My Personal Guardians

di aris_no_nami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un giorno di pioggia ***
Capitolo 2: *** I HATE RED! ***
Capitolo 3: *** Destinazione:SEOUL ***
Capitolo 4: *** Amy and holidays ***



Capitolo 1
*** un giorno di pioggia ***


All’inizio del mondo, quando la terra non era ancora una sfera e quando l’uomo non esisteva, il Tutto era solo uno spazio di cielo costellato. Un piccolo angolino di cielo blu notte con tanti puntini caldi e bianchi.
Erano tutte stelle calde, non ce n’era una di fredda.
E così era da secoli.
Un “giorno”, in un piccolo spazio nel cielo, nacque una stella fredda. Era piccola e fredda. L’unica di tutto il cielo.
C’era chi non la voleva e chi la proteggeva a tutti i costi.
E così fu per altrettanti secoli.
Ma, un “giorno”, un gruppo di cinque stelle, stanche di stare sempre ferme li, e desiderose di conoscere il Tutto, decisero di lasciarsi andare nel vuoto.
Caddero per tanto tanto tempo.
Però, nella caduta, si ruppero in mille pezzi e non tutte caddero sullo stesso posto.
Certe caddero in alto, tra le nuvole, certe un po’ più in basso, tra l’aurora boreale e certe più in basso di tutte, sulla terra.
Angeli.
Diavoli.
Umani.
 
Dopo ciò, tutte le stelle scesero, tranne la piccola stella fredda, che per un po’ volle osservare la situazione dall’alto, e la sua stella che doveva proteggerla, fino a che non fosse venuta l’ora.
 
1 gennaio 1996: la piccola stella fredda è scesa sulla terra.
 
Un piccolo bambino di 5 anni è affacciato alla finestra che guarda la notte.
Un altro bimbo di 6 anni, un altro di 7, un altro di 5 e un ultimo di 3.
Tutti affacciati alla finestra a vedere la notte. E, in quel piccolo attimo che ormai il mondo a dimenticato, in quel piccolo attimo della vita di un semplice individuo, cadde lei.
La Piccola Stella Fredda.
 
-Kibum, torniamo a nanna.
-Ok mamma …
Rispose il piccolo, con lo sguardo fisso fuori dalla finestra.
 
Tempi nostri
-Dylaaaaaaaaaaan!
Urlai, correndo di qua e di la per la nuova casa.
-Dove sono i miei vestiti?
-Perché dovrei saperlo io?!
Mi chiese esausto, il povero ragazzo.
-Be, dovresti saperlo!
Gli risposi, continuando a correre di qua e di la.
-Forse in camera tua?!
Io mi bloccai all’istante e ragionai.
Dopo una decina di minuti, strillai
-Hai ragione!
Detto questo corsi in camera mia e li trovai dentro la valigia, aperta sul mio letto.
 
Dopo venti minuti giusti ero davanti la porta di casa, pronta per andare a scuola.
-Vuoi che ti accompagni?
Mi chiese Dylan.
-Non ce né bisogno, tranquillo.
Risposi sorridendogli.
-Ok … però ti vengo a prendere.
-D’accordo, io vado! Bye!
E corsi fuori di casa.
 
Abitavamo in un bel appartamento moderno e tanto alto, tutto sui colori del panna chiaro.
Sembrava quasi un hotel.
 
Stavo correndo per i corridoi, quando andai addosso a qualcuno, e caddi sonoramente di sedere.
Alzai lo sguardo e vidi una testa bionda ben pettinata e due occhioni profondi e dolci.
-Tutto bene?
Mi chiese gentilmente il ragazzo.
-Hem … a parte il culo fratturato … direi di si.
Risposi ironica.
Lui mi sorrise porgendomi la mano
-Scusami.
Io la scansai e mi alzai da sola.
-Tranquillo, stavo correndo io, mica tu, no?!
-Già …
Rispose, ritraendo il braccio.
-Va be, io vado.
Dissi, e ricominciai a correre.
Era proprio un bel ragazzo. Alto, con un paio di pantaloni non troppo attillati beige, una maglia grigia scuro scollata e atttttttillata e sopra una giacca grigia chiaro leggera. E per completare l’opera una collana d’argento e degli orecchini.
Insomma, proprio bello. Bello e con stile. Però … non ero riuscita a vederlo dentro …
Non ci pensai più e continuai a correre.
 
Uscii dall’enorme edificio e presi fiato. Avevo fatto tutte le undici rampe di scale correndo, ed ora, ero senza fiato.
Quando finalmente ripresi a respirare regolarmente, cominciai a camminare lentamente verso la fermata del bus.
Il tempo era brutto, tutto nuvoloso e in lontananza si sentivano già i tuoni.
Perfetto, non mi ero neppure portata un ombrello, e un cappellino di lana non avrebbe fatto tanto contro la pioggia.
Ero ormai a pochi metri dal bus che questo partì.
Rimasi immobile ad osservarlo andarsene.
Era uno scherzo?!
E per completare l’opera cominciò a piovere a dirotto.
Fantastico!
Oltretutto, nei paraggi, non c’era neanche una tettoia.
Quel giorno la sfiga che l’aveva con me.
Alzai lo sguardo al cielo e urlai
-Ma che cavolo ti prende?
Un tuono.
-Ah, è così?! Bene, molto divertente!
Lampo.
-Ah, che palle!
Chiusi gli occhi e lasciai che il mio viso venisse preso completamente da quella doccia fredda.
Ad un tratto non sentii più la pioggia sul mio volto. Aveva smesso?!
Aprii gli occhi e vidi qualcosa di rosso.
Un ombrello?!
Girai lo sguardo a sinistra e vidi lo stesso ragazzo del corridoio, solo che adesso aveva una giacca di pelle grigia.
Lui mi sorrise.
-è il minimo dopo la botta che hai preso prima.
-Già …
Gli risposi un po’ titubante.
-Hem, dove devi andare?
Mi chiese lui.
-Scuola superiore St Dewin. Non capisco perché abbia un nome inglese e si trova in corea del sud … la conosci? È quell’edificio che è unito all’università.
Ok. Sono logorroica.
-Si, la conosco molto bene. Ma tu parli troppo per i miei gusti.
Mi rispose, cominciando a camminare lentamente.
-Hey! Ti ricordo che prima mi hai fratturato il culo! Quindi non lamentarti!
Gli dissi offesa.
Lui si mise a ridere
-Ok, starò zitto.
-Ecco, bravo!
E incrociai le braccia. Non solo per fare per bene l’offesa, ma anche perché diciamo che avevo freddo. In effetti era il minimo avere freddo con addosso solo un paio di leggins e un maglione enorme tutto bucherellato. Va bene, era di lana e lungo quasi fino alle ginocchia, ma era pur sempre bucherellato.
-Freddo?
Mi chiese il ragazzo.
-Un pochino …
Risposi.
C’era un silenzio un po’ imbarazzante …
Fortuna che in quel momento suonò il cellulare al ragazzo!
-Pronto?!
Rispose lui.
-Ah, Jong, sei tu … sto arrivando … no, è che c’è stato un piccolo problema … ma niente. Una ragazzina ha perso il bus ed era sotto la pioggia senza ombrello, tutto qui … tanto va alla St Dewin … bo, aspetta che glielo chiedo.
Ti tolse il cellulare dall’orecchio e mi chiese
-Scusa, quanti anni hai?
-16 …
Bofonchiai io.
Lui per poco non si strozzò con la saliva.
Si rimise il cellulare.
-16 … ma sei idiota?! … ma piantala ti prego! … senti, siamo in due sotto un ombrello, sotto una pioggia scrosciante, con l’altra mano sto tenendo l’ombrello e intanto sto cercando di non bombarmi, quindi parlare al telefono con te è l’ultimo dei miei problemi. Detto ciò, bye bye! … piantala Jong! Parliamo in classe!
E riattaccò.
Probabilmente avevo un sorriso stupido in faccia, perché il ragazzo mi guardò con un’espressione tra il divertito e lo stupito.
-Scusa – dissi io –è che sembravate una coppietta …
Dissi mettendomi a ridere.
-COSA?
Urlò lui.
-No dai …
Risposi, cercando di trattenere le risate.
Lui si unì per poco alle mie risate. Poi mi chiese
-Ma tu devi andare a scuola, giusto?!
-Aha.
-E allora perché non hai nessuna borsa?!
Trauma.
Mi bloccai subito e mi misi le mani davanti alla bocca, spalancando gli occhi.
-O merda …
Sussurrai guardando il vuoto.
Guardai il ragazzo, che aveva un’espressione divertita.
Stavo per scattare indietro verso casa quando lui mi bloccò per un braccio.
Ero ormai sotto la pioggia e bomba come un pulcino.
-Dove credi di andare?
-A prendermi lo zaino.
-Sotto questa pioggia?! E poi hai visto che ore sono?! Tra poco iniziano le lezioni. E poi casa tua è troppo lontana, mentre la scuola è più vicina.
-E allora, secondo te, come potrei fare?
Gli chiesi a mo’ di sfida.
Lui mi tirò il braccio e andai a finire contro il suo petto.
-Ora siamo entrambi bagnati, quindi non hai più scuse.
Rispose e mi strinse a se con un braccio facendomi carezze veloci sul braccio per riscaldarmi.
-Cavolo, però fa veramente freddo. Muoviamoci, altrimenti ci chiudono fuori.
Disse mollandomi dalla presa e facendomi mettere al suo fianco, più vicini di prima.
Avevo lo sguardo fisso a terra, probabilmente ancora shockata da quello che era appena successo, oppure per il semplice fatto che lui stava camminando tranquillo come se non fosse niente … bo …
Ad un certo punto mi mise il braccio intorno alle spalle e mi strinse al suo fianco.
O merda …
-Cavolo … stai tremando …
Sussurrò più a lui che a me.
-Ok … hem, come ti chiami?
Mi chiese.
-Amy …
-Piacere Amy, io sono Kibum. Allora … che indirizzo hai scelto alla St Dewin?
-Astronomia, filosofia e lettere.
 
La St Dewin era una scuola un po’ particolare. Dalla terza si doveva scegliere un percorso. Avevi la possibilità di scegliere come massimo cinque percorsi. In quinta, chi aveva intenzione di continuare con l’università, che si trovava nello stesso edificio, doveva scegliere se tenere tutti i percorsi oppure se continuarne solo certi.
La St Dewin era bella, non solo per questa possibilità, ma anche per il fatto che era incorporata con l’università, quindi i più piccoli potevano confrontarsi con gli universitari. Ovviamente, per questo motivo, c’erano anche altri problemi, che in altre scuole non c’erano, ma era il piccolo prezzo da pagare. Inoltre, le attività extra scolastiche, erano tenute dai ragazzi dell’università, quindi avevi un altro modo di scambio di informazioni.
Proprio per questo, io e Dylan, avevamo scelto quella scuola.
-Wow, ti dai da fare, è?! E hai già scelto delle attività extra?
-Si. Ho scelto artistica e musica.
-Sai che verrai valutata anche su quello, vero?
-Si.
Silenzio …
In lontananza si vide un edificio grande e un po’ vecchietto.
-è quella.
Mi disse Kibum, cominciando a camminare più velocemente.
-Scusa – gli chiesi io –e adesso, che siamo bagnati, come diamine facciamo?
-Tranquilla, ci sono dei miei amici che mi aiuteranno. Non preoccuparti.
-O-ok …
Risposi titubante.
 
Eravamo ormai dentro la scuola e i corridoi erano semi deserti. Però, le uniche persone che c’erano, salutavano sempre Kibum, tutti.
-Sei conosciuto, è?!
Gli chiesi io.
-Diciamo che non sono l’unico …
Un attimo … che ci faceva lui la?
E come facevano a conoscerlo tutti?
-Hem … posso farti una domanda?
Gli chiesi io.
-Perché ci sono poche persone in giro? Semplice. Visto che molti prof abitano lontani, e anche molti studenti, hanno spostato l’orario di inizio lezione alle nove. Ma puoi entrare tranquillamente alle otto. E gli unici che girano sono universitari.
-Hem … grazie …
Anche se non era quella la domanda.
Stavamo camminando, quando si fermò davanti ad una classe.
-Aspetta un attimo, ok?
Io annuii.
Lui entrò in classe e si sentirono un casino di voci che lo salutavano.
Doveva proprio essere ben voluto …
Dopo un po’ uscì con altri due ragazzi.
Uno dei due era aaaaalto aaaaalto con i capelli un po’ lunghi e mossi, con due occhioni grandi. Mentre l’altro era il più basso, con i capelli che avevano delle meches che andavano sempre più sul biondo.
Entrambi molto belli, come Kibum.
-Bene. È lei.
Disse Kibum indicandomi.
-LeI?
Chiese Mr Meches.
-Si, lei.
Confermò Kibum.
-Ma chi? Quella della pioggia?
Chiese Mr Occhi.
-Si. Lei. E mi serve quello che vi ho chiesto.
-Ma per lei?
Chiese Mr Meches.
-E anche per me!
Rispose esausto il povero biondino.
-E anche a lei?
Chiese Mr Occhi.
-Ma lo fate apposta?
Mr Occhi e Mr Meches si guardarono
-Noooooooooo …
Risposero insieme ironicamente.
-Idioti! Comunque, potete darci una mano?
-Tranquillo – gli disse Mr Meches dandogli una pacca dietro la schiena –io ci sarò per sempre per te!
-E questo è il problema.
Disse il biondino alzando gli occhi al cielo.
-Ok ragazzi, finiamola che tra un po’ si inizia. Andiamo in bagno così vi cambiate.
Disse Mr Occhi, prendendo due borsoni e cominciando a camminare. Io lo seguii. Dietro di me c’erano i due mongoli.
-Ma non mi presenti alla tua amica?
Sentii chiedere da Mr Meches.
Mi girai, gli presi la mano e la mossi, come fanno i bambini piccoli per stringere la mano.
Mi faceva innervosire quel ragazzo.
-Piacer Amy.
Mi rigirai e continuai a seguire quello spilungone.
Mr Meches mi si mise accanto.
-Io sono Jonghyun e lui – disse indicando Mr Occhi –si chiama Minho.
Minho si girò, continuando a camminare come i gamberi.
-Piacere.
Mi disse, sfoderando un bellissimo sorriso che io ricambiai.
-Jong, non  stressarla!
Disse Kibum, mettendosi al mio fianco, dall’altra parte.
-Ma tu sei quel rompi coglioni del cellulare!
Gli dissi.
Lui sgranò gli occhi.
-Ops … l’ho detto ad alta voce?
Chiesi, mettendomi il dito sul labbro inferiore.
-Si, direi di si.
Rispose Minho rigirandosi e continuando a camminare come una persona umana.
Jonghyun continuava a fissarmi come se fossi un alieno.
-Ti ha speeeeentoooooo …
Cantilenò Kibum.
-Gne gne.
Rispose mugugnando.
Arrivammo davanti ai bagno e ci fermammo.
Minho cominciò a frugare in uno dei due borsoni.
-Allora … - disse –io posso prestarti una maglia … ma credo che i miei pantaloni ti siano troppo grandi … Jonghyun, glieli presti tu?
-Cosa?
Facendo una buffissima faccia sconvolta.
-Sei il più basso e l’unico che usa pantaloni così attillati da atrofizzarti le gambe.
Disse Kibum prendendo una maglia che gli stava porgendo Minho.
Mr Meches sbuffò.
-E va bene …
Prese l’altro borsone e ci frugò dentro.
Dopo un po’ ne tirò fuori dei pantaloni di jeans rossi, e me li diede.
-Tieni.
Mi disse Mr Occhi porgendomi una maglia a maniche corte panna, con un numero cucito sopra in rosso.
-Però, non sei neanche vestita male.
Disse Kibum.
Certo. C’era solo un problema …
IO ODIAVO IL ROSSO!

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ALLORA ....ECCOMI QUI CON UNA NUOVA FF! YEEEEEEEEEEEEEEE!
LO SO LO SO ... HO GIà ALTRE FF IN CORSO ... PERò DOVEVO ASSOLUTAMENTE PUBBLICARE QUESTA!!!!! ERA UN OBBLIGO VITAAAAAALEEEEE!
CCCCCCCOOOOOOOOMUNQUE, CHE NE PENSAAAAAAATE?
VI è PIACIUTA????
QUALI SONO STATE LE PARTI PIù DIVERTENTI?????
MI PIACEREBBE SAPERLO!
E GIà CHE CI SIETE NON MI DISPIACEREBBE SE FACESSE UN GIRETTO SULLE MIE ALTRE FF!
ALLA PROSSIMA
Il panda che si fa di polverina fatata
Aris*Chan

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Capitolo 2
*** I HATE RED! ***


Uscii dal bagno con addosso quei vestiti da quel colore orribile e non trovai nessuno.
Come?!
Mi avevano abbandonata?!
Uff, non era giornata.
Me ne stavo ferma immobile, davanti la porta del bagno femminile, quando vidi venire verso di me un ragazzo da i capelli un po’ lunghi e mossi sul rossiccio tinto … era impossibile avere quel colore di capelli naturale!
Tornando al ragazzo. Forse me lo avevano mandato per farmi portare in classe!
No … improbabile …
Notai che il ragazzo aveva una strana espressione in viso, quasi stesse soffrendo in una maniera impressionante.
Era a pochi passi da me, ancora con lo sguardo fisso a terra, quando cadde in ginocchio.
-Hei!
Dissi io inginocchiandomi subito accanto a lui.
-Tutto bene?
-Ti pare che stia bene?
Mi chiese stringendosi la testa con le mani.
-O cavolo … mal di testa … da quanto ce l’hai?
Gli chiesi, immaginando già la risposta.
-Da circa un quarto d’ora …
Da quando ero entrata nella scuola … cazzo!
-Ok, dov’è l’infermeria?
Gli chiesi facendogli mettere il suo braccio intorno al mio collo e facendolo alzare.
-Non ho bisogno dell’infermeria!
Disse scontroso lui.
-Dov’è?
Gli richiesi io, cercando di mantenere la calma.
-Ti hodetto che non ne ho bisogno!
Urlò.
-Sta zitto e dimmi dov’è! Non hai neanche la più pallida idea di cosa potresti avere! Ora dimmi dov’è!
Urlai.
Stavo perdendo le staffe … non andava bene … no no no …
Feci un profondo respiro e lo guardai. Aveva una faccia … sembrava avesse appena visto un fantasma.
-S-su per le scale … ultima porta a destra.
Io gli sorrisi.
-Porca vacca. – dissi sempre col sorriso –Riesci a fare le scale?
-S-si …
Cominciai a camminare verso le scale.
-Non c’è un ascensore?
Chiesi io.
-Secondo te in una vecchia scuola in stile occidentale, c’è un ascensore?!
Mi chiese lui.
Io sbuffai.
-Alla Royal c’era …
Bofonchiai.
Arrivammo davanti alle scale.
E adesso?
Io lo osservai un po’.
Sul metro e 75/80 … magro … muscolo non troppo …
-Ok!
Esultai io battendo le mani.
-Ok cosa?
Mi chiese lui, ancora col braccio intorno al mio collo, alzando un sopraciglio.
Gli feci togliere il braccio dal mio collo, lo feci mettere dietro di me e mi accucciai.
-Stai scherzando, vero?!
mi chiese.
-Per niente. Sali o ti spacco le gambe e ti faccio salire.
Dissi io, con una voce e un’espressione serissima.
-Non se ne parla!
Mi alzai e mi girai verso di lui. Era più alto di me di circa 10 o 15 centimetri.
-TU. ORA. SALI.
-Certo, con le mi gambe.
Mi rispose incrociando le braccia.
Sul mio viso si dipinse un’espressione assassina.
Alla velocità della luce gli tirai un calcio sulla caviglia e questo cadde sonoramente a terra, imprecando.
-Che cavolo fai?
Mi chiese, quasi urlando.
-Te l’ho detto – gli dissi, sorridendogli e abbassandomi un po’ –Ti spacco le gambe e ti faccio salire. Sei fortunato che oggi non ho del tutto la luna storta, altrimenti te le avrei rotte davvero. Sai, sono una stronza reginetta viziata, che se non ottiene quello che vuole, se lo prende con la forza.
Spiegai buttandomi indietro i miei bellissimi e lunghi capelli neri.
-Ora alzati e Sali.
Sempre col sorriso.
Lui eseguì. Si alzò con un po’ di fatica e lo feci salire sulla mia schiena. Senza molti problemi feci le due rampe di scale.
Arrivati lo feci scendere e gli feci rimettere il braccio intorno al mio collo.
-Come hai fatto?
Io lo guardai alzando un sopracciglio.
-Ti do un consiglio: non mi sottovalutare. Mai.
Lui scosse la testa divertito.
-Adesso?
Chiesi guardandomi intorno.
-Ultima porta a destra.
Mi incamminai verso sinistra.
Arrivammo davanti ad una porta tutta bianca. Stavo per bussare quando lui mi disse
-Non c’è mai nessuno, quindi non serve bussare.
Aprii la porta e vidi una stanzetta buia. Sembrava quasi uno sgabuzzino.
-Questa non è l’inf …
Non feci in tempo a finire la frase che mi buttò dentro e chiuse la porta a chiave.
Non l’aveva fatto …
Non l’aveva fatto …
NON  L’AVEVA FATTO!
-IDIOTA! APRI SUBITO! CRETINO! APRIMI! APRIMI!
Urlai, battendo le mani sulla porta.
-Cavolo … apri …
Sussurrai scivolando lentamente per terra, con la schiena sulla porta.
-Merda …
-Hei!
Sentii una voce.
Scrutai la, nel buio e …
-BRUTTO CRETINO! PRIMA MI BUTTI QUI DENTRO E POI CI ENTRI CON ME?! MA CHE CAVOLO DIBULLO SEI?!
Urlai contro il rosso.
-Hei, mi hanno buttato dentro insieme a te!
Si scaldò.
-Ma non ti eri accorto che era la porta sbagliata?
-Io non ti avevo mica detto che dovevi andare a sinistra!
-E dirlo prima?
-Senti un po’ tu! Ho un mal di testa da cavallo! Secondo te ero anche attento a dove andavi?
-Ok, ma avrai visto la porta, no?!
-Sono uguali!
Silenzio …
Avevamo urlato come dei dementi.
Solo in quel momento mi accorsi realmente di essere chiusa dentro uno stanzino mini.
Cominciai a respirare più velocemente.
Dovevo trovarmi qualcosa con cui distrarmi. Subito.
 Notai che il ragazzo continuava a tenersi la mano su una tempia.
Mi avvicinai a lui, che si trovava di fronte a me appoggiato ad uno scaffale.
-Questo ripostiglio cosa contiene?
Chiesi.
-Un po’ di tutto. Principalmente l’occorrente per l’infemreria.
-Perfetto. Hai il cellulare?
-Certo.
Rispose lui, facendomi vedere un I-Phone 5.
-Dammelo.
-No.
-Mi serve solo una luce!
-An.
Me lo porse e io lo presi accendendolo.
Guardai un po’ tra gli scaffali, finché non trovai una fascia di garza e un’aspirina.
Mi inginocchiai davanti al rosso e gli tolsi la scarpa della gamba nella quale gli avevo tirato il calcio.
-Hey, che fai?
Mi chiese lui ritraendo la gamba.
-Ti fascio la caviglia.
Lui mi ridiede la gamba e io gli tolsi il calzino.
Cominciai a fasciargli il piede per poi arrivare alla caviglia. Sentivo il suo sguardo fisso su di me, ed era pesante …
-Come ti chiami?
Mi chiese ad un certo punto.
-Amy.
-Taemin.
Silenzio.
-Sei brava a fasciare.
-Ho avuto modo di esercitarmi molte volte.
Silenzio.
-Quanti anni hai, Amy?
-16.
Per poco Taemin non si strozzò.
-16?!
-Si, perché?
-Come dire … hai l’altezza di una dodicenne, l’aspetto di una quindicenne e il carattere troppo strano e maturo …
-Grazie mille, sai!
Gli risposi ironica.
-E te quanti anni avresti, sentiamo!
-20.
Questa volta fui io che per poco non mi strozzai.
-20?!
-Già. Ne dimostro meno, vero?!
-No, non è per quello …
Ripensai a quando davanti alla porta del bagno era svenuto. Il mal di testa gli era venuto quando ero entrata a scuola. Ma aveva passato l’età …
Finii di fasciargli la caviglia e mi sedetti accanto a lui. Gli porsi l’aspirina.
-Hai mangiato, vero?
Lui annuì.
-Ok, non so quanto effetto ti farà e per quanto durerà, ma tu prendila lo stesso.
Annuì di nuovo.
L’aprì e la prese.
-Senti – chiesi io –ti da fastidio se appoggio la testa sulla tua spalla?
-Sonno?
Mi chiese lui, sorridendo per la prima volta.
-Un pochino.
Ammisi io, appoggiandomi e chiudendo gli occhi, facendomi cullare così da quel buonissimo profumo che aveva Taemin, direzionata tra le braccia del sonno …
 
 
La piccola stella fredda, come tutte le altre stelle, divenne una forma umana. Ma lei non era ne angelo, ne diavolo, ne umano. Lei, era l’unica su tutta la terra, ad essere una stella.
 
La stella non è una semplice stella. Lei ha la capacità di vedere dentro le persone. Ha tre doni base: 1° ha la capacità di vedere le vite passate delle persone; 2° ha la capacità di parlare e comprendere tutto ciò che è collegato col cielo e di tenerlo sotto il suo controllo; 3° ha la capacità di creare stelle e di plasmarle.
Questi tre doni base devono essere usati con cura e sapienza. Prima bisogna saperli usare in maniera impeccabile per poterli utilizzare.
Tutt’ora, nella terra, la Stella non è una sola. Ce ne sono tre. Ogni stella fredda ha un dono base. Le stelle possono insegnarsi a vicenda i doni base.
Ma tutte e tre le stelle hanno un dono comune: possono vedere se una persona era angelo o diavolo.
 
-Hey? Hey? Hey!
-Aaaah!
Urlai io.
Guarda chi cavolo era l’imbecille che mi aveva svegliato.
Mi ritrovai davanti quell’idiota dai capelli rossi.
-Hanno aperto la porta.
Mi disse.
Guardai in quella direzione e vidi un bidello grassottello che mi sorrideva.
-An …
Mi alzai e mi diressi verso la porta.
-Hey aspetta!
Mi disse Taemin.
Tornai vicino a lui e gli feci mettere il braccio intorno al mio collo.
-Adesso non posso camminare perché qualcuno mi ha slogato la caviglia …
Mi sussurrò.
-Addirittura slogata! Tz, esagerato!
Risposi io.
-Chò – disse Taemin rivolto al bidello –Lei è quella nuova. Potresti portarla in classe sua?
-Solo un attimo – mi disse il signor Chò –Prima porto Taemin e poi porto te, ok?! Aspettami in segreteria. È giù dalle scale.
Io annuii e scesi. Fortunatamente la trovai subito.
Il signor Chò era un tipo simpatico. Grassottello, bassetto, calvo e con i baffi. Era buffo.
Mi sedetti dentro su una delle sedia della segreteria e guardai l’ora. Le nove. Quanto cavolo di tempo eravamo stati chiusi li dentro? E non ero neanche svenuta?
Miracolo!
Aspetta … cura delle persone solo standole vicino … questa cosa …
I miei pensieri furono interrotti dal signor Chò che mi fece segno di seguirlo e cominciò a parlare
-Mi dispiace che siate dovuti rimanere rimasti li dentro per così tanto tempo. È stato di sicuro Donghyun. È il bulletto di questa scuola. Prepotente, antipatico, chiuso in se stesso, ma un bel ragazzo. Un altro bulletto è Kim Jonghyun … e quei suoi amici.
-Jonghyun? Sta parlando di Jonghyun, Minho e Kibum?
-Si, perché? Ti hanno già fatto qualcosa?
-No … in verità mi hanno aiutato. Kibum mi ha trovato sotto la pioggia e mi ha accompagnata fin qui con lui sotto l’ombrello, Minho mi ha prestato ola maglia, mentre l’idiota mezzo biondo mi ha prestato i pantaloni. Visto che ero tutta bagnata.
-Wow … di solito non sono così … cioè, Minho è il meno stronzetto tra i tre. Mentre Jonghyun è quello più stronzetto. E Kibum … è un po’ particolare quel ragazzo .. comunque, da quello che hai detto, mi pare di capire che non sta molto simpatico neanche a te, Jonghyun.
Io annuii, pensando ancora a quella dannata faccia bellissima da prenere a sberle.
-Anche se … se vogliamo metterla tutta … anche Taemin non si risparmia.
Stavamo camminando da un po’.
La scuola era semplice. Pareti bianche e porte in legno.
Gli armadietti era grigi. Nulla di particolare.
Chò si fermò davanti ad una porta.
-Eccoti arrivata.
Disse bussando e aprendo la porta.
Entrò ed esultò con le solite cose del tipo: “Ragazzi vi presento la vostra nuova compagna bla bla bla siate buoni bla bla bla e fate amicizia bla bla bla.
-Entra.
Mi disse.
Io entrai e mi ritrovai davanti una classe numerosa scazzata alla massima maniera. Ok … io avrei fatto un bel cambiamento in quella classe! Oh si!
Scrissi il mio nome alla lavagna e dissi, con un sorriso falso più che mai,
-Piacere di conoscervi. Io sono Amelie McHold. Spero di fare amicizia con tutti voi.
Feci un inchino alla classe e poi alla prof.
-Bene Amelie, io sarò la tua professoressa di filosofia. Puoi andarti a sedere la in fondo – e indicò un posto tra gli ultimi banchi – vicino a Lee. Ah, ci sono anche dei ragazzi di altre classi, perché gli hanno divisi visto che mancano alcuni prof. Sono dell’università.
Io annuii e mi incamminai verso il posto che mi aveva indicato la prof, mentre continuava a spiegare qualcosa.
Lee … sarà una ragazza?
Uh si! Un’amica!
Arrivai al posto e …
-Ma non ti chiamavi Amy?
Oh …
No …


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HEEEEELLOOOOO!!!!!!!!!!!! UN Pò CORTINO ... SINCERAMENTE CI SONO RIMASTA MALE PERCHè NESSUNO HA RECENSITO IL RPIMO CAPITOLO ... MA TRE PERSONE L'HANNO MESSA TRA LE PREFERITE E LE RINGRAZIO TANTISSIMO^-^
AAAAAAALLLOOOOOORA! LE DOMANDE SONO LE STESSE DEL PRIMO CAPITOLO!
MA IN PIù C'è QUESTA : CHI SARà IL RAGAZZO CHE SI TROVERà IN CLASSE LA NOSTRA AMY? CCCHILLLOSà
NON SO CHE ALTRO DIRE .....
Bye bye
il panda della felicità
Aris*Chan

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Capitolo 3
*** Destinazione:SEOUL ***


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Aprii gli occhi di scatto.
Era stato tutto un sogno.
Guardai la sveglia accanto al mio comodino.
Le 3 del mattino.
Mi alzai in velocità, cercando di riassumere tutto quello che era successo in sogno …
Mi tolsi il pigiama e mi infilai dei pantaloncini da corsa e una maglia grande.
Passai per la camera di Dylan e lo trovai ancora beato tra le braccia di Morfeo.
Perfetto.
Uscii di casa cercando di fare il meno rumore possibile.
Appoggiai la schiena alla porta e pensai.
Se era stato tutto un sogno … perché mi sentivo così turbata …
Feci un profondo respiro per poi muovere due passi verso la strada.
Ero sul marciapiede a guardare l’infinito che avevo davanti.
Senza pensarci due secondi di più cominciai a correre come non avevo mai fatto.
L’aria fredda che mi tagliava le gambe e il volto. Il sole appena tramontato. L’asfalto umido dalla notte prima. E tutta la strada mia.
Mi buttai in mezzo alla strada e continuai a correre.
Era una sensazione unica … come se tutto il mondo fosse sotto il tuo controllo … non c’era nessuno … solo io e la strada infinita …
Ancora più veloce!
Volevo arrivare al mio massimo, al mio limite. E superarlo.
Andavo sempre più veloce …
Probabilmente stavo correndo da parecchio …
Quando lo faceva il tempo moriva e perdeva significato. Quando sentivo di poter raggiungere il cielo semplicemente saltando … in quei momenti il tempo moriva e perdeva valore.
Aprii le braccia, come per spiccare il volo. Sentivo che da li a poco avrei potuto farlo.
Presi tutte le mie forze e feci lo scatto.
Sentivo la terra mancare sempre di più sotto i miei piedi.
Saltai … allungai le mani verso l’alto e …
Lo vedevo. Vedevo il cielo a un palmo da me …
-Ahia … cacchio, ahia … ah … che male! Che male!
Ma perché dovevano sempre succedere a me queste cavolo di cose?!
Aaaah! Che rabbia!
Cercai di alzarmi, ma ovviamente ricaddi.
-AAAAH! VAFFANCULO!
Urlai.
Dietro di me sentii delle risatine.
-Chi cazzo è che ride di me?
Chiesi irritata girandomi.
Mi ritrovai davanti un tipo rossiccio con i capelli mossi e un po’ lunghini.
Oh cavolo …
-Taemin …
Sussurrai.
-Scusa ma sai … è stata una scena esilarante … scusami.
Disse, ricominciando a ridere come un idiota.
Anche nella realtà doveva essere così odioso?!
-Be, scusa se sono inciampata. Ora, visto che sei la, potresti anche darmi una mano?!
Chiesi irritata.
Lui mi si avvicinò ridacchiando ancora. Mi mise un braccio intorno alla vita e mi aiutò ad alzarmi.
-Dove abiti?
Mi chiese.
-Caroline Street.
Bofonchiai.
-Come? Così lontano?
-Si … se per te è troppo lontano non serve che mi porti. Tanto non è nulla di grave alla gamba …
-Ah, ok. – disse mollandomi – Comunque non era per quello … era … perché …
Cercò di dire, trovando le parole giuste
-Non sembri una tipa molto atletica e con molta resistenza per arrivare da li così velocemente … tutto qui.
Concluse grattandosi la testa.
-Fanculo Lee Taemin.
Dissi, per poi ricominciare a correre altrettanto velocemente.
Aaah … quel tipo … non poteva rompere solo in sogno?!
 
Arrivai davanti casa e trovai Dylan seduto sui gradini a bere una tazza di caffè.
-Che intenzioni avevi?
Mi chiese secco.
-Volevo solo correre.
Risposi, passandogli accanto.
Mi diressi in cucina con lui che mi veniva dietro.
-Lasciare un biglietto troppa fatica, vero?!
-Tanto. Cosa volevi che mi succedesse?
-NON VOLEVO PROPRIO NIENTE!
Urlò battendo il pugno sul tavolo.
A quel rumore chiusi gli occhi e mi strinsi nelle spalle.
Non sopportavo i rumori forti … o per lo meno certi …
-E ALLORA CHE CAVOLO TI ALTERI?!
Urlai a mia volta.
Non rispose e rimase fermo a guardarmi negli occhi.
-Cambiamo stato. Ce ne andiamo in Corea del Sud. A Seoul. Il prima possibile. Vado a fare le valige.
Detto questo me ne tornai in camera, cominciando a fare le valige.
Quando ebbi finito, mezz’ora dopo, mi buttai sul letto spoglio.
Prima di andarmene mi sarei dovuta lavare …
Guardai il soffitto bianco.
Ero stata li per un mese. Avevo fatto le mie amicizie. Avevo la mia vita. Avevo la mia scuola. La Royal Ballet. Ma dopo aver fatto quel sogno … non potevo rimanere li senza opporre resistenza.
Quel sogno …
In se niente di strano … ma … ma erano le sensazioni che mi avevano dato quei tipi …
La, al momento, non me n’ero accorta. Ma adesso, dopo aver ragionato su tutto …
Kibum … Jonghyun … Minho … Taemin …
Erano solo quattro …
Improvvisamente mi rivenne in mente Taemin. In effetti … che cavolo ci faceva in una delle vie più ricche di tutta Londra?
-Ah … basta …
Cercai di non pensarci più e andai in bagno per lavarmi.
Aprii l’acqua ghiacciata e mi ci fiondai sotto.
Dovevo darmi una svegliata. E alla svelta!
Mi asciugai velocemente, per poi tornare in camera mia.
Riaprii una valigia a caso e presi la prima cosa che mi venne in mano.
Un vestito di jeans morbido, lungo fino alle ginocchia.
Ballerine nere e per finire un cerchietto leopardato.
Richiusi la valigia e scesi al piano di sotto, in cucina.
-Hai finito?
Chiesi a Dylan, che stava bevendo un altro caffè, adesso vestito per bene in un completo nero.
-Si. Vado a prenderti le valige.
Disse, salendo al piano di sopra.
Io intanto salii in macchina.
Presi il cellulare e andai sulla rubrica.
Dovevo solo premere due tasti e tutta la mia vita di Londra, tutta la mia vita di un mese, sarebbe andata persa per sempre.
Seleziona tutto …
Elimina.
Fatto.
Ora avrei cominciato una nuova vita a Seoul. E avevo l’impressione che sarebbe durata più del solito.
Sentii il bagagliaio aprirsi e Dylan mettere dentro le mie valige. Poi, la porta del guidatore si aprì e lui entrò.
Si sistemò per bene per poi sospirare.
Fece partire la macchina in direzione dell’aereoporto.
-Perché?
Mi hciese di punto in bianco.
-Perché hai deciso così senza preavviso di spostarci?
-Perché di solito ti mandavo un telegramma?!
Chiesi io, alterandomi un po’.
Non ci badò e continuò
-Ti eri fatta parecchi amici, eri la studentessa più brava della Royal Ballet e avevi anche trovato lavoro. Quindi, perché?
-Non puoi definire amici delle persone che conosci da solo un mese. Mi stavano intorno solo per i soldi e per il mio aspetto. Sono brava in tutto ciò che faccio. E, in fine, posso trovare un posto come modella dovunque io voglia.
Si … ero parecchiopiena di me.
Cioè … non ero piena di me, ma era quello che si vedeva. Quella era solamente una maschera che mi ero creata per proteggermi …
-E Jasper?
-Lui non era niente. Solo un lecca piedi. Se n’è andato con tutta la mia rubrica.
Risposi, sventolandogli il cellulare davanti gli occhi.
Sbuffò.
-Devi sempre essere così fredda. Comunque, cambiando argomento, questa mattina sei stata via per un’ora e mezza. Sei andata a correre?
-Si.
Risposi secca.
Evitai il discorso che mi ero fatta male alla caviglia e che avevo incontrato Taemin …
Intanti il silenzio aveva pervaso il veicolo.
Improvvisamente sentii qualcosa andare addosso alla caviglia e farmi parecchio male.
Mi piegai su di essa e cominciai a massagiarla.
-MA CHE CAVOLO TI PRENDE? perché MI HAI DATO UN PUGNO?
Urlai, in preda alla rabbia.
-Sei caduta, vero? E posso scommettere tutte le stelle che hai corso velocemente.
Fece un respiro profondo, per poi accostarsi con l’auto.
-Io mi chiedo se sei scema così o se lo fai apposta. Ti era stato detto che non potevi più correre. O, per lo meno, non più velocemente com’è tuo solito fare, altrimenti rischiavi di non poterpiù fare nulla.
-Non è ero! Lo sai che abbiamo una guarigione veloce! Io correrò come vorrò!
-PIANTALA! NON TUTTI CE L’HANNO VELOCE! E SE IN MEZZO CI SI METTONO ANCHE DEI TRAUMI LA GUARIGIONE NON è COSì IMMEDIATA! E TU NON SEI COME ME!
Urlò, veramente arrabbiato.
Quando faceva così … mi faceva quasi paura …
Cercò di calmarsi per poi chiedermi
-Che scuola hai intenzione di fare, quando saremo a Seoul?
-Sportiva.
Si mise a ridere e fece ripartire la macchina.
-Mi voglio specializzare in atletica. Corsa.
Precisai.
-Ok … la vita è la tua, quindi fa quello che ti senti. Sai che ci sono due scuole sportive?! Una è femminile ed una è maschile. Quale scegli?
-Me lo chiedi pure? Mi pare ovvio!
 
Entrammo nell’aereoporto.
-Tu va a sederti che io vado a completare certe cose.
-Mh.
Risposi, incamminandomi verso le sedioline della sala d’attesa.
Mi sedetti e tirai fuori il cellulare. Andai su Google e cercai “Lee Taemin”.
Alzai la testa e, seduti sulle panchine di fronte alla mia, vidi due ragazzi.
Uno aveva i capelli rossicci e mossi e l’altro mori e un po’ lunghi.
Il moro teneva un braccio intorno al collo dell’altro e, guardando il cellulare, se la ridevano di gusto.
Il rosso alzò la testa e …
-O cavolo!
Urlai saltando dalla sedia e facendo cadere il cellulare che si aprì, facendo uscire la batteria.
Mi affrettai ad abbassarmi per non essere riconosciuta.
Raccolsi tutto e rimisi apposto la batteria.
E, nonostante non avessi più niente da raccogliere, rimasi comunque abbassata, fino a che non sentii qualcuno chiamarmi.
-Che ci fai messa così?
T-Taemin?
No … aveva parlato in un inglese impeccabile, quindi.
-Ah, Dylan. Grazie a Dio sei te!
Dissi abbracciandolo.
Lui rise.
-Credevi che fossi Taemin?
Mi chiese.
-Come cavolo fai a …
Non mi fece finire la frase che fece un cennò col capo.
-Saliamo.
Io lo seguii verso l’aereo.
Salimmo e ci mettemmo nei nostri posti. Fortunatamente eravamo vicini.
Dopo di noi salirono tutti gli altri passegeri, che non degnai neppure di uno sguardo.
Stavo tranquillamente guardando la pista, quando sentii due voci parlare in coreano, la mia lingua madre.
Non ci feci molto caso, poiché l’hostess cominciò subito a spiegare le varie cose.
Dopo poco l’aereo partì.
Mi aspettavano 11 ore di viaggio …

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La piccola stella fredda e le due parti spezzate da essa, furono avvistate sulla terra nel 1996, ma esse nacquero come umani in tempi diversi, chi prima, chi dopo.
Le tre piccole stelle fredde non hanno più i loro doni al completo. Esse li sanno usare parzialmente, per il fatto che i loro protettori sono stati dispersi nel Viaggio.
Esse sono alla continua ricerca di loro e, della stella madre. La stella madre è la parte centrale della stella, che si disperse completamente nel Viaggio.
 
-Amy, svegliati.
Mi sentii dire da una voce calda.
Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti Dylan, tutto sorridente, con addosso dei jeans e una camicia bianca.
-Quando cavolo ti sei cambiato?
Chiesi, spostandolo dalla mia visuale.
-Parecchio tempo fa, andando in bagno.
Mi rispose in … COREANO?!
-Quando hai imparato il coreano?
Chiesi, nella stessa lingua.
-Mia cara, c’è per caso una lingua che non conosco?! Comunque alzati che dobbiamo scendere.
Disse, alzandosi e prendendo una borsa da sopra la nostra testa.
Mi alzai e mi guardai attorno.
C’erano ancora poche persone che dovevano scendere. Affilai la vista e notai in fondo all’aereo un cespuglietto rosso.
Appoggiai le mani sui poggia testa e, alzandomi, saltai nel mini corridoio che divideva i posti a sedere.
-Corri!
Sussurrai a Dylan, che subito si mise a correre, seguito a ruota da me.
Passammo davanti l’hostess, salutando in maniera che più veloce non si poteva e ci fiondammo dentro l’aereoporto di Seoul.
Appena ci fermammo scoppiammo a ridere.
-Certo che …
Disse lui, per poi scuotere la testa, non sapendo che dire.
-Andiamo a prendere le valige.
Dissi, prendendolo per il polso, e cominciando a camminare.
-Hem, Amy. È di la.
-Ah.
 
Avevamo le valige, ma non avevamo un taxi.
-Visto che la tua scuola è tipo un college vivrai la e nei fine settimana e nelle vacanze verrai da me … oppure vedi te dove andare.
Mi spiegò.
Io annuii tutta contenta.
-Ah. Nonostante il tipo di scuola ci sono già alcune ragazze, ma sono poche e … sottovalutate. Ma tranquilla, i prof non faranno preferenze.
Annuii nuovamente.
-Quindi adesso, quando troveremo un maledettissimo taxi, andremo subito alla tua scuola.
‘nnuisci ‘nnuisci.
-Ma oggi sai solo annuire?
-è già …
Stemmo la ad aspettare per venti buoni minuti, fino a che non vedemmo finalmente un taxi vuoto. Senza pensarci, ci buttammo letteralmente sul cofano di esso. Il tassista si mise a ridere e ci chiese
-Volete un passaggio?
-Si, la prego!
Chiesi io.
Ci fece cenno di salire e noi salimmo.
Gli dicemmo il nome della scuola e lui partì.
-Hei, ma tu ce li hai i won?
Sussurrai a Dylan che se ne stava tutto tranquillo a guardare fuori dal fienstrino.
-Certo. Ah, le prossime volte che dovremo parlare in pubblico di cose personali lo faremo in irlandese, chiaro?
Mi chiese.
Io cercai di reprimere una risatina che mi stava solleticando la gola.
Dopo poco il taxi si fermò.
Pagammo e scendemmo con tutte le nostre valige.
L’edificio era parecchio grande, ma niente di particolare. Aveva un campoda calcio, una piscina coperta tanti altri campi di pallavolo, basket, atletica e quant’altro.
Un paio di chilometri più in la si vedeva la scuola femminile, con molti meno campi per allenamento.
-Pronta?
Mi chiese.
-Prontissima!
Varcammo i cancelli e i miei occhi furono pieni di gioia come non mai.

ERA PIENO DI RAGAZZI!
UNA COSA ASSURDA!
Passamo in mezzo a tutta quella feccia, che si girava e bisbigliava cose che non mi giungevano alle orecchie.
Arrivammo all’interno della scuola e, in poco tempo, trovammo l’ufficio del preside.
-Avanti.
Ci disse una voce dura.
Entrammo e facemmo un inchino.
-Oh, tu devi essere il nuovo studente.
-La nuova studentessa.
Precisai sedendomi su una sedia davanti la sua scrivania.
-Giusto giusto, scusami. Dunque … i fogli per l’iscrizzione?
Dylan glieli mise sulla scrivania e lui li esaminò per bene.
-Mh … d’accordo … Quindi vieni fuori dalla Royal Ballet di Londra … ottimi voti … si, sei proprio una studentessa impeccabile. Ma sei sicura che riuscirai a stare in una scuola maschile?
-Preside. Forse lei non sa che la Royal non è solo una scuola di danza classica, ma è anche una scuola veramente dura. Le ballerine possono essere più feroci di due squadre complete di calcio, messe insieme ad un Michael Jordan e ha John Cena con la luna storta. E, inoltre, le assicuro che per stare ore ed ore sulle punte e fare salti come i nostri, ci vuole una gran forza fisica. Aggiungiamo pure che io ho cambiato molte scuole e che ho potuto constatare i vari tipi di studenti del mondo. In più, non so se lo sa, ma ho fatto anche per molti anni ginnastica ritmica e artistica e sarei dovuta andare alle Olimpiadi per rappresentare la Corea della corsa dei cento metri. Quindi, la forza fisica non mi manca. Per l’opressione che potrebbero darmi i ragazzi … non si preoccupi. In conclusione. Si, credo di essere adeguata ad una scuola maschile.
Finii di dire, prendendo un profondo respiro.
Il preside aveva due occhi spalancati.
Yes! La tecnica di parlare fino allo sfinimento funziona ancora!
-O-ok … mi serve una vostra firma qua.
Disse porgendoci un foglio.
-La divisa la trovi nel tuo armadietto.
Mi passò un biglietto con scritto il numero del mio armadietto e il codice.
Lo presi e, prima di uscire, feci un profondo inchino.
Prese le valige seguii i cartelli con su scritto “spogliatoi”.
Dylan era rimasto ancora dentro per ultimare delle cose.
Finalmente, dopo venti minuti, trovai quei dannati spogliatoi. Entrai, senza curarmi minimamente che non ci fosse nessuno dentro. Chiusi la porta e, tra le tante file, cercai il mio.
Trovato lo aprii e dentro vi trovai la divisa che consisteva in un paio di pantaloni neri, una camicia bianca e una cravatta nera.
Certo che avevano una fantasia!
Mi tolsi il vestito e lo misi dentro la valigia più vicina che trovai.
Mi misi la divisa ed infine raccolsi i capelli in una lunga coda di cavallo, toglienodmi il cerchietto.
Mi guardai allo specchio, che c’era dentro l’armadietto, per poi chiuderlo ed uscire dagli spogliatoi con le valige.
Riguardai il foglietto e notai che c’era anche scritto il numero della mia camera.
321
Buffa come cosa … 3 … 2 … 1 …
Stavo camminando tutta concentrata a guardare il biglietto e a ridermela, quando andai a sbattere contro qualcosa di duro.
-Ahia …
Mugolai massagiandomi il naso.
Alzai lo sguardo e mi trovai davanti un ragazzo a dir poco enorme.
-Ehi scimmione! La prossima volta guarda dove cammini!
Lo ammonii io, allontanandomi un po’.
-Che cavolo dici, feccia! Eri tu quella che non guardava! E che cavoloc i fa una cosa come te in questa scuola?
-Per COSA intendi me coem persona o me come femmina?
Chiesi inclinando la testa di lato.
-Te. Sia come te che come femmina.
Rispose assottigliando gli occhi.
-Oh be, sai com’è. È così che va la vita. Che chi è stupenda come me e chi è … - lo squadrai da testa a piedi con sguardo schifato – così …
Vidi nei suoi occhi accendersi una fiamma di rabbia pura.
-Be, mio caro, vorrei restare qua a parlare con te, ma devo andare nella mia stanza. Bye bye.
Dissi spostandolo e continuando a camminare.
Poco più in la da dove avevo sbattuto contro lo scimmione notai un ragazzo dai capelli mezzi biondi appoggiato ad un muro, ridere sotto i baffi guardandomi.

Non lo badai e continuai a camminare.
Finalmente trovai i dormitori e la mia stanza.
Aprii la porta e mi ritrovai in una stanza dalle pareti bianche e bellissima.
Vi entrai e la guardai per bene.
C’erano tre letti.
Uno era davanti il bagno, uno era poco più in la, più alto di tre gradinie vicino ad esso c’era il terzo letto.
Stavo ancora guardando quella meraviglia quando la porta si aprì.
Mi sporsi di poco per vedere chi fosse entrato e vidi sulla soglia una figura mingherlina guardarmi perplessa.




good morning, how are you? vi sono mancata su questa ff ... dite la verità ...!
comunque eccomi di nuovo qui! che ne pensate di questo capitolo?
dunque... la storia ha preso una piega diversa da quella che avevo pensato all'inizio ... tutta colpa di To The Beautiful You!
che ne pensate della nuova piega che ha?
avete visto la copertina? cooooooom'èèèèèèèè??????
vi plis! rispondete alle domande che vi faccio e recensite! anche solo per dirmi che è una pupù assurda! mi va bene tutto...!
spero veramente di ricevere vostre recensioni!
vi laaaaascioooooo...
Kiss Kiss
il panda in fissa con To The Beautiful You
Aris*Chan

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Capitolo 4
*** Amy and holidays ***


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Lo squadrai meglio, da testa a piedi.

No… Tutti mi andavano bene… Tutti… MA NON LUI!
Lo guardai con una faccia annoiata e schifata per poi tornare alle mie valigie. Le presi e le portai verso il letto singolo.
-No. Quel letto è già occupato.
Mi disse la testa rossa.
Senza neppure guardarlo mi diressi verso la coppia di letti e appoggiai le valigie accanto ad uno di essi.
-Come mai sono in stanza con te? Non avrebbero dovuto mettermi con un’altra ragazza?
Chiesi, cominciando a svuotarle nei cassettoni di legno candido ai piedi del letto.
-Bo – rispose buttandosi sul letto –non ho la più pallida idea del perchè… E le ragazze che c’erano una volta non ci sono più.
-Perché?
-Perché venivano trattate di merda. Però gira voce che dovrebbe arrivarne un’altra…
Annuii lentamente preparandomi psicologicamente a dover vivere in mezzo a ragazzi in piene crisi ormonali.
Quando ebbi finito di sistemare i vestiti richiusi le valigie e le misi sotto il letto.
-Spero tu non abbia sistemato pure i vestiti da femmina perché, credimi, ti serviranno ben poco.
Disse sedendosi sul letto a gambe incrociate.
Mi girai verso di lui guarandolo attentamente… Aveva i capelli piastrati e sembravano più rossi… Cercai di guardarlo dentro ma non ci riuscii… Proprio come nel sogno.
-Non sono così scema.
Risposi scuotendo leggermente la testa.
-Anche secondo me.
Disse una voce proveniente dall’entrata. Pochi attimi dopo Mr. Occhi era tra noi.
-PURE TU?!
Mi lasciai sfuggire urlando come una demente.
Il moro mi guardò storto per poi buttarsi sul letto dov’era seduto Taemin.
-Và sul tuo letto.
Gli disse Minho mettendosi il braccio sugli occhi.
Taemin si alzò e venne verso di me, si sedette sul letto accanto al mio e mi guardò con sguardo stanco per poi buttarsi sul morbido materasso.
-State scherzando, vero?!
Chiesi loro, senza ricevere una risposta.
-Hey!
Niente… Non mi badavano neanche minimamente.
Rimasi impalata lì, in piedi davanti al letto, con sguardo assente e scioccato.
Forse sarebbe stato meglio rimanere alla Royal…
 
Era passata ormai una buona mezz’ora da quando ero arrivata ed erano circa le cinque del pomeriggio. Il sole stava comincianod a calare…
Ad un tratto Minho si alzò di scatto dal letto e mi guardò con uno sguardo preoccupato.
-Sveglia Taemin.
Mi disse per poi uscire velocemente dalla stanza.
Mi alzai svogliatamente dal letto e spinsi giù dal letto la testa rossa che stava dormendo come un ghiro. Il ragazzo si svegliò immediatamente al contatto col pavimento e mi guardò con una faccia da killer psicopatico.
-Minho mi ha detto di svegliarti.
Gli spiegai, sedendomi nuovamente sul letto.
-Che ore sono?
-Le cinque del pomeriggio.
A quelle parole si alzò immediatamente e cominciò a svestirsi. Io lo guardai con due occhi da civetta.
-Che fai?
-Devi cambiarti pure te, altrimenti arriviamo in ritardo. Mettiti dei vestiti comodi perché dobbiamo fare attività fisica.
Mi spiegò.
Presi dei pantaloncini da corsa e una maglia a maniche corte, rifuggiandomi in bagno.
-Ma in ritardo per cosa?
Urlai mentre mi cambiavo.
-Per la punizione di una settimana che ha ricevuto il nostro dormitorio.
Urlò a sua volta.
Uscii vestita e lo trovai già pronto alla porta. Uscimmo e ci incamminammo velocemente in un posto a me sconosciuto.
-Punizione per cosa?
Chiesi mentre lo seguivo.
-Diciamo che alcuni dei ragazzi più grandi hanno fatto vari casini e tutti noi ne abbiamo rimesso. Niente di che.
 
Dopo un paio di minuti arrivammo in un campo da calcio nel quale c’erano vari ragazzi che si stavano riscaldando. Stavo per entrare quando Taemin mi fermò per la spalla.
-Fai finta di essere qua già da tanto, non fare cavolate, non parlare e stammi abbastanza vicina.
Mi disse guardando verso il campo.
Io lo osservai atentamente… Perché mi stava dicendo quello? Perché aveva questo senso di protezione dei miei confronti? Perché… mi sentivo protetta accanto a lui? Forse…
-Perché mi hai detto tutto questo?
Il rosso non mi rispose e mi spinse dentro il campo. Lo seguii fino ad un angolo del campo e ci mettemmo entrambi a fare riscaldamento. Dopo poco si avvicinarono due ragazzi, uno era Minho e l’altro era quello che aveva visto all’entrata la scenata col scimmione, ed entrambi si erano legati i capelli in una micro codina.
-Yo Taemin! Come va?
Gli chiese il tipo dai capelli mezzi biondi.
-Va. Te?
Il biondo fece spallucce per poi mettersi a guardarmi.
-Che vuo…
Non feci in tempo di finire la frase che Taemin si fiondò su di me tappandomi la bocca e rivolgendo un sorriso idiota al biondo il quale si mise a ridere.
-Lei è quella nuova, no?!
Disse guardandomi e facendo uno sguardo strano…
Io annuii con ancora la mano del rosso sulla mia bocca.
-Ya Tae! Mollala!
Intervenne Minho dando una sberla in testa all’idiota il quale mugugnò massaggiandosi il punto dolente. Io continuai imperterrita a fare esercizi fino a che Taemin non mi tirò per un braccio verso un tipo che stava parlando circondato dalla folla di ragazzi
-Bene ragazzi. Tutti sapete perchè siamo qua. Ora cominciamo con cinquanta giri di campo, poi faremo flessioni e addominali, altri cinquanta giri di campo per poi finire con un’amichevole di calcio. Forza! Diamoci dentro!
Detto ciò tutti i ragazzi si prepararono in varie file a bordo campo per poi cominciare a correre. Io, intanto, cercavo di rielaborare quello che avevo appena sentito dire… cinquanta giri, flessioni, addominali, cinquanta giri, calcio… Guardai il cielo e mentalmente mandai al diavolo tutti i santi possibili.
-Quello era il nostro Sunbae, il capo indiscusso del dormitorio.
Mi disse una voce alla mia destra. Mi girai e vi ritrovai il biondo.
Non lo badai e accellerai la corsa, ma purtroppo lui mi seguì.
-Perché mi eviti?
Mi chiese dandomi una piccola spinta. Io lo incenerii con lo sguardo, il che lo fece ridere sguaiatamente.
-Sei invadente Jonghyun.
Dissi stringendo i denti dal nervoso. Jonghyun smise immediatamente di ridere e mi gurdò in una maniera serissima.
-Come sai il mio nome?
Il tono della sua voce era duro e un po’ inquietante… Deglutii a fatica per poi scuotere la testa.
-L’avevo sentito per caso…
-Quando?
-Ya! Come sei opressivo!
Strillai ricevendo occhiatacce da parte di alcuni ragazzi che ci erano davanti.
-Non urlare stupida.
Mi sussurrò ridacchiando. Dopo di che se ne stette zitto per vari giri di campo, standomi sempre accanto. Sfruttando quel silenzio che si era creato cercai di osservarlo dentro ma anche con lui la cosa non funzionava. Sbuffai infatsidita e volsi lo sguardo verso il cielo azzurro con qualche nuvoletta candida.
… quanto mi mancava quel posto magnifico…
 
***
 
Era ormai passato un mese dall’arrivo di quella ragazza. Non parlava mai con nessuno, pranzava sempre sola, stava attenta alle lezzioni e poi o se ne andava in camera oppure danava a correre. La punizione era ormai finita ma lei si faceva ogni giorno cinquanta giri di campo con una costanza impressionante. Minho e Taemin non ne parlavano mai e quelle rare volte che mi sfuggiva qualcosa riguardo lei rispondevano sempre vaghi, come se per loro non esistesse neppure. Più che altro era Minho che mostrava un interesse pari a zero dei confronti della ragazza…
-Senti Taemin – lo richiamai mentre stava mangiando un hamburger enorme –come si chiama la ragazza?
Il piccoletto mugugnò qualcosa di incomprensibile con ancora il boccone in bocca. Io lo guardai con uno sguardo tra lo schifato e il pietoso il che lo fece ridere.
-Ho detto che mi pare si chiami Amy. O qualcosa del genere.
Ripetè con la bocca vuota.
-Si. Amy è il suo nome.
Intervenne Minho che non aveva ancora parlato dalla mattina.
Dopo quella piccola conversazione su Amy il pranzo si spostò su tutt’altro argomento ossia il compito di matematica che avevamo appena fatto.
 
-Ragazzi, io vado! Ci si vede!
Urlai a Taemin e Minho che salirono in moto e partirono verso casa. Io mi incamminai lentamente verso il cancello della scuola direzzionato in due posti tutt’altro che allegri per delle vacanze. Infatti avevamo due settimane si riposo per delle vacanze che si era inventato di sana pianta il preside ossia le “Vacanze dell’Atleta” che consistevano in un tot di giorni nei quali potevamo recuperare le forze per poi tornare carichi a scuola.
Minho e Tae sarebbero andati a casa dei genitori di Taemin e avrebbero passato il tempo tra imparare ad andare in moto così da non dover sempre salire dietro l’amico per Tae, e rimorchiare e giocare a calcio per Minho. Mentre io… io non sapevo neppure dove andare per dormire.
Ero perso nei miei pensieri quando, poco più avanti da dove mi trovavo, vidi una persona dai lunghi capelli neri con una capiente borsa ed un vestitino di jeans.
Amy.
Stavo per correrle dietro quando mi fermai. Dovevo andare in quei posti e di certo non  mi sarei portato dietro QUELLA… anche se… nei confronti di quella ragazza… sentivo una strana attrazione… come se la conoscessi già… come se avessi già avuto a che fare con lei…
-Hey, dove vai?
Mi chiese venendomi accanto. Io la guardai sospetto… perché mi rivolgeva la parola?!
-Non guardarmi così. Mi sembravi tanto giù di morale. E non è da te.
Rispose saltellando emntre camminava.
-Ah. Comunque vado… in un posto… tu?
Risposi vago.
-In un posto…- rispose a tono –Posso venire con te?!
Mi chiese diretta. Io per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.
-Cosa?!
-Posso venire con te?
Ripetè.
-Be… se vuoi…

Un attimo…
-Ok. Vengo.
Disse senza giri di parole.
Io mi bloccai di colpo. Avevo seriamente detto una cosa del genere?! E per di più a una come quella?! Ero forse impazzito?!
-Ya! Che ti prende! Dai, muoviti! Il tempo mica aspetta te!
Urlò tirandomi per il braccio. Varcammo il cancello e si diresse verso destra quando io la strattonai e mi mollai dalla sua presa.
-Che hai?!
Chiese spazzientita.
No. Non poteva venire. Non volevo che venisse. LEI no! Perché le avevo risposto in quella maniera… non riuscivo proprio a spiegarmelo… Era come se a parlare non fossi stato io…
La guardai dritta negli occhi con lo sguardo più severo e duro che avessi… Aveva dei grandi e bellissimi occhi di un nero particolare. Erano così allegri e gioiosi… come non glieli avevo mai visti prima. Sbuffai e scossi la testa… non sarei mai riuscito a dirle di no.
-Ti deprimerai.
Le dissi cominciando a camminare dalla parte opposta.
-Mh… non credo…
Rispose pensierosa.
Ormai stavamo camminando da una ventina di minuti a bordo strada e il silenzio aveva preso possesso di tutto, fino a che non lo ruppi, causando un così strano suono che solo dopo capii essere la mia voce…
-Tu dove devi andare?
La ragazza abbassò la testa e fece un mezzo sorriso tra l’amaro e il malinconico.
-In un posto…
Rispose vaga.
-Ya! Non rubarmi le battute!
La contraddissi, cercando di rendere il clima almeno un più allegro. Lei ridacchiò e rialzò la testa.

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