The perks of being a Shadowhunter

di Nembayo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New York e bacimano ***
Capitolo 2: *** Bersaglio mancato ***
Capitolo 3: *** Le poesie di un violino e gatti diabolici ***



Capitolo 1
*** New York e bacimano ***


 

NEW YORK E BACIMANO

La tristezza di una partenza
non è proporzionata;
non
puoi sapere se all'arrivo sarai felice”


Zoe posò il trolley pesante e moderno sul pavimento antico della biblioteca, passandosi una mano tra i capelli ribelli e decisamente troppo lunghi. Suo fratello, al suo fianco, se ne stava seduto svogliatamente sulla sua valigia, lo sguardo rivolto alla figura che si stagliava davanti alla lunga finestra.

-Zoe, Zaccaria, benvenuti all'Istituto di New York.- la figura si fece avanti. Era una donna alta e bella, nonostante l'età. I capelli neri erano striati di ciocche grige, ma gli occhi non avevano perso niente della loro lucentezza color cielo primaverile. Indossava una maglia leggera nera e dei jeans larghi. Ostentava una posa austera e decisa, che Zoe aveva sempre invidiato in lei.

-Zia Maryse.- Zack fece un sorriso, alzando la mano in segno di saluto.
Zack aveva due anni più di Zoe, ma le sembrava che certe volte ne avesse dieci meno. Aveva un che di infantile e delicato, nei tratti del viso e nel modo di parlare. Un qualcosa che lo rendeva irritante e affascinante insieme. I capelli biondissimi di suo padre erano pettinati in un ciuffo dritto sulla testa. Zoe arricciò attorno al dito una ciocca castana di capelli, sorridendo a sua zia.

Maryse Trueblood era la sorella di loro madre, Christiane Trueblood, di circa quindici o venti anni più giovane di lei, in effetti. Christiane si era sposata con Daniele Colleverde, direttore dell'Istituto fiorentino, in Italia. Zoe era cresciuta là, tra le colline infinite della Toscana, l'odore di terra e vino e sole sempre nelle narici, i boschi sconfinati. Era cresciuta in un Istituto sperso nel verde, fuori città, circondato soltanto dal giallo e dal verde dell'erba e degli alberi.
I suoi genitori avevano poi deciso di mandarli a studiare a New York, una città decisamente più pericolosa di Firenze e delle colline toscane. Semplicemente, in Italia, nella loro zona, non c'erano molti demoni con cui addestrarsi. Qualche Raam, Vermithrall, e niente più. A Nascosti, invece, erano parecchio impegnati. Branchi di lupi mannari occupavano le vecchie case abbandonate in mezzo ai campi, le fate italiane avevano la loro sede nel sottosuolo di un terreno vicino a Lucca, in Toscana, e i vampiri amavano le fabbriche abbandonate, buie e solitarie. Ma secondo Christiane e Daniele non bastava. Volevano che Zoe e Zaccaria imparassero meglio a sopravvivere.
E quindi avevano abbandonato tutto e tutti, e si erano ritrovati in quella città sempre rumorosa, puzzolente di macchine e smog e gas, piena di luci al neon, clacson, dove non si vedevano le stelle nel cielo e dove il vento non portava odore di funghi e terra bagnata, ma di detersivi buttati nei fiumi inquinati. Zoe, appena atterrata, dopo il volo in aereo, aveva storto immediatamente il naso, catalogando quella città come la sua spreferita in assoluto. Si chiedeva come facesse la gente a preferire un qualcosa di così caotico, e sporco, e puzzolente, a una casetta in mezzo alla pianura. Forse lo pensava perché era sempre vissuta tra Idris e la toscana, che in quanto a bellezza naturale battevano la maggior parte dei luoghi sulla Terra.
-So che il viaggio è stato tranquillo, dico bene?- sorrise con calore, dello stesso sorriso della mamma, pensò Zoe. Non vedeva la zia da quando era piccolissima, ma era praticamente identica a come la ricordava. Ed era molto simile a sua sorella, decisamente.
-Comunque, l'Istituto qua è totalmente pieno di vita, caotico e rumoroso. Non so quanti ospiti aveste al vostro Istituto, ma dovrete abituarvi al chiasso persistente che si trova qua.- sospirò, scrollando le spalle.
Zoe aveva sperato che, al contrario del caos della città, l'Istituto fosse un luogo più tranquillo, ma ovviamente la fortuna non voleva saperne di essere dalla sua parte.
Ringraziò la zia, e poi seguì suo fratello a cercare una stanza libera, tirandosi dietro il trolley comprato solo qualche giorno prima, e che non avrebbe utilizzato per un bel po' di tempo. L'idea di vivere in mezzo a tante persone la stava opprimendo.
Le mancavano già la silenziosa Gaia, il piccolo e paffuto Malcom, Serafina e le sue melodie per pianoforte, Valentino e la sua passione di riportare animali sperduti all'Istituto, e persino quel bisbetico del loro istruttore, Giorgio Corvofiore. Le mancavano sua mamma, così simile alla zia nell'aspetto ma decisamente più calda e gentile, e suo padre alto, grosso e austero, con i suoi rari sorrisi che facevano risplendere tutto l'Istituto.
Salutò Zack con un cenno della testa, spingendo la porta della sua nuova camera, con un sospiro rassegnato.

Zoe aveva vissuto in un Istituto molto più piccolo di quello di New York ma che, di forma, era praticamente simile. Non l'aveva ancora visitato, ma sospettava che la cucina fosse al piano più basso, quello dove c'era l'ascensore che portava giù nella cattedrale.
All'ora di cena si legò i lunghi capelli in una crocchia malfatta, aprì la porta e si incamminò per il corridoio, raggiungendo una rampa di scale che portava al piano di sotto. Sorrise, aggrappandosi al corrimano e scendendo i gradini due alla volta, saltando gli ultimi tre e arrivando su un pianerottolo che dava ad altri due corridoi. Si guardò attorno, inarcando un sopracciglio. Era sicura che la cucina forse da qualche parte lungo uno di quei due corridoi, ma non aveva idea di quale fosse.
Stava per imboccare quello alla sua destra, quando una voce la fermò.
-Da quella parte si arriverebbe alla stanza addestramenti, e a meno che tu non sia solita mangiare tra armi angeliche, ti consiglierei di andare a sinistra.-
Zoe si voltò, e scoprì sulle scale un ragazzo, che stava scendendo lentamente. Doveva avere circa la sua età, ma sembrava parecchio più esile. Aveva i capelli scuri e due penetranti occhi grigi. La pelle era chiarissima. -Maryse mi ha detto che sarebbero arrivati i suoi nipoti dall'Italia. Tu sei Zoe?- chiese, avvicinandosi e afferrandole una mano. Zoe fece per indietreggiare, e rimase sbigottita quando il ragazzino posò un lieve bacio sul dorso della mano.
-Stai scherzando?- strillò lei in italiano, tirando via svelta la mano, guardandolo stranita.

Lui rise. -Amo l'italiano, anche se non gli strilli in italiano. Mi spiace, i miei genitori sono un po' all'antica, e questa è tra le cose che mi hanno insegnato. Io sono Henry, comunque.- disse.
Zoe sbuffò leggermente, cercando di assumere una posa un po' meno stizzita.

-Piacere, Henry.- rispose in inglese perfetto. All'Istituto in Italia aveva imparato l'Inglese, la lingua che serviva per comunicare tra tutti i Nephilim. -Adesso, dato che no, non mangio mai tra le armi, vado in sala da pranzo.- rispose.

-Vengo anche io, se non ti dispiace. Avrei un certo languorino.-
Languorino? Zoe era certa che non si utilizzasse più una parola come languorino dall'epoca dei cavernicoli.
Lui rise dolcemente, e parlò nuovamente. -Ti faccio strano, vero? È che non esco molto, e i miei genitori..-

-Sono due tipi all'antica, me l'hai già detto.- replicò lei, acida. Oh, incontrava un ragazzo strano ma dolce e gentile, in un Istituto straniero in cui sarebbe vissuta da quel momento in avanti, e lei che faceva? Rispondeva acidamente. Complimenti.
-Dio!- imprecò in italiano, tirandosi su una manica della camicetta a quadri che indossava. -Scusa, è che essermi trasferita qua è stato un po' uno shock.- cercò di scusarsi, arrossendo.

Henry scrollò le spalle, sorridendo.

-Stai tranquilla, ti capisco.- rispose. Zoe lo guardò, chiedendosi se la capisse veramente, o se lo dicesse soltanto per farla sentire più sicura. Aveva il viso dolce e infantile, simile a quello di suo fratello. Un qualcosa di delicato e deciso insieme.

-Eccoci.- Henry spinse una porta, e si ritrovarono in cucina.
A dispetto di quel che Zoe aveva creduto, non era poi così affollata. C'era suo fratello, in un angolo a parlare con un ragazzo alto e moro. Sembrava già a suo agio, e sorrideva. Poi c'era una ragazza con i capelli rossi, che parlava con una donna con gli stessi capelli rossi e ricci. Avevano la stessa pelle chiara e ricoperta di lentiggini, ma la ragazza, al contrario del verde acceso, aveva gli occhi di un dorato d'ambra. Poi c'era Maryse, che parlava con suo marito, Robert Lightwood. Zoe l'aveva conosciuto, e le era sempre sembrato un tipo schivo e riservato. Sorrideva di rado, ma in quel momento stava sorridendo, parlando con una ragazzina dai capelli lunghi, castani. Infine quella che doveva essere la figlia di Maryse, ovvero sua cugina, che era già adulta. Zoe si spremette le meningi per cercare di ricordare il suo nome. Annabeth, o Belle, Isabelle, non se lo ricordava. Comunque era praticamente identica a sua zia, se non fosse stato per gli occhi, due pozzi di carbone.
Tutto qua. Niente caos dirompente, né troppa gente, e nemmeno tanto casino. Zoe sospirò di sollievo, abbandonando Henry, che si stava avviando verso Maryse, e raggiunse suo fratello. Il ragazzo alto e con i capelli scuri incrociò il suo sguardo. Aveva un viso bello, elegante, da modello. Gli occhi erano di un colore quasi innaturale, di un azzurro così acceso da sembrare finto.

-Lei è tua sorella?- chiese, tirando una gomitata a Zack. Lui sorrise, annuendo.

-Già, è la piccola Zoe.-

-Piccola ci chiami la sorella di qualcun altro.- rispose acidamente lei, incrociando le braccia davanti la petto. -Stupido.-

Il ragazzo alto fece un'espressione stupita, e poi rise. Tese la mano, e per un istante Zoe ebbe paura che gliela baciasse, ma voleva soltanto stringerla, fortunatamente.

-Mi chiamo William, Liam per gli amici. Tu sei mia amica?- rise nuovamente.

Certo che non era sua amica, l'aveva appena conosciuto. Ma si decise a non dirglielo, e a chiamarlo Liam comunque. William era un nome così antico!
-Buono a sapersi, Liam.- disse, lanciando un'occhiata per la sala, per poi rivolgersi a Zack.

-Tutto qua? La zia aveva detto che c'era una baraonda di gente, ma aspettavo venti o trenta persone.- ammise. Ottimisticamente, avrebbe preferito veramente che non ci fossero venti o trenta persone. Era cresciuta tra pochissimi altri Nephilim, quattro della sua età, i suoi genitori, Giorgio e il piccolo Malcom, che aveva soltanto quattro anni. Solo loro, all'ombra delle colline e delle nuvole delicate e bianche. Niente a che vedere con le nubi grigie e opache che aveva visto nel cielo newyorkese, solo poche ore prima.

Liam rise di nuovo. Non era una brutta risata, ma Zoe la trovava snervante e del tutto inadeguata.

-Sono tutti da Taki: Max, Lottie, Tish, Chris, Kyle, Wool, Illa e Cecily. I vecchi invece penso siano o a mangiare da Jocelyn o al concerto di Simon e della sua band. Ma ce li vedi dei quarantenni a suonare nei pub? Dio!- rise nuovamente.
Zoe si era persa nella lista di nomi. Otto. Otto nomi di ragazzi, in più a quelli nella cucina. Si guardò nuovamente intorno, contando la ragazza rossa, quella con i capelli castani, lei, suo fratello, Liam ed Henry. Fece una breve addizione, che la portò a immaginarsi un esercito.

In quel momento voleva avere accanto soltanto Gaia, il suo silenzio e la sua risata dolce. Gaia era stata la sua migliore amica, in Italia. Aveva anche pensato di chiederle se volesse diventare la sua parabatai, qualche tempo prima. Ma poi era dovuta partire per New York. Le mancava come l'aria. E, in quel momento, l'aria le mancava terribilmente.

-Un esercito!- quasi strillò, cercando aiuto in suo fratello. Niente, lui sembrava tranquillo e sereno, come se già si fosse dimenticato delle corse nei boschi, dei greggi di mucche che avevano cavalcato, solo loro due, Gaia, Tino e Phina. Le veniva da piangere.
-Maryse preferisce chiamarli “baraonda”. Ma stai tranquilla. Wool, Tish e Cecily non vivono qua, tre in meno.-
Non era rassicurante, non era assolutamente rassicurante.
La figlia di Maryse (Jennifer, Marybelle, Anna?) li raggiunse proprio in quel momento, sorridendo. Era proprio identica alla zia.

-Ciao, cugini. Dio, dare del “cugino” a dei quindicenni mi suona parecchio strano.- il suo sguardo si perse un istante nel vuoto, come a ricordare la sua adolescenza passata, ma poi sorrise nuovamente. -Come vi trovate?-
Zack rispose con enfasi, ma Zoe sembrava incapace di pensare, parlare, fare qualsiasi cosa.

La donna (Genevieve, era quasi certa che si chiamasse Genevieve), mise loro davanti due piatti di pasta al ragù. Suo fratello mangiò con voracità, e Zoe passò la cena a spilluzzicare il cibo, senza mangiare veramente. Continuava a pensare all'Italia, al cielo aperto, al calore del sole sulla pelle, al silenzio e alla natura.
Prima che gli altri ebbero finito si alzò, borbottò qualcosa su voli stancanti e sveglia presto, e corse in camera sua. Si buttò sul letto e afferrò il cellulare, benedetta tecnologia!
Compose il numero di Gaia e aspettò pazientemente.
“Risponde la segreteria telefonica, se volete lasciare un mess..”
Zoe lanciò il telefono in fondo al letto e affondò il viso nei cuscini, frustrata.

Sarebbe stato un soggiorno lunghissimo, già lo sapeva.

 

**Angolo di One**
Ok, lo so, devo tipo finire la raccolta di os che avevo iniziato per Natale, su argomento natalizio.. ma visto che ho perso ispirazione per quelle cose, ho pensato di finirla il prossimo Natale, sempre se non mi odierete tutti quanti.
Nel frattempo, tra un impegno scolastico, uno sportivo, un'uscita in centro, la lettura e il fangirlizzare all day, mi sono messa a scrivere questo.
Ok, è un po' una cazzata, e di sicuro non la seguirà nessuno, anche perché io personalmente non ho mai seguito ff dove ci sono personaggi che non sono i personaggi già esistenti. Sono sempre un casino! E, beh, inizialmente anche questa vi sembrerà un casino allucinante, lo so!
Ma lasciatemi spiegare.
Praticamente volevo veramente scrivere qualcosa sui figli dei nostri eroi. Sui nuovi Herondale di Jace e Clary, sui Lewis, sui bambini adottati da Magnus e Alec, sui figli di Jem e Tessa (per chi non avesse letto la Principessa questo è uno spoiler, ops), sulla figlia adottata da Aline e Helen, sulla figlia di Jocelyn e Luke, su personaggi più trascurati come Raphael Santiago, che verrà più avanti, Jessamine Lovelace (altro spoiler: è un fantasma), e su due personaggi completamente inventati, che la mia mente malvagia ha voluto catalogare come nipoti di Maryse (nessuno si è mai chiesto della famiglia di Maryse? E se avesse dei fratelli/sorelle? Cioè dei cugini per Alec e Izzy?)
Ok, il cognome Colleverde l'ho preso dall'albero genealogico presente nella Principessa, e.. boh.. penso di aver finito qua.
Ah, qua sotto vi metto le foto di quelli che penso potrebbero essere i personaggi da me immaginati (quelli che sbucano in questo capitolo, almeno.. nel secondo perciò ci saranno soltanto foto e descrizioni, ma non è colpa mia, ok? Ok)
Scusate ancora per la confusione, e per l'obbrobrio di storia che mi sono messa a pubblicare.
Finisco con il dire che ho una marea di impegni e che posterò capitoli irregolarmente (e penso che voi stiate facendo i salti di gioia, good)
**schiva pomodori**
Ok, mi dileguo, ho parlato anche troppo.
Ciao,
One

 
Questa è Zoe Colleverde:
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Questo è Zaccaria Colleverde:
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Questo è Henry:
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Questo è William:
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(Gli altri li metterò nel prossimo capitolo, che arriverà molto presto, spero,
One)

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Capitolo 2
*** Bersaglio mancato ***


BERSAGLIO MANCATO


La mattina dopo Zoe si alzò aspettandosi il sole e il canto degli uccellini, e il pianto roco di Malcom che si era svegliato male, o la sua risata. Niente, l'unica cosa che sentì furono i clacson giù in strada, le urla della gente, e un casino di rumori in corridoio. Con il cuscino si tappò le orecchie, ma i rumori continuarono. Sentì bussare alla porta. Senza curarsi di avere i capelli in disordine e di indossare soltanto una felpa lunga, andò ad aprire.
Si ritrovò faccia a faccia con una ragazza biondissima, con un viso talmente bello da lasciare senza fiato, e due grandi occhi verdi incastonati nel mezzo.

-Dio, sono le dieci e volevo vederti!- sorrise raggiante, tirandola per un braccio e conducendola in corridoio. -Così tu sei Zoe? Mio fratello ha detto che sembri una tigre, ma forse me l'ha detto solo per dispetto.- la ragazza non era altissima, ma era davvero bella. Zoe non riusciva a pensare a chi potesse essere suo fratello. Aveva parlato solo con Henry e Liam, e lei non somigliava a nessuno dei due. Anzi, in quel momento non riusciva proprio a pensare. Vedeva soltanto facce, capelli rossi, scuri, biondi, occhi curiosi, infastiditi, annoiati, azzurri, verdi, scuri.

-Oh mio Dio.- sillabò in italiano, facendo un passo indietro, cercando di tornare in camera. La ragazza sorrise nuovamente raggiante, e Zoe notò che aveva i denti bianchissimi e affilati.

-Io sono Camille, comunque. Illa, se vuoi. Sono una strega.- spiegò, tendendo la mano.
Zoe cercò di annuire, ma riusciva soltanto a pensare a quanto fosse assurda quella scena, e che era praticamente nuda davanti a tutta quella gente.

-Mio fratello, se non lo sai, è Liam. In realtà non siamo fratelli, anche perché lui è un Nephilim. I papà ci hanno adottati da piccoli, quindi..- sorrise nuovamente, spostandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio. Zoe notò che le orecchie erano tonde e pelose, a strisce nere sul castano arancio. Ha detto che sembri una tigre, ma forse me l'ha detto solo per dispetto.
Il segno distintivo di quella strega erano le zanne e le orecchie da tigre, ok.
-Io.. chi siete e cosa volete?- chiese Zoe, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno al dito, nervosamente.

-Oh, loro sono..- e Camille ripeté tutti i nomi che Zoe aveva sentito la sera prima. Non erano tutti, e cercò di associarli.

C'era Liam, alto e con gli occhi di quell'azzurro innaturale, e c'era l'esile e composto Henry. C'era la ragazza con i capelli rossi e gli occhi dorati, che si chiamava Alexandra, e c'era quella con i capelli castani, che si chiamava Rebecca. Poi c'era un'altra ragazza, con i capelli castani lisci, le forme del viso dolci e delicate come quelle di Henry e gli occhi scuri: Charlotte. C'era un tipo alto, pelle chiara e colori scuri di occhi e capelli, un sorriso smagliante, inarcato più verso destra che verso sinistra: Max. C'era un'altra bionda, occhi azzurrissimi, grigi più vicini alla pupilla, viso elegante e sorridente, che doveva essere Cecily, una di quelle che non vivevano là e che quindi non sarebbe dovuta esserci alle dieci di mattina, no?. E c'era un ragazzo alto e biondo, con gli occhi di un verde smagliante e la pelle bronzea, Jonathan Cristopher, detto Chris.
-Ok, mi fate paura. Posso andarmi a vestire?- chiese, con incertezza e acidità sputate insieme. Camille, senza smettere di sorridere, annuì. Appena si fu richiusa la porta alle spalle, udì un brusio di voci. Sospirò, decidendo che ci avrebbe messo almeno un'ora per lavarsi e vestirsi.

Quando uscì in corridoio c'era ancora Camille, con quel viso mozzafiato e una coda alta che mostrava le orecchie da tigre. Zoe continuava a chiedersi come mai una strega abitasse nell'Istituto, che di norma doveva ospitare soltanto shadowhunters. Ma dato che i proprietari non avevano niente in contrario, non vedeva perché dovesse essere lei a protestare. Accanto a Camille, appoggiata al muro, c'era Alexandra, la rossa con gli occhi dorati. Alexandra ostentò un'espressione impassibile, ma Camille sorrise, come sempre.

-Zoe! Vieni, gli altri sono ad addestrarsi.- disse, afferrandola per il polso. Zoe cercò di sgusciare via dalla sua presa, per non doversi allenare con una baraonda del genere (ormai si riferiva a loro a quel modo: baraonda).
La cosa che la faceva arrabbiare di più, poi, era che suo fratello si trovasse bene in mezzo a tutto quel caos. E che non le avesse ancora chiesto che cosa ne pensasse di stare là. Era il fratello maggiore o che cosa? Non doveva certo chiederglielo lei!

Imboccarono le scale e si ritrovarono davanti ai due corridoi, quello che dava alla cucina, e quello che doveva portare alla sala addestramenti. Zoe era riuscita a districarsi dalla stretta ferrea di Camille, ma a una sua occhiata aveva deciso di seguirla ugualmente. La vedeva parlare a testa china con Alexandra, i capelli rossi della seconda a coprire i loro volti. Bisbigliavano.

-Eccoci.- disse improvvisamente Camille, spingendo la porta alta e di legno senza girarsi indietro. Zoe avvertiva un fracasso disumano all'interno. Quando entrò, notò che ci aveva azzeccato.
Secondo i suoi calcoli della sera precedente, i ragazzi là dentro, secondo i nomi detti da Liam, sarebbero dovuti essere nove, più Cecily, l'altra bionda, che per qualche motivo era là pure lei. Più Zoe e Zack, si arrivava a dodici. Con un mugolio di disgusto Zoe entrò nella stanza, incontrando qualche volto nuovo, ma senza soffermarsi.
Henry la vide e sorrise, interrompendosi nel movimento di lanciare un coltello verso la parete opposta. Si avvicinò sinuoso, sorridendo.

-Zoe.- le prese la mano e la baciò. Zoe fu tentata di dargli un pugno, o di gridare, o di battere i piedi come una bambina piccola, ma si trattenne. Un sorriso tirato le si formò sul viso.

-Henry. Penso che impazzirò.- sussurrò, guardandosi attorno. Lui rise dolcemente. Zoe trovava che la sua risata fosse così cristallina e tenera da essere irreale. Completamente diversa da quella di Liam, che era invece terribilmente odiosa.

Zoe lanciò un'altra occhiata per la stanza, e notò che un uomo stava insegnando alla ragazza simile a Henry, sua sorella probabilmente, a tenere uno spadone in mano. Non era una delle armi più comode, ma tutto poteva essere utilizzato. L'uomo aveva i capelli e gli occhi dorati, la pelle bronzea, e un sorriso obliquo sul volto. Una leggera barbetta bionda gli spuntava sulle guance. Poco più in là la donna che parlava con Alexandra la sera prima, minuta e con una nuvola di capelli rossi, rideva insieme al biondo, Jonathan Cristopher.
Zoe schivò qualcuno che le era corso praticamente addosso, e si incamminò per la stanza, seguendo Henry. Il ragazzino le stava parlando di qualcosa, muovendo le mani. Zoe notò il suo anello di famiglia, una C e delle torri merlettate.

-C, starebbe per..?- chiese, sentendosi stupida per non saperlo. In effetti non conosceva quasi nessuno dei cognomi di shadowhunters non italiani, ed era brutto, perché praticamente tutti i cognomi da nephilim erano in inglese.

Henry si voltò, sorridendo -Carstairs. Mio padre si chiama James Carstairs, e mia madre è una strega, Tessa Gray.-
Le sopracciglia di Zoe si alzarono quasi fino all'attaccatura dei capelli. Una strega? Gli stregoni non potevano categoricamente avere figli, era impossibile. Nessuno stregone. Mai. Che la stesse prendendo in giro? Si sentì offesa, e arricciò le labbra, avvicinandosi al muro e afferrando un arco. Oh, gli archi! In Italia aveva imparato ad usare ogni tipo di arma, ma la sua preferita rimanevano gli archi. Il peso bilanciato, la corda sottile, le frecce di adamas. Fece scorrere le dita lungo il dorso dell'arma, ma poi optò per una spada. Si voltò, e Henry sorrise.

-Pure tu vuoi iniziare subito ad allenarti?- indicò con il pollice Zack, impegnato in un duello di lotta libera contro un ragazzo moro che non aveva mai visto.
Zoe scrollò le spalle, annuendo e soppesando la spada. Non era angelica, affilata a doppia lama, bella.

-Ciao, tu sei Zoe?- la voce di un uomo, alle sue spalle, la fece voltare. Il biondo che stava insegnando alla sorella di Henry a tenere lo spadone, ora si trovava alle sue spalle.

-Sì.- rispose.

-Io sono Jace Herondale, istruttore dell'Istituto di New York.- sorrise -Beh, uno dei tanti.-

-Avete.. più istruttori, qua?- chiese incredula. Abituata com'era al vecchio Corvofiore e basta, non aveva pensato che negli altri Istituti potessero avere molti istruttori, magari uno per ogni argomento? C'erano forse lezioni fisse? Non le avrebbe decisamente seguite, anche perché si era sempre allenata quando aveva voglia e studiato ancora meno. Lezioni fisse erano roba da mondani.

-Purtroppo sì, anche se ho implorato più volte Maryse di lasciare la mia magnificenza a lavorare da sola, ma..-

-Jace!- una voce lo richiamò, vicina. Era la donna minuta, rossa e con gli occhi verdi. -Ti prego, scusalo. È un pazzo egocentrico che pensa di essere ancora un adolescente, tutto qua.- spiegò lei, sorridendo sotto il mare di lentiggini. Zoe annuì semplicemente, inarcando un sopracciglio.

Se ne erano tutti andati, fortunatamente. Era l'ora di pranzo, ma Zoe non aveva fame. Appena la porta si era chiusa dietro Camille, era corsa ad afferrare l'arco. Se l'era passato di mano in mano, aveva carezzato le frecce leggere, e aveva iniziato a colpire i bersagli al muro, in movimento, ferma, saltando. Tutti finivano al centro. Rise, come non rideva da giorni, e saltò sulle travi per l'allenamento nei salti. Iniziò a tirare pure da là, saltando e risalendo, durante il rimbalzo. Quando mancò il bersaglio di pochi centimetri imprecò in italiano. Anzi, dato che era, finalmente, da sola. Iniziò a parlare in italiano al nulla, come impazzita.
Alla fine scivolò a terra, si sedette su uno dei tappeti flessibili, con l'arco in grembo.

-Perché me ne sono andata?-
-Non capisco l'italiano, ma devi essere parecchio frustrata. Che cosa ti hanno mai fatto, quei muri?- una voce ironica la colpì. Perché diamine in quel posto tutti dovevano parlare alle spalle, e poi presentarsi? Era odioso, veramente. Si voltò per l'ennesima volta verso una voce sconosciuta, e incontrò il ragazzo con cui suo fratello stava combattendo prima. Indossava una camicia bianca che lasciava ben poco alla fantasia, e i pantaloni di una divisa, neri. Ai piedi soltanto un paio di calzini bianchi. Un asciugamano attorno al collo.

-Cosa mi hanno fatto le persone, non i muri.- disse ad alta voce, senza essere capita. -Niente.- concluse in inglese. Zoe alzò lo sguardo sul suo volto. Aveva la pelle chiara e piccole lentiggini sul naso. I capelli erano color inchiostro, e gli occhi di un celeste glaciale, chiarissimi.
-Mi immagino se ti avessero fatto qualcosa, allora.- disse con un sorriso sghembo. -Ti avverto che ne hai mancato uno.- indicò le due frecce più vicine, una conficcata nel centro, l'altra in un punto indistinto del muro.

-Grazie dell'informazione, non me n'ero accorta.- rispose acida.

-Hai mangiato pane e acidità, per colazione?- sbuffò il ragazzo, incrociando le braccia muscolose davanti al petto. Lei inarcò le sopracciglia.

-In effetti non mangio da quando sono in Italia, non ho intenzione di mangiare con tutto questo caos. Mio padre ha sempre detto che il cibo si gusta in silenzio, perciò..-

-Perciò farai lo sciopero della fame finché non diventeremo silenziosi? Oh, accomodati pure, ma dovrai aspettare per molto tempo.- rise lui, allargando le braccia. -A meno che tu non inizi a mangiare in camera tua, ma mi sembra così solitario e da asociali.-

-Sono sempre stata solitaria e asociale, in Italia eravamo in meno di dieci, nell'Istituto.- rispose, cercando di iniettare ancora più acidità nella sua voce.

-Per l'Angelo, che razza di arrogante sei! Io comunque sono Kyle Herondale.- si presentò con una smorfia, come se non fosse poi così importante. Beh, tante grazie. Ovvio che non era importante. Zoe assottigliò lo sguardo.

-Il figlio dell'egocentrico istruttore, Jace?-

-Sì, e anche dell'altra istruttrice, la piccoletta rossa,- ghignò -Clary. E fratello di Alexandra e Jonathan Cristopher, se è per questo. Devo anche dirti il mio parabatai, i miei “finti” cugini, dato che papà considera come fratelli i figli di Maryse, ma non lo sono, o puoi limitarti a sapere il mio nome?-

-Oh, Raziel, ma parli sempre così tanto?- Zoe si incamminò a grandi passi a posare l'arco alla parete, staccando le frecce dal muro con foga.

-Già, fossi in te mi ci abituerei.- rispose lui urlandole dietro.
Zoe grugnì in italiano, qualcosa che racchiudeva una serie di parolacce che avrebbero fatto rabbrividire la povera Christiane.

Quando la porta della stanza si aprì, Zoe pensò che sarebbe sprofondata. Chi altri era, adesso?
 

**Angolo di One**
Ok, non ho niente da dire. Come avete scoperto, Henry è un Carstairs, e non starò nemmeno a rimettere una foto di Liam, vi dico soltanto che è un Lightwood (è stato adottato da Magnus e Alec, era un mondano che è asceso con la coppa mortale; lui ha preso il cognome di Alec e l'altra bambina che hanno adottato, una strega, quello di Magnus).
Adesso metto tutte le foto dei personaggi, e vi dico i loro cognomi, e vi spiego di chi sono figli, perché SO, che è tutto un casino.
E ho postato così presto pure il secondo capitolo perché ce l'ho già pronto, e perché boh.
Vi lascio alle descrizioni,
One

Questa è Camille (Illa) Bane:
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Questa è Carhlotte (Lottie) Sophie Carstairs (sorella di Henry e figlia di Jem e Tessa):
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Questa è Alexandra (Lexy) Herondale (figlia di Jace e Clary):
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Questo è Jonathan Cristopher (Chris) Herondale (figlio di Jace e Clary):
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Questo è Kyle Herondale (figlio di Jace e Clary):
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Questo è Woolsey (Wool) Kyle (figlio di Maia e Jordan):
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Questo è Maxwell (Max) Lewis (figlio di Izzy e Simon):
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Questa è Rebecca (Beck) Lewis (figlia di Izzy e Simon):
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Questa è Cecily Penthorn (figlia adottiva di Aline Penhallow ed Helen Blackthorn):
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Capitolo 3
*** Le poesie di un violino e gatti diabolici ***


 

LE POESIE DI UN VIOLINO E GATTI DIABOLICI


Camille vide Henry alzarsi e sparire oltre la porta della sala da pranzo.
Aveva notato che pure Kyle, il suo parabatai, era scomparso. E la ragazza nuova era rimasta nella sala addestramenti, probabilmente per stare lontana da quei pazzi svitati. Per certi versi poteva capirla, ma, una volta conosciuti, quegli squinternati non erano poi malaccio.

Camille si ricordava di quando sua madre era morta, quando lei aveva sei anni. Si era sentita spersa e sola. Diversa e abbandonata. Ma quando Alec e Magnus (che fossero benedetti!) l'avevano trovata per strada, a condividere un pezzo di pane con un barbone quarantenne l'avevano presa con loro.
Arrivata all'Istituto (continuava a chiedersi, ancora oggi, perché il sommo stregone di Brooklyn abitasse nell'Istituto di Manhattan) aveva scoperto che, da tempo ormai, i suoi nuovi papà avevano adottato un altro bambino, più grande di lei di un paio di anni (anche se, in effetti, lei non sarebbe più invecchiata per tutta l'eternità): William. E aveva anche conosciuto tutto il resto della banda.
All'inizio li aveva odiati. Troppo rumorosi. Troppo egocentrici (un branco di shadowhunter, non esisteva niente al mondo più egocentrico). Troppo dispettosi.
Ma poi aveva imparato ad apprezzare la gentilezza di Henry, la risata sguaiata di suo fratello, l'ironia di Kyle, i sorrisi smaglianti di Charlotte, l'intelligenza di Amatis, la timidezza di Max. Ogni piccolo particolare era diventato un pregio. Sperava che pure per Zoe sarebbe stato così.
-Illa, passami il sale.- un gomito le si piantò nelle costole. Si girò verso Chris, che adesso si stava cimentando in qualche miriade di scuse. -Scusa, ti ho fatto male? Troppo forte?- assunse un espressione da cane bastonato, e Camille fu tentata di trasformare i suoi splendenti occhi verdi in vermi striscianti.

-Che cos'hai in quel gomito, mattoni?- sibilò lei, afferrando il sale e sbattendoglielo davanti. Chris arrossì, sprofondando nella sedia.
-Oh, Illa, non sei stata un po' velenosa?- la canzonò suo fratello, ridendo come suo solito.

-No, Liam. Se avesse piantato a te un gomito nel fianco l'avresti sbranato.- replicò.

-Sei tu la tigre, non io.-
Camille roteò gli occhi, voltandosi in modo da non vedere i due ragazzi e iniziando una conversazione con Cecily.
Cecily Penthorn era come lei e Liam: era stata adottata da due shadowhunters: Aline ed Helen. Era sempre dolce, timida e solare. Quando non combatteva. Essendo una strega, una guaritrice e quant'altro, Camille accompagnava spesso i nephilim durante le cacce ai demoni. Aveva assistito a massacri e quant'altro, da parte di quegli abilissimi combattenti. Ma doveva ammettere che la più letale, abile e svelta era Cecily. Metteva quasi spavento.

 

-Come mai sei scomparso a metà pranzo?- Camille si avvicinò a Henry sorridendo. Il ragazzino sedeva su una poltrona della biblioteca, il viso affondato in un libro di musica, i capelli disordinati. Alzò lo sguardo sorridendo dolcemente.

-Kyle stava attaccando briga con quella nuova, dovevo proteggerlo.-
-Proteggere lui? È il tuo parabatai, dovresti sapere che è capace di difendersi da..-

-Lei è una sottospecie di belva, ma è a posto.- rise lui.

Camille roteò gli occhi, abbassando lo sguardo sul libro dell'altro.

-Che stai leggendo?-

-Un libro scritto da un Fratello Silente di nome Zaccaria. Si intitola “Le poesie di un violino”. È interessante.- ammise lui, con una scrollata di spalle.
Camille lo guardò a fondo con i suoi occhi scrutatori. Lei sapeva che il padre di Henry e Charlotte, James, era stato un Fratello Silente. Ma lui aveva preferito non dirlo a nessun altro, perché l'ordine dei Fratelli veniva visto come un gruppo solitario, spaventoso, quasi una cosa brutta. Le fece tenerezza scoprire che Henry stava leggendo un libro scritto proprio da suo padre.
-Ad esempio, qua dice: ...e quand'ecco un suono riempie l'aria, dinnanzi la persona amata, voi suonate, e nasce un fiume, una vita nella musica, un cuore condiviso in note a parte, una breve melodia per sentire quel che volete far sentire, di voi....- fece un pausa, sorridendo. -Non è bellissimo? Per Raziel, devo imparare a suonare il violino.- esclamò.

Camille sorrise esasperata.

-Oh no, ci sono già Chris e il suo pianoforte, Max con la sua terribile batteria, e Amatis con la chitarra. Non permetterò pure a te di suonare uno strumento.- rise.

Henry rise con lei, scostandosi un ciuffo di capelli da davanti agli occhi.
-Mio padre suona il violino, a volte. Lo suona per la mamma.- disse, più a sé stesso che per altro.
Camille sorrise teneramente, voltandosi di colpo.

-Ok, vado a cercare quella nuova o suo fratello, voglio scoprire a modo come sono.- fece un cenno con la mano e sparì oltre la porta.

 

Trovò il fratello di quella nuova che le sembrava parecchio più noioso della piccola furia con i lunghissimi capelli scuri. Era anonimo, e aveva un viso simile a quello di Henry, così infantile da poter passare oltre. Non era uno che rimaneva impresso facilmente nella memoria, a una prima occhiata.

-Ehi.- Camille trotterellò verso di lui, sorridendo, mostrando le zanne da tigre (che non erano nemmeno vere zanne, solo denti normalissimi un po' più appuntiti).

Il ragazzo si voltò verso di lei.

-Ehm, ciao. Sei la sorella di Liam?- chiese, scrollando le spalle. Non veniva ricordata spesso come la sorella di Liam. Anzi, spesso era proprio il contrario. Ma quello nuovo (si chiamava Zack, giusto?) sembrava aver già fatto amicizia con suo fratello, quindi tanto meglio.
-Sì, Camille, ma chiamami Illa. Come ti trovi?- chiese raggiante, cercando di coinvolgerlo in un sorriso. Niente. Era decisamente apatico, pensò.

-Bene. Non è malaccio, come posto. Ma vorrei visitare la città. Di Istituti ne ho fin sopra i capelli.- scrollò le spalle.

Camille spostò lo sguardo fino alle punte dei suoi capelli biondissimi, e poi di nuovo sul suo volto.

-Oh, beh, non c'è problema. Andiamo a fare un giro.- sorrise, prendendolo a braccetto e trascinadolo fino all'ascensore. Un miagolio giunse da qualche parte, ma lei lo ignorò: era Church, che cercava di attirare l'attenzione di qualcuno che gli desse da mangiare. Probabilmente sarebbe accorsa Charlotte, o suo padre James: amavano quella peste di gatto.

-Sul serio?- chiese Zack, inarcando un sopracciglio.

-Certo, perché no? Questa settimana sono stata praticamente sempre rinchiusa qua. Eccetto ieri sera, quando sono andata da Taki. E l'altra sera ancora, al concerto scadente di Simon. E la sera prima alla gara di poesie dell'amico di Simon: Clary (più che altro è stato mio padre a convincermi, Magnus. È un po' fissato con le cose strane, sai). E lunedì sono stata tutto il pomeriggio con Cecily e Rebecca per negozi. E..-

-Questo tu lo chiami non uscire? Accidenti.- esclamò lui, ridendo finalmente. L'ultima parola l'aveva detta in italiano, ed era suonata decisamente adorabile.
-Oh, beh. Non come vorrei. Non sono mai stata in discoteca, in questi giorni.- roteò gli occhi nervosamente. -Tu sei mai stato in discoteca?-
Zack scrollò le spalle, chiudendosi la porta dell'Istituto alle spalle e seguendo Camille per la strada. Si fermarono ad aspettare un taxi.

-In realtà no. A Firenze ci sono delle discoteche, ma io sto fuori città. O meglio, stavo. E poi scommetto che le discoteche qua sono molto meglio, no?-

Camille batté le mani con un saltello.

-Se sono meglio? Altroché. Cioè, non so come sono quelle in Italia, ma le discoteche qua sono super. Il Pandemonium è una discoteca demoniaca sempre piena di mondani, ed è la mia preferita. Ballo tecno e caccia tutti insieme, una forza eh?- parlò a raffica, chiedendosi se Zack l'avrebbe trovata strana. Sperava di sì, amava essere considerata strana. Dato che già era diversa di per se, perché non dare anche altri motivi per additarla di continuo? Non solo le sue orecchie da felina.

 

Zack sospirò sfinito al suo fianco, appena rientrato nell'Istituto. Avevano girato per tutta la Grande Mela, Central Park, e avevano visitato pure Brooklyn, dove suo padre aveva una casa (ormai non la utilizzava più, si era stanziato all'Istituto).

-Quindi ti piace, New York?- chiese Camille, saltellando per raggiungere l'ascensore.

-Oh sì. Bisogna andare al Pandemonium un giorno, anche con gli altri.- rispose lui, che durante il viaggio si era aperto un po' di più, e che adesso non scrollava nemmeno le spalle, per fortuna. Erano passati davanti alla piccola entrata della discoteca, e Zack era rimasto sbalordito dall'odore di demoni. Più che per ballare, Camille era sicura che ci volesse andare per cacciare. Era quella la prima preoccupazione di un Cacciatore, sempre.
-Certo.- rispose. Quando scesero dall'ascensore, incontrarono Church, ancora intento a miagolare. Camille lo cacciò con una pedata. Per l'Angelo, quanto miagolava quel gatto!
-Uh, e voi due insieme che ci fate?- da dietro l'angolo Camille vide spuntare suo fratello e Chris, inseparabili come sempre. Più li vedeva insieme, più pensava di non aver mai visto due parabatai così uniti. Non si separavano nemmeno per andare in bagno, quasi.
-Liam, sei sempre tra i piedi?- sbuffò Camille, acidamente. -Gli ho solo fatto vedere New York.-
-E qualcos'altro..-
replicò lui, ridendo. Chris rise insieme a lui. Odiosi.

-Gli piacerebbe. E piacerebbe pure a voi.- ci pensò su un secondo. -A tutti piacerebbe, in realtà. Ma no, purtroppo no. E adesso levatevi dai piedi o vi prendo a pedate come Church.-

Chris alzò le mani al cielo.

-Finalmente qualcuno rende giustizia ai gatti diabolici.- esclamò, lanciando un occhiata al muso schiacciato del gattone dietro di loro, che continuava a miagolare.
Una palla di pelo piccola come un topo lo raggiunse da dietro, lanciandogli una zampata. Camille si batté una mano sulla fronte. Oh, quel topo era il suo gatto. Quello di Magnus, per la precisione. Chariman Meow.

Chris rise. -E pure gli altri gatti lo odiano.-
Camille roteò gli occhi e passò avanti, lasciando quelle cinque bestie là da sole.






 

**Angolo di One**
Non ho idea del perché non riesca a scrivere capitoli decentemente lunghi, veramente! Mi sento davvero in colpa, ok? Ok. È che ho scritto di volata in mezz'ora, prima di andare a studiare e non l'ho nemmeno rivisto e corretto e provato ad allungare.. non chiedetemi perché.
Comunque, questo capitolo è dal punto di vista di Camille (Illa Bane), la strega adottata da Magnus e Alec, sorella di William Lightwood. Non so come mi è venuta, anche perché come personaggio è una dei miei preferiti ma è anche terribilmente complicata, penso. Almeno la mia mente vuole che sia così, quindi..
Vabbè, passiamo alle cose serie: PERCHÈ STO PIANGENDO PER UNA COSA CHE IO HO SCRITTO? Quando Henry legge il libro scritto da Jem, sul violino, non so perché lo abbia scritto, e non so nemmeno se sia veramente triste, ma a me ha fatto tristezza.
Ok, sono noiosa, lo so.
Vi lascio, o voi quatto gatti che vi perdete a leggere le mie storie **lanciano mattoni**
(a questo proposito volevo ringraziare Ari Youngstairs che è stata la prima a recensire e che aveva già letto un'altra mia storia e sì, e sopravvissuta, e SilviaM1902 che è stata la seconda e per ora ultima a recensire, grazie <3)

sparisco, ciao ciao
One

 

 

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