Love and Sacrifice.

di Nephilim13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unintented. ***
Capitolo 2: *** They will save you from me. ***
Capitolo 3: *** Fight or walk away? ***
Capitolo 4: *** Not this. Not again. ***
Capitolo 5: *** The curse. ***



Capitolo 1
*** Unintented. ***


Love and Sacrifice.
 

 Sofia posò sul tavolino il libro che aveva provato a leggere per oltre due pagine – senza successo, ovviamente -  e si strinse nel suo caldo plaid rosso. A volte, mentre leggeva qualche capitolo, le capitava di dimenticare ciò che ormai era la sua vita, e si aspettava da un momento all'altro che il professore facesse capolino dalla porta con il suo sorriso genuino e spontaneo per annunciarle che la cena era pronta.
Poi, però, la realtà la investiva come un treno in corsa e la riportava bruscamente al presente.
La bella villetta sul lago di Albano non era più la sua casa, ma lo era un piccolo appartamentino nel centro di Roma, dove passava le sue giornate sola e afflitta.
I suoi servigi di Draconiana non erano più rivolti al Bene, ma al Male più puro.
Non erano più rivolti a Draconia, ma contro Draconia.
Questa era la teoria, non le sue intenzioni, che sia ben chiaro.
Per quanto desiderasse ardentemente tornare indietro, nella sua stanzetta bianca come i cieli di Draconia, il più piccolo ripensamento avrebbe avuto come prezzo la vita di una delle persone che di più amava al mondo. Si alzò e attraversò il piccolo salotto a piedi nudi con ancora il plaid sulle spalle. Mentre si dirigeva nella sua stanza da letto, il suo cellulare nuovo di zecca cominciò a squillare, riproducendo "Unintended" dei Muse. Si maledisse per  l'ennesima volta per aver messo come suoneria quella canzone, ma ogni volta che provava a cambiarla falliva miseramente.
Quella canzone le ricordava Fabio, le ricordava Edimburgo, le ricordava la sua vecchia vita.
Sbuffò non appena lesse "Sconosciuto" sul display, però rispose, conoscendo già il suo interlocutore.
-Pronto?
-Ho un nuovo incarico per te.
-Che sarebbe?
-Ci vediamo alla Fontana di Trevi tra trenta minuti. - e riattaccò.
Sofia lasciò il cellulare sul tavolo e corse a cambiarsi, indossando una felpa pesante, nonostante fossero solo gli inizi di ottobre e fuori ci fosse il sole, jeans e un paio di Converse nere abbinate alla felpa. Mentre si spogliava, notò quanto magra era diventata, – aveva dovuto rifarsi il guardaroba di almeno due taglie in meno – quanto scavata fosse la sua faccia e quanto il nero intorno agli occhi fosse evidente sulla sua pelle pallida. Inforcò gli occhiali da sole e sollevò il cappuccio, facendo ben attenzione a non farne uscire nemmeno un riccio rosso fuoco. Mise il cellulare in una tasca e le chiavi in un'altra, e uscì di casa. 


Angolo autrice.
Ma salve, ciao e grazie a te che stai leggendo questo angolo autrice pazza e folle!
Non è la prima storia che pubblico riguardo a LRD, e immagino che molti di voi lettori mi conoscano di già.
(Feels like a famous u.u)
Allora, ho già detto nella trama perchè mi è venuta in mente questa storia.
So che il capitolo sembra che sia stato rimpicciolito in lavatrice, ma è solo il prologo,
quindi volevo vedere cosa ne pensavano i fans della Ragazza Drago di questa mia long.
Se vedrò che i risultati sono positivi, posterò il primo vero capitolo (lungo lungo, così vi faccio contenti e,e)
Volevo poi ringraziare Drachen e Denisa99, che recensiscono tutti i capitoli delle mie storie con santa pazienza. Vi adoro!
Detto questo, bacioni a tutti!
E non dimenticatevi di LASCIARE UN PENSIERINO, se no NON AGGIORNO E.E (bad XD)!
Alla prossima!
N13

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Capitolo 2
*** They will save you from me. ***


-Pensate che Nida sia stata sincera? Che Sofia sia davvero sua prigioniera? - chiese Lidja, ancora un pizzico di speranza nella voce e nel cuore. 
-Non avrebbe senso mentire, Lidja. E poi ha detto che ce l'avrebbe fatta vedere. - rispose Fabio, la speranza assente come il sole di notte, la voce flebile come quella di un uccellino al quale hanno appena strappato le ali. Perchè era così, in fondo: Sofia era il suo tutto, l'unica possibilità che aveva per poter spiccare il volo verso la felicità. E ora volevano togliergli anche quella. No, non l'avrebbe permesso. Il gruppo di Draconiani era riunito nel cielo di Roma, tutti con un'unica meta quando il volo sarebbe finito: salvare Sofia. Fabio era in testa al gruppo, mentre gli altri facevano fatica a stargli dietro, tanto volava veloce. Nida aveva telefonato qualche ora prima, raccontando tutta la verità, ovvero che Sofia era stata nelle sue mani per tutto questo tempo. Per ben due mesi, maledizione! Se solo pensava a cosa avevano potuto farle, un istinto omicida si scatenava in lui.
Avrebbe dato qualsiasi cosa, anche l'anima al diavolo se questo avesse avuto come risultato poterla  riabbracciare di nuovo. Poter di nuovo toccare quei suoi ricci rosso fuoco, accarezzare la sua pelle di porcellana, contare le lentiggini sul suo viso, perdersi in quei suoi occhi verdi, baciare...
-Ma come diavolo abbiamo potuto essere così stupidi? - fece Karl, che ancora non riusciva a capacitarsi, interrompendo il filo dei suoi pensieri. -Credere che Sofia fosse scappata così, con un semplice bigliettino con su scritto: "Addio. Vi vorrò sempre bene. Sofia."?!
-Visti i precedenti, era stato facile crederlo, Karl. - rispose Lidja, piena di rammarico e pentimento. 
-Adesso non serve incolparci. 
-Ewan is right. - constatò sua sorella nella loro lingua madre. -The only thing che importa adesso è arrivare al cimitero.
"Aspettami, Sof" , pensò Fabio. "Sto arrivando a salvarti. E stavolta non ti lascerò andare. Mai più.

Sofia batteva compulsivamente il piede contro l'asfalto, stufa di aspettare: Nida era in ritardo di un quarto d'ora. Stava ormai calando la sera quando le arrivò un SMS.
"Cambio di programma" – scrisse Nida. "Vediamoci al cimitero tra dieci minuti."
Sofia sbuffò, irritata e contrita. Ma che diavolo stava combinando quella vipera?
Si mise gli occhiali da sole sulla testa, visto che se li avesse tolti non avrebbe avuto dove metterli.
Prese la metropolitana e arrivò al cimitero, che a quell'ora era ormai chiuso. Il cancello era alto circa tre metri e non c'era modo di scavalcarlo. Sofia si guardò intorno con circospezione, accertandosi che nei paraggi non ci fosse nessuno. Tirò fuori gli artigli e li usò per scassinare il lucchetto, quindi li ritirò ed entrò, richiudendo il cancello dietro di sè. Rabbrividì: cominciava a far freddo. Il cimitero era buio e non una luce rischiarava la silenziosa oscurità che avvolgeva quel luogo. Sofia trasferì raffiche di potere negli occhi, che le permisero di riuscire a vedere chiaramente al buio come un pipistrello. Si incamminò lungo la stradina lunga e stretta che si trovava al centro del cimitero. Ai lati, un rialzo di cemento e sopra di esso centinaia e centinaia di tombe. 
Sofia sentì una goccia d'acqua andare a bagnarle la punta del naso: alzò la testa e altre gocce le ricaddero su tutta la faccia. Stava per piovere. Poi, notò una figura avanzare verso di lei.
Era una sagoma alta e magra, con dei ricciolini che gli incorniciavano la faccia messa in ombra. 
Il respiro rimase bloccato nella gola di Sofia: non poteva, non doveva essere lui.
Il cuore di Sofia si bloccò di colpo contemporaneamente alla sagoma, come se improvvisamente si fosse ritrovato circondato da mura invisibili e invalicabili. Rimasero così, come nella scena di un film: entrambi immobili sotto la pioggia che aumentava sempre di più, il cuore che aumentava di un battito ogni goccia che toccava terra. Finchè la sagoma non parlò.
-Il cimitero è chiuso. 
Sofia espirò bruscamente, mandando al diavolo la sua immaginazione del cavolo. Perchè mai l'amore della sua vita sarebbe dovuto essere al cimitero? 
-Come ha fatto ad entrare? - chiese il giovane custode del luogo, che evidentemente aveva appena finito il suo ultimo giro di controllo e stava per tornarsene a casa. Prima ancora che Sofia aprisse bocca, qualcuno la precedette e parlò al suo posto.
-Siamo rimaste chiuse dentro, potrebbe farci uscire? - disse con voce suadente e ammaliante.
Sofia congelò Nida con lo sguardo, ma lei non la degnò di un'occhiata. Il suo sorriso sensuale era tutto dedicato al guardiano. Sofia ringraziò di non aver ancora mangiato nulla quella sera.
Il guardiano le superò e si avvicinò al lucchetto, mettondocisi ad armeggiare, credendo che fosse ancora chiuso. Nida si mise dietro di lui e posizionò le mani sulle orecchie del ragazzo, pronta a spezzargli il collo, ma Sofia non le lasciò strada spianata: spalancò le ali e le saltò addosso, e la stese sotto di lei riuscendo a coglierla di sorpresa.
-Scappa – gridò al ragazzo, che era rimasto a osservare come se stesse guardando la scena di un film horror. Immaginò come dove sentirsi: trovarsi all'improvviso davanti una ragazza che tirava fuori un paio di ali verdi, e un neo sulla sua fronte che si illuminava del medesimo colore.
-Và! - quasi ruggì. Il riccio non se lo fece ripetere due volte che scappò via a gambe levate, come se un leone affamato gli stesse correndo dietro.
-Non cambierai mai. - sospirò Nida, dopo che entrambe si furono alzate. La viverna si spazzolò via la polvere dai vestiti con la mano. Sofia soffocò l'impulso di cavarle gli occhi con gli artigli e tornò normale, la parte posteriore della felpa ridotta a brandelli. 
-Sexy. - fischiò Nida, che come risposta non ricevette altro che un'occhiata di fuoco da parte della Draconiana. 
-Perchè mi hai chiamata? - chiese, calandosi il cappuccio e lasciando uscire i selvaggi ricci rossi. Prese gli occhiali da sole e li gettò per terra: ne avrebbe comprato un paio nuovo, tanto le sue spese le pagava tutte Nida.
-Dovrai tornare a casa dai tuoi amichetti e lavorare per me da lì.
Il cuore di Sofia si divise in due parti: una contenta e una disperata. Quella contenta, lo era perchè avrebbe rivisto la sua famiglia, l'avrebbe riabbracciata. Quella disperata... lo era perchè nessuno sarebbe potuto venire a contatto con le sue labbra, con le sue lacrime o con il suo sangue. 
-Non possiamo continuare così? Come stiamo facendo adesso?
-Non sei contenta? Rivedrai finalmente il tuo Fabio...
-Stronza. - fece Sofia, la rabbia che le ribolliva nelle vene, pronta a esplodere come un vulcano.
La possibilità di cavarle gli occhi diventava via via più invitante.
-Ripetimi perchè non ti ho ancora ucciso. - disse Sofia, cercando di usare tutto l'autocontrollo che aveva a disposizione, e per farlo doveva sentirselo dire, ancora una volta.
-Perchè non ne sei grado, e anche se ci riuscissi attiveresti la maledizione nei confronti dei tuoi amici verso di te.
Sofia fece un profondo respiro e cercò di darsi una calmata, quindi chiese cosa avrebbe raccontato.
-Che sei stata mia prigioniera per tutto questo tempo. 
-E che sono riuscita a scappare. D'acc...
Nida scosse la testa ridendo. -No. Loro ti salveranno. Stanno arrivando qui per salvarti.
-Salvarmi da che cosa? - chiese Sofia, che cominciava a spaventarsi.
Lo sguardo di Nida si fece famelico. -Da me.

-Siamo arrivati. - annunciò Fabio mentre iniziava l'atterraggio. Gli altri lo imitarono e toccarono terra tutti e cinque all'unisono. Si guardarono intorno con attenzione, pronti a notare ogni più piccolo movimento nel loro raggio d'azione. Si divisero. Fabio avanzò lungo il sentiero e lo percorse tutto, gridando ai quattro venti il nome di Sofia. 
Quando cominciò ad intravedere il cancello, le sue orecchie acuite dal potere dei Draghi udirono l'eco una risata femminile rimbombare in tutto il cimitero.Si bloccò, guardando freneticamente da un lato e dall'altro per cercare di capire da dove la risata di Nida provenisse. Poi, dalla penombra, ecco comparire la sua figura snella e slanciata.
-Da come gridi il suo nome – urlò, beffarda -immagino che tu stia cercando il tuo amore.
-Dov'è lei, Nida? - le ringhiò in faccia Fabio. Si era avvicinato a lei e ora tra loro la distanza era di qualche centimetro. Nida sorrise.
-Fabio.
L'interpellato voltò la testa verso dove aveva udito quel mugolio sommesso e lì la vide.
Legata ad una tomba con il busto, le mani e le caviglie tenute ferme da una corda, la felpa e il jeans a brandelli, graffi profondi sulla faccia e sugli arti. Il cuore di Fabio risanò di gioia: la sua Sofia era ancora viva. Incurante della viverna, corse verso di lei e la slegò velocemente. Mentre lo faceva, ripeteva continuamente il nome della ragazza, cercando di tenerla sveglia. Batteva le palpebre freneticamente, come se le bruciassero gli occhi,  la fronte era imperlata di sudore, la felpa intrisa di sangue nei punti vicini agli strappi. Fabio gettò un'occhiata a Nida, la quale se ne restava lì impalata, braccia conserte ad osservare la scena. Lei notò il suo interrogativo e rispose allo sguardo con una scrollata di spalle.
-Puoi prendertela. Tanto ormai non mi serve più. - E sparì in una nuvola di fumo nero con una schioccata di dita.
-Lidja! Karl! - chiamò Fabio, con tutta la voce che aveva in corpo. Quelli accorsero dopo qualche secondo, seguiti dai due fratelli MacAlister. Non appena Lidja notò che il petto del corpo sanguinante di Sofia si abbassava e si alzava, seppur lentamente, lacrime di gioia le rigarono il volto. 
-Sof, Sof. - la chiamò. Quella aprì gli occhi con un evidente sforzo e le sorrise debolmente.
-Sapevo che sareste arrivati. - bisbigliò.
-Adesso andiamo a casa. - le disse Fabio con voce dolce e rassicurante. -Il professore ci aspetta.


Angolo autrice.
*Alla Bruno Vespa* Saalve! *Si strofina le mani*
Bene, bene. Come vi avevo promesso, il capitolo è mooolto più lungo rispetto al prologo,
anche se non ne sono molto soddisfatta onestamente :\
Dedico questo capitolo a tutte quelle sette anime buone che hanno recensito
quel capitolo di qualche righetta e che mi hanno pregato di continuare la storia.
Ho voluto aggiornarlo stasera in modo da poter fare anche gli auguri di buone feste
a tutto il fandom di EFP della Ragazza Dragom quindi...
Buone feste a tutti voi, Draconiani!
Spero recensirete in tanti e vi aspetto al prossimo capitolo!
N13

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Capitolo 3
*** Fight or walk away? ***


How long will you play this game?
Will you fight or will you walk away?
How long will you let it burn?

Red - Let it burn.

 
Quella notte la luna splendeva rossa nel cielo di Roma, attorniata da tanti piccoli puntini bianchi. 
Atterrarono nelle vicinanze dell'ospedale, dopo essersi assicurati che nei paraggi non ci fosse  nessuno. Lidja richiuse le ali e Fabio la imitò, avviandosi verso l'ospedale con Sofia in braccio, incurante degli altri. Chloe bloccò Lidja prima che lo seguisse. -Lidja, è inutile che attiriamo ancora di più l'attenzione presentandoci tutti insieme appassionatamente. - disse. -Noi tre andiamo alla villa.
Lidja annuì, poi, inaspettatamente, gettò le braccia al collo di Chloe. 
-Grazie. - le sussurrò all'orecchio.
I due ragazzi sembravano contrariati; Stavano per protestare, ma Chloe li gelò con una sola occhiata, facendoli ammutolire. Poi Lidja seguì di corsa Fabio all'interno della struttura.
Ewan e Karl le chiesero subito spiegazioni non appena spiccarono nuovamente il volo.
-Try to understand... Sono gli amici più stretti di Sofia, immagino vogliano essere lasciati un pò in pace.  
Karl chinò il capo, facendo cadere lo sguardo su una mozzafiato Roma notturna che si stendeva sotto di loro.
Ewan, invece, scosse la testa. -Te lo avrebbero detto loro, Chloe...
-Ci sono cose che devono essere capite da sole. Andremo a trovarla domattina.
-Sempre se a domani ci arriva. - bisbigliò Karl, a voce talmente bassa che nessuno dei fratelli MacAlister udì il suo bisbiglio.

Il professore rispose al secondo squillo.
-Lidja? Allora? L'avete trovata? Come sta? Dove...
-Prof, calmati! Si, l'abbiamo trovata. Al momento siamo in ospedale...
Schlafen non le permise nemmeno di concludere la frase.
-D'accordo, arrivo. Siete solo tu e Fabio, vero?
Lidja riusciva quasi a vedere il professore raccogliere in fretta e furia le chiavi dal mobiletto all'ingresso, raggiungere la macchina correndo ed accendere il motore, per poi partire a tavoletta. 
Beh, per quanto quel catorcio della sua auto glielo avrebbe permesso.
-Si. - rispose. -Siamo solo noi due. Gli altri stanno andando al lago.
-Immaginavo. Ho già avvisato Gillian, li aspetterà lei.
Lidja abbozzò un sorriso; in altre circostanze, lo avrebbe preso in giro dicendogli che era suo destino fare il chiaroveggente. -Ci vediamo tra poco. - gli disse invece.
-Sto arrivando. 
Tu, tu, tu...
Chiuse la chiamata e rimise il cellulare nella tasca dei jeans.


Lidja si avviò con passo lento lungo il largo corridoio, cellulare alla mano.
-Chiamo il prof. - aveva detto.
Fu di ritorno qualche minuto dopo con due caffè. Ne porse uno a Fabio, il quale lo buttò giù tutto d'un sorso, bollente e amaro com'era. Lidja storse la bocca, ma non disse niente. 
Era notte fonda, il pronto soccorso era deserto. Gli unici rumori che arrivavano alle orecchie dei ragazzi erano quelli provenienti dalle auto che passavano davanti all'ospedale. Lidja versò la bustina di zucchero nel suo bicchiere, quindi ne bevve una piccola sorsata e tornò a prendere posto accanto a Fabio. Poggiò la mano libera sulla sua spalla. -Andrà tutto bene, Fabio. Sof starà benone. 
Il ragazzo si prese la testa tra le mani, premendo con i gomiti sulle ginocchia. 
-Ma come cazzo abbiamo potuto essere così maledettamente stupidi, Lidja? Come?
Lidja si morse un labbro, ritraendo la mano e poggiandosela in grembo. Non sapeva cosa rispondere. Bevve un altro sorso di caffè.
Rimasero in silenzio per un pò, poi Lidja lo interruppe.
-Credo che a breve sarà qui la polizia. 
Fabio non si mosse di un millimetro. 
-Cosa raccontiamo? - continuò Lidja a bassa voce. In quel momento, per loro l'argomento era importante tanto quanto lo erano i due bicchierini di plastica gettati nel cestino dell'immondizia, ma non avevano bisogno di crearsi ulteriori problemi con la polizia. Ne avevano già abbastanza di loro.
-Ci penserò quando mi troverò i poliziotti davanti. - rispose alzando la testa; aveva gli occhi lucidi e la mascella contratta. -Ora non mi interessa granchè.
Fabio si mise in piedi e cominciò a girare in tondo, come un cane che vuole mordersi la coda. 
-Dio, Fabio, siediti! Mi stai facendo venire mal di testa! - gli intimò Lidja dopo un pò. Fabio si fermò, si poggiò vicino al muro di fronte a Lidja ed incrociò le braccia al petto.
Era diventato un agnellino docile.
Lo diventava sempre quando c'era di mezzo Sofia. 
Lidja trovava incredibile come il dolore fosse capace di avvicinare due persone. Lei e Fabio litigavano ogni volta che ce n'era l'occasione, ma quando si trattava di Sofia... le cose cambiavano. Ad esempio, quando avevano trovato il biglietto di Sofia nella sua stanza, Schlafen aveva detto, proprio come la prima volta, che la scelta era sua, loro si erano trovati d'accordo l'uno con l'altra. 
-Se ha deciso di andarsene – aveva detto Schafen più triste che mai -avrà avuto i suoi buoni motivi.
-Ma non puoi lasciarla andare così! - avevano ribattuto Lidja e Fabio. -Devi cercarla, farle cambiare idea..
Ma Schlafen era stato categorico. -Basta. La questione è chiusa. Se cambierà idea, la mia porta è spalancata, l'accoglierei a braccia aperte, sarei felicissimo... 
La voce del professore che la chiamava la riscosse dai suoi ricordi.
-Lidja! 
Lei le andò incontro e lo abbracciò di slancio, stringendolo forte. 
-Si sa qualcosa? - chiese lui sciogliendo l'abbraccio.
Lidja stava per rispondere, quando la porta della stanza dove si trovava Sofia si aprì, e ne uscì una donna in camice bionda e formosa.
-Siete parenti della ragazza? - chiese in tono autoritario. 
-Io. - fece Schlafen avvicinandosi a lei. -Io sono suo padre, e loro sono suoi amici.
La donna annuì, presentandosi come dottoressa Del Plato. Fabio sembrava impaziente.
-Le condizioni di sua figlia sono stabili. - annunciò. -Ha perso molto sangue a causa di un'emorragia esterna, così le abbiamo fatto qualche trasfusione e medicato tutte le ferite. Ha subito un trauma cranico, probabilmente dovuta a qualche botta, ma questo non è molto pesante. La terremo sotto osservazione per un pò.
-E' sveglia? 
-Per ora no, signore, ma il fatto che abbia perso tutto quel sangue è uno dei motivi per cui adesso non è cosciente. Non c'è da preoccuparsi per adesso. 
-Possiamo vederla? - chiese Fabio con voce roca.
-Certo. Se si sveglia, non esitate a chiamarmi. Io sarò qui a fianco. - indicò una porta accanto a quella di Sofia ed entrò dopo aver salutato.

La luce ferì gli occhi di Sofia non appena li aprì. 
Avrebbe voluto proteggerli con una mano, ma si sentiva talmente stanca che persino sollevarla era faticoso, così ci rinunciò e chiuse gli occhi.
Sentiva una flebo collegata nell'incavo del braccio, sentiva la cannula dell'ossigeno nel naso. 
-Scusa tanto, non era mia intenzione ridurti in questo stato. 
Sofia aprì le palpebre giusto quel tanto che bastava per vedere la figura di Nida stagliarsi in piedi davanti al suo letto d'ospedale. 
-Devo ammettere di avere un tantino esagerato.
-Vaffanculo, Nida. - ribattè Sofia con voce flebile. Provò ad aprire completamente gli occhi, sperando che questi si fossero abituati alla luce. Quando constatò che la lampadina al neon sopra la sua testa non le dava più fastidio, potè distinguere nitidamente la figura di Nida.
Indossava i suoi soliti anfibi, accompagnati da una maglietta rossa di cotone senza scritte, che le metteva in risalto il suo caschetto biondo. Teneva le braccia incrociate sotto il seno, un sorriso canzonatorio stampato in faccia. Se ne avesse avuto le forze, Sofia gliel'avrebbe cancellato dalle labbra a suon di schiaffi. 
-Che ci fai qui? 
-Piccola visitina di passaggio. - rispose Nida, stendendo la mano davanti a sè per ammirare le lunghe unghie laccate di rosso. Voltò la testa verso la porta e rimase per un instante in ascolto. Poi tornò a guardare in faccia Sofia e disse: -Devo scappare. I tuoi amici stanno arrivando. E tieni d'occhio il cellulare.
Le fece l'occhiolino, poi schioccò le dita e al suo posto non rimase altro che una nube di fumo nero, che si dissolse dopo qualche secondo. 
Quando sentì il rumore della porta che veniva aperta, a Sofia salì il cuore in gola. 
Non era pronta ad affrontarli, non ancora. Nel brevissimo lasso di tempo che impiegarono il professore, Lidja e Fabio -li aveva riconosciuti- ad entrare, Sofia chiuse gli occhi e posizionò velocemente la testa di lato e la mano senza flebo in grembo. Cercò di restare più immobile possibile mentre sentiva dei passi avvicinarsi a lei, accompagnati da sussurri sommessi. Sentì il rumore di una sedia che veniva spostata, e successivamente qualcuno stringerle la mano. 
Riconobbe la stretta forte e salda del professore; le venne quasi da piangere mentre questo cominciava a parlarle e ad accarezzarle i capelli.
-Ciao. - cominciò con voce tremante. Sofia udì altri passi e la porta della stanza chiudersi. Probabilmente Lidja e Fabio avevano voluto lasciarli soli.
-Sofia... Io, mi dispiace davvero. Scusa se ho creduto davvero che tu saresti potuta andartene così. Non mi perdonerò mai per essere stato così stupido. Per colpa mia... hai quasi rischiato la vita. 
Sofia, in seguito, non avrebbe mai saputo cosa il professore le avrebbe detto, perchè in quel momento un dolore peggiore di una coltellata la prese allo stomaco.
Gridò con quanto fiato aveva in corpo.
 

Wee bella gente :D
Buona festa dei lavoratori innanzitutto!
Mi spiace tantississimissimo di averci messo così tanto ad aggiornare, solo ho l'esame di terza media quest'anno, quindi cercate di comprendermi :C
Il capitolo è venuto abbastanza lungo. Spero ne sarete soddisfatti\e e aspetto con ansia i vostri pareri!
Grazie ai lettori silenziosi, ai recensori e a quelli che hanno inserito la mia storia nella preferite\ricordate\seguite.
Vi lovvo tutti *sparge cuoricini*
Al prossimo aggiornamento!
N13

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Capitolo 4
*** Not this. Not again. ***


Tutto divenne confuso in pochi instanti.
Sentì un paio di mani che gli agguantavano le braccia e lo trascinavano, contro la sua volontà, verso la porta. Sofia si contorceva, aveva il fiato corto per le urla che stava emettendo.
«Mi dispiace, signore, ma deve uscire.» diceva qualcuno alle sue spalle, tirandolo. 
«No, cosa sta succedendo?» gridò Schlafen, fissando i piedi al suolo come un bambino. 
«Deve uscire.»
Provò a liberarsi dalla presa ferrea di colui che lo stava cacciando dalla stanza, ma si ritrovò fuori in pochi attimi a osservare, atterrito, la porta che gli veniva sbattuta fortemente in faccia.
«Prof, ma che sta succedendo?»
Schlafen ruotò lentamente su se stesso, ritrovandosi faccia a faccia con Lidja e Fabio, che lo fissavano con un aria da cani bastonati. 
Prima che potesse rispondere, Fabio si avvicinò alla porta e cominciò a tempestarla di pugni e a gridare di voler entrare, di avere il diritto di farlo. 
«Sto per sfondare la porta.» comunicò a un certo punto con tono perentorio, ma Lidja gli si parò davanti e lo spinse verso il muro dietro di lui. 
«Ma sei pazzo o cosa? Credi che potresti essere d'aiuto?»
«Non la senti come grida?! Non posso certo starmene qui a braccia conserte a sentire le sue urla!»
Schlafen si avvicinò ai due, posando una mano su una spalla di ognuno. 
«Possiamo solo aspettare, ragazzi. Non possiamo fare nient'altro che aspettare.»
Fabio contrasse la mascella, chinò la testa e strinse le mani a pugno. Superò Lidja e il professore e si parò davanti alla porta della stanza di Sofia, poggiandovi sopra il capo. Portò i pugni all'altezza del viso e poggiò anche quelli alla porta, come se ogni parte del suo corpo avesse bisogno di un sostegno solido per non disintegrarsi.

Erano sfocate le facce degli infermieri e dei medici che si affaccendavano intorno a lei; sentiva le sue stesse urla rimbombarle nel cervello in un'eco infinita.
Sapeva cos'era la causa di tutto ciò, e non doveva perdere il controllo, non poteva permetterselo.
Ma, secondo la maledizione, non spettava a lei decidere.
Sofia avvertì l'improvvisa perdita del controllo dei suoi arti, come se lei fosse improvvisamente diventata una semplice spettatrice di se stessa. 
Sentì il suo corpo che si metteva seduto, in completa autonomia, e i suoi occhi che registravano le facce sbalordite di tutti i presenti. Il dolore c'era, acuto e forte, proprio nello stomaco, tuttavia lei lo ignorò, pensando a ciò che stava per fare per farlo smettere. 
Con una velocità che non le apparteneva, raggiunse le spalle di uno degli infermieri e, con una ferma mossa dei polsi, gli spezzò il collo. L'uomo stramazzò al suolo, senza vita. 
Prima che tutti gli altri presenti potessero mettersi a gridare o a scappare o a fare Dio solo sa cosa, la mente di Sofia sprigionò un potere che la ragazza non immaginava nemmeno di possedere. 
Rimasero lì, tutti, immobili come statue, a fissare il vuoto. Sofia sapeva, senza sapere in che modo, che quegli uomini e quelle donne avevano dimenticato ciò a cui avevano appena assistito, e che avrebbero fatto lo stesso con ciò che stavano per vedere in quel momento.
Sofia si avvicinò alla flebo che una volta era attaccata al suo polso, staccò l'ago e tornò dalla sua preda. Si inginocchiò accanto a lui e fece scorrere con forza l'ago sul suo collo, facendo sgorgare sangue a fiotti. Con un sorriso di vittoria, la sua bocca raggiunse il punto dove il sangue zampillava.
Non appena le sue papille gustative registrarono il sapore del sangue, il dolore nello stomaco scomparve, sostituito da un piacevole senso di beatitudine.
Continuò a succhiare sangue finchè Sofia non riprese il controllo della propria mente e del proprio corpo. Si guardò intorno, il retrogusto del sangue ancora in bocca, una voglia matta e disperata di piangere. Lo aveva fatto di nuovo. Guardò l'uomo steso per terra: dei rivoli di sangue gli scendevano lungo la clavicola, gli occhi erano vitrei e vuoti. 
Oh mio Dio. L'ho ucciso io.
Si portò la mano alla bocca per non urlare, inorridita di se stessa. 
Senza pensarci due volte, zigzagando tra le decine di statue umane nella stanza, raggiuse la finestra e la spalancò. Evocò le sue ali, sentendo il potere di Thuban scorrerle nelle vene. 
Che cosa ho fatto, Thuban? Chiese con la mente al suo drago, le lacrime che le offuscavano la vista.
Hai avuto un grande coraggio, Sofia. Hai scelto di sacrificare te stessa al posto dell'uomo che ami, e questo ti rende onore.
Ma non mi fa onore un altro uomo ucciso, altro sangue innocente aggiunto nel mio stomaco.
Lo so. Troveremo una via d'uscita, vedrai.
Sofia non gli rispose; non credeva alle parole di Thuban, perchè un modo non c'era. 
Aveva avuto una scelta, e aveva preso la sua decisione al posto di colui che amava: ora le toccava subirne le relative conseguenze.
Sofia rammentò a se stessa che non poteva scappare da Schlafen e Fabio e Lidja: doveva restare. Richiuse le ali. Sollevò il corpo senza vita dell'uomo che aveva ucciso e, dopo essersi ripulita del suo sangue vicino al suo camice, lo gettò dalla finestra insieme all'ago.
Controllò bene di non essersi macchiata di scarlatto da qualche parte, quindi si rimise a letto, raggomitolandosi sotto il leggero lenzuolo di cotone. In quel momento, tutte le persone immobili in quella sala si riscossero dal loro torpore, guardandosi intorno con un'aria stralunata.
Sofia sentì dei bisbigli sommessi. «Sta bene, si è calmata. Andiamocene.»
Non appena furono usciti, Sofia si lasciò andare allo sconforto e alle lacrime.
Una cosa la rincuorava leggermente, però: almeno al suo posto non c'era Fabio.

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Capitolo 5
*** The curse. ***


Fabio prese un profondo respiro, poi aprì con cautela la porta e, dopo essersela richiusa alle spalle, entrò nella camera d'ospedale di Sofia.
Era stesa su un lato, in modo tale da dargli le spalle, i lunghi capelli ricci legati in una coda di cavallo bassa.
«Chi è?»
Fabio pensò di essersi immaginato quel bisbiglio sommesso, ma quando Sofia si voltò a guardarlo, allora fu sollevato di sapere che non stava diventando schizofrenico.
«Sofia.» disse titubante, avvicinandosi al lettino.
«Ciao.» sussurrò lei di rimando, con sguardo afflitto.
Fabio notò che i suoi occhi erano rossi e gonfi, come se avesse appena smesso di piangere a dirotto, ma lui non le chiese nulla: non voleva turbarla più di quanto già non era.
«Come stai?» le domandò invece dolcemente, cominciando ad accarezzarle i capelli.
Sofia si sforzò di regalargli un sorriso, seppur tirato. «Molto meglio, grazie.»
Fabio l'aiutò a rimettersi seduta, le aggiustò i cuscini dietro la schiena, in modo da farla stare il più comoda possibile, e infine la obbligò a mandar giù almeno un piccolo spicchio di mela.
«Davvero, Fabio, non mi va. Mi sale il vomito soltanto a guardarla, quella mela.»
«Allora dì al tuo vomito che dovrà aspettare per venire fuori, se proprio vuole farlo, perchè adesso tu devi mangiare.»
Sofia allungò lentamente una mano e prese lo spicchio dalle dita di Fabio, portandoselo alla bocca.
«E il prof?» chiese, masticando come se in bocca avesse un porcospino.
«E' da stanotte che non chiude occhio, così Lidja lo ha portato a casa a riposare un pò, anche se abbiamo dovuto praticamente ricattarlo per farlo allontanare da te.»
Sofia abbozzò un sorriso.
«Senti, Sof,» cominciò Fabio dopo un pò. «so che probabilmente non è il momento più adatto, ma questo tarlo mi sta uccidendo, e devo chiedertelo.»
Il sorriso della ragazza si spense all'improvviso, come se qualcuno avesse appena premuto un pulsante per farla smettere di sorridere.
Fabio sapeva che quel pulsante altro non era che la domanda che stava per rivolgerle, la quale già aleggiava nell'aria, subdola, prima ancora che lui aprisse bocca.
«Cosa ti ha fatto Nida, di preciso?»
Sofia ingoiò quel pezzettino di mela che aveva ancora in bocca e posò quel che restava dello spicchio sul comodino al suo fianco.
«In che senso?»
«In che senso immagini tu, Sof?»
Sofia abbassò la testa, ammirando il lenzuolo che le ricopriva le gambe. «Non ho voglia di parlarne ora, Fabio, cerca di capire...»
Fabio le strinse la mano, si alzò dalla sedia e le diede un delicato e leggero bacio al centro della fronte, proprio dove si trovava l'Occhio della Mente.
«Non preoccuparti, capisco benissimo.»
Sofia lo guardò con gli occhi colmi di lacrime. «Grazie.» gli sussurrò.
«Adesso riposa, però.» le ordinò Fabio con dolcezza, asciugandole quella lacrima solitaria che le rigava il volto roseo.
«Fabio?» lo chiamò Sofia dopo essersi stesa nuovamente.
«Si?»
«Non andartene, ti prego.»
«Non mi muovo da qui.»
Sofia annuì, poi si girò dall'altro lato.
Fabio sentì il respiro della ragazza farai più pesante quasi immediatamente.
'Niente ti porterà più via da me, te lo giuro.' pensò senza staccarle gli occhi di dosso, come se, smettendo di guardarla, lei sarebbe potuta scappargli via da sotto il naso un'altra volta.
Sarebbe stato lì, al suo risveglio.
Voleva esserci ad ogni futuro risveglio della sua Sofia.
Voleva stare con lei ogni notte ed ogni mattina ed ogni giorno.
Voleva sorriderle la mattina appena sveglia e la sera prima che le braccia di Morfeo l'avvolgessero.
Voleva passare con lei il resto della sua vita, e nessuno, se non lei, glielo avrebbe impedito.
Con profonda amarezza, si rese conto di una cosa: è solo quando si è in procinto di perdere qualcuno, che ci si rende conto di quanto questo qualcuno sia così importante e prezioso.
Il cellulare di Sofia emise un improvviso e breve 'bip', interrompendo il suo monologo mentale
Fabio lo afferrò dal comodino e aprì la casella dei messaggi, che era completamente vuota, fatta eccezione per un unico messaggio da 'sconosciuto'. Pigiò sul messaggio per aprirlo, e lesse:
«Peccato che non possa goderti il tuo Fabio a causa della maledizione: siete così carini!»
Fabio rimase pietrificato. Maledizione? Ma che diavolo significava?
Senza pensarci due volte, tirò fuori il suo cellulare dalla tasca dei jeans strappati, uscì fuori dalla stanza e compose il numero di Lidja.
«Fabio? Che succede?»
«Passami Schlafen.»
«Veramente, lui starebbe dormendo...» gli disse lei, esitante.
«Allora sveglialo.»
«Ma che succede? E' per Sofia? Sta bene?» La voce di Lidja si era fatta improvvisamente più seria.
«Sta bene. E ora passami George, Lidja.» concluse Fabio in tono duro, uno di quelli che non ammettono repliche.
Lidja sospirò. «Aspetta in linea.»
Attese qualche minuto, poi la voce preoccupata di Schlafen riempì i timpani di Fabio.
«Fabio? Ma cosa...?»
«Devi venire in ospedale, subito.» gli disse, categoricamente. «Dobbiamo parlare.» E chiuse la chiamata ancor prima che Schlafen potesse rispondergli.

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