Io Sono Straniero

di Nina_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'Esodo ***
Capitolo 3: *** Lo Sbarco ***
Capitolo 4: *** L'Integrazione ***
Capitolo 5: *** Nota Del Narratore ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Mi chiamo Kwadwo. Kwadwo X. Non conosco il mio cognome, non conosco pace.
Provengo dal Ghana e dalla povertà e spero in un futuro anche solo lievemente migliore.

E’ scesa la sera ed io sono nel mezzo del Mediterraneo. Sono passate due lune da quando sono salito su questa barca.
L’unica cosa che mi conforta è la scrittura, la migliore compagna di viaggio. So scrivere solo perché quando ero bambino ho frequentato per tre anni la scuola. Non so quando sono nato, quanti anni fa, so solo di essere nato di lunedì. ‘’Kwadwo’’, infatti, significa lunedì.

Scappo perché non ho una casa, una cosa incandescente me l’ha portata via… Gli abitanti del villaggio dicevano ‘’a fuoco!’’, ma io non avevo mai sentito parlarne. Quando ero bambino non avevo mai studiato o visto o disegnato niente di simile. Sono rimasto ad osservarlo, mi sembrava qualcosa di bello, mi si è bruciata la spalla sopra la mano con cui scrivo. Mi dicevano che sono intelligente, che, se fossi nato in occidente, avrei fatto carriera. Stavo andando in occidente. ‘’FUOCO.’’ Non ho fatto in tempo ad destare la mia ‘’famiglia’’ che esso se l’è portata via.
Stavano dormendo, non si sveglieranno mai più… Nel nostro villaggio siamo tutti una famiglia. E io non ho mai conosciuto i miei genitori. Ecco perché li ho denominati tutti ‘’la mia famiglia’’: perché siamo tutti fratelli!
Eravamo…

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Capitolo 2
*** L'Esodo ***


Questo è il quarto giorno del nostro viaggio, del nostro Esodo. Il secondo da quando ho cominciato a scrivere su questo piccolo pezzo di carta che i maestri, anni fa, mi hanno regalato.

E’ mattina già da molto tempo e gli uomini stanno cantando. E’ dalle prime luci, dal primo chiarore del cielo che cantano. Non conosco tutti i loro canti, appartengono a villaggi differenti dal mio, ma io so che siamo tutti fratelli.

Molti di loro scappano a causa della malaria, altri per una malattia che non ho capito che si chiama AIDS, che non è contagiosa, io non ho capito perché scappano… Altri scappano perché c’è la guerra, altri per frane, altri per alluvioni, altri per il fuoco, altri per la povertà, altri ancora per il fuoco e per la povertà, come me, perché l’estrema povertà ci impedisce di ricostruire il villaggio, di mangiare, di vivere…

C’è dice che siamo vicini alle coste di un’isola che si chiama ‘’Lampa-dusa’’ o ‘’Lampedusa’’; non l’ho capito bene. Che cazzo di nome è?
Sulla nostra imbarcazione ci sono ad occhio sui trecento uomini più le donne e i bambini.
Parlando con quello che mi sembra il più anziano ho scoperto che questa gente viene da tutte le parti dell’Africa! Anche da più a sud di me: dalla Somalia, dal Rwanda, dall’Uganda… E io che credevo avessi fatto troppa strada! Ma in maggioranza si scappa dalla guerra e dall’oppressione dei governi, mi dicono. Siria, Libia, Egitto!
Proprio dall’Egitto proviene una ragazza bellissima. Non siamo riusciti a comunicare bene perché non parliamo la stessa lingua… Ma mi ha fatto una bella impressione. Mi piacerebbe tanto giocare con l’aquilone con lei, ma lei non mi capisce. Io le dico:
-Aquilone…vola lui… In Europa, nei cieli dell’Europa…vola…
-NO! NOO! NOOOO! Don’t touch me! NOOO! – mi risponde lei.
Chissà che vuol dire e che cosa significa nella sua lingua. Dopo lei si agita e grida ma poi sorride. Certe volte mi stringe la mano e sembra più grande di me.

Ormai non mangio da giorni. Dicono di tenere duro, perché – dicono - stiamo arrivando…

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Capitolo 3
*** Lo Sbarco ***


E’ passato quasi un anno da quando siamo arrivati nel tanto sospirato occidente.
Sto scrivendo solo ora perché ho ritrovato il mio foglio che è quello che ho scritto sull’imbarcazione, il barcone. Il primo tentativo di scrivere la tanto ‘’educata e gentile’’ nobile accoglienza è andato in fumo dal momento in cui hanno sequestrato i miei fogli per ‘diffamazione di informazioni private non obbiettive e non veritiere’ o qualche idiozia simile. Ma, dove segue, si chiariranno tutti i vostri dubbi.


Ci hanno trattati peggio di animali. Ci hanno perquisiti per ore, ci hanno spinto, sputato, offeso. E infine ci hanno rinchiusi in questi container. E’ una tendopoli: in ogni container, grande pochi metri quadrati, hanno infilato una quindicina di immigrati. E ci hanno buttati a terra, ci hanno strappato la dignità senza contegno, furiosi del fatto della nostra esistenza, come strappassero una caramella ad un bambino, ma, soprattutto ci hanno strappato quel briciolo di speranza.
Alcuni di noi sono stati picchiati, a causa di ragioni più varie, come provocazioni alle autorità; e tante altre, tipo la scrittura, motivo per cui hanno picchiato anche me. Menomale che con la mia intelligenza avrei fatto fortuna in occidente.
L’arrivo – il ricordo, più limpido che mai, non è degno di venir approfondito – è stato un putiferio, credevo si calmassero le acque, invece la situazione è degenerata in un casino abnorme! I container sono sporchi, freddi, umidi; tutto meno che accoglienti. Dentro oramai vi si trovano prostitute, trafficanti… Si è persa completamente la dignità. 
Quelle brave persone che cantavano e che invocavo Allah ora non son’altro che dei disperati ‘’sporchi negri’’, usurpati anche dall’ultimo inalienabile diritto umano: la dignità.

Personalmente mi sono lamentato poco e niente nella mia vita: quando ho scoperto di non avere genitori; quando mi hanno detto che dovevo lavorare, ero diventato adulto, e non potevo più studiare; quando il fuoco mi ha bruciato la spalla; quando dal Ghana ho attraversato a piedi mezza Africa per raggiungere le coste settentrionali; quando ho realizzato che sarei rimasto solo perché per mia colpa nel mio villaggio ci sono stati pochissimi superstiti all’incendio; quando in una minuscola imbarcazione eravamo ammassati più di cinquecento persone; quando, da poco, ho capito che Clea, la ragazza egiziana gridava in quel modo perché era stata stuprata da bambina e mi gridava di non toccarla, io non ho detto nulla.
Ora, che osservo costantemente scemare la dignità dell’uomo; ora che vedo maltrattati e stuprati i miei e le mie compagne di viaggio; ora, che mi accorgo di quanto sia inesistente e ipocrita la vaga, minima concezione di quella famosa parola – fratellanza – nel resto del mondo, e di quanto si possa essere spietati ho voglia di denunciare tutto questo schifo, ho voglia di annunciare festoso a tutta la mia gente ed a tutto il mondo che la vera povertà non è quella materiale che abbiamo patito noi, no: è questa vergogna, una povertà morale, etica, di chi non si accontenta mai di ciò che ha, oltre la morte, forse; e vuole avere fino ad usurpare, dilapidare gli altri, prendendosela con innocenti, sia con connazionali costituenti del proprio Paese, sia con chi arriva nel tuo Paese per chiederti semplicemente un tozzo di pane, una coperta e un letto caldo al giorno!
Altro che pagarsi le puttane!

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Capitolo 4
*** L'Integrazione ***


Dieci anni dopo…


Kwadwo X, Juventus Football Player.

Sono passati quasi dieci anni dal mio approdo nell’isola siciliana. Tre da quando gioco a calcio. Sempre tre da quando si sono realizzati i miei sogni.
L’unico ricordo, l’unico frammento di vita dei miei legittimi genitori era stato per anni un pallone di cuoio, che avevo bucato alla scoperta dell’inesistenza degli ultimi. Così, nell’arco della giornata, nei brevi momenti di sosta nei quali non si studiava giocavo con esso, quando ero bambino. A proposito: molti hanno scommesso che ad occhio e croce mi attribuiscono ventitré anni; per cui, quando sono partito, ne avevo tredici… E mi hanno detto che qui tutti reputano un tredicenne bambino, ma in Ghana, a tredici anni sei già un adulto!

Tre anni fa, dunque, per caso, mentre andavo a fare le compere per la vecchia che, prima di morire, mi aveva assunto per ‘essere aiutata’, mi è arrivato un pallone sui piedi da alcuni ragazzi della mia età e io gliel’ho mandato indietro. Credevo avessi fatto qualcosa di normale! Invece loro mi hanno fatto continuare e, in seguito alla morte della vecchia, mi hanno fatto raggiungere in aereo Torino (una città nel nord Italia) per fare un ‘provino’ in una squadra di calcio di nome Juventus.
Questa società calcistica mi ha stravolto la vita. Sono diventato ricco, guadagnavo più soldi di quanti ne fossi mai riuscito a contare. Le persone, i calciatori, qui vivono così.

Io ho provato a rintracciare Clea, per chiederle di sposarmi, per giocare, ma ho scoperto che purtroppo lei non c’è più… Si è suicidata in seguito all’ennesimo stupro della sua vita. Poverina: avrà avuto una vita d’inferno, magari non avrà mai conosciuto la felicità…
Però io penso, io so con certezza che lei ha giocato con l’aquilone almeno una volta, perché quando gliel’ho mimato, gliel’ho fatto capire lei ha capito. Lei mi capiva, con lo sguardo, con i gesti. Un giorno però ci giocheremo, solo non so il dove, ma lo immagino.
Mi hanno detto che in Italia ''si crede'' in un Dio e che alla fine della vita c’è il Paradiso, che è un posto in cui ci si incontra tutti.
Io, nella mia vita, non avevo mai creduta vera una visione del genere. Questo sì, che è un valido motivo di speranza per cui io vivrò.

Ho deciso di devolvere quasi tutti i miei guadagni ad associazioni che si occupano di portare il cibo in Africa, e, certe volte, lo porto anch’io, con la mia auto.

Spero che il mio sogno, quello di avere un tozzo di pane, una coperta e un letto caldo ogni giorno per molti si sia realizzato…

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Capitolo 5
*** Nota Del Narratore ***


NOTA DEL NARRATORE:

Ho deciso di pubblicare queste mie scritte dopo l’invito che ho ricevuto per farlo. Forse alla fine è vero che in Europa si fa fortuna. Ma è necessaria umiltà e pazienza.
Mi piacerebbe se molti miei concittadini leggessero e sapessero di questa mia storia, finalmente felice. Ma molti non sanno leggere. Vi invito, dunque: divulgate la mia ‘’buona novella’’, divulgate il messaggio e dite loro che la speranza è l’ultima a morire, ma non con frasi fatte, bensì con esempi e storie veritiere. Come la mia. E, comportatevi di conseguenza.
Infine, il secondo obbiettivo è farvi riflettere su tutte le morti precoci e i suicidi che l’Africa –in particolare- subisce e patisce ogni giorno.
Non vi chiedo molto: una preghiera a questo Dio meraviglioso e un po’ di rispetto.

Riposino in pace.
Riposiate in pace mamma e papà.
Riposiate in pace vittime del fuoco e di ogni sciagura.
Riposa in pace, Clea.

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