Il vortice nonsense di Cam17 (/viewuser.php?uid=302388)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tu la VUOI una gallina? ***
Capitolo 2: *** It's over 9000! ***
Capitolo 3: *** Vendetta al limone! ***
Capitolo 4: *** Omicidio al ragù! ***
Capitolo 5: *** Un verdeo assalto ***
Capitolo 6: *** Shampoo e bollicine ***
Capitolo 7: *** Pronto soccorso ***
Capitolo 8: *** La scuola che VOGLIO! ***
Capitolo 9: *** Ma qui ci vuole un miracolo! ***
Capitolo 10: *** Una situazione ciclica... ***
Capitolo 11: *** Un caso... festivo! ***
Capitolo 1 *** Tu la VUOI una gallina? ***
Tommy correva
velocissimo nel
tentativo di raggiungere la scuola in tempo: aveva il compito di
matematica
alla prima ora e non poteva assolutamente fare tardi. Alto circa 1,50
metri,
con un borsone di quindici chili sulle spalle, Tommy dondolava a destra
e a
sinistra con maestria, facendo concorrenza ai più accaniti
ubriaconi della
zona.
Arrivato nei
pressi di una
macelleria, fu bloccato dalla inquietante presenza del macellaio,
vedovo, alto
e magrissimo. Aveva il classico camice da macellaio tutto sporco di
sangue, una
faccia rugosa con capelli ricci e grigi, occhiali da sole per
chissà quale
motivo ed una gallina viva in mano.
Tommy
restò interdetto.
<<
Salve piccolo Thomas
>>.
<<
Salve signor macellaio…
scusi, ma vado un po’ di fretta >>.
<<
Thomas, dimmi, tu la VUOI
una gallina? >>.
<<
Beh… a dire il vero…
>>.
<<
Io dico che tu la VUOI una
gallina >>.
<<
Signore, la prego, devo
andare a scuola >>.
<<
Ti dirò, le galline sono
così gustose… mi piace soprattutto quanto le
spezzi per bene il collo, poi bevi
il loro sangue tramite la giugulare, per poi scotennarle come si deve.
Eh, i
bei vecchi tempi… ne ho ammazzate di galline…
>>.
La gallina,
estremamente spaventata
per l’inquietante frase qui sopra ( tra l’altro
come cazzo ha fatto a capire il
linguaggio umano?? ), decise di abbattere le leggi della fisica, e fu
così che
volò via, tanto velocemente che si perse fra le nuvole in
meno di un secondo.
Il macellaio
restò sbigottito a
fissare in quella direzione. Tommy ne approfittò per passare
avanti e
raggiungere la scuola, a pochi metri dalla macelleria.
Il macellaio, a
bocca aperta, non
poté fare altro che esclamare: << Io VOGLIO
una gallina! >>.
Tommy raggiunse
la scuola ed entrò,
suscitando la curiosità del bidello, che, lasciato il
giornale che stava leggendo,
gli sbarrò la strada, puntandogli la scopa contro.
<<
Tommy, ma che cazzo stai
facendo?? >>.
<<
Niente signor bidello!
>>. Disse lui, alquanto allarmato << Sto
solo entrando a scuola!
>>.
<<
Impossibile! Ma hai visto
che ore sono?? Sono le 8:21!! Il che significa che sei in ritardo di un
minuto!
Il regolamento parla chiaro: TU NON PASSI! >>.
<<
Ma la prego, ho il compito!
>>.
<<
Giammai! >>.
Tommy fu
costretto a lottare; schivò
le scopate del bidello ( e non fare il malizioso, ti prego ),
rotolò alle sue
spalle e gli attorcigliò i manici della borsa attorno al
collo, sbattendogli la
testa con foga contro la scrivania e lasciandolo moribondo sul
pavimento.
Tommy,
tremendamente nervoso nel
vedere che per stordire il vecchiaccio ci aveva messo la bellezza di
tre
minuti, iniziò a correre a perdifiato, percorrendo tutte le
scale e
raggiungendo il primo piano. Lo raggiunse e svoltò per il
secondo. Era passato
velocemente nel campo visivo di un altro bidello che, con un attimo di
ritardo,
si accorse di lui, gettò la sigaretta giù dalla
finestra
( colpendo un
professore con i
capelli ad afro e facendogli prendere fuoco, ma sono
dettagli…), fece un
fischio e raggiunse le scale, cercando di acchiappare il piccolo
fuggitivo. Il fischio
fece uscire dal bagno il terzo bidello che, con le braghe ancora
calate, correva
a fatica, ma non demordeva, neanche quando si trattò di
saltellare di scalino
in scalino per arrivare al piano superiore.
Tommy aveva
raggiunto il secondo
piano, lo percorse velocissimo, ma la sua professoressa di italiano (
sarebbe più
corretto dire balena ) gli spianò la strada, aprendo braccia
e gambe.
<<
Sei già bocciato, piccolo
stronzetto! >>. Disse con estrema decisione.
Tommy
scivolò sotto le sue gambe,
mollandole un pugno nella zona dove molto probabilmente ( e molto
normalmente )
si inserisce il pene, anche se, per il marito della prof,
l’impresa era di
quelle che sicuramente ti segnano l’esistenza. Ma lasciamo
stare la mole di
grasso che la prof utilizzava per sottomettere ( in tutti i sensi ) il
proprio
marito e torniamo alla vicenda.
La prof si
abbassò dolorante, mentre
Tommy entrò in classe tutto sudato.
<<
Prof chiedo scusa per il
ritardo! >>.
<<
Oh, piccolo Tommy, non
preoccuparti. Stavo appena finendo di consegnare i compiti
>>. Ribadì la
prof di matematica.
Ma i tre
inseguitori non demorsero ed
iniziarono a dare con decisione forti pugni contro la porta
dell’aula. I gemiti
che emettevano ricordavano tantissimo quello degli zombie: orrendi,
freddi,
assetati di sangue.
<<
Ecco, come al solito c’è
qualcuno che disturba… >>. Disse la prof di
matematica, molto serena e
tranquilla.
Aprì
la porta ed estrasse con
rapidità un fucile SPA 12, con il quale freddò
tutti e tre con un sol colpo.
<<
Ecco, così imparate!
>>. Disse lei, sempre con estrema calma.
Si
girò e, disgraziatamente, le partì
un secondo colpo che spedì un alunno contro la finestra,
facendogliela sfondare
e facendolo cadere giù, contro la finestra della macelleria,
che a sua volta si
sfondò. Il bambino era sul punto di svenire per via del
trauma fisico e
mentale, mentre il macellaio, ancora scioccato per la insensata fuga
della
gallina ( sicuramente insensata ), lo guardò con sguardo
perso, per poi
esclamare: << Non dirmelo: sei qui perché VUOI
una gallina! >>.
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Capitolo 2 *** It's over 9000! ***
Bob stava
comodamente completando un
cruciverba, quando la porta fu letteralmente sfondata.
<<
Ma chi cazz… >>. Si
girò, cercando di capire cosa fosse successo.
Dalla soglia
apparve un suo carissimo
amico, Jack, tutto affannato e con la bava alla bocca.
Bob lo
guardò esterrefatto: <<
Jack ma che cazzo succede?? >>.
Jack lo
guardò dritto dritto negli
occhi, pronto a dirgli la cosa più terribile che si potesse
dire ad un amico.
<<
Bob, IT’S OVER 9000!
>>.
Bob si
strappò via i capelli dallo
shock, restando completamente pelato: << Non è
possibile! Non può essere!
Io… io sapevo che questo giorno sarebbe venuto. Presto Jack
prendi i fucili, le
bombe, le pistole, i cruciverba, i cereali ed i vibratori chiodati, ce
ne
andiamo! >>.
Jack
obbedì, ed i due scesero
velocissimi le scale, raggiungendo il parcheggio e salendo nella loro
Fiat 500.
<<
Jack a tutta manetta!
Dobbiamo raggiungere il K2! >>.
<<
Il canale dei cartoni
animati? >>.
<<
No zoticone! La seconda
montagna più grande del mondo! Ed è il luogo dove
sta la scala magica! >>.
<<
Ma che diavolo ci andiamo a
fare?? >>.
Bob lo prese per
il colletto della
camicia: << Ma allora non capisci?? IT’S OVER
9000! >>.
Sentita questa
frase, Jack, che tra l’altro
era stato lui stesso ad avvisare il compagno ( un genio, si capisce ),
si era
ricordato del pericolo che incombeva su tutta
l’umanità.
La 500
sfrecciò velocissima lungo la
strada. Una vecchietta stava placidamente attraversando sulle strisce
pedonali.
Jack tentò di rallentare, ma Bob gli intimò di
accelerare.
<<
Ma che fai?? Se accelero la
uccido! >>. Disse lui, giustamente allarmato.
<<
Ma sei cretino?? Non capisci??
La signora ha fatto la sua scelta, quella di sbarrarci la strada
nonostante la
situazione sia OVER 9000! Io dico che lei sta con il nemico. Accelera,
accelera! >>.
Jack, per nulla
convinto delle parole
dell’amico, decise ugualmente di accelerare. (…)
Buttò
sotto l’anziana signora, che si
spiaccicò contro il parabrezza.
<<
Ecco, visto? Sta con il
nemico! Si è attaccata al parabrezza nel tentativo di
fermarci, ma io ne so una
più del Diavolo, vecchia puttana! >>.
Tentò
di staccarla dall’auto, ma la
situazione era degenerata quando l’anziana, dopo vari calci
rifilateli da Bob,
iniziò a vomitare.
<<
E’ peggio di quanto
pensassi! Jack, la zoccola è posseduta! >>.
La macchina
sbandava a destra e a
sinistra, nel tentativo di sbarazzarsi del demonio.
<<
Bob siamo arrivati all’aereoporto!
Abbandoniamo la macchina! >>.
<<
Si, dirotteremo un aereo,
sbrighiamoci! >>.
I due scesero
senza fermare l’auto,
che sfondò le sbarre di sicurezza. I due entrarono
velocissimi, salendo su un
boing e dirottandolo.
Bob prese
possesso del microfono di
bordo.
<<
Signori niente paura, è solo
un IT'S OVER 9000!!! >>.
Nessuno si
allarmò, nessuno capì cosa
significasse quella frase. Jack prese la pistola e sparò in
aria.
<< Allora,
teste di cazzo??
>>.
Tutti iniziarono
ad urlare come i
pazzi. I due si guardarono sorridenti.
<<
Perfetto Jack, ora capiscono
la gravità della situazione >>.
Ma ecco che
proprio nel momento del
decollo, un bambino si attaccò alla porta
d’ingresso ( da dove cazzo è uscito?
), ancora aperta.
<<
Signori aiutatemi! >>.
Jack
tentò di tirarlo su, ma Bob lo
fermò: << Ma sei impazzito?? Non vedi come
soffre? Perché allungare
ancora di più la sua sofferenza? >>.
<<
Ma Bob, possiamo salvarlo!
>>. Replicò Jack.
<<
Certo, è poi?? Come farà a
vivere in queste condizioni per il resto della vita?? >>.
Il bambino,
oscillante
forsennatamente, con l’aereo che volava a 200 kilometri
all’ora e ad un’altezza
pari a 2000 metri, non poté che dire: << Ma
guarda… basta che mi tiri su
ed il gioco è fatto… >>.
<<
Giammai! Io non ti farò
vivere una vita di stenti solo per il tuo enorme egoismo!
>>.
<<
Il mio pisello è enorme!
>>.
<<
Cosa?? >>.
<<
OVER 9000! >>.
<<
Oddio è il nemico! >>.
Bob lo
buttò di sotto, chiudendo
velocissimo il portellone.
<<
Ci siamo salvati! >>.
<<
Si… quel pisellone mi faceva
proprio paura… >>. Disse scioccato Jack.
Raggiunta la
vetta del K2, i due
impavidi eroi decisero di buttarsi giù con il paracadute, ma
prima decisero di
uccidere i piloti, per far schiantare l’aereo.
Durante il
lancio, Jack chiede il
perché di tale gesto.
<<
Perché dopo il loro aiuto,
quelle povere persone dovevano pure meritare la pace eterna, no??
Sporco
ingrato che non sei altro... >>. Rispose Bob, schifato
dal solo
guardarlo.
I due
atterrarono, e di fronte ai
loro occhi si estendeva un’enorme scala di pietra che portava
ad un antico
tempio Buddista.
<<
Cavoli Bob, fa freddo quassù
>>.
Bob,
spaventatissimo per quella frase
appena pronunciata, si girò di scatto e gli puntò
la pistola contro: <<
Che minchia hai detto?? >>.
<<
Ma Bob, io… >>.
<<
Ah, non mi posso fidare di
te! Io… ok, attento adesso, perché ti
farò una domanda. La risposta determinerà
la mia azione! Dimmi: il gatto è bianco o nero?
>>.
Jack
deglutì. Una goccia di sudore
gli scese giù dalla fronte:
<<
Il gatto è bianco con
macchie nere >>.
Bob
spalancò gli occhi, sorpreso:
<< E di che colore è il nostro cane nero?
>>.
Jack fece un bel
respiro: <<
Nero >>.
<<
Ha! Brutto bastardo in
realtà il cane è solamente sporco! Mi hai
tradito, sei passato al nemico! Vergognati!
>>.
<<
No, ti giuro che non è così!
>>.
<<
Taci! E pensare che ti ho
pure regalato il mio vibratore chiodato preferito!>>.
Disse, sparandogli in
faccia e ponendo fine alla sua vita.
Bob sapeva che
la sua azione lo
avrebbe condizionato per il resto della vita, ma la missione era
più importante
di tutto il resto. E fu così che scalò le scale,
raggiungendo le porte del
tempio e varcandole.
Al suo interno
giaceva seduto un
anziano, il custode del tempio.
<<
Anziano, eccomi qui
>>.
<<
Cosa cerchi, o visitatore?
>>.
Bob
espirò per rassicurarsi: <<
IT’S OVER 9000! >>.
L’anziano
sobbalzò, sconvolto:
<< Io… sapevo che sarebbe arrivato questo
momento >>. Disse, per
poi azionare un pulsante che fece salire la scala magica fin su in
cielo.
Bob
ringraziò e salì. Raggiunta la
sommità della scala, che non portava da nessuna parte, vide
una nuvola e dietro
di essa c’era niente
popò di meno che
Vegeta, il principe dei sayan.
Vegeta lo vide e
sbuffò, capendo
subito il perché di quella visita. Prese lo scouter e lo
guardò.
<<
Forza Vegeta, siamo a
diecimila metri d’altezza! >>.
<<
Si, si… infatti you are over
9000… >>.
Bob fu contento
e soddisfatto.
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Capitolo 3 *** Vendetta al limone! ***
In una modesta
gelateria di Somma
Vesuviana, in provincia di Napoli, Andrea stava comodamente mangiando
il suo
gelato al limone. All’interno c’erano solo lui e
tre gelatai: due al banco dei
gelati ed il terzo alla cassa.
Ad un certo
punto un coetaneo del
giovane si sedette vicino a lui.
<<
Hei Andrea! Come butta?
>>.
Andrea si
girò e lo riconobbe:
<< Hei Arturo, sto benissimo, a te come va la vita?
>>.
<<
Un po’ stretta, sai… la
cintura stringe >>.
Dopo questa
battuta posso anche suicidarmi…
Ad ogni modo
Arturo non sapeva che
Andrea era un maniaco del gelato al limone: lo aveva conosciuto qualche
anno
prima, ma lo frequentava raramente.
Arturo era un
tipo decisamente
curioso, tanto da fare domande decisamente troppo ovvie.
<<
Che cosa stai mangiando?
>>.
<<
… Sto mangiando un gelato
>>.
<<
Ah… capisco, un gelato… a
che gusto? >>.
Andrea
fermò la leccata e rispose
leggermente seccato: << Al limone >>.
Arturo strinse
le mani contento:
<< Ah, hai capito ad Andrea?? Ti piace limonare!
>>.
Andrea,
già traumatizzato dalla prima
battuta squallida, iniziò a tremare dal nervosismo.
<<
Hei, che c’è? >>.
Disse curioso Arturo.
Intanto il
gelataio, intento ad
agitare attentamente il ghiaccio per i gelati, osservava con
circospezione il
nuovo arrivato, per nulla simpatico.
Andrea strinse i
denti: <<
N-niente… sono solo un po’ stanco >>.
<<
E ti credo, stai mangiando
uno schifosissimo gelato al limone! Dovresti provare quello al
cioccolato!
>>.
<<
ADESSO HAI PASSATO IL SEGNO!
>>.
Il gelato
volò via, Arturo aprì la
bocca e lo ingoiò così, senza troppi problemi.
Andrea lo
guardava rabbioso, i
gelatai circondarono il tavolo.
<<
Prendetelo! >>. Urlò
irato il ragazzo.
I gelatai si
buttarono addosso,
bloccandolo per le braccia.
<<
Lasciatemi! Allo stupro,
allo stupro! >>.
<<
Taci eretico! Non ti piace
il gelato al limone, eh?? Non costringermi a cagare nel cono, che te lo
faccio
mangiare! >>.
<<
Parla pure, pincopallino,
non mi fai paura! Io sono superman! >>.
<<
Ma che gli succede??
>>. Gridò uno dei tre gelatai, faticando nel
tenerlo fermo.
<<
Semplice >>. Rispose
il più forzuto << C’è
gente a cui non fa bene mangiare il gelato al
limone. Sveglia i neuroni e crea eccitazione >>.
<<
Ehm… no >>. Disse il
terzo << Mi sa che non è zucchero quello che
ci ho messo nel gelato…
>>.
Tutti, tranne
Arturo, restarono
interdetti.
<<
Ecco perché oggi è svenuta
più gente del solito! >>.
Ma Andrea non si
fece scrupoli
dell’avversario incapace di intendere e di volere, decidendo
di passare alle
maniere forti.
<<
Dì che il gelato al limone è
buonissimo! >>.
<<
Bla bla bla! >>.
<<
MA COME TI PERMETTI?? MIA
MADRE ERA UNA SANTA IN TERRA, MI HAI CAPITO?? >>.
Andrea prese il
cucchiaio dei gelati
e lanciò palline di gelato al limone contro Arturo, che le
ingoiò tutte con
facilità ed un movimento di collo elasticissimo.
<<
Arrenditi! >>.
<<
Mai, bughi bughi! >>.
<<
Accidenti, dopo le palle
cosa devo farti ingoiare, cazzo?? >>.
<<
Hei, ci manca solo quello, gaio!
>>.
<<
ODDIO BASTA!! >>.
Ma Arturo non
voleva proprio saperne
di lasciarsi braccare dai gelatai e di farsi torturare da Andrea. Fu
così che
il pantalone gli cadde ed iniziò ad urinare addosso al
nemico.
<<
Cazzo, hei, cazzo! >>.
Urlò, cercando ci coprirsi la faccia.
<<
HAHAHAHAHA! Il mio sistema
nervoso è così potente da controllare i miei
vestiti! Siete fottuti, fottuti,
fottuti, fottuti, fattutifottutifottutifottuti! >>.
<<
Oh cazzo sta per esplodere!
>>. Strillò Andrea, terrorizzato.
<<
Presto, nel freezer!
>>. Disse uno dei gelatai.
Arturo fu
portato in fretta e furia
sul retro, dove c’era un enorme freezer con un adesivo di un
cattivo di Dragon
Ball attaccato sulla parte frontale.
Ecco…
cioè, come se non stessimo già
navigando nello squallidume più totale…
vabbè…
Arturo fu chiuso
e congelato. I tre
gelatai non avevano idea di cosa fare: Arturo sarebbe morto col freddo,
oppure
sarebbe morto grazie al suo impianto di autodistruzione incorporato?
La situazione
era piena di tensione, ma
Andrea aveva la soluzione, che fu ben accolta da tutti i presenti.
<<
Va bene Andrea, lo
trasformeremo in un gelato, un gelato al sangue! >>.
<<
Al limone! >>. Ribatté
lui con forte convinzione, spaventando i tre gelatai <<
GELATO AL LIMONE!
>>.
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Capitolo 4 *** Omicidio al ragù! ***
Il commissario
Brambilla raggiunse il
parcheggio dove era avvenuto l’omicidio. Era affiancato dal
poliziotto Duski,
per nulla intelligente. A Brambilla non piaceva lavorare con quelli che
definiva “gli escrementi di madre natura”, ma si
sa, nella vita bisogna pur
accontentarsi.
Ad ogni modo i
due arrivarono sulla
scena del crimine, trovando il cadavere.
Duski
domandò: << Hei
commissario perché quel tizio dorme con un piatto rotto
conficcato in testa?
>>.
<<
Perché è morto, cervello di
gallina! >>.
Si, lo so, i due
avrebbero fatto
strada insieme…
Insomma
Brambilla iniziò a porsi una
domanda giustissima: “perché l’assassino
ha usato un piatto?”
Poi si
avvicinò, constatando che il
piatto era sporco di: “Ah, ragù… ma
perché proprio il ragù? Cosa c’entra
questa
pietanza con la vittima?”
Duski gli mise
una mano sulla spalla:
<< Non lo so, commissario, ma lo scopriremo
>>.
<<
Bene, benissimo… HEI CAZZO
NON LEGGERMI PIU’ NEL PENSIERO! >>.
La situazione
iniziava a degenerare. Perché
non solo Duski iniziava a preoccupare il commissario, ma anche
perché erano
arrivati loro, assetati di sangue e pronti a divorare anche il
più lurido
individuo nel raggio di chilometri: i giornalisti.
<<
Salve a tutti, amici di “Il
notiziario” qui è Jack Donovan. Siamo nei pressi
del parcheggio di Cefalonia,
dove il commissario Brambilla sta indagando sulla morte di Antonio
Montecchi.
Signor Brambilla cosa può dirci a riguardo? >>.
<<
Mah Jack, guarda, se la
situazione fosse positiva, direi che è chiara e tonda, ma
vista la brutta piega
che stanno prendendo le indagini… io preferisco dire che
è opaca e a forma di
trapezoide >>.
Brambilla fu
congedato e Jack colse l’occasione
per pompare la notizia: << Signori, come avete potuto
sentire anche voi,
la situazione è arcobalenea come la scia del nyan cat ed
è a forma di una
parabola con il vertice sull’origine degli assi cartesiani.
Vi faremo sapere
molto altro al più presto! >>.
Brambilla non
riusciva a capire cosa
c’entrasse il ragù con tutta la storia
dell’omicidio: “Perché non un piatto
pulito? Perché proprio il ragù? >>.
<<
Commissario, guardi! >>.
Gli disse Duski, puntando un
palazzo a mezzo chilometro di distanza.
Brambilla si
girò e notò che la
finestra più in alto aveva il vetro rotto, come se qualcosa
l’avesse spaccata.
<<
Grazie Duski, forse ci
siamo! Sei stato in gamba! >>.
<<
… Ma veramente le ho solo
mostrato gli uccelli appesi alle antenne del palazzo…
>>.
IL commissario
restò interdetto: <<
… Ok, ho avuto l’ eretica idea che avessi fatto
qualcosa di intelligente… ti
chiedo scusa… >>.
<<
Non si preoccupi
commissario! >>.
<<
VAFFANCULO! >>.
I due corsero
velocissimi, entrando
nel palazzo e scalando le innumerevoli scale che li separavano dalla
fatidica
stanza dove si nascondeva il potenziale assassino. E poco importa se
lungo la
strada avevano spinto decine di anziani, l’importante era
arrivare in cima.
<<
Perfetto, siamo arrivati!
>>. Disse visibilmente stanco. << Duski,
pensi a quello che penso
io? >>.
<<
Immagino, commissario. Vuole
fare un po’ di sano yaoi? >>.
<<
Ma che cazz… no, dobbiamo
entrare in casa! >>.
<<
… per fare lo yaoi?
>>.
<<
Oh Cristo! >>.
Brambilla lo
prese e sfondò la porta
con la sua testa dura come il cemento.
<<
Fermi tutti, che nessuno si
muova! >>. Urlò Brambilla.
Duski
cacciò fuori la pistola, prima
al contrario, poi la girò nel verso giusto.
In stanza
c’erano un uomo bello
magro, seduto su un divano ed una donna panciuta, impegnata a cucinare.
<<
Chi siete? Che cosa volete?
>>. Disse lei, spaventata.
<<
Commissario Brambilla
>>. Disse, mostrando il distintivo. << Sono
qui per farvi alcune
domande riguardo l’omicidio di Antonio Montecchi
>>.
<<
Haha! Visto che arrivavano?
>>. Rispose il marito.
<<
NON FIATARE!! >>. Urlò
lei, lanciandogli contro un piatto, che però fu
efficacemente schivato.
Duski li
guardò severo: <<
State zitti o vi sparo una matriciana! >>.
Ma Brambilla era
come ipnotizzato,
avendo avuto l’illuminazione dopo il lancio del piatto della
donna contro il
marito: << Ecco la soluzione! >>. Disse
euforico. << Adesso
so cos’è successo! >>.
Tutti restarono
in religioso
silenzio, pronti ad ascoltare la versione dei fatti (tranne Duski, che
si era
scordato anche dell’omicidio).
Ieri,
alle ore 18:36 e 17 secondi lei, signora, aveva litigato per
l’ennesima
volta con suo marito perché, ancora oggi, lui si rifiuta di
riconoscere il
talento di Justin Bieber.
<<
Justin è il migliore, mi hai capito?? >>.
<<
Si, guarda, se gli do venti euro me lo succhia! >>.
<<
Sei uno stronzo! >>.
Presa
dalla rabbia, invece di servire il piatto di pasta al ragù
che ieri
aveva cucinato, lo ha lanciato per colpire suo marito, ma il lancio
è fallito,
poiché lui è estremamente agile. Poi il piatto ha
sfondato la finestra,
percorrendo mezzo chilometro alla folle velocità di 800 Km/s
e conficcandosi
nella testa di Antonio Montecchi, che in quel momento aveva appena
parcheggiato
la macchina. Poi, colta da forte ansia, ha minacciato suo marito di non
dire a
nessuno la verità, pena la morte.
<<
Se parli ti ammazzo! >>.
<<
Tu dammi la tua porzione di pasta al ragù e siamo pari!
>>.
<<
Insomma un piano davvero ben
riuscito, peccato che abbiate tralasciato un particolare
>>. Disse,
avvicinandosi all’uomo ed infilando dei guanti
<< SUO MARITO HA UNA
PESSIMA DIGESTIONE! >>.
E gli mise una
mano in bocca, fino
allo stomaco e tirando fuori una fetida palla di pasta al
ragù, non ancora
digerita.
Eccola la prova!
Lei ha ucciso
Antonio Montecchi!
La donna
abbassò il capo, stringendo
i pugni chiusi: << Sarebbe stato un ottimo
ragù, ne sono sicura. Peccato non
l’abbia potuto assaggiare… >>.
<<
Duski le manette, ora!
>>. Disse, puntando il dito contro di lei.
Duski la
ammanettò e si accinse a
portarla via.
Il marito di lei
era senza parole:
<< Ma… ma allora sei stata tu per davvero!
>>.
<<
MA BRUTTO CRETINO ERI
INSIEME A ME, TI RICORDI?? >>.
Il marito la
guardò disgustato:
<< Io mi ricordo solo che Justin è una checca!
>>.
<< QUANDO
ESCO TI AMMAZZO, GIURO!
>>.
Insomma il caso
fu chiuso del tutto.
Brambilla e Duski ebbero una cospicua ricompensa, ed entrambi divennero
una
coppia fissa. Certo, Brambilla non ne fu molto felice.
<<
Cioè, devo lavorare con te a
tempo indeterminato? >>. Disse seccato.
Ma Duski sorrise
e fece l’occhiolino:
<< Il tempo passa in fretta con un po’ di sano
yaoi, commissario!
>>.
|
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Capitolo 5 *** Un verdeo assalto ***
Wisconsin, una
zona piena di campi da
coltivare.
Il vecchio Simon
entrò nella stalla
dove Robert stava facendo le prove di dichiarazione di matrimonio per
sua
figlia.
<<
Oh mia cara Angela, vuoi tu
sposarmi? >>. Domandò in ginocchio, vicino ad
una capra.
La capra di
fronte a lui rispose:
<< Beeeeee >>.
<<
Oh Berta, sei stata
perfetta! Grazie! >>.
Il vecchio
Simon, fortemente
insospettito, fece
un colpo di tosse per
catturare l’attenzione del ragazzo.
<<
Oh, salve signor Simon
>>. Disse, scattando in piedi e fortemente imbarazzato
<< Le giuro
che tra me e la capra non c’è niente
>>.
Detto questo, la
capra si offese e
gli voltò le spalle, incazzata.
Simon rise, ma
continuava a fissarlo
con forte circospezione: << Non ti preoccupare, caro
Robert >>. Disse,
muovendosi vicino alla finestra. << Piuttosto
dimmi… tu che hai i capelli
ricci e biondi… non ti ho mai visto alla luce del sole o
sbaglio? >>.
<<
Ehm no, signore. Le giuro
che io esco anche di giorno >>. Gocce di sudore
iniziarono a cadere dalla
sua fronte.
<<
Ma davvero? >>. Disse,
avvicinandosi sempre di più alla finestra, con camminata
soldatesca.
<<
Caro Robert, non è che mi
nascondi un segreto? >>.
<<
N-no signore, io non le
nascondo niente, signore >>.
Ma le gambe del
giovane faticavano a
sorreggerlo e Simon era pronto a fare la sua mossa. Si mise ad un passo
dalla
finestra e lo guardò dritto negli occhi.
<<
Io so la verità su di te,
Robert. E la verità è che tu sei…
>>. Il vecchio spalancò la finestra,
facendo entrare i fortissimi raggi solari mattutini. <<
TU SEI UN
GIRASOLE! >>.
Robert non
poté fare a meno che
volgere lo sguardo al sole, impotente di trattenere quello spirito
naturale che
lo aveva accompagnato fin dalla nascita.
<<
Tu, lurido fiore da
strapazzo! Sappilo, non sposerai mai mia figlia! >>.
<<
No, la prego! Angela è tutto
per me! >>.
<<
Giammai! Berta, addosso!
>>.
La capra
iniziò ad inseguire la
povera vittima, ma Robert arrivò alla porta sul retro,
chiudendola alle spalle
e bloccando la bestia di Simon.
<<
Cazzo bisogna fermarlo!
>>. Disse il vecchio, prendendo un forcone, buttandosi
giù dalla finestra
e lanciandosi nel folle inseguimento.
Robert correva
all’impazzata, mentre
i forconi di Simon, che magicamente gli riapparivano in mano ad ogni
lancio,
volavano come lance spartane, nel tentativo di colpirlo.
Raggiunto il
paese, la situazione
divenne ancora più critica.
<<
Aiuto, aiutatemi! Robert è
un cazzo di girasole! >>.
Burubù,
il più anziano del paese e
fortemente conservatore, sentita la notizia, non poté fare a
meno di urlare a
sua moglie:
<<
Agata lanciami il fucile da
caccia! Stasera ceneremo col suo stelo e berremo la sua clorofilla!
>>.
La moglie gli
lanciò il fucile, e lui
passò alle pallottole. In ordine furono colpiti un bambino,
un cavallo, un
monaco francescano in cerca di elemosina ed una talpa appena uscita dal
buco
per cercare un po’ di cibo. Robert era riuscito a schivare
tutti i colpi,
mentre Simon lo inseguiva zigzagando lungo le fila di cadaveri lasciate
da
Burubù che, intenzionato ad abbattere la preda,
gambizzò la moglie, per essere
sicuro che lei non potesse fermarlo, prese velocità con la
sedia a rotelle e si
unì al folle inseguimento. Ben presto tutto il paese era
contro Robert, che
teneva costantemente la testa girata verso il sole.
Gli spari erano
a centinaia e gabbiani
che erano lì di passaggio iniziarono a piovere dal cielo,
manco fosse stata l’undicesima
piaga di Dio.
Ma la casa di
Simon eri lì vicina, e
Robert poté infilarvicisi dentro, chiudendo la porta alle
sue spalle e
sbarrandola con un divano poco distante dall’ingresso.
Riuscì a prendere tempo
ed iniziò a salire le scale. Burubù accese la
quarta della sedia a rotelle e si
spinse con forza, distruggendo la porta d’ingresso e
bombardando la stanza con
le scintille delle sua ruote.
<<
Mia figlia! >>. Urlò
Simon << E’ andato da Angela! >>.
Tutti salirono
furiosamente le scale,
mentre Burubù usò i propulsori della sedia per
fare prima.
La stanza della
giovane Angela era
buia, illuminata da qualche flebile luce. Tutti si fermarono sulla sua
soglia,
scrutando la ragazza che, piena di lacrime, faceva da scudo al suo
giovane e
verdeo partner.
<<
Angela spostati, lui è un
cazzo di girasole! Dobbiamo eliminarlo subito o sarà la
fine! >>.
Ma Angela,
magra, bianchissima di
pelle e con le occhiaie, non si mosse di un passo: <<
Padre tu non puoi
separarci. Io lo amo! >>.
<<
Fatti da parte, figliola!
Lasciaci sfogare la nostra ira! >>.
<<
Si, piccola, lascia che io
ceni col suo stelo! >> Insistette Burubù.
<<
Beh, se la mettete così,
allora vi dirò la verità anche su di me. Padre,
in realtà io sono… >>.
Le luci si
accesero, e migliaia di
tombe apparvero dal buio:
<<
In realtà io sono un
CRISANTEMO! >>.
Le urla
strazianti di Simon
echeggiarono con forza in tutta la casa: << Non ci credo,
non è
possibile! Rosa, Rosa dove sei?? >>.
La moglie era
lì, di fianco a lui.
<<
Rosa ma che cazzo
significa?? Nostra figlia non può essere un crisantemo!
>>.
Rosa lo
guardò dritto negli occhi e
gli disse: << Beh, io sono una rosa, mentre tu sei un
toro >>.
<<
Un toro? Ma… io non sono un
toro! Io sono un gelsomino!>>.
Il vecchio
Burubù sorrise: <<
Fidati Simon, sei un toro, il toro con le corna più numerose
che abbia mai
visto! >>.
Ed
ecco il quinto capitolo
della mia raccolta nonsense xD
Spero
vi stiano piacendo le
mie storie :3 ( si, lo so, non sto molto bene con la testa xDDD )
Spero
vivamente di ricevere
qualche vostra recensione :333
Aspetto
con ansia J
In
ogni caso vi ringrazio
per la lettura e… al prossimo capitolo! :D
|
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Capitolo 6 *** Shampoo e bollicine ***
“
Eccolo, devo attaccare adesso!”
Solomon aveva
individuato il suo
obiettivo. Stava entrando in un ingrosso di detersivi per
chissà quale
diavoleria. Era necessario intervenire all’istante.
Entrò e si ritrovò il
nemico girato di spalle. Prese forza nelle gambe e saltò
prima su un cartone di
detersivo, poi su un’intera pila di cartoni e poi si
lanciò contro di lui,
proprio come una mosca si lancia contro un bel pezzo di letame fresco
fresco. Gli
piombò addosso, lo prese per il collo ed iniziò a
riempirlo di sberle
violentissime fino a farlo svenire. Solo dopo si accorse che
c’era qualcosa che
non andava: la persona in questione era una donna di circa
vent’anni, dai
lineamenti asiatici, capelli bruni ed alta circa 1,70 metri. Si accorse
solo in
quel momento di aver sbagliato persona, confondendo la signora con
Michael O’Brian,
un texano alto 3 metri, di pelle scura, sulla cinquantina e con una
barba
foltissima.
Si, lo so, i due
si somigliavano
parecchio…
Solomon corse
via dall’ingrosso,
prese l’auto e spinse sull’acceleratore,
allontanandosi il più possibile.
<<
Solomon, Solomon! >>.
Prese
l’auricolare: << Si
capitano? >>.
<<
Solomon hai catturato
Michael? >>.
<<
Si… beh, c’è stato un
imprevisto… >>.
<<
… e sarebbe? >> Disse
lui con enorme seccatura.
Fu qui che
l’agente dell’FBI usò la
sua furbizia: << Beh, capitano… non sapevo che
Michael avesse un sosia!
>>.
Il capitano
restò sbigottito:
<< … ma veramente i nostri
informatori… >>.
<<
Senta capo i nostri
informatori fanno schifo! L’altra volta Jonathan mi fece un
caffè che era una
vera schifezza, mentre Jennifer ha vivamente preferito tenere le gambe
chiuse
ad una mia richiesta di amicizia. Se lei pensa che io mi fidi ancora di
loro,
beh si sbaglia! Troverò da solo quel bastardo!
>>.
Sfrecciò
velocissimo tra le strade
della città, seguendo il suo fiuto da segugio purosangue.
Guidò fino a tarda
sera, fino a raggiungere una villa enorme e stupenda, di
proprietà del duca
degli abruzzi. Al suo interno si stava svolgendo una festa lussuosa
come non
mai. Solomon si muoveva con passo deciso, sbracciando i vari
maggiordomi che
tentavano di fermarlo. Arrivò alle porte della sala grande,
sfondandole. Gli
invitati rimasero muti, osservandolo senza parole. Lui, senza nemmeno
guardarsi
attorno, raggiunse un uomo sulla ventina, chiaro di pelle e gli diede
una
sberla.
<<
Ma che fa?? E’ fuori di
senno?? >>. Gli disse lui, massaggiandosi il volto.
<<
Tu non mi freghi, Michael O’Brian!
>>. Disse tutto sicuro di se.
Gli prese la
faccia e gliela strappò
di dosso, scoprendo il suo vero volto. Michael restò
sbalordito: come aveva
fatto a scoprirlo?
Il nemico
saltò via con un balzo
felino, liberandosi del travestimento e portandosi dietro al tavolo del
buffet.
<<
E’ inutile. La polizia sarà
qui a momenti. Sei mio Michael! >>.
<<
Ma come hai fatto a scoprire
il mio travestimento?? >>. Michael era praticamente
sbigottito.
Solomon sorrise
e chiuse gli occhi. Le
luci si spensero; solo un faro apparso dal nulla lo illuminava con
decisione.
Fu allora che
tirò fuori dalla tasca
uno strano barattolo e disse: << Ti ho trovato
perché Michael O’Brian usa
solo lo shampoo Supercap, lo shampoo all’odore ed al gusto di
camoscio. Prova
anche tu lo shampoo Supercap e diventa un vero macho della
criminalità
organizzata. Attenzione: l’uso spropositato di Supercap
può portare alla
formazione di tumori maligni o alla caduta immediata del pene
>>.
Michael
arrossì dalla vergogna:
<< Cazzo non dovevo firmare quel contratto pubblicitario!
E… per la
cronaca non ho assolutamente avuto il secondo effetto collaterale!
>>.
<<
Il tuo tentativo di derubare
il duca è fallito, mio caro, arrenditi! >>.
Ma
l’obiettivo sfoggiò un sorriso
lunatico, pronto a fare la sua mossa, mentre Solomon iniziò
a puntarlo con la
pistola.
Michael
afferrò di scatto il collo
della bottiglia di pepsi che si trovava sul tavolo del buffet,
puntandole la
pistola contro e facendo tremare le gambe dell’agente.
<<
E’ meglio che ti arrendi
sbirro o questa bottiglietta farà tante bollicine!
>>. Solomon non poteva
rischiare l’incolumità della bottiglia. Mise
giù l’arma, mentre Michael se la
diede a gambe con l’ostaggio.
Era intenzionato
a seguirlo, ma prima
ordinò agli invitati di prestare soccorso alla bottiglia di
fanta, piegata a
terra per lo shock subìto dopo il rapimento della cugina.
L’agente
raggiunse il tetto, notando
che un elicottero era giunto dal nulla per portare via Michael.
<<
Addio sbirro! >>.
Disse salendo sull’apparecchio e lasciando cadere la
bottiglia di pepsi,
provocando la sua rottura.
Solomon corse
subito in soccorso nel
tentativo di salvarla, ma la bottiglia era ormai vuota e le bollicine
sul
pavimento erano ormai svanite.
La rabbia
più totale invase il suo
cuore, mentre Michael si accese un diabolico sigaro texano.
<<
Bastardo… >>. Strinse le
mani in pugno, irato all’ennesima potenza <<
Lei… era innocente!
>>.
Si
alzò e tirò fuori la bottiglia di
shampoo.
<<
Hei brutto stronzo hai
dimenticato una cosa! >>.
Michael rideva
di gusto: << E
che cosa avrei dimenticato, piedi piatti? >>.
Solomon prese
bene la mira: <<
Che il tuo shampoo è altamente infiammabile!
>>.
Lanciò
la bottiglia con forza
titanica, sotto l’incredulità del suo avversario.
La bottiglia lo colpì in
pieno, rompendosi ed entrando in contatto con il calore del sigaro. Fu
questione
di pochi secondi e l’elicottero esplose, provocando dei
giallastri fuochi d’artificio,
simboleggianti la vittoria della giustizia.
Ma Solomon non
era affatto contento. Nonostante
la sua vittoria, era morto un civile.
Scese le scale e
fu subito raggiunto
da un poliziotto da poco arrivato.
<<
Signore cosa è successo?
>>.
Solomon gli mise
una mano sulla
spalla, cercando di trattenere le lacrime: <<
E’ finita, figliolo. Vai a
dire alla fanta che quel figlio di puttana è crepato!
>>.
|
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Capitolo 7 *** Pronto soccorso ***
Gerrard stava
morendo dissanguato;
aveva avuto un incidente automobilistico ed era gravemente ferito. La
sala
operatoria in cui fu portato era enorme, con tre infermieri e, poco
dopo, ci fu
anche il chirurgo: il professor Calabroni.
<<
Dottore la prego mi aiuti!
>>. Disse Gerrard in fin di vita.
Il dottore aveva
il volto coperto
dalla mascherina, ma si vedeva che era abbastanza vecchio
<<
Stia tranquillo, la salverò
>>. Disse quest’ultimo, guardando i piedi del
giovane paziente.
<<
Dottore, dottore ma la mia
faccia è qui! >>.
Il dottore si
voltò: << Oh… beh
non farci caso, ho dimenticato gli occhiali a casa >>.
Gerrard
iniziò a piagnucolare come un
poppante, in preda alla paura più sfrenata: <<
Oddio ma lei non ci vede
bene! >>.
<<
Si rilassi >>. Disse,
mantenendolo steso con una mano sulla fronte.
La situazione
stava precipitando di
brutto; Gerrard sentiva la morte arrivare: << Dottore ma
almeno lei ha
già operato in queste condizioni? >>.
<<
Ma certo, lei ha un’emorragia
interna probabilmente. Ci penso io! >>.
<<
Ma veramente io volevo dire
che senza occhiali non si può… >>.
<<
Basta, anestesia! >>. Gli
suonò un sinistro micidiale che lo addormentò
all’istante, prima che il giovane
potesse finire di parlare. Il buon vecchio metodo del gancio sinistro
avevo
nuovamente funzionato.
<<
Presto signorina, il
bisturi! >>.
<<
Ma veramente sono un
maschio, dottore >>.
<<
Accidenti e muoviti! Non lo
vedi che non ci vedo bene?? Arrangiamoci e passami l’arnese,
che questo giovane
è grave! >>.
Il dottore
cercò di incidere sulla
carne di Gerrard, ma ci fu un inconveniente inspiegabile.
<<
Cazzo ma questo bisturi non
taglia! Ma come si può operare in questa maniera?
>>.
<<
Ma dottore guardi che…
>>.
Manco il tempo
di finire, che fu
interrotto dalla rabbia del chirurgo.
<<
Ma non è possibile che i
nostri arnesi non funzionino! Questa è una clinica seria,
non il circo della
domenica! >>.
<<
Dottore lo sta tenendo al
contrario il bisturi! >>.
<<
Oh… ok, ok, errore mio.
Adesso facciamo le persone serie ed operiamo! >>.
Il medico si
fece asciugare le gocce
di sudore che già iniziarono a colare giù dalla
sua fronte.
<<
Grazie signorina, ora
facciamo partorire la signora >>.
<<
Ma dottore questo ragazzo ha
un’emorragia interna! Non confonda i vari interventi!
>>.
Il dottore lo
guardò con sguardo
giocoso e gli puntò il dito contro, dicendo tutto euforico:
<< Ha, ci sei
cascato, vero? >>.
<<
Dottore il ragazzo è grave! Si
muova per Dio! >>.
<<
Ok, soffro di Alzheimer, ma
non sono mica cretino! >>.
Il dottore smise
di scherzare e decise
di fare sul serio. Aprì la ferita e si accorse della perdita
di sangue in
corrispondenza dello stomaco.
<<
Accidenti le infermiere non
si prostituiscono, bere durante le ore di lavoro è illegale
ed ora non posso
nemmeno scherzare un po’… la prossima volta me ne
vado in Olanda a fare il
chirurgo >>.
Questo e molti
altri discorsi furono
fatti dal dottore durante il lunghissimo intervento, ma il fato riserba
sempre
cose terribili quando meno te lo aspetti.
L’anestesia
era infatti finita e
Gerrard si svegliò in piena fase di cucitura.
<<
Dottore, dottore non sento
niente! >>.
<<
Dormi! >>. Gli disse
suonandogli una sonora testata in fronte << Il metodo
testata lo terrà
fermo per ore… se non l’ho ucciso…
>>.
<<
Ma dottore! >>. Replicò
l’infermiere.
<<
Hei scherzo! E’ chiaro che
si sveglierà… si, è chiaro…
>>.
L’operazione
non poteva fermarsi
così; Calabroni proseguì con la cucitura, fino a
finire tutto in circa dieci
minuti.
<<
Portatelo in camera: l’operazione
è finita >>.
Gli infermieri
obbedirono, mentre lui
si sedette su uno sgabello per riposarsi dopo il duro sforzo pocanzi
compiuto.
Gerrard si
svegliò dieci ore dopo. La
stanza in cui si trovava era bianca e profumava di pulito. Si sentiva
fuori
pericolo. Si sentiva come se si trovasse in un nuovo corpo, come se non
fosse
più lui, ma qualcosa di migliore. Sorrise.
La porta si
aprì lentamente e il
dottor Calabroni fece il suo ingresso.
<<
Salve, come si sente?
>>.
<<
Bene dottore >>. Disse
contentissimo << E devo tutto a lei. Solo che ho un forte
mal di testa…
>>.
<<
Non si preoccupi, è l’anestesia
>>. Affermò sereno.
<<
Capisco, ma… mi sembra di
avere cambiato voce… è sempre
l’anestesia? >>.
<<
C-certo, l’anestesia…
>>.
Calabroni sudava
freddissimo, ma
Gerrard non si accorse di nulla, felice com’era per il
cessato pericolo. Dopo
un po’ azzardò una domanda.
<<
Dottore devo ringraziarla di
tutto cuore, ma mi dica, perché lei è qui?
>>.
<<
Beh… sono qui per dirle che
io non sono un dottore >>.
Gerrard
restò sbalordito: <<
Cosa?? >>.
L’uomo
si avvicinò al letto del
giovane, continuando a parlare: << Si, mio caro, in
realtà io sono…
>>.
Poi
aspettò il momento giusto e lo
colpì con un calcione sul naso, facendolo svenire.
<<
Uff, meno male… >>.
Quell’escamotage
era servito per
distrarre il giovane al momento dell’anestesia.
C’era stato un grosso errore ed
ora bisognava sistemare le cose.
Gli infermieri
entrarono e lo
portarono nuovamente in sala operatoria. Calabroni aveva confuso
Gerrard, non
si sa come, con un paziente che aveva deciso di cambiare
sesso…
|
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Capitolo 8 *** La scuola che VOGLIO! ***
Entrai con
disinvoltura in quella che
era la più grande scuola di tutto il pianeta. Avevo
attraversato il deserto del
Sahara e finalmente l’avevo raggiuta. Si, era situata proprio
nel mezzo di
esso, per fare in modo che solo i più arditi potessero
entrarvici.
La porta
mastodontica si chiuse alle
mie spalle, ed un anziano varcò la soglia di
un’altra porta, quella che si
trovava in cima ad una scala in mattoni che pareva solidissima.
Scese e mi
raggiunse: era vestito di
bianco ed aveva capelli lunghi e barba bianca.
Mi inginocchiai
tutto emozionato:
<< Ma… ma tu sei Dio?? >>.
L’anziano
scosse la testa: <<
No, sono mago Merlino >>.
Rimasi
inchiodato a terra: << …
ma mago Merlino non si vestiva di blu con tanto di cappellino a punta?
>>.
Lui si
guardò la veste curioso, poi
mi fissò con maggior curiosità e mi disse:
<< Questa veste mi piace di
più >>.
<<
Oh… capisco >>.
Merlino mi diede
la possibilità di
visitare la struttura, prima di iscrivermi.
Andai prima
nella biblioteca; era una
stanza enorme, dove c’erano migliaia di libri e migliaia di
studenti
indaffarati in ogni modo: chi correva usando i libri come pattini, chi
li usava
come ali per viaggiare più efficacemente fino ai piani
superiori e chi invece,
semplicemente, leggeva.
Ero totalmente
affascinato; la mia
testa si muoveva lentamente, osservando tutta quella meraviglia di
conoscenza
quando, ad un certo punto, mi ritrovo la faccia di un vecchio senza
denti e
brutto come la peste proprio vicino a me. Aveva lo sguardo assatanato.
<<
S-salve >>. Dissi
tutto impressionato.
<<
Salve. Lei è nuovo?
>>. Disse con voce losca e divertita.
<<
Si, certo >>.
<<
Bene bene… io sono il
custode. Sei venuto per cercare un libro? >>.
<<
Beh a dire il vero sono solo
di passaggio… >>.
Ma
l’anziano custode mi interruppe e
prese un libro: << Tu lo VUOI un libro? >>.
Disse con voce
lunatica.
<<
Hei… hei cazzo questo mi
ricorda qualcosa… >>.
<<
Taci e prendilo! >>.
Me lo infilò in bocca, scaraventandomi con prepotente forza
fuori dalla stanza,
e facendomi sfondare la porta di un’altra sala.
Ero praticamente
distrutto e con il
libro ancora in bocca. Lo presi e lessi il titolo:
“Come
sapere quando si VUOLE una
gallina” del macellaio pazzo.
<<
Oh Gesù! >>. Esclamai
con tremendo terrore e lanciando il libro in aria, che cadde su un
lampadario e
lo fece cadere a terra, uccidendo due bidelli che stavano
innocentemente
lavando a terra.
<<
Oh no li ho ammazzati!
>>.
<<
Tranquillo >>. Mi
disse un giovane con gli occhiali << Tanto dovevano
sfoltire il personale
>>.
<<
Ah… beh allora poco male.
Che sala è questa? >>.
Lui
spalancò le braccia e sorrise:
<< Sei nella sala delle riflessioni! Qui noi studenti
diamo il massimo
del nostro contributo per le nuove scoperte che rivoluzioneranno il
mondo!
>>.
Mi guardai
attorno. Sulla destra
c’erano due ragazzi vicini ad un mappamondo. Erano
applicatissimi e lo
osservavano con estrema concentrazione. Stavano probabilmente giungendo
ad una
conclusione.
Alla fine uno
dei due disse all’altro
con estrema sicurezza: << Secondo me la Terra
è tonda >>.
L’altro
lo guardò esterrefatto:
<< Ma che cazzo dici?? La terra è piatta!
>>.
<<
Si, certo, e tua madre è
vergine… >>.
<<
Figlio di puttana! >>.
I due iniziarono
a suonarsele, ma
qualcos’altro attrasse la mia attenzione: un ragazzo con in
mano una bacchetta
di legno.
<<
Ehm… salve >>. Dissi
quando fui abbastanza vicino a lui.
<<
Oh salve. Lei è il serial
killer che abbiamo assoldato per ridurre lo staff delle pulizie?
>>.
<<
Beh no, quello è stato un
incidente. Io sono qui per iscrivermi >>.
Lui sorrise:
<< Oh bene. Sono
sicuro che saremo ottimi amici >>.
<<
Grazie mille! Hei, ma cos’è
quella? >>. Indicai il pezzo di legno che aveva in mano
<< Cos’è,
una bacchetta magica? >>.
Lui la
guardò colpito, poi sorrise e
mi rispose: << No, sto per farmi un clistere
>>.
Sentii il mio
stomaco sobbalzare.
Scappai via, rifugiandomi in un bagno. Sembrava tutto sicuro quando ad
un certo
punto, da una delle varie porte, uscirono in ordine sette nani, un
barbone
puzzolente, una vecchia con le stampelle, un coniglio alto due metri e,
infine,
un tizio tutto spettinato, serio e bianchissimo di pelle che mi
guardò nervoso
e mi disse: << Tu non hai visto niente >>.
E tutto ciò mentre
agitava le mani vicino ai miei occhi, come se volesse ipnotizzarmi.
Il mio sguardo
restò inchiodato su di
lui fino alla fine della stanza, fino a quando non potei più
vederlo. E fu lì
che sentii dei colpi di tosse e mi girai di scatto.
<<
Ma… mago Merlino! Dove
diavolo era? >>.
<<
Lì dentro con loro >>.
Disse schietto << Allora… tu vuoi iscriverti,
vero? >>.
<<
Beh veramente non ne sono
più molto… >>.
<<
Seguimi >>.
M’interruppe e mi prese per la mano, portandomi nella sala
professori sopra le
scale.
La sala era
molto spaziosa e
sistemata. Era piena di quadri di galline che popolavano strade,
città,
grattacieli.
<<
Mio Dio… quanta ansia…
quanti brutti pensieri… >>. Dissi sotto voce.
<<
Forza vieni qui >>.
Disse il mago.
Di fronte a me
c’era un registro.
Dovevo firmare.
<<
Forza firma >>.
Presi la penna e
mossi la mano in
avanti, pronto a firmare per essere parte di tutta quella conoscenza,
di tutta
quella saggezza. Ma rimasi attento e schivai la coltellata con la quale
lui
voleva colpirmi la mano.
<<
Ma che cazzo fa?? >>.
<<
Zitto! Questo patto va
consacrato col sangue! Tu VUOI firmare, vero?? >>.
<<
Non intendo restare qui un
secondo di più! >>.
<<
Allora morirai! >>. Il
mago tentò un fendente, ma io fui più attento e
veloce, schivando l’attacco e
facendolo cadere a terra con una spinta. Svenne clamorosamente,
facendomi
comprendere che l’età l’aveva reso assai
un pappamolla.
Restai ancora a
fissarlo, ma dei
lenti passi attirarono la mia attenzione. L’individuo che mi
ritrovai di fronte
era stranamente familiare.
<<
E’… è il capo! >>. Disse
Merlino prima di tirare le cuoia.
Io lo fissavo
con sbigottimento; era
molto vecchio, si reggeva su una stampella con la mano destra e reggeva
con la
sinistra niente popò di meno che una gallina.
<<
Cazzo… mi ci sono voluti
vent’anni per ritrovare sta fottutissima gallina!
>>. Disse rabbioso.
Le gambe mie
tremavano
forsennatamente. Il sudore cadeva a grosse gocce lungo il mio corpo:
<<
No! No! Vai via! Vattene via
vecchio bastardo! >>.
Lui sorrise
lunaticamente: <<
Ma guarda guarda… quanto tempo, piccolo Thomas!
>>.
<<
No vattene, lasciami in pace
lurido bastardo! >>.
<<
Oh e adesso la VUOI sta
cazzo di gallina o no??? >>.
|
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Capitolo 9 *** Ma qui ci vuole un miracolo! ***
Una casa modesta
quella della
famiglia De Rosa, al terzo piano di un palazzo situato nel piccolo
paese di
Boscotrecase. Nella cucina c’era la signora con ancora la
crema facciale
addosso ed i bigodini tra i capelli. Il bambino di lei era una pulce:
piccolo e
capelli a caschetto, ma molto sinistro.
La porta
principale si spalancò ed
entrò il capo famiglia, tutto sporco di una polvere bianca.
Era un panettiere,
sia chiaro.
<<
Ciao amore. Ciao piccolo.
Come state? >>.
<<
Male! >>. Urlò lei
<< Nella casa ci sono strani rumori ed il forno non vuole
accendersi!
>>.
<<
Oh cazzo! >>. Urlò lui
dopo che il rubinetto del lavandino saltò in aria.
L’acqua
iniziò presto ad allagare la
casa.
L’uomo
si mise le mani tra i capelli:
<< Dannazione, ma per far funzionare qualcosa in questa
casa ci vuole un
miracolo! >>.
Ed ecco che la
musica di “Alleluia”
scese all’improvviso in mezzo a loro. La porta principale fu
sfondata con un
calcione santo come l’ostia. La porta era volata via, oltre
la finestra,
finendo di sotto e decapitando un anziano che passava lì per
caso. Di fronte a
loro si ergeva una figura avvolta da una luce bianca e fortissima, la
luce
della tromba delle scale. Era lui, l’uomo più
santo di tutti, l’uomo che non
doveva mai chiedere soldi, perché li estorceva e basta: Don
Camillo.
<<
Qualcuno ha parlato di
miracolo?? >>. Disse allarmato.
I tre si
inginocchiarono.
<<
Si padre! La prego ci salvi
da questo martirio! La nostra casa sembra posseduta! >>.
Disse l’uomo.
<<
Ma la vostra casa E’
posseduta! >>. Disse lui con tono rabbioso.
La donna svenne,
il bambino vomitò
tutti i pastelli, l’uomo si aggrappò alla tonaca
del santissimo in terra:
<< La prego ci salvi! >>.
Don Camillo gli
mise una mano in
testa: << Non temere piccola scimmia! Io ammazzo quel
diavolaccio e
appendo il suo cadavere ad un albero! >>.
Il parroco
tirò fuori dalla tonaca
una brocca di purissimo incenso (HCl in termini scientifici):
<<
Dove nascondete i soldi?
>>.
<<
… sotto al letto >>.
Rispose l’uomo con stupore << Ma
perché vuole saperlo? >>.
<<
Perché il diavolo va dove ci
sono i soldi! Aspetta qui, non sbirciare o ti incenso! >>.
Nessuno si
mosse, nessuno fiatò.
L’uomo più importante del pianeta aveva raggiunto
la porta della stanza da
letto che si trovava al piano superiore. Il parroco era tanto
importante che
persino la porta si aprì da sola, quando lui si
avvicinò. Si chiuse alle sue
spalle: il silenzio fu agghiacciante. Ricomparve dopo poche ore, con le
tasche
della tonaca tutte piene.
<<
Padre lo ha trovato?
>>. Chiese la donna preoccupata.
<<
Certo >>. Rispose ad
occhi chiusi e col mento in alto << E l’ho pure
mandato via! >>.
La donna
tentò di baciarlo, ma Don
Camillo le diede una bottigliata in testa, facendola svenire.
<<
Troppo brutta, mi spiace
>>. Disse.
<<
Padre la prego controlli il
resto della casa! >>. Disse l’uomo tutto
tremolante.
Il Don
sbuffò: << E va bene…
>>.
Nell’ordine
benedì con l’incenso il
frigorifero, il termosifone, la tavola, il lampadario, poi, arrivato
nei pressi
del forno notò con grande stupore che la porticina di questo
si stava
lentamente aprendo. Era strano, visto che i forni, a differenza delle
porte,
non si aprono da soli. Gli occhi di tutti i presenti si fecero grossi e
curiosi.
Dal forno
sbucò la testa di un
piccolo diavolo, che sghignazzava: << Vaffanculo uomo di
chiesa!
>>.
Il parroco
ringhiò: << Ti
spezzo le ossa figlio di puttana! >>.
Lo prese per il
collo e lo tirò fuori
dalla casetta.
<<
Non fare male al mio amico!
>>. Urlò il bambino, disperato.
Gli occhi del
Don si accesero. Prese
la mira e glielo lanciò addosso, facendogli sfondare la
finestra e facendolo
finire giù, per la strada.
<<
Oh no mio figlio! >>.
<<
Aveva fatto un patto col
Diavolo! >>.
<<
La prego padre lo salvi!
>>.
<<
Uff… e va bene! >>.
Si
lanciò nel vuoto, prese il
bambino, azionò il jet pack che nascondeva sotto la tonaca e
volò via, mentre
il diavoletto si spiaccicava sull’asfalto.
<<
Padre lei… lei mi ha
salvato! Perché? >>.
<<
Zitto coglionazzo! >>.
Urlò lui.
Fu riportato a
casa. L’uomo si
inginocchiò ed iniziò a baciargli le mani:
<< Padre le devo tutto! ha
salvato mio figlio dalla morte. Come posso ripagarla? >>.
<<
Beh, visto che parla di
pagare… >>.
Gli furono dati
tutti i soldi che
l’uomo aveva nel portafogli; cinquanta euro ed un abbonamento
per andare allo
Stadio San Paolo.
<<
Vuole anche i soldi che
nascondo sotto al letto? >>. Chiese lui.
<<
No! >>. Rispose il
parroco, improvvisamente sudato << Quelli potete tenerli
voi… se nessuno
li ha già rubati, ovviamente >>.
Era pronto ad
andarsene, ma le
diaboliche mani del diavoletto si attaccarono alla sua nuca.
<<
Tu vieni all’Inferno con me!
>>.
Don Camillo
cercò di divincolarsi
dalla morsa terribile della bestia, ma era l’impresa
più ardua che avesse
dovuto mai affrontare. Lo prese per le corna e lo sbatté a
terra, poi gli diede
un calcio, facendolo finire nuovamente nel forno. Chiuse tutto con un
catenaccio, facendo in modo che l’avversario non potesse
più uscire.
Prese il forno e
lo lanciò giù, per
il buco che c’era al posto della finestra. Una macchina fu
schiacciata
dall’elettrodomestico. Ci furono solo due morti.
<<
Il mio lavoro è terminato.
Addio, esseri inferiori! >>.
Si
lanciò nel vuoto e padre e figlio
si avvicinarono al buco, per guardare meglio la sagoma del loro
salvatore che,
con il suo jet pack, stava tornando in chiesa, mentre il sole
tramontava.
<<
Papà… da grande voglio
essere come lui >>.
Il padre sorrise
fiero: << Ce
la farai figliolo, ce la farai >>.
Detto questo il
pavimento cedette,
facendoli cadere nel vuoto.
E non
preoccupatevi per la donna; non
rimase da sola. Rattristato ed impietosito dalla sua condizione, Don
Camillo
pose fine anche alle sue sofferenze, ma non prima di aver dato
un’occhiata
all’argenteria.
Salve
amici cari! :D
Innanzi
tutto vi ringrazio
per aver seguito il mio vortice fino ad oggi.
Il
personaggio in
questione, Don Camillo, è il mio primo personaggio nonsense,
protagonista della
storia a capitoli “Don Camillo”. Se vi interessa
leggetelo! Spero di avervi
incuriositi verso il parroco più pazzo del mondo!
Detto
questo spero di
ricevere le vostre recensioni ed i vostri commenti.
Grazie
ancora e al prossimo
pazzo capitolo! ;)
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Capitolo 10 *** Una situazione ciclica... ***
Laura era una
allegra ragazza di
diciassette anni che amava tanto fare sport, giocare ai videogiochi e,
soprattutto, nuotare. Era in vacanza ed aveva prenotato un pomeriggio
in
piscina, vicino ad un hotel. Tempo di posare tutta la sua roba e si
tuffò
immediatamente in acqua. Destino crudelissimo volle che quel giorno lei
non
fosse nelle migliori condizioni per stare in acqua… ben
presto essa divenne
tutta rossa. Tutti i nuotatori si guardarono disgustati, poi iniziarono
ad
osservare l’unica ragazza che era in acqua in quel momento.
Laura era in
preda alla vergogna più
totale: “Accidenti non me n’ero accorta di avere il
ciclo!”
Il proprietario
della piscina, nonché
dell’hotel, la
raggiunse urlando come il
pazzo: << Ma porca puttana che cazzo ti tuffi in queste
condizioni!
>>.
Laura
uscì dall’acqua e gocce di
sangue iniziarono a macchiare il marmo per terra.
<<
Noooo! Il mio prezioso
pavimento! >>. Prese una mazza chiodata ed
iniziò ad inseguirla.
<<
Brutta puttana! >>.
<<
No la prego, non mi faccia
del male! >>.
Corse veloce,
fino a raggiungere
l’albergo: << Non entrare cazzo!
>>.
Lei invece,
presa dal panico, entrò
ugualmente, lasciando una enorme scia rossa sui tappeti di pelle di
foca
bianca; dieci mila euro ciascuno.
Laura prese le
scale. Un facchino
tentò di prenderla, ma lei lo spinse via contro un muro.
Corse sempre di più,
seminando il panico tra tutti i presenti. Tutti tranne un maniaco
sessuale, che
si lanciò a terra ed iniziò a leccare il
pavimento con voracità, ridacchiando
con estremo entusiasmo.
Un uomo
inconsapevole dell’accaduto
scivolò sul sangue, cadendo e facendo cadere anche il
facchino di prima,
rialzatosi poco dopo. Laura raggiunse una porta dorata, la
aprì e si ritrovò in un altro corridoio, quello di lusso. Pochi secondi dopo, in albergo, entrò un serial
killer pronto a fare
una carneficina, ma dopo aver visto il sangue a terra
esclamò: << Dannata
concorrenza! >>. E se ne andò piangendo.
La situazione
stava precipitando: il
facchino non stava sollevando valigie, il maniaco non stava violentando
nessuno
ed il serial killer aveva preferito ammazzare la gente altrove.
Il proprietario
sentiva che il suo
hotel stava perdendo di prestigio, tutto ciò per colpa di
una piccola zoccola
che mostrava senza pudore tutto il frutto della sua erotica
fertilità sessuale.
La ragazza si
chiuse in bagno,
trovandovi dentro una veggente cieca.
<<
Oh ti prego cara veggente
cieca come una talpa, aiutami a seminare tutti coloro che vogliono il
mio male,
solo perché ho il ciclo >>.
L’anziana
sorrise: << Mia cara
non disperarti. Io ho una soluzione per ogni tuo… cazzo,
vuoi dire che stai
sporcando il bellissimo pavimento che tutti i giorni pulisco con
moltissima
cura?? >>.
Laura
uscì di corsa dal bagno,
schivando i proiettili che furono sparati dal fucile a pompa della
veggente,
che gambizzarono l’ignaro facchino di pocanzi.
Laura corse via,
verso una finestra,
ma il suo cammino fu intralciato da un medico con il grembiule per le
operazioni
tutto sporco di sangue ed una mascherina sulla bocca.
I suoi occhi
erano infuocati:
<< Ragazzina tu hai dei seri problemi >>.
<<
Dottore le giuro che non è
colpa mia! >>. Rispose spaventata.
<<
Oh ti credo, piccola mia. Ma
non temere >>. Disse alzando il dito ed estraendo dal
grembiule un secchio
ed un attrezzo da muratore << Otturerò la tua
ferita con il cemento
armato! >>.
<<
No per Dio! >>.
Pezzi di cemento
armato freschissimo
tentarono di colpirla, ma lei riuscì a salvarsi, scappando
via. Il facchino
invece, ripresosi dai colpi di fucile, fu colpito in pieno volto e
cadde a
terra, svenendo.
Laura fu poi
presa con la forza da un
individuo e portata in una camera, che fu chiusa a chiave.
Intanto il
proprietario dell’hotel si
asciugava il sudore della fronte con un fazzoletto sporco di sangue
vaginale,
caduto pochi secondi prima dalle sue sudatissime mani. Che cosa fare
per
fermare quella piccola bestia?
Ma
all’improvviso uno tsunami di
sangue invase il posto, trascinando con forza tutti i residenti fuori
dalla
struttura, sia dalle porte, che dalle finestre di ogni piano.
<<
Cazzo ho bevuto! >>. Urlò
di rabbia il proprietario.
Il facchino era
privo di vita. Il
maniaco gli fece la respirazione bocca a bocca con tanto di lingua,
fino a
farlo rinvenire: << Bentornato nel mondo dei vivi, bel
maschione!
>>.
<<
Sia lodato… >>. E il
maniaco gli rimise la lingua in bocca con tremenda voracità.
Ma cosa
poteva mai essere
successo? Tutto quel sangue non poteva essere solo causa della giovane
con le
sue cose decisamente troppo splatter.
La veggente
tentò di indovinare, ma
le sue carte erano tutte bagnate col sangue.
Laura
uscì dall’hotel e scappò in
mezzo alla strada tutto euforica e contenta, mentre un giovane tutto
muscoloso,
biondo e con gli occhi azzurri stava uscendo a fatica dallo stesso
palazzo.
<<
Porca puttana >>. Disse
<< Mai far venire l’orgasmo ad una ragazza col
ciclo… >>.
Ed
ecco a voi il decimo
capitolo della mia fantastica serie! :D
Ringrazio
infinitamente
tutti coloro che mi seguono e che recensiscono il mio vortice di pazzi!
xDD
Spero
che altri si fermino
qui, dal caro Cam17 per dare le proprie considerazioni sulla
mia… pazzia xD
Io
vi saluto e vi aspetto
nel prossimo capitolo, ciao ciao :3
|
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Capitolo 11 *** Un caso... festivo! ***
La festa del
Conte di Villa Conca era
un evento imperdibile per la maggior parte dei nobili
della zona. L’uomo compiva la bellezza di 89
anni, trenta dei quali passati su una sedia a rotelle, e tutti in sala
festeggiavano bevendo e mangiando senza sosta. Ma ad un certo punto le
luci si
spensero, mandando tutti nel panico. Si sentirono delle urla e, dopo
che le
luci furono riaccese, tutti rimasero shoccati di fronte al corpo senza
vita
dell’anziano, pugnalato al collo con una siringa.
Mezz’ora
dopo arrivarono l’auto del
commissario e, pochi secondi dopo, le auto della polizia.
<<
Hahahaha! Siamo arrivati
prima noi! >>. Urlò soddisfatto il commissario
Brambilla.
<<
Eh si >> rispose
Duski, suo fido braccio destro << Tutto grazie a me, che
gli ho sparato
alle gomme! >>.
I due scesero e
si fecero largo tra
gli insulti delle forze dell’ordine. Arrivarono nella sala
grande e mostrarono
i distintivi ai presenti.
<<
Vi preghiamo di non uscire
dalla stanza >> disse Brambilla << Siete
tutti sospettati
dell’omicidio del Conte Vittorio Armani. Collaborate con noi
e non ci saranno
problemi >>.
Brambilla
avanzò. Duski prese il
cappotto e lo gettò verso l’appendiabiti che si
trovava vicino alla finestra,
finendo però per sbagliare la mira e farlo cadere di sotto.
Un poliziotto se lo
ritrovò addosso.
Il commissario
si avvicinò alla
vittima: << Cavoli… è in avanzato
stato di decomposizione… >>. Disse
schifato.
<<
Ma è morto da mezz’ora!
>>. Urlò il maggiordomo.
Brambilla si
girò e lo guardò dritto
negli occhi: << Non mi dica come devo fare il mio lavoro,
grazie!
>>.
Il maggiordomo
ammutolì.
Brambilla
osservò la siringa sul
collo, poi rispose con sicurezza: << E beh, che
dire… questo è un
classico caso di morte per overdose >>.
<<
Ma è stato ammazzato!
>> ribatté il maggiordomo.
<<
Duski! >>. Urlò Brambilla.
Il poliziotto
prese l’adesivo per i
delitti e chiuse la bocca al maggiordomo.
Un’analisi
più approfondita mostrava
che alla vittima erano stati strappati violentemente alcuni capelli. Ma
per
quale motivo?
Il commissario
si guardava attorno,
cercando di capire chi dei presenti potesse essere stato a mandare in
overdose
il vecchio.
Si
avvicinò ad un giovane alto e
snello: << Lei dov’era mezz’ora fa??
>>.
<<
Qui, alla festa >>. Rispose
il giovane.
Dusky si
avvicinò al commissario,
sospettoso più che mai: << Non le sembra una
risposta troppo facile?
>>. Disse a bassa voce.
<<
Mi dica… >> riprese
Brambilla << Che cosa faceva esattamente?
>>.
<<
Ero vicino al festeggiato. Era
mio zio >>.
<<
HA HA! Beh, ti faceva comodo
che crepasse, visto che sei un suo erede! >>.
<<
Ma è pazzo?? Io adoravo mio
zio! E’ stato come un padre per me! >>.
Ma ad un certo
punto il commissario
vide una buccia di banana per terra, poco lontana dal corpo.
<<
Una buccia di banana! Ecco,
ora capisco! L’assassino ha prima tentato di far scivolare il
vecchio, ma non
ci è riuscito! Quindi ha deciso di cambiare piano per
ucciderlo! >>.
Duski sorrise:
<< Ehm veramente
quella buccia l’ho buttata io a terra… sa io adoro
le banane e le pere. Avevo
fame, commissario >>.
<<
Ah Duski ma come puoi sviare
le mie indagini con i tuoi osceni desideri alimentari??
>>.
<<
Scusi >>. Disse,
abbassando il capo.
<<
Cavoli… eppure far scivolare
il vecchio poteva essere un’idea geniale per ucciderlo
>>.
<<
Ma se stava sulla sedia a
rotelle! >>. Urlò il maggiordomo,
misteriosamente liberatosi dal nastro
adesivo.
<<
Duski infilagli una banana
in bocca! >>.
<<
Con molto piacere,
commissario! >>.
Lasciando
perdere l’osceno spettacolo
che ci fu in sala, Brambilla iniziò ad interrogare la moglie
della vittima:
<< Signora ha visto qualcosa durante lo spegnimento delle
luci? >>.
<<
Nulla >> disse,
assumendo un’espressione storta in volto.
Brambilla aveva
finalmente capito
perché l’anziana indossasse gli occhiali da sole
in casa, alle 22.00 di sera.
Intanto Duski si
tirò su la lampo del
pantalone, mentre il maggiordomo rimase a terra stordito.
<<
Lei >>. Disse il
commissario, avvicinandosi ad una ballerina brasiliana che era stata
invitata
per dare spettacolo << Lei potrebbe essere la
responsabile di questa
terribile tragedia! >>.
<<
Cosa?? >>. Esclamò esterrefatta
<< Io non ho fatto niente! >>.
<<
Lo ammetta! Il vecchio
voleva scoparla e, prendendo troppe pillole di viagra, ha avuto un
infarto!
>>.
<<
Ma è stato infilzato al
collo con una siringa! >>. Urlò da terra il
maggiordomo, tenendo l’indice
alzato verso l’alto.
Brambilla si
incazzò come un pazzo:
<< Duski a mali estremi, estremi rimedi! >>.
Duski sorrise.
Lo prese per il collo
della camicia e lo buttò giù dalla finestra. Un
volo di due piani, finito su
due poliziotti che indagavano nei dintorni.
La ballerina
disse che aveva avuto
proposte allettanti sia dal festeggiato, che da altri invitati, ma non
aveva
assunto pillole.
Brambilla era
nel panico: chi mai
poteva aver ucciso quell’uomo? Tutti sembravano essere il
potenziale assassino.
Ma Duski ebbe un colpo di genio:
<<
Solo un medico poteva
infilzare l’uomo con una siringa! >>.
Brambilla si
girò: << Bravo
ragazzo, hai ragione! Chi di voi è un medico?
>>.
<<
Il signor Tommaselli!
>>. Urlarono tutti all’unisono, puntando gli
indici contro un uomo sulla
sessantina, pelato e con una folta barba bianca.
<<
Lei mi dica dov’era quando le
luci si sono spente >>.
<<
Qui, con mia moglie! Non vorrà
mica insinuare che lo abbia ucciso io! >>.
Brambilla prese
la siringa dal collo
della vittima e la pose tra le mani del medico.
<<
Ma perché?? >> rispose
l’uomo, sbigottito.
<<
Su questa siringa ci sono,
adesso, le sue impronte digitali! Sono sicuro che le analisi delle
impronte mi
daranno ragione! So che è stato lei, e so come sono andate
le cose, adesso
>>.
Tutti rimasero
in silenzio,
ascoltandolo. Dusky preparò i popcorn.
“Lei
e la vittima vi eravate messi d’accordo con la ballerina per
passare
una bella serata assieme, ma il fatto che lui fosse riuscito a dare
qualche bottarella
in più, considerando che aveva trent’anni in
più di lei, l’ha fatta
imbestialire a tal punto da ucciderlo con la prima cosa che le
è capitata a
tiro. Proprio quella siringa di adrenalina che è servita per
rendere lei, mio
caro, più attivo nel rapporto sessuale. Non solo: lei era
geloso dei capelli
del caro Conte, visto che lei ne è sprovvisto. Questo
spiegherebbe perché c’è
stato un tentativo di strapparli via. Sono sicuro che nella siringa e
nel suo
sangue troveremo l’adrenalina utilizzata per fare sesso,
mentre tra le sue dita
o sul suo vestito deve essere rimasto ancora qualche capello”.
<<
Lo ammetta! Lo ha ucciso
lei! >>.
Il medico rimase
muto, con lo sguardo
rivolto verso il basso.
<<
Dusky, le manette! >>.
Duski lo
ammanettò.
Brambilla si
pose di fronte all’assassino:
<< Lei è accusato di un omicidio e del tentato
omicidio di due
poliziotti, che hanno rischiato di morire sotto un maggiordomo obeso!
>>.
<<
Ma cosa c’entro io col
maggiordomo?? >>.
<<
Stia zitto! Lei è in arresto
signor Tommaselli! O forse dovrei dire… Babbo Natale??
>>.
Tutti i presenti
rimasero a bocca
aperta, compreso Duski.
Tommaselli fu
sorpreso più che mai.
<<
Tom! >>. Urlò la
moglie disperata << E’ vero ciò che
dice?? Sei stato tu?? >>.
Tom
abbassò lo sguardo, straziato dal
dolore: << Quest’anno i bambini non riceveranno
nessun regalo >>.
<<
Dusky portalo via! >>.
Ubbidì,
iniziando ad elencare tutte
le cose che avrebbe voluto per questo Natale.
Brambilla
iniziò a ridere soddisfatto
e compiaciuto: << Sono un genio! >>.
Si
girò e si diresse verso l’uscita,
ma una buccia di banana lo fece scivolare a terra, rompendogli una
costola.
Venti minuti
dopo era già in auto con
il suo fido compagno. Era un po’ triste.
<<
Che succede commissario? In fondo
giustizia è stata fatta >>.
<<
Si Duski, ma quest’anno non
avrò il mio regalo di Natale. E’ un vero peccato
>>.
Duski sorrise ed
iniziò ad
accarezzare la spalla del commissario.
Brambilla lo
guardò preoccupato.
Duski gli fece
l’occhiolino: <<
Mah, guardi… se proprio vuole, il regalo di Natale glielo
vengo a fare io la
notte del 24 Dicembre, caro commissario! >>.
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