Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** Una chiamata indesiderata *** Capitolo 2: *** Quando il braccio destro... non è proprio affidabile *** Capitolo 3: *** Carriera lampo *** Capitolo 4: *** The Clown ***
Era la festa di San Valentino, la giornata si era aperta con una
grandinata, forse per avvertirmi che i chicchi grandi quanto
Era la festa di San Valentino, la giornata si era aperta con
una grandinata, forse per avvertirmi che i chicchi grandi quanto una pesca non
sarebbero stati l’ unica fonte di dolore dellagiornata.
Mi diressi verso la Mankind industries, una grande multinazionale
impegnata nel settore tessile che riforniva di tessuti pregiati le migliori
sartorie della nazione, ma il motivo non riguardava di certo un negozio di
stracci dato che da anni adottavo sempre e solo il mio cosiddetto “Style”. La
mia motivazione si chiamava Sarah, una dei componenti del consiglio d’
amministrazione, nonché la mia attuale compagna.
Mentre mi incamminavo verso la sede, notai il solito gruppo
di curiosi, il quale investigava sulla stranezza del mio abbigliamento… Che
fastidio, possibile che debbano notarmi a tutti i costi? Con tutte le stranezze
in questo mondo…
Dopo aver passato il pub, mi ritrovai davanti alla mia
destinazione, e qui capii il significato allegorico della grandine: “guai
pesanti in arrivo”.
La mia ragazza stava in piedi davanti alla porta, il viso
rigido, gli occhi vitrei… se la matematica non è un’ opinione, direi che un bel
84% di essere lasciato fosse una percentuale del tutto onesta.
“Alexander…” Fu la prima parola che spiccicò appena mi vide
e dal tono freddo, quasi riluttante, dedussi una possibile Armageddon.
La mia teoria, si rivelò però errata, dato che invece di un
litigio di proporzioni bibliche, mi liquidò con un semplice “finiamola qui”.
Sono passati dieci anni da allora ed adesso la mia
professione è quella del cacciatore di taglie, un lavoro quasi onesto e quasi
senza rischi… se la taglia dei criminali non supera i 1000 Zarath, sia chiaro.
Mentre ripensavo all’ ultima donna della mia vita, mi alzai
dalla sedia di legno tarlato e mi diressi in direzione dello specchio, o quello
che ne rimaneva. Da bambino mia madre mi aveva raccontato che nello specchio
delle persone cattive si materializzava il demonio… Sono passati lustri da
allora, ma la paura di vedere un mostro cornuto nel mio specchio, non è mai del
tutto sparita.
Mi esaminai con scrupolo. La mia paranoia mi permetteva di
notare anche il più minuscolo difetto del mio corpo. Barba incolta, capelli
lasciati a se stessi che ricordavano molto una serie crescente di tsunami,
occhi assonnati, borsoni sotto quest’ ultimi… Wow, direi che sono proprio un
cesso.
Preso com’ ero dal mio narcisismo, non m’ero minimamente
accorto di un fondamentale dettaglio: Ero senza un braccio.
Dovete sapere che in questi dieci anni, data la mia
immancabile buona stella (possa spegnersi presto), fui coinvolto in un’ azione
di guerriglia da parte della fazione di estrema destra denominata “Pace
guerriera”. A prescindere dalla fantasia del nome, questo gruppo di bastardi,
mirava a mettere in allarme il Re, per impedire altre assurde guerre, come la
guerra di Mercurio, chiamata così in virtù dell’ assurdità con cui era
scaturita. In ogni caso, pur condividendo gli ideali pacifisti di quei
ciglioni, mi viene spontaneo pensare “Ma io che cazzo c’ entro?”.
Fortunatamente, la perdita degli arti è un problema risolto da tempo, grazie
all’ ausilio di speciali protesi meccaniche che funzionano con una procedura
che non sono mai riuscito a capire del tutto.
Ovviamente, per volontà della suocera sfiga, a me toccò un
modello sperimentale rubato da chissà quale laboratorio bellico, che
apparentemente non aveva nulla di anomalo, se non si considera lo spropositato
aumento di forza fisica, ma son dettagli.
Durante la ricerca del mio principale strumento da lavoro,
al mio orecchio giunse un suono per niente desiderato.
Era il mio cellulare, il mio cellulare che suonava la
canzone Machiavellism dei “Dir en Grey”, quindi poteva essere solo una persona,
una persona che per me era morta dieci anni or sono.
Capitolo 2 *** Quando il braccio destro... non è proprio affidabile ***
“Pronto
“Pronto?”
Avevo impugnato il cellulare senza accorgermene, forse in
predaall’ emozione di sentire
nuovamente una voce un tempo così cara.
“Alexander, sono io… Raggiungimi al Bar “Anima d’ argento”,
in fretta…”
La voce all’ altro capo dell’ apparecchio giungeva alle mie
orecchie come lo stridio di un microfono, a tal punto che la testa mi fece
male.
Chiusi il telefono e tornai alla ricerca del mio partner, un
braccio meccanico dotato di volontà propria… Che tempi!
Il bastardo amava più di ogni altra cosa nascondersi nei
luoghi più difficili da raggiungere, forse perché voleva anche lui la sua
privacy, o forse perché ogni volta che lo connettevo al mio corpo, le nostre
menti entravano in contatto, il che non era proprio il massimo del godimento.
“Ehi, ammasso di scarti, vieni fuori o col cazzo che ti
compro l’ olio migliore sul mercato!”
Questa minaccia aveva sempre un certo effetto su quel
braccio posseduto, probabilmente a causa del suo carattere raffinato.
Eccolo lì, la versione cyborg della mano della famiglia
Adams! Nonostante tutto, il novello fuggiasco tentava di sfuggirmi passando in
mezzo alle mie gambe… piiiiirla.
Con un’ acrobazia degna di un funambolo, riuscii ad
acchiappare la mia protesi, ormai ad un metro dalla finestra della mia topaia.
“Mettimi giù screanzato!! Non voglio unire la mia
intelligenza alla mentalità di un cafone amante delle risse!!” disse il
braccio.
Dovete sapere che questi bracci meccanici, sono stati
ispirati da un antico manga chiamato “Full metal Alchemist”, dove il
protagonista, un nano biondo capace di usare l’ alchimia, portava ben due
protesi meccaniche.
La sostanziale differenza tra i nostri arti, è che il suo
non rompeva i coglioni in questa maniera.
Connesso il braccio, indossai i miei abiti consueti:
pantaloni da karate, una t-shirt nera con su scritto “Grande Buddha, assisti la
mia anima”, ed un borsalino nero modello “waterproof”. La cinghia che avvolge
di solito questo tipo di copricapi si era rotta da tempo, ed in sostituzione ho
messo una lunga benda bianca che dice apertamente “Love and Peace”.
Mi ritrovai in una strada polverosa e semideserta, in cui l’
elemento più vivo rimaneva la polvere sollevata dal vento, sempre e comunque.
Il bar “Anima d’ argento” si trovava a cinquecento metri
dalla mia abitazione, ma c’ era un problema a trecento metri dall’ arrivo, un
problema chiamato “Draghi purpurei”.
Erano un’ organizzazione criminale di quinta categoria, ma
esercitavano una certa influenza sul territorio ed il loro capo, Relia, era una
spadaccina niente male, nonché un’inoppugnabile bellezza, ma questi son dettagli.
Arrivai al confine con la zona rossa, e subito un drago si
precipitò ad accogliermi. Per mia immensa fortuna era Relia, non troppo felice
di vedermi.
“Cosa vuoi finocchio? Ti avevo detto di non farti più vedere
dopo l’ ultima volta”
“Che ci vuoi fare? Si da il caso che debba passare proprio
per questa via. Pensi di potermelo impedire, bambola?”
“Fottuto maschilista, lo sai che detesto essere chiamata
“bambola””
Portai la mia mano umana sul cappello, e lo calai
leggermente, in modo da non far vedere la mia espressione alla principessa. Ho
uno strano modo di sorridere, forse perché ho una bocca eccessivamente larga o
magari per i miei canini sporgenti… Per dirla tutta, più che un sorriso sembra
il ghigno di un demonio, infatti ho cercato per anni di allenare il viso a
sorridere umanamente, ma non c’ è stato verso… Mi viene sempre da ridere quando
mi danno del maschilista,perché tutti
i miei conoscenti affermano che il mio cervello è ancora più complesso di
quello femminile, con tutte le mie paranoie e gli sbalzi d’ umore.
Sapevo già dove avrebbe portato questo patetico scambio di
gentilezze. Reila si sarebbe appellata al codice dei draghi purpurei, che
testualmente affermava: “Coloro che invaderanno il territorio dei draghi
purpurei, saranno immediatamente sfidati a duello da un membro della banda
estratto a sorte, e solo in caso di vittoria, l’ invasore avrà diritto ad
uscire con le proprie gambe”. Lo so perché sarà la centesima volta che invado
il loro territorio, e non ho mai perso.
“Senti bambola, so già dove vuoi arrivare…duello?”
Il mio tono arrogante doveva aver fatto breccia nella
ragazza, dato che i suoi delicati lineamenti si contrassero in un’ espressione
furiosa ed i suoi lunghi capelli rossi si mossero allo stesso modo dei serpenti
di Medusa.
“L’ intruso desidera il duello, estraiamo a sorte lo
sfidante… Gizmo!”
Gizmo era il secondo di Reila, ed era un vero e proprio
artista con la pistola, peccato fosse di salute cagionevole, e mio sicuro
complice nella farsa che avremo inscenato da lì a poco.
“I combattenti si preparino a combattere… iniziate!”
Rimanemmo immobili, pronti a inscenare il più bello
spettacolo teatrale della storia di questa città.
“preparati ad essere
appesantito con un po’ di piombo”
“certo certo… ehi, ammasso di ferraglia, pronto?”
“Uff, proprio adesso che stavo trovando il senso della
vita…”
“Ma brutto cretino, tu sei una protesi bionica, che cazzo di
domande ti fai?”
“beh, almeno compenso la tua mancanza di curiosità verso l’
essenza del tuo essere”
“Stronzo metallico, la mia unica curiosità è vedere se
riuscirò ad arrivare alla fine del mese, perciò adesso collabora!!”
“ok, ricevuto… (schiavista)”
“mh?”
“nulla, procediamo, ricordi il codice d’ attivazione?”
“Unità bionica RZ313Q, Tessou-Fist, modalità corpo a corpo,
attivazione… giusto?”
“vedo che non sei poi così incapace come appari”
“poi faremo i conti noi due…adesso combattiamo!”
All’ interno di Tessou, ovvero il mio braccio, si trova una
ghiandola, la quale secerne una particolare sostanza che entra nel circolo
sanguigno, aumentando le prestazioni di un umano considerevolmente.
Avrei voluto dare spettacolo, ma dovevo incontrare Sarah,
perciò finii tutto in un attimo.
Iniziai a correre verso Gizmo in cerca del confronto
diretto, ma quest’ ultimo mi scagliò contro un proiettile diretto allatesta.
“protocollo BF01, scudo terreno”
Incredibile cosa si possa fare con un pugno, persino alzare
barriere dal terreno. Il proiettile venne fermato, perciò colsi subito l’
occasione propizia sferrando un attacco contro la mia stessa barriera, facendo
in modo che i suoi frammenti travolgessero Gizmo. Vinsi io, non avevo tempo da
perdere in fondo.
“ho vinto, fammi passare”
Pur essendo arrabbiata, Reila dovette cedere il passo e
concedermi di attraversare il suo territorio.
A quel tempo ero un povero fallito di appena 18 anni, con
un affitto sulla testa ed una propensione all’ ozio… Pensavo di essere un
elemento superfluo in questo mondo popolato dageni, furbacchioni o idioti dal bellissimo aspetto.
Passavo le mie giornate a bere, combattere nelle risse e
guardare la TV, un classico esempio di come buttare via la propria vita in tre
mosse.
Pregavo un dio a cui non credevo per ricevere uno
stimolo, una ragione di vita, un obiettivo per rinascere e dirigermi verso
quella meta che noi chiamiamo “Futuro”.
Poi arrivò lei. Era terminata l’ ennesima rissa, ed io ne
avevo prese parecchie, quanto basta per rimanere immobile dal dolore… Lei si
avvicinò e mi pulì il viso intriso di sangue con un morbido fazzoletto di seta…
Sorrideva… Era così bella quando sorrideva.
Passai una settimana a chiedermi chi mai fosse quella
ragazza che mi aveva soccorso, non sapendo che la risposta stava davanti a me…
nel palazzo di fronte al mio per essere fiscali.
Ci incontravamo spesso per strada, dove rimanevamo a
parlare per ore ed ore, senza mai stancarci, fino a quando le corde vocali ce
lo permettevano.
Era la prima volta che venivo trattato come una persona,
la prima volta che vedevo un sorriso
caldo rivolto a me… era tutto così magico, così irreale… come è potuto finire?
Stavo correndo verso il bar, mentre nella mia testa le
immagini di Sarah si proiettavano come su uno schermo cinematografico.
Il mio cervello si stava spremendo alla ricerca di una
motivazione per la quale lei sarebbe dovuta venire a cercarmi…
Ipotesi numero 1
Si era forse accorta di non poter vivere senza di me?
Improbabile, solo un idiota ci metterebbe dieci anni a
capire certe cose.
Ipotesi numero 2
Magari ha bisogno di
soldi… Nah, sono più al verde di Paperino, al massimo potrebbe prendere un
pochino dei miei debiti col regime.
Ipotesi numero 3
E se fosse rimasta
incinta ed io fossi il padre? Anche se così fosse, sarebbe assurdo venire a
dirmelo dopo dieci anni, ma teniamola calda, potrebbe anche essere… Dopotutto, “impossible is nothing”.
Ipotesi numero 4
Magari è diventata una spia di qualche paese governato da un
signore della Guerra ed è venuta a sapere di Tessou-fist. Nahhhh, chi lo
vorrebbe questocyber-dandy?
“Per tua norma e regola, devo informarti che il tuo scarso
“humour” non sortisce il benché minimo effetto sulla mia intelligenza”
“Leggi nei miei pensieri?”
“Dimentichi che le nostre menti sono in collegamento,
babbeo?”
“Ah già, me ne sono scordato…”
“idiota…”
Prima che potessi ribattere all’ ennesima offesa di quel
braccio maledetto, riuscii a beccare l’ unico sasso nel raggio di metri, un
record invidiabile. Mi rialzai canticchiando “Paradise city” dei Guns, un vero
e proprio antidolorifico.
Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
Take me home
Era sufficiente il ritornello.
Mi accorsi di essere finalmente giunto alla mia
destinazione, ma cosa mi avrebbe riservato quello strano appuntamento?
“Sempre il solito pasticcione Alexander…”
Spalancai gli occhi dallo stupore: era la prima volta che la
vedevo dopo dieci anni ma non era cambiata affatto.
Indossava un lungo vestito nero senza spalline, chemetteva in risalto il suo collo alla
Modigliani, o come diceva lei, alla E.T.
La vita era protetta da un cinturone borchiato, mentre al
collo… portava ancora quel ciondolo a forma di farfalla che le regalai durante
il nostro primo appuntamento.
“Hai perso un braccio a quanto vedo…”
“Son cose che capitano…”
“Sei freddo… non mi hai ancora perdonata…”
Certe deduzioni mi fanno cedere le gambe… e girare le balle.
“Sai com’ è, non ho ancora capito perché mi hai mollato…
dopo dieci anni…”
“Avevo i miei buoni motivi, ora ascoltami, ti devo chiedere
un favore”
“Basta che eviti i discorsi persuasivi”
Entrammo nel locale e ci sedemmo al bancone. Lei ordinò
della Vodka, mentre io mi accontentai di una birra chiara, non reggo l’ alcool.
“Come mai sei venuta a cercarmi? Sentivi la mia mancanza?”
“Ho scoperto delle cose preoccupanti Ale…”
“Cioè?”
“Negl’ ultimi tempi, ho notato che nel bilancio della
società erano presenti forti spese non riconducibili alla merce acquistata.
Inoltre Ho sorpreso molto spesso il presidente mentre discuteva di un certo
“codice””
“Cosa vuoi che faccia?”
“Non ho finito… Pare che all’ interno dell’ industria, si
trovi merce scottante, armi, droga o roba simile”
“In effetti tanta segretezza per delle stoffe è sospetta”
“Infatti, oltretutto è successa una cosa alquanto
singolare…”
“Ovvero?”
“Mentre mi stavo recando a casa, una bambina ha implorato
aiuto… era seguita da i due tirapiedi del presidente”
“Poteva essere sua figlia che era scappata”
“No, il presidente non ha figli. C’ è qualcosa sotto, e qui
entri in gioco tu… Ti vorrei assumere per indagare sulla Mankind industries”
“Ehi, non sono un detective, sono un modesto cacciatore di
taglie, e…”
“ E l’ unica persona di cui mi possa fidare, il mio unico
alleato”
“Accetto il lavoro, ma ti costerà”
“I soldi non sono certo un problema. Ancora una cosa… vorrei
che proteggessi la bambina, penso sia un elemento importante in questa vicenda”
Quindi da cacciatore di taglie, passai a detective e poi a
baby-sitter… carriera da star.
Molti filosofi identificano il male con un’ ipotetica “mancanza di bene”
Molti filosofi identificano il male con un’ ipotetica
“mancanza di bene”. Essi non considerano il male come sostanza esistente, ma
semplicemente come assenza di essere.
Dunque signori, vorrei vedere codesti filosofi adesso, tempo
in cui verrà presentato il male in carne ed ossa.
“Pronto?”
“Danzi mai col diavolo nel pallido plenilunio?”
La voce con cui era stata pronunciata questa frase, era
quella di un essere che aveva rinunciato alla sua umanità, un’entità del tutto
priva di valori morali o di qualsivoglia qualità che lor signori possano
definire “umane”.
Nella narrazione di questo personaggio non oso nemmeno usare
la prima persona, tale è la complessità del suo cervello e tale il terrore di
questo povero narratore.
Torniamo alla storia, dove tutto vi apparirà più chiaro.
Il nome di questa figura è ancora sconosciuto, ma nel suo
ambiente tutti tremano al sol sentire il suo pseudonimo: “Il clown”.
“Il solito cattivo pazzoide” penseranno lor signori appena
sentito questo strano soprannome, ma lasciate che vi esponga le origini di tale
personaggio, dopo ciò, vi spiegherò il suo ruolo all’interno della vicenda.
Ignota è la sua data di nascita e così anche il suo passato
che comprende un lasso di vent’anni.
In queltempo, il
nostro uomo (che chiameremo Richard) era responsabile di un laboratorio
appartenente alla famiglia mafiosa dei Virgezio. Il compito primario di Richard
era quello di creare armi tecnologicamente avanzate per la famiglia in modo da
aumentare i profitti nel traffico d’ armi, in cui i Virgezio erano assoluti
protagonisti.
Per testare la qualità delle sue invenzioni, il nostro
scienziato utilizzava delle cavie. Ma se dei tipi di armi funzionassero solo su
certi esemplari di esseri viventi e non sugli uomini? Niente paura, perché le
cavie non erano certo dei topini bianchi, bensì esseri classificati come “Homo
Sapiens”.
Richard non si faceva di certo scrupoli nel suo lavoro,
anzi, metteva così tanto impegno in ciò che faceva che i suoi collaboratori si
chiedevano spesso se il loro capo ci provasse gusto in quelle atrocità.
Eppure, nonostante l’estremo livello di sadismo che
dimostrava al mondo, Richard aveva una coscienza che cercava di dirigerlo su
una via migliore, o comunque meno orribile di quella che stava intraprendendo.
Destino volle che il boss della famiglia, Don Virgezio
appunto, ebbe la brillante idea di invitare il suo inventore di fiducia ad uno
dei sontuosi ricevimenti organizzati per mantenere una buona immagine
apparente.
Ovviamente Don Virgezio non conosceva le attitudini del suo dipendente
visto che gli bastava che Richard fabbricasse la merce per alimentare le sue
già smisurate ricchezze.
E così, sebbene riluttante, Richard indossò Smoking e
papillon, pronto ad entrare nell’alta società.
Fu in quest’ occasione che la vita di Richard trovò per la
prima volta un bivio.
Bastò una ragazza, una di quegli umani da lui considerati
come cavie da laboratorio, per metterlo in crisi.
Prego lor signori di non pensare a Richard come ad uno
stereotipo di scienziato pazzo, perché sarebbe un madornale errore.
Alto, capelli del color del fuoco ed occhi di un grigio così
freddo, eppure così affascinante.
E proprio negl’occhi, da sempre considerati come lo specchio
dell’anima, si poteva leggere lo stato d’animo di quell’individuo. Non provava
odio verso nessuno, eppure ogni qual volta eliminava un suo simile, provava un
piacevole brivido. Nonostante ciò, la disperazione era onnipresente nella sua
testa, perché una parte di lui bramava un pezzetto di paradiso, un’isola felice
in cui rifugiarsi per fuggire dall’inferno che era il suo mondo ed anche se
stesso.
Dunque Richard era certo un uomo di bell’aspetto che poteva
ammaliare qualunque donna grazie alla sua voce calda ed avvolgente, capace di
rilassare anche un paranoico.
La ragazza si chiamava Theresa Virgezio, figlia del boss
dell’omonima famiglia.
Durante il ricevimento, Richard rimuginò per parecchio tempo
alle possibili reazioni chimiche che quella ragazza aveva stimolato, non
riuscendo a spiegare scientificamente il motivo del suo improvviso imbarazzo.
Per studiarla meglio decise di invitarla a ballare,
intenzione che venne subito messa in pratica.
Ballarono per ore, senza mai fermarsi. Lo scienziato
continuava a percepire quegli strani sintomi ma non ne fu spaventato, bensì
felice.
“Felicità”… era una parola che pensava di non avere
incorporata nel suo essere, una sensazione a lui preclusa, che adesso invadeva
il suo cuore.
Dopo il ricevimento, Richard tornò nel suo laboratorio,
completamente sconvolto.
Si accorse di pensare a quella ragazza senza che lui ne
avesse controllo, senza che la razionalità potesse trovare una spiegazione.
Quindi, dopo essersi dichiarato, si sposò con Theresa e
vissero felici e contenti.
Vi piacerebbe? Peccato, perché andò diversamente.
Proprio in quei giorni, Richard si ritrovò tra le mani un
antico progetto ritrovato dal suo capo durante un’asta. Vi erano le istruzioni
per la realizzazione di una protesi meccanica capace di trasformare un essere
umano in un super uomo.
Virgezio l’aveva intuito, perciò affidò a Richard la
realizzazione di quel succoso futuro sacco di soldi.
Il nostro scienziato lavorò mesi interi alla realizzazione
di quel progetto, ed appena fu ultimato volle subito testarlo.
Ordinò ad un suo assistente di amputargli il braccio
sinistro, e così avvenne.
Voleva usare se stesso come cavia, forse perché sperava di
dimenticare quelle sensazioni così meravigliose che lo mandavano in confusione.
Era sempre stato solo, ed adesso non poteva accettare un altro essere nel suo
mondo perché… aveva paura di essere felice.
La connessione avvenne…
Il progetto era chiamato Heikos-hand, e subito fu chiaro il
motivo. L’AI del braccio prese il controllo del corpo di Richard, iniziando ad
eliminare tutti gli esseri dotati di una particolare caratteristica: l’essere
vivi. Nessuno fu risparmiato, nemmeno Theresa…
Dopo quell’orribile massacro, Richard tornò in se, prendendo
coscienza del suo gesto. Sconvolto, perse completamente la sua abituale
lucidità. Capì che l’umanità era un mondo per lui inaccessibile e che quello
che lui credeva il suo lato umano, non era altro che una menzogna.
Proprio per cancellare qualsiasi parvenza umana dal suo
essere, si sottopose ad un intervento chirurgico a livello molecolare grazie ad
una macchina di sua invenzione.
La pelle diventò bianca come la luna, il viso venne
rimodellato per incarnare tutta la falsità e la menzogna rappresentate
dall’umanità di Richard.
Un sorriso falso venne dipinto sul volto, cerchi neri
comparvero intorno agli occhi, la pelle del viso diafana e spettrale. Fu così,
che in quell’ orribile giorno… nacque il Clown.