Lollipop!

di rainicornsan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Say love. ***
Capitolo 2: *** What's the big idea? ***
Capitolo 3: *** La Nonna. ***
Capitolo 4: *** Winchester, yeah. ***
Capitolo 5: *** Too much candy gonna ride your soul! ***
Capitolo 6: *** Karen ***
Capitolo 7: *** Love's gonna get you down ***
Capitolo 8: *** The awakening_Il risveglio ***



Capitolo 1
*** Say love. ***


Salve... Ecco a voi nientepopodimenochè la mia prima ff su Mika <3... Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate! Buona lettura...

Michael Penniman stava cercando senza successo di addormentarsi da più di un'ora.
Osservò i raggi lunari penetrare lievemente da uno scorcio della finestra.
Tenne gli occhi sbarrati su un punto impreciso del soffitto.
Fino a che la vista gli si sfocò lentamente, e, quasi senza accorgersene, scivolò nel sonno.

Si stropicciò gli occhi. Non era possibile che fosse già mattina.
Scattò in piedi, con la sua solita energia sprizzante, e si guardò nella specchiera.
Un attimo... Perchè indossava un pigiama color biscotto? Dov'erano finiti i boxer grigi con cui si era buttato a letto sfinito la sera prima?
"Cosa diavolo..." mormorò confuso.
Si passò una mano fra i capelli, spettinandoli come al solito. Si sentiva particolarmente allegro.
Aprì le persiane, per rimanere senza fiato. Non poteva essere. Non aveva la vista del giardino della sua villa a sinistra, e a destra il marciapiede di Londra.
Un'enorme foresta surrealmente dipinta di tutti i colori gli si aprì alla vista. 
Numerose farfalle colorate si annidiarono fra i suoi capelli mentre apriva la finestra, e un odore di caramello gli invadeva le narici.
Scese di corsa le scale e aprì la porta di scatto.
Prima di pensare a cosa fosse successo, mormorò sognante: "Tutto questo... E' meraviglioso!".
Si chinò e strappò due fili d'erba. Li annusò. Menta.
Scosse la testa. Ne appoggiò uno sulla lingua. Era menta. Mentre lo masticava sovrappensiero avanzò fra gli alberi, perfettamente a suo agio.
Il cielo era rosato. Man mano che si addentrava nel boschetto, scopriva fiori zuccherini, piccole fessure negli alberi ricolme di miele alla nocciola e rametti al cioccolato.
Gli pareva di vivere un sogno. Doveva decisamente esserlo.
Sentì dei lievi passi. Si nascose dietro un cespuglio e guardò.
Una ragazzina sui tredici anni, vestita in modo antiquato, portava un cestino di paglia che faceva dondolare mentre canticchiava.
Aveva in bocca un ciupa-ciupa. Aveva un viso magro dalla pelle chiara, con brillanti occhi scuri e il naso abbastanza sottile.
Aveva le sopracciglia molto marcate, nere e abbastanza folte, che le davano carattere.
Portava i capelli corti, sul castano chiaro, poco più su delle spalle.
Stava camminando tra gli alberi. Michael uscì dal cespuglio.
"Ciao, sono Michael. Volevo chiederti dove siamo.".
"I lupi hanno un nome?" chiese lei perplessa.
"I lupi? Ti sembro un lupo?".
"Sì. La mia mamma mi ha detto di non fidarmi dei lupi, quindi, se mi vuoi scusare, dovrei andare da mia nonna a portarle dei lecca-lecca.
Se non capisci cosa sei, guardati in quel laghetto di limonata. Ti vedrai un pò giallo, ma comunque si nota che sei un lupo.
E vedi di non fare il finto-tonto, con la prossima bambina che incontri." aggiunse duramente.
Lui si avviò al laghetto indicatogli. Era proprio vero. Aveva un folto pelo nero, e due occhiacci verdi e minacciosi.
Dov'erano finiti i suoi amati riccioli ribelli, i suoi occhi castano-dorato e il suo corpo magro e alto?
Si osservò perplesso una mano. Non c'erano peli.
"Sarà un errore. Vedrete le cose strane, voi di qui, perchè io sono una persona, e mi chiamo Michael Holbrook Penniman.".
"Non è vero!" si imbronciò la bambina.
"Come posso dimostrarti di essere una persona?".
"Dì AMORE. I lupi repellono questa parola.".
"Amore. Amore. Amore. Amore. Ecco, vedi?" disse lui perplesso, per poi interrompersi di colpo.
"Un attimo... Say love, say love... Carina... Cercherò di ricordarmene quando mi sveglio.".
Lei lo guardò interrogativa: "Quando ti svegli?".
"Niente niente... Scusa, forse ho mangiato troppi dolci.".
"Vabbè, ora se mi vuoi scusare avrei un pò fretta, mia nonna non sta bene...".
Camminarono per un pò.
Poi una sottile nebbiolina bianca cominciò a farsi strada.
"Che roba è?" chiese lui perplesso.
Lei indicò con la mano davanti a loro.
Era un ponte arcobaleno. Sembrava proprio un vero arcobaleno, e la ringhiera era fatta di ciupa-ciupa.
"Wow. Ma si può attraversare... Voglio dire...?".
"NO! Aspetta, bisogna chiamare le fenici!".
Mise un piede avanti. Toccò il nulla e cadde in un vuoto infinito.

"Ma perchè 'Say love'? Cioè, suona bene, ma non penso...".
"Mettilo e basta, Max!".

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Capitolo 2
*** What's the big idea? ***


Eccomi qua! Buona lettura :D

L'urlo della ragazzina gli fece capire che non doveva farlo.
Ma ormai Michael aveva già il piede sull'arcobaleno, e si sbilanciò con tutto il peso e cadde giù, sempre più giù.
Vide un terreno color ambra che si avvicinava a vista d'occhio.
'Merda.' pensò prima di sfracellarsi al suolo.
Pronto al dolore imminente, attese, ma non sentì altro che una roba unta e sballonzolosa (??) sotto il suo corpo.
Alzò lo sguardo e notò il colore stranamente gelatinoso che dall'alto non aveva notato.
Provò a rialzarsi, ma era bloccato da qualcosa. Voltò la testa, non più di qualche millimetro, e la sua guancia sbattè contro una cosa.
'Perfetto, bloccato in una gelatina al limone gigante.' pensò seccamente.
Una lampadina si accese nel suo cervello. Non poteva farlo. Ma il suo istinto infantile da Peter-Pan ebbe ancora, come tutte le sante volte, il sopravvento.
Spalancò la bocca, si protese più in avanti che poteva e richiuse la mascella. 
Con un mega-sforzo che gli fece smaltire trecentosettantanove calorie in un solo colpo, deglutì.

Si sentiva malissimo, e allo stesso tempo come mai si era sentito meglio prima d'ora.
'Mai più gommose al limone.' pensò rotolando fuori dalla galleria che si era scavato in circa un'ora a furia di morsi.
Alzò lo sguardo e vide la bambina che lo guardava cercando di trattenere le risate.
"Era ora! Ma dove ti eri cacciata..." disse piuttosto arrabbiato, sputando a fatica le parole tra il collo con quintuplo mento e le guancie grassoccie.
"Emily. Mi chiamo Emily." rise lei.
"Ah, e, non ti arrabbiare, ma mi sembra che abbia messo su un centinaio di chiletti abbondanti dall'ultima volta che ci siamo visti." ghignò perfidamente lei.
"Ha-ha. Molto divertente. Sarà stata un'ora fa.".
"No, per me un anno fa circa.".
"Come? Ma è stato solo poco tempo fa!" protestò indignato.
"Il tempo scorre molto in fretta qui, non lo sapevi? Dio, sei il lupo più ignorante..." alzò gli occhi al cielo lei.
"Hai messo su un bel caratterino, eh? E sei cresciuta di una decina di centimetri! Ma quando sei nata...".
"Ho quindici anni ora! Quindi quindici ore fa sono nata... Vivrò solo tre altri giorni circa..." affermò Emily.
"E hai fatto una festa di compleanno?" chiese lui.
"No... Ma ti sembra?! Fino a mia nonna ci vuole un casino di tempo... Due giorni circa, non ho tempo da perdere!".
"Ma cosa ci vai a fare da tua nonna se vivi così poco?" chiese perplesso.
Lei lo ignorò bellamente mentre i suoi occhi si oscuravano dalla tristezza.
Guardò verso il collo, per poi tirarne fuori un medaglione.
Lo aprì con un piccolo scatto e si oscurò ancora di più guardandolo.
"Non abbiamo tempo da perdere. Muoviti." disse duramente.
"E io? Potevo essere morto!".
"Noooo! Io lo sapevo che sotto c'era il lago di gelatina, al massimo un trauma cranico!".
"E per la mia obesità come faccio?" chiese sempre più stizzito Michael.
"Qual è una grande idea, Michael? Che tu rotoli fino a casa di mia zia, dove ti stireremo per me grazie alla macchina per lo zucchero filato." disse lei corrugando la fronte.
"Quanto è lontana? Sai com'è, ci devo ancora prendere la mano...".
"Poco... Più o meno un'ora di viaggio...".
"Aaargh!".


"Salve, signora! Non volevamo disturbare, ma Emily e io abbiamo un piccolo problema..." disse imbarazzato indicando la sua immensa mole.
"Ah, sì, e, zia, ora ho sedici anni!" disse Emily.
"Cara, sono molto triste per te!" disse la zia, "Sei così giovane, e scopri che la vita è così breve...
Lola è già partita per la nonna circa tre ore fa... Aveva nove anni... Odio questo mondo..." sospirò.
"Chi è Lola?" chiese Michael.
"Mia cugina...".
"Quanto hai, zia?".
"Ho cinquantaquattro anni. Mi rimangono una quarantina di ore se mi va bene... Un paio di giorni..." disse guardando il suo medaglione.
Michael sbirciò e vide un orologio a cipolla pendere dal collo bianco della donna.
"Ma ora andate... Voi potete ancora salvarvi, no? Allora sbrigatevi... A, Emily, chi è il tuo amico?".
"E' un lupo... Si chiama Michael ed è piombato dal nulla... E' troppo grasso, mi rallenta... Possiamo usare la filatrice?".
La donna annuì. "Veloci! Io la accendo, tu fallo entrare... Ma è una persona, non è un lupo!" aggiunse sorpresa, mentre un gran sorriso sornione si faceva strada sul suo volto.
Emily corrugò le sopracciglia: "Ma non vedi il pelo nero e quegli occhi spaventosi?!".
"No, vedo solo un gran bel ragazzo, alto, con dei riccioli castani e dei begli occhi... Un pò paffutello, ma ora rimediamo...Sai cosa significa, vero?" disse rivolta alla nipote, dando un buffetto sulla guancia di Michael.
"Sì, lo so... Ma non voglio, zia!" disse Emily arrossendo.
"Non è ancora il momento, cara... Alla fine lo sai che comunque accadrà..." disse lei con l'aria di chi la sa lunga.
Emily non disse nulla.
"Cosa sta succedendo?" chiese Michael confuso.
Entrambe lo ignorarono.
"Entra, veloce!". Emily lo spinse dentro la porta.
L'arredamento di quella piccola casetta colorata era essenziale e curato.
Una grossa bambola di zucchero viola troneggiava spettrale sul tavolo in mezzo alla stanza.
Una lacrima rotolò giù dalla guancia di Emily.
"E' lo zio? Quanto aveva?" chiese.
La zia sospirò stancamente e rispose: "Aveva cinquantanove ore, Emily. E' stato sfortunato.".
Emily osservò i suoi occhi rossi e gonfi e le posò una mano sul braccio. "Tu vieni con noi. Ti mancano un paio di giorni, ce la possiamo fare.
Ti puoi salvare. Recupereremo Lola se la troviamo. Non moriranno altre persone in questo dannato mondo." sussurrò.
"Sicura? Vi rallenterei solo. Sono vecchia e stanca, vorrei che l'ultima cosa che farò sarà starmene seduta tranquillamente.".
"Non ci pensare neanche. Proveremo. Tanto cosa ti costa? La tranquillità del tuo ultimo respiro? Non dire sciocchezze. Ci proverai o morirai nel tentativo.
Questa è una cosa per cui vale la pena di muovere il culo!" esclamò poco finemente Emily, "Lola arriverà sicuramente prima di noi, e, se è vera la leggenda, sarà al sicuro.
Ora muoviamoci a centrifugare Michael, ti mancano solo due giorni!".

"Hey, what's the big idea? Yo, Mika. Suona bene però, vero?" chiese Michael pulendosi gli eccentrici occhiali che indossava in quel momento sulla maglietta.
"Tu sei strano." disse lentamente la nuova corista.
Michael si sentì soddisfatto e contento.
Un corista più vecchio le sussurrò: "Ti ci abituerai, credimi.".

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Capitolo 3
*** La Nonna. ***


Ecco a voi il capitolo tre....

"Ma perchè tu mi vedi come sono e lei mi vede lupo? Cosa deve succedere?" domandò ancora con il broncio.
"Non te lo dirò!" disse decisa Emily, rossissima in faccia.
"Per favore..." Michael fece gli occhi da cucciolo.
"Ogni cosa ha il suo tempo, caro!" esordì la zia di Emily.
Camminarono ancora qualche minuto in silenzio.
"Merda!" esclamò Emily.
"Cosa c'è, cara?" chiese la donna.
"Zia Clara, mi dispiace moltissimo." iniziò a dire Emily con le lacrime agli occhi.
"Cosa è successo?".
"Lola.".
Il volto di Clara sbiadì lentamente.
"Non può essere. No. No." mormorò con voce secca.
"Guarda. Il suo feticcio è lì." disse Emily con gli occhi bassi.
Clara scoppiò in un pianto dirotto, accasciandosi a terra, davanti ad un'enorme bambola di zucchero azzurro, con una sigaretta fra le labbra.
Sulla pancia si estendeva un scritta glassosa. Lola Moore.
Michael cominciava a capire come funzionasse in quel posto strambo. Chi finiva il tempo della sua vita diventava un'enorme bambola di colorato zucchero.
Dette una pacca confortevole alla schiena della donna.
Emily sussurrò:"Noi viviamo pochi giorni. Un'ora equivale ad un'anno. Quando finiamo il tempo che la vita concede, muoriamo.
Qualcosa, forse una malattia presente nell'aria, ci fa crescere così velocemente. E il terreno si ciba dei nostri corpi, espellendo solo l'essenza 
della nostra anima, che viene rappresentata da una statuetta di zucchero. Uno scopre lo scopo della vita solo dopo la morte.".
"Inquietante." rabbrividì lui. "E io allora? Cosa dovrebbe succedermi?".
"Non te lo posso dire!" gli fece una linguaccia lei.
"Zia, lo so che sei dispiaciuta per Lola, ma dobbiamo andare avanti. Ho già diciotto anni, e tu quasi sessanta. Bisogna che ci diamo una mossa.".
Clara inspirò profondamente dal naso, si alzò e si mise a camminare.
"Muoviamoci. Andiamo dalla Nonna.".
"Ma cosa succede se andate da questa "Nonna"?".
"Una antica leggenda dice che c'è un modo per fermare il tempo. La Nonna è la nonna di tutti. 
Non sappiamo cosa ci sia da lei. Un vaccino, un mostro o assolutamente nulla? Boh.
Ma vale la pena provare quando hai così poco dalla vita." sussurrò tristemente l'ultima frase.
"Entro qualche ora dovremmo esserci. Il mio medaglione si è scaldato.
Wow, pensavo che ci volessero due giorni, e invece mancano solo poche ore. Ce la faremo.".

"Eccola! La casa! Non ci posso credere!" esclamò Clara.
Michael notò i suoi capelli più bianchi che mai in silenzio.
"Ho solo venticinque anni, e sono già qui!". Emily pianse dalla gioia, correndo verso un'enorme edificio color rosa chiaro e giallo pastello.
Entrarono attraverso una porta di vetro trasparente.
Una donna stava in mezzo ad una stanza piena di piante verdi, fiori, uccellini, piccole cascatelle e panchine.
"Ma c'è una foresta nella stanza?" chiese Michael sgranando gli occhi.
La donna tossicchiò, schiarendosi la voce.
La squadrarono dalla testa ai piedi.
Sui cinquantacinque anni, capelli color grano maturo con con le radici argentee legati in un ordinato chignon, occhi grigio chiaro e pelle grinzosa.
Magra, bassa, con un tailleur a fiori e scarpe nere con un tacco piccolissimo.
Collana di perle.
Michael alzò un sopracciglio.
"Salve, io sono la Nonna." disse con voce roca la donna.

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Capitolo 4
*** Winchester, yeah. ***


Emily entrò nella stanza con la scritta 'Colazione'.
C'era un piccolo tavolo, attorno al quale erano seduti la Nonna, già vestita di tutto punto, che sorseggiava qualcosa da una tazza mentre leggeva il giornale,
e Michael, avvolto in un pigiama con degli orsetti, con i ricci scompigliati e gli occhi socchiusi.
Non potè fare a meno di sorridere divertita guardandolo mentre prendeva posto lisciandosi la vestaglia rosea.
Spalancò gli occhi di colpo. "Michael?" esclamò.
"Siìiìiìi?" mormorò assonnato l'altro.
"Come mai sei un uomo? Io non ti vedo più lupo...
Oh cazzo!". Si alzò di scatto dalla sedia e corse via, dopo aver acchiappato una brioche.

"ZIA! ZIA!".
"Buongiorno anche a te, Emily cara." commentò tranquillamente lei, sorseggiando un altro pò di the.
Accavallò le gambe sulla panchina del giardino interno e battè la mano al suo fianco, invitandola a sedersi.
"Michael non è un lupo! Mi è successo... Ora lo vedo com'è...
Mi dovrà accadere? Sarà il mio partenaire de vie*?" chiese tutto d'un fiato.
"Già. Avevo giusto qua la siringa con la roba dentro, lo dovrò iniettare a tutti e due." sospirò placidamente Clara, tintinnando con le dita su una scatolina argentata.
Le pupille di Emily si ingrandirono. "NO! Io... Io non v-voglio... Insomma, siamo al sicuro... Non c'è n'è più bisogno...".
"Le abitudini sono dure a morire... Emily, non sai quanto mi dispiace, ma io DEVO farlo... Per la sopravvivenza della specie..." sussurrò Clara, aprendo l'astuccio.
La zia aveva una luce sinistra negli occhi. Emily scattò in piedi e indietreggiò.
"No! Zia, non devo per forza avere figli... Siamo al sicuro! Ho una vita davanti...
C'è tempo! Posso innamorarmi senza sostanze chimiche che rendano la riproduzione meno spiacevole...
La specie può sopravvivere ancora qualche anno...
Posso... VIVERE...".
"Sei un'egoista, Emily... 
Pensa che per non iniettare questa roba a te e a Michael, dovranno iniettarsela un'altra povera ragazza e un altro povero ragazzo per bilanciare le nascite...
Chi sei tu per decidere della tua vita? Lo so, è spiacevole, ma il mondo gira così, e questa è la cruda verità.
Vedi il lato positivo... Vi amerete e avrete dei figli, mi ringrazierete e infine la comunità sarà ristabilita grazie a questo luogo sicuro.
Vivremo anni e non giorni... Emily, ti prego, non costringermi... Ti prego...
E' solo un piccolo sacrificio...". Aveva gli occhi lucidi, mentre estraeva la siringa dalla custodia.
Picchiettò sinistramente con le dita il vetro lucido. La siringa era colma di un liquido di uno svenevole color rosa bebè.
Emily si girò e corse via. Corse più forte che poteva.
Arrivò nella sala della colazione. Senza degnare di un'occhiata chi era dentro, spostò un piccolo armadietto davanti alla porta e la chiuse a chiave.
Si girò. Michael e la Nonna la guardavano perplessi.
"Ok... Ho un pò di roba da spiegare... Solo una cosa, prima... Non fate entrare la zia... Non le parlate, evitatela, chiudetela da qualche parte se riusciamo ad uscire.".
Iniziò il racconto, fremendo ancora di paura.


"Oh." mormorò Michael, sgranando gli occhi. 
"E così in questo posto ci si innamora attraverso sostanze allucinogene che mandano in pappa l'area affettiva delle ghiandole celebrali.".
"Sei brutale..." protestò Emily, stringendosi le spalle.
La Nonna intervenne: "Fra un paio d'ore usciamo, facendo attenzione. Ho dei sedativi nell'armadietto dei medicinali nel bagno qui di fianco, se servissero per proteggervi da lei.".
"Ma non possiamo uscire.".
"No, quel bagno.". La donna indicò con un cenno una porta lì a fianco.
"E perchè aspettare un paio d'ore se abbiamo già la roba? Facciamolo subito, no? Veloce e indolore. Come una supposta nel cu-!" commentò Michael.
Emily gli diede uno scappellotto amichevole prima che terminasse la frase.
"Aspettiamo che si calmino le acque." sospirò la Nonna con l'aria più calma e placida del pianeta, sistemandosi meglio sulla sedia.
Tornò a leggere il giornale, mentre i due ragazzi si scambiavano un'occhiata perplessa.

"Possiamo??" chiesero Michael e Emily per l'ennesima volta.
La donna sbuffò, alzandosi dalla sedia. 
Sollevò la giacca del tailleur grigiastro e ne tirò fuori una Winchester**, lasciando a bocca aperta i due ragazzi.
"Da quando in qua hai una pistola così sotto i vestiti?" mormorò Michael a mezza voce.
"Da oggi." sbuffò lei, "venite, voi. I sedativi sono già formato siringhe da pistola***.
Se la vediamo con la siringa e cerca di usarla su qualcuno, sparo.
Se non aggredisce, sparo lo stesso. Se non ce l'ha, sparo comunque.".
Dietro allo sbuffo contriarato di Emily fece spallucce e esclamò:
"Non mi guardare così! Se ce l'ha ma non fa nulla, potrebbe fare qualcosa dopo.
E' chiaro che hanno fatto il lavaggio del cervello a tua zia, ragazzina.
E se non la vediamo, potrebbe averla nascosta da qualche parte o riprovarci in seguito.".
Emily si prese la testa fra le mani, sospirando.
"Basta, andiamo." disse quando la donna fu tornata con la pistola carica.


*Compagno di vita in francese.
Se avete domande sul sistema del mondo di Emily, chiedete pure.
**Winchester. E' una pistola. Piccolo tributo a Supernatural :)
***Siringhe da pistola. Mi sono immaginata delle piccole siringhe, da inserire nelle pistole come proiettili.
Me le sono totalmente inventate, non so neanche se esistano.

Mi dispiace per non aver postato per così tanto tempo, e faccio gli auguri di Buon Natale a chi legge...
Questo sarà forse il penultimo capitolo. Insomma, non so, ma di sicuro non ce ne saranno più di altri tre.
Ciao ciao :*

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Capitolo 5
*** Too much candy gonna ride your soul! ***


Ecco il nuovo capitolo... Spero sia di vostro gradimento!

"Questi saranno i vostri allogi. Buffo, siete i primi a raggiungermi." disse tetra indicando loro delle porte.
"Ma... Ma cosa succederà? Moriremo?" chiese Emily curiosa.
"No. Non morirete, siamo in un'altro posto, sullo stesso pianeta. Sembra strano dirlo, ma, guardate fuori dalla finestra.".
Tutti si affacciarono.
L'edificio era posto su un'isola di sabbia marrone scuro circondata da un mare che sembrava di consistenza collosa, di un colore girasole.
"Ma come abbiamo fatto a spostarci?" chiese Clara incredula.
"Non è possibile scoprirlo. Ogni settimana, la mia casa si sposta.
Sono stata in diciannove posti diversi per poi ricominciare il giro.
Ogni giorno accoglievo persone disperate come voi che dicevano di essere scampati alla morte venendo da me.
Mi chiamavano 'nonna'. E così abbandonai il mio vero nome e diventai la Nonna.".
"Come ti chiamavi?" chiese Michael curioso.
"Non lo dirò a nessuno. Non mi va.
I primi che arrivarono lo sapevano, qualche anno fa, ma ora sono morti.".
Notando l'espressione preoccupata sul volto di Clara, sorrise appena e aggiunse:
"Di morte naturale. Con me vissero la vita in anni normali.
Come vivrete voi.
Datemi gli orologi. Forza, so che li avete.".
Le due donne le diedero i medaglioni che portava al collo, lei aprì la finestra e li lanciò, vedendoli fracassare sugli scogli marrone scuro.
"Ma cosa hai fatto?!" chiesero.
"Erano quelli. Vedete come si rompono in fretta?
E ditemi, quante volte avete provato a romperli, senza successo?".
Notando gli sguardi bassi e imbarazzati continuò:
"E ora, ditemi quante volte avete provato a toglierli dal vostro collo,
e improvvisamente divenivano pesanti come macigni?".
Gli occhi di Clara si fecero lucidi.
"E' da una vita che ci provo, ma... Niente.".
"E ora che ve li siete tolti qui, in un'altro posto, funziona.
La natura è ingannevole, ragazzi. Ma non solo la vostra." finì indicando con un cenno del capo la finestra.
Un gabbiano si tuffò sulla superficie dell'acqua, rimanendo incastrato.
Lentamente sprofondò soffocando.
"M-miele? Anche qui?" chiese Michael.
"Certo, e la sabbia è polvere frizzante alla cocacola. Guarda.".
Tutti tornarono a osservare in silenzio.
Una tartaruga stava camminando. Ad un certo punto, si udì un piccolo scoppio.
Si ribaltò e si mise a scalciare per aria.
"Ovvio che la sabbia è polvere frizzante alla cocacola e il mare miele, no?" disse Emily una volta tornati nella hall forestosa.
"Da me la sabbia è polvere di roccia e il mare è acqua." commentò placido.
"Wow!" disse con gli occhi che brillavano.
"Ora le caramelle non percorrono più la vostra anima." disse la Nonna prima di andarsene.

"Too much candy gonna ride your soul." cantò Michael al suo gruppo.
"Questa parte come vi sembra?".
"Mi piace!" disse una ragazza.

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Capitolo 6
*** Karen ***


Salve a tutti... Visto che ci sono le vacanze e non ho praticamente niente da fare, vi posto subito un altro capitolo :)

La Nonna aprì la porta, ora liberata da comodino.
Nel corridoio non c'era nessuno.
Prima che la Nonna potesse fermarla, Emily uscì e fece alcuni passi.
Da un corridoio uscì di scatto la zia.
I secondi parevano eterni.
La zia prese la siringa e appoggiò l'ago al braccio di Emily.
La Nonna puntò la Winchester verso di lei.
Lentamente sibilò: "Togli l'ago, immediatamente, e non darle quella merda.".
Michael, con la sua solita faccia da coniglietto, sembrava ancora più spaventato di quello che era.
La zia sospirò: "Mi dispiace davvero.".
"Tu sei pazza!" protestò la ragazza, per quanto glielo consentisse il braccio della donna sotto al suo collo che la bloccava.
"No, sono realista.", mormorò l'altra spingendo leggermente più a fondo nel suo braccio.
"Porca t-" borbottò lei, respirando appena più forte dal naso, prima che le si mozzasse il respiro.
Qualcosa negli occhi di Emily, benchè Clara non avesse iniettato completamente la sostanza, cominciò a cambiare.
Le grandi iridi marroni sembrarono seccarsi, aridi, e le pupille, per contrasto, farsi liquide di pianto e allargarsi.
Forse provava dolore. Forse tristezza. Forse troppa gioia, non era dato saperlo.
A Michael si strinse il cuore al solo guardarla.
Ora si capiva che provasse un dolore indefinibile, figurarsi se avesse avuto quel liquido nelle vene.
La Nonna premette il grilletto.
La piccola siringa partì, e, dopo aver tracciato una linea nell'aria, si conficcò nel collo di Clara.
Lei cadde di botto per terra, mentre Emily vacillò leggermente.
Si staccò dall'arto con un gesto secco la siringa.
"Merda. Merda. Merda. Merda." continuò a borbottare anche quando fu al sicuro, sollevata sotto le ascelle dagli altri due.
"Come ti senti? Sei innamorata o no?" chiese senza alcun pudore la Nonna, portandola sul divano.
"No. Mi sento solo... Leggermente infatuata, ma credo che passerà." borbottò lei arrossendo, evitando di nominare e guardare Michael.
"Dovrei avere un libro di medicina, qui da qualche parte.
Una volta ero un'inferm... Oh, niente." scosse il capo la Nonna.
"Dov'è? Ti aiuto a cercarlo." disse Michael.
"Sgabuzzino. Gira a destra. Io arrivo dopo aver sistemato Emily vengo a cercare anch'io.
E' un grosso quadernone ad anelle, con la copertina di plastica rossa.
Cerca nella sezione 'antidoti'.".

Michael lo estrasse da uno schedario.
Era il quadernone.
Lo aprì. 
Alcune foto in bianco e nero scivolarono fuori dalle pagine.
'Karen G.' c'era scritto in un angolo.
Era una scrittura ordinata e tondeggiante.
'Karen'. Doveva essere il nome della Nonna.
Chissà perchè non voleva farlo sapere.
Osservò le foto.
La prima raffigurava una piccola bambina con molti riccioli scuri che giocava a palla.
La seconda era ancora lei, doveva avere non più di una ventina d'anni.
Era bella, molto.
Bassa, sottile e sorridente. Con i capelli lunghi fino alle spalle, circondata da amiche.
La terza foto fece rabbrividire Michael.
Karen e un ragazzo biondo dall'aria sgradevole erano seduti ad un tavolo, di fronte a due donne.
Avevano in mano due siringhe. Doveva essere prima che si sposasse con il marito.
Karen non sorrideva. Solo il giovane uomo sembrava essere felice.
Karen aveva l'aria di chi ha pianto, ma non rassegnata. Sembrava ci fosse una scintilla nei suoi occhi.
Un piccolo taccuino cadde per terra dopo.
Michael lo raccolse e lo aprì.
La stessa scrittura.
'Stavano per infilarci l'ago... E io... Io sono scattata in piedi.
Sono corsa fuori, lontano. Lontano dalle infermiere e da John.
Ho oltrepassato la sala d'aspetto. I fratelli di John, che aspettavano che ci dichiarassimo l'un l'altro, mi hanno provato a fermare.
Non ci sono riusciti.
Sono corsa via come un fulmine. E alla fine mi sono ritrovata da sola, nel bosco, con il fiato corto.
Ho camminato, e ora eccomi qui.
Non ci posso credere.
La casa è davanti a me. Dopo tutte le persone che l'hanno cercata.
Persino il corpo di polizia. Per ore.
E io sono la sola che l'ho trovata.
Vivrò qui. E non morirò.
Accoglierò le persone che trovano questo posto, spargerò in giro la voce.
Ho pianto, anche dopo che sono entrata.
Ho pianto non per John o per le mie amiche.
Ho pianto per lei, l'unica persona che io abbia mai amato.
Ho pianto per Johanna, e questa volta non mi sono vergognata neanche un pò di essermi innamorata di una donna.
Aveva ragione, alla fine. Impari ad amare quello che avevi solo quando non ce l'hai più.
Non la rivedrò più. Tanto vale che mi metta il cuore in pace.
Eppure la amavo. Tanto. CI amavamo tanto
.'.
Appoggiò la Winchester sul mobile, vacillando scioccato.
Il testo finiva lì.
Non poteva crederci. Non era omofobo, Michael. Lui stesso era gay.
Ma non poteva pensare anche solo a quella signora anziana a scambiarsi effusioni con una donna...
Decise di lasciar perdere.
Molto più saggio non immischiarsi in cose altrui, nonostante la sua natura da bambino glielo suggerisse.
Aprì la sezione 'antidoti' come gli era stato indicato, scorse l'elenco e sorrise. L'aveva trovata.

"Karen? Sarà questo il titolo della prossima canzone che hai in mente?" chiese ancora il ragazzo.
"Sì, ma prima ci vanno Emily e Lola.".

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Capitolo 7
*** Love's gonna get you down ***


Buona lettura... ♥

La Nonna giunse pochi minuti dopo.
Michael aveva trovato la sezione Medicina.
"E Clara? Dove l'hai messa?".
"L'ho rinchiusa in una stanza. Su un letto. Hai trovato qualcosa?".
"No. Non c'è scritto niente.".
Sul volto anziano di Karen passò un'espressione confortata.
"Avrei dovuto immaginarlo. Accidenti, come ho fatto a non ricordarmene?
A non scrivere niente? Dopo quello che LE è successo...".
Si prese la testa fra le mani sconfortata.
Michael abbassò lo sguardo, indeciso su cosa dire.
Immaginava a chi appartenesse quel 'le'.
Doveva essere la donna che Karen aveva amato, una che magari era andata avanti nel suo triste destino, da cui la Nonna era riuscita a scappare.
"L'hai letto. Le hai viste.".
La voce della donna gli sembrò inizialmente carica di rancore, ma poi si accorse che era solo una sua impressione.
Infine, rassegnata al mutismo del ragazzo, sospirò quasi trasognata:
"Sospetto fosse la nonna di Clara. Ecco il motivo per cui non l'ho ancora uccisa.
Solo perchè mi ricorda LEI.". 
Si riscosse dai pensieri, arrossendo e quasi vergognandosi per essersi lasciata andare, e continuò:
"Dunque, la soluzione al nostro problema non c'è perchè semplicemente non esiste.
Probabilmente Emily rimarrà così. Sempre che non svaniscano gli effetti dopo un giorno.
Comunque, nel caso ciò non succeda, il fatto che abbia un debolissimo debole per te non sarà un gran problema, no?
La situazione potrebbe anche peggiorare, ma non glielo dire. Non voglio che stia male più di quanto stia male già. ".
Michael annuì, sovrappensiero.
"L'amore ti butterà giù.".
La voce della Nonna era diventata spiritata, e il suo corpo si era improvvisamente inscheletrito.
Lui ebbe l'impressione che con un soffio di vento sarebbe potuta cadere a pezzi e rompersi.
Impressione che svanì quando delle macchie di sangue fiorirono fra le ossa candide e la pelle secca, sui vestiti sbrindellati.
A Michael si rizzarono i peli sulla nuca, e un brivido freddo gli scivolò giù dalla nuca.
Stava per cacciare un urlo e scappare fuori, ma si accorse che qualcosa non andava.
La Nonna era tornata normale.
"C-cosa hai detto?".
A parte un sinistro sorriso sulle labbra, che svanì, lasciando posto ad un'ingenua espressione stupita.
"Io? Niente.". Sembrava sincera.
Michael scosse la testa e uscì dalla porta con lei al seguito.
Dopo pochi passi, la voce della Nonna disse, frettolosamente: "Dieci.".
"Come scusa?".
"Io non ho detto niente. Michael, sei sicuro di stare bene? Senti delle cose che non dico.".
Anche questa volta, sembrava davvero sincera.

"Nove.".
Stavolta fu Emily a parlare. La Nonna non parve accorgersene e Michael la ignorò.
Cavolo, aveva assolutamente bisogno di un caffè forte.
"Vado in cucina un attimo.".
"Fai attenzione, caro." disse cordialmente Karen.
Emily lo seguì con lo sguardo, leggermente rossa sulle guance.



                                                     * [Un paio d'ore dopo.]

"Tre.". 
Anche in quel momento, Michael ignorò accuratamente la Nonna.
Ma cos'era? Un conto alla rovescia?
"Sentite... E se andassimo a vedere Clara? Come sta, dico.".
Emily e Karen annuirono e lo seguirono fuori dalla porta.

Sbirciarono dall'oblo della porta.
Clara era addormentata profondamente, buttata scompostamente su un materasso sgualcito.
Improvvisamente, spalancò gli occhi, più vigile.
Loro se ne andarono, lasciandola lì.

"Due.".
Michael non riuscì a trattenersi.
"Mi spiegate come mai continuate a dire numeri? Smettetela, è inquietante." sbottò, quasi ferito.
Emily lo guardò confusa, sempre con quel vago rossore sulla pelle.
Poi sussultò. Di nuovo quella voce.
"L'amore ti butterà giù. Uno.".
Quando i suoi occhi si accesero, prendendo ogni sfumatura dell'universo, Michael urlò e scappò.
Emily, se così si poteva ancora chiamare, era ferma.
"Zero.".
Si girò lentamente, e, con uno scatto repentino, si girò e lo rincorse.

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Capitolo 8
*** The awakening_Il risveglio ***


Eccomi di nuovo... Spero mi perdoniate perchè ho detto a una recensitrice fra di voi che postavo oggi, invece è già mezzanotte passata...
Sorry :( 
Questo sarà l'ultimo capitolo... Sto piagnucolando dalla tristezza, ma sono anche un pò sollevata...
Anyway, spero che il gran finale vi piacerà.
Buona lettura ❤


Michael correva, correva e correva. Correva fino a non sentire più le gambe, correva con la paura.
I corridoi di quell'edificio sembravano infiniti.
Doveva trovare la porta per uscire.
Le pareti sembravano vibrare mollemente, quasi fare parte di un colorato e inquietante sortilegio.
Il soffitto tremava in maniera evidente.
Il tutto sembrava far parte di una tenebrosa illusione ottica, che fece girare la testa a Michael.
Quando sentì di non poterne più, si lasciò cadere a terra.
In quel momento, tuttò franò.
Non si fece male. Sembrava che le macerie, cadendo, si trasformassero in panna, gelatina, cioccolata, fragole e ogni sorta di dolciume.
Si ritrovò coperto di cibo in poco tempo.
Sentiva i passi di Emily farsi più vicini, e la paura cresceva.
Provava a divincolarsi, ma tutto lo trascinava sempre più giù.
Successe in un secondo. Ci fu un'esplosione di stelle.
Tutto brillava immensamente, ferendogli gli occhi.
Si sentì cadere. Sollevò le palpebre, e per poco non gli venne un infarto.
Stava precipitando delicatamente attraverso una galleria, un tunnel, un qualcosa che sembrava essere uscito da Alice nel Paese delle Meraviglie.
Dei mobili erano inchiodati alle pareti dalle quali spuntava ogni cosa: fiori, biciclette, budini al cioccolato, guanti di gomma e telefoni fissi.
E ancora intere librerie di tomi filosofici, enciclopedie, fumetti e racconti a puntate.
Poi, con un piccolo 'pop!', si materializzò accanto a lui proprio Emily.
Strillò acutamente per poi ridere, quando si accorse che era vestita da un paio di ballerine di vernice, un vestitino azzurro, un grembiule bianco e un cerchietto nero.
Si chiese se stesse impazzendo. Emily lo osservò quieta.
"E' tutto nella tua testa, Michael*".
Lui corrugò le sopracciglia, confuso: "Scusa?".
"Prendi una tazza di the.". Emily gli porse un'elegante tazza istoriata.
Michael osservò il contenuto. Non era the. Era un liquido pannoso, di un soffuso color rosa chiaro.
"Non è the." obiettò.
"E' tutto nella tua testa, Michael." ripetè lei, facendo spallucce.
La gonna le si gonfiò, e rimase mollemente sospesa nell'aria, mentre lui continuò a cadere, ora solo.
Cominciava a vedere una luce sul fondo.
Non sapeva cosa fare, così si rigirò la tazza fra le mani, cercando di non roversciarla.
Sul dorso c'era scritto 'Bevimi'.
Michael sbuffò. Era proprio finito nel Paese delle Meraviglie.
Cautamente, ne prese un sorso. Tutto cadde a pezzi, esplose in miriadi di puntini colorati e linee luminose.

Un ansito violento e un respiro squarciarono il silenzio della stanza.
Michael scattò a sedere nel letto.
Ricordava vagamente un sogno, uno stranissimo sogno, forse il più elaborato che avesse mai fatto.
Un 'toc-toc' sommesso risuonò nella stanza.
Lui si alzò in piedi, ed andò ad aprire.
Era Mark. 
Il suo ragazzo, che aveva dovuto prendersi un'altra stanza perchè Michael aveva voluto che almeno l'amore della sua vita venisse lasciato in pace**.
"Cosa c'è?" borbottò con voce assonnata.
"Ti ho sentito fare del rumore. Volevo solo vedere che stessi bene." rispose l'altro, passandosi una mano fra i capelli.
"Un sogno. Solo quello. Ma ho la sensazione che ne nascerà una nuova canzone.". Michael sorrise istintivamente, e di riflesso anche l'altro.
Adorava quando faceva così. Era particolarmente affascinato da quella sua testolina matta ed intelligente e quello che ci passava in mezzo.
Gli soffiò un breve bacio sulle labbra e lo riaccompagnò a letto.
Sussurrò 'Buonanotte', gli accarezzò lentamente la mascella, e se ne andò.

*= citazione di Alice nel Paese delle Meraviglie.
**= Mika ha davvero un fidanzato (da sette anni) e non ne rivelerà il nome per proteggerlo dalla pubblica critica, dai paparazzi e quant'altro, come dichiarato in un'intervista rilasciata a Vanity Fair.

Ringrazio chi ha seguito la storia (Amelia Pond, bingoo cate241999 Little_Weak,  Marti_51 Violet_Penny xbieberreyes ), chi l'ha preferita ( SAM4Sara_Chiara_And_Nico) e chi eventualmente la metterà fra le ricordate. Ringrazio anche chi ha solamente recensito (vivieverdeen00  Mikiara_Mika I love yougeme_istaymarco Panda Hero Vale_Penniman ) e i lettori silenziosi.
Spero vi sia piaciuta. Vi ringrazio infinitamente 

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