Capitolo
1
Erano
passati cinque giorni ormai da quando Kurt si era trasferito
nell'appartamento di Blaine, aveva organizzato e sistemato le sue
cose, aveva riempito il frigorifero che – tranne per un
vasetto di
marmellata, una scatola di succhi di frutta, e un paio di yogurt
–
era quasi completamente vuoto.
Aveva
anche tentato di cambiare l'arredamento fin troppo
minimalista per i suoi gusti mettendo in salotto un paio di
soprammobili colorati, ma al mattino se li era trovati ai piedi della
porta in una chiara richiesta di non apportare cambiamenti alla casa.
In
quei cinque giorni non gli era mai capitato di incrociarsi con
Blaine neanche per errore e la cosa non aveva fatto altro che
diminuire la sua già bassa stima nei suoi confronti.
“Deve
essere uno di quei tipi asociali” dichiarò Rachel
prendendo una manciata di popcorn.
Era
il loro primo sabato sera a New York e avevano deciso di
passarlo in casa a farsi una maratona dei loro film preferiti, poteva
sembrare deprimente e da sfigati – come non mancava mai di
ricordargli Santana – ma era il loro modo di divertirsi
insieme.
“Su
questo non ci piove, ma il suo comportamento è esagerato
anche per un asociale! Si tratta di mancanza assoluta di
rispetto!”
“Mmm...
di certo è un tipo strano, non esce neanche per
mangiare o andare in bagno?”
“Per
il bagno penso che ne abbia uno personale, per il cibo non
ne ho la più pallida idea. L'unica volta che ho trovato
tracce del
suo passaggio in cucina è stato tre giorni fa”
Rachel
masticò pensierosa una manciata di popcorn e scosse la
testa, non riusciva a capire il motivo di così tanta
freddezza nei
confronti di Kurt. Stava per fargli altre domande sul comportamento
di Blaine quando lo squillo insistente del campanello la interruppe.
“Deve
essere Santana”
“Ma
non ha le chiavi?!” protestò Kurt alzandosi dal
divano
rosso fragola e andando ad aprire la porta.
“Bene,
siete qui!” esclamò l'ispanica con un po' troppo
entusiasmo per i suoi gusti.
“Come
mai sei già a casa?” domandò Rachel
mentre si
stiracchiava.
Santana
sorrise maliziosa mentre vuotava sul tavolino di fronte al
divano una busta piena di birre, alcolici e super alcolici vari.
“Sono
venuta a movimentare il vostro palloso primo sabato sera a
New York!”
“Oh
mio dio Santana! Quanto diavolo hai speso!?”
La
ragazza incrociò le braccia sul petto e assunse il suo
solito
ciglio irritato, di certo non si aspettava quella reazione
così
fredda e scocciata.
“Sentite,
io ho appena buttato all'aria tutti i miei piani per
passare la serata con voi quindi spegnete questa merda e facciamo un
giro di obbligo o verità!”
“Ehi!
“Questa merda” è Dirty dance!”
protestò Kurt
mentre Santana spegneva il televisore e apriva tre lattine di birra.
Il
ragazzo sbuffò infastidito, odiava quando Santana prendeva
l'iniziativa e cominciava a fare di testa sua ma sapeva che in fondo
quello era il suo modo – forse un po' strano – di
dimostrare
affetto.
“Ecco
qua! Allora comincio io... Kurt, sei già andato a letto
col tuo coinquilino?”
“Santana!”
urlò Rachel.
“Che
c'è!?” le fece il verso l'altra allargando le
braccia
“Allora Lady Hummel, che fai passi?”
“Non
ci sono mai andato a letto, anzi non l'ho nemmeno mai
visto. Ora tocca a me, Santana sei sempre stata così
dannatamente
stronza?” la bruna prese una delle lattine aperte e ne bevve
più
della metà in un sorso solo.
“Passo”
dichiarò asciugandosi le labbra.
I
tre ragazzi scoppiarono a ridere quasi contemporaneamente, gli
costava ammetterlo ma nonostante il suo carattere e i suoi modi
assolutamente discutibili, non sarebbe mai riuscito ad odiare
Santana.
Continuarono
a giocare per quasi due ore e Kurt perse presto il
conto di quante birre e bicchieri di vodka alla fragola si fosse
scolato per evitare di rispondere alle domande decisamente taglienti
di Santana.
“Basta
mi arrendo, sono al limite” disse Rachel trattenendo a
stento un conato di vomito, neanche con lei Santana ci era andata
giù
leggera.
“Se
vuoi che il giro finisca devi scrivere a Finn dicendogli che
ti stai toccando pensando a lui”
“Santana,
ti hanno mai detto che hai la grazia di uno
scaricatore di porto?”
l'ispanica
scoppiò a ridere e ben presto collassò sul
pavimento
addormentandosi di botto.
“Bene,
è andata”
“Grazie
Kurt” disse Rachel cercando di alzarsi ma non appena
fu in piedi un giramento di testa la costrinse a rigettarsi di peso
sul divano.
“Credo
che per stasera dormirò qui”
“Già,
penso sia meglio” rispose con un sorriso.
Stava
per andare a prenderle un cuscino e una coperta dalla sua
stanza quando sentì il cellulare vibrargli nelle tasche.
“Cavolo!
Avevo promesso a papà che stasera l'avrei
chiamato!”
prese il cellulare e cercò di darsi un contegno controllando
che la
sua voce non sembrasse troppo strana poi rispose alla chiamata.
“Papà?”
“Hai
bevuto?”
Era
così ovvio?
“Un
po'... sono a casa di Rachel e Santana” un grugnito di
disapprovazione gli fece capire che Burt non aveva per niente gradito
la sua bevuta notturna.
“Come
torni a casa?”
“Prenderò
un taxi. Non sono poi così ubriaco”
mentì
spudoratamente mentre si chiedeva da quanto Santana avesse una
gemella.
“Come
va con Blaine? Avete fatto amicizia?”
“Amicizia?
Papà non l'ho neanche mai visto! Se ne sta sempre
chiuso in camera sua a suonare”
“Davvero?...
Maurine mi aveva detto che non aveva avuto problemi
quando gli aveva parlato di te”
“Problemi?
Perché avrebbe dovuto averne?” domandò
con tono
allarmato. Forse gli aveva parlato del suo orientamento sessuale...
no, suo padre non era tipo da dire a chiunque delle sue faccende
personali... e allora di cosa si trattava?
“Beh...
vedi Kurt... Blaine è..-” un conato di vomito
improvviso fece sussultare Kurt che si piegò istintivamente
in due.
“Scusa
papà devo andare” disse senza dare il tempo al
padre
di finire la frase.
Corse
in bagno gusto in tempo evitando di vomitare sul pavimento.
dannata Santana, il giorno dopo le avrebbe fatto pagare tutto quello
che stava passando. Si alzò faticosamente e aprì
il rubinetto del
lavandino facendo scorrere un po' l'acqua mentre cercava di
riprendere le sue facoltà intellettive, poi si
sciacquò il volto e
la bocca con l'acqua ghiacciata.
“Rachel,
penso che sia meglio che io torni a casa” disse
quando fu tornato nel salotto, ma la ragazza non gli rispose, si era
addormentata sul divano in una posizione che sembrava scomoda anche
solo a guardarla, di certo il giorno dopo sia lei che Santana si
sarebbero svegliate con un mal di schiena allucinante.
Raccattò
le sue cose in giro per la stanza e uscì di casa
facendo attenzione a non fare rumore chiudendo la porta. Scese le
scale del condominio e non seppe neanche come e con l'aiuto di quale
essere divino si ritrovò seduto sugli scomodi sedili
posteriori di
un taxi malandato. Prese il telefono e compose il numero di suo padre
ma prima che potesse chiamarlo la batteria lo abbandonò
lasciandolo
alle sue imprecazione e agli sguardi sconvolti del conducente. Quando
furono finalmente nel suo quartiere Kurt scese e pagò la
corsa
dirigendosi a passo svelto verso la via di casa, doveva sbrigarsi a
chiamare suo padre prima che cominciasse a dare di matto e si
mettesse in macchina per venire a New York a controllare che stesse
bene. Arrivato davanti alla porta del suo appartamento però
si fermò
di colpo, merda aveva dimenticato la combinazione. Provò ad
inserire
una serie di numeri senza senso imprecando ad ogni suono che faceva
quell'arnese infernale, perché quell'asociale non aveva
messo una
normale serratura da comune mortale?!
“Blaine
sono io, Kurt, aprimi!”
Cominciò a battere forte contro il legno della porta
blindata
urlando il nome di Blaine a squarcia gola per non so quante volte
quando all'improvviso lo colpì una strana sonnolenza. Si
accasciò
accanto alla porta continuando a sussurrare incessantemente il nome
di Blaine e proprio mentre le sue orecchie captarono il suono di una
porta che si apriva, Kurt si addormentò.
Kurt
aprì lentamente gli occhi, non sapeva dire che ore fossero o
dove si trovava, la testa gli pulsava dolorosamente e sentiva come se
lo stomaco e l'intestino si fossero scambiati di posto.
“Quanto
odio i postumi della sbornia” si lamentò mentre
cercava faticosamente di mettersi seduto. Quando la sua vista si fu
abituata alla luce del sole cominciò a guardarsi intorno,
non aveva
mai visto quel posto ma ormai se l'era immaginato talmente tante
volte che gli sembrava quasi familiare. Un letto spoglio coperto solo
da un candido lenzuolo, un pianoforte a coda posto al lato opposto
della stanza, il pavimento quasi interamente coperto di spartiti e la
porta del bagno semichiusa da dietro la quale usciva una scia di
vapore. Quella era la stanza di Blaine.
Stava
per alzarsi dal letto e andarsene quando la porta del bagno
si aprì completamente mostrando un ragazzo bagnato coperto
semplicemente da un asciugamano legato in vita.
“Oh...
eem... ciao” balbettò Kurt cercando in tutti i
modi di
non posare lo sguardo sul corpo nudo di Blaine. Il ragazzo lo
fissò
inespressivo mentre con un altro asciugamano si tamponava i capelli.
“Emm... in questa situazione non dovresti tipo chiedermi
gentilmente di uscire?”
Blaine
continuava a fissarlo senza dire una parola, come aveva
detto Rachel quel ragazzo era un tipo davvero strano.
“1489”
disse all'improvviso mentre Kurt stava per uscire dalla
stanza.
“Cosa?”
“La
combinazione. 1489”
“Ah...
sì lo so... e solo che ieri ero un po'...brillo. Scusa
per il casino che ho fatto”
“1489”
Kurt
alzò lo sguardo incontrando di nuovo gli occhi di Blaine.
Avevano un non so che di ipnotico con quelle diverse
tonalità
cromatiche mischiate insieme. Sarebbero stati degli occhi stupendi se
non fosse stato per lo sguardo vuoto e inespressivo che li dominava.
“1489”
ripeté di nuovo il ragazzo mentre cominciava a muovere
nervosamente le mani.
D'improvviso
a Kurt tornò in mente la conversazione del giorno
prima avuta col padre.
“Davvero?...
Maurine mi aveva detto che non aveva avuto
problema quando gli aveva parlato di te”
“Problemi?
Perché avrebbe dovuto averne?”
“Beh...
vedi Kurt... Blaine è..-”
Ora
capiva il perché dello strano
comportamento assunto dal ragazzo sin dal suo arrivo a New York, ora
capiva le innumerevoli raccomandazioni fatte dal padre nei suoi
confronti... ora tutto era chiaro.
Blaine
era autistico.
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