Tessou-Fist

di Mankind17_13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una chiamata indesiderata ***
Capitolo 2: *** Quando il braccio destro... non è proprio affidabile ***
Capitolo 3: *** Carriera lampo ***
Capitolo 4: *** The Clown ***



Capitolo 1
*** Una chiamata indesiderata ***


Era la festa di San Valentino, la giornata si era aperta con una grandinata, forse per avvertirmi che i chicchi grandi quanto

Era la festa di San Valentino, la giornata si era aperta con una grandinata, forse per avvertirmi che i chicchi grandi quanto una pesca non sarebbero stati l’ unica fonte di dolore della  giornata.

Mi diressi verso la Mankind industries, una grande multinazionale impegnata nel settore tessile che riforniva di tessuti pregiati le migliori sartorie della nazione, ma il motivo non riguardava di certo un negozio di stracci dato che da anni adottavo sempre e solo il mio cosiddetto “Style”. La mia motivazione si chiamava Sarah, una dei componenti del consiglio d’ amministrazione, nonché la mia attuale compagna.

Mentre mi incamminavo verso la sede, notai il solito gruppo di curiosi, il quale investigava sulla stranezza del mio abbigliamento… Che fastidio, possibile che debbano notarmi a tutti i costi? Con tutte le stranezze in questo mondo…

Dopo aver passato il pub, mi ritrovai davanti alla mia destinazione, e qui capii il significato allegorico della grandine: “guai pesanti in arrivo”.

La mia ragazza stava in piedi davanti alla porta, il viso rigido, gli occhi vitrei… se la matematica non è un’ opinione, direi che un bel 84% di essere lasciato fosse una percentuale del tutto onesta.

 

“Alexander…” Fu la prima parola che spiccicò appena mi vide e dal tono freddo, quasi riluttante, dedussi una possibile Armageddon.

La mia teoria, si rivelò però errata, dato che invece di un litigio di proporzioni bibliche, mi liquidò con un semplice “finiamola qui”.

 

Sono passati dieci anni da allora ed adesso la mia professione è quella del cacciatore di taglie, un lavoro quasi onesto e quasi senza rischi… se la taglia dei criminali non supera i 1000 Zarath, sia chiaro.

Mentre ripensavo all’ ultima donna della mia vita, mi alzai dalla sedia di legno tarlato e mi diressi in direzione dello specchio, o quello che ne rimaneva. Da bambino mia madre mi aveva raccontato che nello specchio delle persone cattive si materializzava il demonio… Sono passati lustri da allora, ma la paura di vedere un mostro cornuto nel mio specchio, non è mai del tutto sparita.

Mi esaminai con scrupolo. La mia paranoia mi permetteva di notare anche il più minuscolo difetto del mio corpo. Barba incolta, capelli lasciati a se stessi che ricordavano molto una serie crescente di tsunami, occhi assonnati, borsoni sotto quest’ ultimi… Wow, direi che sono proprio un cesso.

Preso com’ ero dal mio narcisismo, non m’ero minimamente accorto di un fondamentale dettaglio: Ero senza un braccio.

Dovete sapere che in questi dieci anni, data la mia immancabile buona stella (possa spegnersi presto), fui coinvolto in un’ azione di guerriglia da parte della fazione di estrema destra denominata “Pace guerriera”. A prescindere dalla fantasia del nome, questo gruppo di bastardi, mirava a mettere in allarme il Re, per impedire altre assurde guerre, come la guerra di Mercurio, chiamata così in virtù dell’ assurdità con cui era scaturita. In ogni caso, pur condividendo gli ideali pacifisti di quei ciglioni, mi viene spontaneo pensare “Ma io che cazzo c’ entro?”. Fortunatamente, la perdita degli arti è un problema risolto da tempo, grazie all’ ausilio di speciali protesi meccaniche che funzionano con una procedura che non sono mai riuscito a capire del tutto.

Ovviamente, per volontà della suocera sfiga, a me toccò un modello sperimentale rubato da chissà quale laboratorio bellico, che apparentemente non aveva nulla di anomalo, se non si considera lo spropositato aumento di forza fisica, ma son dettagli.

Durante la ricerca del mio principale strumento da lavoro, al mio orecchio giunse un suono per niente desiderato.

Era il mio cellulare, il mio cellulare che suonava la canzone Machiavellism dei “Dir en Grey”, quindi poteva essere solo una persona, una persona che per me era morta dieci anni or sono.

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Capitolo 2
*** Quando il braccio destro... non è proprio affidabile ***


“Pronto

“Pronto?”

 

Avevo impugnato il cellulare senza accorgermene, forse in preda  all’ emozione di sentire nuovamente una voce un tempo così cara.

 

“Alexander, sono io… Raggiungimi al Bar “Anima d’ argento”, in fretta…”

 

La voce all’ altro capo dell’ apparecchio giungeva alle mie orecchie come lo stridio di un microfono, a tal punto che la testa mi fece male.

Chiusi il telefono e tornai alla ricerca del mio partner, un braccio meccanico dotato di volontà propria… Che tempi!

Il bastardo amava più di ogni altra cosa nascondersi nei luoghi più difficili da raggiungere, forse perché voleva anche lui la sua privacy, o forse perché ogni volta che lo connettevo al mio corpo, le nostre menti entravano in contatto, il che non era proprio il massimo del godimento.

“Ehi, ammasso di scarti, vieni fuori o col cazzo che ti compro l’ olio migliore sul mercato!”

Questa minaccia aveva sempre un certo effetto su quel braccio posseduto, probabilmente a causa del suo carattere raffinato.

Eccolo lì, la versione cyborg della mano della famiglia Adams! Nonostante tutto, il novello fuggiasco tentava di sfuggirmi passando in mezzo alle mie gambe… piiiiirla.

Con un’ acrobazia degna di un funambolo, riuscii ad acchiappare la mia protesi, ormai ad un metro dalla finestra della mia topaia.

“Mettimi giù screanzato!! Non voglio unire la mia intelligenza alla mentalità di un cafone amante delle risse!!” disse il braccio.

“Non rompere stronzo, dobbiamo andare, perciò… CONTATTO!”.

Dovete sapere che questi bracci meccanici, sono stati ispirati da un antico manga chiamato “Full metal Alchemist”, dove il protagonista, un nano biondo capace di usare l’ alchimia, portava ben due protesi meccaniche.

La sostanziale differenza tra i nostri arti, è che il suo non rompeva i coglioni in questa maniera.

Connesso il braccio, indossai i miei abiti consueti: pantaloni da karate, una t-shirt nera con su scritto “Grande Buddha, assisti la mia anima”, ed un borsalino nero modello “waterproof”. La cinghia che avvolge di solito questo tipo di copricapi si era rotta da tempo, ed in sostituzione ho messo una lunga benda bianca che dice apertamente “Love and Peace”.

Mi ritrovai in una strada polverosa e semideserta, in cui l’ elemento più vivo rimaneva la polvere sollevata dal vento, sempre e comunque.

Il bar “Anima d’ argento” si trovava a cinquecento metri dalla mia abitazione, ma c’ era un problema a trecento metri dall’ arrivo, un problema chiamato “Draghi purpurei”.

Erano un’ organizzazione criminale di quinta categoria, ma esercitavano una certa influenza sul territorio ed il loro capo, Relia, era una spadaccina niente male, nonché un’  inoppugnabile bellezza, ma questi son dettagli.

Arrivai al confine con la zona rossa, e subito un drago si precipitò ad accogliermi. Per mia immensa fortuna era Relia, non troppo felice di vedermi.

 

“Cosa vuoi finocchio? Ti avevo detto di non farti più vedere dopo l’ ultima volta”

 

“Che ci vuoi fare? Si da il caso che debba passare proprio per questa via. Pensi di potermelo impedire, bambola?”

 

“Fottuto maschilista, lo sai che detesto essere chiamata “bambola””

 

Portai la mia mano umana sul cappello, e lo calai leggermente, in modo da non far vedere la mia espressione alla principessa. Ho uno strano modo di sorridere, forse perché ho una bocca eccessivamente larga o magari per i miei canini sporgenti… Per dirla tutta, più che un sorriso sembra il ghigno di un demonio, infatti ho cercato per anni di allenare il viso a sorridere umanamente, ma non c’ è stato verso… Mi viene sempre da ridere quando mi danno del maschilista,  perché tutti i miei conoscenti affermano che il mio cervello è ancora più complesso di quello femminile, con tutte le mie paranoie e gli sbalzi d’ umore.

Sapevo già dove avrebbe portato questo patetico scambio di gentilezze. Reila si sarebbe appellata al codice dei draghi purpurei, che testualmente affermava: “Coloro che invaderanno il territorio dei draghi purpurei, saranno immediatamente sfidati a duello da un membro della banda estratto a sorte, e solo in caso di vittoria, l’ invasore avrà diritto ad uscire con le proprie gambe”. Lo so perché sarà la centesima volta che invado il loro territorio, e non ho mai perso.

 

“Senti bambola, so già dove vuoi arrivare…duello?”

 

Il mio tono arrogante doveva aver fatto breccia nella ragazza, dato che i suoi delicati lineamenti si contrassero in un’ espressione furiosa ed i suoi lunghi capelli rossi si mossero allo stesso modo dei serpenti di Medusa.

 

“L’ intruso desidera il duello, estraiamo a sorte lo sfidante… Gizmo!”

 

Gizmo era il secondo di Reila, ed era un vero e proprio artista con la pistola, peccato fosse di salute cagionevole, e mio sicuro complice nella farsa che avremo inscenato da lì a poco.

 

“I combattenti si preparino a combattere… iniziate!”

 

Rimanemmo immobili, pronti a inscenare il più bello spettacolo teatrale della storia di questa città.

 

 

 “preparati ad essere appesantito con un po’ di piombo”

 

“certo certo… ehi, ammasso di ferraglia, pronto?”

 

“Uff, proprio adesso che stavo trovando il senso della vita…”

 

“Ma brutto cretino, tu sei una protesi bionica, che cazzo di domande ti fai?”

 

“beh, almeno compenso la tua mancanza di curiosità verso l’ essenza del tuo essere”

 

“Stronzo metallico, la mia unica curiosità è vedere se riuscirò ad arrivare alla fine del mese, perciò adesso collabora!!”

 

“ok, ricevuto… (schiavista)”

 

“mh?”

 

“nulla, procediamo, ricordi il codice d’ attivazione?”

 

“Unità bionica RZ313Q, Tessou-Fist, modalità corpo a corpo, attivazione… giusto?”

 

“vedo che non sei poi così incapace come appari”

 

“poi faremo i conti noi due…adesso combattiamo!”

 

All’ interno di Tessou, ovvero il mio braccio, si trova una ghiandola, la quale secerne una particolare sostanza che entra nel circolo sanguigno, aumentando le prestazioni di un umano considerevolmente.

Avrei voluto dare spettacolo, ma dovevo incontrare Sarah, perciò finii tutto in un attimo.

Iniziai a correre verso Gizmo in cerca del confronto diretto, ma quest’ ultimo mi scagliò contro un proiettile diretto alla  testa.

 

“protocollo BF01, scudo terreno”

 

Incredibile cosa si possa fare con un pugno, persino alzare barriere dal terreno. Il proiettile venne fermato, perciò colsi subito l’ occasione propizia sferrando un attacco contro la mia stessa barriera, facendo in modo che i suoi frammenti travolgessero Gizmo. Vinsi io, non avevo tempo da perdere in fondo.

 

“ho vinto, fammi passare”

 

Pur essendo arrabbiata, Reila dovette cedere il passo e concedermi di attraversare il suo territorio.

 

Sto arrivando Sarah.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Carriera lampo ***


Dieci anni… sono già passati dieci anni…

Dieci anni… sono già passati dieci anni…

 

A quel tempo ero un povero fallito di appena 18 anni, con un affitto sulla testa ed una propensione all’ ozio… Pensavo di essere un elemento superfluo in questo mondo popolato da  geni, furbacchioni o idioti dal bellissimo aspetto.

Passavo le mie giornate a bere, combattere nelle risse e guardare la TV, un classico esempio di come buttare via la propria vita in tre mosse.

Pregavo un dio a cui non credevo per ricevere uno stimolo, una ragione di vita, un obiettivo per rinascere e dirigermi verso quella meta che noi chiamiamo “Futuro”.

Poi arrivò lei. Era terminata l’ ennesima rissa, ed io ne avevo prese parecchie, quanto basta per rimanere immobile dal dolore… Lei si avvicinò e mi pulì il viso intriso di sangue con un morbido fazzoletto di seta… Sorrideva… Era così bella quando sorrideva.

Passai una settimana a chiedermi chi mai fosse quella ragazza che mi aveva soccorso, non sapendo che la risposta stava davanti a me… nel palazzo di fronte al mio per essere fiscali.

Ci incontravamo spesso per strada, dove rimanevamo a parlare per ore ed ore, senza mai stancarci, fino a quando le corde vocali ce lo permettevano.

Era la prima volta che venivo trattato come una persona, la prima volta che vedevo  un sorriso caldo rivolto a me… era tutto così magico, così irreale… come è potuto finire?

 

Stavo correndo verso il bar, mentre nella mia testa le immagini di Sarah si proiettavano come su uno schermo cinematografico.

Il mio cervello si stava spremendo alla ricerca di una motivazione per la quale lei sarebbe dovuta venire a cercarmi…

 

Ipotesi numero 1

Si era forse accorta di non poter vivere senza di me?

Improbabile, solo un idiota ci metterebbe dieci anni a capire certe cose.

Ipotesi numero 2

 Magari ha bisogno di soldi… Nah, sono più al verde di Paperino, al massimo potrebbe prendere un pochino dei miei debiti col regime.

Ipotesi numero 3

 E se fosse rimasta incinta ed io fossi il padre? Anche se così fosse, sarebbe assurdo venire a dirmelo dopo dieci anni, ma teniamola calda, potrebbe anche essere… Dopotutto, “impossible is nothing”.

Ipotesi numero 4

Magari è diventata una spia di qualche paese governato da un signore della Guerra ed è venuta a sapere di Tessou-fist. Nahhhh, chi lo vorrebbe questo  cyber-dandy?

 

“Per tua norma e regola, devo informarti che il tuo scarso “humour” non sortisce il benché minimo effetto sulla mia intelligenza”

 

“Leggi nei miei pensieri?”

 

“Dimentichi che le nostre menti sono in collegamento, babbeo?”

 

“Ah già, me ne sono scordato…”

 

“idiota…”

 

Prima che potessi ribattere all’ ennesima offesa di quel braccio maledetto, riuscii a beccare l’ unico sasso nel raggio di metri, un record invidiabile. Mi rialzai canticchiando “Paradise city” dei Guns, un vero e proprio antidolorifico.

 

Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
Take me home

 

Era sufficiente il ritornello.

 

Mi accorsi di essere finalmente giunto alla mia destinazione, ma cosa mi avrebbe riservato quello strano appuntamento?

 

“Sempre il solito pasticcione Alexander…”

 

Spalancai gli occhi dallo stupore: era la prima volta che la vedevo dopo dieci anni ma non era cambiata affatto.

Indossava un lungo vestito nero senza spalline, che  metteva in risalto il suo collo alla Modigliani, o come diceva lei, alla E.T.

La vita era protetta da un cinturone borchiato, mentre al collo… portava ancora quel ciondolo a forma di farfalla che le regalai durante il nostro primo appuntamento.

 

“Hai perso un braccio a quanto vedo…”

 

“Son cose che capitano…”

 

“Sei freddo… non mi hai ancora perdonata…”

 

Certe deduzioni mi fanno cedere le gambe… e girare le balle.

 

“Sai com’ è, non ho ancora capito perché mi hai mollato… dopo dieci anni…”

 

“Avevo i miei buoni motivi, ora ascoltami, ti devo chiedere un favore”

 

“Basta che eviti i discorsi persuasivi”

 

Entrammo nel locale e ci sedemmo al bancone. Lei ordinò della Vodka, mentre io mi accontentai di una birra chiara, non reggo l’ alcool.

 

“Come mai sei venuta a cercarmi? Sentivi la mia mancanza?”

 

“Ho scoperto delle cose preoccupanti Ale…”

 

“Cioè?”

 

“Negl’ ultimi tempi, ho notato che nel bilancio della società erano presenti forti spese non riconducibili alla merce acquistata. Inoltre Ho sorpreso molto spesso il presidente mentre discuteva di un certo “codice””

 

“Cosa vuoi che faccia?”

“Non ho finito… Pare che all’ interno dell’ industria, si trovi merce scottante, armi, droga o roba simile”

 

“In effetti tanta segretezza per delle stoffe è sospetta”

 

“Infatti, oltretutto è successa una cosa alquanto singolare…”

 

“Ovvero?”

 

“Mentre mi stavo recando a casa, una bambina ha implorato aiuto… era seguita da i due tirapiedi del presidente”

 

“Poteva essere sua figlia che era scappata”

 

“No, il presidente non ha figli. C’ è qualcosa sotto, e qui entri in gioco tu… Ti vorrei assumere per indagare sulla Mankind industries”

 

“Ehi, non sono un detective, sono un modesto cacciatore di taglie, e…”

 

“ E l’ unica persona di cui mi possa fidare, il mio unico alleato”

 

“Accetto il lavoro, ma ti costerà”

 

“I soldi non sono certo un problema. Ancora una cosa… vorrei che proteggessi la bambina, penso sia un elemento importante in questa vicenda”

 

Quindi da cacciatore di taglie, passai a detective e poi a baby-sitter… carriera da star.

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Capitolo 4
*** The Clown ***


Molti filosofi identificano il male con un’ ipotetica “mancanza di bene”

Molti filosofi identificano il male con un’ ipotetica “mancanza di bene”. Essi non considerano il male come sostanza esistente, ma semplicemente come assenza di essere.

Dunque signori, vorrei vedere codesti filosofi adesso, tempo in cui verrà presentato il male in carne ed ossa.

 

“Pronto?”

 

“Danzi mai col diavolo nel pallido plenilunio?”

 

La voce con cui era stata pronunciata questa frase, era quella di un essere che aveva rinunciato alla sua umanità, un’entità del tutto priva di valori morali o di qualsivoglia qualità che lor signori possano definire “umane”.

Nella narrazione di questo personaggio non oso nemmeno usare la prima persona, tale è la complessità del suo cervello e tale il terrore di questo povero narratore.

Torniamo alla storia, dove tutto vi apparirà più chiaro.

Il nome di questa figura è ancora sconosciuto, ma nel suo ambiente tutti tremano al sol sentire il suo pseudonimo: “Il clown”.

“Il solito cattivo pazzoide” penseranno lor signori appena sentito questo strano soprannome, ma lasciate che vi esponga le origini di tale personaggio, dopo ciò, vi spiegherò il suo ruolo all’interno della vicenda.

Ignota è la sua data di nascita e così anche il suo passato che comprende un lasso di vent’anni.

In quel  tempo, il nostro uomo (che chiameremo Richard) era responsabile di un laboratorio appartenente alla famiglia mafiosa dei Virgezio. Il compito primario di Richard era quello di creare armi tecnologicamente avanzate per la famiglia in modo da aumentare i profitti nel traffico d’ armi, in cui i Virgezio erano assoluti protagonisti.

Per testare la qualità delle sue invenzioni, il nostro scienziato utilizzava delle cavie. Ma se dei tipi di armi funzionassero solo su certi esemplari di esseri viventi e non sugli uomini? Niente paura, perché le cavie non erano certo dei topini bianchi, bensì esseri classificati come “Homo Sapiens”.

Richard non si faceva di certo scrupoli nel suo lavoro, anzi, metteva così tanto impegno in ciò che faceva che i suoi collaboratori si chiedevano spesso se il loro capo ci provasse gusto in quelle atrocità.

Eppure, nonostante l’estremo livello di sadismo che dimostrava al mondo, Richard aveva una coscienza che cercava di dirigerlo su una via migliore, o comunque meno orribile di quella che stava intraprendendo.

Destino volle che il boss della famiglia, Don Virgezio appunto, ebbe la brillante idea di invitare il suo inventore di fiducia ad uno dei sontuosi ricevimenti organizzati per mantenere una buona immagine apparente.

Ovviamente Don Virgezio non conosceva le attitudini del suo dipendente visto che gli bastava che Richard fabbricasse la merce per alimentare le sue già smisurate ricchezze.

E così, sebbene riluttante, Richard indossò Smoking e papillon, pronto ad entrare nell’alta società.

Fu in quest’ occasione che la vita di Richard trovò per la prima volta un bivio.

Bastò una ragazza, una di quegli umani da lui considerati come cavie da laboratorio, per metterlo in crisi.

Prego lor signori di non pensare a Richard come ad uno stereotipo di scienziato pazzo, perché sarebbe un madornale errore.

Alto, capelli del color del fuoco ed occhi di un grigio così freddo, eppure così affascinante.

E proprio negl’occhi, da sempre considerati come lo specchio dell’anima, si poteva leggere lo stato d’animo di quell’individuo. Non provava odio verso nessuno, eppure ogni qual volta eliminava un suo simile, provava un piacevole brivido. Nonostante ciò, la disperazione era onnipresente nella sua testa, perché una parte di lui bramava un pezzetto di paradiso, un’isola felice in cui rifugiarsi per fuggire dall’inferno che era il suo mondo ed anche se stesso.

Dunque Richard era certo un uomo di bell’aspetto che poteva ammaliare qualunque donna grazie alla sua voce calda ed avvolgente, capace di rilassare anche un paranoico.

La ragazza si chiamava Theresa Virgezio, figlia del boss dell’omonima famiglia.

Durante il ricevimento, Richard rimuginò per parecchio tempo alle possibili reazioni chimiche che quella ragazza aveva stimolato, non riuscendo a spiegare scientificamente il motivo del suo improvviso imbarazzo.

Per studiarla meglio decise di invitarla a ballare, intenzione che venne subito messa in pratica.

Ballarono per ore, senza mai fermarsi. Lo scienziato continuava a percepire quegli strani sintomi ma non ne fu spaventato, bensì felice.

“Felicità”… era una parola che pensava di non avere incorporata nel suo essere, una sensazione a lui preclusa, che adesso invadeva il suo cuore.

Dopo il ricevimento, Richard tornò nel suo laboratorio, completamente sconvolto.

Si accorse di pensare a quella ragazza senza che lui ne avesse controllo, senza che la razionalità potesse trovare una spiegazione.

Quindi, dopo essersi dichiarato, si sposò con Theresa e vissero felici e contenti.

 

Vi piacerebbe? Peccato, perché andò diversamente.

 

Proprio in quei giorni, Richard si ritrovò tra le mani un antico progetto ritrovato dal suo capo durante un’asta. Vi erano le istruzioni per la realizzazione di una protesi meccanica capace di trasformare un essere umano in un super uomo.

Virgezio l’aveva intuito, perciò affidò a Richard la realizzazione di quel succoso futuro sacco di soldi.

Il nostro scienziato lavorò mesi interi alla realizzazione di quel progetto, ed appena fu ultimato volle subito testarlo.

Ordinò ad un suo assistente di amputargli il braccio sinistro, e così avvenne.

Voleva usare se stesso come cavia, forse perché sperava di dimenticare quelle sensazioni così meravigliose che lo mandavano in confusione. Era sempre stato solo, ed adesso non poteva accettare un altro essere nel suo mondo perché… aveva paura di essere felice.

La connessione avvenne…

Il progetto era chiamato Heikos-hand, e subito fu chiaro il motivo. L’AI del braccio prese il controllo del corpo di Richard, iniziando ad eliminare tutti gli esseri dotati di una particolare caratteristica: l’essere vivi. Nessuno fu risparmiato, nemmeno Theresa…

Dopo quell’orribile massacro, Richard tornò in se, prendendo coscienza del suo gesto. Sconvolto, perse completamente la sua abituale lucidità. Capì che l’umanità era un mondo per lui inaccessibile e che quello che lui credeva il suo lato umano, non era altro che una menzogna.

Proprio per cancellare qualsiasi parvenza umana dal suo essere, si sottopose ad un intervento chirurgico a livello molecolare grazie ad una macchina di sua invenzione.

La pelle diventò bianca come la luna, il viso venne rimodellato per incarnare tutta la falsità e la menzogna rappresentate dall’umanità di Richard.

Un sorriso falso venne dipinto sul volto, cerchi neri comparvero intorno agli occhi, la pelle del viso diafana e spettrale. Fu così, che in quell’ orribile giorno… nacque il Clown.

 

 

 

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