Quasi fratelli

di Hoi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Invidia e Insicurezza ***
Capitolo 2: *** Cattivo ***
Capitolo 3: *** Sbagli ***



Capitolo 1
*** Invidia e Insicurezza ***


Non sarebbero dovuti essere lì e anche se Trunks diceva che in pausa pranzo potevano fare quello che volevano, Goten sapeva che non era vero.
 
Trunks era più grande di lui di un anno, questo voleva dire che faceva già le elementari, mentre Goten era all’ultimo anno di Asilo.  In teoria avrebbero dovuto passare la pausa con le rispettive classi, ma Trunks si stufava presto di giocare con gli altri bambini, visto che vinceva sempre. Per questo scavalcava la recinzione che separava le loro due scuole e andava a giocare con Goten. Le maestre gli dicevano sempre che non doveva dargli retta, ma anche a Goten piaceva di più giocare con Trunks che con gli altri, quindi, puntualmente, disobbediva.
Anche quel giorno era andata così. Solo che questa volta le maestre li avevano visti e loro si erano dovuti nascondere, per non essere messi in punizione. Si erano rifugiati nel loro posto segreto, in quel punto dove il tetto della scuola diventava piano per qualche metro.
 
Goten rannicchiato a terra con le gambe strette contro al petto, alzò lo sguardo su Trunks. L’amico se ne stava in piedi, con la testa alta e le braccia incrociate a fissare l’orizzonte. Chissà se almeno un po’ si preoccupava per quello che le maestre avrebbero detto dopo. No, sicuramente no. Oramai anche Goten aveva capito che Trunks si preoccupava solo di ciò che diceva suo padre e a volte, molto più raramente, di quello che diceva sua madre.
“Trunks… Non pensi che tuo papà si arrabbierà se prendi un’altra nota?”
 
Trunks si strinse nelle spalle.
“A lui non importa, sa benissimo che le maestre sono solo delle stupide”
Goten, ancora rannicchiato su se stesso ci pensò un po’ su. Sua madre si sarebbe arrabbiata moltissimo se l’avesse scoperto. Fortuna che lui era troppo piccolo per prendere note.
“Mamma dice che non si dicono quelle parole e che io devo ascoltarle, le maestre”
 
Trunks si girò verso di lui. Adesso stava iniziando ad innervosirsi. Quel discorso non gli piaceva. Lui voleva giocare alla lotta, non stare lì a sentire Goten lamentarsi.
“Ma cosa vuoi che ne sappia lei! Vivete talmente lontano che non le ha neanche mai viste. E poi lo sanno tutti che chi vive in periferia certe cose non le capisce”
Tanto per dare più enfasi al concetto, Trunks fece un vistoso cenno di sì con la testa. L’aveva imparata da sua madre quella frase.
 
Goten corrugò la fronte. Non aveva capito bene perché, ma si era un po’ offeso.
“Non c’entra niente che viviamo lontano. E poi la mamma una volta le ha incontrate le maestre, mentre invece il tuo papà non le ha mai viste, anche se vivete tanto vicino”
 
Tunks divenne rosso in faccia. Avrebbe voluto dirgli che non era vero, ma effettivamente, suo padre era l’unico dei genitori che non si era mai fatto vedere lì a scuola. Non era importante. Se non andava lì era perché non ce n’era davvero bisogno. Sua madre, che era la donna più intelligente della terra, una volta gli aveva detto che Vegeta in realtà era un principe. Quindi era normale che suo padre non volesse perdere tempo a parlare con loro, che non erano nessuno.
“Se non ci viene è perché sa che sono stupide. Mi sono stufato di parlare! Combattiamo!!”
 
Trunks era già in posizione d’attacco. Se si fosse alzato e avesse iniziato a giocare sarebbe finito tutto così, ma Goten non si mosse.
“E come lo sai che è per quello? Di certo non te l’ha detto lui… Non parla mai”
 
La verità era che Trunks era arrivato al limite. Quella conversazione lo stava estenuando. Il cuore gli batteva forte e si sentiva alle strette. Perché il suo migliore amico stava cercando in tutti i modi di fargli credere che a suo padre non importasse nulla di lui. E poi Goten che ne sapeva di come si comportava un padre?
“Tutti i papà sono così. Tu non lo sai perché non ce l’hai un padre!”
 
Per un attimo restarono in silenzio. Questa volta, forse per la prima volta, Trunks si era reso conto di aver esagerato. Gli avrebbe regalato uno dei suoi giochi e avrebbero fatto pace, ma questo più tardi, quando avesse smesso di essere arrabbiato con lui.
“Gohan, non fa così”
Trunks incrociò le braccia. Certe volte Goten era davvero stupido.
“Gohan non è tuo padre, è tuo fratello”
 
Goten rimase in silenzio. Lo sapeva che Gohan non era suo padre. Sapeva bene anche perché suo padre non c’era. Perché era un eroe e si era sacrificato per salvare il mondo. L’aveva fatto anche per lui in un certo senso, perché gli voleva bene. Se avesse potuto restare, Goten era certo che suo padre lo avrebbe fatto di sicuro e sarebbe anche andato a parlare con le maestre, non una, ma mille vote. Tra l’altro una volta sua madre gli aveva anche detto che quando Trunks era molto piccolo, Vegeta se n’era andato senza dire niente, neanche se intendeva tornare o meno. Suo padre non si sarebbe mai comportato così, ne era certo. Suo padre era buono e gentile, era un eroe. Il papà di Trunks no.
“Non è vero che i papà fanno così. Tuo papà fa così perché è cattivo”
 
Trunks era ancora in posizione di combattimento quando sentì quelle parole. Ancor prima di rendersene conto il suo braccio si mosse e il suo pugno colpì il volto di Goten.
“NON È VERO!”
Gridava. Gridava perché voleva che Goten tacesse. Perché non voleva più sentire quelle cose.
 
Goten stava a terra. La faccia gli faceva male. Non era la prima volta che si faceva male facendo a botte, ma quella volta era diverso. Se lo sentiva dentro che era peggio del solito. Eppure non poteva tirarsi indietro. Aveva anche lui, come Trunks, qualcosa da difendere.
“Sì, che è vero. Lui è cattivo e non gliene importa nulla…”
 
Prima che potesse finire Trunks lo prese per un polso per trascinarlo in piedi. Non lo avrebbe colpito a terra.
 
“LASCIAMI!”
La stretta era troppo forte, gli stava facendo male, molto male, ma non avrebbe ceduto. Goten puntò le ginocchia a terra deciso a non rialzarsi.
 
“ALZATI E COMBATTI, BUGIARDO!”
Trunks lo strattonò ancora facendo sfregare le ginocchia di Goten sul cemento. La vista di Trunks si era annebbiata per colpa della rabbia e della paura, ma non avrebbe pianto. Non doveva piangere mai.
“IO NON SONO UN BUGIARDO! TU LO SEI, COME TUO PADRE. A LUI NON GLIENE IMPORTA NIENTE DI TE”
Sentendo le parole di Goten una lacrima gli sfuggì dagli occhi, occhi pieni di rabbia. Un grido d’ira gli sfuggì dalla bocca. Era un bugiardo Goten e lui lo odiava. Suo padre lo amava. Trunks, lo sapeva. Lo sapeva anche se lui non glielo aveva mai detto. Anche se non era mai andato a parlare con una maestra. Anche se non l’aveva mai abbracciato. Era Goten il bugiardo e lui lo odiava. Accentuò la stretta sul braccio. Non voleva più farlo alzare, voleva farlo scomparire. Voleva far scomparire lui e quei pensieri. Non voleva vederlo mai più. Non voleva vedere mai più quel traditore del suo migliore amico. Un’altra lacrima gli sfuggì dagli occhi, mentre si tingevano di verde.
 
Goten non capì bene cosa fosse successo. Quando riaprì gli occhi era a terra, nel vicolo accanto alla scuola. Aveva visto per un attimo il suo migliore amico diventare un teppista dai capelli biondi e poi il cielo. Cercò di rimettersi in piedi. le ginocchia gli facevano male, ma non quanto il braccio. Se non fosse caduto su dei sacchi dell’immondizia forse si sarebbe fatto molto più male. Zoppicando si allontanò da lì, voleva andare via, anche se non sapeva verso dove. Di certo non sarebbe tornato a casa. Se l’avesse visto in quello stato sua madre si sarebbe arrabbiata di cero.

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Capitolo 2
*** Cattivo ***


Era appena uscito dalla doccia e sarebbe andato direttamente in cucina se non avesse sentito quella presenza provenire dal giardino. Avrebbe potuto ignorarla, ma questo avrebbe voluto dire pranzare con quel pensiero in testa, quindi decise di liberarsene velocemente prima di iniziare.
 
Quando gli arrivò davanti, Vegeta dovette ammettere che non era ciò che si sarebbe aspettato di trovare. Goten se ne stava rannicchiato con la faccia tra le ginocchia, la schiena contro un albero e una spalla in una posizione innaturale. No, tutto avrebbe pensato, tranne trovare il figlio di Kaharot sanguinante nel suo giardino.
“Si può sapere che diavolo ci fai qui”
 
Il bambino alzò la testa di scatto. Aveva un ematoma sullo zigomo destro e gli occhi rossi e gonfi di chi aveva pianto.
“Io… s-scusi signor Vegeta… Non sapevo dove andare… Se torno a casa così la mamma mi punirà…”
Goten aveva iniziato a tremare violentemente. Aveva sempre avuto paura di lui, non era un segreto. Vegeta sospirò già esasperato. Era disgustato da quello spettacolo, se fosse stato Trunks gli avrebbe gridato in faccia di alzarsi e smettere di piagnucolare. Quello però era Goten e se l’avesse fatto il bambino sarebbe scoppiato a piangere di nuovo e non avrebbe più smesso.
“Alzati”
 
Goten, più per timore che per ubbidienza, si alzò e zoppicando lo seguì fino in infermeria. Nel silenzio più totale Vegeta appoggiò bende e disinfettante sul tavolo, lo sollevò per le ascelle e lo adagiò lì accanto, neanche fosse stato anche lui uno di quegli attrezzi.
Quello era uno dei motivi per cui Goten aveva paura di lui. Vegeta non diceva mai niente. Sua madre e suo fratello invece parlavano sempre, di tutto, anche quando non c’era nulla da dire loro non se ne stavano lì zitti, a pensare come se fossero da soli. Vegeta no. Vegeta se ne stava da solo anche quando era in mezzo ad un sacco di persone. Come si faceva a non aver paura di uno così? Uno che non si sapeva mai cosa pensasse? E chissà a cosa stava pensando in quel momento! Magari stava pensando che per essersi ridotto così, doveva essere un teppista, come diceva sempre sua madre. Meglio spiegare. Meglio che lui gli dicesse cosa stava succedendo, altrimenti si sarebbe fatto l’opinione sbagliata.
“Io e Trunks abbiamo litigato un sacco… Ma non è stata colpa mia! È lui che ha iniziato!”
 
Vegeta stava tagliando un pezzo di benda per pulire le ginocchia tagliate del bambino, ma non poté fare a meno di alzare lo sguardo su Goten. Gli era sembrata una cosa ovvia fin dall’inizio quella. Di certo non era stato quel rammollito di suo fratello a ridurlo così. E poi, cosa poteva fregargliene a lui di quelle cose?
 
Goten, che aveva solo cinque anni, mal interpretò quel sopracciglio alzato e continuò il suo discorso.
“Cioè… Non è stato proprio lui ad iniziare… Ma è stato lui il primo ad arrabbiarsi. Io non avevo detto niente di male”
Si mordeva il labbro mentre lo diceva, un po’ per il male che gli faceva il disinfettante e un po’ perché anche lui sapeva che quella era una mezza bugia.
 
Vegeta sospirò. Voleva pranzare, non stare lì ad ascoltare quel moccioso. Avrebbe dovuto scacciarlo via e tornare a farsi gli affari propri. Se si era comportato così, doveva essere perché altrimenti Bulma lo avrebbe stressato a vita con quella storia.
“Hai visto come ho fatto. Ora fallo tu.”
 
Goten si trovò in una mano una garza bagnata e la fissò per qualche istante, dubbioso. Certo che aveva visto come lo faceva.. ma rifarlo era un’altra cosa. Guardando più Vegeta che il suo ginocchio provò a pulire la ferita, ma prima che ci arrivasse una fitta di dolore gli attraversò la spalla.
 
Vegeta ruotò gli occhi sentendolo piagnucolare.
“Prima devi rimetterti il braccio a posto, idiota”
 
Goten alzò lo sguardo. Non vedeva la faccia di Vegeta da dietro la fitta nebbia di lacrime che gli riempivano gli occhi.
“Ma io non lo so come si fa!”
 
Grandi goccioloni iniziarono a scendergli sulle gote. Doveva essere il suo sangue terrestre quello che lo rendeva tanto debole. Vegeta gli afferrò la spalla con una mano per tenerlo fermo, e il braccio fuori posto con l’altra.
“Ora smettila di piagnucolare e osserva”
Con uno strattone deciso rimise l’arto a posto. Goten gridò. Non aveva guardato per nulla la manovra ed ora piangeva più di prima. Vegeta dovette urlare per farsi sentire.
“Guarda che ho finito”
 
Goten tacque per un istante, poi si guardò il braccio dubbioso. Provò a muovere la mano. Sembrava tutto a posto. Gli faceva ancora male certo, ma quantomeno era al suo posto. Un enorme sorriso gli si allargò in faccia.
“L’hai aggiustato!!!”
“Non era rotto. Adesso fai quello che ti ho detto”
Il sorriso sul volto di Goten scomparve. Cos’è che gli aveva detto? Si guardò in giro freneticamente alla ricerca di un suggerimento, doveva sbrigarsi, altrimenti Vegeta si sarebbe arrabbiato, era già nervoso. Fortunatamente gli occhi gli caddero su quello che teneva in mano.
“Ooooh”
Con mano un po’ tremante tamponò il ginocchio. Era coperto di terra e sangue rappreso, quindi magari la crosta si sarebbe fatta anche senza il suo aiuto. Sbirciò la faccia di Vegeta. Non pareva d’accordo. Ci mise un po’ più di forza, nel tentativo di pulirsi, ma faceva male e dopo poco si fermò. Pulita pulita non lo era, ma poteva andare bene dai. Appoggiò la garza sul tavolo e alzò lo sguardo. Il sopracciglio di Vegeta era ancora alzato. Riprese la garza e ricominciò. Dopo poco aveva finito, non ci era voluto poi molto. Rialzò lo sguardo. Ok, ora andava bene. Prese il disinfettante. Non lo capiva bene perché dovesse metterlo, ma sapeva che se si fosse lamentato Vegeta si sarebbe arrabbiato. Fece cadere il disinfettante. Ne aveva messo troppo e gli bruciava. Le lacrime gli riempirono gli occhi, ma non doveva piangere. Le rimandò giù e alzò nuovamente lo sguardo. Vegeta era tranquillo, quasi soddisfatto. Goten si fasciò la gamba. Era stato bravissimo.
“Hai altre ferite?”
Vegeta non sembrava più così spaventoso. Aveva ancora il suo broncio, ma non sembrava più arrabbiato.
Goten ci pensò su. No, non era ferito, ma un’altra cosa da aggiustare c’era.
“Sono stato io a cominciare, non si arrabbi con Trunks signor Vegeta…”
 
Vegeta storse il naso. Non poteva credere che stesse ricominciando. Perché su quel pianeta dovevano sempre tutti parlare?
“Non c’è nessun motivo per punirlo e non è quello che ti ho chiesto”
 
Goten abbassò lo sguardo, era tornato cattivo. Ma adesso non gli sembrava più pericoloso quanto diceva sua madre. Gli aveva raccontato tante cose sua madre, su quell’uomo. Gli aveva detto che era una persona spietata, che aveva fatto del male a tanta gente e che si era fermato solo grazie a suo padre. Perché suo padre l’aveva sconfitto. Era stato l’unico che era riuscito a sconfiggerlo. Suo padre era l’eroe che l’aveva sconfitto, che aveva sconfitto quell’uomo cattivo. Quindi, anche se non c’era, come invece c’era il papà di Trunks, non faceva niente, perché era un eroe. Però in fondo Vegeta non gli aveva mai fatto male e adesso l’aveva anche aiutato. Gli aveva anche insegnato a curare le ferite. Non era poi così cattivo.
Goten scosse la testa.
 
“Puoi farti una doccia e metterti i vestiti di Trunks, sai dov’è la sua stanza”
Vegeta gli diede le spalle, tutta quella storia l’aveva davvero stancato. Trunks già gli impegnava più tempo di quanto avesse senso dedicargliene, non aveva intenzione di perderne altro dietro a quel marmocchio che non era neanche figlio suo. Già, perché da quando Gohan aveva iniziato ad andare a scuola nella città dell’Est, quel moccioso passava più tempo da loro che a casa propria. Questo non lo rendeva comunque un suo problema. Al limite poteva essere un problema di Trunks. Non che la cosa gli stesse bene. Al limite gli sarebbe potuta stare bene se Goten non fosse stato così… Umano. Così poco sayan. Se sua madre non fosse stata così ottusa. Se gli avesse insegnato ciò che era la sua natura. Vegeta si fermò sulla porta.
“Goten. Tu e Trunks siete sayan. Dovete combattere. È nella vostra natura. Non è… sbagliato”
L’ultima parola gli uscì un po’ forzata. Non era abituato a parlare di “giusto o sbagliato”, ma gli era sembrato il miglior modo per farsi capire, visto con chi stava parlando.
 
Goten ci pensò un po’ su, quando fu solo. Forse era vero. In fondo anche sua madre cercava sempre di insegnargli a combattere, quindi fare a botte non doveva essere proprio sbagliato. Anche se poi si faceva male. Forse l’unica cosa che aveva sbagliata era litigare con un amico. Anche perché ora lo sapeva di essere in torto. Non avrebbe dovuto dire quelle cose su Vegeta all’amico.
Goten sorrise scendendo dal tavolo. Avrebbe aspettato che Trunks tornasse per chiedergli scusa.

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Capitolo 3
*** Sbagli ***


Non era andato a casa, non subito almeno, ma sapeva di non poter stare in giro in eterno, quindi alla fine aveva deciso e ci era tornato. Questo prima di sapere che anche Goten era lì. Peccato se ne fosse accorto soltanto quando ormai era davanti al cancello e aveva sua madre davanti.
 
Bulma fissava suo figlio, contrariata. In teoria sarebbe dovuto essere Vegeta ad andare a prenderlo fuori da scuola, non Trunks a tornare a piedi. Non era la prima volta che sgridava suo marito in proposito, peccato che la cosa non toccasse minimamente. Sospirando la donna decise che per quella volta avrebbe lasciato stare, c’era qualcosa di più importante di cui discutere… e in fondo, suo figlio era più forte di quasi tutta l’umanità, era improbabile che gli potesse succedere qualcosa di brutto. Il rischio era che lui facesse qualcosa di brutto, per errore ovviamente, ma poteva capitare. In realtà, era già capitato.
“Trunks, io e tuo padre ti dobbiamo parlare”
 
Trunks non disse nulla, si limitò a percorrere il giardino e ad entrare in casa. Quello spione di Goten aveva detto tutto a sua madre era ovvio. Come era ovvio che si era tenuto la parte riguardante il motivo per cui avevano litigato per sé.
Appena entrato in cucina Trunks lasciò cadere lo zaino a terra e si sedette composto a tavola. Avrebbe voluto buttarsi sul frigo, ma sapeva che più si fosse finto dispiaciuto, meno sarebbe durata la sgridata di sua madre. Aveva capito d’aver fatto male a Goten e che la loro era stata una brutta litigata, ma non era la prima volta che bisticciavano o che si lasciavano qualche livido, sua madre esagerava sempre. Suo padre al contrario capiva, per questo anche se sua madre amava dire “io e tuo padre ti dobbiamo parlare”, lui non c’era mai. Non perché non gli interessasse, ma perché era una cosa poco importante.
 
“Trunks ti rendi conto di quello che hai fatto? Goten aveva una spalla dislocata. È una cosa grave. Si finisce al pronto soccorso per cose del genere.”
 
Trunks abbassò lo sguardo. Non aveva capito d’avergli fatto così male. Comunque era certo che non fosse una cosa tanto grave. Altrimenti l’avrebbero portato al palazzo del supremo e non sarebbe rimasto lì da loro.
“Mi spiace mamma, non succederà più…”
E con questo, sperava d’aver chiuso il discorso.
 
Bulma gli si sedette accanto. Le spezzava il cuore vederlo con quel faccino triste, ma non poteva lasciar correre.
“Ok tesoro, ma devi raccontarmi cos’è successo…”
 
“Non volevo fargli così male… abbiamo litigato… ero arrabbiato e ho perso il controllo…”
Era vero. Non sentiva d’essere in torto, non particolarmente, ma sapeva d’aver fatto qualcosa di grave. Goten era comunque il suo migliore amico.
“Ok, è tutto a posto tesoro, ma non deve ricapitare”
Sua madre gli sorrideva gentilmente. Forse si era accorta che era sincero adesso. Lei diceva sempre che una madre certe cose le capiva, forse era vero. Comunque era contento che quella discussione fosse finita, in fondo era stato il suo scopo fin dall’inizio.
 
“No Bulma, non è tutto a posto.”
Tranks alzò lo sguardo, incrociando quello di suo padre. Vegeta se ne stava sulla porta, appoggiato allo stipite, con le braccia incrociate sul petto, mentre lo fissava.
Non si era accorto del suo arrivo, forse era stato lì dall’inizio, forse l’aveva sentito chiedere scusa. Tornò ad abbassare gli occhi, lottando per evitare che si riempissero di lacrime. Una cosa Trunks la sapeva, d’altronde era impossibile non leggerla in quel suo sguardo severo: L’aveva deluso.
Inspirò profondamente. Non si sarebbe messo a piangere, non davanti a lui.
 
Ci mancava solo questa. Proprio in quel momento suo marito doveva mettersi a fare il padre impiccione? Perché non poteva fregarsene come per tutto il resto! Era appena riuscita a risolvere la cosa senza traumatizzare a vita loro figlio, ma lui no, ci aveva dovuto mettere becco. E che bel risultato aveva ottenuto: deprimere loro figlio.
“Vegeta, non credi di star esagerando?”
 
Bulma gli aveva appena servito la possibilità di tirarsi fuori da quella perdita di tempo una vota per tutte, lo sapeva. Questa però non era una di quelle stupidate che doveva gestire lei, questa era una cosa seria. Trunks era un sayan, un guerriero. Il combattimento era la sua natura e non essere in grado di gestirla significava la morte.
“No.”
 
Una fitta trafisse il petto di Trunks. Ci aveva sperato. Alla domanda di sua madre, aveva davvero sperato che lui ci ripensasse. Strinse gli occhi e inspirò nuovamente. Quantomeno era riuscito a non farsi scappare neanche una lacrima e sperava che quello fosse stato il colpo peggiore che so padre gli avrebbe inferto.
Sentì i suoi passi avvicinarsi. Il suo cuore accelerò. Con la mente ripercorse ciò che aveva fatto. Non gli sembrava che ci fosse nulla che potesse contrariare suo padre. In fondo avevano solo fatto a botte ed era stato proprio lui ad insegnargli quanto fosse importante combattere. Forse era arrabbiato per come aveva ridotto Goten… ma anche lui si era fatto male spesso e suo padre non si era mai preoccupato. Forse era perché se n’era andato senza vedere se il suo amico stesse bene... Suo padre non gli aveva mai detto come si sarebbe dovuto comportare in quel frangente. Ormai era davanti a lui, che ancora non sapeva come giustificarsi.
 
Vegeta lo superò e aprì il frigo.
“Domani non vai a scuola, iniziamo gli allenamenti. Credo che in una settimana dovresti aver imparato a controllare la tua forza”
Una settimana… avrebbe perso una settimana di allenamenti per colpa di quella storia, non poteva credere di aver addirittura proposto una cosa del genere. D’altronde non aveva scelta, se voleva che Trunks un giorno diventasse un degno avversario, doveva pensare personalmente alla sua formazione.
 
Una settimana… suo figlio avrebbe perso una settimana di scuola per diventare uno scimmione tutto muscoli e allenamenti. Bulma avrebbe voluto alzarsi e gridare in faccia a suo marito che poteva scordarselo, ma in fondo capiva che era una cosa necessaria. Se al posto di Goten ci fosse stato un altro bambino, probabilmente l’avrebbe ucciso… e poi passare un po’ di tempo assieme avrebbe fatto bene sia a Trunks che a Vegeta.
 
Una settimana… una settimana di allenamenti ininterrotti con suo padre. Gli era già capitato di allenarsi con lui e ne era uscito sempre malissimo. Sarebbe stata una tortura e il suo maestro di certo non avrebbe provato a rendergli la cosa più semplice, ma sarebbero rimasti assieme per un’intera settimana. Non era mai stato tanto felice. Un enorme sorriso gli si allargò in volto. Non vedeva l’ora di dirlo a Goten. Il sorriso gli scomparve, eclissato dall’immagine del suo migliore amico che zoppicava nel vicolo sotto di lui.
“Papà… io… non avrei dovuto andare via, vero? Avrei dovuto aiutare Goten…?”
 
Trunks lo fissava. Bulma era zitta e guardava davanti a sé, come se non avesse sentito. Quella maledetta donna! Avrebbe dovuto occuparsi lei di cose come quelle!
Vegeta richiuse il frigo, teneva una lattina in mano e la fissava come se ci potesse leggere sopra la risposta.
Lui non si era mai fatto problemi a lasciare indietro compagni feriti, erano un peso che in una battaglia vera non ci si poteva permettere di portare. Il gesto più misericordioso che aveva fatto per loro era stato dargli una morte veloce. Non lo rimpiangeva, eppure non poteva non pensare che se avesse risparmiato Nappa quella volta sulla terra, le sorti della battaglia sarebbero state diverse. Alla fine in quel frangente la sua sconfitta era dovuta soltanto alla superiorità numerica di quei maledetti terrestri, se Nappa fosse stato vivo, la vittoria sarebbe stata loro. Quella volta aveva lasciato che l’ira e la superbia lo controllassero e aveva perso una valida risorsa.
Vegeta sospirò rialzando gli occhi su suo figlio.
“Devi imparare a valutare la situazione, senza farti controllare dai sentimenti, avere sempre ben presente cosa vuoi ottenere e chi è il tuo avversario. Tu sai benissimo se hai sbagliato o no, quindi non venire a chiederlo a me.”
 
Guardò suo padre andarsene in silenzio. Sì, Trunks sapeva bene d’aver sbagliato. Sua madre ancora seduta accanto a lui, gli scompigliò i capelli, sorridendo tristemente. Stava per mettersi a consolarlo, lo sapeva, ma scese lo stesso dalla sedia e corse fuori. La cosa più importante ora, era parlare con Goten e chiedergli scusa.
 


Hoilà! Non sono brava in queste cose quindi taglierò corto.. per prima cosa vi avverto che ho cambiato l'ordine dei capitoli... così ha più senso ^^ poi... mi è venuto il dubbio che questo modo di scrivere, ossia cambiare spesso il punto di virsta, sia un po' confusionario... mi spiego: non vorrei che a volte non si capisse di chi parla la narrazione o che i fatti risultino confusi per via di troppi sottintesi... Voi che ne pensate? Funziona o è stra-incasinoso??
Grazie a chi vorrà spendere tempo a rispondermi, ma anche (e soprattutto) a che legge, chi segue e chi ha recensito!!!
Nella speranza che vi stia piacendo, alla prossima!!
Hoi.

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