabelle e Clary e subito.
Trovò i primi due a
discutere mentre attraversavano la Sala d’Ingresso e, insieme, andarono a
cercare Clary.
«Jace, si può sapere
cosa succede? Hai proprio una brutta faccia», fece Isabelle.
Lui la fulminò con
un’occhiataccia, ma non rispose.
«Dove diavolo si è
cacciata quella ragazza?».
Isabelle ed Alec,
alle sue spalle, si scambiarono uno sguardo di traverso, come se il fratello
fosse improvvisamente impazzito.
«Eccola lì», disse
Izzy ad un tratto, indicando un punto sopra di loro.
«Clary!», chiamò
subito Jace cominciando a correre nella sua direzione.
La ragazza ebbe un
sussulto e si voltò, vedendo arrivare i tre di gran carriera.
«Che succede?»,
chiese notando le loro espressioni.
«Non lo sappiamo,
Jace fa il misterioso, ma è ora di avviarsi verso l’aula di rune, altrimenti
arriveremo in ritardo e non è il caso, a meno che voi due non vogliate farvi un
fama come “gli Shadowhunters che bidonano le lezioni”», rispose Isabelle
rimirando con attenzione le unghie perfette della sua mano sinistra.
Jace emise una sorta
di ringhio dal fondo della gola, guadagnandosi una strana occhiata da Clary.
«Allora ne parleremo
dopo pranzo, ma la cosa non può aspettare oltre».
Gli altri tre
annuirono, poi si avviarono tutti insieme verso l’aula di rune.
Quella lezione, a
Jace parve infinita; continuava a muoversi nervosamente sulla sedia, disegnando
con precisione ed estrema facilità tutte le rune che il professore spiegava.
Non gli andava
proprio di stare lì a perdere tempo per imparare qualcosa che già sapeva
benissimo fare da solo, ma non poteva semplicemente alzarsi, rapire Clary, Alec
ed Isabelle dalla classe e portarseli via sotto braccio come se fossero dei
pacchi postali.
Si accorse con
sorpresa di stare stringendo lo stilo così forte da fargli sbiancare le nocche
e rendere ancor più lucide le sue sottili cicatrici di Shadowhunter.
Mollò un po’ la presa
sullo strumento e si rilassò contro lo schienale della sedia.
Clary, dietro di lui,
diede un colpetto di tosse, che lo fece voltare.
«Vuoi piantarla di
muoverti come se fossi in preda alle convulsioni? Che cavolo ti succede? Stai
facendo venire il nervoso anche a me!».
Lui le rivolse un
mezzo sorriso sarcastico.
«E da quando ti
preoccupi per me?».
«Non mi preoccupo per
te, mi preoccupo per… ».
«Sì?».
«La mia lucidità
mentale. Sta’ fermo, altrimenti sì, che ti disegno addosso una bella runa di
immobilizzazione».
Jace scosse la testa,
voltandosi e rivolgendo nuovamente l’attenzione al foglio che gli stava
davanti.
[…]
Per tutta la lezione
di rune, Clary non fece altro che fissare la schiena e le spalle larghe di
Jace, che continuava a muoversi come se fosse appena stato punto da un insetto
particolarmente velenoso, cosa che, per altro, non era decisamente da lui, che di
solito manteneva il controllo in ogni situazione.
Quando l’ora
trascorse, lo vide saettare in piedi ad una tale velocità che quasi non se ne
accorse. Un attimo prima era seduto davanti a lei ed il momento dopo in piedi
al suo fianco.
«Andiamo», disse
solo.
Lo seguì senza fare
domande, sapeva che sarebbe stato inutile e così fecero anche Izzy e Alec.
«Oggi non pranzeremo,
vero?» gli chiese ad un tratto Isabelle, spazientita dall’atteggiamento
scostante di suo fratello.
«No. Il pranzo è il
momento più adatto per parlarne; non c’è gente in giro che si mette ad
origliare».
Clary sospirò, con lo
stomaco che brontolava e gli rimase dietro, seguendolo lungo svariate rampe di
scale.
Non sapeva dove Jace
li stesse conducendo, ma, ad un certo punto, arrivarono in una stanza grande e
circolare, sporca per terra e quando guardò in alto ne capì il motivo:
centinaia di gufi se ne stavano appollaiati sulle travi del soffitto, senza
fare troppo caso ai nuovi venuti.
«Jace, dove diavolo
mi hai portata?!», chiese Isabelle, piuttosto inorridita da quel luogo.
«Siamo sulla torre
ovest, nella Guferia. Difficile che qualcuno venga a cercarci qui a quest’ora».
«Beh, almeno adesso
parla, è tutta la mattina che sei strano».
E così, il ragazzo
raccontò cos’era accaduto con la professoressa Cooman solo poche ore prima.
«E tu ci credi?»,
chiese Isabelle inarcando elegantemente un sopracciglio.
Inutile, per quanto
Clary si fosse sforzata, non avrebbe mai potuto farlo bene come Izzy.
«Vorrei ignorarla, tu
mi conosci e sai che in genere non mi faccio impressionare troppo da queste
cose, ma sento che c’è qualcosa di sbagliato, che non torna», disse il ragazzo,
a braccia incrociate, le anche poggiate contro il muro e il torace leggermente
piegato in avanti.
Alec sospirò
pesantemente.
«Non ha accennato a
quale possa essere questo fantomatico pericolo?».
«Niente di niente,
non una parola».
«Pensi che Valentine
e Sebastian potrebbero… sì, insomma… essere qui vicino?», prese parola Clary.
«Loro qui? No, lo escludo. Ma non riesco
nemmeno ad immaginare cosa potrebbe essere, a questo punto».
Clary riusciva a
vedere la tensione in ogni singolo particolare del corpo di Jace, anche se il
suo atteggiamento era calmo.
I pugni stretti, i
muscoli che guizzavano a scatti sotto la pelle pallida del ragazzo e la
mascella serrata.
«Quindi cosa pensi di
fare?».
«Non lo so, Izzy.
Quello che so è che noi non staremo separati stanotte».
«Non si può fare,
Jace, e tu lo sai. Io sono in Serpeverde; la mia sala comune è in tutt’altro
posto rispetto alla vostra».
«Clary… non mi
interessa». Scandì bene le parole, come se avesse a che fare con una bambina
piccola.
«Allora illuminami:
qual è il tuo grande piano?».
«Nessun grande piano,
se non il solito: tenerci vivi come abbiamo sempre fatto e tu ne hai avuto un
assaggio mesi fa. Clary, ti sei allenata con Luke, è vero e ora sei qui e sei
brava, molto meglio di quanto mi aspettassi dato che fino a sei mesi fa vivevi
insieme ai mondani pensando di essere una di loro e ignorando completamente la
realtà delle cose. Ora però la conosci questa realtà e sei una Shadowhunter, ma
a differenza di te, noi abbiamo vissuto con questa consapevolezza per tutta la
vita e ci siamo allenati, conosciamo i demoni e i nostri nemici. Tu sei più…
vulnerabile».
Clary lo guardò a
bocca aperta; sembrava davvero preoccupato.
«Questo non cambia il
fatto che non posso sgattaiolare nella vostra sala comune, ormai dopo
l’incidente con Malfoy, tutta la scuola mi conosce».
Jace sbuffò, in un
misto tra lo spazientito e l’irritato.
«Le rune devono pur
servire a qualcosa, usa quella dell’invisibilità e vieni davanti al ritratto
della signora grassa a mezzanotte. Io mi farò trovare fuori».
Aveva parlato con
tono deciso. Un tono che non ammetteva repliche.
«Come vuoi», si
arrese infine.
«Bene. E Clary… se
mancherai, per me vorrà dire che ti è successo qualcosa e verrò a cercarti.
Ovunque tu sia».
La ragazza lo guardò
con occhi sgranati.
Da quando Jace
Wayland o Lightwood o Herondale, parlava in un modo del genere?
«Ok», disse più
perché il suo discorso l’aveva lasciata senza parole che per altro.
A quel punto, i
quattro ragazzi si avviarono nuovamente verso la Sala Grande.
Magari il pranzo non
era ancora finito…
[…]
Harry si guardò
intorno. Ormai tutti erano a pranzo, compresi gli Shadowhunters, eppure Jace,
Alec ed Isabelle mancavano.
Lanciò un’occhiata
alle sue spalle, constatando che anche Clary era assente.
Chissà cosa stavano
combinando quei quattro; era ormai da un paio di giorni che i Cacciatori si
comportavano in modo strano.
I suoi pensieri
furono interrotti da una dolorosa gomitata di Ron.
«Ehi! Ma che ti
prende?».
«Tu lo hai sentito?».
Il suo amico aveva
una faccia piuttosto stranita, così come anche Hermione.
«Sentito cosa?», fece
il moro.
«Quel rumore!».
«No, Ron, non ho sentito
nessun rumore».
Ma non finì nemmeno
la frase che si irrigidì.
Ora aveva sentito
qualcosa.
Una specie di rumore
basso e sinistro.
«Adesso l’hai
sentito!», esclamò Ron.
«Che accidenti è
stato?».
Hermione si sporse
dietro le spalle di Ron per guardarlo e disse: «Venite, c’è una cosa che devo
dirvi».
[…]
Clary e gli altri
stavano scendendo le scale che portavano dal terzo al secondo piano quando
udirono due voci familiari: erano di nuovo Magnus e Silente; Jace li aveva già
trovati a parlare una volta mentre non c’erano studenti in giro per i corridoi.
I quattro si
appiattirono lungo un muro, ma le voci si avvicinavano, così, Alec aprì la
porta più vicina e li fece entrare tutti.
Purtroppo, la stanza
in realtà si rivelò essere uno sgabuzzino e loro dovettero stiparsi dentro.
Jace ed Isabelle
dovettero piegarsi notevolmente per starci data la loro statura, mentre Clary
si limitò a chinarsi leggermente in avanti.
Ad un tratto, sentì
due mani affusolate stringersi attorno ai suoi fianchi e subito si irrigidì.
Jace, alle sue
spalle, la stava trascinando contro il suo corpo per toglierla dallo spiraglio
di luce che tagliava il pavimento proprio nel punto in cui lei si trovava fino
ad un attimo prima.
Le voci del preside e
dello Stregone si fecero più vicine, ma stranamente, Clary riusciva a sentire
solo il suo corpo aderire perfettamente a quello di Jace.
Poi però, la sua
attenzione fu catturata da uno stralcio di conversazione.
«Non sarà così
semplice risvegliare Jocelyn Fairchild, professor Silente. Vede… la pozione è
complicata. Fattibile, ma complicata. Mi ci vorrà tempo per trovare tutto
l’occorrente e con la minaccia imminente che adesso incombe sulla scuola, non
so se posso rischiare di distrarmi anche con la situazione di Jocelyn, per
quanto questo mi dispiaccia».
Clary in quel momento
sentì come se il terreno si stesse aprendo sotto i suoi piedi e, se non fosse
stato per le braccia salde di Jace che la stringevano, forse sarebbe finita sul
pavimento.
Gli occhi le si riempirono
di lacrime e tremò leggermente nell’abbraccio di lui, che rafforzò la presa.
«A tal proposito,
signor Bane… si hanno novità?».
«Nessuna. La scatola
non è stata ancora reperita; non si può localizzare con un semplice incantesimo».
Dal loro nascondiglio,
i quattro ragazzi udirono il preside sospirare.
«Mi tenga informato».
«Certamente».
Detto questo, i due si allontanarono.
Isabelle si sporse
oltre la porta per controllare se si vedessero ancora, ma disse: «Via libera»;
così gli altri tre poterono uscire, senza più doversi piegare in quel
ripostiglio.
«Clary?».
La ragazza sentì come
un’eco la voce di Jace che la chiamava e si girò lentamente, con gli occhi
inondati di lacrime che non aveva nessuna intenzione di versare.
«Non riavrò mai più mia
madre», sussurrò in tono appena percettibile.
Jace l’abbracciò,
percorrendo con le dita la linea della sua colonna vertebrale e lei si
abbandonò contro il suo corpo caldo e rassicurante.
«Magnus ha detto che
un modo c’è. Magari ci vorrà del tempo, ma vedrai, lo farà».
La ragazza si staccò
da Jace perché, con sua grande sorpresa, quelle parole erano provenute da Alec.
Annuì appena,
accennando ad un sorriso.
«Su, ora andiamo».
[…]
«E non sai a cosa
potrebbe essere dovuto?».
Harry e Ron guardavano
stupiti Hermione, che aveva appena raccontato loro che, ormai da qualche
giorno, sentiva degli strani rumori, come di tamburi, specialmente la notte.
«Hermione, perché non
ce ne hai parlato prima?», chiese Ron.
«Io… io non lo so»,
confessò lei.
«Scopriremo di cosa
si tratta, vedrai. Ora lo abbiamo sentito anche noi».
Il tono di Harry era
rassicurante, la sua amica era palesemente spaventata.
Lei gli rivolse un
sorriso grato e poi, uscirono dalla biblioteca nella quale si erano rintanati.
Harry aveva cercato
di tranquillizzare la ragazza, ma la realtà era che non aveva la minima idea di
cosa potesse trattarsi.
Non aveva mai sentito
parlare di una cosa del genere ed ora che anche lui aveva sentito quel rumore, la
cosa non prometteva nulla di buono.
Non sapeva che
pensare, come neanche Ron e Hermione.
Sospirò. Sapendo già
che si stava preparando ad un periodo molto lungo e problematico.
[…]
Tum tum tum tum tum.
Era come se fosse un
macabro battito cardiaco.
Erano le undici
passate quando Clary si tirò su dal letto spazientita.
Sentiva i tamburi
sempre più spesso e la stavano mandando fuori di testa.
Possibile che quei
sotterranei fossero tanto inquietanti? Stare sotto terra non le era mai piaciuto,
ed essere smistata nella Casa di Serpeverde, la cui sala comune si trovava
proprio nei sotterranei, per lei non era stata esattamente una gran cosa.
E quando poi era quasi riuscita ad abituarsi, erano iniziati
quei rumori.
Clary sgusciò fuori
dal letto e indossò la divisa da battaglia. Non sapeva perché, ma in qualche
modo era rassicurante. Mancava ancora un po’ all’appuntamento con Jace davanti
al ritratto della Signora Grassa, quindi decise di provare a seguire quel
rumore.
Come al solito,
pareva provenire dall’alto, quindi lasciò i dormitori e la sala comune,
cominciando a salire lungo la rampa di scale.
Ad un tratto, sentì
una voce sprezzante dietro di sé, che la fece voltare di scatto.
«Vai da qualche
parte, Morgenstern?».
«Malfoy?! Che diavolo
ci fai qui?».
«E tu?».
Clary lo guardò
diffidente.
«Senti quei rumori,
vero?», le chiese ad un tratto Malfoy, pallido come un lenzuolo.
«Li senti anche tu?».
Lui annuì.
«Io lo sto seguendo;
se tu vuoi venire vieni, altrimenti lasciami in pace e torna a letto», disse
Clary in tono duro.
«Bene. Andiamo allora».
I due ragazzi
camminarono lentamente e facendo attenzione.
Non era di certo
Malfoy che Clary si aspettava di avere al suo fianco.
La ragazza stringeva
lo stilo di sua madre nella mano sinistra e teneva un pugnale infilato nello
stivale.
Il rumore, come s’immaginava,
li portò nel bagno delle ragazze al secondo piano.
Questa volta però,
Clary s’irrigidì non appena varcata la soglia.
Il suono esplose come
una bomba e, sia lei che Malfoy, si portarono le mani alle orecchie.
Poi, qualcosa sul
pavimento di nuovo allagato, vicino al lavandino, attirò la sua attenzione.
Qualcosa di ben
diverso da ciò che si sarebbe immaginata. Davanti a sé non aveva tamburi, ma
una scatola. Una strana scatola con su scritto: “Your Mortal Journey”.
Il tuo viaggio
mortale.
“Ma dove sono
finita?!”.
NOTE:
Ed eccoci qui con il
sesto capitolo! Spero che sia venuto in modo decente, io non ne sono molto
convinta; voi che dite?
Comunque, finalmente
abbiamo scoperto cosa fossero quei famosi tamburi e, dal prossimo capitolo…
comincia la partita!
A presto!
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Capitolo 7 *** Into the Deep ***
07
CAPITOLO 7: INTO THE DEEP
«E quello cosa diavolo sarebbe?».
Anche
se Clary dava le spalle a Draco Malfoy, poteva perfettamente udire
quanto fosse anormale il suo tono, come se avesse mandato giù un
blocco di ghiaccio.
La ragazza si voltò lentamente.
«Non lo so, ma non mi piace».
«Aprilo».
«Scusa?».
«Cosa c’è, Morgenstern? Hai paura?».
«Non ho paura, ma vorrei sapere se è sicuro prima di metterci le mani».
«In altre parole, hai paura».
Ora sul volto del ragazzo si era aperto un ghigno di scherno.
«Oh, al diavolo».
A
quel punto, Clary posò nuovamente la scatola, che aveva preso
tra le mani, sul pavimento, e, con cautela, sollevò il coperchio.
«Ma che cavolo è?».
La
rossa, piuttosto irritata dai continui strilletti del compagno
Serpeverde, roteò gli occhi al cielo e tirò fuori dalla
scatola un tabellone con un percorso fatto di caselle al cui centro
sembrava incastrato un semicerchio di vetro color verde scuro.
«Malfoy,
innanzitutto se non la smetti di urlare come una ragazzina, ti prendo a
calci, non sarebbe una novità. Seconda cosa… sembra un
gioco da tavolo… come quelli che hanno i mondani… ».
«Un gioco? Ma stai scherzando? Tutto questo per un dannato gioco?».
Qualcosa
in quel momento scattò nella testa della ragazza: un gioco. Le
tornò in mente la conversazione tra Magnus e Silente e poi
ciò che Jace aveva raccontato ancor prima, quando li aveva
sentiti parlare di un misterioso gioco che Magnus avrebbe dovuto
rintracciare.
I
suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta che si
spalancava, facendo entrare di gran carriera un Jace teso come una
corda di violino, in tenuta da battaglia, seguito da Alec e Isabelle,
nel suo stesso abbigliamento.
Con grande sorpresa della rossa, alle loro spalle arrivarono Harry, Ron e Hermione.
«Clary!».
«Jace?».
Le loro voci si sovrapposero.
Jace le andò incontro prendendola saldamente per le spalle.
«Che cosa ti è saltato in mente?! Ti avevo detto di raggiungermi davanti la sala comune dei Grifondoro!».
«Io…
lo so, è che poi ho sentito di nuovo i tamburi e ho incontrato
lui e quando siamo arrivati qui abbiamo trovato quello», si
giustificò lei indicando la scatola.
Solo in quel momento i nuovi arrivati parvero accorgersene.
Alec
ci girò attorno con fare circospetto, esaminando tutto
ciò che si trovava all’interno, poi si sedette per terra.
Dentro
la scatola, oltre al tabellone che Isabelle aveva tirato fuori,
c’erano un paio di dadi e svariate pedine. Ai lati invece, il
regolamento.
Malfoy
afferrò i due dadi che stavano adagiati all’interno della
scatola e, non appena li prese in mano, Clary poté quasi
percepire la loro vibrazione, tanto che al ragazzo sfuggirono di mano,
rotolando sul tabellone.
Una
pedina, scattò subito all’inizio del percorso e si mosse
di otto caselle, il numero indicato dai dadi, mentre tutti restavano a
guardarla attoniti.
«Ma
che accidenti… ?», commentò Ron, ma il resto della
frase gli morì in gola quando sul semicerchio verde
cominciò a formarsi una scritta gialla.
“Il viaggio è cominciato, tornare indietro non si può che voi siate pronti oppure no”.
«È uno scherzo, vero? Ditemi che è uno scherzo».
«Izzy, leggi il regolamento», ordinò Alec in tono perentorio.
La sorella puntò i suoi occhi scuri sui lati del tabellone e cominciò a leggere ad alta voce: «A
voi viaggiatori: non cominciate questo gioco se non avete intenzione di
finire perché, solo quando una pedina avrà raggiunto il
centro del tabellone, le conseguenze spaventose da esso scaturite
spariranno. I numeri doppi tirano due volte e attenzione: se il gioco
cercherete in ingannare, i vostri più grandi incubi si
potrebbero avverare».
«Magnifico»,
commentò Jace. «Non avresti neanche dovuto prenderli in
mano quei dadi, adesso… », ma un rumore lo costrinse a
lasciare la frase a metà e voltarsi di scatto.
«Che cosa è stato?».
Il
cuore batteva forte nel petto di Clary, quasi volesse uscire dalla
gabbia toracica e, quando vide un’immensa ombra passare sul
pavimento, si sentì gelare il sangue nelle vene.
Poco a poco, una figura massiccia si stagliò proprio davanti ai loro occhi e tutti i presenti rimasero raggelati.
Malfoy
trattenne a stento uno strillo, così come anche Ron, mentre
Hermione, sul punto di svenire, si portò una mano alla bocca e
impallidì di colpo.
A
pochi metri da loro, i ragazzi si trovarono una grande bestia grigia
con la pelle che sembrava decisamente spessa per essere lacerata da una
semplice arma. Sul naso aveva un grosso corno che prometteva solo guai
per chiunque si fosse avvicinato e, quando Jace ed Alec fecero per
sfilare una spada angelica dalla loro cintura, Hermione parlò.
«Fermi!
Fermi. Questo è un Erumpent. È una bestia molto
pericolosa, ma se non viene provocata in alcun modo, da sola non
attacca. Ha una pelle troppo spessa per essere ferito con dei normali
incantesimi, perciò io non tirerei fuori delle armi, a meno che
non abbia in progetto di fare una fine molto molto brutta. Dentro il
suo corno c’è veleno e secondo me la cosa migliore
è andarcene di qui alla svelta».
«Hermione, ma sei matta? Hai intenzione di lasciare qui questa cosa?».
«Nessuno
mai entra qui; questo è il bagno di Mirtilla Malcontenta e se
noi non lo provochiamo, lui non ci attaccherà, ma dobbiamo
finire questo gioco e non lo possiamo fare qui, altrimenti finiremo per
svegliare tutto il castello, o magari finiremo ammazzati noi. Dunque,
io propongo di spostarci in un luogo in cui non attireremo
l’attenzione».
«Tipo?», s’intromise Isabelle.
«La Foresta Proibita», intervenne Harry.
«Io lì non ci torno!».
«Ron,
Harry ha ragione. Dobbiamo finire a tutti i costi questa partita e se
c’è il pericolo che dal gioco escano creature simili, la
Foreste Proibita è il luogo ideale! È uno spazio aperto,
ci darebbe almeno delle possibilità di fuga, ma tu te lo
immagini se quell’affare cominciasse a correre per i corridoi di
Hogwarts? Non possiamo restare qui».
Alla fine, il rosso parve convincersi.
«D’accordo allora, andiamo».
«Fate strada voi», prese parola Jace.
Così,
Harry si mise a capo del gruppo e, il più silenziosamente
possibile, i ragazzi si fecero strada lungo i corridoi.
[…]
Per
evitare incontri indesiderati durante il percorso fino alla Foresta
Proibita, Harry tirò fuori la Mappa del Malandrino, guidando
così tutti gli altri attraverso passaggi deserti del castello.
Il
ragazzo ormai era rassegnato: lui non avrebbe mai avuto un anno
tranquillo, ad Hogwarts, ma nonostante tutto quella situazione era
forse ancor più assurda di tutto il resto.
Chi aveva potuto inventare un gioco dal quale scaturissero certe mostruosità con il solo scopo di ucciderti?
Harry scosse la testa per allontanare quei pensieri e tornò a concentrarsi sulla Mappa.
Jace
era al suo fianco, entrambe le sue mani erano occupate, la destra da
una sottile arma che non aveva mai visto, che lo Shadowhunter aveva
chiamato “spada angelica”. L’altra invece, da un
frammento della stessa sostanza dell’arma che però
illuminava il corridoio: una stregaluce.
I
quattro Cacciatori non si sentivano nemmeno mentre camminavano, mentre
gli studenti di Hogwarts, sembravano produrre un frastuono assordante
in quel silenzio sepolcrale, nonostante cercassero di essere il
più silenzioso possibile.
Quando giunsero all’aperto, il freddo sferzò i loro volti ed Harry, come tutti gli altri, s’irrigidì.
Nessuno aveva messo in conto una “gita al parco”.
Gli
otto si fecero strada nell’ampio spazio aperto, oltrepassarono la
capanna di Hagrid e cominciarono ad addentrarsi nel folto della foresta.
Il
freddo era davvero pungente, penetrava fin dentro le ossa di Harry
quasi volesse congelarlo lì dove si trovava. Tutto, quella
notte, stava andando dannatamente male.
Quando il gruppo fu sufficientemente nascosto dalla vegetazione della foresta, il ragazzo decise di fermarsi.
«Eccoci. Direi che qui può andare».
Si
voltò a guardare i suoi compagni d’avventura, o
meglio… di disavventura e notò che tutti loro erano
pallidi e intirizziti dal freddo.
Poi, Clary si mise una mano in tasca e ne estrasse qualcosa.
«Questo è uno stilo», spiegò non appena notò che il ragazzo la stava osservando.
«Lo usiamo per disegnare le rune sul nostro corpo, in battaglia».
Detto
questo, la ragazza cominciò a tracciare delle linee decise sulla
pelle scoperta del corpo di Jace, il quale rimase immobile fino a
quando lei non ebbe completato. Alec ed Isabelle stavano facendo la stessa cosa tra di loro.
«Questa
è una semplice runa contro il freddo. Ma di solito usiamo quelle
per la forza, per la velocità e tante altre ancora. Penso sia il
caso di fare un “servizio completo”, a questo punto».
Jace
annuì e poi Harry, alle sue spalle, udì Ron lamentarsi:
«Non è che potreste farla anche a noi quelle per il
freddo?».
Clary accennò ad un sorriso.
«Mi dispiace, ma voi rimarreste uccisi; le rune sono troppo potenti per chi non è uno Shadowhunter».
Il rosso impallidì.
«Oh, allora credo che ne farò a meno».
Stranamente, pensò Harry; Malfoy non si era più lamentato da quando erano usciti dal castello.
Quando
i quattro Shadowhunters ebbero terminato, si disposero tutti in
cerchio, sedendosi per terra e piazzando il gioco al centro, sul
terreno gelato.
«Ragazzi,
ma se questo è il gioco di cui Magnus parlava… non
credete che sarebbe meglio andare a chiamarlo? Insomma… potrebbe
esserci d’aiuto, dopotutto lui è vecchio, potrebbe sapere
molte più cose di noi», propose Clary ad un certo punto.
«Forse non è una cattiva idea», concordò Isabelle.
«Va bene. Allora Alec, tu vai a chiamare Magnus, noi intanto… continuiamo la partita», sentenziò Jace.
«No, non esiste. Siamo parabatai. O aspettate il mio ritorno, oppure qualcun altro dovrà andare a chiamare Magnus».
«Oh, d’accordo, ci vado io, ma vedete di non farvi ammazzare, nel frattempo».
Detto
questo, Isabelle si tracciò velocemente una runa
dell’invisibilità sull’avambraccio sinistro e corse
via in fretta, ripercorrendo la strada inversa.
«Ok. Dunque… chi vuole tirare adesso?».
«Sicuri che non dovremmo aspettare Isabelle? Insomma… lei è brava».
«Sì, Clary, ma prima iniziamo, prima finiamo».
«D’accordo, allora tiro io».
Harry notò l’occhiata combattuta che Jace le lanciò mentre lei stendeva una mano per afferrare i dadi.
Quel
ragazzo poteva fare il duro finché voleva, ma era perfettamente
visibile quanto ci tenesse a Clary e quanto si preoccupasse per lei.
A quel punto, la rossa afferrò i dadi e prese un respiro profondo.
Dopodiché,
con un movimento fluido, lanciò i due oggetti sul tabellone e
subito, un’altra pedina scattò e si mosse di undici
caselle.
Sul cerchio verde questa volta comparve un simbolo, un simbolo che Harry non aveva mai visto.
«Che cosa vuol dire?», chiese Hermione.
Ma tutto ciò che Alec rispose, fu: «Niente di buono».
[…]
Quando Jace vide il simbolo demoniaco formarsi all’interno del cerchio s’irrigidì.
«Demoni», disse solo. «Stanno arrivando».
Non ebbe quasi il tempo di finire la frase, che furono accerchiati da una dozzina di demoni Ahiab.
I
grossi corpi da lucertola si muovevano velocemente nella loro direzione
perché, benché fossero ciechi, erano dotati di un olfatto
molto sviluppato.
Simultaneamente,
Jace, Alec e Clary si pararono davanti ai quattro maghi di Hogwarts,
rimasti impietriti sul posto alla vista delle creature.
I
tre Shadowhunters sfoderarono le loro spade angeliche, che cominciarono
a brillare illuminando il piccolo spiazzo della foresta nel quale si
trovavano e si prepararono alla battaglia.
Con
una rapidità di cui solo Jace poteva essere capace, il ragazzo
decapitò immediatamente un demone che stava per balzare verso
Hermione. Il sangue schizzò ovunque e la ragazza gridò.
I
demoni Ahiab avevano una linea di denti seghettati sulla fronte, nel
punto in cui avrebbero dovuto esserci gli occhi e un’altra bocca
sulla parte inferiore del viso con zanne gocciolanti liquido corrosivo
se veniva in contatto con la pelle e una lingua biforcuta.
«Clary,
dietro di te!», gridò Alec un momento prima che un demone
si avventasse sulla ragazza, che ebbe appena il tempo di rotolare per
terra prima che la bestia le fosse addosso.
Jace
avrebbe voluto aiutarla, ma se lo avesse fatto avrebbe lasciato
scoperti i quattro maghi, che da soli non sarebbero durati più
di cinque minuti.
«Reducto!»,
esclamò ad un tratto Hermione, puntando la bacchetta contro uno
dei demoni, che, con sorpresa di tutti, esplose schizzando icore
ovunque.
«Non
sapevo che la vostra magia funzionasse contro i demoni», le disse
Jace mentre teneva a bada altre due di quelle creature rivoltanti.
«Nemmeno io lo sapevo… ».
Hermione sembrava piuttosto sconvolta e sorpresa insieme.
A
quel punto anche Malfoy, Harry e Ron imitarono la strega e, con le
bacchette alla mano, cominciarono a combattere contro i demoni.
Jace stava combattendo contro un altro di quei demoni quando si sentì travolgere da un peso che gli si scaraventava addosso.
Quando
riuscì a districarsi da quell’ammasso di gambe e braccia,
scoprì che si trattava di Clary, che lo aveva buttato per terra
per impedire che uno dei mostri gli trapassasse lo stomaco da parte a
parte con i suoi artigli.
«Stai bene?», gli chiese la ragazza tenendolo per le spalle, ancora sdraiata sopra di lui.
Lui
fece un breve cenno di assenso con il capo e si sollevò
nuovamente portando Clary con sé e posandola nuovamente a terra
con estrema facilità.
Si
guardò intorno: i quattro maghi, piuttosto sconvolti, pallidi e
sudati giravano la testa da ogni parte per controllare che
nessun’altra delle creature li attaccasse, mentre Alec stava
estraendo in quel momento la sua spada angelica dal corpo ormai senza
vita di uno dei demoni.
Fu una voce alle sue spalle a farlo voltare.
«AVETE TIRATO I DADI?! Per Lilith… stupidi Shadowhunters, ci farete ammazzare tutti»
NOTE:
Ciao
a tutti! Mi dispiace per non aver aggiornato ieri come da programma, ma
dovevo studiare per un esame che oggi il professore ha deciso di
rimandare… quanto amore.
Comunque…
il gioco è cominciato… cosa ne dite di questa prima
parte? Spero di non aver deluso le vostre aspettative!
Ah, con le rime faccio schifo, quindi abbiate pietà e io vi prometto che cercherò di farne il meno possibile XD
Vi
lascio il link del mio profilo su facebook se qualcuno avesse voglia di
aggiungermi tra gli amici; stavo prendendo in considerazione
l’idea di creare una pagina dedicata alle mie storie (per adesso
ho in corso solo ItD, ma a breve spero di pubblicarne un’ altra)
e… beh, voi fatemi sapere!
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Capitolo 8 *** Nella Foresta (I Parte) ***
Cap. 8
CAPITOLO 8: NELLA FORESTA (I PARTE)
Clary riconobbe quella voce ancor prima di voltarsi: Magnus Bane era arrivato, seguito da Isabelle.
«Vi rendete conto di cosa avete appena fatto?».
Il
tono dello Stregone era di un’ottava più alto di quanto
fosse normalmente. Cominciò a massaggiarsi le tempie come preso
da un terribile mal di testa e passò i suoi occhi da gatto su
ognuno dei presenti.
«Era esattamente questo che cercavo di impedire».
«Quindi avresti dovuto avvertirci, Magnus»
Jace aveva un’espressione dura quando parlò.
«Come
potevo immaginare che voi… combriccola di disagiati mentali,
avreste avuto voglia di farvi una partitina a quel maledetto gioco nel
cuore della notte?».
«Non è… non è iniziata esattamente così», intervenne Harry.
«E
com’è cominciata allora?», lo sguardo di Magnus
avrebbe potuto uccidere in quel momento; sembrava che da un momento
all’altro avrebbe potuto iniziare a sputare fuoco.
Così, i ragazzi ricostruirono gli avvenimenti di quelle ultime settimane.
«Dannazione».
«Non c’è niente che tu possa fare per fermarlo?».
«No.
Non ora che già tutto è in atto. Dovete andare avanti con
la partita e… sperare vivamente di finirla, altrimenti ci
saranno conseguenze che non potreste neanche immaginarvi. Io
starò con voi, vi posso guidare, ma i miei poteri non hanno
effetto su ciò che uscirà dal gioco. Cacciatori,
maghi… a voi la prossima mossa».
Il discorso di Magnus era stato piuttosto incisivo.
«D’accordo… tiro io adesso», si offrì Harry.
Il
gruppo si dispose seduto in cerchio attorno al gioco, con il Sommo
Stregone di Brooklyn che torreggiava sopra di loro e fissava
dall’alto il tabellone, con occhi alienati.
Poi, Harry lanciò.
La sua pedina si mosse di sette caselle e sul cerchio apparve una scritta: “Qualcosa dal vostro passato sta per tornare, attenti… farete meglio a non indugiare”.
«Qualcosa
dal vostro passato? Che cosa c’è stato esattamente nel
vostro passato?», chiese Jace, scattando in piedi.
Clary poteva vederlo benissimo nel suo volto: era allarmato, i muscoli tesi, una spada angelica in mano.
«Credimi…
qualunque cosa stia per uscire da quel gioco, non vi piacerà.
Nel nostro passato ci sono troppe cose che vorremmo dimenticare»,
rispose il moro.
Una sorta di basso grugnito però, li fece voltare tutti, simultaneamente.
Clary alzò la testa e sentì il sangue fluire via dal suo volto in modo pericolosamente veloce, tanto che per un momento le girò la testa.
Hermione gridò, Alec, il calmo, posato Alec, imprecò e Isabelle fece scattare la sua frusta prima di tutti.
«Che
diavolo è quella cosa?», chiese la mora, puntando gli
occhi sulla creatura alta almeno tre metri e mezzo e che emanava un
odore a dir poco sgradevole.
«Un
troll! Attenti!», esclamò Harry mentre la bestia calava la
sua clava verso i due fratelli Lightwood, che però si scostarono
senza grosse difficoltà.
Il
troll si guardò attorno con aria piuttosto stupida; era risaputo
infatti, che quelle creature non fossero poi così intelligenti,
e questo fu un punto a loro favore perché, mentre Alec ed
Isabelle attirarono la sua attenzione, i quattro maghi, Clary e Jace lo
attaccarono.
Il
combattimento si risolse velocemente: i due Cacciatori lo ferirono alle
caviglie con le loro spade angeliche, facendolo crollare a terra,
mentre e i maghi gli scagliarono contro degli incantesimi per
disorientarlo.
Infine, Alec, gli piantò una lama dritta nel petto, uccidendolo.
Per
diversi secondi regnò il silenzio tra i presenti, poi Jace
parlò: «Esattamente… di cos’altro ci dovremmo
preoccupare che potrebbe sputare fuori dal vostro passato?».
Clary
vide Ron sbuffare divertito: «Amico… abbiamo una lista
lunga sei anni e davvero… sarebbe meglio non perdere
tempo».
«Io devo avvertire il vostro preside».
«No, Magnus, non puoi andare via!», esclamò Clary.
«Deve
essere messo al corrente di una cosa del genere e devo dirgli che
cerchi di tenere tutti il più lontano possibile da qui mentre la
partita è in corso. Torno presto, tanto ho visto che per ora ve
la cavate piuttosto bene».
«Ma non possiamo sapere cosa uscirà da quel gioco al prossimo turno!», intervenne Hermione.
«Volete
mettere in pericolo le vite dei vostri compagni e professori? Io non
credo, perciò devo lanciare un allarme. Ora continuate,
sarò di ritorno prima di quanto immaginiate».
Detto questo, lo Stregone voltò le spalle al gruppo e tornò a grandi passi verso il castello.
«D’accordo allora… chi gioca adesso?», chiese Clary.
«Vado io», rispose Jace.
Il
ragazzo prese in mano i dadi e li tirò sul tabellone, facendo
scattare un’altra pedina, che si mosse di dodici caselle.
Sul
cerchio di vetro apparve un altro simbolo demoniaco e, tenendo gli
occhi fissi sul ragazzo, Clary lo vide scambiarsi un’occhiata
allarmata con Alec, poi entrambi scattarono in piedi, imitati dagli
altri.
«Cosa dobbiamo aspettarci?», chiese Malfoy, con la bacchetta stretta bene in pugno.
«Quelli!», esclamò Isabelle puntando il dito davanti a sé.
Clary conosceva quei demoni, li aveva già visti ad Alicante.
Esseri disgustosi, enormi, viscidi e informi, con una doppia fila di denti che correva per tutta la lunghezza del loro corpo.
La
ragazza ricordava diverse cose di quei demoni: potevano
teletrasportarsi e il loro muco era letale. Si nutrivano di qualunque
cosa, inclusi esseri umani ed erano semicorporei, quindi difficili da
uccidere. Riuscivano a rigenerare le loro ferite, ma questo costava
loro energia, quindi era fondamentale colpirli ripetutamente per
ucciderli.
Si chiamavano demoni Behemoth.
«Ok, dobbiamo restare uniti e agire tutti insieme, d’accordo?», disse Isabelle.
«Aspettate ancora un secondo e… adesso!».
Dalle
bacchette dei quattro maghi partirono scintille rosse e verdi, mentre
gli Shadowhunters si avventavano sui demoni con le loro armi.
Clary
cercò di evitare il muco di quelle creature il più
possibile, ma non c’era molto da fare… era impossibile non
essere schizzati da quella sostanza ustionante.
Nonostante
tutto, la ragazza continuò a colpire più e più
volte quella creatura che la attaccava e si contorceva, tornando poi a
riformarsi.
Purtroppo
erano almeno in quattro e per ucciderne uno si perdeva parecchio tempo,
dando così modo agli altri di avvicinarsi.
I
maghi ne stavano mettendo alle strette uno, ma per loro era più
semplice dato che con le bacchette non c’era bisogno di
avvicinarsi.
Loro
riuscirono ad ucciderne uno piuttosto in fretta, passando così
al successivo, mentre i Cacciatori dovettero infilzare il loro ancora
parecchie volte prima che questo morisse, dissolvendosi in una pozza di
fluido verde e bollente.
A
quel punto, i quattro si avventarono sull’altro, che però
sparò contro di loro un getto di muco che andò a colpire
in pieno Isabelle, che urlò dal dolore.
«Izzy!», gridò Alec, correndo vicino alla sorella.
«Allontanala da qui e falle l’iratze; di questo ci occupiamo io e Clary!», esclamò Jace.
«D’accordo».
Clary
poté udire i lamenti di Isabelle mentre il fratello la sollevava
da terra per portarla distante da quei demoni e curarla.
«Ce
la farà, vero?», chiese Clary a Jace, mentre affondava
nuovamente la sua spada angelica nel corpo del demone.
«Certo che ce la farà! Stiamo parlando di Isabelle».
La ragazza fu un po’ rassicurata da quelle parole e nel giro di altri due minuti, i Cacciatori ebbero ucciso il demone.
Quando si voltarono, trovarono i maghi seduti per terra, provati e con il fiatone.
«Accidenti… erano brutti quelli», disse Ron.
«Vanno da così a peggio, credimi».
In quel momento arrivò Alec, sorreggendo una Isabelle un po’ traballante, ma comunque in piedi.
«Credo che dovremmo fermarci un momento e riprendere fiato».
Propose Hermione.
«Va bene. Intanto pensate a chi vuole tirare il prossimo turno».
«No, tocca di nuovo a Jace, è uscito dodici, un doppio. Deve tirare un’altra volta».
«Cerca di non fare troppi danni, Jace. I demoni Behemoth non mi sono piaciuti molto», disse Isabelle.
«Oh, scusami, la prossima volta farò uscire degli agnellini impauriti».
La sorella adottiva lo fulminò con un’occhiataccia e Alec fece un mezzo sorriso.
«Smettetela voi due e cercate di riposare. Prendiamoci un quarto d’ora, poi ricominciamo», propose Alec.
«D’accordo».
Clary guardò Jace.
All’apparenza sembrava calmo, ma in realtà era nervoso, lo si capiva da ogni suo movimento.
Si era allontanato dal gruppo e Clary non riusciva quasi più a vederlo.
In un momento, scattò in piedi e lo seguì a passo svelto.
Si
addentrò ancor di più nella foresta per stargli dietro e
alla fine lo trovò in una piccola radura, seduto su una roccia.
Si era tolto la maglietta e solo guardarlo a Clary fece venire i brividi di freddo, ma non solo.
Vederlo
lì, a torso nudo, illuminato dall’argentea luce della
luna, provocò in lei un lungo fremito che le percorse tutta la
spina dorsale.
Lui aveva in mano lo stilo e si stava tracciando delle rune.
«Jace… », lo chiamò piano Clary.
Lui
si voltò e puntò i suoi occhi da un impossibile colore
che si fondeva tra l’oro e l’argento, a causa di quella
luce, nei suoi.
«Clary… cosa ci fai qui?».
«Ti
ho seguito. Non dobbiamo dividerci dal gruppo, non è sicuro. Va
bene che per adesso il gioco è fermo, ma la Foresta rappresenta
ugualmente un pericolo. Torniamo dagli altri, ok?».
Il ragazzo, che intanto si era rimesso la maglietta, le si avvicinò.
«Aspetta ancora un momento».
«Cosa c’è?».
Lui
distese il suo braccio, che in quel momento le parve bianco come quella
stessa luna che in quel momento risplendeva su di loro, porgendole una
mano che, dopo un istante di esitazione, la ragazza afferrò.
«Jace… ».
Ma
inaspettatamente, lui la tirò a sé, e Clary sentì
il proprio corpo irrigidirsi contro quello del ragazzo.
«Sssh», sussurrò lui stringendola forte tra le sue braccia.
Clary era immobile come una statua.
Quello non era decisamente un comportamento da Jace.
«Mi dispiace. Mi dispiace averti messa in pericolo».
«Jace… non dipende da te; ogni volta che tiriamo i dadi… ».
«Non
mi riferivo a stasera… al gioco. Da quando sono entrato nella
tua vita… », ma a quel punto Clary si staccò e lo
guardò negli occhi.
«Tu
mi hai salvato la vita. Se non fosse stato per te, quel giorno, nel mio
appartamento a New York, quel Divoratore mi avrebbe uccisa. Tu mi hai
solo aperto gli occhi, mi hai fatto capire chi sono».
A quelle parole, il ragazzo la strinse forte per le spalle e poggiò la sua fronte a quella della ragazza, chiudendo gli occhi.
«Comunque andrà stasera, sappi che… ».
Ma
Clary non seppe mai cosa Jace stesse per dirle, perché in quel
momento arrivò Harry ad avvertirli che dovevano riprendere il
gioco e i due si staccarono bruscamente l’uno dall’altra.
Tornando
dagli altri, i due ragazzi si accorsero della presenza di Magnus, che
aveva avvertito il preside, che in quel momento stava già
ergendo delle misure di sicurezza per fare in modo che nessuno,
studente o insegnante che fosse, si avvicinasse alla Foresta.
La cosa però era rimasta segreta; nessuno era stato avvertito al di fuori del professor Silente.
Meno persone ne erano a conoscenza, meno il pericolo era esteso.
«Allora tocca di nuovo a te, Jace… », disse Hermione porgendogli i dadi.
Lui li prese, lanciando un ultimo sguardo a Clary e tirò.
Stavolta la pedina si spostò di cinque caselle.
Il gruppo aspettò che comparisse il simbolo demoniaco e, quando apparve, subito i ragazzi sentirono degli strani rumori.
«Demoni Moloch», disse Isabelle, che si era quasi ripresa.
«Combattono in gruppo, hanno artigli affilatissimi e occhi vuoti da cui gettano fiamme. State attenti».
Tutti
si prepararono e quando i demoni furono vicini, scattarono in avanti e
cominciarono a colpirli con incantesimi e spade angeliche.
I
demoni però erano troppi, Clary sentì una fitta
lancinante quando uno di loro le dilaniò il braccio sinistro con
uno dei suoi artigli.
La
ragazza gridò, assestandogli un potente calciò su quello
che avrebbe dovuto essere il muso, infilzandolo poi con la sua spada.
Era già la terza che usava e se andavano avanti di questo passo,
avrebbe finito le armi.
Per fortuna, Jace, Alec ed Isabelle ne avevano in abbondanza.
Tutti
loro stavano combattendo accanitamente, Magnus guardava preoccupato; i
suoi incantesimi non potevano essere usati sui demoni scaturiti dal
gioco e lo stregone si era reso invisibile per fare in modo di non
essere attaccato dalle creature.
La
situazione però stava peggiorando in fretta, sfuggendo di mano
agli Shadowhunters, tanto che ad un tratto Alec urlò:
«Dobbiamo separarci! Così divideremo anche loro!».
Clary
non se lo fece ripetere due volte; agguantò un braccio a caso
nella mischia e lo trascinò via, correndo all’impazzata
nel folto della Foresta Proibita.
Dopo
almeno un paio di minuti si voltò a guardare chi aveva
afferrato, trovandosi davanti il volto pallido di un Malfoy
dall’aria sconvolta.
«Corri più veloce!», disse la ragazza notando i due demoni alle loro spalle.
Erano grossi, ma incredibilmente rapidi.
«Andiamo!», lo incitò lei.
Il ragazzo però aveva il fiato grosso e gocce di sudore che gli colavano lungo le tempie.
Allora la rossa agì in fretta: spinse il mago da una parte dietro un albero e si voltò ad affrontare i due demoni.
Ognuna
delle sue mani era occupata da una spada angelica, ma si trovavano
nella quasi totale oscurità perché in quel punto della
Foresta, gli alberi erano talmente alti da non far filtrare la luce
lunare.
Dopo
un momento però, uno dei demoni le sputò contro del fuoco
dalle sue orbite vuote e Clary si scansò, rotolando da una parte.
Almeno le fiamme avevano bruciato una striscia di terreno che adesso rischiarava parzialmente la zona.
La
ragazza chiamò le due spade angeliche che si misero a brillare
e, con un movimento fluido, scattò in avanti e affondò
entrambe le lame ognuna in uno degli avversari, che continuavano ad
avvicinarsi.
La
ferita al braccio le provocava un dolore d’inferno, ma non poteva
certo abbassare la guardia, altrimenti sarebbe morta nel giro di un
minuto.
Continuò
a colpire i due demoni, riuscendo ad ucciderne uno, ma poi, perse
l’equilibrio mettendo un piede sopra una pietra e cadde
rovinosamente a terra, picchiando forte la testa contro un albero.
Per
un momento le passò davanti agli occhi una scintilla bianca e
tutto ciò che la ragazza riuscì a pensare fu “Sto
per morire”, ma poi venne distratta da parole che non aveva mai
udito in vita sua prima di allora.
«Avada Kedavra!».
Ci fu un lampo di luce verde ed ebbe la sensazione di scivolare nelle tenebre, poi tutto fu buio.
NOTE:
Eccomi qui! Ebbene, che dire? In questo capitolo il gioco prosegue, sempre tra spade angeliche e colpi di magia.
Come
avrete notato ho mantenuto tutto il capitolo dal punto di vista di
Clary; più che altro perché qui sono sempre stati tutti
insieme, perciò abbiamo potuto osservare ognuno di loro, ma dal
prossimo capitolo, “le strade si divideranno” nuovamente! XD
Spero
di non aver fatto errori di battitura o altro, in caso, perdonatemi, ma
sono esaltata perché tra un’oretta andrò a vedere
“Catching Fire”, quindi non ci sto con la testa!
Ad
ogni modo, volevo fare un piccolo annuncio: dato che non riesco molto a
rispettare la puntualità in questo periodo, non assicuro
più che gli aggiornamenti saranno di mercoledì.
Vi
garantisco che ce ne sarà almeno uno alla settimana, ma sul
giorno non mi pronuncio, soprattutto la settimana prossima che i miei
genitori mi trascinano a Bolzano per andare a vedere i mercatini di
Natale.
Un’altra
cosa: siccome sono un genio (-.-‘), la settimana scorsa avevo
detto che vi avrei lasciato il link della mio account FB, cosa che poi
ho dimenticato di fare, quindi ve lo lascio qui oggi.
Detto
ciò, ringrazio di cuore le persone che hanno aggiunto ItD alle
preferite/seguite o qualunque altra categoria e anche le meravigliose
persone che recensiscono!
Mi migliorate le giornate, davvero!
Ecco, insomma… metto il link e smetto di tediarvi; buona serata e un bacio a tutti!
Il mio account Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100002495356960
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