Il vortice nonsense

di Cam17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tu la VUOI una gallina? ***
Capitolo 2: *** It's over 9000! ***
Capitolo 3: *** Vendetta al limone! ***
Capitolo 4: *** Omicidio al ragù! ***
Capitolo 5: *** Un verdeo assalto ***
Capitolo 6: *** Shampoo e bollicine ***
Capitolo 7: *** Pronto soccorso ***
Capitolo 8: *** La scuola che VOGLIO! ***
Capitolo 9: *** Ma qui ci vuole un miracolo! ***
Capitolo 10: *** Una situazione ciclica... ***
Capitolo 11: *** Un caso... festivo! ***



Capitolo 1
*** Tu la VUOI una gallina? ***


Tommy correva velocissimo nel tentativo di raggiungere la scuola in tempo: aveva il compito di matematica alla prima ora e non poteva assolutamente fare tardi. Alto circa 1,50 metri, con un borsone di quindici chili sulle spalle, Tommy dondolava a destra e a sinistra con maestria, facendo concorrenza ai più accaniti ubriaconi della zona.

Arrivato nei pressi di una macelleria, fu bloccato dalla inquietante presenza del macellaio, vedovo, alto e magrissimo. Aveva il classico camice da macellaio tutto sporco di sangue, una faccia rugosa con capelli ricci e grigi, occhiali da sole per chissà quale motivo ed una gallina viva in mano.

Tommy restò interdetto.

<< Salve piccolo Thomas >>.

<< Salve signor macellaio… scusi, ma vado un po’ di fretta >>.

<< Thomas, dimmi, tu la VUOI una gallina? >>.

<< Beh… a dire il vero… >>.

<< Io dico che tu la VUOI una gallina >>.

<< Signore, la prego, devo andare a scuola >>.

<< Ti dirò, le galline sono così gustose… mi piace soprattutto quanto le spezzi per bene il collo, poi bevi il loro sangue tramite la giugulare, per poi scotennarle come si deve. Eh, i bei vecchi tempi… ne ho ammazzate di galline… >>.

La gallina, estremamente spaventata per l’inquietante frase qui sopra ( tra l’altro come cazzo ha fatto a capire il linguaggio umano?? ), decise di abbattere le leggi della fisica, e fu così che volò via, tanto velocemente che si perse fra le nuvole in meno di un secondo.

Il macellaio restò sbigottito a fissare in quella direzione. Tommy ne approfittò per passare avanti e raggiungere la scuola, a pochi metri dalla macelleria.

Il macellaio, a bocca aperta, non poté fare altro che esclamare: << Io VOGLIO una gallina! >>.

Tommy raggiunse la scuola ed entrò, suscitando la curiosità del bidello, che, lasciato il giornale che stava leggendo, gli sbarrò la strada, puntandogli la scopa contro.

<< Tommy, ma che cazzo stai facendo?? >>.

<< Niente signor bidello! >>. Disse lui, alquanto allarmato << Sto solo entrando a scuola! >>.

<< Impossibile! Ma hai visto che ore sono?? Sono le 8:21!! Il che significa che sei in ritardo di un minuto! Il regolamento parla chiaro: TU NON PASSI! >>.

<< Ma la prego, ho il compito! >>.

<< Giammai! >>.

Tommy fu costretto a lottare; schivò le scopate del bidello ( e non fare il malizioso, ti prego ), rotolò alle sue spalle e gli attorcigliò i manici della borsa attorno al collo, sbattendogli la testa con foga contro la scrivania e lasciandolo moribondo sul pavimento.

Tommy, tremendamente nervoso nel vedere che per stordire il vecchiaccio ci aveva messo la bellezza di tre minuti, iniziò a correre a perdifiato, percorrendo tutte le scale e raggiungendo il primo piano. Lo raggiunse e svoltò per il secondo. Era passato velocemente nel campo visivo di un altro bidello che, con un attimo di ritardo, si accorse di lui, gettò la sigaretta giù dalla finestra

( colpendo un professore con i capelli ad afro e facendogli prendere fuoco, ma sono dettagli…), fece un fischio e raggiunse le scale, cercando di acchiappare il piccolo fuggitivo. Il fischio fece uscire dal bagno il terzo bidello che, con le braghe ancora calate, correva a fatica, ma non demordeva, neanche quando si trattò di saltellare di scalino in scalino per arrivare al piano superiore.

Tommy aveva raggiunto il secondo piano, lo percorse velocissimo, ma la sua professoressa di italiano ( sarebbe più corretto dire balena ) gli spianò la strada, aprendo braccia e gambe.

<< Sei già bocciato, piccolo stronzetto! >>. Disse con estrema decisione.

Tommy scivolò sotto le sue gambe, mollandole un pugno nella zona dove molto probabilmente ( e molto normalmente ) si inserisce il pene, anche se, per il marito della prof, l’impresa era di quelle che sicuramente ti segnano l’esistenza. Ma lasciamo stare la mole di grasso che la prof utilizzava per sottomettere ( in tutti i sensi ) il proprio marito e torniamo alla vicenda.

La prof si abbassò dolorante, mentre Tommy entrò in classe tutto sudato.

<< Prof chiedo scusa per il ritardo! >>.

<< Oh, piccolo Tommy, non preoccuparti. Stavo appena finendo di consegnare i compiti >>. Ribadì la prof di matematica.

Ma i tre inseguitori non demorsero ed iniziarono a dare con decisione forti pugni contro la porta dell’aula. I gemiti che emettevano ricordavano tantissimo quello degli zombie: orrendi, freddi, assetati di sangue.

<< Ecco, come al solito c’è qualcuno che disturba… >>. Disse la prof di matematica, molto serena e tranquilla.

Aprì la porta ed estrasse con rapidità un fucile SPA 12, con il quale freddò tutti e tre con un sol colpo.

<< Ecco, così imparate! >>. Disse lei, sempre con estrema calma.

Si girò e, disgraziatamente, le partì un secondo colpo che spedì un alunno contro la finestra, facendogliela sfondare e facendolo cadere giù, contro la finestra della macelleria, che a sua volta si sfondò. Il bambino era sul punto di svenire per via del trauma fisico e mentale, mentre il macellaio, ancora scioccato per la insensata fuga della gallina ( sicuramente insensata ), lo guardò con sguardo perso, per poi esclamare: << Non dirmelo: sei qui perché VUOI una gallina! >>.

 

 

 

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Capitolo 2
*** It's over 9000! ***


Bob stava comodamente completando un cruciverba, quando la porta fu letteralmente sfondata.

<< Ma chi cazz… >>. Si girò, cercando di capire cosa fosse successo.

Dalla soglia apparve un suo carissimo amico, Jack, tutto affannato e con la bava alla bocca.

Bob lo guardò esterrefatto: << Jack ma che cazzo succede?? >>.

Jack lo guardò dritto dritto negli occhi, pronto a dirgli la cosa più terribile che si potesse dire ad un amico.

<< Bob, IT’S OVER 9000! >>.

Bob si strappò via i capelli dallo shock, restando completamente pelato: << Non è possibile! Non può essere! Io… io sapevo che questo giorno sarebbe venuto. Presto Jack prendi i fucili, le bombe, le pistole, i cruciverba, i cereali ed i vibratori chiodati, ce ne andiamo! >>.

Jack obbedì, ed i due scesero velocissimi le scale, raggiungendo il parcheggio e salendo nella loro Fiat 500.

<< Jack a tutta manetta! Dobbiamo raggiungere il K2! >>.

<< Il canale dei cartoni animati? >>.

<< No zoticone! La seconda montagna più grande del mondo! Ed è il luogo dove sta la scala magica! >>.

<< Ma che diavolo ci andiamo a fare?? >>.

Bob lo prese per il colletto della camicia: << Ma allora non capisci?? IT’S OVER 9000! >>.

Sentita questa frase, Jack, che tra l’altro era stato lui stesso ad avvisare il compagno ( un genio, si capisce ), si era ricordato del pericolo che incombeva su tutta l’umanità.

La 500 sfrecciò velocissima lungo la strada. Una vecchietta stava placidamente attraversando sulle strisce pedonali. Jack tentò di rallentare, ma Bob gli intimò di accelerare.

<< Ma che fai?? Se accelero la uccido! >>. Disse lui, giustamente allarmato.

<< Ma sei cretino?? Non capisci?? La signora ha fatto la sua scelta, quella di sbarrarci la strada nonostante la situazione sia OVER 9000! Io dico che lei sta con il nemico. Accelera, accelera! >>.

Jack, per nulla convinto delle parole dell’amico, decise ugualmente di accelerare. (…)

Buttò sotto l’anziana signora, che si spiaccicò contro il parabrezza.

<< Ecco, visto? Sta con il nemico! Si è attaccata al parabrezza nel tentativo di fermarci, ma io ne so una più del Diavolo, vecchia puttana! >>.

Tentò di staccarla dall’auto, ma la situazione era degenerata quando l’anziana, dopo vari calci rifilateli da Bob, iniziò a vomitare.

<< E’ peggio di quanto pensassi! Jack, la zoccola è posseduta! >>.

La macchina sbandava a destra e a sinistra, nel tentativo di sbarazzarsi del demonio.

<< Bob siamo arrivati all’aereoporto! Abbandoniamo la macchina! >>.

<< Si, dirotteremo un aereo, sbrighiamoci! >>.

I due scesero senza fermare l’auto, che sfondò le sbarre di sicurezza. I due entrarono velocissimi, salendo su un boing e dirottandolo.

Bob prese possesso del microfono di bordo.

<< Signori niente paura, è solo un IT'S OVER 9000!!! >>.

Nessuno si allarmò, nessuno capì cosa significasse quella frase. Jack prese la pistola e sparò in aria.

<< Allora, teste di cazzo?? >>.

Tutti iniziarono ad urlare come i pazzi. I due si guardarono sorridenti.

<< Perfetto Jack, ora capiscono la gravità della situazione >>.

Ma ecco che proprio nel momento del decollo, un bambino si attaccò alla porta d’ingresso ( da dove cazzo è uscito? ), ancora aperta.

<< Signori aiutatemi! >>.

Jack tentò di tirarlo su, ma Bob lo fermò: << Ma sei impazzito?? Non vedi come soffre? Perché allungare ancora di più la sua sofferenza? >>.

<< Ma Bob, possiamo salvarlo! >>. Replicò Jack.

<< Certo, è poi?? Come farà a vivere in queste condizioni per il resto della vita?? >>.

Il bambino, oscillante forsennatamente, con l’aereo che volava a 200 kilometri all’ora e ad un’altezza pari a 2000 metri, non poté che dire: << Ma guarda… basta che mi tiri su ed il gioco è fatto… >>.

<< Giammai! Io non ti farò vivere una vita di stenti solo per il tuo enorme egoismo! >>.

<< Il mio pisello è enorme! >>.

<< Cosa?? >>.

<< OVER 9000! >>.

<< Oddio è il nemico! >>.

Bob lo buttò di sotto, chiudendo velocissimo il portellone.

<< Ci siamo salvati! >>.

<< Si… quel pisellone mi faceva proprio paura… >>. Disse scioccato Jack.

Raggiunta la vetta del K2, i due impavidi eroi decisero di buttarsi giù con il paracadute, ma prima decisero di uccidere i piloti, per far schiantare l’aereo.

Durante il lancio, Jack chiede il perché di tale gesto.

<< Perché dopo il loro aiuto, quelle povere persone dovevano pure meritare la pace eterna, no?? Sporco ingrato che non sei altro... >>. Rispose Bob, schifato dal solo guardarlo.

I due atterrarono, e di fronte ai loro occhi si estendeva un’enorme scala di pietra che portava ad un antico tempio Buddista.

<< Cavoli Bob, fa freddo quassù >>.

Bob, spaventatissimo per quella frase appena pronunciata, si girò di scatto e gli puntò la pistola contro: << Che minchia hai detto?? >>.

<< Ma Bob, io… >>.

<< Ah, non mi posso fidare di te! Io… ok, attento adesso, perché ti farò una domanda. La risposta determinerà la mia azione! Dimmi: il gatto è bianco o nero? >>.

Jack deglutì. Una goccia di sudore gli scese giù dalla fronte:

<< Il gatto è bianco con macchie nere >>.

Bob spalancò gli occhi, sorpreso: << E di che colore è il nostro cane nero? >>.

Jack fece un bel respiro: << Nero >>.

<< Ha! Brutto bastardo in realtà il cane è solamente sporco! Mi hai tradito, sei passato al nemico! Vergognati! >>.

<< No, ti giuro che non è così! >>.

<< Taci! E pensare che ti ho pure regalato il mio vibratore chiodato preferito!>>. Disse, sparandogli in faccia e ponendo fine alla sua vita.

Bob sapeva che la sua azione lo avrebbe condizionato per il resto della vita, ma la missione era più importante di tutto il resto. E fu così che scalò le scale, raggiungendo le porte del tempio e varcandole.

Al suo interno giaceva seduto un anziano, il custode del tempio.

<< Anziano, eccomi qui >>.

<< Cosa cerchi, o visitatore? >>.

Bob espirò per rassicurarsi: << IT’S OVER 9000! >>.

L’anziano sobbalzò, sconvolto: << Io… sapevo che sarebbe arrivato questo momento >>. Disse, per poi azionare un pulsante che fece salire la scala magica fin su in cielo.

Bob ringraziò e salì. Raggiunta la sommità della scala, che non portava da nessuna parte, vide una nuvola e dietro di essa c’era  niente popò di meno che Vegeta, il principe dei sayan.

Vegeta lo vide e sbuffò, capendo subito il perché di quella visita. Prese lo scouter e lo guardò.

<< Forza Vegeta, siamo a diecimila metri d’altezza! >>.

<< Si, si… infatti you are over 9000… >>.

Bob fu contento e soddisfatto.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Vendetta al limone! ***


In una modesta gelateria di Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, Andrea stava comodamente mangiando il suo gelato al limone. All’interno c’erano solo lui e tre gelatai: due al banco dei gelati ed il terzo alla cassa.

Ad un certo punto un coetaneo del giovane si sedette vicino a lui.

<< Hei Andrea! Come butta? >>.

Andrea si girò e lo riconobbe: << Hei Arturo, sto benissimo, a te come va la vita? >>.

<< Un po’ stretta, sai… la cintura stringe >>.

Dopo questa battuta posso anche suicidarmi…

Ad ogni modo Arturo non sapeva che Andrea era un maniaco del gelato al limone: lo aveva conosciuto qualche anno prima, ma lo frequentava raramente.

Arturo era un tipo decisamente curioso, tanto da fare domande decisamente troppo ovvie.

<< Che cosa stai mangiando? >>.

<< … Sto mangiando un gelato >>.

<< Ah… capisco, un gelato… a che gusto? >>.

Andrea fermò la leccata e rispose leggermente seccato: << Al limone >>.

Arturo strinse le mani contento: << Ah, hai capito ad Andrea?? Ti piace limonare! >>.

Andrea, già traumatizzato dalla prima battuta squallida, iniziò a tremare dal nervosismo.

<< Hei, che c’è? >>. Disse curioso Arturo.

Intanto il gelataio, intento ad agitare attentamente il ghiaccio per i gelati, osservava con circospezione il nuovo arrivato, per nulla simpatico.

Andrea strinse i denti: << N-niente… sono solo un po’ stanco >>.

<< E ti credo, stai mangiando uno schifosissimo gelato al limone! Dovresti provare quello al cioccolato! >>.

<< ADESSO HAI PASSATO IL SEGNO! >>.

Il gelato volò via, Arturo aprì la bocca e lo ingoiò così, senza troppi problemi.

Andrea lo guardava rabbioso, i gelatai circondarono il tavolo.

<< Prendetelo! >>. Urlò irato il ragazzo.

I gelatai si buttarono addosso, bloccandolo per le braccia.

<< Lasciatemi! Allo stupro, allo stupro! >>.

<< Taci eretico! Non ti piace il gelato al limone, eh?? Non costringermi a cagare nel cono, che te lo faccio mangiare! >>.

<< Parla pure, pincopallino, non mi fai paura! Io sono superman! >>.

<< Ma che gli succede?? >>. Gridò uno dei tre gelatai, faticando nel tenerlo fermo.

<< Semplice >>. Rispose il più forzuto << C’è gente a cui non fa bene mangiare il gelato al limone. Sveglia i neuroni e crea eccitazione >>.

<< Ehm… no >>. Disse il terzo << Mi sa che non è zucchero quello che ci ho messo nel gelato… >>.

Tutti, tranne Arturo, restarono interdetti.

<< Ecco perché oggi è svenuta più gente del solito! >>.

Ma Andrea non si fece scrupoli dell’avversario incapace di intendere e di volere, decidendo di passare alle maniere forti.

<< Dì che il gelato al limone è buonissimo! >>.

<< Bla bla bla! >>.

<< MA COME TI PERMETTI?? MIA MADRE ERA UNA SANTA IN TERRA, MI HAI CAPITO?? >>.

Andrea prese il cucchiaio dei gelati e lanciò palline di gelato al limone contro Arturo, che le ingoiò tutte con facilità ed un movimento di collo elasticissimo.

<< Arrenditi! >>.

<< Mai, bughi bughi! >>.

<< Accidenti, dopo le palle cosa devo farti ingoiare, cazzo?? >>.

<< Hei, ci manca solo quello, gaio! >>.

<< ODDIO BASTA!! >>.

Ma Arturo non voleva proprio saperne di lasciarsi braccare dai gelatai e di farsi torturare da Andrea. Fu così che il pantalone gli cadde ed iniziò ad urinare addosso al nemico.

<< Cazzo, hei, cazzo! >>. Urlò, cercando ci coprirsi la faccia.

<< HAHAHAHAHA! Il mio sistema nervoso è così potente da controllare i miei vestiti! Siete fottuti, fottuti, fottuti, fottuti, fattutifottutifottutifottuti! >>.

<< Oh cazzo sta per esplodere! >>. Strillò Andrea, terrorizzato.

<< Presto, nel freezer! >>. Disse uno dei gelatai.

Arturo fu portato in fretta e furia sul retro, dove c’era un enorme freezer con un adesivo di un cattivo di Dragon Ball attaccato sulla parte frontale.

Ecco… cioè, come se non stessimo già navigando nello squallidume più totale… vabbè…

Arturo fu chiuso e congelato. I tre gelatai non avevano idea di cosa fare: Arturo sarebbe morto col freddo, oppure sarebbe morto grazie al suo impianto di autodistruzione incorporato?

La situazione era piena di tensione, ma Andrea aveva la soluzione, che fu ben accolta da tutti i presenti.

<< Va bene Andrea, lo trasformeremo in un gelato, un gelato al sangue! >>.

<< Al limone! >>. Ribatté lui con forte convinzione, spaventando i tre gelatai << GELATO AL LIMONE! >>.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Omicidio al ragù! ***


Il commissario Brambilla raggiunse il parcheggio dove era avvenuto l’omicidio. Era affiancato dal poliziotto Duski, per nulla intelligente. A Brambilla non piaceva lavorare con quelli che definiva “gli escrementi di madre natura”, ma si sa, nella vita bisogna pur accontentarsi.

Ad ogni modo i due arrivarono sulla scena del crimine, trovando il cadavere.

Duski domandò: << Hei commissario perché quel tizio dorme con un piatto rotto conficcato in testa? >>.

<< Perché è morto, cervello di gallina! >>.

Si, lo so, i due avrebbero fatto strada insieme…

Insomma Brambilla iniziò a porsi una domanda giustissima: “perché l’assassino ha usato un piatto?”

Poi si avvicinò, constatando che il piatto era sporco di: “Ah, ragù… ma perché proprio il ragù? Cosa c’entra questa pietanza con la vittima?”

Duski gli mise una mano sulla spalla: << Non lo so, commissario, ma lo scopriremo >>.

<< Bene, benissimo… HEI CAZZO NON LEGGERMI PIU’ NEL PENSIERO! >>.

La situazione iniziava a degenerare. Perché non solo Duski iniziava a preoccupare il commissario, ma anche perché erano arrivati loro, assetati di sangue e pronti a divorare anche il più lurido individuo nel raggio di chilometri: i giornalisti.

<< Salve a tutti, amici di “Il notiziario” qui è Jack Donovan. Siamo nei pressi del parcheggio di Cefalonia, dove il commissario Brambilla sta indagando sulla morte di Antonio Montecchi. Signor Brambilla cosa può dirci a riguardo? >>.

<< Mah Jack, guarda, se la situazione fosse positiva, direi che è chiara e tonda, ma vista la brutta piega che stanno prendendo le indagini… io preferisco dire che è opaca e a forma di trapezoide >>.

Brambilla fu congedato e Jack colse l’occasione per pompare la notizia: << Signori, come avete potuto sentire anche voi, la situazione è arcobalenea come la scia del nyan cat ed è a forma di una parabola con il vertice sull’origine degli assi cartesiani. Vi faremo sapere molto altro al più presto! >>.

Brambilla non riusciva a capire cosa c’entrasse il ragù con tutta la storia dell’omicidio: “Perché non un piatto pulito? Perché proprio il ragù? >>.

<< Commissario, guardi!  >>. Gli disse Duski, puntando un palazzo a mezzo chilometro di distanza.

Brambilla si girò e notò che la finestra più in alto aveva il vetro rotto, come se qualcosa l’avesse spaccata.

<< Grazie Duski, forse ci siamo! Sei stato in gamba! >>.

<< … Ma veramente le ho solo mostrato gli uccelli appesi alle antenne del palazzo… >>.

IL commissario restò interdetto: << … Ok, ho avuto l’ eretica idea che avessi fatto qualcosa di intelligente… ti chiedo scusa… >>.

<< Non si preoccupi commissario! >>.

<< VAFFANCULO! >>.

I due corsero velocissimi, entrando nel palazzo e scalando le innumerevoli scale che li separavano dalla fatidica stanza dove si nascondeva il potenziale assassino. E poco importa se lungo la strada avevano spinto decine di anziani, l’importante era arrivare in cima.

<< Perfetto, siamo arrivati! >>. Disse visibilmente stanco. << Duski, pensi a quello che penso io? >>.

<< Immagino, commissario. Vuole fare un po’ di sano yaoi? >>.

<< Ma che cazz… no, dobbiamo entrare in casa! >>.

<< … per fare lo yaoi? >>.

<< Oh Cristo! >>.

Brambilla lo prese e sfondò la porta con la sua testa dura come il cemento.

<< Fermi tutti, che nessuno si muova! >>. Urlò Brambilla.

Duski cacciò fuori la pistola, prima al contrario, poi la girò nel verso giusto.

In stanza c’erano un uomo bello magro, seduto su un divano ed una donna panciuta, impegnata a cucinare.

<< Chi siete? Che cosa volete? >>. Disse lei, spaventata.

<< Commissario Brambilla >>. Disse, mostrando il distintivo. << Sono qui per farvi alcune domande riguardo l’omicidio di Antonio Montecchi >>.

<< Haha! Visto che arrivavano? >>. Rispose il marito.

<< NON FIATARE!! >>. Urlò lei, lanciandogli contro un piatto, che però fu efficacemente schivato.

Duski li guardò severo: << State zitti o vi sparo una matriciana! >>.

Ma Brambilla era come ipnotizzato, avendo avuto l’illuminazione dopo il lancio del piatto della donna contro il marito: << Ecco la soluzione! >>. Disse euforico. << Adesso so cos’è successo! >>.

Tutti restarono in religioso silenzio, pronti ad ascoltare la versione dei fatti (tranne Duski, che si era scordato anche dell’omicidio).

Ieri, alle ore 18:36 e 17 secondi lei, signora, aveva litigato per l’ennesima volta con suo marito perché, ancora oggi, lui si rifiuta di riconoscere il talento di Justin Bieber.

<< Justin è il migliore, mi hai capito?? >>.

<< Si, guarda, se gli do venti euro me lo succhia! >>.

<< Sei uno stronzo! >>.

Presa dalla rabbia, invece di servire il piatto di pasta al ragù che ieri aveva cucinato, lo ha lanciato per colpire suo marito, ma il lancio è fallito, poiché lui è estremamente agile. Poi il piatto ha sfondato la finestra, percorrendo mezzo chilometro alla folle velocità di 800 Km/s e conficcandosi nella testa di Antonio Montecchi, che in quel momento aveva appena parcheggiato la macchina. Poi, colta da forte ansia, ha minacciato suo marito di non dire a nessuno la verità, pena la morte.

<< Se parli ti ammazzo! >>.

<< Tu dammi la tua porzione di pasta al ragù e siamo pari! >>.

<< Insomma un piano davvero ben riuscito, peccato che abbiate tralasciato un particolare >>. Disse, avvicinandosi all’uomo ed infilando dei guanti << SUO MARITO HA UNA PESSIMA DIGESTIONE! >>.

E gli mise una mano in bocca, fino allo stomaco e tirando fuori una fetida palla di pasta al ragù, non ancora digerita.

Eccola la prova! Lei ha ucciso Antonio Montecchi!

La donna abbassò il capo, stringendo i pugni chiusi: << Sarebbe stato un ottimo ragù, ne sono sicura. Peccato non l’abbia potuto assaggiare… >>.

<< Duski le manette, ora! >>. Disse, puntando il dito contro di lei.

Duski la ammanettò e si accinse a portarla via.

Il marito di lei era senza parole: << Ma… ma allora sei stata tu per davvero! >>.

<< MA BRUTTO CRETINO ERI INSIEME A ME, TI RICORDI?? >>.

Il marito la guardò disgustato: << Io mi ricordo solo che Justin è una checca! >>.

<< QUANDO ESCO TI AMMAZZO, GIURO! >>.

Insomma il caso fu chiuso del tutto. Brambilla e Duski ebbero una cospicua ricompensa, ed entrambi divennero una coppia fissa. Certo, Brambilla non ne fu molto felice.

<< Cioè, devo lavorare con te a tempo indeterminato? >>. Disse seccato.

Ma Duski sorrise e fece l’occhiolino: << Il tempo passa in fretta con un po’ di sano yaoi, commissario! >>.

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Un verdeo assalto ***


Wisconsin, una zona piena di campi da coltivare.

Il vecchio Simon entrò nella stalla dove Robert stava facendo le prove di dichiarazione di matrimonio per sua figlia.

<< Oh mia cara Angela, vuoi tu sposarmi? >>. Domandò in ginocchio, vicino ad una capra.

La capra di fronte a lui rispose: << Beeeeee >>.

<< Oh Berta, sei stata perfetta! Grazie! >>.

Il vecchio Simon, fortemente insospettito,  fece un colpo di tosse per catturare l’attenzione del ragazzo.

<< Oh, salve signor Simon >>. Disse, scattando in piedi e fortemente imbarazzato << Le giuro che tra me e la capra non c’è niente >>.

Detto questo, la capra si offese e gli voltò le spalle, incazzata.

Simon rise, ma continuava a fissarlo con forte circospezione: << Non ti preoccupare, caro Robert >>. Disse, muovendosi vicino alla finestra. << Piuttosto dimmi… tu che hai i capelli ricci e biondi… non ti ho mai visto alla luce del sole o sbaglio? >>.

<< Ehm no, signore. Le giuro che io esco anche di giorno >>. Gocce di sudore iniziarono a cadere dalla sua fronte.

<< Ma davvero? >>. Disse, avvicinandosi sempre di più alla finestra, con camminata soldatesca.

<< Caro Robert, non è che mi nascondi un segreto? >>.

<< N-no signore, io non le nascondo niente, signore >>.

Ma le gambe del giovane faticavano a sorreggerlo e Simon era pronto a fare la sua mossa. Si mise ad un passo dalla finestra e lo guardò dritto negli occhi.

<< Io so la verità su di te, Robert. E la verità è che tu sei… >>. Il vecchio spalancò la finestra, facendo entrare i fortissimi raggi solari mattutini. << TU SEI UN GIRASOLE! >>.

Robert non poté fare a meno che volgere lo sguardo al sole, impotente di trattenere quello spirito naturale che lo aveva accompagnato fin dalla nascita.

<< Tu, lurido fiore da strapazzo! Sappilo, non sposerai mai mia figlia! >>.

<< No, la prego! Angela è tutto per me! >>.

<< Giammai! Berta, addosso! >>.

La capra iniziò ad inseguire la povera vittima, ma Robert arrivò alla porta sul retro, chiudendola alle spalle e bloccando la bestia di Simon.

<< Cazzo bisogna fermarlo! >>. Disse il vecchio, prendendo un forcone, buttandosi giù dalla finestra e lanciandosi nel folle inseguimento.

Robert correva all’impazzata, mentre i forconi di Simon, che magicamente gli riapparivano in mano ad ogni lancio, volavano come lance spartane, nel tentativo di colpirlo.

Raggiunto il paese, la situazione divenne ancora più critica.

<< Aiuto, aiutatemi! Robert è un cazzo di girasole! >>.

Burubù, il più anziano del paese e fortemente conservatore, sentita la notizia, non poté fare a meno di urlare a sua moglie:

<< Agata lanciami il fucile da caccia! Stasera ceneremo col suo stelo e berremo la sua clorofilla! >>.

La moglie gli lanciò il fucile, e lui passò alle pallottole. In ordine furono colpiti un bambino, un cavallo, un monaco francescano in cerca di elemosina ed una talpa appena uscita dal buco per cercare un po’ di cibo. Robert era riuscito a schivare tutti i colpi, mentre Simon lo inseguiva zigzagando lungo le fila di cadaveri lasciate da Burubù che, intenzionato ad abbattere la preda, gambizzò la moglie, per essere sicuro che lei non potesse fermarlo, prese velocità con la sedia a rotelle e si unì al folle inseguimento. Ben presto tutto il paese era contro Robert, che teneva costantemente la testa girata verso il sole.

Gli spari erano a centinaia e gabbiani che erano lì di passaggio iniziarono a piovere dal cielo, manco fosse stata l’undicesima piaga di Dio.

Ma la casa di Simon eri lì vicina, e Robert poté infilarvicisi dentro, chiudendo la porta alle sue spalle e sbarrandola con un divano poco distante dall’ingresso. Riuscì a prendere tempo ed iniziò a salire le scale. Burubù accese la quarta della sedia a rotelle e si spinse con forza, distruggendo la porta d’ingresso e bombardando la stanza con le scintille delle sua ruote.

<< Mia figlia! >>. Urlò Simon << E’ andato da Angela! >>.

Tutti salirono furiosamente le scale, mentre Burubù usò i propulsori della sedia per fare prima.

La stanza della giovane Angela era buia, illuminata da qualche flebile luce. Tutti si fermarono sulla sua soglia, scrutando la ragazza che, piena di lacrime, faceva da scudo al suo giovane e verdeo partner.

<< Angela spostati, lui è un cazzo di girasole! Dobbiamo eliminarlo subito o sarà la fine! >>.

Ma Angela, magra, bianchissima di pelle e con le occhiaie, non si mosse di un passo: << Padre tu non puoi separarci. Io lo amo! >>.

<< Fatti da parte, figliola! Lasciaci sfogare la nostra ira! >>.

<< Si, piccola, lascia che io ceni col suo stelo! >> Insistette Burubù.

<< Beh, se la mettete così, allora vi dirò la verità anche su di me. Padre, in realtà io sono… >>.

Le luci si accesero, e migliaia di tombe apparvero dal buio:

<< In realtà io sono un CRISANTEMO! >>.

Le urla strazianti di Simon echeggiarono con forza in tutta la casa: << Non ci credo, non è possibile! Rosa, Rosa dove sei?? >>.

La moglie era lì, di fianco a lui.

<< Rosa ma che cazzo significa?? Nostra figlia non può essere un crisantemo! >>.

Rosa lo guardò dritto negli occhi e gli disse: << Beh, io sono una rosa, mentre tu sei un toro >>.

<< Un toro? Ma… io non sono un toro! Io sono un gelsomino!>>.

Il vecchio Burubù sorrise: << Fidati Simon, sei un toro, il toro con le corna più numerose che abbia mai visto! >>.

Ed ecco il quinto capitolo della mia raccolta nonsense xD

Spero vi stiano piacendo le mie storie :3 ( si, lo so, non sto molto bene con la testa xDDD )

Spero vivamente di ricevere qualche vostra recensione :333

Aspetto con ansia J

In ogni caso vi ringrazio per la lettura e… al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 6
*** Shampoo e bollicine ***


“ Eccolo, devo attaccare adesso!”

Solomon aveva individuato il suo obiettivo. Stava entrando in un ingrosso di detersivi per chissà quale diavoleria. Era necessario intervenire all’istante. Entrò e si ritrovò il nemico girato di spalle. Prese forza nelle gambe e saltò prima su un cartone di detersivo, poi su un’intera pila di cartoni e poi si lanciò contro di lui, proprio come una mosca si lancia contro un bel pezzo di letame fresco fresco. Gli piombò addosso, lo prese per il collo ed iniziò a riempirlo di sberle violentissime fino a farlo svenire. Solo dopo si accorse che c’era qualcosa che non andava: la persona in questione era una donna di circa vent’anni, dai lineamenti asiatici, capelli bruni ed alta circa 1,70 metri. Si accorse solo in quel momento di aver sbagliato persona, confondendo la signora con Michael O’Brian, un texano alto 3 metri, di pelle scura, sulla cinquantina e con una barba foltissima.

Si, lo so, i due si somigliavano parecchio…

Solomon corse via dall’ingrosso, prese l’auto e spinse sull’acceleratore, allontanandosi il più possibile.

<< Solomon, Solomon! >>.

Prese l’auricolare: << Si capitano? >>.

<< Solomon hai catturato Michael? >>.

<< Si… beh, c’è stato un imprevisto… >>.

<< … e sarebbe? >> Disse lui con enorme seccatura.

Fu qui che l’agente dell’FBI usò la sua furbizia: << Beh, capitano… non sapevo che Michael avesse un sosia! >>.

Il capitano restò sbigottito: << … ma veramente i nostri informatori… >>.

<< Senta capo i nostri informatori fanno schifo! L’altra volta Jonathan mi fece un caffè che era una vera schifezza, mentre Jennifer ha vivamente preferito tenere le gambe chiuse ad una mia richiesta di amicizia. Se lei pensa che io mi fidi ancora di loro, beh si sbaglia! Troverò da solo quel bastardo! >>.

Sfrecciò velocissimo tra le strade della città, seguendo il suo fiuto da segugio purosangue. Guidò fino a tarda sera, fino a raggiungere una villa enorme e stupenda, di proprietà del duca degli abruzzi. Al suo interno si stava svolgendo una festa lussuosa come non mai. Solomon si muoveva con passo deciso, sbracciando i vari maggiordomi che tentavano di fermarlo. Arrivò alle porte della sala grande, sfondandole. Gli invitati rimasero muti, osservandolo senza parole. Lui, senza nemmeno guardarsi attorno, raggiunse un uomo sulla ventina, chiaro di pelle e gli diede una sberla.

<< Ma che fa?? E’ fuori di senno?? >>. Gli disse lui, massaggiandosi il volto.

<< Tu non mi freghi, Michael O’Brian! >>. Disse tutto sicuro di se.

Gli prese la faccia e gliela strappò di dosso, scoprendo il suo vero volto. Michael restò sbalordito: come aveva fatto a scoprirlo?

Il nemico saltò via con un balzo felino, liberandosi del travestimento e portandosi dietro al tavolo del buffet.

<< E’ inutile. La polizia sarà qui a momenti. Sei mio Michael! >>.

<< Ma come hai fatto a scoprire il mio travestimento?? >>. Michael era praticamente sbigottito.

Solomon sorrise e chiuse gli occhi. Le luci si spensero; solo un faro apparso dal nulla lo illuminava con decisione.

Fu allora che tirò fuori dalla tasca uno strano barattolo e disse: << Ti ho trovato perché Michael O’Brian usa solo lo shampoo Supercap, lo shampoo all’odore ed al gusto di camoscio. Prova anche tu lo shampoo Supercap e diventa un vero macho della criminalità organizzata. Attenzione: l’uso spropositato di Supercap può portare alla formazione di tumori maligni o alla caduta immediata del pene >>.

Michael arrossì dalla vergogna: << Cazzo non dovevo firmare quel contratto pubblicitario! E… per la cronaca non ho assolutamente avuto il secondo effetto collaterale! >>.

<< Il tuo tentativo di derubare il duca è fallito, mio caro, arrenditi! >>.

Ma l’obiettivo sfoggiò un sorriso lunatico, pronto a fare la sua mossa, mentre Solomon iniziò a puntarlo con la pistola.

Michael afferrò di scatto il collo della bottiglia di pepsi che si trovava sul tavolo del buffet, puntandole la pistola contro e facendo tremare le gambe dell’agente.

<< E’ meglio che ti arrendi sbirro o questa bottiglietta farà tante bollicine! >>. Solomon non poteva rischiare l’incolumità della bottiglia. Mise giù l’arma, mentre Michael se la diede a gambe con l’ostaggio.

Era intenzionato a seguirlo, ma prima ordinò agli invitati di prestare soccorso alla bottiglia di fanta, piegata a terra per lo shock subìto dopo il rapimento della cugina.

L’agente raggiunse il tetto, notando che un elicottero era giunto dal nulla per portare via Michael.

<< Addio sbirro! >>. Disse salendo sull’apparecchio e lasciando cadere la bottiglia di pepsi, provocando la sua rottura.

Solomon corse subito in soccorso nel tentativo di salvarla, ma la bottiglia era ormai vuota e le bollicine sul pavimento erano ormai svanite.

La rabbia più totale invase il suo cuore, mentre Michael si accese un diabolico sigaro texano.

<< Bastardo… >>. Strinse le mani in pugno, irato all’ennesima potenza << Lei… era innocente! >>.

Si alzò e tirò fuori la bottiglia di shampoo.

<< Hei brutto stronzo hai dimenticato una cosa! >>.

Michael rideva di gusto: << E che cosa avrei dimenticato, piedi piatti? >>.

Solomon prese bene la mira: << Che il tuo shampoo è altamente infiammabile! >>.

Lanciò la bottiglia con forza titanica, sotto l’incredulità del suo avversario. La bottiglia lo colpì in pieno, rompendosi ed entrando in contatto con il calore del sigaro. Fu questione di pochi secondi e l’elicottero esplose, provocando dei giallastri fuochi d’artificio, simboleggianti la vittoria della giustizia.

Ma Solomon non era affatto contento. Nonostante la sua vittoria, era morto un civile.

Scese le scale e fu subito raggiunto da un poliziotto da poco arrivato.

<< Signore cosa è successo? >>.

Solomon gli mise una mano sulla spalla, cercando di trattenere le lacrime: << E’ finita, figliolo. Vai a dire alla fanta che quel figlio di puttana è crepato! >>.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Pronto soccorso ***


Gerrard stava morendo dissanguato; aveva avuto un incidente automobilistico ed era gravemente ferito. La sala operatoria in cui fu portato era enorme, con tre infermieri e, poco dopo, ci fu anche il chirurgo: il professor Calabroni.

<< Dottore la prego mi aiuti! >>. Disse Gerrard in fin di vita.

Il dottore aveva il volto coperto dalla mascherina, ma si vedeva che era abbastanza vecchio

<< Stia tranquillo, la salverò >>. Disse quest’ultimo, guardando i piedi del giovane paziente.

<< Dottore, dottore ma la mia faccia è qui! >>.

Il dottore si voltò: << Oh… beh non farci caso, ho dimenticato gli occhiali a casa >>.

Gerrard iniziò a piagnucolare come un poppante, in preda alla paura più sfrenata: << Oddio ma lei non ci vede bene! >>.

<< Si rilassi >>. Disse, mantenendolo steso con una mano sulla fronte.

La situazione stava precipitando di brutto; Gerrard sentiva la morte arrivare: << Dottore ma almeno lei ha già operato in queste condizioni? >>.

<< Ma certo, lei ha un’emorragia interna probabilmente. Ci penso io! >>.

<< Ma veramente io volevo dire che senza occhiali non si può… >>.

<< Basta, anestesia! >>. Gli suonò un sinistro micidiale che lo addormentò all’istante, prima che il giovane potesse finire di parlare. Il buon vecchio metodo del gancio sinistro avevo nuovamente funzionato.

<< Presto signorina, il bisturi! >>.

<< Ma veramente sono un maschio, dottore >>.

<< Accidenti e muoviti! Non lo vedi che non ci vedo bene?? Arrangiamoci e passami l’arnese, che questo giovane è grave! >>.

Il dottore cercò di incidere sulla carne di Gerrard, ma ci fu un inconveniente inspiegabile.

<< Cazzo ma questo bisturi non taglia! Ma come si può operare in questa maniera? >>.

<< Ma dottore guardi che… >>.

Manco il tempo di finire, che fu interrotto dalla rabbia del chirurgo.

<< Ma non è possibile che i nostri arnesi non funzionino! Questa è una clinica seria, non il circo della domenica! >>.

<< Dottore lo sta tenendo al contrario il bisturi! >>.

<< Oh… ok, ok, errore mio. Adesso facciamo le persone serie ed operiamo! >>.

Il medico si fece asciugare le gocce di sudore che già iniziarono a colare giù dalla sua fronte.

<< Grazie signorina, ora facciamo partorire la signora >>.

<< Ma dottore questo ragazzo ha un’emorragia interna! Non confonda i vari interventi! >>.

Il dottore lo guardò con sguardo giocoso e gli puntò il dito contro, dicendo tutto euforico: << Ha, ci sei cascato, vero? >>.

<< Dottore il ragazzo è grave! Si muova per Dio! >>.

<< Ok, soffro di Alzheimer, ma non sono mica cretino! >>.

Il dottore smise di scherzare e decise di fare sul serio. Aprì la ferita e si accorse della perdita di sangue in corrispondenza dello stomaco.

<< Accidenti le infermiere non si prostituiscono, bere durante le ore di lavoro è illegale ed ora non posso nemmeno scherzare un po’… la prossima volta me ne vado in Olanda a fare il chirurgo >>.

Questo e molti altri discorsi furono fatti dal dottore durante il lunghissimo intervento, ma il fato riserba sempre cose terribili quando meno te lo aspetti.

L’anestesia era infatti finita e Gerrard si svegliò in piena fase di cucitura.

<< Dottore, dottore non sento niente! >>.

<< Dormi! >>. Gli disse suonandogli una sonora testata in fronte << Il metodo testata lo terrà fermo per ore… se non l’ho ucciso… >>.

<< Ma dottore! >>. Replicò l’infermiere.

<< Hei scherzo! E’ chiaro che si sveglierà… si, è chiaro… >>.

L’operazione non poteva fermarsi così; Calabroni proseguì con la cucitura, fino a finire tutto in circa dieci minuti.

<< Portatelo in camera: l’operazione è finita >>.

Gli infermieri obbedirono, mentre lui si sedette su uno sgabello per riposarsi dopo il duro sforzo pocanzi compiuto.

Gerrard si svegliò dieci ore dopo. La stanza in cui si trovava era bianca e profumava di pulito. Si sentiva fuori pericolo. Si sentiva come se si trovasse in un nuovo corpo, come se non fosse più lui, ma qualcosa di migliore. Sorrise.

La porta si aprì lentamente e il dottor Calabroni fece il suo ingresso.

<< Salve, come si sente? >>.

<< Bene dottore >>. Disse contentissimo << E devo tutto a lei. Solo che ho un forte mal di testa… >>.

<< Non si preoccupi, è l’anestesia >>. Affermò sereno.

<< Capisco, ma… mi sembra di avere cambiato voce… è sempre l’anestesia? >>.

<< C-certo, l’anestesia… >>.

Calabroni sudava freddissimo, ma Gerrard non si accorse di nulla, felice com’era per il cessato pericolo. Dopo un po’ azzardò una domanda.

<< Dottore devo ringraziarla di tutto cuore, ma mi dica, perché lei è qui? >>.

<< Beh… sono qui per dirle che io non sono un dottore >>.

Gerrard restò sbalordito: << Cosa?? >>.

L’uomo si avvicinò al letto del giovane, continuando a parlare: << Si, mio caro, in realtà io sono… >>.

Poi aspettò il momento giusto e lo colpì con un calcione sul naso, facendolo svenire.

<< Uff, meno male… >>.

Quell’escamotage era servito per distrarre il giovane al momento dell’anestesia. C’era stato un grosso errore ed ora bisognava sistemare le cose.

Gli infermieri entrarono e lo portarono nuovamente in sala operatoria. Calabroni aveva confuso Gerrard, non si sa come, con un paziente che aveva deciso di cambiare sesso…

 

 

 

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Capitolo 8
*** La scuola che VOGLIO! ***


Entrai con disinvoltura in quella che era la più grande scuola di tutto il pianeta. Avevo attraversato il deserto del Sahara e finalmente l’avevo raggiuta. Si, era situata proprio nel mezzo di esso, per fare in modo che solo i più arditi potessero entrarvici.

La porta mastodontica si chiuse alle mie spalle, ed un anziano varcò la soglia di un’altra porta, quella che si trovava in cima ad una scala in mattoni che pareva solidissima.

Scese e mi raggiunse: era vestito di bianco ed aveva capelli lunghi e barba bianca.

Mi inginocchiai tutto emozionato: << Ma… ma tu sei Dio?? >>.

L’anziano scosse la testa: << No, sono mago Merlino >>.

Rimasi inchiodato a terra: << … ma mago Merlino non si vestiva di blu con tanto di cappellino a punta? >>.

Lui si guardò la veste curioso, poi mi fissò con maggior curiosità e mi disse: << Questa veste mi piace di più >>.

<< Oh… capisco >>.

Merlino mi diede la possibilità di visitare la struttura, prima di iscrivermi.

Andai prima nella biblioteca; era una stanza enorme, dove c’erano migliaia di libri e migliaia di studenti indaffarati in ogni modo: chi correva usando i libri come pattini, chi li usava come ali per viaggiare più efficacemente fino ai piani superiori e chi invece, semplicemente, leggeva.

Ero totalmente affascinato; la mia testa si muoveva lentamente, osservando tutta quella meraviglia di conoscenza quando, ad un certo punto, mi ritrovo la faccia di un vecchio senza denti e brutto come la peste proprio vicino a me. Aveva lo sguardo assatanato.

<< S-salve >>. Dissi tutto impressionato.

<< Salve. Lei è nuovo? >>. Disse con voce losca e divertita.

<< Si, certo >>.

<< Bene bene… io sono il custode. Sei venuto per cercare un libro? >>.

<< Beh a dire il vero sono solo di passaggio… >>.

Ma l’anziano custode mi interruppe e prese un libro: << Tu lo VUOI un libro? >>. Disse con voce lunatica.

<< Hei… hei cazzo questo mi ricorda qualcosa… >>.

<< Taci e prendilo! >>. Me lo infilò in bocca, scaraventandomi con prepotente forza fuori dalla stanza, e facendomi sfondare la porta di un’altra sala.

Ero praticamente distrutto e con il libro ancora in bocca. Lo presi e lessi il titolo:

“Come sapere quando si VUOLE una gallina” del macellaio pazzo.

<< Oh Gesù! >>. Esclamai con tremendo terrore e lanciando il libro in aria, che cadde su un lampadario e lo fece cadere a terra, uccidendo due bidelli che stavano innocentemente lavando a terra.

<< Oh no li ho ammazzati! >>.

<< Tranquillo >>. Mi disse un giovane con gli occhiali << Tanto dovevano sfoltire il personale >>.

<< Ah… beh allora poco male. Che sala è questa? >>.

Lui spalancò le braccia e sorrise: << Sei nella sala delle riflessioni! Qui noi studenti diamo il massimo del nostro contributo per le nuove scoperte che rivoluzioneranno il mondo! >>.

Mi guardai attorno. Sulla destra c’erano due ragazzi vicini ad un mappamondo. Erano applicatissimi e lo osservavano con estrema concentrazione. Stavano probabilmente giungendo ad una conclusione.

Alla fine uno dei due disse all’altro con estrema sicurezza: << Secondo me la Terra è tonda >>.

L’altro lo guardò esterrefatto: << Ma che cazzo dici?? La terra è piatta! >>.

<< Si, certo, e tua madre è vergine… >>.

<< Figlio di puttana! >>.

I due iniziarono a suonarsele, ma qualcos’altro attrasse la mia attenzione: un ragazzo con in mano una bacchetta di legno.

<< Ehm… salve >>. Dissi quando fui abbastanza vicino a lui.

<< Oh salve. Lei è il serial killer che abbiamo assoldato per ridurre lo staff delle pulizie? >>.

<< Beh no, quello è stato un incidente. Io sono qui per iscrivermi >>.

Lui sorrise: << Oh bene. Sono sicuro che saremo ottimi amici >>.

<< Grazie mille! Hei, ma cos’è quella? >>. Indicai il pezzo di legno che aveva in mano << Cos’è, una bacchetta magica? >>.

Lui la guardò colpito, poi sorrise e mi rispose: << No, sto per farmi un clistere >>.

Sentii il mio stomaco sobbalzare. Scappai via, rifugiandomi in un bagno. Sembrava tutto sicuro quando ad un certo punto, da una delle varie porte, uscirono in ordine sette nani, un barbone puzzolente, una vecchia con le stampelle, un coniglio alto due metri e, infine, un tizio tutto spettinato, serio e bianchissimo di pelle che mi guardò nervoso e mi disse: << Tu non hai visto niente >>. E tutto ciò mentre agitava le mani vicino ai miei occhi, come se volesse ipnotizzarmi.

Il mio sguardo restò inchiodato su di lui fino alla fine della stanza, fino a quando non potei più vederlo. E fu lì che sentii dei colpi di tosse e mi girai di scatto.

<< Ma… mago Merlino! Dove diavolo era? >>.

<< Lì dentro con loro >>. Disse schietto << Allora… tu vuoi iscriverti, vero? >>.

<< Beh veramente non ne sono più molto… >>.

<< Seguimi >>. M’interruppe e mi prese per la mano, portandomi nella sala professori sopra le scale.

La sala era molto spaziosa e sistemata. Era piena di quadri di galline che popolavano strade, città, grattacieli.

<< Mio Dio… quanta ansia… quanti brutti pensieri… >>. Dissi sotto voce.

<< Forza vieni qui >>. Disse il mago.

Di fronte a me c’era un registro. Dovevo firmare.

<< Forza firma >>.

Presi la penna e mossi la mano in avanti, pronto a firmare per essere parte di tutta quella conoscenza, di tutta quella saggezza. Ma rimasi attento e schivai la coltellata con la quale lui voleva colpirmi la mano.

<< Ma che cazzo fa?? >>.

<< Zitto! Questo patto va consacrato col sangue! Tu VUOI firmare, vero?? >>.

<< Non intendo restare qui un secondo di più! >>.

<< Allora morirai! >>. Il mago tentò un fendente, ma io fui più attento e veloce, schivando l’attacco e facendolo cadere a terra con una spinta. Svenne clamorosamente, facendomi comprendere che l’età l’aveva reso assai un pappamolla.

Restai ancora a fissarlo, ma dei lenti passi attirarono la mia attenzione. L’individuo che mi ritrovai di fronte era stranamente familiare.

<< E’… è il capo! >>. Disse Merlino prima di tirare le cuoia.

Io lo fissavo con sbigottimento; era molto vecchio, si reggeva su una stampella con la mano destra e reggeva con la sinistra niente popò di meno che una gallina.

<< Cazzo… mi ci sono voluti vent’anni per ritrovare sta fottutissima gallina! >>. Disse rabbioso.

Le gambe mie tremavano forsennatamente. Il sudore cadeva a grosse gocce lungo il mio corpo:

<< No! No! Vai via! Vattene via vecchio bastardo! >>.

Lui sorrise lunaticamente: << Ma guarda guarda… quanto tempo, piccolo Thomas! >>.

<< No vattene, lasciami in pace lurido bastardo! >>.

<< Oh e adesso la VUOI sta cazzo di gallina o no??? >>.

 

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Capitolo 9
*** Ma qui ci vuole un miracolo! ***


Una casa modesta quella della famiglia De Rosa, al terzo piano di un palazzo situato nel piccolo paese di Boscotrecase. Nella cucina c’era la signora con ancora la crema facciale addosso ed i bigodini tra i capelli. Il bambino di lei era una pulce: piccolo e capelli a caschetto, ma molto sinistro.

La porta principale si spalancò ed entrò il capo famiglia, tutto sporco di una polvere bianca. Era un panettiere, sia chiaro.

<< Ciao amore. Ciao piccolo. Come state? >>.

<< Male! >>. Urlò lei << Nella casa ci sono strani rumori ed il forno non vuole accendersi! >>.

<< Oh cazzo! >>. Urlò lui dopo che il rubinetto del lavandino saltò in aria.

L’acqua iniziò presto ad allagare la casa.

L’uomo si mise le mani tra i capelli: << Dannazione, ma per far funzionare qualcosa in questa casa ci vuole un miracolo! >>.

Ed ecco che la musica di “Alleluia” scese all’improvviso in mezzo a loro. La porta principale fu sfondata con un calcione santo come l’ostia. La porta era volata via, oltre la finestra, finendo di sotto e decapitando un anziano che passava lì per caso. Di fronte a loro si ergeva una figura avvolta da una luce bianca e fortissima, la luce della tromba delle scale. Era lui, l’uomo più santo di tutti, l’uomo che non doveva mai chiedere soldi, perché li estorceva e basta: Don Camillo.

<< Qualcuno ha parlato di miracolo?? >>. Disse allarmato.

I tre si inginocchiarono.

<< Si padre! La prego ci salvi da questo martirio! La nostra casa sembra posseduta! >>. Disse l’uomo.

<< Ma la vostra casa E’ posseduta! >>. Disse lui con tono rabbioso.

La donna svenne, il bambino vomitò tutti i pastelli, l’uomo si aggrappò alla tonaca del santissimo in terra: << La prego ci salvi! >>.

Don Camillo gli mise una mano in testa: << Non temere piccola scimmia! Io ammazzo quel diavolaccio e appendo il suo cadavere ad un albero! >>.

Il parroco tirò fuori dalla tonaca una brocca di purissimo incenso (HCl in termini scientifici):

<< Dove nascondete i soldi? >>.

<< … sotto al letto >>. Rispose l’uomo con stupore << Ma perché vuole saperlo? >>.

<< Perché il diavolo va dove ci sono i soldi! Aspetta qui, non sbirciare o ti incenso! >>.

Nessuno si mosse, nessuno fiatò. L’uomo più importante del pianeta aveva raggiunto la porta della stanza da letto che si trovava al piano superiore. Il parroco era tanto importante che persino la porta si aprì da sola, quando lui si avvicinò. Si chiuse alle sue spalle: il silenzio fu agghiacciante. Ricomparve dopo poche ore, con le tasche della tonaca tutte piene.

<< Padre lo ha trovato? >>. Chiese la donna preoccupata.

<< Certo >>. Rispose ad occhi chiusi e col mento in alto << E l’ho pure mandato via! >>.

La donna tentò di baciarlo, ma Don Camillo le diede una bottigliata in testa, facendola svenire.

<< Troppo brutta, mi spiace >>. Disse.

<< Padre la prego controlli il resto della casa! >>. Disse l’uomo tutto tremolante.

Il Don sbuffò: << E va bene… >>.

Nell’ordine benedì con l’incenso il frigorifero, il termosifone, la tavola, il lampadario, poi, arrivato nei pressi del forno notò con grande stupore che la porticina di questo si stava lentamente aprendo. Era strano, visto che i forni, a differenza delle porte, non si aprono da soli. Gli occhi di tutti i presenti si fecero grossi e curiosi.

Dal forno sbucò la testa di un piccolo diavolo, che sghignazzava: << Vaffanculo uomo di chiesa! >>.

Il parroco ringhiò: << Ti spezzo le ossa figlio di puttana! >>.

Lo prese per il collo e lo tirò fuori dalla casetta.

<< Non fare male al mio amico! >>. Urlò il bambino, disperato.

Gli occhi del Don si accesero. Prese la mira e glielo lanciò addosso, facendogli sfondare la finestra e facendolo finire giù, per la strada.

<< Oh no mio figlio! >>.

<< Aveva fatto un patto col Diavolo! >>.

<< La prego padre lo salvi! >>.

<< Uff… e va bene! >>.

Si lanciò nel vuoto, prese il bambino, azionò il jet pack che nascondeva sotto la tonaca e volò via, mentre il diavoletto si spiaccicava sull’asfalto.

<< Padre lei… lei mi ha salvato! Perché? >>.

<< Zitto coglionazzo! >>. Urlò lui.

Fu riportato a casa. L’uomo si inginocchiò ed iniziò a baciargli le mani: << Padre le devo tutto! ha salvato mio figlio dalla morte. Come posso ripagarla? >>.

<< Beh, visto che parla di pagare… >>.

Gli furono dati tutti i soldi che l’uomo aveva nel portafogli; cinquanta euro ed un abbonamento per andare allo Stadio San Paolo.

<< Vuole anche i soldi che nascondo sotto al letto? >>. Chiese lui.

<< No! >>. Rispose il parroco, improvvisamente sudato << Quelli potete tenerli voi… se nessuno li ha già rubati, ovviamente >>.

Era pronto ad andarsene, ma le diaboliche mani del diavoletto si attaccarono alla sua nuca.

<< Tu vieni all’Inferno con me! >>.

Don Camillo cercò di divincolarsi dalla morsa terribile della bestia, ma era l’impresa più ardua che avesse dovuto mai affrontare. Lo prese per le corna e lo sbatté a terra, poi gli diede un calcio, facendolo finire nuovamente nel forno. Chiuse tutto con un catenaccio, facendo in modo che l’avversario non potesse più uscire.

Prese il forno e lo lanciò giù, per il buco che c’era al posto della finestra. Una macchina fu schiacciata dall’elettrodomestico. Ci furono solo due morti.

<< Il mio lavoro è terminato. Addio, esseri inferiori! >>.

Si lanciò nel vuoto e padre e figlio si avvicinarono al buco, per guardare meglio la sagoma del loro salvatore che, con il suo jet pack, stava tornando in chiesa, mentre il sole tramontava.

<< Papà… da grande voglio essere come lui >>.

Il padre sorrise fiero: << Ce la farai figliolo, ce la farai >>.

Detto questo il pavimento cedette, facendoli cadere nel vuoto.

E non preoccupatevi per la donna; non rimase da sola. Rattristato ed impietosito dalla sua condizione, Don Camillo pose fine anche alle sue sofferenze, ma non prima di aver dato un’occhiata all’argenteria.

 

Salve amici cari! :D

Innanzi tutto vi ringrazio per aver seguito il mio vortice fino ad oggi.

Il personaggio in questione, Don Camillo, è il mio primo personaggio nonsense, protagonista della storia a capitoli “Don Camillo”. Se vi interessa leggetelo! Spero di avervi incuriositi verso il parroco più pazzo del mondo!

Detto questo spero di ricevere le vostre recensioni ed i vostri commenti.

Grazie ancora e al prossimo pazzo capitolo! ;)

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Capitolo 10
*** Una situazione ciclica... ***


Laura era una allegra ragazza di diciassette anni che amava tanto fare sport, giocare ai videogiochi e, soprattutto, nuotare. Era in vacanza ed aveva prenotato un pomeriggio in piscina, vicino ad un hotel. Tempo di posare tutta la sua roba e si tuffò immediatamente in acqua. Destino crudelissimo volle che quel giorno lei non fosse nelle migliori condizioni per stare in acqua… ben presto essa divenne tutta rossa. Tutti i nuotatori si guardarono disgustati, poi iniziarono ad osservare l’unica ragazza che era in acqua in quel momento.

Laura era in preda alla vergogna più totale: “Accidenti non me n’ero accorta di avere il ciclo!”

Il proprietario della piscina, nonché dell’hotel,  la raggiunse urlando come il pazzo: << Ma porca puttana che cazzo ti tuffi in queste condizioni! >>.

Laura uscì dall’acqua e gocce di sangue iniziarono a macchiare il marmo per terra.

<< Noooo! Il mio prezioso pavimento! >>. Prese una mazza chiodata ed iniziò ad inseguirla.

<< Brutta puttana! >>.

<< No la prego, non mi faccia del male! >>.

Corse veloce, fino a raggiungere l’albergo: << Non entrare cazzo! >>.

Lei invece, presa dal panico, entrò ugualmente, lasciando una enorme scia rossa sui tappeti di pelle di foca bianca; dieci mila euro ciascuno.

Laura prese le scale. Un facchino tentò di prenderla, ma lei lo spinse via contro un muro. Corse sempre di più, seminando il panico tra tutti i presenti. Tutti tranne un maniaco sessuale, che si lanciò a terra ed iniziò a leccare il pavimento con voracità, ridacchiando con estremo entusiasmo.

Un uomo inconsapevole dell’accaduto scivolò sul sangue, cadendo e facendo cadere anche il facchino di prima, rialzatosi poco dopo. Laura raggiunse una porta dorata, la aprì e si ritrovò in un altro corridoio, quello di lusso. Pochi secondi dopo, in albergo, entrò un serial killer pronto a fare una carneficina, ma dopo aver visto il sangue a terra esclamò: << Dannata concorrenza! >>. E se ne andò piangendo.

La situazione stava precipitando: il facchino non stava sollevando valigie, il maniaco non stava violentando nessuno ed il serial killer aveva preferito ammazzare la gente altrove.

Il proprietario sentiva che il suo hotel stava perdendo di prestigio, tutto ciò per colpa di una piccola zoccola che mostrava senza pudore tutto il frutto della sua erotica fertilità sessuale.

La ragazza si chiuse in bagno, trovandovi dentro una veggente cieca.

<< Oh ti prego cara veggente cieca come una talpa, aiutami a seminare tutti coloro che vogliono il mio male, solo perché ho il ciclo >>.

L’anziana sorrise: << Mia cara non disperarti. Io ho una soluzione per ogni tuo… cazzo, vuoi dire che stai sporcando il bellissimo pavimento che tutti i giorni pulisco con moltissima cura?? >>.

Laura uscì di corsa dal bagno, schivando i proiettili che furono sparati dal fucile a pompa della veggente, che gambizzarono l’ignaro facchino di pocanzi.

Laura corse via, verso una finestra, ma il suo cammino fu intralciato da un medico con il grembiule per le operazioni tutto sporco di sangue ed una mascherina sulla bocca.

I suoi occhi erano infuocati: << Ragazzina tu hai dei seri problemi >>.

<< Dottore le giuro che non è colpa mia! >>. Rispose spaventata.

<< Oh ti credo, piccola mia. Ma non temere >>. Disse alzando il dito ed estraendo dal grembiule un secchio ed un attrezzo da muratore << Otturerò la tua ferita con il cemento armato! >>.

<< No per Dio! >>.

Pezzi di cemento armato freschissimo tentarono di colpirla, ma lei riuscì a salvarsi, scappando via. Il facchino invece, ripresosi dai colpi di fucile, fu colpito in pieno volto e cadde a terra, svenendo.

Laura fu poi presa con la forza da un individuo e portata in una camera, che fu chiusa a chiave.

Intanto il proprietario dell’hotel si asciugava il sudore della fronte con un fazzoletto sporco di sangue vaginale, caduto pochi secondi prima dalle sue sudatissime mani. Che cosa fare per fermare quella piccola bestia?

Ma all’improvviso uno tsunami di sangue invase il posto, trascinando con forza tutti i residenti fuori dalla struttura, sia dalle porte, che dalle finestre di ogni piano.

<< Cazzo ho bevuto! >>. Urlò di rabbia il proprietario.

Il facchino era privo di vita. Il maniaco gli fece la respirazione bocca a bocca con tanto di lingua, fino a farlo rinvenire: << Bentornato nel mondo dei vivi, bel maschione! >>.

<< Sia lodato… >>. E il maniaco gli rimise la lingua in bocca con tremenda voracità.

Ma cosa poteva mai essere successo? Tutto quel sangue non poteva essere solo causa della giovane con le sue cose decisamente troppo splatter.

La veggente tentò di indovinare, ma le sue carte erano tutte bagnate col sangue.

Laura uscì dall’hotel e scappò in mezzo alla strada tutto euforica e contenta, mentre un giovane tutto muscoloso, biondo e con gli occhi azzurri stava uscendo a fatica dallo stesso palazzo.

<< Porca puttana >>. Disse << Mai far venire l’orgasmo ad una ragazza col ciclo… >>.

 

Ed ecco a voi il decimo capitolo della mia fantastica serie! :D

Ringrazio infinitamente tutti coloro che mi seguono e che recensiscono il mio vortice di pazzi! xDD

Spero che altri si fermino qui, dal caro Cam17 per dare le proprie considerazioni sulla mia… pazzia xD

Io vi saluto e vi aspetto nel prossimo capitolo, ciao ciao :3

 

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Capitolo 11
*** Un caso... festivo! ***


La festa del Conte di Villa Conca era un evento imperdibile per la maggior parte dei nobili  della zona. L’uomo compiva la bellezza di 89 anni, trenta dei quali passati su una sedia a rotelle, e tutti in sala festeggiavano bevendo e mangiando senza sosta. Ma ad un certo punto le luci si spensero, mandando tutti nel panico. Si sentirono delle urla e, dopo che le luci furono riaccese, tutti rimasero shoccati di fronte al corpo senza vita dell’anziano, pugnalato al collo con una siringa.

Mezz’ora dopo arrivarono l’auto del commissario e, pochi secondi dopo, le auto della polizia.

<< Hahahaha! Siamo arrivati prima noi! >>. Urlò soddisfatto il commissario Brambilla.

<< Eh si >> rispose Duski, suo fido braccio destro << Tutto grazie a me, che gli ho sparato alle gomme! >>.

I due scesero e si fecero largo tra gli insulti delle forze dell’ordine. Arrivarono nella sala grande e mostrarono i distintivi ai presenti.

<< Vi preghiamo di non uscire dalla stanza >> disse Brambilla << Siete tutti sospettati dell’omicidio del Conte Vittorio Armani. Collaborate con noi e non ci saranno problemi >>.

Brambilla avanzò. Duski prese il cappotto e lo gettò verso l’appendiabiti che si trovava vicino alla finestra, finendo però per sbagliare la mira e farlo cadere di sotto. Un poliziotto se lo ritrovò addosso.

Il commissario si avvicinò alla vittima: << Cavoli… è in avanzato stato di decomposizione… >>. Disse schifato.

<< Ma è morto da mezz’ora! >>. Urlò il maggiordomo.

Brambilla si girò e lo guardò dritto negli occhi: << Non mi dica come devo fare il mio lavoro, grazie! >>.

Il maggiordomo ammutolì.

Brambilla osservò la siringa sul collo, poi rispose con sicurezza: << E beh, che dire… questo è un classico caso di morte per overdose >>.

<< Ma è stato ammazzato! >> ribatté il maggiordomo.

<< Duski! >>. Urlò Brambilla.

Il poliziotto prese l’adesivo per i delitti e chiuse la bocca al maggiordomo.

Un’analisi più approfondita mostrava che alla vittima erano stati strappati violentemente alcuni capelli. Ma per quale motivo?

Il commissario si guardava attorno, cercando di capire chi dei presenti potesse essere stato a mandare in overdose il vecchio.

Si avvicinò ad un giovane alto e snello: << Lei dov’era mezz’ora fa?? >>.

<< Qui, alla festa >>. Rispose il giovane.

Dusky si avvicinò al commissario, sospettoso più che mai: << Non le sembra una risposta troppo facile? >>. Disse a bassa voce.

<< Mi dica… >> riprese Brambilla << Che cosa faceva esattamente? >>.

<< Ero vicino al festeggiato. Era mio zio >>.

<< HA HA! Beh, ti faceva comodo che crepasse, visto che sei un suo erede! >>.

<< Ma è pazzo?? Io adoravo mio zio! E’ stato come un padre per me! >>.

Ma ad un certo punto il commissario vide una buccia di banana per terra, poco lontana dal corpo.

<< Una buccia di banana! Ecco, ora capisco! L’assassino ha prima tentato di far scivolare il vecchio, ma non ci è riuscito! Quindi ha deciso di cambiare piano per ucciderlo! >>.

Duski sorrise: << Ehm veramente quella buccia l’ho buttata io a terra… sa io adoro le banane e le pere. Avevo fame, commissario >>.

<< Ah Duski ma come puoi sviare le mie indagini con i tuoi osceni desideri alimentari?? >>.

<< Scusi >>. Disse, abbassando il capo.

<< Cavoli… eppure far scivolare il vecchio poteva essere un’idea geniale per ucciderlo >>.

<< Ma se stava sulla sedia a rotelle! >>. Urlò il maggiordomo, misteriosamente liberatosi dal nastro adesivo.

<< Duski infilagli una banana in bocca! >>.

<< Con molto piacere, commissario! >>.

Lasciando perdere l’osceno spettacolo che ci fu in sala, Brambilla iniziò ad interrogare la moglie della vittima: << Signora ha visto qualcosa durante lo spegnimento delle luci? >>.

<< Nulla >> disse, assumendo un’espressione storta in volto.

Brambilla aveva finalmente capito perché l’anziana indossasse gli occhiali da sole in casa, alle 22.00 di sera.

Intanto Duski si tirò su la lampo del pantalone, mentre il maggiordomo rimase a terra stordito.

<< Lei >>. Disse il commissario, avvicinandosi ad una ballerina brasiliana che era stata invitata per dare spettacolo << Lei potrebbe essere la responsabile di questa terribile tragedia! >>.

<< Cosa?? >>. Esclamò esterrefatta << Io non ho fatto niente! >>.

<< Lo ammetta! Il vecchio voleva scoparla e, prendendo troppe pillole di viagra, ha avuto un infarto! >>.

<< Ma è stato infilzato al collo con una siringa! >>. Urlò da terra il maggiordomo, tenendo l’indice alzato verso l’alto.

Brambilla si incazzò come un pazzo: << Duski a mali estremi, estremi rimedi! >>.

Duski sorrise. Lo prese per il collo della camicia e lo buttò giù dalla finestra. Un volo di due piani, finito su due poliziotti che indagavano nei dintorni.

La ballerina disse che aveva avuto proposte allettanti sia dal festeggiato, che da altri invitati, ma non aveva assunto pillole.

Brambilla era nel panico: chi mai poteva aver ucciso quell’uomo? Tutti sembravano essere il potenziale assassino. Ma Duski ebbe un colpo di genio:

<< Solo un medico poteva infilzare l’uomo con una siringa! >>.

Brambilla si girò: << Bravo ragazzo, hai ragione! Chi di voi è un medico? >>.

<< Il signor Tommaselli! >>. Urlarono tutti all’unisono, puntando gli indici contro un uomo sulla sessantina, pelato e con una folta barba bianca.

<< Lei mi dica dov’era quando le luci si sono spente >>.

<< Qui, con mia moglie! Non vorrà mica insinuare che lo abbia ucciso io! >>.

Brambilla prese la siringa dal collo della vittima e la pose tra le mani del medico.

<< Ma perché?? >> rispose l’uomo, sbigottito.

<< Su questa siringa ci sono, adesso, le sue impronte digitali! Sono sicuro che le analisi delle impronte mi daranno ragione! So che è stato lei, e so come sono andate le cose, adesso >>.

Tutti rimasero in silenzio, ascoltandolo. Dusky preparò i popcorn.

“Lei e la vittima vi eravate messi d’accordo con la ballerina per passare una bella serata assieme, ma il fatto che lui fosse riuscito a dare qualche bottarella in più, considerando che aveva trent’anni in più di lei, l’ha fatta imbestialire a tal punto da ucciderlo con la prima cosa che le è capitata a tiro. Proprio quella siringa di adrenalina che è servita per rendere lei, mio caro, più attivo nel rapporto sessuale. Non solo: lei era geloso dei capelli del caro Conte, visto che lei ne è sprovvisto. Questo spiegherebbe perché c’è stato un tentativo di strapparli via. Sono sicuro che nella siringa e nel suo sangue troveremo l’adrenalina utilizzata per fare sesso, mentre tra le sue dita o sul suo vestito deve essere rimasto ancora qualche capello”.

<< Lo ammetta! Lo ha ucciso lei! >>.

Il medico rimase muto, con lo sguardo rivolto verso il basso.

<< Dusky, le manette! >>.

Duski lo ammanettò.

Brambilla si pose di fronte all’assassino: << Lei è accusato di un omicidio e del tentato omicidio di due poliziotti, che hanno rischiato di morire sotto un maggiordomo obeso! >>.

<< Ma cosa c’entro io col maggiordomo?? >>.

<< Stia zitto! Lei è in arresto signor Tommaselli! O forse dovrei dire… Babbo Natale?? >>.

Tutti i presenti rimasero a bocca aperta, compreso Duski.

Tommaselli fu sorpreso più che mai.

<< Tom! >>. Urlò la moglie disperata << E’ vero ciò che dice?? Sei stato tu?? >>.

Tom abbassò lo sguardo, straziato dal dolore: << Quest’anno i bambini non riceveranno nessun regalo >>.

<< Dusky portalo via! >>.

Ubbidì, iniziando ad elencare tutte le cose che avrebbe voluto per questo Natale.

Brambilla iniziò a ridere soddisfatto e compiaciuto: << Sono un genio! >>.

Si girò e si diresse verso l’uscita, ma una buccia di banana lo fece scivolare a terra, rompendogli una costola.

Venti minuti dopo era già in auto con il suo fido compagno. Era un po’ triste.

<< Che succede commissario? In fondo giustizia è stata fatta >>.

<< Si Duski, ma quest’anno non avrò il mio regalo di Natale. E’ un vero peccato >>.

Duski sorrise ed iniziò ad accarezzare la spalla del commissario.

Brambilla lo guardò preoccupato.

Duski gli fece l’occhiolino: << Mah, guardi… se proprio vuole, il regalo di Natale glielo vengo a fare io la notte del 24 Dicembre, caro commissario! >>.

 

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